The Jonathan's Book Part One

di Margherita Dolcevita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio Dei Giochi ***
Capitolo 2: *** La Mia Sorellina ***
Capitolo 3: *** Il Demone Degli Abissi ***
Capitolo 4: *** Sangue Del Mio Sangue ***
Capitolo 5: *** Tale Padre, Tale Figlio. ***
Capitolo 6: *** Il Portale Pantadimensionale. ***
Capitolo 7: *** Impazienza. ***



Capitolo 1
*** L'inizio Dei Giochi ***


   


                                                                                                                                                                                                                            
            Parte prima
             LA PERIGLIOSA MIA DISCESA                                                                                                                  
 
                                                                               




                                                                                 Io cantai l'eterna notte e il Caos.
                                                                                 E la celesta musa mi elordì
                                                                                 nella perigliosa mia discesa e risalita.
                                                                                                                                                                                      
                                                                                                                                                                                      
                 

                           L'inizio dei giochi


Il portale dietro di noi si chiude, lasciando delle leggere bruciature sulla superficie del muro del Renwick Smallpox Hospital un manicomio, carcere e ospedale diroccato di Rooevelt Island.

Mio padre ed io ci guardiamo intorno analizzando attentamente l'ambiente circostante, mentre lo stregone vicino a noi ci sta fissando, preoccupato per il futuro della sua vita. 

Sorrido pensando a quello che probabilmente gli succederà da li a poco.

-Benvenuto, signore...Valentine- Dice tremando impercittibilmente, purtroppo per lui ai miei sensi sviluppati non sfugge. Poso la mia mano sinistra sull'elsa della mia spada sfiorandola delicatamente, aspettando il momento adatto.

-Hai fatto un bel lavoro, proprio un bel lavoro- Dice mio padre senza convinzione, il distusgo per lo stregone è percettibile nel tono nella sua voce.

-Ma c'è qualcosa che mi preme  sapere. L'hai trovata?- 

L'hai trovata?

Si riferisce a Jocelyn, mia madre. 

La mia mascella si irrigidisce, cercando di trattenere la rabbia che mi cresce sempre di più dentro al petto. Mio padre mi fissa con il suo sguardo severo,ma lui non capisce, come può anche solo lontanamente pensare che sarei stato felice di averla vicino.

La mia mano si stringe attorno all'elsa della spada angelica e le mie nocche sbiancano.

Lei mi ha abbandonato, è scappata, terrorizzata da suo figlio. Non comprendo come mio padre possa volerla accanto dopo tutto quello che gli ha fatto. L'ha abbindolato, fingendo di essere dalla sua parte, aspettando il momento giusto per agire.

Sposto lo sguardo verso lo stregone, la presa delle mia mano si allenta leggermente,ma non lascio ancora del tutto l'elsa della spada. 

Con un movimento veloce e fluido la estraggo dal fodero, pronto ad usarla in caso di una risposta deludente da parte dello stregone.

Il Nascosto dimostra la mia stessa età, ma gli stregoni sono immortali, non si può sapere quanti anni realmente abbia. Ha i capelli marroni, corti, quasi rasati e i comuni occhi da gatto di ogni stregone o strega.

Lui sgrana gli occhi quando vede la spada, non più nascosta dal fodero, in tutta la sua maestosità. Inizia a deglutire rumorosamente a vuoto, troppo nervoso per cercare di nasconderlo.

Mio padre mi posa una mano sulla spalla, e stringendo la presa, mi sposta leggermente di lato per sorpassarmi e coprirmi col suo corpo dalla sguardo allarmato e impaurito del nascosto.

-Allora?-  Chiede mio padre spronando il ragazzo a rispondergli. Io mi sposto leggermente e gli sorrido, continuando a far rotare la spada con la mano, mettendolo ancora più a disagio.

-Io...No- Inizio a disegnare dei piccoli cerchi con la punta della spada sul terreno umido e malleabile. 
Dopo qualche secondo compio qualche passo in avanti, portando davanti a me la spada. Lo stregone indietreggia
velocemente, ma, sfortunatamente per lui, inciampa sui suoi stessi piedi. La visione della paura sul suo viso è un'eterea visione per le mie pupille.

Mio padre non dice niente ed io interpreto il suo silenzio come un assenso e continuo ad avanzare verso di lui. A passo lento, quasi annoiato, per aumentare la sua speranza. Non c'è cosa più bella che vedere una persona supplicare in ginocchio ed appellarsi alla mia umanità per risparmiargli la vita.

C'è solo un piccolo problema nel loro ragionamento...Io non sono umano. Io sono molto di più. Io sono il migliore.
Sono davanti a lui, prendo la spada con due mani e la alzo sopra la mia testa, sto per riabbassarla e scuarciare il petto del nascosto e...

-Johnathan, basta così!- La voce di mio padre mi ferma. Una smorfia contrariata compare sul io viso. Il mio istinto mi dice di abbassare la spada e di finirlo, ma è mio padre ad avere il comando...Per ora.

Quando sarò io il possessore di tutti gli strumenti immortali, a capo della nuova stirpe degli Shadwohunters tutto sarà diverso.

-Jonathan!- Non ho ancora abbassato la spada. La voce di mio padre mi risveglia dai miei pensieri, e da bravo figlio
quale sono, ritiro la spada e lentamente compio qualche passo indietro. Senza mai smettere di distogliere i miei occhi neri come il carbone da quelli sollevati dello stregone.

Quando lo stavo per uccidere il respiro del ragazzo si era bloccato per qualche secondo. Ora, invece, il suo respiro sembra rifunzionare alla perfezione.

-Sei troppo impulsivo- Mi riprende mio padre, mettendomi una mano sulla spalla, intimandomi silenziosamente di calmarmi.

-In fondo il nostro amico ha fatto il suo dovere, non merita alcuna punizione- Un sorriso sghembo di superiorità compare sulle mie labbra.

-Metà del suo lavoro. Non è riuscito a trovarla- Gli ricordo io. Lo stregone si è alzato in piedi e sta iniziando ad indietreggiare, di nuovo. Giro il volto verso mio padre, che con un cenno impercettibile del capo mi dice cosa devo fare. 

Valentine mi toglie la mano dalla spalla e si allontana di qualche passo per godersi lo spettacolo.

Getto la spada da un lato, devo riportarlo qui, fargli imparare che i Morgenstern non si devono mai deludere, ma non lo devo uccidere, solo ferire gravemente. Penso continuando a sorridere.

Aspetto che abbia messo abbastanza distanza da me, che si volti per inizare a correre, poi scatto in avanti. In meno di un secondo sono davanti a lui ad un palmo dal suo naso. Non si aspettava fossi così veloce, glielo leggo nei suoi occhi.

Con la coda dell'occhio riesco a vedere delle scintille blu crearsi dalle sue dita. Senza dargli il tempo di attaccarmi gli prendo il polso e con un movimento rapido e rigido glielo rigiro all'insù. 

Lui urla dal dolore, e, troppo concentrato sul suo dolore, non attacca. Faccio la stessa operazione anche con l'altro polso, e un'altro urlo scuarcia l'aria.Ora che i polsi sono fuori uso e non può più attaccarmi, il gioco è finito. Sono deluso, sinceramente mi aspettavo un pò più di resistenza, così non è affatto divertente. 

Con un calcio, non usando nemmeno un terzo della mia reale forza, lo faccio cadere a terra, facendolo scivolare fino ai piedi di mio padre, che sino ad adesso è stato a guardare appoggiato con la schiena al muro e con le braccia incrociate. 

Alza il piede sinistro appoggiandolo contro uno dei polsi rotti dello strgone, che dal dolore inizia a contercersi per liberarsi dalla sua presa.

-Cosa c'è di tanto difficile nel trovare una Cacciatrice...Una Mondana, ormai?- Chiede mio padre allentando leggermente la pressione del suo piede sulla mano dello stregone per farlo rispondere.

-Ci sono degli incantesimi di protezione, sono complicati- Dice con il respiro spezzato e la voce ridotta a poco più di un sussurro. 

-E tu non sei in grado di scioglierli?- Gli chiedo camminando verso la mia spada e chinandomi a raccoglierla da terra. Lo stregone si è voltato verso di me, nei suoi occhi si riflette il profio della mia spada e il terrore. 

-Non ho detto questo. Posso farlo, mi serve solo qualche ora in più- Mi spiega tramando. Valentine ha tolto il piede da sopra i suoi polsi, permettendogli di portarseli al petto.

-I Divoratori sono già pronti, ti consiglio di non farmi aspettare troppo- Dice mio padre staccandosi dal muro e camminando intorno al Nascosto come un avvoltoio che punta la sua preda.

-Ora va- Lo stregone non se lo fa ripetere due volte e si alza, anche se a fatica, ed inizia ad allontanarsi. Per poter andarsene deve prima passarmi accanto e quando mi è davanti non riesco a resistere e faccio un veloce passo in avanti. Lo stregone indietreggia immediatamente spaventato ed inizia a correre via.

Scoppio a ridere soddisfatto e divertito dalla sua reazione, mentre mio padre mi fissa con sguardo severo.

-Che c'è? Non dovrebbe essere un bene che io mi diverta?- Gli chiedo continuando a sorridere. Mio padre scute
leggermente la testa e si dirige verso l'entrate dell'edificio. Pangborn e Blackwell dovrebbero essere già dentro. 

Lo seguo, ma il mio sorriso si è spento, saliamo senza fretta le scale. Io passo la mano sulle superfici dell'edificio, un tempo bianche, ora ingiallite per via del tempo. In alcuni punti c'è un accenno di muffa, deve esserci piovuto dentro attraverso un buco. Rifletto senza entusiasmo.

Arriviamo nella stanza principale, dove due uomini ci stanno aspettando. Il più anziano e magrolino porta un paio di baffi bianchi eleganti ed una barba a punta. I suoi denti bianchi e accuminati sono nascosti.

Il più giovane e massiccio, grande e grosso quanto un'armadio a muro, ha i capelli rossi a spazzola, come un militare, e la pelle viola scuro, leggermente più lucida sugli zigomi.

-Lord Valentine...- Lo saluta Blackwell. Quell'energumeno dai capelli rossi ha sempre avuto in debole per mio padre, una specie di...Cotta. 

Storgo il naso, disgustato. Il suo sguardo incontra la mia figura, inondandosi di disprezzo. Mi odia, ma ha troppa paura di me e di mio padre per dirlo apertamente.

Dalla stanza accanto si sentono arrivare dei ringhi familiari.

-Signore, i Divoratori sono irrequieti, non credo aspetteranno ancora a lungo- Dice Pangborn, che fino ad adesso è stato in disparte, tranquillo e pacato come sempre.

-Dovranno, non credo abbiano altra scelta- Rispondo io duramente. Pagborn mi guarda confuso, non avendo partecipato al nostro piacevole, magari non per lui, incontro con lo stregone.

-La localizzazione di Jocelyn impiega più tempo del previsto- Spiega brevemente mio padre. Al nominare il suo nome la mascella di Blackwell si contrae leggermente: la gelosia è una brutta bestia e si abbina perfettamente al viola della sua pelle.

-Non riesco a capire perchè sia così importante...- Dice sottovoce.

-Blackwell- Cerca di fermarlo Pangborn, ma lui non lo ascolta e lo blocca con un gesto della mano.

-Lei ci ha tradito, pugnalandoci alle spalle, alleandosi con quello smidollato di Lucian, che non è neanche stato capace di morire con dignità, ha preferito diventare un putrido nascosto!- 

-Basta così!- Tuona mio padre con una voce che non ammette repliche. Io mi appoggio allo stipide della porta incrociando le braccia e i piedi, preparandomi allo spettacolo.

-Non osare dire un'altra parola Blackwell, non una!- Si avvicina a lui pericolosamente con i pugni contratti. Pangborn mi guarda, speranzoso che decida di intervenire, ma io mi limito a scrollare le spalle.

Lui lo ha fatto alterare e lui ne paga le conseguenze. Jocelyn era sua moglie, e Lucian il suo parabatai. Le due persone al mondo di cui si fidava di più. A cui teneva di più.

Anche se Lucian è diventato un Nascosto sono convinto che, nel profondo, mio padre non abbia mai smesso di considerarlo il suo migliore amico, suo fratello.

Oh e non dimentichiamoci del mio fratellino angelico, Jace. Il ragazzo sopravvissuto al suicidio della madre, il bambino tirato fuori da un corpo senza vita. Rivoltante. 

Valentine e Blackwell continuano a discutere, mentre io rifletto su quanto sia sentimentalista mio padre. A quest'ora avremmo già potuto avere in mano la Coppa Mortale, ma invece lui vuole riportare dalla sua parte mia madre, cosa che penso sia impossibile. 

Quando sarò io al comando dei nuovi Shadowhunters non commetterò gli stessi errori di mio padre, non permetterò a nessuno di mettermi i piedi in testa, di tradirmi. 

Nessuno oserà farlo, e nel caso qualcuno abbia il coraggio, o la stoltezza di farlo e spero proprio che qualcuno lo faccia, gli farò passare le pene dell'inferno. Avranno paura di me e mi rispetteranno.

Io mi vendicherò, tutti ricorderanno Jonathan Christopher Morgenstern come l'uomo che esaudirà i loro peggiori incubi. E mentre i miei pensieri vagano un sorriso crudele e spietato si delinea sul mio volto.

Un sorriso che si abbina perfettamente ai miei occhi neri...

...In fondo sono un demone, cosa vi aspettate da me?




Note dell'autrice:


Ciao,ciao visto che Jonathan secondo me è un pò trascurato ho deciso di provare ad immaginare i suoi pensieri durante i cinque libri finora scritti da Cassandra (naturalmente, non scriverò i suoi pensieri in "Città degli angeli caduti" perchè lui in quel libro è morto e....)! Va bè spero recensirete in tanti e al prossimo capitolo :D, baci baci!
 

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Capitolo 2
*** La Mia Sorellina ***


                                      La Mia Sorellina



Sono seduto ad affilare le armi per il nostro esercito, quando mio padre entra nella stanza. Ha uno sguardo infastidito, insoddisfatto. Continua a camminare avanti e indietro passandosi una mano sul volto e sui capelli.

Penso che voglia parlarmi, ma non ha ancora aperto bocca, così continuo ad affilare le spade.

-Ci sono delle complicazioni- Dice dopo alcuni minuti. Alzo lo sguardo corrugando la fronte, incitandolo con gli occhi a parlare.

-Che tipo di complicazioni?- Gli chiedo appoggiando l'arma sul tavolo ed alzandomi in piedi.

-Hodge- Mi dice come se quel solo nome significasse il perchè di tutta questa agitazione.

-Mi ha mandato un messaggio di fuoco. Dice che Jace ha trovato una Mondana che ci può vedete, ieri sera al Pandemonium- 

-Impossibile- Rispondo io sicuro di quello che dico. Nessun Mondano ci può vedere, siamo come delle ombre per loro, insignificanti ombre. Per quel che riguarda il nostro mondo e quello dei Nascosti loro sono ciechi.

-L'hanno vista anche i figli dei Lightwood. Li ha interrotti mentre stavano uccidendo un demone, pensando che fossero degli assassini. Voleva fermarli- Coraggiosa la ragazzina, devo ammetterlo. Sono pochi i Mondani che hanno abbastanza fegato da fare una cosa del genere.

Ma nonostante il briciolo di ammirazione, mi lascio sfuggire un sorriso di scherno. Tipico dei ciechi scambiare un demone per una persona.

-Non vedo perchè una Mondana potrebbe esserci d'intralcio- Mi avvicino lentamente a mio padre. Il rumore dei miei passi risuona sordo nell'enorme stanza vuota.

-Anzi questo potrebbe giostrare a nostro favore- Rifletto sotto lo sguardo confuso di Valentine.

-I Lightwood saranno così occupati a scoprire come mai una Mondana riesce a vedere il mondo degli Shadowhunters e dei Nascosti, che non capiranno nemmeno cos'è successo quando ruberemo gli Strumenti Immortali- Rispondo sorridendo sornione.

Lo sguardo di mio padre è fisso nel vuoto, probabilmente sta soppesando le mie parole. Quando si riprende i suoi e la sua espressione sembrano più rilassati, ma nonostante questo non sembra ancora del tutto convinto.

-Potrebbe comunque diventare un pericolo- 

-Una Mondana? Un pericolo?- Gli chiedo, trattenendo una risata. Mio padre mi guarda severo, intimandomi di non oltrepassare il limite.

-Voglio che la tieni d'occhio per un pò- Mi ordina mio padre avviandosi verso l'uscita. Vorrei dirgli che è una perdita di tempo, che è impazzito se pensa che un'inutile Mondana ci possa mettere i bastoni fra le ruote. Ma sto in silenzio, le mani strette a pugni.

Ho sempre odiato prendere ordini, anche se ha darmeli era, è mio padre.

-Secondo quello che dice Hodge, abita a Brooklyn. Vorrei che ci andassi subito- Mi dice Valentine, fermando la sua camminata, voltandosi appena verso di me.

-E se non è in casa?- Gli chiedo sarcastico.

-Torna indietro e non fare niente che possa attirare l'attenzione!- Mi dice prima di uscire. Sbuffando infastidito cammino verso il tavolo e afferro la spada che ho appena affilato. Passo un dito sopra la lama percorrendola per intero, arrivando alla punta.

Dal mio dito scivola una piccola goccia di sangue, un rivolo rosso in contrasto con la lucentezza della spada. Soddisfatto del mio lavoro, mi porto il dito ferito alla bocca, succhiando via il sangue.

Infilo la spada nel fodero della mia tenuta da cacciatore, e lentamente esco dalla stanza. Pangborn e Blackwell non ci sono dovevano andare a prendere lo stregone di ieri sera e portarlo qui.

Con lo stilo mi faccio velocemente una runa per rendermi invisibile agli occhi dei Mondani ed esco dall'edificio.

Cammino lentamente verso Brooklyn senza fretta e abbastanza annoiato. Mentre cammino osservo la gente che mi circonda, così fragili e inutili. Pensano di essere al sicuro, di potersi difendere da soli. Il pensiero mi fa ridere a crepa pelle.

Arrivo prima di quanto pensassi alla casa della Mondana, con poche difficoltà mi arrampico sul muro fino ad arrivare alla finestra che da su una piccola camera dalle pareti arancioni ed il pavimento cosparso di palle di carta.

Seduta sul letto una ragazza dai lunghi capelli riccioli rossi che disegna freneticamente, ma dall'espressione dei suoi enormi occhi verdi capisco che non è affatto soddisfatta. Mentre diegna ha un paio di cuffiette da cui ascolta la musica.

Non riesco a spiegarmelo, ma la visione di quella cascata di riccioli rossi come le fiamme dell'inferno mi toglie il fiato, e resto incantato dai movimenti fluidi e veloci che fa quando disegna.

Con un movimento stanco ed irritato straccia un'altra pagina dal suo blocco e la lancia sul pavimento, togliendosi le cuffiette dalle orecchie. 

Non riesco a sentire cosa succede, ma qualcosa deve aver attirato l'attenzione della ragazza, che si alza velocemente dal letto
e corre via dalla stanza.

La pallina di carta che poco prima lanciato, si apre lentamente, lasciandomi scorgere una specie principe oscuro dai capelli biondi e gli occhi scuri, almeno quanto i miei. La mia somiglianza con quel disegno è incredibile.

Cercando di non fare rumore mi sposto leggermente dalla finestra della camera della ragazza a quella della sala. Se quello che ha detto Hodge è vero, e la ragazzina ha la vista, devo stare attento a non farmi vedere. La Mondana è accanto alla porta d'ingresso che si stava rigirando nervosamente il filo del telefono rosso fra le mani.

Non riuscivo a smettere di fissarla mentre si mordeva il labbro inferiore con i denti e subito dopo scoppiare a ridera rasserenata.

Riattacca il telefono e si ferma qualche secondo a guardarsi intorno, mi abbasso cercando di non cadere e di non farmi vedere da lei, ma quando sento la porta sbattere rumorosamente non resito a guardare. 

Non riesco ad evitare di spalancare gli occhi sorpreso. La ragazza dai capelli rossi è seduta sul divano, con un libro in mano che finge di leggere, e davanti alla porta d'ingresso con degli scatoloni in mano c'è Lucian. Una volta ho vista una foto del
Circolo al completo e sono assulatamente certo che quello sia il parabatai di mio padre. Dal modo in cui parlano sembrano essere molto in intimità.

Dopo qualche secondo la porta si apre di nuovo e nel salotto entra una donna alta dai capelli rossi, più scuri di quella della ragazza, e gli occhi verdi e brillanti. Indossa una tuta sporca di vernice, ma riuscirei a riconoscerla ovunque. Jocelyn. Mia madre.

Un sorriso maligno si forma sul mio volto pallido, quel Nascosto non è riuscito a trovarla in una settimana ed io ci riesco in un ora. Mio padre sarà molto contento, ora cerchiamo di vedere se riesco a scoprire anche dove tiene la Coppa Mortale.

La fisso posare gli scatoloni a terra e parlare con la ragazzina Mondana, ora che le vedo insieme non riesco a non notare la loro somiglianza e un in attimo una lampadina si accende nel mio cervello.

-Non è possibile...- Sussurro troppo scioccato per dirlo ad alta voce e per timore di farmi sentire e di rovinare tutto. Non può essere. Mi ripeto nella mia mente. Stessi capelli rossi, stessi occhi verdi. Spiegherebbe perchè riesce a vedere gli Shadowhunters. Chi lo avrebbe mai detto! Ho una sorellina. Penso euforico sorridendo ancor di più.

Ed è la figlia di Lucian.

La mia sorellina è un Nascosto. A Valentine non piacerà affatto.

Li osservo ancora, non sembrano più molto sereni. Hanno alzato la voce ed un leggere borbottio arriva anche alle mie orecchie.
Lucian si avvicina alla porta per andarsene, ma questa si apre di scatto e dietro di essa fa la sua comparsa un ragazzino mingherlino dai capelli marroni e con un paio di occhiali spessi.

Lo si vede da lontano un miglio che non è uno Shadowhunters. 

-Vuoi vedere che...- Osservo attentamente la ragazzina dai capelli rossi gesticolare litigando con Jocelyn. Non sa di non appartenere a questo modo. Jocelyn deve aver preferito non dirgli nulla, troppo spaventata da quel che è successo al suo primo figlio.

La mia sorellastra ed il Mondano escono dalla stanza, ed io mi lascio cadere atterrando in piedi sul marciapiede di cemento, prima cha la ragazza si accorga che c'è un maniaco appeso alla sua finestra. 

Con passo lento e tranquillo inizio ad incamminarmi verso Renwick, non voltandomi mai indietro. Peccato però... Penso con una smorfia sul volto. Quando Valentine saprà che è la figlia di Lucian la ucciderà insieme a suo padre, non potrò nemmeno provare la gioia di avere una sorella. Penso con falsa tristezza. Spero almeno che, come risarcimento, lasci a me l'onore di finirla.

Essendomi perso nei miei pensieri non mi accorgo nemmeno di essere arrivato. Velocemente salgo le scale, saltando due scalini alla volta e sperando di trovare mio padre per raccontargli la meravigliosa notizia. 

-Allora...?- Sento distintamente mio padre parlare. Rallento il passo per riuscire a sentire la conversazione.

-Io, ho fatto del mio meglio,ma...- Riconosco subito la voce dello stregone dell'altro giorno e capisco subito che ci sarà sicuramente da divertirsi. Spero solo che il gioco non finisca subito di nuovo. Cercando di fare rumore, per segnalare la mia presenza, cammino entrando nella stanza, il Nascosto si gira subito verso di me ed i suoi occhi si spalancano riempiendosi di lacrime per la paura.

Sorridendo lo affianco davanti a mio padre e gli circondo la spalla con il braccio e lo sento irrigidirsi sotto la mia stretta. 
-Non penso che te la dovresti prendere con lui, sì è vero non è riuscito a trovare la mia cara mamma, ma a questo ci ho pensato io- Gli dico, e dentro di me cresce l' orgoglio, mentre guardo l'espressione di Valentine farsi sempre più stupita e soddisfatta.

-E come di grazia?- Mi chiede più curioso che sospettoso.

-I migliori non svelano mai i loro trucchi. Non è vero, amico?- Chiedo rivolgendomi allo stregone che continua a tremare ed a sudare freddo nella mia morsa d'acciaio. Rivolgo lo sguardo a mio padre attendendo un qualsiasi comando, che non tarda ad arrivare e che non vedo l'ora di eseguire.

-Quindi ora che è tutto risolto possiamo anche dargli il suo compenso e lasciarlo andare- Dico dando al Nascosto qualche rassicurante pacca sulle spalle, mentre con una mano senza farmi vedere estraggo la spada, nascondendola dietro la mia schiena.

Adoro giocare un pò con le mie prede prima di finirle mi fanno sentire potente. Mi sento bene, quando nelle mie mani ho la loro sorte. Posso decidere di lasciarlo andareoppure di ucciderlo, ed è più probabile che accada la seconda.

Sento lo stregone rilassarsi un poco, addirittura sulla sua faccia vedo nascere un timido sorriso. Crede davvero che lo lasci andare, l'idiota. Penso allargando il mio sorriso. Mi allontano di qualche passo facendo passare la spada angelica dalla mano destra a quella sinistra e con un movimento veloce e secco la faccio sprofondare nel suo corpo, trapassandolo da parte a parte. 

Dalle sue labbra esce un gemito di sorpresa e si porta le mani allo stomaco, nel punto in cui esce la punta della spada, cercando di tamponarsi la ferita, mentre il sangue inizia a macchiargli i vestiti a colare formando delle piccole gocce scarlatte sul pavimento non proprio pulito.

Estraggo la spada, che ormai sostiene il corpo senza vita del nascosto, e lo lascio cadere a terra con un tonfo secco. Passando prima un lato della spada ,e poi l'altro, sulla maglietta dello stregone la ripulisco dal sangue, facendola ritornare lucida e maestosa.

-Sai realmente dove si trova Jocelyn, o era solo un pretesto per ucciderlo, Jonathan?- Valetine sta attento a dire "tua madre", lo sa quanto risentimento porto per quella donna.

-La tua diffidenza mi offende, padre- Dico con un tono e con un'espressione del viso falsamente offesa ed innocente.

-Anzi, dovresti piuttosto richiamare Blackwell e Pangborn, ora sappiamo dove si trova, non vedo il motivo per aspettare ancora e non andare a prendere subito la Coppa. In fondo lo hai detto tu stesso, i Divoratori non sono famosi per la loro pazienza...E neanche io!- Dico camminando per la sala fino ad arrivare alla porta dove Valentine tiene i Divoratori. Batto un paio di volte sulla porta facendo ringhiare i demoni per dare enfasi alle mie parole e dimostrare la loro impazienza.

-Inoltre qualcuno deve pur ripulire questo disastro, giusto?- Gli chiedo.

-Li chiamo subito- 

-C'è un'altra cosa che dovresti sapere- Dico interrompendo la sua camminata e facendolo voltare nella mia direzione.

-Di cosa si tratta?-

-Mi hai chiesto di andare a tenere d'occhio la ragazzina Mondana a Brooklyn, ed io l'ho fatto, e ho scoperto che abita con
Jocelyn- Valentine non sembra sorpreso o arrabbiato e non posso fare a meno di sentirmi un pò deluso dalla sua reazione.

-Sì avevo sentito dire che Jocelyn aveva una figlia-

-E sapevi anche che era di Lucian?- Gli occhi di mio padre si spalancano e la sua mascella si contrae, quando inizia a digrignare i denti dalla rabbia. Sorrido, ora, soddisfatto della sua reazione. Vedo le sue nocche sbiancare in un vano tentativo di controllare la rabbia.

-Ne sei assolutamente certo?- Mi chiede speranzoso.

-Quando l'ho visto era appena entrato in casa e parlava con una certa familiarità sia con Jocelyn sia che con la ragazzina- Gli dico. Non sono certo che sia la figlia di Lucian, ma se non è sua, di chi potrebbe essere?    

Mio padre annuisce e senza dire niente esce dalla stanza per andare a prepararsi e mettersi la tenuta da cacciatore, sempre tenendo i pugni contratti. Non credo che lascerà a me il compito di uccidere la ragazzina e Lucian, penso voglia farlo con le sue stesse mani. E questo mi rattrista, meno divertimento per me.

Blackwell e Pangborn non dovevano essere troppo lontani, visto che in una ventina di minuti erano qui a sbuffare e a mettere in discussione il mio ordine di pulire il pavimento e di togliermi dalla vista il cadavere. Adesso stiamo tutti aspettando mio padre, qualcuno più impazientemente di altri.

Quando mio padre rientra nella stanza, Blackwell e Pangborn, che erano seduti su delle sedie, si alzano subito in piedi in segno di rispetto. Io, invece, non mi muovo di un millimetro e rimango fermo, la schiena appoggiata contro al muro e le braccia e le gambe incrociate.

-Liberate i Divoratori- Ordina mio padre ai suoi sottoposti, e loro ,come due bravi cagnolini, eseguono i suoi ordini senza battere ciglio e aprono la porta della stanza dove sono imprigionati.

I tre demoni escono subito fuori, ringhiando e sbavando contro i cacciatori che li hanno liberati, ma alla vista di Valentine si calmano improvvisamente. I Divoratori chinano la testa in segno di rispetto e timore.

-Padrone...- Sibilano all'unisono, le code che si muovono avanti e indietro in un movimento lento e ritmico, ipnotico quasi. I numeroi occhi neri fissi sul pavimento, e i denti aguzzi in fuori pronti all'attacco. I corpi ricoperti di scuame luccicano alla luce emanata da una lampadina appesa sul soffitto, sprovvisto di lampadario.

-Sapete quello che dovete fare vero?- Gli chiede mio padre con tono duro, avvicinandosi a loro fino ad essergli davanti.

-Sì, Lord Valentine- 

-Non dovete torcerle un capello sono stato chiaro? Altrimenti ne subirete le conseguenze sulla vostra pelle- I Divoratori cercano di nascondersi dietro al più grosso, che probabilmente è il più forte dei tre.

-In quanto a voi due...- Dice mio padre voltandosi verso Blackwell e Pangborn. Mi sfugge un sorriso fissandoli. Prima erano rilassati, tranquilli, ma quando Valentine gli ha chiamati, quei due sono visibilmente sobbalzati, irrigidendosi immediatamente.

Perfino uno grande e grosso come Blackwell lo teme.

-...Voi resterete qui- Dice sistemandosi la cintura colma di armi in vita, mentre i suoi sottoposti sgranano gli occhi.

-Perchè?- Chiede l'energumeno viola.

-Voglio restare da solo con lei- Spiega velocemente mio padre, camminando verso l'uscita e facendomi un leggero segno con la nuca per incitarmi a seguirlo. Io ubbidisco con un sorriso sulle labbra, salutando con la mano quei due inetti, in un gesto di scherno.

Io e mio padre usciamo dalla stanza, seguiti dai Divoratori, e iniziamo a scendere le scale. Sento dei bisbiglii, come dei ringhi, ed io mi immagino Blackwell straziare con i suoi inutili discorsi e proteste le povere orecchie di Pangborn.

Fuori il cielo è scuro, di una tonalità di blu prossima al nero e il silenzio regna. Nella mia cintura c'è solo un coltello dalla lama corta, mio padre ha detto di portare solo questo e uno stilo. Il lavoro sporco lo faranno i demoni.

-Fa strada- Mi dice Valentine invitandomi ad andare avanti. Io eseguo e lo porto davanti alla casa della Modana. Nel tragitto non abbiamo parlato l'unica cosa che spezzava il nostro silenzio era il ringhiare impaziente dei Divoratori. Mio padre era troppo impegnato ad immaginare la reazione Jocelyn quando lo vedrà. 

Io penso che se ha sopportato di stare fra i Mondani per tutto questo tempo per stare lontano da lui e da me, non credo che sarà reagirà bene, ma lui è troppo sentimentalista per accorgersene.

Mi fermo davanti alla porta della casa, tirando fuori il mio stilo.

-Jocelyn abita qui?- Mi chiede come se fosse impossibile.

-Sì- Rispondo diretto, facendo uan veloce runa di apertura. La porta si apre con un leggero, ma fastidioso cigolio, i primi ad entrare passando sotto le mie gambe sono i Divoratori, che corrono subito su per le scale al piano superiore, riconoscendo l'odore di mia madre. Valentine gli ha addestrati a riconoscere il suo odore da miglia di distanza.

-Chi c'è al piano inferiore?- Mi chiene Valentine.

-Non lo so. Non ho ancora controllato- Iniziamo a salire al piano superiore, i Divoratori hanno iniziato a graffiare con gli aritigli la porta e a ringhiare come cani. Mio padre mi mette una mano sulla spalla e mi sposta di lato per passare. Valentine bussa alla porta più volte, ma nessuno gli apre la porta. Si allontana di qualche passo e con un calcio la spalanca.

Non riesco a vedere all'interno perchè mio padre mi blocca la visuale con il suo corpo. Noto che si è irrigidito e che sta trattenendo il fiato. Curioso mi avvicino alla porta affiancando mio padre, vedo mia madre stesa per terra con gli occhi semi chiusi, ma non ancora del tutto svenuta.

Mio padre si precipita dentro l'appartamento preoccupato per la salute di Jocelyn. Si inginocchia accanto a lei prendendola in braccio, cullandola come fosse una bambina, mentre i Divoratori entrano mettendo a soqquadro la stanza. Faccio un passo in avanti e poi un'altro, avvicinandomi ai...Miei genitori, per ascoltare la loro conversazione.

-Tu...Tu lurido...Non toccarmi. Non toccarmi!- Urla Jocelyn, dimenandosi cercando di sfuggire alla presa di mio padre, mentre lui sta immobile, scioccato dalle parole di mia madre nei suoi confronti. Come pensavo non è affatto felice di vederlo. Non si accorge di me, è troppo concentrata su Valentine, dopo tutto mi ha abbandonato senza rimorsi, cosa dovrebbe importargli di me? 

-Non ti permetterò di far del male a Clary, Valentine, non le toccherai un capello- Clary. Allora è così che si chiama la Mondana come l'erba, la Clary Sage, la salvia sclarea.

-Clary il diminutivo di Clarissa, immagino, è così che si chiama la figlia di Lucian?- Le chiede. Jocelyn ha uno sguardo carico di odio e di risentimento, ma ora che mio padre ha nominato il nome di Lucian, il suo sguardo ha lasciato spazio alla confusione.

-Perchè sei scappata?- Gli chiede mio padre, passandogli una mano fra i lunghi capelli rossi accarezzandogli poi la guancia delicatamente. Nel viso di mia madre è visibile il suo disgusto, ma è troppo stanca e debole per liberarsi dalla presa di Valentine.

-Non ti avrei permesso di trasformare un'altro dei nostri figli in un mostro come hai fatto con Jonathan!- La voce di Jocelyn è carica di rabbia anche se ridotta ad un sussurro. Il suo respiro si è fatto pesante e le sue palpebre si chiudono lentamente, come se mia madre stesse facendo resistenza.

Quando i suoi occhi si chiudono definitivamente e la sua testa ricade senza vita sulla spalla di mio padre, Valentine posa la sua fronte contro quella di Jocelyn sussurrando delle parole che non riesco a sentire.

I ringhi dei Divoratori si sono fatti più forti, decido di lasciare mio padre da solo e di andare a controllare i demoni. Cammino velocemente fino ad arrivare al corridoio, i Divoratori stanno graffiando una porta continuando a ringhiare. Poso la mano sul manico del coltello a lama corta, in caso ci sia qualcuno nella stanza. 

Poso la mano sulla maniglia della porta e aspetto qualche secondo prima di aprirla. La stanza che ho davanti è quella che ho visto oggi dalla finestra. La stanza della Mondana, di Clary, improvvisamente mi vengono in mente le parole di Jocelyn.

-Non ti avrei permesso di trasformare un'altro dei nostri figli in un mostro come hai fatto con Jonathan!- 

Un'altro dei nostri figli.

Questo fa di Clarissa la mia sorellina biologica. 

Mio padre mi disse che io ero unico, unico al mondo. Il migliore, il più forte fra tutti gli Shaowhunters, ed io ci credevo davvero, ma adesso...Adesso che ho scoperto di avere una sorella non sono più solo. L'idea che anche lei si unisca a noi nel nostro piano, che sia come me, crudele e opportunista, mi entusiasma.

Lascio la presa sull'elsa del coltello ed entro del tutto nella stanza, chiudendomi poi la porta alle spalle, impedendo ai Divoratori di entrare. Per terra ci sono ancora molte palline di carta, ne prendo una in mano aprendola: è la stessa che ho visto dalla finestra raffigurante il principe oscuro. 

Tiro delicatamente con le dita i bordi del foglio, lisciandolo per bene, continuando ad ammirarlo. Quando ho impresso ogni particolare nel mio cervello, piego il foglio in quattro mettendomelo in tasca come souvenir.

Sento mio padre chiamarmi ed io esco a passi lenti dalla stanza, guardando un'ultima volta la stanza di Clary prima di chiudere la porta. Mio padre tiene in braccio Jocelyn, sembra morta, ma vedo il suo petto alzarsi ed abbassarsi a ritmo dei suoi respiri.

Valentine ordina ad un Divoratore, quello più grosso, di rimanere qui a cercare la Coppa Mortale.

E, mentre mi richiudo la porta di quell'appartamento alle spalle ed inizio a scendere le scale, non posso fare a meno di pensare alla cascata di riccioli rossi che è la mia cara sorellina ed un ghigno si forma sulle mie labbra. Io e lei ci divertiremo moltissimo, non vedo l'ora di passare del tempo familiare con lei, dobbiamo conoscerci meglio in fondo...

...Siamo pur sempre fratello e sorella.





NOTE DELL'AUTRICE:
Vorrei precisare che questo è solo un primo accenno a quello che Jonathan prova per sua sorella, lo approfondirò meglio nei prossimi capitoli. Spero di non averlo fatto diventare OOC, non me lo perdonerei mai, il suo carattere è perfetto così com'è! Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e anche chi legge solamente, quest'ultimi li invito a commentare la mia storia anche con una recensioncina piccola piccola, anche le critiche saranno ben accolte,
Un bacio grosso grosso,
Margherita

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Capitolo 3
*** Il Demone Degli Abissi ***


 
                                                     Il Demone Degli Abissi                            


Salgo le scale del Renwick Smallpox Hospital e in cima trovo mio padre, con le braccia incrociate, concentrato a fissarmi con uno sguardo rimproveratorio. Mi sta guardando dall'alto verso il basso, pensandosi migliore di me, ma la cruda realtà è che non c'è nessuno migliore di me. Nessuno in grado di darmi ordini.
Com'è che diceva quel detto...

...Non crescere più diavoli di quanti tu ne possa controllare. 

Valentine ha voluto sovrabbondare.

Lo sguardo che gli rivolgo è di menefreghismo puro. Non mi interessa quello che pensa, gli ubbidisco solo perchè mi fa comodo, certo come bravo allievo nutro una sottospecie di rispetto per lui, ma si sa l'allievo supera sempre il maestro.

-Dove sei stato?- Mi chiede con il tono più duro che riesce a trovare. Salgo ancora un paio di scalini, prima di fermarmici di fronte. Ora siamo alla stessa altezza e per un momento vedo tremare il senso di superiorità nei suoi occhi.

Sento arrivare dalla stanza un leggero profumo di toast e miele. Allungo la testa di lato per vedere da cos'è dovuto l'odore.

-Sono andato a farmi un giro. Mi annoiavo.- Lui si sposta di lato facendomi passare. Sul tavolo ci sono un paio di toast ancora caldi e del succo, probabilmente all'arancia. Non pensavo avessimo il tostapane. Rifletto portandomi una fetta di pane croccante alla bocca e addentandola.

Non gli dico niente della mia piccola gita all'appartamento di Jocelyn e all'Istituto di New York. Ometto anche di dirgli che so cosa è successo alla mia sorellina. Aspetto che sia lui a parlarmene. 

Se me ne parlerà...

Da quando abbiamo scoperto che ho una sorella, Valentine non mi è mai sembrato tanto entusiasta della novità, anzi tutto il contrario. Non sembra importargliene qualcosa di Clarissa, è come se per lui non esistesse.

Ora che l'ha ritrovata, per Valentine esiste solo Jocelyn. 

Poso sul tavolo lo stilo e il coltello che per precauzione mi sono portato dietro, ma che non ho usato, anche se un'occasione buona per usarlo c'è stata, anzi più di una. Nella mia mente compaiono le immagini di Jace e Clarissa. Dentro di me la rabbia non è ancora scomparsa del tutto. 

Mi volto verso mio padre, costringendo il mio viso a prendere un'espressione assolutamente neutra, che non sveli nessuna emozione. Questa è stata la prima cosa che mio padre mi ha insegnato a fare. 

Fingere.

E non per vantarmi, ma è la mia specialità.

Il suo sguardo è fisso sul coltello e i suoi occhi riflettono la sua paura. Le mie labbra formano un sorriso, sfuggendo al mio controllo.

-Tranquillo, non ho ucciso nessuno.- Lo rassicuro. Solo quando sente il rumore della mia voce, Valentine volge il suo sguardo su di me. O meglio su qualcosa dietro di me. Mi volto incuriosito, ma non c'è niente di interessante da guardare. Poi d'un tratto mi si accende una lampadina nella mia mente.

La porta. La porta dietro cui mia madre continua a dormire.

-Come sta?- Gli chiedo, senza un reale interesse.

-Ha bevuto una pozione, per...Dormire. Non si sveglierà finchè non troveremo l'antidoto giusto- Dice con una tristezza palpabile nella voce.

-Dobbiamo trovare la Coppa Mortale al più presto. Non possiamo permetterci di rimanere troppo a lungo qui, potrebbero trovarci.- Dice cambiando argomento. Già...La Coppa Mortale. A casa di Jocelyn non c'era, dove può averla nascosta.

-Al piano di sotto abita una falsa strega, si fa chiamare Madame Dorotea. Lei potrebbe sapere qualcosa- Rifletto io. 

-Dobbiamo trovare uno stregone in grado di sciogliere l'incantesimo, non un'incapace come quello che ci ha fatto arrivare qui- Valentine non mi ascolta ed io detesto essere ignorato. 

Gli volto le spalle offeso e più furioso di prima, inizio a camminare verso l'armeria, da dove prendo una spada angelica che infilo nella mia cintura. Ritorno da Valentine e afferro velocemente dal tavolo il coltello e lo stilo, il tutto sotto gli occhi confusi di mio padre.

-Jonathan, dove stai andando adesso?- Mi chiede calcando bene il mio nome. Io, che avevo iniziato a scendere le scale, mi fermo a metà strada.

-Vado a cercare uno stregone decente- Gli rispondo senza nemmeno voltarmi. Aspetto che lui dica qualcosa, un assenso, una protesta, ma dalla sua bocca non proviene nessun suono.

Rinizio a scendere le scale quando capisco che Valentine non dirà niente. Di solito è mio padre che si occupa di ricercare stregoni o qualsiasi altra persona che ci serva per il nostro piano, ma adesso Valentine è troppo debole per farlo. 

Patetico. 

Farsi ridurre così da una donna è patetico.

Patetico e umiliante.
 
 


Sto camminando da tutto il giorno, facendo un paio di volte il giro di Central Park. I Mondani non possono vedermi, ma io posso vederli ed osservare loro ed il mondo, apparentemente calmo e tranquillo che li circondo.

Per l'ennesima volta mi rendo conto di quanto siano ingenui, stupidi e ridicolmente fragili. Pensano di essere al sicuro, con la loro polizia super speciale, l'FBI e tutto il resto. 

Non si aspettano nemmeno che la maggior parte, se non tutti, dei loro agenti sono dei demoni assetati di sangue.

Nonostante tutto però, sembrano così felici, ingnari del pericolo. Li osservo da lontano ridere e divertirsi con i loro simili. Alcuni ascoltano si isolano preferendo satre da soli a leggere o ad ascoltare della musica.

Non è giusto!

Loro non fanno altro che oziare, non fanno niente per difendere questo mondo, il loro mondo. Sanno solo lamentarsi di quanto la vita per loro sia ingiusta e crudele. Pensano che il dolore vero sia non ottenere qualcosa. Sono egoisti e senza cuore.

Si uccidono a vicenda ogni giorno, provocando guerre e carestie. 

Non è giusto!

Chiamano mostri gli esseri che nei loro incubi li spaventano, ma i veri mostri solo loro. Ognuno di loro, nessuno escluso è macchiato di sangue. Se ne lavano le mani dicendo di combattere, di uccidere in nome di Dio, anche se dubitano della Sua esistenza.

Gli uomini sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio.

Questo dice la Bibbia. E infatti l'essere più egoista al mondo è proprio Lui, insieme ai suoi benedetti angeli.

Non è giusto!

Ma io intendo rimettere a posto le cose. Quando la Coppa Mortale sarà finalmente mia, sterminerò tutti gli uomini e i Nephilim, creando una nuova e oscura razza. Spodesterò dal suo trono colui che siede alla destra del Padre, distruggendo anche il Regno celeste.

E finalmente potrò essere felice con al mio fianco, come regina di questo mio mondo, per ora solo di fantasia, la mia adorata sorellina, Clarissa. 

Sorrido e con questi pensieri in mente inizio a camminare verso la mia meta. Si è fatta sera e c'è solo un posto a New York in cui sei sicuro di trovare ogni tipo di Nascosto, e cioè il Pandemonium Club.

Mi fermo davanti alla discoteca, una lunga fila di ragazzi aspetta di entrare. Non serve che anche io rispetti la fila, sono nascosto ai loro occhi e non possono vedermi. Supero il butta fuori ed entro nel locale. 

Un'esplosione di luci colorate mi abbaglia e le mie orecchie vengono tartassate dalla musica troppo alta. Cerco con gli occhi la mia preda, trovandola quasi subito seduto al bancone con due ragazze.

Le due Mondane lo guardano ammirate, mentre lui fa apparire un mazzo di rose ad ognuna. Mi avvicino a loro, affiancandoli e ascoltando i loro ridicoli discorsi. Le ragazze non riescono a vedermi, ma lo stregone ha già notato la mia presenza, ed il suo corpo si è irrigidito.

-Forse, è meglio rimandare a domani, ragazze- Dice alle Mondane, invitandole a lasciarci soli. Loro obbediscono, ma leggo la confusione nel loro sguardo.

-Dì un pò amico cos'hai da fissare? Ci sono dei problemi, demoni nei paraggi?- Mi chiede buttando giù tutto d'un fiato il suo drink.

-In effetti sì, ma forse è meglio se ne andiamo a parlare fuori, sai com'è non vorrei ti prendessero per pazzo visto che stai praticamente parlando da solo- Gli rispondo. Lo stregone inizia a guardarsi in torno, sbarrando gli occhi, ricordandosi solo ora che io posso rendermi invisibile agli occhi dei Mondani, grazie alle rune.

Lui si volta di nuovo verso di me, annuendo lentamente, precedendomi all'uscita del locale. Lo seguo silenzioso, la mano posata sull'elsa della spada, pronto ad attaccarlo.

Abbandoniamo il Pandemonium Club per andare in posto più appartato, lontano dagli occhi indiscreti dei Mondani. Non lo lascio nemmeno girarsi verso di me, e lo stordisco subito con un colpo alla nuca.

Lo stregone si accascia a terra, tenendosi la testa con una mano sorpreso e confuso dal mio gesto. Tiro fuori dal fodero la mia spada inizando a giocarci. Il Nascosto, intanto, si è alzato in piedi barcollando.

Tiene gli occhi fissi sulla mia spada, il suo terrore mi inebria. Velocemente inizia a correre lontano da me, giradosi ogni tanto, per lanciarmi delle saette blu nate dalle sue dita.

Inizio ad avvicinarmi a lui, non correndo, semplicementi camminando.

Quasi, quasi mi metto a fischiettare. Penso sorridendo.

Voglio lasciare un pò di vantaggio al mio obbiettivo, per rendere il gioco un pò più divertente.
Inizio a far roteare la mia spada fra le dita. Se tendo l'orecchio riesco a sentire il rumore dell'aria infrangersi contro la lama della mia spada. Ora si fa sul serio. Penso scattando. 

In un secondo mi ritrovo faccia a faccia con il Nascosto. Questa scena mi sembra di averla giò vissuta, coe se fosse un Deja-vù. Sorrido ripensando allo stregone che non è riuscito a trovare Jocelyn. Punto la spada alla gola del Nascosto, intimandogli con lo sguardo di non fare una mossa.

-Fai il bravo- Lo ammonisco premendo di più la spada sulla sua giugulare. Il suo sguardo terrorizzato mi fissa supplicante. 

-Ora rispondi ad un paio di domande e poi, se le risposte che mi hai dato sono soddisfacenti, giuro che ti lascio andare- Gli dico. Lui annuisce appena, ma il movimento compiuto fa sfregare la pelle del suo collo contro la mia lama, causando una piccola lacerazione. Il sangue inizia a colare lento dalla sua ferita, giù su tutto il collo. La vista di quel liquido vermiglio fa vacillare il mio autocontrollo.

Forse potrei rimangiarmi il giuramento appena fatto. Penso continuando a guardare il sangue scendere. Ne potrei sempre trovare un'altro di stregone.

-Lo giuri sull'Angelo?- E lui pensa sul serio che un tipo a come me importi qualcosa di rispettare un giuramente, anche se fatto sull'Angelo. Sorrido per la sua ingenuità, è proprio vero che quando uno si trova davanti alla morte si aggrappa ad'ogni minima speranza pur di sfuggirgli.

-Lo giuro sull'Angelo- Gli concedo in fine.

-D'accordo allora. Fammi pure tutte le domande che vuoi- Mi risponde con voce tremante. Vedendo che ancora non abbasso la spada, lo stregone inizia a deglutire rumorosamente e a vuoto per il nervosismo.

-Puoi evocare un demone Superiore?- Gli chiedo partendo dalla questione che mi preme di più. 

Mia madre è molto astuta e non è un caso che abbia deciso di trasferirsi sopra l'appartamento di una falsa strega. Madame Dorotea deve sapere qualcosa sulla Coppa, ma non credo che lo dirrà propria a colui che ha fatto scappare la sua vicina da casa e suo figlio. 

Ma se noi potessimo, in qualche modo controllarla, scopriremmo tutto quello che nasconde. E se effettivamente non sa niente...

Jocelyn non è tanto stupida da non rivelare a nessuno dove a nascosto la Coppa, lo sa anche lei che ha un valore troppo grande per permettere che vada persa per sempre. Deve aver immaginato che prima o poi Valentine l'avrebbe trovata, anche se ha cercato di tenere se stessa e sua figlia il più lontano possibile dal nostro mondo, così ha nascosto la Coppa Mortale dicendo a qualcuno la sua collocazione esatta.

A Lucian magari, o a sua figlia.

Già Clarissa. Deve avergli lasciato degli indizi per trovarla o una mappa. Come se fosse il suo testamento per lei. 

Controllare Madame Dorotea significherebbe anche tenere meglio d'occhio Clarissa. Non che a mio padre importi, ma a me sì e molto anche. In fondo mio padre non deve sapere per forza del mio piccolo piano.

-Sì- Risponde in un sussurro. Ottimo

-E puoi farlo entrare in un corpo di un Mondano?- Premo di più la spada sul suo collo, in modo da fargli capire che è questa la domanda da cui dipenderà la sua vita.

-Una possessione demoniaca?- Risponde, la voce ridutta ad un sussurro. I suoi occhi da gatto sono puntati costantemente sulla mia spada.

-Esattamente-

-Sì...Io posso farlo- Non abbasso ancora la spada, voglio tenerlo ancora un pò sulle spine. Voglio godere ancora un pò della sua espressione spaventata, del terrore che vedo scaturire dai suoi occhi.

Solo quando vedo che, dalla ferita sul collo, una piccola goccia di sangue va a posarsi sulla punta della mia spada, iniziando a colare lentamente, macchiando di rosso la lama, altrimenti argentea e lucente, decido di abbassare la spada. Temendo di essere sottomesso ai miei istinti e di ucciderlo con un colpo netto alla giugulare.

-Bene. Penso che io e te diventeremo ottimi amici, lo sai?- Gli chiedo rimettendo, con suo sommo sollievo, la spada al suo posto nella mia cintura. Mi avvicino di qualche passo a lui e prima che possa sfuggire al mio tocco, gli circondo le spalle con il braccio, premendo volontariamente la mano sulla sua ferita, in un tacito avvertimento.

-Che ne dici di farmi vedere quanto sei bravo, e di evocare il demone che ti ho chiesto. Eh, amico?- Gli chiedo ironicamente, iniziando a camminare verso un vicolo. Sotto la mia presa sento tremare lo stregone. Con una mano cerca di farmi allentare la presa sulla sua ferita. 

Più si divincola come un'anguilla, più io premo sulla sua ferita. Il suo sangue mi bagna la mano colorandola di rosso. Continuo a premere, ma lui non urla dal dolore, preferisce stringere i denti ed illudersi che tutto questo finirà presto.

-Mi puoi giurare che dopo aver evocato il tuo demone e averlo fatto entrare in un corpo umano, mi lascierai andare?- Mi chiede smettendo di ribellarsi.

-No, purtroppo. Dovrai fare un'altra piccola cosa- Gli dico togliendo il mio braccio dalle sue spalle, ma subito gli agguanto la giacca di pelle con la mano ancora sporca di sangue, pulendomela parzialmente.

-Ma non è così importante, e se non dovessi riuscirci, pazienza- Gli dico.

-E, anche se non ci riesco mi lascerai andare?-

-Certo-

-Senza farmi del male...Altro male?- Mi chiede. Mi fermo interrompendo la nostra camminata. Un vicolo cieco, avevo imboccato un vicolo cieco e totalmento buio. Perfetto per evocare un demone. Il chiasso assordante del Pandemonium Club ormai era lontano e non si riusce più a sentire.

Promettergli che non gli farò altro male, posso davvero farlo? Posso davvero illudere una povera anima, promettergli la vita e poi portarlo alla morte?

Anche se non mi vedo, riesco a sapereche sul mio viso si è formato un sorriso per niente rassicurante.

-Lo giuro sull'Angelo- Ripeto il giuramento un'altra volta, stavolta con ancor meno convinzione. Non importa quante volte giuri per assicurargli la ua incolumità, quando Valentine vedrà che non è in grado di risvegliare Jocelyn, lo ucciderà con le sue stesse mani. 

Forse dovrei dargli un pò di fiducia. Penso, mentre guardo il viso dello stregone rilassarsi visibilmente. Il Nascosto si passa una mano fra i capelli neri prima resi dritti dal gel che ora si è sciolto a causa del sudore prvocato dalla paura e dalla corsa, rendendo i capelli piatti.

In fondo se riesce ad evocare un Demone Superiore, perchè non dovrebbe riuscire a risvegliare mia madre?! 

-Naturalmente, tutto questo non dovrai dirlo ad anima viva- Gli faccio notare, appoggiandomi al muro del vicolo, immergendomi nel buio, diventando invisibile ai suoi occhi, che invece spiccano nel buio come due torce.

-Certo- Mi risponde subito, annuendo freneticamente.

-Bene. Hai detto che puoi evocare un Demone Superiore...Quindi non avrai problemi nell'evocare e controllare il Demone Abbadon, o mi sbaglio?- 

-No, io posso farlo- Dice con sicurezza. 

Io resto fermo a guardare i suoi movimenti tremati, mentre prende dalla sua tasca dei jeans un gessetto. Ogni tanto mi manda delle occhiate per controllare quello che sto facendo. Lo stregone si china a terra e con il gesso inizia a disegnare una specie di pentagramma. A causa delle mani tremanti le linee non sono molto dritte.

Volto lo sguardo alla parte del vicolo illuminato, distogliendo l'attenzione dallo stregone. Continuo a fissare la luce, come in attesa di qualcosa, mentre mi immagino per l'ennesima volta come sarà la mia vita con Clarissa.

Chiudo gli occhi, per vedere meglio le immagini prendere forma nella mia mente, dimenticandomi dello stregone che potrebbe approfittarsi della mia distrazione per scappare, ma non mi importa. 

-Clarissa...- Mormoro sottovoce, non facendomi sentire dalla stregone, assaporando il suo nome, dolce e melodioso.

Clarissa. Continuo a ripetere il suo nome, il nome di mia sorella, anche nella mia mente, non riuscendo a farne a meno.

La vedo, nella mia testa, vestita di nero. La tenuta da cacciatrice fasciarle, come una seconda pelle, le curve dei fianchi e del petto, accentuandele. Il tessuto è strappato in alcuni punti, a causa del combattimento, lasciando intravedere la morbidezza ed il candore della sua pelle.

Clarissa. Ripeto ancora il suo nome nella mia mente.

Con la spada in mano, puntata verso Jace, mentre io trafiggo mio...Nostro padre con la mia. Il sangue del ragazzo angelo confondersi con il colore rosso dei suoi capelli. Le sue labbra rosse e succose che disegnano il più crudele dei sorrisi sul suo viso, facendo vedere i suoi perfetti denti bianchi.

Clarissa. Penso il suo nome per l'ennesima volta.

Vedere Jace, morto, per mano sua, sarebbe come toccare il paradiso e l'inferno nello stesso momento. A quel punto, io e lei, saremmo soli.

L'eccitazione, rende quasi impossibile respirare occludendomi la gola, mentre le immagini vanno avanti, come se stessi vedendo nel futuro tramite una delle più belle e afrodisia che visioni.

Nella mia mente la vedo puntarmi la spada angelica contro, un sorriso giocoso, ma allo stesso tempo maligno e malizioso stampato in faccia. 

Mi vedo mettermi anche io in guardia, alzando la mia spada verso di lei.
Spera di battermi, la mia sorellina, ma io sono troppo forte per lei. Le lascio fare qualche affondo, prima che decida di fare sul serio. Con un'agile mossa riesco a disarmarla, e le punto la spada alla gola, premendo un poco, per farle uscire qualche goccia del suo prezioso e squisito sangue.

Lancio la spada lontano e affero con una mano la cintura della sua tenuta da cacciatrice, attirandola a me. Lei non oppone resistenza, e va a sbattere contro il mio ampio petto.

Il mio viso si tuffa subito fra i suoi capelli, inspirando a pieni polmoni il suo inebriante profumo. Inizio a baciargli il collo, fino ad arrivare alla ferita che gli ho procurato. Clarissa allaccia le sue braccia dietro il mio collo, avvicinandomi di più a lei.
Inizio a succhiare e a leccare il suo sangue dal collo, beandomi del suo sapore ferrugginoso. Lei sospira, ma non so dire se dal piacere o dal dolore. Rafforzo la presa sui suoi fianchi, facendo aderire completamenti i nostri corpi.

Risalgo più su, iniziando a baciargli la mascella, prima di unire le mie labbra con le sue, facendogli assaggiare il suo stesso sangue. 

Mia sorella mi artiglia i capelli con le dita tirando forte, facendomi gemere dal piacere. Clarissa schiude le labbra, approfondendo il contatto ed io mi ubriaco del suo sapore, succhiandogli il labbro e la lingua. 

Non posso fare a meno di pensare che è tutto perfetto, io, lei...La scia di morte e decomposizione che ci lasceremmo dietro. Tutto maledettamente e crudelmente perfetto. 

Se solo fosse vero.

Apro gli occhi di scatto, quando sento il profondo e pungente odore di zolfo. Mi volto verso lo stregone, continua a ripetere delle parole in una lingua a me sconosciuta. Le parole sono ripetitive e creano una specie di macabra sinfonia.

All'interno del pentagramma si sta creando una fitta nube grigia. Allora diceva la verità, è davvero riuscito ad evocarlo. Penso sorridendo.

La nube inizia a diradarsi, facendo intravedere ciò che prima nascondeva. Quando la pesante nube grigia scompare del tutto, riesco a vedere il demone in tutta la sua magnificenza.

Il volto scheletrico si volta verso di noi, fissandoci con i suoi occhi ridotti a due cavità nere, due pozzi senza fondo, come il suo naso. La pelle sul resto del corpo era del colore delle escoriazioni, da cui escono delle ossa giallognole, ormai putrefatte. Abbadon alzo il braccio verso di noi, puntandoci contro il suo dito scheletrico e provvisto di arigli come le dita dei piedi.  

-Chi osa invocare me, Abbadon, il demone degli abissi?-

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Capitolo 4
*** Sangue Del Mio Sangue ***


                                              Sangue Del Mio Sangue                              

Mio padre ha posato mia madre su un letto, legando le sue mani e i suoi piedi a dei ceppi. Il colorito di Jocelyn si è fatto pallido e spento. Valentine, ha sistemato una sedia vicino al letto e ci si è seduto sopra, vegliando al capezzale di Jocelyn, con i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte, come se stesse pregando.

Ho di nuovo rinchiuso i Divoratori nella stanza, naturalmente non senza ringhi di protesta da parte loro, e ora sono qui con la schiena appoggiata allo stipide della porta a guardare mio padre, aspettando la sua prossima mossa.

Ma lui non fa niente.

Valentine resta fermo, continuando a guardare mia madre con occhi vitrei, che non riflettono nessuna emozione. Sembra in trans. Sono tentato di avvicinarmi a lui e scuoterlo per farlo rianimare, quando mio padre si alza raggiungendomi. Mi spinge leggermente indietro, chiudendosi la porta alle spalle con un rumore sordo.

Mio padre mi ignora, andandosi a sedere al tavolo e versandosi un bicchiere di vino. Vado anche io al tavolo ,sedendomi di fronte a lui, ma quando Valentine mi offre del vino, io declino la sua offerta con un movimento del capo.

-Così, ho una sorella- Dico interrompendo il silenzio. Mio padre annuisce solamente, pensando a Dio sa cosa, mentre ,portandosi il bicchiere alle labbra, beve un lungo sorso di vino.

-Cosa pensi di fare a proposito?- Gli chiedo. Valentine posa il bicchiere, ormai vuoto, sul tavolo, riempiendolo una seconda volta. Quando è ormai pieno, mio padre lo solleva ed inizia a descrivere piccoli cerchi in aria col bicchiere, facendo ondeggiare pericolosamente il liquido vermiglio.

-Potrebbe essere un problema- Dice, svuotando il bicchiere in un sol sorso. 

-Non vedo come. Comunque se ti fa stare più tranquillo, possiamo sempre farla venire dalla nostra parte- Mio padre sposta lo sguardo dal bicchiere a me, ora improvvisamente interessato. Con un sorriso mi verso anche io del vino nel bicchiere portandomelo alle labbra, ma ancora non lo bevo.

L'idea di Clarissa dalla nostra parte, insieme a combattere fianco a fianco, si fa spazio nella mia mente, oscurando tutto il resto. I suo capelli rossi come fiamme scompigliarsi al vento, la spada angelica stretta tra le sue piccole e delicate mani. Gli occhi fissi sui nemici, spietati. Un rivolo di sangue rosso che cola lentamente sulla sua guancia, fino al collo dove prosegue il suo percorso.

Ed io.

Voglioso di leccare via quella goccia dalla sua pelle, mordicchiandola fino a farla gemere dal dolore. Baciandola, fino a farla gemere dal piacere.

Bella, scaltra, crudele, sadica...Mia.

-Continua- Mi dice mio padre, spronandomi ad illustrargli la mia idea, distogliendomi dai miei pensieri. Oh sublime visione, ti imploro. Non scomparire dalla mia depravata mente!

-Non capisco perchè Jace debba venire con noi e lei no. Jace non è il mio vero fratello e non è di certo sangue del tuo sangue...Mentre Clarissa lo è, lei è una Morgenstern, come me e te- Rispondo prendendo un piccolo sorso di vino. Il liquido amaro scende giù dalla mia gola, riscaldandomi dentro.

Sì. Sangue del tuo sangue.

Ma soprattutto, sangue del mio sangue.

-Inoltre non penso che Jocelyn sarà molto contenta di sapere sua figlia morta. Perchè sarà questa la fine che farà se non verrà dalla nostra parte, non è così?- Gli chiedo fingendo di non sapere la risposta.

Valentine gira immediatamente la testa verso la porta che lo divide dal corpo, apparentemente senza vita di Jocelyn.

-Prima di essere felice o meno, deve svegliarsi- Riflette, parlando più a se stesso che a me. 

-Se non avessi ucciso quello stregone avremmo potuto svegliarla subito- Mi dice con un tono di rimprovero. Io non lo prendo sul serio e alzo le spalle continuando a sorridere. Un incidente di percorso, capitano a volte.

-Non mi sembra che tu ti sia molto opposto alla sua morte- Gli rispondo bevendo ancora un sorso di vino.

-Inoltre, non penso fosse abbastanza potente da riuscire a spezzare un'incantesimo del genere- Gli spiego. All'improvviso i ringhi dei demoni rinchiusi nella stanza aumentano notevolmente, costringendoci a girare la testa della loro parte.

All'improvviso mi ricordo che Valentine ha ordinato ad uno di loro di restare all'appartamento di Jocelyn per cercare la Coppa Mortale. Strano che ci stia mettendo così tanto. Penso, corrugando la fronte.

Mio padre deve pensare la stessa cosa, visto che ha la mia stessa espressione sul volto. Valentine si alza lentamente dalla sedia, quasi a rallentatore e, altrettanto lentamente e tranquillamente, va verso la porta.

-Dove stai andando?- Gli chiedo, alzandomi a mia volta.

- A vedere perchè quel demone ci mette tanto. Dovresti andare a dormire, non credo tornerò molto presto- Dice inziando a scendere le scale. 

Rimango solo nella stanza, i ringhi dei demoni interrompono ogni tanto il profondo silenzio che si è creato, facendomi compagnia. Mi giro verso la porta, indeciso se entrare o no.

Faccio qualche passo verso di essa e poso la mia mano sulla sua maniglia fredda e lucente. Con un cigolio la porta si apre, lasciandomi vedere il corpo immobile di mia madre. Le sue condizioni non sono cambiate e lei non si è svegliata.

Questa dovrebbe essere la donna per cui dovrei provare un'incondizionato affetto. Penso. Aspetto di sentire qualcosa crescere dentro di me, oltre alla rabbia, al disgusto e all'odio, ma non succede niente.

Sì, dovrei. Peccato che non è così.

Mi avvicino a Jocelyn ,tirando fuori il coltello dalla mia cintura,  fermandomi accanto a lei. Mi rigiro lentamente l'arma fra le mani, non distogliendo mai gli occhi dal viso pallido di mia madre. Appoggio delicatamente il coltello sulla sua guancia, stando attento a non farle uscire nemmeno un goccia di sangue.

Potrei ucciderla. Rifletto, esercitando una pressione maggiore sul coltello. Mio padre si arrabbierà molto. Faccio scivolare il coltello dalla guancia fino al collo fermandomi alla giugulare. Sento il suo cuore battere piano, stanco. Ma in fondo è meglio chiedere che il perdono che il permesso.

Non la ferisco ancora, ma continuo a guardare il suo viso bianco, incorniciato dal rosso dei suoi riccioli. Le sue labbbra rosse leggermente socchiuse per respirare meglio. Gli occhi verdi chiusi. Io e lei non abbiamo niente in comune, nemmeno il carattere. Lei è scappata, troppo codarda per affrontare Valentine. Se fosse successo a me io lo avrei ucciso mentre dormiva, senza rimpianti, senza pietà.

Invece Clarissa e lei sono due gocce d'aqua. Forse l'unica differenza sono i capelli. Quelli di Clary sono più chiari dei suoi, hanno il colore delle fiamme, quelli di Jocelyn hanno il colore del sangue. Troppo scuri, per i miei gusti.

Premo di più il coltello sulla sua pelle nivea, ma non la lacero ancora. Clarissa ha bisogno di una madre, è ancora piccola. Penso, ritirando la mano con cui stringo il coltello. Certo potrei sempre mentirgli su come è morta, dando la colpa a mio padre e a Jace. Li potremmo uccidere insieme. Saremo solo io e lei a quel punto. Solo noi.

Rimetto il coltello nella cintura e cammino verso la porta, uscendo dalla stanza. I demoni si sono calmati ed ora l'unico rumore che spezza il silenzio è l'eco dei mie passi.

Ma non voglio mentirle. Non ancora, almeno. Non ci conosciamo abbastanza.

Chiudo la porta alle mie spalle e spengo la luce della sala, annegando nel buio. Il mio unico amico ed alleato.
 
 


Mi sveglio da un sonno senza sogni e una debole luce ,  passante dalle persiane semichiuse delle finestre, riesce ad accecarmi. Deve essere l'alba. Penso, alzandomi  lentamente dal letto e indossando la tenuta da cacciatore. Anche senza luce riesco ad ambientarmi e a non sbattere da nessuna parte.

Nell'edificio è tutto buio, segno che ancora nessuno si è svegliato, nella stanza non vola una mosca, anche i ringhi dei demoni sono svaniti. La camera di Jocelyn ha la porta chiusa, ma non serve vedere per sapere che mio padre è seduto su una sedia, probabilmente appisolato, al capezzale di mia madre.

Sto per scendere le scale, quando noto un foglio di carta sul tavolo. La curiosità si impadronisce di me e, sempre stando attento a non fare nessun rumore, mi avvicino al tavolo afferrando con una mano il foglio.

Lo leggo e rileggo attentamente, mentre dentro di me uno spiraglio di preoccupazione si accende, ma è talmente debole da non farmi nemmeno aumentare il battito cardiaco. Quando ho impresso ogni singola parola nella mia mente poso il foglio sul tavolo, dove l'ho trovato.

Inizio a scendere le scale lentamente, senza alcuna fretta. Sono costretto a coprirmi gli occhi con un braccio, quando la luce mattutina del sole mi assale, fuori. Dopo qualche secondo i miei occhi riescono ad abituarsi alla luce e ricomincio a camminare verso la mia meta.

Non mi sono fatto una runa per nascondermi, non ce n'è bisogno, è troppo presto e nessun Mondano si sarà ancora svegliato, ma nel caso mi sbagliassi mi sono portato lo stilo.

Mi fermo davanti alla casa, facendo velocemente una runa di apertura sulla porta principale. Il risultato non è molto preciso e bello da vedere, ma è sufficiente affinchè la porta si apra silenziosamente. 

Dovrei esercitarmi di più sulle rune. Penso con un senso di fastidio alla bocca dello stomaco. Odio questi sciocchi scarabocchi, ma devo ammettere che sono molto utili a volte.

Spingo con una mano la porta, spalancandola completamente. Non facendo alcun rumore entro e mi richiudo la porta alle spalle. Salgo le scale arrivando al secondo piano, fermandomi davanti all'appartamente in cui Valentine ha lasciato il Divoratore.

La porta è aperta. Meglio. Penso, mentre rimetto al suo posto il mio stilo. Almeno eviterò di disegnare di nuovo un orrore.  

Entro in casa e la prima cosa che noto è il caos che regna nella sala. Quando abbiamo portato via mia madre, non era così. Il caos potrebbe accreditare la teoria del combattimento fra Clarissa e il DIvoratore che Hodge ha scritto sul foglio. 

Mi chiedo come faccia a sapere che Clarissa è mia sorella. D'improvviso, però, mi ricordo che mio padre, ieri sera, è uscito improvvisamente. Che sia andato da Hodge?.

Noto delle piccole bruciature sul pavimento e mi ingonocchio avvicinandomi al pavimento per esaminarle meglio. Ci passo una mano sopra. Come pensavo, le bruciature sono causate da sangue di demone. Accanto alle bruciature noto anche delle piccole goccie scarlatte. 

Decido di togliermi del tutto i dubbi andando direttamente all'Istituto di New York. Da quel che mi ricordo, non deve essere molto lontano da qui. Esco dall'appartamento chiudendomi la porta alle spalle, e inizio a scendere a due a due gli scalini per arrivare prima in fondo. 

Sulla porta dell'appartamento del primo piano c'è una piccola scritta in grassetto.

                  
                       "Madame Dorotea. Cartomante e Sensitiva"
 

Sicuramente sarà una Mondana che si crede una strega. Penso continuando a camminare non dandoci molta importanza.
Dopo pochi minuti davanti a me compare un'antica chiesa, apparentemente abbandonata. Mi ci vogliono solo un paio di secondi prima che l'incantesimo che protegge l'Istituto si diradi.

Tutte le finestre dell'edificio sono chiuse, tutte meno che una. Una che affaccia su una stanza completamente bianca. Salgo le scale e quando arrivo in cima poso una mano sulla grande porta, uguale a quella della Sala del Consiglio ad Idris. 

Senza che io dica o faccia niente, la porta si apre. Le porte degli Istituti sono aperte a chiunque Shadowhunters che non voglia fare male ai Cacciatori al loro interno. Ed io sono uno Shadowhunters, e non voglio fare del male a nessuno, per ora. Un ghigno sadico compare sul mio volto senza che io riesca a trattenerlo ed entro nell'Istituto.

Un'enorme cattedrale si apre davanti ai miei occhi, mentre sto attento a non fare nessun rumore mentre richiudo la porta. Attraverso tutta la navata superando i banchi e l'altare, arrivando al grande ascensore dorato.

Entro nell'ascensore che mi porta direttamente nel corridoio. Maledizione!. Penso, mentre richiudo la porta dell'aggeggio. Questo affare è più rumoroso di quanto mi aspettassi. Se non faccio attenzione si sveglieranno tutti.

Inizio a dirigermi verso l'ala est dell'Istituto. Non so perchè, ma sono sicuro che Clarissa, la mia sorellina è da questa parte. Inutile negarlo, il nostro legame è più forte di qualsiasi altro. Sento il mio sangue ribollirmi nelle vene ad ogni passo che faccio, lei è sempre più vicina.

Mi fermo davanti ad una porta, non diversa dalle altre, ma qualcosa dentro di me mi dice che dietro questa porta si nasconde il piccola angelo rosso di mia sorella.

La apro e, fortunatamente, questa non fa tanto rumore quanto l'ascensore. I miei occhi si inebriano dell'idilliaca visione di Clarissa. Mia sorella è sdraiata supina su uno dei tanti letti. Le coperte che gli coprono, fino alle spalle, il suo piccolo e fragile corpicino. 

Mi avvicino a lei con passo calmo e lento. La stanza è inabissata nel silenzio, spezzato solo dal rumore dei nostri respiri e dei nostri cuori, che battono all'unisono, come se fossimo una cosa sola.

Da sola e senza alcun tipo di allenamento è riuscita ad uccidere un Divoratore. Davvero sbalorditivo. Questi, sono i piccoli dettagli che distinguono la gloriosa stirpe dei Morgenstern, da tutti gli altri mediocri Cacciatori.

Mi fermo davanti al suo letto, le piccole labbra rosee, come piccoli boccioli, sono semiaperte. I suoi grandi occhi color smeraldo ora sono chiusi. Da questa distanza così ravvicinata riesco a notare delle piccole macchie sulle sue guancie e sul suo naso, delle piccole lentiggini marroni, in contrasto con la sua nivea e lattea pelle.

Mi siedo su un lato del letto, continuandola a guardare. I miei occhi color d'ebano studiano con attenzione ogni singolo particolare del suo viso. Dalle lunghe e sottili ciglia fino al collo. I suoi riccioli rossi sono sparsi sul cuscino. Con una mano ne prendo in mano una ciocca, rigirandomela fra le dita stando attento a non farle male.

L'altra si va a posare sulla sua fronte bollente a contatto con la mia mano gelida come il mio cuore. Il contatto con il freddo fa uscire un piccolo sospiro dalle labbra di mia sorella. Senza rendersene conto, si gira su di un fianco addossandosi di più contro di me.

Anche mentre dorme riesce a percepire il legame, non solo di sangue, che ci lega. Penso, sorridendo. Oh, sorellina cara, fra poco saremo insieme, per sempre. Ti insegnerò molte cose divertenti, da bravo fratello quale sono... O meglio dire, sarò.

Poso le mie mani ai lati della sua testa, e mi avvicino col volto al suo. Mi fermo a pochi millimetri a fissare le sue piccole e apparentemente morbide labbra. La distanza è talmente poca che riesco a sentire il suo fiato caldo sulla mia pelle, facendomi rabbrividire dal piacere.

Sto per testare la morbidezza delle sue labbra, quando un rumore improvviso mi fa scattare in piedi. Corro subito davanti alla finestra aprendola e scavalcandola. Mi aggrappo con le mani al cornicione, rimanendo appeso. Con un piccolo sforzo, mi alzo un poochino, permettendo ai miei occhi di vedere un ragazzo dai capelli d'orati e gli occhi dello stesso colore, che si avvicina con sguardo preoccupato e premuroso a MIA sorella.

I miei occhi si riducono a due fessure, quando riconosco il ragazzo che ora si è seduto, come ho fatto io pochi secondi prima, sulla sponda del letto. 

E così questo è il famoso ragazzo angelo di cui ho tanto sentito parlare. Ma che spiacevole sorpresa!

Jace, se la memoria non mi inganna.

Sono troppo impegnato ad osservare la scena, per preoccuparmi che qualcuno mi veda e chiami la polizia, pensando che un pazzo si voglia buttare giù da un palazzo.

La guarda dolcemente dormire, mentre con la mano va a spostare delle ciocche ribelli che le coprono il viso. Mi chiedo cosa ci faccia in piedi a quest'ora. Continua a fissarlo, pronto ad agire, quando con il viso si avvicina a lei. Mi impongo di rimanere fermo, non posso rovinare tutto ora, ma la tentazione è troppo forte. Stringo i pugnipiù forte intorno al cornicione di pietra, che per la troppa pressione inizia a scricchiorare, minacciando di rompersi.

Quando le loro labbra, quasi si sfiorano, lui devia d'improvviso la traiettoria del bacio, posando la sua bocca sulla fronte bollente di Clarissa. Jace sospira scoraggiato dopo aver sentito la sua temperatura ancora troppo alta e si alza dal letto, attento a non svegliarla. 

Distoglie gli occhi da lei, mentre inizia a camminare verso la porta. La apre e fa un passo avanti uscendo definitivamente dalla stanza, ma prima di chiudersela definitivamente alle spalle, rivolge a Clarissa un'ultima occhiata colma d'amore, che mi fa ribollire il sangue nelle vene. 

Ma a causa di un sentimento diverso. Prima era per il potente legame che avvertivo fra me e mia sorella...Ora invece, quello che sento è rabbia, pura e semplice rabbia. Quel tipo di rabbia che ti fa entrare in circolo tanta adrenalina, quanta te ne servirebbe per uccidere dei demoni Superiori.

Prima di fare qualche sciocchezza di cui probabilmente mi pentirei, lascio la presa sul cornicione, atterrando su due piedi con un piccolo tonfo. Tolgo lo stilo dalla mia cintura e mi alzo un poco la manica destra, lasciando scoperto un abbondante lembo di pelle. Disegno velocemente, senza preoccuparmi del pessimo risultato, una runa per nascondermi agli occhi degli altri. 

La strada ha iniziato a popolarsi e il sole ora è alto nel cielo. Ora che mi sono accertato che Clarissa non corre alcun periolo di vita posso tornarmene a "casa". Mio padre si sarà svegliato e si starà chedendo dove sono finito, probabilmente pensarà che sono uscito ad uccidere qualcuno. Che malfidato!


NOTE DELL'AUTRICE:
Chiedo scusa per il tremendo ritardo, ma questa settimana ho dovuto studiare tantissimo, purtroppo la scuola non mi da tregua, e sono riuscita a prendere il computer in mano solo oggi. Vorrei scusarmi anche per eventuali errori di battitura, non ho avuto il tempo di riguardare e eventualmente correggere il capitolo. Come sempre vi invito a lasciarmi una piccola recensione, che non fanno mai dispiacere...Anzi!!
Un bacio e vi prometto a presto!!,
Margherita.

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Capitolo 5
*** Tale Padre, Tale Figlio. ***


                                                            Tale Padre, Tale Figlio

Sono seduto sul tuo letto, accanto al tuo corpo, che ti osservo dormire. Di nuovo. Sono passati tre giorni ormai, ma tu ancora non ti sei svegliata, e tieni coperti quei due smeraldi che hai al posto degli occhi. Ogni tanto contrai le palpebre, come se volessi sollevarle, ma fossero troppo pesanti per riuscirci.

Dalla finestra aperta, da cui sono entrato clandestinamente per ricongiungermi a te, passa la debole luce dell'alba che ti illumina il volto pallido e i capelli, facendoli assomigliare ancor di più, se possibile, a delle fiamme.

Ora le tue lentiggini sono ben visibili e se volessi potrei anche contarle. Le accarezzo delicatamente con la punta delle dita, attento a non graffiarti con le unghie. Tu arricci il naso, come un gatto, infastidita dal solletico che il mio tocco provoca sulla tua pelle sensibile.

Sposto la mia mano dalla guancia, alla tua fronte non più bollente, ma tiepida. La febbre ormai è passata e il veleno di demone a quest'ora dovrebbe essere scomparso del tutto, ma allora perchè ti ostini a tenere i tuoi meravigliosi occhi chiusi, privandomi della loro lucentezza?

I figli dei Lightwood pensano che non ti risveglierai, che non sopravviverai, ma se è per questo pensavano anche che tu fossi una comune e banale Mondana.

Come biasimarli, in fondo nussuno avrebbe mai immaginato che tu appartenessi ad una delle più gloriose e potenti famigli di Shadowhunters. Se devo essere sincero nemmeno io avrei mai pensato che tu fossi come me.

Mai giudicare un libro dalla copertina.

Sembravi così fragile. Uno scriccioli dagli appariscenti capelli rossi ecco cos'eri per gli altri. Ti chiedo scusa, mia adorata Clarissa, di esermi lasciato ingannare dal tuo aspetto, ma quando ho saputo che tu, pur avendo vissuto come
una Mondana e non avendo ricevuto nessun tipo di addestramento, da sola sei riuscita ad uccidere un Divoratore ho dovuto ricredermi sul tuo conto.

I miei occhi neri fissano insistentemente le tue rosee labbra, la mia lingua golosa del tuo dolce sapore. Vorrei posare le mie labbra sulle tue, ma puntualmente dei passi ci interrompono, ed io sono costretto ad uscire dalla finestra, aggrappandomi al cornicione della finestra per non cadere.

Lui entra dalla porta lentamente, richiudendosela piano alle spalle, per non fare rumore.

In tre giorni, non ti è mai venuto a trovare di pomeriggio, troppi testimoni. Preferisce venire quando tutti stanno dormendo, pensando di essere finalmente solo con te. Non immagina nemmeno che qualcuno lo stia osservando.

Si crede il miglior cacciatore di tutti i tempi...Mentre in realtà non si rende nemmeno conto di essere spiato. Potrei attaccarlo alle spalle, affondare la mia spada nella sua schiena, senza che lui se ne accorga.

Godrei immensamente nel vederlo dissanguarsi a terra, ma qualcosa mi ferma. Un'immagine. La stessa che mi perseguita da minuti, ore, giorni. Tu, mia adorata Clarissa, che, al mio posto, trafiggi Jace.

Lascio la presa sul cornicione, lasciandomi cadere a terra. Devo tornare a "casa" adesso, il mio tempo è scaduto, ma ti prometto che tornerò.

Cammino lentamente e con l'immagine di Jace, sanguinante e moribondo, arrivo a Renwick prima di quel che pensassi. Salgo le scale dell'edificio con passo annoiato, ho tutto il tempo del mondo. Gli scalini sembrano infiniti, ma non ho fretta, so già cosa troverò una volta arrivato in cima e la cosa non mi entusiasma affatto.

La camera di Jocelyn ha la porta aperta, che lascia vedere mio padre e lo stregone all'interno della stanza. Mi avvicino con cautela, non facendo alcun rumore. Mi appoggio allo stipide della porta, tendendo l'orecchio.

-Pensi di riuscirci?- La voce di mio padre è tesa, con una nota di speranza nella voce. Lo stregone inizia a muovere le mani sul corpo di Jocelyn, senza però mai toccarla davvero. Valentine non distoglie mai gli occhi dalle mani dello stregone, pronto ad intervenire nel caso ce ne fosse bisogno.

-Non lo so ancora. L'incantesimo è molto potente, controllerò sui miei libri- Risponde con voce leggermente tremolante.

-Quindi puoi o non puoi svegliarla?- Gli chiede Valentine, quasi ringhiando, stanco di aspettare. Lo stregone indietreggia lentamente fino ad arrivare alla porta, dandomi le spalle.

-Io...Sì, se non è troppo tardi-

-Cosa intendi dire con "troppo tardi"?- Dice con lo stesso tono astioso di prima.

Vedo lo stregone irrigidirsi di colpo, sento il rumore della suo bocca che si apre e si chiude senza sapere cosa dire. Intimoriti dalla reazione di mio padre quando gli dirà la verità. E cioè che non può svegliarla, che nessuno può svegliarla. Sorrido, mentre decido di mettere fine alle pene dello stregone.

-Calmati papà- Ho posato la mia mano sulla spalla dello stregone, che non aspettandoselo è sobbalzato visibilmente.

-Il nostro...- Inizio a dire, poi però mi fermo cercando di ricordare il nome del Nascosto. In effetti non sono molto sicuro di averglielo chiesto. Mi volto verso di lui invitandolo silenziosamente a rivelarmi il suo nome.

-Adrien- Sussurra appena, cercando di recuparare il fiato perso a causa dello spavento che pochi attimi prima gli ho fatto prendere.

-Adrien...Il nostro Adrien, sta solo dicendo che, come ogni altra cosa a questo mondo, ci possono essere dei rischi. Il nostro rischio è che sia passato troppo tempo da quando Jocelyn ha ingerito la pozione, e che quindi non ci sia più possibilità di svegliarla- Gli spiego al posto di Adrien.

-Non è così?- Gli chiedo conferma. Quest'ultimo riesce solo ad annuire con forza.
 
 
 





-Chi osa invocare me, Abbadon, il demone degli abissi?- Chiede con una voce fastidiosa e roca. Vedo lo stregone deglutire rumorosamente ed aprire e chiudere la bocca, troppo spaventato per parlare.

-Io. Johnathan Christopher Morgenstern- Dico prendendo in mano la situazione. Le orbite vuote di Abbadon, si muovono, fermandosi nella mia direzione, squadrandomi da capo a piedi. Il demone prova ad avanzare, ma appena prova a mettere piede fuori dal pentagramma, la sua pelle iniza a bruciare, lasciando nell'aria uno sgradevole odore di bruciato.

-Johnathan Christopher Morgenstern. Il tuo nome non mi è nuovo ragazzo...- Dice pronunciando le lettere lentamente, cercando di capire dove possa già aver sentito il retrogusto amaro del mio nome. 

-Il Rinnegato. Valentine Morgenstern è tuo padre- Dice dopo qualche secondo, riconoscendomi.

-Sì- Gli rispondo senza lasciarmi influenzare. Prova di nuovo con una mano ad attraversare la sua prigione invisibile, nonostante il bruciore che gli provoca, continua ad allungare il braccio, finchè la sua mano non sfiora quasi la mia faccia.

Lo stregone indietregia impaurito pronto a scappare, ma io non mi sposto, resto fermo, i miei occhi fissi sulle sue cavità vuote. Quando la distanza fra la sua mano ed il mio viso è pari ad un soffio, lui ritira il braccio di scatto non sopportando più il dolore causato dalle bruciature.
Sento lo stregone sussurrare dietro di me delle parole  straniere, e il pentagramma illuminarsi di scatto.Anche se non ha gli occhi riesco a capire che l'occhiato che lancia allo stregone, per aver creato la sua gabbia, è di puro odio.

-E cosa posso fare io, per te?- Mi chiede con finta cortesia, tenendosi con l'altra mano il braccio ferito e senza staccare gli occhi dallo stregone, che intanto abbassa gli occhi cercando di scappare allo sguardo assassino di Abbadon che gli sta perforando l'anima. 

Delle gocce di sangue nero iniziano a scendere lentamente dal braccio del demone, cadendo in fine a terra. L'asfalto a contatto con il sangue corrosivo di Abbadon inzia a scricchiolare e a sciogliersi.

-Aiutarmi nel mio intento- Rispondo sicuro di me, senza esitazione.

-E quale sarebbe?- Mi chiede, questa volta la curiosità nella sua voce è sincera, o almeno così sembra.

-Distruggere i Nephilim- Finalmente il suo sguardo si rivolge a me.

-E come farete? Voi siete solo in due, mentre i Nephilim sono molti, molti di più- Dice. Il sangue dalle sue ferite ha smesso di scorrere e le bruciature si stanno rimarginando a vista d'occhio. Solo un demone Superiore e molto forte, potrebbe far guarire le sue ferite ad una tale velocità.

-Evocheremo quanti più demone possibili e dopo che avremo trovato la Coppa Mortale, li costringeremo ad obbedirci!- Mi avvicino al pentagramma, fermandomi solo quando la punta delle mie scarpe non sfiora la linea bianca. 
Nonstante stia dedicando quasi tutta la mia attenzione ad Abbadon, non ho mai smesso di osservare le mosse dello stregone.Lo vedo tremare, anche se cerca di non farlo notarre stringendosi nella giacca, come se fosse una protezione.

La rivelazione del mio piano deve averlo scombussolato, ma ormai l'accordo è fatto e non si può più tornare indietro. Se lo stregone scappasse proprio ora... Sia lui, sia io sappiamo cosa gli accadrà.

-E cosa dovrei fare io di preciso?- Sorrido, sapendo che, anche se non esplicitamente, ha accettato di collaborare con noi.

-Rompi il sigillo- Ordino allo stregone, che non aspettandosi che io mi rivolgessi a lui, sobbalza dallo spavento. Lui resta fermo a guardarmi, sbattendo più volte gli occhi, esterrefatto e confuso allo stesso tempo.

Avverto in Abbadon un sentimento di sorpresa, ma cerca di nasconderlo, sorridendo soddisfatto per la sua libertà.

-Ma senza quello, Abbadon...- Prova a dissuadermi.

-Rompi il sigillo. Ora- Gli ripeto sibilando e interrompendolo. Odio che le persone non mi obbediscano. Lo stregone sobbalza per il tono autoritario che ho usato e senza aggiungere altro pronuncia una breve formula, accompagnandola da dei gesti con le mani.

Il gesso bianco sull'asfaldo inizia a sbiadire. Dopo pochi secondi il sigillo è scomparso del tutto. Il demone ,con cautela, allunga un piede, superando il punto dove prima c'era il sigillo. 

Ora la sua pelle non brucia più e il demone esce totalmente dalla sua gabbia, avvicinandosi a me, fermandomisi davanti. La mia mano scatta verso la mia spada, stringendo con forza l'impugnatura, aspettandomi un attacco dal demone. Abbadon mi supera di qualche decina di centimetri, ma questo non è importante. 

-Abbiamo un accordo?- Gli chiedo allungando la mano destra, quella che non sta stringendo l'elsa della spada, verso di lui. Abbadon non fa passare nemmeno un secondo, prima di stringere la mia mano con forza, sorprendendomi.

-Io aiuto sempre i miei simili, ragazzo demone-
 
 
 





Sono tornato a casa da poco più di un'ora e già me ne sto andando di nuovo, non sopporto di avere in casa mia madre, anche se incosciente. Cammino veloce, voglio allontanarmi il più possibile da lei. Mi disgusta profondamente. Lei e mio padre che si sta fottendo il cervello. 

Quando arrivo davanti alla casa di Clarissa, inizio a calmarmi. Solo pensare il nome di mia sorella mi placa profondamente, come se il mio sangue di demone si assopisse temporaneamente, e con lui la mia sete di sangue e di vendetta.

La runa dell'invisibilità è scomparsa ed ora sono visibile perfettamente hai Mondani, ma non mi preoccupo. Loro mi vedono solo come un normale ragazzo dai capelli argentei e gli occhi neri, vestito con dei jeans scuri ed una maglietta dello stesso colore. Non immaginano neppure che io possa essere uno spietato assassino proveniente da un'altro mondo.

Busso un paio di volte alla porta prima che una anziana signora mi apra. Non è molto alta e devo iclinare un bel po il collo in basso per guardarla negli occhi. I capelli sono raccolti in una crocchia disordinata e alcuni ciuffi le sfuggono, ricadendole sul viso. Indossa una lunga tunica bianca, simile a quelle dei romani.

-Posso fare qualcosa per te, ragazzo?- Mi chiede cortese, con una voce troppo stridula, senza però nessun accenno di sorriso sul volto.

-Non sono di queste parti e mi sono perso. Il mio telefono si è scaricato e mi chiedevo se lei fosse così gentile, da permettermi di telefonare ai miei amici per farmi venire a prendere- Le spiego cercando di essere credibile, dipingendomi in faccio un sorriso.

-Passano molti taxi qui- Mi risponde sospettosa, sorprendendomi. Cerco di non dare a vedere la mia sorpresa, continuando la recita.

-Come le ho già detto non sono di qui, e non saprei quale via indicare al tassista. I miei amici, al contrario di me, sono di New York e non faticheranno di certo a trovare questa via- Dico continuando a sorridere esageratamente.

-Entra- Dice infine sbuffando, spostandosi di lato per farmi passare. Io faccio qualche passo avanti entrando nell'ingresso, colmo di poster astromonici e tendine con le perline. Accanto alla porta gli scaffali, sembrano rigettare i
troppi libri che la proprietaria ci ha gettato sopra.

-Allora ragazzo, vuoi ficcare il naso da qualche altra parte o preferisci venire nel salone dei ricevimenti?- Mi chiede con voce sarcastica, prima di sparire dietro ad una tendina. Senza aggiungere altro la segue, cercando di mascherare la mie espressione infastidita. 

Il "salone dei ricevimenti" è molto più illuminato di quel che pensassi. Questo potrebbe essere un problema per Abbadon, ma fortunatamente, accanto alla parete, fatta quasi interamente da finestre, ci sono delle tende di velluto nero. Dal soffitto penzolano degli uccelli, alcuni finti altri imbalsamati, con dei brillantini al posto degli occhi. Storgo il naso disgustato dal pessimo arredamento.

Il rumore dei miei passi ora viene attutito da dei tappeti persiani, e delle ridicole e paffute poltrone rosa fanno occupano lo spazio tutto intorno ad un tavolino. La superficie di esso è stracolmo di tarocchi di ogni tipo.

-Il telefono è accanto al tavoli. Fai la tua telefonata, così potrai levarti dai piedi. Ho cose ben più importanti da fare che fare la bebisitter ad un bambino troppo cresciuto.- Mi dice indicandomi il telefono, in tinta con le poltrone.

-Io vado a fare del tè. Ne porto anche a te?- Mi chiede, diventando all'improvviso cordiale.

-Sì, molto gentile- Gli rispondo io, camminando verso il telefono. Aspetto che il tintinnio delle tendine mi dia il segnale ,che Madame Dorothea è uscita dalla stanza, prima che cambiare direzione, andando verso le finestre, oscurandole con le tende.

Nella stanza cala il buio, e dubito fortemente che una Mondana qualsiasi saprebbe orientarsi in questa oscurità. Per sua sfortuna io ci riesco benissimo. Fra le finestre a bovindo, c'è un'altra tendina. Con una mano la sposto di lato rivelando una porta di metallo lucido, con la maniglia fatta a forma di occhio.

Una Porta Pentadimensionale. Perfetto.

Mi sono informato molto sul conto della finta strega Madame Dorothea, ho avuto la fortuna di trovare uno stregone che la conoscesse di persona. La figlia adottiva di una Guardiana, chissà quanti trucchetti deve avergli insegnato. Adrien, non aveva mentito. 

Sto seriamente iniziando a pensare che quel Nascosto potrebbe essere più utile di quello che pensassi. Potrebbe addirittura riuscire a trovare una cura, per risvegliare mia madre. Se così fosse, scamperebbe alla morte per mano di
Valentine, ma non per mano mia. Non posso permettere che la risvegli.

-Tua madre non ti ha insegnato che non si tocca niente in casa di estranei?- Mi chiede con voce aspra e indispettita, Madame Dorothea.

-No, dovrebbe saperlo. Lei ha conosciuto personalmente mia madre- Le rispondo, voltandomi verso di lei. Anche al buio riesco a vedere il suo sguardo confuso.

-Non mi dica che non si ricorda di una certa Jocelyn Fairchild, o mi scusi lei la conosce come Fray, probabilmente- Dalla sorpresa la falsa strega lascia cadere al terra il vassoio con il tè, mettendo la mani davanti a sè, in modo evitare di andare a sbattere contro qualcosa.

-Chi sei tu?- Mi chiede con voce falsamente calma.

-Non mi dica che in tutti questi anni non le ha mai raccontato di me. Il figlio che ha abbandonato, senza alcun rimorso- Gli dico con voce dura e tagliente. 

-Cosa vuoi da me, figlio di Valentine- Mi chiede calcando con disprezzo l'ultimo appellativo.

-Voglio la Coppa Mortale-

-Non so dove sia- I suoi occhi ormai si sono abituati al buio, ma non abbastanza da individuarmi. Abbadon. Penso, mentre con una mano apro la porta del Portale. Una nube nera, esce fuori, portando odere di zolfo nella stanza. La falsa strega non riesce nemmeno a capire cosa stia succedendo, che si ritrova gettata a terra, mentre Abbadon, ancora sottoforma di nube, si impossessa del suo corpo.

Dorothea inizia a tremare violentamente, i suoi occhi rivolti all'indietro, dalla bocca semiaperta, inizia a scendere un filo di densa e schiumusa saliva, come se fosse un cane con la rabbia.

Passano alcuni minuti prima, che il corpo della donna, smetta di tremare. Io continuo a guardarla immobile, quando improvvisamente lei si alza, girandosi verso di me. I suoi occhi diventano per qualche secondo neri, prima di tornare al loro colorito naturale.

Cammino verso l'interruttore della luce, accendendo le lampadine. Madame Dorothea, o almeno quello che ne resta di lei, si porta una mano sugli occhi per proteggersi dalla luce.

-Allora?- Dico interrompendo il silenzio.

-Impossessarmi di questo corpo è stato più facile di quel che pensassi- Risponde con la voce della donna, Abbadon. Il demone sta esaminando il suo nuovo corpo che, a giudicare dalle smorfie che fa, non credo gli piaccia poi molto. A mio parere è molto meglio di quello che aveva prima.

-Quindi come funziona, ora tu sei in grado di vedere i suoi ricordi?-

-E ho anche tutti i suoi poteri, sempre che ne abbia- 

-Dov'è la Coppa?- Gli chiedo, cercando di calmarmi per non perdere la pazienza.

-Non stava mentendo poco fa, non sa davvero dove si trova- Non è possibile!

-Era una Guardiana! Jocelyn dovrà pur avergli dato qualcosa, o perlomeno detto qualcosa!- Urlo fuori controllo.

-No, l'unica cosa che gli ha dato è quel mazzo di carte dipinto da lei- Io fulmino il demone con lo sguardo, facendogli intendere che non m'importa niente dei regali che ha fatto mia madre ad una falsa strega.

-Ne sei assolutamente certo?-

-Sì- 

-D'accordo, allora tu resterai qui. Forse i Nephilim verranno per avere delle informazioni da Madame Dorothea, e se questo succedesse voglio essere avvisato subito, sono stato chiaro?- Gli dico, dopo qualche secondo, passato a cercare di guardarmi.

-Trasparente- Mi risponde e dal suo tono di voce riesco a capire prendere ordini da me non sia molto di suo gradimento. Esco dalla casa, senza dirgli altro, evitando così uno spiacevole scontro fra me e il demone. Cammino velocemente per la città, cercando di sbollire la rabbia, causata dall'ennesimo buco nell'acqua.

Arrivo a Renwick che sto correndo, salgo velocemente le scale, saltado i gradini a due a due. Arrivo fin incima e un pungente odore di sangue mi invade le narici. Non che mi dia fastidio, ovvio. Mi sembra che l'odore provenga dalla camera di Jocelyn, così inizio a caminare verso di essa.

Come sempre vicino al letto di mia madre, c'è Valentine, ma, diversamente dalle altre volte, il corpo di Adrien è steso a terra, proprio dietro a mio padre. Sul suo petto è stato fatto uno scuarcio lungo parecchie centimetri, da cui fuoriesce ancora una quantità eccessiva di sangue. Negli occhi aperti, ma senza vita, si può ancora vedere il suo terrore. 

Qualcuno, non è stato all'altezza delle aspettative a quanto pare. Penso ghignando.

-Bentornato Johnathan- Mi saluta mio padre, girando appena la testa nella mia direzione.

-Buongiorno padre- Resto fermo all'entrata, ma il mio ghigno di poco prima è scomparso.

-Si può sapere dove scappi tutte le mattine?- Girandosi completamente, in modo che la sua attenzione sia focalizzata totalmente su di me.

-Mi sto solo preoccupando di ritrovare la Coppa Mortale-

-E in che modo un demone Superiore, può aiutarti in questa tua onorevole ricerca? Sono curioso di saperlo- Spalanco impercettibilmente gli occhi dalla sorpresa, non riuscendomi a trattenere. Maledetto bastardo, così prima di morire hai deciso di spifferare tutto è?

-Il nostro Adrien, mi ha detto tutto sul tuo piano. Piano molto astuto devo ammettere, non so come non abbia fatto ad arrivarci anche io- 

-Forse perchè eri troppo concentrato su altro- Dico volgendo una breve, ma intensa, occhiata al corpo di mia madre.

-Forse. Comunque, per sicurezza, domani manderò un paio di Dimenticati a controllare e sorvegliare, se servisse, l'appartamento di Joceyn-

-Non pensavo avessimo dei Dimenticati dalla nostra- Rispondo con tono leggermente irritato.

-Non sei l'unico in grado di nascondere le cose, Johnathan- Dice, prima di scontrarmi con una spallata, per uscire dalla stanza, lasciandomi da solo, mentre la mia rabbia di poco prima ritorna. Con le unghie mi lacero la pelle dei palmi della mani, per evitare di fare cose di cui sicuramente mi pentirei subito dopo, come per esempio aggredire mio padre.

-Voglio che domani, tu, Pangborn e Blackwell andiate da Lucian. Anche lui potrebbe sapere qualcosa. Naturalmente tu non potrai farti vedere da lui, potrebbe riconoscerti. Pangborn e Blackwell lo terranno occupato mentre tu cercherai la Coppa Mortale o qualsiasi altro indizio, nel suo appartamente o in qualunque altro posto lui viva- Cerco di inspirare profondamente, richiamando a me tutto il mio autocontrollo.

-Certo padre, come preferisci- 







NOTE DELL'AUTRICE:
Per non aver recensito il mio precedente capitolo, ho deciso di punirvi ritardando la pubblicazione di questo! Sto diventando più perfida di Johnathan !
No, dai sto scherzando, mi dispiace non aver pubblicato prima, ma l'ispirazione è tardada ad arrivare.
E sinceramente non è che questo capitolo mi convinca totalmente...Vabbè.
Comunque siete stati/e cattivi/e un piccolo commentino potevate lasciarmelo!
Vabbè, vi perdono solo se recensite questo capitolo, però. :))
Un bacione a tutti/e,
Margherita

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Capitolo 6
*** Il Portale Pantadimensionale. ***


                                     Il Portale Pantadimensionale





Quando le prime luci dell'alba fanno capolino alla finestra della mia camera, io sono già sveglio, e ho iniziato a prepararmi, indossando la tenuta da cacciatore. Alla cintura ho infilato un pugnale e una spada angelica, anche se probabilmente non ci sarà bisogno di combattere, la speranza è l'ultima a morire.

Grazie alla collaborazione di Abbadon e ai ricordi di Dorothea sappiamo dove trovare Lucian, ma visto che non abbiamo una macchina a disposizione, il modo più veloce per raggiungerlo è un Portale.
E fortunatamente, noi lo abbiamo. 

Mio padre non verrà con me, Blackwell e Pangborn, è troppo impegnato alla ricerca della pozione o di uno stregone che possa svegliare Jocelyn, o almeno questo è quello che mi ha detto lui. Ho una strana senzazione come se mi stesse nascondendo qualcosa. Non ha ancora detto una parola su Clarissa, e questo non mi piace affatto.

Dopo che ha scoperto che ho evocato Abbadon, mi ha ordinato di rivelargli il mio piano, minacciandomi se avessi riprovato a nascondergli qualcosa. In quel momento le cicatrici sulla mia schiena hanno iniziato a bruciare più del solito, come se le frustate le stessi ricevendo in quel preciso istante. Avevo solo otto anni quando le ho ricevute la prima volta, tredici quando le ho ricevute l'ultima volta.

Se non fosse per il fatto che ora sono troppo grande e che probilmente, anzi sicuramente, riuscirei a sottrarmi a quella tortura, sono sicuro che mio padre avrebbe usato la sua frusta ancora e in più di un'occasione.

Inizio a scendere le scale lentamente, non preoccupandomi di far aspettare Blakwell e Pangborn. Arrivo in fondo e come sempre sono costretto a stringere gli occhi e a mettermi una mano per coprirmi la faccia, per la lucentezza del sole. Li trovo a parlare fra di loro, non penso che mi abbiano sentito arrivare.

-Quanto ci mette quel ragazzino, ci sta facendo perdere tempo!- Vedo che Blackwell è molto impaziente di vedere Lucian.

-Perchè non possiamo andare da soli?- Gli chiede con un tono di voce leggermente acuto e irritato, che contrasta molto con la sua stazza.

-Lo sai che nè io nè te siamo così agili, finiremmo per farci scoprire subito da Lucian. Non possiamo rischiare, inoltre si sarebbe insospettito se avesse visto solo uno di noi, mentre l'altro va a cercare la Coppa Mortale- Continuo ad ascoltarli da lontano, senza intromettermi, dando ragione a Pangborn. 

Un sorriso spontaneo nasce sul mio viso al pensiero di Blackwell, con la sua enorme corpuratura, che cerca di sgattaiorare via e in silenzio da un appartamento, senza essere visto. Devo fare uno sforzo enorme, per non scoppiare a ridere.

-Anzi che lamentarti come una donnicciola, che ne dici se iniziamo ad andare?- Chiedo a Blackwell, stufo di aspettare. Lui si gira verso di me di scatto, stupito e preoccupato del fatto che abbia sentito le sue lamentele su di me.

-Se non volete collaborare con me, potete anche andare da qualche altra parte. Posso riuscire a recuperare la Coppa Mortale anche da solo, come ho saputo trovare uno stregone che potesse evocare Abbadon- Gli dico spavaldo iniziando a incamminarmi verso la casa di Dorothea, dando per scontato che gli altri due mi stiano seguendo.

Per il resto del viaggio l'energumeno viola non osa fiatare, preferendo il silenzio, interrotto solo dal rumore dei nostri passi sull'asfalto. Arriviamo all'appartamento in poco tempo. Blackwell e Pangborn si fermano a discutere, ma io non li ascolto continuando a camminare, entrando nella nella casa.

Abbadon mi apre la porta, e ,senza parlare, si sposta leggermente per farmi entrare. L'appartamente è esattamente come l'ultima volta che l'ho visto: sciatto e troppo esuberante. L'unica differenza è la quantità di luce nella stanza. Abbadon ha chiuso le tende delle finestre, bloccando ogni raggio di sole.

-Dove sono gli altri?- La voce di Dorothea interrompe i miei pensieri riportandomi alla realtà.

-Fuori a discutere- Rispondo avvicinandomi al Portale Pantadimensionale. Sfioro la fredda maniglia con le dita. Basta che pensi ad un luogo uno qualsiasi, apri la porta e come per magia ti troverai lì.
Per un secondo la mia mente va alla tenuta dei Morgenstern, che ormai non è altro che un mucchio di polvere e cenere, dove sono nato.

Quando Valentine ha dato fuoco alla villa, avevo pochi mesi, non l'ho mai vista intatta, in tutto il suo splendore. Mio padre mi ci ha portato una volta, pensava fosse importante per me sapere dove sono nato, ma quello che ho visto è stato solo un mucchio di macerie senza alcun valore.

Ora però non è quella l'immagine che invade la mia mente. 

Vedo una villa di legno in mezzo ad una collina, isolata da tutto il resto, immersa nella pace e nella quiete. 

Vedo una ragazza dai lunghi e ricci capelli rossi seduta sul prato, con la tenuta da cacciatrice, con un blocco da disegno fra le sue piccole, delicate e letali mani. 

Vedo un ragazzo dai capelli biondi, quasi bianchi, osservarla da lontano, avvicinandosi alla sua preda lentamente, sicuro che lei sia troppo intenta nel suo lavoro per accorgersi della sua pericolosa
presenza. 

Vedo il ragazzo avvicinarsi sempre di più, finchè non arriva alle spalle di sua sorella.

Vedo la ragazza sobbalzare visibilmente, quando sente due calde e forti braccia avvolgerla, bloccandogli l'uso degli arti superiori. 

Vedo il ragazzo sederlesi alle spalle, adagiando le gambe ai lati dei fianchi della ragazza. 

La vedo appoggiare delicatamente la schiena contro il petto del fratello, rilassandosi ,dopo aver riconosciuto il suo pungente e afrodisiaco odore.

-Cosa stai disegnando, Clarissa?- Le chiede, soffiando nel suo padiglione auricolare, facendola rabbrividire, ma non dal freddo. Il ragazzo dagli occhi neri, appoggia il mento sulla spalla della sorella,
sbirciando il blocco che tiene ancora fra le mani.

-La nostra casa- Risponde lei in un sussurro, girando un poco il collo, iniziando a baciare la mascella del ragazzo, fino ad arrivare alla sua bocca, sfirandola delicatamente. 

Il ragazzo la libera dalla sua forte presa, permettendogli di girasi completamente, anche con il busto, verso di lui, fino a sdraiarcisi sopra, lasciando cadere da qualche parte sul terreno umido e
profumato il suo blocco da disegno.

Vedo il ragazzo sdraiarsi sull'erba, in modo che i loro corpi aderiscano perfettamente, mentre morde con forza il labbro inferiore della ragazza, facendola gemere, e approfittandosi di questo per
intrufulare la lingua dentro la bocca semiaperta della sorella, approfondendo il bacio.

Vedo le mani di entrambi iniziare ad esplorare il corpo dell'altro sotto le tenute, iniziando a spogliarsi lentamente, sicuri che lì nessuno può vederli, in mezzo alla natura. 

C'è solo un testimone, che farà sempre da custode dei loro segreti, una villa, antica quanto nuova. La tenuta dei Morgenstern, ricostruita in modo da farla tornare al suo antico splendore.   

-Vi dovreste chiedere su cosa stavamo discutendo- Interrompe i miei pensieri la voce gutturale e fastidiosa di Blackwell. Mi giro lentamente verso di lui, gli occhi iniettati di sangue. Pronto ad eliminarlo
appena farà qualcosa che non mi aggrada.

-E sentiamo, su cosa stavate discutendo?- Gli chiedo con un tono ironico, Fulminandolo con lo sguardo. Nonostante la sua stazza superiore alla mia, riesco ad intravedere il timore nei suoi occhi e
questo mi fa rabbrividire d'orgoglio per me stesso.

-Sbaglio o per usare un Portale ci serva una persona che conosca e sia stato nell'appartamento di Lucian?- Mi chiede, abbassando appena il tono di voce, il che allarga ulteriormente il sorriso che mi è comparso poco fa sul volto.

-Sbaglio o mi sembra di aver capito che voi siete dei completi ed inutili imbecilli, visto che non vi è mimimamente passato per l'anticamera del cervello che io potessi aver già trovato la soluzione a tutto?- Gli chiedo usando il suo stesso tono, questa volta rivolgendomi ad entrambi.

-Come ben saprete, ma per qualche oscuro motivo vi siete dimenticati di questo piccolo, ma importante particolare. Abbadon, attraverso la possessione demonianca, riesce, non solo ad impradonirsi del corpo della sua vittima, ma anche di tutti i suoi ricordi.-

-E centra questo?- Chiede con una nota saccente nella voce l'energumeno viola. Cerco di trattenermi dall'ucciderlo, apprezzando mentalmente il carattere silenzioso e solitario di Pangborn.

-Centra. Dorothea, guarda caso, è stata più volte nell'appartamento di Lucian, e visto che Abbadon e Dorothea in questo momento sono la stessa persona, anche Abbadon è in grado di aprire il Portale sulla casa di quel traditore di Graymark- Gli spiego cercando di essere il più chiaro possibile, in modo che il discorso entri dalle sue orecchie e rimanga nel suo cervello, anzichè uscire. 

-Ora se non avete nessun'altra domanda da fare, vi dispiace se andiamo?- Chiedo con una punta di ironia nella voce a Blecktorn e Pangborn. Mi sposto leggermente di lato, per permettere anche a loro di vedere la Porta Pantadimensionale, ma nessuno dei due accenna a muoversi.

-Oppure potremmo sempre prenderci una buona tazza di thè, scommetto che Dorothea, o meglio Abbadon, sarà più che contento di prepararci un'ottima colazione- Rispondo guardando con la coda dell'occhio l'espressione furente che mi rivolge il Demone Superiore.

-Muovetevi, non abbiamo tutto il giorno- Ordino, senza più ironia della voce, ma utilizzando un tono duro e deciso. Finalmente i due Shadowhunters si decidono a camminare, Pangborn per primo, anche se riesco a notare ancora una punta di diffidenza nello sguardo di Blackwell.

Perchè, dovrebbe fidarsi?. Mi chiede una vocina dentro di me.

Dobbiamo solo aspettare di avere nelle nostre mani la Coppa Mortale, poi, iniziando da Valentine, toglieremo di mezzo tutti quelli che ci daranno fastidio, arrivando poi a lui. 

Un ghigno crudele e sadico compare sul mio volto o questi pensieri, senza che io me ne renda conto. In tanto l'energumeno viola si è fermato proprio davanti a me, superando Pangborn e bloccando la
sua avanzata, sovrastandomi con la sua corporatura.

-Visto che sei così sicuro che il Portale funzioni, non ti dispiacerà sicuramente andare per primo- Mi dice sorridendo a sua volta.

-Se avete così tanta paura, potevate anche restare a Renwick, così siete solo d'intralcio per me- Gli rispondo io a tono, non facendomi intimorire dalla sua stazza. Sarà anche più grosso, ma la sua agilità e la sua velocità sono inferiori rispetto alle mie. Riuscirei ad atterrarlo in una decina di secondi.

-Ma se proprio ci tenete tanto...D'accordo andrò io per primo- Dico senza dargli il tempo di rispondere alla mia prima frecciatina. Vedo il mio avversario stringere convulsamente i pugni, tentando inutilmente di darsi una calmata. Proprio sul più bello, quando Blackwell fa un ulteriore passo in avanti verso di me, pronta a sferrare il pugno, Pangborn decide di intervenire mettendosi in mezzo a noi
due, per separarci.

-Ha ragione il ragazzo- Dice con mia grande sorpresa.

-Non abbiamo tempo per certe cose... Almeno non adesso- Di colpo ha abbassato il tono di voce, in modo che l'ultima parte della frase la potesse udire solo il suo compagno, anche se nonostante questo, sono riuscito a captare perfettamente le sue parole.

Decido di ignorarli, non dando peso alle loro minaccie, donando tutta la mia attenzione al Portale che mi sta davanti. Faccio un cenno ad Abbadon che subito e sopratutto senza ribattere, mi ubbidisce, andando a posare la sua mano sulla maniglia della Porta, aspettando un mio consenso.

Dovrebbere essere così. Rifletto dentro di me.

Io ordino e gli altri ubbidiscono, senza aggiungere nient'altro.

Do un ultimo cenno ad Abbadon, prima che lui apra il Portale, e che una forza invisibile mi risucchi al suo interno. Mi sento sprofondare sempre più giù, fin quando non riesco ad intravedere il terreno e cerco di mettermi in posizione eretta in modo da atterrare eretto.

Il piano funziona solo a metà, infatti sono riuscito a mettere nella giusta posizione solo un piedi, mentre con l'altro ho preso una storta che mi ha fatto perdere l'equilibrio e cadere all'indietro.

Stringo i denti e gli occhi, a causa del dolore alla caviglia, ma non un suono esce dalla mia bocca. Con uno sbuffo tolgo le ciocche di capelli che mi sono cadute davanti agli occhi e che mi impediscono
di vedere. Davanti a me ci sono una decine di case tutte affacciate su di un fiume, sotto le mie dita riesco a sentire la consistenza di un prato secco e ormai morto. Ma tutto questo non mi aiuta a capire in quale parte di New York siamo finiti.

Una casa di legno spicca però fra le altre, ma non in modo positivo. Infatti mentre tutte le altre case sono più o meno colorate quella davanti a me è di un grigio spento deprimente e accerchiata da un ancora più deprimente rete metallica.

-Garroway Books. Belli, usati, nuovi e fuori catalogo. Chiuso il sabato.- Leggo ad alta voce l'insegna che oscilla al vento, compiendo qualche passo in avanti verso la casa. Mio padre l'aveva detto che probabilmente Lucian aveva cambiato nome.

Inizio a camminare intorno alla casa, per cercare un buco nella reta, in modo da oltrepassarla, quando vedo ,oltre la recinzione, la porta della casa spalancarsi. Cerco di nascondermi il più possibile, rendendomi invisibile agli occhi delle persone che sono appena uscite.

Il primo che riesco a vedere è un ragazzo mingherlino con gli occhiali e gli occhi e i capelli marroni. 

Probabilmente il Mondano più Mondano che io abbia mai visto. Penso con disprezzo.

-Scusa Luke, ma pensi davvero che io creda a tutto questo?- Chiede il ragazzino scocciato girandosi verso Lucian, mettendosi a posto gli occhiali sul naso.

-Sì, perchè è la verità- Gli dice semplicemente Lucian, bloccandi la porta di casa con il suo corpo in modo che il Mondano non ci possa più entrare.

-Ma Clary me lo avrebbe detto, mi avrebbe chiamato per dirmi che se ne andava in campagna a curare sua zia- Gli risponde il ragazzino con tono infantile. Lucian deve sapere molto più di quello che mi immaginassi. Deve sicuramente sapere della sparizione di mia madre, ma cosa centra Clarissa?

-Magari hai fatto qualcosa che l'ha ferita ed ora è arrabbiata con te. Simon non lo so perchè non te l'abbia detto, ma davvero se cerchi Clary qui non la troverai, per questo ti pregherei di andartene- Gli dice brusco. Un tonfo alle mie spalle mi fa visibilmente sobbalzare. 

-Stupidi inetti senza un bricioli di cervello- Sussurro maledicendo Pangborn e Blackwell in tutte le lingue che conosco, vedendoli stesi per terra a masaggiarsi le parti doloranti a causa dell'impatto con il terreno. 

Proprio ora dovevano attraversale il Portale?! 

-Cos'è stato?- Chiede il Mondano impaurito.

-Niente, tornate a casa Simon- Dice rientrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle. Sempre seza cercare di farmi vedere mi alzo in piedi, andando verso quei due inetti che mio padre si ostina a chiamare alleati.

-Ma che diavolo state combiando?- Chiedo infuriato. Quei due si limitano ad alzarsi da terra, pulendosi i pantaloni sporchi di terra con le mani.

-Cosa c'è il ragazzo prodigio ha fatto male i suoi calcoli?- Mi chiede con tono beffardo l'energumeno viola. Io lo fulmino con lo sguardo, intimandogli silenziosamente di chiudere la bocca.

-No, siamo a casa di Lucian, quello che vorrei sapere è perchè ci avete messo così tanto tempo- Chiedo con il tono di voce leggermente alto. 

-Lasciate perdere. Lucian è in casa, voglio che lo attiriate fuori in modo che io possa entrare dentro senza essere visto- Ordino a tutti e due, parlando prima che possano rispondere alla mia precedente domanda. Senza aspettare, neanche questa volta, una risposta mi volto dandogli le spalle recandomi verso la casa di Lucian. 

Mi avvicino alla rete metallica cercando con gli occhi il ragazzino che ho visto poco fa con Greymark. Anche se non mi può vedere a causa delle rune, non voglio correre rischi. Non vedendolo penso che se ne sia andato, così scavalco la rete entrando nella proprietà. Mi appiattisco contro una parete laterale della casa tenendo d'occhio la porta d'ingresso, ma senza farmi vedere.

Dopo qualche secondo vedo la porta spalancarsi e Lucian uscirne, con sguardo preoccupato e infuriato allo stesso tempo. Lo vedo camminare con passo svelto, ma non posso aspettare che volti l'angolo per scattare verso la porta. Infilo la mano in mezzo ad essa appena un secondo prima che si chiuda, e con la stessa velocità entro nella casa e richiudo la porta dietro di me con un piccolo clic.

La prima cosa che i miei occhi vedono è il caos che regna in questa sorta di sgabuzzino. Ci sono scotoloni impolverati in ogni angolo della stanza. Le scritte in pennarello nero sulle scatole mi fanno capire che dentro di esse devono esserci dei libri.

-Narrativa,poesia,cucina,storia locale e storie d'amore- Leggo a bassa voce le scritte sugli scatoloni. La luce della stanza era minima, ma nonostante il buio riesco a vedere perfettamente. Noto una porta al di la del corridoi e decido di iniziare da li la mia ricerca della Coppa.

Mi avventuro fra le molteplici pile di scatoloni, stando attento a non farne cadere nemmeno uno. Analizzo tutti gli scatoloni con attenzione, cercando di trovare il mio obbiettivo. 

-Bene, bene, bene. Cos'abbiamo qui?- Sussurro ironicamente con un sorriso per niente rassicurante in volto, vedendo delle catene attaccate al muro. Mi avvicino lentamente ad esse, prendendone una fra le mani, notando delle macchie di sangue. Alzo lo sguardo sul muro notando dei profondi rigonfiamenti e della vernice scrostata.

-Questo ,per il nostro lupacchiotto, non è stato un bel periodo, a quanto pare- Sussurro a me stesso, mentre il mio sorriso si allarga e si spegne altrettanto velocemente, quando sento delle voci provenire da dietro la porta di casa. Impreco mentalmente, mentre cerco di nascondermi il più velocemente possibile dietro ad uno scatolone.

La porta si apre, proprio quando sono riuscito a nascondermi in modo da non farmi vedere. Sento dei passi, cerco di concentrarmi sul loro rumore per riuscira a capire quanti sono. Non sono del tutto sicuro, ma mi sembra siano in tre. Forse sono Pangborn, Blackwell e Lucian. 

-L'appartamento è da questa parte- I miei occhi si spalancano e il mio cuoer inizia a battere più forte, quando sento questa voce. La sua voce. Non riesco a capire il motivo, ma sono sicuro che sia lei, che sia Clarissa a parlare. 

Si è svegliata, finalmente.

La sento camminare attraverso la stanza, i suoi passi sono leggeri, aggraziati, fino ad arrivare al mio nascondiglio e devo utilizzare tutto il mio autocontrollo per non uscire da qui e rapirla. 

-Aspetta- Questa volta la voce che mi arriva alle orecchie non è quella di mia sorella. Con la testa esco leggermente dal mio nascondiglio, per vedere a chi appartiene quella voce. Davanti a me c'è un ragazzo dai capelli biondi, ma più scuri dei miei, che mi impedisce la vista di mia sorella.

Jace...

-Qualcosa che non va?- Ed eccola di nuovo, la sua voce, che riesce a calmare il mio istinto omicida verso il ragazzo angelo.

-Non lo so- Le risponde, sento il nervosismo nella sua voce. Lo sento avvicinarsi al mio nascondiglio e sono costretto a spostarmi leggermente nascondendomi dietro un'altra pila di scatoloni. 

-Clary, è meglio che tu venga a vedere una cosa- Le dice dopo aver fischiato. I miei occhi non si staccano da lui, osservando ogni suo movimento, ma lui sta fermo a guardare le catene sporche di sangue.

-è buio...- Risponde mia sorella timidamente. Passa qualche secondo, quando Jace sale su un scatolone e accende una stregaluce. Riesco a vedere negli occhi di Clarissa la sorpresa e l'ammirazione, e la gelosia nei mie occhi. 

-Stregaluce- Spiega il ragazzo angelo, con superbia. Il Mondano dice qualcosa, ma io sono troppo occupa a rivolgere sguardi d'odio a Jace per accorgermene. I miei pugni si stringono violentemente, fino quasi a lacerarmi la carne con le unghie. Non deve avvicinarsi a Clarissa. 

Non so se riesco ad aspettare di avere la Coppa Mortale in mano, per ucciderlo. Penso mentre estraggo dal fodero il mio pugnale. Non sarà una spada angelica, ma sarà abbastanza per ucciderlo, ma mi costringo a non farlo.

è ancora troppo presto. Mi ripeto nella mente come un mantra.

Valentine si arrabbierebbe e tutti i miei piani con Clarissa andrebbero in fumo. Mi alzo lentamente dal mio nascondiglio, quando i tre intrusi escono dallo sguabizzino per entrare in un'altra stanza. 

Cammino verso la porta senza fare rumore, e sempre senza fare rumore la apro e me la richiudo alle spalle. Prima di scendere gli scalini controllo se c'è Lucian nei paraggi, e non vedendolo decido di andare sul retro della casa e sedermi dietro ad un cespuglio, in modo che non mi veda nessuno, aspettando Pangborn e Blackwell.

Ormai è inutile tentare di cercare la Coppa Mortale in casa, mi farei solo scoprire da Jace. 

Cosa diavolo ci faceva qui, con Clary?



















NOTE DELL'AUTRICE:
Ormai non so più come chiedervi scusa, ma...Ho avuto un lutto in famiglia e spero capirete perchè la mia ispirazione sì è improvvisamente spenta. Questo capitolo è dedicato a mia zia, che mi ha lasciato senza aspettare che gli dessi l'ultimo saluto. Ti vogliamo tutti bene, e sarai sempre con noi.
Scusate se ho fatto questo piccolo "necrologio", ma...Gli volevo davvero molto bene.
Bè penso di avervi annoiato abbastanza, spero che recensirete in tanti!
Un bacione e ancora tante scuse,
Margherita

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Capitolo 7
*** Impazienza. ***



                                                       Impazienza





Passa un po di tempo prima che Pangborn e Blackwell escano dalla casa, seguiti da Lucian, ed il cielo si è fatto scuro. La luna brilla al centro di esso. Cerco di appiattirmi ancora di più contro il muro per evitare di essere visto, nonostante il buio non me la sento di rischiare. I tre mi sorpassano senza accorgersi di niente, andando verso la strada. Io non esco ancora dal mio nascondiglio, aspetto prima che Clarissa, Jace e il Mondano escano per spiarli. 

A quanto pare Blackwell e Pangborn non li hanno visti, altrimenti sarebbe scoppiato il pandemonio lì dentro. In effetti. Penso corrugando le sopracciglia. Questo è molto strano. L'angioletto li avrà sicuramente riconosciuti, insomma non penso ci si dementichi così facilmente degli assassini del tuo presunto padre. 

Cerco di mettermi in una posizione da cui possa vederli, senza essere però scoperto . Il ragazzo angelo esce per primo seguito poi da mia sorella e dal Mondano. Jace si china verso la serratura della porta, riesco a vedere nella sua mano un oggetto lungo e argenteo che riflette la sublime figura della luna. Uno stilo.

-Qualcuno mi vuole dire dove stiamo andando?- Chiede il Mondando spezzando il silenzio che regnava in strada.
Continuo a fissarli, provando ogni tanto ad avvicinarmi, ma senza riuscirci. Non posso rischiare così tanto adesso, ci manca così poco per raggiungere il nostro obbiettivo, non posso rovinare tutto.

-Alla fermata metropolitana- Risponde il ragazzo angelo, senza scoporsi. Ha finito di disegnare la runa sulla porta, ed ora si è alzato affiancando il Mondano , superandolo di un paio di centimetri. Agli occhi esterni può sembrare calmo, ma io sono cresciuto con gli insegnamenti di Valentine, esattamente come lui. Gli ha insegnato a fingere molto bene, devo ammetterlo, ma non abbastanza. Riesco a vedere i suoi occhi bruciare dalla rabbia e dal desiderio di vendetta.

-Mi prendi in giro?- Continua il Mondano.

-I cacciatori di demoni prendono la metro?- I miei occhi si dilatano impercettibilmente, sfuggendo al mio controllo, ascoltando l'affermazione del Mondano. Gli hanno raccontato tutto! Ma com'è possibile? Non può essere stato Jace, lui è obbligato dal Conclave a non dire niente. 

I miei occhi si fermano sull'esile figura di Clarissa nascosta in parte dalle tenebre. Devono aver rivelato il mondo degli Shadowhunters anche a lei, e dopo lei deve averlo raccontato al suo amico. Penso con un po di delusione, volevo essere io ad inserirla nel mondo dei demoni e dei Cacciatori. 

-Si fa prima che in auto- Gli spiega Jace, superandoli entrambi iniziando a camminare, probabilmente verso l'Istituto, con ancora gli occhi fiammeggianti. Sento da qua il suo desiderio di prendere a calci qualcosa o qualcuno. Non preoccuparti raggazzo angelo, non dovrai aspettare poi tanto prima di fronteggiarti contro un degno avversario. Sarà un vero piacere mettere fine alla tua vita.
-Pensavo a qualcosa di più figo, tipo un furgone con scritto MORTE AI DEMONI sulla fiancata o...- Preferisco smettere di ascoltarlo, piuttosto che continuare a sentire i suoi deliri, Jace sembra della stessa opinione, visto che non si degna nemmeno di interromperlo per fargli chiudere la bocca in maniera definitiva.

-Simon- Lo richiama mia sorella con tono deciso, interrompendo le mie pene, donando un po di sollievo alle mie orecchie e svelandomi il nome del Mondano. La sua voce delicata è musica per me, un afrodisiaco che riesce a calmarmi e contemporaneamente ad accendermi in un secondo. Due parti di una stessa medaglia, ecco cosa siamo noi, siamo destinati a stare insieme.

-Basta- Nonostante questo riesco a riconoscere il tono fermo e freddo di Jocelyn nella sua voce. Sembra che i nostri geni siano separati perfettamente, io ho preso tutto da nostro padre, lei tutto da nostra madre. 

Il Mondano, Simon, le lancia un'occhiata piuttosto offesa ed irritata che sembra chiederle da quale parte sta. Cos'è quello che vedo riflesso nei suoi occhi?. Mi interrogo aguzzando la vista cercando di vedere meglio al buio. Non sarà gelosia per caso?!

Iniziano a camminare anche loro verso la strada, diretti verso la metropolitana. Mi alzo dal mio nascondiglio, iniaziando a seguirli da una più di una decina di metri di distanza, in modo da non essere sentito.

-Ehi, ragazzino hai intenzione di rimanere qui?- La voce fastidiosa di Blackwell blocca i miei passi. Stringo forte i pugni, respirando rumorosamente cercando di trattanermi da attaccarlo. Mi volto lentamente verso di lui con il busto, in modo da poterlo vedere negli occhi.

-Hai trovato la Coppa?- Chiede con voce meno irritata Pangborn. 

-No- Dico voltandomi nella direzione in cui sono andati, ma sembrano come scomparsi. Provo ad aguzzare lo sguardo, cercando mia sorella ed il Mondano, senza però trovarli.

-Dannazione !- Impreco a voce bassa. Li ho persi, ed è tutta colpa di questi due inetti.

-Cosa volete?- Chiedo con voce carica di rabbia, girandomi completamente verso di loro. Non conosco le strade di New York. Ormai è inutile cercarli, per quanto ne so potrebbero anche essere già arrivati alla fermata della metropolitana. Penso, mentre mi avvicino a Pangborn e Blackwell. In tutti questi anni mio padre, mi ha sempre portato in posti in cui non ci avrebbero trovato. Parigi, Venezia, Praga. Non potevamo stare a New York, i Lightwood erano troppo vicini e non potevamo permetterci di farci scoprire.

-Tornare a Renwick, ma se vuoi puoi anche restare qui. Tanto la strada la sai, no?- Mi chiede Blackwell, stampandosi in faccia un sorrisetto soddisfatto ed irritante, che mi fa venire voglia di cancellarglielo con un pugno. 

-Perchè voi si?- Chiedo usando il suo stesso tono, fissandolo con rabbia, intimandogli di non rispondere. Il sorriso sparisce dalle sue labbra e riesco a precepire, anche al buio, i brividi di paura che lo percuotono.

-Non saremo forti quanto te, Johnathan, ma siamo molto più anziani ed esperti e conosciamo molto meglio di te New York e, se vuoi ritornare a casa, devi ascoltarci- Mi dice in tono più ragionevole, cercando di calmarmi. Mi volto un'ultima volta, verso la direzione in cui è sparita Clarissa, prima di rispondere.

-Bene, andiamo allora- Dico duro, seguendo Blackwell e Pangborn nel buio della notte. Rimango qualche metro più indietro, camminano in silenzio, non preoccupandomi di quello che i due seguaci di mio padre stanno parlando.

-Dovresti allungare il passo, o ti perderai. E con questo buio è praticamente impossibile ritrovarci- Mi urla Blackwell, continuando a provocarmi, giocando con il fuoco. Lo vedo iniziare a camminare più velocemente, quasi correndo, mentre sento la voce di Pangborn intimandogli di smetterla di giocare, ma lui ovviamente non lo ascolta.

-Non preoccuparti, niente è impossibile per un Morgenstern- Sussurro ghignando nel buio, sicuro che non sia riuscito a sentirmi. Pangborn, invece è riuscito a farlo, o almeno lo deduco dal fatto che si sia girato verso di me e da come mi guarda con i suoi piccoli occhi. Leggo in essi diffidenza, ma anche paura e odio.

-Quanto ci metteremo per arrivare a Renwick di questo passo?- Gli chiedo, senza un reale interesse.

-Mezz'ora, forse di più- Mi risponde senza staccarmi di dosso il suo sguardo, forse sperando di mettermi in soggezione. Illuso. Continuo a sostenere il suo sguardo con determinazione, aspettando che lui abbassi lo sguardo per primo.

-Cosa facciamo ora che sappiamo che la Coppa non l'ha Lucian?- Mi chiede arrendendosi, deviando il suo sguardo da me a Blackwell, che continua a camminare veloce davanti a noi. Lo imito, il petto che si gonfia di soddisfazio per aver vinto questa piccola sfida.

-Non li avete visti, non è così?- Chiedo ridendo della loro incapacità. Blackwell rallenta, probabilmente attirato dalle mie risate, affiancandoci. Mi fissa, senza parlare, ma non serve: la sua domanda si riflette nei suoi occhi.

-Mi sorprende che non sia scoppiata una rissa li dentro. Si sono sorpreso e anche un po deluso se devo essere sincero- Continuo senza smettere di ridacchiare. Passando lo sguardo prima sulla figura troppo grande ed ingombrante di Blackwell, poi si quella più piccola di Pangborn.

-Pensavo che la rabbia verso i due che hanno ucciso suo padre, avrebbero risvegliato il suo istinto omicida, ma...A quanto pare mi sbagliavo. Pensavo anche che voi foste dei cacciatori migliori, che riusciste ad accorgervi se qualcuno vi sta spiando, ma a quanto pare sbagliavo anche su questo- Dico con tono saccente e canzonatorio. Vedo l'onergumeno viola stringere violentemente la mascella, come se volesse azzannarmi il collo.

-Stai mentendo- Dice con tono duro Pangborn, fermando la sua camminata, probabilmente sorpresa dalla notizia. Io continuo a camminare tranquillamente superandomi. Dopo qualche secondo, però, mi fermo, sbuffando, ricordandomi che senza quei due, io non ho la più pallida idea di quale strada prendere per tornare a Renwick.

-No, affatto. Penso che la verità sia cento volte più divertente, quindi che senso avrebbe, per me, mentire?- Gli chiedo riaquistando il mio sorriso storto.

-Sei un demone. Come potremmo fidarci di te?- Chiede con tono di disprezzo Blackwell. Preferisco ignorare la sua domanda senza dargli la soddisfazione di una risposta da parte mia, nonostante questo non riesco ad evitare che il mio sorriso scompaia. Come osa parlarmi così. Demone, che definizione restrittiva per me, non sono solo un demone. Sono l'incontro perfetto fra i due mondi bene e male. Sono un angelo oscuro. Sono...Il peggiore incubo di chiunque. 

-Lo fai stare zitto tu o devo pensarci io?- Chiedo retorico a Pangborn, che subito annuisce e cerca di calmare l'amico posandogli una mano sulla spalla, sossurrando parole che al mio orecchio arrivano distorte.

-Mi è sembrato di capire che tu lo abbia visto. C'era qualcun'altro con lui?- Chiede dopo aver calmato l'energumeno. Non smetto di osservare Blackwell nemmeno per un secondo, riesco a sentire la sua rabbia come se fosse la mia, ma nonostante questo non si muove, non mi attacca, sa che sarei troppo forte per lui, e questo mi fa tornare il sorriso sulle mie labbra sottili.

-Un ragazzo e una ragazza, ma non cercavano la Coppa Mortale- Rispondo lapidario senza aggiungere nient'altro. Il pensiero di rivelare l'identità di mia sorella, non mi sfiora nemmeno per un secondo la mente. Quando sarò faccia a faccia con mio padre, solo allora, dirò realmente chi ho visto.

-E un eccellente cacciatore come te ha avuto paura di due ragazzini e di una bambolina indifesa?!- Chiede ironico Blackwell, sorridendo divertito. Sembra deciso ad esternare la sua rabbia con le parole, ma non sa chi ha provocato. E la situazione, ora che è troppo tardi per rimediare, si fa molto brutta per lui.

Con un movimento talmente veloce da non essere stato visto dai miei due interlucutori, estraggo il coltello dal fodero. Mi basterà questo per dargli una lezione e fargli chiudere la bocca una volta per tutte. Penso, mentre mi avvicino a passi lenti alla mia vittima, nascondendo il coltello dietro la schiena.

-La tua lurida madre non ti ha mai insegnato che se non hai niente di carino da dire, è meglio chiudere quella putrida e marcia bocca che ti ritrovi?!- Chiedo a voce alta, lasciando scaturire da essa tutta la mia ira, marcando gli ultimi due aggettivi. 

Vedo lo Shadowhunters stringere i pugni, e molleggiare leggermente su i piedi. Sta per attaccarmi. Penso entusiasta, come un bambino che ha avuto il suo prima giocattolo e non vede l'ora di poterlo provare, mentre rigira il coltello fra la mia mano, giocandoci un po, in attesa di poterlo impiantare nella pelle viole del mio avversario. 

Pangborn, fa un ultimo tentativo di calmarlo, nei suoi occhi ho visto un luccicchio di preoccupazione. Deve essersi accorto del coltello che tengo dietro la schiena, ma è troppo tardi Blackwell, non si fermerà prima di avermi ucciso a mani nude. Sempre che io non riesca ad ucciderlo per primo.

Prima che Pangborn riesca a fermarlo Blackwell si scaglia verso di me, il gomito piagato e la mano chiusa a pugno. Schivo senza difficoltà il gancio destro che ha sferrato. Sono diviso, una parte di me vorrebbe giocare con la mia preda, divertirmi un po prima di finirlo, mentre l'altra, la più sanguinaria non riesce ad aspettare e vorrebbe ucciderlo subito.

Mentre sono distratto in questi pensieri non riesco a vedere il secondo pugno con cui Blackwell mi attacca. Non riesco a schivarlo, e il suo attacco si infrange sulla mia mascella, spaccandomi il labbro. Senza dargli il tempo di ritirare il braccio, gli afferro il polso, rigirandolo duramente verso l'alto, rompendoglielo.

Il mio avversario cade a terra, gemendo dal dolore, con l'altra mano si tiene il polso ferito, cercando di liberarlo dalla mia presa. Io continuo a tenere l'arto ben stretto fra le mie dita, mentre gli punto il coltello, che tenevo ancora dietro alla schiena, alla gola, senza però premere sulle pelle. 

Rimango immobile, permettendomi di gustarmi la sua espressione di terrore e rabbia per essersi fatto battere da un ragazzino come mi chiama lui. Non smette, però, di fissarmi dritto negli occhi, come a voler protteggere quel minimo di orgoglio che ancora gli è rimasto. Sento i passi di Pangborn, dietro di me, avvicinarsi cauti.

-Hai avuto la tua occasione per farlo tacere. Ora, se non vuoi fare la sua stessa fine ti consiglio di non muoverti-
Lo ammonisco. Sento i suoi passi fermarsi e il respiro pesante di qualcuno. Quando vedo delle nuvolette bianche crearsi dalla mia bocca, capisco che il respiro non è il suo, ma il mio. Il cuore mi batte forte eccitato dal pensiero del sangue che da lì a poco scorrerà per tutta la strada. L'energumeno viola prova a salvarsi mimando con le labbra "Aiuto". Una muta richiesta che spera che l'amico la colga.

-Tuo padre si arrabbierà molto- Mi dice Pangborn, pensando che questo possa fermarmi.

-Meglio chiedere il perdono, che il permesso- Dico duro premendo la lama affilata del coltello, contro il riflesso bluastro della giugulare. Basterebbe un piccolo taglietto fatto in profondità per farlo dissanguare in pochi secondi, ma un'immagine mi blocca. 

Clarissa.

Non posso, se lo uccido mio padre non si fiderà più di me. Devo resistere alle tentazioni, non è ancora il mio momento, ma lo sarà molto presto. Lascio di scatto la presa sul suo polso, permettendogli di accasciarsi a terra e di indietreggiare, ancora spaventato.

-Vediamo di muoverci. Abbiamo già perso troppo tempo, non voglio arrivarci domani mattina a Renwick- Dico duro, mentre guardo Pangborn andare ad aiutare l'amico ad alzarsi, mettendosi in mezzo fra di noi, come se volesse fare da scudo. Che ci provi, che mi attacchi, li ucciderò tutti comunque, prima o poi. 

Con estrema lentezza rinfodero il coltello e aspetto che quei due si decidano a superarmi e ad indicarmi la strada per arrivare da mio padre. Dopo essersi assicurato che il suo amico, non abbia ferite mortali, Pangborn insieme a Blackwell mi precedono camminando a passo svelto, forse sperando di seminarmi. In poco tempo arriviamo a destinazione.

-Fagli un'Iratze, non vogliamo far sapere a mio padre di questo piccolo battibecco. In fondo era solo un'innoquo litigio fra amici- Calco in quest'ultima parola tutto il disgusto possibile. L'energumeno, apre e chiude la bocca subito dopo. Finalmente ha capito qual'è il suo posto. Penso, mentre li precedo su per la scalinata.

Trovo mio padre seduto al piccolo tavolino, intento a rigirarsi annoiato fra le dita un bicchiere di vino scarlatto. Lui non mi degna nemmeno di uno sguardo, mi fa solo un piccolo cenno con la testa verso la sedia davanti a lui, in un muto invito a sedermici. Senza dire niente gli ubbidisco, perchè è questo il mio posto, per adesso.

Il suo viso è scarno, sciupato, bianco come quello di un vampiro. I suoi occhi, di solito così autoritari e sicuri, sono appannati da un qualcosa che resco a catalogare come risentimento.

-Come mai ci avete messo tanto? Lucian ha apposto resistenza?- Chiede. Ora mi è tutto chiaro. Pensa che l'abbiamo ucciso. Per quanto mio padre odi lui e tutto quello che Graymark è diventato, non riesce a dimenticare i vecchi tempi in cui loro due erano amici, fratelli, parabatai. Questo è un legame che non si spezza molto facilmente ed è impresso ancora in profondità nell'animo di Valentine.

-No. Lui non aveva la Coppa- Ora si è completamente voltato verso di me, gli occhi ricolmi di stupore, e...Sollievo. Probabilmente vuole ucciderlo lui stesso, per rimediare a quello che ha fatto, è stato lui a portare Lucian quel giorno nella foresta ed è stato sempre lui a farlo mordere da quel licantropo. 

Forse pensa che uccidendolo lui stesso, metterà in pace la sua coscienza. In fondo la colpa è solo sua se Lucian è diventato quello che è, ucciderlo è forse l'unico modo per farlo ritornare quello che era prima, umano, ma prima di tutto uno Shadowhunters. 

-A casa sua non l'abbiamo trovata. Pangborn e Blackwell l'hanno interrogato, ma ha quanto ho capito ha detto esplicitamente di non volerne sapere niente di tutta questa storia, nè di Jocelyn- Dico spiegandomi meglio.
-Sta mentendo. Lui non lascerebbe mai Jocelyn nelle mie mani- Dice, quasi ringhiando dalla rabbia.

-E a quanto pare, non siamo i soli a volere la Coppa Mortale-

-Spiegati meglio, Jonathan!-

-Nell'appartamento di Lucian c'erano anche Clarissa e il ragazzo angelo, insieme ad un Mondano. Non sono sicuro che stessero cercando la Coppa, ma non vedo altri motivi per cui dovessero essere li- Valentine non dice niente, sorprendendomi, pensavo che dopo avero scoperto urlasse, o si arrabbiasse semplicemente, invece niente. E questo non lo sopporto.

-Pensavo che avessimo detto niente più segreti- Dico non riuscendo più a fare finta di niente, iniziando a picchiettare le dita sul tavolo.

-Infatti- Risponde consguardo leggermente confuso.

-Vorrei sapere, allora, perchè sentivi il bisogno di tenermi nascoste le condizioni di salute di Clarissa- Dico con tono duro, stringendo il bordo del tavolo con una mano, tanto forte da far penetrare le schegge di legno nella carne. 

-Perchè non mi hai detto che è stata ferita da un Divoratore?- Dico con tono lamentoso.

-Perchè non mi hai detto che si era svegliata? Non la vuoi forse dalla nostra parte?- Continuo a chiedere senza però ottenere alcuna risposta, cosa che mi fa imbestialire ancora di più.

-Sarebbe solo un ostacolo per noi ora. Non è una Shadowhunters addestrata come te, passeremmo tutto il nostro tempo a preoccuparci che non si faccia uccidere e ora non possiamo distrarci dal nostro obbiettivo. Clarissa per noi è completamente inutile, forse un giorno potrebbe servirci, ma non ora- Mi risponde, continuando a bere tranquillamente il suo secondo bicchiere di vino.

-Non pensi che Jocelyn vorebbe avere tutte e due i suoi figli affianco?- Chiedo, sapendo di toccare un tasto dolente. Vedo i suoi lineamenti irrigidirsi dalla rabbia e la presa sul suo bicchiere dfino a far scricchiolare il vetro.

-Sempre che si risvegli- Aggiungo volendolo provocare ancora. Il bicchiere va definitivamente in frantumi. Il vino macchia la tovaglia bianca, creando una macchia che continua ad allargarsi sempre più.

-Non dovresti irritarti tanto, lo sai che c'è più di una possibilità che Jocelyn non si svegli, se non troviamo la pozione giusta.- Dico continuando a giocare con il fuoco.   Sposto le mani dal tavolo, in modo che il vino non venga a contatto con la mia pelle, macchiandola di rosso. 

-Ma non facciamo i pessimisti, cambiamo argomento. Cosa intedi fare ora? Non abbiamo nessuna pista, per riuscire a trovare la Coppa Mortale-  Chiedo cercando di sviare l'argomento. Ora non è il tempo per le incomprensioni fra padre e figlio.

-Lucian non direbbe mai una cosa del genere. Forse mi teme, ma non lascerebbe per nessun motivo al mondo Jocelyn nei guai, e di rimando non lascerebbe nemmeno Clarissa. Quando Jocelyn si risveglierà, perchè lei si risveglierà Jonathan, vorrà sicuramente avere entrambi i suoi figli al suo fianco. Quindi penso che è ora che Clarissa scopra la verità sulle sue origini.- 

-E come farà a scoprirlo?- Chiedo sorridendo sornione, una piccola visita di famiglia non sarebbe una cattiva idea. In fondo le sorelle minori devono sempre ascoltare e obbidire ai fratelli maggiori.

-So a cosa stai pensando Jonathan, e sono sinceramente contento che vuoi avere una famiglia, ma non possiamo ancora permetterci di metterci così in luce. Hodge è un'ottimo infiltrato faremo in modo che sia lui a parlare a
Clarissa.- Il sorriso sulle mie labbra si spegne, ma una parte di me non può fare altro di dare ragione a mio padre, ma la pazienza non è mai stato un mio pregio.

-Inoltre penso che potrebbe anche rivelarle i nostri piani.- Dice mio padre sorprendendomi. Un secondo prima dice di voler restare nell'ombra e ora vuol far sapere a Clarissa e a Jace e a tutta la famiglia Lightwood  i nostri piani.

-Perchè?- Chiedo confuso.

-Jocelyn avrà anche nascosto la Coppa Mortale, ma deve aver previsto che l'avrei trovata, per questo deve aver lasciato degli indizi per farla ritrovare a Clarissa. Se Hodge svelerà il nostro piano a Clarissa e a Jace, faranno di tutto per trovarla prima di noi.- 

-E poi salterai fuori tu...Il padre magicamente resuscitato, tornato per salvare il figlio che lo credeva morto. Jace non potrà fare a meno di darti la Coppa. In pratica faranno tutto il lavoro al posto nostro.- Dico posando i piedi sopra al tavolo e incrociando le mani sotto la testa.

-Non tutto...Ho bisogno che tu tenga d'occhio Clarissa, sempre che tu non abbia di meglio da fare.- Dice ironico, mentre lancia un'occhiataccia ai miei piedi sul tavolo, ma io non li muovo.

-Sarà un vero piacere.- Rispondo.

Sarai solo mia Clarissa...  
 
 
NOTE DELL'AUTRICE:
Dopo una "breve" pausa d'estate sono tornata, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e invito tutti quelli che mi seguono a lasciare una recensione. Cercherò di essere più puntuale...Diciamo un capitolo ogni due/tre settimane, va bene? Ma prima di lasciarvi vorrei ringraziare con tutto il cuore le persone che hanno messo la mia storia fra le seguite, preferite e ricordate (l'ordine dei nomi è puramente casuale e non in ordine di importanza!) :

 alix katlice 
 beatricebella 
 clarissaj 
 Clarylove
 izzy99 
 Ludovique 
 MaryCarry 
 TheWomanInRed 
 koala_sincero_tantofelice
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Aly Silverfire 
 GiuliaFray 
 Gyll
 izzy99 
Jimmy Mad
 JJP 
 shadowhunter__ 
Sipe_95
GRAZIE A TUTTI/E VI ADORO!! UN BACIONE <3 

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