Un passo verso la follia.

di Roxiy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



Ti prego,smettila di pensarci. Soltanto per un secondo vorrei potermi concentrare su qualcos’altro che non siano i tuoi splendidi occhi blu mare. Dio quanto mi ci vorrei tuffare. Non va bene così,mi sto facendo male. Devo smettere di badare solo a te,io e i miei sentimenti siamo decisamente più importanti di un tuo stupido sorrisetto che rivolgi a tutta la fauna femminile presente nella scuola.

Fu soltanto un bacio - oramai solo un ricordo - di due ragazzini di 13 anni,amici dalla culla. Soltanto un piccolo sfiorarsi tra le nostre labbra,le tue morbide e sicure,le mie indecise e frementi. Una nuova esperienza,qualcosa da provare. Tutto qui,niente di più. Ma è anche vero che sono passati ormai 3,lunghi e dolorosi,anni e io ci penso ancora. Immagino tutto come se rivivessi quel ricordo ogni istante,sei stato il mio primo ed ultimo bacio. Scusa se non riesco a dimenticarti.

I miei 3 anni passati a fissare te e le mille ragazze che portavi per mano,settimana dopo settimana,mi hanno insegnato che di te non ci si può proprio fidare. Mai una volta che tu mi abbia guardato come guardavi loro. I tuoi ‘gioiellini’ – si alternano nella vasta collezione – ti fanno felice e ti danno tutto quello che vuoi. Gli guardi come se guardassi la cosa più preziosa e  più bella del mondo,le tue ragazze le ami una più dell’altra. Quando guardi me invece..solo disprezzo e forse un po’ di compassione,solo per averti detto che per me tu eri amore.

Proprio non posso non pensarci a quello che sarebbe stato se non avessi iniziato ad odiarmi perché il mio ‘ti voglio bene’ si era trasformato in un ‘ti amo’. Non è mica colpa mia se tu sei così maledettamente perfetto. E se il mio cuore non può nemmeno lontanamente pensare di esistere senza il tuo nome marchiato sopra. Ricordi indelebili,incisi a sangue nella mia mente. Notti passate insonnie solo per non essere costretta a sognarti. Sono forse ossessionata,ma quella che tu chiami ossessione io lo chiamo amore.

Sono così maledettamente stanca di dover vivere nella tua ombra,così scura e invisibile. Proprio come me. Mi basterebbe un semplice ‘ti odio’ per farmi allontanare. Ma tu non l’hai mai detto. Sei solo andato via senza lasciare nient’altro che ricordi dolorosi da dover affrontare da sola.

Sono solo stupide fantasie le mie – quelle che un giorno potresti volermi ancora al tuo fianco,come un tempo – che non avranno mai il loro lieto fine. Come la mia storia del resto,non posso immaginarmi labbra che non siano le tue,mani che mi sfiorano che non appartengano a te.

Non sono brava a controllare i miei sentimenti. Sono irascibile come alcuni,ma ti giuro che so amare come pochi. Dedicherei ogni istante della mia esistenza a te,se solo tu me ne dessi la possibilità.

Siamo nella stessa classe – punizione divina per averti amato troppo – e la tua immagine l’ho davanti ogni giorno. Quanto stai bene tu,tanto sto male io. Vedi? Ci completiamo,ma non combaciamo.
Ma sai quanto fa male,averti vicino e non poterti amare?

*** Note Dell'Autore ***

Buon pomeriggio. Questa è la mia prima storia,quindi siate clementi. Non è esattamente il mio lavoro migliore,e sicuramente ancora non è espresso al massimo,ma questo è solo un prologo. Non ci si può aspettare molto da un intro. Ma comunque - un pò a malincuore - ho deciso di pubblicare questo mio 'passatempo' -questa storia è nata sopratutto per noia -perchè è molto emotiva e ben dettagliata,e amo questo genere di lavori. Spero che vi possa essere piaciuto,e vi prego,se così non è stato di darmi un'altra possibilità leggendo almeno il primo capitolo. Un grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno e -perchè no- recensiranno la mia storia. 

Rox

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1



Un altro di quei giorni da dimenticare,passato a fissare te e Melanie. Quanto fa male non poter essere lei,così felice e fortunata. Vorrei poter esserlo anch’io,ma la tua immagine incisa a fuoco nella mia anima me lo impedisce. Ma non è colpa tua,è solo colpa mia. Così ingenua e sensibile,maledetta ragazzina innamorata.

Le patate nel mio piatto mi fissano implorandomi di mangiarle,almeno oggi. ‘Tanto siete solo oggetto della mia rabbia. Alla fine dell’ora di pranzo diventerete purè.’  Ecco ora parlo anche con le patate al forno,tutto pur di non pensarti. Misha si avvicina al mio tavolo,con il solito sorrisetto spastico e gli occhi vispi,nascosti dietro i fondi di bottiglia che ha al posto degli occhiali.

Quel ragazzino è innamorato di me dal primo giorno di liceo,e anche se sa che il mio cuore non sarà mai suo continua a starmi accanto,come un buon amico. Forse l’unico.

‘La sai la novità?’ dice poggiando il suo vassoio sul tavolo. Si accomoda proprio accanto a me rivolgendomi un sorrisetto dei suoi,quelli sinceri e carichi di tanto affetto. In fondo,credo che un giorno una piccola possibilità gliel’avrei data,perché io ero proprio come lui. Nessuno meglio di me poteva sapere quanto potesse essere spiacevole amare una persona che forse non ti ricambierà mai. Un giorno Misha avrebbe potuto rendermi felice,proprio come Melanie. Eccola lì che sorride tra le tue braccia,mentre le poggi un bacio sul collo. Quanto vorrei urlare e piangere. Schiaffeggiarti magari,non sarebbe una cattiva idea.

‘Quando il centro del tuo mondo smetterà di essere Marco,avvisami.’ Sento parlare Misha,ma non ci bado tanto. Perché lei si? Cos’ha lei che io non ho? Perché è bionda? Anch’io posso diventarlo. I miei capelli neri gli ho sempre odiati anch’io,troppo spenti,senza alcuna vivacità o brio. Nulla di nulla.

‘Oi. Io sono qui,sai!’ Misha sventola una mano davanti alla mia faccia,finalmente riesce a catturare la mia attenzione. I suoi occhi verdi sembrano sorridere,che bella sensazione. ‘La vuoi sapere si o no?’ chiede fremente. Sospiro allontanando il piatto di patate da me. ‘Sputa il rospo.’ lo guardo curiosa di sapere l’ultima storiella inventata da sua nonna.

La nonna di Misha,Maya,gli racconta una storia ogni santa notte e lui non perde mai tempo per passarla a me. Le sue storie parlano di amori folli e perversi. Capricciosi e passionali. Sempre a lieto fine.

‘So a cosa stai pensando! Niente storiella della buonanotte questa volta!’ un’occhiatina gli bastò per capire che poteva continuare. ‘La mia compagna di laboratorio lavora nella segreteria e mi ha comunicato la data ufficiale del ballo dei diplomandi. Non è fantastico?’ saltella come una femminuccia eccitata. ‘Misha non ci possiamo andare noi a quel ballo!’ gli ricordo mentre la campanella annuncia la fine della pausa. Raccolgo il mio zaino e mi alzo dal posto mentre Misha si affretta a seguirmi. ‘Bhe,noi non siamo diplomandi,ma se un diplomando invitasse un non-diplomando allora si potrebbe fare.’ Spiega un po’ impacciato,accompagnato da gesti confusi e strambi. ‘Ti puoi spiegare meglio?’ domando mentre raggiungo il mio armadietto,per munirmi del libro di storia. ‘Alis,se un ragazzo dell’ultimo anno ti invita al ballo ci puoi andare!’ spiega Misha scuotendomi per le spalle.

Scoppio a ridere. Sembrava quasi uno scherzo,io ad un ballo. Non sapevo neanche cosa significava ballare. Poi i vestitini e i tacchi non facevano esattamente al caso mio.

‘Ti sembra possibile che un ragazzo dell’ultimo anno inviti me? Con tutte le belle ragazze che ci sono nella scuola? Ha più possibilità la secchiona del corso di chimica!’ tiro fuori il mio libro e richiudo l’armadietto mentre Misha mi guarda perplesso. ‘E poi io non conosco nessuno dell’ultimo anno!’ ribadisco camminando nel corridoio affollato. ‘Non è vero!’ mi smentisce ammonendomi con gli occhi.

No,infatti. Non era vero. Marco era all’ultimo anno,ma che speranze avevo? Sempre meglio la secchiona.

‘Sai che è impossibile!’ tocca a me ammonirlo. ‘Si,ma non ti ho ancora detto la parte migliore!’ lo guardo invitandolo a continuare. ‘Come ti ho detto la mia compagna di banco mi ha comunicato il giorno prestabilito per il ballo, che è fra due mesi!’ lo fisso perplessa. E con ciò? Cambiava qualcosa? ‘Hai tutto il tempo del mondo per poter far vedere a lui quanto tu sia perfetta!’ spiega Misha prendendomi la mano.

No! Non avrei mai e poi mai interferito nella vita perfetta di Marco. Non ero niente per lui e mai lo sarei stata. Le mie fantasie dovevano rimanere tali,punto.

‘Mi dispiace,Misha. Non è come credi. Io lo amo,ma non voglio che lui sia costretto a farlo. Se un giorno –per puro scherzo del destino – dovesse succedere qualcosa,voglio che sia casuale. Non voglio progetti o piani. Non stiamo parlando di un diamante da rubare,stiamo parlando dei miei sentimenti. E non permetterò a nessuno di giocarci. Ci vediamo.’ Finito il discorso poetico entro in classe accomodandomi al mio solito posto,quello il più lontano possibile da lui.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2



Non sto ascoltando neanche minimamente quello che sta blaterando il professore,ma so che si tratta di storia. E un informazione utile se mi dovesse chiedere di cosa sta parlando. Non credo lo farà,la voglia del professor Rick di spiegare è pari alla mia di ascoltare. Non gli importa nulla di nulla,ha che la vita fa schifo e non ci sono scopi per cui viverla. Uomo saggio.

Per una volta scarabocchiare cose senza senso su un foglio stropicciato mi sembra interessante. I cumuli di linee e curve si sposavano perfettamente dando forma a cose strane e inesistenti. Immaginarie follie di carta.

Tutto sembra una follia in questo posto,la scuola non è fatta per essere vista con gli occhi del presente. A lei non dispiace se adesso la odiamo perché sa che un giorno la rimpiangeremo. Sembra un po’ la mia filosofia di vita. ‘Adesso mi odi,ma prima o poi te ne pentirai.’ Quel flebile sussurro che sfuggì alle mie labbra,purtroppo per me,non fui l’unica a sentirlo.

Marco si volta a guardarmi e soltanto per un istante i nostri occhi si scontrano. Come non succede da anni. Dio,fa che questo momento possa non finire mai. Non c’era niente di più bello di poter leggere dentro quei occhi la sorpresa e lo stupore di quel momento. Una nota aspra in bocca mi fa capire l’errore che stavo commettendo. I miei occhi erano lo specchio della mia anima,e lui ci poteva leggere dentro. Avrei fatto qualsiasi cosa,ma non gli avrei mai mostrato la debolezza che viveva dentro di me. Era una promessa che feci anni fa,stavo per romperla.

Abbasso lo sguardo sul foglio scarabocchiato. Un respiro leggero,poi uno più pesante. Non ha smesso di fissarmi. Per la prima volta dopo anni era lui a guardare me. Che brutta sensazione quella di essere fissati. Non si sa cosa fare,ogni movimento potrebbe sembrare sbagliato e insolito.

La campanella stava suonando,forse sono salva. Mi alzo dal banco portando lo zaino in spalla. Li passo davanti a testa alta. Ripetendomi mentalmente che sono forte.

Appena varcata la soglia del corridoio il macigno che si era riposto sui miei polmoni si smaterializza. Non mi sarei mai arresa. Soltanto una volta decisi di dirgli quello che provavo veramente,me ne pentì allora e lo faccio ancora adesso,disgraziata voglia di farsi valere.

‘Scusa hai dimenticato questo’ quella voce così famigliare manda in frantumi ogni mia voglia di combattere. Lui è qui dietro di me,e so che se mi sarei voltata sarebbe finito tutto. Ogni attimo di quella giornata in cui avevo deciso di andare avanti sarebbe andato a farsi fottere insieme al mio auto-controllo. Fanculo al mondo.
Mi volto lentamente come se fossi in un film horror e dietro di me ci fosse un mostro. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3



Marco è davanti a me,mi sta guardando e il mio mondo sta letteralmente cadendo a pezzi. Dove trovo le forze per mettere insieme una frase di senso compiuto?

‘Questo è tuo,no?’ mi mostra un quadernetto nero,c’è il mio nome sopra. Oddio è mio! Perché lo aveva lui? Ci stavo disegnando sopra quando lui ha iniziato ha guardarmi,probabilmente nella fretta di lasciare la classe lo avevo dimenticato sul mio banco. Maledetta la mia stupida persona!

‘Si,grazie.’ Afferro il quaderno e lo rimetto velocemente nello zaino pensando a qualcosa da dire. Qualcosa d’effetto che potesse lasciare il segno.

‘State bloccando la porta!’ la voce del professor Rick mi colpisce in pieno mandando a puttane ogni tentativo di conversazione. Un sorriso smorzato e un semplice ‘Ciao,grazie ancora.’ prima di correre via. Certo questo si che è d’effetto.

Certamente non era stato un bel momento,la paura di parlare pesava ancora sul mio stomaco come uno dei più pesanti macigni. Mi tremavano le gambe al solo pensiero di poterlo ancora guardare negli occhi dopo quei 2 minuti in cui la felicità sembrava quasi a portata di mano.

La panchina su cui sono seduta già da un bel po’ –per riprendere la forza di reggermi in piedi –è isolata dal resto del mondo. Da qui riesco a vedere tutti i ragazzi nel cortile. Ognuno di loro ha qualcosa di diverso. C’è chi lo fa vedere e altri che fingono di essere ciò che non sono ,per poi sorridere falsamente a chi li vede finti e superficiali.

Io non ho mai finto di essere diversa. Non mi piace,perché dovrei? Credo che quelli che mi stanno intorno dovrebbero accettarmi per quello che sono altrimenti possono andarsene,io non ho mai fermato nessuno.

Mi assicuro di essere lontana da sguardi indiscreti dopodiché tiro fuori una sigaretta dalla borsa e,dopo averla accesa,la porto alle labbra.

So che fumare è sbagliato,ma mi rilassa,sembra che tutto diventi più leggere e io ho bisogno che lo sia. Continuo a ripetermi che un giorno smetterò. Chissà se è vero.

‘Da quand’è che fumi te?’ una fitta nello stomaco. Non adesso,non ora ,ti prego. Non lui.

Si siede accanto a me,si sistema per bene sulla panchina e poi punta gli occhi al cielo. Le mani in tasca e una smorfia stampata sul volto dannatamente perfetto. Era questo il momento giusto,quello in cui avrei fatto vedere che anch’io sapevo combattere. Non mi sarei arresa.

‘Da quand’è che a te importa quello che faccio?’ fredda come una lastra di ghiaccio mentre dentro stavo bruciando. Meritavo l’oscar per quell’interpretazione. Si volta a guardarmi con uno dei suoi sorrisetti maliziosi che amavano tanto le sue ragazze. Io li trovavo disgustosi,non donavano ai suoi occhi blu.

Non so se quello che gli ho detto l’ha colpito,ma se lo ha fatto lui ha accusato il colpo con parecchia nonchalance. ‘Sei sempre la solita ragazzina che vuole far vedere al mondo quanto può essere grande. Ma ti basta un colpo di vento per finire a terra.’ Mi strappa la sigaretta dalle mani e la mette sotto il suo piede per spegnerla.

Quello che aveva detto era vero,ma non gli avrei fatto assaporare la vittoria. Non questa volta. ‘Tu non sai niente di me!’ sconfitta. Mi alzo,afferrando la borsa con troppa foga,e faccio per andarmene ma lui mi blocca il polso.

‘Quando avevi tre anni stavi camminando per la strada con una palla rossa in mano,una macchina blu è sbucata da un vicolo e ti ha investita. Niente di grave ma hai ancora le cicatrici,una sul ginocchio e una sulla schiena. Credi ancora che io non sappia niente di te?!’

Con quale faccia tosta veniva a dirmi quelle cose dopo che per tre anni non aveva fatto altro che ignorarmi. Era soltanto un bastardo egoista. La rabbia – questa volta – vinse su quello che provavo per lui. La mia mano è partita ,senza che potessi fermarla, per piazzarli uno schiaffo in pieno viso. Rimase di sasso.

‘Io non voglio mai più che tu osi soltanto avvicinarti a me! Hai capito? Stammi lontano. Tu non meriti nulla. Sei solo un egoista.’ Gli occhi lucidi e le mani che tremano.

‘Io sono il tuo migliore amico.’

Una risata isterica risuona nell’aria. Che amarezza sentire quelle parole. Facevano male come lame che si conficcano nella schiena prima tutte insieme,poi una alla volta. Per far soffrire di più chi le riceve.

‘Mi dispiace,il mio migliore amico è morto tre anni fa. Lo stesso giorno in cui ha deciso di strapparmi il cuore dal petto senza nessuna pietà.’

Corro via,non posso più reggere nulla per oggi. Ho soltanto bisogno di piangere. Finché non avrò più lacrime,finché farà così male che non sentirò più nulla.

Certo non è il mio miglior giorno,ma nemmeno il peggiore. Sarei sopravvissuta ancora una volta. Ma non da sola,non c’è l’avrei fatta. Sono seduta su questi gradini da più di 20 minuti ormai,ma arriverà. Lo so che lo farà.

Eccolo. Aveva lo sguardo basso,si stava fissando le scarpe e aveva le cuffie nelle orecchie. Lui adorava la musica,lo faceva stare bene. Io non ero come lui,ma potevo capirlo,tutto pur di scappare dalla realtà.

Alza gli occhi e nell’istante in cui mi vede seduta davanti casa sua sembra cambiare espressione. Passa da quella tranquilla ad una sbalordita e preoccupata.

‘Io non sapevo dove andare. E avevo bisogno che..’ prima che potessi finire la frase le sue braccia stavano già facendo tutto quello di cui avevo bisogno. Le braccia di mio fratello mi stringevano come nessuno faceva da anni.

Quando scappò di casa,4 anni fa,non lo disse a nessuno dove andava tranne a me. Mi disse ‘Io vado via perché è arrivato il momento di crescere,un giorno capirai. Quando avrai bisogno di me sai dove trovarmi.’
Aveva solo 16 anni allora ma sembrava un adulto per il suo modo di ragionare. Non era mai andato d’accordo con mio padre per questo scappò. Non disse nulla papà quando lo seppe,non credo fosse dispiaciuto.

‘Qualsiasi cosa sia successo lo sistemeremo insieme. Non sei sola ci sono io qui con te,adesso.’ Sussurra al mio orecchio stringendo l’abbraccio ancora di più. C’era sempre stato e sempre lo avrebbe fatto. Noi eravamo un po’ come quei fratelli che litigano sempre ma non posso vivere senza l’altro.

Sentivo che finché lui sarebbe stato con me,nulla avrebbe potuto ferirmi. Stava per sciogliere l’abbraccio ma non glielo permisi. ‘Ti prego,ne ho bisogno.’
 
 
 *** Note dell'autrice ***
So che non è lunghissimo,chiedo perdono ma non ho molto tempo oggi. Scusate davvero tanto. Spero soltanto che vi sia piaciuto. Vorrei ringraziare soulofthemusic e cardie9980 per aver  recensito la mia storia. Ah,ringrazio anche tutti quelli che l'hanno solamente letta. Vi amo tutti.

Rox

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4



La casa di mio fratello era un completo disastro. C’erano calzini sporchi e cartoni della pizza sparsi dappertutto. Ma in fondo cosa ci si può aspettare da un ventenne che vive da solo? Lorenzo non era il tipo maniaco della pulizia,l’unica volta in cui aveva preso una scopa in mano era stato per imitare Jackie Chan .

Ma comunque quel posto – tralasciando i calzini e la pizza andata a male – mi sembra il più sicuro del mondo. Sono con la persona migliore che conosco nel giorno peggiore della mia vita.

La poltrona su cui sono comodamente appollaiata è vecchia e puzza ma è comoda per certi versi. Ma non gradevole. Ad ogni piccolo movimento equivaleuno scricchiolio di molle fastidioso e insistente. ‘Vuoi che ti porti qualcosa da bere?’ chiede mio fratello con una bottiglia di birra in mano. Scuoto la testa rimanendo a fissare la stanza che sembra reduce da un festino di alcolizzati.

‘Scusa per il disordine,non ho molti ospiti.’ Non lo ascoltavo continuavo a pensare a quello che aveva detto Marco. Io sono il tuo migliore amico. Ma con quale faccia tosta veniva a dirmi quella frase? Di solito quando faceva qualcosa di sbagliato riuscivo sempre a trovargli una scusante per mantenerlo sotto la campana di vetro con la targhetta ‘ragazzo perfetto’. Ma questa volta la campana era andata in frantumi e non sarebbe bastato raccogliere i pezzi. Questo è il momento giusto per buttare tutto nel cestino senza pensarci su due volte.

‘Non vuoi parlarmene vero?’ domanda mio fratello mentre beve l’ultimo sorso della sua birra. No,in effetti non voglio. Voglio soltanto che lui asciughi le mie lacrime senza chiedere niente. Parlarne farebbe soltanto peggiorare le cose. Poi chissà se lui si ricordava di Marco,improbabile visto che si erano visti si o no 3 volte in tutta la vita.
‘No.’

‘Va bene. Cosa posso fare altro per te?’

‘Parlare con mamma e convincerla a farmi venire a vivere qui.’

‘Cosa?’

‘Non voglio più stare a casa. Tanto sono sempre sola,mamma lavora sempre e papà quando non è in ufficio è a giocare a biliardo con i suoi amici. Per loro non esisto quindi non dovrebbe fare molta differenza.’

Pensavo già da giorni al mio piano. Non avrei più continuato a stare con quella famiglia fantasma. Non volevo più essere invisibile per nessuno. Volevo tornare a casa e trovare qualcuno con cui chiacchierare sulla scuola e i voti. Qualcuno che mi chiede se sto bene quando mi vede piangere e non che mi dica di prendere un
antidepressivo.

Guardo l’orologio,sono in ritardo. Misha mi ucciderà.

‘Ora devo andare. Ma promettimi che parlerai con mamma altrimenti andrò da un’altra parte’ mi fido di mio fratello e delle sue promesse,ma voglio esserne sicura, questa volta è troppo importante.

‘Te lo prometto.’ Lo guardo ringraziandolo con gli occhi poi corro via prima che Misha mi maledica per averlo lasciato solo.

Pochi minuti dopo sono davanti al Sea Light. Eccolo lì il mio amichetto occhialuto seduto tutto solo ad un tavolo che si affretta a digitare qualcosa sul cellulare,lo raggiungo e prendo posto sulla sedia. ‘Scusa per il ritardo.’ Dico prendendo un grosso respiro per la corsa.

‘Credevo dovessi chiamare la polizia e l’FBI,eri sparita!’

‘Quanto sei melodrammatico!’ soltanto perché non avevo risposto a qualche chiamata.

‘Cosa ordini? Credo che prenderò il nuovo gusto di gelato all’arancia rossa. Io amo le arance.’ Che tipo bizzarro che era. Sono la sua unica amica nella scuola. Prima che diventassimo amici era un tipo solitario che se ne stava sempre in disparte. Secondo lui da quando esce con me è diventato più figo e tutto per merito mio.

‘Un bicchiere d’acqua andrà bene. Ho fatto 3 miglia a piedi,di corsa. Potrei vomitare da un momento all’altro.’ Scoppia a ridere e poi si alza per andare a fare le ordinazioni lasciandomi sola con i miei pensieri.

Il Sea Light era un pub  sul mare –la seconda casa di me e di Misha- passavamo tutto il tempo lì a parlare di cose senza senso. Non è esattamente il miglior passatempo del mondo ma a me piaceva,era una cosa semplice che non dava problemi. E forse non gli avrebbe mai dati.

‘Sto cercando una bella ragazza,alta circa un metro e settanta. Capelli neri mossi con dei grandi occhi azzurri,quasi del colore del ghiaccio quando stanno per versare tante lacrime. L’hai mica vista?’ Quel giorno avevo già sentito quella voce troppe volte per i miei gusti,piuttosto bizzarro visto che per anni l’avevo desiderata e ora come ora volevo soltanto che il suo proprietario sprofondasse nell’abisso più profondo del mare più lontano.

‘Non ti è chiaro il concetto non farti più vedere?’

Marco si siede ignorando completamente le occhiatacce che stavo riversando su di lui come un fiume in piena.

‘Quel posto è occupato!’

‘Da quello sgorbio sfigato? Sai quanto me ne può fregare! Voglio soltanto parlare.’

‘Di cosa? Di quanto il tuo ego stia occupando tutto lo spazio vuoto della città? Fra poco rimarrà così poco posto che dovremmo trasferirci tutti.’ Sbotto infuriata.

‘Quando la tua bocca e il tuo cervello troveranno un punto d’incontro avvisami!’

‘Tu prima trovalo un cervello!’ Mi alzo e vado via,forse dovrei avvertire Misha ma sono troppo arrabbiata per qualsiasi cosa. Anche camminare mi sembra odioso adesso.

Sono stanca di lui e delle sue battutacce che crede facciano ridere. Non è così,sono pessime e di cattivo gusto. Proprio come lui. Stupido scherzo del destino. Maledetto ragazzo im-perfetto. Ecco cosa succede a giocare col fuoco,prima o poi ti bruci.

Il telefono inizia a vibrare insistentemente.

MA DOVE SEI? MI HAI ABBONDANATO!
MISHA


Gli avrei risposto più tardi,prima dovevo far sbollire i nervi. Appena aperta la porta di casa un mucchio di valige riposte nel corridoio mi accoglie.

‘Mamma?’ chiamo riponendo le chiavi sulla mensola. ‘Tesoro! Non credevo saresti tornata così presto.’ Che significavano quelle valigie? Stavamo partendo?

‘Che sta succedendo?’ chiedo indicando i borsoni per terra. Mia madre mi guarda sorridente.

‘Ho un viaggio di lavoro importantissimo.’ Si giustifica lei. Ma per quanti vestiti potesse portare mia madre, quelle valigie non potevano essere tutte sue.

‘Che c’è? Ti sei portata tutto l’armadio o cosa?’

‘Tuo padre viene con me.’

‘Perché?’

‘Deve fare delle cose.’ Tutto qui? Piuttosto generica come spiegazione.

‘Dove starò io?’ perché avevo paura della risposta?

‘Pensavo che tu potessi chiedere ad una tua amica di ospitarti per un po’. Ma diciamo che non hai molte amiche. Così mi sono ricordata di quel ragazzino,insomma quel tuo amico.’

‘Misha?’

‘No no. Non voglio che tu vada da gente che non conosco. Ma conosco i genitori di..maledizione come si chiamava? Oh,Marco! Siete amici no? Starai benissimo lì! Poi lui ha anche una sorella che ha quasi la tua stessa età. Vedrai che ti divertirai moltissimo!’

No. Non poteva essere. Era impossibile. Stava crollando tutto. Ogni certezza,ogni voglia di combattere. Stavano tutte per schiantarsi contro un muro. E la macchina la guidava mia madre,la donna che mi aveva messo al mondo stava per uccidermi.

‘Sei impazzita? Tu non ci sei mai quando ho bisogno di te,per questo non sai niente! Perché non posso stare da Lorenzo?’

‘Tuo fratello è irresponsabile!’

‘Tu mi stai consegnando nelle mani del diavolo!’ urlo sputando fuori anche l’anima.

‘Ormai ho deciso. Non ribellarti,sai che non vinceresti!’ era vero,quando mia madre prendeva una decisione –sarebbe potuto anche venir giù il mondo – lei non avrebbe cambiato la sua posizione.

‘Ti odio! Non puoi farmi questo! Sei mia madre!’

‘Non fare la bimba capricciosa Alis! E poi ho già chiamato i genitori di Marco! Ti stanno aspettando.’
‘Se non chiami subito e dici che hai cambiato idea non avrò più una madre!’

‘Bene,allora sei orfana!’ detto questo prende le sue valigie e attraversa la porta,costringendomi ad abbandonare ogni singola speranza di fuga. Non ci posso credere,è finita,io sono finita.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6
Il pomeriggio trascorre lento,non sembra voler passare,tutto il tempo che trascorrerò in questa casa mi avvicinerà al manicomio. Se penso positivamente. Forse la morte non sarebbe neanche un’alternativa così scura e annebbiata,in fondo sai che grandi perdite.
Non riesco a pensare in modo lucido,sembra tutto così confuso. Sento di non essere a casa mia,mi sento a disagio,vorrei sparire ad ogni passo.
Bevo l’ultimo sorso d’acqua nel mio bicchiere e poi lo poggio nel lavandino. Ora sto un po’ meglio,non riuscivo a respirare dopo la mia ‘chiacchierata’ con Marco. Sentivo come se i polmoni si stessero ribellando,lo stomaco si contorceva in preda alla rabbia e alla frustrazione. Sarei potuta morire,e tutto per una conversazione durata all’incirca 20 minuti. Ridicolo.
Ma in fondo sapevo di potermi considerare libera adesso. Stavo tentando di cancellare il nome di Marco dal mio cuore,anche se era marchiato a fuoco. Magari le cicatrici possono sparire con un miracolo,uno grande però. Di quelli improvvisi e inaspettati che senti ti siano regalati dal cielo.
Non dimenticherò tutto in un battito di ciglia. Non sono un computer,non ho un pulsante ‘rimuovi’ o ‘ripristina’. Magari ne avessi uno. Ma sono una persona ottimista io. Col tempo,sarebbe arrivato qualcuno che mi avrebbe rovinato il rossetto e non il mascara.
‘Scusa,Marco è in casa?’ mi volto per scoprire il proprietario di quella voce timida e quasi sussurrata. Un bel  ragazzo con gli occhi verdi mi sorride ingenuamente,attendendo una risposta.
‘La porta era aperta e sono entrato.’
‘Si. Marco è in camera sua,credo.’ Probabilmente era uno dei suoi amici,quelli con cui passa tutto il tempo a scuola a scegliere le nuove ‘prede’.
‘Tu sei la nuova ragazza di Marco?’ ecco,come non detto.
‘Cosa? No! Sono soltanto un ospite.’ Dico con un espressione raccapricciata. Non ci tengo particolarmente ad essere scambiata per una delle sue bamboline.
‘Ok. Mi dispiace.’
‘Non è colpa tua. Si chiama autodifesa.’

‘Tom? Muoviti,ti stavo aspettando!’ Marco spunta dal salotto con un espressione seccata e con un filo d’imbarazzo. Prende il suo amico per un braccio e lo tira su per le scale.


***

‘Che stavi facendo?’ chiedo seccato a quel coglione del mio amico.
‘Stringendo amicizia. Tutto qui.’ Dice lui accennando un mezzo sorrisetto malizioso.
‘Non pensarci neanche!’ lo ammonisco intercettando i suoi pensieri osceni su Alison.
‘Perché no? Amico,è uno schianto!’
‘Sei un verme! Non provarci,mi hai capito?’ lo spingo sul letto e lui mi guarda di traverso.
‘Se piace a te basta dirlo. Possiamo fare a turno’ sorride come un ebete. Ma si era fumato anche quel briciolo di cervello che gli rimaneva?
‘Non mi piace. Alis è come una sorella per me,quindi cerca di trattenere il tuo amichetto nelle mutande se non vuoi finire come l’ex ragazzo di Lisa!’ Scoppia a ridere.
‘L’abbiamo conciato per le feste quello sfigato. Così impara a cercare di portarsi a letto la piccolina di casa.’ Non andavo fiero di aver fatto piangere un 14enne ma quando si trattava dell’incolumità di mia sorella diventava tutto meno importante.
‘Comunque tu ti sei fatto mia cugina perché io non ci posso provare con la tipa di sotto?’ non mi ero fatto sua cugina,era lei che si faceva me. Quella sera ero per 90% alcool e il resto erba.
‘Non scassare Tomas! L’hai portata?’ chiedo accomodandomi sul letto accanto a lui.
‘Certo,ma fa attenzione non voglio guai!’ tira fuori dalla tasca un pacchetto di hashish e me la porge. Non ero un esempio,ma non lo facevo per essere figo agli occhi degli altri.
‘Grazie.’ La nascondo nello zaino e faccio cenno al mio amico che possiamo andare. La festa inizierà tra pochi minuti,non voglio ritardare al compleanno della mia ragazza.
Scendiamo le scale due gradini alla volta. Alis non è più in cucina,adesso è sul divano a leggere un libro. Lei adora leggere,lo ricordo come se fosse ieri. Quando aveva solo 10 anni lesse 3 libri tutti in una settimana. Poi mi fece il riassunto dettagliato di ognuno di loro. Adoravo il suo modo di coinvolgersi nella storia,a volte le capitava di  piangere leggendo. Lo sapevo solo io,me lo aveva confidato un giorno. Il giorno prima del ‘litigio’.
Apro la porta ed esco fuori seguito da Tom. Lo vedo perplesso. ‘Che c’è che non va?’

‘Ho dimenticato una cosa. Ti raggiungo subito.’ Dopodiché rientra in casa correndo.


***

‘Alis giusto?’ una voce familiare interrompe la mia lettura. Odio essere interrotta nelle scene madri. Alzo gli occhi scocciata e l’amico di Marco mi guarda con una smorfia divertita sulla faccia.
‘Si’
‘Io sono Tomas. Puoi chiamarmi Tom. Ascolta io e Marco stiamo andando ad una festa di compleanno per Melanie. Al posto di rimanere qui a leggere come una sfigata perché non vieni con noi?’ Sfigata? Chi si credeva d’essere?
‘Preferisco rimanere ed essere una sfigata piuttosto che fumarmi il cervello ad una festa guardando troie che competono per il titolo di “Sgualdrina dell’anno”. Adesso ritorno alla mia lettura.’ Li faccio cenno con la mano di andarsene ma lui rimane a fissarmi a bocca aperta.
‘Senti..ti lascio l’indirizzo in caso tu cambiassi idea.’ Poi scrive qualcosa su un foglietto di carta e me lo porge.
‘Grazie. Appoggialo pure nel cestino dei rifiuti.’ Sorride spastico e lo poggia sul divano poi esce facendomi l’occhiolino. Il peggior tentativo di rimorchio della storia. Che orrore.
Dopo 20 minuti passati a leggere la noia minaccia di ingoiarmi. Cosa faccio adesso? Sono tutti fuori,rimango solo io,il mio stupido libro e un biglietto con un indirizzo. Che strana situazione. Io non amo il caos,la musica,l’alcool e quel genere di cose. Ma quando minacci una crisi d’identità e sono solo le 6 del pomeriggio tutto diventa possibile.
Guardo il foglietto,il posto non è molto lontano,a piedi si può raggiungere in malapena 10 minuti. No,non ci andrò. Sinceramente non ci tengo a guardare Mel strusciarsi su Marco come una cubista in calore.
Però,non è detto che io debba guardare solo loro,no? Potrebbe essere pieno di gente interessante,magari anche il mio futuro marito potrebbe essere a quella festa. Non posso sprecare un’occasione così. D’altronde se non riuscissi a stare lì potrei sempre tornare a casa no? Nessuno mi tratterebbe.
D’accordo solo mezz’ora. Giusto per esplorare da vicino ‘Il Meraviglioso Mondo Di Marco’. Poi magari un salto in biblioteca per prendere un libro più interessante,magari che non tratti della seconda guerra mondiale

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Capitolo 7
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5
Il campanello ha suonato circa venti minuti dopo che mia madre mi aveva comunicato la spiacevole notizia. Quando sono andata ad aprire Marco era lì con un espressione ammiccante non poco sorpresa. ‘Tu lo sapevi vero?’ gli ho chiesto mentre la voglia di schiaffeggiarlo ribolliva dentro di me. ‘Di cosa credevi volessi parlarti?’ dopodiché mi ha aiutato con il trasferimento con un biglietto di sola andata per il mio inferno
personale
.

La camera di Lisa,sorella di Marco,sembra quella di una principessa uscita direttamente da un cartone animato della Disney. Lisa ha 14 anni,è bionda con dei grandi occhi verdi e ha un sorriso a dir poco malefico.
Quando ha saputo del mio trasferimento nella sua camera si è messa ad imprecare come un camionista contro di me. Che bella accoglienza.

Sarei rimasta circa due notti in quella camera,dopodiché mi sarei trasferita in quella degli ospiti che per il
momento era occupata da Nonna Sarah. Una signora molto simpatica,che io già conoscevo e adoravo,aveva
un sorriso radioso e i suoi consigli – in un modo o nell’altro - era sempre quelli giusti.

‘Non toccare nulla. Niente. Non guardare nemmeno,ok? Hai capito?’ mi spiega Lisa sillabando ogni parola come se stesse parlando con un  extra-comunitario. Annuisco senza dire niente,leggermente intimorita dalle occhiatacce della teenager forse un po’ troppo viziata.

Indossava una minigonna di jeans e un top di pizzo che lasciava intravedere molta – parecchia – carne nuda.  
Stava per andare ad una festa e il solo pensiero di lasciarmi sola nella sua stanza la faceva rabbrividire. Si aspettava che avrei dato un festino o cosa?

‘E ti prego non mettere le mani nella mia roba!’ ancheggiando esce dalla camera,sbuffando pesantemente e sbattendo la porta così forte da far vibrare i quadri e i poster appesi ai muri.

Sentivo che non sarei mai sopravissuta in quella casa,in quella famiglia in cui tutti facevano a gara per chi potesse essere più odioso. Dal fratello alla sorella,persino la madre non scherzava. Mi aveva accolta all’incirca così ‘Dove hai comprato i tuoi vestiti? Al mercato delle pulci?’

Apro la porta e mi affaccio in corridoio per vedere se avevo via libera. Mi sentivo come in prigione,ero circondata da persone che scrutavano ogni mia mossa,come i secondini. Chi avrebbe premuto il grilletto per primo?

‘Dove credi di andare?’ domanda Marco uscendo dal bagno con addosso soltanto un asciugamano intorno alla vita. Forse in questo momento assomigliavo ad un pomodoro visto che sentivo il sangue accumularsi nelle gote per dargli una sfumatura rosea d’imbarazzo.

‘Non sono più neanche libera di uscire dalla mia stanza?’

‘Sarebbe meglio così,più tempo ci passi dentro più sono le possibilità che mia sorella ti uccida. Vieni devo darti una cosa.’ Mi fa cenno di seguirlo in camera sua. Dov’è il Marco che mi ignora? Che non mi guarderebbe neanche se stesse crollando il mondo? Quasi mi manca. Decido di seguirlo senza fare troppe storie,in fondo non avevo nulla da fare. Forse era un invito a firmare la pace.

Si ferma davanti ad una mensola e da dietro un libro tira fuori una piccola scatolina con incisi dei disegni di due bimbi che si abbracciano. Me la consegna e poi sparisce dietro ad un separé.
‘Cos’è?’ domando mentre vedo la sua ombra infilarsi i pantaloni.

‘Una cosa molto vecchia che ho trovato quando abbiamo traslocato. Credo che appartenga a te.’
‘Perché dovrebbe essere mia?’

‘Aprila’ dice venendo fuori a torso nudo con addosso un paio di pantaloni in stile militare.

Dentro la scatola c’è una collana in argento con il mio nome. Non l’ho mai vista prima. Non era mia di certo. Forse era di una delle sue ragazze,magari una mia omonima.
‘Non è mia.’

‘Lo so. Ma credo che l’avessi presa per te prima del..insomma hai capito.’

‘Del? Cioè,come lo chiami tu? Gli hai dato un nome?’ chiedo sorpresa della sua reazione mentre indossa una maglietta nera.

‘No. Non so neanche cos’è.’ Mormora visibilmente imbarazzato. ‘Comunque l’avevo presa per il tuo compleanno. Quindi è tua,prendila.’

‘Smettila di cambiare argomento. Non credi sia arrivato il momento di parlarne?’
‘Non c’è niente di cui parlare.’

Cosa? È una battuta. Perché se lo è non fa ridere.

‘Ma certo,è così che tu affronti i problemi. Li ignori. Proprio come hai fatto con me. Ma non si fa così,tu speri che con il tempo vadano via e tutto torni magicamente al suo posto? Non è così.’

‘Non era mia intenzione ignorarti. Soltanto che non volevo perdere la mia migliore amica.’ Spiega guardando il muro dietro di me. Non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi. Sapeva di essere nel torto. Lo sapevamo entrambi.

‘Mi hai persa nell’istante in cui hai deciso che tu fossi più importante di noi. E non m’importa che tu adesso ne
sia pentito. Nessuna collana o conversazione potrà mai aggiustare la crepa che si è creata tre anni fa.’

Non era più una crepa,era un burrone. E io non sarei mai stata la prima a caderci dentro. Non questa volta.

Mi guarda con gli occhi di chi chiede perdono e sa di aver sbagliato. Non so se un giorno l’avrei perdonato ma se quel giorno sarebbe arrivato forse io lo avrei allontanato. Più lontano è più sarei riuscita a convincermi che la vita va avanti anche senza chi sa solo farti del male. Avevo fatto parecchi errori con il tempo,ma la vita non arriva con le istruzioni. Neanche l’amore. Lui ti sfonda la porta di casa e ti porta da chi gli pare. Tu non puoi farci niente se non stare a guardare.

Lascio la stanza senza rimpianti. Avevo detto la verità,dopo anni di bugie. La realtà era andata incontro ai sogni e gli aveva distrutti stringendo nelle mani una mazza chiodata. Aveva rivendicato la sua dignità e il suo buon senso. Perché è così. Nessuno ti dirà mai che i sogni sono fuori e quello nel cassetto sei tu.
 
 ***Note Dell'Autrice***

So che è molto corto ma non volevo che accadesse tutto in un capitolo. E con grande novità ho deciso di farvi vedere come immagino io i personaggi della mia storia. Ovvio che voi siete liberi di immaginarli come vi pare e piace. 

 

 
Marco Latini.
Lui ha quasi 18 anni. Presto si diplomerà. Il destino vuole che nel nuovo anno scolastico venga introdotto un nuovo progetto denominato "Conosciamo" che consiste nella creazione di classi miste. Gli alunni del primo e secondo anno vengono mescolati tra di loro. Così come quelli del terzo del quarto e dell'ultimo. Nella nascita di queste classi Marco e la sua ex-migliore amica si ritrovano nella stessa classe di Storia e Latino. 


Alison Di Biagio.
Ha 16 anni e tutti la chiamano Alis. Prima della sua 'discussione' con Marco era una ragazza solare e molto amichevole.pronta ad aiutare chiunque ne avesse bisogno e\o distruggere quelli che lo meritavano. Adesso è più cupa,da un punto di vista solitaria ma non una 'sfigata'. La sua bellezza la aiuta in questo. Ma lei allontana chiunque non sia Marco. Apparte Misha non ha nessun amico. Non uno di cui si fidi,almeno.

Personaggi secondari:
   
Misha                      Lorenzo                                       Lisa                                            Nonna Sarah


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7



 

In quel locale non mancavano di certo le luci stroboscopiche e l’alcool,la musica a tutto volume e gli sguardi ammiccanti di ragazzi forse un po’ troppo ubriachi. Non era il mio posto,mi sono pentita di esserci venuta sin da quando ho aperto la porta e l’odore di fumo e vodka mi ha invaso le narici facendomi salire il vomito alla gola. Potevo andarmene quando volevo ma la consideravo una sfida personale,avrei dimostrato a Tomas che lo sfigato era lui.

Al bancone una marea di ragazzini accartocciati uno sull’altro si dimenano come belve per ottenere il loro drink. Non avrei di certo fatto tutta quella fila per bere qualcosa. Ma l’idea di ubriacarmi sembrava la cosa più vero simile per giustificare le bravate che si scontravano nella mia testa.

Il mio look non era esattamente adatto a quel genere di feste,jeans e felpa non sono mai adatti a niente se non ad un pomeriggio noioso. Mi infilo in un bagno e mi guardo allo specchio. In fondo non ero poi conciata così male,il trucco sembrava non aver intenzione di mollarmi da un momento all’altro. Mi sfilo la felpa rimanendo in canottiera. Adesso sembrava un po’ più realistica. Mancava qualcosa.

Mi guardo in giro,sul pavimento sotto il lavandino giace un pezzo di vetro affilato. Lampo di genio. Lo prendo - facendo attenzione a non amputarmi un braccio – e inizio ad incidere la stoffa chiara dei jeans. In pochi minuti i miei pantaloni lunghi si sono trasformati in un paio di shorts sicuramente più interessanti.

Esco dal bagno e mi tuffo nella massa di gente che ancheggia a ritmo di musica house. Con la coda dell’occhio vedo Melanie e Marco slinguazzarsi a vicenda. Non più distante,Tomas circondato da due bionde di un metro e ottanta.

Prendo un respiro profondo,immaginando la faccia scioccata di Misha che mi ucciderebbe se fosse qui. Lo faccio perché sono stanca di essere io,la solita brava ragazza dai modi gentili ed educati,che prende bei voti e che conta fino a 30 prima di parlare. Ora basta,non sono io quella. Quella Alison è morta nel momento in cui mia madre ha deciso di lasciarmi all’inferno.

Salto sul bancone e mi metto a ballare –sperando di sembrare una cubista sexy e non una papera goffa- . Tutti si voltano a guardarmi,sento dei fischi di incoraggiamento e intravedo la faccia scioccata di Marco e quella divertita di Tom.

La musica si alza invadendomi le orecchie,mi entra fin dentro le ossa. Non ho più il controllo di me,adesso è la musica a far da padrona. Mi lascio trasportare dalle note musicali sorridendo a chi non avrebbe mai creduto che la vera Alis – un giorno – sarebbe tornata.

Forse non c’è via d’uscita quando ogni cosa non va da se,io l’ho imparato con il tempo. E in quei casi non puoi metterti a cercare una via di fuga devi rimanere e dimostrare a tutti che anche se cadi ti rialzerai sempre,non importa quante volte. Ti vedranno cadere ma mai strisciare.

Qualcuno mi prende per il polso e mi butta giù dal bancone,ma in basso ad attendermi non c’è il pavimento freddo del locale ma due braccia forti che stringono la presa attorno a me. Apro gli occhi e incontro quegli blu di Marco,severi e amaramente delusi.

‘Non guardarmi così,sai che è colpa tua’ lo spingo allontanandolo da me e corro via. Combattere è sempre la scelta giusta,ma non sempre si esce da vincenti.

Il pavimento freddo dei bagni mi fa compagnia già da qualche minuto,mentre le lacrime fuoriescono come un fiume in piena bagnandomi le guance. Non importa quanto libera tu possa sentirti,questo mondo è una prigione con le sbarre trasparenti,solo un po’ più grande.

Ho permesso un’altra volta alle mie emozioni di rovinare tutto,non importa quanto tu possa camminare a testa alta ci sarà sempre qualcuno più in alto di te che ti farà cadere toccando il fondo.

Sento la porta del bagno aprirsi seguita da delle risatine. Mi tiro indietro accucciandomi sul muro così da non
essere vista.

‘Quella ragazza aveva sicuramente bevuto troppo! Se vuole fare la cubista che se ne vada in uno di quei locali di provincia ma che non venga a rovinarmi la festa!’ riconosco la voce starnazzante di Melanie.

‘Già,per fortuna che Marco è intervenuto,altrimenti avremmo assistito ad uno spogliarello’ aggiunge un'altra voce. Una risata satanica si spande in tutto il bagno.
‘Già,Marco è così dolce! Ci tiene tanto al fatto che nessuno rovini la mia festa.’

‘Secondo me voi due vincerete il titolo di re e reginetta del ballo. Poi vi sposerete e avrete tanti bambini.’

‘Lui mi ama e io amo lui,è una cosa già fatta.’ Melanie scoppia a ridere.

Mi alzo in piedi uscendo allo scoperto. ‘Povera bimba non sa cosa l’aspetta. Il suo principe azzurro non la inseguirà per riportarle la scarpetta. Piangerà tutta la notte la povera principessina mentre lui voleva solo una sveltina.’ Strappo di mano il lucida labbra di Melanie e lo butto per terra. ‘Oltre che fare la cubista sono brava anche a fare le rime. Scrivere poesie non fa male,anzi aiuta lo sviluppo della lingua e dell’intelligenza. Te lo consiglio sai,così magari nel tuo dizionario oltre alle parole “puttanella” e “lip-gloss” aggiungerai anche sotto la voce “bastardo” il nome Marco Latini.’

Mi guarda scioccata,sembra che stia per entrare in iperventilazione visto il colorito violaceo. ‘Buon compleanno troietta. Dormi sogni d’oro,finché puoi.’ Esco dal bagno a testa alta,basta cadere. D’ora in poi quella troppo in alto sarò io.

Raggiungo Marco e Tomas –seduti in un angolo a bere birra – guardo il mio ex-migliore amico di traverso. ‘Dovresti andare a controllare che la tua amichetta stia bene,mi sembrava piuttosto scioccata.’ Mi fissa sbalordito. ‘Che le hai detto?’

‘La verità’

Afferro Tomas per il colletto della camicia e lo bacio con foga desiderosa di sbattere in faccia a Marco tutta la crudeltà della realtà. Fa male? Avrei voluto urlargli,ma a volte bisogna accontentarci di silenzi dolorosi e sofferti.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8



Un urlo squarcia la sala facendo prevalere il silenzio. Mi volto per constatare l’accaduto. Una ragazza dai capelli corti è distesa sul pavimento,immobile. Un brivido mi percorre la schiena quando la sirena della polizia interrompe bruscamente la calma e manda tutti nel panico.

‘Andiamo!’ mi urla Marco prendendomi per mano.

‘Quella ragazza ha bisogno d’aiuto.’ li faccio notare mollando la presa.

‘Smettila di essere così testarda,tutto questo non ti renderà più figa!’ lo spingo costringendolo a stare lontano da me.

‘Credi che lo faccia per essere più figa? Ma che ti sei fumato il cervello?’

‘Vuoi farti arrestare?’ mi urla mentre Thomas correva via con due ragazze.

‘Non ho bisogno di te per sopravvivere!’

‘Stiamo ancora parlando della polizia?’ mi chiede leggermente infastidito.

‘Non lo so.’

In quel preciso istante un ammasso di uomini indivisa invase la stanza generando il fuggi fuggi generale.
Guardo Marco di traverso e poi cerco in giro una via di fuga. Sento che mi manca la terra sotto i piedi e solo dopo mi accorgo che ero sulle spalle di Marco. Ma che mi aveva scambiata per un sacco di patate?

‘Lasciami!’ urlo dimenando le gambe con la speranza di colpirlo.


'Sta zitta! Non voglio sorbirmi le lamentele di mia madre che mi accusa di averti fatta arrestare!’

Quindi era solo per quello? Ma certo,e io che solo per un attimo ci avevo sperato che lo facesse più per interesse suo che per altro. Mi arresi alla sua presa e cercai di trattenere le lacrime,segno dell’ennesima delusione.

Una volta usciti da lì mi fece scendere. Dopo averli lanciato un’0cchiataccia mi affrettai a superarlo sul marciapiede lasciandolo alle mie spalle.

‘Hai intenzione di non parlarmi fino alla fine dei tempi?’ domando con una sfumatura sarcastica nella voce.

‘Magari anche oltre.’ Commentai ricambiando la frecciatina.

‘Non fare i capricci!’

Mi volto scoppiando a ridere. ‘Senti chi parla. Tu li hai fatti per tre anni! Quindi adesso ho tutto il diritto di farli io i miei capricci. Posso mettermi a piangere,bere,fumare,urlare. Anche rotolarmi nel fango se voglio!
Perché sono libera di fare quello che voglio e non ho bisogno della baby-sitter! Visto che questa baby-sitter potrebbe andarsene da un momento all’altro perché le voglio troppo bene!’

‘Io non ho fatto nulla per ferirti. Sei tu che mi stai attaccando!’

‘Quindi adesso sarebbe colpa mia?’

‘Non mi sono innamorato io di te!’

Quelle parole mi trafissero come mille pugnali il petto. ‘Buon per te.’ Mormoro asciugando una lacrima con il palmo della mano. La pioggia incomincia a scendere a dirotto. Almeno le mie lacrime si sarebbero confuse con le gocce di pioggia,e non avrei pianto da sola.

Ricomincio a camminare giurandomi che non mi sarei mai voltata,mai più. Non avrei più guardato al passato,faceva sempre troppo male.

‘Ali ,sai che non volevo dire quello.’

Avvolgo le mani intorno al busto cercando di infondermi un po’ di calore,un po’ d’affetto. Un po’ di tutto quello che mi era mancato tutto quel tempo.

Apro la porta di casa salendo le scale due gradini per volta,cercando di evitare di incontrare i suoi occhi. Lui.

Prendo le mie cose ed esco dalla stanza trascinando la valigia dietro di me,non sarei rimasta li a farmi insultare. Non ero abbastanza forte per quello.
‘Dove stai andando?’ chiede Marco vedendomi arrancare sui gradini.

‘Via. Da te. Dal mio passato. Da adesso in poi considerati morto per me. E io per te.’
‘Non fare cazzate Alison!’

Scendo le scale senza ascoltarlo,perché non poteva semplicemente lasciarmi andare? Sua madre si sarebbe lamentata anche per quello?

Apro la porta spingendo fuori la valigia mentre lo sento saltare giù dalle scale.

‘Io non volevo ferirti.’

Raggiungo il vialetto pregandomi di resistere e non voltarmi.

'Mi dispiace, Io ero spaventato. Sapevo che se ti avessi detto che provavo lo stesso sarebbe stato diverso,ti avrei fatto male. E non volev0.’

‘E non credi di avermene fatto andando via senza dirmi niente? Sbattendomi per anni in faccia la tua vita perfetta. Il tuo essere felice anche senza di me. Perché tu ci riuscivi e io no,e faceva più male così.’

Li permisi di avvicinarsi mentre la pioggia continuava a scendere.

‘Non sono bravo con i sentimenti. Ma se potessi rimediare – in qualunque modo – lo farei.’

Lo guardai con gli occhi gonfi di lacrime,come si guarda la propria vita scivolare via. Sapevo cosa stava per accadere,se fosse successo non avrei mai avuto la forza di tornare indietro. Ma non avevo neanche la forza di impedirlo.

Oramai non riesco a controllare nessuna parte di me stessa… è come se la mia mente e il mio corpo si fossero bruscamente staccate una dall’altra.

Lentamente le sue labbra sfiorano le mie, mi sento come non ero mai stata prima, penso e mi chiedo se lo voglio veramente, sono assalita dai dubbi, ma poi sento il suo cuore battere velocemente, era un suono magico, un suono dolce,un suono cullato dal vento autunnale.

Ora sentivo anche il mio cuore a mille, li sentivo battere insieme mentre lo nostre labbra giocavano armoniosamente l’una con l’altra.

La mia testa si ripeteva in continuazione “è giusto?” ma ne il mio cuore ne quel bacio dettero una risposta.
 

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