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di ducky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** stranger ***
Capitolo 2: *** blue eyes ***
Capitolo 3: *** pancakes and dresses ***
Capitolo 4: *** mysteries ***
Capitolo 5: *** candies ***
Capitolo 6: *** warm breath ***
Capitolo 7: *** surprise ***
Capitolo 8: *** dinner rush ***
Capitolo 9: *** chocolate cookies ***
Capitolo 10: *** young and beautiful ***
Capitolo 11: *** white lights ***



Capitolo 1
*** stranger ***


1. STRANGER



-Elena attenta!-

Scendo dalla macchina barcollando, trascinando giù le mie due ingombranti valigie, dietro di me la mia amica mi regge per un fianco preoccupata per il mio equilibrio alquanto precario.
Rido come una matta per assurdità seguita a ruota da quegli idioti dei miei compagni di college.

"Mi sa che non ho ancora smaltito la sbornia, Care"
Sbiascico una risata poggiando la testa sulla spalla della mia amica che sbuffa divertita guardando gli altri.
Siamo un pugno di ubriachi fermi davanti all’aeroporto alle 7:45 del mattino.
"Ma non ci aiutate a portare le valigie dentro?, dobbiamo fare il check-in ed Elena non si regge in piedi"
Ha ragione, sorrido ancora ad occhi chiusi immaginando unicorni colorati.
"Dolcezza non ci farebbero neanche entrare. Siamo marci ed abbiamo un bisogno urgente di dormire e smaltire la sbornia."
"Non fare labbrucce, Caroline. Non cambiamo idea"
Con gli occhi semi chiusi accarezzo i capelli della mia biondina preferita sperando che si rassegni, vorrei solo entrare e abbracciare uno dei comodi sedili dell’aeroporto per schiacciare un sonnellino e fermare la testa che gira.
"Ci rivediamo tra due mesi, bellezze…Non…"
Aggiungono qualcosa ma il rombo del motore e il mio stato confusionale non mi pemettono di carpire altro, sento solo la dolce e stanca voce di Caroline che mi invita a raccogliere le valigie per entrare in aeroporto.

Tre ore e mezza dopo siamo stremate e spalmate sui divanetti della lounge a trangugiare caffè e ciambelle.
Il cerchio alla testa è simile ad un dirigibile ed il dopo-sbornia impossibile da gestire.

"Ho voglia di vomitare"

"Non farlo sulle mie ciambelle. Devo ancora assaggiare quella con ripieno alla marmellata di pesche"
"Elena ti prego. Non scendere nei dettagli, non tengo giù neanche il caffè"
So come si sente ma nonostante il leggero senso di nausea il cibo sembra l’unico palliativo al mal di testa. Caroline ha un aspetto pessimo e sono certa di non essere da meno.
"Maledizione Elena, tra poco più di due ore saremmo a casa dopo mesi e i miei stenteranno a riconoscermi. Puzzo di vodka come uno scaricatore di porto ed ho il colorito di uno zombie!"
La ascolto distrattamente quando la voce metallica che proviene dall’altoparlante posto a qualche metro da noi annuncia il nostro volo.
Con una forza che non credevo di possedere balzo in piedi scrollandomi di dosso lo zucchero in polvere delle ciambelle ed aiuto Caroline ad alzarsi, entrambe penzoliamo senza spiegazione logica verso il lato sinistro.
"Ci rifacciamo il trucco in aereo e prendiamo qualche mentina per l’alito. Dai, si torna a casa"
 
Il caos di voci e risate che ci investe non appena mettiamo piede all’aeroporto di Atlanta stride con i nostri umori neri, siamo belle che truccate e semi pettinate ma non dormiamo da diciotto ore e qualsiasi rumore di sottofondo è fastidioso.
"Merda!"
"Cosa c’è adesso?"
"Avevo completamente dimenticato di aver prenotato il noleggio dell’auto. I miei pensano ancora che torni domani, ricordi? silenzio-macchina-sorpresa. Non avevo previsto la sbronza però"
"Dai ti accompagnano i miei a casa, non preoccuparti"
La mia amica mi regala un sorriso scemo degno di chi ha tagliato i fili per i collegamenti col mondo esterno.
"Pronto!? Caroline, il noleggio di quell’auto mi è costato 180$, la guiderò dovessi perdere un arto adesso"
"Ma non puoi guidare in questo stato!"
La sua voce è stridula e fastidiosamente autoritaria.
"Posso. Reggo l’alcool meglio di quanto pensi, principessa" dico non troppo convinta delle mie parole.
Sta per ribattere ma una voce la chiama per poi raggiungerci velocemente e non con poca fatica Caroline si fionda finalmente tra le braccia della sua mamma.
"Caroline, tesoro mio mi sei mancata da morire"
La signora Forbes stringe la figlia storcendo un po’ il naso, probabilmente i litri di profumo che Caroline ha addosso non riescono a coprire quell’odore forte e pungente della vodka mista al martini.
"Sicure di stare bene voi due?"
Dannazione, il suo istinto da sceriffo di piccola cittadina non sbaglia un colpo, Caroline avvampa ed io abbozzo una scusa idiota. Classico.
"Tutto apposto sceriffo Forbes. Siamo solo un po’ stanche, una bella dormita ci rimetterà in sesto completamente, vero Care?"
La mia amica mi asseconda quasi fosse in trance e vorrei prenderla a sberle per farle spiccicare almeno una parola. E’ la figlia di una poliziotta, dannazione.
Dissumulare dovrebbe essere la sua parola d’ordine.
"Vi porto a casa, su"
Spiego velocemente alla mamma di Caroline la storia del noleggio e prego che non insista, non avrei la forza di battermi verbalmente con un mastino come lo sceriffo Forbes, per mia fortuna, seppur scettica e poco convinta, riesco a sgattaiolare via da lei promettendo alla biondina di chiamarla non appena arrivata a casa.
Per allora sarà già in fase REM dopo aver dimenticato gli ultimi due giorni della sua vita ma d’altra parte anch’io, se riesco ad arrivare sana e salva.
Dopo una lunga fila ai parcheggi ed un male ai piedi da imprecazioni, guido annoiata sulla statale 25 che collega Atlanta a Mystic Falls, sono le due del pomeriggio di un caldo sabato di inizio estate e la strada è deserta.
Canto a squarciagola per tenere la mente occupata l’ultimo singolo dei Maroon 5 tamburellando le dita sullo sterzo travolta dalla piacevole sensazione di possedere il mondo, o almeno parte di esso.
Solo io, la strada e l’orizzonte….

E una ruota a terra.
Lo scoppio che invade le orecchie qualche minuto dopo essermi autoincoronata padrona dell’emisfero terrestre la dice lunga sulla mia evanescente stella fortunata.
Accosto imprecando di nuovo e scendo da quel rottame che ho pagato una fortuna.
Non ho la benchè minima idea di come si cambi una ruota. Sono sola in mezzo al nulla e il mio cellulare è morto da ore.
Bene Elena, nella migliore delle ipotesi rimarrai qui a marcire per giorni in compagnia delle palle di fieno che rotolano sull’asfalto caldo della Georgia. Sei un’idiota.
Mi perdo tra i mille insulti rivolti a me stessa, poggiata al cofano anteriore del rottame con la testa tra le mani nel tentativo di pensare a qualcosa di geniale, ma a distrarmi il rumore distante di una macchina in marcia che si avvicina a me mi regala quel briciolo di speranza perduto.
Comincio a saltare agitando le braccia come una naufraga su un isola deserta, quell’auto è la mia nave nell’oscurità, cavolo ho solo voglia di tornare a casa.
"Una fanciulla in difficoltà,eh?"
La macchina si ferma sul ciglio della strada, i finestrini sono già abbassati ed il tizio al volante ha una voce profonda e calda come l’aria qui fuori.
Indossa un paio di rayban che alza sulla testa rivelando gli occhi più blu che abbia visto in vita mia.
E’ l’essere umano di sesso maschile più bello che abbia visto in vita mia.
Deglutisco in modo meccanico osservando quel viso perfetto illuminato dai raggi del sole pomeridiano, i giochi di luce riflessi dai suoi occhi e la mascella contratta che disegna un viso dai tratti delicati e virili.

Curva le labbra in un sorriso storto squadrandomi da capo a piedi per poi gettare un’occhiata distratta alla mia auto, cioè a quel rottame che ho noleggiato.
"Ho bucato. Grazie per esserti fermato, non è che potresti…"
Indico la ruota posteriore con lo sguardo e quel tizio dagli occhi profondi ed enigmatici ride di me.
"E’ così divertente?" dico stizzita, sudaticcia e già stanca di lui.
"Non penserai mica che mi sporchi le mani per una sconosciuta in mezzo al nulla. Posso darti un passaggio se vuoi ma io la gomma non la cambio, ragazzina"
Stupido idiota presuntuoso. Ho già voglia di prenderlo a calci.
"Ok. Ciao imbecille."
Mi volto e lo sento ridere di nuovo. Dio, quella risata mi da i nervi.
"Stai rifiutando la mia offerta di un passaggio, ragazzina?"
"Per quanto ne so potresti essere un maniaco serial killer germofobico. Non salgo in macchina con te. Imbecille."
Rimarco l’ultima parola ma si affretta subito a smorzare il senso di soddisfazione che mi da insultarlo.
"Fa come vuoi, buona fortuna ragazzina."
Mette in moto e sfreccia alla velocità della luce alzando una nuvola di polvere che mi investe completamente.

Stupido. Imbecille. Bellissimo. Imbecille.

Ok, smettila Elena. Prova a cambiare questa maledetta gomma e a far ripartire questa dannata auto.
Se solo potessi consultare il dott. Internet dal mio cellulare, maledizione ho bisogno di una guida.

Ho voglia di urlare e lanciare qualcosa qui in mezzo al nulla, ho fame, ho sonno e devo fare una doccia.
Ci sono 38° qui fuori.
Mordendomi il labbro dalla disperazione decido di prendere la ruota di scorta dal bagagliaio ma il rumore di un motore e una macchina che procede in retro marcia verso di me mi fa strabuzzare gli occhi.
Quel tizio è di nuovo qui, cavolo. Che sia davvero un maniaco?
"Te lo chiederò per l’ultima volta ragazzina, sali in macchina. Ti do un passaggio"
"La smetti di chiamarmi ragazzina, imbecille? Mi chiamo Elena.-
"Ed io mi chiamo Damon. Imbecille. Sali in macchina."

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Capitolo 2
*** blue eyes ***


2. BLUE EYES



Sono inquieta.

Spiaccicata quasi al finestrino di quest’auto fantastica mi tengo a distanza da quell’ammasso di testosterone al volante, per quanto ne so il tizio potrebbe davvero essere un maniaco e se lo fosse, sarebbe comunque il più figo della storia.
Il suo profilo è perfetto, di tanto in tanto serra la mascella cambiando le marce di questo bolide con quel fare sexy e deciso allo stesso tempo, i suoi avambracci protesi verso lo sterzo si tendono rivelando delle belle spalle e un busto da fare invidia ai migliori modelli.
E’ tanto bello quanto antipatico e sicuro di se.
Non una parola da quando ho accettato mio malgrado il suo ‘gentile’ invito per un passaggio, di tanto in tanto si gira verso di me increspando le labbra nel suo ghigno malefico per poi incollare di nuovo gli occhi alla strada.
Accidenti, non ricordavo che questa maledetta statale fosse così lunga!
"Devo fare benzina, ci fermiamo qualche minuto così magari puoi darti una rinfrescata nel bagno della stazione di servizio. Non profumi certo di rosa, ragazzina"
Brutto cafone maleducato, ma chi si crede di essere questo tipo?
Accostiamo alla piccola stazione deserta e prima che abbia il tempo di replicare mister presunzione scende dall’auto rivelando il suo splendido fisico, accidenti…è simile ad un dio greco.
Apro e chiudo la bocca più volte prima di decidermi a scendere per sentirmi meno idiota ed imbarazzata, continuo a fissarlo mentre è intento a fare self service alla pompa di benzina.
Estraggo il cellulare dalla tasca con la vana speranza di accenderlo ma nulla. Batteria morta.
"Hai fame?"
Mi domanda strofinando le mani sui jeans dopo aver finito di rifornire l’auto.
"No" rispondo senza neanche guardarlo controllando convulsamente l’orologio.
"E’ stimolante parlare con te" -continua a sfottere, il padrone dell’universo- "vado a prendermi qualcosa da mangiare, non dare fuoco alla macchina"
Mi odia e la cosa è reciproca.

Poggiata all’auto nel silenzio di questa vecchia stazione fantasma il mio stomaco brontola per la fame, la tentazione di entrare e comprare un panino è forte ma non la darò vinta al bell’imbusto, mi sporgo per controllare che sia ancora dentro la piccola e rustica tavola calda dell’autogrill per infilarmi a metà all’interno dell’auto e sfilare una sigaretta dal pacco che il tizio tiene nel piccolo cruscotto vicino alla radio.
Ho desiderato una sigaretta per tutto il tempo che ho dovuto condividere con il superuomo e poi mi aiuterà sicuramente a sentire meno fame.
Tiro fuori il mio accendino newyorkese dalla borsa, accendo e mi godo a pieni polmoni la prima boccata.
Chiudo gli occhi. E' il paradiso.
"Ehi!"
Osservo a bocca aperta la sigaretta toccare terra per poi essere soffocata da uno stivalone nero con fibbia che la sfracella letteralmente al suolo.
La mia faccia è simile a quella di una bimba a cui hanno rotto il gioccattolo preferito la mattina di Natale.
"Non ti hanno mai detto che il fumo uccide, ragazzina? L’immagine è davvero triste, torna in macchina"
Fa un versetto con le labbra e si allontana da me per raggiungere la portiera dell’auto.
Frustrata ed arrabbiata scatto avvampando in un moto d’ira represso.
"Sei  impazzito, per caso? O forse sei solo la persona più maleducata ed irrispettosa del pianeta?"
"Che cosa avrò mai fatto? Il fumo uccide, specie se le adolescenti come te ne fanno un uso eccessivo…"
Sorride e continua a sfottermi quasi fosse la cosa più naturale del mondo.
"Ti sembro un adolescente? Ho vent’anni e bado a me stessa già da un po’, figurati se prendo ordini da un semi pupazzo gonfiabile che conosco da due ore!"
"Venti? Strano. Non te avrei dati più di 15"
"Sei uno stronzo, lo sai?"
"Si, poco originale. E’ il mio marchio di fabbrica, dolcezza. Sali in macchina"
"E smettila di ordinarmi di salire su questa stupida macchina!"
Sembro una zitella in preda ad una crisi ormonale, i capelli mi si appiccicano al viso e mentre urlo li tiro goffamente di lato risultando meno minacciosa di quanto vorrei in realtà.
La sua inutile e fastidiosa risata è la prova di questo.
 
"Tu abiti qui?"
"Che c’è, hai da ridire anche sulla mia casa adesso?"
Scuoto la testa ormai esasperata da lui e mi precipito fuori sfidando le leggi della fisica per percorrere in breve tempo possibile il tragitto auto-porta di casa.
"Ehi ragazzina"
Un piccolo colpo di clacson e la sua fastidiosa voce mi costringono a voltarmi di nuovo verso di lui.
"Magari un ‘grazie’ o ‘sei stato gentile Damon’ sarebbero apprezzati, sai?"
Sorrido dolcemente e mi avvicino al suo viso che sporge dal finestrino.
"Grazie, sei stato gentile Damon, buon viaggio verso l’inferno"
Ricaccio indietro il sorriso falso stampato sul viso e mi volto con la speranza di non rivederlo mai più mentre la sua sonora risata mi accompagna alla porta.
"E’ stato un piacere, Elena"
Mi blocco sull’uscio guardandolo ripartire, il cavernicolo ha memorizzato il mio nome.
 
"Che significa polverizzata?"
Caroline mi prepara un caffè in pigiama, l’ho letteralmente buttata giù dal letto senza nessuna remora.
"L’ha sciacciata proprio davanti i miei occhi con la scusa che il fumo uccide e stronzate varie, un saccente presuntuoso, arrogante, figlio di…"
"E gli hai detto di abitare qui?"
"Non potevo mica fargli vedere davvero casa mia, quel tipo è un folle!"
"Adesso si che sono felice di averti come amica"
Caroline fa una smorfia che si trasforma in un sonoro sbadiglio mentre mi versa una generosa tazza di caffè accopagnato da biscotti.
Amo questa donna.
"Almeno così sono sicura di non rivederlo più, quel tipo è irreale"
La mia amica mi ascolta a malapena, penso stia per fare del piano cucina il suo nuovo letto.
"Care, va a dormire. Faccio una doccia al volo se non ti dispiace e prendo qualche vestito tuo prima di tornare a casa, ok? E ringrazia tua mamma da parte mia per aver mandato l’agente Harley a recuperare l’auto a noleggio e le mie valigie"
"Mh. Mh"
E’ andata. L’accompagno su per mano e la riporto a letto, trattenendomi in camera sua solo per raccattare un jeans e una maglietta.
"Elena?"
"Cosa?"
"Non mi hai detto come si chiama il tipo irreale, folle e presuntuoso" sbiascica la frase masticando parole.
"Si chiama Damon. E’ irreale, folle, presuntuoso ed ha gli occhi blu"

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Capitolo 3
*** pancakes and dresses ***


3. PANCAKES AND DRESSES



Mamma fa i pancakes.

E’ questo il primo pensiero che la mia mente elabora quando riapro gli occhi immersa tra le soffici e fresche  lenzuola del mio letto.
Casa.
Mi spingo tanto quanto basta per afferrare l’orologio poggiato distrattamente sul comodino, sono quasi le due del pomeriggio e mamma prepara i pancakes per me.
Dopo la brutta avventura di ieri, questo è proprio quello che mi ci vuole per cominciare alla grande i miei due interi mesi di vacanza, lontana dai ritmi massacranti che la vita universitaria impone.
Scendo le scale di corsa, senza preoccuparmi di vestirmi.
Adoro il mio pigiama, shorts, top e calzini e poi ho voglia di gustarmi i pancakes ancora caldi ricoperti da una montagna di sciroppo d’acero, i miei preferiti.

"Ehi principessa, ce la prendiamo comoda"

Papà richiama la mia attenzione dal divano in soggiorno, sfoglia uno dei suoi tanti giornali, pagine economiche, borse e affari, gli sorrido e con un balzo lo raggiungo per godermi un po’ di coccole.
Si, sono sempre stata la cocca di papà e questa lontananza forzata è terribile, mi manca il calore di una casa e il poter vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto.
Mi mancano le chiacchere con mamma, gli abbracci di papà, i consigli di Katherine e persino le litigate con Jeremy.
Il mio bisogno di indipendenza è scemato quando il vuoto affettivo ha cominciato a riempire le giornate fredde ed uggiose piene di studio e di stress, lontana chilometri da qui.
"Corri a mangiare o tuo fratello si spazzola via tutto"
Papà accarezza i miei capelli continuando a leggere il suo giornale, scatto in piedi abbandonando la comoda posizione sul divano minacciata da quell’idea, urlando a mio fratello e raggiungendo velocemente la cucina.
 
"Non mangerò per almeno due giorni, mamma"
Mi sfioro la pancia sentendomi un pallone dopo aver inguirgitato una decina di pancakes.
Lei sorride togliendo i piatti vuoti da sotto il mio naso, altro vantaggio dell’essere a casa: non dover litigare con Caroline per i turni pulizie.
Quello è davvero un incubo.
"Ha chiamato Katherine mentre dormivi, tesoro. Avrebbe voluto tanto sentirti"
"Le ho mandato un sms ieri sera prima di crollare. Doveva proprio andare via adesso per questo stage?"
Sbuffo avvilita. Mi manca mia sorella.
"Sono solo due settimane, sai che è un’occasione importante per lei"
"Si mamma, lo so…avrei solo voluto averla qui"
Mamma sorride di nuovo asciugando le mani su uno dei grembiuli da cucina che le ho portato direttamente dallo shop store del campus.
A Yale puoi davvero trovare di tutto.

"Elenaaaaaaaa!!"

L’uragano Caroline irrompe in casa mia senza preavviso, mani e braccia occupate da enormi buste cartonate contenenti chissà quali nuovi capi d’abbigliamento. Lei si che da uno schiaffo al consumismo.
"Eccoti, ti ho cercato per tutta casa"
"Sei appena arrivata, Care"
"Appunto! Buongiorno signora Gilbert è così bello rivederla!"
Con noncuranza si libera delle buste per soffocare mia mamma in uno degli abbracci/strapazzami di cui solo lei è capace.
"Le rubo Elena, stasera. Siamo in lista per una festa fantastica al nuovo locale della città. Ci siamo già perse l’inaugurazione, dobbiamo per forza andare"
"Proprio stasera?"
La mia idea di serata ideale vedeva me sul mio comodo divano a guardare la tv, abbandonata al totale ozio.
Vorrei tanto rendere partecipe della visione anche la mia amica ma purtroppo, è già in procinto di incenerirmi con i suoi occhioni verdi, accesi da una strana e minacciosa luce che mi costringe a cedere, sotto lo sguardo comprensivo di mamma.
"Andiamo su a prepararci, ho preso un vestito anche per te"
 
Caroline ha sempre avuto una malsana ossessione per le barbie e le bambole in generale.
Abbiamo iniziato a collezionarle insieme all’età di quattro anni e ricordo di essermi fermata più o meno con l’inizio delle medie.
Lei non ha mai smesso.
Amava vestirle e svestirle, improvvisandosi stilista, sarta e designer.
E’ il suo grande sogno dopotutto, oscurato dai desideri del padre e dall’illusione che la laurea in legge in un’università prestigiosa d’America possa offrirle migliori possibilità per il futuro.
Credo la sua sia ormai una sorta di rassegnazione che sfocia nel desiderio maniacale del controllo. Il mio.
Ecco perchè mi trovo addosso un vestitino che lascia ben poco all’immaginazione, abbinato a tacchi chilometrici e borsetta in pendant.
"Sai cosa urla questa serata?" mi dice dando un ultima sistemata ai capelli lanciando subito dopo lo specchietto nella sua micro pochette.
"Illuminami…"
"Urla che siamo qui a godercela dopo mesi di lontananza, che balleremò tutta la notte e NON ci ubriacheremo perché siamo pessime a reggere l’alcool"
"Sei seria? È quella la parte divertente"
Scuote la testa sorridendo e parcheggiamo la mia auto proprio di fronte al nuovo locale di cui tutti parlano, persino Jeremy riemerso dal suo perenne stato apatico ha dato un giudizio positivo a questo posto.

La grande insegna, le luci, la musica che proviene dall’interno e la lunghissima fila di gente che attende qui fuori sono tutte opzioni che non avevo considerato.
Pensavo di ritrovarmi nell’ennesimo pub frequentato da gente di mezza età coperta da nuvole di fumo e concentrata sull’ultima partita di poker.
Bisogna ammettere invece che questo non è di certo il classico posto a cui una cittadina tranquilla come Mystic Falls è abituata.
Quanto e cosa mi sono persa?
"Vieni, Tyler ci ha messe in lista"
Caroline mi trascina lungo la fila e temo per la mia incolumità fisica notando le occhiatacchie di molti, a lei però basta un sorriso ed un indicazione alla cartelletta che un gigantesco bestione pelato tiene tra le mani, per permetterci di entrare appena due minuti dopo.
"Tyler, eh?"
"Non è come pensi! Credi che abbia perdonato quello stronzo per avermi tradito con la mia peggior nemica? La vendetta è un piatto che va servito freddo e fare buon viso a cattivo gioco mi aiuterà a farla pagare ad entrambi"
E’ splendida stasera, i capelli mossi, un provocante abitino rosso ed i suoi adorabili occhi verdi che risaltano in un viso poco truccato.
Non ho mai capito perché Tyler le abbia riservato un trattamento simile, erano la coppia più ammirata della scuola e la mia amica non ha certo nulla da invidiare a quell’antipatica di Allison Williams della classe di biologia.
Probabilmente siamo solo scappate da tutto questo, io con la speranza che ha il nome di un’ambizione e lei con la sola voglia di dimenticare.

"Elena il tuo telefono"
"Cosa?"
Alzo la voce e solo adesso mi rendo conto di quanto sia alto il livello della musica qui dentro.
"Ti squilla il cellulare!"
Indica la mia borsetta urlando per sovrastare il casino e mi avvio in fretta verso l’uscita prima che smetta di suonare, è impossibile anche solo provare a rispondere rimanendo all’interno.
"Pronto? Katherine, mi senti? Kat…"
La linea va via ed impreco mentalmente sbattendo leggermente i tacchi. Perché non riesco a parlare con mia sorella?

Sto per rientrare sconfitta ma lo stesso armadio umano pelato vestito di nero e dallo sguardo inquietante, mi blocca.
"Mettiti in fila, signorina"
"Ehm, in realtà sono uscita soltanto mezzo minuto fa…mi ha vista anche prima quando ha fatto passare me e la mia amica, la biondina col sorriso fantastico, ricorda?"
"No. Torna in fila" mi dice in un grugnito minaccioso.
Sto per ribattere innervosita da quella situazione quando improvvisamente vengo brutalmente spinta da due idioti che cominciano a darsele di santa ragione chissà per quale assurdo motivo, mi mantengo a malapena in piedi e cerco di mettermi al riparo da quei pazzi quando la lite diventa una vera e propria ressa che coinvolge più persone e di nuovo mi ritrovo ad essere spintonata in preda alla confusione generale.
Perdo l’equilibrio e letteralmente travolta da un gruppo di folli pregusto già la mia triste caduta sull’asfalto, strizzo gli occhi inerme quando inaspettatamente sento due mani afferrarmi i fianchi.
Sbatto violentemente contro il torace di qualcuno e percepisco il suo pesante sospiro sui miei capelli, provocato probabilmente dalla violenza dell’impatto.
Le mani affondano sui miei fianchi e la stretta mi fa sobbalzare, la leggera stoffa del vestito accentua questa sensazione e l’istinto è quello di mollare un ceffone a chiunque di questi deficienti si stia approfittando della situazione.

"Stai bene?"

Quella voce. Quegli occhi e adesso le sue mani.

Mi volto velocemente e la sensazione di fastidio scompare lasciando posto ad uno strano sollievo.
Perché mai? Io odio questo tizio. Mi sono imposta di farlo.
Vorrei dire qualcosa ma finisco solo per annuire lievemente spaventata a morte.
 Stringo la sua mano ancora ferma su uno dei miei fianchi ed è il riflesso incondizionato di un solo attimo.

"Vieni con me"
 
 






SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui a vincere la timidezza e scrivervi per la prima volta!
Io sono Ele, studio lettere, amo il cinema e sono irrimediabilmente una telefilm addicted.
Guardo davvero troppe serie tv, sacrificando interi notti perché con lo studio altrimenti, non troverei il tempo necessario all’interno della giornata.
Decidermi a pubblicare questa storia non è stato facile. Amo scrivere ma sono davvero arrugginita e fuori allenamento.
La mia malsana passione per ‘The vampire diaries’ e Damon ed Elena in particolare, mi ha portato a concepire questa strano ‘esperimento’, idea nata per caso tra le altre cose.
La storia è un AU in cui sono tutti umani, Elena ha ancora i genitori e persino una sorella oltre Jeremy.
L’ho chiamata Katherine solo perché adoro il suo personaggio nella serie ma è chiaro il fatto che per esigenze narrative non è la gemella di Elena ne tantomeno la sua sosia quindi, se potete non identificatela col volto della bellissima Nina :)
Io la immagino più come la splendida Emma Stone ma solo perché adoro infinitamente quella donna, probabilmente.
Elena ha quasi 20 anni, frequenta Yale (presto scoprirete cosa studia) e come alcuni di voi mi hanno già scritto, si prende decisamente meno sul serio rispetto alla Elena che conosciamo grazie allo show, senza dubbio la mancanza dell’elemento soprannaturale e di tutte le conseguenze che questo si porta dietro (sangue, morti, vampiri, licantropi, doppelganger, ecc, ecc…) aiuta a non causarle un blocco nervoso, non per il momento almeno :)
Non parlerò di Damon perché non voglio rovinarvi i prossimi capitoli ma, ne approfitto per ringraziare chiunque abbia dato una possibilità a questa storia ancora amorfa.
Adoro ogni recensione e mi piacerebbe leggerne molte di più per avere un riscontro diretto con i vostri pensieri e le più svariate considerazioni. Grazie ad ognuno di voi, anche a chi legge semplicemente in silenzio seguendo la storia. Non immaginate quanto mi renda lieta tutto questo!
Adesso mi eclisso perché sono stata fin troppo prolissa. Per qualsiasi cosa chiedete pure senza problemi.
Un bacio a tutti!

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Capitolo 4
*** mysteries ***


4. MYSTERIES


"Vieni con me"

Trascinata via da quella bolgia infernale mi aggrappo al braccio di Damon con entrambe le mani per evitare di scivolare a causa dei miei maledetti tacchi a spillo.
La sua stretta è forte e decisa, lo seguo in silenzio beccandomi ancora qualche lieve spinta fin quando, fuori da quella massa, mi convinco a lasciargli la mano e un po’ imbarazzata sistemo il mio vestito.
Sento i suoi occhi su di me ma è solo un attimo, poi sparisce.
"Aspetta qui" mi dice prima di allontanarsi senza nessuna spiegazione o una sillaba in più.
Perché mai dovrei aspettarlo? Mi ripeto mentalmente dandomi della stupida.
Quel tipo appare e scompare nei momento più strani, non voglio ripetere l’esperienza terribile di ieri e sorbirmi i suoi rimproveri quasi fosse mio padre.
Decido di sfidare di nuovo la sorte con il pelatone all’ingresso nella speranza di poter rientrare, ma quell’individuo è rimasto immobile davanti al bagno di sangue appena consumatosi, cosa mi fa credere che possa avere pena per me e lasciarmi rientrare?
Devo darci un taglio con le domande retoriche.

"Non entra più nessuno stasera"
"Sono sul punto di avere una crisi nervosa, ok? Lasciami passare o mi metto ad urlare!"
L’armadio umano mi ride in faccia e sono davvero sul punto di farlo quando improvvisamente ritorna serio salutando in modo reverenziale chi mi viene vicino bisbigliando al mio orecchio con un sussurro che mi fa rabbrividire.
"Hai la brutta abitudine di non fare mai ciò che ti si dice, Elena"
Lo guardo spiazzata ma volge subito lo sguardo verso il bestione che ci fissa immobile adesso.
"E’ tutto apposto Paz, la signorina è con me"
Il buttafuori annuisce poco convinto lasciandoci passare, guardandomi storto mentre trionfando rientro nel locale strapompato dalla musica ad alto volume.
"Siamo passati da ragazzina a signorina? Cosa mi sono persa?"
Lo dico a voce abbastanza alta, anche se per la terza volta stasera il suo respiro si confonde con il calore del mio viso.
"A volte basta il vestito giusto"
Ammicca con quel suo fare dannatamente sexy, fa l’occhiolino e passa velocemente ai raggi-x la mia immagine facendomi arrossire per compiacersene subito dopo.
"Vieni, ti offro da bere"
"Cosa ti fa pensare che abbia sepolto l’ascia di guerra?" dico mordendomi istintivamente il labbro inferiore, gesto di cui mi pento immediatamente quando noto il suo sguardo accendersi.
E’ maledettamente bello illuminato in parte dalle luci stroboscopiche ed i suoi occhi profondi mi fissano così intensamente da provocarmi una leggera e piacevole fitta allo stomaco.
"So che l’hai fatto" aggiunge semplicemente, disarmandomi e facendomi sciogliere in un sorriso.
Sto per accettare il suo invito quando Caroline, ignorando completamente Damon, si precipita su di me toccandomi preoccupata quasi fossi finita sotto una macchina.
"Ho appena sentito della rissa li fuori, stai bene?"
"Si, sto bene Care, non preoccupa…"
"Por………gimi i tuoi saluti, tesoro" bloccata con una frase a metà, fisso adesso la mia amica con un espressione sconvolta in viso.
Si è appena accorta della presenza di Damon ed ovviamente la mia salute è passata in secondo piano.
Molla la presa su di me ed allunga la mano verso di lui dopo averlo chiamato tesoro, sistemandosi con l’altra una ciocca bionda e fastidiosamente mordiba dietro l’orecchio.
Il suo solito fare da smorfiosa mi scoccia stavolta, persino dopo averla vista arrossire a causa di un baciamano di circostanza da parte di mister occhi blu.
"Ho appena invitato Elena a bere qualcosa, vuoi unirti a noi…."
"Caroline, io sono Caroline e sono la migliore amica della dolcissima Elena"
"Dolcissima non è l’aggettivo migliore che avrei scelto per lei ma…piacere comunque Caroline"
Sbuffo infastidita da quella conversazione e sto per girare i tacchi e lasciarli ai loro convenevoli quando la mia amica mi pizzica il sedere facendomi sobbalzare e pietrificandomi.
"Sono l’autista designata, Damon ed ho promesso un ballo ad almeno 3 sconosciuti in pista ma, conto su di te per far sciogliere un po’ questo pezzo di ghiaccio"
Sorride col suo fare da ochetta e si allontana piano mimando qualcosa come o-r-g-a-n-i-c-o con le labbra, mi ci vogliono due secondi per capire di aver sbagliato a leggere il suo labiale.
Scuoto la testa e seguo Damon che sorride compiaciuto da quella imbarazzante situazione e mi fa strada verso la piccola saletta del bar molto più intima in cui il frastuono dell’intero locale per fortuna giunge come ovattato e lontano.
 
"Conosci bene questo posto" dico guardandomi intorno mentre mi siedo su uno degli sgabelli attaccati al bancone del bar.
"Abbastanza" risponde semplicemente richiamando il barman.
"Due birre perfavore"
"No, per me una vodka alla pesca, grazie"
"Gusto delicato, vedo" arriccia il naso in quella che dovrebbe essere una smorfia ma non dice altro e lanciando un’occhiata al barman permette che si allontani per prepararci da bere.
Perché ho l’impressione che qui dentro tutti pendano dalle sue labbra?
"Allora Elena, dimmi un po’ di te. Assodato che tu non abbia quindici anni, cosa fai nella vita? Studi?"
Interrompe il flusso dei miei pensieri fissandomi e rivolgendosi a me, nessun tono di scherno stavolta.
Solo semplice curiosità, presumo.
"Frequento la facoltà di medicina a Yale" dico con un pizzico di fierezza nel mio tono di voce.
Aver superato quel test d’ammissione è sicuramente stata la svolta della mia vita.
"Fino a qualche anno fa frequentavo lo stesso corso. Mi mancavano tre esami ma ho mollato prima"
Il barman poggia i nostri drink sul bancone e dopo averlo ringraziato, beve subito un sorso di birra tamburellando leggermente le dita sul mogano scuro.
"Perché mai avresti mollato medicina?" dico incredula assaggiando la mia fresca vodka fruttata.
"La vita. Interessi nuovi. Probabilmente non avevo la tua costanza"
Lo dice come se mi conoscesse mentre sorride di nuovo guardandomi negli occhi.
"Quindi adesso sei una specie di guru in grado di leggere i meandri nascosti della psiche umana, no? Dimmi, quanta buona dose di presunzione ci vuole per convincersi di questo?"
Sorrido sfidandolo mantenendo il contatto visivo e il fatto che si diverta in qualche modo mi soddisfa rendendomi fiera.
"Ouch. La mamma non ti ha mai detto di morderti la lingua ogni tanto?"
Regge il mio gioco e mentre scivolo lentamente dallo sgabello mi accorgo di nuovo che le distanze tra noi si accorciano troppo velocemente.
Conosco gli effetti che l’alcool ha su di me, persino in piccole dosi.
Il vestito è troppo corto ed i suoi occhi fissano insistentemente il mio viso.
Devo andarmene. Ora.
"No. Ma mi ha sempre detto di non fidarmi troppo degli sconosciuti. Buonanotte Damon e grazie per il drink"
Scivolo completamente dallo sgabello e sfiorandogli il braccio mi allontano senza aggiungere altro.
Lo sento ridere alle mie spalle divertito e sorpreso da tutto ciò.
"Mi semba un buon consiglio. Crudele, ma pur sempre un buon consiglio"
Sorrido allontanandomi senza guardarlo ritornando al locale alla ricerca di Caroline.
 
"Due pecorelle!"

Sorreggo la bionda completamente ubriaca appena fuori casa sua mentre inciampa sui suoi passi, è la seconda sbronza della settimana.
Continua a giurare di aver bevuto solo due bicchieri e potrei anche crederle, si ubriacherebbe persino con del succo di frutta.
"Elena! La terza pecorella è li, la vedi?"
"Autista designato, eh?"
Scoppia a ridere reggendosi a me e faccio fatica a trascinarla tenendomi in equilibrio, è notte fonda e riuscire a percorrere pochi metri sembra un’impresa impossibile.

"Questa si che è una scena interessante"

"Occhi bluuuu, prendi la mia pecorella perfavore!"
Sobbalzo presa alla sprovvista per l’ennesima volta da lui e dai suoi mille e complicati modi di apparire nei momenti più disparati. Si ferma davanti casa di Caroline e rimane in macchina guardandoci divertito e interessato allo stesso tempo.
"Ti piace lo spettacolo?"
"Certo che gi piace sciocchina, non ha fatto altro che mangiarti con gli occhi per tutta la sera"
Caroline sbiascica parole guardando Damon in modo malizioso che gli risponde di rimando alzando le mani in segno di resa.
"Colpevole" aggiunge con quel ghigno in viso fissandomi ancora.
Maledetta stretta allo stomaco.

"Siete così belli…Elena invitiamolo ad entrare, dai"
Sfiancata arrivo davanti la porta facendo fatica ad aprirla mentre Caroline adesso si regge allo stipite esterno.
"Buonanotte Damon" sospiro rassegnata del fatto che sia ancora li ad osservarci.
"E così è qui che vivete?" scende dall’auto raggiungendoci nel portico.
La sua presenza mi mette soggezione adesso e infilare la chiave nella toppa sembra un impresa impossibile. Fallisco miseramente due o tre tentativi.
"Si, viviamo qui da sole perché siamo belle, indipendenti e disponibili"
Caroline vende gli ultimi bricioli di dignità rimasta e finalmente la porta si apre, sospiro di sollievo.
"Pensavo fosse la casa dello sceriffo Forbes"
"Ehi! Quella è mia mamma, sai…e comunque si, questa è casa sua e a dir la verità solo io vivo qui perché Elena…"
"Bye - Bye Caroline" spingo la mia amica dentro non troppo delicatamente e mi volto sollevata per liquidare Damon una volta per tutte.

"Quanti misteri. Mi intrigano da morire i misteri"

Quando, come, perché è così vicino adesso?
Mi specchio nei suoi occhi e il mio corpo percepisce la presenza del suo. Ogni fibra.
Tiene le mani dietro la schiena ma sento tutto bruciare nonostante non ci sia nessun tipo di contatto tra di noi.
"Ti ho già detto prima che non mi fido degli sconosciuti"
"Ti ho salvata due volte"
"Ed io ho bevuto un drink con te per questo. Nel tuo locale."
Un lampo di sorpresa colpisce il suo viso ed è solo la conferma di quell’affermazione che sembra già tanto sicura.
"Come cavolo…"
"…Ho fatto a capirlo? Pendono tutti dalle tue labbra e il bestione all’ingresso era troppo risoluto nel non voler farmi passare. Se non gli pagassi lo stipendio avrebbe lasciato fuori entrambi"
"Misteriosa, sagace, presuntuosa…non vorrei scoprire troppo di te in una sola sera"
Si avvicina impercettibilmente al mio viso e lentamente chiudo gli occhi, accarezzata dalla fresca brezza notturna e dal suo respiro.
In attesa di qualcosa che scaldi il mio cuore mentre brividi intensi scorrono sulla mia pelle come ghiaccio bollente.

"Buonanotte Elena"

Sbarro gli occhi di colpo.
Si allontana col suo calore e quel ghigno malefico stampato in viso, continuiamo a guardarci incatenati da quel qualcosa che mi serra il fiato in gola finchè lo vedo entrare in macchina e partire, inghiottito poco dopo dalla notte.
 

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Capitolo 5
*** candies ***


5. CANDIES



Mordicchio nervosamente il tappo della biro cercando di concentrarmi sugli appunti di biochimica.
Gambe incrociate sul letto e schiena poggiata al cuscino nel silenzio della mia camera in questo caldo lunedì pomeriggio.

Ho saltato il pranzo per evitare il terzo grado di mamma sulla serata passata al nuovo locale insieme a Caroline, non chiudo occhio da quasi ventiquattrore perché il mio cervello non smette di rimuginare sulla miriade di cose successe da quando ho messo di nuovo piede in questo Stato.
Quel nome che tormenta i miei piensieri e il suono della sua fastidiosa risata che mi fa venire la pelle d’oca.
La morsa allo stomaco che attanaglia i nervi del mio corpo dal primo sguardo e la scarica di elettricità che ci ha incollati più volte l’uno all’altra la scorsa notte.
Da dove diamine nascono queste assurde sensazioni?

"Bandiera bianca. Sventolo e mi vergogno come una ladra"
Il fiume dei miei pensieri viene interrotto da un braccio che sporge dalla porta socchiusa sventolando un fazzoletto bianco a pois.
Sorrido leggermente seppur sia arrabbiata a morte con la testa bionda che fa capolino subito dopo in un sorriso appena accennato e colpevole.
"Posso?" mi chiede entrando in punta di piedi.
"Sei già dentro" rispondo in tono neutro riportando lo sguardo sui libri.
La sento avvicinarsi piano fin quando non mi raggiunge sedendosi sul letto a pochi centimetri da me.
"Elena mi dispiace, ok?" sbotta improvvisamente non reggendo il lungo silenzio, sbuffando in attesa per poi continuare senza cercare di prendere fiato.
"Rivedere Tyler, quei due bicchieri che mi hanno dato, i balli, la serata in generale.
Ho una confusione in testa davvero terribile, ricordo poco e so di averti messa terribilmente in imbarazzo con occhioni blu ma non ero in me, davvero. Ti prego, perdonami."
"…Non ha fatto altro che mangiarti con gli occhi per tutta la sera" mi decido a guardarla, imitando la sua voce stridula e la sua risatina da ochetta.
"No. L’ho detto sul serio?" strizza gli occhi vergognandosi terribilmente.
"Tra le altre cose…volevi persino invitarlo ad entrare nel cuore della notte"
"Ma lui ti piace, no?"
"Caroline, lo conosco da due giorni! Non so nulla di lui, a parte il suo nome e che è il proprietario del locale"
"E’ il proprietario di che!? Ok. Stop. Ricominciamo. Lui è bellissimo, Elena.
E’ affascinante, ha un corpo da urlo e ti vuole."
"Di che cosa stai parlando?"
"Dei suoi occhi. Parlo di quei fari blu puntati su di te continuamente. E’ cotto, andato"
"Ma non lo conosci nemmeno"
"Conosco la categoria" -dice fiera puntando un dito contro di me sicura delle sue parole– "cos’è successo dopo?"
"Dopo? Quando con poco riguardo alla dignità femminile ho dovuto spingerti dentro per via dei tuoi assurdi deliri?"
"Si, esatto" si morde le labbra trattenendo una risata ed io, svuotandomi completamente dell’aria che opprime il mio petto, espiro chiudendo gli occhi e confessando la verità.
"Stavamo per baciarci"
"CHE COSA!?"
"Shhh" la zittisco gettando un occhiata alla porta ancora semi aperta mentre recupera fiato battendo le mani sulle ginocchia.
"Lo conosci da due giorni!" mi fa il verso ripetendo le mie stesse parole pronunciate poco prima, l’istinto è quello di guardarla storto ma so che ha ragione.
"Non è successo, ok? Lui…lui si è tirato indietro"
"Oh. Questo è frustrante, ma perché mai l’avrebbe fatto?"
Mi limito a scrollare le spalle, la mia mente si ripete la stessa domanda da ore e tutte le possibili risposte non mi hanno portata a nessuna conclusione che abbia un po’ di senso.
"Quel tipo avrà quasi trent’anni Care, io non arrivo ai venti. Probabilmente mi vede solo come una ragazzina con cui vorrebbe divertirsi un po’, ma ha sbagliato preda. E comunque non voglio più parlarne."
Sospiro sconfitta chiudendo i libri e vedo la mia amica cambiare espressione.
Lo sguardo si accende, il sorriso le riempie il viso e un senso di eccitazione la pervede.
Non può che essere per una sola ragione.
"Vestiti, ti porto a fare shopping"
 
Mi muovo lentamente tra gli scaffali del grande centro commerciale di Atlanta, distratta ed annoiata masticando caramelle gommose.
Mamma si è unita al nostro pomeriggio di spese e penso si sia appena persa nel reparto abbigliamento in compagnia di Caroline, se conosco bene quella bionda iperattiva, potrà ritenersi fortunata a passare li le prossime due ore.
L’aria dedicata al settore musicale è sempre piena di gente, è bello prendere cd a caso e fiondarsi ad una di quelle macchinette con le cuffie in cui basta far scorrere il codice del cd per ascoltarlo.
Inondata dalla musica tutti gli altri rumori sono lontani.
La gente intorno a te si muove frenetica ma la sensazione è quella di uno slow-motion generale che ti rasserena e blocca il flusso dei tuoi pensieri quando è solo la musica a tenerti occupata.
L’unico intoppo è che non puoi accontentarti di un demo di pochi secondi.

"Stupido affare" mi lamento poggiando in malo modo le cuffie sull’aggeggio rosso che mi ha appena privato della cura temporanea ai miei problemi.
"Sai, ti basterebbe comprarlo quel cd"

Mi pietrifico riconoscendo quella voce.

All’improvviso ogni muscolo del mio corpo avverte la sua presenza dietro di me e non sono
neanche in grado neanche di masticare il lungo serpentello gommoso che tengo stretto tra i denti.
"Le tue doti da stalker sono inquietanti, Mr. Mistero"
Mi volto sfoggiando una calma che non ho, mordendo nervosamente la caramella.
Lui è li, a fissarmi semplicemente con quel sorriso beffardo, divertito ancora una volta dall’immagine che si ritrova davanti.
"Potrei dire lo stesso, Miss Elena. Lieto di constatare che non ci sia nulla che non vada nei tuoi gusti musicali, però."
Osserva il cd che tengo in mano. Coldplay.
Se avesse avuto qualcosa da ridire, la nostra strana ed assurda conoscenza avrebbe potuto concludersi tragicamente proprio in questo istante e invece, un’altra cosa delle mille già stilate, va ad aggiungersi alla mia lunga lista immaginaria per cui lo trovo assolutamente irresistibile.

"Che c’è? Guadagno punti per questo?"
Come se mi avesse letto nel pensiero allarga il suo sorriso ed è impossibile non farsi contagiare quando quegli occhi meravigliosi si strizzano appena accendendosi di una luce particolare capace di mozzarti il fiato in gola.
Non ho mai incontrato nessuno capace di abbassare le mie difese in un attimo come fa lui.
Perché tutto questo non mi spaventa?

"Eccoti qui, fuggitiva! Ti cerco da mezz’ora. Guarda cosa ti ho preso. Questo sostituisce quello grigio che hai comprato venerdì prima di partire. A chi piace indossare un reggiseno con su stampato Snoopy?"
La voce di Caroline arriva alle mie spalle mentre agita tra le mani un sexy push-up nero di pizzo.
Non mi preoccupa neanche che metà delle persone presenti abbiano ascoltato ciò che è appena uscito dalla sua bocca, mi basta osservare la sua faccia una volta svoltato l’angolo per leggere nella sua espressione la paura che questo possa essere il suo ultimo giorno di vita, quando si trova Damon davanti.
-Snoopy, eh-

-Ti prego non uccidermi- è una prghiera silenziosa che mi giunge tramite il suo sguardo quando si paralizza nascondendo il reggiseno dietro la schiena soffocando il singhiozzo.
E’ una cosa a cui sono abituata ma che per molti, persino per il medico di fiducia della famiglia Forbes, non ha spiegazione logica.
Caroline ed il singhiozzo che le blocca la gola quando si trova in una situazione spiacevole e non sa come uscirne.
Le volte in cui succedeva in classe beccata a messaggiare durante la lezione erano terribilmente imbarazzanti, tutti iniziavano a ridere prendendola in giro e li avrei volentieri presi a pugni in quel momento, so quanto questo ‘sintomo’ sia quasi una maledizione per lei ma adesso la voglia è quella di centrarle un colpo in pieno stomaco per farla smettere ed uscire da questa surreale situazione.
"Io voto per il pizzo nero, a meno che tu non voglia far colpo su un dodicenne"
"Non penso siano affari tuoi su chi voglia far colpo o la biancheria intima che indosso. Questa conversazione è inopportuna ed avrei già quattro o cinque motivi per chiamare la sicurezza e farti sbattere fuori"
Concludo la frase con un sorriso angelico che stride con il suo ghigno odioso ed irresistibile.
"Uh, siamo suscettibili. Un altro aspetto che viene fuori, è divertente"
"Magari possiamo andare a prendere un milkshake tutti insieme, eh"
Caroline prova a smorzare i toni tra un ridicolo singhiozzo e l’altro, noto Damon trattenere una risata e non posso biasimarlo vista la situazione.
"Dove hai lasciato mia madre?"
Le dico ricondandomi solo allora di averle lasciate insieme a vagare per il centro commerciale.
"Ha incontrato un’amica e si è fermata a prendere un caffè al bar"

Maledizione Caroline!

Hai appena invitato il tizio capace di distruggere il mio sistema nervoso con una sola parola, al bar in cui mia madre sta prendendo un caffè con un’amica?
Quante ragioni esistono per cui non dovrei farla fuori proprio ora davanti a centinaia di testimoni pronti ad applaudirmi?
"Magari un’altra volta dolce barbie, devo scappare"
Si rivolge a Caroline e quelle poche parole servono a regolarizzare il mio respiro.
Ci passa davanti ed evito di guardarlo concentrandomi sulla mia amica che gli fa ‘ciao’ con la manina.

"Potrei abituarmi a questi incontri casuali. Una buona, sana ed intrigante abitudine"
Aggiunge quest’ultima frase troppo vicino al mio orecchio, è un sussurro veloce prima di andarsene senza voltarsi indietro.

"Toglie il fiato"
Caroline rossa in viso recuperando tutte le sue facoltà motorie lo guarda allontanarsi riferendosi all’ultimo contatto che la mia mente fatica ancora ad elaborare.
"Cominciavo seriamente a sentirmi di troppo…"
"Dammi un buon motivo per non spedirti in Tibet tipo….adesso"
"Perché ti offro sempre qualcosa dopo le mie gaffe colossali e perché un giorno mi ringrazierai per aver fatto in modo che il ragazzo più figo della terra s’innamorasse perdutamente di te. Anche se non gli serve di certo il mio aiuto per una cosa del genere"
"Di che cavolo stai parlando, adesso?"
"Te lo spiego davanti al nostro milkshake, andiamo"

Mi prende sottobbraccio baciandomi la guancia ed improvvisamente le sue uscite imbarazzanti e poco felici mi appaiono ingenue e divertenti.
E poi…mi volto soltanto un attimo, quel gesto involontario per cui mi ritrovo a scontrarmi di nuovo con quello sguardo ormai lontano che mi fa sprofondare il cuore nello stomaco.
 
 
 
 
 
 SPAZIO AUTRICE:
Mi scuso per il ritardo imperdonabile.
La sessione esami è vicina ed è davvero difficile trovare un momento di tranquillità per sedersi al pc e scrivere.
Ringrazio immensamente tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite, siete davvero tanti e tutto questo non può che farmi contenta.
Spero in più recensioni anche per  leggere pareri diversi su questo ‘esperimento’ .
Cosa vi aspettate, se vi piace qualcosa oppure no.
E’ comunque gratificante aver ricevuto questo fantastico feedback positivo finora.
Il prossimo capitolo è già in stesura quindi dovrebbe arrivare presto. Scongiuriamo gli intoppi.
Un bacio e grazie!

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Capitolo 6
*** warm breath ***


6. WARM BREATH



Le note di ‘New York’ degli Snow Patrol mi cullano e chiudo gli occhi completamente rillassata, distesa a testa in giù al bordo del letto, i miei capelli toccano terra mentre allungo le gambe in aria stendendole e dondolandole.

La noia pervade le mie giornate.

Caroline è già via da una settimana, ‘rapita’ dalla madre per passare qualche giorno in campagna al casale della nonna e io mi crogiolo tra le lenzuola fresche tormentata da un fastidiosissimo raffreddore estivo che mi costringe a letto sin dalla partenza della mia amica, non che mi sia opposta agli eventi ad essere sincera.
L’ultimo incontro con Damon al centro commerciale mi ha in qualche modo destabilizzata.
Amo la lettura, è il mio rifugio sicuro dalle stranezze e dalle ostilità del mondo reale, ho sempre letto romanzi, storie epiche e cavalleresche, facendomi beffe di principesse, dame e povere ragazze protagoniste di quei sogni d’amore che solo un libro può narrare proiettando i desideri nascosti del profondo di una donna.
In quei romanzi Lui fa la sua comparsa improvvisa e il mondo si ferma, la fanciulla si innamora perdutamente e lotta contro e per quell’amore con tutte le proprie forze fino a cambiare, rendendosi migliore.

Di solito comincia tutto con uno sguardo.

Damon ha lo sguardo di un cavaliere o di un principe, protagonista indiscusso dei miei incubi ricorrenti.
Quegli occhi sono un meraviglioso oceano di segreti, blu e magnetici incorniciati in un viso perfetto.
E’ come se il mio cuore mi chiedesse di essere protetto, una silenziosa preghiera che il mio corpo non intende ascoltare e provo a convincermi del fatto che, chiusa tra questa mura, non possa correre il rischio di farmi inchiodare ancora dal suo sguardo rinunciando alle mie difese.
Sospiro pesantemente, la canzone sfuma e cerco di rimettermi in posizione verticale.

Obiettivo:  raggiungere il bagno, fare pipì e tornare velocemente sotto le coperte sino ad ora di cena.

"Qualcuno ha ordinato del the caldo alla pesca?"
Mi volto incredula intenta a cercare sotto al letto una delle mie orsociabatte che sembra sparita. Caroline è poggiata allo stipite della porta con il vassoio in mano, sorridente, bellissima e un po’ abbronzata, mi osserva  facendomi sentire una racchia con il naso rosso, i capelli arruffati e raccolti e le gambe bianche e smagrite a causa delle zuppe e altri alimenti insipidi e liquidi ingeriti negli ultimi giorni.
Lei è una dea, io un cesso.
"Bentornata straniera"
Le sorrido di rimando, recuperando l’ingombrante ciabatta e dirigendomi speditamente in bagno.
"Torno subito" lei annuisce e raggiunge il comodino poggiando il vassoio mentre io non riesco più ad ignorare i miei bisogni fisiologici, osservo il mio riflesso allo specchio intenta a lavarmi le mani e la parola -cesso- non rende l’idea per descrivere quanto disprezzi la mia immagine in questo momento.
"Proprio l’anti sesso, eh?"
Caroline è vicina a me adesso, schietta e sincera come sempre.
"Scusa se un raffreddore terribile mi ha costretta a letto quando fuori la temperatura e di 40° e questo basta già a farmi sentire una sfigata"
"Guarda che parlavo di queste ciabattone orrende a forma di orso. I tuoi piedi sembrano giganti se aggiungiamo le gambe simili a stuzzicadenti e persino gli shorts ormai divenuti bermuda per quanto ti vestono larghi"
"Mi sei mancata anche tu, Care"
 
Due ore dopo aver acconsentito ad un restilyng made by Caroline, sono seduta in bagno con la testa sollevata a gurdare il tetto, preda della biondina che di sicuro sa bene come coccolare la pelle di una ragazza grazie ai suoi bagnoschiuma e creme corpo super profumati.
Mi sento rinata con un leggero filo di trucco e i capelli perfettamente lisci, noto che non è comunque riuscita a cancellare i solchi profondi e neri sotto gli occhi ma ha almeno migliorato il mio stato da -cesso- a -bidet lucidato-.
"Mettiti qualcosa addosso adesso, hai bisogno di respirare un po’ d’aria fresca e uscire da questa stanza"
"Avevo la febbre fino a mezz’ora fa"
"La febbre ti colora un po’ le guance e ti ci vuole, quindi jeans, maglietta, scarpe e in macchina! Ti aspetto giù"
 
In macchina Caroline non smette di parlare, di raccontarmi quanto noiose siano state le sue giornate in campagna e che questo abbia provocato in lei persino la voglia di mettersi sui libri in piena estate solo per evitere le chiacchere inutili e piatte con la madre.
"Persino mia nonna non l’ascolta più"
"Tua madre è sola, Care. Dovresti forse provare a capirla"
"Se fosse stata più presente, forse mio padre non avrebbe preso in considerazione l’opzione di fuggire con uomo…o forse si, ma ciò non cambia il fatto che nulla scalfisce Liz Forbes, ‘la donna senza emozioni’. Magari le regalo una targa con queste parole incise sopra da mettere sulla scrivania dell’ufficio, ne andrà fiera vedrai"
Storce il naso infastidita dalla durezza delle sue stesse parole, Caroline combatte da anni l’indifferenza della madre e sembra adesso essersi rassegnata all’atteggiamento autoritario e freddo di Liz, celando la delusione nel sarcasmo amaro che la indurisce e la disillude prendendosi ogni giorno un piccolo pezzo di lei.

"Ehi aspetta, cosa ci facciamo qui?"

Estrae le chiavi dell’auto slacciandosi la cintura, le sue chiacchere e la riflessione da psicologa improvvisata mi hanno distratta dal percorso fatto per arrivare fin qui.
Caroline mi guarda e scrolla le spalle come se nulla fosse.
"Piccolo pitstop. Tyler mi ha chiesto se potevo passare dal locale"
"Quando te l’avrebbe chiesto?"
"Mezz’ora fa, mi ha mandato un messaggio"
"Quindi ora messaggi con lui. Tu odi Tyler!"
"E’ vero, ma non sono una maleducata Elena!"
"Che diavolo ci fa qui, poi?"
"Non te l’ho detto? E’ socio in affari con Mr. occhioni blu, lui ha comprato il locale e Tyler ed un altro tizio inglese lo aiutano a gestirlo".
Il chiaro riferimento a Damon mi provoca una serie di brividi freddi, credevo di aver fatto del mio meglio per evitarlo e adesso grazie a Caroline mi trovo qui, nel suo locale, senza una buona ragione che spieghi la mia presenza.
"Lui non c’è, per la miseria! Quel tizio è tipo lo zio Paperone di Mystic Falls, vuoi che perda la mattinata in un locale vuoto? Quelli come lui delegano Elena, non farla troppo lunga e scendi dall’auto"
Impreco contro di lei slacciandomi furiosamente la cintura di sicurezza, adesso ha anche la capacità di leggermi nel pensiero, per la miseria!
Scendo dall’auto e una folata di vento mi scompiglia i capelli mentre mi decido a seguirla nell’ennesima follia.
 
Ritornare qui dentro è strano senza la confusione, la musica a palla e l’odore dell’alcool.
Il locale è davvero enorme e un gruppo di persone sembra darsi da fare per un altro grande evento che avrà luogo stasera.
Le pareti dietro di noi sono praticamente tapezzate da manifesti dedicati alla serata.

"Ehi Care!"
Tyler molla il gruppo di ragazzi e si avvicina a noi con un sorriso a trentadue denti, indossa un paio di jeans neri con una maglia e una giacca dello stesso colore, sembra così diverso dall’idiota che ha fatto del football la sua vita per quasi cinque anni.
"Elena. E’ un vero piacere avervi qui senza la follia della scorsa sera. Come state ragazze? Non vi si vede più da quando siete entrate a Yale, ci mancate qui"
Caroline soffoca una risata maligna e la prego telepaticamente di non fare una scenata adesso dopo avermi costretta ad accompagnarla al più imbarazzante ed ipocrita degli incontri con il suo ex.
La telepatia sembra però funzionare perché sorride leggermente spostando lo sguardo nello stesso momento in cui il calore di quella voce mi investe completamente.  
Ancora una volta.

"Eccola la mia stalker preferita, mi chiedevo quanto tempo avresti impiegato prima del prossimo pedinamento. 7 giorni e 4 ore, non male"
Ha contato anche le ore.
Lo guardo, poggiato col gomito al muro proprio di fronte a me, i capelli scompigliati e quegli occhi di un azzurro accecante e profondo.
Devo andare via da qui.

"Vedo che conoscete già il mio capo nonché socio in affari, non so ancora dirvi se è un rapporto alla pari ma quest’uomo è la vera risorsa della città"
Tyler continua a sorridere guardando Damon con uno sguardo di venerazione che mi infastidisce mettendomi sulla difensiva, non mi è mai piaciuto questo ragazzo è vero, ma il finto buonismo e quell’aura da brav’uomo che si è cucito addosso mi danno sui nervi.
Solo qualche mese fa ha distrutto e calpestato il cuore della mia migliore amica senza troppi riguardi alla cortesia.
"Cosa c’è di così urgente, Tyler?"
Caroline taglia corto senza troppi giri di parole, non presta tanta attenzione nemmeno a Damon e questo la dice lunga su quanto sia tesa in questo momento.
Mr. –mi-è-piaciuto-spezzarti-il-cuore- arranca strofinandosi le mani e fissando un punto qualsiasi del pavimento di fronte a lui.

"Vieni con me piccola stalker, siamo entrambi nel posto sbagliato al momento sbagliato"
D’improvviso Damon è vicino a me, mi afferra per un polso e mi trascina quasi verso la piccola saletta del bar in cui mi ha offerto da bere quando ci siamo incontrati in questo locale per la prima volta, non ho neanche il tempo materiale per girarmi a guardare Caroline.

"Lo sai che sei davvero un cavernivolo"
Gli dico d’un fiato, strattonando la sua presa in modo che molli il mio polso.
"Aria elettrica, momento catartico, parole non dette…sei davvero così insensibile?"
Si prende gioco di me di nuovo con quel suo sorrisetto beffardo e il sopracciglio inarcato.
"Se questo significa preservare la mia amica si, spostati!"
Carco di superarlo ma il suo corpo mi sbarra la strada, allarga il suo sorriso come se fosse una specie di giochetto divertente per lui e i miei nervi sono sul punto di spezzarsi.
Lo guardo truce per qualche secondo e cerco di sorprenderlo con una mossa veloce per sgattaiolare dalla porta ma stavolta mi afferra tenendomi per le spalle e sto per mettermi a urlare prima di realizzare ciò che accade un istante dopo.
Damon incolla le sue labbra alle mie e il cuore sprofonda nel mio petto, le preme con forza per poi ammorbidirsi un istante dopo, lo stesso istante che mi serve per spingerlo via e mollargli un ceffone.
Si tocca subito il volto sorridendo e voltando piano la faccia per guardarmi con quello sguardo provocatore che accende ogni sinapsi, il mio corpo è preda di una scarica elettrica pura.
Ricambio il suo sguardo con il fiato corto e quelle iridi blu mi incollano al parquet senza possibilita di fuga.
Un attimo dopo mi avvento su di lui che mi stringe a se portando le mani alla base della mia schiena, in punta di piedi mi aggrappo al suo collo afferrando con forza i suoi capelli morbidi sotto le dita, è un bacio che mi toglie il fiato.
Il suo corpo emana un calore capace di incendiarmi la pelle, abbasso e sollevo il petto che si sfrega contro il suo freneticamente mentre le nostre bocche si confondono insieme.
Quando riporto le piante dei piedi al suolo scossa da questo momento folle, resto aggrappata al bordo della sua maglia con entrambe le mani e lui, come se non volesse staccarsi accarezza ancora le mie labbra con le sue in un modo così dolce da provocarmi uno stravolgimento dei sensi, apro gli occhi e mi specchio nei suoi.

"Io…io non conosco nemmeno il tuo cognome"
Mi do della stupida mentalmente per quell’idiozia appena uscita dalle mie labbra consumate, ma la mia mente non riesce ad elaborare un concetto valido e sensato, tutto si confonde e sfuma ancor prima di diventare un pensiero ben formulato.
Lo sento sorridere ma non c’è nessuna traccia di scherno stavolta, porta una delle sue mani ad accarezzarmi il viso delicatamente e chiudo gli occhi per un istante beandomi di quel contatto così intimo.
"Potrei dire lo stesso, sai ragazzina?"
Sorride ancora come non ha mai fatto prima senza staccare gli occhi dai miei, facendomi trasalire per il desiderio che ci leggo dentro.
"E’ Salvatore"
"Cosa?" dico interdetta, con un filo di voce.
"Il mio cognome. Salvatore. Damon Salvatore"
"Oh, io…"

"Elena! Qui abbiamo finito, andiamo perfavore!"
La voce di Caroline quasi spezzata dalle lacrime mi riporta bruscamente alla realtà.
Damon mi lascia andare probabilmente conscio della situazione senza fermarmi e io mi precipito fuori senza guardarlo un ultima volta.
 
"Caroline! Che succede, ti prego calmati. Cosa ti ha detto?"
Il vento fresco mi investe fuori dal locale portandosi via ogni traccia di calore presente nel mio corpo.
"Quello stronzo si sposa! Voleva darmi personalmente l’invito alle sue nozze."
Mi blocco mentre Caroline si lascia andare ad un pianto isterico e disperato, la raggiungo di corsa stringendola a me, rassicurandola sul fatto che andrà tutto bene.

"Saliamo in macchina, coraggio. Guido io."
 
 
 


SPAZIO AUTRICE:
Ciao a tutti!
Spero vi ricordiate ancora di me :)
Dopo settimane di lunga assenza, eccomi qui di nuovo a continuare questa storia, sempre che voi lo vogliate.
Purtroppo la sessione invernale all’università si è portata via tutto il mio tempo e le mie forze ma, adesso che finalmente respiro di nuovo, sono tornata a scrivere e spero che sia rimasto qualcuno a leggere.
Come vedete succede qualcosina in questo capitolo, c’è anche un piccolo grande indizio che ho lasciato e che spero qualcuno possa individuare.
Scrivetemi, commentate, ditemi cosa non vi piace…è davvero stimolante per me, oltre che piacevole, leggere le vostre impressioni riguardo questa storia.
Il prossimo capitolo arriva presto, stavolta è una promessa!
Baci e perdonate ancora l’attesa.

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Capitolo 7
*** surprise ***


7. SURPRISE


Poggio il cellulare sul tavolo sorridendo come un idiota felice ed euforica per la telefonata appena conclusa rientrando dalla veranda in punta di piedi.

"Elena, chi era al telefono?"
Caroline alza appena la testa  dalla massa informe di coperte e cuscini sul divano, la voce impastata e il viso pallido, i miei sforzi per evitare di svegliarla sono valsi a poco.
"Era Katherine. Mia sorella è finalmente a casa! E’ arrivata ieri sera pensando di trovarmi ma mamma le ha spiegato tutto e quindi ha deciso di chiamare soltanto adesso per evitare di disturbare"
"Che disastro sono!"
Si solleva mettendosi seduta con lo sguardo basso ed ho paura che ricominci a piangere, non fa altro da due giorni, da quando ho pensato di portarla alla casa sul lago dei miei per farla un po’ sfogare, non avrebbe retto gli interrogatori della madre dopo quel maledetto incontro con Tyler.
"Ehi, non pensarlo nemmeno ok? Non è colpa tua se quello stronzo ti ha pestato il cuore, di nuovo"
La raggiungo sedendomi al bordo del divano prendendole una mano tra le mie, sorride appena e mi si scioglie il cuore notando gli occhi lucidi, fa di tutto per evitare di abbandonarsi ancora alle lacrime.
"Hai dovuto portarmi qui per nascondermi al mondo solo perché non ho la forza di accettare il fatto che il mio ex ragazzo si sposa. Non è molto maturo da parte mia, no?" -allarga timidamente il suo sorriso tirando su col naso prima di continuare- "so quanto ti manca tua sorella e ti sei persa il suo ritorno a casa solo perché troppo impegnata a distrarre la patetica Caroline che non riesce ad andare avanti come hanno fatto tutti, sei l’amica migliore del mondo e io non posso approfittarne.
"Ti va di parlarne?" le dico evitando il botta e risposta su chi sia la migliore delle due.
Sospira e si morde le labbra per strozzare il pianto.
 "Ha fatto un discorsone sulle responsabilità e sul fatto che Allison merita tutto il suo amore e il suo impegno. Probabilmente è incinta e ha deciso di ricorrere al danno con un matrimonio riparatore. Tipico di Tyler"
Scrolla le spalle amaramente rassegnata e fa male vederla così.
"Bhè lasciamolo vivere felice con la donna più petulante del pianeta, dovrà mettersi i tappi alle orecchie quando la sentirà russare come un trattore la notte"
La mia amica scoppia improvvisamente a ridere, saltellando col sedere sul divano.
"Cavolo ti ricordi! Quando la registrammo al campeggio, bocca spalancata e naso a risucchiare tutta l’aria che poi le si bloccava in gola…non ho mai sentito nessuno russare in quel modo!"
"Sono traumi difficili da dimenticare"
Annuisce e rimane in silenzio un attimo sfumando la sua risata prima di guardarmi negli occhi decisa, recuperando un po’ della sua luce nello sguardo.
"Sai che c’è? Hai ragione, avevo bisogno di buttare fuori la zavorra che Tyler mi ha lasciato addosso, purificare me stessa da quella storia ormai satura e finita che mi ha riempito di insicurezze e paure ma, non posso amare qualcuno che ha avuto così poco rispetto per me. Penso di non essere più innamorata di lui da tempo, avevo solo bisogno di piangerci su ed ammetterlo ad alta voce prima di poter andare avanti"
"Sei sicura?" le chiedo cauta, lasciandole il suo tempo.
"Sono sola Elena, ho soltanto te nella mia vita ed il mio disperato bisogno di amore è un eco continuo alla mia esistenza. So che c’è mia madre e lei in qualche modo tiene a me, lo so. E’ comunque lontana miglia da me, non solo fisicamente. ‘Emozionalmente danneggiata’ è il nuovo capitolo della mia vita ma non voglio piangermi addosso. Non voglio. Ho te e questo basta a darmi la forza per sognare qualcuno migliore di Tyler o di qualsiasi altro ragazzetto senza cervello disposto a portarmi a letto promettendomi il mondo. Non voglio più essere così, non sono più questa persona."
"Lo so"
Fermo il flusso continuo delle sue parole aumentando la stretta delle nostre mani, è il suo momento catartico, la ‘purificazione’ dai mesi passati nell’angoscia e nell’attesa e nessuno più di me sa che merita di meglio.
"Torniamo a casa così posso abbracciare Katherine anch’io, mi manca quella chioma rossa"
Le stampo un bacio e faccio per alzarmi ma mi trattiene tirandomi giù sul divano.
"Aspetta, prima dimmi del bacio"
"Cosa!?"
La mi voce è stridula e avvampo spiazzata mentre la mia amica mi fissa con l’aria di ‘chi sa’ aspettando una risposta.
"Credevi davvero che non me ne fossi accorta? Lingue di fuoco avvolgevano quella stanza, capelli fuori posto, labbra consumate…mi fai davvero così cieca?"
Sospiro come a liberarmi di un peso incapace di negare, sarebbe una battaglia persa in partenza con Caroline.
"Scusa se non te ne ho parlato prima ma…"
"Ti ho già detto che sei la migliore amica del mondo Elena, dai su…dimmi del bacio"
 
 
Abbraccio mia sorella come se non la vedessi da secoli, sono passati mesi in effetti e questa lontananza forzata ci distrugge.
Distrugge le nostre abitudini, ciò che amavamo fare insieme, ogni giorno quando vivevamo sotto lo stesso tetto.
"Profumi sempre di buono sorellina e sei bellissima…cavolo perché sei così figa?"
Si stacca da me facendomi girare in tondo osservandomi da capo a piedi.
"E’ il fascino di Yale e della facoltà di medicina, si sa che gli architetti sono sempre un po’ sfigati"
Le dico lisciandomi i capelli e prendendola in giro.
"Ma la sentite la principessa che arie si da? Ci ha appena chiamati sfigati, papà"
Guardo mio padre mentre storce il muso, era così sicuro del fatto che anch’io come Katherine seguissi le sue orme.
Laurea alla facoltà di architettura ad Atlanta per poi aiutarlo nel suo studio e magari ereditarlo un giorno. Non aveva considerato però il fascino che la medicina ha esercitato su di me mandando a monte i suoi piani.
Stritolo ancora mia sorella come se non ne avessi abbastanza per poi trascinarla in cucina a fare una insana scorpacciata di pancakes preparati da mamma prima di pranzo ma, oppone resistenza svincolandosi.
"Non posso sorellina, devo andare a prendere la sorpresa"
Sorride soddisfatta afferrando al volo la sua borsa.
"Che sorpresa?"
"Non prendere impegni a pranzo, mamma cucina il tacchino come fosse il ringraziamento perché è una giornata speciale e non voglio dirti di più. Devo scappare, perfavore chiedi a Caroline di rimanere, voglio che mi raccontiate tutto di Yale"
Mi da un bacio veloce prima di scapitollarsi fuori dalla porta di casa correndo come una dannata.

Torno in cucina incuriosita e trovo la mia amica a strafogarsi di fragole e cioccolata con mio fratello.
"Ehi nano, va a fare compagnia alla tua amata x-box"
Mi guadagno un’occhiataccia e un gesto poco gentile prima di rimanere sola con la bionda in cucina.
"Eravamo nel bel mezzo di una gara!"
"E’ occhi ed orecchie di Tyler, perché credi che si degni di passare un po’ di tempo con noi se non per fare la spia?"
"Mi sa che quel bacio più che addolcirti ti ha reso acida"
Sorride maliziosa mentre continua a trangugiare fragole spalmata sul tavolo della mia cucina.
"Shhh vuoi abbassare la voce?"
"Cosa avrò mai detto? Le parole INTENSO e -MIGLIOR-BACIO-DELLA-MIA-VITA- non le ho mica dette io"
La fulmino con lo sguardo e nello stesso istante mamma indaffaratissima entra in cucina.
"Care tesoro, è quasi ora di pranzo e il tacchino è in forno. Rimani con noi, non capita da tempo di stare tutti insieme"
"Mamma ti prego dammi tregua, faccio prima ad attaccarla al mio posteriore ormai"
Le faccio una linguaccia restituendole il favore e mi becco un rimprovero da mamma che continua a pregarla di rimanere.
"La ringrazio signora Gilbert ma dopo la breve gita fuori porta che io ed Elena ci siamo concesse al lago se non ritorno a casa per pranzo mia mamma probabilmente sguinzaglierà l’unità cinofinila di Mystic Falls per riportarmi indietro…voglio dire, conosce mia madre"
"Si cara, probabilmente hai ragione"
Mia mamma sembra pensarci su prima di rinunciare alla sua opera di convincimento e concentrarsi sul delizioso tacchino che cuoce in forno.

"Prima di andare però Jeremy mi deve la rivincita!"

La rincorsa verso mio fratello e il tonfo sordo che ne segue sul divano del salotto da inizio alla guerra di cuscini più violenta di sempre.
 
Quasi un’ora dopo il mio stomaco brontola e Jeremy non smette di lamentarsi con mia madre per il pranzo ritardato, blaterando che odia le sorprese riferendosi al palese ritardo di Katherine.
Caroline dopo aver fatto razzia di fragole e cioccolata abbraccia mia madre salutandola e sto per accompagnarla alla porta quando mio padre ci precede abbandonando pipa e giornale sulla poltrona dello studio.
Non ho fatto neanche caso al campanello.
La porta si apre e il sorriso solare di mia sorella si scontra con i miei occhi impalati all’ingresso, percepisco Caroline vicina a me con il giubbino a mezz’aria paralizzata dall’immagine che si è materializzata davanti.
Katherine è sul ciglio della porta con in mano una bottiglia di vino, i capelli ondulati le ricadono perfettamente sulle spalle, il suo rosso sembra molto più acceso oggi, bellissima in un vestitino azzurro che risalta i suoi dolcissimi occhi verdi. Gli stessi occhi verdi che cercano i miei come hanno sempre fatto per capire cosa mi passi per la testa, cosa penso, mentre stringe la mano dell’uomo che fino a due giorni fa aveva la bocca incollata alla mia quasi volesse strapparmi il respiro.

"Sorpresa!"

Dice felice tirando dentro Damon, pietrificato ed immobile quasi quanto me.
Voglio svegliarmi, ditemi che è un incubo.
Il singhiozzo di Caroline è il segnale più reale possibile del fatto che non sto sognando e che questa è in realtà la proiezione di una possibile punizione divina per  qualche sbaglio commesso in una vita pecedente, forse.
La mia mente blatera in silenzio e la testa comincia a girare prima di sentire la presa della mia amica sul braccio sinistro e le parole confuse rivolte a mia madre.

"Se l’invito è ancora valido, rimango a pranzo con voi signora Gilbert"
 
 


SPAZIO AUTRICE:
Ciao!
Ho fatto presto stavolta, anzi ne approfitto per avvisarvi che da ora in avanti la storia verrà aggiornata settimanalmente al sabato o alla domenica (previo avviso nel caso non riuscissi a postare).
Siete davvero tantissimi a seguirla e questo mi rende stra-felice e vi chiedo ancora una volta di lasciare un commento se potete, anche piccolo, credetemi significherebbe il mondo per me.
La storia finalmente entra nel vivo con un colpo di scena, avrei voluto scrivere del pranzo ma sarebbe venuto fuori un capitolone quindi ho deciso di spezzarlo ;)
Adesso tocca a voi dirmi se sospettavate qualcosa e che vi aspettate dai prossimi capitoli.
Grazie a tutti di cuore, specie alle dolcissime ragazze che lasciano recensioni carinissime che mi spingono a continuare a scrivere questa fanfiction :)
Alla prossima!

ele

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Capitolo 8
*** dinner rush ***


8. DINNER RUSH


"…E ti penti mai di aver mollato l’università?"

Jeremy sfoga la sua curiosità cercando di carpire quante più informazioni possibili da Damon pur continuando a masticare avidamente la sua razione di tacchino.
Siamo ai massimi livelli di conversazione considerato il suo perenne stato di apatia ma, ha sempre avuto una predilezione per la sua sorellona e non desidera nulla se non la pura e semplice felicità per Katherine.
E’ quello che voglio anchi’io. L’ho sempre voluto.
"No, non me ne pento. Amavo la medicina ma arriva un momento in cui bisogna fare delle scelte nella vita ed io ho deciso di rischiare mollando quella sicurezza per una totale incertezza che si è rivelata la mia arma vincente."
Sento i suoi occhi su di me ed ignorandolo completamente tracanno il secondo bicchiere di vino che mi scivola in gola velocemente, allentando per qualche secondo il groviglio di nervi annidato nello stomaco.
"Ehi vacci piano con quello"
Caroline bisbiglia al mio orecchio e percepisco il suo tono preoccupato, la ringrazio mentalmente per non partecipare a quell’interrogatorio snervante ed educato cui la mia famiglia sta sottoponendo Damon.
Mi fermo un attimo ad osservare mia sorella, un lieve sorriso disegnato in volto.
I suoi occhi verdi brillano di una luce particolare, diversa, e per la prima volta in questa giornata mi odio per quello che le ho fatto.
Sposta lo sguardo su di me e mi affretto a ricambiare il sorriso che risulta forse troppo forzato per il radar di Katherine che, anche stavolta non perde un colpo, con l’aria preoccupata infatti sposta subito l’attenzione su di me.
"Sorellina ti senti bene? Non hai detto una parola da quando ci siamo seduti a tavola" -tutti si voltano a guardarmi e lei continua con voce affettuosa– "non è solo bellissima, sa anche parlare te lo assicuro" aggiunge rivolgendosi a Damon.
Lei mi adora ed io sono la stronza che ha flirtato e baciato il suo ragazzo.

Penso a un modo doloroso per punirmi quando sento Damon prendere di nuovo la parola.
"In realtà ci conosciamo già" dice sommessamente.
‘Brutto infame dagli occhi di ghiaccio. Non oserà!’
Katherine continua a fissarmi e la sua espressione muta, è incredula adesso.
"Ho dato un passaggio a tua sorella qualche giorno fa quando è tornata da Yale…era rimasta in panne in statale ed io passavo di li…"
Non ho il coraggio di guardare mia sorella, vorrei soltanto trovare la forza per alzarmi da questo tavolo e correre via da questa casa.
"Sei rimasta in panne ed hai accettato il passaggio di uno sconosciuto!? Con tutto il rispetto Damon…"
Mio padre alza la voce e so che è arrabbiato.
Maledizione no, non trattarmi come una bambina rendendo questo momento un inferno, sto già vivendo un incubo!
"Che diavolo ti salta in mente? Avevi detto di essere tornata con lo sceriffo Forbes, perché non hai chiamato, Elena?"
E’ furioso e non risparmio uno sguardo truce a Damon che ricambia spiazzato quasi non si aspettasse una reazione del genere.
Bhe grazie tante per continuare a rovinarmi la giornata o la vita per quel che vale.
"Sto aspettando una risposta signorina. E no, Caroline, non provare a fare combutta anche stavolta"
La mia amica si zittisce ancora prima di aprire bocca, mortificata dal monito di mio padre.
"Papà stai esagerando" scuoto la testa avvilita e furiosa, non sta succedendo davvero.
"Sto esagerando? Le tue iniziative avventate mi disturbano molto Elena, lo sai"
"Papà coraggio, è Damon" .mia sorella interviene poggiando una mano sul braccio di mio padre, sciogliendolo col suo sorriso– "penso che volesse solo farvi una sorpresa ed ha approfittato della gentilezza di Damon per non complicare le cose"
Katherine intreccia la mano con quella del suo ragazzo e la fitta che mi colpisce lo stomaco è violenta e fastidiosamente dolorosa, dovrei essere grata a mia sorella che ha appena intercesso per me nonostante io non abbia perso tempo a tradirla nel modo più viscido possibile ma, mentre loro si sorridono complici, io vorrei soltanto scomparire.
"Grazie Damon" mio padre grugnisce una specie di ringraziamento e minacciato dallo sguardo severo di mia madre non aggiunge altro concentrandosi di nuovo sul suo piatto.
Katherine scuote la testa come a dire di non preoccuparmi ed ormai troppo colpevole mi alzo da tavola portando i piatti sporchi in cucina, li appoggio distrattamente al lavabo e mi abbandono al piano cucina reggendomi la testa tra le mani, soffocando un pianto liberatorio e disperato di cui ho assoluto bisogno.

"Papà è solo iperprotettivo" sobbalzo alla voce calma e rilassata di mia sorella che mi accarezza la schiena con fare confortante.
"Scusa se non ti ho detto niente…" arranco senza guardarla negli occhi ma la sua tranquillità mi infonde una pace che non mi merito.
"Non potevi saperlo, sorellina e capisco l’imbarazzo nel ritrovarti in casa lo sconosciuto che ti ha dato un passaggio una volta"
Magari fosse solo questa la verità, sono qui davanti alla persona più importante della mia vita e vorrei dirle tutto di quel misterioso sconosciuto che in poche settimane ha stravolto la mia vita, le mie priorità e i miei bisogni ma non posso per ovvie ragioni, rovinerei la sua felicità strappandole dal volto il sorriso che ancora una volta mi rassicura nonostante non riesca proprio a non odiarmi per quello che ho fatto.
"Bhe che ne pensi?" dice improvvisamente, sussurrando quasi.
"Che ne penso di cosa?"
"Come di cosa? Dell’adone in soggiorno che per grazia divina si è accorto di me e chissà in nome di cosa ha deciso che valga la pena frequentarmi" è così eccitata, gli occhi luminosi e accesi.
"Sei splendida Kath, per quale motivo non dovrebbe frequentarti?"
"No dico, lo hai visto Elena?"
Si scosta impercettibilmente come una ragazzina che guarda qualcosa di proibito, mi fa spazio per fissarlo anch’io un solo attimo insieme a lei e, maledicendomi, so che ha ragione per quanto riguarda lui.
E’ seduto imperioso al suo posto, i gomiti poggiati sul tavolo e le mani unite gli sfiorano le labbra mentre ascolta attento mio padre  in uno dei suoi noiosi discorsoni sull’alta finanza, lo fissa con i suoi occhi blu, il viso concentrato velato però da una strana espressione che non gli ho mai visto. E’ bellissimo e sexy da morire e vorrei sprofondare perché dovrei odiarlo. Devo farlo.
"Si è un bel tipo ma tu sei brillante, bellissima, intelligente e perfetta. Quindi dovrà passare un attento esame per capire se possa meritarti"
Ride divertita ed è un suono delizioso che mi distrae dai cattivi pensieri, poi torna seria in un attimo e inspirando quanto più aria possibile mi guarda negli occhi.
"Mi piace davvero, sorellina"
E’ la mia condanna a morte.

"Arriva o no questa torta?"
 
Inspiro a pieni polmoni la nicotina in una nuvola di fumo che si dissolve in fretta qui sul portico, è la seconda di fila e Caroline mi guarda preoccupata ma non dice nulla.
Dopo il dolce, papà e mamma hanno invitato Damon con molta solerzia a un giro della casa, ha già visto il portico quindi sono al sicuro crogiolandomi nell’idea che da qui non passeranno.
"Se ci becca tuo padre siamo finite"
Sbuffo infastidita mimando qualcosa di poco carino a Caroline che getta la testa indietro ridendo, probabilmente scossa dalla scarica di adrenalina nel fare qualcosa del genere fregandocene delle rigide regole della noiosa famiglia Gilbert.
Sta per dire qualcosa ma si blocca violentemente nello stesso momento in cui la sigaretta mi viene sfilata dalle labbre e calpestata a terra senza alcun riguardo.
E’ un déjà-vù.

"Devi smetterla con questa merda"
La sua voce è calda e profonda e mi accarezza impercettibilmente, sbatto le palpebre stupita e furiosa pronta ad esplodere ma Caroline mi precede.
"E’ la stessa cosa che le ho appena detto anch’io, ma non mi riferivo certo alla sigaretta"
Mi incenerisco anch’io sotto il suo sguardo e per un solo istante penso che stia per avventarsi su di lui, sono pietrificata e tutto dentro di me urla di scappare, magari dopo averlo preso a pugni.
"Devo parlare con Elena" le si rivolge serio, la sua voce è sicura e non tradisce nessuna emozione.
"Oh te lo scordi bel faccino"
La mia amica getta lontano il mozzicone in modo plateale e gli si avvicina pericolosamente.
"Caroline va tutto bene, perfavore solo un momento"
Fa una smorfia disgustata e sorpresa e mi guarda pronta a replicare scontrandosi con il mio sguardo serio e impescrutabile che probabilmente la convince più di mille parole.
"Non provare a toccarla" aggiunge semplicemente puntandogli un dito contro prima di rientrare in casa.

Un lungo sospiro accompagna la frase più assurda e patetica che abbia mai sentito in vita mia…
"Elena mi dispiace…non avevo idea che…" reprimo un sorriso isterico e finalmente mi volto a guardarlo decisa a non lasciargli nessun margine di replica.
"Sei il fidanzato di mia sorella!"
Mi mordo le labbra per non urlare ed è quasi liberatorio buttarlo fuori dopo tutto questo tempo.
"Non sapevo fosse tua sorella, ho incontrato Katherine quattro mesi fa, sapevo avesse una sorella ma non pensavo che…"
"Mi hai baciata comunque. Hai flirtato con me e non hai accennato neanche per un istante ad una fidanzata e quella fidanzata è Katherine, la migliore ragazza che un essere come te può solo sperare di incontrare una volta nella vita"
"Tu non capisci…" mi guarda con i suoi occhi blu e quello che ci leggo mi fa male, muove una parte di me che deve restare sepolta fin quando sarò costretta a vederlo in quello che è appena diventato il periodo di vacanza più doloroso della mia vita.
Lo blocco di nuovo investendolo con le mie parole anche se abbasso notevolmente il tono per paura che qualcuno possa assistere a questa scena pietosa e mortificante.
"Senti, non hai ferito i miei sentimenti. E’ stato un bacio. Non ha significato niente. Mi è servito però per capire che razza di persona sei! Non provare a far del male mia sorella in nessun modo e stai lontano da me"
Lo oltrepasso dopo avergli lanciato un ultimo sguardo di fuoco improvvisamente svuotata, l’ho quasi del tutto superato quando la sua stretta forte ma delicata mi tira per un braccio avvicinandomi a lui e non riesco a fare nulla per impedirlo.

"Mi dispiace…"

E' un sussurro che mi sfiora le orecchie e accarezza i miei capelli, volto la testa stringendo forte gli occhi e con uno strattone mi libero correndo verso l’ingresso sbattendo la porta di casa dietro di me.
Si. All’improvviso sono vuota.
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
Hello people!
Rieccomi dopo due settimane di assenza, lo so…avevo detto che avrei avvisato ma tra le vacanze pasquali e dei piccoli ‘incidenti di percorso’ non ho avuto proprio modo. Scusatemi.
Comunque, si riprende a pieno ritmo se tutto va bene.
Un solo attimo per ringraziare ancora chi commenta questa storia, la legge soltanto o la segue/ricorda/mette tra le preferite, siete davvero tanti e sono così orgogliosa! :)
Detto ciò, per chiarire un po’ la situazione attuale della storia, ecco alcuni punti che forse potrebbero avervi un po’ confuso:
1-Elena è la secondogenita di casa Gilbert, i suoi genitori sono vivi e vegeti ed ha due fratelli.
La maggiore Katherine e il minore Jeremy.
2-KATHERINE NON E’ LA KATHERINE DELLA SERIE! Davvero, ho solo preso in prestito il nome ma in questa storia ad avere volto e fisico della bellissima Nina è solo Elena, Katherine è diversa…capelli rossi, occhi verdi…pensatela un po’ come Emma Stone.
Caratterialmente sono agli antipodi. La Katherine di questa storia è un vero e proprio angelo e non ha nulla a che vedere con la badass della serie ;)
3-Damon non sapeva che Katherine ed Elena fossero sorelle. Questo probabilmente non giustifica il suo comportamento ma, fa tutto parte della storia, ecco perché mi piacerebbe sapere cosa pensate in proposito e come credete si evolverà la situazione adesso che si gioca a carte scoperte.

Ecco…questo è tutto per ora, spero di non avervi annoiati o altro:)

Alla prossima!

ele

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Capitolo 9
*** chocolate cookies ***


9. CHOCOLATE COOKIES


Strizzo gli occhi pesantemente, l’aria calda di quest’infinito pomeriggio estivo concilia il mio sonno in una deliziosa nuvola di pigrizia.
Il calore di una mano che sfiora il mio viso mi riporta lentamente alla realtà, l’odore di vaniglia e biscotti al cioccolato è così forte e piacevole da disegnarmi un sorriso e, la consistenza di quelle piccole impronte sulla mia faccia, la prima vera sensazione di calore da settimane ormai.
Mordicchio le piccole dita e la risata dolce ed adorabile mi fa strabbuzzare gli occhi che si scontrano con un blu infinito, due fossette appetitose su guanciotte rosa e codini color oro tenuti insieme da un paio di fiocchetti di vellutto rosso.

"Buongiorno principessa!"
"Buongiorno dormigliona, lo sai che è pomeriggio?" mi dice tutto d’un fiato con un tono di rimprovero mentre la riempio di baci.
"Si, cucciola lo so"
"Stella! Ti avevo pregato di non disturbare Elena, dovevi aspettarla giù, piccola impaziente"
"Va tutto bene zia Jenna, adesso la piccola peste avrà la sua punizione"
Lancia un urletto eccittato e cerca di scendere giù dal letto ma sono più veloce e lanciandomi su di lei la tengo ferma facendole il solletico, la risata piena e spontanea è un suono meraviglioso.
"Ok, chi è che ha tre anni fra voi?"
"Io mamma! tre anni e due mesi…e tu non eri al mio compleanno"
Smette di ridere mettendo su un piccolo broncio guardandomi seria.
"Cucciola ero all’università, lo sai che non mi perdono ancora il fatto di essermelo persa"
"E noi non te ne facciamo una colpa, tesoro. Lascia perdere quest’impertinente e scendi giù che c’è la torta al cioccolato. Tu vieni con me invece, nanerottola. Lasciala vestire in pace"
"Io rimango qui e scendo con Elena"
Sfida la sua mamma puntando i piedini sul materasso, guardo divertita zia Jenna che fulmina con lo sguardo la sua piccola impertinente decisa a non mollare, immobile non cede un centimetro.
"Scendiamo subito zia Jenna, io e Stella scendiamo subito"

L’odore della torta al cioccolato riempie la cucina, Jenna e Katherine ridono davanti al forno ed io mi sistemo in silenzio sullo sgabello del bancone con la piccola Stella che si arrampica su di me per sistemarsi tra le mie gambe, afferra i pastelli ed inizia ad imbrattare un foglio bianco con i suoi improbabili schizzi d’arte.
"Cos’è che avete da sghignazzare voi due?" dico distratta da quei risolini accarezzando i mordidi capelli della piccola.
"Tua sorella è felice, Elena. Guardala."
La guardo. Katherine è raggiante, il vero ritratto della felicità.
Sono passate due settimane da quell’imbarazzantissimo pranzo in famiglia con presentazione annessa e non ho più visto Damon da quel giorno, probabilmente ha evitato di proposito casa nostra e non posso che essergliene grata per questo, vorrei tanto dimenticare persino che aspetto abbia.
"Possibile che soltanto io non abbia ancora visto questo dio greco di cui parlano tutti? Persino vostra madre ha commentato positivamente il suo aspetto e sappiamo quanto sia restia mia sorella a sbilanciarsi, specie se ciò riguarda uno dei vostri pretendenti. Allora?"
Katherine mi guarda con il suo sorrisetto ebete stampato sulle labbra, potrebbe benissimo rischiare una paresi facciale da un momento all’altro se non la smette o probabilmente sono soltanto io ad essere così egoista da sentirmi allergica alla sua evidente felicità.
"Diglielo Elena!"
"Dirle cosa?"
"Dille quanto è bello, perfetto, elegante, intelligente, educato e…"
"Ok, miss ho-preso-una-sbandata-e-adesso-tutto-il-mondo-mi-sembra-colorato, aspetterò di constatare con i miei occhi, la tua visione mi pare quantomeno influenzata e tua sorella non si sbilancia più di tanto quindi magari, qualche difetto questa statua di marmo ce l’avrà pure"
"Oh contaci!" sussurro accarezzando i morbidi boccoli della piccola Stella che mi ignora continuando a disegnare, proprio come quelle due che riprendono i loro discorsi concitati sull’uomo dei sogni protagonista dei miei incubi.
 
Due ore dopo tento senza successo di finire il mio capitolo di microbiologia nonostante regni il silenzio in casa.
Papà e mamma sono fuori per la spesa, Jeremy è alla sua partita di football del giovedì e Jenna e Katherine hanno approfittato del lungo pomeriggio per una passeggiata in centro in cerca di abitini estivi colorati, Stella ovviamente ha declinato con urla e strepiti l’idea di seguire la sua mamma e adesso è placidamente addormentata sul divano a pochi passi da me.
Il campanello suona alla quarta imprecazione contro il libro, mi alzo in fretta rielaborando nella mia mente l’ultima frase letta pronta ad insultare mio fratello per aver dimenticato le chiavi.

"Ciao"

Il respiro e qualsiasi funzione vitale si stoppa per qualche secondo quando mi ritrovo davanti l’ultima persona che avevo voglia di vedere.
Mi sovrasta li sull’uscio, completamente vestito di nero puntandomi addosso i suoi fari blu illuminati da questo sole cocente di inizio luglio.
"Katherine è in casa?" chiede impacciato non ottenendo risposta al suo saluto.
"No" -rispondo secca ma sentendo ancora addosso i suoi occhi, mi affretto ad aggiungere– "è uscita con mia zia circa un’ora fa, sarà qui a momenti"
"Mi lasci qui ad arrostire al sole, quindi?" il classico sorriso beffardo compare sul suo viso e per un attimo dimentico le buone maniere.
"L’idea è quella!" poi, senza guardarlo, gli volto le spalle tornando in salotto lasciando la porta aperta, quando mi siedo mi accorgo che mi ha seguita in silenzio.
"Non svegliarla!" mi affretto a dire in tono sommesso ma duro quando lo scorgo ad osservare la piccola Stella raggomitolata sul divano, alza le mani in segno di resa e lanciandogli un ultima occhiataccia riprendo il mio posto con l’intento di continuare a leggere il mio libro ed ignorarlo.
"Posso?"
Prima ancora che possa rispondergli mi si siede di fianco poggiando i gomiti sul tavolo, non ho mai conosciuto qualcuno che emanasse il suo stesso calore corporeo prima d’ora, è come se riuscisse a far prendere fuoco a chiunque gli stia vicino, dopo avergli assestato un colpo letale con il profumo mascolino della sua pelle chiara e perfetta, ovviamente.
Continuo a ripetermi che non dovrebbe farmi quest’effetto, che dovrei prendere i libri e filare di sopra senza voltarmi indietro ma, tenendo la testa bassa, tento sul serio di concentrarmi su questi dannati alfavirus e il loro maledettissimo ciclo di replicazione.

"Chi è la piccola?" rompe il silenzio indicando col dito la figura addormentata di Stella sul divano.
"Mia cugina, la figlia di mia zia Jenna" continuo a tenere gli occhi fissi sulle pagine davanti a me sperando di non dover aggiungere nient’altro.
"Sei la babysitter designata?"
"A quanto pare"
"E chi bada a te nel frattempo?"
"Senti, se vuoi aspettare qui mia sorella va bene, ma sto cercando di studiare e non ho proprio tempo e  voglia di rimanere a fissare il tuo sorriso ironico e fastidioso, ok? Potrà anche funzionare con le altre ma non con me quindi, se vuoi rimanere qui, ti pregherei di fare silenzio. E’ già difficile concentrarmi con te qui vicino"
Mi mordo subito le labbra perché capisco immediatamente che la mia ultima frase potrebbe benissimo venire fraintesa da Mr. Doppiosenso ma sembra non farci caso e improvvisamente, anche se con molta lentezza, si sporge sfiorandomi appena e, con gli occhi fissi sul mio libro, cerca di leggerlo al contrario.
"Mmm…quindi non ti stanno simpatici gli alfavirus?"
Perché dimentico sempre che anche lui in un tempo lontano e di cui non mi è dato sapere, ha studiato medicina?
La mia mente lo immagina con il camice e lo stetoscopio al collo, splendente e sicuro di se come uno dei tanti medici da sogno protagonisti di quelle serie tv che tolgono il fiato e nel frattempo non mi accorgo del libro che scivola tra le sue mani e del suo sguardo ora attento e concentrato che sfoglia velocemente quelle pagine per me confuse e incomprensibili.
"Cosa è che non ti è chiaro?"
"Non c’è bisogno che…"
"Elena, non per vantarmi, ma ero il primo del corso a microbiologia, ricordo ancora quasi tutto"
Il suo tono è calmo e sincero e io sono troppo disperata per non approfittare dell’aiuto anche se è lui a darmelo.
"Riguarda il meccanismo di replicazione. Non riesco a capire la differenza tra traduzione precoce e traduzione tardiva.-
"Ok. Non è semplice in effetti, ma per quello che ricordo la traduzione precoce serve a dare origine ad un RNA- poliremasi necessaria per avviare la traduzione vera e propria, cioè quella tardiva appunto, che a sua volta produrrà…"
"…la progenie virale"
"Esatto, ragazzina"
Per la prima volta dopo tempo mi libero in un sorriso, grato, felice, diverso.
Non so, non saprei interpretarlo, mi sciolgo contro i suoi occhi per quell’attimo che basta a farmi capire che non ho superato la cosa, non l’ho affrontata e di certo non l’ho accettata come provo a convincermi da giorni.

Questo ragazzo bellissimo e intelligente e maledettamente complicato seduto di fronte a me è il fidanzato di mia sorella e per la prima volta tutto questo mi sembra sbagliato.
Per la prima volta vorrei che non lo fosse.

"Elena, senti…"

"Elena voglio un biscotto!"

Il momento viene rotto dalla piccola Stella che con gli occhi ancora socchiusi e la stampa del cuscino sul viso, si arrampica di nuovo sulle mie gambe stringendo al petto il suo orsetto.
"Ciao. Tu chi sei?"
E’ adorabile mentre fissa Damon con i suoi occhioni curiosi, regalandogli un sorriso disarmante.
"Sono Damon, dolce principessa e tu?" le afferra la manina e gli lascia un piccolo bacio che riempie Stella di gioia.
"Sono Stella. Hai assaggiato i miei biscotti?"
La piccola scivola in fretta dalle mie gambe raggiungendo il bancone della cucina, sembra una trottola ed il suo entusiasmo è disarmante persino per me che mi lascio inghiottire da questo istante felice, Damon scatta in piedi per aiutarla ad avvicinare a se la biscottiera, troppo in alto per lei, e i suoi risolini di allegria non possono che coinvolgermi.
"Buoni, sono i biscotti più deliziosi che abbia mai mangiato" è così buffo con la bocca piena e le mani impiastricciate di cioccolato.

"Aspetta, ti prendo un asciugamano"
Raggiungo il cassetto e ne tiro fuori uno bianco immacolato, glielo porgo e le nostre mani si sfiorano dopo un tempo che è sembrato infinito, mi fissa serio adesso, accarezzando piano la pelle della mia mano mentre sussurra un –grazie- nello stesso istante in cui la porta si apre e Stella corre incontro alla sua mamma.

"Sei già qui?"
Katherine appare in cucina e mi allontano velocemente verso il tavolo al centro della stanza per raccogliere distrattamente i miei libri, sentendo ancora lo sguardo di qualcuno addosso.

"Zia Jenna, lui è Damon"
"Piacere di conoscerti, Damon. Ho sentito tanto parlare di te"
Le voci diventano confuse e comincio a darmi della stupida di nuovo cercando di non prestare attenzione all’ennesima scenetta di presentazione a pochi metri da me.
"Adesso che siete tornate io corro su a studiare" biascico con poca convinzione e troppa fretta.
"Di già tesoro? Non ti va di vedere i nostri acquisti? Tua sorella ha svaligiato questa piccola città"
"Magari dopo zia, devo proprio finire questo capitolo. Sono su se vi serve qualcosa, ok? Ehm…grazie per gli alfavirus, Damon"

Mi volto velocemente con l’immagine del suo sorriso spento in risposta al mio tiepido ringraziamento.
 
-Non puoi farcela, Elena- è un mantra, la mia maledettissima vocina interiore che, anche stavolta, ha ragione.
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
Quasi un mese di assenza è imperdonabile, lo so e mi scuso tantissimo ma i maledetti esami e il tirocinio pre-laurea non mi hanno lasciato molto tempo libero e purtroppo ho dovuto sacrificare alcune cose tra cui appunto, questa storia.
Ma con i miei tempi, riuscirò a farcela. Promesso!
Grazie ancora a chi non si è stancato di seguirmi e magari lascerà qualche recensione.
Un bacio!

ele

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Capitolo 10
*** young and beautiful ***


10. YOUNG AND BEAUTIFUL


9 giorni. 216 ore.

Damon è tornato ogni pomeriggio dopo quello passato insieme a studiare.
Le partite alla playstation con Jeremy, le discussioni di finanza con papà e persino le battutine da ruffiano a mamma e Jenna, causa di risatine isteriche da parte di entrambe.
Ha conquistato tutti con la parola giusta al momento giusto, con i gesti eleganti ed educati da risultare stucchevoli ad un occhio attento e forse fin troppo perfido come il mio.
Avrei preferito che il suo buon senso lo portasse il più lontano possibile da qui, dal mio spazio personale, dal solo luogo in cui potevo davvero essere al sicuro da lui, a una perfetta distanza di sicurezza che avrebbe fatto bene ad entrambi.
 
-Muoviti Gilbert, sono fuori casa tua!-

L’sms di Caroline arriva puntuale alle cinque di un tranquillo sabato pomeriggio che trascorro in compagnia di un classico della letteratura inglese, in camera mia.
Il silenzio pervade la casa e sbuffando, abbandono il romanzo sul letto e in calzini e shorts, mi precipito fuori perché so bene che la mia amica odia aspettare.

"Bel pigiamino"

Sussulto presa alla sprovvista e i miei occhi si scontrano con un blu cobalto luminoso, il sorriso malizioso e sbieco nell’osservarmi con la mia misera mise da sabato pomeriggio noioso che grida -‘lasciatemi in pace, oggi leggo e voglio il mondo fuori’.-
"Non è un pigiama" è l’unica  cosa che riesco a dire mentre tento di assumere un’espressione seria ed infastidita dalla sua presenza a pochi passi dalla mia camera.
"Cercavo il bagno" si affretta a colmare un piccolo silenzio imbarazzante ben interpretando il mio disagio nel trovarmelo davanti dopo aver cercato di evitare un momento del genere in tutti i modi.

Per nove lunghi giorni.

"E’ proprio dietro di te" lo liquido in fretta e abbassando lo sguardo mi allontano di pochi passi, le scale non sono mai sembrate così lontane.
"Grazie ragazzina. Sarei entrato nella tua camera in caso contrario e quello sarebbe stato davvero imbarazzante"
"Soprattutto perché è anche la camera di Katherine" l’acidità nella mia voce e la voglia di ferirlo con proposito non passerebbero inosservate neanche ad un ignaro spettatore di questo triste incontro consumato tra le scale e il bagno, al secondo piano di una casa davvero troppo silenziosa, oggi.
Il suo sorriso si spegne a quelle parole e per un attimo odio me stessa per costringermi a trattarlo così, come se non me ne importasse niente, come se fosse solo una presenza fastidiosa nella mia vita, come se non ci passassi le ore a rimuginare su questa assurda situazione senza trovare alcuna soluzione.
Nessuna, a parte l’odio e il rancore per quello che ha fatto e che non riesco ancora ad accettare.

"Non puoi odiarmi per sempre, sai?"
"Posso mettermi d’impegno ed accumulare quante più forze possibili per farlo da qui all’eternità" non mi muovo di un passo trovando il coraggio per guardarlo negli occhi, seria come non lo sono mai stata, mentre lui si avvicina impercettibilmente sciogliendosi di nuovo in un sorriso sghembo appena accennato.
"Sarebbe solo una perdita di tempo"
"Perché?" deglutisco cercando di mantenere l’espressione dura disegnata sul mio viso ma la distanza che si annulla sensibilmente tra di noi, rende difficile questa intenzione.
"Semplicemente perché non puoi" è quasi un sussurro mentre mi fissa ed è così vicino da poterlo toccare, da poter distinguere le infinite sfumature colorate in quelle iridi blu, grandi e luminose.

"Ti sei perso?"

La voce dolce di Katherine arriva alle nostre spalle, sta ancora salendo gli ultimi gradini e, come scottata, mi allontano velocemente da Damon, dal suo calore, dai suoi occhi.
"Ehi sorellina, pensavo fossi già uscita"
Mi lascia un bacio veloce sulla guancia e scorgo subito Caroline dietro di lei con la bocca spalancata, incredula per il siparietto che si trova davanti, non mi sfugge un occhiataccia lanciata a Damon ma non posso perdere altro tempo e lasciare che la situazione mi sfugga di mano.
"Stavo per scendere, Care" mi affretto a raggiungerla spingendola di nuovo verso le scale ma non è evidentemente la mia giornata fortunata.
"Mi spiegherete un giorno o l’altro perchè correte sempre voi due? State già  uscendo? Non dovresti cambiarti prima?"
Mia sorella si riferisce alla misera tenuta che indosso e cerco di evitare lo sguardo di Damon alle sue spalle con tutte le mie forze, non c’è rimprovero nella sua voce, solo un ingenua curiosità e probabilmente la continua ricerca di una risposta al perché non faccio che evitarla da quando è tornata a casa.
"Dobbiamo solo organizzarci per stasera, ho voglia di andare a ballare"
Caroline rompe il ghiaccio e la ringrazio mentalmente per la prontezza, io invece sono pietrificata e due occhi improvvisamente gelidi puntati su di me, di certo non aiutano a sbloccarmi.
"Ma non sapete nulla della festa al locale di Damon? Ne parla tutta la città, ingresso libero e drink omaggio. E’ una questione di marketing ma sarà sicuramente una serata piacevole. Dovete esserci per forza! E tu non lasciarmi da sola a convincerle."
Da una leggera gomitata a Damon voltandosi verso di lui ed istintivamente distolgo lo sguardo volgendolo verso Caroline che scuote la testa sconfitta, sa benissimo che opporsi a Katherine è fuori discussione, non la si può fronteggiare perché non accetterebbe mai un no come risposta.
Damon le sorride accondiscendente aggregandosi al suo invito ed entrambe annuiamo poco convinte.

"Evviva! Forse finalmente riusciremo a trascorrere una serata tutti insieme, ci vediamo alle nove e non fate scherzi voi due"
Ci fa l’occhiolino superandoci, trascinando Damon dietro di se che mi fissa colpevole guadagnandosi un ennesima occhiataccia da parte di Caroline, prima di vederli scomparire al piano di sotto.

"Perfetto, ci aspetta un’altra serata con i protagonisti del dramma dell’anno e ancora una volta tu sarai la sola a starci da schifo"
Non sopporto la commiserazione nella sua voce, è ciò che mi spinge a reagire e a non cullarmi sulle classiche scuse che mi hanno spinto ad andare avanti per inerzia da quando ho scoperto che mia sorella è la fidanzata dell’uomo che sogno tutte le notti dal giorno in cui l’ho incontrato su quella maledetta statale.
"E invece proprio per rendere felice mia sorella, stasera si farà a modo suo, Caroline. Ti prometto che penserò soltanto a divertirmi e fanculo i drammi"
"E’ una promessa, Gilbert!"
 

 
Will you still love me
When I’m no longer young and beautiful?

 
La prima tappa di Caroline è ovviamente il bar per via dei drink omaggio.
Ordina due margarita frozen alla fragola e mi raggiunge già su di giri a causa dell’atmosfera calda e confusa all’interno del locale, in un caleidoscopio di gente che fa davvero girare la testa.
Brindiamo alla serata ‘off’ ricordando la nostra promessa e proprio quando sta per portare alle labbra il suo bicchiere, qualcuno la urta in malo modo costringendola a rovesciare il drink sul tappeto morbido blu di camoscio.
"Ehi!"
Sta per fare una scenata ma il ragazzo cui si è imbattuta non sembra propenso alle scuse, tutt’altro.
"Ti manderò il conto per quello" dice zittendola ancor prima che esploda in una raffica di insulti che di certo non è pronto ad ascoltare.
-Klaus!- Qualcuno lo chiama e lo riconosco come il terzo socio del locale.
Il ragazzo dallo splendido accento inglese a cui Damon ha affidato la cura e l’amministrazione insieme a Tyler.

"Se lo scorda che gli pago il danno. Quel cretino mi è venuto addosso apposta!"
Passo a Caroline il mio margarita con l’intenzione di calmarla e per mia fortuna funziona davvero, lo butta giù tutto d’un sorso e insieme ci avviamo verso la saletta in cui ci aspetta Katherine.
Scorgo mia sorella tra la ressa di gente che affolla il locale, è seduta ad un tavolo e si sporge dal piccolo divanetto su cui è accomodata per farci segno di raggiungerla.
Io e Caroline abbiamo l’aspetto di due Charlie’s Angels stasera e la musica che ci accoglie al nostro ingresso non sembra lasciata al caso.
Forse ho anche osato un po’ di proposito con il mio abbigliamento ma la dolce e sicura voce di Lana mi dice che posso, perché sono giovane e ho il permesso di illuminare la scena, stasera.
Lo devo a me stessa e a ciò che resta della mia autostima.

"Sei uno schianto!"
Katherine mi passa una ciocca dietro l’orecchio mentre mi urla queste parole per sovrastare il rumore e la confusione che ci circondano.
Ci invita a sederci stretta nel suo tubino panna semplice e sexy allo stesso tempo, i capelli rossi e lucenti raccolti in un incantevole coda di cavallo, ho sempre pensato che la classe e l’eleganza siano nate con lei rendendola un essere speciale.
Caroline però si precipita subito in pista e mantenendo i miei buoni propositi per la serata la seguo a ruota prendendo mia sorella per mano, trascinandola con me.

 
All that grace, all that body
All that face makes me wanna party

 
Mi muovo come forse non ho mai fatto in vita mia, svuotando la testa dai mille pensieri, lasciandomi trasportare dalla musica a palla, nient’altro.
Caroline si è allontanata un po’ da noi circondata da una schiera di ragazzi che la osservano ballare ma a cui lei non sembra badare, credo non si sia accorta neanche di Tyler, seduto ad uno dei tavoli in compagnia della sua futura sposa.
Lui la fissa di tanto in tanto, alternando sorrisi idioti rivolti alla sua fidanzata che sembra non fare caso alle occhiate del suo ragazzo verso un’altra donna.
Gli uomini sono davvero dei tali idioti.

Katherine mi è ancora vicina ma fatica a lasciarsi andare, cerca con lo sguardo qualcuno e quando sembra trovarlo mi da una stretta sul braccio urlandomi qualcosa che non comprendo cercando ancora una volta di sovrastare la musica.
Annuisco distrattamente ed evito di seguirla con gli occhi perché non ho ancora voglia di imbattermi in lui, mia sorella non poteva cercare nessun’altro in questa bolgia infernale ed ho promesso a Caroline che non ci sarebbero stati drammi stasera, quindi sono intenzionata a rimanere in pista fin quando gli arti me lo concederanno con il solo intento di evitare il proprietario del locale ed i suoi occhi di ghiaccio.
Allungo le mani sopra la testa, dondolandomi un po’, Caroline mi torna vicina ridendo di gusto come una matta e dietro di lei, oltre la pista, mi accorgo di quel Klaus che ha urtato prima al nostro arrivo.
Con il classico fascino da lord inglese è poggiato al bancone del bar, nella penombra a tratti illuminato in modo fioco dalle luci della pista, fissa la mia amica in un modo così intenso da togliermi il respiro.

Sto per dirlo a lei quando una voce per niente familiare accarezza suadente il mio orecchio chiedendomi di ballare, non ho neanche il tempo materiale per voltarmi e mi ritrovo subito davanti un ragazzone alto e biondo con due occhi color miele, impossibile da non notare, belloccio e con un fisico da urlo.
Se dovessi trovargli un difetto mi soffermerei sui suoi lineamenti forse troppo marcati ma è comunque un bel vedere e Caroline, ovviamente, nota subito la ghiotta occasione capitatami tra le mani.
Sorrido al tipo in modo educato, in altre circostanze accetterei  forse, ma stasera sono soltanto io e la musica e non c’è posto per nient’altro.
Mi avvicino per spiegargli una cosa simile a questa patetica giustificazione perché il suono è veramente altissimo ma, probabilmente mal interpretando il mio gesto, le mani da superficie quadrata del tipo mi si artigliano sui fianchi e mi strattonano così improvvisamente da farmi perdere l’equilibrio.
Cerco di divincolarmi mantenendo un sorriso forzato, voltando la testa per cercare Caroline che non vedo più e di cui ho un disperato bisogno, continuo a urlare ‘no’ ma il tipo che continua a stringermi è probabilmente sordo o forse solo un vero idiota perché la sua unica reazione al mio rifiuto è un riso quasi isterico a tratti raccapricciante.

Elaboro l’ipotesi di mettermi ad urlare ma un suono sordo mi costringe a chiudere gli occhi per quanto veloce ed inaspettato sia, li riapro di colpo quando sento le mani del biondo imbecille abbandonare improvvisamente i miei fianchi ed un tonfo al pavimento proprio vicino ai miei piedi.
Lui è li, disteso, preda di un delirio carico di imprecazioni verso Damon furente accanto a me con il pugno ancora chiuso e già leggermente gonfio.

Mi porto le mani alle labbra per soffocare un gemito di disperazione che esce comunque violento quando mi decido a guardarlo negli occhi e ad urlagli contro per questo gesto sconsiderato.

"Che diavolo fai?"

Mi guarda respirando ancora pesantemente, rabbioso come non l’ho mai visto prima, riduce gli occhi a due fessure e senza che ne preveda il gesto mi carica sulle spalle come un sacco di patate.

"Aggiungilo alla lista dei motivi per cui dovrai odiarmi da qui all’eternità"

E’ la sola cosa che sento tra un pugno e l’altro sferrato alla sua schiena mentre lo imploro di mettermi giù.

 
I know you will, I know you will
I know that you will
 
 
 



SPAZIO AUTRICE:
Eccomi! :)
Dico subito che il capitolo non è finito ma postarlo tutto sarebbe stata davvero una cosa interminabile quindi ho deciso di spezzarlo li dove avrebbe avuto più senso.
Prometto (e lo dico sul serio) che entro la prossima settimana avrete il resto.
Nel frattempo, grazie a tutti. Siete davvero meravigliosi!
Ps: Se potete ascoltate la canzone di Lana Del Rey ‘Young and Beautiful’, nella parte del capitolo in cui è richiesta. L’ho trovata davvero perfetta per quel momento.
Pps: Ho revisionato la storia correggendo un pò di ORRORI di cui mi vergogno come una ladra, su suggerimento della carinissima Bloodstream_ ho anche sistemato il carattere, cambiando il layout in tutti i capitoli.
Non sono brava in queste cose ma spero che adesso vada un pò meglio di prima :)

 
Bacio
 
ele

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Capitolo 11
*** white lights ***


11. WHITE LIGHTS


I fari bianchi illuminano la strada buia verso casa.

In macchina, il silenzio è quasi più assordante della musica che mi ha stravolto i sensi all’interno del locale, prima che si consumasse la tragedia di cui, mio malgrado, sono stata protagonista.

Trascinata fuori da una furia che mi ha trasportato sulle spalle come niente fosse, attirando lo sguardo di centinaia di persone, sono stata scaraventata in macchina senza nessuna spiegazione, urlando cose di cui mi vergogno e che sono state sensibilmente ignorate dall’uomo alla guida di quest’auto che, adesso, fissa i suoi occhi gelidi sulla strada, muto e assente come è mai stato prima.

Mia sorella gli è seduta accanto, occupa il lato del passeggero e guarda fisso oltre il finestrino, immobile.

La paura che il battito ormai feroce e senza tregua del mio cuore sia udibile ai due, abbastanza da rompere questo silenzio imbarazzante e carico di parole non dette, mi annienta, confinandomi sui sedili posteriori a torturarmi le mani preda di una ansia che si impossessa dei miei nervi e della mia facoltà di pensare lucidamente.

Perché lo ha fatto?

Perché ha agito in questo modo davanti a Katherine?

Magari avrei impiegato un po’ di fatica in più ma alla fine avrei saputo gestire quell’ammasso di muscoli che mi si spalmava addosso, non avevo bisogno del suo aiuto, non avevo certo bisogno che mi portasse via da lì in quel modo, precipitando una situazione già abbastanza precaria ed assurda che lui stesso ha creato.
Il momento in cui mi trascinata nell’assurda illusione che avrei potuto significare qualcosa per lui è in realtà lo stesso istante in cui ha spezzato il mio cuore presentandosi come il fidanzato di mia sorella.
Ha permesso che entrassi, che abbassassi le difese, che cominciassi a fidarmi di lui, a pensarlo come quel qualcuno di cui non sono mai andata alla ricerca ma che ho sempre aspettato.

Prima di scoprire quanto in realtà mi sbagliassi.

La vibrazione del mio cellulare fa sussultare Katherine che non si gira comunque a guardarmi, quasi un rumore esterno che si infrange con le pareti dell’auto causando un suono sordo e continuo.
Damon rimane di sasso, sembra evitare lo specchietto retrovisore di proposito per sfuggire ai miei occhi e ringrazio il cielo di questo.

‘Update: La gente la descrive come una scenata di gelosia in piena regola. Io la chiamo follia.
Stai bene? Sono così preoccupata da aver passato l’ultima mezz’ora in preda al panico, in attesa del taxi. Risultato: unghie consumate e una nuova litigata con quel tizio biondo amico del folle che ti sta portando a casa. Evita le tragedie. Ti chiamo domani, Care.’

L’sms della mia amica mi regala un sorriso appena accennato, sorriso che muore sulle mie labbra quando alzando lo sguardo dallo schermo mi scontro due occhi blu resi quasi neri dal buio della notte e che mi fissano gelidi attraverso lo specchietto.
Deglutisco sentendo la rabbia ribollire in me pochi istanti prima che l’auto accosti sul vialetto di casa dopo un tragitto sembrato infinito.

Apro la portiera schizzando fuori così veloce da rischiare una caduta distesa sull’asfalto, fortunatamente l’adrenalina che ho in corpo rende le mie gambe ben salde mentre avanzo speditamente verso casa.

“Perché lo hai fatto, Damon?”

La voce apparentemente calma ma sicura di mia sorella, mi blocca a ridosso del posteriore dell’auto, impedendomi qualsiasi altro passo, il cuore pronto a saltare fuori dal mio petto.

“Fatto cosa?”

Le si rivolge altrettanto calmo con una fermezza nella sua voce tanto affascinante quanto inquietante.

“Lo sai cosa. Perché hai picchiato quel tizio trascinando mia sorella fuori dal locale, mettendola in ridicolo davanti a tutti?”
“Ci stava già pensando lei a mettersi in ridicolo” - grida quasi, feroce e in qualche modo ferito- “non ha fatto altro che muoversi in quel modo strano tutta la sera attirando le attenzioni di idioti come quel tipo. Ho solo evitato l’inevitabile”
“Non ne avevi alcun diritto! Elena è grande abbastanza da saper gestire situazioni del genere senza il tuo aiuto o quello di chiunque altro. Conosco mia sorella da molto più tempo di te, è la persona che più stimo insieme a mio padre. Non ballava per attirare l’attenzione di un qualche imbecille, ballava perché ha bisogno dei suoi spazi per qualcosa che la tormenta dentro e che non è ancora pronta a dirmi! Quindi ti prego, da ora in avanti, di evitare certi scatti impulsivi specie se coinvolgono la persona che amo di più al mondo. Buonanotte!-

Katherine si precipita fuori dall’auto scontrandosi con i miei occhi, ho la bocca aperta e il mio corpo trema in modo incontrollabile ma, pur avendo il viso quasi rigato dalle lacrime, mi sorride mestamente prendendomi per mano.

“Sei gelida. Dai, entriamo in casa.”

 ***

-'Sei uno spreco di tempo e di energia, figliolo. Tu distruggi, annulli ciò che di buono ti circonda.
Chi mai potrebbe amarti'-

 
Le parole di mio padre pronunciate in una fredda stanza di ospedale, la notte in cui ho detto addio a mia madre, spesso risuonano nella mia testa e, in momenti come questo, mi convinco che abbia sempre avuto ragione.

Esco dal vialetto di casa Gilbert ingranando la prima ad una velocità inaudita, lasciandomi alle spalle la figura delle due donne che sto ferendo di più, comportandomi da coglione con entrambe.

Il giorno in cui conobbi Katherine, mi fu promessa da quegli occhi verdi e luminosi, una speranza perduta nell’istante in cui il cuore di mia madre smise di battere a causa mia.
Il nuovo rifiuto della società, il corpo vuoto, ormai privo di emozioni e di sogni che si trascinava per strada annullando ogni secondo della propria giornata, pronto a farla finita per combattere quel rimorso troppo grande da accettare, con cui condividere il resto dei miei giorni.
In una notte fredda ed umida fui trovato, raccolto e rassicurato da chi in seguito mi mostrò che potevo ancora farcela, che la colpa di quell’incidente non era da attribuire a me, non quanto il fatto che fu mia l’idea di portare fuori mia madre, quando avrebbe solo voluto rimanere in casa per recuperare un po’ di sonno perso a causa del lavoro e dei tre uomini della sua vita a cui badava a tempo pieno.

Ci volle un intero anno prima che lei mi trovasse, prima che mi mostrasse la prospettiva di una vita nuova e diversa che ho davvero assaporato solo nell’istante in cui ho incontrato Elena.

Quell’incredibile giornata afosa e calda di Giugno in cui mi sono imbattuto nella ragazzina prepotente ed ostinata che ha sconvolto il mio mondo, voltandolo di nuovo nel verso giusto, nel verso in cui ero abituato a viverci quando il sorriso di mia madre non era ancora qualcosa a cui pensare solo ogni tanto, quando faceva troppo male, con rimorso e vergogna.

Katherine mi ha indicato una possibile via di fuga.

La sua dolcezza ha sciolto il mio cuore e la sua timidezza mista ad una fierezza e una ammirevole lealtà, ha piano piano nascosto le mie ferite, convincendomi che forse con lei, avrei potuto farcela.
Avrei potuto lasciare tutto alle mie spalle, avrei potuto amarla perché era riuscita a vedere in me qualcosa di buono.

Elena è la mia via di fuga.

Sin dal momento in cui i suoi occhi hanno incontrato i miei, ho capito che c’era ancora un'unica cosa per cui valeva lottare e rimanere in questo mondo ingrato che mi aveva già tolto l’affetto di una famiglia.

Lei.

Con i suoi sbuffi, le sue battutine taglienti, i rossori delle sue guance, l’orgoglio contrapposto al sorriso ingenuo dei suoi vent’anni che scavano un solco nel mio cuore ogni volta.
Ogni volta in cui, adesso, mi rivolge gli sguardi carichi di odio e di rancore che mi rendono impossibile persino respirare, perché ho sopportato di essere odiato persino dal mio stesso sangue ma non sopporto quello sguardo nei suoi occhi.

Non negli occhi della donna che mi ha regalato la speranza di potermi rendere migliore.

Ho incontrato Katherine e quando ho capito che voleva provarci, ho pensato che avrei potuto prenderla seriamente.

Avrei potuto rinunciare alle avventure di una notte, conseguenza di qualche bevuta di troppo.
Abitudini collaudate sull’orlo del baratro che ti spingono a sperimentare l’estremo, perché la tua vita non ha più un senso ed un corpo diverso ogni notte, in cui spingere tutto te stesso per affogare i dispiaceri dello schifo di vita che stai vivendo, è la migliore distrazione cui si può aspirare.

Una donna con cui avere una storia seria, rispettandola, provando ad amarla un giorno nello stesso modo in cui lei ti ama già.

E’ per questo che devo dire addio alla parte veramente speciale di questa equazione scombinata che rischia di rovinare la vita di due persone unite ancor prima che apparissi io ad incasinarle.
Devo lasciare andare Elena perché è questo che lei vuole, perché so di non essere importante quanto sua sorella e perché so che non potrebbe mai lasciare che soffrisse a causa sua.

La gelosia cieca che ha annebbiato tutto di me questa sera è il sentore di allarme che devo allontanarmi da lei e da ciò che significa per me, devo farlo per il suo bene e per quello di Katherine, la donna dolce a cui devo la vita e a cui sarò riconoscente per  il resto dei miei giorni.
E’ la preghiera silenziosa che le leggo negli occhi ogni qualvolta mi ritrovo a casa sua a stringere la mano di sua sorella, stretti l’uno all’altra sul divano.

Ha il diritto di essere felice e nonostante il pensiero mi distrugga devo farmi da parte perché ho promesso molto tempo fa che non avrei più mandato all’aria la vita delle persone a cui tengo.

Parcheggio distrattamente davanti casa e provo a convincermene completamente.

Stanco, distrutto, disilluso.

Una lotta già persa con qualcosa che per la prima volta in vita mia, pulsa troppo forte dentro di me.

***

“Elena. Dormi?”

 
Katherine spegne la luce del bagno e in punta di piedi, con indosso la corta camicia da notte si avvicina al mio letto sussurrando.

“No, sono sveglia”
“Bene” –si siede sul materasso e mi volto per guardarla negli occhi ancora un po’ lucidi- “è la nostra prima litigata, sai?”
“Non avreste dovuto…”
“No” –mi interrompe sorridendo pregandomi di lasciarla finire- “non è stata colpa tua, sei mia sorella e mi batterò sempre perché tu venga rispettata. Sempre. Nessun ragazzo potrà mai cambiare il fatto che sono legata a te più che a chiunque altro. Vorrei solo che…”
“Cosa?”
“Vorrei solo che le cose funzionassero tra te e Damon. Magari hai tutte le ragioni per non sopportarlo e lui non è certo un tipo facile ma…è uno dei buoni, Elena. Lo è sempre stato con me. Faresti questo per la tua sorellona? Gli daresti una possibilità?”.

Le lacrime pungono i miei occhi e la forza disumana che cerco dentro di me per ricacciarle indietro mi sfinisce strappandomi una promessa che devo a mia sorella per tutto quello che ha fatto per me e che di certo non mi merito.

 “Te lo prometto”

L’abbraccio in cui affondo è carico di segreti non detti e parole lasciate in aria.

E’ carico di bugie verso mia sorella, bugie che galleggiano nel profondo di me e che nascondono una verità che mi è ormai difficile negare persino a me stessa.








SPAZIO AUTRICE:

La settimana non è ancora finita e, anche se ad un orario poco decente, sono riuscita finalmente a postare questo capitolo che, come avrete potuto notare, dice qualcosa in più del nostro Damon e del suo passato.
Non è poi così st***zo, no?
In realtà scopriamo che Katherine non è arrivata per caso nella sua vita come invece ha fatto Elena.
Lei lo ha materialmente salvato dal momento più buio della sua esistenza e spesso, la riconoscenza enorme che si ha verso qualcuno che fa per te qualcosa del genere non può essere ignorata. Ti spinge a legarti a quella persona e...poi le cose diventano complicate.
Volevo solo che anche lui avesse il suo 'spazio' nella storia perchè le cose da ora in avanti si faranno ancora più complicate e sarà divertente leggere i pensieri di entrambi, o almeno spero!

Grazie come sempre a chi commenta sempre e comunque.
Mi scuso se non ho ancora risposto a qualche recensione, prometto di farlo domani.

Bacio.

ele

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