Tre piccoli Leoni

di mysoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cersei - Solo una collana ***
Capitolo 2: *** Tyrion - Ridere sotto i baffi ***
Capitolo 3: *** Jaime - So già cos'è l' amore ***



Capitolo 1
*** Cersei - Solo una collana ***


Cersei

Solo una collana

Ho sempre odiato chi desiderava ciò che non poteva avere.
Io, ovviamente, essendo figlia di Tywin Lannister, potevo avere qualsiasi cosa desiderassi.
La mia posizione sociale me lo permetteva.
Ma tutti gli altri, tutti quelli che desideravano ardentemente qualcosa che era fuori dalla loro portata, mi disgustavano, mi facevano pietà, erano quasi… divertenti, nella loro pochezza. Come quella ragazza dai capelli rossi…


Quel giorno, stanca di tutte le ore di portamento a cui mi sottoposi, lasciai furtivamente la maestosa sala per ritornare nella mia camera.
Adoravo fare inchini, piroette, sorridere e salutare, ma era pomeriggio inoltrato, e provavo dalla mattina presto.
Ed, in quanto bambina di nove anni, volevo solo tornarmene per un po’ in camera per spazzolarmi i capelli, giocare con le bambole e guardarmi allo specchio con tutti i miei abiti in dosso. Insomma, volevo prendermi una pausa dal fare piroette e dal salutare.
Arrivata di fronte alla mia stanza, girai con molta delicatezza la maniglia della porta.
La socchiusi appena per vedere se ci fosse qualcuno all’ interno di quelle mura.
Lo facevo sempre; era un vizio che non riuscivo a togliermi. Volevo sempre controllare che avessi il via libero per saltare in modo poco elegante su letto a baldacchino grande quattro volte me. Adoravo atterrare sui morbidi cuscini con un tonfo sordo.
Ma quel giorno non potei lanciarmi sul letto, perché c’ era qualcun’ altro su quel letto.
Era una ragazza della mia età.
L’ avevo vista più volte, alcune entrava ed usciva dalla mia stanza con in mano lenzuoli e coperte, così come per le stanze dei miei fratelli.
Probabilmente lavorava per noi, ma erano così tante le persone che vedevo che nemmeno mi sforzavo di ricordare i loro volti.
Ed ora, quella ragazza stava ridendo, rotolandosi sulle lenzuola.
Come si era permessa quella seva di salire sul mio letto?!?!
La ragazza si guardò in torno, sprimacciò i vestiti delle bamboli e si spazzolò i capelli con la mia spazzola d’ avorio.
Ma notai come i suoi occhi brillarono quando prese in mano una mia collana. Era una come tante, ma quella ragazza la guardava come se fosse l’ oggetto più bello e prezioso di tutti i sette regni.
Si guardò furtivamente intorno, e mise la collana nelle tasche del suo vestito strappato.
Ghignai divertita.
Spalancai completamente la porta, facendola sbattere volontariamente.
La ragazza si girò di scatto, tremando leggermente.
– mia Lady – disse, abbassando il capo.
Mi sedetti su una sedia, aggiustandomi il vestito. Poco prima che varcasse la soglia, la fermai.
– scusa, puoi vuotarti le tasche? – dissi, alzandomi in piedi.
– come, mia Lady? – disse la rossa, con una nota di timore evidente nella voce.
– vuotati le tasche – dissi fermamente, stavolta guardandola negli occhi.
La ragazza iniziò a tremare vistosamente. Tirò fuori ciò che aveva nelle tasche. Un fazzoletto, un torsolo di mela, un nastro per capelli.
– non credo tu abbia finito – dissi.
Con un pianto silenzioso, tirò fuori la mia collana. Gliela misi intorno al collo, e la portai davanti ad uno specchio.
– ti sta molto bene, dissi. Era vero, quella collana sembrava fatta apposta per lei.
– peccato, però, che non ti appartenga! – sputai velenosamente, strappandole il gioiello dal collo.
Lei mi guardò implorante. Per risposta, la colpii ripetutamente in viso.
Quando le sue guance assunsero un colorito violaceo, mi fermai.
– cosa avresti fatto con quella collana? –
– mia Lady, io… –  si fermò, toccandosi le guance pulsanti inumidite dalle lacrime
– io, sono povera. Ho tre fratellini che non mangiano da giorni… – mi fissò con i suoi bellissimi occhi verdi – venderei un occhio se fosse necessario –
Una piccola vocina mi suggerì di punire quella serva ingrata.
– lo sai, ci sono padroni che cavano entrambi gli occhi ai propri servi solo perché osano guardarli negli occhi. Io certamente non ti caverò entrambi gli occhi perché sei salita sul mio letto o perché mi hai guardata… no – dissi, sciogliendomi i capelli tenuti alti da uno spillone.
Lo inforcai come un coltello.
– ma ti dovrò punire. Altrimenti non darei un buon esempio, no? – detto questo, strinsi le sue guance con una mano, e con violenza, le conficcai lo spillone nel suo occhio destro.
Il sangue mi schizzò il vestito bianco, e l’ urlo della ragazza quasi mi ruppe i timpani.
Tolsi lo spillone dal suo occhio, facendo schizzare ulteriormente il sangue.
La ragazza tentò di tenere il bulbo oculare al suo posto. Inutilmente.
– pulisci tutto qui, e quando hai finito chiedi al cuoco del pane. Digli che ti ho mandato io. Fallo mangiare ai tuoi fratelli. – dissi, indossando quella collana.
Per il resto del giorno la indossai fieramente, pensando che valeva un occhio della testa.

Esatto, ci sono molti vantaggi nell’ essere una Lannister.
 
 

 

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Capitolo 2
*** Tyrion - Ridere sotto i baffi ***


Tyrion


Ridere sotto i baffi

Sin da bambino ho sempre pensato che una sana risata allungasse la vita.
Con un umorismo innato e la risata facile, era ovvio che la risata venisse spontanea.
Ripensandoci, ridevo anche per le cose più stupide e grottesche. Mi ricorda che da bambino facevo degli scherzi stupidissimi.
Il peggiore fu forse, quello a discapito di quella povera fanciulla…  


Stanco di osservare mia sorella fare la sua lezione d portamento, uscii nel cortile per prendere una boccata d’ aria.
Involontariamente, iniziai a piangere. Mi “obbligavano” sempre ad osservare i miei fratelli.
Da quando avevo tre anni, osservavo mio fratello che si allenava e mia sorella che faceva le sue lezioni.
– guarda, Tyrion, osservali. Loro un giorno saranno persone importanti. Loro si che ci sanno fare! – ecco quello che mi diceva sempre il mio amatissimo padre.
Era come se volessero farmi vedere che loro erano due veri leoni, degni eredi dei Lannister.
Volevano sminuirmi. Volevano che io ammettessi che loro erano migliori di me, solo perché non ero alto, o bello, o forte come gli altri.
Ma io rispondevo loro in una maniera sempre ironica, definendo mia sorella Cersei un’ oca e dicendo che quando ballava sembrava che stesse per farsela addosso.
Io ero molto più furbo ed intelligente di tutti loro messi insieme, sapevo correre ed arrampicarmi, e sono sicuro che se mio padre mi avesse fatto allenare come Jaime, sarei diventati molto più bravo di Jamie. E lui era davvero forte.
Mi arrampicai sul terrazzo e mi sedetti, lasciando spenzolare le gambe. Da quel punto riuscivo ad osservare tutto e tutti, ed era lì che pianificavo tutti i miei scherzi.
Cercai con lo sguardo la mia prossima vittima.
Il garzone del macellaio… no, lui si era ritrovato coperto di intestini e visceri due giorni prima.
Il fabbro.. no, l’ ultima volta che gli avevo fatto uno scherzo mi ero quasi ritrovato senza due dita.
Mi colpì  una ragazza: aveva si e no tredici anni o poco più. i capelli corvini erano legati in una complessa treccia.
Stava ridendo con un’ altra ragazza, dai capelli rossi e con una fascia sull’ occhio sinistro. La ragazza iniziò ad allontanarsi da Castel Granito, dirigendosi verso l’ ingresso.
Perfetto, avevo individuato la mia vittima. Scesi velocemente, percorrendo tutto il cortile di corsa.
Vidi che stava entrando nei tunnel, così decisi di seguirla, ovviamente a debita distanza.
Dopo aver percorso non so quanto tempo all’ interno di quel labirinto di tunnel e gallerie, la ragazzi si fermò.
Mi arrampicai sulla roccia, sistemandomi su una piccola sporgenza.
Avevo capito le sue intenzioni, era arrivata fin lì per lavarsi con l’ acqua del mare in una delle caverne. Era chiaro che fosse solita percorrere quella strada.
Se fosse stata la prima volta, si sarebbe persa.
La ragazza iniziò a spogliarsi. Avvampai e mi coprii gli occhi per conservare la mia innocenza; d’ altronde, avevo solo sette anni.
La ragazza lasciò i suoi stracci lerci e consunti su una roccia.
Si buttò in acqua ed allora agii.
Aveva la testa sott’ acqua, e come un fulmine scesi dalla sporgenza e corsi verso la roccia, e senza indugi, li presi.
Scattante come un volpe, corsi verso il corridoi da dove eravamo entrati, e feci il percorso a ritroso.
Non mi aveva visto.
Nascosi i vestiti in una piccola cava, e ci posizionai davanti una roccia. Tornai al castello, ed iniziai a ridere. Salii sul terrazzo, ed aspettai.
Passarono un paio di ore prima che tornasse la ragazza.
Era nuda più di un verme, tentava di coprirsi le sue parti più intime, ed in viso era rossa. Iniziai a ridere ancora più forte appena vidi i suoi seni oscillare con i movimenti del corpo.
Alcuni iniziarono a ridere, altri facevano commenti alla vista del suo corpo. La rossa arrivò con una coperta, e rientrarono nel castello. Scoppiai in una fragorosa risata.
Avevo realizzato lo scherzo migliore di sempre. Andai in cucina ed iniziai a mangiare un po’ di vitello, sporcandomi la casacca.
– fai attenzione, tronchetto: oggi ti sei già cambiato due casacche. E perché non sei restato alla mia lezione? Nostro padre ha detto che stasera non avrai la cena! – mi apostrofò Cersei quando mi vide mangiare, strappandomi il pezzo di vitello dalle mani.
Poi andò verso i cuochi
– per me stasera stufato di manzo e prugne – disse, andandosene senza nemmeno guardarmi.
Improvvisamente ebbi un’ idea geniale. Guardai il cavallo dei miei pantaloni e poi il calderone in cui bolliva la cena di Cersei.
Iniziai a ridere sotto i baffi…

La cosa più difficile da sopportare per me era la solitudine.
Nessuno aveva mai amato un nano.
Ora, che ho ventidue anni, mi rendo conto, che facevo quegli scherzi per sentirmi meno solo.
 

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Capitolo 3
*** Jaime - So già cos'è l' amore ***


Jaime
 


So già cos’è l’ amore

Sono sempre stato il leone per eccellenza della famiglia Lannister.
Il figlio perfetto, il maggiore, il bello, il forte.
Insomma, ero il figlio che i miei genitori tanto adoravano.
Non solo in famiglia, ma anche nei sette regni ero importante.
Il primo del re, il cavaliere, il conquistatore di punzelle, lo sterminatore dei re.
Con un battito di ciglia, ottenevo quello che volevo. Ma alcune volte, ottenere quello che desideravo, era molto più difficile del previsto…


Osservavo il sole crescere alto nel cielo. Era quasi al centro, il che indicava che le quattro ore stavano per scadere.
Odiavo mio padre: mi costringeva a stare seduto per quattro ore su quella scomodissima sedia.
Invece, quelle quattro ore le avrei potute impiegare per allenarmi o per cavalcare. Non mi importava di saper leggere o scrivere, avevo intere orde di mastri che potevano farlo per me.
Inoltre, era davvero troppo complesso.
Quei segni sulla carta non avevano forma o significato per me, erano solo un calderone di segni scritti con l’ inchiostro.
Ma dovevo tenere alto il nome dei Lannister, e di conseguenza, come mia sorella e quel nano, dovevo imparare a leggere e a scrivere.
– bene, Jaime. Per oggi è abbastanza. Ti ricordi le regole che ti ho spiegato? – mi domandò mio padre alzandosi dalla sedia.
– si, padre – mentii.
Con un cenno della mano, mio padre mi congedò, e senza pensarci due volte, uscii dalla stanza.
Corsi verso le stalle, montai uno degli innumerevoli destrieri a mia disposizione ed uscii da Castel Granito.
Dovevo incontrare mia sorella, Cersei.
Avevo solo dieci anni, ma già sapevo cosa significava essere innamorati.
Ed io non potevo negarlo, non potevo reprimere i miei sentimenti: quello che provavo per mia sorella era ben più di semplice affetto fraterno.
Ci avevano scoperti insieme, e ci avevano divisi.
Ma non sapevano che non si può dividere una cosa sola.
Era questo che Lady Joanna non sapeva.
Avevamo trovato un modo per vederci segretamente: finite le mie lezioni, quando il sole sarebbe stato alto nel cielo, mia sorella sarebbe uscita dal castello e mi avrebbe aspettato.
E tutte le volte era così.
Avevo solo dieci anni, ma già sapevo cosa significava essere innamorati.
Cavalcammo insieme anche quella volta, lei ovviamente all’ amazzone, e le raccontai della mia lezione.
Lei faceva le sue con dei maestri privati, ma era molto più sfortunata di me, perché lei, appena sbagliava o si distraeva, riceveva una bastonata sulle mani. Quante volte la trovai con le bende alle mani… quel giorno, ci demmo un bacio.
Un bacio puro, casto, incestuoso.
Io amavo quelle labbra, quel sorriso, quegli occhi, quei capelli.
Avevo solo dieci anni, ma già sapevo cosa significava essere innamorati.
Ma il giorno dopo, seppi che quando avrei compiuto undici anni, sarei diventato scudiero di lord Crakehall.
La mia Cersei non mi rivolse la parola fino al giorno della partenza, in cui mi saluto, in segreto, con un bacio e mi lasciò il suo fazzoletto.
Avevo solo undici anni, ma già sapevo cosa significava essere innamorati.

Anche ora, che sono ormai adulto, i miei sentimenti per lei non sono cambiati.
Pochi giorni fa ha dato alla luce Joffrey, suo figlio.
Nostro figlio.
È il frutto del nostro amore, che non si dividerà mai.
Ti amo, Cersei.

 

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