Intrighi a Pemberly

di Kat Martin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Elizabeth Bennet ***
Capitolo 2: *** Fitzwilliam Darcy ***



Capitolo 1
*** Elizabeth Bennet ***


Intrighi a Pemberly

 

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Capitolo 1 – Elizabeth Bennet
 
Quella giornata non sarebbe potuta iniziare peggio. La sua antiquata sveglia aveva deciso di rompersi proprio quel giorno e di conseguenza di era svegliata mezz’ora più tardi. Come se non bastasse, sua madre aveva avuto l’ennesima crisi di nervi, in seguito a una sciocca discussione con il marito.
“Ti diverti proprio a tormentarmi, caro Bennet. Non hai pietà dei miei poveri nervi!” urlò Mrs. Bennet.
“Ti sbagli, cara. Ho un grande rispetto per i tuoi nervi. Sono miei vecchi amici. Te ne sento parlare con molto riguardo da almeno trent’anni.” sbuffò Mr. Bennet.
“Ah! Tu non sai come soffro.”
La scena che si stava svolgendo al momento, era una scena a cui Elizabeth assisteva ogni mattina da almeno vent’anni. Alla fine Mrs. Bennet l’aveva sempre vinta ma il marito aveva la straordinaria capacità di non lasciarglielo mai intendere. Erano sposati da ventisei anni ma nessuno dei due sembrava aver compreso appieno il carattere dell’altro. Mrs. Bennet era una donna dotata di una mediocre intelligenza, era facilmente irritabile e quando ciò accadeva diceva di essere nervosa. Mr. Bennet, al contrario della moglie, possedeva un carattere ben più complicato. Infatti, egli era un miscuglio di ironia, sarcasmo e riserbo e rappresentava ancora un mistero per la moglie.
Mentre anche il resto della casa, vale a dire le sue quattro sorelle, si svegliava, Lizzie era già pronta ad uscire. Ma la madre, ancora irritata per la discussione avuto con il marito, le sporcò la maglietta appena indossata con il caffè bollente. Fortunatamente, prima che la ragazza potesse reagire con una serie di improperi poco lusinghieri nei confronti di Mrs. Bennet, intervenne Jane, la sua sorella maggiore, che allontanò la donna dall’ira di Elizabeth. Consapevole di essere tremendamente in ritardo, corse in camera a cambiarsi e indossò la prima cosa che le capitò sotto mano: un’orrenda camicia viola, con maniche a sbuffo e un grosso fiocco sul petto. Non avendo tempo di cercare un’altra maglia, decise di indossarla, nonostante fosse consapevole di essere ridicola. Quella camicia le era stata regalata dalla madre circa tre anni prima ma Lizzie non aveva mai avuto il coraggio di indossarla.
Gettando un’occhiata all’orologio appeso in camera, lanciò una poco signorile imprecazione e corse letteralmente fuori di casa. Aveva un’ultima possibilità per arrivare puntuale a scuola, ma a quanto pareva quella non era affatto la sua giornata fortunata: la sua Fiat dell’89 non ne voleva sapere di partire e, nonostante gli sforzi di Elizabeth, rimase ferma al suo posto.
Quando uscì dalla vettura, stizzita, sbatté la portiera talmente forte da far piovere tutta la ruggine che si era formata vicino al finestrino. “Maledetta macchina!” bofonchiò Lizzie tra sé, mentre si dirigeva verso il garage. Doveva sbrigarsi e se non voleva rischiare il licenziamento, le conveniva prendere la bicicletta. Anche se erano anni che non la usava, era l’unico mezzo che le avrebbe permesso di arrivare in tempo almeno per la seconda ora. Mentre pedalava la bici arrugginita, telefonò a scuola per avvertire del ritardo, ma poiché quella non era decisamente la sua giornata, le rispose la preside in persona, Mrs. De Bourgh.
“Buongiorno, Mrs. Carol. Sono Elizabeth Bennet. Volevo avvertirla che ho avuto un contrattempo e dunque arriverò con un leggero ritardo.”
“Miss Bennet! Un leggero ritardo, dice? Lei sarebbe dovuta essere qui mezz’ora fa. Appena arriva in istituto passi per il mio ufficio. Dobbiamo parlare.” disse la preside interrompendo la comunicazione.
“Dannazione!” borbottò Lizzie. “Oggi non è affatto la mia giornata.” ripeté tra sé mentre attraversava il traffico cittadino. Quella giornata sembrava non finire mai, eppure erano solo le 8.30 del mattino. Sarebbe riuscita ad arrivare alla fine di quel grigio giorno?
Non appena giunse a scuola, lasciò la bicicletta al custode e corse in presidenza, dove l’attendeva Mrs. De Bourgh. Bussò alla porta e la donna le venne ad aprire di persona.
“Alla buon’ora, Miss Bennet. L’aspettavamo circa un’ora fa. Cos’è che le ha impedito di arrivare qui puntuale?” la salutò. Mrs. De Bourgh era una donna arcigna e piuttosto bassina (non poteva essere alta più di 140 centimetri), i folti capelli neri, che cominciavano già a tendere verso il grigio, sempre raccolti in un impeccabile chignon.
“Mi perdoni, Mrs. De Bourgh. Ma ho avuto un imprevisto e…” tentò di giustificarsi la ragazza.
“Non le ho dato il permesso di parlare, Elizabeth. E poi le sue scuse non mi interessano. Non è nei miei riguardi che ha mancato, ma in quello dei nostri alunni, che si aspettano da parte dei loro insegnanti un minimo di professionalità. Questa è una scuola, non un parco-giochi e ognuno è tenuto a rispettare il regolamento e il protocollo.”
Lizzie ascoltò la ramanzina a testa bassa, ma non osò ribattere alle parole della preside e aveva dovuto tenere a bada l’impulso di rispondere alle accuse che le erano state rivolte.
“Ah, a proposito Miss Bennet. Bella camicia!” disse la donna al momento del congedo.
Finalmente Mrs. De Bourgh le diede il permesso di lasciare la presidenza e Elizabeth corse nella sua aula dove, grazie all’affetto che i bambini dimostravano nei suoi confronti, dimenticò ben presto la scenata della preside.   
La mattinata trascorse piuttosto in fretta e in un attimo si fece ora di pranzo. Fortunatamente quel giorno non aveva anche il turno pomeridiano, cos’ ebbe il tempo di tornare a casa con calma, senza dover correre come una forsennata per tutta Longbourn. Nonostante il cielo fosse coperto, faceva abbastanza caldo e Lizzie si godette il tepore della giornata durante il tragitto di ritorno. Anche se la bicicletta necessitava di un po’ d’olio, era piuttosto e veloce e in mezz’ora la ragazza raggiunse la propria dimora; posò la bici nel garage e chiamò il meccanico, affinché riparasse l’auto. Comunque per quella sera avrebbe dovuto accontentarsi della sua bicicletta per recarsi al ricevimento che si sarebbe tenuto a Netherfield Park, il più importante albergo della zona, organizzato da Charles Bingley, il proprietario di una delle più importanti catene alberghiere inglesi: la Bingley Corporation. Ovviamente lei avrebbe partecipato all’evento non come ospite, ma come cameriera; infatti, lei e sua sorella Jane erano state ingaggiate dal Catering Darcy e qualche entrata in più non avrebbe di certo fatto male alle loro tasche sempre vuote.   



Angolo Autrice

Ciao a tutti :)
E così siete riusciti ad arrivare alla fine di questo capitolo senza addormentarvi. Bene, mi fa proprio piacere. In questo capitolo abbiamo cominciato a conoscere Lizzie, la maestra elementare più sfortunata d’Inghilterra ma anche Mrs. De Bourgh, la preside più antipatica d’Europa.
La prima parte del capitolo fa riferimento al primo capitolo di “Orgoglio e Pregiudizio”, in cui Mr. e Mrs. Bennet discutono dell’arrivo di Charles Bingley, un ricco gentiluomo proveniente dal Nord dell’Inghilterra. La parte in cui si parla del ricevimento a Netherfield Park, invece, si riferisce al ballo a cui partecipano le sorelle Bennet e in cui incontrano Mr. Bingley e Mr. Darcy.
Spero di riuscire a aggiornare la storia ogni domenica, salvo impedimenti.
A presto
Kat *

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Capitolo 2
*** Fitzwilliam Darcy ***


Intrighi a Pemberly

 

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Capitolo 2 – Fitzwilliam Darcy
 

Il viaggio verso la piccolo cittadina di Meritonsembrava non finire mai. Nonostante le insistenze di Charles, il suo migliore amico, Darcy aveva preferito viaggiare da solo. Aveva trascorso la notte in bianco, a rigirarsi tra le candide lenzuola di seta, a causa dell’agitazione provocata dall’imminente festa a Netherfield Park, e dunque sperava di poter riposare durante il tragitto. A quanto pareva, però, il suo autista, Mr. Paine la pensava in modo diverso. Infatti, non aveva fatto altro che cianciare della sua famiglia, del suo ex datore di lavoro e, ovviamente, di sua moglie Penelope, la donna più bella dell’intero Derbyshire.

Tre ore dopo, Mr. Paine decise di interrompere il suo interminabile soliloquio e rivolgersi al suo interlocutore: “E lei, Mr. Darcy, cosa mi racconta?”
Darcy non era mai stato propenso a parlare della sua vita privata e non avrebbe certo cominciato quel giorno, soprattutto non con un suo dipendente, specialmente se così in vena di chiacchiere. Le uniche due persone che potevano dire di conoscere davvero la sua storia erano sua sorella Georgiana e il suo amico Charles Bingley.   
“Oh, avanti, Mr. Paine. Di me sapete già tutto, ormai.” si schernì.
“Beh, sì, credo di aver letto qualcosina su di voi in un articolo, ma…” balbettò l’autista, preso in contropiede dalla risposta di Darcy. 
“Ora, se non le dispiace Mr. Paine, desidererei riposare un po’, prima del nostro arrivo a Meriton. Ho trascorso la notte in bianco e ne ho davvero bisogno, vista la giornata che mi aspetta.” Disse Darcy, prima di abbassare il vetro separatore che lo avrebbe salvato dall’eccessiva parlantina dell’uomo.
Il viaggio proseguì tranquillo, nonostante Darcy non riuscì ad addormentarsi, come invece avrebbe voluto. Succedeva sempre così: prima di un evento importante, l’ansia lo divorava a tal punto da impedirgli un sonno tranquillo. Quella sera, infatti, si sarebbe tenuto un importantissimo ricevimento, organizzato dal suo amico Charles, nonché proprietario della più illustre catena alberghiera del paese. In quanto presidente del Catering Darcy, l’esito dell’evento era nelle sue mani: si sa, la riuscita di un evento dipende sempre dalla qualità del cibo servito. 
Sospirando per l’ennesima volta, cambiò posizione, cercandone una più confortevole, ma a quanto pareva era impossibile su quello scomodissimo sedile in pelle. Guardò nuovamente l’orologio, lasciandosi andare a una poco signorile espressione quando si accorse di essere in ritardo. Sarebbe dovuto essere a Netherfield Park già da mezz’ora,ma il traffico gli aveva impedito di giungere in orario, nonostante il largo anticipo con cui era partito da Londra quella mattina.
Un innaturale silenzio vibrava nella vettura e allarmò Darcy. I suoi sospetti furono confermati quando guardò fuori dal finestrino e vide che l’automobile si era fermata di nuovo. Di questo passo non sarebbe mai giunto a Meriton in tempo per la festa!, pensò, agitandosi sul sedile.
 
Fortunatamente, meno di un’ora dopo la Porsche bianca varcò il bianco cancello d’ingresso del lussuosissimo albergo. Ad attenderlo davanti alla hall trovò Charles insieme alle sue due sorelle, Caroline e Louisa Bingley.
“Darcy, finalmente!” lo accolse l’amico. “Ti attendavamo circa un’ora fa. Tu sei sempre così puntuale.”
“Già, Darcy, cos’è che ti ha impedito di arrivare puntuale?” civettò Caroline avvicinandosi a lui.
“Oh, nulla di cui preoccuparsi.” rispose nel suo usuale tono freddo e distaccato. “Solo un po’ di traffico.”
“Sì, Darcy, hai ragione. Anche noi abbiamo avuto un po’ di problemi a giungere in questo posto abbandonato da Dio. Mi sono annoiata da morire in limousine, non sapevo che fare. Se ci fossi stato tu, invece…” continuò Caroline, prendendolo a braccetto e avviandosi verso l’imponente entrata di Netherfield. “ Ora ti mostro la tua suite, così potrai sistemare con calma tutte le sue cose. Magari un bel bagno caldo ti aiuterà a liberarti di tutte le fatiche del viaggio.” continuò con il suo fare civettuolo, che tanto irritava Darcy.
Quando finalmente l’ascensore li accompagnò al quinto piano, dove si trovavano le camere più lussuose di tutto l’albergo, Caroline lo accompagnò alla suite 7 e gli consegnò le chiavi, lanciandogli una maliziosa occhiata prima di allontanarsi. Mentre entrava nella stanza assegnatagli, scosse la testa, come a volersi dimenticare tutte le chiacchiere della ragazza. Si conoscevano da anni, ormai, e Caroline si era sempre comportata così con lui, cercando di attirare la sua attenzione. All’inizio si era convinto che si trattasse solo di un’adolescenziale infatuazione, ma con il tempo quella che poteva sembrare una semplice infatuazione giovanile, si era trasformata in una vera e propria ossessione.
Mentre alcuni fattorini erano intenti a portare dentro i suoi  bagagli, Darcy ne approfittò per dare un’occhiata alla stanza. Quella doveva essere davvero una delle camere più belle di tutta Netherfield. Il salottino, sebbene non molto grande, era stato arredato davvero con gusto. Su un piccolo tavolo coperto da un centrino in pizzo bianco, erano posati dei fiori freschi, delle margherite e delle rose. Probabilmente era stata un’idea di Caroline, la quale conosceva davvero molto bene la sua propensione per il gusto classico. Anche la stanza da letto era molto elegante. Darcy fu colpito dall’alto letto a baldacchino, arricchito da grandi e impalpabili tende di velo bianco che ondeggiavano, lasciandosi cullare dalla dolce brezza profumata proveniente dal giardino di Netherfield Park.
Quando udì la porta della stanza chiudersi, segno che i fattorini gli avevano portato tutte le sue valige, Darcy decise di testare il letto. Sembrava morbido, e in effetti lo era, oltre che estremamente comodo e confortevole. Gli sembrava di volare su una nuvola, trasportato dal vento mentre, vinto dal sonno, chiudeva lentamente gli occhi.
 
 
 
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti :)
Rieccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo di “Intrighi a Pemberly”. In questo capitolo, come avrete sicuramente notato, ho presentato il protagonista maschile della storia, Fitzwilliam Darcy, l’impresario più ricco d’Inghilterra. Inoltre, ho presentato anche Caroline e Louisa Bingley, le sorelle di Charles Bingley, di cui parlerò nel prossimo capitolo. Come avrete sicuramente notato, Louisa compare con il suo nome di battesimo, Bingley, mentre noi in Orgoglio e Pregiudizio la conosciamo come Mrs. Hurst. Ovviamente un motivo c’è, ma lo scopriremo un po’ più in là (Eh, lo so, ci vuole pazienza!). Ho introdotto anche un altro personaggio, Mr. Paine, che nel corso della storia ritroveremo spesso.
A domenica, con il prossimo capitolo
Kat * 

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