After City of Lost Souls di Ladypotter97 (/viewuser.php?uid=443542)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come un tuono ***
Capitolo 2: *** Finchè c'è la speranza ***
Capitolo 3: *** Caccia ***
Capitolo 1 *** Come un tuono ***
Come un tuono
Da quanto
tempo stava
fissando quella parete?
Da quanto
tempo aveva
smesso di vivere?
Da quanto
tempo non
vedeva la luce?
E
soprattutto da
quanto tempo non si cambiava la maglietta?
Alec sbatté più
volte gli occhi, dopo essersi stiracchiato pigramente
si alzò dal letto, le tende lo proteggevano dai raggi del
sole, ma nonostante
questo trovava fastidioso la luce che filtravano. Guardò
distrattamente la sua
stanza dell’Istituto, vestiti sparsi per il pavimento, libri
aperti disseminati
per la scrivania, le armi riposte nel baule accanto al letto, una
vecchia foto
di lui con i suoi fratelli, sembravano felici, Max rideva mentre Jace
si
provava i suoi occhiali, Izzy faceva una linguaccia alla macchinetta
fotografica, e lui scompigliava i capelli del fratellino
Non lo
rivedrò mai
ridere
Il dolore ancora non
l’aveva abbandonato, una cicatrice che
sarebbe rimasta per sempre incisa nel suo cuore, allontanò
dalla mente il viso
di Max e prese la prima maglietta che trovò nel grande
armadio di legno, ai lati
era ricamato da edera in bassorilievo che si attorcigliava lungo la
superficie,
la accarezzò distrattamente, poi la sua attenzione fu
catturata da uno sprazzo
blu all’interno del mobile, avvicinò la mano e
sentì la lana morbida, tirò
fuori l’indumento, era una sciarpa
Magnus
Il ragazzo rimase senza fiato, se la
rigirò tra le mani
accarezzandola, la strinse al petto, aveva cercato di dimenticare, di
allontanarsi, di scappare dalla consapevolezza che non lo avrebbe
più rivisto.
Lo stregone lo aveva lasciato, nonostante avesse detto di amarlo,
perché lui lo
aveva tradito, aveva scoperto che Alec era intenzionato a patteggiare
con
Camille, Magnus sarebbe diventato mortale e il cacciatore avrebbe
ucciso
Raphael, sembrava la via più facile. Sembrava.
Alec aveva perso, la morte che lo
avrebbe tallonato fino
alla fine dei suoi giorni lo aveva allontanato dallo stregone
-E’ il terzo incomodo della
nostra relazione- gli aveva
detto poco tempo prima, quella frase lo aveva fatto arrabbiare, come
poteva
Magnus essere così tranquillo? Perché lo avrebbe
trattato come tutte le sue
storie passate? Alec non voleva diventare un ricordo, non sarebbe stato
il
trastullo di nessun stregone millenario.
Lanciò con frustrazione la
sciarpa verso il fondo della
stanza in modo che ,forse, non avrebbe pensato a lui
Dannazione!
Lui era un
cacciatore! Da quando si buttava giù così
facilmente?Aveva visto la morte in
tutte le sue sfaccettature. Ma allora perché si sentiva come
se gli fosse stata
strappata via l’aria dai polmoni?
Si mise le mani tra i capelli,
cercò di calmarsi, respirava
affannosamente come se potesse affogare nel dolore. Si
accovacciò per terra con
la testa nascosta
-Ho rovinato tutto-
sussurrò, questo era stato per lui come
un mantra negli ultimi giorni, lo ripeteva nella notte ed era il suo
primo
pensiero quando si svegliava. La cosa che odiava di più era
che il suo nemico
era stato lui stesso e complici erano la sua paura e il suo egoismo.
-ALEC!- la voce di Jace lo fece
sobbalzare –Se non esci
subito, giuro che sfondo la porta con un calcio. E tu sai bene quanto
sono
bravo a sfondare le porte- Alec già poteva immaginare il
ghigno del suo
parabatai al di là della porta. Lo conosceva fin troppo bene
da sapere che
l’avrebbe fatto sul serio, così dopo essersi dato
una ripulita veloce, andò ad
aprirgli la porta.
Jace era in tenuta da combattimento,
le rune ancora ben
evidenti sulla pelle significavano che era andato a caccia. Senza di
lui. Prima
di parlare il ragazzo lo guardò attentamente, gli occhi
dorati stretti in due
fessure, Alec sapeva che, anche se avesse voluto, non gli avrebbe
potuto
nascondere niente.
-Fratello- disse appoggiandogli la
mano sulla spalla -Ho
bisogno di te- sospirò guardando per terra imbarazzato, poi
continuò –E so che
tu hai bisogno di me, ti prego Alec basta- Jace aspettò una
risposta, ma Alec
non sapeva che dire, così si avvicinò a lui e lo
abbracciò, l’altro per un
primo momento rimase sorpreso, il suo parabatai si mostrava pochissime
volte
così vulnerabile, ma ricambiò
l’abbraccio dandogli delle pacche sulla spalla
-Accompagnami a prendere la mia roba
nel suo appartamento-
gli sussurrò lui, poi cercò di abbozzare un
sorriso –Tutte le mie vecchie
magliette mi stanno strette-
-Okay- Jace lo guardò
speranzoso, Alec era forte, lui lo
sapeva bene, si poteva piegare ma mai spezzare, proprio come lui. Era
per
questo che l’aveva scelto come parabatai, quel ragazzino con
la felpa
sbrindellata, gli occhi blu e i capelli arruffati che gli ricadevano
sulla
fronte, diffidente e freddo, ma quando stavano da soli, quando sapevano
di non
essere giudicati, quando sapevano di stare al sicuro, allora in quel
momento
Alec rideva così che Jace riuscì ad aprire una
breccia dentro la sua armatura.
Si erano salvati la vita a vicenda, Alec era la sua ombra e i suoi
occhi, si
fidava ciecamente di lui.
-Vado a farmi una doccia ora- Jace
fece una smorfia-Questi
dannatissimi demoni puzzano in un modo indecente- gli
scompigliò i capelli già
arruffati e si allontanò.
Dopo un po’ di metri si
girò, Alec era rimasto sulla soglia
a guardare il vuoto
-Alec- il ragazzo si girò-
Te lo ricordi?- gli chiese Jace,
l’altro aggrottò le sopracciglia –La mia
forza non smetterà di echeggiare…
-Come un tuono- finì Alec
-Te lo ricordi allora- il suo
parabatai sorrise soddisfatto
-Come potrei dimenticare gli stupidi
motti di quando eravamo
bambini?-
-Finalmente! Con questo ho potuto
constatare che non sei
completamente partito di testa- detto questo Jace si girò,
Alec non riuscì a
comporre una risposta adeguata che lui era già sparito
nell’oscurità del
corridoio.
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Capitolo 2 *** Finchè c'è la speranza ***
Finché
c’è la
speranza
Faceva freddo fuori, nel vento si
poteva sentire l’odore
dell’inverno che stava arrivando, Alec tirò il
cappuccio della felpa sopra la
testa. Intorno a lui la vita continuava a scorrere, i mondani che gli
camminavano accanto sembravano felici e spensierati.
Perché
invece per me è
così difficile essere felice?
-Ci siamo quasi- la voce di Jace lo
riportò alla realtà –Che
civico è?-
-28- rispose lui meccanicamente,
sapeva a memoria dove si
trovava la casa dello stregone, ma non aveva avuto la forza di parlare
durante
il tragitto, il solo cercare di non far affiorare i ricordi legati a
quel luogo
gli toglieva il fiato.
-Eccolo qui- prima di entrare Jace si
girò a guardare il suo
parabatai – Sei pronto?- gli chiese, Alec fissò
quegli occhi dorati che
sembravano risplendere di luce propria, era sempre grazie a Jace che
trovava il
coraggio di andare avanti, fin da quando erano bambini, lui sapeva
sempre come
dargli forza
-Sì sono pronto-
BANE Alec fissò il nome
scritto sotto al campanello, gli
tremavano le mani, non aveva immaginato che sarebbe stato
così difficile. Gli
rivenne in mente cosa aveva pensato quando l’aveva visto per
la prima volta
Sembra un
incrocio tra
una pantera e un elfo demente
Sorrise amaramente a quel ricordo,
Alec inspirò
profondamente e poi soffiò fuori l’aria. Non
poteva tirarsi indietro, prima
affrontava tutto il dolore prima avrebbe potuto dimenticarsene. Si
avvicinò
alla porta e suonò il campanello.
Nessuna voce nella tromba delle scale
li accolse, si sentì
solo un suono metallico, e la seconda porta si aprì. Di
Magnus nemmeno l’ombra.
I due si scambiarono un’occhiata indecisi sul da farsi.
Alec deglutì e si
costrinse a camminare con Jace che lo
seguiva guardandosi attorno. Il loro addestramento li aveva costretti
ad essere
sempre diffidenti in qualsiasi luogo andassero, non si potevano
permettere di
abbassare la guardia. Mai.
Al buio salirono le scale traballanti
fino ad arrivare al
pianerottolo del secondo piano. Appoggiato all’uscio della
porta c’era Magnus.
I capelli neri non erano più a punta, ma gli ricadevano
disordinati sul viso,
gli occhi gialli da gatto li guardavano con indifferenza, come se
fossero stati
degli estranei
Un estraneo,
sono
diventato questo adesso
Indossava una maglietta nera a
maniche corte che lasciava
scoperti i bicipiti, teneva in braccio il suo gatto accarezzandogli
distrattamente la testa.
Alec non riuscì
più a fare un passo, avrebbe voluto gridare,
scappare, evadere da quella realtà che lo stava
distruggendo. Sembrava tutto
così simile alla prima volta che si erano baciati. Alec lo
ricordava bene. Le
labbra di Magnus sulle
sue avevano
risvegliato un fuoco che mai avrebbe pensato di avere, il ragazzo si
era
sentito forte e fragile allo stesso tempo, ma ormai quelli erano solo
ricordi e
pensarci era pericoloso.
-Le tue cose stanno in questi due
scatoloni- Magnus ruppe il
silenzio carico di tensione, indicando con la testa i due pacchi
accanto a lui.
Ma Alec rimase immobile cercando con lo sguardo lo stregone, ma gli
occhi
gialli di lui erano rivolti altrove.
-Ci penso io- disse Jace, Alec si era
completamente
dimenticato della presenza del suo parabatai. Jace si
avvicinò a Magnus
guardandolo con diffidenza, poi prese i due scatoloni.
-Vedo che ti sei fatto accompagnare-
disse Magnus continuando
ad accarezzare il gatto, la sua voce era piatta assente, sul suo viso
non c’era
più il solito ghigno tipico dello stregone. Alec
poté notare la mascella di Jace
serrarsi.
-Qualche problema?- chiese
l’altro, Magnus alzò lo sguardo
lentamente, Jace poté vedere nei suoi occhi tutta la sua
vecchiaia e
sofferenza. Quante persone che amava aveva visto morire?
-No- Magnus si staccò
dall’uscio e si stiracchiò –E se qui
avete finito io andrei a letto- prese il pomello della porta
–Jace- fece un
cenno di saluto al ragazzo, poi guardò Alec, il ragazzo
avrebbe voluto
implorarlo, pregarlo di cercare almeno di capire le sue ragioni, ma
riuscì solo
a sostenere il suo sguardo –Alexander- detto questo chiuse la
porta. Alec
avrebbe voluto crollare a terra, ma doveva essere forte,
l’orgoglio dei
Lightwood era presente anche in lui, seppur in piccola parte.
- Alec?- Jace lo scosse prendendolo
per la spalla –Alec? Mi
stai sentendo?- l’amico lo stava guardando preoccupato.
-Perché l’hai
fatto?- la voce di Alec uscì incerta e
incrinata, Jace sbuffò
-Per l’Angelo Alec! Sono il
tuo parabatai. Ora guardami-
Alec alzò lo sguardo - Lo ami ancora?-
l’immediatezza di quella domanda lo fece
sobbalzare
-Io? Io … non- al ragazzo
mancava l’aria, ma per lui era
impossibile mentire a quel mare dorato, non poteva mentire a Jace, gli
occhi
gli bruciavano, ma non avrebbe pianto. Alec Lightwood non piangeva
–Sì … io …
lo amo-
Jace gli scompigliò i
capelli, gesto che ara abituato a fare
come respirare – Sai non è semplice amare, ma stai
pur certo che se due persone
sono legate dallo stesso destino niente potrà mai separarle-
-Ma lui mi ha lasciato- la
realtà lo travolse come un treno
in corsa
-E allora? Pensa a me e Clary.
Insomma pensavo di aver
baciato e fatto pensieri poco signorili su mia sorella!- Jace sorrise e
Alec si
trovò a ridere insieme al suo migliore amico
–Finché hai speranza niente è
davvero perduto-
Forse
sarebbe stato
davvero così.
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Capitolo 3 *** Caccia ***
caccia
Caccia
-Alec sei pronto?- Izzy
bussò delicatamente alla porta con
le nocche. Il ragazzo si mise l’arco in spalla, la pelle
ancora bruciava per
via delle rune che si era appena inciso.
-Si, ancora un secondo- mise lo stilo
nella tasca interna
della giacca, ricontrollò di aver preso le spade angeliche,
che erano state
fissate ben salde alla cinta, si mise i guanti di pelle e
uscì.
La sorella lo stava aspettando
davanti alla porta, anche lei
era in tenuta di combattimento, i lunghi capelli neri erano raccolti in
una
coda, le rune le percorrevano la pelle come edera, e la frusta dorata
girava
intorno al suo braccio. Negli ultimi mesi non si erano quasi mai
parlati, tutti
e due erano troppo occupati dai loro problemi personali per occuparsi
dell’altro.
Però
lei è mia sorella
e la proteggerò sempre
Dopo che Magnus l’aveva
lasciato, Izzy e Jace erano andati a
caccia da soli. Quando l’aveva scoperto Alec si era reso
conto di quanto i suoi
sentimenti lo stavano rendendo debole, così aveva deciso che
sarebbe andato con
loro. Uccidere demoni forse gli avrebbe tenuto la mente occupata per un
po’, e
poi non se la sentiva di lasciare quei due spericolati da soli, avevano
bisogno
di lui.
Non si dissero niente mentre
camminavano per i lunghi
corridoi dell’Istituto, la sorella stava a pochi passi di
distanza da lui e gli
dava le spalle, quando scese il primo scalino dell’imponente
scala che portava
all’atrio si girò interrompendo il loro silenzio
imbarazzato
-Jace ci sta aspettando
giù- disse la ragazza – Pensa di
aver trovato alcuni demoni al deposito qui vicino-
-Pensa?- Alec conosceva fin troppo
bene il suo parabatai dal
sapere che non era molto saggio fidarsi delle sue supposizioni. La sorella si mise a
ridere mentre scendeva
le scale a due a due
-Finalmente Lightwood! Non ce la
facevo più ad aspettare-
Jace li stava aspettando davanti alla porta d’ingresso a
braccia conserte per
rendere più evidente il suo disappunto.
- Che c’è vai di
fretta?- lo rimbeccò Isabelle
- I demoni non aspettano, sapete bene
quanto me che si spostano
in fretta dopo che hanno ucciso due o tre persone- Jace diventava
immediatamente serio quando stabilivano il piano di attacco
- Come fai a sapere che hanno
già ucciso?- gli chiese Alec,
il ragazzo ancora non aveva sceso gli ultimi gradini , Jace gli
sorrise, soddisfatto
che gli avesse posto quella domanda
- Naturalmente ho origliato tua madre
che ne parlava- rispose
soddisfatto, Izzy alzò gli occhi al cielo
-Dobbiamo entrare
nell’edificio di soppiatto, abbiamo
bisogno di poter contare sull’effetto sorpresa se sono
più di noi- ragionò Alec
– Nel deposito ci saranno sicuramente scatoloni e altre cose
che ci possono
nascondere. Se superano la ventina ritorniamo indietro con i rinforzi.
Sono
stato chiaro?-
- Da quando sei diventato il leader
della squadra?- gli
chiese Jace
- Da quando ho deciso che non
porterete più a termine alcun
piano suicida- fece una pausa guardandoli: Jace ancora aveva
un’espressione
contrariata mentre sua sorella stava annuendo, vedendo quei grandi
occhi neri
prese forza e continuò –Non
voglio
perdere anche voi-
-E va bene! Andiamo a spiare i demoni
come una stupida
liceale innamorata- esclamò Jace, i due ragazzi lo
guardarono perplessi – Che
c’è? Lo ripete sempre il mondano!-
- Simon non è un mondano!
E’ un vampiro, che ti ha salvato
la vita parecchie volte- ribatté
Izzy
- E tutte le volte che IO gli ho
salvato la vita?- Jace si
stava indicando indignato, la ragazza stava per rispondergli per le
rime quando
Alec li fermò
-Se non vi state un attimo zitti
tutti i demoni nell’arco di
un chilometro sapranno che stiamo arrivando!-
Jace sbuffò e prese la
giacca di pelle nera
dall’appendiabiti. Quando aprì la porta, una
folata di vento freddo entrò
nell’edificio facendoli rabbrividire. Fuori la pioggia stava
scrosciando sui marciapiedi
e i mondani correvano per cercare di non bagnarsi, in lontananza si
sentiva il
rimbombo dei tuoni, Alec si tirò il cappuccio sopra la testa
- Pronti?- chiese ai due ragazzi
-Certo! Non ci faremo fermare da un
po’ di pioggia- disse
Jace con un ghigno
E’
questo il problema.
Pensiamo che niente ci possa fermare avrebbe voluto dire
Alec, ma si limitò
a seguire gli altri che scivolavano accanto ai mondani come ombre,
invisibili
ma indispensabili.
Ci misero poco tempo a raggiungere il
malinconico deposito
che sembrava essere stato abbandonato da secoli, le porte erano
socchiuse e le
catene arrugginite ,che avrebbero dovuto tenerle chiuse, stavano
abbandonate
poco più in là. Nell’aria oltre
all’odore dell’asfalto bagnato, Alec
potè
sentire quello dei demoni
-Entriamo dalla finestra-
sussurrò ai due ragazzi che gli
camminavano accanto vigili con le spade già in pugno
–Là- indicò una finestra
che era andata a pezzi.
Grazie al loro addestramento fu
facile penetrare
nell’edificio, subito furono investiti dal tanfo di morte che
i demoni si
portavano dietro. Sembrava che Jace avesse avuto ragione, non
c’era solo un
mostro lì dentro, si nascosero dietro uno scatolone e
rimasero ad aspettare.
Ad Alec si ghiacciò il
sangue nelle vene quando sentì i
demoni parlare tra loro, la loro lingua era un insieme di suoni
gracchianti
e gutturali.
L’unico speranza che
avevano era l’effetto sorpresa, così lentamente
cercò di avvicinarsi per vedere
quanti erano. Nel buio il ragazzo poté individuare circa una
decina di demoni
che si stavano litigando i resti di un mondano, lo stomaco di Alec fece
una
capriola, deglutì e iniziò a contare i suoi
respiri per cercare di calmarsi,
strinse più forte la sua spada angelica. Ogni passo che
faceva tutto diventava
più vivido, poteva vedere le scaglie che ricoprivano il
corpo delle creature,
mise la mano in tasca e estrasse una piccola sfera con sopra disegnata
una
runa, passò il pollice sul simbolo, poi la lanciò
verso il gruppo di demoni.
Quando toccò terra sprigionò una nube di vapore,
i demoni infuriati iniziarono
ad urlare imprecazioni coprendosi gli occhi con le mani artigliate
-Samel- sussurrò il
ragazzo e la sua spada angelica prese
forma sprigionando un aura di energia che diede forza al cacciatore.
La caccia era
iniziata.
Nota
dell’autrice:
salve a tutti! Per prima cosa vorrei davvero scusarmi per la mia
assenza negli
ultimi giorni, ma non ho avuto internet in vacanza. Ho deciso di
interrompere
il capitolo perché avevo paura che diventasse troppo lungo.
Per le fan del
Malec posso fare un piccolo spoiler, se così lo vogliamo
chiamare :
-Sono disposto a tutto per aiutarla!-
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