You're the only one who really know me at all.

di ClodiaSpirit_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. Parte I. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 1. Parte II. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26. ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27. ***
Capitolo 30: *** Capitolo 28. ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29. ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30. ***
Capitolo 33: *** Capitolo 31. ***
Capitolo 34: *** Capitolo 32. ***
Capitolo 35: *** Capitolo 33. ***
Capitolo 36: *** Capitolo 34. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


prologo


¦ Claudia' space:  Ciao a tutti. Sì, lo so, è da ben un anno che non scrivo, che non entro sul mio profilo efp... ma con gli impegni e la scuola, non ne avevo il tempo. Adesso, da almeno qualche settimana, ho deciso di ributtarmi, sì. Grazie a una mia cara amica gleek, Roberta. Abbiamo deciso di scrivere questa storia perchè, inanzitutto ne ho sempre avuto l'idea però, mi mancava quel qualcosa in più, l'altra metà con cui svilupparla. Così, le ho inviato un messaggio e lei ha accettato subito. Abbiamo unito le nostre idee e ne è nata questa, il cui risultato ci sorprende di giorno in giorno. E lei ringrazia me, perchè anche lei era in cerca della giusta ispirazione e quindi, ci siamo trovate. So, questa è una CrissColfer fanfiction (sì, oltre a grandi shippatrici klaine, siamo anche shippatrici crisscolfer) e niente, speriamo vi piaccia. :)

 

~ PROLOGO.

“Every born is a new soul.”

 ×18 Novembre, 1780, Londra.

 

Il rumore della pioggia che sbatteva sulla finestra vicino la porta, creava una melodia che risuonava nelle stanze di quella piccola casa nell’entroterra londinese. La melodia accompagnava il pianto del piccolo Chris, che non piangeva mai così forte. Sentiva l’avvicinarsi dell’imminente disastro, forse?

La mamma Anne, il papà John e la balia Marie erano davanti il fuoco scoppiettante del camino. Era un fuoco che aveva lo scopo di illuminare la stanza buia, riscaldare e riunire la famiglia.

«Ma perché piange così tanto questo bambino?» si chiese Marie mentre mescolava la zuppa di carote nel pentolone. Nessuno lo sapeva, Chris non aveva né sonno né fame. Tuttavia, Marie prese una ciotola e andò a riempirla di latte di capra fresco, e lo porse ad Anne che lo versò nella bocca del piccolo, sperando che si addormentasse. Cominciò a cullarlo con le sue braccia e intonò una ninna nanna. In poco tempo, il piccolo Chris cadde nel sonno, noncurante di quello che stava per accadere.

John ed Anne uscirono e affidarono la loro creatura a Marie, che era ormai diventata una componente della famiglia. Era una donna di quarant’anni. I suoi capelli erano lunghi e neri ma aveva dei ciuffi bianchi argentei. Aveva un viso rotondo e cosparso di rughe qua e là. Era della stazza adatta per accudire un bambino dalla nascita sino all’adolescenza. Era solita indossare abiti neri, ma erano del tutto allegri. Aveva un cuore d’oro e si era legata a Chris come fa una madre con il proprio figlio. Marie era diventata vedova giovane, perciò non aveva avuto la possibilità di avere dei figli, una famiglia. Ma dopo aver trovato John, Anne e Chris Colfer, si era ricreduta.

«Marie, noi andiamo al mercato.» annunciò John, con voce calda e accogliente.

«Prendetevi cura del nostro Chris, torneremo presto.» continuò Anne. Si avvicinò alla balia e le baciò la fronte.

I due genitori si avviarono verso la porta ed uscirono, quando ancora la tempesta era in corso. I coniugi cominciarono a correre verso il mercato, che durante tempeste del genere era sempre coperto. Una volta raggiunto il tendone, cominciarono le loro compere anche se avevano poco denaro. Non c’era molta confusione, forse per via della pioggia. Ma in pochi minuti quella calma apparente si convertì in un pandemonio. C’erano persone che urlavano e che scappavano in ogni parte del mercato. John ed Anne non capirono, fin quando John vide la carrozza dirigersi verso di loro. Andava troppo veloce, era sicuramente senza controllo. L’uomo dagli occhi verdi capì che non c’era nulla da fare, il suo destino e quello di sua moglie era oramai segnato. Schiuse le labbra, prima serrate dall’ansia, e attirò l’amata moglie a se. La baciò a lungo e le sussurrò un disperato «Ti amo.» quando Anne le chiese cosa stesse succedendo. Non ebbe il tempo di girarsi, che fu travolta senza pietà insieme a John e ad altre cinque persone. Cinque persone che, come lei e il coniuge, avevano una vita e magari dei figli a cui pensare.

Quando ormai si fece troppo tardi, Marie cominciò a preoccuparsi. Pensando che fosse solamente un piccolo ritardo, si addormentò.

«Marie, ascoltateci..» Un lampo squarciò il cielo notturno e fece apparire un piccolo alone luminoso che man mano crebbe di grandezza. Insieme alla grandezza aumentò anche la luminosità, finché spuntarono due figure nere che assunsero una forma. Le figure si trasformarono in John ed Anne. Marie non capiva. Non le erano mai apparsi in sogno i due e ciò la preoccupava.

«Marie…» Sussultò. La voce di Anne era soffocata dal pianto.

«D’ora in poi dovrete prendere voi il nostro posto.» A Marie venne la pelle d’oca, poteva significare solo una cosa. Ma decise di provare, voleva avere torto.

«Che vuol dire, signorina Anne? Dov’è Chris?» La donna sorrise e rispose: «Chris sarà nelle vostre mani. Noi ci fidiamo di voi. Il piccolo diventerà sano e forte.»

«Noi abbiamo lasciato questa terra, Marie.» Concluse rapidamente John.

A Marie cedettero le gambe. Si accasciò a terra con il viso fra le mani, piangeva. Non voleva credere alle loro parole.

«Marie, noi siamo-»

«Morti.» La donna si svegliò di soprassalto, piangendo. Si guardò attorno e controllò l’orario. Aveva dormito un’ora e ancora i due genitori non c’erano. Hanno ragione allora, pensò. Si accorse che la culla di Chris si muoveva. Si alzò e andò a controllare il piccolo. Era lì, nel suo lettino che si muoveva allegramente, con un sorriso che riscaldava il mondo. I suoi genitori se n’erano andati, avevano lasciato un figlio ancora neonato. E l’avevano lasciato a lei. A lei sarebbe toccato crescerlo, a lei sarebbero toccati due ruoli importanti. Il destino di quella creatura era nelle sue mani. Negli occhi di quel bambino c’era allegria, perché Chris sapeva che John ed Anne lo guardavano da lassù.

Nessuno avrebbe mai previsto che proprio quel giorno una carrozza si sarebbe abbattuta con violenza sul mercato. Nessuno avrebbe mai previsto che proprio quel giorno John ed Anne dovessero morire, specialmente in quel modo, investiti da quella carrozza trainata da dei cavalli imbizzarriti. Nessuno avrebbe mai previsto che proprio quel giorno Marie avrebbe dovuto rimpiazzare John ed Anne e fare la parte sia del padre, sia della madre. Nessuno avrebbe mai previsto che i due genitori dovessero morire proprio quando si celebrava un anno dalla nascita del proprio figlio. Nessuno avrebbe mai previsto che proprio quel giorno il piccolo Chris sarebbe rimasto senza genitori, senza figure a cui fare riferimento, se non la stessa Marie. E fu allora che la dolce balia scoppiò in un pianto che sarebbe durato a lungo.

 

×18 Novembre, 1781, Londra.

Era una notte ventosa, ma le stelle erano ancora in cielo e brillavano. Quella notte del 18 Novembre 1781 nasceva un piccolo bambino, nasceva Darren. Gli occhi verdi e oro mischiato all’ambra antica, ancora pochi capelli ma qualche piccolo riccio sparso qua e là. I suoi genitori lo guardavano sorridenti. Era una meraviglia.
Con il passare degli anni divenne sempre più grande. Approfondì molte passioni e si interessò a molte cose. Giocava in cortile raggiante e ancora ingenuo del mondo in cui viveva. Correva per i prati, studiava, chiedeva consigli a sua madre e lei sapeva sempre la parola giusta da dire per confortarlo. Suo padre era un grande uomo, amava sua madre. Sembrava il tipo d’uomo che sa come non lasciarti mai senza niente e Darren ancora non ne sapeva il perché. Possedeva tanti giocattoli, libri di storie che sua madre gli leggeva ma, non ne era interessato più di tanto. All’età di diciotto anni Darren aveva capito chi era. Che ruolo aveva nel mondo. E anche come affrontarlo. Purtroppo, si era chiuso dopo aver perso la madre e aveva deciso di sfogarsi e parlare solo con chi riteneva necessario. La sua vita non poteva che essere rose e fiori, eccetto per una cosa: l’amore. Desiderava trovare qualcuno che lo facesse sentire vivo, con le farfalle nello stomaco, il cuore a mille. Qualche donna o ragazza di corte gli faceva il filo ma, lui non voleva iniziare una storia così o almeno sapeva che prima o poi, avrebbe dovuto sentire chi fosse la persona che avrebbe fatto breccia nel suo cuore. Certe volte, quando leggeva in cortile, notava qualche servo che passava e non sapendo nemmeno lui il perché, lo fissava incuriosito. Ne rimaneva scombussolato e rapito. Comunque sapeva che sarebbe arrivato il suo grande giorno, periodo d’amore e di intontimento nel pensare alla sua metà. Ma quel momento sembrava non arrivare mai. E questo, fu la sua rovina o forse, la sua fortuna. Chi può dirlo.


¦ Roberta' space: Salve a todos! Mi chiamo Roberta, anch'io non scrivo da tanto. Ho perso l'ispirazione con l'inizio del primo anno di liceo lol. C'è una ff che non aggiorno da un casino, perciò! Però rieccomi qui, a scrivere una ff sui Crisscolfer, cosa che volevo fare da tanto...tantissimo tempo. La fonte di tutto è stata lei, Claudia. E' grazie a lei se ho ritrovato la mia vena da scrittrice, è solo grazie a lei. Che dire, è una ff da cui mi aspetto molto. Sia io che lei ci stiamo impegnando molto per scriverla, quindi sarebbe una delusione se non venisse calcolata.

Quindi, vi prego, se vi fa schifo, se c'è qualcosa che non va, se avete delle critiche, AVVISATECI.
Non ci offendiamo mica!
So, spero che vi piaccia! <3
Buona lettura.


 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. Parte I. ***


¦ Claudia' space: Eccoci qua con il primo capitolo. Ringraziamo chi ha iniziato a leggerla e a chi ha recensito, davvero, grazie.

Speriamo vi appassioni.


Piccolo spoiler: Preparate i fazzoletti e metteteveli vicini, questo capitolo è un po' triste. Sì, lo so. Mi scuso in anticipo.

~ CHAPTER I.

Part I.


"It's plain to see
That baby you're beautiful
There's nothing wrong with you
It's me
I'm a freak"



-18 Novembre, 1800, Londra.



Erano altri tempi, altri anni, altre abitudini, tutt'altra vita nella londra del 18 novembre del 1800. Un ragazzo di bell'aspetto, dai capelli ricci color nero come il carbone e gli occhi color verde e oro ambrato, camminava per le strade di quella città affollata. Il suo nome era Darren, Darren Criss.

Darren, un uomo più che ragazzo, dall'anima buona, dal nobile cuore. Un uomo, che riteneva la sua vita perfetta. Perfetta se si ritiene ''perfetta'' la vita a corte, con una grande richezza, servigi e tutto ciò che ci si può aspettare da un tipo di vita così. Era figlio di un nobile e di certo, aveva imparato che le cose e le persone fuori da quella contea, non avevano niente a che fare con tutto quel ben di dio. Suo padre glielo aveva insegnato fin da piccolo, inculcando in lui tante di quelle idee e pregiudizi da poterci scrivere un romanzo. Ma non si sentiva così, faceva quel che doveva, ma non era così. Darren era tutt'altro che questo. Era buono, credeva nell'amore, nella fede, nella passione. Si rifiutava ogni tanto di seguire tutto ciò che gli veniva chiesto così, spesso, usciva in cortile e passeggiava. Passeggiava pensando a cosa gli avrebbe riservato il futuro.
E gli venne in mente proprio quel giorno in cui era uscito dalla contea e stava passeggiando, intento a scappare da suo padre o da qualunque cosa che riguardasse il suo odio per chi non era come loro o qualsiasi cosa di imperfetto che lui facesse. Suo padre lo amava, su questo non vi erano dubbi ma, ahimè, il concetto di ''amore'' per lui, non sempre esisteva. Ricordava pochi abbracci, poche volte in cui usciva con lui a giocare e poche volte in cui ancora tutto quello che possedeva, non gli avesse dato alla testa.
Proprio quel pomeriggio, stava camminando, immerso nei suoi pensieri finchè, lo vide. Un ragazzo, con pochi meno anni di lui, stava passando. Un altro servo, chissà. Doveva fare parte della contea anche lui, ma a giudicare dai suoi vestiti, non rivestiva il suo stesso grandioso ruolo. Darren lo stava fissando, rimanendone affascinato.
I suoi capelli corti, marroni, le sue labbra carnose e appena dischiuse, i suoi occhi verdi e profondi. Pensò che tuttavia, non vi era niente di male nel rimanere attratto da una persona dell'altro sesso d'altra parte, lui stesso diceva che ci si innamorava del genere e non della persona. Ma quella volta, era diverso. Poteva rimanere ancora a fissarlo? Non era una donna. Lui sarebbe dovuto rimanere attratto da una donna, non da un uomo. Rimanere attratto dalle migliaia di donne che suo padre, gli aveva fatto conoscere, così che una di esse, gli sarebbe stata promessa in sposa. Darren, riusciva a creare un legame, ma ogni qual volta, dovevano impegnarsi o darsi il fatitico bacio, lui stesso non sentiva niente. Avrebbe dovuto sentire le scintille, l'attrazione, l'amore. E invece, rimaneva impassibile. Così, suo padre ricevendo le mille lamentele di quelle ragazze che provavano a corteggiarlo, aveva deciso di smetterla per un periodo con le presentazioni e lasciare che suo figlio crescesse ancora un po'.

«Non sei ancora pronto, posso capire. Sei ancora troppo giovane.» gli diceva.
Ma non era quello il problema. Darren lo aveva capito. Non era attratto dalle donne ma dagli uomini. Cosa che, faceva scandalo a quei tempi e che ben pochi, avevano avuto il privilegio di ammettere. Ammettere che amavano un uomo, invece che una donna. La sua sessualità, di primo impatto, non lo spaventò, lo rese un po' più a conoscenza di sè stesso. Adesso sapeva perchè rifiutava le moine delle donne. Sapeva perchè ogni volta che doveva toccarle, non ne sentiva il bisogno. Semplicemente, era così. Se stesso.
Per i primi tre mesi, aveva deciso di non dire niente a suo padre. Aveva deciso di tenerselo per sè. Non sarebbe stato poi così male, no? Suo padre l'avrebbe presa bene? Suo padre avrebbe comunque continuato ad amarlo? Tutto finì quella domenica, a pranzo. Stavano mangiando. Il silenzio si poteva percepire a mani nude. Finchè, uno dei due parlò.
«Darren, allora, che ne dici di uscire con Elizabeth, oggi? Sai, mi ha detto che sarebbe molto contenta. L'ultima volta che vi siete visti, non la avete trattata benissimo. E magari, la avete rifiutata perchè non eravate ancora pronto. Sai, forse p-»ma non finì neanche di parlare, che lui lo interruppe.
«No, padre. Non mi va, oggi preferisco stare a casa a leggere o sbrigare delle pratiche.» aveva detto deciso e serio.
«Darren, figlio mio, prima o poi dovrete accettare l'invito di una di tutte le donne che vi ho presentato. Dovrai sposarti.
Pensare a creare una famiglia.» rispose suo padre cercando di convincerlo e cercando di mantenere la calma.

«Padre, non credo che lo accetterei mai. Con il tempo, può darsi...»
«Con il tempo? Che razza di risposta è? Darren, voi oggi uscirete con Elizabeth. Ho insistito tanto e ha accettato. Fine della discussione.» rispose secco.
«No.» era deciso. Talmente deciso. Da un momento all'altro sarebbe esploso.
«DARREN, VOI SIETE MIO FIGLIO E DOVETE OBBEDIRMI. FINCHE' SARETE SOTTO QUESTO TETTO, DOVRETE PORTARMI RISPETTO E OBBEDIRMI.» si imputò suo padre alzandosi dal tavolo e puntandogli il dito contro.
Darren prese tutto il coraggio che aveva in corpo, si alzò di scatto e per un attimo pensò di dirigersi in camera sua. Non aveva più fame. Voleva restare solo. Poi, rispose.
«Non sto dicendo questo.»
«Ah no? E allora lo fate per ripicca? Lo fate per farmi del male? Sto solo cercando di-»
«No. Io non potrò mai sposare una donna, padre.»
Suo padre lo guardò strano, non riuscendo a capirlo.
«Darren, che cosa stat-»
E fu lì, che le parole gli uscirono spontanee. Quasi fossero sulla punta della lingua. Non riusciva più a tenersi tutto dentro. Doveva dire tutto. Doveva dire a suo padre chi realmente era. Chi il suo cuore veramente amava.
«Io amo gli uomini, nel modo in cui dovrei amare le donne, padre.»
Suo padre era in crisi. Sarebbe svenuto da un momento all'altro ma riuscì a trovare la forza. Disse solamente poche parole, ma bastarono per creare la fine. La fine di tutto.
«Via, fuori da questa casa.»
Un mare di lacrime cominciarono a scendere lungo il suo viso, gli occhi rossi. Non riusciva a crederci. Suo padre, l'uomo che l'aveva cresciuto lo stava rinnegando solamente perchè...perchè il suo cuore, il suo essere sè stesso aveva scelto di amare un uomo anzichè una donna.

«Padre, ti prego, p-per-» riuscì a dire con la voce strozzata.

«Via da questa casa. Andate via.»

«Papà, sono sempre io. Vostro figlio. Voi non potete, voi non-»

«Via. Non voglio più vedervi. VIA, HO DETTO!» urlò suo padre.
Con il cuore in gola, Darren era scappato da quel mondo, da quella casa, da quei ricordi, da suo padre. Adesso camminava per le vie di londra perso, senza niente, senza una meta. Non era possibile. Tutto ciò in cui viveva , era una menzogna. Suo padre non lo aveva davvero buttato fuori di casa. Non aveva davvero accettato un pregiudizio. Non aveva lasciato davvero che suo figlio si sentisse in quel modo. Darren sperava che fosse solo un sogno ma era tutto reale. Reale come il realizzare la faccia di suo padre nel momento in cui glielo aveva detto. Reale come la rabbia che scorreva nelle sue vene e nel suo cuore. Reale come la confusione che sentiva adesso. Con il cuore a pezzi, le lacrime che uscivano non ancora sazie dai suoi occhi e la sua vita in frantumi. Era davvero così sbagliato? O il mondo lo era? Si sentiva sbagliato. Si sentiva stanco. Si sentiva vuoto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


¦ Claudia' space: Ci tenevamo a ringraziare tutti, davvero. Non pensavamo di arrivare fino a questo punto.

Siete grandiosi e ci tengo a sottolinearlo, grandiosi.

Lasciatemi amarvi, per favore lol.

Voglio dedicare questo capitolo a Marika, perchè non pensavo che arrivasse a leggere questa storia, ci speravo ma mai, mai avrei pensato che si fosse interessata proprio a questa storia, alla nostra.

Grazie anche a te.
~ CHAPTER 2.

''Cause darling you are the only exception,
you are the only exception.

 and I'm on my way to believing.''



-18 Novembre, 1800, Londra.

Camminava e camminava. Non osava fermarsi un secondo di più, non voleva fermarsi a pensare a niente di quello che stava accadendo, del disastro che lui aveva combinato, perchè, era davvero colpa sua, giusto? Avrebbe dovuto rinnegare sè stesso, chi era veramente, il vero Darren per far filare tutto liscio? Per non rovinare niente? Bene, oramai quel che fatto era fatto. Non poteva più tornare indietro ma solo scappare, scappare da sè stesso. Scappare via. E scomparire, come un ricordo lontano, fusco, non chiaro.

Semplicemente si odiava, odiava suo padre, odiava il modo in cui lo aveva trattato, il modo in cui lo aveva fatto uscire dalla sua vita. Si rese conto di non essere mai stato amato veramente. Almeno un briciolo o forse neanche quello. Non si era mai sentito tanto peggio di così, nessuno lo aveva mai fatto sentire così. Si sentiva uno schifo, un errore. A quel punto, avrebbe preferito non essere nato. Un pensiero gli invase la mente, pensò al giorno in cui era nato, suo padre e sua madre gli sorridevano e lo tenevano tra le loro braccia.
Ricordò com'era bella sua madre. Quanto lei lo capisse. Quanto lo amasse e appoggiasse. E si domandò come una donna così bella, buona, sincera, potesse essersi innamorata di un uomo così astioso come suo padre. Lei c'era sempre per lui. Ricordò quando venne a mancare, quando venne quel giorno. Allora aveva solo sei anni, quando sua madre morì in quell'incidente d'auto e aveva chiesto a suo padre dove fosse. Lui, gli aveva carezzato la guancia, uno dei suoi pochi gesti che si ricordasse e gli aveva detto che lei era sempre lì con lui, nel suo cuore, che avrebbe vegliato di giorno e notte su di lui, anche se non c'era più. Quante lacrime, quanta tristezza. E fu allora che Darren si chiuse a riccio. Parlava solo con chi lo capiva, con chi riteneva degno della sua fiducia e ovviamente, tra queste persone non vi era suo padre.
Ricordò anche che quel giorno era il 18. Era il suo compleanno. Avrebbe compiuto ventuno anni. Ventuno anni che non contavano più niente ormai per lui. Nessuno avrebbe festeggiato con lui. Non avrebbe spento le candeline e tagliato la torta. Nessuno gli avrebbe fatto gli auguri. Era solo e sperava soltanto di riuscire a passare la notte. Sperava di riuscire a trovare sè stesso e a scacciare i brutti pensieri.
Stava per iniziare a piovere ma non se ne curava. In quel momento voleva solo rimanere colpito, morire. Stava morendo non fisicamente, ma dentro. Un forte vento si alzò e le chiome degli alberi cominciarono ad undulare energicamente, quasi a ritmo. Poi, il cielo si scurì e si riempì di nuvole. Darren velocizzò il passo, cercando un qualche posto per passare la notte prima che potesse venire giù un acquazzone. Sorpassò molte case, bussò ma non vi era nessuno in casa e chi vi era dentro, non lo fece entrare per paura che fosse un maniaco o un ladro. Nessuno voleva aiutarlo.


Lasciatosi alle spalle la povera donna, ricominciò la sua passeggiata. Rivolse lo sguardo alla città che c'era intorno a lui. Fra tutta quella gente, Chris notò un ragazzo. Barcollava nel freddo che si abbatteva violento su Londra. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma nel contempo pensieroso. Era un ragazzo alto, dotato di un corpo esile, fasciato da abiti eleganti e di classe magari fatti di stoffe egiziane, le preferite di Chris, o indiane. I suoi capelli erano ricci e neri, estremamente neri. Anche se era lontano riusciva a vedere il colore dei suoi occhi. Era un colore raro, che non aveva mai visto. Credeva che fossero verdi con un pizzico di color oro, che andava sul color miele. Aveva labbra carnose e serrate forse dal vento, forse dai pensieri. Rimase incantato da quello sguardo e non poteva far a meno di sentirsi attratto. Ad un tratto, cominciò a piovere. Il ragazzo corse e Chris non poté far altro che osservarlo. Ne rimase attratto, anche quando diventò fradicio. Scappò. Rischiava di essere scoperto, rischiava di essere rapito ancora una volta da quello sguardo.

Peggio di così non poteva andare. Che altro poteva succedere? Proprio mentre ci pensava, l'acqua si gettò sulla strada e sulla città con forza. Darren sentiva la pioggia bagnarlo leggero e poi più forte. Rimase un attimo fermo, cercando di godersi quell'unico momento che sempre ricordava con gioia. Amava l'odore della pioggia. Da piccolo amava starci ore ed ore, bagnandosi in cortile, ballando e cantando. Stese un minuto o forse due, a farsi inebriare dal battito, dall'acqua che bagnava la sua testa, il suo corpo.


Riprese a camminare più velocemente, ma il vento non era dalla sua parte. Più volte lo mandava indietro e più volte ci provava, più la corrente lo trascinava via. Arrivò per fino a non vedere più niente per quanto la pioggia fosse forte. Qualcosa gli andò negli occhi e definitivamente non vide più niente. Si ritrovò contro qualcosa, una pietra forse e scivolò. Realizzò dopo poco di essere steso per terra e si alzò. Non aveva niente di rotto o quasi. La sua spalla era dolorante. A pochi passi vide un portico e decise di raggiungerlo. Si sedette sullo scalino e per fortuna, quell'arco di pietra sopra, lo proteggeva dalla pioggia. Cercò di distendersi lungo la lunghezza dello scalino ma, andò a sbattere la spalla contro la porta. Un urlo di dolore si levò dalla sua bocca.


Un ragazzo, aprì la porta. Il rumore aveva attirato la sua attenzione. Il cuore quasi gli si fermò appena si rese conto della situazione. Vide quel ragazzo infreddolito, bagnato e malconcio all'entrata di casa sua. Realizzò che forse, non aveva un posto dove rifugiarsi così, si schiarì la voce.
«Ehi, volete entrare?»
Darren si voltò. Qualcuno stava parlando con lui. Qualcuno che non gli aveva chiuso la porta in faccia ma, che lo aveva notato e voleva aiutarlo. Allora non tutto era finito come pensava.
Appena Chris lo vide, qualcosa lo travolse. I suoi occhi verdi e oro ambrato tristi, il suo viso. Gli si leggeva in faccia che aveva bisogno di aiuto. Sembrava aver perso la strada di casa. Notò che teneva la mano sulla spalla, segno che gli faceva male. Ma non era ancora finita perchè cominciò a parlare.
«D-davvero?» disse incredulo e speranzoso che non stesse sognando.
«Certo, oppure volete restare là fuori a morire dal freddo e a crogiolarvi per la vostra spalla dolorante? Avanti sù, entrate dentro.» gli rispose con un grande sorriso. E che sorriso.
Okay, c'era ancora qualcuno di buono nel mondo. Darren lo aveva riconosciuto e non ne poteva essere più felice. Quel ragazzo lo aveva salvato e lo stavo ospitando in casa sua. Un ragazzo a cui non aveva dovuto rivolgersi perchè, lo aveva notato. Lo aveva visto. Darren non poteva essere più felice in quel preciso momento.

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Capitolo 4
*** Capitolo 1. Parte II. ***


~ CHAPTER 1.

Part II.

"It's plain to see 
That baby you're beautiful 
There's nothing wrong with you 
It's me 
I'm a freak"


 

-18 Novembre, 1800, Londra.

 

Un urlo. L’urlo di sua madre. Il dolore che la investì di getto, senza darle il tempo di reagire. Era un dolore nauseabondo, disperato, fisico, psicologico. Quel «Ti amo.» che le entrò dentro, meglio di qualunque medicina.

La disperazione di suo padre. Il suo sentirsi impotente davanti quella carrozza che avanzava senza potersi frenare. Non era riuscito a risparmiare la moglie, che tanto amava. Avrebbe preferito morire solo. Voleva rispettare quel «…finché morte non ci separi.» pronunciato durante quella piccola cerimonia nella chiesetta in cui si erano incontrati la prima volta. Invece il destino voleva renderli ancora più uniti, e voleva farlo mandandoli lassù, fra le nuvole, dove avrebbero potuto stare insieme in eterno e osservare la loro creatura che cresceva.

«Chris, amore, sono tuo padre! Ci manchi tanto.»

«Stai diventando un bel giovanotto, proprio come vostro padre.Vi amiamo.»

Chris si svegliò con le lacrime agli occhi, come succedeva ogni 18 Novembre. Nell’arco dell’anno non sognava mai i suoi genitori, ma ogni 18 Novembre succedeva. Lo facevano per salutarlo, per fargli i complimenti, per dimostrargli il loro amore da lassù. Ed è per questo che Chris non considerò mai i suoi genitori morti  perché anche se non c’erano fisicamente, c’erano in modo astratto. Nonostante ciò si sentiva un ragazzo fortunato anche se non possedeva molto.

Osservò il paesaggio fuori dalla finestra. Pioveva, e riusciva a sentire il freddo per via del piccolo spiraglio sotto la stessa. La luce del sole penetrava debole fra le nuvole cariche di pioggia e cercava di riscaldare quel minimo che poteva. C’erano bambini vestiti elegantemente che si proteggevano con le ampie gonne delle madri. Le donne ricche passeggiavano sui marciapiedi con graziosi ombrellini, parlando e osservando le vetrine. E qualche volta rimproveravano i bambini che sporcavano i propri vestiti costosi mettendo i piedi nelle pozzanghere. Chris osservava divertito le scene che gli si presentavano, e pensava che non fossero casuali. Credeva nel destino, ma non nelle coincidenze. Sotto ogni avvenimento c’era un insegnamento o lo stesso destino che cercava di parlare.

Si vestì e si avviò verso la cucina, dove trovo Marie che preparava le sue prelibatezze. Percepì un odorino invitante, che fece riattivare le sue papille gustative. Con un sorriso abbracciò da dietro la balia e le baciò una guancia. Marie sfoggiò un sorriso che rassicurò Chris.

«Buongiorno bambino mio! Buon compleanno!» Gli sfiorò una guancia.

«Bambino mio? Marie, adesso ho vent’anni! Grazie mille, comunque!» I due scoppiarono in una fragorosa risata, che rallegrò quella giornata triste per entrambi. A pensarci, Chris non conobbe mai l’aspetto dei suoi genitori, dato che gli si presentavano come figure scure in sogno. E Marie era l’unica che gli era rimasta. Per lui rappresentava una madre, ma anche un padre. L’aveva cresciuto bene e gli aveva insegnato ad amare le cose e le persone così, come gli si presentavano. E questo comportava anche amare se stesso. Gli aveva insegnato i valori fondamentali quali la fede, l’amore e la famiglia. La famiglia, sì, anche se era lontana. Gli aveva insegnato a credere nei sogni e nel combattere per far sì che diventino realtà. Gli  aveva insegnato a combattere contro quel mondo crudele che lo circondava e infine, gli aveva insegnato a rialzarsi ogni volta che sarebbe caduto, senza mai cedere.

«Una persona forte, è una persona che verrà sempre rispettata e invidiata perché capace di affrontare la realtà.» Osava ripetergli Marie.

 

«Come state, Chris?» Chiese la donna, retorica.

«Come ogni 18 Novembre, ma sono contento. Ho imparato ad apprezzare i miei genitori di più.» Sorrise, era la verità.

Una lacrima rigò il volto della, ormai, sessantenne. Si alzò di scatto e chiese a Chris di controllare il pentolone. Si diresse verso la sua camera da letto ed estrasse una piccola scatola di latta. Era rossa, grande e impolverata. Con un soffio mandò via la polvere.

«Che cucinate di buono?» Urlò Chris.

«Patate e carote, le vostre preferite!» Si spostò nell’altra stanza con la scatola fra le mani.

«Ah, sapete come farmi stare meglio!» Marie si avvicinò a Chris e gli porse ciò che aveva in mano. Il ragazzo la guardò con lo sguardo che chiedeva spiegazioni, ma la donna si limitò a dirgli «Apritela.»

Chris mise tutte le forze per aprire la scatola di latta, doveva essere chiusa da molto. Finalmente si aprì, liberando un nuvolone di polvere. Non appena si accorse del contenuto, si bloccò. Marie estrasse una foto.

«Vi presento John ed Anne Colfer, i vostri-»

«Genitori.» A Chris venne un brivido che gli percorse tutto il corpo. Desiderava tanto vedere le loro facce, e non sapeva che Marie avesse una loro foto.

«Perché non me l’avete mai mostrata?» Chiese.

«Ho aspettato che cresceste per poterli ammirare meglio. Somigliavano tanto a voi, sapete? Sia fisicamente che psicologicamente.» Marie cominciò a piangere.

John era alto. Aveva i capelli marroni, corti e lisci. Aveva un fisico esile, ma nello stesso tempo forte. I suoi occhi erano verdi e profondi. La sua bocca era sottile ma carnosa. Le sue braccia muscolose cingevano il bacino elegante della donna accanto, Anne. Era una donna alta e magra. I suoi capelli erano lunghi, mossi e color caramello screziati d’oro. Aveva gli occhi azzurri con un po’ di verde attorno alla pupilla. Aveva labbra color corallo e carnose. Le piccole mani fragili si intrecciavano con quelle del marito, un po’ più forti e grandi. Dai loro visi sorridenti si percepiva l’amore che li legava, lo stesso amore che fece nascere Chris.

«Vostra madre era innamorata di voi, quasi di più quanto lo fosse vostro padre. Era una donna straordinaria, aveva i piedi per terra. La sua dolcezza era sconfinata, così come l’amore che provava per suo marito. Come tutti però, anche lei aveva i suoi difetti; se la giornata cominciava male, era la fine. Stava con il broncio fin quando andava a dormire. Ma era in prevalenza umile, anche con chi le faceva del male. Ah, era anche una donna dalla bellezza rara. Voi le somigliate tanto.» Spiegò Marie con la voce spezzata.

Chris sorrise immaginandosi sua mamma quando faceva il broncio. Marie aveva ragione, si sentiva simile a lei.

«E mio padre invece?»

«Vostro padre? Ah, vostro padre era un grande uomo, un gran lavoratore. Ogni sera tornava a casa sfinito ma felice, perché aveva guadagnato ciò che bastava a tirare avanti la sua famiglia. Ma del resto aveva il suo caratterino. Era determinato, forte ma dolce. Amava sua moglie ogni giorno di più come se dovesse essere l’ultimo. Ma amava anche voi. Eravate la sua felicità, la sua soddisfazione.» Marie si fiondò su Chris, e lo abbracciò. Chris, dal canto suo, ricambiò, commosso. Somigliava veramente ai suoi genitori e ne andava fiero. Baciò Marie su una guancia e la coccolò, finché non  si sentì meglio.

A quel punto decise di uscire. Afferrò il giaccone appeso cucito da Marie, e lo indossò. Passò davanti un grande specchio e osservò il suo riflesso. I capelli corti e marroni erano scompigliati. I suoi occhi verdi erano arrossati dal pianto. Il fisico esile era fasciato da quel giaccone che lo faceva sembrare di una stazza superiore. Le labbra erano più colorite del solito però. La sua immagine gli piaceva. Era il frutto di un incrocio fra due persone che si amavano ardentemente e il risultato non poteva che essere perfetto.

«Marie, esco!» Urlò, per far si che la donna sentisse.

«Tornate presto!» Chris sorrise e aprì la grande porta di legno. Subito fu investito da una folata di vento gelido che lo paralizzò e che lo costrinse a serrare gli occhi. Appena li riaprì si accorse che la pioggia era cessata e che adesso rimanevano delle pozzanghere ai lati della strada, sui marciapiedi e sugli alberi. Ogni tanto un uccellino lasciava il suo nido, muovendo le foglie che facevano precipitare qualche goccia giù. Era una scena del tutto divertente, se si pensa che un esserino così piccolo sia capace di muovere una cosa leggermente più grande di lui.

Chris prese a camminare. Si infilò le mani in tasca e cominciò a vagare per le strade di Londra, per prendere una boccata d’aria, pensare un po’ e osservare la gente. A Chris piaceva tanto farlo perché ogni persona era diversa. Ogni persona aveva occhi diversi che raccontavano storie diverse e variopinte, infatti si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima.

A spezzare i suoi pensieri fu qualcosa che ostacolò il suo cammino. Ma era qualcosa più bassa di lui. Abbassò lo sguardo. Un bambino biondo e con gli occhi azzurri lo osservava con uno sguardo curioso, lo sguardo di tutti i bambini più o meno.

«Salve piccolo, qual è il vostro nome?» Gli chiese Chris porgendogli una mano.

«Jack, stai attenti!» Una donna gli venne incontro, allungando la mano destra, dato che con l’altra teneva una bambina, anch’essa bionda e con gli occhi azzurri.

«Oh, signore, la prego di scusare mio figlio. E’ così irresponsabile! Su Jack, chiedi scusa al signore!» La donna lo guardò mortificata. Era una donna stanca della vita. Aveva un marito che non la amava e dei figli che non riusciva a controllare. Cercava qualcuno che la salvasse. Questo capì Chris, osservando il suo sguardo.

«Mi scusi, signore…» Sussurrò il bambino con una mano davanti la bocca.

«Scuse accettate, piccolo. Sono cose che capitano, non è mica la fine del mondo.» Sorrise al bambino e alla madre, che si allontanò guardandolo strano e sussurrando un debole «Grazie, scusi per il disturbo che le abbiamo procurato.»

Ah, le donne. Non le aveva mai capite e nemmeno ci aveva mai provato. Ma non lo faceva di sua volontà, proprio non ci riusciva. Pensava di avere un problema, ma non sapeva quale fosse. Così all’età di sedici anni provò ad avere una relazione con una ragazza conosciuta al mercato. La cosa durò più o meno, cinque giorni. Chris non riusciva a relazionarsi bene con lei. Non riusciva a fare ciò che un normale fidanzato faceva. Quando doveva baciarla, non provava nulla. Anzi, lo disgustava. A toccarla non ci pensava nemmeno, lo disgustava ancora di più dover toccare il corpo di una sconosciuta. Così era arrivato alla conclusione più ovvia: amava gli uomini. A quei tempi era un vero scandalo. Esistevano persone come lui? Probabilmente non si sarebbe mai saputo, dato che renderlo pubblico equivaleva quasi alla decapitazione. Perciò si sarebbe sentito solo e diverso per il resto della vita. E si era rassegnato.

Lasciatosi alle spalle la povera donna, ricominciò la sua passeggiata. Rivolse lo sguardo alla grande contea al confine della città. Quella si che poteva essere chiamata casa. Grande, lussuosa, accogliente nella sua immensità, piena di colori e stoffe diverse che raccontavano le storie di paesi sconosciuti. Giardini enormi, con tutti i tipi di piante, odori e colori. Lì dentro c’erano tante persone umili con cui convivere e tanto cibo, tanto quanto bastava a sfamare l’intera nazione.

Fuori da quei grandi cancelli, Chris notò un ragazzo. Barcollava nel freddo che si abbatteva violento su Londra. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma nel contempo pensieroso. Era un ragazzo alto, dotato di un corpo esile, fasciato da abiti eleganti e di classe magari fatti di stoffe egiziane, le preferite di Chris, o indiane. I suoi capelli erano ricci e neri, estremamente neri. Anche se era lontano riusciva a vedere il colore dei suoi occhi. Era un colore raro, che non aveva mai visto. Credeva che fossero verdi con un pizzico di color oro, che andava sul color miele. Aveva labbra carnose e serrate forse dal vento, forse dai pensieri. Rimase incantato da quello sguardo e non poteva far a meno di sentirsi attratto. Ad un tratto, cominciò a piovere. Il ragazzo corse e Chris non poté far altro che osservarlo. Ne rimase attratto, anche quando diventò fradicio. Scappò. Rischiava di essere scoperto, rischiava di essere rapito ancora una volta da quello sguardo.

 
Mentre tornava a casa, si fermò davanti una bottega di fiori. Con quei pochi spiccioli in tasca, comprò un mazzo di rose rosse e bianche alla sua amata balia Marie. Ogni tanto, doveva pure soddisfarla. Ne odorò il profumo e riprese la via di casa. Una volta arrivato, bussò. Nascose le rose dietro le spalle e appena Marie aprì la porta, gliele porse con un sorriso. La donna le accolse con una grande risata e corse in cucina a preparare un vaso in cui metterle.




¦ Roberta' space:
Permettetemi solamente di AMARVI, okay? Siete stati meravigliosi. MERAVIGLIOSI. E io non esagero mai, credetemi. Il prologo è andato alla grande, solo per merito vostro. Avete invogliato sia me che quella testa di carota di Claudia (ti voglio bene, ya) a continuare. Sì.
Abbiamo diviso questo capitolo in due parti perché, mentre scrivevo questa parte, non mi sono accorta di essermi prolungata troppo lol. Perciò, dopo che Claudia si è messa le mani nei capelli, abbiamo deciso di dividerla.
Niente, spero vi piaccia. Ci ho messo davvero tanto a scriverla, non è niente di che.
Ascoltate musica mentre leggete!
Baci.

PS. Se volete, cercatemi su twitter, sono @darrensperfume (
https://twitter.com/darrensperfume)
PPS. Claudia è @Guglielmina98 (
https://twitter.com/Guglielmina98)

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 3. ***


¦ Claudia' space: Eh rieccoci qui, con l'aggiornamento, yee.

Prima di leggere, vi volevo soltanto avvertire che io e rob stiamo dando di matto.

Really.

Grazie per le visualizzazioni e per aver notato la storia.

Ora vi lascio alla lettura e vi avverto che il prossimo aggiornamento sarà di rob. :3
                                                                                                                                                           

  ~ Chapter 3.

''I can tell you there's no place we couldn't go 
Just put your hand on the past 
I'm here tryin' to pull you through 
You just gotta be strong.''


-18 Novembre, 1800, Londra.
 

Appena il ragazzo lo fece entrare dentro, Darren si sentì meglio. Era una piccola casa, ma accogliente. Mobili in legno, tende ricamate e un grande tavolo al centro con un piccolo vaso di fiori sopra. Chris lo aiutò a sedersi e subito, si diresse in un'altra camera per portagli una coperta o qualcosa che lo coprisse. Stava tremando. Allora, il ragazzo si avvicinò al piccolo camino che vi era dietro il tavolo e lo accese. Ecco, già così andava molto meglio. Ci fu un attimo di silenzio. Darren osservava la casa in ogni minimo dettaglio. I divani color cuoio e due piccoli cuscini affianco ad ogni braccio. Però, non durò molto perchè Chris cominciò a parlare.
«Allora, che cosa vi porta qui? Perchè eravate là fuori in mezzo a questo brutto tempo?» disse sperando in una risposta. Okay, forse aveva esagerato, forse non erano fatti suoi ma a giudicare dallo sguardo che poco prima aveva visto nei suoi occhi, c'era qualcosa che non andava.
 
Darren alzò lo sguardo. Di fronte a sè, due occhi azzurri color diamante lo stavano guardando, intristiti. I più bei occhi che avesse mai visto, pensò. Davvero qualcuno si stava interessando a lui? A quello che era successo? Eppure esitò un attimo prima di parlare. Non sapeva chi fosse, non lo conosceva neanche. Decise allora, di non dire la verità. Non lo avrebbe più rivisto e l'unica cosa che voleva in quel momento è che qualcuno provasse pietà per lui.
«Mi sono perso e così, stavo cercando di ritornare a casa ma questo brutto tempo non me lo ha permesso.» disse cercando di essere il più credibile possibile.
«Di solito, c'è il sole. Di rado capita un tempo così.» disse Chris andando a chiudere le tende alla finestra. Poi, rivolse ancora lo sguardo a quello strano ragazzo. Dopo tutto, aveva i suoi buoni motivi per non fidarsi o no? Poteva essere anche la verità però.. quello sguardo non gli stava dicendo questo, quando lo aveva visto fuori al freddo.
«Se volete, potete restare qui fino a quando non cessa.» gli rivolse un grande sorriso. 
Darren credeva fosse un angelo o chissà quale santo in quell'istante. Non lo avrebbe ringraziato abbastanza.
«Oh, g-grazie.» mostrò un piccolo sorriso e poi continuò. 
«Ma non voglio recare disturbo, non-»
«Non preoccupartevi, davvero. Per me va bene se restate finchè non scampa, insomma, rischiereste di ferirvi l'altra spalla.» disse storcendo un po' il naso.
Darren si voltò verso la sua povera spalla dolorante. Non credeva di essersela rotta. 
«Ah, questa..beh..credo che il dolore sia sopportabile, forse.» disse titubante.
Chris si avvicinò un po' più a lui e si sedette vicino.
«Uhm, dov'è che vi fa male, esattamente?» gli chiese.
Darren titubò. Okay, non gli dava l'impressione che fosse un medico. O un dottore. 
«Ehi, non voglio accoltellartvi o rinchiudervi nello sgabbuzzino...» disse con un tono scherzoso. Darren emise una piccola risata. Quel sorriso. Chris era riuscito a farlo sorridere, che progressi. Era raggiante, luminoso. Poi continuò.
«Voglio solo aiutartvi.» gli disse.
«O-okay.» 
Darren spostò un po' la parte alta della maglia. 
«Okay, adesso vediamo un po'...» Chris cominciò a tastare un po' la parte indolenzita.
«Qui, fa male?» chiese.
«S-sì.»
«Okay, so cosa ci vuole. Aspettate qui un minuto.»
 
Chris si alzò e andò in cucina. Un rumore di pentole, padelle si levò fin dentro la piccola stanza. Dopo qualche minuto, si ripresentò con una piccola boccetta con dentro qualcosa. Un unguento forse.
Tieni, spalmaci questo e vedrai che sparirà il dolore.» fece per dargli la boccetta ma Darren ancora, non ne era sicuro.
« Non voglio avvelenarvi, tranquillo.» rise. 
E che risata. Era simile a quella di un bambino o giù di lì. Poteva continuare a non fidarsi? O almeno, poteva non fidarsi di qualcuno che lo aveva ospitato in casa durante una quasi tempesta di pioggia e gli stava dando qualcosa per curare la sua spalla? Allungò il braccio e la prese. 
« G-grazie.» seppe dire.
Figuratevi.» gli disse rincuorato che stesse meglio o che almeno, si fosse fidato un po' più di lui. Poi, la sua curiosità venne fuori. Non lo aveva mai visto da quelle parti. O almeno credeva.
« Siete nuovo del quartiere? Non vi ho mai visto da queste parti.»disse con un filino di troppa curiosità.
Darren stava pensando di raccontare qualcosa. Almeno un accenno. Ma non credeva fosse la cosa giusta in fondo, chi non giudicava un reale o un principe come lui? Principe, che parolone. Lui non si sentiva così. Era normale e odiava il modo in cui veniva etichettato. Odiava il mondo e basta.
« No, abito un po' più lontano però, conosco bene anche questo quartiere. Tra le varie faccende o spese per la mia famiglia, qualche volta passo.» disse ricredendosi di quanto suonasse vera la cosa che aveva appena detto anche se in realtà, non era la verità.
Chris non sapeva che dire. Quel tono era credibile ma, poteva un ragazzo passato qualche volta perdersi se conosceva almeno un po' le strade? Beh, non erano affar suoi e poi non lo avrebbe più rivisto perciò.
« Oh, capisco.» sorrise un po', mentre ritornava in cucina.
 
Poi ritornò con una ciotola e una brocca d'acqua. Dentro la ciotola vi erano delle patate, un po' di verdure e pomodori. Era con un motivo ad onda che si adattava benissimo alla terracotta di cui era fatta. 
« Avrete fame. Sentitevi libero di mangiare, se volete.» disse sempre con un sorriso.
Darren giurò che era qualcosa di assurdo. Prima lo aveva ospitato dentro, poi aveva trovato rimedio per il suo dolore e adesso lo stava anche sfamando? Adesso era davvero sicuro che fosse un angelo. Ovviamente, non potè tirarsi indietro, il suo stomaco brontolava e gli era venuta fame dopo aver camminato per ore al freddo, sotto la pioggia. 
« Grazie.» disse avvicinando la ciotola e la brocca.
Anche la curiosità però fece capolino nella sua mente. Non sapeva ancora quale fosse il suo nome. Il nome di quell'angelo che lo aveva aiutato.
« Non so, come...davvero grazie ancora.»
« Non è niente di che, davvero. Però ancora, non mi avete detto come vi chiamate.»
Ecco, adesso avrebbe avuto l'opportunità di sapere il nome del suo salvatore.
« Darren, Darren Criss.»
« Piacere, Chris. Chris Colfer.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 4. ***





~ CHAPTER 4.

"Who do you think you are,

To steal my lust from me

Only the barber would tell me what's right so
Who do you
Who do you think you are
To steal my lust from me
I stand it just au claire de lune
As soon as I'm done with you"


Dieci minuti o forse di meno erano passati da quando la pioggia non batteva più sulle case, sulla strada. Dieci minuti da quando Darren aveva incontrato chi l'aveva salvato da tutto quello, Chris. Solamente una cosa riusciva a chiedersi, perché? Perché lui? Perché aveva deciso di accogliere uno sconosciuto in casa anziché lasciarlo fuori al freddo e non pensando che fosse una qualche specie di malintenzionato? Al mondo c'era ancora qualcuno con un cuore, che bello. Camminava con le mani nelle tasche, sempre senza una meta ma con un pensiero fisso. Quel ragazzo. La felicità che aveva negli occhi era qualcosa che lui non sentiva fino a poco prima di averlo incontrato. Non la sentiva da quando era cresciuto. La felicità di quando aveva sei anni, di quando era solo un bambino. Forse perché, qualcuno si era preoccupato di nuovo per lui, di come sentiva il mondo cadergli addosso, cosa che non succedeva da molto tempo.

E così rieccolo, in mezzo a strade e strade senza un posto dove andare, da raggiungere. Ma non tutto andava così male, perché a tenergli compagnia adesso, c'era la musica. Da un negozio proveniva una dolce melodia. Un piano. E un uomo. Darren amava la musica. Ricordava la prima volta che aveva iniziato a sentirla, era piccolo e sua madre aveva un piccolo carillon che attivava ogni qual volta finiva perché, lui non voleva che smettesse. Perché era bella. Perché ti trascinavava via con sé, in un altro mondo, fuori da tutto e da tutti. Solo musica. Col tempo, aveva preso delle lezioni e se ne era perdutamente innamorato. Era un'altra cosa che lo faceva sentire bene oltre alla pioggia.

Di certo, se avrebbe continuato a camminare, non sarebbe arrivato a domani. I piedi gli facevano male. Così, trovo un angolino. Una panchina. Guardava i passanti, pensando ogni tanto a come sarebbe potuta essere la sua vita se solamente non fosse stato così. Anzi, no. Lui era sé stesso. Andava bene così. E allora perché si sentiva come un rifiuto? Ad un tratto la sua visuale cambiò, una donna dai capelli grigi, rughe e una casacca color pervinca, gli si era piombata davanti. Gli occhi quasi violacei, i capelli raccolti e uno strano sorriso stampato in faccia. E ancora non era niente, la sua voce era un misto tra una strega e una signora anziana, ormai avanti con l'età. Darren non si sentiva molto al sicuro.

Durante il suo cammino ne aveva incontrati di occhi e anche belli, ma non gli era mai parso di averne visti come questi. Avevano qualcosa di affascinante ma nel frattempo sembravano minacciosi, pronti a risucchiarti in chissà quale posto malefico. 

«Con i tempi che corrono, esistono ancora giovanotti come voi che vagano per le strade di Londra con questo tempaccio?» Darren fece un passo indietro, spaventato. La vecchietta puzzava di cibo avariato e l'odore gli stava dando alla testa. Mise un indice sotto la punta del naso, cercando di non inalare quell'odore. 

«Come mai non parlate? Il gatto vi ha forse mangiato la lingua?» Sembrava ancora più minacciosa di prima. Aggrottando le sopracciglia, il ragazzo balzò indietro, ma si pietrificò quando si accorse che dietro aveva un muro di mattoni rossi. Darren chiuse gli occhi e desiderò tornare in quella casa piccola ma accogliente, da quel ragazzo... Chris, che lo salvò dalla grinfie del maltempo e che gli curò la spalla dolorante. Ma quando li riaprì, i suoi occhi si incontrarono con quelli viola della vecchietta che sembrava più vicina. 

«Qual è il vostro nome, giovanotto?» La sua voce era pungente come il vento durante una tempesta di neve, era peggio di un sibilo dentro le orecchie. Serrò le labbra ma poi, decise di parlare. 

«Il mio nome è Darren, Darren Criss.» disse. Osservò la gente che passava, sperando che quella situazione avesse attirato l'attenzione. Ma niente, nessuno sembrava rendersene conto. Darren pensò quindi di essere preda di allucinazioni, lui non era abituato a scappare di casa, così, senza uno spicciolo in tasca e senza un meta. Stava capitando tutto troppo in fretta e non andava bene. 

«Come siete arrivati a pagare come dei buoni a nulla, voi che avete tutto?» Già, voi che avevate tutto. A Darren venne una fitta al cuore, mentre ricordava la discussione avuta con il padre. L'inizio di tutto. Non era riuscito a trattenersi, le parole gli erano uscite come una palla che aveva lasciato il cannone. 

«Sono stato cacciato da mio padre. Non ho più nulla. Mi trovo a vagare come un vagabondo. In cerca di un po' di fortuna. Ma so che trovarla sarà un impresa, dato che nessuno ha voglia di aiutare una persona come me, ricca...anzi, che lo è stata.» Abbassò il capo in segno di sconfitta. Era solo colpa sua. Aveva voglia di rimettere. Aveva voglia di gettare via i propri sensi di colpa. E lasciarli al loro destino. La vecchietta si allontanò un po' e abbassò lo sguardo. Pochi minuti dopo lo alzò incontrando quello perso di Darren e riprese a parlare. 

«Avete l'anima buona, sapete? Vi va di fare uno scambio?»

«Che tipo di scambio?» Darren incominciò a preoccuparsi. Una donna che ti piomba davanti nel bel mezzo del cammino, che si presenta nel suo peggiore dei modi, non può che proporre uno scambio maligno, rude e macabro. 

«Vi prometterò, una vita lussuosa solo se in cambio avrò metà della vostra anima.» Il ragazzo sentì un brivido che gli percosse tutto il corpo. Deglutì. 

«Che vuol dire, metà della vostra anima?»

«Vuol dire che metà della vostra anima andrà a me, mentre l'altra verrà sottomessa dall'anima di un vecchio uomo.»
Darren diventò pallido. Poteva mai vendere la sua anima in cambio di una vita lussuosa? Poteva, la sua anima, essere all'altezza del lusso? Non lo sapeva, ma sapeva che suo padre non gli avrebbe mai permesso di tornare a casa. Per ora tutto quello che vedeva nel suo futuro era miseria, povertà e rovina. La parte di sé che voleva salvarsi lo spingeva ad accettare e prevaleva sull'altra. Ma vendere metà della propria anima, doveva essere qualcosa di serio. 

«Va bene, accetto.» Le parole gli uscirono controvoglia. Vide il viso della vecchietta rallegrarsi e tornare serio in un battito di ciglia.

«Volete un minuto per pensarci oppure accettate?» Voleva scappare, da quella situazione. Le avrebbe detto che non era ancora pronto e l'avrebbe congedata in fretta. Era sicuro che non avrebbe più rivisto quella vecchietta, Londra era troppo grande.

«Se non vi dispiace vorrei un po' per pensarci. Vi porgo i miei più cordiali saluti, a presto.» Si liberò da quella visuale e riprese a camminare per le vie della città. Senza accorgersene si era già fatto tardi e il sole cominciava a tramontare lasciando il posto all'oscurità. Le strade annunciavano ad illuminarsi grazie a lanterne messe qua e là sui marciapiedi. I vicini diventano sempre più oscuri e minacciosi di quanto non lo fossero di giorno. Camminava con le mani in tasca e con lo sguardo perso nel vuoto. Pensava a tutto quello in cui si era cacciato, pensava che tuttavia non doveva essere così tragica come situazione. Stava esplorando posti che non aveva mai visto, dato che non usciva mai dalla contea. Partecipava ad alcune visite guidate con sua mamma, ma era troppo piccolo per catturare ogni dettaglio dei posti che visitava.




¦ Roberta' space:
Sapete, non sarei mai arrivata a pensare che il giallo fosse un bel colore. Mi uccide guardarlo per troppo tempo, e non riesco a tollerarlo. Per niente. Ma questa tonalità ha fatto breccia nel mio cuore <3

Salve salvino, lettorini *feel like Flanders*
Come state? Spero bene :3

Inizio col dirvi GRAZIE.
Sì, grazie per le recensioni e per l'alto numero delle visualizzazioni. Siete tutta la nostra vita, e senza di voi questa ff non avrebbe vita! Continuate così, ci date una carica assurda e ci spingete a scrivere ancora e ancora <3<3
Io e Claudia non abbiamo fatto che sclerare come due malate mentali AHAHAH
(PS. Avete il numero di un manicomio?)
QUESTO CAPITOLO, LO DEDICHIAMO A TUTTI VOI.

BTW, torniamo a noi!
Questo capitolo mi piace tanto tanto tanto. Scriverlo mi ha entusiasmato e mi ha fatto divertire. Immaginare Darren con quella vecchietta è uno spasso AHAHAHAH.
L'abbiamo scritto in due so, GRACIAS CLAUDIA, MI BONITA <3
Un "grazie" speciale, va al regista di Harry Potter (di cui non ricordo nulla, nemmeno il nome) e a J. K. Rowling per avermi prestato il loro muro stile Diagon Alley, a cui mi sono ispirata per la scena della vecchia psicopatica e del giovane vagabondo lol.

Credo che non ci sia altro da dire...ah, buona lettura!



«Ah, che bello!»
«AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH, no Roberta, sei seria?»
«Ma che...Darren, sei tu?»
«Sì, idiota.»
«Portami rispetto, Everett.»
«Come faccio a portare rispetto ad una scrittrice che scrive "buona lettura" alla fine del capitolo? AHAHAH»
«Ehi, come osi? Guarda che non sono l'unica a farlo!»
«Idiozie.»
«Sparisci.»
«No.»
«ADESSO. Lo sai che mi fai produrre ormoni in quantità maggiore quando sei con me, lo sai vero?»
«Lo so, tesoro mio.»
«Appunto, sparisci, ho detto. Cristo, che caldo che c'è qui.»
«Già, non trovi? Forse è meglio se io mi scrolli di dosso questi abiti.»
«NO. NON FARLO.»
«Ma come cazzo mi hai conciato?»
«Come un nobile gentiluomo dell'ottocento. EDUCATO.»
«Cristo, ma come si fa non sciogliersi qui dentro?»
«Ecco, a che ci sei, EVAPORA.»
«Ma come sei scontrosa!»
«DARREN!»
«ROBERTA!»
«CHRIS!»
«Non pronunciare quel...nome. Adesso fa più caldo.»
«SPARISCI, OPPURE FACCIO MORIRE CHRIS COME I SUOI GENITORI.»
«...Sai che ti dico? Ho delle cose da fare. Addio.»
«Non tornare per cinque ore. Dammi un po' di tregua.»
«Mai.»






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Capitolo 7
*** Capitolo 5. ***


~ CHAPTER 4.

''I'd come for you no one but you,
I'd come for you but
only if you told me to
I'd fight for you, I'd lie, it's true
Give my life for you''


 
Chris era rimasto spiazzato da quello che era appena successo. Quel ragazzo non poteva essere di quelle parti, i suoi vestiti erano troppo pregiati, troppo costosi per far sì che fosse un povero, proprio come lui. E poi, il suo sguardo. Quello sguardo perso, smarrito, come di chi è stato abbandonato e lasciato al suo destino. Non poteva avergli detto la verità, era impossibile. Malconcio, bagnato. No, semplicemente non aveva voluto dirgli quello che veramente gli era successo e aveva ragione. Non lo conosceva, non poteva fidarsi del primo che lo ospitava a casa. E allora, perchè gli importava così tanto? Non lo avrebbe più rivisto in fondo.                                                                                                  
Marie, uscì dalla camera da letto. Aveva i capelli raccolti in una treccia, indossava una veste da notte e delle pantofole di lana ai piedi. Appena entrò nel soggiorno, capì che qualcosa non andava. Chris era seduto su quel divano piccolo, a sorseggiare una camomilla fumante e a pensare costantemente a qualcosa, chissà cosa con uno sguardo triste dipinto sul volto. Gli si avvicinò, sedendoglisi accanto portando le mani alle ginocchia e cercando di attirare la sua attenzione.
                                                                                                           
«Ehm, ehm.
» disse, alzando un po' la voce. Chris emise una piccola risata e si voltò dolcemente verso di lei.                                                
 
«Marie, non c'è bisogno che fai così per parlarmi o dirmi qualcosa, lo sai. Che cosa devi dirmi?» disse con un tono più allegro.                                                                                                 
 
«Che devi dirmi tu, semmai.» usò un tono accusatorio ma nel contempo materno.                                                                    

«Niente, perchè?» cercò di essere il più credibile possibile, abbozzando un grande sorriso finto. Marie mostrò uno sguardo da ''non ci credo'', le sopracciglia appena sollevate quasi fino a toccare la fronte. Niente le sfuggiva, era inutile. Poteva anche dirgli tante bazzecole ma, non se le sarebbe mai bevute.                                           
Sapeva quando Chris stava male, quando qualcosa non andava nel verso giusto. Era successo qualcosa che lei non sapeva e prima o poi, lo avrebbe scoperto. Chris d'altra parte, sapeva che non avrebbe potuto nasconderle niente, non riusciva a tenersi proprio tutto dentro, lei lo aveva cresciuto, allattato, era stata lei ad avergli insegnato come andava la vita, la donna che gli dava sempre dei consigli. Era diventata il suo punto di riferimento. Lei gli aveva detto la verità sui suoi genitori quando ancora era molto piccolo. Certo, aveva sofferto, pianto chissà quante notti fra le sue braccia ma un giorno, mentre lei era in cucina a preparare il pranzo, lui le si era avvicinato e le aveva detto:                                                                                                                                                

«Non mi importa, tu sei la mia vera mamma per me. La sola e l'unica.» e dopo si erano sciolti e uniti in un abbraccio commuovente. La considerava la mamma che non aveva mai avuto. Così, lei gli prese teneramente le mani e Chris le raccontò tutto.
 
                                                                                          **
 
 
«Ma sei sicuro che fosse di qui?» le domandò Marie.                                                   
«A dire la verità, lo pensavo anch'io o almeno, ci avevo creduto ma era troppo strano. I suoi vestiti erano troppo..
come dire..non da gente come noi e il suo sguardo poi...
» disse sospirando.                               
Marie strabbuzzò gli occhi. La curiosità la stava divorando.                         

«Il suo sguardo?» disse con un tono stupito.                                  
 
Chris si interruppe un attimo, l'immagine di quel ragazzo era ancora impressa nella sua mente.                                                                              

«Chris, amore, ehi!» lo strattonò lei.                                                            

«S-sì, scusami.» rispose.                                                                                                

Marie non lo aveva mai visto così assorto, pensieroso.                                
«Mi stavate parlando del suo sguardo...» disse con un sorriso.                                      
 
«Oh, beh...era triste ma, sono risciuto per un momento a farlo sorridere...era raggiante, bellissimo...  »                                                                       
 
Lui continuò a parlare e Marie più lo ascoltava, più ne rimaneva colpita. Sapeva cosa stava succedendo.
E non riusciva a non sorridere.



 

¦ Claudia' space: Stavolta scrivo qui sotto.

Che dire se non grazie ancora. Lo so, stiamo diventando ripetitive quindi, questo era l'ultimo, forse.

Mi appassionava l'idea di Chris che si confidava con Marie, anche perchè, Marie ha capito tutto.

Anche qualcosa di troppo che si leggeva tra le righe.

E Darren? Che fine avrà fatto?

Al prossimo capitolo.

Piccolo spoiler: Darren decide di dare una svolta alla
sua vita.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6. ***


¦ Roberta' space: Per evitare che Darren rida di me, vi auguro buona lettura, prima del capitolo!
Ci vediamo giù, a dopo c:



~ CHAPTER 6.

“Everywhere we go
We're lookin' for the sun.
Nowhere to grow old.
We're always on the run.
They say we'll rot in Hell
But I don't think we will.
They've branded us enough
Outlaws of love.”

Sinceramente, non stava capendo niente. Si stava sforzando di capirci qualcosa ma niente. Non sapeva cosa fare. Una cosa però, gli venne d'istinto. Darren aveva fatto l'unica cosa che pensava fosse giusta in quel preciso istante: scappare. Dovunque andiamo, si è sempre in cerca del sole, nessun posto dove crescere, invecchiare, si è sempre in corsa, in fuga. Si sentiva esattamente così. Corse velocemente dalla parte opposta rispetto a quella dell'anziana signora che poco prima aveva detto un mare di fandonie su uno strano sortilegio. O una cosa simile. Perché tutto il mondo ce la aveva con lui? Non potevano semplicemente lasciarlo in pace? Nessuno ne avrebbe sofferto. Lo aveva solo preso in giro, era così. Era facile prendersi gioco di lui, di qualcuno che per caso passava di lì o era seduto su una semplice panchina non desideroso di raccontare quanto la sua vita facesse schifo o non andasse alle stelle. Desiderava solo essere qualcuno, avere almeno qualcosa, essere in un posto al sicuro, tornare ad avere una vita decente perlomeno. 
Come qualche ora prima, girovagava di nuovo. Eppure, quella signora non aveva voglia di prenderlo in giro. Il suo viso era tremendamente spaventoso, sì, ma, quale motivo avrebbe dovuto avere per prenderlo in giro? Che cosa avrebbe ottenuto? Era seria quando parlava di riuscire a possedere qualcosa in cambio della sua anima? E se avesse voluto quel qualcosa, almeno, se avesse voluto far parte di un universo parallelo diverso ma con qualcosa? Era confuso, mille volte peggio di prima. Non capiva perchè proprio lui. La notte si stava facendo fredda. Le lanterne della città accese ma ancora per poco, il rumore delle macchine ma tutto questo è come se non esisteva perchè dentro, c'era il silenzio. Il nulla. Ancora una volta smarrito, in attesa di una svolta. Certo, qualcosa lo aveva scosso. Quella signora gli stava dando la possibilità di ricostruirsi una vita, di poter far sì che non ci fosse più tutto quel peso addosso a lui. Corse forte e riconobbe la stessa strada in cui prima gli era apparsa quella strana signora. Decise che sì, quella svolta sarebbe arrivata. Lo voleva. Tanto. Più di qualsiasi altra cosa, voleva dimenticarsi la sua ''vita'' e tutto quello che aveva dovuto passare. Non trovò quello che cercava. Avrebbe dormito lì. Doveva dare una svolta e lo avrebbe fatto domani. O dopodomani. Non gli importava. Sarebbe ritornata, lo sentiva. Si accucciò su quella panchina, tremando un po' e trovando fortunatamente accoglienza fra le braccia di Morfeo.

Il sole si alzò alto nel cielo, era abbagliante, così tanto che Darren non ci mise un neanche un secondo a capire che era mattina. Non si svegliò subito, anzi, rimase ancora disteso. Era ancora rannicchiato e qualcosa gli diceva che quel giorno, avrebbe ripagato tutti i quei giorni di solitudine, girovagare e camminare. Solo una cosa però, non rientrava in tutto quella rovina: Chris. Non sapeva come mai ma, quel ragazzo, non se ne era ancora andato dalla sua testa. Non voleva proprio uscirne. I raggi potenti e caldi del sole, lo costrinsero ad aprire gli occhi. Troppo per lui da sopportare. Si mosse lentamente sull'altro piccolo lato della panchina e cominciò a stropicciarsi gli occhi e a stiracchiarsi. Il suo sguardo si rivolse al cielo. C'erano le nuvole. Nessun segno di pioggia. Solo tanto azzurro quasi come un mare. Come gli occhi di qualcuno che aveva già incontrato. Le strade ancora semivuote, c'era la quiete assoluta. Ma non poteva restare lì, doveva andare a mettere qualcosa sotto i denti sennò sarebbe svenuto. Ricordò di non avere un soldo con sé. Spinsè con un piede una pietra lì vicina. Sarebbe rimasto digiuno anche quel giorno. O forse no. Cercò di spingere un'altra pietra ma, non ne aveva la forma. Era piatta, rettangolare. Con la faccia della regina Vittoria stampata sopra. Dieci sterline. Allungò un po' la mano e la raccolse. Sì, quel giorno non ci sarebbe stato nessun brutto segno, pensò.

Dopo un bicchiere di latte caldo e un piccolo croissant messo sotto i denti, si era recato alla sua postazione, dove aveva passato la notte e aspettava. Aspettava e ne sarebbe valsa la pena. Quella signora si sarebbe ripresentata. Ci poteva scommettere tutto. In lontananza vide una piccola figura farsi sempre più grande, sempre più vicina a lui. Capelli raccolti, occhi violacei, casacca color pervinca...sì, era lei. Si stava avvicinando. Lo aveva riconosciuto. Ma prima che potesse parlare, lui la anticipò.
«Accetto il vostro scambio. Sono stanco di vivere così, stanco di sentirmi come un rifiuto, stanco di vagare per le strade notte e giorno senza un pensiero se non quello di morire da un giorno all'altro.» disse con la voce un po' tremante al solo pensiero di rimanere bloccato in quei pochi gesti, in quella disgrazia per tutta la vita. Anche un po' di tristezza si aggiunse al suo tono.
«Oh, mi fa piacere che vi siate ricreduto, giovanotto.» disse abbozzando un sorriso. Per un attimo, non era così spaventosa ma si ricredette quando si rifece di nuovo seria e un po' accigliata. Come a raccomandare qualcosa, qualcosa di tremendo.
«Ma ricordate, non sarà tutto rose e fiori, giovanotto. Ci saranno giorni in cui vorrete morire, altri in cui vi stupiranno le cose che sarete in grado di fare. In grado di dire, elaborare, pensare. E se vorrete di nuovo la vostra anima..beh..» disse con un tono superiore, maturo. I suoi occhi viola si feceron po' più grandi e pieni di romanticismo, forse, mentre continuava.
«Se vorrete di nuovo la vostra anima, il bacio, il primo bacio di vero e sentito amore, spezzerà lo scambio. Spezzerà quello che vi aveva tenuto imprigionato il cuore.» il suo sguardo passò nei suoi occhi. Darren, era rimasto spiazzato. Quella donna gli stava dicendo tutte quelle cose, perché? Perché avrebbe dovuto rivolere indietro la sua anima? Non sarebbe cambiato niente, giusto? Mentre ci pensava, la donna sfregò le mani e un grande bagliore di luce apparve d'improvviso. Darren non capì dove si trovava al momento, era immerso così tanto, in quella specie di luce, che non ne capiva nemmeno i colori. Erano confusi. Era come un sogno. Stava viaggiando in un sogno, forse? Sentì solamente l'eco di quella donna, appena vi entrò dentro: «Ricordate, solo il primo bacio spezzerà tutto quello che hai accettato! Buona fortuna





¦ Roberta' space:
Toh, rieccovi! Allora, che mi dite? State bene? Spero di sì, yo.
 Bene, bene, bene! Questo capitolo l'ha scritto Claudia, e trovo che sia meraviglioso. *applaude*
Sì, Darren ha voluto un po' di tempo per pensarci perché, diciamocela tutta, se si parla di anima è una cosa seria! lol
Nei prossimi capitoli Darren dovrà affrontare qualcosa di nuovo, e soprattutto...una città nuova.
Già, non vi anticipo più nulla cc:

D'ora in poi aggiorneremo ogni martedì mi disp xd
Ah, per informarvi: la banconota da dieci sterline che Darren trova per terra, l'abbiamo inventata noi. Abbiamo provato a cercare il design delle banconote nell'ottocento, ma non abbiamo trovato nulla. Non sappiamo nemmeno se nell'ottocento c'era la regina Vittoria, so...potreste aiutarci in questo? Qualunque informazione riguardo ciò ci aiuterà!
Grazie mille!

Non mi resta che ringraziarvi ancora per le visualizzazioni e per le recensioni.
VI AMO.

Alla prossima, baci!



«E brava Roberta!»
«AH! Darren, quando la finirai di apparirmi alle spalle?»
«Mmh...quando finirà il mondo.»
«Nostradamus dice che finirà nel 2040...»
«Ah...allora la smetterò nel 2040.»
«Ma continuando così, mi verrà un infarto prima o poi...»
«No, dai, non sono così crudele.»
«Oh, sì invece! Scusa, metti un avviso sonoro, un campanellino...non so, con tutta la tecnologia che oggi ci circonda!»
«Scusa, non ci so fare con queste cose.»
«Non ci sai fare? Non sono mica io quella che pubblica video idioti su Vine, eh!»
«...okay, mi hai beccato con le mani nel sacco.»
«Don't you say?»
«I say.»
«Dammi la mano.»
«Ehi, frena! Che vuoi farci?»
«Questo è un nastro dorato e questa è un campanellino...suona, vedi?»
«Certo, non sono mica scemo!»
«....se lo dici tu! Comunque sia, sto attaccando questo nastro al tuo polso. Così ogni volta che verrai, non rishierò di morire di crepacuore.»
«Pff, me ne vado.»
«Addio.»

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Capitolo 9
*** Capitolo 7. ***


Claudia’ space: Intanto, ci tenevamo a lasciare questo spazio, per una cosa successa da poco.

Era mattina, io ero appena sveglia e devo dire che all’inizio credevo fosse uno scherzo ma, a quanto pare era tutto vero.

Ho chiamato una mia amica, che lo amava, era il suo preferito e non voleva crederci. Mi ha chiesto più volte se fosse vero o se fosse uno scherzo.

Non possiamo esprimere quanto sia grande il nostro dispiacere.

Io e rob abbiamo pianto, i migliori ci lasciano sempre per primi.

Cory, quel ragazzo sempre con il sorriso sulla faccia, dolce, amorevole, amico di tutti…se ne è andato qualche giorno fa, lasciandoci così.

Ci teniamo a dire, anche un’altra cosa:

Ricordiamolo così.

Ricordiamolo il Cory di sempre, che sorrideva, che amava, ma soprattutto, anche se se ne è andato, non è così perché, rimarrà sempre con noi, sempre nel nostro cuore, ma soprattutto, rimarrà fisso nei ricordi e nei pensieri, per primi quelli della sua famiglia e di Lea.

Anche per lei dovrà essere stata dura, soprattutto per lei, ma siamo sicure che  ce la farà, perché lo ha amato fino all’ultimo e continuerà a farlo.

Riposa in pace, Cory.  

Ancora grazie mille per chi ha notato questa storia e la sta seguendo.

 

 CHAPTER 7.

''Where there is a flame 
Someone’s bound to get burned 
But just because it burns 
Doesn’t mean you’re gonna die 

You've gotta give up
andtry, try, try.
Gotta give up and try
try, try.''



 
Chris si trovava presso la casa della signora Smith, per le solite faccende di casa. Ogni qual volta, si presentava in anticipo, la signora usciva per fare spese e gli raccomandava di riordinare, pulire e sistemare tutto. Poi, questa si recava al cancello e usciva per le vie del paese. Chris aprì la porta, con le chiavi che lei gli aveva dato i primi giorni di lavoro. Entrò e fu davvero molto felice di non trovare il solito pandemonio come di solito, succedeva. Purtroppo la signora Smith non era amante delle pulizie, era pigra e suo marito, non poteva sostituirla anche perchè, con i suoi acciacchi riusciva a malapena ad alzarsi. Chris lo salutava quando passava a pulire in camera, gli raccontava sempre delle storie riguardo la sua età, in cui i tempi erano diversi. Si recò presso la libreria. Si armò di scopino e panno. Diede una bella pulita allo scaffale levando i residui di polvere poi, notò meglio i libri. Una gran bella collezione, a quanto vedeva. Poi, si diresse verso il divano e lo sistemò. In cucina mise apposto le padelle e lavò i piatti. Gli sembrava tutto quanto in ordine, tranne per una cosa, il vaso sopra il tavolo in soggiorno era molto sporco. Si precipitò subito e armato di scopino lo pulì all'esterno e poi toccò all'interno. Quei giorni erano stati strani, per lui. Prima, un acquazzone come non se ne erano mai visti e poi, un ragazzo ferito e zuppo di acqua si presenta alla sua porta. Quel ragazzo. Ancora non riusciva a capire perchè in quel viso così bello e raggiante, vi potesse essere tanta tristezza, dolore. Poteva giurare di aver quasi visto delle lacrime uscire da quei suoi splendidi occhi. Perchè non si era più rifatto vedere?
Era sparito, quello stesso giorno e non lo aveva visto più per quelle strade. Questo, non negò la sua versione dei fatti anzi, era ancora più convinto che gli avesse mentito. Mentre ci pensava, gli sfuggì il vaso dalle mani e giurò con tutto il cuore che la botta, non lo rompesse. Il vaso cadde a terra rompendosi in tanti piccoli pezzi. Doveva aggiustarlo. La signora lo avrebbe sicuramente licenziato, eh adesso? Provò in tutti i modi a riattaccare i pezzi, ma fu inutile. Un rumore di chiavi, si sentì. La porta si aprì e la signora Smith, per un primo momento non notò niente, poi, rivolse lo sguardo a Chris. Si portò la mano alla bocca. Poi, gridò.
«Avete osato fare cadere a terra, quel vaso? Ma sapete che inestimabile valore ha? Via, siete licenziato. Non voglio sentire una parola.» disse puntando la porta.


Chris si alzò in piedi e uscì dalla porta. Adesso come avrebbe portato i soldi a casa? Solo colpa sua, pensò. Tutta colpa sua. Non si pensa sul posto di lavoro. Non si pensa ai ragazzi sul posto di lavoro. Non si pensa a un certo ragazzo sul posto di lav- Ok, doveva solo calmarsi. Marie non era a casa, avrebbe trovato qualcosaltro da fare. Camminò a lungo e una cosa appesa ad un negozio lì vicino, era un volantino, attirò la sua attenzione:
«Annuncio, cercasi nuovo personale per la reggia di Manchester. Cercasi servo, precisamente. Chiunque voglia presentarsi, segua la mappa disegnata qui dietro e presenti questo volantino. Grazie.»


Un sorriso si affacciò sul suo viso. Ecco, forse era il suo giorno fortunato.
 Chris corse subito a casa, chiuse la porta. Scalpitava dalla felicità. Aveva perso il suo vecchio lavoro, certo. Ma guadagnava poco. Adesso, avrebbe potuto lavorare alla reggia e sicuramente, il salario sarebbe stato più alto. Non vedeva l'ora che Marie tornasse a casa, le avrebbe detto tutto per filo e per segno. La porta del bagno si chiuse. Oh, a quanto pare era già a casa. Marie uscì dal bagno, sorridente di vedere Chris già di ritorno.
«Tesoro, che ci fai così presto, qui?»disse senza smettere di sorridere.
« Marie, non puoi capire cosa è successo! Oddio, da dove comincio?»disse con le mani che si agitavano e la voce elettrizzata.
«Che è successo, Chris? Calmati, su.» disse ridendo un po'.
«Oggi, la signora Smith mi ha licenziato...mi sono distratto e ho fatto cadere un vaso a terra...»
«E perchè sei così felice?»
«Fammi finire, Marie. Appena uscito, ho trovato questo volantino.»indicò il foglio di carta che aveva in mano e glielo porse. Marie quasi emise un urlo, appena lo lesse. Si portò la mano alla bocca.
«Oddio mio, Chris, è la reggia! La reggia del paese. Hai intenzione di presentarvi?»
«Certamente, Marie. C'è solo un problema...non so se potrò venirti a trovare tutti i giorni e mi dispiace lasciarti qui da sol-»ma non finì perchè Marie lo strinse forte a sè. Era così legata a lui, ma era la sua occasione e non lo avrebbe mai costretto a restare lì, chiuso in quelle quattro mura. Gli voleva un gran bene. Era suo figlio.
«Mi mancherai, tanto. Chris, amore mio, è la tua occasione. Vai e coglila.»disse con le lacrime agli occhi. Chris ne venne contaggiato e non potè trattenere le sue. Lacrime d'addio si affacciavano sui suoi occhi.
« Sì, lo farò. Anche tu mi mancherai tanto, mamma.»disse con un tono spezzato dal pianto. Era la prima volta che glielo sentiva dire, Marie lo strinse ancora un po' più a sè.
 


Allora, cosa ne pensate?
Sì, dai, anche io ho provato un po' di dispiacere nel farlo licenziare ma, doveva andare così per far continuare la storia. lol.
Abbiamo deciso di aggiornare ogni martedì , giovedì sabato. (io non so se potrò essere presente o aggiornare sempre ma, in quel caso, ci penserà la mia adorabile Rob c: )
E poi, un'altra cosa, abbiamo cambiato il linguaggio fra Marie e Chris. D'altra parte sono figlio e madre quindi, il ''voi'' non stava tanto bene.
Diteci cosa ne pensate, recensite se vi và.
Al prossimo aggiornamento. 
VI AMIAMO.

 

 

«Aww. Ma perché farmi licenziare? Che bisogno c’era?»
«Oddio, non anche tu. Chris, ritorna da Darren.»
«No, sta dormendo in questo momento. E’ adorabile…»
«Immagino, che cucciolo…ehi, non distrarmi! Vai via o almeno, non lamentarti. Non sei tu l’ideatore della storia ma io e rob.»
«Vorrei soltanto capire un po’ di più.»
«E’ vero, hai perso il lavoro, ma ne ritroverai un altro o forse vuoi vagabondare anche tu, come Darren?»
«No, guarda, non voglio più saperlo. . . E dai ti prego!»
«Posso solo dirti che tutto questo servirà per voi due. Basta, non uscira più una parola dalla mia bocca, ho detto fin troppo.»
«Ah, ora mi è tutto più chiaro. Complimenti per la storia, ragazze. La amo.»
«Grazie da entrambe, Chris. Non raccontare niente a Darren sennò chi la sente rob!»
«Si sta svegliando proprio adesso. Certo, sarò una tomba!» 

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Capitolo 10
*** Capitolo 8. ***


Caro Cory,
come stai? Scommetto che lassù il sole non tramonta mai.
Sai, qui tutti piangono la tua morte. Si chiedono perché proprio tu.
Avevi solo 31 anni, dovevi ancora fare esperienze nuove, sposare Lea e avere dei bambini. Dovevi continuare ad emozionarci con le tue performance su Glee. Dovevi mandare avanti il personaggio di Finn e ricomporre la Finchel. Ma soprattutto, dovevi amare ancora e ancora la tua donna, Lea.
Nonostante tu sia morto, ci sono persone che ti giudicano, non sapendo né le circostanze, né come ti sentissi, né cosa si provasse veramente.
Sai, anch'io ho sofferto di una dipendenza in passato. Ma, nel peggiore dei casi, non dipendevo dalle sostanze...bensì, dalle lamette. Sì, soffrivo di autolesionismo. Odiavo(odio tutt'ora) il mio corpo così tanto, da fargli del male. Adesso non mi faccio più del male, ma è un puntino fisso nella mia testa che continua a perseguitarmi.
So benissimo cosa significa avere una dipendenza...quella cosa è pericolosa, ma ti fa stare talmente bene che dimentichi i suoi lati negativi.
Ma nessuno si sforza di capire, pazienza.
Ti prego, vai a trovare tutti i tuoi gleeks, uno per uno, e rassicurali; dì loro che sei qui, anche se sei lassù.
Va' da Lea e amala, non abbandonarla.
Vai a trovare i tuoi e fai sentire loro che ci sei e che gli vuoi bene.
Passa da ogni membro del cast e abbracciali.
Adesso ritorna lassù, canta e balla con Michael e suona la batteria come solo tu sai fare.
Intanto, noi dedichiamo questo capitolo a te, così come il resto della fanfiction


I'll stand by you.

We'll stand by you.
You'll stand by us.

Affettuosamente tua
, Roberta.



~ CHAPTER 8.
"This ain't nothing
Nothing but a goodbye town
These streets are only bringing me down
Gotta find a way to finally get out
Out of this goodbye town."



Darren si svegliò di botto in una pozza di sudore e respirando a fatica. La luce del sole lo investì quasi subito, facendogli dolere ancor di più la testa. Il forte odore acre della candela ormai consumata lo fece tossire più volte, facendolo ricadere fra i cuscini. Si ricordò delle ultime parole della vecchia signora e poi di quell’enorme bagliore che gli faceva male agli occhi.
Li riaprì lentamente, cercando di capire dove si trovava. I suoi vestiti fradici e freddi non fasciavano più il suo corpo, ma al loro posto c’era una camicia da notte leggerissima e bianca. Era circondato da una pesante coperta in piuma d’oca, color avorio, con un po’ di pizzo qua e là e ricami dorati che ne tracciavano il perimetro. Il suo letto era a baldacchino. Gli ricordò quello dei suoi genitori, immenso e così familiare. Ad ogni lato del letto, sia a sinistra che a destra, c’era un comodino in mogano con manici dorati. Su ogni comodino c’erano due candele, ormai sciolte e spente. Sul comodino di destra c’era inoltre una brocca d’acqua in bronzo, con qualche incisione. Due grandi finestre poste ai lati della stanza padroneggiavano l’ambiente, rendendolo luminoso e alla vista dei curiosi. Non erano poi così poco riservate, dato che c’erano delle tende rosse e ricamate d’oro su ogni lato delle vetrate.
Era un ambiente ben diverso da quello in cui era stato prima, e non era certamente male.
Si alzò con fatica, aveva ancora un po’ la spalla dolorante sebbene Chris gliel’avesse medicata per bene. Già, Chris. Darren cominciò a pensare che non l’avrebbe mai più rivisto se non nella sua mente, ogni volta che avrebbe ricordato quel giorno. Pensò che sarebbe stato felice di vedere Darren in condizioni migliori. O forse no.
Si affacciò alla grande finestra alla sua sinistra. Ciò che vide lo lasciò a bocca aperta. Un enorme giardino fatto di alte siepi, grandi fontane e migliaia di fiori, decorava l’immagine della reggia –o almeno quello che pensava che fosse.
La porta dietro di lui si spalancò, facendo posto ad una voce femminile.

«Oh, Sir Thomas, vedo che siete già in piedi!» Darren si girò di scatto, e trovò una donna in abiti da serva sulla porta, che lo osservava incuriosita.
Il ragazzo si schiarì la voce.
«Come mi avete chiamato?» Chiese. La ragazza lo guardò strano, come se fosse pazzo.
«Sir Thomas, è il vostro nome, l’avete dimenticato?» Sir Thomas, ma dove l’aveva letto? Darren si avvicinò a lei, guardandola negli occhi. La serva arrossì. I suoi capelli erano nascosti sotto una cuffia bianca, ma si intravedevano dei ciuffi biondi. Aveva gli occhi color verde smeraldo. Sotto gli occhi e sul naso aveva delle pallide lentiggini. Aveva un piccolo nasino a punta e una piccola bocca color corallo.
«Mi spiace deludervi, ma il mio nome è Darren, non Thomas.» La bionda scoppiò in una risata e toccò la fronte di Darren.
«Sir Thomas, voi avete bisogno di mangiare. Vi ho portato la colazione, volete consumarla qui o giù nel grande salone?» Non riusciva a capire perché continuava a chiamarlo Thomas.
«Qui va più che bene, grazie.» Sorrise e prese il vassoio, cosa che fece scandalizzare la serva.
«Signore, ma che state facendo? Non è compito vostro!» Cercò di levarglielo dalle mani, ma non ci riuscì.
«Ma dov’è scritto? Posso anche portarmelo da solo, non sono mica un incapace!» Darren proseguì, era assurdo che i servi debbano fare ogni singola cosa per il proprio sovrano. Non l’avrebbe mai permesso ai suoi servi.
«Dov’è scritto? E’ quello che ognuno di noi deve fare per servire il proprio sovrano. Ed è il mio lavoro.» Gli si piazzò davanti. La donnina era testarda, e ciò faceva ridere Darren.
«Qual è il vostro nome, signorina?» Chiese con il sorriso stampato in faccia.
«Julie, Signore. Non rimembrate?» Darren si ripeté il nome in mente, cercando di non dimenticarlo.
«Julie, avete già mangiato?»
«No, Sir Thomas.» Abbassò il capo.
«Allora, per farmi perdonare, le offrirò metà della mia colazione.» Osservò il vassoio. Vi era una grande tazza bianca con dentro del latte. Nell’angolo in alto, vi erano tre piccole ciotole di ceramica riempite di tre gusti di marmellata differenti. Appena sotto, vi erano due fette di pane disposte una sopra l’altra con un coltello argentato sul lato destro. E per finire, accanto la tazza vi era un croissant fumante.

Alla richiesta di Darren, Julie arrossì e cominciò a scuotere la testa in segno di negazione.

«Assolutamente no, mangerò dopo insieme agli altri servi.»
«Suvvia, non dite sciocchezze. Prendete posto qui accanto a me.» Darren prese il coltello e raccolse un po’ di marmellata alla fragola dalla ciotola che stava fra le altre due. La spalmò sulla fetta di pane e la porse a Julie.
«Una fetta di pane con marmellata alla fragola. Color rosa che va sul color rosso, come le vostre labbra. La prego, mangi almeno questa. E’ un modo per perdonare il mio essere scortese.» La porse di nuovo alla ragazza, che stavolta accettò, arrendendosi.

«Grazie Sir Thomas, siete stranamente gentile stamane. Cosa vi è successo? Avete dormito male?» Non poteva rivelarle la verità, lo avrebbe preso sicuramente per pazzo.
«Assolutamente no, anzi, il letto era più comodo del solito.» Sorrise. Ad un tratto, si sentì svenire e si sostenne appoggiandosi alla spalla della fragile ragazza davanti a lui. Qualcosa stava succedendo dentro di lui, qualcosa stava prendendo il sopravvento. In pochi minuti, l’anima di Darren fu sottomessa da quella del vecchio uomo di cui aveva parlato la vecchietta dagli occhi viola. Sir Thomas, appunto.
Si sentiva diverso. Provava poca simpatia per la ragazza davanti a lui, Julie, e odiava tutto quel ben di Dio che lo circondava. I ricordi erano l’unica cosa che lo facevano stare bene. Era considerato cattivo dalla maggior parte della gente, perfino dai suoi servi e dalle persone che gli stavano accanto. Ma non gli importava, erano tutti troppo ignoranti per capire.

«Julie, che state masticando?» La ragazza non capì.
«Una fetta di pane con un po’ di marmellata di fragole. Sir Thomas me l’avete offerta voi, ricordate?» Disse.
«Io non ricordo nulla di quello che state dichiarando. Adesso andate, lasciatemi fare colazione. Tornate fra un’ora e mezza con i miei abiti.» Addentò la punta del croissant e versò un po’ d’acqua nel bicchiere di vetro sul comodino.

Julie rimase per un po’ lì a guardarlo. Era così diverso pochi minuti fa, così dolce. Non capiva cosa fosse successo, non capiva il perché di questo cambiamento così rapido. Per la prima volta stava cominciando a farsi andare a genio quel vecchietto così acido. Ma, come al solito, doveva andare tutto storto.
«Allora? Che state aspettando? Non vi darò altro cibo, andate o vi abbasserò la paga annuale.» Julie lo mandò a quel paese nella sua mente, si inchinò e andò via, tirando la porta verso di sé.

Darren osservò tutta la scena e non credeva che quell’uomo fosse capace di tanta cattiveria. Aveva trattato quella dolce ragazza come se fosse nulla. Avrebbe dovuto osservare altre di quelle situazioni senza poter intervenire? No, non poteva. L’egoismo non faceva parte del suo carattere, non sarebbe sopravvissuto. Voleva uscire da quella maledizione, ma poi si ricordò le parole della vecchietta: «Se vorrete di nuovo la vostra anima, il bacio, il primo bacio di vero e sentito amore, spezzerà il patto. Spezzerà quello che vi aveva tenuto imprigionato il cuore.»
In quel momento si sentì perso. Realizzò di aver fatto un’idiozia e si maledì per quanto accaduto. Avrebbe preferito mille volte continuare a vagare per le strade di Londra, piuttosto che fare quella vita. Chi si sarebbe mai innamorato di un ragazzo come lui? Nessuno, perché nessuno avrebbe mai confessato di amare un uomo così facilmente e nemmeno avrebbe provato ad amarne uno.
Darren pensava di non avere speranza, avrebbe passato tutta la vita rinchiuso in quell’inferno. Gli veniva da piangere al solo pensiero.

Una lacrima rigò il volto del corpo di Darren, che in quel momento era posseduto dall’anima del vecchio. L’uomo si accorse che lacrimava e si infuriò.

«Ragazzo, smettetela di piagnucolare!» Darren rimase colpito. L’aveva sentito?
«Voi mi sentite?» Chiese.
«Se vi sento ragazzo mio? Le vostre lacrime hanno bagnato la mia camicia da notte. Oh, guarda che disastro!» Il ragazzo si irritò.
«Beh, se avreste trattato quella povera ragazza in modo gentile adesso non saremo qui. E soprattutto, se avessi saputo prima che tipo di persona siete, non avrei mai accettato questo maledetto patto.» Se mai avesse trovato l’amore in futuro, questo sarebbe stato uno dei momenti di cui si sarebbe pentito fino alla morte.
«Ma per favore. Nella vita bisogna essere temerari, arroganti, impavidi e cattivi, per essere rispettati.»  Fronzoli. Ma che concetto di “vita” aveva questo qui? «Comunque sia, il mio nome è Sir Thomas Dalton, e questa è la mia piccola “reggia” di Manchester.» Darren rabbrividì. Manchester? Aveva cambiato città in un lampo. Ma era una città che non conosceva completamente. Non sapeva nemmeno se quel Thomas conosceva qualcosa riguardo Manchester. A quel punto, tutte le sue speranze di rivedere Chris svanirono.
La voce dell’uomo si fece più forte, e lì dentro risuonava come un rumore sordo.
«E il vostro?»
«Darren Criss, non sono un Sir, ma un pretendente al trono.» Sir Thomas scoppiò una risata che risuonò fortissimo e fece vibrare l’anima di Darren. «Cosa c’è di divertente in quello che ho appena detto?»
«Voi, futuro Re? Ah, quante idiozie! Non vorrei mai essere sottomesso da uno come voi, troppo poco cattivo.»
«Ah, sì? Beh, vi farei decapitare all’istante per mostrarvi che posso essere cattivo quando voglio.» Rise di nuovo, quel vecchietto acido cominciava a stargli antipatico. Lo rendeva nervoso.
«Avete mai pensato di far parte di una commedia? Fate veramente ridere! Ad ogni modo, questi sono i patti. Ogni tanto lascerò il vostro corpo alla vostra anima, mettendomi in disparte. Ma nel momento in cui ne avrò voglia, prenderò il vostro posto, intervenendo a modo mio nella situazione. Tutto chiaro?» Sarebbe quindi stato un’alternarsi di disagi. Sarebbe intervenuto quando Darren non ne aveva voglia, e avrebbe causato incomprensioni e momenti imbarazzanti. Vedere la faccia di coloro che assistevano al cambiamento pressoché radicale, sarebbe stata una tortura. Aveva veramente accettato di vivere così? A Darren capitava spesso di prendere decisioni affrettate, senza prima valutare quelli che erano i vantaggi e gli svantaggi. E ogni volta si pentiva amaramente, distruggendo, a poco a poco, la sua autostima.
«Tutto chiaro.» Disse, con la voce spezzata.

Dopo la discussione, Sir Thomas tirò fuori dal primo cassetto del comodino a destra, una copia dell’opera shakespeariana “Romeo e Giulietta”. La lesse, mentre aspettava che venisse Julie con i suoi abiti.
Darren conosceva bene quell’opera, era una fra le sue preferite di Shakespeare dopo “Amleto”, “Otello” e “Sogno d’una notte di mezza estate”.
L’amore tormentato dei due giovani, faceva emozionare Darren ogni volta. Voleva una storia come la loro, però senza una fine tragica. Ma nonostante tutto, ammirava Giulietta. Pugnalarsi, perché non riusciva a sopportare la morte del suo Romeo. Lo trovava un gesto estremamente coraggioso e romantico seppur macabro.
Non riusciva a capire, però, come mai un tipo come Sir Thomas leggesse testi di questo genere.

«Sir Thomas, non credevo che voi leggeste i testi di Shakespeare.»
«Ragazzo, mi avete fatto prendere un colpo. Comunque sì, leggo i suoi testi, è uno dei miei drammaturghi preferiti.»
«Ah, allora un cuore l’avete!» Darren rise di gusto. Ma poco dopo si accorse che il vecchio non parlò più.
«Mi dispiace, non volevo…»
«No, avete ragione. Sembro antipatico e cattivo, ma dentro sono fragile. Sto leggendo “Romeo e Giulietta” perché è il testo che leggevamo insieme.»
«Con chi lo leggevate?»
«Con la mia cara consorte. E’ morta trent’anni fa, di peste.» Darren si sentì subito in colpa per non averlo preso sul serio all’inizio. Non era realmente crudele, e stava cominciando a conoscerlo veramente, anche se erano passate poche ore dal loro primo incontro.
«Mi spiace.»

-Chris
Eccolo lì, davanti a quel grande cancello color oro, immenso. Circondava tutto quanto. Rinchiudeva dentro, una reggia bellissima, da togliere il fiato. Giardini, qualche fontana e dei bellissimi alberi alti e ben annaffiati. Tutto più di quel che avesse mai visto. In quelle quattro mura, in cui era nato, c’era ben poco da vedere però, non contavo lo sfarzo o tutto quel che era prezioso, ma la saggezza e la bontà di cuore. Premette quella specie di campanello affianco al cancello. Era una piccola sporgenza, circondata attorno una rifinitura in oro con sopra incisa una corona. Il campanello fece un rumore echeggiante. Sicuramente, avrebbero potuto sentirlo fino in paese. Un uomo, con i capelli tirati indietro, un completo nero lucido e un grande naso, si avvicinò. Un maggiordomo di tutto punto.
«Desiderate?» disse l’uomo con un tono di voce altezzoso.
«Ehm…ho trovato questo volantino, so che state cercando personale, oh chiedevo s-se…» disse balbettando alla fine. Il signore gli rivolse uno sguardo da capo a piedi. Lo stava esaminando o che? Dopo qualche secondo, annuì con la testa.
«Sì, esattamente. Eccellente, prego, mi segua.» disse sempre con quel tono fastidioso. Estrasse dalla tasca che aveva nella giacca, un paio di chiavi argentee e aprì il cancello. Poi, lo seguì.
«Come vi chiamate?» gli chiese.
«Chris, signore.» Si trovarono già a pochi passi dall’entrata. Sbirciò un po’ più di quanto non dovesse e ne rimase stupito.
C’era un grande tappeto rosso e a capire dai mobili all’interno non doveva essere così piccolo.
«Uhm, va bene. Aspettate un momento qui fuori.» gli disse. E lo lasciò lì. Okay ce l’aveva quasi fatta. A minuti, la sua vita sarebbe cambiata forse. E se qualcun altro si fosse già presentato? E se lo avessero cacciato via? Chris, non era al cento per cento sicuro ma, sentiva che quell’uomo sarebbe ritornato e lo avrebbe fatto entrare. L’attesa lo divorava.

-Darren
La porta si spalancò e comparve Julie sulla soglia. Alle sue spalle c’erano tre servi. Subito, l’anima di Darren passò in primo piano e il posto che occupava fino a poco fa, fu sostituito da Sir Thomas.
La ragazza lo guardò con un misto d’ira e curiosità. Capiva forse quando l’anima di Darren prevaleva e quando prevaleva quella di Sir Thomas? Probabile, era una ragazza che andava a braccetto con l’intuito.

«Sir Thomas, ho portato i vostri abiti.» Si inchinò.
«Grazie mille, signorina Julie.» Fra i due calò il silenzio, quasi tombale. «Mi dispiace per poco fa, non volevo essere scortese… di nuovo.» disse Darren, abbassando lo sguardo. Era tutta colpa di quell’uomo. Se se ne fosse stato per un altro po’ rintanato sotto l’anima di Darren, tutto questo non sarebbe successo.
«Scuse accettate, Sir Thomas.» La ragazza sorrise e ordinò ai tre servi dietro, di aiutare Darren ad indossare i propri abiti.
Fu trascinato in una stanza accanto la camera da letto. Era una piccola camera, con le pareti rivestite da tessuto rosso con incisioni dorate. Al centro della stanza c’erano tre lunghi specchi, uno di seguito all’altro. Davanti gli specchi, c’era un piedistallo alto circa trenta centimetri, anch’esso rivestito da tessuto rosso con incisioni dorate.
Velocemente si cambiò, e si fece sistemare da quei tre uomini, abili sarti. Si guardò allo specchio. Il suo viso era lo stesso: capelli neri e ricci, occhi color oro e bocca rosea. Il suo corpo era ancora esile, ma era diventato leggermente atletico per via del camminare eccessivamente. Il suo sguardo era diverso, però. Era il suo, ma solo fino a metà. Nell’altra metà vedeva quello di un vecchio uomo, che aveva vissuto una vita bella, lunga ma dolorosa. Era uno sguardo che aveva visto molte cose, e le aveva vissute fino alla fine. Era uno sguardo che raccontava molte cose e che affascinava Darren.  

Indossò un completo color fumo, giacca e pantaloni. Sotto la giacca aveva una camicia bianca e una cravatta nera con fantasia grigia. Lasciò la grande camera da letto, seguito da Julie e i sarti.
«Dove siamo diretti?» chiese, gentilmente.
Mentre camminava, in lontananza vide una sagoma dirigersi verso di lui. Quando si fece più vicina, notò che era un maggiordomo. Completo nero lucido, capelli tirati indietro e grande naso. Si avvicinò a lui e si inchinò.
«Buon dì, Sir Thomas. Avete dormito bene?» chiese, anche se non gli importava.

«E’ il capo maggiordomi, quello più importante, che si occupa un po’ di tutto. Il suo nome è Harry.» Darren sentì la voce di Sir Thomas. Gli stava suggerendo qualcosa sulla persona che aveva davanti, ed era un gesto gentile.
«Grazie.» sussurrò, cercando di non farsi sentire.

«Buon dì anche a voi, Harry. Ho dormito magnificamente, grazie.» sorrise.
«Sir Thomas, sono venuto per avvisarvi che giù in salone, abbiamo un ragazzo. E’ venuto perché ha letto il nostro volantino e vorrebbe trovare un posto come servo, qui.» Darren rabbrividì. Era contento, sperava fosse lui, ma la cosa era impossibile. Chris abitava a Londra, e Darren si trovava a Manchester.
«Se ne sono presentati altri nei giorni precedenti?» chiese.
«No, lui è l’unico.»
«Bene, grazie Harry. Potreste condurmi da lui?»
«Oh, con piacere.» Il maggiordomo si posizionò accanto a lui e cominciò a camminare lungo il corridoio. Si chinò verso di lui e gli sussurrò ad un orecchio.
«E’ un ragazzo timido, e balbetta un po’. Siate gentili con lui, non vorrete mica spaventarlo.» accennò un sorriso e riprese ad osservare dritto.
Il ragazzo era timido. Ne conosceva solo uno timido.

Arrivarono nel grande salone, attraversando un corridoio pieno di mobili antichi e ritratti della famiglia. Rimase stupito nell’osservare quella grande stanza con un grande tappeto rosso. Diede un’occhiata veloce e poi posò gli occhi su quel ragazzo. Per poco non cadde per terra. Occhi azzurri, quasi come il cielo, capelli marroni con qualche riflesso biondo, fisico esile e leggermente fragile. Labbra piccole, carnose e color rosa un po’ acceso. Chris. Non poteva credere ai suoi occhi, quando l’aveva visto, era illuminato dalla luce delle candele, ma stavolta il sole lo faceva sembrare uno dei tanti dèi dell’Olimpo, sebbene fosse vestito con abiti umili. I due si fissavano, attratti uno dall’altro.

-Chris
Appena incontrò il suo sguardo, non poté non riconoscerlo. Gli occhi, i capelli. Era bellissimo. Era lui. Lui, solamente diverso. Allora, aveva avuto ragione fin dal primo momento. Non era di quelle parti, non era del quartiere. Era un nobile. Perfetto, da quel momento in poi, Chris avrebbe fatto attenzione ad ogni minima parola, frecciatina o qualunque altro pregiudizio. Ci era nato, ci era passato e adesso, doveva farci i conti. Bene, si disse, sarà dura ma tirerò avanti, disse ancora fra sé e sé. La cosa più assurda o anche magica, se osava metterla sotto quel punto di vista, era che il suo sguardo si era intrecciato con il suo. Con quello di Darren. Il ragazzo lo guardava intensamente. Chris non pensava che realmente si ricordasse di lui. Quando mai, un nobile o chissà chi fosse arricchito, pieno di feste da ballo e di ricchezze, si era interessato a qualcuno di casta differente o riservato il minimo ringraziamento a qualcuno di inferiore a lui? Sinceramente, credette solamente che si fosse imbambolato. Ma, non sembrava così. Il ragazzo, aveva lo sguardo fisso, estasiato.
 

-Darren
«Julie, George, Michael, Henry, potete andare.» I quattro si inchinarono e sparirono nella stanza accanto.
«Sir Thomas, vi presento il signor…» Harry guardò Chris, che scosse la testa per tornare alla realtà e diventò rosso.
«Chris, Chris Colfer.» tornò a guardare Darren, confuso. Si avvicinò a lui e si inchinò, baciandogli la mano.
«Vi presento il signor Chris Colfer che, come vi ho detto prima, è venuto per cercare lavoro qui.» in quel momento, Darren sperò che Sir Thomas non prendesse in mano la situazione.
«Cosa sapete fare?» chiese timidamente Darren.
«Oh, molte cose, signore. Posso pulire, cucinare, e altro.» abbassò lo sguardo. Darren si chiese se Chris l’avesse riconosciuto, anche sotto un altro nome.
«Avete lavorato in un altre corti, prima di questa?» chiese Harry.
«Sì sì, però sono stato licenziato di recente perché, per sbaglio, ho rotto un vaso.»
«Bene, siete dentro.» disse Harry, rivolgendo uno sguardo a Darren. Chris sorrise.
«Veramente? Oddio, grazie, grazie!» cominciò a saltellare, contenendosi e una lacrima rigò il suo volto.






¦ Roberta' space: Marò, che faticaccia assurda.
Salve lettori! Come va? *che domanda idiota*
BENE, PASSIAMO AL SUCCO DEL DISCORSO.
Questo capitolo è la meraviglia. Io mi sono occupata di Darren mentre Claudia, di Chris.
Sono fiera, proprio çç.
Allora, beh, che dire...spero vi sia piaciuto!
Potreste recensire? Per favore, il numero 11 non mi piace cwc.

Grazie comunque per le visualizzazioni c:
Ah, e scusatemi per quella "cosa" all'inizio. Se vi ho fatto piangere...beh, scusatemi non volevo çç.

Ah, tempo fa, su Tumblr trovai una foto meravigliosa che vedeva contrapposte, la casa di Chris e la reggia di Darren e volevo farvela vedere:)
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Ringraziamo Claudia che, con quei suoi discorsi sui due metri di lingua di Chris nella bocca di Darren, mi sta facendo rallentare la pubblicazione.
Ti amo.

*non so più che scrivere*
*Darren dove sei finito*
*scappa*

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Alla prossima, baci!

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Capitolo 11
*** Capitolo 9. ***


¦ Claudia' space: Rieccoci qui, con l'aggiornamento.

Questo capitolo dovrebbe già inserirvi di più nel meccanismo della storia.

Che dire, se non che siete meravigliosi, davvero.

Ogni giorno notiamo sempre le visualizzazioni e cerchiamo di farla notare ad altri lettori.


We love you, really. 

Al prossimo aggiornamento, a martedì.

Chapter 9.

 

''I don't know you
But I want you
All the more for that
Words fall through me
And always fool me
And I can't react
And games that never amount
To more than they're meant
Will play themselves out''


 

Era passato poco più di mezzogiorno, il sole e la sua luce riflettevano sulle finestre. Il verde di quei giardini, qualche cespuglio di rose e qualche insetto che ci volava sopra. Chris si era concesso una piccola pausa per guardare tutto quello dalla grande finestra del bagno. Dopo aver visto la sua camera e averla sistemata un po', si trovava lì per sistemare degli asciugamani e riordinare. Si trovava lì, in quella grande reggia, lontano da casa. Marie gli mancava già. Era lì. E quel ragazzo gli si era ripresentato davanti. Più bello che mai ma, con un segreto: tutto quello, quel mondo. Non sapeva come comportarsi. Da piccolo, aveva subito troppo da gente come lui però, non sembrava così, i suoi occhi raccontavano tuttaltro. Mai giudicare un libro dalla copertina. Sì, ma poteva fidarsi? Non lo conosceva eppure fin dal loro primo incontro, aveva sentito qualcosa che gli diceva di sì, che poteva liberamente confidarsi o quantomeno, aprirsi. E poi, com'è che lo avevano chiamato? Sir Thomas. Gli aveva mentito anche sul suo nome? Proprio mentre era sovrappensiero, la maniglia della porta, si mosse. Qualcuno stava entrando. Chris, riprese gli asciugamani e cominciò a riprendere quello che aveva interrotto.
«Giorno.» disse.
Si girò di scatto. Un sorriso caldo e accogliente, era rivolto verso di lui. Capelli ricci e neri, occhi verdi e ambrati. Darren. Quel ragazzo non gli lasciava un attimo di pace, sia fisicamente che mentalmente. E non sapeva se fosse un bene o un male.
«Giorno anche a voi.» disse, ricambiando il sorriso e spostando alcune cose, facendo ordine.
«Vi trovate bene?»continuò, non smettendo di guardarlo. Chris si sentiva gli occhi decisamente un po' troppo puntati addosso.
«S-sì, grazie.»disse soltanto, balbettando un po'.
Poi, qualcosa, gli uscì dalla bocca così, senza controllo, senza pensarci.
«E così, siete padrone di tutto questo. Non mi avevate detto di essere ricco.» disse con un tono sgradevole sulle ultime due parole. Darren non parlò o almeno, quando cercò di farlo, venne interrotto.
«E sicuramente, non vi ricorderete niente, d'altra parte, come biasimarvi, con tutti gli altri pensieri che dovete avere in mente...»disse tutto d'un fiato. Ci fu un attimo di silenzio.
Darren, questa volta, rispose subito.
« E perchè non dovrei ricordarmi di voi? Mi avete accolto in casa vostra mentre fuori c'era quella tempesta di pioggia.»disse con un tono che si andava via via addolcendo.
Chris, rimase un po' stupito. Davvero si ricordava di lui?
« E non vi ringrazierò mai abbastanza, davvero. Senza di voi, sarei ancora là, con quel tempaccio.»disse con un piccolo sorriso di gratitudine. Questa volta, Chris, si girò verso di lui, tenendo degli altri asciugamani in mano. Si era ricreduto. Due occhi lo ringraziavano insieme ad un tenerissimo sorriso.                                  
«Non c'è bisogno che mi ringraziate ancora un altro po' la fuori e vi sareste ammalato.»disse. Poi, continuò.
«Adesso, con il vostro permesso, dovrei recarmi in libreria...ci sono alcune libri da sistemare.»disse. Darren era proprio di fronte a lui.
«Posso accompagnarvi?» chiese. Chris alzò lo sguardo, perchè due occhi così belli, guardavano proprio lui?
«N-non so, non so se potete ecc-»le sue parole vennero interrotte dalla voce dell'altro.
«Oh, sciocchezze, certo che posso. Sono il padrone e se voglio accompagnarvi, vi accompagno.»disse deciso.
Chris si sentì un po' avvampare.
«Va bene.» disse voltandosi e andando verso la porta. Dopo qualche secondo, fu affiancato da Darren.


 

«Oh dio mio! Quanta polvere.»tossì Chris, aprendo le ante di legno, rifinite in oro della libreria. Un alone di polvere si liberò nell'aria. Poi, il suo sguardo si posò sulla libreria. Quanti libri. Lui poteva solamente sognarsela una collezione così. Dalle storie d'amore alle commedie più note. Rabbrividì al solo pensiero di poterne sfiorare uno.
Darren emise una piccola risata.
« Resterete a fissarli, così, immobile ancora per molto? Avanti, prendetene uno.»disse dolcemente alla fine.
Chris lo guardò strano. Non poteva essere.
« I-io no, davvero, no-» disse balbettando.
« Vi ordino di prenderne almeno uno. Su.»disse.
«...Grazie.»rispose timidamente.
Darren fece un piccolo sorriso e si avvicinò un po' di più a lui, per aiutarlo a sistemare. Entrambi si scambiarono uno sguardo imbarazzato. Spostarono un po' di libri per ordine, genere e colore. Chris aprì un libro, ne rimase affascinato. Ne sfogliò la prima pagina. Darren lo fissava, era la più bella cosa che avesse mai visto, pensò. Chris si voltò, notando di essere fissato.
« So leggere, cosa credete?»disse abbasando un po' il tono di voce.
« Non ho detto questo.» disse.
« Però il vostro sguardo di prima, lo faceva intuire.»rispose secco e sospirando.
« Allora vi sbagliate, quello sguardo non era perchè pensavo che voi non sapeste leggere, anzi.'' disse assumendo un tono sincero.
« Voi siete così...così pieni di pregiudizi! Neanche ve ne accorgete, ma, la gente come voi, la gente come voi la conosco molto bene.» sputò fuori senza pensarci.
Darren rise un po'. Chris lo guardò storto.
« Che cosa avete da ridere?»
« E' ammirevole, davvero. Non tutte le persone come ''noi'' sono così. E inoltre, adesso siete voi quello che giudica.»gli fece notare. Chris voleva ribattere, ma sapeva che aveva ragione e questo, non lo stimolava di certo, a trovare una risposta. Le parole gli si fermarono in bocca. Poi, parlò.
« Solamente perchè, ho avuto esperienze e perchè, è vero, d'altra parte o volete forse negarlo?» disse con un tono acido.
Darren annuì e sospirò.
« Sì, è vero.»rispose.
«Persone che non contano, che farebbero meglio a cucirsi la bocca, invece di parlare.»sputò fuori, di nuovo.
«Persone che non si rendono conto di ferire qualcun’altro, che non aprono gli occhi a quello che hanno di fronte e che vorrebbero tanto cambiare...»disse voltandosi verso di lui, mentre metteva a posto un altro libro. I suoi occhi brillavano. Chris, poteva giurare di aver visto una piccola lacrima scendere sul suo viso.
«E voi che potete saperne?»
«Perchè, anche io ho avuto le mie esperienze e credetemi, non ho mai accettato il pregiudizio, mai.» Chris teneva ancora lo sguardo su di lui con il braccio a mezz'aria, ancora intento a posare quel libro che teneva in mano. Lo lasciò continuare.
«Mio padre, era così. Fin da bambino, inculcava in me, tante di quelle idee, valori, giudizi, parole sbagliate. Non ho mai, mai voluto accettarne. Annuivo e fingevo di capire e imparare, ma dentro, mi sentivo come in gabbia. Non ho mai, potuto dire la mia.» disse tristemente, ricordando cosa era successo. Chris si stava odiando con tutto se stesso. Perchè dava fiato alla bocca se neanche sapeva i fatti? Si odiava. Aveva avuto anche lui una vita non facile e dai suoi occhi colmi di tristezza, lo si poteva notare.
«Scusatemi, di solito quello che non deve dare fiato alla bocca, sono io. Perdonatemi, sulserio.» disse abbassando lo sguardo e posando il libro.
Darren notò il dispiacere nei suoi occhi.
«No, davvero. Voi avete detto la vostra, io vi ho detto la mia. Non dovete.» disse cercando di sorridere, ma non ci riuscì.
Chris allora, decise di tenere l'orgoglio da parte e capendo la situazione, cercò di...cercò di fargli capire il suo dispiacere.
«Per quello che può valere, mi dispiace.» gli rivolse uno sguardo triste.
Darren in quel momento, si sentiva per la prima volta, capito da qualcuno.

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Capitolo 12
*** Capitolo 10. ***


~ CHAPTER 10.

"I can’t find your silver lining
I don’t mean to judge
But when you read your speech, it’s tiring
Enough is enough
I’m covering my ears like a kid
When your words mean nothing, I go la la la
I’m turning off the volume when you speak
Cause if my heart can’t stop it, I find a way to block it I go"

"Aren’t you somethin’ to admire, 
cause your shine is somethin’ like a mirror

And I can’t help but notice, you reflect in this heart of mine
If you ever feel alone and the glare makes me hard to find
Just know that I’m always peering out on the other side"


Darren congedò Chris, lasciandolo al suo lavoro. Mentre andava via, cercò di non voltarsi per guardare quel ragazzo ma, come sempre, non ci riuscì. Osservarlo era più forte di lui, lo attirava come se fosse un magnete della carica opposta alla propria. Era affascinante e, sebbene fosse umile, provava un amore verso i libri che non si sarebbe mai aspettato. Non che avesse pregiudizi, come era sembrato a Chris, ma non conobbe mai persone umili che amassero cose così delicate, nemmeno fra i suoi servi. Non si ricordò nemmeno se avesse mai incontrato persone con un carattere come quello di Chris. Era determinato e forte, e nei suoi occhi aveva notato una sfumatura simile alla tristezza. Gli mancava qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa fosse. Ma era sicuramente qualcosa di importante, qualcosa che Darren aveva avuto. Probabilmente Chris credeva che persone come Darren avessero dei pregiudizi, proprio a causa di questa mancanza. Come aveva detto? Ah sì, aveva lavorato in un’altra corte prima della reggia di Sir Thomas. E non tutti i nobili erano dolci, gentili e amichevoli. La maggior parte delle volte erano persone acide, cattive e con la puzza sotto il naso. Non potevano certamente catalogarsi come persone simpatiche, e a Darren non piacevano affatto. In passato era stato costretto a frequentare persone del genere, per via di suo padre. Già, suo padre. Era come loro, ma aveva un rapporto diverso da Darren. Subito si sentì in colpa, Darren aveva come padre uno di quei nobili pieni di pregiudizi.

Odiava. Odiava tutta questa vita, credeva di essere nato nel posto sbagliato. Si sentiva esattamente come Chris, avrebbe preferito mille volte vivere in una casa piccola e accogliente piuttosto che vivere in un ambiente lussuoso ma pieno di persone con tante maschere differenti. Era come stare al Carnevale di Venezia, un magnifico e magico evento a cui aveva avuto la fortuna di partecipare a soli cinque anni. Tutte le persone si diversificavano attraverso delle maschere colorate e stravaganti, ovviamente differenti fra loro.
Ma il carnevale a cui Darren assisteva ogni giorno, era un carnevale da tortura, qualcosa che avrebbe voluto evitare.
Guardò per l’ultima volta quel ragazzo che tanto l’emozionava, e aprì la porta. Scricchiolò rumorosamente, cosa che attirò l’attenzione di Chris. Guardò Darren e gli fece un sorriso che gli scaldò il cuore. Uscì e cominciò a percorrere quel lungo corridoio, diretto chissà dove. Stare lì dentro era come stare dentro un labirinto senza uscita.

Camminò a lungo e si ritrovò in giardino, quasi senza volerlo. Da dove l’aveva visto prima, sembrava piccolino, ma in realtà era immenso, nel vero senso della parola. C’erano troppe siepi per i suoi gusti, ma poi si rese conto che davanti a lui c’era un vero e proprio labirinto. La reggia, in confronto, era un granellino di sabbia. Fece un passo indietro quando notò di esser fra le due siepi dell’entrata.
Un colpo di tosse molto forte, lo distrasse.

«Oh, Sir Thomas, salve.» disse Darren allegro. Era sicuro che il vecchio avesse dormicchiato per tutto questo tempo e ciò lo fece ridere.
«Salve, Darren. Cosa fate?» salutò, sbadigliando.
«Mah, nulla.» Era davanti quella cosa enorme, con lo sguardo terrorizzato.
«Siete anche voi spaventati da questo labirinto, non è così?» Eccome! Lui amava i labirinti, erano qualcosa che l’avevano sempre affascinato, ma averne uno davanti gli fece rimangiare tutto.
«Sì, da morire.»
«Uscire da questo labirinto è più facile di entrare.» affermò Sir Thomas. Come poteva essere facile?
«Provate ad entrare, suvvia.» disse il vecchio, incitando Darren.
«Co-cosa? Non ci penso nemmeno!» Era impazzito, o cosa? Entrare dentro il labirinto? Darren non aveva mai messo piede lì dentro ed era sicuro che si sarebbe perso.
«Oh, dai! E’ una cosa facile!»
«Per voi forse!» sbottò Darren.
«Anche per voi! Guardate, entrate.» Darren respirò profondamente e cercò di entrare.
Poggiò la mano destra sulla siepe accanto a lui e in un attimo si sentì girare la testa. Un alone luminoso apparve davanti la sua vista, e ciò lo costrinse a chiudere gli occhi per il forte bagliore. Darren ripensò a quando accettò il patto della vecchietta, e notò che era lo stesso alone. Ma stavolta non c’entrava nulla. Riaprì gli occhi e si trovò davanti una scena dai colori sbiaditi. Era una visuale diversa rispetto a quella prima.

______

«Su, Thomas, venite a prendermi!» La voce della donna bionda echeggiava nel labirinto come se fosse un richiamo.
«Signorina Lauren, stia attenta a non perdersi, sto venendo a prenderla!» urlò. Thomas aveva posizionato delle piccole pietre ai lati delle siepi che portavano verso l’uscita, per evitare di perdersi. Erano lì da tanto tempo, e nessuno si era mai accorto della loro presenza. Il ragazzino riuscì quindi a trovare velocemente la via d’uscita e raggiungere la sua amata.
«Eccomi qui!» esclamò appena uscito. Ma non trovò nessuno, così la prese sul ridere e si sedette su un sasso lì vicino in attesa di Lauren.
Dopo un paio di minuti, la ragazza esile spuntò dall’intreccio di siepi e osservò Thomas.
«Ops, vi ho battuto.» disse, assumendo un sorriso soddisfatto. Lauren sorrise, abbassando lo sguardo e aggiustandosi la gonna, scompigliata dal vento provocata dalla corsa.
«Già, siete stati più veloci stavolta. Come fate?» chiese, avvicinandosi al ragazzo.
«Oh signorina, non sono affari vostri!» entrambi scoppiarono in una risata sonora. Thomas accarezzò la pelle di Lauren, così delicata, morbida, pallida e profumata.
«Siete bellissima, come il bocciolo di un fiore che sboccia in piena primavera.» recitò. Passò una mano in mezzo ai capelli dorati della ragazza e poi assaporò il sapore delle sue labbra, così calde e fragili.
«E voi, Thomas, siete bello come il canto di un usignolo al mattino.» Lauren sorrise. Thomas le accarezzò nuovamente la pelle, per poi specchiarsi nei suoi occhi blu come l’oceano. Vide un ragazzo, nel pieno della sua giovinezza, che si godeva la vita accanto la donna che più amava e che più lo rendeva felice.

______

Darren fu investito da una brezza gelida che gli fece venire i brividi. Era una cosa che non gli era mai capitata prima, e stranamente gli era piaciuto.
«Ah, non vi avevo avvisato di questo.» disse il vecchio, tirando su col naso.
«No, me lo sono perso.»
«Beh, ecco tutto. Ogni tanto, verranno a galla i miei ricordi. Non importa in che posto voi vi troviate, ogni posto ha il proprio ricordo. Proverete tutte le sensazioni di quel momento, qualunque siano.»
Darren sorrise. Aveva sempre provato curiosità per il passato della gente, e poterne prendere parte anche per alcuni minuti, lo entusiasmava.
«Non era meravigliosa?»
«Ma chi?» chiese Darren, confuso.
«Come chi? Mia moglie.» sbottò Sir Thomas.
«Oh, Lauren. Sì…m-meravigliosa.» fissava il vuoto.
Darren entrò nel labirinto e cominciò a camminare, con la speranza di uscire.
«Le pietre, ricordatevi.» disse Sir Thomas, con voce quasi prudente. Gli occhi ambrati di Darren, non sapevano dove posare lo sguardo.
«Destra.» gli suggerì il vecchio. Guardò alla sua destra e, in effetti, notò dei minuscoli sassolini bianchi ai lati di entrambe le siepi. Sorrise e continuò la sua camminata, seguendo i sassolini.
«Una versione inglese del filo d’Arianna, non è così?» Darren scoppiò in una rumorosa risata.
«Con le pietre, però.» replicò Sir Thomas, divertito.
Darren notò che le pietruzze erano quasi in simbiosi con il terreno e si doveva sforzare la vista per accorgersi della loro presenza.

**

Arrivò sano e salvo all’uscita del labirinto. Trovò quella pietra lì vicino e vi ci sedette sopra, ricordando la comodità che provava Sir Thomas nella sua visione.
Sorrise e chiuse gli occhi. La brezza del vento del mezzogiorno era piacevole e fresco. Il fruscio delle foglie lo rilassava. Stare più di un minuto lì, sarebbe stato l’ideale per rilassare corpo e mente. Ma purtroppo non fu possibile. Darren sentì una campanella suonare lontana, accompagnata dalla voce forte e chiara di Harry.
«Sir Thomas, dove siete? Oh, voi e il vostro senso dell’avventura…» borbottò il maggiordomo. La voce si faceva sempre più vicina, così Darren si alzò e raggiunse il pover’uomo, ormai esausto.
«Sir Thomas, dov-»
«Eccomi Harry!» gli urlò in faccia Darren. Harry fece un passo all’indietro, sistemandosi la pezzuola bianca adagiata sul braccio destro.
«Oh, dov’eravate finito?» chiese, preoccupato.
«Avevo voglia di fare una passeggiata.» disse tranquillo Darren, dando le spalle all’uomo mentre camminava verso l’entrata principale.
«Mi avete fatto preoccupare! Comunque sia, vi ho chiamato per avvisarvi del pranzo.» sorrise lievemente.

**

Entrarono all’ingresso, attraversarono due corridoi lunghissimi e poi arrivarono nella grande –grandissima- sala da pranzo. Al centro della sala, c’era un lungo tavolo, bandito di tutto punto. C’erano posate argentate e piatti argentati, con prelibatezze che Darren non aveva mai assaggiato.
Ovviamente, come tutto il resto della reggia, quella sala era tappezzata di stoffa rossa. Ma Darren notò un grande specchio con cornice dorata posto di fronte al tavolo.
«Accomodatevi, Sir Thomas.» lo incitò Harry. Darren si sedette e osservò il piatto davanti a sé. Il fumo gli arrivò negli occhi e nelle narici. Notò che era cibo italiano e che quella doveva essere pasta. Non ricordava però, che tipo di pasta fosse. T…tor…niente, non gli veniva in mente, sebbene li avesse mangiati a Venezia.
«E’ pasta, Sir Thomas, cibo italiano.» disse Harry, accorgendosi che Darren fissava il piatto dubbioso.
«Che tipo di pasta è, ve lo ricordate?» chiese Darren, sperando che l’uomo davanti a lui colmasse il suo momentaneo vuoto di memoria.
«Sì. T…tort…tortellini.» rispose l’uomo. Darren rise, Harry aveva uno strano accento.
«Tortellini. Si dice “tortellini”.» Harry lo guardò strano. Sir Thomas non era capace di parlare l’italiano, o almeno era quello che si ricordava.
«Posso farvi una domanda, Sir Thomas?» chiese timido Harry.
«Certo, chiedetemi pure.» lo incitò Darren, cominciando a mangiare. L’uomo davanti a sé cominciò a balbettare.
«Come avete imparato a parlare l’italiano?»
«Grazie a mia madre.» Darren sorrise, mangiò un altro boccone e poi osservò il suo riflesso nel grande specchio davanti a lui. Osservando il suo sguardo notò un cambiamento repentino, segno che Sir Thomas aveva preso quello che, finora, era stato il suo posto.
Harry annuì e scomparve nella stanza accanto.
Sir Thomas era l’unico seduto a quel grande tavolo, ma c’erano i servi che gli giravano attorno.
Julie apparve dalla stessa stanza in cui Harry era entrato. Darren, ormai sotto l’anima di Sir Thomas, ne rimase colpito. Non la vedeva da tanto tempo, la sua bellezza lo sconvolgeva, sebbene amasse gli uomini.
«Buon pranzo Sir Thomas, come state?» chiese gentilmente la ragazza.
«Bene, grazie.» sorrise. Darren pensò che fosse la prima volta, e gli scappò una risatina che soffocò quasi subito.
In quel preciso istante, entrò Chris nella sala da pranzo. Era più bello che mai. Gli occhi azzurri splendevano anche dentro una stanza buia e semi illuminata.
L’anima di Darren vibrò e ciò fece quasi soffocare Sir Thomas, che aveva ingerito un’altra cucchiaiata.
«Ragazzo, siete fuori di testa o cosa?» lo rimproverò Sir Thomas.
Darren si sentì in imbarazzo.
«M-mi scusi, Sir Thomas.» disse.
«Siete vivaci, a quanto vedo.» sbottò il vecchio.

«Sir Thomas, volete dell’acqua?» intervenì Julie.
«Sì, grazie.» le porse il bicchiere. In quel preciso istante a Julie scivolò di mano la brocca. Il pezzo di bronzo finì nel piatto di Sir Thomas, di cui il contenuto si rovesciò sugli abiti costosi dell’uomo. Il bicchiere si frantumò cadendo per terra. Il vecchio scattò in piedi, urlando.
«Julie! Ma cosa fate?!»
«Oh, Sir Thomas, mi spiace tanto, davvero! Non era mia intenzione, mi è scivolata!» la ragazza tamponava gli abiti di Sir Thomas, scusandosi.
«Levatevi dai piedi! Vi abbasserò la paga, ve lo prometto!» urlò, era infuriato.
Darren osservava Chris. Era sconvolto, nei suoi occhi si leggevano paura e sconforto. E Darren aveva ragione. Chris avrebbe voluto scappare, tornare tra le braccia della sua cara Marie. Non riconosceva il ragazzo che aveva davanti. No, non era lui.
Darren voleva intervenire come poteva fare Sir Thomas, ma non ci riusciva. Avrebbe voluto consolare Chris e dimostrargli che non era il vero lui. Era rimasto lo stesso ragazzo che aveva ospitato a casa. Non era cambiato di una virgola, ma aveva fatto un patto con una vecchia signora. Un patto che non poteva infrangere fino al momento del primo bacio.

«Voi, ragazzo! Che avete da guardare? Correte a prendermi degli abiti di ricambio!» Sir Thomas indicò Chris, che fece un passo indietro, spaventato. Annuì, e poi si inchinò.
«Andate via, Julie! Fuori dalla mia vista!» urlò. La ragazza scoppiò a piangere. Chris andò verso di lei e la prese per un braccio.
«Vieni Julie, accompagnami.» le disse dolcemente. Julie acconsentì e si asciugò le lacrime. Una volta usciti da quella stanza, Chris sbuffò.
«E’ sempre stato così?» chiese alla serva.
«Sempre. Ma ultimamente ho notato qualcosa di diverso nella sua anima.»
«Che intendi per “diverso”?»
«Non so, a volte non sembra nemmeno lui. Sembra più dolce e gentile.»
«Veramente?» chiese curioso Chris.
«Sì. A volte sembra che abbia occhi diversi…non suoi, capisci?»
«Sì, più o meno…» Chris non capiva…o forse sì. La donnina aveva ragione, anche lui aveva notato qualcosa, ma pensava di esser pazzo.

Darren era nel panico, sebbene le acque si fossero calmate da un bel po’. Sapeva che Chris si sarebbe fatto un’idea sbagliata di lui e pensare che l’avrebbe pensato ogni volta che si fossero incontrati…no, non l’avrebbe di certo sopportato. Tuttavia, doveva abituarsi. Gli avrebbe mai detto come stavano veramente le cose? Chissà.




¦ Roberta' space: Salve lettori, ben tornati! Come state?
So che siete presi da Naya al GFF, ma cagate anche noi lol
 Allora, che dire di questo capitolo?
Beh, l'ho scritto di getto e soprattutto di notte, quindi se trovate errori ditemelo ahah
Ho adorato scriverlo, veramente jdhfj
Ho utilizzato il flashback per raccontare le memorie di Sir Thomas, che saranno oramai frequenti.
L'idea l'ho gentilmente adottata dai libri "Torment" e "Passion" della meravigliosa Lauren Kate, da cui sono rimasta stupefatta. GRANDE LAUREN!
Ah, ho deciso di far dare del "tu" a Chris e a Julie perché...non so, sono più teneri così (:
Boh, adesso non mi resta che ringraziarvi ancora per le visualizzazioni.
Ma vi prego, RECENSITE!!
Abbiamo bisogno del vostro parere, ve ne prego çç

Le canzoni all'inizio sono "La La La" di Naugthy Boy e "Mirrors" di Justin Timberlake.
Ne ho messe due perché nel capitolo sono narrate due situazioni diverse.
*nobody cares*

Spero vi piaccia, buona lettura!





«Tin tin!»
«Chi non muore si rivede!»
«Ciao.»
«Ma dove ti eri cacciato?»
«Sono sempre stato nella tua testolina, sei tu che non mi hai pensato, bambolina
«Ma non è... scusa.»
«Non ti preoccupare, ho dormito il doppio.»
«Non si direbbe, è da mezz'ora che sbadigli.»
«Non rompere.»
«Dolce come lo zucchero.»
«Perché io sono uno zuccherino.»
«No. Hai smesso di farti fotografare durante le scene di "Girl Most Likely"? Eh? Ho perso dieci anni di vita.»
«I'm sorry for people that don't have my body
«Modesto, il ragazzo.»
«Tu dovresti avere più modestia di me. Sei una bambolina.»
«Ma quante cazzate dici? Vai via, sporcaccione
«Io ti faccio un complimento e te la prendi, come sei odiosa.»
«Ma cosa vuoi? Non manca a te l'autostima.»
«No, appunto.»
«Okay, sei tornato e mi fa piacere, ma adesso sparisci
«Solo se mi prometti di scrivere.»
«Stasera.»
«Promesso?»
«Promesso.»
«Dai, che sei bravissima e sta venendo bene.»
«Grazie amore!»
«Nulla. Ah, comunque le tue idee, che qui fluttuano in modo pazzesco, non vedono l'ora di essere messe per iscritto. Muoviti, o mi hanno promesso di scappare.»
«Oddio. Vado.»
«And let me love you, and I'll love you, until you learn to love yourseeeelf!»







scusate, è terribilmente lunga la discussione lol












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Capitolo 13
*** Capitolo 11. ***


¦ Claudia's space: Eccoci con l’aggiornamento.
Intanto, ciao a tutti, come va? Avete visto naya?
Mi fa piacere per voi, io e rob no, purtroppo çwç 
Ma in compenso, ci sono le foto.
Andate al mare, vi divertite?
Io sì, la sera leggo un po’, poi scrivo, insomma la solita pacchia e noia estiva.
Passiamo al capitolo, vi avviso, potrà sembrarvi innoquo ma, non lo è tanto.
Ehehehehe.
Meglio smetterla.
Dedico questo capitolo a Jessica, perché glielo avevo promesso e io mantengo le promesse, perché le voglio tanto bene e la adoro.
Continua a scrivere, che sei davvero brava.
Davvero.
A sabato con il prossimo aggiornamento.

 

CHAPTER 11.

''Baby you're not alone
cause you're here with me
and nothing even gonna
bring us down
cause nothing can't keep me
from loving you
and you know it's true.
It don't matter would it come to be

our love is all we need to make it trought.'''

 

Chris stava rifacendo il suo letto. Incominciò dopo poco a girare per la stanza. Dove l'aveva messa? Si girò di nuovo, oh, eccola! Sulla sedia vi era l'uniforme che aveva ricevuto. Uno smanicato color marrò, una camicia bianca di seta da mettere sotto, dei pantaloni piuttosto lunghi, bruni e delle scarpe da infermiera nera, al maschile però. Faceva piuttosto freddo, anche dentro la reggia ma, sicuramente, con qualche altra cosa sopra, sarebbe morto dal caldo. Indossò l'uniforme e andò un attimo in bagno a sistemarsi i capelli. Il cielo non era come gli altri giorni, era ricoperto di nuvole tendenti al grigio. Scese al piano di sotto, controllando un po' il grande soggiorno e poi la cucina per riordinare un po' e pulire. Poi, verso la tarda mattinata, avrebbe iniziato a cucinare.
Stava tentando di spostare uno dei due divani bianchi, rifiniti in argento del grande soggiorno, ma proprio non ci riusciva. La forza non era mai stata il suo forte. Si sollevò le maniche della camicia fino ai gomiti e cominciò a spingere con tutte le forze che aveva. Era uno stupido divano, non poteva vincere lui. Dopo un po' di altri sforzi, il divano, finalmente si decise a soccombere sotto le sue minacce dette tanti sforzi fa e spazzò un po'. Ma proprio quando, prese la scopa in mano, si sentì chiamare quasi a squarciagola.
«Chris!»  disse una voce fastidiosa che sembrava aver già sentito. Era familiare.
«Dove siete? Oddio mio, tutto questo correre mi renderà esausto...» stavolta la voce ansimava e si faceva più vicina.
Chris si avvicinò di soli due passi e notò che Harry, il maggiordomo, lo cercava.
«Mi avete chiamato.» disse, rivolgendo il suo sguardo al maggiordomo.
Il maggiordomo si mise una mano sulla fronte, sudata e dopo un respiro, riprese a parlare.
«Finalmente! E' da almeno un'ora che vi cerco!» disse ancora ansimante.
«Ditemi, adesso sono qui.»
«La signora Julie è uscita a compare del cibo, non ha avvisato. Sir Thomas ha bisogno di un bagno e avevo incaricato lei di farlo ma, a quanto pare, se ne è dimenticata ed è uscita.» disse.
Chris si bloccò un attimo.
«State bene?» lo risvegliò il maggiordomo.
«S-sì, non preoccupatevi. Solo, non capisco perchè stiate dicendo tutto questo a me.» disse sperando che se ne andasse presto.
Vi prego, no. No, no, no. Non ditemi che è quello che sto pensando, no. 
«Ve lo sto dicendo perchè, Julie non è in casa. Sir Thomas la aveva incaricata per...ve l'ho già detto! Il signore scenderà fra pochi minuti, preparategli il bagno, sù, svelto!» disse facendo un gesto svelto con la mano e poi si dileguò.
Chris era ancora lì fermo impalato. Fece un gran respiro e prese a camminare verso il bagno. Sicuramente, la situazione sarebbe stata imbarazzante, molto imbarazzante più di quanto pensava. Lui e Darren nella stanza poteva anche andare bene. Ma non con uno dei due, senza vestiti immerso in una vasca di acqua calda. No, non doveva pensarci.
 

                                                                                     **


Arrivò al bagno, si avvicinò allo scaffale in legno, prendendo il sapone e scegliendo un po' di asciugamani. Purtroppo, il troppo pensare a quello che sarebbe successo da lì a poco, gli mandava il cervello in pappa. Stai calmo, si ripeteva. Qualcuno entrò dalla porta, era Darren. Lo capì perchè inziò a parlare.
«S-scusate, voi che ci fate qua?» disse incuriosito. Non si aspettava di vedere lui lì. Dov'era Julie?
Chris si voltò solamente un attimo, lo guardò. Sempre più bello. Poi, gli rispose.
«Julie è andata a far spese, quindi, sono stato incaricato io p-per...» le parole gli si fermarono in bocca, subito le sue guance si fecero calde, poi fortunatamente, riprese.
«Per prepararvi il bagno.» concluse, ancora con lo sguardo sullo scaffale. Poi, avvicinandosi alla vasca, aprì il rubinetto e fece uscire un po' di acqua calda.
Darren deglutì un po'. Era felice di rivederlo, sì, ma, qualcosa gli scattò in testa. Sarebbe stato lavato da Chris. Era troppo da sopportare. Cercò di scacciare il pensiero dalla sua mente ma fu inutile.
«Io vado a prendere degli oli profumati, sono in bagno, di sopra. Voi intanto, entrate d-dentro.» balbettò di nuovo e prima che Darren si potesse accorgere del rossore sulla sua faccia, sparì dalla stanza.
 

                                                                                **

Scese dalle scale e aprì piano la porta, Darren era già immerso in acqua. Oh bene, si disse. Entrò dentro e chiuse la porta. Aveva un piccolo cestino con sè, ci mise dentro gli oli e lo posò per terra. La situazione non era delle migliori. Un uomo nudo era davanti a lui dentro una vasca e lui, avrebbe dovuto toccarlo. Dio. Si mise proprio dietro le sue spalle e sfregando per bene il sapone fra le mani, iniziò a massaggiarle. La sua pelle era morbida, perfetta al tatto. I capelli ricci e neri proprio davanti a lui, al di sotto di essi, una piccola voglia si intravedeva proprio al di sotto del collo. Le sue mani cominciarono a muoversi, toccando sempre un po' di più. Sfiorava quella pelle a dir poco stupenda. Cercava di non esagerare, non avrebbe voluto lasciare segni o qualcosa di simile. Le scapole evidenti, i suoi lineamenti. Era bellissimo. Le braccia erano forzute, andando più in là con lo sguardo, Chris poteva intravedere due fossette ben marcate all'altezza dell'inguine. Dio, che visione.                                                                                              
Le sue mani, dopo un po', andarono a toccare il suo petto e a risalire timidamente. Sperava solamente che non si voltasse, le sue guance erano ancora rosse e sicuramente, l'ultima cosa che voleva era che notasse il suo imbarazzo. Faceva troppo caldo là dentro. Fuori pioveva.
 


Darren sentiva le mani di Chris sul suo corpo. Non sapeva come descrivere il tutto. Massaggiava lentamente, ma le sue mani erano comunque sulle sue spalle, sul suo petto e adesso sul suo ventre. Erano soffici, di un color lieve. Lo stavano toccando. Chris lo stava toccando. Si rilassava e subito dopo, faceva fatica per fino a respirare. C'era troppo caldo lì dentro. Arrivò addirittura a doversi mordere la lingua per cacciare indietro qualche gemito di piacere. La situazione era nuova per lui. Però dio, era la sensazione più bella del mondo e avrebbe voluto non finisse mai. Non avrebbe voluto che Chris smettesse di toccarlo, mai. Poteva quell'attimo durare in eterno? Oltre al caldo lì dentro, c'era fin troppo silenzio. Si sentiva solo il rumore della pioggia che proveniva dalla finestra. Decise allora, di iniziare a parlare.
«C'è fin troppo silenzio, non credete?» riuscì a dire.
Chris, ancora con le guance lievemente rosse, rispose.
«Di che cosa volete parlare, signore?» disse, cercando di assumere un tono tranquillo.
Darren ci pensò un po', ma non gli venne in mente niente. Doveva uscire da quella situazione imbarazzante e sicuramente, il silenzio non era di aiuto.
«Volete che vi parli di qualcosa per distrarvi?» disse con un tono nervoso. Cavolo, non doveva far notare il suo imbarazzo in quel momento.
«S-sì.'' disse, ringraziandolo nella sua mente per averlo fatto uscire da quella situazione.
Chris pensò alla prima cosa che gli veniva in mente.
«Cosa vedete nel vostro futuro, cioè, come vi vedete fra dieci anni?» disse, con un filo di curiosità.
Darren ci pensò un po' sù.
«Non lo so, sposato forse o no. Non me ne preoccupo al momento.» disse sinceramente.
Chris massaggiò un po' la sua schiena con il sapone.
«Non ve ne preoccupate o non ci pensate?» gli chiese.
«Entrambe.» rispose.
«Ma non vorreste...non so, una bella donna? Insomma, ci saranno davvero tantissime donne a farvi la corte, siete giovane e bello, è questo che loro cercano.» disse accorgendosi troppo tardi di quel che aveva appena detto. Era bello sì, ma se lo era lasciato sfuggire. Stupido, stupido, stupido, si disse.
Darren arrossì un po' per il complimento, poi rispose.
«Vi ringrazio. Sì, ci sono tante donne ma, non mi interessano.» confessò.
Chris lo guardò un po' strano.
«E perchè mai? »chiese.
Darren si bloccò. Poteva confidarsi con lui? Poteva fidarsi? Ma soprattutto, avrebbe potuto tenersi dentro ancora tutto quel peso che si portava addosso? Chris lo vide imbambolato.
«Signore, vi sentite bene?» chiese allarmato.
«S-sì..è solo che... » sospirò.
«Posso confidarvi un segreto?» disse, girandosi giusto un po' per guardarlo in viso. Lo stupì molto il colorito sulle sue guance, totalmente acceso in confronto ai suoi occhi azzurri. Chris abbassò un po' lo sguardo. Poi gli fece un piccolo sorriso.
«Certamente, solamente se volete però, non vi costringo a dirmi niente.» disse timidamente.
Darren ricambiò il sorriso.
«Sì, ecco, vedete...io non sono attratto dalle donne, diciamo...» disse. Chris era diventato ancora più curioso, aspettava che continuasse.
Bensì, credo che ci si innamori del genere e non della persona, l'amore è amore.'' enfatizzò queste due parole con così tanta dolcezza che Chris quasi si sciolse.
Non sono attratto dalle donne, ma dagli uomini. Non credo ci sia niente di strano...solo, mi domando perchè io mi senta come un rifiuto.»
Chris era confuso. Amava gli uomini e che vi era di male? Anche lui, ma non si era mai visto sotto quel punto di vista.
«E perchè mai dovreste sentirvi un rifiuto?» disse con un tono abbastanza confuso.
«Perchè...» si interruppe.
Chris riconobbe quello sguardo, il suo viso. Erano come quel giorno in cui lo aveva accolto in casa sua. Perso, triste. Il suo sorriso raggiante, quel suo bellissimo sorriso era andato via.
«Ehi, se volete sfogarvi io sono qui, davvero. Se volete.» disse tenerametne senza pensarci, le parole gli uscirono spontanee.
Darren gli rivolse un piccolo sorriso. Sì, era definitivamente un angelo.
«Ricordate quel giorno in cui mi accoglieste in casa vostra?» gli chiese.
«Sì.»
«Bhè, quel giorno vi mentì perchè...ero appena stato cacciato di casa. Mio padre, l'uomo che mi aveva cresciuto, mi aveva ripudiato.» disse con la voce strozzata.
Chris si portò una mano alla bocca. No, non poteva essere successo. Darren era sul punto di crollare, però continuò.
«Avevo tenuto questo segreto dentro di me per pochi mesi e quel giorno, a pranzo, gli dissi tutto. Non potevo tenermelo più dentro. Lui, mi cacciò via. Disse che non voleva più vedermi. Così, mi ritrovai a vagabondare per le strade.» terminò con la voce spezzata, una lacrima gli rigò il viso.
«Vostro padre non meritava il vostro affetto. Non dovete piangerci ancora sopra. Siete voi, vi sentite bene, siete voi stesso. Non dovete sentirvi un rifiuto per questo. Non dovete pensare a cosa pensano gli altri di voi, ma a quello di cui pensate di voi stesso. Vostro padre vi ha inculcato radici profonde, brutti ricordi e posso capire perchè lo pensiate. Amate e amare è normale.» disse sbottando sulle prime parole. Doveva pur dire ciò che pensava, qualcosa per consolarlo. Quegli occhi tristi e spenti, erano un graffio al suo cuore.
Darren era rivolto versò di lui, con gli occhi ancora lucidi e con un piccolo sorriso formatosi sulle labbra. Qualcuno lo aveva capito. E quel qualcuno era lui, per la seconda volta. Dio, se si sentiva meglio adesso.
«Vi ringrazio.» disse mantenendo sempre il suo sguardo su di lui.
Chris ricambiò il sorriso. Ci fu un attimo,uno sguardo. Entrambi si guardavano. Darren non avrebbe mai potuto concentrare tutti i grazie del mondo in quello solo e non avrebbe mai potuto distogliere lo sguardo da quei bellissimi occhi. Chris, ancora rosso, ogni tanto sbatteva le palpebre e abbassava lo sguardo per l'imbarazzo, ma davanti a sè, aveva due occhi lucidi verde ambrato più belli e rari che avesse mai visto.
«Posso confidarvi un piccolo segreto anch'io?» disse, preso ormai dalla conversazione.
«Certamente, fate pure.» rispose.
«Anche io sono attratto dagli uomini, semplicemente, sono così. E non me ne faccio un dramma e non dovete neanche voi. Siamo persone normali. Amiamo, doniamo il... il nostro cuore ad una persona ed è quello che fanno tutti gli altri.» disse arrossendo un po'. Darren lo guardò luminoso, raggiante. Chris già, si sentiva meglio guardando quel sorriso, lo amava
.

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Capitolo 14
*** Capitolo 12. ***


~ CHAPTER 12.

"The iron curtain falls over my head
Every step, every act, simply unthinkable
There's no limit you can conceive
Only a weird story about me and you
The illigible riddle hides a simple reply
Between me and you, purely the otherness
There's no limit you can conceive
Only an impression about the author
Again, forever
I'll be obsessed
Without way out
Irreparably, finally surrender
Without escape
Go back to sleep."



I giorni passavano. Il suo rapporto con Chris gli sembrava lo stesso, ma sapeva che quell’episodio non solo aveva messo sotto un’altra luce la sua reputazione, ma aveva reso il rapporto un po’ più freddo. Al mattino si scambiavano il “buongiorno”, senza nemmeno degnarsi di uno sguardo. Quando si incontravano, l’uno sorrideva all’altro e poi Chris scompariva con una scusa. E la mattina era l’unico momento di contatto che avevano. Durante la giornata, Chris puliva o stava con Julie e Darren leggeva, rintanato in biblioteca, chiacchierando ogni tanto con Sir Thomas. Nessuno dei due aveva il coraggio di parlare all’altro, per paura di nuovi inconvenienti.

Tuttavia, si stava quasi abituando a quella calma apparente e l’unica cosa che ormai lo teneva sveglio, era Sir Thomas.
Era pomeriggio inoltrato. Darren aveva abbandonato la camera da letto solo per la colazione e il pranzo. Per il resto della giornata, era rimasto lì, rinchiuso, come un prigioniero nella sua prigione. Era una prigionia pressoché forzata e voluta dal suo cuore, che non aveva intenzione di sbriciolarsi un’altra volta alla vista di quell’angelo…cioè, Chris.
Aveva preso dei libri dalla biblioteca ed era tornato in camera. Nel giro di poche ore si era divorato i libri più interessanti che aveva trovato, tra cui altre opere di Shakespeare tra cui “Macbeth” e “La bisbetica domata”. Aveva letto così tanto, che ad un certo punto Sir Thomas gli aveva urlato «Ragazzo, smettetela o vi brucio la biblioteca!» ma Darren l’aveva ignorato, sapeva che non l’avrebbe fatto.
All’ennesima opera divorata però, era caduto in un sonno profondo rimanendo con un libro fra il pollice, l’indice –con cui teneva il segno- e il medio.

Si svegliò. Era sicuro di aver dormito non più di due ore e mezzo, fuori il sole era alto ma coperto da dei immensi nuvoloni grigi. Quando Darren aprì gli occhi, si rese conto di essere sotto l’anima di Sir Thomas. Il vecchio si alzò dal letto, attento a non pestare il libro per terra. Deve essermi caduto, pensò Darren. Si avvicinò alla finestra, sospirò e la spalancò. Una folata di vento gelido lo investì, tuttavia rimase immobile. Darren si chiese come facesse, lui non avrebbe resistito. Sir Thomas afferrò la sedia a quattro piedi di distanza da lui e la mise davanti alla finestra. Si sedette ed inspirò l’aria che arrivava da fuori. L’odore di fango arrivò chiaro alle narici di Sir Thomas, che sorrise. Quell’odore Darren lo conosceva bene, era l’odore che amava di più dopo quello di sua madre.
«Pioggia» dissero quasi all’unisuono.
«Anche a voi piace?» chiese il vecchio.
«La cosa più bella, la preferisco al sole» disse «infatti l’estate è la stagione che odio di più in assoluto.» affermò Darren con una punta di orgoglio nella voce.
«Già, anch’io.» disse Sir Thomas.
Il vento diventò all’improvviso forte e minaccioso. Quell’ultimo pezzo di azzurro che si poteva intravedere, fu oscurato dalle nuvole, diventate più scure. Lontanamente Darren sentì un rumore sordo che conosceva bene. Un fulmino squarciò il cielo in modo netto, come se avesse voluto romperlo.
«Ahia, Zeus sta perdendo le staffe!» esclamò divertito Sir Thomas.
«”Colui che raduna le nuvole e Zeus dei fulmini”» recitò fiero Darren.
«Bell’epiteto. Avete studiato epica, a quanto vedo.»
«Sì, amavo leggere ciò che trovavo in biblioteca da bambino e c’erano molti libri sui poemi epici.» Sir Thomas fece un cenno col capo.
Il suo sguardo si spostò sul labirinto. Un bagliore bianco, azzurro e viola,  vi si spostava dentro ad intermittenza. Era come una piccola fiammella. Tuttavia, Darren non capiva cosa fosse, si sforzava, ma nulla. Ad un certo punto udì un debole “Thomas”, quasi come un lamento.
«Sir Thomas, lo sentite anche voi?» il vecchio strabuzzò gli occhi e diventò bianco come un lenzuolo.
«Lauren.» disse Sir Thomas prima di uscire da lì dentro correndo. Darren pensò che quell’uomo fosse completamente fuori di testa. Uscire di corsa, con una tempesta in arrivo era una cosa che poteva fare solo lui. Stranamente nella reggia non c’era nessun quel pomeriggio.
Sir Thomas arrivò davanti il labirinto.
«Lauren, ci sei? Eccomi, sono qui!» urlò disperato.
«Thomas, vieni alla pietra…» la voce della donna sembrò di nuovo un lamento che proveniva dal fondo di quell’intreccio. Sir Thomas cominciò a seguire quelle pietruzze bianche come un pazzo. Quando finalmente uscì, trovò la sua cara moglie seduta sulla pietra, mentre si portava un mazzo di rose bianche al naso e ne odorava il profumo fresco.
Darren la riconobbe subito benché fosse un po’ invecchiata e circondata da un alone opaco e brillante.
«Lauren…» la richiamò Sir Thomas. La sua voce tremava e stava per commuoversi. La donna si alzò e gli sorrise. Posò le rose sul masso liscio e si avvicinò.
«Mio amato» disse «mi sei mancato.» la stessa voce che fino a poco tempo fa sembrava un lamento, adesso sembrava la melodia di un violino.
«S-sei così bella.» Sir Thomas le prese il viso. Darren riuscì a sentire i brividi alle mani che aveva Sir Thomas. Avvicinò il viso pallido al suo e la baciò. Anch’esso era un brivido, ma Darren trovò tutto questo bellissimo. Una ventata fece ondeggiare gli alberi davanti a loro, la veste da notte che indossava Lauren e la sua presenza.
«No…» implorò Sir Thomas. Un fortissimo fulmine comparve in cielo per una frazione di secondo, seguito da un tuono. Un forte temporale si rovesciò sulle loro teste.  La fiammetta di Lauren si distorse del tutto.
«No!» urlò Sir Thomas.
«Ti amo!» disse Lauren, cercando di abbattere il rumore della pioggia che si infrangeva sul terreno.
Scomparve.
Dopo aver emesso un gemito di dolore, afferrò il mazzo di rose e lo portò al petto. Ogni volta che gli faceva visita, gli lasciava un mazzo come quello che Sir Thomas custodiva in modo geloso in una camera a cui poteva accedere solo lui. La chiamava “la camera di Lauren” in cui c’erano non solo le rose –che non appassivano mai- ma anche gli effetti personali della donna. Ogni tanto entrava lì dentro e piangeva per ore.
Abbandonò il posto lasciandolo a Darren.
Quella pioggia gli batteva sulla testa come noci di cocco congelate. Pertanto gli doleva e sentiva il freddo pungente sfiorargli le ossa come lame affilate. La vista cominciò a scherzare e le cose che aveva davanti si raddoppiavano. Darren non resistette, era troppo per lui. Chiuse gli occhi e si accasciò per terra, senza sensi e sotto la pioggia che non provava alcuna pietà.




¦ Roberta' space:  Hola, mis bonitos/as.
Come state? <3
Voi state bene, sono sicura che siate più forti della sottoscritta.
Alloooora. Che dire? Questo capitolo è cortissimo, eeeh già.
L'ho scritto per disperata, dopo il famoso "blocco dello scrittore" durato ben due giorni.
Vi starete chiedendo il perché questa lunghezza corta(?). Beh, secondo Claudia, è per SUSPANCE.
Ceeerto *sorride ed annuisce*
Come sempre, scriverlo mi ha intusiasmato parecchio.
Ma mi ha anche fatto intristire perché avrei voluto aiutare Darren :c
E tutti sappiamo che non posso, anche se ho i miei poteri da scrittrice malefica...non potrei inserirmi nella storia...quanto egoismo!
Buhbuh, detto questo me ne vado.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e...alla prossima!
Besos, chicos/as.

P.S. Sì, oggi ho ritrovato la mia vena spagnola...sapete, sta per ricominciare la scuola!
P.P.S. Scusate per l'editor di cacca del capitolo 10. Nvu quella mattina ce l'aveva con me, senza motivo. Cattivo.
P.P.P.S. Io e Claudia siamo mortificate per non aver aggiornato sabato scorso. Il vero motivo è che...NON AVEVAMO UN CAPITOLO DA PUBBLICARE. Sorrateci(?)
P.P.P.P.S. Darren a quest'ora dorme, piccolino. Perciò non ho nessuna conversazione per voi :c




Scusate per i troppi P.S.
Vi amo.





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Capitolo 15
*** Capitolo 13. ***


 ¦ Claudia' space: Ssssalve! Oh, che dico, CIAAAAAO.

Amo questa estate e me la godo ancora.

Rob ha parlato di scuola nel suo spazio, mi ha fatto venire la depressione.

Okay, scusa Rob, lo sai che ti amo.

Passiamo al capitolo, è venuto più lungo del solito so, scusatemi ma, non poteva essere diviso ne accorciato. Mi piace così e vedete di farvelo piacere pure voi. *faccia decisa*
A parte scherzo, spero vi piaccia perché, come ha detto Rob, sabato non abbiamo aggiornato perché ci mancava questo capitolo da scrivere (l’idea mi è venuta tre giorni prima e quindi, abbiamo ritardato per questo) non mi resta che augurarvi buona lettura. :D



CHAPTER 13.

''With arms open wide 
I'll be your umbrella when you
just can't stand the rain 

I'm there by your side, 
I wanna be your shelter
when you just can't stand 

When you just can't stand the rain.''




Darren si trovava lì, immobile, disteso sull’erba. Non ne aveva capito più niente ed era svenuto. Harry, il maggiordomo, camminava per la casa. I tuoni lo avevano svegliato e il rumore della pioggia sbatteva sulle finestre della sua camera.                                        
Sir Thomas gli aveva detto che non aveva fame, non aveva cenato ed era andato dritto in camera sua, quindi, Harry non aveva tanto da preoccuparsi. Con la veste lunga, le ciabatte e una candela in mano, stava andando in cucina per bere un po’ d’acqua quando, si bloccò proprio a pochi passi davanti l’entrata. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Aveva notato una figura distesa sul prato, Sir Thomas, immobile. Pensò fosse uno dei suoi soliti scherzi.

«Sir Thomas, non credo abbiate più l’età per certi giochi!»disse avvicinandosi un po’, ma niente. Come se non lo avesse sentito non osava muoversi di un millimetro, restava sempre lì, fermo con gli occhi chiusi. Harry si avvicinò un altro po’. Come ci è finito lì? Pensò. Sul suo volto si affacciò uno sguardo preoccupato, rientrò di corsa dentro casa. Si sarà sentito male. Pioveva ancora, ma meno forte di prima.
«Sir Thomas! Sir Thomas non sta bene!»urlò preoccupato. Posò la candela in un bancone lì vicino, della cucina. Erano pressapoco le unidici di sera e nessuno si faceva vedere, ne sentire, nessuno era uscito dalla proprio camera, tutto taceva. Salì le scale, bussando alla porta della stanza di Julie. Ma niente. Bussò di nuovo. Ancora un minuto e la porta si aprì piano e affacciata fuori, vi era la ragazza in camicia da notte, le ciabatte e i capelli sciolti e spettinati. Rivolse il suo sguardo ad Harry.
«Harry, è tardi, che cosa succede? Perché mi avete svegliata?»disse stropicciandosi gli occhi, infastidita.
«Si tratta di Sir Thomas…pensavo se ne stesse fuori, a fare uno dei suoi scherzi ma…è proprio immobile, fermo sull’erba. Non si muove. Non so che fare!»disse velocemente, ancora un po’ più preoccupato.
«Ssh, abbassate la voce. Potreste svegliare qualcuno!»disse portandosi l’indice alla bocca ma, non ebbe neanche il tempo di finire che, la porta di un’altra camera più avanti alla sua, si aprì. Chris si portò una mano al capo, poi, sbadigliò e uscì dalla stanza, socchiudendo la porta alle sue spalle. Aveva sentito dei mormorii confusi e poi, una voce più alta che proveniva sempre dallo stesso punto che lo avevano svegliato. Girò la testa e vide il maggiordomo e Julie che lo guardavano.
«Ecco, cosa vi avevo detto?» disse Julie dando un colpetto sulla spalla ad Harry il quale, emise un piccolo gridolino di dolore.
«Ahi! Scusatemi ma non so che fare!» disse sempre velocemente.
«Scusami Chris, se ti abbiamo svegliato.»  disse Julie rivolgendosi a lui.
«Non preoccuparti.» disse.
Harry si voltò verso Chris e poi veloce verso Julie.
«Aiutatemi, vi prego.»disse sottovoce  e quasi supplicando.
Chris, interessato alla conversazione, si avvicinò ai due.Cosa era successo? Perchè il maggiordomo era arrivato per fino a svegliarli durante la notte? Era così grave?
«Scusatemi, ma che sta succedendo?» domandò.Harry si voltò verso di lui. La preoccupazione ancora più presente nei suoi occhi non fece che far aumentare l’ansia di Chris.
«Sir Thomas, io…credo si sia sentito male. E’ fuori, disteso, non da segno di vita, vi prego, aiutatemi!» spiegò.
Chris subito si fece preoccupato. Darren stava male. Certo, si era chiesto dove fosse finito per tutta la sera, non si era presentato a cena, ma Harry gli aveva detto che non aveva fame ed era rientrato in camera. O almeno così Darren gli aveva detto. Scese di corsa le scale e andò fuori. Poi si girò un attimo, verso di loro. Lo stavano raggiungendo.
«Sarà meglio riportarlo dentro e vedere che cosa ha.»disse velocemente, voltandosi verso la porta. Gli altri dietro di lui, annuirono.


Appena arrivarono fuori, la situazione non era cambiata. Forse la pioggia era diventata leggera e più sopportabile ma, Darren era sempre lì. Vicino a quell’albero, disteso a terra. Chris si avvicinò e si abbassò un po’, giusto quanto bastava per vederlo meglio e portargli una mano alla fronte. Era molto calda. Doveva avere sicuramente la febbre. Sospirò, felice che non fosse niente di serio.
«E’ molto caldo, è sicuramente svenuto per questo e perché…sta male.» disse chiaramente, spostando la mano sulla sua guancia e sfiorandola delicatamente.
«Ha la febbre, dobbiamo portarlo dentro.» disse  chiaro. Julie e Harry lo aiutarono a spostarlo da lì in camera, sollevandolo per le gambe mentre Chris per le braccia. Attraversarono un po’ di stanze prima di arrivare a quella di Darren. Appena furono arrivati, Harry si sporse un po’ per aprire la maniglia ed entrarono.
«Fate piano, appoggiatelo delicatamente…» disse, mentre Julie ed Harry lo aiutavano a farlo distendere sul letto. Appena fu sistemato, prese un cuscino e chiese aiuto a Julie, per alzargli un po’ la testa. Lo posizionò dietro, in modo che stesse più comodo.
Harry ruppe il silenzio.
«Credete che si sveglierà?»chiese allarmato e guardando Darren.
Chris rise un po’, girandosi verso il maggiordomo.
«State tranquillo, ha bisogno solo di un panno impregnato di acqua, qualche coperta e un po’ di riposo…»poi tornò a guardare Darren.
«Starà bene.»disse sospirando.
Harry era un po’ più rincuorato, adesso. Julie si portò una mano alla bocca, per sbadigliare. Le sue occhiaie si notavano perfettamente, non avrà dormito molto in questi giorni, pensò Chris. Allora, decise di occuparsene lui.
«Voi andate pure, qui ci penso io.»disse con un piccolo sorriso. Julie cercò di ricambiare ma, invece di sorridere, sbadigliò di nuovo.
«Grazie Chris, buonanotte.»gli disse dolcemente.
«Buonanotte anche a te.»rispose Chris.
Julie si diresse fuori dalla stanza. Harry invece, gli si avvicinò.
«Vi…vi ringrazio anch’io.»disse  grato.
«Di nulla.»gli rispose con un piccolo sorriso.



Darren sentì di essere disteso su qualcosa di morbido, sentiva qualcosa di umido sulla sua fronte e una coperta addosso. Aprì molto piano gli occhi, notando una figura che si faceva sempre più nitida davanti a sé. Due iridi azzurre lo guardavano. Chris gli levò il panno ormai caldo dalla fronte, posandolo dentro il piccolo secchio e ne tirò fuori un altro. Impregnò questo d’acqua, strizzandolo per levarne l’eccesso e glielo adagiò piano sulla fronte.
«Finalmente vi siete svegliato, vi sentite un po’ meglio?» gli disse Chris, sorridendogli un po’ mentre gli sistemava le coperte.
Darren restò confuso. Sentirsi meglio e perché mai? Era forse stato male? A giudicare da dove fosse, sembrava proprio di si ma, come ci era arrivato a letto? Non ricordava niente.
«Cosa…perché mi trovo qui?»chiese ancora più confuso.
Chris si alzò, andando a posare le coperte che aveva preso in più. Si era svegliato adesso, doveva sentire meno freddo.
«Non vi ricordate niente?»chiese, aprendo uno dei cassetti del grande cassettone di fronte al letto.
«A dire la verità, no.»disse portandosi una mano alla testa.
«Ci avete fatto prendere uno spavento, Harry vi ha trovato disteso fuori. Eravate immobile. Era preoccupato e così, ha svegliato Julie e di conseguenza anche me.» disse tutto d’un fiato.
«Sentivo dei mormorii e non riuscivo a dormire. Quindi, sono uscito dalla mia stanza e li ho trovati lì sopra. Sono venuto a sapere cosa era successo e li ho aiutati a portarvi qui.»disse, chiudendo il cassetto. Darren strabuzzò un po’ gli occhi. Non ricordava di essere stato fuori. Chris continuò.
«Siete sicuramente svenuto, siete molto caldo. Avete la frebbe molto alta.» disse.
Darren ricordava solo un giramento di testa. Sir Thomas, un richiamo che si faceva sempre più chiaro, l’odore della pioggia e… Lauren. Sir Thomas lo aveva portato fuori per rivederla e dopo un po’, lo aveva lasciato lì, da solo. E non ne aveva più capito niente. Assunse una faccia più tranquilla ma davvero, non ricordava più niente. Non si era più svegliato fino a quel momento, giusto?
«Ecco perché non ricordavo di essere arrivato qui, nella mia camera, per mia volontà.»disse un po’ più chiaro adesso che aveva saputo.
Chris si girò un attimo e gli fece un piccolo sorriso.
«Vi sentite un po’ meglio?» chiese.
«Mi gira un po’ la testa, in verità.»rispose portandosi una mano agli occhi.
«Per fortuna, prima che vi svegliaste, sono passato in cucina e vi ho preparato una bella camomilla.» disse, dirigendosi all’altro comodino, prendendo il vassoio con una tazza di camomilla fumante, che vi era sopra. Si avvicinò un po’ e  poggiò il vassoio sul letto, proprio vicino a Darren. Darren prese la tazza in mano e la portò alla bocca bevendone un sorso. Poi la posò un attimo.
«Vi ringrazio.»disse con quel piccolo sorriso formatosi appena sulle labbra.
«Figuratevi.»gli rispose Chris, ricambiando il sorriso. Poi, tornò a sistemare il manicomio che vi era lì dentro. Darren stava prendendo un altro sorso di quell’infuso quando, qualcosa gli balenò in testa. Lo avevano portato lì, era svenuto e aveva la febbre. Questo lo aveva capito, ma Harry e Julie dove erano? Non credeva di averli visti lì. C’era solo Chris lì, con lui. Domandò così, senza pensarci.
«E Julie ed Harry?»poggiò di nuovo la tazza sul vassoio che fece un po’ di rumore.
«Erano molto stanchi così, ho detto loro che mi…mi sarei preso cura io, di voi.’’ disse quelle ultime parole velocemente e non ne sapeva nemmeno lui il perché. Non era normale? Insomma, si era preoccupato. Succede sempre quando qualcuno sta male, no? Qualche secondo dopo che Julie ed Harry erano usciti dalla stanza, aveva preso la sedia che si trovava lì dentro appoggiata al muro e si era seduto, sperando con tutto se stesso che riaprisse gli occhi. Ed era rimasto lì, a guardarlo. Tutto qui. Era stato normale per lui, avrebbe fatto l’impossibile per farlo stare meglio. Sul volto di Darren affacciò un sorriso piccolo accompagnato dalle guancie un po’ più rosee. Aveva pensato a prendersi cura di lui, personalmente. Si era offerto di sua spontanea volontà, aveva preferito occuparsene lui stesso. Restò a pensarci ancora per un po’, chissà quanto era rimasto in quello stato e chissà per quanto tempo Chris era rimasto a prendersi cura di lui.
«Era mio dovere.»Chris usò un tono tranquillo, sospirò un po’ e si voltò soltanto un secondo per rivolgergli un sorriso. Darren rimase a fissare la tazza, deluso o meglio, non convinto che stesse dicendo tutto. Era di nuovo di spalle e alzò lo sguardo verso di lui. Era mio dovere. Certo, lo era ma, non quadrava qualcosa, sapeva che non stava dicendo tutto. O forse no. In cuor suo, sperava fosse così. Chris poteva dirgli che era rimasto lì, a sperare che si svegliasse o che, appena lo aveva visto immobile la fuori, aveva solo sperato che non gli fosse successo niente di grave?  No. Era il suo padrone e lui il suo servo, niente di più, niente di meno. Doveva convincersene, si era solo preoccupato.
«Sono…rimasto incosciente per molto?»chiese Darren. Chris si armò di tutta la forza che aveva in corpo per non dire troppo.
«Sì, pensavo non vi sareste più svegliato per un momento ma, per fortuna non è successo.» rispose, continuando a mettere in ordine. Fu allora che Darre alzò lo sguardo, quasi luminoso. Si era preoccupato. E ci teneva che stesse bene. Questo per ora, gli bastava.
«Eravate…voi eravate preoccupato per me?» chiese finalmente senza tanti giri di parole.
E forse quel suo tono di voce, sgretolò tutti i suoi piani, tutto ciò che aveva lasciato all’oscuro, forse quel sorriso quando si girò per guardarlo gli lesse dentro l’anima, ma rispose sinceramente.
«Sì.»disse solamente.
Ci fu un attimo di silenzio. Darren non faceva più caso alla sua camomilla ancora ferma a mezz’aria tenuta in mano e Chris, non gli dava più le spalle. I loro occhi erano troppo impegnati a guardarsi.
 


Qualche attimo dopo, Chris era ritornato alle sue faccende. Sistemò le ultime cose.
«Se non vi serve altro…»disse.
«N-no, vi prego. Potreste… »
Chris rimase lì, ad aspettare.
‘’Potreste restare ancora un po’ qui, a farmi compagnia?»chiese speranzoso che non se ne andasse, che non gli dicesse di no.
«Certo.» doveva assolutamente finirla di guardarlo così, più lo faceva, più lui ne rimaneva incantato.
«Ecco, se non vi da fastidio, potreste aprire il cassetto del mio comodino qui affianco?»disse indicandolo. Chris si avvicinò al comodino e aprì il cassetto. Un libro. Un romanzo, a dire la verità.  Romeo e Giulietta. Non aveva mai letto quel romanzo ma, sapeva di cosa trattasse. Amava la storia di quei due giovani innamorati, amava in generale quel genere di storie e si soprese che piacessero anche a Darren. Lo prese e glielo porse.
«No…un ultima cosa…» lo guardò.
«Ditemi pure, sono qui per questo.»gli rispose, ancora con la mano a mezz’aria in attesa che prendesse il libro.
«Leggereste per me?»
Non era normale che lo guardasse così, che andasse in tilt a quel suo tono di voce, a quegli occhi o che il suo cuore si fece più ansioso e accelerato. Annuì solamente, prese la sedia e sedendosi, aprì il libro e incominciò a leggere.
 


E non seppe quando, ne come, Darren si fece cullare dalla voce di Chris che leggeva. Dopo un paio di pagine, si era addormentato. Chris se ne accorse qualche attimo dopo. Si alzò, mise a posto la sedia e posò il libro nel cassetto del comodino. Fece per alzarsi ma, qualcosa lo tirò a sé e lo portò a sedersi sul letto. Il suo sguardo saettò sulla sua mano, poi al polso. La mano di Darren si trovava proprio lì e la sua presa era salda. Si voltò a guardarlo. Il sorriso beato, gli occhi chiusi. Cercò di alzarsi, ma la presa stavolta era più forte. Non gli restò che distendersi sul letto. Proprio davanti a lui. Questa volta, la sua mano lasciò il suo polso e andò a toccare delicatamente le sue dita. Chris avvampò un po’ a quel contatto. Si voltò di nuovo a guardarlo, prima di addormentarsi. Era la più bella cosa che avesse mai visto.



 
L’indomani, il sole cominciò a spuntare alto nel cielo, era molto presto e Chris venne svegliato da quel color arancio roseo dell’alba proveniente dalla finestra. Guardò l’orologio, aveva ancora gli occhi socchiusi, li stropicciò per bene. Le sei e mezza del mattino. Ricordò di dover ritornare nella sua camera, darsi una ripulita e sistemarsi per essere di puntuale servizio. Ricordò anche che, avrebbe dovuto fare molta attenzione, Darren era dietro di lui, sempre con quel sorriso beato stampato sul viso. Aveva la sua mano sul suo fianco. Questo non migliorava di certo la situazione, avvampò. Poteva permetterselo, tanto non lo avrebbe visto, pensò. Si liberò piano della sua prese, spostando delicatamente la sua mano con un piccolo e lento movimento. Si alzò dal letto e camminò quasi in punta di piedi fino alla porta. Diede un ultimo sguardo, prima di uscire. Eh sì, era ancora più bello e perfetto se era possibile.





¦ Claudia' space: CHRIS MA MA…*awwwww* Darren ha la febbre e ci pensa Chris a lui. Ehehehe.
No, finiamola lol.
Ho obbiettato un po’ per la parte finale ma Rob mi ha detto di lasciarla quindi, ho dovuto lasciarla perché…sinceramente l’idea di Darren che, tira a sé Chris e ci resta insieme mentre dorme, mi piaceva troppo. Era una cosa troppo dolce. Forse io lo sono e anche troppo. Ma non riesco a non esserlo quando si parla di loro due e delle mie OTP.
Al prossimo capitolo.

 
Spoiler: State attente al prossimo capitolo. Molto attente. La vita non è tutta rose e fiori neanche per Chris e Darren. E noi shippers, lo sappiamo benissimo in questo periodo. Ma, we still going strong, right? Sempre e comunque.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***


¦ Claudia' space: Scusate se non ho potuto aggiornare martedì ma, la sottoscritta compiva gli anni ( lo so, non ve ne fregherà una cippa) ma, è stato bellissimo, l'ho passato con la mia migliore amica e mi hanno fatto anche la torta a sorpresa (intendo, davvero, non mi aspettavo mia madre facesse mettere l'ostia di glee, di cui, ho preso i klaine, ovvio! lol ) Anyway, a farmi sclerare giorni prima o almeno a farci sclerare un po' tutti sono stati gli spoiler, l'inizio delle riprese per la nuova stagione e il duetto per i Klaine. 
MY POOR HEART.
Bando alle ciance, ecco qui il nuovo capitolo.
Ci tenevo a ringraziare cristina, per la canzone. Mi ci ha fatto fissare (anche se, io amo i pink quindi, ero solo ad insaputa di questa nuova canzone) per bene.

Hope you like it.
 

CHAPTER 15.

''There's a whole n'other conversation going on
In a parallel universe
Where nothing breaks and nothing hurts
There's a waltz playing frozen in time
Blades of grass on tiny bare feet
I look at you and you're looking at me
Could you beam me up,
Give me a minute, I don't know what I'd say in it
Probably just stare, happy just to be there
holding your face
Beam me up,
Let me be lighter, tired of being a fighter,
I think, a minutes enough,
Just beam me up.''
 




Darren aveva cominciato a dare pugni alla parete dalla rabbia che aveva dentro. Perché, perché continuava a ripetere. Poi, si era messo a letto, quella nottenell’intento di dormire ma non ci riusciva. Si rigirava e rigirava nel letto, pensando ad ogni minima cosa, anche la più piccola, che fosse successa dal giorno in cui si era svegliato in quella reggia. Tutto era cambiato. Dentro di sè, si sentiva diviso. Un vecchio uomo era dentro di lui, dentro la sua anima e non sapeva respingerlo. Ormai, aveva capito che più niente sarebbe andato bene. Ci sarebbero stati momenti in cui, poteva essere se stesso e altri in cui un uomo astioso, senza cuore, avrebbe preso il suo posto, che lo avrebbero trasformato in un mostro, in ciò che lui non era, in ciò che lui non voleva essere. Capì che, non c'era altra via di scampo, di fuga per lui. Doveva conviverci anche se non voleva. Era cambiato tutto troppo velocemente, tutto troppo in fretta proprio come un treno in corsa, lo rincorri ma sai che, ci vorrà ancora molto, dovrai correre ancora un altro paio di kilometri prima di raggiungerlo. Non voleva che la sua vita fosse così. Voleva essere solo felice, chiedeva forse troppo? L'unica cosa che lo faceva sentire vivo, capito, amato era una sola persona: Chris. Lui lo faceva sentire vivo, ogni qual volta lo guardava, ogni qual volta che si confidava, ogni qual volta che i loro occhi sostituivano le parole. Darren, non aveva più smesso di pensare al giorno in cui si erano visti. 
 


 
Darren era ancora in camera sua, guardava il soffitto, tenendo lo sguardo alto, chiudendo gli occhi ogni tanto. Quanto avrebbe voluto che tutto fosse andato diversamente. Che tutto magicamente scomparisse, forse. Che lui, addirittura scomparisse. Quanto gli sarebbe piaciuto anche e soprattutto ritornare a quei tempi, più in la. Quando sapeva solo dire poche parole e sorridere, ingenuamente. O quando suonava, senza pensare o esprimendo tutto se stesso nelle note che suonava. E trovava conforto, nelle possibilità. Nella possibilità che qualcosa, almeno una, potesse andargli meglio. Ma fino a quanto poteva sperarci? La speranza è l’ultima a morire. Ma fino a quando si può resistere così, cercando di scappare dalla realtà delle cose, da come vanno, da che piega prendono senza che tu possa controllare niente, possa cambiare, almeno di un secondo di tempo, niente. Si vive come se fosse l’ultimo giorno, dicono. Se fosse stato per lui, quello lì, sarebbe stato il suo ultimo. E se fosse stato il suo ultimo giorno, avrebbe fatto qualcosa di pazzo, di totalmente insensato, qualcosa di assurdo se solo ne avrebbe avuto la forza. Se solo avrebbe saputo che Chris era di nuovo lì a parlargli e a sorridergli. E guardava il soffitto, sperando che  le risposte gli venissero date così, senza un motivo preciso.
 


 
Si era girato da una parte, la testa sopra il cuscino e lo sguardo perso. Un ricordo si fece sempre più chiaro. Sua madre che lo chiamava, perché era ora di rientrare in casa, ma lui era sotto la pioggia a giocare e a ballare, felice.
«Darren, rientra amore!» gli aveva urlato sua madre, in pensiero, affacciandosi dalla porta di casa.
«Ma mamma, è così bello! Prova anche tu!» aveva risposto lui, ridendo sotto l’acqua che gli bagnava la faccia e i vestiti, mentre si rotolava sull’erba adesso.
«Darren, non farmi arrabbiare, entra subito!» si era fatta più preoccupata, poteva farsi male o ammalarsi.
«Se vieni qui e provi anche tu, prometto di rientrare. Però intanto, prova.» aveva detto lui, guardandola, felice con quel sorriso che le aveva fatto sciogliere il cuore per quanto era dolce, era bello. Se lui sorrideva, lei sorrideva. Se lui piangeva, anche lei lo faceva. E così, si levò le scarpe. Si sollevò un po’ il vestito e mise i piedi sull’erba bagnata, aprendo un po’ più le narici e inspirando l’odore della pioggia. Sembrava incantata da come si sentiva. Si sentiva bene e si era avvicinata a suo figlio. E lui le aveva preso le mani e stavano ballando così, improvvisando sotto la pioggia. E lei, lo aveva avvicinato a sé e lo aveva stretto in un abbraccio forte, arrivandogli a baciare la fronte. 
«Ti voglio bene, amore mio.» gli aveva sussurrato piano, accarezzandogli i capelli.
«Anche io te ne voglio, mamma. Tanto.» aveva nascosto il suo viso sul suo petto, sentendone il calore e inspirandone il dolce profumo.
«Io di più. Promettimi che quando crescerai, qualunque cosa accadrà, non te lo dimenticherai, mai. Me lo prometti?» lo aveva guardato dolcemente, amorevolmente. Lui aveva fatto lo stesso per poi nascondersi di nuovo nel suo petto caldo, al sicuro.
«Promesso, mamma.» e aveva sentito il viso bagnarsi ma non dalla pioggia questa volta. Sua madre aveva il viso rigato da lacrime che scendevano veloci.
Una piccola lacrima scese anche a lui, a quel ricordo e arrivò a cadere sul cuscino. E arrivò anche a strappargli un piccolo sorriso. Sentiva così tanto la sua mancanza. La avrebbe rivoluta con sé, solamente un istante. Anche solamente per risentirne il profumo, il calore.


 
«Ragazzo, se continui così, mi farai deprimere.’’ commentò Sir Thomas, infastidito, rompendo il silenzio e il ricordo così tanto vivo di Darren. Darren non gli diede nemmeno ascolto, neanche gli rispose. Desiderava che se ne andasse. Perché non lo lasciava in pace? Poteva starsene in un angolo, dentro di lui, senza fiatare, senza intromettersi.
«Ragazzo, che succede, ho fatto o detto qualcosa di troppo?» disse aggiungendo una risata, una risata un po’ troppo piena, piena di cattiveria. Non lo sopportava. Voleva se ne andasse via. Un uomo così pieno di odio, lo riportava solo a suo padre e non voleva pensarci. Aveva come la sensazione che sapesse cosa fosse successo. Cosa aveva fatto allontanare Chris da lui. La notte in cui lui ne aveva approfittato e non aveva saputo controllarlo, in cui, Chris ne era scappato. Pensò, che un segno così, non potesse passare immediatamente.
«Lasciatemi stare, sapete benissimo cosa avete fatto. Non voglio ascoltarvi. Andatevene.» sbottò, con la voce un po’ rotta ma che si fece decisa verso la fine.
«Suvvia, Io vi avevo avvertito, vi avevo avvertito che mi sarei fatto presente quando volevo. Volevo solo divertirmi un po’.» disse quasi rimproverandolo e aggiungendo un risolino agghiacciante.
«Bhè, non avete concluso niente di buono. E’ colpa vostra se adesso sto così. Anzi…» disse asciugandosi le lacrime con un mano.
«E’ anche mia perché non ho saputo fermarmi, fermare quello scempio.»  disse portandosi le mani agli occhi e piangere ancora più forte. Si odiava. D’altra parte, avrebbe potuto fermarlo prima che agisse ma non ci era riuscito, aveva voluto, con tutto se stesso ma Sir Thomas glielo aveva impedito. Lo aveva comandato, come un burattino. E si sentiva un idiota per questo, per essersi fatto comandare.
«Ragazzo, adesso è inutile piangere. Datevi una calmata.» disse Sir Thomas scocciato e infastidito dal pianto di Darren.
«Io calmarmi? E come posso? Spiegatemi come faccio a calmarmi quando…quando anche solamente l’unica persona che sapeva capirmi, che mi faceva sentire bene, se ne è andata.» disse ancora con la voce spezzata dal pianto. Sir Thomas non rispose. Calò un po’ di silenzio prima che prendesse di nuovo parola.
«…Avanti su, non fate così.» era stato in grado di rispondergli, con un tono meno insolente e pregno di odio.
«Io continuerò per quanto voglio, non mi interessa cosa dite o cosa pensate. Mi sento così. E solamente grazie a voi. Andatevene, per favore.» aveva detto chiaro, portandosi il cuscino a coprirsi le orecchie. Altro silenzio. Cos’è, Sir Thomas aveva perso la lingua, forse? Che strano. Nessuna frecciatina. Niente di niente.
«…Scusatemi.»  disse, solamente. E il suo tono sembrava realmente dispiaciuto. Darren sollevò un po’ il cuscino, asciugandosi un’altra lacrima. Sorpreso da cosa avesse appena detto.
«C-come…come avete detto?» rispose, con la voce un po’ più chiara, adesso. Sir Thomas lo ripetè di nuovo, scandendo bene.
«Scusatemi. Mi dispiace se vi ho causato dolore. Non pensavo, fosse così importante per voi, ma mi sbagliavo.» disse sospirando e con tono dispiaciuto. Darren non credeva alle sue orecchie. Gli aveva chiesto scusa, allora non era poi così insensibile e senza cuore.
«Non ha importanza comunque, adesso, niente può ritornare apposto.» disse, rimettendo la testa sul cuscino.
«Provate a parlarne con lui, provate a spiegargli.» lo incoraggiò Sir Thomas. E da quando gli dava dei consigli? Da quando provava ad essere gentile o provava ad ascoltarlo?
«E da quando provate pena per me o provate ad ascoltarmi?» chiese Darren, sorpreso. Era strano, Sir Thomas era un uomo astioso e non gli era mai sembrato così, con un anima.
«Anch’io ho avuto una vita e ho amato delle persone. Non crediate che non abbia amato o creduto che la vita fosse sempre facile…»  spiegò sentitamente. Darren non parlò, lo lasciò continuare.
«Ho imparato che la vita è ingiusta, ragazzo. Lo è per tutti, lo è stato anche per me. Potevo vivere ancora tanto e invece…e invece non è successo. Non ne ho avuto l’occasione.» disse malinconico e triste. Darren provò quasi pena per lui. In fondo, non sembrava stesse architettando niente o stesse mentendo. Era sincero. Il suo tono diceva tutto.
«L’amore della mia vita mi ha lasciato pochi giorni dopo che ci eravamo sposati, mia moglie si ammalò e non seppe uscirne. Stetti accanto a lei fino a quando, finì definitivamente di star male e mi diede un ultimo addio. Avevamo ancora una vita da passare insieme, una famiglia da creare…» giurò di sentirlo piangere perché, la sua voce era più incrinata e più spezzata. Darren provò dispiacere, tristezza. Quell’uomo amava così tanto sua moglie e non era la prima volta che gliene sentiva parlare. 
« E così, decisi di farla finita. Restai per un po’ vivo con i suoi ricordi, le sue foto che feci sparire, quando iniziai a non sopportare più. Il suo profumo ancora presente per me nell'aria, la sua voce ancora limpida e chiara nella mia testa, cose che potevano sembrare piccole sciocchezze, ma che in realtà io amavo e consideravo le più belle, le più semplici. Feci sparire tutto. Tranne quel libro, di cui vi parlai la prima volta che mi conosceste...» continuò a spiegare, sempre con quel suo tono nostalgico, pieno di dolore, ferito.
«Ma il dolore era troppo grande, così, decisi di uscire un giorno, dalla reggia. Decisi di arrampicarmi su un muretto, poco distante da questa casa. Non guardai nemmeno cosa vi era sotto e saltai. Non sentì niente, forse, solo una piccola brezza.» confessò. Darren si portò una mano alla bocca. Si era tolto la vita perché non ce la faceva più, perché voleva andarsene e non voleva avere a che fare più con quel mondo. Ma non capì bene in che modo potesse ancora sentirlo così, chiese.
«E…mi dispiace.» disse, sentitamente.
«Non voglio che proviate pena per me, era quello che sentivo di dover fare.» disse.
«E…come faccio a sentirvi se…se voi siete morto?» chiese, finalmente.
«Ragazzo, appena avete accettato quel patto, metà della mia anima è passata a voi, questo mi sembra lo abbiate capito. Quindi, voi state vivendo in parte, la mia vita. Anche se esteticamente non siete me, lo siete per questa casa e per chi vi abita. Avete capito, adesso?» disse quasi tutto minuziosamente, dettaglio per dettaglio.
«S-sì.» adesso tutto gli era più chiaro.
«Era la mia vita, ero solo. Ed è per questo, che voi non dovete prendere esempio da me. Dovete parlargli e chiarire tutto.» Di certo, Darren non pensava che Sir Thomas avesse voluto una vita così, era andata in quel modo e basta. Si vive sempre come se fosse l’ultimo giorno. Quell’espressione, ora gli era più chiara.
«Non posso farlo, mi prenderebbe per un pazzo.» disse, portandosi un mano alle tempie e poi al capo.
«E anche se fosse? Anche un pazzo, merita di essere ascoltato.» Sir Thomas lo fece ridere. Almeno, gli aveva strappato una risata dopo tutte quelle lacrime.
«Come voi, anche lui deve sapere. E non credo che, vi prenderà per pazzo. Se sapeste come vi guarda tutto il tempo…» disse Sir Thomas, quasi amichevolmente. Darren fece solo un sorriso, abbassando un po’ la testa, sentiva caldo. Forse era diventato rosso.  E forse non era ancora tutto perso, no, si poteva ancora rimediare. Doveva chiedergli scusa, anche centomila volte se neccessario,  lo avrebbe fatto domani stesso. 
 



 
¦ Claudia' space: Rieccola *sbatteipiediperfarsinotare* Oh, clap clap! O forse no. Dipende da cosa ne pensate di questo capitolo. Sir Thomas sarà pure stronzo, vecchio, ma ha un cuore in fondo. E Darren? Riuscirà a farsi perdonare da Chris? Chissà, it's all a mistery lol. 

A sabato con l'aggiornamento di Rob. Bbbbbbye. c:

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Capitolo 17
*** Capitolo 14. ***


~ CHAPTER 14.

"No matter what we breed
We still are made of greed
This is my kingdom come.
This is my kingdom come.
When you feel my hit,
look into my eyes,
it's where my demons hide,
it's where my demons hide.
Don't get to close it's dark inside.
It's where my demons hide,
it's where my demons hide."

Erano passati cinque giorni. Darren stava meglio, la febbre era stata passeggera, per fortuna. Ogni volta che si incontravano, Darren non faceva altro che ringraziarlo. Lo aveva fatto guarire sia fisicamente che psicologicamente. Chris non ce l’aveva con lui, ma era solo rimasto male. Adesso non c’era più nulla che poteva andar storto. Ne erano sicuri entrambi.

 
Chris si girò sul fianco destro, dormendo. Il sole, ormai alto nel cielo, lo disturbò. Era estremamente caldo, sebbene fosse inverno. Aprì gli occhi, rivolgendo lo sguardo al grande orologio a cucù posto in un angolo della camera. Le otto e trentacinque.

Chris balzò fuori dal letto come una molla e andò di corsa a vestirsi. Era in ritardo di trentacinque minuti. Pregò, era sicuro che gli avessero abbassato la paga. Le parole rigide di Harry, gli rimbombarono in testa: «Ogni mattina qui, al grande ufficio, alle otto, puntuali. O vi abbasserò la paga.»

Un brivido gli percosse tutto il corpo e, velocemente, sfrecciò fuori dalla stanza. Stava morendo di fame e il suo povero stomaco faceva rumori mostruosi. Corse talmente tanto che rischiò di inciampare sui gradini. Arrivò nella grande stanza dalle pareti in mogano, due delle quali coperte da una miriade di libri. Harry era davanti la grande finestra, l’unica. Chris aveva il fiatone, non riusciva a parlare ma non poteva permettersi di far parlare per primo lui. 

«Scusate l’immenso ritardo, Harry.» disse faticosamente.

«Trentasei minuti di ritardo.» dopo aver preso il piccolo orologio dorato dal taschino della giacca, lo riposò, contemplando il meraviglioso panorama.

«M-mi dispiace, vi prometto che non capiterà mai più.» Chris cercò di essere il più convincente possibile.

«Signor Colfer, voi sapete cosa succede a coloro che sforano l’orario?» Il maggiordomo si girò, guardandolo dritto negli occhi. Il suo sguardo era peggio di una lama. Chris deglutì.

«S-sì, Harry.» abbassò il capo, aspettandosi l’ennesima romanzina.

«Le punizioni possono variare: dall’abbassamento della paga annuale, fino al licenziamento.» a quelle parole, Chris si irrigidì, diventando bianco come un lenzuolo.  Oh, ci mancava pure il licenziamento.

«Tuttavia» disse Harry «dato che siete nuovo qui, chiuderò un occhio.» Cosa? Diceva sul serio? Chris non credeva alle sue orecchie, avrebbe “chiuso un occhio”. Si illuminò, come quando scoprì di esser stato preso come servo.

«Grazie ancora Harry, grazie!» si inchinò.

«Pff, tenete la vostra divisa. Andate, ci sono tutte le finestre della grande sala del ballo da pulire.» gli porse gli abiti scuri e gli fece segno di andare via. Chris si inchinò nuovamente e si allontanò.

Mentre camminava, si allacciò il grembiule. Era contento, aveva evitato un’ammonizione solo perché era un “nuovo acquisto”. Rise di gusto, ma smise quando si trovò davanti la grande sala del ballo. Era davvero grande e aveva una cinquantina di finestre. Si chiese da dove spuntasse fuori, non l’aveva mai vista prima anche se sapeva dove si trovava.

Guardando quella sala immensa, si accorse che, dall’altra parte della stanza c’era il necessario per pulire. Doveva raggiungere quelle cose, così la attraversò, osservando ogni particolare. Era molto illuminata, ed era un vantaggio. A differenza del resto della reggia, sui muri vi erano dipinti degli affreschi, ognuno diverso dall’altro, ma in ognuno vi erano dei particolari in oro. Potevano esserci, sì e no, sei lampadari, tutti in cristallo. Chris ne era profondamente affascinato, non aveva mai visto una cosa del genere. Dover pulire quelle finestre era quasi un onore per lui.

      Arrivò davanti gli strumenti da lavoro, prese la scala di legno di fronte a lui e cominciò a pulire la prima finestra, facendo piano.

**

La grande porta d’ingresso bianca, con rifiniture dorate, si aprì facendo un gran baccano. Per poco, Chris non cadde dalla scala per lo spavento. Sulla soglia, vi trovò Harry, che fece capolino con la testa.

«Signor Colfer!» Il suo richiamo fece eco. Chris era su quella scala da due ore o più e ormai non sentiva più la schiena. Aveva tenuto il conto di tutte le finestre che aveva pulito e gliene mancavano ancora venti. Non sarebbe sopravvissuto.

«Quante finestre avete pulito?»

«Trenta.» disse faticosamente.

Harry si avvicinò a lui e osservò attentamente la finestra appena pulita, passandoci anche l’indice.

«Non un filo di polvere, bel lavoro ragazzo. Su, scendete.»

«Ma come, me ne mancano ancora venti!»

«Sir Thomas sta facendo il suo riposo pomeridiano, il sole di mezzogiorno l’ha sfiancato.» annunciò. In effetti Chris aveva notato una figura scura che passeggiava in giardino, ma non si era accorto che fosse Darren -o sarebbe meglio dire, Sir Thomas?

«E quindi?» chiese Chris.

«E quindi, potete riposarvi anche voi, farò pulire il resto a qualcun altro.» Harry fece segno al ragazzo di scendere, il quale accettò subito, sfinito.

«Veramente, un gran bel lavoro. So che è faticoso, sono finestre grandi quasi come un pezzo di cielo.» a Chris venne da ridere per la metafora di Harry. Era un uomo che gli stava simpatico, ma se non si conosceva poteva risultare antipatico e con la puzza sotto il naso.

Chris prese il secchio con le spugne sporche e cammino a fianco a Harry. Arrivarono vicino al bagno, in cui Chris posò l’occorrente sotto ordine del maggiordomo.

«Stamane vi brontolava la pancia…andate in cucina, la nostra cara cuoca ha cucinato dei buonissimi biscotti che sono avanzati dalla colazione di Sir Thomas. Ah, è rimasto anche un po’ di tè. Buon pranzo.» gli consigliò Harry. Sorrise lievemente e scomparve nel grande ufficio. Chris fece ciò che gli disse Harry e dopo un po’ uscì dalla cucina con un vassoio quasi strapieno. Si stava dirigendo verso la sua camera quando vide Julie dirigersi verso di lui troppo velocemente.

«Julie!» urlò, cercando di attirare l’attenzione della ragazza che si accorse del vassoio e fece un passo indietro. Disastro evitato.

«Oh, scusami Chris! Non ci sto con la testa, ultimamente.» si scusò Julie.

«Non ti preoccupare…sai, sto andando in camera a pranzare, vorresti unirti a me?» le chiese con un sorriso.

«N-non saprei.» borbottò.

«Suvvia, Sir Thomas sta dormendo. Abbiamo del tempo libero per riposarci.» annunciò. La ragazza lo guardò per un minuto e poi accettò. Continuarono a camminare lungo quei corridoi bui, quando finalmente arrivarono davanti una piccola porticina.

«P-potresti aprire la porta per me, gentilmente?» chiese Chris, con le mani strapiene.

«Certamente.» Julie girò il pomello dorato e spalancò la porta.

«Dopo di te.»

«Che gentiluomo.» scherzò la ragazza. Entrarono e Chris chiuse con un piede la porta dietro di lui. Poggiò il vassoio sul letto e riordinò la camera, un po’ in disordine a causa del ritardo.

«Benvenuta in camera mia!» Julie si osservò attorno. Era una piccola camera, dai muri bianchi e leggermente scrostati. Vi era un grande armadio di legno quasi a ridosso della porta e accanto vi erano anche due valigie. Al centro del muro, una finestrella semi aperta, illuminava la piccola camera. La ragazza vi si affacciò, notando che aveva la miglior veduta dell’intera reggia. Per finire, vi era un letto disfatto accanto la finestrella e un’altra porticina, il bagno. Chris era in piedi ai piedi del letto con le mani sui fianchi, che guardava Julie con aria interrogativa.

«Allora?» chiese «Che te ne pare?»

«Piccola, ma estremamente accogliente. E per di più, ha la vista più bella.» sorrise, in fondo la sua camera era simile a quella di Chris, ma era come se fosse più bella.

«Sì, l’ho notato anch’io…suvvia, serviti pure.» Chris indicò il vassoio d’argento, sedendosi sul letto. Julie si sedette di fronte a lui. Erano vicinissimi, quel pezzo di ferro li divideva. Non aveva fame, ma afferrò un biscotto e lo addentò, per non far lamentare Chris.

«Raccontami qualcosa di te.» disse Chris. Julie rabbrividì, nessuno le aveva mai chiesto di raccontare di sé. Quel ragazzo che aveva davanti, la incuriosiva ancora di più ma c’era qualcosa di strano nel suo carattere. Ma non riusciva a capire cosa.

«Tipo cosa?» ridacchiò.

«Tutto ciò che vuoi.» le sorrise Chris, che bevve un sorso di tè, aspettando che dalle fragili labbra di Julie uscisse una storia capace di incantarlo.

Stettero un’ora o più a parlare, mischiando ricordi a lacrime e sorrisi. Julie raccontò a Chris di come fosse diventata serva di Sir Thomas, della sua amata famiglia che abbandonò a soli sedici anni per lavorare, di quanto le mancasse sua mamma e di quanto si somigliassero. Gli raccontò della malattia del padre che, come per miracolo, scomparve dal suo corpo quando lei aveva dieci anni, delle lunghe lettere che si scambiavano per tenersi vicini. Gli raccontò anche della piccola storiella d’amore avuta a quindici anni con il giovane mugnaio della piccola ditta di suo padre.

Chris, dal canto suo, le raccontò della tragica morte dei suoi genitori, di Marie e di quanto fosse importante per lui. Le raccontò anche di ogni 18 Novembre, dell’aspetto dei suoi genitori, dei piccoli aneddoti che Marie gli aveva insegnato e…di Darren. Le raccontò del loro primo incontro con gli occhi quasi lucidi, -forse anche troppo-,  del loro nuovo incontro qui a Manchester e del fatto che non capisse perché avesse un altro nome.

Ogni volta che Chris pronunciava il suo nome, si illuminava. Il cuore cominciava a battere all’impazzata e un sottile stato di sudore gli riempiva le mani. Il fiato cominciava a farsi corto e quei piccoli momenti passati assieme gli apparivano nella mente come dei flashback in bianco e nero ma allo stesso tempo pieni di colore.

E di tutto questo, Julie se n’era accorta.

Quel ragazzo dalla pelle pallida e delicata come pregiata porcellana, dagli occhi azzurri come l’oceano e dai capelli castano chiaro, amava gli uomini. Non era affatto diverso, bensì speciale. Era un amico di cui potersi fidare, a cui chiedere consiglio in ogni momento perché di momenti difficili ne aveva passati. Aveva un sorriso che poteva abbattere persino la luce di mille candele. Di quel sorriso, Julie si era innamorata. Ma sapeva che la realtà era ben diversa e per poter pensare a lui senza farsi del male, scriveva. Gli dedicava delle poesie, scritte a mano nel suo quadernetto rilegato di pelle che le aveva regalato la madre.

 

Durante tutto questo tempo, tutti e due sperarono che Sir Thomas non si svegliasse.

Ma ormai si era fatto tardi, avevano consumato tutto ciò che c’era nel vassoio e Chris stava riportando tutto indietro.

«Beh mia cara, adesso è meglio che torniamo a fare il nostro dovere. E’ quasi ora di cena e Sir Thomas vorrà il suo tavolo già bandito.» si alzò, stiracchiandosi. C’era qualcosa però che Julie voleva fare prima che Chris andasse via.

«Chris, aspetta…» lo chiamò, rimanendo seduta e guardandolo con lo sguardo di un cucciolo abbandonato.

«Sì, Julie?» si voltò, osservandola con le labbra schiuse. Dapprima la ragazza fece fatica a parlare, ma poi le parole le uscirono come un fiume in piena.

«Posso abbracciarti?» il suo viso indifeso avvampò e si maledì quando notò l’espressione immobile di Chris. Il suo respiro si era fermato per un secondo, ma riprese subito quando vide il ragazzo sorridere e correre verso di lei.

«Certo che ti abbraccio, tesoro!» aveva esclamato, prima di sprofondare tra le braccia di lei.

Quel momento fece piacere ad entrambi perché l’uno teneva all’altro e perché non si erano mai abbracciati.

 

 

 

Quella sera, dopo la cena, Darren si era rintanato nella camera di Sir Thomas a leggere. Era stato quasi tutto il giorno lì, quei continui flashback che gli apparivano ogni volta che era nei paraggi del labirinto, lo stancavano talmente tanto da dormire per tre ore.

 Era stanco. Si alzò dal letto, barcollando come se fosse appena sceso da un’altalena. Sbadigliò alzando le braccia e stiracchiando la schiena. L’anima di Sir Thomas era sotto la sua e non provocava nessun rumore. Succedeva sempre; era come una depressione lunga, profonda ed estremamente silenziosa. Darren si vestì velocemente e si sedette vicino la finestra. L’aria fuori era fresca e piacevole e il cielo cominciava a sfumarsi di un blu intenso e scuro. Devono essere le sette di sera, pensò.

Le prime stelle spuntavano alte nel cielo, alcune più luminose di altre. Si ricordò che sua madre gli aveva detto che ogni stella rappresentava l’anima di una persona che non c’era più.

Darren alzò il viso. Notò una stella luminosissima. Quella era Venere, la sua preferita. Così bella e irraggiungibile, proprio come una dea.

 

Il silenzio fu rotto dalla porta. Si spalancò lentamente. Il moro non si voltò, doveva essere Julie.

«Sir Thomas, dove siete?» A Darren venne la pelle d’oca e un batticuore inarrestabile. Chris aveva la voce preoccupata. Gli venne da ridere, veramente non l’aveva visto?

«Chris, sono qui, davanti la finestra!» agitò una mano, voltandosi. Sulla stanza stava calando l’oscurità, tutto era in penombra. Darren era semi-illuminato dalla luce delle stelle e Chris tremò quando lo vide. Era angelico e… non poteva sempre provocargli queste emozioni.

Tossì, cercando di scacciare via quei pensieri.

«Sir Thomas, non state lì davanti o vi ammalerete di nuovo!» lo sgridò come una madre in pensiero per il proprio figlio.

«Come potete preoccuparvi della vostra salute quando ci sono stelle del genere in cielo?» lo guardò, invitandolo ad avvicinarsi con un gesto spontaneo della mano. Chris stette per un minuto lì, immobile, ma poi si diresse verso Darren con in mano le lenzuola pulite.

Già, aveva ragione. Un cielo così non l’aveva mai visto. Cielo e terra creavano l’equilibro perfetto, l’equilibro magico che rendeva tutto così bello.

Chris guardò Darren, sperando che non se ne accorgesse. Era bellissimo. I suoi occhi ambrati brillavano e decise che quelle erano le stelle che preferiva di più.

«Mi potreste dire che ore sono?» chiese Darren, rompendo il silenzio. Chris estrasse un piccolo orologio da taschino dalla divisa e lo osservò.

«Sono le…sette e venti.» sorrise, riposandolo al suo posto.

«Dove l’avete preso?»

«L’orologio? Ah, un omaggio di Harry per “darvi il benvenuto”.» ridacchiò, tornando subito serio quando vide spuntare un sorriso sulla faccia di Darren.

«Suvvia, non è bello stare al buio, non siete mica pipistrelli!» posò le lenzuola sul letto lì vicino e si avvicinò al comodino. Aprì il cassetto sotto quello dei libri e vi trovò altre quattro candele custodite in un panno rosso di stoffa. Ne afferrò due e le poggiò sul comodino. Cominciò a girarsi attorno, come se avesse smarrito qualcosa e Darren se ne accorse.

«Che cercate?» chiese.

«Avete...avete dei fiammiferi? Mi sono finiti.» Darren allungò la mano destra verso il grande comò dietro di lui e afferrò la piccola scatola di fiammiferi.

«Chris, prendete.» gli lanciò la scatola, cercando di non sbagliare traiettoria. Chris, dal canto suo, cercò di afferrarlo in modo elegante senza sembrare un villano o senza farlo cadere. Entrambi scoppiarono a ridere.

«Bella presa!» affermò Darren.

«Bel lancio!» replicò Chris.

La aprì, afferrò un fiammifero e strofinò la parte rossa su un lato della scatola. Una piccola scintilla fece apparire una fiammella. Portò il fiammifero alla candela e la accese. Accese anche la seconda e le poggiò entrambe sul comodino. La stanza si illuminò di nuovo. Darren si lamentò, ma Chris lo ignorò rifacendo il letto e pulendo il necessario.

 

 

«Bene, ho finito qui.» annunciò Chris.

«Déjà?» chiese Darren, sfoggiando un elegante accento francese.

«Come, scusatemi?» Chris lo guardò strano, sebbene sapesse che fosse francese. Darren sorrise.

«E’ francese, vuol dire “di già?”» spiegò.

«Oh…sì, ho altro da fare.» Chris prese le lenzuola sporche e le gettò nel sacco di stoffa vicino la porta.

«Queste» disse «devono essere lavate.» prese anche le quattro candele usate precedentemente, tra cui una era ancora intera. Gli cadde dalle mani e rotolò fino ai piedi di Darren. Chris seguì il suo percorso con lo sguardo per poi estenderlo a tutto il corpo di Darren, che lo guardava incantato. Si chinò e raccolse la candela, avvicinandosi a Chris.

«Questa deve essere vostra…» gliela porse, sorridendo.

«S-sì, grazie mille.» balbettò timidamente. Ciò che divideva lui e Darren erano pochi centimetri. Le sue guance avvamparono e le tempie cominciarono a pulsare tremendamente. Chris fece un passo indietro, come Darren potesse vedere l’incessante pulsare.

In quel momento Darren sbiancò come non mai e Sir Thomas prese il suo posto.

«No, no, no!» urlò, ma sapeva che il vecchio l’avrebbe ignorato del tutto. Pregò che non facesse sciocchezze perché l’avrebbe odiato fino alla morte.

Sir Thomas era lì, impalato, che fissava Chris. Ma cos’ha da guardare? , si chiese Darren. E fu in quell’istante che capì.

L’uomo afferrò Chris per i fianchi e lo sbatté alla parete facendogli del male e cominciando a baciarlo violentemente sul collo. Sussurrò un debole «Lauren, mi sei mancata così tanto.» e salì alle labbra, mordendogliele ripetutamente. Chris si dimenava, cercando di fuggire dalla presa di quell’uomo di cui era certo, non fosse Darren. Scoppiò a piangere mentre Sir Thomas armeggiava con i suoi abiti per cercare di levarglieli di dosso. A quel punto il ragazzo, in lacrime e sanguinante da un labbro, gli tirò uno schiaffo con tutta la forza che aveva in corpo. Sir Thomas lasciò la presa e fece un passo indietro, guardandolo strano.

«Lauren» strabuzzò gli occhi «perché l’hai fatto?» chiese mentre si massaggiava la guancia arrossata.

Chris cominciò ad urlare.

«Primo: io non sono Lauren ma Chris. Secondo: non osi mai più toccarmi, chiaro? Terzo: mi fate schifo.» piangeva più che mai.

Gettò le candele nello stesso sacco per le lenzuola sporche e se lo caricò sulle spalle con un gesto atletico. Uscì dalla stanza senza voltarsi. Richiuse la porta alle sue spalle e scivolò sulla parete, fino a sedersi per terra. Si coprì il viso con le mani e pianse più forte che poté.

Non voleva credere a ciò che era accaduto. La sua dignità era ormai distrutta nel profondo e aveva voglia di rigurgitare, ma si trattenne. Non era stato Darren, non era un gesto che lui avrebbe fatto. Non avrebbe mai fatto male ad una mosca. Tuttavia non sarebbe più riuscito a guardarlo negli occhi, lo odiava con tutto sé stesso. Pensò a Marie. Aveva solo bisogno di lei. Aveva bisogno di abbracciarla e chiudersi fra le sue braccia lontano dal mondo reale. Non voleva ricordare nulla e perdere la memoria. Comportarsi come se nulla fosse successo.

Si asciugò le lacrime e si alzò. C’era uno specchio proprio di fronte a lui. Era disordinato. Gli occhi erano leggermente arrossati e il labbro era sporco di sangue. Aveva un aspetto pessimo, ma era sicuro che Harry lo stesse aspettando, perciò si sbrigò. Passò dalla sua camera senza farsi vedere, si ripulì e poi andò dal maggiordomo per il prossimo incarico.
Decise che non ne avrebbe parlato con nessuno.

 

 

Darren era furioso.

Dopo l’aggressione, Sir Thomas si era rintanato al suo posto, come sempre. Il moro allora aveva cominciato a prendere a calci e a gettare cose per aria. Era addirittura arrivato a dare un pugno a uno dei tre specchi della sala in cui si vestiva, che si era frantumato in tanti pezzettini. La mano aveva cominciato a sanguinargli e si era reso conto che il dolore gli dava piacere.

Pianse, imprecando contro Sir Thomas.

«Perché l’avete fatto? Spiegatemelo, adesso.» aveva chiesto con le lacrime che gli solcavano il viso.

«I suoi occhi erano uguali a quelli di Lauren e per un minuto aveva assunto le sue sembianze.» si giustificò.

«Mi avete seriamente recato disturbo con questa Lauren!»

«Voi non capite!»

«Siete voi che non capite! Siete solo un arrogante,  un irrispettoso, un egoista e una persona senza cuore. Potete considerarmi vostro nemico da ora in poi. Cordiali saluti.» Aveva così smesso di parlare con lui. Lo odiava dal profondo.

Darren aveva spento le candele e si era seduto in un angolo della stanza, il più buio. Aveva pianto fino all’alba, quando si accorse di essere disidratato. Aveva perso l’appetito e non si era mosso di lì.

Si sentiva uno schifo, la sua vita era un disastro e lui si sentiva una cattiva persona.

Aveva toccato il fondo.




¦ Roberta' space: 
Buon dì, lettori. (il saluto, non il cornetto lol)
Cooome va la vita? Bene, ovviamente, sìsì.
Passiamo al capitolo che ho fretta cwc
E' lunghissimo, lo so, ma è per compensare lol
No, non è per compensare, sono io che mi dileguo troppo.
(WORD: Pagine, 5. Parole, 3.300.)
Allora.
Avrei dovuto finire di scriverlo ieri sera ma, la mia cara testolina, stava male (anche la vista, dato che sono miope -e credo che stia diventando miope grave, yo-)
Quindi l'ho scritto stamattina e ci ho impiegato un'ora :)
Vi dico solo che mentre scrivevo avevo le palpitazioni.
Povero il mio caro Chris, stronzo Sir Thomas (sorry).
Darren che si ferisce con lo specchio EHEHEH
Okay, beh, spero che vi sia piaciuto.

SPOILER: Si risolverà tutto, tranquilli:)

Dopo questo spoiler, me ne vado.
 Alla prossima!
Baci


*non so dove sia Darren, sksm*

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Capitolo 18
*** Capitolo 16. ***


~ CHAPTER 16.


"I started out on a dirty road
I started out all alone
The sun went down as I crossed the hill
The town lit up and the world got still.
I'm learning to fly but
I ain't got no wings
Coming down is th hardest thing.
Well someday life will beat you down
Break your heart
It'll steal your crown."











Una foglia cadde leggiadra sul capo di Chris. Vi si poggiò lentamente, senza fare rumore o disturbare. Infatti, Chris non si accorse di nulla.
Lui e Julie erano fuori in giardino. Erano in quella parte che chiamavano “L’arco di Madre Natura”: due alberi vicini facevano toccare le loro chiome fino a formare un vero e proprio arco fatto di foglie. Era un posto solo loro, un posto che amavano alla follia e in cui passare del tempo era piacevole.
Quel pomeriggio il tempo era dalla loro parte. Il sole splendeva alto nel cielo ma un venticello fresco smorzava il caldo afoso. Le due chiome si muovevano lievemente creando un fruscio rilassante e facendo oscillare l’ombra riflettuta sul terreno.
Julie e Chris erano seduti l’uno di fronte all’altro. Non si parlavano, o meglio, nessuno dei due osava disturbare l’unico momento di relax dell’altro.
Tuttavia, Julie osservava Chris senza far trapelare nessuna emozione. Lo guardava con occhi sognanti. Non aveva mai visto un ragazzo di tale bellezza. I suoi antenati dovevano aver qualcosa a che fare con l’Olimpo, pensò la ragazza. Piegò appena le labbra quando quel pensiero le attraversò la mente.
Era di fronte a lui e non erano poi così lontani ma Chris le sembrò irraggiungibile.
Aveva un libro fra le mani e voltava pagina ogni dieci minuti. Era così irreale anche quando leggeva.
Tornò a far finta di leggere il suo libro, quando Chris alzò lo sguardo su di lei. Notò un sorriso sulle sue labbra e lo guardò quando sia accorse che non la smetteva di fissarla.
«Che hai da guardare?» disse volgendo lo sguardo al testo sulle sue gambe. Chris esitò un po’ prima di risponderle. Non lo sapeva nemmeno lui, a dir la verità.
«N-non lo so.» disse continuando ad osservarla. La ragazza lo guardò e scoppiò a ridere.
«E tu che hai da ridere?» Chris aggrottò le sopracciglia, fingendosi arrabbiato. Julie si alzò con il libro sottobraccio e si avvicinò a lui. Si abbassò verso di lui e raccolse la foglia dalla testa di Chris. La guardò incuriosita come una bambina, rise e gliela mostrò. Chris la prese e la esaminò. Era una foglia bellissima. Aveva delle gradazioni che partivano dal rosso intenso e arrivavano al verde chiaro.
«E’ bellissima.» sussurrò Chris, come se non volesse farsi sentire.
«E’ speciale.» disse allegramente Julie.
«Non sia un caso che sia caduta proprio sulla tua testa.» continuò, strizzandogli l’occhio. Gli sorrise e si sedette accanto a lui, poggiando la sua testa sulla spalla di Chris fino a farli combaciare.
«Che vuoi dire?» Chris non riusciva ancora a capire l’affermazione di Julie. La ragazza ridacchiò.
«Voglio dire che tu sei come quella foglia. Speciale. Le tue sfumature ti rendono unico e non devi mai vergognarti di essere ciò che vuoi.» lo disse con una convinzione che avrebbe stupito tutti, persino Sir Thomas. Quel nome. Un groppo salì fino alla gola di Chris. Riuscì a salire fino in bocca, ma lo bloccò. Tossì.
«Chris, stai bene?» Julie si allarmò e cominciò a dargli colpetti sulla schiena.
«S-sì, non ti preoccupare.»
«Uhm…che leggi?» chiese. Chris passò le dita sul titolo, in rilievo e alla copertina fatta in pelle.
«L’Iliade, un classico.» affermò, guardandola negli occhi.
«Io preferisco l’Odissea. Scatenare una vera e propria guerra per una fanciulla è da matti!»
«Hai proprio ragione. Ma l’Iliade me l’ha mandata Marie. Mi ha chiesto di rileggerla per lei, dato che ormai non ci vede più così tanto bene.» disse un po’ a malincuore. «E’ da due giorni che leggo, penso a lei così tanto…vorrei rivederla.» Julie scattò in piedi.
«M-ma che ti prende?»
«E così vorresti rivederla eh?»
«Sì, ma non posso…» Chris abbassò il capo, sconfitto.
«Oh, sì che puoi.» lo rialzò velocemente.
«Ripeti?!»
«Hai capito benissimo!» Julie si mise in ginocchio davanti a Chris, guardandolo negli occhi. «Ognuno di noi ha diritto ad una piccola pausa e questa pausa può passarla dentro la reggia o fuori.» Chris si rallegrò di quanto non lo fosse già. Una pausa. Poteva andare a trovare la sua Marie.
«E quanto può durare?» chiese.
«Una settimana.»
«Capisco.»
«Chris, va’. E’ la tua occasione.» gli disse, afferrandolo per le spalle.
«N-no, non posso Julie. Chi farà il lavoro qui? Non siamo in molti, la reggia è mastodontica ed è già tanto se sia pulita quasi ogni giorno.» affermò Chris, triste.
Aveva bisogno di distrarsi per sette giorni, per cercare di evitare lo sguardo di quell’uomo e per sfogarsi con qualcuno. Marie gli aveva insegnato che tenersi tutto dentro non era salutare ma non voleva parlarne con nessuno. Soffriva, soffriva sempre. Non lo dava mai a vedere, odiava sembrare fragile. Doveva rimanere forte, qualunque cosa gli fosse accaduta. Ma stavolta non ci riusciva. Si stava via via sgretolando, così come gli scogli ogni qualvolta che il mare si infrange violento su di loro. Aveva bisogno di rialzarsi, come aveva sempre fatto. Aveva bisogno di farlo per sé stesso.
«Ehi, guardami.» Julie gli prese il viso.
«Mmh.»
«Non ti devi preoccupare. Qui ci penseremo noi. Farò io il tuo lavoro.»
«Sei matta? No, assolutamente no. Rimarrò qui e far-»
«Taci. Farò io ciò che dovrai fare tu, è un piacere. E poi, mi servono soldi extra.» gli schiacciò l’occhiolino.
«…e va bene, ma quando tornerò, dovrò darti una ricompensa.»
«Non voglio nessuna ricompensa. Mi basta la tua felicità, Chris.» Chris sorrise e lei buttò le sue braccia attorno al suo collo.
«S-sei anche troppo dolce per me.»
«Già, lo penso anch’io.» Julie rise e chiuse il libro che Chris aveva fra le mani.
«Ma che fai?»
«Suvvia, alzati da terra e andiamo da Harry. Vuoi o non vuoi questa maledetta pausa?» gli allungò entrambe le mani per aiutarlo ad alzarsi. Lo prese per i polsi e se lo trascinò fino all’ufficio del maggiordomo.


**

Chris sbuffò.
Fuori c’era il diluvio universale. Pioggia, vento e freddo… tanto freddo. Lui doveva andare da Marie, tornare da lei per solo un giorno. Niente glielo avrebbe impedito.
Una mano tiepida si poggiò sulla sua spalla.
«Sicuro di voler andare?» Julie era dietro di lui. Chris era più alto e ogni volta lei si nascondeva dietro le sue spalle, utilizzandole come uno scudo contro le avversità.
«Sì, devo. Aspetto da tanto, forse anche troppo.» sospirò. La tempesta peggiorava e sembrava non volesse cessare.
«Non sei preoccupato?» Sì, la preoccupazione e l’ansia gli divorava lo stomaco.
«I miei genitori morirono durante una tempesta a causa di una carrozza.» Chris poteva sentire le lacrime incanalate nei suoi occhi pronte ad uscire. Julie non parlò, ma un abbraccio disse tutto.


«Chris, la vostra carrozza è qui!» Harry spuntò sulla soglia della grande sala, con la sua solita aria da puzza sotto il naso.
Chris sorrise lievemente e si alzò dal divanetto, afferrando con la mano il bagaglio accanto a lui. La pioggia fuori era diminuita ma l’acqua continuava a scendere senza dare scampo. 
Si avvicinò ad Harry, che lo condusse alla porta.
«Beh, è arrivato il momento di salutarci.» Disse Harry, senza emozioni.
«Tornerò.» piegò le labbra in un sorriso e poi scese i tre scalini. Osservò di nuovo il maggiordomo.
Si mise a correre con il bagaglio sulla testa. Corse più che poté, finché non arrivò alla carrozza. Sotto la pioggia trovò il cocchiere con la porticina aperta.
«Buongiorno.» disse senza guardarlo negli occhi.
«Buongiorno.» biascicò Chris. Filò dentro la carrozza come se fosse rincorso da dei cani randagi. Si sedette, esausto. Lentamente il suo respiro si stabilizzò. Notò che si era un po’ bagnato i vestiti, ma non ci fece più caso quando guardò l’interno della carrozza. Era elegante, non vi era mai salito prima e ne rimase stupefatto. Di fronte a lui c’era un sedile vuoto e sopra una piccola finestrella da cui si poteva intravedere il cocchiere, visibilmente fradicio. Sentiva anche il rumore provocato dagli zoccoli dei cavalli. Erano due meravigliosi cavalli bianchi.



**


La carrozza frenò e Chris sobbalzò. Cos’era successo? Il panico cominciava a prendere il sopravvento. Il cocchiere non era al suo posto e i cavalli erano fermi. La porticina si aprì.
«Siamo arrivati a destinazione, Signor…?» Chris fece un respiro di sollievo.
«Colfer.» sorrise. Prese il suo bagaglio e si alzò, attento a non battere la testa contro qualcosa.
«Datemi il vostro bagaglio.» ordinò il cocchiere.
«Oh, no, grazie. Lo terrò io.» l’uomo annuì e gli offrì la mano per aiutarlo ad uscire.

Una volta a terra, Chris si rese conto che era tornato nella sua Londra. Riusciva a sentirne gli odori familiari. Il cielo non era cambiato: sempre ricoperto di nuvoloni grigi. Dopo aver osservato per circa tre minuti ciò che lo circondava, rivolse uno sguardo al cocchiere che doveva avere sessant’anni. Aveva qualche ruga qua e là, i capelli ormai bianchi e gli occhi scuri come la pece. Aveva una divisa nera con una targhetta dorata con su scritto “George”.
«Grazie, potete andare.» disse Chris. L’uomo si inchinò, richiuse la porticina e si sedette al suo posto. Frustò i cavalli e ripartì. Il nuvolone che si creò al passaggio della carrozza, fece tossire Chris.
Si trovava di fronte la porta di casa sua. Come aveva fatto a non accorgersene? Tuttavia, bussò. Attese cinque minuti.
Sulla porta spuntò Marie, con una pezzuola fra le mani.
«Oh, Signor Smith, quante volte devo ripetevervi che non sono la Signorina P-»
«Marie! Sono io!» Marie lo guardò un attimo con esitazione e poi gli circondò il collo con le braccia, togliendogli il respiro.
«Chris, amore mio bellissimo!» Stettero per circa cinque minuti abbracciati.
«Suvvia, entra o ti congelerai.» lo invitò con un gesto della mano. Chris sorrise ed entrò con timidezza, come se quel posto non gli appartenesse più. E ovviamente, la donna se ne accorse.
«Chris…questa è ancora casa tua.» gli mise una mano sulla spalla. Era calda e accogliente.
«Siediti, il divano è rimasto comodo.» sorrise rumorosamente. Chris l’amava e lo rendeva forte. «Vuoi qualcosa da bere? Sarai stanco.» non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, Marie scomparve in cucina.
Si guardò attorno. Era tutto così estraneo ma nel contempo familiar
e. Era rimasto tutto come quando l’aveva lasciato. Aveva voglia di rimanere lì, il caldo della sua casa lo faceva sentire rilassato e al sicuro. Lì fuori c’era la tempesta ma in quella camera non si percepiva. Era come se non stesse piovendo.
Marie tornò con un bicchiere pieno.
«Tieni.» sorrise, porgendoglielo.
«Grazie.» Era latte caldo, il più buono. Marie si sedette al suo fianco, accarezzandogli la schiena ogni tanto.
«Allora» disse «cosa ti porta qui?» chiese curiosa.
«La mia voglia di rivederti. Mi sei mancata così tanto!» Chris stava per ricominciare a piangere. Non era tutto, ma cercava di mentire.
Marie sapeva che c’era qualcos’altro sotto. Nei suoi occhi aveva notato qualcosa di triste e capiva quando qualcosa non andava.
«Chris… c’è qualcosa che devi dirmi, non è così?» Chris teneva gli occhi fissi sul bicchiere vuoto –si era bevuto quel latte con la stessa velocità di un treno in corsa– e non osava parlare. Un brivido gli percosse tutta la schiena. Maledizione. Perché non riusciva a mentire con lei? Perché capiva sempre tutto?
«P-perché pensi questo?» sbottò, preoccupato. Non era sicuro di voler rilevarle tutto.
«Perché ti conosco e conosco i tuoi occhi. Non mi raccontano nulla di buono.» Chris sbiancò in un secondo. Doveva dirglielo. Non poteva tenersi tutto dentro. Gli venne un bruciore quasi a ridosso dello stomaco e voglia di rimettere.
«Sono stato aggredito, Marie.» disse di botto. Le lacrime riempirono i suoi occhi e traboccarono. Una cascata uscì dai suoi occhi e in poco tempo cominciò ad ansimare, raccontando ogni particolare. Marie ascoltava assorta, senza espressione sul volto invecchiato e pieno di macchie. Quando ebbe raccontato tutto, si portò le ginocchia al petto, affondandoci la faccia dentro. La donna si alzò, prese un vecchio fazzoletto di stoffa e lo offrì a Chris. Dopodiché si rimise al suo posto e lo abbracciò con tutta la forza che le sue ossa le potevano dare. Aspettò che si calmasse per potergli parlare.
«Amore, ascoltami. Io penso che non sia stato Darren. Per quello che mi hai detto, non sarebbe capace di fare del male ad una mosca. Però il gesto in sé è una vera batosta. L’unico consiglio che posso darti è quello di andare da Darren e perdonarlo. Se non è stato lui non avrà certo i sensi di colpa, ma sarà mortificato.» disse Marie. Chris si sentiva già meglio. Aveva fatto un bel respiro e provato a sorridere per lei. Il suo consiglio aveva rimesso il primo pezzo a posto ed era convinto che pian piano si sarebbe ricostruito tutto.
Chris l’abbracciò e si alzò.
«Grazie Marie. Sei la soluzione a tutto.» Marie sorrise.
«Prego, è un piacere…quanto tempo devi passare qui?»
«Uhm…voglio ritornare questo pomeriggio. C’è molto da fare alla reggia e non voglio lasciar fare tutto il mio lavoro agli altri.» Marie annuì e si alzò, mescolando il pentolone.
«C’è sempre qualcosa che bolla in pentola! Cos’è?» chiese Chris, avvicinandosi al fuoco.
«Zuppa di cavoli, sono così contenta di preparare per due!»
«Già.»
«Come mai hai portato una valigia?»
«Pensavo di cambiare abiti. Sai, sempre gli stessi sono noiosi!» sgattaiolò nell’altra stanza. Nelle lettere precedenti Marie gli raccontava che gli aveva cucito dei nuovi abiti perché si annoiava. Quando entrò in camera sua, li trovò lì, messi uno sopra l’altro e ordinati. Erano bellissimi e a Chris piacevano tantissimo. Svuotò la valigia, ripiegò i vestiti e li mise nell’armadio. Nella valigia ci mise quelli nuovi, la chiuse e ritornò lì dentro. Poi si avvicinò a Marie e gli diede un bacio sulla guancia.
«Grazie. Sono bellissimi.»
Stettero a parlare per ore finché non arrivò il momento di partire per Chris. Salutò Marie con altre migliaia di lacrime per poi prendere la prima carrozza.








¦ Roberta' space: *coff coff* buongiorno caaaari lettori!
Come butta? *feel like a rapper*
Ci siete stati al mare? Io sì, e anche se non c'era sole mi sono abbronzata talmente tanto da sembrare Michelle Obama.

BTW, volevo ringraziare dal profondo Giada (@wanthugdarren su twittah) perché si sta leggendo questa lagna e ne sta recensendo quasi tutti i capitoli. Ciao, ti amo, ciao!
Ehi, pensavate che mi fossi dimenticata di voi altri? NONONONO!
Le visualizzazioni crescono giorno dopo giorno a dismisura e ogni volta ci fate rotolare OuO
3287 visualizzazioni in tutto, preferita da 9, ricordata da 8 e seguita da 24.

GRAZIE MILLE A OGNUNO DI VOI!


Allora, andiamo al capitolo!
Comincio col dirvi che Julie e Chris stanno diventando la mia OTP.
Già, sono carucci insieme e fangirlo molto quado scrivo di loro lol
Piacciono anche a voi?

Marie e Chris.
MAMAMAMAMAMAMAMAMA, regalatemeli çwwwç
Quanto posso amarli? Avevo un groppo in gola mentre scrivevo çwç

L'ultima parte l'ho scritta di fretta e di getto, si vede lol
Scusatemi.

Detto questo vi congedo, lasciandovi però il link della mia nuova pagina su fb dedicata a Glee c:
Condividerò con voi la mia passione e vi aggiornerò su questa storia.
Passate se vi va.
Grazie:)


https://www.facebook.com/pages/-%CE%9Fur-lives-would-suck-without-Glee-/550736028295437








«Robeeeeeeeeeerta!»
«AIUTO.»
«Sono io, Darren.»
«Ma va?! Sei sempre il solito!»
«I can't change
«So che non puoi change, ma abbi almeno la delicatezza di apparire senza farmi spaventare...dov'è finito il campanellino?»
«...»
«...Darren...»
«L'ho perso...»
«C-come hai fatto a perderlo?»
«Ho consumato il laccetto.»
«Ma com-SEI ASSURDO.»
«Scusami.» *puppyface*
«Aw. Non fa nulla! Vorrei abbracciarti, ma sei troppo piccolo.»
«Chi l'ha detto?»
«D-D-Dar-Darren tu sei d-d-d-d-diventato...»
«A grandezza uomo? Sì, solo per abbracciarti.»
*hug*
«S-sei così caldo...»
«Soy caliente como el sol, muy caliente. Por tì, mì bonita.»
«E d-da quando parli spagnolo?»
«Da sempre, non hai letto Wikipedia?»
«S-sì, ma...»
«Totally awesome! Adesso devo andare.»
*he kisses her on her mouth*
«Perché l'hai fatto? Tu ami Chris!»
«E allora? Volevo baciarti e l'ho fatto.»
«S-sì...come si respira?»
«Adesso devo andare, seriamente. Ci sentiamo, bambina.»





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Capitolo 19
*** Capitolo 17. ***


¦ Claudia' space: Ma ciao a tutti.
Com’è il tempo da voi? Qui, da qualche giorno, è ventoso e tende a piovere. Agosto è sempre così da me, purtroppo.
Incominciano gli scleri per le prime foto dal set, incominciano a girare e già la prima foto di Darren e Chris, insieme ai Grant e i Warbles, mi ha fatto impazzire. Per non parlare del cast ai TCA per sostenere Lea, amore, è una forza quella donna e ricordare lui, sempre, andando avanti ma non dimenticandolo mai.
Ma comunque, questo capitolo è stato molto importante da scrivere per me.
Avevo già la seconda parte pronta e dovevo riuscire a concentrarmi su Darren e ce l’ho fatta.
Rob, appena ha finito di leggerlo, dopo che glielo ho postato, mi ha detto che è riuscita ad immaginarsi Darren. E vi ho già detto tutto praticamente. L’ho immaginato anche io e non è stato bellissimo, povero çç
Scusatemi , ma le cose dovevano prendere questa piega lol.
Buona lettura.
 

CHAPTER 17.
We drew up a landscape

We climbed an a ladder
Carved out a memory
To follow the pattern
And know on the clear glass wall
I can see my faith
You know it’s never too late
Oh if you hearing this
I’ve must have made it throught
When the clouds are borned up
outside my window
I see the sky’s still blue.

 

Lasciò finalmente la camera. Ora che Sir Thomas, lo aveva consigliato o quanto meno, gli avesse dato la forza di agire, si sentiva meglio. Si sentiva pronto per ricominciare. Aveva capito il perché del suo odio. Il perché del suo essere tanto astioso. La vita non era stata buona con lui e lui, non aveva trovato altro modo che farla finita, che morire piuttosto che non stare più con la persona che amava. La sua vita non era un esempio, non era una delle migliori storie, ma era ciò che Darren aveva capito di non volere. Lui voleva combattere, voleva lottare per ciò che voleva, voleva trovare la persona che avrebbe cambiato il suo mondo, con cui avrebbe formato una famiglia e avrebbe cresciuto dei figli. Voleva sentire la risata dei suoi bambini, il calore del suo amato marito, voleva baciarlo, voleva passare la sua vita con lui e voleva sentire il profumo della loro casa. Scese in fretta le scale, mettendosi la giacca che aveva preso, intorno alle spalle. Non pioveva, ma faceva piuttosto freddo quel mattina. Sperava di riuscire a aggiustare tutto. Quello sarebbe stato il giorno buono, per lui. Così sentiva dentro. Perlustrò il soggiorno ma, lui non era lì. In cucina, neanche l’ombra. Provò ogni stanza di quella casa, aprendo tante porte e sperando che almeno, in una di quelle, vi fosse. Andò fuori, aguzzando la vista su tutto ciò che vi era. Alberi, il sole, il cielo, il prato. Tutto quello che vi era sempre ma mancava sempre e solo lui. Si accasciò alla porta di entrata, con le ginocchia strette al petto e la testa nascosta tra esse, per nascondere la tristezza, per nascondere il pianto forte e straziante che in quel momento aveva trovato nuovo modo, nuovo motivo per farsi presente. E ancora una volta si ritrovava a terra. Non poteva essersene andato. Aveva anche controllato se fosse in camera sua e la sua roba era ancora lì. Forse, ci si era soffermato un po’ troppo, guardando le sue cose. Forse, aveva respirato troppo, il suo odore sul suo cuscino. Ma era inevitabile perché si sentiva così, perché sentiva il petto scoppiare e prendere ad alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente, come se non volesse fermarsi. Sentiva il petto allargarsi e restringersi e il dolore farsi sempre più vivo e presente. L’ho perso. Si ripeteva.
 
 
 
Quel pomeriggio il sole non sembrava così caldo, ma il tempo non era mai stato così calmo e sereno. Julie era in casa, stava pulendo e nel frattempo canticchiava spensierata. La chiaccherata di quella mattinata fuori, in giardino, le aveva fatto bene. Chris le sembrava un fratello, o almeno, la persona più perfetta e dolce che avesse mai conosciuto. Si era affezionata molto a lui. Mentre ci pensava, spazzava fischiettando un po’ più allegra di prima. Darren si trovava nei paraggi e si stupì un po’ di vederla. Le si avvicinò.
«Buon pomeriggio, Julie.»le disse, cercando di sorriderle ma fallì miseramente. Tutto ciò che ottenne fu una voce triste e sempre lo stesso sguardo sul pavimento. La ragazza quasi saltò in aria. C’era stato così silenzio fino a poco fa. Poi lo guardò e si accorse di non averlo mai visto così. Giurò di aver visto gli occhi un po’ gonfi e lo sguardo sempre più perso. Non se lo aspettava.
«Non spaventatevi, sono solo io.»disse Darren.
«Lo so, signore. Scusatemi. Buongiorno anche a voi, Sir Thomas.»rispose lei, come suo solito fare.
«Non…non vi ho visto, oggi.»confessò lui, grattandosi il capo e andando a pochi passi da lì, verso la cucina, per prendere qualcosa da bere. Julie esitò un po’, prima di parlare.
«Ero…ero in pausa signore.»affermò.
«Con Chris.»affermò dopo, lei, un po’ con la voce che tremava. Sir Thomas era volubile in quel periodo. Strano. Meglio non fidarsi troppo. Appena Darren sentì quel nome, si bloccò di colpo, fissando il bicchiere d’acqua che teneva in mano. Chris era stato con lei. Forse lei sapeva dove fosse andato o se era lì in casa. Deglutì e ancora di spalle, glielo chiese.
«C-chris era con voi?» le chiese con un tono sempre più basso, quasi impercettibile, come se avesse paura di chiederlo o saperlo.
«S-sì, signore.» rispose Julie, tornando a pulire.
«Quindi…Julie, voi sapete dov’è andato? E’ da tutta la mattina che lo sto cercando e-»la voce gli si fermò, all’improvviso. Le parole bloccate in gola. La forza e il credere di averne avuta, quella mattina, gli ritornò in testa. Julie alzò lo sguardo su di lui. Sir Thomas non era mai stato così, tranne per quando pensava alla sua amata Lauren. Ma non le sembrava che stesse pensando a lei. Aveva nominato Chris e adesso lui, le aveva detto che lo aveva cercato con un tono un po’ troppo triste e pregno di pianto, quasi.
«E’ andato a far visita a sua madre, signore.» rispose Julie, preoccupata. Lui non era venuto a dirgli niente, assolutamente niente. Il suo cuore, potè sentire un crack. Altri pezzi frantumati per la milionesima volta nel suo petto.
«Pensavo vi avesse avvisato, aveva tanto bisogno di vederla e così gli ho detto che poteva farlo e-»sbottò lei velocemente. Si sentiva in colpa adesso.
«Julie, calmatevi.»le disse Darren, questa volta vicino a lei.
«Avete fatto la cosa giusta.»continuò, alzando lo sguardo. Julie ci lesse tanta tristezza dentro.
«Ma non, cioè…non dovete preoccuparvi, perché-»cercò di spiegare ma lui la interruppe.
«Davvero, Julie, calmatevi. Non è successo niente e non dovete preoccuparvi. Io… I-io credo che andrò in camera, se non vi dispiace.»e furono le ultime cose che le disse, con il tono straziato e lo sguardo di nuovo basso. Julie lo guardò dispiaciuta, avrebbe voluto dirgli che Chris era appena rientrato e si trovava fuori, le si stringeva un po’ il cuore a vederlo così.
 
 
Chris era rientrato dal cancello, senza farsi sentire troppo. Lo aveva chiuso, con le chiavi che gli erano state date ed era rientrato in casa. L’ultima cosa che voleva era rivedere Darren. Ma non perché lo odiasse, ma perché soltanto guardare quel viso e quegli occhi, lo avrebbe fatto pentire della decisione che avrebbe cercato di prendere, per capire cosa dovesse fare. Lo avrebbe fatto cedere all’istante, sgretolando tutto ciò che avrebbe potuto decidere. Marie gli aveva chiarito un po’ le idee ma era confuso, incerto. Averla rivista gli aveva fatto benissimo, riabbriacciarla, sentire il suo profumo, sentire che stava bene. Le era mancata, ma più di tutto, le era mancato il suo sorriso e il modo in cui riusciva a tirarlo su di morale, perché, solo lei sapeva riuscirci e non sapeva come avrebbe fatto ancora senza di lei quindi, appena prima di salutarla, la aveva stretta forte e aveva respirato il suo odore, l’odore di casa. Perché con lei si sentiva sempre in quel modo. E le mancava di già, la giornata era quasi volata e questo gli aveva fatto capire che senza di lei, sarebbe stata ancora più dura dell’ultima volta.
 
 
 
Chris uscì un attimo dalla sua stanza. La giornata era troppo bella per restarsene dentro a spolverare e riordinare. Scese le scale, attento a non farsi vedere da nessuno. E se vedeva qualche ombra o sentiva qualche passo, tornava indietro o si nascondeva dietro un angolo o sotto le scale. Riuscì ad evitare di essere visto e sgattaiolò fuori dalla reggia. Finalmente, aria. Aria fresca, verde, mischiati a quel sole splendente.Respirò ad ampi e pieni polmoni. Tutto quello gli era mancato in quei giorni. Certo, era rimasto incantato da quelle stanze, dalla libreria piena di libri, dalle pareti raffinate ma, quella era tutt'altra cosa rispetto a cosa c'era fuori, rispetto al mondo. Tutto quello, lo riportava all'altra sera. Ancora troppo viva per non andarsene via. Aveva bisogno di pensare ad altro. Camminò piano, inebriandosi di aria, di tranquillità. Nuvole bianche e soffici come non le aveva mai viste. Si distese un attimo sul prato, intento a guardare quei batuffoli prendere forme bizzarre. Chiuse un attimo gli occhi. Ma tutto questo durò ben poco. Un rumore di passi lo riportò alla vita, aprì di scatto i suoi occhi e si alzò in piedi. Darren. Lo riconobbe dallo sguardo o forse dai suoi capelli ricci che si muovevano per il vento. Si sistemò l'uniforme e cercò le parole esatte per scusare il suo tentativo di fuga se realmente così poteva chiamarsi, voleva solo prendere un po' d'aria fresca.
 
«S-scusatemi, non...volevo soltanto prendere un po' d'aria, suls-»disse gesticolando e non finì neanche in tempo perchè la sua candida voce, venne interrotta da quella di Darren il quale, lo guardò con un sorriso ampio, luminoso, che mise in risalto le sue occhiaie. A Chris si strinse il cuore, per quanto faceva male dover sopportare tutto questo, per entrambi.
«Non preoccupatevi. Ogni tanto ci vuole, anch'io lo faccio. Esco e camminò un po'. Mi rilassa.»disse girando con gli occhi e ammirando quella splendida giornata poi, posò gli occhi su Chris. E lì ci trovo tutto il sollievo, la forza,  che stava giusto cercando. E rivederlo lì, gli riempì un po’ più il cuore. Era lì, di fronte a lui e questa volta, non lo avrebbe lasciato andare.
«Mi dispiace, davvero...per ieri sera. Davvero, non...non ero in me. Non era mia intenzione. Non sapevo cosa mi fosse preso...accettate le mie più sentite scuse, vi prego.»disse guardandolo dispiaciuto, con una mano sopra il cuore. Il suo tono tremava un po’ e aspettava solo una risposta. Era come se Darren volesse leggergli dentro e ci stesse riuscendo. E no, non poteva cedere. Ma quegli occhi sapevano far scomparire tutto, tutto. Tutto quello che era intorno a lui. Come se volesse perdersene ogni volta che li guardava. Perdersi in lui, ogni volta che lo guardava, che ne aveva l’occasione.
Perfetto. Voleva non pensarci. Ed ecco che gli si ripresentava l'argomento, l'immagine vivida di quella notte davanti. Almeno quello, accettale. Ti ha chiesto scusa. Come poteva resistere a quello sguardo? Era impossibile.
«Accetto le vostre scuse.» rispose con lo sguardo basso. Almeno gli aveva chiesto scusa, no?
«Torno subito alle mie faccende, scusatemi.» accellerò con soli due passi ma, qualcosa lo trattenne. Darren lo aveva fermato, prendendolo per un braccio. Non lo avrebbe lasciato andare e avrebbe fatto tutto il possibile per farlo restare.
«No, sbrigherete le vostre faccende dopo. Restate.»disse con uno sguardo supplichevole quanto intenso. Quegli occhi. Dio.
Chris era un po' più stupito del normale, come riusciva a convincere così le persone. Però, lottò e cercò di non cedere. Non lasciare che lo faccia, no.
«Davvero, signore, devo...ho altro da fare. E poi, non dovrei nemmeno essere qui -»disse velocemente.
Il suo sguardo era ancora più penetrante di prima, come cavolo ci riusciva? Era dotato di qualche strana magia o cosa?
«Per favore, restate. Sbrigherete quel che dovete sbrigare dopo. E non vi preoccupate, a meno che, il vostro non era un chiaro tentativo di fuga. Non era così, vero?»chiese arricciando un po' il naso e facendo un piccolo sorriso nervoso. Non poteva lasciarlo scappare, andare via di nuovo. Avrebbe significato altro dolore, altre fitte al petto per lui. Chris pensò solamente che fosse stupendo. Era adorabile. Lasciò andare quel pensiero. Se lo avesse lasciato da parte, magari non si sarebbe torturato come prima.
Chris rise.
«No, non lo era. Anche perchè, se fosse stato così, a quest'ora sarei già lontano un miglio.» disse assumendo uno sguardo serio.
Darren rimase un attimo confuso. Non stava dicendo sulserio, no? Strabuzzò gli occhi e cercò di parlare ma, non c'è ne fu il tempo.
«Sto scherzando, non preoccupatevi.»disse ancora ridendo. E poco dopo, la sua risata fu accompagnata da quella di Darren.
 
                                                                                   **


Stavano camminando un po' per quel grande giardino, godendosi adesso, entrambi quell'aria.
«E'...è davvero magnifico qui, non ho mai visto niente di simile prima d'ora.» disse Chris guardandosi un po' attorno.
«Già, certe volte, mi arrampico un po' per vedere meglio il panorama.» disse Darren estasiato.
«Arrampico?»chiese Chris, voltandosi verso di lui, alzando le sopracciglia.
Darren gli sorrise.
«Sì, da piccolo, quando mi annogliavo, salivo su uno di quegli alberi.»ne indicò uno.
«Da lì, il tramonto è stupendo. Ma anche di mattina presto, non è da meno. E' la sensazione più bella che esiste. Si vede quasi tutto da lassù.»disse con un tono allegro. Ricordare la sua infanzia era bello, anche perchè, era stato il suo unico periodo felice.
Chris rimase a guardarlo, stupito e incredulo. La bocca leggermente più aperta del solito. Alzò un sopracciglio. Lui, non ci avrebbe mai provato. Sarebbe sicuramente, caduto o peggio. La sua paura non glielo permetteva. Darren si sentì osservato.
«Che c'è? Non ci credete?»chiese, girandosi verso di lui , in tono di sfida.
«No, no, non è questo-»cercò di spiegarsi, gesticolando.
«Mi state forse sfidando?»chiese con un sorrisetto furbo. Poi, corse, superandolo. Si ritrovò proprio sotto l'albero che aveva puntato.
«Che cosa state facendo?» gli urlò Chris dietro, raggiungendolo. E lì si rese conto, che non avrebbe dovuto aprir bocca.
Darren era appiccicato o meglio, attaccato all'albero. Saliva con agilità, neanche fosse una scimmia addestrata. Non lo fermava niente o nessuno, saliva e man mano, si avvicinava sempre di più a quel ramo alto.
«Scendete da lì, potreste farvi male. Scendete!»urlò sotto Chris, alle radici dell’albero. Se si fosse fatto male, sarebbe stata solo colpa sua. Perchè non si era stato zitto.
Darren arrivava sempre più in alto, non lo ascoltava. Chris era sempre più agitato.
«Siete impazzito? Scendete!»ma proprio quando finì di urlare, Darren si trovava già seduto su quel ramo lassù in alto. Si voltò di scatto, alzandosi e portando il suo peso a spostarsi per guardarlo dritto a sè.
«Avanti, adesso tocca a voi.»disse con un sorrisetto odioso stampato in volto.
«No! Scendete, avanti.»rispose. Era pazzo, l’unica spiegazione possibile.
«Non ci penso neanche, salite voi piuttosto.»
Che faccia tosta, non si arrendeva con niente, con nessuno. Se avesse voluto una cosa l'avrebbe ottenuta sicuramente.
«Non... non posso.»disse più piano.
«E perchè?»chiese.
''Soffro di vertigini!»disse un po' più ad alta voce, alzando le braccia al cielo e poi incrociandole al petto. Non lo aveva mai confidato a nessuno, neanche a Marie. Semplicemente, si stupì del fatto che quelle tre paroline furono proprio sulla punta della lingua, pronte ad uscire.
Darren si voltò di nuovo, arrampicandosi di nuovo. Stava scendendo. Oh dio mio, adesso cosa gli prendeva? Appena fu giù, si avvicinò a lui.
«Vi fidate di me?»gli chiese dolcemente.
«..Di cosa diamine state parlando?»rispose confuso, Chris.
«Ho detto, vi fidate di me?» disse ancora più dolcemente di prima. Se continua così, giuro che non rispondo più di me. Non è giusto, deve smetterla di essere così…così perfetto. E decise che sì, poteva. Poteva. Almeno per quell’attimo. Per quell’istante avrebbe detto centomila volte sì perché con solo quegli occhi, sapeva convincerlo, sapeva attrarlo in un modo al di fuori del pianeta.
«...S-sì.»rispose balbettando.
Il sorriso di Darren si illuminò. Amava quel sorriso.
«Adesso, fate quello che vi dico.»disse avvinandosi di nuovo all'albero. Chris lo seguì.
«Dovete aggrapparvi con tutte le vostre forze, appena sarete in cima, non guardate giù. Non fatelo, avete capito?»
Chris annuì e fece un respiro profondo.
«Non c'è fretta, prendetevi tutto il tempo che volete.» gli disse.
Le sue mani si aggrapparono al tronco, con le gambe, si avvinghiò ad esso e cominciò a salire. Metteva forza sulle gambe, sulle braccia e non osava abbassare lo sguardo. Non guardare giù, non guardare giù. In qualche minuto, si trovò già sù. Non ci credeva. Trovò il ramo robusto e ci si sedette sopra. Il suo sguardo, si rivolse al tramonto. Era davvero meraviglioso. Il cielo aveva assunto un colore rosa-arancio e il sole, sarebbe tramontato da lì a poco. Qualcuno si sedette accanto a lui. Darren era risalito sù e adesso si trovava accanto a lui. Chris gli rivolse un timido sorriso.
«Vi ringrazio.»disse abbassando lo sguardo.
Darren si voltò verso di lui. Sguardo ancora più intenso.
«Non dovete, per così poco...davvero.»disse.
Un piccolo sguardo e poi, dritti a guardare il tramonto insieme.
 
 
 

¦ Claudia' space: Aw che carini, amori, MY FEELS, SFRGTRGRG, QUESTI SONO I MIEI DARREN E CHRIS.
Sì, se vi sentite così fate bene, perché anch’io mi sono sentita così mentre lo scrivevo. Darren in realtà, sarebbe un hobbit, quello che pensano un po’ tutti ma per questo capitolo, è una scimmia ammaestrata che si arrampica sugli alberi. Non chiedetemi perché ho detto questo, non lo so nemmeno io perché. Vado praticamente in tilt quando si parla di loro lol. Ma non fidatevi troppo, mi raccomando.
Spoiler: Chris dovrà fare i conti con la sua testa e il suo cuore. Nobady said it was easy.
 
 

«…»
«Chris, non dirmi che sei di nuovo tu, ti prego.»
«Una scimmia? Seriamente?»
«Sì, sei tu. Potresti salutarmi come si deve, almeno.»
«Oh, hai ragione.»
*siabbracciano*
«Ecco, ora va meglio.»
«Allora, che cos’è questa storia della scimmia?»
«Chris, ti prego. Io lo penso, io lo scrivo. E poi, ci stava bene, è talmente idiota e adorabile da esserlo. Afrgtrh.»
«Uhm…forse hai ragione. La mia scimmietta ammaestrata.»
*sorrisoampissimodicla*
«La tua scimmietta ammaestrata ha baciato Rob…»
«COSA?»
«…Dai, non prendertela. Sai com’è fatto Darren…»
«A casa faremo i conti, ora lo concio io per bene.»
«…»
«Comunque, questo capitolo è bellissimo, la prima parte mi ha fatto piangere un po’.»
«Aw, scusami Chris ma dovevo. Don’t worry, il tuo amore non starà così ancora per molto…o almeno non starete. Ops.»
«Ancora per molto? Che significa? C-che cosa vuol dire? Non dirmi che lo farai ancora stare male e- Io? Si può sapere cosa -»
«Adesso devo andare, ci sentiamo Chris.»
*glifaciaoconlamano*
«Oh, non finisce qui Claudia. Eh no.»

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Capitolo 20
*** Capitolo 18. ***


¦ Claudia' space: E rieccoci con l’aggiornamento! *yeeee*
Avverto, questo capitolo può trasformarvi in fontane.
Lo so, perchè so cosa si prova.
Che dire, scrivere questo capitolo è stato difficile, dura.
Vi prego, non odiatemi, ma ci voleva.
Ci vuole sempre, la vita è fatta di alti e bassi e quindi, anche loro ne hanno, come tutti.
So che vorrete uccidermi appena arriverete alla fine.
Mi scuso in anticipo.
Ah, l’introduzione mi sembrava molto bella così, mi sono detta, perché non metterla? Sono molto riflessiva e pensierosa su queste cose, forse lo avrete capito anche dal modo in cui scrivo.
Okay, forse è meglio che io vada…*scappa*



Chapter 18.
''So take a look
at me now.

Now there's just
an empty space.

And you coming
back to me

is against the odds
and that's what I've gotta face.
So take a look at me now.''

 

 

E non tutto va come si spera.

Non tutto si dimentica in fretta.

E la vita fa così schifo a volte che vorresti scappare e chiuderti per sempre in te stesso, senza sapere più niente.
Non tutto si dimentica, in realtà resta sempre dentro la nostra testa come un incisione, come un antica pergamena impressa e incancellabile.

Perché se fosse così, se potremmo dimenticare tutto, da un giorno all’altro, ci sarebbero meno pensieri nella nostra testa, meno preoccupazioni, meno sfoghi, meno tristezza, meno dolore e tutto sarebbe più semplice ai nostri occhi, agli occhi di tutti. E tutto sarebbe perfetto.


Ma la perfezione è scontata. La perfezione si trova solo nell’imperfezione e forse, neanche in quella.
 
 
 
 
Chris si era ripromesso di non versare neanche più una lacrima. E allora perchè, si trovava ai piedi del letto, a piangere silenziosamente? Perchè? Quel pomeriggio era stato bellissimo. Tutto, tutto quanto. Dall’inizio alla fine. Non avrebbe cambiato niente di quella giornata, perché in poche parole era stata perfetta e si era sentito bene. Ma perchè non riusciva a dimenticare quella notte? Si era scusato, sì , e allora? Perchè, si sentiva così dannatamente sfruttato, usato? Perché sentiva che Darren lo stesse prendendo in giro? Ma perché arrivare a tanto? Le sue mani artigliate addosso a lui, come se volesse  fargli del male, come se volesse sfigurarlo e poi buttarlo via, come un giocattolo rotto. Ma lui non era un giocattolo. Era una persona e aveva dei sentimenti. Perchè doveva essere tutto così complicato? Gli occhi rossi, gonfi. Non aveva dormito. Eppure quel pomeriggio era stato così bello, semplice. Ma proprio quando, il sole era sceso, lo aveva fatto anche lui. Aveva usato la scusa del sono stanco, fingendo di esserlo. Lui gli aveva creduto ed era scappato in camera a piangere assalito di nuovo da quel pensiero, da quell’episodio tremendo.                                    
Andò un attimo al bagno per bagnarsi la faccia. Il gonfiore sarebbe passato se solo avrebbe smesso di piangere. E così fece. Si asciugò le lacrime e tirò sù con il naso. Perchè? Ma soprattutto, perchè fino a pochi giorni fa era quel Darren dallo sguardo intenso, triste, dall'animo buono, quel ragazzo che parlava con un servo. E tra tutti proprio lui. Che chiedeva della sua compagnia, della sua presenza, che aveva sconfitto la sua più grande paura, che lo guardava in quel modo. Sapeva in fondo che non era capace di tutto questo, Darren non era in sé, glielo aveva pure detto. E aveva nominato una certa Lauren. Ma lui sapeva che era Chris, il semplice servo povero della sua reggia. Aveva lasciato correre a qualche settimana fa quando si era accanito contro Marie, di cui si era preoccupato ma, a tutti poteva capitare una giornata no.
Certo, gli era rimasto un po’ più lontano fino a quando non lo avevano trovato lì fuori, al freddo, malato e il suo cuore per un attimo si era fermato. E si era preso cura di lui perché voleva. Perché gli sembrava la cosa giusta da fare. Perché voleva farlo. Ma quella sera, qualcosa lo aveva pugnalato. Lo aveva ferito. Era un animale per lui, pensò. Si era accanito contro di lui, contro il suo corpo. E lui gli aveva dato il permesso di farlo. Per un momento, uno solo, aveva amato le sue mani che lo toccavano. Poi, però, era ritornato alla realtà. Era una persona, come tutti, aveva la sua dignità, meritava anche lui di essere rispettato. Non poteva buttarsi così o farsi usare, ferire in quel modo. Non avrebbe più permesso che accadesse. Mai più.
 
 
 
 


Darren si svegliò presto quella mattina. Ieri si era sentito più vivo che mai. Perchè anche se poteva sembrare la cosa più stupida del mondo, ieri contava. Ieri qualcosa, gli era scattato dentro. Saltò giù dal letto e si infilò le prime cose che riuscì a trovare sopra la sedia. Scese di sotto, correndo un po' e appena arrivò, il suo sorriso si fece grandissimo. Sapeva di trovarlo lì, come ogni mattina, impegnato nelle sue faccende domestiche e il suo umore era alle stelle. Ma non sapeva che da lì a poco, qualcosa che nel suo cuore scalpitava si sarebbe presto fermato, devastato in tanti piccoli pezzi che avrebbero fatto fatica a rincollarsi. Di certo, non stava sorridendo a quei divani di lì, in soggiorno. Chris stava spolverando, intento a guardare dovunque, tranne che a lui, tranne che nella sua direzione. Cercò di attirare la attenzione.                                                                        
«Buongiorno.» disse raggiante. Appena si voltò, il suo cuore fece una capriola all'indietro, il suo sorriso diventò ancora più grande. Chris gli rivolse lo sguardo.                                                                            
«Buongiorno anche a voi.» disse quasi freddo o così parve a Darren , ritornando a guardare dovunque vi fosse polvere non rivolgendogli lo sguardo.                                                                         
«Avete dormito bene?» gli chiese.                                                                                    
«Sì e voi? » disse sempre senza rivolgergli lo sguardo.                                                     
«Benissimo.» disse. Guardatemi, guardatemi, vi prego. Solo un piccolo sguardo.                                                          
«Mi fa piacere. La colazione è pronta, vi conviene dirigervi in cucina prima che si raffreddi.» disse. Ancora non lo guardava anzì, sembrava più interessato al pavimento, al tavolino, a spostare quel vaso che vi era sopra, passare il piccolo arnese per levare la polvere e ricominciare. Silenzio. Darren restò fermo, sul posto, aspettando che si degnasse di dirgli qualcosaltro o magari, che la situazione cambiasse.                               
Dio, perchè non mi guardate? Che è successo? Spiegatemi, ve ne prego. Guardatemi o morirò qui, steso, qui davanti.
«Uhm, posso restare ancora un po' qui?» chiese. Assurdo, lui, il padrone, stava chiedendo il suo permesso. Qualcosa non andava. Chris emise una sonora risata.                                                                   
«Voi, il capo, state chiedendo a me, il permesso? Vi siete già dimenticato che potete fare tutto quello che volete?» disse scherzoso, poi, ritornò serio.               
«Non per quello, ovvio. Solo...posso farvi compagnia?» chiese in attesa di una risposta. Finalmente, si voltò. Dio quello sguardo.
No, non doveva cedere. Sapeva che avrebbe fatto male. Avrebbe fatto male ad entrambi ma, doveva farlo. Lo aveva promesso a se stesso. E allora perchè non ci riusciva? Forza, Chris. Prese forza e coraggio e finalmente, rispose.                                     
«Mi dispiace, ho faccende da sbrigare. Con permesso.» disse freddo e serio e accellerò il passo trovandosi già alla metà dell'altra stanza. Sentì un piccolo sussurro deluso, quasi triste uscire dalla bocca di Darren, in lontanza e questo contribuì a renderlo distrutto, a renderlo spezzato.

 

 
I wish I could just
make you
turn around

turn around and
see me cry
there’s so much

I need to say to you.
 



 
Nei giorni a seguire, Darren riusciva sempre a trovare Chris per la casa. Ogni qual volta gli chiedesse qualcosa o volesse restare un po’ con lui, per parlare o altro, gli diceva che doveva fare altro, che aveva altre cose da pulire, sistemare, liquidandolo e arrancando sempre più scuse. Darren non capiva. Che cosa, che cosa era cambiato? Fino all'altro giorno, ridevano, si guardavano, parlavano. Adesso, Chris faceva di tutto per evitarlo. Darren non capiva. Lo stava evitando. Le lacrime, i pugni al muro, la rabbia era tutto quello che riusciva a provare in quei maledetti giorni. Si rinchiudeva nella sua stanza e rimaneva lì per tutto il giorno e la notte. Chris non lo veniva neanche a cercare o almeno neanche ci provava. E anche lui era troppo orgoglioso per fare lo stesso. Aveva davvero perso l'interesse per lui così, da un giorno all'altro? Il petto gli faceva male. Ma era sopportabile. Gli occhi piene di lacrime. Ma era sopportabile. Il cuore, lasciato lì, in un angolo. Quello, non era per niente sopportabile. Faceva male, da morire. Quello che voleva lui. Di nuovo tutto daccapo. Di nuovo la stessa storia che si ripeteva. Di nuovo gli incubi, la solitudine, il non essere capito, notato. Come il giorno in cui suo padre lo aveva sbattuto fuori di casa.Perso, solo. C'era solo uno spazio vuoto adesso. Uno strappo. Uno strappo profondo causato senza un perchè. Niente, lo aiutava in quel momento. Neanche la musica , neanche la pioggia quella sera, fuori dalla sua finestra.                              
No, doveva esserci un'altra spiegazione plausibile. Chris non era così. O forse sì? Non voleva pensare a niente. Voleva rivivere i bei momenti della sua infanzia, ma non riuscì a fare neanche quello. Cercò di pensare a sua madre che gli cantava la ninna nanna, da bambino ma neanche quello lo aiutava. Il pensiero di quei giorni era fisso nella sua testa. Tanti pensieri. Tanti perchè la invadevano. Pensieri che incominciavano dal giorno in cui era nato, a quello di suo padre che non voleva più riconoscerlo come suo stesso figlio, sangue del suo sangue, ai momenti con Chris, fino ad adesso, chiuso in quella stanza e che sperava, potessero avere una fine ma continuavano imperterriti a farsi presenti.
 
 
 
 
 

¦ Claudia' space: Sì, sono qui. Avanti, potete dirmene quante volete, vi capisco. Picchiatemi pure. ç_ç
Se vi dico che ho versato lacrime, tante, mentre lo scrivevo, mi perdonate? No, perché è vero. E mentre scrivevo, sentivo quella canzone. E dico la cover di Darren, quella straziante, triste, che fa venire voglia di deprimerti e rattristarti ancora di più. Eh. Bhè, io vi saluto e vi lascio.
Don’t worry because, after the rain comes the raimbow.
Al prossimo aggiornamento.

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Capitolo 21
*** Capitolo 19. ***


CHAPTER 19.

Burning desire to live and roam free
It shines in the dark
and it grows within me
You hold my hand 

but you don't understand 
So where I am going you
won't be in the end 
I'm dreaming in colours of 
getting the chance 
I'm dreaming of china 
the perfect romance 
The search of the door to open your mind 
The search of the cure of mankind 
Help us, we're drowning 
So closed up inside

 
Why does it rain, rain, rain down on utopia? 

Why does it have to kill the ideal of who we are? 




 
I giorni passavano e non cambiava niente. Due anime divise, separate.            
Chris e Darren. Darren si torturava giorno e notte senza avere neanche il coraggio di chiedere il perchè, di farsi dare una spiegazione. Semplicemente, era di nuovo chiuso dentro la sua stanza e non parlava più quasi con nessuno in quella casa. E sapeva che con chiunque avesse parlato, non sarebbe stato lo stesso, non avrebbe cambiato la situazione perchè, chiunque non era Chris. Chris era speciale. Chris lo faceva stare bene. Ma forse era molto più di tutto quello che pensava. Era la sua ancora, era l’unica persona che lo capiva sempre, in quel trambusto, in quello che gli aveva raccontato. Perché Darren si era aperto con lui, si era aperto dopo tanto tempo in cui non osava farlo, perché riteneva che al mondo, ci fossero troppe persone uguali a suo padre. Ma aveva scoperto che non era così, Chris non era così. Aveva aperto gli occhi e capito che lui, faceva la differenza. Che forse, l’aveva sempre fatta fin dal giorno in cui lo aveva incontrato. Chris, d'altra parte, svolgeva più di quanto doveva, doveva essere impegnato in qualcosaltro per dimenticare, per non pensare ma, ci pensava la notte a fargli versare le lacrime sul cuscino. Ci pensava la notte fredda, triste a farlo riflettere, a torturarsi per quello che aveva deciso. Da una parte, il suo cuore gli diceva di finirla, di spiegargli, di ricominciare a guardarlo senza riprovare quella sensazione di uso, senza rivivere quella notte. Da un’altra, la sua testa gli diceva che se lo avrebbe fatto, Darren ne avrebbe approfittato di nuovo nel momento in cui, ci sarebbe cascato o avrebbe ricominciato a rivolgergli la parola. E una parte, la più importante forse, gli diceva che quegli occhi dicevano tutt’altro. Imploravano aiuto, conforto, di essere capiti, di essere guardati. Non sapeva a cosa dare retta, era confuso. Era stato lui quei primi giorni poi, l’uragano quella sera, ma perché? Faceva male ad entrambi. Faceva tremendamente male. Prima o poi, tutto si sarebbe sistemato, forse.
 




Quel giorno, precisamente, quel giorno Darren uscì dalla sua stanza. Fece un respiro profondo e scese le scale. Tutti quei quadri lì, in soggiorno, sembravano come colpevolizzarlo, fissarlo. Soprattutto uno, in particolare, con una donna con le mani in grembo unite, dai capelli legati con delle gemme preziose che scendevano quasi fino al viso, la bocca chiusa, il naso piccolo, un vestito elegante ottocentesco e lo sguardo penetrante. Uno sguardo quasi maligno. Ai muri oltre ai quadri, vi erano alcune tappezzerie molto antiche, con colori sul bordo e marrone o con colori ancora più accesi di quelli. Chris si trovava in cucina, aveva appena finito di cucinare. Sperò che qualcosa cambiasse, che almeno, il loro modo di salutarsi trovasse una soluzione per cambiare tutte quei giorni di solitudine. Perché Darren si sentiva solo. Si sentiva come se nessuno lo capisse, come quel giorno in cui suo padre, lo aveva buttato fuori di casa senza una spiegazione ma con un solo pensiero: che avesse un figlio sbagliato, un errore. Il loro rapporto era cambiato. I buongiorno non erano mai stati così freddi, così liberi da volare in aria e rendere l'ambiente silenzioso, disagioso.                                                    

«Buongiorno.
» disse Darren.

«Buongiorno.
» rispose Chris.

Guardava un punto fisso, non avrebbe retto a guardarlo in faccia. Non ce l'avrebbe fatta. Gli dava le spalle, non sapeva neanche se si trovava ancora lì. Si voltò e si incamminò per un'altra stanza. Devo andarmene da qui, adesso. Chris, vai su. Esci da questa cucina. Ora. La sua testa diceva. Nel contempo, invece, il cuore di Darren decise di smetterla con tutto quello. Darren, non lasciarlo andare via. Rincorrilo. Sù, alzati. Hai sentito che ho detto? Fallo, adesso. Il coraggio, cos'era stato fino a quel momento? Coraggio. Si alzò dalla sedia, che fece un po' di rumore. E si avvicinò dietro di lui.
«Per favore, spiegatemi. Cosa vi prende, perchè mi trattate come un estraneo?
» gli chiese finalmente, sputando quelle parole piano, ferito.
Chris si voltò leggermente, doveva proprio? Continuò a camminare senza voltarsi a guardarlo. Non avrebbe sopportato un altro secondo di più.
«No, non scappate da me. Vi prego, tutto questo mi sta logorando dentro.
» disse, lo aveva fermato per un braccio impedendogli di fuggire via.
Chris restò fermo, impalato sul posto. Si girò a guardarlo, ops. Il suo sguardo era basso, con le labbra dischiuse e gli occhi, adesso, alzati e riflessi nei suoi. E non doveva ricascarci, quindi, sbottò.
«Non osate toccarmi di nuovo! Lasciatemi andare.
» disse alzando la voce che si trasformò subito in strozzata, come se stesse per piangere da lì a poco. Si liberò dalla presa e tornò a guardarlo in faccia.
«Ma io non voglio farvi del male...i-io-
» disse e si bloccò. Ma certo, quella sera. Come poteva essere stato così sciocco? Pensava che avesse superato tutto. Si sentiva un mostro. Ma non era lui. Non era lui quella sera. E doveva spiegarglielo. Doveva dirgli tutto quanto. Ringraziò Sir Thomas mentalmente, nella sua testa, per quel prezioso consiglio. Perché doveva essere sincero, perché qualunque relazione si basa sulla sincerità e sentiva di potersi fidare, confidare con lui. Perché con lui era tutto più diverso e speciale e andava bene. Se lo avesse fatto si sarebbe sentito meglio, entrambi si sarebbero sentiti meglio.
«Siete cambiato. O forse non vi ho mai davvero conosciuto. So solo che siete...siete fatto così. Quindi, non cercate di spiegarvi.
» disse stavolta, mandando indietro le lacrime. E ci riuscì. Non doveva mostrarsi debole, fragile. Darren subì un colpo, dritto al cuore. No, doveva spiegarsi. E niente lo avrebbe fermato.
«Io...io non sono cambiato e posso dimostrarvelo. Non ero io quella sera, è una storia lunga. Non...non l'ho mai raccontata a nessuno.
» disse cercando il suo sguardo con gli occhi. Chris restò muto. Quello sguardo, lo riconosceva sempre. Perso, triste.
«Vedete, non era mia intenzione..davvero...io...
» disse non trovando cosa dire, gli occhi che brillavano. Chris sapeva cosa stava succedendo. Stupido, stupido, stupido pensò Chris. Avrebbe voluto ascoltarlo, lui era lì per questo, no? Poteva parlarne, aprirsi con lui. Lo avrebbe fatto, perchè stava male e aveva bisogno di sfogarsi. Lo avrebbe fatto perchè ci teneva e solo lui sapeva quanto contasse vedere quel bellissimo sorriso sulle sue labbra, così piacevole, confortante e abbagliante. 
«Volete sedervi, volete un po' d'acqua per calmarvi un po'?
» disse stavolta, fu lui a cercare il suo sguardo. Darren trovò quegli occhi meravigliosi a guardarlo. Andò verso il soggiorno e si sedette sul divano. Chris andò in cucina e versò un po' d'acqua dalla brocca in un bicchiere. Lo raggiunse in soggiorno e glielo porse, sedendogli un po' vicino. Darren prese il bicchiere, bevve un sorso e lo posò sul tavolino davanti a lui. Prese un respiro e cominciò.
«Se non volete parlarne, non fatelo. Non vi sto costringendo, davve-»
«No, devo farlo. Devo spiegarvi il perchè, voi avete tutto il diritto di sapere.
» disse guardandolo triste.
Chris si sentiva male se lui stava male. Piangeva se lui piangeva. Era come se, qualcosa li tenesse uniti. Non si spiegava il perchè. Sentiva solamente il cuore stringersi nel suo petto e desiderava solo che, smettesse di stare così male, che sorridesse alla vita. Perchè lui aveva la vita e come Marie gli aveva spiegato tantissime volte, era un bene prezioso da condividere con chi si voleva e da tenere stretto per sè, combattendo ogni qual volta si cade, rialzandosi e affrontandola di petto. 
«Lo stesso giorno...lo stesso giorno in cui mi trovaste fuori al freddo, zuppo, successe qualcosa che neanche oggi riesco a spiegarmi. Stavo vagando ancora per la città..
» disse con un tono di voce molto basso, doloroso. Quel giorno. Chris lo ricordava come se fosse ieri. Un ragazzo zuppo d’acqua si era presentato a casa sua e aveva notato fin dall’inizio che qualcosa non andava, perché sul suo viso era dipinta la tristezza, la perdizione in persona. E Chris si era preso cura di lui, alleviando il suo dolore o quanto meno, provandoci.
«Trovai una panchina, mi facevano male i piedi e decisi di riposarmi un po' quando, una signora, molto anziana e dallo sguardo spaventoso, mi era piombata davanti.
» disse girando il suo sguardo verso Chris. Ringraziò che fosse ancora lì e che non gli avesse dato del pazzo e fosse scappato via.
«Mi propose uno scambio. Metà della mia anima, in cambio di tutto questo.
» indico la reggia, i muri, tutto quello che vi era la dentro. 
Chris rabbrividì. Il suo sguardo. Quello sguardo triste, spento...era lo stesso Darren di quel giorno, fuori casa sua, di quel giorno in libreria, in bagno, in giardino. Era lui. Non era diverso, non poteva controllare chi altro lo divideva dall'essere se stesso.
«Non sono sempre me stesso da quel giorno. D'altronde cosa potevo fare? Accettai. Mio padre mi aveva cacciato di casa, non avevo dove stare e quella sembrava essere l'unica soluzione. L'altra metà della mia anima, è di un vecchio uomo. E' di chi possedeva tutto questo. Ecco perchè mi chiamano Sir Thomas.
» disse, rivolgendo ancora il suo sguardo a lui. Chris aveva uno sguardo addolorato, dispiaciuto. Non sembrava volesse fuggire adesso, in quell'istante. Chris aveva capito che era troppo anche per lui, quel gesto. Lui non era così, ne era sicuro perché, fin dal primo momento se ne era accorto. La sua testa poteva anche avvertirlo migliaia di volte ma il suo cuore non mentiva. Darren era buono d’animo, gentile, bello. E ne era ancora più sicuro adesso.
«Credete che io sia pazzo, non è così? Solo un pazzo crederebbe a tutto questo.
» disse ancora con gli occhi lucidi. Certo, chi non lo avrebbe preso per tale raccontando tutto quello che aveva raccontato lui? Sperò con tutto se stesso che Chris potesse capirlo come aveva sempre fatto, per andare avanti, per ricominciare di nuovo.
Chris, agì di impulso, mise una mano sulla sua, accarezzandogliela un po'.
«Allora ne state parlando proprio con uno. Chiamatemi pure pazzo.
» disse sorridendo un po' e sospirando.
Darren ricambiò il sorriso e spostò lo sguardo sulle loro mani insieme. Quella visione gli scaldò il cuore. Chris se ne accorse troppo tardi e imbarazzato, tolse subito la mano.
«Scusatemi, ehm.
» disse velocemente.
«No, non c'è ne bisogno.
» gli rispose. Chris stava avvampando senza neanche sapere per quale motivo.
«Comunque sia, mi dispiace. Davvero. Non avrei mai voluto. Non stavo agendo in quel modo, non ero io. Ma lui. Mi diceva cosa fare, non sapevo come...scacciarlo via. Non ci riesco tutt'ora e mi sento inutile, debole per questo.
» disse.
Chris attirò la sua attenzione, guardandolo dolcemente. E ci si poteva leggere tutto, ma in quel momento Darren vi trovò solo perfezione e tenerezza. E amore.
«Io vi credo.
» disse.
I loro sguardi in quel momento, erano qualcosa di indescrivibile.
«Scusatemi se...davvero, non era mia intenzione farvi del male io-
»
«Adesso lo so, state tranquillo.» gli sorrise. E guardò quegli occhi.
Ora tutto aveva più senso, ora aveva ancora un senso vivere per quegli occhi, vivere per quello sguardo, vivere per Darren. E per la milionesima volta, Chris gli stava accanto e riusciva a capirlo meglio di chiunque altro.

Perchè Chris era il suo a
ngelo.     











¦ Claudia' space: Stavolta, il mio spazietto è qui sotto. *saltaealzalamanoperfarsivedere*
Che ve ne pare?
Lo so, sono stata un po' crudele, I know.
Don't worry, okay?
Adesso, ho da darvi una bella o brutta notizia (?)
Non so come definirla, ma eccola.
Rob, ha subito un guasto al pc e non potrà collegarsi per non so quando. Il prossimo aggiornamento è suo, quindi, let's be patient. In più fra pochi giorni ha il suo esame di recupero, quindi, vorrei che le faceste un grande in bocca al lupo anche se so, che ce la farà. I believe in her. 
Bando alle ciance, spero vi sia piaciuto.


Piccolo spoiler, almeno, vi diamo qualcosa in anticipo e vi fate un'idea: Julie, ah, pensate davvero sia una santa? 

See you.

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Capitolo 22
*** Capitolo 20. ***


~ CHAPTER 20. (Finally!)

"I'm not gonna tell you
I'm not gonna say that I'm okay, no
I'm tryin' to get over
I'm tryin' to get far away from our mistakes
But I see shadows
Everywhere that I go
It's you, reminding me
Of how we were
Of how it was
I see shadows
Everywhere they follow
It's you and memories
Of how we loved
 I've had enough of your shadows"





Un piccolo uccellino si posò sul bordo della finestra, lasciata leggermente aperta la sera prima. L'uccellino prese a cantare allegramente, disturbando il sonno di Julie. I suoi capelli biondi ondeggiarono al passaggio di una folata di vento, dato che erano scivolati quasi tutti fuori dal letto. La ragazza era in una posizione innaturale, le coperte erano cadute per terra e lei dormiva serena, con un mezzo sorriso sul viso. Il suo respiro era quasi impercettibile e si liberava nell'aria. L'uccellino continuava a canticchiare come se volesse invitare Julie a svegliarsi. Così, un po' infastidita, stropicciò gli occhi, mugugnando e sbadigliando. Si alzò barcollando verso la finestra. Si piegò e l'aprì del tutto. Osservò la piccola creatura marrone dalle striature rossicce e con il dorso bianco. Cercò di accarezzarlo ma l'uccellino volò via, sbattendo le ali fortemente. Julie sbuffò e si chiuse in bagno.

**

«Avanti!» Julie aprì la porta ed entrò lentamente, senza far rumore. Chris si stupì quando la vide. Era raggiante. Il biondo quasi brillava ogni volta che il sole lo baciava. I capelli erano sciolti sulle spalle, liberi. Gli occhi sembravano delle pietruzze preziose splendenti. Julie richiuse la porta e si diresse verso Chris, agitando la mano in segno di saluto e sorridendo. Il ragazzo ricambiò e la seguì con lo sguardo. Lei si sedette accanto a Chris e gli scoccò un bacio sonoro sulla guancia rossa per l'imbarazzo. 
«Da quanto sei qui?» chiese Julie.
«Circa venti minuti, è in ritardo.» rispose Chris. Erano in quella stanza ad aspettare Harry per le uniformi e i compiti. In quel breve arco di tempo, Chris aveva osservato meglio ciò che lo circondava. Dei libri lì, dei libri là, un ritratto di Harry e Sir Thomas sul muro dietro la scrivania in mogano, la stessa scrivania in disordine, mobilio vecchio ma pregiato e piccoli quadri un po' ovunque. 
«Hey, stai bene?» lo strattonò Julie.
«S-sì, stavo solo osservando la stanza.» sorrise timidamente. Avrà pensato che sono un impiccione, si disse.
«Anch'io osservo posti nuovi. E' una cosa che mi piace.» lo rassicurò.
«Da quant'è che Harry lavora qui?»
«Cinquant'anni. Cominciò a lavorare qui a vent'anni. Aveva perso i suoi genitori e suo fratello, malati di tubercolosi.» spiegò Julie,
«Come aveva fatto a non ammalarsi?»
«Per qualche ragione non successe, sarà stato il destino.» continuò. «Tuttavia, dopo il loro decesso, decise di lasciare Birmingham, sua città natale, per trasferirsi qui a Manchester, stare lì lo tormentava. Una volta trasferito, Sir Thomas lo vide camminare per strada e capì che doveva lavorare per lui.» Chris la seguiva attentamente, assorto nel suo racconto. Aveva capito che negli occhi di Harry c'era qualcosa. Si era reso conto che dietro c'era una storia triste e piena di sacrifici non voluti. E aveva anche capito che Harry aveva bisogno di una famiglia e l'unica che possedeva era Sir Thomas, seppur acido e cattivo.
«Strano, no?» chiese Julie, riportando Chris alla realtà.
«Già.» Julie annuì e tornò a guardare di fronte a sé, torturandosi le mani. 
La porta si spalancò. Harry fece capolino con la testa, ma si raddrizzò subito quando si accorse delle due presenze nella stanza. Tossì, entrò e chiuse la porta.
«Buondì, Mr. Colfer. Buondì, signorina Anderson.»
«Buondì, Harry!» risposero all'unisuono.
«Scusate il ritardo ma non stavo bene stamane.» Chris e Julie annuirono. «Qui ci sono le divise. Comincerete con la sala da pranzo, poi avrete una pausa e poi continuerete con le stanze che vi indicherò. Buon lavoro.» disse Harry. I due presero i loro abiti, si cambiarono ed uscirono. Chris sbuffò.
«Madmoiselle?» Julie lo prese sotto braccio, ridacchiando, consapevole del recitare di Chris.

**

I forti raggi che sbattevano sulle finestre, stavano distruggendo la vista di Chris. Dovette fermarsi più volte, poichè gli occhi gli bruciavano. Era da due ore che stava in quelle condizioni e non era la prima volta. Cominciava a vedere macchie nere e gli occhi gli lacrimavano. Tirò su col naso.
«Chris...» Julie lo chiamò.
«Cosa c'è?» disse.
«Io qui ho finito.» con la coda dell'occhio la vide avvicinarsi. Si sentì toccare il polpaccio.
«Ma che fai, piangi?» chiese la ragazza, accorgendosi delle lacrime che solcavano il viso di Chris.
«No, il sole mi distrugge. Potresti finirla tu questa finestra? Non ci vedo più.» scese dalla scala con le mani sugli occhi.
«Fammi vedere.» lo incitò Julie. Gli spostò piano le mani. Aveva gli occhi rossi e le lacrime sgorgavano senza sosta.
«Sicuro che sia il sole?»
«Sì, ho gli occhi c-chiari...»
«Mmh...c'è qualcos'altro, secondo me.» 
«C-cosa?»
«Allergia.» sentenziò esperta.
«Al sole?» chiese confuso Chris.
«No!» sorrise. «Alla polvere! Ma il sole potrebbe anche darti problemi.» Chris annuì e si coprì di nuovo gli occhi.
«Esiste una cura?» chiese disperato.
«Per l'allergia, non che io sappia...se non starci a stretto contatto.» salì la scala. «Ma per il sole un po' di ombra, basta.» Si girò verso Chris, gli sorrise e finì la sua finestra.

**

Julie aveva ragione. Dopo i lavori, portò Chris sotto gli alberi. Il rossore si era lentamente attenuato, così come il bruciore. Chris aveva potuto continuare la lettura del suo libro. Entrambi si trovarono di fronte. Come era solita fare, Julie contemplava Chris sottecchi. Le piaceva tanto e non poteva tenerglielo segreto ancora per molto. Sapeva che i sentimenti non erano ricambiati, ma se ne era fatta una ragione perché non poteva fargli cambiare idea. Si alzò e andò verso di lui, sedendogli accanto. Chris si mosse, tremando un po'.
«Ah, Julie, sei tu. Mi hai spaventato.» disse facendo un respiro di sollievo. 
«Scusa, non volevo.»
«Non ti preoccupare.» alzò il viso e le sorrise. 
«Come ti senti? Fammi vedere gli occhi.» si girò e spalancò gli occhi. A Julie mancarono le parole, la gola le si era seccata di colpo. Quelle iridi blu erano come il cielo e l'oceano messi insieme. Non potevano essere umani quegli occhi, né dal colore, né da ciò che trasmettevano. Ancora una volta era rimasta basita da Chris. Non poteva farle sempre questo effetto, si ripeteva.
«Ma tu sei umano?» chiese Julie quasi senza rendersene conto. Chris scoppiò in una risata che lo fece piegare su sé stesso.
«Ma che domande fai? Certo che lo sono!» sbottò.
«Il fatto è che...» Julie si bloccò, come se il coraggio che l'aveva accompagnata fino ad adesso fosse scomparso.
«Che?» la spronò Chris.
«Mi piaci, Chris. Mi piaci tanto.» Chris era lì, che la guardava sconvolto. «So che non provi lo stesso e lo accetto, spero solo che la nostra amicizia non cambi perché è la cosa a cui tengo di più.» disse tutto di getto e a Chris parve di esser finito in confusione. L'idea di dover confermare le sue parole lo spaventava. Piaccio a qualcuno, si disse. A qualcuno che però non era un uomo e per cui non provava nulla. Pregò quindi che non fosse etichettato come mostro ma come buon amico perché, tuttavia, nemmeno lui voleva perdere Julie. Sorrise e strinse i denti, cercando di farsi forza. Come faccio?, si chiese. Sospirò.
«Julie, tu sei una carissima amica e nemmeno io voglio perderti ma-» 
«Veramente?»
«Sì, ma io pref-» non potè continuare, poiché le sue labbra furono bloccate. La sua faccia era fra le mani profumate alla lavanda di Julie. Le labbra calde e color corallo della ragazza riscaldavano quelle di Chris. Entrambe le labbra si muovevano mecchinamente ma Chri non provava emozioni così forti da fargli mancare il respiro. Non accettava tutto ciò. Amava Darren e non era giusto da parte sua. 


Darren portò una mano alla bocca, sorpreso. Quello che stava vedendo lo lasciò spiazzato.
No non è vero. Non è possibile. Restava lì, immobile, in silenzio. La bocca leggermente aperta, lo sguardo puntato sulla finestra del salone che dava fuori, sul giardino. Un terribile dolore al suo petto, si rifece vivo, perché ormai, non poteva più nasconderlo a sé stesso. Si stava innamorando. E lo aveva capito solamente adesso, ripercorrendo i momenti con Chris. Come lo guardava, come si apriva, come amava quando sorrideva o diventava rosso in sua presenza. E non poteva essere altrimenti perché, quello che i suoi occhi avevano visto, era sufficiente per il suo cuore che non osava mascherare né il dolore, né la ferita creata, né il bisogno di fuggire. Il salone benché fosse grande, sembrava rimpicciolirsi al suo sguardo, si sentiva come spazzato via. Lo schiacciava, non permettendogli di respirare. Le pareti gli si addossavano mentalmente e facevano male, perché era troppo debole per respingerle. Il fiato corto, rimasto bloccato fra i polmoni, le parole rimaste bloccate in gola e il presentimento, che le lacrime avrebbero avuto nuovo motivo di scendere.
«Ragazzo, cos’è, adesso vi meravigliate pure? » disse Sir Thomas graffiando il silenzio. Darren si maledisse, era l’ultima persona che avrebbe voluto sentire. Sir Thomas non lo aveva tormentato in quei giorni e proprio adesso si rifaceva presente.                                              
«No, ci deve essere una spiegazione. Io…lui non lo farebbe mai.» disse piano, quasi quelle parole fossero impercettibili. La sua voce un po’ incrinata, deglutì a fatica.                                                                          
«Lo ha già fatto.» gli rispose onestamente. Darren non osò ribattere, non voleva ricominciasse a torturarlo ma, non si arrese tanto facilmente e andò avanti.                                                                                      
«Ragazzo, lo avete visto, con i tuoi stessi occhi. Il mondo non gira sempre a nostro piacere, la vita è così e dovete farvene una ragione.» Sir Thomas era ridotto ad un piccolo sussurro, adesso, nella sua testa. Quasi come una scia. Una scia però amara e realista piuttosto che saggia, rassicurante.
«Una volta vi sorride, un’altra vi scaraventa in faccia la realtà, il dolore, la pena.»                                               
Darren era distrutto.


«Scusa...» Julie abbassò il capo.
«Tu non capisci, Julie, il problema è proprio questo! Non provo nulla per te. Sei un'amica e ti stimo. Ma il fatto è che non ci potrà mai essere qualcosa fra noi.» La faccia di Julie era inespressiva. Pertanto Chris non sapeva come comportarsi.
«Perché?» chiese la ragazza, con una punta di rabbia nella voce.
«Perché amo gli uomini.» disse Chris tutto d'un fiato. Dove aveva trovato il coraggio non lo sapeva. Aveva confessato questo "vergognoso" segreto solo a Marie. La donnina davanti a lui lo guardava confusa con le mani unite in grembo.
«Questo vuol dire che invece di preferire le fanciulle, hai una propensione ad amare i cavalieri.» guardò Chris in cerca di conferma. Il ragazzo annuì.
«Sai che lo venisse a sapere Sir Thomas o...la società in cui viviamo verresti emarginato o, addirittura, preso per stregone?»
«Sì, certo che lo so. Ed è per questo che ti chiedo di tenere il segreto e custodirlo come se non te l'avessi mai confessato.» afferrò le mani di Julie e le poggiò sul suo petto. Julie ebbe un attimo di esitazione, ma si addolcì a quel gesto. Quel che Chris le aveva rivelato l'aveva senza dubbio colta di sorpresa ma se si ama una persona si ama così com'è. Non poteva funzionare fra loro? Pazienza. Adesso tutto ciò che voleva era vedere Chris felice.
«Lo senti?» le chiese a bassa voce. Sotto la sua mano sentiva il cuore di Chris battere ritmicamente, ed era una melodia che le sarebbe rimasta dentro sempre.
«Sì. Per chi batte esattamente?» vide Chris sospirare e abbassare lo sguardo.
«Darren.»
«Chi?» Chris diventò rosso.
«D-Daniel...un-un mio vecchio amico di Londra.» sorrise forzatamente, sperando che credesse alla farsa. Sorrise anche Julie, tornando seria quando sentì una, due, mille gocce sulla sua testa.
«Corri, svelta!» la incitò Chris. Piovve in due minuti, sebbene ci fosse il sole fino a poco tempo fa. Julie non faceva che ridere e correre mentre guardava la goffagine di Chris. Raggiunto l'ingresso, entrarono e passarono in salone.
Entrambi ridevano a crepapelle. Chris si fermò quando notò la figura slanciata di Darren davanti la finestra. Darren si girò verso di lui. Lo sguardo triste e pieno di rabbia, incontrò quello di Chris, mortificato. Entrambi si sentirono mille lame nel cuore. Chris cercò di spiegare ma il moro scappò via, senza voglia di rivederlo. Mentre andava via però, una lacrima scivolò dal suo viso per depositarsi sul dorso della pallida mano di Chris, che sentì il suo cuore marcire.






¦ Roberta' space: SONO TORNATAAAAAAA!
Vi sono mancata, scommetto, eheh
Allora, il pc si era suicidato per un po' ma il dottore dei pc (?) l'ha curato...ed eccolo più funzionante di prima lol
Claudia vi aveva avvisato del mio esame di scienze della terra/chimica (che, per la cronaca, nella mia stessa scuola sono la stessa materia), no? Ebbene, sono contenta di comunicarvi che l'ho superato! Il mio voto è perciò salito da quattro çç a sei, rendendo la mia pagella una meraviglia lol
Durante questo "esilio" ho scritto capitoli su capitoli e sono venuti lunghissimi (come potete vedere). Un casino di feels hanno popolato il mio cuore perché sì, i miei Crisscolfer sono meravigliosi e sono contenta di scrivere di loro cc
Durante quest'arco di tempo io e Claudia ci siamo incontrate nella mia città (Palermo) ed è stato un bel pomeriggio anche se durato un'ora. Cla è affettuosissima e mi ha abbracciato tutto il tempo. TI AMOO!

Tornando a noi, questo capitolo è kilometrico e infinito. Ci ho messo due ore per copiarlo e spero che non vi abbia annoiato. Julie ha baciato Chris, era troppo vogliosa eheh ma l'amore sconfinato può portare a dispiaceri e Darren ci è rimasto malissimo. Pensa che Julie sia una donna di facili costumi e Chris un gigolò AHAHAHAHAHA
No, scherzo (o forse no).
Il 16 mi comincia la scuola, non so se avrò tempo fra studio e palestra. Mi scuso in anticipo!

Bando alle ciance, spero che vi piaccia e che vi abbia fatto piacere il mio ritorno!
*I don't think so*

Alla prossima, baci! <3



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Capitolo 23
*** Capitolo 21. ***


C.21
CHAPTER 21.


"Would have given up my life for you
Guess it's true what they love about love
It's blind
You lied straight to my face
Looking in my eyes
And I believed you 'cause I loved you more than life"








Affondò le mani, protette dai guanti, in uno dei due grandi vasi all'ingresso. Strappò via prima i fiori appassiti e poi le radici. Le gettò in un sacco e da un altro, tirò fuori due piante di rose gialle e rosse, piantate in vasi a parte per poi essere trasferite. Le annusò e le piantò nel vaso, scavando una piccola fossa. Quelle rose erano in piena forma e i colori erano accesi. Chris avrebbe voluto stare bene. Dopo quello che era accaduto, i rapporti erano diventati freddi sia con Julie, sia con Darren. Ah, Darren? Non gli rivolgeva la parola e Chris non aveva il coraggio di farlo. Voleva risolvere ed era stanco di quelle continue situazioni. Vederlo piangere aveva distrutto Chris e pensava che se avesse guardato Darren negli occhi, fosse crollato. Durante il giorno, se i due finivano per incontrarsi facevano finta che l'altro non ci fosse e non interagivano, nemmeno per sciocchezze. Ma entrambi erano consapevoli del dolore dell'altro. 
Chris si faceva ribrezzo e Darren che avesse dei problemi e non si sentiva abbastanza. Tutto gli andava storto e si diceva che fosse solo colpa sua. Queste continue situazioni gli mettevano lo stomaco in subbuglio, non mangiava molto e l'unico cibo che ingurgitava finiva direttamente in una bacinella. Dormiva, ma si addormentava piangendo come un bambino.



Una volta terminato il suo giardinaggio, Chris rientrò. Si sfilò i guanti e andò in bagno a pulirsi. Odiava la sporcizia, ma ci si era quasi abituato. Mentre canticchiava per distrarsi da ciò che la mente gli ricordava costantemente, sentì una melodia, un motivetto familiare. Da quando lavorava lì non aveva mai sentito qualcosa del genere. Era invitante e rilassante così Chris seguì il suono. Fu catapultato nel lungo corridoio. Più camminava, più lo sentiva vicino. Arrivò davanti una stanza mai vista prima d'ora. Era ampia, piena di libri, quadri e mobili -come il resto- ma in un angolo, fra una finestra e degli scaffali, c'era un pianoforte: un grande strumento nero in legno. E a suonarlo c'era Darren. Era lì con gli occhi chiusi che suonava senza guardare i tasti. Era una bellissima visione e quella melodia, mischiata alla sua bravura, fecero commuovere Chris. Amava Darren più di sé stesso e il pensiero di averlo ferito lo faceva rabbrividire. 
Le sue dita scivolavano sui tasti come magicamente. Suonava immerso nella musica, in quei pochi tocchi di pianoforte. Ma in realtà, faceva tutto lui. Metteva l'anima e così dava vita a quell'oggetto inanimato rendendolo speciale, magico al solo tocco. Ne uscivano suoni profondi, armoniosi. 
La melodia si concluse. Darren schiuse lentamente gli occhi e sospirò, massaggiadosi le mani. Alzò gli occhi sullo spartito e poi si accorse di Chris. Entrambi si scambiarono uno sguardo. Chris aveva il fiato sospeso e le lacrime che gli segnavano le guance. Nessuno dei due sapeva che dire. 
«Mi dispiace.» dissero all'unisuono. Il silenzio vibrò nell'aria.
«No, dispiace a me per avervi ferito così. Non date la colpa né a me né a Julie, è stato solo uno stupido bacio. Perdonate il mio comportamento, vi ho fatto soffrire e voi non lo meritate.» Chris si svuotò di quelle parole. Gli pesavano sullo stomaco e lo facevano far star male. Darren esitò un po'. Era rimasto colpito da ciò che Chris aveva detto e in cuor suo l'aveva già perdonato e accolto a braccia aperte.
«Sapevo che non l'avevate fatto di proposito, ma mi avete comunque ferito. Vi perdono ma vi chiedo scusa anch'io.» Chris non sapeva se pizzicarsi il braccio o chiedere a Darren se diceva sul serio. Era grandioso, l'aveva perdonato! Un macigno grande quanto il sole era scomparso e non schiacciava più il suo petto. 
«Per cosa v-vi scusate?» era visibilmente felice, ma cercava di non darlo a vedere. A quella domanda, Darren deglutì. Frammenti di quell'aggressione gli ritornavano in mente. Si guardò la mano, cercando la cicatrice che si provocò colpendo lo specchio. La coprì come se volesse nasconderla da Chris.
«Mi scuso per essere quello che sono. Sono una cattiva persona.» A Darren bruciavano gli occhi mentre cercava di trattenere le lacrime. Chris spalancò gli occhi, sbalordito. Cattiva persona? Lui era la cosa più bella in tutto l'universo.
«Darren, v-voi...non siete una cattiva persona...» sospirò. «...voi siete la reincarnazione della perfezione. Se dovessi paragonarvi a qualche personaggio greco, probabilmente sareste Paride.» il fiato di Darren si mozzò all'improvviso. Andò incontro a Chris, respirando a fatica.
«Chris, io v...» si fermò. Stava per dirgli che lo amava tanto, tantissimo, che incontrarlo era stato un fulmine a ciel sereno e che aveva migliorato la sua vita. Voleva invecchiare con lui senza mai stancarsi. Ma semplicemente non era il momento adatto per dirgli tutto ciò. Chris lo guardo con l'aria interrogativa.
«Voi siete gentile e spero che mi abbiate perdonato.» inventò Darren.
«C-certo!» Darren era vicinissimo al viso di Chris. A dividerli potevano essere quattro centimetri e Chris stava diventando rosso. Voleva baciarlo; per la prima volta sentiva il bisogno di farlo. Si morse il labbro per scacciare quei pensieri e i due rimasero a questa distanza per un po', quando Darren abbracciò Chris. 
Entrambi si sentivano sollevati ed emozionati. Quel gesto era come la ciliegina sulla torta. Chris pensò che fosse un gesto bellissimo e contemporaneamente si accorse di essere un po' più alto di Darren. Rise piano, ma Darren lo sentì.
«Che avete da ridere?» gli chiese alzando un sopracciglio.
«Niente, sciocchezze.» disse Chris sorridendo. «Volevo farvi i complimenti per la piccola performance di poco fa.»
«Grazie...» mormorò timido Darren. Chris lo guardò, piegando la testa di lato pensando che fosse tenero. Sorridendo, si avvicinò a piccoli passi verso quel meraviglioso strumento. Gli girò attorno per qualche secondo, quando scorse degli spartiti disordinati.
«"Per Elisa", Beethoven.» mutò la sua espressione meravigliata in una allegra, ricordandosi di tutte quelle volte che aveva sentito le famose sinfonie nella bottega di musica vicino casa sua. Le ascoltava in silenzio, senza emettere alcun verso, per paura di poter interrompere. 
Darren guardava Chris, incantato quanto lui.
«Potete toccarlo, non mangia mica!» disse ironico, stendendo sul suo viso un sorriso che illuminava. 
«Oh n-no, non è necessario.» i suoi occhi blu lo toccavano già, ma le sue mani non osavano farlo, pensando che si possa rovinare sotto mani inesperte.
«Oh sì invece! Ve lo state mangiando con gli occhi, letteralmente.» Darren si avvicinò a lui, sfiorando con le punte dei polpastrelli il pianoforte liscio. «Bello, vero?» chiese.
«Meraviglioso.» sussurrò Chris. Darren sorrise e lentamente afferrò la mano di Chris. Era leggera, esile, morbida e fragile. A quel gesto, Chris guardò Darren come si guarda un qualsiasi malintenzionato per strada. La sua mano fu portata sul terzo tasto bianco partendo da sinistra. La mano calda di Darren guidava quella di Chris, senza timore. Darren fece una leggera pressione e costrinse Chris a pigiare il tasto. Il pianoforte emise un suono dolce e pulito.
«Do.» le dita si andavano spostando sugli altri sei tasti, corrispondenti al resto delle note. «Re, Mi, Fa, Sol, La, Si...» Darren aumentò leggermente la pressione. «Do
Chris ascoltava con gli occhi chiusi, senza lasciarsi scappare nulla.
«Vi sono sette Do in tutto che vanno dal Do più grave al più dolce. L'intervallo fra un Do e l'altro è chiamato "ottava". Il pianoforte è come le persone: possono essere dolci, ma hanno sempre qualcosa di fastidioso dentro.» la voce di Darren aveva sempre un certo effetto su Chris. I loro corpi erano accostati e Chris credette di riuscire a sentire i battiti del cuore di Darren. Sperò che lui, però, non riuscisse a sentire il cuore di Chris, perché batteva all'impazzata.
«Ho cap-capito...d-dove avete imparato?» chiese quasi sussurrando. Darren staccò la mano da quella di Chris e fissò il pavimento, in preda di numerosi flashback.
«Mia madre, mi ha insegnato tutto.» si allontanò quel tanto che bastava a Chris per riprendere a respirare. Andò verso l'altro capo della stanza per afferrare un piccolo sgabello simile quello accanto a Chris. Li mise accanto e si sedette.
«Allora, aspettate il mio consenso per accomodarvi?» incalzò Darren. Chris scosse la testa e si gettò sullo sgabello.
«Durante le giornate di pioggia ero solito far capricci per poter uscire in giardino e giocare fino ad assorbire l'ultima goccia. Quando mia madre me lo concedeva stavo fuori, quando invece non succedeva, mi impartiva lezioni di pianoforte. Lei era brava...bravissima! Faceva di quell'insieme di legni, una magia. La osservavo con ammirazione, specialmente quando mi raccontava metafore per farmi capire meglio...sapete, ero una testa di zucca ai tempi!» Darren rise forte, contagiando Chris che accettava quei racconti come tesori. 
«Da quel che mi dite, amavate molto vostra madre e credo che fosse una donna straordinaria.» affermò con precisione. Darren annuì e sorrise.
«La amavo molto...ma lasciamo la sua anima in pace e concentriamoci.» Darren scrocchiò le sue dita e fece alcuni movimenti col collo.
«Perché?» chiese Chris disorientato.
«Vi insegnerò a suonare la sinfonia di zio Ludwig, no?» lo guardò, mostrando un sorrisetto antipatico. Chris arrossì per la vergogna.
«No, non se ne parla, non ne sono capace!» urlò Chris sulla difensiva.
«Sono qui per questo, per insegnarvi! E adesso, passatemi quello spartito.» Chris glielo passò automaticamente, con lo sguardo perso nel vuoto.
«Grazie, cominciamo!» Darren fece di tutto per convincere Chris. Dopo esserci riuscito, passarono cinque ore ad imparare la sinfonia. Chris sbagliava i tasti e confondeva le note e Darren stava per impazzire. Alla fine, riuscì nel suo intento, sentendosi orgoglioso e Chris imparò "Per Elisa" a memoria, essendo devoto a Darren e sentendosi importante per una volta.




«Chris, aprite quel cassetto in basso e prendete una candela.» ordinò Darren.
«Un'altra? Di nuovo? Certo che queste candele si consumano subito!» sbottò Chris, dirigendosi verso la cassettiera.
«Eh, il fuoco distrugge anche ciò che è indistruttibile.» sentenziò saggiamente. Chris annuì e tirò fuori l'ennesima candela. Fuori c'era buio ed erano lì da tempo. Quando Harry l'aveva cercato, Darren l'aveva rimandato indietro con un "Oggi il signorino Colfer ha il giorno libero, ed è pure retribuito. Può andare, dia una pausa al resto del personale."
«Avete trovato la candela? Presto, la luce sta diventando fioca!» urlò Darren.
«Sì!» Chris si avvcinò a Darren e portò il fiammifero acceso alla miccia. «Ci vedete meglio?» chiese, rivolgendo a Darren un sorriso.
«Sì, grazie. Come farei senza di voi?» Chris arrossì.
«Oh, non esagerate, suvvia!» cambiò velocemente argomento. «Sapete cantare?» Darren lo fissò meravigliato, come se fosse stato il primo a chiederglirelo.
«N-non lo so.» abbassò il capo, timido. Ci aveva provato, ma non gli era mai piaciuta la sua voce.
«Beh, vediamo.» suggerì Chris. «E non provate a tirarvi indietro. Occhio per occhio, dente per dente.» sorrise a Darren, mentre si sedeva vicino alla finestra. Darren sbuffò e annuì.
«Avete ragione.» si mise al centro della sala, schiarì la gola e cominciò.
«Stay with me, don't fall asleep to soon. The angels can't wait for a moment. Come real close, forget the world outside. It's finally you and I.» Darren guardava Chris, scandendo ogni singola parola. Non trovando nè parole già pronte, nè predefinite, solamente, si stava lasciando guidare dall'unica cosa che non poteva controllare, perchè era impossibile: il suo cuore. Sentiva i suoi occhi chiudersi ogni tanto, quel poco che bastava per esprimersi, lasciarsi andare e farsi ascoltare. Il suo cuore batteva forte ed era come se gli stesse dando le risposte per continuare ma in realtà, era come se quelle parole, le avesse sempre sapute. Come se fossero rimaste intrappolate troppo a lungo dentro di sé. 
«It's wasn't meant to feel like this not without you.» continuò, stavolta aprendo gli occhi e guardando quegli occhi azzurri davanti a sè, incatenati ai suoi e questo gli diede la forza di andare avanti.
«
Cause when I look at my life now, the pieces fall into my place. It just wouldn't rhyme without you.» perchè sentiva che quando Chris era con lui, tutto attorno a lui, sembrava svanire e migliorare. 
«When I see my path seems to end up before your face. The state of my heart, the place where we are was written in the stars.» e quel noi, lo aveva sottolineato con più enfasi, perchè il suo cuore stavolta, andava ancora più veloce ed era come se, gli stesse dicendo che quell noi era la via giusta da prendere. 
«We made a few mistakes like sometimes we do. Been through a lot of hard ways but I made it back to you.
» Avevano fatto alcuni errori, come tutti ma, potevano farcela. Ancora tutto era possible. 
Darren concluse. Chris lo guardava incantato, come se fosse stato pietrificato da Medusa. Aveva una voce armoniosa, magica, perfetta, disumana, irresistibile. Cercava di trattenere le lacrime. La sua voce e le parole lo avevano commosso. Mentre cantava, gli occhi di Darren erano pieni di felicità. Era rimasto senza parole.
«Allora? Che...che ve ne sembra?» chiese timidamente. 
«Io...non...avete la voce più bella che io abbia mai sentito.» confessò infine, con un groppo in gola. Il silenzio fluttuò nell'aria in modo impercettibile.
«V-vi ringrazio. Non sap-sapevo di avere una bella voce.» 
«Possedete un vero e proprio talento, Darren. E si sa che il talento non va mai messo da parte.» consigliò sorridendo. 
«Già.»
«La luna è già alta nel cielo. Credo sia ora di andare, per entrambi.» disse Chris.
«Sì, avete ragione.» constatò Darren. Chris cominciò a spegnere le candele e a gettarle via in un sacco apposito. In pochi minuti rimasero al buio, con l'unica fonte di luce: la luna.
«Beh, allora buonanotteChris.» sussurrò Darren. Chris si avvicinò a lui e gli baciò la guancia.
«Buonanotte.» lo sentì allontanarsi a passo leggero. Adesso Darren giaceva lì in piedi, in quella stanza impregnata dall'odore di candele e dall'amore di Chris.






¦ Roberta' space: OH MIO DIO *si asciuga la fronte*
FINALMENTE SIAMO ARRIVATI AL CAPITOLO 21!

Uhm, salve a tutti!
Comincio subito chiedendovi umilmente perdono per gli incredibili ritardi.
Ma c'è una spiegazione a tutto e la mia comincia con la "s" e finisce con la "a".
S C U O L A.
Esattamente. Schifosa, maledetta scuola.
Credetemi, l'ho odiata. E' cominciata, uhm, una settimana fa? CI LASCIANO COMPITI DAL PRIMO GIORNO.
Quest'anno sono in seconda, è più difficile.
La mattina ho materie pesanti, certi pomeriggi sono impegnata con la palestra perciò torno a casa alle quattro e studio, studio, studio. Non ce la faccio più. Non ho trovato tempo per fare un emerito CAZZO (perdonate la mia volgarità).
L'unico momento libero è quell'arco di tempo che va dalle 20 alle 22 e, ovviamente, non posso fare grandi cose (soprattutto riguardanti la ff) in sole due ore. La stanchezza mi fa sempre visita, ultimamente.
"Il liceo linguistico è la scuola più facile che possa esistere."
LA PROSSIMA VOLTA CHE SENTO DIRE 'STA FRASE, PRENDO SERIAMENTE QUALCUNO A SPRANGATE SULLA FACCIA.

Okay, mi sono calmata.
Scusate la mia improvvisa volgarità lol
Sono sempre io, Robs!
Allora, parliamo del nostro capitolo :)
Personalmente credo che sia qualcosa di altamente fluff all'ultimo çç
Sono meravigliosi e me li sono immaginati esattamente come li ho descritti.
Il capitolo in sé fa schifo, lo so.
Insultatemi pure, I DESERVE.
Questo capitolo me l'aveva suggerito Claudia (thank you!) e mi aveva lasciato carta bianca. Così ho preso una matita (successivamente una penna, la matita è noiosa çç) e ho buttato giù ciò che sentivo e ciò che avevo immaginato. Dire che il mio cuore da Crisscolfer shipper si è autodistrutto è scontato. Inoltre quest'ultime foto hanno contribuito al tutto çç
Ringraziamo Claudia per la parte in cui Darren comincia a cantare *clap clap*
So, spero vi piaccia, ci tengo molto!
Spero che riusciate a sentire le stesse emozioni!
Now, I have to go.
Darren non si è fatto sentire ultimamente, se avrò sue notizie ve lo farò sapere nel prossimo capitolo!
Bye, bye, bye!






LISTA DELLE CANZONI:

§ (cptl 1/2, 2/2) Adam Lambert - What Do You Want From Me
§ (2) Paramore - The Only Exception
§ (3 - 12) Justin Timberlake - Mirrors
§ (4) About Wayne - The Maniac of Seventh Floor
§ (5) Nickelback - I'd Come For You
§ (6) Adam Lambert - Outlaws of Love
§ (7) P!nk - Try
§ (8) Lady Antebellum - Goodbye Town
§ (9) Glen Hansard / Marketa Irglova - Falling Slowly
§ (10) Naughty Boy - La La La
§ (11) Darren Criss - Not Alone
§ (12) About Wayne - Interpretation of a Nightmare
§ (13) Lady Antebellum - Can't Stand the Rain
§ (14) Imagine Dragons - Demons
§ (15) P!nk - Beam Me Up
§ (16) Lady Antebellum - Learning to Fly
§ (17)
Andrew Belle - Sky's Still Blue
§ (18) Phil Collins - Against All Odds
§ (19) Within Temptation / Jeff Mills - Utopia
§ (21) Justin Timberlake -  Never Again
§ (20 / parte cantata da Darren) Westlife - Written in the Stars

 




 



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Capitolo 24
*** Capitolo 22. ***


  '’I brushed your curls back so
I could see your eyes
And the way you moved me
was like you were reading my mind
I can still feel you lean in to kiss me
   I can't help but wonder 
if you ever miss me

For me you'll always be
eighteen and beautiful
And dancing away with my heart.’’

 
Chapter 22.        

 

Darren si svegliò di colpo. A quanto pare, non aveva pace, non poteva tranquillamente continuare a dormire. Sir Thomas si era svegliato prima di lui e urlava da almeno venti minuti. La testa gli faceva male e non vedeva l’ora che smettesse. Ovvio, non si era fatto sentire da un bel po’ quindi, doveva compensare tutto quel tempo senza il suo intervento, no? Non gli era mancato, poteva restarsene in quell’angolino della sua anima tranquillo a dormire o a non farsi sentire ancora per parecchio tempo, se fosse stato per Darren.
« Ragazzo, svegliatevi!» urlò ancora una volta.
Darren si portò il cuscino in faccia, si girò dall’altra parte del letto. Dio, avrebbe potuto dirgliela in un altro momento. Era sfinito.
« Ho sonno, fatemi dormire. Mi parlerete dopo.» disse con la voce impastata dal sonno e sbadigliando. Ma non servì a fermarlo.
« No, devo parlare con voi, adesso!» urlò ancora. Poteva almeno cambiare tono, non urlare. Ci sentiva.
«Va bene, che cosa dovete dirmi?» chiese ancora disteso.
« No, intanto mettetevi seduto, svegliatevi un po’ e aprite le orecchie.» disse con un tono stranamente più basso e più gentile.
Darren spostò il cuscino e riuscì, dopo qualche minuto, a sedersi incrociando le gambe, poi, sbadigliò due o tre volte, si grattò il capo e si stropicciò gli occhi.
« Perfetto, ora posso parlarvi.» disse schiarendosi la voce.
«Allora, che c’è di così importante che dovete dirmi per forza adesso? Non potevate aspettare?» disse ancora insonnolito e infastidito.
«Ragazzo.» disse.
«Mi chiamo Darren. Siete così tanto in questo corpo e non sapete ancora il mio nome?» chiese scocciato.
«Ricominciamo, Darren. Così va bene?» chiese.
«Molto meglio.» rispose compiaciuto.
«Perfetto.» Poi continuò.
«No, non ho potuto aspettare perché prima o poi, vi sareste trovato in buona compagnia come succede quasi ogni giorno e non mi avreste lasciato spiegare o parlare.»
«Questo non è vero…» disse.
«Ah, dunque quel servo è un fantasma? Oppure una vostra e anche mia, allucinazione?» chiese divertito.
Darren tacque. Non impicciarsi nei fatti suoi, era così complicato, così difficile da capire per lui?
«Non parlate più adesso, wow.» si stava divertendo ancora un po’. Ah, sì, molto divertente. Davvero.
«Non sono fatti vostri, in ogni caso.» sputò fuori, era scocciato. Non doveva impicciarsi e basta.
«Darren, ogni vostra parola, pensiero, azione fa parte anche di me, non dimenticatevelo.» disse chiaro, limpido. Ah, era vero.
«Cosa che trovo alquanto ingiusta ed insolente. Almeno potreste… potreste, non so, tenervelo per voi?» chiese ancora più infastidito.
Il silenzio. Non lo sentì più per qualche minuto. Se ne era andato o era ancora lì con lui? Assurdo. Non lo capiva proprio. Poi, lo sentì di nuovo parlare. Peccato, era ritornato ad assillarlo o peggio, pensò.
«Darren, potete stare tranquillo, non succederà più con il tempo, credo…» disse vago.
Darren titubò un po’ prima di prendere parola.
«Perchè dite questo?» chiese confuso.
«E’ quello che stavo cercando di dirvi. Ogni giorno che passa, mi sento sempre più debole, come se stessi scomparendo…come se me ne stessi andando…» disse abbassando sempre più il tono di voce, quasi spaventato, triste.
«Credo che manchi poco prima che io lasci questo corpo, che io vi abbandoni, ma non ci sperate troppo. Non ne sono ancora sicuro.» disse riacquistando sicurezza.
«Sarebbe tutto come prima. Tornerei ad avere i miei pensieri, le mie parole, le mie azioni. Sarei di nuovo me…»
«Darren, non oso azzardare niente ma….potrebbe essere così.»
Darren cominciò a sperare che fosse vero. Cominciò a sperare che per lui ci fosse ancora una speranza, qualche possibilità.
«Capisco…quindi, era tutto quello che dovevate dirmi?» chiese.
«Lasciatemi finire, se così fosse…se ciò che vi ho detto, si realizzasse, voglio che facciate un ultima cosa per me.»
«Ditemi pure.» fece un piccolo sorriso.
Sir Thomas esitò un po’ prima di parlare. Non sapeva se il ragazzo gli avrebbe fatto quel favore, l’ultimo. Si sentiva lentamente scomparire e sperava solamente, che se fosse stato vero, avrebbe potuto vedere il suo amore per l’ultima volta.
«Date un ballo, nella sala grande. Si trova in fondo alla casa. Invitate tutte le persone che trovate sul mio libriccino che tengo nel cassetto in basso, a destra della mia libreria. Lì troverete tutto quello che vi serve.» spiegò.
«Ho capito, ma perché proprio un ballo, se posso chiedere?»
«Darren, dovete sapere che, è proprio in questa reggia, durante un ballo che detti tempo fa, che vidi per la prima volta mia moglie, Lauren. Era bellissima, non avevo occhi che per lei.»
Darren si commosse. Era una storia bellissima, romantica e davvero triste allo stesso tempo. Sapere che il tuo amore se ne va, dopo tanto tempo che avete condiviso insieme, dopo una vita insieme.
«E la invitaste a ballare, non è vero?» fece un dolcissimo sorriso.
«Ovvio, amo rivivere quel momento. Fu come una visione per me. La più bella di tutte. Non dovete fare nientaltro per me, è l’ultima cosa che vi chiedo.’’ disse speranzoso.
«Che cosa incantevole…va bene, lo farò.»
«Non vi darò più fastidio, solo, date il ballo. Divertitevi.»
«Non preoccupatevi, lo farò.»
«Vi ringrazio.»
 


 
Darren si vestì in fretta, scese le scale e si trovò subito in salotto. I raggi del sole penetravano dritti dalla finestra, arrivando ai suoi occhi. Doveva essere davvero presto, quasi nessuno vi era lì intorno. Tutto era sistemato. Il tappeto color bordò, sistemato per terra senza neanche un minimo di polvere, i divani accostati ai lati, il tavolo al centro con un mazzo di fiori appena raccolti e profumati. Si trovava ancora alla fine di quei pochi scalini.
«Harry! Dove siete?!» chiamò, ma non ricevette nessuna risposta. Stava per riprovare quando, qualcosa o meglio qualcuno, attirò il suo sguardo. Fece pochi passi in avanti, notando una bellissima figura assopita su uno di quei divani. Chris stava dormendo su uno dei due divani bianchi. Era rannicchiato su se stesso, con la luce dei raggi del sole, dritta sul suo viso. Darren pensò fosse la cosa più bella del mondo. Si avvicinò un po’ di più, cercando di non  fare rumore, oltrepassando quel piccolo spazio che i divani lasciavano appena per passare, poi, sempre senza fare rumore, si abbassò un po’, non voleva svegliarlo. Lo osservò meglio. Quei lineamenti appena marcati, quella pelle candida. Decisamente un angelo. Proprio ad interrompere quell’attimo, fu l’arrivo del maggiordomo Harry, con il fiatone e le mani sulle ginocchia. Aveva corso per quasi tutta la casa, per trovarlo. Però, Darren non aveva sentito i passi.
«Mi avevate chiamato, Sir Thomas?» chiese ansimante.
Darren prestò un sguardo veloce al maggiordomo ma per poco. Forse, il rumore dei passi mentre Harry correva o il tono di voce, non lo sapeva ma, svegliarono Chris. La sua prima reazione fu quella di sbadigliare e stropicciarsi gli occhi. Appena li aprì, un altro paio color verde ambrato intensi e stupendi, erano nella sua visuale a scrutarlo.Darren. Si alzò di scatto, mettendosi quasi seduto.
«S-scusate io…» fece per spiegare.
«No, non preoccupatevi davvero. State tranquillo.» un tono caldo, accogliente, insieme ad un sorriso luminoso. Chris appena lo vide, si tranquillizzò, lo rendeva calmo, sereno ma soprattutto, gli scaldava il cuore.
«Perchè non…» si bloccò, due occhi azzurri, limpidi e bellissimi aspettavano una sua risposta. Si perse un attimo in quelle iridi.
«Perchè non avete dormito in camera?» chiese dolcemente.
«Non…sono riuscito a prendere sonno, così, ho bevuto un po’ d’acqua e poi, mi sono addormentato qui.» spiegò lui, portandosi una mano alla bocca per lo sbadiglio.
«Capisco…avete dormito bene?» chiese sempre con lo stesso tono. Lo stava guardando un po’ troppo, forse, ma questo non sembrava un problema per lui.
«Sì…» disse accennando un sorriso piccolo e imbarazzato. Ovvio, adorava quegli occhi ma quando lo guardavano, non poteva non avvampare almeno un po’. Perché non la finisce? pensò fra sé e sé. E senza neanche volerlo, si diede la risposta da solo. Di fare cosa? Sei tu che stai esagerando. E certo, è normale per lui. Mi sembra logico.
«Ehm, ehm.» fece Harry tossendo. Era infastidito. Darren non si era per niente accorto della sua presenza o almeno, lo aveva visto arrivare ma non ci aveva più fatto caso poi. Quando stava con Chris il mondo intorno a lui scompariva.
«Sì, scusatemi, Harry.» disse guardandolo, stavolta.
«Mi avete chiamato, Sir?»
«Sì, voglio che…organizziate un ballo. Si terrà tra una settimana.» disse chiaro.
«Un ballo, signore? E dove?» chiese.
«Come dove? Ma qui stesso, nella sala grande. Prendete il mio libro che tengo nel cassetto in basso, a destra, della mia libreria.» disse deciso, seguendo le indicazioni che gli aveva dato Sir Thomas.
Harry rimase un po’ stupito. Quando mai, Sir Thomas, aveva organizzato un ballo? Sì, era successo…tempo fa. Prima e quando ancora sua moglie era in vita.
«Certamente, come desiderate. Con vostro permesso.» Harry fece un piccolo inchino, abbasando il capo e si dileguò.
«Un ballo? Con tutti quei balli, gente…uhm…importante, stile favole?» chiese Chris curioso mentre si alzava dal divano. Si aggiustò un po’ l’uniforme spiegazzata. Marie gli aveva sempre letto quelle storie da bambino, le adorava. Appena chiudeva il piccolo libro di storie e avventure, gli chiedeva almeno altre due volte di rileggergliele. Darren rispose prontamente.
«Sì, diciamo. Ma non gente importante, gente e basta. Fin da bambino non ho mai avuto buoni rapporti con…quella gente.’’ disse sinceramente, enfatizzando sulle ultime due parole.
«E allora perché ne organizzate uno?» era ancora più curioso e confuso.
«Uhm.» No, non doveva saperlo per forza. Non era così importante fargli sapere di Sir Thomas e le sue voglie improvvise di festeggiare…festeggiare che cosa poi? Neanche lui lo aveva capito bene. Sapeva solo che il racconto di lui e Lauren lo aveva fatto sciogliere e che, quel suo tono di richiesta era il tono di un marito che ricordava amorevolmente e tristemente, perso nei ricordi, sua moglie. Come poteva dirgli di no? Aveva accettato.
«Avevo voglia di, cambiare un po’…fare qualcosa di diverso per una sera. E mi sono detto perché non un ballo?» disse con un sorriso, fiero di come l’aveva buttata lì, senza neanche pensarci troppo.
«Fate bene. Vi divertirete.» e detto questo, fece gli rivolse un sorriso.
«Vorreste…vorreste venire con me? Siete invitato anche voi.» spontaneo, mentre lo aveva chiesto, sperando con tutto il suo cuore in un si. Si avvicinò un po’ di più, cercando il suo sguardo.
Un servo, ad un ballo? In mezzo a tutta quella gente? Non sapeva se avrebbe potuto funzionare, non era…tipo da balli. Arrossì di colpo, cercando di non darlo troppo a vedere. Darren era decisamente più vicino e ci mancava solo che notasse il rossore sulle sue guance.
«Vi ringrazio, siete gentile, ma…» titubò, torturandosi le mani e poi, cominciando a giocare con il bottoni del suo smanicato.
«Insisto. E’ il mio ballo e invito chi voglio.Ve l’ho chiesto… e volete…volete davvero, farmici rimanere così male?» disse, alzandogli il viso, per farsi guardare e mise un broncio alla fine. Era adorabile. Come si faceva a dirgli di no? Gli aveva alzato il viso, dolcemente, con due dita. E aveva incontrato di nuovo quegli occhi meravigliosi, così luminosi.
«Vi viene naturale o vi esercitate ad essere così convincente?» rise. Ecco, adesso sperava solo che tutto quel rossore se ne fosse andato.
«No, nessuna pratica.» sorrise divertito. Siete ancora più bello quando arrossite, disse nella sua testa.
Risero entrambi.
E ancora di più quando ridete, pensò stavolta, guardandolo.
«Mi farebbe davvero piacere se veniste.» lo sguardo, quello sguardo. Eh no. Se non la smette, finirò per dire qualcosa di stupido, mi distrae. 
«Io…io non so ballare.» quelle due parole sulla punta della lingua. Disse, abbassando un po’ lo sguardo, imbarazzato. Non aveva mai ballato in vita sua. Era davvero tremendo. Certo, Marie qualche volta, accendeva la vecchia radio, in casa e ballavano così, spontaneamente, giocando. Ma aveva otto anni. Adesso era cresciuto.
«Chiunque può imparare, soprattutto una cosa così facile come ballare.» disse deciso.
«Credetemi, io sono senza speranza.» disse sospirando e facendo una piccola risata.
«Non vi credo. Potrei insegnarvi io.» il suo sguardo ancora più puntato su di lui, come se volesse entrargli nell’anima. Chris non sapeva che dire. Lo guardò quasi a bocca aperta, sentiva le guance andargli quasi a fuoco oramai.
«Questo pomeriggio verso le quattro, nella sala grande?» chiese ancora più raggiante di prima, ancora con le due dita, sotto il suo mento, poggiate gentilmente.
Chris non trovava le parole. Cercava di far uscire qualcosa, qualsiasi cosa ma, era immerso nello sguardo dell’altro e non lo aiutava per niente. Pensava solo a parole disconnesse fra loro.
« Vi prego, non ditemi di no.» di nuovo quel broncio ma stavolta era più un labbruccio. Come diavolo ci riusciva? Era buffo, adorabile, tutto purchè si avvicinasse sempre di più all’essere speciale. E Chris lo aveva capito già da tempo. Era più che speciale, era unico.
«E va bene.» disse scoppiando a ridere.
Darren sorrise. Quel pomeriggio sarebbe stato magico, se lo sentiva.
 



La sala era immensa, muri bianchi ornati con qualche motivo decorativo floreale che richiamava le due sedie bianche e dorate nell’angolo della stanza. Sopra, tanti lampadari tempestati di piccole gemme che brillavano. Era un po’ come nelle favole. Un po’ troppo come nelle favole. Al lato, uno spazio riservato per i musicisti o almeno così credeva. Finestre ampie, con tende che scendevano lunghe e sinuose fino al pavimento, il quale, era anch’esso ornato con lo stesso motivo decorativo che richiamava le sedie. Chris, credeva stesse sognando. Era addirittura fuori dal contesto favole, era assurdo. Magico. Non credeva ai suoi occhi. Appena fece qualche passo in più, un sorriso e uno sguardo rivolti a lui, lo riportarono alla realtà.
« Credevo…» sospirò.
« Credevo non sareste venuto.» ammise.
Chris sorrise.
« Avrei anche potuto, siete pronto a sopportarmi? » chiese ridendo giusto un po’ sulle ultime parole. Darren accompagnò la sua risata.
« Ma certo che sì, vi sopporterò con piacere.» rise.
Chris si avvicinò di qualche altro passo, ritrovandosi vicino a Darren il quale, si allontanò giusto un attimo, per andare ad accendere una vecchia radio che si trovava su un mobile bianco. Non la aveva notata.
« Qui è magnifico…» disse guardandosi attorno.
« Sì, è incredibile. E’…magico» disse spostando ancora a destra e a sinistra quel piccolo pulsante girevole della radio. Dopo qualche secondo, trovò una musica perfetta. Non troppo veloce, né troppo lenta. Si avvicinò a Chris. Vicini quanto bastava purchè i loro sguardi si incontrassero.
« La prima cosa da fare, è prendere posizione.» disse, cominciando a spiegare. « Mettete la mano sulla mia spalla.» disse ancora.
Chris poggiò delicatamente la sua mano sopra la spalla di Darren.
« Perfetto, adesso, prendete la mia mano, la sinistra.»
Chris unì la sua mano alla sua. Un brivido colpì entrambi a quella visione. Era già successo, il giorno in cui Chris era venuto a sapere cosa era successo, perché Darren si comportasse in quel modo, perché Darren avesse quei comportamenti e tutto si era risolto. Era calda. Entrambe erano unite, combaciavano perfettamente. Poi, Darren, avvolse la sua mano libera, al suo fianco. Quello non glielo aveva detto. Si sentì subito avvampare al solo tocco.
« Adesso, seguite me, d’accordo? » chiese guardandolo.
Chris annuì.
« Un passo avanti e uno indietro, avanti e indietro...» disse dolcemente. La musica cominciò a farsi un po’ più alta di prima. Chris seguiva Darren. Ed era assolutamente deciso a non guardarlo. Perché era semplicemente bellissimo e non voleva, non doveva distrarsi.
« Un’altra cosa, il contatto visivo.» disse alzando il suo viso con un dito per tenere lo sguardo fisso su di lui. Quegli occhi, così intensi, quel viso, lui. Venne distratto, ovvio. Finì per pestargli un piede. Ecco, era un disastro, lo sapeva.
« Ecco, ve lo avevo detto. Scusatemi.» dispiaciuto, abbassò lo sguardo.
« Non preoccupatevi, ricominciamo da capo.» disse alzandogli di nuovo il viso. Chris non credeva andasse bene in ogni modo. Se non lo guardava, finiva per pensare all’intensità dei suoi occhi, al suo viso e se lo faceva, si perdeva in tutta quella perfezione.
Darren, assunse una presa un po’ più salda sul suo fianco e lo incitò a continuare. Dopo poco, stavano ballando. Ogni tanto, Darren lo faceva girare, sorridendogli. Chris, sapeva soltanto di non poter nascondere più il suo viso, ormai, avrebbe notato le guance un po’ rosse per via della situazione, della vicinanza di Darren così, lasciò che si guardassero.
« Dove avete imparato a ballare così bene? » chiese curioso.
« Mia madre…ecco, beh…lei, quando ero ancora molto piccolo, mi fece prendere un paio di lezioni. Purtroppo, mio padre non trovava il ballo qualcosa adatto ad un maschio così, finì di prenderle. Ma imparai le basi e tutto quel che c’era da sapere in poche lezioni.» disse sospirando.
« Per quello che può valere, siete davvero bravo. Suonate, sapete cantare. C’è qualcosa che non sapete fare?» disse ridendo. Che quella fosse la verità, era sicuro. Chris era rimasto colpito dalla sua voce, da come suonava con tanto amore il pianto e adesso, da come si muoveva elegante.
« Vi ringrazio, così mi fate diventare rosso.» disse, nascondendo il viso e mostrando un grande sorriso, uno di quelli che ti scaldano il cuore.                
« Beh, per quel che mi riguarda, anche voi non ve la cavate male, dico sulserio.» disse sinceramente.
Chris sarebbe morto da lì a poco se non avrebbe smesso di sorridergli così.

 




 
¦ Claudia' space: Seeeeeeeera (?) O forse dovrei dire giorno, per chi sta leggendo di pomeriggio, lol.
Anyway, HAAAAAAPPY GLEE DAAAAY, YAY
Per tutti noi, è stata una lunga attesa, ma ce la abbiamo fatta! *da un cinque a tutti* Domani credo che quasi tutte le klainers moriranno, INCLUSA ME. Mi rotolerò nei feels, per l'amore e la perfezione di quei due. MA DICO, MA QUANTO ABBIAMO ASPETTATO? Io credo sarò un fiume di lacrime di felicità. -w- Comunque, a parte questa bella notizia, come vi è sembrato questo capitolo? SI, LO SO CHRIS E DARREN CHE BALLANO SONO SADEWFRE. Ma purtroppo io sono così, so leave me or take me for what and who I am.
In realtà avevo chiesto a Rob se la radio esisteva già nell'ottocento ma nessuna delle due anche cercando, non aveva trovato niente con esattezza quindi, ci scusiamo se abbiamo sbagliato data. Ma anche anno. Vi chiediamo umilmente scusa.
Detto questo, vi mandiamo trecentomila baci e abbracci, continuando a ringraziarvi per leggere ancora questa storia.
You're amazing guys.
Per chi volesse cercare o sapere il titolo della canzone è Dancing away with my heart dei Lady Antebellum.
Purtroppo non sono brava con i link come Rob, quindi, cercate di farvi piacere questo lol.
Al prossimo aggiornamento, bye. c:

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Capitolo 25
*** Capitolo 23. ***


''Time is gonna take my mind 
and carry it far away where I can fly 
The depth of life will dim
 the temptation to live for you 
If I were to be alone 
silence would rock my tears 
'cause it's all about love and I know better 
How life is a waving feather.''

 
Chapter 23.
 

Il piccolo Darren giocherellava con un piccolo fiore trovato lì, nel giardino di casa ma, si era annoiato anche di quello. A un certo punto, aveva alzato la testa e un bambino davanti al cancello di casa sua, si trovava seduto sul piccolo ciglio di quel pezzo di strada. Si era avvicinato curiosamente, le mani dietro la schiena, mordendosi il labbro inferiore. Era un bambino più o meno della sua età, ma che ci faceva lì? 
«Ciao.» gli disse sorridendogli e affacciandosi al cancello. Il bambino che era seduto, alzò di colpo lo sguardo, sembrava spaventato. Si alzò e fece qualche passo indientro. Darren, accortosi di questo, tirò fuori il suo piccolo braccio dalle sbarre sottili e spaziose del cancello nero, per porgergli la mano.
«Ehi, non aver paura. Io sono Darren.» allargò la mano, avanzando verso di lui. Desiderava così tanto, farsi un amico. Certo, aveva trovato qualche bambino di sette anni o otto come lui per poter giocare ma, erano antipatici e tutti quanti figli di amici dei suoi genitori ma, lui non trovava mai modo di parlarci o quantaltro perché loro lo prendevano in giro o non lo ascoltavano. Quel bambino sembrava innocente, diverso. Il bambino in un primo momento, esitò guardando la sua mano. Poi però, allungo la sua e gliela strinse timidamente.
«I-io sono E-eric.» balbettò, alzando lo sguardo. Darren notò che aveva due bellissimi occhi verdi, proprio come i suoi e i capelli corti biondi, con la frangetta scombinata davanti alla fronte. I vestiti un po’ sporchi, sgualciti. Ma nonostante questo, trovò che fosse davvero un bel bambino. Gli sorrise allegramente e dopo avergli stretto la mano, continuò a parlare con lui.
«Tu abiti qui?» arricciò il nasino. Eric gli fece cenno di no con la testa e il suo sguardo tornò su quel piccolo pezzo di strada. Sembrava triste, abbattuto. Il piccolo Darren se ne accorse.
«Perchè sei così triste?» forse lo disse con un tono troppo spontaneo ma, bastò ad Eric per alzare di nuovo lo sguardo verso di lui.
«In realtà i-io... abito da qualche parte, qui intorno, credo...» il bimbo cercò di mascherare la sua voce fattasi ancora più triste, adesso. Non sembrava nemmeno convinto lui stesso di cosa stava dicendo. Darren lo guardò dispiaciuto aprendo un po’ la bocca per lo stupore. Chissà cosa gli era successo, avrebbe voluto aiutarlo.
«E i tuoi genitori? » questa volta, gli fece un piccolo sorriso. Eric però, questa volta, non lo guardò negli occhi.
«Loro…l-loro… non ci sono più.» e si stropicciò gli occhi, bagnati adesso, con una mano. Darren si rattristò subito ma, cercò di consolarlo. Anche lui aveva perso sua madre. Sapeva come si sentiva ma lei era lassù perché così, lo difendeva da tutti e da tutto, anche se non poteva vederla, sapeva che c’era.
«Ma sono sempre con te. Mia madre è lassù.» e alzò il dito della mano verso il cielo. «Veglia su di me e mi protegge.» disse, cercando di dirlo con tutta sicurezza e ci riuscì. Eric allora, alzò la testa e gli sorrise. Darren si sentiva soddisfatto di sé.
«Che ci fai qui?» gli chiese, ancora. Eric cercò di rispondergli ma, non trovava le parole, sul suo volto c’era di nuovo quel sorriso perso. Ma quel momento finì e non potè ricevere una risposta, perché la porta di casa sbattè forte e dei passi di scarpe si avvicinarono verso Darren. Si girò di scatto. Suo padre era accigliato, furioso e lo aveva strattonato per un braccio. Poi aveva rivolto lo sguardo a Eric, accigliandosi ancora di più contro quel povero bambino.
«Cerca di sparire di qui moccioso! Non è aria per te questa, ritorna da dove sei venuto!» gli aveva urlato con rabbia e con l’odio, dipinti sul suo volto. Eric era corso via, spaventato. Darren piangeva, suo padre lo aveva riportato dentro casa con la forza.
«Darren, cosa ti salta in mente?! Cosa ci facevi lì?» Darren si accorse che il viso di suo padre si era fatto ancora più rosso per quanto gridava e sforzava la voce.
«Stavo facendo amicizia, papà.» aveva detto soltanto, piano e con la voce rotta dal pianto.
«Amicizia? Con quel bambino lì? Ma non hai ancora capito che non sono persone per noi, quelle?Non devi parlarci mai più, mi hai sentito? Mai più.» urlava ancora di più e non lo lasciava andare. Lo trafiggeva con lo sguardo.
« Tu non capisci niente! Mi stavo soltanto facendo un amico, ti odio! » disse urlandoglielo addosso con ancora la voce rotta e corse, fino alla sua stanza sbattendosi la porta alle spalle. Non sopportava essere trattato così. Suo padre gli parlava di gente e gente, ma non gli dava retta. Non capiva. Da quando sua madre non c’era più, suo padre gli parlava di cose che nemmeno lui, voleva sentire, voleva capire. Era così brutto che cercasse di farsi un amico? E che c’era di male proprio in quel bambino? Piangeva e odiava quella casa, da quando sua madre non c’era più, si sentiva solo e non capito. Chiuse la porta a chiave, che aveva preso dal cassetto del comò, aprì la finestra della sua camera e uscì. Arrivò al cancello e senza farsi vedere, decise di andarsene per un po’. In lontananza, vide come una specie di foresta, alberi e verde. Questo, oppure l’altra via che porta in città pensò. Decise d seguire il sentiero per la foresta, per starsene da solo, per pensare, qualsiasi posto in quel momento, era meglio di casa sua. Da quel momento in poi, ogni qual volta ne aveva l’occasione, Darren si rifugiava in quel prato immenso, coperto di puro conforto, accoglienza e speranza. Si sentiva al sicuro lì.

                         
                                                                                **


Darren si svegliò un po’ più tardi quella mattina, di certo, quel tempo non lo invitava a uscire da quel letto caldo. Abbracciava il cuscino, lo teneva stretto, talmente stretto che se fosse stato animato, avrebbe cominciato ad urlare per il dolore. Era come se, qualcosa gli dicesse che quel cuscino, doveva restare lì con lui. Doveva rimanere accanto a lui. Non voleva separarsene. Non voleva che lo lasciasse da solo. E lui non voleva di certo abbandonarlo. Forse, quel cuscino era una metafora. Forse quel cuscino lo avrebbe lasciato presto o forse no. Non lo capiva in quel momento, voleva solo tenerlo stretto a sé il più possibile e che lo tenesse comodo, al caldo, protetto. E forse non poteva più nasconderlo a se stesso, perché era vero, quel suo presentimento. Quella figura da cancellare dalla sua mente. Si stava innamorando. 

                                                                                **


Chris stava lavando i piatti. Ormai, quel gesto era un continuo. Spugna, sapone e piatto, quasi automaticamente. Sospirava, forse ancora un po’ insonnolito. Un rumore di passi che scendevano le scale, lo riportarono alla realtà. Ovviamente, sperava che fosse lui. E così fu. Prevedibile, ma mai mai, instancabile per lui.
«Buongiorno.» disse facendo un sorriso e voltandosi. Sapeva che facendolo, si sarebbe stupito ancora una volta della sua bellezza ma, non gli importava.
«Buongiorno.» rispose Darren, strofinandosi gli occhi e sbadigliando. Vide più volte passare Harry di lì. Mancavano ormai pochi giorni al ballo e stava organizzando il tutto, scrupolosamente e minuziosamente come lui gli aveva ordinato.
«Un po’ più tardi stamattina, vedo.» la risata di Chris gli riempì il cuore e lo riportò alla realtà. 
«Sì, questo tempo non invita nessuno a uscire dal letto. Ma, se fossi rimasto un altro po’ disteso, non avrei avuto mai la forza di alzarmi, quindi…» disse con un piccolo sorriso alla fine.
Quel sorriso, dio.
«Oh, quasi dimenticavo.» disse spostandosi dall’altro lato della cucina, si asciugò le mani sul grembiule che portava e gli porse davanti una tazza fumante di latte e un croissant.
«Ho preferito farvelo qualche minuto fa, visto che non vi alzavate ho pensato subito che si sarebbe raffreddato il latte.» abbassò lo sguardo giusto un po’ quanto bastava purchè Darren lo notasse. Gli sorrise, sperando che lo guardasse. I suoi occhi fissavano il suo viso. Chris lo fece, maledicendosi ancora per tutto quel miscuglio di emozioni che provava perdendocisi dentro.
«Vi ringrazio.» disse, rivolgendogli un piccolo sguardo, che durò forse un po’ troppo. Ma lui era così, rimaneva come sempre abbagliato, attratto da lui. 
«Figuratevi.» rispose Chris. Abbassò lo sguardo, sentendosi un po’ troppo osservato. Le guance non erano ancora rosse, ma lo sarebbero diventate presto. Si riservavano tutti quegli sguardi. Darren lo guardava intenso e Chris si perdeva nei suoi occhi oppure cercava di non farlo, per non pensare se qualcun altro ne fosse mai rimasto così attratto, se qualcun altro gli avesse mai dedicato tutte le attenzione che Darren, riservava a lui. Cosa aveva di così tanto speciale? Quando stava con lui si sentiva a posto, sentiva di aver trovato la sua parte nel mondo.
Dopodichè, tornò ad asciugare i piatti.

                                                                                    **


Darren finì la sua colazione un po’ prima del previsto. Prese il tutto e lo avvicinò al lavabo.
«Permettete che vi aiuti?» chiese gentilmente. 
«…No, non preoccupatevi. Riesco a fare da solo.» sperò non insistesse. Erano molto più vicini di quanto potesse credere. Darren gli si era avvicinato ancora di più. Non diventare rosso. 
«Per me è un piacere, credetemi. Lasciate che vi aiuti.» continuò lui, voglioso di potergli dare una mano e passare qualche altro attimo, secondo, ora con lui. Passavano tutti troppo in fretta, per questo Darren voleva approfittarne, voleva passare ogni minimo secondo con lui, sperando che non arrivasse la fine, sperando di poter allungare il tempo o quantomeno, di fermarlo.
Eh no, quell’occhiolino che gli aveva appena fatto non era reale, lui non lo era. La doveva smettere.
«V-va bene.» rispose girandosi quasi dall’altra parte. Ma, Darren, arrivò per sbaglio, a sfiorargli la mano, scoperta con la sua. Un tocco veloce e leggero ma, d’effetto tanto che, non riuscì più nel suo intento.
Ovviamente, non riuscì a restare senza fissarlo un altro secondo. Notava le ciglia lunghe, le sopracciglia folte e un po’ strane ma stupende, i riccioli neri e ribelli che gli incorniciavano il viso, le labbra carnose dischiuse appena in quel piccolo sorriso che vi era disegnato sopra. La beautitudine. Era una visione pura. E poi, non seppe se per il fatto che lo stesse fissando troppo o perché fosse distratto, forse entrambe, il piatto di ceramica gli cadde dalle mani. Si ruppe in tanti piccoli pezzettini.
«Oddio, scusatemi…sono mortificato, davvero. Non sapevo cosa avevo per la testa, allontanatevi o vi potete fare male. Ora li raccolgo.» disse, prendendo la scopa affianco a lui, fortunatamente non se ne separava mai e una piccola pezza per poggiare i pezzi sopra. Poi, si chinò a terra.
«Vi aiuto.» disse solamente. E in poco tempo, era di fronte a lui, cercando di aiutarlo.
«No, potete tagliarvi, è meglio che ci pensi io.» Se si fosse fatto male, sarebbe stata colpa sua. E lui non voleva che accadesse.
«Insisto, vi aiuto.» cocciuto come un mulo. Un bambino pensò. Un bambino testardo, ma pur sempre adorabile. In quell’istante, i loro occhi si incontrarono. Erano vicinissimi. Si poteva percepire qualcosa nell’aria. Qualcosa di magico. Sempre più intensi. Darren sbattè le palpebre più volte, Chris era davvero la cosa più bella che avesse mai visto, poteva esistere tanta perfezione? Quanto è bello. Come vorrei…vorrei tanto poterti dire quanto sei bello. E che amo quegli occhi azzurri come il mare. Poi, Chris abbassò un attimo lo sguardo, l'ultimo dei suoi pensieri era rompere qualcosaltro in quella casa. Dopo poco, fu imitato da Darren e dopo poco, emise una specie di urlo di dolore.
«Ahia!» disse facendo una smorfia. 
Si era tagliato. Che cosa gli aveva detto? Ah sì, poteva farsi male. Stava uscendo giusto un po’ di sangue all’altezza del suo dito. Chris prese subito una pezza sopra il bancone della cucina e gliela appoggiò delicatamente.
«Ve lo avevo detto. Aspettate, fatemi vedere cosa vi siete fatto.» disse rimproverandolo ma siccome, non riuscì a rimanere serio, subito dopo rise un po’. Scostò un po’ la pezza.
La ferita non era tanto grande e neanche tanto piccola. Era una ferita lieve, non grave, ma doveva essere disinfettata subito prima che si infettasse. Darren non parlò, rimase muto. Aspettava che dicesse qualcosa. Stava guardando la sua ferita da un lasso di tempo lunghissimo per lui.
«Potete stare tranquillo, l’apertura è piccola, per fortuna.» gli risollevò il morale, sorridendogli giusto quel tanto che bastò per dargli sicurezza. Darren fece un piccolo sospiro di sollievo.
«Però, devo disinfettarvela in modo che non si infetti…» disse Chris.
Darren annuì.

                                                                                   **


«Mi farà male?» fece una smorfia e si notava, un po’ di paura sul viso. Chris emise una sonora risata. Era decisamente un bambino. Un bambino cresciuto, bello, adorabile. E questo pensiero, così tenero, lo fece ridere ancora di più.
«Brucierà un po’, ma passerà subito, state tranquillo. Non vi siete mai fatto male da piccolo?’’ chiese, avvicinando la sua mano verso l’acqua e prendendo il sapone con l’altra mano.
«Sì ma, è diverso.» 
«Come diverso? In che senso, scusate?» rise giusto un altro po’.
«Da bambini non si capisce molto e poi, ci pensano le madri poi ad allievare il dolore con qualcosa in cambio. Una caramella o un abbraccio.» fantasticò un po’ nei ricordi e arricciò il naso. 
«Uhm, avete ragione.» rispose sconfitto.
Darren sorrise, contento di aver avuto ragione. Era così, sua madre gli dava sempre qualcosa, pur di calmarlo, quando si faceva male. Lui la guardava, le stampava un bacio sulla guancia e giocherellava con un giocattolino, una caramella, qualsiasi cose lei gli avesse dato.
«Ma io non sono vostra madre, quindi, vi dovrete fare bastare una mano del tutto integra, altrimenti niente.» disse ridendo.
A Darren si illuminarono gli occhi perchè il suo sorriso era qualcosa di abbagliante e meraviglioso al tempo stesso. 
«Va bene.» era nervoso, adesso.
«State tranquillo.»                                                                   
Poi aprì l’acqua e sciaquò un po’ il dito, dopodichè, ci strofinò leggermente il sapone sopra. Ogni tanto lo guardava per la curiosità di sapere che espressione avesse. All’inizio, lo notò un po’ dolorante ma, dopo qualche secondo, era già più rilassato. Dopo che ebbe finito, chiuse il rubinetto, prese un asciugamano e lo asciugò.
«Perfetto, adesso, per favore, cercate di non tagliarvi di nuovo…e la prossima volta ascoltatemi.» sospirò.
«Agli ordini.» rispose con un tono da soldato e portandosi la mano non ferita alla fronte, cercando di imitare uno di loro. Si rese conto di quanto fosse così spontaneo, speciale. Sei assolutamente buffo e adorabile, come ci riesci? Chris rise e a quella vista ricordò anche lui, come era da piccolo. Anche se, lui correva per la casa, nascondendosi e difendendo Marie, dai suoi pupazzi che volevano prenderla e portarsela via. Era il loro gioco preferito. Li schierava sulla sua grande cesta e lui, si muniva di un fucile giocattolo e proteggeva sua madre mettendocisi davanti, come uno scudo.
«Veramente, quello dovrei essere io…i piatti!» si portò una mano alla fronte. Corse subito verso la porta ma la voce di Darren lo fermò un istante.
«Vi ringrazio.» disse.
«Siete un po’ ripetitivo di questi ultimi tempi, non trovate?» sorrise.
«Di nulla.»






¦ Claudia' space: E rieccoci qui :)
Com'è andata la vostra settimana? Io riesco a coordinare palestra e studio ma riesco a scrivere poche volte, quindi mi scuso se trovo problemi ad aggiornare più spesso. Idem per Rob, l'ultima volta che l'ho sentita via telefono è stato ieri. E sta per finire il prossimo capitolo. Yeeee, un po' di incoraggiamento per la nostra Rob (?) Ovviamente scherzo, so che, scriverà un capitolo stupendo. Per quanto riguarda questo, uhm, non odiate il padre di Dare? Io non lo sopporto ç__ç E poi Darren da piccolo che vuole soltanto far amicizia con Eric? La tenerezza. Eric, da come potrete aver capito, era orfano e la sua casa era la strada quindi, era anche un vagabondo se così vogliamo intenderla. Cucciolo çç
E passiamo a Chris e Darren alle prese con i piatti. Non se li tirano in testa per fortuna (lol) ma Chris si sofferma a fissarlo e si distrae rompendo il piatto. Avanti, chi non avrebbe fatto lo stesso? Capitelo. Darren aka bambino. E' solo un po' di sapone, che sarà mai Dare u.u
Detto questo, vado e vi lascio.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento. <3

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Capitolo 26
*** Capitolo 24. ***


I'm dancing in the room as 
if I was in the woods with you 
No need for anything but music 
Music's the reason why
I know time still exists
So I put my arms around you around you 
And I hope that I will do no wrong 
My eyes are on you they're on you 
And I hope that you won't hurt me.



 
CHAPTER 24.


 
Il paese era un brusio di persone, sparse per le strade, nei negozi, negli angoli in cui le donne si ritrovavano per parlare dei loro fatti quotidiani e la maggior parte delle volte, anche degli altri. I mariti andavano al lavoro e i bambini, si ritrovavano a giocare nelle loro case, al caldo, accuditi dalle loro madri che si occupavano della casa, dei panni da lavare e del cibo. Quel poco cibo che sfamava tutti, nonostante le carenze e la povertà. Un rumore all’improvviso, si levò nell’aria, attirando l’attenzione di tutti. Il rumore di zoccoli di cavallo, si facevano vicini e si intravedevano all’inizio di quella stretta via che conduceva in paese. Avanzava lento ma con eleganza. Sopra quel possente cavallo, vi era un signore con un naso pronunciato, vestito di abiti ricamati e pregiati, alzava lo sguardo sulla gente che era presente intorno a lui, incuriosita. Con delicatezza e sempre eleganza, scese dalla sella e portandosi una mano dietro i capelli, aprì con l’altra una specie di piccola pergamena con un nastro rosso alla fine di essa, che scendeva a terra. Si schiarì la voce e incominciò a parlare, con voce alta e ben squillante:

«Vengo qui, per annunciarvi ciò che mi è stato ordinato. Sua altezza Sir Thomas in persona, nonché capo e unico erede e proprietario della reggia di Manchester, mi ha incaricato di questo compito.  Ha indetto un grande ballo e l’invito ufficiale è provulgato per tutti coloro di alto rango sociale, benestanti o con ruolo professionale molto elevato. Il ballo si terrà fra una settimana, esso, avrà luogo nella sala grande. Accorrete numerosi. Sir Thomas, vi manda i suoi più cordiali saluti e spera possiate presentarvi alla reggia alle 21.00 in punto.»

Detto questo, chiuse la pergamena, la arrotolò e la mise fra le pieghe della sua giacca, poi, salì di nuovo sul suo cavallo e prendendone le redini, cominciò ad incamminarsi di nuovo verso la reggia. La gente era ancora ferma, quasi incantata, alcuni con la bocca aperta, altri con le braccia incrociate al petto. Chi era imbronciato per via che l’invito non fosse riservato a tutti, chi già ne parlava, chi avrebbe tanto voluto parteciparvi.


 
**


Appena la porta fu chiusa, Chris poggiò il piccolo pacco sul letto. Poi, accarezzò la carta così fragile e chiara della busta e, molto delicatamente, la aprì e ne estrasse un foglio impregnato di inchiostro nero. Harry gliela aveva consegnata, quella mattina stessa, dicendogli che era per lui. La calligrafia eradolce e scorrevole, ma a tratti nervosa, per via delle poche macchie nere dell’inchiostro. La riconobbe subito. Cominciò a leggere:

''Caro Chris,                                                                                          
figlio mio, come stai? Spero che tutto vada bene.                              
Qui, la povertà si fa sentire sempre di più, fra la gente, le poche risorse che ancora si mantengono forti in qualche modo. Si va avanti. Ma non preoccuparti per me, io sto bene.
Mi occupo della casa ogni giorno, esco per comprare il pane, poi ritorno e passo la mia giornata a cucire, a leggere, a pulire la casa oppure a pensarti. La casa si è fatta vuota e silenziosa da quando te ne sei andato.
Mi manca la tua innocenza da bambino.
Quando correvi per casa, sorridevi e curavo le tue ferite, sia fisiche che di cuore.                                            
Ma devo accettare che sei diventato un uomo adesso. Sei cresciuto e ti fai sempre più saggio e bello, ogni giorno che passa. E non potrei esserne più fiera e felice. Una mamma lo sente. E lo so, anche non vedendoti perché, lo sento dentro di me. E di questo mi posso fidare, del mio cuore. Non ti scrivo solamente perché mi manchi, bensì perché qui, circolano da ben una settimana voci fra il popolo e in panetteria, dal calzolaio, ovunque. Un ballo è quello che ci vuole per il tuo spirito. E so per certo, che sei stato invitato. Quel ragazzo, Darren, è ancora dentro i tuoi pensieri, non è vero? Ti starai chiedendo come faccio a saperlo. Beh, quando ci siamo rivisti, ho letto qualcosa nei tuoi occhi, di meraviglioso e sincero, profondo.                                                
 Il tuo sguardo dice sempre tutto, amore mio.                                                                  
Ti lascio qui, questo pacchetto, aprilo. Lo ho fatto per te. Ti starà benissimo. E non dirmi che non dovevo.                  
Ti servirà. Un grande abbraccio.
                                                                           Tua madre, Marie.''

Una lacrima bagnò la carta così leggera, formando una piccola chiazza, sbiadendo la parola d’inchiostro. 


 
**


Darren sospirò, guardandosi nello specchio un’ultima volta prima di recarsi giù. Era fiero del suo aspetto; i suoi occhi brillavano, intonandosi ai fantastici abiti che indossava. Gli cadevano alla perfezione. Da quando Chris l’aveva paragonato a Paride aveva cominciato ad avere più fiducia in sé stesso. Trovava incredibile che le sole parole di qualcuno potessero avere certi impatti sul proprio modo di essere e sentirsi. Sorrise al proprio riflesso e si diresse verso la festa. Mentre percorreva quei corridoi e quelle stanze, tanti pensieri gli attraversarono la mente. Ma l’unico che gli divorava la mente come un tarlo, era quello di dover “interpretare” il ruolo di Sir Thomas per una sera, che non sarebbe stata affatto semplice. Sir Thomas si faceva sempre meno vivo col passare dei giorni e Darren sentiva che la soluzione a quel disastro si faceva vicina. Tuttavia, doveva affrontare tutti quegli odiosi uomini avidi, senza cuore e senza senso della realtà se non quello che si limitava tra le mura delle loro grandi proprietà. Doveva riuscire a non fare facce di disgusto e non doveva evitarli. 
Una melodia familiare, un fremito di vassoi e posate e un continuo parlottare si sentiva in lontananza. Darren chiuse gli occhi, deglutì e fece un respiro profondo. Era pronto ad affrontare quelle poche ore. Con determinazione e forza afferrò i manici dorati delle due colossali porte e le spalancò. Tutti i rumori sentiti in precedenza si fecero più forti, alcune dame con i propri signori lo osservarono per un po’, indifferenti, per poi tornare alle loro conversazioni. Darren gettò uno sguardo generale nella sala notando che c’erano moltissime persone. Rimase senza fiato quando, alzando gli occhi, si rese conto di quanto fosse ampia, bella, preziosa e ben decorata quella sala. Entrò ancora incredulo e si mise a camminare, facendosi spazio. Nessuno lo fermò perché sicuramente metà degli invitati erano lì tanto per. Su quasi ogni lato della sala, vi erano lunghi tavoli pieni di pietanze di ogni tipo, sigari, pipe e vini. I camerieri giravano attorno agli invitati, con vassoi lucenti, offrendo stuzzichini a chi capitava. Julie e Chris, che per quella occasione non erano più addetti alla servitù, dovevano già essere lì da un pezzo ma di loro nemmeno l’ombra. Darren corrugò la fronte, andando avanti facendo sì che la sua preoccupazione non venisse a galla. Uno sbadiglio dentro di sé lo fece distrarre.
«Salve ragazzo.» la voce stanca di Sir Thomas fece eco.
«Sir Thomas, da quanto tempo! Dormite molto ultimamente, eh.» sorrise Darren.
«Non sono più un fanciulletto come voi, la vecchiaia si fa sentire.» sospirò e Darren ebbe la tenera sensazione che si fosse accucciato. «Ah, cosa abbiamo qui?» continuò. «Tante teste vuote di cui la maggior parte non conosco né il viso, né il nome.» in lontananza Darren scorse una figura che si avvicinava a lui.
«Ecco chi arriva» disse Sir Thomas «James De Rossi, un italiano che ha trovato fortuna qui come contabile di banca. “Fortuna” appunto perché sono sicuro che non sappia contare oltre cinquanta.» un uomo basso, grassottello e dalle movenze goffe si avvicinò a Darren, affiancato da una ragazzina che doveva avere pressoché vent’anni.
«Thomas, che piacere immenso rivedervi!» l’uomo porse la mano grassoccia a Darren che la strinse forzando un sorriso.
«E’ un piacere anche per me, De Rossi.»
«Oh, vi prego, chiamatemi James.» lo incitò. «Allora, come vanno gli affari?» aveva una voce nasale e autoritaria, accostata a un accento italiano piuttosto buffo.
«Affari? E’ invidioso di me perché lui non è capace di farne. Li fa fare a terzi e poi se ne prende il merito.» suggerì Sir Thomas. Mentre il signor De Rossi aspettava la risposta da Darren, si dava una sistemata agli imponenti baffi grigi e bianchi che occupavano quasi tutto il viso. Capelli brizzolati e corti si intonavano agli occhi scuri sovrastati da sopracciglia folte e disordinate.
«Gli affari vanno a gonfie vele, James.» rispose alla fine.
«Ne sono contento. Io ho di recente acquistato un pezzo di terreno che aveva un prezzo inferiore a quello di mercato…sigaro?» tirò fuori una scatoletta di legno dalla tasca della giacca, l’aprì e la mostrò a Darren.
«Rifiutate, chissà di che sono fatti.» intervenne Sir Thomas.
«No, grazie.» l’omone lo fissò per due minuti e poi sbuffò.
«Non sapete cosa vi perdete…» 
«Congedatelo.» ordinò Sir Thomas.
«Beh, è stato un piacere. Adesso ho altre persone da salutare, con permesso. Arrivederci, James.» Darren si chinò, baciando la leggiadra mano della ragazza accanto a De Rossi, vestita di tutto punto. Fece un inchino rivolto ad entrambi e si voltò.


 
**


Il grande portone bianco a due porte della grande sala, era aperto. Chris sentiva il panico crescere, mentre si avvicinava sempre di più, facendo respiri lunghi per poi interrompersi e cominciare a pensare che no, non c’entrava nulla con tutto quello. Cosa ci faceva lì? In fondo, lui era solamente un servo, non una persona di alto rango. Così faceva alcuni passi indietro e poi ci ripensava dicendosi che non poteva tirarsi indietro. Procedeva a passo deciso, quasi immedesimandosi in quella gente, così elegante e di tutt’altro rango sociale. Vestiti ampi, a dir poco meravigliosi, con corpetti stretti portati da donne molto giovani e affascinanti e affianco a loro, gli accompagnatori, vestiti non da meno. Giacche corte o un po’ più lunghe, dai colori che variavano dal dorato al bianco. Un tessuto reale, come si addiceva a tutta quella gente che parlava, ballava o sedeva su qualche sedia bianca. Il suo sguardo era perso fra tutte quelle luci, lo scintillio dei lampadari, musica e atmosfera. Poi qualcosa lo distrasse. Non molto lontano da lui, Darren stava salutando un signore facendo un piccolo inchino e poi proseguendo per cambiare direzione. Non fu avvertito però, che la direzione che stava prendendo in quel preciso istante, fosse proprio la sua. Cominciò a sentire i battiti più accelerati nel suo petto e qualcosa gli disse che avrebbe dovuto calmarsi.
                                      
**


«Buonasera.» disse Darren, davanti a lui, luminoso. Chris fece un piccolo cenno con la testa, annuendo. Non seppe far uscire una parola, perché non lo aveva mai visto così bello. Indossava una di quelle giacche, come tutti quei signori presenti là dentro ma, la sua era rossa, gli arrivava fin quasi al ginocchio, aveva bottoni dorati, con spalline quadrate con delle frange che scendevano e alcuni intarsi e ricami. I pantaloni neri, che riportavano gli stessi ricami. Forse stava esagerando, ma aveva davanti a sé un vero principe. Contemplandolo, si accorse di essere ridicolo e che i suoi miseri abiti non erano all’altezza di quelli di Darren. Chris indossava un soprabito né lungo né corto, color carta di zucchero con alcuni ricami fatti con cura. Sotto il soprabito vi era un gilet color avorio che con quelle luci risaltava. Nella scollatura del gilet vi era un cravattino bianco, sistemato alla perfezione. I pantaloni larghi erano color panna scuro con il bordo delle tasche che richiamavano l’avorio. Quando Chris aveva trovato quest’abito nella scatola sopra il suo letto, se ne era innamorato subito e lo aveva indossato con un pizzico di malinconia, dato che era un dono di Marie. Aveva pensato che fosse bellissimo e che non vedeva l’ora di indossarlo al ballo. Marie aveva saputo del ballo sentendo alcune dame parlottare al mercato e, accorgendosi che si fosse tenuto proprio dove lavorava Chris, aveva pensato di sorprenderlo e fargli un regalo. Usciva molte volte al giorno per passare davanti le vetrine e prendere spunto per poi cucirgli un abito che avrebbe fatto proprio al caso suo. Aveva comperato una scatola, un nastro colorato e della carta da lettere. Gli aveva comunicato tutto per iscritto e aveva spedito tutto con felicità. 
In quel momento però a Chris non era sembrato adatto. Darren era raggiante e lui no.
«Ehi, state bene?» Darren spezzò i si pensieri, facendolo tornare sulla terra.
«Non faccio parte di tutto questo, non c’entro niente con tutte queste persone.» sospirò Chris, guardandosi ancora attorno ma durò poco perché sentì la mano di Darren sollevargli il viso.
«Avete ragione. Voi siete molto meglio. Per questo, adesso, voglio che vi lasciate andare e che siate voi stesso.» disse in modo naturale. Chris fece un piccolo sorriso, accompagnato da un po’ di rossore fattosi presente sulle guance e si dimenticò di quello che c’era attorno a lui. Darren lo fissò, rimanendo estasiato. Non capiva perché Chris non si sentiva all’altezza. Era il più bello lì dentro e se si fosse visto in maniera oggettiva e non soggettiva avrebbe capito quanto fosse perfetto. La sua pelle chiara era pura e quasi eterea; se solo qualcuno avesse provato a sfiorarla, avrebbe perso il suo fascino. I suoi occhi erano pieni di anima ed erano belli da togliere il fiato. Si guardò attorno e sbuffò.
«Venite con me.» afferrò Chris per un braccio e se lo trascinò in mezzo a quella gente.
«Ma dove mi state portando?» chiese lui, sbarrando gli occhi.
«Lontano da qui!» disse Darren, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Chris si stranizzò.
«E non vi cercheranno?» 
«No, non c’è questo rischio.» ridacchiò. 
«Comunque, credo che sia arrivato il momento di darsi del tu, non credi?» disse un po' troppo sicuro di sè, mentre camminavano. I lati della sue labbra si allargarono andando a formare un sorriso. Chris annuì timidamente arricciando le labbra. Arrivarono davanti una piccola porticina alla fine della sala. Era come il resto della parete e si mimetizzava. Darren non la conosceva mica, era stato Sir Thomas a suggerirgliela. Guardandosi attorno, girò furtivamente la maniglia. La serratura scattò e la porta si spalancò. La luce della luna sbatté prima sulla faccia di Darren e poi su quella di Chris. Una folata di vento soffiò, rendendo l’aria della stanza respirabile per qualche secondo. Darren si girò a guardare Chris.
«Ti va di seguirmi?» Chris aveva l’aria sorpresa, forse da tutto quello che stava accadendo attorno. Esitò un minuto e poi annuì. Chiuse la porta alle sue spalle e seguì Darren mentre avanzava.
«Dove stiamo andando?» chiese Chris debolmente. Sentì Darren ridere.                                                  
«Tranquillo, non ti sto portando all’evasione.» si girò sorridendogli. Continuò a camminare, oscillando. Il giardino di notte sembrava anonimo, freddo e sconosciuto, tutto il contrario del giorno. La luna illuminava tutto come un faro, permettendo di vedere fra l’oscurità. Darren era un’ombra che vacillava senza una meta. Chris lo seguiva, si fidava di lui. Non gli importava dove lo stesse portando, la cosa fondamentale era che fossero insieme. Soffiava un vento gelido, pungeva sulla faccia pallida di Chris. Cominciò a sbattere i denti e come se leggesse i suoi pensieri, Darren disse:
«Lo so, il vento disturba. Ma non temere, stiamo per arrivare.» una nuvoletta di vapore fuoriuscì dalla bocca di Darren. Quel percorso sembrava infinito e Chris si stava stancando. Qualcuno ascoltò i suoi pensieri e decise di accontentarlo, facendo fermare Darren.
«Che succede?» chiese con un filo di voce. Lui si girò e lo guardò sorridendo.
«Dobbiamo entrare.» Chris si girò. Davanti a sé vide infinite siepi alte e rigogliose. Deglutì.
«Scusa?»
«Sì, hai capito bene. Solo questo labirinto ci porterà dove voglio portarti.»
«Ma è notte fonda e, per quanto sia potente la luce della luna, non credo che raggiungeremo mai la meta.» sbottò Chris con gli occhi spalancati. Darren rise e amiccò.
«Ho un trucchetto. Ti fidi me?» chiese speranzoso Darren. Chris non aveva scelta. Annuì ed entrarono. Darren era sicuro di sé. Riusciva a vedere il bianco puro delle pietruzze nella penombra. Chris non osava fare domande anche se quella situazione lo stava mandando in confusione. Camminarono per due minuti, fin quando non arrivarono in un piccolo spiazzale verde. Era circondato da alberi che si muovevano al vento e al centro c’era una piccola pietra bianca. Chris era meravigliato, era un posto segreto ed isolato.
«Accomodati.» lo invitò Darren, indicando quel piccolo masso. Chris sorrise e si sedette. 
«Chiudi gli occhi e respira profondamente.» ordinò. Chris annuì e chiuse gli occhi. Una brezza fresca, non più tanto fredda, lo investì. Le fronde degli alberi ondeggiarono formando un fruscìo. In lontananza si sentiva la musica, lieve e piacevole.
«Incantevole.» disse piano, respirando l’aria circostante. Si sentiva davvero bene.
«Lo penso anch’io. E’ un posto che merita.» affermò Darren, sorridendo alla vista di Chris ipnotizzato.
«Vuoi ballare?» gli porse la mano. Chris alzò lo sguardo, guardandolo dritto negli occhi. Diceva sul serio, ne era certo. Esitò.
«Non si sente la musica.» constatò.
«Oh, sì che si sente… e poi, non abbiamo bisogno della musica per ballare.» disse Darren ammiccando. La sua mano era tesa verso Chris. Sorrise e la prese. Era fredda e morbida. Chris tremava, la lezione dei giorni precedenti era chiara nella sua mente ma era come se avesse un blocco.
«Stai tranquillo, devi solo mettere in pratica ciò che ti ho insegnato.» lo consolò Darren. Lui posò la mano sul suo fianco, dolcemente. Chris sperò solamente di non inciampare o fare qualche brutta figura. Mise una mano sulla sua spalla e con l’altra, stretta in quella di Darren, si liberò da quei pensieri. Cominciarono a danzare, improvvisando passi e guardandosi negli occhi. Chris si ancorò a lui, facendosi guidare. Niente e nessuno poteva disturbarli; le stelle in cielo erano silenziose accanto alla luna, autoritaria e imponente. Il fruscìo era come una melodia e tutto attorno sembrava esser lì ad osservarli.      
«Sei rosso in viso.» constatò Darren. Chris arrosì ancora di più, cambiando direzione col viso.                     
«È il freddo» disse duramente. Darren sorrise e lo fissò mentre faceva movimenti goffi, visibilmente imbarazzato. Notò che si muoveva bene e che le lezioni furono utili. Entrambi ballavano ritmicamente, seguendo la musica. Non si parlavano ma bastavano degli sguardi per comunicare. La vista di Darren cominciò a tentennare. Sì fermò.
«Cosa ti prende?» chiese Chris allarmato, accorgendosi dell'improvvisa rigidità di Darren. Il ragazzo fissava Chris dritto negli occhi ma il suo sguardo era vuoto. Darren, dal canto suo, non poteva muoversi, vedeva tutto bianco e dentro di sé sentiva tante voci, tra qui quella di Sir Thomas. Sentì le gambe tremare e poi crollò per terra. Chris scattò, afferrandolo dalle spalle.                                    
«Tutto bene, Darren? Cos'hai?» ripetè Chris, confuso. Il ragazzo riccio, accasciato sul prato, sembrava disorientato.
«C-cosa è successo?» chiede con un filo di voce. Nemmeno Chris sapeva spiegarselo.                          
«Stavamo ballando, poi ti sei bloccato, mi guardavi senza guardarmi veramente e poi sei crollato come una foglia.» no, non era razionale. Mentre Chris cercava una risposta, una polverina dorata fuoriuscì lentamente dal corpo di Darren, fluttuando nell'aria. Chris strabuzzò gli occhi, allontanandosi dal malcapitato.          
«D-Darren» disse con la mano davanti la bocca, «C-cosa è quest'essere?»                                                  
Darren, che lentamente si era ripreso, guardò quella polverina sconvolto ma contento, sapendo cosa fosse. La polverina girò come un vortice e formò due figure vivide, luminose e giallastre. Un uomo vestito di tutto punto danzava con una donna dai capelli biondi legati dentro una retina. L'uomo indossava un classico completo nero lucido e la donna un abito ampio dorato. Danzavano e danzavano, guardandosi negli occhi e sorridendosi a vicenda.              
«Pss» sussurrò Chris, pizzicando il braccio a Darren. «Allora, che mi dici di questi esseri?» aveva le gote rosse e il fiato corto. «Sono Sir Thomas e Lauren, no?» disse Darren con estrema naturalezza. Si sentiva leggero per la prima volta. Sebbene Sir Thomas fosse una presenza simpatica, gli pesava sullo stomaco accorciando il suo fiato e dandogli un senso costante di ansia. Ma tutto sarebbe finito, Darren e Sir Thomas si sarebbero divisi, andando ognuno per la propria strada e chissà se l'uno si sarebbe dimenticato dell'altro.
«Non capisco!» esclamò Chris spezzando le sue riflessioni. Darren sorrise e lo guardò comprensivo. 
«Non è nulla di importante Chris, tranquillo. Adesso, possiamo tornare a ballare?» Chris guardò le due figure e deglutì.         
«Non ti faranno del male, te lo prometto.» disse Darren. Chris annuì e guardandosi negli occhi ripresero a danzare con la musica di sottofondo, con l'amore non ancora confessato che li legava e con Sir Thomas e Lauren felici al loro fianco.                                       




 
¦ Roberta' space: Ringrazio in anticipo Claudia, senza la quale questo aggiornamento non avrebbe mai visto la luce.
Sei una delle mie ragioni di vita.

Sono tornata, miei amati prodi. 

 
Vi sono mancata?
Scommetto di no.
''Sento gli avversi Numi.'' 
recitava Ugo Foscolo.
Come lui, sento che gli dèi mi sono ostili.
A Foscolo hanno portato via il fratello, a me il tempo e la connessione.
Mi pare giusto.
Perdonateci.
Novembre è alle porte e non aggiorniamo da un po'.
Magari vi troverete questo capitolo spiaccicato in faccia e appena lo leggerete, vi renderete conto di esservi
     dimenticati la trama di questo mortorio.
Triste verità.
                           Posso dirvi che fra compiti, impegni, palestra e verifiche, io e Claudia non abbiamo avuto
nemmeno tempo di respirare.
Anzi, vi dirò che nella mia classe hanno già programmato tre compiti: matematica, francese e spagnolo. Quindi potrò scrivere solamente durante le ore di storia e geografia, AHAHAH.                         
Passiamo al capitolo. Che dire? E' un capitolo che ho interamente scritto a mano. Ci ho impiegato due mesi e ne sono uscite fuori sei pagine ( su word sono più di 4000 parole, sorry) Darren e Chris si trovano a dover ballare e ad affrontare i nobili. Io mi sono occupata dell'inizio e di Darren (a parte i vestiti, quella è stata un'idea della mia collega) e Claudia di Chris. Avete presente James De Rossi? Sì, l'aristocratico che saluta Darren\Sir Thomas. Per il suo personaggio mi sono ispirata al mio caro professore di scienze naturali. GRAZIE PROF!         
(appena mi boccia in biologia quest'anno lo mando in esilio!) 
Mi sto dilungando troppo. Me ne vado. 
Darren vi saluta, ultimamente non mi cerca perchè sa che sono impegnata
ma proprio ieri  è passato a salutarmi.♥  Vi lascio.
                      ¡besos!                                
                                  

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 25. ***


''I see the heavens 
each time you smile
I hear your heartbeat just go 
on for miles
and suddenly I know
that’s what I see thought your eyes
Here in the night
I see the sun
Here in the dark
Our two hearts are one 
It’s out of our hands
We can’t stop what we have begun
And love just took me by surprise
looking trought your eyes.''

 
CHAPTER 24.



La notte era un po’ fredda, il cielo sopra di loro, scuro ma illuminato dalla luna sopra di loro. Le stelle lì, splendenti. Una leggera brezza accarezzava i loro visi, ma era piacevole. Chris e Darren erano fuori in giardino, passeggiavano, parlavano e ogni tanto, ammirando il cielo insieme.
« Com’era tua madre?» chiese Chris, incuriosito e girandosi verso di lui.
« Uhm…» rispose pensieroso Darren prima di incominciare a parlare. La brezza aveva mosso lentamente i suoi capelli ricci, facendoli fluttuare come delle piume nel vento. Sua madre. La donna della sua vita, per così dire, che viveva  solamente nei suoi ricordi ormai. Desiderava fosse ancora lì, con lui. Così, la sua mente prese a vagare fra i vari ricordi, pensieri, fra le varie parole che facevano eco, che assumevano pian pian la voce leggera di sua madre e fra le varie che, avrebbe voluto dire ma di cui non ce ne era stata la possibilità. Perchè ormai erano bloccate, intrappolate, senza la possibilità di poter trovare via d'uscita.
«Tuo padre era un uomo…insomma, una specie di uomo…» cercò di continuare Chris, gesticolando con le mani. Sentì la risata fragorosa di Darren, il che lo fece girare verso di lui e ridere a sua volta. Davvero, tutto gli era sembrato, fuorchè un uomo da quando gliene aveva parlato e si era sfogato con lui. Darren non meritava tutto quello, non avrebbe dovuto meritarlo e invece era successo e solo il suo cuore sapeva, quanto era rimasto colpito dalla sua storia, da un sentimento come l'odio così onnipresente in un uomo che si libera di un figlio così, senza pensare ai suoi desideri, al suo bene, senza pensare alla sua felicità, senza pensare a quello che lui stesso, gli avrebbe causato una volta, sbattuto fuori di casa. Solo il suo cuore sapeva quanto fosse rimasto colpito dalla cattiveria presente nella gente. Quanto fosse rimasto colpito da Darren.
«Scusa ma, proprio non riesco a definirlo tale, davvero.» disse Chris sospirando e guardandolo ancora.
«Diciamo, quel tipo di persona che…che non ti capisce, che ti…che cerca di insegnarti concetti, pensieri sbagliati finchè, non ti ha accettato e che non ti accetterà mai, per quello che sei.» continuò, liberandosi di quella minima, superflua parte da dover espellere da sè. Questa parte ancora attaccata a lui, che faceva un male tremendo. Ciò che era stato suo padre, era ciò che lui non sarebbe mai voluto diventare, ciò a cui lui non avrebbe mai aspirato. La sua voce sincera e debole, contrastava con il modo in cui tutto era calmo lì, con quella leggera brezza che faceva ondeggiare le chiome degli alberi. 
«Sì, beh. Diciamo che, gli ho sempre voluto bene ma, con mia madre era tutto diverso. Completamente l’opposto.» rispose e un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra. Sei bellissimo. Fu l’unica cosa che pensò Chris in quel momento.
«Una santa per stare con un uomo così…» disse Chris spontaneamente. Abbassando lo sguardo e ridendo subito dopo. Con le mani dentro le tasche dei pantaloni, camminava, rivolgendo lo sguardo in basso, al prato. Tutto era così meraviglioso. Quei piccoli cespugli, con fiori differenti ad ogni angolo di quel vialetto in pietra, dritto su cui camminavano, quelle rose rosse appena sbocciate, orchidee bianche e poi circondate di un color violaceo ai lati, frangipani, gialli al centro e bianchi intorno. Non ne aveva mai visti di così belli.
Darren alzò lo sguardo su di lui e rise, di nuovo. Sì. Anche io me lo sono chiesto più volte. Mia madre era…era la mia forza.
«Sì...» sospirò e si fermò un attimo. Poì continuò a parlare.
«Me lo sono chiesto più volte. Mia madre era…era la mia forza.» disse naturalmente. E così, raccontò di lei, di tutto ciò che era dentro di lui ancora intatto, ancora integro e che sicuramente, a differenza di suo padre, non avrebbe mai lasciato andare.
«Aveva un modo tutto suo, mi amava…mi capiva. Sapeva consigliarmi e sapeva la parola giusta da dire al momento giusto...» spiegò un po’ tristemente, arricciando il naso.
«Purtroppo, all’età di sei anni…se ne andò. Ebbe un incidente e da allora, mi sono chiuso in me stesso. Con lei potevo aprirmi, con mio padre era già tanto se, scambiavo un sorriso o se anche lui stesso, mi abbracciava.» disse con gli occhi un po’ più lucidi del solito, guardando dritto davanti a sè, con lo sguardo perso. 
«Mi dispiace…» gli rispose Chris, tristemente. Anche lui aveva perso sua madre, ma non aveva avuto modo di conoscerla. Aveva solo una vecchia e antica fotografia che Marie gli aveva dato recentemente. Aveva elaborato tante fantasie, tante domande confuse nella sua testa ma, non le aveva mai poste a nessuno per averne la risposta. Semplicemente aveva preferito sapere il minimo.
«E la tua? I tuoi genitori? Come erano loro?» chiese, curioso anche lui adesso.
«Non…io non…» disse sospirando e fermandosi un attimo. Era un po’ brutto ripensarci. Ci aveva sofferto e ogni qual volta lo chiedeva a Marie, lei aspettava. Però glielo aveva detto, un giorno, era ancora piccolo e lui, si era rinchiuso nella sua piccola camera e ci era rimasto per ore.
Darren era un po’ preoccupato, dall’aria triste che Chris adesso, aveva dipinta sul viso, non gli piaceva. Lo faceva sentire ancora più perso, inutile perchè avrebbe voluto cancellare via tutta quella tristezza, tutto quel dolore in un solo attimo. Se solo avesse saputo come. Se solo avrebbe saputo cosa esattamente fare o dire.
«Non l’ho mai saputo.» disse finalmente Chris, guardandolo.
«Non ho avuto modo di conoscerli, morirono quando ancora ero un neonato, investiti da una carrozza, al mercato del paese.» confessò così, tutto d'un fiato senza esitare un altro secondo.
«Ho solo una vecchia foto.» disse con la voce un po’ rotta, una lacrima gli rigò il viso.
Darren avvicinò la sua mano alla sua e gliela strinse forte. Lo sguardo di Chris, andò subito alle loro mani insieme, unite. La mano di Darren nella sua, lo fece stare meglio. Era una sensazione bellissima e imbarazzante allo stesso tempo, era come se in quel piccolo e semplice gesto, ci fosse la risposta a tutta la sua insicurezza. Alzò subito lo sguardo e si ritrovò gli occhi di Darren. Si leggevano attraverso gli occhi, cosa che pochi riuscivano a fare. E si stupì almeno quanto lui, di capire che, ci riuscivano ogni volta.
«Mi dispiace…» disse con uno sguardo dispiaciuto dipinto in volto.
Chris notava quegli occhi tristi, ma sperò di cambiare discorso.
«Allora, sei cresciuto da solo?» continuò Darren.
«No, per fortuna, i miei genitori avevano assunto una badante, prima che io nascessi. Si occupò di me. Ricordo tutto dei momenti passati con lei. La considero la mia vera mamma.» disse con un piccolo sorriso che fece sciogliere Darren. Era stupendo. Marie era tutto per lui. La sua amica, la sua mamma, una sorella. Tutto.
«Mi ha insegnato tutto, mi ha insegnato come la vita non può andare sempre bene, mi ha curato quando mi facevo male correndo per la casa, mi ha voluto bene, mi vuole bene.» disse, facendo scendere un’altra lacrima sul suo viso. La stretta di Darren aumentò un po', per fargli capire quanto gli fosse vicino. Gli teneva ancora la mano ma Chris questo non dava fastidio anzi, la guardò giusto un attimo per poi ritornare a guardarlo.
«E non…non ti sei mai chiesto come sarebbe stato? Conoscere i tuoi genitori, intendo…» 
«Sì, mi sarebbe piaciuto conoscerli ma…anche se può sembrare strano, Marie ha fatto da entrambi.» disse ancora sorridendo, con gli occhi ancora un po’ umidi per le lacrime.
Darren lo guardò sorridendo. Gli dispiaceva, tantissimo, ma qualcuno si era preso cura di lui e lui, aveva donato il cuore a quel qualcuno. Come sua madre, lo aveva donato a lui. Come suo padre non aveva fatto, invece. Chris notò che qualcosa non andava. Non fare così. Che cosa c’è?
«Ti vedo triste, c’è qualcosa che non va?» chiese Chris, notando il suo sguardo perso.
Guardò un attimo altrove.
«Niente è solo che…certe volte, avrei voluto anch’io tutto questo amore. Avrei voluto anch’io un po’ di affetto, consolazione...anche solamente l'essere capito.» lo guardò sempre con quegli occhi lucidi. Chris sentì il cuore stringersi nel suo petto a quella vista.
«Dopo che mia madre morì, non ho ricevuto niente. Mio padre era più interessato ai suoi beni che a me. Quanto avrei voluto che mia madre rimanesse con me, lei avrebbe saputo capirmi, lei non gli avrebbe sicuramente permesso di…di-» la sua voce si fermò, rotta dal pianto improvviso. Chris non riusciva a vederlo così, stava male anche lui adesso. Quelle lacrime. Perché la gente poteva essere così crudele? Perché proprio con lui, poi? Non lo meritava. Non meritava tutto quello. Stavolta, fu Chris a stringergli ancora di più la mano e confortandolo. Darren stava già un po’ meglio. Ringraziava ogni istante in cui riusciva a farlo sentire bene, ringraziava sempre di averlo accanto.



                                                                      **



La luna non si vedeva quasi più. Strano. Eppure, sembrava tutto calmo fino a qualche minuto fa. Il cielo diventò completamente ricoperto da quelle soffici nuvole che non sembravano troppo grigie né troppo chiare.
«Che strano, sarà meglio rientrare dentro.» disse Chris, incamminandosi verso l’entrata. Era arrivato ai primi gradini della reggia. Ma fu proprio in quel momento che, qualche goccia di pioggia cominciò a cadere. Una, due, tre. Sempre più forte. Bagnava tutto ciò che incontrava. Alberi, fiori, l’erba. Le nuvole si ritrovarono ad oscurare la luna. In qualche secondo, Darren si trovava quasi zuppo. Incominciò a girare, ridere e ballare spalancando le braccia come se volesse accogliere la pioggia dentro di sé, come se volesse inebriarsi di quel bellissimo odore. E così fece. Respirava ampiamente e alzò la testa al cielo, chiudendo gli occhi. Preso dai ricordi di quando era bambino. Dei suoi ricordi felici.
«Darren, sarà meglio rientrare! Che stai facendo?» disse urlando e poi incominciò a ridere un po’ per ciò che vedeva. Darren continuava a danzare sotto la pioggia, rideva e si divertiva.
«Secondo te? Mi diverto!» urlò felice, sentendosi per la prima volta bene, appagato, ringraziò la pioggia, per essere scesa in quel momento, dentro di sé.
Chris si allontanò dall’entrata e si avvicinò un po’ di più. La pioggia cadeva forte, sonora.
«Sei impazzito? Così ti ammalerai!» disse ancora ridendo.
«Chris, vieni qui, dai! E’ bellissimo! Devi provarci!» disse urlando ancora, con il sorriso stampato sulla faccia. Continuava a girare, zuppo, prendendosi l’acqua in faccia.
«Cosa? No, neanche per sogno!» rispose, alzando le braccia al cielo.
«Avanti! E’ divertente, da bambino amavo stare sotto la pioggia e ballare, girare, mi divertivo!» disse contento, per i ricordi della sua infanzia. Perché no? E’ pioggia. Ed è un pazzo, ma è pur sempre perfetto anche bagnato così, anche se ballasse per il paese o dentro casa, ovunque, lo sarebbe. 
Dopo un po’, Chris si avvicinò quanto bastava per stargli accanto e cominciò anche lui a sentire l’odore della pioggia, a sentirne il rumore quasi ritmico. Era zuppo anche lui. 
«E tua madre non ti diceva niente appena rientravi a casa?» disse urlando e ridendo, cominciando a girare. Darren si fermò un attimo a guardarlo e rise di gusto. Sorrideva.
«Beh sì, mi sgridava ma, questo non mi fermava. Lo facevo sempre, mi faceva stare bene!» disse girando e aprendo ancora di più le braccia.
«E’ bellissimo!» urlò Chris ridendo, aprì le braccia anche lui, respirò e stavolta, si mise a correre per tutto quel pezzo di giardino in cui si trovavano. Appena Darren vide quella scena, non potè fare a meno di unirsi a lui e imitarlo.
«Che ti avevo detto?» disse godendosi ancora di più la pioggia che lo bagnava, accogliendola a braccia aperte.
«Amo la pioggia!» disse urlando ancora e girando ancora di più, correndo, saltando.                                               Erano due pazzi. In mezzo alla pioggia, bagnati, l’aria piena di risate, di sorrisi. Darren si avvicinò un po’ di più a Chris che si trovava circa dall’altra parte del giardino adesso, e lo prese per le mani. Poi, incominciò a girare man mano sempre più veloce. I piedi quasi bruciavano ma non ci faceva caso, rideva.
«Che stai facendo?» urlò Chris ancora divertito.
«Fidati, è bellissimo!» gli rispose sorridendogli. Chris cominciò a sentir girare tutto, la pioggia che batteva sempre più forte, la sua risata e quella di Darren fuse assieme. Portò la testa indientro per bagnarsi completamente la faccia e godersi quel momento appieno. Ridevano e giravano. 
«Mi gira la testa!» urlò Chris accompagnato da un sorriso divertito.
«E’ questo il bello!» rispose.
Si sorrisero e ridevano ancora. Sembravano una cosa sola, poi, finirono a terra, sfiniti. Uno accanto all’altro distesi sull’erba. Con il fiatone. Si guardarono un attimo e risero. Risero, respirando appena per la stanchezza e l’adrenalina di quel momento. Si guardavano ancora, con la pioggia dritta verso di loro, che cadeva ovunque. Poi, Chris si alzò in piedi aiutando Darren che ancora, vedeva lì fuori girare, tenendogli la mano.
«Sarà meglio rientrare adesso, altrimenti ci beccheremo un malanno.» disse ancora con un sorriso. Lo avrebbe rifatto qualche volta, si era sentito bene, libero.
«Sì, hai ragione.» rispose guardandolo un ultima volta. Ma aspetta, perché lo stava lasciando andare? No, non poteva. Non doveva lasciarlo andare. Darren non farlo. Non lasciarlo andare via. Agì di impulso. Lo prese per un braccio e lo trascinò a sé. Vicini. Tanto vicini. Uno sguardo intenso. Occhi negli occhi. La pioggia cadeva sempre, sonora, forte. Gli occhi di Darren fissi in quelli di Chris. E Chris per un attimo si perse, non pensò, rispose solamente. E lì accadde. Lo fece perché gli sembrava giusto, perché era giusto. Perché sentiva di farlo. Lì, senza pensarci due volte, Darren aveva poggiato le sue labbra su quelle di Chris. Lo stava baciando. Le loro labbra si toccarono più di una volta facendo di quel bacio passione, sentimento. La sensazione di calore, provocata da quel tocco di labbra soffici, fatte apposta per baciarsi. La pioggia li bagnava ancora. Darren provava ogni singola cosa, baciando quelle labbra sentiva che il mondo era migliore. Sentiva che con Chris, il mondo era migliore. Voleva che non finisse mai, poteva durare in eterno? Quella bellissima sensazione dentro al suo cuore che batteva fortissimo, la sua testa, la pioggia che cadeva sopra di loro. Si staccarono, per riprendere fiato. Darren non riusciva a crederci e si perdeva ancora in quelle iridi azzurre, con la bocca un po’ dischiusa.
Chris abbassò lo sguardo.
«Io…io devo andare.» disse solamente e piano, con il fiato ancora corto. Sbattendo un po’ le palpebre e guardandolo prima di andare. Non realizzava. Darren era vicinissimo a lui e lo guardava, lo stringeva. Poi, entrò dentro, scomparendo.  
Darren rimase lì, sotto la pioggia, con il pensiero fisso di lui e Chris vicini fino a qualche secondo fa. Delle loro labbra che si muovevano insieme. Con il pensiero fisso di loro due nella mente.                                                  
Chris salì rapido in camera, chiudendosi la porta alle spalle, scivolandoci contro, arrivando a sedersi a terra. Si portò un dito alla bocca, tracciandone lentamente il contorno. Le labbra di Darren era ancora presenti sulle sue, in qualche modo. Chiuse gli occhi. Sentiva ancora quelle labbra. Quelle labbra poggiate sulle sue, premute sulle sue. Sentiva ancora quel momento, vivido, di qualche secondo fa. Darren lo aveva baciato. Chris aveva provato tante di quelle emozioni tutte insieme, da poterne definire soltanto una al momento. Le sue labbra, si erano unite, incontrate con le quelle di Darren ed era come se, se fossero fatte per restare così, se fossero fatte per baciarsi. Come se loro due fossero fatti per essere se stessi insieme.




 
¦ Claudia' space:  Tantantaaaaan *entrata ad effetto*
Chiedo venia per il ritardo ma, come già vi ha
spiegato Rob, fra i compiti, le verifiche e la palestra,
adesso ci si è messo anche il tempo (sì, parlo del
freddo glaciale che almeno, qui da me, è 
arrivato da soli due giorni, tutto in una volta çwç ).
Per non parlare dello sclero per la puntata, dell'intervista
Crisscolfer uscita in questi giorni...*tic all'occhio*
But anyway... 

THEY KISSED, THEY KISSED. OMG. FINALLY.
SOTTO LA PIOGGIA.
Fa tanto film, vero?
No, okay, lol.
La verità è che, ho pensato subito a questo capitolo, l’ho sviluppato e l’idea di loro due che ballano, fanno i pazzi e poi si baciano sotto la pioggia, mi è piaciuta molto e rob l’ha anche approvato subito.
E finalmente, dopo tanti capitoli, CE L’HANNO FATTA. Darren ha piantato le sue labbra su quelle di Chris. Vi ricorda qualcosa? :’) 
Teniamoci questi momenti e non intristitevi, still going strong, do you remember? 
Al prossimo aggiornamento.
 





 
«…Ma è bellissimo, è…oddio mio!»
«Oddio mio, Chris, di nuovo qui?»
«Sì! E non sono solo, questa volta!»
«No, ti prego. Quando ci lascerete in pace?»
« Darren sta piangendo sulla mia maglietta. Amore, smettila. E smettila, che cosa stai facendo?! Vieni qui!»
«Addirittura? Dai, ma mi fa piacere che vi sia piaciuto, mi sento realizzata adesso gtrggtyu. Dov’è andato?»
«Darren smettila di saltellare! Sta saltando e battendo le mani, aiutami, ti prego.»
«Ohw, adorabile idiota. No, mi dispiace, non posso.»
«Darren, stai fermo! E’ un bambino, ecco cosa è. Testardo e piccolo.»
«Dai calmati, ascolta Chris! u.u»
«Ma perché, perché è capitato a me? Dovresti vederlo, ahahahaha.»
«Perché è un piccolo hobbit, idiota e adorabile. Ecco perché.»
«Mi sa che hai ragione, è il mio piccolo hobbit.»
«Quanto amore, zucchero, miele. IL MIO CUORE.»
«Sono così felice! Capisci? Ci siamo baciati sotto la pioggia e…no, io ti ho baciato! Vieni qui!»
«Darren, amore che cos-
Claudia, è meglio che ti lascio, qui il signorino si è piantato di nuovo addosso a me!»
«Oh, vi lascio da soli allora. Fate pure.»

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Capitolo 28
*** Capitolo 26. ***


I should be over all the butterflies
But I'm into you 
And baby even on our worst nights
I'm into you
Let 'em wonder how we got this far
  Cause I don't really need 
          to wonder at all
Yeah after all this time
I'm still into you
I'm still into you
I'm still into you

CHAPTER 25.


Il sole filtrò presto da quelle finestre illuminando tutto ciò che incontrava al suo passaggio, in quelle due stanze. Darren aprì piano gli occhi, arrivando a vedere il sole già alto nel cielo attraverso la finestra, che lo distraeva per via di quel bianco un tantino troppo puro, rispetto all'azzurro chiaro del cielo e a quel sole raggiante. Si mise seduto, stiracchiandosi quanto bastava per cancellare l'intorpidimento delle sue ossa. Finalmente, riuscì ad aprire completamente gli occhi, guardando davanti a sè, con una pensiero ancora molto vivido e chiaro nella sua testa. Sia lui, che Chris, non erano riusciti a dormire, troppo legati ancora da quell'istante che per loro era durato un eternità. La loro mente rielaborava l'accaduto e li riportava a quel bacio. Quel bacio tanto voluto. La pioggia che li bagnava velocemente e che avrebbero voluto non cessasse mai, il calore delle loro labbra unite insieme e il tempo fermato, bloccato da tutto ciò. Darren teneva gli occhi sul soffito e ogni tanto sorrideva e quando non lo faceva, si portava il cuscino alla bocca e ci pensavano i suoi occhi a parlare, brillando. Era come un esplosione di tanti colori e sfumature diverse in cui, in quel preciso momento, prevaleva il rosso. Si era alzato e aveva preso i vestiti ancora umidi e pregni dell'odore di pioggia, che erano poggiati sulla sedia. Li aveva portati spontaneamente al viso e ne odorava il profumo, sentiva ancora la sensazione di Chris vicino a sé e delle loro labbra che si toccavano in modo semplice e lento. Chris, era girato di un fianco, avvolto nelle coperte e sospirava sognante, socchiudendo gli occhi di tanto in tanto, sbattendo le sopracciglia. Si accorse che doveva già ritrovarsi di sotto a ripulire, riordinare ma ma non voleva fermare quei pensieri, li avrebbe ripercorsi anche più di una volta, perdendosi ogni volta nella sensazione delle labbra di Darren sulle sue e di quel calore dentro di sè. Non si era nemmeno chiesto il perché lo avesse fatto, semplicemente voleva farlo. Aveva amato baciare Darren, aveva amato essere tenuto tra le sue braccia anche solo per quei pochi istanti, aveva amato il suo respiro caldo appena si erano staccati dal bacio. Non aveva resistito un secondo di più, perchè Darren lo aveva preso, lo aveva attirato a sè e tutto era successo quasi automaticamente senza pensarci troppo. Lo voleva, lo voleva e lo avrebbe fatto un miliardo di volte ancora, non si pentiva e non avrebbe dovuto pentirsi perchè si sentiva bene. Perchè Darren lo aveva sempre fatto sentire bene. Un attimo prima si guardavano e si leggevano negli occhi, senza parlare e un attimo dopo entrambi si erano baciati. Darren sentiva addosso una ra di sè una sensazione belllissima, più forte di lui. Sentiva qualcosa di diverso. A piedi nudi, camminando, arrivò sino allo specchio della camera che si trovava a pochi passi dal letto e si guardò, esaminando ogni singolo punto. Passò dal tastarsi il viso al toccarsi i capelli, provò per fino ad avvicinarsi di più, ma niente sembrava essere cambiato di una virgola. Era sempre lui. E allora perchè sentiva che qualcosa era cambiato, sentiva che qualcosa era totalmente differente? Qualcosa gli sfuggiva, ma cosa? Questa sensazione di leggerezza, felicità, così presenti in lui. Ma certo. In quel momento, non curante di chi potesse sentirlo, cominciò a schiarirsi la voce e a parlare. Poco gli importava se qualcuno lo avesse preso per pazzo, doveva fare almeno un tentativo per provare la sua ipotesi.
«Sir Thomas?» domandò, cercando una risposta o che almeno, la voce di quell'odioso uomo, venisse fuori. Silenzio. Non una parola, nemmeno un piccolo accenno di presenza. Strano. Riprovò, alzando il tono della voce.
«Sir Thomas?!» ancora niente. Provò ancora e ancora alzando la sua voce fino a gridare sempre più forte, con tutta la forza che aveva in corpo. E più continuava, più il suo tono si faceva felice, allegro perchè nessuno poteva portarglielo via per quello che aveva appena realizzato. Se vorrete di nuovo la vostra anima, il bacio, il primo bacio di vero e sentito amore, spezzerà lo scambio. Il tono inquietante e rauco della vecchietta gli risuonarono in testa. Il bacio aveva portato via quell'orrendo uomo da lui. Era sè stesso. Avrebbe fatto tutto ciò che sentiva, sarebbe stato di nuovo lui finalemente. Le sue labbra formarono un grande sorriso, un sorriso raggiante e urlò per la felicità di quel momento, alzando le braccia, portandolo alla testa, in aria, dovunque. In quell'istante la porta si aprì e Darren si girò di scatto per vedere chi fosse. Julie era sulla porta, già con la sua uniforme sistemata, i capelli raccolti e con un vassoio della colazione tra le sue mani. Aveva appena alzato lo sguardo e spaventata, aveva subito indietreggiato.
«V-voi chi siete?» chiese tremante e presa dalla paura, il vassoio adesso, tremava tra le sue mani. Darren rimase un attimo a bocca aperta, tentennando un po' senza che una parola uscisse dalla sua bocca. Poi, molto cautamente si avvicinò a lei e riuscì a parlare.
«Tranquilla, non abbiate paura. Ehm...» sospirò un attimo. «Credo dovrò spiegarvi tutto dal principio.» disse facendole un piccolo sorriso. Julie lo guardò ancora spaventata ma appena lui le fece cenno di sedersi, riuscì a calmarsi e si accomodò dentro.


                                                                                       **


La luce filtrava dentro la stanza, risaltandone il colore delle pareti e degli oggetti al suo interno. L'ambiente da silenzioso, si era riempito di spiegazioni e parole. Julie ascoltò tutto quello che Darren aveva da dirle rimanendo sorpresa. La voce di Darren riempiva la stanza e Julie, riusciva a capire ogni singolo particolare, dettaglio di quell'intricata storia. Seppe del sortilegio, di come la sua anima si fosse fusa con quella di Sir Thomas e anche di come, inconsapevolmente e giorno dopo giorno, si era innamorato di Chris. Appena finì di raccontare, il silenzio calò. Dopo qualche attimo, fu Julie a romperlo, invece.
«Credo dovrei avvertire Harry, non voglio che anche lui, si prenda un accidente, o qualcosa del genere venendolo a sapere troppo tardi senza nessuna spiegazione. Conoscendolo, potrebbe anche svenire.» disse portandosi le mani sulle ginocchia e emettendo una leggera risata.
«Sì, lo credo anch'io.» concordò Darren sospirando e dopo poco, annuendo.
«Posso farvi solamente un ultima domanda, se mi permettete?» chiese Julie, puntando il suo sguardo sugli occhi di Darren.
«Ma certo.»
«Quindi...» disse molto lentamente, cercando di farsi capire. «Voi siete stato come catapultato in questo posto e tutti, tranne Chris, vedevano solamente Sir Thomas e non anche voi, in realtà?» chiese Julie, constatando anche questo punto e sistemandosi il grembiule un po' spiegazzato, accuratamente.
«Non so come ma sì, ricordo solamente un fascio di luce e poi mi trovavo in questa stanza, questa reggia. In realtà, prima che tutto questo accadesse, io e Chris ci eravamo già incontrati e non so come, né quando...» fece una pausa, poi riprese.                                                                                                                                        
«Lui ha sempre visto la mia anima per come era realmente.» disse con gli occhi resi ancora più intensi per quella luce che vi era dentro. Julie ci lesse tante emozioni. Ci lesse amore, ci lesse anche serenità. Capì il significato di tutto quello e gli fece un piccolo sorriso, poi poggiò la mano sulla sua. 
«Siete davvero fortunato. Sapevo che il suo cuore era già occupato da qualcun'altro ma, non pensavo foste voi. Voi due meritate di essere felici, insieme. Voglio davvero bene a Chris, come avete potuto vedere e voglio che lui sia felice, lui ama voi, non me.» realizzò Julie, mentre diceva tutte quelle cose, rendendo il tono di voce più dolce. Darren le rivolse un piccolo sorriso, pieno di gratitudine.
«Lo so, vi ringrazio per tutto quello che avete appena detto. Ecco perchè, adesso, devo assolutamente vederlo. Devo...devo dirgli cosa provo, quali sono i miei sentimenti per lui.» disse deciso, alzandosi dal letto. Julie fece lo stesso e prima di uscire dalla stanza, prese il vassoio che aveva poggiato sul comodino e gli disse un ultima cosa.
«Buona fortuna. Ma credo non vi servirà.» detto questo Julie, gli sorrise e uscì dalla stanza, girando angolo per scendere di sotto e continuare le faccende di casa.


                                                                                     **


Darren si trovava in giardino. Doveva respirare aria e pensare a cosa dire. Camminava avanti e indientro, cercando di trovare le parole giuste da poter dire ma, non ci riusciva. Ora forse, era tutto diverso. Non lo sapeva. No, era tutto veramente diverso. Aveva poggiato le sue labbra sopra quelle di Chris e non riusciva più a non sentirle premute insieme. Sapeva di volerlo rivedere, di tenerlo stretto a sé, di baciarlo ancora e ancora. Sapeva che ogni volta che lo vedeva sorridere, che lo vedeva affianco a sé, il suo cuore prendeva forte a battere e a fare le capriole e non poteva sentirsi meglio di così, non c’era modo in cui si sentisse così meravigliosamente bene. Chris era da poco sceso di sotto, era piuttosto assorto nei suoi pensieri. Darren lo notò subito, meraviglioso come sempre. Lo osservava e rideva un po’. Si torturava le maniche della camicia bianca, svoltandole e giocandoci nervosamente.
«Buongiorno.» disse usando un tono un po’ alto, continuando a guardarlo.
Chris si voltò verso l’entrata. Darren era lì davanti. Qualcosa mandò il suo cervello fuori uso. Il cuore stava accelerando. Restò con il braccio a mezz’aria, abbassando un po’ lo sguardo.
«Buongiorno.» disse con un piccolo sorriso.
Parla. Dì qualcosa, su. 
Ognuno aspettava che l’altro parlasse o forse no. Darren guardava Chris. Chris guardava Darren. Le parole non servivano in quel momento, gli occhi dicevano tutto. Finalmente, Darren trovò le parole.
«Ehm…vi va di uscire? C’è un sole stupendo.» disse subito, un po’ nervoso, erano le prime cose che gli vennero in mente, in quel momento. 
Chris alzò di nuovo lo sguardo verso di lui. Sei bellissimo. 
«Certo, v-va bene.» riuscì a dire.
Si sistemò un po’ e in un un attimo, fu subito lì, con lui. Camminarono un po’, nessuno dei due parlava. Darren teneva fisso il suo sguardo su Chris.
«Va bene.» disse prendendo un grande respiro. Poi lo guardò.
«Stai bene?» Chris, non lo aveva mai visto così nervoso. Oh, non era l’unico a torturarsi le mani o a mordersi il labbro. Meno male. Darren si portò una mano ai capelli e poi si ritrovò davanti a lui.
«Sì…mai stato meglio.» disse stavolta, prendendogli le mani. Le loro mani insieme, di nuovo. Erano perfette. Il cuore di Chris perse un battito.
«Stanotte non…non sono riuscito a dormire.» disse sorridendo un po’ e rialzando lo sguardo verso di lui.
«Nemmeno io.» rispose, sospirando. 
«Non mi pento di niente, non mi pento di quello che è successo.» confessò dolcemente. Quello sguardo. Il suo cuore, perse un altro battito. Oh, benissimo.
«Ti prego, dì qualcosa prima che muoia.» disse nervoso.
Chris riuscì giusto a fare una piccola risata. Poi, ritornò a guardarlo. Anche da nervoso era adorabile, impossibile. Era perfetto in ogni singolo momento, sì, pensò.
«Neanche io, non riesco a non…non pensarci.» Gli occhi fissi negli occhi dell’altro. «Non me ne pento, non posso.»
Darren gli prese il viso, dolcemente attirandolo un po’ a sé. Ed era semplice, era davvero così semplice che le parole vennero fuori da sole. Non era mai stato bravo con quelle ma quando si trovava con lui, diventava tutto più facile, le parole venivano fuori e basta.
«Non ci riesco neanche io, i tuoi occhi, la tua bocca, tu…io amo, stringerti, tenerti vicino, prenderti per mano guardarti…» disse avvicinandosi un altro po’. Chris perse un altro battito o forse due, tre. Darren sfiorò dolcemente la mano libera, contro la sua e gliela prese, sfiorando con il pollice le nocche.
«Ma soprattutto, amo tutte queste cose perché…» sospirò un attimo. Quell’attimo fu lungo quasi un eternità per Chris. E’ così vicino, riesco a sentire tutto.                                                
Il suo respiro, il suo battito. Riesco a percepire il modo in cui sta cercando di dirmi tutto. Sta cercando di dirmi quello che sento io fin dall’inizio e forse anche lui, non lo so.Cerco di respirare, ma non ci riesco. Ho il fiato mozzato e l’ansia mi divora in attesa di una sua risposta.
Chris continuò a guardarlo, ansioso, perché stava per dirglielo e lui non avrebbe aspettato un altro secondo di più, lì, con lui che lo guardava con quegli occhi magnifici. E mentre rielaborava tutto questo, mentre il suo battito accellerava, il suono chiaro e cristallino di tre parole, venne fuori senza il minimo preavviso, senza che potesse evitarlo.
«Perché amo te.» gli occhi gli brillavano ed erano fissi su Chris. Spero, sia lo stesso per te. Ti prego, fa che sia così. So che è così. Io ti amo, ti amo così tanto. Chris, ti amo. E non potevo più tenerlo dentro. Chris pensava non fosse vero, era tutto un sogno. E allora perché Darren era così vicino da levargli il fiato, perché era diventato ancora più bello ai suoi occhi, perché il suo cuore era accelerato all’improvviso, perché sentiva quasi le gambe tremare? Era perfetto. Era semplice. Perché quando ami realmente qualcuno, è semplice. E’ spontaneo, naturale senza bisogno di far niente, perché accade. Prima o poi accade e diventa reale. Perché l’amore è il rimedio migliore a tutto. Gioia, dolore, tristezza condivise insieme. E’ tutto questo. E’ la salvezza.
«Darren, anche…anche io ti amo.» disse appena in un sussurro Chris, portando sempre di più il suo viso a quello di Darren. Darren ebbe giusto il tempo di sorridere e portare lo sguardo dai suoi occhi, alle sue labbra. Due grandi sorrisi affacciarono sui loro visi che, si fecero più vicini fino a quando non si baciarono. E si baciarono lentamente, dolcemente. Avevano bisogno di quel contatto. Avevano bisogno di quello. Si amavano ed erano riusciti a dirselo. Sentivano i loro cuori battere forte all’unisono. E nientaltro era più importante in quel momento di loro due. E tutto era scomparso intorno a loro. C’erano solamente Chris e Darren. Le loro labbra e i loro cuori. 

                                                                                   **


Tutto era decisamente cambiato. I giorni erano completamente diversi. Migliori, se questo poteva essere il termine giusto. Darren sentiva il suo sorriso, ogni qual volta si svegliava, sentiva di essere finalmente giusto, completo,  felice. Chris scendeva la mattina e appena Darren, lo raggiungeva, lo abbracciava dolcemente, tenendolo a sé e lo baciava. Chris, d’altra parte, non si sarebbe mai tirato indietro, amava stare così, tra le sue braccia a guardarlo, scombinandogli quei ricci, ogni tanto e carezzandogli la guancia. Mollava ogni cosa e se ne stavano insieme, camminavano, si baciavano, si tenevano stretti. Darren amava sentire il profumo, amava sapere che Chris c’era per lui e viceversa. Amava il suo calore, prenderlo per mano e baciarlo. Era così bello stare nelle braccia dell’altro, si sussurravano parole e si dicevano ti amo, tra un bacio e l’altro. Tutte le notti, appena Chris finiva il turno, saliva sopra e c’era Darren ad aspettarlo, oppure sgattaiolava qualche ora prima senza farsi vedere, quasi furtivamente, o Darren lo prendeva per i fianchi e lo attirava a sé. E passavano la notte sdraiati sul letto, abbracciati e si addormentavano insieme. Finivano così, mano per mano, distesi sul prato del giardino le mattine o i pomeriggi, a guardare le nuvole oppure a guardarsi, perdendosi negli occhi dell’altro. Il prato sapeva di fresco, appena falciato. Chris riempì i suoi polmoni con quel bellissimo profumo. Tutto era in ordine, neanche un erbaccia a guastare quel capolavoro. Harry aveva fatto un ottimo lavoro, Chris lo aveva visto di sfuggita quella mattina presto, mentre usciva dalla sua camera. Aveva un grembiule sporco di terra, dei guanti bianchi alle mani, anch’essi bianchi, i capelli arruffati, forse portati all’indietro più volte, il sudore su di essi e sulla fronte. Poi gli aveva dato il buongiorno ed era sceso di sotto. Sviò lo sguardo e qualcosa attirò la sua attenzione, un bellissimo cespuglio proprio davanti ai suoi occhi, più in là, sopra la sua testa. Allungò la mano, prendendo quel fiore che vi era al centro. Ne era rimasto incantato. Un frangipani sfumato di rosso e arancione, insieme. Lo guardò ancora un po’ e davanti a sé, Darren, aveva sempre quella espressione beata sul viso e lo guardava ammaliato. Si avvicinò un po’ di più a lui, mettendo il piccolo fiore fra i suoi capelli ricci. Il fiore si adattava perfettamente al colore dei suoi capelli ed era in contrasto con i suoi occhi verde ambrato. Quel fiore era speciale, unico, proprio come lui. Appena si scostò, trovò un sorriso raggiante a pochi centimetri dal suo viso. Sì, Darren era bellissimo. Più del solito. Ancora un po’ più vicino e lo avvolse in un bacio caldo, accogliente, come se quel momento andasse custodito, sigillato dalle loro labbra. E un sorriso gli scappò mentre lo baciava.


                                                                                      **


Ci fu una volta, in cui in una giornata con il cielo che sorrideva attraverso quell’azzurro pastello come in un quadro, così tranquillo e chiaro, Darren prese per mano Chris e lo portò fuori dalla reggia. 
« Dove mi stai portando? » gli aveva chiesto Chris curioso e stringendosi alla sua stretta, come per paura che la lasciasse.
« Ora vedrai. » gli aveva risposto Darren, sorridendo e chiudendo il cancello davanti a loro, non lasciandogli neanche un momento la mano. Appena furono fuori, strinse un po’ di più la presa e si mise a correre, così, con il sorriso dipinto sul viso, immerso in chissà quali dei suoi pensieri. Sempre su quella strada via via, sempre più lontana dalla reggia, sempre più lontana per addentrarsi in tutt’altro mondo. Trasformandosi in verde, lasciando il posto ad alberi altissimi, verde, un capolavoro vivente da cui un artista avrebbe potuto prendere ispirazione.
Chris gli stava dietro, ancora stordito, girava la testa quasi da ogni parte, stupendosi sempre più nel posto in cui si stavano immergendo. Come se fossero i protagonisti di una storia, no, di un racconto o forse, anche meglio. Qualcosa di completamente diverso, originale. Vide un immensità di prati intorno a lui e si accorse di quanto fosse meraviglioso. Due uccellini, sul ramo di un albero piuttosto intricato, canticchiavano beati e più avanti, uno scoiattolo che zompicava qua e la, arrampicandosi sui tronchi degli alberi in cerca di una ghianda. A un certo punto, sentì Darren fermarsi davanti a sé, con il fiatone ma un sorriso ampissimo. Come se avesse scovato qualcosa che riteneva prezioso o qualcosa che lo riportasse indietro nel tempo. Si avvicinò a lui e quello che guardò proprio davanti a sé, lo lasciò senza fiato. Un lago, limpido che quasi brillò per la poca ma equa luce del sole che filtrava attraverso quel poco spazio di quei due alberi proprio di fianco a loro. Intorno ad esso, dei fiori, dei più svariati colori, tutti intorno come a formare un cerchio. Il lago era abbastanza grande per poterci ospitare tanti di quei piccoli animaletti che nuotavano tranquillo. Alla loro destra, una piccola collinetta che dava su uno spazio aperto con un grande albero al lato, il più grande di tutti quelli lì intorno. Da lì, il sole si ritraeva, alto nel cielo e offriva un panorama perfetto. A poca distanza quella grande riserva imponente finiva e si intravedeva una casa, non molto grande ma sfarzosa, ma non diede importanza a quello, in quel preciso istante. Non aveva mai visto niente del genere. Darren allora, intrecciò anche l’altra sua mano con la sua, avvicinandosi e baciandolo.
« E’ stupendo. » fu quello che disse Chris, appena le loro labbra si staccarono per riprendere aria.
« Ci venivo da piccolo, senza che nessuno lo venisse a sapere. Uscivo di casa, non facendomi vedere e venivo qui. » gli rispose accarezzandogli il viso. 
« Il tuo posto segreto…» sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso. Lo aveva condiviso con lui, il solo pensiero, gli scaldò il cuore. Era il primo a sapere del suo nascondiglio, chissà quante volte era andato lì per sconnettersi dal mondo, dai brutti momenti. Darren lo guardò luminoso.
«Il nostro posto segreto, da adesso.» disse guardandolo negli occhi. Chris perse un battito, era troppo per lui. Darren era assolutamente troppo per lui.







 
Claudia’s space: *claudia è morta mentre rileggeva, per pubblicare*
No, okay, mi sono ripresa. CIAO A TUTTI BELLI C: In realtà, dovrei chiedervi centomila volte scusa per il ritardo. Sono tipo passate tre ere geologiche dall'ultima volta, già. Scusateci davvero, ci faremo perdonare. Vi avviso, credo che questo per adesso sia l'ultimo aggiornamento perchè, come sapete a momenti ci saranno le vacanze di Natale e tutto il resto. Afgtg, sì lo so. Io amo il natale. Pensate che ieri ho fatto tipo una maratona delle puntate natalizie di glee (sì, la puntata non mi è proprio piaciuta e da klainer sfegatata, sono incazzata) ma lasciando stare questo, FINALMENTE AGGIORNO YEP.                                                            
Sì, tutta questa è opera mia. Se volete abbracciarmi o diffondere il vostro amore, fate pure :3              
No, okay, lol. In realtà questo capitolo, mi è molto a cuore, un po’ come quello precedente. Ci ho lavorato molto e sono contenta dei risultati. Specie per la parte in cui Chris prende il fiore e lo mette fra i capelli di Dare. Ho trovato ispirazione, senza neanche ricordarlo, da un immagine trovata tempo fa su tumblr, l’ultima moda delle coroncine di fiori e avevo visto Darren con una di quelle…eh, siccome, ce la avevo in testa, mi sono detta, perché no? Fa tanto ‘’figli dei fiori’’ but who cares? E quel fiore esiste veramente. Proviene dall’india. Ne sono particolarmente rimasta attratta per via dei colori, il rosso è il colore della passione quindi…ehehehe.
Ogni fiore è segno d’amore.
Claudia, stop it. Quando comincio è difficile farmi smettere. Okay :c
Avete riconosciuto il posto di Darren? Uhm, qualche capitolo indietro, il piccolo Darren che decide di scappare di casa, per colpa di quello stronzo di padre che ha (scusate, ma è vero, è tanto stronzo e.e ), vi dice niente? Sì, il posto è quello. Complimenti a chi lo ha capito (?) *clapclap*
Spero vi sia piaciuto, al prossimo. 

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Capitolo 29
*** Capitolo 27. ***


''I'll put your poison in my veins
They say the 
best love is insane, yea
I'll light your fire till my last day
I'll let your fields burn around me, around me
If that's what you wanted''


CHAPTER 27.




Darren si rigirava nel letto, l'amore non gli dava tregua. Morfeo non era dalla sua pate nemmeno quella volta. Quel letto era troppo grande e freddo per uno così, decise di alzarsi, infilò le sue ciabatte, indossò la vestaglia e si diresse giù. Percorse le scale con calma e decise di andare da Chris. Fuori pioveva e il rumore della pioggia echeggiava nei corridoi vuoti. Attraversò il piccolo corridoio che portava alle stanza della servitù e arrivò a quella di Chris. Con sorpresa vide la porta semiaperta e pian piano la spalancò, notando un angelico Chris che dormiva, aggrappato al cuscino. Ogni volta che un tuono invadeva la stanza di rumore, Chris sussultava leggermente. Il suo respiro era quasi impercettibile ma Darren riusciva a sentirlo. Dormiva beataente e a Darren non andava di svegliarlo. Perciò socchiuse la porta e si diresse verso la cucina. Quando aprì la porta, la fiamma del camino ondeggiò e fu quasi sul punto di spegnersi. Un calore improvviso investì Darren, che si chiese come mai il camino fosse acceso. Entrò lentamente, guardandosi attorno ma quel fuoco illuminava ben poco. «Darren!» si sentì chiamare. Ricontrollò l'area circostante e notò una figura nella penombra. «Chi siete?» chiese, sforzando la vista. La figura si avvicinò al fuoco e si fece più nitida. I capelli lasciati liberi sulle spalle, il loro colore accentuato e un visino dolce dalle guance arrossate.
«Sono Julie, non avere paura.» Julie gli porse la mano e Darren la baciò con fare aggrazziato. «Che ci fai qui a quest'ora?» «Potrei rivolgerti la stessa domanda.» si allontanò da lui e si diresse verso i fornelli dove una piccola teiera di latta fumava. «Non riesco a chiudere occhio.» disse lui, guardando Julie che si muoveva nel buio. Riapparì.
«Come mai?» gli porse una tazza di té caldo. «Prendi, stai morendo di freddo. Darren l'accettò, sorridendo. «Grazie.» bevve un sorso.
«Non so, il pensiero di Chris mi pervade.» Julie rise, prendendo prosto di fronte a lui.              
«So esattamente cosa si prova, l'amore è come un uragano che bussa alla tua porta, ti fa estremamente bene e poi si diverte a distruggerti. Se ne esci vivo o addirittura illeso...beh, allora niente può farti paura.» Darren la osservava attento, chiedendosi il motivo di tanta saggezza in quella ragazza così giovane. Julie sorrise. «Stai bene? Sei incantato!» rise piano, sorseggiando il suo té. In quell'istante Darren cercò conferma nelle parole di quella donnina e un nubifragio di emozioni lo investì. I ricordi gli mettevano lo stomaco in subbuglio ma uno in particolare lo fece sorridere come non mai: il loro primo incontro prima della maledizione. Il freddo, la tempesta, il dolore e poi l'accoglienza, il caldo, la gentilezza e due occhi azzurri come il cielo. Il suo grande cuore lo aveva colpito all'istante e aveva deciso che lo avrebbe per sempre definito il suo angelo. Chris gli aveva offerto ciò che nessuno si sarebbe disturbato ad offrire, un tetto, un posto caldo, cibo ma soprattutto amore. E da quando si erano rincontrati a Manchester tutto si era fatto più bello e a tratti doloroso. Allora Darren fu d'accordo con lei: l'amore gli aveva letteralmente sfondato le porte del cuore, trascinandolo in un turbine di sentimenti senza fine e che non lo facevano respirare come si deve.
«Hai ragione, Julie.» sospirò Darren, passandosi una mano fra i capelli. Julie sorrise, guardò già e poi si volse verso la finestra.  
«Lo so, ti si legge nello sguardo.» bevve ancora e finì la sua bevanda, alzandosi per andare a lavare la tazza. Darren si accorsa che la sua era diventa fredda e la bevve velocemente come se fosse una medicina. Si alzò e la raggiunse, accendendo una candela lì vicino. «Grazie.» mormorò lei, afferrando la tazza. «Mi hai detto che pensi che la maledizione si sia spezzata, dico bene?» disse, guardandolo.
«Sì, ma non capisco perchè io sia ancora qui. Se ricordi, allo spezzarsi della maledizione sarei dovuto tornare a Londra...» il silenzio invase la stanza lì intorno, poi la ragazza prese parola.        
«E se dovestri essere tu ad andare via?» afferrò la pezzuola vicino al lavello e si asciugò le mani. Quell'idea fu per Darren come un faro in mezzo al mare in tempesta. Perchè non gli era venuta in mente prima? Avrebbe preso Chris, salutato Julie e Harry e avrebbe ordinato una carrozza che li avrebbe portati a Londra. Era un'idea perfetta. Prese il viso di Julie fra le mani e le baciò la fronte. 
«Sei- un - genio.» scandì le parole. La ragazza rise e ammiccò. Tornò a sedersi e prese a parlare. «Vi aiuterò a fuggire. Domani, nel pomeriggio. Chiamerò una carrozza.» disse orgogliosa. Darren la guardò e sorrise grato a quella ragazza per ciò che stava facendo. «Grazie per ciò che stai facendo Julie, nessuno ne sarebbe capace.» si avvicinò e la abbracciò da dietro, sorprendendosi di quel suo gesto.                  
«E di c-che? Lo faccio perchè siete importanti e...siete la mia coppia preferita, la più bella.» lo strinse più forte, credendo a ciò che diceva. Voleva loro un gran bene e avrebbe fatto di tutto per vederli felici.
«Però è meglio che tu vada a dormire se domani vuoi essere riposato.» Darren annuì, sciogliendo l'abbraccio. «Anche tu» replicò «perciò ti accompagno.» spense le candele e buttò l'acqua nel camino. La prese sottobraccio e la riaccompagnò in camera sua. «Allora buonanotte Darren.» disse piano. «Buonanotte a te, cara Julie. E grazie ancora.» sorrise cordiale e aspettò che lei chiudesse la porta per dirigersi in camera e sprofondare nel sonno.

                      
                                                                                   **


Era passato poco tempo, da quando le stelle e la luna, avevano lasciato il posto, a un sole che stavo pian piano stava sorgendo. Ed era passato poco tempo, da quando Darren si era alzato dal suo letto, si era sfregato gli occhi con le mani e silenziosamente, senza farsi notare, era uscito dalla sua stanza e aveva chiuso la porta dietro di sè. Si era messo in punta di piedi, aveva tentato di sistemarsi i capelli, ma era riuscito soltanto a scombinarli ancora di più e quasi a passo di danza, era sceso di sotto e attraversato i corridoi, fino a raggiungere la stanza di Chris. Aprì la porta, appoggiando piano la mano sulla maniglia ed entrò dentro. La socchiuse un po' e rivolse lo sguardo a quello che doveva essere Chris girato di un fianco e ingarbugliato nelle coperte, peggio di un bambino piccolo che fa i capricci per andare a dormire e che si dimena nel suo letto. Si fece scappare un piccolo sorriso e sempre in punta di piedi, si avvicinò. Guardò meglio e notò che a quanto pare, qualcun'altro combinava ancora più caos con le lenzuola, la notte. Le lenzuola di color chiaro erano scombinate, con delle pieghe sopra. Sorrise di nuovo. L'espressione beata di Chris che dormiva, lo lasciò ammaliato. Gli occhi serrati, quelle ciglia chiare, i capelli scombinati con quel ciuffo un po' ammaccato sul cuscino, le labbra sottili e dischiuse in un espressione beata. Neanche l'alba che si intravedeva dalla finestra era paragonabile a quell'angelo che dormiva. Sempre facendo attenzione, si calò in avanti, poggiò le mani di lato, in quei due piccoli spazi liberi del letto e gli diede un piccolo bacio sulla guancia. Si sporse ancora un altro po', notando il suo collo scoperto dalla pelle pura, chiara senza neanche un difetto. E si intravedevano delle piccole vene. Allora, diede un bacio sull'incavo del suo collo, poggiando le labbra su quella piccola porzione di pelle. Cercò di alzarsi ma una voce ovattata e ancora impastata dal sonno, lo fece fermare a mezz'aria.
«Ehi...» pronunciò Chris, muovendosi lentamente, ancora con gli occhi chiusi. Cercò di girarsi di fianco, ma inutilmente, perchè si ritrovò ancora più ingarbugliato di prima, ostacolato dalle lenzuola. Cercò di imbronciarsi, ma non ci riuscì, perchè non ne aveva la forza e perchè Darren stava ridendo e non riusciva mai a mettere il broncio, quando la sua risata era così allegra, contagiosa. E soprattutto, quando gli strappava un sorriso. «Lo sai che sei meglio di me? Intendo, in questa cosa.» disse Darren, stavolta portando le mani sui suoi fianchi, abbracciandolo da dietro e distendendosi.  
«In...in cosa?» rispose Chris curioso, fargugliando e cercando di aprire gli occhi ma senza ottenere risultati. Darren si avvicinò ancora di più a lui e poggiò il mento tra la sua spalla e il suo collo, respirando il suo dolce profumo. «A fare la battaglia con le lenzuola, ovvio. Devo ammetterlo, credevo di essere il numero uno in quello, ma tu mi superi, non c'è che dire.» disse Darren scherzando. Arricciò il naso e rise un po'. Chris riuscì ad aprire gli occhi, strizzandoli un po' e iniziò a ridere anche lui. Seriamente, come poteva essere così bambino a volte? Chris non lo sapeva, ma amava questo suo lato. Lo faceva ridere, era terribilmente adorabile. Lo faceva ridere, era terribilmente adorabile. Lo faceva stare bene. 
«Oh beh, mi dispiace ma io mi aggiudico il primo posto. Ritieniti battuto.» rispose Chris, stando al gioco, continuando a ridere fragorosamente. «Bisogna anche saper perdere a volte.» affermò Darren, cercando di uscirne vincente. «Non riuscirai a convincermi che non ti dispiace nemmeno un poco di aver perso.» e dicendo questo, si voltò quel tanto che bastava, verso di lui e lo sfidò con lo sguardo.
«Certo che mi dispiace, ma tanto avrò il premio di consolazione.» Darren scrollò le spalle, arricciò di nuovo il naso e piegò un po' la testa di lato. Chris lo guardò serio per qualche secondo, prima di rispondere. Credeva davvero che fosse così facile?    
«Uhm...ne sei davvero così sicuro?» disse beffardo, deciso sempre restando al gioco, non staccando gli occhi dai suoi. Anche perchè, non ci sarebbe riuscito neanche volendo, erano come delle calamite.  
«Sì, assolutamente.» disse Darren, sicuro di sè. Chris lo osservò attentamente, non poteva lasciarlo vincere. Cercò di metterlo in difficoltà.  «E in che cosa consisterebbe questo premio?» chiese, con finta aria innocente, sbattendo le palpebre, cercando di sembrare il più credibile possibile. Darren si giocò quest'ultima carta a suo favore, era facile. Abbassò la testa di lato, le sue labbra si curvarono in un labbruccio e poi cominciò a farfugliare qualcosa.                                                    

«Beh...ecco non sarebbe male se, per esempio tu...ecco...» continuò a dire, non arrivando mai al punto. Chris rise ancora di più mentre lo vedeva compontarsi in quel modo. Darren rimase ancora con la testa bassa e assunse un tono innocente, colpevole. «Perchè stai ridendo?» chiese, imbronciato, alzò le sopracciglia e arricciò le labbra in una smorfia. «Perchè sei incredibilmente bambino e adorabile, ecco perchè.» disse sofficemente e sul suo viso si formò un sorriso. Darren alzò lo sguardo e trovò due occhi azzurri che ridevano. Sì, ridevano, erano luminosi, pieni di gioia. «Non sarebbe male se io, cosa?» chiese ancora Chris, ma sospirando questa volta. Si ritrovò davanti Darren, a pochi centimentri dal suo viso, intento a fissare le sue labbra. Chris si morse le sue, capendo ciò che intendeva. Il respiro caldo di Darren si infrangeva contro le sue labbra e lo mandava in estasi. Non riusciva più a pensare o a elaborare qualcosa di sensato quando questo accadeva, non era nella condizione di ritornare in sè.
«Se tu mi baciassi...» sussurrò Darren, solamente. Sussurrò quelle quattro parole con tanta voglia, enfasi, una voce più grave e bassa del solito e sopratutto, con le labbra così vicine, che Chris quasi perse il respiro. Ma andava bene, lo avrebbe perso ogni volta che Darren era così vicino a lui, se sarebbe stato neccessario. E quando sentì le sue labbra premere sulle sue, capì di averne sentito la mancanza, di averne sentito il bisogno. Si diedero un bacio lento, delicato, approfondendo ogni singola volta che le loro labbra si toccavano. Sembrava incredile come un solo bacio, potesse liberare tutto ciò che provavano, tutto ciò che li frustrava o che rimaneva chiuso lì, senza la possibilità di uscire. E non sapevano come avevano fatto senza per tutto quel tempo. Appena si staccarono, Darren strofinò il naso contro quello di Chris, che sorrideva ampiamente a quella visione.    
«Mi dispiace di averti svegliato, però mi era mancato tanto farlo.» disse piano e dolcemente, guardandolo. «Anche a me, non sai quanto.» rispose Chris avvicinandosi di nuovo alle sue labbra. Poi, sbadigliò e si coprì la bocca con la mano.  
«Scusa, è che la battaglia con le lenzuola mi ha sfinito questa notte.» rise un po'. «Oh, ci credo.» rise anche lui. «Hai ancora sonno?» chiese, vedendo quanto fosse ancora stanco e insonnolito. «Sì, un po', ma non fa niente, davvero.» rispose in un modo poco convincente. Darren si lasciò sfuggire un piccolo sorriso. Lo baciò un'altra volta. «Dormi ancora un altro po', è ancora presto.» gli disse, premuroso. Chris non se lo fece ripetere due volte e annuì. «Però tu resta qui, ti prego, non andare.» lo supplicò, prima di voltarsi e riprendere il suo sonno.«Tranquillo, non ti lascio. Avanti, continua a dormire.» lo abbracciò ancora più forte, incrociando le sue braccia intorno ai suoi fianchi. Gli avrebbe detto tutto dopo, c'era ancora tempo. E poi gli era mancato tanto stargli così vicino, avere questi momenti con lui. Chris incontrò il suo sguardo un ultima volta, gli diede un piccolo bacio sulle labbra e poi si girò, addormentandosi così, con la visione degli occhi di Darren nella sua mente.


                                                                         **


E la mattina arrivò così, silenziosa, nella quiete più pura. In quel sole che, scaldava tutto intorno a sè, il paesaggio, la reggia. E svegliando Darren per primo. Si era addormentato anche lui, lasciandosi trasportare dal respiro regolare di Chris e dai pensieri più sereni. Lo aveva svegliato dolcemente, spostandogli il ciuffo dei capelli e baciando proprio quella piccola porzione di pelle sulla sua fronte. «Buongiorno, azzuffa - coperte.» pronunciò sospirando e ancora una volta stupendosi di quanto Chris potesse essere simile o addirittura più bello di un angelo. Chris si girò piano, voltando il viso. La visione di Darren fece subito affiorare un sorriso sulle sue labbra.
«Buongiorno anche a te.» disse lentamente, osservandolo ancora un po'. Se c'era qualcosa che amava di più del baciarlo, era quando dormivano abbracciati e lui lo teneva stretto a sè, dandogli calore e facendolo sentire al sicuro. Si scambiarono un piccolo bacio e scesero di sotto per fare colazione. Arrivati in cucina, vennero salutati da Julie, che con i suoi capelli mal raccolti e con una scopa tra le mani, stava spazzando il pavimento. «Buongiorno Chris, buongiorno Darren. Dormito bene?» chiese premurosa, sistemandosi il grembiule. «Sì, bene, grazie.» rispose Chris per entrambi con un sorriso. Poi, le si avvicinò e la baciò sulla guancia. «Tu invece? Mi sembri molto stanca, Julie.» continuò, guardandola attentamente. Julie portò una mano dietro, per sistemare meglio i suoi capelli.
«Sì, sì, non preoccuparti.» accennò un sorriso. Darren le fece l'occhiolino e Julie capì subito che era un modo per ringraziarla ancora dell'idea che le era venuta. Ricambiò. Dopodichè, arrivò in cucina e vide Chris già fare colazione, allora, prese una tazza dalla credenza, la riempì con del thé e prendendo qualche cosa da mettere sotto i denti e si sedette di fronte. Tra un sorso e l'altro, ogni tanto, teneva gli occhi fissi su lui e non smettendo di sorridere, abbassava gli occhi ogni volta che Chris li alzava. Però non durò a lungo, perchè proprio mentre Darren ripeteva di nuovo quell'azione, Chris alzò all'istante lo sguardo, cogliendolo subito. «Che c'è, perchè mi guardi in quel modo?» chiese lui, curioso, posando la sua ciotola sul tavolo. Darren scrollò le spalle, non riuscendo però, a levarsi quel sorriso dalla faccia. «Niente.» disse tranquillamente lui. Chris fece una smorfia, arricciando il naso e poi, osservandolo bene. «Non ti credo, conosco quello sguardo, che cosa stai pensando?» chiese, alla fine. Aveva ragine, non gli si poteva nascondere niente. Il suo sguardo rivelava tutto perchè uno sguardo era una parola perfetta, senza errori da poter correggere.
«A quanto sei così impossibilmente bello.» disse, anche se non era quello, l'unico motivo per cui stava sorridendo o almeno, il principale. Chris sbuffò e lo guardò seriamente. «Davvero? Stai pensando davvero a questo?» chiese stavolta, alzando il viso dalla sua ciotola piena di cereali. «Tra le tante cose...» disse posando la sua mano a coppa, sul mento e l'inizio della sua guancia. Si fermò un istante, poi continuò. «Sì.» ammise, deciso e più convinto che mai. Chris abbassò il capo e poi lo guardò «Ti amo.» pronunciò delicatamente, assorbendo tutto il significato di quelle due parole che sembravano banali ma in realtà, erano la cosa più essenziale. «E non credo di poterti superare in questo, invece perchè tu sei incredibile.» sospirò alla fine. Fu allora che, gli prese la mano e cominciò ad accarezzarla con il pollice, disegnando dei piccoli cerchi immaginari. Gli occhi di Darren in quel momento erano strabilianti, brillavano ed era come se un fascio di luce li stesse attraversando. Strinse le labbra in un sorriso piccolo, ma addolcito. «Ora...» continuò Chris, sempre mantenendo gli occhi su di lui. «Vuoi dirmi il vero motivo?»
«Bene, non posso nasconderti niente...quindi, ti dirò soltanto che riguarda noi due e...» continuò vago. «E?» incalzò curioso Chris. «Ricordi quanto ti ho raccontato? Che quando Sir Thomas sarebbe andato via da me, sarei dovuto ritornare a Londra?» «Sì, ma sei rimasto bloccato qui...» «Non che mi sia dispiaciuto...» continuò Darren sorridendo malizioso. Chris abbassò di nuovo il capo e ridacchiò. «Se è per questo neanche a me.» e rialzò di nuovo il suo sguardo, ammiccando. Darren restò a fissarlo per un po', con i più svariati pensieri per la testa. Il che, non risultò essere notato da Chris, perchè anche lui era rimasto a guardarlo.
«
Ehm...sì» riprese Darren, cercando di riprendere il discorso. Chris sogghignò. «Sono rimasto bloccato qui, ma non lo sarò ancora per molto. O almeno non lo saremo.» disse all'ultimo, guardandolo. «Aspetta...intendi dire che...è quello che penso? Oh cielo.» si coprì la bocca con la mano, non credendoci. «Voglio iniziare questo nuovo inizio con te, Chris.» disse lentamente, poi continuò. «E solo lasciando questo posto, potremmo iniziarla insieme.» spiegò. Bastò un solo secondo o forse di meno per far alzare Chris dalla sedia, che arrivò vicino a lui. Delle piccole lacrime si trovavano agli angoli dei suoi occhi, e il suo sorriso aveva formato due piccole pieghe. Si piegò un po' per arrivare alla sua altezza.
«Però manca ancora una cosa...» continuò trovandoselo stavolta sulla sua visuale. «Non voglio costringerti, quindi...» prese un respiro. «Vorresti iniziarla insieme, vorresti iniziarla con me?» strinse le labbra, con gli occhi pieni di speranza. Chris poteva sentire il suo cuore dargli la risposta, battendo così assurdamente veloce. Gli prese il viso fra le mani. Non c'era cosa più grande che lui desiderasse. «Non desidero di più, Darren. Voglio svegliarmi accanto a te, baciarti ogni volta che ne ho il bisogno per sentirti vicino, arrabbiarmi con te ogni qual volta ne avrò la ragione, stupirmi di quante volte metterai il labbruccio e farai il bambino.» disse tutto quanto non staccando il contatto occhi, come se fosse la cosa più semplice e essenziale che ci fosse al mondo. «Quindi sì, voglio iniziare tutto questo con te al mio fianco.» concluse con i suoi occhi lucidi che notarono subito un sorriso spuntare sulle labbra di Darren. Un sorriso diverso dagli altri. Un sorriso che raccontava quanto lui fosse felice, emozionato, estasiato in quel preciso istante, di aver trovato l'amore e di poterlo finalmente vivere.


                                                                       **


Il pomeriggio era finalmente arrivato. Il maltempo non dava nessuna tregua e il cielo era plumbeo. Il vento fischiava e il freddo stava per diventare pungente. Chris fissava le fronde degli alberi muoversi, preoccupato. «E' in arrivo in tempesta.» disse rivolgendosi a Darren, seduto sul divanetto del salone, con le mani chiuse a pugno sotto il mento. I suoi occhi erano un misto di compresione e tranquillità.    

«So che sei preoccupato.» disse sospirando ma dobbiamo farlo.» si alzò diretto verso di lui. Gli cinse la vita con le braccia e gli baciò l'incavo del collo. Chris cominciò a ridere. «Oh Darren, non qui!» «Perchè?» gli sussurrò, ridendo. Risero per un po' quando un colpo di tosse li fece fermare. «Ehm, mi dispiace disturbarvi...» Julie li guardò imbarazzata, mortificata per aver distrutto quel momento. Harry era dietro di lei, come se si stesse nascondendo. «Dimmi Julie.» disse Darren sistemandosi. «La carrozza è qui, vi aspetta fuori dal cancello.» Darren e Chris si guardarono. «Vi accompagno.» lasciarono la casa e percorsero il grande viale che portava ai cancelli: una grande cancellata in bronzo con degli anelli dorati in ogni asta. «Bene,» iniziò Darren «è arrivato il momento di salutarci.» con una punta di tristezza fece per avvicinarsi a Julie ma lei lo precedette e corse verso di lui, abbracciandolo forte. Fra le sue braccia sembrava una bambina. «Ho sempre saputo che eri una bella persona. Ho sempre saputo che ti celavi dietro i comportamenti di Sir Thomas. Anche se abbiamo passato questi pochi giorni insieme é come se ne avessimo passati ancora di più. Mi mancherai Darren, tanto.» sciolse l'abbraccio e lo guardò sorridendo. Un singhiozzo alla loro sinistra li interruppe. Chris piangeva a dirotto. Julie abbracciò anche lui. «Sei la persona con cui mi sono legato di più qui dentro. Mi hai accolto fin dal primo momento e mi hai sempre ascoltato. Grazie di tutto.» si passò un palmo sull'occh'io destro e le sorrise. «Tu sei stato il primo che mi ha fatto sentire accettata. Non ti dimenticherò mai. Sono io a doverti ringraziare.» stettero abbracciati per due minuti fra singhiozzi e ''ti voglio bene.'' Quando il vento cominciò a soffiare più forte, Julie incalzò i due affinchè salissero sulla carrozza. Ma Chris volle salutare anche Harry, ringraziandolo per non averlo licenziato quando ritardò. Darren e Chris diedero uno sguardo alla reggia che, vista in lontananza, era davvero maestosa e raggiante col suo stilo tipico dell'Inghilterra e con i suoi splendidi e rigogliosi giardini. Si guardarono negli occhi perchè fra quelle quattro mura avevano vissuto tanti piccoli momenti che avevano contribuito a coltivare il loro amore che stava crescendo come i fiori lì attorno. E il loro era in assoluto il fiore più bello.






¦ Roberta' space: E salve cittadini di Efplandia! Dopo quasi due secoli siamo tornate con un capitolo troppo lungo ma SSSSSPUMEGGIANTE! Ubi maior, minor cessat perciò ringraziate Claudia senza la quale questo aggiornamento non avrebbe visto la luce uhuh *clap clap* Come è iniziato questo 2014? Personalmente non ho fatto altro che leggere, studiare e scrivere, i miei Crisscolfer mi hanno dato ispirazione e ho scritto quattro pagine di quaderno di capitolo. Cosa abbiamo? Un meraviglioso momenti Juliarren! Sono fluffosi e Claudia è arrivata ad affermare che ''sembrano fratelli!''. Finalmente Darren è libero dalla maledizione e vuole scappare ma non sa come e Julie lo aiuta. Lo comunica al nostro Chris e partono anzi, ancora non si sa. Qualcosa li ostacolerà, ma cosa? eheheh. Non potete capire quanto ci abbiamo ragionato sù. Avevamo una massa di confusione in testa e abbiamo dovuto riordinare tutto. Così mi ha chiamato e dopo aver scherzato come due fuori di testa, abbiamo organizzato tutto, parlando anche dei capitoli futuri. EHEHEH, so che adesso vi è salita la curiosità e vi dico SOLTANTO che i capitoli che seguiranno saranno molto, MOLTO allettanti. Non vediamo l'ora di scriverli. Eh sì, nel prossimo capitolo andrete TOTALMENTE fuori di testa perchè........non potete saperlo, dovete aspettare! <3 Bene, con questo mi congedo, fateci sapere se vi è piaciuto o se vi ha fatto schifo tramite una recensione, non vi mangiamo aw. Grazie per l'attenzione e alla prossima miei prodi :3



¦ Claudia' space: Ciao a tutti *ritornacoprendosilafaccia* sì, so cosa starete pensando ''Aggiornate adesso? Dopo tutto questo tempo? Ma come non vi vergognate?'' Eh sì, SHAME ON OUR, ci dispiace ma, oltre ai compiti e altre cose, io ho avuto dei problemi personali e familiari quindi non è stato un bel periodo per me. Sinceramente non lo è neanche adesso ma, oggi la mia giornata è stata salvata dalla mia migliore amica con cui ne ho parlato e con cui mi sono sfogata. Mi sono tolta un bel peso di dosso. E non vedo l'ora che ricominci glee, perchè oltre a lei, riesce a darmi la forza. Soprattutto in questo ultimo periodo, Lea con le sue canzoni, non vedo l'ora che esca il CD dashdfkfl. Ma okay non voglio deprimervi o annoiarvi più, THIS CHAPTER GUYS. Sì, l'idea dell'azzuffa - coperte è stata mia anche perchè mi sono immaginata per filo e per segno tutta la scena e anche perchè mi ci rivedevo tantissimo, per quando mi sveglio e resto a casa lol Awwo da sia. Rob la ha chiamata la parte del ''se tu mi baciassi'' eheheh. My fault. Sorry. Se volete sapere qual è la canzone, è degli One Republic ''what you wanted'' also la soundtrack di the fault in ours stars (sì, anche io sono in fomento per l'uscita del film, piansi tante lacrime leggendo quel libro ç___ç) Anyway, riusciranno a scappare via? Lo scopriremo nelle prossime puntate (?) tatatatataaaa *esce con musica d'effetto*

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Capitolo 30
*** Capitolo 28. ***


For this, the deaf will have to wait                                                                                 
my head, is holding on to all those things you said                                                    
you taught me to be strong and get through it,                                                          
the mist of darkness in my head.                                                                                          
I dig my shallow grave , It's not me you'll save                                                                      
 cause I'm a lost cause.

 

 
Chapter 28.
 
 
Darren entrò dentro, seguito dal cocchiere e dietro di lui, seguiva Chris. Si guardò intorno, cercando di vedere qualcuno gironzolare per casa ma tutto sembrava silente, muto. «JULIE, HARRY! » gridò, sperando che qualcuno venisse in loro aiuto. Nessuno sembrò sentire, rispondere. Il vuoto assoluto. Riprovò, questa volta più forte. «Julie, Harry!» ripeté, gridando. Si chinò a terra, con il corpo di Sir Thomas fra le braccia, e cominciò a piagnucolare. Chris si mise accanto a lui, cercando di consolarlo e notando il dolore nei suoi occhi.                      
«Che qualcuno mi aiuti…» sossurrò, a voce bassa, supplichevole. Cominciò piano a dondolarsi avanti e indietro. Stavolta, con tutta la sua voce, fu Chris a gridare. «Julie, Harry! C'É QUALCUNO IN QUESTA CASA?» gridò, fino a diventare rosso. Darren gli rivolse un piccolo sguardo di gratitudine. Dopo circa un secondo, Julie cominciò a scendere le scale. «Che cosa succede?» chiese, sconvolta e scendendo in fretta. Vide Chris e Darren chinati a terra e Darren che stringeva qualcosa tra le sue braccia. Si avvicinò all'entrata. Notò un uomo, o meglio un cadavere, in mezzo. Strabuzzò gli occhi, cercando di elaborarne meglio i lineamenti, i tratti. Appena realizzò chi fosse, la prima cosa che fece fu urlare. E poi si portò una mano alla bocca per il disgusto. Dopo qualche secondo, il rumore dei passi di Harry, si sentì per tutto il corridoio. Come se stesse percorrendo chissà quale labirinto. Appena arrivò, mise le mani sui fianchi. E indignato disse: « Insomma, si può sapere perché state schiamazzando in questo modo? Cosa sta succedendo?» Tutti rivolsero il loro sguardo verso di lui. Tranne Darren, che lo guardò dopo un altro po', con gli occhi lucidi. «Aiutatemi. Vi prego. Dobbiamo seppellirlo come si deve.» la sua voce sembrò riprendersi. Harry non capì in un primo momento. Poi, i suoi occhi vennero colpiti da una figura scura, come inerme, sul pavimento e con la testa rialzata, per via delle braccia di Darren. Realizzò chi fosse. E non volle crederci. « Non può essere, dopo tutto questo tempo... » disse solamente, come stupito, si avvicinò e insieme agli altri aiutò a portare dentro Sir Thomas. Nella stanza calò il silenzio. Nessun suono, nessuna mossa. Il tempo si congelò, così, dal nulla. Lasciando solamente il dolore intrappolato all'interno.

 
                                                                                         
 
Il vento soffiava verso le fronde degli alberi, facendole muovere appena. Quel movimento insieme al cielo pieno di nuvole, sembrava accompagnare il dolore di tutti. Darren, Chris, Julie ed Harry erano riuniti in giardino attorno a quella buca, che Harry e Darren, avevano scavato qualche minuto prima, sollevando il corpo di quell'uomo e adagiandolo al terreno. Poi, con delle piccole pale lo avevano ricoperto di terra, seppellendolo. Darren poi, si era piegato sulle ginocchia e con l'indice della mano destra, aveva scritto sulla terra: «Giace qui, Sir Thomas. Che possa riposare in pace. E vivere finalmente felice, tra le braccia della sua Lauren.» dopo aver dato un ultimo sguardo a quelle parole, si era alzato piano e scrollandosi quella poca terra che era rimasta ancora sul suo dito, con l'altra mano, era ritornato vicino a Chris. E ora si trovavano lì, in silenzio. Julie portava un fazzoletto agli occhi, si stava asciugando le lacrime agli angoli degli occhi. Harry portava le mani unite davanti a sé, con lo sguardo basso. Chris aveva appoggiato la testa sulla spalla di Darren e aveva abbassato gli occhi, intenti a fissare il terreno sotto di lui. Darren invece guardava quella piccola tomba, pensieroso. Pensando che sì, Sir Thomas poteva anche essere stato un uomo astioso, rancoroso, pieno di sé, a volte vendicativo, ma se c'era una cosa per cui lo avrebbe ringraziato in eterno, era di avergli dato la speranza e di averlo fatto combattere per ciò in cui credeva, cioè nell'amore tra lui e Chris.
 
 

 
Il tintinnio della porcellana sul piatto d'argento si avvicinava. Il cielo cominciava ad assumere una sfumatura violetta. In quella stanza il silenzio era la presenza più pressante. Da quando quel corpo era stato lasciato a riposare in pace, nessuno aveva aperto bocca, un po' per la commozione, un po' per lo stupore e un po' perché in quei casi non si sa bene cosa dire. Julie si piegò e posò il piatto sul tavolino di fronte al divano e alle due poltrone. Chris e Darren erano seduti sul divanetto rosso. Chris fissava un punto sul pavimento, lasciando che i pensieri gli distruggessero la mente. Con gli occhi ancora rossi per il pianto, respirava a grandi polmoni ogni tanto, senza parlare. Dal canto suo, Darren non disturbava Chris, sebbene gli duolesse vederlo così. Anche lui aveva i suoi pensieri, ma erano per di più domande. Quando si trovò davanti il vassoio, allungò la mano e versò un po' di latte caldo nella tazza. Lo zuccherò e la porse a Chris. «Amore, prendi. » Chris lo guardò e afferrò la tazza abbozzando un sorriso. «Ti farà bene.» «Grazie» rispose, poggiando la testa sulla sua spalla. «Allora, » Harry spezzò il silenzio. «che volete sapere? » puntò i suoi occhi neri su Darren. «Tutto quello che potete raccontare. » Harry chiuse gli occhi e ricordò.
 

 
Flashback.
Le sue urla si sentivano in tutta la reggia.                                             
«Ancora!» scese le scale in fretta e trovò Harry, con espressione preoccupata. Sir Thomas era rosso in viso e aveva le sopracciglia aggrottate.                     
«Ancora Harry!» ripeté agitando una lettera in aria.                                       
«Thomas, devi pagare oppure continuerai a riceverle. E nel peggiore dei casi verrai rinchiuso in una squallida prigione. » sentenziò il maggiordomo strappandogli di mano il foglio. Sir Thomas lo guardò. «Non posso pagarlo, lo sai.» «So che non puoi, ma cosa vuoi che faccia? É colpa tua, sprechi il tuo denaro per la tua stupida dipendenza!» «Tu non mi capisci! Tu non ci provi nemmeno. » una semplice conversazione si trasformò in un duello di parole.
«Thomas, io ti capisco, é che...» il suo tono si raddolcì e fece per mettere una mano sulla spalla di Sir Thomas ma quest'ultimo si scansò. «Non ci credo. Stai sempre qui a criticarmi ma non provi ad aiutarmi. Il tuo comportamento mi fa star male.» i suoi occhi si riempirono di lacrime ma, considerandosi un uomo forte, le ricacciò dentro così come ad altri sentimenti. Harry non disse nulla ma si dispiaque. «E adesso, chiamatemi una carrozza.» Harry annuì e Sir Thomas ritornò da dove era venuto. Quando il cielo si scurì e le stelle cominciarono a brillare, Sir Thomas fece ritorno. L'orologio a cucù segnava mezzanotte. Era suo solito tornare. a quell'ora perciò Harry lo aspettava per fargli assistenza, dato che non rincasava in buone condizioni. Il campanello suonò ed Harry si precipitò fuori.
«Signor Harry!» urlò George. Aveva un braccio di Sir Thomas sulla spalla e lo sosteneva. «Prenda Sir Thomas, non sta bene.» Harry sbuffò e se lo caricò. «Oh Thomas, sei ubriaco!» barcollò con Sir Thomas fino al salone dove inciampò. Cadde in ginocchio con l'uomo fra le braccia. «Collabora almeno.» Harry cercò di rialzarsi ma fu impedito dalle lacrime di Sir Thomas.
 «Harry, devi aiutarmi, non so più cosa fare…» piagnucolava aggrappato alle braccia di Harry. «Mi manca Lauren più di ogni altra cosa, era tutto per me e adesso che non c'è il mio mondo non ha più senso. Non mi sento amato da nessuno. Non ho più nulla e mi sento solo.» Harry non sapeva che dire. Era a conoscenza del suo stato d'animo perché gli si leggeva negli occhi. Sapeva che aveva provato a togliersi la vita con un pezzo di vaso rotto perché aveva visto i segni sui suoi polsi. Ma non poteva fare nulla e pregava ogni giorno affinché lo sentisse parlare e tornare vivo a casa. Però Sir Thomas non avrebbe resistito molto e sentiva che di lì a poco sarebbe successo qualcosa e che avrebbe dovuto combattere col dolore. Gli voleva molto bene ed, essendo ancora un giovanotto quando lo conobbe, lo crebbe come se fosse stato suo figlio. É difficile abbandonare qualcuno che é stato importante per così tanto. «Thomas andrà bene, devi essere forte, per lei.»  lo abbracciò forte mentre le lacrime di Sir Thomas bagnavano il suo papillon. Pianse anche lui senza far rumore.
 
                                                                              **

 
«E la mattina del 18 Novembre 1800, Thomas Tomlin si suicidò.» Harry tirò su col naso e si asciugò una lacrima che rigava il suo viso. Per la prima volta Darren lo vide piangere e si rese conto che non conosceva bene il maggiordomo. Sapeva che era un uomo che aveva vissuto tante esperienze ma mai così tanto dolore. Rimase di sasso quando lo vide così fragile come carta pesta e gli venne voglia di abbracciarlo ma si trattenne. «Sentii un tonfo alle cinque del mattino. A quell'epoca fumavo perciò mi mettevo fuori a sfogarmi con qualche sigaro. Quella mattina avevo visto qualcuno barcollare, con lo sguardo fisso sul terreno. Pensavo che fosse Finn, l'aiuto giardiniere, che ogni mattina, molto presto, si alzava per annaffiare. Così lo salutai e lui ricambiò, sorridendo. Distolsi quindi lo sguardo e rientrai. Chiusi la porta alle mie spalle e quel rumore echeggiò nell'atrio. Riaprii la porta ma non vidi nulla. Corsi verso la camera di Sir Thomas e...» a quel punto sbiancò e iniziò a tremare. «Harry non continui se non se la sente.» si precipitò verso di lui. «No no, sto bene.» annuì e riprese il racconto.  «Le finestre erano spalancate e in quella stanza si moriva di freddo. Un foglietto mi arrivò ai piedi e lo raccolsi.»                                                                       
«Cosa diceva? » intervenne Chris prendendo la mano di Darren.                  
«Mi dispiace, ma devo raggiungere Lauren. Questo dolore mi mangia da dentro. Spero tu possa capire, Harry. Addio, grazie per essermi stato accanto.»  il debole maggiordomo si allontanò, rifiutando l'aiuto di Julie. Tornò indietro e si sedette al posto di Harry. Sospirò. «Soffre ancora tanto. Anch'io ci sono stata male ma lui ne é uscito devastato. E non so come aiutarlo.» abbassò lo sguardo e sorseggiò te caldo. Fuori ormai si era fatto buio e le stelle sembravano le lentiggini del cielo.

 
 
¦ Claudia' space: *sbircia* Ehilà!  Eh lo sappiamo, è passato un secolo dall’ultima volta che abbiamo aggiornato ma, vi posso assicurare che, abbiamo dei precisi e plausibili motivi. Rob, è dovuta partire, è andata in Spagna, precisamente, Madrid. Sì, la patria del mio (nostro) amatissimo Zafon, e quindi, non abbiamo potuto aggiornare *sigh* *sinasconde* Scusateci davvero tanto. Ma sapete com’è, pure lo sclero per le puntate, i Klaine a new york, e il trionfo dell’ammirevole e ormai star Rachel Barbra Berry, mi hanno tenuta anche impegnata. Per non parlare di queste vacanze stupende, passate a mangiare cioccolato, leggere, scrivere, dormire (ciclo continuo LOL) che però, mi hanno riportata a scuola ieri. Vi starete chiedendo, due giorni e per poi ristarsene a casa, venerdì? Eh sì, purtroppo la mia scuola ragiona così çç Vi avverto, il prossimo capitolo non sarà così ‘innocente’, la nostra Rob, lo ha dovuto partorire per benino ( e ci metterei anche io, cioè, gli scleri e le sudate che ci siamo fatte, neanche vi immaginate.) so, godetevi questo, e ci rivediamo al prossimo aggiornamento che vi prometto, sarà presto uu
 
 
 
¦ Roberta' space: ...salve miei amati lettori! So cosa starete pensando e m inchino al vostro cospetto, vi imploro perdono! "TAGLIATELE LA TESTA!" avrebbe urlato la Regina di Cuori, ma ognuno ha i suoi motivi. Sono passati tre secoli, ce ne rendiamo conto e questa storia é mancata a entrambe. Come vi ha anticipato Claudia, sono stata a Madrid con la scuola (esattamente un mese fa e un giorno) e non ho avuto tempo di scrivere...a dire il vero non ci ho nemmeno pensato! É stato bellissimo, un'esperienza da rifare c: *nobody cares Rob* PASSIAMO AL CAPITOLO! Cosa abbiamo? Un colpo di scena abbastanza raccapricciante che non vi aspettavate, che ho scritto con il cuore piccolo piccolo. Mi ero affezionata a Sir Thomas c.c Abbiamo anche un tenerissimo e attaccatissimo Harry, che soffre per la morte di quell'uomo che sembrava avere un cuore di pietra. I nostri Crisscolfer sfoggiano il loro amore alla luce del sole attraverso piccoli gesti che, personalmente, mi fanno impazzire aw anche nel dolore si amano, amori miei Scrivere il prossimo capitolo é stato un parto, nel vero senso della parola. Io e Cla abbiamo impiegato un sacco di tempo per scriverlo e abbiamo sudato un sacco di camicie. Pensavo fosse una passeggiata, ma OVVIAMENTE mi sono sbagliata di grosso :') Ci abbiamo messo il cuore, siamo pure morte un paio di volte quindi vi piacerà da morire, ne sono sicura! Btw, spero che questo capitolo tanto atteso vi piaccia! Godetevelo, il prossimo è già pronto quindi! Stiamo programmando gli altri, vediamo successi all'orizzonte! Alla prossima!
 
 
 
«F I N A L M E N T E» «Stai zitto tu» «Ma sentila» «Ti debello dalla storia e faccio fidanzare Chris con qualcun'altro» «...ti voglio bene, lo sai vero?» «Anch'io Darren» «Mi sei mancata...non ci credo che questo capolavoro sta per concludersi, mi piange il cuoricino» *occhi alla Blaine cucciolo* «Non fare quella faccia, mi salgono i sensi di colpa!» «Rimarrò con te, mi sono attaccato a te» «Amoore, anche io! Susu, saluta i lettori!» «CIAO AMICI ITALIANI»
 

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Capitolo 31
*** Capitolo 29. ***


¦ Claudia' space: So here we are…bene. Non so cosa dire, cosa provare. Questo capitolo lo ho immaginato così tanto e ci ho faticato, sudato, sclerato, orgasmato ( nel vero senso della parola. Sapete quanti filmini mentali mi ci sono fatta?) No, ma okay, torniamo a noi. L’inizio è fluff, tenero, così…INGANNEVOLE. State attenti, attenti, attenti. BE CAREFUL. THE DANGER IS ALWAYS BEHIND THE CORNER. L’infarto potrebbe arrivarvi in qualche momento, così come sono venuti a me e Rob. And I’m pretty serious. So, enjoy it. E mi raccomando, se avete qualcosa a qui aggrapparvi o non so, un fazzoletto, nel mentre leggete, prendetelo pure. Vi lascio con questa canzone dolcissima di Firefly di Ed Sheeran (che ho trovato perfetta per il capitolo e di cui mi sono innamorata) e con ciò che c’è scritto qui sotto, mentre scappo via, nascondendo la mia faccia,
 

 
Chapter 29.
We’ll stay quiet underneath shooting stars
If it helps you sleep and hold me tight
don’t let me breathe feeling like
you won’t believe.
Teach my skin, those new tricks
Warm me up with your lips heart to heart, melt me down
It’s too cold in this town.
Close your eyes, lean on me
Face to mouth, lips to cheek
Feeling numb in my feet
You’re the one to help me get to sleep.


 
Un cielo blu notturno, con le sue stelle più visibili e splendenti del solito, sorvegliava tutta la reggia, quella sera e forse, qualcosa in più. Si sentivano solamente il fruscio delle fronde degli alberi, che si muovevano lentamente ma in modo così armonioso e il cinguettio dei gufi, che rilassava e piombava nel più profondo e chiaro silenzio. Ad ammirare quella meraviglia, sopra i loro visi, Darren e Chris, distesi sull’erba, persi nei loro pensieri e nella visione di quegli ammassi di gas, così piccoli, ma luccicanti da mozzare il fiato. Uno affianco all’altro, respiravano appieno l’aria, e quella piccola brezza, che solleticava appena la loro pelle, dandogli piccoli e piacevoli brividi.                                            
«E’assolutamente stupendo.» commentò, Chris, sofficemente ed estasiato dalla visione. Darren, dovette concentrare per un attimo il suo sguardo, perché, era troppo intento ad ammirare qualcos’altro che non fosse, il cielo, al momento. Non resistette a lungo, e ritornò alla sua meraviglia preferita. L’espressione beata, le piccole labbra, gli occhi di un azzurro adesso, ancora più intenso, rispetto al blu notte del cielo, sopra loro due. Chris, avrebbe potuto sostituire una di tutte quelle stelle, lassù, per quanto era bello. Una, la più luccicante, quella che, ti avrebbe segnato la via di orientamento, ritorno e perdizione. «Già.» rispose, fievolmente, quasi come in un sussurro. La sua mano, spontaneamente, scese e incontrò la sua, intrecciandola. Chris sospirò e abbozzò un piccolo sorriso.              
«Mi riferivo al cielo stellato,  Darren. » disse e fece fermare il suo sguardo sulle loro mani. Una piccola scossa di brividi, salì lungo la sua schiena. Quella visione gli provocava davvero troppo. Era come se, combaciassero e fossero perfette per stringersi, unirsi l’una all’altra. Ritrovò se stesso, nei suoi occhi, girando appena il viso, di qualche centimetro. I capelli ricci di Darren svolazzavano un po’, coprendo e scoprendo, parte della sua fronte. Le sue labbra erano appena dischiuse in un piccolo sorriso, e i suoi occhi. I suoi occhi sembravano la risposta ad ogni cosa, con quel piccolo luccichio all’interno. Darren lo vide pensieroso, assorto in chissà che cosa, che lo tormentava.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiese dolcemente, accarezzandogli la mano con il pollice e inclinando un po’ la testa di lato. Chris, preso alla sprovvista, rimase per un attimo a bocca aperta e poi, facendo una smorfia e arricciando un po’ il naso. Cominciò a esitare se dire ciò che gli stava passando per la mente o no.
«Ti capita mai di… di pensare che da lassù, in qualche modo, le persone che noi abbiamo amato o che, non abbiamo mai visto fisicamente, ma a cui siamo stati sempre collegati…ci osservino? » chiese, finalmente, decidendosi e facendo qualche pausa di troppo, in modo insicuro nel parlare. Darren, in risposta, assunse un espressione pensierosa, aggrottando leggermente la fronte e facendo avvicinare le sue sopracciglia. Chris si morse un labbro, e abbassò la testa, ridendo quel po’ che bastava per realizzare, che cosa assurda aveva appena detto.                                              
«E’ stupido, assurdo lo so.» sospirò, cominciando a giocare con la mano libera, sui bottoni della sua camicia, come vergognandosi troppo di guardare Darren. Darren, si avvicinò a lui, e con voce dolce, gli rivelò che cosa ne pensava lui a riguardo. «No, non è stupido, affatto, penso che in qualche senso, sia vero.» parlo piano, con voce rassicurante e talmente adorabile che Chris, si girò di nuovo, verso il suo volto, non resistendo a quell’espressione da bambino, che aveva appena assunto. Le sopracciglia alzate quasi fino all’attaccatura della fronte, la testa un po’ inclinata di lato, forse un po’ troppo, e una specie di smorfia sulla sua bocca. Chris, allora, trovò la forza in quella sua dote a farlo sentire sicuro, e continuò con le sue domande e ipotesi. «Allora…insomma, pensi ci possa essere anche mia madre, ci possano essere anche i miei genitori, lassù? Anche se non li ho mai conosciuti, pensi siano anche loro, lì?’’ chiese, facendo una pausa.  E poi riprendendo.  «In mezzo a non so…tutte quelle altre anime, persone? » il suo tono vagante, sognante e quasi speranzoso, sorprese Darren e lo fece intenerire. «Sì.» rispose, sincero, dando un’altra occhiata al cielo che lo sovrastava.      
«Penso che tutti, anche mia madre, tutte le persone che abbiamo amato, siano lassù, a vegliare su di noi. E a guardarci, sorriderci. » sembrava così semplice, spiegare il tutto ma, Chris, notò una certa, saggezza nelle sue parole, che lo invitarono a non perdersi niente di ciò che stava dicendo.  
«A guidare le nostre scelte o a voler in qualche modo, volerci aiutare nelle difficoltà, negli sbagli. O semplicemente, a farci ricordare, ogni volta che alziamo lo sguardo, che ci sono. E ci saranno sempre. Così, come tua, mia madre.» la sua voce si perse, fra le tante cose, pensando anche, a quanto avrebbe desiderato rivedere sua madre, che lo vedesse, adesso, con la persona che amava, accanto a sé, con l’amore perso e ritrovato. Un sorriso smagliante , affiorò sulle sue labbra, rivolto alle stelle sopra di lui, come se sua madre, lo stesse guardando.            
«Mi mancano…voglio dire…» cominciò Chris, continuando, aprendosi ancora di più. «Ho solo una loro foto ma, da come me ne ha sempre parlato Marie…soprattutto di mia madre…» la sua voce si interruppe, incrinò e poi spezzò. Una lacrima cominciò a solcargli il viso, veloce ma efficace. «Marie mi ha cresciuto e gliene sarò sempre grato, ma certe volte, non so…avrei voluto ricevere anche il suo amore. Avrei voluto vederla. Se ne é andata così, lasciandomi… » questa volta, flotte di lacrime rigavano il suo perfetto viso ormai non più puro, più potenti di prima. Darren poteva cogliere il dolore, nei suoi occhi, nel modo in cui le sue labbra tremavano. Avrebbe fatto di tutto per farlo sentire, stare meglio. Gli faceva davvero male vederlo così. Gli occhi gli si fecero lucidi e subito gli si avvicinò ancora di più e gli prese il viso, con la mano libera, la chiuse a coppa attorno alla sua guancia, e lentamente il suo naso andò a sfiorare dolcemente il suo. 
«Ehi, ssh, calmo. Vieni qui.»  e dicendo questo, gli porse il suo cuore, la sua presenza, il suo conforto, ancora una volta, baciandolo a fior di labbra, e alcune delle lacrime di Chris, gli bagnarono un po’ le guance. Appena si staccò, Chris, lo guardò con occhi pietosi, tristi.                                         
«Darren, io…io non voglio perderti. Non lasciarmi anche tu. Ti prego, non lo sopporterei. » disse Chris, tra le lacrime, con voce rotta dal pianto. A Darren quasi si spezzò il cuore, al solo suono di quelle parole. Non lo avrebbe mai permesso, mai. Non avrebbe rinunciato a lui, per nient’altro al mondo perché una vita senza Chris al solo pensiero, lo faceva sentire vuoto, perché sì, avrebbe potuto avere tutto, ma non sarebbe contato perché tutto quello che voleva e di cui aveva bisogno era lì, proprio accanto a sé. «Sono qui, e non vado da nessuna parte. Non ti lascerò mai, fino a quando ti avrò tra le mie braccia, fino a quando ti bacerò e mi perderò nei tuoi occhi…» e lo guardò per bene, fisso negli occhi, con un intensità di cui solo lui era capace. Chris, perse quasi un battito, i suoi occhi penetravano nell’anima di chiunque gli stava intorno.                           
«Non ti abbandonerò. Te lo prometto.»
 e con questo, pronunciando fermamente quelle tre parole, gli rubò un altro bacio e poi un altro ancora. «Ti amo.»  sussurrò, troppo vicino alle sue labbra e fermandosi a guardarle.  «Anche io ti amo, Darren.» fu tutto quello che rispose Chris, cercando forse qualche segno di insicurezza nel suo sguardo ma vi trovò tutto, tranne che quello. Due occhi sinceri, che brillavano più di tutte quelle stelle messe insieme. Dopodichè non capì più niente perché entrambi avevano sorriso e Darren lo aveva stretto a sé e aveva catturato la bocca con la sua.
 
 
**
 


Il cielo blu manto che avvolgeva tutto lì intorno, quasi ad abbracciarlo, con le sue stelle, brillava ancora ma, Darren e Chris non se ne preoccupavano più oramai, se ne erano già andati da un po’ da quel prato. Erano corsi dentro, così, all’improvviso, e le loro risate riempivano la casa. Giocavo a rincorrersi, acchiapparsi, proprio come due bambini. Troppo presi dal momento, dall’euforia di quell’attimo per fermarsi. Neanche il rumore  li spaventava o la remota possibilità di svegliare qualcuno in quella casa, che stava dormendo. Poco importava. Si stavano divertendo. Salivano e scendevano le scale, come due pazzi, ridendo, riprendendo fiato ma per poco e ricominciando subito. La gara o per meglio dire, il gioco si concluse quando Darren, afferrò Chris, da dietro, abbracciandolo e mettendo le sue mani poi, sui suoi fianchi.
«
Preso! » disse, vittorioso e con un sorriso fiero disegnato sulle labbra. Entrambi ridevano, ancora. Darren, lo avvinghiò di più a sé e quando Chris si girò, e prima di avvolgerlo in un profondo bacio, pronunciò solamente due parole, appena soffiate sulle sue labbra.
«
Ho vinto. » disse beffardo, malizioso. Gli angoli della sua bocca si allargarono un po’. Si ritrovarono entrambi al piano di sotto, in uno dei corridoi, davanti alla camera di Chris. Dopo che le loro labbra si staccarono per prendere fiato, Chris, poggiò istintivamente la sua mano, e cercò a tentoni la maniglia della porta. Appena la trovò, decise di aprila prima che Darren, che adesso era fin troppo vicino al suo viso, si fiondasse a baciarlo di nuovo. Appena questa fu aperta, l’atmosfera diventò quieta, silente, trasparente. Il letto al centro della stanza, con delle lenzuola bianche ricamate, accanto a questo una delle bajour del comodino accesa, due candele, che lasciavano una luce diffusa in tutta la stanza. Queste, lasciavano però un po’ nell’oscurità la finestra aperta, più in fondo, a destra del letto, con due tende che oscillavano leggermente e che dava sullo stesso cielo che prima, erano intenti ad ammirare , solamente adesso, con una luna alta, pura, che si rimirava nei loro occhi. Chris prese Darren per mano e con lo sguardo, lo invitò dentro. Dopo che fu dentro, chiuse la porta alle sue spalle e resto fermo, lì. Fece un respiro profondo, poi, lo guidò verso il letto. Bastò un solo altro sguardo per far sì che si capissero, e si distesero entrambi. Uno affianco all’altro, si guardavano, quasi studiandosi a vicenda. Darren cominciò ad accarezzare e disegnare piccoli cerchi immaginari sulla mano di Chris, che teneva ancora nella sua. Perdendosi, il più delle volte in quegli occhi azzurri e lineamenti stupendi, ne rimaneva sempre estasiato. Chris, invece, sospirava per il semplice tocco, anche per quella leggera brezza che soffiava dalla finestra e ogni tanto, giocherellava con i suoi ricci. L’altro, cominciò ad osservarlo, perdendosi ancora di più, e posando il suo sguardo sopra le sue guance rosee e scendendo trovò le sue labbra. Così delicate, soffici. Il modo in cui erano dischiuse. Quasi in attesa di essere baciate, assaporate. E non c’era solo quello, notò il suo collo, un po’ scoperto dalla camicia, e notò la sua pelle chiara. Era così bello. E dio, quanto lo avrebbe voluto. Quanto avrebbe voluto che tutto ciò avvenisse. Si sarebbe perso nei meandri del suo corpo, nella sua pelle, nelle sue labbra. Agì di istinto, senza pensarci due volte. Sentiva la voglia farsi vicina e non resistette più.  Si avvicinò e cominciò a far incontrare le loro labbra, lentamente e poi aumentandone la velocità, in modo più frenetico. Poggiò una mano sulla sua guancia, come per approfondire di più il bacio. Chris, preso alla sprovvista, e dopo che la lingua cominciò a farsi spazio, trattenne il respiro. Una sensazione piacevole, lo colpì dentro, calda, accogliente. Darren sentì Chris inalare aria, per via delle sue labbra che si muovevano ancora. Si accorse che cosa stava facendo e malvolentieri si staccò subito. Lasciando Chris con gli occhi semichiusi come appagati e la bocca semiaperta per prendere aria. Dio, anche quella visione era mozzafiato. Darren si allontanò e subito si portò una mano a coprirsi metà del naso e la bocca. Non voleva succedesse così, certo, voleva Chris,  più di tutto ma, non voleva affrettare tutto. Avrebbe voluto che entrambi si sentissero a loro agio, che entrambi avrebbero voluto farlo. Si maledisse e i suoi occhi si chinarono in basso, come se fosse caduto il mondo o avesse commesso chissà quale atrocità. Appena Chris si ricompose, trovò davanti a sé due occhi persi, fissi. Gli sollevò il mento con un dito, lentamente, in modo da spostare lo sguardo su di lui. «Che succede? Qualcosa non va? »  gli chiese, cercando la risposta in quegli occhi ambrati. Si preoccupò nel vederlo in quel modo. «Niente solo…» rispose soltanto, con voce bassa, dubbiosa ma Chris, non si arrese. «Darren, ehi, sono qui. Dimmi, cosa c’è?»  chiese ancora, questa volta, con fare più premuroso, cominciando ad accarezzargli la guancia. Darren si morse il labbro inferiore, prima di rispondere. Poi chinò di nuovo la testa. «Scusami, non so cosa mi sia preso, se… se stiamo andando di fretta, io…» disse sempre con un filo impercettibile di voce. Fece una piccola pausa. Chris che lo guardava ancora, preoccupato, e con quegli occhi cangianti. «Vorrei fosse speciale per entrambi.» concluse e alzò di nuovo i suoi occhi verso i suoi. Chris aveva ringraziato per quel meraviglioso contatto, lo voleva anche lui. Avrebbe voluto dimostrargli quanto il suo amore fosse forte. Perché, sentiva davvero tutte quelle cose, le farfalle, il calore vicino a lui, il cuore battere  a più non posso, tutte quelle emozioni da volerle esternare tutte, una ad una. E poi bastarono solo poche parole.  «Sei tu Darren. Siamo noi.»  fu limpido e sofficemente, cominciò a ricombinare i suoi capelli.
«Voglio fare l’amore con te, Darren.» disse Chris fermo, deciso guardando questa volta come, quegli occhi che prima esitavano e cercavano l’insicurezza nei suoi, adesso brillavano e si fondevano in quel verde ambrato che Chris non si stancava mai di notare.
 


 



L'odore delle poche candele, penetrava pungente e delicato allo stesso tempo, nell'aria.     Chris si aggrappò al suo corpo, quasi disperatamente, sentiva il respiro di Darren sempre più forte e ansimante insieme al suo. Le braccia avvinghiate al suo collo, lo tiravano a sé e sentiva la sua bocca farsi presente per poi farsi spazio con la lingua e invaderne il palato. Le loro lingue si incontravano più volte, facendo di quel contatto qualcosa di più profondo ogni secondo che passava. E così, ne assaporava il contatto così piacevole, umido, caldo. Sentì la voglia farsi sempre più viva. Non capì neanche quando cominciò a sentire quella sensazione allo stomaco, così veloce, che adesso si dirigeva sempre più in basso. In realtà, non realizzò neanche quando Darren si staccò dalla sua bocca, per iniziare a lasciare baci umidi lungo il suo collo. Si faceva spazio via, via, insegnando ai loro corpi nuove tracce, scoprendo il calore che risvegliava le loro labbra. Una delle sue mani, finì per toccargli i capelli ricci. Socchiuse un po’ gli occhi, inarcando la schiena indietro per quella magnifica sensazione di piacere che stava provando. Piccoli brividi si scuotevano per tutto il suo corpo. Notò gli occhi di Darren, quasi più oscuri, pieni di desiderio, di lussuria che ardevano. Darren notò la pelle candida e lieve di Chris, le clavicole un po’ sporgenti, il bacino piccolo ma talmente bello e provocante. Lo desiderava e non trovò altro per descriverlo se non con perfetto. Perché lo era. E non capì nemmeno quando Darren sbottonò i bottoni della sua camicia, facendoli passare per le asole e incominciando dopo, a toccargli il petto con la mano. Chris si fece sfilare via la camicia e appena questa fu abbandonata sul pavimento della camera, con non curanza,  Darren cominciò a lasciargli baci, dedicandosi alla spalla, questa volta. Chris potè notare la situazione, faceva terribilmente caldo e fremeva dalla voglia di toccare Darren. Le sue dita, artigliavano sul suo smanicato. La voglia era troppa. Levò quel che restava e in un attimo, potè ammirare il petto nudo di Darren, davanti ai suoi occhi.  Le braccia imponenti, le spalle pronunciate, quelle fossette che si intravedevano alla fine del bacino, a forma di v. Chris assaporava con gli occhi la vista di Darren davanti a sé. La luce delle candele distribuite nella stanza e la luce della luna che filtrava dalla finestra creava, in diversi punti, contrasti di colore che sulla pelle di Darren erano evidenti. La carnagione scura, quasi come il caffè, bevanda privilegiata solo da nobili e con cui i poveri avevano poco a che fare, che splendeva sotto quei giochi di luce. Confermato quindi quel paragone, Chris sentiva un certo privilegio nel poter toccare e amare qualcuno che non rientrava nel suo rango sociale ma, forse era questo a rendere quella situazione più speciale o forse era l’essere pelle contro pelle, cuore a cuore, aperti e esposti in quel preciso attimo, a rendere il tutto magico. Era qualcosa che non capitava sempre e sbagliata, da entrambe le parti. Darren era il suo peccato e il suo proibito e non poteva che amarlo di più.  Darren, aveva lasciato la sua spalla, per farlo aderire completamente al letto, adesso, facendolo distendere. La sua mano, si posò sul suo fianco cominciando ad accarezzare la pelle con il pollice, Chris, a quel semplice tocco, avanzò spontaneamente con i fianchi, per sentirlo più vicino a sé. Poi, si aggrappò alla sua schiena, con la mano e con l’altra, scendeva sul suo petto, poi sul torace e infine su quelle fossette che scomparivano sotto i suoi pantaloni. Ciò che non sapeva, però, era che Darren adesso, aveva la piena visuale su di lui, ammirandolo. La bocca socchiusa, gli occhi fissi nei suoi, non fecero altro che farlo impazzire, si leccò piano le labbra. Il mondo, non esisteva in quel preciso istante, perché c’erano solo loro. Loro due a scambiarsi, calore, passione, loro due a conoscere ogni minimo dettaglio dei loro corpi per fissarlo nella mente, per impararli a memoria. Entrambi sentivano la pressione dei loro corpi, uno sull’altro. La loro eccitazione che, oramai era evidente, li costringeva nei loro indumenti. Chris, desideroso di ogni parte di Darren, si movette con la mano, passando dalla sua schiena fino a quella poca pelle all’altezza dei suoi pantaloni, notando ancora quelle piccole fossette distanti fra loro ma comunque stupende. Arrivò al suo fianco, fino a intravedere la sua eccitazione, coperta da quei vestiti che aveva ancora addosso. Molto lentamente, coinvolto dai baci e dalle attenzioni di Darren, sopra di lui, cominciò a tastare alla cieca alla ricerca del bottone. Sentì un piccolo gemito, arrivare al suo orecchio. Il che, lo fece impazzire. La fronte di Darren era poggiata alla sua spalla e riuscì a vederlo. Bellissimo, anche preso dal piacere. Non ci mise molto e appena anche i pantaloni furono sul pavimento, ci pensò Darren a disfarsi dei suoi, con molta più velocità. Chris senza abiti era l’esemplare più bello mai visto. La sua pelle bianca era così delicata che se solo fosse stata toccata si sarebbe spezzata e riempita di crepe. Darren meravigliato, lo osservava e la voglia di baciare ogni centimetro di quel ben di Dio cresceva a dismisura. A quel punto Chris chiuse gli occhi e Darren si avvicinò al suo candido collo e lo baciò piano, facendosi travolgere dal profumo che portava. Chris baciò Darren sulle labbra e poi cinse le spalle mentre Darren percorreva ogni parte del suo corpo baciandolo. Baciò le clavicole, il petto, dove sentì il suo cuore battere all’impazzata, la pancia, il bacino. Arrivato lì, con entrambe le mani, liberò Chris dall’unico indumento ormai inutile e Chris fece lo stesso. Ad ogni bacio tremava, inarcava la schiena, vinto dalla bellezza di quei gesti. Il corpo di Darren era pura perfezione, mordeva e baciava la sua pelle credendo di essere ormai in paradiso. La passione ormai bruciava nelle vene di Darren e si stava mescolando a una serie di sentimenti. Voleva che Chris si dimenticasse il dolore e il mondo intero per fa sì che quell’istante, come altri passati insieme, potessero diventare la sua salvezza. Gli venne perciò la voglia di farlo suo, di farlo sentire più amato. Disegnò piccoli cerchi sulla sua schiena, passò l’indice sulla sua colonna vertebrale per poi baciare quella distesa di meravigliosa belle bianca fino a contemplare la rotondità dei suoi glutei. Darren non ragionava più, voleva dimostrare a Chris il suo amore sotto un’altra forma. Sentiva il suo membro riscaldarsi ancora di più e quando non riuscì a resistere entrò dentro di lui. Mentre lo fece, mise le mani sui fianchi di Chris. Chris si aggrappò ai suoi ricci e non chiuse gli occhi, anzi, li mantenne aperti, fissi su quella stupenda visione. All’inizio, Darren sentì Chris piagnucolare, ma poi, sembrò abituarsi alle sue spinte via via sempre più svelte. Continuarono così per un’ora, quando rimasero al buio. Erano due ombre definite che si amavano tanto e in silenzio, dentro una stanza che odorava di candele sciolte e acqua di colonia e fra lenzuola candide come nuvole. All’apice si abbracciarono mescolando i loro sudori. Dopo essersi guardati scambiandosi un ‘’ti amo’’ sussurrato, si addormentarono così perché si sa che l’amore, seppur travolgente, fa anche stancare.
 

 
 

 
¦ Roberta' space: «Moriranno Rob, moriranno» «Lo sono già, Darren» Salve miei prodi! Come vaaaa? Spero bene. Ci odierete dopo questo capitolo, lo so... Quanti infarti avete avuto? Sicuramente non battete il nostro record, io e Claudia morivamo a ogni parola mentre scrivevamo! Chris e Darren che FINALMENTE si danno da fare...e tanto...e molto bene! Finalmente hanno dato ascolto ai loro amichetti nei Paesi Bassi e li hanno liberati c: Sentirete molto caldo e vi verrà la pelle d'oca anche in fronte, aiuto. Si scopre un cadavere e loro se la spassano, che incivili! AHAHAH SPERO CHE VI PIACCIA, É STATO FATICOSISSSSSSSSIMO! Detto questo me ne vado, e chiedo perdono! Bye, chicos! «Aiuto» «Io dovrei dirlo» «Farai uno sterminio» «Ehm...faremo e...FARETE SOPRATTUTTO» «...probabile. Ho un corpo da invidia! » «Sei più montato della panna» «...immaginami con la panna sul petto» «MI ODI, L'HO SEMPRE SAPUTO» «Ma...non è vero» «SHUT THE FUCK UP» «Il "sermo vulgaris" andava di moda nel medioevo.» «Sparisci» «No» «Adesso» «No» «ORA» «Sei più acida dell'acido solforico» «...immaginami mentre sputo fuoco» «Me ne vado, va bene! Adios lettori!»

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Capitolo 32
*** Capitolo 30. ***


¦ Claudia' space:  Hey there! *salutaconlamanina* Come va? Bene, riassumiamola in poche parole. L'aggiornamento di maggio è saltato, motivo unico e davvero rompi palle a tutti? La scuola. Eh sì. Ultimi giorni, e finalmente io e Rob saremmo libere. E credo e spero anche voi. Interrogazioni e compiti...cose che mi portano sempre di più a escogitare piano e possibili omicidi verso i miei prof e.e
If you know what I mean. 
Bando alle ciance, spero questo capitolo vi piaccia. L'inizio doveva essere tanto fluff ( ma ovviamente, mi sono espansa ed è diventato qualcosa che non mi aspettavo. Scusate se ci saranno infarti. Mi scuso, dal più profondo del mio cuore. Rob quasi mi moriva.) 
See ya later, lettori!



Baby you amaze me
Still knock me off my feet
And who would have ever guessed                                                                                                                      
it would last through it all
The reason I believe, can you see?
You still amaze me.
 Chapter 30.
 
 
 
La finestra aperta, filtrava dei colori pastello, appena visibili, in quasi tutta la stanza. La luce limpida, che si aggiungeva a questi, riscaldava tutto quanto, annunciando l’arrivo di un altro giorno, penetrando con superiorità e dominando quel blu pastello del cielo con l’indaco delle sue nuvole. La scia di luce, tracciava una linea, e con questa, la figura di Darren, delineandone i lineamenti. Si adagiava su quella poca pelle scoperta, invece che dell’altra, coperta da le lenzuola leggere. Un armonia e equilibro perfetti, il suo viso: occhi chiusi, labbra socchiuse, con una forma appena a cuore, e qualche riccio che gli ricadeva gentilmente sulla fronte. Insieme a quella luce, tanti puntini, impercettibili, come polvere azzurata, volteggiavano nell’aria, armoniosamente, come tanti piccoli pianeti, stelle poggiandosi a terra, o dovunque capitava o lasciandosi trasportare da una piccola brezza, che adesso soffiava dalla finestra. Darren, provò ad aprire piano gli occhi, prima sbattendo le palpebre più volte, adocchiando ciò che c’era davanti a sé, e poi, riuscendo a rendere meno nitida l’immagine. Si mise seduto, ma fu come accecato. Il sole, ancora lì, lo investì in pieno viso, illuminando i suoi occhi e accendendoli, facendo di quel verde, un oro ambrato, in un solo secondo. Si coprì gli occhi, mettendosi una mano davanti alla faccia, proprio da dove proveniva la sorgente di luce. Restò così, fermo, per un po’, passandosi l’altra mano libera, fra i capelli e guardandosi intorno. La stanza, era ricoperta da una strana, atmosfera che in sé, la rendeva bellissima. La luce creava contrasti con tutto ciò che incontrava lì dentro, e delle piccole chiazze di ombra e chiaro, giocavano fra di loro. Il suo sguardo però, si fermò su altro, in particolar modo. Notò i vestiti a terra, sparsi, abbandonati al pavimento con non curanza. Subito, sorrise. Un sorriso luminoso, diverso dagli altri. Proprio come quel sole che filtrava, come un bambino che giocava libero, come qualsiasi altra persona in quel mondo, che finora gli si era rivelato sbagliato e che aveva perso la sua via, ma che adesso potava gridare liberamente senza il timore di ciò che avrebbero detto, pensato gli altri, delle conseguenze, come una persona che aveva scoperto un nuovo modo di agire, essere positiva, aperta a qualsiasi nuova scoperta che il mondo, adesso giusto, gli avrebbe riservato. E doveva tutto ciò, a una sola persona. Perché sì, anche se era impassibilmente vero e assolutamente incredibile, quella persona, era stata la salvezza al suo mondo. La polvera fortunata, il sole che riesce ad emergere e a vincere sulle nuvole, la tempesta e le tenebre. Si voltò, piano, senza fretta alla sua destra, ammirando la figura dormiente accanto a sé. Il suo petto che si alzava e abbassava ritmicamente a ogni respiro, i capelli schiacciati, scombinati, le lenzuola leggermente scostate a lasciar intravedere un po’ più di quella pelle candida, pura, che si intonava perfettamente con quelle. Labbra rosee, dischiuse, e le mani adagiate entrambe sul cuscino, con i palmi semiaperti. Chris era una visione celestiale, irreale. E Darren, non avrebbe mai capito perché aveva scelto lui, perché fra tanti, proprio lui aveva avuto la fortuna di stringerlo a sé, di baciarlo e fare accelerare i suoi battiti sotto i suoi, di sussurargli qualche volta di troppo ‘’ti amo’’ ancora, non credendo che fosse suo. Non avrebbe mai capito come Chris, era riuscito a riportalo alla luce, a farlo rinascere e a far nascere sentimenti che nemmeno lui credeva possibili. Lo guardava così, immerso dal pensiero che aveva dato tutto se stesso, la scorsa notte. Era successo tutto in modo così semplice, chiaro. Ogni respiro insieme al suo, ogni tocco, sguardo profondo scambiato, rendendo tutto così essenziale. Sorrise ancora, non volendo smettere, ma continuare a pensarci. E sembrava che le immagini di Chris appagato da ciò che lui gli stava facendo provare, sentire, non smettere di svanire, di occupargli la mente. Di come, il suo nome era stato pronunciato mentre arrivavano al culmine. Tutto era così vivo e limpido, così bello e vero. Si mise di fianco, distendendosi, e lo abbracciò piano, inalando il suo profumo, e proteggendolo ancora di più con le sue braccia, quasi facendogli da scudo. Cominciò ad ammirare il suo viso, più da vicino, rimanendone ancora una volta colpito. Armò di più l sua stretta, intorno a lui. Sentì il suo respiro interrompersi e le sua bocca aprirsi a poco a poco, proprio come i suoi occhi. Girò il suo viso verso di lui e gli sorrise. I suoi occhi azzurri si tinsero di un azzurro più chiaro, ipnotico, quasi magnetico. Pronunciò poche parole.  
«Buongiorno… » disse piano. «Come mai già sveglio? » chiese, impercettibile, lieve, con la voce impastata dal sonno. Darren, poggiò le sue labbra su quelle di Chris, per un istante. Appena queste, si staccarono, Chris emise un sospiro di piacere e ne sentì subito la mancanza. « Ehi, buongiorno a te. Niente, ti stavo solo…» disse interrompendosi per poi riprendere. « solo guardando. » e così dicendo, appoggiò la testa all’angolo del cuscino. Chris allungò una mano e la poggiò sulla sua guancia. «Scusa se ti ho svegliato.» disse Darren.  
« No, tranquillo.» rispose, lui premuroso, abbozzando un piccolo sorriso. Poi, si girò completamente verso di lui, per vederlo meglio, e sentì la presa delle sue mani, sui suoi fianchi, farsi più salda. « E poi se dormo, mi perdo tutto questo.» e questa volta, fu lui a baciarlo, avvinghiandosi con le sue braccia intorno al suo collo.
«Ehi…» disse Darren, appena trovò il viso di Chris a pochi centimetri del suo. «Vedo che, l’altra notte non ti è bastata, eh? » rise, e un sorriso malizioso affacciò sulle sue labbra. Chris, in risposta, fece finta di essersi offeso, mise il broncio e disse:
«Bene, allora credo che…» pronuncò proprio su quelle labbra. « credo che me la farò bastare. » e dicendo così, con quel tono deciso, si ritirò.                      
«No, non dicevo sulserio. » ci volle un attimo e Darren lo tirò a se, facendo scontrare i loro corpi. « Non è bastata neanche a me. » sussurrò con voce grave, rauca. I suoi occhi tornarono scuri, intensi e si riflettevano nelle pupille di Chris. Si guardarono ancora un po’, e poi si baciarono lentamente, assaporando di nuovo il caldo e piacevole contatto, ogni volta che le loro lingue si incontravano. Il ritmo, divenne più frequente man mano che entrambi approfondivano. Darren risalì con le sue dita, lungo la linea della sua schiena, soffermandosi di tanto in tanto ad accarezzarla. Chris, mugulò di piacere, mentre lo baciava e sentiva brividi scendere evidenti lungo la sua pelle. La sua mano allora, si spostò dal suo collo al ventre, tracciandone i contorni e dirigendosi poi, sul suo fondoschiena. Darren sentì una sensazione calda, dirigersi al basso ventre e istintivamente, fece aderire completamente Chris al suo corpo. Chris annaspò in cerca d’aria e entrambi si staccarono, ansimando. Darren poggiò la fronte sudata contro quella di Chris, respirando a fatica e incontrando i suoi occhi.
«Mi sento benissimo, mi sento…vivo. » fu tutto quello che Darren riuscì a dire, non interrompendo il contatto con lui. «Io sento di voler continuare a baciarti. » ricevette in risposta un Chris ansimante, che spostava il suo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra e viceversa.                                           
«E allora fallo. » di nuovo il tono rauco, basso, ma non ebbe neanche il tempo di avvicinarsi di nuovo a lui, che Chris premette le sue labbra sulle sue e cercò la sua mano, per unirla e stringerla con la sua. Darren si mosse, con le sue, seguendone in ritmo. Di impulso, Chris avanzò con i fianchi, notando la situazione di Darren. Allora agì, di conseguenza, facendo muovere la mano libera dal petto, al torace, arrivando alle fossette. Darren approfondì il bacio, mentre Chris, facendosi coraggio, fece arrivare la sua mano ancora più in basso. Lo voleva. Voleva farlo sentire bene. Cominciò a muovere la sua mano sul suo membro, prima piano, poi, prendendo ritmo. Darren si staccò dalla sua bocca, preso alla sprovvista. Chris lo guardava, la sua fronte si era poggiata sulla sua spalla e la sua bocca all’altezza della clavicola. Cominciò a muoverla più velocemente e sentì Darren gemere al suo orecchio. Tutto ciò, lo fece letteralmente impazzire e lo sentì respirare irregolarmente vicino al suo collo e sempre più vicino al suo orecchio mentre gemeva il suo nome.
«Ch-Chris. Chris, t-ti prego. » disse con un filo di voce, preso dal piacere. La sua bocca si spostò verso il suo collo e lo baciò. Fu tutto ciò che servì a Chris, per muoversi più rapidamente e sentire il momento farsi vicino.
«Chris…CHRIS! » urlò alla fine, stringendosi a Chris, arrivato al culmine. La sua fronte sudata sulla sua spalla, e il suo petto che si alzava irregolarmente. Sentiva il battito di Chris, accelerato. Si voltò appena, quanto gli era permesso, per guardarlo.
«Io…I-io oddio… »  fu tutto quello che disse. Darren abbozzò un sorriso, affaticato un po’, ma pur sempre un sorriso.
«Ssh. » lo zittì. Guardandolo solamente, luminoso.              
«Amo come pronunci il mio nome quando…bhe quando… » ricambiò il suo sguardo. «Bhe, hai capito. » finì per dire. «Volevo solo farti stare bene e l’altra notte… » abbassò lo sguardò, sorridendo leggermente. Poi lo rialzò e trovò gli occhi di Darren, davanti a sé. 
«
Non c’è bisogno che tu dica niente. » ancora, stanco, dal suo tono di voce, ma estremamente dolce e sussurrato. «Sentivi di farlo e lo hai fatto. » disse e gli accarezzò dolcemente la guancia con la mano. Lasciò di nuovo che la sua fronte si appoggiasse alla sua. «E ora, come l’altra notte, lo volevi e lo volevo anche io. E bhe… » rivolse il suo sguardo verso le loro mani, e le intrecciò. Fissò i suoi occhi nei suoi azzurri. « L’altra notte è stata la più bella e la prima della mia vita. » quasi si commosse mentre lo affermava, perché dei luccichii si presentarono nei suoi occhi. Chris sorrise ampiamente, non dicendo nulla. Perché, come Darren, era ovvio, sentiva esattamente la stessa cosa e la avrebbe per sempre ricordata.
 
                   
                                                                   ** 
 

Dopo qualche ora, decisero di alzarsi, sistemarsi e rivestirsi. O forse è meglio dire, che, entrambi trovarono difficile fare anche quello. Solo quando, Chris convinse Darren, riuscirono a rifare il letto e finalmente, scendere di sotto. Mentre scendevano le scale, Chris prese la mano di Darren, inaspettatamente e la strinse. Arrivarono in cucina, in cerca di qualche segno di Julie o Harry. Nessuno si era ancora svegliato, forse. Si prepararono la colazione, e si misero seduti al tavolo. Uno di fronte all’altro. C’era un silenzio assurdo, si sentivano solo loro due masticare, e bere le loro tazze da latte. Quando Chris sviava lo sguardo, c’era Darren a guardarlo di sottecchi con due occhi pieni, felici, mentre sorseggiava il suo caffè. Gli fece piedino sotto il tavolo, cercando di attirare la sua attenzione. Abbassando la testa, e la rialzò verso di lui. Chris quasi si strozzò, bevendo. Posò la tazza e si asciugò le labbra. «Darren, smettila. » affermò, ridendo.
«Io? » disse, indicandosi. «Che ho fatto? » continuò. Chris roteò gli occhi, e riprese la sua tazza in mano. Darren lo guardava ancora.                           
« E smettila di fissarmi.» finì, mettendo il broncio. E prese un altro sorso. «Non ti sto fissando e poi, non ci riesco. Sei bellissimo.» scrollò, le spalle, appongiandosi la mano a coppa sul mento, estasiato. Chris, arrossì in viso, e si nascose dietro la tazza. «E poi…non capisco perché siamo scesi così presto. Non c’è ancora nessuno. Potevamo… » disse vago, mentre parlava. « Restare sopra e…continuare. » concluse, gesticolando con le mani. Chris, questa volta, quasi sputò il suo latte, ma per fortuna, posò all’istante la sua tazza sul tavolo. Invece di sputare, tossì. Decise di stare al suo gioco.
«Siamo scesi, perché, uno avevo fame. E due, perché sennò saremmo rimasti tutto il giorno, in quel letto. » disse Chris, sospirando alla fine. Darren lo guardò male. Non proprio male, nel senso ‘cosa stai dicendo’ ma male in un altro senso. «Bhe sì…teoricamente questo è vero. » cominciò a dire, spiegandosi. Incrociò le mani e le porto sotto il mento. Chris, bevve ancora un po’, e poi tenne la tazza fra le mani, curioso e attento a ciò che stava per dire. «Però, in pratica, no. Non saremmo proprio stati fermi tutto il giorno in quel letto, e, ci sarebbe passata la fame.» spiegò la sua teoria, portandosi poi, la mano fra i capelli, e poi, lo guardò in un modo che Chris non seppe distinguere. Ma non finì lì. « In fondo, se dormono ancora tutti… siamo ancora in tempo. » lo guardava ancora e Chris, avrebbe solamente voluto essere d’accordo con lui ma, non doveva averla vinta.
«Darren, sono sicuro che a momenti Julie o Henry, scenderanno. E poi, abbiamo rifatto il letto e sistemato la camera, ormai. »                                 
«
Ma il letto può essere anche disfatto e la camera…bhe…» contrabbattè, non rinunciando nella sua impresa. Chris decise di sviare lo sguardo, era, era davvero troppo. Non avrebbe permesso che Darren l’avesse vinta. Era peggio di un bambino no, anche peggio. Ovviamente, anche lui avrebbe voluto svegliarsi più tardi o quantomeno restare ancora in quel letto fra le sue braccia ma, dovevano partire quel giorno e avrebbe voluto almeno non alzarsi tardi quel giorno. Qualcosa però, lo distrasse. Si maledisse con tutto se stesso per essersi girato. Darren, stava addentando il cornetto, che aveva preso per la colazione, un morso dopo l’altro. Decise, di guardare altro, ma Darren fu più veloce. Si leccò le labbra appena finì, anzi che usare il tovagliolo. Chris, desiderò davvero sviare i suoi pensieri in quel momento, pensare a quanto era bello il paesaggio che dava dalla finestra della cucina, o ai mobili, scaffali di questa stessa, ma non ci riuscì.                            
«Chris.» disse sussurrando. Oh no, no, no. Smettila. Ti prego. A salvarlo da quella situazione, fu Julie, che stava percorrendo il soggiorno e si stava legando i capelli con una pinza. Affrettò il passo.
«Giorno, già in piedi voi due? » disse con un sorriso sulla faccia, che andava da un orecchio all’altro. Si avviò verso il piano cottura, e cominciò a fare dell’altro caffè. Chris sospirò di sollievo.                                                                                    
«Oh dio, grazie al cielo, sapevo che qualcuno sarebbe sceso, prima o poi. » disse Chris. Darren rise sotto i baffi. E Julie li adocchiò entrambi.
«Ho forse…interrotto qualcosa? » chiese, Julie, prendendo il grembiule e stringendoselo. Darren esitò prima di parlare, ma Chris lo fermò, lanciandogli un occhiata. «No, niente di importante e comunque sì, oggi dobbiamo partire, Julie. »
«
No, di già?» un sorriso triste, le apparve in volto. Chris si alzò, dal tavolo, e la abbracciò. «E dove, dove andrete a stare? »                                   
«Per adesso, andremo da mia madre, Marie. » le rispose. Julie strinse di più la presa. 
«
Mi mancherete. Mi sentirò così sola qui ma, non preoccupatevi, vi verrò a trovare tutte le volte che potrò. » disse lei, con la voce rotta. Stava cominciando a piangere.
«Ci mancherai tantissimo anche tu. Davvero. Ti scriveremo. » disse Chris, confortandola. «Ohw, no, non piangere. Per favore. » Darren, si aggiunse all’abbraccio. «Sarai sempre nei nostri pensieri.»
 
 


Gli ultimi saluti prima di partire. Julie, si trovava già lì e anche Henry si unì. E Chris giurò di vedergli scendere una lacrima. Erano fuori, nel cortile, appena fuori dall'entrata, al cancello. Fuori, li attendeva una carrozza.
«Grazie per tutto quello che avete fatto per me. » disse Darren che teneva le mani di entrambi. Julie teneva un fazzoletti bianco in mano e se lo portò sul viso per asciugarsi gli occhi. Henry aveva assunto uno sguardo risoluto ma in realtà, dietro questo si nascondeva nostalgia e tristezza. Darren fece un gran sorriso. ad entrambi. Chris diede un ultimo abbraccio a Julie. Le sarebbe mancata davvero tanto. Era diventata la sua amica dopotutto. Si avvicinò a Henry, il quale si buttò fra le sue braccia, finalmente, dando segni positivi.                       
«State attenti. E lasciatevi il passato dietro le spalle, pensate solo ad adesso, al presente.» la voce di Henry sembrava rotta e incrinata. E non c'era dubbio che in quelle parole c'era anche un po' di Sir Thomas con lui. Chris diede loro un ultimo sguardo. Poi, si affrettò al cancello, dove Darren lo aspettava. Gli apri la porta della carrozza e entrambi vi entrarono dentro. La carrozza cominciò a muoversi, e senza pensarci due volte si affacciarono per salutarli ancora una volta. Julie agitava il fazzoletto bianco e Henry guardava sorridendo malinconico.
 
 

 
Le vie della città, scorrevano, quel mando verde che ricopriva gli alberi e i terreni, scompariva al passo veloce dei cavalli che trainavano la carrozza. Il sole era un po' meno alto nel cielo. Il rumore costante di quell'affare li dondolava verso le strade, le case. Destando di tanto in tanto, lo stupore della gente. Chris si affacciò leggermente. C'era qualcosa di diverso e come sempre familiare in quella zona. Quel qualcosa che, andava cercato nelle vie dei pensieri. Londra era appena apparsa ai loro occhi. E alla sua vista, Darren si sentì un po' meno piccolo, con Chris affianco. Notò la stessa strada dove aveva vagato quel maledetto giorno. Per quanto provasse a schiacciare il pensiero, non ci riuscì. Chris lo notò cupo e inquieto e subito si avvicinò, per prenderlo sotto braccio. Darren si voltò di scatto e sorrise. Dopodiché, Chris gli diede un piccolo bacio sulla guancia, e lo tranquillizzò. Un po' dopo, in tarda mattinata, con i palazzi e le case più sfarzosa, con la gente che si pavoneggiava qua e la, arrivarono in paese. Nonostante avesse cercato di non notarili, Chris vide altra gente che osservava e guardava di sfuggita la carozza che si faceva strada verso casa sua. 
«
Dio, non di nuovo. » sospirò. Portò la testa indietro, poggiandola sul piccolo sedile.
«Cosa c'é? » Darren si girò verso di lui. Il suo braccio ancora intorno al suo. Chris lo guardò.
«Niente. Sono solo...stanco. » disse fingendo un sorriso, ma fallì. «Ehi, solo dimmelo. Conosco quello sguardo. Cos'è che ti turba? »                             
«É solo...che tutta questa gente, incomincerà a parlare e incominceranno i pregiudizi e-» «Davvero vuoi farti impaurire da loro? Credi che loro capiscono davvero, cosa é che ci lega?» «No. Mai. Perché é nostro, ed é potente e piu forte di qualsiasi cosa. » i suoi occhi si rispecchiano in quelle gemme azzurre di Chris. «Non lasceremo che queste persone, ci impediscano di essere noi stessi. L'ho già provato. Ho provato l'essere qualcuno che non sono, sulla mia stessa pelle. E non voglio ripetere quella fase della mia vita. E credo che, nemmeno tu lo voglia. » continuo a dire, e Chris notò tanta paura quanto la sua in quegli occhi ma anche tanta forza, che la sovrastava.            
«Ho paura, Darren, paura di come andrà tutto questo. » disse Chris, stanco, quasi esausto. «Ricordi la volta in cui eri già alla reggia? Ricordi quando, avevi fatto di tutto per restarmi indifferente perché, pensavi che avessi dei pregiudizi verso di te?»  gli chiese, ricordando, andando indietro nel tempo. Chris rise e poi ritornò serio.
«Sì.»                                                                                                                                   
«Ecco. Eri pronto a farmi fuori o a non ascoltarmi a qualsiasi parola avessi detto. Sii quello stesso Chris forte, di quel giorno. Ho paura anche io. Perciò sì, non ti prometto che sarà facile, anzi, sarà difficile. Ogni giorno.» la sua voce sembrava l'unica cosa che lui stesse sentendo in quel momento. E guardò ancora come, i suoi occhi trasmettevano sicurezza, protezione, adesso. Ignorando e non sentendo più la carozza che si muoveva.                                            
«Avremo sempre l'un l'altro non é vero? Avremo sempre noi e questo, su cui poter contare. » disse questa volta, Chris con tono quasi perso, come se quello che stesse dicendo, sarebbe finito un giorno. «Si. Lo avremo sempre. » Darren poggiò la fronte sulla sua, respirando a pieno. «Saremo sempre più forti di quei lì, ce la faremo. Fidati di me.» e così dicendo, lo baciò a fior di labbra, dolcemente. Appena si staccarono si sentì solamente la risposta impercettibile dell'altro.                                                                               
«Mi fido di te.»
 

 
Arrivati a destinazione, scesero e portarono tutte le loro cose dentro. Chris bussò, due volte alla porta. Dei passi svelti, provenivano da dietro, la porta si aprì e una donna, in abiti ricamati, capelli sciolti, un po’ disordinati sulla spalla e un grande sorriso, si affacciò.
«Chris, figlio!» disse, con il battiti del cuore che acceleravano e lo abbracciò, senza pensarci due volte. Lo accolse, fra le sue braccia, come un amica e la mamma che era sempre stata per lui. Chris la sentì quasi piangere di gioia, mentre lo stringeva a lei. Gli si strinse il cuore nel sapere che, era rimasta lì, da sola, tutto quel tempo.  
«Marie, mi sei mancata tanto anche tu. » rispose ridendo, schiacciato dalla sua stretta, così forte, e piena d’amore. Appena si staccò, lei strabuzzò gli occhi.
«Che ci fai qui, cioè, non eri alla reggia. Cos’è successo, e che ci fanno quelli lì?» indicò i bagagli e cominciò a dire senza smettere un secondo, senza fermarsi. Chris, le mise le mani sulle spalle. E la tranquillizzò.
«Marie, calma. Sono ritornato, perché…semplicemente, mi mancavi, perché sentivo di dover ritornare e perché, lo abbiamo deciso insieme. » Chris, sorrise, e fu chiaro mentre glielo diceva, spiegando tutto.               
«Abbiamo deciso? » domandò lei, un tantino confusa, in volto. Chris si girò, dietro di lui. «Ehm…ecco, in realtà non sono solo. » disse, abbassando la testa e sorridendo. Darren si spostò e si mise affianco a lui, cogliendo gli occhi della donna che adesso, si posavano verso di lui, verso la sua figura. Il ragazzo stava in piedi, davanti a lei, con le mani unite sul ventre. Cominciò a guardarlo, soffermandosi sui capelli, sul suo viso. Poi, ritornò a suo figlio, e notò quanto il suo sorriso fosse acceso, vero e i suoi occhi speranzosi.
«E’ davvero un piacere per me, conoscervi, Marie. » disse Darren, avanzando e baciandole la mano. Marie, quasi arrossì in viso, e sorrise, nascondendosi dietro allo scialle che portava.
«Il piacere è mio. E non datemi del lei, non sono poi così vecchia.» rispose la donna, e rise insieme a Darren. Marie diede un altro sguardo a Chris, prima di farli entrare dentro.
«Sono così felice che tu sia di nuovo qui. E sono così felice, che tu sia così raggiante. E penso di sapere, quale è il motivo. » disse per ultimo, posando di nuovo gli occhi su Darren.
 
 


Marie era in cucina, a preparare qualcosa. Era su di giri da quando, inaspettatamente suo figlio era piombato alla sua porta, con qualche sorpresa più del dovuto. Ogni tanto sbirciava, notando Chris e Darren seduti sul piccolo divano a ridere, e a parlare. Le si riscaldava il cuore a vedere finalmente Chris così, se solo i suoi genitori avrebbero potuto vederlo in quel momento. Pensò che Darren andasse bene, insomma, se faceva diventare Chris così raggiante, doveva avere il suo perché.                                                                                                   
«Posso aiutare? » chiese qualcuno alle sue spalle. Quasi, le venne un infarto per lo spavento. Si mise la mano sul petto, all’istante. «Non volevo spaventarla, davvero. » Darren si mostrò più gentile e premuroso possibile, anche se conosceva la donna da appena un’ora circa. «Ho visto che eravate un po’ indaffarata e allora…» continuò. Marie lo guardò curiosa, ancora pensante.                                                                                                         
«Non preoccuparti davvero, e ti ho già detto di non darmi del lei. Chiamami semplicemente Marie.» gli disse, accennando un piccolo sorriso e pulendosi le mani su una piccola pezza. «Ho visto che…insomma, non era mia intenzione, sia chiaro, tu e mio figlio andate molto d’accordo. Come…come ci riesci?» lo chiese forse con troppa curiosità. Darren arricciò il naso, e sembrò confuso dalla domanda. «A fare…a fare cosa? »
«E’ così raggiante…così, felice. In tutta la mia vita, non credo di averlo visto mai così. E tu, tu è come se fossi lì, pronto, ogni qual volta lui cada. » Marie sembrava entrata in modalità racconta – storie, sognante ma anche ferma nella scelta delle parole da usare. Darren sorrise. 
«
Bhe ecco…non so come questo possa bastare, ma Chris mi ha accolto quando nessuno era disposto a farlo, in realtà, è stato lui a sollevarmi, a farmi amare la vita a poco a poco quando credevo che, per me non ci sarebbe stata più una via d’uscita. E’ entrato nella mia vita, quando più ne avevo il bisogno. E la sua voglia di vivere, di amare, di dare… è incredibile.»          Marie, quasi vide una luce nelle sue iridi, una scintilla tenue e permanente. «So che, non è molto comune che tutto questo succeda, non capita tutti i giorni di trovare la tua anima gemella, di chi cadrai sotto incantesimo o anche di chi, comincerai a conoscere giorno dopo giorno, fino ad innamorartene sempre più. Ma credo che, fin da quando lo ho visto, sia scattato come… si interruppe, cercando di trovare la cosa giusta da dire. «Come qualcosa, dentro di me che mi diceva che lui era speciale, che mi sussurrava è lui. Marie si commosse, e non riuscì a trattenersi dall’abbracciare Darren.                                                                                
«Chris è così fortunato ad averti trovato. E’ davvero il ragazzo più fortunato. » Marie parlava con voce rotta, ma felice. Darren si lasciò abbracciare, notando come quella donna, avesse desiderato più di chiunque altro, la felicità di Chris. «Lo so.» riuscì solo a dire lui.
Poi, la guardò e le disse: «Perché non si asciuga quelle lacrime, fa un bel sorriso e va di là in soggiorno? Ci penso io qui. Chris è stanco dopo il viaggio e pensavo di fargli una camomilla o qualcosa. »
 
 
 
Darren sbirciò dalla cucina, trovando adesso, solamente lei adesso, seduta sul piccolo divano in salotto. Sì avvicinò e si sedette vicino a lei.                        
«A quanto vedo, è già fuggito via. » rise. Marie sorrise.                                                
«Aveva solo nostalgia di casa, è andato di sopra, nella sua camera, …sai com’è, il suo letto, le sue cose… è così attaccato a questa casa…a tutto qui. » Marie sembrava così instancabile, nel parlare delle abitudini (che ormai conosceva fin troppo bene) di suo figlio.
«E’ così attaccato a te. » concluse Darren. Marie gli rivolse un timido sorriso, ma aperto e vero. «Mi ha parlato tanto di te.
»
«Oh beh, sta pur certo che non sarà mai paragonabile a quanto lui, ha parlato di te a me, anche in quel piccolissimo pomeriggio. O anche la prima volta che ti ha incontrato. » Darren sollevò le sopracciglia, quasi fino all’attaccatura della fronte, curioso. Marie allora, accorgendosi della sua espressione facciale, assolutamente strana e bizzarra, si morse le labbra ma non riuscì a non trattenersi. Rise un po’. Darren esitò, nonostante avesse capito che Marie aveva capito, ciò che voleva chiedere. «Di cosa di ha raccontato? Scusa, solo, è più forte di me.» Darren abbassò la testa, arricciando le labbra. Marie si intenerì e parlò.
«Mi ha parlato di un ragazzo perso, la prima volta, che ha bussato alla sua porta. Che, se anche non ne conosceva la persona o il carattere, ha notato il suo sguardo. «I suoi occhi erano così tristi, persi, spenti. Come se tutta la felicità fosse andata via. » mi ricordo che fu la prima cosa che mi disse. » Mentre Marie era intenta nel parlare, Darren si avvicinava, e ascoltava parola per parola, non perdendosene una. «E ricordo la seconda volta. Era spezzato, amareggiato. Si sentiva usato, ferito. Così vulnerabile e sconfitto, per ciò che era successo. Ma nonostante tutto, aveva sempre questa voce dentro di lui, che non spegneva il ricordo o i sentimenti. Perché continuava ad amarti.» Darren quasi si fulminò, per il pensiero di tutto quello, non era in sé, non era nel suo corpo allora e non aveva fatto niente per evitare che accadesse. Marie gli prese la mano. E lo guardò con dolcezza, la dolcezza di una mamma. «Ma neanche quello è riuscito a cambiare niente. Siete forti e una cosa sola insieme.» Lo sguardo sincero e pieno di commozione di Marie, lo contagiò. Marie gli prese la mano. Entrambi si scambiarono sorrisi piccoli e puri.                                                                                              
Dopo un po’, il suo sguardo si fermò su un giornale, lì, sul divano aperto sulla prima pagina: Globe Theatre opera W.Shakespeare , Macbeth recitava il titolo. «E questo?» indicò Darren, guardando ancora l'articolo. Marie adocchiò il giornale. «Oh, niente. Stavamo solo parlando un po', e Chris si é soffermato a guardarlo. Ha sempre voluto vedere uno di questi spettacoli. Perché sai li danno soltanto - »
«
Due, tre volte all'anno. Sì, lo so. Ci sono stato più volte e- aspetta. Ho un'idea. » A Darren subito spuntò un sorriso da un orecchio all'altro, si illuminò all'improvviso e prese il giornale, portandoselo sul grembo. I suoi occhi era intenti a leggere una piccola parte. Marie lo guardava, confusa. Poi il viso di Darren si puntò sul suo. «Marie potresti...fare una piccola cosa per me?» disse Darren esitando e con un vago sorriso furbo sul suo viso. Marie annuì. «Certo. Ma cosa stai-» «Dovrai solamente distrarre Chris per un'ora o più o meno, fino a quando non sarò tornato. Puoi farlo? » era speranzoso di sentire sì, una risposta positiva. «Certo ma...se chiede di te? » ribatté lei, dubbiosa. «Solo, fa in modo che lo faccia. E se chiede dove sono, inventati qualcosa. Ti prego. » la supplicò e mise quegli occhietti da cucciolo. Marie rise. «Va bene. Però voglio sapere cosa ti sta passando per la testa. » Darren la baciò sulla fronte, sorridendo. E subito si avviò verso la porta. Marie rise per il suo essere così euforico. «Porterò Chris a teatro, questa sera stessa.» era eccitato, e euforico e così dicendo, il suo sorriso furbo scomparì quando uscì dalla porta.
 

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Capitolo 33
*** Capitolo 31. ***


¦ Roberta' space: Hola! Scusate ma, le vacanze sono vacanze. E io e clà ci stiamo rilassando. Sì, la pacchia. Dormire, fare quel che si vuole rfgrtgtrgtr me gusta mucho. Anche se, io sono già stata al mare e ancora lei no. Muahahaha. A quanto pare da me c'è un tempo migliore u.u Come state? Vi siamo mancate? Bene, qui c'è un bel colpo di scena. Meglio dei film O: Okay, non esageriamo che è meglio. Comunque, siamo quasi alla fine lettori.
Altri tre, quattro o anche meno, chi può dirlo, capitoli. Già piango. No, okay, me ne vado via. Adios!





There you are
In a darkened room
And you're all alone
Looking out the window
Your heart is cold and lost the will to love
Like a broken arrow
Here I stand in the shadows 
Come to me, Come to me 
Nobody wants to be lonely
Nobody wants to cry
My body's longing to hold you
so bad it hurts inside

 
C h a p t e r  31.



Il Globe Theatre era una magnifica testimonianza del passaggio di William Shakespeare che, con le sue opere, era destinato ad essere per sempre il miglior drammaturgo della storia inglese. Era un teatro dalla pianta esagonale con un'apertura al centro per far entrare la luce. All'interno le travi in legno davano un tocco di semplicità nel complesso. Un palcoscenico rotondo troneggiava su un lato della platea, piena ormai di nobil donne e nobil uomini che aspettavano l'inizio dello spettacolo. Chris aveva le palpitazioni già da un'ora ed erano cominciate quando mancava ancora un bel po' per arrivare. Comportandosi quasi indifferentemente i due varcarono l'ingresso dopo aver pagato i biglietti e si ritrovarono nella folla. Era necessario assistere all'opera in piedi, poiché non c'era abbastanza spazio. Chris lanciò uno sguardo a Darren che sorrideva compiaciuto guardando davanti a sé. «Non dirmi che dovremmo stare ammassati» esordì. Darren si girò e arricciò il naso. «Certo che no!» indicò qualcosa in alto. «Ho prenotato due posti lì sopra » Chris si illuminò quando vide gli spalti liberi.       
Percorsero un paio di gradini e raggiunsero il punto indicato da Darren. La vista era ovviamente migliore sebbene il Globe Theatre non godesse del privilegio dell'altezza. Chris alzò lo sguardo e quasi si commosse alla vista delle stelle che brulicavano in cielo, come se fremessero anche loro dallla voglia di assistere all'ennesimo racconto del vecchio e caro Shakespeare. Si sedettero e si diedero la mano, sorridendosi a vicenda. Una voce profonda riecheggiò placando il brusìo della folla.         
«Lo spettacolo ha inizio, signori e signore. Buona permanenza



                                                                             
Lo spettacolo si era appena concluso e gli spettatori si stavano riversando fuori in fila indiana. C'erano persone che commentavano quello appena visto e garbò a tutti. Darren rideva alla vista di Chris che gesticolava talmente euforico da avere le guance spennellate di un rosso sbiadito. «Estremamente fenomenale, la cosa migliore che io abbia mai visto...dopo te, s'intende.» commentava ogni piccolo dettaglio, estasiandosi al ricordo di quella opera d'arte. Darren sorrideva, tremendamente intenerito, esprimendosi totalmente d'accordo.                             
«Grazie per avermi concesso un pezzo di paradiso» disse, guardandolo con gratitudine.                                                                                                              
 
 
 
 
Si stavano dirigendo verso casa, percorrendo vicoli stretti e angusti, tipici dei paesini limitrofi alla grande città. Ormai era tardi, i residui della pioggia inumidivano le strade e l'aria.
Non c'era quasi nessuno se non coloro che facevano parte della brutta vita. Una carrozza si avvicinò a loro. Darren la guardò e gli sembrò familiare ma continuò a camminare, facendosi scivolare addosso pensieri superflui. Quando però la stessa accostò, Darren ebbe una brutta sensazione. Afferrò Chris e lo incitò a camminare più velocemente. Con la coda dell'occhio vide scendere qualcuno e dirigersi verso di lui. Darren si sentì stringere il polso. Un movimento innaturale lo lussò e quasi lo ruppe. Le sue paure erano diventate realtà: urlò e digrignò la bocca da cui fuoriuscì un grido soffocato di terrore. Un uomo incappucciato ma dal ghigno malefico tirava Darren a sé, strattonandolo come se fosse una bambola di pezza. Chris non riusciva a proferire una parola ma piangeva, tenendo forte la sua mano, lottando contro una forza superiore. Ad un certo punto un altro uomo strisciò fuori dalla carrozza come un'ombra e prese Chris per i fianchi, dividendolo da Darren. Urlò.                                    
«Lasciateci andare!» nessuno sembrava rendersi conto di nulla. L'uomo teneva teneva nelle mani un coltello. All'ennesimo tentativo di Chris di raggiungere Darren, glielo puntò sotto il collo e premette la lama piano. «Parlate e finirà male.» Chris deglutì e si fermò, guardando Darren venire portato via da quell'uomo robusto.
«Travis!» gli sentì dire. Il coltello fu scostato e Chris spinto per terra. Aprì gli occhi e si accorse che la carrozza era scomparsa.  Aprì gli occhi e si accorse che la carrozza era scomparsa. Cominciò a piangere, battendo i pugni per terra fino a farsi male. Si sentiva inutile e sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato.  Dove poco prima la lama fredda era stata poggiata, fitte di bruciore andavano e venivano. Chris si toccò e si accorse di stare perdendo sangue copiosamente. Rigolini di sangue tracciavano il suo collo fino a sporcare il completo di suo padre. Con la vista offuscata si alzò e piano, contando piano i passi, e cercando di non sforzare le gambe, si diresse verso casa.
 
 

 
Marie sentì bussare. Si alzò e si diresse verso la porta. «Chi è?» chiese. Nessuno rispose e dallo spioncino non si vedeva un granché. Spalancò la porta e si trovò davanti il suo più grande incubo. Chris era davanti la porta, in piedi ancora per poco. «Chris, Dio santo!» lo prese e lo adagiò sul divano. Lui non riusciva a capire più nulla, era stordito e non parlava. Il suo collo era ormai quasi totalmente rosso e faceva contrasto con la sua pelle bianca, forse anche troppo. In più, aveva qualche livido sulla faccia, che tendeva a farsi più scuro. Provò ad alzarsi, ma appena lo fece quasi cadde, e Marie lo sostenne e lo rimise a sedere.                  
«Che ti hanno fatto, figlio mio?» chiese Marie, spaventata. Chris non rispose, aveva lo sguardo fisso e sembrava fissare nel vuoto, come se, intorno a sé non ci fosse niente tranne che un punto fisso, ma invisibile allo stesso tempo. «Ora chiamo il dottore, stai qui» afferrò la giacca e volò fuori, correndo più veloce che poté. L'ambulatorio del dottor Lawrence si trovava a tre minuti da casa. Arrivata, lo trovò chiuso, ma decise di fare un tentativo: suonò e picchiò sulla porta, ripetutamente, poiché il giovane dottore abitava sopra l'ambulatorio in un piccolo monolocale. «Dottore!» urlò Marie. Una finestra sopra di lei si aprì e il dottore fece capolino. «Ma chi è che fa questo baccano?» il dottore, si grattò la testa e rivolse subito il suo sguardo di sotto. «Dottor Lawrence, mi aiuti» Marie era disperata, quasi scoppiava in lacrime ripensando a com’era combinato suo figlio. «Signora Marie, che succede?» «Il mio Chris...deve venire subito, é bianco e perde sangue. Non mi parla, non reagisce » piagnucolò. «Mi aspetti, preparo l'essenziale» il dottor Lawrence si sfilò il pigiama, indossò i suoi abiti, mise tutto l'occorrente dentro la borsa e scese giù. Quando arrivarono, Chris era ancora sul divano ma un po' meno ansimante. Il dottore lo guardò e capì. Si avvicinò e notò il taglio all'altezza della giugulare. Ripulì il sangue incrostato e sentenziò che non fosse poi così profondo da toccare nervature varie. Inoltre aveva la fronte calda e impregnata di sudore, segno di una febbre acuta.


 
**

 
Chris si mosse piano, non si ricordava neanche dove era. Aprì piano gli occhi. La sua vista si riempì di bianco. Fece fatica ad aprirli del tutto. Un po' di bende fasciavano il suo collo e anche le sue gambe. Cercò di farsi forza con le braccia, per tirarsi su, ma quel poco, lo fece gemettere di dolore. Il ricordo di qualcuno che si allontanava, lasciandolo sospeso come in un sogno, ma che in realtà era realmente accaduto. Un immagine fusca sempre più nitida. Il tonfo, mentre cadeva a terra, dopo aver sentito la lama quasi trafiggergli il collo e le urla di Darren, che veniva portato via. Si morse le labbra quasi a farle sanguinare e si maledisse per non aver potuto fare niente. Così, ad una ad una, senza poterle fermare, lacrime amare scesero agli angoli dei suoi occhi. Pianse, e scosse, fitte al petto aumentavano con lo scorrere di quel pensiero e delle lacrime che aumentavano il ritmo. Voleva restare solo con quello che non aveva fatto. Perché Darren era davvero troppo per lui. Era il suo sostegno, la sua forza mancante nei momenti bui. Mentre questi pensieri gli scuotevano la testa, Marie entrò in camera, con due cuscini e avvicinatasi al letto li adagiò dietro la sua testa. Ricordò la chiacchierata con Marie, di qualche secondo prima, o forse ora, dopo di essere stato messo a letto. Le aveva raccontato tutto, e prima che iniziasse a ribellarsi e a uscire di casa, lei lo aveva subito messo a tacere e intimato di dormire e di evitare il tutto per un po’. Ma adesso, adesso avrebbe preferito farlo prima, sputare tutto ciò per cui si sentiva inutile e debole.                                                                                    
« Amore mio, finalmente ti sei svegliato. » Marie arrivò, e si mise seduta accanto a Chris, abbozzando un sorriso di sollievo e baciandolo sulla fronte. Ma Chris non la stavo guardando. Il suo sguardo era fisso nel vuoto. Marie se ne accorse. Il suo cuore piangeva alla vista di suo figlio in quelle condizioni.
«Come stai? » Marie lo vide stanco, spento.                                                              
«Come dovrei stare? Non posso muovermi, non posso alzarmi. » cominciò a dire, con voce rotta. «Non posso fare niente, non ho fatto niente!" continuò questa volta gridando. « Lo hanno preso! E non ho fatto niente per impedire che accadesse. Niente! » continuò, sgolandosi, le lacrime che uscivano a fiocchi. Si asciugò gli occhi bagnati con le sue mani, ma non fece altro che peggiorare la situazione. Marie gli prese la mano e cercò di calmarlo.                                                                                                       
« L'ho perduto. E non so nemmeno dove sia ora. Se stia bene o no. Se gli sia successo qualcosa…» sentì il suo cuore quasi cedere e farsi piccolo più del dovuto. « ed é tutta colpa mia... »
« No, non dirlo neanche per sogno. Nessuno dei due avrebbe potuto prevedere che arrivassero quei due uomini. Chissà con quali intenzioni poi…» Marie cercò di tranquillizzarlo. Chris la guardò un attimo, per poi riprendere a piangere più forte, più dolorosamente. Le fitte aumentavano così come i battiti. Non poteva prevedere cosa gli avrebbero fatto, a parte i respiri affannati, gli occhi rossi e la stanchezza, evidente sul suo viso, ma sicuramente quello non sarebbe stato niente, in confronto a Darren da solo, preso e portato chissà dove, senza poterlo rivedere o avergli potuto dire niente prima che lo portassero via.
« Capisci? Avrei potuto fermarli. Avrei potuto... » disse fievolmente, quasi sussurando. « fare qualcosa. E adesso, non c'è più. Se ne é andato.» Marie lo abbracciò stretto, e i singhiozzi si persero ancora più rumorosi sulla sua spalla.
« Per me lui è tutto. Senza di lui non sono niente, niente…» e così, Marie lo strinse di più a sé.
 
 
 **
 
 
La carrozza percorse una strada ciottolosa e accidentata. Il corpo inerte di Darren balzava ma era sostenuto dall'uomo incappucciato. Lo stesso spostò una tendina e notò che erano vicini. Da lontano riusciva a vedere la figura del padrone che, dalla finestra, osservava la carrozza con sguardo speranzoso. L'uomo sorrise compiaciuto e sonnecchiò sul sedile.               
 Darren aprì gli occhi. L'odore di tanfo, di marcio e di acqua sporca, penetrò le sue narici fino a fargli salire la nausea. Cercò di muoversi ma aveva le braccia dietro le spalle e le mani legate. Gli doloravano i polsi. Si alzò e in punta di piedi raggiunse la finestrella, che era l'unica in quella specie di caverna che fungeva da prigione. Il cielo era viola e l'oscurità si era nascosta dietro ai monti. L'aria fresca faceva muovere le piante del panorama. Strinse gli occhi e gli sembrò familiare. Si abbassò e passeggiò, sgranchiendosi le gambe. Aveva muscoli indolenziti che faticavano a muoversi. Si abbandonò per terra. Ogni attimo fluttuava nella sua mente, ricordava gli occhi di Chris e come tutto fosse accaduto così velocemente. Avrebbe voluto reagire ma qualcosa lo aveva bloccato. Qualcosa che non aveva riconosciuto. Non era lui che agiva e ne era sicuro. Pianse quando rimembrò la faccia terrorizzata di Chris e la lama che affiancava il suo collo. Avrebbe voluto proteggerlo ma era stato incapace e si sentiva uno schifo. Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri fu un armeggiare confuso di chiavi che lì, risuonava tremendamente. Provò ad alzarsi ma il dolore ebbe la meglio. Rimase seduto, sconfitto. Un raggio di luce comparve non appena la piccola porticina, che Darren aveva notato solo dopo, si aprì. Una lanterna era sorretta dallo stesso uomo che l'aveva trascinato in quella carrozza. Era scortato dal suo scagnozzo, Travis. L'uomo indossava un completo nero, forse quello che nascondeva sotto il mantello. «Ah, siete sveglio» sorrise amaro. Fece segno a Travis di slegarlo. «Vi riportiamo alla luce.» Darren si scostò con tutta la forza e guardò il ragazzo male. «Su, non fate i capricci. Vi porterò in un bel posto.» Darren si fermò e si lasciò slegare. Fu sorretto dai due uomini che lo aiutarono a percorrere i corridoi di quel castello. Ricordava di aver visto tutto quello da qualche parte ma non riusciva a pensare. Arrivarono in una grande stanza e fu abbandonato sul letto. Travis e l'uomo uscirono e Darren aprì gli occhi. Si trovò davanti una serva. Si allontanò. «Tranquillo, non vi faccio nulla, signorino Darren. » disse sorridendo lievemente. Era una donna di mezz'età e dagli occhi chiari. «Però é meglio che riposate. Ecco, tenete, vi farà stare meglio.» Darren si guardò attorno e rabbrividì. «Dove siamo? » chiese, accettando il calice che la donna gli stava porgendo. « Nella vostra stanza. Non ricordate, signorino Darren? » Darren sbiancò. Era tornato a casa sua? Quella reggia da cui il padre l’aveva cacciato e gli aveva fatto passare le pene dell'inferno? Al solo pensiero gli saliva il ribrezzo. Non aveva intenzione di vederlo, no. Non l'avrebbe perdonato per avergli procurato così tanto dolore. Avrebbe voluto urlargli in faccia che ormai era felice  con un uomo . Sì, esatto. Chris sarebbe stato il suo universo, per sempre. Nessuno avrebbe avuto l'autorità di proibire questo. Sarebbe andato contro tutti e tutto a costo di tenere con sé l'amore della sua vita.                                                     
In quella casa l'unica persona che lo avrebbe sostenuto, sarebbe stata sua madre.                                 
«Sei cresciuto, amore mio. Va, esplora il mondo. Abbatti le barriere in cui ogni persona del nostro rango é costretta a vivere. Fai ciò che non ho potuto fare io; osserva e poi descrivimi tutto, fammi sognare. La cosa più importante che tu possa fare é amare, sempre. Che sia una donna o un uomo. Sì, ti amerei lo stesso, non ostacolerei mai la tua vita. Sii libero di donare il tuo cuore a chi pensi se lo meriti. Si vive solo una volta.»
Gli aveva detto una sera, mentre aspettavano che la pioggia finisse. A Darren salì il magone e pianse. Riversò tutto il dolore sugli abiti ormai sudici e lo fece davanti a quella serva. «Signorino, che succede? » «Non vi preoccupate. Andate pure. » «No, dovete vestirvi e lavarvi.»
«Farò io, tranquilla.» gli rivolse un sorriso e si asciugò le lacrime. La donna tentennò e biascicò un «va bene, ma chiamatemi se necessario», scomparendo poi dietro la porta. Darren si guardò attorno. Afferrò i vestiti e si diresse verso il bagno. Riempì la vasca di acqua, ci aggiunse un pezzetto di sapone pregiato e vi si infilò dentro. Si bagnò il viso e dopo essere stato per un po' a fissare il nulla senza muoversi, scivolò sotto il pelo dell'acqua, urlando tutti i sentimenti.

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Capitolo 34
*** Capitolo 32. ***


¦ Roberta' space: EHILÀ PRODI! Lo so, in questo momento la simpatia non fa proprio al nostro caso dato che, insomma, é passato un anno dall'ultimo aggiornamento. Abbiamo le nostre colpe, ma i fattori esterni hanno contribuito a peggiorare la situazione. La scuola, prima di tutto. Non pensavo, personalmente, che sarebbe stata così pesante. Compiti su compiti, interrogazioni su interrogazioni, nuove materie, tantissimo materiale da studiare... Non avevo mai un po' di tempo libero. La mia scrivania e i libri erano i miei migliori amici. MA FORTUNATAMENTE É FINITA! Essendoci trovate stremate dopo un anno, io e Claudia abbiamo ben pensato di dare una dignitosa fine a questa lunga, lunghissima fanfiction. Questo é uno fra gli ultimi capitoli... É finito tutto, piangiamo insieme. *crying* Il nostro Darry viene a scoprire il perché del rapimento e si riconcilia col papà... Un capitolo dedicato al rapporto padre-figlio c: Chissà che succederà nel prossimo... secondo voi tornerà con Chris?! Ah, chi lo sa! Per chi volesse sapere la canzone, è Good Guys di Mika. Spero che vi piaccia, dopo tutto questo tempo c.c Al prossimo capitolo, non ci metteremo molto, promesso!
Bacini, Robs
 
 
Chapter 32.
 

If we are all in the gutter
It doesn’t change
who we are
cause some of us
in the gutter
are looking up at the stars.

Where all the good guys, were all the good guys
where all the good guys gone?

 


Darren picchiettava freneticamente le dita sui braccioli di legno della sedia su cui sedeva, intento a guardare il labirinto di strade che si districavano in modo geometrico oltre le grandi finestre del palazzo. Su Londra aleggiava una nube minacciosa, carica di pioggia, che dipingeva il cielo di un triste grigio. Con lo sguardo Darren passava a rassegna, uno per uno, i tetti delle case sperando di scorgere Chris alla finestra, nel caso fosse riuscito a riconoscere il tetto della sua umile abitazione, calda e accogliente. Erano passati cinque giorni dall'ultima volta che lo aveva visto. Era in quel luogo, la sua casa, da altrettanto tempo e, ancora non aveva scoperto il perché di questo curioso ritorno a casa. Ogni notte sognava Chris. I suoi occhi cerulei e le sue grida lo tormentavano come un incubo, un terribile incubo che lo faceva svegliare di soprassalto con ogni centimetro della sua pelle, bagnato. Gli mancava come non mai. Si chiedeva dove fosse, se stesse bene, se fosse coccolato da mani amiche come quelle di Marie. Darren si rammaricava, si infuriava con sé stesso perché, seppur la situazione non lo permetteva, non era riuscito a portare Chris in salvo. Si incolpava e si odiava, profondamente. Sperava di poterlo vedere ancora.
A interrompere il flusso dei suoi pensieri fu una voce femminile, che fece irruzione della camera da letto.                                                          
«Signorino Darren» disse, dirigendosi verso di lui.                                                                                                                                                                     «Qual é il suo nome?» chiese, dandole le spalle. La sua voce era bassa, un po' tremante. «Geneviève, signorino»                                                                 «Geneviève» ripeté Darren, masticando il nome con un ottimo accento francese. Si voltò verso destra quando la vide spegnere il fuoco.
«Che fate?» domandò.                                                                                            
«Ho l'ordine di portarvi dal padrone» a quelle parole lui tremò. Un sentimento di rabbia si fece strada dentro di lui, fino a fargli ribollire il sangue. Intuiva che dietro tutta questa messinscena non poteva che esserci il suo amato padre, che amava tanto attirare l'attenzione, ma in cuor suo sperava che non fosse stato proprio lui ad ordinare quel brusco rapimento. Si alzò con troppa forza, tant'é che barcollò pericolosamente, rischiando di cadere e farsi male se le mani di Geneviève non avessero evitato il peggio. «Signorino, tutto bene?» chiese, apprensiva. Darren sospirò e annuì. Si fece guidare dalla donna, uscendo dalla camera. Percorse quei lunghi corridoi lussuosi. Le pareti in pietra erano decorati con quadri e targhette commemorative, volte ad esaltare la memoria e le azioni di ogni componente della sua enorme famiglia.
Lui e Geneviève arrivarono in fondo al corridoio e salirono una breve scala a chiocciola, alla cui estremità si trovava una porta in legno, socchiusa. Un'altra trovata del padre: la camera da letto in cima ad una torre.                                                                                                                                    
«Andate pure, Geneviève» disse Darren, alzando una mano. «Non c'é bisogno che mi introduciate» la donna tentennò ma poi sorrise, tornando sui suoi passi. Darren spinse la porta verso l'interno e questa si aprì. Gli apparve una camera circolare, ben arredata e piena di arazzi e tappeti. In una parte della stanza vi era il grande letto in legno. Era un ambiente un po' cupo in quel momento, per via del sole che lentamente lasciava il posto all'oscurità e per la luce fioca di una moltitudine di candele, sparse per la stanza. Darren non saliva lì da molto tempo ormai e non si stupì quando notò che tutto era al proprio posto. Il tempo aveva paralizzato qualsiasi cosa. Darren quasi si spaventò quando si trovò davanti un giovane uomo dai capelli biondi che lo osservava curioso.                                                                                                                                             
«Voi siete il signorino Darren?» domandò a voce bassa. Lui annuì, guardando oltre le spalle dell'uomo, un po' più basso di lui. Solo in quel momento si accorse che davanti ad una piccola finestra si stagliava la figura di un uomo, fasciato da una vestaglia color porpora, assorto dal panorama. «Piacere» esordì l'altro «sono il dottor Wood.»                                                                      
Darren strinse lui la mano e si rese conto in quel momento che non era un servo. Indossava un panciotto nero sopra una camicia bianca e dei pantaloni grigi, lunghi fino alle calzature scure. «Darren, il figlio» gli occhi cerulei del medico si illuminarono. «Finalmente un parente con cui parlare di questo pover'uomo» Darren lo guardò con aria interrogativa. Il dottor Wood sorrise.
«Mi avevano detto che non era rimasto nessuno»                                                                                    
«Come sta?» sussurrò Darren, osservando il padre un po' troppo taciturno.                                                                                                                     
«Piacere» esordì l'altro «sono il dottor Wood» Darren strinse lui la mano e si rese conto in quel momento che non era un servo. Indossava un panciotto nero sopra una camicia bianca e dei pantaloni grigi, lunghi fino alle calzature scure. «Darren, il figlio» gli occhi cerulei del medico si illuminarono. «Finalmente un parente con cui parlare di questo pover'uomo» Darren lo guardò con aria interrogativa. Il dottor Wood sorrise. «Mi avevano detto che non era rimasto nessuno» «Come sta?» sussurrò Darren, osservando il padre un po' troppo taciturno. L'uomo sorrise tristemente. «Beh, signori-» esordì. «Chiamatemi Darren» lo interruppe. «Darren, mi hanno chiamato da qui circa due settimane fa in preda alla disperazione. Suo padre non mangiava, aveva repentini sbalzi d'umore, tosse e febbre molto alta. Quando sono arrivato io, la situazione era già precipitata nell'incurabile. «Purtroppo lo é ancora perché suo padre si é ammalato di una grave polmonite. L'apparato respiratorio ha cominciato a cedere, giorno dopo giorno. Se non fosse stato così testardo, l'avrei curato riducendo del tutto la possibilità...» si bloccò, osservando l'espressione attenta di Darren. Non sapeva se fosse il momento giusto, ma doveva mettere il figlio di fronte alla reale situazione, da buon medico.                                                                                                  
«Continuate, dottore» Darren lo incitò. Aveva notato nello sguardo di quell'uomo una strana inquietudine ed era pronto ad accettare qualsiasi sentenza. Il dottore si riscosse.
«Ecco, diciamo che se avessimo provveduto in tempo, l'aspettativa di vita sarebbe senz'altro stata più lunga mentre, adesso, si é ridotta all'osso. A suo padre rimane una settimana di vita, se non cinque giorni»  Pronunciò quelle ultime parole in modo cauto, neutro. Si aspettava uno scatto d'ira, un'imprecazione soffocata, un pianto, ma non un semplice segno di assenso. Darren se lo aspettava. Sapere però che avrebbe perso anche lui, aveva mosso qualcosa dentro il suo animo.
L'uomo alla finestra tossì e si voltò. «Dottor Wood, il mio prigioniero é arrivato?» domandò con voce rauca. L'uomo guardò Darren e sorrise. Si allontanò e accompagnò il malato fino al letto. «Lasciateci soli, James» Darren notò come il padre stentasse a camminare, appesantito da un dolore che vinceva su tutto. Si mosse piano verso il letto quando James Wood lo bloccò per un braccio. «Non sia troppo rude con lui» lo fissò severo. «Se ha bisogno, vicino al comodino c’é una campanella. Muova la corda e sarò qui in un minuto» Darren annuì e lo vide scomparire nella semioscurità che infestava l'ambiente. Riprese a camminare un po' inquieto con la sensazione che Mr Wood lo stesse osservando.
 

 
 
                                                                                                                                                            **
 
 
 
 
Darren si prese un paio di minuti per osservare il padre in lontananza: aveva il capo bianco chinato verso il basso, le mani strette riunite in grembo, violacee, lunghe come ricordava ma ossute; la veste gli stava visibilmente larga, come se coprisse un corpo fatto interamente di nude ossa senza il minimo strato di pelle e muscoli. Dopo un po' l'uomo alzò lo sguardo nella sua direzione. Gli occhi color smeraldo non erano più vispi, ma spenti e circondati da rughe, così come tutto il viso; rugoso ma anche pallido e smagrito. Sorrise sornione quando vide la figura del figlio a pochi passi, con un'espressione incredula. Darren prese posto ritrovandosi il viso del padre, Richard, a pochi metri. Si rendeva conto in quel momento di quanto fosse invecchiato, di quanto la malattia l'avesse fatto marcire in poco tempo.                                                                                                          
«Padre» disse piano.                                                                                           
«Ne é passato di tempo da quando sei scappato, facendo sì che ti smarrissi fra la popolazione» gli occhi scuri di Richard erano puntati in quelli chiari del figlio.: Con quelle parole Darren ripensò ai momenti in cui scappare era risultata la via migliore per evitare le gravi e offensive intolleranze del padre, troppo conforme ai canoni tradizionali per accettare che il suo bel unigenito non fosse come gli altri. Richard aveva provato totale ripugnanza verso Darren. Era stata una vergogna dover ammettere a sé stesso che l'unico erede non aveva intenzione di sposare la figlia di qualche uomo proveniente da un buon partito; era stato difficile pensare, durante la sua mancanza, che aveva perso Darren e che lo aveva guardato scappare senza tentare di fermarlo «Se volevate che tornassi bastava chiedermelo, dato che sapevate dove mi trovavo» disse atono. «Invece di utilizzare un modo così brusco.»                 
«Non saresti mai tornato.»                                                                                           
«Se foste stato più incline ad accettare la mia natura, sarei tornato. Se solo vi foste fatto sentire.» Darren spostò il suo sguardo su un punto indefinito sulle sue mani, sospirando. La ferita bruciava ancora, fortemente.                                                                  
«Sono per te così estraneo? Non sono più tuo padre? Hai smesso di darmi del tu?»
«Non reputo padre colui che ha ripudiato suo figlio soltanto perché, amava una persona di sesso diverso a un’altra, non reputo padre chi caccia così, i propri figli. Che li fa e poi, li butta via.» Richard gli rivolse uno sguardo serio. Quella sentenza lo aveva colpito come una doccia fredda. Per la prima volta il duo ego traballava, insieme al suo orgoglio.                 
«Io non ti ho buttato via. »
« Per favore, se solo avessi potuto, mi avresti cacciato via. Avevi già i tuoi sospetti eppure non hai voluto mai parlarne. Non hai mai voluto affrontare l’argomento. » sputò quelle parole come fossero sangue, appena uscito fuori da qualche ferita lì, sparsa da qualche parte sul suo corpo. Suo padre, storse il naso. E sospirò. « Non l’ho mai fatto perché sapevi com’ero diventato dopo la morte di mamma. »
« Non è una giustificazione. Non puoi sempre mettere in mezzo lei. Lei non c’entra niente. Lei non c’è più. » la sua voce suonò quasi spezzata al pensiero dell’unica donna nella sua vita, sua madre. Richard si mosse il labbro inferiore e abbassò la testa, come se si fosse appena pentito.                  
«Ci ho pensato su, durante la tua mancanza. Odiavo l'idea che tu, sangue del mio sangue, potessi donare le nostre ricchezze e il tuo dolce animo... ad un uomo.» l'ultima parola vibrò tra le sue pallide labbra dura come una bestemmia, come un'eresia. Darren si inferocì. La speranza di un padre diverso, scomparì come un'ombra.
«Chris non metterà in cattiva luce la tua famiglia!» ringhiò. Le mani stringevano i braccioli. Le nocche erano diventate di un bianco puro. Sul suo viso si espandeva una macchia di rossore. «Allora é così che si chiama. Chris. Di che estrazione sociale é?» suo padre abbozzò un sorrisetto curioso ma anche spettrale.
«Non ti importa.» Richard sorrise. Nella testardaggine del figlio riconosceva un po' del suo carattere. Era con lo stesso atteggiamento che aveva passato i mesi: imponeva la sua intolleranza su ogni idea, su ogni momento in cui si pentiva di averlo offeso. Notò gli occhi di Darren luccicare rabbiosi. Era davvero furioso. Richard si sentì in soggezione. Che tipo di mostro era? Aveva attirato a sé tutto il rancore del figlio, tutti i suoi sentimenti per niente affettuosi e adesso si sentiva bruciare dai sensi di colpa. L'aveva accettato in cuor suo quando aveva ordinato al suo miglior scagnozzo di rintracciarlo tra la povertà e di riportarlo a casa. L'arrivo del dottor Wood lo aveva spinto ancor di più a chiudere ogni discussione col figlio. Restavano pochi giorni e poi si sarebbe spento.
«Non ti importa. » ripeté Darren. «Così come non ti importa che io sia qui. Che io stia cercando di farmi piacere il fatto stesso di essere qui. Sono passati mesi, giorni. Non ti importa nemmeno che io sia felice. E che lo sia con un altro uomo. » Richard guardò fisso suo figlio e cercò di trovare le parole giuste.                                                                                          
«Credi che per me sia stato facile? Non averti con me fino ad adesso? Credi che, avrei dovuto accettare subito la tua situazione senza neanche ribattere o pensarci? » le parole di suo padre suonavano amare e metalliche. Richard si aggiustò, alzandosi un po', sul letto.                                     
«E per me invece? Cosa mi dite?! Mi sono ritrovato da solo. Anche più solo di voi se è per questo. Ma ho combattuto. Ho lottato. E non sarà stato facile. Non sarà stato bello. Ma ho ricevuto tutto ciò di cui avevo bisogno: amore e comprensione. Non sapete quanto ho pianto per aver desiderato di non essere cacciato subito via come un cane quella notte! Non sapete quanto ho cercato di capirvi. Io stesso pensavo di essere un mostro! » Darren alzò le braccia in aria, frustrato.                                                                        
« E questo posso capirlo. Credimi. » Richard sembrava sincero. Per una volta nella sua vita, sembrava essere tornato l'uomo che era prima della morte di sua moglie.
« Mi dispiace. Mi dispiace se sono stato un padre diverso. Un padre cattivo. Un padre che era tale soltanto nel suo appellativo e non nei fatti, nei gesti. Vorrei tanto rimandare indietro il tempo, ma non si può. Quello che ho fatto è stato. » Darren guardò suo padre sospirare e avanzare piano nelle lenzuola. Nonostante tutto quello che lui gli aveva fatto passare, provava pena. E provava affetto. E provava anche una grandissima rabbia. Ma più di tutto, predominava la voglia di perdonarlo, di farlo andare via in pace e privo delle sue colpe.
« Non dico che sei stato il peggiore, ma sono stato ferito. Questo non so se riesci a capirlo. Mi sono fatto più volte tante domande. Su me stesso. Sulla mia vita. Su che cosa volessi veramente. » si lasciò andare. Semplicemente tirò fuori tutto ciò che aveva da dire e suo padre lo ascoltò. Appena finì, lui gli rivolse uno sorriso sincero e tentò di prendere le mani di Darren, ma lui le ritrasse. Abbassò lo sguardo e sospirò, trattenendo la tosse: «So che é difficile da credere, Darren, ma ti ho accettato, così come sei. L'idea di lasciare questo mondo senza prima aver risolto con te, era terribile. Così ti ho fatto rintracciare ed ora eccoti qui» si passò una mano sulla fronte. «É stata anche tua madre a convincermi. Non ne sarebbe stata contenta lei, che amava il mondo, la natura, la gente e tutti i tipi di amore possibili. Lei ti avrebbe abbracciato e ti avrebbe scoccato un bacio in fronte. Per il rispetto e l'amore che provo nei suoi confronti, e nei tuoi, decido di dirti: sì, ama chi ti credi di amare.»
Darren era profondamente scosso dal lungo discorso in cui si era dilettato suo padre. Non pensava che da quelle dure battute iniziali potessero scaturire poi sincere parole. Era contento e le lacrime gli bagnavano le guance. Piangeva per Chris, per la mancanza che gli bruciava nel petto; piangeva per suo padre, che era riuscito ad abbandonare le sue idee tradizionaliste per accettare il modo d'amare del figlio, e che l'aveva fatto soffrire tanto; piangeva per il ricordo della madre, che l'avrebbe seriamente elogiato per quella scelta nobile ma condannabile in quel tempo; piangeva perché si era reso conto che il destino era stato favorevole con lui, perché gli aveva donato una bella famiglia, gli aveva donato delle sfide per crescere, gli aveva donato l'amore per far sì che riuscisse nel suo percorso. La prima cosa che fece fu quella di stringere il padre. Era ancora più fragile di come appariva. Richard sorrise, il calore familiare gli era mancato, gli era mancato il suo bambino, il suo ragazzo adesso diventato adulto. In quell'esatto momento Darren sentì il padre tossire e poi accasciarsi sul suo corpo.
 
 

 

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 33. ***


 
Chapter 33.




And oh, I've only caused you pain, you know
That all of my words will

always be low
Of all the love we spoke
When you're on my road walking me home
Home, home, home, home




 
Darren, quello stesso giorno, venne riaccompagnato a casa su ordini di suo padre. Darren avrebbe tanto preferito rimanere con lui, con quel poco che gli restava da vivere ma, non gli venne concesso. Salutò per la penultima volta la sua casa. La casa in cui era cresciuto. E pensò che l'ultima volta che vi sarebbe entrato di nuovo, sarebbe stato per dire addio, a suo padre. Per avvolgere il suo debole corpo in un lenzuolo e poi, sotterrarlo. Sulla strada che lo riportava da Chris, pensò. Pensò a tutto ciò che era cambiato in bene e in peggio. Pensò a lungo e quasi, si scordò di riferire al cocchiere, dove fossero diretti. Il pensiero che lo aveva tenuto così tanto distante da suo padre adesso si era sciolto. Non avrebbe mai dimenticato ovviamente, ciò che lui gli aveva fatto. Ma non avrebbe mai smesso di ricordare che era pur sempre suo padre. Strade, vie e case si affacciavano da quella piccola fessura, in quel piccolo veicolo. Darren scostò leggermente la tenda e vide pezzi di quel panorama scomparire a poco a poco, mentre la carrozza proseguiva il viaggio. E mentre pensava, assorto, arrivò finalmente a casa. Ringraziò distrattamente l'uomo che lo aveva riportato lì. Arrivato alla porta, bussò e appena un uomo dagli occhi azzurri e i soliti capelli alzati, forse anche più bello di prima e di tutte le altre volte, si affacciò, i suoi pensieri si annullarono di colpo. Chris strinse forte Darren e lo avvolse tra le sue braccia senza volerlo lasciare. Darren affondò il viso nell'incavo del suo collo e respirò il suo dolce profumo. Tutta aveva un'aria così familiare. Forse, era davvero quella dopotutto. Sarebbe diventata quella la sua famiglia. Dopo entrarono dentro casa e anche Marie, ormai sull'orlo della preoccupazione più totale, strinse Darren fortissimo come se avesse appena avuto una visione. Darren raccontò tutto ciò che era successo. Raccontò del rapimento e di dove lo avessero portato. Raccontò di aver rivisto suo padre, di quanto fosse terribilmente malato e quanto, nonostante tutto l'odio alimentato e cresciuto dentro sentisse sempre di volergli bene. Perché nonostante questo, il suo odio era subito esploso dopo avergli parlato e dopo che suo padre, aveva ascoltato ciò che suo figlio aveva da dire E mentre raccontava, il suo viso si perse e si riempì di lacrime e allora, Chris lo rinforzò con le sue braccia e ancora una volta, gli trasmise tutto il suo amore, tutta la sua forza anche se non molta, tutto ciò che aveva da offrirgli anche se non era molto. Tutto quello che suo sguardo, le sue braccia attorno al suo corpo e al suo collo, i suoi baci.
 Ma bastavano. Sarebbero bastati e avrebbero reso tutto ciò intorno a loro ancora più saldo e vero.
Una settimana dopo, Richard morì. Così, Darren ritornò per un ultima volta in quella casa. Questa volta, insieme a Chris. E insieme, videro quel pover'uomo, su quel letto, immobile e inesistente. Chris sostenne Darren. E Darren trovò la forza per salutarlo un'ultima volta. Parlò con lui, e disse qualcosa riferendosi a Chris al che, lui, si ritrovò sorpreso. Darren glielo presentò. E lo elogiò davanti a suo padre.
« Non è bellissimo, papà? » sussurrò. Chris ascoltava. « So che magari, potrà sembrarti strano ma, lui è tutto ciò che mi rende felice. Non so se anche mamma riesca a vederlo da là. » A quelle parole, Darren prese le mani di suo padre e Chris, gli carezzò piano la spalla. « Lui é la mia felicità. Non desidero altro. A parte aver capito chi sono e cosa voglio essere. E l'essermi riconciliato con te, papà. »  Poi stringendo più forte, le sue mani, disse:                                                                                                                                                
« Grazie per aver capito. »
 
 


Poche persone lo vennero a trovare. E poche fecero a Darren le condoglianze quei giorni. Gente a lui poco conosciuta e altra che invece, aveva intravisto e ricordava benissimo. Salutava alcuni mal volentieri ed altri, con finto stupore. Suo padre si era creato degli amici e anche dei nemici, nel tempo. Persone nuove, forse, nuove conoscenze proprio durante il periodo in cui lui era stato cacciato via e non si trovava alla reggia. Avvolsero il corpo di Richard e prepararono un piccolissimo funerale al di fuori della reggia. Furono presenti in pochi, inclusi suo figlio e il suo uomo. Anche Marie si unì. Anche se non lo aveva conosciuto, Darren aveva parlato tanto di suo padre, quando era entrato nella vita sua e di suo figlio Chris. Pochi invitati. Alcuni lì solo per far bella figura, altri perché sentivano veramente quella perdita. La cerimonia fu breve ma intensa. Quando calarono la tomba al di sotto della terra, Chris lasciò che Darren si aggrappasse completamente a lui, senza tirarsi indietro. Gli avrebbe dato tutta la forza che aveva in corpo se era necessario. La messa durò un'ora e alla fine Darren toccò il legno ruvido della piccola cassa prima che, la ricoprissero completamente di terra.
 
 


Nei giorni a seguire, il lutto si fece meno lieve ma sempre presente. Chris e Darren avevano ripreso a vivere e a scambiarsi ogni tipo di attenzione. La mancanza anche se per poco, si era fatta sentire e quando Marie usciva di casa per andare a fare la spesa o altro, si ritrovavano sdraiati in camera di Chris e si scambiavano i loro segreti e i più belli e profondi dei baci. Certo, potevano anche baciarsi di fronte a Marie ma non poteva considerarsi essere veramente intimi. Scambiavano il giorno per la notte. Si scambiavano il cuore e ogni attimo godendo della sensazione più sentita e viscerale. I loro istinti e l'essere liberi. Ogni tanto, Darren ripensava a quei giorni addietro e c'era Chris a risollevarlo, lasciandolo parlare e facendolo sfogare. La luce entrava e non era più uscita con quello che avevano fatto crescere. Era come se, avessero addirittura rapito il sole e ne avessero uno personale con cui illuminare l'altro.
Certi giorni, Londra era così misteriosa. Altri, invece, rifletteva il suo bagliore ai suoi abitanti. Era piena di segreti e rivelazioni. E così, certe volte e quando vi era poca gente in giro, loro due uscivano per le vie del paese, anche solo per prendere un po' d'aria o trovarsi in qualche piccolo negozio appena nato o che stava aprendo.
Sì ritrovavano a tenersi per mano e a percorrere le vie principali. Restavano lì ad ammirare la vista e a parlare quel poco in cui, non erano intenti a guardarsi. Davano sfogo alla loro passione, ritrovandosi ogni volta, di nuovo e ancora e ancora. Come se in ogni vita, loro fossero fatti per questo. Per innamorarsi. Di nuovo. E ancora. Infinitamente e senza nessuna rottura.

 
**
 
Quel lunedì, arrivò una lettera. Marie la trovò nella buca, la prese e lesse a chi era indirizzata. Di solito riceveva di rado della posta. Qualche sua cugina lontana o qualche parente, avviso delle bollette da pagare o cose così. Guardò il nome: Al signorino Darren Criss. Non volendo curiosare in faccende che non fossero le sue, Marie consegnò quella lettera la mattina stessa a Darren. Lui se la rigirò tra le mani, leggendo appena il mittente che la aveva mandata. Si trattava della reggia. Restò confuso. A parte il funerale e la morte di suo padre, non capiva cosa altro volessero da lui. Sperò che non si trattasse di qualche seccatura. Decise di non aprirla fino a quella sera. Aveva deciso di leggerla davanti a Chris e Marie, a cena.
Arrivata la sera, si ritrovarono tutti e tre seduti a tavola. Il cibo ancora caldo, le ciotole contenenti alcuni condimenti, l'acqua e il vino. Chris fremeva dalla curiosità che ricopriva quella lettera. Darren la studiava attento. Marie invece, sbuffava.    

«Apri quella dannata 
lettera, Darren! Altrimenti giuro, che non ti faccio mangiare niente. Non ti faccio neanche toccare il pane. » sbottò subito dopo lei in preda all'ansia. Darren abbassò lo sguardo sulla carta e poi guardò Chris.              
« Non potrà essere così spaventoso o tremendo. E ricordati che noi siamo qui. Avanti su. » lo confortò lui. Darren prese un respiro profondo e ruppe la carta, tirando fuori la lettera per poi aprirla. Fece un lungo respiro. Cominciò a leggere. « Caro Darren, sarò già morto quanto tu leggerai queste righe. O forse strapperai via questa lettera senza neanche voler conoscere il suo contenuto. » Darren suonò teso ma prese coraggio e continuò. « Sono molto malato. E mi resta poco tempo per poterti parlare. Se riuscirò a farlo, in quel caso, vuol dire che hai saputo ciò che provo per te a parte il mio affetto. E cioè figlio, che voglio accettare ciò che sei. Voglio e posso. E non perché io sia costretto. Ma perché so di essere stato ingiusto e vigliacco e poco flessibile. Sei mio figlio. L'unico. Sei la copia di tua madre. Bella e giovane. Ribelle e forte. Diversa e originale. » « E dio solo sa quanto questo mi abbia fatto male appena lei se ne è andata. Tu mi ricordavi lei. Con la sua fantasia e il suo modo di viaggiare via da questo posto. Sapeva farmi viaggiare. Fuggire via.» Darren si fermò un attimo. Rielaborò ciò che aveva letto e riprese.  « Ma lasciamo stare questo. Scrivo questo pezzo di carta, per affermarti che voglio che tu, possieda questa casa. La nostra. O la tua, se preferisci chiamarla così. Lascio questo a te, in eredità con tutte le sue cose dentro. Potrai farne ciò che vorrai. Potrai anche farlo vivere qui. Chiunque sia il tuo lui. » Darren si fermò per guardare Chris complice. Chris semplicemente roteò gli occhi, scherzandoci su.
« Mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Capire il suo sguardo. Chissà, forse, anche in lui hai trovato tua madre come io in te. » « Ti cedo questo. E il mio perdono. E spero che tu abbia capito e mi abbia perdonato. So di essere stato davvero un pessimo padre. Spero che tu farai meglio un giorno. Spero tu possa essere felice finalmente. » Darren si asciugò gli occhi lucidi e Marie mise una mano sulla sua, quasi commossa.  « A breve, ti arriveranno dei documenti che confermeranno il tutto. Ti voglio bene. Tuo padre, Richard. »
Darren finii di leggere ritrovandosi senza parole. Se la rigirò tra le mani, leggendo le ultime righe. Il foglio di carta tremava e lui non proferiva parola. Passarono alcuni secondi e Chris si preoccupò, si alzò dal suo posto e si avvicinò a lui.  
« Darren, ti senti bene?» gli mise le mani intorno alle spalle ma lui non rispose. « Darren, mi stai facendo preoccupare. Rispondi.» subito, Darren rispose. Ma non con delle parole. Baciò Chris di colpo, lasciandolo senza fiato. Marie cominciò a ridere. Appena Darren si staccò, Chris cercò di ricomporsi.  
« Bene? BENE? Io mi sento benissimo. Mi sento l'uomo che si sente più bene di tutti gli altri uomini. » cominciò a delirare.    
« Ho un ragazzo bellissimo. Lo amo. Ci amiamo. Mio padre mi manda questa splendida lettera dove finalmente parla di sentimenti cosa che non ha mai fatto. Ho una possibile casa. Ho una nuova famiglia. » e si voltò a guardare prima lui e poi Marie. « Mi sento felice. Sono felice. Mi sento fortunato. Lo sono. E non dovrei stare bene? »
Prese il viso di Chris e poggiando le mani a coppa su questo, lo baciò di nuovo. «Tu piuttosto, ti senti bene?»
Darren aveva un bagliore e una tale energia negli occhi che nessuno avrebbe potuto spegnere neanche provandoci.                              
« Sto bene, sì. » rise Chris e dopo lo baciò velocemente.                                                                                                                
«Ragazzi, ho dimenticato una cosa in cuina. » disse Marie. Ma loro non sembravano prestarle tanto ascolto. Come se non fosse veramente lì. « Mmmh.» mugugnò Darren. « Di improvviso mi è passata la fame.» terminò e lo avvicinò un po' di più a sè.          
« Darren, mi sa che dovrai mangiare, dobbiamo festeggiare per la buona notizia.» Chris gli mise le braccia intorno al collo.              
« Ma non possiamo festeggiare in un altro modo?»                          
Chris si morse subito il labbro inferiore. Fu tentato. « Lo faremo, dopo.»
 

 



 
¦ Claudia' space: Ciao bei ragazzuoli! *w* Come va? Spero che la vostra estate stia andando alla grande e se non alla grande allora spero che vi stiate rilassando, leggendo un bel libro, sentendo un po’ di musica fuori in veranda o al mare. Per quanto mi riguarda, io per adesso ho avuto solo belle notizie. Andrò al concerto del mio idolo, con la mia Rob. Eh sì, finalmente ci rivedremo. E poi, a dicembre, farò un bel viaggio. Come la mia Rob ha detto il capitolo precedente, confermo che la scuola e il resto, ci hanno distrutte. E come se non bastasse, io ho dovuto vedere le ultime puntate di Glee a maggio. Sì, avete capito bene. A maggio. Ed è finito quando? A marzo. Sì, dettagli. Professori del... della fava. Ecco, diremo così. E’ finito glee, lasciandoci sorrisi, pianti, ricordi. E lo terremo sempre con noi, non importa se cresceremo, io, lo terrò sempre con me. Ma, ritornando al capitolo… devo ammettere che ritornare a scrivere queste cose fluff e davvero caramellose dei Crisscolfer mi era mancato e non poco. Spero vi sia piaciuto. Eh già, il padre della Darren alla fine, si è riscoperto avere un cuore. Non dall’inizio forse. Doveva metabolizzare ma, alla fine, se ne è andato felice. E ha lasciato un Darren ancora più felice e con un peso in meno.
Al prossimo aggiornamento, readers. Che tra l’altro, sarà anche l’ultimo. Già Rob piange. Evitiamo che è meglio. Risparmiamo i saluti e le lacrime a più più tardi.
Love you, guys.

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Capitolo 36
*** Capitolo 34. ***


 

Chapter 34.

 

 

Dieci anni dopo.

 

Darren e Chris, si ritrovavano sempre di più, in quella città che andava pian piano crescendo con il tempo. Era appena scoccato il nuovo anno e si ritrovavano a festeggiarlo, insieme. Era davvero surreale. Le luci, l'aria di festa, le carrozze che camminavano su e giù per le strade di Londra. I signori ben vestiti. Le signore, splendide nei loro abiti. I paesani invece, con gli occhi luccicanti di speranza in un avvenire migliore. Si festeggiava il nuovo anno e le nuove sorprese, scoperte. Si riscopriva l'aria di allegria e di gioia. Spesso i lampioni di quella grande città si spegnevano e rinchiudevano tutto nel buio e nell'aria fredda e umida che si respirava appena.

 

**

 

Gli anni erano passati ma, niente tendeva a distruggere ciò che era nato e cresciuto con così tanta attenzione e cura. La famosa eredità di Darren fece riflettere sia lui che Chris, per mesi. Passavano da una idea a un’altra senza sapere cosa fare. E cosa sarebbe andato bene. Dopo del tempo, entrambi avevano deciso cosa farne. Eh no, non andarono viverci. Quel posto ricordava troppa infanzia, tristezza e forse anche miseria. A Darren piaceva ricordare tutto quello ma non viverlo. Non di nuovo. Non voleva vivere sotto un tetto pieno di memorie spezzate e ancora vivide. Avrebbe voluto molto di meno e anche molto di più. Non avrebbe permesso che quelle paure e quegli angoli intrisi di misteri e rabbia incatenassero anche Chris. Così, la reggia fu venduta al miglior offerente. Con quei soldi, Darren e Chris trovarono una casa a pochi metri dal centro ma comunque in periferia e in un vicinato tranquillo. All’inizio il trasloco per loro fu traumatico. Chris, prese tutte le sue cose da casa di Marie. Darren invece, si ritrovò pochissime cose che gli appartenessero in quella piccola casa che era diventata la sua nuova dimora in quei mesi. E non faceva altro che ringraziare che tutto quello fosse accaduto a lui. Aver trovato persone come Marie o come Chris. O come Julie, lungo il viaggio. Marie pianse un po’, salutandoli. Per primo non si era resa conto di cosa stava succedendo finché, non avevano finito di preparare i loro bagagli. Li salutò. Stampò un grande bacio sulla guancia di Darren e abbracciò suo figlio Chris, tenendolo stretto a sé. Loro le avevano promesso che la sarebbero venuta a farle visita, nei giorni avanti. E lo stesso avrebbe potuto fare lei. Ovviamente, ci volle un po’ prima che i due si adattassero alla nuova aria. Alla nuova casa, da condividere. La casa era accogliente, spaziosa quanto bastava e non era costata poi molto. Aveva un giardino sul retro e si contavano poche case intorno. Avrebbero avuto pace e tranquillità. Una cucina a destra, due bagni, un salone, la loro camera da letto e altre due stanze più piccole. Una, venne addetta come magazzino per sistemare tutte le cose che avanzavano. L’altra, restò vuota. Darren e Chris avrebbero pensato solo a quella. Appena passò una settimana dal trasferimento, dovettero occuparsi di sistemare le ultime cose. Finalmente, poterono convivere.

 

 

 

Darren trovava soddisfazione in ciò che faceva. Il suo lavoro lo rendeva felice, così come Chris. Suonava il piano in alcuni locali di Londra e veniva ben pagato. Muoveva le sue mani sui tasti del suo pianoforte nero lucido e si lasciava trasportare dalla musica. Si sentiva libero, finalmente. Svuotato d’ansie e pensieri. Poteva lasciarsi andare sulle note e scatenare la sua felicità facendola vibrare sotto quei piccoli tasti bianchi e neri. Ritornava a casa e ritrovava la casa vuota. Metteva a posto alcune cose, sistemava e aspettava che Chris finisse il suo turno in libreria. Anche Chris, aveva trovato un lavoro di cui era pienamente felice. Amava i libri. Lo riportavano anche ad alcuni frammenti di ricordi con la persona che amava. E ciò che aveva fatto scoccare tra di loro, la parola. Perciò, quando lo avevano accettato e aveva ottenuto il posto come libraio, non solo aveva esultato con Darren ma, aveva festeggiato portandolo fuori a cena. Aveva offerto lui.

 

**

 

Il tempo era sempre bello ma a tratti brusco qualche volta. Pioveva. E nei casi peggiori, si scagliavano anche temporali. Luminosi e spettrali. E loro due gestivano come potevano i loro litigi. Perché capitava anche quello, nella loro relazione. A volte la convivenza non era per niente facile. Si urlavano contro. Qualche volta, Darren dubitava che Chris lo amasse quanto lo amava lui. E qualche volta, Chris si stupiva di quanto Darren conservasse ancora quel briciolo di insicurezza che lo rendeva solo più adorabile. Ci fu una volta in cui, entrambi non si parlarono per due giorni interi. Non si rivolsero la parola. Soltanto la seconda sera, risolsero tutto e si ritrovarono a fare l'amore fuori, sul retro del giardino, con due coperte addosso e con il sole che si sollevava nel cielo a guardarli. Era bello, svegliarsi insieme con le luci del mattino, nella loro casa che facevano ancora fatica a ritenere tale.   Più volte, Chris cercò di far cambiare idea a Darren o a convincerlo del posto che avevano determinate cose, in quella casa. O la suddivisione delle faccende quando entrambi staccavano dai loro turni di lavoro. E quando non veniva ascoltato allora, faceva finta di non avete più la lingua e faceva scena muta. Capitava di ritrovarsi a combattere o a riflettere senza interpellare l’altro. Darren doveva allora farsi perdonare solo come lui sapeva fare. Un giorno si era addirittura presentato con un mazzo di rose e si era inginocchiato, di fronte a Chris, e gli aveva chiesto di sposarlo. Chris si era commosso e rispondendo di sì, si era ritrovato a baciarlo forte. Così, avvinghiati e puramente loro stessi.

 

 

**

 

Non essendo ancora accettati dallo stato, in quegli anni, tennero una piccola cerimonia, sul retro della loro casa. Invitarono Marie, Henry e Julie, la quale, si era comprata un vestito per l'occasione che gli era costato uno stipendio intero. Per l'abito di Chris invece, Marie gliene cucì uno apposta. Non era un vestito da negozio ma ci assomigliava. E poteva anche essere meglio delle cuciture d'alta moda londinese o importata del momento. Indossato, sembrava un sogno. Chris non si sarebbe aspettato niente del genere. Neanche in un giorno come quello. Non si sarebbe neanche aspettato quel giorno, in verità. Quando, con le lacrime agli occhi, aveva attraversato quel piccolo viale di ciottoli, in giardino. Julie e Marie insieme ai consigli di Harry, avevano piantato dei bellissimi fiori due settimane prima a insaputa di Darren e Chris. Attraversando quel cortile, adornato ad entrambi i lati di fiori bianchi e semplici, Chris vide Darren in fondo, più bello che mai. Appena prese le sue mani e si ritrovò davanti quello spettacolo, si sentì davvero tramortito da tutte quelle emozioni che percorrevano tutto il suo corpo. Darren, aveva comprato due fedi e aveva incaricato un uomo di chiesa per sposarli. Ovviamente, non si trattava di qualcuno molto conosciuto dalla chiesa nel centro di Londra. Si trattava di un suo collega di lavoro. Anche altri loro amici conosciuti sul lavoro, erano stati invitati. E a loro andava benissimo. A loro non importava che fossero due uomini. Accettavano l'amore che doveva essere amore e nient'altro. Non qualcosa da accusare. O da additare contro. Quando Darren mise l'anello al dito di Chris e lui fece lo stesso, quasi non poteva crederci. E appena il loro amico, fece pronunciare loro i voti e diede il permesso affinché si baciassero quasi, si persero nelle loro labbra. I battiti del cuore uno contro il petto dell'altro. Applausi, risate, cibo e tante chiacchiere. Fu una giornata da ricordare. Darren e Chris che ballavano lentamente, stretti l'uno all'altro, con quella lieve melodia suonata da alcuni artisti invitati anch'essi al matrimonio. Il suono dei violini e degli archi. Leggero e soffice. Chris ballava anche meglio del suo stesso marito, adesso. Lo aveva superato. E così tra una giravolta e l'altra, venne sera e gli invitati salutarono i nuovi e freschi sposi, lasciandoli al caldo delle loro coperte e del loro cielo. Quella sera, fu la prima volta che dormivano insieme da sposati. Si toccarono per l'ennesima volta ma in modo diverso e ancora più profondo. Si baciarono e cercarono di approfondire ancora di più il contatto dei loro corpi. Si legarono come fili solidi e indissolubili. Le loro anime intrecciate ai loro corpi, fatti per amarsi e studiarsi. Quasi, si fusero insieme. Due anime e un solo corpo. Quella nottata fu forse ancora più bella della loro prima volta e si addormentarono, guardandosi anche ad occhi chiusi. Vicini. E irraggiungibili dall'odio e dall'ignoranza.

 

 

 

 

Una sera, mangiavano tranquilli, in casa. Era febbraio. E il freddo penetrava anche dentro le ossa. La tavola apparecchiata. Le posate, i tovaglioli. Tutte cose, comprate con i loro soldi e guadagnate. Il tempo non era dei migliori. Nuvole oscuravano la luna e dominavano il cielo, blu scuro. Una sola finestra era aperta, quella che dava fuori, sulla porta, di quella piccola stanza che era rimasta vuota e non avevano utilizzato. Tutte le luci di casa accese. Fuori non era completamente buio e quasi tutti i vicini, sembravano essere usciti o dormire. Darren e Chris si gustavano la loro cena, in silenzio. Quando finirono, sparecchiarono e Darren cominciò a mettere a posto, andando verso il lavabo per lavare i piatti e il resto. Chris stava per fare lo stesso ma, bussarono alla porta.      
« Chris, vai tu? Io per adesso, non posso. Ho le mani piene di sapone. » urlò Darren, dalla cucina. Chris, finì di lavarsi le mani, uscì dal bagno e si diresse verso la porta. Appena arrivò, chiese chi fosse.                                                                 « Sì, chi è? » chiese, aprendo piano la porta e lasciando entrare quel bagliore delle luci, posizionate ai fianchi dell’entrata. Nessuno rispose. Chris allora, aprì un po’ di più la porta e guardò fuori. Prese visuale di tutto il vicinato lì intorno. Non vedeva nessuno. Provò a guardare meglio ma niente. Pensò fosse uno scherzo ma proprio quando, stava per chiudere la porta, qualcosa attirò la sua attenzione. Il suo sguardo fu catturato in basso, proprio sull’uscio della porta. Un piccolo cesto, si trovava al centro e sembrava esserci qualcosa dentro. Chris si abbassò piano e nello stesso modo, scostò una piccola coperta che aveva appena notato. Un bambino era avvolto dentro e dormiva. Quella vista, intenerì Chris così tanto che quasi, pensò di portarlo subito dentro ma evitò. Guardò quella creatura che respirava piano, a ritmi regolari.
« Chris, chi è? » sentì Darren urlare, dentro. La porta ancora aperta e una piccola brezza che entrava dentro. Era un piccolo bambino, coperto da una copertina blu, con quei pochi capelli e quel viso ingenuo, la bocca dischiusa. Chris si lasciò rapire da ciò che guardava. Certo, aveva visto anche altri bambini in vita sua ma, restò stupito da come qualcuno potesse lasciare una creatura così bella, in balia alle intemperie e alla fame.  «Chris, sei ancora lì fuori? » sentì di nuovo Darren, da dentro.   Passò qualche minuto e subito Darren, pulitosi le mani su un asciugamano lì in cucina, uscì fuori, raggiungendo Chris. « Si può sapere che cosa-»                
« Sssh. » sussurrò Chris. Gli indicò il cesto che aveva davanti. Darren, si avvicinò e si accovacciò accanto a Chris, per guardare meglio. Inutile dire, che resto incantato. I suoi occhi si illuminarono vedendo quel fagotto coperto e protetto da quel cestino davvero troppo piccolo e scomodo. Chris molto delicatamente, avvicinò le mani al piccolo cesto e scostando ancora di più la coperta, prese quel piccolo corpo tra le sue braccia. Lo adagiò vicino al suo petto dolcemente.  
« Lo hanno lasciato qui. Questa creatura perfetta e innocente, lasciata da sola. Come si fa a lasciare un amore così? »  Darren osservava il modo in cui Chris teneva in braccio quel bambino. Lo teneva a sé come se fosse la cosa più naturale del mondo. Guardava i suoi occhi che ridevano. E guardava quelli del neonato. Subito pensò a quanto sarebbe stato bello poter aver qualcuno di cui occuparsi, da poter crescere. Qualcun altro da poter amare.                                                                                                                                «Non  possiamo lasciarlo qui. » disse all’improvviso. Chris si voltò a guardarlo. « So che potrà suonare pazzo e folle. So che non sarà riconosciuto come nostro, se non un giorno, lontano. So che sarà difficile, ma impareremo. Saremo qui per lui. Saremo sempre presenti per lui. E non importa se ci metteremo tanto per capirlo e fare la cosa giusta. Impareremo anche quello. E se non lo hanno voluto, ci sarà un motivo no? » Chris teneva gli occhi fissi sul bambino e poi su suo marito. Darren fece un respiro profondo e continuò. « Potrei insegnargli a suonare. Tu a leggere. Faremo tutte quelle cose che a noi non sono state concesse. Lo lasceremo libero. Libero di scegliere. E potremo fare tante di quelle cose e nuove e-» Chris mise un dito sulla bocca di Darren, fermandolo. I suoi occhi lucidi, gli accarezzavano il volto, insieme alla mano libera sulla sua guancia.  
« Darren lo voglio anch’io. Voglio crescerlo. E voglio farlo insieme a te. » Il sorriso circondò il suo corpo e si avvicinò quel poco che bastava alla sua spalla, per guardare insieme, quel piccolo dono.  « Impareremo ad essere genitori. E se non i migliori, dei buoni genitori. » Chris avvicinò il viso di suo marito al suo e lo baciò. « Gli insegnerai a ballare. E anche a cantare. Gli insegneremo la vita e i suoi dolori. » Darren poteva giurare di aver visto delle gemme preziose al posto degli occhi di Chris perché erano luminose e lì, disumane. « Lo faremo, insieme. » sussurrò.  Rimasero ancora un po’ lì, immobili e silenziosi. Poi, Chris avvolse il bambino nella sua coperta ed entrò dentro, sempre tenendolo in braccio. Darren, allora si alzò piano ma prima di entrare, si girò, guardando bene ciò che lo circondava. Anche lui, non vedeva nessuno. Niente. Un vicinato buio e polveroso. Appena si girò di nuovo, ebbe l’impressione di essere osservato. Si girò ancora una volta e ancora non trovò nessuno. Poi aguzzando la vista, notò una figura piccola in lontananza. Le movenze lente e piccoli passi. Dava l’aria di qualcuno di familiare. La figura continuava il suo viaggio. A un certo punto, si girò. Darren sgranò gli occhi.  Due occhi violacei gli sorrisero da lontano.

 

 

 

 

 

¦ Claudia' space:  Ed eccoci qua. La fine. Sto quasi per piangere. Ma risparmieremo le lacrime a dopo. Prima di arrivare proprio all’ultima parte di questo discorso, vorrei dire un bel po’ di cose. Intanto… ZANZANZAAAAAN quanti di voi hanno riconosciuto la vecchietta? Non chiedetemi perché ma, era in vena di buone azioni. O forse voleva soltanto rendere Darren e Chris più felice. O soltanto dare una casa a quel piccolo pargolo. Ora, vorrei parlare del bambino. Non so voi, ma io e Rob vedevamo benissimo loro due con un piccolino così dolce e tenero e che forse li porterà ad affrontare cose ancora più difficili çwç ( anche se lei, aveva proposto bambina ma, io preferivo il maschietto gne :3 ). E poi anche il modo in cui viene trovato, fa molto film o storia romantica. Invece, il tocco fantasy alla fine ci stava. D’altra parte, è tutto iniziato grazie alla vecchietta creepy, nah? Per ultimo, vorrei ringraziare tutti. Davvero, fino a qualche tempo fa non pensavamo assolutamente che questa storia sarebbe potuta interessare a nessuno. E invece adesso, guardando le visualizzazioni, mi si stringe il cuore di felicità. Grazie. Davvero. E grazie anche alla mia compagna di crimini e.e Seriamente, io amo sempre lavorare con te, Robs. Siamo come due anime gemelle. E anche se lontane, siamo comunque vicine. Grazie per aver accettato di lavorare con me a questa storia. Per un seguito, sinceramente penso che ci penseremo ma per ora è più no, che si. Inoltre abbiamo altri progetti in mente. Uno in particolare a cui inizieremo presto a lavorare. Anyway, vi ringrazio ancora e ci vediamo, alla prossima! 

 

 

 

¦ Roberta' space: Questo é l'ultimo salve che vi rivolgo. L'ultimo di questa storia, intendiamoci! SALVE PRODI! Siamo finalmente arrivati all'ultimo capitolo... Non pensavo di concludere questo piccolo capolavoro personale, di sentirmi così orgogliosa del mio lavoro e di quello di Claudia. É stata una bella avventura scrivere di Chris e Darren e del loro amore calato in un'epoca lontana, descrivere fatti, sensazioni e ambientazioni. A volte é stata dura, ma sono contenta di esserci riuscita. L'epoca vittoriana é sempre stata la mia preferita e desideravo da tanto scriverci qualcosa su. Io e Claudia abbiamo fatto passare ai Crisscolfer tante cose, se mai leggeranno questa ff, probabilmente ci odieranno AHAHA É stata una piccola ma grande gioia veder crescere il numero di visualizzazioni, di recensioni, di apprezzamenti; ogni microscopico complimento ci invogliava a continuare. Abbiamo amato ogni personaggio reale ed inventato e penso che non andranno mai via dai nostri cuori, come dei figli. Speriamo di avervi trasmesso belle emozioni, magari qualche passione. Speriamo che tutto questo vi sia stato di gradimento e ci scusiamo ancora per i disagi riguardanti la pubblicazione. Detto questo, vi dico un arrivederci perché... Chissà, magari arriverà una nuova storia... Chissà… :D Grazie a voi lettori, di cuore. Robs.

 

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