La Guerra di Troia

di EmmaStarr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***



Capitolo 1
*** I ***


Ci fu un tempo, un tempo molto lontano, in cui tutti i principi della Grecia vivevano in armonia.

I rapporti con l'Asia erano sempre cordiali, e la benedizione degli dei scendeva misericordiosa su ogni città.

Ma accadde, un triste giorno, che il re Endou scomparve dalla reggia che condivideva con il re Kazemaru.

Insieme ad Endou fuggì anche il principe troiano Rococo, ed ogni Acheo fu concorde sul fatto che si trattava di un rapimento.

L'onore del più potente fra tutti i re era stato macchiato: furono radunate tutte le armate disponibili, e con l'illustre re Goenji alla guida l'armata Achea partì alla volta di Troia per combattere una guerra lunga e senza esclusione di colpi, allo scopo di riportare il principe Endou a casa.

Ma sia un esercito che l'altro aveva ottimi combattenti: dal lato Troiano, oltre al principe Rococo erano famosi tanti dei suoi innumerevoli fratelli: Afuro Terumi, splendido guerriero dall'armatura bronzea e dallo sguardo profondo; Kiyama Hiroto, misterioso soldato dalla spada infallibile e dall'arco funesto; Nagumo e Suzuno, due dei più agguerriti combattenti, spietati ed infallibili. E infine il grande Akio Fudou, maestro di spade, lance e soprattutto arguzie.

Ma anche dal lato Acheo i valorosi non mancavano: oltre al re Kazemaru e a suo cugino Goenji, abili in ogni disciplina, con loro viaggiava l'astuto Kidou dal versatile pensiero e dall'abile ingegno; il potente Midorikawa, splendido ed abbagliante, dagli occhi penetranti; ed infine i fieri guerrieri gemelli, Atsuya e Shirou Fubuki.

Ed è proprio con loro che comincia la nostra storia...

 

* * *

 

“Ahi! Atsuya, mi fai male!” si lamentò Shirou, stringendo gli occhi.

“Piantala.” lo ammonì l'altro, sospirando e finendo di fasciare la ferita del fratello. “Ecco, così dovrebbe andare. È solo un taglio al braccio sinistro, non creerà problemi nella battaglia. Dormi, adesso.”

Shirou gemette, accasciandosi sul letto: quella guerra lo logorava. Erano anni – anni! – che quella guerra continuava. Lui non era tagliato per la mischia, per il sudore, per il sangue.

Lui era uno spirito semplice, buono: rimpiangeva con estremo dolore i pomeriggi passati sulla riva del fresco lago vicino a casa sua, vicino al suo palazzo.

Voleva solo andare a casa, non voleva combattere.

“Atsuya...” cominciò, tremando.

“No, Shirou! Te l'ho già detto, non saremo noi i primi a disonorare questo esercito. Non ce ne andremo fino a quando non avremo espugnato questa maledettissima città!” affermò il fratello, preparando le sue cose.

“Però...” tentò ancora Shirou, ben sapendo che il suo era un vano tentativo.

“Nessun però! Shirou, tu sei il re! Tu sei il maggiore, tu fai parte del Consiglio, non io! Io sono venuto qui come tuo sottomesso, ricordi? Credi, credi che mi faccia piacere? Per otto minuti di differenza? Se fossi al tuo posto, oh, se fossi al tuo posto... Shirou, smettila.” Atsuya sembrò recuperare il controllo. “Ti prego, smettila. Sei il mio Re, ma sei anche mio fratello. Lo stesso fratello con il quale ho ucciso il mio primo orso, lo stesso fratello con cui sono cresciuto. Non lascerò che tu venga ricordato come Colui Che È Fuggito. Per favore.”

Shirou sospirò: a volte anche lui avrebbe volentieri ceduto la sua primogenitura.

“Sei un angelo, Atsuya. Non so come farei senza di te. Vorresti... Cioè, dormiresti qui?” gli offrì, misurando bene le parole.

La tenda in cui dormiva Atsuya era quella dei generali. Non brutta e sporca come quelle dei soldati semplici, ma di sicuro non bella come quella del Re.

Atsuya ghignò. “Per proteggerti dai brutti sogni, mio Re?” domandò.

“E anche dalle streghe cattive che si nascondono sotto il letto!” rispose Shirou, ridendo.

Oh, quando erano piccoli erano davvero convinti che si nascondesse una strega sotto il letto di Atsuya, così Shirou non gli permetteva di dormire da solo.

Bei tempi, senza preoccupazioni di nessun genere, senza la guerra...

“Non vi faranno del male, finché la mia spada è al mio servizio!” fece Atsuya, stando al gioco. “Dico davvero, fratello. Non permetterò che nessuno ti sfiori, perciò non aver paura.” sussurrò subito dopo, dolcemente.

 

* * *

 

“Secondo te sta bene?” domandò apprensivo un fiero principe dalla chioma turchese.

“Per l'ennesima volta, sì! Ichirouta, rilassati. Non può stare male, l'hanno preso come uno di loro. Certo, so che gli mancherai da morire, ma sono certo che sta bene.” lo tranquillizzò stancamente Goenji.

Kazemaru non poteva fare a meno di pensare al suo Mamoru, ogni secondo.

Quanti tempo era che non lo vedeva? Nove anni! Erano passati nove anni interi!

Ogni giorno lo sentiva sempre più lontano, e si aggrappava disperatamente ad ogni frammento che Endou gli aveva lasciato nel cuore.

La sua risata, il suo sorriso, il suo smagliante sorriso... Kazemaru non poteva dimenticarli, non doveva dimenticarli!

E pensare a Mamoru con un altro, rapito da un altro, magari nel letto di un altro gli gelava il sangue.

Ma poi, era davvero stato rapito?

“Shuuya, e se fosse...” attaccò, preoccupato.

“Ichirouta, smettila, adesso. Mamoru non se n'è andato di suo spontanea volontà, sono stato chiaro? Lo conoscevo, e lo conoscevi anche tu. Lui ti amava, Ichirouta, quindi smettila. Stai calmo e vai a dormire. Domani attaccheremo di nuovo, devi essere riposato.” lo congedò gentilmente il biondo comandante.

“Attacchiamo ogni giorno da anni, nel caso tu non te ne sia accorto.” borbottò Kazemaru, obbedendo però agli ordini di Goenji ed avviandosi verso la sua tenda.

 

* * *

 

E attaccarono davvero, come ogni giorno da innumerevoli lune.

Ma di questo, il nobile Ryuuji Midorikawa non si curava. Lui viveva nella battaglia, sudando sangue ogni giorno, falciando i nemici ad ogni passo.

Era forte, fiero, spaventoso ed invulnerabile: nessuno mai osava sfidarlo di persona, nessuno l'aveva nemmeno mai ferito. La sua vita era quella, passata uccidendo nemici come fossero insetti, godendo della mischia, del caldo appiccicoso, delle grida di guerra di nemici e compagni.

Era il più potente guerriero dell'esercito Acheo, e lo sapeva alla perfezione.

Splendente, nel suo carro luminoso, più simile a un dio che a un uomo, seminava la morte e la distruzione.

Ma improvvisamente, qualcosa lo colpì alla spalla destra, causandogli un forte dolore.

Non era preparato, stava lottando contro un altro nemico Troiano, forse un principe, e l'aveva appena abbattuto quando si sentì sbalzare fuori dal carro.

L'impatto con la terra calda e intrisa di sangue gli fece male in ogni parte del corpo, ma non perse il controllo: gli serviva la spada, la sua spada.

Ma quella era stata sbalzata via lontano, troppo lontano... Si voltò per guardare negli occhi colui che l'aveva battuto slealmente, colpendolo alle spalle, ma rimase a bocca aperta.

Mai, mai, mai nella sua vita aveva visto degli occhi così. Erano chiari, grigio-azzurri, e spiccavano sulla pelle bianchissima del guerriero che aveva di fronte.

Dall'elmo argenteo spuntavano vari ciuffi rosso fuoco, ed il primo, stupido pensiero che ebbe Midorekawa fu che, se proprio doveva morire, valeva la pena di farlo uccisi da qualcuno di simile.

La spada dell'avversario sibilò alta sopra la testa di Ryuuji, ma questi non staccò lo sguardo dai freddi occhi del soldato Troiano.

Era un pensiero sciocco, ma voleva morire guardandoli.

La spada del guerriero dagli occhi freddi però non scese: esitò un lungo istante, come se ci fosse un filo invisibile che la teneva sospesa, senza farla cadere. Dopodiché, con un gesto brusco, la infilò nel fodero e corse via.

Midorikawa rimase a fissare il vuoto per un momento: cos'era successo? Com'era possibile, l'avversario l'aveva... Risparmiato?

Il pensiero ferì il suo orgoglio peggio di una lama, ma stranamente era semplice evitarlo, semplice non rodersi il fegato pensando di essere ancora vivo per pura pietà.

Era per via di quegli occhi, capì con sconcerto Ryuuji risalendo sul suo carro.

Certo che era strano.

 

* * *

 

“Non ce la faccio. Io non ce la faccio. Voglio uscire. Voglio uscire!” gridava Endou, passeggiando avanti e indietro per la sua stanza.

Era una stanza bellissima, degna di un re. Le tende di broccato, il letto a baldacchino, i mobili del legno più pregiato...

Ma Endou sembrava non vederli. Era chiuso lì da così tanto tempo, ormai...

Insomma, non chiuso nella stanza. Poteva uscire, girare per il palazzo, se voleva.

Ma a lui non bastava, non sarebbe mai bastato. Lui voleva uscire dalla città, porre fine a quella guerra atroce, durante la quale ogni giorno lui rischiava la vita.

Che tornasse a casa, al sicuro! Endou non riusciva a tollerare quel silenzio, quella mancanza di risate e di spensieratezza che la guerra portava con sé.

Ricordava i pomeriggi a cavallo, in giro per il regno, per i boschi, insieme.

Li ricordava, ma il ricordo non bastava. Lui voleva viverli.

Spalancò la porta con un gesto brusco, intenzionato a fare una passeggiata per il castello, ma appena fu fuori rimpianse amaramente la solitudine della sua stanza: sempre meglio che la compagnia del borioso ed arrogante principe Rococo.

“Mamoru! Ci siamo decisi ad uscire, eh? Vieni, ho una sorpresa per te.” affermò, prendendolo per il braccio e trascinandolo verso le sue stanze.

“Ehi! Stringi troppo!” sbottò Endou, offeso.

“Che caratterino, eh?” rise Rococo, senza allentare la stretta. “Su, vieni e basta. Eccoci.” affermò poi, e spalancò la porta della sua stanza. All'interno stavano cinque ragazze intorno alla loro età, in lacrime e in catene.

“Ne puoi scegliere una.” lo informò Rococo, certo di avergli offerto qualcosa di molto gradito.

Ma non lo sapeva, lui, che Endou e Kazemaru cercavano di avere meno schiavi possibile, cucinando addirittura da soli?

Ed era così divertente... No, Endou ricacciò indietro quel pensiero per concentrarsi sulle ragazze che aveva davanti. Chissà cosa sarebbe successo a quelle che non venivano scelte... Non credeva che le avrebbero rimesse in libertà.

Erano tutte molto carine, ma ad Endou non interessavano certo in quel senso.

Si soffermò su una moretta dai lunghi capelli lilla, lisci, e dagli occhi chiari velati di lacrime. Non poteva essere...

“Fuyuka! Oh mamma, dimmi che non sei tu!” esclamò, teso.

“Ma che... Tu, tu...” mormorò lei, socchiudendo gli occhi.

“Ah, vi conoscete! Vuoi questa?” chiese Rococo, sorridendo malizioso.

Ora sarebbe stato convinto di avergli fatto un regalo, certo. Un regalo, rapendo una delle sue migliori amiche d'infanzia!

“Sì, lei va benissimo.” decretò in fretta.

“Sarà nella tua stanza appena la prepareranno a dovere.” affermò Rococo, strizzandogli l'occhio.

Endou rispose con uno sbuffo: perché doveva essere preparata? Non andava bene così?

 

* * *

La battaglia continuava, impetuosa e crudele.

Shirou non ne poteva più, aspettava solo il tramonto. Con il tramonto la battaglia sarebbe terminata, e lui sarebbe sceso dal carro polveroso e lordo di sangue, si sarebbe tolto quell'armatura opprimente e intrisa di sudore e sarebbe andato nella sua tenda, sdraiato sul letto, inerme.

Certo, sarebbe stato male, molto male, pensando alla sua casa. Ma ci sarebbe stato Atsuya, con lui.

Atsuya era il figlio guerriero che ogni genitore desiderava, Shirou lo sapeva benissimo.

Atsuya sarebbe dovuto diventare re, suo padre non mancava di dirlo alla moglie quando pensava che Shirou non sentisse.

Shirou non se la prendeva poi tanto, in fondo capiva bene: Atsuya era... Bé, era lui.

Era coraggioso, sprezzante del pericolo, era un valoroso soldato.

Ma c'era di più: Atsuya era il suo rifugio, senza Atsuya non sarebbe stato nulla: era lui che lo consolava, lui che lo supportava. Atsuya non avrebbe mai fatto nulla per scacciarlo dal trono, nonostante aveva confessato di desiderarlo.

Desiderava essere re come lui desiderava essere un esploratore: un sogno da bambini, irrealizzabile.

E andava bene così per tutti e due.

Improvvisamente, mentre Shirou spronava i cavalli del suo carro per andare più vicino a suo fratello – nella mischia si erano separati parecchio – una voce lo fermò.

“Il famoso Shirou Fubuki. Ho sentito parlare di te, Grande re. Dicono che tu e tuo fratello siate degli ottimi guerrieri, desideravo da anni battermi con voi.” sogghignò un ragazzo dai capelli albini e dagli occhi freddi.

“Suzuno.” sussurrò Shirou con astio. Chi non conosceva quello spietato principe troiano?
Era noto per la sua spavalderia e per la sua arroganza.

“Sarà un piacere ucciderti.” sussurrò deliziato l'albino, e scesero entrambi dai carri, pronti per il corpo a corpo.

Shirou detestava quel genere di cose, non le sopportava proprio: il lento movimento delle armi, l'odore acre del sangue, uccidere o essere uccisi...

Ma era il momento di spingere tutti i pensieri fuori da sé, come gli aveva insegnato Atsuya. Combattere significava affidarsi ai sensi, non ai pensieri. Più simili a bestie che a uomini, quella era la verità.

E il combattimento iniziò.

Suzuno era veloce, molto veloce, ma anche Shirou non era un principiante: il fatto che ripudiasse la guerra non significava che non fosse stato addestrato da uno dei migliori maestri spadaccini della Grecia.

Schiva, attacca, abbassati, colpisci. Tutto sembrava la ripetizione meccanica di quei movimenti, che danno la nausea, che uccidono dentro.

“Non mi avrai!” gridò Suzuno.

Ma da dove veniva tutta quella voglia di urlare, dove lo prendeva il fiato?

Shirou aveva appena la forza per ripetere quei movimenti così tante volte ripetuti insieme ad Atsuya: schiva, attacca, abbassati, colpisci.

Ma, dopo quelle che parvero ore, qualcosa andò storto.

Combattevano da un periodo di tempo immemorabile, Shirou era sfinito, esausto: faticava persino a reggersi in piedi, quando successe. Suzuno, con un'abile mossa della spada, riuscì a disarmarlo.

La lancia, Shirou l'aveva persa molto tempo prima, e così anche Suzuno. Quindi ora il Re Acheo si trovava solo e disarmato davanti all'avversario, che sorrise malignamente.

“Atsuya... Perdonami...” sussurrò Shirou a mezza voce, quasi un rantolo.

Era la fine, e lui lo sapeva.

“C'è voluto un po' più del previsto, oh Grande re.” disse Suzuno, gettandolo a terra con un colpo di spada diretto al fianco di Shirou. “Ma ne è valsa la pena. Muori!”

 

* * *

 

Kidou Yuuto non era un re famoso, potente, con migliaia di sudditi al suo servizio.

Lui era il Re di una piccola isola all'estremo occidente della Grecia, un'isola di pescatori. Per quanto riguardava la forza, Kidou non eccelleva quanto Midorekawa, né aveva il coraggio di Kazemaru.

Il punto forte di Kidou era un altro: l'intelletto.

Lui era famoso per le sue trovate, per le sue idee, per le sue parole.

Non era raro che riuscisse a sedare una lite che sarebbe sfociata in un'uccisione con un discorso appassionato, né che meditasse arguti tranelli ai danni di coloro che gli avevano reso un torto.

In quel momento, infatti, non si trovava nella mischia come tutti gli altri, no.

Ormai erano anni che assediavano la città di Troia, e ancora quella sembrava splendere di luce e gloria, senza che un solo abitante patisse la fame.

Com'era possibile?

Kidou era arrivato alla sola soluzione plausibile: Troia aveva ancora alleati.

Gli Achei credevano di averli sterminati tutti nei primi anni: ogni città nel raggio di innumerevoli stadi era stata rasa al suolo.

Eppure, qualcuno doveva esserci ancora.

Così il re aveva intrapreso una missione solitaria e segreta nell'entroterra, alla ricerca del luogo da cui i Troiani potevano ricevere rifornimenti.

Viaggiava già da una giornata intera, e stava per rientrare, quando si accorse di un golfo naturale. Stava galoppando lungo la costa, e una volta oltrepassata la collina che gli si parava dinnanzi notò che nel centro del golfo, ben riparata da ogni lato, c'era una città. Com'era possibile che fosse scampata alla loro distruzione? Si avvicinò, circospetto, nascondendo le armi nella bisaccia del cavallo per fingersi un forestiero, ed entrò dalle pesanti porte della città.

La sua bocca si spalancò dalla sorpresa, alla vista di quello splendore: cittadini correvano avanti e indietro per le strade, portando cibarie e varia mercanzia. Dai camini il fumo usciva a fiotti, e niente faceva presumere la guerra che si stava svolgendo a pochi stadi di distanza.

Kidou, circospetto, entrò nel Tempio più vicino per omaggiare la dea Atena, a lui cara.

Non appena fu entrato, però, una voce gli fece gelare il sangue nelle vene.

“Mi chiedevo quando saresti arrivato, Kidou Yuuto.” disse una voce sprezzante.

Dietro di lui le porte si chiusero con un tonfo sordo, e una figura emerse dall'ombra.

“Fudou. Dovevo immaginarlo.” si maledisse l'Acheo, fissandolo con odio.

 

* * *

 

Atsuya... Perdonami...”

Atsuya stava combattendo poco lontano da lì, nella mischia, nel sudore.

Non essendo re non disponeva di un carro per lottare, ma non se ne curava: nel corpo a corpo eccelleva, alzandosi fiero sopra i nemici.

Ma in quel momento sentì chiare nella mente quelle due parole, come se Shirou gliele stesse sussurrando all'orecchio: il suo re, il suo amato fratello, il suo prezioso gemello, era in pericolo!

Con un grido sovrumano, abbatté il nemico che aveva davanti a sé e corse indietro, lasciandosi guidare dall'istinto, da quella forza misteriosa che gli aveva riportato le parole di suo fratello, pensando terrorizzato: “Ho promesso! Non gli deve succedere niente!”

Corse indietro schivando avversari, frecce e lance, finché non lo vide: Shirou, a terra, e accanto a lui il principe Suzuno, la spada sollevata.

Ma era ancora troppo lontano, troppo... Era questione di secondi, di istanti...

“No!” gridò forte, scagliando la sua lancia verso l'avversario.

Bastò a distrarlo, bastò a disorientarlo. Fu un attimo, ed Atsuya conficcò con odio la spada nel petto del soldato, levandogli dalla faccia quell'espressione arrogante. Per sempre.

Fu come se la battaglia intorno a loro si fosse fermata, ogni rumore si fosse interrotto.

Shirou non osava credere a quello che era successo: un miracolo, forse.

Atsuya, lui era ancora più sconvolto: il sangue denso e scuro gli colava dalle mani, gli era schizzato sull'armatura. La sua spada ne era intrisa fino all'elsa.

Voltò di scatto lo sguardo verso suo fratello, per assicurarsi che stesse bene, e sbiancò: il fianco di Shirou, là dove Suzuno l'aveva colpito per spingerlo a terra, era rosso di sangue.

“Presto.” disse secco, prendendolo in braccio e posandolo sul carro. “Andiamo alla tenda. Ora.”

 

* * *

Angolo dell'autrice:

*arriva nascondendosi dietro una corazza* Ok, non so da dove mi sia uscito. È solo che ce l'ho in mente da una vita, e mi sembrava che fosse ora di pubblicarlo...
Intanto, mettete via quei pomodori. Ho la corazza ù.ù
Poi... Insomma, non potevo non far fare una bella figura al mio Atsuya <3 <3
Peròòòò, non credete che Shirou sia una pappamolla. Se esiste come termine. Perché Shirou è abile praticamente come Atsuya, solo che è più uno spirito pacifico, ecco.
Ed era stanco. E stressato. E anche ferito al braccio sinistro, ricordate? ù.ù Quindi, così si spiega tutto.
Poooi, per quanto riguarda Rococo, perdonatemi, non lo sopporto a tal punto che non gli farò fare niente che no navrebbe fatto  Paride. E chiunque ha letto l'Iliade sa che Paride è un fottuto ****. Perciò amen ^^
Ma non seguirò alla lettera il poema, figuriamoci! Inizialmente avevo fatto Midorikawa ispirandomi ad Achille, ma non ho nessun Patroclo... E poi non voglio che muoia ç0ç
Invece Kidou è un po' più ispirato ad Ulisse, il mio preferito di tutta l'Iliade ^^
E no, Endou non è Elena. Un po' di rispetto per il mio Endou. È il migliore lì, perché non ammazza nessuno, non vuole la morte di nessuno, e non è scappato da Kazemaru. È stato rapito, c'è differenza.
Mica come Elena che era andata a spassarsela da sola con il suo Paride <_<
Un'ultima cosa, poi giuro che la smetto. Gli dei. Vi dico già da ora che qui non ci saranno, a parte che "le offerte ad Apollo" o "il tempio di Atena". Perché non mi piace che si mettano in mezzo loro tra le questioni degli uomini. Ciascuno è responsabile delle cose che combina, io credo.
Ecco, ho fatto.
L'ultimissima cosa: per favore, se avete voglia me lo lasciate un commento piccino piccino? *___*
Grazie a chiunque leggerà, recensirà, preferirà e tutte quelle cose che finiscono con rà.
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 2
*** II ***


LA GUERRA DI TROIA

II


Nagumo aveva ucciso tante, tante persone, quel giorno.

Tornava dal campo grondante di sudore, ma con il solito ghigno che tanto lo contraddistingueva ben impresso sul volto.

Si chiese confusamente dove fosse Suzuno, che di solito tornava insieme a lui, ma non ci fece troppo caso: in fondo, probabilmente era rientrato prima.

Faceva spesso così, andando in giro senza avvisare nessuno. Capitava che sparisse diverse ore, e che poi spuntasse fuori come se niente fosse.

Spuntava fuori sempre, suo fratello. Il suo fratello preferito. Prima della guerra, erano noti come i due combinaguai del castello: non c'era scherzo che non provassero, stupidaggine che non facessero, e a nulla valevano i rimproveri del re loro padre.

Poi, con la guerra, la loro grande confidenza non era diminuita. Erano noti come i più spietati e sarcastici guerrieri di Troia, così veloci e instancabili, così potenti e forti... Anche lì, sempre uniti.

Nagumo sorrise: lui e Suzuno erano davvero fortunati ad essere in due. C'era anche Hiroto, certo, lui era quello che aveva più confidenza con loro. li capiva e li difendeva quando combinavano dei disastri, ma la cosa si fermava qui. Era tra loro due tutta la confidenza, tutto il legame.

E Afuro! Di certo non avrebbero mai avuto la stessa confidenza con quel perfettino.

Non fece nemmeno in tempo a pensarlo, che si ritrovò davanti proprio Afuro, di ritorno dalla battaglia. Perdeva sangue dalla guancia, ma sembrava solo un taglio di poco conto.

“Ehi, hai mica visto Suzuno?” chiese Nagumo, desideroso di vedere il fratello.

L'espressione di Afuro cambiò: da insofferente e vitrea com'era divenne una maschera di orrore.

Nagumo si preoccupò. “Stai... bene?” chiese, esitante. “Se è per quel taglio, Suzuno da qualche parte aveva delle bende, saranno nel suo carro, quando lo vedo gli dico di...” cominciò, ma Afuro lo guardava con quella che sembrava... Possibile che fosse pietà?

“Si può sapere cosa vuoi? Cercavo di essere gentile! Mi rispondi o no? L'hai visto? Perché altrimenti lo vado a cercare io.” sbottò, corrucciato. Stava solo perdendo tempo.

“Non... Non lo sai ancora...” sussurrò Afuro, mettendogli una mano sulla spalla.

“Cosa?” chiese l'altro, circospetto.

“Tu non... non lo troverai. Non puoi, non... Lui è... Oh, come faccio a dirtelo? Nagumo, lui... Lui se n'è andato...” sussurrò piano Afuro, gli occhi lucidi.

“No.” disse piano Nagumo, scostandosi con un gesto brusco dal fratello. “No, no, no, stai scherzando! È uno scherzo! Afuro, no, no!” gridò, sempre più forte, sempre più vicino alle lacrime.

“Il corpo è già a palazzo...” sussurrò il fratello, e Nagumo corse via lasciando lì le sue armi.

Se fosse arrivato in tempo a palazzo, forse avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe fermato tutto, ce l'avrebbe fatta. La guerra, la morte, tutto. E ogni cosa sarebbe tornata al suo posto, con lui e Suzuno che correvano felici per il palazzo a fare scherzi...

Era arrivato al palazzo, ma cos'erano tutti quei lamenti? Non poteva essere, lui doveva fare in tempo... E, ansimando, raggiunse la sala da cui provenivano le grida di dolore.

Ma quello non era il corpo di Suzuno, non poteva essere, non...

Senza sapere come, si ritrovò a piangere, lì in piedi, davanti a tutti. Non gli importava. Non gli importava, era troppo orribile.

“Oggi è un triste giorno per questa famiglia – affermò una voce tetra che Nagumo ascoltò solo di sfuggita, accecato dal dolore com'era – due dei nostri principi hanno perso la vita.”

Due?

Certo, Suzuno e lui. Anche lui ora era come morto.

“Il principe Suzuno e il principe Hiroto sono stati uccisi. Ma se possiamo piangere sul corpo di Suzuno, quello di Hiroto è stato rubato dai nemici, e non possiamo nemmeno onorarlo come si conviene ad un soldato del suo rango.”

No. No. No. No!

Nagumo non credeva che avrebbe mai potuto provare tanto dolore. Suzuno... Morto... E Hiroto...

Era solo, solo come non era mai stato prima. Una sola cosa lo teneva vivo, una sola cosa gli impediva di cedere alla sofferenza: il desiderio di vendetta.

Avrebbero pagato. Tutti quanti.

 

* * *

Midorikawa non era ancora pienamente consapevole di quello che era successo, quando la battaglia fu interrotta a causa del calare del sole.

Guidò i suoi cavalli verso l'accampamento e si diresse verso la tenda del medico: la spalla gli faceva male. Il guerriero dallo sguardo freddo l'aveva ferito, era stato ferito.

Era la prima volta che succedeva in tutti quegli anni.

“Sono subito da te!” disse stancamente il medico, avvicinandosi a Midorikawa. “Non ti si vede spesso, qui, giusto?”

Il ragazzo fece una piccola smorfia: no, non lo si vedeva lì spesso, e avrebbe preferito che le cose rimanessero invariate, ma tant'era.

Il medico gli prescrisse un unguento da spalmare sulla ferita, e lo congedò: l'altro paziente era più urgente, al momento. Non riuscì a vedere chi fosse, ma suppose si trattasse del re Fubuki: solo lui poteva vantare un generale così affezionato da stare al suo capezzale con tanta devozione.

Si chiese di sfuggita come sarebbe stato avere un fratello, uno così vicino, così in confidenza...

Sperando che Shirou si rimettesse presto, Midorikawa si avviò verso la sua tenda, ben intenzionato a fare una bella dormita. Non sarebbe stato disturbato, infatti il suo servo era morto il giorno prima.

A Midorikawa era dispiaciuto: era stato un bravo servitore, ma era vecchio.

Stava per raggiungere la sua tenda, quando udì l'inconfondibile rumore di una frusta.

Drizzò subito le orecchie: i suoi uomini spesso tendevano a catturare i nemici senza ucciderli in campo, per poi portarli alla morte flagellandoli con le loro fruste: trovavano i troiani indegni persino di una caduta gloriosa.

Normalmente, Midorikawa li lasciava fare senza tanti scrupoli. Ma quel giorno era stanco, e per di più ferito. Pensò di chiedere ai suoi soldati di fare meno rumore, di spostarsi un po' più lontano.

Li raggiunse che avevano già frustato a morte la maggior parte dei prigionieri, e si stavano accanendo su di un giovane dai capelli rossi e dalla pelle chiara...

Era a torso nudo, la schiena ricoperta di segni rossi che perdevano sangue, e giaceva ormai afflosciato al palo a cui era stato legato, privo di sensi da chissà quanto tempo.

Prima di poterci pensare su, Midorikawa afferrò la mano del soldato che teneva la frusta e la spinse via, così che l'arma non ferisse il prigioniero.

“La volete piantare?” gridò, senza sapere nemmeno cosa stesse facendo. “Stavo cercando di riposarmi! E non posso nemmeno farmi servire, perché il mio schiavo è morto! Me ne serve uno.” improvvisò. “È ancora vivo quello?”

Uno dei suoi soldati si avvicinò al corpo del prigioniero. “Respira.” comunicò alla fine.

Midorikawa non seppe spiegare il moto di gratitudine che provò in quel momento, ma seppe nasconderlo.

“Bene, allora lo prendo io. E voi andate a fare confusione da un'altra parte!” affermò, slegando i polsi del prigioniero e prendendolo rudemente in braccio.

“Mio re, non ne vorrebbe uno più sano, uno che non abbiamo ancora...” tentò uno dei suoi soldati, alludendo ai prigionieri ancora sani.

“No, divertitevi pure. Con questo vi siete già sfogati.” disse Midorikawa dopo un istante di esitazione.

I suoi soldati credettero alle sue parole, come se il loro re temesse di volergli fare un torto, e lo lasciarono andare.

Appena il ragazzo raggiunse la sua tenda, stese il corpo esangue sul suo letto, e subito le lenzuola si riempirono di sangue.

Il respiro del ragazzo si faceva sempre più debole.

“No, no, no...” si ritrovò a mormorare Midorikawa.

Lo girò sulla schiena, prese l'unguento che il medico gli aveva dato e lo spalmò febbrilmente sulle ferite ancora sanguinanti che ricoprivano la sua schiena come una fitta rete.

Subito quelle sembrarono rimarginarsi, e il respiro del ragazzo si fece più regolare. Midorikawa sospirò di sollievo, subito prima di chiedersi perché mai tutta quell'ansia. Perché?

Perché aveva salvato la vita di quel soldato troiano?

Perché aveva impedito che quella frustata lo raggiungesse, perché aveva utilizzato su di lui tutto l'unguento che il medico gli aveva dato per la sua ferita?

Perché voleva che il guerriero che l'aveva risparmiato sopravvivesse?

Forse... Forse proprio perché lo aveva risparmiato. Forse per via di quello sguardo freddo e profondo, intenso, chiaro. Limpido.

Forse perché aveva sperato di vederlo di nuovo.

Si era fatta notte: curando il suo soldato dagli occhi freddi aveva saltato la cena. Mangiò velocemente una fredda coscia di bue, prima di andare a dormire.

Sì, ma dove? L'unico letto che aveva era occupato dal corpo esangue del ferito...

“Oh, non posso crederci. È assurdo.” borbottò, stendendosi a terra con un sospiro. In fondo, lui non aveva bisogno di un letto. Era meglio lasciarlo al suo soldato dagli occhi freddi.

Che, pensò con uno sbadiglio, aveva probabilmente un nome più corto di quello.

 

* * *

 

“Fuyuka... Ma cosa ti è successo?” mormorò Endou quando furono arrivati alla sua stanza.

La ragazza tirò su col naso, rimanendo in piedi, indecisa se sedersi sul letto accanto ad Endou.

“Che fai lì impalata? Siediti. Oh, non penserai di non avere il permesso!” fece il ragazzo, stizzito.

“Io... ti conosco?” mormorò alla fine la ragazza, sedendosi tremante affianco a lui.

“Se... Se mi conosci? Fuyuka, ma sono io! Endou Mamoru, ci siamo conosciuti da piccoli! Io ero, cioè, io sono il principe di Atene! Proprio non ricordi? I tuoi genitori conoscevano i miei...”

“Chiedo scusa, ma io... Proprio non ricordo... Ricordo soltanto la mia vita da schiava, non so dei miei parenti, se li ho avuti. Il mio padrone di prima era molto buono, ma quando il principe Rococo mi ha vista mi ha voluta. Il mio padrone non ha potuto fare nulla, e quindi ora sono qui... Mi farai del male?” domandò, tremante.

“Stai scherzando?” si indignò Endou. “Io non uso le schiave in quel modo!”

Il ragazzo rabbrividì, e a Fuyuka scappò un sorriso, dopodiché sospirò di sollievo. “Io vengo dalla Grecia, comunque. Fino a qualche mese fa vivevo lì. È un bellissimo posto.” disse gentilmente.

“Ah, lo so!” disse allegro Endou, sfoderando un sorriso smagliante. “Una volta io l'ho girata tutta a cavallo! Bé, cioè, quasi tutta, ma una buona parte. Ed è tutta bellissima, credimi!” aggiunse, sognante.

“Vorrei rivederla almeno una volta...” mormorò tristemente la ragazza.

“Come sarebbe? Tu la rivedrai.” osservò Endou, confuso. “La rivedrai, è ovvio! Cosa vuol dire che la vorresti rivedere almeno una volta? Guarda che la guerra finirà presto!” affermò, sicuro.

“E tu come lo sai? Va avanti da anni, no? È dura, la gente muore. Da entrambe le parti. Potrebbe andare avanti per decenni.”

“Invece no. La guerra finirà prestissimo, i miei amici riusciranno a sconfiggere i Troiani e torneremo tutti a casa, e tu verrai con me, hai capito?”

La ragazza annuì piano.

“Ora calmati, andrà tutto bene. Tu non sei una schiava, ok? Non perdere la speranza. Ne usciremo tutti. Garantito!” aggiunse poi con un enorme sorriso.

E la spontaneità di quel sorriso, la sua totale ed incondizionata fiducia erano talmente palpabili che nessuno avrebbe mai potuto dubitarne.

 

* * *

 

“È un piacere rivederti, Kidou.” sogghignò Fudou, appoggiato al muro del tempio, le spalle incassate.

“Sapevo che c'eri tu dietro a tutto questo, Fudou! Come avete fatto a nasconderci questa città?” ringhiò Kidou.

“E pensare che mi avevano detto che eri intelligente...” lo schernì il troiano, sprezzante.

“Abbiamo setacciato la zona, non potevate nasconderla... A meno che... Non l'abbiate travestita da città in rovina!" ragionò Kidou, un lampo di comprensione negli occhi.  "Bastava distruggere le mura, ammassare delle rocce sopra le case, è così semplice! Come ho fatto a non capirlo prima? I danni sarebbero stati minimi, e così ora avete a disposizione questo punto di rifornimento! E così, non è vero?” esclamò Kidou, furioso.

“Ci sei arrivato... Allora sei davvero intelligente come dicono. E saprai anche che non posso lasciarti tornare indietro.” sibilò Fudou, sfoderando la sua spada.

“Certo. Così come so che il mio passaggio qui è facilmente rintracciabile. Se non torno entro stasera, mi verranno a cercare. La copertura di questa città salterà. Non potrete reggere un confronto del genere.” osservò Kidou, sorridendo.

Fudou esitò.

“Se invece mi lasci andare – proseguì quindi Kidou – posso far sì che non lo sappia nessuno.”

“E perché dovrei crederti?” lo schernì Fudou, cercando di nascondere lo stupore. Quel tipo ci sapeva davvero fare con le parole.

“Perché non hai alternative.” sibilò Kidou, scattando veloce verso di lui.

Fu un attimo, e Fudou si ritrovò una spada alla gola. “Che ne dici, principe Fudou? Accetti?” sussurrò Kidou, ghignando.

“Non puoi uccidermi, e lo sai meglio di me. Tutti sanno che sono qui. Se non esco entro dieci minuti, entreranno loro. E non gli interesseranno le tue parole, sarai morto prima di aver aperto bocca.” ringhiò Fudou, schiumante di rabbia.

“Bene.” disse Kidou, allontanandosi un po'. “Tu non puoi uccidere me e io non posso uccidere te. Che scocciatura. Allora facciamo che adesso ognuno se ne va per la sua strada.” affermò risoluto.

“Sei proprio come ha detto lui.” sospirò Fudou, passandosi una mano tra i capelli.

“Eh?” chiese subito l'altro, voltandosi.

“Ma sì: astuto e veloce. Sai usare le parole, sai convincere la gente. Hai sempre ottime argomentazioni e un'intelligenza fuori dal comune... Endou non sbagliava. Ero proprio curioso di incontrarti.” spiegò Fudou allontanandosi.

“Endou? Tu lo conosci, lo hai visto di recente?” lo fermò Kidou, teso. Quanti anni erano passati?

Se l'ho visto? Pronto, Rococo è mio fratello. Praticamente, vedo più Endou che mia moglie.”

Calò un silenzio imbarazzato. Moglie. Fudou aveva una moglie. Kidou si chiese chi mai potesse sposare un uomo del genere.

“E com'è? Endou, intendo. Come sta?” domandò, incapace di trattenersi.

“Ti sembro un piccione viaggiatore?” sbottò l'altro, infastidito.

“Ci sono persone al nostro accampamento che sarebbero disposte ad offrire immense ricompense per un suo messaggio.” lo informò freddamente Kidou. Era vero: Endou era un ragazzo capace di farsi amare da tutti, tutti.

Non c'era persona che lo avesse conosciuto almeno di sfuggita che non lo rimpiangesse.

“Immense ricompense? Magari, anche mantenere un certo segreto?” buttò lì Fudou.

Kidou cominciò a capire, e l'idea gli piaceva. Oh, se gli piaceva! “Non dirò una parola. Tornerò qui domani, voglio un suo messaggio. In cambio, nessuno saprà niente su questa città, ma tu devi fare... Da piccione viaggiatore.” ghignò Kidou.

“Mi sembra possibile, sì. Farò del mio meglio, ma guai a te se qualcuno verrà a sapere di questo.”

“Tanto non puoi uccidermi, ricordi?” lo avvisò Kidou.

“Lo stesso vale per te. A domani, stessa ora. Avrò il tuo messaggio.” disse Fudou, ed uscì dal Tempio.

 

* * *

 

“Come stai?”

Atsuya aveva passato la notte a vegliare suo fratello: aveva perso del sangue, ma complessivamente non era niente di grave.

“Sei stato un idiota a non dormire, Atsuya. Ti farai ammazzare.” lo sgridò Shirou, prima di rendersi conto di quello che aveva detto.

“Eh? I-io mi... Shirou!” esclamò Atsuya, fermandosi in mezzo alla stanza come un pilastro. “Anche se... Forse hai ragione.” disse dopo qualche secondo, riprendendo a camminare. “Cioè, non io, tu. Non dovresti più combattere. Avevi ragione, hai sempre avuto ragione. Te ne vai. Pagherò il medico, gli farò dire che sei molto grave. Tornerai a casa. Starai lì finché non finirà la guerra, non dovrai combattere mai più. Te ne vai,, adesso. Raccogli... Ma che raccogli, no, stai fermo. Vai, sì, vai via...” Atsuya, preso da una specie di furia, cominciò a raccogliere oggetti a caso.

“Ma... ma, cosa...” sussurrò Shirou.

E Atsuya esplose. “Non capisci! Non possiamo farcela ancora per molto! Sei tu che volevi andare: allora forza, no?”

“No!” ribatté Shirou, deciso.

Atsuya si voltò a guardarlo, stranito.

“No! Scusami, sei sempre tu a dirmi di restare, è da te che ho imparato cosa vuol dire orgoglio. Non scapperò per questo. Non è successo niente. Guarirò, tranquillo. Non è successo niente, no?” cercò di tranquillizzarlo Shirou, mettendosi maldestramente a sedere.

“Non... Non è successo niente perché, Shirou?” chiese Atsuya, rabbioso. “Anzi, mettiamola così: dimmi come ti sentiresti tu se, mentre stai combattendo, senti una voce che ti dice Shirou, perdonami. E senti che è la voce di tuo fratello, e capisci che sta morendo! E allora corri indietro, e lo vedi lì, ferito, a terra, e un nemico sta sopra di lui con la spada alzata. Allora hai paura di non fare in tempo, di non poter fare niente... Su, dimmi come ti sentiresti in quel caso! Cosa avrei fatto se tu... Se tu fossi morto, eh?”

“Saresti... Diventato re?” azzardò Shirou.

Il fratello lo guardò come se fosse stato un alieno. “Scherzi, vero? Shirou, dimmi che scherzi, perché non posso credere che dopo tutto quello che ho detto (voce nella testa compresa) tu abbia da dire solo questo.” sbuffò Atsuya.

“No, cioè, ovvio che è strano, però... Io pensavo che tu volessi diventare re.” obiettò Shirou, cercando di usare le parole giuste.

Che ovviamente non trovò.

“Certo che vorrei diventare re, ma scavalcandoti di otto minuti! Io vorrei essere nato otto minuti prima, tutto qua! Diventare re... uccidendoti, non ci credo! Non puoi averlo detto! Ascoltami bene: senza di te non potrei resistere un solo giorno. Mi hai sentito? Un solo giorno. Ed è per questo che voglio che tu torni a casa!”

“Hai paura che io mi faccia ammazzare. Perché non sono resistito a Suzuno, perché Suzuno mi avrebbe ucciso! Allora tu mi credi troppo debole, è per questo?” realizzò Shirou.

“Io guardo i fatti. Lui ti aveva atterrato.” commentò Atsuya. “E se non fossi stato lì...”

“Ma c'eri.” lo interruppe frettolosamente il fratello. “C'eri, c'è stata la mistica voce che ti ha guidato a me. Non devo preoccuparmi, no?”

“No, ovvio. Ma se io fossi stato troppo lontano? Ferito? Impegnato in un combattimento? Se io fossi morto?” replicò Atsuya, la disperazione ben tangibile nella sua voce.

“Adesso ascoltami. Tu sei vivo, io sono vivo. Suzuno mi ha colto di sorpresa, ma non succederà più. Ne ho abbattuti di peggiori, in fondo, no? Ehi... No, ti prego, non fare così.” lo pregò, vedendo suo fratello voltargli con astio le spalle. “Per favore, non arrabbiarti. È che non voglio scappare, come mi hai insegnato tu. Che c'è che non va?” domandò, confuso.

“È che... Ti prego, Shirou, sta' attento!” implorò Atsuya, voltandosi di scatto versi il fratello, gli occhi fiammeggianti. “Devi stare molto più attento di così, capito?”

“Io sto sempre attento.” rispose ridacchiando il fratello, alzandosi in piedi.

“Non oggi!” gridò subito Atsuya, sbattendolo a forza nel letto. “Sei ferito! Due giorni di riposo, ha detto il dottore! Guai a te se ti alzi da lì!”

“Vuoi fermarmi? Io, il tuo re?” sogghignò l'altro, malizioso.

“Dovessi stare sdraiato sopra di te tutto il giorno!” lo minacciò Atsuya, prima di scoppiare a ridere. Shirou lo imitò, sereno: tutto si era risolto bene, alla fin fine.

*         *         *

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Salve a tutti! Rieccomi qua!
Che ve ne pare del capitolo?
Ora, lasciate che vi spieghi. Non è che Nagumo abbia avuto vita facile. La sua città è in guerra, la sua vita è difficile, ed ora Suzuno gli è morto. Capirete che il desiderio di vendetta, che comunque in quegli anni era visto come una cosa più che logica, sarà stato tremendo. Non voler vendicare il fratello sarebbe stato come oltraggiare la sua memoria, è così che la vedevano ai tempi.
Basta pensare a Patroclo...
Insomma, in ogni caso non odiatelo per questo. È sconvolto.
E presto riapparirà, non temete!
Per quanto riguarda Hiroto... Non so se avete notato come Midorikawa sia diverso da come lo conosciamo. È come se fosse Reize, in questo momento.
La presenza di Hiroto però potrebbe... Chissà... Ok, basta, non dico altro anche perché non interessa a nessuno
Infine... So che forse quest'esplosione di Atsuya è un po' spiazzante. Ma in fondo lui tiene tantissimo a suo fratello, lo vuole solo fuori dai guai.
E non posso negare che voglia anche avere il comando dei soldati di Sparta, ok, ma questo è dopo.
Ah, che testa, scusate. Prima che si facciano casini, volevo dirvi chi è re di che paese.
Shirou --> Sparta (e per intenderci, non è la Sparta di 300. Si tratta della Sparta di mille anni prima, prima dell'invasione dei Dori a cui sopravvisse solo Atene, prima del medioevo ellenico e prima delle colonie. Una Sparta che con quella di Leonida non c'entra niente)
Goenji --> Argo
Kazemaru & Endou --> Atene
Midorikawa --> Messenia
Kidou --> Itaca
Ok, questo perché avevo voglia di specificarlo, e perché se mi scappa un "lo spartano" sappiate che parlo di un Fubuki, e che non mi sono fumata qualcosa ^^
Grazie infinite a Sissy-chan, Sarapallina, Kya_, Fubuki Yuri, Met e Giada Joestar per aver recensito *__* Vi adoro!
Grazie di cuore a met (di nuovo ^^), NipaH_Girl, Sarapallina (ancora ^^), Sayuri_chan per aver messo la storia tra le preferite ^^ Siete gentilissime!
Grazie anche a Fubuki Yuri (ancora ^^), NipaH_Girl (ancora ^^), noli me tangere, WolfHeart per aver messo la storia tra le seguite! Siete fantastiche!
A presto, se tutto va bene ci sentiamo sabato prossimo!
(leggere: se nell'albero Dublinese in cui finirò ci sarà il wi-fi grazie al quale riuscirò a far funzionare il mio pc sgangherato e pubblicare. Altrimenti pubblico mercoledì, quando torno! ^^)
Un bacione, vostra
Emma-chan ^^

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Capitolo 3
*** III ***


III


Quando Hiroto si svegliò, era sicuro di essere morto.

Non ricordava niente oltre al dolore, quel dolore lancinante, terribile, insopportabile. Non gli volevano concedere nemmeno una gloriosa morte in battaglia, quei bastardi?

No, lo avevano rapito, imprigionato, e poi torturato. Era stato terribile, disonorevole. Ed ora era morto.

Ma se era morto, allora perché tutto faceva ancora così tanto male? Perché la schiena ardeva, perché il collo gli dava fastidio, perché la luce cercava prepotentemente di penetrare nei suoi occhi chiusi?

Lento, esitante, li socchiuse.

No, non era morto. C'era il sole, un raggio di sole che entrava da un lato della tenda e gli finiva proprio in faccia.

Ma... Un attimo: tenda? Che tenda, dov'era finito? Non era a Troia, no...

Ma allora... Era nell'accampamento di un nemico Acheo!

Che ci faceva lì? Chi ce l'aveva portato? Doveva andarsene!

Fece per alzarsi, ma la schiena si ribellò, feroce, e il dolore esplose nella sua mente come ferro incandescente.

Dalle sue labbra sfuggì un gemito, e la fronte si imperlò di sudore. Decisamente, non poteva alzarsi.

Aprì un po' di più gli occhi, e squadrò con attenzione il luogo in cui era finito.

Una tenda molto grande, ricca, da re. Era piena zeppa di oggetti preziosi, coppe, vasi, cibi succulenti e gioielli dorati. Hiroto strizzò gli occhi, ma ormai la luce era tanta: probabilmente la battaglia sarebbe iniziata entro pochi minuti.

Un momento... la battaglia! Hiroto doveva combattere, doveva dire a Nagumo che almeno lui stava bene... Povero Nagumo. Chissà che colpo doveva essere stato per lui la perdita di Suzuno.

Un mugolio fece voltare di scatto la testa di Hiroto: c'era un'altra persona lì con lui?

Torse il collo per vedere cosa c'era poco più in basso di lui, e non riuscì a trattenere un sospiro strozzato di meraviglia. Ma quello... Quello era il suo soldato dai capelli verdi!

Lo ricordava bene: non lo voleva colpire, ma lo slancio preso dal precedente duello lo aveva fatto finire proprio addosso a lui. Si sentiva in colpa per averlo colpito alle spalle, in modo così vile, ma sapeva come andavano le cose: uccidi, o sei ucciso. Quindi aveva alzato la spada su di lui.

Ma... Ma c'era stato un intoppo. Un qualcosa che lo aveva fermato. Chissà, magari erano stati i suoi occhi neri, neri, neri. Sembravano un pozzo così profondo. Non voleva vederli spegnersi, sarebbe stato come riempire di fango quel pozzo così puro, e lui non voleva: lui voleva riuscire ad arrivare fino in fondo, in fondo al pozzo, sempre più giù...

E, prima di poter rendersene conto, aveva abbassato la spada e se n'era andato. E adesso? Adesso che quel pozzo era nascosto dalle palpebre del re Acheo lì per terra, cosa sarebbe successo?

No, Hiroto doveva aver visto male. C'era un re Acheo che dormiva per terra mentre lui, un Troiano, era su di un letto? Eppure quella era la tenda di un Acheo, quasi sicuramente la tenda del soldato dagli occhi profondi, che era un re! Che ci faceva lì sdraiato a terra? Certo, nella tenda non c'erano altri letti, ma perché non aveva messo lui, il Troiano, il nemico, per terra e non si era sdraiato sul suo letto? Anzi, prima di tutto: cosa ci faceva in quella tenda! Non era morto? Non lo stavano frustando a sangue?

Hiroto non capiva più niente, gli faceva male la testa, forse aveva la febbre, e, ah, già: la schiena lo avrebbe fatto impazzire dal dolore.

Improvvisamente un rumore lo fece sobbalzare: era come... un corno, uno strumento di guerra, un corno. Probabilmente una sveglia.

Il suo soldato dagli occhi neri si stiracchiò, facendo per alzarsi, e Hiroto chiuse prontamente gli occhi.

Da quanto poteva sentire, l'Acheo non aveva passato una nottata comoda, ma ancora per lui era impossibile capire cosa diavolo fosse successo.

Improvvisamente lo percepì proprio sopra di sé, e lo sentì sfiorargli con un dito incerto le ferite. “Come va? Va meglio di ieri...” mormorò a mezza voce. “Non ce n'è ancora, di quella roba?” Lo sentì cercare qualcosa, poi imprecare. “Ah, ne chiederò un altro po' al medico. Tu aspetta qui.”

E uscì.

Come? Il principe non solo lo aveva lasciato dormire sul suo letto, ma si preoccupava di lui al punto da dire Come va? Era un inganno, un imbroglio? Cercava di indurlo ad abbassare la guardia, per poi ucciderlo definitivamente?

Stava per decidere che era sicuramente così, quando lo sentì tornare.

“Uhm, mi sa che brucerà. Ma servirà, credo. Spero. Oh, è assurdo parlargli così. Datti un contegno e dagliela.” mormorò il ragazzo, e la schiena di Hiroto andò a fuoco.

Non riuscì a trattenersi, e un lungo grido di dolore gli sfuggì dalla bocca.

 

* * *

 

“Nagumo...”

“Vattene.”

Era così. La gente entrava nella sua stanza, lui li mandava via.

Andava avanti da tutta la notte, Nagumo non aveva chiuso occhio. Non che volesse dormire, ovvio.

Dopo aver terminato il rito, quando le ceneri di Suzuno erano state raccolte, lui si era chiuso in camera senza voler ricevere nessuno. Tutti se ne andavano via, e Nagumo non avrebbe desiderato altro, non ora.

Quindi, all'ennesimo Vattene, per Nagumo era logico che l'ultimo, indesiderato ospite si levasse di torno. E invece la porta si socchiuse lentamente, e una figura entrò esitante nella stanza.

“Endou... Lo sapevo. Togliti di mezzo, vattene. Ora.” ordinò perentorio, alzando gli occhi al cielo.

“Volevo soltanto parlare un po'. Ho saputo solo adesso, e...”

“E volevi dirmi che ti dispiace, e mi capisci, e se puoi fare qualcosa per me. No, non puoi. Ora che l'hai detto, vattene.” sbottò secco Nagumo. Endou aveva la disarmante capacità di renderti inerme, nudo davanti alla sua semplicità. E a volte lui detestava quella sua caratteristica che invece lo aveva reso tanto desiderabile agli occhi di Rococo.

“Sì, questo, e poi... Volevo parlarti un po', cioè, almeno sai chi è stato? Nessuno qui mi dice mai niente, magari posso esserti utile... Se vuoi puoi raccontarmi cos'è successo. Almeno, dicono che funzioni. Tanto abbiamo tutto il giorno, oggi non combatti, no?”

No, non avrebbe potuto combattere: era ferito al braccio, era successo mentre si celebrava il funerale di Suzuno. Era rimasto troppo vicino al fuoco, come se fosse rimasta in lui l'assurda speranza che ancora Suzuno avesse potuto saltare fuori dal fuoco, dirgli che era uno scherzo, che stava bene, che.. Che non lo aveva abbandonato. Ma non era successo, e l'unica cosa che ci aveva guadagnato era un braccio scottato.

“Non combatto, ma non voglio parlare con te.” borbottò, senza guardarlo.

“Ma ti può essere utile! Perdere un fratello è una cosa orribile, ma... Non è andato via per davvero, lo sai? Me l'hanno insegnato tempo fa, quando ero piccolo. Forse non ti interessa, però anch'io una volta ho perso una persona cara. Insomma, posso capire. Un pochino. Secondo me se ne parli ci stai meglio.” concluse, mettendosi una mano sulla testa, imbarazzato.

“Che ti importa, a te? Se noi moriamo, i tuoi amici hanno più possibilità di farla franca. Se Suzuno non fosse morto, avrebbe ucciso Fubuki.” soffiò Nagumo, carico d'odio.

“Fubuki? Quale?” domandò subito Endou. Li conosceva bene, i due gemelli. Era terribile pensare che uno dei due sarebbe potuto morire!

“E io che ne so? Sono identici! Suzuno ne aveva atterrato uno, ma l'altro è spuntato proprio al momento giusto, all'ultimo. Suzuno era già molto stanco per il combattimento col primo Fubuki, aveva abbassato la guardia perché l'aveva disarmato, capisci? Era più forte Suzuno, meritava di vivere! Invece il secondo Fubuki è spuntato da dietro e l-l'ha u-ucciso, ecco!” esclamò Nagumo, trattenendo a stento le lacrime. “Perché è arrivato proprio in quel momento? Come faceva a saperlo, come?” gemette.

“Oh, loro due hanno sempre avuto un rapporto particolare... Spesso capitava che si sentissero a distanza, era straordinaria come cosa. Erano, cioè, sono miei amici da tanto tempo. Hanno questo legame, tutto qua.” concluse Endou, alzando le spalle. “E comunque guarda che non è vero che sono felice se uno di voi muore così non uccide i miei amici. Per me ogni persona è importante.” affermò con serietà.

“Ma allora perché io non ho sentito niente?” chiese Nagumo, vicino alle lacrime. “Perché ho... Ho lasciato che mio fratello morisse?” sembrava che implorasse una risposta. “Io non ho sentito niente...” ripeté, disperato.

“Non hai sentito cosa stava per succedere, perché... Boh, forse perché il tuo cuore era già pieno di amore, Nagumo. L'amore che c'è tra due fratelli è il più prezioso di tutti. Anch'io avevo un fratellino, sai? Era piccolo, dolce, e gli volevo un bene dell'anima. Lui mi seguiva sempre, faceva quello che facevo io, era adorabile. Si chiamava Tachimukai. Ma quando aveva otto anni si è ammalato. Io ne avevo quattordici, e non ho potuto fare niente, e alla fine è morto. Ero tristissimo, Nagumo, tu mi capisci meglio di chiunque altro. Ma poi, Ichirouta, lui... Lui mi ha spiegato che quando un fratello muore, quando qualcuno in generale muore, non se ne va per sempre. Resta qui.” e gli indicò il cuore, sorridendo incoraggiante. “Così come il mio fratellino è ancora in me. E la vita va avanti, e io non sono più triste per lui, perché la sua risata ancora mi dà forza se ho paura. E allora mi dico: cavoli, anche se è durato poco, è stato bellissimo avere un fratello, e non vorrei mai dover dimenticare tutto. Oltre alle cose brutte, ci sono anche le cose belle, non ti pare? Ricordare è bellissimo, non fa male. Ora Suzuno è ancora con te, e sono sicuro che lo puoi sentire ancora ridere, se ti sforzi.” affermò Endou, sicuro, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.

Nagumo sospirò, lasciandosi però sfuggire un lieve sorriso.

Ecco perché, Rococo. Ho capito, adesso. E anche se questa guerra ha ucciso Suzuno, non posso dirti altro che “Ottima scelta.”

 

* * *

 

“Ehi, Kidou! Dove sei stato, ieri?” lo salutò Kazemaru, sorridendo.

“Oh, in giro. Purtroppo una mia teoria si è rivelata sbagliata, è strano. Comunque, posso ritenermi soddisfatto.” rispose l'altro, accennando un sorriso.

“Davvero? E perché?” si interessò l'altro, curioso.

Ma prima che potesse rispondere, si dovettero voltare, preoccupati: il loro amico Goenji stava gridando qualcosa ad una nave che stava attraccando al porto.

“Ehi, ma che succede?” domandò Kidou, quando si furono avvicinati.

“Succede, – rispose Goenji, infuriato – che una certa principessa ha ritenuto... saggio... lasciare il suo paese, la sua patria e la sua terra per venire a trovare suo fratello in una battaglia approfittando di questa nave dei viveri!”

E, sotto gli occhi stupefatti di tutti, dalla nave scese mestamente una ragazzina sui diciassette anni, i capelli castani raccolti in due strette trecce, gli occhi scuri piantati sulla passerella dalla quale stava scendendo.

“Cosa credevi di fare, Yuuka?” le si rivolse Goenji duramente.

“Volevo venire a trovarti.” sussurrò lei, sempre guardando in basso.

“Ma questa non è una gita, Yuuka! È una guerra! Averti qui è solo un guaio, tu dovresti stare nella reggia a fare... Che ne so, quello che fanno le principesse.” sbuffò, esasperato.

“Quello che fanno le principesse è sposarsi. E quel principe non mi piace. Fratellone, tu sei l'unico che può impedirlo! Per favore, tienimi qui, sarò buona!” implorò la ragazza. “Non voglio sposare quello lì. Ti prego.” sussurrò, la voce spezzata.

Nemmeno Goenji riuscì a restare arrabbiato.

Ma prima che potesse dire una qualunque cosa, il corno suonò un'altra volta.

“La battaglia inizierà tra pochissimo! Ora tu te ne stai nella mia tenda, e non uscire per nessuna ragione! Stasera ne riparliamo. Ma bada bene: se esci anche per un solo secondo dalla tenda mentre sono via, ti rispedisco a casa di filato!” decise alla fine.

“Fratellone, ti adoro!” esclamò Yuuka, sorridendo e saltandogli addosso di slancio.

Goenji arrossì e gli altri ridacchiarono di gusto.

“Dai, andiamo” disse Kazemaru, scompigliando i capelli di Yuuka.

Era sempre stata una ragazzina deliziosa, la sua cuginetta, ma sopratutto testarda.

Qualcosa gli diceva che il suo sfortunato pretendente non avrebbe avuto vita facile.

 

* * *

 

Midorikawa, preso alla sprovvista, fece un balzo indietro.

“Sei... Sei sveglio! Potevi avvisarmi, no?” esclamò, più duramente di quanto avrebbe voluto.

Per lui era stato uno shock.

“Chiedo scusa se l'ho interrotta mentre mi stava uccidendo. Ma prego, faccia pure. Non mi offendo mica, sa.” replicò il ragazzo dai capelli rossi, sarcastico.

“Non ti sto uccidendo, idiota. E fossi in te porterei un po' di rispetto in più. Se non ti metto questa roba, le ferite non si rimargineranno. Quindi piantala di fare storie e sta' zitto.” affermò, deciso, riavvicinandosi cautamente al rosso.

“E io ci credo, come no.” sbuffò il ragazzo, alzando gli occhi al cielo.

Midorikawa trattenne l'impulso di strangolarlo e sospirò. “Ok, siamo partiti con il piede sbagliato.”

“Visto che i tuoi uomini mi hanno quasi ucciso.” commentò freddo l'altro.

“Sarò paziente oltre i limiti dell'essere umano, quindi ti ignorerò. Dicevo. Siamo partiti con il piede sbagliato – non interrompermi! – quindi ora presentiamoci. Io sono Ryuuji Midorikawa, re della Messenia. E tu?”

“Kiyama Hiroto. Principe di Troia.” sbottò alla fine l'altro, guardandolo male.

“Sai, Kiyama Hiroto, credevo che i principi fossero un po' più educati. Visto e considerato che ti ho salvato la vita, sai.” sbuffò Midorikawa, alzando gli occhi al cielo.

“Io l'ho risparmiata a te.” insinuò Hiroto, cercando di mettersi seduto. Gemendo, si accasciò nuovamente sul letto.

“E mi hai ferito colpendomi alle spalle. Vagamente sleale, ma chissà come li addestrano, a Troia. Probabilmente rapitori, vili, e anche maleducati. Povero Endou, in che disgrazia è finito.” frecciò Midorikawa, alterato.

Possibile che quell'Hiroto fosse così... così antipatico? E pensare che si era fatto tante idee...

Scacciò quel pensiero dalla sua mente. No, lui non si era fatto nessuna idea. Nessuna.

“Non intendevo farlo.” disse Hiroto con una voce così bassa che Midorikawa credette di averlo solo immaginato.

“Come?” chiese, per sicurezza.

“Ho detto che non intendevo farlo.” ripeté Hiroto a voce alta, senza guardarlo. “Non miravo a te. Non colpisco alle spalle, io. C'era un altro che ti stava dietro. Ti ho ferito, eh?”

“Sì, e brucia. Ma non quanto la tua schiena, credo.” rispose Midorikawa. Possibile che forse ci fosse del buono, in quel tipo? Davvero non intendeva colpirlo?

“Già, sei gentile a notarlo. Effettivamente la schiena mi sta uccidendo. Senti... Quell'intruglio che brucia da far paura, quello... Non è che...”

Midorikawa sorrise. “Sì, ce n'è ancora. Te ne do un po', se vuoi. Se ti fidi, insomma.”

Quella frase gli sfuggì di bocca prima che potesse rendersene conto, ma subito dopo si maledì: che cosa voleva dire? Ovvio che un Troiano non si fidasse di un Acheo!

Hiroto lo guardò male, e tacque per un momento interminabile. Poi sospirò. “Mettilo, dai. Tanto non può andare peggio di così.”

Sorpreso, Midorikawa avvicinò tremante la mano alla schiena di Hiroto.

Applicò incerto l'unguento sulla schiena del soldato, e lo sentì fremere come se il dolore fosse atroce, insopportabile.

Ma, contrariamente a quello che Midorikawa si aspettava, non un suono uscì dalle sue labbra.

“Ecco, dovrebbe andare. Non so quanto siano gravi, non è che me ne intenda, sai. Ma già da ieri è un miglioramento.” disse, alzando le spalle.

Subito una fitta lo trafisse, e il suo volto si aprì in una smorfia di dolore. No, alzare le spalle non era una buona idea.

“Non l'hai medicata, quella spalla?” chiese Hiroto, confuso.

“Avrei dovuto farlo con quello.” borbottò Midorikawa, subito prima di pentirsi di nuovo delle sue parole.

Oh, doveva davvero mettersi una museruola, quando parlava con lui!

Hiroto sembrò davvero stupito. “Cioè, tu l'hai usato per me, e non...”

“A me non serve.” sbottò subito l'altro. Perché doveva arrossire proprio ora, perché?

“Almeno fascialo come si deve. Vieni qui.” sospirò il rosso, facendogli cenno di avvicinarsi.

Midorekawa notò con stupore che, anche senza muovere la schiena, Hiroto stava facendo un lavoro eccellente.

Improvvisamente, si rese conto di quanto vicino fosse al corpo del suo soldato dagli occhi freddi.

Ne poteva avvertire il fiato sul collo, il calore del gomito che premeva sulla sua schiena, e le mani agili e veloci che gli tastavano delicatamente la spalla...

Perché il suo cuore batteva così forte? Perché tremava? Cosa diavolo stava succedendo?

“Fatto. Così almeno non peggiora, ma la devi curare lo stesso.” affermò con un sospiro.

Il suono di un corno squarciò l'aria.

“Devo andare! È tardissimo!” esclamò Midorikawa, afferrando le armi e contemporaneamente indossando i calzari saltellando.

Probabilmente, pensò Midorikawa amareggiato, era proprio buffo.

“Non dovrebbe farlo il tuo servo, quello?” si informò Hiroto, senza riuscire a trattenere un sorriso di scherno che irritò parecchio Midorikawa. Come si permetteva quello di... ridere di lui?

Tu sei il mio servo. Sennò perché saresti qui, e non nel mucchio di cadaveri là fuori?” rispose freddamente.

Dopodiché uscì, lasciando Hiroto senza parole. E si maledì aspramente per quello che aveva detto.

 

* * *

 

“Yuuka, ma non dovevi stare qui senza muoverti?” chiese sorridendo Kazemaru, infilando la testa all'interno della tenda di Goenji.

La ragazzina, infatti, stava tentando la fuga uscendo dall'altro lato della tenda.

“Ehm, no, io...” cercò di giustificarsi Yuuka, ma bastò uno sguardo di Kazemaru a farla costituire. “Ok, è vero. Ma mi annoio così tanto...” sbuffò, incrociando le braccia. “Tu non dovresti essere a combattere?”

“Oggi passo.” sospirò Kazemaru, sedendosi di fianco a lei.

La cosa gli pesava, a lui più di tutti. E se quello fosse stato il giorno buono? Il giorno in cui sarebbe riuscito ad espugnare la città, a rivedere il suo Endou?

Come sarebbe stato bello, se solo avesse potuto ascoltare di nuovo quella voce sempre allegra...

“E perché passi?” si incuriosì Yuuka, confusa.

“Nell'ultima battaglia ho perso la spada. Me ne stanno facendo una nuova, e per oggi non posso combattere. Quindi ho pensato di farti un po' di compagnia. Se vuoi ti racconto qualcosa.” si offrì, ben consapevole di quanto Yuuka amasse sentirsi raccontare leggende ed avventure.

“Oh, grazie!” rispose infatti, estasiata.

“Cosa vuoi sentire? La storia degli Argonauti? O come Ermes rubò i buoi ad Apollo? O la nascita di Zeus?”

“No, questa volta voglio una storia nuova. Ti prego, cuginetto, mi racconteresti di come tu ed Endou vi siete conosciuti?” implorò Yuuka, facendo gli occhi dolci.

Kazemaru esitò solo un istante. Era giusto rivivere quei momenti, o avrebbe rischiato di dimenticarli. E poi, parlarne con Yuuka gli avrebbe fatto bene, ne era convinto.

“D'accordo, allora siediti e ascolta...”


*     *     *

Angoletto mio:

Ed eccomi qua!
Salve a tutti, gentili ascoltatori (?). Che ve ne pare del capitolo?
Per quanto riguarda Nagumo, oserei dire che già non scoppiare a piangere in mezzo ad un discorso è la prova più grande di forza d'animo e orgoglio che uno nelle sue condizioni possa dare.
Ma arriva Endou... Io amo quel ragazzo, in particolare per il fatto che ha l'adorabiel capacità di far sentire meglio le persone con quella sua ingenuità e spontaneità. E avete sentito? A lui non importa se Troiani o Achei, per lui uccidere è sbagliato e basta.
Ce la farà a farlo capire a quelle teste dure dei suoi amici?
Far morire Tachimukai era necessario e - sinceramente - non particolarmente doloroso.
Però ce lo vedevo benissimo come fratellino minore di Endou! E ditemi se non è da Endou superare la morte di un fratellino con un sorriso e un "è stato bello, non ho rimpiani, è ancora con me".
Per quanto riguarda Midorikawa e Hiroto... Non sono troppo puffosi?
Ehm, no.
Lasciatemi stare.
I pensieri di Hiroto saranno sì confusi, ma vorrei vedere chiunque al suo posto... Non è certo una situazione da tutti ritrovarsi in una tenda nemica con il re avversario steso a terra!
L'ultima uscita di Midorikawa era cattiva. Molto. Ma ricordatevi, lui ora è come se fosse Reize. Si stava esponendo troppo, sentiva che stava succedendo qualcosa di sbagliato, di pericoloso. Quel momento in cui si è avvicinato a Hiroto l'ha turbato tantissimo, e sentiva di dover aumentare le distanze.
Poi però si è subito pentito. Ma era vagamente troppo tardi, già.
Ed arriva Yuuka!
Questa povera piccina non vuole sposarsi con un suo pretendente... Chissà che non trovi l'amore nell'accampamento Acheo?
Certo, prima dovrà ascoltare la storia di Kazemaru ù.ù
Non tutta, perché essendo io una persona malvagia la dividerò in due parti è.é
Bé, credo di avervi annoiato abbastanza!
Grazie a tutti quelli che hanno letto i capitoli precendenti!
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 4
*** IV ***


“Endou! Oh, ma perché ti trovo sempre nei posti più assurdi?” sbottò Fudou, seccato.

“La stanza di Nagumo non è un posto così assurdo.” borbottò il diretto interessato, avvicinandosi alla porta e salutando il rosso con un cenno della mano.

“Bé, io ti cercavo.” disse evasivo Fudou, ignorando la sua risposta.

“In cosa posso aiutarti?” chiese Endou sorridendo.

Spesso Fudou si chiedeva se l'Acheo lo facesse apposta. Era possibile che li prendesse in giro tutti, con quella sua aria ingenua e così... Buffa?

Secondo Fudou, sì. E spesso odiava quel suo comportamento subdolo. “Ho bisogno che tu scriva una cosa.”

“... Scrivere?” ripeté Endou, confuso.

“Sì, scrivere. È complicato, è lungo, è noioso da spiegare, perciò la farò breve: un tuo amico vuole avere tue notizie. Kidou, si chiama. In cambio di un favore che lui mi sta facendo, io gli devo far avere un tuo messaggio, a lui e a tutti i tuoi amici giù all'accampamento. Perciò ho bisogno che tu scriva qualcosa.” spiegò Fudou, freddamente.

Endou spalancò gli occhi dalla sorpresa. “D-davvero? Dici davvero? Potrò mandargli un messaggio?” Il suo volto si aprì in un sorriso così largo che Fudou temette potesse uscirgli dalla faccia.

“È quello che ho detto.” gli fece notare, seccato.

“Allora... Ma allora andiamo subito! Vieni.” affermò, trascinandolo nella sua stanza.

In meno di un minuto Endou era già seduto alla sua scrivania e stava scrivendo righe su righe in una disordinata calligrafia.

“Non è che abbiamo tutto il giorno, tra poco comincia la battaglia.” lo informò Fudou.

“Ma poi risponderanno?” chiese Endou, senza smettere di scrivere.

“Sì, credo. Non oggi, però. Ma mi hai sentito?” rispose Fudou, seccato.

“Certo, Hai detto che non c'è tempo, ma in fondo devo scrivere qualcosina a tutti, no? Anche a Ichirouta...” fece Endou, mangiucchiandosi il pennino per un istante prima di riprendere a scrivere.

“Non dovresti scrivere cose così private. Non hai paura che io le legga?” frecciò Fudou, stufo di quel... Di quel qualcosa di tanto fastidioso nello sguardo di Endou.

“Eh? Scherzi?” domandò Endou, sollevando per la prima volta lo sguardo dal foglio e guardandolo confuso. “Tu non lo faresti mai.” affermò, convinto, prima di rimettersi a scrivere.

Fudou inarcò le sopracciglia. “Ne sei sicuro?”

“Ovviamente.” Endou aveva già riempito una facciata del foglio che aveva davanti.

“Saresti disposto a scriverlo? Scriveresti Non ho paura che Fudou legga quello che vi ho scritto, perché so che non lo farebbe mai?” chiese Fudou improvvisamente.

Non che gli importasse, ma anche quel Kidou avrebbe letto la lettera. Almeno non si sarebbe fatto un'idea sbagliata su di lui...

Fudou non sapeva da dove veniva quel desiderio, ma ormai che aveva parlato doveva mostrarsi sicuro.

“Certo. Non vedo perché no. Non ho paura...” disse Endou, riportando fedelmente le parole che Fudou gli aveva dettato.

Endou continuò a scrivere per un tempo che a Fudou parve interminabile, quando alla fine bussarono alla porta.

“Fudou, sei qui? Cominciamo, muoviti!” gridò qualcuno.

“Oh, devi andare! Tieni, fatto.” disse Endou, firmando frettolosamente la lettera, chiudendola in una busta e dandola al Troiano.

Quello stava già uscendo, quando si sentì chiamare. “Ehi, Fudou!”

Si voltò, annoiato. “Che c'è ancora?”

“Niente, solo... Grazie!” Endou si grattò la testa, imbarazzato, e sorrise. “Grazie mille!”

Fudou sospirò, uscendo dalla stanza.

Un tipo davvero strano.

 

* * *

 

“Atsuya, sei in ritardo!” gridò un suo compagno.

“Scusate, sono pronto.” rispose quello, impugnando la spada e dirigendosi insieme agli altri soldati verso il fronte nemico.

Avrebbe voluto rimanere con Shirou tutto il giorno, ma il fratello gliel'aveva impedito. E quindi ora si trovava lì, a combattere, senza nessuno Shirou da controllare, da difendere, da proteggere.

Ogni volta che andavano in battaglia, ormai per Atsuya era diventata un'abitudine cercare con lo sguardo suo fratello, assicurarsi che stesse bene, far fuori i nemici che cercavano di avvicinarglisi.

Non gli piaceva combattere troppo lontano da lui, in effetti.

Ma quel giorno Shirou non c'era, e Atsuya era stato messo al suo posto alla guida dei soldati di Sparta, la sua patria.

Quanto tempo che non la vedeva... Intendiamoci, lui non era sentimentale e nostalgico come Shirou.

A lui piaceva vivere in battaglia, sudando e lottando per la sua patria, in un turbinio di emozioni e di istinti da assecondare.

Inoltre non aveva nessun legame laggiù, non aveva una moglie che invece Shirou rimpiangeva. Chissà come stava Haruna...

Il regno era di sicuro in buone mani, con la sveglia moglie di suo fratello al comando. Ma se Shirou sentiva la mancanza di quella presenza, lui non poteva dire lo stesso, e la cosa un po' gli dispiaceva.

In fondo, però, andava bene così. Se hai troppi rimpianti, non dai il massimo mentre lotti.

E questo Atsuya lo sapeva bene.

Quindi fu senza nessuna esitazione che lanciò il grido di battaglia e che guidò i suoi soldati all'attacco.

Combatté senza riserve, come sempre, e i nemici crollavano come mosche al suo passaggio.

Si trovava nell'area centrale del campo di battaglia, e poco lontano da lui stava combattendo il principe Goenji, fiero e alto nel suo carro.

Ad Atsuya i carri non piacevano poi tanto, li trovava scomodi. E come si atteggiava quel re proprio non gli andava giù.

Normalmente tentava di ignorarlo, ma quel giorno si era trovato a combattere praticamente al suo fianco, e la cosa lo mendava leggermente in bestia.

Improvvisamente, Atsuya notò con la coda dell'occhio uno dei soldati di Goenji venire disarmato da un soldato troiano.

Anche se detestava il loro capo, Atsuya non aveva niente contro quei poveretti dei suoi sottomessi: decise quindi di intervenire.

Raggiunse subito il luogo dello scontro e spinse all'indietro il soldato troiano con un feroce colpo di spada.

Quello crollò addosso ad un cavallo del carro di Goenji, ma era ancora vivo. Atsuya non aspettò che si rialzasse, e lo attaccò più e più volte.

Alla fine il soldato cadde a terra, in una pozza di sangue, e Atsuya sorrise soddisfatto.

“Cos'hai fatto?” esclamò però la voce adirata di Goenji.

Atsuya guardò oltre il soldato morto, e si accorse di aver abbattuto anche uno dei due cavalli di Goenji.

Misteriosamente, non ne fu poi tanto dispiaciuto.

“Direi che ho salvato la vita di un tuo soldato. Ops, colpa mia.” disse, sprezzante, pulendo rozzamente la spada e facendo per andarsene.

“Hai ucciso un mio cavallo!” si arrabbiò però Goenji, ignorando l'affermazione di Atsuya.

“Davvero? Bé, credevo fosse più importante la vita di un uomo che quella di un cavallo... Ma cosa sarà mai l'opinione di un semplice soldato in confronto a quella del grande re di Argo, Goenji?” soffiò, fissandolo con odio prima di riprendere il combattimento, allontanandosi.

Goenji lo guardò da dietro, desiderando ardentemente ficcare la sua spada nella schiena di quell'insolente.

 

* * *

 

Quando ero piccolo, non ero il principe Kazemaru.

O forse è meglio dire che non sapevo di esserlo.

Vivevo in una piccola casa nel mezzo della campagna, con due persone che chiamavo “madre” e “padre”, molto più vecchi dei genitori dei miei coetanei.

Erano così vecchi che facevano davvero fatica a lavorare, e appena ho imparato a camminare mi hanno messo a seminare, zappare, raccogliere.

Lavoravo tutto il giorno, tutti i giorni, senza sosta.

Una volta, però, avrò avuto undici anni... Stavo raccogliendo il grano maturo, quando ho visto passare proprio Endou a cavallo vicino al mio campo.

Lui mi ha visto e mi ha sorriso, così, senza nemmeno conoscermi.

Io rimasi un po' sorpreso, ma alla fine sorrisi anch'io. Improvvisamente, però, il suo cavallo si imbizzarrì.

Non abbiamo mai scoperto perché, ma probabilmente aveva visto un serpente: non erano rari, da quelle parti. Fatto sta che il cavallo disarcionò Endou e si lanciò a passo di carica verso i miei campi.

Travolse tutto, e io stavo a guardare, inorridito.

Poi, puntò dritto verso di me.

Non era un cavallo molto grande, era solo un puledro, in fin dei conti, ma io fui sicuro che sarei morto. Ne ero convinto, ero terrorizzato!

Ma Endou si è materializzato tra me e il cavallo, dicendo: “Sta', calmo, bello. Buono. Buono. Fermati, non fargli male, lui non ti ha fatto niente. Calmo. Piano. Così, bravo!”

E alla fine il cavallo si è fermato per davvero!

“Non so come ringraziarti!” gli dissi, sorridendo.

Lui mi rivolse un'espressione buffissima, inclinando la testa da un lato. “E di che cosa? Ho distrutto il campo.” obiettò, confuso.

Effettivamente, non era certo in belle condizioni: il grano maturo era sparso a terra, e in breve sarebbe diventato preda di uccelli e insetti.

“Ma non è stata colpa tua...” dissi, spaesato.

Lui non rispose niente, ma portò il suo cavallo al lato della strada, lo legò e tornò da me.

Poi fece un enorme sorriso e disse con la massima tranquillità: “Siccome il mio cavallo ha fatto un casino, ti aiuterò a mettere tutto a posto!”

Io non potevo crederci, e all'inizio non volevo che stesse lì. Ma alla fine mi ha convinto, ed è rimasto tutto il giorno a raccogliere il grano caduto, a pulirlo e metterlo via.

All'inizio era un vero disastro, non sapeva proprio come fare. Ma era un tipo testardo, e se si metteva in testa di fare qualcosa, la faceva.

Quindi mi ha aiutato tutto il giorno, e abbiamo parlato talmente tanto...

Gli ho raccontato quello che sapevo sull'agricoltura, la cucina e tutte le attività che i miei mi facevano fare, mentre lui mi ha descritto milioni di posti bellissimi sparsi per tutta la Grecia. Aveva già viaggiato tantissimo, per un ragazzino della sua età! Questo mi avrebbe dovuto insospettire sulle sue origini, ma non mi passò nemmeno per un istante in mente l'idea che fosse un re.

Lui non mi ha detto da dove veniva, certo, ma semplicemente pensai che fosse un nobile. Non voleva parlarne, e non ho insistito.

Quando ha cominciato ad imbrunire, però, mi ha detto: “Senti, io devo andare a casa. Torno domani per finire, ok?”

Sarà stato anche egoistico da parte mia, ma ho risposto con un entusiasta.

Ed è tornato davvero. E anche il giorno dopo, e quello dopo ancora.

Alla fine, il lavoro che doveva aiutarmi a fare per rimediare ai casini del suo cavallo era stato fatto, e avevo paura che non tornasse mai più. Quella sera ricordo di essere andato a letto senza cena, pallido e triste, e di aver passato la notte a piangere.

L'idea di non rivedere più quel ragazzino, che aveva detto di chiamarsi Mamoru, mi era intollerabile.

Non sapevo nemmeno il suo cognome, come lo avrei ritrovato?

Ma il giorno dopo, mentre mi apprestavo a raccogliere un'altra parte di grano, l'ho visto arrivare.

Ero così felice che gli sono corso incontro, per di più rischiando di farmi ammazzare dal suo cavallo.

“Certo che voi due non andate tanto d'accordo, eh?” scherzò lui, dopo aver calmato di nuovo l'animale.

“Non credevo che saresti tornato, Mamoru!” gli dissi, al colmo della felicità.

“E perché no?” domandò, sfoderando la mia espressione preferita, quella un po' confusa e tanto buffa che aveva già usato una volta. “Non volevi che tornassi?”

Ovviamente non ci poteva essere niente di più lontano dalla verità, e glielo dissi.

In due, finimmo il lavoro di una giornata prima di mezzogiorno. “E adesso cosa facciamo?” domandò Mamoru, sorridendo.

Il suo sorriso era qualcosa di eccezionale, indescrivibile: riusciva a farlo così aperto, così grande, così caldo... Era impossibile non sorridere di rimando, davanti ad un volto così.

“Non lo so, non sono abituato a...” cominciai, titubante, ma lui mi interruppe. “Allora andiamo nel bosco, conosco una storia su dei briganti che devi assolutamente sentire! Poi ti spiego, ma intanto vieni...”

Mi lasciai trascinare da lui, sorridendo. Era davvero un ragazzo incredibile.

E così abbiamo passato poco meno un anno: lui veniva quasi tutti i giorni, e quando non c'era avvisava prima.

So che può sembrare strano, ma in tutto quel tempo non gli ho mai chiesto da dove venisse, né quale fosse il suo cognome.

Il fatto era che per me lui era Mamoru, Mamoru e basta. Era il ragazzino sempre allegro e solare, ormai abilissimo nell'agricoltura, che conosceva sempre nuove storie.

L'unica cosa che mi lasciava un po' perplesso era il fatto che se ne andava ogni giorno alla stessa ora, ben prima che il sole tramontasse.

Non importava cosa stessimo facendo: arrivava un orario per cui lui doveva andare.

E niente poteva trattenerlo.

Ma in fondo, che mi importava? Lui tornava ogni volta, contava solo quello.

Ma un giorno le cose cambiarono.

I miei genitori mi volevano portare per la prima volta nella città di Atene, per vedere non so più che cosa, forse uno spettacolo, o un'inaugurazione... Non sono rimasto abbastanza a lungo per scoprirlo.

Perché mentre passavamo per le vie della città, annunciata da uno squillo di tromba e dal grido di un paggio, passò la famiglia reale.

Io non li avevo mai visti, e rimasi sorpreso dal vestito della regina, dal cipiglio del re...

Ma soprattutto, non potevo credere ai miei occhi guardando il principe Endou.

Perché il principe Endou, sorridente e seduto in mezzo ai suoi genitori, altri non era che il mio Mamoru.

Il mio migliore amico Mamoru, che era anche il principe di Atene.

Scappai via, con la sua voce che gridava il mio nome nelle orecchie.

 

È tardi, Yuuka. Il resto te lo racconterò un'altra volta, ora devo andare.

* * *

 

Midorikawa entrò sbuffando nella sua tenda.

La battaglia era finita da un pezzo, ma lui si era attardato dal falegname dell'accampamento perché gli preparasse un benedettissimo letto. Anche brutto, si era premurato di dire, purché arrivasse per quella sera stessa.

E così fece il suo trionfale ingresso nella tenda trascinando quel pesantissimo affare squadrato.

Grazie a Dio, Hiroto stava dormendo.

Midorikawa ponderò per un attimo l'idea di non svegliarlo affatto.

Si sarebbe potuto sdraiare (non importava su quale letto) e non avrebbe dovuto affrontare quel ragazzo che tanto lo metteva in soggezione.

Ma il suo buonsenso prese un'altra volta il sopravvento: quanto tempo era che Hiroto non metteva qualcosa sotto i denti? Quanto che non beveva un sorso d'acqua?

Quindi, decise di svegliarlo. “Ehi. Ehi! Sveglia!” disse, incerto se spingerlo o no.

Ma siccome Hiroto continuava a non rispondere, si decise a scuoterlo con energia. “Sveglia! Insomma, muoviti! Non ho tutto il giorno, sveglia!”

Hiroto mugugnò qualcosa di incomprensibile, poi aprì lentamente gli occhi.

Aprì la bocca e la richiuse senza dire niente più volte, poi borbottò: “Che... Che vuoi?”

Aveva la voce impastata. Decisamente, non beve da un bel po', pensò Midorikawa.

Da un lato sentiva di goderne. Dall'altro, invece, si sentiva morire.

“Ti ho portato da mangiare.” lo informò alla fine, secco, indicando il vassoio dorato contenente il cibo avanzatogli dal banchetto più una brocca d'acqua. “E un letto.” aggiunse, come ripensandoci.

Hiroto lo guardò per un tempo interminabile, senza proferire parola.

“Su! Se ti volevo morto non perdevo tempo ad avvelenarlo, sai?” Midorikawa stava cominciando a stancarsi.

“Perché?” chiese invece Hiroto, senza smettere di guardarlo.

“Perché... Cosa?” domandò confuso Midorikawa. Forse un po' spaventato dalla domanda che stava per arrivare.

“Perché mi porti da mangiare, perché mi hai fatto dormire sul tuo letto, perché mi hai messo quella roba sulla schiena. Perché ti dai tanta pena per un nemico.” elencò, sputando l'ultima parola come fosse un insulto.

“Io...” Midorikawa non sapeva cosa dire. Perché lo faceva? Non lo sapeva nemmeno lui, in realtà...

“Io lo faccio perché...” Perché? Come mai? Più ci pensava, più non ci capiva.

Improvvisamente, Hiroto si mise una mano davanti alla bocca. “Non può essere...” sussurrò, sconvolto.

“C-che cosa?”

“Tu! Eri tu, lo so! Io ho sentito parlare di te, in questi anni. Uno dei guerrieri più spietati dell'esercito Acheo, se la memoria non mi inganna. Ma allora dimmi, Ryuuji Midorikawa, che ne è stato di quel bambino che raccoglieva i fiori in quel campo, in Messenia, tanti anni fa?”

Midorikawa boccheggiò. Lui sapeva...

“C-come fai a saperlo?” balbettò, arretrando.

“Ero lì, in viaggio con mio padre, io ero lì... Mi sono allontanato un po' da loro e ti ho visto in quel campo, chino a raccogliere tutti quei fiori... Li coglievi, li annusavi, chiudevi gli occhi e poi li mettevi nel tuo cestino. Come ho fatto a non riconoscerti subito! Poi, anche tu mi hai visto...”

“Mi ricordo! Come mi hai spaventato, sbucando lì da quel cespuglio...” disse Ryuuji, battendosi una mano sulla fronte.

“Avevi un'espressione identica a quella di qualche secondo fa, quella di uno che non sa quali pesci pigliare.” sorrise Hiroto. “Dimmi che ne è stato di quel bambino, perché questo – e indicò il ragazzo davanti a sé – non è più lui.”

Midorikawa lo fissò, indecifrabile. “Non esiste. Non esiste più.” Lo ripeté altre due o tre volte, per convincersene. “Mangia, piuttosto. E dormi.”

Ignorando le proteste dell'altro, si sdraiò sul letto malandato che aveva portato nella tenda e spense la torcia mettendo fine alla conversazione.

Dopo qualche minuto, però, sentì di dover ancora dire una cosa. “Perché io non ti vedo come un nemico, ecco perché.” sussurrò.

E una parte di sé sperò con tutta sé stessa che l'altro lo avesse sentito.

*     *       *

Angolo dell'autrice:
Salve!
Eccomi con il quarto capitolo! Intanto, ringrazio di cuore tutti quelli che hanno recensito la mia storia: mi fate davvero piacere, siete incredibili!
Inoltre, vorrei informarvi di un paio di cosette, visto che son odi fretta.
Ecco, mi sono un po' informata su come si combatteva nell'antichità - cioè, mi sembrava un pelo inverosimile che combattessero tutti i giorni tutto il giorno l'anno...
E quand'è che pranzavano? ç.ç
Quindi ho scoperto che: d'inverno non si combatteva. Se pioveva non si combatteva. Non sempre i Troiani uscivano da Troia, a volte gli Achei stavano sotto le mura cercando di entrare ma senza corpo a corpo. I Re avevano una grande tenda, i generali una piccola e i soldati tende comuni. E non si combatteva tutto il giorno! Al massimo tre o quattro ore, poi pausa e ne entravano di altri, e così via. Ovviamente questo non valeva tanto per i Re quanto per i soldati, ma almeno si spiega la faccenda cibo.
La pausa invernale è una benedizione per me, così come la pioggia.
E vedrò di farmi venire utile anche la tenda singola dei generali...
Se comunque voi sapete altre cose su quest'epoca ditelo, pèerché io sto cercando ogni informazione possibile, ma il mio libro di Storia dice poco o niente ç.ç
Intanto, per la gioia di chi so io, abbiamo affrontato il discorso di nemici-avversari!
È su questo che si basa il messaggio del'anime, in fondo. Non si è nemici, ecco ù.ù
E che Goenji odiasse Atsuya e viceversa era necessario, e, ehm, io odio Goenji, sono di parte *fischietta*
Che ve ne pare della storia di Kazemaru?
L'ho divisa in due perché sono cattiva... Ma la prossima parte arriverà presto!
Che dire, spero di piaccia!
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 5
*** V ***


 

Kidou era finalmente arrivato.

Aveva fatto la stessa strada del giorno precedente, ed era pronto per ricevere notizie di Endou.

Ancora non poteva crederci, non poteva credere che sarebbe successo per davvero, eppure era lì...

Entrò nel tempio di Atena esattamente come il giorno prima, il cuore in subbuglio al pensiero che presto avrebbe rivisto Fudou... Fudou con la lettera di Endou, ovvio. Era per quello che gli sudavano le mani e che gli girava leggermente la testa.

Avanzò cauto nel tempio. Non poteva comunque escludere la possibilità di un imboscata, doveva andarci piano.

“Ce ne hai messo di tempo, eh, Kidou?” lo schernì una voce dall'oscurità.

“Spiegami, tu passi tutte le giornate chiuso in questo tempio?” domandò Kidou, ironico, abbozzando un sorriso.

“Mia moglie è la regina di questa città, è piuttosto ovvio che io passi gran parte del mio tempo qui. L'idea di nasconderla è stata mia. E per quanto riguarda il Tempio, Atena mi protegge. È la divinità della guerra, ma anche dell'astuzia. Un combattente non vale niente se non sa usare la testa, e Atena sta qui apposta a ricordarcelo.” spiegò Fudou, avvicinandosi al suo interlocutore e alzando le spalle.

L'Acheo rimase un po' interdetto davanti a quella spiegazione: era esattamente ciò che pensava anche lui riguardo alla dea. Decise tuttavia che dirglielo sarebbe stato davvero strano, quindi lasciò cadere il discorso. “Hai portato...”

Ma prima che potesse finire, Fudou gli lanciò in mano un rotolo di pergamena. “Come promesso. L'ha scritto tutto lui di suo pugno stamattina. Torna domani con una risposta, intesi? E ora vai, che devo andare a Troia prima che cali il sole.” Detto questo, Fudou si voltò e se ne andò, la testa incassata nelle spalle, in quella che a Kidou sembrava tanto una sua posizione caratteristica.

Un momento: e da quando si metteva a studiare le posizioni caratteristiche di uno come Fudou?Mai, non era mai successo. Scacciò quel pnsiero dalla sua mente come se no nfosse mai esistito.

Alzò le spalle, uscì dal tempio e, incapace di resistere, aprì la lettera di Endou.

 

Cari tutti,

Ok, non so davvero come cominciare. Il fatto è che scrivere i vostri nomi uno dopo l'altro sarebbe strano, perché non saprei da chi cominciare! Mi mancate tutti terribilmente, è una cosa sfiancante. Ma non ha senso parlare di questo, visto che Fudou è di fretta. A proposito, dovete dirmi come avete fatto a convincerlo. Ma comunque: mi mancate tutti così tanto! L'ho già detto? Partiamo da Ichirouta: devi sapere, voglio che tu ti ripeta la notte, al mattino, al pomeriggio e in ogni momento, che io non sono scappato. Rococo mi ha rapito. Non volevo andarmene, non me ne sarei mai andato! Mi manchi da morire, e non ho smesso un secondo di pensare a te. Ti amo. Ecco, l'ho detto, e vedi di ricordartelo. Piuttosto, tu... Anche tu, anche tu pensi a me come faccio io? Oppure non lo so, ti sei dimenticato? Ti prego, dimmi di no! Anche perché sarebbe orribile se tu ti fossi dimenticato per esempio di tutte le nostre sere a guardare le stelle. Qui dove sono non me le fanno vedere, è orribile. Mi manchi tantissimo. E ti amo, e se non posso vedere le stelle vorrei almeno vedere te. Ma passando a discorsi meno sdolcinati, perché so che se gli altri leggono poi quando torno mi prendono in giro a vita, direi di salutare gli altri. Kidou, come stai? È vero che adesso a Itaca regna tuo padre? Perché ci sono voci che dicono che Haruna è tornata apposta per governare Itaca, ma allora mi chiedo, e chi è rimasto a Sparta? Ma non parliamo di questo. Dimmi, porti ancora quegli occhiali? E ti sono utili? Hai mica trovato qualcuno che ti piace, in questi anni? Perché si dice che per te sia stata un'imprudenza lasciare il regno senza una moglie, ma per me hai fatto bene. Se non ti andava, non ti andava. Lo so che sto facendo solo domande, però il fatto è che continuo a chiedermi queste cose da un sacco di anni. È frustrante, non so se hai idea. Qui con Rococo è orribile, ti ricordi di quella tizia a Creta che non faceva che starti addosso? Quella che diceva di essere cotta di te... Era frustrante, no? Anche con Rococo è la stessa cosa. Non lo sopporto. Figurati, ti ricordi Fuyuka? Non sono l'unico a conoscerla, no? Perché lei dice di non ricordarsi di me, né della sua infanzia... È strano... Ah, e dicevo, Rococo me l'ha portata come schiava! È orribile, sbrigatevi a vincere. Goenji, tu come stai? E la tua sorellina? È così tanto che non vi vedo, lei è guarita alla fine da quella malattia che aveva? Io spero tantissimo di sì! Mi manchi tantissimo anche tu, anche se so che ora storcerai la bocca come a dire “ma che sentimentale!”. Non ti vedo da quasi dieci anni, ho diritto di fare il sentimentale, ecco! Hai ancora i capelli a porcospino? Oh, scusate un attimo. Volevo dirvi che non ho paura che Fudou legga quello che vi ho scritto, perché so che non lo farebbe mai. Giusto perché lo sappiate. Ah, scusatemi, ma mi sa che se fa così vuol dire che non ha più tempo! Fubuki, Midorikawa, tutti quanti: mi mancate da matti, da matti! Non vedo l'ora di rivedervi! Ma vi dico un'ultima cosa: uccidere, secondo me, è sbagliato. Voglio dire, ho sentito che Suzuno è morto. Suo fratello Nagumo ci sta malissimo, malissimo! E vuole vendetta, dice. Ma ci pensate? È terribile! Immaginate se Atsuya morisse, come starebbe Shirou. È così che sta Nagumo. Non c'è un altro modo? Non sopporto tutta questa cattiveria, questa morte. Non dovremmo avere questa distruzione, questo orrore! Io mi ricordo di quando questi principi venivano in visita in Grecia. Eravamo amici. Vi prego, pensateci. Non voglio vedere altre morti, è troppo orribile. Ok, ora devo davvero andare! Ciao a tutti, un abbraccio fortissimo, mi mancate! Sì, sì, vado.
Un bacio, per sempre vostro
Mamoru Endou

ps: rispondete prestissimo, mi raccomando!

 

Kidou richiuse la pergamena con un sorriso: Endou era rimasto esattamente lo stesso.

E anche se una lacrima gli scendeva prepotente lungo il viso, lui si sentiva felice come non mai.

Quando lo avrebbe saputo Kazemaru!

 

* * *

 

Fuyuka era stremata.

Endou aveva cercato di ripararla dai lavori più pesanti, ma la capocuoca l'aveva voluta con lei tutta la sera, ed Endou non aveva potuto fare proprio niente per evitarle questo.

Aveva le mani che le bruciavano, la testa che girava e vari lividi dove la cuoca l'aveva picchiata quando sbagliava qualcosa.

Prima non era così, prima aveva un padrone talmente buono... Lui la trattava come una figlia.

Fuyuka trattenne le lacrime: doveva farsi forza.

Gli ordini erano di passare la serata con Endou, quindi si fece forza e si impose di salire le quattro rampe di scale che la separavano dalla stanza del principe Acheo.

Per l'ennesima volta, si chiese chi fosse davvero quel principe. Come faceva a conoscerla?

Sapeva il suo nome, l'aveva pronunciato non appena l'aveva vista, salvandola da un destino ben peggiore. Ma... Perché? Lei non lo ricordava affatto, non aveva memoria di quel principe dal sorriso enorme e dagli occhi scuri.

Effettivamente, del suo passato ricordava ben poco.

Lei... Lei era sempre stata una schiava, no? Una volta si era fatta un male terribile cadendo dalle scale, aveva dieci anni, quello se lo ricordava. Ai tempi della caduta era già schiava, perché Kudou l'aveva curata. Era il suo primo ricordo in assoluto, a pensarci bene.

Ancora riportava la cicatrice di quella volta, di quella caduta. Se spostava un po' i capelli la si vedeva, sopra il sopracciglio destro.

Ma cos'era lei, prima di questo? Chi era per davvero?

Mentre stava pensando, però, sentì dei rumori provenienti dal cortile. Fuori era già buio, eppure era come se qualcuno si stesse allenando con la spada, realizzò la ragazza con stupore.

Nonostante non si sentisse affatto sicura, decise di andare a vedere: sarebbe stato un bel guaio se qualcuno si fosse fatto male! Al massimo avrebbe potuto chiamare aiuto.

Uscì piano dalla porta, reggendo una lampada ad olio, e chiamò, esitante: “C-c'è nessuno?”

I rumori cessarono di colpo, e una voce dura rispose: “Chi sei? Cosa vuoi?”

“I-io sono Fuyuka, cioè, sono la serva di Endou.” si corresse subito quella. “Mi chiedevo chi fosse a fare quel rumore a quest'ora. Sarebbe... Sarebbe meglio andare a dormire, per essere al meglio domattina.” sussurrò, spaventata.

Il suo interlocutore le si avvicinò a passo pesante.

Quando fu abbastanza vicino, la ragazza sgranò gli occhi. Non aveva mai visto nessuno di così... Divino, divino era l'unico aggettivo che le veniva in mente. Il guerriero che aveva davanti aveva lunghi capelli biondi ed uno sguardo fiero, potente.

Indossava solo una tunica, ma per quanto si sforzasse Fuyuka non riusciva ad immaginarselo con nient'altro addosso.

Aveva in mano una spada, e sembrava si fosse allenato fino a quel momento. Ma... lì al buio?

“P-posso chiedervi cosa stavate facendo... mio signore?” balbettò la ragazza, tremante.

Il guerriero la squadrò, confuso. “Mi allenavo.”

“Al buio?”

“Non vedo perché no, nessuna legge me lo vieta.” sospirò lui, stanco.

“Sarà, ma fareste meglio a rientrare. Non è bene stare fuori a quest'ora.” riprese lei, convinta.

L'altro sorrise, scettico. “Bene, Fuyuka, serva di Endou. Allora accompagnami alla mia stanza.” ordinò, entrando a passo di carica nel palazzo.

La giovane lo seguì, confusa. “Posso... Posso sapere il vostro nome?” chiese dopo qualche secondo di silenzio.

“Non sai chi sono io? Devi essere nuova, ragazzina. Io sono Afuro Terumi. Principe di Troia. Da quanto sei qui?”

“Da ieri.” rispose a bassa voce la ragazza. Afuro Terumi... Quel nome le ricordava qualcosa. Ma... cosa?

“E da dove vieni?” chiese ancora il principe.

“Dalla Grecia.” rispose di nuovo lei, senza sapere cos'altro aggiungere. Stettero zitti per un po'.

“Dalla Grecia, eh?” ripeté Afuro dopo un po'. Fuyuka annuì. “Dimmi, Fuyuka... Non è che per caso conosci un certo Kudou?”

La ragazza trattenne il fiato.

La Grecia era grande, era enorme. Com'era possibile che Afuro conoscesse proprio Kudou? Una semplice coincidenza? Oppure quel guerriero troiano sapeva qualcosa sul suo passato che persino lei ignorava?

“Io... Sì, lo conosco! Ma voi come sapete...” cominciò lei, ma Afuro le mise un dito sulla bocca.

“Zitta, piccola serva. Io so tante cose, ma non è che sono tenuto a dirle a te. Dovrai pur stare al tuo posto.”

La ragazza, arrossita per il contatto, a quell'appellativo sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Forse Afuro se ne accorse, perché si allontanò un po' e riprese a camminare.

Dopo qualche minuto si arrestò. “Questa è la mia stanza.”

Fuyuka realizzò che non era poi tanto lontana da quella di Endou. Bene, aveva davvero bisogno di stendersi.

“Senti... Fammi un favore. Devi chiedere ad Endou di lasciarti venire da me, domani sera. Non ci vorrà molto, ma devi farti trovare qui subito dopo cena. Se è necessario, parlerò con la cuoca. Verrai?”

Improvvisamente, Fuyuka trovò il bel viso del principe ad una distanza impercettibile dal suo.

“I-io... Certamente, sì...” balbettò, rossa in viso.

“Allora a domani, piccola serva.”

L'appellativo ferì nuovamente Fuyuka come una lama. Era solo questo? Davvero lei era... solo una serva? Niente di più, per lui?

Gli occhi le si inumidirono di nuovo. Lo faceva apposta. Lo faceva apposta a ferirla, ne era certa.

“Oh, chiedo perdono. Fuyuka. Non pensavo ti saresti offesa. Buonanotte, mia signora.” si corresse però il principe, dopodiché le prese con dolcezza la mano e vi posò un bacio leggero, delicato.

Le sorrise enigmatico e chiuse la porta.

 

* * *

 

“... E poi il cugino Ichirouta mi ha raccontato una bellissima storia, anche se non è finita perché è dovuto andare a controllare non so più cosa. E ad un certo punto è venuto un tuo schiavo che mi ha portato da mangiare, e un altro mi ha portato un cucciolo! Non credevo che ne aveste, in guerra! Ha detto che il suo cane si è accoppiato con una cagna che girava fuori da Troia e ha fatto dei cuccioli, e me ne ha regalato uno! Non è adorabile? L'ho chiamato Talos, perché è zoppo da questa gamba, vedi? E una volta mi hai raccontato di quell'essere zoppo della leggenda che si chiamava Talos e allora io...”

“Ehi, calma! Mi fai scoppiare la testa, così!” la fermò Goenji, ridendo.

Non appena era arrivato all'accampamento, la sorellina lo aveva subito sommerso di parole.

Racconti, idee, progetti...

Quanto gli era mancata. Era cresciuta, era diventata quasi una donna, ormai.

La ricordava ancora bambina, in lacrime prima della sua partenza, ed ora...

Sebbene Goenji detestasse sembrare tenero e romantico, doveva ammettere che Yuuka gli era mancata da morire.

La strinse in un abbraccio. “Non stai mai zitta, giusto?” le sussurrò all'orecchio.

“Mai! E dovresti ricordarlo bene!” rise lei, rispondendo alla stretta.

“Come quella volta in cui hai continuato a parlare anche mentre papà mi stava sgridando dopo che eravamo scappati nel bosco, perché dovevi assolutamente finire di raccontarmi come avevi salvato quell'uccellino... Quanto si è arrabbiato!” ricordò con un sorriso.

“Te lo ricordi ancora!” esclamò Yuuka, con gli occhi che brillavano. “Non sai quanto mi sei mancato, fratellone! Nove anni! È più di metà della mia vita, avevo paura che ti fossi dimenticato!” singhiozzò, stringendolo forte.

“Dimenticato, io? Yuuka, non dire scemenze. Non potrei mai, ficcatelo bene in testa. Piuttosto... Mi fa un piacere immenso averti qui, però questo è un accampamento. E questa è una guerra. Potrei morire ogni giorno, tu non dovresti essere qua, lo capisci?”

La ragazzina si staccò, fissandolo impaurita. “Fratellone... Ti prego, non dirlo...”

“Yuuka, mi sei mancata da morire e vederti è la cosa più bella che mi sia successa da nove anni a questa parte. Però non puoi stare qui.” disse Goenji con fermezza, sollevandole il mento perché lo guardasse dritto in faccia.

“Ma io non voglio sposare quello!” si lamentò la ragazzina, rossa in viso.

“Se è una decisione di nostro padre, è giusta.” affermò l'altro con decisione.

“Non puoi costringermi!” gridò Yuuka, piangendo. “Non me ne vado, punto!” strillò, alzandosi e correndo fuori dalla tenda.

Goenji ci mise un attimo a realizzare che Yuuka era uscita da sola in un accampamento pieno di soldati reduci dalla battaglia e – con ogni probabilità – ubriachi fradici.

E appena ebbe ben chiaro il punto ci mise un secondo ad alzarsi e correre fuori, all'inseguimento della sorellina ribelle.

Quando però fu fuori non la vide da nessuna parte.

Il panico si fece strada dentro di lui come un tarlo. In preda all'agitazione, cominciò a correre per tutto il campo, cercando la sorellina ma senza trovarla da nessuna parte.

 

* * *

 

Atsuya aveva combattuto a lungo, quel giorno.

Ma, diversamente dai suoi compagni, non si era fermato a festeggiare col vino, e di conseguenza era ancora perfettamente sobrio.

Gli sarebbe servito, dal momento che andava a trovare suo fratello in infermeria.

Rimase con lui a lungo, a ridere e scherzare come facevano sempre: era rilassante, era bello sapere di poter sempre contare su una persona che ha il tuo stesso sangue, che ti capisce, che ti vuole bene così come sei.

Ma Shirou aveva ancora bisogno di riposarsi, il giorno seguente non sarebbe andato in battaglia: Atsuya quindi lo aveva lasciato per andarsene a dormire.

Stava appunto dirigendosi verso la sua tenda, quando un movimento nel buio dietro di sé lo fece sobbalzare.

Aguzzò lo sguardo, e notò un'esile figura correre spedita verso le navi.

Che fosse una spia nemica, venuta a danneggiare le loro imbarcazioni? Facendo silenzio, Atsuya decise di seguirla.

Spiandola, si accorse che non era un soldato Troiano, proprio no. Era più minuta, piccola, e decisamente femmina.

Ed era abbastanza sicuro che nemmeno i Troiani avrebbero mai mandato una ragazzina in età da marito da sola nell'accampamento nemico.

Effettivamente, però, Atsuya notò che non era sola: c'era con lei anche un... Un cucciolo? E da quando ce n'erano, in quell'accampamento?

“Vieni, Talos. Saremo solo noi, non abbiamo bisogno di lui. Staremo nascosti qui, andrà tutto bene.” disse la ragazzina ad alta voce, come a farsi forza.

Il cane le corse intorno, zoppicando un po' ma scodinzolando allegramente. La ragazzina rise, e Atsuya sentì qualcosa di strano nello stomaco.

Ma decise di ignorare quella sensazione, ignorarla del tutto.

“Bravo, Talos! Sei davvero dolc... Ehi! No, ehi!” Atsuya si sporse dal suo nascondiglio, e vide che l'animale era caduto giù dal pontile a cui attraccavano le navi.

Lì l'acqua era profonda, altrimenti sarebbe stato impossibile far arrivare le navi così vicino all'accampamento. Atsuya si sentì male per quel cucciolo: a quell'età era difficile che sapesse nuotare...

“Talos, no! Vieni... Ti prego, più vicino...”

La ragazzina si sporse verso l'acqua, tendendo disperatamente la mano. Atsuya sentì di nuovo quella sensazione allo stomaco, ma stavolta era diversa... Era paura, quella?

Ma improvvisamente, senza un istante di preavviso, anche la ragazza cadde giù.

Fu un istante, un microscopico istante. E Atsuya aveva visto tutto, ma si sentiva le gambe incollate al pavimento. Adesso torna su, adesso torna su...

E allora perché non saliva, perché non la vedeva riemergere?

Mandando al diavolo il buonsenso, corse verso il pontile togliendosi i calzari mentre camminava.

Arrivato al bordo, vide delle flebili bollicine salire sul pelo dell'acqua scura e fredda, dello stesso colore del cielo plumbeo.

Senza pensarci due volte, trattenne il fiato e si tuffò.

Il freddo lo colpì come un milione di aghi affilati, ma riuscì a mantenere la calma. La ragazzina. Doveva trovarla.

Nel buio era impossibile vedere qualcosa, ma lo sentiva lo spostamento dell'acqua, era vicina!

Andò a tentoni, finché non la sentì, morbida e fragile sotto le sue braccia.

Facendosi forza, raccolse tutte le sue energie nello spingerla su. E alla fine raggiunsero la superficie.

Inspirò a pieni polmoni l'aria ghiacciata della notte. Con il piede sentì qualcosa di peloso muoversi sott'acqua, e sorrise traendo in salvo anche il cane che aveva causato tanti problemi.

Raggiunse a tentoni la pietra e si issò sopra il pontile, rabbrividendo.

La ragazzina tossì più volte, accasciandosi al suolo: non sembrava stesse male, era una buona cosa.

Atsuya si stiracchiò, sofferente: perché si era tuffato vestito, diamine?

, pensò osservando la piccola figura tremante davanti a lui. Quale che sia il motivo, ho fatto decisamente bene a farlo.


*      *         *

Angolo dell'autrice:


Salve a tutti!
Scusate il ritardo, è stato un week end faticoso e sono ancora all'inizio dei compiti e e questo non importa a nessuno. Già.
Che ve ne pare del capitolo?
Intanto, so che Kidou e Fudou non si sono parlati al massimo come vi aspettavate, ma ho pensato che sarebbe stato meglio farli andare piano. Insomma, loro non sono i tipi da buttarsi subito in una relazione in qualcosa di nuovo, sono prudenti.
Anche se intanto sono vagamente attratti l'uno dall'altro comunque, non serve a niente negarlo.
Quello di cui avevo bisogno era la lettera, per la verità.
Che ve ne è  sembrato? Avrei dovuto fargli scrivere un po' di più (quando no nti vedi da nove anni, le cose da dire sono tantucce) ma credo che il fattore tempo abbia avuto la sua parte, già.
E anche se Kidou non ha fatto nessun accenno all'affermazione di Endou sul fatto che si fida di Fudou eccetera, non vuol dire che non la farà mai ^^
E... credo di aver inventato una nuova coppia ù.ù
Chi aveva mai sentito parlare dell'Afuyuka? O Fuyuro? (suona meglio Afuyuka).
Non lo so, mi sono sembrati pucci insieme. Lo so benissimo che nell'anime non ci sono accenni, ma e allora le Atsuyuuka?
Ehi, suonano molto uguali! O.O
Oh, ignoratemi. Volevo un modo per svelare la storia segreta di Fuyuka, e volevo accoppiarla in un'allegra cosa HET, tanto per cambiare *fischietta*
Certo, di Het c'è già... Rullo di tamburi... Ma l'Atsuyuuka! Amo questi due. Sono teneri. La differenza d'età che, ma non vale molto: ai tempi ci si sposava con differenze anche di vent'anni! O.O
Ok, questo può essere shockante. Ma tornando al discorso principale, bé, questi due mi piacciono tantotanto! E, ehm, ricordate la tenda singola per i generali? Risulta vagamente utile ^^
Per finire, vi lascio con una terribile notizia: la Endokaze delle origini (insomma, la storia... Oh, avete capito) non ha avuto luogo, e questo potrebbe spaventarvi, già.
E il peggio è che... Può darsi che non ci stia nemmeno nel prossimo capitolo!
Mi rimetto a voi: preferite nel prossimo capitolo leggere un interessante KidoFudo (una svolta, finalmente!) o un misterioso continuo della Endokaze?
Alla fine deciderò, tanto le ho pronte tutte e due, a me non cambia niente! ^^
A presto, e grazie a tutti per aver letto e per cih deciderà di lasciare un commento!
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 6
*** VI ***


VI

Atsuya trovava quella situazione decisamente strana, per non dire assurda.

Non poteva stare fermo e zitto davanti a quella ragazzina che lo guardava come se si aspettasse... qualcosa, da lui.

“Buonasera.” disse, piano.

Lei lo guardò per la prima volta negli occhi. “C-chi sei?”

“La domanda giusta sarebbe: chi sei tu? E che stavi facendo su quel pontile?” replicò Atsuya, inarcando un sopracciglio.

“Rispondi prima tu.” si intestardì quella. La sua espressione era talmente buffa che Atsuya non poté fare a meno di sorridere. “E va bene, se ci tieni tanto... Fubuki Atsuya, Acheo. E tu invece saresti?”

“Io sono Yuuka... Yuuka e basta. Grazie di tutto, però adesso devi andare via. C'è uno che mi sta cercando, e io mi nasconderò qui.” disse, abbassando lo sguardo.

“Ma scusa, si può sapere perché ti vuoi nascondere nelle navi se non sai nuotare?” chiese Atsuya, confuso.

“Quello che mi sta cercando sa che non so nuotare, nemmeno lui è capace. Là da dove vengo, non abbiamo laghi o cose simili. Non verrà a cercarmi qua. Quindi ti ringrazio davvero tantissimo, però devi andare via.” affermò la ragazza, seria.

“E tu credi di poter restare nascosta in una nave per sempre?” replicò il ragazzo, scettico. “Come farai quando dovrai mangiare? E soprattutto, come farai quando la nave se ne andrà?”

La ragazza non rispose, ma le sue spalle presero a tremare impercettibilmente. Che stesse... piangendo?

“Non ho nessun posto dove stare! Non mi vuole nessuno, è così che stanno le cose! Ma io non mi farò portare a casa, preferisco morire! È chiaro?” concluse, quasi urlando.

“Ma... Ehi, calma, cioè... Non ho mica detto che...” balbettò il ragazzo, in difficoltà.

“Lui non mi deve trovare, capisci? Mi riporterebbe a casa. E io non voglio.” singhiozzò lei, triste.

“Non ho detto che ti voglio riportare a casa, cosa credi? Non sarò certo io a spedirti via, o a portarti da... Non so nemmeno da chi stai scappando. Se non hai fatto niente di male, non vedo perché tu non possa stare qua.” disse l'Acheo con semplicità.

E dove stava il problema? In fondo, una parte di lui non voleva che la ragazzina andasse.

O forse non solo una parte.

“Davvero?” chiese subito la ragazzina, alzando lo sguardo.

“Davvero, certo. Ti pare?”

“Posso stare da te? Ti prego, ti prego, puoi nascondermi?” implorò subito la ragazzina, praticamente saltandogli addosso.

“Sì, perché no? Insomma, se ti va bene stare praticamente tutto il giorno chiusa in una tenda minuscola come...” ma già lei non lo ascoltava più.

“Perfetto! Grazie, grazie, grazie! Allora vado dal marinaio che mi ha ospitata a dirgli di dire alla persona che mi sta cercando di avermi vista partire con una nave, così si metterà il cuore in pace.” disse, pratica.

“Uhm... Carina e pure intelligente. Sarà un vero onore ospitare una bella ragazza come te.” ghignò Atsuya, abbozzando un inchino.

Yuuka arrossì vistosamente. “Ma cosa... cioè... no, io...” balbettò, poi corse via.

Atsuya sospirò, incantato: anche buffa. Era davvero il suo tipo, ne era sicuro.

Non sapeva se era solo una sfida con sé stesso (quanto tempo era passato da che non vedeva una bella ragazza?) o qualcosa di più.

Per il momento, avrebbe semplicemente trattato quella ragazza con ogni attenzione allo scopo di farla cadere ai propri piedi.

In fondo, la sua fama di Dongiovanni non poteva certo essersi estinta con la sua partenza per Troia!

 

* * *

 

Hai capito, Ryuuji? Devi smetterla, smetterla con tutto questo! Sei un uomo, sei un principe. Devi fare onore al tuo Paese, mentre ora sei solo una vergogna.”

Un ragazzo dai capelli verdi era inginocchiato a terra in uno scuro salone, e tremava.

Una vergogna, esatto. Devi smetterla con le passeggiate, con i fiori, con la poesia e con la musica. È ora che tu impari a brandire una spada, a farti onore in battaglia. Devi rendermi fiero di te, hai capito? Voglio essere orgoglioso di Ryuuji Midorikawa, del prode principe guerriero!”

L'uomo che sedeva sul trono aveva un'espressione arcigna sul volto severo, e fissava con disgusto il ragazzo davanti a lui.

S-sì, padre. Sarete fiero di me, ve lo giuro.” balbettò quello, palesemente terrorizzato.

L'addestramento comincerà domani all'alba. Ma prima dobbiamo cancellare completamente questo tuo vergognoso passato. Portate qui il mucchio!” gridò, rivolto ad un gruppo di schiavi.

Subito nella stanza venne trascinato un grande mucchio di pergamene. Il ragazzo sbiancò, come se le riconoscesse.

Poesie, canzoni, versi... Puah! Roba da effeminati. Tu sei un guerriero, Ryuuji! Distruggetele!” ordinò il re, sprezzante.

No! No, vi prego, no! Ci ho messo tutta la vita a scriverle...” implorò il ragazzo, terrorizzato.

Una vita fatta di menzogne, mio caro. La tua vita inizia ora, e vedi di fartela piacere. È quello che avrebbe voluto tua madre.” affermò il re, senza ascoltarlo. “Che aspettate? Bruciatele!” gridò poi rivolto agli schiavi.

Alte fiamme si levarono sul mucchio di carta, le pergamene si sbriciolavano come fossero fatte di sabbia, di aria, impalpabili e invisibili.

No... Vi prego...” piangeva il ragazzo, immobile.

Asciugati quelle lacrime! Adesso ascoltami: tu sarai un guerriero, come tutti i Re che si sono succeduti in questa famiglia. Tua madre avrebbe voluto esattamente questo, è stata lei a dirmelo. Domani andrai ad allenarti con il migliore addestratore del regno. Non piangerai più, non mostrerai mai pietà per un nemico o un rivale. Odia il mondo, perché il mondo ha odiato te, portandoti via la famiglia. Non piangerai mai più, mi hai sentito?”

Il ragazzo annuì, asciugandosi le lacrime col dorso della mano.

Farai come ho appena detto?”

Ci fu una pausa di silenzio, poi il giovane parlò, chiudendo gli occhi.
“Sì, padre. Sarete fiero di me. Non piangerò più. Sarò spietato, un guerriero forte e coraggioso, come... Come avrebbe voluto mia madre.” disse, e la sua voce era diversa: più fredda, più controllata. “Odierò il mondo, perché è stato il mondo ad odiarmi per primo.”

Così si parla! E ora torna nelle tue stanze.” lo congedò il re, un sorriso scaltro sulle labbra.

Con permesso.” salutò rispettosamente il ragazzo, inchinandosi per uscire.

“No... ti prego, no...”

“Eh?”

Le fiamme che ancora si levavano minacciose nel centro della stanza sembrarono suggellare un accordo fatto di sangue e di dolore, di solitudine e di angoscia...

“Basta, smettila, basta...”

“Ma che succede? Sei sveglio?”

Ma il ragazzo non poteva farci niente, il suo destino era quello. Così era stato deciso quando sua madre era venuta a mancare subito dopo essersi risposata con quell'uomo...

“Ti prego, ti prego, basta! No, no...”

“E svegliati!”

Midorikawa sentì qualcosa di duro colpirgli con forza la testa, e si svegliò di soprassalto.

Il sole doveva essere sorto da un pezzo, ma una forte pioggia batteva con insistenza sul soffitto e sui lati della tenda.

“Eh? Ma cosa...” borbottò, strofinandosi la testa dove l'oggetto l'aveva colpito.

“Oh, ce ne hai messo di tempo!” rispose una voce divertita dietro di lui.

Si voltò: Hiroto era seduto sul suo letto (ma prima o poi sarebbe riuscito a riappropriarsene?), e lo fissava curioso. “Stavi gridando.” lo informò.

“Oh.”

Midorikawa non sapeva proprio cosa dire: aveva fatto di nuovo quel sogno...

Non gli piaceva ricordare quel momento: era felice di quello che era diventato, era stato necessario! Doveva fare quello che sua madre avrebbe voluto, era giusto così.

Eppure...

Eppure ogni volta che sognava quel momento un gran dolore gli scoppiava in petto, e sentiva un terribile senso di sbagliato attanagliargli lo stomaco.

“Un incubo?” chiese Hiroto, visto che l'altro non accennava a parlare.

“... Sì, direi di sì.” rispose l'altro dopo un attimo di esitazione. “Ho ricordato il momento in cui... in cui quel bambino di cui parlavamo ieri ha smesso di esistere.” raccontò con fatica.

L'altro stette zitto per un po', poi parlò. “Senti... dicono che raccontare il sogno funzioni.” commentò Hiroto senza guardarlo.

Midorikawa inclinò la testa. “Te l'ho appena detto.”

“Intendo, dettagli. Come è successo?” spiegò Hiroto, alzando gli occhi al cielo.

“Mio padre è morto quando ero solo un ragazzo, e subito dopo essersi risposata anche mia madre è morta. Allora il mio patrigno mi ha totalmente rivoltato la vita, ha bruciato... Cioè, insomma, mi ha mandato ad allenarmi lontano da casa, mi ha insegnato ad odiare il mondo perché...”

“Perché è stato il mondo ad odiarti per primo. L'hai detto prima, mentre sognavi.” completò Hiroto, riflettendo. “Ma sei sicuro?” chiese poi, improvvisamente.

Midorikawa ci pensò su. “Non lo so. È tutto strano, adesso. È solo che non provo cose del genere da... da quel giorno, in effetti... Ed è strano, è come se tutto quello che sono stato fino ad ora stesse svanendo...”

“E non è un bene?” interrogò il rosso, cercando di sistemarsi meglio sui cuscini.

“Non lo so, forse... Sicuramente, così è molto più complicato.” ammise l'altro, in difficoltà. Poi sembrò riprendersi. “Ma cos'è, un interrogatorio? Perché dovrei rispondere?” chiese, aggressivo.

“Ed eccolo di nuovo... Facciamo così: chiamiamo quello dei fiori Midorikawa uno e quello spietato Midorikawa due. Io credo che il migliore sia Midorikawa uno, ed è lui che tireremo fuori. Devi smettere di chiudere tutto quello che provi in un cassetto e gettarlo via, semplicemente ignorarlo. Devi affrontare i fatti, ecco.” spiegò Hiroto, pratico.

“E a te che cosa importa?” fu la domanda di Midorikawa. “Che ti importa di tutto questo? Non fai che farmi domande.”

E per la prima volta anche Hiroto parve in difficoltà. “Ecco, Midorikawa due mi vuole morto, mentre all'uno sto simpatico. È per la mia incolumità.” spiegò, dopo un po'.

All'uno sto simpatico. Era vero?

“Bé, comunque sia, allora... Diciamo che Midorikawa uno ti ringrazia per averlo svegliato.” sussurrò il ragazzo, le guance lievemente tinte di rosso.

“Dovere.” rispose l'altro, il viso allargato in un sorriso.

“Ma Midorikawa due ti dice che se provi a lanciargli di nuovo qualcosa di così duro in testa ti spezza in due!” proseguì imperterrito l'altro, prima di scoppiare a ridere.

Hiroto lo imitò, sereno.

Sì, probabilmente a Midorikawa uno quel ragazzo stava davvero simpatico.

Perché la cosa, invece che spaventarlo, lo riempiva di gioia?

 

* * *

 

Kidou cavalcava veloce, incurante della pioggia.

Cos'erano quelle due gocce, paragonate al tesoro che stava trasportando?

Oh, quando Kazemaru aveva letto la lettera di Endou...

Kidou non si era mai sentito più fiero di una sua azione come allora, decisamente. Avevano pianto tutti, tutti. Persino il prode Goenji aveva spremuto qualche lacrima di gioia.

Ed ora la risposta alla lettera di Endou era al sicuro, nascosta sotto il suo mantello. Kidou la ripercorse con la mente:

 

Caro Endou,

Non possiamo davvero credere di aver ricevuto tue notizie! Chi ti scrive adesso è Kidou, visto che sono stato io a convincere Fudou. Non posso dirti come, così come non l'ho detto agli altri, ma non è stato complicato. Ci avessi pensato un po' di tempo prima! Piuttosto, come te la passi? Cosa ti fa Rococo? Pagherà, pagherà per tutto, vedrai. Per rispondere alle cose che mi hai chiesto, visto che qua tutti smaniano per scrivere, ti dirò che Haruna è rimasta a Sparta, chi è che ti ha detto che era tornata a Itaca? Lo sai che non le piaceva quell'isola così piccola. Eppure, a me ora manca da morire. Sì, ora governa mio padre. Sembra che abbia avuto un figlio con un'altra donna, quindi non ho problemi di successione, ecco. Per quanto riguarda gli occhialini, li uso, e funzionano bene! Specialmente quando piove, direi. Sono utilissimi, checché ne dicano gli altri. Se ho trovato qualcuno che mi piace? Sai che non lo so? Di sicuro, qui le ragazze non abbondano... Ma parlando d'altro: Fuyuka! Me la ricordo eccome, come sarebbe a dire che non ricorda niente? Eppure io sono sicuro di averla conosciuta. Non è che ha preso una botta in testa? Può causare amnesia, certe volte. Mi manchi davvero tanto, Endou, mi manca sentirti parlare a manetta sempre sulle stesse cose che ascoltavo lo stesso, mi mancano le tue battute e il tuo modo semplice di affrontare le cose. Tieni duro! Vinceremo presto! Ora passo la parola a Kazemaru, prima che mi mangi le dita. Allora ciao!

Ehi, Endou. Sono io, Kazemaru. Conoscendoti, penso che ora dirai che l'avevi capito dalla scrittura. Ce l'avevi con la mia scrittura, la trovavi troppo infantile. Ma sei stato tu ad insegnarmi, ricordi? Ti prego, dimmi che ricordi. Io non ho dimenticato niente, niente. Non un singolo istante. Non il cielo stellato, non le nostre gite estive, non il tuo sorriso, Endou. Ti amo anch'io, e non mi importa se gli altri fanno smorfie e mi prendono in giro. Mi manchi da morire, da morire! Io temevo che... Cioè, era chiaro che non ti credevo capace di fuggire così, però avevo paura che ti fossi dimenticato. Invece leggere questa lettera... È stata la cosa più bella che mi sia mai successa in questi... quasi dieci, anni, ormai! L'inverno è vicinissimo! Hai detto che se non puoi vedere le stelle almeno vorresti vedere me. È stata la cosa più dolce che potessi dirmi. Ma anche se io le guardo ancora, ogni tanto, senza di te sono fredde, sono spente. Era il tuo sorriso ad illuminarle, Endou, solo quello. Mi manchi, ma devi resistere! Vinceremo noi! Seriamente, devi tenere duro. Ho bisogno di te, ti tireremo fuori di lì! Dimmi se Rococo ti tratta male, perché pagherà per tutto. È un mostro, non lo perdonerò mai e poi mai. Avvisami se ti fa del male, qualunque cosa. Mi manchi. E ti amo, ricordatelo bene anche tu, testone! Ora vado, devo cedere il posto agli altri. Ti mando un bacio enorme, e ti stringo forte. A presto!

Endou, ciao! Non credere adesso che io pianga come uno sdolcinato, ok? Non lo sto facendo, non l'ho fatto. Ma, Endou... Santo cielo, quanto mi manchi! E non saresti stato tu se non fosti stato un sentimentale. E io non ho dimenticato tutte le volte che mi hai aiutato mentre Yuuka era malata, tutte le cose che hai fatto per me... Sei stato un amico incredibile, e mi manchi da morire. Yuuka ora sta bene, pensa che è venuta a trovarmi all'accampamento! Poi però se n'è andata subito, me l'ha detto un marinaio di cui mi fido che l'ha vista partire. È meglio così, se fosse rimasta qui sarebbe stata in pericolo... Sì, i miei capelli sono sempre gli stessi, e se magari non li insulti è meglio, ok? Oh, ma chi voglio prendere in giro. Stavo morendo di nostalgia per le tue prese in giro. Ora gli altri ti salutano tutti, anche se sarebbe bello scriverti uno per uno è meglio che la pergamena non sia troppo lunga, o Kidou non la nasconderà bene. A presto, allora! Ci manchi da matti, ma tieni duro, ok? Un abbraccio, tuoi

Kidou Kazemaru Goenji Midorikawa Fubuki

 

Sì, pensò Kidou: era davvero una buona risposta. E nessuno aveva preso in giro Kazemaru, non quella volta.

Mentre rifletteva, si accorse di essere arrivato alla città. Entrò attraverso le pesanti porte sempre sotto lo scrosciare della pioggia, e si diresse verso il solito Tempio.

Ma quando fu dentro... possibile? Fudou non c'era!

Kidou perlustrò tutto l'edificio, ma del ragazzo proprio non c'era traccia.

Non poteva essere. Eppure l'appuntamento era lì... Improvvisamente, Kidou si rese conto che nonostante lui non avesse combattuto a causa della pioggia, magari Fudou aveva altri affari da sbrigare. Effettivamente, rispetto alle altre volte era davvero in anticipo. Era ancora mattina... Come aveva fatto a non pensarci?

Il fatto era che ormai considerava Fudou quasi in simbiosi con il tempio, era sempre lì! Com'era stato stupido.

Forse la cosa migliore sarebbe stata aspettare lì, con calma. Ma Kidou non era il tipo da restare fermo ad aspettare senza fare nulla, assolutamente no.

Ed in quel momento moriva dalla curiosità di esplorare quella città.

Quindi, calcandosi bene in testa il cappuccio e prendendo per le briglie il suo cavallo affinché non si perdesse, prese a camminare per le vie della città. Si rese conto che era davvero ben fornita: c'erano molti negozi e, nonostante la pioggia, c'era addirittura un mercato!

Comprò una mela da sgranocchiare mentre passeggiava. Le case erano semplici, niente di troppo elaborato, ma in sostanza molto gradevoli.

L'edificio però che svettava sugli altri era il palazzo che Kidou presumeva appartenesse a Fudou e sua moglie: era alto, imponente, e quasi completamente in marmo. Ovviamente non poteva niente contro la ricchezza e la grandezza della rocca di Troia, ma Kidou rimase ugualmente impressionato. Era una grande città, e l'averla nascosta agli occhi degli Achei doveva essere stata un'impresa epica.

Fudou doveva aver avuto un ingegno davvero smisurato!

E questo non perché Kidou lo stimasse o qualcosa del genere, figuriamoci. Solo, era colpito.

Perso tra questi pensieri, quasi non si accorse di quella voce ormai familiare che stava gridando addosso a qualcuno...

“Ho detto di no, ci siamo capiti?” Era Fudou! Senza perdere tempo, corse in quella direzione.

Ehi, doveva pur dargli quella lettera, no?

Alla fine raggiunse una grande piazza semi-deserta, in cui si trovavano stavano due persone. Una, quella che gli dava le spalle, era decisamente Fudou. Nessun altro aveva dei capelli del genere.

Ma l'altro! L'altro era un energumeno della peggior specie, un uomo alto almeno due metri e largo due volte una persona normale. E Fudou gli stava gridando addosso? Ma era matto?

“Sai che non è bene far arrabbiare il capo, Fudou...” minacciò l'uomo, con un tono da far accapponare la pelle.

Kidou drizzò le orecchie, rimanendo in disparte. Le sue armi erano nascoste nella bisaccia appesa al suo cavallo, in ogni caso. Fudou però raddrizzò le spalle e parlò con un tono sprezzante.

“Non ci arrivi, vero? Io e il tuo capo abbiamo un accordo riguardo ai viveri. E non posso aumentare la quantità, abbiamo Troia a cui pensare. Quindi riprenditi la tua nave e va' a dire al tuo capo che la razione non aumenterà di una singola oncia di grano. Mi sono spigato?” ringhiò.

Kidou cominciava a capire: allora quella città non si occupava solo di Troia! Era un vero e proprio centro di rifornimenti!

“Sai, il mio capo si chiedeva...” sussurrò l'uomo, lo sguardo rivolto verso il basso. Kidou trattenne il fiato, presagendo qualcosa.

“...se tu non fossi il re, questa città...” Kidou mise una mano dentro alla bisaccia. “... non ci darebbe molto più cibo?” concluse gridando, estraendo un pugnale dal fodero con una rapidità strabiliante e lanciandosi verso Fudou, impietrito dalla sorpresa.

Ma Kidou se l'aspettava, lo aveva intuito che quell'uomo non avrebbe portato niente di buono.

E non poteva permettergli di uccidere Fudou, assolutamente no.

Estrasse arco e frecce, incoccò e scagliò. L'arma raggiunse il cuore dell'uomo con una macabra precisione, e lo trafisse senza sforzo.

Kidou si rese a malapena conto di quello che aveva fatto, e già la folla gli si stava accalcando intorno. Da dove spuntava tutta quella gente? Gli girava la testa...

“È armato, non è dei nostri!”

“Lo riconosco, è un Acheo!”

“Come è arrivato qua?”

“Svelerà il nostro segreto!”

“Uccidiamolo! Non lo ritroveranno mai!”

“Piove, le sue tracce saranno cancellate!”

Uccidiamolo!”

* * *

Angolo autrice:

Suspance...
Nonono, non uccidetemi! >.< Io ve l'avevo chiesto se preferivate la KidoFudo, e quindi... Eccola qua *puppyface*
Che ve ne pare?
Scusate se ho fatto così tardi, cerco di aggiornare una volta alla settimana ma ogni tanto sgamo...
Colpa mia...
Grazie infinite a chiunque abbia recensito, già trenta recensioni per cinque capitoli? Ma io vi adoro! *-*
Spero di aver reso i personaggi IC, ditemi cosa ve ne pare!
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 7
*** VII ***


 

Kazemaru non si era mai sentito tanto bene, mai, non una sola volta negli ultimi nove anni.

Endou lo amava ancora, Endou ricordava tutto, tutto!

Kazemaru avrebbe potuto urlare di gioia, decisamente. E pioveva anche... Lui ed Endou amavano la pioggia.

Infatti ora stava passeggiando senza il minimo fastidio sotto la pioggia battente, diretto verso la tenda del gemello di Fubuki: aveva da discutere di una nuova tecnica militare e, per quanto Shirou gli stesse simpatico, non poteva dire che si intendesse davvero di battaglie.

Ma quale non fu la sua sorpresa quando, entrando nella tenda insieme ad Atsuya trovò...

“Yuuka! Ma che ci fai tu qui?” esclamò, inorridito.

“Non si usa più bussare...” borbottò Atsuya, stropicciandosi gli occhi.

Era... sul pavimento?

“Questa è una tenda!” sbottò Kazemaru.

“Allora di' toc, toc. Oppure è permesso. Oppure prendi appuntamento. Potevo essere nudo, o addormentato. Oh, aspetta, ma io ero addormentato. Non che si dormisse bene, sul pavimento, ma era qualcosa. Ma non importa, ti perdono. Se però ora puoi lasciarci due minuti per svegliarci del tutto...”

“D'accordo, scusa la prossima volta io... Ehi! Ma non stavamo parlando di questo!” si offese Kazemaru, riprendendosi.

Yuuka non poté trattenere un'allegra risata. “Però ti stava fregando, ammettilo!”

Kazemaru sorrise a sua volta. “Quasi. Ma quello che conta è che... Oh, Yuuka, mi avevano detto che te n'eri andata!”

“Il piano era quello...” borbottò Yuuka. “Ti prego, non dirai niente, vero? Mi porterebbe via!” implorò.

“Per carità, non farlo! Amo così tanto questo pavimento, voglio dormire qui per il resto della mia vita!” si lamentò Atsuya, rotolando per terra nell'inutile tentativo di alzarsi.

Non era mai stato molto reattivo, al mattino.

“L'hai rapita?” chiese Kazemaru, indagatore.

“Sì, sono colpevole. L'ho rapita, l'ho incatenata al letto e l'ho imbavagliata così che- no, aspetta. Non è legata, non ha niente in bocca. Piccola, scappa finché puoi, prima che io mi alzi e ti blocchi in questa tenda!” recitò Atsuya, melodrammatico, mettendosi finalmente a sedere.

Kazemaru alzò gli occhi al cielo, sorridendo. Atsuya non prendeva mai niente sul serio, ma era una compagnia davvero divertente, questo doveva ammetterlo.

“Non mi ha rapita.” spiegò Yuuka, scoccando un'occhiataccia ad Atsuya. “L'ho pregato io di stare qua, lui non sa chi sono né da chi mi sto nascondendo. Ti prego, non dirglielo, non dirlo neanche a lui. Qui sto bene!” implorò la ragazzina, gli occhi lucidi.

“Ma... Non è sicuro...” tentò di convincerla Kazemaru.

“Come no? Dubiti delle mie doti di protezione? Credi che non sappia come trattare una bella ragazza?” si offese Atsuya alzandosi stoicamente in piedi, solo per sedersi di nuovo sul suo letto.

“A parte che sì, dubito, non è per questo. Un accampamento...” tentò di protestare Kazemaru.

“Sentito? Dubita di me! Che disperazione! E pensare che ho dormito sul pavimento, sul pavimento!” si lamentò Atsuya. “No, seriamente. Se la ragazza vuole restare, non vedo perché impedirglielo. È grande, e mi sembra davvero in grado di decidere e di gestire la cosa. È carina, intelligente, attraente, sorridente, ha dei bei capelli, un bel naso, dei begli occhi...” elencò, concentrato.

“Atsuya, questo perché dovrebbe rassicurarmi?” chiese Kazemaru, dopo essersi ripreso dall'attacco di risate causatogli dal colorito della pelle di Yuuka.

Rosso era dire poco.

“Perché io non permetterò mai che ad una ragazza così graziosa venga torto un capello!” ribatté lui.

E qualcosa nel suo tono, oppure il fatto che si fosse finalmente alzato in piedi, convinse definitivamente Kazemaru a mantenere il silenzio.

“E va bene, non dirò niente a... Cioè, a lui. Puoi stare qui, ok?”

“Grazie!” rise Yuuka, saltandogli al collo.

Kazemaru sorrise a sua volta: parte decisiva nella sua scelta era stato il suo attaccamento alla cuginetta. Non avrebbe sopportato di vederla partire così presto.

“E... mi racconti ancora quella storia? Sono curiosa...”

 

* * *

 

Uccidiamolo!

Come aveva potuto essere tanto sprovveduto? Tirare fuori le armi in mezzo alla città!

E avevano ragione: pioveva e le sue tracce non sarebbero mai state ritrovate dai suoi compagni, anche Fudou doveva averlo capito.

Se lui fosse morto, il segreto sarebbe rimasto al sicuro...

Si diede mentalmente dello stupido: possibile che avesse fatto un errore tanto grave? Come l'avrebbero presa gli altri? Chi avrebbe recapitato quelle lettere? Chi...

“Ma scherzate?”

Kidou sbarrò gli occhi: Fudou si era messo davanti a lui, le braccia spalancate. La folla si fermò.

“Non avete visto come ha ucciso quell'uomo? Se fosse stato un Acheo non gli sarebbe mai passato per la testa di proteggere un Troiano, vi pare? E comunque posso assicurarvi che non è Acheo: è solo un mio ospite.” tagliò corto il ragazzo, afferrando Kidou per un braccio e trascinandolo via, prima che qualcuno ci ripensasse e decidesse di attaccarlo lo stesso.

“E levate di lì quel cadavere, comincerà a puzzare!” gridò dietro, prima di infilarsi in una via deserta. Corsero per un tempo che a Kidou parve interminabile, poi si fermarono, ansimando: l'unico rumore era quello della pioggia.

Kidou non aveva ancora del tutto realizzato l'accaduto: cos'era successo? Perché era ancora vivo?

Improvvisamente si rese conto che Fudou lo teneva ancora stretto per il braccio. Nello stesso istante anche l'altro se ne accorse, e lo lasciò andare con un gesto brusco.

“Sei stato un incosciente.” sbottò, voltandosi di spalle.

Kidou non rispose.

“Ti avrebbero ucciso! Tirare fuori le armi in quel modo, ma ti rendi conto?”

L'Acheo taceva ancora.

“Sarà meglio che prenda la lettera e basta. Ci vediamo domani? La prossima volta però cerca di non arrivare con otto ore di anticipo.” disse Fudou, sfilandogli la busta dal mantello e allontanandosi sotto la pioggia, la testa incassata tra le spalle come al solito.

“Ehi, aspetta! Non puoi semplicemente andartene via così!” gli gridò Kidou, correndogli dietro. “Perché l'hai fatto? Intendo, il tuo segreto sarebbe stato più al sicuro se mi avessero ucciso...” chiese, raggiungendolo.

“Ero... in debito con te, diciamo. Non dico che non me la sarei cavata ugualmente, figuriamoci: tipi così non possono... bé, quello. Però mi avrai... risparmiato una ferita, o cose così. Chi te lo faceva fare, in fondo? Ora siamo pari.” replicò quello, alzando le spalle.

“Ma... Non ha senso, tu...”

“Oh, adesso dimmi che ho fatto male!” sbottò Fudou, incrociando le braccia.

“No, ovviamente no, però...” obiettò Kidou, sconcertato.

“Allora diciamo che fare il piccione viaggiatore è un mestiere che mi piace.” tagliò corto Fudou.

L'Acheo fece per parlare, ma l'altro gli aveva già voltato le spalle e se ne stava andando. Ma prima di voltare l'angolo, mormorò tre parole che Kidou sentì distintamente, nonostante la pioggia. “Bé, comunque grazie.”

Non poteva credere alle sue orecchie: Fudou l'aveva... ringraziato?

Ma prima che potesse riprendersi, l'altro aveva già girato l'angolo.

Kidou sapeva che era pericoloso per lui restare in quella città, quindi montò il suo cavallo e uscì in fretta.

E mentre tornava indietro, la pioggia che ancora gli bagnava il viso, cercò senza successo di fare luce in quel groviglio intricato di pensieri che era diventato la sua mente.

 

* * *

 

“E meno male che non avevi fame!”

“Credevo che gli schiavi non avessero diritto ad essere sazi!”

“Oh, ma che dici? Qui all'accampamento Acheo noi gli schiavi li trattiamo da re, non lo sapevi? Hanno diritto a più cibo, al letto migliore, ai vestiti migliori e alle cure migliori, è una tradizione. Non fate così anche voi Troiani?”

Le risate riempivano quella tenda Achea come non succedeva da anni, ormai.

Era davvero incredibile quanto Hiroto e Midorikawa fossero in confidenza dopo così poco tempo: erano bastate poche ore dalla conversazione su “Midorikawa uno” e “Midorikawa due”, e più che schiavo e padrone sembravano due vecchi amici.

Se ci pensava, Hiroto avvertiva una fitta alla bocca dello stomaco. Lui, uno schiavo!

Ma era un principe, per la miseria, un principe di Troia!

Eppure, tutte queste sensazioni svanivano quando il re Acheo era lì con lui, e parlava, e si occupava di lui...

Non aveva mai pensato di poter essere amico di un... nemico? Certo, detta così era davvero un ossimoro. Eppure, era stato Midorikawa a dirlo: Perché non ti vedo come un nemico, ecco perché.

Aveva detto così, non se l'era immaginato.

E allora, se non lo vedeva come un nemico, che cos'era?

Un prigioniero? Un ospite? Un... amico?

Se solo la settimana precedente gli avessero detto che sarebbe arrivato a sperare di diventare amico di un Acheo, non ci avrebbe mai creduto. Eppure... Eppure non era quello che più desiderava in quel momento?

Una vocina nella sua testa però non si dichiarò d'accordo: quello che più desiderava in quel momento era tornare a casa.

Come la metteva con Nagumo? Chissà come si doveva sentire, in quel momento...

“Qualcosa non va?” chiese Midorikawa, preoccupato. “È la schiena, o qualcosa che ho detto?”

“No, no, figurati...” lo tranquillizzò Hiroto, con voce spenta.

“Sai, dicono che parlarne aiuti...” commentò l'Acheo, l'ombra di un sorriso sulle labbra.

“Stavo pensando a mio fratello.” sospirò Hiroto. “Penserà che io sia morto, lo devono pensare tutti. E... non si merita di soffrire in quel modo, non con tutto quello che già gli è successo.” spiegò, amareggiato.

Per quanto potesse stare simpatico a “Midorikawa uno”, sapeva benissimo che non sarebbe mai stato rimandato a casa. Era disonorevole liberare uno schiavo, oltre al fatto che doveva essere una bella spesa.

Nessuno tornava indietro, dopo essere stato fatto schiavo o prigioniero di guerra.

Lui non ce l'aveva con Midorikawa, no. Sarebbe stato davvero ingrato, dopo tutto quello che aveva fatto per lui: erano le regole, non ci si poteva fare niente.

“Mi dispiace...” commentò il ragazzo, a bassa voce. “Senti, come va la tua schiena?” chiese poi, improvvisamente.

“L'hai sentito anche tu il medico, quando l'hai fatto venire. Ha detto che nel giro di una settimana andrà bene, per ora posso solo stare seduto.”

“Allora facciamo così: non appena sarai in grado di duellare, combatteremo. Lealmente, stavolta. E sei mi sconfiggerai... Sarai libero. Che ne dici?” propose Midorikawa, un luccichio negli occhi.

Se Hiroto non fosse stato costretto a letto, probabilmente gli sarebbe saltato addosso dalla gioia.

 

* * *
 

“Perché mi hai fatto chiamare, Rococo?”

Nagumo entrò senza tante cerimonie nella stanza da letto del fratello, che stava riposando assistito da una schiava.

“Oh, il mio fratello preferito! Sei stato gentile a venire, Nagumo.” lo salutò quello, facendo cenno di avvicinarsi.

Il rosso storse il naso: possibile che Rococo non si degnasse neanche di alzarsi?

“Ora, so che per te è un problema non combattere, oggi. Avresti preferito andare in battaglia per distruggere quegli sporchi bastardi che hanno fatto fuori Suzuno, vero?”

“Se mi hai chiamato per questo, fratellino, potevi anche risparmiarti la fatica.” sbottò Nagumo, sprezzante.

“Ma cos'hai capito? Non intendo certo farti le mie condoglianze e basta. No, io ti sto offrendo un modo per vendicarti. Ho fatto una scoperta interessante...” ghignò Rococo, mettendosi a sedere.

“Ah, sì? Di che si tratta?” si incuriosì il rosso.

“Ieri sera ho parlato con Endou.” lo informò l'altro, sorridendo.

“Ci hai provato.” lo corresse Nagumo con un sorriso beffardo in volto.

Lo sapevano tutti che ogni volta che Rococo cercava di... passare la notte con Endou quello ne faceva di tutti i colori pur di impedirgli anche solo una conversazione normale.

Ormai lui e Suzuno seguivano Rococo di nascosto solo per vedere che spettacolo si sarebbe inventato Endou quella volta, e scommettevano sulla resistenza del fratello prima che gettasse la spugna.

Certo, Suzuno perde sempre, io invece...

Ma quel pensiero si bloccò ancor prima di venire formulato del tutto.

Perché Suzuno non avrebbe perso mai più.

Ricacciò indietro le lacrime, ascoltando quello che Rococo aveva da dirgli.

“Come vuoi. In ogni caso, ho un'idea. E funzionerà, me lo sento. Fubuki sarà tuo, insieme all'onore e alla gloria. Devi solo ascoltarmi.”

E anche se una parte di Nagumo, quella che aveva la voce di Endou, gli diceva che tutto ciò era terribilmente sbagliato, non poté fare a meno di sogghignare con sguardo crudele.

 

* * *

 

 

Non potevo credere che Mamoru fosse un principe.

Il principe di Atene, il mio principe! Se solo avesse voluto, avrebbe potuto condannarmi a morte, o esiliarmi.

Eravamo completamente su livelli diversi, non sarei mai potuto essere suo amico, non più, non in quelle condizioni.

Eppure, mentre correvo, lo sentivo gridare il mio nome.

E più correvo, più lui gridava forte. A rigor di logica quello era impossibile...

Mi voltai di scatto, e lo vidi correre dietro di me.

La gente gridava, ci scansava, non capiva niente. Un principe che rincorre un ragazzino di campagna in mezzo alle strade di Atene doveva destare molto scalpore, in effetti!

Eppure avevo solo dodici anni, e non me ne curai. Pensai solo a correre più veloce, non lo volevo vedere.

Ad un certo punto, però, trovai un vicolo cieco, ed Endou mi raggiunse.

Per un po' rimanemmo zitti, ansimando per lo sforzo della corsa. Poi lui parlò. “Ichirouta, io...”

“Sta' zitto!” lo interruppi. Ero furibondo.

Il fatto era che...

 

“Domanda!” saltò su Atsuya.

“Sì?” sospirò Kazemaru, mentre Yuuka faceva roteare gli occhi e si gettava a peso morto sul letto.

“Non fare così!” si lamentò Atsuya. “Volevo sapere... Perché scappavi?” si rivolse poi a Kazemaru, fingendosi mortalmente serio.

Yuuka si premette in testa il cuscino, soffocando qualcosa che poteva somigliare ad un lamento, così come ad una risata.

Atsuya puntò sulla risata.

Dopo un breve riassunto, Kazemaru continuò il racconto...

 

Il fatto era che in quel momento tutti i miei progetti, tutti i miei sogni erano stati infranti!

Se lui era un re, non avrebbe potuto stare con me, sarebbe stato disdicevole. Non gliel'avrei permesso.

E a quel punto, come sarei vissuto?

Ma poi mi resi conto di cosa avevo detto, e a chi lo avevo detto.

Avevo appena intimato al mio principe di stare zitto! Ne erano morti per molto meno!

Ma ancora una volta non avevo fatto i conti con l'ingenuità di Endou, con il suo carattere così buffo e semplice. Non se la prese per niente, anzi!

“Oh, scusami! Scusami, scusami, scusami! È che temevo che se ti avessi detto che ero il principe tu non saresti stato più mio amico! E stare lontano da te non mi piace!” gridò, puntandomi i suoi occhi dritto in faccia. “Sarai... sarai mio amico lo stesso?” chiese poi, esitante.

Ovviamente non potetti rispondere che di sì.

Ma in quel momento, una voce lo chiamò alle spalle.

“Mamoru! Mamoru, che fine hai fatto? Tua madre si preoccupa, dai...”

Improvvisamente, una donna sbucò nel vicolo in cui ci eravamo nascosti.

Ora, non ho ancora ben chiaro perché venne proprio lei, e non una guardia o qualcosa del genere. Certo, era nobile e amica dei sovrani, e quel giorno era insieme a loro. Fatto sta che se fosse venuto qualcun altro forse io vivrei ancora in campagna, invece che a palazzo...

 

“Era tua madre?” si intromise Yuuka, sognante.

“Esattamente.” sorrise Kazemaru.

“E l'hai capito subito?” domandò Atsuya, coinvolto nel racconto. “Come per magia? Oppure, no, aspetta, ti ha riconosciuto lei!”

“Se mi lasciate parlare...” borbottò Kazemaru, l'ombra di un sorriso sul volto. “In realtà, non c'è niente da dire. Queste cose non so come raccontarle, si... sentono, si sentono e basta. È stato un caso, oppure destino. La mia storia l'abbiamo ricostruita dopo, con calma. Non sto a raccontarvi quant'è stato strano, e bello, trovarsi di nuovo tutti insieme. E dovevate vedere la faccia di Endou quando ha capito che ormai saremo stati vicini di casa! La mia vita è stata stravolta, ma in meglio. A quanto abbiamo scoperto, quand'ero piccolo, sono stato rapito da dei nemici dei miei genitori. Ma qualcosa è andato storto, e invece che uccidermi mi hanno abbandonato – o perso, in effetti non lo sa nessuno. Quel che è certo è che i contadini che mi hanno cresciuto mi trovarono in un loro campo, che strillavo come un matto. Avevo solo tre mesi. Devo loro molto, e vivono ancora a reggia.” finì Kazemaru, sospirando e facendo per alzarsi.

“E tu ed Endou?” chiese Yuuka, maliziosa.

Kazemaru la fissò, confuso.

“Ma sì! Come vi siete innamorati? Dettagli!” implorò Atsuya, congiungendo le mani.

“M-ma queste sono cose personali...” protestò l'altro, arrossendo. “Io ero venuto qui per parlare di tattiche! E ormai devo andare, è tardi!”

Yuuka sospirò, melodrammatica. “Ci toccherà rimandare a domani. Stessa ora, siamo intesi?”

“Guai a contraddire una signora, Kazemaru!” lo avvertì Atsuya, ghignando.

“Come fate a convincermi sempre?” borbottò quello, uscendo.

“Ti voglio bene anch'io!” gli gridò dietro Yuuka. “E grazie!”

 

* * *

 

* * *

 

Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Sì, per favore, non uccidetemi. Con la EndoKaze non ho concluso niente di niente. Ma dovevo pur trascinarmela ancora un po'!
Tanto per cominciare, io amo Atsuya.
Lo amo come si amano... le patatine? Le coperte? I peluches? Gli Atsuya? Sì, qualcosa del genere. E lui è il mio eroe, non mi importa perché.
Quindi, se fa figure esageratamente adorabili non dovete incolpare me. Nono. Incolpate
Lui, perché è dannatamente adorabile. ù.ù
Per quanto riguarda la KidoFudo... Spero vi sia piaciuta, che dire ^^” Credo che Fudou abbia fatto chiaro nella sua mente. Ha capito cosa vuole, e ora sta giocando, ecco. Però quel proteggerlo non era un gioco. Mentre la folla stava per ucciderlo, Fudou si dev'essere sentito malissimo! Immaginatevelo! Deve aver pensato: “
Non lui!” E il resto è storia.
Per la HiroMido (sono tornatii! *.*) credo che abbiamo superato la fase “ti odio-mi odi-non ci parliamo”. Dopo la prima risata (nel discorso “Midorikawa uno ti ringrazia, il secondo se lo fai di nuovo ti sbrana”, per intenderci) il loro rapporto ha subito una crescita enorme, anche perché entrambi volevano solo questo

E chi non vede l'ora di vedere quel duello dica io!
Infine... Bé, lo so che la EndoKaze può essere sembrata un po' frettolosa, ma è di Kaze-chan che stiamo parlando. Quelle scene non può raccontarle, è troppo per lui ù.ù
Insomma, io ho finito. Grazie ai santi che continuano a leggere e recensire, non importa se in ritardo, anzi!
Sono sempre così ritardataria io, che se scopro che ce n'è altri in giro mi sento meno sola ^^
A presto, un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 8
*** VIII ***


Afuro Terumi non era mai stato un ragazzo agitato o impulsivo.

Era la sua calma fredda e glaciale a contraddistinguerlo, a farlo spiccare tra i suoi fratelli.

A renderlo così spaventoso e spietato agli occhi dei nemici.

Intendiamoci, non era sempre stato così. La guerra cambiava le persone, e lui lo sapeva bene.

Eppure non credeva che avrebbe cominciato a ritrovare sé stesso in un paio di enormi occhi chiari, occhi che credeva di aver dimenticato...

Quella Fuyuka.

Quanto tempo era passato?

Stava camminando per il palazzo diretto verso alla sua stanza, quando la voce di Rococo lo raggiunse.

... Fubuki sarà tuo, insieme all'onore e alla gloria. Devi solo ascoltarmi.”

Inizialmente, Afuro non ci fece troppo caso. Non era la prima volta che Rococo tentava di convincere qualcuno dei suoi fratelli a eroiche imprese che puntualmente fallivano.

Ma, mentre stava per andarsene, Afuro sentì distintamente il nome di Fuyuka.

E rimase paralizzato.

Non appena Rococo ebbe esposto il suo piano, il biondo non perse tempo: doveva avvertire Endou.

Solo Endou avrebbe saputo cosa fare, ne era sicuro.

Certo, avrebbe dovuto spiegare... delle cose. Per esempio, come faceva a conoscere Fuyuka.

Ma doveva farlo, perché non poteva permettere che Rococo e Nagumo facessero... quello che avevano in mente di fare, non ora, non a lei.

La sua piccola serva.

Che tecnicamente non era sua, e non era neanche una serva.

Ansimando, raggiunse la porta di Endou ed entrò senza nemmeno bussare, sconvolto.

Ehi, Terumi! Come stai?” lo salutò Endou, sorridente.

Endou, devo parlarti.” esordì quello, senza preamboli.

Endou annuì, senza smettere di sorridere: conosceva Afuro, e sapeva che quello era il suo modo di fare: schietto, semplice, diretto. Magari un po' rude, ma era il suo.

Certo. Dimmi pure.” disse infatti, affabile.

È per via di Fuyuka.” spiegò Afuro, scuro in volto. “Rococo ha scoperto che la conoscevi già, credo che gliel'abbia detto tu.” aggiunse, scoccandogli un'occhiataccia.

Ehm, ok, può darsi... Non pensavo che fosse importante!” si difese Endou, facendo un passo indietro.

Sarà... Comunque sia, ora sa che era vostra amica, che è vostra amica. E ha deciso di usarla per aiutare Nagumo a vendicarsi.”
Endou drizzò le orecchie, preoccupato. “No! E cos'avrebbe intenzione di fare?”

Vuole che accompagni Nagumo al vostro accampamento. Non ho colto i particolari, ma sembravano convinti che travestendolo un po' nessuno lo avrebbe riconosciuto. Inoltre, se Fuyuka avesse garantito per lui... Dopodiché, una volta all'interno, Nagumo sarebbe libero di incendiare le navi e di uccidere Fubuki, che molto probabilmente starà dormendo nella sua tenda. Il piano è questo, senza navi gli Achei sarebbero spacciati.” concluse Afuro, senza mostrarsi troppo interessato alla cosa.

Ma... ma è terribile! Fuyuka resterebbe uccisa insieme a tutti gli altri!” esclamò Endou, agitato.

Non possiamo permettere che... Aspetta un secondo.” disse poi, come riprendendosi. “Perché sei venuto a dirmelo? Per te sarebbe un vantaggio. E perché conosci Fuyuka? Come mai ti importa che non venga usata per gli scopi di Rococo?”

Afuro sogghignò. “Mi chiedevo quando ti saresti svegliato, Endou. Effettivamente, è innaturale che un principe Troiano si preoccupi di sventare un attacco del genere, dico bene?”

Endou annuì con decisione.

Bé, i punti principali solo due. Primo, vincere in questo modo è un inganno bello e buono. Rococo fa male a parlare di gloria, è un vile trabocchetto! Secondo, non è la prima volta che incontro Fuyuka. L'ho conosciuta una volta, da piccolo. E, per quanto possa essere vile, degradante e tutto il resto, le devo un favore.” sospirò, stanco.

Era un segreto che custodiva gelosamente, ma ormai era giunto il momento di rivelarlo.

Davvero? Quindi sei stato in Grecia anche tu?” sorrise Endou. “Mi racconti?”
“Mettiti comodo.” disse seccamente Afuro. “È successo quando avevo appena tredici anni...”

 

* * *

VIII

Kazemaru è stato gentilissimo a raccontarci quelle cose, eh?” commentò Yuuka, sorridente.

Davvero gentile, già. Mica la sapevo, questa storia.” rispose Atsuya, fissando il soffitto.

Per la cronaca, non dovresti... combattere, o che so io?” chiese Yuuka, circospetta.

Oggi? Ma oggi piove! E poi, ormai è passato mezzogior... Oh Santi Numi! È passato mezzogiorno! Gridò Atsuya, balzando in piedi. Ma, un attimo dopo... “Ho sonno.” borbottò, sdraiandosi nuovamente. “Facciamo con calma.”

Yuuka rise di gusto osservando il ragazzo alzarsi molto lentamente, stiracchiandosi e muovendosi alla velocità di una lumaca.

Ma fai così tutte le mattine?” chiese, allegra.

Praticamente... Te ne accorgerai, dammi retta.” profetizzò Atsuya, con l'aria di uno che la sa lunga. “Oh, è passato mezzogiorno, e io dovevo essere là alle undici... Correrei, se non avessi così sonno.” affermò, serio.

Là dove?” si incuriosì Yuuka, porgendogli il catino.

Devo andare a trovare mio fratello. Grazie.” aggiunse, lavandosi velocemente il viso.

Yuuka si rabbuiò.

E adesso che c'è?” chiese Atsuya, confuso.

Niente, è che... Perché ti dai tanto da fare per un fratello? I fratelli sono solo una scocciatura.” sbottò, acida.

Tanto carina ma tanto stupida...” sbuffò Atsuya. “I fratelli sono una benedizione. Non so come farei senza il mio.”

Yuuka non sapeva se arrossire per il complimento o arrabbiarsi per l'insulto.

Scelse una via di mezzo.

Non che mi interessi, ma chi è tuo fratello?”

Indifferenza. E fare domande. Con gli uomini funzionava sempre.

Atsuya, che stava per uscire borbottando qualcosa come “sono in un ritardo madornale, mi ucciderà” si fermò e le sorrise. “Il mio fratellone si chiama Shirou. È un po' imbranato e tocca a me tirarlo fuori dai guai, però è in gamba. Ah, è il re del paese da cui vengo. Ciao!” gridò, e uscì.

Yuuka rimase un attimo a pensare, metabolizzando quell'informazione datale con tanta leggerezza.

Se Atsuya era fratello di un re, allora quello faceva di lui un... principe. Esattamente come lei, certo.

Nessuno di loro avrebbe mai ereditato un regno, ma alla fin fine andava bene così.

Era strano vedere quanto erano simili...

Così uguali, così vicini...

Yuuka scosse furiosamente la testa, rossa di vergogna.

Ma no, cosa andava a pensare? Lei e quel... ragazzo...

No, lui era molto più grande! No, non poteva pensare certe cose. Lo faceva solo perché non voleva sposarsi, mica per altro...

Ma ormai Yuuka era lanciata, e niente avrebbe potuto fermarla.

Non aveva mai conosciuto nessun ragazzo come lui, così forte, coraggioso, divertente!

La riempiva di complimenti ed era simpaticissimo e l'aveva salvata e-

Ho dimenticato la cintura!” gridò Atsuya, rientrando di colpo nella tenda.

Yuuka arrossì furiosamente. “Ah... Cioè, ec- Tu, no, la... la cintura, già...”

Atsuya le lanciò un lungo sguardo. “Sì... La cintura, già... Ma sei proprio sicura di star bene?”

Yuuka avrebbe potuto ribattere che di solito “ma sei proprio sicura di star bene” si dice quando l'altro ha già affermato – più o meno decisamente – di stare bene, e no, lei non stava affatto bene, perché era stata interrotta nel bel mezzo dei suoi ragionamenti adolescenziali, che diamine!

Avrebbe potuto ribatterlo, se non fosse stata così impegnata a respirare senza svenire.

E, accidenti a chiunque l'avesse deciso, respirare era leggermente più necessario di parlare.

Yuuka? Piccola, dai, non farmi preoccupare che sono già in ritardo!” sbuffò Atsuya, a disagio.

La ragazza fece un profondo respiro (sì, respirare era effettivamente importante, ma in fondo lo faceva da quando era nata: poteva farcela!) e rispose. “Sì, tutto ok, tranquillo.”

Chissà perché, Atsuya non sembrava quel che si dice tranquillo.

Yuuka... Guarda che non c'è bisogno che vada adesso. Ritardo di un'ora, ritardo di due ore... Shirou mi conosce, sa che posso dormire fino alle tre senza problemi. Dimmi cosa c'è.” disse gentilmente, sedendosi sul letto.

Lo ami davvero, quel letto, eh? Sono stata malvagia a sottrartelo.” notò Yuuka, accennando un sorriso.

Sì, è stato un duro sacrificio. Ma per te... va bene.” disse Atsuya semplicemente.

Cosa... cosa intendi?” balbettò Yuuka, ripetendosi furiosamente che probabilmente lo faceva con tutte, non solo con lei, dimenticandosi per un attimo che all'accampamento non c'erano altre ragazze con le quali riempire quel “tutte”.

Intendo che, bé, o è che non vedevo una ragazza da millenni o è che... Boh, non so come spiegarlo. Va bene così darti il mio letto, punto e basta. Ah, lo vedi che non so parlare? È Shirou che fa i discorsi seri, io prendo solo in giro.” concluse, sbuffando.

Ma Yuuka aveva capito, e sorrise soltanto.

Ora che poteva respirare tranquillamente, in fondo, poteva fare tutto. “Ho capito.” disse. “Su, vai che sei in ritardo. Tuo fratello ti starà aspettando.” nel dire quelle parole il suo volto si aprì in un'involontaria smorfia.

Perché suo fratello era solo uno stupido.

Hai davvero dei problemi con i fratelli, eh?” sospirò Atsuya, fissandola serio.

E se fosse?” sbottò Yuuka.

Niente, solo che... Dai, non può essere un fratello tanto terribile. I fratelli maggiori ci... ci sono sempre, se hai bisogno. E anche se magari si fanno un po' odiare, cercano solo di proteggerci.” si alzò e le scompigliò i capelli. “Io vado sul serio, stavolta! Tu non ti muovere, torno presto!”

E se ne andò, lasciando Yuuka con molte più cose su cui riflettere di quante se ne sarebbe aspettata.

Punto primo: era davvero innamorata di Atsuya o era stata una semplice e pura fantasia adolescenziale?

Probabilmente, concluse, era così. Atsuya era un'ottima persona, ma non poteva esserne innamorata. Non dopo mezza giornata, andiamo!

Ci avrebbe pensato in seguito, per il momento non ne era innamorata.

E... suo fratello?

Poteva perdonarlo?

Poteva perdonarlo dopo che l'aveva cacciata, che aveva cercato di impedirle di vivere la sua vita?

Yuuka non lo sapeva, ma certo già farsi quelle domande era un passo avanti, ecco.

Atsuya aveva compiuto davvero un miracolo nel difendere Goenji.

Che strani scherzi gioca il destino.

 

* * *

 

Fudou stava pranzando.

È una cosa normale da fare, a mezzogiorno.

Certo, forse non proprio normale dopo essere stati quasi uccisi e tutto il resto – sì, era stata una giornata parecchio stancante – ma Fudou non era il tipo che permetteva a certi inconvenienti di fermarlo.

Aveva fame? Mangiava.

Punto e basta, quindi non vedeva perché Sakuma dovesse guardarlo in quel modo.

Mi guardi come se stessi mangiando le carni di tua sorella.” commentò, acido.

Ti guardo come se avessi appena rischiato la vita per essere salvato da un Acheo, e successivamente averlo salvato a tua volta. Fudou, ma che ti è successo?” replicò l'altro, preoccupato.

Chi ti ha detto che è un Acheo?” fece Fudou, senza staccare lo sguardo dal cibo, indifferente.

Fudou...”

“Oh, d'accordo! C'è forse una legge che mi impediva di farlo?” sbottò l'altro alla fine, infastidito.

Per carità, no, però... Non è da te. E con tua moglie, come va?”

La domanda fece quasi soffocare Fudou, ma si riprese in fretta.

Come deve andare? Ancora niente figli. Abbiamo gli dei avversi, lo dicono tutti, in città. Dev'essere vero.” disse, noncurante.

E tu ti impegni davvero?” sogghignò Sakuma.

Questa volta Fudou si strozzò per davvero.

Ma... Ma che intendi dire? Solo perché sei suo fratello non significa che...” balbettò, scioccato.

Fudou, siamo amici da molto prima che i tuoi ti promettessero in sposa a mia sorella. Tanto più che lei è sempre stata così distante... È quasi una sconosciuta, per me. Al momento mi importa di te, perché si vede che nascondi qualcosa. Devi dirmelo, Fudou. Cosa ti succede?” Sakuma si portò davanti al volto di Fudou, fissandolo con serietà.

Che succede, chiedi.” sbuffò Fudou, sprezzante. “E ancora non te ne sei accorto.” spostò indietro il piatto ancora mezzo pieno e si alzò.

Fudou!” lo richiamò Sakuma, stizzito.

Non amo tua sorella. Era anche abbastanza chiaro, ti pare?” commentò, allontanandosi.

E allora? Non l'hai mai amata! Che ti succede adesso? Ti sei innamorato di qualcun altro?” Sakuma ormai doveva urlare per farsi sentire da Fudou, che camminava sempre più lontano.

Ma quando udì la risposta, pensò che sì, era davvero troppo lontano.

Perché conosceva Fudou molto bene, e da lui una risposta come “può darsi” non se l'aspettava proprio.

 

* * *

 

Anch'io, come Hiroto, Nagumo, Suzuno e quasi tutti gli altri principi sono stato in Grecia, da giovane.

Solo che, mentre loro erano piccoli, io avevo già quattordici anni.

Quando mio padre badava a loro io avevo più tempo libero, e giravo un po' per le città.

Un giorno salii su una carrozza che andava ad un Tempio che volevo visitare, poco lontano da Atene, in campagna. Non era un posto molto conosciuto, ma mi interessava vederlo: qui a Troia ce ne sono pochi, piccoli. Con poca sostanza, ecco.

Mentre viaggiavamo, però, la carrozza ebbe dei problemi e dovemmo fermarci in una villa molto grande: eravamo solo io, il conducente, e un paio di strani figuri incappucciati.

La villa apparteneva a degli uomini molto cordiali: non sapevano chi fossi, ma ci offrirono di passare con loro la notte, dal momento che era quasi buio.

Sapevo che mio padre non si sarebbe preoccupato, quindi accettai.

Mentre stavo per addormentarmi, però, qualcuno bussò alla porta: era la figlia dei nobili che ci avevano ospitato: aveva dieci anni, così mi avevano detto, ma sembrava molto più piccola!

Ancora non lo sapevo, però si chiamava Fuyuka.

Aveva un'aria spaventatissima: mi disse di scappare, di correre subito via: gli uomini che erano venuti con me, mi disse, erano congiurati.

Cioè, lei non conosceva la parola quindi disse concurati, ma capii lo stesso.

Sapevo bene che l'arrivo di noi Troiani in Grecia, anche in tempi di pace, non era ben visto.

E non fare quella faccia, Endou! Tu e Kazemaru e gli altri potreste anche essere stati tanto carini e cortesi.

Non tutti la pensavano come voi, però.

La bambina mi disse di scappare, che un suo maggiordomo di nome Kudou mi avrebbe detto dov'era via libera.

Cominciammo a correre verso l'uscita, quando apparvero proprio i due uomini della carrozza!

Fuyuka gridò.

Non sapendo cosa fare, ci voltammo e prendemmo a correre dall'altra parte. La villa era buia e non sapevo da che parte andare, ma dovevamo uscire da lì!

Improvvisamente, udimmo un grido provenire da una stanza davanti a noi, e poi una scena terribile: i genitori di Fuyuka erano a terra, senza vita.

Un terzo uomo si stagliava sopra di loro, brandendo una spada.

Quella porta era molto vicina ad una rampa di scale: la bambina alla vista dei genitori morti lanciò un grido terribile, e poi i suoi occhi...

Rimasero come spenti, vuoti. Opachi.

Svenne, crollò a terra, inciampò e cadde dalle scale.

Le corsi dietro, terrorizzato all'idea che fosse morta, la tirai su e corsi alla cieca con lei in braccio.

Gli dei dovettero avere compassione di me, perché non so come raggiunsi l'uscita. Incontrai il maggiordomo, Kudou, e gli spiegai velocemente cos'era successo.

Alla fine capii che quei congiurati ce l'avevano sia con la mia famiglia che con quella di Fuyuka per motivi che non sto a spiegarti.

Mi sentii in colpa: se non fossi andato lì, magari i congiurati non avrebbero mai trovato la famiglia di Fuyuka!

Kudou mi assicurò che si sarebbe preso cura della bambina, impedendole di subire la stessa sorte dei suoi genitori, e poi mi intimò di scappare.

Tornai a casa stravolto, terrorizzato: sapevo solo che se Fuyuka non fosse venuta a svegliarmi, a quest'ora non sarei stato vivo!

Ecco perché le devo un favore enorme, e questo è il momento di restituirglielo.

Hai capito, Endou?

 

* * *

 

Hiroto si stiracchiò, annoiato.

Midorikawa era andato a mangiare da un generale, e lui era rimasto lì da solo...

Una settimana, aveva detto quel tizio.

Una settimana prima che potesse usare di nuovo la schiena, così tanto! Una settimana relegato a letto, decisamente troppo.

Chissà, forse poteva già alzarsi...

Cautamente, sollevò la testa e poi si mise seduto.

Fin qui, tutto bene. Pensò, sollevato.

Mosse piano le gambe finché non si trovarono fuori dal letto.

Facendo leva sulle mani, si alzò traballante.

Ondeggiò un po', e si dovette appoggiare al letto, però... era in piedi!

Se la schiena non lo avesse ucciso, si sarebbe messo a ballare. Non poteva crederci, allora forse era più resistente di quello che aveva pensato il dottore, forse era già pronto per lottare – e quindi per tornare a casa!

Perché, ne era sicuro, avrebbe vinto lui contro Midorikawa.

Fece qualche passo per la tenda, sorridendo come non mai. La schiena pulsava, sì, ma non poi così tanto...

Successe quando arrivò all'altezza del tavolo. Mise male un piede, e scivolò a terra.

E il dolore alla schiena esplose con tutta la sua forza.

 

* * *

 

Ok, lo so. Ritardo madornale.
Scusate, tre giorni di ritardo è tanto, non mi era mai successo prima >.<
D'ora in poi cercherò di pubblicare una volta alla settimana come si era stabilito. Scusate davvero...
Che amo Atsuya è più che ufficial, quindi sorvoliamo sennò poi sclero ù.ù
Intanto, non ve l'aspettavate quella di Afuro, eh?
Viscido Rococo. Ma quale gloria, eh? Il suo piano era malvagio, menomale che Afuro l'ha fermato ù.ù
E so che potrebbe sembrare strano che una bambina di dieci anni ne salvi uno di quattordici, ma... È Fuyuka. E Afuro a quattordici anni è... Bè, è.
Insomma, non dico che già nel suo cuoricino da decenne (ma che parola è? O.O) non lo trovasse adorabile, ma era una bambina, ecco. Semplicemente, era una di quelle persone che se vedono qualcuno in difficoltà (dal classico passerotto a, bé, un Afuro quattordicenne) non possono fare a meno di salvarlo
Per Fudou... Un amico dovevamo pur darglielo, in quella città di pazzi.
E sì, è sposato, però non è quel che si dice un matrimonio felice, quindi... Amen.
Infine, il fatto che Hiroto abbia avuto una ricaduta pesante mi serviva. Mi serviva tanto, una ricaduta molto pesante.
Poi capirete perché, ma almeno due mesi di convalescenza ora non glieli toglie nessuno ù.ù
Insomma, ho detto tutto.
Grazie per essere arrivati fin qui!
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 9
*** IX ***


IX

 

Bé, la faccenda è seria.” borbottò Endou, camminando avanti e indietro per la sala.

La tua perspicacia è qualcosa incredibile, dico davvero. Sono sconvolto.” rispose Terumi, inarcando un sopracciglio.

Endou si aprì in uno dei suoi enormi sorrisi. “E pensare che Nagumo e Suzuno dicevano sempre che sei totalmente privo di senso dell'umorismo! Se ti vedessero ora si dovrebbero ricredere!”

E anche Terumi non poté fare a meno di ridacchiare. Possibile che quell'Endou sapesse sempre tirare fuori una parte delle persone che... che doveva stare nascosta!

Davanti a lui si sentiva nudo, e non era il solo a pensarla così. Tutti i suoi segreti, le sue insicurezze, le sue gioie... Davanti a lui uscivano fuori, e non c'era verso di tenerle nascoste.

Che almeno la smettesse di sorridere come un'idiota, insomma! La faccenda era seria!

“Allora, che facciamo?” chiese, impaziente.

Endou si grattò la testa, pensoso. “Bé, potremmo... Uhm, avvisare al campo Acheo... No, no.” si corresse subito, scuotendo freneticamente la testa. “Ucciderebbero Nagumo all'istante, se sapessero.”

Terumi si sorprese un po' nello scoprire quanto Endou tenesse a quelli che potevano benissimo essere visti come suoi carcerieri, ma seppe mascherare questo sentimento.

Contegno. Ci voleva autocontrollo e contegno. Una maschera di ghiaccio, come sempre.

Dissuadere Rococo non si può.” ragionò. “E nemmeno Nagumo. Se sapessero che noi sappiamo, bé... sarebbe la fine.”

Endou smise di camminare in tondo, e si sbatté una mano sulla fronte. “Ma certo! Ho trovato!” gridò, esultante.

Chissà come, Terumi si spaventò un po'.

Basterà che non trovino Fuyuka, giusto? Quindi l'unica cosa da fare è dirgli che se n'è andata, che l'ho venduta, liberata, quello che vuoi, e invece nasconderla da un'altra parte!” disse, fiero di sé.

E nasconderla dove, di grazia?” chiese Terumi, scettico.

Bé, questo non lo so.” ammise Endou, riprendendo a camminare in tondo.

Terumi dovette far ricorso a tutta la sua buona educazione per non sbattersi una mano sulla fronte sbuffando come un animale.

Quante volte doveva ripetersi di mantenere un contegno, davanti a quel ragazzo?

Forse... Non so, nelle tue stanze ci entra mai nessuno?” propose Endou, speranzoso.

Non puoi pensarlo sul serio, andiamo! Ci milioni di servi che entrano ed escono da lì.” sbuffò Terumi, scocciato. Come se non ci avesse già pensato...

Oh, peccato...” mormorò Endou.

Senti, nasconderla non va bene, è troppo rischioso. Ragioniamo. Perché serve a Rococo?”

Perché è nostra amica...” borbottò Endou, senza capire dove stesse cercando di arrivare il Troiano.

Certo, amica era un concetto abbastanza vago.

Ma, pensò improvvisamente Terumi, forse era nostra il concetto più vago di tutti.

Cosa gli hai detto, esattamente?” chiese, impaziente.

Uhm, aspetta... Ah, già: gli ho detto che l'ho conosciuta da piccola e che non la vedevo da secoli, e che è stato malvagio da parte sua propormela perché lui non lo sa, no, che a me non piace l'idea degli schiavi che sono completamente sottomessi a te e non vengono neanche pagati, e che una volta io e Ichirouta abbiamo fatto un giro in città, no, e mentre camminavamo noi...”

“Sì, sì, non mi interessa.” lo liquidò in fretta Terumi, scuotendo la testa.

Provava sempre un leggero senso di imbarazzo mentre sentiva Endou parlare così spensieratamente del suo compagno.

Certo, era triste il fatto che Endou fosse ancora tanto legato a quel Kazemaru che aveva nominato così spesso nei sogni e nei discorsi di ogni giorno, e infatti all'inizio lui e i suo i fratelli pensavano che prima o poi gli sarebbe passata. Invece...

Quello che conta è: gli hai detto o non gli hai detto esplicitamente che anche gli altri Achei la conoscevano?” cercò di capire.

Endou inclinò la testa da un lato, confuso. “... Dovevo?” chiese alla fine, esitante.

Ma no, scemo! È un bene, altroché! Potevi dirmelo prima... Allora non c'è problema, no? Basterà fargli sapere che Fuyuka non ha conosciuto nessun altro a parte te.” spiegò Terumi, euforico.

Era così semplice!

Ma non è che posso tranquillamente andare da lui e dirgli: ehi, ciao! Oh, a proposito, nel caso tu voglia usare Fuyuka per i tuoi loschi traffici devo informarti che non conosceva nessun altro a parte me! Non credo che ci cascherà così facilmente...”obiettò Endou.

E Terumi dovette ammettere che era vero.

Faremo così.” decise dopo averci pensato su un istante. “Devi solo invitare Rococo nella tua stanza...” e, ignorando le vivaci proteste dell'Acheo, Terumi prese a spiegare il suo piano.

 

* * *

 

Atsuya entrò di corsa nella tenda del fratello.

Sono in orario, ci sono!” esclamò, ansimando.

Effettivamente, ritardo di soli quarantacinque minuti dev'essere record, per te.” sorrise Shirou, smettendo di riordinare le armi.

Atsuya fu felice di notare che il fratello era ormai in ottima forma: la ferita di Suzuno era solo un ricordo.

Non lamentarti, lo sai che ci metto un po'. Però adesso ci sono, e ho un mucchio di notizie interessanti!” esclamò, ansioso di raccontargli di Yuuka e di Kazemaru, di Yuuka, della serata, di Yuuka...

Notizie interessanti? Tipo: il fratello del tipo che hai ucciso ora cospira contro di noi e ci vuole morti?” disse Shirou con noncuranza.

Atsuya rimase immobile per un istante. Metabolizzò la cosa. Se ne fece velocemente una ragione. Poi riprese come se non fosse successo niente. “No, un'altra cosa. Indovina, dai. Hai due tentativi.”

Era un gioco che facevano sin da piccoli.

Essendo gemelli avevano un'affinità davvero sorprendente, come avevano già dimostrato più volte (una certa battaglia e una certa voce nella testa, per fare un esempio).

Questo non toglieva che i due si divertissero a leggersi nella mente, prevedere i movimenti dell'altro e rispondere prima che il fratello facesse una domanda.

Shirou ci pensò su un istante, poi sorrise. “Mi ci vorrà un tentativo solo! Hai l'aria persa, cammini a due centimetri da terra, sei pressoché in orario e hai una faccia che sembri un pesce lesso. O sei malato grave, o sei innamorato.” affermò sorridendo.

Sono le stesse identiche parole che ti ho detto quando hai conosciuto Haruna.” lo accusò Atsuya, offeso.

Allora ho indovinato?” chiese Shirou, impaziente.

Sì, fratello empatico che non sei altro.” sbuffò Atsuya, senza però trattenere un sorriso di felicità. Era giusto che fosse Shirou il primo a saperlo.

E me lo dici solo adesso? Da quanto la conosci?” chiese Shirou, curioso. E da quando Atsuya frequentava esseri umani di sesso femminile?

Atsuya sembrò pensarci su. “Da ieri sera.” affermò poi, tranquillissimo.

Shirou non sapeva se ridere o picchiarlo.

Ma adesso ti racconto! La prima volta che l'ho vista...” attaccò Atsuya, e tenne inchiodato il fratello per qualcosa come venti minuti raccontandogli quanto eroico fosse stato a salvarla, quando bella e furba fosse lei, quanto carina, simpatica, affascinante, meravigliosa, incredibilmente e stupendamente...

Credo di aver capito.” lo interruppe Shirou, sollevando le mani come a chiedere una tregua. “E hai detto che si chiama Yuuka, eh? Mi ricorda qualcosa...” cercò di sforzarsi, ma niente.

Forse ha un nome importante, come da Dea, o da Ninfa...” gongolò Atsuya, ormai lanciato.

No, fratellino, adesso ascoltami. È importante.” lo richiamò Shirou.

Ti ascolto.” replicò l'altro, fissandolo serio.

Questa ragazzina... Ti piace davvero? O vuoi solo conquistarla come facevi di solito?” chiese, esitando.

Atsuya ci pensò su qualche istante.

Che poteva dire? Era carina, simpatica, dolce. E non gli dava l'impressione di una pronta a mettersi con il primo che passava, né di una che prendeva un rapporto del genere sottogamba.

Ma da qui a prendersi un impegno così serio...

Eppure c'era qualcosa, nei suoi occhi. Qualcosa che non poteva ignorare né cercare di dimenticare. Occhi così profondi, così vivi, lui non li aveva mai visti.

Forse è ancora presto per dirlo con certezza...” cominciò Atsuya, fissandosi i piedi. Poi alzò lo sguardo dritto verso Shirou. “Ma io faccio sul serio.”

E nelle sue parole tanto risolute non c'era neanche l'ombra di un ripensamento.

 

* * *

 

Midorikawa era stanco morto.

Si era alzato presto come al solito, nonostante la pioggia, e aveva dovuto lavorare con Kidou alle nuove strategie.

Tecnicamente ci sarebbero dovuti essere anche Kazemaru e Fubuki, ma dopo quasi mezz'ora passata ad aspettarlo avevano cominciato senza di loro, ed ora era a pezzi.

Tutto quello che voleva era sdraiarsi, non importava dove.

Effettivamente, aveva perso la speranza di poter un giorno tornare a dormire sul suo letto, però...

Sono tornato!” annunciò allegro, entrando nella tenda.

Nessuno rispose. Che Hiroto stesse dormendo?

Fece qualche passo all'interno della tenda, e rimase di sasso: il letto era vuoto! Ma allora...

Preso da un orribile presentimento, si voltò piano.

E, come aveva disperatamente cercato di non immaginare nemmeno, Hiroto era lì, steso a terra, pallido come un cadavere.

Le ferite alla schiena erano di nuovo macchiate di rosso.

Per poco non svenne.

Non perdere la testa, non andare fuori controllo. Si ripeté, scuotendo la testa con decisione. Il medico. Doveva chiamarlo, subito! Non c'era un secondo da perdere!

Ma prima... Con goffa delicatezza, sollevò il corpo di Hiroto e lo stese sul letto.

Non osare morire adesso.” sussurrò, cercando di sembrare stizzito, quando invece era solo dannatamente spaventato. “Dobbiamo lottare insieme, l'hai scordato? Guai a te se mi crepi ora!”

Non aspettare ancora. Il dottore. Giusto.

Midorikawa lanciò un'occhiata apprensiva ad Hiroto: sudava, perdeva sangue, era pallidissimo. Chissà da quanto tempo era lì, steso a terra, privo di sensi...

Prese a correre.

Cosa gli era saltato in mente di alzarsi? Perché l'aveva trovato a quella distanza dal letto?

Sapeva che non poteva ancora forzare quella maledettissima schiena, lo sapeva!

Irruppe nella tenda del medico e gli espose tutta la situazione senza prendere nemmeno fiato.

Quello gli lanciò una lunga occhiata indagatrice, ma poi prese i suoi strumenti e corse alla tenda del re senza fare storie.

Midorikawa lo sapeva, sapeva che forse poteva sembrare strano che un re si preoccupasse tanto per uno schiavo.

E allora?

Era lui il sovrano, e gli altri dovevano obbedirgli. Punto. Se faceva cose un po' eccentriche, nessuno poteva dirgli niente, nemmeno il medico.

Raggiunsero la tenda, e l'uomo cominciò a visitarlo.

Che sciocco... Eppure gliel'avevo detto, che ci sarebbe voluta una settimana...” borbottò il medico, scuotendo la testa.

E...?” lo incalzò Midorikawa, tesissimo.

Oh, se la caverà, se è questo che ti importa.” sospirò l'uomo, con l'aria di uno che ne ha già viste tante. “Ma dovrà stare a riposo – per davvero, stavolta – per almeno due mesi.”

Per poco a Midorikawa non venne un colpo.

Due mesi?

Praticamente, Hiroto sarebbe guarito in Primavera! Considerando che l'inverno era ormai alle porte...

È necessario, perché le ferite si sono riaperte e potrebbero infettarsi.” continuò il medico, lavandosi le mani sporche di sangue. Midorikawa cercò di non guardare. “Quindi gli dica di non muoversi assolutamente, o potrebbe rimanere invalido per tutta la vita!”

L'Acheo deglutì, borbottando che avrebbe riferito.

Quando il medico se ne andò, il ragazzo si sedette sul suo letto, sospirando: ora che era sicuro che Hiroto sarebbe stato bene, non sentiva più quell'orribile angoscia attanagliargli il petto. In fondo, sarebbe guarito nel giro di due mesi.

Avevano ancora due mesi.

Com'è che non si sentiva poi tanto dispiaciuto?

 

* * *

 

Kidou sospirò pesantemente.

Più ci pensava, meno ci capiva.

Possibile?

Possibile che lui, l'eroe Acheo, famoso per i suoi ragionamenti veloci e letali, per le sue capacità oratorie e convincenti, lui...

Sì, era possibile che non ci cavasse un ragno dal buco. Perché quando il ragazzo pensava ad Akio Fudou, la sua testa diventava improvvisamente molto, molto confusa.

Kidou scosse la testa, nervoso.

Così non poteva andare! Doveva farci chiarezza, decisamente. Magari parlarne con qualcuno.

Sì, e con chi?

Kidou si maledisse per quel pensiero tanto ingenuo quanto irrealizzabile. Parlarne con qualcuno, certo! Come se non avesse promesso a Fudou di mantenere il segreto...

Senza contare che se avesse cominciato a parlare del suo strano rapporto con il principe di Troia, chissà come avrebbero reagito gli amici!

Decisamente, non una buona idea.

Ma allora che cosa poteva fare?

La soluzione arrivò, chiara e semplice, come se l'avesse avuta in mente da sempre.

Non poteva parlarne? Bene.

Nessuno gli impediva di scrivere.

Amava scrivere, mettere sulla carta i suoi pensieri affinché restassero, dormienti, come in attesa di essere risvegliati. Scrivere lo aiutava a rimettere in ordine le idee, e avrebbe funzionato anche quella volta, ne era certo.

Si sedette alla scrivania e intinse il pennino nel calamaio, concentrato.

Finalmente avrebbe capito che cosa diavolo stava succedendo.

 

Ho un problema, e non ci vuole un genio per capirlo.

Io non so cosa mi sta succedendo, ma una cosa è chiara: da quando ho conosciuto Fudou la mia vita è cambiata totalmente.

È una persona così complessa, così misteriosa... Vorrei davvero sapere cosa gli passa per la testa, almeno per riempire un po' la mia.

Sono davvero confuso. Non capisco che cosa vuole.

Mi ha salvato, stamattina, poi mi ha detto che gli piace fare il piccione viaggiatore. E alla fine mi ha ringraziato, io l'ho sentito.

Non ha senso, questa dovrebbe essere solo una scocciatura per lui, un peso: portare lettere che potrebbero essere pericolose per la sua città... Perché lo fa?

Sta... giocando con me! È esattamente questo che provo, come se si stesse divertendo a farmi scoppiare la testa.

Qual è il suo scopo?

 

 

* * *

 

Rococo, ciao! Come va?”

Endou sorrise salutando il principe Troiano che più detestava, e maledisse dentro di sé Terumi per il pessimo piano che aveva escogitato.

Pessimo, pessimo, pessimo.

Ma era per salvare Fuyuka, quindi fece un respirone e proseguì con la recita.

Oh, Endou! È un piacere vederti così... bendisposto.” rispose mellifluo l'altro, avvicinandosi.

Endou sentì distintamente Terumi ridacchiare da dietro l'angolo, ma resistette stoicamente e continuò a parlare. “Sì, questa è una bella giornata. Verresti dentro?”

Aprì la porta della sua stanza e Rococo lo seguì.

Allora. A cosa devo tutte queste cerimonie? Non starai pensando di accettare a...” cominciò subito Rococo, speranzoso, ma Endou lo interruppe.

Oh, no, cioè, in effetti volevo chiederti di Fuyuka, ti ricordi? La schiava che mi hai dato tu.”

Come lui e Terumi avevano previsto, Rococo rimase ad ascoltarlo. “Sì?”

“Ecco, volevo chiederti se... Potevo liberarla.” chiese Endou, fingendosi speranzoso.

Lo sapevano benissimo che Rococo avrebbe risposto negativamente, era chiaro.

Il Troiano si grattò la testa, poi rispose: “Non vedo perché no... Aspettiamo la Primavera, però. L'Inverno è così vicino... Se tornasse ora, non potrebbe prendere una nave per troppo tempo, e all'accampamento Acheo si sta peggio che a palazzo.” rispose Rococo, sorridendo angelicamente.

Questo non era esattamente quello che Endou e Terumi avevano previsto, ma il ragazzo non si scoraggiò.

In fondo, tutto quello che doveva fare era fargli capire che Fuyuka non conosceva nessuno di loro, non importava come ci arrivassero. E infatti...

Eh? E perché dovrebbe stare all'accampamento? Rischierebbero di scambiarla per una nemica, se arrivasse lì da Troia. Oppure, potrebbero prenderla come schiava anche loro!” rabbrividì, e godette interiormente nel vedere un'espressione terrorizzata sul volto di Rococo.

M-ma come... Mi avevi detto che era vostra amica!” sbottò, furioso.

Endou inclinò la testa. “Nostra? Io ho detto mia. Cioè, l'ho conosciuta da piccolo, non credo che gli altri la conoscano. Io non correrei il rischio, no...”

Non ci fu nemmeno bisogno di continuare a recitare: Rococo si alzò dal letto ed uscì come una furia dalla stanza, borbottando qualcosa sull'inaffidabilità e l'odio che gli Dei dovevano provare nei suoi confronti.

Qualche istante dopo che se ne fu andato, una testa bionda sbucò dalla porta.

Ottimo lavoro, Endou!” esclamò, soddisfatto.

Tutto merito tuo, Terumi!” rise Endou, andandogli incontro. “Sei stato davvero un genio. Se non avessimo provato tutte quelle volte io non credo che...”

“Sì, sì. Adesso ascoltami bene: tutto ciò non è mai successo, capito? Nessuno deve saperlo, soprattutto Fuyuka.” affermò, serio.

Endou alzò le spalle. “Come vuoi.”

Esattamente in quel momento, fuori dalla finestra, cadde il primo fiocco di neve.

L'inverno era iniziato.

 

* * *

 

Angolo autrice:

 

E rieccomi qua!

Lo so, lo so e lo so. È tardi. Ho fatto ancora ritardo, mi spiace da morire!

Ma a Maggio i prof dovrebbero smettere di fare compiti, verifiche, interrogazioni eccetera. Invece no, ecco che si rendono disperatamente conto di non aver abbastanza voti e – idea geniale! – decidono di piazzarci una bella verifica/interrogazione.

Insomma, wow. Non ho un secondo libero.

Detto questo, che alla fine era solo un patetico tentativo di spiegare il mio ritardo e di inveire contro la scuola italiana...

Parliamo del capitolo ^^

Spero che Terumi ed Endou vi siano piaciuti: è stato complicato scrivere di loro! Diciamocelo, Afuro non si sa mai come renderlo. Tutto così mistico e supponente e vago e superiore e... figo >.<

Insomma, come vi è sembrato?

Per quanto riguarda Atsuya, basta, non vi conviene nemmeno farmi iniziare a parlare di lui che sennò sclero.

E poi chi mi ferma più?

Per Kidou, ringrazio sentitamente la cara Sissy-chan che, oltre ad aver recensito un botto di capitoli in un colpo solo, mi ha dato la brillante idea del diario! Grazie di cuore, è stato un lampo di genio!

E adesso, parliamo dell'Inverno.

Nevica, signori. È Inverno, ergo non si combatte fino alla Primavera. Oh sì.

Una pausa per approfondire certi legami, magari... Insomma, facciamo un attimo due calcoli. Se contiamo le notti passate dall'inizio della storia ad ora... Cioè, in nove capitoli ho parlato di circa tre giorni >.<

È strano che la gente si innamori di qualcuno in tre giorni, no? Ecco, una pausa così lunga è utile appunto per questo: per approfondire questi rapporti.

Grazie di cuore a tutti quelli che leggono e recensiscono questa storia, mi fate davvero tanto, tanto piacere! ^^

A presto, un bacione, vostra

Emma ^^

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Capitolo 10
*** X ***


E anche l'Inverno, l'Inverno dalle dita ghiacciate, dal respiro di neve e dalle dita d'avorio passò, lento e inesorabile.

Durante quella lunga pausa priva di combattimenti e scontri aperti, la quiete regnava sovrana sia nell'accampamento Acheo sia nella Rocca di Troia.

Da un lato, il principe Hiroto riacquistava piano piano l'uso della schiena, aiutato e sostenuto dal Re Midorikawa. I due col tempo stabilirono un legame sempre più forte e profondo, finendo con l'essere ormai praticamente inseparabili.

Nello stesso tempo la giovane Yuuka viveva nascosta nella tenda del principe Atsuya, godendo della sua compagnia e di quella del gemello, imparando a conoscere ed accettare ogni sfaccettatura del comportamento di entrambi. Capitava che anche Kazemaru andasse a trovarla, raccontandole gli ultimi avvenimenti e intrattenendola con altre splendide storie.

La corrispondenza tra il principe Fudou e il Re Kidou era diventata ormai quotidiana: ogni giorno le lettere passavano da una parte all'altra, e i due Strateghi cominciarono a conoscersi sempre più a fondo, passando del tempo insieme e chiacchierando del più e del meno.

Nella Rocca di Troia la giovane Fuyuka passava sempre più tempo nelle stanze del principe Terumi, sotto consiglio di Endou, e i due cominciarono a conoscersi meglio. Terumi non rivelò mai a Fuyuka quello che sapeva del suo passato, ma lei aveva intuito che il ragazzo le nascondeva qualcosa.

Insomma, la vita scorreva tranquillamente. Ma ogni stagione ha la sua fine, e venne il momento in cui anche l'Inverno giunse al termine...

 

 

Atsuya si stava allenando con la spada.

Era rimasto l'unico ancora in piedi, poiché tutti i suoi compagni erano già andati a prepararsi per la notte: il giorno successivo sarebbero ricominciati gli scontri aperti, era importante essere vigili e ben riposati.

Ma lui proprio non riusciva a smettere: pensava solo al volto assetato di sangue di Nagumo.

Avrebbe ucciso suo fratello, se ne avesse avuto l'occasione. E lui, Atsuya, era ben deciso a tenere quell'occasione fuori dalla sua portata.

Era così preso dall'allenamento che quasi non si accorse della figura sottile che gli si era presentata davanti agli occhi.

È tardi, Atsuya! Dovresti andare a dormire.” lo reguardì una voce.

Atsuya sbuffò, trattenendo un sorriso. “Non ho sonno.” cercò di lamentarsi.

Vieni a dormire o domani verrai fatto a pezzettini!” ridacchiò ancora la figura, decisamente una ragazza.

Atsuya sembrò pensarci su, poi sospirò e mise via la spada. “Come se fosse possibile... Ma dimmi un po', i patti non erano che te ne stavi buona buona nella tenda?” chiese.

La ragazza alzò le spalle. “Tanto qui non c'è nessuno.” poi sorrise, maliziosa, e i suoi occhi brillarono alla tenue luce della luna. “Che c'è, hai paura di dovermi spartire con gli altri?”

Ecco, Atsuya l'adorava quando faceva così.

Quando tirava fuori quel lato del suo carattere più intimo e segreto, quel lato ironico e divertente, spiritoso e attraente, che... Che la faceva sembrare ancora più desiderabile.

Il giorno in cui aveva detto a suo fratello di amarla... Bé, quella volta Atsuya non la amava nemmeno la metà di quanto sentiva di amarla adesso.

Perché vivendo a stretto contatto con lei per tutto quel tempo aveva imparato a conoscerla più a fondo, e ogni nuova cosa che scopriva di lei era qualcosa di splendido.

Ancora non sapeva chi fosse né da dove venisse, ma che importava? Era Yuuka, e tanto bastava perché Atsuya non la scambiasse nemmeno per una regina.

Sì! Quindi fila dritta nella tenda.” affermò, atteggiandosi da persona matura e responsabile che proprio non era.

Forse fu per questo che Yuuka rise così tanto.

Sì, Atsuya ne era sicuro: quella era la ragazza della sua vita, chiunque fosse.

Perché solo una dea poteva avere una risata tanto bella, ne era certo.

 

* * *

 

Nagumo era pronto.

Pronto per farla pagare ai Fubuki.

Pronto per vendicare suo fratello, per onorare la sua memoria infangata.

Andò a letto presto, consapevole di aver bisogno di energie per la giornata che sarebbe seguita.

Tutta la Rocca di Troia era in gran fermento, quel giorno: gli schiavi correvano ovunque portando con sé armi e armature, i guerrieri o si allenavano o mangiavano. Oppure, come Nagumo, dormivano.

L'ultimo pensiero del ragazzo prima di addormentarsi andò al fratello. Chissà dov'era? Nell'Ade? Nell'Elisio, nella Piana degli Asfodeli, nelle Isole dei Beati?

Sperò che, dovunque fosse, stesse bene e si ricordasse di lui. Poi si addormentò.

Non gli capitava spesso di sognare, in realtà: di solito cadeva a letto così sfinito che il sonno che seguiva era sempre pesante, lungo e soprattutto senza sogni.

Ma quella notte le cose cambiarono.

Nagumo era in una stanza bianca, accecante. Strizzò gli occhi, confuso, cercando di capire dove si trovasse, ma invano: cosa stava succedendo?

Improvvisamente, una voce lo fece sobbalzare. “Nagumo!”

Non poteva essere non poteva... Ma allora, perché stava già piangendo?

Senza esitare neanche un istante, si voltò. Dietro di lui, sorridente come al solito, le mani in tasca e i capelli per aria, stava suo fratello Suzuno. Vivo.

Di' un po', ti sono mancato, eh?”

Nagumo non rispose nemmeno, saltandogli letteralmente addosso.

Ahia! Fratellino, così mi strozzi!” si lamentò Suzuno, cadendo in ginocchio.

“Te lo meriti, idiota. Un Fubuki...” ringhiò Nagumo, senza allentare la presa. “Come hai fatto... Come hai potuto...” non continuò, sapendo che le lacrime gli avrebbero inevitabilmente spezzato la voce.

Suzuno sembrò capire ugualmente, perché si discostò delicatamente dal fratello, sorridendo. “Lo so. Che idiota. Ehi... Mi spiace, sai? Ma sono venuto per un altro motivo.”

Nagumo si fece forza e sfoderò un ghigno dei suoi. “Tipico tuo. Non fai niente per puro piacere. Se no saresti venuto prima, voglio sperare.” incrociò le braccia e lo squadrò con attenzione, cercando di assimilare ogni dettaglio del volto del fratello.

Quanto gli era mancato... Quanto tempo aveva passato, cercando di fissare il suo volto nella memoria e non dimenticarlo mai, qualunque cosa succedesse...

Quante lacrime aveva versato, non visto, nel suo letto, pensando al fratello perduto! Ed ora era lì. Per un motivo, aveva detto.

Purché parlasse, purché fosse , a lui andava bene.

Riguarda, bé, domani. Ti ricordi il discorso che abbiamo fatto prima che cominciasse la guerra?” chiese Suzuno, esitante.

Nagumo sospirò, scuotendo la testa. “Quale dei centocinquanta?” sbuffò, anche se sapeva perfettamente di che discorso stesse parlando. Voleva solo sentirlo parlare ancora un po'.

Ma sì, quando parlavamo del perché andare in guerra, del fatto che uccidere fosse giusto o no...”

Nagumo annuì: aveva visto giusto. Ci aveva pensato anche lui, tante volte.

Quel giorno avevano parlato a lungo: all'inizio Suzuno non era molto entusiasta all'idea di uccidere altre persone, ma Nagumo l'aveva fatto ragionare. E l'onore? Erano guerrieri, erano nati per questo.

Suzuno aveva acconsentito, e da quel giorno erano diventati due tra i più forti e spietati guerrieri Troiani.

Ma da quando Suzuno era morto, Nagumo aveva cominciato a chiedersi se invece non avesse sbagliato tutto. La chiacchierata con Endou non aveva fatto altro che incrementare questa sua sensazione, ma poi il desiderio di vendetta era prevalso. Prevaleva sempre, che ci poteva fare? Lui era fatto così, fine.

Ok. Sono morto per colpa di questa guerra, e tu, piccola testa infuocata, vorresti vendicarmi.” commentò Suzuno, come se fosse una cosa sbagliata.

Com'era ovvio, Nagumo si inalberò. “Tu cosa faresti?”

Il fratello fece un passo indietro, sorridendo. “Ehi, non è che ci vediamo così spesso, ormai. Sii più gentile.” gli consigliò. Poi, notando lo sguardo affranto dell'altro, il suo sorriso si addolcì.

Non sto dicendo che non apprezzo quello che vuoi fare. E nemmeno sto dicendo che sono contento di essere morto! Ma c'è tanta gente che rischia di passare quello che abbiamo passato noi. Quante persone, nell'accampamento Acheo e a Troia, va a combattere lasciando a casa fratelli, sorelle, mogli, madri, figli? Tutti rischiano di non tornare. Quanto dolore vedi?” chiese a bruciapelo.

Nagumo non rispose, confuso.

Non è che, siccome tu stai soffrendo, devono soffrire anche gli altri.” proseguì Suzuno. “Non ti farà stare meglio. Devi smetterla. Metti fine a tutto questo, fratello! Devi farlo. Non voglio veder morire nessuno! Immagina se Afuro, o Fudou, o Hiroto dovessero...”

Nagumo lo interruppe, sconvolto.

Ma Hiroto è morto.” obiettò, spalancando gli occhi. “È morto lo stesso giorno che sei morto tu. Hanno detto tutti così. In battaglia. È morto, no?”

Suzuno si sorprese. “No, qui non c'è. Insomma, che io sappia non è morto. È ancora vivo, è...”

Nagumo rischiò di cadere per terra dalla felicità. “Dov'è? Dove?” chiese con impeto.

Suzuno replicò candidamente che non ne aveva la minima idea, ma a Nagumo bastava. Bastava sapere che suo fratello era vivo.

Dopo Suzuno, nella sua scala di fratelli preferiti c'era senza dubbio lui, Hiroto. E dopo aver passato mesi a piangere anche la sua scomparsa, pensare di poterlo avere di nuovo al suo fianco era... Era più di quanto avesse mai potuto sperare!

Devo fermare la guerra.” decise subito.

Suzuno inarcò un sopracciglio, sorridente. “Da quando fai quello che ti dico?”

Se poniamo fine a tutto questo, potrò andare a cercare Hiroto! È probabile che lo tengano schiavo al campo degli Achei. Se la guerra finisse, potrei andare a riprenderlo. Pagando, non importa come. Ma la guerra deve finire! Dimmi come fare, ti prego.” implorò.

Suzuno ghignò, con il suo solito ghigno malandrino e ribelle che Nagumo aveva imparato a conoscere meglio del proprio. “E se te lo dico, dove sta il divertimento?” sussurrò, prima di scompigliargli i capelli. Doveva alzarsi in punta di piedi per farlo, ma lo faceva per ricordargli come lui fosse il maggiore (di meno di un'ora, ma poco importava).

Nagumo odiava quando lo faceva, ma non se la sentì di picchiarlo per questo.

Gli occhi presero a pizzicargli, e la testa sembrò farsi più pesante. Il ragazzo si accorse con orrore di essere sul punto di svegliarsi.

Ehi, aspetta!” disse, rivolgendosi con urgenza al fratello. Doveva dirgli ancora tante cose...

Il tempo è quasi finito, Nagumo. Per favore, non combattere. Fallo per Hiroto, ma anche per tutta la gente che se la passa come noi. Me lo prometti?” chiese, serio.

Nagumo sorrise. “Certo. Tutto quello che vuoi.”

La stanza prese a vorticare, ma Nagumo sapeva di dover dire ancora una cosa molto importante.

Ehi, fratellino...”

“Sì?” rispose Suzuno, ormai quasi del tutto scomparso.

Ti voglio bene.” disse, trattenendo le lacrime.

Anch'io, testa vuota.” sentì in lontananza, prima di svegliarsi definitivamente.

Sbatté un paio di volte le palpebre, confuso.

Aveva sognato? Era successo davvero?

Sveglia, mio signore!” esclamò la voce di un servo. “Oggi è il primo giorno di battaglia!”

Nagumo si voltò piano, stropicciandosi gli occhi. Poi fece un sorriso smagliante.

No, io non combatto più.” rispose candidamente, prima di rimettersi a dormire.

 

* * *

 

Kidou non combatteva.

Era il primo giorno di battaglia, ma lui non combatteva.

Non che la cosa lo dispiacesse più di tanto, effettivamente: combattere non era la sua priorità, non in un giorno così bello.

Il cielo era terso, di un azzurro così intenso da far male agli occhi. La brezza marina era frizzante e tiepida, e il rumore del mare sembrava invitarlo a tuffarcisi dentro. I gabbiani stridevano, le colline brillavano... Decisamente, non era una giornata in cui Kidou avrebbe volentieri combattuto tutto il tempo.

Invece doveva andare a prendere la risposta di Endou... Ormai era da più di due mesi che corrispondevano, e aveva imparato tante cose sullo stile di vita dell'amico prigioniero alla Rocca di Troia: il ragazzo si annoiava, questa era la cosa più evidente. Con un sospiro di sollievo avevano tutti constatato che Rococo non riusciva ad avvicinarlo tanto spesso, specialmente la notte.

A parte questo, sembrava che Endou avesse trovato un amico nel principe Afuro: ormai i Re Achei avevano deciso all'unanimità che quel principe, se anche fossero riusciti a far cadere la città, non sarebbe assolutamente dovuto morire.

Anzi, da come lo descriveva Endou, avrebbero voluto conoscerlo!

Ma Kidou traeva un ulteriore vantaggio da quella corrispondenza segreta: c'era il Piccione Viaggiatore, e incontrarlo era sempre un piacere.

Sì, Fudou poteva essere scontroso e lunatico, nonché irrimediabilmente misterioso e incomprensibile. Ma gli aveva salvato la vita, l'inverno scorso. Sotto sotto, cattivo non era, e Kidou era ben deciso a studiare quel lato nascosto del Troiano.

Facendo un profondo respiro, entrò nelle porte della città in cui ormai era conosciuto come “l'Asiatico amico del principe Fudou”, e nella quale non doveva più nascondersi.

Raggiunse quindi senza problemi il Tempio di Atena per incontrare un'altra volta quello che ogni tanto si azzardava a considerare un amico, ma le cose non andarono esattamente come si aspettava.

Il Tempio, solitamente vuoto, era colmo di gente che si stava preparando a combattere.

In un angolo scorse Fudou, intento a dare ordini ad un generale, e lo raggiunse sperando in un chiarimento: non dovevano incontrarsi? Era stato proprio Fudou a proporre quell'orario, dicendo che era meno probabile che qualcuno li scoprisse incontrandosi al mattino.

Oh, sei qui.” lo salutò il Troiano, senza staccare gli occhi dalla spada che stava testando. “C'è stato un problema.” lo informò, secco.

Uscì dal tempio a passo di carica e consegnò l'arma ad un generale, che annuì e se e andò.

Ma si può sapere cosa diavolo sta succedendo? Sembra che vi stiate preparando per una guerra!” esclamò Kidou, sconvolto. “Non vorrete andare a Troia, vero?” chiese poi, colto da un terribile presentimento.

Se anche quell'esercito si fosse diretto contro gli Achei, sarebbero stati guai!

Fudou però sospirò, come preso da un eccesso di stanchezza. “No. Ho detto che c'è un problema. Guarda là.” e con un cenno del mento indicò il mare.

Tre navi si stavano avvicinando al porto della città.

Kidou strizzò gli occhi, confuso. Non sembravano navi Troiane, ma di sicuro non erano Achee.

Vi stanno attaccando? Altri paesi dell'Asia stanno attaccando questa città?” disse, senza capacitarsene. “Ma perché dovrebbero?”

In fondo, quella era una città pacifica. Si occupava di commerci, lo aveva sentito dire da quell'uomo che lui aveva ucciso...

E di colpo, un terribile sospetto si fece largo nella sua mente. “Non sarà per caso il paese da cui... Da cui proveniva quell'uomo che io...” azzardò, senza nemmeno la forza di terminare la frase.

Fudou non rispose subito, fissando il mare con un'espressione indecifrabile.

“Qualche tempo fa è venuto un messaggero proveniente da quel regno. Voleva sapere che fine avesse fatto quell'uomo, se era arrivato, se era partito eccetera. Per quello che ne sapevano, poteva essere affondato o chissà cosa. Ma la voce era girata, e non gli ci volle molto a far sapere in giro che l'uomo era stato ucciso da uno straniero, qui, sotto i miei occhi.” raccontò Fudou, senza staccare gli occhi dall'orizzonte. Fece un verso sprezzante. “Ovviamente, nessuno si è premurato di fargli notare che lui avrebbe ucciso me. Ma non importa, giusto?”

Kidou sobbalzò. Era la prima volta che Fudou ammetteva che sarebbe potuto morire, quel giorno. Spesso, scherzando, aveva cercato di farlo confessare, ma invano. Ora, invece, lo ammetteva senza nessun problema, tutto preso dal suo discorso.

Bé, volevano la mia testa, quindi ci hanno dichiarato guerra. L'ucciso, lui era una persona vagamente importante. Non so più se il figlio o il fratello o il cugino del Re, insomma, uno di famiglia, brutto affare. Avevamo mandato un ambasciatore di pace, e speravamo che in qualche modo avesse funzionato. Ieri sera è tornata la sua testa, senza il corpo. E stamattina, queste navi sono sbucate all'orizzonte.”

Sollevò lo sguardo, puntando i suoi occhi freddi in quelli vermigli di Kidou. “Io non permetterò che questa città venga distrutta, dovessi morire non lascerò che i miei fratelli a Troia muoiano perché senza provviste!”

Kidou rimase colpito da tutta quella determinazione, e sentì di dover fare qualcosa.

Posso aiutare.” affermò, deciso.

Fudou sembrò colpito. “Perché?” chiese, guardingo.

Kidou sorrise, scaltro. “Non lo so... Perché mi piace vederti fare il Piccione Viaggiatore, suppongo.”

Incoccò l'arco, pronto per la battaglia, e sul volto di Fudou si dipinse un ghigno identico al suo.

La prima nave nemica attraccò al porto, e la battaglia iniziò.

 

* * *

 

Hiroto spalancò gli occhi, pieno di entusiasmo.

Il Grande Giorno era arrivato, finalmente! Avrebbe lottato contro Midorikawa per decidere il suo ritorno in patria.

Ormai la sua schiena era perfetta. Perfetta, i segni delle frustate praticamente non si vedevano più. Qualche tempo prima aveva avuto il permesso di alzarsi, ed ormai era tornato in perfetta forma fisica. In altre parole, pronto per combattere.

La smania di partire subito col tempo si era placata, anche a seguito della sfuriata di Midorikawa sul fatto che ad avere fretta ci aveva quasi rimesso la vita.

Aveva capito di aver sbagliato davvero quando aveva letto l'autentica preoccupazione negli occhi scuri del Re Acheo, pieni di rimprovero e di ansia, e si era ripromesso di aspettare con calma e pazienza.

Certo, vivendo fianco a fianco con Midorikawa non era in fondo questa gran tortura, e spesso Hiroto si era ritrovato a desiderare di poter passare con lui sempre più tempo, sempre più tempo...

In realtà, anche se sapeva di dovergli la vita, Hiroto non riusciva a smettere di pensare che fosse Midorikawa quello bisognoso di protezione. Bastava guardarlo per accorgersene.

Così schivo, anche timido, a volte... Così insicuro, e quegli incubi...

Ogni tanto Hiroto sentiva l'impulso di stringerlo, abbracciarlo, anche solo per fargli capire che doveva smetterla di essere così insicuro. Poi però si dava dello stupido, insomma: erano... nemici? No, non riusciva proprio a vederlo in quel modo, anche sforzandosi.

Allora, avversari? Ma come si può essere solo avversari quando si combatte con la vita per fazioni opposte?

Una cosa, Hiroto la sapeva: se anche fosse tornato a Troia, il primo dei suoi fratelli che avesse voluto uccidere Midorikawa sarebbe dovuto passare sul suo cadavere, e al diavolo tutti i discorsi sui nemici e sugli avversari.

Buongiorno!” lo salutò Midorikawa, sbadigliando dal suo letto, Che, per inciso, era quello piccolo e nuovo: alla fine Hiroto si era tenuto quello più grande, e ci scherzavano sempre sopra.

Lo sarà di sicuro!” affermò Hiroto, balzando in piedi e sbirciando fuori dalla tenda. Non c'era più nessuno.

Avevano deciso di svolgere il loro combattimento mentre tutti gli altri erano fuori a lottare, così da non farsi vedere da nessuno. Midorikawa come scusa aveva detto di non sentirsi bene, e chissà come aveva convinto il medico a dirlo a tutti.

C'è nessuno?” chiese l'Acheo facendo per alzarsi, ma si dovette sedere subito dopo, come colpito da un capogiro.

No, nessuno... Stai bene?” rispose subito l'altro, preoccupato.

Sì, sì, non era niente... Il sonno.” lo tranquillizzò Midorikawa, alzandosi normalmente.

Hiroto lo studiò, curioso. “Sei strano... Sicuro di essere a posto? Hai una faccia... Non avrai paura, per caso!” ridacchiò, colpendogli il braccio.

Midorikawa ghignò. “Ti piacerebbe! Dai, andiamo al campo.”

In mezzo all'accampamento c'era un campo che gli Achei usavano per allenarsi durante l'inverno, il loro combattimento si sarebbe tenuto lì.

Hiroto annuì, ed insieme uscirono dalla tenda dirigendosi verso quello che presto sarebbe stato lo scenario di uno scontro epico.

 

* * *

 

Angolo autrice...


Ok, io ho spregio di me stessa.

Due settimane! Vi ho fatto aspettare due. Settimane. Di. Tempo. Oh, che vergogna >.<

A mia discolpa posso dire che la scuola a Maggio è insostenibile, insostenibile! E pensare che alle medie Maggio era così tranquillo... E invece NO, al liceo il programma continua imperterrito fino a sabato 8 giugno... Che gente ù.ù

Bé, tutta questa roba inutile per dirvi che mi dispiace del ritardo, ma tanto tanto tanto.

Passando alla storia...

La pausa invernale è stata necessaria, e nel frattempo sono successe tante cose. La cosa principale però è: i sentimenti hanno avuto tempo di crescere, maturare. Ora sono tutti mentalmente pronti, capite? Sanno di essere innamorati, o per lo meno lo percepiscono.

Atsuya è una cosa a parte, perché oltre a essere divertente e simpatico eccetera è anche molto dolce, e il suo è uno dei pochi amori eterosessuali quindi è anche più semplice (non arrabbiatevi, però è più semplice dichiararsi apertamente tra maschio-femmina che maschio-maschio...).

Invece, Nagumo... Non mi piaceva vederlo come una macchina assetata di sangue e vendetta, tanto più che ho un piano molto interessante per lui... Insomma, mi serviva buono. ù.ù E quale modo migliore per farlo rinsavire, che sfruttare l'amato fratello Suzuno?

Ditemi come vi sono sembrati!

Per Kidou e Fudou, non mi pronuncio perché potrei sclerare (e spoilerarvi troppo, immagino).

Hiroto e Midorikawa, bé, non si è detto molto: è più un riepilogo dell'inverno e un preludio di cosa succederà...

Grazie a tutti quelli che mi hanno aspettata tanto, e scusate ancora!

Vostra

Emma ^^

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Capitolo 11
*** XI ***


XI

 

Fuyuka passeggiava tranquillamente per il palazzo.

Non che non avesse niente da fare, intendiamoci. Però la vita da serva non era come se l'era immaginata: Endou era una persona fantastica, la trattava con mille riguardi e lo sentiva vicino, come se davvero si conoscessero dall'infanzia.

Questo era un problema che ogni tanto la colpiva ancora, ma ormai aveva fatto i conti con la consapevolezza di non avere un passato, un'infanzia. E le andava bene così.

E poi, poi c'era lui. Il principe Afuro Terumi. Oh, ogni volta che pensava a lui Fuyuka non poteva fare a meno di arrossire!

Eppure era così fiero, alto, bello... Divino. Sì, divino era l'aggettivo giusto, ne era sicura.

Insomma, aveva avuto tutto il tempo per conoscerlo, durante quell'inverno, soprattutto perché sembrava l'unico principe con cui Endou andava d'accordo. I due avevano sviluppato un'intesa che aveva dell'incredibile, considerando quanto erano diversi: Endou era sempre allegro ed espansivo, mentre non ricordava di aver mai visto Afuro sorridere (non uno dei suoi soliti ghigni: un sorriso vero).

Nonostante questo, sembrava che entrambi godessero della compagnia dell'altro, e spesso finiva che Afuro passava interi pomeriggi nella stanza di Endou. Dove si trovava ovviamente anche Fuyuka, ed Endou non sarebbe stato lui se non avesse coinvolto la ragazza in ogni loro conversazione!

Insomma, Fuyuka conosceva Terumi molto bene. E poteva dire con tutta certezza di essere davvero pazza di lui.

Insomma, non che si facesse illusioni: principe, serva. Sole, luna. Bianco, nero. Non compatibili.

Ma sognare non costava nulla, no?

Riflettendo, Fuyuka non si accorse di Terumi finché non gli andò a sbattere contro.

Oh! Mi spiace, non volevo! Oh, sono davvero spiacente, non vi avevo proprio visto e-” cominciò, mortificata, ma il ragazzo la interruppe.

“Smettila, non è successo niente! Tutto bene?”

Fuyuka si sentiva rossa come un peperone.

Stava per rispondere, quando due bambini sfrecciarono in mezzo a loro, gridando come dei matti. Inizialmente nessuno dei due ci fece caso: probabilmente si trattava di alcuni fratellini di Terumi – erano davvero tanti, e Fuyuka aveva ormai perso da tempo le speranze di contarli.

Ma riuscì a cogliere una frase pronunciata da uno di loro prima che girassero l'angolo: “...Allora facciamo che arrivavano dei coniurati che cercavano di ucciderti! Poi però io...”

E già erano spariti.

Coniurati.

Ma che cavolo significava? Perché quella parola continuava a risuonarle in testa?

Perché sentiva una voce di bambina che la pronunciava, spaventata?

Era un errore, no? Non si dice così... È congiurati. Congiura. Uccidere.

Il mondo prese improvvisamente a girare, e riuscì a malapena a sentire Terumi che la chiamava – ma forse se lo stava immaginando –  poi tutto fu buio.

 

* * *

 

I nemici non erano tanti, ragionò velocemente Kidou. Da tre navi non potevano scendere più di sessanta soldati, e gli pareva che le truppe di Fudou fossero sufficienti a tenerle a bada. Aveva visto almeno cento uomini armati in giro per la città, era una cosa fattibile.

Stava per rilassarsi, quando vide uscire dall'ultima nave tre uomini mascherati.

Il suo cuore perse un battito: li conosceva, oh, se li conosceva! Quelli erano gli Intoccabili, un gruppo di soldati scelti e addestrati, noti in tutto l'Oriente come il manipolo dei cacciatori di teste più spietati sulla faccia della Terra. Che erano venuti a fare, lì?

Forse si era sbagliato, forse non erano loro... Eppure le grottesche maschere che indossavano per celare la loro identità erano inconfondibili. Oh, ma cos'avevano fatto per meritare una sorte del genere? Chi era l'uomo che aveva ucciso?

Anche Fudou doveva averli notati, perché imprecò piuttosto coloritamente e si diresse di corsa verso il porto, senza neanche aspettarlo.

Ehi! Un attimo, ragiona!” cercò di fermarlo Kidou, correndogli dietro. “Andargli addosso non ti porterà a niente! Siamo solo in due contro tre di loro, che sono i guerrieri più pericolosi dell'Est! Non credi che dovremmo studiare una strategia e...”

E credi che si fermeranno cordialmente ad aspettarci?” ringhiò Fudou, voltandosi di scatto. “Quelli non vanno verso i soldati, non cercano il combattimento. Ce l'hanno con noi, la famiglia reale e te, l'assassino. Doveva essere ben ricco, il Re di quel paese, se poteva permettersi di assoldarne addirittura tre. Si dirigeranno di sicuro verso il palazzo, dove mia moglie e suo fratello... Dobbiamo andare subito!” concluse, scuotendo la testa.

Kidou però non si smosse di un millimetro. “E quando saremo arrivati? Li affronterai uno ad uno? Li distrarrai? Li rallenterai? Non importa dove stanno andando, non cambia le probabilità che abbiamo noi di batterli.” qualcosa nel modo in cui disse noi gli fece sospettare di essere troppo coinvolto, in quella cosa. Non era possibile che avesse detto “noi” con tutta quella tranquillità, come se non avesse fatto altro per tutta la vita.

Oh, ma il piano c'è. Ucciderli. E basta, perché se vanno a palazzo e uccidono mia moglie e suo fratello è finita, capito? E né lei né lui sono abili combattenti, quindi non potremmo muoverci? O sto chiedendo troppo?” ringhiò Fudou, le mani che prudevano.

Kidou pensò che doveva essere completamente pazzo, poi sospirò. “Ucciderli. Ottimo piano. Andiamo.”

E ripresero a correre.

In fondo, anche lui sapeva che le trappole non sarebbero servite, che gli Intoccabili le avrebbero evitate tutte. Erano forti, erano spietati. Erano mercenari, e quale razza più pericolosa di quella che combatte per soldi?

Non sarebbe stata una battaglia come le altre, no. Kidou sapeva che avrebbe dovuto metterci tutto il suo ingegno per vincere, questa volta.

Alla fine arrivarono davanti al palazzo, trovando i cadaveri delle guardie orrendamente tumefatti e lasciati giacere al suolo.

Fudou imprecò di nuovo, e corse dentro il palazzo. Aveva capito anche lui, osservò Kidou, che gli Intoccabili non potevano poi essere lontani: il sangue non si era ancora coagulato, e questo significava che quelle guardie erano appena morte.

E infatti, appena entrarono nel grande salone che fungeva da ingresso del palazzo, due figure si voltarono di scatto. Né Kidou né Fudou ebbero bisogno di controllare le maschere o gli indumenti dei due uomini: erano gli Intoccabili, e ne mancava uno.

A dire il vero, che ne mancasse uno era l'ultimo dei loro problemi.

Immediatamente uno dei due mascherati si scagliò contro Kidou. Il ragazzo fece un balzo indietro, sguainò la spada e parò la serie di attacchi che l'avversario gli stava mitragliando addosso.

Appena ebbe un attimo di pausa, balzò indietro, chiuse gli occhi e analizzò la situazione.

Armatura assente, solo una maglia di ferro. Complicata da trapassare con le frecce, la spada poteva andare. Se riusciva ad avvicinarsi. Potente colpo di spada, evitare di avvicinarsi troppo al lato destro. Punti scoperti: gola, però ben difesa dalla spada; fianchi, sempre ammesso che riuscisse ad avvicinarsi; fronte, se gli faceva cadere la maschera, che sembrava solo appoggiata – almeno, Kidou non vedeva nastri o ganci.

Strategia migliore? L'arco poteva andare, ma solo se fosse riuscito ad allontanarsi abbastanza e a trovare il tempo per tirare fuori l'arco che ancora portava in spalla e incoccare. Sarebbe stata dura. Spada? Aveva già sperimentato la ferocia dell'avversario, era vivo per miracolo. Sembrava che il suo nemico non fosse molto veloce, in compenso aveva una forza sovrumana. Mentre combatteva pendeva un po' troppo a destra, l'aveva notato dai suoi colpi. La cosa migliore da fare allora era sfruttare questa mancanza portandosi alla sua sinistra, dopodiché era essenziale essere rapidi ed efficaci: un affondo sul fianco era consigliabile, anche se forse avrebbe fatto meglio a puntare alla testa... Sì, se fosse riuscito con un colpo di spada a togliergli la maschera, oltre a confonderlo, sarebbe riuscito a ferirlo. Dopodiché si sarebbe potuto allontanare abbastanza da centrarlo in piena fronte con una freccia. Era complicato, ma aveva buone possibilità di vittoria, con questa strategia.

Spalancò le palpebre, concentrato. Tutti quei ragionamenti gli erano costati poco meno di un secondo.

Perché Kidou era così: letale. Se si impegnava davvero in qualcosa – dall'uccidere un mostro assetato di sangue al trovare la posizione più comoda per dormire – non poteva fallire. La sua forza stava nella mente.

Preparati a morire!” sibilò l'Intoccabile, ma Kidou fu più veloce. Esattamente come aveva pianificato, si posizionò rapidamente sul lato sinistro dell'avversario. Schivò due colpi che miravano al suo petto – scontato, troppo scontato! Il petto, andiamo... – e con la spada colpì il centro della sua maschera.

L'Intoccabile ululò di dolore e si portò una mano agli occhi, mente la maschera cadeva a tera con un clangore inquietante.
Kidou non perse tempo e, dopo aver fatto due veloci passi indietro, incoccò una freccia e la scagliò esattamente in mezzo agli occhi dell'avversario. Questi gridò e cadde a terra, immobile.

Kidou sbuffò, spolverandosi i vestiti, mentre un ghigno compiaciuto spuntava già sul suo volto. Si girò verso l'altro combattimento per vedere se Fudou avesse per caso bisogno di un aiuto, ma rimase sorpreso quando vide l'altro Intoccabile cadere a terra nello stesso istante in cui il suo toccava il suolo.

Vagamente stizzito gli si avvicinò. “Buon lavoro.” commentò Fudou, ripulendo grossolanamente la spada nei vestiti del morto.

Il mio è stato più pulito.” scherzò Kidou, riuscendo a strappare un debole ghigno dalla bocca di Fudou.

Come ti pare. Ora faremmo meglio a trovare l'ultimo, prima che...” cominciò, ma un urlo disumano proveniente da una stanza poco lontano lo interruppe. Subito dopo anche un'altra voce gridò, questa volta la voce di una donna.

Fudou sbiancò. “No... No, no, no!” balbettò, alzandosi e correndo verso la stanza da cui erano provenute le voci.

Kidou lo seguì, dubbioso, ma la vista che gli si parò davanti quando entrò fu straziante. Un ragazzo dai lunghi capelli azzurro chiaro e una donna che gli somigliava molto – che fosse la sorella? – giacevano a terra in un bagno di sangue, senza vita.

 

* * *

 

Hiroto non stava più nella pelle. Il momento era arrivato, era pronto.

Imbracciò la spada e la battaglia cominciò.

Hiroto avrebbe dovuto capirlo, però: avrebbe dovuto intuire che c'era qualcosa che non quadrava, in quello che stava succedendo, perché non poteva essere così facile.

Insomma, il prode Midorikawa era famoso in tutta la città di Troia come il più spietato di tutti i guerrieri Achei, quello che non era mai stato battuto: la sua prima ferita era stata quella inflittagli proprio da Hiroto, per di più prendendolo di spalle. E allora perché ora questo valoroso guerriero non faceva altro che difendersi con sempre più fatica agli attacchi del Troiano? Perché pareva sempre più affaticato e pallido?

Ma il ragazzo non ci diede troppo peso. Casa, lui doveva tornare a casa! C'era Nagumo che aspettava, c'erano tutti quanti che lo credevano morto. C'era una vita da principe in confronto ad una vita da schiavo, e la differenza non era poi così marginale.

Forse, si ritrovò a pensare, lo sta facendo apposta. Forse vuole che io vinca.

Sì, era sicuramente così! Quindi, Midorikawa non lo riteneva nemmeno alla sua altezza. Doveva fingersi più scarso per assicurare ad Hiroto la vittoria, per farlo tornare a casa... Conoscendolo, c'era da aspettarsi una cosa del genere.

La rabbia di Hiroto crebbe a livelli inimmaginabili: perché non si impegnava? Perché lo insultava in quel modo? Che onore c'era a vincere così?

Si accanì con ancora più forza, menando fendenti di spada a destra e a manca, accecato dall'ira. Gliel'avrebbe fatta vedere. Lo avrebbe costretto a lottare come era solito fare, e non mosso dalla compassione.

Midorikawa arretrava in continuazione, ma era abbastanza agile per non farsi colpire. Più la situazione rimaneva invariata, più la rabbia di Hiroto cresceva. Come poteva comportarsi così? Era scorretto! Lui non voleva essere liberato per pietà!

Improvvisamente, però, accadde l'impensabile. Proprio mentre Hiroto si stava preparando ad un altro colpo – ancora più forte, ancora più forte – Midorikawa cadde in ginocchio.

Si stava arrendendo? Così? Hiroto lo avrebbe volentieri infilzato. Che si alzasse! Che combattesse da uomo! Voleva davvero finirla così?
Eppure, Midorikawa respirava così affannosamente, e sudava così tanto, che qualche dubbio gli venne.

Che cosa...” domandò, esitante, ma Midorikawa emise un gemito e perse conoscenza.

Hiroto andò nel panico.

Cos'era successo? Lo aveva ferito? Ma no, la sua spada non lo aveva nemmeno sfiorato... Che stesse fingendo? Ma accantonò subito quell'opzione, scuotendo la testa. Ma allora, allora stava davvero male! Com'era potuto succedere? Una malattia grave o una semplice febbre? Contagiosa o no?

Hiroto scosse la testa con decisione: doveva fare qualcosa. Perché tutte le volte che lui era stato male, Midorikawa aveva preso in mano la situazione e lo aveva salvato: ora era il suo turno.

Benedicendo il fatto che nell'accampamento Acheo esistesse un dottore fisso e che il suddetto dottore fosse lì mentre tutti combattevano, corse a chiamarlo.

Questi, dopo aver borbottato qualcosa sul fatto che loro due erano i suoi clienti più assidui, corse a visitare Midorikawa.

Per l'occasione, il re fu steso addirittura sul suo vecchio letto, ma ancora non aveva ripreso conoscenza. Il medico, intanto, pareva sempre più preoccupato.

Allora? Che cos'ha?” chiese Hiroto torturandosi le mani, impaziente.

Il dottore sollevò lo sguardo, grave. “È successo un po' prima del previsto, mi sa. L'infezione è esplosa troppo presto, speravo avesse altri due giorni.” mormorò l'uomo, scuotendo la testa.

Hiroto non capiva. “Di che sta parlando?”

Il dottore inclinò la testa. “Non... Non te lo ha detto? Eppure lo sa da un po'... Accidenti, non vorrei essere io a dovertene parlare. Il tuo padrone ha contratto una malattia strana, qualche tempo fa. È venuto a parlarmene quando si è sentito male la prima volta, e allora l'ho scoperto: è una malattia di questo paese. C'è stata un'epidemia, vari anni fa. Se esiste un antidoto, io non ne so niente.”

Gli ricordava qualcosa. Hiroto ricordava di un'epidemia... Tanta gente che moriva... No, un secondo: cosa?

Gli restano ancora tre giorni.” sussurrò l'uomo, battendo una mano sulla spalla di Hiroto, poi uscì piano dalla tenda.

Il rumore dei suoi passi si affievolì e poi si spense, e Hiroto rimase lì, immobile, indeciso se piangere o vomitare.

Dopo lunghi istanti in cui non successe niente, una voce riscosse il giovane Troiano. “E così... Hai vinto, eh?” mormorò a fatica Midorikawa.

Hiroto voltò la testa di scatto. “Non dirlo neanche per scherzo! Da quanto tempo lo sapevi?”

Midorikawa esitò un po' prima di rispondere: “Una settimana, circa. Mi aveva detto che avevo altri due giorni prima dell'esplosione, poi tre giorni di malattia... Speravo di farcela, a concludere il duello.” sussurrò a fatica.

“E volevi morire così? Senza dirmi niente?” si arrabbiò Hiroto.

L'altro lo ignorò, spostando lo sguardo intorno a sé. “Questo letto...” mormorò, concentrato. “Non credi che porti vagamente sfiga? Ci ficchiamo solo i moribondi...”

Hiroto scosse la testa, cercando di soffocare la disperazione. “Ma io non sono morto. E neanche... Neanche tu devi morire!” gridò, ricacciando indietro le lacrime.

Non posso farci niente. Tu intanto hai vinto. Torna a casa tua.” sussurrò Midorikawa, cercando di alzarsi – senza successo.

Hiroto gli posò le mani sulle spalle. “Non è vero. Non è così... che volevo vincere, proprio no.”

L'altro lo fissò, confuso. “Perché ti importa tanto? Vai. Puoi farlo. Cosa te lo impedisce? Non rendere tutto più difficile.” implorò, il volto arrossato.

Hiroto non sapeva più cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Tutto ciò che sapeva era che Midorikawa non doveva morire!

Lui ricordava qualcosa. Era piccolissimo, ai tempi dell'epidemia. Però Terumi aveva già sei anni, e... E non si era ammalato? Sì! Sì, Terumi si era ammalato, se lo ricordava!

Stava per mettersi a ballare di gioia. Perché Terumi si era ammalato ed era ancora vivo, quindi c'era una speranza, no?

Ma come aveva... E di colpo, la risposta. Se esiste un antidoto, io non ne so niente, aveva detto il medico. Bé, caro mio, è ora di ampliare le tue conoscenze!

Un antidoto c'era. C'era ancora, laggiù a Troia, casomai l'epidemia si ripresentasse, Hiroto ne era sicuro.

Tutto quello che doveva fare era andare a prenderlo!

Senti. Io devo andare a Troia. Un antidoto c'era, c'era!” esclamò, eccitato. “Tornerò, promesso. Tornerò con l'antidoto, ok?”

Midorikawa non rispose, il volto contratto in una smorfia di dolore. E aveva combattuto in quel modo – parando tutti i colpi eccetera – con quella malattia a divorargli il corpo? In un qualsiasi altro frangente, Hiroto ne sarebbe rimasto allibito. Ma non aveva tempo per preoccuparsi di questo.

Hai capito? Non morirai.” disse, più per convincere sé stesso che Midorikawa.

Senti... Prima di morire devo dirti una cosa...” sussurrò a fatica Midorikawa.

Ma tu non muori! Come te lo devo dire?” gridò Hiroto, disperato.

Devo dirti... Che io...” balbettò l'altro, a fatica.

Ma Hiroto gli tappò la bocca con una mano. “Tienilo per dopo.” ordinò. Poi uscì.

 

* * *

 

Ma come è successo?” si lamentò Endou, in preda al panico.

Quegli stupidi hanno detto Coniurati! E lei ha fatto due più due, non è impossibile! Oh, stare vicino a me le ha fatto solo male.” gemette Terumi, camminando avanti e indietro.

Non appena Fuyuka era svenuta, Terumi l'aveva portata nell'unico posto che era riuscito a pensare: la stanza di Endou. E ora la ragazza giaceva là, nel letto del principe Acheo, gli occhi vitrei persi nel vuoto.

Non rispondeva ai richiami, non voleva mangiare né bere.

Di questo passo, sarebbe sicuramente morta.

Ma perché? E va bene, ha ricordato che i suoi genitori sono morti. Ma non è la fine del mondo! Ne conosco altre, di persone con i genitori morti. Vivono lo stesso.” obiettò Endou, camminando avanti e indietro dall'altra parte della stanza. In una qualsiasi altra situazione, sarebbero stati anche buffi.

È lo shock.” replicò funereo Terumi. “Ha dimenticato per troppo tempo, non ha avuto il tempo di elaborare il tutto. Ma se non si sveglia non ce la farà mai!” esclamò, prendendo a camminare ancora più in fretta. Endou lo imitò, concentrato.

Trovato!” esclamò alla fine l'Acheo, eccitato. Terumi si preparò psicologicamente al trauma. “Perché non le dai un bacio? Come in quella storia... Magari si sveglia. Se sei il suo principe eccetera.” commentò, candidamente.

Terumi sperò di aver sentito male. Ma l'espressione di Endou andava oltre ogni fraintendimento.

Stai scherzando? Un bacio?” ribatté Terumi, facendo un passo indietro.

Dai, che male può fare? Secondo me non state neanche male, insieme...” osservò Endou, implorandolo con lo sguardo.

Terumi alzò gli occhi al cielo: non poteva dire di non averci mai pensato.

Fuyuka era così carina, con quei suoi modi di fare tutti impacciati e con quel suo impegno così determinato che metteva in ogni cosa facesse...

E poi, non poteva dire di non essersi preoccupato a morte vedendola cadere a terra, non più di cinque minuti prima...

Però, andiamo! Era una serva!

Ma Endou lo fissava in quel modo, e Terumi non poté fare altro che alzare le spalle e chinarsi sul volto pallido e inespressivo, sfiorandole delicatamente le morbide labbra.

Non successe niente.

Magari non-” cominciò Terumi, ma fu interrotto da un leggero singhiozzo.

Sia lui che Endou si voltarono, sconvolti. Fuyuka aveva sollevato la testa, e li guardava confusa. “È... È successo davvero?” sussurrò, a bassa voce. “Il principe Terumi mi ha...”

Il volto di Endou si aprì in un sorriso così grande che sembrava volergli uscire dalla faccia.

Terumi invece avvampò. “Sì! Cioè, ecco... Dai, no, è che... Come ti senti?” concluse, in un eroico tentativo di nascondere il rossore.

Fuyuka sorrise dolcemente, ignorando la sua domanda. “Allora grazie, insomma... Ho ricordato cose molto brutte, ma quelle cose brutte hanno portato a cose molto belle. Io ho conosciuto te, e poi...” arrossì e non finì la frase.

Endou, magicamente materializzatosi alle spalle di Terumi, lo spinse con forza addosso alla ragazza ridacchiando.

E mentre i due si baciavano di nuovo, Terumi smise di chiedersi in quale cruenta maniera uccidere il suo amico Acheo.

Perché, in fondo, erano secoli che non era così felice.



Angolo autrice:
Olè! E cela fa, a pubblicare questo capitolo! Seriamente, avevo paura di morire prima. Stavolta vi ho fatto aspettare qualcosa come tredici giorni, davvero non so come scusarmi.
Ma non scherzo dicendo che a scrivere la scena di Kidou ci ho messo un'eternità: come si fa ad entrare nella sua testa? Come? >.<
Intanto, vi avviso formalmente che con questo capitolo l'Afuyuka è allegramente conclusa. Sinceramente, era la coppia che mi piaceva di meno, però non ho potuto fare a meno di amare il nuovo rapporto che (io) ho creato tra Terumi ed Endou. Dai, non sono terribilmente cuccioli?
Soprattutto Endou.
Poi, non fraintendetemi, io non sono così pazza da pensare che già ai tempi si parlasse di Biancaneve o della Bella Addormentata, solo... Una versione più antica? In fondo i miti si assomigliano tutti, ci deve essere stato qualcosa di simile, ai tempi ù.ù
E ora... KidoFudo! Vi supplico, ditemi che ve ne pare. Uccidere Sakuma (e sorella, ricordiamoci di quella tizia) era necessario, anche se cruento. Poi, su, è una storia di guerra e finora era morto solo Suzuno... Riscihavo di... farla troppo inverosimile, boh. E comunque, servirà ai fini della trama, abbiate fede.
Ma la parte che mi interessa di più è senza dubbio la grande strategia di Kidou. Per favore, ditemi che è quantomeno verosimile! Lui che si prepara tutto il combattimento in testa, poi spalanca gli occh ied è pronto... Il sangue sudato su quella scena, non avete idea >.<
E infine... colpo di scena! Che si aspettavano tutti HiroMido! E così Midorikawa è malato, giusto per invertire un attimo le parti. Ce la farà Hiroto a tornare al palazzo E POI ritornare indietro? Cosa succederà? Cosa voleva dirgli Midorikawa?
Bene, ora che ho speso le mie belle duecento parol per riassumere un po' il tutto, passiamo ad un avviso un po' speciale...
Oggi, 15/06/2013, io faccio UN ANNO ESATTO SU EFP!
Sono davvero emozionata, e sono felice di poter condividere questo giorno con voi. Perché in questo anno su Efp ne ho fatte di tutti i colori, ho conosciuto milioni di persone favolose (voi, sorpattutto) e continuo a fare nuove incredibili scoperte. Ogni giorno.
Efp mi ha dato tantissimo, e benedirò sempre il giorno in cui l'ho scoperto, per caso, così! Perché è stato un regalo favoloso, ecco.
Grazie di cuore ad ognuna di voi! ^^
Ecco, ora ho davvero finito. A presto!
Un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 12
*** XII ***


XII

 

Goenji sospirò, introducendosi nella tenda di Kidou. Vuota.

Ormai incontrare l'amico all'accampamento era un'impresa, pensò scocciato. Kidou era il più abile stratega che avesse mai conosciuto, ma da qualche tempo era diventato sempre più difficile trovarlo nella tenda.

Improvvisamente, però, si rese conto che non era perfettamente solo: quell'arrogante di Atsuya Fubuki stava tranquillamente sfogliando una pila di carte con un ghigno sempre più ampio dipinto sul volto.

Fubuki in quel momento era l'ultima persona che avrebbe mai voluto vedere, decisamente. Perché era successo solo quella mattina, sul campo di battaglia, e lo ricordava con dolorosa precisione.

I nemici attaccavano con più foga, il primo giorno. Con più crudeltà.

Goenji aveva perso di vista il suo battaglione da molto tempo, ormai, concentrandosi solo sull'abbattere il maggior numero possibile di nemici, proteggendo i soldati della sua fazione. Combattimento a terra, quel giorno, senza carro: solo così poteva essere sicuro di uccidere per davvero i nemici. Era quasi sera, e il re aveva riportato varie ferite in tutto il corpo, ma stava bene: ormai mancava poco, e già pregustava il momento in cui sarebbe tornato nella sua calda e accogliente tenda, quando successe.

Improvvisamente, si ritrovò circondato da nemici: dov'erano i suoi compagni? Erano già rientrati tutti? Com'era possibile, aveva forse perso il segnale della ritirata? No, impossibile... Era semplicemente rimasto da solo, dannazione!

I nemici si incitavano tra di loro a gran voce, esaltati dal fatto che uno dei capi dell'esercito nemico fosse lì, solo, a piedi.

Goenji non si fece intimorire, iniziando ad attaccare più avversari che poteva, ma ben presto la stanchezza cominciò a farsi sentire: dov'erano i suoi compagni? I nemici continuavano ad aumentare... Credette che fosse arrivata la fine quando udì il sibilo di una spada dietro la sua schiena: era impegnato in un combattimento sul davanti, non avrebbe mai fatto in tempo...

Vagamente sleale attaccare da dietro, però.” osservò una voce dietro di lui.

Goenji si liberò del suo duellante con un colpo solo e si voltò, senza parole: dietro di lui, la spada piantata nel petto di colui che aveva cercato di colpirlo, stava l'ultima persone che avrebbe voluto incontrare. Quel Fubuki.

Mi sa che Shirou non è neanche qui, eh? L'ho perso di vista tipo mezz'ora fa. Secondo me sono tutti tornati indietro, abbiamo perso la ritirata.” sbuffò, mettendosi in posizione d'attacco.

Che ci fai qui?” sputò invece Goenji, al colmo della frustrazione. Lui, salvato da Fubuki! Sarebbe morto dall'umiliazione.

Te l'ho detto, cercavo Shirou! Ci conviene tornare indietro.” affermò l'altro, senza smettere di ghignare.

Dopodiché, sebbene fosse l'ultima cosa che Goenji potesse desiderare, si misero spalla contro spalla, lottando con un'intesa che nessuno dei due avrebbe mai trovato possibile. E nel giro di pochissimo riuscirono a fare ritorno all'accampamento. Senza dire una parola, Fubuki si allontanò per cercare suo fratello, lasciando Goenji a ribollire di rabbia.

E adesso come si doveva comportare? Accidenti a quell'idiota, che ci faceva nella tenda di Kidou? E stava... leggendo qualcosa?

Goenji si schiarì la voce, stizzito. “Da quando ai generali è permesso frugare tra le cose dei re?” chiese, acido.

Atsuya alzò lo sguardo senza scomporsi, chiudendo con un colpo solo quello che stava guardando. “Cosa sai del principe Fudou?” domandò, curioso.

Quella sua espressione faceva imbestialire Goenji più di ogni altra cosa al mondo. “E a te che importa?” ringhiò.

Niente. Ho solo chiesto cosa sapevi del principe Fudou.” replicò Atsuya, ghignando.

E io ti ho chiesto che cosa te ne importa.” ripeté Goenji, senza staccare gli occhi da quelli così irrispettosi e beffardi dell'altro.

E io ti ho detto che ti ho solo chiesto cosa-” attaccò Atsuya, gli occhi che brillavano, ma Goenji realizzò che la situazione aveva dell'assurdo.

Smettila! Non mi importa cosa hai detto di aver detto, o... Oh, lascia stare. Che ci fai qui?”

Atsuya sembrò ringraziare il cielo perché gli fosse stata rivolta una domanda quantomeno sensata. Goenji avrebbe tanto voluto strozzarlo.

Cercavo Kidou, per quelle questioni sulla tattica di domani. Ma è fuori da tutto il giorno, se non sbaglio era andato a portare l'ultima lettera. Quindi volevo vedere se aveva lasciato qualcosa di scritto, ma non c'è niente... niente che riguardi la strategia, perlomeno. Quindi credo che tornerò nella mia tenda.” spiegò senza cancellare quel sorrisetto supponente dal volto.

Stava per farlo, e Goenji non avrebbe potuto chiedere niente di meglio, quando udirono la voce la voce di Kazemaru proveniente da fuori dalla tenda.

Ehi, Atsuya! Ma ci sei? Guarda che Yuuka si annoia!”

Goenji per poco non si strozzò. “Y-Yuuka?”

La testa di Kazemaru fece capolino dalla tenda, giusto in tempo per vedere lo sguardo assassino di Atsuya e quello ancora più assassino di Goenji.

Dopodiché, pregò ogni Dio esistente sulla faccia della terra affinché lo facessero sprofondare.

Sì, Yuuka. Il mio – uhm – cuscino. Sì, l'ho chiamato Yuuka.” sbadigliò, facendo per andarsene. “Che sonno! Mi conviene non farlo aspettare. Con permesso...”

Ma Goenji lo fermò. “Conosci Yuuka?” chiese, sconvolto. Yuuka? La sua Yuuka? Ma no, lei era partita quasi tre mesi prima! Possibile che...

Io? Di che Yuuka parli? No, perché ci sono milioni di Yuuka, nel mondo. Il cane di mia zia si chiamava così. E il mio cuscino. E la sorellina di un qualcuno che è approdata qua tipo tre mesi fa. E...” elencò Atsuya, fingendosi concentrato.

Mia sorella.” precisò freddamente Goenji.

Atsuya rischiò di strozzarsi con – con niente, rischiò di strozzarsi e basta. “Era tua sorella? Bassa, trecce castane, occhi scuri?” chiese, per sicurezza.

Goenji annuì, piano.

Mai vista.” assicurò Atsuya, scuotendo freneticamente la testa. Patetico.

Ma ormai Goenji aveva fatto due più due. “C'è una Yuuka che ti sta aspettando, là nella tua tenda, ha detto Kazemaru... Se è il tuo cuscino, non è un problema se vado a vedere?” propose, gelido.

Non mi piace chi si auto-invita, sa di persona solitaria e senza una vita sociale.” borbottò Atsuya, senza mostrare intenzione di muoversi.

Fubuki, non scherzare! Mia sorella è là nella tua tenda? E Kazemaru – cugino degenere – lo sapeva?”

Prima ancora che quell'essere si decidesse ad annuire, Goenji l'aveva capito.

Io vi uccido. Io vi faccio fuori tutti, ma come è possibile? E ha vissuto lì per tre mesi? E lo sapeva, quell'idiota! E tu, come hai osato anche solo pensare di prendere in ostaggio-” cominciò a strillare Goenji, ma Atsuya lo interruppe, furente.

Ok, sarà anche vero che vive da me, ma non farti strane idee! Intanto non è certo in ostaggio, è lei che vuole vivere qui. E l'ha capito anche Kazemaru, per questo non ha detto niente. E non dirmi che conosci tua sorella così poco da non sapere che voleva stare qui con tutto il cuore!” lo aggredì, furente.

Per quanto fosse in collera, Goenji dovette ammettere che sì, era vero.

E inoltre, io non avevo la minima idea che fosse tua sorella! Figuriamoci. Mi sarei innamorato di lei un po' più lentamente, se l'avessi saputo.”

Goenji sbiancò, e dovette appoggiarsi alla testata del letto di Kidou per non cadere.

Oh, sì, e non fare quella faccia. Non puoi essere così cieco da non aver visto quanto è splendida e meravigliosa tua sorella, andiamo! E non solo per com'è fuori – proprio no, sei fuori strada! È per come ti guarda, e quel suo modo strano di ridere come se avesse il singhiozzo, e per come dice “cioè” all'inizio della frase, e per come sa tirarti su il morale semplicemente stando lì ferma ad ascoltarti. Me ne sono innamorato appena l'ho ripescata dal pontile – tra parentesi, brutto non saper nuotare. Insegnaglielo, una volta per tutte. Poi mano a mano me ne sono innamorato sempre di più, e se ti stai chiedendo perché te lo sto dicendo è perché io non permetterò che tu me la porti via, sono stato chiaro?” esplose, svettando sopra di lui con un'espressione risoluta dipinta in volto.

C-cosa? Cos'hai detto?” fece Goenji, troppo sconvolto dagli avvenimenti.

Sì, ecco... C-cos'hai detto, Atsuya?” balbettò una voce da dietro di loro.

Goenji si voltò, esitante, e fece appena in tempo a vedere l'esile figura di sua sorella accompagnata da Kazemaru prima che quella prendesse a correre e si gettasse tra le braccia di Atsuya.

 

* * *

 

Kidou non riusciva a credere all'orrore che aveva davanti agli occhi.

Perché era abbastanza sveglio da capire che Fudou non sarebbe stato così disperato al vedere due corpi qualsiasi stesi a terra – quelli erano sua moglie e suo cognato!

Tutta la loro fatica, il suo combattimento... Non era davvero servito a niente?

Fudou non parlava, non si lamentava. Sembrava che non respirasse neanche.

Ma il suo volto era in ombra, e Kidou sapeva che doveva soffrire tantissimo: in fondo, era la prima volta che lo vedeva inchinato sopra qualcosa e non con la testa alta e fiera come di suo solito.

Ma cosa poteva fare? Fudou sembrava congelato, una statua: lì, inginocchiato davanti a quei corpi, senza emettere un suono...

Esitante, gli si avvicinò da dietro e gli appoggiò una mano sulla spalla. “Senti, io...”

“Non toccarmi!” gridò Fudou, voltandosi di scatto e spingendolo all'indietro.

Nei suoi occhi furiosi Kidou credette di aver visto risplendere delle lacrime, ma era troppo sconvolto per farci caso.

Non capisci? È tutta colpa tua!” gridò Fudou, continuando a guardarlo in quel modo, come se fosse la persona che detestava di più al mondo.

Il cuore di Kidou si strinse a quello sguardo.

Dovevi lasciarmi morire! Lasciarmi morire, chi te lo faceva fare di tirare quella maledettissima freccia? Loro sarebbero ancora vivi, se soltanto... Se soltanto non avessi voluto fare l'eroe!” concluse, ed ogni parola era sempre più dolorosa.

Perché l'hai fatto, eh?” Fudou sembrava impazzito di dolore. Sembrava una bestia. Era spaventoso.

Kidou indietreggiò quasi senza accorgersene. “Io...” Il bello era che non ne aveva idea! In quel momento aveva agito senza ragionare, e adesso... Non aveva mai visto tanto dolore in una persona, né tanto odio diretto verso di sé.

Fudou sembrava sul punto di scagliarglisi addosso, ma all'ultimo si trattenne. Chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e quando li riaprì sembravano svuotati. Quasi quasi Kidou li preferiva prima.

Vattene.”

Non sembrava un ordine, era quasi una supplica. Kidou esitò.

Vattene, vattene, ho detto!” gridò Fudou spazientito, lanciandogli addosso la spada. Il lancio era troppo corto, e Fudou non aveva davvero intenzione di colpirlo, ma Kidou saltò indietro comunque.

Senza dire una parola, si voltò e si diresse verso la porta. Qualcosa dentro di lui gridava che non era così che doveva finire, non in quella maniera. Ma cosa poteva farci?

Decisamente nulla. Arrivato alla porta si voltò un'ultima volta, neanche lui sapeva perché.

Ma poi, poi ringraziò ogni divinità reale e immaginaria per averlo fatto.

Perché fu così che riuscì a vedere che, dall'ingresso dei servitori, l'ultimo Intoccabile stava entrando brandendo una spada.

Gridò, ma sapeva che Fudou non avrebbe mai fatto in tempo.

Gridò, ma poteva ancora vedere la spada che l'altro aveva lanciato poco lontano da sé.

Gridò, ma non era così stupido da credere che l'Intoccabile si sarebbe fermato.

Gridò, ma sapeva che l'unica cosa da fare in quel momento era mettersi a correre.

L'Intoccabile era troppo vicino, non avrebbe fatto in tempo nemmeno a sfoderare la spada: Kidou non ragionò, non mise in moto il cervello, non pensò a quale strategia adoperare per vincere.

Tutto quello che sapeva era che Fudou non doveva morire.

Si gettò in avanti, frapponendosi tra l'Intoccabile e Fudou, intendendo usare il suo corpo come scudo, sempre senza pensare: nessuna strategia, quella volta, un solo obiettivo. Fudou non doveva morire.

Quando il dolore lo raggiunse, fu davvero forte: la spada dell'Intoccabile lo colpì allo stomaco, provocandogli un dolore così acuto da farlo urlare di dolore, un urlo disperato, inumano.

Forse fu quell'urlo a riscuotere Fudou del tutto.

Oh no, non di nuovo!” minacciò, alzandosi di scatto e recuperando la spada.

Kidou si accasciò a terra, tenendosi la pancia: le mani gli si macchiarono di sangue, luci rosse gli danzavano intorno agli occhi.

Non capì come – era concentrato sul restare sveglio – ma Fudou mise fuori combattimento l'Intoccabile senza praticamente battere ciglio: sembrava una bestia, una vera bestia. Gli fece inconsciamente paura, sapere che sarebbe potuto esplodere in modo simile con lui invece che con l'Intoccabile: contro un combattente del genere, nemmeno lui avrebbe avuto scampo.

Subito dopo, Fudou gli si accucciò accanto. “Idiota...” sussurrò, afferrandogli il polso e spostandolo delicatamente dalla ferita.

La tunica era strappata, quindi anche Kidou riuscì per la prima volta a vedere la ferita nel suo insieme. Rimase scioccato.

Un colpo del genere avrebbe potuto benissimo ucciderlo. Se era ancora in vita era solo grazie alla sua faretra: quella striscia di cuoio rinforzato in ferro sulla quale aveva tanto insistito alla fine si era rivelata utile!

Fudou sospirò, e Kidou non capì se fosse per la stanchezza o per il sollievo. “Andiamo, devi sdraiarti.”

Kidou non protestò quando Fudou lo prese rozzamente in braccio e lo portò nella stanza di fianco, forse perché troppo stordito per capire bene quello che stava succedendo.

Lui non aveva pensato! Aveva agito senza riflettere, proprio un momento prima. Cosa gli era preso? Fudou l'aveva appena cacciato, no? Gli aveva detto di andarsene. Perché rischiare la vita in quel modo?

Fudou lo adagiò su un letto e gli lanciò un asciugamano umido: se Kidou si aspettava che gli avrebbe pulito la ferita, era un pazzo. In fondo però sarebbe potuta andare peggio, e Kidou non protestò, cominciando a tamponarsi il taglio.

Tu sei completamente fuori.” affermò Fudou dopo un po'.

Ah, sì?” domandò l'altro, stancamente. “Chiedo scusa. Effettivamente, l'ultima volta che ti ho salvato la vita ho fatto un mezzo disastro, quindi suppongo che anche adesso succederà qualche casino imperdonabile. Errore mio, non ho riflettuto.”

Questo sì che è strano, per te.” ghignò Fudou, e Kidou si sorprese di vedere quanto a fondo il Troiano lo conoscesse.

Scosse la testa, deciso: non era di quello che si doveva preoccupare il quel momento. “Senti, io...” attaccò, ma Fudou lo interruppe.

Oh, non preoccuparti. Non credo che ti ucciderò o cose simili, in fondo non è tutta colpa tua. Prima ho esagerato, ero... Non ero in me.” disse Fudou, seduto in bilico su una sedia, lo sguardo rivolto verso l'alto.

Kidou stava per ribattere che oh, se Fudou aveva deciso di non ucciderlo o cose simili allora doveva ritenersi davvero fortunato, ma quello non gli diede il tempo di dire alcunché, alzandosi e puntandogli il dito contro. “Ma non provare mai più a fare una cosa così stupida! Sei famoso per pensare, no? Rifletti, allora! Non avresti dovuto metterti in mezzo in quel modo. Non voglio che un'altra delle persone che amo perda la vita.” concluse, serissimo.

Silenzio.

Prima Kidou pensò di non aver capito bene, poi ad uno scherzo, ma l'espressione di Fudou... non lasciava spazio a fraintendimenti, decisamente.

Bé, potresti almeno rispondere.” sbuffò Fudou, alzando gli occhi al cielo.

Tecnicamente non era una domanda.” puntualizzò Kidou, puntellandosi sui gomiti.

Fudou ghignò. “Hai capito benissimo, oh intuitivo monarca dei miei stivali. Tu, tu mi ami o no?”

Il primo pensiero di Kidou fu che quella era la dichiarazione peggiore che fosse mai stata fatta nella storia dell'uomo, ed era assurdo che Fudou non stesse nemmeno provando a cancellare quell'arrogante ghigno dalla faccia.

Poi però realizzò che una risposta andava data per forza, e lì rimase bloccato.

Non poteva dire di essere indifferente a quel ragazzo tanto arrogante quanto pieno di sorprese, né che le milioni di pagine che aveva scritto durante l'Inverno e che stavano al sicuro nella sua tenda non contenessero anche pensieri di quel genere.

Ma... andiamo! Non aveva mai preso una decisione sicura su quel punto, non aveva ancora capito cosa provasse esattamente: in fondo non erano nemici? Avversari? Rivali?

Come poteva pensare di amare un Troiano? Lui, lui che non si era mai davvero innamorato di nessuno?

E poi, cos'è l'amore? In fondo, si trovò a pensare, l'amore non è una cosa su cui puoi riflettere. È istintivo, o almeno gli avevano detto così.

Ricordò le uniche volte in cui aveva agito d'istinto, senza pensare: era capitato soltanto in presenza di Fudou, quando questo si era trovato in pericolo. E allora forse non doveva pensare, bastava che parlasse a Fudou senza pensare. Senza pensare con la testa, insomma. Che usasse l'istinto, una volta tanto.

E non appena ci fu arrivato, la risposta scaturì dalle sue labbra come se fosse sempre stata lì ad aspettare.

Sì, io... sì. Proprio sì.”

No, non era istinto. Era il cuore.

 

* * *

 

Hiroto aveva aspettato la fine della battaglia per introdursi nella città, confondendosi con i feriti per entrare senza essere fermato. Che fosse per un colpo di fortuna, per disattenzione delle guardie o chissà cosa, lui non lo sapeva. Quello che era certo era che nessuno lo aveva riconosciuto, ed ora, finalmente, si trovava all'interno di Troia.

Mancò poco che scoppiasse a piangere: Troia! Era tornato a casa, a casa!

Ma si fece forza: doveva trovare quell'antidoto. Ne andava della vita di Midorikawa, e non poteva permettere che morisse.

Per prima cosa, doveva rendersi meno riconoscibile: rubò un mantello ad un venditore ambulante e tirò su il cappuccio fino agli occhi, nascondendo completamente il viso.

Sì, poteva andare: nessuno l'avrebbe riconosciuto.

Raggiunse senza troppi problemi il palazzo, e grazie ad un passaggio segreto che Nagumo e Suzuno gli avevano mostrato secoli prima – “Che gusto c'è ad usare l'ingresso principale?” gli avevano detto ghignando – arrivò all'interno del palazzo, più o meno a metà tra la sua stanza e quella di Afuro.

Visto e considerato che era Afuro l'ultimo sopravvissuto all'epidemia, Hiroto suppose che la cosa migliore fosse partire dalla sua stanza: qualcosa doveva pur inventarsi, no? D'altra parte, non è che avesse molte altre idee.

Ma non appena spalancò la porta della stanza, desiderò con tutte le sue forze di sprofondare nel pavimento, perché solo uno stupido avrebbe potuto irrompere in quella maniera in una stanza senza nemmeno controllare prima se era vuota.

Ehi! E tu chi sei?”

Hiroto ringraziò tutti gli dei che gli vennero in mente, perché quello non era Afuro, ma Endou. Ed Endou non era certo famoso per la sua prontezza né per la sua furbizia, quindi era un po' improbabile che...

Hiroto! Ma sei tu? Ma com'è possibile? Ma non eri morto? Oh, allora...” cominciò a gridare quello, eccitato, prima che il ragazzo in questione non gli tappasse la bocca.

Zitto!”

E quello come aveva fatto a riconoscerlo? Non c'era riuscito ancora nessuno, era praticamente tutto nascosto dal mantello...

Ehi, allora sei davvero tu! Lo sapevo, hai uno strano modo di camminare!” ridacchiò Endou, scostandosi leggermente. “Ma ora raccontami: cosa ci fai qui? Non eri morto?”

Hiroto sospirò: tanto valeva raccontargli tutto, a quel punto. E poi, pensandoci bene, Endou era l'alleato migliore che potesse trovare: a lui importava di Midorikawa, era l'unico che potesse capire.

Capisco...” borbottò infatti alla fine, concentrato.

Ecco, quindi vedi che devo trovare quel-” cominciò Hiroto, teso, ma Endou lo interruppe.

Ci sono! L'altro giorno sono andato in infermeria, c'è questa vecchietta che ha detto che ha un armadietto pieno zeppo di medicine, e ha detto che ci sono tutte! Tutte, capisci? Devi solo andare lì e fartele dare!” esclamò l'Acheo, sorridendo.

Il primo confuso pensiero di Hiroto fu che quel tipo doveva essere molto buono o molto scemo per sorridere in quel modo in una situazione simile. Poi si riprese.

Ma io non posso andare: se mi riconoscessero sarebbe la fine, non potrei mai tornare indietro!” ribatté, scuotendo la testa.

Nessun problema, ci vado io.” propose Endou continuando a sorridere. “Vado e torno, così tu puoi salvare Midorikawa. Però...” abbassò la voce, come se fosse indeciso se parlare o no. “Però mi raccomando. Lui è un tipo un po' orgoglioso, quindi siccome hai vinto non accetterebbe mai di vederti restare. È la sua parola che ti ha dato.”

Era così serio che Hiroto quasi rischiò di prenderlo sul serio. “Ma non scherzare! Non può pensare di aver vinto sul serio, solo...” sarebbe anche andato avanti, se non fosse stato per dei rumori provenienti dall'esterno.

Oh-oh...” sussurrò Endou, concitato. “Io ero venuto qui per vedere se trovavo Terumi, ma non c'era, e mi sa che è questo! Non deve assolutamente vederti!”

Senza perdere tempo, Hiroto si nascose nel primo posto che gli venne in mente: nell'armadio. Endou fece appena in tempo a chiuderlo con forza che la porta della stanza si spalancò, mostrando un Terumi e un Nagumo vagamente sconcertati.

Ehm... Cosa ti ha fatto il mio armadio, Endou?” chiese Terumi trattenendo un sorriso.

Hiroto si chiese da dove venisse tutta quella simpatia: da che ricordava, i rapporti tra i due non erano mai stati molto caldi.

Uhm, niente di che...” rispose evasivo Endou. “Ero venuto a cercarti... Cioè, non era mica per me, sai, ma per una certa persona che sta dalle mie parti e voleva sapere se eri libero per-” continuò maliziosamente.

Ho capito, ho capito!” lo interruppe Terumi in fretta e furia. Era Hiroto che aveva capito male o sembrava quasi in imbarazzo? Terumi? Oh, ma quante diavolo di cose si era perso?

Senti, Endou... Puoi dirle di aspettare un attimo? Stavo parlando con Nagumo, e...”

Oh, ma certo! Scusate se vi ho disturbato, ragazzi!” rispose Endou, e anche senza vederlo Hiroto poteva giurare che stesse sorridendo.

Sentì dei passi che si allontanavano, poi una porta sbatté. Che andasse a prendere quell'antidoto, però...

È una brava persona, no? Endou, intendo.” commentò Terumi, sorridendo.

Lo so. È anche per questo che la guerra deve finire. Non sei stanco di vederlo qui, lontano dai suoi cari?”

Hiroto drizzò le orecchie: parlavano di... far finire la guerra?

Hai ragione, ma... Come facciamo con Rococo?”

“Ascolta, ho un piano. E se ci fosse un duello? Un duello all'ultimo sangue tra Kazemaru e Rococo, solo loro. Chi vince si prende Endou. Chi perde cede, oppure se ne va.”

Ci fu un lungo silenzio, mentre Hiroto non sapeva più cosa pensare. Poi Terumi parlò, dando voce ai suoi dubbi. “Ma...Ma significa che Rococo potrebbe morire, lo sai?”

“E quanti di noi rischiano la vita ogni giorno da quasi dieci anni?” scattò Nagumo. “Questo è l'unico modo per andarci a riprendere Hiroto, hai capito? Io so che è laggiù all'accampamento Acheo, da qualche parte. Ed Endou... Merita di tornare a casa. Se Rococo dovesse morire, sarà con onore e sul campo di battaglia, per mettere fine ad una guerra che non ha più ragione di esistere!” Nagumo ormai stava quasi gridando.

Hiroto non poteva crederci: come sapeva suo fratello che lui non era morto? Come faceva a sapere che si trovava all'accampamento Acheo? Bé, non in quel momento, d'accordo, però...

Si rese conto con stupore che quello rendeva le cose molto più semplici.

Non doveva sentirsi in colpa, nascondendosi in quel modo. Non poteva negare di aver sentito il bisogno di gridare, di farsi vedere dai fratelli che aveva lasciato tre mesi prima e che lo credevano morto, ma così... Oh, così era perfetto. E avrebbero anche fatto finire la guerra? Da non crederci!

Rococo però non accetterà mai.” commentò Afuro, scettico.

Sta a te.” rispose Nagumo testardo. “Sei tu il fratello maggiore, sei tu che, se vuoi, puoi mandare un messaggio agli Achei. Puoi avvisare Rococo solo a messaggio consegnato, non sarebbe fantastico? Sarebbe obbligato a combattere, e basta.” abbassò la voce. “Puoi farlo anche adesso.”

Ci fu una lunga pausa, e Hiroto poteva sentire tutta l'importanza di quel momento.

Una guerra della durata di dieci anni stava forse per concludersi? Poteva davvero succedere?

Un'ultima cosa, però.” aggiunse Nagumo. “Se deciderai di farlo, non dire niente ad Endou. Non accetterebbe mai, lo sai.”

Afuro annuì, e anche Hiroto sapeva benissimo che mai Endou avrebbe permesso a qualcuno di lottare fino alla morte per lui.

Alla fine, Afuro sospirò. “Hai ragione. Hai perfettamente ragione, così non può più andare. Rococo si prenderò la responsabilità delle sue azioni, e basta. Hai una penna?”

Hiroto rischiò di farsi scoprire: dovette spingersi a fondo un pugno in bocca per evitare di emettere suono. La guerra finiva, finiva!

Era troppo bello per essere vero.

Alla fine i suoi fratelli uscirono, e subito dopo apparve Endou. Il fatto che brandisse una bottiglietta che aveva tutta l'aria di essere quella buona rischiò di far scoppiare Hiroto a piangere.

Stava tornando indietro – nemmeno lui riusciva a credere alla propria fortuna – ed era quasi uscito dal castello, quando una voce lo fece sobbalzare.

Ki-Kiyama? Sei davvero tu?”

Una voce che conosceva fin troppo bene, purtroppo.

 

* * *


Angolo dell'autrice:
Puff... Pant... Oh, signori, sono esausta.
Questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto nella mia lunga storia di scrittrice.
Intanto, parlando di Atsuya, potrebbe sembrarvi strano che si metta a sbandierare il suo amore per Yuuka a Goenji, ma... Seguitemi un secondo: il nostro povero ragazzo ha soffocato dentro di sé questi pensieri per un sacco di tempo! Kazemaru non poteva saperlo (magari poi pensava male e portava via Yuuka), e a chi altri poteva dirlo? Insomma, moriva dalla voglia di parlarne con qualcuno.
Prima o poi io scriverò una Goenji/Atsuya perché chi disprezza compra e questi due si odiano troppo perché sia una cosa normale No, sul serio, uccidetemi prima.
Dicevo.
Siccome Goenji minacciava di portargliela via, Atsuya ha dovuto fare qualcosa, ecco.
Per la KidoFudo... Una parola: suicidio. È un suicidio entrare nella testa di Kidou, figuriamoci in quella di Fudou, e se si parla di dichiarazione faccio prima a spararmi in bocca (?) poi boh, ditemi che ve ne pare, perché questi sono difficilissimi da rendere! >.<
E Hiroto... Grandi rivelazioni! La guerra finirà? Non finirà? Aheam... forse questo è il momento buono per dirvi che il prossimo è l'ultimo capitolo.
...
...
Un po' troppo buttata lì, eh?
Oh, bé, prima o poi doveva finire, no? La guerra avrà una conclusione, ma... Come? Finirà tutto bene o invece sarà un disastro dalle proporzioni enormi? Quanti moriranno, quanti invece si salveranno?
Grazie ancora a tutti quelli che recensiscono, preferiscono e seguono! VI AMO TUTTI! (?)
A presto, un bacione, vostra
Emma ^^

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Capitolo 13
*** XIII ***


 

XIII

 

Oh, Hiroto sapeva benissimo a chi apparteneva quella voce.

Perché erano passati tre mesi, ma non poteva dimenticarsi tanto facilmente di una come Reina.

Erano cresciuti insieme, amici sin da quando Hiroto avesse dei ricordi: Reina era di buona compagnia, anche se certe volte tendeva ad essere un po' troppo arrogante e sicura di sé.

Era persino di buona famiglia, e tutti avevano sempre dato per scontato che un giorno si sarebbero sposati: anche Hiroto lo supponeva, quando ci pensava a mente fredda. Oh, insomma... C'era di peggio, no?

C'era stato anche un bacio, una volta.

Erano andati al fiume, prima della guerra, e avevano riso e scherzato tutto il giorno.

Poi Reina gli si era avvicinata, dolce e splendente, e gli aveva appoggiato la testa sulla spalla.

Hiroto si era sentito un po' strano, non del tutto naturale, ma sapeva cosa doveva fare un uomo in un'occasione simile, gliel'avevano insegnato. Quando l'aveva baciata, lei non si era tirata indietro. Ma poi la guerra aveva sconvolto tutti i piani, e di quel bacio non avevano parlato più.

Buffo come, in quei mesi, Hiroto non avesse pensato una singola volta alla sua vecchia amica – che forse era anche qualcosa di più. Non le aveva rivolto un solo pensiero: le volte in cui ricordava la propria casa pensava più che altro a Nagumo, o al massimo ad Afuro.

Il pensiero di Reina che lo aspettava disperata non gli era mai venuto in mente, e subito si sentì avvampare per la vergogna.

Ma... Ora? Come avrebbe fatto adesso? Non doveva farsi riconoscere, doveva scappare e portare l'antidoto a Midorikawa! E poi non sapeva bene dire il perché, ma se doveva scegliere tra passare il suo tempo con Reina o con Midorikawa, lui...

Scosse la testa, deciso. Non erano pensieri adatti alla situazione, quelli.

“Kiyama, sei vero, stavolta? Continuo a vederti dappertutto, tutti credono che io sia pazza e che tu sia morto... Nagumo no, lui è gentile, l'unico... Oh, dimmi che sei tornato davvero! Guardami, almeno!”

La sua voce era così straziante che Hiroto non poté fare a meno di voltarsi e avvicinarsi. “Tra poco torno, promesso. Non è ancora il momento, adesso.” sussurrò, fissandola negli occhi.

Quello che la ragazza aveva appena detto lo rassicurava: nessuno ci avrebbe fatto troppo caso, se fosse andata in giro a raccontare di averlo visto.

Però, come poteva lasciarla lì in quelle condizioni?

Sembrava più sciupata, più stanca e malaticcia. Era anche più magra.

“Kiyama, aspetta... Te lo devo chiedere, ho aspettato tutto questo tempo credendoti morto, e rimpiangendo di non avertelo mai chiesto, però tu... tu mi ami? Io ti ho sempre amato, sin da quando eravamo bambini. C'è stato anche quel giorno al fiume, ma poi la guerra ci ha portato via tutto... Mi ami, Kiyama?”

Il ragazzo, deglutì, indietreggiando. Oh, quello era l'ultimo discorso che avrebbe mai voluto fare!

Come poteva anche solo pensare all'amore, in circostanze come quelle?

Lui era sempre stato tagliato fuori da quell'aspetto del mondo: se gli avessero detto di sposare qualcuno, bé, Hiroto lo avrebbe fatto. Questo aveva sempre pensato, e l'amore c'entrava ben poco. Hiroto aveva sempre commentato che Reina era un'ottima persona e quella con cui si sarebbe sposato più volentieri, ma senza sbilanciarsi troppo: che la amasse non era previsto né necessario, ma se ce ne fosse stato bisogno l'avrebbe detto senza problemi. Ad esempio ad una cerimonia o ad un banchetto, ma per pura formalità. Questo era quello che Hiroto pensava a mente lucida, di solito: comportarsi in quel modo faceva parte dei suoi doveri di principe, punto.

Ma allora perché adesso quel “sì” che sarebbe bastato a rassicurare Reina non voleva saperne di uscire dalla sua bocca?

Lei ancora aspettava, e sebbene sapesse che davanti a sé aveva la sua più-o-meno futura moglie, Hiroto non riusciva a dirle che l'amava.

Perché?
Alla fine lei sospirò, e dalla bocca sembrò uscirgli l'anima insieme al fiato.

“Lo sapevo già. Dovere, matrimonio combinato e niente più che amicizia, certo. Eppure io speravo che questa lontananza... Tu sei innamorato, te lo leggo negli occhi, si vede. E speravo che fosse per me, invece... Su, vai.”

Hiroto si sentiva letteralmente travolto dagli eventi.

Era probabile che Reina fosse davvero impazzita durante la sua assenza. Lo leggeva negli occhi? Ma di cosa stava parlando?

“Io... ti voglio bene, Reina. Ti prometto che tornerò molto presto.” sussurrò alla fine, abbracciandola velocemente e poi voltandosi, correndo via da quel palazzo, la testa piena di pensieri.

Perché non era riuscito a dire a Reina che l'amava?

Perché non l'amava, si rispose istintivamente.

Fu un pensiero un po' duro da digerire, ma alla fine se ne fece una ragione: anche se aveva spesso pensato a lei come la persona che avrebbe sposato, non l'aveva mai desiderata, non aveva mai pensato a lei in quel senso. Era una sua amica, punto.

Ma rimaneva la domanda più importante: che cosa intendeva Reina con quel “sei innamorato di qualcuno”? Che ne sapeva, lei?

A questa domanda non riuscì a trovare una risposta, e alla fine raggiunse l'accampamento Acheo.

Si presentò come lo schiavo di Midorikawa, e dopo aver mostrato la schiena le guardie lo riconobbero e lo fecero entrare.

Raggiunse la tenda del re Acheo e vi si introdusse cercando di fare piano: chissà se Midorikawa dormiva?

“Sei un idiota.” borbottò una voce. Hiroto si voltò di scatto. “Te l'avevo detto di non tornare, no?”

Il Troiano scosse la testa, sorridendo. “E da quando tu puoi darmi ordini?” ghignò, avvicinandosi al letto. “Questo dovrebbe essere un antidoto, è Endou che l'ha trovato, quindi possiamo fidarci. Credo. Spero. Su, bevi.”

Se Midorikawa era sorpreso, non lo diede a vedere. La malattia non era ancora molto avanzata, quindi riuscì a mettersi seduto e ad inghiottire tutta quanta la bevanda.

“Bleah.” fu il suo brillante commento.

“Come va?”

Hiroto non riusciva a stare calmo. E se era l'antidoto sbagliato? E se non funzionava? E se...

“Ehi, già meglio.”

Hiroto avrebbe voluto mettersi a saltellare dalla gioia.

Ce l'aveva fatta! Forse era ancora un po' presto, forse non era ancora finita del tutto. Ma c'era riuscito, la sua missione era andata a buon fine, ce l'aveva fatta!

Poi, improvvisamente, si ricordò di una cosa.

“Ehi, non dovevi dirmi una cosa, prima?”

Midorikawa arrossì. “Ah, uhm, no, niente di che, tranquillo...”

Ovviamente, non avrebbe potuto fare lavoro migliore per incuriosire Hiroto fino alla morte. “Dai, dimmelo!”

“No, dico davvero, non ce n'è...”

“Oh, su!”

Hiroto si era avvicinato a Midorikawa, che era sdraiato, abbassandosi verso di lui.

“Ho detto di no. Sono malato, stavo delirando. E ho, uhm, un vuoto di memoria. Davvero spiacente.” ribatté il re con un filo di voce, senza guardarlo negli occhi.

Hiroto si avvicinò ancora di più, per costringerlo a fissarlo bene. “Se non me lo dici resto qui fino a domattina.” minacciò, e il suo fiato andò a scontrarsi col volto incandescente di Midorikawa.

“Uhm, allora... ok...” balbettò quello, arrossendo un po'. Spostò lo sguardo dritto negli occhi di Hiroto e tutta la sua determinazione sembrò svanire.

“Oh, insomma, era che... Siccome pensavo di morire, volevo dirti... La prima volta che... Io, io ho cominciato a pensare... Oh, è complicato! È da un po' che... Tu, sai... Ma non ridere, eh...”

Sembrava diviso in due: una parte gli diceva di parlare, e l'altra lo obbligava a stare zitto.

A Hiroto venne in mente il discorso su Midorikawa uno e Midorikawa due. Al primo piaccio, il secondo vuole uccidermi.

Ehi, cosa vuol dire “al primo piaccio”? Non era sto simpatico? Perché Hiroto aveva pensato piaccio?

Si ritrovò perso negli occhi di Midorikawa. Scuri, ipnotizzanti, un po' confusi ma così profondi...

Cos'aveva detto Reina? Che era innamorato e lo vedeva dagli occhi.

Come si fa a vedere dagli occhi di qualcuno se è innamorato? Può darsi che ci sia una luce speciale, uno scintillio, un qualcosa in più.

Hiroto, guai a te se ti alzi!”

“Oh, mangia e sta' zitto.”

“No, ho detto di... Ah, ma come fai?”

Piantala!”

“Ahahahahah!”

Rivide come in un flash tutti i momenti che aveva passato con Midorikawa in quei mesi. Era lui o, piano piano, la luce negli occhi del ragazzo si era fatta più intensa?

E ora, ora traboccava, ora quella luce sembrava voler uscire da quegli occhi scuri e belli lì a pochi centimetri da lui.

Erano occhi innamorati, decise immediatamente. Innamorati di chi?

“Uhm, quello che volevo dirti è che... tu... Io ti...”

Non gli importava, perché in quel momento esisteva solo lui, così buffo e dolce e bellissimo a pochi centimetri sotto di lui.

Non rifletté, non ci pensò razionalmente, non dedicò nemmeno un pensiero a Reina e al fatto che probabilmente aveva ragione, lui era innamorato di qualcuno.

Non ci pensò, semplicemente si chinò e posò un bacio delicato quanto passionale sulle labbra calde e morbide dell'altro.

“Anch'io.” disse semplicemente, mentre un leggero rossore si spandeva veloce sul volto di Midorikawa, accompagnato da un immenso sorriso.

Non c'era bisogno di parole.

 

* * *

 

“Oggi è il grande giorno, eh?” ghignò Atsuya, infilando la spada nel fodero.

“Staremo a vedere.” sospirò Kazemaru, soppesando con lo sguardo una lunga fila di lance. “Non mi sorprenderebbe se fosse solo un altro inganno di Rococo...”

“Sei troppo negativo, dai.” cercò di consolarlo Shirou. “Se così fosse, significherebbe che anche gli altri principi ne sono a conoscenza. Non sarebbe proprio da loro, ti pare?”

Kazemaru annuì, sospirando. Certo, era vero. Ma il pensiero di avere Endou così vicino a sé era troppo bello per essere vero. Insomma, bastava uccidere quel bastardo, e poi...

“Ehi, sei pronto?” lo salutò Goenji, raggiungendoli. Fece una leggera smorfia alla vista di Atsuya, ma sembrava aver superato la cosa.

“Diciamo di sì...” fece Kazemaru, sospettoso. “E con la faccenda di Yuuka, come...”

“Tutto perfettamente a posto!” ridacchiò Atsuya. “Yuuka è riuscita a convincere persino questo qua, quindi non ci preoccupiamo. Se la guerra finisce io me la sposo, e tanti saluti al pretendente.”

Goenji sembrava sul punto di scoppiare in una crisi di nervi.

Shirou e Kazemaru, invece, trattenevano a stento le risate.

“Bé, si sa, tra cognati ci si odia...” fu il brillante commento di Kazemaru.

“Piuttosto... Qualcuno ha notizie di Kidou?” chiese Goenji, desiderando con tutte le proprie forze di cambiare discorso.

Kazemaru sventolò una pergamena. “Mi è arrivato un messaggero da... Sinceramente, non so da dove. Diceva di essere mandato da Kidou, e mi ha lasciato questo messaggio. Poi è scappato via. Dice che sta bene, che c'è stata una complicazione e tornerà il prima possibile.” esitò un istante. “Da come scriveva sembrava... Boh, felice. Io non mi preoccuperei.”

Goenji alzò le spalle, rincuorato. “Midorikawa ha detto che usciva un po' più tardi perché non sta ancora del tutto bene, quindi... Ci siamo tutti. Andiamo.”

Sui loro carri splendenti i re si avviarono verso il campo di battaglia, mentre i generali richiamavano l'ordine tra i soldati.

Erano tutti armati, ma sapevano che se tutto fosse andato bene quelle armi non le avrebbero dovute usare.

Infatti, non appena i due eserciti si trovarono uno di fronte all'altro, Rococo fu l'unico a proseguire, e così fece Kazemaru. Si trovavano soli in mezzo ad uno spiazzo immenso, faccia a faccia.

“Hai avuto fegato a proporre questa sfida, principe.” Sputò Kazemaru, squadrandolo con sommo disgusto.

“Di' le tue ultime preghiere, Acheo.” sibilò di rimando Rococo, splendido nelle sue armi scintillanti.

E la battaglia cominciò.

 

* * *

 

Endou non sapeva niente di quello che stava succedendo. Come avrebbe potuto?

Per lui quella era una normalissima giornata di battaglia, in cui si ritrovava a non fare niente per tutto il giorno.

Improvvisamente, però, nella sua stanza fece irruzione una persona...

“Ehi, Fudou! Gliel'hai data, la risposta?” chiese, sorridente.

“Ehi, Endou.” attaccò l'altro, noncurante. “Questa la devi proprio sentire. Oggi siamo... cioè, sono arrivato un po' in ritardo, e quando sono entrato già non c'era più nessuno. Allora ho chiesto a un paio di servi e loro me l'hanno raccontato...” sospirò, appoggiandosi al muro.

“Che cosa?” si incuriosì Endou.

“Senza dirmi niente, ieri sera i miei fratelli hanno deciso di... trovare un modo originale di passare la giornata. A sentir loro, per far finire la guerra, l'unico modo era... Un duello. All'ultimo sangue. Tra Rococo e il tuo Kazemaru. Per quanto ne so, è appena iniziato.”

Endou sudò freddo. All'ultimo sangue? Ma allora... No! No, no, non era così che doveva finire! Non con una morte del genere, e al diavolo l'onore e tutto il resto!

“Fudou, bisogna impedirlo!” si trovò a gridare, urgente.

“E certo! Senza nemmeno avvisarmi...” sbuffò Fudou. “E poi una guerra non si vince così.” sussurrò, stringendo i pugni.

“Ben detto! Ma cosa possiamo fare?” chiese Endou, ormai in preda al panico. Era questione di minuti, di secondi, di istanti...

“Ovvio.” sbuffò Fudou, spostandosi dal muro e aprendo la porta. “Ti va di fare un giro?”

 

* * *

 

Kazemaru era decisamente il migliore.

Forse dipendeva dal fatto che aveva combattuto ininterrottamente tutti i giorni, al contrario di Rococo che invece era tanto se prendeva le armi una volta alla settimana, e stava sempre nelle retrovie.

Fatto sta che subito Kazemaru si ritrovò in vantaggio, costringendo l'avversario ad arretrare sempre di più.

Quello che però il giovane re Acheo non sapeva era che Rococo aveva previsto un'eventualità simile, e non era così stupido da andare in un duello del genere senza prendere delle precauzioni.

Ben nascosto tra le file dei Troiani, infatti, un soldato seguiva concentrato le mosse di Kazemaru: il suo compito era di ucciderlo prima che il suo principe facesse una brutta fine.

Rococo gli aveva promesso enormi ricchezze, se fosse riuscito nel suo compito.

Kazemaru non lo sapeva, però, e andava avanti a lottare con tutto sé stesso: lui rivoleva Endou con tutte le sue forze, e non avrebbe permesso a Rococo di tenerselo. Mai e poi mai.

Con un colpo secco, fece partire la spada dalle mani di Rococo, lasciandolo disarmato, e lo sbatté a terra.

Il principe cercò di rialzarsi, ma Kazemaru glielo impedì. “Siamo alla resa dei conti.” sussurrò.

Qualcosa dentro di lui, una voce che somigliava molto a quella di Endou, gli gridava che uccidere era sbagliato, che non doveva farlo e che ci doveva essere un'altra soluzione...

No, si disse, risoluto. Non piace nemmeno a me, ma... È l'unico modo per riaverti al mio fianco!

Alzò la spada con decisione, e dietro di lui il soldato Troiano si preparò a scagliare la freccia che lo avrebbe ucciso, quando...

“Fermi!”

All'inizio, Kazemaru credette di aver sentito male. Ma allora, perché... Perché aveva già tutta quella voglia di piangere?

“Ho detto fermi! Basta!”

No, non se l'era immaginata, tutti si stavano voltando da quella parte, la stessa espressione incredula dipinta sul volto...

E dalle porte della città, luccicante al bagliore dell'alba, Endou fece la sua apparizione.

Era ancora più bello di come Kazemaru lo ricordasse: era cresciuto, era più maturo, più alto. La pelle più abbronzata, il volto meno rotondo ma non per questo meno attraente.

Se questo è un sogno, si ritrovò a pensare disperatamente, non svegliatemi.

“Basta, fermi! Ma non capite che tutto questo è una pazzia?” esclamò Endou, ormai in mezzo a loro.

Chissà di chi era il carro su cui era arrivato?

Il giovane re sembrava quasi perso, e a Kazemaru si strinse il cuore pensando che erano quasi dieci anni che Endou non usciva da quel castello. Ma quando parlò, nella sua voce non c'era ombra di esitazione.

“Questa guerra è stata lunga e difficile da entrambe le parti, e io lo so meglio di tutti.” attaccò.

Kazemaru beveva le sue parole, senza nemmeno sapere dove trovasse la forza per non saltargli incontro.

Quando il suo sguardo però incontrò quello di Endou, la forza dovette trovarla per non cadere in ginocchio in quello stesso istante.

“Questa guerra non ha portato ad altro che a dolore e distruzione, morte e disperazione, e io l'ho sentita tutta sulla mia pelle. Ma le cose possono cambiare. Siccome Suzuno voleva uccidere Shirou, Atsuya voleva uccidere Suzuno. Siccome Rococo ha rapito me, Kazemaru voleva uccidere Rococo. Siccome ci si è uccisi a vicenda per tutto questo tempo, ciascuno di voi si sente quasi obbligato a onorare i morti uccidendo più nemici possibile. Ma questo, questo cambierà qualcosa? Se ora un esercito venisse totalmente annientato, i morti dell'esercito vincente torneranno forse in vita? Uccidere è qualcosa di terribile. Uccidere lacera l'anima, e non bisognerebbe farlo mai, mai e poi mai. Ogni goccia di sangue versata adesso è una pura e semplice follia, e basta. Noi non dovremmo essere nemici. Siamo popoli diversi, è vero, ma è la diversità che c'è tra noi a rendere il mondo degno di essere visto e la vita degna di essere vissuta. La causa di questa guerra non esiste più, io sono qui in mezzo a voi e voglio andare dove mi pare. Non c'è bisogno di lottare, non capite? Non dobbiamo essere nemici! Capisco che per voi la faccenda del duello fosse sembrata la più onorevole, però... Non sarebbe mai finita, l'animo umano non funziona così. E se mollare adesso per voi significa perdere tutte le ricchezze che vi immaginavate di vincere, bé... una vita, anche solo una, non vale più di mille, ricchezze? E rendere due popoli amici, invece che rivali, non è più importante di mille tesori? Bisogna fare qualcosa di più radicale. Se credete che io abbia ragione, allora... deponete le armi. È giusto così.” concluse il ragazzo, serio e bellissimo.

Il primo a parlare fu il principe Fudou, appoggiato al carro di Endou. “E perché no?”

Lasciò cadere a terra la lancia e la spada, ghignando.

“Ha ragione!” gli fece eco una voce, e tutti gli Achei si voltarono per vedere Kidou, fasciato ma tutto sommato messo bene, gettare a terra l'arco e la spada.

“Sì, è vero!” esclamarono in coro Midorikawa e – stupore da parte di tutti i Troiani – il principe Hiroto, che tutti davano per morto.

“Parole sante!” affermò Atsuya, togliendosi anche l'elmo e lasciando cadere tutte le armi che aveva in mano.

Uno a uno, tutti i principi, re, soldati e generali lasciavano cadere le armi, gridando la loro felicità e il loro consenso.

“Ichirouta...” la voce di Endou era solo un sussurro, ma Kazemaru la sentì come se gliel'avessero sparata nelle orecchie.

Sotto di lui, tremante nella sua armatura che ormai non splendeva più, Rococo aspettava che si compisse il suo destino.

E Kazemaru poteva finalmente ucciderlo, dopo tanti anni passati ad augurargli una morte anche peggiore di quella, poteva vendicarsi per tutto il male che aveva subito...

Ma così la guerra riprenderebbe. Disse una vocina nella sua testa. Giusto, ed era quello che Endou voleva evitare.

In fondo, uccidere Rococo non sarebbe servito a niente: nessuno poteva ridargli quei dieci anni passati ad aspettare, mentre non vedeva l'ora di riabbracciare Endou.

Con un verso sprezzante, gettò la spada lontano da sé. “Sì, è giusto così.” sussurrò, le lacrime agli occhi.

Non avrebbe mai dimenticato quel giorno, mai...

Ma mentre stava per gettarsi tra le braccia di Endou, Rococo gridò. Si scagliò sulla sua spada, e dopo averla raccolta gridò: “Troiani! Non fatevi abbindolare dalle sue belle parole! Sono tutti qui, disarmati: uccidiamoli!”

Subito, Endou saltò giù dal carro e si piazzò in mezzo tra Kazemaru e Rococo. “Dovrai passare sul mio cadavere.” sibilò.

“Prova a passare anche sul mio.” fece Goenji, affiancando l'amico.

“Eh no, fratellino, così non si fa.” ghignò Fudou, avvicinandosi ai due.

“Un accordo è un accordo.” disse Hiroto, raggiungendoli.

“Non gli farai del male.” fu il commento di Midorikawa.

E, com'era appena successo, uno ad uno tutti i presenti – Achei e non – si schierarono dalla loro parte.

“Sei vagamente in svantaggio numerico, non trovi, amico?” commentò Atsuya, da qualche parte nel gruppo.

E fu così che la guerra finì.

 

* * *

 

“E così si torna a casa, eh?” fece Goenji, raggiungendo la tenda di Kazemaru – che era stata ribattezzata di Kazemaru ed Endou, per quell'unico giorno di attesa prima del rimpatrio.

Quei due erano incredibili. Svolte velocemente le loro mansioni di leader, si erano riuniti e nessuno li staccava più. Sembrava volessero recuperare immediatamente tutti gli anni perduti!

Solo guardarli faceva bene al cuore.

“Sì, oggi pomeriggio salpiamo. Gli accampamenti li disfiamo tra un'oretta, poi andiamo a salutare tutti a Troia, dopodiché molliamo gli ormeggi.” rispose Endou, raggiante.

Goenji non ricordava di aver mai visto i suoi amici più felici di così.

“Ma guarda che se a Troia vedo quel bastardo di Rococo io...” iniziò Kazemaru, livido di rabbia.

“Ah, non ti preoccupare, Terumi mi ha detto che l'hanno imprigionato. Prigioniero di guerra, ha detto. Non lo vedrai neanche di sfuggita.” promise Endou, posando un bacio sulle fresche labbra dell'altro.

“E come ti sei messo d'accordo con Yuuka?” si incuriosì Kazemaru.

Goenji sospirò. “Mi sono messo in contatto con mio padre, e alla fine sono riuscito a fargli cambiare idea sul pretendente. Può sposare quel Fubuki, in fondo ha ottime referenze eccetera eccetera... Oh, se dovesse chiedere, una volta ti ha salvato la vita, Endou. Era una referenza necessaria, quindi reggimi il gioco.” avvertì, accennando un sorriso.

Endou rise di cuore. “Lo terrò a mente! Ringrazia il mio salvatore Atsuya da parte mia, allora, per... qualunque cosa abbia fatto. Sei un bravo cognato, dai.”

Goenji arrossì, borbottando che non lo faceva certo per quel tizio ma solo per sua sorella, e uscì dalla tenda inseguito dalle risate degli altri due.

 

* * *

 

Kidou fece un bel sospiro.

Era inutile fingere ancora per molto: lui e i suoi compagni sarebbero dovuti partire in giornata, e... E non poteva farlo senza aver raccontato loro la verità. E cioè che si era innamorato del principe Fudou, e non voleva perderlo.

Quando entrò nella tenda di Kazemaru ed Endou però la sua risolutezza parve svanire, davanti all'assemblea di principi (in cui misteriosamente faceva la sua comparsa anche Atsuya) che si trovava davanti.

“Ehi, eccoti qua!” lo accolse Endou con un largo sorriso. “Siediti!”

Kidou prese posto accanto ad Atsuya e l'assemblea iniziò.

“Allora, il nostro battaglione è pronto a levare le tende subito, però ci serve la prima nave perché siamo rimasti ancora in tanti, sulla seconda non ci stiamo.” attaccò subito Goenji.

“Sì ma noi, oltre che essere tanti pure noi, abbiamo anche i soldati di Itaca! Siamo decisamente di più.” ricordò Atsuya, facendo l'occhiolino a Kidou.

Kidou credette di non aver capito bene. I suoi soldati? “Come, prego?”

“Oh, Kidou, guarda che lo sappiamo.” disse Goenji, alzando le spalle.

“Si vedeva, dai.” commentò Midorikawa, noncurante.

“E che male c'è? Si vede benissimo che vuoi restare. Sai, anche Fudou era diverso negli ultimi tempi. Se te ne vai, ti immagini come si sentirebbe? Inoltre sembri ferito, un viaggio del genere ora ti stroncherebbe di sicuro.” concluse Endou, sorridendo raggiante.

“Su, mio re. Solo, la prossima volta, nascondili meglio i tuoi diari segreti.” fece Atsuya, prima di correre via inseguito da Kidou, tutti che ridevano come pazzi.

 

* * *

 

Endou era passato per salutarli tutti, e ancora Nagumo non poteva credere che Hiroto fosse rimasto nell'accampamento Acheo fino ad allora.

Cosa diavolo doveva fare, laggiù? Non capiva che anche la povera Reina moriva dalla voglia di vederlo? Non capiva che ascoltare la sua voce in campo di battaglia e vederselo sparire da sotto il naso era stato crudele, crudele?

Ma tutti questi pensieri svanirono quando finalmente riabbracciò il suo fratellino perduto, e sentì in quell'abbraccio tutto il dispiacere e l'amore di Hiroto.

Andava bene così.

Mentre Endou salutava tutti – Terumi, Fuyuka, da lui era già passato prima – Hiroto gli espose il suo piano.

All'inizio, Nagumo fu categoricamente contrario.

Ma Hiroto insistette. E in fondo, tutto quello che Nagumo voleva era vederlo felice, e al massimo saperlo felice.

“Ma insomma, Terumi una schiava, Fudou si porta dietro un Acheo e tu... Adesso mi scappi in Messenia con quel Midorikawa? Si può sapere cosa mi aspetta per il futuro?” si lamentò, scuotendo la testa.

Hiroto non rispose, ma il suo sorriso così furbo parlava meglio di mille parole.

Fuori dalla finestra, Reina passeggiava per il giardino.

 

* * *

 

E le navi salparono.

Avevano aspettato fino all'ultimo, ma ormai il sole stava tramontando e tingeva di rosso il mare calmo e silenzioso, quindi le navi mollarono gli ormeggi e semplicemente salparono.

Dai pontili erano tanti a sventolare le mani in segno di saluto.

Endou sembrava voler cadere in mare, e probabilmente sarebbe già successo se Kazemaru non lo stesse tenendo così saldamente per mano.

Atsuya si era in qualche modo arrampicato sull'albero maestro e non faceva che gridare di gioia, sbracciandosi per salutare gli altri e facendo ridere a crepapelle la sua Yuuka, là sotto.

Shirou era più composto, ma non per questo meno commosso.

Hiroto cercava di non piangere, mentre Midorikawa lo teneva stretto sussurrandogli nell'orecchio qualcosa che nessuno sentì, ma che lo fece sentire meglio.

Persino Goenji si ritirò nella sua cabina, a suo dire per il mal di mare, ma tutti avevano visto la lacrima subito fatta sparire dal suo volto.

Sul molo, Kidou, Fudou, Nagumo, Reina e Terumi rimasero immobili finché le navi non sparirono all'orizzonte.

“Bé, sono andati.” sospirò Nagumo, voltandosi e tornando verso il castello, seguito da Reina e Terumi.

“Ce ne andiamo anche noi?” chiese Fudou, gentile.

“Ancora un minuto.” rispose sommessamente Kidou, un sussurro a malapena udibile.

Aveva appena detto addio ai suoi amici, alla sua casa, alla sua vita.

“Non è che non li rivedrai mai più...” sbuffò Fudou, ma non udì risposta.

Allora, piano, passò un braccio intorno ai fianchi di Kidou. “Sai, dicono che una fine sofferta porti... ad un inizio ancora più grande. Tu che ne dici?” soffiò, il volto a pochi centimetri da quello di Kidou, il solito ghigno che gli aleggiava sulla faccia.

Quando l'altro parlò, non c'erano incrinature nella sua voce. “Puoi scommetterci!”

Il bacio che si scambiarono sapeva di tramonto, di mare e di promesse.






Angolo dell'autrice:

E... sniff... E con questo capitolo la storia è ufficialmente conclusa!
Otto pagine di sclero, però, perché è stato quello senza dubbio più difficile da buttar giù. Non c'è storia.
Passando a noi... Ho pensato di mettere una vecchia fiamma di Hiroto (pppffffff) per convincerlo che Midorikawa è quello giusto per lui, altrimenti rischiava di metterci un'eternità (anche perché Midorikawa non è il tipo dalla dichiarazione facile, avrete notato).
Ah, questa parte sarebbe dovuta stare nesslo scorso capitolo, solo che era già troppo lungo... Questo si sarebbe dovuto concentrare solo sulla battaglia finale e gli addii, ma è andata com'è andata.
La battaglia.
Che Rococo fosse un bastardo l'avevate intuito tutti, eh? Mentre così ne avete la conferma. Oh, se lo odio.
Invece, a sorpresa, Fudou salva tutti! Eh, qualcuno doveva essere, e chi meglio di lui?
Insomma, spero che le varie conclusioni vi siano piaciute, così come la storia in generale!
Ragazzi, è stato stupendo scrivere una storia del genere, favoloso. Sono davvero felice di aver condiviso quest'esperienza con voi, quindi voglio proprio ringraziarvi: no nsarebbe stato possibile senza il vostro supporto, avrei mollato tutto molto tempo fa. Quindi vi meritate un ringraziamento speciale! ^^


GoadaJoestar: grazie di cuore per le tue recensioni, sei stata gentilissima! Spero davvero che il finale ti sia piaciuto! ^^

_Met_ : Ciao! Sei stata un angelo a recensire, spero di non averti delusa! ;) Grazie di tutto!

fubuki yuri: le tue recensioni erano sempre splendide, grazie di cuore per essere passata e aver lasciato un commento! A presto!

_Kiiko Kiah : Grazie di tutto! È merito tuo se in questa storia ho messo l'AtsuYuuka, sei stata tu ad ispirarlo! Grazie mille per le tue recensioni sempre presenti e sempre splendide!

SaraPallina: Ciao! Ehi, questa storia è nata mentre tu russavi, quindi hai una parte molto importante in tutto ciò ù.ù Grazie per i tuoi commenti e per l'ispirazione, sorellina! ^^

si99: Sissy! Non so come avrei fatto senza le tue recensioni, davvero. Grazie di cuore per tutti i consigli, le chicchierate, gli aiuti... Sei stata un vero angelo, non ti ringrazierò mai abbastanza! ^_^

Raven Cullen: Ciao! Non so proprio cosa dire: sei sempre stata qua a recensire ogni capitolo con costanza e simpatia, con allegria e -pseudo-puntualità! xD Grazie infinite per tutte le recensioni piene di consigli, allegria, battute e siparietti canori! XD

_signorinah: grazie di essere passata, spero davvero che questo finale ti sia piaciuto! ^^

micchan91: ciao! Grazie mille per essere passata, sei stata davvero gentile! Spero che la storia ti sia piaciuta!

White_Moon: grazie infinite per i commenti, speroa che la storia ti sia piaciuta! Un abbraccio ^^

Triple Baka: Ehilà! Sono felice che qusta storia ti sia piaciuta, sei stata - siete state? - gentilissima! Spero che anche il finale non ti deluda!

animedoro: ciao! Grazie di cuore per il commento, sei davvero gentile! Sono felice che la storia ti sia piaciuta, goditi il finale! ^^

Bianca_Chan: ciao! Grazie di cuore per essere passata, sono felice che la storia ti piaccia! A presto! ^^

madda_chan: ciao! Sei stata davvero gentile a recensire tutti quei capitoli, grazie infinite! Le tue parole erano sempre stupende, quanto mi hai fatta stare bene! ^^ Sei stata davvero gentile, grazie ancora!


Insomma, grazie a tutti di cuore: sono felicissima di aver condiviso questa storia con voi! ^^
Ci vediamo in giro? :3
Vostra
Emma ^^

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