La carezza di un'altra illusione di kiara_star (/viewuser.php?uid=58219)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo ***
Capitolo 2: *** capitolo ***
Capitolo 3: *** capitolo ***
Capitolo 4: *** capitolo ***
Capitolo 5: *** capitolo ***
Capitolo 6: *** capitolo ***
Capitolo 7: *** capitolo ***
Capitolo 8: *** capitolo ***
Capitolo 9: *** capitolo ***
Capitolo 10: *** capitolo ***
Capitolo 11: *** capitolo ***
Capitolo 12: *** capitolo ***
Capitolo 13: *** capitolo ***
Capitolo 1 *** capitolo ***
1° Capitolo
Salve a tutti, questa storia è una Thorki
atipica in
quanto fondamentalmente HET, cosa possibile grazie al gentile
avviso “Gender Bender”.
Perciò, se non è gradito, bye bye ^^
A voi che invece avete deciso di restare, chiedo il tempo della lettura
di un paio di note:
- Ci saranno
capitoli con scene erotiche che potrebbero andare contro il
regolamento in quanto incest,
per evitare quindi un’eventuale cancellazione,
provvederò
a postarle censurate.
- Siccome sono una capra assoluta in materia di comics e
di
mitologia norrena, tutti i riferimenti e le spiegazioni di vari
argomenti saranno frutto della mia ignoranza
fantasia.
- È una pre-Thor, molto pre, a dire il vero,
talmente pre
che non c’è ancora Heimdall. (Piccola
paraculaggine
necessaria altrimenti il “giochino” non funzionava
u///u).
- Il titolo è preso da un verso della canzone
“Il
mondo dei sogni” di Marco Masini.
Bene, auguro una buona lettura a chiunque sia sopravvissuto a queste
note soporifere. Purtroppo dovevo ^///^
Kiss Kiss Chiara.
Disclaimer:
I personaggi e le immagini usate sono dei legittimi proprietari e non
vanto su essi alcun diritto. Storia scritta e pubblicata senza scopo di
lucro.
***
“La
carezza di un'altra illusione”
I.
Era appena sorta l’aurora e tutta Asgard ancora dormiva
cullata da sogni dorati, solo la servitù era sveglia,
intenta ad eseguire ogni ordine impartitole.
Quando l’urlo riecheggiò nel palazzo reale, ogni
orecchio si tese in ascolto. Era acuto, quasi provenisse dalla gola di
un’aquila in volo, ma le aquile, si sa, non sanno parlare
lingua comprensibile agli Aesir, e l’urlo che
risuonò una seconda volta con furia, sorreggeva un nome, un
nome noto, un nome che quasi non stupì nessuno.
«Il principe ne avrà combinata un’altra
delle sue.»
La piccola Linn alzò la testa dalle sue braccia piegate sul
tavolo, dove era caduta vittima del sonno del primo mattino.
«Spero non di nuovo ai danni della povera Lady Sif.»
Udì le due donne parlare ma non capì.
Piegò la testolina e tornò a chiudere le
palpebre.
*
«LOKI!!!!!!»
Aprì un solo occhio e lo rivolse al bagliore fastidioso del
sole.
«Accidenti» borbottò coprendosi la testa
con la coperta. Troppa luce, troppo rumore, troppo sonno e lui voleva
solo continuare a dormire.
La porta fu aperta con forza e sbatté contro il muro con un
fracasso sgradevole.
Passi esagitati a cui Loki non volle dare ascolto.
«Loki, che cosa mi hai fatto?»
Continuò a dormire - a fingere di farlo.
Si
sarebbe stancata e sarebbe andata via, al massimo, l’avrebbe
fatta evaporare con due sole dita.
Non si disturba mai un dio che dorme, disturbare il dio degli inganni
equivale a un suicidio.
«Maledetto, svegliati!» La coperta sparì
e il suo piede sinistro venne colpito dalla gelida aria della
balconata.
«Sif, sparisci, sto dormendo» sibilò
pacato sistemandosi meglio sul cuscino.
«Non sono Sif, idiota!»
«Ahi!» Un pugno? Gli aveva dato un pugno su una
coscia? Forse aveva deciso veramente di perdere tutta la testa questa
volta.[1]
Si voltò con un gesto seccato del busto. I capelli scomposti
e una luce omicida ad illuminare gli occhi.
Scrutò la
figura che si stagliava davanti al suo letto con la sua coperta stretta
nella mano destra ed un respiro affannato che avrebbe potuto essere
quello di un lupo a caccia.
Una tunica esageratamente corta da cui scendevano gambe neanche troppo
lunghe. Risalì con lo sguardo e lo portò al suo
viso: vi
trovò specchiata la sua stessa collera ma in iridi azzurre.
«Tu sei...?» Giusto per sapere il nome della donna
a
cui avrebbe tolto ogni possibilità di vita futura, ma lei lo
guardò furente aggrottando la fronte e gli rifilò
un altro pugno, o almeno ci provò, visto che
riuscì a bloccarle il polso in tempo. «Donna, ti
avviso che la mia pazienza ha un limite.»
«Anche la mia, fratello!» Il secondo che
sprecò per decifrare l’ultima parola, gli
costò una ginocchiata in pieno stomaco.
Non ebbe neanche il tempo per percepirne il dolore che si
ritrovò due mani a scuotergli le spalle.
«È uno scherzo orribile, Loki! Fammi tornare come
prima! Subito!»
«Come osi?!» Le scostò entrambe con poca
gentilezza e si massaggiò una scapola indolenzita.
Ormai il sonno era andato, ma ciò che aveva più
importanza era che
quella femmina rumorosa aveva chiaramente osato intrufolarsi nelle sue
stanze ed aveva iniziato ad abbaiare irritanti demenze.
Si alzò e la fronteggiò abbassando lo sguardo
sulla sua statura di poco più bassa. «Ti ordino di
uscire da qui
oppur-»
Ancora prima di concludere la sua minaccia si ritrovò
nuovamente spalle al
materasso ed una serie feroce di pugni a colpirlo in ogni dove.
Riuscì a fermarne alcuni prima di muovere le dita e
lasciare che una leggera polvere verdastra cingesse il corpo di
quell’essere molesto.
Subito dopo la donna iniziò
a fluttuare per aria dove restò continuando a ringhiare
insulti che sarebbero risultati sconvenienti anche sulla bocca di quel
uomo mancato di Sif.
Loki fece affidamento a tutta la sua pazienza per non farla volare
giù dalla balconata, perché se c’era
una cosa che lo faceva imbestialire più
dell’essere disturbato, era il non sapere il motivo di quel
disturbo, giusto per calcolare correttamente il numero delle frustate
che le sarebbero toccate come punizione.
Si mise a sedere sistemandosi alle meglio i capelli e,
all’ennesima sfilza di maledizioni, tappò la bocca
della ragazza con un semplice gesto della mano.
Alzò lo sguardo sull’ospite indesiderato che aveva
deciso di gesticolare in aria per sopperire alla mancanza di voce. Il
suo viso si tingeva sempre più di porpora per la foga con
cui stava tentando invano di muovere le labbra.
Quegli occhi azzurri
parevano volerlo fare in mille pezzi eppure... Sì, era come
se li avesse già visti prima.
Scosse la testa e prese un respiro.
«Sei ugualmente molesta, donna. Smetti di muoverti, smetti di
colpirmi e renderò il tuo castigo meno doloroso.»
Non avrebbe mai mantenuto fede a quella parola, come ogni volta.
Aspettò qualche attimo prima che quella furia in gonnella si
decidesse a collaborare.
Doveva essere una cortigiana che suo fratello si era portato in camera
la sera prima, probabilmente un’altra con seri problemi
mentali come quella che aveva gridato: “Frustami, dio del
tuono”, per tutta una notte impedendogli di
chiudere occhio.
Che fossero dannati entrambi!
Ma questa aveva qualcosa di diverso. La studiò ancora senza
però riuscire a capire cosa fosse.
I lunghi capelli biondi
le avevano coperto una parte del viso che però poteva ancora
notare furente.
Si lasciò sfuggire un sorriso divertito e la fece scendere
fino a toccare con i piedi nudi il suolo. Tenne l’incantesimo
di stasi però, perché quella lì aveva
la mano pesante, nonostante la figura esile per nulla da guerriera.
Forse era una valchiria. Forse.
Troppi dubbi. Voleva vederci chiaro e liberarsi di quel problema quanto
prima.
«Ti consentirò di parlare ma appena la tua lingua
pronuncerà una frase sgradevole,
ti getterò da quel
balcone senza esitazioni.» Le indicò la balconata
aperta alle sue spalle con un ghigno che avrebbe dovuto spaventarla ma
che ebbe come unico risultato quello di farle roteare gli occhi, poi lo
fissò per qualche attimo ed annuì. «Sai
chi sono, non temere che non mantenga fede a ciò che
prometto.» E con quelle parole fece dissolvere la nebbiolina
che le teneva bloccate labbra e gambe ed aspettò che facesse
un passo falso.
Era certo che l’avrebbe fatto e in quel caso sarebbe stato
più che felice di farle fare un bel volo.
La ragazza però restò ferma e in silenzio. Le
spalle si alzarono ed abbassarono con un ritmo frenetico poi lentamente
si stabilizzarono.
«Tu...» Ma il ritmo riprese quasi subito e Loki
alzò un angolo delle labbra.
«Io, cosa?»
«Tu. Sei. MORTO!» Un attimo dopo il suo palmo si
fermò ad un soffio dai seni di lei mentre tornava a
bloccarla.
«No, tu lo sei.» Ecco cosa ci voleva per
risollevare quella giornata iniziata nel peggiore dei modi.
«Provaci e giuro su nostro Padre che ti prendo a calci in
quel tuo sedere ossuto!»
«Mi hai stancato, donna. Goditi l’aria mattutina
dei giardini di Asgard.»
La fece sollevare di nuovo in aria.
Quel gioco era durato troppo.
«Sei tu che hai stancato con i tuoi scherzi infantili! Fammi
tornare come prima!»
«Smettila con questa storia. Stai offendendo non uno, ma due
principi con le tue parole ingiuriose ed ora allietami con la tua
dipartita.»
Ma prima che potesse spedirla fra i rovi delle amate rose di sua madre,
quella lo guardò dritto negli occhi ed urlò:
«IO SONO THOR!»
Forse fu la convinzione con cui lo disse, forse voleva sapere
perché una stupida cortigiana o chiunque ella fosse, stesse
mettendo su un teatrino come quello.
«Non so se il tuo cervello sia sviluppato abbastanza, ma
vorrei farti presente che per poter vantare una simile affermazione
dovresti come minimo essere un uomo e, da quel che vedo, hai qualche
mancanza e qualcosa di troppo per essere tale.»
Portò divertito gli occhi su un seno che sbucava dalla
tunica e poi di nuovo al suo viso arrossato.
«Sono stanco di giocare, Loki. Poni rimedio a questa
stregoneria e non ti farò troppo male!»
Una risata salì dalla sua gola. «Sei coraggiosa,
te ne do atto, però sei anche stupida per cui -»
«Ubbidisci e spezza questo incantesimo!»
«Io non ho fatto nessun incantesimo e di certo non avrei
sprecato tempo ed energie per farlo su una come te, stupida femmina
arrogante!» Perse un po’ di calma e decise che
bastava così. «Ed ora sparisci!»
«Fratello, aspetta! Se non sei stato tu, allora chi
è
stato?» Per le Norne, perché continuava a darle
ascolto?
«Io non sono tuo fratello» sospirò
grattandosi un sopracciglio. Scoprì di avere più
pazienza di quel che credeva.
«Sono io: Thor! Stamattina mi sono svegliato così!
Ma sono io!» Aveva smesso di dimenarsi e lo fissava con una
luce diversa che lo fece sospirare di nuovo: adesso pretendeva di
impietosirlo?!
Se non avesse fatto una simile intrusione, l'avrebbe perfino trovata
graziosa.
«Quindi tu sei mio fratello Thor e stamattina ti sei
svegliato donna. È corretto?»
«Sì! Esatto! E se non è opera tua deve
essere stato qualcun altro a osarmi un tale affronto.»
Le sue labbra si piegarono all’insù.
«Quindi se adesso vado in camera sua non lo
troverò addormentato come un pentapalmo gravido dopo
un'abbuffata. È corretto anche questo?»
«Io non dormo come un pentapalmo!»
Riuscì perfino a strappargli un risolino.
Sì, aveva fatto un egregio lavoro, quell’uscita
era proprio degna di suo fratello.
Buttò uno sguardo alla porta ancora aperta decidendo che
poteva anche levarsi quella curiosità, in fondo la vendetta
andava gustata lentamente.
La lasciò volteggiare in aria e si diresse verso le stanze
che fronteggiavano le sue.
«Non andare scalzo, ci sono cocci rotti a terra!»
Non sprecò tempo ad ascoltarla e continuò il suo
percorso.
La porta era aperta. Entrò e-
«Ahi!» Qualcosa gli punse una pianta del piede.
Abbassò gli occhi stizzito e vide frammenti di ceramica
bianca sparsi un po’ in ogni dove.
Si tolse la scheggia con una smorfia infastidita e gli bastò
passare le dita sulla ferita per farla richiudere all’istante.
«Bel tentativo, donna» sospirò fra
sé mentre cercava suo fratello sul letto.
Era vuoto, sfatto e in disordine - come di prassi- ma lui non
c’era.
«Thor?» lo chiamò avviandosi nelle
stanze da bagno. «Fratello, sei qui?» Neanche
stavolta ricevette risposta.
Thor non era mai stato un tipo mattiniero e si alzava di buonora solo
se era giornata di caccia o era in programma qualche duello,
perché in quel caso destinava la mattinata ad allenarsi
strenuamente. Era sempre stato un tipo noiosamente prevedibile.
Cercò ancora nella stanza ma, al nulla che ebbe come
risposta, tornò nelle sue, stavolta facendo attenzione a
scansare i cocci a terra.
«Mi credi, ora?» Fu la frase che lo accolse quando
rientrò nelle sue stanze. Chiuse la porta senza dire nulla e
le si avvicino. «Allora?»
Con un gesto della mano sciolse l’incantesimo che la teneva
legata facendola cadere crudelmente a terra da un'altezza di sei piedi
circa.
Al tonfo che ne seguì represse un altro sospiro annoiato.
«Potevi essere più delicato!?»
brontolò la ragazza sollevandosi in modo
così rozzo che a Loki venne il dubbio che quella non fosse
davvero una donna.
«Dov’è mio fratello?»
domandò serio con una nota di irritazione appena accennata.
«Ma vuoi capirlo che sono io tuo fratello?!» In
pochi passi gli fu di fronte con quei fastidiosi occhi azzurri
incollati ai suoi. «Come devo convincertene?»
La situazione iniziava ad essere davvero irritante e lui non aveva
ancora fatto colazione né aveva avuto modo di rilassarsi
nell’abbraccio di un caldo bagno, per cui "irritante" era un
aggettivo limitativo.
«Se non sei stato tu allora devi aiutarmi a capire chi
è stato!»
«Chi è stato a fare cosa?» chiese solo
per indispettirla, sapendo bene che avrebbe continuato con quella
farsa.
«A farmi questo!» rispose prevedibile allargando le
braccia.
Loki percorse con uno sguardo nuovamente il suo corpo e sorrise.
«Fossi in te non mi lamenterei. Con un po’ di
grazia e di buone maniere saresti anche una donna passabile.»
«Smettila di scherzare, Loki!» Ma quando le sue
mani gli agguantarono le braccia la fulminò con
un’occhiataccia. «Aiutami... Sono io, devi
credermi... Ti prego, fratello.» Quella supplica gli fece
passare spazientito due dita sulla fronte.
Una pazza che lo svegliava urlandogli nelle orecchie e millantando
storie assurde su incantesimi che lui avrebbe lanciato ma soprattutto
sull’essere suo fratello Thor: un inizio di giornata troppo
impegnativo anche per lui.
«Chiedimi qualsiasi cosa, qualcosa che posso sapere solo
io!»
Ghignò scuotendo la testa e si allontanò verso il
balcone. «Che stupidaggine...» alitò
divertito.
«Quando eravamo bambini dormivamo sempre insieme nel tuo
letto.»
«Tutti i fratelli lo fanno. Ritenta.» La
guardò superbo e lei serrò la mascella.
«Nostra madre ci raccontava leggende dei Nove Regni ma io mi
addormentavo sempre prima di ascoltare la fine.» Il sorriso
sul suo viso sfumò gradualmente mentre assottigliava lo
sguardo sul suo viso. Quel particolare non poteva davvero saperlo.
«E la mattina ti tormentavo perché mi dicessi come
terminava la storia.»
«Ed io cosa rispondevo?» Cercò
un’ultima conferma.
«“La prossima volta resta sveglio”... Ti
avrei preso a pugni.»
Sorrise. «Lo facevi.» Per la prima volta vide un
sorriso anche sul suo viso e non poté più avere
dubbi.
Annuì quasi più a se stesso.
Quel babbeo si era cacciato in un altro casino e stavolta sarebbe
toccato a lui tirarlo fuori.
Quale ironia.
«Ero con Fandral e gli altri alla taverna di Burgdt. Abbiamo
bevuto e abbiamo riso. Null’altro.»
La solita serata di spessore condita dai rutti di Volstagg...
«Stamattina mi sono svegliato ed ecco cosa ho
trovato.» La faccia di Thor era un misto fra il disperato e
l’iracondo, la sua fra il divertito e il divertito.
Sì, la situazione, ora che era chiara, era tremendamente
divertente.
Suo fratello continuava a grattarsi la testa - neanche avesse un
esercito di pulci - e continuava ad essere incurante dei suoi seni al
vento che si intravedevano dal taglio centrale della tunica.
Fece un piccolo gesto con l’indice e due legacci chiusero la
sconveniente apertura.
Thor si guardò addosso e poi guardò lui.
«Se come uomo sei classificabile sotto la definizione
"grezzo",
come donna non sei proprio classificabile.»
«Di’ piuttosto che ti cadeva l’occhio,
fratello.»
Rise di gusto. «I miei occhi sono caduti su ben altre
bellezze, credimi.»
Thor gli restituì la risata. «Permettimi di
dubitarne.»
«Lo vuoi il mio aiuto?» lo ammonì
subito, infastidito da una tale allusione.
Solo perché non andava in giro a sbandierare le sue
conquiste come quel pavone di Fandral, non voleva dire che non ne
avesse avute.
Di nessuno si curava ma quando era Thor a farsi beffa di
lui, non poteva mai impedire ad una piccola lama di tagliuzzargli
l’orgoglio - e il cuore.
«Non puoi semplicemente annullarlo?»
«Non funziona così, Thor»
sospirò sedendosi sul letto. «Un incantesimo
può essere annullato solo dal suo autore o, a limite,
dovresti
conoscere la matrice mistica da cui è stato
creato.» E dalla sua faccia capì che non aveva
compreso nulla. Non gli andava di spiegargli altro che quella sua
testaccia avrebbe fatto fatica anche solo ad ascoltare.
«Dobbiamo trovare chi lo ha lanciato - ammesso che sia un
incantesimo e non altro.»
«Altro?» Avrebbe passato tutta la giornata solo ad
illustrargli due semplici concetti e no, non aveva voglia ma
soprattutto,
Thor avrebbe continuato a non capire.
A lui non era mai interessato nulla di ciò che non
implicasse una spada o qualsiasi altra arma. A Thor non interessavano i
suoi passatempi,
non interessava sapere quanto quel suo disinteresse in
realtà lo ferisse.
«Ora non preoccupiamoci di questo.» Si
alzò dal letto e i suoi occhi lo seguirono finché
non raggiunse il tavolo. Poi si voltò e si poggiò
contro il legno intarsiato incrociando le braccia.
Thor restava a fissarlo seduto sgraziatamente sul suo letto ancora
sfatto.
«Raccontami ciò che è accaduto ieri
sera. Chi hai visto, con chi hai parlato, cosa hai bevuto e con chi. Se
hai giaciuto con qualcuna devi dirmi il suo nome e- »
«Eravamo io, Fandral, Hogun e Volstagg. Sif è
rimasta all’arena ad allenarsi con Brunilde. Idromele e
cinghiale. Tutto qui. Nessuna donna. Ora fai funzionare il tuo bel
cervello e liberami da questo sortilegio!» Come sempre, Thor
perdeva la calma con un niente.
Lui stava solo cercando di avere ogni
elemento utile per capire se almeno esistesse una soluzione,
perché, come aveva preferito non rivelargli, c’era
anche la possibilità che quel cambiamento non potesse essere
invertito.
Prese un profondo respiro mentre suo fratello borbottava qualcosa a
denti stretti continuando a spostarsi i capelli da una spalla
all’altra.
Sul suo viso riusciva a trovare con facilità linee e luci
che ricordavano quello di sua madre. Quelle linee e quelle luci che
invece non aveva mai scorto sul proprio.
In Thor convivendo la forza e l’impetuosità di
Odino e la bellezza eterea di Frigga.
Loki si era chiesto spesso cosa avesse ereditato lui.
“L’intelligenza
del Grande Padre, la grazia e
l’eleganza di Vostra Madre”, gli aveva
risposto una
delle sue balie quando era ancora fanciullo. Si era aggrappato a quelle
parole con tutta la sua forza ed ancora lo faceva quando quel senso di
inadeguatezza si impossessava della sua anima ed Asgard non sembrava
più così dorata.
«Resterai nelle mie stanze finché non
avrò deciso il da farsi. Dirò a Madre e Padre che
sei partito per una battuta di caccia.» Lo vide, o meglio la
vide annuire con un velo di rabbia repressa malamente celato e
sogghignò. «Non essere così
corrucciata, non si addice al viso di una principessa.» Il
cuscino non gli arrivò imprevisto e lo evitò
facilmente spostando la testa da un lato. «Hai perso
velocità, sorellina.»
«Smettila!» Stavolta se la ritrovò
addosso ma non gli servì neanche la magia per bloccare ogni
tentativo di colpirlo. L’afferrò per un polso
sottile e la gettò con facilità sul pavimento.
«Lo sai, potrei abituarmi ad essere l’unico
Odinson.» Ma il sorriso beffardo sul suo viso
sfumò appena quando vide il corpo a terra tremare
visibilmente.
«Se Padre sapesse, se mi vedesse in questo stato... Non mi
riterrebbe più degno di essere suo figlio.» Quella
trasformazione gli aveva portato via tutto ciò che lo
rendeva Thor,
il più forte, il più agile, il
più perfetto e valoroso dei guerrieri di Asgard, colui che
un giorno avrebbe ricevuto Mjolnir.
Gli aveva portato via tutto ciò che lo rendeva migliore,
agli occhi di Loki, agli occhi di Odino stesso.
Essere l’unico
Odinson.
Per un solo istante Loki ebbe la sensazione che non fosse solo una
battuta, ma un desiderio che aveva covato nel suo cuore quasi senza
accorgersene.
Allungò una mano ma Thor la ignorò e si
alzò da solo - sola?
«Ho fame. Fammi portare da mangiare ed anche un abito che
possa indossare senza urtare la tua sensibilità.»
Si gettò sul letto dandogli le spalle e cercando di tirarsi
quanto più giù possibile la tunica ma senza
risultati soddisfacenti.
Loki sospirò con un sorriso e si avvicinò.
«Torno presto, fratello.» Coprì le sue
gambe con un lenzuolo e si avviò alla porta.
Era meglio cercare di porre rimedio alla cosa quanto prima, anche se
non poteva ignorare quella brama nera che lo aveva sfiorato pocanzi.
«Grazie.» Era stato poco più di un
sospiro ma riuscì comunque ad udirlo.
---
[1] Il riferimento è al famoso episodio in cui
Loki taglia la bionda chioma di Sif.
***
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Capitolo 2 *** capitolo ***
2 capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
II.
«Dove stai andando?» Gunhild fermò la
piccola domestica prima che potesse uscire dalla cucina.
«Porto la colazione al principe Loki» rispose la
bambina guardandola con due enormi occhi azzurri.
«Chi ti ha dato quest’ordine?»
Solitamente erano Knut
e Stian gli incaricati di tale compito e il principe non amava che ci
fosse un via vai di facce diverse nelle sue stanze. Più di
una
schiena era stata marchiata dalla carezza di una frusta per aver
contraddetto a quell’ordine.
«È stato il principe. Stavo lucidando le anfore
nel
corridoio del Drago e mi ha chiesto di portare la colazione nelle sue
stanze. Ha detto di andare sola. “Lascia tutto sul tavolo e
non
alzare gli occhi su altro che non sia la porta.” Se
disobbedirò ha promesso che me li farà
cavare.»
Gunhild sospirò. La sua lingua non si fermava neanche
davanti ad
una bambina.
«Fa’ come ti è stato detto.»
Le poggiò
il vassoio fra le piccole mani e la guardò con sguardo
severo.
«Qualsiasi cosa tu veda o senta, dimenticala non appena avrai
varcato la soglia di quella stanza. Sono stata chiara, Linn?»
La
testolina incorniciata da tanti boccoli ramati annuì
più
volte.
Gunhild pregò per tutto il tempo in cui la bambina
sparì
dalla cucina. Pregò per non dover udire le urla di un
innocente
che non dovrebbe ancora conoscere il dolore.
Quando la vide riapparire sperò che le Norne le avessero
dato ascolto.
«Lady Gunhild?» Si abbassò verso il suo
viso. «Ho dimenticato quello che ho visto.»
«Brava.» Le accarezzò la testolina e non
volle
neanche chiedersi cosa fosse, ma da quel piccolo sorriso, forse nulla
di spaventoso.
*
«Una battuta di caccia? Thor non sarebbe mai andato da
solo.»
«È ciò che ha detto Loki. Non vedo
perché non dovremmo credergli.»
Odino respirò a fondo scuotendo il bicchiere ancora pieno
fra le
dita stanche. «Perché conosco la sua passione per
le
menzogne, mia adorata, e perché so che sarebbe in grado di
disegnare una vite su un muro e di convincere Thor a raccoglierne le
pigne.»
La mano di Frigga si posò sulla sua. «Prova a
fidarti per una volta, non aspettarti che ti deluda sempre.»
«È ciò che ha fatto
finora.» Odino
mandò giù tutto il boccale e Frigga lo
guardò
silente. «Vorrei che non fosse così
infido.»
«È solo insicuro. Non scambiare la sua richiesta
di attenzioni per malvagità, rischierai di
perderlo.»
«Non credo sia mai stato mio.»
In quel sospiro tutta una storia mai raccontata ad alta voce.
«Lo sarà sempre e tu lo sai. Ora metti
giù quel
bicchiere e va’ da lui - e cerca di non mostrargli la tua
diffidenza. Quell’unico occhio riesce a ferirlo per
due.»
Il sorriso di Frigga lo fece sospirare ancora.
Le strinse la mano e poi la baciò con delicatezza.
«Come desideri, mia regina.»
*
Loki sistemò le vesti su una seggiola di velluto e
gettò
un occhio a Thor che si stava abbuffando al tavolo senza riuscire a
contenere neanche i suoni che salivano dal suo stomaco.
Chi aveva fatto quell’incantesimo non era stato molto
accurato: quella non poteva proprio definirsi una donna.
«Che stai facendo?» la sentì brontolare
quando si avvicinò per legarle i capelli.
«Faccio in modo che tu non divori anche questi, sottospecie
di
troll.» La risposta che ricevette fu un elegantissimo rutto.
«Ecco, come volevasi dimostrare.» Raccolse le
ciocche
bionde in una coda alta e le legò sentendola mugugnare
infastidita.
«Mi stai facendo male.»
«E tu saresti colui che solleverà
Mjolnir?!»
Guardò il suo lavoro e sorrise sghembo. «Al
massimo
solleverai la spazzola per pettinarti, e non sarebbe un’idea
malvagia.»
«Taci!»
Continuò a guardarla mangiare chiedendosi se la piccola
serva
avesse osservato i suoi comandi. L’avrebbe verificato non
appena
l’avesse avuta di fronte. Le labbra possono mentire, ma gli
occhi
raccontano sempre la verità.
«Dobbiamo tornare in quella taverna»
valutò a voce
alta. Bisognava partire da lì per iniziare e poi studiare un
piano consequenziale.
Thor si pulì la bocca con un braccio ed annuì.
«Andiamo» sbottò avviandosi verso la
porta.
Loki la raggiunse prima che potesse aprirla.
«Cosa pensi di fare? Ti sei guardata?» A quello
sbattere di
palpebre serrò la mascella irato e la trascinò
verso la
sedia con i vestiti. «Indossa questi, e poi andremo
stasera.»
«Perché stasera? Loki, io voglio uscire da questo
corpo il
prima possibile. Non puoi immaginare come sia scomodo andare in
bagno.»
«Ti prego, risparmiami i racconti delle tue esplorazioni
anatomiche.»
«Questo come si indossa?»
«È un corsetto e si indossa - smettila di
rigirarlo!» Glielo strappò dalle mani e si chiese
perché non l’avesse fatta volare dal balcone
quella
mattina. Si sarebbe risparmiato parecchi grattacapi.
«Io sono bravo a toglierli, non ad indossarli.»
Thor
sbuffò e si sedette sulla sedia, ovviamente sopra le vesti
che
aveva richiesto e che ora si rifiutava di indossare.
«Perché stasera?» chiese seria.
Loki si versò del vino e ne prese un sorso.
«Perché sei indecente, sgraziata, volgare e di
certo non
passeresti inosservata.» Poggiò poi il bicchiere
sul
tavolo su cui governava il caos del dopo colazione di suo fratello.
«Non usare il femminile! Mi innervosisce.»
«Oh, non sai quanto innervosisca me avere a che fare con la
versione femminile di te. E dovrai farci l’abitudine.
Continuerò ad usarlo finché non risolveremo la
faccenda.»
«Ma perché?»
«Questione di morfologia.»
Thor aggrottò la fronte sbattendo le lunghe ciglia.
«Morfo-che? Andiamo, Loki, sono sempre io!»
«E dovremo trovarti un nome diverso. Non posso rischiare di
chiamarti con il tuo se c’è qualcuno nei
paraggi.»
«Non mi stai ascoltando: io non voglio-»
Loki le
tappò la bocca con una mano e guardò verso la
porta.
«Sta venendo qualcuno.» Aveva udito perfettamente
il rumore
di passi. Avrebbe dovuto celare Thor con l’ausilio del
seiðr
così da evitare ogni rischio. Sentì brontolare
contro il
suo palmo qualcosa che gli era sembrato un chi è ?
«Non lo
so.» Ma subito dopo vide i suoi occhi chiari sgranarsi quando
qualcuno parlò dall’altra parte della porta.
«Loki, apri.» Era suo padre, di certo venuto a
chiedere
delucidazioni sulla partenza improvvisa e non annunciata di Thor. Si
ritrovò a guardare quel viso ora delicato senza riuscire a
reprimere un forte rancore. Scacciò ogni pensiero e si
preoccupò di dove nasconderla dato che Odino avrebbe
avvertito
l’uso del seiðr. «Figliolo, apri.»
«Un attimo, Padre» rispose togliendo lentamente la
mano
dalla sua bocca. «Vai nei bagni, stai ferma e fai
silenzio.»
«Loki-»
«Shhh. Fa’ come ti ho detto. Vai!» Thor
buttò
un occhio alla porta poi annuì e si avviò verso
la stanza
alla sua destra.
Loki prese un respiro e andò ad aprire.
«Scusami per aver tardato.» Odino varcò
la soglia
senza dire nulla e subito il suo occhio scrutò
l’intera camera. «Volevi parlarmi,
Padre?» Provò a recuperare
la sua attenzione riuscendo nel suo intento. «Immagino tu
voglia
ragguagli circa la partenza di Thor.»
«No.» Rimase interdetto dalla sua risposta ma
riuscì
a nasconderlo. «Volevo solo discorrere un po’ con
te. Se ne
avessi voglia e non fossi impegnato.» Un’ondata di
calore
gli si versò nello stomaco che neanche fece caso al nuovo
scrutare di suo padre.
Solitamente Odino non trascorreva molto tempo con lui e neanche con
Thor, se doveva essere onesto. Ma a differenza di suo fratello, Loki
sentiva la mancanza di quei pomeriggi passati fra la biblioteca e la
sala delle reliquie, in cui la voce di suo padre era un viaggio fra
leggende e storia, fra un futuro che l’avrebbe visto re, un
giorno, ed un destino che avrebbe ricordato il suo nome.
«Padre, mi farebbe davvero pi- » Un fracasso
inquietante
spezzò ricordi e parole e l’attenzione di Odino fu
rapita
dalla porta che dava alla sala bagno.
Brutto imbranato!
Chissà che diamine aveva combinato.
«Hai ospiti, figlio?»
«No!» Rispose frettolosamente e capì che
era stato
uno sbaglio grossolano poiché aveva palesato la sua
menzogna.
«Padre!» Ma Odino si era già avviato
verso la porta.
«Sarebbe sconveniente, credimi.»
«Cosa nascondi, Loki? Un altro dei tuoi inganni? Ai danni di
chi stavolta?»
«Lascia che ti spieghi-»
«Non insultarmi con le tue menzogne. Abbi la decenza di
tacere.»
Ingoiò un nodo e rimase silente davanti al suo sguardo
severo, ammonitore... deluso.
Quante volte l’aveva visto? Quante di quelle se
l’era davvero meritato?
Era vero che avrebbe mentito, ma l’avrebbe fatto per una
buona
ragione stavolta, l’avrebbe fatto per salvare il suo figlio
prediletto, colui che aveva sempre avuto il suo rispetto, a cui non
erano mai state regalate simili occhiate.
Stava per scusarsi per l’ennesima volta, stava per buttare
giù un’altra sorsata di veleno quando la porta del
bagno
si aprì.
«Vostra Maestà, i miei ossequi.» Thor
abbassò
il capo intrecciando le dita davanti al corto taglio di quella tunica
inappropriata.
Non riuscì neanche ad aprire bocca, per la prima volta in
vita sua, suo fratello gli aveva rubato ogni parola.
Odino non mostrò alcun turbamento davanti a quella giovane
svestita. Si limitò a guardarla severo e poi
parlò:
«Dimmi fanciulla, perché ti nascondevi?»
Loki pregò che Thor non dicesse nulla perché con
ogni
probabilità, sarebbe stata la cosa sbagliata da dire, ma le
sue
labbra si mossero. Lo sguardo sempre fisso al pavimento.
«Pensavo fosse sconveniente farmi trovare in compagnia del
principe. Mi dispiace se vi ho mancato di rispetto.»
Quello non poteva essere davvero suo fratello. Suo fratello non sarebbe
stato così sagace, doveva essere un effetto collaterale di
tutta
quella storia. O forse Thor aveva vissuto quel momento imbarazzante
altre volte, ovviamente stando dall’altra parte della
barricata.
Odino continuò a studiare la ragazza e Loki finalmente
riuscì a ritrovare il governo della sua lingua.
C’era
sempre il rischio che quella bocca potesse dire qualche stupidaggine.
«Padre, non avevo intenzione di mentirti, ma temevo il tuo
giudizio.» Odino abbandonò la ragazza e raggiunse
la
porta, Loki lo seguì gettando uno sguardo a Thor che aveva
deciso di rimanere in quella posizione remissiva.
«Figlio mio, la prossima volta invece di nascondere una
fanciulla
come fosse un oggetto scomodo, faresti meglio a farla rivestire e
a presentarla. Non è da gentiluomini un simile
comportamento.»
«Hai ragione, Padre. Mi scuserò con
lei.»
L’occhio di Odino viaggiò oltre le sue spalle e
Loki
sapeva stava guardando quella che in realtà era suo figlio.
«Parleremo un’altra volta. Torna pure dalla tua
dama... È molto graziosa.»
Loki annuì ingoiando dell’imbarazzo e chiuse la
porta alle spalle di suo padre.
Se quella storia non l’avesse ucciso ci sarebbe andata vicino.
Si voltò verso Thor e con poche veloci falcate le fu di
fronte.
L’afferrò per le spalle e la sbatté
contro il muro
con forza.
«Quale parte del “stai ferma e zitta” non
ti era chiara? Lo sai che abbiamo rischiato?»
«È andata bene, però. Padre non ha
capito-»
«Questo solo perché la parte della puttana ti
riesce
stranamente bene!» Thor serrò la mascella e Loki
le
lasciò andare le spalle. «Dovevi lasciar fare a
me.»
«La prossima volta che Padre ti attaccherà me ne
starò al mio posto.»
«Non è quello che hai sempre fatto?»
sibilò con un sorriso velenoso.
Thor non rispose, si spostò dal muro dandogli una spallata e
si
diresse verso gli abiti che ancora giacevano sulla sedia.
«Non ho mai capito tutto questo rancore che covi dentro,
fratello. A volte ho come la sensazione che tu mi odi.»
«Purtroppo la parte della vittima non ti riesce altrettanto
bene,
Thor.» Si voltò ma trovò solo la sua
schiena.
«La lascio volentieri a te.»
La tunica fu gettata malamente a terra mentre Thor tentava inutilmente
di indossare quello che era un bolero ma che ai suoi occhi doveva
essere sembrato un paio di pantaloni.
Loki sorrise divertito e restò silente a godersi la scena
mentre
suo fratello - sarebbe stato più opportuno dire sorella -
provava con scarsi risultati ad infilare un piede in una manica.
«Dannazione!» Anche il bolero andò a
fare compagnia alla tunica.
«Sembra che necessiti di aiuto.»
«No! Sono capace di vestirmi! Se solo mi avessi preso degli
abiti
normali.» Thor si voltò senza mostrare imbarazzo
per la
sua nudità. «Perché non mi hai preso
dei pantaloni?
Sif indossa pantaloni!»
Fu uno spillo sotto le unghie.
«Allora chiedi aiuto alla tua cara Sif. Io mi tiro
fuori.»
Le lasciò un ghigno serafico e si avviò verso la
porta.
«Cos- Loki? Non puoi abbandonarmi!»
«L’ho appena fatto.»
Chiuse il legno alle spalle e si avviò nel corridoio.
L’avrebbe fatta cuocere un po’ nel suo brodo.
Quando
sarebbe rientrato gli avrebbe chiesto scusa e l’avrebbe
implorato
in ginocchio di aiutarla e lui avrebbe avuto la sua rivincita. In
quelle condizioni era innocua e soprattutto non avrebbe avuto il
coraggio di uscire fuori da quella stanza.
Scese nel salone centrale e si diresse verso i giardini. Aveva bisogno
di un po’ di pausa da tutta quella confusione.
Doveva dimenticare lo sguardo di suo padre e la sensazione orribile di
sentirsi ancora una volta indegno davanti ai suoi occhi. Doveva
dimenticarsi di Thor e dei suoi problemi, e lasciare che fosse la
quiete
ed il silenzio a circondarlo. In fondo la solitudine era sempre stata
una buona amica, l’unica.
Si era seduto sulla panca di marmo dirimpetto alla fontana che
raffigurava Sigyn.
Da bambino aveva sentito i sospiri delle ancelle che si fermavano di
fronte ai fiotti d’acqua e si chiedevano se avrebbero mai
avuto
lo stesso destino della bella Sigyn, per il cui amore, Nygis aveva
creato l’intero firmamento.
Era una leggenda tramandata da millenni.
Si narrava che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno le Norne
conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si
consumò l’amore fra Nygis, colui che diede alla
luce le
stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue creature.
Nygis era un essere senza tempo e senza storia. Era sempre esistito
ancora prima dell’avvento degli dèi. Era padrone
del cosmo
e ne governava le leggi, ma era anche solo, perso nel buio senza fine.
Un giorno, la sua tristezza crebbe al tal punto che Nygis pianse per la
prima volta e da quell'unica lacrima nacque Sigyn, la prima stella.
Nygis
l’amò dal primo momento e Sigyn amò chi
le aveva
dato la luce.
Il loro amore durò a lungo, ma a differenza di Nygis, Sigyn
era
destinata a spegnersi, in quanto nata come stella. Nygis
provò
ad impedire che ciò avvenisse, provò a plasmare
nuovamente le leggi del cosmo alla sua volontà, ma alla fine
Sigyn si spense e lui tornò
nell’oscurità.
Ma ormai Nygis, che aveva conosciuto cosa fosse l’amore, non
poteva più vivere senza e così iniziò
a piangere
sperando di rivederla, ma ogni lacrima partoriva una stella diversa e
nessuna di esse era mai la sua Sigyn.
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per
il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa
tornare
da lui.
Era una storia che poteva colpire solo le ragazzine.
Non esisteva un amore così, nessuno avrebbe mai potuto amare
così a lungo ciò che era solo un sogno fugace.
«Guardi la bella Sigyn?»
Sorrise a quella voce e si alzò dalla panca.
«Ricordavo quando mi raccontavi di lei.»
Posò un
bacio su una guancia di sua madre. Frigga annuì dolcemente e
Loki le porse il braccio. «Passeggiamo?»
«Volentieri.»
A differenza di suo padre, Loki sapeva di possedere un legame speciale
con sua madre, un legame che forse neanche Thor poteva vantare.
Frigga sapeva leggere nei suoi silenzi e nelle sue stesse bugie. Frigga
gli parlava con un semplice tocco e sapeva ascoltare i suoi. Eppure,
paradossalmente, Loki indossava le sue maschere più belle in
sua
presenza, quasi temesse che sua madre potesse rendersi conto di
ciò che celava realmente nel suo cuore.
Neanche lui voleva saperlo, a dire il vero, perché le
semplici
sporadiche ombre che aveva avvertito, riuscivano quasi a spaventarlo.
Temeva che la verità fosse sempre giaciuta in
quell’occhio deluso, forse suo padre aveva sempre avuto
ragione.
«Giornata incantevole.»
«È la tua compagnia a renderla tale,
Madre.» La sentì ridere e sorrise di riflesso.
«È migliore di quella della fanciulla dai capelli
d’oro?» Il passo si arrestò e Loki si
costrinse a
tenere quel sorriso.
«Non si ripeterà più un simile
episodio.» Dannato Thor e la sua imbranataggine!
Frigga gli accarezzò il viso e fece riprendere il passo
tenendosi stretta attorno al braccio di suo figlio.
«Non c’è motivo per cui debba scusarti,
Loki. Sono
debolezze degli uomini.» Annuì mentre incrociava
lo
sguardo di qualche ancella.
Nonostante non potesse vantare una bellezza simile a quella di Thor,
aveva sempre riscosso l’interesse di qualche fanciulla, ma
solitamente nessuna riusciva a riscuotere il suo di interesse. Forse
cercava qualcosa che in realtà non potevano dargli, forse
non
sapeva neanche lui cosa cercasse.
Un corpo caldo nel quale svuotarsi, l’aveva sempre trovato
con
facilità. Qualcuna che sapesse toccarlo davvero,
non credeva
esistesse.
«Forse è stato un po’ scortese
nasconderla. In fondo
neanche quel tipo di fanciulla merita mancanza di rispetto.»
Ed
ora anche sua madre aveva dato a Thor della poco di buono. In fondo per
come si era presentata non avevano nessun torto.
«Non è una donna di quei costumi,
Madre.» Il viso
barbuto di suo fratello gli sbucò fra i pensieri e non
riuscì a reprimere un sorriso divertito.
«Ah, capisco.» Ma sua madre doveva averlo frainteso.
«No, Madre, ciò che intendevo-»
«Loki, non servono cornici di parole in questi casi, per
quanto
tu ami usarne.» Un’altra carezza e lo sguardo dolce
di sua
madre lo obbligò al silenzio. «Posso sapere almeno
il suo
nome?»
Sorrise forzatamente mentre si rendeva conto che quella situazione
doveva essere risolta quanto prima. Appena avesse trovato il
responsabile di ciò lo avrebbe scuoiato!
Ma adesso un nome, serviva un nome.
La sua mente viaggiò frenetica finché le labbra
non si mossero da sole: «Sigyn.»
«Ora capisco perché eri fermo davanti alla
fontana. La tua lady indossa un nome importante.»
«È solo un’amica, Madre.» Le
prese la mano e
la strinse fra le sue. «Ha bisogno del mio aiuto ed io
intendo
aiutarla.» E
poi strangolarla.
«Un’amica, Loki?... Bugia poco riuscita, figlio
mio.»
E quando sua madre faceva quello
sguardo era meglio non contraddirla.
Si limitò ad annuire addolcendo il viso e si
comandò di
trattenere l’istinto omicida non appena avesse messo piede
nella
sua stanza.
Attraversò il corridoio con passi veloci.
No, non poteva aspettare oltre, prima sistemava quel problema,
prima avrebbe potuto prendere suo fratello a pugni suo quel suo ghigno
virile!
Spalancò la porta e la richiuse subito dopo.
«Dove sei?» Il letto era stato messo in ordine e il
tavolo
pulito. Sulla seggiola non c’era più alcun
vestito.
Brutto presentimento.
«Thor?» Raggiunse il bagno ma anche lì
non trovò nessuno.
A quel punto uscì fuori al balcone ma, come aveva
immaginato, era vuoto.
«Maledizione» ringhiò fra i denti.
Ed ora dove era andata a cacciarsi? Non aveva intenzione di vagare per
la reggia rischiando di incrociare uno di quei palloni gonfiati dei
suoi compagni, o peggio, di nuovo loro padre?
Non gli restava che andarla a cercare e sperare di arrivare prima che
potesse commettere un errore che sarebbe costato caro ad entrambi.
***
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Capitolo 3 *** capitolo ***
3° capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
III.
Linn era nata nel palazzo reale e lì era cresciuta. Sua
madre
era morta dandola alla luce, di suo padre non sapeva neanche il nome.
Linn non conosceva
nulla del mondo al di fuori di quelle mura dorate,
al di fuori degli inchini e dello sguardo basso.
Era una bambina eppure
aveva già capito che nella sua vita
avrebbe dovuto sempre dire di sì ad ogni ordine, e che
scusarsi
era la risposta migliore quando non si aveva altro da rispondere.
Stava passando il
panno di lana su una grossa anfora dorata e pensava
ai capelli della donna distesa sul letto del principe.
Lady Gunhild le aveva
chiesto di dimenticare e lei le aveva detto che
aveva dimenticato.
Era una bugia,
perché Linn non poteva dimenticare.
Quando era entrata
nella stanza le sue ginocchia avevano tremato.
In giro si diceva che
il principe Loki praticasse arti oscure e che lui
stesso fosse il figlio oscuro di Odino. Aveva avuto paura di trovarsi
davanti qualche macabra magia ma poi aveva visto solo una grande
stanza, una grande e luminosa stanza. Aveva poggiato il vassoio sul
tavolo sentendo nelle orecchie la voce del principe e il suo ordine, la
sua promessa raccapricciante. Si era voltata poi verso la porta ma gli
occhi avevano incrociato quelli di qualcun altro.
Occhi azzurri come i
suoi ma su un viso di donna.
Li aveva abbassati
immediatamente ed era rimasta ferma. Il terrore le
aveva bloccato i piedi e la lingua e Linn aveva avuto voglia di
piangere ed implorare pietà. Non voleva che il principe le
facesse cavare gli occhi.
«Come ti
chiami?» La voce era dolce e rassicurante
ma non
riusciva ad aprire bocca. «Loki ti avrà ordinato
di non
parlare con me, immagino. Tipico di lui...» La giovane donna
si
sollevò dal letto e si avvicinò al tavolo ma Linn
ne
udì solo i passi dei piedi nudi perché non aveva
ancora
sollevato lo sguardo dal pavimento. «Non preoccuparti, non
gli
dirò che mi hai parlato. Voglio solo sapere il nome della
graziosa ancella che mi ha portato la colazione.»
Il suo viso si
alzò a quelle parole incrociando un
sorriso
così gentile che Linn sentì di potersi fidare.
«Linn, mia
signora» rispose timidamente.
La donna rise appena e
poi annuì da sotto una cascata di
onde bionde.
«Grazie,
Linn.»
Non avrebbe mai
creduto esistesse fanciulla più bella di
costei
che vedeva riflessa nei suoi grandi occhi di bambina, eppure aveva
visto
tante dame eleganti a palazzo, ma nessuna era mai stata gentile come
lei. Quasi mai qualcuno le aveva detto Grazie, a parte il
principe Thor quando aveva raccolto da terra uno dei suoi guanti. Forse
per questo le era sembrata bellissima.
Fece un piccolo
inchino e andò via.
Corse per il corridoio
fino alla cucina e disse la piccola bugia a Lady
Gunhild.
Era poi tornata a
lucidare le anfore con un piccolo sorriso a
riflettersi sulla superficie dorata.
*
Aveva girovagato per
mezzo palazzo, era giunto fino all’arena
degli allenamenti ma nulla: di Thor non c’era traccia.
Tornato a palazzo,
scese da cavallo lasciando le redini ad uno
stalliere e tornò nei giardini.
Non era raro che suo
fratello si addormentasse all’ombra di
qualche albero, magari stava cercando un po’ di riposo come
aveva
fatto lui stesso poco prima.
Ma neanche nei
giardini vi era traccia di lei - di lui.
Si ritrovò
a passare davanti alla fontana e stavolta
guardò la statua in ginocchio con un certo odio. Avrebbe
solo
voluto distruggerla, avrebbe voluto distruggere quello stupido,
perché era più che certo che quello che gli era
successo
se lo fosse, se non meritato, per lo meno cercato.
Si passò
una mano sulla fronte prendendo un profondo
respiro.
Non aveva
più idea di dove guardare.
Forse era andato da
solo alla taverna, ma a quale scopo? Thor non era
portato per i fini ragionamenti, ma che andare lì senza di
lui
fosse una perdita di tempo lo poteva anche capire da solo.
Decise infine che
poteva solo affidarsi al seiðr e sperare che
suo
padre non ne avvertisse la forza giacché avrebbe dovuto
espanderlo per tutto il palazzo.
Era rischioso, ma non
aveva altra scelta.
Stava per tornare in
camera quando vide la piccola ancella a cui aveva
chiesto di portare la colazione, inginocchiata davanti ad
un’anfora.
Forse poteva giocarsi
ancora una carta.
Le si
avvicinò con passi che la bambina non udì
neppure.
«Alzati»
comandò e la vide sobbalzare.
Il panno
bianco le cadde dalle mani mentre si rimetteva in piedi con gesti
troppo
agitati per chi non ha nulla da nascondere. «Hai fatto
ciò
che ti è stato ordinato?»
«Sì,
principe.» La voce tremò
così
come il suo piccolo corpo. Forse aveva un po’ esagerato con
quella minaccia, ma aveva solo voluto evitare che girassero voci -
anche se poi le uniche persone a cui avrebbe voluto davvero celare
tutto avevano già visto e sentito.
«So che hai
visto la donna nella mia stanza.»
«N-no,
principe, io non ho visto nessuna donna.»
Sì,
l’aveva vista e sì, l’aveva
terrorizzata.
«Non ti
farò del male.» Le
alzò il volto con
una mano e lesse tutta la paura che annegava in quegli occhi.
«Devi trovarla per me.»
«Ma-»
La piccola ancella non ebbe però
il coraggio di continuare.
«Sapresti
riconoscerla senza sbagliare?» Uno
scambio di
persona era plausibile visto che la metà delle fanciulle
avevano
capelli biondi e occhi azzurri. Anche se una fanciulla sgraziata come
Thor era una mosca bianca.
«Sì,
principe.»
«Sei sicura?
Stavolta mantengo la parola se
disobbedisci.»
La bambina
deglutì ed annuì tenendo poi il capo
nuovamente basso.
«Riconoscerei
la vostra dama fra migliaia,
principe.»
Su “la
vostra dama” si trattenne dal sospirare, ma
assentì decidendo che poteva fidarsi. Quella ragazzina aveva
abbastanza timore di lui da non poter mentire.
«Va’
a cercarla e quando la trovi vieni a
chiamarmi. Non
farti vedere e soprattutto non dire a nessuno di
quest’ordine.»
«Sì,
principe.» Dopo un inchino la vide
sparire alla destra della biforcazione del corridoio.
Di certo
un’ancella che scorazzava per il palazzo attirava
meno
attenzione di lui, soprattutto se quell’idiota di Thor avesse
deciso di nascondersi in cucina o zone attigue, in fondo non sarebbe
stata la prima volta.
Da bambino si
rifugiava spesso fra la servitù e perdeva
tempo a
pavoneggiarsi con la sua spada di legno sui tavoli della cucina mentre
ancelle e sguatteri applaudivano divertiti.
Loki non riusciva a
capire neanche da adulto il perché
fossero così diversi.
In fondo loro erano
principi. Loro avevano diritto di dare ordini e di
essere obbediti. Quelli erano solo servi, non erano amici,
né
nulla di simile.
In tutti e nove i
Regni esistevano i re ed i sudditi, anche se con nomi
diversi. Era una semplice realtà.
Prese un profondo
respiro e si chiese se Thor non si fosse cacciato in
un altro guaio, si chiese soprattutto perché si stava
preoccupando così tanto.
La risposta non
arrivò ma stavolta nella sua testa
balenò il volto di Sigyn.
Passarono svariate ore
e Loki le trascorse nella sala delle reliquie,
seduto sulle scale a guardare Mjolnir poggiato sul suo piedistallo.
La scritta riportava: Solo
il più degno.
Il più
degno. Suo padre aveva deciso che era Thor e lui
ancora si domandava perché.
Non eccelleva
nell’uso delle armi, ma nello scontro era
insidioso
tanto quanto suo fratello. Un inganno ben congegnato poteva fare
più danni di un fendente, eppure nessuno sembrava capirne il
valore.
Si alzò e
con pochi passi raggiunse il piedistallo.
Perché lui
non era degno? Perché suo padre non lo
aveva mai ritenuto tale?
Eppure aveva sempre
agito con il solo scopo di conquistare la sua
approvazione.
Allungò la
mano e strinse l’impugnatura. Non
provò
neanche a sollevarlo. Lasciò la presa e mandò
giù
un groppo acido.
L’occhio
cadde sullo Scrigno degli Antichi Inverni mentre
sentiva i passi di una guardia.
«Principe,
c’è una piccola ancella che
chiede di
voi.» Si voltò all’istante e
seguì l'uomo.
La bambina aspettava
in cima alle scale con i capelli scomposti ed il
fiatone.
Le fece segno di
seguirlo e si allontanarono dalle due guardie che
sorvegliavano la preziosa sala.
«L’hai
trovata?» le chiese senza smettere
di
camminare rapido. Le corte gambe della ragazzina riuscivano a malapena
a stargli dietro.
«Sì...
principe... è nella
biblioteca.»
Si arrestò
e la guardò sottile. «Sei
certa sia lei?»
Thor non metteva piede
nella biblioteca da secoli, da quando aveva
terminato gli studi a cui lo aveva costretto Odino - con scarsi
risultati, fra l’altro. Era per questo che non aveva
controllato
lui stesso.
La bambina
annuì più volte. «Ne sono
sicura. È la vostra dama.»
Le lanciò
uno sguardo truce e represse un ringhio
infastidito.
«Vieni con
me. Se ti sei sbagliata non dovrò
cercarti per punirti.»
Poteva quasi sentire
il brivido che le aveva attraversato la spina
dorsale.
Dopo aver percorso i
corridoi e i giardini che dividevano il
palazzo dalla torre che accoglieva la biblioteca, si ritrovarono
davanti alla grossa porta di faggio. Loki guardò
un’ultima
volta la bambina per assicurassi che fosse certa di ciò che
aveva affermato. Di tutta risposta la piccola aprì il grande
portone.
«È
lì in cima, principe.»
Seguì il
piccolo dito che puntava al piano superiore e
riconobbe
la coda di capelli che era stato lui stesso a stringere.
«Ottimo
lavoro.» Quelle due parole ed un accenno di
sorriso
bastarono per vedere la gioia spargersi sul suo viso. «Ora
torna ai tuoi doveri.»
Un Grazie
ed un ennesimo inchino.
Thor non era in
solitudine, ma nessuno di coloro che consultavano
silenti gli antichi tomi, sembrava aver fatto caso alla fanciulla
seduta sulla balaustra del soppalco. Non avrebbe mai
perso quel vizio.
Chiuse la porta che
per struttura non cigolò, e si
avviò alle scale.
Poteva darle una
spinta e farle rompere qualche osso. Si
stupì di non trovare la cosa molto divertente.
Solo quando le fu
quasi di fronte, Thor sollevò il viso su
di lui.
Lo sguardo che
ricevette aveva ben poco di amichevole.
«Vattene.
Non ho bisogno di te.»
Uno SHHHH
salì dal piano di sotto. Nessuno dei due se ne
preoccupò.
Loki vide il grosso
libro sulle sue ginocchia coperte da una gonna a
frange rosse e nere. Era perfino riuscita ad indossare il misterioso
corsetto e la cosa lo fece sorridere. Ora sembrava quasi una vera
donna.
«È
al contrario» sussurrò
prendendo il tomo.
Lo girò e glielo poggiò ancora sulle gambe. Thor
serrò la mascella e continuò a leggere, o sarebbe
meglio
dire iniziò, anche se era sicuro che non fosse proprio in
grado
di farlo. «Tu non conosci le rune, smettila di perdere
tempo.» Ma Thor continuò cocciutamente ad
ignorarlo
tenendo gli occhi sulla pagina ingiallita dal tempo, di certo
più per ripicca che per altro. «Questo simbolo
vuol dire
“fuoco” e questo
“legame”,» aggiunse
poggiandosi contro la balaustra al suo fianco. Thor non alzò
lo
sguardo e lui sorrise ancora più divertito. «Vuoi
imparare
come si crea una catena di fiamme?»
«Lasciami in
pace!»
Altro SHHHH
di ammonimento.
Loki guardò
in basso ma non diede troppo peso al borbottare
del vecchio maestro.
«Hai detto
che ti tiri fuori, bene, me la caverò
da solo. Non ho bisogno del tuo aiuto.»
«Sì
che ce l’hai.»
«No, non ce
l’ho!»
SHHHHHH!
Stavolta fu Thor ad
affacciarsi. «Che cosa vuoi, vecchio?
Vuoi assaggiare la collera del figlio di Odino?»
Loki notò
gli occhi grigi del vecchio puntare interdetti su
di
lui, e si disse che Thor non doveva averci fatto caso altrimenti
avrebbe ribadito a gran voce che era a lui (lei) che si riferiva.
Ad ogni modo
l’anziano maestro poggiò il libro su
una
delle scrivanie e si allontanò in direzione della porta
brontolando sommessamente.
«Andiamo,
torna in camera.» Ma quando
tentò di
afferrarle il polso, Thor scostò la mano con un gesto brusco
e
scese dalla balaustra.
«Non ho mai
preso ordini da te, fratello. Non intendo farlo
ora.»
«Ed io non
ho mai sopportato i tuoi capricci e non intendo
iniziare ora!» Loki poteva leggere la sua stessa irritazione
negli occhi della fanciulla che conteneva l’anima di suo
fratello
e si chiese per quale motivo desiderasse non vederla.
«Non
tornerò mai come prima. Tu non hai idea di
cosa fare
e non l’hai mai saputo. Mi hai mentito, come al solito. Hai
detto
che mi avresti aiutato ma non era vero, come non è vero
nulla di
ciò che esce da quella bocca! Ed io sono stanco, Loki. Sono
stanco.»
«Quindi
è questo che pensi di me? Avevi solo
bisogno di un
viso grazioso per dirmelo... Grazie per tua di sincerità,
fratello.»
Mimò un inchino di beffa e con un sorriso le
diede le spalle.
Che se la vedesse da
sola a quel punto. Non aveva davvero
più
alcuna intenzione di sottostare a quel suo comportamento ingrato.
In fondo neanche di
suo fratello possedeva il rispetto,
chissà per quale motivo lasciava che la cosa lo ferisse
ancora.
Non fece neanche due
passi che si sentì colpire alle spalle.
Ne
seguì un tonfo e alla sua destra vide il tomo a terra.
Si fermò
serrando la mascella. «Porta almeno
rispetto per
ciò che esseri migliori di te hanno voluto
tramandarci»
affermò stando fisso a guardare le scale che scendevano di
fronte a lui.
«Tu non sai
come mi sento. Non puoi capire cosa significa
essere
rinchiuso in questo corpo.» Quella voce a cui aveva imparato
ad
associare il nome di suo fratello gli arrivò rabbiosa alle
spalle.
«Ci sono
condanne peggiori. Puoi essere chiuso in un corpo
che ti appartiene e sentirti comunque estraneo.»
La lasciò
lì con quelle parole ma quando stava
per
scendere il primo gradino sentì la sua mano cingergli forte
un
polso.
«Ti prego...
Aiutami, fratello.» Avrebbe voluto
urlarle che
non meritava né il suo aiuto né di chiamarlo
fratello, ma
le dita attorno alla sua pelle erano morbide, senza i calli di chi
tiene una spada, senza la presa di chi si sente superiore.
Erano dita che
somigliavano alle sue, solo più calde.
Il calore inopportuno
che si estese anche al resto del suo corpo, lo
obbligò a liberarsi di quella stretta.
«Fa’
quello che dico e cerca di non irritarmi
ulteriormente
perché, credimi, ci riesci immensamente bene.»
Con un sorriso Thor lo
affiancò ed annuì.
«Ci proverò.»
Suo fratello era
sempre stato vittima dell’ira e della
collera
improvvisa, ma mai era stato sfiorato dal rancore. Thor si infuriava e
dimenticava quasi con la stessa velocità. Loki non poteva
vantare la stessa capacità. Al contrario possedeva un
autocontrollo eguagliato solo dal rancore che ne scaturiva e che gli
annegava lo stomaco senza che potesse liberarsene.
Si sforzò
di non ricambiare quel sorriso perché,
sapeva,
avrebbe allargato ulteriormente quello su quel viso che iniziava a far
fatica ad associare a suo fratello.
Portò lo
sguardo davanti e iniziò a scendere i
pioli coperti dal pesante tappeto rosso.
«Come sei
riuscita a vestirti?»
«Ho chiesto
a Sif.» Ma quando con la coda
dell’occhio
la guardò capì che era solo una battuta.
«Mi sono
detto: “non deve essere più difficile del
toglierli, Thor,
prova a fare ciò che fai ma al contrario”. Ha
funzionato.»
Sorrise e poi rise
sentendo il suono allegro di un’altra
risata.
«L’importante
è il risultato»
affermò quando arrivarono alla porta.
«E
com’è il risultato?» chiese
Thor allargando
le braccia e stavolta Loki non capì perché
trovasse la
risposta difficile.
Disegnò un
altro sorriso e mentì:
«Appena sufficiente.»
«Ti ho
trovato un nome.» Per fortuna erano riusciti
ad
attraversare i giardini senza fare alcun incontro, a parte il vecchio
della biblioteca che li aveva guardati male ed era tornato alla sua
solitaria partita di scacchi.
«Ti ho
già detto che non voglio altri
nomi.»
«Ed io ti ho
detto che è necessario,
perciò adesso fa’ silenzio, Sigyn.»
Thor si
fermò nel bel mezzo del corridoio e lo
guardò sgranando gli occhi.
«Sigyn? Come
quella
Sigyn?» Un sorrisino sghembo bastò come risposta.
«Loki, ma perché? È
imbarazzante. Non potevo sceglierlo io un nome meno, che ne so, meno
femminile?»
«No, e la
risposta te la sei data da sola.»
«Solo. Da
solo.» Lo corresse ma Loki riprese il
passo con un ghigno.
«No, Sigyn,
sola. Tu sei una donna, non
dimenticarlo.»
Aspettò che lo raggiungesse e che gli desse un pugno sul
petto.
«Non è gentile picchiare chi ti sta aiutando,
Sigyn.»
«Smettila di
usare quel nome!»
Rise spingendo la
maniglia mentre Thor continuava a borbottare.
«Sigyn,
accomoda-» Ma le parole si spezzarono
quando si
ritrovò davanti il viso di sua madre seduta sul bordo del
suo
letto. «Madre!»
«Oh, tesoro,
non pensavo fossi in compagnia. Non ti avrei
disturbato.» Di male in peggio.
Sorrise affabile e
scosse la testa. Poteva sentire Thor che
era una statua di gesso al suo fianco.
«Nessun
disturbo, figurati.»
«Mia
regina.» Suo fratello aveva deciso di
improvvisare un
inchino non troppo riuscito e Loki pensò che risultava
più credibile come sgualdrina.
C’era da
rifletterci parecchio su.
«Tu devi
essere Sigyn.» Quegli occhi azzurri lo
fulminarono
per un attimo e poi tornarono a rivolgere lo sguardo al pavimento.
«Sì,
vostra Maestà.» Per poco
non lo aveva ringhiato.
Sua madre si
avvicinò e sperò che Thor non
facesse trapelare alcun disagio.
A differenza sua non
era molto abile nel celare le sue emozioni, anzi
era decisamente incapace nel farlo. Era un pregio? Per Loki solo una
debolezza, una delle più pericolose. Se suo fratello non
avesse
fatto attenzione, qualcuno un giorno avrebbe potuto usare quelle sue
stesse emozioni contro di lui.
«Non voglio
rubarti alla compagnia della tua amabile ospite.
Tornerò in un momento più appropriato.»
Non aveva mai portato
una sola donna nella sua stanza, preferendo
consumare qualsiasi tipo di incontro in luoghi più adatti, e
la
prima volta che, per chissà quale motivo ancora oscuro, un
ragazza metteva piede nelle sue camere, doveva finire sotto gli occhi
di sua madre e, peggio, di suo padre.
Forse le Norne stavano
tentando di dirgli qualcosa...
«Mia
regina.» Thor si era orrendamente inchinata di
nuovo
quando sua madre era uscita dalla stanza, non prima di avergli regalato
un sorriso esplicitamente divertito.
La porta si chiuse.
«Perché
Madre conosce quel
nome?»
Si era trovato spalle
contro quella stessa porta senza rendersene
conto.
«Perché
Padre le ha parlato del vostro incontro di
stamattina ed io ho voluto riscattare il tuo onore dandoti un nome e
togliendoti dallo status di prostituta.» Scansò
con
facilità le mani che gli tenevano le vesti e se le
stirò
con un sospiro. «Io uso la testa a differenza tua.»
«Ed ora lei
pensa che noi due... per le Norne,
Loki!» Thor si passò le mani sul viso sbuffando
avvilita.
Non capiva
perché, ma quel gesto quasi inorridito che le
vide, lo infastidì.
«Se
preferivi continuare ad essere la mia puttana, bastava
dirlo.» Il pugno gli arrivò dritto nello stomaco e
stavolta non lo aveva previsto, ma dopo la sua ultima frase avrebbe
dovuto.
Non emise un suono. Lo
incassò e guardò quel viso
coprirsi di rabbia senza mostrare alcun pentimento. «Hai
finito con le crisi isteriche?» sibilò
freddamente mentre Thor non riusciva a perdere un velo di collera.
«Ti farò portare il pranzo e nel tardo pomeriggio
ci
recheremo alla locanda.» La sorpassò e si diresse
verso lo
specchio che divideva orizzontalmente la parete per metà.
Si sistemò
la tunica gettando un occhio alla ragazza
riflessa
alle sue spalle che se ne stava capo chino a fumare di rabbia.
Ormai erano diversi
anni che lui e Thor avevano smesso di passare del
tempo insieme. Lui troppo occupato a farsi idolatrare dai suoi rozzi
compari, e Loki troppo occupato ad essere posto in secondo piano, come
se nascere secondogenito fosse stata una sentenza eterna.
Sempre secondo, sempre
dietro di lui.
Secondo nel cuore di
suo padre, secondo agli occhi di Asgard.
Neanche si ricordava
più quanto fosse faticoso e snervante
avere
a che fare con suo fratello che, nonostante quella nuova forma,
manteneva integre tutte le sue peggiori caratteristiche: arroganza,
sconsideratezza e stupidità.
«Stavolta
cerca di non andartene in giro. Al mio ritorno
cercheremo di mettere fine a questo fastidio.»
Uscì senza
aspettarsi nessuna risposta.
***
NdA.
Lascio due righe giusto per ingraziare tutte/i per aver apprezzato
questa stori(ell)a. Spero davvero non vi deluda.
Mi sembra di capire che Thor-donna abbia disorientato i più.
Ovviamente Thor è talmente virile che si fa fatica a vederlo
sotto una forma più delicata, così ne approfitto
per
rendere pubblico (manco fosse un segreto, poi XD) che per
“femminilizzarlo” ho chiesto aiuto alla splendida Bar
Refaeli che incarna la mia Thor/Sigyn.
Se vi riesce difficile quindi visualizzare la fanciulla problematica
con cui sta avendo a che fare quel poveraccio di Loki, sappiate che
è Bar che vedo quando scrivo di lei.
Un bacio e grazie ancora ^^
|
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Capitolo 4 *** capitolo ***
4° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
IV.
«Buon
appetito, mia
signora.» Linn non credeva che il principe
l’avrebbe
cercata ancora eppure ne fu felice. Fu felice che lui le avesse sorriso
e le avesse detto che aveva fatto un buon lavoro.
Non era cattivo come dicevano, a lei sembrava solo un tipo solitario.
Doveva però tenere molto alla donna bionda che le aveva
chiesto
di cercare, e lei l’aveva cercata con una tale foga che i
suoi
polmoni sarebbero potuti uscire fuori dalla bocca, ma quando aveva
visto il viso gentile assorto nella lettura, era riuscita ad andare dal
principe senza sentire più la fatica.
«Grazie.» Non c’era il sorriso dolce di
quella mattina ed i suoi occhi sembravano spenti.
Dov’era finito l’azzurro che aveva fatto sbiadire
il suo?
«Perché siete triste, mia signora?» Mai fare domande,
le era stato insegnato appena aveva avuto modo di capire cosa fosse un
comando, eppure la lingua si era mossa da sola. «Perdonatemi.
Non
dovevo.» Abbassò lo sguardo quando si accorse
dell’errore ma ciò che arrivò non fu un
richiamo,
ma una debole risata.
«Non aver timore di parlare, Linn. Non amo mangiare nel
silenzio.» Aveva spezzato un po’ di pane ed aveva
iniziato
a mangiare facendole segno di sedersi sulla sedia al suo fianco.
«Mi faresti compagnia?»
Non sapeva se doveva accettare, se poteva
farlo. Era
quasi certa che al principe non avrebbe fatto piacere, ma la sua dama
era sempre così gentile che dimenticò ogni buon
consiglio. Annuì e si sedette composta sulla sedia, notando
come
invece la ragazza non avesse alcun interesse nel mantenere un
comportamento da etichetta.
Forse era quella che chiamavano libertà. Lei ancora non
aveva capito cosa volesse realmente dire.
«Il principe Loki vi ha fatto arrabbiare, mia
signora?»
Lei rise ancora e le avvicinò un piatto per invitarla a
farle
compagnia non solo con la parola, ma Linn preferì non
toccare
nulla.
«Hai indovinato, ma ti confido un segreto: lui lo fa
sempre.» Il suo sorriso la contagiò e non si
chiese se
ridere del principe fosse giusto o appropriato. «Se dovesse
far
arrabbiare anche te, dillo a principe Thor, lui lo
farà
smettere.» Sorrise ancora anche se non credeva che avrebbe
mai
potuto fare una cosa simile, forse la dama al suo fianco voleva
prenderla un po’ in giro.
Andava bene, in fondo era felice di poterle stare accanto.
«Loki non è come lo dipingono. È solo
bravo a
tenere lontano le persone... e non ho ancora capito perché
lo
faccia.» Il suo sguardo si era oscurato ancora e Linn si
sentì triste a sua volta. «Perdona questi
discorsi,
piccola.» La mano le arruffò i capelli e lei
sorrise anche
se era ancora triste. «Credo che da grande diventerai una
bellissima fanciulla con tutti questi boccoli.» Rise
imbarazzata
e scosse la testa guardandola dritta negli occhi.
«Non credo che esista fanciulla più bella di
voi.»
Le venne spontaneo anche se non sembrava che lei pensasse lo
stesso dall’espressione sul suo viso.
«Sbagli. Io ho visto fanciulle molto più belle, te
lo
assicuro.» Tornò a mangiare e Linn
continuò a
guardarla con devozione.
«No, mia signora, siete voi la più
bella.» Lei le
restituì uno sguardo dolce e le accarezzò una
guancia.
«Grazie, Linn. Ed io non credo esista bambina più
gentile
e dolce di te.» Si sentì arrossire e rimase
silente mentre
l’ascoltava chiacchierare ancora del principe Loki, a volte
senza
neanche riuscire a capire cosa volesse dire, ma non importava; le
piaceva guardarla ed ascoltarla.
Se lei e il principe si fossero sposati un giorno, magari
l’avrebbe anche scelta come ancella personale e avrebbe
potuto
passare ogni giorno ad ascoltarla. Avrebbe potuto spazzolarle i capelli
al mattino e lei le avrebbe sorriso e le avrebbe detto ancora Grazie.
Si concesse di sognare e si chiese se anche quella non fosse
libertà.
*
Nella grande sala si udiva solo il suono delle posate che picchiavano
nel piatto.
Loki teneva lo sguardo fisso sulla sua portata senza dire una parola.
Sentiva suo padre scrutarlo silente, così come sua madre,
che fu
la prima a spezzare quel silenzio a cui lui aveva dato inizio dopo
cortese “Scusate
il ritardo.”
«Sei stranamente silenzioso. Hai qualche pensiero che ti
disturba, tesoro?»
«Nessuno, Madre. Non ho nulla da dire, tutto qui.»
Prese un sorso di vino e tornò nel suo silenzio.
«Strano. Parlare è ciò che ami di
più...
Quella giovane non ti avrà rubato anche la lingua oltre alle
ore
di sonno?» Per poco il boccone non gli andò di
traverso.
Prese un altro sorso e guardò verso suo padre.
Sapeva bene che prima o poi il discorso sarebbe saltato fuori ed era
anche per questo che aveva deciso di rifugiarsi dietro a un efficace
silenzio, ma non pensava sarebbe stato lui a tirarlo in ballo.
«Sigyn è solo un’amica, Padre.»
«Non è quello che mi è sembrato di
capire questa mattina.»
«È un’amica speciale.»
Odino ghignò e per la prima volta Loki intravide qualcosa
che
gli sembrò orgoglio. Quindi per guadagnarselo gli sarebbe
bastato farsi beccare a letto con una donna? Molto gratificante...
Ma più semplicemente era lo sguardo di un uomo ad
un altro
uomo, e anche quello sembrava non ricordarlo fino a quel momento.
Sapeva che l’infamante accusa di ergi aveva
raggiunto anche le orecchie di suo padre, ma non credeva che gli avesse
potuto dar credito.
Chissà quante altre cose ignorava, chissà quanti
altri
segreti si nascondevano dietro a quell’occhio stanco.
«Loki, non dovresti parlare così in assenza di
Sigyn. Non
credo sia un comportamento cortese né rispettoso.»
«Perdonami.»
«Loki era solo sincero... Una volta tanto.» E una
lama
invisibile tagliò la carne sebbene non uscì
sangue.
Sorrise, indossò la maschera ed alzò il calice
verso suo
padre. Poi mandò giù un vino al sapore di
laudano.
Prima ancora che arrivasse alla porta aveva udito la risata di Thor, o
sarebbe stato meglio dire, quella di Sigyn, visto che nella sua testa
stava nascendo una netta distinzione.
Riconobbe anche la voce sottile della ragazzina a cui aveva dato
più ordini quel giorno e non gli fu difficile capire il
perché fosse ancora lì: Thor aveva sempre odiato
mangiare
da solo, se non c’era baccano sembrava che il cibo perdesse
sapore.
Restò qualche attimo con il palmo sulla maniglia lasciando
che
quella risata si riversasse nelle sue orecchie come non avessero voluto
udire altro.
Aprì poi la porta e tacquero risate e parole.
«Principe!» La ragazzina scattò in piedi
e si
inchinò con riverenza ma lui portò i suoi occhi
sulla smorfia
infastidita comparsa sul viso di Sigy- Thor, sul viso di Thor.
«Pensavo avessi finito di pranzare»
esordì
avvicinandosi al tavolo ed ignorando volutamente la piccola ancella.
«Ed io pensavo saresti tornato più tardi. Come
vedi condividiamo la stessa delusione... principe.»
Quasi sorrise al suo sbilenco tentativo di colpirlo. «Speravo
ti
sarei mancato almeno un po’, mia dolce Sigyn.» Il
sorriso
si allargò quando il suo labbro iniziò a tremare
di
rabbia.
È
così che si fa, fratello...
«Lasciaci» ordinò poi alla ragazzina
senza scostare lo sguardo da quelle lame celesti.
«Si, mio principe. Mia signora.» Non appena la
porta si
chiuse dovette afferrarle un polso prima che lo colpisse con un pugno
in pieno viso.
«Dovresti smetterla di tentare, stai diventando ridicola, mia
cara.»
«Prima che questo giorno anneghi ti staccherò
quella lingua, Loki.
È una promessa.» Cercò di liberare il
polso ma lui
non lasciò la presa.
«Cos’hai detto a quella ragazzina?» Con
uno strattone
le tirò il braccio obbligando il viso ad avvicinarsi al suo.
«Cosa vuoi che le abbia detto? È una
bambina.» Le
sue labbra erano così vicine che quasi avrebbe potuto
sfiorarle
con le proprie e si stupì di non trovare quel pensiero
inappropriato. «Non credermi così idiota,
fratello.»
Solo quando pronunciò quella parola si ridestò da
quell’incomprensibile stallo. Sciolse la presa e le diede le
spalle, così che non potesse vedere cosa bruciava davvero
nei
suoi occhi e stavolta non era rabbia.
Che mi succede?
È solo Thor, è solo mio fratello...
Prese un respiro e tornò a voltarsi.
«Dobbiamo andare in quella taverna.» Si diresse a
passo
spedito verso l’armadio tirando fuori una mantella nera con
un
cappuccio che potesse nascondere la sua identità.
«Non dovevamo aspettare sera?»
«No, andremo ora.» Gettò una mantella
anche a Sigyn
- era ricaduto in quell’errore - che
l’afferrò al
volo.
Loki poteva sentire i suoi occhi sulla schiena e capì che
doveva
mettere fine a quella follia al più presto, prima che
potesse
fare qualcosa di cui pentirsi, stavolta, di cui pentirsi sul serio.
«Potevamo prendere due cavalli.»
«Non dobbiamo dare nell’occhio.»
«Perché due a cavallo dovrebbero dare
nell’occhio?»
Sospirò tenendo strette le redini «Non sono i
cavalli a
dare nell’occhio, ma tu. Ricordi il discorso
“sgraziata,
volgare e indecente”? È ancora valido.»
E sebbene fosse stata la scelta più logica, in quel momento
Loki
si chiese se non fosse stato meglio rischiare, almeno avrebbe evitato
di sentirsi stranamente stordito dalla sua vicinanza.
«Attento!»
Il cavallo si arrestò bruscamente davanti ad un tronco che
tagliava di traverso la strada e di istinto lui le avvolse un braccio
attorno al corpo per non farla cadere.
«Dannazione, Loki! Non sei più capace di
cavalcare?!»
«Non l’avevo visto, scusami.»
«Cosa?» Voltò il capo e gli sorrise.
Quello era il
sorriso di Sigyn, non di Thor. Il suo braccio stringeva il corpo di
Sigyn. Il suo cuore stava battendo un po’ troppo velocemente
contro la schiena di Sigyn.
È una
follia...
Diede un colpo di tacchi per riprendere la marcia.
«La tua testa mi è
d’intralcio» mentì cercando di scacciare
quell'innaturale riflessione.
«Questa ti è uscita male, fratello.»
Ogni volta che lo chiamava in quel modo riceveva una doppia frustata.
Una lo portava sul sentiero della logica rammentandogli chi fosse in
realtà quella fanciulla, l’altra colpiva il suo
orgoglio
facendo nascere in lui il desiderio di zittire quella bocca nel modo
più peccaminoso che conoscesse.
Strinse forte le dita attorno ai legacci di cuoio ed aumentò
l’andamento del galoppo.
Arrivarono alla taverna nel tardo pomeriggio e lui imprecò a
denti stretti quando riconobbe i proprietari dei due cavalli legati
davanti al locale.
«Sif e Fandral sono qui. Non ci voleva.» E non era
stato l’unico a notarlo.
Scese e senza neanche rendersene conto allungò le mani per
aiutarla.
«Scherzi, vero?» sbottò lei con beffa e
con la
stessa non-grazia che l’aveva contraddistinta da quando
l’aveva vista quella mattina, saltò giù
dallo
stallone.
Loki legò la bestia e si sistemò il cappuccio
cercando di
convincersi che quando sarebbe tutto finito, avrebbe dimenticato ogni
emozione inappropriata, l’avrebbe dominata come al solito.
È solo un
gioco degli occhi. Devi rifuggire ogni pensiero.
Sigyn non esiste.
«Non è detto che mi riconoscano. Tu stai affianco
a me e
non dire niente.» Lei annuì e gli andò
dietro.
La taverna era già caotica e piena di gente, ma in quel
momento
era un bene, così avrebbero potuto confondersi fra la folla.
Immediatamente individuò i due compagni di suo fratello
seduti
in compagna di altri soldati semplici ad un tavolo alla loro destra.
«Vieni.» Decise che accomodarsi sul lato opposto
era la
cosa migliore. Controllò ancora che nessuno li stesse
guardando
mentre prendevano posto. «Riconosci qualcuno che era qui ieri
sera?» Gli occhi da cui non riusciva a staccarsi, scrutarono
accuratamente la sala ma senza successo.
«Nessuno.»
«Aspetteremo.»
«E se non riuscissimo a trovare nessuno? E se fosse tutto
inutile? Se non ci fosse-»
Quando poggiò la mano sulla sua si zittì.
«Tornerai quello di prima. Te lo prometto,
fratello.» Non
seppe neanche lui se fosse l’ennesima menzogna o solo la
speranza
che lo fosse.
«Non mi chiami più Sigyn, adesso?»
In quel momento fece fatica a scacciare la voglia di sfiorarle il viso.
«Era solo una piccola eccezione, mia adorata.»
«Ti prego, Loki, mi fai rabbrividire quando dici certe
cose.»
Sorrise e lei lo accompagnò. Anche lui rabbrividiva,
però la cosa era stranamente piacevole quando accadeva.
«Madre voleva che ti invitassi a pranzo»
sospirò
ricordando la chiacchierata imbarazzante mentre continuava a tenere
d’occhio la calca nella locanda. «Immagino che fra
un
po’ vorrà prenderti le misure per l'abito da
sposa.»
Una nuova risata rubò tutta la sua attenzione.
«Sai che mi ha chiesto Linn, quella piccola
ancella?»
Scosse la testa incollando gli occhi a quelle labbra che
sorridevano.
«“Mia signora, presto sposerete il principe Loki,
vero?”»
Non trattenne un risolino divertito. «E tu cosa le hai
risposto?»
«“Ancora non mi ha fatto la
proposta”.»
Stavolta rise di cuore e si sistemò il cappuccio che stava
per scivolare via.
«Guarda il lato positivo: stamattina eri una prostituta ed
ora
sei una futura principessa. È un bel salto di
qualità per
chi è donna da meno di 24 ore.» Rise anche al
pugno che lo
beccò su un braccio.
«Chiamami Sigyn, cara, adorata, quello che vuoi, ma non
principessa. Lo odio!»
«Eppure è la definizione più adatta
visto che sei un principe, o meglio, lo eri.»
«Non provocarmi. Potrei ancora spaccarti la faccia,
fratello.» Peccato che era una minaccia che sul quel bel viso
aveva poca efficacia.
«Cosa vi porto?» Una donna in carne con un
grembiule unto e bisunto si avvicinò al loro tavolo.
«Due boccali di idromele.»
«Arrivano subito.» Non aveva fatto neanche in tempo
ad accorgersi della sua presenza che Sigyn - è Thor -
aveva già ordinato.
Non erano lì per diletto, ma non volle replicare. Non voleva
rischiare di perdere la tregua appena raggiunta, non voleva far sparire
quella strana sensazione di calore.
Non si rese conto di fissare il suo viso ormai da un po’
finché non incrociò i suoi occhi.
«Che c’è?» Per la seconda
volta non aveva
parole e per la seconda volta si disse che sarebbe stato meglio gettare
da quel balcone la figura che aveva di fronte non appena aveva messo
piede nella sua stanza - nella sua vita.
«Niente.» Fu grato dell’arrivo dei due
boccali. Non
era un amante dell’idromele però in quel momento
non gli
avrebbe fatto sicuramente male alleggerire un po’ la testa.
Dopo i primi due, erano arrivati altri due e poi altri due ancora e
Loki sentiva la concentrazione iniziare ad essere annebbiata dai fumi,
nonché la risata di Sigyn - ormai non riusciva
più a
vedere suo
fratello - impossessarsi con troppa forza della sua
attenzione.
«A quel punto gli ho detto: "non sai che provocare il figlio
di
Odino è un pessimo passatempo?" E gli ho dato una
testata!» I racconti di Thor non erano mai stati interessanti
come in quel momento, forse era l’idromele, forse quella
voce,
quelle labbra.
Loki sorrise ed allontanò il boccale da sé.
«Credo sia meglio fermarci qui.» Afferrò
anche il suo boccale prima che potesse bere un altro sorso.
«Non fare il noioso, io reggo una botte di idromele, sei tu
che non sei abbastanza uomo.»
«Non era la battuta migliore da dire, mia dolce
Sigyn» ghignò.
«È qui che sbagli.» Lei
liberò il boccale e
lo mandò giù con un solo sorso. «Non
era una
battuta.» Quando si pulì le labbra con il dorso
della mano
scosse la testa rassegnato: no, non sarebbe mai stata una donna come le
altre.
«Guarda chi si vede nei borghi del popolino: il nostro
principe cadetto.»
La voce di Fandral arrivò come una secchiata
d’acqua sulla
testa. Non si era minimamente accorto che era stato riconosciuto
né che lui e Sif si erano avvicinati al loro tavolo. Vide la
stessa sensazione di stupore sul viso al suo fianco, il viso di Sigyn.
«Ogni tanto amo scendere nei bassifondi anche io»
rispose
non troppo prontamente ma Fandral ridacchiò annuendo - era
chiaramente ubriaco. Sif invece pareva aver deciso di rivolgere la sua
attenzione alla sua accompagnatrice. «Non ti hanno insegnato
che
è scortese fissare la gente, Sif?» la
rimproverò
con un ghigno.
«Mi perdonerai se trovo insolito il tuo accompagnarti a una
donna che non sia tua madre.» Fandral rise sfacciatamente e
lui
stirò ancora le labbra.
«Forse sei tu che ti sei accompagnata un po’ a
troppi
uomini. Di’ un po’, Lady Sif, quante spade hai
maneggiato?» Stavolta Fandral decise di non ridere e fu la
gola
di Sigyn a lasciar andare un breve risolino che però non
sfuggì agli occhi da lupa della guerriera.
«Spero che abbia abbastanza denaro per pagare i vostri
servigi,
mia bella signora.» A quelle parole Sigyn scattò
come una
molla.
«Ti conviene frenare la lingua, Sif, non costringermi a
zittirti con la forza.»
«Uh, una gattina con gli artigli affilati... Una degna
compagna, non c’è che dire.»
Loki allungò una mano per intimarle di non cedere alle
provocazioni, in fondo sapeva con quanta facilità si
incendiasse
l’animo di suo fratello.
«Non era la vostra compagnia che bramavamo quando siamo
venuti
qui, per cui liberateci dal fastidio della vostra presenza
perché io e Lady Sigyn avremmo di meglio da fare.»
«Oh, non ne dubito...» Lo sguardo di Fandral
indugiò
sul viso di lei un po’ troppo e Loki sentì
l’istinto
di ficcargli una lama nella gola all’istante.
L’istinto
crebbe quando lo spadaccino le prese una mano e la baciò.
«Lady Sigyn, è stato un piacer-» Ma
prima che
potesse finire la sua sviolinata, la mano era scivolata via dalla sua e
si era schiantata stretta a pugno dritta sul suo mento facendogli quasi
perdere l’equilibrio.
«Non osare rifarlo o ti faccio saltare i denti uno per
volta!» Sigyn, letteralmente, fumava di rabbia.
Fandral si tastò il mento con un’espressione fra
lo
sconcerto e l’iracondo ma poi preferì sciogliersi
in una
risata, forse per smorzare l’imbarazzo.
«Che mano pesante, Lady Sigyn, spero non usiate la stessa
grazia
sul nostro gracile principe altrimenti farebbe meglio a farsi dare
qualche lezione di autodifesa da suo fratello.» Aveva poi
preso
la porta senza aspettare che Sif lo seguisse, di fatto la donna era
rimasta silente con i suoi occhi sul viso di Loki ed un sorriso sghembo
che valeva mille parole.
«A proposito di tuo fratello, cos’è
questa storia
della battuta di caccia? Sai bene che non sarebbe andato senza di
noi.»
«Siete voi a dover elemosinare la sua compagnia, non il
contrario.»
Sif fece un passo verso il tavolo dove poggiò entrambi i
palmi.
«La tua di compagnia, invece, pare letteralmente
disgustarlo.»
«Non -» Loki afferrò il polso di Sigyn
comandandole
con un semplice sguardo di tacere. Lo stesso fece lui e Sif
uscì
dalla locanda portandosi dietro un sorriso trionfante.
Con uno strattone sentì la sua presa spezzarsi.
«Perché mi hai fermato? Le avrei spaccato la
faccia!»
«No. Avresti tentato e lei avrebbe spaccato la tua. Per
questo ti
ho fermato.» Loki si alzò e sistemò
nuovamente il
cappuccio. «Torniamo a palazzo.» La
sorpassò e si
avviò verso la porta.
Odiava dover sopportare anche solo le facce di quei vermi di cui si
attorniava Thor, soprattutto di quella cagna di Sif. Odiava che quelle
parole lo avessero graffiato dentro, odiava dover ammettere che erano
le stesse parole che accarezzavano spesso i suoi pensieri.
«Loki?» Non si arrestò e raggiunse il
cavallo. Ormai
era calata la sera, ma non aveva più la concentrazione per
restare in quel posto, soprattutto perché per tutto il tempo
non
era riuscito a scacciare via le sensazioni inappropriate che lo avevano
investito con l’arrivo
di Sigyn.
Sciolse il nodo ed afferrò le redini, solo a quel punto si
voltò ed incrociò il suo sguardo preoccupato.
«Le parole di Sif sono vergognose menzogne. Tu sei mio
fratello e
verrai sempre prima di chiunque altro. Lo giuro sul nome e sul retaggio
di nostro Padre.»
«Sali.» Non disse altro, freddò i suoi
occhi e
nascose ogni sentimento. Era l’unica arma che avesse per
difendersi.
«Loki…»
«Sali, ho detto.» La vide deglutire e montare sul
crine scuro senza dire nulla.
Nessuno dei due parlò finché non varcarono i
cancelli dorati.
***
NdA.
ALT! Prima di partire con gli insulti, Sif e Fandral non sono le merde
che sembrano, è solo la prima comparsata.
Io invece sì, sono l'autrice balorda che sembro, e ormai
dovreste averlo capito bene.
E voi siete bellissimi, tutti, e vi voglio bene perché
supportate e sopportate
roba come questa *^*
Let me love you <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 5 *** capitolo ***
5° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
V.
«Tu
l'hai
vista?»
«Nessuno pare averla vista. Ci sono solo le cialtronerie di
mastro Diafal, e sappiamo tutti che ha un debole per
l’idromele
di prima mattina.»
Linn ascoltò la conversazione mentre piegava con cura tutti
i
tovaglioli appena lavati.
Avrebbe voluto dire che lei l’aveva
vista, che lei aveva parlato con la misteriosa dama che si vociferava
accompagnasse il principe, che il suo nome era Sigyn ed aveva la stessa
bellezza
della stella della leggenda. Avrebbe voluto dire che i suoi occhi erano
come zaffiri e che la sua risata era allegra e melodiosa, ma decise di
restare silente.
«Potrebbe essere un'altra delle sue illusioni. Non sarebbe la
prima volta.»
«O una semplice cortigiana ben vestita. Nessuna fanciulla con
del
buon senso deciderebbe di accompagnarsi ad un'anima scura come il
nostro
principe.»
«Sarà, ma io continuo a credere che quel ragazzo
abbia
preferenze di dubbia morale, se capisci ciò che
intendo.»
Quando le due donne risero, Linn strinse forte i denti e
ripensò
alle parole che aveva udito dalla voce triste di Lady Sigyn:
“Loki non è come lo dipingono”. Anche
lei aveva
creduto che il principe fosse in realtà malvagio come si
diceva,
però se fosse stato davvero così, una dama tanto
gentile
non avrebbe potuto donargli il suo cuore.
Provò rabbia ma non
aprì bocca. Continuò a piegare con cura i
tovaglioli uno
dopo l’altro, desiderando di essere ancora in compagnia della
sua
bella signora.
*
Loki gettò la mantella sulla sedia ed iniziò a
scogliere
i legacci della sua casacca. Alle sue spalle Sigyn chiuse la porta.
«Per quanto hai intenzione di tenere quella lingua legata?
Non è da te un simile silenzio.»
Prese un respiro e continuò a darle le spalle.
«Fratell-
» Quando sentì quella mano poggiarsi sul suo
braccio le
afferrò il polso e la sbatté contrò il
muro.
«Potrei fare molte cose che non sono da me questa sera, non
costringermi a provartelo, fratello»
le sibilò sul viso e
lesse la confusione nello sguardo chiaro che si rispecchiava nel suo.
«Ti ho già detto che le parole di Sif-»
«Quella stupida di Sif è l’ultimo dei
miei
problemi.» Ghignò fingendo una calma che in
realtà
non aveva. «Ora, regalami qualche clessidra lontano dalla tua
presenza.» La lasciò andare dandole la schiena e
tornò al suo lavoro con i legacci.
«Come vuoi.» I passi si allontanarono.
«Sono nelle
mie stanze, nel caso ti venisse l’idea di setacciare il
palazzo.» Avvertì chiaramente la punta di rabbia.
Cercò di non badarci e sospirò solo quando la
porta si
richiuse con un tonfo.
Si passò una mano sul viso guardando la mantella che giaceva
in
disordine sulla seggiola. Avrebbe solo voluto tirare il collo di
quell’arpia con le sue stesse mani e poi fare lo stesso con
Fandral e con ogni altra voce che rideva nella sua testa.
Aveva sempre fatto fatica a razionalizzarsi con il suo cuore, per il
semplice motivo che spesso non riusciva neanche a capire cosa volesse
dirgli. I sentimenti che provava erano sempre disarmonici e si
accavallavano fra di loro creando un tale caos che aveva deciso fosse
meglio farli tacere, tutti. L’unico che riusciva sempre a
prevalere sugli altri, però, era quel senso di essere
fondamentalmente un estraneo. Le leggeva negli occhi di ogni suddito,
nel parlottare sommesso che si levava alle sue spalle quando
attraversava i giardini. Alle volte, sembrava scorgerlo anche
nell’unica gemma azzurra del Grande Padre. Per tanto tempo
Thor
era stato il solo con cui si sentisse davvero se stesso, ma poi anche i
suoi occhi si erano allontanati, e Loki aveva finito con il credere che
fosse giusto così.
Rivide il sorriso di Sigyn, il suo calore, così uguale e
allo
stesso tempo diverso da quello di suo fratello, ma forse era solo lui a
volerlo credere.
Sigyn non esiste.
Qualcuno bussò alla sua porta.
«Avanti» comandò abbandonando
momentaneamente il suo
svestirsi.
Sulla soglia comparve la figura di Knut, uno dei suoi paggi.
«Mio principe, vostra madre desidera sapere se questa sera a
cena
sarete accompagnato.» Il giovane tenne lo sguardo basso e le
mani
intrecciate dietro la schiena.
Lasciò andare un suono stanco dalla gola. Sua madre. Non
aveva
per nulla voglia di provocarle dispiacere e sapeva che stavolta sarebbe
stato più arduo glissare le sue curiosità. Ma
seppur era
conscio di quanto ella volesse solo conoscere quella che considerava la
sua amica Sigyn, lui non aveva altrettanta voglia di vedere il
suo viso; ormai quando lo guardava non vedeva più suo
fratello,
solo una fanciulla rumorosa, sgraziata e sboccata che però
non
riusciva a scacciare via dalla testa. Era un problema.
Era un enorme problema lei e le sensazioni che stava lentamente
scatenando nel suo animo.
Sigyn era un problema.
A cena avrebbe commesso qualche errore e la copertura sarebbe
miseramente saltata. A quel punto un castigo senza eguali da parte di
Odino era alquanto prevedibile.
«Resta qui» ordinò al ragazzo che
annuì spostandosi di lato per permettergli di passare.
Loki raggiunse le stanze di Thor senza fermarsi neanche a bussare.
Aprì la porta e trovò Sigyn seduta a terra
intenta ad
affilare il taglio di una spada.
«La sabbia è già caduta
tutta?» Lo accolse
con un’occhiata sola mentre la pietra scorreva sibilando
sulla
lunghezza d’acciaio.
«Madre ti vorrebbe a cena con noi.» Lei non
fermò i
suoi gesti e lo degnò di un’altra occhiata.
«Saresti
in grado di comportarti civilmente per la durata di qualche
portata?» continuò lui freddamente cercando di non
farsi
distrarre dai gesti con cui le sottili dita maneggiavano
l’elsa
dell’arma.
«No» gli rispose sintetica e Loki prese un altro
respiro
raggiungendola con poche falcate. Flesse un ginocchio e la
obbligò a guardarlo negli occhi quando i loro visi furono
quasi
alla stessa altezza.
«Non è la risposta che volevo.»
«È l’unica che ho da darti. Ora, se
volessi
lasciarmi, ho altro da fare.» Accanto alle sue gambe un
mucchio
disordinato di altre spade e stiletti.
«Stai radunando un esercito, per caso?»
sospirò
beffardo ma lei lo ignorò. Quell’espressione
ostinata le
donava anche troppo. «Ascoltami ora.» Mise la mano
sulla
sua e fermò il suo lavoro. «Non ho intenzione di
dispiacere nostra madre, per cui adesso ti dai una ripulita e vieni con
me.»
«Ed io non ho intenzione di stare nuovamente sotto gli occhi
di
Padre. È un’offesa per lui e un disonore per me.
Rifiuta
l’invito con cortesia, le parole non ti hanno mai fatto
difetto,
fratellino caro.»
Le afferrò un polso e si alzò portandosela
dietro, la spada cadde a terra con un suono metallico.
«Che stai facendo? Lasciami prima che te lo
imponga!»
Varcò la soglia e si diresse nella sua camera ignorando i
pugni che cercarono inutilmente di fargli mollare la presa.
Quando rientrò, gli occhi di Knut si alzarono su di loro per
pochi secondi poi il ragazzo tornò nella sua posizione
rimasta
tale da quando era uscito.
«Di’ a mia madre che Lady Sigyn ci
onorerà della sua presenza.»
«Loki!» Non abbandonò il suo polso
finché
Knut non li lasciò con un inchino. «Che ti
è
saltato in mente? Io non verrò! Scordatelo! Da quando ti
prendi
tutta questa libertà per decidere per me? Devo ricordati che
io
sono-»
«No!» tuonò zittendola. «Non
sei Thor, non sei
il primogenito di Odino né mio fratello maggiore. In questo
momento sei solo una ragazzina capricciosa che meriterebbe uno schiaffo
ogni volta che apre bocca!»
Sigyn tremava di rabbia ed aveva la mascella talmente serrata che le
avrebbe dovuto far male.
Loki si stirò i capelli indietro e cercò di
recuperare il
controllo che quella lì riusciva a fargli perdere con troppa
facilità. «Ti farò avere degli abiti
consoni alla
serata e manderò la tua piccola amica ad
aiutarti-» Un
secondo dopo era steso sul pavimento ed un pugno gli aveva appena
spaccato un labbro. Il successivo colpì lo stesso punto
un’altra volta ed un’altra ancora.
«Sei un bastardo!» Ed ancora un pugno.
Non fece nulla per fermarla anche se avrebbe potuto. Una voce nella sua
testa gli bisbigliava che in fondo se li meritava tutti.
Aspettò
che il ritmo di quel pessimo attacco rallentasse per poi
terminare, a quel punto guardò il suo viso arrossato ed
affannato. Guardò il pugno rimasto a mezz’aria e
le
lacrime ferme negli occhi solo per orgoglio.
Un rivolo di sangue gli scendeva da un angolo della bocca lungo una
guancia e lo asciugò lentamente con un pollice.
«Ti sei
sfogata abbastanza?»
Un ultimo pugno.
«No.»
Sentì il peso del suo corpo allontanarsi mentre gli dava le
spalle e si mise a sedere con un ghigno pulendosi ancora quella misera
ferita che si sarebbe richiusa nel giro di pochi secondi. In quel
momento non aveva dubbi che quel grazioso involucro contenesse
l’anima di suo fratello, per sua fortuna, non ne conservava
la
forza, altrimenti ora avrebbe avuto ogni osso della faccia frantumato.
Si alzò in piedi e raggiunse la porta.
«Userò le tue stanze. Sii pronta a
breve.» Quando la
serratura scattò, sentì l’infrangersi
di un
qualcosa contro il legno.
L’acqua di un bagno caldo era la cura ottimale per sciogliere
i
nervi e schiarire le idee, aveva pensato mentre si immergeva nella
grande vasca. Si rese conto presto che, in realtà, sarebbe
servito altro.
Aveva un leggero mal di testa, dovuto certamente a vari boccali di
idromele alla taverna, ma soprattutto al ricordo delle parole di Sif,
più di tutti, allo sguardo infuriato di Sigyn. Lo rivedeva
riflesso nella volta del soffitto, insieme al suo muto pianto che forse
non avrebbe visto la luce neanche nella solitudine della sua stanza.
Thor era sempre stato dannatamente orgoglioso, Sigyn aveva solo un viso
più gentile, ma la stessa ostinazione.
Perché stava continuando con quella stupida distinzione?
Perché aveva deciso di dare un nome alla sua folle fantasia?
Forse perché era una fantasia che aveva cullato da tempo,
forse
perché aveva trovato la risposta alla sua domanda.
Lui aveva sempre amato suo fratello, l’aveva sempre ammirato
e a
volte quella forte ammirazione era divenuta anche acida gelosia. Aveva
sempre amato la sua caparbietà, la sua capacità
di
sdrammatizzare ogni situazione, il suo essere ottuso e a tratti
ingenuo.
Bramava la sua vicinanza perché sentiva di essere completo
con
Thor al suo fianco, ma poi quella vicinanza si era consumata anno dopo
anno, e lui si era sentito sempre più vuoto, sempre
più
freddo.
E poi aveva visto quegli occhi.
Sigyn possedeva tutte le qualità e i difetti di Thor ma
accolti dal corpo di una stupenda fanciulla.
La sua metà perfetta, con lei poteva essere davvero
completo.
Ma era solo una palese illusione, perché Sigyn era Thor e
quindi altrettanto lontana, altrettanto impossibile da raggiungere.
«Sei uno sciocco...» Si rimproverò
passandosi più volte la mano umida sul viso.
Sigyn non esiste,
continuava a ripetersi nella sua testa, è il frutto di
un’illusione.
Il Signore delle illusioni che rischiava di vacillare su
un’illusione.
Come Nygis che amò la sua stella.
Ma lui non era Nygis e la sua
Sigyn era solo la creatura di qualcun altro.
È Thor,
è tuo fratello, neanche tu puoi arrivare a tanto.
Rise tristemente tornando a fissare il soffitto. Gli occhi azzurri
erano sempre lì.
Guardò distrattamente il piccolo arsenale che giaceva ai
piedi
del letto di Thor ripensando a quelle sottili dita che tutto avrebbero
dovuto fare, fuorché tenere in mano una
spada. Scosse la
testa per mandar via altre insane idee. Aveva già speso
troppo
tempo a ponderare inutilmente in quel bagno e a cena era meglio
arrivare in orario.
Sperava che lei fosse pronta, sperava che
procedesse tutto senza ulteriori complicazioni, sperava che quella
pazzia che si stava crudelmente impossessando di lui cessasse quanto
prima.
Entrò nelle sue stanze ma vi trovò solo la
piccola ancella.
«Dov’è?» chiese sintetico.
La bambina alzò il capo pronta a rispondere, ma alla porta
alla sua sinistra scorse la figura che cercava.
«Credo che le stringhe si siano sciolte, Linn e- Ah, sei
già qui?!»
Ma la risposta, benché inutile, si perse sulla punta della
lingua. «Dobbiamo andare. È ora.» Per
sua fortuna
aveva abbastanza autocontrollo dal ritrovarla immediatamente.
«Dammi il tempo di sistemare questi dannati nastri.»
«Vi aiuto io, mia signora.» Sigyn spostò
i capelli
di lato mentre la bambina, salita su una sedia, le legava le stringhe
del bustino.
Gli occhi di Loki vagarono come non avrebbero dovuto sul
suo corpo, sul corpetto troppo stretto, sulla veste color sabbia che le
cadeva sinuosa sui fianchi, sulle caviglie strette dai legacci di scuro
cuoio dei sandali, sul viso incorniciato da morbide onde bionde fermate
solo da un lato con un fermaglio di giada azzurra.
Non poteva dire che
quella piccola ancella non avesse fatto un lavoro egregio. Forse per il
suo equilibrio sarebbe stato meglio che non fosse stato così.
«Grazie Linn, credo che tu possa andare.» Il
sorriso che
rivolse alla servetta gli diede quello che sul campo di battaglia
veniva chiamato “colpo di grazia”.
E pensare che un tempo
riusciva a controllare ogni emozione... Ogni reazione.
Linn lo sorpassò con un inchino e lui a malapena se ne
accorse.
«Possiamo andare.»
«Sì, possiamo andare.»
Quando lo affiancò trovò ancora della collera
bruciare
nei suoi occhi ma sembrava avesse deciso di collaborare senza fare
ulteriori capricci.
I primi passi furono avvolti dal silenzio più assoluto.
«Madre, conoscendola, non farà nulla per metterti
in
imbarazzo e Padre non oserà accennare ad alcunché
di
quanto accaduto questa mattina.»
«Lo spero, altrimenti sarei costretto a ficcarti una
forchetta in una mano.»
«Costretta. Sei una donna, non dimenticarlo.»
L’ammonì con un sorriso mentre tagliavano i lunghi
corridoi.
«No, sono una ragazzina capricciosa - non è
così
che ha detto? Ah, giusto: “una ragazzina capricciosa che
merita
di essere presa a schiaffi”.»
«“Ogni volta che apre bocca.”
Sì, è abbastanza corretto.»
Anche le sue labbra si piegarono all’insù per poi
lasciar
uscire una debole risata. «Ti odio, fratello.»
«E non chiamarmi così, sarebbe alquanto pericoloso
se lo
facessi in loro presenza.» Le porse il braccio quando
arrivarono
davanti alla porta dorata che dava nella sala. Sigyn lo
guardò
alquanto inorridita e lui sospirò con un ulteriore sorriso.
«È l’etichetta, lo sai.»
«Le Norne devono aver deciso di punirmi...» La
sentì
borbottare mentre stringeva le dita attorno al suo avambraccio.
Non doveva avvertire quella strana vibrazione nello stomaco, ma non
riuscì ad impedirsi di provarla.
«Non hai mai vacillato in guerra, non puoi farlo per una cena
in famiglia.»
«In guerra non ho mai dovuto indossare un corsetto che mi
strizzasse i seni - e non avevo seni, soprattutto.» Loki rise
ancora e lei sospirò stringendo più forte il suo
braccio.
«Va bene, andiamo.»
Guardò il suo profilo ancora una volta e poi spinse la porta.
Ad accoglierli, una sala non troppo rumorosa ma, insospettatamente,
gremita di gente. Ad una rapida occhiata, era presente la maggior parte
della corte.
«Loki...» Le dita quasi gli stritolarono le ossa
del
braccio. «C’è tutta Asgard!
Perché
c’è tutta Asgard? Avresti dovuto
dirmelo!»
«La cosa sorprende anche me.» Le
sussurrò potendo
notare come buona parte degli occhi avessero deciso di posarsi su di
loro.
«Voglio andare via.»
«Non dire stupidaggini.» La fronteggiò
coprendola
alla vista degli altri e la guardò dritta negli occhi.
«Non cambia nulla. Tu resta al mio fianco, sorridi e
andrà
tutto bene.»
«Ho voglia di strozzarti, credimi!»
«Dopo affronteremo i tuoi istinti fratricida, adesso sii Lady
Sigyn e comportati come tale.» La vide mandare giù
un
ringhio ed annuire. Assentì a sua volta e tornò a
porgere
il volto alla sala.
Ad ogni passo un nuovo paio di occhi si aggiungeva agli altri e Loki
avvertì il classico bisbiglio alle sue spalle, ma stavolta
era
più che certo che tutti i commenti fossero per la dama al
suo
fianco. Attraversò la sala con un certo orgoglio che
piegò le sue labbra più volte. Decise di non
badare a
quanto fosse patetico tutto ciò. Avrebbe conservato i
rimproveri
a se stesso per le ore che avrebbe tolto al sonno.
«Non ho mai odiato essere al centro dell’attenzione
come in
questo momento...» sospirò una voce inquieta al
suo
fianco.
«Non essere nevosa. Stanno solo ammirando il pregiato lavoro
della tua ancella.»
Riuscì a farla sorridere. «Sono felice che tu non
sappia fare dei veri complimenti.»
Sorrise a sua volta avvicinando le labbra al suo orecchio.
«Sei
molto bella stasera, mia dolce Sigyn.» Come aveva previsto
lei
scosse la testa con un sorriso rassegnato.
«Ricordami di strozzarti.»
Anche quando era sincero veniva scambiato per un bugiardo. Alquanto
ironico.
Finalmente riuscì a scorgere sua madre intenta a
chiacchierare
con due dame, ma quando incrociò i suoi occhi la vide
abbandonarle per andar loro incontro. D’istante Sigyn si
irrigidì e lui le poggiò la mano su quella che
teneva
legata al suo braccio per tranquillizzala.
«Madre.»
«Mia regina.» L’inchino che ne
seguì fu stranamente decente. Faceva progressi.
«Lady Sigyn, sei incantevole.»
«Mai quanto voi, mia regina.» Sì, aveva
fatto degli insospettati progressi.
Sua madre sorrise e poi lo guardò dolcemente. «Tuo
padre
è stato trattenuto da questioni che non potevano aspettare.
Ci
raggiungerà fra un po’.»
«Ne approfitterò per mostrare a Sigyn la bellezza
dei giardini di Asgard fra le ombre della sera.»
«Sono certa che lo apprezzerà.»
«Vi ringrazio ancora per avermi concesso di essere vostra
ospite.»
Frigga rispose a quella dovuta cortesia con un cenno della testa e poi
li lasciò, non prima di avergli posato un bacio materno su
una
guancia.
Dalla balconata arrivava il vociare confuso della sala e qualche
occhiata di qualcuno che non faceva alcun mistero di voler spiare
ciò che si dicevano - o facevano.
Sigyn si poggiò contro la balaustra ed emise un lungo
sospiro.
«Non ce la faccio.»
«Ormai il peggio è passato.» Lui
l’affiancò e guardò
l’oscurità che
avvolgeva la vegetazione. «È stato Padre ad
organizzare
questo banchetto a sorpresa, Madre non mi avrebbe osato
tanto.»
«Di che parli?» Non spostò lo sguardo ma
sentiva i suoi occhi sul viso.
Sorrise sghembo. «Voleva mostrare a tutta Asgard che suo
figlio non è l’ergi che si dice.»
«Ma che scemenza è mai questa!? Nessuno potrebbe
pensare una cosa simile di te!»
Il suo sorriso non si spense. Quanta ingenuità, quanta
voluta cecità.
«Non importa, ora ha avuto ciò che voleva. Tutti
hanno
visto la bella fanciulla al mio fianco e il suo onore è
salvo.»
«Non parlare così di nostro padre. Avrà
qualche
annuncio da fare alla corte. È questo il motivo del
banchetto,
non certo le fantasiose congetture che stai disegnando. Non vedere
sempre il marcio anche quando non c’è.»
«C’è sempre del marcio, ma bisogna
essere marci a
propria volta per accorgersene.» Fu un pensiero a voce alta.
«Ehi, ora stammi a sentire.» La sua mano gli
afferrò
il volto obbligandolo a guardarla in viso. «Tu non sei
marcio.
Perché hai un’opinione cosi ingiusta di
te?» Le sue
dita erano calde ma ferree contro la sua pelle fredda, e i suoi occhi
quasi pieni di rabbia. «Non trasformarti in ciò
che
vogliono che tu sia, Loki. Tu sei migliore di tutti loro. Io lo so,
Padre lo sa. Sei tu il solo che ancora non l’ha
capito.»
Avrebbe voluto crederle ma sapeva non era così. Forse
sì, era migliore, ma non come pensava lei.
Era migliore ad ingannare, a raggirare, a fingere. Ma erano tutte
qualità che non gli avrebbero portato né
l’affetto
del suo popolo né il rispetto; se fosse salito su quel
trono,
avrebbe dovuto strapparlo con la forza, di questo ne era praticamente
certo.
«Grazie.» Fece quello che sapeva fare meglio:
mentì
ed indossò un sorriso. «Ora posso darti un
bacio?»
«Non ci provare!» Sigyn lo spintonò sul
petto
ridendo e Loki ingoiò la voglia di baciarla sul serio,
perché stavolta no, non lo aveva detto per scherzo.
***
NdA.
Il finale è una blanda citazione alla ormai
celeberrima deleted
scene di THOR.
Grazie ancora a tutti <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 6 *** capitolo ***
6° capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
VI.
Quando
rientrarono in sala, Loki ebbe pochi attimi per infastidirsi
della presenza di Sif e dei suoi tre compari, ché Odino fece
il suo ingresso.
«Togliamoci
questo dente» bisbigliò offrendole di nuovo il
braccio. Sigyn sospirò ed annuì.
Camminando verso suo
padre, poté avvertire gli sguardi dei
nuovi arrivati ma negò loro ogni attenzione. Doveva tenere
Sigyn lontana soprattutto da Sif che sarebbe stata capace di farle
perdere il controllo senza troppa fatica.
«Padre,
volevo presentarti Lady Sigyn.» Era la cosa
giusta da dire: ufficializzare quell’incontro per cancellare
il precedente. Sapeva che Odino avrebbe apprezzato la sua diplomazia.
«Mio
Re.»
Odino non rispose
ché con un cenno del capo e poi lo
guardò con l’unico occhio per qualche attimo.
«Posso
chiedere il perché di questo
banchetto?» La gola non vibrò eppure una feroce
collera gli stava scuotendo ogni nervo.
«Devo avere
un perché per radunare la mia corte?
Il piacere della loro compagnia non basta?» Sorrise annuendo.
Gli aveva risposto perfettamente. «Possiamo anche
accomodarci. Anche la tua ospite avrà appetito,
immagino.»
Quel sorriso
continuò a stirargli le labbra anche quando suo
padre si allontanò verso l’enorme tavolo, poi lo
diresse negli occhi chiari alla sua destra.
Visto?
Ecco la grande
nobiltà del Grande Padre.
«Loki...»
Ma non aggiunse altro.
«Cerca di
mangiare con un minimo di decenza. Piccoli bocconi
e bocca chiusa. Rifiuta vino e idromele. Non è appropriato
bere per una fanciulla.» La educò velocemente
mentre raggiungevano il resto degli ospiti. Sigyn non disse
più nulla, aspettò che lui le spostasse la sedia
e si accomodò silente.
Tenne gli occhi fissi
su ogni portata e quando li alzava li dirigeva
solo verso il suo viso. Loki mantenne la sua maschera perfetta per
tutta la durata della cena.
«Cerca di
sorridere ogni tanto o penseranno che trovi noiosa
la loro compagnia» sospirò nascondendo le labbra
dietro ad un bicchiere di vino.
«Mi spiace,
ma mi risulta difficile sorridere se non ne ho
motivo.»
«Volstagg
sta raccontando un’altra delle sue
imprese. Non ti diverte? Di solito sono le tue preferite.»
«Non ero a
conoscenza dell’esistenza di quelle
voci. Le avrei fatte tacere con il sangue se avessi saputo.»
Il coltello fischiò nel piatto e lui
la osservò con la coda dell’occhio.
«Non pensare
a questo e fingi di divertiti-»
«Io non so
fingere!» ringhiò a denti
stretti lasciando coltello e forchetta tintinnare nella ceramica. Fu
solo per il chiacchiericcio che li circondava che il suono non si
udì eccessivamente.
L’ammonì
comunque con un’occhiataccia.
Non doveva lasciarsi prendere dalle emozioni proprio adesso, non doveva
curarsi delle voci infamanti che marchiavano il suo nome; non lo aveva
fatto finora perché si stava prendendo il disturbo di
iniziare adesso?!
«Guardo
tutte queste facce e vorrei solo vederle
sanguinare.» La mano chiusa a pugno quasi tremava sulla
tovaglia e lui fu costretto a coprirla con la propria.
«Forse
è meglio ritirarci.»
Usò lo sguardo più gentile di cui era capace e
lei annuì. «Sei stata una dama
impeccabile.» Le rubò un sorriso mentre si alzava
porgendole la mano.
Sigyn
l’afferrò e si alzò a sua volta e
non lasciò le sue dita neanche quando si incamminarono verso
Odino, come quando da bambini nessuno provava vergogna a mostrare
all’altro il proprio affetto. Poi Thor era cresciuto in
fretta e Loki aveva sentito la mancanza sempre più forte di
quella mano stretta nella sua.
«Padre, con
il tuo permesso vorremmo ritirarci.»
«È
stata una serata incantevole. Grazie ancora per
avermi concesso-»
«Sì,
andate pure.» Odino non la
lasciò continuare, ma sul suo viso stanco Loki scorse solo
un’espressione di sincera gentilezza. Tutta per lei, tutta
per Sigyn. Anche in quella situazione lui vinceva sempre.
«È
passato un intero giorno. Un intero giorno e
sono ancora in questo stato!» Il fermaglio cadde tintinnando
sul tavolo. «Dannazione!» Un debole pugno gli si
accomodò accanto facendolo saltellare appena.
«Possiamo
tornare alla locanda. Potremmo avere fortuna questa
volta.» Osservò la sua schiena sollevarsi per i
respiri rabbiosi e la testa scuotere un no.
«È
tutto inutile. Sarà opera di qualche
infame nemico di Asgard - di Laufey, probabilmente. Non
c’è nulla di più vantaggioso del
colpire il primogenito di Odino! Di renderlo inutile, di renderlo un
abominio agli occhi di tutti e Nove i Regni!»
«Invece di
commiserarti, cerca piuttosto di rammentare cosa
è accaduto ieri, il giorno prima e quello prima ancora
e-»
«Tutti
quegli occhi, tutte quelle occhiate disgustose che mi
scrutavano come fossi una bestia da mercato! Non mi sono mai sentito
tanto umiliato in vita mia... I-io non sarò mai degno di
Mjolnir, non sarò mai degno di sollevarlo né di
farne la mia fedele arma... io... non sarò più
Thor Odinson...»
La raggiunse con pochi
passi e le afferrò una spalla
costringendola a voltarsi. Era pronto a prenderla a schiaffi se avesse
continuano con quelle litanie inutili, ma quando scorse le lacrime
scendere lungo le sue guance qualcosa in lui gli bloccò
lingua ed arti. «Lasciami!» Subito gli ridiede le
spalle passandosi furente il braccio sul viso. «Non voglio
che tu mi veda in questo stato, fratello. Non voglio anche la tua
compassione!»
«È
l’unica cosa che non avrai mai da
me.» I suoi occhi arrossati lo guardarono e lui
alzò un po’ di più il mento.
«Potrei anche arrivare ad odiarti, ma non ti compatirei
mai.»
Forse sarebbe stata
l’unica verità che non avrebbe
mai tradito in tutta la sua vita.
Sigyn tirò
su con il naso ed annuì.
Loki sapeva che per un
guerriero la compassione era la peggiore offesa.
L’odio inorgogliva forse più del rispetto.
«Non ricordo
nulla di particolare»
iniziò mentre si asciugava un viso ora asciutto.
«Non
è successo niente di insolito?»
Lei scosse la testa e
raggiunse il letto dove si sedette con un sospiro
stanco.
Lui avrebbe voluto
raggiungerla, ma poi avrebbe dovuto resistere alla
tentazione di passare le dita su quel viso afflitto.
Restò in
piedi a guardarla sentendosi immoralmente attratto
dal riflesso dell’illusione di qualcun altro.
«Ne
riparleremo domattina. Ora riposa.» Sigyn lo
guardò ancora una volta, ed ancora una volta
annuì silente. «Vuoi che mandi a chiamare
l’ancella?»
«No, credo
di riuscire a spogliarmi da sola- solo.» Le
sue labbra si piegarono all’insù e lei se ne
accorse. «Non dire nulla.» Vide un pallido sorriso
piegare anche le sue.
«Domani
potresti risvegliarti nel tuo solito corpo ed
accorgerti che è stato solo un incubo.»
Sigyn sorrise di
più. «Sarebbe bello.»
Loki quasi
sperò che ciò accadesse, altrimenti
l’indomani avrebbe dovuto affrontare ancora una volta quelle
inopportune sensazioni.
Le aveva lasciato la
stanza. “Prendo la tua” aveva
detto uscendo. Sigyn gli aveva detto grazie e buonanotte.
Si era steso sul letto
di Thor ed aveva guardato la sua armatura messa
in bella mostra nell’angolo più luminoso della
stanza. Perfino i raggi della notte ne illuminavano le rifiniture
dorate.
Era ormai meno di
un’ora che se ne stava a spostare lo
sguardo da un punto all’altro della stanza accorgendosi di
quanto bene ne conoscesse ogni dettaglio.
Aveva passato tante
ore nascosto lì mentre Thor si allenava,
aspettando che tornasse e gli chiedesse di allenarsi con lui. Poi Thor
tornava ma tutto quello che gli chiedeva era di uscire dalla sua stanza
perché
i
bambini non devono giocare con le armi. Loki si infuriava
e correva via e tratteneva il pianto finché non si chiudeva
la porta della sua stanza alle spalle.
Sorrise triste di quel
ricordo così lontano nel tempo.
Sorrise triste ripensando alle lacrime di Sigyn.
Proprio in quel
momento udì il saltare della serratura.
Voltò appena il capo e non riuscì a trattenere un
risolino divertito.
«Sono ore
che tento di toglierlo! È una trappola
mortale!» I capelli scomposti, le spalline giù, ma
il corsetto ancora teneva saldamente il vestito al suo posto.
Si mise a sedere e lei
si avvicinò.
«Sei un
disastro...» sospirò mentre
Sigyn si sedeva sul letto dandogli le spalle. Si spostò
ancora i capelli come aveva fatto prima davanti all’ancella e
Loki si fermò a mirare la pelle ambrata del suo collo
deglutendo a fatica.
Avvicinò le
dita al corsetto e ne percorse con il dorso
dell’indice i nastri intrecciati avvertendo la solita
vibrazione allo stomaco.
«Ho
immaginato che farlo a pezzi non fosse la soluzione
migliore.»
Ascoltò a
malapena le sue parole mentre prendeva a
sciogliere le stringhe. Ogni volta che ne allentava una, il bustino
lasciava scoprire un lembo di pelle.
Fece scorrere
lentamente il raso dei nastri fra le dita mentre un nuovo
silenzio li avvolgeva.
Quando
arrivò all’ultimo il vestito cadde
lasciando completamente scoperta la schiena.
«Grazie.»
Sigyn si alzò senza
preoccuparsi che l’abito scendesse fino alle caviglie. Loki
deglutì ancora come se non l’avesse già
vista nuda quella stessa mattina, ma adesso i suoi occhi la guardavano
con una luce diversa, come non avrebbero dovuto.
Lei si
voltò con un sorriso e raccolse il vestito da terra.
«Sì, lo so, sono indecente e volgare. Non serve
rammentarmelo.»
Nella penombra della
stanza i suoi occhi erano di un penetrante blu
che Loki si chiese qualche forza gli stesse impedendo di
afferrarle la nuca e baciare quel sorriso. «Buonanotte,
fratello.»
La risposta
arrivò subito.
«Buonanotte.»
L’aveva
vista andare via coprendosi a malapena con
l’abito ma quando era arrivata alla porta si era voltata
nuovamente. Le sue labbra non sorridevano più.
«Posso...?»
No,
non puoi, non devi.
Stammi lontana.
Ed invece
annuì e lei raggiunse di nuovo il letto stavolta
salendoci su.
«Aspetta.»
Si sfilò la maglia e gliela
porse. «Se Padre bussa domattina è sempre meglio
che presentarsi completamente nuda.»
«Non credo
che Padre verrebbe a cercare la tua donna nelle
stanze di tuo fratello!» Sigyn rise e lui cercò di
non dare alle sue parole un valore diverso dalla semplice provocazione.
Fece fatica.
Sigyn
lasciò il vestito ai piedi del letto indossando la sua
casacca verde e si allungò poi al suo fianco piegando un
braccio dietro alla nuca. Loki la imitò ma il suo sguardo
scivolava sempre verso di lei. Percorreva la linea delle gambe nude e
poi risaliva all’orlo sempre troppo corto, e poi su, ai seni
che si intravedevano dalla sua stessa maglia.
«Ricordi
quando restavamo intere notti svegli a parlare del
niente?»
«Tu parlavi
del niente, i miei discorsi avevano sempre un
senso.»
Sigyn
ridacchiò e si voltò a guardarlo.
«Ma erano noiosi.»
«No, erano
interessanti.»
«Punti di
vista.»
Loki sorrise e si
ritrovò a fissare il suo di sorriso. Si
costrinse e portare lo sguardo al soffitto e chiuse gli occhi.
Ciò che avrebbero continuato a vedere avrebbe ampliato
ciò che il suo corpo provava, il che era assolutamente
sbagliato.
Tenne gli occhi chiusi
per quelli che erano minuti, forse ore, li
riaprì solo quando sentì il profondo respiro al
suo fianco. Si voltò scoprendola assopita.
Come
puoi essere mio
fratello? Come puoi essere tu?
Un’altra
voce sussurrava, Thor ha
sempre russato.
Una voce che lo fece sorridere di nuovo.
Poi un’altra
ancora, più lontana eppure quasi
più forte delle altre: Thor
è perduto.
Cercò di
ignorarla.
Sei
tu il solo principe
di Asgard, sarai tu a impugnare Mjolnir e a salire sul trono.
Si passò
una mano sul viso sforzandosi di prendere sonno.
Può
essere
tua.
Continuò a
sentirla finché non tacque ogni
coscienza.
Loki...
Loki...
Si sentì
scuotere una spalla.
«Loki,
svegliati.»
Aprì
lentamente le palpebre e nella semi oscurità
i suoi occhi misero a fuoco altri due, blu... No, azzurri.
«Sigyn»
sussurrò appena e senza
rendersene conto le sfiorò il viso con il dorso delle dita.
«Che stai
facendo?» La sua espressione confusa lo
fece ritrarre.
Dannazione, non era
riuscito a separare il sogno dalla
realtà, visto che era stato proprio quel viso
l’oggetto del suo breve sonno.
«Perché
mi hai svegliato? È ancora
notte.» Si riprese in fretta mettendosi a sedere e
stropicciandosi gli occhi per rimproverarsi di avere più
controllo.
«Mi sono
ricordato qualcosa di ieri sera.» La
guardò e le fece segno di continuare. «Quando
siamo usciti dalla locanda, un ragazzino che correva mi è
venuto addosso ed è caduto a terra. Io non lo avevo visto
perché stavo parlando con Volstagg. Ad ogni modo gli ho
chiesto se si fosse fatto male e gli ho teso la mano per aiutarlo ad
alzarsi, ma lui mi ha solo domandato se fossi Thor ed io gli ho
risposto di sì.»
«Posso
immaginare con quanta umiltà tu
l’abbia fatto...» Poteva quasi sentire la sua voce
tuonare: “Sono io, il figlio di Odino!”.
Sigyn parve voler
ignorare quell’accusa e
continuò. «Alla fine si è alzato da
solo ed è scappato via senza dire niente.»
«E, di
grazia, come può la maleducazione di un
ragazzino esserci di aiuto?» In quel racconto non
c’era proprio nulla di interessante per la loro ricerca,
forse lui non voleva che ci fosse.
Thor
è
perduto.
Deglutì
prendendo poi un profondo respiro.
«Tutto bene,
fratello?» La sua mano gli si
posò su un braccio e lui annuì.
«Sai che non
amo essere svegliato in piena notte, per cose
tanto futili poi.» La mano si ritrasse e Loki fu soddisfatto.
«Sei stato
tu a dirmi che dovevo raccontarti qualcosa di
insolito accaduto quella sera! Io ricordo solo questo! Perdonami se ho
interrotto il tuo sonno, principe!» Tornò a
stendersi di lato, stavolta dandogli le spalle e prendendosela con un
povero cuscino.
Permalosa era dire
poco. Viziata, capricciosa, testarda e ottusa!
Questi sì che erano aggettivi adatti a Sigyn, alla sua Sigyn.
Quel pensiero non
riusciva più ad abbandonarlo.
«Ormai sono
sveglio quindi continua pure il tuo
racconto» sibilò poggiando la nuca contro
l’alta testiera alle sue spalle.
«I miei
racconti sono senza senso. L’hai detto
tu.»
Non trattenne una
risata divertita che però ebbe come unico
risultato quello di beccarsi una tallonata sullo stinco.
«Prevedibile e scontata» ghignò
spostando la gamba al secondo tentativo di affondo che quindi
andò a vuoto.
«Taci,
voglio dormire.»
«Avresti
dovuto pensarci prima di svegliare me,
Sigyn.»
«Non sono
Sigyn. Non chiamarmi così se non
c’è necessità.»
Studiò la
sua nuca bionda e ingoiò ogni risposta.
No,
non lo sei. Sei mio
fratello ma io lo sto dimenticando.
«Cosa
ricordi di questo ragazzino?» Non gli rispose
subito, ma Loki sapeva che l’avrebbe fatto.
«Era
più basso della mia attuale statura, magro,
quasi rachitico. Capelli corti, viso pallido. Grandi occhi verdi, o
ramati, non ricordo.»
Sull’ultima
frase si gelò.
Non poteva essere.
«Erano di
due colori diversi?» Le prese una spalla
e la fece voltare. Sigyn lo guardò silente scuotendo la
testa.
«Forse, non
vi ho badato. Perché?»
Lasciò la presa con un sospiro.
Si stirò i
capelli indietro e stavolta fu lui a scuotere la
testa.
«Quello non
era un ragazzino, era una ninfa dei boschi. Come
puoi non riconoscerne una quando la vedi?!»
Ed era una delle
peggiori risposte che potessero trovare.
«Una ninfa?
No, fratello, era un ragazzino, non era neanche
una donna, come poteva essere una ninfa?!»
«Se avessi
prestato attenzione a qualche lezione invece di
rigirarti nel fango come un cinghiale, sapresti che le ninfe dei boschi
hanno un aspetto androgino e che sono caratterizzate dalla loro
eterocromia, ovvero, l’avere iridi di due colori
diversi.» Dalla sua espressione era chiaro che no, non lo
sapeva. «Non confonderle con le ondine[1],
non saranno così avvenenti ma sono altrettanto
infide.»
«E
perché questa ninfa ha voluto farmi tale
offesa? Dopo aver saputo chi fossi! Oltremodo imperdonabile.»
Loki sorrise appena.
«Immagino sia proprio perché
le hai detto chi eri che lei ti ha fatto dono di quel...
involucro» sussurrò sarcastico beccandosi
un’occhiata per nulla divertita. «Domani andremo
nei boschi a nord, verso la lingua di Dourn. È lì
che la troveremo.»
«Come lo
sai?»
Sapeva che si sarebbe
beccato un’altra occhiataccia ma forse
proprio per quello le rispose: «Io ero attento alle
lezioni.»
L’occhiata
arrivò puntuale ma seguita da un
sorriso. «Ed io ringrazio le Norne per questo.»
Vorrei
poter dire lo
stesso...
Poi Sigyn ricadde sul
cuscino con un sonoro sbuffo imbronciato.
«Vorrei che fosse già domani...»
«Allora
dormi e lascia dormire anche me.» Loki la
seguì cercando di dimenticare ogni brivido che la sua
vicinanza gli faceva nascere sotto la pelle. Chiuse gli occhi ma era
più che sicuro che quelli di Sigyn fossero ancora aperti.
Non riuscì a resistere alla tentazione di vederli.
Voltò il capo e la trovò a fissare il soffitto
con il labbro inferiore intrappolato fra i denti.
Avrebbe fatto meglio a
tenere le palpebre chiuse.
«Che stai
pensando, avanti?» sospirò
come se le stesse facendo un favore. Lei sorrise e lo guardò
raggiante.
«Credi che
io sia attraente?» Quella domanda lo
fece deglutire e fu grato che lei non potesse vederlo chiaramente nella
penombra della stanza. «Come donna, intendo.»
«Perché
me lo chiedi?» Ma avrebbe voluto
rispondere un Sì
decisamente sentito.
«Pensavo ad
una frase che mi ha detto Linn.» La
vide inumidirsi le labbra e il suo respiro accelerò appena.
«Sentiamo.»
La sua voce era stata poco
più di un sospiro.
Sul viso di Sigyn
ancora un sorriso fra il divertito e
l’imbarazzato, avrebbe detto, se avesse ancora avuto
abbastanza sangue al cervello per ragionare.
«Nulla,
lascia stare. Buonanotte, fratello.» Gli
negò poi il suo sguardo celandolo dietro alle palpebre con
le labbra ancora piegate all’insù.
Loki non
riuscì più a prendere sonno.
---
[1] Le ondine
sono l'equivalente norreno delle Sirene.
Per alcune leggende esse sono innocue e gentili per altre sono infide e
malvagie, io ho scelto di assecondare questa seconda versione.
***
NdA.
Loki e Thor/Sigyn sembrano aver scoperto cosa, o per meglio
dire chi,
ha provocato questo “spiacevole” cambiamento, ma
sarà la vera soluzione?
Per quanto ancora Lokino riuscirà a tenere a freno istinti
poco nobili verso la sua sorellina?
E Thor/Sigyn, capirà che andarsene in giro mezza ignuda non
è il massimo della comodità soprattutto per le
coronarie di Loki?
E con quale font Frigga deciderà di scrivere le
partecipazioni di nozze?
Le risposte a tutte queste domande nei prossimi capitoli che
prenderanno il via verso la fine di agosto.
Questa autrice balorda parte per le vacanze e rientra a metà
agosto.
Resistete all’istinto di far festa perché non
sarebbe carino, aspettate che me ne sia andata, prima -.-
Un abbraccio a tutti/e e divertitevi <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 7 *** capitolo ***
7° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
VII.
Nelle
cucine non si era
parlato di altro per tutta la sera e per tutta la mattina seguente.
Linn corse da Lady Gunhild con il cesto di frutta fra le mani. Si stava
preparando la colazione per i sovrani e sulla bocca di ogni donna e dei
pochi uomini c’era solo un nome.
«Il principe non è mai sembrato più
affascinante.»
«Era la sua presenza accanto. Aveva lo sguardo che
brillava.»
«Si dice che abbiano passato la serata ad amoreggiare
sfacciatamente sulla balconata.»
«Davanti a Sua Maestà?»
«E non è finita: Flourei, che era presente al
banchetto,
dice che hanno lasciato la sala nel bel mezzo della cena con tanto di
benestare da parte del Grande Padre.»
Linn rise quando Lady Irin si portò una mano sulla bocca con
espressione sconvolta.
Era buffo vederle così incuriosite dalla sua signora, ma in
fondo ne era più che felice. Adesso tutti sapevano che era
reale, non uno scherzo o una voce fasulla.
«Forse è la volta buona che il nostro principe
metta la testa a posto.»
«Oh, lo spero, Irin, lo spero davvero.» Le due
annuirono all’unisono e Linn sorrise ancora.
Vide Knut farle cenno di avvicinarsi. Lasciò le sue faccende
e si pulì le mani sul piccolo grembiule.
«Il principe Loki vuole che tu porti questo nelle sue
camere.» Il ragazzo le porse un involucro di stoffa e lei si
pulì un’ultima volta le mani prima di sciogliere
il
grembiule e afferrare il saccoccio.
Corse immediatamente per il corridoio.
Qualunque cosa contenesse al suo
interno, era certa che sarebbe stata splendidamente indosso a Lady
Sigyn.
*
«Sono dei pantaloni?!»
Loki sorrise. «Volevi dei pantaloni» espose
l’ovvio e Sigyn gli sorrise di riflesso.
Quella mattina avrebbero cavalcato fino alla lingua di Dourn e forse
avrebbero risolto una volta per tutte quel mistero. Non sapeva bene
cosa provare davvero.
Aveva trascorso appena un giorno in compagnia di quella strana creatura
che aveva il cuore di Thor e il corpo dei suoi desideri, eppure non
voleva dirle addio, e Loki era sempre stato difficile da appassionare.
L’unico interesse che lo aveva affascinato dal principio era
stata l’arte del seiðr, forse perché
l’aveva
sentita scorrere nelle vene dalla nascita e allo stesso modo si sentiva
scorrere sotto la carne ogni sorriso di Sigyn, ogni sua parola, ogni
sguardo. Quella notte il suo ginocchio lo aveva sfiorato
più volte così come i suoi capelli si erano persi
sul suo
cuscino finché Loki non ne aveva fatto scorrere una ciocca
fra
le dita inebriandosi del loro profumo.
Non era da lui, non aveva mai seguito i comandi del suo corpo, era
sempre stato in grado di comandare istinti ed azioni. Il desiderio lo
conosceva, così come la pura brama, ma ciò che
gli
scatenava Sigyn era ancora più diverso e, con tutta la sua
lingua
argentea, non riusciva a dargli nome.
«Aiuta la tua signora, Linn» ordinò alla
piccola
ancella ferma compostamente accanto al letto. Si beò
dell’occhiataccia che ricevette da quegli occhi azzurri ed
uscì dalla stanza.
Quando attraversò i corridoi e poi i giardini per giungere
alle
stalle, non poté fare a meno di notare come improvvisamente
il
principe conosciuto solo per i suoi scherzi infantili - come venivano
chiamati - e per la sua cattiva reputazione, fosse ora
degno di ricevere sguardi di diverso interesse.
Qualche fanciulla gli sorrise languidamente, qualcun'altra distolse lo
sguardo arrossendo, tutte sembravano però avere occhi solo
per
lui.
Si ritrovò a ghignare divertito.
Bramare ciò che non si può avere aveva un
incondizionato
fascino. Il ghigno si deformò in un triste sorriso, quando
si
rese conto di essere lui stesso vittima di quella beffarda
verità.
Non sarebbe mai stata sua, non avrebbe potuto. Era una bestemmia anche
solo pensarlo.
A Dourn avrebbe forse trovato la soluzione dei suoi problemi, o
l’ennesima ferita nel cuore.
Si sentiva pronto ad affrontarle entrambe.
Accarezzò il muso dello stallone bianco di Thor e
sospirò a fondo.
«Il tuo cavaliere sta per tornare, abbi pazienza.»
Il
nitrito che ne seguì gli strappò un breve
risolino.
Aspettò con i due frisoni per un bel po’,
chiedendosi
perché Sigyn stesse tardando tanto, ma non perché
quell’attesa lo stesse innervosendo, ormai la risposa gli era
pateticamente chiara.
«In giro non si fa che parlare della tua bella
accompagnatrice.»
«Non dirmi, sul serio?» ghignò
sarcastico al viso
arrogante di Fandral. Lo spadaccino si poggiò spalle ad una
quercia e sorrise.
«Non voglio litigare. Ieri ho bevuto troppo e la mia testa
necessita di un po’ di pace.»
Allora smetti di infastidirmi, avrebbe voluto dirgli, ma
preferì fissarlo silente.
Non aveva mai avuto un gran rapporto con quei quattro pagliacci e
sapeva bene che l’avversione che provava per loro era
abbondantemente ricambiata. Se talvolta si ritrovavano in compagnia
l’uno degli altri era solo per volere di Thor e nessuno
pareva
farne mistero, solo suo fratello sembrava ignorarlo stupidamente.
Ma Thor non c’era.
Si sentì strano a pensare a lui al passato, si
sentì
infido e perverso a desiderare che lui non facesse più
ritorno.
Tu hai Sigyn, non hai bisogno di Thor. Sigyn non devi dividerla con
nessuno.
Sigyn è solo tua e tutta Asgard lo sa.
Quelle parole sibilarono nella testa affilate come un bisturi e
tracciarono solchi che non si sarebbero richiusi senza lasciare qualche
sottile cicatrice.
«Dove hai trovato quel bel fiore, Loki?»
La rabbia che provò all’istante sfumò
presto in
soddisfazione quando carpì la vera natura di quella domanda:
non
beffa, ma semplice e cruda curiosità, forse gelosia.
Fandral indossava un sorriso smagliante ma i suoi occhi lo tradivano.
«Sigyn non è di alcun giardino a cui tu possa
avere
accesso, Fandral.» Anche la sua risata lo tradiva palesemente
e
la sua soddisfazione crebbe a dismisura.
«Io ho molte chiavi, amico mio, non tentarmi.» Quel
ghigno
non gli piacque per nulla ed ebbe solo voglia di farlo sparire.
«E tu non tentare me o l’unica chiave di cui avrai
bisogno
sarà quella della sala della guarigione.» Nei suoi
occhi
sentiva quasi lo sfavillio delle fiamme e sapeva che quel sentimento di
possesso nei confronti di Sigyn era oltremodo sbagliato.
Fandral rise ancora scostandosi dalla quercia.
«Stavo solo scherzano, non ti agitare. E poi, mi perdonerai,
ma
più che la tua ira, temo quella di Thor: non credo mi
farebbe
passare liscia un’avance alla donna di suo
fratello.»
Quelle parole lo fecero rabbrividire ma non mostrò
cedimenti,
lui non era così sprovveduto come quello sciocco spadaccino
pieno di boria. «Ti auguro una piacevole giornata e, con tale
compagnia, lo sarà di certo.» Lo sguardo di
Fandral
puntò verso le scale da cui stava scendendo Sigyn, ma
l’uomo preferì andarsene prima del suo arrivo.
Loki avrebbe solo voluto fracassargli il cranio sotto le sue suole.
«Di cosa stavi parlando con Fandral?»
La guardò scuotendo il capo. «Di nulla.
Affrettiamoci,
occorre qualche ora per giungere a Dourn.» Neanche stavolta
la
sua menzogna parve essere creduta. Sigyn scelse però di
tacere.
Montarono sui rispettivi destrieri diretti alla ricerca di una risposta.
«Devo ringraziarti, fratello, questi pantaloni sono
decisamente
più comodi della veste di ieri sera.» Il vento le
smuoveva
le bionde ciocche mentre teneva strette le redini fra le dita. Le
braccia erano nude e le gambe fasciate di nero. Loki decise di
aumentare il galoppo per non doverla guardare ancora. «Solo
non
capisco questa tua mania dei corsetti. Lo fai per mettermi in
difficoltà, non è così?»
Subito Sigyn lo
raggiunse con un sorriso sulle labbra.
«Lo sai che ho sempre avuto svaghi poco ordinari. Vederti
combattere con quelle stringhe di raso è uno di
questi.»
«Sei perfido.»
«Oh, grazie.»
«Sei il solo che può considerarlo un
complimento.»
Sigyn rise scuotendo la testa e lui ingoiò la
verità. La
verità bruciava la sua lingua molto più delle
menzogne,
per questo preferiva tenerla nel cuore e non farla uscire mai.
Tenne la sua andatura facendo attenzione che il suo viso non rubasse
troppo la sua attenzione, non voleva ripetere la spiacevole gaffe del
giorno prima.
«Quando arriveremo, lascia parlare me. Non dire una sola
parola. Chiaro?»
«Non posso promettertelo, fratello, ma farò del
mio
meglio.» Il galoppo aumentò mentre si lasciavano
Asgard
alle spalle.
Giunsero in breve alle fronde dei boschi che governavano la regione di
Dourn e Loki le fece cenno di fermarsi.
Sempre in silenzio la invitò a scendere e legare i cavalli
al
tronco di un albero. Lui si avvicinò senza però
osare
varcare l’intricato labirinto formato dalle antiche piante.
Le ninfe vivevano lontane dagli Aesir in quanto non ne tolleravano la
natura così poco rispettosa verso la loro amata terra. Era
difficile incontrarne una e si stava ancora chiedendo il
perché
di quel curioso episodio davanti alla taverna.
Si concentrò chiudendo gli occhi e lasciò che il
suo
seiðr si espandesse fino a richiamare la loro attenzione.
Quando
una prima foglia gli sfiorò una mano mentre cadeva da un
ramo,
seppe che il suo richiamo era stato ascoltato. Riaprì le
palpebre e vide ancora una foglia cadere, poi un’altra ed
un'altra ancora finché le foglie non diventarono centinaia
ed
iniziarono a fluttuare sempre più velocemente fino a creare
un
fitto turbine verde.
Sigyn lo affiancò osservando guardinga ciò che
accadeva.
Le foglie furono una sola massa e lentamente iniziarono a prendere
forma antropomorfa. Qualche istante dopo, gli occhi di Loki guardavano
due occhi dal colore differente.
«Perché ci disturbi con la tua presenza, principe
degli Aesir?» parlò una voce algida.
«Chiedo perdono per questa visita a voi così
sgradita, ma
vengo a chiedere risposte per un torto ai danni di mio fratello Thor,
primo figlio del vostro signore Odino.»
La figura sorrise. Né donna né uomo. Lunghi
capelli
bianchi coprivano le sue spalle e l’intero corpo era stretto
da
una veste del medesimo colore.
«Gu.» La creatura parlò ancora. Nel
silenzio che ne
seguì solo lo squittio di uno scoiattolo che corse accanto
alle
caviglie di Sigyn. Lei lo guardò incuriosita prima che la
bestiolina corresse a nascondersi dietro alle magre gambe della bianca
figura, poco dopo ne sbucò quello che doveva essere il
presunto
ragazzino di cui aveva sentito parlare.
«È lui, fratello!»
Loki la fulminò con un’occhiata gelida e lei
respirò nervosamente guardano minacciosa la nuova creatura.
La piccola ninfa non giungeva neanche alle spalle della prima che li
aveva accolti e continuava a guardarlo silente con un sorrisino per
nulla simpatico.
«Sei stata tu a fare questo a mio fratello?» chiese
con
dovuta calma. La ninfa sorrise ancora ed annuì.
«Piccola bast-»
«Tacita la tua rozza lingua, donna. Questi antichi alberi non
meritano di ascoltare le tue ingiurie contro le loro figlie.»
«Chiedo perdono per questo comportamento
irrispettoso.»
Dovette essere lui a porgere quelle scuse che, sapeva, Sigyn non
avrebbe mai fatto. «Mio fratello non intendeva offendere,
vuole
solo conoscere la ragione per cui è obbligato in questa
forma.» Sapeva quanto potessero essere pericolose le ninfe se
si
sentivano minacciate, quello che avevano fatto a Thor ne era una
dimostrazione. A differenza dei Vanir e degli Aesir che potevano
apprendere l’arte e l’uso del seiðr e di
qualsiasi
altra pratica magica, le ninfe nascevano direttamente dalla magia, per
cui ne erano praticamente impregniate, inoltre possedevano un forte
legame fra di loro e colpirne una voleva dire ritrovarsi contro tutte
le altre. Una prospettiva per nulla allettante.
L’eterea figura guardò la più piccola
che fece un
passo in avanti e li fronteggiò senza mostrare alcun timore.
Loki lanciò un’altra occhiata alla sua sinistra
per
intimare a Sigyn di non fare o dire altro. Lei deglutì
serrando
la mascella.
«Gu è il mio nome e mio era il desiderio di punire
questo
principe arrogante.» La mascella si serrò ancora.
«Di quale torto sei stata vittima?»
La ninfa lo guardò e il sorriso si spense. «Ha
osato offendere la mia natura.»
«Menzogne! Loki, non crederle.»
Gu rise e saltellò agilmente fino a raggiungere un ramo alle
loro spalle. I due si voltarono immediatamente scoprendo due occhi
divertiti.
«Questi nuovi lineamenti ti donano, principessa di
Asgard. Abbine cura, li conserverai in eterno.»
«Spezza questo incantesimo prima che-»
Le dovette tappare la bocca con una mano e tenerla ferma con
l’altro braccio per impedire che si avventasse contro quella
creatura.
«Non è un incantesimo.» Di nuovo la
ninfa in bianco. «È una maledizione.»
Loki tremò interiormente e si voltò portandosi
dietro una
ancora forzatamente zittita Sigyn. I suoi occhi azzurri erano alquanto
interdetti.
«Spiegati, ninfa.» Stavolta non usò
cornici di
alcuna natura. Lei sorrise e al suo fianco sgattaiolò ancora
Gu.
«Tuo fratello non ha rispetto per il genere a cui
apparteniamo -
non ha rispetto per molte altre cose, a dire il vero. Istintivo, viene
detto... io lo descriverei un becero stolto.» Loki dovette
premere più forte il palmo sulla sua bocca.
«“Occhi
come nessuno in tutti e Nove i Regni”, con queste parole si
fa
lusinga del principe Thor, la cui bellezza, si narra, è
eguagliata solo dalla sua fierezza in battaglia.» Ne
seguì
un risolino che poté percepire di puro scherno.
«Gli occhi
del principe Thor, così limpidi quanto vuoti...»
«E ciechi come quelli di una talpa.»
Terminò più schiettamente Gu.
Nonostante stesse investendo ogni attenzione su quelle parole faceva
fatica a comprenderle.
La ninfa regalò loro un altro gelido sorriso.
«Sono loro i
primi ad ingannarlo. Prima dagli occhi e poi dal cuore, così
pagherà la sua mancanza.»
«Io non ho mancato verso nessuno!» Sigyn era
riuscita a
liberarsi dalla sua morsa approfittando di una sua piccola distrazione.
Le avvolse entrambe le braccia attorno alla vita per tenerla ferma.
«Mi hai scambiato per un uomo! Tu, essere arrogante e
volgare!»
Gu si accigliò stringendo i pugni e Loki trattenne a stento
un
sospiro. Non era possibile che tutto nascesse da un qualcosa di
così ridicolo; che Thor fosse un po’ rozzo lo
sapeva, non
aveva l’abilità di Fandral di trattare con le
fanciulle e
il suo successo derivava dal suo aspetto prima ancora che dal titolo
sulla sua testa. Ma questo non doveva avere nulla a che vedere con una
ninfa e i suoi capricci.
«Era notte ed avevo bevuto e poi guardati, non sembri proprio
una-» Di nuovo la mano a coprirle quella boccaccia, ma
purtroppo
per lui, Gu carpì perfettamente quello che voleva dire.
Alzò il capo e guardò la ninfa al suo fianco,
subito dopo
un vento prese a smuoverle le bianche ciocche finché tutta
la
figura non tornò ad essere un insieme di foglie.
«Aspetta! La maledizione deve avere un sigillo di rottura,
dimmi
qual è.» La ninfa era ormai dissolta e il sorriso
di Gu
gli si impresse come un marchio negli occhi.
«Erh ordertak
guzaehlm arue icht ordertak fhershsam.»
Subito dopo la vide correre verso i boschi riprendendo la forma di uno
scoiattolo.
«Lasciami andare, fratello!» Ma la tenne ancora
stretta a sé con rabbia.
«Ti avevo detto di startene zitta ma come sempre hai fatto di
testa tua!»
«Dovevo spaccarle la faccia a quella piccola
strega!»
«E così avresti scatenato una guerra stupida ed
inutile.» Finalmente sciolse le braccia e Sigyn
scattò in
avanti per poi voltarsi con sguardo truce.
«Io sono il primo figlio di Odino e nessuno può
osare
mettermi alla berlina, Loki! Nessuno! Tanto meno una ragazzina
dall’aspetto ambiguo!» L’ultima frase la
urlò
con sdegno verso l’ingresso del bosco per poi ringhiare con
rabbia. «Maledette ninfe. Maledette!»
«Calmati ora, se continuerai ad offenderle potrebbero farti
di peggio.»
«Peggio?» gli sorrise istericamente.
«Dimmi,
fratello, pensi che ci sia qualcosa di peggio che essere costretto in
questo corpo per l’eternità? Rispondimi!»
In quel momento, era certo, se ne avesse avuto la forza avrebbe
sradicato uno ad uno tutti gli alberi solo per placare la sua collera.
«Le parole che ha detto prima di scappare codardamente, tu le
hai
capite, non è così?» Certo che le aveva
capite, la
verità era che non le aveva comprese.
«Torniamo a palazzo.» Si avviò ai
cavalli ma lei lo fece arrestare.
«Dimmi cosa volevano dire quelle parole, o giuro su Nostro
Padre
che la mia ira si abbatterà su di te, fratello.»
La guardò nelle iridi infuocate annuendo perché
no, non
aveva voglia di risponderle acido e farla infuriare ulteriormente, non
voleva vederla in quello stato perché quella rabbia la stava
rendendo ancora più immoralmente desiderabile davanti ai
suoi
occhi.
«“Con occhi di donna vedrai finché con
cuore di donna amerai.” Erano queste le parole.»
«Cosa?» Fu un sussurro sfocato. «M-ma che
significa? Cosa vuol dire?»
«È quello che voglio scoprire, per questo dobbiamo
andare
a palazzo e chiedere consiglio agli antichi tomi.»
Aveva appena
sciolto i nodi delle redini quando Sigyn parlò ancora:
«Padre. Dobbiamo andare da Padre e raccontargli tutto, lui ci
aiuterà. Lui parlerà con loro e
comanderà di
cessare immediatamente questo sortilegio.» Scrutò
i suoi
occhi illuminati da una folle determinazione, di quelle che ignoravano
logica e buonsenso. «Non potranno opporsi al suo volere,
lui-»
«No.» Le afferrò le spalle e la
obbligò a
guardarlo in viso. «Non possiamo andare da lui ora, non dopo
ciò che è accaduto ieri.»
«Gli spiegheremo tutto e-»
«Ascoltami» parlò più
dolcemente mentre
poteva leggere il velo di smarrimento coprire il suo azzurro.
«Una maledizione può essere soltanto rotta. Una
volta
evocata non si può cancellare né annullare.
Bisogna
rompere il sigillo e solo allora vi si porrà fine. Riesci a
seguirmi?» Aspettò che annuisse debolmente e poi
continuò. «Seppure andassimo da Padre lui non
potrebbe far
nulla, potrebbe solo punirci per averlo beffeggiato davanti
all’intera corte.»
«Ma non era nostra intenzione arrecargli offesa,
Loki.»
«Lo so, ma è quello che abbiamo fatto. Le
intenzioni
contano poco rispetto all’esito. Conosci la sua collera, sai
come
reagirebbe.»
«Ci bandirebbe senza pensarci due volte.» Stavolta
fu lui ad annuire.
Lei si coprì il viso con una mano scuotendo il capo.
«Cosa facciamo, adesso?»
Loki pensò che in quel momento accarezzarle la nuca non
fosse
inappropriato sebbene il desiderio che lo spingesse a farlo lo fosse
enormemente.
La strinse contro il suo petto e la sentì sospirare stanca:
«Cosa facciamo, fratello?»
«Troveremo una soluzione, vedrai.»
Non esiste soluzione, non cercarla.
La parole scivolavano sulla sua pelle rendendolo più sporco
di quanto già non sentisse di essere.
Accetta il fato e sii il re che sei destinato ad essere.
Quando allargò le braccia e il suo calore si
allontanò la
vide sorridere fiduciosa e si sentì mancare il respiro.
Non posso abbandonare mio fratello...
È stato lui ad abbandonarti per primo. Ricambialo con la
stessa moneta.
No, io... Io non posso farlo...
«Torniamo a palazzo.»
«Va bene.»
Thor è perduto.
Per tutte le ore di viaggio, non riuscì a spegnere quella
voce.
***
NdA.
Le vacanze passano ma le disgrazie che si abbattono sui
nostri fratelli, no.
Rieccomi a voi con questo atteso maancheno
capitolo.
Piccola notuccia:
la
lingua delle ninfe è ovviamente inventata. [Spero solo di
non
aver inconsciamente evocato qualche maledizione reale O.O]
La storia è bella che completa per cui gli aggiornamenti
saranno
abbastanza frequenti ^^ Mi auguro sia una buona notizia.
Un abbraccio corale, mi siete mancate e vevojobbene <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 8 *** capitolo ***
8° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
VIII.
Sfogliò l’ultima pagina sentendola sospirare.
«Non
troveremo mai nulla. Stiamo sprecando tempo,
fratello.»
Ormai erano ore che
erano nella biblioteca e Loki aveva interrogato
praticamente ogni volume riguardasse le ninfe e le loro maledizioni.
Non aveva scoperto nulla di ciò che già non
sapesse.
Chiuse il tomo e
guardò Sigyn seduta accanto a lui. Il mento
poggiato nella mano ed un’espressione imbronciata a piegarle
i bei lineamenti. «Te l’ho detto, è
tutto inutile. Resterò così per
sempre.» Piegò poi la testa sul tavolo sbattendo
la fronte un paio di volte sul legno.
Loki seguì
il contorno del volume con le dita per non
portarle fra i suoi capelli.
«Gettare la
spugna non è da te, cerca di essere
ottimista.»
«Ottimista?»
Rialzò gli occhi su di lui.
«Non riesco a trovare un solo motivo per esserlo.»
Le sorrise e si
poggiò allo schienale della sedia.
«Non dovrai più raderti la barba. Non è
questo un buon motivo?»
«Ma io
adoravo la mia barba... E mi manca.» La
testa si nascose nuovamente stavolta fra le sue braccia.
«Posso fare
un incantesimo per fartela crescere, ma poi non
saresti più così attraente.»
L’aveva detto per gioco, ma l’ultima parola
vibrò sulla lingua prima di giungere alle sue orecchie.
Sigyn gli rivolse
ancora lo sguardo accompagnato da un sorriso.
«Mi trovi attraente?»
Gli tornò
alla mente la domanda che gli aveva fatto nella
notte e la risposta era sempre la stessa.
«Discretamente»
mentì anche stavolta e
lei rise sollevando il busto.
«In effetti
sono una fanciulla gradevole, lo devo
ammettere» sentenziò guardandosi la scollatura e
allargandola con un dito.
Stavolta fu Loki a
ridere. «Gradevole ma decisamente
sgraziata.»
«Oh, la
grazia è sopravvalutata.» Si
udì il solito SHHHH
dal basso. «Zitto tu, vecchio!» gli urlò
indelicatamente lei dalla balconata, ma stavolta non rimase senza
risposta. Il vecchio in questione non era un vecchio, ma un giovane e
soprattutto parecchio infuriato. Loki lo vide salire velocemente le
scale e giungere come una furia al loro tavolo.
«Principe,
mi spiace disturbarvi, ma vorrei che faceste
cortesemente abbassare la voce alla vostra dama. È un
comportamento oltremodo irrispettoso.»
Loki spostò
il suo tomo in là e lo
guardò con un sorriso di circostanza. «Non mi
sembra che la mia signora sia stata irrispettosa.»
La gola del ragazzo
sussultò. «Con tutto il
rispetto che vi devo, non lo sarà stata per voi, ma per me
lo è stata e credo che tutti qui possano condividere il mio
pensiero.»
Loki vagò
con gli occhi nella sala ed ogni sguardo che
incrociava veniva abbassato l’attimo seguente. «Non
vi eleggete portavoce di chi non ne chiede uno, giovane
maestro.» Tornò con un sorriso serafico al ragazzo
che sembrò deglutire timore e rabbia, una miscela che Loki
aveva visto troppo spesso per non poterne riconoscere
l’aroma. «Tornate pure a vostri studi e cercate di
prestare maggior attenzione a ciò che leggete e meno a quel
che le vostre orecchie credono di udire.» Il ragazzo
piegò il capo in un inchino di forzata riverenza e si
allontanò senza dire oltre.
Gli occhi di Loki
stavolta incrociarono il viso sorridente di Sigyn.
«La mia
signora?» ridacchiò poi e lui
piegò un solo angolo delle labbra.
«Avrei
dovuto dire “mia sorella” e
beccarmi anche l’accusa di incesto? - credo non aspettino
altro.» Sigyn rise incurante di essere udita da tutta la
sala, ma le labbra di Loki si piegarono solo per facciata, dato che
ciò che aveva detto gli risuonava pesantemente in testa da
un po’.
Incesto, ecco
ciò che era.
Anche se con un'altra
forma, loro due erano sempre fratelli.
I suoi pensieri erano
incestuosi, così come i desideri che
gli piegavano il corpo.
Incesto, il
più grande di tutti i peccati che avrebbe potuto
commettere, il solo su cui avrebbe avuto seri sensi di colpa.
Sigyn
non è
Thor.
È
mio
fratello, non posso guardarla in modo diverso...
Thor
è
perduto.
TACI!
«Voglio
andare a bere. Ho bisogno di distrarmi almeno qualche
ora.» Quando lei si alzò Loki aspettò
qualche attimo prima di sollevarsi dalla sedia. «Muoviti,
Loki!» Gli urlò poi dal fondo delle scale
beccandosi tutti gli occhi presenti e i loro muti richiami.
La taverna non era
quella di Burgdt, perché sarebbe stato
possibile fare di nuovo spiacevoli incontri, anche se era poco
più tardi del mezzogiorno, ma Loki aveva preferito andare
altrove.
Era un locale
tranquillo nei quartieri più umili di Asgard
ma accogliente e pulito, non certo i postacci che era solito
frequentare suo fratello ed i suoi compagni.
«Non sono
mai stato qui.» La udì
sospirare mentre si sistemavano in un tavolo all’angolo della
piccola sala. Un sorriso sulle labbra, una luce curiosa negli occhi.
«È accogliente e ci sono cameriere molto
graziose.» Lo sguardo curioso cadde sulla ragazza che stava
pulendo il tavolo accanto a loro. «Ho capito
perché vieni qui.»
«Non
è questo il motivo principale»
spiegò recuperando la sua attenzione. «Come avrai
modo di appurare di persona, la cucina è deliziosa e il
servizio impeccabile, inoltre non ci sono brutte facce da
sopportare.»
Sigyn rise ancora
anche se con una nota malinconica. «Era da
molto che non passavamo così tanto tempo insieme,
fratello.» In quegli occhi lesse qualcosa che sembrava colpa,
forse lo era, forse no. «Sei l’unica persona con
cui possa dirmi me stesso al momento.»
«La cosa ti
spiace?»
Ancora un sorriso.
«Perché dovrebbe? Sei mio
fratello, amo la tua compagnia, a differenza di ciò che
possano dire gli altri.» Il riferimento era chiaro, la sua
inutilità pure.
Loki sorrise solo per
comodità.
«Mio
principe, cosa vorreste ordinate
quest’oggi?» Fu Habel ad avvicinasi con la sua
treccia castana poggiata sulla spalla sinistra che più volte
le sue dita avevano sciolto. Allora aveva trovato piacevoli quei
capelli sulla pelle, adesso non lo avrebbe più pensato, non
dopo aver sentito il profumo di quelli di Sigyn.
«Qualsiasi
cosa andrà bene.»
Habel
guardò Sigyn e le rivolse un sorriso gentile che lei
ricambiò con un po’ troppa enfasi, Loki fu
costretto ad ammonirla con un piccolo calcio sotto al tavolo.
«Oh, lo
stesso per me, grazie.»
«Torno
subito.» Quando la cameriera li
lasciò le rivolse uno sguardo severo.
«Che
c’è? È molto
carina.»
«Ricordati
chi sei adesso, non puoi andartene in giro a fare
la corte alle cameriere. È assolutamente
indecente!»
La stava prendendo un
po’ troppo seriamente, ne era conscio,
ma non poteva sopportare che lei rivolgesse uno sguardo simile a
qualcun altro, tanto meno perché sapeva non lo avrebbe mai
rivolto a lui. Non importava quali fossero le trame del fato, gli occhi
di suo fratello avrebbero sempre guardato oltre le sue spalle.
«Perdonami,
cercherò di controllarmi.»
Sigyn abbassò il capo e strappò fra i denti una
fetta di pane presa dal cesto al centro del tavolo.
«Dovrò farci l’abitudine,
immagino» borbottò masticando nervosamente.
«Non potrò più toccare una sola
fanciulla né...» Sospirò.
«Lascia stare.»
«Siamo qui
per non pensare a questo, ora chiudi il pensiero
fuori dalla testa e sorridi.»
Sigyn lo
guardò diffidente. «Tu riesci a chiudere
un pensiero fuori dalla testa?» chiese quasi con beffa.
«Certo.»
Bugiardo.
«Come ci
riesci?»
«Semplice,
» anche lui afferrò una fetta
di pane e ne prese un piccolo pezzo con le dita. «Non ci
penso.» E lo portò alla bocca.
«Che pessimo
trucco, Loki, lasciatelo dire! Mi aspettavo
qualcosa di meglio da te.»
Riuscì
però a strapparle un altro sorriso.
Durante il pranzo
parlarono di tutto fuorché di
quell’argomento. Rivissero vecchi ricordi che parevano
dimenticati, Sigyn disse qualche stupidaggine e lui scosse la testa con
un sorriso.
Loki disse qualcosa
che lei non capì e avrebbe solo voluto
baciare quelle labbra confuse.
Dopo aver gettato le
monete sul tavolo, si alzarono e fu allora che
Loki riaprì quel capitolo.
«Devi
scrivere una lettera.» Si avviarono alla
porta e Loki l’aprì aspettando che fosse Sigyn a
varcarla per prima. «A Madre e Padre. Dirai loro che la tua
battuta di caccia durerà più del previsto
perché la preda è più abile di
ciò che credevi.»
Fu solo dopo qualche
passo che lei capì e lo
guardò con la coda dell’occhio. «Devo
far credere loro che sto corteggiando una donna?»
«Perspicace.
Loro riusciranno facilmente a leggere fra le
righe - ci sei riuscita tu - e la tua copertura potrà durare
il tempo necessario a risolvere il nostro enigma. Convieni?»
Sigyn rimase silente
al suo fianco guardando il sentiero di terra
battuta. «Se lo credi un buon piano...»
«È
l’unico possibile.»
I suoi occhi restarono
incollati al terreno ed annuì.
«Cosa significa amare con il cuore di una donna?»
«Non lo
so» rispose portando lo sguardo davanti a
sé. «Le ninfe sono alquanto criptiche nelle loro
maledizioni, potrebbe significare qualunque cosa.»
«Confortante.»
«Lo
scopriremo, non temere, lasciami solo riflettere per un
po’, Sigyn.» Quando usò quel nome, solo
allora lei lo guardò. Sapeva che non avrebbe dovuto e che
ora si sarebbe beccato un’altra sfuriata delle sue, ma
purtroppo non era riuscito a frenare la lingua. Lui... ironico.
«No, puoi
chiamarmi così, anzi lo
preferisco.» Quella risposta lo sorprese e di solito era raro
che accadesse. «Non posso tollerare di essere chiamato con il
mio nome con queste due cose davanti.» L’occhio gli
cadde ovviamente sulla sua scollatura facendolo sorridere,
scoprì anche le labbra di Sigyn piegate
all’insù. «Non immaginavo fossero
così fastidiose!»
Rise dovendo
però scostare lo sguardo altrove, ormai si
intravedevano i cancelli del palazzo.
«È
questa l’utilità del
corsetto: renderle meno fastidiose.»
Sigyn gli
lanciò uno sguardo divertito. «Io
pensavo fosse quello di farle “saltare
fuori”.»
«Sì,
è utile anche per
quello.»
«Ti prego,
cambiamo discorso.»
«Sei stata
tu ad iniziare, io non avrei mai voluto parlare di
seni o corsetti davanti ad un’ingenua fanciulla.»
Si guardarono per un
po’ e poi risero entrambi e Loki
sentì di nuovo quella voce nella testa.
Può
essere
tua.
È
tua.
...
Prendila!
Arrestò il
passo. «Sigyn...»
Lei arrestò
il suo. «Che
c’è?»
Avrebbe potuto
sfiorarle il viso, affondare le dita fra i suoi capelli
e premere il corpo contro il suo. Avrebbe potuto intrappolarle le
labbra fra i denti e smettere solo quando i suoi gemiti gli avrebbero
invaso le orecchie.
Non
posso...
«Niente,
volevo solo vedere se ti saresti voltata.»
Sorrise e ingoiò quel istinto ferocemente.
«Piantala di
scherzare, fratello.»
Thor
è
perduto.
«Forse
potrei chiedere a Sif.»
«Sif
è l’ultima persona che potrebbe
sapere qualcosa sulle donne, credimi.» Aveva sorriso alla
spallata che gli era arrivata.
«Non essere
perfido, Loki.»
«Dicevo solo
la verità - e non guardarmi
così, ero sincero.»
Stavano tagliando i
corridoi per tornare nella sua stanza quando
incrociarono proprio Sif, stavolta in compagnia del corpulento Volstagg.
«Si
può sapere che fine ha fatto Thor? E non
rifilarci la faccenda della caccia. Non regge, Loki.» Il suo
tono non gli piaceva, così come quello sguardo accusatorio.
«Il nostro
principe ha dimenticato le presentazioni ieri
sera, io sono Volstagg, graziosa signora.»
L’inchino che ne seguì fece sorridere Sigyn che
allungò una mano mentre Loki e Sif continuavano quella muta
sfida fatta di sguardi.
«Lady Sigyn,
prode Volstagg.» Stavolta fu il
guerriero a ridere impacciato stringendo le sottili dita.
«Presa
ferrea, mia signora, come mi era stato
detto.»
«Non credo
però che il racconto fosse
completo.» Alluse ovviamente al pugno che aveva rifilato sul
bel ghigno di Fandral.
«Non
mancherò di fare qualche ricerca in
merito.»
«Le faccende
di mio fratello mi riguardano fino a un certo
punto.» Loki riprese il discorso interrompendo quel breve
scambio amichevole. «Non sono la sua balia,
dopotutto.»
«Scoprirò
cosa trami, ti do la mia parola, piccolo
imbroglione.» Sif lo fronteggiò sicura piegando le
labbra in un sorriso mellifluo che avrebbe voluto far sparire
all’istante, ma sentì le mani di Sigyn avvolgersi
attorno al suo braccio ed arrestò ogni pensiero.
«Noi avremmo
da fare, se volete scusarci. Volstagg,
è stato un piacere. Lady Sif... Andiamo, mio
principe.» Si sentì letteralmente trascinare via
sotto gli occhi affilati di Sif e la risata divertita
dell’altro guerriero.
Non oppose alcuna
resistenza finché Sigyn non lo condusse
nelle sue stanze e chiuse la porta alle spalle. Solo allora
lasciò il suo braccio che si era fatto un po’
troppo caldo così come il resto del suo corpo.
«Ottima
mossa, brava.» Le diede però le
spalle passandosi nervosamente le mani sul viso e risentendo nelle
orecchie quel “mio principe” che lo aveva fatto
decisamente rabbrividire di piacere.
«Sif
è un pericolo. È terribilmente
astuta e smaliziata, dobbiamo fare attenzione.»
Annuì ancora di spalle alle sue parole ma in quel momento la
sua testa stava cercando il modo di regolarizzare respiro e battito.
«Dove la
tieni?» Alzò gli occhi sulla
ragazza che stava setacciando il suo scrittoio.
«Cosa?»
«La carta da
lettere. Dobbiamo far recapitare immediatamente
la missiva prima che qualcuno faccia altre domande.» Che
fosse lei a prendere in mano la situazione la diceva lunga sul suo
attuale stato emotivo.
Non andava per nulla
bene, doveva cercare di avere maggiore controllo.
«Sono nel
cassetto a destra, aspetta.» Lo
aprì e tirò fuori alcuni fogli. Sulla scrivania
c’era già la penna e la boccetta di inchiostro.
«Avanti,
dètta.»
Alzò un
sopracciglio guardandola mentre intingeva la punta
nel liquido nero.
«Non sai
scrivere una lettera? Non credevo la tua pigrizia
intellettuale arrivasse a tanto.»
«Certo che
so scrivere una lettera! Ma non ho
abilità nell’inventarmi le cose, in questo sei
più bravo di me, perciò,
dètta.»
Non aveva davvero
nulla da ribattere.
Elaborò
qualche frase e poi la semplificò per il
linguaggio meno forbito di Thor. Era una doverosa attenzione da fare.
«Fatto?»
Dopo qualche secondo lei annuì
e gli consegnò il foglio scritto. Loki lo rilesse un paio di
volte per assicurarsi che fosse credibile e poi lo ripiegò
dopo aver fatto asciugare l’inchiostro.
«Dovremo
fare in modo che nessuno sospetti nulla. Dammi il
tuo anello.»
Sigyn
aggrottò la fronte mordendosi un labbro.
«Non ricordo dove l’ho messo.»
Per rendere credibile
il tutto, bisognava apporre sulla cera il timbro
con il sigillo reale. Thor non aveva mai indossato l’anello
di famiglia e neanche Loki lo aveva mai fatto, però a
differenza di suo fratello, lo portava comunque indosso, nascosto in
una sacca interna della tunica.
«Cosa
significa che non lo ricordi? Senza
quell’anello nessuno crederà che l’abbia
scritta tu per quanto la calligrafia possa corrispondere, e al
contrario, aumenteremmo solo i sospetti!» Pur volendo non
potevano usare il suo, dato che vi erano scolpire le iniziali dei loro
nomi.
«Vado a
cercarlo, sarà da qualche parte nella
stanza.» Sigyn scattò in piedi e corse alla porta.
«Faccio in un lampo!»
Loki si
ritrovò a sospirare avvilito.
Non ne combinava una
giusta.
Il
mio fratello
smemorato...
Aveva letto la missiva
un’ultima volta ed aveva ripiegato
ancora i bordi quando sentì la porta aprirsi.
«Ci hai
messo una vita, l’hai-» Ma quando
si voltò gli occhi che incrociò non erano quelli
di Sigyn, bensì quelli di Sif. «Non mi sembra di
aver sentito bussare.»
«Non mi
sembra di aver bussato.» Le braccia
incrociate sul petto ed un sorriso arrogante.
«Esci
immediatamente. È un ordine.» La
lettera poggiata sulla scrivania occupava tutti i suoi pensieri.
Cercò di infilarla al di sotto di una piccola pila di libri
ma ci riuscì solo in parte e un successivo tentativo avrebbe
di certo attirato l’attenzione della donna.
«Non
abbaiare ordini con me, principino, non sono uno dei
tuoi servetti effeminati.» Sif fece un ulteriore passo in
avanti e lui ne fece due lontano dallo scrittoio.
«Dov’è Thor?»
Sorrise sghembo ed
allagò le braccia con enfasi.
«Non ne ho idea, immagino il più lontano possibile
dalla tua coda scodinzolante.»
Che Sif provasse
qualcosa di
diverso dalla semplice amicizia per suo fratello era ormai assodato, ma
come al solito, Thor era cieco e sordo. Perfino i suoi tre amici se
n’erano accorti ma lui non vedeva mai più in la
del suo naso. Forse quella ninfa non aveva avuto tutti i torti.
«Tagliare
quella lingua biforcuta sarà un piacere
che un giorno la mia lama assaggerà.»
«La mia
ancora sta godendo delle tue meravigliose onde
dorate.» La sua espressione si indurì
così come quella di Loki si fece più velenosa.
«Ora esci dalle mie stanze e dimenticherò che tu
vi sia mai entrata.»
Un’altra
sola falcata ed i loro visi furono praticamente ad
un soffio.
«Puoi fare
tutto ciò che vuoi, maestro degli
inganni, ma non riuscirai ad impedirmi di smascherare le tue sordide
trame.»
«Uh, dovrei
forse tremare?»
Le dita stavano
fremendo per afferrarle quel collo. Gli avrebbe
strappato il cuore direttamente dalla gola e l’avrebbe
schiacciato fra le falangi.
Quel desiderio gli
provocò un feroce brivido lungo la spina
dorsale che fu interrotto solo da una voce.
«Ce
l’ho fatta! Loki, non puoi immaginare
dove-» Si voltarono entrambi verso quel viso sbucato dalla
porta. «Sif? Che ci fai qui?» Gli occhi cercarono i
suoi e Loki le fece cenno di non dire altro.
«Oh, nulla
di importante, Sigyn. Scambiavo due chiacchiere da
amica con
Loki.»
«Nelle sue
camere private?» Il tono sarcastico
risuonò per la silenziosa stanza. Loki vide il pugno stretto
che probabilmente conteneva l’anello. Doveva liberarsi di
quell’arpia il prima possibile prima che Sigyn reagisse come
non avrebbe dovuto, magari regalandole anche qualche sospetto che
poteva rivelarsi pericoloso. «Non credo sia questo il luogo
dove conversare, Sif, non in mia assenza.» Ma Sigyn aveva
continuato a parlare in modo piuttosto insolito, in un modo che
provocò in Loki un altro brivido stavolta di diversa natura.
Anche Sif parve
confusa da quella reazione ma la prese presto sul
ridere. «Quieta la tua gelosia, Sigyn, preferirei farmi
tagliare entrambe le mani piuttosto che metterle addosso al tuo
prezioso principe.»
«Lascia che
ti trovi ancora dove non dovresti essere e
sarò lieta di accontentarti, Lady Sif.»
L’espressione sul viso di Sigyn ora era estremamente simile a
quella che Thor indossava prima di scendere in battaglia.
Sif sorrise scuotendo
il capo quasi divertita e si avviò
verso la porta senza dire altro.
Loki sbatté
le palpebre interdetto ma quando Sigyn chiuse
l’anta e si voltò, sul suo viso vi era un sorriso
sfavillante.
«Allora?
Come ti è sembrata la scenata di
gelosia?»
«Scusa?»
chiese ancora confuso. Sigyn si
avvicinò alla scrivania e gettò
l’anello sul legno facendolo tintinnare.
«Sif
è di natura diffidente, immaginavo sarebbe
tornata all’attacco ma non credevo sarebbe addirittura giunta
fin qui. Ho pensato che fare un po’ di scena - sai, tutta
questa storia di noi due - l’avrebbe convinta ad andarsene.
Sif odia queste cose da donnette, come le chiama lei. Ci
starà alla larga per un po’, fidati, la conosco
bene.»
Adesso era chiaro, ed
era altrettanto chiaro che quella falsa scenata
aveva fatto nascere in lui una fioca luce, presto spentasi non appena
Sigyn aveva spiegato il perché di quel gesto.
Era finzione. La sua
gelosia, il suo abbraccio, il suo chiamarlo principe.
Sigyn non esisteva,
nulla di ciò che diceva e faceva era
reale.
Se non fosse stata
costretta, probabilmente non avrebbe neanche
preferito la sua compagnia. Avrebbe trascorso il tempo con Volstagg,
con Hogun, con Fandral... con Sif. Non certo con lui.
Non disse nulla, si
avvicinò alla scrivania e fece cadere
qualche goccia di cera sulla carta. Chiuse il sigillo e si
avviò alla porta.
«Ho forse
sbagliato? Non credevo fosse una cattiva
idea.»
Le sorrise prima di
uscire. «Non lo era, e sei stata molto
convincente.» Ma lei non parve convinta. «Vado a
sistemare questa faccenda della missiva e torno. Tieniti pure occupata
come più ti aggrada.»
«Loki?»
Lui era già
dall’altra parte della porta.
***
NdA.
Ultimo capitolo di “quiete”,
perché dal prossimo inizia la mia tragica odissea per la
censura.
Non credevo fosse così difficile tagliuzzare T^T
Comunque queste sono grane che non riguardano voi, miei adorati
lettori, ma questa sciocca autrice. Sappiate solo che le pene di
Loki e
delle sue mutande stanno per avere fine... beh,
più o meno...
Spero abbiate gradito anche questo aggiornamento.
Vi ringrazio ancora e vi appuntamento alla prossima.
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 9 *** capitolo ***
9° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
IX.
Linn
stava trasportando
un cesto pieno di more quando aveva visto il principe e Lady Sigyn
uscire dalla biblioteca e si chiese perché passassero il
tempo lì dentro, in fondo i libri erano noiosi. Il pensiero
sparì subito, quando notò il sorriso sul viso
della sua signora. Il principe disse qualcosa e lei annuì.
Il principe però sembrava triste, più triste di
quella mattina quando invece aveva sorriso per tutto il tempo.
Forse stavolta era stata lei a far arrabbiare lui, forse erano cose che
succedevano fra due innamorati. Si trovò ad arrossire a quel
pensiero. Lei non sapeva in realtà cosa volesse dire essere
innamorati, era solo una bambina e non aveva più una madre a
cui chiedere. Avrebbe potuto porgere quelle domande a Lady
Gunhild, forse direttamente a Lady Sigyn. Le aveva detto che non doveva
aver timore di parlare e di chiedere quando ne aveva voglia. Quella
mattina le aveva chiesto se poteva essere la sua ancella e lei le aveva
sorriso. “Non lo sei già, Linn?” le
aveva sussurrato facendola ridere allegramente.
Poi le aveva spazzolato i capelli e le aveva legato le stringe del
corsetto ridendo ancora quando aveva iniziato a brontolare di quanto la
infastidisse quell'indumento.
Si sentì chiamare e corse verso le cucine lanciando un
ultimo sguardo alle due figure che si allontanavano.
Quel giorno il principe non le chiese di portare il pranzo, non le
chiese di portare neanche la cena.
Quella sera Linn andò a dormire senza alcuna risposta.
*
Aveva mandato un uomo a cavallo da una delle guardie fuori ai cancelli
facendo riferire che aveva una missiva direttamente per i sovrani da
parte del loro primogenito. Aveva osservato la scena da lontano: la
guardia prendeva la lettera e si allontanava, saliva le scale e
proseguiva verso il lungo corridoio. Dopo qualche minuto la vide uscire
a mani vuote e sorrise.
Un sacchetto d’oro era stato speso più che bene.
Aveva impiegato non più di un’ora per organizzare
il tutto e portarlo a compimento, eppure non era ancora tornato nelle
sue stanze.
Aveva trascorso il giorno in biblioteca con il naso sulle carte
impolverate avvolto nel silenzio che quel pomeriggio era stato infranto
dalla sua risata. Sollevò gli occhi sulla sedia vuota al suo
fianco e sospirò.
Quel sogno doveva svanire, doveva svegliarsi prima che si tramutasse in
un incubo.
Rilesse nuovamente tutti i tomi ma anche stavolta non trovò
nulla.
Le parole della ninfa gli scorrevano nella testa.
Amare con cuore di donna. Cosa voleva dire?
Lui non aveva amato neanche come uomo, non aveva la più
pallida idea di cosa potesse mai significare. Amava come figlio, come
fratello, anche se si poteva aver qualcosa da ridire su
quell’ultima affermazione. Non aveva mai donato il suo cuore
a nessuna donna, nessuna sembrava essere capace di reggerlo fra le
mani, quel cuore gonfio di insicurezze e paure. Così freddo
fuori e così bollente dentro, perché Loki si
sentiva esplodere. Avrebbe voluto vivere ogni emozione che gli
attraversava la pelle, ma ne aveva timore, aveva timore che avrebbe
ricevuto indietro solo sofferenza, solo diffidenza.
La sua vita era stata sempre così: le sue vittorie non
venivano mai festeggiate, i suoi fallimenti rimembrati con perfida
accuratezza.
Avrebbe voluto solo essere Loki, ogni secondo, ogni istante, ed invece
era il principe nero della dorata Asgard, colui a cui gli inganni
riuscivano meglio di un affondo di stiletto, colui che avrebbe sempre
camminato all’ombra di suo fratello, all’ombra
dell’amore e del rispetto di suo padre.
“Tu sei
migliore di loro, io lo so.” Sigyn sembrava
crederci davvero, sembrava sincera. Loki avrebbe solo voluto tenerla
stretta fino a far sparire quel vuoto che portava dentro, era certo che
lei lo avrebbe colmato tutto.
Saltò la cena e ormai era più che deciso a
trascorrere l’intera notte in quella muta sala, se non avesse
sentito una mano posarsi sulle sue spalle.
«Madre?» Frigga gli accarezzò i capelli
dolcemente e si accomodò sulla sedia che era stata di Sigyn
qualche ora prima. «Cosa ci fai qui a
quest’ora?»
«Abbiamo ricevuto una missiva di tuo fratello.»
«Ah si? Thor ricorda ancora come si scrive?»
Sorrise dell’espressione di sua madre. «Che
dice?»
Lei gli accarezzò una mano e lo guardò ancora con
dolcezza. «Credo che anche lui abbia trovato qualcuno che lo
tenga occupato... Ma non so per quanto. Lui è molto
volubile.»
«Ama collezionare vittorie non solo in battaglia. Un letto
è solo un altro campo disseminato di vittime.»
«Loki...» Sua madre aveva colto la vena velenosa
che aveva guidato le sue parole. Sua madre riusciva sempre a cogliere
tutto di lui.
«Scusami, ma non mi suona nuovo che sia andato
chissà dove per correre dietro a una gonna.»
«Non badare alla leggerezza di tuo fratello, tu sei sempre
stato più giudizioso, bambino mio.»
Le strinse le dita lasciando che quel calore lo avvolgesse e calmasse
l’amarezza che gli stava nascendo dentro.
«Dov’è la tua bella Sigyn?»
«Nelle sue stanze, immagino.» Non distolse lo
sguardo sperando che stavolta sua madre non vedesse.
Forse vide, ma non disse nulla. Gli baciò la fronte e lo
lasciò augurandogli una buona notte. «Riposa gli
occhi almeno qualche ora» gli aveva bisbigliato prima di
scendere le scale.
La porta di faggio si chiuse e Loki restò a guardare quella
sedia di nuovo vuota.
Quando rientrò in camera la scoprì vuota. Non si
stupì, probabilmente Sigyn era nelle stanze di Thor, nelle sue stanze. Quella
della notte precedente era stata solo una breve parentesi che non
poteva ripetersi.
Si svestì silenzioso afferrando fra le mani la casacca verde
che aveva avvolto il suo corpo per tutta la notte. La portò
al viso e ne inspirò il profumo così familiare
eppure così lontano.
Quando la indossò quasi sentì la sua pelle
scaldarsi di colpo.
Stava per infilasi a letto, poi guardò la porta chiusa.
Vederla dormire sarebbe stata un’altra piccola tortura. Volle
infliggersela comunque.
Si affacciò nella stanza di Thor, il cui letto era
illuminato dai fasci delle stelle di cui era cosparso il cielo di
Asgard.
Sigyn era di spalle, ancora avvolta negli abiti di quella giornata,
solo i piedi nudi sfioravano le lenzuola, i capelli sciolti le
coprivano parte della schiena.
«Non sono riuscito a slegarlo.» La voce
arrivò decisa. Non stava dormendo, probabilmente non
l’aveva fatto fino a quell’ora.
«Potevi chiedere a Linn di aiutarti.» Le rispose
con una freddezza che in realtà non voleva rivolgerle.
«Credo di aver capito le parole di quella ninfa.» A
quell’affermazione entrò nella stanza chiudendosi
la porta dietro. Era alquanto scettico.
«Davvero?» Raggiunse il letto in cui Sigyn ancora
mostrava le spalle. Quando le fu accanto però lei si
tirò a sedere e lo guardò seria. «Cosa
hai compreso?» Si sedette anche lui sul letto e gli occhi di
Sigyn non abbandonarono mai il velo di serietà che pareva
quasi stonare.
Trascorse qualche secondo di silenzio prima che rispondesse.
«Devo giacere con un uomo.»
La frustata arrivò decisa e quasi poté sentirne
lo schiocco del cuoio. «Cosa?» Sul suo viso, nessun
dubbio. «Non dire stupidaggini, non può essere
certamente questo!»
Come poteva credere che le parole della ninfa avessero a che fare con
la carnalità? E poi la sola idea di saperla fra le braccia
di qualcuno era una lama nello stomaco. Non avrebbe mai permesso che
accadesse.
«Pensaci: cosa rende diversi fondamentalmente un uomo e una
donna? Se voglio spezzare la maledizione devo lasciare che- »
«Non dire oltre! Non potrei mai permetterlo!» La
lingua fu più veloce della testa e gli occhi di Sigyn si
abbassarono quasi con rabbia.
«Lo so bene ed io provo ribrezzo al pensiero di farmi toccare
da un uomo ma...» Loki non aveva intenzione di udire oltre.
Stava per alzarsi ed andare via quando le sue dita gli bloccarono un
polso. «Io non voglio vivere in questo corpo, Loki.»
«E ti faresti montare come una sgualdrina da chiunque per
tentare stupidamente di riavere il tuo?» Era furioso e
avrebbe voluto prenderla a schiaffi sul serio. La sua mano non lo fece
solo perché tremava troppo di collera.
«Non da chiunque!»
«E da chi?» Gli occhi azzurri gli suggerirono una
risposta che gli fece bruciare quel polso. «Sei
pazza!» Liberò la presa e si allontanò
dal letto con le gambe che si movevano senza controllo.
Non poteva chiedergli una cosa simile, non poteva! Non con tutto quello
che stava provando, non con i sentimenti che scatenava in lui! Non
poteva chiederglielo sul serio.
«Sei mio fratello, devi aiutarmi!»
«Proprio perché siamo fratelli non puoi chiedermi
di giacere con te! È una follia, è...
È una bestemmia, Thor!» Quel nome parve fare
più male a lui che a lei.
Thor è
perduto.
Taci!
È tua,
prendila.
TACI!
Si portò una mano fra i capelli dandole le spalle.
«Ascolta, so che può sembrare un abominio,
ma-»
«Non c’è nessun ma. Questo discorso non
deve continuare. Dormi e domattina dimenticheremo ogni parola in merito
a tali assurdità.» Non arrivò neanche
alla porta che se la ritrovò di fronte, la schiena a
chiudere l’uscita e una spaventosa determinazione negli
occhi.
«Funzionerà, ne sono certo.»
«No, non funzionerà e noi non faremo nulla di
ciò che la tua mente sconsiderata sta elaborando.»
Afferrò la maniglia per aprire la porta ma le sue spalle la
fecero richiudere subito.
«Loki, cerca di ascoltarmi-»
«Fammi uscire prima che perda la pazienza.»
«Aspetta!» La sua mano gli afferrò il
viso.
«No, ti ho dett-» Le parole gli morirono sulle
labbra, uccise da quelle di Sigyn.
Sgranò gli occhi e il cuore gli arrivò dritto
nelle tempie.
«Fratel-»
Lo schiaffo che le tirò le fece voltare letteralmente la
testa.
Si pulì la bocca con il dorso della mano lanciandole uno
sguardo truce.
Stavolta riuscì ad aprire la porta senza alcuna resistenza.
Si era lavato il viso non sapeva quante volte. Aveva letteralmente
affondato il capo nella tinozza con l’acqua gelida senza
riuscire però a trovare davvero un sollievo.
«Maledizione!» La colpì con una manata e
il liquido si sparse su tutto il pavimento. Crollò a terra
con le mani fra i capelli umidi.
Non poteva farlo. Che le era saltato in mente? Loro erano fratelli, lei
era Thor.
Sei Thor, sei Thor, sei
Thor...
Se lo stava ripetendo da quando aveva messo piede in quella stanza che
era sembrata subito troppo calda. In lontananza aveva sentito
l’infrangersi di qualsiasi cosa per quelle che potevano
essere ore, ma erano solo pochi secondi.
Secondi lunghi come una vita, granelli di sabbia pesanti come macigni.
Thor è
perduto.
«È mio fratello!» sibilò fra
i denti per dare più forza a quella convinzione.
È tua,
prendila.
Strinse forte le sue ciocche nere che avrebbe potuto strappare dalla
testa in un solo istante.
«È mio fratello. È una pazzia. Io non
posso, non posso.»
Ma le gambe iniziavano a fremere al solo pensiero di poterla
accarezzare, di poter baciare ancora quelle labbra. Di sentirla sotto
di sé con il suo nome sulla bocca, con il cuore a batterle
furioso nel petto per i baci che avrebbe lasciato sulla sua pelle.
«Non posso...» La voce si affievoliva parola dopo
parola così come la sua voglia di resistere a quel
desiderio.
Non l’avrebbe fatto per aiutarla, non l’avrebbe
posseduta per spezzare quella maledizione, l’avrebbe fatto
perché lo desiderava, lo desiderava ardentemente ed era per
questo che gli era proibito.
Sigyn vuole che tu lo
faccia. Fallo.
Perché non riusciva a farla tacere? Cosa c’era di
sbagliato in lui?
Ti ha pregato.
«Thor. Sei Thor. Tu non sei Sigyn. Sei Thor.»
Thor è
perduto.
Thor...
Il respiro era sempre più irregolare. La voce nella sua
testa sempre più forte.
Rivendica ciò
che è tuo.
...
Asgard è tua,
il trono è tuo... Sigyn è tua.
Thor è tuo.
Un velo nero gli coprì ogni coscienza.
Non si accorse neanche di essere giunto alla porta. Si
ritrovò la maniglia stretta fra le dita e poi la maniglia
della stanza di Thor. Si ritrovò gli occhi di Sigyn che lo
fissavano dal pavimento, le sue braccia strette attorno alle ginocchia.
«Perdonami, Loki. Non avrei dovuto chiederti
tanto.» Sigyn si alzò con una dignità
graffiata solo dal suo sguardo colpevole. «Non
dovevo.»
Un passo dopo l’altro.
Lento, misurato. Affamato, di una fame che pareva avere radici
più lontane della sua memoria.
«Lo farò.»
«Cosa?» Fu un sussurro incerto.
«Se è ciò che vuoi, lo
farò.»
La voce nella sua testa aveva preso possesso anche della sua gola,
aveva preso possesso di ogni sua fibra.
«Non sei obbligato. Io potrei-»
«Non lascerei che lo faccia nessun altro.»
L’aveva raggiunta e in quel momento della determinazione di
pochi minuti prima, non restava che una debole eco dipinta di
incertezza.
Sigyn annuì comunque. Deglutì ed annuì
ancora. «Funzionerà, vedrai.» Non
rispose al suo pallido sorriso che presto abbandonò anche le
sue labbra. «Spero tu possa perdonarmi per ciò che
ti sto chiedendo.»
No, perdonami tu,
fratello, per ciò che sto per fare...
«Voltati, ti aiuto a sciogliere le tue vesti.»
Il respiro di Sigyn parve accelerare, il suo era ingabbiato in un ritmo
così controllato che al saltare del primo battito sarebbe
impazzito.
«Va bene... Grazie.» E si voltò.
Solo allora dai suoi occhi cadde il velo nero e subito ne scese un
altro.
Scarlatto e denso come sangue.
Le raccolse i capelli e glieli portò da un solo lato.
Sciolse delicatamente uno a uno i nodi.
Nessun dubbio lo assalì, il profumo della sua pelle li aveva
accecati tutti.
L’ultimo nastro lo fece scivolare via del tutto e lo tenne
fra le dita.
Il silenzio avvolse i successivi attimi in cui Sigyn si
liberò del resto di ogni abito restando completamente nuda
sotto il suo sguardo. Loki, sapeva, stava brillando di una luce che
Sigyn non avrebbe compreso - Thor non avrebbe compreso. Se
l’avesse fatto, forse ne avrebbe avuto disgusto.
Così, prima che potesse vederla, le si avvicinò
poggiandole il nastro nero sugli occhi.
Lei sussultò.
«Tienila, sarà più facile.» Non vedrai cosa è
realmente tuo fratello.
Lo legò saldamente dietro la sua nuca lasciando che la
lunghezza della stoffa si perdesse fra i capelli.
Quando le poggiò dolcemente la mano su una spalla per farla
voltare, Sigyn sussultò ancora.
«Stai tranquilla.»
«Lo sono.»
Mentiva.
Le labbra dischiuse, il respiro irregolare, il corpo completamente
esposto davanti a sé.
«Se può aiutarti cercherò di non dire
nulla. La mia voce... potrebbe distrarti.» L’idea che sia io a
toccarti, potrebbe nausearti alla prima carezza.
«No.» Scosse la testa e si umettò le
labbra. Loki avvertì il controllo camminare sul bilico di un
crepaccio. «Fa’ ciò che faresti con ogni
altra donna, di’ pure tutto ciò che vuoi, ma fai
in fretta... Per favore.»
Si sentì riempire di desiderio come mai prima. Le
sfiorò una guancia con il dorso dell’indice - la
vittima del suo schiaffo - e poi lo fece scivolare per tutta la
lunghezza del viso, fino ad afferrarle il mento.
È tua.
Sei mia...
«Lok-» Stavolta fu lui a zittirla.
La sentì tremare contro la sua bocca e la sua mano le
afferrò delicatamente un fianco. Sigyn era una statua fra le
sue braccia e fece scivolare il palmo fin dietro alla nuda schiena,
sotto il caldo manto dei suoi capelli. Le accarezzò la pelle
e le sue labbra si dischiusero.
Una minuscola parte di sé pregò che le Norne non
vedessero, poi quella parte svanì quando la dita di Sigyn si
posarono incerte fra i suoi capelli.
La strinse contro il suo corpo, sentendo tutta la passione che aveva
covato silente per un’intera vita immortale uscire
ad ogni respiro.
Si spinse contro di lei finché non caddero sul letto. La
lasciò sulle lenzuola e si sollevò per sfilarsi
la casacca. Sotto di sé i suoi occhi vedevano ciò
che avevano cercato da sempre senza mai riuscire a trovare:
un’illusione talmente perfetta da superare la
realtà.
«Loki?»
«Sono qui.» La rassicurò mentre la luce
della notte risplendeva sul raso che le copriva gli occhi.
«Sono sempre qui.» La sua mano tesa verso
l’alto lo cercava. Si chinò per baciarla ancora
sentendola posarsi sul suo petto, contro il suo cuore impazzito.
Sfiorò ardentemente quel corpo che non aveva ancora
conosciuto alcuna carezza. Le sue sarebbero state le prime, le uniche.
Sei mia...
Baciò ogni centimetro di pelle che incontrava come fosse
cosparsa del più dolce dei veleni, carnefice e vittima di
un’estasiante agonia.
E fu sua.
Avrebbe voluto vedere i suoi occhi velati diventare sempre
più scuri, le ciglia inumidirsi... Ma lei cosa avrebbe
visto? Il suo volto stravolto dal piacere, da un piacere immorale e
perverso che non aveva decenza né senno. Lo aveva perduto.
Non aveva mai voluto nessuno con la stessa brama, con la stessa pazzia,
con la stessa necessità.
Sei mia, solo mia. Lo
sarai per sempre...
«Loki...» Un sospiro.
«Dillo ancora... » Un ordine.
«Di’ il mio nome.» Un ordine disperato.
E Sigyn obbedì, ancora e poi ancora una volta e mai il suo
nome sulle sue labbra era parso tanto blasfemo.
Il desiderio dell’uno si sciolse in quello
dell’altra.
Ora sì, ora lo sentiva quel senso di completezza che tanto
aveva cercato, che tanto gli era mancato.
La meravigliosa fragilità della perfezione.
Ed era sempre più vicino al momento in cui avrebbe raggiunto
il punto più alto e più basso di se stesso.
Si perse del tutto quando le labbra di Sigyn si schiusero ancora.
«Fratello...»
Tanto bastò.
Il suo abbraccio lo avvolse anche dopo, anche quando crollò
ansante sul suo corpo, anche quando il silenzio prese il posto dei
gemiti e le colpe sfumarono la passione.
Lo strinse anche quando i capelli restarono troppo lunghi e la labbra
tremanti troppo carnose.
Poi la benda si inumidì di lacrime.
Thor è
perduto.
Loki è
perduto.
***
NdA.
Questa versione censurata mi è costata un
po’, perché quando un capitolo nasce in una
determinata ottica (in questo caso molto fisica) è
complicato dargli un’altra natura, ma mi auguro almeno di
essermi attenuta al regolamento. Se c’è da
tagliuzzare ancora, ditelo, così provvedo.
Spero sia stato comune gradito e che soprattutto non abbia disturbato
nessuno.
Credo che come Thor/Sigyn in molti abbiano creduto che per spezzare la
maledizione bastava un’allegra(?) scorrazzata fra le lenzuola.
Ehh, troppo facile donzelle, troppo facile u.u
Capitolo 10 in arrivo a breve con tutte le inevitabili conseguenze di
questa peccaminosa
notte.
Kiss kiss Chiara
Credits:
un grazie speciale alla gentilissima Baldr che con
estrema pazienza e disponibilità si adopera per tirarmi le
orecchie per i vari errori e orrori che lascio per strada. <3
|
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Capitolo 10 *** capitolo ***
10° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
X.
Appoggiò il
vassoio sul tavolo e guardò verso il letto: Sigyn gli dava
le spalle, completamene avvolta dal lenzuolo.
Il mattino era giunto
troppo presto e la luce aveva illuminato
ciò che avevano cercato di annegare in quella notte.
Un peccato, una
follia. Un errore.
Loki era scivolato
fuori dalle coperte appena lei aveva iniziato a
sospirargli una richiesta di perdono che non poteva concederle,
perché non aveva nulla da farsi perdonare lei. Lei era
innocente, lei credeva davvero che avrebbe funzionato, che la
maledizione si sarebbe infranta, ma non era accaduto. Il suo corpo era
rimasto quello splendido che lui aveva posseduto con ardore, lo stesso
corpo in cui aveva bruciato la sua anima.
Loki, il perdono non
lo poteva neanche chiedere, non voleva neanche
ottenerlo. Aveva seguito un desiderio abietto celandolo in
nobiltà. Un sacrificio, un atto d’amore fraterno.
Quanta menzogna,
quanta lurida menzogna. Troppa, perfino per lui.
A terra giacevano
ancora gli abiti di Sigyn: i pantaloni che gli aveva
chiesto, il corsetto che odiava, con un nastro di raso mancante. Lo
teneva stretto lei fra le dita. Lo aveva tenuto stretto tutta la notte.
«Se hai
bisogno di qualcosa, manda a chiamare
Linn.»
Si era voltato per
uscire e lei lo aveva chiamato.
«Vorrei fare
un bagno, ma non voglio che nessuno entri in
questa stanza.» La sua voce sembrava spenta, vuota, come
fosse un semplice movimento delle corde vocali.
«Come
desideri.» Si era diretto nella stanza da
bagno senza più guardare la sua schiena immobile.
Quando era uscito le
aveva poggiato un’ampia vestaglia sulla
sedia e la colazione ordinatamente sistemata sul tavolo.
L’acqua era calda, come era sempre piaciuta a suo fratello.
Suo fratello.
Si ritrovò
ancora con la testa fra le mani, seduto sulle
scale fredde a guardare l’impugnatura di quel martello che
non avrebbe mai sollevato. Nessuno l’avrebbe mai
più sollevato.
Thor si era perso,
quantunque avesse fatto ritorno, non sarebbe stato
più lo stesso. Nessuno dei due poteva più
esserlo. Non potevano più essere fratelli.
Si erano spezzati.
E tutto per la ripicca
di una permalosa ninfa.
Avrebbe quasi riso se
le labbra non fossero state impegnate a
maledirsi.
Ancora.
Suo padre
l’aveva mandato a chiamare e non fu mai
più infelice di sentirsi convocare. Indossò una
maschera, la migliore, quella che non si sarebbe pateticamente
sbriciolata sotto il suo giudizio.
Percorse i corridoi
con la schiena dritta e lo sguardo fermo e sicuro.
Entrò nella sala del trono con passo deciso.
«Mi cercavi,
Padre?» Un sorriso cortese che
sembrava cucito.
Odino lo
studiò a lungo in un denso silenzio, poi si
sollevò dal trono scendendo solennemente i gradini che li
dividevano. Loki sentì la sua vergogna crescere a ogni
passo, finché quell’unico occhio non lo
inghiottì.
«La tua
ospite soggiorna ancora nelle tue stanze,
figlio?» L’ultimo argomento di cui voleva parlare
con suo padre era proprio lei, ma non vacillò un solo
istante.
«Non sapevo
fosse proibito.»
«Non lo
è, infatti. Puoi anche radunare un harem
nelle tue stanze private, non è ciò che intendevo
e sono certo tu l’abbia compreso per cui evitami
quest’innocenza, Loki.» Lo superò e lui
fu costretto a seguirlo con passo sicuro per non mostrargli la breccia
che poteva aprirsi da un momento all’altro.
«È una fanciulla che appaga lo sguardo e immagino
anche il corpo.» Rabbrividì a quelle parole e per
un solo istante sentì che sarebbe crollato. Quelle immagini
erano ancora vivide nella sua mente, il suono dei suoi gemiti, il suo
calore, il suo stesso desiderio. Represse tutto nel fondo dello stomaco
e continuò a seguire suo padre che pareva volersi dirigere
verso i giardini. «Ciò che voglio dire, figliolo,
è che una donna per quanto graziosa e ingenua possa apparire
resta sempre una donna e, come tale, pericolosa.» Il passo si
arrestò proprio davanti alla lunga scalinata che dava sul
verde piazzale del palazzo. Odino lo guardò ancora. Loki
continuò a tacere. «Non ti ho mai visto
così rapito da nessuna per cui ti invito a far attenzione.
Il trono su cui un giorno potresti sedere, fa gola quanto un bel paio
di occhi verdi.»
«Non credo
che Sigyn abbia mire sul trono, Padre, e con tutto
il rispetto che ti devo, non amo che tu possa insinuare che-»
«Questa ne
è la prova.» Loki si
irrigidì e deglutì. «Mi hai appena
contraddetto.» La breccia era ora ben visibile.
Stupido!
«Padre, io
non-»
«Il
desiderio offusca il giudizio, l’amore offusca
tutto. Tieni a mente cosa
sei, Loki, per un re è molto più importante del chi.»
E cos’era?
Un bugiardo, un essere abominevole,
un’anima marcia che avrebbe incancrenito tutto ciò
che avrebbe sfiorato.
«Farò
tesoro dei tuoi consigli.»
«Lo so, per
questo spreco tempo a darli a te e non a quel
testone di tuo fratello.» Un sorriso si tagliò fra
la bianca barba e Loki lo condivise con dolore, un dolore che Odino non
poté vedere dato che scendeva il primo dei numerosi scalini.
Loki intravide anche sua madre fra le dame sedute all’ombra
dei ciliegi.
Non ebbe coraggio.
Girò le
spalle alla luce del giorno e tornò a
passo sempre meno certo verso le sue stanze.
Si sorprese di
trovarla lì, seduta sulla sedia di velluto,
coperta solo dalla veste che le aveva lasciato. Gli occhi bassi, le
mani strette a pugno piegate sulle ginocchia.
«Hai fatto
colazione?» Decise di spezzare il
silenzio prima che fosse più forte della sua voce.
Sigyn annuì
ancora a capo chino. Loki non osò
fare un altro passo.
Non le chiese del
bagno, i suoi capelli ancora grondavano acqua.
«Mi
odierai.»
Respirò a
fondo guardando il viso sempre basso. Non le si
addiceva, quegli occhi fieri non avrebbero mai dovuto guardare a terra.
«Perché
dovrei? Abbiamo solo tentato e abbiamo
fallito. Le sconfitte fanno parte della vita come le vittorie, lo sai
bene.» Le parole sembravano reggersi da sole per quanta
sicurezza aveva infuso loro, eppure dentro, Loki non credeva ad una
sola.
Tu
hai tentato, io ho
solo usato quel tentativo per assecondare i miei bassi istinti, i miei
desideri indecenti.
«Io ho
fallito, in tutto, e ti ho trascinato in questa pazzia
con me. Non posso perdonarmelo, Loki! Non posso!» I pugni
tremarono di rabbia così come il resto del corpo. Sigyn
strinse forte i denti e le palpebre, forse per non lasciare andare
altre lacrime di vergogna.
Loki si
sentì incrinare il petto.
«Non
assumerti le colpe di un errore commesso in
due.» I suoi occhi lo guardarono per la prima volta da quella
mattina, ma solo per pochi istanti, poi tornarono a celarsi stavolta
dietro a una mano premuta sul viso.
«Tu non
capisci, Loki, io... » Non poteva
sopportare di averla distrutta in quel modo.
Se avesse potuto
avrebbe riavvolto il filo del tempo e impedito che
quel peccato fosse mai consumato, avrebbe impedito al suo cuore di
iniziare a battere sempre più veloce, avrebbe impedito alle
sue labbra di fremere per posarsi ancora su quelle della fanciulla che
vedeva completamente annientata davanti ai suoi occhi.
«Ti chiedo
di non-»
«Le tue
mani.» Si gelò. Lo sguardo fisso
sulla nuca bionda, le parole morte fra i denti. «Continuo a
sentirle addosso, in ogni istante, in ogni respiro.» Sigyn
affondò letteralmente il volto fra le dita. «Le
sento su tutto il corpo... le sento dentro e...
Perdonami, ti prego!»
«Smettila di
chiedermi perdono! Non essere infantile,
Thor.»
«Infantile?»
Gli occhi di Sigyn sembrarono
riprendere vita solo adesso, sembrarono coprirsi di rabbia mentre
guardavano i suoi.
«Sì,
infantile.» Trattenne le urla e le
trasformò in parole gelide come uno stiletto di ghiaccio.
«Loki... noi
due-»
«E con
questo? Cosa vuoi che importi?!»
Sigyn si
alzò scuotendo visibilmente incredula la testa.
Loki pregò che la sua menzogna non si infrangesse davanti a
quello sguardo.
«Come ci
riesci? Come puoi far finta che stanotte non sia
accaduto niente? Che vada tutto bene? Che noi due - che... Come puoi
essere così...»
«Freddo?»
Sigyn serrò
la mascella e respirò a fondo.
«Falso.»
«Sono solo
me stesso, fratello.» Il sorriso che si
disegnò debole sulle sue labbra sottili la spinse ad andare
via, a uscire da quella stanza senza dire altro.
Loki
ridacchiò in solitudine e Sigyn non vide il pianto muto
che lavò via quella risata.
Alla fine avevano
raggiunto un tacito accordo: non si poteva cancellare
ciò che era successo, non si poteva dimenticare, si poteva
solo non parlarne più e sperare che i sensi di colpa
dormissero per qualche momento.
Loki trascorreva i
giorni fra la biblioteca e la locanda di periferia,
a cercare nell’abbraccio di Habel un po’ di pace.
Non ne trovò mai.
Sigyn usciva dalle sue
stanze solo per andare a cavalcare. Loki non
sapeva dove andasse, non volle mai seguirla, non volle chiederglielo.
Quando tornava aveva sempre un sorriso sul viso che si spegneva non
appena incrociava i suoi occhi.
Pranzavano separati,
cenavano separati, dormivano separati.
Sua madre gli disse
che le incomprensioni erano all’ordine
del giorno, suo padre non disse più nulla.
Asgard smise di
parlare della sua misteriosa dama e le occhiate curiose
si affievolirono.
Linn era
l’unica persona con cui Sigyn si intratteneva a
palazzo, con lui parlava poco e di nulla. Non lo aveva più
chiamato fratello, non lo aveva più stretto fra le braccia.
Sif gli aveva chiesto
ancora di Thor. Lui le aveva dato le spalle e se
ne era andato.
Thor non era ancora
tornato.
Thor, forse, non
sarebbe più tornato.
«A cosa
pensate, mio principe?» Le dita di Habel
scivolarono dolci fra i suoi capelli eppure lui non sentì
niente.
«A nulla,
Habel. A nulla.» Le porse la benda e lei
la indossò. «Chiamami Loki.»
«Come
desiderate.» Habel legò il nastro
sugli occhi e nella sua testa lui vide le ciocche castane divenire
bionde.
La bocca
sospirò il nome di Sigyn per tutto il tempo.
Uscì dalla
locanda che era tardo pomeriggio. Le strade erano
sgombre di gente, tutti sembravano essere intenti a correre su per la
collina.
«Che
succede?» chiese ad un giovane che gli
passò accanto.
«Hanno
sfidato Lady Sif. È stata la sua nuova
allieva.»
Sentì un
brivido lungo la schiena e raggiunse presto la
calca. Si fece spazio fra la folla fino ad arrivare al recinto di legno
che dava all’arena degli allenamenti.
Sif impugnava fiera
una spada, di fronte a lei un sorriso e due lame
azzurre. Un'altra spada nella mano della sua Sigyn.
«Coraggio,
Sigyn, fatti valere!» Il grido era di
Fandral così come l’applauso che ne
seguì.
Loki vide
completamente nero.
Poi il rumore del
metallo, la polvere che si alzava, i colpi di tosse,
il calcio nello stomaco con cui Sif buttò Sigyn spalle a
terra.
«Avanti,
principessina, in piedi.»
Sigyn
obbedì e si rigirò l’elsa nel
palmo. L’attaccò frontale senza mostrare alcuna
incertezza.
Gli occhi di Loki
balzavano dal suo viso accaldato a quello di Sif,
allo sguardo di Fandral che non smetteva mai di incitare quel nome. Gli
avrebbe strappato la lingua e sarebbe stato l’ultimo nome che
avrebbe mai pronunciato.
«Attenta!»
Sigyn era di nuovo
spalle a terra, la spada lontano, quella di Sif
piantata a un palmo dalla testa.
«Sei stata
brava.» La guerriera si alzò
e le porse una mano. Sigyn l’afferrò con un
sorriso stanco.
La calca si sciolse,
finché affacciati alla balaustra non
restarono una manciata di uomini.
Sif uscì
dall’arena e Sigyn la seguì,
il braccio di Fandral si avvolse subito attorno alle sue spalle.
Loki strinse
così forte il legno fra le dita che
sentì le schegge conficcarsi sotto le unghie.
Quando quegli occhi
azzurri si accorsero di lui non riuscì a
leggere cosa vi giaceva sul fondo.
Si era già
voltato, era già andato via.
Gli aveva preferito la
compagnia di quei vermi ancora una volta, ancora
una volta lo aveva abbandonato. Non aveva mai compreso i motivi di
Thor, quelli di Sigyn erano così chiari da far male.
“La tua
compagnia pare letteralmente disgustarlo.” Le
parole di Sif ora erano verità, lo erano sempre state.
Qualcuno
bussò alla sua porta ma lo ignorò. Non
aveva voglia di cenare, il suo stomaco era già troppo pieno
di acido.
Ancora un tocco.
«Via!»
ringhiò ferreo ma
dall’altra parte qualcuno parlò.
«Loki...
sono io.»
Deglutì
altro veleno e andò ad aprire.
Davanti a lui un viso
che era una tortura anche solo guardare.
«Posso entrare?»
Scostò la
porta e Sigyn varcò la soglia. Lui la
richiuse ma restò con il palmo sulla maniglia.
«Dimmi.»
Freddo, distante, estraneo. Era la sua
miglior difesa.
Sigyn lo
guardò ancora, lei no, non era fredda né
distaccata, lei non riusciva a celare cosa viaggiasse sotto la sua
pelle. Era per questo che l’aveva desiderata così
tanto, era per questo che quella notte l’aveva rivissuta in
ogni altra che ne era seguita.
«Ho chiesto
a Sif di allenarmi con lei e ha accettato. Mi
sembra di tornare a decenni fa, non riesco neanche a tenere il
baricentro...» Il sorriso era triste e stiracchiato, lui non
lo ricambiò. «Te l’avrei detto, ma so
che non provi grande simpatia per lei e non-»
«Puoi
trascorrere le tue giornate come e con chi vuoi. Non
devi darmi spiegazioni. Non sono mai servite.»
Riaprì la
porta e le indicò l’uscita.
«Ora, se volessi scusarmi, vorrei dormire.»
Ma una mano la
richiuse subito dopo.
«Smettila di
trattarmi così!»
«E tu non
venire nelle mie stanze a sbattermi in faccia
quanto ti disgusti! Mi sembra già abbastanza
chiaro.»
«Cosa?»
Il patto era stato appena rotto, come tutto
ciò che li aveva uniti prima di quell’errore.
«Non ho mai detto nulla di simile né tantomeno lo
penso! Come puoi non capire!?»
«Cosa dovrei
capire? Cosa, Thor? Sono giorni che a malapena
mi rivolgi la parola. Non credo ci siano molte altre interpretazioni
per il tuo comportamento.»
Lei si era voltata con
un gesto brusco e Loki quasi gliene fu grato.
Non poteva più averla sotto gli occhi, non dopo quella
pugnalata. Ancora vedeva Fandral e il suo braccio, ancora vedeva il suo
sorriso che non aveva più rivolto a lui.
«Non posso
starti accanto, è vero, ma non per
quello che credi tu.»
«Sei stata
tu a dirmi che riuscivi a sentire le mie mani
addosso. Immagino la repulsione che ti provochi anche solo guardarmi in
faccia.»
«Ti prego,
Loki...»
«Non riesci
ad andare oltre e lo accetto, ma per favore
risparmiami questa patetica scena. È già
abbastanza estenuante tutta questa storia, non chiedermi di sopportare
anche le tue scenate isteriche.»
Era tornato sotto il
suo sguardo e capì che non voleva
più essere lì. «Ti chiedo cortesemente
di uscire. Non obbligarmi a ordinartelo.»
«E va bene!
Vuoi la verità? Vuoi che ti dica cosa
provo davvero?»
Sospirò
sonoramente ma Sigyn parlò ancora prima
che potesse dire alcunché. «Vuoi che ti dica cosa
provo se ti sto accanto? Se anche solo sento la tua voce? Vuoi che ti
dica come questo dannato corpo freme al solo ricordare quella
notte?...» Neanche si rese conto di deglutire,
avvertì solo il suo cuore divenire un tamburo nel petto.
Sigyn fece un passo in avanti, il fuoco nelle iridi, la rabbia fra i
denti, la vergogna sulle guance. «Le tue mani...
Sì, le tue mani... Se non smetto di pensarci non
è perché mi disgustino, ma perché
vorrei sentirle ancora addosso e questo è sbagliato,
è immorale! È per questo che non riesco ad andare
oltre, lo capisci ora? Tu sei mio fratello e io non riesco
più a pensarti come tale! Non ci riesco... Che io sia
dannato!»
E poi era finita
letteralmente con le mani fra i capelli e Loki, per
l’ennesima volta, non aveva parole sulla lingua. Solo battiti
furenti, solo lava nelle vene e la paura di scoprirsi ad aprire le
palpebre nel buio della sua stanza. «E ora che sai, odiami
pure, Loki, non chiedo destino diverso. Spero solo che giunga di nuovo
il giorno in cui potrai chiamarmi fratello
senza dovertene vergognare.»
Guardava il suo volto
divenire sempre più acceso, le mani
stringersi in pugni ferrei, le labbra tremare per quella che era
vergogna, disgusto, ma che aveva compreso, non per lui.
Perché quei
pensieri indecenti e inappropriati non stava
accarezzando solo la sua mente sempre meno stabile, ma anche quella di
Sigyn... Quella di Thor.
E mai prima di allora,
erano stati più simili.
«Sigyn...»
Thor...
Le si era avvicinato e
le aveva sfiorato il viso, d’istinto
gli occhi di Sigyn si erano di nuovo chiusi.
«Per favore,
non toccarmi... per favore...» Suonava
come una supplica.
«Guardami.»
Il pollice aveva accarezzato una
guancia calda, poi il mento, poi le labbra.
«Smettila...»
«Guardami,
fratello.» A quella parola lo sguardo
azzurro aveva investito il suo. Avrebbe voluto dire altro, avrebbe
voluto che sapesse che lui provava la stessa vergogna, che la provava
da tempo, che l’aveva provata ancora prima che lei desse
inizio a quella follia con una sciocca speranza poi infranta.
Ma le aveva solo
accarezzato nuovamente le labbra e Sigyn aveva
tremato.
Stava sbagliando
ancora, stava aggiungendo un peccato
sull’altro ma in quel momento la coscienza parve sparire. La
baciò dolcemente e sentì di nuovo il sapore della
paura sulla bocca, ed era il sigillo indissolubile di
un’altra maledizione.
«Loki...»
Stavolta fu lei a baciare lui, fu lei ad
avvolgergli le braccia attorno alle spalle e a spingerlo contro il
muro.
Fu lei a far scivolare
a terra ogni stoffa dalla sua pelle.
Questa volta non
c’era stata alcuna benda a coprirle lo
sguardo e Loki aveva viso quegli occhi accendersi e sciogliersi nei
suoi, aveva sentito le unghie affondare nella sua schiena, la bocca
gemere di prenderla ancora.
L’aveva
tenuta stretta per tutta la notte, per tutta la notte
le lenzuola si erano inumidite e poi inumidite ancora.
I capelli di Sigyn si
posavano come spire di serpente sulla sua pelle
accaldata facendogli solo desiderare che lei non smettesse mai di
chiamare il suo nome.
Poi era giunto il
silenzio e la brezza della notte aveva raffreddato il
sudore sui loro corpi.
La guardava tenere lo
sguardo al soffitto e mille pensieri sospesi
nell’aria.
Le sottili dita
strette attorno alle sue, quasi avesse timore di
lasciarle andare.
«Dove
l’hai imparato?»
Loki aveva aspettato
un po’ prima di rispondere:
«Cosa?»
Altrettanto aveva
aspettato lei per poi continuare.
«Quella
cosa... quella...» Con l’indice
si indicò la bocca e lui sorrise. Sigyn si voltò
e lo ricambiò.
«Ho fatto
pratica.» I loro occhi si fusero per
qualche istante prima che lei lasciasse andare una breve risata - e per
i Nove, quanto le era mancata.
«Non credevo
si potesse fare qualcosa del genere solo con...
Insomma.»
«Si possono
fare tante cose solo con.»
Sigyn sorrideva ancora
divertita e seducente. «Allora
è per questo che ti chiamano lingua
d’argento?»
E lui rise di quella
battuta di basso spessore. «No, non
è per questo. Credimi.»
Il suo sguardo era ora
dolce, così come la carezza che gli
fece sul viso. «Ti credo.»
In quelle due parole
Loki trovò un calore che non aveva mai
realmente provato, forse in un tempo lontano, un tempo di cui ricordava
solo due occhi azzurri. Ora poteva rivederli.
Le avvolse un braccio
attorno alla vita e la tirò a
sé. Di nuovo labbra su labbra.
«Non mi ero
mai accorta di quanto realmente fossi
cresciuto.»
Non
mi hai guardato
troppo a lungo per vederlo.
Il pensiero fu veloce,
la lingua abile a inghiottirlo.
«Stai
parlando al femminile o sbaglio?»
Cambiò astutamente registro e lei sorrise ancora contro la
sua bocca.
«Ho preso
l’abitudine stando con Sif e gli altri ed
è imbarazzante che non riesca a toglierla.»
«Non
c’è nulla di imbarazzane in
te...»
Sigyn lo
accarezzò di nuovo. «E non
c’è nulla di marcio in te, Loki.
C’è solo tanta bellezza che neanche tu riesci a
vedere. Io la vedo, l’ho sempre vista.»
Non credeva di aver
mai conosciuto la dolcezza, la tenerezza, la
comprensione e quella armonia che vibrava sotto la sua pelle quando lei
gli parlava. Non credeva di aver mai davvero vissuto una singola
emozione prima di allora.
«Neanche
adesso credi ci sia del marcio?»
È
tutto
marcio, Thor...
Tutto...
Non
lo senti
l’olezzo di questa follia?
Sigyn gli
baciò la fronte e lui ispirò ancora il
profumo del suo corpo stanco.
«No, non
c’è, Loki... Non
c’è nulla di marcio.»
Fratello...
Si
addormentò sentendo il suo cuore battere lento contro il
proprio petto.
***
NdA.
Anche di questo capitolo esisteva una versione
più esplicita, ma siccome mi sono leggermente rotta gli
zebedei di censurare (visto che poi mi viene pure male) ho deciso di
editarlo direttamente epurato.
Tranquille, non vi siete perse niente.
Spero che questo post-oddiocosaabbiamofatto sia stato gradito, e come
direbbero i miei amati Green Day:
“Remember one
thing: the second time is always better than the first.”
Un bacio a tutte <3
kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 11 *** capitolo ***
11° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
XI.
Linn arrivò
con il vassoio davanti alle stanze del principe ma quando stava per
bussare sentì delle urla provenire dall’interno.
No, non erano urla, erano risate: le risate di Lady Sigyn.
Sentì anche la voce del principe ma non capì cosa
diceva. Avrebbe voluto ascoltare, magari poggiare l’orecchio
contro la porta e sentire cosa dicesse di così buffo da far
ridere la sua signora in quel modo. Ma non lo fece, aveva timore e
vergogna che le sue orecchie non avrebbero potuto comprendere.
Negli ultimi giorni
aveva portato ogni pasto nelle sue stanze, un pasto
per due, perché né il principe né Lady
Sigyn erano più usciti da lì. In giro si diceva
che Lady Sigyn fosse partita, che il principe Loki fosse andato con
lei, ma Linn sapeva che non era così.
Bussò
delicatamente e aspettò che qualcuno le
dicesse di entrare, ma poi la porta fu aperta e alzò lo
sguardo sul viso sorridente del principe Loki.
«Sei tu,
entr-»
«Preso!»
Fece un passo indietro vedendolo
barcollare in avanti quando Lady Sigyn gli saltò
d’improvviso sulle spalle. «Ah, Linn.»
Anche lei le sorrise.
«Ho portato
la colazione.»
«Meno male,
stavo morendo di fame.» La porta si
aprì mentre la sua signora tornava a toccare terra. Il
principe la richiuse e si accomodò al tavolo.
Linn trattenne un
sorriso perché lo trovava così
buffo con i capelli in disordine. Di solito era sempre molto ordinato.
Lady Sigyn invece era bellissima anche con le ciocche bionde alla
rinfusa.
«Grazie,
Linn.»
Fece un inchino e
tornò alla porta. Nel corridoio poteva
ancora sentire calde risate.
*
«Non dire
sciocchezze, non sarebbe possibile.»
Loki sorrise quando
lei gli lanciò addosso un acino di uva.
«Certo che
lo è! Se lo si fa roteare velocemente,
puoi anche volare. Ne sono certa!»
«Un martello
non può farti volare,
Sigyn.» Il secondo acino riuscì ad afferrarlo fra
le dita. Lo mise in bocca e ghignò all’espressione
imbronciata sul suo viso. «Che
c’è?» chiese tenendo l’acino
stretto fra i denti senza romperlo. Un attimo dopo il bacio di Sigyn
glielo aveva portato via.
Avevano trascorso
interi giorni letteralmente chiusi in quelle stanze,
ma non erano rimasti sempre a letto. Avevano passato ore a parlare, ore
a ridere, ore a scherzare come due bambini che si rincorrevano nella
stanza. Sigyn scappava ridendo e saltava giù dal letto, lui
l’afferrava da dietro e lei rideva più forte.
Quando era lui a scappare, lei si infuriava perché,
stranamente, ogni volta che lo afferrava si ritrovava fra le braccia il
niente.
“Così
non è leale!”
borbottava e poi tornava a inseguirlo. Alla fine era sempre lui a
prendere lei.
«Ti assicuro
che puoi volare, io ci riuscirei.»
Masticò l’uva mentre Loki le puntava contro due
dita. Dai suoi occhi doveva aver capito. «No, non puoi-
Loki!»
«Hai detto
che volevi volare. Questo è
l’unico modo che conosco per farlo.» Rise mentre
Sigyn volteggiava sbraitando nella stanza e tentava di colpire
inutilmente l’aria. «Non essere sciocca, neanche la
prima volta ha funzionato.»
«Fammi
scendere, Loki! Non è
divertente!» Eppure le sue labbra sorridevano. Loki sciolse
l’incantesimo e la lasciò precipitare nuovamente a
terra continuando a ridersela mentre i lunghi capelli biondi le
coprivano completamene il viso. «Ora me la paghi,
farabutto!»
L’ennesimo
inseguimento ebbe inizio.
«Vorrei
andare all’arena.» Sigyn se ne
stava seduta a gambe incrociate sul letto con indosso
un’altra delle sue casacche. Guardava la balconata aperta
dove si udiva il cinguettio di qualche allodola.
«Puoi
andare.»
Non gli rispose.
Sapeva che non era il “potere”
quanto il “volere”.
Quella stanza era
diventata per entrambi un piccolo rifugio senza occhi
né orecchie, dove ciò che facevano non era un
peccato né un insulto alla loro famiglia, al loro legame di
sangue. Ma fuori da quella porta, fuori da quel balcone,
c’era un mondo che aveva occhi e orecchie e loro dovevano
affrontarlo prima o poi. Loki ci sarebbe riuscito, Loki riusciva sempre
a rendersi impermeabile a sguardi e parole, ma Sigyn, Thor... era un
cuore scoperto, pulsava alla luce del sole e chiunque poteva far male
anche solo con uno spillo.
Lo avrebbe impedito se
avesse potuto, ma non c’era alcun
incantesimo né inganno con cui renderla simile a lui, se
anche ci fosse stato, lo avrebbe cancellato da ogni testo esistente.
«Ti ricordi
il campo a est delle colline di Yord?»
Sigyn sorrise.
«Padre ci portava lì per insegnarci
a cavalcare. Mi sono rotta il naso tredici volte.»
«Quattordici,
e non hai pianto una volta.» La
raggiunse e le si sedette accanto a guardare nella sua stessa direzione.
«Non
piangevo davanti a te e a Padre. Nella sala della
guarigione inondavo le vesti delle curatrici.»
Anche Loki sorrise.
«E io piangevo di fuori perché
non volevo che ti facessero del male.»
«Sei sempre
stato un bravo fratellino...» I suoi
occhi si spostarono sul suo viso. «Io non sono stato un buon
fratello, invece. Mi spiace, avresti meritato di meglio.»
Loki
respirò a fondo e non disse nulla. Aveva voluto
sentirsi dire quelle parole da tanto e avrebbe voluto rispondere che
sì, era stato un pessimo fratello perché lo aveva
lasciato indietro senza mai voltarsi, l’aveva lasciato
divenire sempre più piccolo mentre lui cresceva di una
lucente grandezza. Ma sentirle ora... strano come le parole, la sua
arma preferita, ora fossero una lama spuntata.
«Quando ero
un fanciullo, andai da Madre e le chiesi di
concedermi un altro fratello, perché tu non volevi
più giocare con me.» Quel ricordo sembrava
così lontano che riafferrarlo lo fece sospirare malinconico.
«Davvero?»
Annuì.
«Lei mi disse che non potevo averne un
altro ma potevo sostituire te. Le risposi raggiante che andava bene,
senza pensarci due volte.»
«Che
bastardo!»
Sorrise guardando il
suo volto accigliarsi.
«“Domattina
troverai il tuo nuovo fratellino, Loki.
Ora va’ a dormire” mi disse. Quella notte ero
così eccitato che non riuscii a chiudere occhio. Appena
giunse l’alba andai subito in camera tua. Non vedevo
l’ora di conoscere il mio nuovo fratello ma non
c’era e non c’eri neanche tu. Mi sentii in colpa.
Corsi da Madre pregandola di riportarti indietro perché solo
Thor era mio fratello, non ne volevo un altro. Piansi anche quella
volta.»
Gli occhi di Sigyn lo
guardavano silenti e lui continuò il
suo racconto: «Tu eri andato con Padre a una giostra di
giovani soldati, ma io non potevo saperlo, e quando la sera tornasti
venni da te e ti chiesi scusa così tante volte che tu
scoppiasti a ridere. Mi infuriai ma tu mi prendesti sulle spalle
dicendomi che andava tutto bene, che non era colpa mia, anche se non
sapevi minimamente di cosa stessi parlando.»
«E ora tu
prendi sulle spalle me... Non è buffo,
fratellino?»
Loki le sorrise e
annuì. «Sì,
è buffo.»
Le labbra di Sigyn
sorrisero anche questa volta. «Ti va di
cavalcare fino alle colline di Yord?»
«Adesso?»
Un guizzo le
attraversò gli occhi prima che i denti
affondassero nel labbro. «Hai qualcos’altro da fare
al momento?»
La sentì
ridere mentre lui schioccava rumorosamente la
lingua sotto al palato.
Il panorama era
pressoché il medesimo di qualche decennio
prima, solo non c’era più il pantano, come aveva
subito fatto notare Sigyn. Al suo posto una rossa distesa di fiori di
cui non sapeva dirne il nome.
«Mi piaceva
il pantano, era divertente.»
«Era
disgustoso e fetido.» La corresse mentre dava
un colpo di tacchi al cavallo.
Uscire dalla stanza fu
più semplice del previsto. Nessuno
diede loro più dell’attenzione dovuta, nessuno li
fermò, non incrociarono i loro genitori né
tantomeno l’allegra combriccola dell’arena. Sigyn
era stata visibilmente in agitazione finché non era montata
sul cavallo. Varcati i cancelli aveva ritrovato il sorriso.
Non sarebbe stato mai
facile, non poteva più esserlo.
Lui aveva avuto modo
di vedere gli occhi di sua madre, aveva avuto
occasione di sedersi davanti allo specchio senza abbassare lo sguardo,
Sigyn sembrava non riuscirci, se avesse avuto di fronte Frigga o
peggio, Odino, Loki non sapeva dire quale sarebbe stata la sua
reazione.
«Chi arriva
prima alla valle. Ci stai?»
Le aveva regalato un
ghigno e aveva rallentato il destriero.
«Va bene, ti do una lunghezza di vantaggio.»
Sigyn aveva riso
beffarda. «Semmai sono io che te ne concedo
due.»
I tacchi colpirono
forte i fianchi della bestia.
«Così sia.»
Alla valle,
ovviamente, Loki era giunto prima. Aveva frenato gli
zoccoli e si era voltato per vederla raggiungerlo con
un’espressione per nulla contenta.
«Sei il
solito imbroglione!»
«Non direi,
sei stata tu a volermi dare un
vantaggio.»
«Ma io...
» Terminò con un ringhio mal
celato.
La vallata era
silenziosa ma a qualche ettaro di distanza potevano
scorgere un gruppo di uomini, contadini forse. Legarono i cavalli a un
albero e Sigyn si sedette sull’erba. Loki la seguì
dopo aver dato un ultimo sguardo alla zona.
«Sei
più tornato in quella locanda?» Le
dita strapparono qualche filo d’erba e lo lasciarono volare
nel vento.
«Qualche
volta» mentì. Era stato
lì tutti i giorni, in qualche occasione anche durante la
notte. «Vorresti ritornarci?» chiese e lei
continuò a guardare davanti.
«C’erano
delle cameriere carine... Sì,
credo di sì.» Rise e lui stirò
semplicemente le labbra. «Soprattutto la fanciulla che ci
servì, aveva un sorriso molto dolce.»
«Habel.»
Sigyn lo
guardò incuriosita per qualche attimo.
«Sei stato con lei?»
«Sì»
rispose per una volta sinceramente.
Sul suo viso vide un riflesso insolito. «La cosa ti
turba?»
«Dovrebbe?»
Le labbra sorrisero e altri fili
d’erba volarono nel vento. Poi altri ancora.
Ciò che li
legava ora era un muto segreto che non avevano
mai dichiarato a voce alta. Era un abbraccio di carne, forse di colpa,
Loki non sapeva se fosse anche un’unione di anime. Per lui lo
era, perché in Sigyn si perdeva senza rendersene conto, ma
per lei... non voleva neanche chiederselo. Thor aveva sempre avuto un
debole per le passioni del corpo, per questo Odino lo aveva richiamato
più volte, ma il suo cuore era sempre stato al suo posto. Di
riflesso Sigyn sembrava aver ceduto a quel peccato per un semplice
appagamento fisico. Le sue mani, aveva detto, non lui. Le sue carezze,
non il suo calore.
Se avesse destinato
quelle carezze anche a qualcun altro forse non le
sarebbe importato finché ne avesse avute anche per lei.
La sola idea che altre
mani la sfiorassero, invece, era per Loki un
pensiero che accecava ogni ragione.
«Voglio
pranzare lì.» Non era una
richiesta, era un ordine al quale non fece opposizione.
Sigyn non tolse mai
gli occhi di dosso a Habel. Da quando erano giunti
a destinazione, Loki l’aveva sorpresa più volte
alla ricerca di quell’umile cameriera, eppure nel suo sguardo
non sembrava ardere qualcosa che potesse avere a che fare con il
semplice piacere di guardarla. Era forse ancora la curiosità
di saperla essere stata sua amante?
«Posso
portarvi altro, mio principe?»
«No, sono
più che sazio. Tu desideri
altro?»
Sigyn non aveva
risposto, aveva continuato a guadare il viso della
ragazza e poi le aveva sorriso affabile. «Mia
signora?»
«Nulla,
grazie.»
Habel si era congedata
con un leggero inchino del capo.
«Hai
soddisfatto la tua curiosità?» Non
riuscì a tenerselo sulla lingua, in fondo provava un certo
fastidio in quello sguardo troppo sorpreso. Anche lui era un uomo, come
aveva avuto ironicamente modo di verificare.
«È
una fanciulla molto bella.»
«Sì,
lo è.»
Non riuscì
a capire cosa nascondesse davvero quello sguardo
azzurro.
Per tutto il tragitto
che li divise dal palazzo, Sigyn rimase in
silenzio. Lui non la forzò a parlare, sapeva bene quanto
potesse raccontare un dialogo muto.
“Non
potrò più toccare una sola fanciulla”.
Era un pensiero che Sigyn doveva accarezzare ancora, in fondo non aveva
mai fatto mistero di volersi liberare di quel corpo, principale causa
di tutto ciò che li aveva travolti in modo così
impetuoso, a cui entrambi non riuscivano a resistere.
Loki non aveva
più cercato nulla su quella maledizione
né sul sigillo e lei non ne aveva più fatto
parola, ma probabilmente era ciò che le occupava la maggior
parte dei pensieri.
Quando Thor sarebbe
ritornato, tutto sarebbe cambiato ancora una volta.
Se fosse ritornato.
Thor
è
perduto.
Ancora la poteva
sentire quella voce, ancora si concedeva di crederle
per restare aggrappato a quel sogno il più a lungo
possibile.
Non fece neanche in
tempo a chiudersi la porta alle spalle, che la
bocca di Sigyn fu sulla sua.
«Prendimi...
Adesso!»
«Sigy-»
Ma non fece nulla per non lasciarsi
travolgere ancora una volta; le labbra di Sigyn sapevano essere
dannatamente convincenti.
Si ritrovò
ansante spalle al letto sentendo le sue labbra
seguire la linea della sua mascella. Strinse forte le mani sulle sue
cosce lasciandosi andare ad un roco gemito.
«Cosa faceva
per te?»
«Chi?»
I suoi occhi lucidi si
puntarono nei suoi, la bocca ad un soffio che
distrusse subito. «La bella cameriera.»
Guardò il
viso illuminato dalla calda luce del primo
pomeriggio, i capelli che sembravano davvero fili d’oro.
«Perché vuoi saperlo?»
I denti gli
afferrarono di nuovo un labbro strappandogli
l’ennesimo sospiro. «Dimmi cosa faceva per
te.»
«Tutto
quello che le chiedevo.»
«E cosa le
chiedevi?»
Le
accarezzò il viso dolcemente. «Non
devi.» Aveva capito solo ora quella sua morbosa
curiosità. Da quando l’aveva posseduta quella
prima volta, era sempre stato solo lui ad accarezzarla, a far viaggiare
la sua bocca su ogni angolo di pelle, ma non le avrebbe mai chiesto
altro. Sentirla tremare per il piacere che le dava era anche il suo
piacere, il più forte, il più pulito, semmai ci
fosse stato qualcosa di pulito in tutta quella storia.
«Cosa le
chiedevi, Loki... Dimmelo.» La sua
dolcezza fu ricambiata da un bacio avido che sembrava volesse
strappargli via l’ultimo brandello d’anima.
«Ti ho detto
che non devi.»
I suoi occhi lo
fulminarono ancora, e lui vi vide tutta la sicurezza
che aveva sempre contraddistinto il principe di Asgard.
«Io voglio...
E ora dimmelo.»
Era una sfida,
l’ennesima, e suo fratello non aveva mai amato
perdere, figurarsi se intendeva farlo con una cameriera di umili
natali. Quella egoistica motivazione faceva di lui solo un mezzo per
un’altra vittoria, sviliva i suoi sentimenti e ogni brivido
sincero che aveva provato finora.
Decise di ignorare
quella verità.
Le prese silente una
mano e la fece scivolare lungo il suo petto.
Lasciò che fossero i suoi occhi a parlare e quando
arrivò a sfiorarsi l’addome umido di sudore vide
un sorriso malizioso piegarle le morbide labbra.
«Tutto
qui?»
Le afferrò
la nuca e morse quella bocca beffarda.
«Habel non ha mai fatto domande...»
Subito dopo non fu
più in grado di dire nulla mentre quelle
dita sottili si muovevano sapienti su di lui.
Sigyn dormiva esausta
sotto l’abbraccio delle lenzuola
stropicciate. Loki si versò del vino e lo
sorseggiò senza staccare mai gli occhi dal suo viso, dalle
sue palpebre chiuse, da quelle labbra.
Sigyn lo aveva
accarezzato come solo un altro uomo avrebbe potuto, con
tutto l’impeto e la rudezza, con quel sentimento di possesso
e conquista. Sapeva come toccarlo, sapeva in che modo avrebbe perduto
ogni controllo. Era stato il pudore a trattenerla,
quell’insospettato pudore che il profumo della sfida aveva
semplicemente dissolto. Sfida, totalmente vinta.
Raggiunse il balcone e
regalò un lungo sguardo alla sua
Asgard che non gli era mai sembrata più bella,
più viva come in quel momento. Un sentimento che si
rifletteva in lui e che lo spaventava. Loki era vivo solo con lei, era
completo solo con Sigyn.
Loki non era nulla
senza suo fratello.
Sigyn non esisteva
ché nella maschera che voleva portare
sugli occhi. Quelle carezze erano state di Thor e così i
baci, i morsi, i gemiti... Le lacrime e la rabbia.
Aveva ansimato il nome
di Sigyn e nella sua testa aveva sibilato un
perverso “fratello”.
Il suo corpo appagava
i sensi, quella bellezza eterea era delizioso
cibo per i suoi occhi, ma il cuore aveva sempre battuto per
ciò che c’era all’interno di quel
meraviglioso involucro. La sua anima aveva sempre e solo voluto
fondersi con quella di Thor.
Se le sue mani
avessero accarezzato morbide curve o muscoli definiti da
guerriero, sarebbe stato lo stesso. Le sue labbra avrebbero baciato
avide il suo sorriso anche se si fosse disegnato fra una leggera barba
bionda.
Era Thor, sarebbe
sempre stato solo Thor.
Una pazzia ancora
più grande, un peccato che non avrebbe mai
permesso alcuna salvezza.
Sentì uno
sbadiglio alle sue spalle e si voltò
per incontrare un viso ancora stanco, un pugno che si strofinava un
occhio in modo anche troppo infantile, ma che gli strappò
comunque un sorriso.
«Che ore
sono?»
«È
quasi il tramonto.» Poggiò
il bicchiere sulla scrivania e guardò quel letto disfatto
con un’espressione divertita. Sigyn non sembrava avere la
stessa voglia di sorridere.
«Per le
Norne...» borbottò mettendosi a
sedere con una cascata di capelli biondi in disordine. «Ho la
testa che mi scoppia!» si lamentò poi passandosi
una mano sulla fronte. «Preparami un bagno.»
«Non sono il
tuo servo, alza il tuo regale sedere e
preparatelo da sola... principessa.»
La risposta che
ricevette fu un ringhio decisamente contrariato.
«Le signore
non devono fare sforzi inutili.» Sigyn
scese dal letto brontolando e cercando di fare ordine fra i capelli
senza apparentemente riuscire nell’intento.
«Ma tu non
sei una signora, sei- »
«“Una
fanciulla sgraziata e volgare”.
Stai diventando ripetitivo, lo sai?.» Raggiunse la porta dei
bagni e si voltò con un ghigno. «Il tuo ricco
vocabolario langue forse?»
Loki glielo
restituì con la stessa enfasi. «Potrei
aggiungere “famelica” o
“insaziabile”,
se preferisci.» Si umettò le labbra compiaciuto.
«Vuoi forse che ti illustri il loro significato?»
Sigyn mal
celò un sorriso divertito. «Ora chi
è volgare e sgraziato?»
«Il titolo
sarà sempre sulla tua testa, mia
cara.»
«Mi vuoi
provocare? Guarda che davvero posso ancora sbatterti
a terra con un braccio solo.»
«Uh, che
brutta scelta di parole...»
Sigyn stavolta non
trattene una risata e Loki la seguì
subito dopo.
«Faccio il
bagno e poi te la faccio pagare, fratello.
Contaci.»
La porta si chiuse e
il sorriso sfumò lentamente dalle sue
labbra.
«Sì,
dovresti farmela pagare davvero,
fratello..»
Nessuno udì
quelle parole.
***
NdA.
I nostri fratellini hanno trovato nuovi modi per
divertirsi, speriamo nessuno spii dal buco della serratura...
Come al solito grazissime per l’affetto con cui state
seguendo la storia, giuro che non mi sarei aspettata tanto calore e
tanto supporto ^^
Spero vivamente di essere rimasta nel regolamento anche con questo
capitolo. Come per il precedente esisteva una versione più incest, e ho fatto
il possibile per non esagerare.
Purtroppo la scena mi serviva per mostrare questo lato di Sigyn/Thor,
epurarla di più avrebbe stravolto le mie intenzioni.
Magari chiudete un occhio, ok? *-^
Ancora due a poi adieu!
Grazie ancora per la vostra bellissima compagnia <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 12 *** capitolo ***
12° Capitolo
“La
carezza di un'altra illusione”
XII.
Lady
Gunhild
stirò con attenzione le lenzuola lungo i bordi del letto.
Linn seguì il suo gesto cercando di non lasciare alcuna
piega sul tessuto di seta.
«Così passano tutto il tempo qui?»
Guardò i suoi occhi nocciola e annuì.
«Sì, credo che giochino.» Non
capì il perché di quella risata, forse trovava
strano che due persone adulte giocassero? «Ho detto qualcosa
di sbagliato, Lady Gunhild?» chiese allora sistemando la
federa del cuscino.
«No, bambina mia, sono certa che è ciò
che fa il principe con la sua dama.»
Cos’altro potevano fare? Cosa facevano due innamorati
insieme?
Linn si sentì triste per quelle domande senza risposta.
Quante cose non sapeva, quante ne avrebbe volute sapere, quante aveva
timore di chiedere.
«Lady Gunhild?» sospirò abbassando lo
sguardo su letto. «Cosa fanno due innamorati?»
La prima risposta fu il silenzio, e Linn si pentì di quella
domanda. Forse Lady Gunhild la riteneva troppo bambina e troppo stupida
per meritarsene una diversa. Poi arrivò un piccolo sospiro e
subito dopo due labbra sorridenti.
«Due innamorati amano passare del tempo insieme a parlare e
ad accarezzarsi.»
Piegò la testa di lato concentrandosi sulle parole della
donna.
«Accarezzarsi?»
«Sì, Linn. Si abbracciano e si sfiorano le labbra.
Sai cos’è un bacio?»
Annuì un po’ incerta. Sapeva cosa fosse,
l’aveva visto qualche volta e ne era rimasta alquanto
disgustata perché toccare con la bocca quella di qualcun
altro non sembrava per niente una cosa piacevole.
«E perché?»
Lady Gunhild rise. «Quando ti innamorerai anche tu lo
scoprirai.»
Linn non capì cosa c’entrasse l’amore
con il toccare qualcun altro, ma in fondo ne sapeva così
poco anche dell’amore.
«Non penso che mi piacerebbe baciare il principe»
ammise pensando alla questione bacio. Chissà cosa ci trovava
di divertente Lady Sigyn. Nella sua testa si disegnò
l’immagine delle loro labbra unite e si sentì
improvvisamente imbarazzata per quel pensiero.
«È perché sei ancora una bambina, Linn.
Aspetta di crescere.»
Linn studiò il suo sorriso mentre piegava con cura le
lenzuola in modo che fossero simmetriche.
Crescere... forse davvero c’erano domande a cui solo il tempo
poteva dare risposta.
*
Il suono degli zoccoli risuonava per la strada completamente sfollata.
C’erano solo due cavalli, entrambi neri, entrambi con un
principe sul dorso.
Sigyn si strinse nel mantello e Loki la osservò con la coda
dell’occhio. Il vento le sferzava i capelli e gli occhi erano
socchiusi per proteggersi dalle raffiche.
«Dovremmo tornare al palazzo.»
Lei lo guardò e sorrise.
«Paura di un po’ di vento?»
Lui a malapena lo sentiva quel freddo, aveva sempre avuto una buona
resistenza alle basse temperature, ma Thor...
Un mattino, quando era poco più di un fanciullo,
sentì sua madre chiamarlo “il sole di
Asgard”. Ed era un appellativo che gli si addiceva alla
perfezione.
«Non capisco perché tu voglia cenare da
Burgdt.»
«Avevo solo voglia di uscire da quella stanza. Cosa
c’è di male?»
Di male, nulla, di pericoloso, tutto.
Avrebbero potuto incontrare Sif e gli altri, e se per Loki poteva
essere un incontro fastidioso come un altro, per Sigyn sarebbe stato
diverso.
Guardò ancora i suoi occhi che lottavano contro il vento e
decise che per lei era solo l’ennesima sfida.
Uscire da quella stanza, affrontare Asgard partendo dal basso. Partendo
da ciò che faceva forse più paura.
«Aumentiamo l’andatura, però, altrimenti
ceneremo all’alba di domani» ghignò
dando un colpo di tacchi. Lei lo imitò con un altro sorriso.
Alla locanda, come previsto, avevano incontrato tutta la combriccola al
completo, c’era anche Hogun e la sua eterna espressione
indecifrabile che Loki, letteralmente, odiava. Era così
difficile leggere dentro quegli occhi che spesse volte si sentiva a
disagio. Non amava quella sensazione, non amava non capire cose
viaggiasse nella sua testa. Era infido, il più infido di
tutti. Il più pericoloso.
Sigyn mostrò qualche incertezza appena varcata la soglia, ma
poi raggiunse un tavolo e lo guardò sorridente.
La sua sfida era appena iniziata.
Il rumore di qualche boccale che si infrangeva sul pavimento precedette
il suono di roche risate. A qualche tavolo di distanza, due grossi
uomini si abbracciavano canticchiando una vecchia ballata.
Loki sapeva perché suo fratello amava quella locanda, in
fondo era molto simile a lui: schietta, senza maschere, piena di
difetti ma semplicemente viva.
«Tra un po’ crolleranno»
ghignò Sigyn guardando divertita i due. Loki si
soffermò sul suo sorriso e piegò le labbra.
«Che c’è?» E lei se ne
accorse.
«Niente» rispose intrecciando le dita sul tavolo.
«Mi stavi fissando» ribatté lei
togliendosi la mantella e lasciandola cadere sul retro della sedia di
legno.
«Non ti stavo fissando, ti stavo guardando.»
«E quale sarebbe la differenza?»
Continuò silente a tenere lo sguardo su di lei.
«Smettila.»
«Di fare cosa?» sorrise ancora.
«Di fare qualsiasi cosa tu stia facendo con quegli occhi. Mi
innervosisce.»
Era divertente metterla in imbarazzo e Loki aveva scoperto che
c’erano diverse cose che lo facevano, c’erano
diverse occasioni in cui anche l’arroganza del sole di Asgard
si spegneva per un po’.
Un altro boccale in frantumi fece spostare di nuovo lo sguardo di Sigyn
e disegnò sulle sue labbra un altro sorriso.
L’avrebbe punzecchiata ancora se non avesse sentito un
braccio avvolgersi attorno alle spalle.
«Il nostro principe!» Dannato Fandral.
Cercò di divincolarsi ma senza riuscire in
quell’impresa.
«Cosa vuoi, Fandral?» borbottò mentre
guardava Sigyn leggermente a disagio.
«Oh, nulla a parte brindare alla tua, amico mio.»
Finalmente fu sciolto dal suo fastidioso abbraccio mentre lo spadaccino
si sedeva, non invitato, sulla sedia alla sua destra. «Mia
Sigyn, è un piacere rivederti. All’arena si sente
la tua mancanza.» Avrebbe volentieri preso il
boccale che stringeva fra le mani e glielo avrebbe tirato dritto sulla
testa se quelle parole non avessero strappato una calda risata alla sua Sigyn.
«Sono stata occupata.»
«Da gentiluomo non ti chiederò in quali
faccende.»
Loki sospirò annoiato. Fandral era abile con la spada tanto
quanto lo era nel torturare le sue orecchie con tutte quelle moine
idiote. «Allora? A quando questo matrimonio?»
Sigyn ridacchiò ancora ma stavolta leggermente imbarazzata e
cercò i suoi occhi quasi volesse chiedergli una mano. Loki
stava per tendergliela se non avesse sentito un’altra voce
tuonare stavolta alla sua sinistra.
«Matrimonio? Quale matrimonio?» Il pancione di
Volstagg sbucò prima del suo grugno barbuto.
«Il matrimonio del nostro principe, lord Volstagg. Non avete
ricevuto l’invito?» canticchiò Fandral
poggiando sulla spalla di Loki una manata poco gentile.
«Taci, Fandral prima che- »
«E così ti sposi? Non so se fare prima gli auguri
a te o porgere le più sentite condoglianze alla tua
signora.»
Perfetto. C’era tutta la banda al completo. Sif gli rivolse
un sorriso compiaciuto mentre salutava Sigyn con un cenno della testa.
Loki avrebbe solo voluto sbattere la testa sul tavolo e poi sbattere
quella di quei tre- anzi, quattro, visto che era arrivato anche Hogun -
direttamente sul muro.
«Sigyn, avresti potuto dircelo che lo avevi incastrato. Non
si hanno segreti con gli amici!» Volstagg rise gettandosi
addosso a una sedia che tirò via dal sedere di un povero
soldato che finì con un tonfo sul pavimento sommerso dalle
risate dei compagni.
«Non c’è nessun matrimonio, Volstagg.
Fandral ama scherzare, anche troppo.» Sigyn chiarì
quel pessimo scherzo e Loki si lasciò andare a un altro
piccolo sospiro.
Sarebbe stato decisamente meglio restare in camera anche per i prossimi
secoli, piuttosto che condividere la serata con quegli idioti.
«Oh, ma io non scherzavo, mio piccolo bocciolo. Magari non
adesso, ma presto bisognerà ufficializzare il tutto, non
credi?»
«No, nessuno lo crede» affermò infine
lanciandogli un’occhiata per nulla amichevole, ma Fandral gli
restituì un sorriso smagliante che aumentò la sua
irritazione.
«Cosa vi porto?»
«Idromele come se piovesse! Bisogna festeggiare questo
fidanzamento!» Volstagg rise ancora e Fandral fece partire un
applauso esagerato. Sif si limitò a sorridere e Hogun... Oh,
per le Norne, ma quello aveva solo quell’espressione o ne
possedeva qualcuna diversa?
«Volstagg, per favore-» Sigyn fu interrotta
praticamente subito.
«E ora cantiamo la ballata del Piccolo Orso!»
Loki non poté fare altro che passarsi una mano sulla fronte
mentre quei due iniziavano a cantare orrendamente la più
oscena di tutte le canzoni.
«Io ero davanti, Sif era alla mia destra. Hogun sosteneva la
sinistra facendo attenzione a non regalare vie di fuga. Li abbiamo
accerchiati con facilità ed è bastato un solo
colpo di lancia per colpire il capobranco.»
Loki alzò un sopracciglio mentre beveva dal suo boccale.
Perché Volstagg si ostinava a raccontare di una stupida
caccia al cinghiale come se fosse stata la battaglia del secolo?
Eppure Sigyn sembrava apprezzare ogni racconto con un sorriso sulle
labbra che era l’unico motivo per cui lui era ancora
lì a sorbirsi quella fastidiosa compagnia.
«E li avete arrostiti sul campo, immagino.»
«Ovviamente! Alloro e spezie, io avevo tutto nella mia sacca.
Non si può andare a caccia senza spezie.»
«Ovviamente...» fece lui sarcastico sorridendo
sghembo. Volstagg però non se la prese e buttò
giù l’intero boccale. «Forse dovremmo
tornare.»
«Ma la notte è ancora giovane.» Si
ritrovò il bicchiere di nuovo pieno e il sorriso di Fandral
a un palmo dalla faccia. «Diamole l’onore che
merita, principe.» E cozzò i due boccali.
Loki non aveva mai trascorso molto tempo con Fandral né con
gli altri. Thor gli aveva chiesto di unirsi a loro più
volte, ma lui si era sempre annoiato. Quando era con Sif e i tre
guerrieri, Loki si sentiva sparire davanti agli occhi di suo fratello.
C’erano solo i racconti di Volstagg, le battute di Fandral,
le frecciatine di Sif e il misurato parlare di Hogun. Non
c’era mai abbastanza spazio per le sue di parole, non
c’era mai abbastanza spazio per lui.
Di riflesso aveva sempre creduto che anche gli amici di Thor lo
tollerassero solo per rispetto di suo fratello, ma ora Thor non era
lì, non era a quel tavolo, c’era il suo cuore e la
sua anima, ma loro non potevano saperlo.
E allora perché avevano deciso di passare la serata con lui?
Era per Sigyn?
Eppure le battute di Fandral il più delle volte erano
dirette a lui e Volstagg era a lui che aveva detto: avresti dovuto esserci, ti
saresti divertito.
«“Passeggiando per il sentiero nella notte del
primo inverno...”» Volstagg aveva iniziato di nuovo
a cantare. Conosceva quella canzone, sapeva che era una delle preferite
di Thor. Vide immediatamente le labbra di Sigyn sollevarsi e
aggiungersi al piccolo coro formato dal guerriero e dallo spadaccino.
«“Una donna dai lunghi capelli mi disse:
‘Messere, aiutarmi lei può?’ - avanti
Loki, canta anche tu!»
«No, grazie» declinò l’invito
limitandosi a guardare insospettatamente divertito
quell’esibizione alquanto strampalata.
«“E portando il mio destriero lungo il fiume a
nordest del Ghor, vidi dei fiori rosso rubino come cascate sul fondo
del mar. ‘Oh mia bella, bella fanciulla, posso nei tuoi
lunghi capelli, intrecciare questi germogli?’ E come
d’incanto lei mi guardò.”»
Volstagg si fermò voltandosi verso Sigyn che
continuò la strofa con la sua voce per nulla intonata.
«“E mi disse con un sorriso:
‘Sarà un piacere, mio prode re, intrecciar per voi
i germogli ed ogni fior che vorrete donar.”»
«Che usignolo...» Fandral provò a essere
convincente ma nessuno gli credette stavolta, e un riso generale si
levò dal tavolo. Anche Loki si unì e Sigyn non
mostrò alcuna offesa, alzò invece il boccale e
ringraziò per il fasullo complimento.
Era strano il senso familiare di quella situazione, perché
Loki non l’aveva mai realmente vissuta.
Non si era mai realmente divertito in loro compagnia e almeno a se
stesso, poteva ammettere chi si stava divertendo, che le sue risate
erano sincere, che le battute di Fandral erano piacevoli, che le
occhiate di Sif non erano sempre veleno.
Sif non aveva accennato a nulla di Thor. Sif era più
intelligente di quanto aveva creduto. Sif era più simile a
lui di quanto potesse realmente accettare.
Dall’altra parte della sala si udì il suono di un
liuto e la voce stavolta decisamente intonata di un giovane
menestrello. Quasi istantaneamente il silenzio avvolse le sue note e
Loki si ritrovò a chiudere gli occhi perdendosi nel suono
delicato dello strumento e nelle parole del triste sonetto.
Aveva sempre amato la musica, riusciva a calmarlo, riusciva a far
tacere le voci che talvolta si impossessavano della sua testa - della
sua anima. Riusciva a cancellare ogni ombra e a farlo sentire in pace
con se stesso. Ultimamente c’era anche un altro suono che ci
riusciva: il suono della risata di Sigyn.
Riaprì le palpebre e scoprì che i suoi occhi lo
guardavano dolcemente. Fandral e gli altri avevano dedicato la loro
attenzione al giovane musico e Loki si perse in quell’azzurro
e stavolta fu lui a sentirsi imbarazzato, ma non le avrebbe mai chiesto
di smettere.
Guardami per sempre,
fratello. Voglio sentire ancora le carezze dei tuoi occhi.
Un applauso chiuse la canzone.
Era giunto il tempo di chiudere anche quella serata insolita.
La cavalcata di ritorno fu silenziosa, piacevolmente silenziosa.
Loki scoprì le labbra di Sigyn sorridere di tanto in tanto e
il suo viso accettare il vento della notte senza resistenze.
Alle volte non servivano parole per dire qualcosa, alle volte anche
tacere era un discorso intenso.
Aveva trascorso gradevoli ore nella locanda e anche se non
l’avrebbe ammesso a voce alta, era stato lieto della
compagnia degli amici di Thor.
Rallentò il passo affiancando i due destrieri e la
chiamò con uno sguardo. Sigyn gli rispose con un altro
piccolo sorriso.
«Sai cosa stavo pensando?» La osservò
silente e poi scosse la testa. «Non so cosa voglia dire amare
con un cuore di donna, ma credo di aver capito cosa voglia dire
amare.»
Sul viso un’espressione dolce che la luce notturna non
riusciva a celare.
Loki avrebbe voluto chiederle cosa volesse dire, se era la stessa
definizione che gli aveva dato lui.
Amore come dolce agonia, come ossessione folle, come bisogno smodato.
Amore come paura e terrore, amore come la sensazione di sentirsi nudo e
senza difese, amore come un sorriso per un sorriso.
Ma restò in silenzio scorgendo in lontananza la sagoma del
palazzo.
«Forse l’ho sempre saputo.»
«Come amare?» chiese senza quasi accorgertene.
«No... chi
amare.»
Si voltò verso il suo viso, ma il suo sguardo era dritto
davanti.
Il suo cuore saltò qualche battito mentre sentiva quegli
zoccoli duri battere anche nel petto.
Ebbe timore di credere,
ebbe timore di sapere quei sentimenti che stava covando dentro
ricambiati, sentimenti che aveva etichettato come immorali, molto
più dello sfiorarsi sensualmente, molto più del
perdersi l’una nel piacere dell’altro.
Sigyn lo sorpassò e aumentò il galoppo. Loki la
vide distanziarlo per qualche lunghezza e cercò di
recuperare, ma decise di stare comunque dietro alla sua andatura.
Forse provavano le stesse emozioni per la prima volta eppure
preferì nascondersi da esse, preferì nascondersi
nella sua ombra, nell’ombra del sole di Asgard.
Quella notte Sigyn dormì poggiata contro il suo petto.
Dormì stretta a lui senza chiedergli nulla.
Loki fece scorrere le dita fra i suoi capelli in quell’unica
notte priva di carezze.
C’era qualcosa di più.
Ripensò alle parole di suo padre e si lasciò
cullare dal sonno.
“Il desiderio
offusca il giudizio, l’amore offusca tutto.”
Fu un suono insolito a svegliarlo e quando aprì le palpebre
sentì il fianco freddo.
Era ancora notte e Sigyn non c’era.
Fece appena in tempo a sollevare la testa per cercarla quando
udì nuovamente quel rumore.
Scese dal letto e si diresse verso la stanza da bagno.
La scoprì in ginocchio piegata su una tinozza.
Quando i suoi occhi si voltarono a guardarlo, Loki notò il
viso stanco e pallido.
«Cos’hai?» le chiese avvicinandosi di
qualche passo.
«Troppo idromele, credo.» La voce era alquanto roca
mentre si spostava una ciocca di capelli dietro a un orecchio.
«Chiamerò Eir, ti darà qualche infuso
per alleviarti la nausea.»
«No, non ce n’è-»
All’ennesima boccata decise che era inutile aspettare che lei
gli desse il lasciapassare.
Suo fratello era cocciuto e testardo come nessun altro.
«Una buona colazione basterà.» Si mise
in piedi tamponandosi le labbra con il dorso del polso, ma dopo appena
due passi perse l’equilibrio e furono solo i riflessi di Loki
a impedirle di cadere.
«Sigyn?» Non ricevette risposta. «Sigyn?
SIGYN?... THOR?»
Si accorse solo allora che era priva di sensi.
Picchiò nervosamente le dita contro il gomito guardando la
porta chiusa della sua stanza.
Aveva poggiato Sigyn sul letto ed era corso a chiamare la curatrice,
perché anche se aveva bevuto qualche boccale di troppo, non
era plausibile quello svenimento.
Era sempre stato abile a contenere l’agitazione, eppure in
quel momento la sentiva graffiare forte nello stomaco.
Elencò nella mente tutto ciò che avevano mangiato
e bevuto quella sera prima, elencò ogni gesto che aveva
fatto Sigyn, ogni parola che aveva detto. Elencò le facce
che aveva visto alla locanda.
Non poteva essere un altro tiro mancino di quella ninfa né
di alcun altro.
Non riusciva a darsi una risposta ma la porta si aprì e lui
ingoiò ogni inquietudine.
«Cos’ha?» chiese a bruciapelo mentre Eir
si chiudeva l’anta alle spalle.
«Nulla di cui preoccuparsi.»
Tirò un respiro di sollievo riuscendo a sciogliere anche le
labbra tese, ma lo sguardo della anziana curatrice lo
impensierì lo stesso.
«Eir?»
Quel silenzio che ne seguì non gli piaceva.
Afferrò la donna per un gomito per intimarle di muovere la
lingua, ma di tutta risposta quest’ultima lo
guardò severamente facendogli lasciare la presa.
Eir era stata la sua balia oltre che la sua curatrice, lo stesso era
stata per Thor. Quel senso di rispetto che provò gli
impedì di rivolgersi a lei con un tono aggressivo come aveva
appena fatto.
«Se c’è qualcosa che devo sapere, ti
prego di dirmelo chiaramente e senza girarci intorno.» Fu
pacato ma era certo che i suoi occhi stavano tradendo il nervosismo del
momento.
La donna annuì e gli si avvicinò.
«Lady Sigyn sta bene, ed è in ottima salute per
una fanciulla nelle sue condizioni.»
«Quali condizioni?» Gli venne il dubbio che si
fosse lasciata sfuggire qualcosa sulla questione della maledizione, non
sarebbe stato nulla di sorprendente, Thor aveva sempre avuto un
rapporto molto confidenziale con Eir, la considerava quasi una seconda
madre. Loki, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a regalare tanto
di sé a qualcuno, neppure se quel qualcuno lo aveva tenuto
fra le braccia quando era ancora in fasce.
«È in stato interessante.» Sperava di
aver capito male perché il cuore gli era appena arrivato in
gola. «Sigyn aspetta un bambino, Loki.»
Abbassò lo sguardo sgranato sulle vesti della donna sentendo
il respiro divenire sempre più rapido.
«Ne sei sicura? Magari-»
«Ragazzo mio, so distinguere una gravidanza da
un’indigestione.» Si sentì ammonire e
sapeva che era la verità: Eir era una curatrice esperta e
non avrebbe mai commesso un tale errore.
«Ma come... No, non può essere... io...»
Le parole gli annegarono sulla lingua mentre continuava a dirsi che non
stava accadendo sul serio. Eppure avrebbe dovuto immaginarlo, avrebbe
dovuto fare attenzione.
Sigyn era una donna a tutti gli effetti e lui si era comportato in
maniera superficiale.
Non aveva pensato.
Era questo il problema: per la prima volta in vita sua aveva fatto
vincere l’istinto e le emozioni sulla razionalità.
Non avrebbe dovuto più ripetere un simile errore.
Mai più.
«Penso sia di poche settimane.»
Guardò le sue labbra muoversi ma a malapena sentì
ciò che disse.
«Lei sa?»
«Ho ritenuto più opportuno fossi tu a parlarle, ma
se vuoi-»
«No, no, è stata la scelta migliore. Grazie,
Eir.»
Cercò di restare lucido e di non lasciarsi prendere dal
panico sebbene con tutti i suoi nervi saldi, quella situazione lo stava
davvero facendo tremare.
Cosa ho fatto? Cosa
abbiamo fatto?
«Eri, ti chiedo di mantenere il massimo riserbo su questa
storia, soprattutto con i tuoi sovrani. Taci loro la cosa, te ne
prego.»
La donna annuì ma prima che Loki entrasse nelle stanze lo
fermò per un braccio.
«Ascolta, ragazzo, nel caso arrivaste a ritenere questa
gravidanza non appropriata,
dovete avvertirmi entro il prossimo cambio di luna. Dopo sarebbe
pericoloso per la salute di Sigyn.»
Non disse nulla, assorbì quelle parole e lasciò
che Eir sparisse per il lungo corridoio.
Una nuova ombra stava coprendo il suo cuore.
***
NdA.
Ecco, ora sono problemi veri.
Ancora un capitolo per tentare di rimettere le cose a posto...
Come finirà?
Non vi resta che aspettare sabato e incrociare le dita.
Eccomi ai ringraziamenti finali, perché chi mi conosce sa
che tendo a farli nel penultimo.
Un grazie a tutti voi che avete letto e seguito con tanto calore e
passione questa storia nata da un’idea poco ordinaria che
però mi ha rubato un pezzo di cuore.
Siete stati meravigliosi nei vostri commenti e nel vostro modo di
lasciarli <3
Non so quante volte ho riso e quante ho fangirlato come
un’idiota ^^
Grazie, grazie immensamente.
Ho pubblicato questa storia senza molte aspettative, perché
mi aveva divertito e affascinato scriverla, e pensavo che magari
qualcuno poteva avere voglia di leggerla senza restare traumatizzato.
Non pensavo che ci sarebbero stati tanti qualcuno, che ci
sarebbero stati tanti meravigliosi e folli qualcuno <3
Grazie, grazie e ancora grazie ^^
Ora vi mollo prima di scendere nel patetico *^*
Un ultimissimo grazie a Baldr per il suo post betareader gentile e
spontaneo e un grazie alla bellissima Bar che inconsapevolmente
è stata musa e DEA di queste pagine, anche se non le
leggerà mai (per mia fortuna ò.ò)
Se ci sarà un sequel sarà solo grazie al vostro
supporto <3
Vi voglio bene
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 13 *** capitolo ***
13° Capitolo (ULTIMO)
“La
carezza di un'altra illusione”
XIII.
Entrò silenziosamente nella stanza chiudendo con delicatezza
la porta alle sue spalle.
A ogni passo risentiva
la voce di Eir che lo informava di quella
scioccante verità.
Incinta.
Sigyn era incinta.
Thor lo era.
Suo fratello.
E il padre...
Sembrava una punizione
divina, la concretizzazione di quella
perversione, quasi non fosse possibile nascondersi più, per
nessuno dei due.
Quando raggiunse il
letto, Sigyn aveva lo sguardo socchiuso, ma non
stava dormendo, di fatti aprì le palpebre non appena lo vide.
«Eir mi ha
comandato riposo assoluto» disse con un
sorriso. «Neanche fossi un reduce di guerra.»
Cercò di
ricambiare il suo sorriso ma sapeva che non aveva
abbastanza freddezza per indossare alcuna maschera.
Le si sedette accanto
prendendo un respiro.
«Che
succede?» La domanda gli fece portare lo
sguardo in quello confuso di Sigyn. «Loki?»
«Sei
incinta.» Fu lapidario, senza cedimenti
né esitazioni.
Siamo
maledetti.
«Cosa?»
Un sorriso inappropriato le piegava le
labbra ma si
spense non appena capì che non era uno scherzo.
«Ma di
cosa stai parlando? Io non posso essere incinta! Io sono...» Un
uomo.
L’aveva sentito in quell’ultimo
silenzio.
«Di qualche
settimana, da quel che dice Eir.»
Continuò a guardare quel viso teso senza riuscire a
strapparle
una sola parola.
Sigyn teneva gli occhi
fissi nei suoi ma la testa da
tutt’altra parte.
Se per lui era
qualcosa di difficile da accettare, poteva solo
immaginare quello che stesse provando Sigyn.
Tentò di
sfiorarle una mano ma lei
l’allontanò all’istante.
«Non mi
toccare!»
«Va
bene.» Le sue spalle si stavano alzando e
abbassando
con troppa velocità, il suo sguardo era pura acqua, perso e
torbido come un oceano in balia della tempesta. «Eir ha detto
che
si può rimediare. Non devi preoccuparti.»
Lo guardava ancora con
un’espressione fra lo smarrito e il
diffidente.
Si scostò
quando Sigyn scese dal letto in tutta fretta. Le
mani
fra i capelli, le gambe che viaggiavano avanti e indietro in modo
incontrollato.
«Calmati.
Non è nulla di grave.»
«Io sono
calmissima. Sono calmissimo! Non
vedi come sono calmo, Loki?»
Respirò a
fondo mentre il viso di Sigyn si piegava in una
smorfia di rabbia. Cercò di avvicinarsi ma lei
allungò
una mano per tenerlo a distanza.
«Non
toccarmi...» ripeté ancora, e il
suo cuore ebbe una seconda fitta. «Per favore.»
Era colpa sua. Sigyn
lo sapeva, lui lo sapeva
Sigyn lo odiava per
questo. Lui si odiava per questo.
Stai
perdendo anche lei. Non riesci a tenere fra le mani nulla.
Rovini
tutto ciò che tocchi.
Hai
perso Thor, perderai anche Sigyn.
Io
non volevo... Non volevo...
Sei
destinato a essere odiato da tutti, da te stesso per primo, Loki
Odinson.
...
«Cosa vuol
dire che si può rimediare?»
Cercò
di non farsi trasportare dalla marea che sentiva dentro e di tenere il
controllo della situazione, doveva farlo per entrambi. Le mani di Sigyn
non avevano smesso di essere attraversate da leggeri tremiti.
«Vuol dire
che Eir può aiutarti a non
averlo.»
Sigyn annuì
e si stirò una ciocca di capelli
dietro a un
orecchio. «Bene... bene.» Abbassò lo
sguardo e il
mare dei suoi occhi parve calmarsi.
«Non ci
vorrà molto, te lo assicuro.»
Annuì
ancora, stavolta con più vigore.
«Sì, va bene.»
Provò a
sorriderle ma non seppe cosa si disegnò
davvero
sulle sue labbra. «Vedrai, risolveremo tutto e... Staremo
più attenti.»
Deglutì
inconsciamente quando Sigyn lo guardò
senza dire nulla. «Volevo dire che-»
«No, ho
capito. Va’ a chiamare Eir e portala
qui.» Il
respiro sembrava essersi calmato eppure tutto il resto del suo corpo
tradiva l’angoscia e il terrore che la stava divorando.
Assentì e
si avviò alla porta ma...
«Aspetta!»
Si voltò e
incrociò di nuovo il
suo sguardo confuso. «Aspetta, io... io ho bisogno di un
momento.»
«Non voglio
portarti fretta, ma sarebbe meglio-»
«Lo so, lo
so! Lo so cosa sarebbe meglio ma concedimi un
dannato momento!»
Prese un respiro e
aspettò qualche attimo prima di parlare.
Voleva solo che tutto smettesse: le voci nella sua testa, i battiti
scomodi del suo cuore, i brividi di desiderio e paura sulla sua pelle.
Ma Eir poteva
sistemare un solo errore,
non altri.
Al loro, a quello che
avevano commesso con cieca ingenuità,
non si poteva porre rimedio.
Nessuno poteva.
Quello stesso errore
stava ora germogliando nel ventre di suo fratello.
Estirparlo non avrebbe
cambiato di molto la realtà.
«Ascoltami,
lo so che è difficile e-»
«No, tu non
lo sai, Loki! Tu non sai niente!
NIENTE!»
Avrebbe voluto sfiorarle il viso, avrebbe voluto fermare la lacrima che
le stava tagliando una guancia, ma non lo fece, lei non glielo avrebbe
permesso. «È tutta colpa mia, se solo fossi stato
meno
stupido! Quella maledetta ninfa non avrebbe - Per le Norne che abbiamo
fatto...?!»
Sigyn si prese di
nuovo la testa con le mani, mille bestemmie chiuse
fra i denti solo perché la colpa bruciava sulla lingua
più della rabbia.
Quella di Loki era
solo un pezzo di carne. Non c’era
né
argento né veleno, non c’era alcuna bugia che
potesse dire
a lei o a se stesso.
L’illusione
si stava sgretolando, pezzo dopo pezzo, lacrima
dopo lacrima, peccato dopo peccato.
«Basta
così. Ora vado a chiamare Eir e mettiamo
fine a questa storia.»
Non raggiunse neanche
la porta che si ritrovò una mano
stretta attorno al braccio.
«Non ti
azzardare a uscire da qui!» Due occhi di
fiamme blu.
«Cosa vuoi
aspettare? Credi che continuando a piangerti
addosso
le cose cambieranno? Che tu ritornerai quello di un tempo e che
dimenticheremo tutto?»
«Non
è una scelta che spetta a te, in ogni
caso.»
Quando le sue dita lo
lasciarono una nuova paura lo invase.
«Un momento,
non starai pensando di tenerlo?» E
quella non
risposta fu assordante. «Devi liberartene, lo capisci anche
tu
che non c’è altra alternativa!?» Ora
erano suoi gli
occhi in fiamme. Quelli di Sigyn avevano smesso di piangere ma non
avevano smesso di bruciare.
«Certo che
lo capisco, ma... Le colpe sono nostre, Loki, non
sue.» E quando si toccò il ventre per poco non le
urlò addosso.
«Quali
assurdità stai dicendo, Thor? Pensi che
Asgard
sarebbe felice di accogliere il frutto dell’incesto dei suoi
principi? E nostro padre, nostra madre? È una bestemmia
anche
solo parlarne.»
«Era una
bestemmia tutto ciò che abbiamo fatto,
Loki...
Dov’era allora la tua morale? Dov’era allora nostra
madre?
Dov’erano i tuoi pensieri per Asgard quando hai fatto
ciò
che hai fatto su quel maledetto letto?»
«Non
proclamarti vittima, adesso. C’eri anche tu su
quel letto, o sbaglio?»
Sigyn strinse forte i
pugni e sorrise. «Non sbagli, ma a
differenza tua, io non lascerò pesare i miei errori sulle
spalle
di qualcun altro. Non sono un codardo, fratello.»
«No, sei uno
sciocco e un folle se credi che ti
lascerò anche solo provare a far nascere
quell’essere.»
Le mani di Sigyn gli
afferrarono la veste e la strinsero con forza.
Loki non mutò espressione.
Era
un’assurdità ciò che stava passando
per la
testa di Sigyn, un’assurdità più grave
anche di
quella che li aveva portati quella notte l’uno fra le braccia
dell’altra.
Non le avrebbe
concesso di andare oltre.
«Non
permetterò che quell’abominio
macchi il nome della nostra famiglia.»
«Taci! Non
dire altro, fratello, o ti caverò il
cuore con
le mie mani se mi metterai alla prova.» Le nocche quasi
sbiancarono per quanto vigore le teneva premute contro la stoffa.
«Odia me, odia quello che c’è tra di
noi, odia
questo peccato, odia anche te stesso, ma non osare odiare questo
bambino, perché non è un abominio,
Loki.»
«E
cos’è? Quale nome puoi dare a un
essere che nascerà da una follia come la nostra?»
Loki sentì
gli occhi pungere ma ricacciò indietro
ogni
lacrima, ogni urlo contro il cielo e le sue trame. Sul viso di Sigyn un
velo di rabbia umida.
«È
un’illusione, Thor. Sigyn lo
è, tutto questo lo è.»
«Anche
ciò che vive nel mio ventre è
un’illusione, Loki?» Deglutì a vuoto e
le mani si
Sigyn lo lasciarono andare. «Se è così
allora falla
sparire, fai svanire questa e ogni altra, tu che ne sei Maestro e
Signore.»
«Thor...»
«Non puoi
farlo perché è reale, come
è reale
quello che sento, come è reale e sbagliato e imperdonabile
l’amore che nutro per te, fratello...» Loki non si
accorse
della lacrima che gli stava solcando una guancia, ma sentì
Sigyn
portarla via con una dolce carezza. «È
un’illusione
anche questa?»
«È
una follia.»
«Lo
so...»
«È
sbagliato.»
«Lo
so.»
Io
sono sbagliato.
La
vergogna di Asgard, il figlio oscuro di Odino.
Il
principe che non sarà mai Re.
Chiuse gli occhi
quando si ritrovò il viso stretto nelle sue
mani calde. «So anche qualcos’altro,
però, so che
possiamo affrontare tutto questo. Possiamo farlo insieme, Loki. Io e
te... Insieme.» Il suo cuore non aveva mai battuto
così
forte come in quel momento, non si era mai sentito tanto vulnerabile e
tanto spaventato, non aveva mai avuto tanta paura di dire la
verità.
«Siamo
fratelli...»
«Appunto.
Siamo fratelli e per questo uniti per la vita
già dalla nostra nascita. Cosa vuoi che cambi ora?»
Un sorriso triste gli
piegò le labbra così come
piegò quelle di Sigyn prima che si posassero sulle sue.
«Le tue
parole non hanno senso, Thor...»
«Non
l’hanno mai avuto, ricordi?»
Allungò le
braccia e la strinse a sé, forte, disperato, spaventato.
«Andrà bene, andrà tutto
bene.»
«È
una follia.»
«Andrà
tutto bene...»
No,
è solo un’altra illusione.
La sua mente lo
sibilò ancora una volta.
«Parleremo
con Madre.» Le dita di Sigyn disegnavano
tanti
piccoli serpenti sul suo petto mentre la luce del tramonto illuminava
quella stanza ormai divenuta testimone e colpevole dello stesso
crimine. «Lei capirà.»
«Forse...»
Loki aveva lo sguardo fisso al soffitto
e mille
verità strette nell’anima, verità che
le aveva
voluto tacere, verità che l’avrebbero ferita.
Forse
lei, sì.
Lui,
no.
Lui
condannerà me, mi accuserà di essere
l’artefice e l’unico responsabile.
Non
ci saranno parole a difendermi, non basteranno le lacrime di una
donna né le suppliche di un’altra.
Avrà
solo un motivo in più per ritenermi indegno
di essere suo figlio.
«Non
sarà facile, in ogni caso. Non saranno solo i
loro
occhi a giudicare.» Sigyn sospirò senza dire
nulla, Loki
sapeva che conosceva bene ciò che aspettava loro:
un’accusa pubblica, una condanna pubblica, poi
l’esilio.
«Non temo
alcun giudizio da parte di nessuno.»
«Il tuo non
peserà quanto il mio...»
Sigyn si
sollevò e lo guardò a lungo. «Mi
esilierà,
lo sai? Mi bandirà fino alla fine dei tempi.»
«Non lo
farà. Non glielo permetterei.»
«Lo
farà, invece.»
«Allora
divideremo quell’esilio.» Sorrise
e si lasciò cullare da un’ennesima menzogna. Volle
crederci. «Potrebbe esiliarci su Midgard, non sarebbe
male.»
«Speriamo di
no, quei barbari ancora si ammazzano per un
pezzo di terra...»
La sua risata fu acqua
sulla ferita aperta, gli diede sollievo ma per
poco, quando si spense ritornò presto a bruciare e a
sanguinare.
«Dovrei
restare Sigyn.»
«Non dire
stupidaggini, se-»
«Posso
scrivere ancora una lettera, a nostra madre. Le
chiederò di perdonarmi perché le
arrecherò un
dolore. Le dirò che ho deciso di non tornare ad Asgard per
adesso e che non so se mai tornerò.»
«Smettila,
Thor» sospirò stanco. Non
voleva sentire altre parole, non voleva credere ad altre bugie.
«Fra qualche
secolo il dolore si attenuerà e la
speranza di vedermi tornare si affievolirà.»
«La speranza
non si affievolisce mai.»
«Tu sarai un
buon re, Loki, e tutti ti ameranno.»
Sigyn
continuò il discorso in solitudine, come fosse un lungo
monologo
più a se stessa che ad altri. «Sarai un re giusto
e presto
nessuno si ricorderà più di Thor...
Nessuno.»
Diventare re,
governare su Asgard e su tutti e Nove i Regni. Essere il
solo nel cuore di sua madre, lasciarsi cullare dall’orgoglio
di
suo padre.
Avere Sigyn al suo
fianco e vivere l’eternità
nell’amore e nel rispetto di ogni popolo e
civiltà.
Era un sogno, un sogno
che pareva brillare e pungere allo stesso tempo,
perché per realizzarlo avrebbe dovuto letteralmente uccidere
suo
fratello. Avrebbe dovuto uccidere la persona che amava e guardare i
suoi occhi raffreddarsi giorno dopo giorno finché il
rimpianto
non fosse diventato odio, finché il sogno non si fosse
trasformato in un incubo.
«Solo nove
mesi» sussurrò rubando
finalmente la sua
attenzione. «Nove mesi e poi Thor
tornerà.»
«Cosa vuoi
dire?»
Sorrise.
«Non vuoi rinunciare a questo bambino e io non ti
obbligherò a farlo. Manterremo il segreto per altri nove
mesi,
ma quando sarà nato nessuno mi impedirà di
riportare
indietro mio fratello. Neanche tu, Sigyn.»
«Loki...»
«Dobbiamo
solo trovare un modo per giustificare una tua
assenza così lunga, magari-»
«No.»
Sigyn si mise a sedere. «Non
posso.» Loki
la seguì osservandola in silenzio. «Non posso
mettere al
mondo un bambino e dimenticarmene.»
«Non
sarà dimenticato. Sarà cresciuto
come mio figlio, come un principe... Come un futuro re.»
«E io cosa
sarò?»
«Non sarai
mai una madre. Non puoi esserlo e lo
sai.»
Quelle parole le inumidirono gli occhi ma stavolta c’era
tutta la
fierezza di suo fratello, tutta la sua testardaggine.
«Possiamo
evitare di dire la verità, possiamo evitare la punizione che
ci
spetterebbe per legge, ma non chiedermi di accettare una tale
soluzione.»
«La
maledizione potrebbe non spezzarsi mai, non ci hai
pensato?
Potrebbe non esserci alcun sigillo e quelle ninfe possono averci
mentito. E allora cosa dovrei fare? Passare la vita a tentare di
tornare quello che ero o accettare ciò che sono adesso,
ciò che siamo?»
«Basta con
queste assurdità!» Si
passò una
mano sugli occhi ma presto quella di Sigyn intrappolò le
dita
fra le sue.
Le labbra erano
piegate in un sorriso di una dolcezza quasi dolorosa.
«Non sarò mai una brava madre, lo so, ma
sarò una
madre. L’unica che avrà e cercherò di
imparare
quello che non so, ma di certo lo amerò con tutto il
cuore... Tu
pensi ancora che sia una follia, te lo leggo negli occhi e questa
volta, fratello no, non puoi ingannarmi... Voglio accettare questo fato
e non avere rimpianti. Tu accetta la mia scelta, Loki. Ti
prego.»
Ma come poteva
accettare una tale pazzia? Sarebbe stato un inutile
sacrificio, e per cosa?
Per qualcosa che
ancora non esisteva, che non aveva un viso
né
una voce, che non aveva calore né profumo.
Un’altra
illusione, e stavolta stava coprendo gli occhi di Sigyn, gli occhi di
Thor.
Thor
è perduto.
Non
voglio che lo sia...
Rinuncia.
Non
voglio...
Hai
Sigyn.
Sigyn
non esiste...
Ne
sei sicuro?
...
«Non sto
dicendo che sarà semplice, sto solo
dicendo che è la cosa giusta.»
«Non per
te... Non per te, Thor.»
«Ma lo
è per lui.» Loki si
ritrovò il palmo
della mano contro il ventre ancora piatto di Sigyn. «O lei...
Potrebbe essere una bambina. Non credi?» Ed era
così caldo
che pareva ustionarlo.
«Importa
ciò che credo?»
«Importa
ciò che senti.»
Ti
amo. Ecco ciò che sento.
Ti
ho sempre amato, fratello.
Ti
amerò fino al tramonto dell’ultima Era.
La strinse a
sé e la baciò con dolcezza.
Continuò a
baciarla per tutta la notte.
Il sole non era ancora
sorto, l’alba era lontana eppure si
poteva intravedere qualche pennellata di viola nel cielo.
Loki si
rigirò sul fianco e allungò un braccio
alla sua destra ma tutto quello che trovò fu un vuoto.
«Sigyn?»
sospirò alzando il capo. Forse
si era
sentita male di nuovo. Saettò alla porta del bagno chiusa
quando
sentì una voce provenire dalla balconata.
«Non volevo
svegliarti.»
Nella penombra la
figura della persona a lui più cara. Il
suo cuore. La sua anima.
«Thor?»
Il suo sorriso
tagliò anche la semi oscurità
della notte.
Sentì il
cuore battere furente nel petto.
«Sei... sei
tornato?!» Le parole scivolavano sulla
lingua
senza guida, per la prima volta senza alcun calcolo. Scese dal letto e
lo raggiunse con passi incerti.
Solo quando lo
fronteggiò vide i suoi occhi lucidi e il viso
stanco di chi ha versato lacrime senza contarle.
«Hai rotto
il sigillo.»
L’illusione
è svanita.
«Così
pare.»
Non riuscì
ad allungare una mano, non riuscì a
sfiorargli
il viso e a gettarsi fra le sue braccia per quanto dentro lo volesse
immensamente, perché se Thor era tornato, Sigyn era andata
via.
La sua Sigyn.
Ma Sigyn non era mai
esistita davvero.
Fu Thor a fare un
passo per primo, fu sua la mano che gli
accarezzò il volto silente, furono sue le labbra che si
posarono
sulla sua bocca.
«Perdonami,
so che per te non è lo
stesso.» Era
strano come in quel triste sorriso rivedesse quello di Sigyn, come le
sue mani sembravano gentili come quelle sottili che si era abituato a
sentire sulla pelle.
Era strano come
stringerlo a sé fosse così
semplice ora.
Eri
sempre tu. Sei sempre stato tu, fratello.
Il
solo che possa amare.
«Loki...»
Affondò il
viso nell’incavo del suo collo, nel suo
profumo che era sempre stato lo stesso.
L’illusione
è svanita?
«Era questo
il sigillo? Un atto d’amore
incondizionato?»
Thor annuì
poggiato contro la balaustra e Loki ne
seguì
con gli occhi ogni dettaglio del viso come a ricercare nei suoi
lineamenti quelli dolci che aveva imparato ad amare così
presto.
«È
così che amano le donne: senza
chiedere nulla.»
«È
un amore sciocco, allora.»
«È
solo amore, Loki. Solo questo.» Thor
teneva lo
sguardo fisso sulla bella Asgard coperta dal caldo
dell’aurora.
Sembrava diverso. Lo
era, inevitabilmente. Lo erano entrambi.
Sembrava quasi
splendere più del solito, più di
quanto lui avesse ammirato e alle volte odiato.
Il sole di Asgard era
sorto due volte quella mattina.
Il suo sole, era
tramontato per sempre.
Sigyn...
«Dovremmo
pensare a cosa dire a Madre e Padre
perché-»
«Leyld.»
Loki si arrestò e
guardò le sue
labbra sorridere. «L’avrei chiamato Leyld, anche se
fosse
stata una bambina.» Finalmente quegli occhi incrociarono i
suoi e
lui poté vedervi dentro come in una pozza di limpida
rugiada.
Adesso no, non erano per niente vuoti.
«È
un bel nome.»
«No, lo so
che non ti piace, puoi anche essere
sincero.» La
sua risata lo coprì e lo spogliò allo stesso
tempo e si
ritrovò a sorridere poggiandosi a sua volta contro la
balaustra,
il braccio premuto contro quello di Thor.
«Credo che
Hela sia un nome più appropriato per
una bambina» sospirò.
«Cosa? Come
puoi chiamare una bambina con il nome di chi
veglia sulle anime indegne, Loki?![1]»
«È
un nome importante.»
«È
un nome inquietante, piuttosto.»
Sorrise ancora della
sua espressione perplessa finendo per contagiare
anche lui.
L’alba
governava ormai il cielo azzurro e la voce di qualche
uccello si perdeva fra le alte fronde dei giardini.
«Loki?»
Thor guardava di nuovo davanti a
sé, le sue
labbra sostenevano un sorriso così triste che Loki ebbe
timore
che si sarebbe presto spento. «Credo che mi
mancherà
Sigyn...»
«A me
no.» Ebbe di nuovo il suo sguardo e sorrise
sghembo.
«Era viziata e arrogante e non aveva grazia né
decoro.
Sarebbe stata una pessima principessa in ogni caso.»
Ma
sarebbe stata la mia
principessa, L’unica,
la sola.
Mia.
Thor rise di gusto
annuendo. «Come io sono un pessimo
principe.»
«Il
peggiore.»
«Grazie,
fratello.»
Restò a
guardare quelle labbra sorridenti per qualche attimo
respirando a fondo. «Cosa ti mancherà di
lei?»
chiese poi mentre il sorriso non aveva ancora abbandonato la bocca di
suo fratello.
«I
corsetti.»
«Sei il
solito idiota, Thor» sospirò
mentre lo
sguardo profondo di Thor era finalmente su di lui, era finalmente suo.
«Prova a
indovinare...»
Non ci
provò, non poteva farlo. Poteva solo tornare
indietro.
Poteva solo reprimere tutto sul fondo dell’anima e continuare
a
guardare suo fratello e fingere di non vedere Sigyn, fingere di non
provare il desiderio di sentire quel nuovo corpo contro il suo e
scoprire se i palpiti del suo cuore avrebbero avuto lo stesso sapore di
quelli che nascevano fra le braccia di Sigyn.
«E
ora?» chiese. Ora che
facciamo, Thor?
Ma Thor non rispose.
Thor non sorrise, non
mentì.
«È
diverso, ora... Noi siamo diversi.»
«Siamo
fratelli, Loki. Questo non cambia. Non
cambierà mai.»
È
già cambiato, Thor.
Io
lo sono.
«Ne sei
sicuro?»
Riuscirai
a starmi accanto? Riuscirai a tenermi ancora la mano senza
vergognartene?
Riuscirai
a regalarmi ancora sorrisi e sguardi?
Ora
che Sigyn è andata via, riuscirai a restare al mio
fianco e a riempire il suo vuoto?
«Hai la mia
parola, Loki, non cambierà
nulla.»
E
io ci riuscirò?
«Sì,
non cambierà nulla.»
Loki sorrise e
mentì.
*
Sigyn era in ginocchio
con le mani giunte e la folta chioma smossa dal
vento, sulle sue labbra di pietra, danzava il nome di Nygis.
Era questo che si
diceva, era questo che sospirava chi si fermava
davanti a quella fontana.
Linn osservava ogni
dettaglio di quella statua cercando nelle sue
pieghe fredde qualche riflesso della sua signora, la sua Lady Sigyn.
Se n’era
andata. Era andata via senza salutarla.
Avrebbe dovuto essere
arrabbiata eppure non lo era, in fondo Linn era
solo un’ancella come tante altre, non era speciale ed era
stata
un’ingenua a credere che lo fosse.
Nessuno ad Asgard
aveva avuto poi molto tempo per interrogarsi della
sua partenza così improvvisa perché tutti
gioivano e
spettegolavano sul ritorno del principe Thor, disegnando ipotesi e
supposizioni sul dove e con chi fosse stato in quel lasso di tempo.
Ma il principe era
tornato solo così come solo era ora
nuovamente il principe Loki.
Solo ma non
più triste.
Non lo aveva
più visto sorridere come quelle mattine, eppure
non poteva dire che fosse triste.
Arrabbiato? Rassegnato?
Non sapeva quali
parole usare, Linn, lei ne conosceva poche e nessuno
sprecava troppo tempo a insegnargliene altre.
«Buondì.»
A quella voce si era volta
all’istante trovandosi davanti il viso del principe Thor.
«Mio
principe.» Il suo inchino era stato
più incerto del solito.
«Linn,
giusto?»
Annuì con
lo sguardo basso senza riuscire però a
impedire
a un leggero porpora di coprirle le guance. Il principe conosceva il
suo nome.
«Comandate,
principe.»
Ma non aveva enunciato
alcun ordine, si era seduto sulla panca di marmo
ed aveva guardato anche lui la statua di Sigyn. Linn aveva alzato lo
sguardo sul suo viso e forse aveva indugiato troppo perché
gli
occhi del principe furono di nuovo su di lei.
Tornò
subito a fissare a terra.
«Conosci la
leggenda di Nygis, Linn?»
«Certo,
principe.»
«E pensi che
un giorno riuscirà a ritrovare la sua
stella perduta?»
Gli occhi timorosi
avevano incrociato quelli del principe e a Linn
avevano ricordato tanto quelli di Lady Sigyn. Altrettanto azzurri e
altrettanto belli.
«Spero di
sì.»
Il principe Thor aveva
sorriso e aveva fatto un piccolo cenno con la
testa.
Non era riuscita a
impedire alle sue labbra di piegarsi
all’insù né al suo cuore di battere
forte quando le aveva accarezzato la testa.
«Grazie per
la compagnia, Linn.»
«È
stato un piacere, mio principe.»
E poi lo
guardò allontanarsi.
Sul lato apposto del
giardino anche il principe Loki lo
guardò allontanarsi.
La seconda volta che
Linn vide il principe Thor davanti alla fontana di
Sigyn fu quando suo fratello si lasciò cadere dal Bifrost,
perdendosi nel più profondo degli abissi.
Non era più
una bambina, quel giorno, e quando quegli occhi
le
ricordarono di nuovo quelli della sua amata signora, si
rammaricò di non avere più innocenza nei suoi.
Una bambina non
avrebbe chiesto a se stessa, una bambina non avrebbe
udito un’indecente risposta.
«Linn...»
«Mio
principe.» Aveva chinato il capo e lui aveva
respirato a fondo. «Comandate.»
«Nessun
comando, solo una preghiera, mia Linn.»
Quando aveva alzato lo sguardo aveva incrociato il suo.
«Ogni cosa
desideriate.»
Il principe
l’aveva sempre guardata con gentilezza, con una
gentilezza che non era destinata a un’ancella senza
importanza.
Quel giorno la
guardò con profonda tristezza, la stessa
tristezza di un mattino di tanti anni prima.
«Ti va di
narrare per me la leggenda di Nygis?»
Annuì e si
sedette accanto a lui.
«Si narrava
che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno
le
Norne conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si
consumò l’amore fra Nygis, colui che diede alla
luce le
stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue
creature...»
Quel giorno non
c’era nessun sorriso sulle sue labbra.
«Grazie per
la compagnia, Linn.»
Quel giorno le
baciò la mano e andò via in
silenzio.
«È
stato un piacere, mio principe.»
Quel giorno non
c’era il principe Loki a guardarlo
dall’altra parte dei giardini.
---
[1] Mito
vuole che Hela
sia figlia di Loki, nel mio universo essa invece è sempre la
signora di Hel, ma non ha alcun legame di nessuna natura con Loki.
"Lungo l'arco dei millenni, solo tu mi hai amato, Thor.
Solo tu hai guardato a me con affetto invece che con condiscendenza.
Perché allora sto uccidendo te e non gli altri?
...
Perché hai smesso."
[Thor & Loki,
Blood Brothers]
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