American Graffiti

di PinkBubble
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Sumbliminal Mind Fucked America ***
Capitolo 3: *** 2. God Save Sidney ***
Capitolo 4: *** 3. Face Off ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


PROLOGO.


Chiudendomi la porta dietro le spalle, finalmente, sento di poter tirare un sospiro di sollievo.
Che liberazione.
Questo è il primo, vero ed unico momento di tranquillità della serata, penso strofinandomi le mani sotto il getto di fresca acqua corroborante del lavandino. In realtà, è abbastanza emblematico che una simile,  tempestiva condizione di “Nirvana” sia stata raggiunta soltanto tra le quattro pareti di un WC. Ma non ha importanza.
Mi fisso nello specchio, con una smorfia nauseata. Che schifo. Quei deficienti degli amici di Cassidy mi hanno spruzzata di birra da capo a piedi, e sono assolutamente improponibile con tutti i capelli fradici e la mia maglietta preferita macchiata a morte.
Mi viene da piangere. E se non fossi una Iron Woman temprata alle peggiori sofferenze, beh, credetemi...LO FAREI.

Che diavolo mi è venuto in mente di lasciarmi convincere dai miei a seguire le orme di mia sorella, iscrivendomi all’Università della CALIFORNIA, distaccamento di Los Angeles ?
Andiamo! Io sono inglese! Abituata alla sobrietà, al rigore, al grigiore un po’ triste ma anche squisitamente tranquillizzante degli squarci Londinesi. Non riuscirò mai ad ambientarmi, in questo patinato universo di superficialità.

Sì, è vero. L’Università della California si è piazzata al primo posto nella graduatoria eco-sostenibile, ed un’ambientalista come me non poteva lasciarsi scappare la possibilità di studiare qui “Public Health”.. senza contare che, i miei, hanno tanto insistito perché venissi a fare compagnia a Cassie, povera principessina sola al mondo, esiliata “a soffrire” tra surfisti palestrati  mente il resto del suo parentado vive ancora nel Regno Unito...
ma allora perché questo groppo in gola?

Forse, perché ho lasciato i miei genitori, il mio mondo, la mia migliore amica Gina, e con lei le nostre magiche serate di risate e confidenze a Camden Town? Forse, perché appena prima che partissi Lawrence, il mio ragazzo, mi ha mollata per la prima  sciacquetta dalla facile apertura alare incontrata sulla propria strada?
C’è un po’ di niente e un po’ di tutto, in questo momento, dentro al mio cuore; ma, soprattutto, dentro ai miei occhi, che improvvisamente divengono sospettosamente lucidi.

No, ti prego, Sidney....non adesso! NON piangere!

Proprio mentre sto per scoppiare in lacrime, la porta del bagno-
un tranquillo, intimo bagno, situato al piano di sopra del dormitorio degli UCLA Bruins,  in cui sino ad un istante prima credevo di essere completamente al sicuro-, si spalanca, richiudendosi con altrettanta velocità. E’ un istante. La maniglia, vecchia ed arrugginita, schizza via come una cavalletta impazzita, irrimediabilmente spaccata dalla forza animalesca della sordida creatura inaspettatamente sopraggiunta, privandomi istantaneamente di qualsiasi speranza di salvezza.

-E tu che cazzo ci fai qui? – Harold Luke- il più spregevole, sordido verme che, da quando sono qui (ossia da ventiquattro ore) mi sia stato presentato da quella snaturata di mia sorella Cassie- mi lancia uno sguardo disgustato.
 Oh merda! Sono chiusa dentro!
Ed è anche peggio...
Non da sola!
 

 
 
***
 
 
-Porca troia, chi ti ha dato il diritto di entrare al piano di sopra? Questo è un dormitorio, non una balera! Se non fossi venuta a ficcanasare inutilmente, ora, non saremmo chiusi qui!E togli quelle scarpe lerce dalla tavoletta del cesso!

Inginocchiata in equilibrio precario sopra il water (no, perché, sia chiaro... cogitare di appoggiare anche solo la superficie dei miei jeans sul suddetto ricettacolo di batteri, non meno invertebrati degli abitanti cerebro esenti di questo dormitorio, da cui inequivocabilmente provengono, è semplicemente fuori discussione) lancio ad Harold Luke uno sguardo di pura insofferenza.

Mi sono ritrovata spesso ad avere a che fare anche al Liceo con creature del suo rango: ragazzi stupidi, pompati e con un bel faccino, che credono di aver il diritto di fare il bello ed il cattivo tempo soltanto perché hanno successo nello sport e stuoli di oche ai loro piedi. In una parola...INSOPPORTABILI! Ma so come trattarli...

-IO? Se TU non fossi entrato in bagno proprio mentre IO lo avevo occupato, tutto questo NON sarebbe successo, ok? – Grido, scattando in piedi e mulinando improvvisamente il mio indice dall’unghia rigorosamente mangiucchiata a pochi centimetri dal suo nasino dipinto, con aria minacciosa – chi ha chiuso la porta con tanta delicatezza da far saltare la maniglia? TU. Chi si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato? TU. Chi doveva essere alla festa a pomiciare anziché giocare a far finta di avere delle sinapsi funzionanti? TU. Quindi, colpa TUA. Tu Tarzan, io Jane, ok?
Harold ride, lanciandomi uno sguardo di pura sufficienza. 
–Più che Jane, mi ricordi un po’ Cita, se proprio vuoi saperlo.
Mi sorprendo ad immaginarlo impiccato alla tenda della doccia. Ecco. Così, mi piacerebbe decisamente di più. Razza di coglione!

-Luke...ma vaffanculo! Detto col cuore- Sibilo, reprimendo il folle desiderio di  strappargli i testicoli con le mie mani.
-Ma dai. Quanto sei acida. Si scherza. E comunque, sei tu che hai iniziato con le offese. Io non devo fingere niente. Solo non sono in vena di festeggiare, ok?- Harold si acquatta per terra, incrociando le braccia possenti sul petto. Ha le gambe lunghe e delle belle caviglie sottili. Fanculo. Non devo neppure guardarlo! - Per questo ho pregato Albert di tenere gli invitati al piano di sotto.   Ma a quanto pare, c’è chi se n’è fregato altamente delle raccomandazioni, ed ha invaso la proprietà privata.
Incrocio gli occhi con aria spazientita, chiedendomi seriamente se si impegni a sembrare un deficiente completo o se la natura sia stata realmente così ingrata con lui. Quanto la fa lunga, che diamine! Per essere un Quarterback,- fascinoso , dissoluto e sciupa femmine-, è veramente una pizza!
-Ma quale proprietà privata?- Ringhio, a denti stretti – Ho “osato” soltanto entrare in un gabinetto, per cercare di togliermi di dosso la schifosa birra che  quei deficienti dei tuoi compari mi hanno schizzato contro. Quello al piano di sotto era occupato: Wayne Martinez stava  vomitando pure il cenone natalizio, con tutto l’alcool che aveva in corpo. E’ stato Albert a dirmi che potevo salire al piano superiore...

Harold mi guarda come se , in conseguenza ad uno strano sortilegio occulto, avessi iniziato improvvisamente a pontificare in aramaico.  Santo cielo. Deve realmente albergare il vuoto cosmico nella sua scatola cranica.

-Ma porca eva. Uno non si può neanche deprimere per i fatti suoi che la matricola più insopportabile del Campus, catapultata di fresco da Inglesilandia, non solo anziché volare basso si permette di violare il mio perimetro, ma addirittura di fare apprezzamenti sulla mia attività neuronale! Sappi che sono profondamente offeso!
Con un sorrisetto divertito, lo squadro da capo a piedi.
-Devo ammettere che mi hai sorpreso, testa di legno..- osservo, affibbiando ad Harold un’ironica pacca sula spalla – non credevo neppure che uno scimmione come te potesse essere in grado di costruire un enunciato  che andasse al di là della semplice frase minima. Usiamo pure gli avverbi, per la miseria! Proprio non me lo aspettavo!
Harold scatta in piedi come punto da una vespa, per poi rivolgermi uno sguardo a tal punto carico d’odio, da risultare potenzialmente in grado di abbattere un baobab dalle radici secolari, in un solo battito di ciglia.
-Fottiti.
- Con piacere. E quella acida sarei io...?-  sghignazzo, divertita –oh, insomma. E poi, si può sapere perché saresti depresso?
-Io ed Ellen ci siamo lasciati.
Harold tiene ora lo sguardo basso, e per un attimo inizio a temere vivamente che stia per scoppiare a piangere. Ci manca solo che debba mettermi a consolarlo, per completare l’infelice quadro della serata! NON SE NE PARLA! Va bene il paternalismo umanitario dettato dalla nostra comune condizione di prigionieri in un bagno di un metro per un metro,  va bene la solidarietà per i meno fortunati  (in questo caso, lui, dotato di strutture cognitive evidentemente menomate) : ma quel che è troppo è troppo.
-Ellen?- Borbotto, riuscendo a stento a trattenere risatine sarcastiche -..ma chi...quella stangona che era appesa al tuo braccio sino a ieri che mi ha guardata come se puzzassi, con più silicone disseminato per il corpo che vasi sanguinei? – Alzo gli occhi al cielo, sconfitta. Possibile che gli uomini siano tutti UGUALI?
-In effetti, aveva tutta l’aria del potenziale premio Nobel. Un grande perdita , non c’è che dire.

Non ho ancora finito di parlare che Harold mi afferra per un braccio, incarognito. Oh-oh! Deduco che devo averla fatta grossa!

-NON ti azzardare a parlare PIU’ di lei in questi termini, razza di rospetto! Mi hai capito?- Ringhia, imbufalito – dovresti solo pregare la tua buona stella di svegliarti un giorno assomigliando un po’ di più ad Ellen. Quindi ficcatelo in testa e chiudi il becco, MELBOURNE.
Mi libero dalla sua presa con uno strattone violento, a mia volta profondamente irritata. Scherziamo? La mia pazienza ha un limite. Ed il suddetto limite è stato abbondantemente superato!

-PREGO?- Grido, afferrandolo per il polso con una forza insospettabile, per uno scricciolo della mia taglia- Non vorrei neppure tra quattro triliardi di secoli somigliare a quel cavallo antropomorfo, mio CARO, se proprio vuoi saperlo. In più, quando io sarò diventata un’accreditata scienziata ambientalista, quella sgallettata potrà al massimo ambire a servire frittelle in un fast food. Questo è quanto. Eh ah, per l’ultima volta. Non chiamarmi Melbourne, cristo santo! Il mio nome è SIDNEY!
-Bah, come vuoi..- Harold si passa una mano tra i folti capelli biondi, ridacchiando in modo insopportabile. Non c’è che dire. Si è rapidamente ripreso dall’indignazione suscitata dai miei insulti alla sua amata ELLEN. Ha la profondità emotiva di un sottobicchiere - Sempre un nome orripilante resta. No, ma... davvero. Spiegami: i tuoi genitori si erano fatti un acido prima di battezzarti? Sono di origini australiane o volevano semplicemente fare sapere a tutti che hanno scopato tra i canguri?
Sbarro gli occhi, traumatizzata. DEVO MANTENERE LA CALMA.

Ora. Procediamo con ordine.
Uno.Se non mi tirano in fretta fuori di qui faccio, una strage.
Due.Harold Luke diventa, ogni secondo che passa, sempre maggiormente esposto al rischio di una morte violenta.
Tre.Porca miseria. Se non avessi ascoltato mio padre. Se mia sorella non si fosse fidanzata con il center dei Bruins. Se non mi fossi fatta trascinare alla festa. Se il bagno al piano di sotto non fosse stato occupato da quel fantoccio ubriaco di Martinez.
Se, se, ancora se!Periodo ipotetico dell’irrealtà! Tutte queste circostanze si sono ormai irreparabilmente verificate. Ed IO, ora, sono chiusa dentro! Ma....
Forse è il caso di fare un passo indietro.
Com’è iniziato, tutto sto’, incubo??

 

 




Salve *W* Troppo tempo che non scrivo un'originale. DECISAMENTE, TROPPO.
Spero dunque nella vostra clemenza xD
Sarò grata anche solo a chi aprirà questo abominio per sbaglio.
Lots of Love

Mardy___

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Capitolo 2
*** 1. Sumbliminal Mind Fucked America ***


TEN HOURS EARLIER



-Sidney, sei incorreggibile. Ti avevo chiesto di farti un po’ carina, e guarda cosa mi ritrovo. Sembri un eco-terrorista che ha appena tentato di organizzare un sit in contro le pellicce nell’area lusso di Harrods!
Mia sorella, Cassidy Austen Harrington, braccia ripiegate lungo i fianchi e lentigginoso, prospero decolté completamento esibito grazie alla scollatura di  una minimalista magliettina super attillata, rosso pomodoro, che si abbina in modo anche fin troppo mimetico con la sua zazzera di fuoco, getta la mia valigia per terra  fulminandomi con la sua occhiataccia mortale tipo. 
Benvenuta a Los Angeles, Sid!
Eco terrorista. Mio Dio. Che definizione giurassica. Non vedo proprio cosa ci sia di male nell’aver optato per shorts di jeans semi distrutti, calze a scacchi bluette al ginocchio e Vans azzurro liso, accompagnati dalla mia t-shirt preferita, ritraente la cover dell’album dei Beatles che in assoluto prediligo. Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Ovvio. Se sei una puttanella californiana, ragionevolmente avrai orrore di chiunque non indossi una mini plissettata inguinale e non sia lampadato da far schifo. Ma io sono inglese, fortunatamente per ME.
E non ho alcuna intenzione di dimenticarlo. Anche se Cassie, invece, sembra proprio averlo fatto! 

 
-Quanto la fai lunga- Sbuffo, incrociando gli occhi – ci sei già tu che piaci a questi zotici. Facciamo così: impegnati il doppio, così gli piacerai pure per me, ok?
 
Cassidy sembra sull’orlo di una crisi epilettica. Evidentemente, l’idea che sua sorella svalvolata demolisca l’immagine faticosamente conquistata al college, rappresenta per lei uno spauracchio più insopprimibile della mia fobia infantile per l’Uomo Nero.
Preistorica, tutta questa preoccupazione per il consenso sociale. Se non arcaica.
 
Sono Sidney Salima Harrington, ho diciannove anni ed una famiglia snaturata alle spalle. Sì. Per almeno due ragioni, che provvederò subito a dimostrare in modo del tutto incontestabile.
Numero uno. I miei genitori, Patricia e Call, rispettabile coppia tutt’ora residente nei pressi di Covent Garden, hanno deciso di battezzare la loro prima figlia (Cassidy) ed il loro ultimogenito (mio fratello Stuart) con nomi pseudo normali, accanendosi con inusitata ferocia sulla mezzana. IO.
Sì. Perché il mio nome celebra la fortuita circostanza del loro incontro, avvenuto durante un provvidenziale ed accanito torneo di NomiCoseCittà in un pub di quint’ordine. Dopo aver sgominato i più svariati ed agguerriti avversari, i  due sventurati alzarono infatti la mano in contemporanea per le “città con la lettera S”: ed il loro match finì in parità. Romanticismo: zero al quoto.
E mi sembra giusto che sia, naturalmente, il mio nome se non la mia intera esistenza a fare le spese del loro desiderio di rievocazione, costringendo chiunque a dedicarsi ad astruse congetture mentali e a chiedersi se io non sia stata concepita a rate: un pezzo in Australia, l’altro in Malawi. Ma abbandoniamo un attimo la trattazione di questa sventura per concentrarci su una problematica di gravità addirittura superiore: Patricia e Call mi hanno COSTRETTA  a fare armi e bagagli e spedito in California.
Mia sorella Cassie, maggiore di un anno, è sempre stata più che determinata a proseguire i propri studi universitari negli States. E fino a qui, nulla di particolarmente strano.
L’anno scorso, al momento della sua partenza le ho dato la mia benedizione, pur non capendo proprio come si potesse cogitare di lasciare la città tetto del mondo: la nostra Londra, in cui siamo nate e cresciute. Ma ciò che non sapevo era che, nel corso della sua prima annualità accademica, la vipera aveva cercato di convincere a poco a poco mia madre a costringere anche me allo stesso sradicamento, utilizzando la sottile arma del ricatto emotivo!
 
Sono sola, dall’altra parte del mondo, io e Sidney siamo sorelle, è la migliore amica che ho, ci faremmo compagnia, le piacerebbe studiare qui, inserimento lavorativo assicurato...”. inutile precisare che, quei due bietoloni di Patricia e Call, si sono lasciati convincere senza troppa difficoltà e mi hanno letteralmente obbligata ad andare incontro allo stesso destino. Non li ha sfiorati nemmeno minimamente l’idea che, se a mia sorella era stato accordato di realizzare i propri desideri, imponendomi di sottrarla alla “tremenda” solitudine mi veniva invece imposto di soffocare brutalmente i miei. Grazie tante, mamma e papà.
 
Ed ora mi ritrovo qui. Nel Campus dell’Università di Los Angeles. Qui; vestita come un inglese, ad ascoltare musica inglese e a rimpiangere le strade inglesi che puzzano di Falafel e di fish & chips, con le loro metro affollate e la bellezza enigmatica di certi ragazzi dalla pelle chiara e dallo sguardo intenso e maledetto, che nulla hanno da spartire con questi scimmioni impomatati! Si salvi chi può!
 
-Non essere ridicola. Voglio che tu venga accolta come una del gruppo e che ti ambienti il più possibile..- Strilla Cassie, iniziando ad accostarmi addosso orribili abitini frou frou sicuramente frutto di recenti acquisti, poiché di norma ero abituata a vederla vestita come me – per cui smettila di essere così......diversa. Ok?
-Come altro dovrei essere, me lo spieghi?- Ringhio, allontanando con un gesto rabbioso l’orripilante prendisole giallo che la pazza ha forse pensato di appiopparmi – io sono così. Amo l’indie rock, Whitman, l’Orange Juice di Tesco, i Digestive unti di cioccolata e soprattutto, ODIO vestirmi da puttana. Per cui non darmi il tormento, ok? Se tu hai deciso di mentire a te stessa,  scordati che lo faccia pure io. Mi hai già abbastanza rovinato la vita con il tuo fottuto egoismo.
 
Cassie resta muta tutt’a d’un tratto, iniziando a guardarsi i piedi. So che ho colpito nel segno, perché è esattamente questo che lei ha fatto per essere accettata: ha rinunciato alla splendida ragazza che era, piena di passioni ed interessi propri, per diventare una del “giro”. Ma io non lo farò: non può chiedermi ANCHE questo. Proprio mentre mia sorella sta, probabilmente, per tentare di giustificarsi in qualche modo, la porta si spalanca con malgrazia. Storgo il naso, disgustata. Ecco altri due membri della venerabile corte targata Mattel di quei due insipidi buffoni di Ken e Barbie, versione antropomorfa ma altrettanto cretina.
 
Lei:bambolona super abbronzata assurdamente alta, con seno inequivocabilmente rifatto e naso parimenti artificiale. Capelli lunghi, castani, ad arte piastrati, ed occhietti piccoli e maligni sommersi di rimmel  e di matita nera, che si puntano seduta stante su di me decretando con sadica soddisfazione la mia totale inadeguatezza agli standard UCLA. Miniabito di jeans che lascia ben poco all’immaginazione e zatteroni dorati, che la mettono in condizione di superare agilmente il metro e ottanta, si appoggia alla spalla del suo accompagnatore con aria stanca e studiata da consumata femme fatale. God Save The Queen.
Lui:pelle chiara, spalle larghe, capelli biondo cenere folti, occhi scuri e labbra carnose. Non sembrerebbe il tipico, ridicolo Californiano artefatto, non fosse per la sua imbarazzante aria da tonto. Un ragazzo con un viso interessante, da copertina, ed un fisico praticamente perfetto intellegibile sotto la t-shirt oversize degli Smiths (unica nota di positività). Ma tradisce pur sempre la svegliezza di un totano surgelato, riconfermata per altro dalla scelta quanto mai opinabile della sua partner. In altre parole,  bocciato.
Che diavolo vogliono, adesso,  questi due?     
 
-Cassie, Albert ci ha raccomandato di venire a ricordarti della festa del suo compleanno- Borbotta lui, non smettendo di fissarmi con aria perplessa. Perfetto. Ha pure la voce da tonto scarsamente alfabetizzato – è stasera, al dormitorio della nostra squadra. Ma senti un po’...chi è questa?
Cassie mi prende per le spalle, costringendomi ad alzarmi in piedi ed ostenta un sorriso quanto mai falso pregando evidentemente tutti i santi perché io non la metta in ridicolo. (Per la misera, questa tizia è spaventosamente alta. O forse, sono io che sono una nanerottola?)
-Lei è Sidney, mia sorella- squittisce, mentre Adamo ed Eva versione pop mi squadrano da capo a piedi - E’ appena arrivata da Londra e frequenterà anche lei il primo anno qui. Sidney, loro sono Harold, il quarterback della nostra squadra di football, gli UCLA BRUINS, e la sua ragazza Ellen, capo cheerleader...-
-Sportivo e ragazza pon pon? Abbastanza scontato, direi ..- Borbotto, per poi ricevere un gentile calcio negli stinchi da parte della mia sorellina -....emh, intendevo dire...sì, deve essere abbastanza frequente da queste parti. Piacere di conoscervi, ad ogni modo...-
Ellen mi squadra da capo a piedi, inarcando il suo sopracciglio ad arte depilato ad ala di gabbiano, soffermandosi a fissare con aria disgustata le mie Vans. Datemi una ragione valida per non  levarmela immediatamente di dosso per scagliargliela in testa, sperando che l’impatto restituisca un briciolo di reattività a quel Vaso di Pandora in cui deve albergare il vuoto cosmico.
La Voglio. E subito.
-Anche lei  entrerà a far parte della nostra confraternita? – Domanda, rivelando di possedere oltretutto un’irritantissima voce da roditore in agonia. Praticamente squittisce, anziché interloquire. Questa “donna” è un cliché vivente! -...solitamente, sai, è solo per fidanzate dei Bruins. Ma visto che è tua sorella....-
-Non preoccuparti, Ellen..- Decido di intervenire io, prima che la situazione diventi assurdamente drammatica – non ho intenzione di entrare a far parte di nessunissima confraternita. Sono solo di passaggio, qui.
Cala il gelo all’interno della nostra stanzetta di un metro per un metro. Per un attimo, temo che Cassie stia per infilzarmi i canini nella giugulare modalità Edward Cullen visto il colorito verdastro che la sua faccia sta progressivamente assumendo. Ma me ne strafrego. Considerando il modo perfettamente balordo in cui è stata capace di rovinarmi la vita, io dovrei allora pretendere di decapitarla nel bel mezzo del Campus!
...Peccato solo che quel deficiente di Harold decida di fare il simpaticone!
 
-Eddai, non c’è problema. Stasera a Sidney presentiamo Martinez, alla festa.
-Ma Martinez non è dell’altra sponda?- Ridacchia Ellen. Suppongo che la risata della terrificante ragazzina di “The Ring “ riuscirebbe a risultare decisamente meno spaventosa, numi del cielo. E quel che è peggio è che Cassie si prodiga immediatamente per imitarla!
-Appunto- Sghignazza a sua volta Harold, scoprendo una fila di denti pressoché dritti se non fosse per due incisivi di dimensioni non trascurabili e con pure un leggero spaziettino di contorno. Mio Dio! Pippo gli fa decisamente un baffo!  - gli piacciono i maschiacci..-.
Ellen non ha neppure il tempo di accennare un’altra delle sue risatine perfettamente idiote che mi volto a rallentatore verso quel deficiente del suo ragazzo, più incarognita di un pitbull da combattimento.
-Maschiaccio a chi, razza di castoro? – Strepito, scattando in piedi come punta da una vespa -....io non ho bisogno delle tue patetiche  manovre da agenzia matrimoniale, mi hai sentito?  E se proprio il tuo amico è  a secco, presentagli la tua ragazza. Sono sicura che apprezza molto anche i travestiti!
-Ma Sidney, che cosa dici?- Mi domanda Cassie, risentita. Senza rispondere mi dirigo a passo di carica verso la porta, fuori di me dalla rabbia. Ho bisogno di fare quattro passi: non riuscirò a sopportare ancora a lungo l’orrida visione  di questi due invertebrati che ridono di me, spalleggiati oltretutto dal sangue del mio sangue! Patricia e Call mi sentiranno! Convincerò quei due snaturati dei miei genitori a portarmi via di qui...!
 
Ma proprio mentre sto per lasciarmi l’odioso terzetto alle spalle(per andare dove, non ne ho idea) vado a sbattere contro un armadio a quattro ante anch’egli evidentemente intenzionato a fare irruzione nella nostra stanza, stringendo una bottiglietta di Gatorade semiaperta in mano che, ovviamente, finisce per rovesciarmisi completamente addosso.
Con l’ultimo briciolo di dignità che mi rimane alzo lo sguardo di qualche centimetro, incollandolo ai suoi straripanti pettorali, su cui campeggia manco a dirlo lo stemma degli UCLA Bruins.
CI RISIAMO!
 
Abbronzato, possente e con degli orridi ricciolini rossastri impataccati di gel, questo tizio ha indubbiamente la finezza di un toro da monta, ed il QI pure.  Ma si può sapere che cosa vuole?
 
-Ops, scusa. Cercavo Cassie. Sono Albert, Albert Garner. Il suo ragazzo..- Butta lì, con un sorriso imbarazzato. In realtà non sembra neppure scortese, ma decido di detestarlo per definizione ...-scusami per il Gatorade. Hai fatto una bella doccetta..-
- E’ lì dentro...- Dico, lapidaria -..e per la doccia non posso che ringraziarti. Quantomeno, il tuo bibitone mi ha disinfettata. Non sia mai che i tuoi amichetti  rincitrulliti lì dentro possano attaccare anche a me il virus della demenza compulsiva.
Albert rimane impalato, con la mano destra appiccicata alla maniglia della porta ed un’espressione stupefatta sul viso, senza sapere bene che fare. Ma io non ho alcuna voglia di concedere spiegazioni (che comunque difficilmente sarebbe in grado di concepire)al mio “futuro” cognato , quando mia sorella ne deve ancora così tante a me.
 
 Ma come ha fatto a fidanzarsi con un individuo del genere, si può sapere? A frequentare ragazze come quella stupida Ellen?
E, soprattutto, come può lasciare che due sconosciuti ridano alle MIE spalle senza sprecare neppure una parola per difendermi?
 
Una lacrima mi cade dall’occhio destro, ma immediatamente provvedo ad asciugarla col dorso della mano. Sidney Harrington NON piange mai: a meno che i biglietti per il concerto degli Arctic Monkeys siano tutti esauriti prima che lei ne abbia comprato uno. MAI!
Tutto questo è decisamente peggiore dell’incubo dell’Uomo Nero che fuoriusciva dal mio armadio che mi perseguitava a sette anni, quando mangiavo pesante, però. E quel che è peggio, è che no....
Stavolta, non posso svegliarmi!

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Capitolo 3
*** 2. God Save Sidney ***


Three hours earlier

-Sid, ti prego. Vuoi quantomeno farmi il piacere di FINGERE di divertirti?
Squadro Cassie da capo a piedi. Capelli rossi e lisci come spaghetti, pelle pallida spruzzata di lentiggini e algidi occhi verde acqua, sbavati di matita turchese e un po’ stralunati, a dire il vero. . Che è inglese glielo si legge in faccia: dato di fatto inequivocabile, almeno quanto quello che è ubriaca fradicia e si regge a stento in piedi, e quando non è impegnata a lanciarmi occhiate accusatorie sfruttando i barlumi di sobrietà che le rimangono, gorgheggia come un tacchino incitando quel gorilla del suo ragazzo a vincere l’entusiasmante match di beer pong che si sta tenendo a pochi passi da noi. Effettivamente, ha ragione.
Mi chiedo perché non abbiano ancora pensato di farne una disciplina olimpica, che diamine. E’ a dir poco incredibile che io non riesca a provare alcuno tipo di coinvolgimento emotivo per una branca di umanoidi che utilizzano il lancio di una pallina all’interno di giganteschi bicchieri di carta come alibi per potersi ubriacare da far schifo. E una volta, anche Cassidy l’avrebbe pensata come me, ne sono sicura: almeno prima che quel bonobo inevoluto di Albert Garner, militante nella squadra dei UCLA Bruins(eccelso team di football della nostra università) e studente di chimica con risultati imbarazzanti presso il distaccamento di Los Angeles la supplicasse di mettersi con lui sostenendo che il fascino britannico l’ha sempre attizzato a morte.
Proposta di fidanzamento molto romantica peraltro, se mi si permette di esprimere un ulteriore commento a riguardo.Oh, ma non perdiamo il filo del discorso!

Cassidy continua a fulminarmi. E’disperata all’idea che io non piaccia ai suoi amici, e, d’altronde non si può certo dire che, in una certa qual misura, io non la capisca.
Ha trascorso l’ultimo anno a cercare di farsi accettare a LA provandole tutte per compiacere quella mandria di volgari americanoidi che frequentano l’Università di Los Angeles, inabituati allo stile del “tutto particolare” di noi ragazzi inglesi: ma, per farlo, osservo amaramente fissando con disapprovazione il suo orripilante vestitino rosso pseudo inguinale, ha totalmente perso la propria identità, vestendosi come una troietta direttamente paracadutata dagli schermi di 90210 e fidanzandosi con individuo aberrante soltanto perché “center” dei Bruins. Quando ci ha presentati ufficialmente stasera dopo l’incidente con il Gatorade, a me, che già inarcavo il sopracciglio fissando perplessa quel marcantonio più simile ad un cubo di Rubick che ad un essere umano, ha sussurrato, arrossendo: “Esegue uno snap magistrale in campo, Sid. Lo vedrai alle partite. E la palla non è certo l’unica cosa interessante che abbia tra le gambe...”.
Insomma, spaventoso!Ed in quel momento, non solo ho definitivamente realizzato che mia sorella era, dopo soltanto un anno di università, divenuta irrecuperabile : ma Albert ha deciso di rendersi ancora più odiabile, sparandomi dritta in faccia l’insopportabile frase che mi sento ormai rivolgere da diciannove anni.

“Voi due non vi assomigliate per nulla. Sicure di essere veramente sorelle?”.

Già.Perché, tornando a me, c’è effettivamente da riconoscere che la mia nazionalità è totalmente incomprensibile quanto quella di mia sorella manifesta. Capelli castani chiarissimi medio-lunghi, mossi e scarmigliati; occhi nocciola, carnagione olivastra ed un neo sopra il labbro, ereditato dalla mia dolce mammina. Insomma: nell’immaginario collettivo, di inglese, nel mio fenotipo non c’è neppure lo strato corneo delle unghie. Se mia sorella somiglia vagamente ad una Lindsay Lohan svalvolata (perché, che si sappia, la regina delle Mean Girl è di origine italo-irlandese) mi sembra chiaro che la figlia del postino disgraziato debba essere io.
Oltretutto, che sia chiaro. IO non ho alcuna intenzione di abbandonare la mia “inglesità” per farmi spazio a LA come quella voltagabbana di Cassidy ha deciso di fare. Tanto è vero che, ora, mi ritrovo seduta sul bracciolo di una poltrona a braccia conserte, con una t-shirt con la stampa di Sid Vicious, che puzza di erba (e NON mi sto certo riferendo a quella che cresce comunemente nei prati..)addosso, skinny jeans e Vans alte da skateboard prossime alla putrefazione, mentre campanelli di ragazze seminude ed arrapate incitano i giocatori di football, divisisi in due schieramenti contrapposti, a condurre ad un esito l’appassionante beer pong in corso. Ed il sangue del mio sangue è tra loro!
Dei del cielo. Voglio andare a casa!

-Esiste, in questo Antro del Male............. un bagno?- Decido di domandare con aria sconfitta ad Albert che, quantomeno, essendo il fidanzato di mia sorella, è anche l’unico essere umano presente in questa stanza che si presume vincolato al dovere morale di mantenere un atteggiamento quantomeno decente nei miei confronti.
Il ruttante individuo si astiene, per l’appunto, dal digerire rumorosamente, considerato che il beer pong sta decisamente volgendo a suo favore e mi indica, col suo pompatissimo braccio destro, uno stretto corridoio.
-Per di là...- Bofonchia..- Ma non ti consiglio di entrarci. Wayne Martinez sta rimettendo anche l’anima..-
Le sopracciglia mi raggiungono, ora, praticamente l’attaccatura dei capelli.
-Grandioso.- Commento - Quindi, mi stai dicendo che QUI, per davvero, non esistono quattro, fottute pareti tra le quali possa rinchiudermi per espletare i miei bisogni fisici senza annegare in puzzolenti succhi gastrici?
Dalla faccia di Albert, deduco che deve star iniziando a comprendere con chi ha a che fare .

Sì.
Hai maledettamente ragione, caro.
Se mi ci metto, sono peggio di un’ernia ai testicoli.

-Per di là...-Capitola finalmente, indicando questa volta il piano superiore del dormitorio -...se qualcuno ti fa storie, dì che ti mando io. In realtà sarebbero i servizi privati dei Bruins, ma per la mia cara cognatina si può sempre fare un’eccezione...-
Ostentando un sorriso quanto mai finto, mentre penso a quanto suoni strano sentir dire “cognatina” ad un individuo che somiglia ad un taglialegna arrapato, vado a sbattere contro qualcosa di molto...molto alto che, a mia differenza, sta scendendo le scale anziché salirle.
-Ancora TU?- Squittisce prontamente Ellen,avvolta in un vestitino piumato rosa shocking intarsiato di perline che la fa sembrare la versione Burlesque dello Schiaccianoci, ed in equilibrio su un paio di trampoli che le permettono praticamente di lambire, con la sua testa ad arte piastrata, il lampadario di cristallo appeso al soffitto. -..Levati dai PIEDI.
E’ evidente che deve essere rimasta scottata dall’ultima volta....quando le ho dato del TRANS. E, con il suo sguardo che non ammette repliche, sembra decisamente risoluta a farmela pagare.
Discretamente me la filo su per le scale, senza rispondere, ben contenta di trovare finalmente, tra le quattro pareti di un bagno insospettabilmente pulito, la pace.
Ma le disgrazie non vengono mai da sole.
Ed il resto, è storia.


***

Ho già detto cheodio quel disgustoso essere di Harold Luke.
Ho già detto che, da mezz’ora, siamo chiusi dentro ad un cesso e che la mia sanità mentale, ad ogni secondo scandito dal ticchettio della pendolo a parete (a proposito: CHE COSA CI FA, UN PENDOLO, NEL BAGNO?) trascorso in sua compagnia, rischia di andare orrendamente a farsi benedire.
Quel che non ho ancora detto è che, invece, dopo qualche minuto di miracoloso silenzio, il bipede non ha ancora smesso di fissarmi con un bieco sorriso, è che la cosa non può che, quindi, a ragion veduta, inquietarmi sinceramente.

-Oh, ti si è opacizzato il cristallino?-Domando, seccata.
I suoi occhi color ambra compiono una vistosa giravolta all’indietro, come se lo stessi esasperando.

Questa è bella.
Esasperarlo .
IO.

- No. Ho semplicemente avuto un’idea.
-Un’idea? Gesù, ma è miracoloso. Da quanto non succedeva? Aspetta...........forse, da QUANDO hai avuto la mirabile IDEA di richiudere la porta con la stessa finezza di un saldatore turcomanno, spaccando la maniglia?
-Chiudi quella cazzo di bocca e stammi a sentire,ok?

Harold si appoggia con aria stanca alla specchiera del bagno, sistemandosi i folti capelli biondi. Mi fa una certa qual impressione realizzare, saltuariamente, che perfino lui sia in grado di affrontare un discorso semi-serio. Ha addosso una gigantesca canotta da basket che fa risaltare le sue spalle forti e il suo incarnato un po’ pallido ed i capelli gli ricadono, in un ciuffo scompigliato, sulla fronte.

Sì, è carino.
Ma anche un neonato in fasce il cui esile corpicino produce più escrementi che pensieri, lo è.
Ma non significa di certo che sarei pronta a sfornarne uno.

-Ok..- Concedo, vittima di un improvviso afflusso di pietà -...spara.
-Io e te vogliamo entrambi una cosa, giusto?
-Sbagliato. Io non miro ad accoppiarmi come un riccio ad intervalli regolari.
-Non QUELLA cosa, per Dio...- Riprende Harold, girando in tondo per la stanza a larghi passi come una tigre in gabbia -....tu vuoi tornare a casa, edio voglio riprendermi Ellen. Era questo, che intendevo.
Improvvisamente, penso di star iniziando a capire. -Continua...- Lo esorto, interessata.
-Potrei quindi proporti un equo scambio, se ti può interessare....- Harold ha appena assunto l’espressione di un gatto soddisfatto che si lecca i baffi.
ORA, mi fa paura.
- Tu mi aiuti a riconquistarla ed io farò di tutto perchè Cassie ti accordi il permesso di tornare a casa.
-E come?
Harold si stringe nelle spalle, con aria da sbruffone. ““”Un ‘aria” che gli appartiene di diritto.
-Ho i miei mezzi...- Risponde, evasivo - io e Albert siamo in grado di fare in modo che si trovi così bene, qui alla UCLA, da non avere più bisogno della sua .....”ADORABILE” sorellina guardia spalle.
-Luke, sappi che lo stupro di gruppo non è una strategia...-Cerco di oppormi, con sguardo serio.
In fin dei conti, benché Cassie mi abbia sottratta a Londra, mentito, tradito, esposto al pubblico ludibrio e costretta a partecipare ad una festa rivoltante in un rivoltantissimo dormitorio (diventando quindi, in modo collaterale, anche responsabile della mia reclusione forzata), è PUR sempre mia sorella, ed è dunque mio dovere tutelarla.
...O forse no?

-La tua ironia polemica inizia a seccarmi. Sul serio..- il mio convivente coatto riduce gli occhi a due fessure, iniziando a tradire evidenti segni di impazienza. -..allora, ci stai, oppure no?

Cerco di concentrarmi massimamente, nel tentativo di focalizzare al meglio la situazione. Dopotutto, sebbene deficienti come babbuini ed arguti come camelidi in avanzato stadio di disidratazione, mi sembra quantomeno evidente che Albert e Harold godono di una certa influenza qui alla UCLA, e sarebbero dunque sicuramente in grado di fare salire alle stelle le quotazioni di Cassie. Altrettanto lapalissiana, inoltre, è la disponibilità con la quale Luke si prodigherebbe volentieri nella nobile causa di levarsi ME dalle palle.
Tornare a casa non è forse ciò che più desidero al mondo? Alle serate alla KASBAH? Agli effluvi di Camden Town?

-Oh, e va bene, bipede..- Mi arrendo infine, stringendogli la mano..- Accetto. Un solo particolare, ancora, non mi è chiaro: come diavolo posso esserti utile nell’altissimo compito di fare tornare la cara ELLEN tra le tue palestrate braccia?

Harold mi guarda. Io lo guardo.
Ed è in questo preciso momento che si verificano, alla velocità della luce, tre eventi di non trascurabile importanza.

Numero uno. Wayne Martinez (ancora in visibile hangover) e Albert Garner riescono a sfondare, finalmente, la porta e restano, stupefatti, a guardarci dall’altra sponda “del Rubicone”.

Numero due.Realizzo con mio sommo orrore che, evidentemente, Harold, oramai posizionatosi a due centimetri dal mio naso, vuole dare dimostrazione pratica sia a me che a loro della sua discutibile strategia per ingelosire Ellen, tentando di entrare in collisione labiale con la mia faccia.

Numero tre.Di conseguenza, la prima cosa che Wayne Martinez e Albert Garner vedono, sono io che faccio piovere, per tutta risposta, un micidiale uppercut proprio sullo zigomo destro di Harold, che, dolorante e colto di sorpresa, si accascia imprecando tutti i santi su di un fianco.

-Porca Eva, ma non ero stato chiaro?
-NO. La prossima volta avverti, o ti entro a gamba tesa sulle gengive.

E’ evidente che, dalla faccia di Wayne, lo sfortunato giovane ispanico è altamente indeciso se considerare lo spettacolo a cui ha appena assistito un retaggio della sua intossicazione da Vermouth, oppure....realtà.

-Mi sono perso qualcosa?- Domanda, interdetto.

Non c’è che dire.
La nostra "vita di coppia" inizia BENE.







Salve a tutte ^,^ E con questo ci siamo riportati al punto di partenza, e la storia sta per entrare quindi nel vivo del suo svolgimentooooo >.< Che dire: grazie mille a tutte coloro che hanno avuto l'estremo cuore di leggere questo obrobrio: T_T. Se potessi quantificare la mia gratitudine (e non provo nemmeno a farlo, perchè con i numeri faccio abbastanza cagare xD) sarebbe a dir poco immensa.
Cosa aggiungere,ancora? Nel prossimo capitolo compariranno altri due personaggi di importanza vitale, per la nostra storia che, personalmente, adoro.....e...spero piaceranno anche a voi.

Un forte abbraccio e grazie ancora per l'estrema clemenza^^.

Mardy.

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Capitolo 4
*** 3. Face Off ***


 
 

-Bada bene che questa non te la perdono. Poco ma sicuro....-
 
Con occhio guardingo Harold scruta i corridoi, probabilmente in cerca di ELLEN, sgretolandosi letteralmente dall’imbarazzo a causa del livido nero che l’incontro ravvicinato con le mie nocche gli ha impresso a fuoco sulla faccia, la sera precedente.
 
-Quanto la fai lunga. Ti fa più uomo...- Cerco di sdrammatizzare, mulinando l’alta coda di cavallo in cui ho raccolto i capelli -...e poi, scusatanto se non avevo capito che la tua idea era quella di sfruttarmi come donna di riserva per convincere Miss Tette Non Biodegradabili ad implorare nuovamente la tua attenzione. Potevi essere più chiaro.
 
Harold mima l’impiccagione mentre io, invelenita, gli pianto le unghie nel braccio destro.
 
-Ed altrettanto celermente, IO , ti avrei chiarito che un bacio rimane TOTALMENTE fuori questione. Il caso è chiuso..-
 
Ore nove, anti-meridiane.Io, Sidney Harrington, diretta al pre-corso di orientamento per i nuovi iscritti ed Harold Luke stiamo offrendo, passeggiando a braccetto per i corridoi, al patinato corpus studentesco della UCLA uno spettacolo che, di certo, NON dimenticherà.
L’idea che il quarterback( storico fidanzato della “cara” capo cheerleader Ellen, incensata dalle folle ed arruffianata fino allo stremo da un corteo di patetiche smorfiose con i tacchi a spillo) possa, infatti, accompagnarsi ad una studentessa NUOVA, SCONOSCIUTA e, per giunta, STRANIERA, semina, a quanto pare, più sgomento dell’idea di  un’improvvisa comparsa di un Gaudente Gesù, impegnato a guadare impavido i torbidi flutti della piscina scolastica.
 
-Ma dico... va bene la messinscena, ma è proprio necessario che mi PORTI I LIBRI? - cerco di dissuadere Harold, iniziando a provare una leggera angoscia al sentore delle molteplici occhiate che mi  piovono addosso, da tutte le parti -...Cielo, fa tanto... “Charles Dickens”.
-Pazienza. Io sono un uomo all’antica..- Taglia però corto lui, che quest’oggi si è infilato in una t-shirt verde acqua così lunga da farlo sembrare un sacco della spazzatura con le gambe.
 
 Avvenente, in altre parole.
Ma sempre deputato al contenimento di rifiuti rimane.
 
-E poi, mi sembra di essere stato chiaro sull’accordo. ..- Aggiunge, mentre  inizio a scorgere una figura familiare che, nonostante i miei molteplici tentativi di eluderla, si sta dirigendo a grandi passi in mia direzione - Dobbiamo essere quanto più credibili è possibile, o non ci cascheranno mai. Ellen è molto furba..-
 
-Prego?
 
Ok.
Soffoco a stento una risata, nell’udire quella stroboscopica fesseria; e cederei pure all’insopprimibile desiderio di far notare ad Harold che l’ambita consorte è, in realtà, arguta quanto una spugna di mare........ se non mi si fosse appena prospettata, mio malgrado, una problematica impossibile da ignorarsi.
CASSIE.
 
-Bene bene bene...- Soggiunge mia sorella che, non avendo avuto neppure la decenza di rientrare in casa per vestirsi, non soltanto mi ha lasciata dormire daSOLA, dopo la festa, nella mia PRIMA notte all’Università, ma.......... si è addirittura infilata in una delle casacche sportive di Albert, per la serie: SI’. Faccio sesso con un giocatore di football, e voglio gridarlo al mondo intero!
 
-Cos’abbiamo qui? Ieri sera è successo qualcosa che io non so?
 
Sì”- Mi verrebbe voglia di rispondere a Cassie, mentre ostento un quanto mai finto sorriso di circostanza. “E’ successo che ho dovuto attraversare il campus da sola, che ho dovuto dormire senza il mio pupazzo preferito che TU hai messo in lavatrice e che, guarda un po’, ho avuto una paura fottuta. Il tutto, perchè TU eri troppo occupata a contorcerti con quell’essere ripugnante del tuo ragazzo per mostrare un minimo di spirito fraterno.
E....Ah, sì.
Luke mi ha anche ricattata a morte con la promessa di aiutarmi, però, a sloggiare: quindi, molto presto, resterai in braghe di tela.
Ma questi sono dettagli...”.
 
-Qualcosache non sai?- Riprendo spudorata, interrogando disperatamente Harold con lo sguardo, in cerca di direttive -...Niente. Assolutamente niente..-
Per tutta risposta, Cassie stringe le labbra, cercando di emblemizzare in una sola, temibile espressione facciale tutta la propria insoddisfazione.
Non ha mai sopportato di restare all’oscuro di qualcosa , è più forte di lei: ed il fatto che io, ora, sia QUI, benché abbia tentato di oppormici con tutte le forze mi sembra, d’altronde, un più che eloquente esempio a suffragio dell’assoluta infallibilità delle sue capacità persuasive.
 
Traduzione: Sono fottuta.

*DRIIIIIIN*
 
Grazie a Dio, l’argentino trillare della campanella mi solleva improvvisamente dai miei sgraditi oneri: la lezione di orientamento sta per iniziare ed il mortale confronto con Cassie dovrà, quindi, essere posticipato. Sono costernata.
 
-Dove pensi di andare?
Proprio mentre mi accingo a riappropriarmi dei miei libri, Harold mi intrappola tra le sue braccia mentre io scruto, scettica, il corridoio.
Un gesto affettuoso così totalmente ingiustificato, d’altro canto, non può che avere una sola spiegazione: ELLEN in avvicinamento. Ed infatti, eccola là: la regina delle sgallettate attraversa, con capello al vento in stile videoclip di Britney Spears, l’atrio principale, avvolta in un inguardabile top svolazzante in seta bianca e pantaloni a vita alta del medesimo colore, dai quali spuntano gli immancabili zatteroni dorati.
 
L’irrinunciabile fantasia erotica di ogni maschio in sovrappeso d’America: lagelataia ninfomane. Si salvi chi può!
 
Quella donna mi ripugna così incredibilmente che, stavolta, benché la cosa mi disgusti, sono io a prendere l’iniziativa: afferro Harold per le spalle e, con uno strattone, lo tiro alla mia altezza e  gli stringo le braccia attorno al collo, strusciandomi un po’ ovunque. La mia vaga speranza è quella che, all’occhio di un incauto passante (e, soprattutto,..... di ELLEN), la scena possa risultare anche in minima parte sexy ed allusiva: nonostante ciò, purtroppo, il sospetto di sembrare, più che altro, un Koala peloso abbarbicato al tronco secolare di un baobab rimane, invece, decisamente consistente.
 
-Vado a lezione, ora..- Mi congedo freddamente  notando che Harold, dopo quell’abbraccio inaspettato è,  addirittura, diventato un po’ rosso.
Mio Dio. Alla faccia dello spietato demone del sesso: un cresimando in piena esplosione ormonale risulterebbe sicuramente un attore più credibile di lui.
Finalmente liberatami di Cassie e di Harold prendo posto in un banco nelle ultime file dell’aula, risoluta a concentrarmi: è vero che, se tutto va bene, resterò in quest’Università per un periodo di tempo STRAORDINARIAMENTE BREVE....ma, dopotutto, tanto vale sfruttare quest’opportunità per imparare qualcosa.
Scruto l’aula, le cui pareti imbiancate di fresco sono ornate da fotografie di studenti, tra le quali figura un primo piano della stessa Ellen.
 
Che persecuzione.
Quella tizia è ovunque.
 
-Questo posto è occupato?- Trilla però, improvvisamente, una vocetta melodiosa al mio orecchio, distraendomi dall’ostinato tentativo di far implodere l’artificioso decolleté della squinzia esclusivamente tramite la forza del pensiero.
 Un ragazzo magro come un chiodo, con un gran cespo di capelli ricci ed una salopette super-stretch di jeans mi rivolge uno sguardo interessato, con i suoi giganteschi occhi azzurri seminascosti da grandi occhiali da vista di forma circolare. Ha un medaglione di legno con lo stemma della pace appeso al collo, un  nasino efebico in mezzo al viso e tutta l’aria di uno che, con questo posto, non sembrerebbe avere assolutamente nulla a che fare.....UN PO’ COME ME.
 
-Assolutamente no. Siediti pure, se ti va..- Sorrido, porgendogli prontamente la mano.
L’eccentrica new entry prende posto accanto a me, per poi rivolgermi la parola nuovamente, dopo avere sistemato ordinatamente i libri sopra al banco.
-Accento bizzarro, il tuo..- Osserva, sorridendo leggermente -...non sei di qui?
Decisamente ringalluzzita, mi trattengo a fatica dal desiderio di saltare in collo allo sparuto cherubino, con tutta l’intenzione di mangiargli la faccia di baci. Infatti, è più forte di me: NON posso assolutamente resistere alle lusinghe di chi riesce ad identificarmi subito per la sofisticata “british” che sono, separandomi quindi nettamente dalla turba di dementi lobotomizzati che popola questi corridoi.
 
-Direi di no, per fortuna. Sono di Stepney, Londra Est...- Rispondo, immensamente fiera di me.
- Londra? numi del cielo...- Interviene l’occhialuto, emettendo un fischio altisonante d’ammirazione pura - tu sì che hai culo!E che cosa fai in questo pisciatoio, se posso chiedere?
 
GIA’.
Bellissima domanda.
 
-Mi ci hanno spedita i miei genitori..- Borbotto ad occhi bassi, sul punto di lanciare un anatema in lingua sanscrita sul disgraziato capino fulvo del sangue del mio sangue -...SAI, mia sorella studiava GIA’ qui...... e allora....-
-Non dire una parola di più! – Sorride lui, stringendosi nelle spalle -....i genitori! Incorreggibili! Mio padre discende da uno dei primi benefattori di quest’istituto, ed è stato irremovibile di fronte ai miei tentativi di NON frequentarlo. Ad ogni modo, scusami per la scortesia: non mi sono presentato. Sono Archibald, Archibald Clark. Archie, per gli amici. Ne ho pochi, in realtà, anche se mi ritengo abbastanza divertente.
Ma forse è naturale che vada così, alla UCLA.
Se sei frocio, perlomeno.
 
Resto a fissarmi i piedi per qualche secondo, senza sapere bene che cosa dire. Sono alquanto disarmata dalla franchezza di questo ragazzo che mi ha appena confessato il proprio orientamento sessuale senza imbarazzo alcuno ma, allo stesso tempo, rinfrancata. Sento che mi trovo di fronte ad una delle poche persone interessanti, all’interno di questo puzzolente campus: il che deve costituire, sicuramente, un’eventualità più unica che rara.
 
-Io sono Sidney. Sidney Harrington. Studente del primo anno anche tu?
Archie sorride, scuotendo elegantemente il capo riccioluto.
-Del secondo, in realtà..- Mi confessa, giulivo - Sono un infiltrato speciale. Vengo qui per dar manforte a mio cugino, che terrà la lezione di orientamento come tutor.
-Oh.
 -Archie, allora sei venuto!-
-Ochey!
 
Prima che possa avere il tempo di prepararmi psicologicamente ad un simile evento (per esempio, incanalando una riserva d’aria sufficiente a scongiurare l’asfissia) il cuore, con uno schianto secco, mi si ferma praticamente dentro al petto.
Un ragazzo dal fascino sconvolgente (ma che dico: a dir poco STRONCANTE!) si sta dirigendo verso di noi, rivolgendo ad Archibald un luminoso sorriso che manda istantaneamente a puttane le mie sinapsi neuronali.
Di media statura e dal fisico sottile ed atletico (nulla a che vedere con l’inguardabile agglomerato di muscoli anabolizzati di Harold), indossa una spessa montatura da vista nera sul naso dritto e misurato, una camicia azzurra e dei semplici jeans risvoltati alla caviglia, appena sopra un paio di strepitose scarpe da running giallo evidenziatore che provvedono immediatamente a qualificare la sua vena di latente eccentricità.
Ha folti capelli scuri, scompigliati: ma la cosa più incredibile sono decisamente i suoi occhi. Occhi verdi e gialli a tratti, occhi da gatto;   occhi fiammeggianti gettati come due fuochi fatui  vivi sul selciato pallido del viso.
 
“Deglutisco”.
 
-Sidney, lui è Enoch, mio cugino..- Trilla, nel frattempo, Archibald, ignaro della palpabile sofferenza del mio stomaco in perenne rimescolamento - Quest’anno è diventato assistente del professor Adley, coordinatore del corso. E’ un pezzo grosso, il ragazzo.
Enoch mi fissa per qualche secondo, mentre io mi sforzo disperatamente di non sembrare idiota. 
-Piacere...-
 
Ve lo giuro: non mi è mai successo di andare letteralmente in brodo di giuggiole alla vista di un essere testosteronicamente connotato.
Di solito,sono una vergine di ghiaccio.
Di solito, sono una valchiria del tutto impermeabile al sentimento umano.
Di solito, sono un’autenticadonna bionica.
 
....DI “SOLITO”.
 
-Ochey, lei è Sidney, la mia nuova amica inglese? Carina, vero?
 
Enoch mi stringe la mano, refrattario a lasciarla andare. Restiamo così, semplicemente a fissarci: esattamente come ci guardammo io e Lawrence quella “certa” sera, da Dirty Dicks. Non ho mai creduto in sciocchezze come il colpo di fulmine: eppure, una forza inspiegabile ha saldato la sua mano nella mia, mentre l’aula si riempie sempre maggiormente di studenti e di schiamazzi.
Non sorrido mai, davanti agli sconosciuti. I miei sorrisi li serbo, come pietre preziose, per chi credo realmente possa meritarli.
Eppure, non so bene perchè........ adesso, sorrido. Ed Enoch fa lo stesso.
 
-NOCH, hai disertato l’appuntamento in palestra!.- MA non dissimilmente da quanto accade nei peggiori incubi, un gorgheggio da tacchino in agonia rovina il nostro idillio.
 
Ellen (e CHI, sennò) si fa largo all’interno dell’aula, puntualmente tallonata da un corteo di succubi fedelissime.
Ma uno smottamento tellurico, un’inondazione selettiva, un’ invasione di termiti desiderose di fagocitare i suoi zatteroni psichedelici pezzo per pezzo........NO, EH?
Non ne ha forse abbastanza di insediare qualunque individuo semi-senziente con una casacca da football indosso? Che cosa potrebbe avere mai a che fare, lei, con uno come..........ENOCH?
 
Stringo le labbra, decisamente seccata. Ora, sono più motivata che mai.
Harold se la DEVE riprendere, dannazione.
E , grazie a me, se la riprenderà. Fosse anche l’ultima cosa che faccio.
 
 

  



E così eccoci quaaaa >.< perdonatemi: in questo capitolo, Enoch e Archie hanno avuto decisamente poco spazio per motivi logistici, ma ovviamente, a partire dal prossimo conosceranno uno sviluppo sicuramente maggiore. Cercherò di allegare anche un banner, così potrete farvi un’idea di che fisionomia potrebbero avere i personaggi così come nella mia mente malata li ho partoriti..anche se, in fin dei conti, il potere dell’immaginazione soggettiva non ha confini! Che dire....grazie ancora a chi ha recensito, letto o soltanto aperto per sbaglio queste poche righe.....il Karma ve ne sarà riconoscente!
 
Lots of Love
 
Mardy
 
 
 

 

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