Our Own Struggle

di niallsblast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo capitolo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo capitolo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo capitolo ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo capitolo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo capitolo ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo capitolo ***
Capitolo 17: *** Diciassettesimo capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciottesimo capitolo ***
Capitolo 19: *** Diciannovesimo capitolo ***
Capitolo 20: *** Ventesimo capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventunesimo capitolo ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***






TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI





Our Own Struggle - PRIMO CAPITOLO





Era ora di colazione al St. Patrick.
- Per lei signor Styles, hanno portato una brioche. - annunciò sorridendo l'infermiera, mentre posava un sacchettino bianco sul comodino di Harry.
- Chi l'ha portata? - chiese lui, curioso, mettendosi seduto sul suo letto candido e prendendo il sacchetto, per poi infilarci il naso dentro. Kate, l'infermiera, alzò le spalle. - Non lo so piccolo, però torno tra poco a bucherellarti. – sorrise lei, mentre usciva dalla stanza, dopo avergli lasciato una carezza sulla guancia sbarbata. Harry ormai la conosceva da due anni, ovvero da quando lo avevano ricoverato in seguito alla diagnosi che gli aveva cambiato la vita. Lei lo svegliava ogni mattina come fosse una mamma e aveva sempre una parola di conforto per il ragazzo; a lui faceva semplicemente piacere averla intorno e avrebbe scommesso che la brioche fosse da parte della ragazza.
Harry iniziò ad addentare la brioche chiudendo gli occhi e pensò a quanto gli mancasse il vero cibo, mentre la crema sporcava i contorni della bocca affusolata.
- Eccomi . - . Kate rientrò sorridente in camera. - Ti ho portato il tuo beanie. - disse lanciando il cappello grigio al ragazzo.
- Graffie. - sussurrò lui con la bocca piena, tenendo con una mano il sacchettino bianco e con l’altra la pastina, senza considerare il capello che era stato abbandonato sul letto, accanto a lui. Kate sorrise alla vista della crema sparsa per la faccia del ragazzo.
- Oggi vengono i ragazzi della Bluewood. - sorrise lei, dopo aver raccolto il cappello, coprendogli con esso la testa pelata. Harry sorrise e annuì in segno di approvazione. Kate trovava le fossette del ragazzo davvero adorabili: gli davano un’aria ancora più da bambino.
- Era davvero buona la brioche. – apprezzò Harry buttando giù l’ultimo boccone. Kate sorrise di rimando alle fossette comparse sulle guance del ragazzo, poi gli prese la mano con dolcezza e gli mise la flebo, con un leggero gemito di lui; gli prese il sacchetto dalla mano per poi sparire ancora una volta nel corridoio dell'ospedale. Harry si alzò con le poche forze che ancora custodiva gelosamente nel suo corpo magro e si avvicinò all’unica finestra della stanza, trascinandosi dietro la flebo. In quel momento si sentiva abbastanza pieno: una brioche alla crema era davvero molto per lui, abituato a una mela e un po’ d’acqua. I dottori cercavano di farlo mangiare, ma lui non riusciva e così si erano ritrovati spesso a dovergli fare più iniezioni del dovuto per compensare la mancanza delle sostanze energetiche delle quali il corpo necessitava. Si sentiva anche abbastanza solo. Non che odiasse la solitudine, anzi, ma in due anni aveva avuto solo un amico, nonché compagno di camera, anche lui malato di leucemia, morto poche settimane prima. Harry era caduto nello sconforto per una decina di giorni: oltre che a mancargli l’amico con il quale si era aperto, raccontandogli tutto della sua vita e fidandosi ciecamente, aveva paura di essere il successivo; aveva paura di non poter vivere e godersi la vita. Da quando era morto Fred, Harry si era chiuso più in sé stesso. Se prima era facile farlo sorridere, ora era più difficile. Se prima ti raccontava esattamente come si sentiva, adesso i medici perdevano minuti per capire quale fosse il problema del ragazzo.
Dalla finestra, Harry vide i ragazzi della Bluewood all'entrata dell'ospedale, parlare con qualche dottore che indicava loro la strada per il punto di raccolta. D’istinto sorrise. Era felice, perchè quei ragazzi, che venivano per far sorridere i pazienti malati come lui, ormai erano diventati suoi amici. Harry era un ragazzo con cui si faceva amicizia molto facilmente, anche se, fino a che non aveva lasciato la scuola per la malattia, era sempre preso di mira dai bulli. Questo solo perché una volta aveva sbagliato a fidarsi di un “amico” e gli aveva confessato di essere gay. In poche ore tutta la scuola lo aveva saputo e lo derideva, oppure, peggio, lo picchiavano a sangue alla fine delle lezioni, in modo che i professori non li scoprissero. Harry si era sempre chiesto cosa avesse di sbagliato mentre girava per i corridoi a testa bassa e gli altri lo deridevano, ma era sempre e comunque riuscito a restare forte, in qualche modo.
Harry si rimise seduto a gambe incrociate sul letto, scacciando via i ricordi troppo ingombranti, in attesa che Kate arrivasse e lo portasse nella sala di ritrovo. Poi iniziò a giocare con il bordo del lenzuolo, facendo viaggiare gli occhi per la stanza, alla ricerca di qualche stimolo.
Kate rientró sorridente, spingendo una sedia a rotelle.
- Mio principe, la devo portare al suo castello con questo bel purosangue. - scherzó Kate, mostrando la sedia. Lei sapeva come prendere un ragazzo fragile ma forte allo stesso tempo come Harry. Bastava una parola, un gesto o uno sguardo sbagliato per farlo chiudere in se stesso, ma aveva anche bisogno di sdrammatizzare la situazione. Era lui il primo a trovare i lati “comici” della situazione. Harry si era promesso di non lasciarsi abbattere, ma qualche volta capitava ed, essendo solo, era tutto più difficile per lui.
Il ragazzo, con l'aiuto dell'infermiera che gli mise un braccio attorno alla vita, si sedette.
- Mia principessa, sono pronto! - rise lui portandosi le gambe al petto. Uscirono dalla stanza e si fermarono davanti all’ascensore. Kate spinse il bottone per chiamarlo. – Allora sei contento che vedi Liam, Niall e Zayn? – chiese mettendo una mano sulla spalla del ragazzo. Lui si limitò ad annuire mangiandosi una pellicina, poi si aprirono le porte e la ragazza spinse dentro il ragazzo. Harry guardò non curante le facce dei vari dottori che erano stretti con loro nell’ascensore. Arrivarono fino al piano inferiore, dove furono accolti da un chiacchiericcio animato: c’erano tanti ragazzi, più o meno dell’età di Harry, e gli animatori.
- Harold! - lo salutò Zayn, uno dei ragazzi clown dell'associazione; poi arrivarono a ruota anche Niall e Liam salutandolo in coro con due sorrisoni stampati sulle proprie facce. erano tre ragazzi con cui era stato semplice fare amicizia, nonostante fossero un po' riservati. Erano di poco più grande di Harry e questo, forse, rendeva tutto più facile.
Harry sorrise lasciando cadere lo sguardo dietro alle spalle dell’amico biondo, su un ragazzo, forse poco più grande di lui, che non aveva mai visto. ‘Uno nuovo’ aveva ovviamente pensato subito lui.
- Harry ci vediamo dopo. - . Kate distolse il ragazzo dai suoi pensieri, si abbassò verso Harry e gli stampò un bacio sulla fronte. Lui fece un cenno della mano, perso ancora negli occhi cristallini di quel ragazzo che si guardava intorno chiaramente spaesato. 'Occhi blu ti chiameró'  pensò lui sorridendo e non prestando attenzione a quello che dicevano Zayn, Liam e Niall. intanto Eleanor si guardava intorno, finchè non catturò lo sguardo del minore, allora gli si avvicinò trascinandosi dietro il moro dagli occhi blu. Harry sentì le farfalle allo stomaco che si infoltivano man mano che Occhi blu si avvicinava, il volto che andava a fuoco e le mani che si torturavano sul suo grembo. Non sapeva cosa avrebbe dovuto dire. Forse niente, visto che quando era nervoso straparlava.
- Ehi Harry! - . Eleanor fece una breve pausa. - Liam… Niall... Zayn… - salutò lei, giusto per educazione visto che odiava profondamente i tre amici di Harry, senza degnarli di uno sguardo, ma concedendo gli occhi marroni solo a Harry.
- Ciao Eleanor. – salutò lui cercando di evitare lo sguardo del ragazzo dagli occhi blu, mentre i suoi tre amici se ne andarono parlottando, maledicendo probabilmente l'amica di Louis. In realtà neanche Harry la sopportava molto, forse perchè la conosceva poco.
- Volevo presentarti, come a tutti gli altri, il mio ragazzo. Lui è Louis. È nuovo. L'ho convinto io a venire. - disse lei orgogliosa, facendo avanzare il ragazzo che se ne stava dietro di lei, usandola come riparo quasi, visto l'evidente imbarazzo che si trascinava dietro. Occhi blu gentilmente tese la mano a Harry, mentre cercava di mantere lo sguardo fisso sugli occhi verdi di Harry che nella sua mente ripeteva il nome del ragazzo. ‘Che mano morbida’ pensò Harry ricambiando la stretta, dandosi subito dello stupido. Che cavolo stava pensando? Aveva appena conosciuto, anzi visto, questo ragazzo e già iniziava a studiargli i dettagli?
- El! -. Lei si giró di scattò guardandosi intorno, non capendo da dove provenisse la voce. – Uh Mark, tesoro! Arrivo subito! – squittì lei mentre salutava con la mano un ragazzo individuato nella folla. Mise, poi, una mano sulla spalla di Louis e sorrise a Harry. – Ci vediamo più tardi. – disse voltando loro le spalle per andarsene. I ragazzi restarono soli con gli sguardi bassi, entrambi molto timidi. In realtà Louis era un pozzo di allegria, ma si sentiva a disagio per via di tutti quei ragazzi malati; quasi si sentiva in colpa per essere sano.
- Io comunque sono Harold, ma tutti mi chiamano Harry. – disse sorridendo il ragazzo e iniziando a studiare nei più piccoli particolari il corpo e il viso di Occhi blu, abbandonandosi alla sua fissa di fare così. Louis accennò un sorriso ancora imbarazzato.
- Non devi dire nulla, davvero. - disse Harry accorgendosi dell'imbarazzo del ragazzo. Louis si morse il labbro inferiore. Tornarono, poi, gli altri ragazzi che si presentarono a Louis, togliendo tutti dall’imbarazzo e la giornata passó velocemente tra risate e chiacchierate, senza che i due ragazzi quasi si parlassero e quella sera, mentre Kate gli stava dando la buonanotte, Harry pensava solo a lui. Non riusciva a togliersi dalla testa quegli occhi azzurri e quel ciuffo moro sparato in aria con un’onda alquanto strana.
- Kate, sai quando tornano i ragazzi? – chiese lui cercando di fare l’indifferente, mentre Kate stava uscendo dalla sua camera.
- No mi dispiace piccolo… Solitamente, peró, vengono una volta ogni due settimane. – disse lei chiudendosi dietro la porta. A Harry venne il panico: convivere con la sua malattia significava anche non sapere se il giorno dopo sarebbe stato ancora vivo e l'idea di non poterlo rivedere lo terrorizzava e poi, in qualsiasi modo, quattordici giorni erano troppi.
Quella notte a malapena riuscì a chiudere occhio, sudava e si agitava nel letto. Tanti pensieri, tante paure e tanti desideri lo avevano tenuto a fissare il soffitto fino a mattina presto.
  

CORNER
Hola gente! Sono Elena, ma se provate a chiamarmi così vi strozzo ee Chiamatemi Lele, grazie!
Volevo dirvi delle cosette importanti sulla storia: punto primo scrivo malissimo e sto lavorando a questa long da un anno perchè cancello sempre e riscrivo, ma ho pensato che era arrivato il momento di pubblicarla, quindi mi farebbe piacere sapere cosa pensate!
Punto secondo NON VOGLIO IN ALCUN MODO AGURARE AI PERSONAGGI PRESENTI NELLA STORIA CIO' CHE VERRA' DESCRITTO, NE' TANTO MENO OFFENDERLI, PERCHE' NON SONO DI MIA PROPRIETA' (loro sono proprietà di proprio nessuno secondo me).
Punto terzo nella storia si parla della leucemia e io non ne so  molto, perciò quello che scriverò non avrà una vera e propria base scientifica.
Detto questo potete seguirmi su twitter: https://twitter.com/niallsblast e lasciare una recensione qua.

 BANNER: http://niallsblast.tumblr.com/image/54832751164 scusate, ma ho provato in tutti i modi ma non riesco proprio a metterlo in modo diverso. Spero vi piaccia lo stesso.. 


TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***




Our Own Struggle - SECONDO CAPITOLO





- Salve, cercavo Harold, ma qua tutti lo chiamate Harry. - disse Louis appoggiando i gomiti sul balcone dell’accettazione all’entrata dell’ospedale e ripetendo le parole che il giorno prima il ragazzo gli aveva recitato.
- Mh. - grugnì un omone dietro al vetro che li separava, senza staccare lo sguardo dal monitor del computer e masticando un panino con la bocca aperta. - Non posso dirle dove si trova per la privacy. Deve dirmi il cognome. - . Dei pezzetti di prosciutto gli uscivano dalla bocca, Louis era davvero disgustato da quella scena pietosa. Louis sbuffò maledicendosi da solo, perchè non conosceva il cognome del ragazzo.
- La ringrazio lo stesso. - disse Louis spazientito dirigendosi all'ascensore, completamente perso nei suoi pensieri: non aveva idea di come lo avrebbe trovato.
- Tu sei quello nuovo della Bluewood vero? - . Louis di girò di scatto e vide che un’infermiera lo fissava sorridendo. Sapeva di averla già vista da qualche parte e probabilmente l’aveva proprio vista all’incontro del giorno passato.
- Si! Sono io! – rispose lui risvegliatosi dai suoi pensieri. Era sicuro che lei gli avrebbe detto dove trovarlo. - Ti prego, mi puoi dire dove si trova Harry? Il ragazzo che ieri hai portato giù all'incontro. – chiese tutto d’un fiato. Kate abbassó lo sguardo tristemente mentre teneva in mano una cartella medica cercando di non dare a vedere la preoccupazione che si teneva dentro, ma non era proprio brava in queste cose.
- Che è successo? - le chiese lui percependo che c'era qualcosa che non andava.
- È stato male questa mattina verso le 7… È davvero molto debole e ora riposa. - disse Kate tenendo lo sguardo basso per evitare di farsi vedere vulnerabile dal ragazzo. Harry era come un fratello, gli era molto affezionata, in più lui le trasmetteva un’allegria che difficilmente trovava negli altri pazienti. Era una forza della natura quel ragazzo.
- E’ grave? – chiese Louis completamente sbiancato: anche se non lo conosceva era pur sempre un ragazzo e il moro era molto buono con tutti. A Kate non usciva la voce, quindi si limitò ad annuire quel tanto che bastò per farsi capire da Louis.
Louis abbassò lo sguardo stuzzicandosi le mani. - Ce la farà? - chiese con un filo di voce.
- Ce la deve fare. Ce la farà. – si auto convinse lei. - Ha la leucemia. Un ragazzo di sedici anni che ha la leucemia! Un ragazzo così solare! Ti sembra giusto?! - . Kate stava urlando e buttando fuori tutto lo stress accumulato in quelle prime ore della mattina. Il ragazzo, ancora una volta, non sapeva cosa dire, così si limitava a guardarla. Poi Kate sospirò chiudendo gli occhi. – Avevi bisogno? – gli chiese guardandolo negli occhi.
- Volevo parlargli... – restò vago Louis. Kate annuì leggermente.
- Ti porto da lui. – disse lei ormai calmatasi del tutto, quindi i due entrarono in ascensore diretti al secondo piano.
- Harry lo chiama ‘piano dell’andata’ – iniziò Kate mentre salivano. Non sapeva nemmeno lei perchè stava dicendo quella cosa a un perfetto sconosciuto. – dice che se hai il braccialetto, lui intende quello dell’ospedale, - . Louis stava annuendo tra l’interessato e il mortificato. – non ne esci più. – finì Kate  mentre teneva lo sguardo fisso sui suoi piedi.
- Vedrai che Harry uscirà da lì. - . Louis non capiva da dove venissero quelle parole, non le aveva neanche pensate ed erano uscite, scappate dalla bocca. Le mise una mano sulla spalla, quasi a confortarla.
- La terza a destra.. Stacci poco e non parlare di cose difficili o complicate, lo stanno imbottendo di farmaci: è debole e forse non capisce molto. È un po’ lunatico, non te la prendere se si chiude in se stesso. Se lo fa chiamami, per piacere. - si raccomandó lei arrivati al piano. Lui annuì, un po’ spiazzato dalla protettività della ragazza, dirigendosi alla porta della stanza, poi ci si fermò davanti nervoso e spaventato di rincontrare quegli occhi perfettamente verdi e di fare la figura dello scemo insensibile, come il giorno prima,  ma poi prese un respiro ed entrò, deciso a non fare il codardo, aprendo lentamente la porta per non disturbare. La prima cosa che vide fu ovviamente una figura accucciata in posizione fetale, sotto una coperta colorata, nel letto accanto alla finestra. Si sedette su una poltrona accanto al letto e si tolse la giacca, il berretto e la sciarpa. Era dicembre, il 23 dicembre, e di lì a poco sarebbe venuto a nevicare, secondo le previsioni meteo.
Sprofondato nella poltrona, si guardò intorno. ‘Che camera davvero triste’ pensò osservando soprattutto le parenti bianche e verdi. Poi spostò lo sguardo sul ragazzo addormentato, con il cuore a mille, credendosi incapace di interagire con un ragazzo che stava soffrendo; aveva paura di ferirlo o di farlo stare male. Pensó che sarebbe stato meglio se avesse lasciato la Bluewooduna volta uscito da quella stanza e pensò anche di uscire da quella stanza e fare finta che nulla fosse successo, ma era un ragazzo dolce e sensibile, sapeva che Harry stava male, non voleva andarsene lasciandolo da solo. Il moro si stupì soprattutto di non aver visto un genitore o almeno un parente fuori dalla stanza: insomma, Louis era abituato al concetto di famiglia unita e gli sembrava inaccettabile, così si costrinse a credere alla storia del caffè: probabilmente i genitori erano andati a prendersi qualcosa al bar dell’ospedale.
 
Quando Harry si svegliò, contorcendosi lentamente nel letto, gli sembrò di stare sull’ottovolante da quanto gli girava la testa, ma vide chiaramente una figura curva sulla poltrona intenta a disegnare qualcosa su un foglio. Harry restò a fissarla cercando di metterla a fuoco, finchè il ragazzo non alzò lo sguardo e Harry non riconobbe quegli occhi colore del mare guardarlo.
- Harry! - . Louis scattó in piedi, tenendo in mano il foglio, e si avvicinò al letto del ragazzo. Harry lo guardava confuso, aveva un gran mal di testa.
- Louis..? Che-che cosa ci fai qua? - chiese cercando ancora una volta di mettere a fuoco il suo viso.
- Volevo scusarmi per la figuraccia di ieri… - . Harry sorrise coprendosi la fronte con il braccio. La testa gli pulsava, probabilmente per tutti quei medicinali.
- Non ti preoccupare. Ti capisco, ma non è mica colpa tua, davvero. - . Louis restó fermo, un po’ sorpreso per la comprensione del ragazzo. Doveva essere molto più profondo di quanto apparisse.
– Era la prima volta e non sapevo come comportarmi… - continuò lui. Harry sorrise mettendogli un dito sulle labbra, ancora con il viso coperto dal braccio. – Ssh, non ti preoccupare. - . Louis sorrise imbarazzato per il contatto.
- Comunque per riprendere il discorso di ieri io sono Louis, ma mi chiamano Lou. - disse sorridendo. - Ti ho fatto un disegno mentre aspettavo ti svegliassi. - . Il moro gli porse il foglio che ancora teneva in mano.
- Non lo vedo bene, mi dispiace. Mi gira tutta la testa. Dopo lo guardo, però. - . Louis annuì appoggiando il foglio di carta sul comodino. Harry scostò il braccio dal viso per mandargli una veloce occhiata.
- Scusate. Louis, dovresti andare… - sussurrò Kate entrando nella stanza.
Harry abbassó lo sguardo, voleva che Louis restasse.  - Mi ha fatto piacere rivederti Harry. - . Louis lo salutó con un cenno della mano e così fece anche Harry mentre guardava Occhi blu raccogliere le sue cose e uscire dalla camera che era all’improvviso tornata silenziosa.
Harry era rimasto stremato da quel risveglio, ma era stato piacevole svegliarsi con lui accanto. Peccato, se non fosse stato così stanco, avrebbe continuato a pensarlo, invece si riaddormentò.
 
- Ehi piccolo. - lo svegliò Kate accarezzandologli la guancia, seduta sul letto accanto a lui. - Come ti senti? Il dr. Smith ti ha visitato mentre dormivi e ha detto che stai meglio di stamattina, ma che sei ancora molto debole. Indi per cui ti ha fatto portare tante buone cose. - disse lei indicando il vassoio pieno di vasetti di omogeneizzati appoggiato sul davanzale interno della finestra. Harry si stropicció gli occhi sornione. - Non ho fame. - disse con voce ancora impastata tenendo la testa nascosta nel cuscino.
- Ma devi mangiare, altrimenti non ti riprendi. - .
- Non riesco… Mi gira la testa. - . Kate guardò Harry. – Ma c’è di più… Harry non puoi farla a me, ti conosco! – disse lei sorridendo e affondando un dito in una delle sue fossette che improvvisamente si era creata, perchè Harry stava pensando a Occhi blu. Il minore si limitò a grugnire, poi restarono entrambi in silenzio per qualche minuto, Kate sempre in attesa che lui parlasse e si confidasse.
- Kate, penso di essermi innamorato. – si confidò. Harry aveva tirato la testa su dal cuscino e stava fissando la ragazza, un po’ imbarazzato.
- Sarei felice di essere tua. - disse lei ridendo. Harry abbassó lo sguardo. - Ehm… No. Veramente penso di essermi innamorato di Louis. Peró non so nulla di lui… – sputò Harry giocando nervosamente con un filo scucito della federa del cuscino. Era in imbarazzo: nella sua testa gli era sembrata una cosa grandiosa, ma appena aveva aperto la bocca, si era sentito uno scemo che si innamora del primo che capita. Aveva anche paura della reazione che la ragazza avrebbe avuto quando avrebbe scoperto che era gay, quindi iniziò a scrutarla curioso, attento a ogni minimo cambiamento espressivo, ma l’espressione della ragazza non cambiò di un centimetro: continuava a sorridere.
- Penso sia un ragazzo davvero carino. - disse lei sinceramente; ormai sciolte le preoccupazioni del ragazzo, mettendogli una mano sulla gamba.
- Lo pensi davvero? - chiese lui stupito. Lei annuì seria guardandolo negli occhi. – Mi sembra una cosa fantastica. - .
- Spero di rivederlo presto… - disse lui diventando mogio. - Mi ha fatto un disegno prima. - .
- Ah si?! É questo? - gli chiese prendendo in mano il disegno per guardarlo. Lui annuì dando un’occhiata ad esso. - Che ne dici se lo attacchiamo qua sul muro accanto a te? - disse lei ravanando in un cassetto del comodino ed estraendone dello scotch. Lui tornò ad annuire. Con velocità Kate attaccó il disegno. - Disegna bene! – apprezzò dando delle pacche al muro per farlo restare attaccato. Lui si limitò ad annuire una terza volta.
- Adesso pensa a mangiare, però. - lo incitó lei, ma lui scosse la testa e chiuse gli occhi girandosi sull’altro lato del letto, raggomitolandosi. Era il suo modo per difendersi dal mondo, dopo tutte le volte che era stato abbandonato aveva imparato a difendersi: si chiudeva come un riccio e non c’era verso di fargli cambiare idea. 


CORNEEEER
Ciao a tutti! Sono sempre qua, con un nuovo capitolo. I prossimi, però, non li posterò a distanza così breve, ma a distanza di sette giorni.
La storia in realtà è praticamente finita, ma io non ne sono molto sicura..
Beh fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo! xx Lele
Twitter: https://twitter.com/niallsblast
Banner: http://niallsblast.tumblr.com/image/54832751164
 

TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***




Our Own Struggle - TERZO CAPITOLO






Kate uscì dalla stanza decisa a far mangiare il ragazzo: aveva un asso nella manica: Louis era rimasto seduto nel corridoio tutto quel tempo ad aspettare che Harry si stabilizzasse. Non si sentiva in dovere, ma gli faceva piacere.
Louis fece un piccolo salto sulla sedia, era evidentemente perso nei suoi pensieri, quando Kate con la sua voce squillante gli aveva rivolto parola. – Ehy, forse ci siamo già presentati, non ricordo, comunque io sono Kate -  disse porgendogli la mano che lui dopo qualche tentennamento, strinse con sicurezza.
- Louis. - ripose semplicemente.
- Posso chiederti un favore enorme per piacere? - chiese al ragazzo che stava seduto con lo sguardo perso nel vuoto. - Mi aiuti a far mangiare Harry? - . Il ragazzo alzó lo sguardo incrociando gli occhi marroni della ragazza.
- Io? - chiese sorpreso raddrizzandosi sulla sedia.
- È un ragazzo che ha bisogno di persone che gli vogliano bene e con te si è trovato bene prima. Per piacere. - chiese lei quasi supplicando. – Deve mangiare altrimenti non si riprende. – concluse cantilenando.
- Ehm… Ok. - disse lui alzandosi pigramente dalla sedia e seguendo l'infermiera con passo svelto. Bussarono ed entrarono senza attendere risposta.
- Harry, oggi ho un asso nella manica per convincerti a mangiare. - disse Kate allegramente prendendo il vassoio e appoggiandolo su tavolino accanto al letto. Harry si era girato, attirato dalla voce squillante della ragazza, e, incredulo, aveva incastrato il suo sguardo con quello blu di Louis, che gli stava sorridendo, invece di quello più spento di Kate.
- Scusate, ma devo andare a fare il giro. Vado! - esclamò Kate, senza lasciare il tempo a Harry di reagire, e uscì dalla camera.
- Hai attaccato il mio disegno! - notò Louis con tono allegro, indicando il pezzo di carta appiccicato al muro aò quale si era avvicinato.
- Sì. In realtà Kate lo ha fatto. - . Harry si stava chiedendo come mai aveva davanti quel ragazzo che tanta confusione creava nel suo stomaco
- Tu devi seguire una dieta speciale? - chiese Louis cambiando discorso. Harry scosse immediatamente la testa, mentre appoggiava la sua giacca sulla poltrona. – Perfetto. Cos'è che adori ma che non mangi da tempo? - gli chiese appoggiando le mani sui fianchi. Harry ci pensó un attimo.
- Pasta al forno. - rispose il minore mettendosi lentamente seduto, ormai a suo agio. Louis infatti aveva il potere di mettere a proprio agio le persone, che fossero bambini, adulti o vecchi.
- Mi dai 10 minuti? - . Harry annuì e Louis scomparve nel corridoio dell'ospedale, ancora una volta.
Un quarto d’ora dopo ricomparve con un sacchetto alla mano.  - Niente pasta al forno. – informò. – Ma... Ho del cinese! - disse sorridendo mentre mostrava con fierezza il sacchetto in mano.
- Dimmi che non stai scherzando! - esclamò Harry felice, appoggiando di lato una rivista di musica che stava leggendo. Louis si avvicinó al ragazzo mostrandogli il sacchetto e, una volta seduto sul letto di Harry di fronte a lui, tiró fuori tutti i contenitori.
- Sei un grande, Lou! - esclamò Harry prendendo la scatoletta degli spaghetti di soia.
Mangiarono tutte le confezioni di cibo, mentre Louis raccontava la sua vita. Raccontò qualcosa su suo padre, che aveva abbandonato la madre appena nato Louis e del patrigno a cui voleva bene come un padre, raccontò delle sorelle e di altri aneddoti sulla sua infanzia.
- Adesso tocca a me. - disse Harry, a un certo punto, mandando giù l'ultimo gambero e sistemandosi meglio sul letto.
- Non sei costretto Harry. – disse Louis con lo sguardo rivolto ai suoi gamberi.
- Probabilmente il Natale non lo festeggerò neanche, quindi voglio che almeno tu sappia che non sono sempre stato cosi. Avevo una vita normale, diciamo. Ed ero anche davvero molto bello! – disse Harry ridendo. Louis lo osservò bene e notò che era davvero molto magro, probabilmente mangiava poco. - Tu il Natale lo festeggerai. – disse guardandolo serio negli occhi.
- No, Louis - inizió sorridendo il più piccolo. - Sarei dovuto morire tre volte fa e qualche settimana fa mi hanno dato un mese. Questa è la mia fermata. - continuó lui sorridendo e leccandosi le dita ancora sporche di salsa agrodolce. – E’ giusto così. Vado via io, lascio il posto a un nuovo fiore. – concluse.
- N-no Harry. - . A Louis erano iniziate a scendere silenziose lacrime sulle guance che, a detta di Harry, lo rendevano come un cucciolo di cane bastonato. Louis non poteva credere a quanto fosse ingiusto e crudele il mondo: un sedicenne con la voglia di vivere doveva morire per una stupida malattia.
- Tu resterai. Tu sei forte, lo vedo. - . Harry continuava a sorridere scuotendo la testa con lo sguardo basso. Restarono in silenzio per vari minuti. – Harry perchè non piangi? - chiese fin troppo curioso Louis, asciugandosi le lacrime con la manica della felpa e mordendosi l’interno della guancia pentendosi per essere stato così diretto.
- L'ho fatto 2 anni fa. Adesso basta. Voglio godermi quelle cose belle che mi restano. - rispose lui sempre molto tranquillo. Louis scrutava Harry e notò che non vedeva sofferenza, vedeva voglia di vivere. Se non fosse stato per i capelli, per la sua magrezza e le occhiaie sotto gli occhi, Louis avrebbe detto che era sano, nel senso che non aveva gli occhi tristi come la maggior parte dei ragazzi che aveva incontrato il giorno prima grazie alla Bluewood. Louis aveva sentito che gli occhi sono lo specchio dell’anima e quelli di Harry erano più vispi che mai. Quegli occhi nascondevano qualcosa di speciale.
- Harry, com’erano i tuoi capelli? - chiese Louis, a un certo punto, lasciando stupito l’altro ragazzo.
- Erano castani e ricci… - disse Harry smettendo di sorridere e tenendo basso lo sguardo.
- Non vedo l'ora di vederli. - . Harry alzò lo sguardo sul castano. - E io non vedo l'ora di mostrarteli. – rispose un po’ amaramente, più per far piacere a Louis ce a se stesso. Entrambi adesso stavano sorridendo.
- Posso chiamarti Boo? - chiese Harry scrutando il maggiore.
- Ma ho 17 anni! - rise Louis.
- Lo so, me lo hai detto prima, ma mi piace. - sorrise Harry.
- Allora si. Ma solo tu, sarà il nostro segreto. - disse Louis porgendogli il mignolo. A Louis era sembrata una buona idea la storia di un segreto condiviso solo da loro due, avrebbe sicuramente affiatato il rapporto e dato fiducia al più piccolo.
Harry prima guardò il dito dell'amico sorridendo, poi con il suo lo strinse. - Affare fatto. - . Harry dopo tanto tempo non si sentiva piú così solo, sentiva che poteva contare su un amico dal cuore molto grande. Sembrava avere stretto più di un patto con quella stretta di mignoli, gli sembrava l’inizio di una nuova amicizia. Lo aveva sentito appena gli aveva sfiorato il dito, una strana energia emanava quel ragazzo. Sapeva che comunque lo aveva conosciuto da poco, ma solo il fatto di essere tornato quella mattina per scusarsi e di essere rimasto a mangiare con lui, lo faceva sentire bene.
- E io peró ti chiamo piccolo. O riccio. - .
- Ma non ho più i miei ricci… - osservò Harry, ormai perso negli occhi di Louis che ricambiava quello sguardo intenso.
- Allora facciamo così: fino a che non ti ricrescono i ricci ti chiamo piccolo. - . Harry annuì. - Adesso piccolo, peró, hai due occhiaie enormi. Hai bisogno di riposare. - disse Louis alzandosi e riordinando i contenitori del cinese. Harry senza dire nulla si sdraió sotto le coperte, si girò su un lato e chiuse gli occhi. Louis spense la luce.
Erano passati già alcuni minuti e Louis, accovacciato sulla poltrona, pensava che il ragazzo stesse giá dormendo.
- Boo? - una voce bassa e roca ruppe il silenzio della stanza. Fuori solo le sirene delle ambulanze e qualche uccellino intrepido che cinguettava contro l’inverno freddo. A Louis piaceva la voce di Harry, ‘profonda e sensuale’ aveva pensato lui la prima volta.
- Dimmi piccolo. – . Louis tirò fuori la testa dalla spalla per guardare nella direzione dove Harry era sdraiato nella penombra.
- Dormi? - .
- Io no… Tu? - .
- Non riesco… - .
- Come mai? - chiese Louis ormai completamente seduto.
- Ho tanti pensieri negativi e ho un po’ freddo. - . Louis senza dire niente si alzò e si sdraiò dietro al suo nuovo amico, che era appoggiato su un lato, stringendolo a sè. - Ci sono io qua. Ti proteggo dai brutti sogni e dal freddo, piccolo. Dormi adesso. - gli sussurró nell'orecchio accarezzandogli la guancia e appoggiando la testa nell’incavo del collo del più piccolo. Harry chiuse gli occhi rassicurato e si addormentó subito. Louis aveva un senso protettivo, lo aveva sempre avuto, grazie forse anche alle quattro sorelle minori che si era ritrovato a dover badare e prendere le veci di padre.
 
Il primo a svegliarsi fu Lou, ma quando tirò su la testa dal collo di Harry, lui si mosse ormai sveglio.
- Ma sono già le sette! - esclamò Louis guardando l'orologio del telefono, mentre Harry si limitava a sbadigliare. - Piccolo io devo scappare,  mia mamma sarà arrabbiatissima, oggi ho la cena con i parenti. Scusa… - . Louis guardó dispiaciuto Harry che non smetteva di sbadigliare.
- Non preoccuparti Boo. - .
- Mi prometti che ceni piccolo? - . Harry annuì e Louis si tirò su dal letto e, raccattando la roba che aveva sparso per la camera, lo salutò, quindi uscì dalla stanza e tornó a casa pensando a quel ragazzo con cui si era trovato in grande sintonia. 'È come se ci conoscessimo da sempre' pensó con le mani affondate nelle tasche protette dal freddo glaciale di quell’inverno. 



CORNEEEER
Hola amigos! Mi devo organizzare con lo spagnolo perchè quest'anno vado in Spagna. Anyway, sono ancora qua con un nuovo capitolo che non mi convince molto, forse è anche troppo corto, fatemi sapere cosa ne pensate voi.
Dopo questa long orrenda ho intenzione di scriverne un'altra, tutta nuova e di scriverla anche meglio, ma prima vorrei finire questa qua, anche se non so ancora esattamente quanti capitoli avrà. Vi prometto che man mano che leggerete la storia prenderà una via più interessate.
Vi ricordo che mi potete trovare su twittah: https://twitter.com/niallsblast e lasciare una bella recensione quaa sotto! Volevo anche ringraziare un sacco chi ha inserito la mia storia tra le preferite e/o tra le seguite e per chi ha recensito i capitoli precedenti. Un grazie immenso, davvero.
Mi dileguooo xx Lele
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bANNERù
 


TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 4
*** Quarto capitolo ***




Our Own Struggle - QUARTO CAPITOLO





Harry non aveva molta voglia di mangiare, ma lo aveva promesso a Louis, cosi mangiò qualche verdura, nulla di più. Era al settimo cielo per essersi addormentato tra le braccia profumate di Louis e non poteva ancora crederci, ma questo lo rattristava anche, perchè non sapeva quando e se lo avrebbe rivisto.
- Dai mangia qualche pezzo di carne. - lo implorava l'infermiera in piedi sulla porta.
- Sono a posto, Kate. - rispose lui allontanando il piatto. - Domani Lou torna? – chiese appoggiando i gomiti sul cuscino abbandonato sulle sue gambe incrociate.
- Non credo, Harold. Domani Louis compie gli anni da quel che ho sentito da Eleanor. - rispose lei mettendo via il vassoio ancora pieno di cibo.
- Non me lo ha mica detto… Allora vorrei fargli un regalo, è stato così gentile con me. - . Harry guardò la ragazza. - Cosa potrebbe piacergli secondo te? Io non ho mai avuto un ragazzo, tu sì. - . Lei accennò una leggera risata.
- Non so… Se vuoi posso provare a chiedere a Eleanor. - propose lei.
- Sì per piacere! – esclamò Harry sorridendo.
- Domani mattina ti faccio sapere allora. Adesso riposati e dormi. - concluse Kate dandogli un bacio sulla guancia e spense la luce, per poi mandare un ultimo bacio verso Harry, ormai già uscita dalla stanza.
- Kate! – chiamò lui nel buio.. – Ho paura. – disse con un filo di voce. La ragazza si fermò all’istante e tornò sui suoi passi all’interno della camera ,per sedersi accanto al ragazzo di cui riusciva a distinguere i contorni sporgenti nell’oscurità. - Ho paura di non rivederlo. Ho paura di fidarmi. Non so niente di lui e se poi mi dimentica? Ho una gran paura. – sputò di getto. – Ho una strana sensazione verso di lui. È come se lo conoscessi da sempre e non capisco il perché. Siamo così diversi. - . Harry stava piangendo. Kate se ne era accorta perché lui, appoggiato sulla sua spalla, gliela stava inumidendo.
- Harry non piangere. – . Kate gli prese la mano. – Vedrai che torna. Non sarebbe stato tutto il giorno qua se non fossi stato importante, no? E lo sai vero che gli opposti si attraggono? - . Harry annuì nel buio, poco convinto.
- Adesso dormi così domani arriva prima e noi andiamo a cercare cosa regalare a Louis. - . Harry rimase in silenzio e strinse forte la mano morbida di Kate per essere rassicurato. Dopo qualche minuto in silenzio Harry mollò la mano e si asciugò le lacrime con il polsino della felpa. – Grazie Kate. A domani. Ti voglio bene. - . Harry era così: aveva dei momenti di sconforto e debolezza che passavano abbastanza velocemente, ormai Kate sapeva che non doveva essere sorpresa del brusco cambiamento, al contrario delle prime volte che lei, da permalosa doc, se la prendeva e pensava che lui fosse arrabbiato con lei.
- Io di più, Harry. – . Si alzò, accarezzandogli la spalla; poi si diresse alla porta. – Notte. – concluse Kate. Uscì e Harry rimase sdraiato a guardare il soffitto, cullato dall’immagine di Louis, dei suoi occhi, della sua pelle leggermente abbronzata e delle sue labbra sottili, per poco, prima di addormentarsi.
 
- Sveglia Harold! – sbottò l’infermiera con tono scontroso, entrando nella camera. – E’ ora di fare colazione e vedi di non fare i capricci che non hai più tre anni. - . La signora che Harry odiava con tutto il suo cuore gli stava spalancando le tende, facendo entrare la luce fastidiosa del sole. Tutti odiavano Tess sul piano, donna sulla quarantina, zitella e scorbutica, o almeno Harry, ma la odiava così tanto che non era convinto che fosse così stronza solo con lui. Anche Kate la odiava, ma solo perché stava sempre dalla parte del suo Harry; tutti gli altri, compresi i pazienti di oncologia infantile del secondo piano, la adoravano, dicendo che era sempre così gentile e premurosa. In realtà, era Harry a sentirsi sbagliato. Nessuno lo sopportava, tranne Kate e gli amici della Bluewood. Kate gli diceva sempre che era perché le altre infermiere e gli altri bambini del piano, che dicevano che Harry fosse strano e pazzo per via di certi incubi notturni che aveva, non volevano davvero conoscerlo. Ma infondo a Harry andava bene avere pochi amici. Quando sarebbe morto avrebbe fatto soffrire meno persone e lui avrebbe sofferto di meno.
Harry grugnì, odiava essere svegliato in malo modo.
– Ragazzino muoviti, non esisti solo tu. – continuò lei con lo stesso tono di voce apatico, appoggiando il vassoio della colazione sul tavolino. ‘Ma una del genere non dovrebbe mica lavorare in ospedale’ pensava ogni volta che la sentiva, Harry.
- Dov’è Kate? – chiese lui con voce assonnata, costretto ad aprire gli occhi.
- E’ in ritardo, quindi tocca a me svegliarti. Vedi di mangiare e non fare le storie, ragazzo. – detto questo l’infermiera uscì dalla stanza sbattendo la porta. Harry proprio non capiva cosa aveva con lui. Si erano parlati poche volte, ma lei si comportava come se lo odiasse e a Harry questo dava molto fastidio.
Restò al caldo nel letto richiudendo gli occhi per colpa della luce fastidiosa che continuava a penetrare dalla finestra. Tess l’aveva leggermente socchiusa e ora l’aria nella stanza era diventata ancora più fresca, quasi fredda. Harry si coprì l’intera testa con il piumone per tenere al caldo la testa nuda. ‘Auguri Lou’ pensò guardandosi le mano sotto alle coperte. Avrebbe davvero voluto vederlo o almeno sentire la sua voce melodiosa. In quel momento si sentì come una quindicenne alla prima cotta, sorrise al pensiero.
La porta si aprì lentamente, Harry lo riusciva a sentire perché la finestra e la porta appena aperta facevano corrente e si gelava, mentre il piumone sventolava leggermente per l’aria mossa. ‘E’ tornata la strega..’ pensò un po’ preoccupato lui.
- Harry..? Harry dove sei? – una voce con una sfumatura preoccupata risuonava nell’aria. Harry mise fuori solo gli occhi, appena da vedere la figura magrolina di Kate che stava chiudendo la finestra. Harry restò in silenzio a fissarla; lei, sentendo il suo sguardo addosso, si girò e vide gli occhi verdi di Harry scrutarlo. – Dio Harry, ma si gela qua! Hai aperto tu la finestra? – chiese lei intenta a chiudere le tende vedendo che la luce infastidiva il ragazzo chiaramente ancora assonnato.
Harry scosse la testa fissando gli occhi di Kate. Lei sospirò. – Tess vero? - . Guardava il ragazzo con occhi dolci. – Scusa se ti ho lasciato con la strega, ma ho una sorpresa, anzi due, per te! – disse sorridendo e sedendosi accanto a Harry che intanto stava mettendo fuori tutta la testa dal letto e la fissava restando muto.
- Ho il regalo perfetto per Louis e… il suo numero! – disse lei sorridendo e facendo svolazzare un foglietto bianco sotto il naso del ragazzo. A Harry brillarono gli occhi.
– Dici davvero, Kate? - . Lei annuì.
- Kate vieni qua! – disse lui sorridendo e sporgendosi verso Kate che lo strinse in un abbraccio. Poi si staccò e gli mostrò un pacchetto regalo, incartato con della carta verde smeraldo e un fiocco bianco. – Sono i cd dei The Fray, hai presente? - . Harry scosse la testa.
– Non ascolto musica da un po’. – rispose lui rattristandosi. Aveva sempre amato la musica e cantare; alle medie gli avevano detto che non era male e lui più che crederci, ci sperava. Avrebbe tanto desiderato partecipare a X Factor, ma prima della malattia non aveva l’età giusta. La sua passione non l’aveva mai confidata a nessuno, era il suo piccolo segreto che custodiva molto gelosamente nel cuore.
- Praticamente sono la sua band preferita, da quello che ho capito da Eleanor. – spiegò lei sorridendo. – Appena torna a farti un saluto glielo dai, eh? – disse lei dolcemente accarezzandogli la guancia. Lui si limitò ad annuire. Kate allora appoggiò il foglietto sul comodino, accanto agli oggetti personali del ragazzo. - E qui c’è il numero. Secondo me gli farebbe piacere se gli scrivessi. – disse lei ammiccando al ragazzo. – Però dopo, adesso mangi un po’. - . Si alzò e prese dal vassoio un omogeneizzato e un cucchiaino e glielo diede. – Buon appetito. Io torno subito, vado a cambiarmi. – disse lei, infine, indicandosi, poi si alzò. Solo in quel momento Harry notò che non aveva la divisa blu da infermiera.
Il ragazzo prese il barattolino di tacchino spappolato dalle mani della ragazza e annuì. Kate sparì quindi dietro alla porta della camera.
‘Sempre questi omogeneizzati… Manco avessi un anno…’ protestò Harry nella sua testa, seduto nel letto, mentre apriva con fatica il barattolino. Finalmente, dopo vari tentativi, riuscì ad aprirlo; impugnò il cucchiaino e mangiò la pappetta.
Kate tornò in camera sorridente proprio mentre Harry mangiava l’ultimo cucchiaino di omogeneizzato. – Buono? – chiese lei riordinando il vassoio. Harry la guardò male e poi si mise a ridere.
– Non sono domande da fare, Kath. - . Lei rise di rimando.
- Oggi per te ho un’intensa sessione di dolce far nulla e di stalkeramento ai danni di Louis. – . Entrambi continuarono a ridere. – No, a parte gli scherzi, ti andrebbe di andare al reparto neonatale, Harry? - .
- Perché no? – rispose lui mettendosi seduto a gambe incrociate. Adorava andare in quel reparto, gli dava un po’ di gioia vedere quelle minuscole creature pronti a vivere, con i loro genitori orgogliosi che li indicavano ai parenti da dietro al vetro. A Harry sarebbe piaciuto diventare padre, avrebbe avuto tanto da insegnare al proprio figlio.
- Allora andiamo, dai. – lo incoraggiò lei.
- Ma mica abbiamo fretta. – cercò di protestare lui, lasciando le gambe a spenzoloni, seduto sul bordo del letto. Kate sorrise e gli porse i vestiti: un pantalone della tuta grigio e una tshirt bianca più le sue solite pantofole comode. Lui con calma si mise in piedi e afferrava, man mano che si vestiva, gli indumenti dalla mano di Kate, l’altra era impegnata a sostenerlo e ad aiutarlo perché non cadesse.
 
- Guarda come è piccola! – esclamò Harry seduto sulla sua carrozzina dietro al vetro che separava lui e l’infermiera dalle piccole creature che riposavano nelle proprie culle.
Kate annuì sorridendo. – Guarda, invece quel bel bimbo! – . Ne indicò uno con due guanciotte tonde.
- Sono dolcissimi. – sorrise Harry mentre Kate annuiva. – Ti piacerebbe diventare mamma? – chiese lui.
- Magari un giorno. Te? - .
- Oh io voglio diventare padre, anche se sarà una cosa complicata. – rispose lui ridendo pensando a due buoni motivi: la malattia e la sua omosessualità.
- Ci sono così tanti modi al giorno d’oggi, vedrai che ci riuscirai. – disse lei cogliendo solo il motivo delle sue preferenze.
 
Quel giorno Louis avrebbe fatto anche a meno di essere svegliato così presto dalle sue sorelle. Aveva vari impegni che comprendevano vari giri dai nonni impazienti di dargli i loro regali. Poi doveva andare dalla zia Meath che stava cercando di convincere il moro a fare una festa per i diciotto anni, in tutti i modi. Meath era la zia preferita di Louis e Johannah aveva pensato che almeno lei sarebbe riuscita a convincerlo; ma lui proprio non ne voleva sapere. Non era un ragazzo pieno di amici e, anche amando andare alle feste, non ci andava mai, perché si esponeva troppo ai bulli e quindi voleva evitare di mettersi in ridicolo per una semplice festa. Gli unici amici che lui aveva erano i tre ragazzi del Bluewood e la mora che gli aveva fatto conoscere quello che doveva essere il paziente più amato dell’ospedale.
Dopo i vari giri dai parenti e una lunga ramanzina sull’importanza dei diciotto anni da parte di zia Meath, il moro si ritrovò in ospedale, da sua mamma. Louis si perdeva ogni volta che andava a trovare sua madre al lavoro e perciò quando, per l’ennesima volta, si perse per tutti quei corridoi che a lui parevano identici, non si stupì. Cercava disperatamente sua madre, mettendo di tanto in tanto la testa dentro a qualche ambulatorio scusandosi a ogni lamento dei dottori, poi vide una figura maschile, per lui troppo magra, seduta su una sedia a rotelle accanto a una figura più in carne, ma femminile.
- Harry! - . Il ragazzo si girò di scatto. Aveva riconosciuto la voce. La sua voce.
– Louis! – . Il moro si avvicinò al ragazzo e all’infermiera che lo guardava avanzare sorridendo tra lo stupito e il felice, mentre teneva una mano sulla spalla di Harry.
- Auguri! – disse il piccolo timidamente guardandolo negli occhi.
- Oh, grazie, Harry! – sorrise lui.
- Ma cosa ci fai qua? - .
- Ehm… Ragazzi vado un secondo in bagno. – si intromise Kate mentendo spudoratamente. Il suo obbiettivo era chiaro dal momento che Harry si era confidato con lei. I due ragazzi la guardarono scomparire dietro un angolo dei tanti corridoi.
- Sono venuto a portare una cosa a mia madre che lavora qua al piano. – rispose lui. – Posso sedermi? – disse poi indicando la sedia. Harry lo guardò stupito. – Ehm si. Direi. Insomma, non so… Sì sì. – Louis sorrise intenerito al balbettare del più piccolo.
– Deciditi! Io comunque non intendevo su di te. Tu su di me. - . Harry si sorprese ancora una volta, ma poi si alzò debolmente per farlo sedere. Louis prontamente si sedette e gli mise le mani sui fianchi per poi attirarlo a sé. Harry si fece cadere lentamente indietro, sulle gambe di Louis, con un brivido che gli percorreva la schiena per il calore delle mani di Louis sui suoi fianchi.
- Amo i bambini. – sorrise Louis voltando lo sguardo oltre la spalla del piccolo, verso la stanza piena di neonati. Harry annuì impercettibilmente.
– A casa ti staranno aspettando. È il tuo diciottesimo compleanno. – disse Harry alzandosi e girandosi per guardare meglio il moro.
- Nah, non c’è fretta. È solo mezzogiorno e mi aspettano per l’una. – disse lui riprendendolo per i fianchi. – Ti andrebbe di mangiare qualcosa? – chiese, poi, perdendosi nei suoi occhi verdi che molto gentilmente Harry gli aveva offerto. Peccato che anche Harry si perse tra quelli blu oceano di Louis.
- Ok. Cosa vuoi mangiare? – sorrise Harry. – Ah! Prima che mi dimentichi, ho una cosa per te in camera. - .
- Allora andiamo e poi ti vado a prendere qualcosa da mettere sotto i denti. - . Harry annuì e Louis si alzò per far sedere Harry sulla carrozzina spingendolo, poi, nella sua camera.


CORNEER
Ciao a tutti! Volevo ringraziarvi per tutte le visite che la mia storia ha ricevuto, per le recensioni e per tutti coloro che hanno messo la mia storia tra i preferiti/seguiti/ricordati. Grazie davvero, significa molto per me.
Ditemi cosa ne pensate con una bella recensione qua sotto!
Adesso vado a pranzo. Al prossimo capitolo! xx Lele
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 B
 


TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 5
*** Quinto capitolo ***




Our Own Struggle - QUINTO CAPITOLO





Harry era piegato su uno dei cassetti del comodino per cercarci dentro il regalo di Louis. – Hai un bel sedere da qua dietro, sai? – sorrise Louis alludendo al camice bianco che dietro era aperto e mostrava tutto il sedere del ragazzo, coperto comunque dai boxer.
Harry si raddrizzò immediatamente coprendosi con le mani e diventò rosso. – Mi-mi dispiace. Io-io non – .
Louis stava ridendo a crepapelle con la testa indietro e una mano sulla pancia. Harry lo trovava adorabile, con quelle pieghe ai lati degli occhi.
- Non ti devi scusare, Harry! Stai tranquillo. - . Harry gli passò il pacchettino verde che aveva trovato, ancora in completo imbarazzo. – Ne ho visti tanti di sederi, ma il tuo vince su tutti. - . Louis guardò Harry mentre la risata andava via via svanendo, poi lo sguardo cadde sul pacchetto, lo prese in mano e infine lo abbracciò. Harry non lo stava ascoltando blaterare su quanto non avrebbe dovuto disturbarsi. Si era lasciato trasportare dal profumo di talco del moro che era ancora appiccicato a lui.
- Non dovevi Harry..! – disse ancora una volta Louis, con un tono di voce più squillante, risvegliando il più piccolo dai suoi pensieri. Harry scosse la testa e si staccò svogliatamente dall’abbraccio, per poi sedersi sul bordo del letto.
- Non l’ho comprato io, comunque aprilo dai! – lo incitò. Louis si sedette di fronte a lui per posargli un bacio sulla guancia e una veloce occhiata, intento già ad aprire il sacchetto. Harry osservava attentamente il viso di Louis, concentrato a scartare il regalo, per captare ogni minima emozione e, quando un’espressione sorpresa e felice si contorse sul suo viso, Harry non riuscì a non imitarlo.
- Harry, non ci credo! Ma è il nuovo pacchetto dei cd dei The Fray! – . Louis girava nelle mani una confezione che conteneva tutti i cd di questa band di cui non aveva mai sentito parlare prima.
- Ehm... Spero ti piaccia. – sorrise Harry, avrebbe certamente preferito sceglierlo lui quel regalo, invece che farlo scegliere a Kate, ma le circostanze non lo permettevano.
- Scherzi?! Sono la mia band preferita! – . Louis avvolse Harry in un altro caloroso abbraccio accarezzandogli la schiena, mandando ancora una volta Harry in estasi.
- Sono contento che ti piaccia. – sorrise lui. Louis infilò la confezione in un sacchetto e lo appese alla maniglia della porta per ricordarselo.  
– Piccolo, io devo andare adesso… - disse lanciando un’occhiata alla sveglia sul comodino. Harry annuì rassegnato all’idea che il maggiore avesse una vita e un compleanno da festeggiare.
- Ti lascio il mio numero di telefono, però a patto che tu mi dia il tuo, così ci sentiamo, magari. - disse Louis sbirciando il viso pallido di Harry, il quale sorrise.
– Eleanor me lo ha già passato. – disse ridendo timidamente e non distogliendo lo sguardo da quel pavimento che gli pareva davvero molto interessante in quel momento. Rise anche Louis.
– Allora sono io quello ritardato: a me manca il tuo. - .
- Aspetta. – disse furbetto Harry piegandosi sul comodino accanto al letto. – Un momento… - . Il più piccolo aveva preso il telefono e stava digitando intensamente sullo schermo; poi lasciò scivolare il telefono tra le coperte del letto. Louis scattò, mettendo una mano nella tasca della felpa ed estraendone il suo iPhone bianco. – Scusa un attimo, nuovo messaggio da sconosciuto… - lesse ad alta voce. - Aspetta un secondo, Harry. – disse distrattamente il moro. Il piccolo lo guardava ridendo sotto i baffi, quando Louis scoppiò ancora a ridere. – Sei te. Lo dovevo immaginare. Bene… Salvato! – . Louis ripose il telefono nella tasca della felpa. - Allora ci sentiamo, piccolo. – . Si allungò verso Harry e gli stampò un bacio sulla guancia calda.
- Ancora auguri, Boo. – . Louis sorrise, poi uscì, portandosi dietro non solo il regalo, ma anche le chiacchiere e l’allegria che facevano sentire Harry bene. Insomma, quel ragazzo dagli occhi blu gli dava una sensazione di benessere, di sicurezza e di famigliarità. Quella sicurezza che tanto aveva cercato, prima della malattia.
 
Alla fine Louis era scappato e non avevano neanche mangiato qualcosa assieme, ma Harry non era dispiaciuto, lo capiva: lui aveva la sua vita, niente girava intorno a Harry. ‘Il giorno del proprio compleanno è così. Avrà un sacco di cose da fare e chissà quanti amici e parenti da incontrare.’ pensò Harry sedendosi sulla poltrona tirando le gambe di fianco. In quel momento entrò Kate spingendo la porta con un fianco per via delle mani che reggevano il solito vassoio con il pranzo. Harry si alzò per darle una mano, ma la ragazza rifiutò categoricamente: lui era malato non doveva sforzarsi.
- Come è andata allora? – chiese lei ammiccando, pronta a spettegolare con il ragazzo, mentre appoggiava il vassoio sul tavolo.
- Ci siamo scambiati i numeri e gli ho detto che il suo, però, ce lo avevo già, così ha voluto il mio. – rispose Harry curvando gli angoli della bocca in un sorriso. Il telefono di Harry produsse un leggero ‘bip’ dovuto a un nuovo messaggio. Harry lesse ‘From Boo.’  e gli occhi gli brillarono. ‘Scusa, alla fine non abbiamo pranzato insieme. Prometto che mi farò perdonare. x Boo’.  – Chi è? – chiese la ragazza, incuriosita sbirciando lo schermo dalla spalla di Harry.
- Lou. Dice che gli dispiace che non abbiamo pranzato insieme e che si farà perdonare. – . Harry riappoggiò il telefono sul letto.
- Fantastico! Adesso mangia qualcosina. Guarda c’è la cotoletta. – . Indicò un pezzo di carne dentro a un piatto di plastica.
- Kate, per favore, vai! – rise Harry spingendo la ragazza dalla schiena. – Quella non me la chiami cotoletta! – . Kate rise, poi si sedette sul bordo del letto guardando Harry dispiaciuta. Lui, accortosi dello sguardo le chiese: - Che devi dirmi? – mentre prendeva il piatto per mangiare.
– Io stasera, finito il turno, parto. Vado con Kevin in Costa Rica per le vacanze di Natale… - . Harry la guardava sorridendo. Sapeva benissimo chi era Kevin: un ragazzo ben piantato, qualche anno in più di Kate e capelli biondi. Era il fidanzato, quasi marito, della ragazza.
- Costa Rica? Ma è un po’ lontana! – esclamò. – E poi non c’è gusto a festeggiare il Natale senza neve. – sorrise lui indicando il panorama innevato dietro alle tende verdi.
- Lo so, ma la famiglia di Kev vive lì. Harry mi dispiace… - . Kate guardava per terra, si sentiva in colpa ad abbandonare il ragazzo che era solo, il periodo di Natale. Sapeva che Harry amava il Natale, ma non lo festeggiava bene da tempo o forse non lo aveva mai festeggiato come si deve.
- Ma Kate! Io starò benissimo qua con Jeff! – sorrise lui sedendosi accanto a lei e iniziando a fare a pezzi la cotoletta.
- Jeff quello della stanza 234? – chiese lei trattenendo una risata.
- Sì lui! – . Entrambi scoppiarono a ridere. Jeff era un uomo di 90 anni, bello arzillo, ma che qualche volta diceva delle cose assurde, che era in ospedale da molto prima di Harry, ma qualche volta lui lo andava a trovare: erano entrambi soli, così si facevano compagnia a vicenda. Harry, però, non aveva mai chiesto nemmeno a Kate perché il signore anziano era lì. Al ragazzo non importava. Importavano solo le partite a burraco fatte all’una di notte, sgattaiolato dalla sua camera, nella stanza 234.
- Sei sicuro, Harold? – chiese lei, poi, tornando seria. Harry annuì circondandola in un abbraccio rassicurante, poi iniziò a mangiare quella cotoletta fatta, quasi, di plastica. 

CORNEEER
Hola a tutti. Sono in ritardo, lo so, ma l'ho fatto apposta perchè giovedì parto e fino al 16 non posso aggiornare, quindi non vi volevo lasciare troppo tempo senza un nuovo capitolo da leggere.
Fatemi sapere cosa ne pensate (non sono mai sicura dei miei capitoli) qua con una bella recensione e su twitter https://twitter.com/niallsblast .
Grazie, inoltre, a tutti coloro che leggono in silenzio, a quelli che recensiscono, a quelli che aggiungono questa mia ff tra le preferite/seguite/ricordate. Mi fa tanto piacere. Grazie ancora xx Lele
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 6
*** Sesto capitolo ***




Our Own Struggle - SESTO CAPITOLO





A Louis era dispiaciuto davvero non riuscire a fare compagnia al ragazzo, ma suo nonno e suo padre erano arrivati in città, avvenimento più unico che raro. Per quanto riguardava il nonno, era contento di vederlo, ma non era lo stesso per quel che riguardava il padre. Il padre non lo aveva accettato, quando a sedici anni gli confidò di provare attrazione verso un suo compagno di classe. Dopo quell’episodio, il moro non lo aveva detto a nessuno tranne al suo migliore amico Niall. Si era anche autoconvinto che non fosse veramente omosessuale, così si era messo con Eleanor, una ragazza superficiale che aveva un disperato bisogno di farsi vedere con un ragazzo, anche se quello era Tomlinson lo sfigato.
Alla madre era sembrata una buona idea invitare anche lui. Louis proprio non capiva: Troy, il padre, aveva sempre trattato male anche Jay, la madre, e come poteva lei riuscire a vederlo in casa sua?
Louis calciò un ciottolo pensieroso, mentre varcava la soglia del viottolo di casa sua dove spiccava la Ferrarigialla del padre. Prima di entrare in casa prese un bel respiro e si autoconvinse che sarebbe tutto stato perfetto.
 
Il pomeriggio passò abbastanza lentamente per Louis, tra chiacchiere, discorsi taglienti con il padre, pranzo, regali e giochi con le sorelle. Per tutto il tempo, però, Louis aveva la mente da un’altra parte: nella camera 221, la stanza di Harry. Si chiedeva perché non riusciva a togliersi il ragazzo dalla testa. Lo conosceva da poco, ma, forse per le fossette, o per quel sorriso coinvolgente, o per il modo di vivere del ragazzo, Louis sentiva che lo stomaco era in subbuglio quando rivedeva nella sua mente la sua immagine. Diede la colpa alla troppa torta fattagli mangiare dalle sorelline minori, per evitare di pensare a cose che gli sembravano davvero impossibili, come quella che poteva essersi innamorato. Iniziò a pensare a Eleanor, a quanto si vedessero poco. ‘Oggi non è neanche venuta.’ ‘Ma se Stan avesse ragione e lei mi tradisse?’ Louis pensò tante cose insieme, ma che scacciò via quando una delle sue sorelle minori lo invitò a giocare a nascondino.
Quando finalmente la parentela varia se ne andò, Louis si rintanò in camera sua e si sdraiò sul letto, stanco morto, si addormentò subito dopo essersi tolto le scarpe.
 
Harry, dall’altra parte della città, dopo aver salutato mille volte una Kate che non smetteva di scusarsi, sdraiato nel suo letto con le coperte che gli coprivano il mento, ci mise un po’ ad addormentarsi, ma alla fine ce la fece anche lui.
La mattina Harry si svegliò di soprassalto, mettendosi seduto di scatto: era grondante di sudore, così come l’intero letto. Un altro dei suoi incubi deliranti, solo che questa volta non poteva chiamare Kate.
- Harry! Hai fatta un brutto sogno? - . Stava sognando o quella era la voce di…
- Louis? Sei tu? – . Doveva essere lui. La sua voce dolce era inconfondibile, ma non riusciva a distinguerlo nel buio che regnava nella stanza.
- Sono io. – affermò lui tranquillamente in piedi accanto al letto di Harry mentre lo guardava. – Va tutto bene. – aggiunse, poi, vedendo che l’amico era affannato.
- Che ci fai qua? – chiese Harry asciugandosi la fronte con una mano.
- Buon Natale, piccolo. - .
- Ah è vero. - . Harry aveva il fiato corto per via dell’incubo e la presenza di Louis che di certo non si aspettava. - Buon Natale anche a te. – sorrise Harry liberandosi dalla coperta che lo stava soffocando.
- Hai programmi per il pranzo? – chiese Louis aprendo leggermente le tende per far passare della luce e vedere così il ragazzo. Harry scosse la testa. – In verità mi vedo con Jeff. – accennò una risata mentre il più grande lo guardava con aria interrogativa. - E’ un signore di novant’anni che sta nella camera 234. – . Louis continuava a guardarlo come un pesce lesso. – Niente, Lou, niente. Non ho programmi. – . Louis era chiaramente confuso, ma disse: - Ti andrebbe di venire a pranzare a casa mia? - .
- Louis, non posso uscire. – rispose Harry con un sorriso amaro.
- Scusa eh, ma te non conosci bene il Tommo! Io faccio miracoli. – accennò un sorriso divertito. – Ho chiesto una specie di permesso e, grazie anche al lavoro di mia mamma, hanno accettato. Tecnicamente puoi venire con me se ti va. - . Harry lo fissava incredulo.
– S-scherzi? – . Louis scosse la testa.
– Però, domani mattina ti devo riportare qua, non puoi stare fuori troppo. Ti porto giusto a passeggio per fare il bisognino. – ridacchiò Louis assieme a Harry.
- No, in qualsiasi modo non voglio disturbare. – disse Harry asciugandosi le ultime gocce di sudore.
- Non disturbi. Questo Natale siamo solo io, mia mamma e le mie sorelle, forse il mio patrigno. Ci farebbe piacere. – sorrise semplicemente Louis.
- Tua mamma, avrà già preparato tutta la tavola, non mi voglio davvero impicciare. – disse Harry facendo tornare alla mente i ricordi della sua infanzia, di sua madre che ci metteva ore a preparare quella tavola e tutte le decorazioni. Erano ricordi un po’ amari, gli mancava sua mamma. Era morta quando Harry aveva 14 anni. Prima vivevano loro due in una casa nel Cheshire. La madre era divorziata e così, quando morì a causa di una malattia, lui fu costretto ad andare ad abitare con suo padre che si era sempre preoccupato di non considerare il figlio. Harry si sentì quasi sollevato quando si ammalò e il padre decise di abbandonarlo nell’ospedale. Le cure gliele pagava, ma stava ben attento dal non andarlo a trovare.
- Un posto in più le farebbe solo piacere. Più gente c’è, più lei è felice. - .
- Non so cosa dire…Non ho neanche qualcosa con cui presentarmi…- . Una cosa che Harry aveva imparato bene dalla madre era che non ci si presentava a casa di qualcuno a mani vuote.
- Harry – iniziò Louis sedendosi accanto al più piccolo. – Natale è stare in compagnia, non regali. Non voglio che tu stia solo. Non farai nessuna fatica, a parte quella di mangiare. – . Harry accennò un sorriso guardando Louis.
- Va bene, vengo. – cedette infine.
- Bravo! Così ti voglio! – . Louis si alzò in piedi di scatto facendo sobbalzare Harry che non si aspettava uno scatto del genere. – Vado a firmare dei moduli, intanto vestiti. – . Harry annuì tristemente guardando il ragazzo moro uscire. Louis non sapeva che il ragazzo più piccolo non riusciva neanche a vestirsi da solo, però era deciso a provarci, così si alzò in piedi lentamente e prese i pantaloni. Non riusciva a stare su una gamba sola senza perdere l’equilibrio, provò a infilarseli sedendosi sul pavimento della camera con la schiena appoggiata al muro.  Dopo numerosi tentativi, Harry, sconfortato, iniziò a piangere. ‘Come posso essermi ridotto a non riuscirmi neanche e infilare dei pantaloni?’. Nascose la faccia tra le mani continuando a singhiozzare. Harry da quando si era ammalato aveva perso molte energie e, forse, era la cosa che più odiava.
Louis, dopo aver firmato tutti i moduli necessari e dopo le raccomandazioni dei medici, tornò nella camera spalancando la porta, mentre finiva di inviare il messaggio alla madre di conferma. Il giorno prima, infatti, Louis aveva pregato la mamma di poterlo invitare a pranzo e di convincere i medici. Lei aveva acconsentito, un po’ orgogliosa del figlio che si era dimostrato maturo e davvero molto buono. L’unica paura della donna era che il figlio si affezionasse troppo, lei lavorando in ospedale ne sentiva tante di cose e sapeva come sarebbe andata a finire e non voleva vedere il figlio ricadere in depressione, dopo quello che era accaduto con il padre, però doveva ammettere che Louis parlava spesso di Harry, da quando lo aveva incontrato, ed era stranamente allegro quando lo faceva; e aveva pensato che infondo avrebbe fatto bene sia a Harry che a suo figlio, passare il Natale insieme.
 
Louis si accorse dei singhiozzi persistenti del ragazzo più piccolo. – Harry? – . Lo cercò con lo sguardo. Il ragazzo più piccolo non disse niente, pensava che Louis ci avrebbe messo di più a tornare e perciò era convinto di riuscire a smettere di piangere prima che rientrasse, ma sentire lo sguardo del moro su di sé lo metteva a disagio. - Harry. – . Louis corse in soccorso dell’amico raggomitolato per terra, scosso dai numerosi singhiozzi. – Che è successo? – chiese con il cuore a mille dalla preoccupazione. Harry ci metteva del suo a far preoccupare il ragazzo non rispondendo, e teneva gli occhi bassi continuando a piangere. – Harry, devo chiamare qualcuno? –  chiese Louis al massimo della preoccupazione, mentre aveva raggiunto Harry e gli aveva messo una mano sulla spalla. Harry scosse la testa lentamente tirando su con il naso. ‘Se non ha bisogno di un dottore non si è sentito male, no?’ cercò di autoconvincersi il moro. Louis si sedette accanto al ragazzo tirandolo a sé e abbracciandolo. – Ci sono io adesso. Che succede Harry? Ti prego dimmelo, mi fa stare male vederti così. – . Louis gli asciugò le guance umide con i pollici. – Ehy, fammi un sorriso, piccolo. – . Harry lo guardò negli occhi rapito dall’intensità di quel blu. – Apriti con me, Harry. Io non ti abbandono. – continuò Louis, sapendo bene che non lo avrebbe veramente lasciato solo.
A quelle parole Harry sentì qualcosa allo stomaco, qualcosa che mai aveva provato prima. ‘Amore.’ pensò lui. Sì, lui si fidava di Louis, però per il più piccolo era facile fidarsi degli altri, si era sempre fidato degli altri.
– Non – fece una pausa guardando i pantaloni e indicandoli con un gesto della mano. – non riesco a mettermi dei fottuti pantaloni da solo. – disse Harry tutto d’un fiato evitando lo sguardo di Louis, perchè era una cosa che davvero lo imbarazzava molto a 16 anni non riuscire a vestirsi.
- Non ti devi imbarazzare piccolo. È normale. – disse Louis accarezzandogli la guancia ancora umida di lacrime.
- Non dirlo a nessuno. Per favore. – disse Harry implorante guardandolo negli occhi. ‘Potrei perdermici’ pensò Louis studiando le iridi tristi di Harry. – Promesso, piccolo. E adesso vieni qua. – gli porse la mano che Harry timidamente strinse. Louis sentiva la mano fredda di Harry fargli il solletico. Harry sentiva la mano calda del moro tenerlo con forza, ma non riusciva a stringere forte come lui. ‘Sarà il caso di uscire? Fuori nevica pure…’ pensò mentre si alzava in piedi con l’aiuto di Louis.
- Ti aiuto io. – disse semplicemente Louis raccogliendo i pantaloni da terra e mettendosi il braccio del piccolo attorno al collo, per poi piegarsi. Harry si lasciò cullare dai movimenti dolci e premurosi che il ragazzo gli riservava, e infilò entrambi i piedi nei pantaloni appoggiando il peso su Louis che era curvo ai suoi piedi. Poi Louis tornò in posizione eretta trascinando l’elastico dei pantaloni fin su. Harry sentiva le dita calde di Louis solleticargli le gambe fredde e rabbrividì cercando di non farsi notare. Erano davvero vicini, con Louis che praticamente lo abbracciava mentre gli sistemava l’elastico dietro. Louis sentiva l’odore di pino del ragazzo e, ancora una volta, provò quella strana sensazione allo stomaco.
- Grazie. – sussurrò Harry abbassando la testa verso la chiusura dei pantaloni dove stava armeggiando con le mani. Louis sorrise, poi gli passò la maglia.
- Questa ce la faccio. – accennò un sorriso Harry, quindi Louis si allontanò un poco dal corpo di Harry, ma continuando a sostenerlo mentre questo si metteva la maglia. ‘Che bel petto’ si sorprese Louis a pensare. Non erano pensieri che doveva fare. No.
- Sono pronto. – concluse Harry risvegliando dai pensieri Louis. Harry si era già messo anche la giacca, il suo solito beanie e la sciarpa. Louis annuì e si vestì, pronto per affrontare la neve.
- Ce la fai a camminare? – chiese Louis guardando Harry che subito annuì. – Ok, andiamo allora. – . Louis gli aprì la porta e Harry uscì dalla camera lentamente, fermandosi ad aspettare Louis.
 
- Aspettiamo mia mamma che finisce tra cinque minuti il turno e poi lei ci porta a casa. – comunicò Louis appoggiato al muro del reparto neonatale, mentre guardava Harry accovacciato su una sedia.
- Sì sì, non ti preoccupare. – sorrise semplicemente in risposta Harry, allungandosi sul tavolino basso di fronte a lui per prendere una rivista.
- Louis! – . Una voce squillante, molto simile a quella del moro, rimbombava per il corridoio dell’ospedale. Louis si girò di scatto salutando con la mano una signora che gli stava andando incontro affannata.
- Mamma! – esclamò lui, poi si girò verso Harry. – Adesso andiamo. – disse e gli regalò un sorriso.
Intanto la madre di Louis li aveva raggiunti. – Piacere, sono Johannah, chiamami Jay. – disse lei sorridendo porgendo la mano al ragazzo seduto. – Piacere. Sono Harold, ma mi chiami Harry. – disse Harry stringendole la mano. Restò esterrefatto quando la signora scosse la testa energicamente. ‘Merda. Ho fatto una brutta impressione. Sarà per il mio aspetto.’ pensò Harry che aveva dei grossi problemi ad accettare le pesanti occhiaie e il corpo così magro.
- Harry, per favore, dammi del tu che altrimenti mi sento vecchi decrepita. – sorrise la signora. Harry, si illuminò in volto chiaramente sollevato e sorrise. 


CORNEEEER
Hola chicos! Sono tornata ieri a pranzo dalla Spagna e spero di esservi mancata, o perlomeno che Our Own Struggle vi sia mancata.
Eccoci con un nuovo capitolo! Yeee! Devo dire che sono abbastanza gasata per questo capitolo. Si incomincia anche a leggere qualcosa sul passato di Louis, ma....secondo voi come sarà la giornata di Natale? Lo saprete tra una settimana MUAHAHAHAHAH
Btw vorrei ringraziare quelle persone stupende che aggiungono la mia cacca di ff tra le preferite/ricordate/seguite e quelle che recensiscono. Anveuinui mi riempie di felicità vedervi attivi. Un grazie immenso a voi e un grazie poco più piccolo ai timidoni che leggono senza dire nulla HAHAHA vi voglio bene lo stesso.
Vi ricordo il banner (che ancora non riesco ad aggiungere uff): http://niallsblast.tumblr.com/image/54832751164 e il mio twitter: https://twitter.com/niallsblast  dove potete scrivermi xx A presto!
P.s: presto farò una nuova grafica per la storia :)
 

TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 7
*** Settimo capitolo ***




Our Own Struggle - SETTIMO CAPITOLO






- Prego, entra pure. – disse Louis appoggiando una mano sulla schiena di Harry che stava entrando nella casa Tomlinson timidamente. La casa era calda, confronto al gelo esterno, e Harry, appena entrato, notò subito un piccolo camino acceso nel salotto accanto. Subito all’entrata c’era un attaccapanni dove i tre lasciarono le sciarpe e le giacca e Jay anche il berretto. ‘Lou è davvero bellissimo con quel beanie’ pensò Harry sorridendo e osservando il viso del ragazzo che si stava scrollando di dosso gli ultimi fiocchi di neve rimasti sul suo maglione.
- Andiamo su in camera mia che ci rilassiamo mentre le mie sorelle tornano e mia mamma prepara. – disse Louis indicandogli le scale.
- Ma forse tua mamma ha bisogno di aiuto. – disse Harry dirigendosi in cucina o in quella che doveva essere, perché Jay ci era appena sparita dentro.
- Harry, stai scherzando?! Andate su voi due! – disse Jay prendendo Harry per le spalle e spingendolo fuori dalla cucina. Louis sorrise e salì in camera sua guidando con una mano sulla schiena Harry che gli camminava poco più avanti.
– Lì ci sono le stanze delle mie sorelle. – disse indicando tre stanze con le porte socchiuse, mentre Harry catturava ogni minimo particolare della casa.
Entrati nella camera di Louis, il moro chiuse la porta e guardò Harry. – Siediti un po’. – disse spostando dei vestiti dal letto a una sedia per fare spazio a Harry. - Scusa per la confusione. – aggiunse poi, imbarazzato. – Tutto ok, piccolo? – chiese notando il ragazzo spaesato.
- Sì mi gira solo un po’ la testa. Sai, sono due anni che non esco dall’ospedale. – rispose lui accennando un sorriso. Allora Louis si sedette sul letto con la schiena appoggiata alla testata e le gambe distese, invitando con una mano Harry a fare lo stesso.
- Come è comodo. – sorrise Harry molleggiandosi sul letto mentre si metteva accanto all’amico.
- Stasera dormi qua sopra, inizia a familiarizzare con Etto. – . Harry accennò una risata.
– Etto? - . Louis stava annuendo.
- Etto il letto. – rise in risposta. ‘Quel sorriso.’ pensò Harry con un tuffo al cuore. - Dopo cambio le lenzuola. - . Harry scosse la testa.
– No no! Io sto sul divano. Disturbo già troppo a pranzo. – Louis rise.
– Mia mamma non te lo permetterà. – . Poi alzò le spalle e prese il suo iPod. - Ti va di ascoltare un po’ di musica? – chiese guardando Harry.
- Sì, molto. – sorrise Harry entusiasta mentre l’amico gli porgeva una cuffia che Harry si mise nell’orecchio.
 
Got the news today 
But they said I had to stay 
A little bit longer and I'd be fine 
When I thought it'd all be done 
When I thought it'd all been said 
A little bit longer and I'll be fine. 
But you don't know what you got 'til it's gone 
And you don't know what it's like to feel so low 
And every time you smile or laugh you glow 
You don't even know, know, know. 
You don't even know. 

All this time moves by 
Still no reason why 
A little bit longer and I'll be fine. 
Waiting' on a cure 
But none of them are sure 
A little bit longer and I'll be fine 
But you don't know what you got 'til it's gone 
You don't know what its like to feel so low. 
And every time you smile or laugh you glow 
You don't even know, know, know. 
You don't even know, know, know. 
You don't even know, no. 

And you don't know what you got 'til it's gone. 
Don't know what it's like to feel so low, yeah! 
And every time you smile or laugh you glow, 
You don't even know! yeah! whoa! 

So I'll wait 'til kingdom come. 
All the highs and lows are gone. 
A little bit longer and I'll be fine. 
I'll be...fine



 
- Sei sdolcinato, Boo! – lo pingolò sorridendo Harry, spingendo leggermente il più grande con una mano.
- E’ il tuo effetto, Styles! – . Louis stava ridendo. Harry si fermò un attimo.
– Non mi hai mai chiamato ‘Styles’. Come conosci il mio cognome? – osservò tornando a sorridere. – Stalkeri per caso?! – aggiunse guardandolo divertito.
- Lou! – si sentì urlare dalle scale mentre dei passi veloci si facevano pesanti e vicini.
- Sono le mie sorelline. Aspetta qua. – disse Louis alzandosi per poi uscire chiudendosi dietro la porta. Harry fissava la porta in silenzio, attendendo il ritorno del moro, mentre un chiacchiericcio animato composto da Louis e altre voci femminili, riempivano il corridoio del piano superiore della casetta inglese.
Le sorelle minori di Louis gli si addossarono tutte e quattro insieme, facendolo vacillare.
– Ragazze! Buon Natale! – esclamò lui sorpreso dalla festa che avevano riservato per lui. Sì, le sue sorelline lo adoravano, lui lo sapeva, ma erano stranamente calorose quel giorno.
- Anche a te! – urlarono in risposta.
- Abbiamo preso l’arrosto con papà! – iniziò una delle gemelle.
- Sì e abbiamo incontrato la signora Buckett. – continuò l’altra.
- Wow quante cose, piccole! Adesso vi chiedo un favore, però. – iniziò lui accovacciandosi per mettersi al pari delle piccole, creando una strana reazione di calma da parte delle sorelle che erano sempre allegre e saltavano da una parte e l’altra della casa. – Di là c’è un mio amico. Vi chiedo di non assillarlo con le vostre richieste, non saltategli addosso. - . Le bimbe lo stavano fissando come sempre: rapite dallo sguardo serio, ma dolce, del fratellone. – E’ una cosa per vere bimbe grandi. Me lo promettete? – concluse Louis mettendo la mano avanti con il palmo in alto.
- Sì. – dissero in coro le sorelle entusiaste per questo che per loro era un grande incarico, mettendo una a una, una mano su quella del fratello.
- Grazie mille, piccole. Adesso andate a cambiarvi, dai che tra poco si pranza. – annunciò Louis alzandosi. Le sorelle corsero nelle loro camere, così lui tornò nella sua.
- Eccomi! – esclamò sorridendo Louis e lanciando uno sguardo a Harry che non si era mosso di un millimetro. Harry gli sorrise e lo invitò a sedersi come qualche minuto prima, accanto a lui. - Dopo ti faccio conoscere la banda. – aggiunse Louis accomodandosi accanto a Harry.
Il piccolo aveva la testa appoggiata alla spalla del più grande che gli accarezzava la guancia, quando il telefonò di Louis squillò.
- Pronto? – fece Louis sistemandosi il ciuffo in un modo che Harry trovò adorabile. – Ah ciao El… Auguri anche a te. Sì, io tutto bene, ho immaginato eh. Domani poi ti devo chiamare, però. Dobbiamo parlare. No nulla di importante, tranquilla. Ok ciao. - . Harry guardava l’amico confuso.
- La mia ragazza… - disse Louis rispondendo allo sguardo confuso del ragazzo che trasalì. Una ragazza? Ovviamente non poteva negare l’attrazione che provava per Louis, ma se era impegnato..?
- Quindi sei fidanzato! – esclamò Harry fingendosi contento.
- E’ complicato, credo. Non ci vediamo molto, in realtà. E litighiamo spesso. Niall dice che mi tradisce. Sai, lei lavora come modella ed è sempre in giro per il mondo. – disse Louis svuotandosi del peso di quelle parole e sentendosi sollevato, non aveva mai accettato che quelle insinuazioni potessero essere reali, ma l’idea di essere tradito cominciava a farsi concreta nella sua testa, anche se dentro di sè sapeva che era attratto dai maschi.
- Ragazzi! A tavola! – urlò Jay dal piano inferiore.
- Andiamo! – disse Louis completamente cambiando faccia. – E’ ora di mangiare! – aggiunse con un sorriso.
Entrambi scesero al piano inferiore, nel grande salone, dove le sorelle più piccole saltellavano intorno alla madre di Louis che stava già portando il cibo in tavola.
- Piacere, sono Mark, il patrigno di Louis. – si presentò a Harry stringendogli la mano. Un uomo alto con gli occhiali, sulla quarantina. Louis teneva un braccio attorno alle spalle dell’uomo.
- Ma è come un papà per me. È molto modesto. - . Louis e il patrigno sorridevano.
- Harry. – disse timidamente il ragazzo.
- Tu sei l’amico di Lou? – chiese, soprendendolo, una delle gemelle guardandolo dal basso. Harry sorrise e annuì, quindi la bimba, che lui notò avere una gemella, scappò da una ragazza che doveva essere sua sorella e le bisbigliò qualcosa. Poi la più grande si avvicinò timidamente al ragazzo, che stava scambiando due chiacchiere con Mark, e si presentò anche lei. – Io sono Lottie. Lei è Fizzy, - disse indicando una ragazza seduta sul divano che messaggiava. - mentre le due gemelle sono Daisy e Phoebe. – concluse indicando due bimbe, una delle quali era la bimba di prima, che saltellavano intorno a Fizzy. La stanza pullulava di aria di famiglia e a Harry piaceva molto: piaceva l’armonia tra tutte quelle persone così simili tra di loro e si sentiva come in un film americano, ogni cosa era perfetta. Aveva sempre amato la famiglia, anche se non ne aveva mai avuta una vera e propria.
- Vieni sediamoci. - . Louis lo trascinò via, mettendogli una mano sulla schiena, verso due sedie di legno alla destra della grande tavola imbandita di cibo, decorazioni e vettovaglie. Harry si ritrovò a sedere in mezzo a Louis, alla sua sinistra, e a Lottie, alla sua destra, di fronte aveva le gemelline che lo guardavano incuriosite con dei gran occhioni azzurri. Harry a quelle occhiate abbassava lo sguardo, imbarazzato. Era sempre stato un timidone.
- Tutto bene? – si assicurò Louis appoggiando una mano sulla coscia del più piccolo, mentre rivolgeva i suoi occhi blu a quelli verdi del più piccolo. Harry rabbrividì a quel contatto e sorrise.
- Tutto fantastico, Lou. Io non so come ringraziarvi. - .
- Mangia e se hai bisogno, non esitare a chiedere a me. - . Louis si aggiustò il ciuffo che sbucava dal berretto facendo sorridere Harry, quasi incantato dal gesto leggero della mano di Occhi blu che spostava quei capelli che parevano molto morbidi.
- Allora buon appetito! – esclamò Jay con voce squillante, sovrastando il chiacchiericcio persistente dei partecipanti al pranzo.
 
Alle tre del pomeriggio erano ancora a tavola che finivano di mangiare l’arrosto. Con suo stupore, Harry aveva mangiato tutto quello offertogli, il che era davvero tanto e gli era parso tutto delizioso, ma adesso sentiva chiaramente lo stomaco che rifiutava tutto quel buon cibo. Si sentiva la testa leggermente girare e si sentiva piano piano sempre più distaccato dal mondo, si sentiva distante. Poi iniziarono i conati. Harry cercò di nasconderli bene, in fondo erano abbastanza sopportabili, non voleva che Johannah pensasse che non gli fosse piaciuto tutto quel cibo.
 
La mamma di Louis e il patrigno stavano chiacchierando animatamente assieme al figlio, mentre le sorelle maggiori, Fizzy e Lottie, discutevano di ragazzi, e le due gemelle correvano intorno alla tavola giocando ad acchiapparella. Lottie, però, lanciava continui sguardi a Harry, ormai accortasi degli impulsi a vomitare del ragazzo che le stava accanto, e quelle occhiate infastidivano molto il ragazzo che teneva le mani sudate sul grembo.
- Ehm… Vado un attimo in bagno. – annunciò Harry, dopo preso coraggio di interrompere le discussioni dei partecipanti al pranzo. Per una persona così timida era una grande fatica.
Louis lanciò uno sguardo a Harry che abbassò velocemente il suo, preoccupato che, in qualche strano modo, Louis potesse capire. I conati erano diventati insopportabili adesso. Harry si alzò con decisione dalla sedia evitando gli sguardi veloci dei presenti che ripresero quasi immediatamente le loro discussioni, tranne Louis che non era sicuro stesse bene, e che lo seguiva con lo sguardo.
 
Harry a passo svelto trovò il bagno al bagno superiore e ci si chiuse dentro. Subito si chinò sul gabinetto e iniziò a vomitare tutto il cibo. Non riusciva più a smettere, gli addominali per lo sforzo gli facevano male, un male lancinante, insopportabile. Ancora una volta, preso dallo sconforto, iniziò a piangere pentendosi perfino di aver accettato l’invito a pranzo. Gli sembrava tutto sbagliato in lui e nella sua vita. Perché non poteva avere anche lui una famiglia perfetta? Perché alla fine doveva vomitare sempre? Non era bulimico, semplicemente il suo stomaco rifiutava la maggior parte del cibo.
Louis bussò preoccupato alla porta del bagno. – Harry, stai bene? - . ‘No, cazzo.’ pensò immediatamente Harry che non voleva che Louis lo vedesse in quello stato.
– Sì tutto – ma non riuscì a finire la frase che vomitò ancora con un gemito dovuto al dolore. A quel punto il più grande, senza scrupoli, entrò con decisione nel bagno. Quello che vide lo fece trasalire: il piccolo piegato in due sul gabinetto che singhiozzava, chiaramente distrutto sia dal pianto che dai conati; del viso vedeva solo il profilo, ma la luce che penetrava dalla finestra, mostrò quanto era pallido.
Subito gli si avvicinò mettendo le mani sulle spalle magre del più piccolo, poi si chinò dietro di lui e lo abbracciò. – Va tutto bene, piccolo. Adesso ci sono io. – gli sussurrò, poi si alzò e chiuse la porta del bagno a chiave. Sapeva che in quella casa la privacy era pari a zero. Quindi tornò ad abbracciare Harry che si calmò un po’ lasciandosi andare nelle braccia del moro. Louis gli stampò un bacio appena dietro all’orecchio facendolo rabbrividire ancora una volta, poi appoggiò la testa sulla spalla del piccolo il quale lasciò andare, a sua volta, la testa sulla quella del moro. Restarono in silenzio per vari minuti, Louis riusciva a sentire le contrazioni di Harry a ogni conato, ma man mano svanirono, per il sollievo di entrambi. Restarono ancora in silenzio, un silenzio non fastidioso, un silenzio pieno di significato per Louis e un silenzio che impauriva Harry.
- Boo – singhiozzò Harry. - io non ce la faccio più. Ho preso una decisione: smetto la cura. Non ho più voglia di lottare e non ho un motivo per farlo. Hai davvero una bella famiglia, io no. Se anche guarissi non saprei dove andare. Sono magro come una giraffa, mi faccio schifo da solo, figurati alle persone. Io – Louis l’aveva lasciato sfogare, ma era davvero troppo, così gli tappò la bocca con una mano.
- Smettila di blaterare Harry. - . Louis lo fece girare in modo da guardarlo dritto negli occhi. – Non sei solo. Io mi prenderò cura di te. - . Harry stava scuotendo la testa abbassata.
– No, Louis. Questa cosa è più grande di te. È la mia battaglia e voglio arrendermi. - .
- Harry a me non spaventa aiutarti. Non ho paura di starti accanto. Sarà anche la tua battaglia, ma non è una battaglia se non ci si allea. - . Harry sorrise leggermente per la specie di metafora dell’amico. Louis gli alzò la testa dolcemente con una mano sotto al mento costringendolo a regalargli uno sguardo. – Combattiamo insieme, piccolo. – concluse dolcemente. Harry annuì con gli occhi pieni di lacrime: aveva trovato un amico, sentiva una forza addosso da spaccare il mondo, benché si stesse quasi addormentando dalla stanchezza; era la forza di Louis.
- Louis! Harry! C’è il dolce! – chiamarono dal piano inferiore. Il cuore di Harry iniziò a battere forte, era anemico per via della malattia, ma, in realtà, aveva paura a mangiare, aveva paura di vomitare ancora, però Louis glielo lesse in faccia e gli asciugò le lacrime con il dorso della mano.
- Che ne dici se ti sdrai un po’? Starò lì con te. Il dolce ce lo mangiamo stasera magari. - . Harry annuì, quindi Louis si alzò, gli prese la mano e aiutò l’amico a fare lo stesso, poi il più piccolo si sciacquò la bocca mentre Louis tirava l’acqua del gabinetto.
 
- Mamma vieni un secondo? – disse Louis avvicinandosi alla madre che stava facendo le porzioni del dolce nel salotto, mentre l’intera famiglia lo stava fissando e Harry era già in camera del più grande.
- Servile tu le ragazze, Mark. – disse lei seguendo il figlio in cucina. – Dimmi tutto. Harry sta bene? – chiese lei una volta in cucina.
- Ha vomitato un bel po’… Adesso sta riposando in camera mia. – . Jay si preoccupò subito, da buona dottoressa.
– Sarà anche disidratato. Portagli un po’ di tè temperatura ambiente e mettici tanto zucchero. Anzi, te lo faccio io il tè, tu vai da lui. – disse lei iniziando a mettere sul fuoco dell’acqua e mandando via il ragazzo dalla cucina.
- Grazie mamma. - . Louis si girò e vide un grande sorriso sul volto della madre. 


CORNEER
Eccomi qua, in ritardo di un solo giorno, ad aggiornare e sono un po' emozionata perchè questo è un capitolo estemamente importante per la storia.
Grazie a chi continua a recensire e per quelli che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti/ricordati/seguiti. Lo apprezzo molto e siete voi che continuate a mandare avanti la storia. Grazie anche ai timidoni che leggono in silenzio.
Allora che dire, fatemi sapere cosa ne pensate con una bella recensione qua sotto :)
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 8
*** Ottavo capitolo ***



Our Own Struggle - OTTAVO CAPITOLO




Quando tornò nella sua camera, Louis trovò Harry rannicchiato sul piccolo divano che dormiva profondamente, con la testa nascosta nel bracciolo. A quella vista il più grande sorrise, sperando di aver trovato le parole giuste per spingerlo a lottare ancora, qualche decina di minuti prima, in bagno.
Decise di sedersi sul letto a sfogliare una rivista di musica aspettando sua madre, ma non riusciva veramente a concentrarsi su di essa, perché attratto da quella figura indifesa addormentata sul suo divano. Era così perfetto. Un’espressione rilassata, le mani giunte appoggiate sotto, tra la guancia e il bracciolo, il respiro regolare e le labbra socchiuse. Quelle labbra, non troppo sottili, ma neanche carnose: perfette. Poi Louis venne distratto dallo squillare del suo iPhone.
- Pronto? – bisbigliò una volta acchiappato il cellulare. – Sì, ciao Eleanor. - . Il ragazzo uscì dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle e restando in corridoio per non svegliare il più piccolo con la sua voce.
– Ma… Me lo dici così, adesso? E da quanto? - . Una piccola pausa in cui Louis ascoltò la voce dall’altra parte e: - Ma fottiti! - . Louis chiuse la chiamata e spense il telefono arrabbiato come mai. ‘Troia.’ fu il suo unico pensiero, ma poi decise che non doveva pensare a Eleanor il giorno di Natale, aveva passato diversi anni a sprecare tempo ad autoconvincersi che fosse etero ed essere tristi per il tradimento di Eleanor era una cosa davvero stupida; così tornò in camera e si sedette per terra, accanto al divano, ritrovando subito la pace interiore. Sentiva il respiro di Harry solleticargli regolarmente la guancia e stranamente gli piaceva.
- Tesoro, ho portato il tè. – sussurrò Jay entrando con una tazza in mano. Era la tazza preferita di Louis: quella con un orsacchiotto che dormiva nella notte.
- Grazie mamma. – sorrise dolcemente Louis. Jay appoggiò la tazza di tè sulla scrivania del figlio e si sedette accanto a lui.
- Hai la faccia distrutta, amore. – notò lei spostandogli il ciuffo di capelli dall’occhio.
- Mi ha distrutto vederlo così, in più Eleanor mi ha lasciato. Mi tradiva. - . Louis scosse la testa tristemente e la madre lo abbracciò. Non amava vedere i suoi occhi sempre così pieni di euforia e speranza, così tristi e malinconici. Louis affondò il viso nella sua spalla sentendosi meglio, riconoscendo il profumo di casa.
- Non ti meritava, amore. Non starci troppo male, dai. - . In quel momento furono interrotti da dei versi che provenivano da Harry. Entrambi girarono la testa di scatto verso il più piccolo, preoccupati stesse male, ma lui stava semplicemente dormendo e sognando.
- Sai, mamma. Io… Non so… Ho paura. Insomma, sono attratto da Harry, credo. Non avevo mai pensato a un ragazzo nel modo in cui penso a lui. Mi era capitato di pensare ai ragazzi in quel modo, ma Harry mi manda letteralmente in palla. – sussurrò con voce tremante mentre teneva lo sguardo basso e si torturava le mani.
- Oh amore non devi aver paura. È una cosa meravigliosa. Io sono così fiera di te. Stai dimostrando una grande maturità, Lou. Il modo in cui ti prendi cura di un ragazzo malato che fino a una settimana fa era uno sconosciuto e adesso confessandomi questa cosa così personale… Forse in vita tua non te l’ho ripetuto molto, ma sono davvero fiera di te. – disse lei accarezzandogli la guancia.
- Ma non ne sono sicuro… Sono così confuso. - . Louis voltò lo sguardo verso l’amico.
- Amore, ricordati una cosa: non importa il sesso di chi ami. Importa come ti tratta quella persona, cosa provi, come ti fa sentire. Sappi che noi ti saremo sempre accanto. Te lo prometto, tesoro. - . Lei lo circondò in un abbraccio rassicurante. Louis voleva davvero tanto bene a sua mamma, al contrario di quel che provava per il padre. Era contento che le sue sorelle avessero un padre come Mark e non come il suo.
- Grazie mamma. - . In quel momento Harry si mosse svegliandosi.
- Harry! – sorrise Johannah staccatasi dall’abbraccio, alzandosi per avvicinarsi al ragazzo che li guardava con la faccia ancora totalmente addormentata e gli occhi ancora rossi e gonfi per le lacrime versate. Jay gli mise una mano sulla fronte. – Sei un po’ caldo, forse hai qualche tacca di febbre. Ti ho fatto del tè. – disse lei mettendogli in mano la tazza che aveva raccolto dalla scrivania. Louis sorrise. Ormai era la terza volta che lo vedeva svegliarsi e ogni volta gli scatenava qualcosa nello stomaco.
- Grazie. – mormorò lui con la voce impastata, prendendo cingendo le sue mani alla tazza per scaldarsi, ma notò con delusione che era mezza fredda. Aveva i brividi di freddo e stava leggermente tremando.
- Vado a vedere se ho qualcosa per farti stare meglio. – disse Jay uscendo dalla camera. Louis e Harry la guardarono scomparire dietro alla porta marrone della camera. Poi il più piccolo rivolse tutte le attenzioni alla tazza di tè, mentre il più grande le rivolgeva solo al più piccolo.
– Come ti senti? – gli chiese.
- Ho un po’ freddo…- rispose Harry con i brividi che gli percorrevano la schiena. Louis scattò velocemente in piedi e iniziò a girare per la camera come una trottola, aprendo armadi e cassetti.
- Che fai Boo? – chiese curioso Harry accennando una risata mentre guardava l’amico piegato sotto al letto con il sedere in fuori.
- Ti cerco una coperta. - . Harry gli tirò scherzosamente un cuscino.
– Ma smettila! A me non serve. – disse ridendo. Louis si girò di scatto beandosi della bellissima risata di Harry che ancora non aveva sentito. Probabilmente Louis lo stava fissando perchè il minore aveva smesso di ridere e ora lo guardava in modo strano. – Tutto bene, Lou? - . Il maggiore annuì con veemenza.
- Non ti avevo mai sentito ridere. Hai una bellissima risata. – sorrise a un Harry che stava abbassando lo sguardo. Poi il più grande gli porse la coperta con cui dormiva solitamente. - Tieni questa piccolo. – disse porgendogli la coperta grigia che poco prima era stesa sul letto. Harry sentiva con sua grande felicità l’odore di Louis intriso nella stoffa e ci si coprì dopo aver appoggiato il tè per terra. Poi Louis gli si avvicinò pericolosamente. – Piccolo, non ci provare più ad aggredirmi con un cuscino o ne pagherai le conseguenze! – disse Louis con tono scherzoso di sfida.
- Tipo? – lo provocò Harry. Louis a quelle parole iniziò a fargli il solletico ritrovandosi sopra al più piccolo, ma senza schiacciarlo, ci stava attento. Harry rideva di gusto. – Smettila ti prego! - . Harry afferrò con decisione i polsi di Louis facendolo smettere di torturarlo. Smisero di ridere e si scambiarono uno sguardo profondo, pochi centimetri staccavano i loro visi sbarbati. Louis si liberò dalla presa e intrecciò le dita con quelle di Harry. Entrambi sentivano lo stomaco sobbalzare e i brividi percorrer loro le schiene, erano più simili di quanto potesse sembrare.
Harry si morse il labbro inferiore per il nervosismo, ingenuamente desiderava succedesse qualcosa, ma Louis lo liquidò con un sorriso sornione mentre allontanava il suo viso. Harry spostò le gambe rannicchiandosele al petto per far spazio sul divanetto a Louis che si sedette ai piedi del ragazzo. Harry stese, poi, le gambe sottili sulle ginocchia del moro e bevve un sorso di tè. Louis lo fissava divertito.
- Allora, ho trovato solo queste pasticche. - . Jay entrò nella camera inondandola con la sua voce squillante, mentre porgeva a Harry una scatoletta. – Non so a cosa sei allergico, però. In più non so come sono messi il tuo fegato e i reni perciò credo sia meglio se non ti dò nulla. – concluse Jay avvolgendosi il cardigan al ventre mentre guardava Harry, in piedi accanto a lui. Il ragazzo non sapeva cosa dire, in ospedale prendeva quel che gli davano. - Finisci il tè che ti dà energia, Harry. – aggiunse Jay con fare sbrigativo che Harry male interpretò. Pensava che si stesse spazientendo di prendersi cura di lui il giorno di Natale, invece era Jay ad essere sempre un po’ scorbutica, ma comunque molto buona.
- Adesso io vado. Si è fatto tardi ed è stata una giornata lunga. – disse Harry togliendosi di dosso la coperta per poi alzarsi. – Grazie di tutto. Sono stato un peso, scusate. Non avrei dovuto neanche prenderla in considerazione questa ipotesi. – finì Harry che si trovava adesso in piedi accanto alla signora. Louis lo prese stretto per un polso per non farlo scappare.
– No tu rimani. – . Sembrava quasi una minaccia, pensò Harry immediatamente.
- Io non ti lascio mica tornare in ospedale senza che tu abbia provato il nostro nuovo robot da cucina, ragazzo. – disse Jay alludendo a uno scatolone esageratamente ingombrante nella cucina Tomlinson mentre puntava il dito sul petto del ragazzo che si mise a ridere imbarazzato insieme a Louis che li guardava da seduto. – Dai risiediti. Ci fa solo piacere averti qua. – concluse poi con un sorriso dolce sulla faccia mentre Louis aveva attirato a sé il ragazzo, tirandolo dal polso e facendolo così sedere su di sé. Harry capì allora di avere interpretato male la donna, infatti quella famiglia aveva il magico potere di far sentire le persone a proprio agio in qualsiasi situazione.
- Vado giù a vedere che combinano. Se avete bisogno, non esitate a chiamare. - . Jay uscì sorridendo dalla stanza, lasciando i due ragazzi da soli.
- Io ho sonno. – bisbigliò Louis all’orecchio di Harry che era pericolosamente vicino.
- Anche io un po’. – replicò lui sorridendo.
- Dormiamo? - . Harry si alzò e gli prese la mano per poi trascinarlo sul letto con lui. Si stesero uno accanto all’altro guardando il soffitto.
- Cosa vorresti fare come lavoro, Lou? – gli chiese il più piccolo rompendo il silenzio.
- Amo cantare. – rispose timidamente iniziando a giocare nervosamente con un braccialetto del ragazzo accanto a lui.
- Anche io. - si confidò Harry osservando le dita affusolate che torturavano il suo braccialetto. - E stai studiando per diventarlo? – chiese Harry con gli occhi che gli si chiudevano.
- No, vado solo a scuola per ora. – rispose Louis accennando una risata un po’ delusa. Avrebbe preferito partecipare a qualche provino o a una scuola di canto invece che doversi studiare filosofia.
Sentiva il respiro regolare di Harry che lentamente gli era sceso sulla sua spalla. Si alzò leggermente con il busto e lanciò uno sguardo al ragazzo. Sorrise. Stava dormendo, così anche Louis decise di abbandonarsi al sonno.


CORNEEER
Eccomi tornata yeee
Adesso vi racconto una cosa che non vi interessa: menter stavo rileggendo questo capitolo e apportando le ultime modifiche mio padre mi chiama e parla di pizze, io intanto chiudo Word e al posto di spingere "annulla" spingo "no". Insomma, era andato tutto nel cestino. Solo i miei vicini sanno quanto mi sono arrabbiata.
VORREI METTERE IN CHIARO CHE NON PENSO IN ALCUN MODO CHE ELEANOR SIA UNA TROIA. Può non starmi simpatica o come volete, ma non penso sia una troia e non voglio rovinarle l'immagine. Questa FF è solo a scopo di svago, non prendete tutto alla lettera.
Allora.. questo capitolo non mi piace, come tutta la mia storia, in realtà, però non avevo voglia di tenerla nel mio computer e volevo dei pareri, così qualche tempo fa ho deciso di pubblicarla, sebbene non ne sia convinta.
Ancora una volta ringrazio chi aggiunge OOS nelle preferite/seguite/ricordate, chi recensisce (mi piace un sacco leggerle vnjfkv) e chi legge in silenzio.

Se siete arrivati a leggere fin qua, complimenti! Chiedetemi con una recensione un biscotto come premietto e lo avrete lol


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Capitolo 9
*** Nono capitolo ***



Our Own Struggle - NONO CAPITOLO




Harry si era svegliato ormai già da una mezz’ora con la testa sempre sulla spalla dell’altro, ma non osava muoversi, perché il moro accanto a lui russava fragorosamente e lo trovava semplicemente adorabile: le palpebre chiuse dolcemente a nascondere gli occhi cristallini, una mano appoggiata delicata sullo stomaco e la pelle ambrata che era illuminata da una piccola lampada in fondo alla stanza.
Harry si guardò in giro evitando scrupolosamente di muovere la testa per non svegliarlo. Faceva semplicemente vagare gli occhi, appoggiandoli a studiare ogni minimo dettaglio della camera in cui Louis passava la maggior parte del suo tempo, immaginandoselo seduto sulla sedia della scrivania a fare i compiti.
- Harry? - . Un voce piena di sonno, impastata, fece voltare il suo sguardo verso il moro appena sopra di lui.
- Sì, Boo? - .
- Che ore sono? – chiese Louis stropicciandosi gli occhi.
- Non lo so. Credo siano le otto di sera, ormai. – rispose Harry appena malizioso, tirandosi su a sedere. Louis, invece, si nascose sotto le coperte.
- LouLou vieni fuori che io voglio il dolce. – incitò Harry, cantilenando e scostando leggermente il lenzuolo dal corpo rannicchiato del moro. Louis si alzò di scatto. – Harry! Hai fame?! - . Harry annuì sorridente e Louis saltò fuori dal letto prendendo Harry per il polso e trascinandolo al piano di sotto.
 
- Sono rimasti tutti gli avanzi. – disse frettolosamente Louis rovistando nel frigo mentre Harry lo guardava divertito seduto sul balcone della cucina.
- Va bene qualunque cosa, ma i tuoi parenti dove sono finiti? – chiese il più piccolo giocando con una mela che aveva preso dal cesto di frutta accanto a lui. Louis alzò le spalle. – Saranno in giardino che mostrano a mia madre l’albero che hanno piantato le mie sorelline con Mark. - . Louis porse un trancio di pizza a Harry che lo infilò subito in bocca.
- Anche io voglio un albero mio. – disse il più piccolo mentre si gustava il trancio. Louis si sedette accanto a lui. – Buona? – chiese indicando con uno scatto della testa la pizza. Harry si limitò a sorridere mentre ingoiava la pizza e studiava ogni minimo dettaglio della cucina. – Bella casa. – sorrise mentre Louis iniziò a ridere. – Quando ero piccolo volevo solo scappare da qua. - . Harry piegò la testa guardandolo. – Perché? - . Louis alzò le spalle. – Adolescenza. - .
- Io ero scappato di casa. – pensò Harry ad alta voce tenendo lo sguardo sul pavimento.
- Come mai? – chiese cautamente il moro. Harry non rispondeva, teneva lo sguardo basso, come perso in un mare di ricordi che a Louis restavano sconosciuti. Il ragazzo più grande appoggiò una mano sul ginocchio dell’altro, facendolo sussultare.
- Eh? – soffiò lui girandosi verso il moro.
- Ti va di vedere un film? - . Louis decise che cambiare discorso fosse la cosa migliore per entrambi.
Harry annuì, mentre Louis lo trascinò ancora una volta verso il salotto.
Guardarono il film accoccolati uno all’altro, senza il minimo imbarazzo, ridendo e scherzando. Piano piano la famiglia Tomlinson si rifugiò nelle proprie stanze, lasciando così la casetta vuota dal chiacchiericcio, al buio, con solo le parole scandite dagli attori e la luce blu della televisione a tener compagnia ai ragazzi.
Harry pensò che la famiglia Tomlinson fosse strana. Quando abitava con sua mamma, il Natale, lo passava diversamente.
 
La tv era ancora accesa, ma Louis era troppo occupato a registrare ogni minimo cambio di direzione che il suo dito compieva, seguendo le curve del viso del ragazzo che sembrava così innocente e impotente accoccolato sul suo petto, steso sul divano, per degnarla di un minimo sguardo.
Il viso sotto il suo dito si spostò e Harry aprì gli occhi timidamente.
- Ehy. – disse sorridendo Louis mentre l’altro, aiutandosi con una mano sul petto del più grande, si mise seduto praticamente su di lui.
Harry grugnì in risposta stropicciandosi gli occhi con i palmi delle sue grandi mani.
- Dormito  bene? - . Harry si limitò ad annuire. - Styles alza le chiappe che ho fame, dai! – . Harry mugugnò appena, prima di alzarsi e vedere sparire l’ormai amico, in cucina. Poi si riaccasciò a peso morto sul divano.
- Harreh! – chiamò dolcemente Louis dalla cucina. Harry si sentì un groviglio allo stomaco. Il suo nome sembrava così perfetto pronunciato dalla sua voce squillante.
Louis si avvicinò al più piccolo tenendo in mano una scatola di polistirolo e due cucchiani.
- Ehy, fammi posto, piccoletto. - . Harry si rannicchiò in un angolo del divano per fargli posto e Louis gli porse un cucchiaino.
- Uhm…- . Harry prese il cucchiaino e si mise a giocarci.
- Vuoi del gelato? - . Louis si sedette vicino a Harry. I loro corpi a contatto.
Molto semplicemente, il più piccolo si appropriò della scatola e ci infilò dentro il cucchiaino estraendone una buona quantità di cioccolato. Louis lo imitò portandoselo alla bocca, mentre l’altro faceva piccoli versi di apprezzamento.
- Che ore sono, Lou? - . Harry prese questa volta un po’ di crema. Louis lanciò un’occhiata al suo telefono.
- Due e quarantatrè. – rispose il più grande sorridendo e guardando con piacere il più piccolo rimpinzarsi di gelato.
- Sai, non ho mai fatto una cosa del genere. - . Harry aveva posato il cucchiaino e aveva lasciato scivolare la testa sulla spalla muscolosa del più grande.
- Di che genere? - . Anche Louis abbandonò il cucchiaino, mettendo da parte la confezione. Poi scivolò lungo il divano mettendosi più comodo. Il contatto con Harry lo rendeva calmo e rilassato. A Harry, il contatto con Louis, faceva sentire protetto e amato, due cose che aveva sempre cercato dopo la morte della madre.
- Questo. Mangiare il gelato sul divano a quest’ora, guardando il film con un mio amico. - . Louis sorrise.
- Questa è una fortuna sai? – . Voltò il viso verso Harry che alzò il suo dalla spalla del più grande per ricambiare lo sguardo cristallino. – Perché anche io ti considero mio amico e sarebbe stato spiacevole non essere ricambiato. - . Harry accennò una risata, piccola piccola. ‘Non l’ho mai sentito ridere veramente’ pensò Louis guardando il ragazzo più piccolo. - E comunque, se vuoi saperlo, per me è la seconda volta. La prima mi è capitata con Niall. - .
- Siete molto amici? - . Louis annuì, abbassando lo sguardo per evitare quello cristallino del più piccolo.
- Diciamo che ci conosciamo da davvero molto tempo. - . Un sorriso amaro si fece spazio sul viso del maggiore lasciando Harry un po’ confuso che non volendo approfondire un tasto, probabilmente dolente, lasciò andare l’argomento.
- Sai cosa? Mi sa che ha smesso di nevicare! – esclamò sottovoce Harry solleticando appena un fianco di Louis che si alzò dal divano per affacciarsi alla finestra.
- Eh sì! – sorrise, poi, voltandosi verso il piccolo che si era, però, addormentato di colpo. Louis sorrise, un po’ sorpreso, poi gli si accucciò accanto e si addormentò anche lui.
 
- Ragazze, fate piano! – sussurrò Jay alle figlie che, eccitate per la quantità esorbitante di neve che era caduta durante la notte, stavano scendendo le scale in pigiama, pronte per fare colazione e per poi uscire in giardino a costruire un pupazzo di neve con il padre.
Fizzy sbuffò sonoramente non appena le gemelle presero possesso di una finestra della cucina e iniziarono a fare urletti di felicità, mentre Lottie le guardava male e si sedeva a tavola per consumare la colazione che Johannah aveva preparato per loro.
La madre di avvicinò a Daisy e Phoebe accarezzandole sulle teste. – Ragazze, non fate confusione, per piacere, su papà dorme. – disse mentre le gemelle si sedevano a tavola con le loro sorelle. Jay andò in sala, dove trovò Harry e Louis addormentati vicini sul divano e sorrise alla scena, poi si avvicinò a Louis, svegliandolo con delle carezze gentili sulla fronte. Il moro si rigirò un po’ mentre faceva dei versi di protesta.
- Amore, lo so che è presto, ma devo andare al lavoro e Harry deve venire con me. - . Louis si mise seduto guardando dal basso verso l’alto la madre con disapprovazione.
- Dai mamma, non può restare ancora un po’? – la supplicò, mentre Jay sospirava esasperata.
- Mi avevi promesso che non avresti fatto storie. Sai come stanno le cose, quindi sveglialo, venite a fare colazione e poi che si prepari per uscire. - . Detto questo scomparì al piano superiore. Louis annuì arreso.
- Piccolo svegliati. – sorrise divertito Louis, mentre spiaccicava un piede sulla faccia dell’altro che iniziò a muoversi infastidito. Allora il moro gli si avvicinò e con delicatezza gli accarezzò un guancia. – Dobbiamo fare colazione. - .
- Ma sai che sei proprio stronzo? – borbottò Harry. Louis si accigliò, mettendo su un finto broncio.
- Io stronzo?! Sei cattivo e scorretto Styles. - . Harry sotterrò la testa in un cuscino.
- I tuoi piedi puzzano in un modo sovrannaturale, Tomlinson. - . Louis sorrise divertito, poi riprese il suo broncio e scrollò le spalle.
- Harry! Harry! - . Le gemelle arrivarono di corsa nella sala con le braccia aperte, pronte a saltare addosso al malcapitato come erano solite fare con il loro fratello, ma Louis si parò davanti a un Harry totalmente disinteressato e prossimo al dormire. Le bambine, deluse, tornarono in cucina, balbettando qualcosa riguardo a un modo per farla pagare al fratello. Louis sorrise sentendole, poi tirò Harry per una mano e lo aiutò ad alzarsi, nonostante le sue persistenti proteste.

CORNEEEER
Che sbaglio! Questo pomeriggio, quando ho aggiornato, per sbaglio ho pubblicato il capitolo otto. Scusate davvero, questo è quello giusto. Non so quando riaggiornerò perchè il prossimo capitolo devo ancora completarlo e ho alcuni impegni questa settimana, ma mi impegnerò per completarlo per giovedì/venerdì.
Spero che vi piaccia, a me non tanto, come tutta la storia.
Ancora una volta grazie a chi recensisce (con le vostre recensioni mi riempite il cuore, davvero) e a chi aggiunge OOS alle ff preferite/ricordate/seguite e a quelli che la seguono in silenzio: spero un giorno uscirete dal guscio.
Lasciatemi una recensioneeee aha vi voglio bene xx
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 10
*** Decimo capitolo ***




Our Own Struggle - DECIMO CAPITOLO




- Ti piacciono i pancakes, sweetcheecks? – gli sorrise il moro. Harry annuì poco convinto mentre si sedeva accanto a Fizzy che non lo degnò di uno sguardo, al contrario della sorella maggiore Charlotte che lo fissava, come a pranzo. Il minore le sorrise imbarazzato, poi iniziò ad addentare il suo pancake che gentilmente Louis gli aveva servito prima di mettersi seduto a fare colazione pure lui.
- Quanto starai qua? – chiese innocentemente Daisy mentre masticava un biscotto. Harry voltò il viso verso di lei.
- Dici a me? – domandò un po’ stupido. Lei annuì. – Ehm vado via stamattina. – le sorrise dolcemente. Gli piacevano proprio molto i bambini.
- Ah e torni? Voglio giocare con te con la mia nuova bambola! – esclamò la gemella, Phoebe, ingozzandosi di fette biscottate. A Louis venne un tuffo al cuore. Non si era mai fermato a riflettere a quando avrebbe dovuto lasciare Harry. Non era pronto e non lo sarebbe mai stato. Un mese. Harry aveva ancora un mese. Scrollò la testa, gli veniva da piangere, aveva passato una bella serata con lui. Sospirò e si alzò di scatto per lavare il suo piatto, mentre gli occhi di Lottie, che osservava sempre in religioso silenzio, lo scrutavano.
Intanto Harry aveva risposto alla piccola Phoebe: - Non penso di tornare, ma sarebbe stato bello giocare con te. – le sorrise ancora una volta cercando di scacciare la malinconia che si accumulava nella sua testa: pensava sempre troppo.
- Ma anche io voglio giocare con te! – protestò Daisy. A quel punto entrò in cucina Mark in pigiama pure lui.
- Cosa avete da strillare anche alle dieci del 26 dicembre? – disse burberamente.
- Papi! Papi! Usciamo? - . Corsero incontro al padre, ormai già dimenticato il discorso di Harry. Il minore cercò lo sguardo del moro e lo trovò poco dopo un po’ spento, mentre gli si avvicinava.
- Hai mangiato tutto! – sorrise Louis, mentre le sorelle non ascoltavano, prese troppo dal padre che stava raccontando una delle sue avventure da giovane sulla neve. Harry annuì, orgoglioso di sè stesso. – Vieni a cambiarti. – gli disse già dirigendosi verso le scale. Harry quasi lo rincorse per quanto si sforzasse di stare al passo di Louis.
- Ma non ho nessun vestito oltre a questo. - . Salirono le scale, Louis davanti, Harry dietro.
- Ti dò dei vestiti miei, non preoccuparti. - . Entrarono in camera di Louis che aprì l’armadio incominciando a ravanarci dentro, mentre Harry restava sulla porta. – Provati questi. – propose Louis porgendogli una pila di roba. Harry, indugiando un pochino, si svestì, aiutato di tanto in tanto, quando perdeva l’equilibrio, da un Louis molto attento; poi, sempre con il suo aiuto, si infilò i suoi vestiti: un pantalone di tuta grigio, una maglia bianca e una felpa bordeaux che profumavano del bagno schiuma di Louis. Harry sorrise istintivamente a sentirsi addosso il profumo dolce del maggiore.
- Sei un incanto! – esclamò Louis osservandolo. Harry sorrise poco convinto.
- Se lo dici tu... - . Harry si scrutò allo specchio e ancora non capiva dove era tutto quell’incanto.
- Fidati di me. – sorrise Louis guardandolo come rapito. – Vai pure in bagno se ti devi lavare, io aspetto qua. C’è uno spazzolino nuovo che mamma ha messo per te. - . Harry sorrise un po’ imbarazzato dalla premura che quella famiglia aveva nei suoi confronti, poi si chiuse nel bagno che il giorno prima era stato teatro del suo crollo psicologico.
Si guardò un po’ intorno spaesato, poi si lavò la faccia e i denti come era solito fare in ospedale. Si guardò allo specchio. Oggi si sentiva proprio bene, sia psicologicamente che fisicamente. Uscire finalmente da quell’ospedale e passare un Natale diverso era già emozionante da sè per Harry, se poi era con Louis, beh allora era stata una giornata fantastica, nonostante tutto. Adesso, però, la malinconia non si stava facendo strada dentro la testa di Harry. No, lui quella notte aveva vissuto veramente ed era quello che voleva fare prima di morire. Non avrebbe passato del tempo a tormentarsi sul fatto che sarebbe dovuto tornare in ospedale. No, ci sarebbe tornato con il sorriso sulle labbra, perchè lui quella notte aveva vissuto con Louis, e forse Louis manco sapeva quanto avesse significato quella notte per il più piccolo, infondo Louis viveva ogni giorno e quelle erano solo banali cose che, oltrettutto, aveva già fatto.
 
Uscì dal bagno e tornò in camera di Louis che stava mettendosi le scarpe.
Louis alzò lo sguardo su Harry e gli sorrise. – Sei pronto? Dobbiamo andare. - . Harry annuì, poi prese le sue scarpe e si sedette sul bordo del letto poi se le infilò. – Mia mamma ci aspetta giù. – disse Louis avviandosi al piano di sotto seguito da Harry.
- Buongiorno Harry! Come ti senti? – esclamò Jay alla vista del minore finendo di mettersi il giubbotto. Louis passò la giacca e la sciarpa a Harry.
- Molto meglio, grazie. Non so come ringraziarvi, davvero. È stata una giornata bellissima. – disse Harry vestendosi.
- Figurati, è stato un piacere averti con noi. – sorrise Jay mentre Louis finiva di vestirsi.
Poi uscirono tutti insieme arrivando nel giardino, dove salutarono Mark e le sorelle di Louis, poi salirono in macchina e si diressero verso l’ospedale.
 
- Bene allora siamo di nuovo qua. – sospirò Louis sedendosi accanto a Harry che era già tornato sotto le coperte del suo solito letto bianco. Harry sorrise.
- Sì, siamo ancora qua. Grazie mille, è stato il più bel Natale della mia vita. - . Louis arrossì leggermente.
- Non dire così. Come ti senti? - . Louis guardò Harry.
- Bene, ma un po’ preoccupato. Domani inizio un nuovo ciclo di chemio. – sospirò il minore.
- Ti verrò a trovare, promesso. - .
- Non penso sarò di molta compagnia, onestamente. – disse Harry con lo sguardo basso, perchè la chemio gli toglieva proprio tutte le forze e stare a parlare era l’ultima cosa che solitamente aveva voglia di fare dopo le sedute.
- Tu puoi dormire e fare quello che vuoi, ma io vengo, promesso. Quindi per Capodanno secondo te non ti permetteranno di uscire. – disse Louis sbirciando il viso del più piccolo che scosse la testa.
- Tanto non mi piace Capodanno, ho paura dei fuochi d’artificio. – ridacchiò di se stesso Harry.
- Harry! Ma come è possibile?! Tutti amano i fuochi d’artificio! – rise Louis.
- Beh io li odio. – disse Harry facendo finta di prendersela. Louis sorrise a quella visione adorabile di un Harry imbronciato e subito gli baciò il naso facendolo rabbrividire.
 
Passarono la giornata insieme e quando fu il momento di Louis per andarsene, Harry lo ringraziò più e più volte per quel bel Natale.
Quella sera Harry faticava ad addormentarsi, la paura del nuovo ciclo di chemio lo spaventava a morte e in più, quella notte, non avrebbe dormito accanto a Louis.


CORNEEER
Scusate davvero. Sono in ritardo ed è davvero corto, ma sono stata male, poi ho avuto il compleanno di mia nonna e poi è iniziata la scuola e ho avuto dei problemi perchè sono molto timida e ho paura di non socializzare. Vabbeh questo non vi interessa, sappiate che ora ci sono.
Il prossimo capitolo è totalmente in stesura e quindi probabilmente raggiornerò in ritardo, non odiatemi.
Continuate a recensire, mi fa un piacere enorme. Così come coloro che metto OOS tra le preferite/seguite/ricordate.
Grazie mille per il sostegno xxx Lele
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 11
*** Undicesimo capitolo ***



Our Own Struggle - UNDICESIMO CAPITOLO



Quando Harry si svegliò la mattina dopo, una dottoressa stava scrivendo qualcosa sulla sua cartella, ma appena si accorse che il ragazzo era sveglio, mise su un sorriso raggiante.
- Harry! Come ti senti? – gli chiese lei. Harry si stiracchiò appena e la guardò.
- Come sto veramente? - . Lei annuì ovvia. – Mi sto cagando in mano e scusi per l’espressione. - . Lei sorrise.
- Se sei pronto possiamo andare. - . Harry la guardò, poi annuì e si alzò malamente. – Non è la prima volta che fai la chemio, leggo qua. - . Harry annuì e si sedette sulla sedia a rotelle. – Beh allora sai già com’è. - . Lui annuì ancora e i ricordi del primo ciclo di chemio gli tornarono alla mente. Solitamente al primo ciclo tutti portano un parente o qualcuno che stia loro accanto, per lui non era stato così, non aveva nessuno, tranne Kate che aveva conosciuto proprio quel giorno e che era rimasta con lui.
La dottoressa lo portò fino alla camera dove si sarebbe tenuto il ciclo e lo fece accomodare sulla poltrona. Harry si guardò intorno, assieme a lui c’erano molti altri pazienti che aveva già visto durante i precedenti cicli, ma con cui non aveva mai avuto l’occasione di chiacchierare.
 
Louis attese un attimo dopo aver bussato, poi entrò nella camera esitando. Si guardò intorno e non vide nessuno, nemmeno Harry. Decise allora di fermare una dottoressa che passava in corridoio.
- Scusi, Harry dov’è? - . La dottoressa gli sorrise dolcemente.
- Harry è a fare la chemio, appena finisce torna. - . Louis la guardò mezzo sorpreso.
- Pensavo ce l’avesse più tardi e che sarei potuto andare con lui. – tentò. Lei sosse la testa.
- Mi dispiace, ma Harry non è la prima volta che fa la chemioterapia e per questo nessuno può andare con lui. Non si preoccupi, è in buone mani. – gli sorrise lei incoraggiante.
- Ok, allora grazie. - . Louis sorrise gentilmente rientrando in camera e si sedette sulla solita poltrona accanto al letto del minore. Passò due ore buone tra il guardare fuori dalla finestra e il leggere la rivista di musica di Harry.
La porta si aprì e Louis saltò sulla poltrona, preso dallo spavento e persosi tra le righe della rivista, spostò lo sguardo verso la porta e quello che vide gli fece aggrovigliare lo stomaco: Harry aveva il viso più scavato di come lo aveva lasciato il giorno prima e gli occhi spenti, privi di gioia. Se ne stava seduto sulla sua sedia a rotelle mentre un’infermiera lo portava dentro. Louis non sapeva cosa dire, aveva paura che dicendo qualcosa avrebbe dato fastidio a Harry, ma se non avesse detto niente avrebbe fatto la figura dello scemo.
Si alzò e il silenzio venne interrotto dall’infermiera.
- Ecco Harry, stenditi pure. - . L’infermiera, una ragazza giovane e dai modi delicati, aiutò Harry a scendere dalla carrozzina e a farlo sedere sul letto, poi Harry si sdraiò e si infilò sotto le coperte. L’infermiera guardò Louis. – Oggi qualcuno è venuto, sono contenta. – sorrise. Louis annuì, tornò a sedersi sulla poltrona e guardò Harry che si era già addormentato. Avrebbe tanto voluto prendersi la sua leucemia per farlo vivere davvero e farlo sorridere, perchè quando sorrideva lui, il mondo si fermava.
L’infermiera uscì dalla stanza e Louis si decise a prendere la mano di Harry e ad accarezzargliela lentamente per non svegliarlo.
Quache ora dopo, quando Harry si svegliò, si ritrovò Louis che russava come un bisonte con la bocca aperta, sulla poltrona accanto al suo letto. Ridacchiò leggermente a quella vista, finchè una forte fitta alla testa lo fece gemere. Il maggiore si svegliò di colpo.
- Harry! Tutto bene? – sussurrò preoccupato per non infastidirlo. Harry annuì leggermente.
- Solo un po’ di mal di testa, come sempre. – lo tranquillizzò. Louis avrebbe tanto voluto stendersi accanto al più piccolo e coccolarselo e tenerselo stretto sul suo petto per farlo sentire al sicuro, ma non era sicuro che ad Harry avrebbe fatto piacere. – Abbracciami, ti prego. – sussurrò Harry rompendo ogni indugio.
Louis si accomodò accanto al minore e lo strinse forte tra le sue braccia mentre Harry appoggiava la testa sul suo petto con gli occhi chiusi.
 
 
Harry si stupiva ogni volta che un Louis sempre sorridente attraversava la porta della sua camera, pronto per fargli compagnia e farlo divertire in qualsiasi modo. Quando Harry stava male per via della chemio, si divertivano in camera, quando il più piccolo si sentiva in forma, vagavano per i piani, andando di tanto in tanto a trovare i bambini appena nati.
 
La sera di Capodanno Louis, Niall, Liam e Zayn fecero la loro entrata nella stanza di Harry. Zayn teneva in mano una bottiglia di champagne, mentre gli altri tre portavano ciascuno un piatto che appoggiarono sul davanzale interno della finestra.
- Ciao Harreh. – fece Louis appoggiando il piatto sul davanzale e sorridendo, mentre il minore li guardava stranito. Gli altri seguirono Louis e salutarono tutti Harry, ripetendo le stesse azioni del maggiore.
- Ciao, ma che state facendo qua? - . I ragazzi, sotto lo sguardo indagatore di Harry, si tolsero le giacche e si sistemarono seduti sul suo letto.
- Siamo qua per passare il Capodanno con te. – sorride Louis avvicinandosi a Harry e sistemandosi seduto accanto a lui.
- Non avete una festa? -. Zayn sorrise guardandolo.
- La festa la facciamo qua con te. Solo noi cinque. - . Harry sorrise e scosse la testa.
- Non posso nemmeno bere. Andate a divertirvi dai. - .
- Un goccio a mezzanotte non ti ammazzerà! – esclamò Niall senza pensarci. Subito Zayn e Louis lo fulminarono con lo sguardo, mentre Liam gli dava un calcio nello stinco essendo seduti accanto. Harry rise.
- Non voleva dire che- iniziò Liam.
- Davvero, Liam, non ti preoccupare. Era una battuta, non sono di porcellana che devo essere protetto. Voglio solo essere un sedicenne come gli altri. - .
Detto questo la “festa” iniziò e passarono tutti e cinque insieme una bella serata, fino a quando, a mezzanotte, brindarono a un nuovo anno. A mezzanotte Louis espresse il desiderio di una vita migliore per Harry, mentre lo guardava ridere assieme agli altri.
Ci furono anche i fuochi d’artificio in città che guardarono dalla finestra.
 
 
- Harreh. - . Kate gli stava solleticando il collo, quando la mano di Harry scacciò quella della ragazza. – Non costringermi a toglierti le coperte di dosso. - .
- E se fossi nudo? - .
- Non importa. Dai che ti devo raccontare e anche tu non puoi certo fare finta di non avere niente da raccontare! – . La voce impaziente di Kate si insediò nelle orecchie del ragazzo ormai sveglio del tutto.
- Io non ho nulla da dire. – affermò il piccolo con un sorriso a trentadue denti.
- Guarda che in corridoio non si parla di altro. Tutte le infermiere che ti sbavano dietro hanno detto che ti ha fatto bene il Natale, che sei tornato sorridendo e sono un po’ gelosa, visto che non è certo grazie a me. - . Kate gli strizzò l’occhio in segno di complicità, ma Harry la ignorò.
- Tu piuttosto? Ti sei scopata bene il tipo? - . Kate cercò di trattenere una risata. – Beh, Harold! Queste frasi! – lo punzecchiò. Harry scrollò le spalle.
- Ci siamo divertiti, diciamo. - . Kate arrossì non sfuggendo al più piccolo.
- Non credo i vicini siano dello stesso parere, chissà quanti notti in bianco hanno passato con tutto il rumore… - alluse Harry, divertito a punzecchiare la ragazza.
- Buongiorno, Harold! – . Una voce possente fece girare i due ragazzi verso la porta da cui era spuntata la figura di un uomo alto e barbuto. – Piacere, Mark. - . L’uomo porse la mano al ragazzo, mentre Kate sgusciava via dalla stanza con la scusa di doversi cambiare. Harry si sistemò seduto a gambe incrociate sul letto, mentre l’uomo prese posto in piedi di fronte a lui.
- Allora, Harold, ho una notizia da darti. - . Harry ebbe un tuffo al cuore. Ogni volta che avevano una notizia non significava nulla di buono. No, non poteva morire, non in quel momento, non dopo aver passato il Natale con Louis, non dopo aver trovato una persona che gli volesse bene.
L’uomo accortosi del ragazzo che era sbiancato, si sedette sul bordo del letto, non distogliendo lo sguardo da quello verde del ragazzo, per tranquillizzarlo in qualche modo.
- Dovresti firmare il modulo che ci consentirebbe di operarti. - . L’uomo parlava con tono solenne, mentre il ragazzo restava muto improvvisamente colto dall’ansia. - Con questa operazione ci sono buone probabilità che tu guarisca, ma è ancora in fase sperimentale. È per questo che né io né l’ospedale forzerermo in alcun modo la tua opinione. – . In quel momento rientrò Kate che si accomodò di nuovo accanto a Harry. - Questa cosa è un po’ difficile da spiegare, ma ci sono due possibilità: non firmi e piano piano la malattia ti destabilizzerà tanto da morire entro fine inverno; firmi, ti apriamo, proviamo a curarti, ti richiudiamo. A quel punto ci saranno altre possibilità: ti svegli e guarirai piano piano, oppure l’operazione sarà fallita e sarai troppo debole per sopravvivere. - . La schiettezza delle parole del dottore fece rabbrividire sia Kate che Harry. Lui aveva solo sedici anni e si sentiva come uno di novanta. Sentiva che il mondo, la vita, ce l’avevano con lui. Non poteva solo prendere per mano Louis, vivere con lui per sempre felici e contenti?
- In entrambi i casi rischi di morire, ma se accetti che ti operiamo, puoi sopravvivere e in più contribuiresti alla ricerca. - .
- Mi sta prendendo in giro? Lei pensa alla ricerca in questo momento? - . Kate si era alzata, rossa in viso dalla rabbia, mentre Harry non sapeva cosa pensare, era spaventato, confuso, solo e indifeso.
- Signorina, le devo forse ricordare che lei è una semplice infermiera, senza legami con il paziente? - . Kate scosse la testa, calmandosi un po’ e prendendo la mano di Harry che fissava un punto nel vuoto.
– Questo paziente ha un nome, e anche bello. Ci può lasciare soli un momento, per favore? – chiese Kate sedendosi accanto a Harry, con tono più calmo. Il dottore si alzò annuendo e uscì. Kate rivolse la sua attenzione verso il ragazzo, prendendogli la testa e posandosela sulla spalla, mentre gli accarezzava il collo.
- Si sistemerà tutto, ok? Troveremo una soluzione, insieme. - .  Ma Kate era come se parlasse con un muro, perché a Harry la verità era stata spiaccicata in faccia, senza un po’ di tatto e non capiva più niente. - Adesso tu riposi e io risolvo tutto, ok? - . Kate fece stendere Harry che era diventato un automa e uscì dalla camera con le gambe che quasi tremavano. Era confusa, non sapeva che cosa fare. Era arrabbiata con quel Mark per la schiettezza che aveva usato, ma infondo aveva detto cose vere e in qualsiasi modo Harry l’avrebbe dovuto sapere. Non avrebbe mai dovuto affezionarsi a un paziente, glielo avevano detto quando aveva iniziato da specializzando, eppure era così facile affezionarglisi.
‘Loulou che fai? x – H.’. Harry era spaventato e voleva solo vedere Louis in quel momento, stringersi sul suo petto, sentire il battito del suo cuore e sentirsi finalmente al sicuro.
‘Ehy Baby Cakes! Sto facendo la spesa. Che succede? – L.’.
‘Niente di che… Devo firmare un foglio per farmi operare…’
‘E non sei felice?’. Harry non sapeva cosa rispondere. Doveva essere felice? Forse sì. O forse no. Infondo non sapeva se sarebbe andato tutto liscio oppure no. Alla fine Harry lasciò cadere il telefono nel letto e si accucciò a riccio. Kate aveva detto che avrebbe trovato una soluzione, ma Harry sapeva bene che non c’era una soluzione. Il suo sangue non era rosso. Aveva bisogno di un trapianto di midollo osseo, rarissimo da trovare che andasse bene con il suo corpo. Avrebbe dovuto iniziare sicuramente un nuovo ciclo di chemio. Adesso aveva la possibilità di sopravvivere. Oppure di morire. Questa era la storia.
Le prime note di Candle in the Wind risvegliarono Harry dai suoi pensieri. Subito afferrò il telefono non badando a chi stava chiamando.
- Pronto? – disse debolmente Harry, ancora scosso.
- Ehy! Mi stavo preoccupando, non rispondevi! Tutto ok? - . Era Louis, ma Harry non aveva voglia di chiacchierare. Aveva solo bisogno di vedere i suoi occhi in cui faticava restare a galla. - Harreh… - lo richiamò Louis. Harry si scioglieva quando lo chiamava così e qualcosa si mosse dentro di sé.
- Vieni? – chiese Harry con la voce rotta, ormai sul punto di piangere.
- Sto arrivando. - .
- Ti prego, non buttare giù la chiamata, fammi compagnia. – continuò Harry disperato, totalmente in lacrime.
- No che non lo faccio. - . Louis uscì di corsa dal supermercato, lasciando tutto quello che stava facendo per correre dal più piccolo. Fortunatamente non era così lontano dall’ospedale e ci arrivò in cinque minuti a piedi, sempre continuando il contatto telefonico.
- Ehy piccolo! - . Louis, entrato nella stanza di Harry, gli si avvicinò per poi stringerlo in un abbraccio, poi si sdraiò su un lato accanto a lui. Harry nasconse il capo nell’incavo del collo continuando a singhiozzare.
- Scusa, Lou. - .
- Non ti devi scusare, ma dimmi cosa succede. - . Louis gli accarezzava la nuca cercando di calmarlo.
- Ehy Louis! Come mai sei - . Kate era entrata nella stanza salutando il moro, ma appena aveva visto Harry singhiozzare si era subito fermata.
- Ciao Kate. - . La ragazza si avvicinò al letto dove i due ragazzi erano ancora abbracciati.
- Puoi venire un secondo fuori, Louis, per piacere? - . Louis si staccò da Harry e cercò il suo sguardo per trovare il consenso. – Torno subito, piccolo. - . Harry annuì godendosi il profumo del moro e Louis seguì Kate fuori dalla stanza, lasciando una carezza sulla spalla del più piccolo.
Una volta fuori, Kate spiegò al moro la situazione in cui Harry era.


CORNEER
Soooono tornata ye
Non credo di esservi mancata, perchè non avete recensito il capitolo precedente (tranne una buon'anima lol) ma non vi biasimo, non era un gran capitolo, era solo un capitolo di passaggio, ma in questo qua le cose cambiano. Già già, quindi mi aspetto le vostre recensioniii :)
Ringrazio ancora una volta chi aggiunge OOS alle preferite/seguite/ricordate e a chi legge in silenzio (potete uscire dal guscio eh uu).
Mi scuso ancora una volta per il ritardo ma la scuola ahimè è iniziata pure per me e ho dovuto fare i conti con qualcosa di nuovo.
Ci vediamo (spero, ma dovrei farcela) la prossima settimana xx
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI (aggiunto dopo la pubblicazione del capitolo)

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Capitolo 12
*** Dodicesimo capitolo ***



Our Own Struggle - DODICESIMO CAPITOLO


- Secondo me si dovrebbe far operare. Insomma, potrebbe vivere una vita normale dopo! – sospirò Louis appoggiandosi al muro del corridoio dell’ospedale, lasciando passare i dottori che andavano di fretta.
- Anche io la penso come te, Louis, ma non so se Harry sia dello stesso parere. - .
- Chiediamoglielo, no? – propose Louis. Kate sospirò.
- Lasciamogli tempo per rilassarsi, glielo chiederemo magari stasera. - . Kate si mise una mano in faccia per riprendersi un po’. – Vai pure, tu. Sto io con lui. – aggiunse.
- No no. Voglio fargli compagnia io, se non ti dispiace. – replicò Louis. Kate sorrise.
- Mi faresti un grande favore, ho un sacco di cose da fare, ma lasciarlo solo è l’ultima cosa che voglio. - . Kate sospirò di nuovo. Era stressata, perchè voleva fare qualcosa per Harry, ma non poteva e in più aveva tante altre cose a cui pensare, tra cui il suo matrimonio. Louis le sorrise dolcemente. – Allora io adesso scappo, ci vediamo dopo per pranzo e se hai bisogno o se vuoi andare via, fammi chiamare dalle ragazze in fondo al corridoio. - . Louis annuì, poi rientrò nella camera di Harry, mentre la ragazza correva via.
Il moro si avvicinò al letto in cui Harry stava sdraiato con lo sguardo perso fuori dalla finestra.
- Ti andrebbe di ridipingere un po’ questa stanza, piccolo? – propose il liscio osservando le pareti tristi che aveva notato la prima volta.
Harry voltò lo sguardo verso di lui, appena un po’ incredulo.
- Non credo si possa. - .
- Sei un fifone. – lo punzecchiò Louis sedendoglisi accanto.
- Non è vero. – ribattè infastidito il più piccolo.
- Dimostramelo. - . Louis lo guardava divertito. Amava provocare e infastidire le persone.
- Va bene, ma non vedo la vernice. - . Harry si mise seduto, incrociò le braccia e guardò il ragazzo seduto accanto a lui, sfidandolo.
- E... ti andrebbe di venire a comprarla con me, così la scegli? – propose Louis scrutando la reazione del più piccolo. Era convinto che se lo avesse reso felice, qualcosa di un po’ diverso, gli avrebbe dato un motivo per farsi operare; in più voleva allentare un po’ la tensione e far svagare il ragazzo. – In fondo lo abbiamo fatto già una volta e poi ho visto una mesticheria qua sotto. - . Harry sussultò, non si aspettava una proposta del genere. Non era mai uscito dall’ospedale per due anni e adesso quel ragazzo moro, con occhi di ghiaccio, gli stava sconvolgendo la vita, eppure era davvero felice il giorno di Natale accanto a lui. - Ragazzo, non fare il prezioso! – lo canzonò Louis risvegliandolo dai pensieri.
- Va bene, dammi il tempo di prepararmi. – rispose titubante il minore che, poi, si alzò e scomparve nel bagno antistante alla camera, mentre Louis giocherellava con il bordo del lenzuolo.
Mentre il maggiore aspettava Harry, studiava la stanza nei minimi particolari per fare un piano, in modo da essere preparati per verniciare le pareti. Non sarebbe stata una cosa troppo complicata: i mobili erano pochi e si potevano benissimo accumulare al centro della stanza con poco sforzo del maggiore. Poi ripassò a mente gli strumenti di cui avrebbero avuto bisogno.
- Sono pronto. - . Harry si avvicinò pericolosamente al moro passandogli oltre e prendendo il telefono che mise poi nella tasca posteriore dei jeans. Louis lo squadrò da testa ai piedi: era vestito con dei jeans neri aderenti, una maglia nera da cui comparivano due collanine e il suo solito beanie. Poi Harry si infilò il giaccone, così come Louis.
- Ti senti meglio oggi? – chiese Louis notando l’indipendenza dell’altro che annuì semplicemente.
Uscire dall’ospedale senza essere visti si rivelò abbastanza facile, con Louis che si nascondeva a ogni angolo, ma con Harry che se ne fregava di nascondersi e procedeva ignorando i richiami di Louis. Quel ragazzo doveva aver visto troppi film secondo Harry.
- Ti va di fare un salto in pasticceria prima? – chiese Louis camminando lentamente per stare al passo del più piccolo che subitò voltò lo sguardo stupito verso quello azzurro.
- Mi ci porteresti davvero? - . A Harry luccicavano gli occhi come un bambino che sogna le caramelle. Lo stomaco del moro iniziò a fare le capriole come fosse diventato un ginnasta, alla vista di quel viso da bimbo.
- Ovvio che ti ci porto! – esclamò in risposta. Harry sorrise. ‘Smettila di sorridere o mi sciolgo’ pensò Louis mentre camminavano l’uno accanto all’altro e di tanto in tanto in fila indiana per via dei passanti, lungo una strada secondaria di Holmes Chapel.
- Vieni. - . Louis afferrò Harry per un polso e lo trascinò dentro a una pasticceria. Un caldo profumo di torta appena sfornata invase i due ragazzi. Poi Louis si sedette in un tavolino, seguito da Harry che si guardava intorno incuriosito. Il locale era piccolo e intimo. Poche signore anziane erano sedute a un tavolino accanto al loro che parlottavano sorseggiando il loro tè. Louis prese in mano il menu e iniziò a scrutarlo, commentando ogni singolo piatto.
- Cosa posso - . La cameriera si fermò di scatto, non appena vide gli occhi cristallini di Louis sui suoi marroni. Ci fu un silenzio alquanto imbarazzante, mentre i due ragazzi si guardarono e Harry faceva rimbalzare lo sguardo da Louis alla cameriera, non capendo nulla.
- Voi due vi - . Louis si alzò di scatto, producendo un forte rumore dopo aver fatto strisciare la sedia, e facendo un cenno ad Harry di seguirlo. La ragazza sbuffò.
- Louis smettila di comportarti da bambino e per una volta comportati da adulto. - . La ragazza lo guardava con il suo taccuino in mano, mentre Harry continuava a guardare la scena, senza dire nulla dopo essere stato interrotto. Louis era rosso di rabbia a quel punto, ma tornò a sedersi, non degnando di uno sgaurdo la ragazza.
- A me porti un pancake con la nutella. – ordinò, poi, Louis tenendo lo sguardo su Harry che lo guardava confuso.
- Per piacere. - . La ragazza marcò le parole, Louis annuì distrattamente, poi la cameriera voltò lo sguardo sul minore.
- Cosa prendi, Haz? – lo incitò Louis, rassicurante.
- Ehm... Un cupcake, per piacere. - . La ragazza gli sorrise, poi sparì dietro al balcone, lasciando Louis e Harry seduti a fissarsi.
- E’ la mia ex. Una gallina puttana. – spiegò Louis avendo intuito la richiesta di spiegazioni del ragazzo di fronte a lui. Harry annuì scrutandolo.
- A me sembrava carina. – tentò, ma fu subito fermato dalla mano di Louis che si era alzata in segno di stop.
- Non ho voglia di parlarne. – concluse freddamente Louis e Harry annuì arrendendosi.
 
Dopo quel battibecco i due si gustarono in santa pace i proprio cupcake con Harry che sparse la Nutella del suo cupcake per tutta la sua bocca suscitando l’ilarità di Louis.
 
 
- Allora, che colore desideri? Scegli pure tra quelli lì dietro al balcone. - . Louis indicò i vari colori dietro al signore anziano che scrutava i due ragazzi da dietro due occhialini un po’ sporchi.
- A me piace l’arancione. – azzardò Harry timidamente.
- Perfetto! - . Louis battè le mani. – E che arancione sia! – sorrise a Harry, poi guardò il signore anziano. – Ci potrebbe dare uno di arancione e gli strumenti su questa lista, per piacere? - . Louis posò sul balcone un tovagliolino sul quale aveva appuntato il necessario mentre erano in pasticceria.
- Torno subito. - . L’uomo sparì dietro a una porta che doveva condurre necessariamente al magazzino e Louis iniziò a guardare la merce esposta, mentre Harry si guardava le scarpe.
- Ecco a voi. - . Il commesso tornò con una grande sporta bianca dentro la quale c’erano tutte le cose necessarie.
- Grazie mille. – sorrise Louis prendendo la sporta, poi pagò e guardò Harry che stava ancora guardando il negozio con occhi interessati. – Va tutto bene? – chiese premuroso. Il minore annuì e fissò il suo sguardo intenso in quello cristallino del maggiore.
- Avrei voluto pagare io, mi dispiace non aver soldi... - . Harry abbassò lo sguardo e Louis gli pizzicò un fianco.
- Ma stai zitto Styles, piuttosto tieni questa. - . Louis gli passò la sporta che Harry prese mentre gli sorrideva.
 
- Direi che ci siamo. – disse Louis quando, finalmente, tutti gli oggetti erano stati spostati al centro della stanza.
- Se ci beccano? – chiese Harry guardando Louis che miscelava la vernice.
- Io finisco nei guai e tu mi verrai a trovare in prigione. – disse Louis seriamente alzando le spalle. Harry non capiva se era serio o che cosa. Il maggiore lo guardò e si cacciò a ridere per l’espressione tra il confuso e il terrorizzato del piccolo, poi gli lanciò un pennello. – Scemo, non succederà nulla e ora lavora! - . Harry sorrise imbarazzato per essere stato così stupido da credere per un attimo alla affermazione del maggiore e raccolse il pennello.

CORNEER
Sono stata puntuale. Mi sono impegnata un sacco per esserlo, perchè, CAVOLO! lo scorso capitolo ha ricevuto BEN 4 RECENSIONI! Una delle quali, poi, mi ha fatto letteralmente piangere. Volevo ringraziarvi di cuore, è una gioia immensa.
Ringrazio come sempre gli altri, quelli che leggono in silenzio, quelli che aggiungono OOS tra le preferite/seguite/ricordate. Thank You!
Il prossimo capitolo conto di postarlo entro venerdì della prossima settimana, perchè dal 19 al 24 sono via e quindi non riuscirei.
Spero vi piaccia questo nuovo capitolo. Un bacionee - Lele
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Capitolo 13
*** Tredicesimo capitolo ***




Our Own Struggle - TREDICESIMO CAPITOLO




Ci misero tutto il pomeriggio a dipingere le pareti di quel bel arancione brillante che aveva scelto Harry, e Louis si sentiva proprio soddisfatto del risultato finale.
 
- Come ti sembra? - . Louis guardò il minore che era intento ad osservare la camera.
- Molto più vivace di come era prima. – sorrise Harry e Louis sorrise di rimando. – Ora voglio vederti a rimettere tutto in ordine. – ridacchiò il minore. Louis alzò le spalle e iniziò subito a spostare il letto contro il muro.
- Di solito si fa così. - . Harry rise guardandolo.
- Scemo. – sorrise il minore e spintonò l’altro verso il muro. Louis mise le mani avanti per non farsi male, ma il muro era ancora bagnato. Harry iniziò a ridere a crepapelle, mentre Louis spiaccicava le proprie mani sul lenzuolo del letto di Harry ridendo. Il minore lo guardò contrariato.
- Ehi! Quello è il mio letto. – disse con un finto broncio. Louis gli fu subito addosso e iniziò a fargli il solletico, cadendo sotto al minore sul letto. – Non vale, Lou, non vale! – urlò Harry ridendo e dimenandosi dalle grinfie di Louis che stava ridendo pure lui.
Quando Kate entrò nella stanza entrambi si calmarono, ma Harry era sempre sopra a Louis. L’infermiera sorrise vedendo Harry che rideva, ma poi si guardò intorno notando le pareti verniciate.
- Ti piacciono? – sorrise Louis guardandola mentre restava a bocca aperta.
- Avete dipinto le pareti di una camera di un ospedale? - . Harry guardò preoccupato Louis, mentre quello se la rideva di gusto e gli accarezzava leggermente un fianco guardando Kate. – Di chi è stata questa idea brillante? – chiese lei ironicamente, ma senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
- Mia. – disse Louis tra una risata e un’altra.
- Cosa lo chiedo a fare. – sussurrò Kate alzando gli occhi al cielo e guardandosi intorno. – Almeno è un colore allegro. - . Louis alzò le mani.
- Ah no, quello lo ha scelto Harry. - . Harry gli pizzicò il braccio sorridendo.
- Non si fa la spia. – disse perdendosi negli occhi di ghiaccio del maggiore. Louis sorrise e si trattenne dall’accarezzargli una di quelle bellissime guance morbide che si ritrovava.
- Ragazzi, volevo dirvi che Mark vuole sapere cosa hai deciso, Harry. - . Kate si fece seria guardandoli e sedendosi accanto a loro.
Louis si tirò su e trascinò pure Harry che si fece mogio, già tornando a pensare a tutti i problemi della mattina scorsa.
Louis guardò il minore e gli mise una mano sulla schiena. – Devi prendere una decisione, piccolo. Qualunque sia, io ci sono. - . Detto questo gli prese la mano, mentre Harry guardava il pavimento senza dire nulla.
Louis e Kate si scambiarono un’occhiata. – Secondo me dovresti farti operare. Non pensi che potresti andare a scuola, uscire con me e con i nuovi amici che ti farai e fare tutte le cose che un sedicenne fa di solito? - . Harry alzò lo sguardo al cielo per rimandare indietro le lacrime, quando in cuor suo sapeva già la scelta che avrebbe preso.
Era stata quella voglia di avere di più dalla vita, oppure quella piccola e insignificante frase che Louis aveva pronunciato: “uscire con me”, a fargli dire dopo poco un sì.
Kate e Louis si guardarono un attimo, mentre la presa di Harry nella mano di Louis si rafforzava. Era un modo per chiedere al maggiore di stargli vicino.
- Harry, tesoro, davvero? – esclamò Kate contenta. Harry annuì e abbassò lo sguardo, perchè comunque le preoccupazioni c’erano.
- Grazie piccolo. - . Louis sorrise e lo stritolò in un abbraccio che solo lui sapeva dare, riuscì così a rimandare indietro le lacrime che Harry stava trattenendo.
Il più piccolo si aggrappò a quell’abbraccio e appoggiò la testa sulla spalla robusta del maggiore; quindi Kate si alzò. – Vado a dirlo a Mark. Va bene se ti opera il più presto possibile? - . Harry la guardò, poi annuì leggermente. Kate sorrise ed uscì.
- Andrà bene Harry, te lo meriti. - . Louis gli baciò una guancia, poi guardò l’orologio, mentre Harry seguiva attentamente i suoi movimenti. – Aspetta un secondo. - . Louis mollò leggermente la presa dell’abbraccio per tirare fuori il telefono dalla tasca anteriore dei suoi jeans e compose un numero. Harry continuava a osservare i suoi gesti, come ammaliato da quella leggiadra che distingueva il più grande.
Non passò molto che dall’altra parte del telefono risposero e Louis iniziò a parlare.
- Mamma, sono Louis. Volevo dirti che stasera non torno a casa, poi ti spiego. Ci vediamo domani. – disse Louis mentre sorrideva dolcemente al minore che lo osservava confuso.
- Hai una festa? – chiese ingenuamente Harry. Louis ne sorrise dolcemente della sua ingenuità e scosse la testa.
- Stasera e stanotte ho un appuntamento con un ragazzo speciale e bellissimo. – sorrise Louis. Harry sospirò. – Guarda che parlo di te eh. – si prese gioco Louis del minore. Harry subitò voltò lo sguardo verso il maggiore e arrossì vistosamente.
- Non sono bello e non devi restare. - . Louis sorrise.
- Mi fa piacere, piccolo e poi non voglio lasciarti da solo. - . Harry si arrese facilmente, poichè desiderava tanto che il maggiore restasse con lui.
 
Passarono la serata a guardare un film nella piccola televisione posta di fronte al letto di Harry, uno abbracciato all’altro, con il tempo che volava leggero e le parole della televisione che venivano disperse nella stanza, accompagnate dalle chiacchiere dei due ragazzi, che qualche volta di univano.
Louis decise che Harry doveva addormentarsi presto, così, a una cert’ora, si ranicchiò sulla poltrona, mentre il minore si sistemava sotto le coperte. Si diedero la buonanotte e spensero tutte le luci, non proprio pronti per la giornata che avrebbero dovuto affrontare, Louis sapeva già, infatti, che quella notte non avrebbe chiuso occhio. Aveva troppi pensieri per la testa.
Ma anche il corpo di Harry aveva deciso di non farlo dormire e così si era ritrovato sdraiato a riccio a piangere silenziosamente, pensando che il maggiore stesse dormendo. Eppure Louis non dormiva e al primo singhiozzo si alzò in piedi, già capita la situazione, e si mise sdraiato dietro a Harry, prendendolo, poi, tra le sue braccia e lasciando che il minore singhiozzasse sul proprio petto.
Quella notte non parlarono nemmeno, non serviva. Harry si addormentò distutto quando ormai il sole stava nascendo, mentre Louis lo riempiva di coccole e piccoli accorgimenti.

CORNEEER
Odiatemi, vi capirei. Scusate scusate scusate il MEGA ritardo, ma tra la partenza, lo studio (ho perso 4 verifiche......) e il dentista (gran male ai denti cc), ho avuto davvero poco tempo per scrivere, ma soprattutto non sapevo che scrivere. Questi io li considero capitoli di passaggio e mi annoio un mondo a scriverli. 
Il prossimo capitolo (che amo proprio perchè non è di passaggio) lo aggiungo presto perchè ve lo devo e perchè è già completamente scritto.
Grazie a tutti quelli che hanno continuato a leggere OOS.
NEWSS: ho fatto il trailer di OOS (https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI). So che è orrendo, ma è il mio primo e mi ci sono impegnata. Se ci date un'occhiata mi fa piacere xx
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Capitolo 14
*** Quattordicesimo capitolo ***




Our Own Struggle - QUATTORDICESIMO CAPITOLO


La mattina dopo a svegliarli fu Kate, che come al solito svegliava Harry.
- Sveglia dormiglioni! – esclamò Kate cercando di essere raggiante. Quel giorno Harry avrebbe dovuto fare l’operazione e, anche se lo negava, la ragazza era molto nervosa. Quel ragazzo ormai faceva parte della sua vita che lo volesse o meno.
Harry sbadigliò e si nascose sul petto di Louis che dormiva ancora. Kate intanto aprì le tende.
- Ragazzi, andiamo, svegliatevi. – sospirò lei, facendo svegliare, ora, anche Louis che si stiracchiò leggermente, guardandosi intorno e ricordando la nottata.
- Che ore sono? – chiese tra uno sbadiglio e un altro. Kate si sedette sul bordo del letto, mentre Harry faceva dei versi di protesta: aveva sempre odiato parlare appena sveglio.
- Sono le sette. – decretò Kate guardando il maggiore mettersi seduto, ma tenere comunque Harry sul suo petto, ancora con gli occhi chiusi.
- Abbiamo dormito solo tre ore. – sospirò Louis passandosi una mano tra i capelli.
- Tra qualche minuto passano a prepararti, Harry... – disse Kate cercando di annunciarlo il più delicatamente possibile. Harry si ranicchiò se possibile ancora di più sul petto di Louis che gli accarezzava la schiena, iniziando a piangere silenziosamente. Kate lasciò la stanza con un’occhiata verso Louis.
- Ehi non starai mica piangendo, vero? – chiese Louis, ben conoscendo la risposta. Harry scosse la testa cercando di smettere di piangere, cosa che gli veniva difficile con tutti quei pensieri per la testa. – Andrà bene, Harry. – cercò di convincerlo, non essendone nemmeno lui convinto. Harry scosse la testa e alzò lo sguardo arrossato verso il suo cristallino. Il maggiore perse un battito vedendo i suoi occhi liquidi.
- E’ questo il problema. Se va male l’intervento muoio e amen, faccio un piacere a tutti. - . Louis scosse la testa guardandolo. Quelle parole erano come macigni sentite dette da un ragazzo di 16 anni. – Se invece va bene, io come faccio? Non ho nessuno, Louis. – sospirò Harry tra un singhiozzo e l’altro.
- Troveremo una soluzione, Harry. - . Harry scosse la testa.
- Non puoi capire. – decretò infine ranicchiandosi a riccio e dando le spalle al più grande. Louis lo abbracciò da dietro.
- Scusa. – sussurrò stringendolo. Harry scosse ancora una volta la testa.
- Scusa te. – sospirò. Una testa fece capolino nella stanza.
- Scusate, devo preparare Harry. - . Una voce squillante, di un’infermiera invase la camera, mentre il cuore di Harry iniziava a correre all’impazzata e Louis si alzava. – Lei deve uscire. – disse l’infermiera rivolta al maggiore che annuì e guardò subito il più piccolo. Harry già lo stava guardando.
- Ci vediamo dopo, piccolo. - . Louis gli lasciò un bacio sulla fronte accarezzandogli la mano e Harry non potè fare altro che rabbrividire e godere un’ultima volta degli occhi di Louis. Poi Louis uscì e la paura lo investì come un camion.
 
Con un sospiro Louis si lasciò andare nella poltrona della sala d’aspetto e si guardò intorno. Tante altre persone erano seduti lì con lui, chi piangendo, chi tamburellando nervosamente il piede a terra, chi leggendo una rivista o bevendo un caffè. Tutte stavano aspettando qualcosa. E Louis si chiese cosa ci faceva lì: Harry lo conosceva da qualche settimana e ora si ritrovava in una sala d’aspetto piena di persone, ma da solo.
Prese fuori il telefono, perchè di fare pensieri filosofici proprio non ne aveva voglia, e chiamò sua mamma, raccontandogli tutto quello che provava. E non passò molto prima di ritrovarsela davanti, pronta per aspettare insieme a lui la fine dell’intervento di Harry.
 
Quando Harry riprese coscenza, sentì subito un peso sulla sua gamba, ma non riusciva ad aprire gli occhi. Ci stava provando con tutta la sua forza, incuriosito, ma era ancora molto debole. Poi si accorse che la sua mano era intrecciata ad un’altra, morbida e fredda. Con il pollice accarezzò quello che era il palmo della mano e subito sentì il peso sulla sua gamba svanire. Se non fosse stato intontito dall’anestesia, sarebbe riuscito ad aprire gli occhi e avrebbe così visto una figura mora, piegata sul letto, con la testa nascosta sulla sua gamba.
- Ha-Harry? - . No, non poteva essere Louis. Lui aveva una voce più sicura di sè, più acuta. Quello che aveva parlato ce l’aveva spezzata. No, non poteva essere Louis.
- Harry, apri gli occhi, sono io, Boo. - . Oh cavolo, allora aveva torto! Era proprio Louis, il suo Boo.
Poi sentì solo la mano fredda abbandonarlo, una porta che si chiudeva e la voce ovattata di Louis, poi più nulla.
Quando si risvegliò, riuscì con poca fatica ad aprire gli occhi e questo gli permise, questa volta, di ammirare Louis seduto sulla poltrona accanto al suo letto che lo guardava sorridendo, sempre con le sue dita fredde intrecciate a quelle di Harry. Ecco, forse una cosa che non sopportava di Louis erano le mani perennemente fredde, ma in realtà amava scaldargliele.
- Ehy. - . Questa volta la voce di Louis era la solita, forse solo leggermente più dolce.
Louis si alzò e si avvicinò al letto, poi, con la mano libera, iniziò ad accarezzargli il capo, per tranquilizzarlo, perchè Harry si stava agitando. Si muoveva convulsamente, come se stesse avendo un incubo, perciò sudava, il cuore gli stava battendo forte, era spaesato.
- Va tutto bene, Harry. Ce l’hai fatta! – esclamò Louis felice. Harry fissò lo sguardo su quello del moro che sorrideva. – Sei guarito! - .
- Non ho una famiglia dove andare, lo-lo avevo detto che non dovevo guarire. - . Harry aveva lo sguardo pieno di terrore, gli occhi sbarrati e stava iniziando ad agitarsi davvero troppo. Louis continuò ad accarezzargli il capo, perchè non doveva agitarsi.
Qualche ora prima, dopo il primo risveglio di Harry, Louis era andato ad avvertire Kate, ma soprattutto il dottore che in seguito lo aveva visitato, constatando che l’operazione era andata bene e che si sarebbe ripreso. E allora Louis non aveva fatto altro che sorridere, ma adesso si stava preoccupando. Harry aveva ragione: non aveva nessuno, ma aveva lui e lui lo avrebbe aiutato, avrebbe trovato una soluzione.
Harry si dimenò dal contatto con Louis, alzò il busto e iniziò ad urlare, con tutta la voce che aveva in corpo, contraendo i muscoli della pancia per far uscire la voce più potente. Louis, spaventato, indietreggiò, mentre vari infermieri arrivarono e, prontamente, somministrarono a Harry dei sonniferi.
 
- C-che è successo? - . Dopo che Louis fu fatto uscire dalla camera, due dottori erano entrati nella camera di Harry e ne erano usciti un quarto d’ora dopo parlottando tra di loro. Louis era rimasto ad aspettare lì fuori, stretto a sua madre che gli stringeva forte la mano.
- Harry è giovane e davvero molto spaventato da questa situazione. È abbastanza normale, visto anche il suo passato, che abbia reagito in quel modo, soprattutto sotto effetto delle medicine. Per quanto riguarda il suo corpo, sta bene, è solo un po’ affaticato, ma adesso lo faremo riposare in qualche  modo. – disse il primo dottore rivolgendosi a madre e figlio che li guardavano da seduti. – Invece, per quanto riguarda la mente, diciamo che è traumatizzato. – aggiunse, poi, l’altro che studiava una cartella clinica, probabilmente quella di Harry.
- Ma starà bene? – chiese Jay, mentre faceva passare una mano sul fianco del figlio preoccupato. Il dottore sospirò, scrollando le spalle.
- Non ne ho idea, non vuole parlare con nessuno di noi e si agita, ma sicuramente ha bisogno di affetto. Noi faremo il possibile perchè trovi velocemente una nuova famiglia che lo accolga, speriamo davvero che non passi troppo tempo in orfanatrofio. - . Louis sussultò. Non poteva lasciare che lo mandassero in orfanatrofio e abbandonarlo al suo destino. Non adesso che Harry aveva bisogno di lui.
Senza guardare in faccia nessuno e senza dire nulla, si alzò ed entrò in camera di Harry, infastidito dalle parole del dottore.
- Ehy, Harry, si può? – chiese titubante mentre chiudeva la porta alle sue spalle. Poi si avvicinò, scorgendo Harry raggomitolato su un lato che lo guardava di nascosto. Louis sorrise e si sedette sulla poltrona accanto al letto, portando le ginocchia al petto e appoggiando il mento su di esse.
- Sai, non ti abbandonerò. - . Louis si strinse nelle spalle. – Con te mi sento bene. - . Harry non diceva niente, ma Louis aveva visto che i suoi occhi parlavano per lui. Era spaventato come mai. Aveva paura di essere solo, ancora una volta, ed era anche un po’ intontito dai farmaci che gli avevano dato per non farlo agitare.
- Louis..? Harry..? - . La testa di Johannah fece capolino dalla porta, facendo girare la testa di Louis, mentre gli occhi di Harry restavano incollati alla perfezione del viso di Louis. – Ehy, scusate se vi disturbo. Lou, vieni un attimo, tesoro? - . Louis si alzò ubbidiente, lanciando uno sguardo che doveva essere di scuse, a Harry che semplicemente non gli staccava gli occhi di dosso.
- Mamma, dobbiamo fare qualcosa per Harry... – disse Louis una volta usciti. Un’idea un po’ folle gli balenava già in testa.
 

CORNEEEER
Hello bella genteeeee. Ce l'ho fatta a pubblicare entro la fine di questo capitolo, amatemi.
Volevo dirvi che ho scritto la parte centrale del capitolo ascoltando Story Of My Life (invece di leggere la mia ff del cavolo date visualizzazioni al videoooooo) e boh, volevo dirvelo lol
Ringrazio tantissimo chi recensisce e chi aggiunge OOS tra le preferite/ricordate/seguite, mi fate piangere ogni volta.
Date un'occhiata al mio TRAILER, dai: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI , al BANNER: http://niallsblast.tumblr.com/image/54832751164 e se avete bisogno TWITTER: https://twitter.com/liamssquiff 
Grazie di cuore a tutti e alla prossima settimana (capitolo già pronto ;) ) - Lele
 

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Capitolo 15
*** Quindicesimo capitolo ***



Our Own Struggle - QUINDICESIMO CAPITOLO

 
- So già cosa mi vuoi chiedere, Lou. – . La madre lo riprese con tono severo.
- Ma mamma, non possiamo lasciarlo qua da solo! – protestò lui.
- Mi lasci finire per piacere? – lo rimproverò lei, mentre si sedeva. Poi sospirò mentre il figlio annuiva diligentemente. – Sì, Louis, sì. Lo adotteremo. – disse tutto d’un fiato Jay chiudendo gli occhi e annuendo.
- Mamma, stai dicendo sul serio? – balbettò Louis, incredulo. Johannah annuì titubante per l’enorme responsabilità di cui si stava facendo carico e subito il figlio le si gettò al collo. – Grazie, grazie, mamma! – sussurrò lui tra i suoi capelli. Lei si limitò a dargli delle pacche sulla schiena.
- Adesso vai a rassicurare Harry, poi quando si addormenta vieni qua che dobbiamo parlare. - . Louis annuì ed era già pronto per entrare nella camera di Louis, quando Johannah gli afferrò il polso fermandolo e facendolo girare per guardarlo negli occhi. – Un ultima cosa, Lou. Dormi, per piacere. Si sistemerà tutto, tranquillo. - . Detto questo gli accarezzò dolcemente le profonde occhiaie che erano ben evidenti sul viso stanco di suo figlio. Louis annuì accennando un sorriso ed entrò in camera da Harry. Subito notò un dottore che prendeva appunti su un foglio, in piedi di fronte al letto dove Harry respirava affannosamente, mentre un infermiere lavorava attorno alla sua flebo. Non li aveva visti entrare.
- Procedo con la somministrazione del sedativo? - . Louis rimase pietrificato, senza proferire parola.
- Sì sì, Martin. Anche abbastanza forte. – disse l’uomo voltando lo sguardo sul nuovo arrivato che finalmente reagì e si andò a posizionare accanto a Harry, spingendo in malo modo l’infermiere.
- Voi non somministrerete nulla ad Harry! - . Il dottore si mise a ridere.
- Tu chi saresti per impedirmelo? Sto solo facendo un piacere a tutti. Si agita troppo e non posso certo passare la mia giornata qua a fargli da babysitter per evitare che si faccia del male. - .
- Ci sto io con lui. Per favore, non addormentatelo. – lo implorò. Louis si sarebbe messo in ginocchio per evitare che lo facessero.
- Va bene, ma alla prossima lo faccio davvero. Rischia troppo. – lo avvertì l’uomo, che richiamò l’infermiere e insieme lasciarono la stanza. Guardando la porta chiudersi, Louis si accomodò accanto a Harry, cucciandolo un po’ per farsi posto, poi gli prese la mano e la intrecciò con la sua. Harry continuava ad ansimare, tutto sudato.
- Va tutto bene, piccolo. Ho parlato con mia mamma. Parlato si fa per dire. - . Louis accennò una risata, mentre metteva un braccio attorno alle spalle dell’amico e lo faceva avvicinare al suo petto. Harry si faceva fare di tutto, infondo voleva starci tra le sue braccia. – Praticamente abbiamo avuto la stessa idea. - . Louis iniziò ad accarezzargli il collo con calma, mentre sotto il suo tocco sentiva Harry calmarsi. – Verrai a vivere da noi. - . Louis sorrise, mentre, in silenzio, Harry perse un battito cardiaco iniziando a scuotere la testa. Si sarebbe sentito ancora una volta di peso. – Come no? - . Louis cercava di allentare la tensione, fingendo di mettere il muso. – Sarai mio fratello! - . Harry sorrise leggermente al pensiero. Lui e Louis fratelli. – Guarda che siamo normali. Ok, forse se togli me, sono tutti normali. E poi ho bisogno di un altro uomo in casa! Cioè ho quattro sorelle, ho bisogno di un fratello! – esclamò.
Passarono tutto il pomeriggio a parlare di come sarebbe stata la vita da fratelli, in realtà solo Louis parlava, continuando a solleticargli il collo, mentre il più piccolo si rilassava sotto il suo tocco profumato.
 
- Louis ti avevo chies- . Quando Johannah entrò nella camera di Harry per parlare con suo figlio, si ritrovò davanti alla scena più dolce che avesse mai visto: Harry e Louis erano addormentati, vicini, il più piccolo con la testa appoggiata sul petto del più grande che lo teneva stetto a sè. Ovviamente Jay si era molto affezionata, spinta dall’istinto materno, a Harry e trovava che fosse una buona compagnia per Louis che lo stava molto cambiando, rendendolo più premuroso e responsabile. Era d’accordo se al figlio piacevano i maschi, era molto aperta mentalmente, ed era anche d’accordo se quel maschio era Harry; aveva solo paura che uno dei due ci rimanesse scottato, soprattutto adesso che il minore veniva a vivere nella casa Tomlinson. Quando vide quella scena, però, Johannah decise di dare loro tutta la libertà di cui avevano bisogno riguardo al loro rapporto e che non li avrebbe intralciati. Aveva deciso di fidarsi e finalmente si sentì sicura della scelta coraggiosa che aveva intrapreso adottando Harry. Avrebbe giovato a entrambi probabilmente.
Harry si mosse assonnato sul letto, ormai sveglio, aprì gli occhi e lentamente si guardò intorno, mentre un forte dolore vicino l’ombelico lo pervase provocandogli una smorfia sul viso.
- Tutto bene Harry? – chiese preoccupata Jay che aveva assistito in silenzio la scena. Il ragazzo sobbalzò non avendo visto la madre di Louis e lentamente annuì.
- Hai male da qualche parte? – chiese lei avvicinandosi di più a Harry che scosse la testa mentendo, mentre accanto a lui il moro continuava a dormire innocuamente.
- Senti, Harry, volevo solo dirti che non vedo l’ora di averti a casa con noi. – sorrise Jay provandogli a prendere la mano che, però, lui ritrasse. Il ragazzo avrebbe solo voluto dirle grazie, perchè la voleva con tutto se stesso una famiglia, ma le parole non venivano fuori e nemmeno la voglia di essere toccati da qualcuno che non fosse Louis.
Johannah annuì rassegnata e si sedette sulla poltrona accanto al letto, mentre Louis si stiracchiava.
- Buongiorno a voi. – balbettò, mentre Jay sorrise.
- Sono le dieci di sera, Lou. - . Louis annuì un po’ sorpreso di essersi addormentato e voltò lo sguardo verso Harry che lo fissava.
- Tutto ok, piccolo? – gli chiese premurosamente mentre la madre si godeva la scena. Lui si limitò ad annuire.
- Lou vieni a prenderti un caffè con me? – li interruppe Johannah che con uno sguardo implorava il figlio di seguirlo. Lui annuì, poi baciò delicatamente la guancia di Harry.
– Torno subito. – sussurrò, poi sfilò fuori dal letto, seguendo la madre che era uscita dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
- Lou dobbiamo parlare. - . I due si stavano effettivamente dirigendo verso la piccola parte ristorazione del piano dell’ospedale, dove c’erano due macchinette automatiche: una per le merendine e l’altra per le bibite calde.
- Lo so, non parla... – sospirò il moro avvicinandosi alla macchinetta delle merendine e tirando fuori da una tasca dei pantaloni, qualche moneta.
- Sì, ho visto e a quanto pare si fa toccare solo da te, ma non è questo il punto. Per avere il certificato di adozione ci vorrà un bel po’ di tempo, visto che ha ancora un padre da quanto ho capito. - . Louis annuì mentre estraeva dalla macchinetta un pacchetto di caramelle gommose. – E davvero io non vedo l’ora di averlo in casa, ma dovrete, tu soprattutto, ma anche lui, seguire delle regole. - . Johannah si sedette sospirando mentre Louis le si sedeva di fronte con il pacchetto di caramelle tra le dita. – Pure alle tue sorelle ho dato delle regole quindi siete tutti sulla stessa barca. Per prima cosa andrà a scuola e recupererà lo studio perso, con calma, ma lo dovrà fare. - . Louis, molto attento alle parole della madre, annuì d’accordo con lei.
- Se avrà bisogno, lo aiuterò. - . Jay sorrise. Louis aveva proprio capito come stavano le cose.
- Dai, adesso vai da lui che io mi prendo un caffè. Domani ho preso delle ferie per andare dall’avvocato per richiedere documenti necessari all’adozione. - . Louis sorrise, si alzò e le stampò riconoscente un bacio sulla fronte, poi corse via, da Harry. Ancora non poteva credere che sarebbe stato con loro.
Si fermò non appena vide la porta della camera di Harry aperta con varie persone intorno. Rimase immobile, ancora una volta preso dalla preoccupazione, incapace di fare nulla e si maledisse mentalmente per averlo lasciato da solo, ma poi trovò il coraggio di entrare. Un vociare lo immerse, mentre vedeva Harry sdraiato sul letto che faceva vagare lo sguardo spaventato su ogni persona nella stanza, poi i loro sguardi si incrociarono e a Louis parve di vedere una scintilla negli occhi del più piccolo.
- Che è successo? – chiese guardando uno dei dottori presenti.
- Niente di preoccupante, ha vomitato, ma adesso sta bene. Gli abbiamo fatto degli esami, adesso andiamo. – sorrise tranquillamente quello uscendo dalla stanza, con al seguito tutte le altre persone nella stanza.
Louis si sedette sul bordo del letto di Harry e gli sorrise, vedendo che lo guardava un po’ preoccupato.
- Come ti senti? - . Harry abbassò lo sguardo. – Ti senti la nausea ancora? - . Harry scosse la testa e indicò un punto nella pancia tra l’ombelico e l’osso del bacino a destra e si ranicchiò sotto le coperte. – Lo hai detto con i tipi? – gli chiese il moro preoccupato mentre notava gli occhi lucidi di Harry e le guance arrossate. Gli mise una mano sulla fronte, poi la ritirò sospirando. – Hai la febbre. Adesso vado a chiamare qualcuno. - . Si alzò, ma subito il suo polso fu stretto dalle mani grandi di Harry che lo implorò con gli occhi di abbracciarlo e Louis lo abbracciò forte, rassicurandolo. Harry si godette ogni istante, inalando tutto il profumo di camomilla che i capelli del moro emanavano. Poi si staccarono e Louis uscì in corridoio, dove fermò un dottore, che aveva già visto nella camera prima, e gli disse del male di Harry e della febbre. L’uomo restò pensieroso per qualche attimo, mentre Louis, re dell’impazienza, iniziava a spazientirsi. Tutto d’un tratto l’uomo entrò nella camera di Harry e si avvicinò al suo letto. Harry lo guardò scostante mentre gli toglieva le coperte e gli alzava la maglia.
- Forse farà un po’ male. - . Detto questo gli premette con una mano nell’addome, poi la tolse, facendo fare un salto a Harry che gemette. Louis si avvicinò di scatto a Harry, già pronto a dirne quattro al dottore, ma questi lo precedette, chiamando un’infermiera.
- Betty prepara per un’ecografia, per piacere. - . Poi guardò Harry con un accenno di pena negli occhi. – E’ probabile che tu abbia l’appendicite. - . L’infermiera tornò subito con l’attrezzatura e l’uomo preparò lentamente il più piccolo. – Adesso facciamo un’ecografia per essere sicuri e se è positiva, ti operiamo. - . Harry cercò la mano di Louis che trovò subito, poi il dottore gli spalmò il gel e iniziò con l’ecografia.
Louis accarezzava dolcemente il palmo sudato di Harry che era un po’ impaurito e si chiedeva se dovesse succedere tutto a lui.
- Ehm sì. L’appendice è infiammata. Vedete qua? – disse indicando un punto nello schermo del computer. – Vomito, dolore e febbre sono sintomi di essa. – spiegò. - Betty, prenota una sala. - aggiunse. Louis si passò una mano tra i capelli, davvero stanco di tutti questi ostacoli da superare. – Torno subito per prepararti. – sorrise l’uomo. – Non dovete preoccuparvi, è un’operazione molto facile che non richiede troppo tempo di degenza. Penso che fra una settimana potrete essere a casa se tutto va bene. – aggiunse vedendo i loro visi contratti in una smorfia di preoccupazione. Louis annuì, poi furono lasciati soli.
- Andrà tutto bene. Vedrai. È forse l’intervento più comune sulla terra. Nessuno è mai morto di appendicite. – lo rassicurò Louis. – Piuttosto cerca di levare gli occhi di dosso da Betty! – rise il moro facendo sorridere Harry. – Piccolo, devo andare. Vedi di non far arrabbiare i dottori e di tenere le mani a posto. - ridacchiò. Harry annuì e Louis gli lasciò un bacio sulla guancia destra, poi uscì, mentre incominciavano a preparare Harry.
- Louis! Ti stavamo cercando. - . Louis si guardò intorno nel corridoio girando su se stesso e vide Kate che lo stava raggiungendo affaticata, seguita da sua madre che teneva un caffè in mano.
- Sono sempre stato qua. - . Accennarono una risata, poi Kate prese fiato.
- Come sta Harry? – chiese Kate che non lo vedeva da un po’.
- Ha l’appendicite... Adesso lo operano. - . Kate spalancò gli occhi, mentre Jay sospirava.
- Pure l’appendicite? Vi lascio soli per un pomeriggio e vi create l’appendicite! - . Rimasero in silenzio qualche secondo pensando all’assurdità della frase della ragazza. Poi si misero a ridere. - Non dovete preoccuparvi, però, è banale. Gli specializzandi la fanno tra di loro per allenarsi. – sospirò lei. Louis scrollò le spalle.
- Devi dirlo a Harry, non a me. - borbottò.
- Secondo me a entrambi. – sorrise. – Vado a vedere come sta. - . Kate poi sparì nella stanza del più piccolo senza neanche lasciare tempo a Louis di annuire.
- Speriamo passi tutto in fretta. – aggiunse Johannah appoggiandosi al muro. Louis annuì. – Forse è meglio se andiamo a sederci. – propose lei cercando lo sguardo del figlio.
- Andiamo... – sussurrò lui, incamminandosi per l’ospedale.
Passarono tre quarti d’ora a parlare di come si sarebbero dovuti comportare con Harry una volta a casa, quando Kate li raggiunse e sorridendo comunicò loro: - Harry sta bene, senza appendice e che dorme. Se volete andare da lui, uno solo alla volta. - . Louis si alzò in piedi e senza dire nulla corse verso la stanza di Harry.
Quando aprì delicatamente la porta si ritrovò davanti a un Harry con l’espressione rilassata che dormiva beatamente. Gli si avvicinò e si sedette sulla poltrona accanto al suo letto poi gli prese la mano.
 
La convalescenza in ospedale di Harry passò lentamente, ma rilassatamente, mentre Johannah gli spiegava che avrebbe dovuto iniziare a frequentare i corsi a scuola da Louis, con calma, ma doveva mettersi in pari e cercare di non farsi bocciare. Si era già informata per mandarlo da un consulente scolastico e Harry era d’accordo, infondo amava imparare cose nuove.
La richiesta di adozione di Johannah era stata subito accettata con sollievo da parte del padre e i documenti furono pronti prima dell’uscità del minore dall’ospedale. Sia Louis che Jay erano rimasti sconvolti dalla reazine del padre, mentre Harry, rassegnato, si era limitato a sospirare.


CORNEER
Eccomi qua, riaggiorno in tempo. Non mi dilungo troppo, lascio a voi la libertà di espressione su questo capitolo che spero vi piaccia.
Grazie a tutti coloro che leggono e recensiscono, aggiungono tra i preferiti/seguiti/ricordati. Grazie mille davvero, siete voi a farmi andare avanti :)
TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI
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Grazie a tutti, davvero. Spero di aggiornare la prossima domenica xx

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Capitolo 16
*** Sedicesimo capitolo ***



Our Own Struggle - SEDICESIMO CAPITOLO



- Vieni con me, Harry. - . Jay lo guidò su per le scale che aveva visto l’ultima volta il giorno di Natale. - Abbiamo messo un letto proprio accanto a quello di Louis, così starete più vicini e ti sentirai più al sicuro. - .  In un’occasione normale Jay non avrebbe mai permesso che un ragazzo o anche una ragazza dormissero accanto a suo figlio, ma la situazione era abbastanza critica.
Entrambi raggiunsero la camera ordinata di Louis. La stanza era identica a come se la ricordava, se non fosse stato per il letto di Louis, spostato a parte per fare spazio alla brandina di Harry.
- Già domani andremo a vedere i letti, così starete entrambi comodi, ma per ora tu dormirai sul letto di Lou. - . Detto questo Johannah appoggiò sul letto che era diventanto di Harry, il suo borsone. Poi si avvicinò a Harry e gli accarezzò i capelli, ma Harry si scostò da quel contatto che lo infastidiva ancora. - Ehy, non ti preoccupare ok? È tutto passato. Adesso starai bene. - . Jay gli stava parlando dolcemente per rassicurarlo, mentre il ragazzo non la guardava negli occhi, come sempre. Lo psicologo aveva detto che sarebbe stata una convalescenza molto difficile e turbolenta, ma questo non aveva scoraggiato il fare materno di Johannah. Infondo Harry aveva solo bisogno di affetto per riprendersi del tutto e i Tomlinson avevano tutto l’affetto di cui avrebbe avuto bisogno.
Harry si sedette sul letto a gambe incrociate iniziando a rovistare nella sua sacca.
- Adesso ti mando su Lou. – sorrise Jay mentre usciva. Harry restò lì a guardarsi intorno. Stessi poster, stessa vecchia sedia pericolante di legno, stessa scrivania piena di quaderni e libri di scuola.
- Ehy piccolo! - . La voce di Louis sorprese Harry, risvegliandolo da quello stato di trance. Si girò e vide Louis entrare con enfasi. – Stenditi un po’ che io metto a posto le tue cose. - . Louis cercava di sorridere, ma dentro aveva un buco nero. Soffriva, infatti, a vedere l’amico così. Gli mancava la voce roca e profonda del ragazzo minore. Gli mancava anche il suo sorriso, per non parlare della sua risata.
Il più piccolo scosse la testa in segno di disapprovazione. Si sentiva un peso per la famiglia Tomlinson e, almeno con i vestiti, voleva fare da solo. Louis lo guardò serio capendo i pensieri del minore.
- A me fa piacere, Harry. Quindi sdraiati e rilassati. - . Harry cedette molto facilmente, perchè era stanco e si lasciò sdraiare sul letto che profumava di sapone, mentre Louis stava già tirando fuori dal borsone i pochi vestiti che Harry possedeva; li sistemò nel piccolo armadio, sempre sotto il vigile sguardo di Harry, poi passò alle poche cose personali che possedeva il più piccolo.
- Ricordi quando te l’ho fatto? - . Louis prese fuori dal borsone un foglio disegnato malamente e sorridendo si sedette accanto a Harry. – Io sì. Ricordo che ero un bel po’ agitato. - . Harry scrutava l’amico, ma senza incontrare il suo di sguardo. Anche lui ricordava benissimo quel giorno. Era stato davvero bello svegliarsi con il ragazzo che gli piaceva accanto e, tutto d’un tratto, alcune lacrime scesero lentamente sulle sue guance senza il suo permesso. - No, Harry. Non piangere! - . Louis gli si avvicinò di più prendendogli la mano. Non vedendo alcuna reazione del riccio, neanche di fastidio, lo prese tra le sue braccia e iniziò a cullarlo mentre Harry iniziava a singhiozzare. Piano piano stava lasciando cadere il muro che svogliatamente si era ritrovato a costruire per proteggersi. - Va tutto bene adesso, Harry. Io non ti abbandono. - . Il più piccolo si staccò appena.
- N-non volevo essere scortese – iniziò con lo sguardo basso. - è solo che... - . Non fini la frase che venne scosso da un forte singhiozzo, così Louis lo riprese tra le sue braccia.
- Non mi devi spiegare nulla, piccolo. - . Louis si sentiva leggermente sollevato, perchè Harry aveva ripreso a parlare e a farsi toccare, o almeno da lui, perchè nei giorni seguenti evitava anche le minime carezze di Johannah.
 
 
- Sei pronto Louis? – urlò Johannah, in piedi accanto ad Harry nell’ingresso. Louis si fiondò giù per le scale, fermandosi velocemente allo specchio per sistemarsi i capelli arruffati. Primo giorno dell’dopo le vacanze natalizie ed era già in ritardo.
- Avanti, muoviti o farete tardi! Niall è già qua fuori che vi aspetta. – disse Jay spingendoli fuori di casa. Louis si avvicinò con passo sicuro alla Range Rover di Niall ed aprì la portiera a Harry che ci si infilò dentro, seguito, poi, da Louis.
- Tommo, chi non muore si rivede eh? - . Zayn, seduto nel posto accanto al guidatore, ruotò il busto per guardare direttamente Louis che gli sorrise.
- Ho passato del tempo con il mio nuovo fratellino, scusate se non mi sono fatto sentire. – rispose Louis alla sua provocazione mettendo un braccio attorno alle spalle di Harry che si guardava i piedi imbarazzato.
- Hazza! Siamo davvero felici che tu venga a scuola con noi, vedrai che ti divertirai! – gli sorrise Niall. Harry ricambiò gentilmente il sorriso, poi allontanò lo sguardo verso il finestrino.
Il tragitto verso la scuola fu tutto uno scambio di battute e resoconto delle vacanze tra Niall, Zayn e Louis, mentre Harry fissava la città scorrergli accanto, perso tra le sue preoccupazioni riguardo all’integrarsi nella nuova scuola.
- Liam ci aspetta sulla panchina. – disse Zayn, una volta che furono tutti scesi dalla macchina, poi si mise a correre verso la panchina, dove effettivamente era seduto Liam con le cuffie alle orecchie e lo sguardo vago. Harry si guardò intorno, mentre seguiva i suoi nuovi amici e subito notò la quantità enorme di studenti.
- Piccolo, tutto bene? – chiese Louis avvicinatosi. Harry annuì e raggiunsero la panchina dove Liam e Zayn erano già abbracciati e sorridenti.
- Harry! Che piacere vederti e ancora non ci credo che andremo a scuola insieme. Sei contento? – chiese raggiante Liam. Il minore di limitò ad annuire nuovamente.
- Ragazzi, accompagno Harry da Dan, ci vediamo a pranzo. - . Louis premurosamente appoggiò una mano sulla schiena del minore mentre gli altri annuivano e li salutavano, poi lo guidò fino all’entrata della scuola, dove dovettero passare in mezzo a un gruppo di ragazzi che bisbigliavano tra di loro e ridevano guardando i due. Harry abbassò lo sgaurdo, convinto che stessero ridendo di lui. – Qua c’è l’ufficio di Dan. – disse Louis fermandosi davanti a una porta. - Vedrai che andrà tutto bene. Se hai bisogno, mi fai chiamare ok? - . Harry annuì guardandolo negli occhi. – Quando suona la campanella del pranzo, aspettami qua, così andiamo a pranzo insieme, va bene? - . Harry annuì sorridendogli leggermente.
- Grazie Lou. – sussurrò Harry abbassando lo sguardo. Louis lo abbracciò sorridendo e lo strinse forte, mentre quelli intorno a loro li fissavano con disprezzo. Harry si aggrappò a quel contatto fisico che tanto bramava, poi prendendo un respiro aprì la porta dell’ufficio di Dan ed entrò.
Louis di diresse verso la sua classe e vi ci entrò sedendosi nel suo solito posto infondo alla classe, lontano dagli sguardi dei compagni.
- Harry! Prego, entra pure! - . Dan accolse Harry con un sorriso radioso mentre Harry si accomodò sulla sedia di fronte alla scrivania dell’uomo. – Allora, la signora Tomlinson mi ha parlato di te, quindi procediamo con calma, va bene? - . L’uomo, seduto dietro la sua scrivania guardava Harry che annuì.
Durante tutta la mattina Dan mostrò a Harry cosa avrebbe dovuto studiare per essere promosso a giugno e iniziò anche a spiegargli il programma.
 
- Tomlinson! Mi sta ascoltando o è perso tra le nuvole? – sospirò la signorina Beckett. Louis roteò gli occhi senza farsi vedere dalla sua professoressa che infondo aveva ragione, perchè Louis stava davvero pensando ad altro. Precisamente a un ragazzo più piccolo di lui, più alto, che era chiuso nel suo guscio e che al momento stava in un ufficio di un consulente scolastico.
Louis sospirò lanciando uno sguardo annoiato alla professoressa che pure il primo giorno di scuola scassava le palle.
 
 
CORNEEER
Scusate ee delle settimane intense tra adolescenza e scuola lol 
Spero stiate bene e che recensiate questo nuovo capitolo :) per quanto voi possiate pensare che la storia sia al termine, vi sbagliate. E' solo l'inizio quindi spero continuerete a seguirmi perchè vi amo uu
Grazie a tutti quelli che aggiungono OOS tra preferite/seguite/ricordate e chi recensisce, ma anche a chi legge in silenzio (non siate timidi ja)
Vi lascio con il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI
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 Grazie a tutti xx -Lele

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Capitolo 17
*** Diciassettesimo capitolo ***




Our Own Struggle - DICIASSETTESIMO CAPITOLO


I giorni passavano, le settimane facevano altrettanto, ma Harry continuava ad essere spaventato dagli sguardi che gli altri studenti riservavano per lui, per Louis e per gli altri tre amici del moro. A pranzo si sedevano tutti e cinque insieme ad un tavolo che era praticamente al centro della stanza. Era Louis che li obbligava a sedersi lì, ma ad Harry non piaceva essere sotto gli sguardi degli altri studenti; avrebbe preferito di gran lunga quel tavolo infondo alla mensa che sembrava così lontano dagli occhi altrui.
La scuola per Harry procedeva, lentamente, ma procedeva e Johannah si diceva sempre fiera di lui, cercava sempre di trattarlo come un figlio e il più piccolo apprezzava molto lo sforzo, ma non riusciva a farsi trattare tale: evita ogni tipo di contatto che non fosse con Louis.
La notte Harry si sveglia nel bel mezzo di un incubo urlando tutto sudato, Louis allora lo attirava a sè e lo calmava contro al proprio petto accarezzandogli il viso, a quel punto il minore versava qualche lacrima silenziosa prima di tornare a dormire. Il maggiore non si addormentava mai prima di lui.
Il pomeriggio Louis invitava spesso i ragazzi da loro, in modo che diventassero uniti anche con Harry e  che studiassero assieme.
 
Il compleanno di Harry fu festeggiato in modo intimo, anche se erano i 18, così aveva chiesto il festeggiato e a Louis non era sembrata una buona idea far sentire non a proprio agio Harry con un party, perciò aveva invitato Liam, Zayn e Niall per guardare un film, tutti spaparanzati sui divani con i pop corn tra le braccia. Quella notte, mentre gli altri tre ragazzi dormivano, Louis capì che una piccola festa initma assieme ai ragazzi era stata una buona idea, a giudicare dal sorriso con cui il più piccolo si era addormentato sul suo petto.
 
- Non sei emozionato? – chiese Louis in preda a un entusiasmo quasi mai visto prima. Harry lo guardava divertito mentre affondava i denti nel suo panino.
Erano in fila da quella mattina presto, mancavano ormai poche ore all’apertura dei cancelli e Louis era diventato insopportabile. Non faceva altro che ripetere quanto era emozionato, quanto amava i The Fray e quanto Harry si sarebbe divertito.
- Ma siediti che manca ancora un sacco di tempo! – esclamò divertito Harry, mentre Louis era in piedi con lo zaino in spalla, affacciato al cancello, pronto per lo scatto.
- Harreh, se non siamo in prima fila, sarà colpa tua. – disse lui puntandogli il dito contro. Harry rideva e scuoteva la testa. Louis ormai era partito. In effetti avevano aspettato quel giorno molto tempo e, quando un giorno Louis era entrato in casa saltando di gioia e sventolando due biglietti sotto il muso di un Harry sorpreso, a nessuno dei due sembrava vero. Avevano lottato così tanto insieme e quei due biglietti coronavano quel bel periodo.
Harry sbuffò a metà tra il divertito e lo scocciato, poi si alzò per compiacere il più grande.
- Dovrei essere io a comandare, Loueh. – ribattè. Louis gli sorrise e gli fece gli occhi dolci.
- Ma Harry, io sono fan da più tempo. Comprendimi. - . Harry si mise a ridere e annuì arrendendosi.
- Questo sarebbe il mio regalo di compleanno, ti ricordo. – disse infine, per chiudere la faccenda, il più piccolo, prima di essere investito da una spinta proveniente da dietro che lo fece andare addosso a Louis.
- Ehy! – . Louis picchiettò sulla spalla del tizio che aveva appena spinto il più piccolo. – Almeno scusati! - . Il tipo si girò con occhi che trafiggevano qualsiasi sguardo avesse il coraggio di posarglisi sopra. Era un uomo incredibilmente più alto e grosso di Louis, e Harry, intimorito, mise una mano sul petto dell’amico, come a fermarlo. – Non si preoccupi. Siamo in fila per un concerto, capita qualche spinta. – balbettò Harry avvampando. Il tizio tornò a girarsi, come nulla fosse, lanciando un ultimo sguardo di sfida al moro che non accettò, sorprendendo il più piccolo. Louis era un ragazzo a volte precipitoso, che si lasciava un po’ coinvolgere, senza peli sulla lingua e sicuro di sé. O almeno così si mostrava alle persone, perché Harry da quando aveva conosciuto Louis aveva capito quanto, in realtà, fosse fragile e dolce. La sua era una maschera, una maschera per non essere ferito.
- Tutto ok, piccolo? – chiese Louis guardando Harry che sorrideva e annuiva. Gli piaceva quando si preoccupava per lui. – Sei sicuro di riuscire ad arrivare a stasera? Sai cosa hanno detto i dottori… - disse Louis con gli occhi improvvisamente diventanti immensamente grandi.
- Assolutamente sì. Non aspettavo altro che questo giorno, Loueh. - . Louis gli diede una leggera spinta sul petto facendolo indietreggiare un poco, mentre gli occhi immensamente grandi furono sostituiti da quelli di Louis il simpatico. Harry aveva imparato ad accettarlo: Louis mascherava i suoi sentimenti.
Harry si sentì prendere con forza la mano e un attimo dopo stava correndo dietro a Louis verso il palco. Avevano aperto i cancelli, ovvio.
Poi si fermarono. – Qua è perfetto. – disse con voce tremante dall’emozione Louis.
- Oddio! Da qua possiamo toccarli! – urlò Harry come preso da un attacco di fangirling mentre allungava le mani come un matto verso il palco e saltellava. Louis rise.
– La smetti ti sfottermi, Harreh? - . Anche Harry si mise a ridere.
La gente intorno a loro iniziava ad accalcarsi. Erano in una posizione perfetta: prima fila, davanti al palco.
Harry si sentiva un po’ soffocare da quella situazione, ma dopo un sorso d’acqua che Louis premurosamente si era portato dietro nel suo zaino, si sentiva già meglio.
Louis diede un piccolo colpo alla mano di Harry per avvisarlo dell’entrata della band. Un boato invase il palazzetto facendo sussultare Harry. Era il suo primo concerto, non sapeva cosa aspettarsi e vedere la band così vicina a loro era molto toccante. Dopo ore e ore passante nella camera di Louis, stesi entrambi sul letto, uno di fianco all’altro, con le cuffiette che pompavano le canzoni dei The Fray, vederli live era per entrambi un’esperienza carica di emozioni e il fatto che fossero insieme, rendeva tutto più speciale.
Durante Look After You, Louis prese timidamente la mano di Harry e la strinse, facendo arrossire il più piccolo. Era un modo per dedicargliela, secondo Louis.
Ma perché due ragazzi così giovani dovevano aver paura del giudizio degli altri? Ad entrambi questa cosa di doversi nascondere in qualche modo pesava.
Louis quella sera perse quasi totalmente la voce e a Harry diventò più roca e bassa del solito ‘una voce ancora più sexy’ pensò Louis.
- Lou! E’ stata la cosa più bella che abbia mai fatto! – sussurrò Harry nell’orecchio dell’amico, ancora entrambi con l’adrenalina che invadeva i loro corpi, mentre uscivano con calma, accodati agli altri fans, dal palazzetto.
- Cazzo! Non ci riesco ancora a credere! – rispose Louis con occhi sognanti. Harry gli diede un pizzicotto sul braccio.
- Ahi! - .
- Devi crederci. È tutto vero. – disse Harry ridendo. Louis fece una smorfia, mentre Harry lo aveva preso per mano uscendo da quell’ingorgo di persone.
- Dove pensi di andare, Styles? – chiese Louis seguendo fedelmente l’amico.
- Fuori da qua. Sto morendo dal caldo. - . Detto questo Louis prese in mano la situazione, lo faceva ogni volta (come fosse la stella polare di Harry), e lo trascinò in un parco giochi, buio e praticamente distrutto dal tempo e dai teppisti, appena poco lontano dal palazzetto dal quale continuavano a uscire fiumi di fans.
- Che ci facciamo qua? – chiese guardandosi in giro, spaventato, mentre si lasciava guidare dal più grande.
- Guardiamo un po’ le stelle lasciando che l’adrenalina svanisca e poi torniamo a casa, Harreh. – rispose semplicemente, mentre si accucciava sull’erba umida, con la schiena appoggiata a un albero. A Harry si contorse lo stomaco. Così come ogni volta che Louis lo chiamava in quel modo.
Si sedette anche lui abbandonandosi, come ogni volta, sul petto del più grande. Louis iniziò ad accarezzargli i capelli. – Sai, non stai male così. - . Harry grugnì poco convinto mentre osservava le stelle alte sopra di loro.
- Sono morbidi. È impossibile non calmarsi quando te li accarezzo. – sorrise ancora Louis.
- Sì, ma rivoglio i miei ricci. – grugnì il più piccolo. I suoi capelli pian piano stavano ricrescendo ed erano belli morbidi, ma a lui mancavano i suoi ricci.
Harry iniziò ad avere freddo, così si strinse ancora di più a Louis che lo teneva saldamente vicino a sè.
- Hai freddo, piccolo? - . Harry annuì e chiuse gli occhi, abbandonandosi del tutto al profumo di muschio di Louis. Il moro lo strinse e se lo ritrovò seduto sulle gambe, mentre nascondeva la testa sulla sua spalla.
Iniziò a canticchiare Look After You, convinto che si sarebbe addormentato dalla stanchezza che leggeva in quelle iridi verdi. E così fu: Harry, totalmente sopraffatto dal sonno, si lasciò andare alle braccia forti e alla sua voce che danzava lieve nel parco buio. Louis continuava a cullarlo, quando sentì un chiacchiericcio composto da alcuni ragazzi sicuramente ubriachi avvicinarsi.
- Harry! Harry, sveglia. Dobbiamo andare via da qua. – gli sussurrò il moro nell’orecchio scuotendolo un poco. Harry in tutta risposta grgnì infastidito.
- Perchè? - . Chiese stroppicciandosi un occhio.
- Stanno arrivando dei ragazzi ubriachi. - . Subito a Harry si gelò il sangue, ma Louis prontamente lo trascinò correndo lontano da quel parco.
Quando Louis ritenne di essere abbastanza lontano dal pericolo si fermò per vedere in che condizioni era il minore. Harry lo stava fissando accaldato e affannato.


CORNEEER
Ce l'ho fatta. E' il 24 e ho aggiornato. Tipo a un mese di distanza..
Mi dispiace un sacco, ma ho avuto buoni motivi.
Bene.. Siamo entrati nel nuovo anno della storia e io sclero perchè tra due capitoli credo c'è il mio pezzo preferito della storiaaa *-*
Questo non è un capitolo di passaggio, come vi avevo detto nell'AVVISO. Ho cambiato i piani perchè non mi ero accorta che eravamo già qua.
Spero che vi piaccia. Questo è uno dei primi pezzi che ho scritto della storia.
Vorrei ringraziarvi per le oltre mille visite al mio primo capitolo (mi sono dimenticata di farlo prima) e anche per come state mandando avanti la storia: GRAZIE A TUTTI!

BUONE FESTE A TUTTI! :) 


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Lele xx
 

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Capitolo 18
*** Diciottesimo capitolo ***




QUESTO CAPITOLO E' POSTATO OGGI GRAZIE A MagnusBane_  http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=277513


Our Own Struggle - DICIOTTESIMO CAPITOLO





I giorni trascorrevano velocemente e Louis era felice dei progressi fatti da Harry nelle ultime settimane.
Marzo era ormai inoltrato e fuori nevicava fittamente.
Harry, seduto sul letto di Louis, guardava fuori dalla finestra i fiocchi cadere, mentre si chiedeva dove fosse scappato il maggiore. Pochi minuti prima, infatti, se ne era andato.

Louis e Harry erano seduti sui loro letti adiacenti, vicini, molto vicini. Il più grande stava giocando con i capelli dell’altro mentre quello leggeva un libro di Nicholas Sparks che gli aveva consigliato Johannah.
Poi tutto era successo velocemente: i baci di Louis che partivano dal collo del minore fino ad arrivare alla sua bocca morbida, l’incredulità di Harry,  l’imbarazzo del maggiore. E Louis era uscito, sbattendo tutte le porte e vergognandosi di ciò che aveva appena fatto. Perchè Harry non era gay, cazzo. Non poteva esserlo. E anche se lo fosse stato, Louis non sarebbe mai stato abbastanza per lui, figuriamoci.
 
Harry decise così di uscire e prendere una boccata d’aria; sarebbe sicuramente andato a bersi un drink, ovviamente analcolico, al Fresh per distrarsi. Louis avrebbe dovuto essere a casa entro sera nonostante tutto e Harry si sentiva rinchiuso in gabbia in quella casa che era piena degli urli delle ragazze che, appena tornate da scuola, facevano più casino del solito.
Scese al piano di sotto, avvertendo Jay che sarebbe tornato per cena, poi si mise la giacca, lasciò le mani intrufolarsi nelle tasche strette dei jeans che gli aderivano perfettamente alle gambe snelle, e, aprendo la porta, venne invaso dalla neve che scendeva velocemente, ricoprendo tutte le strade della periferia di Londra.
In strada si scivolava paurosamente e Harry, stranamente, riuscì a non cadere come una pera sulla neve, ma quando si guardava intorno vedeva anziane signore che faticavano a restare in piedi e bambini che scorazzavano in qua e là per le strade deserte, mentre qualcuno finiva con la faccia in un mucchietto di neve.
Gli spazzaneve non erano molto organizzati, Harry lo aveva scoperto a gennaio, quando, tornando a casa con Louis, era scivolato paurosamente dritto dritto nel vialetto di casa, suscitando l’ansia fraterna di Louis che lo aveva subito soccorso; alla fine il più piccolo aveva solo rimediato un bel livido sulle chiappe che per qualche giorno lo aveva perseguitato non riuscendo a farlo sedere.
 
- Harold! - . La voce acuta di Stan invase il locale ancora semi vuoto, accogliendo Harry che si stava sedendo al balcone. Senza quasi accorgersene il ragazzo era arrivato a quel pub sudicio, sporco e puzzolente che veniva gestito da un amico d’infanzia di Louis, Stanley.
- Stan. – salutò di rimando Harry appoggiando i gomiti al balcone, senza togliersi la giacca bagnata dalla neve. Il locale era troppo freddo e buio per i gusti del ragazzo.
- Che ci fai qui a quest’ora? Abbiamo appena aperto. – chiese Stan appoggiando un bicchiere pieno di liquido arancione davanti al ragazzo.
- Uhm… Passavo di qua. – mentì Harry che era semplicemente annoiato, forse triste per quanto accaduto, sorseggiando il suo drink tranquillamente, gettando un’occhiata alla parete dietro al balcone dove il proprietario aveva spavaldamente messo in mostra alcuni trofei di pugilato.
- Senti, se ti annoi – Stan lanciò un’occhiata d’intesa al ragazzo, mentre si appoggiava sul balcone avvicinandosi pericolosamente a Harry. – potresti aiutarmi con alcune scatole. Sono da portare fuori che più tardi le ritirano. – finì Stan con un occhiolino, mentre era intento già ad asciugare alcuni bicchieri.
Alzò le spalle. – Perché no? - . Stan gli sorrise riconoscente strofinando uno straccio che a Harry non parve proprio molto pulito, sui vari bicchieri.
- Senti, - iniziò Harry. – Lou è per caso passato di qua? – chiese un po’ ansioso, ma senza lasciare che si notasse. Era ansioso perché era uscito di casa sbattendo la porta rumorosamente, dopo la litigata, e non sapeva quando sarebbe tornato, anche se era convinto che lo avrebbe fatto dopo poche ore, sbollita la rabbia.
- Sì, ha preso una birra, poi si è allontanato con dei ragazzi. - .
- Ah… - un velo di preoccupazione regnava la voce del piccolo. Sapeva che Louis si lasciava un po’ trasportare dagli amici quando si parlava di alcool. – E sai per caso se li conosceva? - . Stan si girò pienamente verso Harry, prestandogli tutta l’attenzione. - Non credo, ma non potrei giurarci. Sai, passano tanti ragazzi qua. - .
- Va beh, grazie. - . Harry mandò giù l’ultimo sorso della sua aranciata e balzò in piedi cercando di non pensare a un Louis ubriaco, perché faceva cose davvero pericolose per se stesso e per gli altri in quelle condizioni.
Oltrepassò il balcone con lunghi passi e prese in braccio quelle scatole. - Dopo mi offri un altro drink. – aggiunse strizzando l’occhio a Stan che stava preparando due caffè per due ragazze che erano appena entrate e che chiacchieravano animatamente a un tavolino in fondo al locale. Aprì la porta di legno vecchio che dava sul vicolo e fu nuovamente invaso da una folata di neve. Con un gesto fulmineo Harry lasciò le scatole in un angolo e sarebbe stato pronto a tornare dentro se non fosse stato per una figura stesa di lato sull’asfalto, probabilmente agonizzante dal modo in cui stava ferma, mentre la neve la investiva.
Harry si sentì mancare. Riconobbe subito i capelli lisci e setosi, le mani nodose che erano strette attorno al corpo, e ovviamente i vestiti: la t-shirt bianca, che bianca più non era, e i pantaloni neri, arrotolati sopra le caviglie con le Vans che spiccavano con stile.
Il più piccolo pensò di svenire, sentì la terra cadere sotto i piedi.
- Boo! – urlò a gran voce correndo, rischiando di cadere paurosamente, per avvicinarsi al corpo del liscio. - No, Louis, no! – . Una voce strozzata fu tutto quello che uscì dal più piccolo. Il cuore di Harry pulsava con gran forza, la sua mente fu immediatamente invasa dai pensieri più brutti.
Si era inginocchiato accanto al ragazzo e lo aveva steso a pancia in su sull’asfalto. Il suo Louis tremava come un chihuahua, i vestiti zuppi d’acqua. Il viso di Louis era ricoperto da scie di sangue che partivano dagli zigomi o dalle sopracciglia, gli occhi chiusi e i capelli spettinati.
- Harry…- . Louis aprì gli occhi e gli afferrò debolmente la mano gelida che un attimo prima gli stava percorrendo il viso ferito facendolo sussultare. Si guardarono negli occhi, Louis non riusciva a tenerli del tutto aperti per via del gonfiore delle sue sopracciglia, ma Harry in quelle piccolo fessure azzurre non riconobbe le biglie azzurre del suo Louis, quelle in cui leggevi positività, felicità e che si stupivano per tutto brillando. Riusciva a leggere la cosa peggiore del mondo: dolore. Eppure poco tempo prima proprio il più grande era riuscito a far sparire quella brutta sensazioni dalle biglie verdi di Harry.
- Lou, grazie al cielo. - . Harry gli si buttò al petto per stringerlo forte a sé e anche riscaldarlo un po’. Louis mugugnò e strinse forte la mano del riccio, con tutta la forza che aveva. – Boo, ti fa male? - . Louis non rispose, ma Harry capì che era così e in quel momento realizzò che, probabilmente, Louis era stato picchiato dai famosi ragazzi con i quali si era allontanato. Altrimenti che ci faceva in quelle condizioni in un vicolo durante una specie di tempesta di neve? Certamente non faceva un pupazzo di neve.
- Chiamo l’ambulanza adesso, resisti Boo. – propose Harry, travolto dal panico, tirando fuori il telefono dai pantaloni, poi con una mano stretta in quella di Louis e l’altra tremante che digitava qualcosa sullo schermo.
- No, Harry. – sussurrò Louis che faticava a respirare. – Va tutto bene. Portami solo a casa. - . Harry sapeva che se avesse protestato, il suo Boo si sarebbe sentito peggio, così con delicatezza prese un braccio del più grande e se lo avvolse attorno al collo, poi attentamente lo alzò, cercò di sfilarsi il cappotto e lo mise malamente sulle spalle del più grande che non riusciva a tenersi in piedi praticamente. In quel momento Harry si maledisse di non aver preso la macchina per andare al Fresh.
- Ce la fai? - . Louis annuì debolmente tenendosi una mano sullo stomaco, sentendo un po’ meno freddo, mentre il profumo del suo piccolo gli invadeva le narici, e mandava giù il sangue che sentiva in bocca. Lo avevano picchiato e non poco. Era stata una banda di ragazzi più o meno della sua età. Louis sapeva che lo avevano picchiato per un motivo, non solo per divertimento, ma sentiva ancora i piedi di quei ragazzi infrangersi contro le sue costole e la forza di spiegare l’accaduto che mancava.
Dal Fresh alla casa Tomlinson non c’era troppa strada, ma se si considera quanta neve cade in marzo a Londra, allora tutto diventa più lungo. Tutto il tragitto Louis pregò che la casa fosse vuota: non voleva che sua mamma si preoccupasse per niente.
- Ecco Boo, siamo a casa adesso. È tutto passato. – disse Harry, con la voce più dolce che avesse in corpo, anche se non riuscì a mascherare la preoccupazione per il suo migliore amico, aprendo la porta di ingresso con due scatti, segno che Jay e le ragazze erano uscite.
Adagiò cautamente Louis sul divano, chiuse la porta, e lo coprì immediatamente con una coperta, perchè tremava ancora. Proprio il più grande amava tenere sul bracciolo del divano una coperta perché diceva che quando guardavano insieme i film, rintanarsi entrambi sotto di essa faceva più film americano. Harry pensava fosse fissato per i film americani e in effetti Louis lo era.
Anche Harry aveva freddo, era restato nella sua felpa solo, ma in quel momento non gliene importava niente, voleva solo prendersi cura di Louis, come il liscio aveva fatto con lui mesi prima.
- Dormi, Boo. Metto su del tè e poi ti medico le ferite, ok? - . Harry gli rimboccò la coperta fin sotto al mento, accovacciato sul pavimento accanto al divano. Il più piccolo non riusciva a guardare in faccia Louis, aveva paura di leggerci la sofferenza, ma Harry continuava a trovare l’amico tremendamente affascinante, anche se non sembrava lui: aveva il volto coperto di sangue ormai secco, le ferite aperte e gli occhi, quei bellissimi occhi azzurri, pieni di dolore.
- Non importa, Harry, mi sento già meglio. Vatti a cambiare che sei tutto sporco. - . Harry abbassò lo sguardo su di sé e solo allora notò che aveva tutto il sangue di Louis sulla felpa che una volta era color panna.
Harry si avvicinò pericolosamente al viso di Louis che fu costretto a concedergli il blu oceano dei suoi occhi, poi il più piccolo gli afferrò una mano stringendola e gli accarezzò la guancia delicatamente, con un pizzico di barba che gli solleticava i polpastrelli dell’altra mano.
- Louis William Tomlinson. Adesso mi permetti di prendermi cura di te ok? Ok. Non fare i capricci come i bambini di due anni o sarò costretto a chiamare tua mamma. - . L’ultima frase risuonò più come minaccia, ma Louis sorrise stancamente e richiuse gli occhi, abbandonandosi a un sonno abbastanza profondo.
Harry gli stampò un timido bacio sulla fronte, evitando accuratamente le ferite; andò in cucina a preparare il tè, per poi dirigersi in bagno e tornare nella sala con acqua ossigenata, cerotti, cotone idrofilo e tutto il necessario. In realtà, se non fosse stato per Kate, non avrebbe mai saputo come medicare Louis.
Appoggiò gli strumenti accanto al divano, per terra e scomparì nuovamente in cucina, per poi ricomparire ancora una volta con una tazza bollente di tè con molto zucchero, come gli aveva insegnato Jay.
- Ehy Boo, devi berlo. - . Harry, con il tè in mano, svegliò Louis delicatamente, con delle carezze tra i capelli. Il più grande protestò un poco, più che altro grugniva. – Ti scalderà mentre ti medico. - . Harry si sedette sul divano accanto a Louis che si sollevò e si mise a sedere con le gambe stese, ancora assonnato e infreddolito. Poi prese il tè e iniziò a sorseggiarlo cautamente, tenendo gli occhi ben puntati sulla tazza. In qualche modo si sentiva in colpa. In colpa per Harry che si sarebbe preso un raffreddore, solo per avergli dato il cappotto, che non andava bene dopo quel che aveva trascorso. In colpa per la felpa rovinata dal suo sangue. In colpa per aver detto cose mai pensate, ore prima. In colpa perché Harry, per quanto fragile e bisognoso di cure lui stesso, ora, stava curando proprio Louis che non si meritava niente di tutto ciò.
Harry sorrise dolcemente a Louis che sbirciava il più piccolo attraverso il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte.
Poi il più piccolo bagnò completamente un batuffolo di cotone con l’acqua ossigenata e gli prese dolcemente il mento con una mano, iniziando a tamponare molto delicatamente le ferite con l’altra. – Dimmi se ti faccio male. - . Louis scosse la testa, mentre non pensava ad altro che alla vicinanza dei loro visi quasi inesistente.
Louis sussultò non appena Harry gli fu sul taglio abbastanza profonda che aveva sulla fronte.
- Scusa…- sussurrò Harry. Louis rimase in silenzio, ma lo guardò con un sguardo che diceva ‘continua, per favore’ e Harry continuò, concentrandosi sul taglio per pulirlo bene da tutto il sangue rimasto.
Non appena ebbe finito di pulirlo, Harry gli sistemò un po’ di garza sul taglio e lo fissò alla fronte di Louis con dello scotch apposito. Poi guardò la medicazione scuotendo la testa. – Loulou dobbiamo andare in ospedale. – annunciò il più piccolo guardando Louis che teneva lo sguardo basso. - Sei bellissimo. - . Harry si morse il labbrò e Louis arrossì. – Ti hanno conciato male, eh? Dammi qua. - . Il più piccolo gli prese la tazza di tè vuota e la portò in cucina, tornando dopo pochi secondi con i loro cappotti in mano.
- Harry, non voglio andarci…- quasi sussurrò Louis.
- Poche storie, se ti si infetta dopo sono casini e poi non smette di sanguinare. – sputò bruscamente Harry che stava sfogando tutta la sua ansia e si era un po’ calmato, anche se non del tutto.
- Scusa, non volevo. – si scusò poco dopo lui mentre vestiva Louis.
 





CORNEEER
Ehm...mi vergogno a venire ad aggiornare dopo quasi quattro mesi... uhm direi che però sono tornata...
Allora...in questi quattro mesi sono stata male di salute e ho affrontato la scuola, quindi spero mi perdoniate. In più non avevo idee e non pensavo interessasse a qualcuno che riaggiornassi. Poi, improvvisamente, ieri, qualcuno mi ha scritto. Culo vuole che ieri ho iniziato le vacanze di Pasqua. A questa persona ho dedicato il capitolo, ma avevo anche detto che avrei riaggiornato entro sabato. Beh dai, oggi è giovedì, direi che sono andata alla grande.
Il mio problema, in realtà, con questa fan fiction è che ho dei pezzi di storia pronti, ma non so mai come collegarli...Troverò un modo, dai.
Dopo OOS ci sarà una OS spin-off e poi si vedrà. Ho tante fan fiction scritte, magari potrei pubblicare qualcosa di quello o magari potrei scrivere qualcosa di nuovo.
Vorrei ringraziare chiunque abbia aperto questa pagina e abbia letto fino a qua. Spero di non avervi persi tutti...
Recensite che mi fa piacere sapere cosa ne pensate, bello o brutto che sia.
Un bacione e (prometto) a presto - Lele xx

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Capitolo 19
*** Diciannovesimo capitolo ***





Our Own Struggle - DICIANNOVESIMO CAPITOLO





Ci misero poco ad arrivare all’ospedale, dove però dovettero aspettare un bel po’, perché con la neve molti pazienti gravi, reduci da incidenti, passavano davanti ai due.
Harry se ne stava in piedi accanto al letto che finalmente erano riusciti a dare a Louis e si guardava nervosamente intorno, nella speranza che qualcuno li degnasse di attenzioni.
- Speriamo di non dover attendere ancora tanto perché ti mettano i punti. – sbuffò Harry.
- Guarda. - . Louis gli sventolò il polso destro sotto al naso del riccio  che, giratosi, sorrideva perché il moro sembrava essere tornato se stesso, ovvero pieno di energia.
- Cosa devo guardare, Lou? Il tuo polso sexy? – scherzò il più piccolo.
- Stupido. – rise Louis. – Ho anche io il braccialetto come il tuo. - . Louis si riferiva al braccialetto ospedaliero che Harry non aveva buttato e che restava saldamente attaccato al suo polso per ricordare tutto ciò che aveva passato e che aveva sconfitto.
Harry rise leggermente e si sedette accanto a lui. – Non è una gran conquista eh. - . Louis alzò le spalle, poi si appoggiò alla sua spalla, spiaccicandoci sopra la guancia sana. Harry, però, si mosse subito prendendo lentamente il viso di Louis, tra le mani. Poi lo guardò dritto negli occhi. Uno sguardo che Louis riuscì stranamente a sostenere. Entrambi volevano la stessa cosa, ma non lo sapevano. Poi a Harry cadde lo sguardo sul labbro inferiore del più grande, che era tagliato. Evidentemente pensò fosse una bella idea e appoggiò le sue labbra carnose su quelle sottili di Louis che sussultò estasiato. Chiusero gli occhi e si lasciarono trasportare dalle loro lingue che esploravano per la prima volta la bocca l’uno dell’altro.
Entrambi avevano aspettato così tanto, avevano fatto così tante cose insieme e un sacco ne avrebbero fatte, ma non è strano? Due persone che si amano, ma che non riescono ad aprirsi? Deve sempre succedere qualcosa di brutto? ‘Non ti accorgi di quello che hai finché non lo perdi’ o finché non rischi di perderlo, no?
 
Harry poteva sentire il sapore del sangue del labbro di Louis entrargli con forza nella bocca. Lui fu il primo a staccarsi. – Boo, tu sembri una persona forte, tieni la maschera da duro davanti al tuo viso, ma so quanto sei fragile, ti prego, non aver paura a mostrarti con me. - . Harry guardava Louis che però aveva ancora una volta lo sguardo abbassato. Era incredibile come quel ragazzo fosse timido e chiuso, quando sembrava tutto il contrario. – Louis, che cosa è successo in quel vicolo? - . Harry aveva lasciato libero il viso di Louis che tradiva il suo quasi imbarazzo a parlarne, e si era alzato dal letto.
- Mi hanno picchiato. - . Louis deglutì comprendendo la pesantezza che quelle parole avevano su di lui.
- Perché lo hanno fatto? - . Harry gli prese una mano per rassicurarlo, ma una fitta di dolore allo stomaco investì il più grande facendolo contorcere su se stesso e stritolare la mano del più piccolo. Harry gli accarezzò i capelli setosi, preoccupato.  - Louis, che succede? – chiese allarmato, poi Louis con una smorfia rigurgitò sangue davanti a sè, attirando l’attenzione di alcuni dottori che fecero spostare un Harry paralizzato.
- Lo portiamo a fare delle analisi, lei si vada a pulire un po’. – suggerì un’infermiera dopo aver apppoggiato una mano sulla spalla del più piccolo, mentre altri portavano via il letto di Louis.
- No, vi prego, posso venire anche io? - . Harry afferrò il braccio di un dottore per fermarlo.
- No, non puoi, mi spiace, ma ti terremo informato. Facciamo solo dei controlli, è in buone mani. – lo rassicurò lui, poi sparì con gli altri dottori e Louis che teneva gli occhi chiusi e si contorceva per il dolore.
Harry guardò l’ora e decise di chiamare Johannah per dirle che erano in ospedale perchè Louis era stato picchiato, lei disse che si sarebbe fiondata in ospedale appena portate le bambine dal loro padre.
Harry sospirò e si accovacciò su una delle poltrone nella sala d’aspetto, prendendosi le ginocchia al petto e appoggiando la testa sulle ginocchia. Era sfinito e preoccupato. Osservava la porta da cui sarebbero dovuti uscire i dottori con informazioni di Louis, quando finalmente un infermiere lo avvicinò.
- Louis sta bene, ha una piccola lacerazione dello stomaco dovuto al rompimento di due costole, serve solo del riposo. Vuole venirlo a vedere? - . Harry scattò in piedi, leggermente sollevato per le notizie e annuì. L’infermiere lo guidò fino alla camera. Una volta arrivati alla porta entrò, mentre Harry rimase immobile davanti ad essa a fissare il numero. 221. La stessa camera dove aveva passato i due anni peggiori, o forse migliori da quando aveva incontrato Louis, della sua vita. L’infermiere lo guardò storto. – Tutto bene? - .
- S-sì, ma questo piano non era oncologia? - .
- Sì, ma un mese fa hanno cambiato oncologia con medicina interna. - . Harry annuì pensieroso.
- Vuole entrare? – lo esortò. Harry annuì impercettibilmente mandando a quel paese la concidenza del numero di camera ed entrando timidamente nella stanza, mentre si guardava intorno. Riconobbe subito ogni dettaglio, poi vide Louis e lasciò stare i ricordi per avvicinarsi e prendergli la mano, ma dormiva.
- Non lo faccia faticare. Adesso arriverà un dottore per suturargli il taglio. - . Detto questo l’infermiere uscì, lasciando Harry a guardare Louis che si stava svegliando.
- Ehi, Lou, va tutto bene. Devi solo stare fermo e riposarti. Ho già chiamato tua mamma e ha detto che sta venendo. So che non vuoi farla preoccupare, ma deve sapere e io non sapevo cosa fare... - . Louis lo zittì allungando un dito verso le sue labbra.
- Va bene così, lo avrei fatto anche io. – sorrise e Harry annuì sedendosi accanto a suo letto, su una sedia, poco dopo arrivò anche Jay.
 
Mentre i due ragazzi stavano parlando ormai già da un’ora di musica e Johannah era andata a prendere del tè per Louis, il maggiore iniziò ad agitarsi un po’, mentre Harry iniziava a preoccuparsi.
- Louis, vado a chiamare qualcuno? - . Il moro scosse la testa velocemente con il viso imperlato di sudore. Louis stava sudando come mai, a causa dei conati che si sforzava a trattenere, ma era uno sforzo troppo grande per il suo corpo così stanco. E così si arrese. Tirò su il busto e rigettò nella ciotola di plastica che il riccio gli teneva saldamente sulle gambe.
 
Ogni volta che Louis riempiva di rosso quella ciotola, ed era successo ormai già quattro volte, a Harry si contorceva lo stomaco. Vedere Louis così debole era struggente e si chiedeva se anche il moro si fosse sentito così a Natale, nella sua camera a vedere proprio il piccolo in quelle condizioni.
Louis si lasciò cadere ancora una volta all’indietro, tornando sdraiato, mentre Harry appoggiò la ciotola su un tavolino in attesa di un’infermiera che la avrebbe sostituita. Poi si riavvicinò a Louis, che teneva gli occhi chiusi, ormai stremato, e iniziò ad accarezzargli la fronte impleralata di sudore dolcemente, osservando i tratti dolci del più grande, mentre quest’ultimo si addormentò.
- Signor Tomlinson? - . Un dottore entrò cautamente e senza fare troppo rumare nella camera dei due ragazzi, tenendo in mano una cartella medica.
- Veramente Louis dorme, credo. Io sono Harry. - . Il ragazzo porse una mano, subito stretta dal dottore che poi appoggiò la cartellina su un tavolino, mentre un’infermiera, al seguito dell’uomo, cambiava la ciotola.
- Allora, Harry, mi chiamo Derek e adesso sistemo il taglio del tuo amico va bene? – iniziò lui avvicinandosi a Louis e scrutando il taglio profondo sulla sua fronte, dal quale era stata tolta la medicazione di fortuna di Harry. – E direi anche di reidratarlo attraverso la flebo, visto quanto ha vomitato. - . Il dottore adesso parlava con l’infermiera che uscì dalla stanza finita la frase. Derek si girò di scatto verso Harry che sobbalzò leggermente sorpreso. – Siete fratelli? - . Il dottore scrutò intensamente Harry.
- No, sono un suo amico. – rispose appena lui.
- Non c’è un familiare da chiamare visto la sua giovane età e le escoriazioni da rissa? Ci sono certe procedure che dovrei seguire e anche se è maggiorenne bisogna informare i genitori. - . Il dottore guardava Harry con dolcezza.
- Sì, ma ora è al bar. – rispose Harry.
- Ok, allora diamoci da fare intanto.  - . Derek alzò le mani al cielo per stendersi, poi si avvicinò a un cassetto di un mobiletto, dal quale estrasse vari oggetti. Harry portò una sedia accanto al letto del moro e ci si sedette sopra, poi prese la mano di Louis e gliela strinse. Probabilmente era più spaventato il più piccolo che Louis, anche perché il più grande stava ancora dormendo.
- Ma… Gli farà male? – tentò Harry. Il dottore scosse la testa mentre l’infermiera rientrò in camera e richiuse la porta dietro di sè. – Lo anestetizzo, tranquillo. - . Il dottore lanciò uno sguardo a chi era entrato, poi tornò a guardare Harry.
– Scusa. - . L’infermiera prese la mano di Louis, cucciando di lato Harry, per mettere la flebo nella vena del moro. – Ecco. - . La ragazza lasciò subito la mano di Louis in quella di Harry sorridendo.
- Se ti fa senso, ti conviene uscire. – suggerì lei a Harry.
- No, grazie. Resto qua, magari chiudo gli occhi. - .
                                                                                 
Così il dottore, con tutte le accortezze possibili, suturò la fronte di Louis, per poi appoggiarci sopra un bel cerotto.
- Puoi aprire gli occhi, ragazzo. – disse divertito Derek riordinando gli strumenti. Harry li riaprì e guardò subito Louis che dormiva ancora tranquillamente con un grosso cerotto appiccicato sulla fronte. Sorrise a quella macchia bianca che stonava sulla sua pelle abbronzata.
- Stanotte lo terremo d’occhio per vedere come si comporta il suo stomaco. Per i punti tornerete poi tra due settimane. - . Il dottore sorrise a Harry, gli appoggiò una mano sulla spalla e lo guardò, non potendo rimanere impassibile alla magrezza di quel ragazzo minorenne che per di più si era presentato con un ragazzo coinvolto in una rissa: troppe cose strane. – Sicuro di stare bene, ragazzo? - . Harry annuì prontamente, senza pensarci davvero. – Uh! Il mio cerca-persone. Devo andare, ragazzo. - . L’uomo diede un’occhiata a un aggeggio estratto dalla tasca dei pantaloni.
- Grazie di tutto. - . Harry guardava il signore che gli stava sorridendo, poi il dottore se ne andò lasciando Harry solo con Louis che però continuava a dormire. Il più piccolo appoggiò la testa sul letto, accanto al corpo caldo dell’altro e si addormentò.
 
- Harreh. - . Louis stava accarezzando i capelli di Harry già da diversi minuti mentre quello dormiva ancora con la testa appoggiata di lato accanto a lui. Il maggiore sorrise, pensando a quando il ragazzo si sarebbe svegliato e al torcicollo che lo avrebbe perseguitato per tutto il giorno.
Harry mugugnò e si alzò a fatica dalla posizione assunta per tutta la sera.
- Torcicollo? – sorrise il moro guardando Harry far girare il collo con una smorfia mentre di alzava in piedi. - Vieni qua, Harreh. - . Louis lo afferrò per un braccio e lo trascinò verso sè, costringendo il riccio a tornare a sdraiarsi accanto a lui. – Ti curo io. – sorrise, poi, lasciando dei baci asciutti sul suo collo.
- Come ti senti? – chiese Harry accoccolandosi alla destra di Louis che aveva maturato un occhio nero durante la notte.
- Meglio. - . Louis si sentiva meglio davvero ed era anche felice, perchè solo ora si rendeva conto che Harry poteva essere suo, dopo mesi che lo aveva desiderato.
– Che ore sono? – chiese poi.
- Le nove. - . Louis appoggiò la testa sulla spalla di Harry che gli afferrò la mano.
– Non mi hai ancora risposto. Perchè ti hanno picchiato? - . Louis chiuse gli occhi, rassegnandosi. Doveva essere sincero, soprattutto dopo quel bacio.
- Per il motivo per cui mio padre non mi ha riconosciuto suo figlio. Perchè sono gay, Harry. - .
- E questa sarebbe una motivazione?! Una motivazione per picchiare un ragazzo a sangue e non riconoscere il proprio figlio?! - . Harry, si alzò di scatto in piedi, arrabbiato. Si stava trattenendo con tutte le sue forze per non dare un pugno sul muro. – Louis - . Dopo due minuti buoni, Harry si risedette sul letto accanto a lui, usando tutta la calma che aveva in corpo, e gli riprese una mano. – Perchè non mi hai mai detto di tuo padre? Infondo, ormai lo sai che sono gay. - . Louis sorrise leggermente.
- Fino a qualche ora fa, no, non lo sapevo. - . Harry lo guardò male, protestando silenziosamente. – Comunque non importa, è passato. - .
- Sì, è passato, ma come vedi adesso stai male. Louis, non lascerò mai più che nessuno ti faccia del male. - . Harry lo guardava dritto negli occhi che Louis, poi, abbassò perchè non riusciva a sostenere l’intensità di quel verde che ormai aveva capito di amare.



CORNEEER
Salveee sono tornata in tempo come avevo detto con questo capitolo che è un po' il cuore della storia. Ditemi cosa ve ne pare :)
Non so quando tornerò (ultimo mese, ultime verifiche..) però mi impegnerò per farlo presto.
Volevo ringraziare tutti quelli che recensiscono, che aggiungono OOS alle preferite/seguite/ricordate: mi riempite il cuore!
Per nuovi progetti continuate a seguirmi! Il mio attuale progetto è la traduzione di Through The Dark (fan fiction) che trovate qua: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2531669&i=1
Un bacione e grazie a tutti, Lele


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TRAILERhttps://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI
 

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Capitolo 20
*** Ventesimo capitolo ***





Our Own Struggle - DICIANNOVESIMO CAPITOLO



Forse fu la prima volta che fecero l’amore, il momento in cui Harry si sentì finalmente al sicuro, probabilmente per il fatto che quel piccolo ragazzo che era stato sopra di lui e dentro di lui, lo amava. Lo amava davvero e lo dimostrava in tutte le cose: da un fiore regalatogli, a dei cioccolatini, a tante altre piccole attenzioni che Harry non aveva mai ricevuto nemmeno dalla madre quando era ancora in vita.
Quante cose erano cambiate da quei lontani e freddi giorni di marzo, quando tutto era iniziato. Ora erano tre mesi che stavano assieme regolarmente e pian piano, grazie a Louis, Harry era uscito dal suo guscio e si era lasciato alle spalle il passato che a volte lo tormentava, però, durante la notte. Allora, il maggiore lo stringeva forte a sè, sussurrando parole dolci al suo orecchio e assicurandosi di riaddormentarsi prima di Harry.
Probabilmente se Louis si fosse fermato e avesse guardato indietro nei mesi, un brivido avrebbe percorso la sua schiena. Quante cose a cui insieme erano andati incontro, ma si era ripromesso che quelle future sarebbero solo state belle. Lo aveva promesso a se stesso.
 
 
- Siamo passati! – urlò Zayn buttandosi tra le braccia di Liam che gli stava picchiettando la schiena tranquillamente; era euforico pure lui, però si conteneva in mezzo alla ressa di ragazzi che scrutavano i tabelloni dei voti, lasciandosi scappare solo un piccolo sorriso.
- Cazzo, adesso siamo liberi, ragazzi! - . Louis, fattosi largo tra la marea di ragazzi che urlavano di gioia e si abbracciavano, si infilò sorridente tra i due che ancora erano stretti in un abbraccio, e mise le braccia sulle spalle degli amici mentre si dirigevano in mensa.
- Sai se Harry è passato? – chiese Niall già seduto al tavolo mentre si abbuffava di spaghetti, quando fu raggiunto dai suoi amici che lentamente, e appoggiati per terra gli zaini, si sedettero con lui al tavolo rotondo, uno dei tanti tavoli della mensa della scuola. Niall amava quel posto, perché sembrava più un ristorante che una mensa scolastica per il fatto che c’erano tanti tavoli tondi e un bel po’ di cibo tra cui scegliere. Liam si sentiva, invece, come in High School Musical, e in effetti era tutto così tremendamente simile.
- Uhm… Non l’ho ancora sentito, in realtà. - . Louis cercò il cellulare nello zaino per vedere se il riccio gli aveva lasciato dei messaggi, ma niente. Si sedette tra Niall e Liam pensando che probabilmente era ancora dal consulente scolastico. Jay lo aveva praticamente costretto ad andarci, perché dopo tutto il tempo che Harry aveva passato in ospedale, aveva da recuperare un bel po’ di cose e Dan, un uomo di mezza statura, con due enormi baffi sotto il naso e il fare gentile, lo aiutava con i compiti, ma non solo. Spesso, infatti, Harry tornava dall’incontro con il consulente e gli raccontava che Dan gli chiedeva, oltre che della scuola, cose più personali, come dei suoi genitori. Louis aveva il presentimento che il consulente fosse soprattutto uno psicologo e che sua mamma volesse accertarsi che Harry stesse veramente bene come diceva. A lui non parevano disturbare le domande sul suo passato, così Louis non se ne preoccupava più di tanto.
- Ragazzi eccolo! - . Liam si sbracciò attirando l’attenzione di mezza mensa, ma anche quella del soggetto desiderato che si avvicinò agli amici guardandosi intorno, come se fosse seguito, mentre Niall era diventato rosso per l’imbarazzo dovuto agli occhi di mezza scuola che li squadravano. I cinque ragazzi erano ritenuti, infatti, gli sfigati della scuola e davvero poca gente parlava con loro, ma a loro non importava granchè, perché facevano tutto insieme, troppo amici per stancarsi gli uni degli altri, addirittura a volte diventava morboso il loro rapporto, ma non li infastidiva. Tutti venivano presi di mira dai bulli, anche se avevano modi diversi di affrontare il bullismo: Zayn li affrontava, così finiva nei guai per via delle risse; Liam li ignorava e continuava la sua vita; Niall non diceva niente, ma quando arrivava a casa, scoppiava in lacrime tra le braccia di Zayn che era un po’ il suo punto fermo, anche se avevano la stessa età, Niall era il cucciolo e Zayn colui che se ne prendeva cura; Louis li smerdava; Harry, preso più di mira per via del suo fisico troppo magro, girava con lo sguardo basso, avendo paura perfino della propria ombra, se gli si avvicinava qualcuno lui sussultava, già pronto a farsi picchiare, anche perché era il più piccolo e non seguiva nessuna lezione con i suoi amici, così come Louis che, però, era il più grande.
- Ragazzi, - iniziò Harry solennemente lanciando un’occhiata a Louis per poi sederglisi accanto sempre con il suo solito modo pacato. – mi dispiace comunicarvi - .
- Cazzo, Harry non sei passato?! - . I ragazzi guardavano il più piccolo con espressioni a metà tra lo stupore e il dispiacere, perché non si poteva negare che Harry, nonostante tutto, avesse dei buoni voti.
- Sta’ buono, Malik. – lo zittì Niall tirandogli un pezzo del pane che stava ingurgitando.
- Continua, Styles. – lo esortò Liam mettendo un braccio attorno al collo di Zayn per farlo stare calmo. Harry aveva sempre pensato, da quando li aveva conosciuti durante la prima visita della Bluewood, che tra di loro ci fosse del tenero.
- Dicevo, mi dispiace comunicarvi che dovrete sopportare pure me quest’estate in vacanza con voi. – sorrise, finendo finalmente il discorso, Harry che era al settimo cielo, pronto per la vacanza che tutti e cinque avevano organizzato nei minimi dettagli mesi prima.
- E bravo il mio Haz. - . Louis gli scombinò i capelli sorridendo, seguito a ruota dagli altri ragazzi, poi gli mise un braccio attorno alla vita facendo sorridere il più piccolo.
 
Una volta a casa, Louis si mise ad aprire tutte le persiane della casa che continuava a voler tenere chiuse quando erano fuori casa, e Harry si buttò a peso morto sul divano, un po’ provato dallo stress di fine quadrimestre. Adesso poteva riposarsi e passare gli ultimi giorni di scuola a divertirsi.
- Vado a fare una doccia, Loubear. – sorrise alzandosi.
- Ti preparo il pranzo? – propose Louis avvicinatoglisi, appoggiando delicatamente le mani sui fianchi magri del riccio riducendo vistosamente la distanza dei loro visi.
- Uhm… Io non ho molta fame, se vuoi prepara per te. - . Harry si dileguò via da quel contatto che gli faceva venire i brividi, lasciando Louis al centro del salotto, che si mise subito a riordinare (una fissa diceva Harry) iniziando con il sistemare la borsa di scuola di Harry nella loro camera. Passando nel corridoio sentì lo scroscio d’acqua seguito dal suono roco della voce di Harry che canticchiava How To Save A Life, sorrise e poi si rifugiò in cucina a preparare il pranzo, anche se non sapeva bene che cosa avrebbe messo sotto i denti. Alla fine optò per dei semplici pancakes. Harry li adorava e sperava di convincerlo a mangiare un po’.
 
Quando Harry uscì dalla doccia, si sentiva molto più rilassato. Si passò un asciugamano sui capelli che si erano inumiditi con alcuni schizzi, e si infilò i boxer. Scorse il suo riflesso in uno specchio che alcune settimane prima Louis aveva insistito ad appendere sul muro perché secondo lui era impensabile avere un bagno senza specchio, ma forse Harry avrebbe preferito vivere in una casa sprovvista di specchi.
Si avvicinò lentamente al suo riflesso tendendo una mano avanti e facendola scontrare con il vetro freddo e un po’ condensato per il calore. Accarezzò con un polpastrello i contorni della sua immagine riflessa. Odiava quel riflesso così magro, non si sarebbe mai sentito a suo agio in costume, quella estate. Quella estate che avevano programmato i cinque ragazzi insieme, elettrizzati all’idea e, a quel punto dell’anno, trepidanti per l’attesa. Louis gli aveva detto che stare al sole faceva bene, però Harry si immaginava steso sul telo, accanto ai ragazzi che scherzavano insieme, e i passanti che squadravano quell’orrendo ragazzo così magro. Lo avrebbero giudicato. No, Harry non aveva mai sopportato gli sguardi delle persone; prima, durante e dopo la malattia.
Lo sguardo di Harry andò a posarsi sui suoi capelli. I ricci erano tornati quasi lunghi come prima, ma erano più morbidi, aveva notato. Quei ricci, Harry lo sapeva bene, facevano impazzire ancora di più Louis che ogni volta che era seduto sulla poltrona del salotto e si ritrovava Harry seduto tra le sue gambe, gli affondava le mani dentro i capelli; oppure quando, la mattina si svegliavano uno accanto all’altro, con i capelli appiccicati alla fronte sudata, dopo una notte d’amore. Amava quando il più grande gli toccava i ricci, un sollievo per il cuoio capelluto che mandava in visibilio Harry facendolo mugugnare dal piacere.
- Babycakes, tutto bene? - . La voce di Louis accompagnata da un bussare timido fece sussultare Harry che ancora osservava le costole che erano così orrendamente visibili. - Harry, ti prego rispondimi o butto giù la porta e a quel punto se ti trovo nudo potrei seriamente violentarti. – continuò Louis con tono preoccupato. Harry sorrise leggermente, per poi aprire la porta a un Louis visibilmente sollevato.
- Tutto ok? Sei in bagno da tre quarti d’ora. - . Louis entrò in bagno e si sedette sulla tazza chiusa del gabinetto guardando Harry che richiuse la porta, come se potessero essere disturbati da qualcuno, ma erano tutti fuori casa a quell’ora.
- Uhm? Sì sì, tutto ok. Ero solo stanco e mi sono rilassato un po’. - . Harry, a disagio dagli occhi di Louis che, anche se non lo avevano mai giudicato, lo stavano guardando, raccolse la maglia, ma lo sguardo veloce e triste che sfuggì a Harry verso il suo riflesso non scappò al maggiore che dolcemente lo cinse da dietro e lo fece sedere sulle sue gambe, poi appoggiò il mento sulla sua spalla nuda. – Sei bellissimo anche così, piccolo. – sussurrò al suo orecchio. Harry cercò di scansarsi dalla presa del suo ragazzo, ma questi non aveva alcuna intenzione di lasciarlo sfuggire, rimandando così ancora una volta il discorso che mai il riccio aveva voluto veramente affrontare.
- Ascoltami – Louis iniziò guardandolo fisso negli occhi, anche se Harry teneva lo sguardo basso. – so quanto sia difficile per te mangiare, ma sai che lo devi fare. Lo vuoi, no? Harry, hai sconfitto la leucemia, puoi farcela a riprendere qualche chilo. Non so come ti senti, se non per quel poco che mi racconti quando ti apri con me. Io al massimo ho solo avuto la febbre;  ma devi reagire, amore. - . Louis gli strinse le mani e non riuscì a non notare una lacrima che scendeva silenziosa sulla guancia del riccio, poi seguita a ruota da altre.
- Cosa ti ho promesso a Natale? - . Harry rimase in silenzio. – Harry, cosa ti ho promesso in questo bagno, qualche mese fa? Io non ho intenzione di abbandonarti. Insieme supereremo anche questa. – concluse il moro. Entrambi si alzarono e Louis strinse Harry in un abbraccio che parlava più di qualsiasi parola, così nascose la testa sulla spalla del più piccolo mentre questi faceva la stessa cosa.
- Adesso andiamo. Ho preparato dei bellissimi pancakes. - . Louis asciugò le lacrime dalle guance morbide di Harry che annuì con il viso che era a pochi centimetri da quello del moro.
– Non è che li hai bruciati come l’ultima volta, eh? – sorrise Harry alzando lo sguardo su quello sconvolgentemente azzurro del grande. Louis gli spettinò il ciuffo, facendo ricadere qualche riccio sugli occhi. Si misero a ridere, poi Louis appoggiò le mani sui suoi fianchi, mentre Harry incrociava le braccia dietro al suo collo. Uno sguardo bastò per intendersi e pochi secondi dopo si ritrovarono con le labbra l’uno dell’altro che premevano sulle proprie, mentre la lingua del riccio si infilava timidamente nella bocca di Louis che la lasciò tranquillamente esplorare.
 
- Ci vuoi la Nutella sopra? - . Si staccarono, Louis prese il suo piccolo per mano e, dopo che lui si fu rivestito, andarono in cucina, dove un piatto di pancakes ormai freddi li attendeva.
- Che pancakes sarebbero altrimenti? - .
- Guarda che esistono anche quelli salati eh. – rispose impertinente Louis facendo sedere Harry, poi gli si sedette di fronte.
Harry mangiò un pancake perché Louis aveva ragione: doveva mangiare, voleva davvero riprendersi del tutto.



CORNEEER
AMATEMI. Non è nemmeno finita la scuola e sono quaaaaa wohooooooo. Ok basta hahaha
Devo dire qualche cosa...prima di tutto grazie perchè avete reso questa storia un successo, sicuramente per me stessa che mai mi sarei immaginata un sostegno del genere. Poi volevo dirvi che manca uno, forse due capitoli alla fine. Ebbene sì, il viaggio sta finendo e pensare che è quasi un anno che aggiorno. 
Durante questi mesi tante persone sono passate attraverso la mia vita e vorrei dedicare questa storia a una persona a cui tenevo tantissimo, ma per varie circostanze ora vivo senza. Ha semplicemente scelto un'altra strada, ma diciamo che qualche ispirazione la devo a lei.
Terza cosa: ho intenzione di scrivere nuove fan fiction larry, anche perchè avrò tempo e vorrei scrivere qualcosa di veramente scritto bene.

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo :)
Un bacione e grazie ancora, Lele x


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Capitolo 21
*** Ventunesimo capitolo ***


Our Own Struggle - VENTUNESIMO CAPITOLO
 

- Prossimo concorrente. – incitò Simon Cowell dallo studio. I cinque si guardarono, le mani tremanti stringevano forte i microfoni e gli occhi scintillanti di chi, insegue il proprio sogno. 

- Andrà tutto bene. – sussurrò Louis all’orecchio del suo ragazzo, Harry. Gli mise una mano alla fine della schiena e, insieme a Liam, Zayn e Niall, salirono sul palco, posizionandosi al centro, proprio sulla X. Presero un respiro tremolante e guardarono i quattro giudici. 

- Ciao! Voi siete? – chiese loro Louis, uno dei giudici. 

- Ehm buona sera. – salutò Liam nervosamente. – Noi siamo gli One Direction. – disse prima di presentarli uno a uno. 

- E cosa cantate? – chiese Simon rigirandosi una penna tra le mani. 

- Torn. – rispose Niall contento. I cinque si scambiarono uno sguardo complice, mentre la base iniziava. Cantarono Torn, le voci tremolanti, senza sapere che da quel momento la loro vita sarebbe cambiata. 

Non immaginavano nemmeno lontanamente di arrivare terzi quell’anno a X Factor, ma di ricevere subito dopo un contratto discografico che avrebbe donato loro tantissime opportunità. Mai avrebbero immaginato tutti i premi vinti assieme e tutti gli abbracci di gruppo, scambiati dop aver sentito il loro nome essere chiamato sul palco, i tour mondiali nei teatri, poi nelle arene e finalmente negli stadi, tutti sempre sold out. Non immaginavano nemmeno di far uscire ben 15 dischi, nè di vergognarsi, successivamente, dei primi album. Mai avrebbero pensato di rimanere amici letteralmente fino alla morte. 

Mai avrebbero pensato di diventare leggenda, entrando nel cuore di milioni di persone in tutto il mondo.

I momenti migliori, però, sarebbero sempre e comunque rimasti quelli condivisi a luci spente: sul bus dopo un concerto, i vari scherzi fatti alla crew a 5 minuti dall'inizio di uno show e le nottate insonni in hotel.

A/N
Ciao a tutti, non ho mai pubblicato su EFP la fine di questa storia, quindi eccomi qua, dopo vari anni!
Questo capitolo è brevissimo, infatti poi ho postato anche l'epilogo.

Non mi ci rivedo più nello stile di scrittura di questa storia, sono cresciuta, sono passati una cosa come più di 5 anni e il mio stile è cambiato, ma questa è Our Own Struggle e questa sarà per sempre.
Ho scritto anche altre cose su Wattpad, che pubblicherò anche qua sopra, ma intanto vi lascio il link. Presto spero di finire le storie che ho in sospeso anche su Wattpad e di iniziare nuove storie.
A presto!

https://www.wattpad.com/user/jensonbutton (il mio account con le altre storie rigorosamente Larry)

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Our Own Struggle - EPILOGO

Harry chiuse quel diario ingiallito dal tempo e si sfilò gli occhi dal naso con le mani tremolanti. Alzò gli occhi su James, che ancora non aveva detto nulla, e si lasciò scappare un sorriso: la loro storia era stata veramente speciale. 

- Hai sentito piccolo? La storia dei nonni è davvero bella. – disse Charlie tenendo il figlio sulle gambe, seduta per terra, e sorridendo. Lei che, la storia dei propri papà, l’aveva ormai sentita oltre cento volte. Ma era sempre un piacere risentirla. 

- Meglio di Cars! – esclamò il bimbo di tre anni, attaccandosi al collo della madre. – Il nonno Lou quando lo andiamo a trovare? – chiese lui innocentemente. Harry spostò lo sguardo sulla poltrona, quella su cui stava sempre seduto suo marito, e trattenne il fiato: erano due settimane da quando era venuto a mancare. 

- Se il nonno Harry ha voglia, possiamo andarci anche più tardi. – disse Charlie alzando le spalle e lanciando uno sguardo al padre. Si morse il labbro inferiore, osservando Harry che aveva lo sguardo assente, come ogni volta che si parlava di Louis. Sembrava quasi lo vedesse ancora. – Papà? – lo richiamò, allora Charlie. Lui fece scattare lo sguardo sulla figlia, abbandonando la malinconia. 

- Per me va benissimo. Sono sicuro che a Daddy farà piacere. – sorrise lui. Charlie annuì pensierosa.

 

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Harry Styles morì 22 settimane e 3 giorni dopo suo marito, Louis Tomlinson; 1 anno e 12 giorni dopo Liam Payne; 51 settimane e un giorno dopo Zayn Malik e solo 14 giorni dopo Niall Horan. La cerimonia funebre fu breve, solo i parenti e gli amici più stretti parteciparono. In prima fila vi era Charlie, la figlia adottiva (Louis e Harry avevano sempre odiato quell’aggettivo, perchè per loro era come fosse sangue del loro sangue), James, che teneva la mano di suo padre Matthew, e qualche altro amico di vecchia data.

 

I giornali diedero l’ultimo saluto all’ultimo membro di quella che una volta era la band più famosa del mondo dedicando migliaia di articoli ai One Direction. Non si erano mai sciolti, erano sempre rimasti assieme, solo che, a un certo punto,  avevano semplicemente smesso di fare musica, ma nessuno li avrebbe mai dimenticati, sarebbero per sempre vissuti dentro i cuori di tutti. 

Charlie, appena dopo una settimana dal funerale, si ritrovò in un ufficio, a Londra, pronta per firmare dei documenti per far pubblicare quel famoso diario che i suoi papà amavano rileggere ogni tanto a James, quel diario che raccontava tutta la storia della coppia.

 

Il libro venne pubblicato il giorno del terzo anniversario di morte di Louis, pieno di foto esclusive dei due, gentilmente donate da Charlie, quel diario ripercorreva dall’inizio la magia dell’incontro dei due: dalla malattia sconfitta, ai ricordi scolastici, dalla vacanza al mare con gli altri tre amici, ai provini per X Factor. Le librerie finirono tutte le copie del libro in poche ore, quel giorno. Mezzo mondo si era emozionato con le loro voci e, 60 anni più tardi, si emozionò leggendo la loro storia, quella integrale, dove non vi si era stato tolto nulla. 

E chissà... magari Harry e Louis passavano le loro giornate abbracciati su una nuvola, a guardare Charlie diventare mamma per la seconda volta con le lacrime agli occhi, oppure gaurdavano James dare il primo bacio a una ragazza (nemmeno tanto bellina) e si ricordavano di quando si erano dati loro, il primo bacio in ospedale. 

Perchè infondo, adesso, erano di nuovo insieme, dopo una vita piena e felice. 

- THE END -


A/N
Eccomi qua, OOS è ufficialmente finita. Lo è da anni, ma non avevo aggiornato EFP per un bel po'. 
Spero vi sia piaciuta, anche se ormai non rispecchia più il mio stile, però è comunque parte di me e della mia crescita.
Vi invito a vedere le altre storie che ho pubblicato su Wattpad che intendo concludere presto e che pubblicherò anche qua.
A presto!
Lele https://www.wattpad.com/user/jensonbutton

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