Mille parti di te...

di Stray_Ashes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Amore..." ***
Capitolo 2: *** "Rinchiuse" ***
Capitolo 3: *** "Un Amico" ***
Capitolo 4: *** "Nelle mani dell'Inverno" ***



Capitolo 1
*** "Amore..." ***


Capitolo 1:
"Amore..."

-Azarath Metrion Zinthos... Azarath Metrion...-
Ore di meditazione. Corvina ripeteva quelle poche parole ogni giorno, per ore infinite. Le apriva la mente, le permetteva di andare dove altri non potevano arrivare.
Levitare nell’aria, nel silenzio della sua stanza buia, senza una parola, se non la sua voce spenta, e i pensieri distanti nella sua testa.
Calma. Una calma assoluta che la cullava piano, all’interno di sé stessa, all’interno della concezione di chi era veramente.
La meditazione era importante; le permetteva di controllarsi, di reprimere le emozioni indesiderate: tutto questo faceva sì che i suoi poteri funzionassero. Poteri a dir poco pericolosi, che poteva controllare controllando sé stessa.
Spesso, i suoi amici non lo capivano, e la guardavano come una “strana”; ma in fin dei conti, non sapevano bene chi era lei, e non poteva biasimare il loro sospetto, o curiosità. Tuttavia, non voleva che loro sapessero.
Non riteneva importante che scoprissero di lei più del dovuto. Ma sapeva che le volevano bene, i suoi amici. Sapeva che era comunque importante per loro, per la squadra. Lei era una Titan, e sempre lo sarebbe stata, nei suoi desideri. O quasi.
La mente vagava ancora da qualche parte. Viaggiava. Anche se aveva gli occhi chiusi, Corvina vedeva; vedeva la sua mente. Era un landa scura, sospesa nel vuoto, un vuoto infinito dallo sfondo che graduava al nero, a un rosso cupo e distante.
Zolle di terra alleggiavano in quell’aria spenta, aride e scure; pochi alberi crescevano contorti su di esse, e uccelli scuri dallo sguardo inquietante solcavano il cielo, da una zolla all’altra.
Veniva lì, per la meditazione. All’interno di sé stessa.
Ma qualcosa non andava come era sempre andata.
La sua meditazione venne interrotta, con un colpo tale da mozzarle il respiro, e sbatterla all’indietro.
Per la sorpresa, sentì i poteri venirle meno, e cadere al suolo: si aspettò di atterrare sul pavimento duro della sua stanza buia nella T-Tower, ma così non fu.
-Ma che...- si lamentò, rialzandosi piano, la mente ancora stordita e lo sguardo confuso.
Alzò lo sguardo, sorpresa. Si trovava ancora lì, nella sua testa, ma non sentiva più quella sensazione di appartenere ancora in qualche modo alla terra. I sensi non le dicevano di essere nella sua stanza, no. Corvina si trovava soltanto dentro sé stessa, sia la mente, che il corpo.
La ragazza si guardò intorno circospetta: era una zolla di terra particolarmente scura, e distante dalle altre. Strinse gli occhi con crescente sospetto. Qualcosa non andava.
Ma chi aveva potuto catapultarla lì? Che sapesse, nessuno avrebbe potuto farlo, oltre a lei stessa.
Cercò di radunare le idee, tirandosi su il cappuccio del mantello che le era caduto dal viso durante lo strano e violento “viaggio” in quelle precisa zolla.
Girò su sé stessa, osservando intorno: nulla di sospetto, a quanto pareva. Non era convinta.
E in quell’istante, qualcosa la colpì alle spalle, con violenza, e dopo averle ancora mozzato il respiro, la gettò malamente contro l’unico albero contorto e svercolo della zolla.
-Ahh!- urlò, contrariata, la testa che pulsava laddove aveva colpito.
Sollevò lo sguardo sul suo assalitore, contornando le mani di energia nera, pronta all’attacco.
E rimase così: pietrificata, sorpresa, sgomenta, interdetta, a fissare come imbambolata il “nemico”.
Si riprese scrollando la testa e si alzò velocemente, confrontandosi con colei che era eretta davanti. Le due si fissarono, gli occhi freddi, il viso nascosto dal cappuccio tirato, le braccia rigide, la bocca stretta in una fessura.
Due figure identiche, una dinanzi all’altra, la stessa energia nelle mani di una, e nelle mani dell’altra. Lo stesso sguardo, lo stesso potere.
A contraddistinguerle, era il mantello. E la libertà differente. La libertà che c’era e che non c’era.
-Che cosa pensi di fare...?- sibilò aspra, Corvina. Non era mai successo che si ribellassero in quel modo, che la rapissero e attaccassero addirittura. Raramente le parlavano anche. Avevano paura di lei, loro...
-“Che cosa penso di fare”?!- rispose con sguardo di scherno, lei. Lei che era Corvina, ma soltanto una delle sue emozioni. Lei che era una piccola delle mille parti della maga, una delle mille altre parti stufe di non essere nessuno, di essere rinchiuse in quel luogo, limitate e nascoste.
 Erano stanche, tutte. Volevano finalmente uscire, ed essere libere.
-Esattamente- affermò Corvina. –Che cosa pensi di ottenere? So cosa vuoi, e tu sai che non potrai averla. Ne abbiamo parlato, tempo fa; pensavo il concetto ti fosse chiaro, ormai...- continuò amara, fissando negli occhi l’Emozione.
La squadrò: era identica a lei, come tutte le altre emozioni che vivevano rinchiuse nella sua mente. Guardò (con un certo disgusto) il mantello lillà-azzurro che portava sul viso e sulle spalle, e intuì di chi si trattava.
Era Amore.
Una delle emozioni che più era sotto scacco, che più veniva repressa, ignorata, rinchiusa e piegata alla prigionia. Una delle emozioni con cui più spesso Corvina aveva avuto a che fare, per metterla a tacere.
Amore aveva lo sguardo particolarmente freddo e aspro, le mani chiuse convulsamente a pugno, e più che l’emozione dell’amore, pareva quella della rabbia.
I suoi occhi brillavano di furia, e di desiderio. Corvina si sentì vagamente a disagio.
-Che cosa vuoi ora?- esordì, accigliandosi, seccata.
-Tsk... Voglio essere libera, Corvina. Voglio poter essere me stessa, nulla di più- disse, la voce determinata, seria e precisa.
Corvina strinse i denti e i pugni, avanzando e sorpassando Amore con una spallata.
Si posizionò sul bordo della zolla,le braccia incrociate sul petto, lo sguardo rivolto al nulla che si estendeva oltre, il volto accigliato e gli occhi a fessura.
-Stai dicendo un sacco di stupidaggini!- sibilò con voce acerba -Sai che non posso farlo. Tu sei solo un’emozione, una parte di me che non può uscire. E decido io cosa tu devi fare, dove stare e come... –
Sentì fremere Amore alle sue spalle, forse perché l’aveva colta sul vivo, forse solo per rabbia.
-Tu non sai cosa significa vivere sempre qua...- disse soltanto l’emozione, la voce stridula e pacata.
-Senti io...!- ribattè Corvina, girandosi di scatto con fare minaccioso verso Amore.
Ma la voce le morì in gola, lasciando la maga interdetta, il dito alzato e fermo nell’aria sospesa.
Amore la guardava piena di pena, il volto rigato.
L’emozione piangeva.
 

“Angolo della scrittrice :3”

Allora.. in precedenza questa doveva essere una one-shot, ma... ho visto che poteva venire più lunga di quanto immaginassi ed ho deciso di metterla in pochi capitoli e basta.
Qua come si sarà capito, Corvina si ritrova nella sua mente, a parlare con una delle sue emozioni, Amore, che vuole ribellarsi dalla sua prigionia. Ma Corvina non ha nessuna intenzione, di lasciare uscire lei e tutte le altre.
Ma Amore, non sarà sola...
Questa è la mia prima fanfic sul sito, ma anche la prima sui Teen Titans ^^
Spero sia di vostro gradimento, aspetto recensioni sia positive che negative ;)

.:Mezzaluna:.

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Capitolo 2
*** "Rinchiuse" ***


Capitolo 2:
"Rinchiuse"



Corvina osservò Amore senza una parola di più. Rimase semplicemente a fissarla, a studiarla, e cercare di capire. Sapevano entrambe che era inaudito, e Amore e tutte le altre emozioni, non dovevano tirare troppo la corda. Tuttavia, non sapeva più come spiegarglielo.
-Tu non sai cosa significa vivere qui... non sai cosa significa non essere nessuno- continuò Amore, con voce grave e triste, senza limitare le lacrime che piano le solcavano il viso dalla pelle chiara.
 L’espressione di Corvina si indurì: -E invece lo so! Tu sei una parte di me, entrambe lo sappiamo. Come entrambe sappiamo che quel che mi chiedi, è impossibile. Io sono così, lo sono sempre stata, non cambierò solo per l’ennesimo vostro capriccio!!- espose la maga, lanciandosi in avanti, col viso stravolto ma serio. Odiava quell’argomento, la spingeva ogni volta sull’orlo di una crisi di nervi. Ma nessuno meglio di lei sapeva quanto fosse importante reprimere la rabbia. E quindi anche Rabbia spesso si rivoltava contro di lei... ma mai con la stessa determinazione di Amore.
Amore scosse via le lacrime col dorso della mano, e con crescente frustrazione.  
-Perché sei così fissata nell’essere strana? Nell’essere diversa? Non puoi semplicemente essere normale?! –urlò l’emozione, stringendo i pugni fino a ferirsi la pelle con le unghie.
Corvina la fissò senza battere ciglio, mordendosi il labbro. Ora lei sentiva le lacrime spingere negli occhi, ma badò nel tenerle ferme.
-Oh... tu sai quanto io abbia provato. Ma non potrò mai essere normale. Perché? Perché non sono normale... Ho già superato il destino che credevo di avere, ma questo non significa che io sia al sicuro da lui.-sibilò, e in un istante vide la Terra quando suo padre l’aveva avuta in possesso. Lei l’aveva condotto lì, lei era il portale. L’avevano ostacolato, ma Trigon avrebbe comunque potuto usarla, in qualche altro modo. Lei non era né poteva essere normale.
Amore scosse piano la testa, un mezzo sorriso triste disegnato in volto. Una bava di vento scuoteva il mantello entrambe, con pigrizia.  –E invece puoi. Puoi farlo ora. Hai degli amici, e cose per cui provare emozioni-
L’altra la guardò truce; non poteva farlo così di punto in bianco... forse non voleva cambiare. Era così chiusa per scelta, per carattere, per istinto; lo era e basta.
-Non puoi decidere per me, o ordinarmi cosa fare... Io sono quello che sono, che a loro e che a voi piaccia, o no.- rispose, secca, voltandosi ancora una volta verso il cielo scuro e vuoto. Una sorta di uccello simile ad un corvo volò poco lontano, su un albero.
Rimase così, a fissare il nulla, ritrovandosi ad affollare la propria mente di domande stando nella mente stessa. Era abbastanza contorto, come concetto.
Sentì Amore venirle vicino, e la guardò di traverso senza voltare la testa mentre questa le si posizionava accanto, ad osservare come lei il cielo.
Nessuno ruppe il silenzio per un po’, ma alla fine l’emozione riprese la parola: parlando ora con voce gentile, anche distante, e pensierosa. Parlò senza smettere di guardare dinanzi a sé.
-Non puoi tenerci imprigionate qui per sempre, Corvina. Lo sai...-
-Ti sbagli. Siete sempre rimaste qui; non vedo perché le cose dovrebbero cambiare proprio adesso. -
-Perché non siamo più da sole...-
Corvina inarcò un sopracciglio. -Non ti seguo-
L'altra sorrise. -Qualcuno ti sta cambiando. E questo qualcuno, ci aiuterà ad uscire...-
La maga si voltò lentamente a guardare l’altra sé stessa. Per un istante non disse nulla, restò a fissare l’emozione, che a sua volta osservava immobile il cielo, uno strano mezzo sorriso sicuro sul volto.
-Che cosa intendi dire...?- mormorò infine. Aveva una vaga paura, che questo fosse vero.
Anche Amore si voltò verso di lei: -Ma non lo capisci? Hai degli amici magnifici.. abbiamo degli amici magnifici! Loro ti stanno cambiando, le avventure che hai con loro ti cambiano. – poi fissò bene negli occhi Corvina... –E anche tu sai di chi sto parlando. Sto parlando di  lui, lui da cui mi hai tenuto lontana tanto tempo, e dato che io gli ero lontana, gli hai dato solo la parte peggiore di te.-
Corvina la fissò a bocca spalancata, balbettando come un’impedita. –M-ma...-
Amore sembrò quasi ridere. –Non dirmi che non c’eri arrivata da sola! – disse, ma d’un tratto il su viso s’incupì. –E tu me ne hai tenuto lontana, tutto il tempo.. da sempre, da quando lo conosci. Non sai quanto questo mi faccia male...-mormorò, guardandola negli occhi con aria truce. –Ma lui ti sta cambiando, come ti ho già detto. A lui non interessa quanto tu sia fredda o crudele con lui, no... Lui ti vuole bene. Te ne vogliono tutti; e tutti ti cambiano: non potrai più tenerci rinchiuse, non più... usciremo, e da sempre sai che un giorno l’avremmo fatto. Bèh, questo giorno, è vicino.- concluse, e si voltò, un sorriso radioso e speranzoso che le illuminava il volto, verso Corvina.
La maga si riscosse tutt’a un tratto, sollevando con accusa un dita verso l’emozione dal mantello lilla. –Senti, io non so cosa... ma...- iniziò a protestare, ma era troppo tardi... il sorriso di Amore era sempre più grande, e il colpo che l’aveva portata lì non fu meno violento che del ritorno.
In un istante, scombussolata, si ritrovò a gattoni sul pavimento freddo della sua stanza, col fiatone.
Fogli volavano in ogni dove nella camera, e si rese conto di aver fatto un bel volo; osservò lo specchio che usava nella meditazione: da lì doveva essere entrata, e da lì uscita. Era sul tavolo, fermo, vagamente inquietante, l’oggetto.
Si alzò piano, massaggiandosi la testa, e la porta che si aprì di colpo la spaventò, facendola indietreggiare.
-CORVINA! Va..tutto bene?!-
La maga guardò chi era entrato.
Era Beast Boy, e il sangue le si gelò nelle vene, mentre uno strano formicolio le attraversava lo stomaco. Le parole di Amore le rimbombarono nella testa, e sentiva ancora l’emozione scalpitare dentro sé.
Noto che dietro al ragazzo dalla pelle verde, stavano il resto dei Titans, sconvolti quanto il primo.
-Sì sì... tutto, tutto bene.. -.mormorò, sbattendo gli occhi e mettendosi dritta con la schiena.
Il suo “atterraggio” nella stanza doveva aver fatto un bel casino, richiamando l’attenzione (preoccupazione) dei compagni.
Bb rilassò le spalle, osservando però ancora la maga, poco convinto.
-Sei sicura, Corvina? Abbiamo...-
-...abbiamo sentito un rumore provenire dalla tua stanza, pensavamo ci fosse un problema!- terminò Stella, la frase di Robin.
-No no, tranquilli. Va tutto bene... Mi... mi sono addormentata durante la meditazione...- rispose di fretta, in tono evasivo.
Tutti sgranarono gli occhi, persino quello bionico di Cyborg si allargò in modo spropositato. L’osservarono sconvolti e allibiti: Corvina? Meditazione? ADDORMENTARSI?! Roba da non credere...
Solo dopo un po’ la maga si rese conto di quale stupidaggine avesse detto. Non trovò comunque nulla da dire per aggiustare la cosa. Fece una smorfia e un gesto con la mano, comunicandogli senza parlare che desiderava uscissero. Non c’erano problemi... o perlomeno, non problemi di cui loro dovessero preoccuparsi.

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Capitolo 3
*** "Un Amico" ***


Capitolo 3
"Un amico"

 
Corvina guardò gli amici uscire ancora un po’ scombussolati dalla sua stanza. Appena fu sicura fossero usciti e lontani tutti, sbatté la porta con violenza, frustrata.
Si gettò sul letto, tenendosi la testa fra le mani: perché doveva essere tutto così difficile? Forse Amore aveva ragione... perché non poteva essere semplicemente normale? Chissà, se ci avesse provato, sarebbe anche riuscita a...
No, era una stupidaggine, un’illusione. Non era normale e mai lo sarebbe stata; cosa c’era di speciale nell’essere normali, poi? Lei era ugualmente diversa come tutti gli altri,ma in un modo particolare. Poteva essere come gli altri, se avesse voluto, ma c’erano cose che gli erano impossibile fare, o cose che gli altri stessi non potevano fare come lei.
Perché doveva per forza esserci qualcosa di sbagliato in lei, allora?
Desiderava solo che non le dessero della tetra, o schiva, o anormale...lei era... semplicemente diversa. Alle persone piacciono le cose semplici, dopotutto: non era difficile capire che era solo diversa dagli altri!
I suoi pensieri correvano veloci, dandole noia, ma anche disperazione.
In quell’istante, qualcuno bussò ancora alla porta.
Un impeto di rabbia l’avvolse, e Corvina fu tentata di far esplodere la porta, compreeso colui o colei che bussava.
Si trattenne, e allora si alzò tirando su il cappuccio. Aprì di uno spiraglio la porta, lasciando comparire solo mezzo viso.
-Chi è?- domandò, la voce ottenebrata.
Con sorpresa, notò che si trattava di Robin. Da solo.
Aprì paino, distogliendo lo sguardo. –Ti serve qualcosa...?- borbottò, laconica.
-Mmm... sì, veramente sì-
Corvina lo osservò, mentre chiudeva la porta. Robin si appoggiò al muro.
-Mi serve che mi ascolti un attimo, e che magari parlassi un po’...- continuò il ragazzo.
Corvina fu attraversata da un altro impeto di rabbia, ma badò a rimanere calma.
-Che cosa ti serve sapere, allora?- grugnì infastidita.
Robin strinse gli occhi, avvicinandosi a lei.
-Corvina, io sono il leader della squadra, ed è mio dovere occuparmi dei suoi membri quando c’è qualcosa che non va. L’ho già fatto in passato, ti ho aiutata. Ora ti chiedo di permettermi di rifarlo-
Corvina si voltò di scatto, stringendosi le spalle con le braccia. Lo sapeva; più di una volta si era aperta con Robin, e lui l’aveva sempre aiutata. Era un amico, e quando aveva avuto un problema da risolvere, glielo aveva detto. Tuttavia, quelle volte precedenti sapeva qual’era il problema, perché si sentiva e comportava così; questa volta, era diverso. Non si trattava più di una minaccia dall’esterno, no... questa volta si trattava di lei. Era Corvina stessa il problema, e Robin non avrebbe potuto, o saputo, aiutarla.
Troppo personale, era una situazione che doveva affrontare da sola.
Nessuno parlò più per un po’, e l’aria cominciò a riempirsi di tensione.
-Corvina... c’è qualche problema?-
-N-no... non esattamente. È solo... che sto cambiando ecco, ho solo bisogno di stare un po’ da sola, di meditare.- balbettò, ma sapeva di non essere convincente.
Con sua sorpresa, Robin non insistette. Si sentì vagamente sollevata, ma anche delusa. Aveva come un bisogno di parlare... ma, non sapeva. Non adesso e non così. Era una sensazione strana, contorta come era contorta la padrona.
Sentì la mano del ragazzo posarsi sulla sua spalla, e trovò il gesto confortante.
-Corvina... Come ti ho già detto, tu sei entrata nella mia mente, tempo fa, e questo lascia un legame tra di noi. È per questo che ti chiedo, se c’è qualcosa, qualsiasi cosa, che non va e che mi vuoi dire, di farlo liberamente, e di esprimerti. Io e gli altri Titan vogliamo e possiamo aiutarti. D’accordo?-
Corvina si girò verso di lui. Robin sorrideva, con una sicurezza che lei non aveva mai avuto. Il suo sorriso fece sorridere anche lei, seppur flebilmente.-D’accordo...- mormorò.
Robin sembrò soddisfatto, tolse la mano dalla sua spalla ed uscì.
Corvina aspettò che si allontanasse, poi si sedette sul letto con un gran sospiro. Era molto più rilassata, adesso; non aveva parlato del suo problema conflittuale, ma era come se l’avesse fatto. Si sentiva vagamente più libera a e leggera. Sorrise ancora, mentre chiudeva gli occhi e incominciava un po’ di meditazione.
-E invece puoi essere normale. Puoi farlo ora. Hai degli amici, e cose per cui provare emozioni- aveva detto Amore.
-Ma non lo capisci? Hai degli amici magnifici.. abbiamo degli amici magnifici! Loro ti stanno cambiando, le avventure che hai con loro ti cambiano!-
Corvina rabbrividì.
Trovò le parole dell’emozione terribilmente vere.
 
-Che cosa dice?-
-Non mi ha detto nulla. Ma in cuor mio sapevo che non l’avrebbe fatto...- mormorò Robin, alla domanda insicura di Beast Boy.
Il ragazzo dalla pelle verde chinò il capo, mordendosi il labbro. –Quando siamo entrati ho notato qualcosa di diverso... aveva gli occhi come sconvolti, sembrava disorientata...-
-Sì, ho notato anche io- annuì grave Cyborg, grattandosi il mento.
Calò il silenzio, un silenzio imbarazzato.
Si erano riuniti tutti nella sala, mentre la Corvina stava nella sua stanza. Non era la prima volta che si ritrovavano a parlare di lei e dei suoi problemi, problemi che alla fine avevano in parte risolto.
-Ma guardiamoci chiaro... Questo è il carattere di Corvina.. può avere le sue giornate no, giusto?- azzardò speranzosa Stella. -Non sappiamo se c’è davvero qualcosa che non va...-
-Forse Stella ha ragione- annuì piano, Robin, pensieroso. –Lei ha promesso che se ci fosse stato qualcosa che non andava, me lo avrebbe riferito. Non ci resta che aspettare e guardare come vanno le cose- concluse, alzandosi dal divano e augurando la “buona notte”, mentre si allontanava in camera sua.
Gli altri Titans rimasero ancora un po’ lì, a scambiarsi qualche occhiata neutra, o a guardare il paesaggio fuori: la città era già buia, ma la neve che era caduta qualche giorno prima rendeva tutto ancora luminoso, e magico, anche.
Non nevicava spesso, e ancora adesso che c’era la neve, faceva piuttosto caldo fuori.
Bb appoggiò la fronte alla finestra, pensieroso. –E se provassi a parlarle?- azzardò.
Cyborg scoppiò a ridere, ma vedendo che l’amico non condivideva, tornò serio. –Stai scherzando?-
Bb lo fissò:-Ti sembro uno con la faccia di chi scherza?-
Cyborg sbuffò, contrariato. –Bb... tu sei nato con la faccia di chi scherza!- disse, ma dopo questo abbandonò il tono sarcastico.
-Dico sul serio! E se riuscissi a parlarle io, forse...-
-Bb...guardiamoci chiaro...- disse piano Stella, guardando piena di pena il giovane amico. –Non è riuscito a farla parlare neppure Robin...-
-E se non c’è riuscito lui, di certo non ci riuscirai tu! Prima ti fa nero, poi ti spedisce fuori a calci. E sarà già tanto se ti farà entrare...- completò borbottando Cyborg.
Bb gli lanciò un’occhiataccia, senza sembrar darsi per vinto.
-Solo perché non ci è riuscito Robin, non significa che non si possa fare.-disse semplicemente.
Stella fu sul punto di dire qualcosa, ma alla fine tacque, sapendo che non c’era nulla da fare. Bb se voleva sapeva essere tremendamente testardo.
Cyborg sbuffò sgomento: -Fà come ti pare...Ma non mi prenderò carico della responsabilità per il tuo  incenerimento!- sbottò.
Beast Boy scrollò le spalle. –Non ti ho chiesto questo, amico- disse, con un gran sorriso, quasi provocatorio, -Correrò il rischio!-
E detto questo, afferrò la sciarpa blu dal divano e legandosela al collo, si tramutò in falco e sparì oltre la porta.
Cyborg e Stella si scambiarono un’occhiata allibita.
Cyborg borbottò un “è pazzo”, prima che entrambi si dirigessero alle proprie stanze.
In quello stesso momento, Corvina osservava sola la città imbiancata dal tetto della torre; i riflessi di essa si rispecchiavano nei suoi occhi ametista, ed i suoi occhi si rispecchiavano pieni di freddezza nella coltre di ghiaccio.




"Angolo della scrittrice :3"

Eccomi con il terzo capitolo della storia. Nella mia mente contorta la cosa sta diventando sempre più lunga, quindi... spero che la mia fatica valga qualche buona recensione u.u
Corvina sta vivendo di nuovo un periodo conflittuale... Robin non ha saputo aiutarla, non ancora, ma Bb ha un paio di speranze? Lui, sa essere anche serio, come è stato più volte dimostrato nella serie stessa.
Dato che la storia mi sta piacendo, insomma la sto facendo venir su bene spero, magari metterò anche un disegno fatto da me dedicato ad essa se vedrò che saràpossibile.
Quindi a presto e...
Buon viaggio a verderci!! :D
.:Mezzaluna:.

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Capitolo 4
*** "Nelle mani dell'Inverno" ***


Capitolo 4

"Nelle mani dell'Inverno"



Bb entrò volando nella sua stanza, trasformandosi subito dopo in ragazzo; accarezzò la sciarpa blu che portava al collo: gliel’aveva fatta lei, Raven, per il suo compleanno l’anno prima. Era ovviamente di stoffa blu (che altro colore avrebbe potuto usare, la maga?), morbida e calda; Bb l’aveva conservata come un tesoro, ma non aveva avuto molte occasioni per usarla.
Se la strinse bene al collo, poi osservò fuori dalla  finestra: tirava un leggero vento, sicuramente non molto caldo. La aprì, e con un frullo d’ali di farfalla, uscì fuori, in balia dell’aria invernale.
Volò piano, con leggerezza, sopra alla torre; e fu lì che la trovò, le gambe strette al petto, gli occhi ametista imperlati di lacrime, strani pensieri che le offuscavano il viso. Sentì un impeto di pena per lei, nel vederla così, sola.
Volò silenziosamente dietro di lei, le si posò sui capelli con delicatezza, poi volò a terra, alle sue spalle.
Si ritramutò in ragazzo, sorridendo; la ragazza era conscia della sua presenza, ma non disse niente, o perlomeno non subito.
Notò che rabbrividiva, e sorrise di cuore: si snodò la sciarpa e coprì con essa il collo di lei. La sentì fremere sotto al suo tocco, e per un attimo non seppe se stupirsene o no.
 
Raven si girò nelle dita una ciocca di capelli viola, stressata.
Sentiva nel fondo dell’anima le emozioni agitarsi, spingere per uscire, agitate, come bestie che scalciavano e graffiavano, fino a farle male.
Basta!pensò sull’orlo dell’esasperazione, stringendosi la testa con le mani. Odiava i conflitti con sé stessa, e mai ne aveva sofferto come quella volta.
Non si accorse neppure di avere freddo. La neve che le sfiorava i fianchi era quasi calda, non aveva consistenza. Lei era persa in sé stessa... correva, scappava, mentre quattro paia di occhi rossi la inseguivano, lei annegava nel fumo, non vedeva, inciampava...
-Raven- bisbigliò decisa una voce, dentro di lei, forse il proprio subconscio, forse una delle emozioni.
A quel richiamo dal nulla, la ragazza tornò in sé e sobbalzò, spaventata. Si era quasi addormentata, cadendo in sogni contorti.
Si calò il cappuccio sul viso, e nel farlo, si sfiorò la guancia con il polso: lo trovò bagnato. Trasalì, stupita: piangeva, piangeva e non se ne era accorta. Le lacrime, in balia del vento freddo e invernale della sera, le si congelarono sul viso, come piccole schegge di metallo. Le sentì fredde sulla pelle; rabbrividì.
Un frullo d’ali alle sue spalle la fece voltare di scatto.
-Chi...?- biascicò.
Vide una farfalla: un farfalla nel vento, d’inverno, la sera. Una farfalla verde; la guardò con tristezza, e una forzata indifferenza.
La farfalla volò verso di lei, leggera, sospinta dal vento, le ali che fremevano piano; le si posò sui capelli, poi con un ultimo battito di ali sottili, atterrò sulla neve fredda, alle sue spalle.
Raven non si voltò a guardarla, sapeva benissimo di chi si trattava; strinse di più le ginocchia al petto, per trovare un po’ di calore.
-Non dovresti stare fuori così...-
Raven tacque per un lungo istante, assorta. Infine parlò con voce distante. –E tu non dovresti essere qui a dirmelo, Bb...-
Sentì il ragazzo dietro di lei fare un passo, scricchiolando nella neve.
Mentre un brivido gelido le attraversava ancora la schiena, una mano calda le si posò sulla spalla, e prima di poter reagire, il ragazzo le cinse il collo con una piccola sciarpa blu.
Raven trattenne il respiro, sorpresa. Non negò a sé stessa che le facesse piacere; l’indumento la scaldò subito, e la riconobbe: l’aveva fatta lei con le sue mani, per Bb.
-Non.. non devi.. non ho freddo..- mormorò, ma non credeva neppure  a sé stessa.
Bb si avvicinò e le si sedette accanto, incrociando le gambe.
-E’ bella Jump City imbiancata, vero?- commentò, un mesto sorriso ad incorniciarli il volto, lo sguardo come sempre da bambino, ma che con una giusta osservazione, racchiudeva molto di più.
Raven aveva messo del tempo a cogliere in Bb la parte seria e ponderata, in quanto il ragazzo la mostrava in momenti rari. Doveva essere uno di quei momenti.
-Già...- rispose solo la maga, abbassando lo sguardo sulla città, senza smettere di stringere al petto le ginocchia nude.
Bb tacque, rimase a guardare il panorama con un sorriso appena accennato sul volto. Era lì per un motivo... Ma sotto quel motivo, ne stavano molti altri. Passare del tempo con Raven, diventava ogni giorno sempre più piacevole.
-Perché non parli...?- domandò allora lei, tra il titubante e lo stupita.
Il ragazzo scrollò le spalle. –Se non ho bisogno di parlare, non parlo-
Raven lo fissò con serietà, stringendo gli occhi: -Sei venuto anche tu per chiedermi perché mi comporto così, non è vero?- sibilò.
Bb la fissò sbattendo gli occhi. –No. Affatto. Sono qua perché avevo voglia di restare fuori, e forse ti andava un po’ di compagnia. Non c’è sempre bisogno di parlare...- mormorò in risposta, con decisione.
Raven inarcò un sopracciglio. Siamo sicuri che sia lui? Pensò, dubbiosa. -Che hai mangiato di strano, stamattina?- chiese, con freddezza.
Bb le rivolse un’occhiata seccata. –Non devo per forza aver mangiato qualcosa di terrificante per comportarmi in modo serio...- commentò, fingendosi offeso.
Raven scrollò le spalle. –Mi sembra strano che però tu sia qui solo per questo...- confessò.
Bb la guardò sorridendo appena. –Beh, forse non sono qui solo per questo.– confessò a sua volta il ragazzo, trovandosi un po’ a disagio. –Sai... Forse mi fa piacere parlare un po’ con qualcuno, forse anche a te. Parlare con un’amica, intendo...- sottolineò.
Raven inarcò un po’ un sopracciglio. Dove voleva arrivare il ragazzo? Tutto quello che interessava a lui a lei non piaceva.
Bb riempì il suo silenzio: -Hai qualcosa di dirmi? Da dire a tutti noi?-
Raven strinse i denti; -No!- sibilò seccata, ed ebbe la tentazione di volarsene via; si trattenne.
Bb sorrise. –Meglio così... Io tempo fa tenevo tutto dentro, non ci crederai, ma è così! –
-Ma davvero?-
-Già... Ho cominciato ad aprirmi, ad essere me stesso, a parlare senza timore solo dopo che mi sono abituato all’idea di essere così, di essere diverso...-disse piano, un leggero tono di rancore nella voce. Alludeva alla sua pelle verde, al suo DNA animale, alle orecchie a punta, ai canini più aguzzi. Alludeva  a tutto ciò che lo rendeva fisicamente diverso.
Sì, perché Bb era diverso fuori, Raven diversa dentro.
La maga rimase un po’ così, sorpresa, a  fissare il vuoto. Era vero, ma non ci aveva mai pensato...
Bb era sotto certi aspetti molto simile  lei, con gli stessi suoi problemi, più di chiunque altro. Anche lui lo guardavano con sospetto mentre passava, osservavano accusatorie le orecchie, la pelle, e tutto ciò che era diverso in lui rispetto alla gente comune. Anche lui combatteva con sé stesso e  con quanto c’era di sbagliato in lui, combatteva con la Bestia. Lei combatteva contro al sua parte negativa, la parte che veniva da suo padre.
E anche a lei la guardavano in quel modo, con sospetto, con paura e timore, lei che era una mezzo-demone poteva anche ribellarsi e fare del male alla gente. Pensavano ci fosse qualcosa di losco nei suoi silenzi, nelle sue meditazioni. La salvava il fatto di essere un Titan, e  quindi una persona che faceva del bene.
Bb sembrò capire i suoi pensieri. Sorrise mesto. –Non ci avevi mai pensato, vero...?- azzardò.
-Cosa..?-
-Che siamo così simili...-
-Oh... in verità no. C-come hai fatto ad abituarti a tutto questo?-
-Beh... Ho capito che dovevo ricominciare a vivere. Era inutile chiudersi da qualche parte in silenzio, con la paura di farsi vedere, obbligandomi a contenere ciò che era dentro di me. Mi stavo distruggendo...-
Raven guardava la città come incantata, la voce calda di Bb che parlava, che raccontava di sè, e in quei racconti la ragazza trovò anche parte di se stessa.
-Ma poi ho detto basta. E’ stato un brutto momento della mia vita. Ma ho capito anche di avere poteri soprannaturali che potevo usare a mio favore, e a favore degli altri. Sono diventato una specie di “eroe”, perché tutto questo, l’essere verde, le orecchie e il resto, non mi rendevano solo diverso, mi rendevano anche speciale...-
Raven si voltò a guardare con gli occhi lucidi il ragazzo, e trovando i suoi color smeraldo ugualmente umidi.
-Scusa...-
-Di cosa?-
-Di averti solo sempre considerato un bambino...- scandì bene la maga, ma con un certo timore di ferirlo.
-Ahah, beh è anche ovvio... Per combattere questo senso opprimente di diversità, forse mi sono lasciato andare troppo, non posso farci niente- disse ridendo, e massaggiandosi la nuca.-e poi Cyborg mi ha aiutato molto, davvero molto. È un amico, il migliore che abbia mai avuto. Con lui sono riuscito meglio ad aprirmi...-
Raven sorrise, pensando alla dolcezza e fraternità di Cyborg. –Sì, mi considera la sua sorellina!- mormorò sghignazzando.
Bb rise ancora a sua volta, guardando il cielo bianco di nubi. Un fiocco di neve gli cadde sulla guancia, e altri piccoli batuffoli scesero dal cielo, posandosi su di loro e sula città, sui capelli viola di lei e sulla sciarpa blu che teneva al collo, e che stringeva ancora con una mano.
Bb sentì qualcosa di strano nello stomaco, come un formicolio, e le orecchie farsi vagamente calde; desiderò illogicamente di essere quel fiocco di neve, mentre scendeva volteggiando dal cielo e si posava freddo sulle labbra candide di lei.
Si riscosse, smettendo di fissarla, notando che lei lo sbirciava con la coda dell’occhio.
-Ti... Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?-
Bb sorrise da un orecchio all’altro.-Certo, c’ho quasi lasciato le penne quella volta...-
Raven inarcò un sopracciglio. -Ti stavano dando la caccia, sei quasi morto e lo ricordi sorridendo..?-
-Sì, certo. Perché sei arrivata tu...-
Raven guardò la città, incapace di fissarlo negli occhi. Un rimestio le sconvolse lo stomaco, e sentì Amore battere dentro, a ritmo del cuore,mentre una strana dolcezza che non le apparteneva faceva breccia nel suo animo.
Bb ricordò bene quella scena.
Scappava, era già un ragazzino magro, dalla pelle verde, come i capelli e gli occhi, le orecchie a punta, così come i canini.
Scappava da una morte certa, il terrore in volto, la rabbia. Il patrigno, un uomo losco e crudele, aveva cercato di ucciderlo più e più volte, per ottenere l’eredità che i genitori, morti in un incidente navale, avevano lasciato all’unico figlio.
Quella volta, l’uomo era sembrato riuscirci, ma poi... Poi era arrivata lei, una ragazza dagli strani poteri; un angelo nero che l’aveva salvato da morte. Poi, era sparita.
Ma lui non l’aveva mai dimenticata, come avrebbe potuto? Era stata come un’apparizione divina, magnifica.
E poi l’aveva rivista, quella sera quando era con Cyborg, mentre un ragazzo di nome Robin combatteva con una ragazza aliena, Starfire.
Era stata lei, Rachel Roth o Raven, a fermarli e non fargli uccidere l’aliena.
E da quel giorno, erano nati i Teen Titans.
Il ragazzo sognava quella notte ancora spesso, ringraziando chiunque ci fosse nel cielo per avergli regalato tutto quello, degli amici, una famiglia.
-Bb...?-
Best Boy si riscosse, sobbalzando. Era rimasto fermo, lo sguardo vago, mentre pensava a tutti quegli avvenimenti.
-S-sì, scusa, stavo pensando.- mormorò con un sorriso mesto, arrossendo per la figuraccia. –Ricordo molto bene quel giorno, non so se ti ho mai ringraziata abbastanza-
-Oh sì... Tranquillo che l’hai fatto- mormorò ridendo sommessamente la ragazza: una volta che si erano ben conosciuti, quando erano entrati nella squadra, il ragazzo l’aveva abbracciata tre volte. Alla fine lei era scappata. Rise ancora pensando a quella scena.
-Ma... perché me l’hai chiesto?- azzardò il giovane.
-Beh... è un altro aspetto che abbiamo in comune. Entrambi scappiamo da qualcosa, o qualcuno. Ed entrambi, siamo stati poi aiutati...- mormorò Raven, stupendosi per prima delle sue parole.
Bb annuì. –Già... Abbiamo trovato degli amici-
Raven annuì a sua volta.
-Sai... Ho sempre ammirato la tua determinazione, il tuo non arrenderti mai, il tuo saper andare avanti a testa alta anche se sapevi cosa ti aspettava...- mormorò il ragazzo.
Raven lo fissò sorpresa. Poi si riscosse, abbassando lo sguardo. –O questo è ciò che pensi tu, è ciò che ho dato a vedere...-
Bb scosse il capo: -No, tu sei molto più forte di quanto credi tu per prima. Sapevi di dover fare a Trigon da portale, sapevi che la tua vita era segnata. Ma sei andata avanti, hai cercato di contrastare il tuo destino, facendo del bene...-
Raven gli sorrise ancora. –Grazie, allora... Sì, mi sono illusa che facendo del bene, avrei perso la mia parte negativa e non sarei più stata utile a mio padre...-
-Peccato non abbia funzionato...-
Raven lo fissò sorpresa: -Invece ha funzionato eccome. Non nel modo che volevo io, certo... Ma facendo questo, sono diventata un Titan, ed ho incontrato voi- concluse, sollevando le spalle, imbarazzata.
Il sorriso di Bb si fece talmente largo e solare, che avrebbe potuto comodamente sciogliere la neve.
-Già... è bello avere qualcuno accanto. Tempo fa, non sapevo neppure pensassi a tutto questo. Credevo fossi semplicemente sola, e scontrosa. Mi sbagliavo...-
-Non so se ti sbagliavi... C’è stato un momento che ero veramente così, non volevo nessuno- ammise la maga con amarezza. –Non so neanche perché sono qui a dirlo a te-
-Ah, questo non lo so...-
“Lui non lo sa, tu invece sì...”
Raven sobbalzò. Aveva sentito quella voce, ne era sicura. –H-hai sentito qualcosa?- domandò preoccupata.
Bb scosse la testa, sorpreso. –E’ tutto ok...?-
Raven si rimise seduta bene, sbattendo gli occhi. La voce era venuta da dentro di lei, era la sua voce, o meglio... quella di Amore.
Cos’è che dovrei sapere?Si domandò, ma nessuna emozione dentro di lei rispose.
-Niente, lascia perdere...-
-Sicura che non faccia troppo freddo?-
-No no, ho detto che è tutto ok- rispose Raven secca. Non aveva più freddo, e non era il freddo la causa; si portò la mano al collo. –E’-è una bella sciarpa...- mormorò piano, accarezzandola.
Bb accennò a un sorriso, seppur ancora scombussolato dalla precedente reazione della maga. –Già... Sicuramente meglio della tisana ai mirtilli che ho fatto al tuo compleanno!-
-No dai... Appena Star li ha ricatturati tutti, non era male come tisana. Ci sono criminali che ti pagherebbero per capire come sei riuscito a rendere mannari dei mirtilli... Giuro- spiegò, cercando di stare seria, ma non si trattenne dal ridere di cuore.
Si lasciarono a qualche risata sommessa, poi presero un bel respiro e si calmarono.
Le ultime luci del tramonto li illuminarono, mentre sfioravano i tetti più alti di Jump City.
Bb osservò il sole chiaro d’inverno mentre lasciava posto alla notte, sentendosi riscaldato dai suoi ultimi raggi. Solo allora azzardò.
-E’ qualcosa che viene da dentro di te, non è così? Si tratta di un problema con te stessa, non ci sono cattivi o minacce da combattere...- mormorò, la voce calda e tranquilla, ma senza spostare lo sguardo dall’orizzonte.
Raven si voltò verso di lui di scatto, trattenendo il respiro.
-Ma... come...- balbettò, incredula. –S-sì...-
-Immaginavo... Ecco perché non hai voluto dirlo a Robin. Hai pensato che, non essendoci nemici da combattere, non potessimo aiutarti... Penso che tu ti stia sbagliando. –
Raven lo guardò stupita, arrabbiata, sorpresa, debole. Una mescolanza di emozioni e sentimenti contrastanti, e strani.
Strinse i pugni. –Non è questo! Io... E’ un problema che riguarda me e basta, non c’era motivo di coinvolgere voi, non anche questa volta, per una stupidaggine. Devo risolvere la faccenda da sola, voi non potete capire, loro...loro vogliono... Fare quello che non possono fare!- urlò adirata, ma si sentiva vagamente debole. Come aveva fatto Bb a capire tutto? Insomma, era Bb... era così evidente il suo problema conflittuale, che persino il ragazzo l’aveva capito? In un qualche modo, si sentì debole e indifesa.
-Loro?-domandò sorpreso il giovane, colto alla sprovvista.
Raven non seppe che rispondere... Non poteva dirgli chi erano il loro, era già tanto che non l’avesse capito da solo.
-Niente...- borbottò.
Bb scrollò le spalle. –Non so esattamente quale sia il problema, ma vorrei che non ti chiudessi tutto dentro. Te lo dissi già un giorno, Raven... Tu pensi spesso di essere sola, ma non lo sei...-
Raven lo guardò con gli occhi pieni di pena, e dolore. Era vero, gliel’aveva detto una volta... Poi l’aveva abbracciato, e l’aveva sentito vicino come non mai. Anche quella sera, sul tetto, il ragazzo la sosteneva, e la capiva.
-Non so se ti va di parlare ancora di questo, ma... Ti auguro di riuscire ad uscirne presto e risolvere la questione anche da sola... Ma se vedessi che non ce la fai, io e il resto dei Titan ti aiuteremo con tutto ciò che abbiamo... Intesi?-
Raven lo fissò, stringendo la bocca che era diventata amara. Non era sicura di voler che Bb e gli altri sapessero troppo o che, peggio, intervenissero.
-Ok...- mugugnò infine.
Bb cercò di accontentarsi di quella misera promessa.
-Ma... Come hai fatto a capirlo?-
-Beh... Ti sembrerà strano, ma ho DNA animale, e un animale con più facilità riesce a comprendere lo stato d’animo di una persona, o se c’è qualcosa che la preoccupa. È una cosa buffa, non trovi?- ammise, con un sorriso accennato.
-Oh...- rispose soltanto lei, stringendo le ginocchia. –Bb... Io... Io preferisco che gli altri non sappiano di questo... Non ancora, almeno. Glielo dirò io, a tempo debito se non riesco a risolvere subito la questione. Puoi?- azzardò, mordendosi il labbro.
Il ragazzo la fissò un po’ indeciso, poi cedette. –Ok, se è ciò che preferisci- acconsentì, sollevando le spalle e scuotendo al testa. –Tutto questo rimarrà qua nelle mani dell’inverno... va bene?- promise, con un sorriso caldo.
Raven ricambiò mesta il sorriso, riconoscente.
-E...- continuò Bb, ma per un attimo sembrò bloccarsi.
A Raven il sangue gelò nelle vene, mentre la invadeva uno strano timore, che al contempo si faceva dolce e desideroso.
Il ragazzo si allungò, la fissò negli occhi con lo stesso caldo timore; Raven sentì il suo respiro vicino, che gli sfiorava la guancia come il vento sfiora i campi, come la notte sfiora la luna. Il cuore mancò un colpo, mentre le labbra di lui toccarono lievemente le sue, in un breve e leggero contatto. Il ragazzo lasciò subito le labbra della ragazza, ne fissò con dolcezza lo sguardo sorpreso, e le si avvicinò all’orecchio.
-Anche questo lo lasciamo all’inverno.. ti va...?-
Si separò, sorrise ancora con quello sguardo caldo da bambino e volò via, con ali di falco.
Raven lo guardò, senza poter muovere muscolo, o parola, come se non avesse senso ribellarsi, dire qualcosa. Per un attimo niente ebbe veramente senso.
Quando la figura di lui sparì nella neve che scendeva nel cielo ormai scuro, Raven si riscosse.
Si inumidì le labbra con la lingua; provò rabbia, ira, ma anche dolcezza e desiderio.
Confusa come non mai, nascose il viso nel mantello e tra le ginocchia.
Lasciò che le lacrime scorressero sul viso; e, quella volta, niente disturbò il suo sonno.


-Angolo della scrittrice :3-
Beh, questa volta mi sono lasciata andare. Non è molto, ma è un inizio... Bb ha osato, Raven è confusa.  Chissà...
Ah sì... Corvina in questo capitolo l'ho chiamata raven perchè forse mi viene più facile... e sarà così anche nei prossimi capitoli ^^ Non vorrei comunque che la cosa vi infastidisca...
Spero che il loro colloquio non sia stato troppo noioso, prometto qualcosa di più movimentato nei prossimi capitoli ;)
Non ho più voglia di dire altro,
Un kiss...

.:Mezzaluna:.

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