It may never be over.

di Struck By You
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Sometimes I wish everything could be just the way it was" ***
Capitolo 2: *** "Here we go again." ***
Capitolo 3: *** Probably the killer has already chosen his next victim ***
Capitolo 4: *** "I believe that there is always hope." ***



Capitolo 1
*** "Sometimes I wish everything could be just the way it was" ***


۵ Capitolo 2  ۵

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-Sei stato fortunato,Ethan.- gli aveva detto lo psicologo nell’ultima seduta,con apparente sincerità  –E’ veramente raro sopravvivere ad un tale incidente.- 

-Non mi sento esattamente così fortunato,dottore...- aveva risposto a fronte bassa prima di uscire dallo studio.
 
Gli era stato riferito che i valori erano ritornati nella norma: non aveva subito gravi danni fisici dovuti all’incidente di due anni prima,tuttavia le sue condizioni psicologiche lo preoccupavano ogni giorno di più.
Capitava che,a volte,nel cuore della notte,si svegliasse con la gola in fiamme e il cuore tremante provocato sempre dallo stesso incubo,Jason.
Anche se le volte in cui riusciva ad estraniarsi dal martellante pensiero della perdita del figlio erano ben poche,il suo subconscio non si faceva pregare due volte per fargli riemergere questo suo dolore momentaneamente sepolto.
Sognava sempre la stessa scena, sperando ogni volta in un finale diverso.
Ma ogni qualvolta era sul punto di tuffarsi su Jason per salvarlo dal parabrezza della macchina,era sempre troppo tardi.
Sognava strisce di sangue ricoprire il cranio mezzo frantumato del bambino.
Lo sentiva piangere.Aveva bisogno di aiuto.
Aveva bisogno dell’aiuto di suo padre,ma ogni volta le loro mani non riuscivano nemmeno a sfiorarsi.
Col passare dei giorni sentì mutare questa rabbia in un silenzio stonato: ogni volta che cercava di ricordare il viso sorridente di Jason,finiva per scivolare in una sorta di dolore sordo.
Aveva perso tutto.
La famiglia,la gioia di essere padre,il lavoro..la sua stessa vita.
L’unica ragione per cui cercava di aggrapparsi a questo specchio scivoloso,capace di riflettere in ogni istante la miseria dei suoi giorni, era Shaun.
 
“...C’è qualcosa che non va,Shaun?-“ gli chiese con voce soffice ,incrociando le braccia al petto.
 
“...No,sto bene.” tentennò Shaun con lo sguardo fisso sugli altri ragazzini intenti a giocare nel parcogiochi.
 
“Non hai voglia di giocare con gli altri bambini?” propose il padre con la speranza di cogliere un luccichio in quegli occhi tanto scuri quanto tristi.
 
“Non me la sento.” lo spense come acqua sul fuoco.
 
Questo tipo di conversazione non faceva per Ethan.Non sapeva mai come comportarsi.
D’altra parte non poteva affrontare un’argomentazione seria sui loro attuali problemi.Shaun era solo un bambino ed era giusto così,avrebbe dovuto preoccuparsi solamente di problemi inerenti alla sua età.
 
“Come è andata a scuola oggi?” tentò nuovamente di mettersi in gioco.
 
“La maestra mi ha sgridato per essere arrivato nuovamente in ritardo.” ammise con espressione delusa. “Mi ha detto che la prossima volta che succederà mi rispedirà a casa.”
 
Ennesimo colpo basso.
“Mi..mi dispiace Shaun,è tutta colpa mia.Giuro che la prossima volta farò del mio meglio.” Ethan,quasi vergognandosi,sprofondò il viso tra le mani.
Non voleva iniziare a diffondere nella mente del figlio promesse che non sarebbe stato in grado di mantenere,ma in quel momento sembrava essere l’unica via d’uscita.
Incauto,buttò l’occhio sulla testolina del piccolo,costantemente abbassata,e decise che fu il momento di agire.
 
“Vuoi fare un giro sull’altalena?” balzò in piedi,fingendo un tono abbastanza allegro da sembrare invitante –Ti spingo io.-
 
Inizialmente Shaun dondolò la testa ma poi, con un pelo di entusiasmo, si alzò dalla panchina per dirigersi dal padre che lo stava già aspettando.
Ethan iniziò a spingerlo verso il cielo, ricoperto a sua volta da un’inquietante manto grigio.
 
“Più in alto papà!” incoraggiò il padre accennando qualche ghigno qua e là.
 
Ethan,senza farselo ripetere due volte, cercò di spingerlo il più possibile.Se avesse saputo prima che quello era il metodo migliore per renderlo contento,probabilmente non avrebbe mai smesso di giocare con lui.
La sua risata era musica per le sue orecchie e forse,per un’invisibile instante, si sentì finalmente meno solo.
 
“Scommetto che riesco a spingerti così forte che non sarai nemmeno in grado di tenerti in equilibrio!” lo sfidò accennando un sorriso.
 
“Non ci riuscirai mai!” voltò la testa verso il padre con occhi sorridenti.
 
In effetti non ci riuscì perchè dopo l’ultima ed energetica spinta,il seggiolino tornò indietro schiantandosi contro l’addome di Ethan,facendogli perdere l’equilibrio.
 
“Papà,tutto bene?” Shaun scese dall’altalena vedendo suo padre disteso sulla fanghiglia.
 
Ethan sollevò lentamente il suo peso con l’aiuto delle braccia “C-credo di sì.” Rispose con una sonora risata.
 
“Hahah!Sei crollato come un’uovo!” lo canzonò il figlio tendendogli la mano. “Su,rialzati,prendi la mia mano.” Sulla  bocca del figlio si allargò un sorriso così ampio da scaldare il cuore di Ethan,che afferrò la sua presa per poi stringerlo in un’abbraccio.
Nonostante tutto si ricordava ancora come dimostrare il proprio amore ad una persona.
Sentire quel  piccolo corpo riunito al suo dopo tutto quel tempo era quasi inconcepibile,ma così reale.
 
Shaun alzò inaspettatamente la testa verso Ethan,appoggiando il mento sul suo torace “Sai..a volte..mi ricordo prima..Voglio dire,quando Jason era ancora qui.” Un lampo di malinconia attraversò improvvisamente i suoi piccoli occhi castani. “.. Vorrei tanto che tutto ritornasse come prima.”
 
L’uomo trattenne il silenzio giusto il tempo necessario per formulare una risposta esauriente,ma senza ottenere molti risultati.
“Anch’io Shaun...anche io.” Sfilò la stretta per poi mettere le mani sui fianchi.
Era vero.Ad entrambi mancava la loro vecchia vita,ma non potevano farci niente.Tutto ciò di cui avevano bisogno era la presenza reciproca.
 
Un tuono sopra le loro teste scatenò il suo ruggito,facendo intendere che il tempo a loro disposizione era scaduto.
“Sembra che si stia per mettere a piovere.” Affermò Ethan,avvertendo una piccola e strana vibrazione del terreno.
 
Shaun non sembrava molto entusiasta di lasciare il parco,d’altra parte avevano appena iniziato a divertirsi.
 
“Volevi fare qualcos’altro prima di tornare a casa?”  chiese notando il suo comportamento  titubante.
 
“Posso fare un’ultimo giro sulla giostra dei cavalli papà?”
 
“Certo che puoi.” Gli sorrise il padre passandogli affettuosamente una mano tra i capelli,guardandolo allontanarsi.
 
Improvvisamente una scossa,molto più potente di quella precedente, attraversò il terreno sul quale Ethan aveva colto un’anomalia.
Voltò lo sguardo da destra a sinistra per vedere se era solo frutto della sua fervente immaginazione,ma non sembrava essere quella la spiegazione.
Sentiva il suolo farsi sempre più malleabile, quasi fosse in grado di risucchiarlo come le sabbie mobili,e fu proprio in quel momento che, in lontananza, scorse incredulo un’enorme tsunami sotterrare la città.



N/A

Good!
E' un capitolo corto ma ci tenevo a sottolineare il rapporto contrastato padre-figlio tra Ethan e Shaun.
Mi sono divertita particolarmente a descrivere i pensieri di Ethan perchè penso che rispecchino una psicologia contorta ma molto curiosa.
Nel prossimo vedremo finalmente in due nostri protagonisti insieme!
Sarà l'inizio di qualcosa?

-Elix

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Capitolo 2
*** "Here we go again." ***


۵ Capitolo 3  ۵


Erano passati all'incirca una trentina di secondi da quando Norman,dopo aver compiuto un’entrata alquanto anonima all’interno della stazione di polizia,era rimasto con la bocca schiusa nell'osservare l’infinita colonna di tasti dell’ascensore.
 
 -Questo edificio deve essere una giungla.- commentò tra sé e sé, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
 
Dopo alcuni istanti l’agente,sollevando il braccio appesantito dalla stanchezza guadagnata il giorno precedente, riuscì finalmente a raggiungere il pulsante desiderato e, non appena sentì le porte chiudersi alle sue spalle, non poté fare a meno di emettere un sospiro intriso di esasperazione.
 
“Filerà tutto liscio.” mormorò allentandosi il nodo soffocante della cravatta.
 
L’uomo, sollevando gradualmente lo sguardo, si lasciò sfuggire un sussulto nel vedere l’immagine proiettata di fronte a sé. Ora la parete a specchio dell’ascensore rifletteva una persona completamente stravolta : l’ansia, la mancanza di riposo e l’astinenza lo avevano drammaticamente ridotto ad un essere indifeso e vulnerabile.
 
-Beh,sicuramente questa faccia non mi sarà d’aiuto.- ipotizzò demoralizzandosi ulteriormente.
Per qualche motivo aveva la netta sensazione che quel suo primo giorno lavorativo si sarebbe rivelato un totale disastro.
 
Quasi tutti i dipendenti erano già seduti alle rispettive scrivanie quando l’agente arrivò a destinazione.
La prima cosa che si era imposto di fare era quella di trovare Blake Carter per discutere delle  prove trovate il giorno precedente sul luogo del delitto,infatti si avviò verso la postazione del collega senza perdere ulteriore tempo.
 
“...Forse dovremmo parlare del caso,Carter.” propose Norman senza troppe storie.
 
Blake, apparentemente infastidito dall'improvvisa interruzione, sollevò gli occhi verso l’interlocutore, accenando una smorfia.
“Ho del lavoro da finire qui. Parleremo più tardi, quando avrò finito.” rispose inacidito. “Se non ti dispiace..” lo invitò gentilmente a evaporare dalla sua vista.
 
Jayden lo guardò incredulo. Non si aspettava di certo un comportamento del genere da parte del suo nuovo collega. Iniziò a pensare che forse, dietro a quel che gli era stato riferito dal proprietario del bar, si celava un velo di verità.
“Uhm,certo.Nessun problema..” alzò le spalle indispettito, cercando poi di ricomporsi.
“Solo..fammi sapere quando sei disponibile.” girò le spalle, questa volta senza sapere esattamente dove andare.
 
 
“...Signore, ha bisogno d’aiuto?” una signora sulla quarantina si rivolse a Norman con aria interrogativa,senza ricevere però nessuna risposta.
 “Si è perso per caso?” lo incitò nuovamente, attirando finalmente l’attenzione dell’uomo che stava vagabondando per l’ufficio centrale da ormai un quarto d’ora.
 
“Chi io?” si indicò spaesato,rivolgendosi alla donna quasi come se fosse caduto dalle nuvole.
 
“Sì lei. L’ho vista parlare con il tenente Blake.C’è qualche problema?”
 
“In verità sono stato inviato dall’ FBI di Washington per investigare sul caso dell’Origami killer.”  spiegò.
“Ah,ma certo.Lei deve essere Norman Jayden!Mi perdoni. Perry mi aveva avvisato del suo arrivo.” cercò di scusarsi per il malinteso.
 
“Perry?”
 
“Certo, Perry Leighton, il capo del dipartimento.Mi ha detto di consegnarle le chiavi del suo ufficio.Venga, mi segua.” si alzò dalla scrivania, affidò le chiavi all'uomo e si avviò successivamente verso la porta.
 
“Questo...questo è il mio ufficio?” l’agente si guardo intorno con aria delusa. Si trattava di una stanza spoglia, decorata da numerose ragnatele insediate negli angoli più remoti.
A riempire il vuoto c’era solo un’enorme cattedra piena di vecchie scartoffie e un’enorme tabella di sughero.
 
“Mi è stato detto di portarla qui.” ammise la segretaria. “Se le serve qualcosa sa dove trovarmi.” accennò un lieve sorriso per poi chiudere la porta.
 
Rimase un’istante in piedi con un’espressione indecifrabile sul volto.
Non era il massimo certo, ma almeno ora poteva proseguire con la sua indagine.
 
-Ok.- pensò. –E’ ora di mettersi al lavoro.- si accomodò al suo posto e , con la manica della giacca,  cercò di pulire al meglio la scrivania impolverata, lasciando cadere al suolo tutti i documenti.
 
“Dunque..” disse sfilando dalla tasca i suoi devoti ARI glasses per poi indossarli.
“8 vittime negli ultimi 3 anni.” commentò osservando la grafica proiettata dagli occhiali di ultima generazione. “Si tratta principalmente di bambini  compresi tra l’età di nove e tredici anni.In tutti i casi fin’ora studiati, il rapimento avviene in luoghi pubblici, ma nessuno è mai riuscito ad accorgersene in tempo.”
“Le scomparse si verificano principalmente in autunno, nei mesi di ottobre e novembre e il rituale sembra essere sempre lo stesso: le vittime vengono ritrovate tre o cinque giorni dopo la scomparsa, affogate nell'acqua piovana, con in mano un’ origami e un’orchidea tra i capelli.”
“Il raggio d’azione del criminale è molto ampio ma per adesso non sembra esserci alcun collegamento logico per quanto riguarda i luoghi del delitto. Tutto ciò che sappiamo dell’assassino è che si tratta di un’uomo bianco, dai trentacinque anni in su, intelligente, calmo e determinato... il suo impiego lavorativo presuppone...” improvvisamente Norman si paralizzò.
 
Una goccia di sangue era accidentalmente scivolata sul polsino della sua camicia,sporcandola di un rosso scuro .
 
“Merda.” esclamò sfilandosi immediatamente gli ARI glasses, scaraventandoli sulla scrivania.
Posò lo sguardo sulle mani, che presero a tremare in una maniera allarmante.
Non riusciva a mettere a fuoco la vista.Tutto intorno a lui sembrava essere ricoperto da una patina di nebbia.
 
-Ecco,ci siamo..di nuovo. – si passò una mano sulla fronte bollente. -Devo andarmi a rinfrescare il viso.- si alzò di scatto,barcollando fino all’uscita.
-..I-io DEVO prenderne un po’...Sverrò sicuramente se resisto.-
Il pensiero della Triptocaina iniziò a martellare inverosimilmente i suoi pensieri , tanto da spingerlo a estrarne una fialetta dalla  tasca interna. -NO!Devo resistere...n-non mi vedrà nessuno.- si impose riponendola a stento al suo posto. –Ce la posso fare. Lo so.-
 
“Signore, tutto bene?” un poliziotto di passaggio non potè fare a meno di alzare un sopracciglio verso il povero Norman che, molto rapidamente, avanzò di qualche passo per poi buttarsi a capofitto sulla porta del bagno.
In quel momento Norman realizzò quanto la situazione stesse diventando insostenibile.
Stava perdendo il controllo di se stesso.
Quella fialetta, contenente un liquido blu fosforescente, rappresentava la sua principale debolezza ma nel contempo la considerava come l’unica soluzione possibile.
Ora il tunnel della dipendenza gli appariva più buio che mai e riuscire a  trovare uno spiraglio di luce, in mezzo a quelle terrificanti tenebre, sembrava una missione a dir poco impossibile.
 
Dopo aver ripreso parte del suo autocontrollo, sollevò il viso umido, sentendosi avvolgere da un senso opprimente di impotenza.
“..Come ho fatto a ridurmi in questo stato?” si chiese con voce ancora sconvolta, appoggiando le mani ai lati del lavandino.
Ovviamente sapeva di non conoscere la risposta.
Non l’avrebbe mai trovata se avesse continuato a lottare da solo.
 
“Signor Jayden!” udì una chiamata provenire dall'esterno, facendolo ritornare alla realtà.
 
-Forse Blake ha terminato quel suo stupido lavoro.- venne in mente all'agente.
 
“Sono qui.” rispose uscendo dal bagno. “Che succede?” chiese alla segretaria.
 
“Il tenente Carter mi ha detto di raggiungerlo.” rispose gentilmente la donna, ritornando a leggere i propri documenti. “Sembrava agitato.”
 
 
“Ci sono sviluppi?” Norman, ancora confuso, trascinò le gambe fino al collega.
 
“Jayden,questo signore è venuto a denunciare la scomparsa di suo figlio.” Blake lo guardò indicando l’uomo seduto di fronte a lui.
 
L’agente indietreggiò di mezzo passo quando realizzò di chi stava parlando: era un’uomo sulla quarantina, probabilmente si aggirava intorno ai trent'anni ma la barba incolta e le pieghe sotto agli occhi lo invecchiavano parecchio.
Teneva la testa abbassata, quasi come se desiderasse di essere risucchiato dal terreno.
Norman, nonostante tutto, trovava la sua presenza appetibile ma per qualche strano motivo c’era qualcosa che gli sfuggiva.
 
“Quand'è sparito?” il collega tornò a parlare al genitore.
 
“E’ successo lo scorso pomeriggio. Sono stato al parco con mio figlio Shaun,abbiamo parlato insieme per un po’ e poi lui... lui voleva andare sulla giostra dei cavalli, quindi ho preso il biglietto e quando mi sono girato... Shaun era scomparso.” pronunciò quelle parole incredulo, lasciando trasparire nei suoi occhi scuri un’ansia legittima.
 
“A che ora siete arrivati al parco?Cerchi di ricordare l’ora esatta signor Mars. Ogni dettaglio è di massima importanza.”
 
“C-credo siano state le 16.50.”
 
“Cosa indossava quando è sparito?”
 
“..Un cappotto.Un cappotto beige e un paio di pantaloni marroni.”
 
 “Come ha fatto a perdere di vista quel bambino senza neanche accorgersene?!” lo rimproverò Blake scocciato. “Non ha detto di essere proprio lì, vicino alla giostra?”
 
“I-io..non mi ricordo bene come..è successo tutto così velocemente!” replicò con respiro affannoso.
 
“Prima ha detto che il vostro arrivo si è verificato verso le cinque del pomeriggio..allora perché ci ha messo così tanto a contattare la polizia?”
 
Un silenzio tombale coprì improvvisamente la conversazione.
 
Norman non riusciva a scrostare lo sguardo da quell'uomo.
Perché non rispondeva?
Si rese immediatamente conto che, dietro a quella storia, si celava qualcosa di più misterioso, di estremante ignoto, e non aveva la minima intenzione di lasciarsi sfuggire un’occasione del genere.
 
Jayden si schiarì la voce, sventrando il silenzio. “Blake, ti dispiacerebbe lasciarci da soli?” chiese consapevole di aver appena firmato la sua condanna a morte.

 
N/A  

Ed eccomi di nuovo dopo una lunghissima pausa!
Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui e spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Nel prossimo affronteremo il primo e vero dialogo tra Ethan e Norman!


Non fatevi problemi a recensire e a dire cosa ne pensate :)
Alla prossima ragazzi!
 
-Elix

 
 
 

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Capitolo 3
*** Probably the killer has already chosen his next victim ***


۵ Capitolo 1 ۵



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-Norman fermati,immediatamente.- gli ordinò la sua coscienza con tono incisivo,facendo scivolare l’uomo in una pozza di dolore lancinante.
 
“Prove..devo trovare...le prove.” Mormorò digrignando i denti, consapevole anch’esso di aver varcato il limite della razionalità.
Con le dita tremanti,costantemente sconvolte da brutali scosse, cercò di sostenere il suo peso aggrappandosi alla sponda del ponte.
Aveva ancora il respiro affannato quando, finalmente, riuscì a sollevare il capo umido dalla stretta delle sue mani.
A dir la verità il suo cappotto lercio e gocciolante rappresentava un perfetto riassunto della sua prima giornata lavorativa,dedicata all’investigazione dell’Origami killer.
Norman era arrivato a Philadelphia solo da pochi giorni eppure le ore sembravano trascorrere più lentamente di quanto avesse mai immaginato: in un certo senso aveva sperato che dopo essersi lasciato Washington alle spalle avrebbe ottenuto una seconda possibilità per iniziare a vivere un’esistenza sopportabile, cancellando magicamente ogni sua dipendenza.
Ma non era stato così.
L’aspettativa di rendersi finalmente utile per qualcuno stava iniziando a dissolversi nella nebbia di quella maledetta città.
Si sentiva come uno squarcio incapace di cicatrizzarsi.
 
Con le tempie ancora pulsanti osservò il lento accendersi delle prime luci della città,imponendosi meccanicamente di mollare immediatamente le redini della ricerca,ritenendo del tutto eccessivo un’ulteriore sforzo psicologico.
Sucessivamente,con passo moderato, attraversò l’intero ponte cercando di risultare il più lucido possibile,nonostante non avesse la minima idea di quale fosse la sua prossima meta.
Nell’aria si poteva perfettamente attingere ad una strana senzazione di elettricità derivata probabilmente da un’imminente acquazzone,ragion per cui l’uomo decise che sarebbe stato meglio rifugiarsi in un locale nei dintorni dato che il suo appartamento distava almeno 8 isolati dal punto in cui si trovava.
 
“Non lo prenderanno mai quel maniaco!” udì improvvisamente una voce provenire da un bar alla sua sinistra. “Le nostre famiglie non saranno mai al sicuro.” Terminò la frase,riponendo rumorosamente un bicchiere sullo scaffale.
Con passo felpato Norman si accostò delicatamente al muro scrostato del locale, incuriosito dal dibattito.
“...E tu chi sei?” chiese scettico il proprietario,accorgendosi della presenza di Norman sull’uscio della porta.
Più che ad un’essere umano assomigliava più ad un’armadio: il volto ricoperto da bruciature e cicatrici rendevano il suo aspetto ancora più temibile dei suoi bicipiti inverosibilmente gonfiati.
 
“N-Norman, Norman Jayden.” Rispose lui con un’espressione confusa.
Non si era reso conto che nel frattempo aveva erroneamente messo piede dentro a quella topaia..ma era troppo tardi:ormai aveva attirato l’attenzione dei pochi presenti,quindi decise di aggregarsi alla discussione.
 
“Stavo casualmente ascoltando la vostra conversazione...” avanzò insicuro verso l’energumeno che stava dietro al bancone,zittendo il brusio generale.
In qualche modo i clienti avevano intuito dalla sua divisa lavorativa che non era un semplice residente,bensì qualcuno che aveva a che fare con la polizia.
 
“Che cosa ordina?” chiese lui guardandolo dall’alto in basso, ignorando la sua affermazione.
 
“Un bicchiere di whisky,grazie.” Prese posto su uno sgabello instabile, piazzando 5 dollari sul ripiano.Per un momento si credette in grado di poter contare tutti gli sguardi che aveva attirato sulle sue spalle.
 
Dopo un’interminabile silenzio il proprietario si schiarì la voce tossendo.“..Non mi capita spesso di avere come ospite un’agente dell’ FBI .” lo ammonì con tono cupo,facendo abilmente scivolare sul banco l’ordinazione di Norman.
 
“Sono fuori servizio.” Dichiarò sganciando il cartellino di riconoscimento appeso alla sua giacca,cercando di far abbassare la guardia generale.
 
“Tuttavia deve aver passato una giornata intensa,signore.” La sua bocca si storse in un mezzo sorriso nel guardare quegli stracci umidi ricoprire l’esile corpo dell’agente.
 
“A quanto pare.” Confermò Norman ingollando l’alcool in un’unico sorso,per poi posare la sua attenzione sullo schermo impolverato del televisore appeso sopra la testa dell’energumeno.
 
٭Continuano le indagini sulla vera identità dell’ormai noto criminale,ormai conosciuto da tutti come L’ Origami killer.Attualmente ci troviamo nella zona industriale più remota di Philadelphia,dove questa mattina è stato rinvenuto il corpo di un bambino di età compresa tra i 10 e i 12 anni.Per il momento non è stata proclamata nessuna versione ufficiale sul delitto,ma sembra che la morte sia stata provocata da un’affogamento volontario.Purtroppo non ci è consentito ottenere ulteriori dettagli,tuttavia, tra le forze della polizia giudiziaria gira voce che ci siano numerose probabilità che l’autore di questo scempio sia stato proprio l’assassino del secolo:L’Origami killer..٭
 
Per poco Norman non si strozzò con la sua stessa saliva nel vedere nell’ultima inquadratura il volto raggrinzito del suo superiore Blake e quello di tutti i collaboratori con i quali aveva discusso poche ore prima.
 
“Blake,quel coglione.” sentenziò il proprietario con una smorfia infastidita.
 
“Lo conosce?” chiese Norman incuriosito.
 
“E’ stato uno dei miei primi clienti.Ogni volta che viene a farsi una bevuta in questa bettola non fa altro che blaterare su cosa farà quando riuscirà finalmente ad incastrare quel maniaco maledetto.”
 
“Non mi è sembrata una persona spregevole.” Rispose Norman ripulendosi l’angolo della bocca con il palmo della mano.
 
L’uomo alzò un sopracciglio,squadrandolo nuovamente. “Non mi starai mica dicendo che siete colleghi?”
 
“Così mi è stato ordinato:sono stato inviato da Washington per investigare sul caso dell’Origami killer.” Spiegò mantenendo un tono temperato.
 
“Beh, devi sapere che quel cane metterebbe dietro alle sbarre anche un barbone qualunque piuttosto di leggere sul giornale i suoi meriti nella cattura.” con una presa salda afferrò il bicchiere vuoto di Norman,riponendolo nel lavandino. “In  ogni caso,stronzaggine a parte, dovete scovare quel pedofilo e metterlo al rogo!”
 
Norman era interdetto.Come mai si allarmava tanto per un caso che non lo riguardava direttamente? Non sembrava essere un tipo compassionevole,eppure i suoi occhi davano l’idea di celare un mistero ben più grande.
 
“Posso chiederle il motivo di questo suo interessamento?” buttò lì la domanda dopo alcuni minuti,fingendo un pelo di indifferenza.
L’uomo fece scorrere lo sguardo da sinistra verso destra, per assicurarsi che nessuno potesse sentire le sue parole,ma ormai era tarda notte e la maggior parte dei clienti se ne era già andata da un pezzo.
Stava forse iniziando a fidarsi dell’agente?
 
“Questo..” sussurrò porgendo nelle mani di Norman un pezzo di carta “Questo è Jonah,il mio primogenito.”
 
La foto raffigurava un viso di un bambino un po’ in carne con un sorriso contagioso,decorato da uno spruzzo di lentiggini con allegri occhi color nocciola.
 
“Lui...lui è stato la prima vittima dell’Origami Killer.” Norman socchiuse la bocca incredulo,riconoscendolo immediatamente.
 
“E’ morto tre anni fa.” Cercò inutilmente di trattenere le lacrime che erano ormai affiorate sulle sue guance. “Il mio unico figlio se ne è andato per colpa di un malato.Di uno psicopatico!” urlò scagliando i pugni sul bancone,facendo tremare i posacenere.
L’agente avanzò la mano sul suo braccio,rassicurandolo.
“E io non ho potuto fare niente.Nemmeno voi,bastardi.Vi pagano fin troppo per far morire delle persone innocenti.” Fece per scaraventare via la presa di Norman,ma con pochi risultati poiché si ritrovò ben presto con le mani affondate nel viso,inondato dalla disperazione.
 
Norman esitò prima di aprire nuovamente bocca:non poteva consolarlo fingendo di sapere cosa provava,perchè non era assolutamente vero.E’ incredibile come dei sentimenti possano ridurre a brandelli un’essere umano.
In un certo senso si sentiva colpevole di aver negato la felicità di un padre.
Possibile che non fossero riusciti ancora a trovare qualche prova tangibile?
Possibile che in circa quattro anni di costanti ricerche tutto quello che erano riusciti ad esaminare erano solamente i corpi di bambini innocenti strappati dalle loro famiglie per motivi ancora oscuri?
 
Fuoco.Ecco cosa sentiva bruciare dentro di sé Norman.
 
La rabbia e la frustrazione che provava non poteva essere di certo paragonata all’immenso dolore di queste famiglie,ma gli bastarono questi due elementi per prendere una decisione drastica.
 
Ritirò così la mano,passandosela sugli occhi stanchi.
“Ha ragione.” Sentì dirsi l’uomo dopo una breve pausa. “Non siamo ancora stati in grado di riconoscere l’assassino..” Norman si alzò posando lo sguardo oltre ai vetri della finestra,notando che la pioggia aveva appena ricominciato a cadere. “..ma le prometto che faremo il possibile per sbatterlo in galera.” L’agente si avviò verso l’uscita,dedicando un’ultimo sguardo pieno di compassione al pover’uomo che,senza volerlo,aveva regalato a Norman una motivazione in più per avanzare nella ricerca.
 
“Ora devo andare.Probabilmente l’Origami killer ha già scelto la sua prossima vittima.”




N/A

Innanzitutto vi ringrazio per essere arrivati fino a qui!
Questo capitolo voleva essere una piccola introduzione al personaggio di Norman che mi ha colpito profondamente sin dall'inizio.
Ammetto di non aver mai giocato a Heavy Rain ma osservando vari playthrough su internet (ringrazio PewDiePie xD) mi sono affezionata immediatamente ai personaggi e ovviamente alla trama.
In questa breve fanfiction volevo descrivere e approfondire a modo mio i pensieri dei personaggi principali (tra i quali sarà presente anche Ethan Mars ) e una possibile storia d'amore tra Jayden e Ethan: due personaggi dalla psicologia molto differente,ma  sotto un certo aspetto molto simile.

P.s Nel prossimo capitolo sarà descritto il rapporto tra Ethan e Shaun...e diciamo che le cose inizieranno a farsi molto più interessanti ;)

-Elix



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Capitolo 4
*** "I believe that there is always hope." ***


۵ Capitolo 4  ۵



Blake scattò immediatamente in piedi, rovesciando maldestramente la sedia sulla quale era precedentemente seduto.
 
“Che diamine stai farneticando, Norman?!” lo aggredì imbestialito, mostrando gli incisivi in segno di sfida.
 
L’agente, inevitabilmente turbato da quelle urla, non demorse e ricambiò la provocazione con uno sguardo colmo di persuasione, lasciando al collega ben poche alternative.
 
“..Sei uno stronzo.”   digrignò a denti stretti Blake che, allontanandosi, non perse l’occasione di gettare  in aria i primi fogli che si trovò sottomano.
 
 
“...Perché l’ha mandato via?” per la prima volta il signore davanti a Norman alzò il viso,rivelando l’impolverata avvenenza dei suoi occhi color cielo.
 
Jayden sgranò impercettibilmente lo sguardo verso di lui, per poi sciogliere l’espressione in un lieve sorriso compiaciuto.
 
“Beh, vede, è semplice signor...”
 
“Mars. Ethan Mars.” si presentò, abbassando nuovamente il capo.
 
“A nessuno piace sentirsi oppresso. Specialmente in momenti come questi.” spiegò senza troppi giri di parole consapevole che, con la pressione esercitata dal collega, il padre non avrebbe mai rivelato l’intera verità.
 
“Allora la dovrei ringraziare.” Ethan pronunciò quelle parole con inverosimile sincerità.
 
“ Per caso Shaun aveva qualche motivo particolare per fuggire? Secondo lei è possibile che qualcosa l’abbia spinto a scappare?” chiese l’ agente che, con la mente ancora un po’ annebbiata dalla precedente crisi, si avvicinò al padre ,appoggiando il proprio peso sulla scrivania.
 
Ethan intrecciò le mani esitante. “...Mio figlio ha passato dei brutti momenti, tuttavia sono certo che non se ne sarebbe mai andato volontariamente,almeno non senza dirmelo.”
 
“Che rapporto c’è tra lei e suo figlio?” Norman sentiva di aver appena toccato un nervo scoperto.
 
“Sei mesi fa, dopo il divorzio con sua madre, non è stato più lo stesso. A dir la verità non siamo stati più gli stessi.” spiegò il padre. “Ci siamo trasferiti in una piccola casa residenziale, in un paese totalmente sconosciuto e Shaun non è mai riuscito ad instaurare dei rapporti di amicizia con i bambini della sua età.”
“Probabilmente ha paura di affezionarsi nuovamente a qualcuno.” La voce di Ethan si incrinò, lasciando trapelare un velo di falsità.
 
“Inutile dire che il nostro rapporto col tempo si è dissolto. Spesso capitava di discutere su questioni davvero banali ma infondo credo sapesse quanto ci tenessi a lui.”
 
Jayden  rimase immobile ad ascoltarlo fino alla fine e con estrema attenzione, annotando mentalmente ogni dettaglio, ma era evidente che tutto quello che gli aveva raccontato fino a quel momento non rappresentava altro che la punta dell’iceberg.
 
“Lei non ha mai cercato di rimedia-”
 
“Secondo lei agente, crede sia facile riconquistare la fiducia di un figlio?” nel tono di Ethan non c’era traccia di accusa, ma quell'affermazione diede molto da pensare all'agente, che rimase in silenzio per alcuni istanti.
 
“Sono convinto che ci sia sempre speranza per cambiare.” proferì  Jayden, perdendo lo sguardo nel vuoto, con occhi colmi di colpevolezza.
 
“Nel mio caso credo non ne sia rimasta neanche una goccia.” Ethan si passò una mano sugli occhi appesantiti dalla notte insonne.
 
“La ringrazio di essere venuto, non ho altre domande da porle.” sentenziò Norman, alzandosi dalla sua postazione. “Se le torna in mente qualche dettaglio non esiti a tornare.”
 
Il padre riuscì ad afferrare in tempo il braccio di Jayden che si contrasse immediatamente.“...L-lei crede sia opera dell’Origami killer?”

“Non abbiamo abbastanza prove, Ethan.” si rivolse a lui con una compassione spropositata.
 
“Questo...” replicò l’uomo, immergendo la mano nella tasca del cappotto di pelle. “...le sembra abbastanza come prova?”
 
Non appena Norman realizzò che cosa tenesse in mano, indietreggiò stordito, portandosi le mani alla bocca.
 
Un’origami macchiato di sangue.
Proprio come quello ritrovato la notte scorsa nelle mani senza vita del bambino.
 
 

 

 

“Spero tu abbia scoperto qualche indizio di interessante, Norman.”  disse il direttore, riferendosi all'improvvisa convocazione voluta ardentemente dall'agente dell’ FBI.
 
Blake, costretto anch'esso a far parte della riunione, se ne stava seduto nella sala di proiezione, limitandosi ad assumere un'espressione disgustata.
 
“La notte scorsa mi sono dedicato allo studio del delineamento geografico degli omicidi: come spesso accade, gli assassini martirizzano le proprie vittime in luoghi vicini alla propria residenza, probabilmente perché ,in caso di eventuali incidenti, vogliono avere un luogo sicuro dove rifugiarsi.” cercò di chiarificare Norman a nervi tesi. “Man mano che l’omicida acquista fiducia in se stesso tende ad allontanarsi dalla sua base.”
 
“Quindi?!” si intromise maleducatamente Blake.
“Analizzando i luoghi di ritrovamento delle vittime, sono riuscito ad isolare una zona nella quale potrebbe vivere l’assassino in questione.”
 
“...e quanto grande sarebbe questa ‘zona’?” Con un ghigno Blake rivolse uno sguardo ironico a Perry che però non ricambiò.
 
“Circa 10 miglia quadrate..” anche Norman era conscio che si trattava di un territorio troppo esteso, ma non aveva ancora finito la sua spiegazione.
 
“AH! Bene! Questi sì che si chiamano progressi!” il collega esultò con finto stupore. “ Ci abiteranno almeno diecimila persone in un’area simile. Hai intenzione di bussare ad ogni porta?”
 
“Più controlli faremo, più la zona verrà limitata.” chiarì.
 
“Qual’è il prossimo passo?” intervenne il direttore del distretto.
 
“Attualmente sono riuscito ad identificare due profili psicologici che potrebbero entrare in collegamento con la zona in questione. La mia intenzione è quella di interrogarli.”
 
“CAZZATE! Stiamo perdendo del tempo prezioso e non ho la minima intenzione di ascoltare una parola in più da questo idiota!” sbraitò Blake.
 
“Mi è stato affidato il compito di trovare l’assassino ed è esattamente quello che farò.Con o senza il suo aiuto.” contrattaccò Jayden, stanco dei suoi interventi inopportuni.
 
“SEI UNO STRONZO!” urlò Carter adirato balzando in piedi, con le vene delle tempie pulsanti.
 
“FINITELA!” Perry cercò di far calmare le acque. “Invece di litigare come bambini fareste meglio ad interrogare questi maledetti sospettati!”
 

 

 



Norman e Blake, dopo aver salito l’infinita rampa di scale, erano appena giunti davanti all'appartamento del primo indiziato,Nathaniel Williams.
Si respirava un’aria pesante, probabilmente dovuta all'incessante acquazzone che sovrastava la città da settimane, e per di più l’edificio sembrava crollare a pezzi.
 
“Non c’è nessuno.” sentenziò Norman dopo aver bussato incessantemente, nonostante ci fosse un campanello affianco alla porta. “Abbiamo perso tempo per niente.”
 
Starti ad ascoltare è una perdita di tempo.” protestò Blake che, ancora prima che Jayden se ne accorse, aveva già buttato giù la porta con un calcio, provocando un rumore assordante.
 
L’agente si voltò scandalizzato. “Che diamine ti salta in mente?!” lo ammonì incredulo. “Non sono sicuro che sia legale irrompere in casa di sconosciuti.”
 
“...chiami pure la polizia.” rispose Blake in tono sarcastico.
 
-Coglione.- pensò Norman tra sé e sé, costretto a seguirlo a ruota all'interno dell’appartamento.
 
Lo spettacolo che gli si materializzò davanti era tanto inconsueto quanto terrificante: le pareti, come il soffitto, erano interamente ricoperte da crocifissi di diversa dimensione e stile.
 
Il flebile bagliore che entrava dalle piccole finestre sfondate e le luci intermittenti delle candele donavano all'ambientazione un tocco macabro al tutto.
 
 Un brivido percorse la schiena di Norman. “Si direbbe che Nathaniel sia un...diciamo...fervente credente.” commentò, cercando di non guardarsi troppo intorno.
 
“E’ un povero imbecille timorato di Dio, in attesa della fine del mondo.” spiegò Blake con il suo solito tatto. “Mesi fa l’abbiamo interrogato perché è stato denunciato per disturbo della quiete pubblica in un parco. Farneticava e delirava. Diceva pure di sentire delle voci..”
 
Norman nel frattempo si dedicò all'esplorazione della casa e capì immediatamente che, il soggetto di cui stavano parlando, aveva perso ogni contatto con la realtà ed era evidente che soffrisse di una nevrosi mistico compulsiva unita ad un complesso di persecuzione.
Insieme ai numerosi piatti lerci trovati nel lavandino della cucina, l’agente trovò altrettanti farmaci, droghe e medicine di ogni tipo sparse per la casa.
Non bisognava essere criminologi per capire che non si trattava di un assassino.
 
“Sai, il giorno in cui si è recato alla stazione di polizia ha pure osato dire che IO ero l’Anticristo, sceso in terra per perseguitarlo.Che razza di idiota.” disse Blake sogghignando.
 
-Non ha tutti i torti.- Jayden soffocò mentalmente una risata pensando al carattere di merda che si ritrovava il collega.
 
“Le candele sono ancora accese.” fece notare, facendo finta di non aver seguito il suo discorso. “Dovrebbe tornare da un momento all-” prima che potesse terminare la frase sentì cigolare la porta d’entrata.
-Merda!-  pensò voltandosi di scatto.
 
“Giusto in tempo Nathaniel! Ti stavamo cercando.” Blake con le braccia conserte si affacciò
dalla cucina, con la sua inconfondibile aria da superiore.
 
Il sospettato appena lo vide strinse i pugni e corrugò la fronte, bisbigliando qualche preghiera in latino.
 
“Agente Norman Jayden, FBI. Dovrei porle alcune domande.” intervenne prontamente, mettendo da parte il senso di colpa per essersi addentrato in una proprietà non sua.
 
“Sono innocente, Dio mi è testimone.” rispose Nathaniel con voce spezzata.
 
“Stai tranquillo, qui nessuno ti sta accusando.” cercò di metterlo a suo agio, sperando che il buon senso di Blake lo tenesse alla larga da quella discussione.
 
“Ti ricordi dov'eri martedì scorso, alle 16.50?”
 
“Ero a casa, da solo, a rendere grazia all'operato di Dio nostro Signore.” rispose iniziando a gesticolare in modo alquanto evidente.
 
“E le voci Nathaniel? Senti ancora gli spiriti sussurrarti all'orecchio?” Blake si intromise con malgarbo, facendo risalire il sospettato.
 
“Oh,noi sappiamo chi ti parla.Lo sappiamo entrambi, non è vero?” il collega si avvicinò con fare minaccioso, facendo assumere all’uomo una posizione ambigua, quasi volesse proteggersi da quelle parole.
 
“..N-non nominare il suo nome!” ringhiò il sospettato.
 
“Dimmi,cosa ti dice Nathaniel?” Blake ignorò il precedente avviso, continuando ad infierire.
 
“N-non mi è permesso parlarne...non dovresti parlarne neanche tu.”
 
“Ti ha detto di trovare nuovi seguaci no? Ti ha costretto ad andare in quel parco a spaventare quella fottuta gente!”
 
“Non devi parlarne!Lo porterai qui!” Norman aveva la netta sensazione che i malati di mente in quel momento fossero due.
 
“Il tuo Dio ha sempre bisogno di più seguaci, di più offerte!!Non è vero Nathaniel?!”
 
 “Basta!QUESTO E’ T-TROPPO!”
 
“Hai dovuto sacrificare la vita di quei bambini e l’hai donata al tuo fottuto Dio!” Blake afferrò il colletto consumato del sospettato e lo sollevò in aria per mezzo metro, facendolo quasi soffocare.
 
“BLAKE CHE STAI FACENDO?! Sei fuori di testa?!” Norman decise finalmente di intervenire ma invano.
 
“Fermati! Fermati!!” Nathaniel dimenò le gambe nel tentativo di liberarsi ma si ritrovò presto con la faccia scaraventata a terra.
 
“Li hai uccisi! Confessa bastardo!!” Blake gli tirò un calcio violento sulle costole ma ben presto la situazione si ribaltò.
 
Il sospettato dopo alcuni sforzi riuscì a sollevarsi dal pavimento e, con uno scatto fulmineo, estrasse una pistola che puntò dritto alle tempie di Blake.
 
“Tu sei l’Anticristo!” urlò contro Carter, senza avere la minima intenzione di abbassare l’arma. “Sei stato inviato sulla terra per distruggerci!”
 
“Abbassa quella pistola!” lo incitò Norman, puntando la sua Colt M1911 verso l’indiziato. “Non riuscirai di certo a sconfiggere l’ Anticristo con una Revolver. Lui è più potente di te.” l’agente cercò di immedesimarsi nella sua psicologia, reggendo il gioco.
 
“Anticristo un cazzo!” sbraitò Blake palesemente confuso.
 
“Ti pentirai di essere andato contro la volontà divina! Conoscerai la potenza del mio Signore!” proclamò avvicinandosi  sempre più alla testa di Carter.
 
“Che cazzo stai aspettando Jayden?!Per l’amor di Dio, SPARA!”



N/A
 
UFF!Capitolo intenso, non è vero?
Spero vi sia piaciuto anche perché mi sono divertita molto a scriverlo!
Secondo voi cosa farà Norman?
Scrivete il vostro parere nelle recensioni!
Non vedo l’ora di vedere se qualcuno indovina!
 
With love.

 
-Elix

 

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