Indifferente

di Saphira96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima - Blu ***
Capitolo 2: *** Parte seconda - Rosso ***



Capitolo 1
*** Parte prima - Blu ***


Indifferente.

 


Finisce l’estate e anche la speranza di tornare a vederti, amore.
E presto l’inverno ucciderà il ricordo di qualcosa che mai andrà via.
 

< Pietà! > urlava ridendo a crepapelle. Urlava e mi dava dei colpetti nelle spalle, voleva scendere. < Pietà! > insisteva, mentre io lottavo contro l’acqua per superare la riva e gettarla a tutti gli effetti in acqua. < Tommy mettimi subito giù! > urlava Roberta, la cosa che mi piaceva di più era la sua capacità di stare al mio gioco. Finalmente vinse lei, o forse la feci vincere io, e la lasci andare nell’acqua. Lei fece finta di annegare, poi uscì e prese a schizzarmi; rideva. Presi un bel respiro e mi lasciai andare sott’acqua, aprii gli occhi e la vidi, anche lei si era appena immersa. Tentò di scappare, ma io ero sempre stato più veloce di lei e la raggiunsi. Si fermò, lasciò che le prendessi la mano. Ritornammo in superficie, ci eravamo spinti verso sinistra dietro un grande scoglio, non riuscivamo più a vedere gli altri. Mi lasciò la mano e prese di nuovo a schizzarmi, io la ignorai e presi a guardarla intensamente. Il suo sorriso, il suo splendido sorriso mi aveva ammaliato. Non mi ero mai accorto che avesse quel sorriso, o forse si. Mi avvicinai a lei e le afferrai nuovamente la mano, lei arrossì, ma mi prese anche l’altra. Piano piano i nostri volti si avvicinarono e le nostre bocche si poggiarono una sull’altra.
 
< Eccola è lei, finalmente è ritornata! > urlò Flor correndo come un fulmine verso la porta. I gemelli lasciarono le loro attività e seguirono la madre. Prima di aprire la porta Flor si accertò che tutta la famiglia fosse pronta per accoglierla come ogni anno.
Flor aprì la porta e una sedicenne Roberta apparve sulla soglia di casa.
Si gettò tra le braccia di Florencia, che si fece di lato e lasciò spazio a Massimo, poi seguirono i gemelli, l’anziana Greta, Maya, Matias – che era tornato da Londra e facevano ormai coppia fissa – Franco, Olivia, Martin, Nicolas, Valentina …
< Tommy non vieni a salutarmi? > chiese con aria di finta offesa Roberta dopo aver finito il giro della famiglia. Le sorrisi e le corsi incontro stringendola forte a me. Finalmente era tornata perché quei mesi estivi erano stati i più lunghi della mia vita.
 
< Tomas, Roberta è tardi> urlò la madre di Roberta ad un tratto. < Roberta, dobbiamo andare via, domani inizio il lavoro! > aggiunse. Ci staccammo e senza guardarci negli occhi tornammo in spiaggia ad asciugarci per tornare ognuno nella propria casa, era per questo che all’età di otto anni presi ad odiare l’estate. Perché mi divideva da Roberta.
 
< Roberta, tesoro, chi è lui? > domandò ad un tratto Maya. Proprio in quel momento un ragazzo poco più grande di me fece capolino sulla soglia e reggeva le valigie di Roberta. Lei si staccò da me e rispose imbarazzata: < oh, è vero…me ne ero dimenticata > avvicinandosi a lui < è il mio ragazzo > aggiunse prendendogli la mano.
 

E presto l’inverno ucciderà il ricordo di qualcosa che mai andrà via.

 
Il mio cuore ebbe un tuffo in un buco nero di cui non ne conoscevo l’altezza. Roberta mi rivolse uno sguardo, e io lo distolsi.
Martin aiutò il ragazzo ad entrare e chiuse la porta.
< Salve, io sono Pablo > si presentò il ragazzo.
Flor si fece avanti e sfoderò uno dei suoi fantastici sorrisi gratuiti < ciao io sono Flor e questo è mio marito Massimo, loro sono… > quello che disse dopo non lo sentii, ma so per certo che stava facendo la presentazione della famiglia; perché ad un tratto disse: < lui e Tomas il più piccolo dei fratelli… in realtà ha la stessa età di Roberta e … > si zittì un momento e poi prese a guardarlo stranita < tu quanti anni hai? > domandò.
< Diciotto > rispose Pablo mentre Roberta mi fissava cercando il mio sguardo, ma io guardavo lui. Cosa aveva lui che io non avevo?
Flor prese a parlare sul fatto che Roberta era cresciuta, e tutti si complimentarono con lei e con Pablo. Poi, Massimo chiamò Pablo nel suo ufficio e Flor portò Roberta in camera mentre in casa ognuno tornava alle sue attività abituali.
Mi avvicinai alla porta dello studio, Massimo stava interrogando il ragazzo. Sorrisi diabolico e mi diressi in cucina.
< Tommy! > urlò con tono isterico Roberta.
La guardai in modo freddo.
< Non eri sopra con Flor? >
< Ero. Federico stava litigando con Margarita … > il suo era il tono di sempre, riusciva a guardarmi come se qualche mese fa non fosse successo nulla.
Annuii e presi un succo di frutta dal frigo, deciso ad ignorarla.
< Tomas… > mi chiamò quasi sussurrando, mi girai e lei mi abbracciò. Mi staccai subito, non perché ero orgoglioso (forse si) ma perché mi accorsi che Roberta non faceva più lo stesso profumo. Non era più la mia Roberta.
 
 

Se ne va il profumo della tua pelle che sa di sale.

 
Lei mi guardò con occhi lucidi quando Maya entrò in cucina urlando: < Matias ti ho già detto che non voglio andare! > e lui la seguiva quasi supplicandola.
< E dai amore, sono anni che stiamo insieme ma non hai mai accettato di venire con me ad una cena di lavoro! > stava dicendo < ah Roberta ti conviene andare da Pablo, credo che il conte lo sta spremendo come un limone > disse ad un tratto sorridendo, poi tornò a tentare di convincere mia sorella. Roberta annuì e corse via preoccupata.
 

E questo fuoco di sangue amore
mai mi arriva senza provare il dolore di aspettare te,
che però non tornerai, amore.
 

 
Quella sera mentre tutti erano seduti a tavola io feci irruzione nella sala da pranzo.
< Tommy dove vai? Non ceni con noi? > domandò Olivia.
< No > risposi.
< Ma è la cena di benvenuto per Roberta, l’hai sempre adorata… > si intromise Flor. Eh cara Florencia, non era la cena che adoravo evidentemente…
< Ho da fare > mi limitai a rispondere.
< Dopo cena Roberta ci racconta come ha conosciuto Pablo! > avvertì Margarita.
< Amore come sei cresciuta! > la interruppe Roberta distraendola da ciò che stava dicendo, perché probabilmente la bambina stava per aggiungere qualcosa che lei non voleva.
All’improvviso mi venne un’idea, e solo Roberta lo capì perché feci uno dei miei soliti sorrisi. Era stata la mia compagna di avventure e piani contro Delfina e Malala era logico che lo conosceva.
< In realtà ho un appuntamento > dissi. Rivolsi uno sguardo freddo a lei, salutai tutti e uscii non prima che Massimo mi gridasse un < non tornare tardi! > .
 

Mi è indifferente
tutto, tutto mi è indifferente.
Mi è indifferente trovarti o perderti
Mi è indifferente.

 
 
Quella sera vagai per Buenos Aires senza una meta, non avevo altri amici veri oltre Roberta. Anche se ormai lei era per me più di un’amica. Quando il mattino seguente mi svegliai trovai Greta che serviva la colazione ai gemelli e io mi aggiunsi al piano della cucina come nostro solito.
< Er Federica tu dovere bere tutto il latte! > esclamò Greta. Dopo la morte di mio fratello Federico non avevo più sentito nominare il suo nome nel modo strambo in cui lo faceva Greta, adesso invece erano otto anni che aveva ripreso a urlarlo (più che altro) e tutte le volte mi faceva uno strano effetto. Federico fece qualche capriccio, ma poi si arrese e vuotò la tazza in un batter d’occhio.
< Zio, oggi inizia l’ultima settimana di vacanza ci porti al passaggio dei baci? > mi domandò il piccolo dopo essersi pulito la bocca.
< Fede fuori c’è troppo sole. E sai che a Tommy non piace uscire con il sole! > rispose Roberta entrando in quel momento.
La guardai e mi schiacciò l’occhio, un tempo avrei contraccambiato ma quei tempi erano lontani. Ad un certo punto notai che l’espressione dei bambini alla proposta del fratello era felice, ma poi si era spenta, trasformata in delusione. Così presero a sgranocchiare il toast in silenzio.
< Si, però se mangiate in quel modo usciremo per pranzo! > esclami prendendoli in giro.
< Grazie zio! > urlò Andres.
Sorrisi e avvertii che li avrei attesi in salotto, e mentre passavo vidi l’espressione di delusione nel volto di Roberta. All’improvviso provai una piacevole sensazione perversa.
 

Mi è indifferente
Se piove, se c’è il sole.
Se fa freddo o caldo
mi è indifferente.

 
Dieci minuti dopo i bambini mi raggiunsero seguiti da Roberta.
< Zio, la zia ha detto che vuole accompagnarci! > avvertì Margarita. Sotto quell’aspetto era uguale a sua madre, non riusciva a mantenere un segreto o una notizia. Feci una faccia sdegnosa e Roberta se ne accorse.
< Okay, se proprio vuole venire… > risposi con un’alzatina di spalle.
Mentre arrivammo quasi al passaggio dei baci e io intrattenevo i bambini Pablo ci raggiunse.
< Amore! > esclamò vedendo Roberta, la quale mi guardò come per chiedermi scusa.
< Che ci fai qui? > domandò Roberta.
< Sono passato a casa e… > rispose lui, < allora vieni con me? > domandò.
Vidi lei tentata di rispondere un no, secco, ma poi guardò il suo sorriso e acconsentì.
< Non preoccuparti… tanto è uguale! > dissi io.
Cambiò direzione e in lontananza la vidi regalargli un bacio.
 

Mi è indifferente
rimanere o andare via.
Mi è indifferente
se tu non ci sei.

 
Portai i bambini a prendere un gelato, li portai al parco e poi andammo a pranzare a casa di Franco e Olivia. Che si destreggiava con il pancione per casa.
Rientrammo in casa nel tardo pomeriggio, ero esausto ma li adoravo.
Quando entrai vidi seduta sul divano una ragazza un po’ cicciotella con una lunga coda. L’avrei riconosciuta lontana un miglio, non era cambiata di una virgola!
< Dominique > urlai lanciandomi verso lei.
Ero emozionantissimo, dopo tanti anni era tornata da noi.
< Ti sei ricordata di noi? > dissi scherzando.
Lei mi avvertì che aveva convinto il padre ad iscriverla in Argentina a scuola per quell’anno, e che quindi sarebbe rimasta con noi tutto l’anno. Naturalmente Flor e Massimo ne erano a conoscenza e volevano farmi una sorpresa.
Roberta osservò la scena con un pizzico di invidia, ci avrei giurato.
Quando quella sera smisi di parlare con Dominique e andai a dormire mi sentii un po’ in colpa.
 

Non dimentico i tuoi baci nelle notti tristi.
Se mi vedi con un’altro amore
è per riuscire a vivere anche solo un minuto.
Un minuto in più senza te.

 
Una settimana dopo iniziò la scuola, ogni anno avevo preso posto vicino Roberta, ma quell’anno no.
< Dominique siamo insieme nel banco, vero? > domandai preoccupato,
< Certo! > rispose lei un po’ incerta.
Poi, la vidi parlottare con Roberta. Avevo confidato a Dominique dell’episodio dell’estate scorsa e dei miei sentimenti nei confronti di Roberta; < l’ho sempre saputo. Eri troppo protettivo anche da bambino con lei! > mi rivelò.
Quando però mi comportavo in modo freddo con lei, la mia amica mi faceva notare il mio comportamento scorretto. Al che mi accorsi, e ben presto mi convinsi che Roberta le aveva confidato qualcosa.
Entrammo in classe e Dominique corse verso tre banchetti sistemati uno accanto all’altro. Prese posto al centro e mi ordinò di sedermi alla sua destra, mentre Roberta alla sua sinistra.
C’era da aspettarselo.
Mantenemmo quella postazione finché, dopo un mese dall’inizio della scuola, non successe qualcosa.
< Aiò, Dominique mi hai rotto un’unghia! > esclamò Roberta mentre aspettavamo la professoressa.
< Scusa… > disse la mia amica.
< Guarda cos’hai fatto! > continuò Roberta, ignorando la ragazza.
Notai il dispiacere nel viso di Dominique e le proposi di cambiare posto, così non sarebbero state vicine.
Dominique si stupì, forse non sapeva che per lei lo avrei fatto. Sospirai notando che Roberta continuava a guardarsi l’unghia distrutta, con un’espressione con cui si guarda un amico andare via… un po’ come io avevo fatto con lei.
< Fa vedere > dissi con aria decisa senza guardarla negli occhi.
Lei mi guardò ed era un po’ restia, ma alla fine lasciò che afferrassi la sua mano, tremai e il mio cuore fece un salto nell’aria.
< Nana, da quanto in qua fai crescere le unghia? > domandai. Non ci voleva molto ad essere me stesso con lei.
< Ehm l’ho fatto senza volerlo. Poi Pablo mi ha detto che a lui piacciono e… >
Avrei voluto chiederle da quando faceva qualcosa contro la sua volontà, ma mi trattenni e le risposi che magari Valentina avrebbe saputo aiutarla. Poi la professoressa entrò in classe facendo calare il silenzio.
 

Se ne va il profumo della tua pelle che sa di sale.
E questo fuoco di sangue, amore,
Mai mi arriva senza provare il dolore di aspettare te;
che però non tornerai, amore.

 
Due sere dopo, quando mi ricordai delle sue unghia, la fermai mentre saliva in camera sua per andare a dormire.
< Roberta ho chiesto a Valentina se può fare qualcosa per la tua unghia… > le dissi.
< Grazie Tommy, ma non serve più! > mi rispose mostrandomi le mani. Erano quelle di sempre, e le unghia erano corte come le aveva sempre tenute. Sorrise e mi scompigliò i capelli, poi scappò in camera sua.
 

Mi è indifferente
tutto, tutto mi è indifferente.
Mi è indifferente cercarti o perderti.
Mi è indifferente.

 
 
Due mesi e una settimana dopo l’inverno era ormai iniziato, e io insieme le ragazze provavamo a fare gli esercizi di goniometria.
La pioggia picchiettava sui vetri. Dominique e Roberta avevano fatto pace due minuti dopo l’episodio dell’unghia, ma mantenemmo la stessa disposizione nei banchi.
Al centro del tavolo c’era un cestino con delle patatine, e ogni tanto qualcuno di noi ne prendeva una e la portava alla bocca.
< Robertina sta Pablito. Io fare entrare qui? > domandò Greta facendo arbitrariamente irruzione in sala da pranzo.
< Ehm…no Gretina, grazie. > si alzò e corse da lui.
Io la mimai e Dominique rise insieme a me, poi, ci rifondammo nella goniometria in attesa di Roberta che quel pomeriggio non arrivò più. Ma si sa, potevo essere freddo o non freddo il mio quaderno sarebbe sempre stato aperto per lei.
 

Mi è indifferente
se piove, se c’è il sole
se fa freddo o caldo,
Mi è indifferente.

 
Due settimane dopo il nostro studio insieme, vidi Roberta abbastanza turbata. Vedeva Pablo di rado e passava molto tempo con Dominique. Un pomeriggio passavo per la camera di Roberta e sentii le due amiche parlare.
< Roberta devi dirglielo, ne ha tutto il diritto! > diceva Dominique con tono esasperato.
< Non posso. E se poi non mi vuole più? > domandò Roberta preoccupata.
< Non puoi saperlo se prima non parli con lui … > rispose Dominique.
Di cosa parlavano? Chi ne aveva tutto il diritto? Cosa non doveva volere più?
Tornai in camera mia, pensai e ripensai a quelle parole e alla fine arrivai alla conclusione che quello stupido di Pablo aveva combinato l’irreparabile: Roberta era incinta.
Piansi, un po’ per la rabbia e un po’ per la felicità. Si, ero felice perché Roberta aspettava un bambino; e nonostante era così giovane quello che le era capitato era la cosa più bella del Mondo.
Ma ad un tratto tornai in me, e sentii mancarmi il fiato. Se fino ad allora c’era stata una piccolissima probabilità di conquistare il cuore di Roberta, adesso era scomparsa.
Allora c’era un’unica cosa da fare, una sola: farmi da parte.

 
***

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Capitolo 2
*** Parte seconda - Rosso ***


Indifferente.


Mi è indifferente,
 rimanere o andare via.
 Mi è indifferente,
Piangere o ridere.
Mi è indifferente,
se tu non ci sei.

 
Quella sera non scesi a cena e il mattino seguente non andai a scuola. Flor mi vide un po’ turbato e dopo avermi ricordato che se avessi avuto problemi avrei potuto rivolgermi a lei, mi lasciò in pace. I gemelli erano a scuola, Dominique era a scuola, Roberta era a scuola.
Stavo mettendo in ordine la stanza, per tenere la mente impegnata, quando qualcuno bussò alla mia porta.
< Flor non ho bisogno di nulla, te l’ho già detto > risposi al nulla.
La porta si aprì ugualmente, ignorandomi. < Non sono Flor > la sua voce era candida, dolce, entusiasta.
< Roberta, non dovresti essere a scuola? > domandai, ero stato preso alla sprovvista.
< E da quando tu non vai a scuola e io si? > mi rispose scherzando.
Per la prima volta dopo tanto tempo le ricambiai il sorriso, e mi affrettai a farle spazio sul letto. Lei ne approfittò e si sedette, non prima di essersi chiusa la porta alle spalle.
< E’ da ieri sera che stai chiuso qui dentro, mi dici cos’hai? > mi chiese diventando seria.
< Nulla, volevo stare un po’ solo > feci spallucce < tu, perché non sei andata a scuola? > aggiunsi.
< Non sto bene > questa volta fu lei a fare spallucce.
A quella risposta non riuscii più ad aprire bocca, la mia ipotesi si era tramutata in certezza. Passò qualche minuto di completo silenzio, non ci eravamo mai trovati in una situazione imbarazzante.
Una ciocca di capelli le andò davanti il viso e si affrettò a spostarla, al che notai un braccialetto legato al suo polso.
< Te l’ha regalato lui? > domandai.
Annuì.
< Allora le cose vanno bene? > insistetti, soffrivo si, ma volevo indagare. Volevo capire se lei lo aveva già detto del bambino ed era scappato via.
< Si > si limitò a rispondere.
Era poco, non potevo capirlo con quel monosillabo.
< Come … come vi siete conosciuti? > dissi un po’ titubante. Non volevo saperlo, e non sapevo neanche il motivo per cui l’avevo chiesto. C’erano un sacco di domande, ma non proprio quella.
Roberta si alzò e si avvicinò a me, mi prese la mano e la strinse tra le sue, come uno scrigno custodisce un gioiello prezioso.
< Tommy, non ora … > mi sussurrò guardandomi negli occhi.
I suoi occhi color nocciola, che tanto mi facevano pensare al cioccolato che dividevamo sempre da bambini.
Volevo ringraziarla per aver capito che non ero realmente pronto, per rompere il ghiaccio le domandai se aveva  voglia di giocare e lei annui entusiasta.
Aprii l’armadio e tirai fuori una vecchia scatola con un gioco da tavola, mi aiutò a posizionarlo sul tappeto e poi iniziammo a giocare.
Ero felice, mi scordai del mio dolore, di Pablo e soprattutto della sua gravidanza. Di cui ne ebbi conferma a metà partita: diventò bianca come il latte e, toccandosi la pancia corse in bagno.
 

Mi è indifferente.
Tutto, tutto mi è indifferente.
Mi è indifferente trovarti o perderti,
mi è indifferente.
 

Tre settimane prima della fine della scuola presi a controllare, senza farmi notare, Roberta da lontano e notai che non nominava più Pablo e che non portava più il braccialetto. Ma non aveva appetito e quando Flor o Greta la convinceva a mangiare qualcosa, veniva colta dalla nausea e correva in bagno a vomitare. La sua pancia però non faceva alcun cambiamento, anzi diventava sempre più magra.
< Dominique quando hai finito con Morena vieni nella mia stanza? > domandai un pomeriggio, ero deciso a chiederle spiegazioni. Perché mentre la sua amica soffriva in quel modo non alzava un dito? Doveva, dovevamo se necessario, fare qualcosa.
Quando la mia amica si stancò di cullare Morena, la nuova nascitura figlia di Franco e Olivia, mi raggiunse la feci sedere e chiusi la porta e le finestre della mia camera.
< Tomas è successo qualcosa? > domandò preoccupata.
< Devi dirmelo tu! > dissi con tono di minaccia.
< Lo dicevo io che Roberta ti avrebbe portato alla pazzia! > scherzò.
< NON. PARLARE. DI. ROBERTA > dissi urlando < SOPRATTUTTO. DOPO. QUELLO. CHE. STA. PASSANDO > aggiunsi abbassando il tono.
< Cosa? Che sta passando? > mi chiese stranita.
< Non fare la finta tonta. Lo so che è per colpa di quel Pablo > mi ero arreso.
< Ah, adesso è tutto chiaro. Hai saputo che lei lo ha lasciato? Chi te lo ha detto, Roberta? > disse.
Roberta aveva lasciato Pablo? Ma perché? Prima aveva paura che potesse lasciarla e poi e lei a farlo?
< Cosa, e perché lo ha fatto? > domandai.
< Apri gli occhi amico mio! > rispose lei, uscendo con aria disinvolta.
Dovevo capire qualcosa, così presi la giacca e scesi in salotto. Roberta era seduta sul divano che giocava con i gemelli. Pallida in volto, le occhiaie sotto gli occhi … chissà da quando tempo non riusciva a dormire bene.
< Flor! > urlai, aspettando che si facesse viva.
< Floricienta essere impegnata in questo momento. Cosa volere pampino mio? > domandò Greta venendo in salotto dopo il mio urlo.
< Volevo solo avvertirla che sto uscendo > risposi, mi infilai la giacca e aprii la porta.
Greta protestò, ma io la ignorai.
< Tomas, piove a dirotto ti beccherai un raffreddore! > mi voltai e vidi Roberta, davanti la porta di casa, che mi urlava di tornare indietro. Mi voltai e tirai dritto, ignorandola.
 

Mi è indifferente
se piove, se c’è il sole,
se fa freddo o caldo.
 Mi è indifferente.

 
 
Una volta avevo sentito dire che Pablo lavorava in un chiosco di bibite, il problema era che non ricordavo quale.
Ero bagnato e fradicio e preso dallo sconforto andai verso il passaggio dei baci, almeno mi sarei potuto riparare al capannone.
Roberta era incinta e aveva lasciato Pablo. Perché? Questo lo dovevo ancora scoprire.
Arrivai ad un incrocio, la strada a destra portava al passaggio dei baci e quella di fronte a me… ad un tratto ricordai quando una mattina accompagnando i gemelli a scuola, Margarita urlò che da quella parte lavorava Pablo. Santa bambina, prima di tornare a casa le avrei comprato una lecca-lecca che a lei piacevano tanto.
Così tirai dritto.
La pioggia cadeva insistente, e grosse gocce mi bagnavano il viso. Chiusi gli occhi e provai a ad asciugarli con la mano, bagnata anche quella.
< Ehy Tomas! > il nemico mi stava chiamando. Era sempre stato il mio nemico, da quando aveva messo piede in casa mia qualche mese prima.
Mi voltai e lo salutai con la mano, ma non gli andai incontro. Doveva venire lui da me, doveva bagnarsi come stavo facendo io.
Infatti, dopo aver servito un cliente mi raggiunse. Indicandomi un albero lì vicino.
< Non è prudente ripararsi sotto un albero con un temporale del genere > lo ammonii.
Pablo sorrise beffardo.
< Come mai da queste parti? > mi domandò.
< Non sono qui per caso > dissi gelido.
Mi guardò un po’ stranito, come aveva fatto Dominique un’ora fa. Vedendo che non apriva bocca, rimediai.
< Perché Roberta ti ha lasciato? > domandai.
Pablo abbassò lo sguardo, rassegnato.
< Mi ha detto che ama un altro … > rispose tristemente.
Cosa voleva dire che amava un altro? Prima Pablo e poi voleva farmi soffrire con un altro?
< Cosa? E chi è? > urlai incredulo.
< Sai da quando ci siamo conosciuti mi ha sempre parlato di te … > continuò lui con il suo tono rassegnato.
< Che eri idiota lo sapevo, ma … aspetta, davvero parlava di me? > domandai.
Perché mi aveva detto quella cosa? I miei nervi saltraono, erano mesi che tentavo di tenerli a bada ma non potevo più reggere quella situazione. Erano mesi che soffrivo per lei, per colpa sua e non intendevo farlo ancora.
Un uomo, probabilmente il capo, chiamò Pablo e lui si scusò e corse via.
Mi buttai a terra, con la schiena poggiata all’albero e iniziai a piangere, ma le lacrime non si notavano perché si mischiavano con la pioggia. Flor mi aveva sempre detto che piangere non era sinonimo di debolezza, ma di coraggio; ci avevo sempre creduto, ma in quel momento mi accorsi che avevo sbagliato a farlo. Io non ero forte, ero debole. E non lo ero perché stavo piangendo, lo ero perché non avevo avuto il coraggio di dichiararmi a Roberta.
Ero un vigliacco, perché avevo sofferto tutti quei mesi quando potevo benissimo lottare per meritarmi il suo amore.
 

Mi è indifferente
restare o andare via.
Mi è indifferente
piangere o ridere.
Mi è indifferente
se tu non ci sei.
 

Una macchina si fermò sul marciapiede accanto, qualcuno mi correva incontro ma io ero sempre lì con le spalle poggiate al tronco, le ginocchia al petto e la testa nascosta tra le braccia. Era calata la luna.
< Tommy! > Flor mi raggiunse e mi abbracciò. Io la lasciai fare passivamente.
< Tommy > ripetè, quella che ormai era diventata da anni la mia mamma < tesoro, cosa ti succede? Sono mesi che sei strano. Freddo. Triste > continuò.
Forse era l’unica ad essersene accorta.
< Tutti ci siamo accorti di questo cambiamento > disse come si avesse letto nel pensiero.
Come non detto non era l’unica ad essersene accorta, pensai.
< Cosa ti succede? > domandò di nuovo, con un tono pieno d’amore.
 

Oggi tutto, tutto mi è indifferente.
 Tutto mi è indifferente se tu non ci sei.                                               

 

< Sto soffrendo, Flor > confidai.
Lei mi strinse più forte.
< Sai, Roberta ti sta aspettando a casa. Credo deve dirti qualcosa >
Mi divincolai e la guardai negli occhi, nei suoi occhi non c’era cattiveria, non c’era mai stata; ma perché mi stava parlando di Roberta?
 

Oggi tutto, tutto mi è indifferente.
Tutto mi è indifferente se tu non ci sei.  

 
< Tommy tu scotti, dobbiamo andare a casa… > disse ad un tratto.
< No, continua a parlarmi di lei. Tu sai cosa deve dirmi? > chiesi ignorandola.
Mi ricattò dicendo che se non salivo in macchina non mi avrebbe raccontato nulla, mi alzai e obbedii. Lei si sistemò nel sedile posteriore accanto a me.
< Circa mezz’ora fa è venuto Pablo a casa. Ci ha avvertiti del vostro incontro e ci ha chiesto di venirti a prendere, ha detto che stavi molto male. E devo dire che non aveva tutti i torti… guardati sei bagnato come un pulcino, scotti come una tazza di cioccolata calda, tremi come … > stava iniziando a divagare, Flor non era cambiata neanche una virgola da quando aveva messo piede in casa.
La lasciai alle sue osservazioni, certo che prima o poi sarebbe arrivata al dunque.
< Io non stavo origliando, ti ho sempre detto che non si fa, ma i muri sono sottili e ho sentito che Pablo e Roberta hanno parlato di questioni molto serie … in cui tu sei implicato > rivelò ad un tratto, appena in tempo perché eravamo arrivati davanti casa.
Flor mi aiutò ad entrare in casa, poi l’oblio.
 
 

(oggi tutto, tutto mi è indifferente)
Oggi tutto, tutto mi è indifferente
(piangere, ridere mi è indifferente)
Tutto mi è indifferente se tu non ci sei.
 

Mi risvegliai nel mio letto, Roberta occupava il letto di Martin sorrisi e mi riaddormentai.
Mi svegliai poco dopo e lei, questa volta, era accanto a me con un panino tra le mani e intenta a parlottare con Dominique.
< Finalmente posso mangiare senza problemi! > diceva allegra Roberta.
< Se solo avessimo saputo subito che i tuoi problemi erano solamente un’improvvisa intolleranza ad alcuni ingredienti presenti nel cibo, ti saresti evitata mesi di parziale digiuno > rispose allegra l’amica.
Roberta addentava il panino con voracità. Quindi non era incinta, era solamente intollerante. Quanto ero stato stupido.
< Nana, fammi dare un morso > esclamai mettendomi a sedere, improvvisamente la testa prese a girarmi e Roberta mi aiutò a poggiarmi sul cuscino che aveva alzato affinché potessi appoggiare la schiena.
 

Oggi tutto, tutto mi è indifferente
(se c’è il sole mi è indifferente).
Tutto mi è indifferente se tu non si sei. 

 
Roberta mi abbracciò commossa e Dominique la seguì, poi si staccò e andò ad avvisare gli altri.
< Sei stato un’idiota! > mi sussurrò Roberta.
< Approfittane adesso che sono malato > risposi lasciandola poggiata sulla mia spalla.
< Tommy, io … scusa > disse piano piano.
< Per l’idiota? > chiesi un po’ frastornato.
< No, per Pablo. E’ che stavo bene con lui ed ero convinta che se avessimo continuato, la nostra amicizia si sarebbe distrutta … invece è successo ugualmente > rivelò piangendo.
La zittii e presi a passarle una mano tra i capelli, poi quando avvicinò il volto al mio mi scostai.
Non doveva accadere in quel modo.
 

(piangere, ridere mi è indifferente)
Oggi tutto, tutto mi è indifferente
tutto mi è indifferente se tu non ci sei.
(se tu non ci sei mi è indifferente)    

 
Quando guarii completamente, iniziai a studiare aiutato da Dominique e da Roberta recuperai gli ultimi giorni di scuola persi e la mia amica si preparava – a malincuore – a tornare dai genitori; promettendo di tornare l’anno prossimo.
Stavamo facendo la cena di arrivederci per Dominique, quando annunciai che il giorno dopo io e Roberta saremmo andati a festeggiare. Lei rimase stupita e tentò in tutti i modi di farsi dire dove l’avrei portata, ma inutilmente.
Dominique, prima di andare a dormire per svegliarsi presto la mattina successiva e prendere il volo, mi preparò uno zaino con le cose di Roberta.
Preparai il pranzo, facendo attenzione a non utilizzare i cibi a cui si era scoperta intollerante e il mattino seguente chiesi a Roberta di raggiungermi in garage, dove ci attendeva l’autista di famiglia (ero riuscito ad averlo io quel giorno).
Il viaggio sembrò corto, lo passammo a ridere, ricordare, scherzare.
La portai in spiaggia e la gettai subito in mare, ci bagnammo come l’estate scorsa e proprio come quella volta ci baciammo …
< Accidenti, Roberta avevamo bevuto l’estate scorsa? > domandai.
< Non lo so, è come baciare Franco o Martin… insomma è come baciare un fratello! > disse.
La schizzai e lei fece altrettanto, finché finalmente riuscii a sussurrarle le parole che avevo sempre desiderato dedicarle: < ti amo! > e fui felice quando lei mi rispose che sentiva la stessa cosa.
 

Oggi tutto, tutto mi è indifferente.
Tutto mi è indifferente se tu non ci sei.

 

Vi sembra che questo lasci intendere un ‘vissero felici e contenti’?
Non vi siete mai sbagliati tanto in vita vostra.
In famiglia ci misero un po’ ad abituarsi al nostro legame,
soprattutto Flor, che qualche anno dopo pianse a dirotto per accompagnarmi all’altare.
Io e Roberta litighiamo spesso.
La vecchia casa Fritzenwalden ha dovuto accogliermi diverse volte dopo il matrimonio, e anche il divano di casa è diventato il mio migliore amico.
Con il tempo quella che era stata la mia compagna di giochi, diventò un po’ schizzinosa, tanto da non volere più il mio serpente, i miei ragni e la mia iguana in casa.
Per non farla vincere del tutto mi giustifico dicendo che un Pablo qualunque potrebbe attenderla in ogni angolo.
E lei, anche se adesso è ricoperta di rughe e ha i capelli bianchi, sorride con la stessa ilarità che aveva a otto anni.

 Angolo Saphira96 ~ Ecco conclusa questa storia che ho diviso in due parti, perchè l'ho reputata troppo lunga da racchiudere in un capitolo solo. Spero sia stata di vostro gradimento, a giudicare dalle recensioni - seppure poche fino adesso - che ho ricevuto è piaciuta, e non posso che esserne felice. Ho scritto su quasi tutti i fandom di cui io sono appassionata, ma mai su Floricienta, e allora è uscita fuori questa che ho scritto perchè ho sempre visto i piccoli Tomas e Roberta bene insieme. Ma nella serie erano troppo piccini! Volevo ricordare che le parole che dividono un periodo dall'altro, sono i versi della canzone 'me da igual' degli Erreway. L'ho tradotta da sola, senza l'aiuto di nessun traduttore, perciò mi scuso se trovate qualche errore.
Non è nel mio stile, ma vorrei invitare chi ha letto la storia ed è arrivato fin qui, a lasciare una recensione. Mi farebbe piacere sapere il vostro parere. Spero di tornare in questo fandom, perciò a presto!

Autrice ~ Saphira96

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