E kore koe e pakia e te ra i te awatea, e te marama ranei i te po. (Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte.)

di Eko1
(/viewuser.php?uid=195279)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** casa, dolce casa. ***
Capitolo 2: *** ti ucciderei con le mie mani ma sei troppo bello per farlo. ***
Capitolo 3: *** esere l'Alpha e dover rincorrere la gente in giro. ***
Capitolo 4: *** ...e fare da babysitter. ***
Capitolo 5: *** sogni poco opportuni in momenti ancor meno opportuni. ***
Capitolo 6: *** Incontri simpatici il primo giorno di scuola:bisogna sempre farsi nuovi amici! ***
Capitolo 7: *** l'inizio dei problemi, come se prima fosse tutto rose e fiori. ***
Capitolo 8: *** e il sogno realtà diverrà. umido come il sogno, direi. ***
Capitolo 9: *** nella tana del lupo ***
Capitolo 10: *** quando le cose sono troppo facili, non ti fidare mai. ***
Capitolo 11: *** noi non andiamo dal dottore, ma dal veterinario. ***
Capitolo 12: *** finalmente abbiamo un piano. forse. ***
Capitolo 13: *** e dai che si va al mare! ***
Capitolo 14: *** forse c'è qualcosa che avrei dovuto dirti...forse. ***
Capitolo 15: *** ...forse...più di qualcosa. ***
Capitolo 16: *** Koe taku, toku arohe ***
Capitolo 17: *** stare tranquilli un giorno non è possibile ***
Capitolo 18: *** le disgrazie non vengono mai da sole, come diceva mia nonna. ***
Capitolo 19: *** e come al solito finisce così. ***
Capitolo 20: *** Qualcuno deve pur prendere le decisioni difficili, che come al solito sembrano sempre sbagliate. ***
Capitolo 21: *** e poi le persone cambiano i piani così come vogliono loro, generando incazzature difficili da mandar giù ***
Capitolo 22: *** Partire è un po' morire...letteralmente. ***
Capitolo 23: *** (Wai) se avessi tra le mani mia sorella, la ammazzerei, lo giuro. ***
Capitolo 24: *** (Jenny) nel presente, quattro anni dopo, un casino dietro l'altro e qualcosa che manca. ***
Capitolo 25: *** una simpatica sorpresa, e io che sono ridotta ad un rottame. ***
Capitolo 26: *** io sto male e tu piagnucoli? non sei un licantropo, sei un fottuto chihuahua ***
Capitolo 27: *** mi sono innamorata di un cretino, e vorrei prendermi a schiaffi da sola. ***
Capitolo 28: *** telefonate alle cinque del mattino e licantropi dai desideri piuttosto assurdi. vivo in un mondo di idioti. ***
Capitolo 29: *** l'idiozia è contagiosa a quanto pare, e io me la sono presa nella forma peggiore di tutte ***
Capitolo 30: *** sto per mettermi seriamente a piangere. ***
Capitolo 31: *** avrei bisogno di rinforzi, non di branchi di lupi conciati come il soldato Ryan. ***
Capitolo 32: *** Perchè parlare quando si può risolvere tutto con una sana e simpatica scazzottata? ***
Capitolo 33: *** Il mio Half è furbo, furbissimo, mangia pane ed aquila la mattina a colazione! ***
Capitolo 34: *** Insomma, andiamo avanti così che va bene, mi dicevano. Io sono l'Alpha e nessuno mi ascolta mai. ***
Capitolo 35: *** that shit is fuckin' serious. stupidi Argent. ***
Capitolo 36: *** 427 giorni e ho le palle girate peggio di prima. ***



Capitolo 1
*** casa, dolce casa. ***


Guardai fuori dal finestrino, racimolando pensieri sparsi negli angoli della mia testa e misi il piede sul freno. Il cartello, illuminato dalla luce gialla e tremolante di un lampione, recitava “Welcome to Beacon Hills.” Non ricordavo quanti anni avevo passato lontana da questo posto, cercando di non tornarci, ma se anche fisicamente c'ero riuscita, questa città era indelebile nei miei pensieri. Mi grattai il triskele sul collo e svegliai Wairaki, che dormiva sul sedile accanto al mio.

“Siamo già arrivati?” domandò sbadigliando e togliendosi le cuffiette, da cui si sentiva musica rap ad alto volume. You know what you want, what you want, and you'll never come back...

“Si Wai, impostami il navigatore così possiamo trovare la casa.” Lui prese il tomtom e lo accese. L'abitacolo della macchina si illuminò, la luce fece risaltare la pelle olivastra e i capelli neri di mio fratello. Gli accarezzai la cresta che aveva sulla testa, senza mai distogliere gli occhi dalla strada.

“Colline di pancetta?” Mormorò lui, divertito. Schiacciò un altro paio di tasti del navigatore, ridacchiando. Gli diedi un buffetto sul collo.

“Beacon Hills, non Bacon Hills, scemo.” Lui alzò le spalle. Il buffetto non lo aveva minimamente sfiorato. Mi diede di rimando un pugno sulla spalla destra. Io tenni appena più stretto il volante, ma il colpo quasi non lo sentii. Risi e lui rise con me

“Gira a destra, poi alla fine della strada giri a sinistra...dovrebbe essere quella bianca, laggiù.” Mi fermai davanti al garage di una bifamiliare bianca con gli infissi verdi, dopo aver percorso una breve salita. Spensi la macchina ed uscii, smaniosa di sgranchirmi le gambe dopo quasi otto ore di macchina. Accarezzai il cofano del mio hammer, coperto da un leggero strato di sabbia.

“Che schifo,devo lavare la macchina di nuovo...” Wairaki mi lanciò il borsone da viaggio che aveva tolto dal bagagliaio, e tirò fuori le chiavi di casa dalla tasca dei jeans.

“Ce l'abbiamo fatta, finalmente.” Sbuffai, seguendolo verso la porta di casa. Dalla casa accanto, una monofamiliare, arrivava una voce femminile. Sembrava stanca, ma non alterata. Solo stanca. Mi accorsi che non stava urlando, anzi, stava parlando al telefono.

“Dovresti smetterla di origliare le conversazioni altrui, sai? Fai tanto la capa, quella retta, tutta d'un pezzo e poi ascolti le conversazioni nelle case degli altri? Chissà cosa diranno gli altri quando glielo dirò...” Appoggiai il borsone sul parquet e fissai mio fratello, che aveva appena finito di parlare.

“Wai, non devi sempre sfottere in questa maniera. Sono in un momento delicato della mia vita, se fosse per me non sarei mai tornata qui. Lo sai tu e lo sanno anche gli altri.” Mi frugai nella tasca del giubbotto, tirando poi fuori un pacchetto morbido di Lucky Strike e uno zippo.

“Ma quello è il mio zippo?” Mio fratello si sedette vicino a me,sulle scale, dandomi un colpo d'anca

per farmi spostare. Glielo mostrai. Lui osservò serio il disegno del lupo bianco impresso sul metallo, poi mi rubò una sigaretta dal pacchetto. Gliela accesi, dopo aver acceso anche la mia.

“Dovresti farti la tinta, Tona.” mi disse toccandomi la testa. Per tutta risposta mi alzai e andai ad aprire il portone di casa.

“Sto un po' qui fuori, ho bisogno di pensare...di stare...di fare...” Lui mi fece un cenno con il capo. Aveva capito. Chiusi la porta dietro di me e mi sedetti di nuovo sul gradino. La donna continuava a parlare al telefono con un ragazzo, probabilmente suo figlio. Sentivo la preoccupazione salire dentro di lei ad ondate, il battito del suo cuore accelerare e rallentare a seconda delle risposte che lui le dava.

“Scott per favore, stai attento...sai che non mi va che bighelloni in giro per la città di notte, da solo...” potevo quasi vedere le mani della donna stringersi alla cornetta.

“Mamma, stai tranquilla, c'è Stiles con me...” Dopo un altro paio di battute, chiusero la chiamata.

La voce del ragazzo mi suonava familiare, ma ero certa di non averla mai sentita. Eppure poteva essere..

Scacciai quel pensiero con un gesto della mano. Ero a Beacon Hills da nemmeno un'ora e già cominciavo a stare male. Notai dei movimenti sul vialetto della casa della donna e mi sporsi per dare un'occhiata. Un ragazzo riccioluto, dai capelli scuri, stava prendendo qualcosa dal garage. Annusai l'aria e sentii un formicolio al cuoio capelluto. Quello era odore di lupo, senza alcun dubbio. Wairaki spalancò la porta dietro di me, uscendo sul vialetto come una furia. Mi alzai e gli misi una mano sul petto.

“Buono, cucciolo beta. Buono.” mormorai, guardando verso il ragazzo. Era girato verso di noi e ci fissava con la stessa curiosità e diffidenza con cui lo fissavo io. Wairaki invece, scalpitava. Alzai una mano, come per salutare quello che poteva essere Scott. Ma se era veramente Scott, perchè chiamare sua madre al cellulare? Lui non rispose al saluto, anzi, da come gli batteva il cuore sembrava piuttosto terrorizzato. Non sono così brutta da essere spaventosa, lo giuro. Sentii un altro cuore avvicinarsi a velocità ben superiore a quella che avrebbe potuto raggiungere un essere vivente, e infatti poco dopo una macchina nera si fermò davanti alla casa della nostra vicina. Mi concentrai di nuovo sul cuore. Conoscevo quel battito. Ne conoscevo ogni più piccola sfumatura, conoscevo come si amalgamava al suono del respiro, dando vita ad uno strano tempo asincrono. Conoscevo quell'odore maschile, muschiato. La mustang cancellò qualsiasi, purtroppo inesistente, mio dubbio. Il ragazzo salì in macchina, e il guidatore non partì subito sgommando, ma venne verso di noi, lentamente. Si fermò davanti al nostro vialetto e spense il motore. Io ricominciai a respirare, piano. Non mi ero accorta che non avevo respirato da quando avevo sentito quel cuore battere. Spinsi Wairaki dietro di me, ammonendolo con un ringhio. La sigaretta ormai era completamente consumata, e io gettai via il filtro, che finì rotolando sotto la mia macchina. Feci scricchiolare le nocche e mi tolsi il giubbotto. La portiera della mustang si aprì e si chiuse, una figura vestita di scuro stava percorrendo il nostro vialetto, con passo molto meno sicuro di quanto pensassi.

Wairaki ringhiò alla figura, che rallentò il passo.

“Wai, stai fermo. E buono. Non costringermi ad incazzarmi.” lo ammonii per l'ultima volta.

La figura si fermò a pochi passi da me. Ormai il mio cuore non aveva più un battito, era come un assolo di batteria in doppio pedale di un concerto trash metal, ma fui rassicurata dal fatto che il suo non fosse da meno.

“Vieni avanti.”Non mi mossi, ma deglutii un paio di volte. La voce era più graffiante di come me la ricordavo, ma conteneva gli stessi armonici, lo stesso timbro di sei anni prima.

“Casa mia, ospite tu, vieni avanti . Fatti vedere in faccia.” Era una messinscena inutile ma necessaria. Il triskele mi stava scavando un solco bruciante nella schiena. L'uomo fece un passo avanti. Per un momento dimenticai mio fratello, Beacon Hills,gli occhi che mi bruciavano dopo otto ore di viaggio, il mio branco, la mia casa, la mia famiglia. Davanti a me, c'era il volto che non mi aveva mai abbandonata, che mi aveva perseguitata, distrutta. Davanti a me c'era l'uomo che mi aveva costretta ad andarmene da Beacon Hills, dalla mia vita di prima, per ricominciarla dall'altro capo del mondo. Davanti a me, illuminato dal lampione, con gli occhi spalancati e colmi di stupore, c'era Derek.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** ti ucciderei con le mie mani ma sei troppo bello per farlo. ***


Frenai l'impulso di saltargli al collo e azzannarlo. Fermai l'istinto di correre tra le sue braccia piangendo. Domai la voglia di sbatterlo sul vialetto e togliergli i vestiti con i denti. Quindi rimasi ferma a fissarlo, mentre rabbia, odio, disperazione, amore, tristezza mi assalivano ad ondate. Lo guardai, concentrandomi sul battito del suo cuore, che stava galoppando come un cavallo impazzito. La portiera della mustang si aprì di nuovo e ne uscì il ragazzo riccioluto che avevo visto salire poco prima. E si affrettò a raggiungere l'uomo che avevo davanti quando si sentì chiamare. Allora era proprio lui Scott.

“Credevo che fossi morta.” mi apostrofò Derek. Nonostante cercasse di mantenere un contegno, sapevo bene cosa si nascondesse sotto la sua maschera. Io almeno avevo avuto il tempo di prepararmi a quell'incontro, anche se non sapevo che sarebbe avvenuto così presto, lui no. Era completamente indifeso e inerme.

“E invece sono viva. Che sfiga, eh?” esclamai in risposta. Dietro di me Wairaki ringhiò. Proprio il miglior benvenuto che questa cazzo di città potesse darmi.

“Cosa ci fai qui?” Mi chiese Derek. Mio fratello continuò a ringhiare, in un brontolìo sordo e rabbioso. Feci un passo indietro e lo toccai sul petto, intimandogli di tacere. Dietro a Derek, anche Scott emise un ringhio. Prima che potessi rispondere alla domanda, sentii uno spostamento d'aria dietro di me. Un secondo dopo, Wairaki e Scott erano l'uno davanti all'altro, completamente trasformati. Scott un lupo marrone, slanciato e magro, mio fratello più corpulento e rossiccio, con una striscia di pelo argenteo che gli solcava la schiena. Mi montò la rabbia. Mio fratello doveva darsi una regolata prima di cominciare a fare il bulletto in un territorio che non era il suo. Ringhiai e corsi in avanti, azzannando Wairaki alla spalla. Lui ululò. Un ottimo modo per presentarci al vicinato, veramente. Ringhiando lo trascinai lontano da Scott, che era stato agguantato da Derek. Sbattei mio fratello contro la porta di casa, tornando umana.

“Cosa cazzo stai facendo, imbecille! Vai dentro casa e non uscire finchè non ho finito! E non te lo chiedo come sorella, te lo ordino come Alpha, se non lo fai giuro che stavolta ti ammazzo!” Urlai, e lui fulmineo si dileguò dentro casa, spargendo gocce di sangue scuro nell'ingresso. Alcune finestre delle case vicine si illuminarono,tanto per complicare la situazione. Derek tornò verso di me lungo il vialetto, evidentemente aveva buttato Scott in macchina. Invece di fermarsi a pochi passi da me, mi si avvicinò quasi fino a sfiorarmi.

“Cosa ci fai qui?” ripetè.era tornata la sua voce, senza tremolii e senza sorpresa, una voce profonda, dura, da chi è abituato a comandare e a cui non piace sentirsi dire no.

“Non sono affari tuoi, Derek. Non sono tornata per te, se proprio vuoi saperlo. Il mio branco sta venendo qui, abbiamo delle cose da risolvere in questo posto. Non sarei mai tornata, mai, per niente al mondo.” Lui agrottò le sopracciglia nere, fissandomi negli occhi. Irrigidì la mascella, ma con me tutti i suoi trucchi per intimidire non funzionavano. Lo conoscevo troppo bene, e lui conosceva troppo bene me. Eravamo in perfetto e totale equilibrio.Il suo odore mi confondeva, i suoi occhi mi facevano girare la testa. Tona, in sei anni di lontananza non sei cresciuta nemmeno un po', mi dissi. E sopratutto mi chiesi se per lui fosse lo stesso. Ma come faceva ad essere così ottuso da non capire? Mi spostai da lui, di netto. La rabbia cominciava a montarmi di nuovo dentro, e non volevo che mi vedesse come una lupa più di quanto avesse già visto.

“Derek, non dirmi che non lo sai. Non dirmi che non l'hai mai saputo, che non ti è mai passato per la testa nemmeno un minimo motivo per cui me ne sono andata per sette anni. Sette anni lontano da qui, sette anni lontano da...”Mi interruppi e feci un respiro profondo, per dissimulare quello che mi era venuto da dire “..da tutto questo. La Argent mi dava la caccia. Hai presente la tipa bionda, Kate no?” faccio un sorriso amaro, pieno di odio e di rimpianto”si...fin troppo bene. Non interrompermi” alzo una mano, visto che ha aperto bocca per parlare “Pensavi che non lo sapessi, Derek? Pensavi che fossi così stupida da non saperlo? E non provare a rispondermi!” urlai. Almeno questa sembrava una normale lite tra fidanzati, niente che potesse far preoccupare i vicini.

“Mi ha dato la caccia, Derek. Sono stata costretta ad emigrare dall'altra parte del fottuto globo per colpa sua.” Sospirai e mi sedetti sul gradino di casa, accendendomi la terza sigaretta della serata. Dalla macchina vedevo il volto di Scott illuminato dallo schermo del cellulare.

“Pensavo fossi morta nell'incendio.” mormorò Derek. Io alzai il viso per guardarlo. Avevo voglia di stringerlo a me, di dirgli che non importava. Ma importava, eccome se importava.

“Invece sono qui. Mentre casa Hale bruciava, Derek, io stavo già scappando. E gli scagnozzi di quella troia avevano già provveduto a far sparire tutta la mia, di famiglia. Uno dopo l'altro. I miei, a New York. Mia nonna, qui. I miei zii, i miei parenti. Tutti. Ma tu avevi fatto la tua scelta , evidentemente le scopate che ti dava lei erano molto migliori dell'amore che potevo darti io.”

Buttai fuori il fumo dal naso e mi alzai. La faccia di Derek era granitica, sembrava quasi non respirasse. Avevo buttato fuori gran parte del rancore e dell'odio che mi ero portata dietro per sette anni. Ma di sicuro non era abbastanza. Non sarebbe mai stato abbastanza.

“ Ho ucciso mio zio Peter. Sono diventato il nuovo Alpha.” sembrava non riuscisse a collegare il fatto che fossi di nuovo al mondo, a Beacon Hills, a un metro da lui. Avrei voluto dargli una risposta tagliente, ma conoscevo i miei limiti e anche i suoi. Dietro quella faccia da duro, dietro quell'atteggiamento scontroso e violento, si nascondeva un Derek che era mio e che lo sarebbe sempre stato.

“Sali in macchina.” mi intimò. Lo guardai ridacchiando e spensi la sigaretta sotto la scarpa.

“Non ci penso nemmeno. Ho già parlato troppo, ti ho già parlato troppo.” Quasi non lo vidi quando mi placcò, mozzandomi il respiro. Mi caricò su una spalla, mentre lo riempivo di pugni e di morsi.

“Mollami, deficiente! Ti ammazzo Derek, questa è la volta che ti faccio diventare un fottuto cane da compagnia!” Non volevo trasformarmi. Volevo vedere cosa avrebbe fatto e in fondo la gioia che mi dava avere di nuovo un contatto con lui era profonda e istintiva.. Sapevamo entrambi che prima o poi ci saremmo dovuti scontrare, avremmo dovuto combattere e forse morire. Ma non lì, non quella sera. Lui aprì la portiera del sedile del passeggero e prese Scott per una spalla.

“Tu stai qui. Di al lupo di farti entrare. Spiegagli la situazione. Fai qualcosa. Chiama gli altri. Ma non chiamarmi per nessun motivo al mondo..” gli ordinò, ignorando le mie urla e le mie minacce. Scott sgranò gli occhi ma non osò fiatare. Avrei voluto dirgli come far sì che Derek la smettesse di essere così stronzo, ma in quel momento mi sentii sollevare e finii seduta sul sedile in pelle della mustang. Me ne sarei potuta andare, avrei potuto uccidere lui e quel patetico beta con la faccia da scemo che mi guardava. Ma non lo feci. Derek si sedette al posto del guidatore e accese la mustang.

“Vaffanculo Derek. Veramente. Giuro, se succede qualcosa a Wairaki ucciderò ogni singolo abitante di questo schifo di posto, compresi tu e quell'altro.” puntai i piedi sul cruscotto, affondando nel sedile.

“Siamo in quattro.” replicò lui, cambiando marcia. “Io e tre beta. E due ragazze. Ma loro non sono del branco.” rimase in quinta per quasi un quarto d'ora, il tachimetro segnava i centottanta. Io mi ero rinchiusa nel silenzio, guardando il paesaggio collinare in cui era immersa Beacon Hills.

“Cosa vuoi fare adesso che mi sono lasciata rapire come una ragazzina Derek? Hai intenzione di portarmi in qualche posto romantico per farmi provare i brividi dei vecchi tempi?” diedi un calcio frustrato al cruscotto della macchina e partì l'airbag. Derek si fece sfuggire uno sbuffo divertito.

“No. In realtà non so dove stiamo andando. Volevo solo che smettessi di urlare.” Tutto questo non aveva senso. Avevo bisogno di starmene da sola, di ambientarmi in un posto che era stato mio, e invece mi ritrovo in macchina con l'unica persona che non avrei voluto vedere mai più.

Tiro fuori lo zippo dalla tasca dei pantaloni e mi accendo l'ennesima sigaretta.

“Non puoi fumare in macchina.” Sta rallentando, il semaforo in fondo alla strada è giallo.

“Puoi anche andare a farti fottere, lo sai?” Gli butto il fumo in faccia “Sono esausta. O mi porti a casa o ci torno da sola. Non ho voglia di vederti. Non ho voglia di sentire la tua voce. Non ho voglia di starti vicino. Noi non abbiamo più niente che ci leghi, Derek. Portami a casa.” La macchina è ferma al semaforo. Velocissimo Derek mi tocca la schiena, il punto dove ho tatuato il triskele.

“Perchè questo non è niente vero?” Ringhiò. Il tatuaggio cominciò a scottare, a bruciarmi la pelle. Prese la mia mano e se la portò tra le scapole. La sua schiena era bollente. “Questo è quello che ci unisce.”Con una sgommata fece inversione e ricominciò a correre, più veloce di prima in direzione di casa mia. Nessuno dei due parlò, mentre la macchina sfrecciava sull'asfalto asciutto. Oltrepassammo una macchina della polizia, che però non si mosse e ,poco più avanti, ci trovammo davanti una scassata jeep verde-blu. Derek l'affiancò e tirò giù il finestrino. Il ragazzo dentro la jeep ebbe un moto di sorpresa ma si affrettò a tirare giù il suo. La mia sorpresa fu troppa.

“Stiles?” esclamai, mentre lui rimase interdetto. “Stiles Stilinski?” Derek mi mise un braccio davanti e mi buttò indietro sul sedile. Io glielo morsi. Mi ignorò.

“Tu. E tu.” disse, rivolgendosi al ragazzo castano chiaro accanto a Stiles “ muovete il culo e seguitemi.” chiuse il finestrino, mentre Stiles accelerava per starci dietro. Derek mi rivolse uno sguardo interrogativo.

“Ero la sua babysitter quando era piccolo. Sai Derek non tutti hanno una famiglia ricca come la tua., io dovevo mantenermi.” sbottai. Non gli rivolsi più la parola fino a quando non si fermò davanti a casa mia. Aprii la portiera, mentre la jeep mi illuminava con i fari. Derek scese dall'auto e così fecero anche i due ragazzi. Stava per seguirmi, ma lo fermai.

“No. Te l'ho già detto prima. Non voglio più vederti, Derek. E sono seria. Non voglio vederti, o sentirti, o ascoltarti, o qualsiasi altra cosa. Io e il mio branco dobbiamo risolvere una faccenda, e poi ce ne andremo. Per sempre.”mi voltai verso la porta di casa e percorsi il vialetto a passi lunghi e sicuri. Scavalcai Scott che dormiva come un cane sullo zerbino e bussai. Wairaki mi aprì immediatamente, ringhiando alle tre figure in piedi sul marciapiede.Non si trattenne nello svegliare Scott con un calcio, richiudendo immediatamente la porta. Sorrisi quando fischiettò, fintamente innocente.

“Sei un vigliacco, Wai.”mormorai. Cominciavo a crollare. Lui mi guardò.

“No, sei tu la vigliacca. Vieni qui.” aprì le braccia e io mi ci buttai dentro. Stavo paingendo. Per la prima volta, dopo sette anni, stavo piangendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** esere l'Alpha e dover rincorrere la gente in giro. ***


Battei le palpebre un paio di volte e mi misi una mano sugli occhi, per proteggerli dal sole che entrava prepotente dalla finestra. Non avevo assolutamente voglia di alzarmi ma sentii un vociare concitato e festoso che si propagava per tutta la casa. Dei passi sulle scale e la porta della stanza si spalancò, rivelando una figura piccola e magra. La voce della bambina mi distrusse i timpani.

“Mamma mamma c'è zia! Zia è qui!” urlò lei nella tromba delle scale “ciao ciao zia! Ci vediamo dopo!” gridò, rivolta a me.

“Nyree, mi chiami lo zio per piacere?” Gridai. Lei tornò ad affacciarsi nella mia stanza.

“Certo zia! Zio?Zio?Zia ti vuole!” Sentii mio fratello che rideva, poi di nuovo i passi sulle scale. Aprii gli occhi e vidi Wairaki accarezzare la testa della bambina e dirle di non correre, per poi entrare nella mia stanza e chiudere la porta.

“Come ti senti?” mormorò, sedendosi sul letto. Aveva una ruga di preoccupazione sulla fronte.

“Come una che ha visto l'unico uomo che lei abbia mai amato veramente scoparsi un' altra, che ha visto la sua famiglia distrutta e la sua vita cancellata, che ha visto tutti coloro che amava morire sotto le pallottole o nel fuoco, che è finita in Nuova Zelanda e che ora è tornata nel posto dove è cominciato tutto e la prima persona che incontra è il sopracitato uomo. Voglio un caffè.” Snocciolai tutto il discorso nel giro di pochi secondi, alzandomi subito dopo “Wai, le mie sigarette?” Lui me le lanciò, io afferrai il pacchetto con la destra e l'accendino con la sinistra. Feci una lunga boccata e aprii la finestra. Dietro casa nostra c'era una collina scoscesa, coperta di verde e da un bosco rado.

“Sono arrivati tutti?” chiesi, frugando nel borsone. Wairaki annuì, distratto. Io tirai fuori una maglia nera e un paio di jeans scuri. Mi legai i capelli e andai in bagno con i vestiti. Mezz'ora dopo venivo accolta con gioia dal mio branco, che aspettava chiacchierando attorno al tavolo in giardino.

“Caffè?” mi chiese Reka “Nyree, non correre!” gridò, rivolta alla bambina, che si rabbuiò per un momento, poi caracollò dal padre, che la prese in braccio. Io annuii a Reka e mi sedetti sulla prima sedia libera, bianca e stondata.

“Vi piace la casa?”Chiesi, mentre bevevo il mio mezzo litro mattutino di caffè nero bollente. Tutti annuirono entusiasti, anche i tre bambini. C'era un giardino grande abbastanza per farli giocare e piccolo abbastanza per tenerli d'occhio. Mi guardai intorno. Più che un branco, potevo ormai considerarla una famiglia.

“Ma..dov'è Hare?” gli altri alzarono le spalle e qualcuno borbottò. Sbattei la tazza sul tavolo.

“Ho chiesto dov'è Hare.” non avevo voglia di esercitare la mia autorità da appena sveglia, ma evidentemente era necessario.

“Hare è andato a fare un giro, ha detto...gli abbiamo detto che saresti stata contraria ma l'ha fatto lo stesso..” Mi alzai, rovesciando la tazza di caffè e la sedia.

“Cazzo. Scusa Reka” mi scusai. Lei odiava che si dicessero le parolacce davanti ai bambini “Wai, vieni con me.” fulmineo, mio fratello si alzò e mi raggiunse “dobbiamo trovarlo. Se lo trova Derek..” mormorai. Lui alzò le sopracciglia, sorpreso, poi si passò una mano sulla testa.

“Vuoi dire che nessuno sa...di Derek?” Scossi la testa, mentre uscivamo dalla porta di casa.

“Nessuno, solo tu e non sai nemmeno tutto. Ti racconterò, non ora e non qui. Monta in macchina.”

Salimmo e io accesi il motore dell' hammer. Wairaki sbuffò.

“Quand'è che potrò guidarlo anch'io?” mi guardò come fanno i cuccioli quando vogliono qualcosa.

“Mai.”gli risposi “questa è la mia macchina, comprata con il sangue e il sudore. Tu vai a scuola, fatti la patente e poi forse ti prendo una bicicletta.” lui incrociò le braccia, per nulla divertito. Passammo per il centro di Beacon Hills e io maledissi me e le mie manie di protagonismo. Un hammer in una cittadina di provincia di duemila abitanti sicuramente non si farà notare.

“Quando lo troviamo dobbiamo andare anche a fare la spesa, Tona. Non c'è niente da mangia...”

“Stai zitto e cercalo!” Sbottai. Tirai giù i finestrini e cominciai a scrutare le persone. Hare non sarebbe stato difficile da individuare. “Cazzo, avere ventisette anni e comportarsi come uno di dodici...”mi morsi l'interno di una guancia. Annusai l'aria, in cerca del suo odore. Mi trovai a cercare quello di Derek, il mio odore gemello. Il mio profumo preferito tra tutti gli odori della terra e dell'aria. Sentii Hare distintamente solo quando uscimmo dal centro della città. Proveniva dal bosco, da un posto che io conoscevo quasi troppo bene, talmente bene che se chiudevo gli occhi potevo vedere ogni angolo di quella casa come se l'avessi avuta davanti.

“L'ho sentito, di là. Di là!” Esclamo mio fratello, muovendosi sul sedile. Senza mia alcuna sorpresa, imboccammo il sentiero che portava alla vecchia casa degli Hale. Mi fermai sullo spiazzo coperto di erbacce, a pochi metri dalla porta d'ingresso. Scesi e deglutii. La casa era bruciata, ne rimanevano in piedi solo alcune parti. La stanza di Derek era andata distrutta, quella che chiamavamo la nostra stanza era bruciata per colpa di una puttana cacciatrice e piromane. Il nostro amore aveva fatto la stessa fine.Vidi la grossa auto di Hare parcheggiata poco lontano. Misi le mani a coppa e gridai il nome del mio compagno. Wairaki invece fece scricchiolare le nocche e il collo e saltellò un paio di volte sul posto.

“Non dovremo combattere nessuno, Wai. Siamo qui per cercare Hare e basta. Nessuno combatterà, nessuno si farà male e nessuno sanguinerà sul tappeto nuovo di Reka. Capito?” Gli diedi una spintarella scherzosa, ma lui per tutta risposta ringhiò. Mi voltai e vidi Derek, Stiles, Scott e l' altro ragazzo castano sbucare dal retro della casa.

“Non pensavo fossero così vicini.” mormorai a Wairaki “Stai fermo Wai. Me la cavo io.” lui si appoggiò al cofano della macchina, limitandosi a ringhiare.

Camminai verso di loro, guardando dritto in faccia Derek. Avevo lo stomaco stretto in una morsa e il cuore che non sapeva più quale fosse il suo posto.

“Cosa ci fai qui.” Sembrava più nervoso del giorno prima. Il ragazzo castano mi ringhiò contro, io gli risi in faccia. Derek gli intimò di stare fermo, sapeva cosa sarebbe capitato al suo beta se mi fossi incazzata.

“Cucciolo beta, stai al tuo posto. I grandi devono parlare, torna a giocare con le lucertole.” sibilai “A proposito,non ci siamo ancora presentati. Io sono Tona e quel ragazzo laggiù è Wairaki, mio fratello.”Derek scosse la testa, confuso. I suoi beta si limitarono a fissarmi, tranne Stiles che accennò un saluto. Io lo salutai cordialmente con la mano.

“Ciao Stiles, ti ricordi di me? Ero la tua babysitter!” gli altri due beta risero.

“Oh state zitti, sopratutto tu Jackson, ti sei fatto vestire da tua madre fino a due anni fa!” Sorrisi anche io. Aveva sempre avuto questo carattere, sin da bambino. Derek non aveva mosso un muscolo “Cosa ci fai qui.” Ripetè. Per la seconda volta mi limitai ad ignorarlo, perchè vidi spuntare Hare dal bosco. Mi correva incontro, le braccia aperte. Io superai Derek e il suo branco, buttandomi tra le braccia del mio uomo. Lui mi sollevò ridendo e mi baciò. Il mio cuore batteva come sempre, ma anche tutto l'amore che provavo per Hare non poteva minimamente competere con quello che provavo per Derek. Quello per Hare era un amore maturo, dettato dalla consapevolezza di quanto fosse necessario avere un compagno forte, giovane e sano. Quello per Derek era istintivo, distruttivo, tremendo. Ma sapevo che accanto a lui non avrei potuto temere nulla se non noi stessi. Ma Hare mi dava stabilità necessaria per guidare un branco così numeroso. E poi era bello, con i capelli biondi e gli occhi scuri.

“Mi aspettavo di vederti in veste da cameriere che mi portavi la colazione a letto. Non puoi girare per territori che non conosci senza il mio permesso, Hare.”gli dissi, seria.

“Va bene Tona, non lo farò più. Ma tu fatti baciare.” Risi e mentre lo baciavo guardai di sfuggita Derek. Lo vedevo dai suoi occhi, non avrebbe avuto pace finchè Hare non fosse morto. Distolsi lo sguardo da lui e mi concentrai sul mio uomo, che nel frattempo mi aveva messa a terra. Gli sorrisi e gli feci una carezza.

“Ciao Hare!” urlò mio fratello dalla macchina “tutto bene?” Hare annuì e lo salutò di rimando.

Poi si accorse di Derek e del suo branco. Ringhiò. Un ringhio cupo, terribile, che non gli avevo mai sentito fare. Derek non se lo fece ripetere due volte. I suoi beta neppure. Wairaki balzò sopra di loro con un salto degno del suo nome e si posizionò davanti a me, le braccia aperte e un ghigno terribile in faccia. Lo tirai per il cappuccio della felpa, facendolo indietreggiare.

“Veramente, noi volevamo solo cercare lui.”indicai Hare, che non smetteva di ringhiare “ adesso che l'abbiamo trovato, ce ne andiamo. Non occorre che vi scazzottiate come bambini per nulla. Risparmiate le forze voi due” mi rivolsi a mio fratello e ad Hare “ne avremo bisogno.” Presi per mano il mio uomo e per il cappuccio Wairaki, trascinandoli via con me.

“Tona, vado con Hare io!” vidi mio fratello sparire nell'abitacolo della grossa wrangler di Hare “andiamo anche a fare la spesa!” urlò mentre la jeep girava e spariva lungo il vialetto. Io mi frugai in tasca, cercando le chiavi dell'hammer. Niente. Aprii la portiera e guardai sul sedile, sotto al tappetino, nel cassetto del lettore cd, ma niente. Mi rialzai e sentii un respiro sul collo. Derek mi circondò le spalle con un braccio, e fece ondeggiare le chiavi davanti a me.

“Cercavi queste, penso.” cercai di togliergliele di mano, ma fu più veloce di me. Gli diedi una gomitata e mi divincolai dalla sua presa. Cercai gli altri beta, convinta che mi avrebbero attaccata in quattro. Avevo buone probabilità di vincere, ma sarebbe stato meglio non rischiare. Non li vidi, e i loro odori erano troppo lontani per essere un pericolo. Correvano, questi cuccioli.

“Siamo solo noi due...Jenny.” mi disse. “Ti fai chiamare Tona adesso?” Scossi la testa, sorridendo amara.

“Te lo giuro, è un discorso molto più complicato del semplice cambio di nome.”sbottai.

“Hai cambiato nome, hai cambiato vita, sei cambiata. Ma una cosa resterà intatta e tu lo sai. Puoi baciarti quel tipo quanto vuoi, puoi convincerti di amarlo quanto vuoi, puoi farci sesso in tutte le posizioni che vuoi, ma lo sai che io e te siamo legati, Jenny.” Non risposi,mi limitai a guardare gli aghi di pino intorno alle mie scarpe. Alzai di nuovo la testa e lo guardai negli occhi, in quegli abissi blu in cui solo io sarei riuscita a nuotare senza perdermi.

“Siamo legati dici? E allora se siamo così legati avresti dovuto sentire che ero viva. Io l'ho fatto, anche dall'altra parte del mondo sapevo che eri in vita. E quando ho visto il triskele che si allargava,

ho capito che eri diventato Alpha.Non ti sei nemmeno mai preoccupato che io esistessi o no, assorbito dalla tua vendetta, assorbito dal tuo odio. Io cosa avrei dovuto fare, me lo spieghi? Sono tornata qui con una vita completamente nuova, perchè mi avevi dimenticata. Mi sono rifatta una vita, e tu ti sei fatto la tua, a quanto pare. Quindi cosa vuoi da me ancora?” tremavo dall'emozione. Mi ero ripromessa di non dirgli più niente, di non incontrarlo più. Invece me lo trovavo davanti continuamente, come un fantasma. Ma che fantasma. Potevo mentire a chiunque, ma non potevo mentire a me stessa. Derek continuava a fissarmi, impassibile. Si allontanò di alcuni passi, camminando all'indietro.

“Combatti. Che tu ti chiami Tona, Jenny, o con qualsiasi altro nome. Combatti. Se vinci tu, non mi vedrai mai più.” disse, preparandosi alla battaglia.

“E se vinci tu?” domandai, allontanandomi dalla macchina. Sentivo tutta la rabbia di quei sette anni fluirmi nelle vene come un veleno, inarrestabile ed enorme.

“Se vinco io...vedrai.” Ringhiò, poi si trasformò. Gli occhi rossi ed il mantello nerissimo. Si preparò ad attaccare, così mi trasformai anch'io. Sentii i muscoli allungarsi, il viso distorcersi, gli occhi, le orecchie, la bocca che cambiavano posizione. I sensi amplificati e la rabbia, una rabbia incontrollabile che muoveva ogni muscolo del mio corpo, trasfigurato in lupo. Avevamo gli stessi occhi, rossi come il fuoco, ma il mio mantello era bianco come la luce della luna sull'acqua, come la neve appena scesa. Lo attaccai al fianco destro, ma lui scartò a sinistra, cercando di mordermi il collo. Mi scansai per un soffio, e tornammo al punto di partenza. L'una davanti all'altro, come quando eravamo bambini e giocavamo su quello stesso prato, solo che adesso non c'era più la gioia del gioco ad animare le nostre azioni. Non sapevamo cosa ci costringesse a farlo, ma qualsiasi cosa fosse, dovevamo farlo e basta.. Attaccò lui ed io saltai indietro, finendo contro l'hammer. Merda. Fui troppo lenta a scansarmi, lo vidi chiudere le mascelle sulla mia spalla, ma lui serrò le mascelle ad un soffio da me. Rimasi interdetta. Aveva attaccato per ferire, eppure non era riuscito nemmeno a toccarmi. Mi ripresi e gli sferrai una zampata, dritta al muso. Non riuscii a colpirlo, sebbene volessi farlo con tutta me stessa. Mi fermai a pochi millimetri dal suo muso. Non ero io che mi ero fermata, semplicemente la mia zampa non voleva sfiorarlo. Derek indietreggiò quasi fino alla porta della sua vecchia casa. Io scattai. Era in trappola nel patio, anche se avrebbe potuto benissimo distruggere la piccola staccionata in legno, non ci pensai. Saltai più in alto che potevo per atterrargli addosso, ma deviai e finii contro la porta con la testa. La porta cedette sotto il mio peso, e Derek fulmineo mi fu sopra. Ero scoperta, sulla schiena, e Derek che mi fissava ansimando. Feci forza sui posteriori e me lo scrollai di dosso. Continuammo così per ore, fino a perdere la cognizione del tempo,distruggendo quel poco di casa che restava, cercando di colpirci e di farci del male l'un l'altra, senza minimamente riuscirci. Io sanguinavo da una spalla per essere finita contro un armadio, lui zoppicava leggermente perchè si era incastrato in un buco del pavimento. Lo vidi sparire sulle scale, e capii che dovevo solo avere più rabbia in corpo. Raccolsi le ultime briciole che mi restavano e lo inseguii ansimando. Sapevo che per lui sarebbe stato più difficile scappare se l'avessi bloccato in una stanza. Lo vidi sparire dietro una porta e la aprii con una zampata. Era in trappola. Fu in quel momento che lui si trasformò di nuovo. Ritornarono le spalle larghe, il viso spigoloso, da uomo, le gambe scattanti, la bocca morbida, l'unica cosa infantile che gli era rimasta. Ma sopratutto, aveva di nuovo i suoi occhi. Blu, profondi, due vortici impossibili da sondare per nessuno. Se non per me. M i sentii esausta. Non avevo mai combattuto così a lungo, ma più della lunghezza del combattimento, era la frustrazione per non essere riuscita nemmeno ad infliggergli la più piccola ferita. Non avevo più rabbia, mi sentivo completamente svuotata. Tornai umana e appoggiai il ginocchio a terra, ansante. Non avevo più la forza nemmeno di guardarlo. Il sole stava tramontando e illuminava Derek da dietro. Si avvicinò a me lentamente, tirandomi poi su prendendomi per mano. Mi attirò a sé. Uno degli svantaggi della trasformazione, è che ti si strappano i vestiti. Il suo corpo era caldo e sudato quanto il mio. Istintivamente, gli misi una mano sulla schiena. Il triskele era bollente, tanto bollente che non riuscivo a capire come potesse sopportare un calore tale sulla pelle. Lui mi toccò la schiena appena più in alto, dove avevo il mio tatuaggio. Appoggiai la fronte contro la sua spalla, aspettando che facesse un movimento brusco per scappare in macchina più velocemente possibile. Dovevo solo trovare le chiavi. Cominciò ad accarezzarmi la schiena con la punta delle dita e mi accorsi di quanto il mio corpo aveva bramato il contatto con il suo, in quei sette anni passati tra distruzione e diffidenza, fuggendo da un posto all'altro senza mai potermi fermare, senza mai poter tornare. Mi baciò il collo e poi cercò la mia bocca, come un assetato cerca l'acqua. Infilai la mia lingua tra le sue labbra e lui mi imitò Mi circondò le spalle con le braccia e cominciò ad ondeggiare lentamente, quasi volesse cullarmi. L'unico posto al mondo in cui mi fossi mai veramente sentita al sicuro, tra le braccia di Derek Hale. Quasi come sentirsi al sicuro mettendosi sull'epicentro di un terremoto. Gli accarezzai le braccia e mi accorsi che aveva la pelle d'oca.

“Hai..hai freddo?” mormorai. Lui non smise di baciarmi, con gli occhi chiusi. Evidentemente non ne aveva. Cominciammo ad esplorare di nuovo i nostri corpi, come due persone che, diventate cieche, devono riabituarsi al mondo che gli era sempre stato familiare. Era un tocco in punta di dita, timido, quasi spaurito. Era tutto quasi come la prima volta.

Quasi.

Il pensiero di Kate mi colpì talmente forte che mi si mozzò il respiro e la rabbia montò di nuovo, più forte e terribile. Lo spintonai via, coprendomi per quello che potevo con le mani. Non riuscivo a sopportare il pensiero che l'avesse fatto anche con lei. Tutta questa dolcezza, questa tenerezza, le aveva usate anche con lei? L'immagine di loro due, in questa stessa stanza, lui sotto, con gli occhi chiusi e i polsi ammanettati al letto e lei che gli leccava la pancia sorridendo, erano impresse a fuoco nella mia mente. Di sicuro bruciavano più del fuoco. Derek mi guardò, confuso.

“Jenny...cosa...” cercai di calmarmi, in fondo erano passati sette anni.

“Derek, stammi lontano. Non posso sopportare una cosa del genere. Non posso. Eri in questa stanza, con lei. Con lei hai fatto le stesse cose che hai fatto con me, che stai facendo con me. Io ti amavo, Derek. Più della mia stessa vita, bastardo che non sei altro. Quel giorno volevo farti una sorpresa, entrare da questa stanza per presentarmi nella tua. Vi ho visti. Ho visto te e quella troia in questa stanza. In questa stessa fottuta stanza di merda.” mi prese per i polsi costringendomi a guardarlo.

“Stai zitta Jenny. Non era niente, capisci? Niente!” Gli sputai in faccia, divincolandomi.

“ Tu e quella che ha ucciso la tua famiglia e sterminato la mia, costringendomi ad una vita raminga e senza speranza!” Lui si sedette su un materasso sul pavimento, con una mano sul viso.

“Dammi le chiavi, Derek. Dammi quelle cazzo di chiavi. Io devo tornare dalla mia famiglia, dal mio branco, dal mio uomo. Ho la mia vita adesso.” Ogni fibra del mio corpo urlava di restare, ma quando lui mi disse dov'erano le chiavi, tornai giù, le raccolsi da terra, corsi in macchina e misi in moto. Mi infilai alla bell'e meglio un paio di shorts macchiati e una t shirt blu, poi feci retromarcia, lasciandomi alle spalle Derek Hale, la sua casa e il mio passato. Almeno così continuavo a ripetermi. Quando scesi dalla macchina e bussai alla porta di casa, mi accorsi di avere la maglia completamente fradicia di lacrime.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** ...e fare da babysitter. ***


Mio fratello aprì la porta, fissandomi con uno sguardo che non gli avevo mai visto. Non gli si addiceva , come se avesse deciso di portare una camicia troppo stretta.

“Sei piccolo, troppo, per capire certe cose.” gli mormorai, passandogli davanti senza guardarlo. Dal giardino arrivava un ottimo odore di carne alla griglia. A quel profumo, lo stomaco mi si riaprì e cominciò a brontolare.

“E allora poi zia Tona ha ululato e gli ha dato una zampata fortissima, l'altro lupo era in trappola! Lei gli è saltata addosso come un fulmine e lo ha morso sul collo finchè non ha smesso di muoversi, poi ha alzato gli occhi al cielo e ha ululato fortissimo, tanto da spaventare la luna, il cielo, le stelle, tutti!” Guardai Nyree smettere di parlare e infilarsi in bocca un considerevole pezzo di carne. Tutti ridacchiarono e le fecero i complimenti per come raccontava le storie. Io le arrivai dietro e la sollevai.

“Chi è che ti racconta tutte queste storie brutte, Nyree?” domandai. Mi fece un sorriso sdentato e indicò mio fratello, che era appena entrato nel patio. Baciai la bambina su una guancia e la lasciai mangiare in pace. Finalmente potevo concedermi una cena seria con il mio branco. Hare si spostò per permettermi di sedermi vicino a lui. Mi baciò e la sua barba mi fece il solletico, mentre qualcuno mi passava un piatto colmo di arrosto. Annuii a Tui, facendole capire che la cena era ottima. Guardai tutti i presenti negli occhi, finchè sulla tavola non calò il silenzio.

“Dobbiamo parlare del perchè siamo qui.” biascicai, con la bocca piena. Deglutii.“ è una questione importante e piuttosto seria.” ora che avevo l'attenzione di tutte le persone presenti, potevo parlare senza che nessuno perdesse il filo del discorso “Come forse sapete, in questa città ci sono i pezzi grossi dell'Ordine, gli Argent. Sono loro che organizzano tutti i Cacciatori. E tutti noi abbiamo perso qualcuno per colpa loro.” guardai di sottecchi Reka, che però aveva chinato la testa. Si alzò senza dire nulla, entrando in casa. Kurt la seguì, tenendosi in braccio Ieni che dormiva. Io pensai alla mia famiglia d'origine, ai miei genitori e pensai a Derek. Se non fosse stato per gli Argent, le cose sarebbero andate in modo diverso. Mi riscossi. “Loro sono il fulcro, la testa del serpente. Se riusciamo a tagliargli la testa, ci vorranno mesi prima che si rimettano in sesto. Avremo tempo di ucciderne altri. Poi ce ne andremo da qui, in un posto dove non potranno trovarci. Vi sto chiedendo un sacrificio grandissimo. Ma non ve lo voglio ordinare come Alpha, voglio chiedervelo come un membro della vostra famiglia.” bevvi un sorso d'acqua. Dodici facce mi fissavano senza proferire parola.

“Io ci sono.”disse mio fratello. L'unico, oltre ad Hare, che avrei voluto dicesse di no. Insieme a lui si alzarono altri quattro, Hare compreso. Con me, facevamo un branco di sei. Annuii, non dando a vedere che avrei preferito che si facesse avanti qualcun altro, ma quella era la loro scelta. Molti dei lupi che avevo davanti e che avevano accettato di farsi comandare da me avevano il doppio della mia età, molta più esperienza e di sicuro molto più dolore da nascondere. Non volevo proporgli una caccia che si sarebbe trasformata in un massacro. Ne avevano già visti abbastanza. Sentii Reka chiamarmi e mi assentai dal gruppo con un cenno della testa. La donna mi guardò, quando le fui davanti. Sembrava invecchiata di colpo. Nyree ci raggiunse correndo e saltò in braccio alla madre.

“Nyree, vai da tuo padre. Io devo parlare con la zia.” aspettò che la bambina si allontanasse, poi si schiarì la voce.”Voglio combattere anche io. Voglio ammazzare quei bastardi. Hanno ucciso mio figlio, lo hanno riempito di pallottole e poi gli hanno tagliato la testa. Aveva otto anni, Tona. Otto. L'hanno fatto davanti a me, davanti a me, capisci?” capivo. Non del tutto, ma la capivo.

“Non posso lasciartelo fare Reka. Hai due bambini a cui badare. Non puoi lasciarne due orfani per vendicarne uno morto.” Risposi, perentoria. Sapevo che me l'avrebbe chiesto e sapevo che la mia risposta era la più giusta, anche se la ferivo. Lei spalancò gli occhi è ringhiò.

“Non puoi impedirmelo, ragazzina.” La mia mano le arpionò il collo prima che potesse dire altro.

“Sono la tua Alpha, Reka. Solo perchè vi tratto come pari, questo non vuol dire che io non sia superiore a voi. Ho deciso. Tu e Kurt resterete qui con gli altri. Basta.” Lasciai che si accasciasse sul pavimento, tossendo piano. Ero piena di rimorsi, ma facevano parte di quello che ero. Mi tornò in mente la notte in cui avevo combattuto e avevo vinto contro un veterano, un lupo grosso ed enorme. Avevo fatto esattamente come aveva detto Nyree a cena, solo che nella realtà c'era molto più sangue e molta più confusione. Ero diventata Alpha di un branco di quattro lupi che dopo aver visto di cosa ero capace, non avevano voluto lasciarmi. Quella notte trovai mio fratello. Qualcuno l'aveva lasciato in una radura, nudo e al freddo. L'avevo battezzato Wairaki, vento libero, un nome che gli aveva sempre portato fortuna. In sette anni avevo composto un branco eterogeneo e vario, tanto da poter essere scambiato per una famiglia. C'erano i quattro veterani, che facevano da nonni a tutti, poi Reka e Kurt, con i due bambini. Hare e Wairaki, il mio nucleo, la mia vera e propria famiglia. Due gemelli, un maschio e una femmina, Hau e Heru, che non sarebbero potuti essere più diversi. Avevano l'età di Wairaki, ma Hau era la perfetta diciassettenne con tutti i problemi legati all'altro sesso e al proprio, modaiola e fintamente superficiale. Heru era silenzioso, taciturno, schivo. A stento biascicava qualche parola, sempre sommerso dai discorsi incessanti della sorella. Gli ultimi arrivati erano Maui e Tui. Tu era la cuoca del gruppo, Maui l'organizzatore. Di dieci cose che facevo, nove erano fatte grazie all'aiuto di Maui. Mi voltai e vidi che mi stavano fissando tutti, mentre Reka continuava a tossire sul pavimento.

“Scusate.”dissi, prima di sparire su per le scale. Feci gli scalini a due a due ed entrai nella mia stanza, sbattendomi la porta alle spalle. Mi distesi sul letto, mentre i raggi della luna mi illuminavano la faccia. Primo quarto, c'è ancora tempo. Come se per me facesse differenza. Come se per il mio branco facesse differenza. Sentii bussare piano alla porta, che pochi secondi dopo si aprì, lentamente. La testa di Hau spuntò dallo spiraglio. Non osava fare un passo in più. Mi sedetti, le molle del materasso scricchiolarono appena sotto il mio peso.

“Entra Hau, c'è qualcosa che non va?” lei scosse la testa. Aveva i capelli color petrolio, e gli occhi ancora più scuri.

“No, Tona...volevo chiederti...visto che domani io e gli altri torniamo a scuola... non è che potremmo uscire stasera? Se vuoi puoi accompagnarci tu, ma io e Wairaki volevamo vedere com'è questo posto...conoscere qualcuno magari...” stava usando tutte le tecniche di persuasione che conosceva. Occhi bassi, voce tremante, mani intrecciate davanti a sé, spalle appena curve. Tutti i Cosmopolitan che leggeva evidentemente servivano a qualcosa. Cercai di reprimere un sorriso. Io non avevo mai chiesto il permesso per uscire, cosa che aveva provocato a mia nonna più di uno spavento quando, entrando nella mia stanza, trovava il letto intatto.

“Certo che si Hau, però è meglio che io venga con voi. Non mi fido ancora a lasciarvi girare per questo posto” e mai mi sarei fidata, avrei voluto aggiungere “viene anche Heru?” le chiesi e lei ridacchiò, coprendosi la bocca con la mano, poi scosse la testa.

“No, Tona, Heru resta a mettere a posto tutta la sua roba da nerd. Ti aspettiamo giù, allora?” Annuii e lei mi lasciò di nuovo sola. Non avevo nessuna voglia di uscire di nuovo, ma era vero che se lo meritavano. In fondo era colpa mia, li avevo costretti a lasciare tutto e a trasferirsi all'altro capo del mondo. Mi massaggiai le tempie ed aprii il borsone, che non avevo ancora sistemato, in cerca di qualcosa da mettermi.

In sette anni, Beacon Hills non era assolutamente cambiata. I supermercati erano rimasti sempre gli stessi, il mio liceo era sempre lì, circondato dagli alberi e da un prato che ricordavo pieno di mozziconi di sigarette e gomme da masticare. Indicai l'edificio a Hau e a Wairaki.

“Domani vi accompagno io. Dopo vedremo come organizzarci per farvi venire a scuola. E tu” guardai mio fratello dallo specchietto “vedi di andarci, a scuola.” Wairaki sbuffò, lisciandosi la cresta da mohawk con le mani.

“Ma...cosa si fa in questa città?” chiese Hau. Io non risposi subito. Da quello che mi ricordavo,le poche attrazioni che aveva Beacon Hills erano un paio di cinema e un bowling. Hare si girò verso Wairaki e Hau, che cercavano di tener ferma Nyree in mezzo tra loro due. Reka l'aveva appioppata ad Hare, sapendo che lui non le avrebbe mai detto no.

“Cinema o bowling?” Chiesi. Appoggiai la schiena nuda contro il sedile e decelerai appena.

“Tona, sei tu che conosci il posto. Dimmi dove ci sono dei ragazzi,dei bei ragazzi e io ti seguirò ovunque tu voglia andare.” esclamò la ragazza, sbattendo le ciglia. Vidi Wairaki incrociare le braccia, infastidito. Se mai troverà una ragazza, prego per lei che abbia pazienza.

“Io bowling! Zia zia andiamo al bowling!Zio andiamo al bowling dai! Dai!” Nyree cominciò a saltare urlando la parola bowling con tono sempre più acuto, finchè non parcheggiai davanti al locale con le piste. La bambina urlò di nuovo, di gioia, e solo la prontezza di riflessi di mio fratello impedì a Nyree di scaraventarsi fuori passando per il finestrino. Sospirai, guardando Hare.

“Non ci pensare nemmeno. Se devono uscire così, io e te staremo senza figli.” Lui mi sorrise.

“Saranno belli come te, e buoni come te. Non ti preoccupare.” Arrossii. Il senso di colpa cominciava a farsi sentire,sempre più forte. Non appena fummo entrati, mi accorsi di un gruppo di ragazzi sulla pista numero quattro. Un ragazzo riccioluto, uno tagliato quasi a zero e uno castano chiaro stavano sistemando le palle da bowling, mentre due ragazze, una rossa e una mora, ridacchiavano tra di loro. Wairaki li osservò, ma gli diedi una gomitata prima che potesse cominciare a ringhiare.
“Comportati da persona civile. E le persone non ringhiano quando vedono qualcuno che gli sta sul cazzo.” mormorai, mentre allacciavo le scarpe a Nyree. Lui distolse lo sguardo, insofferente. Mi sedetti accanto alla bambina e mi allacciai le mie. Hare e Hau erano già pronti e lei si stava dirigendo a passo di marcia verso la pista numero tre. Presi per mano Nyree e guardai mio fratello.

“Per favore Wai, non stasera. Siamo tutti stanchi e nervosi, gli altri hanno fatto un lungo viaggio e noi anche. Ringhiare ai tuoi coetanei non è il modo migliore per farti degli amici, quindi per favore, fai un favore a me e a me soltanto, comportati bene.” Lui annuì lentamente, soppesando la cosa.

“Tu devi raccontarmi di Derek, prima che puoi. Queste sono le mie condizioni.”ghignò.

“Sei un piccolo bastardo, lo sai?” gli risposi, stizzita “ma va bene, lo farò.”

“Chi è Derek zia? Chi è?” urlò Nyree. Mezzo locale si voltò e i tre beta di Derek impallidirono.

“Un mio vecchio amico Nyree, persone che tu non conosci.”Le dissi, prendendola in braccio.

Al contrario di quello che pensavo, ero una frana a giocare a bowling. Nonostante la mia mira, la mia velocità e la mia forza, quella fottuta palla riusciva sempre a sfuggirmi di mano e a finire nel corridoio vicino ai birilli. Imprecai quando Hau e Wairaki vinsero per la terza volta di fila. Non sapevamo i punteggi visto che Nyree si era divertita a scombinarli, ma non c'era alcun dubbio riguardo ai vincitori e agli sconfitti. Notai che Hau non si nascondeva nello scoccare, ogni tanto, un'occhiata maliziosa ad uno dei beta di Derek, quello castano chiaro, ma non appena lui ricambiava lo sguardo, lei si girava verso la pista, quasi sdegnosa. Repressi una risata, Hare no. Scoppiò a ridere, una risata lunga e profonda, poi mi passò una mano sulla schiena.

“Ti sta bene, sai?” alludeva alla mia maglia. “A te sta tutto bene, sempre.” mi fece un sorriso talmente dolce e mite che mi si riempirono gli occhi di lacrime. Lo baciai.

“Zia!Ho sete! Voglio il succo!” mi staccai da Hare e alzai gli occhi al cielo. Cominciavo ad odiare quella bambina con tutta me stessa. La presi in braccio, dirigendomi verso il bar.

“Nyree, puoi anche non urlare. Le persone ti sentono lo stesso, sai?” le mormorai all'orecchio.

“Zia? Voglio il succo.” mi mormorò lei nell'orecchio, appoggiandomi il mento sulla spalla nuda.

“Brava bambina, esattamente così.” La feci sedere su uno sgabello e ordinai una birra e un succo alla pesca. Ero sul punto di buttar giù il primo sorso, quando fui assalita da un pessimo presentimento. Un odore strano si stava avvicinando, odore di polvere da sparo e di argento. Sbattei la bottiglia sul bancone e tolsi il bicchiere di succo dalle mani di Nyree, che protestò. Guardai il mio branco, poi i beta. I cuccioli di Derek dissimulavano il nervoso molto meglio, ma potevo sentire i loro cuori battere veloci e le loro voci incrinarsi appena mentre parlavano. Feci un cenno ad Hare, che costrinse Wairaki ed Hau ad andarsene, cosa che non impedì alla ragazza di salutare il beta castano con la punta delle dita e di fargli un sorriso malizioso. Lui rimase interdetto per un paio di secondi, poi la salutò con un cenno del capo. Mi tolsi le scarpe e riportai le mie e quelle della bambina e aspettai Hare fuori dal locale. Una jeep grigia era ferma, con il motore acceso. Mi diressi vero l'hammer, ma non appena fummo tutti quanti lontani dalla Jeep, mi fermai. Da lì non si vedeva nemmeno l'entrata del locale. Diedi Nyree a Wairaki e le chiavi della macchina ad Hare. Hau borbottò qualcosa riguardo alla sua serata. La zittii.

“Aspettatemi in macchina. Faccio un giro per vedere da chi viene quell'odore. Non mi succederà niente, i cacciatori non sono così furbi da sapere chi è e chi non è un lupo. Voi state in macchina, tornerò subito.” Nyree si strinse al collo di Wairaki, spaventata, anche se non ero sicura che avesse capito quello che avevo detto. Meglio così. Tornai indietro a passo svelto, facendo finta di essermi dimenticata qualcosa dentro. La Jeep grigia era spenta, quando le passai davanti. Andai al bancone, dove la barista mi guardò male. In effetti qualcosa che avevo dimenticato c'era.

“Ti sei dimenticata di pagare.” borbottò, pulendo un bicchiere con uno straccio.

“Lo so, per questo sono tornata. Scusami, ma la bambina...” biascicai, dandole dieci dollari. L'odore adesso era più penetrante e proveniva da un punto preciso del locale. Mi girai, mentre il presentimento da brutto diventava terribile. Non avevo torto. Alla pista numero quattro, c'era Chris Argent. Il mo cuore mancò un battito quando lo vidi parlare con la ragazza mora. Stavano discutendo. Scott, accanto a lei, aveva assunto una strana sfumatura verde.

“Allison, torna a casa. Tua madre ti vuole. Dobbiamo parlarti e tu non rispondi al cellulare.” smisi di origliare quando la ragazza cominciò ad urlare. La barista tossì un paio di volte, sbattendomi il resto davanti. Le diedi indietro due dollari e mezzo, ordinando una cocacola, poi tornai a guardare la scena. Allison si era alzata e stava baciando Scott, con una foga tale che lui dovette indietreggiare di un paio di passi. Chris spostò il fucile dalla spalla destra a quella sinistra, guardandosi intorno imbarazzato. Lasciai il resto sul banco, insieme alla cocacola mezza piena quando vidi uscire lui e la figlia dal locale, e feci appena in tempo a vedere la jeep grigia che faceva retromarcia e spariva. Chris Argent, fratello di Kate Argent, quella puttana sterminatrice. Mi sedetti sulla panchina alla mia sinistra e mi accesi una sigaretta, ma feci due boccate prima di parlare.

“Derek, questa me la devi proprio spiegare. Il tuo beta è innamorato di una Argent?” dissi.

Lui uscì dall'ombra in cui si era nascosto, venendo verso di me. Sembrava nervoso.

“Questo è quello che dice lui. Questo è quello che dice lei. Non posso impedirglielo.” mi rispose.

“Cos'hai fatto, li hai contagiati? Tu e Kate, lui ed Allison...non gli hai spiegato che gli Argent non sono esattamente le persone migliori da frequentare? Non...” mi trovai attaccata al muro, con la schiena che raschiava contro la calce ruvida. Il triskele cominciò a scaldarsi. Derek mi sollevò da terra, con un braccio solo, ma non riuscì a stringere le dita sul mio collo. Spalancò gli occhi, sorpreso quando vide che le sue dita non gli rispondevano. Approfittai del suo momento di smarrimento per circondargli i fianchi con le gambe e spingermi contro di lui. Lui per non cadere mi lasciò il collo, sbilanciandosi in avanti e appoggiando entrambi i palmi contro il muro, mentre io gli cingevo il collo con le braccia. Mi spinse contro la parete. I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, i nostri occhi arrabbiati si minacciavano a vicenda, senza successo.

“Devi finirla, Jenny.” mormorò, furioso. “tu non hai idea di come mi sia sentito a perdere tutto...a perdere te.” Io scossi la testa. Conoscevo quel dolore perfettamente, perchè era uguale al mio.

“Fai solo in modo che Scott non faccia i tuoi stessi errori, o saranno guai grossi anche per lui.”

Mi staccai da lui, sciogliendomi da quel groviglio e sgusciai da sotto le sue braccia. >Gli feci una leggerissima carezza sulla spalla con la mano sinistra e mi allontanai senza guardarmi indietro. Superai due grossi camion e riconobbi la mia macchina,ancora da lavare. Vidi Hare trarre un respiro profondo ed uscire dall'auto, per venirmi incontro. Io lo fermai e lo superai, entrando in macchina. Nyree dormiva, accoccolata su Wairaki. Almeno non avrei sentito altre urla.

“Allora? Chi era? Un cacciatore vero?” mi chiese mio fratello, smanioso. Annuii.

“Chris Argent, il fratello di Kate. Uno dei capi, possiamo dire. E la cosa migliore è che Scott, il beta riccioluto, e la figlia di Argent, Allison, stanno insieme. “dissi, sarcastica. Mi rivolsi alla ragazza seduta dietro di me “Hau, mi dispiace per la tua serata, la prossima volta andrà meglio. Tu e quel beta vi troverete domani a scuola, di sicuro. Ora andiamo a casa.” Mi passai una mano sul viso mentre Hare, Hau e mio fratello parlottavano a bassa voce. Accesi il motore e feci retromarcia, poi partii di scatto. Hare era girato verso Wairaki quindi non vide Derek, né lo sguardo che ci scambiammo quando gli passai di fianco sfiorandolo con lo specchietto dell'auto.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** sogni poco opportuni in momenti ancor meno opportuni. ***


“Tona, non vieni a letto?” Hare mi cinse le spalle con le braccia, baciandomi in testa. Feci un cenno di diniego, accarezzandogli l'avambraccio coperto di sottili peli biondi.

“Non ancora, Hare. Devo sistemare un paio di cose al computer, poi ti raggiungo. Se sei stanco dormi, non ti preoccupare per me, sto bene.” mentii. Lui sciolse il suo abbraccio e poco dopo sentii i suoi passi lungo le scale. Accesi il computer, che emise un flebile ronzio. Come screensaver avevo una foto mia, di mio fratello e di Hare, abbronzati e felici sulla spiaggia, con i piedi nell'acqua. Sorrisi. Era una delle poche foto che avevamo di noi tre, ma di sicuro questa era la più bella. Il pensiero di Derek, allora, era ancora controllabile. Scossi la testa e aprii Skype, mettendomi le cuffie ed il microfono e sperando che fosse in linea. Non ricordavo esattamente quale fuso orario ci fosse tra Beacon Hills e Mokau, ma confidavo nel fatto che sapesse che avevo bisogno di parlargli.

Whakaaro era in linea. Esultai e cliccai sull'icona di conversazione, chiamandolo. Gli sorrisi dalla webcam e lui fece lo stesso.

“Ciao” gli dissi, salutandolo anche con la mano. Lui mi salutò di rimando. Era seduto sul letto e fuori dalla sua finestra stava sorgendo il sole, lo vedevo dalla luce della stanza. Fuori dalla mia, un lampo, poi un tuono “Come stai, vecchiaccio?” gli chiesi, mordendomi un'unghia.

“Ahah vecchiaccio a chi? Io sto bene, oggi è il tempo perfetto per fare surf...tu non stai bene, Tona.” era strano vederlo lì, a centinaia di chilometri di distanza, che mi sorrideva da uno schermo e lo stesso capiva che c'era qualcosa che non andava. Annuii.

“Hai ragione, Whaka. Non sto bene.” le rughe sul suo viso si accentuarono e smise di sorridere “devo chiederti una cosa, vecchiaccio. Metti caso che due lupi combattano per uccidersi, ma non riescano nemmeno a sfiorarsi..” lui scosse la testa.

“Stiamo parlando di Derek, vero?” strinsi le labbra. Non gli si poteva nascondere nulla.

“Si, stiamo parlando di Derek. Abbiamo combattuto oggi, cioè ieri” mi corressi, guardando l'ora “e nonostante attaccassimo per ferirci, nessuno dei due è riuscito a fare nemmeno un graffio all'altro...e anche prima, mi ha presa per il collo...e non è riuscito a stringere le dita...” arrossii e mi guardai intorno. La taverna era vuota, ma per sicurezza abbassai ancora di più la voce, nonostante sapessi che se qualcuno avesse voluto ascoltare, avrebbe potuto farlo senza problemi. Vidi un'espressione pensierosa sorgere sul volto del mio interlocutore.

“Strano, Tona. Quando mi hai chiesto di farti diventare quello che sei, ero sicuro di aver eliminato qualsiasi cosa che ti legasse fisicamente al tuo passato. Evidentemente è una cosa che non posso spezzare nemmeno io.” mormorò, accarezzandosi la barba brizzolata “ti succede qualcosa di strano quando sei con lui? Quando combatti, o quando lo tocchi?” mi chiese.

“Si, il mio tatuaggio, il triskele, comincia a bruciare, nel senso che la pelle diventa, non so come dirti...incandescente.” districai un nodo tra i miei capelli e tossii “vuol dire qualcosa?” domandai allarmata, quando vidi che sorrideva. Si schiarì la voce e sistemò la webcam.
“Tona, devi sapere una cosa, che forse nessuno ti ha mai detto, una cosa che sanno in pochi, una cosa che forse non sa nemmeno Derek. Ma prima un'altra domanda. Ha anche lui un tatuaggio come il tuo?” feci di sì con la testa, e il suo sorriso si allargò “L'avete fatto insieme, per caso?”

“A poco tempo di distanza, lui un mese prima, io pochi giorni prima di andarmene.” mi morsi un labbro. La conversazione aveva preso una piega che non mi aspettavo.

“Tona, voi non potete ferirvi perchè siete legati, indissolubilmente. Scommetto che anche il suo brucia, quando vi toccate.”non aspettò nemmeno un mio cenno “siete legati da una forza più potente dell'odio, più potente di qualsiasi altra cosa. Quando un licantropo è pronto a dare la propria vita per un'altra persona, allora è pronto ad amarla per sempre, e quando dico sempre, vuol dire sempre. Non importa il tempo che passerà, non importa l'odio che proverete l'uno per l'altro, o la distanza che ci sarà tra di voi. Vi amerete, per sempre. Il triskele che brucia è un semplice punto di sfogo, un segno più tangibile degli altri.” spalancai la bocca e gli occhi, incapace di rispondere. Cercai freneticamente le sigarette e me ne accesi una, aspettando che continuasse. Non lo fece, per cui fui io a parlare.

“Lui non mi ha mai detto che sarebbe disposto a morire per me, né io l'ho mai detto a lui.” Whakaaro rise, coprendosi la bocca con la mano scurita dal sole.

“Le parole non servono, lo sai anche tu. Quello che provate l'uno per l'altra è il sentimento più muto che esista. So che ti stai ponendo più di un problema, Tona. Che fare, il tuo branco, il tuo rapporto con Hare. L'unica cosa che posso dirti è che non devi avere paura.”

“E' più complicato di così, Whaka.” mi sedetti meglio sul divano, incrociando le gambe.

“No, Tona. Puoi mentire a tutti, dire che il motivo ufficiale è uccidere gli Argent, e io ti credo, ma non puoi dirmi che il principale scopo del tuo ritorno a Beacon Hills non è Derek, perchè in questo non ti credo. Tu sei diversa dagli altri, Tona. Ti ho dato questo nome, ho dato un nome ad ognuno di voi per un motivo specifico. Non a caso il tuo è Tona, Bianca. Tu stessa hai scelto il nome di tuo fratello, e sappiamo entrambi come si comporta.” sorridemmo entrambi “lui è libero, come il vento. Tu sei bianca, come la luna. E sei l'unica licantropa che non si trasforma con la luna piena. Non so quale anomalia tu abbia, Tona. Ma qualcuno, non so per quale disegno, ha voluto che tu fossi così. Di giorno non ti colpirà il sole...”

“..nè la luna di notte.” conclusi. Avevo un grosso groppo alla gola “ma non succede solo a me. Anche Wairaki, anche gli altri non si trasformano.” ero riuscita a sorprenderlo, anche se per poco. Il suo viso tornò imperturbabile, con un accenno di sorriso.

“Perchè li influenzi. Tu sei come una piccola luna, Tona, e loro hanno finito per abituarsi alla tua presenza, così vicina. Se tu non ci fossi, sarebbero tutti dei normalissimi licantropi.” sbuffò “se i licantropi potessero essere considerati normali, certo...”si toccò un orecchio, pensoso. Io buttai la sigaretta nel posacenere vicino al divano, aspettando che si spegnesse da sola.

“Whaka, io non so cosa devo fare. Avevo tutto, sono arrivata qui e mi trovo come una foglia nella corrente.” lui mi soffiò un bacio dalla webcam.

“Una foglia nella corrente, non può far altro che seguirla. Non sei onnipotente, Tona. Anche se vorresti esserlo, non lo sei. Sei molto più umana di quanto tu creda, anche se hai fatto cose che pochi, uomini o licantropi che siano, hanno fatto. Ma le tue imprese non sono nulla in confronto al disegno che qualcuno ha tracciato per te. Se il tuo triskele brucia, lascialo bruciare. Ma non puoi ignorare questi segni. Finirai distrutta, e con te tutto il tuo branco, la tua famiglia, e tutti gli altri. Anche Wairaki, si.” rabbrividii. Al solo pensiero che potesse succedere qualcosa a mio fratello, mi veniva la nausea.

“Ma, il triskele...se è solo questo che mi lega a Derek...posso farlo togliere?” lui scoppiò a ridere.

“Non è il tatuaggio in sé, Tona. Se lo togli, brucerà la cicatrice. Se ti togli la pelle, bruceranno i muscoli della schiena. Se ti togli i muscoli, saranno le ossa a bruciare.”

Mi passai una mano sul volto, incredula. Aveva ragione Wairaki, ero una vigliacca.

“Non posso abbandonare tutto adesso.” risposi.

“Nessuno ti ha chiesto di farlo. Ma il tuo destino è solo uno, Tona. I segni sono chiari, il tuo destino è con lui. Non so come, dove, quando o perchè. Ma il tuo corpo parla per la tua anima, bambina. Non puoi controllare ciò che non è controllabile, non puoi fermare ciò che non si può fermare.”

Mi sentivo schiacciata su ogni fronte. Dovevo lasciare il mio branco, la mia famiglia, per andare da Derek?

“Se me ne vado, il mio branco resterà senza Alpha. Saranno alla deriva. L'unico modo per avere un nuovo Alpha, è uccidere quello precedente. E sai l'unico a cui darei questo compito, per quanto ingrato.” dissi, mentre lui borbottava qualcosa di incomprensibile.

“Non ti sto dicendo di farti uccidere da tuo fratello, Tona. Sto cercando di dissipare la nebbia che ti stai creando attorno, per non vedere quello che sta succedendo. Tu ami Derek come non hai mai fatto e come mai più farai. Per lui è lo stesso. Hare è un ottimo compagno, un uomo buono. Ma la tua metà completa, l'unica persona con cui potrai veramente distruggere gli Argent e l'Ordine, se è ancora quello che vuoi, è Derek..” Io strinsi i pugni, mentre il viso di tutti coloro che avevo perso mi affioravano in mente, ma sopratutto quelli di coloro che avrei potuto perdere se non avessi ucciso gli Argent. Lui continuò “Nessuno della vostra razza è al sicuro, Tona. Ma se devi combattere, combatti per far vivere, non per chi è morto. I morti non se ne fanno nulla della tua sete di vendetta.”

Mi vennero in mente le parole che avevo detto a Reka a cena e capii. Non potevo uccidere per vendicare, dovevo combattere per salvare, per preservare. Avrei dovuto combattere per mio fratello, per il mio branco, per Derek. Mi sentivo come un'eroina dei libri fantasy, ma senza il romanticismo che accompagnava quelle gesta. Risi tra me e me, ma Whakaaro lo percepì lo stesso, e sorrise.

“Spero di esserti stato d'aiuto, Tona. Ho imparato ad usare quest'aggeggio solo per comunicare con te. Anche i vecchi devono adeguarsi, ogni tanto. Però ho conosciuto una simpatica signora giapponese che mi da lezioni di cucina.” si aprì in una risata, ed io lo seguii. In quella risata, il mio nodo in gola si sciolse un po'. Non avevo un'idea precisa di cosa avrei fatto, chiusa quella conversazione, ma almeno avevo degli elementi su cui lavorare. Avrei dovuto parlare con Derek, prima o poi. Mi rassegnai a questo fatto con più gioia di quanto volessi ammettere.

“Devi chiedermi altro, bambina?” mi domandò io scossi la testa.

“Per oggi, mi bastano e mi avanzano.” sbadigliai. “Whaka, penso che andrò a dormire. Non farti troppo male, e saluta Whaea con un abbraccio da parte di tutti noi. Manaaki, Whakaaro.”

Lui fece un cenno con il capo, solenne come era solito fare quando ci salutavamo.

“Manaaki, Tora.” mi disse, e si scollegò. Rimasi a fissare lo schermo, con la mente completamente svuotata. Mi sentivo quasi come un'ubriaca, a fissare quello schermo senza vederlo. Guardai l'ora, erano le tre passate. La stanchezza mi si gettò addosso di colpo, ed io non la fermai. La lasciai fluire dentro di me mentre chiudevo il computer. Misi il posacenere a terra e appoggiai la testa sul bracciolo del divano, e prima di chiudere gli occhi guardai fuori dalla finestra. Non riuscii più a chiuderli. Sotto la pioggia, illuminato dal lampione e dagli sporadici lampi del temporale, c'era Derek. Feci uno sforzo immenso per alzarmi. Andai vicino alla finestra e ci appoggiai i palmi, aperti. Lui mi imitò, mentre il mio respiro appannava leggermente il vetro. Staccò una mano dal vetro e la chiuse, bussando appena, un suono quasi impercettibile. Gli feci un cenno con la testa e lui si spostò, permettendomi di aprire gli infissi. Non dissi nulla quando lui sgusciò sotto il mio braccio ed entrò in casa. Era bagnato fradicio, grondava acqua.

“Da...da quanto tempo sei qui?” chiesi, mentre lui deglutiva. Sarà anche stato un lupo mannaro, ma stava crepando di freddo. Sospirai. “Vieni qua.” gli intimai, e lo abbracciai. La maglia gli si era incollata al corpo, come una seconda pelle, solo che blu e un po' più rugosa.

“Mi hai quasi tirato sotto con la macchina, prima.” mormorò lui, staccandosi da me. Annuii.

“Te lo saresti meritato, lo sai? Non avrei nemmeno dovuto lasciarti entrare, lo sai? Da quanto sei qui?” bisbigliai. Dovevo essere completamente pazza, o completamente scema “Ci sono undici persone che dormono sopra di noi e sono tutte licantropi. Anche la bambina. Se ci sentono, sei fottuto.” mi sentivo una ragazzina che fa entrare di soppiatto il fidanzatino nella sua stanza.

“Non penso di essermelo meritato, lo sai? E se proprio non volevi farmi entrare, potevi lasciarmi fuori. Comunque, sono qui da abbastanza tempo da sentire la tua conversazione con un uomo piuttosto vecchio e piuttosto saggio.” mi rispose, guardandosi in giro “hai una bella casa.”si tolse la maglietta e la posò sul pavimento, accanto al divano.

“Hai sentito già tutto? Allora non ho più nulla da dirti. Esci da qui.” a quelle parole si voltò di scatto verso di me, prendendomi per i polsi.

“Tu non hai capito. Io non me ne andrò mai via da te. Non adesso che so perchè sei qui. Non adesso che hai intenzione di farti ammazzare.” passò le sue labbra sulle mie, e in quel momento la mia mente si spense. Lo spinsi a terra, salendogli sopra. Cominciai a baciarlo sul viso, togliendogli le gocce d'acqua con la bocca e con le mani, sentivo il suo odore entrarmi nei polmoni come aria fresca, nuova. Mi strinse a sé e si sedette, tenendomi sulle sue gambe. Gli morsi un labbro e lui non protestò, più preoccupato che potessi scappare via da un momento all'altro.

“Derek, io non posso farlo.” mi mise l'indice sulla bocca, per non farmi dire un'altra balla.

“Com'era la cosa? Quella che ti ha detto il vecchio...” mormorò, mentre mi toglieva la maglietta. Rimase un secondo a guardarmi, prima di far aderire il suo petto al mio. Gli slacciai la cintura con una sola mano, mentre con l'altra gli accarezzavo i capelli. Ci baciammo con gli occhi aperti, guardandoci l'uno con l'altra, ritrovandoci dopo anni di lontananza, senza più rabbia, né odio.

“Di giorno non ti colpirà il sole...”recitai, sfilandogli i pantaloni e i boxer.

“Nè la luna di notte...” concluse lui,strappandomi via gli shorts. Mi fermai. Guardavo il suo corpo vibrare nervoso sotto di me, sentivo il suo triskele bruciare sotto le mie dita. Una foglia deve seguire la corrente, qualsiasi essa sia. Mi alzai appena, per permettergli di scivolare meglio sotto di me. Alla luce dei lampi, lo vidi sorridere e il mio cuore si aprì in due. Chiusi gli occhi. Una foglia nella corrente, mi ripetei.Una foglia nella corrente.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Incontri simpatici il primo giorno di scuola:bisogna sempre farsi nuovi amici! ***


“Tona...svegliati...” mormorò qualcuno. Io gemetti, senza aprire gli occhi. Il braccio destro mi si era completamente addormentato sotto il peso del corpo. “Sono le sette e un quarto...devi accompagnare i ragazzi a scuola...” Riconoscevo la voce di Hare, ma il mio corpo rifiutava di muoversi. Annuii e alzai una mano.

“Arrivo subito...promesso...un attimo...” sollevai appena il busto aprendo un po' gli occhi. I ricordi della notte prima non tardarono ad arrivare, ma assonnata com'ero non riuscivo a capire se fosse stata realtà o solo un sogno. Mi sedetti sul divano e mi guardai. Avevo la maglietta addosso e gli shorts intatti. Il mio braccio continuava imperterrito a rimanere freddo e molliccio. Sollevai lo sguardo su Hare, che mi tese una tazza fumante.

“Il tuo caffè, tesoro. Ti sei addormentata con la finestra aperta stanotte...” non dissi nulla mentre bevevo il caffè. LA cosa mi confondeva ancora di più-

“Hare, il mio braccio...” non riuscivo a sollevarlo, mi faceva veramente impressione. Lui sorrise.

“Sai, se tu fossi stata un uomo avresti potuto usarlo come...” si interruppe quando lo fulminai con un'occhiata “Oh..beh...suppongo che non importi.”

“Meglio, Hare. Dovresti cominciare a dire meno cazzate, lo sai?” mi alzai e feci un paio di passi, barcollando appena. Inspirai ed espirai profondamente mentre mi si schiarivano i pensieri. Derek, Whakaaro, la conversazione, la pioggia...scossi la testa. Non potevo pensarci adesso. Non volevo farlo, avevo troppe cose a cui star dietro. Quasi tutta la casa era sveglia. Nyree nell'ingresso saltellava eccitata, facendo ondeggiare le lunghe trecce nere che le aveva fatto Reka. Corsi su per le scale, facendo i gradini a due a due ancora con la tazza in mano. Avevo bisogno di muovermi. Spalancai la porta della stanza di mio fratello.

“Wairaki!” urlai. Qualcosa si mosse sotto al lenzuolo, e da sotto la coperta uscì una mano che mi salutava con un dito medio. Sorrisi, ma fui irremovibile “Alza quel fottuto culo dal letto!”richiusi la porta. Lo sentii sbuffare, imprecare, dire parolacce che avrebbero fatto impallidire chiunque, ma alla fine comparve in corridoio,trascinando lo zaino sul pavimento. Mi guardò come se volesse uccidermi.

“Buongiorno, fratellino del mio cuore. Ben svegliato. E adesso muovi quel fottuto culo che ti stanno tutti aspettando!” lui mi guardò, afflitto, ma scese le scale con passo lento e cadenzato, quasi stesse facendo il corteo per un funerale. Hau era già pronta da un pezzo, ma la sbattei fuori dal bagno dove si stava facendo le unghie. Forse quello sarebbe stato finalmente un giorno normale.

Passammo davanti a casa di Scott, e lo vidi uscire con lo zaino in spalla e l'aria stralunata. Accostai e tirai giù il finestrino. Wairaki mi guardò come se fossi pazza., Hau lo ignorò, troppo occupata a sistemarsi i capelli. Nyree continuò a saltellare sul sedile, con la stessa foga con cui l'aveva fatto in casa. E sul vialetto. E salendo in macchina. Sospirai, poi guardai Scott.

“Hai bisogno di un passaggio a scuola?” lo vidi interdetto. Evidentemente aveva perso l'autobus e non sarebbe stato carino arrivare in ritardo il primo giorno di un nuovo anno di scuola.

“Beh...grazie...” fece un piccolo sorriso timido, ed io gli sorrisi di rimando. Mi stava simpatico, Scott. Diedi Nyree a Hau, che mi scoccò uno sguardo stizzito. Scott si mise la cintura, in imbarazzo.

“Scott, penso che tu conosca già mio fratello...” Scott annuì e lo salutò con un cenno del capo. Mio fratello continuò a fissarlo, senza spiccicare parola. Si sedette meglio sul sedile e inaspettatamente gli tese la mano.

“Wairaki.” si presentò. Scott ricambiò la stretta, visibilmente sollevato “Senti...Scott...giocate a rugby qui?” chiese. Hau alzò il viso dallo specchietto con cui si stava guardando. Per lei rugby voleva dire un sacco di maschi muscolosi che si rotolavano nel fango. Scott scosse la testa.

“No, abbiamo la squadra di lacrosse però...sia io che Jackson che Stiles siamo nella squadra...” gli rispose, gentilmente. Mio fratello si ributtò indietro, scocciato.

“Non so nemmeno cosa sia, il o la lacrosse...come si gioca?” esultai internamente. Almeno si interessava a qualcosa che non fossero le ragazze o i videogiochi. Scott si buttò in un'esauriente spiegazione e da quello che capii si giocava con le racchette e si correva su e giù per un campo.

“Ma...davvero vi piace questa roba?” chiese mio fratello, perplesso. In effetti lo ero anche io.Mi fermai di fronte alla scuola elementare di Nyree e spensi la macchina.

“Arrivo subito, non vi ammazzate.”Presi la bambina scalpitante in braccio, aiutata da Wairaki e non mi mossi finchè non la vidi correre dentro la scuola. Tornai in macchina, dove Wairaki e Scott avevano smesso di parlarsi. Gemetti, frustrata.

“Beh Wai..potresti anche provare, che ne sai, magari ti piace...” tentai di persuaderlo.

“No, è lo sport più da fighette che io abbia mai sentito! Non è tennis, non è football, non è hockey! Non è un cazzo di niente!” esclamò. Non potei trattenermi dal ringhiare. Di mattina era veramente insostenibile. Frenai davanti alla loro scuola e lui sbattè la portiera, allontanandosi senza nemmeno un cenno.. Hau mi salutò con la mano, mentre cercava di raggiungere Wairaki, che era partito a passo di carica verso il prato.

“Molte grazie...”Scott si voltò verso la portiera e rimase così, indeciso sul da farsi.

“C'è qualcosa che non va, Scott?” chiesi, confusa dal suo comportamento. Lui scosse la testa e si scusò, prendendo lo zaino. Scese, ma non andò subito verso la scuola, anzi, tornò indietro e si appoggiò al mio finestrino.

“Senti, Tona...forse sto sbagliando a chiedertelo ma...hai notizie di Derek? Da quando abbiamo incontrato te, tuo fratello e il ragazzo biondo a casa sua, non si è più visto...ho provato a chiamarlo anche stamattina ma non risponde...” i suoi occhi color nocciola erano pieni di preoccupazione.

“Non devi preoccuparti per Derek, sa cavarsela da solo.” dissi, sorridendo.

“Da quando ha ucciso suo zio non siamo più tranquilli...la zia di Allison è morta durante quel combattimento e..insomma...va..va tutto bene?” mi chiese, gli occhi spalancati. Avevo le mani strette sul volante così tanto da farmi venire le nocche bianche.

“La zia...di Allison...è..morta?” tremavo dal nervoso. Scott annuì, con l'aria di non sapere bene cosa fare.

“Scott!Siamo qui!” Allison lo stava chiamando dall'altra parte del parcheggio. Sollevato per potersi togliere dall'imbarazzante conversazione con me, mi salutò in fretta e prese a correre verso di lei. Si abbracciarono, stampandosi un bacio dolcissimo sulle labbra. Al mio rimpianto per i miei diciassette anni e a Derek avrei pensato dopo, adesso avevo altro da fare. Non ero sicura che non avrei incontrato Derek, ma forse la cosa mi avrebbe rassicurata, dopo quello che mi aveva detto Scott. Mi sentii in colpa per essermi dimenticata di un cosa fondamentale, dopo il mio arrivo a Beacon Hills. Girai per la strada che portava a casa degli Hale e mi fermai poco prima dello spiazzo. In realtà, non avevo molta voglia di farmi vedere, quindi girai al largo, cercando di fare meno rumore possibile. Continuai a camminare, ascoltando il silenzio che si propagava in ogni angolo, finchè in lontananza, accanto ad una grossa quercia, non scorsi una croce. Era una croce grossolana, fatta con due bastoni legati con un nastro viola. Lì accanto, crescevano delle piante dai fiori viola. Mi sfuggì un sorriso. In Nuova Zelanda, i corpi dei lupi venivano bruciati. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di seppellirli. Mi sedetti di fronte alla croce, osservando il nome intagliato sul legno.

“Ciao, Clara.” accarezzai la croce per un paio di minuti, ad occhi chiusi, toccando le scanalature e le irregolarità del legno. Mi sentivo completamente smarrita.

“ Ti ricordi quando ci siamo incontrate? Dicevi che quel giorno ti avevo salvato la vita, tutto per averti prestato una penna a lezione di storia americana, con quel professore che ti sembrava l'uomo più bello del mondo.” risi da sola. Clara aveva sempre avuto un feticismo per i professori di storia. Come diceva lei, erano 'terribilmente sexy'. Io li trovavo terribili e basta, sopratutto quello che avevamo noi. “Tu pensavi al professore di storia, io pensavo a tuo fratello.” Tolsi la mano dalla croce e tirai su col naso un paio di volte. Non mi stupii nel trovarmi Derek accanto.
“Mi stai seguendo, per caso? Guarda che posso denunciarti...” lasciai la frase a metà, non avevo nemmeno la forza di parlare. Lui si spostò, mettendosi dietro di me. Mi appoggiai a lui e gli accarezzai le braccia,piano, mentre lui mi baciava sulla testa. Mi vennero in mente mille domande da fargli, ma mi sembravano una più stupida dell'altra. Che senso aveva chiedergli se gli mancava? O dirgli che a me mancava? Noi eravamo gli unici superstiti di sette anni prima, le cose che ci mancavano erano ovvie. Ma una domanda gliela feci lo stesso.

“Derek...riguardo a stanotte...” dissi, girandomi verso di lui. Incontrai il suo sguardo sorpreso.

“Stanotte?” mi chiese, perplesso “Stanotte cosa?”

Rimasi di sasso. O mi stava prendendo per il culo, oppure dovevo aver sognato.

“Stanotte...sei venuto da me...eri fuori dalla finestra...” ci guardammo per un momento.

“Jenny...io stanotte non ero nemmeno in città...” mormorò. Dovevo avere veramente una brutta faccia, perchè il suo sguardo, da confuso, divenne preoccupato. Sentii vibrare il telefono nella tasca e velocemente lo tirai fuori. Derek continuava a guardarmi, esterrefatto.

“Si?” risposi, sperando non fosse nulla di grave.

“Buongiorno, le parlo dalla Beacon Hills High School. Sono il preside. Lei è la signorina Tona Karahie?” mi caddero le braccia. Non era possibile, non era a scuola da nemmeno un'ora!

“Si, sono io. Ci sono problemi?” esalai. Guardai Derek e scossi la testa.

“In effetti si. Suo fratello è qui davanti a me. Le dispiacerebbe venire il prima possibile?”

“Arrivo subito. Mi scuso per qualsiasi cosa abbia fatto, davvero.” chiusi la chiamata senza aspettare un saluto. Mi alzai e Derek fece la stessa cosa, arpionandomi il braccio prima che scappassi via.

“Vengo con te.” alzai le spalle e cominciai a correre verso la macchina.

Arrivai a scuola a velocità decisamente superiore a quella consentita, fermandomi esattamente davanti al vialetto. Durante il viaggio, non avevo aperto bocca, sconvolta da quello che mi aveva detto Derek. Avevo veramente solo sognato? Entrai e mi diressi verso l'ufficio del preside, una strada che mi ricordavo ancora perfettamente. Nemmeno io ero stata immune a quell'ufficio, purtroppo. Derek mi seguiva, a breve distanza. Superai la segretaria, che emise una debole protesta, che ignorai deliberatamente.

“Buongiorno” dissi, entrando senza bussare. Mio fratello era seduto davanti al preside, con le braccia incrociate e a gambe larghe, il classico atteggiamento che aveva quando qualcuno o qualcosa gli stava sulle palle. Mi sedetti accanto a lui, congelandolo con un sguardo. Il preside sospirò, intrecciando le dita e appoggiando le mani sul tavolo.

“Suo fratello è stato colto mentre stava avendo una colluttazione con un gruppo di studenti del suo stesso anno. Due hanno il naso rotto, uno la spalla lussata.” sospirò di nuovo “di solito questi comportamenti vengono puniti con l'espulsione, ma visto che è il primo giorno, lo sospenderò.” chiuse gli occhi, poi li riaprì. “la violenza non è tollerata in questa scuola, signorino Karahie.”

Mio fratello sbuffò “Sono stati loro a prendersela con me, io mi sono solo difeso.”sbottò.

Alzai gli occhi al cielo. Non ci credevo nemmeno morta che fossero stati gli altri. Nessuno al mondo si sarebbe messo contro di lui, bastava guardarlo in viso per capire quanto fosse forte.

“Mi scuso moltissimo, preside. Mio fratello ha...qualche problema di adattamento. Crescere senza genitori è stato difficile, mi dispiace molto.” abbassai la testa, trattenendomi dal ridere, poi presi mio fratello per un braccio, portandolo fuori. Né io né lui salutammo, andandocene.

“Tu sei l'essere più scemo di questa terra, Wairaki. Il primo giorno di scuola? Ti fai sospendere?” dovevo almeno far finta di essere arrabbiata, in realtà ero piuttosto orgogliosa di lui. Superammo la segretaria che, rassegnata, era tornata al computer. Derek era seduto su una delle sedie lungo il corridoio e si alzò quando ci vide. Wairaki ringhiò e Derek lo seguì a ruota.

“Finitela, veramente non è il moment....” un ululato terribile echeggiò per il corridoio della scuola. Poi subito un altro. Guardai Derek, non capacitandomi di cosa potesse essere successo.

“Non è uno dei tuoi, vero?” gli chiesi, mentre trascinavo Wairaki con me, correndo verso la porta.

“No, lo sentirei se fosse uno dei miei...”girammo la curva del corridoio, guardinghi e pronti a scattare. Diedi un'occhiata a mio fratello, che ricambiò. Non avevamo la minima idea di cosa stesse succedendo, ma lo capimmo subito dopo. Ci fermammo davanti alla porta, esterrefatti. Feci un passo indietro, facendo inconsciamente scudo a mio fratello con il mio corpo e afferrai la mano di Derek. Nel parcheggio della scuola, a meno di cento metri da noi, intento a distruggere una macchina, c'era un licantropo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** l'inizio dei problemi, come se prima fosse tutto rose e fiori. ***


Guardai Derek, confusa. Lui ricambiò, con lo stesso smarrimento nello sguardo.

“Non è uno dei tuoi, vero?” gli chiesi, sulla difensiva. Non era uno dei miei, di sicuro. Lui scosse la testa, prima di tornare a fissare il lupo nel parcheggio. Feci un passo avanti, ma mi fermai subito.

“Derek...il tetto. Da lì sarà più facile. Dobbiamo prenderlo dall'alto, dobbiamo portarlo via da qui e buttarci così nel parcheggio è impossibile. Wai, vieni con me. Derek, raccogli i tuoi. Ci vediamo sul tetto.” non aspettai risposta, scattai verso le scale alla mia sinistra e di sfuggita vidi Derek imboccare il corridoio, nella direzione opposta alla mia. Mio fratello mi seguì senza replicare.

“Wai, la classe di Hau...”gli chiesi, imboccando il primo piano. Sentivo i commenti dalle porte chiuse delle classi, poi un urlo. Le porte si spalancarono e dalle aule cominciarono a sciamare studenti a frotte, terrorizzati. I professori cominciarono ad urlare, a digli di raccogliersi in palestra, mentre cercavano di mantenere la calma. Il lupo urlò ancora, più forte e più rabbioso di prima. Cominciai a spintonare chiunque mi capitasse a tiro. Non c'era tempo per le scuse, non c'era tempo. Non ero nel panico, avevo esperienza in queste cose, dopo tutti gli anni passati ad affrontare cose di ogni tipo, ma il pensiero del mio branco, di mio fratello, di Derek, mi premeva sul cuore, mettendomi fretta. Superai un paio di ragazze che correvano in lacrime e vidi Hau, che correva insieme ad un gruppetto di ragazzi. Quando mi passò accanto la agguantai per un braccio, tirandola con me. Salii anche il secondo piano, con Hau e Wairaki che non mi perdevano di vista un secondo, anche in mezzo alla calca. Dovetti farmi strada a gomitate, ma raggiunsi il secondo piano, poi il terzo, che era ormai completamente deserto. Mi avvicinai ad una finestra e guardai giù, verso il parcheggio, in tempo per vedere il licantropo scagliarsi contro il mio hammer. A giudicare dalle condizioni dell'auto, doveva averlo già fatto più volte. Imprecai, tirando un pugno al muro.

“Pezzo di merda...la mia macchina, bastardo!” urlai, ma lui non mi sentì. Derek mi afferrò per un braccio, mentre Scott e Stiles forzavano la porta che dava al tetto. Jackson e Hau si guardarono, sorridendo appena. Li fissammo, Allison e la ragazza rossa comprese.

“Voi due! Finitela subito! Non è tempo per fare i piccioncini del cazzo, quel bastardo mi ha distrutto la macchina!” abbaiai “Coraggio, tutti su!” spinsi mio fratello sulle scale antincendio. Lui aprì la fila, gli altri lo seguirono a ruota. Io e Derek rimanemmo indietro, a chiudere la fila. Ricordavo l'odore di umido delle scale, avevo passato molto più tempo lì che in classe. Cominciai a salire, ma Derek mi trattenne.

“Guarda.” disse. Io fissai la porta chiusa e sorrisi appena “te le ricordi?” annuii, riprendendo a salire

“Derek ,non è il momento per ricordare i graffiti adolescenziali. Anzi, dovrebbero togliere tutte quelle scritte, potrebbero pensare che queste scale sono dedicate a noi.” cercò di replicare, ma lo fermai, mettendogli una mano sulla bocca.

“Quello che eravamo non ci appartiene più. E adesso, scusami ma ho altro a cui pensare che a ricordare i tempi in cui eravamo ancora insieme.” salii i gradini a due a due, sperando che le mie parole avessero sortito l'effetto che volevo. Lui non si mosse.

“Anche io ho fatto un sogno, stanotte...”disse. L'eco di quelle parole si propagò per la tromba delle scale, prima di disperdersi. Io mi fermai, con la mano sulla porta del tetto.

“Derek, davvero. Ne parliamo quando avremo finito qui o vuoi intavolare una discussione proprio adesso?” spinsi la porta ed uscii. Il vento mi investì, portando alle mie narici un odore acre, sanguigno. I beta mi aspettavano, a pochi passi dal parapetto. Mi sporsi e guardai giù, mentre il lupo, sentendo il mio odore, alzò la testa e urlò con tutta la forza che aveva in corpo.

“Ah è così? Ce l'hai con me, bastardo di merda?” gli urlai di rimando. Lui rimase ai margini delle aiuole, andando avanti e indietro come un cane rabbioso. Scott e Stiles sorrisero.

“Acconito.” mi disse Scott. “Io e Stiles l'abbiamo piantato dopo che...beh...era successo un po' di casino coi lupi mannari, ce ne sono un po' troppi a scuola...questo ci impedisce di trasformarci quando ci incazziamo troppo...” sembrava molto orgoglioso della sua idea. Sorrisi ad entrambi.

“Complimenti ragazzi, ma la medaglia dovrà aspettare...Hau, tu aspetta che io l'abbia portato lontano da qui. Quando mi vedi prendere quella strada” indicai la strada alla mia sinistra, che portava al bosco “corri più veloce che puoi a casa. Dì agli altri quello che è successo, e ad Hare che io sto bene. State tutti in guardia. Wai, tu vieni con me. Voglio che tu ci sia in caso...”mi interruppi ma lui annuì. Lo sapeva che se mi fossi trovata in fin divita, avrebbe dovuto completare lui il lavoro “ma per qualunque altra cosa, devi stare in disparte. Hai capito?” domandai. Lui sbuffò, ma non replicò. “Derek, tu vai dall'altra parte...” ordinai, ma fui subito interrotta da lui.

“No, Jenn...Tona, le cose per il mio branco le decido io. Scott, porta al sicuro Allison. Stiles, prendi Lydia e vai con Scott. Jackson, tu vieni con me. Spero che tu sia pronto.” Jackson deglutì. Derek mi prese la mano, stringendomela. In quel contatto, capii che non mi avrebbe mai lasciata da sola. Tolsi la mia mano dalla sua e presi un respiro profondo. Feci un cenno a mio fratello, che si avvicinò al parapetto. Poi saltai. Non potevo trasformarmi dentro la scuola, ma la mia velocità, i miei sensi e la mia forza erano invariati. Atterrai, appoggiando un ginocchio nell'erba e cominciai a correre a zigzag, sollevando piccole zolle di terra. Il lupo mi vide e cominciò ad ululare, impazzito. Saltai un paio di macchine e fui fuori dal parcheggio, trasformandomi. Correvo più che potevo, non sentivo quasi la strada sotto di me, ma l'ansare del lupo dietro di me lo sentivo eccome. Sperai che Hau avesse visto tutto e che fosse tornata a casa, mentre io giravo lungo il sentiero sterrato. Il lupo sembrò non accorgersi che Derek e Wairaki lo seguivano, voleva me, e me soltanto. Anche se non capivo il perchè. Superai l'albero con la croce e mi infilai in un gruppo di cespugli lì vicino, sbucandone piena di foglie e spine. Non mi toccarono minimamente, ma non potevo combattere nel bosco. Ero abituata a spazi aperti o a vie chiuse, mai con così tanti ostacoli o nascondigli. Scartai un albero alla mia destra e continuai così per un po' sperando di stancarlo. Non mi voltai, percepivo il suo odore e il suo ansare, sempre a troppo poca distanza da me. Fui sollevata quando vidi gli alberi aprirsi davanti a me. Mi scaraventai nella radura, coperta di fiori bianchi e rossi. Alcuni pollini fluttuavano nel vento, dando l'impressione che ci fosse la neve. Mi voltai di scatto, sperando di prendere il mio inseguitore alla sprovvista e ce la feci. Saltai quando lui fece per investirmi, ancora coinvolto nella foga della corsa, e gli atterrai dritta sulla schiena. Lo morsi vicino al collo e il sangue schizzò dappertutto, bagnandomi il pelo, che da bianco diventò vermiglio. Continuai a rimanere attaccata alla sua collottola mentre lui strattonava e ululava. C'era qualcosa di argenteo attaccato al suo collo, ma non capii cos'era, perchè in quel momento lui si schiantò sulla schiena, cercando di schiacciarmi. Mollai la presa e cercai di togliermelo di dosso, ma si girò di scatto e mi morse. Guaii. Sentivo le ossa della spalla scricchiolare sotto ai suoi denti, e per un momento il dolore mi accecò completamente, ma fu un momento, un momento solo. Gli diedi una zampata dritta sul muso, distruggendogli il naso. Lui mollò la presa e barcollò, ed io mi tolsi dal suo raggio di azione. Stavo ansimando. Non riuscivo a muovere la spalla sinistra, nemmeno ad appoggiarla a terra. Mi girai per un secondo e vidi Derek e mio fratello, umani, che guardavano il combattimento, pronti ad intervenire. Wairaki aveva il viso così tirato che sembrava che gli occhi gli dovessero schizzare fuori da un momento all'altro. Il lupo se ne accorse. Fulmineo, cominciò a correre verso i due. Non avrebbero mai avuto tempo di trasformarsi, né di scappare. Avrebbe preso di sicuro uno dei due. Ululai così forte da farmi tremare ogni osso del corpo e mi lanciai all'attacco, contro la sua schiena. Lo afferrai e lo riportai indietro, mentre lui cercava di mordermi al collo. Fui più veloce, gli lacerai la carotide quando girò il muso, pronto a colpirmi. Sentivo in bocca il sapore del suo sangue, il sapore del male che gli avevo fatto. Il sapore che può avere solo il sangue di un essere che sta per morire Rantolò, ed io ebbi l'occasione per guardarlo negli occhi. Le iridi erano viola, le pupille ridotte ad una punta di spillo. Non avevo mai visto un paio di occhi così, in un lupo. Ero imbrattata di sangue eppure non mollavo la presa. Aveva osato cercare di attaccare mio fratello, di far male a Derek. La mia sete di sangue, del suo sangue, non sarebbe finita finchè non lo avessi visto a terra, pronto per essere cibo per i vermi. Mollai la presa solo quando sentii che il suo cuore era troppo esausto per continuare a battere. Lui cadde a terra con un tonfo sordo, circondato da fiori rossi. Quelli bianchi erano colorati di sangue. Era un uomo corpulento, alto circa un metro e novanta, con gli occhi scuri e la pelle olivastra. I capelli neri erano vischiosi di sangue.

“Tu morirai...” rantolò, rivolto a me “..ti sei presa mio figlio...ti daranno la caccia...tu morirai...nessuno può mettersi contro di loro...tu morirai..mio figlio...” vomitò sangue, che gli finì nel naso e sul petto. Girò gli occhi e dalla sua bocca non uscì più né un suono né un respiro. Il suo sguardo, vitreo, era fisso su Wairaki, che si stava avvicinando a noi correndo. Mi abbracciò ed io gemetti. La spalla mi faceva veramente male, pulsava e continuava a sanguinare.

“Wai, Wai, sto bene...lasciami, per favore...”gorgogliai. Lui mi lasciò andare, titubante. Gli tremava il labbro inferiore, come quand'era piccolo e stava per mettersi a piangere. Mi fece una tenerezza infinita. Con il braccio buono gli feci una carezza su una guancia, piano.

“Wai, mi hai vista combattere mille volte...come mai questa volta ti fa così effetto?” non mi sentivo molto bene, a dirla tutta. Anzi. Mi chinai in avanti e vomitai, mentre mio fratello mi teneva per non farmi cadere. Quando Derek tentò di avvicinarsi, ringhiò.

“Wai...adesso sto bene...davvero...sono solo un po' stanca...”risi piano “mi fai un favore, Wai? Vai a casa e di a tutti che sto bene. Per favore.” mi sedetti a terra, accanto al cadavere e mi toccai il viso. Ero coperta di sangue, forse era per questo che mio fratello aveva avuto così paura.

“Io non ti lascio qui da sola, Tona. Non ci pensare nemmeno!” gridò. Uno stormo di uccelli si alzò in volo, spaventato da quel grido.

“Wai, non è mio tutto questo sangue. Io non ho quasi un graffio. Saranno preoccupati, a casa. Davvero. Vai.” lui non si mosse, tremava tutto.

“Se ti succede qualcosa...io...io...li uccido tutti.” gli tremava la voce. Guardò di nuovo Derek, che sembrava essere incluso nella lista, poi si voltò e cominciò a correre, veloce come il vento. Feci un lungo respiro, prima di alzarmi di nuovo. Mi accorsi che qualcosa non andava.

“Ma..dov'è Jackson?” chiesi, chiudendo gli occhi e cercando di reprimere la nausera.

“L'ho mandato a prendere la macchina, in caso ci fosse stato bisogno di portarti via...poveretto, pensava di combattere...” Derek aveva gli occhi colmi di preoccupazione.

“Derek, era un lupo solo. Ne ho combattuti quattro in una volta. Questo qui è stato un gioco da ragazzi. Quasi. “replicai, cercando di alzarmi. Derek scattò in avanti, come per afferrarmi in caso fossi caduta, ma lo fermai, con il palmo aperto.

“Non ho bisogno di aiuto. Ce la faccio da sola. Di certo non sarà un morso del cazzo a farmi male.”

Mi sporsi verso il cadavere e vidi qualcosa brillare tra il sangue. Era una catenina, con un ciondolo attaccato. Lo pulii dal sangue, cercando di capire quale fosse il disegno. Quando lo guardai, mi cadde dalle mani e finì sul petto dell'uomo, sporcandosi di nuovo di sangue. Derek lo raccolse, mentre io cercavo di riordinare le idee che turbinavano scomposte nella mia mente.

“Derek...cosa cazzo sta succedendo?” mormorai, incapace di dire altro. Derek si rigirò il ciondolo tra le mani, imprecando qualcosa di indefinito. Poi scosse le spalle, rassegnato.

“Non lo so, Jenny. Se potessi, ti darei delle risposte. Ma non lo so nemmeno io.” Mi lanciò il ciondolo, che presi con il braccio intatto. Alla luce del sole, il lupo inciso sulla medaglietta scintillò. Avevo già visto quel monile e sapevo di chi era.

“Derek...cosa ci fa un ciondolo degli Argent al collo di un lupo mannaro?” a fatica buttai di nuovo nello stomaco i succhi gastrici che avevo in bocca.

“Non lo so, Jenny. Non lo so.”

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** e il sogno realtà diverrà. umido come il sogno, direi. ***


L'adrenalina mi scese di colpo e il dolore arrivò come una mazzata. Mi afferrai il braccio ferito, scivoloso di sangue e caddi in ginocchio.

“Merda...non riesco a muoverlo... ci provai più e più volte, senza alcun risultato. Derek, repentino, mi prese in braccio, sollevandomi da terra.

“Andiamo...”mormorò. Io non risposi, pensavo a stringere la lingua tra i denti più possibile. Era una cosa che facevo d'istinto, senza sapere perchè. Cominciai a tremare ad ondate, sempre più forte. Guardai la ferita: la mia spalla era un ammasso di carne sanguinolenta e violacea, ma riuscii a vedere lo stesso il bianco dell'osso spuntare in mezzo a quel macello “Derek...non puoi portarmi via così..Siamo nudi, e io sono tutta insanguinata...” un'altra ondata mi colpì, ed io inavvertitamente affondai i denti nella spalla di Derek. Lui non fece una piega“Non mi stai facendo male. Se ti fa star meglio, continua a farlo.” mi disse, mentre ci inoltravamo nel bosco. Gli infilai le unghie nel braccio, imprecando.

“Mi...mi dispiace...” gli dissi. Sembrava che qualcuno volesse staccarmi il braccio dal corpo “Derek...dove mi porti?”

“Dovrai aspettare almeno che ti vesta prima di poter andare a farti curare. Ho dei vestiti di Clara in un armadio, ci metteremo due minuti...” io quasi non lo ascoltai, stordita. Passai il braccio sano sotto al suo, andando a toccargli la schiena, il triskele. Sobbalzai, come se avessi preso una scossa elettrica.

“Jenny, tutto ok?” aveva gli occhi pieni di preoccupazione.

“Non...non hai sentito una scossa?” chiesi. Lui negò e cominciò a correre, sempre più preoccupato.

“Derek...il braccio...mi fa meno male di prima...puoi stare più tranquillo...” in effetti riuscivo a ragionare più lucidamente, anche se il dolore era ancora così forte da farmi boccheggiare. Forse ero solo troppo sconvolta, il dolore si autoanestetizzava, a quanto pareva. Provai di nuovo a mettere la mano sul triskele, ma stavolta non mi ritrassi. Sentii qualcosa di caldo fluirmi dentro il palmo della mano, fino a raggiungere la spalla martoriata, che cominciò a prudere. Derek rallentò. Non si era accorto di nulla.

“Derek, guarda! Guarda la mia spalla!” davanti ai miei occhi, i lembi della ferita si stavano chiudendo, l'osso distrutto si ricomponeva, i muscoli lo fasciarono di nuovo. Il sangue si fermò e la pelle si chiuse, lasciandomi la spalla intatta. Derek si fermò. Sembrava esausto.

“Come cazzo...come cazzo hai fatto...”ansimò. Flettei il braccio un paio di volte, pensosa.

“Ti ho toccato il triskele, prima, mentre mi stavi portando. Ho sentito qualcosa di caldo scorrermi dentro la pelle, poi la ferita ha cominciato a formicolare. Ma tu...ti senti bene?” era pallido e continuava ad ansimare.

“Si...sono solo stanco...non sei leggera...” non mi offesi solo perchè sapevo che stava cercando di sdrammatizzare. Non ero mai stata un problema da portare, per lui. Avrebbe sollevato tranquillamente centocinquanta chili, e io ero decisamente sotto il limite massimo. Nel giro di dieci minuti, i ruoli si erano invertiti. Lo presi, facendo passare il suo braccio sulle mie spalle. Aveva gli occhi semichiusi, sembrava veramente sfinito.

“Ci siamo quasi, Derek.” vidi la casa in lontananza. Non volevo pensare a cosa avrebbe detto qualsiasi persona, vedendoci conciati così, nudi e coperti di sangue. Derek si era sporcato con il mio, ma sembrava stare molto peggio di me.

“Derek, non per essere stronza ma...quella che ha combattuto sono io. Quella ferita sono io, e devo pure portarti in braccio perchè sei stanco?” lui sorrise alzando un angolo della bocca. Mi si infiammò il cuore all'improvviso. Salii le scale di legno dell'ingresso, sempre con Derek in spalla.

“E adesso?” quel posto era un rudere mezzo bruciato. Lui mi indicò una porta, seminascosta dal sottoscala. La spalancai e mi trovai davanti delle scale di cemento, illuminate dalla luce al neon. Scesi la rampa e mi trovai di fronte una specie di piccolo appartamento. C'era un letto, un paio di tappeti, un angolo cottura. In fondo, a circa due metri dal letto, c'era un piccolo bagno, con una vasca bianca e blu. Trascinai Derek fino al letto, buttandolo sul materasso e mi diressi verso la cucina. Non c'era molto, ma riuscii a mettere insieme un sandwich per lui e uno per me. Li tagliai a metà e gliene portai un pezzo.

“Alzati...dai...mangia un po' questo.” Lui non si alzò, ma mangiò lo stesso il panino, ad occhi chiusi, mentre io giravo per la stanza, curiosando e cercando di rimettere in ordine tutte le idee.

“Hai un cellulare? Un telefono? Un mezzo di comunicazione?” gli chiesi.

“Dovrebbe essere sul tavolo.” lo trovai e digitai il cellulare di Hare. Rispose al primo squillo.

“Tona! Dove sei? Stai bene? Sei ferita?” mi sfuggì un sorriso. Era sempre così premuroso, così pieno di attenzioni “Wairaki è qui ed è sconvolto. Ha detto che stavi per morire.”

“Hare, tesoro, non preoccuparti. Sto bene. Tra qualche ora dovrei essere a casa, il tempo di sistemare i danni e recuperare dei vestiti.” mi passai una mano tra i capelli ma non ci riuscii. Erano un grumo di sangue rappreso.

“Vuoi che te li porti io?” il cuore cominciò a creparsi in piccoli pezzi, non piansi solo con un grande sforzo di volontà. Perchè non poteva essere lui la mia metà perfetta.

“No, Hare. Stai a casa. Dì a tutti che sto bene, abbraccia Wai da parte mia. Spero di essere di ritorno per le tre. Hau sta bene? Nyree?” Notai Derek che si era alzato e si era diretto verso la vasca da bagno, cominciando a trafficare con i rubinetti. Il triskele risaltava tra le sue scapole, anche se non lo ricordavo così grande.

“Nyree è ancora a scuola, da lei non è successo nulla.Hau è in camera sua, sta chiamando tutti i suoi compagni di scuola per farsi dire cos'è successo.”

“Insomma, fa la finta ingenua come al solito!” risi, e lui rise con me. Gli mandai un bacio e chiusi la conversazione, avvicinandomi a Derek che era di spalle. Abbracciandolo, mi appoggiai al suo triskele con la guancia. Gli diedi il cellulare, da davanti. Lui lo prese.

“Chiama Scott, Derek. Almeno saprà che non ti è successo nulla...”vidi il cellulare finire sul letto.

“Non ho nessuno che sia abbastanza preoccupato per me da doverlo chiamare, Jenny. E non dirmi quello che devo fare.” Mise una mano nell'acqua bollente, scuotendola appena. Mi costrinse a staccarmi da lui, facendo un passo indietro.

“I vestiti di Clara sono in quell'armadio. Scegli quelli che vuoi, poi sai dov'è la porta.” disse, immergendosi nella vasca. L'acqua diventò leggermente rossa.

“Mi stai cacciando, Derek?” chiesi, incrociando le braccia. Non si prese la briga di rispondermi, quindi feci come mi aveva detto. Aprii l'armadio e scelsi una maglietta verde e i pantaloni preferiti della mia migliore amica. Reggiseno e mutandine erano in un cassetto a parte,sotto ai maglioni. Scorsi tra i vestiti, finchè non mi fermai su una felpa nera. Non era di Clara,quella. Era mia. La tolsi dall'armadio e la guardai. Aveva una manica completamente bruciata, ma la riconoscevo, era mia.

“Dove l'hai trovata questa, Derek?” lui si girò e guardò la felpa. Sembrava completamente indifferente a tutto. Alzò le spalle, poi tornò a fissare il soffitto, senza una parola.

Mi avvicinai a lui, e sentii il suo cuore accelerare, ma mi chinai solo per prendere un asciugamano, buttato accanto alla vasca. Mi pulii come meglio potevo, prendendo l'acqua dal rubinetto del lavandino. Lui continuava a non guardarmi, a far finta che non ci fossi. Buttai l'asciugamano insanguinato sul pavimento e mi vestii lentamente, sperando che dicesse qualcosa. Non disse nulla. L'acqua bollente aveva inondato il bagno di vapore e l'unico rumore che si sentiva era lo sciabordio dell'acqua della vasca.

“Anche io ho fatto un sogno, stanotte.”la sua voce frantumò il silenzio come una pietra distrugge un vetro “ho sognato che parlavi con un uomo. Ho sognato di capire perchè non ho mai smesso di pensarti. Ho sognato di fare l'amore con te, di sentirti di nuovo mia come prima, forse di più. Ma mi sono svegliato in una stanza d'albergo e accanto a me, c'era una puttana.” sbattè una mano sull'acqua, facendo volare schizzi dappertutto “e adesso ti sento parlare con questo tipo, questo Hare. Sembra farti felice no? E allora perchè ci metti così tanto? Perchè non te ne torni da lui e non mi lasci in pace?” non mi rivolse un solo sguardo, mentre parlava. Teneva gli occhi fissi sulle piastrelle davanti a lui.

“Di cosa stavamo parlando, io e quell'uomo?”mormorai. Era lì che dovevo stare. Era lì che volevo stare. Non importa per quanto, ma dovevo stare lì. Avevamo fatto lo stesso sogno congiunto.

“Parlava di te. Di me, anche. Dei nostri fottuti tatuaggi. Mi toglierei la pelle in questo momento, tutta, solo per non sentire che tu te ne stai andando per tornare a casa, dal tuo branco, dalla tua vita. Avevi ragione, non saresti mai dovuta tornare qui. Io che ho sempre combattuto solo per me stesso, oggi per la prima volta avrei voluto essere al tuo posto, a prendermi i morsi e i graffi. E non mi toccare, cazzo!” ringhiò quando cercai di mettergli una mano sulla spalla. Mi ritrassi, poi ci riprovai,inginocchiandomi davanti alla vasca. Gli presi il viso tra le mani e lo guardai a lungo, senza replicare.

“Me ne sto tornando a casa, Derek. Ma non riesco a starti lontana. Anche se ci riuscissi, non lo vorrei.” appoggiai le mie labbra alle sue e lui tirò fuori anche l'altro braccio dall'acqua, arpionandomi con forza.

“Non voglio che tu vada.” mormorò, mentre le gocce d'acqua gli scorrevano addosso.

“Ma devo andare. Derek, io non sono più quella di prima. E nemmeno tu. Non possiamo continuare a vivere come due ragazzini. Siamo adulti, ormai, lo vedi? Lo vedi contro cosa dobbiamo combattere? Sono qui da quanto, due giorni? E nella radura c'è già il primo fottuto cadavere che sta prendendo il sole. E l'ho ucciso io. E ucciderò ancora, ucciderò tutti quelli dell'Ordine, uno dopo l'altro, perchè so che loro lo farebbero, se potessero. Ucciderebbero mio fratello, il mio branco. Ucciderebbero te.” mi si spezzò la voce e gli lasciai il viso, alzandomi. L'umidità mi si era appiccicata addosso come una patina, facendomi sudare. Stavo per uscire dal bagno quando Derek mi afferrò per la nuca, sbattendomi contro il muro.

“Derek, lasciami.” dissi, dopo un paio di secondi di silenzio “Lasciami, fammi tornare a casa. Il mio dovere è stare con loro.” più continuavo a ripetermi questa frase, più mi sembrava insensata. Il mio corpo mi stava parlando e quello che mi diceva mi faceva stare male e bene allo stesso tempo. Prendilo, mi diceva. Fallo tuo, mormorava, mi pregava di piegarmi all'amore e di lasciar perdere tutto. Derek continuava a tenermi con la guancia incollata al muro.

“Tu resti.” mi ordinò. Cercai di scuotere la testa ma non potevo, bloccata com'ero. Lui appoggiò il suo corpo, nudo e bagnato, contro il mio, bloccandomi ogni via di fuga. Sentii la sua mano farsi spazio tra me e il muro. I miei jeans, anzi, i jeans di Clara, scivolarono sul pavimento in un secondo, trascinandosi dietro anche le mutandine. Cominciavo a sentire molto più caldo del dovuto, nonostante la temperatura della stanza. Mi girai verso di lui, puntando i palmi contro il suo petto. Lo guardai negli occhi e ci vidi solo disperazione. Scossi la testa e mi tirai i capelli indietro, prima di appoggiarmi a lui. Il battito del suo cuore era profondo e forte.

“Derek, non siamo due condannati a morte. Non moriremo domani...” mi riattaccò al muro, baciandomi con foga. Gli morsi un labbro, mentre lui mi sfilava la maglietta e il reggiseno e gettandoli via, come qualcosa di inutile e superfluo. Scalciai via i jeans da sotto di noi, cercando il contatto con la pelle di Derek. Volevo lui sulla pelle, lui dentro di me. Se mi fossi potuta fondere con qualcuno, avrei scelto lui senza alcun dubbio. Il muro era stranamente freddo contro la mia schiena, ma non ci feci caso.

“Tu sei mia. Hai capito? Mia. E quel tipo può amarti quanto vuole, ma tu sei mia.” non replicai perchè era vero. Ogni singola parola che gli era uscita dalla bocca era la pura verità, perchè io pensavo lo stesso di lui. In quel momento non m'importava di cosa avesse fatto, di cosa mi avesse fatto. Lo volevo, lo desideravo, ed era mio. Mi sollevò le gambe e io lo presi per le spalle. Ricordavo perfettamente ogni movimento, ogni espressione, ogni goccia di sudore, era una replica perfetta di sette anni prima, con la sola differenza che la nostra maturità aveva reso perfetto anche il sesso. Ma quello che facevamo era un amplesso disperato, dato dalla disperazione e dallo sconforto per quello che ci aspettava, anche se non sapevamo cosa fosse. Cominciai ad ansimare e inavvertitamente gli graffiai le spalle. Non lo facevo per ferirlo, erano graffi dettati dall'amore disperato che provavo per lui. Non avrei dovuto vederlo mai più, e lo sapevo. Mi affondò i denti nel collo, come per ripicca per i graffi,ma non sentii alcun male.

“Koe taku, toku arohe...” gli mormorai nell'orecchio. Non avrebbe capito, ma era il modo più naturale per dirglielo, perchè significava che era il mio mondo, il mio universo intero. Venimmo insieme, ululando come come se ci stessimo uccidendo a vicenda. Scivolammo sul pavimento del bagno, ancora intrecciati l'uno all'altra. Derek appoggiò la testa sul mio petto, lasciandosi accarezzare i capelli. Avevo la testa vuota, completamente svuotata da qualsiasi pensiero che non riguardasse me e Derek. In quel momento ero disposta a lasciare tutto e ad andarmene, ma qualcosa richiamò la mia attenzione. L'asciugamano insanguinato che avevo gettato a terra prima di avvicinarmi a lui. Derek mi fece girare il viso verso di lui, che era sopra di me, appoggiato al pavimento con gli avambracci.

“Non so se fosse stato un sogno quello di ieri sera. So solo che ho sentito quello che ti ha detto il vecchio, e sapevo di essere lì, anche se fisicamente non c'ero.” annuii, incapace di parlare. Aveva gli occhi più belli del mondo ed io li amavo. Io lo amavo. Lo baciai su una guancia, piano, fino ad arrivare alla bocca. Lui mi lasciò fare, continuando ad accarezzarmi i capelli.

“Derek...devo andare adesso. Devo fare delle ricerche, devo avvisare gente, devo...devo mettermi a posto.” mi sedetti e presi i jeans, che si erano trasformati in un mucchio di tessuto umidiccio. Lui si sedette, scrutando il mio corpo.

“Dove li hai fatti questi?” alludeva ai tatuaggi. Ne avevo due sul costato, uno sull'ombelico e uno sopra la spalla sinistra.

“L'onda è il mio legame con il mare. La manta rappresenta mio fratello. Wai in maori vuol dire vento, ma anche manta.” spiegai quelli sul costato “questo qui sopra l'ombelico rappresenta la luna. E quest'ultima è una frase in maori, ma non ti dirò mai che significato ha.” raccolsi anche la maglietta e il reggiseno, infilandomeli.

“Cosa mi hai detto prima?” mi chiese, mettendosi un asciugamano in vita. Ci alzammo insieme, dandoci la mano.

“Ti ho detto che spero di scopare meglio della troia che ti sei fatto ieri sera.” lui si ritrasse, rabbiuandosi. Lo baciai, a lungo. Volevo il suo sapore addosso, lo volevo fin dentro la pelle.

“Ti amo, amore mio. Koe taku, toku arohe. E non ho mai smesso di farlo. Sappilo, in caso dovesse finire male. Non la smetterò mai. Ma non posso tradire tutto quello che sono stata per sette anni. Cerca di capirmi. Io ho delle persone da proteggere, persone che amo. Tu te la sai cavare da solo, loro no, non senza di me.” mi sarei tagliata la lingua piuttosto di dirgli quelle parole, ma dovevo farlo “ non cercarmi, Derek. Non venire a trovarmi e quando mi vedi, allontanati. Io farò lo stesso.”

“Non puoi chiedermi questo. Non adesso.” ringhiò. Gli stava salendo la rabbia e lo capivo. Uscii dal bagno e l'aria più fredda della stanza mi investì, facendomi venire la pelle d'oca.

“E invece si. Perchè devo, Derek. Devo. Ho dei doveri, dei patti. E devo rispettarli. Devo, capisci?”

“No sei tu che non capisci! Non puoi lasciarmi qui così adesso!” mi afferrò per le spalle e mi scosse.

“Invece si. Adesso devo farlo. Cerca di stare bene, Derek.” mormorai, baciandolo su una guancia, ad occhi chiusi per non vedere la sua espressione. Non sapevo nemmeno io come descrivere il mio comportamento, schifoso sarebbe stato un eufemismo. Quando mi allontanai, lui non cercò di fermarmi. Salii le scale ed uscii, il sole delle due filtrava dalle chiome degli alberi, illuminando il bosco a chiazze. Bussai sul finestrino della porsche, e Jackson si svegliò di soprassalto, sbattendo la testa contro il tettuccio. Abbassò il finestrino, preoccupato.

“Stai..stai bene?” ero ancora sporca di sangue e di terriccio, ma fisicamente ero una meraviglia.

“Si, Jackson...” dentro la casa, si sentì un ululato “Forse...forse è meglio che tu vada via da qui...” gli consigliai “Io vado a piedi, ho bisogno di camminare. Scott e gli altri stanno tutti bene?” lui annuì.

“Lydia ha avuto un mezzo attacco isterico quando Stiles le ha fatto credere che il lupo fosse dietro di lei, ma si, stanno tutti bene.” sorrisi appena e lo salutai, riprendendo a camminare sul sentiero. Poco dopo, me lo vidi sfrecciare accanto, sulla sua macchina rombante. Derek, nella casa, continuò ad ululare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** nella tana del lupo ***


“...quando sono passata davanti a scuola, era ancora pieno di polizia. Non mi sono fidata ad avvicinarmi di più,viste le mie condizioni, solo che comunque dovrei andare al comando, almeno per sapere che fine ha fatto la mia macchina...” ero seduta al tavolo della cucina, davanti ad un piatto di pasta che non avevo quasi toccato. Ero entrata in casa arrampicandomi sul pergolato ed entrando direttamente dalla finestra del bagno, per farmi una doccia e buttare via i vestiti che avevo addosso. Mi spostai i capelli dalla fronte e continuai “Mi sono accorta che è stato un errore, un grosso errore portarvi tutti qui. Mi dispiace. Ho deciso che tutti coloro che non combatteranno, dovranno tornare a casa il prima possibile. Farvi star qui ancora sarebbe solo un pericolo per voi e una preoccupazione in più per me. Scusatemi per non averci pensato prima, mi dispiace.” abbassai la testa. Hare si alzò dalla sua sedia e venne ad abbracciarmi, appoggiando il mento sulla mia spalla.

“Ricominciate a fare i bagagli. Tornerete da Whakaaro non appena ci sarà un volo disponibile. Chi ha ancora intenzione di combattere, resterà qui con me.” conclusi. Li guardai tutti, negli occhi, uno per uno. Nyree continuava a giocare con una forchetta, in braccio a Reka, che mi guardava con rimprovero.

“Allora spiegami perchè siamo dovuti venire qui, Tona. Perchè non ci hai lasciati a casa nostra.”

“Perchè voi siete il mio branco e perchè pensavo sarebbe stato...semplice, fare quello che dovevamo fare. Il lupo di oggi, aveva al collo questo” mi staccai la catenina dal collo e la buttai in mezzo al tavolo. “Quello è il simbolo della famiglia Argent, è il simbolo dell'Ordine. Tutti i cacciatori ne hanno uno e se quel lupo ce l'aveva al collo, vuol dire che le cose sono molto più complicate di come me le immaginavo. Molto. Farvi correre rischi inutili, farvi trovare davanti un branco di lupi mentre io sto combattendo da un'altra parte è un rischio che non voglio correre. Dovete andare via. Tutti. Non accetto repliche, non accetto rimproveri. Non accetto niente se non un si e subito. Fate i bagagli. Wai, Hare, voi starete qui. Con me. E adesso muoviamoci.” mi seguirono quando lasciai la stanza e mi avvicinai alla porta d'ingresso, senza dire una parola. Mio fratello era ancora preoccupato per le mie condizioni, ma non gli badai. Stavo per aprire la porta quando mi accorsi che qualcosa non andava. Mi voltai verso mio fratello, allarmata.

“Wai, torna in cucina. Dì agli altri di nascondersi. Non in taverna. Andate nelle vostre stanze, state lì finchè non ve lo dico io. Subito!” bisbigliai, a voce bassissima. Lui non se lo fece ripetere due volte, almeno per una volta seguiva quello che gli dicevo senza fiatare. Lo vidi scomparire in cucina e mi voltai verso Hare. Il campanello di casa trillò.

“Spogliati. Adesso.” gli dissi, togliendomi il vestito che avevo addosso e lanciando le scarpe accanto al divano. Lui si tolse tutto, rimanendo in mutande “Vai sul divano. Vai!” ringhiai. Guardai nello spioncino. Davanti alla mia porta, c'era Chris Argent. Imprecai e mi misi il vestito davanti, come per coprirmi. Mi scompigliai i capelli e misi la catenella alla porta. Aprii, guardando il viso dell'uomo con finto disappunto, anche se ero tesa come una corda di violino.

“Buongiorno...” disse, esitante “Sono Walt Corey, il custode della Beacon Hills High School. Forse non siete a conoscenza dei fatti che sono successi oggi...posso entrare?” Il custode della Beacon Hills? Di tutte le scuse idiote, quella era di gran lunga la peggiore che avessi sentito.

“Veramente...” ammisi, titubante, facendo scivolare il vestito appena di lato, per mostrare il fatto che fossi in biancheria “..io e il mio compagno stavamo...”

“Amore, chi è?” Hare si presentò dietro di me, guardando dalla fessura della porta “Oh...lei chi è, scusi?”

“Sono il custode della...” ricominciò lui.

“Amore è il custode della scuola di Wai e di Hau, non ti preoccupare...Può aspettare un secondo per favore? Ci rivestiamo e le apriamo.” gli sbattei la porta in faccia e guardai Hare, nel panico.

“Lui...è un Argent. Devi reggermi il gioco, Hare. Fai finta di non sapere niente, inventati qualcosa per stamattina, io cercherò di fare il resto.”mormorai, pianissimo. Lo baciai e mi rivestii in fretta, mi sistemai i capelli, mentre Hare faceva lo stesso. Tolsi la catenella ed aprii, spostandomi dalla porta.

“Grazie...” disse l'uomo, entrando. Si guardò attorno circospetto. “Potrei avere qualcosa da bere?” chiese poi, facendo qualche passo verso di me.

“Oh...oh ma certo certo! Si sieda sul divano, le porto subito qualcosa. Le va bene del the freddo? O della birra?” Scelse la birra, e mentre sedeva sul divano con Hare, corsi in cucina. Il ciondolo degli Argent era ancora lì, sul tavolo. Imprecai e lo misi nel cassetto delle posate, tirando fuori nel frattempo tre bottiglie dal frigo. Le stappai e le portai in salotto. Hare e l'uomo erano seduti di fronte, uno su un divano e uno sull'altro. Appoggiai le bottiglie sul tavolo e mi sedetti accanto al mio compagno, in attesa. Argent prese una bottiglia e fece un lungo sorso.

“Allora...non so se siate a conoscenza di quello che è successo a scuola dei vostri...figli?” domandò, titubante. Io scossi la testa e sorrisi. Sia io che Hare eravamo troppo giovani per avere dei figli delle superiori.

“No, sono i miei fratelli. I nostri genitori sono morti da un po' di tempo. Comunque no, io sono tornata da poco e il mio compagno anche. Probabilmente non ci hanno ancora nemmeno sentiti entrare. Sa, la casa è grande, loro sono al secondo piano e la porta delle scale è chiusa a chiave..” Spiegai e lui annuì.

“Oggi c'è stato un...attacco alla scuola, diciamo. Non sono assolutamente frequenti in questa città, ve lo posso assicurare. Un animale ancora non ben identificato ha distrutto alcune auto e dei motorini nel parcheggio della scuola. Alcuni studenti l'hanno visto e sono stati presi dal panico. Come al solito l'emotività degli adolescenti ha sempre il sopravvento sul buon senso.” sorrise appena. Io gli rivolsi un sorriso altrettanto accennato e finto. Hare mi mise una mano sul ginocchio, per calmarmi.

“Sono venuto ad avvertirvi che comunque nessuno è rimasto ferito, ma che in una delle auto distrutte abbiamo trovato questi.” tirò fuori dalla tasca alcuni documenti e me li tese. Erano il libretto dell'auto e il foglio dell'assicurazione. Lo ringraziai.

“Grazie mille, davvero...mio fratello deve aver preso la macchina stamattina, e vedendola distrutta non ha avuto il coraggio di chiamarmi...” li presi e li misi sul divano accanto a me.

“E lei non si è insospettita vedendo che la sua macchina non c'era, quand'è tornata?” cominciava ad essere più diretto e pressante. Alzai le spalle con un sorriso.

“Oh, pensavo semplicemente che l'avesse parcheggiata dietro la casa...quando lo vedo gli aspetta una sgridata coi fiocchi. Sa che non deve prendere la mia macchina, mi serve per lavoro.” feci finta di essere arrabbiata e guardai Hare, che mi diede ragione con un cenno del capo. L'uomo si guardò in giro.

“Vi siete trasferiti da poco?” domandò dopo un paio di secondi.

“Si, sa io e il mio compagno viaggiamo molto per lavoro...siamo venuti qui perchè pensavamo di trovare un posto tranquillo anche per...beh...metter su famiglia.” io e Hare ci guardammo, sorridendoci l'un l'altra.

“Ah, e che lavoro fate?” rimasi interdetta. L'uomo mi guardò soddisfatto di avermi presa alla sprovvista.

“Noi...testiamo villaggi turistici per coppie.” Gli rispose Hare “Ha presente quei lavori che sembrano più leggende metropolitane che lavori veri? Ecco, noi facciamo uno di quelli.”Aveva il tono sicuro, tranquillo, gli occhi limpidi. Derek avrebbe attaccato l'uomo dopo dieci secondi. Chris Argent ci fissò entrambi, con gli occhi grigi che trasudavano odio e disprezzo.

“Posso farvi una domanda strana?”chiese poi. Alzammo le spalle e aspettammo.

“Credete nei licantropi, signori?” mi si gelò il sangue nelle vene. Hare mantenne il sangue freddo e gli sorrise, amabile.

“Signor Corey, sono abbastanza adulto da credere che i lupi mannari siano reali quanto babbo natale, la fatina dei denti e l'uomo nero. Facciamo un lavoro da leggenda metropolitana, è vero, ma non per questo dovremmo credere anche a queste.” Hare si alzò e Argent fece lo stesso. Il mio compagno lo superava di dieci centimetri buoni “l'accompagno alla porta, signor Corey. Grazie per averci riportato i documenti.” io non mi alzai, mi limitai a biascicare un buona giornata. Hare lo fece uscire, ma l'uomo non smise di fissarmi nemmeno per un secondo. Hare richiuse la porta e poco dopo sentii una portiera sbattere. Mi alzai di scatto e corsi verso il mio uomo.

“Dobbiamo muoverci, subito! Adesso! Wai!” urlai. Sentii dei passi precipitosi lungo le scale.

“Ho sentito tutto” mi disse, infilandosi la felpa. Aveva due borsoni in mano. “non sono miei, ho aiutato gli altri a fare le valigie. Lo abbracciai. “Ti adoro quando sei così, peccato che tu sia sempre il contrario!” salii per le scale e incontrai Hau ed Heru.

“Ho prenotato i biglietti per stasera.” mi disse il ragazzo, mentre Hau continuò a correre giù per le scale.

“Heru, giuro che quando tornerò a Mokau ti comprerò tutti quegli aggeggi tecnologici che tanto vuoi, ti ci potrai pure fare il caffè.” lo lasciai scendere e salii al piano di sopra.

“Avete fatto tutto? Siete pronti? Hare, chiama i taxi!” lo sentii rispondere e cominciai a bussare per le stanze. Bussai alla porta di Rangi e di Whenua, due dei quattro veterani.

“Volete che vi dia una mano?” domandai, vedendoli seduti sul letto. Loro scossero la testa.

“Abbiamo già tutto quello che ci serve, Tona. Abbiamo deciso che questo sarà il nostro ultimo viaggio. Non vogliamo più seguirti, se mai ci chiederai di tornare. Siamo stanchi, bambina. Troppo stanchi per seguire te e le tue scelleratezze. Dacci il permesso di stare dove vogliamo stare.” mi disse Rangi. Lo guardai. Aveva i capelli bianchi e il volto coperto di rughe. Annuii.

“Potete farlo, ma quando sarete a Moaku. Prima di allora dovrete fare quello che vi dico io. Se non volete portarvi via nulla, allora prendete i vostri documenti e scendiamo.” non attesi risposta e nel corridoio afferrai Nyree e me la portai al collo.

“Stai buona, Nyree. Tra un po' vedrai il mare, non sei contenta?” Kurt mi ringraziò. Aveva le mani piene di borse. Reka lo seguiva, tenendo in braccio il loro bambino. Portai giù Nyree e la lasciai correre per il salone. L'ingresso era ingombro di borse e borsoni.

“I biglietti?” Heru mi sventolò dei fogli davanti al naso “I taxi?”

“Saranno qui a momenti.” mi disse Hare, abbracciandomi per farmi stare tranquilla. Mi scostai da lui e guardai fuori dalla finestra. Quattro macchine bianche erano ferme davanti a casa.

“Ok, sono arrivati. Muovetevi, forza, forza!” presi quattro borse e camminai sul vialetto a passo di carica. Non salutai nemmeno il tassista, mi aprii da sola il bagagliaio e ci buttai dentro le cose. Vidi il mio branco salire sui taxi e partire nel giro di cinque minuti. Nyree mi salutò con la manina dal finestrino e vidi una lacrima solcarle la guancia. La salutai anch'io, poi mi voltai verso i miei due beta rimasti.

“Dobbiamo muoverci anche noi. Staremo in albergo per un po'. Io devo andare a recuperare la mia macchina...” vidi una Jeep grigia sfrecciare sulla strada. Alla guida, c'era Chris Argent. Non poteva essere una coincidenza. Non poteva essere un caso. Non poteva essere niente se non quello che stavo pensando.

“Hare, le chiavi!” Urlai, cominciando a correre verso la sua auto. Lui me le lanciò ed io le afferrai al volo, aprendola.

“Voi due andate a cercare un albergo. Ho il cellulare, se ci sono problemi chiamatemi.” mi infilai dentro la sua lotus nera. Adoravo quella macchina quasi quanto il mio hammer. Da zero a cento in cinque secondi. Imprecai, pensando che adesso la mia era solo un mucchio di metallo. Girai la chiave e la macchina ruggì. Mi lanciai dietro la jeep, raggiungendola senza problemi. Davanti alla macchina grigia, vedevo la fila di taxi. Guidammo per circa un quarto d'ora, fortunatamente la strada costeggiava il bosco e non aveva strade secondarie, anche se ero sicura che avesse capito che lo stavo seguendo. Frenai quando vidi la Jeep inchiodare e guardai sulla strada. Tre macchine erano parcheggiate accanto all'asfalto, ma non capivo perchè ci eravamo fermati. I taxi passarono e le auto parcheggiate si mossero, sbarrando la strada alla Jeep.

“No...no!No, no, no! Merda, merda merda!”sbattei i pugni sul volante, imprecando “Mi sono fatta fottere, fottere, fottere! Cazzo!” Vidi la macchina accostare e parcheggiare. Rimasi io, nella lotus, a quaranta metri dalle macchine. Guardai nello specchietto. Altre tre macchine mi bloccarono la strada. Guardai verso il bosco e non vidi altro che uomini vestiti di nero, con le armi in pugno. Ero fottuta. Fottuta in maniera così palese e terribile che mi misi a ridere. Dalla Jeep scese Chris Argent, venendo verso di me. Tolsi la sicura dalle portiere, ormai non aveva senso né nascondermi né cercare di scappare. Dovevo affrontare le cose. Chris mi guardò, poi si spostò. Dalla macchina uscì una donna bionda che teneva per un braccio un ragazzo. Io non urlai. Non gridai. Mi limitai a spegnere la macchina e guardare Kate Argent che trascinava Derek verso di me. Chris Argent sorrise e bussò piano sul finestrino, invitandomi ad uscire dall'auto. Tenni la chiave ben stretta in mano, ed aprii la portiera.

“Bene bene bene....ciao Jenny.” mi salutò la donna. Io non le risposi “Derek e io avevamo fatto un patto, un po' di tempo fa...l'ha rispettato, è stato proprio bravo...vero Derek?” Lui non le rispose e quando cercò di toccargli il viso, girò la faccia di lato.

“Cosa...cosa sta succedendo?” Kate rise, avvicinandosi a me.

“Succede che, cara la mia ragazza., Derek ha fatto un patto con me. Noi avremmo lasciato vivere lui e i suoi piccoli beta, e Allison sarebbe potuta stare con Scott, in cambio lui mi avrebbe informato di qualsiasi licantropo si fosse avvicinato a Beacon Hills, e l'ha fatto. Che caro cucciolo, non trovi?” gli prese il viso a forza e lo baciò, infilandogli la lingua in bocca. Repressi l'impulso di vomitare e di ucciderla. Non riuscivo a collegare come Derek avesse potuto farmi una cosa del genere. Sorrisi a Kate, che aveva finito di sbavare su Derek.

“Argent, non mi costringerai a romperti il naso e ad appenderti di nuovo il reggiseno su qualche albero, vero?” la schernii. Ci odiavamo anche al liceo, lo avevamo sempre fatto.

“Intanto, Jenny, Derek è venuto a letto con me quando stavate insieme...e non gli è dispiaciuto.” cercò di smorzare il mio scherno ma ormai ero talmente spacciata che non mi importava. Derek mi aveva venduta come si vende una vacca. Era questa la cosa insopportabile. Qualcosa dentro di me si era strappato, irrimediabilmente, eppure continuavo a sentire lo stesso amore disperato, immutato e perfetto dentro di me.

“Beh, Argent, se ti accontenti dei miei scarti è un problema tuo, lo sai?” mi appoggiai alla macchina. Molti cacciatori tirarono su il fucile, pronti a colpirmi.

“Cosa vuoi, Argent? Non sto parlando con te, coglione.” zittii Chris Argent, che stava per aprire bocca “Mi rivolgo a quella troia di tua sorella.” Lei lasciò il braccio di Derek e imbracciò il fucile, pronta a colpirmi. Scossi la testa. Quando sparò, non feci altro che spostarmi di lato. La pallottola distrusse il finestrino della lotus, lanciando schegge di vetro dappertutto.
“Ma tu non eri morta, Argent?” le chiesi,tirandomi via qualche scheggia dal braccio.

“Sono qui davanti a te, Jenny. Evidentemente no. Nemmeno tu sei morta, dopo tutti gli sforzi che ho fatto per riuscirci ti trovo a scorrazzare proprio qui...nella tana del lupo. Sei tornata per uccidermi...e ora io ucciderò te. A meno che...” me la ritrovai a pochi centimetri dal viso, che mi sorrideva beffarda “tu non mi dica chi sono gli altri. Chi ti sei portata dietro per questa simpatica gita. Chi sono, quanti sono, perchè ci sono. Ho lasciato andare quei taxi perchè so benissimo che il loro contributo alla tua vita è inesistente. Non posso uccidere altri bambini, insomma, non sono mica un'assassina, no?” mi prese il viso con una mano. Guardai Derek, che abbassò lo sguardo. Le sputai in faccia con tutto il disprezzo che avevo.

“Non avrai una parola dalla mia bocca, puttana.” lei tossì una volta, con disapprovazione, Prese un lembo del mio vestito e lo sollevò, pulendosi la faccia.

“Li troverò da sola, allora. Prendetela.” ordinò. Cinque uomini mi si avvicinarono, con i fucili alzati. Derek ringhiò con me. Loro si fermarono, intimiditi. Potevano prendere me, ma non avrebbero mai preso né mio fratello né Hare. Mai. Kate mi diede un colpo allo stomaco con il calcio del fucile, ma non lo sentii quasi, presa dai miei pensieri.

“Ti farò parlare, come un uccellino, Jenny. Non vorrei mai rovinarti il visino con le botte, capisci? Ho detto prendetela.” Kate si allontanò da me, ed io mi lasciai prendere. Non mi importava di cosa mi avrebbero fatto, volevo solo che mio fratello e Hare fossero in salvo. E Derek. Anche Derek. Gli uomini presero anche lui, che ancora non riusciva a guardarmi negli occhi. Ci sbatterono nella macchina degli Argent, dopo averci legato le mani. Una precauzione inutile, non avevo nessuna intenzione di andarmene. Derek mi guardò e deglutì, io scossi la testa, distogliendo lo sguardo da lui. Ero disgustata.

“Bene, ora che i piccioncini si sono riuniti, possiamo dare inizio alla festa. Non siete contenti, ragazzi? Come ai vecchi tempi!” cinguettò Kate, voltandosi verso di noi. Chris girò l'auto, tornando verso Beacon Hills.

“Con l'unica differenza che mentre io alle feste mi scopavo Derek, tu stavi da sola in un angolo a guardare la gente che si divertiva.”le risposi, sorridendo candidamente. Mi arrivò una gomitata dritta in faccia, ma mi spostai appena in tempo.Mi prese sullo zigomo invece che sul naso, ma il messaggio era chiaro.

“Infatti questa è la mia festa, Jenny. Ma ci divertiremo tutti, state tranquilli. Anche tu, Derek. Per una volta, sarai il re del ballo. E la reginetta sarò io.” ci diede le spalle, e Derek si avvicinò un po' a me. Io non mi scostai.

“Guardami” mosse appena le labbra, un soffio appena udibile “guardami, Jenny.” lo feci. Aveva gli occhi pieni di lacrime “di tutti i licantropi, l'ultima che pensavo di vedere qui eri tu. Non l'avrei mai fatto, Jenny. E lo sai.” lo sapevo, ma non riuscivo a convincermene. Una lacrima mi rigò la guancia, mentre lui non smetteva di guardarmi negli occhi. Kate si girò ad osservarci e rise, prima prima di dare una manata a Derek per allontanarlo da me.

“No, Derek...io sono la reginetta. Io voglio la tua attenzione.” si sporse verso di lui e lo baciò di nuovo, a lungo. Lui era bloccato sul sedile,ed io mi limitai a guardare fuori. Oltrepassammo la mia casa, la scuola, la via che portava alla casa degli Hale. Ci fermammo davanti ad un capannone grigio. Il piazzale era pieno di macchine e di uomini armati, che ci aspettavano.

“Scendete dalla macchina. E non fate scherzi.”Disse Kate, scendendo dalla macchina. Io e Derek ci guardammo. Allungai il collo verso di lui, e lui fece lo stesso verso di me. Gli diedi un bacio.

“Lo so, Derek. Forse questa è l 'ultima volta che ci vediamo.” mormorai, respirando il suo odore, per imprimermelo nel naso e nei polmoni più che potevo. Lui mi baciò di nuovo, appoggiando appena le labbra sulle mie. Kate aprì la mia portiera e mi trascinò via, dandomi in mano ad un energumeno che mi sollevò per le manette e mi portò via. Feci in tempo a leggere le labbra di Derek e di sentire la sua voce appena sussurrata. Kate si mise tra me e lui, ma io lo sentii lo stesso, distintamente.

Koe taku, toku arohe. Ti amo, amore mio.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** quando le cose sono troppo facili, non ti fidare mai. ***


Aprii gli occhi cercando di orientarmi, ma ero troppo confusa e intontita per poter capire dove mi trovavo. Provai a muovermi, ma era tutto inutile. Urlai e la mia voce tornò indietro, in un'eco strana, distorta. Sentii una risata sopra di me e alzai lo sguardo, mentre i miei occhi cominciavano ad abituarsi alla semioscurità.

“Ciao Jenny, ben svegliata! Come ti senti, bene?” Kate mi salutò con una mano, sorridendo. Io ululai, cercando di slegarmi, mi dimenai talmente tanto che polsi e caviglie cominciarono a sanguinare. Lei fece un'espressione dispiaciuta.

“Oh, non ti piace essere legata, Jenny? Adesso ti libero allora!” Le luci si accesero all'improvviso, accecandomi. Urlai più forte di prima, gli occhi mi facevano un male terribile. Quando il dolore passò, riuscii a guardami attorno. Ero in un cubo trasparente, come una gabbia di vetro,con una botola sul soffitto Kate si sporse dal buco, salutandomi ancora con più foga.

“Liberatela ho detto!” sentii i ceppi aprirsi e cercai di correre verso di lei, per saltare nella botola e ammazzarla come non avevo mai fatto in vita mia. Scattai e per poco non mi spezzai il collo. Cercai di togliermi il collare con le mani, scivolose di sangue, ma senza successo. Lei mi sventolò davanti il capo del guinzaglio a cui mi aveva legata, sorridendomi.

“I cani cattivi vanno tenuti alla catena, Jenny. E tu sei stata cattiva, non è vero? Hai idea di quanti soldi e di quanti anni io abbia passato ad inseguirti? Ma adesso sei qui, tesoro.”

Non replicai. Non ne avevo la forza. Sentivo la testa pulsarmi come se qualcuno ci avesse infilato dentro un tamburo.

“Argent...a che gioco stai giocando?” rantolai. Non pensavo ad altro che a mio fratello e ad Hare. A dove fossero, al fatto che stessero bene. Al sicuro, lontano da qui.

“Oh nessun gioco.” sembrava deliziata. Tirò la catena ed io dovetti fare due passi indietro, barcollando “Ti terrò qui finchè non mi dirai chi c'è con te. Chi siete. Quanti siete. Non vorrai mica far morire Derek, vero?” mi si mozzò il respiro. Derek. Un faro illuminò l'unico angolo buio della gabbia. Derek era lì, seminudo, con il collare al collo. Ci guardammo, smarriti, mentre Kate rideva sopra di noi. Provammo entrambi l'impulso di avvicinarci l'uno all'altra, ma quando muovemmo un passo, Kate tirò le catene, facendoci tornare al punto di partenza. Ridacchiò, divertita.

“Dio, quanto siete carini...quasi quasi vi lascio in vita solo per vedere quanto ancora potrete andare avanti. Jenny, dimmi chi sono.”

“Non...non c'è nessuno, Kate. Sono tornata da sola. Nei taxi c'erano tutti. Sono rimasta solo io. Quindi che ne dici di ammazzarmi e di finirla qui?” non mi importava di morire. Mi importava che mio fratello e Hare si salvassero. E anche Derek. Lei fece schioccare la lingua un po' di volte, in segno di disapprovazione.

“No no no Jenny...così non va...non puoi mentire, Derek mi ha detto che erano dodici oltre a te, e in quei taxi c'erano solo dieci persone...non costringermi a farvi del male...” io tacqui e guardai Derek.

“Kate, forse mi sono sbagliato...erano talmente tanti...” mormorò lui, cercando di salvare la situazione.

Una scarica elettrica mi colpì talmente forte che caddi in ginocchio, ringhiando.

“Sei una puttana, Argent! Devi morire cazzo, morire!” gridai, scossa dai tremiti. Lei rise, vedendomi in ginocchio.

“Adesso non fai più tanto la spavalda, eh Jenny? Come ci si sente ad essere dall'altra parte? Derek, tesoro, sai cosa succede al tuo branco se mi dici balle. Li ammazzo tutti. E tu non vuoi che altri ragazzini muoiano ancora per colpa tua, vero? Beh adesso vi lascio, ragazzi!” esclamò, agganciando le catene a due enormi ganci sopra di lei “Ci vediamo domani!” la vidi scendere delle scalette poste sul lato della gabbia ed uscire da una porta in fondo al capannone. Avevo trattenuto le lacrime fino ad allora, ma quando se ne andò scoppiai. Appoggiai la fronte sul pavimento insanguinato e mi misi le mani sulla testa, piangendo. Hare. Mio fratello. Sarebbero morti per colpa mia.

“Stai zitto Derek, stai zitto! Non ti voglio sentire, non voglio parlarti!”urlai, quando lui cercò di dire qualcosa. Non volevo ascoltarlo, non volevo sapere cosa avesse da dire. Era colpa sua, tutta colpa sua.

“Come cazzo faccio adesso...Hare...Wai...” continuai a mormorare parole a caso, cercando di recuperare le energie e di far ragionare lucidamente il mio cervello, che sembrava impazzito. Rimasi in ginocchio a terra finchè non cominciarono a farmi male le gambe. Solo allora mi sedetti a terra, appoggiando la schiena alla parete di vetro dietro di me. Dovevo riflettere, dovevo ragionare. Guardai Derek, seduto nella mia stessa posizione.

“Sai dove siamo?” domandai a voce bassa. Mi si era arrochita a forza di urlare. Lui fece un cenno di diniego, passandosi una mano sul viso. Battei le mani un paio di volte.

“Beh, ottimo direi. Prego solo che mi ammazzino prima di trovare mio fratello e Hare, e sopratutto prego che non vengano a cercarmi. Non voglio che muoiano per il mio egoismo, per la mia immaturità.”

“Ma tu sei tornata per ucciderli tutti, non è egoismo questo, né immaturità. Volevi proteggerli...” replicò.

“Non è esattamente così. Sono tornata per uccidere l'Ordine, è vero...ma sono tornata per te.”risi “Pensa...io, l'unica lupa bianca, Alpha di un branco di dodici elementi, che ho combattuto in tutto il mondo e contro qualsiasi essere...mi sono fatta fottere da un sentimento come l'amore. Potevo stare con Hare, avere una famiglia, una vita quasi normale. E invece sono tornata cercando non so nemmeno io cosa.” cercai di pulirmi le mani dal sangue, senza successo “e nonostante tutto quello che è successo, nonostante tu mi abbia tradita nella maniera più meschina che io conosca, non riesco a smettere di amarti. Voglio solo che tu sappia questo...” mi pulii il viso come meglio potevo, impiastricciandomi ancora di più. Lui scosse appena la testa. Sembrava confuso.

“Ma allora perchè tutte quelle scene? Che non volevi parlarmi, non volevi vedermi?”

“Derek, io ho delle responsabilità! Ho mio fratello, il mio uomo, il mio branco! Devo proteggerli! Tu sei vissuto sempre da solo, hai sempre fatto tutto di testa tua, non puoi capire quello che sto provando io.

Per la prima volta sentivo dei legami, qualcosa di simile ad una famiglia...non posso perderli, non adesso, non così!” stavo gridando, e inconsciamente mi ero sporta verso di lui, ma non me ne accorsi finchè il collo non cominciò a farmi del male “tu hai avuto la tua famiglia, hai avuto i tuoi amici. Non sai cosa vuol dire essere sbattuti da un posto all'altro, fin da piccoli. I miei quando hanno divorziato vivevano nella stessa città, ma prova tu a farti New York da una parte all'altra, ogni due giorni. Poi hanno deciso che alla fine io non ero poi granchè e mi hanno sbattuta qui, da mia nonna. Te la ricordi la prima volta che mi hai vista no?” mi accasciai di nuovo contro la parete. Avevo il fiatone. Stavo tirando fuori cose nascoste dentro di me da troppo tempo. Lui sorrise. Era come vedere un raggio di sole squarciare le nuvole.

“Certo che me lo ricordo...ho cercato di raccoglierti un libro e mi hai ringhiato addosso. Se non ci fosse stata Clara penso che mi avresti dato un pugno.” sorrisi anche io, appena appena. Lui continuò.

“Da lì mi sono accorto che volevo te. Ma tu ovviamente eri sempre troppo occupata a fare altro,ad esempio metterti nei casini, e mettere nei casini anche mia sorella.”

“Vedi? Te l'aveva detto, tuo padre, che ero una tipa da non frequentare.” cercai di allargare un po' il collare che mi faceva prudere la pelle. Era una cosa orribile, essere legati come cani alla catena.

“No, non è vero. Ti amavano tutti, a casa. Tanto che quando ho portato a casa Kate...” alzai una mano, come per fermarlo. Poi la abbassai. Volevo finalmente sentire tutta la storia, anche se mi faceva un male immenso. Ogni volta che sentivo pronunciare il nome di quella cagna, mi ribolliva il sangue.

“...quando ho portato a casa Kate, mia madre non mi ha parlato per giorni, mio padre mi ha fatto una scenata. Sapevano tutto ma non volevano dirmelo, pensavano sarebbe stata una cosa più che passeggera. Sono stato un coglione, Jenny. Mai niente, niente di quello che ho fatto insieme a lei mi ha dato quello che mi hai dato tu.” strinse i pugni e abbassò la testa. Io continuai a fissarlo, imperturbabile.

“Se non me ne fossi andata, non sarei mai diventata quella che sono. Non avrei trovato mio fratello, il mio branco. Non avrei un uomo che mi ama al mio fianco. Il nostro amore non cambia le cose, purtroppo non ho più la libertà di poter scegliere solo per me stessa.”

“Se tu dovessi scegliere, Jenny. Tra me, tuo fratello e Hare...cosa faresti?” mi domandò. Lo guardai dritto negli occhi, ma non c'era cenno di supplica né di preghiera. Erano i suoi soliti occhi, determinati e ardenti. Non risposi subito, provai a pensare a cosa avrei fatto in una situazione di quel genere.

“Sceglierei mio fratello. Ma in ogni caso, preferirei morire che dover scegliere una cosa del genere.”

Lui si alzò di scatto, ma gli cedette un ginocchio. Sanguinava e gli tramava la gamba.

“Non ti lascerei mai morire, Jenny. Fosse l'ultima cosa che faccio.” io annuii. Lo sapevo, e sapevo anche che in fondo avrei fatto la stessa cosa, ma mi distolsi da quei pensieri e mi rialzai, cercando di stare in piedi. Cominciai a girare per il cubo,limitata dalla catena, cercando una falla, un posto dove infilare le dita e tirare. Il vetro si sarebbe sicuramente spezzato, ed io avrei potuto continuare ed arrampicarmi fino al gancio. Un ringhio fece tremare l'impalcatura attorno al cubo e tutto il capannone venne scosso come da un terremoto. Io non sapevo se esserne felice o mettermi a piangere. Conoscevo quel ringhio troppo bene per sbagliarmi, e mi pentii di avergli detto di non farlo più. Ma ero felice, perchè come al solito mio fratello non mi ascoltava mai. Sentii degli uomini urlare, poi dei tonfi. In fondo al capannone si aprì una porta e comparvero due persone, poi tre, poi quattro. La quinta entrò e si chiuse le porte alle spalle, con un tonfo. Li vidi correre sotto la luce tremolante del neon. Riconobbi il volto di Hare, che vibrava di preoccupazione. Quello di mio fratello, invece, era distorto dalla rabbia.

“Spostati!” urlò, precipitandosi addosso al cubo, che si frantumò. I vetri volarono dappertutto, schizzando come proiettili. Hare mi fu sopra prima che anche un singolo pezzo potesse toccarmi, ma per poco non mi strozzai con la catena.

“Hare...Hare togliti per favore...sto soffocando...” lui mi prese per un braccio,facendomi alzare.

“Wai..potevi usare la botola...perchè devi sempre fare queste entrate spettacolari? Avrai svegliato mezza città...” lui mi ignorò deliberatamente, arrampicandosi su ciò che restava del cubo e sciogliendo le catene dai ganci. Tornò giù e si mise davanti a me, in silenzio. Gli feci una carezza su una guancia, togliendogli una scheggia di vetro appoggiata al suo zigomo. Bastava. Intanto i beta di Derek lo avevano caricato sulle loro spalle, tirandolo su di peso. Lui protestò, ma non gli diedero ascolto.

“Dobbiamo portarlo in clinica, Scott...e anche lei” disse Stiles, guardandomi “ ha bisogno di una sistemata.” Annuii e guardai i miei beta, che approvarono. Mi arrotolai la catena intorno al braccio, visto che il collare era ancora attaccato al mio collo, e cominciai a correre verso l'uscita.

“Tona, che hai? Non sembri felice di essere libera...” mi chiese Hare, aprendo la porta del capannone per far uscire i beta con Derek. Io uscii, ma era tutto deserto, a parte qualche cadavere sparso davanti all'ingresso. Feci uscire Wairaki, poi il mio compagno, che sbattè la porta del capanno, facendolo tremare di nuovo.

“Non lo so, Hare” mormorai ansimando mentre correvamo verso la jeep di Stiles “...mi sembra tutto...” incespicai, ma lui mi tenne su “...tutto troppo facile.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** noi non andiamo dal dottore, ma dal veterinario. ***


Mi fecero salire in una macchina grossa e scura, di cui non riuscii a leggere né il modello né la marca. Avevo la vista annebbiata e il mio istinto stava prendendo il sopravvento sulla ragione. Mi faceva male ogni singolo muscolo, ogni singola parte del corpo. Chiusi gli occhi e mi appoggiai al sedile posteriore.

“Wai...non..dovresti guidare...” mormorai, mentre Hare cercava di calmare il tremito che mi attraversava tutto il corpo. Mio fratello sterzò e sorrise dallo specchietto, lo vidi quando riaprii le palpebre. Un sorriso sicuro anche se pieno di apprensione.

“E chi dovrebbe guidare? Tu?” mi schernì. Io gli sorrisi di rimando. Era quella la mia famiglia, Hare che mi teneva tra le braccia e mio fratello che mi guidava al sicuro. Cosa aveva fatto Derek, il mio grande, grandissimo amore? Aveva messo in pericolo tutta la mia famiglia, tutto ciò per cui io avevo combattuto fino ad allora. Sospirai mentre la lucidità a poco a poco tornava a rischiararmi la mente.

“Come...mi avete trovata?” domandai alzando appena lo sguardo verso Hare. I suoi occhi scuri erano colmi di preoccupazione e rabbia.

“Seguendo la tua puzza di Alpha schifosa, sorella. Inconfondibile, è come la puzza del concime.”

“Siamo in vena di complimenti eh Wai?” mio fratello scoppiò a ridere e sentii i muscoli di Hare distendersi. Bastava poco per tranquillizzarli, per rasserenarli. Eppure io avevo complicato tutto.

“Siamo arrivati. Hare, portala dentro. C'è già il dottore pronto.” Wai scese dalla macchina e aprì la portiera, veloce come un fulmine. Hare mi strinse a sé e si catapultò fuori, aprendo la porta dell'ambulatorio con una spallata. Sapeva di disinfettante e di giornali patinati, un po' di legno e di profumo per ambiente, che non riusciva però a nascondere l'inconfondibile odore di sangue. Vidi di sfuggita Scott e Styles portare dentro Derek, mentre il veterinario, un uomo di colore corpulento e con un po' di barba, non sembrava per nulla sorpreso di vederci.

“Questa è la prima, l'altro anche se lo fa morire non importa...”Borbottò mio fratello mentre Hare mi appoggiava sul tavolo operatorio. Il freddo del metallo sulla schiena mi provocò un brivido, mentre sentivo Stiles e Scott protestare per l'affermazione di Wairaki. Il dottore sorrise mentre si metteva i guanti.

“Qui non muore nessuno, ragazzi...state tranquilli...mettete Derek lì, e aspettate fuori...Scott, rimani per favore?” Scott si mise accanto a lui, con i guanti sulle mani, mentre gli altri uscivano. Hare trascinava Wai, che non voleva lasciarmi lì.

“Wai...per favore...non fare problemi, ci vediamo dopo...”gli mandai un bacio mentre mi guardava dalla finestrella di vetro della porta. Mio fratello era molto più piccolo e spaventato di quanto non volesse far vedere, e aveva bisogno di me. Il veterinario mi sparò la luce in faccia, che mi fece ringhiare. Mi bruciavano gli occhi, avrei voluto strapparmeli dalle orbite, e la testa mi pulsava.

“Oh cielo scusami...davvero...”si scusò l'uomo, sinceramente dispiaciuto. Il ringhio cupo di Wairaki si propagò distintamente dalla sala d'attesa a quella operatoria “Scott, occupati di rimettere a posto la gamba di Derek, non penso sia nulla di grave...” intanto mi toccava le braccia e il collo.

“La pelle è a posto, non c'è più una ferita aperta, eppure non dovresti avere le cicatrici...è molto strano, voi lupi dovreste rigenerare le cellule molto più in fretta di noi...” si grattò la testa pelata e si scusò, andando ad aiutare Scott alle prese con un Derek decisamente poco incline a farsi toccare. Io a fatica mi misi a sedere, ricacciando nello stomaco i succhi gastrici che mi erano arrivati in bocca.

“Bevi questo.” Scott mi venne vicino e mi porse un bicchiere “è una cosa contro il mal di testa e i dolori in generale...un analgesico che va bene anche per noi...” cercai di stringere il bicchiere più forte che potevo ma tremavo talmente forte che il liquido all'interno mi si rovesciò addosso per metà prima che potessi portarlo alla bocca. Bevvi il resto e deglutii a poco a poco, poi guardai Derek che, finalmente immobile, si faceva toccare la gamba dall'uomo. Anche Scott lo guardò, prima di rivolgere i suoi occhi a me.

“Tona io...posso farti una domanda?” mormorò pianissimo, quasi in un soffio. Annuii appena, per non farmi vedere da Derek. Ero sicura che ci stesse ascoltando.

“Cosa...cosa c'è tra te e lui? Cosa c'era? Cosa c'è stato? Io...lo vedo cambiato, lo vedo...strano...”

“Guardate che vi ascolto.” esclamò Derek, prima che io potessi rispondere.

“Ti racconterò, Scott...non sei l'unico a cui devo una spiegazione...” dissi, in tono di voce normale.

La porta della sala d'attesa sbattè, mentre nel mio campo uditivo entravano alcune voci concitate.

“La Argent sa dove siamo...partire tutti...tempo da perdere....” erano gli stralci di conversazione che riuscivo ad ascoltare, finchè l'ululato di Hare non riempì ogni angolo dell'ambulatorio.

“Cazzo, smettetela di parlare tutti insieme! Tu, biondino leccato, dimmi cosa sta succedendo!” Sorrisi. Hare sarebbe potuto essere un ottimo insegnante elementare. Era buono, paziente e con il polso giusto. La voce di Jackson mi arrivò alle orecchie, ma quello che diceva non mi parve per nulla buono. Dovevamo partire, tutti, subito. E non sarebbe stato piacevole.

Scott si girò verso Derek quando Jackson finì di parlare, ma nessuno nella stanza si mosse finchè Derek non si mise a sedere. Ringraziò il dottore e mi guardò, pieno di vergogna.

“Andiamo.” sibilò, uscendo come se nulla fosse dalla sala operatoria. Io e Scott lo seguimmo senza una parola.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** finalmente abbiamo un piano. forse. ***


Mi infilai di corsa nell'abitacolo dell'auto grigia, appoggiando le mani sul volante, felice di essermi tolta il collare dal collo. Volevo andarmene via subito,anzi, volevo portare più lontano possibile Wai e Hare. Un posto dove non ci fosse pericolo, un posto dove gli Argent non avrebbero potuto toccarli. Ignorai le proteste di mio fratello che mi vide al posto dio guida, ma bastò che ringhiassi per farlo tacere. Sapeva che non era il momento più adatto per mettersi a fare i capricci. Mi affiancai a Stiles e tirai giù il finestrino per parlargli. Lui fece lo stesso, nonostante avesse qualche difficoltà a far partire la macchina.

“Stiles, ascoltami...dobbiamo andarcene da qui, e subito. Dobbiamo portarvi fuori pericolo, tutti quanti, mi segui? Tu, Allison, Jackson, Scott...insomma tutti voi.” Avevo omesso apposta i nomi di mio fratello e del mio compagno. Sapevo che non mi avrebbero mai permesso di andarmene senza di loro, ma era necessario. Non avevo paura di morire, volevo solo che loro fossero in salvo.

“Tona...non possiamo andare da nessuna parte con questa carretta del cazzo.” lo sbotto di Stiles mi riportò alla realtà e al tempo che ci stringeva la gola “non si mette in moto, non funziona!” diede un pugno al cruscotto, che si deformò.

La testa di Derek spuntò dai sedili posteriori, mentre Stiles continuava ad imprecare

“C'è la mia mustang vicino a casa mia. Dobbiamo solo andarla a prendere, poi potremo fuggire, tutti quanti.” parlava ad Hare, senza guardarmi mai negli occhi “dobbiamo avere un piano preciso però, non possiamo continuare ad andare avanti a tentoni. Quelli dell'Ordine sono molti più di noi, più organizzati e armati meglio. Noi non abbiamo praticamente nulla, solo delle macchine e una gran voglia di non morire.” concluse e si rimise seduto dietro, vicino a Jackson.

“Salite qui.” ordinai aprendo il bagagliaio con un pulsante “Starete stretti ma è solo per pochi minuti. Due davanti e due in bagagliaio. Muoversi.”

Il tragitto fu silenzioso e carico di tensione, a parte quando avevo chiesto da dove venisse la macchina. Hare e Wai si erano guardati e non avevano fatto altro che ridacchiare nervosamente insieme ai tre beta di Derek. Avevo deciso che non lo volevo sapere, ma a parte questa parentesi il viaggio fu logorante. Sentivo lo sguardo di Derek trapassare il poggiatesta del mio sedile e posarsi sulla mia nuca, mentre Hare cercava di tranquillizzarmi mettendomi la mano sinistra sul ginocchio. Inchiodai davanti alla macchina nera di Derek, e mi ricordai la prima volta che ci ero salita. Era quasi uguale a quella che aveva quando eravamo ancora insieme, ma di sicuro questa era quasi nuova. Derek scese senza problemi dal bagagliaio e si avvicinò al finestrino di Hare per parlare con lui, cosa che mi rese parecchio ansiosa. Poi si girò verso di me e mi salutò, o meglio mugugnò qualcosa che poteva essere interpretato come un saluto. Non capivo come avesse fatto quasi uccidere tutto il mio branco e pure avere il coraggio di essere incazzato. Hare si voltò.

“Tona, dobbiamo andare a Boston. Lì Derek ha la casa, potremmo stare lì per un po', poi appena lì decideremo la prossima mossa.” io non dissi nulla, mi limitai a seguire la macchina nera lungo il sentiero dissestato. Poco dopo passammo davanti alla nostra bifamiliare, vuota e deserta. Derek inchiodò davanti alla casa di Scott, poco più avanti ed io vidi Allison correre attraverso il prato e infilarsi dentro l'auto. Ringhiai e suonai il clacson, stizzita e misi la testa fuori dal finestrino

“Dobbiamo portarci dietro pure la morosa di Scott? E quella di Stiles no? No perchè già che ci siamo prendiamo panini e birre e andiamo a fare una scampagnata sul lago!” urlai. Poi diedi una grossa accelerata non appena l'auto davanti a me non si mosse. Continuai a ringhiare sommessamente e a stringere il volante finchè le nocche non mi diventarono bianche. Hare mi mise una mano sulla spalla, ma me lo scrollai di dosso.

“Voi a Boston prenderete il primo volo e tornerete a casa. Non ho intenzione di farvi morire perchè sono stata una stupida. E non ho intenzione di sentire proteste, capito?” la mia ultima frase non si sentì, sommersa dai ringhi di Hare e di mio fratello.

“Hai potere su tuo fratello ma non su di me Tona, non puoi obbligarmi a fare quello che non voglio!” urlò Hare. Non c'era rabbia nella sua voce, solo una disperazione cupa e profonda perchè sapeva che quello che diceva non era vero.

“Sono la tua Alpha, Hare. Prima di essere la tua compagna, o la sorella di Wai, o la figlia dei miei genitori, io sono l'Alpha del nostro branco. E se io dico che dovete tornare a casa, dovete tornarci. Senza discutere.” Guardai mio fratello nello specchietto. Aveva gli occhi pieni di lacrime e il viso bagnato, ma teneva i denti scoperti come per difendersi da un momento all'altro. Ormai eravamo lontani dalla città, viaggiavamo veloci in una strada deserta in aperta campagna. I campi di pannocchie, di girasoli e di grano erano dorati e pieni di luce, il cielo del primo pomeriggio aveva un'intensa sfumatura di azzurro. Pensai a come sarebbe stato se io non fossi mai tornata qui, lo pensai mentre guardavo mio fratello che cercava di non piangere. Saremmo rimasti tutti a Mokau, io avrei visto mio fratello crescere e diventare uomo. Forse avrei avuto dei figli con Hare, avrei avuto una vera famiglia, tutta mia.

“Hare, prendi il volante.” lo zittii da ogni altra sua protesta, mi spostai dal posto di guida e scivolai sul sedile posteriore. Hare si sistemò senza sbandare, mentre io mi sistemai accanto a mio fratello, che era rannicchiato accanto alla portiera. Allargai le braccia ma lui non si mosse.

“Wai...vieni qui.” non appena gli dissi così, me lo trovai rannicchiato addosso con il viso premuto contro la mia felpa. Hare aveva avuto il buonsenso di portarmi un cambio comodo prima di venire a liberarmi. Lo tenni stretto a me come quando era piccolo e aveva paura dei fantasmi, del buio, di qualsiasi cosa avesse paura.

“Sai quando ti ho trovato eri un bambino bellissimo. Ti ho raccolto mentre scappavo dall'Ordine, ancora quand'ero in Cile. Ti ho portato in un posto di polizia ma mi hanno detto che di bambini come te ne trovavano ogni giorno, che ti avrebbero spedito nel primo orfanotrofio che aveva un posto libero. Allora ti ho portato via anche da lì e ho fatto letteralmente carte false per far credere che fossi mio fratello. Ti ho portato con me fino a Mokau e un giorno, sulla spiaggia, mi sei sfuggito di mano e hai cominciato a correre verso l'acqua. Solo allora ho capito che eri come me, eri un lupo come me. Quel giorno Hare ti ha preso prima che finissi a faccia in giù su uno scoglio e ti ha riportato da me. Non dimenticherò mai la tua faccia quando ti ho tirato su da quel marciapiede e tu mi sei salito in braccio. Eri piccolo e gracile per avere nove anni. E guarda adesso cosa sei, Wai. Guardami.” gli sollevai il viso e incontrai gli occhi neri di mio fratello. “Sei un uomo adesso. Purtroppo hai dovuto crescere prima degli altri. Hai dovuto affrontare cose che avrei voluto non affrontassi mai, ma tra un po' sarà il tuo momento. Quando il tuo tatuaggio diventerà più grande, saprai di essere diventato il nuovo Alpha del nostro branco. Whakaaro sa già tutto, Wai. Affidati a lui.” mi si era spezzata la voce più di una volta durante il discorso. Mio fratello sapeva già tutta la storia, ma gliela raccontavo ogni volta che aveva paura, per fargli vedere che c'ero io a proteggerlo, qualunque cosa fosse successa. Ma adesso no, non più. Wai appoggiò la testa sulle mie gambe e i piedi contro il finestrino. Si addormentò senza dire una parola, nel giro di un minuto.

“Hare...ti prenderai cura di lui?” una domanda inutile, a cui lui rispose con tutta la dolcezza possibile. Continuammo a parlare ma lui non cercò mai di farmi cambiare decisione, sapeva che era aria sprecata. Preferiva parlare di noi, di Mokau, del branco, della nostra vita. Seguivamo Derek che correva come un matto ma non incontrammo neanche una macchina finchè non vedemmo in lontananza i grattacieli di Boston bucare il cielo. Eravamo in macchina da quasi cinque ore, quando ci infilammo nel traffico cittadino.

“Ho sempre odiato le grandi città, troppe luci, troppi rumori...” mormorai.

“Lo so, tu ami la libertà, il sole e il mare...Tona, perchè non parti con noi? Partiamo e andiamocene. Anche Derek e i suoi. Potremmo vivere tutti lì, tutti insieme.” mi si fermò il cuore. I pro erano che conoscevo la mia terra e di sicuro l'Ordine ci avrebbe messo molto tempo a trovarci. In Nuova Zelanda non avevano nessuno, questo lo sapevo bene. C'erano troppi lupi, sia lì che nelle isole vicine perchè loro potessero avere un punto fisso, e se volevo affrontare gli Argent quello era il posto perfetto. I contro erano che non volevo attirare l'Ordine proprio lì, a distruggere la mia casa e fare chissà quanti morti, forse il mio branco stesso, e poi Derek avrebbe mai abbandonato tutto per seguirmi in una terra che non conosceva, portandosi dietro i suoi? Ma sopratutto...come avrei fatto a far convivere l'amore per Derek e quello per Hare? Mi abbandonai contro lo schienale e baciai mio fratello su una guancia. Era sveglio da un po' e io non me ne ero accorta.

“Vieni con noi Tona. Hare ha trovato la soluzione perfetta. E anche se lasci Derek e i suoi qui sai che non mi dispiacerebbe...” si mise a sedere e si stiracchiò “Hare vuoi che ti dia il cambio?” domandò.

“Ci manca solo che ci fermino perchè la nostra macchina è guidata da un ragazzino.” gli rispose di rimando Hare. Io sorrisi senza dire nulla, seguendo con gli occhi l'auto di Derek. Guardai l'orologio, alle otto di sera Boston era piena di macchine, motorini, biciclette, gente sui pattini. Vite che si sfioravano per un attimo e subito si dimenticavano di averlo fatto. Mi rimisi davanti, sul sedile del passeggero e baciai Hare, approfittando di un semaforo rosso. Le frecce della mustang lampeggiarono un paio di volte ma io non ci feci alcun caso.“Potete restare finchè non avremo un piano preciso, poi dovrete tornare a casa. Questa è la mia decisione definitiva, non ci sono deroghe, non ci sono né se né ma, né ringhi né pianti né proteste sennò questa è la volta buona che vi arriva un ceffone. Avete preso dei soldi, dei cellulari, qualcosa?”

“C'è un borsone dietro, in bagagliaio, con dei vestiti per tutti e tre. Abbiamo un po' di soldi, i bancomat e i cellulari.” mi disse Wai, distratto. Non aveva mai visto tutto quel caos, né tutti quei grattacieli scintillanti. Vidi Derek entrare in un garage sotterraneo sotto ad un enorme palazzo di vetro e acciaio e indicai ad Hare la direzione da prendere. Lui seguì la mustang senza problemi e ci parcheggiò vicino. Saltai giù dalla macchina e presi il borsone dal bagagliaio, di fretta. Chiusi l'auto non appena Hare sbattè la portiera e noi tre seguimmo Derek e gli altri fino all'ascensore. Wai e Stiles si scambiarono un cenno di saluto, appena accennato ma dopotutto era un saluto. Entrammo di corsa nell'ascensore e io mi trovai schiacciata tra Derek e Hare. I loro profumi si mischiavano e mi confondevano. Derek sapeva di avere un rivale, ma Hare? Hare era la pietra, solida e ferma. Concreto, dolce, paziente. Derek era una furia, un uragano, un oceano. Scossi la testa.

“A che piano dobbiamo andare?” chiesi a Derek, facendo finta di niente.

“Trentadue.” bofonchiò, ma non ringhiò quando gli pestai un piede. Odiavo il suo comportamento, odiavo la sua rabbia nei miei confronti. Continuammo a salire ma io ero troppo persa nei miei pensieri per sentire i discorsi dei beta e di Allison con mio fratello. Hare mi teneva la mano ed io non potevo non ignorare gli sguardi che si lanciavano lui e Derek. Mi sentivo soffocare in quell'ascensore.

“Abbiamo un piano. Se dopo avete dieci minuti di tempo prima di uccidervi tra di voi, magari possiamo parlarne insieme.” esclamai per evitare che gli sguardi diventassero ringhia e le ringhia si tramutassero in lotta “certo che siete adulti per niente, voi due. Loro sono molto più piccoli e si comportano molto meglio.” Ebbi un sacco di sorrisi da parte dei beta di Derek. Finalmente l'ascensore si fermò e le porte scattarono. Ci trovavamo in corridoio lungo e largo e il color crema delle pareti era intervallato da grandi porte di mogano scuro. Derek tirò fuori il portachiavi dalla tasca del giubbotto e girò la chiave nella toppa. Feci in tempo a dare un'occhiata al portachiavi prima che lui aprisse la porta e ci facesse entrare nel loft. Non appena entrai lui chiuse la porta e fece scattare la serratura. L'interno era illuminato dal sole che stava tramontando e colorava ogni cosa di una sfumatura rosa-arancione, calda e accogliente. I divani, la cucina, la tv, ogni cosa era esattamente come la ricordavo. Lasciai gli altri seduti in salotto e mi avviai verso la camera da letto. Conoscevo la strada a memoria. Spalancai la porta ed entrai. La nostra gigantografia era ancora attaccata saldamente al muro. Mi tolsi le scarpe e salii sul letto per toccare i bordi della foto.Mi scese una lacrima, una sola, che si schiantò contro la federa bianca del cuscino.

“Bentornata a casa.” mi voltai, sapendo benissimo chi mi sarei trovata sulla porta. Infatti Derek era lì, illuminato dalla luce del sole morente, con un sorriso appena accennato sulla bocca e al collo ancora le cicatrici del collare.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** e dai che si va al mare! ***


Scesi dal letto e mi rimisi le scarpe, fissando Derek negli occhi.

“Non l'hai ancora tolta dal muro? Hare non sa niente di noi due, Derek...e questo di sicuro non è il momento più adatto per dirglielo.” mossi le caviglie un paio di volte per verificare che le scarpe mi stessero bene. Derek alzò le spalle e abbassò lo sguardo, venendomi incontro. Mi prewse per i fianchi e appoggiò il mento sulla mia spalla.

“Scusami Jenny...mi dispiace tanto...mi dispiace da morire, di tutti non pensavo che saresti tornata proprio tu...”mi abbracciò ancora più stretta ma io continuavo a guardare la nostra foto attaccata alla parete. Sorridevamo, con il vento che ci scompigliava i capelli. Quella foto ce l'aveva fatta Clara, una delle poche volte che eravamo andati al mare in gita con la scuola. Mi scostai da Derek e lo guardai a lungo, senza parlare, ma mi ritrassi quando cercò di baciarmi.

“Non adesso...non così...torniamo di là, penseranno che siamo morti se rimaniamo qui ancora...” mormorai, staccandomi definitivamente da lui. Feci scivolare piano le mie dita tra le sue e all'ultimo intrecciai il mio mignolo al suo, trascinandolo dolcemente fuori dalla stanza.

“Tona?” la voce di Hare rimbombò lungo il corridoio ed io lasciai di colpo Derek, camminando velocemente verso il mio compagno, che mi sollevò, baciandomi sulla bocca. Derek non ci degnò neanche di uno sguardo mentre ci superava e svoltava l'angolo. Hare mi appoggiò di nuovo a terra.

“Eh non trovavo il bagno,Derek è venuto a cercarmi...” mi giustificai per la fuga. Lui mi sorrise ancora di più, tenendomi tra le braccia. Mi mossi, a disagio.

“Mi fido di te, Tona, l'ho sempre fatto. Non ti preoccupare. Adesso, dov'è il bagno?” mi chiese, e io gli indicai la porta in fondo al corridoio. Sentii appena i suoi passi sul parquet, mentre tornavo in salotto. Wai, Scott e Stiles stavano giocando ad uno sparatutto davanti alla tv, Allison era al telefono e Jackson fissava il sole che lentamente stava morendo dietro ai palazzi. Sentii un rumore di vetro infranto e mi precipitai in cucina. Stava imprecando mentre raccoglieva i cocci di un bicchiere. Mi chinai e lo aiutai, senza emettere un suono quando un pezzo di vetro mi ferì un palmo. Derek fece finta di non accorgersene.

“Mokau.” gli dissi, mentre gettavo alcuni cocci di vetro nella spazzatura “Venite con noi a Mokau.”

“Non dipende da me, ma da loro. Stiles non si muoverà senza Lydia nemmeno se gli offri tutto il cibo e i letti migliori del mondo.” era appoggiato alla penisola bianca e nera, quella che avevamo scelto insieme. Al frigo era attaccata un'altra nostra foto. La presi tra le dita chiedendomi cosa avessi in testa quando avevo diciotto anni, e di quanto fosse bello.

“Spero che dicano di sì. Lì ci sono molti più lupi e molti meno rappresentanti dell'Ordine. Una specie di rifugio per quelli come noi. Potremmo organizzarci meglio. Metterli sotto pressione. Fargli capire che vogliamo combattere e ammazzarli tutti. Questo non è un posto sicuro e tu lo sai. Anche loro lo sanno. Hai mai portato la Argent qui?” domandai, la voce mi cedette appena. Lui scosse la testa.

“No, questa era una casa mia e tua, fatta solo per noi. Pensi che davvero avrei potuto portarla qui?” mi chiese, di rimando. Io annuii sebbene il senso di colpa mi stesse distruggendo.

“Si, penso di si, in fondo quello che hai fatto con lei l'hai fatto anche con me...a meno che tu non abbia un'altra casa da un'altra parte con le gigantografie tue e sue...” lo vidi arrivare come una furia e mettermi una mano sulla bocca. Il suo corpo bollente premeva contro il mio, tenendomi bloccata contro la penisola. Non potevo fare a meno di sentire che lo volevo.

“Smettila di dire cose del genere...tu non hai idea di come io mi senta in questo momento...” mi tolse la mano dalla bocca, ma rimase attaccato a me “Verrò a Mokau con te, Jenny. Ma ci sono persone che pretendono delle spiegazioni, da entrambi.” si staccò da me.

“Lo decido io chi merita o non merita spiegazioni, Derek. Tu pensa per il tuo branco, io decido per il mio. Comincio a far da mangiare, per favore chiamami Wai.” Presi due pentole e cominciai a tirar fuori la roba dal frigo. Mio fratello venne in cucina, e mentre mi aiutava a far da mangiare, sentii La voce di hare aggiungersi a quella di Derek e dei suoi beta.

“Vuoi andare di là?” chiesi a mio fratello “e digli che è quasi pronto, per favore” lui annuì e mi lasciò sola in cucina, andando a fomentare la discussione. Quando urlai che era pronto, si catapultarono tutti in cucina.

“Allora, cosa avete deciso?” domandai, mentre servivo il pollo al limone. Mio fratello masticò e deglutì nel giro di dieci secondi, poi bofonchiò qualcosa che non capii.

“Lydia sta arrivando, dobbiamo solo prenotare i biglietti e siamo a posto.” mi disse Hare, facendomi una carezza su una guancia. Io scossi la testa.

“Dobbiamo prelevare i soldi e poi distruggere i bancomat, cambiare i numeri di cellulare, arrivare in aeroporto prima possibile e sopratutto viaggiare leggeri. Lasciate qui qualsiasi cosa pensate possa ingombrarvi mentre correte per salvarvi la vita. Non stiamo più giocando, qui si fa sul serio. Non posso promettere a nessuno di voi che finita questa storia potrà tornare a Beacon Hills e farsi una bella vita, ma la Nuova Zelanda non è poi tanto male, anzi...” cercai di rassicurare tutti, compresi Derek e i suoi beta. Allison mi sorrise sicura, l'unica nel gruppo che non avesse battuto ciglio.

“Derek ha quasi sacrificato la sua vita per farci stare insieme...in un certo modo l'hai fatto anche tu, ed è per questo che voglio ringraziarti. Wairaki è fortunato ad averti, e per favore, fammi combattere con voi. Anche se non mi fai combattere, fammi essere utile.” quella ragazzina avrebbe dato filo da torcere a chiunque. Decisi di accontentarla.

“Forse non combatterai in pieno campo, ma averti potrebbe essere utile. Ti insegnerò alcune cose non appena arriveremo lì.” guardai il mio piatto e me lo spostai da davanti. Non avevo assolutamente fame, in compenso volevo assolutamente fumare. Mi alzai.

“Derek, hai sigarette qui?” lui annuì e mi disse che potevo andare in terrazza a fumare. Io uscii dalla cucina e aprii la porta della terrazza, con il pacchetto di Lucky Strike in mano. Me ne accesi una e subito buttai giù il fumo. Avevo perso il conto dei giorni che avevo passato a Beacon Hills, forse perchè avevo fatto troppe cose. Derek, il lupo, gli Argent, Kate, la prigionia, Boston...espirai il fumo che si dissolse nell'aria colma di rumori. Guardai giù, le macchine sembravano quelle di latta con cui Wai giocava da bambino. Mio fratello arrivò di soppiatto e mi posò la testa su una spalla, fregandomi una sigaretta dal pacchetto.

“Sono un uomo ormai, non puoi obbligarmi a fare quello che dici...” mi disse non appena vide il mio sguardo di rimprovero “e poi non sei felice? Vengono tutti con noi! Tona, torniamo a casa...finalmente torniamo a casa!” esclamò, e il fumo gli andò di traverso. Gli battei un paio di volte la mano sulla schiena, finchè non smise. Buttò giù la sigaretta dal balcone.

“Non è roba per te, eh Wai?” domandai con dolcezza. Lui scosse la testa.

“Preferisco fare surf!” si sedette sul gradino della terrazza, in silenzio. Buttai il mozzicone per terra e lo schiacciai sotto al piede, poi mi sedetti vicino a lui. Wai, Hare, Derek e i suoi beta, Allison e Lydia. Stavano per tornare, alcuni a casa, altri in un posto sconosciuto.

Io, stavo per tornare a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** forse c'è qualcosa che avrei dovuto dirti...forse. ***


Bussai leggera alla porta imbiancata dalla salsedine e aspettai. Mi girai verso le auto, ancora accese, su cui aspettavano Hare e gli altri. Lydia non aveva avuto alcun problema a farsi convincere a venire, qualcuno in più a farsi convincere che quattro valigie erano un po' troppe, una delle quali conteneva solo ed esclusivamente scarpe. Sentii dei passi dietro la porta ma non bussai oltre. Quando l'uscio si aprì, mi gettai tra le braccia di Whakaaro, che ricambiò la stretta.
“Sei tornata, piccola lupa...” mormorò. Io inspirai l'odore dolce di tabacco da pipa che si mescolava a quello leggero di sudore, e gli baciai una guancia.

“Si, sono qui...possiamo entrare?” feci un cenno agli altri, che scesero dalla macchina quando lui spalancò la porta per accoglierci. La casa era esattamente come me la ricordavo: luminosa, piena di tappeti e di divisori fatti di perline di legno. Dalla cucina proveniva un canto maori, una voce di donna, e un profumo da far venire l'acquolina in bocca. Lasciai le presentazioni ad Hare e mi avviai verso la voce. Abbracciai Whaea da dietro e lei sobbalzò, sorpresa.

“Tesoro mio! Bentornata!” si girò verso di me ancora con il mestolo in mano. Nonostante l'età, non aveva una ruga sulla pelle scura, ma un luminosissimo sorriso. SI pulì le mani sul grembiule di tessuto grezzo e cominciò di nuovo ad abbracciarmi.

“Whaea..sto soffocando...” le dissi con gentilezza. Lei si staccò da me, sommergendomi di domande. Dalla finestra entrava il rumore della risacca e un'aria secca ma profumatissima. Quando mio fratello comparve in cucina, Whaea trattenne a stento le lacrime.

“Wairaki, come sei cresciuto!” mio fratello ed io ci guardammo prima che lui venisse sommerso dagli abbracci della donna. Era passata poco più di una settimana dalla nostra partenza. Tornai nell'ingresso dove Hare e Whakaaro stavano discutendo a bassa voce.

”Gli altri?” domandai, interrompendo la conversazione.

“Li ho mandati nelle stanze di sopra, bambina.” mi rispose il vecchio, lanciandomi un lungo sguardo “spero che io e te potremo fare una chiacchierata, stasera...” mi disse, posandomi una mano su un braccio. Io sorrisi, avvicinandomi ad Hare e dandogli la mano.

“Certo, tutto il tempo che vuoi, Whaka.” Diedi uno strattone ad Hare, per avvicinarlo di più a me.

“Whaka, Clara dov'è?” lui girò la testa di lato, verso la porta di casa.
“Sta giocando con Nyree da Reka, non pensavamo foste di ritorno così presto...prima che arrivassero l'abbiamo tenuta noi, ma pensavamo che sarebbe stato meglio farla stare con loro...” mi rispose con dolcezza ma sentivo distintamente il rimprovero nella sua voce. Abbassai lo sguardo.

“Vado a trovarla. Hare, tu vieni?” chiesi, poi chiamai mio fratello, che uscì dalla cucina con la bocca piena.

“Andiamo a prendere Clara, vuoi?” Hare mi aveva già detto di si e anche mio fratello non vedeva l'ora di vederla. Salii le scale di legno grezzo fino al piano di sopra, mentre Hare e Wai ricominciavano a parlare con Whakaaro. Riconobbi la stanza di Derek dal suo odore e bussai leggermente.

“Avanti.”disse lui da dentro la stanza. Spinsi la porta ed entrai. Era la stanza che io e Hare dividevamo prima di andare a vivere da soli. Derek era disteso sul letto, senza maglia, con una foto tra le mani. Mi sedetti sul bordo e vidi che gli tremavano le mani. Mi mostrò la foto, senza darmi tempo di parlare. Eravamo io e Hare, ma in mezzo a noi c'era una bambina dai capelli scuri e gli occhi blu.

“Chi...chi è questa?” gli tremava la voce in modo incontrollabile. Io sospirai.

“Non dovevo tenertelo nascosto ma non ho avuto altra scelta...lei è Clar...” mi mise una mano sulla bocca.

“Tua figlia?” mi chiese. Io annuii, con la bocca ancora tappata. Lui tolse la mano, continuando a fissare la foto “Non somiglia per niente ad Hare, non ha nulla di lui. Somiglia a te però.” mormorò. IO avevo un groppo in gola, ma ricacciai indietro le lacrime. Sapevo che per lui sarebbe stato molto peggio.

“ Perchè non è di Hare, Derek. Ha sei anni e mezzo. Si chiama Clara. Se sei intelligente, fai due più due, vedrai che ci arrivi.” mi alzai dal letto, che scricchiolò. Non volevo vedere il suo viso, né la sua espressione, mi sentivo uno schifo. Scesi le scale quasi correndo e per poco non travolsi Hare.

“Dobbiamo parlare, io e te. Ma non ora. Voglio vedere Clara.” trascinai mio fratello e Hare in auto e la accesi. Mi accorsi che più procedevo verso casa di Reka, più sentivo la felicità e la tensione salire. Sbattei la portiera con così tanta foga che quasi la staccai e mi misi a correre lungo il vialetto. Reka e gli altri abitavano in un'enorme villa vicino al mare, e già dal viale potevo sentire le grida e le risate dei bambini e dei ragazzi. Scampanellai e Reka mi venne ad aprire, reggendo suo figlio più piccolo.

“Tona! Sei tornata! Sei viva!” era felice di vedermi, una felicità sincera e genuina. Sentii dei passi veloci lungo il corridoio e dalla porta del soggiorno comparve una bambina con i capelli scurissimi e gli occhi azzurri, che si spalancarono di gioia non appena mi vide.

“Mamma!” Mi corse incontro e mi saltò in braccio. Affondai il viso nei suoi capelli, che sapevano di sole e di salsedine. La sentivo piangere piano e le misi una mano sulla schiena, tenendola stretta con l'altra.

“Ciao piccola...sono qui, stai tranquilla...” le baciai i capelli e la testa, continuando ad accarezzarla. La rimisi giù e lei tirò su col naso, aggrappandosi forte alla mia mano.

“Non saluti lo zio e Hare?” le chiesi. Lei fece cenno di no con la testa e si aggrappò ancora di più a me.

“Beh Clara grazie sai? Non sono più lo zio allora?” le chiese mio fratello, sedendosi per terra. Clara corse ad abbracciarlo, più tranquilla. Poi andò da Hare, che la sollevò. Lei rise, agitando le braccia.

Io scoccai uno sguardo a Reka, che continuava a cullare suo figlio. Nonostante la felicità nel suo sguardo , vedevo il suo rimprovero nei miei confronti. Sospirai, prima che Clara venisse a prendermi di nuovo la mano.

“Andiamo mamma, ti faccio vedere cosa ho costruito con Nyree!” mentre la seguivo mi ricordai della conversazione tra me e Hare in macchina, prima di andare al bowling. Se fossero stati come Nyree non li avrei voluti, ma erano figli che volevo con Hare. Clara...era Derek, in tutto e per tutto. Le sue espressioni, il suo sguardo, già a sei anni e mezzo. La presi in braccio e la tenni stretta a me.

“Ma adesso non vai più via vero?” mi chiese lei, premendomi le manine sulle guance. La baciai.

“No piccola, non vado più da nessuna parte...” lei cominciò a giocare con i miei capelli, appoggiando la testolina sulla mia spalla.

“Ma papà quando torna dal viaggio?” un'altra domanda spinosa, troppo. Le avevo spiegato che Hare non era il suo vero papà, che il suo era partito per un lungo viaggio, ma che poteva chiamarlo così. Ma lei non aveva voluto. Adesso suo padre era disteso su un letto a dieci minuti di strada da lì.

“Presto, papà torna presto.” la misi giù e lei cominciò a correre verso la spiaggia, sempre tenendomi d'occhio. Hau ed Heru mi corsero incontro urlando di gioia.

“Sei tornata! Eravamo tutti preoccupati, non sapevamo dove fossi, cosa facessi! Li hai uccisi tutti?” mi chiesero in coro. Clara mi chiamò dalla battigia.

“No, ragazzi, le cose sono un po' più complicate di così..ne parleremo a cena, tutti quandi...ah, Heru?” lei alzò la testa, curiosa “c'è anche Jackson qui con noi, a casa di Whakaaro.” arrossì, e, non posso giurarlo, ma sembrava che facesse le fusa. Raggiunsi mia figlia sulla battigia e lei mi mostrò cosa aveva costruito.

“Ma è meraviglioso, Clara...e brava anche tu Nyree!” dissi, togliendomi la maglia. Ero in pantaloncini e reggiseno ma poco mi importava. Il sole, il rumore dell'acqua, gli uccelli acquatici che si chiamavano pigramente l'un l'altro. Spalancai le braccia e mi buttai sulla sabbia, chiudendo gli occhi.

“Signorina, vuole fare un bagno con me?” un'ombra mi aveva coperto il sole, e quando riaprii le palpebre Hare mi tendeva una mano. Gli sorrisi e afferrai la sua mano. Lui mi attirò a se, baciandomi, mentre Clara cercava di intrufolarsi tra di noi.

“Andiamo a fare il bagno, amore?” chiesi a mia figlia. Lei annuì ed io la presi in braccio, cominciando a correre verso l'acqua..

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** ...forse...più di qualcosa. ***


“Seriamente, cosa pensi che avrei dovuto fare? Dirgli ehi lo sai che a Mokau c'è tua figlia? E ad Hare? Guarda amore, a Beacon Hills c'è l'unica persona che amerò mai nella mia vita, e hai presente Clara, si? Ecco, è sua figlia!” sbattei un pugno frustrato sulla sabbia, mentre guardavo la luna che si rifletteva sull'acqua. Whakaaro sospirò e mi mise una mano sulla spalla, per tranquillizzarmi.

“Non ti agitare così, non serve a nulla...ma si, è quello che avresti dovuto fare. Calcolare i tuoi gesti in base a quanto dolore avresti potuto creare. Un'Alpha, sopratutto una come te, avrebbe dovuto farlo. Se non l'hai fatto prima, dovresti farlo ora. Parla prima con Hare, poi con Derek. Hare è quello che si merita più di chiunque altro sincerità e rispetto da parte tua.” mi passò una mano rugosa tra i capelli, che cominciavano a tornare bianchi come la neve. Mi appoggiai a lui sbuffando e giocando con la sabbia.

“Se non ci fossi tu non saprei come fare, Whaka...”mormorai, fissando l'acqua scura. Non sapevo più dove sbattere la testa. Lui prese una manciata di sabbia e cominciò lentamente a soffiarsela via dalle dita.

“Tona, bambina mia, ti ripeterò quello che ti ho detto quella sera. Io non so come, non so perchè, ma devi stare con Derek. Se stai con Hare porterai tutti alla rovina, te stessa per prima. Hare capirà, è un uomo buono. Ma tu non puoi ignorare il tuo triskele, né Derek il suo. Dovete combattere, fianco a fianco. Non so se tornerete, non so cosa succederà, questo non riesco a vederlo. Ma tuo fratello e il tuo branco saranno in salvo. “ si interruppe mentre dei passi veloci si avvicinavano a noi. Si alzò non appena Hare ci raggiunse, ansimando.

“Whaka, devo parlare con Tona...” mormorò e il vecchio si allontanò, senza più dirmi una parola. Mi alzai e abbracciai il mio uomo, perplessa. Aveva il fiato corto e gli occhi pieni di lacrime.

“Hare, tesoro...cos'è successo?” lui non rispose subito. Si sedette sulla sabbia chiara, il corpo muscoloso scosso dai singhiozzi. Mi appoggiai sulla sua schiena, delicatamente, gli presi le mani. Il suo cuore batteva all'impazzata e nemmeno le mie parole all'orecchio riuscivano a calmarlo.

“Mia madre. Ha avuto un collasso. L'hanno portata in ospedale e io devo andare da lei..ma non voglio lasciarti qui.” mormorò, talmente piano che se non avessi avuto l'udito da lupo non sarei mai riuscita a sentirlo. Il mio cuore fece un balzo, ma nel dispiacere non potevo fare a meno di essere sollevata, almeno non aveva scoperto nulla.

“Hare, io starò bene. Stai da lei quanto vuoi, tesoro. Noi staremo bene qui, non ci troveranno mai. Ma prima che tu vada devo dirti una cosa.” non sapevo nemmeno io cosa stavo per fare. Ero davvero così idiota? Evidentemente si. “devo dirti che Derek...Derek e io...” mi morirono le parole in gola, mentre mi mettevo di fronte a lui, in ginocchio. Lui mi mise una mano sulla bocca.

“Non dire niente. So già tutto. O almeno, lo immagino. Non ti chiedo di stare con me per forza, non ti chiedo nulla, Tona. So cosa significa amare qualcuno oltre la propria stessa vita, perchè è quello che provo io per te. Ma tu hai avuto un altro passato, un'altra vita prima che arrivassi io. Hai avuto Clara, e ora che conosco Derek non ho alcun dubbio su chi sia il padre di quella bambina. Ma non voglio perderti, questo no...” non lo lasciai finire di parlare. Gli allargai le gambe e mi buttai addosso a lui, abbracciandolo. Non piangevo, non c'erano né lacrime né parole per descrivere un uomo come lui.

“Tu...Hare...io...” mi interruppe baciandomi e io lo lasciai fare. Continuammo a baciarci per un tempo indefinibile. Al di là di tutto, amavo anche lui. Amavo la sua forza, la sua bontà. Lo guardai negli occhi e gli scostai i capelli dalla fronte.

“Hare, ascoltami, ti prego. Amo anche te, per quanto possa essere stupido dirlo. Amo la tua forza, la tua bontà. Il tuo carattere. Il fatto che ci sei stato, ovunque e in ogni situazione, a salvarmi e a proteggermi quando non potevo farlo da sola. Lui non c'è mai stato. Io ti voglio accanto a me, sempre. Ma non posso negare che ci sarà sempre Derek..” se si fosse incazzato, se mi avesse presa e buttata in acqua per soffocarmi, glielo avrei lasciato fare. Era quello che mi meritavo, dopotutto.

“Ti credo, Tona. Vedremo come fare quanto tornerò, ma adesso devo andare. Parto stanotte, spero di essere ad Auckland prima di domani sera.” si alzò, aiutando anche me. Tornammo verso casa per mano, scherzando e parlando. Io cercavo di sollevargli il morale scherzando e lui accettava di buon grado le mie smorfie. Scavalcammo il basso cancelletto di legno che separava il giardino dalla spiaggia.

“Ci sono ancora le luci accese? Sono quasi le quattro del mattino, chi è che...” mi interruppi quando vidi Derek sul dondolo del patio, sotto al portico. Stava leggendo un libro, ma la sua espressione tradiva il fatto che ci avesse sentiti arrivare. Hare mi baciò davanti a lui, lentamente e con amore. Io ricambiai per quanto potevo, imprimendo in quel gesto tutto quello che era per me.

“Parto. Salutami Wai e dai un bacio ad Eva da parte mia. Ti chiamo quando arrivo, va bene?” io annuii, ma quando mi lasciò la mano, ebbi l'impulso di riprendergliela. Non lo feci. Andai in cucina, ignorando Derek e aprii il frigo. Una portiera sbattè e una macchina si allontanò dalla casa, veloce. Sbattei la bottiglia del latte sulla penisola. Un po' di liquido si sparse per terra e un'ombra oscurò la luce che veniva dal giardino.

“Ho sentito tutto.” mi disse Derek, entrando in cucina. Si mise di fronte a me, appoggiando le mani sul metallo nero. Io bevvi un paio di sorsi, poi mi pulii la bocca con la mano.

“Complimenti, ancora una volta non ti smentisci mai.” rimisi la bottiglia in frigo.

“Ho sentito di te, di lui...di Clara. Perchè cazzo non me l'hai detto, eh Jenny?” aveva la voce incrinata di rabbia. Io ridacchiai.

“Fammici pensare...forse perchè sono scappata quando la Argent, dopo essere venuta a letto con te, mi ha dato la caccia per mezzo mondo? O forse perchè sei troppo immaturo per prenderti cura di una bambina? O forse perchè non l'avresti voluta? O forse perchè non volevo, visto che l'ho cresciuta io per sei anni e mezzo? Anzi, io e Hare. Ti basta come spiegazione?” mormorai, cercando qualcosa da mangiare. Lui sbattè le mani sulla penisola con una forza tale da ammaccarla.

“No che non mi basta! Io avrei potuto...avrei fatto...” balbettò, incapace di continuare. Mi avvicinai a lui e gli presi le mani, sebbene lui cercasse di sottrarsi al mio contatto.

“Avresti fatto cosa, Derek? Eravamo piccoli...troppo piccoli. Ho solo cercato di toglierti un peso, anzi due. Me e lei. Io forse mi meritavo quello che ti ho visto fare con Kate, ma lei? Cosa sarebbe successo se fossi rimasta? Io sarei morta, e lei anche. Non ho più voglia di parlare, vado a letto...” mi voltai ma lui mi prese per un polso, costringendomi a girarmi. Me lo trovai a pochi centimetri dal viso. Mi fissava con l'espressione che più amavo di lui. Vulnerabile, profonda, insicura.

“Ti prego...resta. Parlami di lei. Parlami di te. Di tutti questi anni che abbiamo passato lontani. Non posso credere che ci siamo allontanati così tanto da non poter ricostruire qualcosa. L'hai detto tu prima, Jenny, che c'è ancora qualcosa tra di noi. Allora fammi provare, per favore.” cercò di baciarmi ma mi ritrassi. Era ancora troppo presto, dopo Hare. Ma intrecciai le mie dita alle sue e lo portai fuori, sul patio. Stavolta non avevo piani, non sapevo nemmeno cosa avrei fatto il giorno dopo. Ma c'erano troppe cose interrotte, spiegate a metà, o non spiegate per niente che dovevano essere dette. Le mie domande avrebbero trovato risposta.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Koe taku, toku arohe ***


Quando il resto del mio branco si presentò per la colazione, io e Derek avevamo appena finito di parlare. Mi aveva raccontato ogni cosa. Da quando aveva scopato con Kate, all'incendio, all'arrivo di Scott e degli altri due, di quanto mi avesse rimpianta negli anni in cui eravamo lontani. Io gli avevo raccontato dei miei viaggi, dei miei combattimenti, di quando era nata Clara, di Wai, del mio branco. Eravamo quasi riusciti a riallacciare del tutto i fili che si erano sfilacciati nel tempo. Avevo già preparato il tavolo fuori, apparecchiato e pronto. Guardai Derek e lui ricambiò il mio sguardo, limpido come me lo ricordavo.

Buongiorno buongiorno a tutti!” Stiles entrò in cucina salutando tutti allegramente. Scott e Allison arrivarono subito dopo, per mano, seguiti da Lydia e Jackson. Li avevo fatti trasferire tutti quanti a casa di Reka, per evitare scocciature a Whakaaro e a Whaea. Lydia si avvicinò a Stiles e gli diede un piccolo bacio prima di sedersi accanto a lui. Jackson guardò Hau, seduta a due posti di distanza. Lei fece finta di non accorgersi ma cominciò letteralmente a succhiare la ciliegia che aveva preso dalla cesta della frutta. Sospirai, mentre Heru le dava una gomitata e lei protestava, minacciandolo di distruggergli tutti i videogiochi. Wai entrò quasi per ultimo, indossando soltanto un paio di pantaloncini sbrindellati. Aveva la tavola da surf sotto al braccio. Se la mise accanto quando si sedette.

Eh Wairaki..fai surf?” gli chiese Stiles. Wai alzò lo sguardo e annuì. Io pregai che non desse qualche risposta tagliente, ma non lo fece. Al contrario, fu molto gentile.

Oh ci puoi giurare che lo faccio, io e Hare siamo bravissimi...se volete un po' vi insegno, ho le tavole tutte in garage...” disse ,mentre attaccavano a mangiare.

Vado a svegliare Clara, non si è ancora alzata...” dissi, quando tutti furono seduti. Wai mi fece un piccolo cenno con il capo mentre si ingozzava di uova e pancetta. Biascicò qualcosa che non capii.

Wai, per favore, quando parli potresti almeno finire di mandar giù?” lo rimproverai, e Reka gli diede un buffetto sulla nuca. Lui deglutì a fatica l'enorme boccone che si era messo in bocca.

Dov'è Hare?” mi domandò. Sentii diminuire il tintinnìo di piatti e posate, mentre tutti si voltavano a fissarmi.

Doveva partire per Auckland. Gli ho detto che potevo andare con lui, ma non ha voluto.” omisi ovviamente tutto quello che era seguito quello scambio di battute tra me e il mio compagno “quando tornerà ve lo dirà lui, se vorrà farlo. E adesso mangiate, poi andremo tutti quanti in spiaggia, grazie al cielo. Stasera parleremo.”sorrisi all'enorme tavolata che mi trovavo davanti e baciai Wai sulla testa.

Aspetta....vengo anche io.” Derek si era alzato e mi aveva raggiunta sulla porta. Non mi voltai ma sapevo che al tavolo erano tutti ammutoliti. I loro sguardi mi bruciavano sulla schiena. Quando fummo fuori dalla loro vista, sulle scale, Derek mi prese la mano e mi fece girare verso di lui. Mi baciò sulle scale, mentre io cercavo di divincolarmi, senza successo. Non che ne avessi davvero voglia, di divincolarmi, ma poteva arrivare qualcuno da un momento all'altro. Poi decisi che non mi importava. Gli misi le mani sulle spalle e lo attirai a me, mentre lui mi spingeva su per le scale.

Non ti preoccupare, non cadi...fidati.” mormorò, tra un bacio e l'altro. Salimmo le scale così, attaccati come se non dovessimo staccarci più, con le schiene che bruciavano e i nostri corpi che si cercavano. Appena arrivammo al pianerottolo, mi fece appoggiare al muro e mi sollevò le gambe. Mi staccai da lui, con il fiato corto.

No. Derek, non qui e non adesso.” dissi. Eravamo così vicini che potevo contare ogni sua ciglia. La sua bocca tremava, semiaperta. Io bruciavo di desiderio in ogni parte del corpo, ogni singola cellula mi urlava di prenderlo, aprire la prima porta che mi fosse capitata e farmelo sul pavimento finchè non fossi caduta a terra sfinita. Gli misi le mani sul petto e lo allontanai da me più gentilmente possibile.

Non ti sei fatta così tanti problemi nel mio bagno, però.” mi disse lui. Io guardai alla fine del pianerottolo del piano di sopra, avevo sentito dei piccoli passi avvicinarsi alle scale.

Immagino che scopare davanti a tua figlia sia il modo migliore per presentarsi, Derek...” gli mormorai in un orecchio mentre lo facevo girare verso le scale.

Clara si stava stropicciando gli occhi. Sbadigliò e poi guardò Derek, corrugando le sopracciglia. Mi spostai di lato per vedere la faccia di Derek. Aveva la bocca spalancata, gli occhi colmi di lacrime. Venne da piangere anche a me, ma ricacciai indietro la commozione. Clara mi salutò con la manina e cominciò a scendere le scale. Si era messa un vestitino blu e beige, allacciato dietro al collo, ma se l'era messo rovescio ed ora penzolava tutto da un lato. Derek si abbassò sui talloni e tese le braccia, senza una parola. Mia figlia continuò a camminare lentamente, fermandosi all'inizio del pianerottolo. Poi, senza preavviso, scattò e si gettò tra le braccia di Derek, che perse l'equilibrio e cadde, tenendosi stretta la bambina tra le braccia. Si mise a sedere, sempre stringendola. Mi guardò ed io lo guardai di rimando,sorridendo appena.

Sei tornato! Sei tornato da me!” gridò mia figlia, circondando il collo di Derek con le braccia. Lui sembrava aver perso l'uso della parola, cercava di balbettare qualcosa ma non ci riusciva.

Amore, non vorrai mica soffocare tuo padre vero?” chiesi alla bambina, staccandola da Derek e prendendola in braccio.

Mamma, è tornato! Hai visto? Sai stanotte ho chiesto a tutti gli spiriti del mondo per favore, fate tornare il mio papà, e loro l'hanno fatto!” mi diede un bacio sulla guancia e tornò subito a guardare Derek, che si era alzato “ma adesso non vai più via papà? Resti qui con noi per sempre vero?” gli chiese e lui annuì. Non era ancora riuscito a spiccicare una parola.

Clara, chi ti ha parlato degli spiriti?” chiesi. Ero piuttosto scettica nell'inculcare delle credenze ad una bambina così piccola. Io ci credevo, ma ero consapevole di farlo.

Whaea! Mi ha detto che ci sono gli spiriti nell'acqua, nel fuoco, nel cielo, nella terra, e che noi dobbiamo rispettarli e volergli bene perchè loro ne vogliono a noi, e che possiamo chiedergli delle cose, anche!” prese la mia mano e subito dopo quella di Derek. “sai papà io non so dove tu sia stato ma questo è un posto bellissimo, dopo andiamo al mare tutti insieme!” lui sorrise e annuì.

Amore, vai a fare colazione, su. Io e tuo padre dobbiamo fare due chiacchiere.”intercettai il suo sguardo preoccupato e la rassicurai “non ti preoccupare, tra cinque minuti veniamo giù anche noi...” le diedi un bacio sulla testa e lei si avvicinò a Derek, per farsene dare uno. Lui si piegò, goffissimo e imbarazzato. Quando lei gli diede di rimando un bacio sulla guancia, rimase paralizzato a guardarla mentre correva giù per le scale urlando che era arrivato suo padre. Questo avrebbe comportato altri guai, ma avrei comunque dovuto spiegare tutto al mio branco,qualche ora non avrebbe fatto differenza.

Ma..è davvero anche mia?” esalò in un sussurro. Io lo attirai a me e lo baciai piano, con gli occhi aperti.

Oh si che è tua, ha il tuo stesso carattere di merda. Comunque immaginavo che vi sareste riconosciuti d'istinto. Vedi, su questo essere lupi aiuta. Capisci subito chi sono i tuoi parenti!” ridacchiai ma lui non rise. Guardava le scale, in silenzio “Ehi, cosa c'è?”

Pensavo che non ne avrei mai avuti. Una famiglia. Una vita. Qualcuno di cui prendermi cura e che si prendesse cura di me. Qualcuno per cui valesse la pena andare avanti, capisci? Ci sono lupi che si uccidono dopo aver perso la propria Half...” gli misi una mano sulla bocca.

Non ci pensare più. Se accetti tutto questo” allargai le braccia, per includere metaforicamente tutta la situazione “avrai tutto quello che desideri.”

Ho accettato tutto questo” allargò le braccia anche lui e intrecciò le sue dita alle mie “quando ti ho visto sulla porta di casa a Beacon Hills, con la faccia stanca e l'aria di una che avrebbe potuto uccidermi.” mi riappoggiò al muro, premendo il suo corpo contro il mio.

Avrei voluto, in quel momento. Ma adesso sono contenta di non averlo fatto, a dirla tutta.” risi e lo spinsi via, di nuovo. Me lo trascinai giù per le scale, mentre lui cercava di tirarmi su.

Aspetta almeno che tutti vadano in spiaggia...” gli dissi mentre entravamo in cucina. Il tavolo del patio era deserto e mi venne una strana ansia. Misi la testa fuori dalla portafinestra e vidi un nutrito gruppo di persone che camminavano verso l'acqua. Riconobbi la cresta di Wai e il vestito sghembo di Clara. Con sollievo notai le tavole da surf anche sotto le braccia dei Beta di Derek. Mi voltai verso di lui, che sorrise e mi morse un labbro. Mi si spezzò il respiro.

Dimmi che gli hai detto di andarsene, ti prego...” mi stava trascinando su per le scale come una furia. Aprì la porta della sua stanza ed io la chiusi con un calcio, senza guardare.

No, ho pregato gli spiriti, gli ho detto ti prego, per favore, fa che se ne vadano tutti che dopo la chiacchierata di stanotte ho ritrovato la mia metà e adesso voglio tanto che diventiamo un intero...” eravamo già sul letto, completamente nudi. Lo guardai e lui fece una smorfia divertita.

Aspetta...” mi fermò mentre stavo per baciarlo “aspetta, devo ricordarmi com'era la formula...ah si..Koe taku...” lo interruppi e continuai a baciarlo.

...toku arohe...” finii la frase io, bisbigliandogli nell'orecchio.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** stare tranquilli un giorno non è possibile ***


“...e poi Wai si è messo quasi a piangere la prima volta che è entrato in acqua perchè aveva paura che ci fosse qualcosa che voleva mangiarlo!” stavo finendo di raccontare la prima volta di mio fratello in acqua. Derek era appoggiato con la testa sulla mia pancia, la sua mano nella mia. Rise, e la sua risata si propagò nel mio stomaco. Il mio cellulare vibrò ed io mi misi a sedere per prenderlo.

“Si?” risposi bisbigliando mentre accarezzavo i capelli di Derek “Hare, tesoro, ciao...come stai? Tua madre come sta? Si...qui tutto bene, Wai sta cercando di insegnare a Stiles a fare surf ma con poco successo...quando torni? No, non ti preoccupare...qui stiamo tutti bene...va bene tesoro...ci sentiamo, ti chiamo io domani, va bene? Ciao, un bacio.” chiusi la telefonata e sentii che il corpo di Derek si era irrigidito. Mi chinai e gli baciai la fronte, delicatamente.

“Non puoi fare così ogni volta che sento Hare...sai la situazione, è complicata...” mormorai. Lui si tirò su. La luce della luna che filtrava dalle persiane disegnava delle pennellate più chiare sulla sua pelle. Gli toccai una spalla e lui si ritrasse.

“Non sarebbe così complicato se tu ti mettessi d'accordo con i tuoi sentimenti, Jenny.” sibilò, stringendo il lenzuolo con le mani.

“Cosa dovrei fare, Derek? Lasciare il mio branco, prendere Clara e seguirti?” gli domandai, buttandomi all'indietro. Atterrai morbidamente sul cuscino e allargai le braccia.

“Si, è esattamente quello che dovresti fare. Ormai tuo fratello è grande abbastanza per diventare Alpha, e tu...potresti venire con noi.” io non lo ascoltavo nemmeno, avevo sentito dei rumori, Qualcuno stava bussando alla porta. Guardai l'ora e scesi dal letto, prendendo la maglietta e i pantaloncini che avevo buttato sul pavimento. Derek fece per dire qualcosa ma lo fermai. Uscii di corsa dalla stanza e vidi i volti assonnati del mio branco e degli altri affacciarsi alle porte. Sentii Derek che mi stringeva la mano.

“Non vi muovete. Nessuno di voi si muova. Vado io. Vestitevi, tutti quanti.” Clara mi corse incontro e mi saltò in braccio. Tremava.

“Piccola, amore, stai tranquilla. Derek, tienila tu.” Gli passai la bambina, dopo averle dato un bacio. Scesi le scale lentamente, i colpi alla porta continuavano, ininterrotti. Guardai dallo spioncino. Due occhi enormi, spaventatissimi fissavano la porta come se fosse l'ultima speranza. Tirai la catena e la porta si aprì con uno spiraglio.

“Tona?” mi chiese la ragazzina. Tremava da capo a piedi, battendo i denti.

“Si, tu...tu chi sei?” chiesi, preoccupata. Sentii dei passi scendere dalle scale e mi voltai.

“State su ho detto! Non vi avvicinate!” gridai, tornando subito alla ragazzina.

“Stanno arrivando...sono un sacco di persone...e...cercano te...” era talmente pallida che pensavo sarebbe svenuta sulla porta. Tolsi la catena e la feci entrare. Lei mi ringraziò, barcollando. La presi per le spalle e chiusi la porta con un calcio, facendo sedere la ragazzina a terra.

“Devi raccontarmi tutto. Chi sono, quanti sono, chi sei tu e perchè sei venuta qui.” le ordinai, ma visto che stava per scoppiare a piangere mi rilassai “vuoi qualcosa da bere?” domandai. Lei biascicò qualcosa e mi avvicinai per capire cosa aveva detto. Un altro rumore su per le scale mi fece voltare di nuovo, ma quando mi girai di nuovo verso di lei mi trovai di fronte la canna di una pistola. Rimasi attonita. La canna, nera e lucida, era a pochi millimetri dalla mia fronte.

“Non ti muovere, razza di lupa bastarda. O ti ammazzo con le mie mani.” mi disse. Aveva il tono duro, ma cercava di dissimulare il terrore infinito che le attanagliava lo stomaco. Non aveva nemmeno tolto la sicura, ma decisi di stare al gioco. Misi le mani avanti e cercai di indietreggiare.

“Ok...ok calmati...cosa vuoi da me?” domandai, cercando di far tremare la voce.

“Voglio che tu, il bastardo del tuo Half e tuo fratello veniate con me. Adesso. La Argent vi vuole e ha messo un sacco di soldi sulla vostra testa.” esclamò. Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Una taglia sulle nostre teste? Cos'era, un film sul selvaggio west?

“O...ok...farò come vuoi tu...posso alzarmi, almeno?” le chiesi, facendo finta di essere spaventata.

“Jenny!” un grido. Mi voltai verso le scale e vidi Derek, seminudo, che guardava la scena attonito. Scattò. La ragazzina cercò di spararmi, ma ovviamente non ci riuscì. Io guizzai a fianco a lei e le torsi il polso, per farle cadere la pistola di mano e la afferrai prima che toccasse terra. Mi voltai verso Derek che aveva già afferrato la ragazzina per il collo e l'aveva sbattuta contro la porta, ringhiando.

“Derek, fermati! Fermati!” gli urlai, cercando di calmarlo. Mollò la presa solo quando gli tirai un calcio dietro al ginocchio. La ragazzina si afflosciò per terra come un sacco vuoto. Derek ansimava rantolando. Mi guardò e mi strinse a sé, senza una parola.

“Derek, aveva la sicura inserita, non mi avrebbe fatto niente di niente...è una ragazzina, guardala...”cominciai a baciarlo, piano, per calmarlo. Altri passi per le scale, forti, veloci. Wai si precipitò nell'ingresso, già trasformato per metà. Lasciai Derek e mi precipitai verso di lui.

“Wai, tranquillo. Non è successo niente.” lui mi fissò, mentre gli occhi gialli tornavano neri.

“No...non è per te...cioè è per te, ovvio che è per te, ma...io conosco questo odore.” fece scorrere lo sguardo per tutto l'ingresso e quando vide la ragazza svenuta sulla porta, impallidì.

“La conosci, Wai?” gli chiesi, mettendogli un braccio intorno alle spalle. Lui annuì, a testa bassa. Derek mi superò e andò a prendere Clara, che era a pochi gradini da lì.

“Derek, portala su. Rimettila a dormire, adesso. Non voglio che veda queste cose.” mandai un bacio a Clara quando suo padre la prese in braccio e lei ricambiò con un sorriso. Io guardai di nuovo la ragazzina e poi mio fratello.

“Wai, aiutami a tirarla su, per favore. Portami della corda, dovrebbe essercene ancora, visto che l'hai lasciata fuori.” mi avvicinai a lei. Poteva avere quattordici, quindici anni. Davvero l'Ordine era arrivato a questo? Mandare una ragazzina? Contro una ventina di lupi? Scossi la testa.

“Wai, non serve la corda. Guardala.” la tirai su e la portai sul divano. Cominciava a riprendersi, si muoveva e cercava di aprire gli occhi. Li spalancò all'improvviso, inspirando di colpo. Io continuavo a fissarla, ma lei fissava Wai, in piedi dietro di me.

“Stai. Ferma.” le intimai, visto che cercava di alzarsi “Sei venuta in casa mia e hai cercato di uccidermi. Mi devi più di una spiegazione. Chi sei, prima di tutto?” le chiesi. Lei non rispose, continuava a fissare mio fratello. Mi girai verso di lui e vidi che lo scambio di sguardi era reciproco.

“Wai, mi spieghi chi cazzo è, per favore?” cominciavo ad innervosirmi, non poco.

“Lei è...da quello che mi ricordo, da quello che posso sentire...lei...” si interruppe e mi si avvicinò “lei..è mia sorella.”

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** le disgrazie non vengono mai da sole, come diceva mia nonna. ***


Sapevo di avere un'espressione stupida, ma non riuscivo a chiudere la bocca.

“Tua...tua sorella? Mi avevi detto di essere da solo, quando ti ho portato via...” mormorai, appoggiando le ginocchia a terra. La ragazza si era ripresa completamente ed ora mi guardava, torva.

“Ha ucciso nostro padre, lo sai questo?” urlò, rivolta verso mio (e suo) fratello “l'ha ucciso senza pensarci due volte! Lui era venuto fino a Beacon Hills per cercarti, ma si è trovato a combattere contro di lei!”mi additò come se fossi il peggior mostro sulla faccia della terra. Mentre lei inveiva, io riflettevo.

Il lupo che avevo ucciso nella radura, quello che mi aveva sfasciato la macchina. Pelle olivastra, capelli neri...

“Tuo padre ha cercato di uccidermi. E di uccidere anche lui” indicai mio fratello “se non lo avessi fermato. Era un lupo completamente impazzito.” le dissi, cercando di stare più calma possibile. Lei rise istericamente, tenendosi lo stomaco.

“Un lupo? Non farmi ridere, puttana di merda, mio padre non era un lupo...” Wai la interruppe.

“Non osare parlare così a mia sorella, merda che non sei altro. Io non ho un padre, non ho una madre e ho una sola sorella. Lei.”ringhiò alla ragazza mentre si avvicinava a me. Io cercai di calmarlo con lo sguardo. Mai come in quel momento amavo così tanto mio fratello.

“Wai, aspetta. Tu” la guardai “dici che tuo padre non era un lupo, ma ti assicuro che lo era, eccome se lo era. E ho più di un testimone, se ti interessa.” mi alzai. Lei aveva il viso bianco, sconvolto.
“Non era un lupo, puttana. Lui non era come te. Non era come voi mostri.” balbettò.

“No, certo. Per questo Wai era coperto di bruciature e di tagli, denutrito e sporco quando l'ho trovato. Non siamo noi i mostri, ragazzina.” le risposi. Sentii il mio intero branco scendere le scale.

“Tuo padre aveva una medaglietta al collo, con il simbolo dell'Ordine. Ne sai qualcosa, per caso?” chiesi, prima che si trovasse davanti venti lupi.

“Lui..mi aveva detto che avrebbe trovato mio fratello, che si sarebbe fatto aiutare da qualcuno...parlava di una certa Kate...” mormorò lei. All'improvviso era remissiva, o forse solo il fatto di essere così confusa la faceva parlare. Ma non sapevo se fosse la verità. Un vociare confuso e assonnato nell'ingresso mi fece ricordare che non eravamo solo io lei e mio fratello.

“Aspettatemi in cucina, tutti.” esclamai, poi mi girai di nuovo verso di lei “purtroppo non sappiamo cosa farcene di te...a proposito, come ti chiami?” Lei, per tutta risposta, mi sputò in faccia. Io mi pulii con il bordo della maglietta e sospirai, mentre tenevo per la vita un Wai parecchio fuori controllo, che sapeva benissimo cosa farsene di lei. Mandai Wai in cucina e la presi per un polso, costringendola ad alzarmi.

“Ascoltami. La situazione non è facile per nessuno. Non ho ucciso tuo padre perchè sono un mostro. L'ho ucciso perchè non volevo morire. Né volevo veder morire mio fratello. O tuo fratello, chiamalo come vuoi. Ma ho bisogno di sapere molte cose. Ti ha mandata l'Ordine qui?” quando annuì, proseguii “e dove vi siete visti? Hai visto Kate? Dov'erano?” mi diede tutte le informazioni che volevo. La nostra comparsa in cucina suscitò sguardi sorpresi e commenti a mezza voce.

“Gli Argent l'hanno mandata qui, ma c'è una buona notizia. Non osano avvicinarsi all'isola perchè siamo troppi lupi. Non sto parlando solo del nostro branco, ma di tutti quelli dell'isola. Un conto è uccidere un lupo isolato, un altro è trovarsi di fronte migliaia di lupi incazzati. Ho una domanda da farvi. Mi ha detto che quando suo padre è partito per trovare Wai non era un lupo. Ma quando l'ho combattuto” evitai di ripetere ancora la parola ucciso “era un lupo al cento per cento. Escluderei l'ipotesi che si sia fatto mordere lungo la strada perchè non penso che qualcuno che vuole uccidere un lupo mannaro si trasformi in un lupo mannaro. O almeno, non penso che sia così coglione, ma tutto può succedere. Avete idee?” nella mezzora che seguì, ognuno dei lupi presenti si sbizzarrì. Tui e Maui fecero il caffè e prepararono da mangiare, mentre le ipotesi, che partivano da un complotto alieno e arrivavano ai geni modificati nel latte di capra, venivano esposte con serietà da ogni membro del mio branco.

“Non è un gioco a premi, lo sapete? Non vincete la maglietta se dite la cazzata più grande!” ricordai a tutti dopo l'ennesima cazzata che riguardava il presidente Obama e il buco dell'ozono. L' unico che non aveva ancora parlato era Derek. Mi accesi una sigaretta mentre guardavo il suo volto velato di preoccupazione.

“Io mi sono fatto un'idea di quello che potrebbe succedere. Hanno bisogno di cavie per testare qualcosa. Quando mi hanno catturato e torturato, e ve l'assicuro, non è stata una bella esperienza, mi hanno tolto parecchie siringhe di sangue. Io penso che servissero a studiare il mio DNA. Fondamentalmente, i lupi sono una mutazione genetica, quindi è possibile riprodurre il nostro DNA anche in provetta. Io penso che quel tipo...sia stato un esperimento andato male. E penso anche che è per questo che ti danno così tanto la caccia” rivolse il viso verso di me “tu sei una mutazione nella mutazione. Con il tuo DNA potrebbero creare una razza di lupi che praticamente non perdono mai il controllo, e assoggettarli per fargli fare quello che vogliono. Hanno metodi molto persuasivi, anche quando mi hanno costretto a dirgli dove eravate, ...” fu interrotto da un ringhio sordo e rabbioso.

“Tu...tu cosa?” ululò mio fratello “tu...hai fatto catturare mia sorella apposta?”

Lo capivo. Derek aveva espresso una spiegazione talmente esauriente e lineare da rendere difficile l'idea che fosse solo un'ipotesi. Con l'ultima frase aveva chiuso il cerchio di sospetto. Mio fratello non lo soffriva, e aveva accolto con molta freddezza la notizia che Derek era il padre di Clara. Lo sopportava per amore verso di me, e questo lo sapevo. Mi misi tra mio fratello e Derek, che stavano per picchiarsi.

“Comportatevi da adulti, tutti e due!” Non è il momento di litigare, davvero, non è il momento!”urlai, ma mi ignorarono deliberatamente. Mi schiacciarono tra di loro, continuando a ringhiarsi contro. Non ce la feci più, e dalla mia gola venne fuori un ululato misto ad un ringhio che nessuno mi aveva mai sentito fare. Ammutolirono tutti quanti. Afferrai mio fratello per la maglietta e lo feci schiantare contro il muro dietro di lui e Derek finì contro i fornelli della cucina.

“Mi spiegate che cazzo avete nel cervello? Siete due stronzi, se dovete accapigliarvi come bambini andate fuori! Fuori! Vi voglio fuori di qui adesso, mi avete rotto i coglioni, tutti e due! Io ho bisogno di sapere cosa fare, come muovermi per far finire questa storia una volta per tutte e voi non fate altro che prendervi a pugni come due bulletti!” stavo perdendo la voce a furia di urlare. Wai si alzò dal pavimento, a testa bassa, e andò a sedersi, le mani sulle ginocchia, senza dire una parola. Derek mi fissò per un momento e uscì dalla portafinestra, sbattendola. Mi portai le mani al viso e respirai un paio di volte, a fondo, cercando di calmarmi.

“Bene. Penso che Derek abbia fornito la spiegazione più esauriente e plausibile, a meno che qualcuno non abbia qualcosa da dire...” mi sedetti anche io, tra Wai e sua sorella. Gli misi una mano sulla sua e lui la strinse. Era il suo modo per chiedermi scusa. Heru si schiarì la voce.

“Tona...io...posso trovare le informazioni. Ho un paio di amici con cui sto al computer che potrebbero darci una mano...e non sto parlando di Skyrim, sto parlando di...” lo interruppi alzando una mano.

“Aspetta un attimo, Heru.” mi voltai verso la sorella di Wai “tu che intenzioni hai, ragazzina?” le chiesi.

“Mi chiamo Rocìo, non ragazzina. E ho comunque intenzione di farti fuori. Non me ne frega un cazzo dei complotti, tu ti sei portata via mio fratello, quindi hai costretto mio padre a fare quello che ha fatto e poi l'hai ucciso.” mi venne voglia di strozzarla con le mie mani, ma mi trattenni. Un problema in più, perchè evidentemente non ne avevamo abbastanza.

“Bene, ottimo...direi che puoi anche andartene allora.” dissi, dopo qualche secondo “non ho intenzione di farti stare qui ad ascoltare tutto quello che abbiamo da dire, e, scusa se te lo dico, mi sembra piuttosto improbabile che tu riesca ad uccidermi visto che non sai nemmeno togliere la sicura da una pistola...suvvia, non hai mai visto qualche poliziesco? Ascoltami. Adesso tu vai dagli Argent, ovunque loro si trovino, piangi, scatenati, fai il cazzo che vuoi, ma levati dalle palle se non vuoi vedere i tuoi intestini appiccicati sul muro come un'opera di arte moderna.” non guardai le facce sbigottite e le proteste accennate del mio branco e dei Beta di Derek e ignorai la stretta di mio fratello “quindi tornatene da dove sei venuta e sparisci da qui, la porta sai dov'è.” le intimai. Lei si alzò, ridacchiando.

“Su quest'isola siamo più di quanto pensi. Tu vali un sacco di soldi, Tona. E un sacco di gente vuole un sacco di soldi. Ci rivedremo, molto prima di quanto pensi. E tu” si rivolse a mio fratello “non pensavo saresti diventato una bestia...io...ti volevo bene. Bene davvero.” aveva assunto una posa tremante, ma mio fratello non ci cascò.

“Questa è la mia famiglia, e lei è la mia unica sorella. E se provi a toccarla, ti ammazzo.” sibilò lui, alzandosi “ti accompagno alla porta.” la prese per un braccio ed uscì dalla cucina. Poco dopo, sentii la porta d'ingresso sbattere. Mi girai verso il tavolo,mentre mio fratello tornava a sedersi.

“Heru, continua quello che stavi dicendo.” afferrai una bottiglia d'acqua e bevvi direttamente da lì.

“Dicevo che...possiamo entrare nei computer dell'Ordine. Se quello che ha detto Derek è vero, avranno di sicuro dei dati, delle cartelle...e io ci posso arrivare. Non so quanto tempo mi ci vorrà, ma ci posso arrivare.” concluse e si guardò intorno, come se avesse paura che qualcuno lo prendesse in giro. Hau lo abbracciò forte e gli diede un bacio in testa, cosa che infastidì Jackson. Li avevo visti passeggiare spesso insieme,negli ultimi giorni.

“Heru, davvero, senza di te non saprei come fare. Ora vi lascio andare a dormire. Non voglio sentire alcun commento sul mio comportamento con quella ragazzina. Non avrei mai avuto il coraggio di farla fuori, e tenerla qui sarebbe stato più un pericolo che altro. Lasciamo che torni e che dica quel che vuole, siamo troppi perchè vengano ad ucciderci.” mi alzai dopo aver baciato mio fratello su una guancia.

“Aspettami alzato, vado a cercare Derek e poi vengo da te...” mormorai, mentre lasciavo la cucina. Scavalcai il cancello e uscii in spiaggia. Guardai il cielo. Mancava un giorno al plenilunio, e la luce quasi abbagliante della luna mi fece subito riconoscere Derek. Era in piedi sulla riva del mare. Lo raggiunsi e lo abbracciai, ormai ero abituata al calore assurdo della sua schiena.

“Non puoi schizzare così Derek....Wai è un ragazzo, ed è mio fratello...avresti fatto la stessa cosa se i ruoli si fossero invertiti...” infilai le mie braccia in mezzo alle sue e cominciai ad accarezzargli la pancia con la punta delle dita. Il suo corpo scolpito tremava appena. Si voltò verso di me, serio.

“Si...ma avresti difeso lui comunque.”

“Io non ho difeso nessuno dei due. Vi siete comportati da idioti e vi siete presi quello che vi meritavate, una strigliata non ha mai ucciso nessuno, Derek. E tu sei diventato molto più selvatico in questi anni. Devi darti una regolata, siamo in venti in quella casa, non puoi comportarti come...” mi baciò senza lasciarmi finire la frase. Sentivo il sapore delle lacrime mentre gli mordevo il labbro inferiore.

“Mi spieghi perchè piangi?” gli chiesi, staccandomi un momento da lui.

“Perchè so cosa vuoi fare...e ho paura.” mormorò, attaccando il suo corpo al mio. Gli misi un dito sulle labbra, come per zittirlo. Tornammo in casa e lui salì subito in camera, senza salutare Wai. Io mi sedetti vicino a mio fratello e gli sorrisi. Lui ricambiò. Aveva capito che volevo fargli un regalo.

“Wai,domani vedrai come cacciano i lupi. Domani andiamo a caccia.”

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** e come al solito finisce così. ***


Sentivo il rumore del mio respiro mescolarsi con quello di mio fratello, di Derek e dei suoi Beta. Guidavo il gruppo semplicemente perchè conoscevo quei boschi meglio di tutti loro. Evitai un arbusto saltandolo e atterrai sul ginocchio. Alzai la testa e vidi cinque lupi saltare sopra di me, superarmi ed atterrare a circa due metri da dove mi ero fermata, nell'erba. Sorrisi euforica e mi rimisi a correre. Saltai sulla schiena di Wai e lo superai, rimettendomi in testa al gruppo. La luna piena illuminava ogni cosa di bianco, lanciando lunghe ombre blu sulla terra, il vento fischiava tra gli alberi. Guardai i lupi dietro di me e sorrisi. Mi piaceva l'idea di essere l'unica umana. Anche Wai avrebbe potuto esserlo, ma quando andavamo a caccia lui voleva essere un lupo. Gli piaceva, lo faceva sentire forte. Era abbastanza grosso, per avere sedici anni, con una striscia di pelo bianco sul dorso. Mi sistemai la faretra sulla spalla e l'arco a tracolla, continuando a correre per la pianura. Un ululato mi fece scartare di colpo verso una strettoia tra le rocce che costeggiavano la pianura. Era talmente angusta che dovevamo procedere in fila indiana, ma nessuno di noi perse un colpo. Quando la strettoia finì, mi bloccai di colpo, senza pensare di avere un lupo alto due metri dietro di me. La piana era coperta di erba e di fiori, che luccicavano alla luna come perle. Era troppo tempo che non vedevo uno spettacolo del genere. Sentii un forte colpo alla schiena e capii che Derek mi era finito direttamente addosso. Rotolammo giù per il pendìo coperto di lunghi fili d'erba. Gli misi una mano su ogni avambraccio e chiusi gli occhi, cercando di sporcarmi o di farmi male il meno possibile. Puntai i piedi per fermarmi e riaprii le palpebre per guardare Derek. Avevo sentito la sua trasformazione sotto le mie mani. Da lupo, si era trasformato di nuovo in umano e ora mi fissava sbalordito cercando di capire cosa fosse successo. Alzò la testa, i suoi Beta e mio fratello erano ancora in cima al declivio, che ringhiavano con preoccupazione.

“Come...come cazzo fai?” mormorò, spostandosi da me e sedendosi sull'erba. Io non gli lasciai il braccio.

“Non lo so. Volevo fare una prova, se poteva funzionare anche con persone esterne al mio branco. Ma non so...se ti lascio il braccio...” dissi, togliendo le dita dal suo gomito, che subito cominciò a mutare, come il resto del corpo. Il viso di Derek si allungò, gli occhi gli diventarono rossi,i denti si ingrossarono, il suo intero corpo tornò com'era prima che lo toccassi. Mi affrettai ad abbracciarlo, appoggiandomi al suo petto bollente.

“Come immaginavo. Per te non funziona come il mio branco. Devo toccarti perchè tu torni uomo durante la luna piena. Vuoi tornare lupo? O vuoi restare uomo, stanotte?” gli chiesi, intrecciando le mie dita alle sue “sei bollente.” dissi poi, passandogli una mano sulla fronte.

“Voglio stare con te. Cacciare con te. A meno che tu non voglia diventare una lupa...”

“No, lo sai che mi trasformo solo quando devo combattere...” alzai la testa e vidi Wai e i Beta scendere il pendio. Wai era decisamente avvantaggiato, abituato ad abitare queste terre. Senza guardarmi, scattò in avanti e mi superò con un salto non appena toccò terra, cominciando a correre come un forsennato. Mi voltai verso la sua direzione.

“Derek guarda...è un'Anima Bianca. “Un cervo candido dalle corna bluastre era appena uscito dal bosco, a circa cento metri da noi, e Wai ci si stava avventando contro, ululando. Derek si atterrì, la stessa espressione che avevo io quando vidi per la prima volta un lupo abbattere un'Anima Bianca.

“Derek...non ti preoccupare. Le Anime Bianche sono volontarie. Lo fanno per evitare che i lupi uccidano persone innocenti. Sono delle specie di fantasmi. Fantasmi di lupi o di altre creature che prendono forma sotto la luna piena e fanno da prede ai lupi. Ogni branco ha il suo animale. Noi abbiamo i cervi, voi potreste avere qualsiasi altra cosa. Quando il nostro branco vede queste Anime Bianche, è attratto solo e solamente da quelle. Non esiste più niente. Wai potrebbe essere in una piazza gremita, ma l'unica cosa che attaccherebbe sarebbe quel cervo.” mi sentii attirare a Derek, che mi circondò il collo e mi baciò.

“Quindi tu sei la mia Anima Bianca...?” disse, ed io mi scostai, stizzita. Mi sciolsi dalla sua stretta e lo vidi ricominciare a trasformarsi.

“A meno che tu non abbia voglia di uccidermi e poi di mangiarmi, penso proprio di no.”gli risposi. Cominciai a correre dietro a Wai che inseguiva il cervo, riassettando i pensieri. Avevo bisogno di un bagno nel mio lago il lago del mio Battesimo. A pensarci bene, tra poco l'avrebbe fatto anche Wai, magari nel mio stesso lago. Scartai e non vidi più nulla, solo il guizzo di una coda striata di bianco nel folto della foresta. Continuai a spostarmi a sinistra finchè non uscii dal bosco. Non mi erano mai piaciuti i boschi, c'erano troppe cose che non riuscivo a vedere, nascoste tra gli alberi. Respirai l'aria profumata della notte neozelandese e continuai a correre, lontana da tutti. Non avevo dubbi che Derek se la sarebbe cavata anche da solo, in fondo era un Alpha di tutto rispetto, sapeva badare al suo branco anche in una terra non sua. L'erba aveva lasciato il posto alla roccia porosa, che di notte sembrava bianca. Mi fermai. Alcuni arbusti dai fiori chiari erano aperti alla luce della luna. Avevo corso per circa un'ora ma avevo il fiatone Maledissi le sigarette mentre le cercavo nella tasca dei pantaloni, dopodichè lasciai arco e faretra in una rientranza della roccia. Stanotte non sarei andata a caccia. Wai poteva cavarsela da solo, Derek anche. Potevo dedicarmi ad un momento di solitudine, visto che tra una cosa e l'altra non avevo avuto un giorno di pace da settimane. Mi arrampicai senza difficoltà su una parete di roccia alta circa tre metri e quando la superai sorrisi. Il mio lago. Avrà avuto un diametro di circa cinquanta metri, profondo circa dieci, dodici al massimo. L'acqua cristallina e purissima. Ma la cosa che lo rendeva sempre così meraviglioso, erano le alghe che ci abitavano. Piccoli esserini fosforescenti e blu illuminavano l'acqua come dei neon. Mi sedetti sulla sponda, immergendo i piedi in acqua mentre fumavo. Le alghe mi urtavano senza farsi sentire, le vedevo rimbalzare pigramente sulla mia pelle, portate dallo spostamento d'acqua che creavo muovendo i piedi. Incredibilmente, già mi sentivo più serena. Mi spogliai e mi ci buttai, increspando la superficie. Finii subito sott'acqua, dove anche il mio udito affinato poteva percepire poco o niente. Nuotai un po' dentro l'acqua, senza risalire e andai a toccare il fondo, con la pressione che mi opprimeva le orecchie. Risalii piano e quando misi fuori la testa, inspirai l'aria fresca come se fosse stata la prima volta. Sentii dei ringhi sordi provenire dalla parete di roccia, ma decisi di ignorarli. Non avevo voglia di vedere Derek in quel momento. Mi avrebbe chiesto perchè ero scappata così dopo la sua battuta. E io cosa gli avrei riposto, che Hare non l'avrebbe mai fatta? Che rispettava questo posto, le sue tradizioni e i sacrifici, le modifiche profonde che aveva fatto quella terra per essere in grado di ospitare i lupi? Continuai a nuotare fino all'altra sponda, ma quando mi girai vidi una massa scura accanto ai miei vestiti.

Derek era riuscito a scalare la roccia e ora ringhiava nella mia direzione, ansando. Nuotai verso di lui senza fretta e gli misi una mano su una zampa. Lui si ritrasformò in meno di un minuto e si accucciò verso di me, sedendosi poi sulla roccia liscia.

“Cos'è...questo posto?” mi domandò, mettendo con cautela le gambe nell'acqua. Stavo attenta a non lasciare la presa sul suo polpaccio, in modo da farlo rimanere umano.

“Questo è il lago del mio Battesimo. Ogni lupo lo può fare. Diciamo che è una specie di rito sciamanico di purificazione...e ad alcuni fa emergere dei poteri particolari, dei caratteri che contraddistinguono anche il suo branco. Ad esempio io...”

“..Sei bianca e non ti trasformi come tutti noi.” concluse lui, prendendomi l'altra mano e appoggiandola sulla sua coscia. Annuii.

“Grazie a questo Battesimo possono anche darti un nome nuovo...chissà quale sarà quello di Wai...puoi scegliere se prenderlo o no, comunque...io sono diventata Tona e da allora tutti mi chiamano così.”

“...a parte me. Perchè sei scappata così?” mi domandò, giocando con le mie dita. Abbassai lo sguardo sulle alghe che fluttuavano attorno al mio corpo nudo.

“Le Anime Bianche...quello che hai detto...mi ha dato fastidio. Tu non appartieni a questo posto, ma io ormai si, e mi fa male, mi irrita che tu faccia battute su cose del genere. Scusami, forse è solo che sto passando un periodo un po' pesante...” finii di parlare e rimasi in silenzio. Si sentivano alcuni ululati lontani, che non appartenevano al mio branco.

“Che effetto ti fa guardare la luna piena?” chiesi a Derek, scostandomi appena da lui in modo che potesse entrare in acqua. Lui scivolò accanto a me quasi senza far rumore, ed io mi aggrappai alle sue spalle.

“Mi da i brividi. Lo stesso effetto che ho quando ti guardo.” sorrise e mi baciò piano.

“E questa quando te la sei preparata?” esclamai, schizzandogli un po' d'acqua addosso “aspetta..aspetta che hai un'alga sulla guancia...” ridemmo insieme, mentre lui mi stringeva ancora più forte. Era la prima volta che ridevamo di gusto, senza nessuna preoccupazione, senza alcun freno. La prima volta dopo anni.

“Quando avremo finito tutto, quando avremo sconfitto l'Ordine e tutti i casini che ne verranno fuori, voglio venire ad abitare qui, con te e Clara. Voglio imparare a conoscere questo posto. Voglio vivere il resto della mia vita con te, senza lasciarti mai...” mi sussurrò all'orecchio, spingendomi delicatamente verso il bordo del lago.

“Secondo me essere umano sotto la luna piena ti fa male...o sei ubriaco? Derek Hale, l'Alpha senza sentimenti, l'uomo solitario che ha infranto centinaia di cuori non solo fa progetti per il futuro, ma decide addirittura di accasarsi, diventando un bravo padre di famiglia..sei messo male, ragazzo m...” non mi lasciò finire. Mi trovai la sua lingua, calda e bagnata dentro la bocca. Il mio corpo si stava scaldando e rispondeva al suo come fossero una cosa sola. Con Hare non era mai stato così. Era qualcosa di amorevole e dolce, ma non poteva essere comparato a Derek. Lui mi conosceva come una mappa ed io conoscevo lui. Cosa gli piaceva, cosa no, cosa lo faceva andare fuori di testa. Gli addentai il collo, piano, e lui gemette. Sorrisi. Mi ricordavo ancora bene.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Qualcuno deve pur prendere le decisioni difficili, che come al solito sembrano sempre sbagliate. ***


Mi rigiravo nel letto già da mezz'ora, Clara mi si era accoccolata a fianco e dormiva, tenendomi il pollice stretto nel pugno. La osservai attentamente, imprimendomi ancora di più i suoi lineamenti nel cervello. Ero stanca, dopo la notte passata fuori, eppure qualcosa mi impediva di dormire. Avevo sentito Hare poco prima, mi aveva chiamata ed eravamo rimasti al telefono quasi un'ora. Era preoccupato, ad Auckland stava succedendo qualcosa di strano. Derek non appena aveva capito che era Hare si era alzato e se n'era andato, stizzito. Lo avevo liquidato con uno sguardo, mentre ascoltavo Hare che mi parlava. Al porto erano arrivate alcune barche che non sembravano né traghetti né barche private. Erano scese delle persone strane. Non riuscivo a capire cosa intendesse per strane, così avevo lasciato perdere, ma le sue parole mi avevano lasciato un'inquietudine difficile da mandare via. Mi chiedevo se gli Argent volessero me per vendetta privata o se era come aveva detto Derek, per gli esperimenti. Non gli avrei mai permesso di prendersi anche Clara, anche Wai, anche Derek. E Hare. Sospirai e accarezzai i capelli lisci di mia figlia che ebbe un piccolo tremito prima di girarsi con la schiena verso di me. Non mi lasciava il pollice, però. La strinsi a me, appoggiando la fronte contro la sua nuca. Dovevo andarmene via, prima che arrivassero gli Argent. Non sapevo se sarebbe stata una mossa inutile, ma forse potevo contrattare bene le condizioni, in modo che li lasciassero in pace. Districai il mio pollice dalla stretta di mia figlia, alzandomi dal letto.
“Mamma...?” mormorò lei, assonnata “dove vai?” domandò. Mi riavvicinai al bordo del letto e la baciai sulla fronte.

“Sto qui, in questa stanza, ma devo fare una cosa. Non ti preoccupare, finchè non ti addormenti di nuovo resto qui vicina a te..poi mi alzo e vado lì, vedi?” indicai la scrivania con il computer, a pochi passi dal letto “e poi torno da te e stiamo insieme finchè non ti svegli...va bene?” mormorai. Lei annuì, e chiuse gli occhi di nuovo. Aspettai cinque minuti prima di rialzarmi. Chiusi la porta delicatamente dietro di me e salii una rampa di scale, per bussare alla stanza dove dormivano Allison e Scott.

“Un momento...” sentii la voce assonnata della ragazza attutita da dietro la porta. Mi aprì e si fermò, sorpresa “scusami...non pensavo che fossi tu...” cercò di sistemarsi come meglio poteva ma la fermai.

“Allison, stai tranquilla, anzi scusami per l'intrusione...Scott è già tornato?” chiesi e lei si spostò, facendomi vedere Scott che dormiva, con la bocca aperta. Sorrisi.

“Puoi venire con me un secondo?” lei annuì e si chiuse la porta alle spalle. Mentre scendevamo in cucina, parlavamo del più e del meno. Mi chiese della nottata e di dove eravamo andati. Le descrissi il paesaggio.

“Se vuoi un giorno ti ci puoi far portare da Scott, è veramente un posto stupendo...” conclusi mentre mi sedevo in cucina, con una bottiglia di birra davanti.

“Senti Allison...hai il numero di tua zia?” domandai senza troppi preamboli. La vidi impallidire e spalancare gli occhi “scusa, non sono abituata a chiedere le cose...” mi giustificai ma lei scosse la testa.

“No...non è per quello...mi aspettavo che me lo chiedessi. Ma io ti giuro che non ho detto niente a nessuno, non li sento più da settimane, te lo giuro!” esclamò, con il panico nella voce. Capii la sua tensione e il suo modo di fare. Aveva paura che la accusassi di aver detto tutto a sua zia. Misi una mano sulla sua, per tranquillizzarla.

“Allison, non volevo accusarti di niente, mi fido di te. Te l'ho chiesto perchè voglio parlarci io. Non avrei mai accettato di portarti qui se non mi fidassi di te.” la sua espressione passò dal panico allo stupore, poi al terrore.

“Perchè...perchè vuoi parlare con lei? Non...non devi parlare con lei, non devi farlo!” esclamò. Io sospirai, poi bevvi un sorso di birra.

“Allison, quello che sto per dirti non devi dirlo a nessuno. Né a Scott, tantomeno a Derek. Gli scriverò un biglietto prima che torni. Allison ascoltami, ascoltami senza dire niente.” dissi, visto che lei cercava di interrompermi “ ho intenzione di chiamare tua zia e contrattare. Io mi consegno all'Ordine e voi sarete tutti salvi. Il mio branco, quello di Derek, mia figlia, Whakaaro e Whaea, tutti. Dal primo all'ultimo. Hare mi ha detto che ci sono stati dei movimenti allarmanti al porto di Auckland, ed è probabilissimo che l' Ordine si sia mobilitato per venire qui. Non so se stiano cercando me, ma visto che mi cercano da anni...è probabile che sia così. Se cercano me, mi avranno, ma sarete salvi tutti quanti. Qui sarete molto più al sicuro che in qualsiasi altra parte del mondo. Anche la ragazzina che ci ha fatto la visitina l'altra sera...non posso stare qui a cazzeggiare, e non voglio che vi ammazzino tutti per colpa mia. Quindi dammi quel numero. E se sai qualcosa che dovrei sapere, dimmelo.” la guardavo negli occhi e vedevo che era combattuta.

“Ti faranno del male ma non ti uccideranno. Hanno bisogno di te. Nonostante tutto, mio padre è un uomo di parola...io purtroppo non so nulla. Mi hanno sempre tenuta all'oscuro di tutto, sopratutto dopo che...beh...hanno saputo chi era veramente Scott. Ti posso chiedere una cosa?” proseguì quando annuii “puoi non andare subito? Per favore, resta qui ancora un po'. Un paio di giorni. Domani...domani è il mio compleanno e...vorrei che ci fossi anche tu.” ricacciò indietro le lacrime che le erano salite e mi sorrise.

Le sorrisi anche io, mentre finivo di bere la birra.

“Va bene. Domani si fa festa. Ma tu dammi comunque il numero, Allison. La chiamerò oggi e contratterò anche la mia partenza.” mi mossi per alzarmi ma lei mi trattenne.

“Ti ammiro, dico davvero. Hai la forza per sacrificare la tua vita per gli altri, io non so se ne sarei capace...” mormorò, mentre tirava fuori il cellulare.

“Non ammirarmi, cerco solo di rimediare gli errori del mio egoismo. Purtroppo, se sapessi prevedere il futuro, mi sarei consegnata loro molto prima. Pensavo di poterli combattere, ma questo è l'unico modo che ho per salvare chi amo.” non mi tremava la voce, sentivo solo l'inquietudine attanagliarmi lo stomaco, una sensazione che non andava via. Mi segnai il numero e richiusi il telefono.

“Ora torna in camera, Scott si chiederà dove sei, se non sta ancora dormendo come un bambino. E mi raccomando Allison, qualsiasi cosa succeda, tu taci. Dì che non sai nulla, che non so dove sono andata né perchè. Spiegherò tutto io.” mi alzai e tornai in camera, da Clara che fortunatamente stava ancora dormendo. Aprii il cellulare e guardai il numero della Argent a lungo, finchè Clara non si mosse, svegliandosi.

“Mamma...mamma dove sei?” mi avvicinai a lei velocemente.

“Amore sono qui, hai visto?” la tranquillizzai. Aveva il terrore che la abbandonassi, che me ne andassi via di nuovo. Speravo solo che quando sarebbe stata più cresciuta avrebbe capito il mio gesto. La coccolai e me la tenni stretta, mentre lei giocava con i miei capelli. Non avevo più fatto la tinta, adesso erano bianchi come la neve.

“Vuoi che andiamo a fare colazione, amore?” le chiesi, mentre la accompagnavo in bagno. La casa cominciava a svegliarsi del tutto, sentivo i movimenti dalle stanze. Appoggiai l'orecchio alla porta di Wai, ma sentii solo un russare sommesso e profondo. Una porta si spalancò di colpo e ne uscirono Hau e Jackson, ridendo.

“Complimenti, ragazzi...” esclamai e loro si fermarono, sbigottiti.

“Eh....io...lei...noi...sono tornato e non trovavo più la stanza....” Jackson balbettò una scusa e io scoppiai a ridere, liquidandoli bonariamente con il gesto della mano.

“Certo, Jackson, ti credo...ti credo sul serio!” dissi, scoppiando a ridere. Clara mi guardò, poi guardò i due ragazzi, poi di nuovo me, non capendo.

“Mamma, perchè ridi?” mi chiese. Io la presi in braccio, portandola in bagno.

“Eh amore, quando sarai più grande lo capirai...” le asciugai il viso e le pettinai i capelli con cura.

“Mamma ma tu e papà vi amate?” mi fissò, lo sguardo limpido e serio.

“Certo che ci amiamo amore...” le presi le manine nelle mie “perchè mi fai questa domanda?”

“Perchè...non lo so. Se vi amate mi porterete un fratellino?” io non le risposi ma la presi in braccio.

“Vedremo, Clara...vedremo.” mi si stava spezzando il cuore e la sensazione era talmente forte che potevo sentirlo scricchiolare “vuoi vestirti da sola?” lei mi ripose di si e io la lasciai scendere. Trotterellò verso la sua stanza e sparì dietro la porta, lasciandola aperta. Mi passai una mano sul viso e scesi le scale, evitando accuratamente la cucina, da cui provenivano parecchie voci assonnate. Mi chiusi la porta d'ingesso alle spalle, poi mi girai e vi appoggiai la fronte. Il segnale di libero suonò una, due, tre volte.

“Si?” non appena riconobbi quella voce, il mio stomaco ruggì. Stavo per chiudere il telefono e lanciarlo in mezzo alla strada ma non potevo, non dovevo farlo. Dovevo 'calcolare le mie azioni in base al dolore che avrei potuto creare' e la mia assenza di sicuro era meno dolorosa della morte di tutti quanti.

“Ciao, Kate. Sai chi sono? Si che lo sai...” sibilai, stringendo il pugno sinistro.

“Oh. Jenny....mi aspettavo questa chiamata. Immagino che tu stia bene, tesoro.” rispose lei, dopo un paio di secondi. Aveva un tono di scherno insopportabile.

“Ascoltami. Ho deciso di consegnarmi a voi. All'Ordine e a tutti i vostri amichetti di merda. Ma ci sono tre condizioni. Lascerete in pace il mio branco e quello di Derek. Non verrete più a cercarli, per nessun motivo. Né prima, né dopo la mia morte. Secondo:non potrete obbligarmi ad ucciderli, né a toccarli. Terza...non dovrete, mai, né tu, né l'ordine, né nessun altro, non dovrete mai e poi mai tornare in Nuova Zelanda. Sono stata chiara? Sarò all'aeroporto di Boston alle cinque tra quattro giorni.” avevo ricominciato a respirare, piano. La sentivo confabulare con un uomo e la cosa si protrasse per un paio di minuti. Poi sentii la sua risposta, venata di soddisfazione.

“Va bene, Jenny. Ci vedremo all'aeroporto allora. Cerca di esserci, tesorino.” ridacchiò.

“Ci sarò.” chiusi il telefono e diedi un pugno talmente forte alla porta che il metallo si deformò sotto al mio pugno. Inspirai ed espirai un paio di volte, ma senza riuscire a calmarmi. Continuavo a ripetermi che era la cosa più giusta da fare, la cosa migliore per tutti, per salvarli tutti. Vomitai quel poco che avevo nello stomaco sul tappetino con su scritto welcome, poi cercai una sigaretta nella tasca dei bermuda del pigiama. Mi voltai per sedermi sul gradino dell'ingresso ma non appena girai la testa, vidi Derek. Mi fissava come se non potesse credere ai propri occhi. Lo guardai anche io, mordendomi a sangue l'interno della guancia.

“...non posso credere che tu l'abbia fatto.” mormorò.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** e poi le persone cambiano i piani così come vogliono loro, generando incazzature difficili da mandar giù ***


Non dissi nulla. Continuai a fumare e a fissarlo, mordendomi la guancia finchè non sentii il sapore del sangue invadermi la bocca.

“Se proprio vuoi morire, ti ammazzo io prima che tu vada a farti ammazzare da quei figli di puttana.”disse lui, senza muovere un passo verso di me “e al tuo branco non pensi? A nostra figlia? A me? A tuo fratello?” sbraitò dando un calcio al paraurti posteriore della mia macchina nuova, che si piegò come fosse stato di burro.

“Ci dovrai pensare tu. Al tuo branco e a Clara. Al mio ci penserà Wai con Hare.” sputai un misto di sangue e saliva e mi sedetti sul gradino, accendendomi un'altra sigaretta “e non te la prendere con le mie cose, che quella roba lì costa.” ero calma “non fare tutte quelle scene, Derek. Comportati come un uomo adulto, per la miseria.” gli dissi. Lui cominciò a ringhiare e ad ululare. In tre secondi era già un licantropo, che mi fissava schiumante di rabbia. Io sospirai. Era già abbastanza difficile senza tutta quella pagliacciata. Saltai sulla mia macchina appoggiandomi al cofano con una sola mano e cominciai a correre. Non c'era nessuno per le strade, a quell'ora erano ancora tutti a lavorare. Se non avessi avuto l'eredità dei miei e di mia nonna avrei dovuto farlo anch'io. Continuai a correre, con Derek alle calcagna finchè non mi ritrovai fuori città. Non appena l'ultima casa fu scomparsa, mi voltai e misi una mano avanti, una sola e chiusi gli occhi. Lui mi cadde addosso, senza frenare la sua corsa. Fu sopra di me un un lampo e cercò di azzannarmi più volte, senza riuscirmi. Ogni volta che falliva, si arrabbiava ancora di più.

“Ammazzami se ci riesci, Derek!Ammazzami così moriranno anche tutti gli altri!” gridai, cercando di sovrastare i suoi ringhi. I suoi denti mi sfiorarono la carotide senza riuscire a farmi neanche un graffio. Mi trasformai anch'io. Ero stanca delle sue scenate di gelosia, stanca dei suoi comportamenti così animali. Non mi aveva chiesto perchè, non mi aveva chiesto come stavo. Giudicava in base ai suoi sentimenti e alle sue pulsioni, e questo non riuscivo a sopportarlo, perchè mi ci rivedevo troppo. Me lo tolsi di dosso, fendendo l'aria con i canini, gli occhi rossi colmi di rabbia. Ci fronteggiammo mentre intorno a noi le api continuavano tranquille a succhiare il nettare. Il sole giocava a nascondino con le nuvole e il mare sciabordava lontano. Avevamo entrambi il pelo irto, i canini scoperti, ma la mia rabbia svanì in fretta come era arrivata. Lo guardai con i miei occhi umani qualche secondo dopo.

“Hai intenzione di restare così per quanto? Hai intenzione di correre urlando per i boschi il tuo dolore? Bene, vai. Non prenderti le tue responsabilità, corri, vai via. Sai cosa? Se tu non ti fossi fatto quella puttana questo non sarebbe mai successo! Se tu avessi avuto il coraggio di essere sincero con me io non sarei mai scappata, se tu avessi fatto combaciare tutte le parole, le canzoni, i graffiti con le tue azioni probabilmente io adesso non sarei costretta a farmi ammazzare per salvarvi tutti! Quindi, coglione, affronta la situazione da uomo e smettila di agitarti come un bambino con problemi comportamentali!” gli urlai. Lui smise di ringhiare ed io mi voltai, ricominciando a camminare verso la cittadina. Dovevo dire ad Allison che non potevo restare, che mi dispiaceva ma non potevo restare. Mi girai per guardare Derek ma lui era già sparito chissà dove, ma in quel momento non mi interessava. Strinsi i pugni e ricominciai a correre verso casa, più veloce di prima

Riuscii ad entrare in casa e a vestirmi senza che nessuno si accorgesse di nulla e quando scesi per la colazione, in cucina c'erano solo Heru e Scott, che parlavano del più e del meno. Heru aveva le occhiaie e il viso pallidissimo e ovviamente il computer appoggiato sul tavolo davanti a lui, tra il latte e i biscotti.

“Tona, ho delle novità...entro domani dovremmo essere nei sistemi dell'Ordine...” sbadigliò e si stropicciò gli occhi, assonnato. Io mi versai del caffè in una tazza e lo raggiunsi al tavolo.

“Heru, ti ringrazio ma non voglio che tu perda nottate di sonno per lavorare...” gli feci una carezza sulla testa e mi sedetti, cominciando a bere.

“Oh io sto facendo molto poco, Lydia mi sta dando una mano e anche tutta la rete di gente che conosco...c'è gente assurdamente brava su internet...” si passò una mano tra i capelli, mentre Scott si alzava per prendere dell'altro the.

“Il resto della famiglia...?” chiesi, allontanando la tazza mezza piena. Loro mi indicarono la spiaggia ed io annuii, mentre in cucina cadde il silenzio.

“Beh dimmi cos'hai scoperto intanto...” intimai ad Heru.

“Non molto per ora, ma entro un paio di giorni dovrei avere tutto tra le mani....” mi rispose. Non li avevo, un paio di giorni. Non avevo più tempo.

“Prima non riusciresti? Non si può fare nulla?”

“Ci sono un sacco di ostacoli, un sacco di password, di sistemi per le rilevazioni di intrusioni eccetera eccetera...” Heru aveva imparato che con me doveva parlare terra terra, perchè io di computer non ci capivo niente, a stento riuscivo a mandare le mail “...quindi no, forse riusciamo ad avere tutto domani sera, ma prima no, mi dispiace.” abbassò la testa come per scusarsi. Gli accarezzai una guancia.

“Heru, stai facendo un lavoro pazzesco. Grazie.” mi alzai e uscii dalla cucina, sedendomi sul dondolo del patio. Da lì riuscivo a vedere mio fratello che solcava le onde, con la tavola blu scuro che gli avevo regalato l'anno prima. Clara stava giocando a palla con Nyree e Reka,mentre Jackson e Hau camminavano sulla spiaggia. Mi passai una mano tra i capelli e rientrai per cambiarmi e mettermi il costume. Salii le scale ed aprii la porta della mia stanza, ancora con le persiane abbassate. Sospirai e mi sedetti sul letto. Avevo fatto un errore? Non avrei dovuto chiamare la Argent? Ma loro volevano me, nessun altro. La ragazzina aveva detto che avrebbero preso anche Wai e Derek, ma le mie condizioni erano state diverse. Solo io, gli altri li avrebbero lasciati stare. Mi cambiai senza fretta e lasciai i vestiti in disordine sul pavimento. Derek non sarebbe tornato tanto presto, me lo sentivo e io avevo bisogno di stare un po' con mia figlia e con il mio branco. L'idea di abbandonarli non mi allettava, ma quella di salvarli si, ed era a questo che dovevo pensare. Se Heru poteva darmi quelle informazioni, avrei aspettato fino al giorno dopo. Poi, sarei partita. Appoggiai i piedi sulla sabbia calda e bianca della spiaggia ed inspirai il profumo salato del mare che si mescolava ad una miriade di altri odori. Mi stampai in faccia un sorriso e cominciai a camminare verso il mio branco.

“Mamma!” mia figlia mi corse incontro, io la sollevai e la baciai mentre lei rideva “Mamma mettimi giù e giochiamo a palla insieme!” la appoggiai sulla sabbia e lei mi prese per mano, tirandomi verso la battigia. Salutai Wai che ora era seduto sulla tavola, nell'acqua bassa. Accanto a lui c'era Stiles, anche lui seduto sulla tavola, che cercava disperatamente di non cadere in acqua. Mio fratello diede una botta alla sua tavola e io lo vidi precipitare in mare, mentre mio fratello si piegava dalle risate. Ridemmo tutti, mentre Clara, seduta davanti a me, mi lanciava la palla con una forza tale da deformarla. Stava crescendo bene, sapeva già controllare gran parte dei suoi impulsi a trasformarsi. Le avevo insegnato ancora quand'era piccolissima.

“Sarà una leader, come te.” Reka mi si sedette accanto mentre Nyree saltava addosso a Clara “vedrai, diventerà come te.” infilò i piedi sotto la sabbia, guardando le bambine.

“Spero di no. Spero che cresca sana, felice, che trovi una persona che la ami e che viva circondata da amore e protezione. Non voglio che faccia la mia vita. Essere come me non è una bella cosa.” mormorai, tracciando dei disegni sulla sabbia. Reka ridacchiò.

“Essere come te vuol dire avere la tua forza, le tue idee, la tua capacità di prendere decisioni, la tua voglia di combattere per proteggere. Quando hai capito che la situazione era troppo critica, ci hai fatti andar via immediatamente da Beacon Hills. Eppure nessuno di noi ti avrebbe lasciata, ma tu hai voluto proteggerci. Sei l'unica Alpha che allontana il suo branco per proteggerlo, Tona. Io ho avuto quattro branchi, prima, e sono stata Omega due volte. Ho visto i miei compagni morire per cose assurde, per combattimenti che fin dall'inizio erano senza alcuna speranza. E poi....”

“...sono arrivata io. Scusa un secondo. Clara! No!” Gridai alzandomi, quando vidi che mia figlia cercava di soffocare Nyree sotto la sabbia. La tirai su e lei mi abbracciò.

“Non le devi fare queste cose, hai capito? Chiedi scusa!” la rimproverai.

“Clara, ascolta tua madre per favore, non essere maleducata.” Derek mi si avvicinò, baciandomi sotto l'orecchio.

“Tu mi devi spiegazioni. Non ti ho perdonata. Ma voglio che ci godiamo gli ultimi giorni, Jenny.” mi mormorò ed io annuii senza guardarlo. Lasciai andare Clara che si scusò con Nyree ma la bambina non sembrava aver bisogno di alcuna scusa. Le lasciai giocare e presi una delle tavole abbandonate accanto all'ombrellone di Reka. Mi legai la tavola alla caviglia e me la misi sotto al braccio.

“Wai, ne cavalchiamo un paio?” urlai a mio fratello, che era ancora alle prese con Stiles.

“Cazzo si!” mi gridò lui di rimando, dando un altro spintone a Stiles. Lydia lo guardò, passandosi una mano sul viso. Le diedi una pacca sulla spalla.
“Non ti preoccupare, è tutta colpa di mio fratello che non sa insegnare..” la rassicurai.

“Oh, non credo proprio...” mormorò lei, rassegnata. Aveva sulle gambe un portatile rosa scuro su sui digitava a gran velocità. “...comunque i lavori procedono meglio del previsto. Domani mattina avrai tutto quello che c'è nel computer degli Argent.” mi sorrise e si scostò una ciocca di capelli dal viso. Io la ringraziai e mi buttai in acqua, cominciando a remare sulla tavola.

Purtroppo Lydia aveva ragione, non era colpa di mio fratello. Stiles era completamente incapace di stare non solo in piedi, ma neanche seduto, su una tavola da surf.

“Wai, vado a prendermi un paio di onde, tu non ucciderlo, riportalo a riva!” dissi, dirigendomi verso il mare aperto. Feci due bracciate e poi vidi l'onda. Quando la presi, fu una scarica di eccitazione. Era troppo tempo che stavo lontano dalle onde. Clara cominciò a gridare agitata e felice, mentre mi indicava a Derek. Io continuai la mia corsa sull'onda, tagliandola con la tavola. Riuscii ad arrivare, in piedi e perfettamente, fino alla spiaggia. Guardai Stiles e gli sorrisi, mentre lui bofonchiava qualcosa e abbracciava Lydia per avere conforto, cosa che lei non gli diede.

“Tona, puoi venire un secondo?” era Allison, con il telefono in mano e il viso pallido. Spalancai gli occhi anch'io e mi tolsi la tavola dal piede. Baciai velocemente Clara e mi avviai verso casa, cercando di dissimulare il nervosismo. Allison mi tese il telefono immediatamente, quando entrai in casa.

“Si.” dissi, indurendo il tono della voce. Sentivo Allison che trafficava con la portafinestra, cercando di chiuderla. Alzai una mano per fermarla.

“Oh, Jenny...ho sentito gente urlare e ridere, ti stavi divertendo?” chiese Kate, dall'altro capo del filo.

“Cosa vuoi.” le risposi, senza modificare il tono.

“Ho cambiato idea...quattro giorni sono troppi. Domani sera dovrai essere ad Auckland. I miei uomini daranno un passaggio fino a me. Abbiamo un sacco di cose da fare, sai Jenny?”ridacchiò e poi riprese a parlare “quindi, se non vuoi che muoiano tutti i tuoi amici parenti e il resto dello schifo che ti ritrovi intorno, devi essere in aeroporto alle undici di domani sera. Insomma, ti ho lasciato il tempo di salutare tutti e di dirgli addio, cosa vuoi di più?”

“Ci sarò.” richiusi il telefono senza lasciarle il tempo di dire altro.

“Cosa ha detto?” chiese Allison, preoccupata. Io le diedi il telefono e mi sedetti. Mi tremavano le mani.

“Ha detto...ha detto che entro domani sera devo essere ad Auckland. Ci sono i suoi uomini e mi prenderanno. Mi porteranno da lei.” appoggiai la fronte sul tavolo, le mani intrecciate sulla nuca e chiusi gli occhi. Allison si chiuse la portafinestra alle spalle.

“Cosa ha detto.” la voce di Derek.

“Ha detto che domani sera dovrà essere ad Auckland. Li la prenderanno e la porteranno da Kate....”

Sentii Derek ringhiare e Allison che cercava di calmarlo.

“Derek, ascoltami, per favore, non fare così, lei ha cercato di fare la cosa più giusta, ha deciso di rinunciare a tutto per salvarci...”

“Stai zitta Allison, ha fatto solo il loro gioco così. Pensi che tua zia non si aspettasse una chiamata da parte sua? Se lo aspettava, eccome. E quando avranno lei cosa gli impedirà di venire a prendere anche noi? Preferivo morire con lei piuttosto che senza di lei...”

“Non morirà nessuno.” mi avvicinai alla portafinestra e lo guardai dal vetro “non morirà nessuno. Nessuno di noi, intendo. E ora scusatemi, vado a farmi una doccia.” gli avevo fatto intuire il mio piano solo di sfuggita, ma speravo sarebbe stato abbastanza per persuaderlo a lasciarmi andare senza problemi.

“Questo piano ha talmente tante falle che potresti usarlo come scolapasta.” mormorai a me stessa mentre salivo le scale.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Partire è un po' morire...letteralmente. ***


Fissavo l'alba, il sole che sorgeva senza fretta da dietro alcune case e mi lasciava con una profonda sensazione di impotenza. Sarei già dovuta partire, ma non appena uscivo dalla camera, qualcosa mi fermava. MI allontanai dalla finestra e presi una penna tra quelle sparse sulla scrivania, mi sedetti e cominciai a scrivere un biglietto. Avevo già parlato con Heru poche ore prima, quando era venuto a bussare alla mia porta con gli occhi rossi dalla stanchezza. Il monitor del suo portatile mostrava le telecamere del circuito di sorveglianza di quello che, presumibilmente, era il quartier generale dell'ordine. Stanze, corridoi, ambienti che sembravano uffici e sale di ricreazione, ma sopratutto le stanze delle armi e alcune porte blindate, a cui non si poteva accedere.

“Ci vorrà ancora tempo per il resto, ma è già un buon risultato no?” mi aveva chiesto, senza smettere di sbadigliare. Sembrava sul punto di svenire dal sonno, così lo avevo mandato a dormire ringraziandolo per il lavoro e raccomandandogli di non perdere il segnale. Lui aveva barcollato verso la sua stanza, ed io ero tornata nella mia e vi ero rimasta. Accartocciai l'ennesimo foglio e guardai il letto vuoto. Clara aveva voluto dormire nella sua stanza, e Derek non era ancora tornato. Non aveva voluto parlarmi né ascoltarmi dopo la mia seconda conversazione con Kate. Non era tornato né a cena né durante la notte, ma riuscivo a sentire i suoi passi sulle scale, e sopratutto sentivo il suo odore, mescolato a quello di qualcun altro. Non appena aprì la porta scattai in piedi, con i nervi a fior di pelle. Derek aveva addosso un profumo da donna, scadente e dolciastro.

“Dove sei stato?” gli chiesi, senza riuscire a smettere di tremare per il nervoso. Sentivo l'odore di sesso che gli impregnava la pelle, odore di saliva e di sudore.

“Non sono affari tuoi, mi pare. Non pensavo di trovarti qui. Pensavo tu fossi già partita.” si sedette sul letto, dandomi le spalle.

“Volevo salutarti. E dirti che se vuoi puoi liberarti di questa cosa. Whakaaro mi ha spiegato un modo per non essere più il mio Half...” non mi fece finire di parlare. Mi mise una mano sulla bocca, fulmineo e mi schiacciò contro il materasso.

“Ti senti? Ti rendi conto di quello che dici? Piuttosto dimmi che è un modo per te di non avere rimpianti lasciandomi qui.”sibilò, ansimando “Tu non hai idea di come io mi senta. So che è l'unico modo per salvarci tutti eppure continuo a pensare che ce ne sia un altro. So che non tornerai eppure continuo a sperare che tu lo faccia, e questo mi distrugge. Vedo il tuo viso, la tua dolcezza, come tratti la tua famiglia. Poi mi ricordo di come sai combattere, di come e di quanto hai combattuto e capisco che non ti merito, perchè sei troppo per me. Invece quando ricordo le tue scelte, penso che sia tu a non meritarmi. Tu fai le tue scelte per proteggerci eppure ci fai soffrire. Quindi vattene e lasciami in pace. Crescerò nostra figlia, starò accanto a tuo fratello, ma non ti prometto che non verrò a cercarti, questo no.” smise di parlare e mi fissò. Io avevo gli occhi pieni di lacrime, schiacciata sotto di lui con una mano sulla bocca. Facevo fatica a respirare ma lui continuava a guardarmi senza muovere un muscolo. Tolsi a forza la sua mano dal mio viso e gli misi le braccia al collo.

“Se vieni...se vieni a cercarmi sarà tutto inutile. Non devi farlo, Derek. Clara ha bisogno di te. I tuoi beta hanno bisogno di te. Non mi baciare.” dissi quando cercò la mia bocca “hai già fatto abbastanza stanotte, mi sembra.” cercai di divincolarmi da lui ma non mi lasciò andare.

“Tu non te ne vai senza prima avermi baciato e non te vai se non mi giuri che tornerai.” mi minacciò.

“Devo salutare Wai. Non ho tempo per te, hai avuto tutta la notte e invece sei andato a puttane, invece di stare con me e con tua figlia...” mi interruppe di nuovo, bloccandomi le mani con le sue e tenendomi incollata al letto premendo il bacino contro il mio. Mi baciò con rabbia e non si tolse nemmeno quando gli morsi il labbro tanto forte da farlo sanguinare. Non riuscivo a muovermi,schiacciata dal suo peso e stanca com'ero per la nottata che avevo passato.

“Lasciami Derek...lasciami,adesso!” ringhiai, scoprendo i denti.

“Non mi fai paura. Non ho più niente da perdere...” mormorò, cercando le mie labbra. Mi baciò di nuovo ma stavolta era delicato, nonostante il sangue gli colasse ancora dalla bocca.

“Tu fai sempre così. Te ne vai, poi torni, mi cerchi, te ne vai di nuovo....” mi si spezzò il respiro quando cominciò a baciarmi sul collo” tu non....puoi...” lo lasciai fare per un po', finchè non mi lasciò le mani e non cominciò a spingere leggermente il bacino contro il mio. Non appena si sollevò, riuscii a togliere le gambe da sotto e mi misi in piedi accanto al letto, fissandolo.

“Noi ci lasciamo così, Derek. Male come abbiamo sempre fatto.” afferrai le chiavi sulla scrivania e mi diressi verso la porta, prendendo anche la chiave della stanza. Non gli lasciai il tempo di fare nulla, mi chiusi la porta alle spalle e diedi due giri di chiave. Andai in camera di Clara e le diedi un bacio, senza lasciarmi troppo trasportare dalle emozioni. Poi andai da mio fratello. Infilai una busta sotto la porta della sua stanza e scesi le scale. Derek aveva già cominciato a picchiare contro la porta, ma se la avesse sfondata o no io non lo sapevo, stavo già guidando verso Auckland, premendo l'acceleratore più in basso che potevo. Avevo il suo profumo addosso. Speravo avrebbero trovato tutti le loro lettere, impilate in ordine sulla scrivania, a parte quella di Wai. Mi confortava il fatto che probabilmente mi avrebbero vista sul monitor, e che probabilmente avrebbero saputo che ero viva, ogni giorno. Mi asciugai le lacrime con forza, ma una mi scappò e finì sui jeans, lasciando una goccia umida. Pensavo di essere già abbastanza lontana, ma il suo grido mi arrivò lo stesso. E non era Derek. Era Wai. Repressi un conato di vomito e continuai a guidare per ore, senza fermarmi. La mia testa era un universo a parte. Cercavo di immagazzinare e conservare più ricordi possibile. Si fece notte senza che io me ne accorgessi. Non avvertivo nessuno stimolo, né la fame, né la sete, neanche quello di pisciare. Mi accorsi di essere arrivata solo quando un aereo mi passò sopra la testa.Lasciai la macchina fuori dall'aeroporto, poco importava se me l'avrebbero portata via. Camminai furtiva, tirando fuori soltanto il portafogli, dove c'erano i biglietti e il documento d'identità. Due uomini vestiti di nero mi si avvicinarono, squadrandomi.

“Sei la lupa, vero?” mi apostrofò il più grosso, con un'arroganza che consideravo insostenibile. Il secondo ridacchiò in modo stridulo, tenendosi con la mano destra il gomito sinistro.

“Beh, non volevate proprio farvi riconoscere eh?” li squadrai anch'io. Mi facevano schifo, con i loro completi perfetti e le loro scarpe lucide. Mi venne voglia di sputarci sopra ma non lo feci.

“Credi di farci paura, bambolina?”chiese il tipo con la risata stridula. Io scoprii i denti e gli occhi mi divennero rosso fuoco. Loro indietreggiarono d'istinto.

“Beh, direi di si. Che sia ben chiaro. Io ho deciso di venire con voi, e non voi che mi avete catturata come se fossi una bestia. Posso ammazzarvi con una mano, una mano sola se mi gira. Quindi attenti a quello che fate.” li misi in guardia. Eccheggiò di nuovo la risata stridula.

“Devi stare attenta tu, o la tua famiglia finisce dritta in obitorio...o dovrei dire al cimitero per animali?” mi ripose il tipo finendo di ridere e accarezzandosi l'unta coda di cavallo.

“Forza, dobbiamo andare.” quello grosso aveva una pelata lucida e una voce profonda, calmissima. Quando risata stridula cercò di afferrarmi, mi divincolai.

“Sono capace di camminare e di far vedere da sola documenti e biglietto grazie....” dissi, tirando fuori il portafogli.

“Oh ma noi non andiamo in un aereo normale...” si aprì in un sorriso. Aveva i denti giallastri e un fiato da far venire il vomito. Come faceva un'organizzazione come l'Ordine a reclutare tipi del genere? Ebbi un brivido di disgusto ma ero pronta. Ci incamminammo lungo un corridoio nascosto da una finta porta di servizio. Serviva alle star e alle persone importanti per arrivare alle piste senza essere visti, o almeno così pensavo.

“Dammi le mani. “ mi intimò quello grosso. Poco dopo, avevo i polsi legati da un cavo d'acciaio del diametro di un centimetro e mezzo. Non sarei comunque riuscita a spezzarlo, anche se avessi voluto. Per coronare la cosa, mi misero un sacco di juta sulla testa, in modo da non farmi vedere né il tragitto né l'aereo. Come se avessi avuto veramente la possibilità di tornare e di raccontarlo a qualcuno. Incespicai su un gradino e mi beccai uno spintone. L'umiliazione mi faceva bruciare le guance, ma più mi divincolavo peggio era, quindi mi imposi di essere buona e docile almeno fino all'arrivo al centro. Quando mi fecero sedere, non mi tolsero il sacco di dosso, ed io non potei fare altro che appoggiare la testa sul poggiatesta, facendo finta di guardare fuori e di salutare per l'ultima volta casa mia.

 

 

 

ATTENZIONE!!!!!

Da questo punto in poi la storia si dividerà in due: uno sarà il punto di vista di Jenny, e l'altro sarà il punto di vista di un altro personaggio! Sarà ovviamente scritto di chi è il P.O.V all'inizio del capitolo!

Divertitevi e continuate a seguire questa FF se vi piace, se vi piace recensite, se recensite mi fate felice e mi aiutate ad andare avanti e a scrivere!

Baci.

LaPazzaCheScriveSteCose AKA Eko1

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** (Wai) se avessi tra le mani mia sorella, la ammazzerei, lo giuro. ***


P.OV. :Wai.

 

Non potevo credere che se ne fosse andata. Non mi era mai venuto in mente che quella testa di cazzo mi avrebbe lasciato qui. Continuavo a rileggere quella lettera, e ogni volta che la rileggevo non sapevo se essere più arrabbiato o più disperato. Sapevo perchè non me l'aveva detto, non l'avrei mai lasciata andar via. Ma lei l'aveva fatto lo stesso, a tradimento.

“Andate fuori dal cazzo, non voglio vedere nessuno, lo avete capito o no?” urlai quando sentii qualcuno bussare alla porta. Guardai il calendario. Erano tre giorni che non uscivo. Mi ero barricato in camera, uscivo solo per pisciare e prima controllavo che non ci fosse nessuno in giro. Sopratutto lui, sopratutto Derek. Era colpa sua se lei se n'era andata, anche se nella lettera diceva di no. Io lo sapevo che era per colpa sua, per proteggere lui. E la cosa mi faceva incazzare, perchè se fosse rimasto dov'era e fosse morto, io avrei ancora mia sorella qui. Mi buttai sul letto, mentre qualcuno dietro la porta non la smetteva di rompere i coglioni.

“Ho detto che devi andare fuori dalle palle, vaffanculo!” ringhiai, mettendomi il cuscino sulla testa. Avevo sentito che Hare era tornato, ma non volevo vedere nemmeno lui. Non avevo fatto entrare neanche Clara, e quella era stata l'unica cosa che mi era pesata, ma per il resto non mi fregava più niente di nessuno.

“Wai, per favore, apri la porta...devo farti vedere una cosa...”Era Heru, quel tipo sfigato che era così intelligente da studiare a casa, lui.

“Cristo, ti ho detto di andartene!” mi frustrava che non capissero che volevo stare da solo. Non era così difficile da capire, no? Quanto mi giravano i coglioni.

“Sul serio...è importante...”la sua voce era attutita dalla porta e dal cuscino.

“Lasciami quello che devi farmi vedere sulla porta e poi lo prendo io, ma per il resto vattene affanculo tu e le tue cazzo di cose!” risposi, dando le spalle alla porta.

“Pensavo volessi vedere Tona...” mormorò lui. Io mi lanciai contro la porta, spalancandola.

“Cosa? Dov'è?” esclamai. L'espressione con cui mi fissò mi fece ricordare che non avevo niente addosso. Gli sbattei la porta in faccia e nella semioscurità afferrai un paio di boxer. Uscii dalla camera come una furia, mentre lui era ancora attonito, con il computer in mano.

“Cos'è, sei frocio per caso?” chiesi, strappandogli il computer di mano. Inserire password.

“Eh...Wai, veramente...dovremmo andare giù...vorrebbero vederla tutti...” balbettò. Gli scaraventai il computer addosso e lui lo prese per un pelo. Scesi i gradini a tre a tre, urlandogli di muoversi. Quando entrai in cucina, la conversazione si spense di colpo. Avevano i visi stanchi, tiratissimi. Clara e Nyree non c'erano. Mi fissavano tutti, compreso Derek. Volevo spaccargli la faccia.

“Wai...”Hare si alzò dalla sedia e mi venne incontro, mettendomi una mano sulla spalla. Mi ritrassi, ma lui lo fece di nuovo. Gli afferrai il braccio e lui mi attirò a sé, soffocandomi in un abbraccio. Io tenevo le braccia rigide, lungo il corpo, cercando nel frattempo di trattenere le lacrime. Ecco perchè non volevo vedere nessuno, porca puttana. Questo cordoglio infinito mi faceva stare peggio che stare in camera a macerarmi nella frustrazione e nel dolore personale. Fanculo. Hare mi lasciò andare, scompigliandomi i capelli e mi fece sedere accanto a sé. Derek mi stava ancora fissando, appoggiato al banco della cucina.

“Che cazzo guardi?” gli chiesi. Sentivo già la rabbia montare.

“E tu?” mi rispose lui, alzandosi. Heru entrò in cucina in quel momento, ansimando appena. Aveva le braccia piena di roba. Dietro di lui c'era Lydia, che non doveva aver dormito molto, viste le occhiaie che aveva.

“allora....”cominciò Heru, depositando tutta la roba sul tavolo. “qualcuno...può darmi una mano per favore?” chiese, intimidito. Che tipo di problemi aveva, sto tipo?

“Wai, intanto che Stiles e Heru sistemano tutto, che ne dici di mangiare qualcosa?”Tui mi mise davanti un piatto stracolmo di fette di pane imburrato e di pancetta. Presi un pezzo di pane e lo mangiai imponendomi di farlo, ma non toccai altro.

“Ecco...siamo pronti.” disse Heru, sedendosi. Aveva collegato il pc allo schermo della tv, così che le immagini fossero visibili a tutti su uno schermo più grande. Cominciò a smanettare per un paio di minuti, finchè non si sentì un bip. Sulla tv comparve una stanza che sembrava più una cella. C'erano sbarre alle finestre e alla porta, un punching ball e un letto sfatto. Altra immagine, altra telecamera. Corridoio. Altro corridoio. Altra telecamera. Un sacco di gente seduta a dei tavoli, probabilmente una riunione. Altra telecamera. Uno stanzone pieno di roba, mazze da baseball, fucili, pistole, archi. Una rete metallica a maglie grosse aveva sostituito la parete in fondo. Heru cliccò per zoomare. Sentii Allison reprimere un urlo, e fu la stessa cosa che feci anche io. Mia sorella era lì, appesa per le braccia alla rete di metallo, con dei ceppi che le fermavano i polsi. Davanti a lei, una donna bionda, di schiena. Mia sorella rideva. Riuscivo a vedere ogni singolo taglio che aveva addosso.

“Heru, non c'è l'audio?” chiese Hare, sporgendosi verso lo schermo.

“Aspetta...”rispose. Non riuscivo a capire come facesse a digitare così velocemente. Scosse la testa.

“No, qui non c'è però...c'è in laboratorio, nei corridoi e nelle stan...” si bloccò quando vide la scena sullo schermo. La Argent aveva preso una mazza da baseball e aveva dato una botta a mia sorella, direttamente in faccia. Lei non fece nulla, se non sputare sangue. Che cazzo stava aspettando a farla fuori?

“non può farla fuori, Wai.” mormorò Hare, interpretando il mio pensiero. “Se Tona fa fuori la Argent...”

“...verranno a prenderci e faranno fuori noi.” concluse Scott. Nessuno dei due aveva usato un tono più alto di un sussurro. Avrei voluto strapparmi gli occhi in quel momento. Vedere mia sorella maltrattata in quel modo era insopportabile. Entrarono due uomini e la Argent si spostò, soddisfatta del proprio lavoro. Premette un pulsante e i ceppi che legavano Tona si aprirono. Lei cadde a terra, in ginocchio. Quando i due uomini le si avvicinarono, scoprì i denti e si alzò da sola, barcollando.

Non mi toccate.” riuscii a leggere le sue parole. Cominciò a camminare attraverso la stanza, con i due uomini che la seguivano.

Heru, vai sul corridoio, adesso.”ordinai, senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo.

..sta facendo un gran lavoro con te, la Argent eh? Certo, con tutti gli uomini che hai ucciso...” uno degli uomini dietro mia sorella sorrise parlandole. Lei non rispose.

Ti sto parlando, puttana!” esclamò lui. Pessima mossa, ragazzo. Tona si girò verso di lui, afferrandolo per il collo. L'altro le puntò la pistola alla testa, urlando di lasciarlo. Lei lo fece e l'uomo si accasciò a terra, tossendo. Lei gli sputò addosso.

tua madre.” gli rispose, ricominciando a camminare “so dov'è la mia cella. Andate a farvi le seghe da qualche parte, non statemi tra le palle.” gli uomini la ignorarono e lei fece lo stesso. Cambiammo quattro inquadrature finchè non la portarono nella cella e chiusero la porta. Lei aspettò, buttata sul letto, finchè non sentimmo i loro passi affievolirsi lungo il corridoio. A quel punto si alzò, guardinga. I tagli erano guariti quasi del tutto. Diede un'occhiata al corridoio e poi si ritrasse. Trafficò con la coperta del letto per un po', finchè non vedemmo che tirava fuori qualcosa da una piega. Ci piegammo tutti quanti verso lo schermo. Heru zoomò su di lei. Aveva in mano un coltellino svizzero, di quelli che avevano soltanto una lama e un cavatappi. Mi ritrassi quando vidi che si stava incidendo un braccio. Ci mise quasi cinque minuti. Alla fine il braccio era un ammasso di tagli e sangue. Si guardò intorno e si pulì con la coperta, finchè non si videro i tagli, distintamente Guardò la telecamera e poi mostrò il braccio.

sto bene, non vi preoccupate. Vi amo tutti.” i tagli cominciavano già a scomparire. Sentii una porta sbattere, Derek aveva lasciato la stanza. Guardai il mio branco. Alcuni di loro piangevano, altri Si guardavano intorno, smarriti. Io mi alzai e mi avvicinai allo schermo, fissando il volto di mia sorella. Heru tolse lo zoom e lei sorrise, nascondendo di nuovo il coltellino. Guardò un'ultima volta la telecamera e poi cadde sul letto, sfinita. Lo schermo si spense quando Heru si scollegò, ed io mi voltai verso di lui, ringhiando.

non...non è sicuro stare nei sistemi più di così...” era intimidito da me.

Hare, andiamo.” dissi al compagno di mia sorella. L'avevo vista. Era viva. E sarebbe tornata da me, io lo sapevo.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** (Jenny) nel presente, quattro anni dopo, un casino dietro l'altro e qualcosa che manca. ***


Mi alzo dal letto, o meglio dalla branda schifosa che mi hanno lasciato in questo buco. La chiamano “stanza”, ma quando ho provato a dire che nemmeno i maiali starebbero comodi qui dentro, mi sono presa una spranga in piena faccia, così ho lasciato perdere la questione. Tiro fuori il coltellino da sotto al cuscino, ormai il filo della lama se n'è andato da parecchio tempo, più o meno dopo il quattrocentesimo segno sul muro. Faccio l'ennesima x sulla parete,ormai completamente piena di segni. Oggi sono quattro anni esatti che mi hanno portata qui. Quattro anni che non vedo mia figlia, che non vedo mio fratello. Che non vedo Derek, almeno dal vivo visto che ogni cazzo di notte me lo trovo davanti, che piange. Non so se mi stiano guardando, ma spero ogni giorno che non facciano vedere la mia vita a Clara. Chissà cosa le hanno detto, per giustificare la mia assenza. Mi volto verso la telecamera e alzo il dito medio del braccio sinistro, quello buono. Quello che mi hanno lasciato. Tocco il moncherino della spalla destra e sputo per terra. Spero che non abbiano visto lo spettacolo di Kate che me lo tagliava via. Sulle prime, mi ha fatto talmente tanto male che speravo che sarei morta, morta lì senza tante spiegazioni. Ma no, mi hanno curata ed è ricominciato tutto. Sento dei passi lungo il corridoio e mi affretto a mettermi la maglia. Ci riesco benissimo anche con un braccio solo. Mi vesto prima che arrivino, e quando aprono la porta sono in piedi, pronta. Ho sempre lo stesso viso quando mi vengono a prendere, un'espressione a metà tra l'odio e il disgusto.

“Siamo già in piedi, animale?” mi apostrofa il tipo. È solo, e ha i denti tutti guasti, non se ne salva uno. Però è grosso, tanto grosso. Io non gli rispondo, mi limito ad oltrepassarlo senza nemmeno guardarlo.

“Sai cosa farai oggi, bestia?” insiste lui.

“Ti ammazzo? No perchè l'avevo già programmato da un po'....”gli rispondo senza voltarmi. Mi abbasso ed evito la sua manata. Hai fatto cilecca, ciccione. Mi volto per guardarlo in faccia e scopro i denti, innervosita. Lui fa un passo indietro.

“Ecco, bravo, non vuoi fare la fine dei tuoi amichetti eh?” alludo, guardandolo di sottecchi. L'Ordine aveva dovuto fare parecchi funerali dopo il mio arrivo. Se qualche uomo si avvicinava troppo, finiva dritto in una bara. Non mi costava niente ammazzarli, fatto sta che dopo dieci uomini morti, hanno imparato come comportarsi. Continuo a camminare lungo il corridoio finchè non arrivo in sala mensa. Ci sono solo un paio di persone, che non appena mi vedono si dileguano. Non c'è mai stata così poca gente in giro, quindi mi giro verso il ciccione che continua a seguirmi.

“Perchè non c'è nessuno?” chiedo, mentre afferro una brioche. Quando non c'è Kate, posso prendermi un minimo di umanità, ovviamente illecita, ma ce la faccio. Posso mangiare decentemente, e dormire decentemente.

“Sono tutti nell'arena.” risponde, afferrando quattro muffin e ingurgitandoli, non facendo caso al mio sguardo disgustato.

“Quindi oggi mi tocca combattere.” mormoro, ingoiando l'ultimo morso di brioche. L'ultima volta che ho combattuto contro un ibrido dell'Ordine, hanno dovuto raccogliere la testa di quell'essere dall'altra parte del campo di sabbia. Si divertono così, come il popolo romano e i gladiatori. Io sono Spartacus, ovviamente. Chissà cosa mi riserverà oggi la Argent. L'ultimo è stato divertente, e ancora non riuscivo a combattere bene senza un braccio. Fletto il braccio sinistro mentre comincio a camminare lungo il corridoio, mentre il ciccione dietro di me quasi si soffoca con il muffin. Faccio dei respiri lunghi e penso a chi sono. Penso che tra poco sarò nell'arena, l'unico posto in cui posso sfogare la frustrazione. Gli Ibridi...povere bestie. Licantropi schiavizzati, persone disperate che vengono prelevate e a cui viene iniettato di tutto, finchè non hanno una parvenza di lupo, e allora li fanno combattere. Sputo per terra e comincio a camminare più velocemente, lasciando il ciccione indietro, il dedalo di corridoi del quartier generale lo conosco a memoria.

“Merda...piove...” mormoro, spalancando la porta che dà sull'arena. Uno spazio grande poco più di un campo da tennis, coperto di sabbia scura. Ai lati degli spalti coperti, stracolmi di gente vociante. E ovviamente i cecchini, pronti a farmi fuori in qualunque momento. Ovviamente non potevano mancare Kate, Chris, suo padre e sua moglie. Si sono presi i posti migliori, come al solito. Sbuffo e mi passo una mano tra i capelli, corti un paio di centimetri. Non mi guardo allo specchio da un po', ma immagino di non avere un bell'aspetto. Ogni volta che entro qui spero che la mia famiglia non guardi, ogni volta che ci esco spero che abbiano guardato tutto. Un faro mi illumina di colpo. Stringo gli occhi, infastidita. La gente comincia ad urlare, un mare di facce e di voci venute da tutta l'America per vedermi combattere.

“Che figli di puttana...siete dei figli di puttana!” urlo, in modo che tutti mi sentano, ma il mio grido si perde nel vocìo generale. Dall'altra parte dell'arena, si apre la porta. Il mio avversario o la mia avversaria arriverà tra poco. Di solito li mettono nelle gabbie, sono talmente impazziti dagli esperimenti che rischierebbero di uccidere metà dei loro aguzzini. Stavolta non è così. Nessuno scorta l'uomo che si sta avvicinando. Comincio ad essere preoccupata, ma la mia preoccupazione si trasforma in un ringhio, così profondo e potente che la gente impazzisce. Sono tutti membri dell'Ordine, e tra di loro c'è chi ha ucciso i miei genitori, chi ha ucciso mia nonna, la famiglia di Derek. Mi viene il vomito a pensare che io sono un loro intrattenimento, ma me lo sono voluto. Cammino fino al centro e affondo i piedi nudi nella sabbia

“Voluto...l'hai fatto per salvarli...” mi si mozza il respiro. Mi si ferma il cuore, poi comincia a battere veloce, velocissimo. La brioche torna su da dov'era entrata dieci minuti fa. Vomito tutto per terra, tenendomi la testa tra le mani. Lo guardo meglio. Riconosco l'odore, riconosco quel battito. Il faro lo illumina e dissipa ogni dubbio, anche il più piccolo. Quello che è entrato nell'arena è l'unico che non avrei mai voluto vedere lì. Derek mi sta camminando incontro, anzi sta correndo. Mi sposto prima che mi finisca addosso e con l'unico braccio che mi rimane fermo la sua corsa, spingendolo a terra.

“Che...che cazzo ci fai qui?” ho gli occhi fuori dalle orbite dalla sorpresa e dalla rabbia “cosa...cosa hai fatto?!” urlo, mentre lui, intontito, rimane a terra a guardarmi. Ha gli occhi fissi sul mio braccio destro “e nostra figlia? Clara dove l'hai lasciata?!” continuo ad urlare, indietreggiando sempre di più. La gente intorno a noi comincia a zittirsi. Lui si alza e tende le mani verso di me, ma io continuo ad indietreggiare, fino a toccare il muro con la schiena.

“Jenny.” mormora. Mormora solo questo. Mi cedono le gambe e scivolo contro la parete bagnata, chiudendo gli occhi. Li riapro solo quando non sento più la pioggia sbattermi addosso e dal calore capisco che si è messo sopra di me, per proteggermi.

“Jenny. Ascoltami. Ti porterò via da qui. Ma tu devi ascoltare...” Il suo corpo sussulta, percorso da una scarica elettrica. Quattro uomini lo prendono di peso, portandolo via da me. Mi alzo di scatto, ringhiando.

“Non lo toccate, figli di puttana!Argent! Argent!” urlo, e sento che mi sto trasformando. Ma non è come le altre volte, è come se ogni mia barriera si fosse disintegrata. Mi stanno portando via il mio Half, dopo anni, di nuovo. Lei me lo sta portando via.

Sento il buio totale nella mia testa.

La furia cieca.

L'odore del sangue nelle narici, la carne tra i denti, le urla.

Ai miei ululati si accavallano quelli di altri.

Non so se li conosco.

Il mio pelo bianco completamente rosso di sangue.

Quando ritorno in me, l'arena è completamente ingombra di corpi. Non so cosa sia successo, ma ogni singolo centimetro di quel posto è imbrattato di sangue.

Tocco il mio braccio. Poi tocco l'altro. Fletto il braccio destro, nuovo e perfetto. Come cazzo ci sono riuscita? Un ragazzo alto, dai capelli color petrolio e gli occhi scuri, mi sorride pulendosi il sangue dalla bocca. Una ragazzina cammina a passi lenti verso di me. Ha gli occhi blu, i capelli neri, ed è coperta da capo a piedi di sangue. Si ferma davanti a me, prendendomi la mano.

“Ciao, mamma.” mormora.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** una simpatica sorpresa, e io che sono ridotta ad un rottame. ***


Il mio primo istinto è quello di allontanare la mano da lei, di voltarmi e di fuggire. Mi trattengo. Guardo Clara, che è ancora aggrappata alla mia mano e mi guarda. La pioggia le sta lavando via il sangue dai vestiti, dal viso e dai capelli. Mi inginocchio di fronte a lei e allargo le braccia, titubante. Lei ci si butta, non riuscendo più a trattenere le lacrime. La stringo forte, tra i lamenti dei feriti e i cadaveri attorno a noi. Non so quanti siano, non so quali siano i lupi e quali siano gli uomini. Stringo mia figlia al petto e solo ora capisco quanto mi sia mancata. La mia bambina.

“Amore...come stai? Sei diventata grande...”mormoro, cercando di districarle i capelli, che sono tutti un grumo di sangue.

“Mi...mi hanno insegnato papà e lo zio...io...mamma non ti avevo mai vista così arrabbiata...mi hai fatto tanta paura, tanta...”si rituffa sul mio petto, e sento le sue manine premermi contro le costole. Mi alzo prendendola in braccio, e comincio a scavalcare i cadaveri, per raggiungere mio fratello. Wai è pochi metri più in là, che sta discutendo animatamente con Derek e Hare. Accanto a mio fratello c'è una ragazza dai capelli rossicci e corti, e dal suo atteggiamento capisco che mi sono persa più di qualche passaggio.

“Wai...”dico, avvicinandomi al quartetto. Lui non si gira. Io faccio scendere Clara, che corre vicino a suo padre, spaventata. Non è abituata a tutto quel sangue, a tutti quei morti. Perchè l'hanno portata qui?

“...lo so che non era quello che volevi. Ma l'ho fatto per salvarvi. Te lo giuro, non vi avrei abbandonati per niente al mondo, ma la sola idea che qualcuno potesse farvi del male mi distruggeva...Wai...” me lo trovo tra le braccia. É diventato altissimo, gli arrivo alla spalla, ma continuo a tenerlo e a cullarlo come facevo quand'era piccolo.

“Non dovevi lasciarmi lì...ma adesso siamo venuti a salvarti noi. Perchè sai, nessuno di noi riusciva a sopportare l'idea che ti facessero del male. Io sono anche riuscito a fare amicizia con Derek....” bisbiglia. Io sento un rumore, un rumore che conosco bene.

“In quanti siamo qui?” chiedo, staccandomi repentinamente da lui. Mi pulisco appena il viso con la manica della canottiera “I saluti dopo...” alludo a Derek e ad Hare.

“Derek, richiama i tuoi beta. Dobbiamo andarcene prima che qui succeda veramente un gran casino.” mi stanno cedendo le gambe ma non posso mollare adesso “come siete venuti qui?”

“Alcuni in moto, altri in macchina.” mi dice Wai. La ragazza si stringe a lui, preoccupata. Di nuovo quel rumore, più vicino e distinto. Tutti drizzano le teste, anche i Beta di Derek, che ci hanno appena raggiunti. Scavalco un paio di corpi, dirigendomi verso la porta dove Derek aveva fatto il suo ingresso.

Mi si affianca, senza una parola, stringendo tra le braccia Clara. Io guardo nostra figlia, poi il campo disseminato di corpi, e non proferisco parola. Si, ce l'ho con te, Derek. Perchè sei uno stronzo sconsiderato, però sei venuto a salvarmi e io lo sapevo che l'avresti fatto perchè mi ami. E io ti amo, più di prima. Ma non lo avrei mai detto a lui. Non qui, almeno.

“Muovetevi se non volete finire in pezzi, dovete muovervi, tutti!” Sbraito, orientandomi tra i corridoi. Passo davanti al laboratorio, poi mi fermo.

“Andate avanti. Vi raggiungo subito.” vedo le facce perplesse che mi fissano, stanche e sporche di sangue. “Andate. Sempre dritti, seconda porta a destra, salite un piano e siete fuori. Basta che mi aspetti solo qualcuno, io ci metto due minuti.” dico, dando un bacio a mia figli. Aspetto che siano partiti, poi apro la porta del laboratorio, lasciandola spalancata e mi avvicino alle gabbie. Gli ibridi non appena mi vedono, cominciano ad urlare e a lanciarsi contro le sbarre, cercando di romperle. Mordono le gabbie fino a farsi sanguinare le gengive, cercano di disintegrarle ma si fanno a pezzi le zampe. Mi fanno una pena infinita, ma devo finire il lavoro. Mi avvicino alla pulsantiera che apre la prima gabbia, Fortunatamente, la Argent è così egocentrica e scema da mettere il numero corrispondente alle lettere del suo nome. Spero solo di fare abbastanza in fretta. Con uno scatto la gabbia si apre ed io mi ci arrampico sopra, sperando che l'ibrido sia troppo distratto per notarmi. Loro cercano il sangue, e nell'arena ce n'è in abbondanza. Vedo sparire tutti gli ibridi nel corridoio nel giro di dieci minuti. Aspetto un po' e poi comincio a correre verso fuori più velocemente possibile. Anche i corridoi sono scivolosi di sangue.

Quanti morti hanno fatto, per venire a prendermi? Poi mi ricordo che c'erano anche altre urla, di lupi che non conoscevo. Quanti ce n'erano, di lupi come me? Non potevo essere l'unica, di sicuro. Scuoto la testa e raccolgo le ultime energie per scattare verso la porta d'uscita. La spalanco e mi trovo in ginocchio, tra l'erba alta circa cinque centimetri. Erano quattro anni che non vedevo, che non toccavo l'erba. All'improvviso non riesco a respirare. Cado in avanti, faccia a terra, mentre qualcuno urla il mio nome.

Mi sveglio non so dopo quanto tempo, ma non apro subito le palpebre. Mi sento uno straccio, ma la mia attenzione viene subito catturata dalle voci attorno a me.

“è stabile...non le state troppo addosso. Derek, posso parlarti un secondo?” dice l'uomo. Sento alcuni passi che si allontanano, qualcuno è uscito dalla stanza, ma le voci di Derek e dell'uomo rimangono vicine a me.

“Non ho mai visto nessuno, né lupo né umano, che è riuscito a sopravvivere nelle condizioni in cui era messa lei. Ma più dell'aspetto fisico, mi preoccupa quello psicologico...cos'hai detto che è diventata?” domanda l'uomo.

“Era...non era lei. Non ha colpito nessuno di noi, ma ero sicuro che non sapeva chi fossimo. Anche prima di trasformarsi, mi guardava come se non mi riconoscesse. Andando via, continuava a fissarmi come se non capisse chi fossi. Ma non è successo con suo fratello e con sua figlia. Era...una montagna di pelo bianco, era terrificante. Aveva gli occhi completamente neri. Ha cominciato a ruggire e i cecchini hanno cominciato a spararle ma non le facevano niente. Nemmeno la scalfivano.” rispose Derek. Non volevo aprire gli occhi, anche se non mi piaceva l'idea di sentirmi descrivere come un mostro. E non ero di certo io quella che lo aveva trattato male. Cercai di far finta di dormire ancora un po'. Il tipo si schiarì la voce.

“Non vorrei sembrare troppo romantico, Derek, ma penso che lei capisse benissimo chi fossero le persone da proteggere. Quello stadio, l'ultimo, lo chiamiamo lo “stadio P”, o “ultimo stadio”. Quando un lupo è pronto a morire non solo per il proprio Half, ma per il proprio branco. E come tu sai, di solito è il contrario...”

“sono i Beta che si sacrificano per l'Alfa.” concludo io, con un filo di voce. Apro gli occhi e mi trovo il volto del dottore a pochi centimetri dal viso, che mi scruta con occhi colmi di apprensione.

“Siamo...a Beacon Hills?”domando. Cerco di alzarmi ma il dottore me lo impedisce.

“Non ci provare. Devi stare distesa almeno una giornata. E si, siamo a Beacon Hills...” dice, controllando l'ago della flebo. Mi infastidisce, mi infastidisce da morire.

“Posso almeno togliermi la flebo? Dov'è Wai? Dov'è Clara? E Hare?” mi agito un po' e lui continua a tenermi giù, cercando di farmi stare più ferma possibile.

“Sono tutti di là che aspettano...stanotte dormiranno a casa mia finchè tu non ti riprendi...” mi spara una lucetta nell'occhio, a tradimento. Io butto fuori un gemito e sollevo il braccio, ma mi ferma un dolore lancinante.

“Ha il braccio rotto in tre punti, la gamba steccata, le costole incrinate, quattro pallottole nello stomaco e un taglio non indifferente sulla schiena...” mi spiega lui, sorridendo appena “per questo mi sono stupito che tu sia riuscita a fare tutto quello che hai fatto, Jenny. Quindi per favore, almeno stanotte stai qui e stai tranquilla. Derek starà qui, in caso tu abbia bisogno di aiuto.” mi sorride e mi lascia il braccio sano, allontanandosi. Sento Wai protestare e Clara scoppiare a piangere e il mio primo impulso è quello di alzarmi e andare da loro.

“Hai sentito cos'ha detto. Tu devi stare ferma almeno una giornata...” mi ammonisce Derek dolcemente.

“Quando mai ho ascoltato quello che mi dicevano?” gli dico di rimando” come hai potuto solo pensare che io mi fossi dimenticata di te? Ti ho sognato tutte le notti, tutte. Non mi sarei potuta mai e poi mai dimenticare di te...mai.” Gli afferro la mano e lui abbassa il volto, senza dire nulla.

“Beh...io l'ho fatto. Jenny...io...” alza il viso e mi guarda. Ha gli occhi pieni di lacrime “...io non sono più il tuo Half.”

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** io sto male e tu piagnucoli? non sei un licantropo, sei un fottuto chihuahua ***


Mi prendo qualche secondo per cercare di rimettere in moto sia i miei polmoni che il mio cuore.

“Ah.” è l'unica cosa che mi viene fuori dalla bocca. Seguono altri due minuti di silenzio, scanditi dalle gocce che dalla boccia entrano nella mia vena. Una ad una, le sento distintamente, come sento il cuore di Derek, come sento il mio, di cuore. Cerco di muovere l'altro braccio ma mi sposto troppo sul tavolo, e in un secondo mi trovo le sue mani, una sul fianco e una sulla spalla, che mi tengono.

“Stai...stai attenta.” mi ammonisce piano. Non riesce nemmeno a guardarmi in faccia, e fa bene “io...davvero...non so cosa mi sia passato per la testa...” cerca di giustificarsi, ma non ha idea di come mi senta io, e nemmeno ho intenzione di dirglielo. Più che altro non riesco a farlo, non riesco più ad aprire bocca. Forse sono come quelli che dopo uno shock troppo grande perdono l'uso della parola, ma, porca puttana, io ho sopportato l'amputazione di un braccio, non posso farmi fottere così da lui.

Dimmi...dimmi qualcosa, per favore.” mi dice. Sta tremando tutto, come un bambino spaventato, e questo mi fa incazzare da morire. Io sono quella che è quasi morta. Io sono quella col braccio amputato. Io sono quella che ha combattuto per quattro anni in un'arena. Io sono quella che è appena diventata una Theta. Non lui. E si permette di tremare e di piagnucolare? Scuoto la testa per rispondergli, facendo un cenno con la mano verso la porta. Indico lui, poi la porta. Vai via, non ti voglio più vedere, è quello che voglio intendere, ma lui, anche se ha capito perfettamente, non si muove. Allora chiudo gli occhi, aspettando che se ne vada. Ma arriva prima il sonno, forse indotto da un sedativo che il veterinario ha messo nella boccia della flebo, questo non lo so. So solo che prendo l'appunto mentale di ringraziarlo, domani, perchè mi sta dando il primo sonno senza incubi dopo quattro anni. Sprofondo nel nero, galleggiando nel buio denso di una dimensione che non conosco.

 

La porta dell'ambulatorio si apre, lasciando entrare alcune voci che conosco bene. Mio fratello sta discutendo animatamente con Hare, mentre Clara probabilmente sta cercando di tirarli entrambi verso la porta della stanza dove sono io, visto che i suoi versi di sforzo sono inequivocabili. La mia bambina. Me la ricordo quando mi correva incontro dopo ogni viaggio, dopo ogni battaglia, mi si accoccolava addosso e si addormentava. Non importa quanto sporca o insanguinata fossi, lei mi riconosceva e si addormentava. Tiro su col naso cercando di non farmi sentire troppo.

L'ho visitata prima, dovrebbe star bene ed essere sveglia, almeno oggi...stanotte le ho tolto le pallottole dallo stomaco, non è stata un'impresa così facile, ma fortunatamente i vostri corpi sono nati per espellere i corpi estranei...siete degli esseri pazzeschi, non mi sorprende che l'Ordine voglia studiarvi. Sopratutto lei, sembra il prototipo di una nuova razza. Mi piacerebbe vederla in azione...” conclude il veterinario. Si muovono tutti e quattro verso questa stanza, sento i loro passi.

Dottore, glielo giuro...non avrebbe voluto vederla, ieri. Ha messo i brividi anche a me, e io sono suo fratello.” gli risponde Wai. “Oh cazzo...Tona? Sei sveglia?” mi domanda. Io ho ancora gli occhi chiusi, ma sento la sua mano, forte e ruvida, toccare la mia. Dall'altra parte, la manina di Clara stringe il mio avambraccio appena ricresciuto. Apro piano gli occhi, per abituarmi alla luce, ma fortunatamente la stanza è in penombra.

Buon...buongiorno.” sorrido appena, accarezzando la mano di mio fratello. Clara lancia un urletto di gioia e comincia a saltellare, mio fratello invece si gira, coprendosi la bocca con la mano. Io mi metto a sedere, senza più nessun problema. Il veterinario ha fatto un gran lavoro, non c'è che dire.

Wai...vieni qui.” gli intimo. Mio fratello si gira e punta la testa contro la mia spalla sinistra, circondandomi con le braccia. Lo stringo a me, cercando di riallacciare i fili che si sono recisi quattro anni fa “scusami piccolo...davvero...scusami tanto...” mormoro, accarezzandogli la testa rasata. Clara si insinua fra di noi, arrampicandosi sulle mie ginocchia. Mio fratello si stacca, asciugandosi il naso con il dorso della mano.

Avevi torto. Non ha lo stesso carattere di Derek, ha il tuo stesso carattere di merda.” esclama, facendomi ridere. Guardo Clara e le sposto un ciuffo di capelli dal viso, scoprendoglielo completamente.

Allora, amore...sei contenta di riavermi con te?” lei annuisce e allunga una mano per toccarmi i capelli.

Sono così....corti. Io non mi ricordo che li avevi così corti, mamma.” dice, seria. Mi passo una mano tra i capelli anche io, rimpiangendo i miei capelli lunghi.

Non ti piacciono?” le chiedo, baciandola su una guancia.

No...si mi piacciono. Sei bellissima, mamma.”mormora, appoggiandosi a me “ma io...voglio tornare a Mokau, con te, papà, lo zio e Hare. E anche gli altri zii. E ci voglio tornare prima possibile, anche adesso.” sospira, lasciandomi andare appena “torniamo a casa, per favore?” mi domanda.

Torniamo a casa, amore. Dov'è Derek?” chiedo a Wai, che si guarda intorno e poi alza le spalle. Decido di lasciar perdere, al solo pensiero di quello che mi ha detto ieri mi viene da vomitare.

Hare...” lo chiamo e lui si avvicina a me, lentamente. “...come stai?” lo guardo, ha gli occhi pieni di dolcezza e di apprensione. Prende Clara in braccio e la fa scendere dalle mie gambe e nei suoi gesti c'è tutto l'amore che può darle, lo vedo.

Dovrei chiedertelo io...” non lo faccio finire, lo bacio sulle labbra per cercare di mitigare la sua preoccupazione. O il mio vuoto, che dir si voglia. Lui ricambia, sembrava che se lo aspettasse.

Io...io sto bene.” dico, quando ci stacchiamo “ho solo un po' di problemi a connettere le informazioni, i luoghi...le cose...spero solo di non svegliarmi tra un po' e di scoprire che siete solo un sogno, che devo mettere un'altra tacca sul muro...perchè giuro che questa è la volta che mi ammazzo.” dico, mettendo le mani sulle orecchie di Clara. Lei si divincola, protestando.

Mamma, ormai ho sentito più parolacce di chiunque altro al mondo! E non rimproverare me sai, rimprovera tuo fratello!” alza l'indice e lo punta contro Wai, che fa finta di niente. Comincio a ridere, e all'improvviso capisco che non mi importa, almeno non ora, di essere diventata una Theta. Mi alzo dal lettino e sono perfetta, ogni muscolo e ogni osso del mio corpo rispondono perfettamente al mio comando. Abbraccio il dottore con trasporto, provo un vero e sincero affetto per quell'uomo, tutto sommato mi ha salvato la vita due volte. Prendo Clara in braccio e do la mano ad Hare, mentre Wai ci segue, prima di mettersi di fianco a me quando usciamo.

Dove...dove andiamo?” sono un po' spaesata, ma loro mi indicano una grossa macchina nera, probabilmente la stessa con cui mi hanno portata qui. Faccio per salire al posto di guida ma Wai mi ferma.

Ahem. Direi che ti spetta il posto da passeggero. É la mia macchina, comprata con le lacrime ed il sudore.”dice, solenne, prendendo in giro le mie parole.

Incredibile...”dico,aprendo la portiera del passeggero “le cose che vuoi te le ricordi sempre eh?” gli do un buffetto in testa e lui ridacchia. Clara è accoccolata su Hare, ma due minuti dopo è già crollata dal sonno. Osservo il suo profilo dal retrovisore, ma non parlo finchè non sento il suo respiro diventare pesante.

Hare...Wai...quanti morti ci sono stati?” domando, giocando con un filo della maglietta. Loro non rispondono subito, ma penso che sia per non darmi uno shock troppo grande.

Venticinque lupi, quasi duecento umani.” esplode Wai ad un certo punto “Si sono uniti altri branchi a noi, spontaneamente. Anche loro avevano i loro Alpha da ritrovare, alcuni invece vendetta personale...”

...una bella compagnia insomma. Immagino che l'idea di mettere Clara in mezzo a questo casino sia stata del più genio della combriccola.” replico, appoggiando le scarpe sul cruscotto.

No. L'ha voluto lei. Ha guardato giorno per giorno tutti i tuoi filmati,e ha chiesto a Derek di allenarsi con lui. Lui ha detto di no, allora è andata da Hare. E poi è venuta da me.”

Ovvio, perchè tu dai retta ad una bambina di dieci anni! Anzi, sei, visto che quattro anni fa presumibilmente ne aveva ancora sei...” sibilo, cercando di contenermi “dio, come fate ad essere così stupidi?” vedo un pacchetto di sigarette spuntare dal cassettino e lo prendo, accendendomene una. Quattro anni che non tocco sigarette, eppure quando il fumo mi entra nei polmoni capisco che avevo bisogno anche di questo. Spalanco il finestrino e butto la cenere fuori, nel vento.

Lo sai...che un Beta prende ordini solo dal suo Alpha.” la voce di Hare è venata di rimprovero, che mi buca come una pallottola. Rimango zitta, schiacciata dalla gravità della cosa.

Avete ragione.” dico, dopo un po' “scusatemi. É morto qualcuno dei miei? Del nostro branco?” chiedo.

...Lydia e Allison sono diventate del branco di Derek. E Hau ed Heru stanno litigando di brutto, a casa. E poi...avremo qualche matrimonio, ora che sei a casa. E anche qualche bambino in più, mi sa.” mi risponde Wai.

E questo cosa c'entra con i morti?” insisto, visto che non mi ha risposto.

Tona, non è il momento, sul ser...” si interrompe quando comincio a ringhiare. Sospira, rassegnato, poi continua “Whakaaro. Maui, e Tui. I quattro veterani sono tutti andati.” non mi guarda perchè sa la mia espressione. Hare allunga la mano da dietro al sedile, ma io non gliela stringo. Mi passo una mano sul viso, cercando di immagazzinare quello che mi è appena stato detto.

...dovremmo fare anche qualche funerale, immagino.” scivolo più in basso sul sedile, cercando di rannicchiarmi su me stessa. “Wai, dove stiamo andando?”

Al punto di raccolta, gli altri ci aspettano tutti lì. Stanotte partiremo con il primo volo, prima che possano mandare allarmi o altro.” continua a guidare, accigliato. È cresciuto, è cresciuto tantissimo, ma io ancora non mi rendo conto della portata del dolore che gli ho causato, che ho causato a tutti. Mia figlia adesso ha dieci anni, mio fratello venti, e io mi sono persa quattro anni della loro vita. Sotto alla luce giallastra e tremolante di un lampione riesco a leggere un cartello, più sbiadito di quanto lo ricordavo, un cartello: Welcome to Beacon Hills.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** mi sono innamorata di un cretino, e vorrei prendermi a schiaffi da sola. ***


Sospiro, buttando il filtro della sigaretta fuori dal finestrino.

“Stiamo andando da Derek, vero?” non mi aspetto risposta, la so già.

“Ma...Tona, è successo qualcosa tra di voi? Nei dieci minuti in cui siete stati soli?” mi chiede Hare, mentre si sistema Clara sulle gambe. Lei non si sveglia, si limita a fare un piccolo sbuffo.

“No...semplicemente ha fatto la sua scelta. Non è più il mio Half..” non riesco a non far tremare la voce mentre lo dico “...e io adesso sono una Theta.” Hare annuisce, serio,mentre mi accorgo dell'espressione perplessa di Wai.

“Una cosa?” mi domanda, passando veloce per la strada centrale di Beacon Hills. La macchina ha i finestrini oscurati, ma non si sa mai.

“Una Theta...sono gli Alpha senza i loro Half. Se l'Half di un Alpha muore, o decide di non volerlo essere più, l'Alpha rimasto è costretto a stare solo per il resto della vita. Dal momento in cui tu accetti un lupo come Half, sarai per sempre legato solo a questo lupo. E il fatto che Derek non sia più il mio Half...” Wai parcheggia davanti a casa Hale, mancando per un pelo la macchina di Derek “..mi costringe a stare da sola per la vita. Non ad abbandonare il mio branco, semplicemente a stare senza un compagno. Bella faccenda eh?” dico, scendendo dall'auto. Apro la portiera di Hare, che mi passa Clara.

“Non ha nessuna intenzione di svegliarsi, eh?” dico, appoggiando la guancia contro il petto di Hare, che mi abbraccia.

“Derek non è così stupido da lasciarti. Cioè, fossi stato io non l'avrei mai fatto...” mi mormora, stringendomi tra le braccia. Ricambio con il braccio libero e gli do un bacio sulla guancia.

“Lo so che tu non l'avresti mai fatto...ma purtroppo non sono io che comando.” Sistemo Clara sulla mia anca, appoggiandole la testa sulla mia spalla. Sento un ringhio provenire dal tetto, e in un secondo ho già rimesso Clara tra le braccia di Wai e ho i denti scoperti, il respiro rantolante, sono pronta a combattere. Sussulto quando Hare mi mette una mano sul fianco e mi tiene stretta. Qualcuno scende dal tetto velocemente, con le mani avanti.

“Dio Jenny scusami...era per fare uno scherzo a tuo fratello, non volevo...” Stiles mi si avvicina, scusandosi terrorizzato. Io ricomincio a respirare normalmente e mi sciolgo in un sorriso.

“Stiles, cazzo....non farlo mai più!” lo abbraccio, felice di vederlo “Ho sentito che Lydia e Allison sono con voi adesso...Derek avrà il suo bel da fare a tenere a bada cinque adolescenti...anche se visto come si comporta potreste avere più problemi voi con lui che il contrario!” dico, e lui ricambia la stretta ridendo.

“Stiles...è tutto a posto?” Il viso di Lydia spunta dalla porta della casa. Ha i lineamenti più maturi e forti, più duri di come li ricordavo, ma è diventata ancora più bella. Stiles ha gli occhi spalancati, pieni di luce.

“Si Lydia, siamo noi...io, Clara, Hare e Wai...e Stiles.” le rispondo, riprendendo in braccio Clara e camminando verso casa. Metto giù mia figlia, che è sveglia e vuole andare per conto suo, e abbraccio Lydia.

“Sono veramente felice di vederti...davvero...” mi dice “ma...se vuoi farti un bagno è meglio che tu vada giù.” conclude. In effetti non devo avere un buon odore.

“Lydia, gli altri dove sono?” domando, aprendo la porta della cantina.

“Oh...vedrai. Ci sono state un po' di modifiche al piano sotterraneo mentre non c'eri...” esclama appena prima che Stiles le stampi un sonorissimo bacio sulla bocca. Mi volto verso mio fratello e Hare, che sta cercando di non farsi picchiare da Clara.

“Clara, smettila. Voi due cosa fate?” mi sta salendo la fame, ma una fame terribile.

“Oh, scarichiamo un po' di casse e aspettiamo Scott e Jackson...”

“...E Tayla...” conclude Hare maliziosamente, guardando mio fratello, che diventa viola.

“Tayla chi?” chiedo, avvicinandomi al terzetto “Wai? C'è qualcosa che non mi hai detto?” lo guardo cercando di non far vedere la mia gioia, ma ci riesco poco. Lui abbassa la testa, vergognandosi come un bambino beccato a mangiare la marmellata.

“Eh...io...Tayla...” balbetta ed io scoppio a ridere abbracciandolo stretto.

“Sei sempre il solito...ma va bene, mi spiegherà tutto lei quando arriverà, così non dovrai neanche aprir bocca, va bene?” gli schiocco un bacio sulla guancia, mentre lui diventa ancora più rosso.

“Clara, vieni giù con me?” le chiedo, abbassandomi per guardarla negli occhi. Dio, quanto mi ricorda Derek. Lei scuote la testa, risoluta.

“No! Sto qui con lo zio ad aspettare, faccio la guardia mamma!” esclama, attaccandosi ai jeans di Wai.

“Non ti preoccupare, la tengo io...tu vai a lavarti e riposati...ti ho portato un po' di roba, è nello zaino vicino al letto...”mi dice Hare, aprendo di nuovo la porta. Si è preoccupato di portarmi i vestiti, nonostante tutto quello che gli ho fatto. Scuoto la testa e comincio a scendere le scale cercando di non far rumore, finchè due voci non mi fanno paralizzare a metà scala.

“Beh allora...tra un po' ci saranno le presentazioni ufficiali...” una voce di donna, che non conosco.

“Non ci pensare...non ci pensare nemmeno...” è Derek, senza ombra di dubbio.

“Ma come? Ho sentito che lo dicevi...che non eri più il suo Half...l'hai chiesto anche a Whakaaro, ti ha fatto il rito e tutto...” stringo i pugni finchè non mi fanno male le dita, ma aspetto.

“Ha detto che poteva anche non funzionare...che io e lei...siamo una cosa sola...e non lo pensavo finchè non l'ho vista nell'arena...con addosso una maglia sbrindellata e un paio di pantaloncini che aspettava...era magrissima e infradiciata di pioggia ma io non ho mai visto, in tutta la mia vita, un essere più bello di lei.” ha la voce rotta, come se stesse piangendo. Sento lei respirare, poi il rumore di un bacio. Vorrei entrare urlando e spaccare la testa a tutti e due.

“E glielo dirai?” ancora lei. Mi stanno uscendo gli artigli, ed è meglio che mi tenga a freno.

“No...come faccio? Non hai visto la sua espressione. É meglio per tutti e due che io me la tolga dal cervello. E poi lei a Hare, e io non potrò mai competere con uno come lui. Le ha portato addirittura la roba da vestire...” dice Derek. Sento il letto cigolare.

“E poi perchè...io non sono poi così male no?” sibila lei. Io spalanco la porta di scatto, ma mi impongo di rimanere calmissima. Attraverso tutta la stanza con nonchalance, come se non ci fosse nulla di strano.

“Derek, scusa l'interruzione, ma posso farmi una doccia?” gli domando. È a pancia in su e sopra di lui c'è una ragazza bionda, di circa ventotto anni. La guardo e lei si toglie da lui alla velocità della luce. Io alzo un sopracciglio, facendo finta di non capire. Lei ha lo stesso profumo che ho sentito addosso a Derek quattro anni fa. Lei è la tipa con cui ha deciso di trascorrere la notte prima della mia partenza.

“Perchè ti sei spostata? Non mi infastidisce mica...stai pure, non è un problema...” mi impongo di essere sorridente e naturale, quando invece sono sull'orlo di un crollo nervoso non indifferente.

“Si...Jenny vai pure...gli asciugamani.....” dice lui, mettendosi seduto, ma lo interrompo subito.

“...so dove sono, non è la prima volta che vengo qui, grazie.” afferro lo zaino con i miei vestiti e non lo guardo nemmeno quando mi dirigo verso il bagno. Chiudo la porta e mi spoglio, buttando i vestiti per tutto il bagno, e mi infilo, nuda, nella vasca vuota. Sento Derek e la ragazza litigare, poi una porta che sbatte. Io appoggio la fronte alle ginocchia, conscia che la mia cassa toracica sta cercando di uscirmi dalla pelle. Mi infilo le unghie nelle braccia finchè non comincio a sanguinare, per sfogarmi senza urlare né distruggere qualcosa. Apro gli occhi e vedo alcune gocce di sangue disperdersi nella vasca. La porta del bagno si apre piano, e il profumo di Derek, mescolato a quello della ragazza, comincia a coprire quello del mio sangue.

“Ho sentito...l'odore del sangue.” dice lui. Repentina, allungo un braccio per fermarlo, con il palmo rivolto verso di lui e la mano perpendicolare al braccio.

“Non fare un passo. Non farne un altro sennò giuro che questa è la volta che ti ammazzo. Posso farlo, adesso che non siamo più Half lo posso fare.” non mi sta nemmeno ascoltando, perchè fa un passo avanti. Poi un altro. E un altro ancora, finchè non è accanto a me, appoggiato al bordo della vasca.

“Vai via, Derek.” non ho più lacrime da spendere, i miei occhi sono asciutti, ma vuoti.

“No.” mi risponde “Non posso andare via.” cerca di toccarmi ma mi ritraggo, ringhiando.

“E invece si. Hai scelto, e oramai non si può più tornare indietro. Clara capirà, avrà due papà e due mamme ma va bene lo stesso, no?” mi accorgo della sua espressione sconvolta.

“Due..padri? Scusa...chi è?” io mi stringo nelle spalle, facendo finta di niente.

“ Hare, ovviamente. Chi pensavi che fosse?” gli sto mentendo talmente spudoratamente che finirò per morire bruciata dal mio stesso senso di colpa, ma per ora non mi importa. Non voglio essere sola mentre lui è con lei. Anche se in fondo lo sapevo che non avrebbe mai potuto funzionare, quel rito. Lui si alza da terra e adotta la stessa tecnica che sto usando io, glielo si legge in faccia, come lui potrebbe leggerlo il faccia a me.

“Ah. Va bene, purtroppo io ho mezzo branco imparentato con il tuo ormai, non posso abbandonarli. E poi c'è Clara. Spero che Anna non ti disturbi troppo.” dice, impettito. Ti sta sanguinando il cuore, vero? Scrollo le spalle e apro l'acqua.

“No, figurati, spero che siate felici.” rispondo, aspettando che esca dal bagno. Lui si volta ed esce, lasciandomi sola con il dolore e un senso di colpa che sono sicura prima o poi mi schiaccerà come un cazzo di scarafaggio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** telefonate alle cinque del mattino e licantropi dai desideri piuttosto assurdi. vivo in un mondo di idioti. ***


Ho gli occhi aperti, il cervello vigile nell'atmosfera bluastra che crea la luce della luna nella stanza. Hare dorme già da ore, dopo che ho rifiutato i suoi delicati tentativi di approccio amoroso. Non sento più nulla dentro di me, solo un baratro che mi si è aperto nel petto e che continua ad espandersi ogni volta che vedo Derek con quella lì. Afferro il cuscino con la mano sinistra e con la destra lo disintegro con un pugno. Le piume cominciano a volare per tutto il letto, ma sembra che Hare non si sia accorto di niente. Sembra, perchè sento il suo respiro cambiare. Da profondo e lento diventa più veloce e superficiale, segno che si è svegliato ed è in ascolto.

“Un altro incubo?” domanda, girandosi verso di me. Scuoto la testa e mi alzo, cominciando a camminare per la stanza.

“No...pensavo a Whakaaro. A Maui, e a Tui. A Whaea, che si sta spegnendo.” Hare mi aveva raccontato che Tui aveva difeso Maui, e che erano stati ammazzati entrambi. Whakaaro aveva avuto un semplice attacco di cuore. Semplice, come se la morte fosse semplice. Guardo Hare, che è seduto, appoggiato alla spalliera.

“Io sono stata circondata dalla morte per anni...eppure perchè adesso mi tocca così tanto?” ho la voce rotta ma non piango. Non piango più, non ho pianto nemmeno ai funerali dei miei Beta, nemmeno davanti alla pietra di Whakaaro. Le sue ceneri erano già disperse in mare da tempo, quando sono tornata qui. Afferro una maglia bianca, lunga, che avevo lanciato ai piedi del letto in un attacco di rabbia e me la infilo. Mi avvicino ad Hare e gli stampo delicatamente un bacio sulle labbra. Apro gli occhi e lo sorprendo a fissarmi. Nella penombra non riesco nemmeno a riconoscere le pupille, tanto sono neri i suoi occhi.

“Perchè...perchè mi fissi?” faccio un passo indietro, abbassandomi per essere alla sua altezza.

“Perchè...non voglio perdere un secondo del tempo che passo con te. Quando tornerai da Derek dovrò essere pronto, ma adesso voglio vivere con te come prima che succedesse tutto questo. Io sono pronto, pronto a vederti scivolare dal mio letto, in cui dormi, al suo, in cui fai altro.” mi mette un dito sulla bocca quando cerco di parlare “Ma per favore, non chiudermi fuori dalla tua vita. E non chiuderti dentro te stessa, perchè sarebbe la tua fine. Io so cosa provi, Tona. Ogni volta che tu lo guardi io guardo te con lo stesso amore, la stessa disperazione. Quindi per favore, resta.” mi sta supplicando, sebbene il suo tono sia fermo, lo vedo dai suoi occhi. Mi siedo vicino a lui e mi faccio tenere tra le braccia. Da quando sono tornata a Mokau, le uniche persone che possono abbracciarmi o toccarmi sono mia figlia e mio fratello. Per il resto, mi limito ad evitarli tutti. Mi rinchiudo in camera o in veranda, mangio ad orari diversi, sono ogni notte fuori. Ogni tanto viene anche Clara con me. Ogni tanto Wai, ma perlopiù sto da sola.

“Non riesco a dormire.” dico, accarezzandogli la barba.

“Lo so. Ti sento. Sgattaioli via dopo che ti svegli ogni notte. Sai che tremi nel sonno? Sembra che tu abbia paura.” mi stringe un po' di più ed io cerco di frenare l'attacco di ansia che sta per arrivarmi dritto nello stomaco.

“Sogno. Sogno tutti voi, morti. Sogno la Argent che ride, sogno che mi taglia di nuovo il braccio, sogno che lo taglia a Clara, a Wai, sogno...” sogno Derek che la bacia e che ride con lei, ma questo non lo dico “...sogno delle cose orribili.” concludo salvandomi in corner. Non amo parlare di Derek in generale, figuriamoci con Hare. Lui mi accarezza i capelli, che sono un po' più lunghi di quando sono tornata.

“Hare...Derek non tornerà mai più da me, questo lo sai? Ha fatto il rito, si è fatto aiutare da Whakaaro. Io sono una Theta adesso. E non potrò più legarmi a nessuno.” mi alzo e lui non cerca di fermarmi. Ho sentito qualcosa dietro la porta, ma Hare no, non si è accorto di niente “ Torna a dormire, probabilmente domani mattina mi troverai sul divano a mangiare patatine e a guardare film romantici.” dico, cercando di essere più leggera possibile nel camminare. Sento il respiro dall'altra parte della porta e trattengo il mio, per non far capire al simpaticone che ascolta i cazzi miei che lo sto per fottere. Hare mi da la schiena ed io conto fino a tre, poi spalanco la porta, buttandomi in corridoio. Lo vedo. É appoggiato al muro, vicino all'intelaiatura della porta, che mi fissa come se avesse visto un fantasma. Io richiudo la porta dietro di me con più naturalezza possibile, per non destare sospetti in Hare. Lo guardo di nuovo e scopro i denti, intimandogli con un ringhio di andarsene, ma lui non lo fa. Gli volto le spalle e comincio a scendere le scale. Il mio programma di cibo spazzatura e commedie di serie B non mi dispiace più tanto, paragonata ad una conversazione con Derek. Lui mi segue a distanza, rispettosamente. È quando sono in cucina e sto versando il latte sui cereali che mi accorgo di qualcosa. L'odore di Derek non ha più quella vena di femminile e dolciastro. Sa di acqua, acqua pura. E vento, ed erba secca delle pianure.

“Dove...dove sei stato?” gli chiedo senza voltarmi. Continuo a versare il latte a filo, per prendere tempo.

“Perchè me lo chiedi?” rispondere con una domanda, tipico modo per non dare una risposta.

“Hai un odore diverso dal solito odore di baldracca che ti rimane appiccicato addosso ogni volta che stai vicino a quella zoccola, tutto qui.” ha voluto rispondere con una domanda? Questa è la mia risposta.

“Abbiamo litigato. Riguardo a Clara.” comincia lui, mentre il latte comincia a traboccare dalla tazza.

“Non so se il tuo compagno ti abbia raccontato” continua, sottolineando le tre parole in mezzo con enfasi crudele “ti abbia detto, ma Clara non può sopportare Amy...”

“ Ovviamente. É come sua madre, odia la gente stupida.” Hare mi aveva raccontato alcuni episodi: Clara le faceva i dispetti, o piangeva quando erano sole in casa, le nascondeva le cose, e lei puntualmente di ogni cosa che faceva mia figlia ne faceva una tragedia “Lei era abituata a me, che sono sua madre, e tu come figura materna le porti un surrogato di una playmate! Io non ho insegnato a Clara a giocare con le bambole o a rassettare, le ho insegnato a correre, a giocare fuori, anche a farsi male. É ovvio che con una così...” il latte sta colando per terra.

“Oh scusami, pensavo che andasse bene visto che la sua vera madre se n'era andata per i cazzi suoi!” mi risponde lui, urlando. A questo non ci vedo più. Afferro la tazza con tutti i cereali e gliela scaravento addosso. Lui si piega per un pelo e la tazza si schianta contro il muro. I pezzi di ceramica volano dappertutto. Ho completamente polverizzato una tazza di ceramica da mezzo litro, ma non è quello che mi interessa al momento.
“Ho cercato di rimediare agli errori che hai fatto tu, coglione. E non azzardarti mai più a parlarmi in quel modo, tu non hai alcun diritto di farlo.” bisbiglio, preoccupata. Il frastuono della tazza deve aver svegliato tutta la casa.

“Io non ho alcun diritto di farlo? Sono il tuo...” si interrompe, ma sappiamo entrambi cosa voleva uscire dalla sua bocca.

“Sei il mio cosa, Derek?” domando, implacabile. Lui si stringe nelle spalle, ma tiene lo sguardo dritto nei miei occhi. Si avvicina ed io lo lascio fare, fino a che la distanza tra i nostri visi non si fa pericolosamente esigua. Lui inspira a fondo, senza smettere di guardarmi. Ogni tanto sbatte le palpebre. Non ho mai visto delle ciglia così belle, lo giuro sulla mia vita.

“Sono il padre di nostra figlia.” mormora. Il suo fiato si mescola al mio, e all'improvviso il baratro dentro di me comincia a chiudersi. Lascio che le sue mani percorrano le mie braccia fino ad appoggiarsi sul mio collo. Deglutisco, senza smettere di fissarlo.

“Non fare quello che penso che tu stia per fare. E nemmeno quello che sto pensando tu stia per fare ma al contrario.” comincio a sentire caldo sulla schiena. Il mio triskele brucia.

“Cosa...?” mormora lui, perplesso.

“Baciarmi o spezzarmi il collo.” rispondo. Ride appena, scoprendo i denti. Non ringhia, mi sta guardando e sorride. Mi sciolgo dal suo contatto, prima che possa mettere in atto una delle mie due ipotesi. Prendo un'altra tazza dal ripiano e ci rimetto i cereali, poi il latte. In tutto questo lasso di tempo, lui non ha smesso di guardarmi, e il suo sguardo mi buca la pelle fino ad osservare ogni singolo battito del mio cuore.

“Hai la tachicardia?” domanda, fintamente preoccupato.

“No, mi innervosisci e basta.” gli rispondo, tagliente. Ho paura, per la prima volta in vita mia ho paura del contatto con lui. Non voglio trovarmi di nuovo nella situazione di dovermi nascondere o dividere, o ancora peggio mentire. Prendo la tazza e il cucchiaio, trascinandomi sul divano senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Appoggio la tazza sul tavolo ma prima che possa mangiare anche un solo cucchiaio di cereali me lo ritrovo addosso. Il cucchiaio è finito sul tappeto. Lui è finito addosso a me, ed io mi ritrovo a giocare con i suoi capelli. Si è rasato e i capelli così corti mi fanno il solletico sul palmo della mano. Lui si appoggia su di me e prende il telecomando, appoggiando la testa tra il mio collo e la spalla. Fa un po' zapping, ma non c'è nulla da vedere, o almeno forse c'è ma io non riesco a vedere nulla. Il suo odore pulito, nuovo come me lo ricordavo, mi riempie le narici e i polmoni. Lui smette di premere il telecomando e lo appoggia sul tavolo, mentre la sua mano finisce tra le mie gambe.

“Lo sapevo.” mormoro, cercando di alzarmi. “se vuoi scopare vai da lei. Io non ho intenzione di fotterti come fa lei. Io non ho intenzione di fare più nulla con te dal momento che non sei più il mio Half. Hai capito?” mi accoccolo in un angolo del divano ma il mio corpo mi dice ben altro.

“Ho capito. Ma io non voglio scopare. Io voglio un altro figlio.” è serio, serissimo. Io scoppio a ridere.

“Cosa? Tu sei pazzo Derek, sei completamente fuori di testa!” continuo a ridere dal nervoso più che per vero divertimento. Un telefono in cucina comincia a suonare, interrompendo la nostra conversazione. Mi alzo di scatto, correndo per prendere la chiamata ma sopratutto perchè il discorso con Derek si è fatto talmente tanto assurdo che vorrei spaccargli qualcosa direttamente in bocca. Afferro il telefono e guardo il numero. Non lo conosco, ma l'unica persona che può chiamarmi a quest'ora non può essere altro che quell'altra puttana della Argent. Perchè sono circondata da bionde che non vogliono far altro che uccidermi o farsi Derek?

“Si?” esclamo, sbattendo la mano sulla penisola della cucina. Mi mancava solo questa.

“Tona?” è una voce maschile che non conosco, profonda ed autoritaria.

“Sono io. Chi è lei?” domando. Derek ha spento la tv ed è tornato in cucina, mettendosi accanto a me.

“Vorrei parlarle un secondo, se ha tempo.” mi dice l'uomo, senza preamboli.

“Sono le cinque del mattino, ma evidentemente la maleducazione dev'essere sua parente.” rispondo.

“Mi scusi...mi chiamo Omar. E vorrei vederla al più presto. Abbiamo un affare per le mani e lei ci è indispensabile. Io faccio parte di...” comincia lui, in tono serio.

“...un gruppo religioso new age? No perchè se è così state perdendo tempo.” lo interrompo “senta, se vuole parlare con me viene qui e ci mettiamo al tavolo, adesso sono le cinque del mattino e io non voglio parlare con lei.” Derek mette una mano sulla mia, sto tremando dal nervoso.

“No...non posso parlarne al telefono. Possiamo vederci?” mi chiede, in tono più cordiale. Deve aver capito che sto per esplodere. Ci mettiamo d'accordo per incontrarci tra due giorni, ad Auckland.

“Per favore, cerchi di esserci, è una questione di vitale importanza.” mi dice, prima di riattaccare. Io appoggio il telefono sulla penisola e tolgo la mano da sotto quella di Derek, avviandomi di nuovo verso il divano. Raccolgo il cucchiaio da terra, ma i cereali nella tazza sono diventati una pappetta immangiabile. Mi siedo e metto la testa tra le mani, sospirando.

“Chi era?” mi chiede Derek, mettendosi vicino a me.

“Un tipo...un tipo di nome Omar, non far finta di non aver sentito.” rispondo, chiudendo gli occhi. “Sono stanca. Stanca di tutto, Derek. Devo pensare a troppe cose e averti sempre intorno non mi aiuta. Devo partire per Auckland domani, quindi avrai tutto il tempo di divertirti con Amy o come si chiama.”

Lui si sposta un po' più verso di me, poi mi prende il viso con una mano, per portarlo alla sua altezza. Io ho ancora gli occhi chiusi, ma sento il suo respiro più vicino che mai.

“Ci credi davvero?” mi domanda, appoggiando la sua guancia alla mia. La sua barba mi fa il solletico.

“A cosa? Derek non ho voglia di giochetti...” mi bacia piano sulla bocca, appoggiando appena le sue labbra alle mie.

“Alla storia che non sono più il tuo Half...” mormora, senza quasi staccarsi da me. Mi stacco io, di scatto.

“Me l'hai detto tu, ed io ti credo. Era quello che volevi, no?” mi alzo dal divano in fretta, rossa in viso “devo parlare con Hare. Tu cerca di evitare di stare con l'orecchio attaccato alla mia porta, d'ora in poi.”

Senza guardarlo esco dal salotto e comincio a salire le scale, finchè con sollievo non arrivo alla porta della mia stanza. Entro ed Hare è seduto sul letto. Mi stava aspettando?

“Ciao tesoro...cosa fai sveglio?” mi infilo nel letto vicino a lui. Ho ancora l'odore di Derek addosso, e lui se ne accorge, ma non dice nulla.

“Ti aspettavo, ho sentito casino giù in cucina...” mi risponde, stendendosi accanto a me.

“Devo partire per Auckland domani...” mormoro. Ma non sento la sua risposta, sta già dormendo. Gli accarezzo i capelli piano, per non svegliarlo, e continuo così, meccanicamente, finchè il sole non comincia a colorare la nostra stanza.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** l'idiozia è contagiosa a quanto pare, e io me la sono presa nella forma peggiore di tutte ***


“L'Ordine è completamente nel caos, dopo la vostra incursione. E lei conosce bene la pianta dell'edificio, ne conosce i controlli e tutto ciò che ne concerne. Non le stiamo chiedendo di farci da leader, solo di aiutarci. Kate Argent è scomparsa, ma sappiamo che è viva. Non sappiamo dove sia ma sappiamo che si sta riorganizzando, e noi dobbiamo essere pronti, dobbiamo esserlo.” l'uomo appoggia le mani sul tavolo e mi guarda, in attesa di una risposta. Ha delle belle mani, agili e magre.

“Omar...giusto?” dico, cercando di prendere tempo “sei l'Alpha di qualche branco?” gli do del tu, dopo la conversazione di due notti prima dove mi ha interrotta nel bel mezzo di una discussione con Derek. Lui annuisce, e la massa di capelli afro si muove come una medusa, i riccioli fittissimi ondeggiano lentamente nell'aria. Siamo lì già da tre ore, in cui ho analizzato quasi ogni dettaglio suo, del piano, e di quello che sa. Non voglio mettere in pericolo la mia famiglia dando informazioni a gente a caso.

“Si, è un branco di otto. Siamo sei maschi e due femmine, compreso il mio Half, James.” alza lo sguardo su di me per assicurarsi che io abbia capito bene, ma a me non fa alcuna differenza. Non ho tempo di pensare ai diritti dei licantropi omosessuali, al momento. Intreccio le dita e appoggio le mani sul tavolo, riflettendo.

“Sai anche tu che io non mi muoverò mai da Mokau, vero?”

“Si, per questo ci trasferiremo tutti lì. Lo avevo già messo in conto, ma abbiamo bisogno del suo aiuto e urgentemente. La sua casa diventerà il nostro quartier generale.” spiega, senza battere ciglio di fronte al mio stupore. Io sbatto le mani sul tavolo, facendo girare metà dei clienti del bar.

“Scusa...cosa? Casa mia un quartier generale? Senti, io ho una bambina, alcuni del mio branco sono molto giovani e io non posso permettermi che subiscano pressioni di questo genere.” quello che volevo dire era che in realtà non mi andava che degli estranei occupassero casa mia per farsi i fatti loro, sopratutto perchè ho già i miei problemi da affrontare. Tipo Derek, per dirne uno insignificante.

“Tona, lei non dovrà fare nulla. Non si accorgerà nemmeno di noi. Io ho perso tutta la mia famiglia per colpa dell'Ordine, e immagino che lei sappia cosa voglia dire.” ha un tono più confidenziale, ora “se non ci aiutiamo a vicenda ora, dopo sarà troppo tardi. Potrebbe tornare da un momento all'altro e per lei e la sua famiglia sarebbe la fine.” conclude, appoggiandosi allo schienale della sedia. Io mi stringo nelle spalle e guardo mio fratello, che non ha detto una parola per tutta la conversazione. Ha insistito fino allo sfinimento per venire con me, dicendo che poteva proteggermi. In realtà aveva paura che me ne andassi di nuovo.

“Per me si può fare” dice, passandosi una mano sui capelli rasati “ma ci sono cose che bisogna mettere subito in chiaro. Punto primo, noi abbiamo la nostra vita, la mia ragazza aspetta un bambino e se uno, uno solo di voi si mette a fare casino vi ammazzo tutti. Punto secondo, mia sorella è appena tornata da quello che definirei un suicidio, quindi se fate casino la situazione ritorna come al punto uno, cioè vi ammazzo tutti. E ti consiglio di evitare di far leva sul suo passato per convincerla, perchè non si farà convincere se la prendi dal lato sentimentale.” si interrompe per ordinare la quarta cocacola alla cameriera che ci passa a fianco, poi continua “detto questo, io non ho nulla in contrario. Anzi, ho voglia di rompere la bocca a quella puttana non appena la vedo.” ride e trangugia metà del bicchiere che gli hanno portato.

“Penso che la faccenda si concluda qui. Entro quanto arriverete?”cominciavo a capire anche i vantaggi di avere un gruppo numeroso su cui contare: potevo trovare la Argent e ucciderla prima. Lui si stringe nelle spalle, aprendosi in un sorriso soddisfatto.

“Entro un paio di settimane saremo operativi, ve lo ripeto, non dovrete preoccuparvi di nulla.” ci rassicura. Io, che non sono per nulla rassicurata, faccio finta di niente, alzandomi. Gli tendo la mano e lui ricambia la stretta, deciso ma senza stringere troppo. Mi piace, la sua stretta di mano.

“Wai...quando hai finito di guardare il culo della cameriera possiamo montare in macchina e tornare a casa.” dico, uscendo dal bar. Il sole abbagliante si riflette su ogni finestrino, su ogni pezzo di metallo, facendo luccicare l'aria. Sono abbacinata da tutto quel sole, da tutto quel caldo, dalla folla di persone semisvestite che percorre le strade, che mi urtano e mi confondono. Non sono più abituata, ma cerco di sedare il panico che mi sta attanagliando lo stomaco. Faccio un respiro profondo e comincio a camminare verso la macchina, frugandomi nelle tasche dei pantaloncini per cercare le chiavi. Non ci sono. Mi volto ma mio fratello non è ancora arrivato, probabilmente le ho lasciate sul tavolo del bar e lui le sta prendendo proprio adesso.

“Cercavi queste?” un deja vù, quattro anni fa mi sono sentita dire esattamente la stessa cosa...esattamente dalla stessa persona. Afferro le chiavi dalle mani di Derek senza guardarlo nemmeno in faccia.

“Cosa ci fai qui?” chiedo, spostandomi nello spazio tra il mio suv e un'utilitaria. Lì non passa gente, almeno. Lui mi sorride e non capisco come possa essere così sicuro di sé.

Sono venuto a cercarti. Avevo paura che tu andassi via...” per un secondo la sua arroganza cede, rimpiazzata da un altro tono di voce “...ma no, ora che hai Hare che ti sta accanto di nuovo, vero?” come non detto. Mi rilasso un po', so dove vuole andare a parare. Se ha voglia di litigare, questo è proprio il giorno giusto. Mi apro in un sorriso e lo guardo, sospirando appena.

Sai Derek, io avevo pensato che finalmente, essendoti liberato di me, avresti potuto vivere in maniera tranquilla, anzi, avremmo potuto. Tu con la tua tipa, io con Hare. Non ti ho mai perdonato di essere andato con lei l'ultima notte prima della mia partenza, questo voglio che tu te lo imprima bene in mente. Non hai alcun diritto di farmi la predica o di lanciarmi frecciatine, nessun diritto perchè la persona che nel nostro rapporto ha sempre fatto la puttana non sono io. Hai capito, Derek?” aspetto che abbia assorbito il mio discorso prima di continuare “ e Hare, quello che tu critichi tanto, mi ha aiutata a crescere Clara, a trovare un posto sicuro, a ritrovare stabilità e sicurezza quando tutto il cazzo di mondo mi era crollato ai piedi. E tu? Tu dov'eri, Derek?” non aspetto una risposta. Apro la macchina e mi ci chiudo dentro, aspettando mio fratello. Derek continua a fissarmi, ma ha un'espressione diversa da quella che aveva prima. Anzi non ha mai avuto un'espressione del genere. Comincio a fissarlo anch'io, quando ad un certo punto una lacrima gli scivola lungo la guancia. Una sola, rotola fino al mento e poi cade a terra, lasciando un alone umido sull'asfalto. Ne vedo spuntare un'altra. Poi un'altra ancora. Derek sta piangendo in mezzo alla strada, con la gente che lo guarda. Lui, che non ha mai pianto davanti a nessuno se non a me. Le persone cominciano ad osservarlo, incuriosite dalla scena. Un ragazzo che guarda piangendo una grossa auto dai vetri scuri. Nessuno sa perchè, ma io e lui si. Sotto la superficie, grattando un po', siamo uguali e non lo accetteremo mai.

Mi...mi dispiace” sussurra. La gente ora lo evita, forse pensano che sia pazzo. L'ha già detto, non una, ma cento volte. Ed io continuo a crederci? Metto in moto la macchina e in radio passa un pezzo che non conosco, ma le parole sono profetiche “you're the only one i've ever believed, the answer that could never be found, the moment you decided to let love in”.

Mi giro di nuovo verso di lui ma lui non c'è più. Lo vedo attraversare la strada ma adesso non posso lasciarmelo sfuggire. Non adesso, non più. Sono stata fottuta da una canzone. Apro la portiera di colpo e per un pelo non prendo in faccia mio fratello, che ha due bicchieri in mano.

Wai, aspettami qui! Oppure vai a farti un giro! Insomma fai quello che vuoi!” gli urlo, lanciandogli le chiavi della macchina senza nemmeno voltarmi. Mi butto in strada e sento i freni di una macchina stridere. Mi volto verso il cofano dell'auto e mi scuso con il guidatore, ma ho il cervello altrove. Non lo vedo più ma mi basta seguire il suo odore, che è rimasto pulito da due giorni. Lo trovo dieci minuti dopo, seduto su un ponte a guardare l'acqua dolce fondersi con il mare. Mi fissa un secondo poi distoglie lo sguardo, pieno di rimprovero per sé stesso. Mi siedo accanto a lui, senza toccarlo, anche se è l'unica cosa che vorrei fare in questo momento. Non voglio tornare con lui, ma è più forte di me, da sempre.

No...non alzarti. Resta qui.” gli dico, afferrandolo per un braccio quando cerca di andarsene via “resta.” lui si risiede in silenzio. Le persone continuano a passare, facendo vibrare le assi su cui siamo seduti, la città continua ad esprimere il suo stress attraverso clacson e frenate, ma il mio udito riesce a percepire anche il rumore dell'acqua. Calmo, dolce. Lascio il braccio di Derek e appoggio la mia mano sulla sua, delicatamente.

Tu non dovresti essere qui.” mormora lui, tornando a guardare il mare “dovresti essere dove sei sempre stata...” si interrompe ed io ne approfitto.

accanto alla mia famiglia o in una cella, da sola, senza un braccio, con la Argent che mi ammazzava di botte?” chiedo, cercando di tenere il suo stesso tono di voce.

...no..dovresti essere con chi ti ama, con la tua famiglia.” risponde, spostandosi un po' da me.

Qui mi manca solo Clara. Questa è la mia famiglia. Wairaki si sta facendo una famiglia tutta sua ormai.” non volevo pensare ad Hare in quel momento “ed io non ho mai amato nessuno come te, come amo te. E ti amo adesso, e ti amerò anche in futuro, anche se tu dovessi stare con Anna per il resto della tua vita. Io ti amerò perchè è il mio destino farlo. E se il tuo è diverso, Derek, non puoi cambiarlo. Se hai deciso che è meglio stare con lei, per qualsiasi motivo...” mi mette una mano sulla bocca, ringhiando appena.

Per qualsiasi motivo? Sai perchè mi sono messo con lei? Perchè lei era una sicurezza, Jenny. Lei non ha responsabilità, lei non ha un branco a cui badare, lei ha me e le basto.” sta cominciando ad ansimare. Mi tolgo la sua mano dalla bocca e mi alzo prima che possa dire qualcosa.

Allora hai fatto la scelta giusta, ti basta una a cui basti, una che ti dia la sicurezza di avere sempre un paio di gambe pronte ad accoglierti quando hai voglia. A me non sei mai bastato, Derek. Io volevo di più, sempre di più, ti volevo sempre di più, ogni volta. E non solo a letto, ma anche fuori. Io te lo dico ora, lontano da tutti quelli che ci conoscono. Io non voglio che Clara si ritrovi senza nessuno in caso mi succeda qualcosa. Quindi io...”

Mi stai chiedendo di sposarti?” domanda lui, spalancando gli occhi. Sembra un ragazzino, uguale a quando aveva sedici anni. Si è alzato e mi ha afferrata per gli avambracci e mi sta scuotendo come una scatola di cereali.

De..rek..mi stai...fa..cendo venire il ma..l...di...i testa.” a quelle parole si ferma, ma non smette di fissarmi negli occhi “è meglio che ne parliamo quando torniamo a casa, ora qui c'è troppa gente e noi siamo ancora troppo...” non mi fa mai finire le frasi ma stavolta non è tanto male. Ogni volta che la sua bocca tocca la mia, sento il mio corpo scaldarsi. Ogni cellula della mia pelle è rivolta verso le mani di Derek, aspettano tutte di essere toccate, ho il respiro più profondo e tranquillo, il cuore, ora, forte ma sereno. Sembriamo una coppia normale, che si bacia su un normale ponte in una normalissima giornata. Come farò a dirgli che ho intenzione di sposare Hare.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** sto per mettermi seriamente a piangere. ***


“Wai...io veramente, non so più che fare.” nascondo la faccia tra le mani, esasperata dopo l'ennesima litigata tra Anna e Derek. “Li ho sentiti urlare e poi ho sentito una porta sbattere, ho visto lei che scendeva le scale piangendo. Io non ne posso più.” dico, mentre mio fratello prepara il caffè. Mayla sta passeggiando sul prato, stralunata com'è sempre stata.

“Wai?” mio fratello si volta verso di me, sentendosi chiamare “Wai come hai capito che lei è la tua Half?” domando, appoggiando le braccia sul tavolo. Il profumo del caffè si sta lentamente espandendo per tutta la cucina. Lui sospira, mentre un sorriso furbo gli si allarga sul viso.

“Non te lo so dire, è stato come...la pioggia d'estate. Fa caldo, stai camminando e ad un certo punto piove, e tu ti senti fresco e pieno di vita. Vorresti che non finisse mai. Mayla è il mio opposto. Ingenua, piena di speranza per il mondo. Piena di vita. Sta mitigando un po' il mio carattere, che grazie alla tua educazione non è certo dei migliori.” conclude, ritornando al caffè.

“Aah così adesso la colpa sarebbe mia, razza di cagnaccio pulcioso che non sei altro? Ti ricordo che non sono stata io ad essere stata sospesa da scuola dopo due ore dall'inizio del primo giorno!” gli faccio uno sberleffo e gli frego il caffè da davanti. Lui ride e mi sgancia un pugno su una spalla, facendo ridere anche me.

“Ok ok...basta. Mi arrendo, sono troppo vecchia per giocare con te!” replico, dandogli un buffetto sulla testa e restituendogli il caffè. Lui ne beve un sorso e poi fissa interrogativo la tazza.

“Per te invece? Non penso che tu e Derek abbiate avuto una vita facile, a Beacon Hills...” domanda, alzando gli occhi su di me.

“Per me è stato come...un uragano. Già da piccola ero molto cinica sull'amore e tutte quelle menate lì, trovavo inconcepibile che uno dei rampolli più ricchi e quotati di Beacon Hills potesse innamorarsi di me. Io ero sola, libera e selvaggia.” ho un tono fintamente solenne, che strappa un ringhio divertito a mio fratello.

“Seh, come no...bevi, libera e selvaggia” mi sbatte davanti il mio solito mezzo litro di caffè bollente e poi si mette di fronte a me, prendendo la tazza con entrambe le mani “diventerò padre...” mormora, quasi più come un pensiero ad alta voce che come una vera considerazione. Gli accarezzo una mano, un po' per confortarlo e un po' perchè era da tempo che io e mio fratello non parlavamo così, da soli.

“Notti insonni, pannolini da cambiare, pianti, urla, sceneggiate, ma Mayla si sta comportando come una vera lupa. Non si lamenta e non chiede niente...figurati cosa succederebbe se Anna fosse incinta.” facciamo entrambi una smorfia disgustata. Già fa abbastanza capricci adesso, figuriamoci se avesse un bambino dentro di lei. E poi il pensiero di Derek con lei mi da la nausea. Allontano il caffè mentre il mio cervello non può fare a meno di immaginarsi una scena: lei, nuda, sotto di lui. Che le dice che la ama. E lei che gli risponde allo stesso modo. Un brivido mi percorre tutta, mentre affondo le unghie nel legno del tavolo guardo mio fratello, che mi sta fissando, serio.

“Tu non puoi continuare in questa maniera, lo sai?” mi chiede, avvicinandomi di nuovo il caffè “tu devi chiarirti le idee e agire di conseguenza. Ma non per te, non per Derek, non per Hare. Per Clara, porca puttana.”sibila, avvicinandosi a me tanto che i nostri nasi si sfiorano “comportati come ti sei sempre comportata, comportati da Alpha e prendi una decisione.”

“Non dovrei essere io quella che fa i cazziatoni a te?” cerco di smorzare la tensione ma non attacca “hai ragione, Wairaki. Lo farò, prima possibile. Stanotte andrò a farmi un giro e ci penserò. Sul serio.” appoggio la schiena alla sedia e respiro. L'aria salata mi entra nei polmoni e poi esce, senza alcuno sforzo.

“Ma è difficile. Non mi sono mai trovata in una situazione più difficile. Derek è convinto che io voglia sposarlo. Io prima di vederlo ad Auckland ero convinta di voler sposare Hare...” alzo lo sguardo su mio fratello, che ha il viso contratto e gli occhi spalancati.

“Tu..cosa?” domanda, mettendosi una mano sulla bocca “tu..tu cosa?” ha la voce attutita.

“Si, Wai. Voglio sposarmi. Essere sposata mi permetterà di dare un futuro a mia figlia, di dare un sostegno economico per la sua crescita al mio futuro marito se dovesse succedermi qualcosa. Qualsiasi cosa, Clara sarà protetta. Ora ha me, e se muoio io la manderanno in un orfanotrofio o che so io. Non ci sono carte, non c'è nulla che possa proteggerla...” mi muore la voce in gola quando vedo che mio fratello è sull'orlo delle lacrime. Appoggio una mano sulla sua, aperta sul tavolo.

“Tu non puoi sposare qualcuno che non ami. Per favore, non lo fare. Hai sentito anche quello che ha detto Whakaaro tu...”

“Whakaaro non era infallibile. Whakaaro non sapeva che mi sarei trovata a decidere tutto questo. E te lo giuro, se fosse per me sceglierei di prendere te e Clara e di andarmene. Ma non posso farlo. Me l'hai detto tu prima, devo prendere una decisione, devo essere un'Alpha. Anche se immagino che i problemi saranno altri, tra poco.” concludo, afferrando di nuovo il caffè. Mio fratello si gira verso il giardino, dove Mayla lo sta salutando piano con la mano e le sorride. Il suo sorriso mi colpisce forte quanto uno schiaffo. Da quanto tempo io non sorrido così? Da quanto tempo non sono più felice?

“Wai...io devo andare...tu intanto stai qui e se scende Clara dille che arrivo, non farla preoccupare...” mormoro. Mi gira la testa ma forse è solo per lo sbalzo di pressione, o per i pensieri che ho in mente ora. Inspiro di nuovo, non appena metto piede sul vialetto. Gli odori dei lupi si accavallano, ora che ne sto cercando uno in particolare. Lo trovo, come lo trovo sempre, come lo troverò sempre. Il suo. Sporcato dall'odore di quella poveretta che non ha idea nemmeno di chi sia veramente Derek. Insieme al suo ne trovo un altro, familiare quasi come il primo. Forte, ma buono. Vanno nella stessa direzione, troppo vicini per essere semplicemente una combinazione.

“Che cazzo sta succedendo...”dico, salendo in macchina. Sbatto la portiera e parto, con i finestrini abbassati e l'olfatto all'erta. Non può essere una coincidenza e io ho paura. Stringo le mani sul volante e cerco di respirare ma l'ansia mi attanaglia lo stomaco come una morsa d'acciaio, togliendomi quasi il respiro. Gli odori sono più forti, si mescolano insieme e si intrecciano come se stessero ballando, ma non stanno ballando. Io lo so che non stanno ballando.

Parcheggio in un prato poco lontano dalla strada, le ruote della macchina lasciano il segno sulla terra e sull'erba,ma non me ne curo, sono troppo occupata a correre verso l'odore di Derek e quello di Hare, ma non ci sono solo i loro. C'è l'odore ferroso del sangue, che li tiene appiccicati come gomme da masticare. Mi fermo poco prima di una radura e il mio cuore non può fare a meno di accelerare. Il caffè mi ritorna in bocca ed io lo sputo per terra cercando di non farmi sentire troppo. Tiro un respiro di sollievo, appena accennato. Non voglio che mi sentano. Sono uno davanti all'altro, belli come solo gli animali selvaggi sanno essere, eppure diversi quanto la notte ed il sole. “Tu ora hai Anna, dimmi, cosa vuoi ancora?” Hare ha uno squarcio sul braccio,ma si sta già rimarginando da solo. Era solo quello l'odore che sentivo, allora.

“Io non voglio Anna...io voglio lei! E sai che non ti vorrà mai quanto vuole me!” Derek sta ringhiando con rabbia, una rabbia che stride contro la calma granitica di Hare, che si limita a sorridere, pacato.

“Tu, nonostante tutto, sei ancora un bambino. Pensi che lei non stia male per i tuoi colpi di testa? Prendi, te ne vai, torni con un'altra...l'ultima notte che ha passato qui prima di andare a sacrificarsi per voi dov'eri?” la sua maschera di calma si sta spezzando “dimmi, dimmi dov'eri, Hale?” sento la sua rabbia, il suo dolore. La sua frustrazione costante nell'avermi vicino mentre penso ad un altro.

“Non osare...rimproverarmi....”Derek si avvicina di un passo ma Hare indietreggia. Sono sempre alla stessa distanza, ma so già che questa conversazione non si risolverà con una birra al bar.

“Lei ha bisogno di qualcuno che la ami, che la rispetti, che le sia accanto in ogni momento, non di una specie di adolescente troppo cresciuto che non sa dove infilare il suo cazzetto!” non avevo mai sentito Hare parlare così, con quel tono.

“Figlio di puttana, lei ha bisogno di me e basta, io sono il suo Half, io la proteggerò e io la rispetterò! Non tu! Non sei il padre di mia figlia, tu non sei nient...” Derek non riesce nemmeno a finire la frase che Hare gli finisce addosso, ringhiando e ululando come se non avesse altro scopo nella vita se non quello di uccidere Derek. Esco veloce dai cespugli e ricomincio a correre, urlando, verso i due lupi avvinghiati. Razionalmente non dovrei fare nulla, dovrei lasciarli a scannarsi come due cuccioli. Ma non riesco. Mi butto in mezzo alle loro zampe che spingono, alle loro bocche che mordono l'aria senza toccarmi. Rifilo una spallata a Derek e un pugno sotto al muso di Hare, allontanandoli. Sono ansanti entrambi e dai loro sguardi è evidente che non ne hanno abbastanza.

“Sentite. Non è un duello medievale. E io non sono una fanciulla indifesa. E ricordatevi che prima di tutto, sono un'Alpha. La tua” mi giro verso Hare che sta ancora ansimando, con un ginocchio appoggiato a terra “ e Derek, ti pregherei di evitare di combattere contro i miei Beta. Se hai dei problemi con qualcuno del mio branco, ne parli con me.” sono confusa e agitata, ma non posso fare altro che mettere quattro parole in croce e sperare che funzioni. Mi schiarisco la voce, ma poi rimango in silenzio. Hare fa un passo verso di me e allo stesso tempo anche Derek. Si ringhiano contro, proprio come i lupi. Non avrei mai pensato di poter essere io la preda.

“Fermi. Non muovete un passo. Derek...tu hai Anna. Hare ha me. Lasciamo le cose così come stanno e basta. Non ho intenzione di vedere voi due che vi ammazzate per una questione di orgoglio o semplicemente per me. Hare...” mi volto verso di lui, trattenendo le lacrime “se accetti la cosa, giuro che io e Derek saremo semplici coinquilini, come tutti gli altri.” sto sbagliando e lo so. Sto sbagliando e mi pentirò di questo per tutto il resto della vita. Hare scuote la testa. I suoi capelli biondi vengono colpiti dal sole e cominciano quasi a brillare.

“Non potrei mai lasciartelo fare. Io ho promesso di proteggerti e di amarti, ma non posso obbligarti a provare quello che non provi. So solo che se questo coglione proverà ancora a farti soffrire lo ammazzo con le mie mani.” mi si avvicina ancora e Derek comincia a ringhiare. Io appoggio una mano sul petto di Hare, appoggiando poi la fronte sulla mia mano. Lui mi circonda con le braccia, e mi sento piccola, piccola ed indifesa. Ma non c'è quella sensazione di appartenenza profonda, di vita condivisa che ho con Derek. Scuoto appena la testa e lui si stacca da me, stampandomi un piccolo bacio su una guancia.

“Ci vediamo a casa, Alpha.” sorride allontanandosi senza fretta dalla radura. Lo guardo allontanarsi e penso a quanto mi possa amare per fare una cosa del genere.

“Dove..dove sta andando?” domanda Derek, osservando la figura di Hare.

“..ti lascia campo libero. Hai vinto, Derek. Lui mi ama talmente tanto da preferire che io sia felice senza di lui piuttosto che infelice con lui. Si sta prendendo la responsabilità di essere un Theta volontario...” un bacio interrompe il mio flusso di pensiero che si sta riversando fuori dalla mia bocca. Un bacio che mi lascia senza fiato, letteralmente. Cerco di staccarmi e di respirare ma Derek mi tiene stretta a lui. Apre appena la bocca e riversa nei miei polmoni l'aria contenuta nei suoi. Poi mi lascia. Io espiro, lentamente, per non perdermi nemmeno una molecola del suo respiro.

“...non funziona così, Derek. Non va così...dobbiamo decidere della nostra vita. Se vogliamo passarla insieme o no, cosa vogliamo fare con l'Ordine, con quelli che stanno arrivando, con i nostri branchi mescolati...con Clara. Che più cresce più continua a dire che vuole un fratellino...” mi siedo sull'erba rada e gli accarezzo un polpaccio con la punta delle dita. Lui si siede accanto a me senza parlare, mi appoggia la testa sulla spalla.

“A volte mi chiedo perchè, tra tutte le persone che esistono al mondo, dovevamo essere proprio noi due ad essere destinati.” mormora, circondandomi con le braccia “proprio noi...” alza la testa e mi bacia di nuovo, senza fretta. Forse è la prima volta, dopo anni, in cui ci baciamo per il gusto di farlo. Senza lacrime, senza la fretta di dover scappare, partire, andarsene. Senza aver litigato prima o come palliativo per una litigata che arriverà dopo.

“Voglio quella puttana fuori da casa mia.” gli dico, mordendogli appena il labbro inferiore. Lui mi guarda e si alza, aiutandosi con le mani.

“Vado a dire ad Anna che faccia le valigie.”dice, pulendosi la terra dalle mani. Poi mi accarezza sotto il mento “Tu torna a casa quando vuoi, stavolta sarò da solo. Ad aspettarti. Se mi vorrai sarò lì...” comincia a camminare piano nella stessa direzione in cui è andato Hare. Ho due flash, uno dietro l'altro. Uno della mia vita con Derek, l'altro della mia vita con Hare. E di colpo so chi devo scegliere.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** avrei bisogno di rinforzi, non di branchi di lupi conciati come il soldato Ryan. ***


“Guardami” sussurro, passandogli una mano sulla schiena. Lo sento rabbrividire sotto i miei polpastrelli, i muscoli che si contraggono appena. Arrivo nel mezzo della schiena e sento il triskele che si sta scaldando, il respiro che si fa più accelerato. E' sveglio, e probabilmente ha anche gli occhi aperti. Continuo ad accarezzargli la schiena, piano, aspettando che si volti, e lui lo fa, lentamente. La mia mano rimane sotto al suo corpo e lui si solleva appena, per permettermi di toglierla. Appoggio il mio palmo sulla sua guancia ruvida per la barba.

“Dovresti farti la barba...” mormoro, avvicinandomi a lui, che mugugna una risposta. L'ho svegliato, ma la cosa non sembra turbarlo più di tanto. Mi sorride appena, ricambiando la mia carezza.

“Ti ho svegliato, scusami...” avvicino la mia bocca alla sua, fino a che la distanza che separa le nostre labbra non si riduce a pochi millimetri, una distanza che se volesse potrebbe colmare in meno di un battito di ciglia. Ma non lo fa, rimane ad occhi aperti, a guardarmi.

“Non...non fa niente...” dice, esitante. Il suo cuore sta accelerando, e riesco a sentire il calore che emana il suo corpo. Mi lascio andare ad un sorriso, soddisfatta dalla sua reazione

“Mi piace che anche dopo tutto quello che abbiamo passato...la mia presenza ti faccia ancora quest'effetto...” faccio scivolare la mano dalla sua guancia al collo, poi alla spalla. Mi blocca con un movimento repentino, che mi coglie di sorpresa, facendomi sussultare.

“Ahah...ti ho presa.” con l'altro braccio mi afferra l'altro polso, bloccandomi i movimenti delle braccia. Poi intreccia le gambe alle mie, impedendomi di muovere anche quelle.

“Ah...hai notato che non puoi muoverti nemmeno tu, vero?” gli lascio credere di essere il più forte per non ferire il suo orgoglio, ma se volessi potrei liberarmi in cinque secondi. Ma in fondo perchè dovrei? Comincio a baciarlo sulla bocca, sul mento e sul collo, finchè non gli sfugge un gemito, e lui ricambia le mie effusioni. Sento caldo, il mio corpo è un'onda continua di brividi.

“Non sai più di lei...” bisbiglio, mentre ansimo appena. Mi libero dalla sua stretta e comincio ad accarezzargli la nuca ed il collo, mentre lui si mette sopra di me, a gambe larghe.

“E tu...non sai più di lui...”l'unica cosa che impedisce ai nostri corpi di essere perfettamente aderenti l'uno all'altro è il lenzuolo, ma la cosa non sembra dargli fastidio. A me si però, visto che non vedo l'ora di riappropriarmi di ciò che è mio.

“Sei mio, lo sai?” lui smette di baciarmi il collo e solleva il viso, per guardarmi. Ha le sopracciglia leggermente corrugate, uno sguardo quasi addolorato.

“Lo so...e questo mi spaventa.” a queste parole aggrotto le sopracciglia anch'io e mi fermo. Le mie mani ora sono sulle sue spalle e non più a cercare di togliere il lenzuolo tra di noi.

“...io pensavo che fosse tutto a posto...dopo il discorso di oggi pomeriggio pensavo che sarebbe andato tutto per il verso giusto...Anna se n'è andata, urlando ma è andata via, e Hare ha accettato la cosa come solo lui sa fare....”esito, all'improvviso tutto quello che stiamo facendo mi sembra fuori luogo. Il mio corpo lo vuole e lo cerca, ma c'è un pezzo del mio cervello che si rifiuta di credere che vada veramente tutto così bene. Da quanto volevo finalmente un po' di pace? Un periodo di tregua in cui poter riorganizzare la mia vita e la mia famiglia? Velocemente, rimetto a posto anche il lenzuolo che avevo spostato, tirandomelo su fino al collo.

“...scusa per averti svegliato, Derek...” cerco di girarmi ma lui è ancora sopra di me, che mi fissa.

“No, tu non hai capito, Jenny. Mi spaventa il fatto che per la prima volta sono consapevole di essere tuo...e ho la consapevolezza che sei mia...mia, capisci?” ricomincia a baciarmi piano, sotto l'orecchio, e mi prende entrambe le mani che erano artigliate al lenzuolo. Io mi rilasso, mentre la piccola, bastardissima parte di cervello ancora scettica viene definitivamente demolita.

“Beh, vedo che non opponi resistenza...” sorrido alla sua battuta, mentre lui strappa letteralmente il lenzuolo dai nostri corpi. Mi afferra le mani e intreccia le sue dita alle mie, bloccandomi di nuovo contro il letto.

“Derek ma...il lenzuo...” mi sfugge un gemito quando mi entra dentro. Comincia a muoversi e il mio corpo si muove con il suo con una naturalezza che trovo incredibile, come se i nostri corpi fossero nati per combaciare perfettamente. Comincio a mordergli un labbro, mentre il suo viso si imperla di sudore.

“La colazione!” sussultiamo entrambi e ci voltiamo verso la porta, allibiti. I colpi alla porta sono inconfondibilmente di mio fratello, che di sicuro non si è fatto alcun problema ad origliare per poi interromperci sul più bello “Se non vi muovete la finiamo, e oggi arrivano i tuoi simpatici amici, Tona! Quindi se non vuoi farti trovare in certe condizioni ti conviene scendere!” urla, attraverso la porta chiusa. Io mi lascio sfuggire uno sbuffo stizzito, e nemmeno Derek sembra particolarmente felice dell'interruzione. Gli faccio segno di togliersi e lui lo fa, ma con l'aria di uno che disapprova su tutta la linea.

“Ho capito Wai! Ho capito! E che cazzo nemmeno in camera mia posso stare tranquilla?” urlo di rimando a mio fratello, mentre mi siedo sul letto.

“Ah e lasciatevelo dire, i muri sono molto fini in questa casa! E i lupi hanno un udito molto raffinato!” grida lui, prima di correre giù dalle scale. Mi immagino già il ghigno che ha stampato su quel muso di cane che si ritrova. Faccio un lungo respiro, mentre Derek mi abbraccia da dietro.

“Fortuna che Clara dorme al piano di sotto...” mi bacia piano la nuca mentre io gli accarezzo i capelli. Poi mi alzo e mi stiracchio, cominciando a far lavorare i muscoli intorpiditi, e Derek fa lo stesso.

“Beh noto che qualcuno qui è tutt'altro che intorpidito...” alludo, guardando tra le sue gambe. Derek sbuffa e mi volta le spalle ed io ne approfitto per dargli uno schiaffo sul sedere.

“Ma brutta...” ringhia scherzosamente lui, voltandosi di nuovo, ma io metto subito le mani avanti.

“No, no basta, tregua! Tregua! Dai, dobbiamo fare colazione, presentarci ad Omar, pensare al compleanno di Clara...dobbiamo fare un sacco di cose, non possiamo giocare ai piccioncini!” esclamo, tirando su la tapparella della nostra stanza. Chiudo le tende, ma il sole filtra lo stesso e illumina il casino che è diventato la nostra stanza. Pantaloni, maglie, mutande, è tutto sparso disordinatamente per terra. Raccolgo un paio di cose e me le porto in bagno,mentre spero che Clara non abbia preso la mania del disordine né da me né da suo padre.

Scendo le scale quasi di corsa e afferro delicatamente Clara per un braccio, stampandole un bacio su una guancia.

“E dai mamma! Non sono più una bambina ormai!” mi rimprovera lei, squadrandomi da capo a piedi “Papà dov'è?” chiede. Sento la sua voce tremare appena, ma penso che non le passerà mai.

“Oh...penso che sia ancora in bagno...hai già fatto colazione?” lei annuisce convinta, prima di salire le scale “ehm..signorina?” la chiamo e lei si gira, guardandomi interrogativa “Sai che tra due giorni si ritorna a scuola, vero? Hai fatto i compiti?” non si degna nemmeno di rispondermi, ma si gira e ricomincia a salire le scale, un po' meno convinta di prima.

“Buongiorno!” esclamo, entrando in cucina. É una profusione di baci, di coccole, di gente che si imbocca. Jackson e Hau disegnano cuori di marmellata sulle fette di pane, Stiles sta componendo frasi d'amore per Lydia con i cereali, cosa che lei però non sembra gradire molto.

“Scott, perdonami...fammi passare, grazie...” interrompo la battaglia di acini d'uva tra lui e Allison, che sembra aver coinvolto anche Reka, Hare e Nyree. Vado dritta a capotavola, afferrando mio fratello per la collottola.

“Mayla, te lo rubo solo un secondo...” lei annuisce, continuando a togliere le nocciole dal muesli. Mio fratello non ha ancora finito di masticare, infatti quando mi paro davanti a lui, in mezzo al giardino, fa fatica a chiudere la bocca.

“Sei un coglione, Wairaki.” sibilo, fissandolo minacciosa. “un coglione.” gli punto l'indice al petto, per fargli capire che non sto scherzando “tu...lo sai come sta andando la cosa e...non solo origli, ma anche mi interrompi nel bel mezzo?”

“Bel mezzo...avevate appena cominciato...”cerca di minimizzare lui, sputando pezzetti di pane.

“Bel mezzo...bel mezzo un cazzo!” esclamo, a denti stretti “non ti permettere mai più di farlo...” cerco di rimanere seria ma la sua faccia ha un'espressione talmente terrorizzata che non riesco a non cominciare a ridere. Gli stampo comunque una manata sulla schiena mentre rientriamo, tanto per fargli capire che non approvo il suo comportamento. Lui si gratta un orecchio, senza reagire alla mia provocazione. Ritorniamo in cucina e ci sediamo, lui vicino a Mayla, io vicino a Derek, che mi prende la mano da sotto al tavolo. Io guardo Hare, che però sembra presissimo dal suo caffelatte.

“Allora...”appoggio entrambe le mani sul tavolo, e aspetto che tutti abbiano lo sguardo rivolto verso di me “...oggi ci sarà un po' di rivoluzione in casa nostra. Non so ancora bene cosa dovremo fare, ma sappiate che in mezzo a tutto questo casino, non mi sono dimenticata che qualcuno sta cercando di farci fuori tutti quanti. E sto parlando dell'Ordine, sto parlando di Kate Argent.” vedo Allison sussultare, mentre nomino sua zia “ e noi dobbiamo essere pronti, in ogni momento. Oggi arriverà Omar con il suo branco, e insieme decideremo un piano d'attacco per far finire finalmente questa guerriglia. Saremo più protetti, potremo allenarci, se lo vorremo, con gente che si allena da tutta una vita per questo. Detto questo, tenetevi pronti. Domande?” prendo la tazza di caffè in mano, mentre tutti cominciano a mormorare. Styles alza una mano, cosa che gli fa guadagnare una manata da Lydia. Io sorrido, mentre Clara viene a sedersi sulle mie gambe.

“Tona...dovremo combattere e diventare parte di una specie di esercito di lupi assassini?” la domanda non mi sorprende, anche se Lydia sbuffa, infastidita.

“No, Styles” lo rassicuro “loro sono qui principalmente perchè io conosco palmo per palmo il quartier generale, e perchè ho informazioni sui loro esperimenti, sui loro metodi...insomma, posso essere utile. E visto che queste informazioni non sono semplici da fornire telematicamente...” lascio in sospeso la frase perchè Clara mi ha appena piantato le unghie in un braccio.

“Amore, cosa fai?” le domando, guardandola. Lei si alza e lascia la stanza, senza degnare nessuno di noi di uno sguardo. Mi alzo e sto per seguirla, quando sento suonare alla porta. Sbuffando, vado verso l'ingresso, mentre Derek mi raggiunge. Dallo spioncino vedo distintamente i capelli afro di Omar.

“Ciao, Omar...beh...benvenu...”mi muoiono le parole in gola. Sulla strada alle sue spalle ci sono quattro camion che sembrano davvero quelli dell'esercito, senza contare le jeep e i camper che li seguono, e da cui comincia ad uscire un po' di gente. No, un bel po' di gente. No, decisamente troppa gente.

“Si, siamo un po' più del previsto, ma non dovete preoccuparvi, sappiamo esattamente cosa fare, dove stare e sappiamo rispettare i confini.” dice, per far smettere di ringhiare sia Derek che mio fratello, il quale mi sta tirando dentro casa con tutta la forza che ha. “noi, Tona, ci vediamo alle tre in quel veicolo.” indica un camion blindato della dimensione di una portaerei. Io annuisco, poco convinta.

“Certo che la mimetizzazione non è il vostro forte...”comincio ad avere seri dubbi sulla cosa, ma ormai non posso tornare indietro, posso solo sfruttare la cosa a mio vantaggio, dirgli tutto quello che so e sperare che se ne vadano al più presto. Omar mi guarda, forse ha capito il mio scetticismo e mi prende una mano, cosa che fa ringhiare Derek ancora di più. Mio fratello ormai ha già i denti scoperti.

“Tona...per favore, noi stiamo solo combattendo come loro ci hanno combattuti per secoli...ora noi...possiamo sperare di vincere. Possiamo sperare di essere liberi.” lo dice con una tale commozione nella voce che anche Derek smette di ringhiare. Annuisco, ora più convinta.

“Certo, Omar...vedremo quello che si può fare. Sistematevi, ne parleremo dopo.” dico, chiudendo delicatamente la porta. Appoggio le mani sui fianchi e guardo mio fratello.

“Allora? Qualcosa da dire?” domando.

“No.”mormora Derek, voltandosi per andare al piano di sopra.

“Wai?” intimo a mio fratello. Che non ha ancora risposto.

“No..non avevo mai pensato che potessimo veramente farcela. Il tipo mi ha convinto, davvero. Mio figlio potrà crescere libero...”si perde un secondo nei suoi pensieri, per poi tornare alla realtà.

“Hai fatto la cosa giusta, Tona. Ma voglio accompagnarti su quel coso, dopo.” esclama, rientrando in cucina. Io decido di tornare in camera, ma sul pianerottolo incontro mia figlia.

“Clara...cos'hai?” chiedo, ma lei cerca di divincolarsi senza parlarmi “no...ferma, ferma!” la costringo a guardarmi negli occhi, ma lei continua a non aprire bocca.

“Io... non voglio che tu riviva quei momenti. Non voglio perchè...non voglio riviverli anche io. Mi hai giurato che resterai con me per sempre, e non voglio che...che ti portino via di nuovo.” alla fine ha ceduto, e quando smette di parlare le trema il mento. Mi abbasso e la abbraccio stretta, appoggiando la mia testa sulla sua spalla.

“Amore...non me ne andrò più via. Promesso. Non vado da nessuna parte, né io, né Wai, né Derek, né Hare...nè nessuno. Stiamo qui. Sono il mio branco, sono la nostra famiglia. Vai a mangiare adesso, dai...” le intimo, dandole un bacio in testa. La guardo scendere le scale di corsa, e comincio a salirle, a due a due, finchè non arrivo al piano della camera mia e del mi Half. Entro senza bussare, ma riesco a vedere qualcosa solo grazie alla mia vista da lupo, perchè la stanza è immersa nell'oscurità. Metto le mani avanti comunque e comincio ad avanzare, piano.

“Derek...”non faccio a tempo a sussurrare il suo nome che le sue mani mi hanno già tolto i vestiti di dosso. Sento la sua bocca sul collo e sulla schiena, le sue mani che si riappropriano del mio corpo.

“non riuscivi ad aspettare fino a stanotte, eh...?” mormoro, mentre lui mi spinge sul letto.

“e chi ha detto che stanotte non voglia replicare?” mi risponde sorridendo, prima di tuffarsi di nuovo sulla mia bocca.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Perchè parlare quando si può risolvere tutto con una sana e simpatica scazzottata? ***


 

 

Mi passo entrambe le mani tra i capelli, lasciandomi sfuggire un sospiro esasperato.

“Omar...sono sette ore che sono seduta qui, ho voglia di andarmene a casa mia, stare con mia figlia, farmi un po' di stramaledettissimi cazzi miei!” mi alzo e scosto la tenda. Un branco di lupi, tutti maschi, sta facendo quello che immagino sia un allenamento militare...sul prato di casa mia.

“Omar.” sbatto le mani sul tavolo, portando il mio viso a pochi centimetri dal suo “Togli. Subito. Quei. Cani. Dal. Mio. Prato!”urlo, scoprendo i denti. Lui spalanca gli occhi, spaventato, ma prima che possa muovere un passo qualcosa catalizza la sua attenzione e mi strappa un gemito disperato. Ci sono dei movimenti frenetici alla postazione dei rilevamenti satellitari, dove Keys sta smanettando da quando sono entrata nel furgone. Si passa una mano tra i capelli, corti e ricci, mentre dalla gola gli esce un respiro strozzato.

“Cosa succede?” chiede lui, avvicinandosi al ragazzo seduto davanti al computer.

“Signore, ce li abbiamo. Abbiamo trovato gli Argent.” mi si ferma il cuore, sento l'adrenalina scorrermi di colpo nelle vene. Mi avvicino a Keys e appoggio le mani allo schienale della sedia mentre mio fratello sbuffa e si mette accanto a me. Immagino che nemmeno per lui sia stato semplice stare sette ore a farsi fare l'interrogatorio da un semisconosciuto.

“Ecco, li vedi?” Keys si stacca dalla scrivania e ci lascia vedere dei puntini rossi su uno sfondo verde, suddiviso in quadranti. Mi indica un gruppetto di puntini, compatto, che si muove in maniera quasi impercettibile sullo schermo.

“America del Nord, ecco dove sono....ma il problema è che stanno aumentando.” borbotta Omar, riflettendo. Io e mio fratello ci guardiamo. Siamo preoccupati entrambi, e la ruga sulla sua fronte è la stessa identica replica della mia. Gli afferro una spalla e gli metto una mano sulla schiena, stringendo le labbra. Non avrei mai pensato che mio fratello, l'essere più irresponsabile di questa terra, si sarebbe potuto preoccupare per qualcosa. É preoccupato per me, per Mayla, per il loro lupacchiotto in arrivo.

“Odio vedere la preoccupazione nei tuoi occhi, Wai.” gli mormoro, appoggiandomi a lui, che sorride appena e mi stringe tra le braccia.

“Sono abituato a quella che vedo nei tuoi...è da quando mi ricordo di te che vedo i tuoi occhi preoccupati...” bisbiglia, affondando il naso nei miei capelli.

Mi stacco lentamente e ricomincio a guardare nello schermo.

“Aumentando in che senso?” chiedo, appoggiandomi con le mani al tavolo. La situazione non mi piace per niente. Keys si passa una mano sulla testa e sbuffa, continuando a cliccare sulla tastiera.

“Vediamo se riesco a prendere un satellite...dai cazzo, Google Earth servirà a qualcosa, mannaggia a loro...” borbotta, afferrando un bicchiere di caffè accanto alla sua postazione. Omar si gira.

“Aumentando...penso che stiano raccogliendo gente per venire a romperci le palle, scusate il francesisimo...” ricomincia a fissare i puntini, come se cercasse di entrare nello schermo per schiacciarli.

“Omar...io penso di dover andare a casa. C'è mia figlia, c'e il mio Half e ho bisogno di parlare con tutto il branco di quello che sta succedendo...” dico, prendendo mio fratello per un braccio. Lui annuisce e ci lascia andare, e finalmente usciamo dal camion, respirando l'aria salmastra.

“Wai...io non ti lascerò venire in caso di attacco. Hai la tua famiglia a cui badare, Mayla non può diventare una vedova e il tuo bambino...” lui non mi lascia nemmeno finire.

“Cosa stai dicendo? Avevi detto che non dovevamo attaccare anche noi!” esclama, ringhiando.

“Non noi...io.” mormoro, appoggiandomi al camion e accendendomi una sigaretta “purtroppo è diventata una faccenda personale, tra me e quella puttana.” lo vedo scoprire i denti, furioso, ma non mi faccio intimidire “sono la vostra Alpha, fino a prova contraria. E voi farete quello che vi dico, capito?” ho i denti scoperti anch'io, adesso. La situazione mi preoccupa, molto più di quanto io non credessi. Mio fratello sgancia un pugno contro la parete del camion, ammaccandola, e si dirige verso casa a grandi passi, senza voltarsi. L'ho ferito di nuovo. Ferirò mia figlia, di nuovo. Ferirò Hare,ancora. Ma la cosa che più mi distrugge, è che so che Derek ne morirà. Aspiro una lunga boccata di Lucky Strike e la spengo sotto la suola della scarpa, prima di dirigermi anche io verso casa, non senza aver ringhiato a qualche stupido soldato-lupo che non ha capito ancora che il mio giardino non è un campo di addestramento.

Non appena entro in casa, vengo accolta da un coro di urla. Clara mi corre incontro e mi abbraccia, piangendo sconvolta.

“Non andare, non voglio che te ne vai! Hai capito? Non mi puoi lasciare qui ancora! Ti odio, ti odio!” non faccio nemmeno in tempo a ricambiare il suo abbraccio che è già corsa di sopra, in lacrime. Hare mi si avvicina, e nei suoi occhi scuri vedo il dolore, un dolore che non pensavo di poter vedere in una persona. Mi tende le braccia, tremante, ed io mi ci butto senza pensare. Mi stringe forte, quasi stritolandomi ma non mi importa. Io sono ancora rintronata dalle urla di Clara per poter provare dolore. Lo sento deglutire, più volte, finchè non alzo il viso, e vedo che il suo è coperto di lacrime.

“Ascoltami...”mi sussurra, pianissimo “ascoltami Tona, non andare...lo so, tu hai scelto lui ma io ti amo...e non farò altro che proteggerti, e amarti, farei qualsiasi cosa per poterti tenere qui...non lasciare il tuo branco, non lasciare la tua famiglia...non lasciarmi, non di nuovo, ti preg...” io ho gli occhi chiusi ma li riapro quando non lo sento più parlare. Mi alzo sulle punte e guardo dietro la sua spalla. All'improvviso capisco perchè non ha finito la frase.

“Uscite.Tutti.” dice Derek, che ha Clara in braccio, ancora singhiozzante. Hare mi lascia andare, lentamente. Io mi sposto, senza una parola, e apro la porta. Mi vedo sfilare davanti Hare, mio fratello, Clara, i Beta di Derek e il resto del mio branco. Quando l'ultimo è uscito, chiudo la porta con un calcio, ma non mi muovo finchè non sento le macchine partire ed uscire dal vialetto. Derek è ancora lì, alla fine delle scale, che mi guarda. Sta trattenendo la rabbia, lo vedo, stringe talmente tanto i pugni che ha le nocche bianche. Io mi appoggio alla porta, in attesa che faccia qualcosa. Lo vedo scattare verso di me e mi sposto di lato, per evitare il suo pugno, che si infrange contro la porta, spaccandola in mille schegge.

“Dov'è che vai tu?” urla, con il braccio ancora infilato nella porta “dove cazzo vai tu?”toglie il braccio e le schegge di legno volano dappertutto. Una mi finisce su una guancia, ferendomi leggermente. Fa un passo verso di me, ed io indietreggio. Non sono spaventata, voglio solo che si sfoghi così poi potremo parlare. Fa un altro passo, io indietreggio ancora, e continuiamo così finchè non mi trovo con le spalle al muro. Lo sento, freddo contro le mie spalle nude. Mi appoggio, sento un brivido di freddo percorrermi la schiena. Lui continua ad avanzare, finchè il suo viso non è a pochi centimetri dal mio. È il momento di provare una cosa che mi ha insegnato Whakaaro, prima che me ne andassi nel quartier generale dell'Ordine.

“Dove cazzo è che vai tu, stronza?!” mi grida, alzando il pugno dritto verso il mio viso. Io rimango impassibile, anzi, faccio un piccolo sospiro esasperato e lo guardo, dritto negli occhi, aspettando che metta giù il braccio. Ma lui non lo fa e il pugno mi colpisce sul viso, in pieno, così forte da togliermi il respiro. Sento il sangue che mi invade la bocca, il naso, e cado a terra, coprendomi la testa con le mani, mentre continuo a sputare rosso. Non pensavo che fosse così forte, non pensavo che potesse farmi così male. Mi fa male il naso, e toccandomelo sento che non è più dove dovrebbe essere, ma con uno sforzo e una mano sola riesco a rimettermelo a posto. Mi passo la lingua su tutti i denti, per controllare che non se ne sia andato nemmeno uno, e infatti, per fortuna, è così. Deglutisco e sento il sapore ferroso del sangue scorrermi lungo la gola. Sto tremando da capo a piedi, un tremito così forte che non riesco a controllarlo, ma mi rialzo, malferma. Mi appoggio al muro e sputo ancora, macchiandomi le scarpe. Fisso Derek, che ha la bocca aperta e lo sguardo completamente annientato. Mi pulisco il viso con un lembo della maglia, il sangue ha già smesso di uscire, per fortuna. Faccio un lungo respiro, cercando di calmarmi.

“Sei contento adesso? Sei felice? Ti senti soddisfatto?” mormoro, senza sbattere le palpebre. Visto che non mi risponde, lo supero e lo lascio lì, a fissare il muro schizzato dal mio sangue. Salgo le scale, lentamente, con la testa sconnessa finchè non entro nel primo bagno che trovo.

Se necessario, puoi inibire la protezione dell'Half. Ma è una cosa che puoi controllare tu, non l'altro. Se tu decidi, lui può farti del male. Ma ti devi allenare, duramente, per poter riuscire a controllare anche questo”

E a cosa serve?”

Serve, serve ad esempio quando un Alpha sta morendo e vuole che sia il suo Half a prendere il suo posto. Io prego gli spiriti che a te non accada, ma non si sa mai, con te.”

La mia conversazione con Whakaaro mi rimbomba nel cervello, che adesso sembra non contenere nulla. Apro l'acqua della vasca da bagno e intanto mi spoglio. Sento i passi di Derek sempre più vicini, ma continuo a spogliarmi, mentre la vasca si riempie. Non capisco tutto questo casino, non capisco tutte queste urla. Sono la loro Alpha, ho il dovere di proteggerli. E Derek...ha avuto veramente il coraggio di picchiarmi. Sento la porta aprirsi e volto la schiena verso l'entrata, non voglio che mi veda con il viso ancora sanguinante. Le sue mani mi accarezzano la pancia, in un soffio mi ritrovo la sua bocca sul collo.

“Scusami...ti prego...scusami...” lo sento parlare, ma è come se non lo sentissi davvero. Scuoto la testa, per togliermi di dosso il suo fiato.

“No...non ti scuso. Non ti scuso perchè hai preferito distruggere una porta e darmi un pugno piuttosto che fermarti e parlare. Non ti scuso perchè sei una bestia. Non ti sei fermato un secondo a pensare, mi hai urlato addosso e hai osato alzare le mani su di me. Su di me. Cosa pensavi, che ti saresti fermato in tempo? Che il nostro legame mi avrebbe protetta?” lo sento annuire piano, contro la mia spalla nuda “beh i legami possono spezzarsi, le barriere possono essere tolte. Ed io temporaneamente l'ho fatto, perchè volevo vedere con i miei occhi cosa eri capace di fare. E l'ho visto...Derek, lasciami...” mi sta stringendo di più, con una mano sola. Con l'altra si sta togliendo la maglietta, mentre scalcia via i pantaloni. Sta tremando come un bambino spaventato, sta battendo i denti, ma io lo lascio fare. Ha un'età in cui non può più risolvere le cose con la violenza.

“Ti ho detto di lasciarmi.” gli intimo, cercando di fare un passo avanti, ma lui non demorde. Faccio forza sui gomiti e mi libero,in meno di un attimo, voltandomi verso di lui, che rimane impietrito. Mi infilo nella vasca, consapevole di avere ancora il viso pieno di sangue. L'acqua straborda ma non mi importa, voglio solo lavarmi e gettarmi a letto. Il resto può aspettare domani. Lui si avvicina al bordo della vasca e prende una spugna, bagnandola, poi cerca di pulirmi il viso.

“Stai ferma, dai...” io mi ritraggo, ma lui non sembra curarsene. Si avvicina di nuovo, con la spugna in mano “..fai entrare anche me?” mi chiede, a voce bassissima. Io scuoto la testa, ma lui mi ignora, di nuovo, e mi sposta le gambe per entrare nell'acqua anche lui. Allunga il braccio con la spugna e con l'altro mi afferra il viso, costringendomi a star ferma. Mi pulisce per bene, con delicatezza. Io sento i muscoli rilassarsi a poco a poco, finchè non mi giro e lascio che mi lavi la schiena. Lui si ferma a metà, lasciando cadere la spugna sul pavimento. Mi abbraccia e comincia a baciarmi le vertebre, ad una ad una, piano.

“Io non ho detto che è sicuro che andrò, ma sappi che se ci sarà un attacco, nostro o loro, io sarò in prima fila. Ho il dovere di proteggere il mio branco, ho il dovere di proteggere te. E ho una grossa questione in sospeso con quella puttana. Mi ha tranciato un braccio, se ben ti ricordi...” lui mi mette una mano sulla bocca, delicatamente, e mi fa appoggiare al suo petto. Lo guardo da sotto, e gli accarezzo piano la barba.

“Non parlare. Mi sento talmente in colpa...” bisbiglia, mentre gioca distrattamente con il mio ombelico “...non pensavo di poterti ferire, Jenny. Non lo pensavo davvero. Non avrei voluto. Io non...non...” si interrompe. Io gli passo una mano sul collo, e poi sul viso.

“So che non volevi farlo. Ma hai un'età in cui le cose non si possono risolvere con la violenza. Non tra me e te,non più. Io ti amo. E sarei disposta a tutto pur di salvarti, pur di salvare tutti voi. Anche combattere e morire.” mi trema la voce mentre concludo la frase. Lui abbassa il viso e mi bacia, dandomi una leggera spinta nell'acqua, ma io non raccolgo il messaggio.

“No. Sono stanca e non ho voglia di fare sesso, Derek. Non stasera.” dico, per troncare ogni suo pensiero “sopratutto non ora, non oggi, non in questo momento. Ho voglia di godermi il bagno e di scomparire nel letto, tutto qui...” chiudo gli occhi, appoggiandomi a lui.

Li riapro e sono nel letto, coperta quasi fino al mento dal lenzuolo. Derek mi sta abbracciando ma dorme, lo sento dal respiro profondo e tranquillo. Mi stringo un po' di più verso di lui, guardando la sveglia digitale sul comodino. Segna le tre e venticinque minuti, ho dormito otto ore senza accorgermi di nulla. Richiudo gli occhi, inspirando il profumo di pulito del lenzuolo e l'odore di Derek, mischiato a quello del bagnoschiuma. Domani, ci pensiamo domani.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Il mio Half è furbo, furbissimo, mangia pane ed aquila la mattina a colazione! ***


 

Mi sveglio con Derek che mi respira nell'incavo della spalla. Durante la notte non so con quale movimento, le nostre gambe si sono intrecciate e adesso lo sto abbracciando come fosse un bambino. Lo guardo, pensando che è vero quello che dicono dei lupi. Derek ha quasi trent'anni, eppure ne dimostra a stento venticinque. È un giovane uomo. Sospiro, accarezzandogli i capelli, mentre lui si appoggia ancora di più a me. La porta della nostra stanza si apre, piano, e Clara scivola dentro senza fare rumore. Mi guarda, ha la sua tigre di peluche stretta tra le mani.

“Clara...cosa c'è? Vieni qui”mormoro, alzando un braccio e accogliendola. Sposto la coperta in modo che possa mettersi tra me e Derek. Lui grugnisce ma non si sveglia, ed io abbraccio mia figlia, stringendola a me.

“Mamma, non andare via.” appoggia la testa nell'incavo della mia spalla e mi stringe un braccio. La bacio sui capelli, lisci e sottili. Sono ancora capelli da bambina, morbidi e scuri come l'ebano. Sono contenta che abbia preso i colori da Derek e non da me. Avrebbe i capelli bianchi, se fosse stato per me.

“Se non ci sarà nessun pericolo per voi, non andrò da nessuna parte. Starò qui.” cerco di rassicurarla, ma lei si stringe ancora di più a me, abbracciandomi. Non sta piangendo, ed io ricambio il suo abbraccio, piano. Derek continua a dormire,imperterrito. Se Whakaaro fosse qui...

“Che ne dici se...lasciamo tuo padre a dormire e andiamo a fare i pancakes?” domando, in tono complice. La sento trasalire dalla gioia e mi alzo, con lei sempre attaccata al collo. La prendo tra le braccia e mi dirigo fuori dalla stanza, camminando a piedi nudi sulle piastrelle del corridoio. Man mano che mi sveglio, ho la sensazione di essermi dimenticata qualcosa. Non c'è nessuno in giro, immagino che Scott e gli altri siano a caccia, vista la brutta aria che tirava ieri sera in questa casa. Scendo le scale più piano possibile, evitando di far rumore. La tv è accesa, e Wai sta dormendo profondamente sul divano. Non riesco a reprimere un sorriso, mentre appoggio Clara sul pavimento.

“Amore, vai in cucina. Le uova e la farina sai dove sono, tirale fuori ma non toccare altro, capito?” le dico, dandole una pacchetta sul sedere per farla partire. Mi avvicino a mio fratello, che continua a dormire imperterrito.

“Aaah ci attaccano!!” urlo, saltandogli addosso. Lui spalanca gli occhi e digrigna i denti, prima di accorgersi di me che sto ridendo come una pazza.

“Che scherzi coglioni, Tona...sei una scema, veramente...”borbotta, cercando di ricomporsi. Io sto rotolando sul divano, tenendomi la pancia, con le lacrime agli occhi.

“Scusami...scusami hai....hai ragione...” cerco di calmarmi ma un'altra ondata di ilarità mi travolge e mi trovo a ridere più forte di prima. Lui mi guarda, ed io smetto immediatamente. Ritorno seria.

“Ci sono novità, Wai?” lo interrogo, prima con la domanda, poi con lo sguardo. Lui annuisce, senza cambiare espressione.

“Sono tanti. E sono incazzati. Omar sta facendo il possibile per radunare i lupi. Ti vuole, in prima fila. Gli ho detto di no, lui ha insistito. Vuole anche Derek. E me. E gli altri.” dice, passandosi le mani sul viso. “io non posso combattere, Tona. Mayla...”

“...non andrà nessuno di voi.” lo interrompo bruscamente, irritata dal comportamento di Omar. Come cazzo si permette? “gli parlerò io, non ti preoccupare. Wai, vai a vedere Clara cosa sta facendo e intanto la aiuti a fare i pancakes? Io ho bisogno di riflettere un secondo...” continuo a pensare di essermi dimenticata qualcosa. Torno su, salendo le scale e mordendomi un pollice, ma sono talmente assorta che per un pelo non sbatto contro Allison.

“Oh...buongiorno, ben svegliata...” dico, mentre mi sposto per farla passare. Lei mi guarda, ha l'aria nervosa e preoccupata.

“Tona, non è che per caso tu...avresti un assorbente? Io ho finito i miei e non ho fatto la spesa e oggi mi deve venire il ciclo e...stai bene?” mi chiede. Io devo essere impallidita, ma mi riprendo immediatamente.

“Allison, gli assorbenti li trovi tutti nell'armadietto in bagno, quello verde, al primo piano...quanti ne abbiamo oggi?” cerco di sembrare più svagata possibile, ma dentro di me sono gelata dal terrore.Ecco cosa mi sono dimenticata. Il ciclo. Il mio cazzo di ciclo mestruale.

“Ventidue ottobre, Tona. Perchè?” mi chiede, curiosa. Io la liquido con un bonario gesto della mano.

“Scusami Allison, è che mi sono appena svegliata...Clara è venuta a svegliarci entrambi!” rido, e lei ride con me, prima di scendere in fretta le scale. Io faccio un respiro profondo, dirigendomi verso lo sgabuzzino. Apro la porta, c'è odore di pulito in questa stanza, anche se c'è un velo di polvere sugli scaffali. Eccoli lì. Mayla ne ha comprati otto, me lo aveva detto mio fratello scherzando, ma non sono mai stata così contenta che uno dei suoi scherzi corrispondesse alla verità. Prendo uno stick in mano e me lo infilo nella tasca dei pantaloncini, poi esco dallo sgabuzzino più in fretta che posso.

“Cerchi qualcosa, Jenny?” Derek è mezzo nudo, in piedi davanti al pianerottolo. Si sta stropicciando un occhio con aria assonnata,mentre sbadiglia rumorosamente. Io scuoto la testa, mentre la tasca mi sembra sempre più pesante.

“No Derek...cercavo lo scottex...Clara sta facendo i pancakes con Wai e pensavo ci fosse bisogno di un rotolo in più..” dico, cercando di sembrare naturale. Lui mi si avvicina, ed io mi ritrovo con le spalle appoggiate alla porta. Mi bacia, piano.

“Scusami per ieri...davvero...scusami tanto, ma tanto...” io gli metto l'indice sulle labbra, per non farlo parlare.

“Sto bene...non ho più un segno addosso, nessuno si è accorto di niente...stai tranquillo. Non dovevo provocarti così. Adesso scusami ma devo assolutamente andare in bagno, mi scappa troppo...tu vai a fare colazione, vi raggiungo appena ho finito!” lo bacio velocemente sulla bocca e sguscio dalle sue braccia, dirigendomi a passi veloci verso il bagno.

Sto fissando lo stick con un misto di terrore e gioia, passandomi ogni tanto una mano sugli occhi per capire che non sto sognando. Bussano, un bussare nervoso ed energico.

“Occupato!” urlo, mentre il mio stomaco è attraversato da una fitta di panico “non posso stare in pace neanche al cesso?!” Merda. Non ho chiuso la porta a chiave

“Jenny, sono venti minuti che ti aspettiamo per la colazione, pensavo che tu fossi caduta nel water!”Vedo la maniglia abbassarsi, lentamente...

“No...non entrare, sono nuda!”urlo, spogliandomi più velocemente che posso. Lui spalanca la porta, ignorandomi.

“Jenny, ti ho vista nuda in tutti i posti e le ore immaginabili, ti pare che mi scandalizzo se ti vedo nuda al cess...” le parole gli muoiono in gola quando vede quello che ho in mano. Mi si avvicina, circospetto e guardingo. Io sospiro.

“Primo, è maleducazione entrare nei bagni mentre qualcuno è dentro, e secondo ti puoi avvicinare tranquillo, non te lo lancio mica addosso...” dico, brandendo lo stick. “...io e te dobbiamo fare una chiacchierata, Derek. Ma non qui, non nel bagno, e non mentre sono nuda. Esci.” gli ordino. Lui non si muove, continua a fissare il test come se fosse una luce nel buio. “Derek...esci da qui.”

“Cosa...cosa c'è scritto?” domanda, mentre io mi costringo ad alzarmi dal water.

“Derek” sbuffo, mentre lo spingo fuori dal bagno “non è la bibbia, c'è solo un segnetto, e questo segnetto dice che i sogni di Clara si sono avverati, che i tuoi deliri di un paio di mesi fa sono diventati realtà, vuol dire che tra poco avrò la pancia e un umore schifoso...perchè si, Derek, sono incinta!” lo butto fuori dalla porta e la richiudo,stavolta facendo due giri di chiave. Fisso di nuovo lo stick e poi mi passo una mano sulla pancia. Ripenso alla mia gravidanza travagliata, al ritrovamento di mio fratello, al mio travaglio con Whaea che cercava di calmare Whakaaro...

Sorrido e getto lo stick nel cestino, poi mi rivesto. Prima di uscire, però, riprendo lo stick, non si sa mai che a qualcuno venga voglia di rovistare nel cestino della spazzatura. Esco dal bagno e scendo le scale, pronta a fare colazione. Sono sorpresa da me stessa per come sto accettando la cosa, anche se penso di essere ancora sotto shock per potermi davvero preoccupare. Sono già tutti a tavola, che mangiano i pancakes. Io afferro Clara per un braccio e le tolgo un baffo di impasto da una guancia, quando sento mio fratello imprecare.

“Wai, stai bene?” chiedo, raggiungendolo tra i buongiorno generali.

“Oh..non è nulla..è solo la ventesima volta che si scotta...”Mayla mi sorride. Ha il busto piegato all'indietro per il pancione. L'immagine di Mayla mi colpisce più forte di un pugno. Tra poco anche io sarò così. Tra poco, troppo poco. E non posso permettermelo. Non posso proprio. Mi si chiude lo stomaco, con tanta forza da farmi del male, e mi si spezza il respiro a metà. Mi volto verso Derek, che ha uno sguardo a metà tra lo stravolto e il raggiante, e mi fa segno di raggiungerlo. Io sposto un paio di sedie e mi metto vicino a lui, guardandolo per fargli capire che c'è qualcosa che non va, ma lui non si accorge di nulla, anzi.

“Scusatemi...scusate, vorrei dire una cosa.” Dice, alzandosi in piedi. Io comincio a tirarlo per un braccio, ma lui mi ignora così palesemente che vorrei prenderlo a calci nelle palle Mi prende per un braccio e mi fa alzare, poi passa un suo braccio intorno alla mia vita. Io sto per esplodere dalla rabbia, ma mi trattengo, pregando che finisca presto.

“Dopo tutto quello che è successo, non pensavo che mi sarei trovato di nuovo accanto alla persona che mi ha cambiato la vita...eppure è successo, ed io non voglio perdere ancora tempo...” declama. Di sicuro se l'è preparato, il discorsetto. Non ho mai sentito Derek parlare in questa maniera in tutta la mia vita. Hare si alza ed esce dalla cucina, senza fare il minimo rumore. Wai sembra troppo occupato a fare i pancakes per ascoltarlo.

“...per questo, amore mio..mi vuoi sposare?”

Mi volto verso di lui, ma sono costretta ad abbassare di colpo il viso. Lo vedo in ginocchio, che mi porge un pacchetto blu, aperto. All'interno c'è un anello bellissimo, di oro bianco con tanti piccoli diamanti e zaffiri blu. Il sogno di ogni donna, ma non il mio. Lo guardo, poi guardo Derek, che sta aspettando una risposta, poi guardo ad uno ad uno tutti quelli che sono seduti al nostro tavolo. Vedo tutti felici ed eccitati per la notizia, e all'improvviso mi rendo conto di cosa mi ha chiesto. Guardo di nuovo Derek, e sbatto un paio di volte le palpebre prima di rispondere.

“Tu...tu mi hai chiesto cosa?” mormoro, passandomi una mano tra i capelli “...non ci pensare nemmeno, Derek.” dico, a voce più alta, prima di uscire a passi svelti dalla cucina.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Insomma, andiamo avanti così che va bene, mi dicevano. Io sono l'Alpha e nessuno mi ascolta mai. ***


Non so cosa dire. Non so cosa pensare. É vero, avevo pensato ad un matrimonio...ma non così. Non in questa maniera. Non adesso, non mentre...non mentre ho un esserino che mi sta crescendo dentro. Il secondo. Non mentre la Argent è un pericolo, un pericolo reale per tutta la mia famiglia. Per lui. Mi tocco la pancia e guardo il cielo, talmente azzurro e luminoso che sono costretta a chiudere gli occhi.

“Tu non dovevi succedere adesso...”mormoro, sospirando. Il mare mi lambisce i piedi,ma quasi non me ne accorgo. Alcuni soldato-lupo corrono in lontananza, sollevando onde di sabbia. Da quando ho trasformato casa mia in un quartier generale? E Clara?

Mi alzo e rientro in casa. Ormai non c'è più nessuno, a parte Derek. Sta guardando il telegiornale con aria assente, ma non appena entro nella stanza l'aria si carica di tensione.

“Derek.” lo chiamo, ma lui imperterrito continua a fissare la televisione.

“Derek!” ripeto, più forte, finchè lui non si degna di guardarmi. Trovo i suoi occhi colmi di rabbia e di rancore che mi fissano come se volessero pugnalarmi.

“Stai zitta, Jenny.” alza una mano, per troncare qualsiasi mio tentativo di mettere in piedi un discorso “Stai zitta. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso, davvero.” Io mi avvicino a lui e mi metto in ginocchio, bloccandogli la vista della tv. Lui fa un gesto, come per colpirmi, ma ci ripensa e abbassa il braccio, stizzito.

“Ascoltami. No non fare così, devi ascoltarmi.” Gli prendo il viso tra le mani e lo bacio sulla bocca, nonostante lui non voglia nemmeno farsi toccare da me “Io e te non possiamo sposarci, Derek, lo sai bene. Sai cosa verrebbe fuori? Hai pensato a Clara? Se ci catturano tutti e due cosa succederà? Hai pensato a...lui?” gli afferro una mano e la appoggio sulla mia pancia “Cosa succederebbe a lui se morissimo tutti e due?” alzo gli occhi su di lui, ma sembra che nemmeno mi abbia sentito.

“...è la prima volta che tocco la pancia di una donna incinta.” mormora dolcemente. Appoggia le labbra sulla mia pancia e mi prende per i fianchi, mettendomi sopra di lui, poi preme leggermente entrambi i palmi sul mio ventre.

“Derek voglio che tu...” mi fa segno di tacere, senza guardarmi.

“Ho sentito, Jenny. Ho capito. Non voglio più parlarne. Pensavo di fare una bella cosa e invece l'unica cosa che ho fatto è stata di sentirmi un coglione. Grazie, sai sempre come farmi sentire bene, tu.” non alza gli occhi su di me, ma in questo momento il senso di colpa mi sta prendendo a calci il cuore.

“Mi...mi dispiace. Io...io non penso di essere pronta, a questo. Cioè, ormai mi sono abituata al fatto che...che sono sola. Sono sempre stata sola. E il matrimonio...la faccenda in sé...mi spaventa.” Mi stringo nelle braccia e giro il viso verso le scale, dove si sentono dei rumori. Dei passi, lenti e felpati. Poi una porta si apre, e si chiude. Una piccola risata, subito dopo, una risata che riconoscerei tra mille.. Mio fratello e Mayla, Ho voglia di piangere, di colpo, ma non posso e non voglio mostrarmi debole davanti a Derek, che allunga le mani fino a toccare i miei avambracci incrociati.

“Come lo chiamerai?” lo guardo, stupita dalla domanda.

“Come lo chiameremo...no?” gli chiedo, di rimando. Lui abbassa lo sguardo sulla mia pancia, poi di nuovo sul mio viso e sorride appena.

“Si, come lo chiameremo, razza di stupida testarda lupa che non sei altro. Ma Tona, per favore, ascoltami. Non mi puoi dire di no. Se non vuoi farlo per me, o per te, fallo per Clara e per lui. Se moriremo, i nostri branchi si occuperanno di loro, e lo sai. Vedi questo matrimonio come qualcosa per salvaguardare i loro bisogni materiali, ecco.” spiega, serio.

“Hai ragione. Sono stata una stupida, ma sappi che se io ti sposo non è per questo. Ti sposo perchè...” abbandono le braccia lungo i fianchi e cerco di rilassarmi “io...io ti...”

“...tu mi...?” mi incoraggia lui, con una leggera spinta del bacino.

“...io ti amo, Derek Hale.” mi viene da ridere, non mi capitava più da anni di esprimere i miei sentimenti a parole in una lingua che non fosse il maori.

“...e io amo te, Jennifer Cabes.” mi piego verso di lui a baciarlo. Come non mi capitava da anni di sentire il mio nome per intero.

“Io non sono Jennifer Cabes...non lo sono più. Io sono Tona, ma da ora sarò anche Jennifer...Hale.” sussurro al suo orecchio. Il suo cognome accanto ai miei nomi è come la tonica che risolve il giro di accordi. Perfetta, armonica, infinita. Sentiamo dei passi sulle scale, frettolosi e agitati, e in due minuti abbiamo entrambi i branchi in salotto, lupi mannari che saltano e si congratulano come maturandi appena promossi. Sorrido e li lascio fare, sapendo che la loro felicità non durerà. Guardo mio fratello, abbracciato a Mayla. Lui non sta festeggiando, mi guarda e scuote appena la testa, ed io annuisco. Ho il cuore gonfio di preoccupazione, ma non mi sembra questo il momento giusto per esprimerla. Mio fratello mi si avvicina e mi prende per un braccio, sottraendomi alla confusione e al casino che si sta creando in salotto. Vedo spuntar fuori bottiglie di birra e patatine da non so bene dove.

“Ragazzi sono le undici del mattino...” provo debolmente a protestare ma nessuno mi ascolta. Sento i rumori dei camion e dei lupi fuori da casa nostra, ma sono i soliti rumori di routine. Seguo mio fratello in cucina, poi nel patio.

“Wai cosa c'è...” dico, ma lui scuote la testa in segno di diniego, e si siede sul dondolo. Batte la mano sul cuscino, per invitarmi a sedere, ed io lo accontento.

“Io non so quello che sto facendo. E nemmeno tu.” mormora, guardandosi le mani. Io istintivamente mi ritraggo appena, stupita.

“Wai, cosa stai dicendo? Tu hai vent'anni, sai benissimo occuparti di te stesso e di tuo figlio...io, lo sai che posso occuparmi di ogni cosa...”

“Ti vogliono morta, lo sai questo? Non solo gli Argent, sai quanti branchi ti vogliono morta?” è preoccupato, come non l'ho mai visto “e tu...e tu invece di preoccuparti di sopravvivere...cosa fai? Metti su famiglia?!” sbotta, e la sua frase sembra più un ringhio, sordo e cupo.

Gli metto una mano sulla coscia, cercando di tranquillizzarlo.

“Wai, so quello che faccio...”

“No non lo sai altrimenti non lo faresti! Non ti puoi occupare anche di una gravidanza in questo momento! Vuoi...vuoi che cresca come Clara? Non vedendoti mai, avendo paura ogni volta che esci, pensando se ti rivedrà più, sballottato da una parte all'altra del globo mentre sua madre le pensa tutte per non far ammazzare nessuno? Ti sembra pensare questo?” è divorato dalla rabbia, ma riesce a tenersi. Afferra il ferro del dondolo e lo stringe, deformandolo.

“Wai...lui e Clara non verranno mai abbandonati, e nessuno di loro dovrà essere raccolto per strada. Loro, se io non ci sarò più, avranno voi. Ed io ho bisogno di sposarmi, perchè se me ne vado, loro avranno bisogno di un sostegno economico...”

“Allora sposa Hare, non sposare Derek! Ti ha tradita non una, ma due volte, e niente gli potrà impedire di farlo una terza!!”Si alza, ed io lo seguo, mettendomi di spalle alla porta della cucina. Sto seguendo il suo discorso, e sapevo che avrebbe disapprovato su tutta la linea, ma non pensavo fosse capace di una veemenza simile.

“Te lo ricordi? Che ti ha venduta alla Argent? Che ti ha tradita con lei? Lui è quello che ha fatto ammazzare tutta la tua famiglia! Lui è quello che ha detto agli Argent che eravamo a Beacon Hills, lui è un luridissimo figlio di puttana!” Sta urlando, ma non appena si sposta di un passo da me, sento qualcosa dietro alla mia schiena. Non faccio a tempo a girarmi che sul patio ci sono mio fratello e Derek, avvinghiati e ringhianti. Sono trasformati per metà, e ringhiano come animali.

“Tu devi smetterla di dire stronzate, hai capito?” ulula Derek, cercando di azzannargli una spalla. Mio fratello non replica, ma sposta il muso in basso e con una testata colpisce Derek al mento.

Io rimango immobile. Non voglio interferire, preferirei che se la sbrigassero da soli. Sono stufa di queste stronzate. Gente che si azzanna e che rizza i peli solo per far vedere che è più maschio degli altri, tutti a fare i duri.

“In questa casa ci sono troppi uomini...”mi mormora Mayla, che è venuta ad assistere al teatrino “..io punto su Wairaki, non ti offendere ma Derek è un po' vecchio...” ridacchia, poggiandosi poi le mani sulla pancia. Faccio un piccolo sorriso divertito e torno a guardare i due per terra, che rotolano e ringhiano. In lontananza, scoppia un tuono, mentre delle enormi nuvole nere si ammassano all'orizzonte. Sul patio cominciano ad esserci delle chiazze di sangue di dimensioni considerevoli, ed io comincio a preoccuparmi. Decido di intervenire, non ho voglia di passare la mattinata a vedere due ragazzini che si picchiano. Prendo un respiro ed emetto un ringhio basso, potente e minaccioso. Comincio a trasformarmi, visto che i due non danno segno di voler smettere, e con un balzo sono in mezzo a loro.

“Derek, lascialo.” intimo all'Alpha, ma lui non ha intenzione di lasciare il braccio di mio fratello. Glielo ripeto due, tre volte, ma non sortisce nessun effetto. Con una zampata lo distraggo e gli rifilo un morso sulla spalla, che gli fa mollare immediatamente la presa. Sono innervosita. Nessuno può attaccare un membro del mio branco,tantomeno se si tratta di mio fratello.

“Ti ho detto di lasciarlo, Derek.” ringhio, mettendomi di fronte a lui “Nessuno può fare del male a mio fratello.” con la coda dell'occhio, vedo Wairaki ritrasformarsi e tornare ansimando in casa.

“Io non mi faccio comandare da nessuno, hai capito?” gorgoglia lui, sputando sangue.

“Io sono la tua Half e sarò tua moglie. E qui non si parla di comando, ma di rispetto. “Ed ora” urlo, affinchè mi senta anche mio fratello “in caso nessuno se ne fosse accorto io vado a farmi dare una controllatina, e gradirei che le chiazze di sangue sparissero dal patio, grazie!” Lascio Derek sul patio e Wai in casa, a sbollire la rabbia ognuno dove preferisce, mentre io torno in casa e tiro fuori il cellulare dalla borsa. Il campanello trilla non appena afferro il telefono, ovviamente. Mi pareva strano che nessuno mi avesse ancora disturbata. Guardo dallo spioncino, mentre sento Derek avvicinarsi alle mie spalle. Vedo una ragazza, bionda e dall'aria snob.

“Derek, guarda tu, magari è per te, io non so chi sia...”gli dico, passandogli accanto. Torno al cellulare, e mentre digito il numero di Omar sento il mio Half dire distintamente

“Oh cazzo...Rose.”  

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** that shit is fuckin' serious. stupidi Argent. ***


“Rose?” domando, grattandomi una guancia e guardando Derek, che si è messo le mani tra i capelli.

“Si. Una mia parente acquisita, è la figlia della moglie di mio zio. Non la vedo da circa..dieci anni?” mi risponde lui. Il campanello suona di nuovo, questa volta più a lungo.

“Beh? Falla entrare no?” dico, buttandomi sul divano. Derek sospira, prima di mettere la mano sulla porta. Apre e rimane in silenzio, mentre una voce autoritaria e squillante esclama

“Ciao, schiappetta!” con tono divertito.

“Ciao, Rose. Cosa ci fai qui?” Domanda il mio Half, spostandosi. Rose entra, mollandogli in mano un borsone. Si guarda intorno e mi vede. I suoi occhi si stringono a fessura. Mi sta studiando, ed io sto facendo lo stesso con lei. É alta, bionda, con un paio di shorts neri e una canottiera che le copre a malapena il seno. Sembra una pornostar. Decide che in fondo non sono così interessante e rivolge di nuovo tutta la sua attenzione a Derek.

“Come cosa ci faccio qui? Secondo te le notizie non corrono? Sono venuta a darti una mano..schiappetta!”dice, dando una pacchetta sul sedere a Derek. Io mi impongo di restare calma. Ma perchè ogni essere femminile biondo e tettuto sembra essere attratto da Derek? Mi alzo dal divano e vado verso di lei, con la mano destra tesa davanti a me.

“Ciao, io sono Tona, questa è casa mia, piacere di conoscerti!”presentazione alquanto sarcastica, ma non posso farne a meno. Lei si volta verso di me e mi squadra di nuovo, prima di alzare un sopracciglio perfettamente disegnato. Non ho mai sopportato le barbie nemmeno da bambina, figuriamoci quelle in carne ed ossa. Derek tossisce, a disagio. Vedo mio fratello materializzarsi in salotto e rimanere basito di fronte alla signorina che gli si presenta davanti. Lei mi stringe la mano, una stretta che la dice lunga sulla sua personalità. Faccio un respirone e cerco di andare verso la cucina, ma Derek mi prende per un braccio e mi pianta vicino a lui.

“Rose, cosa sei venuta a fare qui?” ripete Derek, paziente. Lei sbuffa, alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia.

“Ancora? Sono venuta a darti una mano...Derek.” fa un sorrisone e lo guarda sbattendo le ciglia.

Oh cristo, non è possibile. Io mi sciolgo dalla stretta del mio Half e la guardo, piegando appena di lato la testa.

“Non abbiamo bisogno di una mano, e poi non vorrei mai che tu ti rovinassi la manicure” dico, sorridendo a mia volta. Rose continua deliberatamente ad ignorarmi, alchè io decido di andarmene e di lasciare che se la sbrighi Derek.

“Tona, non dovremmo far entrare gente che non conosciamo dentro casa...” bisbiglia mio fratello,mettendosi dietro di me. Io alzo una mano, senza voltarmi. Usciamo nel patio e lui mi porge una tazza di the. Parliamo un po' , poi mi scocca uno sguardo complice.

“Certo che Derek se le sceglie tutte proprio bene...chissà questa dove si colloca...” allude a Rose.

“Wai, è una sua parente acquisita...” cerco di giustificarlo. Mio fratello trattiene uno sbuffo.

“Questo non le impedisce di scoparselo con gli occhi.”

“Io non ci posso fare niente, purtroppo.”replico, più irritata di quanto non vorrei. Wai cambia subito discorso, comprendendo il mio disagio.

“Tona...però siamo già troppi in casa, un'altra donna no eh...”

“Veditela con Derek, io mi faccio una doccia e torno da Omar, ho bisogno di sapere alcune cose...” finisco di bere il the e guardo il mare. Sono accoccolata sul dondolo e guardo Clara giocare con Allison. Sospiro di nuovo, appoggiandomi una mano sulla pancia.

“Ehi...” Derek mi appoggia il mento su una spalla, dandomi un piccolo bacio sul collo. Io gli accarezzo la guancia, ruvida di barba. Mio fratello si dilegua, incamminandosi verso Mayla che è distesa sotto all'ombrellone.

“Ehi...” gli rispondo. Lui mi bacia anche sui capelli prima di sedersi accanto a me.

“Allora...Rose eh?” domando, senza guardarlo.

“Non ci pensare nemmeno. Io non mi scopo delle bambole gonfiabili.”replica lui, più frettolosamente di quanto mi aspettassi. Mi alzo, tenendo la tazza in mano.

“Vado a farmi una doccia e poi vado da Omar, devo farmi spiegare le ultime cose.” gli dico.

Lui si alza, prendendomi la tazza dalle mani, premuroso.

“Vengo con te.”

“Dove, a fare la doccia?” ridacchio come una ragazzina. Lui scuote la testa, esasperato.

“No...da Omar.” è serio, i suoi occhi cominciano ad adombrarsi, come quando è preoccupato “ricordati che non sei più sola...” mormora, passandomi una mano sulla pancia. Non volevo ricordarmene, ma ci ha pensato lui.

“Dobbiamo parlare, Derek. Di questo bambino, dobbiamo parlarne sul serio...”

“Io non ne voglio parlare, invece.” borbotta, ritirandosi da qualsiasi contatto con me “tu devi fare la madre, ora. Non puoi fare la paladina, tantomeno la guerriera..tu devi...” si blocca, smette di parlare quando mi vede. Ho i pugni chiusi, lo sguardo fisso su di lui. Sento che mi sto trasformando, sento il mio volto ed il mio corpo diventare qualcosa di diverso, di forte, di potente.

“Io prima di essere madre, sono l'Alpha del mio branco. Prima di ogni cosa ho giurato sul mio sangue e su quello di chi amo che li avrei protetti qualsiasi cosa fosse successa. Ed ora...tu...mi vieni a dire che devo fare la madre? Devo? Io non devo nulla a nessuno se non al mio branco. E se questo bambino sarà di ostacolo a ciò, dovrò prendere una decisione molto seria a riguardo.” Sento qualcosa avvicinarsi alle mie spalle e di scatto mi giro, prima di venir travolta da una massa di peli biondi. La riconosco immediatamente. È Rose. Scopro i denti in un sorriso e faccio un passo indietro. Era tanto che non combattevo.

“Derek, non intervenire. Voglio vedere cosa sa fare la signorina.” gli dico, e lui ritorna umano. Era già semitrasformato, per aiutarmi. Ma in fondo lo sa che me la cavo benissimo da sola.

Faccio un altro passo indietro e salto la staccionata, per arrivare sulla sabbia. Lei si muove avanzando e ringhiando. Pensi che io abbia paura, razza di bambolona? Attaccami. Per favore, attaccami. E lei lo fa. Un attacco troppo lento e troppo debole perchè possa andare a segno. Non faccio altro che spostarmi leggermente di lato e darle una zampata sulla nuca, ma rimango impigliata in qualcosa. Tiro e quasi la strozzo ma la catenina cede e mi rimane attaccata alla zampa. La guardo. Caccio un ululato disumano, gettandola via in mezzo alla sabbia e faccio un balzo verso il lupo biondo. Ha le iridi viola e sta sbavando, impazzita. Gli Argent stanno migliorando, ma non è ancora abbastanza. Mi porto accanto a Rose in modo da essere al suo fianco e le mordo il costato. Sento le sue ossa spezzarsi sotto ai miei denti e il suo grido lacera l'aria arroventata dal sole. Mollo la presa e mi riposiziono davanti a lei, pronta a scattare, ma scatta prima lei e io mi trovo costretta a saltarle sulla schiena e morderla sulla nuca, spezzandole la spina dorsale. Non mi piace sentire il rumore di ossa sotto ai denti, ed ho paura che il sangue sia contaminato, quindi chiudo la gola con la lingua e aspetto che smetta di muoversi. Poco dopo, della bambolona rimane un corpo mezzo macellato e pieno di sangue.

“Tona...Tona cos'è successo?!” Derek è spaventato ed allarmato, mi corre incontro come se fossi io la morta, e non Rose. Mi pulisco la bocca dal sangue e guardo il capannello di persone che si è riunito intorno a me. Il mio branco, quello di Derek, alcuni soldati di Omar. Faccio cenno a Scott e Stiles di spostarsi, e dopo aver cercato un po', tiro su la catenina che splende al sole.

“Derek...” lo chiamo e lui mi raggiunge “...te lo ricordi?” gli lascio cadere il monile in mano.

“Prima non ce l'aveva...” mormora lui, rigirandosi il ciondolo tra le dita. Chiamo Allison e le mostro la collana. Clara mi si avvicina, attaccandosi alla mia mano e stringendomela. Le accarezzo la testa, ma non la bacio, ho ancora paura del sangue.

Mi si avvicina anche Hare, porgendomi un asciugamano. Mio fratello guarda il cadavere come se fosse pronto a ridurlo a brandelli da un momento all'altro.

“Allison...cos'è secondo te?” domando, pulendomi il viso.Poi mi rivolgo ai soldati.

“Se volete il cadavere per studiarlo o per bruciarlo, prendetelo. In qualsiasi caso, prendetelo. Non può stare qui. Dite ad Omar che lo raggiungerò appena possibile. Grazie. Ora, il mio branco con me.” comincio ad impartire ordini e in poco tempo siamo tutti dentro casa. Allison continua a guardare il ciondolo, pensosa, mentre Scott le lancia occhiate nervose.

“Tona..posso...posso averlo per qualche minuto?” Heru mi si avvicina, indicando il ciondolo. Io annuisco, mentre rifletto sul da farsi. Mi passo una mano sul viso, pensosa. Derek si alza e mi prende per mano, portandomi al piano di sopra.

Mi spoglia e mi mette nella vasca da bagno, senza dire una parola.

“Derek...stai bene?” mormoro, lasciando che mi lavi. Ha le mani delicate come quelle di un pianista. Lui scuote la testa, sempre senza proferire verbo.

“Non è colpa tua...”lo bacio sulla testa, poi sul viso. Finalmente arrivo alle labbra, morbide e piene “...non è colpa tua se tutte le bionde rifatte muoiono per te...letteralmente...” cerco di buttarla sul ridere ma lui non ride.

“Io non...non penso che sia salutare che viviamo tutti insieme.” dice, passando a lavarmi la schiena.

“Derek, cosa vuoi fare? Tornare a Beacon Hills?” chiedo. Lui scuote la testa.

“No, non a Beacon Hills...ma da qualche altra parte si. A Boston, ad esempio.”

Il mio cuore si sta spezzando ma non dico nulla, se non

“è una tua decisione. Fai quello che pensi sia giusto. E a proposito di questo...” mi passo una mano sulla pancia e lo guardo, sapendo che potrebbe avere qualsiasi reazione “...non penso che riuscirò a tenerlo.”

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** 427 giorni e ho le palle girate peggio di prima. ***


Omar mi mette una mano sulla spalla, facendomi voltare di scatto. Ho i nervi tesi, frementi, e lo fulmino con lo sguardo. Lui si ritira immediatamente, facendo un passo indietro.

“Non volevo spaventarti...” sussurra, alzando le mani. Io sbuffo, infastidita e sprezzante.

“Spaventarmi? Tu pensi veramente...di spaventarmi?” esalo, spostandomi dalla finestra. Una nebbia fitta e impenetrabile mi impedisce di vedere fino in fondo alla radura ed aumenta ancora di più la mia frustrazione. Ripenso a Mokau, a Derek e a Clara, a Cayden, il mio piccolo Cayden. A mio fratello.

Non c'è più nessuno.

Tiro un pugno al muro,lasciando un grosso buco nell'intonaco.

“Io...io non pensavo di...non volevo dire che...” balbetta lui. Strano che un uomo come lui si faccia intimidire da una come me. Ma gli sta bene

“Omar..lasciala stare. Domani ci riuniremo con gli altri branchi di Alpha e partiremo finalmente verso il Quartier Generale. Cerca di dormire.” una ragazzina con i capelli viola si alza dal pavimento e lo spinge lontano da me, mettendomisi davanti.

“Tu devi smetterla.” mi apostrofa, masticando una gomma con la bocca aperta.

“Tu non devi dirmi cosa devo fare, bambocchia. Vai a dormire anche tu e lasciami in pace. Vado fuori.” la supero senza lasciarle il tempo di ribattere e spalanco la porta, uscendo. L'aria gelida mi infastidisce. Come se qualcosa non lo facesse. In due balzi sono sul tetto, ma non si vede nulla comunque. Il grigio della nebbia e il grigio del cielo sono uniformi, come un unico manto. Mi porto una mano sulla schiena, il mio triskele sta bruciando, mi sta facendo male, ma non quanto i ricordi. Non quanto i rimpianti. Cayden assomigliava a Derek più di quanto pensassi. Era la sua fotocopia, il mio piccolo cucciolo di lupo grigio. Tiro fuori un piccolo registratore portatile e schiaccio play. Faccio la stessa cosa da quando mi sono svegliata, la stessa identica cosa da quattrocentoventisette giorni.

“Diario di guerra, giorno 427. Seppelliti novantadue ibridi, ucciso un numero imprecisato di umani dell'Ordine. Stiamo per arrivare alla fine, stiamo per concludere il viaggio. Ci siamo quasi. Sono 427 giorni che sono lontana da Mokau, 427 giorni dopo l'esplosione. Non so in che circostanze sia avvenuta la cosa. Il mio triskele brucia. Mi hanno detto sia stato un attacco degli Argent, un attacco dall'alto. Le immagini parlano chiaro. Sono l'ultima sopravvissuta del mio branco, fino a prova contraria, ma sono 427 giorni che non ho prove contrarie. Mi sono svegliata dopo quattro giorni dall'esplosione, su un cargo diretto in Messico. Questo è quello che so.” Spengo il registratore e me lo rimetto in tasca. Mi guardo le braccia, mi tocco il viso. Sono io e sono tutta intera. Il mio corpo, almeno. Mi passo una mano sulla testa e i capelli cortissimi mi solleticano il palmo. Inspiro ed espiro, gli odori e i profumi della radura di notte si mescolano all'odore di Omar e del resto dei lupi che sono nella casa sotto di me. Cerco l'odore di Derek ma non c'è. Quello che sento è il ricordo del suo odore che mi solletica le narici. Il profumo più buono del mondo. Non ho parole per esprimere il senso di vuoto che ho alla bocca dello stomaco. I miei giorni scorrono tra il combattere per dimenticare e ingannare il tempo per dimenticare. Vorrei avere l'Helzeimer, certe volte. Il giorno prima ero con Derek, a letto. Mi sono impressa in modo indelebile dentro i suoi gemiti e il sapore delle sue labbra. Il viso di Clara. Il sorriso di Wai. La sensazione degli abbracci di Hare. Le piccole mani e gli enormi occhi blu di Cayden. E pensare che nemmeno lo volevo. Mi copro la bocca con la mano e mi impongo di non piangere. Ormai loro non ci sono più. Non ci sono più.

Alzo gli occhi al cielo. Io ho sempre combattuto per chi amavo, per metterli in salvo. Ed ora l'unica cosa che mi manda avanti è la vendetta.

“La vendetta...” mormoro, affondando le dita nelle tegole.

“Non ti fa bene parlare da sola, lo sai?” mi trovo davanti il volto di un ragazzo. Non deve avere più di venticinque anni, il volto teso e adombrato da un po' di barba.

“Non fa bene nemmeno origliare, lo sai?” gli rispondo. Lui sorride. Tollero la sua presenza, mi ronza intorno da un po' ma lo accetto.

“Ti temono tutti, lo sai? Parlano di te come di una leggenda...” finge noncuranza ma dissimula male il suo nervosismo, infatti si tiene a distanza. Io batto leggermente la mano sulle tegole accanto a me, e lui si siede, affiancandomi.

“E dai..dimmi cosa dicono di questa gran leggenda tatuata e rasata che si comporta come un mostro?” cerco di alleggerire la tensione, visto che si è irrigidito e non parla.

“Dicono...dicono che tu abbia combattuto ovunque, che tu sia benedetta in qualche modo da qualche dio della tua terra. Che tu sia immortale, che non hai sentimenti e non provi dolore...”

Soffoco una risata e lui non se ne accorge e continua a parlare.

“Dicono che tu e il tuo Half siate due metà di una cosa sola...che quando combattete siete una forza della natura...dicono...dicono che tu sia quella che potrebbe uccidere l'ordine da sola!” finisce di parlare, infervorato e mi guarda. Io batto le mani un paio di volte, lentamente.

“Allora...metà di quello che dicono sono puttanate. Non sono immortale, ma sono diversa dai lupi normali. Ho combattuto per mezzo mondo, ma non ovunque. Posso morire, ci sono andata vicina più di una volta...e ho dei sentimenti. Li ho, non ti preoccupare. Sono quelli che mi fanno andare avanti.” fisso l'albero più vicino a me, fisso, per non pensare.

“Quanti anni hai?” mi domanda “dov'è il tuo Half? E il tuo branco?” Io sospiro, esasperata. Ma sono 427 giorni che praticamente non parlo.

“Certo che basta poco per farti parlare eh?” dico. Lui arrossisce e io gli tocco una spalla, rassicurandolo. Mi sistemo in una posizione appena più comoda e ricomincio a parlare.

“Comunque..ho ventisei anni. Non so dove sia il mio Half. Non so se il mio Half sia vivo. Ma non penso, comunque. Non so dove siano i miei figli. Penso che siano morti. Non so dove sia il mio branco. Anche loro...penso che siano morti. E tu?” domando. Lui non parla per un po', guardandomi fisso negli occhi. Penso che abbia gli occhi chiari, ma non ne sono sicura.

Non mi sono mai data pena per cercare di conoscere i miei compagni, dopotutto.

“Io...mi chiamo Noah. Ho ventisette anni. Non ho mai avuto un branco. Non ho una storia particolare. Sto cercando i miei genitori, e sto cercando la mia Half.” conciso, il ragazzo.

“Quando la troverai lo capirai...è come se l'aria che avessi attorno non ti bastasse più. Derek era uno stronzo, per la maggior parte delle volte. Me ne ha fatte tante che non immagini. Ma ora io da quando mi sveglio a quando cerco di dormire, vivo in mancanza d'aria. Avevo lui e nonostante tutto, ogni cosa era al suo posto. Sapevo che era vivo e sapevo che c'era. Anche quando eravamo lontani. Per questo anche ora ti dico...non mi posso rassegnare al fatto che sia morto. Sembri molto più giovane, comunque.” Tiro fuori una sigaretta dal pacchetto e gliela offro, ma lui rifiuta. Io alzo le spalle e l'accendo, espirando lentamente il fumo.

“Anche tu. Fisicamente, intendo. Basta guardarti negli occhi per capire che non hai né l'età che dimostri né la tua età biologica. Hai gli occhi che dimostrano millenni.”

“siamo poetici eh?” esclamo, ma scatto in piedi immediatamente, facendogli cenno di tacere e di stare giù. Ho sentito un odore diverso dal solito. Diverso da quelli a cui ormai sono abituata.

“Noah, alzati.” sussurro, e lui in un secondo è in piedi “...lo senti anche tu?” lo guardo e lui annuisce appena. É odore di sangue misto a qualcosa che non riconosco subito. Odore di polvere da sparo, di nylon. Non capisco da cosa derivi questo miscuglio di odori. Sento un pianto, un pianto che squarcia la notte.

Noah mi trattiene per un braccio e io gli ringhio contro ma lui mi fa cenno di no.

“No Tona non andare. Non devi andare tu, tu ci servi!” Mi divincolo e lo lascio parlare, ma non appena metto piede sul terreno, mi trovo Omar davanti, con un fucile puntato nella mia direzione.
“Non voglio farlo, Tona. Ma se ti muovi, ti sparo un colpo in testa.”

Sono confusa ma non lo do a vedere. Sono esposta, ho la casa alle spalle e Omar davanti. Intorno a me, solo gli alberi.

“Omar. Dimmi cosa sta succedendo.” mi ricompongo e raddrizzo le spalle, ma ho il cuore che pompa e il cervello che analizza ogni rumore e movimento mi si presenti davanti.

“Ho sentito il pianto. Tu non devi andare da nessuna parte. Entra in casa.” mi ordina.

“Io non prendo ordini da nessuno, sappilo.” sibilo. Lui si innervosisce e stringe ancora di più il fucile.

“Ah e poi...Omar...complimenti, portare un fucile a pallottole d'argento e puntarlo contro una della tua stessa razza...che ti ha tenuto in casa per mesi...l'unica che secondo la leggenda può uccidere gli Argent...” faccio un passo avanti verso di lui, poi un altro finchè non appoggio lo stomaco alla bocca del fucile. Sento Noah gemere di spavento dietro di me. Appoggio le mani alla canna e spingo verso il basso, finchè il foro dell'arma non punta verso terra. Ho i palmi ustionati, anche il fucile deve essere fatto d'argento. Li strofino l'uno contro l'altro, ma non fa che peggiorare la situazione.

“E adesso...sparami se ci riesci.” dico, inoltrandomi tranquillamente nel folto del bosco, senza voltarmi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1075591