Ritrovarsi

di hapworth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Casualità [Basta uno sguardo] ***
Capitolo 2: *** Due [Gli occhi parlano] ***
Capitolo 3: *** Maschera [Quel senso di vuoto] ***
Capitolo 4: *** Nascita [La seconda volta] ***



Capitolo 1
*** Casualità [Basta uno sguardo] ***


Avevo deciso di revisionarla completamente e, dopo un po’, eccomi a farlo. Ho deciso di rivederla perché non mi trovavo più bene con lo stile che avevo usato per i primi tre capitoli e me ne sono resa conto quando ho tentato di approcciare la quarta – e ultima – parte.
Dunque ci ho speso un po’ di tempo perché mi sembrava alquanto stupido postare un capitolo completamente diverso da quelli precedenti, dunque invito a rileggerla dall’inizio, in attesa del quarto capitolo che presto scriverò ora che ho sistemato la cosa.
Ricordo che i personaggi ivi utilizzati sono di proprietà di Yuki Midorikawa e io li uso solo a fini di divertimento. Inoltre ci tengo a precisare che questa è un’ipotetica storia che ho creato perché mi sono chiesta che cosa sarebbe successo se Natsume e Gin, rispettivamente di Natsume Yuujinchou e Hotarubi no Mori E, si fossero incontrati nei momenti in cui non potevamo vederli nelle opere di riferimento. Mi ha stuzzicato l’idea, dunque spero che possa piacere anche a voi. Mi scuso se non è il massimo dell’originalità ma, quando l’ho concepita, aveva questa trama, dunque non me la sono proprio sentita di modificarla.
Buona lettura a chi avrà la pazienza di leggere questo delirio.
By athenachan


Casualità [Basta uno sguardo]

Era ancora un bambino. Un bambino solitario che se ne stava sempre da parte perché, in fondo, nessuno riusciva a capire che cosa ci fosse che non andava davvero in lui. Gli davano del bugiardo, lo ferivano con parole crudeli senza sapere che lui davvero vedeva qualcosa che loro non si spiegavano. Spesso si ritrovava a girare nel bosco, magari con le lacrime agli occhi – che nascondeva al resto del mondo – perché davvero non capiva che cosa ci fosse di così sbagliato.
Chiedersi il motivo di tanto accanimento, sapeva, non lo avrebbe aiutato davvero a capire. Non veramente, per lo meno.
E poi era successo: aveva visto un’ombra, dinanzi a sé. Era chiara ma non emanava luce; non faceva paura nonostante la maschera bianca che, dalla sua posizione, riusciva a vedere. Era strano, perché di solito provava sensazioni sgradevoli nel vederli. In quella situazione, invece, sentiva solo angoscia e malinconia, tristezza, dolore; lo sentiva nel cuore che gli pulsava nel petto, impazzito per via dell’inaspettato incontro e per quel dolore che sentiva dentro, malgrado non fosse il suo.
Vedeva quello sguardo triste, lo intravedeva da sotto la maschera da volpe; erano due occhi gialli, pieni di desideri inespressi, carichi di qualcosa che nemmeno lui, allora, aveva. Riusciva a vederli, malgrado fossero ancora nascosti, ancora prima che lui glieli mostrasse veramente, scostandosi la maschera.
E poi avvertì l’impulso irrefrenabile di avvicinarsi, dettato principalmente da un senso di appartenenza che lo aveva stregato, quasi, nell’osservare quella magra e sottile figura che pareva dovesse scomparire da un momento all’altro. Che cos’era? Un ayakashi?
«Sei umano, non è vero?» aveva mormorato, poi, all’improvviso, dal nulla. E gli aveva schioccato uno sguardo intenso, così simile al suo che, quasi, aveva tremato e si era sentito soffocare. Non conosceva, allora, la differenza tra un ayakashi e ciò che era lui. Un confine così labile che, davvero, non sa neppure adesso, se la conosce davvero.
«S-si…» una risposta incerta, intimorita, forse, da una possibile reazione violenta – d’altra parte era sempre stato inseguito da quelle creature che, lui, non avrebbe mai voluto vedere; erano troppo strani e soprattutto lo avevano sempre fatto isolare da tutti. Lo credevano un bugiardo.
Non aveva mai visto una creatura, uno di loro, con dei lineamenti così… Umani. Era più alto di lui ma aveva lo sguardo così simile, intenso e dentro di essi vi si leggeva qualcosa di indefinibile. Ma non era spaventoso.
«Capisco…» un sussurro, prima che lo guardasse dritto negli occhi, un sorriso – che con il tempo avrebbe identificato come ironico – sul suo viso pallido e la maschera che, lentamente, tornava al suo posto, sul suo volto sfuocato. Neppure si era accorto che l’aveva sollevata davvero.
Natsume aveva tremato leggermente, con i suoi occhi grandi di bambino, mentre quello si era voltato, la camicia aperta che svolazzava e quel rumore di sandalo sulle pietre del sentiero verso il Tempio. Era rimasto in silenzio, ad osservarlo andare via. E mentre lo aveva fatto aveva sorriso appena, senza sapere davvero perché.


To be Continued

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Capitolo 2
*** Due [Gli occhi parlano] ***


Eccomi con il secondo “momento”, spero che possiate apprezzarla, ricordando che è una crossover ipotetica tra Natsume Yuujinchou e Hotarubi no Mori e della Midorikawa, dunque è possibile ma altamente improbabile che Gin e Takashi si siano davvero incontrati – anche se nella mia fantasia loro si sono incontrati XD
Buona lettura!

By athenachan

Due [Gli occhi parlano]

Lo aveva rivisto diversi anni dopo, per caso in effetti, mentre vagava nella stessa zona. Non era più un bambino ma un ragazzo. E non era più solo. Rivederlo dopo tutti quegli anni gli fece uno strano effetto, forse perché con lui, al suo fianco, c’era Nyanko-sensei. Forse perché non si aspettava di rivederlo davvero, dopo tutto quel tempo: aveva sempre pensato che fosse una sua allucinazione infantile.
Ricordava distintamente il colore degli occhi: giallo, intenso; aveva il viso pallido e i capelli bianchi, proprio come era stato allora e sembrava non essere minimamente invecchiato, malgrado gli anni passati. Natsume si disse che, probabilmente, quando aveva pensato che fosse un ayakashi, non doveva aver visto così sbagliato.
Sembrava lo stesso posto in cui si erano incontrati la prima volta, la stessa camicia dalle linee e dai colori inafferrabili; ancora lì a guardare quell’oltre, attraverso quella maschera che gli era appena poggiata sul viso. Rivolse allora uno sguardo al Sensei che, con gli occhi chiusi, sembrava annusare l’aria.
«Sensei?» un richiamo, il suo, rivolto all’animale che si stava comportando stranamente e che, poco dopo, aveva sollevato lo sguardo su di sé. Aveva gli occhi sottili e felini assottigliati. La sua vecchia conosceva distava circa una decina di metri e, di certo, Nyanko-sensei avrebbe parlato se non fosse stato per qualcosa di imprevisto. La figura si voltò verso di loro, un sorriso enigmatico e la maschera appena sollevata per far intravedere quell’espressione.
«Sei cambiato.» mormorò la presenza familiare, inafferrabile come le sue parole, accompagnate dallo spostarsi appena verso di sé, verso di lui. Era una frase come tante altre, un dato di fatto principalmente che sembrava non avere un particolare significato.
Il confronto tra le loro altezze era di qualche centimetro – forse per merito dei sandali che l’altro aveva ai piedi – e aveva quegli occhi incredibili, ancora con quella tristezza dipinta dentro. Forse, però, pareva un po’ meno malinconico di allora. Ma doveva essere un’impressione, come la prima volta.
«Anche tu.» sussurrò Natsume, mentre Nyanko-sensei osservava la scena; sembrava pronto a lamentarsi da un momento all’altro, solo per non essere stato considerato nel discorso. Doveva essere molto curioso, com’era nella sua natura di felino – anche se poi non era proprio un gatto. Non gli aveva mai parlato di lui, neanche nominato… Principalmente perché aveva sempre pensato non fosse un ricordo così importante e, soprattutto, reale. Ma il palesarsi di lui davanti ai suoi occhi era, di certo, la certezza che fosse vero. Come lui, come loro.
Quella creatura era stato un tuo ricordo, solo suo. Era stato il suo primo sorriso, dopo la morte di suo padre.
«Non sei un ayakashi.» il gatto paffuto si era finalmente palesato. Lo sguardo sottile, guardingo, sospettoso – aveva un qualcosa di comico, mentre lo guardava e si portava, di conseguenza, una mano davanti alla bocca per non far vedere il leggero sorriso. Era serio, Nyanko-sensei, mentre osservava la presenza di fronte a loro; serio come, forse, Natsume mai lo aveva visto.
Lo spirito aveva sorriso da sotto la maschera spostata appena di lato, per nulla intimorito o stupito che il gatto paffuto sapesse parlare – forse aveva già compreso che era una creatura demoniaca – e aveva alzato appena le spalle.
«No, non lo sono.» una risposta tranquilla, velata di malinconia. Era lo spirito malinconico di tanti anni prima, ancora, nonostante tutto. Il gatto paffuto parve scettico, dopo la risposta, però poi aveva tirato avanti, come se fosse stato infastidito, quasi, da quel suo modo di fare. Aveva camminato per un po’, il ragazzo ancora immobile a pochi passi dalla presenza che, per un certo periodo, era stata solo sua, prima di sentire il richiamo della sua guardia del corpo.
«Muoviti, Natsume! O finiranno i Dango del chioschetto!» l’urlo di Nyanko lo fece sospirare; al solito era poco gentile. E pensava sempre a riempirsi lo stomaco, ovviamente. Il castano sollevò poi lo sguardo verso la presenza: sorrideva ancora in modo ambiguo, il viso appena rivolto indietro, dove stava il gatto paffuto che saltellava in cerca di attenzione da parte del proprio protetto.
Sorrise anche Takashi, leggermente, prima di accorgersi dello sguardo giallo dello spirito su di sé. Era senza maschera e lo guardava. Di nuovo. Se l’era tolta nuovamente senza che lui se ne potesse accorgere.
Gli occhi erano ancora di quel giallo intenso, come lo ricordava e aveva ancora il viso gentile. Non seppe mai spiegarsi il perché, allora, aveva pensato che fosse stato uno dei pochi a vederlo senza maschera. Puro egocentrismo, forse.
«Gin.» una parola. Tre lettere. Non capì, il ragazzo, e lo guardò confuso per interminabili istanti, prima che lo spirito scuotesse appena il capo sorridendo. Non era un sorriso cattivo e nemmeno la sua lieve risata lo era – anche se lo fece arrossire di lieve imbarazzo.
«È il mio nome, Natsume.» tono leggermente ironico; ma non era abbastanza crudele da fargli pensare che potesse essere uno spirito borioso, tutt’altro: sembrava gentile. Forse, in fondo, lo era anche di più della prima volta. Un’espressione imbarazzata gli si dipinse sul volto alla consapevolezza di non aver compreso subito il significato di quelle tre lettere ma, poi, guardò nella direzione del Sensei – intento a giocare con una farfalla, in controsenso con i suoi discorsi sul non essere un felino – indeciso se andare subito o meno.
Natsume parve sul punto di dire qualcosa ma un richiamo esterno, una voce sconosciuta, lo interruppe. La voce di una bambina e il nome che aveva appena appreso essere dello spirito nel suo richiamo.
«Giiiiin! Ho una sorpresaaaa!» erano passi veloci, quelli sulla terra, si avvicinavano velocemente. L’umano si passò una mano sul viso, prima di tornare a guardare lo spirito. Un solo sguardo, mentre questi si calava – ancora con il sorriso – la maschera sul volto; si volse, poi, nella direzione opposta.
Il castano vide un vestitino svolazzante, una bambino sorridente e che inciampava ad ogni passo nella sua corsa sconnessa. Era ancora lontana.
Aveva sospirato appena e, poi, si era incamminato nella direzione opposta a quella da cui, invece, la bambina stava arrivando. Un sacchettino che stringeva in una mano: sembrava felice mentre correva nei suoi sandali colorati.
Natsume aveva tenuto per qualche attimo ancora lo sguardo rivolto alla bambina – ormai abbastanza vicina per incontrare il suo sguardo.
Un solo istante. Castano nel blu, prima che questa si fermasse all’improvviso, lo sguardo chiaro che sviava sul gatto e lui, di conseguenza, si voltava per incamminarsi verso casa, sentendosi osservato per interminabili minuti, fino a quando non svoltarono l’angolo.
Chissà se Gin aveva notato il sorriso di Natsume, alla consapevolezza che lo spirito non era più solo.


To be Continued

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Capitolo 3
*** Maschera [Quel senso di vuoto] ***


Dopo un bel po’ di mesi ecco il terzo momento di questa breve cosetta che, spero, possiate apprezzare. Ricordo che è un ipotetico crossover tra Natsume Yuujinchou e Hotarubi no Mori E di Yuki Midorikawa e, dunque, i personaggi non mi appartengono ma sono della sensei.
Io ho solo usato la mia fantasia per produrre questa breve ff che si concluderà con il prossimo momento e non scrivo a scopo di lucro.
Vi auguro buona lettura, come sempre ^^

By athenachan

Maschera [Quel senso di vuoto]

Ancora una volta un caso il loro terzo incontro. In verità lo aveva visto solo Natsume, lo spirito neppure si era accorto della sua presenza: aveva il viso scoperto, la maschera da volpe bianca tenuta di lato. Occhi gialli brillanti, molto più brillanti dell’ultima volta in cui lo aveva incrociato. C’era la stessa bambina di qualche anno prima, ormai ragazza, sorridente: la riconobbe da quegli occhi blu intensi.
Nyanko-sensei riposava tra le sue braccia, mangiando uno dei Dango che lo aveva costretto poco prima a comprare da una bancarella; Natsume aveva la netta impressione che lo avesse portato a quella festa solo per mangiare e ubriacarsi di sakè.
«Natsume, mettimi giù!» aveva esclamato, ad un certo punto, il piccolo e paffuto guardiano, muovendo il suo corpo grasso. Il ragazzo lo lasciò a terra, sospirando, per poi notare la notevole – o meglio eccessiva – vicinanza tra sé e la coppia. Fu allora che scattò indietro, nascondendosi assurdamente dietro ad una bancarella di pesci rossi.
Li osservò in silenzio, a disagio, perché la situazione era assurda: non era affatto familiare, per lui, osservare di nascosto qualcun altro. Era la vita di qualcun altro; per un attimo solo gli venne in mente che dovevano sentirsi proprio così, gli youkai. Ogni giorno, ogni attimo della loro vita. Eternamente invisibili agli occhi di chi avrebbero voluto li vedesse; il ricordo di quella lucciola… Sviò lo sguardo verso la conosciuta compagnia di ayakashi ubriachi che si accompagnavano un po’ troppo spesso al Sensei. La sensazione, tuttavia, parve non andarsene. Rimase lì, la sensazione di disagio che permaneva.
Si volse nuovamente, allora, giusto in tempo per vedere i due allontanarsi verso un luogo in cui non li avrebbe raggiunti. Non li seguì, non gli parve giusto, e tornò con lo sguardo al suo gatto-guardiano che, ormai, sembrava perso nella sua bottiglia di sakè da tracannare con foga.
Ma durò il tempo di un istante, prima che tutto andasse in mille pezzi.
Sorrideva appena, Natsume, nel guardare il muso paffuto e arrossato di Nyanko-sensei, prima che questi, all’improvviso, mormorò parole pressoché incomprensibili ad un primo ascolto.
«Non c’è più.» sembrava più il vaneggiamento di un ubriaco che altro ma, in qualche strano modo, la voce impastata del Sensei fece provare al ragazzo una strana sensazione di vuoto. Il petto che si stringeva all’improvviso, un nodo alla gola inspiegabile, che lo fece smettere di tenere un’espressione serena.
Fu allora che capì.
Lui non c’era più. Era un pensiero alquanto irrazionale e quanto mai assurdo visto che nulla sembrava supportare tale ipotesi ma dentro di sé sapeva. Lo sentiva. Fu nella presa di coscienza della perdita che il corpo di Natsume si mosse in completa autonomia: una corsa veloce, quanto disperata, mentre si dirigeva dove li aveva visti sparire poco prima, insieme.
Dei bambini ridenti e poi… Una fioca luce. Lucciole, forse, di colore verde. E la ragazza, rannicchiata a terra, nel suo yukata rosa che stringeva un tessuto viola pallido. Fu allora, in quel momento, che la piena consapevolezza di quanto era successo lo colse.
Non era una sensazione. Era reale. Lui non c’era più.


To be Continued

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Capitolo 4
*** Nascita [La seconda volta] ***


Ancora una volta una pausa eterna. Beh, a mia discolpa dico che ho dovuto rivedere completamente i capitoli precedenti: non mi ritrovavo più nello stile usato e, dunque, ho dovuto rivedere e correggere tutto prima di scrivere questa parte conclusiva.
In ogni caso invito, dunque, a rileggere dall’inizio, anche se gli eventi sono rimasti invariati, solo lo stile di scrittura è cambiato.
Ricordo come sempre che i personaggi da me utilizzati appartengono alla Midorikawa e io li uso solamente per farmi un po’ del male e scrivere roba senza capo né coda. Spero che apprezziate. Buona lettura e grazie a chi mi ha seguito fino a qui, malgrado i tempi esageratamente lunghi per concluderla. Grazie ^-^

By athenachan

Nascita [La seconda volta]

Natsume era abituato a perdere quelle creature inconsistenti, che vedeva lui e pochi altri; ci aveva fatto il callo o, almeno, così si illudeva. In realtà non era minimamente pronto a perdere quelli che, a tutti gli effetti, vedeva come esseri viventi proprio come lui: faceva male, troppo male, perché non fossero vivi.
Poteva essere uno dei pochi a vederli come creature in grado di capire, considerandoli propri pari e non come servitori o demoni da esorcizzare; erano amici. Lo erano quelli che incontrava grazie a Reiko-san e lo erano ancora di più tutti gli altri.
Quello spirito però… Quello era diverso. Ne aveva osservato in lontananza i lineamenti, gli occhi gialli scoperti da quella maschera da volpe bianca ma non ne aveva colto davvero l’essenza; non era riuscito a sentire oltre quella malinconia che si portava appresso. Non aveva penetrato quella barriera invisibile, fatta di espressioni ambigue e sorrisini.
Lo aveva visto tre volte ma gli erano bastate perché fosse parte di quella sua vita. Nyanko-sensei non avrebbe mai capito che cosa lo spingeva a voler bene gli youkai, cosa lo animasse, quando restituiva loro il nome facendosi anche del male. Era più forte di lui.
Quello spirito lo aveva completamente lasciato di sasso, malgrado non si fossero scambiati che due parole, senza essere realmente uniti. Ma a Natsume era rimasto dentro; e non riusciva a capire perché.
Aveva passato le giornate a scuola a giocare con la matita, ad osservare fuori – immaginandosi il proprio “guardiano” a bere allegramente nel bosco con quegli youkai ubriaconi. Erano pensieri piuttosto inconsistenti, in verità, se paragonati a quanto finiva per sognare la notte: occupata da quello sguardo giallo intenso e quelle labbra che lo chiamavano, in un film muto, dicendo qualcosa che lui non riusciva a capire.
«… Ed è per questo motivo che si è appena trasferito. Siate gentili con lui.» Natsume fece in tempo  prestare nuovamente attenzione all’insegnante, il tempo di adocchiare la lavagna su cui spiccava un nome e, poi, si spostare lo sguardo sul nuovo arrivato, di fianco al professore che gli teneva una mano sulla spalla.
Due occhi gialli lo fissavano intensamente. Aveva i capelli scuri ma la sensazione non poteva ingannarlo. Era Gin. E, come a confermare i suoi pensieri, quello una volta indicatogli il posto affianco al suo, sorrise leggermente senza distogliere lo sguardo.
«Sei cambiato.» sussurrò Natsume, guadagnandosi un’occhiata perplessa da parte di Sasada a cui, però, non prestò attenzione.
«Tu manco un po’.»
Erano passati solo tre mesi dal festival nel quale lo aveva visto dissolversi tra le braccia di quella ragazzina. Chissà se avrebbe mai saputo che Gin era diventato umano? A giudicare da tutto, si disse che probabilmente lo stesso spirito aveva deciso di non cercarla più. Sembrava dire “Deve andare avanti senza di me”. E, per quanto triste, Natsume trovò che non ci fosse nulla di più giusto.


Fine

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