Bokurano 1/2, ovvero come Imparai a non Preoccuparmi e ad Amare il Torneo

di Subutai Khan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Akane Tendo ***
Capitolo 2: *** Ryoga Hibiki e Ukyo Kuonji ***
Capitolo 3: *** Ranma Saotome ***
Capitolo 4: *** Tatewaki Kuno ***
Capitolo 5: *** Shan-Pu ***



Capitolo 1
*** Akane Tendo ***


“Ranma! Ranma! Lo voglio fare anch’io! Anch’io voglio partecipare!”.
“Non se ne parla neanche, Akane. Tu non devi farlo, per nessun motivo!”.
“Ma... ma... sono anch’io un’artista marziale e per... quello sono disposta a...”.
“Mi ascolti quando parlo? È no. Non ti permetto di fare una stupidaggine del genere”.
“E allora perché tu la stai facendo?”.
“Perché voglio che tu resti qui, al tuo posto. Vicino alle tue sorelle e a tuo padre”.
“Ranma, fatti da parte!”.
“Pazza! Non ti permetto...”.
...
“Troppo tardi. Siamo in questa cosa assieme, adesso”.
“Akane... maledetta ragazzina suicida...”.
“Ha parlato quello che alla sua vita ci tiene. Tsk”.
“È diverso! Io...”.
“...hai qualcuno da proteggere. E io pure”.
“Sì, ma non a quel prezzo...”.
“Lo pagherò volentieri, se significherà la sopravvivenza di chi amo”.
“A costo della tua vita?”.
“A costo delle nostre vite”.
 
27 luglio 1989.
“Tieni, Akane. Il tuo tè”.
“Grazie Kasumi”. Le sorrido mentre me lo porge. E lo sguardo velato di tristezza che ricevo mi fa ricordare cosa è successo negli ultimi mesi e cosa sta per succedere.
La casa è vuota, tranne che per la nostra famiglia. Finiti i tempi in cui ogni due per tre qualcuno irrompeva in questa cucina, o in salotto, o nel dojo.
È proprio vero che funzionavi come magnete per i tizi strani, baka.
“Non... non riesco ancora a crederci...” dice la mia cara sorella maggiore mentre si siede accanto a me, la sua tazza che cozza leggermente contro la mia.
Oh, ti prego non ricominciare. Abbiamo affrontato questo discorso una marea di volte. Sai perché le cose stanno così. Lo sa Nabiki, che dietro a quella sua facciata da donna di pietra sta soffrendo. Lo sa papà, che da quel giorno non ha più messo il naso fuori dalla sua stanza. È un po’ troppo anziano per fare l’hikikomori, ma non me la sento di rinfacciargli anche questo. Ognuno gestisce il lutto come più crede giusto.
Chissà dov’è il signor Genma. Quando si è saputo che era il... turno di Ranma ha preso baracca e burattini ed è stato ingoiato dalla nebbia eterna. Non abbiamo più avuto sue notizie da quel momento.
Osservo di sbieco Kasumi, cercando di indagare la sua maschera di malinconia. Come reagirai tu? Finirai probabilmente con il cucinare venti pasti al giorno e con il lustrare questo edificio fino a farlo risplendere a sufficienza da accecare gli occhi. Hai sempre sfogato così, sin da quando è morta la mamma. A dire il vero è in parte dovuto al fatto che, essendo la più grandicella, hai preso a fare le sue veci con le faccende domestiche. Ma ormai quel modo di fare è diventato parte di te.
Nabiki. Lei... lei... santo cielo, non riesco a prevedere come si comporterà. La mente mi porta a pensare che non cambierà di una sola virgola, continuando a condurre la sua solita vita da piccolo boss della criminalità locale; il cuore mi spinge a credere che indosserà abiti bianchi per un paio di mesi e si taglierà una ciocca di capelli al momento topico. Immagino che, conoscendola, opterà per una giusta via di mezzo e non mostrerà niente di fronte a degli estranei, probabilmente neanche di fronte a loro due, per poi concedersi dei sani momenti di pianto nel porto sicuro della propria camera.
Papà... oh kami, povero lui. Mi dispiace papà, al solito sono stata avventata ed impulsiva e non ho proprio pensato alle conseguenze. Scusami, ti prego. Non volevo caricarti anche di questo dopo che hai vissuto in prima persona... la mamma.
Che figlia degenere. Dare un simile colpo all’unico genitore che ti è rimasto.
Eppure... eppure non me ne pento. Non posso. Se me ne pentissi perderei la forza, la determinazione, quella immensa dose di incoscienza che ci hanno fatti arrivare fin qui.
Va bene, fastidiosi intrusi penetrati abusivamente nella mia testa. Visto che continuate a scassare con i vostri “Che caspita sta succedendo, Akane? Si può sapere di cosa blateri?”, ora vi spiego per bene di cosa sto parlando.
Del perché siamo rimasti solo noi quattro Tendo.
E del perché presto resteranno in tre.
“Akane, mi stai ascoltando?”.
“Eh? Uh? Scusa Kasumi, scusa. Ero sovrappensiero. Ho degli ospiti indesiderati che sono curiosi di sapere”.
“Akane? Stai bene? Ranma non aveva fatto così”.
La ignoro. Pronti, impiccioni?
 
6 marzo 1989.
“Ora sareste così gentili da lasciarmi spiegare, signori?”.

Un tizio con un cappuccio sul volto ci osserva mentre io, Ranma, Ryoga, Mousse, Shan-Pu, Ukyo, Kuno e tutta la gente strana che si è concentrata in questa cittadina cerchiamo di rifiatare.
Mi sembra evidente che chi ci sta fronteggiando in questo momento non è un essere umano normale. Forse non è neanche un essere umano.
Lo abbiamo attaccato tutti assieme. Non un singolo colpo è andato a segno. Non uno.
Non sto neanche a spiegarvi per quale astruso motivo ci siamo ritrovati tutti assieme nello stesso posto, a pochi passi dal Nekohanten. Vi basti sapere che erano in corso zuffe di ogni forma e dimensione quando è spuntato questo qui.
E noi, da brave teste calde, l’abbiamo subito percepito come nemico nonostante non ci sia stata una sola azione ostile da parte sua.
Poi ha cominciato a sbeffeggiarci in questo bizzarro modo schivando la moltitudine di pugni, calci, nastri, spatole, bonbori, bastoni, fuochi d’artificio esplosivi e tutto quello gli scagliavamo addosso.
Tutto ciò non ha il minimo senso. Neanche il più terribile avversario è mai riuscito a ridicolizzarci tutti assieme con tanta facilità.
Pone nuovamente la sua domanda di attenzione e ci troviamo costretti a lasciargli fare quello che vuole, impossibilitati come siamo per impedirglielo.
Un sogghigno: “Devo ammettere che non siete affatto male. Le mie informazioni non sbagliavano. Potreste essere le persone più adatte”.
“Per cosa?”.
“Per affrontare una partita a scacchi con la morte”.
Meno male che la strada è deserta. Almeno nessuno ha sentito il profluvio di bestemmie e insulti che è improvvisamente volato.
“Calmatevi, galline starnazzanti. Calmatevi. Stavo solo citando Ingmar Bergman, ma ho idea che voi siate troppo buzzurri per sapere a chi e a cosa mi riferisco. Anche se, nel caso accettaste quello che sto per proporvi, non ci sarebbe alcuna partita”.
Una cosa che non mi dimenticherò mai finché campo: la sua voce. Era così... così inespressiva. Così priva di vitalità. Così disinteressata.
“La finisci di prenderci per il culo, coso?”.
“E chi vi sta prendendo in giro? Io sono un messaggero che non sottovaluta il proprio compito. E dovreste fare altrettanto, se sarete così accondiscendenti da lasciarmi spiegare”.
“E spiegati, stronzo”. Happosai, devi proprio sempre farti riconoscere.
Si siede nella posizione del loto e guarda per terra.
“Molto bene. La questione è semplice, in realtà: devo radunare sette esperti di arti marziali in rappresentanza di questa terra. Chi sarà abbastanza temerario da seguirmi parteciperà a un torneo informale da cui dipenderà il destino del mondo”.
...
...
Sul serio? Siamo finiti in un videogioco, per caso?
“So a cosa state pensando” riprende quasi subito “e vi assicuro che no, non vi sto ingannando o dicendo bugie o altresì facendo una qualunque azione scorretta o inappropriata. Per qualche strano motivo ho preso a cuore questo mondo e ho tutte le intenzioni di vederlo salvarsi”.
Ranma, la schiena ritta come una lastra d’acciaio e lo sguardo sprezzante, si stacca dal capannello e gli si fa sotto giungendogli a non più di un metro di distanza: “Dacci una sola prova di quel che dici”.
Lui non si muove di mezzo millimetro nel rispondere: “Non posso. Non ho nessun modo per dimostrarvi che quanto affermo corrisponde alla verità. Però lascia che ti chieda questo, Ranma Saotome: dopo quel che vi ho rivelato, ve la sentite di non credermi? Se fossi sincero e voi rifiutaste... avreste il mondo intero sulla coscienza. E non voglio che succeda. Vi prego di fidarvi di me”.
“Comincia a dirci come ti chiami, che è il primo passo”.
“Preferisci il nome che usavo da mortale o quello che ho assunto da quando sono asceso a questo ruolo?”.
E Ranma fa un passo indietro. È rimasto... scosso da quella domanda.
“Fai tu, è indifferente”. Sempre rapido a mostrarsi gradasso, quell’ammasso di perversione travestito da ragazzo.
“Quando ancora ero un essere umano mi chiamavo Jun Kitoh. E perdona se suonerò ovvio, Ranma Saotome, ma vorrei farti presente che un semplice nome non è sinonimo di fiducia istantanea. Per quel che ne puoi sapere me lo sono inventato seduta stante”.
“Sì, è vero. Ma hai risposto velocemente e senza esitare. E, per quanto l’informazione sia inutile, almeno mi hai dimostrato che stai cercando di essere onesto”.
“Era esattamente il mio scopo. Felice di vedere che, nonostante le apparenze, ogni tanto sai far funzionare la materia cerebrale. E sono anche felice di aver sciolto il primo muro, perché temo di non aver finito di riferirvi la mia missione”.
“Che c’è d’altro da dire? Andiamo, vinciamo questo torneo e il discorso si chiude lì”.
“Mi spiace doverti rompere le uova nel paniere, Ranma Saotome. Non è per niente così semplice. C’è una controindicazione”.
“E cosa?”.
“Vedete, chiunque abbia allestito questo piccolo spettacolo doveva possedere un senso dell’umorismo molto... peculiare. Perché ha trovato divertente aggiungere una postilla in calce ai combattimenti”.
“E la postilla sarebbe...”.
“Chiunque partecipa è condannato a morire. Senza scampo”.
...
...
...
...
...
...
...
...
...
Un videogioco horror, sì.
Come mi ammutolisco io si ammutoliscono tutti.
Senza quasi darci il tempo di dire una qualsiasi sillaba vediamo Happosai e Kodachi, uno da una parte e l’altra dalla parte opposta, prendere il volo e dileguarsi.
A quanto pare non sono d’accordo.
Li posso biasimare?
Mi volto in direzione di Ranma e lo vedo... tremare.
Ranma non trema mai. Mai.
Immagino gli sia capitato spesso di avere paura, gli piace atteggiarsi da supereroe ma è ancora un essere umano. Però non l’ho mai mai mai mai visto tremare.
“F-F-Fammi capire bene” balbetta “Chi accetta... di partecipare... muore?”.
“Sì. Senza eccezione alcuna. Evitatevi di sprecare il fiato che usereste per chiedermi il perché, non sono in grado di spiegarvelo. È così e basta, è sempre stato così e sempre così sarà. Il Torneo non risparmia nessuno, né vincitori né sconfitti. Inoltre...”.
“C-C’è dell’altro?”.
“C’è dell’altro. Per quanto possa essere impossibile da credersi, gli scontri si svolgeranno contro rappresentanti di realtà parallele. Artisti marziali come voi che qualcuno dei miei colleghi sta reclutando proprio in questi istanti. Così come voi porterete il fato della vostra realtà sulle spalle, doveste dirmi di sì, loro faranno la stessa medesima cosa con la propria”.
Di nuovo silenzio.
“Chi vince muore e salva il proprio pianeta dall’estinzione. Chi perde muore, perché naturalmente i duelli sono all’ultimo sangue, trascinandosi dietro l’intero creato. Una proposta feroce, me ne rendo conto. Perciò intendo lasciarvi scegliere in totale libertà”.
“Io non credo a questa pagliacciata!”. “Morire per salvare il mondo? Ma siamo matti?”. “Ci dev’essere un’altra possibilità...”. Frasi confuse che arrivano dalle mie spalle. La combriccola sta cercando di assimilare la notizia, esattamente come sto cercando di farlo io.
È... mostruoso.
Un’offerta del genere... allucinante. Morire dopo un singolo combattimento, sapendo a cosa si va incontro, per impedire la distruzione del mondo.
Da pazzi. È una cosa da pazzi.
Eppure... eppure... eppure capisco. Capisco perché si potrebbe rispondere di sì. Capisco il non fuggire via a gambe levate, come hanno fatto quelle due sagome del vecchio maestro e della Rosa Nera.
Capisco. Credo di capire.
E...
Ranma si volta verso il gruppone, che è rimasto statico per quasi tutta la durata del discorso. Nessuno dice niente, si muove, dà il minimo segno di vita.
“Se non ti dispiace vorremmo discuterne fra di noi. È una richiesta...”.
“Prego. Tutto il tempo che vi serve. E giusto per essere chiari fino in fondo: un eventuale rifiuto non implicherà nessun tipo di conseguenza. Sarete liberi di tornare alla vostra routine, con solo un'importante consapevolezza in più sulle vostre giovani spalle”.
Rientra nei ranghi e ci osserva tutti a turno, uno per uno.
Come tutti noi viene preso in contropiede quando la vecchia Cologne, senza preavviso, colpisce Shan-Pu sulla nuca facendola svenire.
“Che fai, mummia?” chiede Mousse, allarmato.
“Salvo la vita di mia nipote, ecco cosa faccio. Non le permetterò di partecipare a questa folle corsa. Andrò io al suo posto. Oltre ad avere molta più esperienza di lei, aumentando quindi le nostre possibilità di vittoria, è meglio offrire in sacrificio una vita piena e già fin troppo vissuta”.
“Peccato che noialtri non siamo così fortunati...” mormora Ranma.
“Mi chiedo perché nessuno di voi contesti la buffa storia di quello strano ometto” se ne esce Ukyo dal nulla “Non può essere vero, è talmente assurdo...”.
“Ucchan, io gli credo. Mi ha trasmesso chiaramente la sensazione di essere chi dice di essere e di non volerci fregare in alcun modo. Non so spiegarmi il perché ma ho questa convinzione, e difficilmente il mio intuito si sbaglia in maniera tanto clamorosa”.
“Sì, ma chi ci impedisce di mandarlo a quel paese e ignorare questo schifo?”.
“Nessuno. Nessuno ce lo impedisce. Come hai sentito, e come avete sentito tutti, siamo completamente liberi di dire di no. Ma voglio che sappiate: io ho intenzione di farlo”.
“R-Ranma...”.
“So perfettamente di star andando incontro a morte certa, sarò tonto ma non fino a questo punto. Eppure... avere la possibilità di scegliere il come e il perché... beh, è un’occasione che non capita tutti i giorni. Inoltre la posta in palio è molto, molto alta e, senza offesa, esclusa la vecchia credo di essere quanto di meglio possiamo offrire in termini di potenza combattiva. Se qua ci fossero stati, per dire, Daisuke e Hiroshi li avrei cacciati a calci per più di un motivo. E per lo stesso motivo...”. Si volta fulmineo nella mia direzione.
“So a cosa stai pensando, Akane. E la risposta è no”.
Ranma... non puoi decidere per me.
“Mi hai sentito, maschiaccio testardo? No. Non lo farai. Dovrai passare sul mio cadavere. E non sto scherzando”. Scrocchia le mani per dare più peso alle parole.
Credi di spaventarmi con così poco, mezz’uomo?
Ci sono altri discorsi in svolgimento: Mousse che credo stia rimproverando la vecchia per quanto fatto a Shan-Pu, senza minimamente rendersi conto di quanto quella bastonata sia stata un atto d’amore e di protezione; Kuno che, incredibilmente, invece di cianciare dei ciliegi in fiore e dell’amore di leggiadre pulzelle sta, ad occhio, riflettendo seriamente sulla situazione; Ukyo e Ryoga che discutono animatamente di qualcosa che non riesco a sentire.
Non m’interessa. Al momento la mia attenzione è totalmente focalizzata verso quel cretino col codino che, come al solito, non pensa mai a me e ai miei sentimenti.
D’accordo, in questo caso non si tratta della solita roba. Non ha fatto il cascamorto con un’altra delle sue presunte fidanzate, non mi ha rivolto nessun insulto, non è stato idiota come uno scaldabagno.
Però non può davvero prendersi la briga di decidere per tutti e due.
“Ranma, non puoi...”.
“Certo che posso”.
“Certo che non puoi! Dannazione, non riempirti sempre di testosterone fino alle orecchie. Non sono una maledettissima dama imprigionata nel castello del drago!”.
“Akane... tu...”.
“Ho capito il tuo discorso, cosa credi? «Lei è troppo debole, non sarebbe all’altezza. Inoltre devo pur mostrare il mio complesso del principe azzurro in qualche modo. E quale modo migliore di travestirmi da Kamen Rider Black, offrendomi in pasto a questo gioco crudele pur di salvare lei?». Beh ciccio bello, non funziona così. Proprio per niente. La tua principessa non è una sfigata incapace di difendersi da sola. Ho una mia dignità e una mia forza. E sto meditando di mettermi alla prova”.
“Akane! No, non te lo permetto!”.
“Non ho bisogno del tuo permesso, Saotome. Sono capace di decidere per me e per la mia vita. Il tuo discorso di prima era molto profondo e molto giusto e mi sono trovata d’accordo con ogni parola che hai pronunciato”.
A questo punto avviene l’inaspettato: Ranma mi prende per il bavero della divisa scolastica.
“Akane. Tendo. Togliti. Quella. Idiozia. Dalla. Testa”.
“Ranma. Saotome. Toglimi. Quelle. Manacce. Di. Dosso”.
Non sei l’unico a saper fare la voce grossa, caro mio.
E, com’era ampiamente prevedibile, obbedisce e mi lascia andare. Bravo cuccioletto.
“Akane” riprende, addolcendo il tono “non puoi gettarti a peso morto. Pensa a come staranno Kasumi, Nabiki e tuo padre dopo”.
Giochi la carta familiare? Potente, te lo concedo. Ma non basta.
“Staranno uno straccio, lo so. E tu... no, ok, non è vero che non puoi controbattere. La signora Nodoka dove l’hai dimenticata, stupidino?”.
“Mamma...”.
“Anche tu ti lascerai indietro qualcuno che soffrirà per la perdita. È vero, una sola madre non regge numericamente il passo con due sorelle e un padre, ma il concetto di base è lo stesso. E non mi sento neanche di escludere totalmente quella scimmia di tuo papà. Potrà comportarsi come un saltimbanco tutto il tempo, ma non credo che non sarebbe neanche sfiorato alla notizia di saperti morto. Provaci ancora, Ranma”.
“Non mi costringerai a essere persuasivo come la vecchia con Shan-Pu, spero”.
“Azzarditici solamente e neanche avrai l’occasione di partecipare a questo fantomatico torneo perché ti avrò spezzato le ossa prima. Non sto scherzando”.
Guardami bene negli occhi, Ranma, e capisci da solo che non sono mai stata più seria in vita mia.
Sempre migliore, il cagnolino. Afferra al volo e ritira quel brutto sguardo birichino con cui stava cercando di infastidirmi.
“Senti, tagliamo la testa al toro: facciam quel che dobbiamo fare assieme” propongo per uscire da questo insopportabile stallo fra teste quadre.
“Io... io non posso guardarti mentre...”.
“Perché, credi che sarà una passeggiata per me vederti mentre firmi la tua condanna a morte?”.
“Ma... ma io pensavo che...”.
Mi avvicino al suo orecchio, quello che sto per dire deve rimanere fra di noi: “Qualunque cosa quella tua testolina bacata potesse pensare... beh, ti assicuro che ti sbagliavi. Io... ti voglio bene, Ranma. Ed è anche per te se ho deciso di sottopormi a questa follia”.
“Tu... sei tutta matta...”. sussurra appena.
“Ovvio. Altrimenti come ti avrei sopportato sinora?”.
Mi discosto sorridendogli. Non voglio che la decisione più importante dei miei sedici anni venga macchiata da un litigio con lui.
No beh, questo è a dir poco inconcepibile: scorgo chiaramente, agli angoli dei suoi occhi, l’accenno di una lacrima.
Piantala, imbecille... o perderò tutto il coraggio...
“Ehi tu, tizio!” urla poi verso il portatore di quest’ultimo cataclisma “Come funziona esattamente per i turni? C’è un ordine preciso o veniamo tirati a sorte dal cilindro?”.
Quello alza appena la testa verso di lui, sempre badando a tenere il volto coperto. Ci terrà alla privacy.
“La seconda che hai detto. Estrazione casuale. E fra un combattimento e il successivo possono passare due ore come due mesi come due anni. Non c’è il minimo ritmo scandito in tutto questo. È un grande circo del caos”.
“Ma che bello”.
“Non so cosa dirti. Non sono io a stabilire le regole, io mi limito a trovare i duellanti e a metterli al corrente delle condizioni. Il resto” e punta un dito verso il cielo “lo decidono lassù”.
Ranma sbuffa, evidentemente insoddisfatto della risposta. Poi torna a guardarmi, molto meno aggressivo di prima.
“Akane... non ti voglio perdere”.
“Se hai deciso di partecipare succederà, lui è stato più che chiaro in proposito. A quel punto tanto vale farlo in due. O intendi lasciarmi qui... senza di te?”.
“Ma... ma...”.
“Niente «ma». Come hai giustamente detto tu: poter scegliere come e perché morire è privilegio per pochi. Farlo salvando il mondo... onestamente non potrei chiedere nulla di meglio. Nessuna alternativa mi appare altrettanto nobile e meritevole. Per una volta lascia che sia l’eroina che salva e non la civile che viene salvata. Mi costerà la vita? Ebbene, lo accetto. Si parla di salvare il mondo qui, non di pettinare le bambole”.
Discutiamo ancora un po’ dopo che lui, inaspettatamente, riprende vigore nella sua posizione. Nel frattempo il nostro ospite, dopo essersi finalmente alzato in piedi, ci mostra l’aggeggio che servirà a chiudere l’accordo per coloro che ne sono intenzionati.
“Mettete la mano su questo touchpad fluttuante e parteciperete ufficialmente al Torneo. Vi ho chiesto di rifletterci bene perché, una volta che lo toccherete, non potrete più tirarvi indietro. Sarete legati per la vita a questo contratto e le due cose termineranno assieme”.
Cos'è che dobbiamo toccare? Un touchche?
La bega con Ranma non sta andando come speravo. Si sta incaponendo con la forza della disperazione.
Ci vuole un’azione più definitiva.
Approfitto di un suo momento di distrazione e mi fiondo verso quell’affare. Cerca di fermarmi ma, per la prima e unica volta da quando ci conosciamo, riesco a essere più veloce di lui.
Tocco.
Andata, Akane. Sei un morto che cammina.
“Akane... maledetta ragazzina suicida...”.
Taci Saotome, taci. Ormai quel che è fatto è fatto. Puoi frignare quanto ti pare ma questo non cambierà lo stato delle cose.
Gli altri, da me colpevolmente ignorati sino a questo momento, si fanno avanti.
“Abbiamo deciso”.

The might of chaos descends
as we join the fight
against our common foe
the jaws of fate
 
 
Quattro mesi, ventuno giorni e... aspetta che consulto l’orologio... sei ore. Era mattina inoltrata, ora è pomeriggio.
Hanno accettato tutti.
Io sono l’ultima.
Ranma Saotome, Ukyo Kuonji, Ryoga Hibiki, Mu-Si di Joketsuzoku, Ku-Lun di Joketsuzoku, Tatewaki Kuno e Akane Tendo.
I sette campioni di questa terra.
Morti uno in fila all’altro.
Ovviamente, se sono qui a poter pensare tutto questo, i loro scontri li hanno visti vittoriosi. Alcuni hanno faticato davvero molto, come Kuno, mentre altri come la nobile Obaba hanno spazzato via il loro avversario in meno di un minuto.
Soprattutto lui, Kuno, mi ha incredibilmente sorpresa. All’atto della firma si è presentato blaterando il suo nonsense arcaico, ma non era il solito buffone. Appariva veramente convinto di essere stato investito dai kami di una missione divina, o qualche baggianata del genere. Ma se non altro è servito a non fargli prendere sottogamba la faccenda. E si è allenato strenuamente per quando sarebbe stato il suo turno.
Devo dire la verità: quando ha cominciato a parlare di retaggi della casata, di Tuoni Blu e Violetti e Multicolore e di come avrebbe scalato il monte Fuji a testa in giù... ho avuto un serio momento di terrore nel pensare che si sarebbe fatto carico del destino di tutti noi.
Invece ti devo proprio ringraziare, senpai. Sei stato magnifico. Come tutti loro.
E come dovrò esserlo io se non voglio ritrovarmi Kasumi e gli altri dal lato sbagliato.
“Akane! Ti sei imbambolata!”.
Uh? Oh sì, parli del diavolo a forma di sorella ed eccolo spuntare al tuo fianco.
“Scusa Kasumi. Stavo finendo di spiegare ai miei gentili ospiti cosa mi attende”.
“... ripeto, Ranma non ha avuto di questi problemi”.
“Lascia stare, lascia stare. Fai conto che non abbia detto nulla”.
“Come vuoi”.
Naturalmente ho dovuto dirlo, così come ha fatto Ranma e come hanno fatto gli altri. Non potevamo proprio sparire di punto in bianco senza la minima spiegazione. Poi è chiaro, il saperlo non lenisce neanche un po’ del dolore. Neppure un minuscolo granellino.
Mi si stringe il cuore a ripensare a Ryoga e a Ukyo. Loro non hanno avuto nessuno a cui poterlo riferire, nessun parente che si sarebbe disperato per loro. Specialmente lui, messo nella ancora più crudele situazione di averceli, i parenti, ma non poterli fisicamente contattare a causa della maledizione di famiglia riguardo il senso dell’orientamento. Terribile, per lui e per loro che hanno perso il figlio senza neanche saperlo.
E mi si stringe ancora di più a ripensare a Shan-Pu, anche se non se lo meriterebbe con tutti i tiri mancini che mi ha giocato. Ha visto morirle attorno la nonna e una persona che credeva di disprezzare ma, da qualche parte dentro di me ne sono sicura, in realtà non riteneva così nociva. E lei rimarrà e si porterà dentro quel dolore per sempre.
...
No, non ci voglio ripensare. Mi strazia troppo.
Mi chiedo come hanno fatto gli altri a sopportare questo stillicidio.
Sorseggio il mio tè e la osservo mentre torna a tagliare le carote.
Sì, per lei posso farlo. Per lei, per Nabiki, per papà, per zia Nodoka, anche per quel farabutto del signor Genma.
“Toh, sei ancora qui Akane. Meno male, spero di poterti palpare ancora un po’ prima di quel momento”.
Happosai mi guarda, con uno sguardo metà soddisfatto e metà da porco impenitente... chi voglio prendere in giro? È solo un porco impenitente. Regge pure il bottino dell’ultima caccia alle mutandine appena conclusa.
Per lui non lo farei, neanche fra mille anni. Però non sono nella posizione di poter fare distinzioni di sorta. O tutti o nessuno.
Per fortuna se ne va subito. Non lo avrei sopportato un solo istante di più.
Sto per tornare alla mia tazza quando...
Ecco come funziona: ti appare davanti in forma eterea. Non me l’hanno mai voluto dire.
“Tocca a te, Akane Tendo. Sei la chiave di volta di tutto il vostro Torneo”. Sembra che solo io possa sentirlo, visto che Kasumi non accenna alla minima reazione.
Scatto in piedi.
Respira Akane, respira finché puoi.
“Sei pronta? Devo portarti sul luogo del combattimento”.
No che non sono pronta, maledizione!
Ma devo andare comunque.
“Kasumi...”.
“Dimmi”.
“Salutami Nabiki e papà”.
“Akane, cosa stai dicendo?” mi chiede voltandosi verso di me.
“È il mio momento”.
E, per la seconda volta in quattro mesi, vedo piangere l’ultima persona dalla quale me lo sarei mai aspettato.
“Akane...”.
“Ti prego” le dico, anch’io sull’orlo delle lacrime “non rendermi tutto più difficile”. Mi rivolgo verso di lui mentre chiedo “Posso?”.
“Certo che puoi. Non saranno due minuti di ritardo a fare problemi”.
“Grazie”.
Poi mi avvento su di lei e la stritolo con l’abbraccio più forte di cui sono capace.
Addio, sorellina.
“Spero tu non faccia la fine del Grande Kung Lao con il principe Goro” commenta mentre mi afferra la mano e mi porta via. Eh? Non ho capito.

Here we stand on the firing line
here I'll walk in the field where I fight
I will fight or die for liberty
with the ghost standing next to me

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Capitolo 2
*** Ryoga Hibiki e Ukyo Kuonji ***


10 marzo 1989
“Sono impazzita del tutto, vero?”.

Butto uno sguardo sufficiente nella sua direzione. Ukyo ha la testa svaccata contro il bancone e le braccia mollemente stese in avanti, come fossero due palloncini sgonfi.
E meno male che le piastre sono spente.
“A cosa ti riferisci?” non posso trattenermi dal chiedere. Anche se sospetto la risposta.
“Come a che cosa? A quella cazzata galattica che noi furboni abbiamo fatto quattro giorni fa davanti al Nekohanten. Non puoi non ricordartene, santo cielo”.
Sospettavo bene. Ma non prendermi in giro, Kuonji. È ovvio che me lo ricordi.
Abbiamo buttato entrambe le nostre vite nella tazza, in quell’occasione. Io non sarò un plurilaureato, ok, ma non è piacevole sentirsi così tanto sottovalutato.
“Ukyo, eddai. Mi ricordo cos’è successo”.
“Non sembrava...”.
Sì, va bene. Continuiamo a sfottere il maiale che è così semplice e divertente.
Ma d’altronde che posso dire per... consolarla? Farglielo dimenticare?
Non è cosa da cui ci si può consolare, né tantomeno che si può dimenticare.
Siamo morti. Tutti e due.
Non è potremmo. Non c’è forse. Nessun salvataggio in extremis.
Siamo. Morti.
E non abbiamo neanche la consolazione di possibili bugie o inganni. Abbiamo visto Ranma, il primo di noi condannati.
Ha steso il suo avversario, dopo un combattimento non troppo difficile o lungo e da cui è uscito praticamente illeso, ed è cascato per terra come un sacco svuotato.
Nessuno si è preso la briga di controllare le sue condizioni. Sapevamo.
Akane ha raccolto il suo corpo, distrutta come mai l’avevo vista, e l’ha riportato a casa Tendo. Non so se i loro parenti siano a conoscenza di questa mostruosità. Non riesco neanche a stabilire se sarebbe bene o meno che ne siano al corrente, tanto che lo sappiano o no a loro arriverà comunque una mazzata fra capo e collo.
E poi, onestamente, chissenefrega. Mi viene da fare il paragone fra la loro situazione e la mia, in termini di genitori e affini, e sento pungermi gli occhi davanti all’impietoso confronto.
“Ricordami perché l’abbiamo fatto” riprende, alzando gli occhi verso di me. Sbaglio o sta... per favore, non farlo. Fa male.
“Vuoi sapere perché l’ho fatto io o perché l’hai fatto tu?”.
“È uguale, tanto la depressione non se ne andrà in nessun caso”.
Inspiro. Non è facile ricordare il momento in cui hai deciso di smettere di vivere.
Mi avvicino a lei e mi siedo su una delle seggiole per i clienti. Voglio esserle accanto.
“Ma sul serio devo ricordartelo? Poi sono io lo smemorato, qui”.
“No, non sul serio. Esattamente come te mi ricordo tutto, alla perfezione. Ma in questo momento ho lo strano bisogno di sentire una voce non mia riepilogare la peggiore stupidata di cui mi sono resa colpevole. E dire che ne ho fatte a tonnellate, di idiozie”.
“Ti sei addolcita in questi ultimi secondi, vedo. Non l’avevi definita cazzata, prima?”.
“Sì, l’avevo fatto. Ma non sono sempre in vena di volgarità”.
“Oh, anche Ukyo sa tenere a freno la lingua ogni tanto”.
“Sei spiritoso quanto una scarpa bucata”.
“Non togliermi anche quello, per favore. È forse l’unica cosa che mi è rimasta”.
“Dio, abbiamo sedici anni e stiamo qui a parlare della morte incombente come due centenari. Cosa ci ha posseduto in quei momenti per spingerci a tanto con le nostre stesse mani?”.
“Vediamo se riesco a riassumere per entrambi: io l’ho fatto innanzitutto perché non volevo essere da meno di Ranma, che era saltato a bordo del vagone con la velocità di un furetto imbizzarrito. Quel cretino non aveva fatto il minimo filtro fra la propria decisione e le conseguenze che avrebbe portato e non sono riuscito a evitarmi di scendere al suo stesso, preistorico livello. Se lui era disposto a fare il sacrificio ultimo perché io non avrei dovuto? Imbecille di un Hibiki. Ma, come spero ti ricorderai dal nostro discorso mentre decidevamo, non è l’unico motivo che mi ha spinto a farlo”.
“Sì, ricordo...”.
“Ho trovato, in questa cosa da malati mentali, uno scopo per la mia vita. Ero e sono stufo di passare gran parte del mio anno tipo a girovagare per il Giappone senza neanche la fotocopia di una possibile meta. Quando giungo qui a Nerima è sempre, e sottolineo sempre, per puro caso. È vero, ho qualcuno che mi scalda il cuore qui e sai a chi mi riferisco, ma è pur sempre una coincidenza fortunata a spingere i miei piedi. La maledizione della mia famiglia è terribile, anche se a te e agli altri può sembrare una specie di barzelletta. Ti costringe a vivere alla giornata privandoti di ogni misera, pallida possibilità di fermarti da qualche parte e provare a costruire qualcosa di più duraturo. Quando mi si è schiusa davanti questa opzione...”.
“... hai visto una via d’uscita. La peggiore, ma una via d’uscita”.
“Esatto. È stata una scelta sofferta, nonostante tutto, perché anche se non avevo il miraggio di poter ottenere un minimo di stabilità da questa mia esistenza da vagabondo... beh, non ero ancora arrivato al punto di voler farla finita. Però amen, è andata. Non serve star qui a recriminare e a piangere sul latte versato, soprattutto visto che la bottiglia della latteria non è caduta per un incidente ma l’abbiamo rovesciata noi stessi”.
“Sei cinico, Ryoga. Come non credevo potessi essere”.
“Vedere Ranma morto mi ha dato un’altra prospettiva. E mi ha fatto tornare in mente che ho scelto questa via anche perché significava sacrificarsi per un’alta causa, cioè la salvezza del mondo. Sempre che la tua bizzarra teoria sul fatto che lui ci abbia mentito non sia vera”.
“Non rinfacciare, simpaticone. Non riesco a togliermi dalla testa l’idea che possa averci preso per il culo tutti quanti, ecco”.
“Ti è tornata addosso la volgarità”.
“Beh, scusa tanto se mi viene da infervorarmi. Se avessi ragione...”.
“... andremmo a morire inutilmente, già. Ma il fatto che Ranma non sia più qui con noi porta indizi verso la sua versione, non verso la tua”.
“Per quel che ne possiamo sapere l’ha ammazzato lui in qualche modo strano e sta cercando di...”.
“Ukyo, per favore. Finiscila”.
“Eh?”.
“Stai cercando di aggrapparti a un’illusione, per come la vedo io. L’illusione di trovare scampo da quanto ci guarda dall’alto mentre scende in picchiata come un falco sulla preda. E non fa bene perdersi in qualcosa di falso”.
“Sì, ma...”.
“Ukyo, guardami bene: io e te, insieme a tutti quegli altri pazzi, siamo morti. M-o-r-t-i. Preferisco evitare di pensare a cosa succederebbe se perdessimo, ma non è neanche questo il punto del mio discorso. Il punto è: mettitelo bene in testa e non lasciarlo scappare. Sono sicuro che là fuori, nel mondo che resterà dopo di noi, c’è qualche esimio psicologo che ha studiato approfonditamente la negazione della realtà, magari suddividendola persino in fasi. E sono anche sicuro che questo professorone ti farebbe una bella lavata di capo, in questo istante. Mi rendo conto che affrontare il nostro futuro è devastante, sono il primo a subirlo assieme a te, ma non serve a niente voltare la testa dall’altra parte sperando che se ne vada da sé. Non lo farà. È qui per restare. Gli puoi tirare sassi per scacciarlo, lo puoi supplicare di far finta di nulla, puoi tentare di corromperlo con una mazzetta ma non servirà. Dimmi, vuoi che il tuo ultimo periodo sia una continua rincorsa alla scusa, alla bugia, a ciò che non è? O preferisci vivere più serenamente che si può... e so che è poco, ti capisco... il tempo che ti rimane?”.
“Ora credo di ricordare perché ti ho chiesto di rimanere qui all’Ucchan a farmi compagnia, sin da quel giorno...”.
“Faccio quello che posso. Ma non avevi reale bisogno di me, a parte per questi momentacci di sconforto. O devo snocciolare ad alta voce, a vantaggio di nessuno, perché ti sei immischiata in questa cosa?”.
“Te l’avevo chiesto, puoi far che farlo”.
“Allora, vediamo se mi riesce di citarti testualmente: “Sento... sento la necessità di farlo, per qualche cazzarola di motivazione insulsa. Forse è solo uno sciocco modo per non sfigurare di fronte ad Akane, che ha preso la palla al balzo come il miglior giocatore di basket americano. O forse è un modo per nobilitarmi più di quanto meriti, dicendomi che sto andando a morire per il fato del mondo e sentirmi così migliore di quella subdola, squallida ragazzina che ha cercato di conquistare l’amore di Ranma con sotterfugi degni del peggior verme. Non che mi senta davvero al livello di Shan-Pu o Kodachi, persino io non scavo così tanto. Ma sono stata molto poco leale, in questo gioco a premi, e una parte di me vuole scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazione di sporco. Quale modo migliore per lavarsi la coscienza che essere una dei sette martiri?”. Sì, se non sbaglio dovrei essere andato molto bene”.
“Confermo. Sei stato praticamente perfetto. Poi tu, birichino come sempre, hai aggiunto: “Ehi Ukyo, non sarà mica perché Ranma, non appena abbiamo cominciato a parlare di questa possibilità, si è girato verso Akane intimandole di starne fuori e ha smesso di considerare il resto del mondo?”. Qualcuno dovrebbe tagliarti quella linguaccia biforcuta, Hibiki”.
“Ahahahahahahahah. Ukyo, mi fai morire. E non scherzo, mi diverti davvero. Hai un’acidità così... Kuonji”.
“Se non fossimo già sul miglio verde ti tirerei il collo, sappilo”.
“Minacce vuote come il mio stomaco dopo otto giorni di giri a casaccio per la campagna del Kansai. Puoi fare meglio di così”.
“Oh sì, hai ragione. Posso proseguire quel discorso: “E per te non sarà mica perché Akane, proprio in questo preciso momento, sta sussurrando qualcosa all’orecchio di Ranma? Tipo quanto lei lo ama?”. A giocare sleale siamo capaci in due. Uuuuuh, ecco il prode Ryoga Hibiki che passa sulla sua faccia tutte le tonalità dell’arcobaleno. Checcarino”.
“N-Non... sei per nulla gentile...”.
“Mica volevo essere gentile, difatti. Ti restituivo il colpo sotto la cintura”.
“... siamo due casi umani, non è vero?”.
“Penso dei peggiori”.
“Mi fa piacere vederti un pochino più tranquilla, almeno. Essere spernacchiato è servito a qualcosa”.
“Sì, ti devo ringraziare. Il cuore mi tornerà in gola quando sarà l’attimo decisivo, ne sono certa. Ma, almeno per un po’, credo che riuscirò a essere più serena. E se fossi rimasta da sola...”.
“Rimuginare in solitudine sulla morte che sta per bussare alla tua porta... no, non lo augurerei neanche al mio peggior nemico”.
“Ranma?”.
“Pfffff. Ho detto peggior nemico, non coetaneo con cui sei nemico un giorno e amico quello dopo. O qualcosa del genere. E poi lui è già andato”.
“Gesù, piantala di essere così brutale. Ho capito che mi conviene accettarlo. Lo dico sul serio. Ma puoi evitare di riportare a galla l’argomento ogni venti secondi, lo sai?”.
“Sì, hai ragione. Mi piace atteggiarmi da uomo tutto d’un pezzo ma pizzica anche me. Meglio evitare, almeno finché non toccherà a uno di noi”.
“Anche se capisco la necessità di condividere con qualcuno...”.
“È per questo che mi hai invitato a restare qui, no?”.
“Sì, principalmente è per questo. Non avrei sopportato di affrontarlo in solitudine. Sarei schiattata di crepacuore prima del tempo. E poi, se ben ricordi dopo il combattimento di Ranchan, lui ha guardato verso di noi. Ho la sensazione che intendesse farci capire che era il nostro turno”.
“Poteva anche dircelo, quello stronzo”.
“Toh, anche gli Hibiki sanno dire le parolacce”.
“Scusa. Ma mi sarà concesso essere un poco nervoso all’idea, spero”.
“Hai voglia. Anzi, finora sei stato fin troppo flemmatico”.
“Mica ho preso fuoco...”.
Flemmatico, non infiammabile. Mi sento come una che distribuisce perle ai porci”.
“Non sai quant’è vero”.
“Eh?”.
“Hai presente P-chan, no?”.
“Certo”.
“Portami un bicchiere d’acqua calda e uno d’acqua fredda, per piacere”.

12 aprile 1989.
SCROCRONCH.

Una spatolata formato famiglia conclude lo scontro.
Ukyo ha vinto. Almeno per un altro po’ la nostra terra è salva.
Osserva il suo avversario, un ragazzo appena più grande di noi. Pelato e vestito d’arancione. Io non me ne intendo, ma mi sa proprio che è un bonzo.
Credo che possiamo considerarci fortunati: a giudicare da come si muoveva era molto, molto inesperto.
Se ci fosse stato un maestro, dalla parte opposta, forse non sarei qui a riflettere.
Gli si avvicina, ansimando. È provata. Ha fatto molta fatica, in effetti, e in certi momenti dava l’impressione di essere in svantaggio. Ma alla fine è riuscita a recuperare brillantemente.
Quasi inciampa. Attenta, su.
Si rivolge al nostro... come chiamarlo? La nostra guida? Il nostro mentore? Non lo so. Lui, ecco.
“Ora...” dice boccheggiando.
“Ora devi concludere, Ukyo Kuonji. È ancora vivo”.
“Questa cosa fa schifo” commenta portandosi una mano sugli occhi. Da qui non riesco a vedere bene, ma penso voglia impedirci di vederla piangere.
“Lo sapevi e hai accettato comunque” sottolinea l’altro.
“Stai zitto!”.
Si accuccia su di lui e tira fuori il coltello che si è portata dietro dalla cucina del ristorante.
“Scusami”.
SZOCK.
È un attimo: si accascia sul suo corpo, finendo in ginocchio e con la testa sul suo petto.
No. No. Non voglio...
Non è Akane, che accanto a me si trattiene a malapena dallo scoppiare in lacrime.
Nessuno si muove.
Nessuno tranne Kuno. Guarda Jun in faccia, chiedendogli silenziosamente qualcosa che non riesco a capire, e ottiene una risposta affermativa.
Raccoglie il cadavere.
“Se nessuno di voi ha da ridire” comincia “intendo occuparmi delle esequie e della sepoltura della valorosa Ukyo Kuonji. E di tutti coloro che non hanno un’anima pia a cui rivolgersi per codesto ingrato compito, almeno finché i kami vorranno concedermelo”.
Non una protesta. Credo che lo shock nel vederlo comportarsi in maniera così dignitosa sia troppo da digerire.
Cavolo, il mondo sta davvero per finire.

The bells again, someone has died
the bells of the end toll to remind
that life is but a race against time

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Capitolo 3
*** Ranma Saotome ***


6 marzo 1989.
“Com’è andata a scuola, cari i miei ragazzi? Ranma, quante finestre hai sfasciato oggi?”.
Casa Tendo. Pranzo. Tutto normale, tutto tranquillo, tutto banale.
No, l’ultima no. E neanche la prima in realtà.
È il pranzo del giorno dei giorni.
Tanto per cominciare a scuola neanche ci siamo andati. O meglio, ci siamo rimasti dieci minuti, poi è successo uno dei soliti casini e ci siamo spostati in massa.
Non più di tre ore fa io e Akane eravamo davanti al Nekohanten.
E poi è spuntato Jun Kukkoh, Katoh... quel tizio lì.
Al mio fianco sinistro Akane rimane impassibile con la sua scodella di riso in mano. Penso stia pensando quello che sto pensando io. Mangia lenta non tradendo la minima reazione, ma so benissimo che dentro di lei si sta scatenando il peggior maremoto emozionale della sua vita.
Quasi rimpiango quando stava male perché l’avevo fatta imbufalire con una parola o un gesto di troppo.
La picchetto lievemente sulla spalla. Ho bisogno di un suo consulto.
Si volta senza dire una parola.
“Pensi che dovremmo...”.
“A me non cambia nulla”.
“Akane, è una faccenda importante. Non credi...”.
“Te l’ho detto, è indifferente. Se vuoi dirglielo diglielo”.
“Scusa, vorresti sul serio tenerglielo nascosto? Devono sapere”. Accolgo con un sospiro di sollievo interiore l’arrivo dell’irritazione, perché come a volte riesce a irritarmi Akane proprio nessuno. Con un calcio mi getta, per qualche secondo, in tempi più felici di questo.
È gelida, glaciale nel rispondermi: “Non è necessario, invece. Quel che noi dovevam sapere lo sappiamo, gli altri non c’entrano nulla”.
“Si può sapere cosa complottate?” si intromette Nabiki. Se hai fiutato possibilità di guadagno fai portare il tuo intuito dal meccanico, si dev’essere guastato.
Decido, in un impeto di autodistruzione, di ignorarla. Akane fa lo stesso. Sai Nabiki, i tuoi metodi non funzionano più su di noi. Non da quel momento.
“Beh Ranma, se davvero ci tieni a spezzare tutti i loro cuori e ammucchiarne i rottami uno sopra l’altro fai pure. Io non intendo partecipare”. E ciò detto si alza, portandosi via la ciotola.
“Figliolo... cosa sta succedendo? State cominciando a preoccuparmi, voi due”. La voce di Soun è profonda e spaventata come non credo di averla mai sentita.
Mi lascio sfuggire gli occhi al cielo. Cosa mi frullava per la testa? Come ho potuto non pensare a una situazione come questa?
Appoggio le mani sul tavolo, stringendone il bordo. Spero scioccamente di ricavarne forza in qualche modo.
Sarà la cosa peggiore che abbia mai fatto. E di cose non belle ne ho combinate parecchie.
“Gente, ho un annuncio da fare. Vi prego di sedervi comodi e di non interrompermi per nessun motivo. Sarà già abbastanza difficile così”.

Busso alla porta della sua camera, dove so per certo che si è rifugiata.
“Andate via, non voglio vedere nessuno”.
Tsk. Ti pareva.
“Sono Ranma”.
Un attimo di silenzio.
“... entra”. Chissà perché sospettavo questo sviluppo.
Mi faccio avanti.
Lei è stesa sul letto, gli occhi piantati verso il soffitto. A vederla così si potrebbe pensare che è solo preda di una delle sue solite crisi del cavolo. Non presenta il minimo segno che possa far realmente capire cosa si sta agitando là dentro. E qui dentro.
“Allora, baka? L’hai detto?”.
Un sospiro.
“Sì, l’ho fatto”.
“E...”.
“Come vuoi che abbiano reagito? Le tue sorelle si stanno guardando in faccia fisse come due baccalà, tuo padre ha semi-allagato la cucina e il mio ha cominciato a prendere a testate il muro”.
“Dovete sempre farvi notare, voi Saotome”.
“Buon sangue non mente. E non voglio neanche pensare a quando mia madre rientrerà dal suo viaggio...”.
Copro parte della distanza che ci separa. Sento freddo e vorrei...
La osservo per lunghi momenti mentre lei, molto poco educatamente, mi evita.
Akane, santi kami. Sfogati. Reprimere tutto ti farà scoppiare.
“Non puoi continuare così. Se dopo neanche mezza giornata ti sei indurita in questo modo... non oso pensare a come sarai ridotta fra una settimana. O fra un mese”.
“Chissenefrega. Potrei non essere neanche più qui, fra un mese”.
“D’accordo, ma il discorso è comunque valido. E poi, perdona se mi tocca fare il maestrino della situazione, ma si parla anche di un combattimento. Non puoi permetterti di presentarti così disturbata, perderesti. Se vuoi posso...”.
Si alza di scatto, fa i tre passi che ci separano e mi guarda con gli occhi ingolfati di lacrime.
Non posso dire che mi faccia piacere, ma in uno strano modo è comunque un passo avanti.
“Cosa vuoi fare tu? Allenarmi? Insegnarmi a... uccidere un altro essere umano? Taci Ranma, farai un favore a entrambi”.
E alè. Bentornata, stizza.
“Akane, non ti permetto di comportarti come una bambina viziata. Stammi bene a sentire: se ti credi una ragazzina speciale perché oh, nessuno può capire quello che sto passando ti pregherei di fissarmi dritto nelle palle degli occhi e di dirmelo ad alta voce. O di alzare la cornetta del telefono e di chiamare l’Ucchan per farti insultare da Ukyo e Ryoga. O il Nekohanten. O casa Kuno. Non sei sola in tutto questo. Sette anime dannate, non una. E fare la finta coraggiosa tutta d’un pezzo finirà con il logorarti pian piano, riducendoti a poco più di una larva che sopravvive meccanicamente. Non avere timore dei tuoi sentimenti, non chiuderli in un angolo per prenderli a frustate. Accoglili. Accettali. Perlomeno convivici. O loro, infastiditi dal tuo continuo ignorarli, ti distruggeranno per ripicca. Naturalmente, con tutto questo, non ti sto suggerendo di essere felice per quanto ci succederà. Nemmeno io riesco ad avere tanta faccia tosta. Dico solo che, se hai paura, nessuno ti rimprovererà se ti metti a piangere. Se hai qualcosa da rinfacciare a qualcuno fallo finché sei in tempo, invece di portartelo nella tomba. Se hai voglia di fare una pazzia lasciati andare, a un’eroina si concedono dei colpi di testa”.
Ma... ma che...
Neanche ho finito che me la ritrovo avvinghiata al petto.
“Ranmaaaaaaaaaaaaaaaa! Sono terrorizzata! Non voglio morire! Non voglio! Non voglio! Non voglio!”.
“E chi è che vorrebbe morire?” ribatto, onesto. So che non è una frase particolarmente profonda, ma si fa quel che si può.
Passano parecchi minuti in cui rimaniamo cristallizzati in queste posizioni.
Poi, senza il minimo preavviso, si stacca. Mi afferra la nuca con le mani. Mi trascina a sé.
Mi bacia.
A-A-A-A-A-A-A-A-Akane...
Cosa... cosa... cosa...
No, questo non sta succedendo. Non sono in camera di quel rozzo maschiaccio di Akane Tendo mentre lei mi sta... sta... baciando...
Quando finalmente rompe il contatto...
“Non te lo aspettavi, eh?”. Vedi un po’ tu se me lo aspettavo.
“D-Decisamente no”.
Sorride nel sentirmi rispondere così. E, qui lo dico e qui lo nego, quel sorriso mi era mancato da matti.
“S-Si... si può sapere...”.
Scioglie l’intreccio delle dita da dietro il mio collo, fa un passo indietro e poi mi regala una linguaccia.
“L’hai detto tu di abbandonarmi agli eccessi, mi pare. Mi è balenato questo e ho seguito il tuo consiglio. Lo devo proprio ammettere: avevi ragione. Ora mi sento un po’ più sollevata. E in pace con me stessa”.
“Mamamamamamamamamamamamamamama...”.
“Zut. Non ti sarai dimenticato quello che ti ho detto in confidenza poche ore fa, spero. Sarebbe poco carino da parte tua”.
Dimenticarmi... del fatto che... ha detto... che mi vuole bene? Non mi sembra di essermi fatto togliere metà cervello dalla testa.
“E allora ho sciolto le briglie. Mentre ti stringevo mi sono chiesta se sarebbe stato appropriato, se ti saresti arrabbiato, se... se... se... e poi ho mandato tutto al diavolo. Poco tempo, poca voglia di rimandare, tanta voglia di esternare. Le parole sono belle, i fatti di più”.
Davvero... non so che rispondere, neanche so se voglio rispondere qualcosa...
Sono seriamente sconvolto. Più di quando ho poggiato la mano su quel robo che galleggiava per aria.
Ma sapete come sono i proverbi: fatto trenta, facciamo trentuno.
Akane, difatti, si avvicina alla porta che era rimasta appena aperta... e la chiude. A doppia mandata.
R-r-r-ragazza... c-c-c-o-o-o-s-s-s-a-a-a...
“E se ti dicessi che non ho finito, con le follie?”.
Credo... di stare... per svenire...

No, alla fine non sono svenuto. Non me lo avrebbe permesso.
"Bene, i vostri contratti sono chiusi. E posso già rivelarvi il nome del primo partecipante”.
Sono appena uscito dalla sua camera. Cammino ciondolando, frastornato.
Quel che è appena successo...
Mi ha preso... sbattuto sul letto... tolto a forza la blusa...
Sembrava quasi un animale affamato. Molto affamato.
No ok, non mi sto pentendo di averle fatto quel discorso. Non lo sto facendo. È stato comunque... piacevole. Decisamente.

“Già che ci sono, visto che siete ancora tutti qui, vi comunico le regole che sono poche e facilmente assimilabili. La cosa più importante è che chi non combatte in prima persona non si deve intromettere in nessun modo nel duello. Se dovesse succedere equivarrebbe a una squalifica, cioè a una sconfitta. E sapete cosa ciò implica”.
È solo che... cazzo, non me lo aspettavo proprio.
Alla faccia della follia, Tendo. Se fosse accaduto in condizioni normali, senza questa spada del Torneo che ci pende sulla testa, una notizia del genere avrebbe fatto il giro di Nerima in neanche dieci minuti e adesso avremmo frotte di persone fuori da casa che vogliono la mia o la tua testa.
Senza contare i parenti serpenti che avrebbero origliato, registrato e forse ripreso il tutto.
Questa cittadina avrebbe probabilmente finito di vivere in pace.

Un dito alzato verso me e Akane. Oh dio, sul serio? No, non lei per prima. No.
“Tocca a te, Ranma Saotome”.

Cervello, puoi smetterla di rivangare il momento in cui mi hanno detto che sto per crepare. Guarda che tendo a ricordarmelo da me, sai com’è.
E poi non devi sovrapporre l’immagine di... quello... con ‘sta cosa. Crea un effetto strano, come se buttassi un cane sopra a un gatto. Oh insomma, contrasta. Cozza. Quella roba lì.
Bah. Mi arrabbio, con me stesso e con lei. Ci è servito questo per lasciarci un po’ andare. Un po’ tanto, se proprio vogliamo dirla tutta. Ma è lo stesso, non significa che siamo stati meno stupidi.
Solo la morte riesce a sconfiggere l’ottusità di Ranma Saotome e Akane Tendo. Huzzah.
Mi dirigo verso un posto a casaccio. Ho bisogno di prendere aria e non pensare a nulla e possibilmente non dare i numeri.
DRIIIIIIN. DRIIIIIIN. DRIIIIIIN. DRIIIIIIN.
Nessuno, eh? E va bene, per stavolta risponderò io.
“Casa Tendo. Chi è?”.
Non un rumore, almeno per qualche secondo. Poi sento un colpo di tosse chiaramente finto.
“Saotome? Sei tu?”.
“Kuno?”.
“In persona, sì. E cercavo proprio te”.
“Si può sapere perché? Attacchi briga anche via telefono, adesso?”.
“Attaccare briga? Mi sottovaluti. Volevo solo porti le mie più genuine condoglianze per quanto ti accadrà a breve e le mie più autentiche scuse per gli equivoci del passato, quando a torto ti consideravo un malvagio stregone dedito alla magia nera. Se lo fossi stato davvero non avresti mai avuto l’ardire di accettare la scriteriata proposta di quel ciarlatano e saresti fuggito ricoprendoti di vergogna e disonore, esattamente come hanno fatto il vecchio invasato e la disgrazia ambulante che ho la sfortuna di annoverare come sorella”.
“... Kuno, gli alieni ti hanno succhiato il vuoto pneumatico dalla testa e ci hanno inserito del senno? Ecco sì, attaccami pure il virus della parlata fuori moda”.
“Non capisco il tuo immotivato sarcasmo. Inoltre, se proprio ci tieni così tanto a esserne ragguagliato, il Tuono Blu sa riconoscere e apprezzare coloro che dimostrano il suo stesso coraggio e la sua stessa abnegazione. Mi rendo conto che non può riparare tutti i nostri disguidi e qui pro quo, ma ero fermamente intenzionato a dirti che ti sei guadagnato la mia stima e il mio rispetto con quell’atto cavalleresco e di altissimo valore”.
...
Qualcuno mi svegli da questa sottospecie di incubo strano.
“Bene. Assolto il mio compito, credo che mi ritirerò in raccoglimento spirituale nelle mie stanze. Per quel che può valere adesso: mi dispiace, Ranma. A rivederci alla congiuntura della tenzone”.
TUTUTUTUTUTUTU.
Osservo instupidito la cornetta. Cosa ho appena sentito?
Mi sembra di aver letto da qualche parte che la consapevolezza della fine fa seriamente rivalutare i propri standard. Ora ne ho la conferma pratica.

8 marzo 1989.
“Ah, quindi funziona così? Tutti assieme appassionatamente con la libertà di tifare?”.

“Corretto, Ranma Saotome. Ai tuoi compagni sarà vietato interferire, ma potranno comunque mostrare il loro supporto nei tuoi confronti con fischi e schiamazzi”.
“Ma quanta gentilezza. E di’ un po’, cosa ci fa qui lei?”.
“Xian-Pu mi ha chiesto, con tutti i crismi dell’ufficialità, di poter essere presente agli scontri e non ho alcun motivo di negare il suo desiderio. D’altronde lei è a conoscenza del funzionamento del Torneo e, in quanto indirettamente parte in causa, ha ogni diritto di poter assistere. Come, se lo volessero, lo avrebbero i vostri genitori e fratelli e sorelle e cugini e via discorrendo”.
“Non nominare la parola sorelle di fronte ad Akane”.
“E perché non dovrei?”.
“Non lo vuoi sapere”.
“Ti sconsiglio di minacciarmi, Ranma Saotome”.
“Finitela, machi della domenica. E Ranma... grazie”.
“Figurati, Akane. Anzi, già che siamo in argomento: salutameli tutti”.
“L’hai fatto prima che partissimo, tordo. Tranne quel deficiente di tuo padre”.
“Rifallo comunque. Non è mai abbastanza”.
“Signorsì signore. Altro da riferire?”.
“Uhm, sì. Una sola cosa”.
“Cosa?”.
“Di’ a mia madre che il sangue del suo sangue è finalmente diventato uomo anche da un punto di vista più fisico... con te...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.

“Si vede proprio che sto andando a morire. Nessuno di voi ha cercato di scotennarmi”.

La speranza si spegne già
l'alba della vita
di fronte alla morte
io sono rimasto solo

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Capitolo 4
*** Tatewaki Kuno ***


28 giugno 1989.
Mi alzo dal mio banco. Le lezioni sono diventate superflue, finanche perniciose.
Da quel giorno di marzo ho in mente una e una sola cosa. Come sarebbe per chiunque messo nella mia condizione.
Non ho brama di passare al club di kendo. Non ho brama di fermarmi a parlare con nessuno. Non ho brama.
Desidero solo andare a casa, se possibile evitare quella mentecatta di mia sorella che piange come un vitello, chiudermi nella mia camera e meditare.
La meditazione ha lenito questi ultimi mesi, rendendoli meno grevi, ma purtroppo non è riuscita nella titanica impresa di darmi pace.
Mi avvio lento verso l’uscita.
Una mano sulla mia spalla.
Chiunque tu possa essere: no. Non sono in condizione di dedicarti neanche un minuto.
“Per favore...” inizio.
“Tatchi”.
Oh. Per te posso fare un’eccezione, Nabiki.
Il resto della classe fluisce fuori dall’aula, schiamazzando e tirandosi gli aeroplanini di carta. Ragazzini ingenui, inconsapevoli, puerili. Non sanno... non possono sapere.
Ai miei occhi appaiono come una mandria di pecorelle che vanno allegre a farsi tosare e poi sgozzare.
Tutti tranne lei. Non per meriti propri, ma per lei posso applicare una deroga.
Lei sa, in quanto sorella della mia adorata Akane.
Aspettiamo di rimanere soli.
“Kuno” esordisce poi a bruciapelo “so che sei il prossimo. Akane mi ha riferito...”.
“Non siamo rimasti in molti, d’altro canto”.
“Vero”.
“Ebbene? A te cosa può interessare, di grazia? Quale fonte di guadagno viene intravista dalla tua mente malvagia, in tutto ciò?”.
“Voltati”.
“No”.
“Ti ho detto di voltarti”.
“E io ti ho detto di no”.
Non ti darò la soddisfazione, arpia che non...
Ehi? Che succede?
Mi gira di peso dopo avermi fatto fare mezza giravolta.
Caspita. Non la facevo proprio capace di essere così... fisica.
“Stammi bene a sentire tu, samurai fallito! Se Nabiki Tendo ti vuole parlare faccia a faccia tu le parlerai faccia a faccia, mi sono spiegata?”.
Forte è la tentazione di estrarre il mio bokken. Succede sempre quando mi sento minacciato.
Ma evito. Non alzo la spada contro una ragazza. Neanche contro questo esemplare.
“Chiedo troppo nel sapere la cagione di questa irrequietezza, Tendo? Non è da te”.
Si appoggia al banco più prossimo, recuperando velocemente la sua classica compostezza da donna d’affari che non deve chiedere mai. Guarda fissa nella mia direzione, il solito sorriso da squalo del mondo malavitoso.
“Visto che prima o poi anche tu ci saluterai definitivamente, non temo troppo di quanto uscirà da questa conversazione. Ma una minaccia nei tuoi confronti riesce sempre a rendere la mia giornata un po’ più dolce”.
“Grrrrrazie”.
“Prego, Tatchi. Pertanto considerati formalmente avvisato: che da qui non venga fuori neanche una parola. Non una. O troverò il modo di rendere il tuo ultimo periodo nel mondo dei vivi insopportabile e pregherai che il tuo scontro arrivi il prima possibile”.
“Se hai finito di renderti patetica con questa scenata da boss della yakuza io avrei da fare, sempre che milady non sia troppo tediata all’idea”. Normalmente mi sarei fatto minuscolo di fronte a cotale intimidazione, ma evidentemente sottovaluta la mia attuale contingenza.
Sto per avviarmi, notevolmente contrariato, quando lei fiata di nuovo: “Kuno... non andare. Aspetta che ti dica quel che ti volevo dire”.
Se da una parte i miei piedi spingono come dei forsennati per farmi allontanare da questa turpe persona, dall’altra il suo inusuale tono mi chiede di fermarmi e darle il beneficio del dubbio.
Non capita tutti i giorni di sentire Nabiki esprimersi come un essere umano normale.
“E sia, Tendo. Parla. Ma non farmi sprecare troppo tempo”. Sì, alla fine la curiosità ha vinto.
“Non è nulla di che, piccolo Kuno. Volevo solo... ecco, mi premeva farti sapere che... accidenti, non credevo sarebbe stato così complesso”.
“Cosa ti succede? Non vorrai mica ammettere... che hai ceduto al fascino del Tuono Blu, vero?”. Qualcuno me ne scampi se fosse davvero così. Non lo sopporterei.
Io l’ho chiesto scherzando, mi sembrava palese, ma non si sa mai cosa può agitarsi nel cuore di una fanciulla stregata da un fusto come me.
No, sto viaggiando troppo con la fantasia. Nabiki Tendo non è biologicamente in grado di innamorarsi.
“Non essere ridicolo. Prima che mi capiti una simile disgrazia tu sarai sepolto da un decennio almeno!” dichiara ad altissima voce. Meno male, per un attimo ho internamente tremato alla prospettiva.
“Volevo solo... dirti... che un po’ mi mancherai, ecco...”.
“Non fatico a crederci. Perderai il tuo migliore acquirente”.
“Per tanto così ho già perso la mia principale fonte di introiti da quando Ranma...”.
“Certo, capisco. Kodachi non ti compra più le foto di Saotome e io non ti compro più quelle della Ragazza col Codino. Dev’essere stata una brutta stangata per le tue finanze”.
“Che tu sia riuscito a capire chi era davvero, quello sì che è stato un colpo. Ma no, il motivo non è solo quello...”.
“Chiedo venia?”.
“Quel che ho detto. Non sei sordo. C’è... un altro motivo per cui mi mancherai”.
Se non l’avesse appena negato con forza potrei... potrei persino pensar male.
“Nabiki Tendo, tu non stai...”.
“No, non lo sto facendo”.
“Non sai il sollievo. Sembrava...”.
“Sembrava male”.
“E allora quale sarebbe, questa fantomatica causa?”.
“Mi mancherai e basta, demente con la testa ricolma di roba obsoleta! Nonostante tutto non ti trovo una compagnia così pessima e sapere che non ci sarai più... non ne sono contenta, ecco”.
Si agita, rischiando di perdere il precario equilibrio che aveva contrattato col banco.
Oh. Dice sul serio. Credo di non averla mai vista così poco composta. Non che sia particolarmente disastrata, ma si sta pur sempre parlando di Nabiki Tendo.
La Cannibale. Colei dalla Quale non Devi Farti Imprestare o Vendere Nulla. La Futura Saiko-Komon di Nerima.
Non credevo di poter assistere a un simile, inimmaginabile spettacolo prima della mia dipartita.
Guardala, sta persino sudacchiando.
Lei stessa si rende conto di aver esagerato, pertanto comincia a gesticolare in maniera farsesca per recuperare la postura.
Poco prima di andarsene si ferma di fronte a me, mi punta un dito verso il naso e intima nuovamente: “Non una parola, Kuno”.
“Non temere, Tendo. Porterò la tua debolezza con me nella tomba”.
“... vedi di andare a crepare presto”.

4 luglio 1989
“Senpai?”.
“Favella pure, dolce Akane”.
“Prima che tu vada devo... devo proprio dirtelo”.
“Dirmi cosa?”.
“Sono piacevolmente sorpresa da come tu sia riuscito a liberarti di quel modo di fare idiota che ti ha sempre contraddistinto. In questi quattro mesi sei diventato praticamente un’altra persona. La telefonata di scuse a Ranma, i funerali di Ukyo e Ryoga a tue spese, il gigantesco mazzo di fiori che hai spedito al Nekohanten per Shan-Pu... ehi, lo scappellotto potevi evitartelo”.
“Akane sempre ragazza stupida, non smentisce mai se stessa”.
“Abbi riguardo per chi ha deciso di morire anche per te, zotica”.
“Kuno... ti ringrazio ma non serviva. So difendermi da sola”.
“Scusa Akane, non intendevo mancarti di rispetto. Ho solo pensato di farti cosa gradita”.
“E l’hai fatto. Perché non ti sei sempre comportato così? Non mi sarei comunque innamorata di te, mi spiace dovertelo dire, ma il nostro rapporto sarebbe stato molto migliore. Devo essere onesta fino in fondo, Tatewaki: da quando abbiamo siglato quel contratto non ho più trovato la tua presenza sgradevole o irritante. Al contrario. Sono solo rammaricata che ci sia voluto tutto questo per sfregarti via quella che credevo scemenza congenita alla famiglia Kuno”.
“Io... io sono onorato che tu abbia voluto chiamarmi per nome, Akane”.
“Te lo sei guadagnato”.
“Credo di stare per piangere...”.
“Oh santo cielo, no! Devi restare concentrato sul combattimento, ti prego!”.
“Sì... sì, hai ragione. Scusatemi. Non mi lascerò più prendere in questo modo indegno dall’onda dell’emozione”.
“Sei pronto, Tatewaki Kuno? Tocca a te”.
“Sì Jun, sono pronto. Ma prima... Akane, Shan-Pu...”.
“Che c’è?”.
“Vi prego di ricordarvi di me per quest’ultimo periodo e non per il resto. Non voglio passare alla storia come il più squinternato salvatore del mondo”.


Tell the world I'm sorry
for blowing it all away
tell the world I'm sorry
when I'm out of your way

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Capitolo 5
*** Shan-Pu ***


27 luglio 1996.
Maledizione, fa un caldo infernale. Ci saranno almeno trentacinque gradi.
E io, invece di starmene al riparo del ventilatore all’interno, rimango sulla soglia del Nekohanten ad aspettarle.
Spero arrivino a breve, sto cuocendo come uno struzzo.
...
Forza ragazze. Sbrigatevi. Non mi volete liquefatta sull’asfalto, vero?
Aspetta, forse là in lontananza...
Oh, eccole. Era anche ora. Sono pure in ritardo.
Un braccio si alza per salutarmi e ricambio.
Finalmente ci sono.
“Shan-Pu, ciao”.
“Nabiki, Kasumi. Sono contenta di vedere che, nonostante i vostri impegni, siate venute anche stavolta”.
“Come saremmo potute mancare a un’occasione tanto importante? Men che meno oggi, su”.
“Scusa, non intendevo insinuare nulla. Però, fra il tuo lavoro come manager e la dolce attesa di Kasumi, pensavo poteste avere qualche difficoltà”.
“Mai come te per imparare la nostra lingua”.
“In sette anni non sono ancora riuscita ad abituarmi alla tua lingua lunga, Tendo”.
“Invece di continuare a battibeccare e sudare potremmo accomodarci, che ne pensate?” ci dice Kasumi facendo cenno di entrare.
Come darle torto? Si schiatta, qua fuori.
Le lascio sfilare perché, come ogni volta, mi prendo la briga di appendere alla porta il cartello che ho tenuto in mano per tutto questo tempo.

Chiuso per lutto.
Qualcuno penserà che ho una famiglia numerosa e con una pessima salute.
“A che mese sei, Kasumi?” chiedo casualmente raggiungendole nella sala grande del ristorante. Nel sedersi mi sorride radiosa. Si vede che è davvero felice dello sviluppo.
“Sesto. Shinichi comincia a chiedersi perché la sua mamma stia ingrassando così tanto”.
“È un nanetto sveglio, il mio primo nipote. Prevedo per lui un futuro sfavillante”.
“Ti ho già detto e ripetuto che non ti lascerò mettergli le tue manacce addosso se non lo vorrà. Io e suo padre non ci permettiamo di decidere per conto suo, figurati se può farlo la zia”.
“Ma ha già quattro anni! Bisogna coltivarli giovani, i virgulti”.
“Smettila. Non è un ortaggio”.
“Va bene, va bene. Vorrà dire che cercherò di sedurre Tofu per convincerlo a schierarsi dalla mia parte”.
“Toccalo e di te non rimarranno neanche i pezzettini”.
“Ullalà sorellina, tranquilla. Scherzavo. Il marito è tuo e te lo lascio volentieri”.
“E tu, Nabiki?” intervengo per impedire che questo diventi il teatrino delle Tendo “Come sei messa a uomini, sempre single?”.
“Sì, cara mia. Non ho tempo per un ragazzo giocattolo, scalare il mondo della finanza succhia energie in continuazione. Una volta arrivata a casa la sera, se anche mi trovassi nel letto un superdotato molto voglioso, gli crollerei accanto stremata dalla stanchezza”.
Uhm. Intravedo spazio per un colpo basso: “Ah davvero? Kasumi, dici che faccio male se ripenso a cos’è successo in questa stessa sala l’anno scorso?”.
Lei mi sorride come una faina. Ogni tanto faccio fatica a ricordarmi che Kasumi Tendo, pur essendo rimasta grosso modo la stessa persona di allora, ha acquisito una notevole dose di malizia. “No Shan-Pu, fai benissimo. Chi se la scorda quella lacrima solitaria al solo pronunciare il nome di un certo kendoista...”.
“Ancora con quella storia, voi due?” commenta, più finto-scocciata che arrabbiata “Vi ho già detto che mi era entrata una bruschetta nell’occhio”.
“Casualmente mentre si parlava di Kuno. Eh, queste bruschette con un tempismo invidiabile”.
“Shan-Pu, visto che sei scorretta mi obblighi a tirar fuori...”.
“Non. Farlo”.
“E allora tu lascia stare l’anno scorso”.
“Tua sorella non può fare a meno di avere sempre l’ultima parola”.
“Già. Sempre stato così, sempre così sarà”.
“Va bene. Che ne dite se pranziamo?”.
“Non potrei essere più d’accordo. Ed essendo questo l’ultimo anno...”.
Si incupiscono di botto e non è difficile capire il perché. Settimo anno, settimo eroe.
“...oden. Che a luglio è un mezzo suicidio, ma resta il piatto preferito di Akane”.
“È già tutto pronto. Vado a prenderlo, così ve lo servo”.
“Grazie”.
Mi dirigo verso la cucina e non riesco a evitarmi di buttare un occhio indietro sulle mie uniche clienti. Si parlano sottovoce. Probabilmente stanno avendo delle reminescenze sulla loro compianta sorella minore.
Dentro di me sorrido nel pensare a come noi tre siamo giunte a questo bizzarro stato di cose.

1 settembre 1989.
Vago con poca voglia per la sala del Nekohanten. L’ho preso in mano sin da quando la nonna è mancata.
Senza Ranma sono venuti meno gli obblighi che avevo verso le leggi. Neanche a Joketsuzoku possono costringermi a sposare un morto.
Quindi, libera da ogni costrizione, potevo incredibilmente scegliere da me cosa fare della mia vita. E ho trovato doveroso portare avanti questa attività, anche perché motivi di tornare a casa non ne avevo tanti. Sì, un po’ mi mancano l’aria del villaggio, le vecchie amiche, le facce note che mi sorridevano... ma anche qui, tutto sommato, non sto poi così tanto male.
E poi, considerata la sequela di fallimenti che ho rimediato con la faccenda del matrimonio, non so se e quanto mi avrebbero sorriso.
Questo posto è troppo ampio per una sola persona. Mi sento terribilmente vuota.
Prima di questo macello avevo uno scopo: sposare Ranma. Avevo al mio fianco la nonna che, pur non potendo ambire al premio di Migliore Sostitutivo Genitoriale, era comunque una presenza che mi amava e pensava al mio benessere. O a quello che tale credeva.
Infine c’era Mu-Si.
Sì sì, lo so, l’ho sempre considerato come uno stivale bucato. E, al contrario di uno stivale bucato, sapeva essere davvero irritante.
Eppure, ora che non c’è più, mi rendo conto che anche quella fastidiosa esistenza aveva un suo senso nella mia routine quotidiana. Nonostante tutto mi faceva comodo vederlo mentre mi ronzava intorno, cercando vanamente di ottenere un appuntamento o un bacio o qualcosa del genere.
Era un toccasana per la mia autostima, ecco cos’era. Aveva il magico dono di farmi sentire desiderata, benvoluta, cercata.
Cosa che da Ranma, tranne rarissime occasioni, non ho mai avuto.
Non sto dicendo che potesse sperare in un mio ripensamento nei suoi confronti, quello no. Non sarebbe mai successo, a costo di farmi torturare. Dico solo che... sì, un po’ mi manca. E non lo credevo possibile.
L’assenza di quel papero debole e impiccione mi sta pesando. Per far capire a che livello sono caduta.
Anche se ero continuamente frustata dall’insuccesso. Non vivevo una vita esattamente realizzata, d’accordo, ma perlomeno puntavo determinata all’obiettivo.
Ora... ora la mia bussola giace sotto sei piedi di terra, insieme alla persona per me più preziosa. E a un pagliaccio che forse non disprezzavo poi così tanto, almeno per gli aspetti benefici che portava.
“Shan-Pu? È permesso?”.
Chi disturba? Voglio rimanere sola.
All’ingresso appaiono le sorelle di Akane Tendo. Malmesse, una sembra abbia appena smesso di piangere.
Sono... Nabiki e Kasumi, forse. Non sono sicura di ricordare i loro nomi.
Me ne deve fregare qualcosa, onestamente?
“Cosa voi volete?” chiedo sprezzante, sperando di far capire loro che non è il momento adatto qualunque sia la ragione che hanno in testa.
Una, quella che mi pare si chiami Kasumi, rimane indietro mentre l’altra si avvicina a me. Automatico è il mettermi in posizione di difesa. So che loro non conoscono le arti marziali, ma è stato l’inconscio ad agire.
“Shan-Pu, calmati. Non siamo di certo venute per attaccar briga, anche perché ci suoneresti come due tamburi”.
“E allora perché voi qui?”.
“È semplice: abbiamo solo voluto portarti di persona le nostre condoglianze”.
“Condoglianze? A... a me?”.
Non... non capisco. Io ho cercato in parecchie occasioni di fare del male ad Akane, a volte persino per ucciderla o almeno per buttarla su una sedia a rotelle.
E adesso vengono appositamente a fare questo.
“Nabiki... tu Nabiki, giusto?”.
“Sì, sono Nabiki. Speravo ti ricordassi meglio di me, visto che per un po’ sono stata la Tendo fidanzata con Ranma”.
“Nabiki, questo stupido da parte vostra. Io è sempre stata ostile e scorretta verso vostra sorella. Perché voi pensato di farmi piacere?”. Cavolo, se davvero voglio restare in Giappone sarà il caso che impari a parlare decentemente la lingua. Mi devono aver scambiato per una cavernicola.
Sul suo volto nasce il sorriso più sbruffone che abbia mai visto. Incrocia le braccia al petto prima di rispondermi: “Oh beh, scusaci tanto se abbiamo voluto essere amichevoli con qualcuno che, esattamente come noi, ha perso in quel modo assurdo delle persone importanti. Non ci verranno più trovate così bislacche, non temere”.
No...
La osservo: non è arrabbiata. O meglio, cerca di trasmettere quella sensazione ma non mi frega. Leggo nei suoi occhi...
Sofferenza. Mancanza. Privazione.
Mi sembra di star guardando in uno specchio deformante.
“Pare che la nostra venuta non sia di tuo gradimento. E va bene, togliamo subito le tende. Kasumi, vogliamo andare?”.
Io... io...
Perché... sento l’impulso di afferrarle il polso e trattenerla?
Cedo al suddetto impulso.
“Che fai!” mi chiede, sconcertata.
“Scusa. Io non voleva essere cafona, io solo... stupita da vostro gesto. Ma capisco e ringrazio”.
“Non serviva essere così diretti. Un
«grazie» sarebbe bastato e avanzato”.

“Volete... volete sedervi?”. Allungo la testa anche verso l’altra per farle capire che l’invito è valido per entrambe. Col mio modo sgangherato di esprimermi meglio non dare troppo per scontato.
Accettano.
E nella successiva mezz’ora scopro che non sono affatto un caso particolare, che ci sono altri a sentire una voragine al centro del proprio petto.
Non mi sarei dovuta meravigliare, in realtà. O davvero pretendevo di essere l’unica che ne avrebbe sentito la mancanza?
Ma devo essere franca. Io ho un ulteriore motivo per starci male: ero presente, in carne ed ossa.
I miei occhi hanno visto tutti loro. Dal primo all’ultimo. Quelli di cui non m’interessava granché, come Ryoga e Kuno; quelli che mi hanno spezzato il cuore, come la nonna e Ranma; quelli... quelle per cui ho provato un viscido brivido di piacere, come Akane e Ukyo. E Mousse che fa categoria a sé.
Sì, non esito a definirmi viscida. A sipario calato mi rendo conto che essere felice di vedere due tue coetanee morte per una specie di gioco al massacro senza senso fa di me una persona poco raccomandabile, se non peggio.
Non nego i miei sentimenti di quegli attimi. Però posso rimproverarmi per averli avuti.
Sono... sollevata. Un pochino sollevata.
Non ci diciamo poi molto, il nostro è un incontro fra spiriti spiegazzati che hanno bisogno di essere rimessi in sesto e per farlo, il più delle volte, basta solo un gesto o uno sguardo. Ma l’averle vicino, seppur solo a livello fisico, basta a tranquillizzarmi un po’.
Pur con la differenza di cui sopra, loro due sono nella mia stessa situazione: persone che hanno visto qualcuno di caro, nel loro caso la parente più prossima rimasta dopo il padre, svanire da un giorno all’altro dalle loro vite.
Che mi piaccia o no siamo anime affini, che hanno probabilmente passato crisi di pianto simili e lo stesso aggirarsi senza meta per le stanze di casa.
Forse, lasciandoci alle spalle vecchi rancori e ruggini che allo stato attuale non servono davvero a nulla se non ad allargare la ferita, possiamo aiutarci a vicenda a superare il trauma. O almeno a renderlo un po’ meno doloroso.
Sopra le nostre teste si stende una finissima coperta di serenità. Sottile e facile allo strappo.
Ci salutiamo promettendoci di non interrompere i contatti.
Chiudo la porta del ristorante con qualcosa che può forse, in qualche storia strana, assomigliare ad un piccolo sorriso.

8 marzo 1990.
“Voi... voi molto carine a passare con me anniversario di morte di Ranma qui a Nekohanten. Anche se ero fidanzata straniera che cercava di togliere di mezzo vostra sorella...”.
“Shan-Pu, ormai è acqua passata. Ranma e Akane sono morti. Non ha senso, per noi rimasti di qua, tenere accesi i tizzoni di qualcosa che non esiste più dalla dipartita di quasi tutti i suoi protagonisti”.
“Tu ha ragione, Nabiki. È che io mi sento così... svuotata di fronte a idea che lui... non c’è più...”.
“Se accetterai la cosa che io e Kasumi abbiamo architettato dovrai farci l’abitudine, temo”.
“Quale cosa?”.
“Pensavamo di rendere quest’occasione speciale una sorta di piccola cerimonia per noi tre sole. Di ritrovarci ogni anno, all’anniversario di ognuno di loro sette, per una breve commemorazione. Qualcosa di intimo, privato ma con cui dimostriamo loro che, almeno per una volta in dodici mesi, non li abbiamo dimenticati”.
“Oh. Beh, io non potere negare che idea... è triste ma bella...”.
“Grazie, ma è principalmente merito suo. E ascolta Shan-Pu, bisogna fare qualcosa per questa tua gravissima carenza”.
“C-cosa? Cosa avere fatto io?”.
“Spiegami come fai a gestire un ristorante a Nerima, Tokyo con quel tuo delizioso balbettare e il mangiarti le parole”.
“Mia lingua poco scorrevole...”.
“Appunto. Così non va per niente. Da domani aspettati una mia visita pomeridiana ogni giorno, inclusi festivi e domeniche”.
“Nabiki, io credo che tu esagera”.
“E io credo che tu chiuderai baracca e burattini a breve se non impari a esprimerti come i kami comandano. Diavolo, Mousse e tua nonna avevano imparato l’idioma locale in tipo dieci minuti”.
“Io mai stata brava in queste cose”.
“E lo vedo. Su, togliti quel musino triste. Non ti porto a fare flessioni... ora che ci penso, potresti essere tu a portare me a fare flessioni per dispetto. Comunque, intendevo dire che non sarà il supplizio che ti immagini. Si tratta di imparare la lingua del posto dove abiti. E sarà gratis”.
“Va... va bene...”.
...
“Shan-Pu, raccontaci del suo combattimento. E dei suoi ultimi momenti”.
“Kasumi... tu sicura di volere sapere?”.
“Sei l’unica persona sulla faccia della terra che sa davvero cos’è successo nei loro istanti finali. Non vorrai mica tenerti tutto per te”.
“E di cattiverie verso la famiglia Tendo e i suoi rappresentanti ne hai già fatte abbastanza, non ti pare?”.
“Avete ragione. Se vogliamo fare questa cosa assieme è giusto che voi sapete”.
“Allora prego. Parla”.
“Lui è... è stato grande. Scontro durato qualcosa come quattro minuti, massimo cinque. Avversario, che aveva detto essere esperto di krav maga o nome del genere, è stato sbatacchiato qua e là come straccio. Finito lui con Hiryu Shoten Ha gigante. Poi Ranma girato verso di noi, sorriso, fatto pollice di vittoria e crollato a terra. Vostra sorella distrutta da dolore, preso lui e portato a casa. Ma questo già sapete”.
“Sì, ricordiamo. Non ho mai visto Akane piangere così tanto in vita mia. Meno male che quei due sono riusciti, prima, a...”.
“Nabiki! Ti sembrano cose da dire di fronte a lei?”.
“Dire cosa?”.
“Niente, niente”.
“No, io ora vuole sapere”.
“Ecco, complimenti. L’hai combinata. Shan-Pu, adesso è troppo presto per rivelartelo. Soffriresti come un cane per niente. Dacci, e datti, un po’ di tempo”.
“Ma io volere...”.
“Fidati, è meglio così”.

 
I no longer have a choice but to pretend
I am brave
for a soldier has to be brave


12 aprile 1991.
“Accidenti Shan-Pu, devi aver spignattato ore ed ore per preparare tutte queste okonomiyaki”.
“Un po’ sì, lo ammetto. Ho affrontato compiti meno difficili”.
“E poi gli ingredienti. E la tecnica. Come hai fatto a...”.
“Questa”.
“Una chiave?”.
“È la chiave per entrare all’Ucchan. Ukyo ha avuto la brillante idea di lasciarla a me. Al tempo la consideravo una scocciatura e basta. Non credevo mai sarebbe potuta venirmi utile per... questo”.
“Sì, ma resta comunque che tu non hai mai cucinato okonomiyaki prima d’ora”.
“Difatti non sono del tutto sicura siano mangiabili e se per caso vi doveste sentire male sapete di chi è la colpa. Ma ho comunque potuto intrufolarmi là dentro e, attraversate balle di fieno e ragnatele, entrare in possesso di ciò che considerava i suoi tesori più preziosi: salse, impasti, attrezzi, il manuale su come prepararle...”.
“Mi fa piacere che tu abbia avuto quest’idea”.
“Perché no, Kasumi? Da una parte fa sempre bene per me, che ormai mi sono riciclata come cuoca, tenermi in esercizio. Dall’altra non ho seriamente nulla in contrario. Se ho accettato di ricordarli non vedo perché non dovrei preparare i loro piatti preferiti a nostro uso e consumo”.
“Oh Shan-Pu, non sai che piacere per le mie orecchie sentirti esprimere concetti chiari e con un modo di parlare finalmente comprensibile. Vedi che non è stata la tragedia che temevi?”.
“Hai ragione, sì. Non mi ero mai davvero posta il problema di imparare la vostra lingua. Ora sono molto più agile nelle conversazioni... e di questo ringrazio te”.
“Ci mancherebbe. Era anche per noi due, che facevamo una fatica del diavolo a capirti”.
“Penso che Ukyo sarebbe contenta di sapere che hai fatto tutto questo in memoria sua”.
“Lo credo anch’io, Kasumi. I vostri rapporti non erano proprio idilliaci, ok... ma quel che è stato è stato. È anche un modo per lasciarsi il passato alle spalle rispettandolo e onorandolo”.
“Non parlare aulico, Nabiki. Ti si rovina l'aura di predatore”.
“Mpf. Forse il giapponese te l’ho insegnato fin troppo bene”.
“Mangiamo, su”.
...
“Shan-Pu, se volessi raccontarci anche di lei...”.
“Certo. All’epoca, dentro di me, ho provato un sentimento che non mi fa rendere particolarmente fiera di com’ero. Sono stata un po’ felice nel vederla accasciarsi. Una felicità immotivata, a ben guardare, visto che il pomo della nostra discordia l’aveva preceduta dentro una cassa da morto. Al contrario di Ranma ha trovato parecchie difficoltà, ma non ha mai pensato di mollare un solo istante e alla fine è riuscita a vincere. Purtroppo, e di ciò mi rendo conto solo ora, ha dovuto chiudere la questione in maniera piuttosto... come dire... barbara perché è stata costretta a piantargli un coltello nel cuore. Non un bello spettacolo, ve lo assicuro”.
“... dici sul serio?”.
“Ahimè sì, dico sul serio. Come posso dimenticarmi di Jun che, con la sua faccia inespressiva, le intimava di concludere perché l’altro era ancora vivo?”.
“Oh santo cielo, che orrore”.
“Ho avuto occasione di riflettere sulle motivazioni che hanno spinto quei sette pazzi a fare quel che hanno fatto. E nel caso di Ukyo penso si fosse trattato principalmente del suo amore non corrisposto per Ranma. Prima che mia nonna mi mettesse fuori uso, consentendomi di essere qui oggi per potervi parlare di tutto questo, avevo considerato la possibilità e mi sono trovata a pensare quello che probabilmente ha pensato anche lei: se non posso averlo e lui sta andando a morire, tanto vale che vada a morire anch’io. Soffrirò di meno”.
“...”.
“...”.
 

Credi
non ci rivedremo sai
perché non hai capito mai
che amare vuol dire soffrir
che amare vuol dire morir

 

9 maggio 1992.
“Ieri è stata una cerimonia splendida, Kasumi. E grazie per avermi invitata”.
“Mi sembra il minimo, Shan-Pu. Ormai sei un’amica di famiglia. Mi spiace solo che papà non abbia potuto assistere al matrimonio...”.
“Sorella, non tirar fuori di nuovo quell’argomento. Siamo qui per parlare di morti e uno mi basta”.
“Sì, scusa. Meglio non sovraccaricare troppo”.
“Ancora condoglianze per la perdita”.
“Grazie, ma aveva praticamente rinunciato a vivere sin da quando Akane...”.
“Va bene, basta così. Piuttosto, cara la mia gattina cinese, cosa ci hai preparato questa volta?”.
“Sai, ammetto di avere avuto qualche problema. Non conoscevo i gusti di Ryoga in fatto di cibo, anche considerando che avrà assaggiato di tutto nei suoi giri per il paese”.
“E allora cos’hai deciso?”.
“Mi sono alzata le maniche e ci ho dato dentro, ma a caso. Aspettatemi qui, porto il mega-vassoio”.
“Accidenti. Ti sei veramente data da fare stavolta: soba, udon, tempura, sashimi...”.
“Off. Pesava un quintale. Ve l’ho detto, non sapevo bene e ho cucinato di tutto un po’. Naturalmente, se non spazzolate fino a far risplendere i piatti, mi offenderò a morte e non vi vorrò mai più vedere da queste parti”.
“Se lo dici con quel sorriso extralarge non ti crede nessuno. Dovremo lavorare sulle tue doti di ingannatrice”.
“Ricevere lezioni dalla migliore nel campo non potrà che darmi vantaggi notevoli”.
“E la prima lezione è: fare le cose gratis una e una sola volta”.
“... fantastico”.
“Su, omaggiamo la cuoca e usiamo la bocca per qualcosa di più divertente”.
...
“Non ho mai mangiato *burp*... scusate... mai mangiato così tanto. Dopo temo che avrò bisogno del bagno”.
“Pure io. Sei stata... immensa, Shan-Pu. Tu e il tuo cibo”.
“Beh, se è un complimento lo accetto volentieri”.
“Bene. Esaurita la parte piacevole, veniamo a quella più triste”.
“Ryoga, eh... Ryoga è stato uno di quelli che è andato rapido come un fulmine. È arrivato, ha maltrattato il suo avversario in lungo e in largo e gli ha dato un colpo di grazia rapido e indolore. Anzi no, mi correggo: le ha dato. Si trattava di una donna, ad occhio una ninja o qualcosa di simile. E, come saprete meglio di me, Ryoga Hibiki non picchiava le donne. Aveva lo stesso difetto di Ranma. Questo per dire quanta importanza rivestisse quell’avvenimento per lui, al punto da fargli rinnegare per la prima e unica volta il proprio codice d’onore. Cadendo morto a terra è riuscito ad urlare, abbastanza forte da assordarci, che amava Akane più della sua stessa vita e che quella follia l’aveva fatta solo per lei. Oh, e anche che Ranma non era l’unico capace di sacrificarsi per amore e che avrebbe risposto colpo su colpo a ogni sua manifestazione di forza. Cioè, non proprio mentre cadeva. Ci ha messo più tempo”.
“A volte mi chiedo perché abbiamo deciso di trovarci qui, anno dopo anno, per farci raccontare la cronaca della morte dei nostri amici e parenti...”.
“Se siete a disagio posso smettere. È una tradizione che abbandonerei volentieri”.
“No, Shan-Pu. Dovrai continuare”.
“Kasumi?”.
“Se Nabiki si sente schiacciata dal carico che ti porti dentro, la capisco e non le faccio una colpa se non vorrà più assistere. Ma per me non è cambiato nulla, continuo a voler conoscere le loro storie. Di Akane e dei suoi compagni, i paladini che hanno salvato il mondo senza che nessuno a parte noi lo sappia”.
“Ma, scusa se te lo chiedo... perché tutta questa morbosa curiosità?”.
“Semplicemente lo trovo giusto così. Io e Nabiki siamo le sorelle di Akane e, in quanto tali, in pieno diritto di sapere come si sono svolti i fatti”.
“È la stessa cosa che ha detto Jun una volta... con Kuno, mi pare”.
“Inoltre voglio alleggerirti la schiena, che sono sicura sarà sin troppo incurvata sotto l’onere di essere stata l’unica testimone. E anzi, vorrei scusarmi per averti lasciata sola in quegli istanti. Avremmo dovuto esserci anche noi. È che eravamo... sopraffatte dalla paura di assistere”.
“Kasumi, per favore... capisco benissimo perché non abbiate voluto. Io stessa, in certi momenti, non ero sicura del perché stessi lì con loro, a vederli crollare come i pezzi di qualche gioco da tavola quando vengono mangiati uno dietro l’altro. Quindi non serve giustificarti. Capisco”.
“G-grazie...”.

Oh how I love you
the pain won't go away
oh when I need you
you're always so far away
I cried for you
leaving myself to blame
I died for you
I gave up everything


17 maggio 1993.
“Nikuman...”.
“Mousse lo conoscevo bene e sono andata sul sicuro, stavolta. Almeno non ho dovuto cucinare per sei ore consecutive”.
“Sarà stato più comodo per te, allora”.
“Indubbiamente. Mi sono divertita gli anni scorsi, però diciamo che ho apprezzato il compito un po’ più facile. Kasumi...”.
“Sì?”.
“Non che intenda mancarti di rispetto o qualcosa di simile, ma... perché non sei a casa con tuo figlio e tuo marito?”.
“Shinichi e Tofu possono cavarsela da soli per mezza giornata. Questa cerimonia ha la precedenza, lo sapete”.
“Temevo avresti risposto così”.
“Nabiki, dai. Ne abbiamo parlato anche prima di venire qui al Nekohanten. Eri d’accordo”.
“E lo sono. Non mi è concesso fare del sarcasmo?”.
“Ah. Se lo dici tu”.
“Ok ragazze, silenzio e mangiate o si raffredda”.
...
“Squisiti. Stavolta ti sei davvero superata”.
“Grazie, ma avevo già un sacco di esperienza con quei cosi. La strada era in discesa”.
“E adesso sai cosa ti aspetta, Shan-Pu”.
“Uff. È seccante dover agire da bocca della verità. Ebbene, Mousse. Uno di quelli che hanno faticato, ma c’è da dire che il suo nemico era veramente forte. Abbiamo seriamente rischiato, quella volta. Ha riportato parecchie ferite e penso che, se non fosse mancata la necessità, avremmo dovuto portarlo in fretta e furia all’ospedale per non rischiare danni peggiori. Poco prima che se ne andasse è successa una cosa di cui, a distanza di quattro anni, mi vergogno profondamente: era ormai privo di sensi, e di vita, quando ha cominciato a guardarmi e ha tentato di dire qualcosa. Non posso essere sicura di cosa volesse, ma penso intendesse chiedermi un atto di comprensione, di affetto, qualcosa che non lo facesse pentire di quanto gli stava succedendo. E io, da brava stronza insensibile, non gli ho dato nemmeno quello. Ho risposto alla sua disperata richiesta d’aiuto con freddezza, abbastanza da spingermi a dargli le spalle con tanto di verso di sdegno. Ero accecata dall’idiozia più nera e non sono riuscita a capire neanche una cosa tanto semplice, cioè che lui voleva solo sentirsi apprezzato, al peggio considerato meritevole di esistere dalla ragazza che amava e per difendere la quale, questo lo so per certo perché me l’ha detto chiaramente qualche giorno prima, aveva preso la decisione di combattere. Non ho concesso l’ultimo desiderio a un condannato a morte perché credevo, a torto, che non gli spettasse neppure quello. Io... io mi sono comportata davvero male con quel poveretto ed è un peso che mi merito di portare fino alla fine dei miei giorni, quando forse otterrò un parziale e non giusto perdono direttamente dalle sue labbra. O almeno mi piace sperarlo, ma non ci conto troppo e comunque non... non...”.
“Shan-Pu, tu stai piangendo...”.
“Nabiki, sei sensibile come uno schiacciasassi. Andiamocene, deve rimanere da sola ora”.
“Sei sicura? Mi sembra abbia bisogno di...”.
“Andiamo”.
 

But oh, how I lived my life for you
still you'd turn away
now as I die for you
my flesh still crawls as I breathe your name

All these years I thought I was wrong
now I know it was you
raise your head, raise your face, your eyes
tell me who you think you are, who?

 

24 maggio 1994.
“Ed ecco per voi una pentolata di ramen. Anche in questo caso tutto più sbrigativo per me, dato il soggetto. Era una persona austera e di gusti semplici”.
“Già...”.
“...”.
“Cosa sono quelle facce funeree? Gli altri anni non vi siete presentate in queste condizioni”.
“È che... dopo l'ultima volta...”.
“Suvvia, non sono fatta di cristallo. Ho avuto un momento di debolezza, è vero, ma è stata l'eccezione e non la norma”.
“Sì, però... se hai reagito in quel modo con Mousse... per tua nonna...”.
“Temiamo per il tuo stato emotivo, ecco”.
“Tendo uno e Tendo due, finitela. Non voglio sentirvi cianciare simili assurdità. Se non ho manifestato la volontà di smetterla state pur sicure che ci riesco”.
“Davvero? Stiamo comunque parlando...”.
“So di chi stiamo parlando. E vi assicuro che non sarà più problematica dei precedenti”.
“...”.
“Ho idea che siamo costrette a crederle, sorellina”.
“Al solito Nabiki si dimostra la più pragmatica del duo. Ti converrebbe darle retta”.
“Voglio solo sperare di essermi sbagliata, tutto qua”.
“Stai tranquilla, Kasumi. Conosco il compito che mi sono assunta e non ho paura di affrontarlo. Dai, ora servitevi prima che i ramen diventino poltiglia”.
...
“Gnam. Allora, visto che ti senti così baldanzosa... prego, il palcoscenico è tuo”.
“Resto pur sempre un'amazzone, Nabiki, e non dico mai di no a una sfida. Mia nonna... mia nonna ha dimostrato in pieno la forza e la maestria di cui solo il mio popolo può vantarsi. Ha affrontato e sconfitto senza il minimo problema un avversario che avrebbe provocato più di un mal di testa persino a Ranma. E non lo dico per via della parentela, ve lo giuro. L'aura che emanava quell'uomo mi ha spaventata, non era un praticante dell'ultima ora. È che lei ha davvero fatto sfoggio della sua netta superiorità, maltrattandolo come si può maltrattare un cucciolo quando si è una persona sadica. D'altronde è sempre stata così la nonna, poche chiacchiere e tanta azione. E col destino del mondo sulla sua piccola mano ha preferito non correre rischi inutili, chiudendo la pratica nel minor tempo possibile. Se non ricordo male Akane ha anche commentato ad alta voce il suo essere sbalordita da quanto aveva appena visto, aggiungendo che se fosse stata così quando ha affrontato Ranma lui non avrebbe avuto il minimo scampo. Poi, com'era nel suo stile, non ha voluto celebrare più di tanto limitandosi... anzi no, non ha fatto nulla. Immagino che, pur soddisfatta di aver vinto così velocemente, non fosse poi entusiasta all'idea di morire lì. Ci ha salutate e plof, cascata sul posto”.
“...beh, tutto qui? Sul serio?”.
“Cosa pretendevi, la sua biografia completa?”.
“No, ma era pur sempre tua nonna”.
“Guarda che, alla quinta volta in cui vedi gente morire praticamente senza motivo, cominci a desensibilizzarti. Credo lo si possa considerare un sistema inconsapevole per difendersi dalle continue badilate d'orrore che quella simpatica gara per la sopravvivenza ti lanciava addosso. O almeno, io la interpreto così. E comunque sono passati cinque anni, neanche mi fa bene rimanere troppo attaccata a chi non c'è più”.
“Anche questo è ben vero. Però, nonostante tutto, io pensavo avresti dato più in escandescenze”.
“Così saresti potuta tornare all'antico amore del piccolo ricatto casalingo? Sogna, Tendo. Ti è venuta nostalgia di com'eri a scuola, per caso?”.
“Eh, un po' sì. Fare lo sciacallo a livelli più alti è proficuo oltre ogni dire, ma non c'è assolutamente la stessa soddisfazione personale. Certa gente che ho quasi mandato sul lastrico manco so che faccia abbia”.
“Santo cielo Nabiki, parli di cose tanto gravi con una leggerezza...”.
“Cosa ti devo dire, sorellina? La dolcezza della mamma è andata tutta a te, a me è finito l'istinto del killer e ad Akane la violenza fisica. Qualcuno potrebbe pensare che sia stata una spartizione ingiusta ma io non me ne lamento, sto bene così”.

 
Every step I take
every move I make 

every single day
every time I pray 

I’ll be missing you 

Thinking of the day
when you went away 

what a life to take
what a bond to break 

I’ll be missing you

4 luglio 1995.
“Penultima tappa. Il tempo è davvero volato. Mi sembra solo ieri che, col tuo giapponese pericolante, stavi per mandarci via da questa sala...”.
“Nabiki, ma veramente. Il tatto chi te l'ha insegnato, lo stregone delle fiabe?”.
“Cos'ho detto che non va ora? Ho solo fatto una constatazione. E ci ho messo pure della malinconia, contro il mio miglior giudizio”.
“Non litigate, sorelle birbanti, e gustatevi la delizia che ho fatto con le mie manine”.
“Che cos'è questo piatto, Shan-Pu?”.
“Chiedilo a lei, Kasumi”.
“Perché dovrebbe chiedermelo?”.
“Perché tu sai bene, forse meglio di me, cos'ho cucinato per l'occasione. Vero, cara la mia «non c'era niente fra noi»?”.
“Non ti azzardare a...”.
“Devi sapere, Kasumi, che questi sono funghi matsutake e, come da tradizione, erano il cibo preferito della persona che oggi celebriamo. C'è però un problema: costano un rene al chilo e da sola non me li sarei mai potuta permettere. Indovina chi ha generosamente offerto di pagare di tasca propria. E non parliamo di chi mi ha dato l'informazione a monte, che io di certo non lo sapevo di mio”.
“Shan-Pu, hai appena commesso il peggior errore della tua vita”.
“Non direi. Siamo solo pari con Mousse, io e te”.
“Credici”.
“Non mi riesce difficile. E ricordati, anche se ormai ho preso la muffa in mezzo ai fornelli sono ancora perfettamente in grado di gonfiarti come una zampogna”.
“Ok voi due, sedetevi e fate le brave bimbe. Non costringetemi a usare adesso gli stessi metodi educativi che applico con Shinichi”.
“Signorsì signora”.
“Farò la brava, prometto”.
“Eccellente. Vogliamo mangiare?”.
“Tua sorella sa passare da uno sguardo angelico a un ghigno satanico, e viceversa, in un battito di ciglia. Mi fa impressione”.
“Ha imparato di recente. Prima il ghigno satanico le mancava completamente. È da quando conosciamo te che... mh...”.
“No, io non c'entro nulla di nulla”.
“Mangiamo”.
...
“Ottimi. Davvero ottimi”.
“Ci sarebbe mancato, con quello che li ho pagati”.
“Nabiki, poi non meravigliarti se...”.
“Silenzio, Kasumi. Tocca a lei parlare”.
“Oh guardate, su Kuno ammetto che c'è parecchio da dire. Anche se una di voi due, firulì firulà, sa già quasi tutto. E no, lo sguardo da psicopatica non mi fa alcun effetto, è giusto che sia di pubblico dominio. Comunque... Kuno, nell'ultimo periodo, aveva subito una metamorfosi che ha dell'incredibile. Ma realmente incredibile. Linguaggio gonfio di nulla a parte, non aveva quasi più niente dell'eccentrico nobiluomo dal cervello fritto. E anzi si era reso protagonista di una serie di atti inaspettati e, proprio per questo, ancora più meritevoli. Presumo lo sappiate ma si è fatto carico dei funerali di Ukyo e Ryoga, che poveri loro non avevano nessuno a cui potersi rivolgere per quel compito. Ha telefonato a casa vostra e ha parlato con Ranma chiedendogli scusa per tutte le volte in cui l'ha aggredito senza motivo, e questo so che lo sapete. Ha persino pensato a me, che come chiunque con un minimo di senno l'aveva maltrattato e deriso sempre e comunque, mandandomi un mazzo di fiori abbastanza grande da sommergere una persona di media statura. L'ha fatto solo per mostrarmi la sua vicinanza e la sua comprensione dopo la nonna e Mousse. E io come l'ho ripagato? Comportandomi come una stronza, naturalmente. Non l'ho degnato neanche di un saluto mentre, pestato e sanguinolento, arrancava in mezzo alla terra alla ricerca di un ultimo saluto da parte della sua amata Akane. Certo che, a ripensarci a mente fredda, questo era un tratto comune in parecchi di loro. Anime in pena che volevano soltanto sentirsi contraccambiate nei loro sentimenti, nel caso di Mousse sarebbe bastato un cenno da parte mia per renderlo l'anatra più felice del pianeta. E quando hanno pensato o sospettato che non lo avrebbero mai ottenuto... hanno preferito l'oblio e un'uscita di scena piena di gloria e tristezza. Comincio a temere che non ci meritiamo di essere qui, oggi...”.
“Non dire fesserie, Shan-Pu”.
“Kasumi?”.
“Se hanno scelto così vuol dire che ci ritenevano degne di proseguire al posto loro, noi come i nostri parenti come dei perfetti sconosciuti. Solo dei suicidi gettano via la propria vita senza alcun motivo e, per quanto alcuni di loro fossero in una situazione non proprio piacevole, nessuno aveva realmente intenzione di farla finita. Almeno questo è ciò che credo e che mi piace pensare. Quando sarà un po' più grande racconterò a Shinichi di sua zia, del suo quasi zio acquisito e dei loro coraggiosissimi amici. Gli insegnerò a essere grato per la vita che vivrà e per la quale dovrà rivolgere a quei sette eroi una preghiera ogni singolo giorno. È per cose come questa, per concedere a me e a chissà quanti altri la possibilità di essere genitori che Akane, Ranma e tutti gli altri si sono immolati e non dubito per un solo istante che dall'aldilà ci stiano sorridendo, soddisfatti di vedere che il loro gesto estremo è servito”.

 And the sun will set for you
the sun will set for you
 

And the shadow of the day
will embrace the world in grey
 

And the sun will set for you

 
Uh?
Cacchio, che flashback lungo. La prossima volta che parti per la tangente potresti anche avvisarmi, cervello. Gradirei.
Devo proprio ringraziare la nonna. Anche gli altri, tutti gli altri, nessuno escluso. Ma la nonna in particolare perché è stata lei a farmi perdere i sensi, a impedirmi di poter commettere una sciocchezza.
No, non una sciocchezza. È scorretto dire così. Manco di rispetto nei loro confronti e l'ho già fatto a sufficienza, ma ora ho abbastanza sale in zucca per evitarmelo.
Diciamo che mi asterrò da un qualsiasi giudizio. Hanno fatto la loro scelta in libertà e l'hanno portata avanti. Non sta a me dire se erano nel giusto o no.
Ma, in tutta onestà, sono solo contenta di essere qui adesso. Quella famosa storia della bussola... forse non ne ho trovata un'altra, non ancora. Ma mi sento molto meno in balia delle onde rispetto a prima.
Tanto per cominciare ho delle amiche. Delle vere amiche. Qualcuno che si è avvicinato nel mio momento più basso e mi ha teso la mano in maniera completamente disinteressata, con il solo scopo di aiutarmi a uscire dalla fossa che mi stavo scavando da sola.
...ok Shan-Pu, ora non mettere quelle due su un piedistallo: è vero che volevano sostenermi, non lo nego, ma credo che esattamente come me cercassero una spalla che potesse realmente capirle, che potesse realmente comprendere il tornado che le stava inghiottendo. Per fortuna di entrambe le parti l'hanno trovata.
E poi, osservandole semi-nascosta dalla porta, mi arriva una ventata di serenità mentre si prendono in giro come bambine delle elementari. Specialmente Nabiki verso lo stato interessante della sorella, continuando a fare battute su come il nuovo membro della famiglia sia stato concepito... sì, le chiede le posizioni. No, dubito lo faccia per spirito d'emulazione. Inoltre il partner dei suoi sogni è morto.
...mi pentirò di quanto sto pensando, lo so. Ma quel che è giusto è giusto: Nabiki Tendo, in quanto lei, non è in grado di amare qualcuno che non faccia parte della sua strettissima parentela. Quindi, per quel che ne so, i fortunati sono Kasumi, Akane e i suoi genitori. E di tutti loro solo la prima le è ancora vicino. Kuno non rientra nel limitato circolo, anche se è fuori discussione che un piccolo debole per lui ce l'avesse. I funghi parlano da soli. Ma non indagherò oltre, diventa acida quando si tira fuori l'argomento Tuono Blu.
Io? Sto cercando di rimettere assieme i miei cocci. Quell'evento ha spazzato la mia vita precedente, riducendola a un cumulo di macerie fumanti da cui è difficile ricostruire qualcosa. Persa la donna che mi ha fatto da madre praticamente da quando sono nata, perso... il mio migliore amico, perso l'uomo che avrei dovuto sposare. Non è cosa semplice trovare una direzione su cui instradarsi. Ma per ora posso ritenermi tutto sommato soddisfatta, ho raggiunto un piccolo equilibrio abbastanza stabile e che mi consente di guardare al futuro con moderato ottimismo. Visto il periodo da cui sto lentamente uscendo non mi va neanche di lamentarmi.
Ok, basta rimuginare. Adesso porto l'oden di là e concludiamo la nostra triste maratona.
...
“Ormai sei una cuoca al livello delle migliori, Shan-Pu” mi dice Nabiki mentre finisce di spazzolarsi il piatto. Noto che avevamo fame, signorina in carriera.
“Ho accumulato parecchia esperienza in questi ultimi anni. Oltre a dover imparare a far girare il ristorante da sola... beh, queste occasioni speciali mi hanno permesso di sperimentare con pietanze che altrimenti non avrei mai toccato”.
“Modesta la ragazza. Quando comincerai ad esporre i premi culinari che ben presto andrai a vincere in giro per tutto il paese?”.
“Non sei spiritosa, Tendo. Per nulla”.
“Bimbe, a cuccia. E meno male che è l'ultima volta, mi stavo anche un po' stufando di riprendervi sempre. Se adesso Nabiki volesse farci il piacere di star zitta... ecco, grazie. Vai, Shan-Pu. Come puoi facilmente capire, la persona di oggi ci è particolarmente cara”.
“Chissà come mai. No scusa, sarcasmo fuori luogo. Mi sembra ovvio che siate più coinvolte del solito. Quindi Akane. L'ultima dei sette. Quella che, per certi versi, ha sostenuto la prova peggiore. Perché, devo essere sincera, non oso pensare a come dev'essersi sentita in quei quattro mesi vedendo i suoi compagni morire uno dopo l'altro. Io, al posto suo, mi sarei suicidata dall'angoscia prima del tempo. Lei invece, non so come, è riuscita a tener duro e ha combattuto come una leonessa quando è stato il suo turno. Ha preso e dato botte in grandi quantità, lei e il suo avversario erano più o meno sullo stesso livello. Ciò in cui differivano era la resistenza: vostra sorella non stava giù, non importava quanto quell'energumeno potesse provare a stenderla. Si rialzava, il fuoco negli occhi, si asciugava il sangue dalla bocca e si rigettava nella mischia. Alla lunga tanta tenacia ha pagato: ha sorpassato le difese nemiche e il suo ultimo pugno ha sancito la fine dello scontro. Prima di lasciare questo mondo si è concessa un pianto liberatorio e ricordo, ricordo come fosse ieri che moriva felice perché, nonostante mille dubbi e incertezze sulla propria forza, era riuscita a non vanificare lo straordinario valore e coraggio di chi l'aveva preceduta. Da brava bastarda ho reagito a questa cosa ridendo come una iena, sprezzante della sua fatica e del suo sacrificio. Ma credo lo sappiate, vi ho fatto presente fino allo sfinimento che non mi sono comportata granché bene in quei frangenti. Almeno ho avuto il buonsenso di non lasciarla lì, ma davvero avrei superato ogni limite di decenza se lo avessi fatto. Però ammetto che mi è scappato uno sbuffo mentre la raccoglievo da terra e trasportandola non sono proprio riuscita a trattenere... sì, viscido brivido di piacere è la descrizione più appropriata. Vi devo assolutamente chiedere ancora scusa, a voi e soprattutto a lei. E un po' a tutti loro. Avrebbero meritato un testimone migliore di me”.
Cala un silenzio pesante, scomodo. Non è successo spesso da quando abbiamo approfondito così tanto il nostro rapporto. Ho idea che mi stiano giustamente maledicendo per la mia idiozia passata e per come l'ho trattata.
Me lo merito. Me lo merito tutto. È giusto che ingoi in silenzio. No stupida Shan-Pu, non ti lamenterai e non dirai niente per giustificarti. Sei in torto marcio.
Zitta. Muta. Non una parola.
E abbassa la testa. Fallo. Ecco, così. Brava.
“Shan-Pu...” esordisce finalmente Nabiki, e ho il terrore di quello che potrebbe dirmi “...smettila di punirti”.
Eh?
Nabiki, io... ho virtualmente calpestato la tomba di vostra sorella. Se ce l'avessi avuta davanti l'avrei fatto pure fisicamente.
“Come... come hai detto?”.
“Ho detto che non serve continuare a fustigarsi. È vero, sei stata una schifosa di notevole livello... abbassa le mani Kasumi, per favore fammi finire. Dicevo che sì, sei stata una schifosa. Ma è passato. Sepolto, esattamente come lo sono loro. E non puoi neanche macerarti nel rimorso per sempre, perché te lo si legge in faccia che sei pentita. A me basta questo per mettere una pietra sopra all'incidente. Avevi sedici anni e a quell'età si pensano un sacco di cose che, viste col senno di poi, ti farebbero venir voglia di ficcare la testa sottoterra e lasciarcela. Tu cosa dici, sorella? Ti sembra che la nostra cinese preferita abbia espiato abbastanza?”.
Al che Kasumi sorride e... santo dio, quel sorriso cancella il male dal mondo. Finisce di pulirsi la bocca, appoggia il tovagliolo e finalmente emette la sua sentenza: “Sono d'accordo con te, Nabiki. Hai agito male, Shan-Pu, e questo lo sappiamo tutte e tre. Ma nel frattempo hai messo la testa a posto e ti sei accorta di cosa non andava, anche se non potevi far nulla per correggerlo. Il solo fatto che tu, in questi ultimi sei anni, abbia cucinato per loro nell'anniversario della loro morte ti toglie parte della colpa per come ti sei comportata. Ed è stata un'idea tua, noi avevamo solo suggerito di ritrovarci tutte assieme. Vivere legata al passato non ti fa bene ed è anche, sebbene indiretta, una mancanza di rispetto nei loro confronti perché stai dando più importanza a quel che era, cioè qualcosa di brutto, rispetto a quel che è. E quel che è ora è una ragazza pentita e che, se potesse, aggiusterebbe il problema o almeno ci proverebbe. Dubito tu e Akane o tu e Ukyo andreste d'amore e d'accordo se fossero ancora fra noi, ma per come sei oggi sono sicura avreste meno motivi di contrasto. Che, detto in parole più semplici, vuol dire che vi limitereste a tirarvi i capelli e a prendervi a borsettate invece di usare shampoo ipnotici o qualche diavoleria delle tue. Tutto questo, in conclusione, per dire che ti sei guadagnata almeno un po' di pace e un piccolo perdono. Io e mia sorella ci prendiamo la briga di accettare le tue scuse per conto di chi non c'è più”.
“Non avrei saputo dirlo meglio, Kasumi. E io che credevo di essere quella con la parlantina in famiglia”.
“Fa sempre piacere prenderti in contropiede. Però ho pensato...”.
“Cosa?”.
“Che Shan-Pu si merita comunque una piccola punizione”.
“Chi sei tu? Che fine hai fatto fare a Kasumi Tendo in Ono?”.
“Mi stupisci, Nabiki. Come può una persona attenta come te non essersi accorta che sono, meraviglia delle meraviglie, cambiata in questi sette anni?”.
Cominciano a battibeccare. Trattengo un risolino, sollevata da quanto mi sono sentita dire. Forse anche una persona orribile come me può ottenere qualcosa di buono dalla propria vita. E, come sempre, mando un ringraziamento silenzioso a Ranma, a Mousse, alla nonna, a Ryoga, a Kuno, ad Ukyo... e sì, naturalmente anche ad Akane. Devo a loro questa possibilità.
Quando poi le Tendo dirimono le questioni personali...
“Dicevamo, Shan-Pu. Ti ricordi di quella cosa che era saltata fuori un bel po' di tempo fa? Forse addirittura la prima volta, con Ranma”.
Mi gratto il mento, sinceramente spaesata. Ricordo tante cose di quell'occasione, ma niente che potrebbe causarmi dispiacere: “Veramente no. Di cosa stai parlando, scusa?”.
“Ragazza smemorata. Questa lingua lunga di mia sorella si stava lasciando sfuggire un fatto che ti avrebbe definitivamente spezzato il cuore, all'epoca. E che adesso farà comunque i suoi buoni danni”.
“Si può sapere a cosa ti riferisci?”.
“Vedi, Akane e Ranma hanno... consumato prima del combattimento di lui”.
“Consumato?”.
“Mi vuoi costringere a essere volgare, per caso? Capisci l'allusione”.
“Hanno fatto sesso, ok?”.
Scoppio a ridere. Sarebbe questa la notizia funesta?
“Ti sei rimbecillita dal dolore, Shan-Pu?”.
“Ahahahahahahahahahahahahahah. No, ma le comiche. Sul serio?”.
“Insomma, finiscila!”.
Cerco di calmarmi ma quest’ondata di ilarità è isterica. Poi riesco a recuperare una parvenza di ordine.
“Care le mie furbastre, lo sapevo già. Ero presente quando lui l’ha dichiarato di fronte a tutti”.
Mi restituiscono uno sguardo che definire stupido è un complimento come pochi. Evidente come non se lo aspettassero, proprio per nulla.
La vendetta delle Tendo è scoppiata come un palloncino bucato.
Sarà crudele da dire, ma questa scenetta mi ha tolto un peso dallo stomaco. Mi sento infinitamente più leggera.
Forse sono solo la stessa, vecchia adolescente cretina che si permette di ridere di fronte a una tragedia di tali proporzioni. O forse sto semplicemente imparando a non vivere ancorata al passato, agli sgarbi che furono e a qualcosa che non esiste più.

Ancora qui, ancora tu
e spero mi perdonerai
tu con gli stessi occhi sembri ritornare
a chiedermi di me
di come si sta
e qui dall'altra parte come va




Per gentile concessione di Laura Pex

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