Sembrava la fine e poi... di hugmecupcake (/viewuser.php?uid=286354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non devi azzardarti ok? ***
Capitolo 2: *** Ricordi poco piacevoli ***
Capitolo 3: *** Ritorno ***
Capitolo 4: *** Incisioni ***
Capitolo 5: *** Bentornato Josh ***
Capitolo 6: *** Maggiorenne ***
Capitolo 7: *** Funky Buddha ***
Capitolo 8: *** Serata divertente ***
Capitolo 9: *** Non posso! ***
Capitolo 10: *** Lui non capiva! ***
Capitolo 11: *** Ti voglio bene ***
Capitolo 12: *** Visita inaspettata ***
Capitolo 13: *** Sono stato uno stupido! ***
Capitolo 14: *** Deyan! ***
Capitolo 15: *** Al White ***
Capitolo 16: *** La casa ***
Capitolo 17: *** Non voglio spiegazioni ***
Capitolo 18: *** George e Luke ***
Capitolo 19: *** Lui è mio fratello ***
Capitolo 20: *** Piaciuto il bacio eh? ***
Capitolo 21: *** Boccolo ***
Capitolo 22: *** A Brixton ***
Capitolo 23: *** Folle decisione ***
Capitolo 24: *** Ascoltami ***
Capitolo 25: *** Il cuore dell'oceano ***
Capitolo 26: *** Inaspettata reazione ***
Capitolo 1 *** Non devi azzardarti ok? ***
1° CAPITOLO
11 Settembre, fine estate e inizio autunno, decisamente la mia stagione.
Non sono un’adolescente qualunque per il mio passato ed il mio presente . Da due anni mi sono trasferita in un orfanatrofio della maestosa Londra e da due anni che continua ad andare avanti questa inutile vita .
Causa? Cinque Ragazzi, apparenza dolci, simpatici ma qualcosa cambiò per sempre la nostra amicizia che in passato sembrava più in fiore degli alberi in primavera, e cominciarono a sfogarsi sul mio corpo.
Quasi ogni sera aspettavo la loro visita nella mia camera per sfamare i loro istinti. Ho dei lividi in tutto il corpo ed una sera mi venne la geniale idea di usare una stupida lametta per auto-lesionarmi. Presi la mia biancheria intima e mi incamminai verso il bagno femminile .
Una volta entrata cominciai a lavarmi e dopo un po’ chiusi il getto d’acqua guardando l’orario. Mi accorsi che si erano fatte già le 19:15.
Lungo il corridoio incontrai Harry, il ragazzo dagli occhi incantevoli (si certo lui mi violenta e ho ancora coscienza di parlare bene di lui…Boh…mi stupisco da sola) ed il suo amichetto, dalla pelle perfetta (Mah…ancora).
Cercai di correre verso la mia stanza ma un tocco gelido fermò la mia corsa . Girandomi incontrai un Harry con un sorriso a 32 denti, l’esatto contrario di me che ero diventata giallognola. Si avvicinò al mio corpo facendomi sbattere contro il muro attaccando il suo al mio. Chiusi gli occhi con tutta la mia forza aspettandomi uno schiaffo.
- Non preoccuparti stasera proveremo qualcosa di diverso.-(Oh no, non volevo perdere la mia verginità con quei 5 incubi)
-Fatti trovare pronta alle 20:00. Verremo nella tua stanza.-
Risposi con un piccolo cenno di testa e deglutendo rumorosamente.
Andai in camera e cominciai a vestirmi.
Preciso come un orologio svizzero arrivò Harry, lo feci entrare facendolo sedere sul mio letto appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Non pronunciò nemmeno una parola. Ma per rompere il ghiaccio decisi di fare una domanda banale.
-A che ora arriveranno?.- chiesi con finto interesse
-Chi?.- non si risponde ad una domanda con una “domanda”
- I tuoi amichetti.- dissi terrorizzata pensando a tutto quello che doveva accadere quella sera
-Oh tra un po’…comunque sei pronta?.- domandò restando nella posizione iniziale
-Sono due anni che va avanti questa storia…e tu hai ancora il coraggio di parlarmi dopo le cose che mi fate? Io mi vergognerei.- conclusi accorgendomi di aver parlato troppo e la risposta di Harry non tardò ad arrivare
Come previsto le mie parole fecero infuriare il ragazzo che si alzò di scatto tirandomi un potente schiaffo.
- Non devi azzardarti ok?.- mi avvisò serrando la mascella
Sorpresa dal suo comportamento annuì.
Avendo lasciato precedentemente il computer acceso andai a spegnerlo.
Una pacca alla pancia oscurò la mia vista e dopo solo una voce in lontananza che pian piano scompariva.
Mi svegliai stesa in un letto accorgendomi di avere diversi tubicini nel mio corpo e ciò mi scandalizzò. Vidi cinque ragazzi seduti di fronte al mio letto. Un ragazzo riccioluto mi si avvicinò.
-Come stai?.- chiese sorpreso per il mio inaspettato risveglio
-Scusa, ma chi sei?.- domandai non sapendo chi fosse quel ragazzo dinanzi a me
Vidi i suoi occhi irrigidirsi. Alzandosi dalla sedia raggiunse quegli altri ragazzi sconosciuti cominciando a parlare, ma essendo abbastanza lontani udivo solo delle parole senza senso compiuto.
Salve Genteeee
ecco la mia prima storia. Spero possa piacere a un pò di persone, sono ottimista...
Aspetto soprattutto consigli!
Holaaaa
I CINQUE RAGAZZI ;) |
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Capitolo 2 *** Ricordi poco piacevoli ***
CHAPTER TWO
“
Ricordi
poco piacevoli”
Vorrei incominciare col
chiedervi
scusa per aver tardato ad
aggiornare
ma purtroppo ho internet
solo al
cellulare
e per aggiornare devo
aspettare
che i miei
vadano da mia nonna, dove
“fortunatamente”
c’è la
connessione. Ma ehi ehi adesso
andrò
spesso quindi
automaticamente
aggiornerò presto.
Adesso vi lascio con il
capitolo
e buona lettura…
Mi
sentivo in soggezione con quei cinque ragazzi che mi
guardavano ininterrottamente. Infine per interrompere quegli sguardi
dissi:
Io:
cosa ci fate qui? Il riccio rispose
?:
siamo tuoi amici! Obiettò sulla parola amici, ma non
capendo annuì con la testa. Quel letto che già
odiavo era ben coperto con due
lenzuola azzurrine, ormai stanca scostai le coperte dalle mie gambe e
cercai di
alzarmi. Notai gli sguardi increduli di quei cinque ragazzi per quello
che
stavo per fare. Misi i piedi sul pavimento ghiacciato e mi alzai dal
letto, ma
molta la debolezza caddi a terra e vennero a soccorrermi tutti e
cinque. Non
appena il moro dalla pelle ambrata toccò la mia pelle un
flashback sovrastò la
mia mente…delle immagini poco strutturate di ragazzi
difronte a me che ridevano
beatamente mentre io avevo una faccia piuttosto impaurita. Tolsi il mio
braccio
dalla mano del moro e mi sedetti sul letto. Puntando su ognuno di loro
il mio
dito dissi:
Io:
non dovete azzardarvi a toccarmi ok?
Sgranarono
gli occhi dopodiché mi distesi, rilassandomi.
Chiamai
il riccioluto per farmi accompagnare al bagno,
durante il tragitto chiesi:
Io:
tanto per
cronaca…come ti chiami? Lui
esitò ma poi
rispose
?:
Harry! Io risposi con un piccolo cenno con la testa.
Una volta arrivati alla porta mi lasciò ed entrai nel bagno
mantenendomi con le
mani sul bordo del lavandino. Avevo le
maniche del pigiama leggermente corte e da lì scorsi dei
tagli abbastanza
profondi, ancora altri ricordi sovrastarono la mia mente. Avevo un
sottile
filetto di metallo puntato sul mio polso mentre goccioline di sangue
cadevano
dal mio polso. Ecco chi ero, una ragazza londinese vittima di bullismo
e
proprio a praticarlo erano loro… quei cinque ragazzi
lì fuori che sembravano
tutt’altro. Uscì dal bagno senza spiaccicare
parola e non degnandoli di uno
sguardo. Il biondino chiese:
Vuoi
una mano? Io risposi di rigetto
Io:
NO, non ne ho bisogno.
Arrivai
al letto e presi un respiro di sollievo per aver
raggiunto la mia meta, mi girai verso loro perché volevo
sapere la verità
Io:
allora volete spiegarmi il ruolo che fino ad adesso
avete avuto nella mia vita?
|
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Capitolo 3 *** Ritorno ***
3°
CAPITOLO
Dopo pochi minuti che sinceramente
per me pochi non lo
sono stati per niente il biondino si fece avanti
-Vorrei
cominciare
nel dirti che noi ragazzi siamo cambiati.-
feci cenno con le mani di continuare, non volevo aspettare
né un secondo
in più né un secondo in meno
-Sai, noi
eravamo
solo degli adolescenti troppo ingenui per capire il male che ti
procuravamo e
ancora non riesco a capire come in passato abbiamo potuto rovinare ogni
tuo
singolo giorno.-
- Io
invece non
riesco ancora a capire come voi un giorno prima sembravate delle
sottospecie di
demoni e ora degli
angeli caduti dal
cielo. Spiegatemelo, davvero, perché io non ci arrivo.- non capivo il loro
ragionamento
-Roberta,
cosa
credi che dopo ogni sera passata a picchiarti eravamo, come dire,
contenti?
Perché se è quello che pensi ti sbagli di grosso.-
il tono del biondo si
alzò a dismisura e quasi mi fece tornare indietro nel tempo
-Sapete
che vi
dico? Ok accetto le vostre scuse ma ora voglio dimenticare il mio
passato, non
avervi mai conosciuto e cancellare tutti quei sfocati ricordi che ho
della mia
infanzia, ricominciare a scrivere la mia vita col sorriso…-
Ad interrompere il mio sfogo era
stata un’infermiera
sulla cinquantina d’anni che portava con sé
diversi fogli. Porgendomene uno
delicatamente mi informò del mio ritorno a casa.
Annuì e cominciai a preparare le valigie con fretta, dopo
tutto volevo uscire
da quell’ ospedale e staccarmi da quello stupido lettino con
quelle stupide
lenzuola azzurrine che per due giorni hanno accudito il mio corpo.
Chiusi la valigia e scappai da
quel posto tanto odiato.
Vidi una macchina nera aspettare il mio arrivo
e un signore in giacca e cravatta venirmi in contro
prendendo le mie
valigie e depositandole per il momento nel porta bagagli. Il viaggio si
dimostrò una vera noia ma l’arrivo non
tardò ad arrivare. Scendendo dalla
macchina mi accolse la maestosa struttura chiamata Orfanatrofio.
Continuavo a ripetere dentro me -Dai
ancora pochi giorni
e dopo sarai libera
di avere una casa tutta tua.- Si, perché
l’unico pensiero che ronzava nella
mia testa quel momento era poter avere una casa tutta mia, Poter gestire la mia vita
e uscire tutte le
volte che voglio e
chissà fare nuove
conoscenze.
-Signorina
ecco le
sue valigie e buon rientro.- mi girai subito dopo aver
sentito la voce
dell’uomo
-Oh, grazie
mille.- conclusi
con un sorriso sforzato al massimo,
dopodiché entrai salutando con un cenno di mano la ragazza
che per adesso
occupava la reception di nome Giada. Con lei avevo stretto amicizia,
era una
ragazza molto simpatica dai lunghi capelli neri contornati dalla
carnagione
mulatta che invidiavo molto perché io in confronto a lei ero
una vera e propria
mozzarella mah dettagli.
Mi recai quindi alla reception.
-Ciao da
quanto
tempo, tutto bene Roby?.- mi domandò cordiale la
ragazza dopo esserci
scambiate un caloroso abbraccio
-Diciamo di
si, te
invece tutto bene?.- annuì e mi porse la mia odiata
chiave argentata
Ci salutammo con un altro abbraccio e
salì le scale
lentamente per il peso delle mie valigie.
Infilai la chiave nella serratura ed
eccola lì… la mia
stanza illuminata dalla luce solare e devo dire di non averla vista mai
così
splendente essendo una ragazza molto disordinata. Mi stesi sul letto e
cercai
di addormentarmi ma molti i pensieri che girovagavano per la testa ci
volle un
po’ di tempo.
Che questi
ultimi
giorni da minorenne abbiano inizio!
NIALL CHE SI GIUSTIFICA
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Capitolo 4 *** Incisioni ***
4°
CAPITOLO
Mi svegliai grazie ad un raggio di
sole sbucato dalla
finestra oscurata dalla quasi invisibile tenda color rosa candido,
decisamente
il mio colore preferito.
Decisi di uscire nel pomeriggio,
pigra com’ero non avevo i
presupposti di alzarmi da quel letto, misi la sveglia alle 14:00 e
appoggiai
per l’ennesima volta la mia testa sul cuscino addormentandomi.
-Signorina
Collinsina
potrei entrare?.- udì una voce famigliare al
dì fuori della porta e mi
alzai andando ad aprire sapendo già chi fosse, solo lei mi
chiamava con quel
nomignolo che a dir la verità non mi andava proprio a genio.
-Preferirei
essere
chiamata Collins o comunemente Roberta ma te sei un caso a parte.-
conclusi
con un sorriso a 32 denti trovandomi davanti la mia amica Giada.
Entrò nella
mia stanza sedendosi sul mio letto dando due colpetti sul materasso.
-Devo dirti
una cosa!.-
disse con una certa euforia
-Dimmi tutto!.-
conclusi anche io con euforia dato che il suo stato d’animo
mi aveva contagiato
-Ho
conosciuto un
ragazzo!.- alzando il tono di voce e cominciando a saltellare
per la stanza
scatenando la mia risata
-Davvero
raccontami…come si chiama?.-
-Uhm
veramente non lo
so, ma so che è un ragazzo dolcissimo!.-
-Ah la
coerenza è nel
tuo DNA, baby.- sicuramente sarà stata abbastanza
euforica da non averli
chiesto il nome del ragazzo senza nome ma dolce
-Scusami se
mi trovo
un ragazzo della madonna davanti e rimango imbambolata eh!.-
concluse con
un finto broncio che durò poco dato che scoppiò a
ridere.
Parlammo del più e del
meno tutta la mattinata ed erano già
le tre del pomeriggio. Con lei le ore passavano ma non te ne accorgevi.
Ti
travolgeva in qualunque discorso anche in quelli più
imbarazzanti facendoli
diventare discutibili senza problemi.
-Vorrei
restare qui a
non fare niente con te ma ora devo andare.- concluse con un
accenno di
amarezza
-Non ti
preoccupare,
ci sentiremo via cellulare.- la mora dai capelli lunghi mi
abbracciò e
delicatamente chiuse la porta della stanza
Mi feci velocemente una doccia e mi
preparai per l’uscita
tanto attesa. Scesi e mi recai alla Reception dove mostrai il permesso
alla
giovane ragazza ma che non era la mia amica Giada ed uscì da
quella struttura.
Per prima cosa mi recai ad una gelateria e presi una maxi coppa essendo
una
golosona, gustai fino all’ultimo
“cucchiaio” il gelato e mi alzai lasciando i
soldi sul tavolino.
Mi diressi al centro della maestosa
Londra e mi sedetti su
una delle tante panchine presenti in quel posto. Mancavano tre giorni
al mio
compleanno e avevo in mente solo una semplice cena ad un lussuoso
ristorante,
d’altronde sono pur sempre diciott’anni.
Camminavo per una strada piuttosto
trafficata, sia da
automobili e da
pedoni, quando un
oggetto scintillante attirò la mia attenzione. Mi avvicinai
con passo svelto ed
era un sottile metallo, subito pensai di poterlo usare per
auto-lesionarmi ma
mi convinsi di andare avanti. Mah niente, era più forte di
me. Tornai indietro
e piegandomi presi la lametta mettendola nella tasca del mio Jeans,
cercai un
vicolo buio nelle vicinanze e bastò poco trovarlo.
Cacciai la lametta e alzando il
giubbotto estivo scorsi i
tagli quasi invisibili, posizionai la lametta sul polso e cominciai ad
incidere
due-tre tagli. Stavo quasi per fare il quarto ma alcuni passi
attirarono la mia
attenzione. Oh cazzo. Era Harry ma per fortuna non si accorse di me ma
mai
cantare vittoria. Sentì lui indietreggiare e fare un cenno
con la mano.
-Ciao Roby,
da quanto
tempo.- capirai era da un giorno che non ci vedevamo ma
vabbè
-Già.-
risposi
con tono gelido
-Tutto bene?.-
mi
chiese con quel sorriso che faceva nascere ai lati delle labbra le sue
fossette
-Si, tra tre
giorni
compirò diciott’anni.- dissi facendo
spuntare un sorriso ma a farmi cambiare
umore, una stupidissima gocciolina di sangue caduta
sull’asfalto del vicolo.
Ciò fece abbassare la faccia al riccio e si accorse della
minuscola goccia, ma
visibile grazie al contrasto del rosso del sangue e il nero
dell’asfalto
Strattonò il mio braccio
davanti a sé e vide diversi tagli
su di esso
-Perché
continui a
farlo.-
Dovevo inventarmi una scusa.
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Capitolo 5 *** Bentornato Josh ***
5° CAPITOLO
-Scusa, scusa ma non riesco a smettere è come una droga per me.- conclusi con la prima lacrima
-Scusa dovresti dirlo a te stessa, al tuo corpo. Così non potrai andare avanti. Io potrei aiutarti?.- concluse
-Non mi fido.- abbassai il capo, non riuscivo a guardarlo negli occhi
-Ok Ok… ma sappi che io ci sono stato per te.- se ne andò oltrepassando l’incrocio e da lì cominciai a piangere più di quanto non stessi già facendo. Mi raggomitolai su me stessa.
Non ero capace ad interrompere quel passato che ancora regnava su me stessa, non ero capace a staccarmi da quella stupidissima dipendenza.
Mi alzai asciugando le mie lacrime con il polso. Dovevo trovare Harry. Presi la stradina che lui precedentemente aveva percorso. Mi trovai in un posto meraviglioso con alberi maestosi e diverse panchine sparse qua e là.
Ripresi a correre ma ormai essendo senza fiato mi rassegnai all’idea di raggiungerlo. Presi la strada del ritorno dopotutto era tarda sera anche se la luce del sole ancora viva nel cielo non lo dava a vedere.
Assorta nei miei pensieri andai a sbattere contro uno sportello aperto all’improvviso
-Potrebbe guardare prima di aprire lo sportello.- dissi con nonchalance ma non appena alzai lo sguardo ed incontrai quegli color miele, il mio umore cambiò totalmente. Erano ormai da cinque anni che non avevo nessuna notizia di lui… del mio migliore amico “Josh”.
Mi tuffai letteralmente nelle sue braccia ma mi accorsi con tristezza che lui non stava ricambiando. Sciolsi quell’abbraccio e scrutandolo mi accorsi che ora era un uomo, non era quell’adolescente dalla pelle segnata da diversi brufoli, ora a sostituirli erano dei piccoli filamenti di barba
-Scusa, chi sei.- udì quelle parole che non avrei voluto mai e poi mai sentirle
-Non ti ricordi di m-me?.-
-Ma certo che mi ricordo di te, piccola.- mi coinvolse in un abbraccio del tutto diverso dal precedente e ciò mi fece scappare qualche lacrima. Il mio Josh era lì tra le mie braccia dopo tanto tempo.
Ci staccammo da quell’abbraccio, che sinceramente avrei voluto fosse interminabile
-Fatti vedere…sei cresciuta tantissimo quasi non ti riconoscevo!.-
-O ma dai, dovrei dirlo a te, ora sei un uomo. Dov’è finito quel bambino con la tutina dei Looney Tunes.- la mia frase scatenò la fragorosa risata del mio uomo
-Io sono cambiato ma la tutina è in soffitta nella mia casa se la vuoi.- gli diedi una gomitata scherzosamente
-Eh dai…- scoppiai a ridere
-Vabbè dai…tutto bene?.- mi chiese sempre con il sorriso stampato in faccia
-Diciamo di si.-
-Sai qualche serata dovremo uscire insieme, per raccontarci tutte le nostre avventure vissute in questi anni.-
-Già…sarebbe grandioso.- dissi euforica
-Che ne dici di domani sera?.- ma ben presto la mia euforia svanì. Non potevo per via di quegli stupidi permessi già terminati essendo a fine mese.
-Mi dispiace ma non posso, sai sono in orfanatrofio, ancora per poco ma per adesso vivo lì.-
-E perché non uscire adesso, andiamo, ti offro un gelato o un cornetto, qualunque cosa tu voglia.- mi chiese con gentilezza ed io cordialmente annuì, dopotutto il coprifuoco era alle dieci.
Ci incamminammo per poi arrivare in un bar, precisamente il più noto di quella città. Entrammo ed io optai per un Hot-Dog. Litigammo su chi dovesse pagare il conto ma alla fine ebbe lui la vittoria. Andammo a sederci in uno dei tanti tavolini presenti in quello spazio e cominciammo a mangiare .
Parlammo o meglio dire, lui, mi parlò delle sue avventure e devo dire che il ragazzo aveva avuto una vita piuttosto movimentata. Ma una massa informe di capelli ricci attirò la mia attenzione e l’unica cosa che c’era in quel momento nella mia mente era il suo nome…Harry
Dissi a Josh che dovevo andare urgentemente in bagno e finalmente raggiunsi la porta, in quel momento la mia salvezza.
Aspettai pochi minuti ed essendo convinta che il riccio se ne fosse andato uscì da quella tana. Camminai sorvegliando l’ampio spazio dell’interno Bar, e niente, nessuna traccia di lui.
Uscì, recandomi al mio tavolino. Guardai l’orologio ed erano già le 21:30. Dovevo tornare, aggiornai Josh del mio rientro.
Mi trovavo nella spaziosa macchina del ragazzo occhi color miele che adesso mi stava accompagnando a “casa”.
Una volta accostata la grande macchina nera davanti al cancello di ferro battuto, salutai il mio migliore amico e ci scambiammo i numeri per un imminente incontro.
Che sia un nuovo inizio?
Roberta quando si autolesiona :( |
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Capitolo 6 *** Maggiorenne ***
6°
CAPITOLO
Una volta entrata nella mia stanza
tolsi quel poco di trucco
che avevo addosso mettendomi una leggera canottiera. Mi stesi
addormentandomi
molto velocemente per la giornata piena di sorprese appena vissuta.
La giornata seguente filò
tutto liscio, ma ben presto anche
il giorno del mio compleanno arrivò, il 30 Giugno.
Finalmente maggiorenne! Non
ero una ragazza molto dedicata ai festeggiamenti perciò come
raccontato
precedentemente avevo in mente solo una cena. Maglietta, jeans e le mie
adorate
Converse ed ero pronta.
Verso le 18:30 il mio cellulare
cominciò a squillare, tanta
la spensieratezza non guardai neanche il numero.
-Pronto?.-
risposi attendendo l’imminente voce, parlasse
-Ciao
Roberta, sono
Josh.- riconobbi subito quella voce inconfondibile
-Oh
ciao…che piacere
sentirti.- dissi entusiasta nel sentire la sua voce
-Anche per
me.
Comunque dovresti dirmi qualcosa?.-
Cosa insinuava? Pensai
-Io, No!.-
-Dai che
giorno è oggi?.-
mi domandò
-30 Giugno.-
-E quindi?.-
-Il mio
compleanno.-
dissi
-Finalmente
ritardata
mentale e pensare che sei
maggiorenne!- scoppiò in una risata
classificandomi come ritardata mentale
-Allora che
hai
intenzione di fare questa sera?.-
-Niente di
che.-
-Ho deciso,
questa
sera usciamo insieme e andiamo in discoteca.- rispose con
tono autoritario
-Non so se
posso.-
non ero andata mai in posti di quel genere, anche se la cosa mi
attirava.
Tentar non nuoce
-Ma si che
puoi, ci
vediamo alle 9.- attaccò non volendo sentire la
mia obbiezione
In quel momento non capivo il mio
stato d’animo, ero un po’
euforica all’idea di andare in un posto a me sconosciuto ma
anche terrorizzata.
Lasciai questi pensieri all’istante e cominciai a vestirmi,
optai per un
vestito nero con qualche punto luce qua e là ma niente di
che, dopotutto non
aveva un fisico mozzafiato. Per le scarpe decisi di mettere delle
zeppe, molto
comode ma allo stesso tempo eleganti.
Dopo essermi preparata mi accorsi del
messaggio appena
arrivato sul cellulare. Era Josh e ciò diceva:
-Allora sei
pronta,
baby?.-
-Ma certo
signorino
Devine, vorrei solo sapere in quale
locale passeremo la serata.- inviai il messaggio
-Le sorprese
non si
svelano.-
-Uffa,
voglio saperlo.-
sbuffai sonoramente
-Eh no,
signorina
Collins.-
- E va bene.-
inviai l’ennesimo messaggio ormai rassegnata
-Ci vediamo
alle 9.-
Decisi di cominciare a truccarmi,
solo un po’ di mascara,
matita e un po’ di fondotinta. Dopodiché era il
turno dei capelli ma non potevo
fare granché con quei capelli ricci che mi ritrovavo,
perciò gli lasciai cadere
sulle spalle raccogliendo solo il ciuffo con una molletta.
Mancava ancora mezz’ora e
non sapevo cosa inventarmi per
passare il tempo. Mi venne in mente di accedere su Facebook, era da un
bel po’ di
tempo che non ci entravo dopotutto avevo creato quell’account
solo per noia.
Mi accorsi delle dieci richieste di
amicizia e delle
altrettante notifiche. Tra le richieste avevo la mia scema,
nonché Giada e
diversi utenti di qui non conoscevo niente ma accettai lo stesso
l’amicizia.
Non ebbi il tempo neanche di dare uno sguardo alle notifiche che un
messaggio
arrivò sul mio cellulare.
-Baby, io
sono qui
sotto, anche se non sei pronta non ti preoccupare, aspetterò!.-
pensava
fossi la ragazza sofisticata di una volta? Beh, si sbagliava
Scesi velocemente. Non dovevo dar
conto ai permessi o cose
varie, ormai avevo diciott’anni. E ciò mi mise di
buon umore più di quanto non
lo fossi.
Dovevo trovarmi una casa ora. Ma lo
avrei fatto il giorno
dopo.
Appena
uscita scorsi
la BMW di Josh e lui appoggiato su di essa.
Appena arrivata lo abbracciai.
-Sai,
pensavo ci
mettessi più tempo.-
-Veramente
è da mezz’ora
che sono pronta!.- risposi con un sorriso strafottente, sono
cambiata o
posso dire mi hanno cambiato
-Scusa ma io
ero
rimasto alla piccoletta, dolce ma sofisticata.-
-Beh, non lo
sono più.-
-Comunque
andremo in
un locale, il Funky Buddha!.-
-Spiacente,
non lo
conosco.- risposi con una faccia triste
-Non ti
preoccupare.
Ti divertirai!.- mi tranquillizzò
Che il mio compleanno abbia inizio!
|
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Capitolo 7 *** Funky Buddha ***
CAPITOLO
7
Arrivammo al Funky Buddha e Josh
parcheggiò la sua Berlina
nell’apposito parcheggio del locale.
-Sei pronta
maggiorenne?.-
-Ma certo,
sempre
pronta.- si vai convinta Roberta non ti accorgi neanche che
stai morendo
dalla paura di passare una serata diversa.
Scendemmo dalla macchina ma prima di
recarci all’entrata del
maestoso locale. Josh mi bloccò.
-Un piccolo
particolare… questa è una sera speciale, ognuno
di noi indosserà una maschera,
e che ti piaccia o no, dovrai indossarla.- concluse
porgendomi una maschera
che copriva solo la parte superiore della testa.
Una volta arrivati
all’entrata Josh cacciò fuori dalla tasca
posteriore il suo portafoglio. Cacciando da esso due banconote da 50.
Non potetti
fare
altro che strozzarmi con la mia stessa saliva. No, dovevo
restituirglieli.
Dopo essere entrati mi posizionai di
fronte a lui con in
mano la stessa somma di soldi che poco fa aveva sganciato.
-Ecco.-
dissi
convinta
-Cosa
avresti
intenzione di fare con quei soldi in mano?.-
-Ridarteli
indietro,
semplice.- conclusi prendendo la sua mano cercando di
metterli all’interno
-Frena frena
frena,
quello era il mio regalo di compleanno.- disse scostando la
mano
-Sono sempre
un bel
po’ di soldi e quindi sono obbligata a restituirteli.-
-Senti non
ho voglia
di stare qui un’ora. Divertiti e non pensare a niente. Poi al
resto penseremo
domani!.- dopotutto era la mia serata ma in un modo o
nell’altro gli avrei
restituito la somma di denaro.
Indossai la mia maschera viola e ci
facemmo spazio in mezzo
a tutta la fila di persone arrivando finalmente di fronte al bancone di
alcolici.
-Prendi
qualunque
cosa tu voglia.- mi avvisò ed io non me lo feci
ripetere due volte
prendendo un Negroni, ma questa volta caricai il conto a mie spese. Non
avrei
mai accettato un altro cosiddetto “regalo”.
Sorseggiando il cocktail guardavo
Josh che precedentemente
era stato chiamato dai suoi amici, farmi segno di raggiungerlo.
All’inizio
pensai di non andare ma poi dissi dentro di me “ma
perché non fare nuove amicizie,
forza Roberta”
Strinsi amicizia con molti di loro e
sembravano dei tipi
apposto.
Per il resto della serata restai con
le ragazze del gruppo
tra cui Louise e una certa Eleanor.
Dopo aver parlato del più
e del meno, io e Louise decidemmo
di andare a prenderci qualcosa. Il tragitto dal nostro privè
al bancone si
presentò piuttosto difficoltoso, c’erano ragazzi
totalmente ubriachi che avendo
la testa fra le nuvole ti si schiacciavano sopra. Mah vabbè!
Finalmente arrivammo al santissimo
bancone.
-Cosa
desidera Madame?.-
chiese Louise strillando per via della musica molto alta, ma
avvertì la sua
ironia.
-Un
fragolino, grazie.-
dopo di ché comunicò al barista i nostri ordini.
Il mio ordine arrivò
subito e dopo diversi miscelamenti piuttosto
vivaci tra diversi alcolici arrivò anche a Louise la sua
dose di sballo.
Continuai la serata con le ragazze,
ma anche con Josh e il
suo gruppo che non tardò a raggiungerci.
Ma ben presto sentì e non
so come, il mio nome pronunciato
da una voce famigliare. Girandomi, trovai di fronte a me la mia Giada,
e subito
le andai in contro abbracciandola chiudendo gli occhi. Sciogliemmo
l’abbraccio
e notai che aveva una splendida acconciatura nonché una
treccia che le ricadeva
al lato destro della spalla, e, non so se ero io o l’effetto
dell’alcolico, la
treccia sembrava luccicare… ma dettagli!
Le presi il polso e la portai al mio
privè. Durante quest’arco
di tempo senti Giada pronunciare “vieni
nia…” ma
non capì niente dato l’imminente inizio di
una canzone House.
Una volta arrivati presentai a tutti
la mia Scema, notando
subito che il suo accompagnatore conosceva già tutta la mia
banda.
Eravamo più o meno una
decina ed ogni sedile ospitava dodici
persone, quindi potevamo accomodarci tutti.
Dopo svariati minuti sentì
pronunciare “Niall” da Josh e
subito il mio cuore comincio a battere forte, perché se era
la persona in
questione non
sapevo come uscire da
quella situazione.
La prima cosa che pensai?
Allontanarmi un attimo per
riflettere.
Così avvisai tutti che
avevo bisogno di andare in bagno.
Arrivai subito alla porta del bagno femminile e la spalancai.
Mi tolsi la maschera che a dirla
tutta, questa sera mi era
stata di grande aiuto.
-Ecco, ed
ora come
faccio a trascorrere la serata tranquillamente?.- mi domandai
Arrivai ad una conclusione, dovevo
impadronirmi della
maschera di Josh, essendo una maschera che copriva tutto il volto.
Affacciandomi dalla porta chiamai con
dei gesti con la mano
Josh Salvatoredellamiaanima Devine.
Mi raggiunse subito essendo
preoccupato se avessi avuto
qualche problema.
-Perfavore
potremmo
fare a scambio di maschere?.- conclusi con il labbruccio
cuccioloso
-Non se ne
parla… io
con la maschera viola… pff!.- così la
metti? Ora so io come ottenerla
-Allora,
caro Josh se
non mi darai la tua maschera dirò a tutti che dormi ancora
con il tuo Fuffi.-
anche se aveva la maschera notai un movimento della testa
-Non lo farai.-
-Chi te lo
dice?.-
ah si signorino Devine? Ora ti mostro io la furia Collins
-Sei troppo
dolce per
farlo.-
Entrai nel bagno indossando la mia
maschera. Una volta
uscita cominciai ad indicare Josh con le mani.
-Il qui
presente Josh
Devine… .- non mi lasciò finire
perché mi ritrovai la sua mano sulla mia
bocca... paura eh Josh!
-Ok tieni
è tutta
tua.- dopo lo scambio di maschere scoppiai in una fragorosa
risata
vedendolo con sopra la mia maschera “viola”
-Meglio se
smetti di
ridere… o finirà male per te.- disse
indicandomi ed io cessai all’istante
di ridere
Tornai al mio posto e cominciai a
parlare
tranquillamente anche
se il rischio di
essere riconosciuta era sempre presente.
Due ragazzi dirigersi verso di noi
attirarono la mia
attenzione.
Oh mio dio! No, non poteva essere
Harry! I suoi capelli erano
inconfondibili.
Roberta stai
calma,
non lo guardare, non ti riconoscerà! pensai autoconvincendomi
Arrivarono qui di fronte a noi, Harry
e un altro ragazzo
sconosciuto.
Josh presentò ognuno di
noi a Harry. Arrivò a me pronunciando
il mio nome con nonchalance.
-Piacere
Harry.-
disse cordialmente porgendomi la mano
-Piacere
Roberta.-
esitai
-Strano…
io ho un
amica che si chiama Roberta.- si amica, vai convinto Harry!
-Ahahah…
coincidenze.-
dissi immediatamente
Mi rivolse un ultimo sorriso
e… no, come? Adesso anche lui
dovrà stare con noi?
Ok, che la seconda parte della serata
abbia inizio!
|
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Capitolo 8 *** Serata divertente ***
Allora,
mi scuso del ritardo nel postare il capitolo, anzi tutti i
capitoli, ma è il mio primo anno di scuole superiori e
voglio dare tutta me
stessa. Quindi sono giunta ad una conclusione… a tutte
quelle che seguono
questa storia (spero ci siano) fatevi sentire perché senza
incoraggiamento non
so davvero se continuare. Perciò per favore fatevi sentire.
E così vi lascio
(forse) all’ultimo capitolo.
CAPITOLO
8
Avevo deciso, dovevo divertirmi
dopotutto era o no il mio
compleanno? Che Harry e i suoi amici vadano a quel paese.
-Roby
andiamo voglio
prendere un cocktail.- disse la mia migliore amica
strattonando il mio
braccio ma sapevo che non era per il cocktail
-Voglio
parlare di….-
-Mmh…
fammici
pensare, del tuo amichetto?.-
-Già.-
colpita e
affondata. La conoscevo molto bene ormai
-Spara.-
dissi
con una nota di dissenso, non potevo dimenticare il mio triste passato
di cui
lui ne aveva fatto parte
-Ecco credo
mi
piaccia.- terminò la frase fissando il pavimento
per niente interessante
-Sono
davvero
contenta che tu abbia trovato una persona di cui poterti fidare ma non
credo
sia il tuo tipo.- conclusi facendo
alzare
immediatamente il capo di Giada
-Come fai a
dire che
non è il mio tipo se non lo conosci?.- mi guardava
con faccia infastidita
ma lo facevo per il suo bene, volevo proteggerla
-Sai,
già al primo
impatto non mi sembra un granché.-
conclusi gesticolando
-E invece
credo che
con lui ci possa essere un futuro, perché è
quello che voglio e me ne frego
della tua opinione.- disse piuttosto arrabbiata alzando il
tono di voce,
sia per la musica e sia per la nostra discussione
-Io lo dico
per te,
se poi non ti importa l’opinione della tua migliore amica.
Fai te!.-
arrabbiata girai i tacchi e uscì dalla discoteca. Avevo bisogno di aria
Accesi una Marlboro. Quando ero
nervosa il fumo in un modo e
nell’altro mi rilassava, sarà che sono strana, ma
ok!
Sentì delle voci in
lontananza, vedevo un ombre e mi accorsi
aveva una bottiglia di birra in mano. Oh no, proprio stasera mi doveva
capitare
un povero sfigato ubriaco!
-Ma
buonasera bella
ragazza.-
-Vedete di
non
rompermi i coglioni.- risposi secca
-Te stupida
ragazzina
così non mi chiami!.- disse alzando un braccio e
provando ad avventarlo sopra
di me, ma lo bloccai e con forza lo misi a terra tirandoli un pugno in
faccia,
stordendolo.
Il corso di auto-difesa fatto poco fa
era servito, eccome!
Decisi
di tornare a
casa (Orfanatrofio) anche se distava un bel po’.
Così avvisai Josh tramite un messaggio
-Josh mi
dispiace ma
sto tornando a casa, mi sento poco bene. Grazie per la sorpresa, a
prestooo
Roberta xx.-
La risposta non tardò ad
arrivare
-Perché
non mi hai
avvisato, dimmi dove sei ti porto a casa con la macchina
Josh
xx.-
-No davvero
tranquillo
Roberta xx.-
Ora che ci rifletto… sono
maggiorenne e ciò vuol dire che il
mio “soggiorno” all’orfanatrofio
è finito! Per fortuna ho con me soldi a
sufficienza per pagare una nottata in Hotel
Mi recai in un albergo nei paraggi,
il “Paradise”, che a
dirla tutta, tutto era tranne che un paradiso. Dettagli!
Una volta aperto il portone
d’entrata mi recai alla
Reception
-Scusi
vorrei una
stanza singola per la notte.- dissi con gentilezza
-Ecco, il
conto lo
potrà pagare domattina.- concluse con un sorrisetto
-Oh ok!.-
presi
la chiave poggiata in precedenza sul bancone dal signore e percorsi le
scale,
illuminate da una fioca luce
-5,5,5….-
ripetei
finché non trovai la rispettiva stanza
Infilai la chiave nella serratura e
ciò che si presentò ai
miei occhi fu una stanza con al centro un lettino coperto da un
lenzuolo,
accanto un comodino con sopra una graziosa lampada. Alla mia sinistra
c’era un
armadio che nella mia situazione era inutile.
Mi stesi guardando la finestra da cui
si intravedeva la luna
e pensai alla serata appena vissuta. Tutto era andato a rotoli, il
litigio con
Giada mi aveva scombussolata.
Stavo quasi per addormentarmi, presi
il cellulare per
spegnerlo ma mi accorsi che mi era appena arrivato un messaggio .
Era di Giada e ciò diceva:
-Scusa per
averti
trattato così, ma è stata una giornata
così e così. Scusa di nuovo.-
Scrissi immediatamente la mia
risposta:
-Non penserai davvero che io mi
sia arrabbiata, ho
reagito d’istinto. Anzi sono io che mi devo scusare!.-
-Ma cosa
dici,
domattina ci incontriamo allo Starbucks alla Five Street, facciamo
colazione lì
alle 10.-
-Agli ordini
capitano. Buona notte!.- quel mio messaggio mi fece scappare
un sorrisino
innocuo sulla bocca
-Anche a te
Roby.-
Spensi il cellulare e lo posai sul
comodino. Appoggiai la
testa sul cuscino facendo uscire un debole sbadiglio,
dopodiché non passò
nemmeno un secondo che mi si chiusero gli occhi.
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Capitolo 9 *** Non posso! ***
Sono
giunta ad una conclusione, d’ora in poi proverò ad
aggiornare più
velocemente. Con questo vi lascio al capitolo
CAPITOLO
9
Mi svegliai
verso le 7 di mattina, piuttosto presto ma non ne sapevo il
perché, forse in
quella stanza non mi sentivo a mio agio. Insomma non era una delle
migliori.
Mi
vestì con
i capi del giorno precedente e scesi recandomi al sottospecie di Bar
presente
nell’Hotel. Finita la mia abbondante colazione lasciai i
soldi del
pernottamento sul bancone, dopodiché uscì
salutando cordialmente il
proprietario impegnato in altre faccende.
Quella
mattinata avevo deciso, l’avrei passata pienamente a cercare
un alloggio, anche
se la cosa si presentava difficile perché
l’appartamento mi serviva per la sera
stessa. Non sarebbe il massimo dormire di nuovo in un albergo nella
periferia
di Londra.
Mi recai in
un’agenzia immobiliare ed esposi un po’ le mie
urgenze nell’avere il prima
possibile un appoggio. Dopo un’ora trovai un appartamento
accogliente, sembrava
fatto apposta per me. Aveva un piccolo camino nel soggiorno e fu la
cosa che mi
attirò maggiormente, avevo sempre desiderato avere un camino
tutto mio per
potermici riscaldare nelle sere fredde. Insomma lo prendevo come un
oggetto che
mi potesse proteggere… sarò strana, ma sono
così!
L’impiegato
mi accompagnò nel “mio” appartamento e
non appena sorpassai la soglia d’entrata
la sentì subito casa mia.
Casa=Lavoro
Già,
dopo
aver trovato finalmente la casa mi toccava trovare un lavoro per
potermi
mantenere. Per fortuna avevo i soldi necessari per pagare la prima rata
d’affitto.
Potevo tirare un temporaneo sospiro di sollievo!
Nuovo
messaggio
-Ciao
ciccia, avevo
pensato di pranzare insieme, ci stai?
Fammi sapere. La
tua scema.- non
sapevo cosa rispondere, avevo paura di dover trascorrere un
po’ di tempo, oltre
che con Giada anche con i suoi amici! Ciò mi
portò a dire No alla richiesta
della mia migliore amica!
-Se
pensi che ci siano Niall con i suoi
amici ti sbagli di grosso.-
Ok,
cominciavo ad avere paura. Come cavolo aveva fatto a leggermi nel
pensiero.
Risposi subito facendo finta che la sua supposizione fosse sbagliata.
-No
davvero dico, non ho voglia di uscire.
Potresti venire te da me. Potrei presentarti il mio nuovo appartamento.-
non vedevo l’ora di vedere la sua reazione
-Certo,
dammi giusto il tempo di mettermi in
condizioni per poter uscire.-
-Ma
dai che dici, sei Per-Fect.- risposi
con un sorriso divertito in faccia
-Convinta
proprio eh! Ahahahaha
modestamente!.-
-Vado
a preparare qualcosa di commestibile.
A dopo!-
-Ahahahahah
a dopo, non cucinare molto
comunque.- cosa voleva dire? Mah
Ok, dovevo
far nascere immediatamente in me alcune doti culinarie o avrei fatto
brutta
figura. Forza Roberta ce la puoi fare!
Mandai
l’indirizzo
di casa a Giada, dopodiché decisi di preparare la pasta al
sugo. Forse l’unica
cosa che sapevo fare bene. E per quanto riguarda il secondo arrangiai
un po’ con
le cose che avevo in frigo.
Posizionai i
due piatti sul tavolo e puntuale come un orologio svizzero
arrivò Giada. Aprì
la porta con un sorriso a 32 denti ma scomparì
immediatamente per le persone
che mi trovai davanti. Oltre a Giada c’erano Niall e Harry.
*Avevo un
istinto suicida improvviso verso Giada*
Non appena
si accorsero che ero io la migliore amica di Giada non aprirono bocca.
Avevano
con loro dei cartocci che contenevano cibo visto il buon profumino che
emanavano.
Giada mi
saltò addosso abbracciandomi amichevolmente. Ecco io provavo
totalmente il
contrario per lei in quel momento. Aveva detto di non portare nessuno,
aveva
detto. Ma ecco svelata la sorpresa.
-Vabbè
non c’è bisogno che vi presenti, già
vi conoscete.- e se sapessi quanto, sfortunatamente
Ci
accomodammo e cominciai a parlare e a mangiare non calcolando i due
ospiti
indesiderati.
Mi alzai
andando in bagno.
-Fate
come se foste a casa vostra.-
dissi prima di percorrere il corridoio
Entrai nel
bagno e controllai che tutto fosse apposto, ma quando aprì
la porta trovai
Harry. Aspettava sicuramente che io uscissi dal bagno, almeno
così credevo.
Non appena
uscita mi scostai per farlo entrare ma ciò che fece fu
prendere il mio polso
delicatamente alzando la manica.
-Non
lo fai ancora vero?.- se intendeva
tagliarmi si sbagliava di grosso, avevo voltato pagina
-No,
quelli sono vecchi e comunque non devo
darti spiegazioni.- feci per andarmene ma indurì
la presa sul mio polso,
ciò mi portò indietro nel tempo. Ma non era
così, ero cambiata, ero più forte!
-Promettimi
che non lo farai mai più.-
-Veramente
l’ho promesso a me stessa, non ho
problemi, va tutto bene, ora.-
Non vedevo
l’ora
che se ne andasse.
Con uno
scatto mi abbracciò. No, aspettate mi stava abbracciando?
Questa è bella, non
sono mai stata abbracciata da lui, e mai così forte da
nessuno.
-Mi
dispiace.- disse con la voce mozzata
dal pianto… pianto? Adesso stava anche piangendo?
Lo
allontanai per vedere le sue condizioni. Già, stava
piangendo, lo si vedeva dai
suoi occhi lucidi. Asciugai le lacrime con
i polpastrelli delle mani.
Mi stava
guardando negli occhi e ciò rendeva imbarazzante quel
momento ancora di più!
Con uno scatto fulmineo si avvicinò al mio viso sfiorando le
mie labbra dando
inizio ad un vero e proprio bacio.
Io
ricambiai, ma sapevo che nel fondo del mio cuore era sbagliato, ma
lasciai
perdere i pensieri e mi concentrai su quelle labbra che avevo toccato
tante
volte ma non in queste circostanze.
Mi svegliai
dal mio stato di trance. Non dovevo baciarlo, non dovevo calcolarlo ma
le sue labbra
erano come una calamita. Raccolsi in una mano i suoi ricci, tirandoli
leggermente.
Mi trascinò nel bagno chiudendo la porta a chiave.
Non doveva
andare così!
Lo
allontanai e ci guardammo negli occhi per pochi secondi. Raccolsi la
mia chioma
riccia in un elastico e cominciai a ripetermi che non doveva andare
così,
attirando ancora di più l’attenzione di Styles.
-Ora
tu uscirai e sarà come se non fosse
successo niente in questo maledettissimo bagno, ok?.-
-Non
posso.- rispose immediatamente
avvicinandosi di nuovo a me
-Non
posso.- disse di nuovo prima di
baciarmi.
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Capitolo 10 *** Lui non capiva! ***
CAPITOLO
10
Non dovevo pensare a lui e alla sua
educazione, dovevo
sapere quello che era successo la sera prima. Mi meravigliai ad avere
ancora il
numero di Styles salvato, ma come ultimo contatto.
-Pronto?.-
sentì la
sua voce all’inizio ma poi solo
musica ad alto volume
-Harry mi
senti?.-
dissi aumentando il mio tono di voce per farmi sentire.
Chiuse la chiamata e cominciai a pormi delle domande. Non
ci sono e non
credo ci saranno discoteche dalle 9 di mattina alle 12. Ma dopotutto a
me cosa
interessava di lui.
Un raggio di luce
attraversò il vetro della finestra, sapevo
che quel raggio di luce era mia nonna, la nonna che per me era
diventata una
mamma. Mi ricordai che l’annunciò della sua morte
mi arrivò tramite un misero
biglietto. Ciò diceva che lei, anche se era una delle
più belle stelle che ogni
notte avrebbe brillato solo per me, la mattina mi avrebbe guidato verso
la
strada giusta attraverso un raggio di sole che in un modo o
nell’altro mi
avrebbe schiarito le idee. E così fu, decisi di andare a
casa sua.
Percorsi la strada che portava a casa
sua, ma appena girato
l’angolo vidi Harry e una ragazza poggiata sulla sua
macchina. Sembravano
scambiarsi delle dolci parole, visto che la bionda che già
odiavo si stava
arrotolando una ciocca di capelli in modo sensuale.
In quel momento avevo gli occhi
lucidi, non sapevo cosa mi
stava succedendo, io non ero interessata a lui e non lo
sarò. Solo qualche
minuto ed ecco che le loro labbra si unirono in un bacio. Non potevo
sopportare
anche questo e
quindi tornai a
casa correndo, accompagnata dalle lacrime
che in un certo senso mi facevano compagnia.
Entrai a casa e chiusi la porta
poggiandomi poi su di essa,
cominciando a deprimermi ancora di più. Il suono della
pioggia risuonò nelle
mie orecchie, ora anche il cielo piangeva.
Lasciai scendere il liquido bollente
della cioccolata nella
mia gola, guardando fuori dalla finestra. Una cosa che non mi rendeva
sola.
Perché non ero l’unica che soffriva in questa
stupida società.
***
Passarono due giorni e la mia vita
era intrappolata in una
monotonia assurda. Avevo trovato un lavoro, cioè cassiera da
Starbucks. Il
proprietario mi aveva dato una settimana di prova e questo era ancora
il terzo
giorno. Mi preparai per andare a lavoro e uscì di casa.
Entrata nella caffetteria andai nel
laboratorio indossando
la divisa, dopodiché presi il taccuino delle prenotazioni e
andai a servire
diversi clienti. Lasciai le prenotazioni a William, nonché
addetto alla
caffetteria e mi recai alla cassa nel caso ci fosse stato un cliente.
-Roby, vai a
prendere
le prenotazioni del tavolo 5.- mi richiamò il
direttore
-Desidera?.-
dissi con un sorriso finto stampato sulla faccia aprendo il taccuino
delle
annotazioni
-Mmmh…
parlare con la
ragazza che ho davanti.- non appena elaborato ciò
che aveva detto
l’estraneo alzai di scatto la testa
-E se io non
volessi?.- infatti volevo evitare il più possibile
di parlare con lui
-Beh…
riguarda te, ma
se non vuoi parlare non ci sono problemi.- disse alzandosi
dal tavolino
-Ti aspetto
alle 5.30
a casa mia.- dissi abbassando la voce, non dovevo conversare
con i clienti
-Un
Cappuccino e un
cornetto alla crema.- disse cambiando discorso
-Arrivano
subito.-
Mi sentivo osservata mentre stavo
seduta sullo sgabello
dietro la cassa, guardai Harry che mangiava il cornetto e che nello
stesso
momento mi guardava. Ecco chi era!
Una volta finita la sua colazione si
alzò uscendo dal
locale, lanciandomi uno sguardo malizioso.
-Vai dalla
tua amica
a farti “consolare”.- pensai dentro me
Finito il mio turno tornai
a casa facendomi una
doccia. Non
mi andava di uscire così mandai un messaggio ad Harry.
-Non mi va
di uscire,
vieni a casa mia alla Medison Street.- inviai il messaggio e
cominciai ad
asciugarmi i capelli
-Arrivo.-
mi
arrivò un messaggio subito dopo. Non ero pronta
psicologicamente ad affrontare
un discorso con Harry, ma dovevo stare tranquilla
Nuovo messaggio:
-Sono qui,
apri.-
ce dico suonare no eh? Scesi giù e feci entrare Harry.
-Allora.-
sospirò
lui
-Cosa devi
dirmi?.-
dissi per farlo continuare
-Vorrei
parlare della
sera precedente. Beh io, ho detto una bugia.- disse
sfregandosi le mani.
Era nervoso, e con lui anche io
-Quella sera
avevamo
bevuto un po’ ed essendo brilla assumevi dei comportamenti
strani, a dirla
tutta mi provocavi.- disse sputando la cruda
verità. Non poteva essere!
-Io non ho
resistito.-
concluse alzando i suoi occhi aspettando la mia reazione
Mi misi le mani nei capelli e
cominciai a ripetere a me
stessa che non fosse successo niente.
-Spero che
tu abbia
usato… beh hai capito?.- non capivo più
niente, se solo la mia vita fosse
cambiata per quella nullità non lo avrei perdonato
Si mise le mani nei capelli e
cominciò a fare no con la
testa.
-Beh?.-
dissi
sull’orlo di una crisi isterica
-Si
si… .-disse
con un tono sconsolato
-Cazzo,
dimmi si o no.-
stavo perdendo la pazienza
-Vuoi sapere
la
verità? Non mi ricordo, ero anche io ubriaco se non lo sai.
E comunque calmati.-
disse cercando di calmarmi
-Veramente
sei tu che
ti devi calmare.- no, non avrei resistito
-Ok, basta
stiamo
degenerando.- disse sbuffando sonoramente, se solo quella
sera non fosse
successo niente
-Si,
perché io da quella
sera potrei avere una creatura nella mia pancia, ecco il problema.-
Lui non capiva, non poteva capirlo.
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Capitolo 11 *** Ti voglio bene ***
CAPITOLO
11
-Non ne sono
sicuro
ma penso di sì.- disse insicuro continuando a
toccarsi i capelli
-Cerca di
ricordarti.-
avevo l’ansia che arrivava alle stelle
-Cavolo, non
devo
fare tutto io, se è per questo sei stata te a iniziare tutto
e io non mi
pentirò mai di aver ceduto alle tue provocazioni, che tu lo
voglia o no!-
Rimasi a bocca aperta per
ciò che aveva detto. Non volevo
vederlo un secondo in più nella mia abitazione. Ero in
imbarazzo e la prima
cosa che mi sarebbe venuta in mente l’avrei detta. E
così avvenne.
-Esci!-
dissi
indicando la porta guardando il pavimento che in quel momento sembrava
così
interessante
-Cosa?-
disse lui
meravigliato per la mia risposta. Dovevo farlo uscire o sarei scoppiata
in un
pianto isterico e non sarei mai arrivata a farmi vedere di nuovo
piangere,
specialmente da lui!
-E-esci.-
per la
seconda volta dissi quella parola sperando che accogliesse il mio
messaggio.
Stavo iniziando a balbettare e non era un buon segno.
Non disse niente ed in un batter
d’occhio non era più nella
mia casa. Diedi un calcio al divano in qui, in precedenza si era seduto
lui.
Perché io non sarei resistita, non potevo tenermi tutto
dentro o sarebbe stato
come morire in silenzio. Presi il vaso di fiori posato sulla scrivania
e lo
scaraventai per terra facendo così bagnare
l’intero pavimento.
Feci dei passi indietro facendo
scontrare la mia spalla al
muro. Mi misi per terra accovacciandomi su me stessa. Avevo bisogno di
affetto,
in quelle circostanze ci sarebbe stata mia nonna che, anche essendo
piccola
quando per l’ultima volta la vidi avevo capito che prima o
poi avrei sofferto
la sua mancanza.
Harry’s
POV
Uscì senza spiaccicare
parola. Non sapevo che pensare
riguardo quella ragazza che mi aveva in un certo punto stregato. Si,
perché di
quella sera avevo delle immagini di lei, che sotto di me sembrava
così piccola
ma dentro se stessa aveva un esercito di elefanti senza via
d’uscita.
Sentì il mio cellulare
vibrare nella tasca, prendendolo
notai che mi era appena arrivato un messaggio. Speravo con tutto me
stesso che
fossero delle scuse da parte di Roberta ma era solo Katherine. Da quel
maledettissimo bacio non osava lasciarmi via di scampo, la mia
soluzione? Non
rispondevo mai ai suoi messaggi e se la incontravo per strada avrei
trovato una
scusa.
Presi il pacchetto di sigarette
accendendone una. Avevo
iniziato a fumare da poco, ma ne fumavo solo due al giorno, per adesso.
Continuai a camminare per le strade di Londra e una volta arrivato a
casa
decisi di farmi un bagno rilassante.
Avevo il vizio di fare il bagno con
la musica ad alto
volume. Senza musica non mi sarei rilassato, per questo avevo scelto
una casa
nella periferia di Londra. Per quanto l’acqua calda fosse
piacevole in quel
momento, non riusciva a scacciare i miei pensieri che avevano il nome
Roberta!
***
Quella sera sarei uscito con i miei amici per andare a
ballare in un locale
piuttosto noto a Londra, con il mio gruppo o andavi nei locali in qui
c’era da
divertirsi oppure potevi stare tranquillamente a casa! Alle 10.00
sarebbero
passati con una nuova berlina presa in affitto per
l’occasione. Decisi di
vestirmi un po’ elegante, cosa che raramente capitava.
Ormai pronto mi sedetti sul mio
divano presente nel
soggiorno e aspettai l’arrivo della mia comitiva, come sempre
in ritardo.
Nuovo messaggio: -Josh
-Ehi riccio,
siamo
arrivati, esci!- agli ordini
Roberta’s
POV
Stavo
aspettando Giada da un momento all’altro. Con Giada si
decideva cosa fare,
sempre all’ultimo minuto, per capirci bastava poco. Continuai
ancora per poco a
mettere a posto casa. Il giorno dell’acquisto era
così pulita ed ora se provi a
guardare sui mobili trovi uno strato immenso di polvere. Terrificante
che da un
giorno all’altro si formi tanta polvere!
Il suono del
campanello mi fece accelerare il tempo di pulizia. Sventolai la mia
maglietta
nella stanzetta e chiusi la porta. Scesi con velocità le
scale ed aprì la porta
con il fiatone.
-Ciao
bella.- mi precipitai ad
abbracciarla
-Aspetta
aspetta, sbaglio o te eri
arrabbiata con me?- si sbagliava di grosso
-Pff,
acqua passata.- dissi spensierata,
anche se non era proprio acqua passata
-Spazio,
arriva la torta.- disse aprendo
lo sportello della macchina parcheggiata nel mio garage, tirando fuori
la
torta, piccola, ma abbastanza per noi due.
Spalancai la
porta per far entrare il cartone della torta e subito dopo ci sedemmo
sul mio
tanto adorato divano. Ci guardammo in un modo che solo noi sapevamo
fare.
-Mmh,
sai io la mangerei anche adesso.-
disse facendo la faccia da cucciolo ed io non tardai ad accettare
-Ma
sì dai.- dissi andando a prendere
due coppette e due “cucchiaini”. Dopo aver mangiato
le rispettive fette della
torta, prenotammo due pata-pizze e ci arrivarono tramite un bel
fattorino.
Troppo impegnata a vedere il mio film preferito mandai Giada ad aprire.
La vidi
tornare dentro casa sventolando un pezzettino di carta.
-Chi
è la bonazza che ti porta a casa un
numero di un bel giovanotto?- disse soddisfatta del suo
lavoro. Mi scappò
una sonora risata.
Mi alzai
raggiungendola e prendendo dalle sue mani il pezzettino di carta,
guardando la
serie di numeri scritti.
-Cosa
aspetti, chiamalo.- disse con un
sorriso a 32 denti, agitando le mani, ma non emisi alcun verso
-Ok,
ho capito. Dai a me e guarda la tua
amica-cupido che ti procura un bel appuntamento.- disse
prendendo il mio
cellulare digitando il numero, dopodiché attivò
l’altoparlante permettendomi di
sentire la conversazione.
Terminò
la
chiamata ed io ora paonazza in viso per gli innumerevoli complimenti
che mi
aveva fatto la mia amica, descrivendomi un prototipo di modella super
sexy. Ciò
che non ero!
-Chi
sono io, ma chi sono io ah?- disse
la mia scema esaltandosi sempre di più
-La
mia scema.- dissi tra una risata e
l’altra
-Ammettilo,
non vedi l’ora che arrivi il
vostro incontro.- disse battendo le mani
-Oh,
la mia migliore amica sta crescendo.-
stava leggermente sclerando dato che si precipitò ad
abbracciarmi
-Ti
voglio bene.- dissi a bassa voce ma
le percepì lo stesso, dato che sentì le medesime
parole pronunciate da lei.
-Ti
voglio bene.- disse con una dolcezza
estrema
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Capitolo 12 *** Visita inaspettata ***
CAPITOLO
12
-Cavolo,
Giada devo andare a lavoro.-
guardai l’orario sul mio cellulare ed ero in ritardo
Scattai in
piedi e cominciai a vestirmi con una canotta e degli shorts, ma Giada
ancora
non osava muoversi. Sapevo cosa fare!
-Non
vorrai mica che ti butti in faccia un
bel secchio d’acqua ghiacciata, vero?- dissi
incrociando le braccia
aspettando una reazione della mia migliore amica, che non
tardò ad arrivare.
-Allora?
Cosa ci fai ferma impalata, su!-
disse alzandosi subito dal letto e i capelli non stavano nei migliori
dei modi.
Scoppiai in una risata silenziosa per le sue condizioni, ma Giada se ne
accorse.
-Cos’ho
che non va?- disse guardandomi
con la faccia spaventata
-Niente,
niente.- dissi sempre con il
sorriso stampato sulle labbra
-Io
sono pronta, ti aspetto giù al più
presto.- dissi scendendo le scale e sedendomi sul divano,
cazzeggiando con
il cellulare
-Giada,
sbrigati.- dissi guardando
l’orologio
-Eccomi.-
disse scendendo le scale di
corsa
-Finalmente!-
dissi fingendomi
arrabbiata. Mi guardò con una faccia tipo “calma
bella”. L’abbracciai d’istinto
come per fare pace.
Poco tempo
ed io arrivai insieme alla mia amica da Starbucks.
-Scendi,
almeno fai colazione.- proposi
facendoli l’occhiolino
-Vado
a parcheggiare, ora arrivo.- disse
accettando la mia proposta
Entrai nella
caffetteria e sfortunatamente oggi ci sarebbe stato il capo,
nonché
proprietario di tutti gli Starbucks presenti a Londra!
-Collins,
come mai in ritardo? Sappi che non
scuserò nessun altro ritardo.-
disse facendo diventare inutile il mio discorso preparato mentalmente
per
potermi scusare, meglio così. Corsi negli spogliatoi
mettendomi la solita
divisa con lo slogan “soddisfatti i clienti,
soddisfatti noi”.
A suggerimento
del capo presi il posto di cassiera. Mi accorsi che Giada non era
ancora
arrivata, così le mandai un messaggio.
Nuovo
messaggio: Scema
-Mi
dispiace ma sono dovuta andare
urgentemente in
ufficio, sarà per
un'altra volta.-
-Tranquilla,
ci sentiamo, scema.- dissi
mettendo il cellulare nella tasca, prendendo il conto del signore che
avevo
dinanzi a me, consegnandoli, dopodiché il resto.
-Grazie
e buona giornata.- dissi la
famosa frase con un sorriso a 32 denti
La giornata
si presentò piuttosto tranquilla e una volta finito il mio
turno lasciai il mio
posto ad un altro dipendente. Il capo se ne era andato già
da un bel po’. Non
lo aveva preso bene il mio ritardo, avevo paura se l’accaduto
avrebbe messo in
pericolo la mia permanenza nella caffetteria.
Tornai a
casa pensando cosa preparare per cena. Ad interrompere la mia
riflessione fu la
vibrazione del mio cellulare che segnava l’arrivo di un
messaggio.
Nuovo
messaggio: Sconosciuto
-Buonasera,
Mrs. Collins sono lieto di
annunciarle che lei è assunta con un contratto indeterminato.-
appena finì
di leggere il messaggio saltai dalla gioia.
Dovevo farlo
sapere alla mia migliore amica così imposi il suo numero,
che ormai sapevo a
memoria. Continuai a parlare con lei per un po’ di tempo ma
ad interrompere la
nostra conversazione sul bel giovanotto dell’altra sera, fu
il mio campanello.
-Ti
devo salutare, hanno suonato al
campanello. Strano, non aspetto nessuno.- dissi
-Tranquilla,
ci vediamo!- disse
chiudendo la chiamata di un’ora e più
Andai ad
aprire la porta e rimasi letteralmente senza parole. Un Harry pieno di
graffi
ed un livido che ricopriva l’occhio sinistro mi si
presentò davanti in uno
scenario a dir poco catastrofico.
-O
mio dio.- dissi prendendolo sotto
braccio accompagnandolo verso il salotto e, una volta arrivati, lo
guardai
rendendomi pienamente conto del suo stato catastrofico. Girai le spalle
per
andare a prendere del disinfettante per le ferite, ma sentì
un tocco gelido sul
mio polso. Ricordi, molti ricordi nascondeva quell’azione.
-Cosa
vuoi?- dissi quasi con la voce
tremante
-Non
lasciarmi.- disse facendo
incontrare i suoi smeraldi con i miei. Quel contatto mi fece
rabbrividire.
-Vado
a prendere il disinfettante.-
dissi facendoli notare che la sua frase non aveva avuto alcun effetto
su di me,
anche se era l’esatto contrario. A questo punto due potevano
essere le cose, o
era ubriaco o si era bevuto letteralmente il cervello.
Tornai nel
salotto e mi misi comoda sul divano aprendo il disinfettante bagnando
un po’ il
batuffolino di ovatta.
-Sopporta.-
dissi fredda, preparandolo
al contatto doloroso del disinfettante
Come
previsto, sobbalzò non appena il batuffolino
toccò uno dei tanti tagli presenti
sul suo viso. Continuai così per un po’ di tempo e
dopo aver finito mi alzai
andando a buttare l’innumerevole quantità di
ovatta.
-Non
hai disinfettato le labbra.- disse
bloccandomi
-Pensavo
non ne avessi bisogno.- dissi
la prima cosa che mi passò in mente. Ma certo che ne ha
bisogno Roberta, ha due
tagli sul labbro inferiore. Stupida, stupida, stupida. Non mi rimaneva
altro
che riaprire il disinfettante e finire il mio lavoro.
Mi avvicinai
con il batuffolo verso il suo labbro. Avevo il suo sguardo fisso su di
me, e
non aveva intenzione di cambiare soggetto. Sospirai infastidita.
Sobbalzò per
l’ennesima volta non appena finì di disinfettare
il secondo taglio, e quindi
ultimo. Mi allontanai cautamente andando a mettere a posto il
contenitore di
disinfettante.
Rimasi in
piedi, non avevo voglia di sedermi.
-Cos’è
successo.- volevo spiegazioni
-Sono
caduto.- rispose con un tono
gelido, cercando di terminare il discorso appena aperto. Styles, molta
immaginazione fa male!
-Non
dire fesserie.- dissi sbuffando,
incrociando le braccia
Ci fu un
momento di silenzio, ma poi decise di aprir bocca.
-Ok
ok, è stato Niall e la sua nuova banda.-
rimasi senza parole, erano migliori amici. Non aveva senso tutto
ciò!
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Capitolo 13 *** Sono stato uno stupido! ***
CAPITOLO
13
Non ci
credevo. Sapevo che c’era qualcosa che non andava fra i due,
ma non pensavo che
potessero arrivare alle mani.
-Perché?-
dissi con la curiosità che
cresceva. Volevo sapere il perché di questa lite.
-Cambiamo
discorso!- rispose.
-No,
ora mi dici cosa è successo!- dissi
decisa, impuntandomi.
-Senti,
non dimenticarti quello che ti
abbiamo fatto, perché posso farti rivivere tutto.-
Non dissi
più niente. Ciò che aveva detto mi aveva
fortemente scossa. Stavo iniziando ad
accettare il suo cambiamento, ma ecco la conferma che era sempre
rimasto, e
rimarrà quell’Harry che conoscevo molto bene.
Avevo paura che tutto potesse
ripetersi.
-Scusa.-
disse rendendosi conto di ciò
che aveva detto non appena una lacrima solcò il mio viso.
-Non
volevo.- e invece aveva dato solo
voce ai suoi pensieri.
Salii al
piano di sopra e mi recai subito nella mia camera, girando la serratura
della
porta. Cominciai a tremare, in quel momento il mio autocontrollo era
andato a
fottersi. Cominciarono, le lacrime, a bagnare il mio viso. Numerosi
flash-back
sovrastarono la mia mente, perché quella scena
l’avevo vissuta un miliardo di
volte, sempre nelle stesse circostanze. Sentivo che si stava
avvicinando, lo
sentivo sempre più vicino a me.
-Roberta.-
disse bussando sulla mia
porta. Non risposi.
-Roberta,
so che sei lì.- non le avrei
aperto mai e poi mai, specialmente nelle mie condizioni. D’un
tratto sentì la
maniglia girare ripetutamente per poterla aprire. Ciò
attirò la mia attenzione
e d’istinto strisciai indietro raggiungendo la parete,
accovacciandomi su me
stessa sperando che tutto ciò fosse solo un fottutissimo
sogno.
Un colpo
sulla porta, unica cosa che per adesso ci divideva, mi fece sobbalzare.
Mi
alzai raggiungendo velocemente il bagno in camera, in cui mi rifugiai
per un
po’, affinché non sentì che la porta
aveva ceduto ai numerosi colpi ricevuti da
Styles. In quel momento non sapevo cosa fare, cominciai a piangere
copiosamente
ma il più silenziosamente possibile.
Ero
inginocchiata nell’angolo del piccolo bagno, coprendo il mio
viso con le mani
per non far notare il mio stato a nessuno, nemmeno a me stessa. Lo
sentì
camminare per tutto il perimetro della mia camera ma non appena si
accorse che
infondo c’era una porta socchiusa, la visione astratta dei
suoi stivali di
velluto mi si parò davanti. Si accovacciò sulle
sue ginocchia raggiungendo la
mia altezza.
Prese con la
sua enorme mano la mia, fin troppo piccola per coincidere con la sua. E
così fece
anche con l’altra rivelando il mio viso bagnato dalle
lacrime. Cercai
immediatamente di togliere le mie mani intrappolate tra le sue, ma non
me lo
permise.
-Ssh,
tranquilla. Non ti farò del male.-
disse cercando di tranquillizzarmi
Sentì
un
freddo pazzesco quando la sua mano abbandonò la mia, andando
poi ad avvolgere
il mio mento, alzandomelo. Piccoli brividi attraversarono tutta la mia
schiena
e… di nuovo marrone nel verde, quei colori che sembravano
così diversi ma che
infondo avevano molto in comune.
-Tranquilla.-
ripeté, avvicinandosi a
scatti verso il mio viso.
Il suo
respiro caldo continuava a farsi sempre più vicino. Avvenne
tutto in un
secondo, le mie labbra carnose e umide si unirono alle sue, sottili e
secche.
Ricambiai fin dall’inizio facendolo avvicinare sempre di
più mettendo la mia
mano dietro al suo collo.
Ci staccammo
mentre lui mi guardava negli occhi.
-Sarà
meglio che io vada.- disse
alzandosi, tendendomi la mano per potermi alzare.
Mi
guardò
come non aveva mai fatto e con uno scatto fulmineo uscì
dalla mia camera e
dopodiché se ne andò sbattendo la porta
d’ingresso. Mi affacciai dalla finestra
e guardai la sua macchina che sfrecciava
nell’oscurità della notte.
Rimasi sola
in compagnia dei miei pensieri, scioccata per tutto ciò che
era successo poco
fa. Toccai con le dita le mie labbra, guardando un punto fisso, ero
letteralmente in uno stato di trance.
Cosa mi
stava succedendo? Non avevo mai provato così tante emozioni
in un unico giorno.
Avevo promesso a me stessa che non mi sarei mai sentita così
per un ragazzo, a
quei tempi sembrava facile mantenere la parola, ero troppo piccola!
Qualcosa
all’interno di me stava cambiando ma in quel momento non
sapevo cosa.
Nuovo
messaggio: Harry
-Sono
stato uno stupido.- dire che un
esercito di elefanti si piantò nel mio stomaco quando vidi
che il messaggio era
di Harry è dire poco, molto poco.
-Cosa
vorresti dire?- scrissi il
messaggio con le mani che tremavano. Ora attendevo e temevo allo stesso
tempo,
la sua risposta.
-Non
mi sono accorto che stavo facendo del
male alla ragazza che amo.-
Stop. Il
tempo si era fermato con me, non poteva essere, è tutto un
sogno, ora mi
risveglio nel mio lettino e questo
sarà
solo un ricordo che andrà sicuramente cestinato. Niente, non
cambiò niente, non
ci fu nessun risveglio, era solo la vita reale.
Non avevo il
coraggio di rispondere, perché a me era proprio quello che
mancava, il coraggio
di vivere la propria vita al massimo, buttarsi nella massa, non pensare
a ciò
che sarà, poi, il domani. Buttai il cellulare sul divano.
Rimasi
ferma, immobile per l’ennesima volta, guardando una delle
porte presenti nel
corridoio dinanzi a me.
Dovevo
svegliarmi dal mio stato di trance o non sarei andata da nessuna parte.
Presi
il cellulare e risposi senza pensare.
-Dimenticati
di me.- mandai il messaggio
e la risposta non tardò ad arrivare.
-Non
posso.- lessi le poche parole che
furono capaci di scatenare la rabbia all’interno di me
stessa. L’amore era un
sentimento molto pesante per essere attribuito a me.
Finì
lì la
conversazione, nessuno di noi due aveva il coraggio di continuarla
d’altronde.
Mi recai nella mia camera preparandomi per la notte. Era piuttosto
presto per
andare a letto ma non ne avevo bisogno di rimanere sveglia un altro
paio di
ore. Il contatto con il cuscino mi fu fatale, facendomi cullare
dopodiché dalle
braccia di Morfeo.
Angolo
Autrice:
Ciao belle bimbe,
vorrei scusarmi del
piccolo ritardo nell’aggiornare. Comunque in questo capitolo
troviamo Roberta
che non prende molto bene la rivelazione di Harry, eh si, è
una ragazza un po’
strana. Nel prossimo capitolo ci saranno delle svolte radicali, quindi
attendete con ansia il prossimo capitolo! Vorrei ringraziare tutte
quelle
ragazze che seguono, recensiscono la mia storia. Vi voglio bene!
Mi dileguo,
al prossimo capitoloooo.
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Capitolo 14 *** Deyan! ***
CAPITOLO
14
Il giorno
dopo mi svegliai in tempo per andare a lavorare, credo che se avrei
fatto un
altro ritardo questa volta non l’avrei passata liscia.
Aprì la porta entrando
da Starbucks, trovandomi davanti l’inaspettata presenza del
Direttore.
-Collins,
la desidero nel mio ufficio!-
disse andando già nel posto da lui imposto. Lo raggiunsi
sedendomi poggiando
per terra la borsa.
-Hai
ricevuto la comunicazione, vero?-
non capivo il perché stesse usando un tono così
severo.
-Si,
direttore.- risposi normalmente
-Oltre
che qui, da Starbucks, dovresti
recarti qualche volta dal White, un locale sempre qui a Londra, credo
tu lo
conosca.-
-Spiacente,
non so quale sia ma nessun
problema, cercherò di trovarlo se dovrò andarci.-
non avevo problemi a
cambiare aria qualche volta, dopotutto era stancante stare sempre nello
stesso
locale.
-Ok,
inizierà già da questa sera.- non
pensavo mi avrebbe detto di andare immediatamente. Rimasi un
po’ scioccata.
-Arrivederci.-
dissi prendendo la borsa
uscendo dall’ufficio
Ora che ci
rifletto dovrò lavorare mattina e sera. Non ero
psicologicamente pronta ad
affrontare quasi una giornata intera di lavoro. Dovevo chiamare Giada o
al
White non ci sarei arrivata questa sera. L’ho sentito
nominare ma non aveva la
minima idea di dove potesse essere. Lasciai le ulteriori riflessioni a
dopo e
cominciai la mia giornata lavorativa.
Il solito
cigolio della porta che si apriva richiamò la mia
attenzione. Entrarono due ragazzi
che a me sembravano sconosciuti, ma una volta guardato il viso
dell’ultimo
ragazzo, mi nascosi sotto il bancone. O no, no, no. Era il fattorino
dell’altra
sera, ma riflettendoci su, lui non mi aveva mai visto, al massimo
poteva
riconoscere Giada.
-Roberta,
prendi le ordinazioni.- disse
l’addetto ai frullati, lanciandomi il block-notes. Ah giusto,
oggi Cher, cioè
l’addetta alle ordinazioni, mancava.
Mi recai
silenziosamente al tavolo 5.
-Buongiorno.
Avete deciso cosa prendere?-
guardavano il Menù ancora incerti.
-Oh,
ma ciao.- disse il ragazzo
a me noto. Oddio, come cavolo faceva a
conoscermi.
-Ehm,
ciao.- dissi guardando altrove per
l’imbarazzo
-Sei
quella dell’appuntamento di domani
vero?- disse con un sorriso stampato sulle labbra. Oddio me
ne ero dimenticata,
domani ho l’appuntamento.
-Credo
di sì, ma come fai a conoscermi.-
come faceva a conoscermi, non ci eravamo mai visti, ricordo che mi ero
affacciata un attimo per vedere chi era ma non pensavo mi avesse vista.
-Ti
ho vista, eri quella stesa sul divano a
guardare Toy Story, amo quel film.- e io che pensavo non mi
avesse vista.
-Ah,
ecco.- dissi facendo un risolino.
Aveva visto pure il film che stavo guardando.
-Comunque
due cappuccini, un cornetto alla
crema e uno al cioccolato.- scrissi tutto sul foglietto e
andai a lasciare
le ordinazioni.
-Tavolo
5.- le ordinazioni del tavolo 5
erano già pronte ora dovevo solo portarle e poi se ne
sarebbero andati. Mi
sentivo in soggezione!
-Ecco
a voi.- dissi consegnando il
tutto.
Tornai alla
cassa e attesi come non mai il loro pagamento, non sopportavo
più lo sguardo di
quel ragazzo che neanche sapevo il nome. Finirono la loro colazione e
vennero a
pagare.
Ok, ufficialmente non era il
mio tipo. Camminava
in stile “like a boss” e si dava molte arie.
Semplicemente odiavo quei tipi,
tutto per uno stupido appuntamento preso dalla mia migliore amica
dovrò passare
una serata intera con lui!
-A
domani, piccola.- aspetta,
come mi aveva chiamata? No, lo odiavo, punto. Non doveva permettersi di
chiamarmi in quel modo, non ero niente per lui. Giada me
l’avrebbe pagata.
-Comunque
mi chiamo Deyan.- disse prima
di uscire. Capisco che il tuo nome è bello ma non credo ci
sia il bisogno di
gridarlo in tutta la caffetteria.
***
-Collins,
oggi puoi lasciare prima dato che
stasera lavorerai al White.- mi avvisò il direttore
-Come
vuole.- risposi recandomi nello
stanzino
-Buona
serata, direttore.- dissi prima
di uscire, imbattendomi nell’aria estiva Londinese.
Oggi
c’era
più traffico del solito in giro, l’inizio
d’estate si faceva sentire. Il
tragitto per arrivare a casa fu piuttosto difficoltoso.
Inserì la chiave nella
serratura della porta e… casa dolce casa. Non mi sopportavo
per niente, avevo
voglia di stendermi e dormire. E pensare che stasera avrei lavorato di
nuovo!
Oh cavolo,
dovevo chiamare Giada!
-Buon
pomeriggio, nulla facente.- disse
rompendomi il timpano.
-Bella,
oggi non mi insultare perché non è
giorno, e comunque sono tornata ora da lavoro quindi taci, eh?-
dissi
facendo la seria. Ma niente da fare, la risata della mia migliore amica
era
molto contagiosa.
-Ehi,
basta volevo chiederti se conosci un
locale, il White.- le domandai
-Sempre
qui a Londra?- chiese
-Mmh
mmh.-
-Certo,
ti ricordo che stai parlando con “il
navigatore” in persona.-
-Se
se, meno complimenti signorina.-
-Ehi,
non ti ci portò più al locale per
ballare eh?- magari andassi per divertimento
-Non
vado ballare, ma a lavorare, disse la
cosiddetta nulla facente.-
-Mi
rimangio tutto.- disse arrendendosi
-Ecco
brava, alle 8.30 ti aspetto a casa
mia.-
-Agli
ordini, Collins.- disse con tono
da capitano
Chiuse la
chiamata e la domanda sorse spontanea. Cosa dove indossare? Non avevo
una
divisa, di certo non avrei indossato quella di Starbucks! Decisi di
indossare
una maglietta nera e dei pantaloni del medesimo colore.
Angolo
Autrice:
Eccomi, sono
tornata a distanza di pochi giorni. Bene, qui non troviamo il
cambiamento di
cui ve ne avevo parlato lo scorso capitolo, il tutto si
scoprirà nel prossimo,
ve lo prometto. Deyan è il nome del famoso fattorino e
possiamo notare già la
sua personalità, che Roberta non apprezza per niente. Vorrei
cogliere il
momento per augurare a tutte le mie lettrici Buon Natale e felice Anno
Nuovo,
passate nel migliore dei modi le festività!
Al
prossimo capitoloooooo.
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Capitolo 15 *** Al White ***
CAPITOLO 15
Arrivata
al locale, rimasi letteralmente a bocca aperta, non per niente si
chiamava
White. L’interno era interamente bianco, a partire dalle
bibite fino ad
arrivare ai prive. Sarebbe stato un po’ difficoltoso lavorare
in questa
confusione. Ben presto il Dj della serata mise un pezzo che a dir la
verità non
mi piaceva affatto, la musica House non era per me. La gente continuava
ad
arrivare e così cresceva anche il caos, dovevo chiedere al
barista se avrei
occupato il posto di cameriera o quant’altro.
-Scusi, dovrei lavorare qui questa sera.-
dissi sperando mi sapesse dare qualche informazioni.
-Collins, vero?- annuii.
-Bene, mi è stato detto dal Direttore che
dovrai solamente continuare il tuo lavoro, cioè da
cameriera. Quindi, ecco la
divisa.- mi diede una divisa anch’essa bianca.
Questo colore cominciava a
darmi fastidio.
-Una lunga serata ti aspetta.-
finì il
discorso preparando due Cocktail a base di fragola. Una cosa era certa,
non
avrei mai bevuto un miscuglio del genere.
Indossata
la divisa, iniziò la lunga serata preannunciata
precedentemente dal Barman.
-Tavolo 10.- prelevai le ordinazioni ed
iniziai il mio difficile percorso verso il tavolo previsto. Se avrei
urtato una
persona sarebbe successo il fini mondo, ma come sono ottimista, eh?
Tornai
dietro il bancone spolverando la lunga lastra di marmo
perfettamente bianca, credo sia costata una
fortuna data la sua lucentezza. Guardai la pista piena di ragazzi
spensierati
che ballavano come se non ci fosse un domani, evidentemente
già ubriachi. Era
abbastanza rassicurante pensare che già all’inizio
della serata ci potessero
essere ragazzi sbronzi, si si.
-Roby, che ci fai qui?- piantai il mio
sguardo sulla persona che aveva catturato la mia attenzione. Era Josh.
-Josh, da quanto tempo. Beh, faccio la
cameriera.-
-Eh brava la ragazza.- disse sorridendo
-Prendo una Tennent’s, signora cameriera.-
risposi con una linguaccia dopodiché aprì il
mini-frigo, prendendo la birra
ghiacciata. La posai sul bancone, aprendola.
-Ecco a lei.- dissi con un mega-sorriso
-Collins, tavolo 2.- disse richiamandomi
il Barman
-Ti lascio lavorare, ci vediamo in giro-
lo salutai e ricominciai il mio lavoro
Grazie
al cielo le ordinazioni da portare direttamente ai prive erano poche,
dato che
tutti si recavano direttamente al bancone, un punto a mio favore. Non
è che non
mi andasse di lavorare, ma camminare con un vassoio più
grande di me stessa, in
mezzo a tantissima gente, non era il massimo! Posai sul tavolino i tre
cocktail, tornando di fretta alla mia postazione per portare le altre
ordinazioni già pronte. Sentì una mano afferrarmi
per il braccio.
-Ehi!- dissi togliendo la mano dal mio
braccio, alzando poi lo sguardo. Mi tranquillizzai immediatamente
quando mi
accorsi che era solo la mia amica.
-Ahahahaha, scusa, avresti dovuto vedere la
tua faccia.- disse scompisciandosi dalle risate.
-Dimmi tutto, vado di fretta.- dissi
sollecitandola con le mani.
-Ti aspetto tra cinque minuti in bagno.-
non ero stata abbastanza chiara, tutto d’un tratto le
ordinazioni erano
aumentate e non potevo perder tempo.
-Non poss…- troppo tardi, era
già
andata. Mannaggia avrei trovato una scusa per andare, ma avrei fatto il
più
presto possibile.
Consegnai
le ordinazioni che erano pronte in quel momento e avvisai che dovevo
andare
urgentemente in bagno. Ora sarebbe stato difficile trovare il bagno, ma
presi
come orientamento la direzione che aveva preso Giada e mi trovai
davanti ad un
corridoio lunghissimo contornato da porte di legno, verniciate
ovviamente di
bianco. Guardai se su ognuna di esse ci potesse essere qualche scritta
per
indicare la toilette e, già alla seconda porta, la mia
ricerca era finita.
Aprì
la porta e davanti a me avevo solo buio, sentivo che qualcuno stava
piangendo,
infatti vedevo in fondo alla stanza un’ombra. Cercai
l’interruttore della luce
alla mia destra e una volta trovato, lo accesi. Rimasi a bocca aperta
per lo
scenario che avevo dinanzi a me. Era la prima volta che lo vedevo con
le lacrime.
-Harry!- dissi precipitandomi da lui, lo
accarezzai cercando di asciugare con i polpastrelli delle mie dita le
sue
lacrime ma lui rifiutò il mio contatto, scuotendo la testa.
Ma dopotutto non
osavo allontanarmi.
-Vai via.- disse freddo con la testa
rivolta verso il basso.
-Cosa ci fai qui?- dissi riavvicinandomi
non calcolando per niente la sua frase. Guardai la stanza e mi accorsi
delle
telecamere installate ad ogni angolo. Alzò il capo rivelando
i suoi smeraldi
lucidi. Rabbrividì al contatto visivo con i suoi occhi.
-Baciami.- sussurrò.
-C-cosa?- ora non sapevo veramente cosa
fare.
-Baciami.- ripeté mantenendo lo
sguardo
alto aspettando una mia possibile risposta.
Mi
avvicinai di scatto senza pensare all’azione che stavo per
compiere. Fu un
bacio casto, diverso da tutti gli altri, nessuno dei due
approfondì quel
contatto, anzi, non ci fu permesso. L’entrata in scena di una
persona che
conoscevo molto bene pose fine al bacio. Mi staccai immediatamente.
-E brava mia nipote.- disse battendo le
mani, con un sorriso amaro stampato in faccia. Era mio zio, se
così potevo
chiamarlo!
-Tu.- mi indicò -Sei
innamorata di un ragazzo che ti provoca dolore? Oh mia povera
Madison- continuò alzando il tono di voce. Lui non
poteva, non doveva
chiamarmi con il mio secondo nome, solo mia madre poteva.
-Non chiamarmi con quel nome.- dissi con
la rabbia che lievitava.
-Perché solo tua madre poteva chiamarti
così, vero? Madison.- pronunciò per la
seconda volta quel nome, che era
stato voluto da mia madre, e che per me significava molto.
-Basta. Loro…- mi fermai, non
riuscivo a
continuare.
Mi
precipitai da lui. Reagì d’istinto, non
riflettendo sul fatto che da sola non
gli avrei causato niente, perché dovevo farla pagare a colui
che aveva
distrutto la mia famiglia. Accumulai quanta più forza
possibile per poter
scagliare un pugno a quel bastardo. Tutto inutile. Mi ritrovai per
terra, con
la testa che pulsava in un modo terrificante.
Harry
rimase fermo, come se non gli importasse per niente la faccenda che era
in
corso, ma lo vedevo piuttosto concentrato. Notai soltanto che le corde
che
tenevano legate le sue mani, finirono per terra.
-Ricorda, se mi avrebbero restituito i
soldi, forse saresti ancora con la tua famiglia.-
sussurrò nel mio
orecchio, provocandomi un fastidioso solletico. Dopo sentì
solo una bottiglia
rompersi ed un peso posarsi sulla mia spalla. Harry mi
sollevò con forza e una
volta in piedi guardai il corpo per terra di colui che chiamavo
“zio”. Piansi
guardandolo, e non ne so il perché, lui meritava solamente
tutto il male che
aveva provocato ai miei genitori.
-Vieni qui.- Harry mi avvolse con la sua
giacca, coprendomi. Mi sfogai in un pianto liberatorio.
L’accaduto aveva
rievocato in me tutto il dolore accumulato in questi anni.
-Andiamo.- disse uscendo
dall’uscita di
sicurezza.
-Non posso.- risposi togliendomi la
giacca.
-Non crederai davvero di lavorare dopo tutto
quello che è successo? Inventati una scusa, ed è
fatto.- disse sorridendo
cercando di rendermi un po’ più allegra.
-Giusto.- non emanai alcuna emozione.
L’intento di Harry era fallito.
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Capitolo 16 *** La casa ***
CAPITOLO
16
Nella macchina, una volta usciti dal
parcheggio del locale,
guardavo le numerose strade periferiche di Londra illuminate da una
luce fioca
e quello che stavamo percorrendo in quel momento non era un quartiere
accogliente, bastava guardare gli accampamenti dei senza tetto situati
sui
marciapiedi.
Pensavo come potesse essere la vita
di quelle povere
persone, persone abbandonate dallo Stato, abbandonate da tutti. Non
riuscivo a
condividere l’idea che i ceti sociali fossero costituiti solo
dalla classe alta
e la classe bassa, con l’assenza della classe media. In poche
parole, chi aveva
tutto e chi non aveva niente.
La mia posizione dirigeva il respiro
verso la lastra di
vetro del finestrino, rendendo impossibile la visione verso
l’esterno. Harry
azionò l’aria condizionata per diminuire
l’opacità dei finestrini. Non appena
individuai un cartello che segnava la Rock Street, la mia ansia
cessò, dato che
quella strada portava al mio appartamento. Pochi minuti ed arrivammo
finalmente
sotto il mio appartamento.
-Ti aspetto
qui
sotto.- spense il motore dell’auto rilassandosi sul
sedile di pelle.
-Come scusa?-
domandai lasciando a dopo l’azione dell’aprire lo
sportello.
-Prendi le
tue cose
per la notte. Non farmi domande.- sbuffò
concentrandosi sull’aria fredda
che non ne voleva sapere di uscire. Aprì lo sportello
seguito da un’affermazione
di disprezzo del ragazzo verso la sua macchina.
-Stupida
auto.-
pronunciò colpendo il cruscotto, dopodiché chiusi
la portella fortemente.
Percorsi la strada che portava verso il mio cortile strofinandomi le
mani per
il leggero freddo presente comunemente ogni notte in quella
città, che fosse
estate o inverno.
Posizionai la chiave argentata
all’interno della serratura
aprendo il possente portone. Recandomi verso la cucina accesi la luce
bevendo
un po’ d’acqua fresca, ne avevo bisogno.
Salì di corsa le scale coperte da una
moquette prendendo il mio pigiama, sarebbe stato difficile metterlo
fuori casa.
Vi starete chiedendo il perché, giusto? Vi rispondo subito.
Grazie alla Giadina
del mio cuore adesso mi ritrovo con un pigiama ricoperto di pecorelle.
-Dai, trova
il lato
positivo. Quando non avrai sonno potrai contarle, le pecorelle.-
ancora
ricordo la sua frase per convincermi a prendere quel pigiama.
Inserì il tutto in un
piccolo zaino percorrendo con velocità
le scale. Diedi un ultimo sguardo alla casa, controllando se tutto
fosse
apposto, dopodiché chiusi dietro di me la porta di casa,
controllando se anche
essa fosse chiusa bene. Lo so, ero fissata. Attirò la mia
attenzione un
mozzicone di sigaretta buttato da Harry e questo era davvero
scioccante, non
sapevo fumasse. Sedendomi sul sedile, a darmi il benvenuto ci fu la
puzza di
fumo che aveva inebriato oramai ogni singola parte dell’auto.
Da quando avevo
iniziato a non fumare più, anche se era da poco, odiavo ogni
singola cosa che
riguardasse una sigaretta.
Data la notevole velocità
dettata dal ragazzo al mio fianco
arrivammo a destinazione in poco tempo. Ok, ora non voglio dire che la
casa che
mi si presentava davanti era l’unica che avessi visto di
quelle dimensioni, ma
sì, era così. Il grandissimo portico che
contornava il portone di legno dava
uno stile più o meno imperiale, ed il tutto era illuminato
da un lampione posto
al centro della copertura. Adesso non vi sto a descrivere
l’interno perché potrei
non finire mai.
-Seguimi.-
disse
salendo le scale a chiocciola. Non sapevo spiegarmi da dove provenisse
tutto
questo lusso, dopotutto eravamo nella stessa posizione, forse aveva
ereditato
questa casa dai suoi genitori dopo la loro assenza.
-Questa
è la tua
camera. Buonanotte.- disse piantandomi in asso, raggiungendo
penso la sua
di camera.
-Buonanotte.-
risposi con lo stesso tono.
Una volta chiusa la porta, notai un
indumento posato sul
lato del letto a piazza e mezza. Avvicinandomi ancor di più
l’immagine di una
mutandina femminile di pizzo mi fu sempre più chiara. Una
cosa era certa, non
mi sarei mai e poi mai distesa su quel letto, non avrei mai avuto la
certezza
che là sopra qualcuno non avesse consumato, non mi rimaneva
altro che dormire
sulla poltrona. Indossai il “pigiama” e mi misi
quanto più comoda, anche se su
quella poltrona sarebbe stato difficile far sogni tranquilli.
***
Il mattino dopo mi alzai con un
dolore al collo incredibile,
d’altronde si potevano prevedere delle conseguenze nel
dormire su una poltrona.
Uscì dalla mia camera cercando di trovare il bagno e al
secondo colpo lo
trovai, per fortuna. Infine una volta finito scesi di sotto, in quella
casa ti
ci potevi tranquillamente perdere perché oltre alla sua
grandezza c’erano i
corridoi che erano tutti così simili.
Arrivai nella cucina e vi trovai una
signora sulla
cinquantina d’anni alle prese coi fornelli.
-Buongiorno.-
pronunciai timidamente sedendomi.
-Buongiorno
signorina.- rispose girando il capo e, fissandomi mi venne
incontro
porgendomi la sua mano.
-Piacere,
sono la
Signora Scrout, o meglio dire la donna delle pulizie.- doveva
essere una
donna dolcissima, lo si poteva capire già a primo impatto.
-Piacere,
sono Rob…-
cercai di rispondere ma mi bloccò.
-Si si, lo
so.-
continuò gesticolando, tornando velocemente al suo lavoro
come se avesse avuto
un illuminazione.
-Buongiorno.-
disse svogliatamente una persona alle mie spalle. Era Harry. Mi
guardò e cercò
di trattenere una risata che si preannunciava fragorosa. Il
perché lo sapevo
già… le stupide pecorelle avevano attirato
l’attenzione di Styles. Lo guardai
con faccia dispettosa e cessò di ridere. La signora Scrout
mise sul tavolo
tutto ciò che aveva preparato e per ringraziarla le sorrisi.
Per fare tutte
quelle pietanze penso ci vorrebbero almeno un paio d’ore,
mentre lei,
magicamente aveva fatto tutto in pochi minuti.
Mentre addentavo un delizioso
croissant alla crema sentì il
mio cellulare squillare. Arrivata nella mia stanza risposi ad un numero
a me
famigliare.
-Buongiorno
mia tenera,
ciufolosa idiota.- per poco non mi ruppe un timpano, tipico
della mia
migliore amica.
-Buongiorno
anche a
te mia dolce, stupida scema.- dissi con lo stesso tono.
-Dove sei?-
chiese.
-Ehm…
a casa di
Harry.- cercai di prendere un appuntamento.
-C-cosa? E
cosa ci
fai lì?- mi bombardò di domande.
-Ti
racconterò tutto
in un altro momento.-
-E non
dimenticarti
di stasera.- disse ridendo beatamente.
-Di cosa mi
dovrei
dimenticare?-
-Dell’appuntamento
con il tuo moroso.- disse scherzando
-Tutto
può essere
tranne che un moroso per me.- risposi convinta ricordandomi
dell’incontro
nella caffetteria.
-Fai come
vuoi, ma a
me sembra un bravo ragazzo.- già mi immaginavo la
sua faccia ovvia.
-Convinta
proprio,
eh?-
-Ci
incontriamo alle
6 questa sera.- cercai di chiudere al più presto
possibile dato che sentivo
dei passi che salivano le scale. Qualcuno bussò sulla porta
e subito dopo vidi
Harry entrare. Stava per dire qualcosa ma si bloccò,
puntando con lo sguardo il
letto.
-Oh, beh.-
disse
indicando l’indumento sul letto, non sapendo che dire.
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Capitolo 17 *** Non voglio spiegazioni ***
CAPITOLO
17
-Non
mi devi nessuna spiegazione. Ora se permetti,
chiudi quella porta e in pochi secondi mi vestirò.-
dissi facendo un
sorriso forzato.
-No…
beh vedi. Non è come pensi.- se
pensava che sarei stata lì, ad ascoltare le sue spiegazioni
si sbagliava di
grosso.
-Bene.
Facciamo come se io non avessi visto niente
e te invece ti risparmi quella serie di parole che io reputo inutili.-
dissi io e lui chiuse con forza la porta, facendomi sussultare. Presi
un
respiro e cominciai a vestirmi con velocità. Questione di
pochi minuti e sarei uscita
da quella maledetta prigione, una prigione molto accogliente
però. Mi avviai
verso la porta, girandomi un ultima volta a guardare
quell’oggetto che aveva generato la lite. Nel
corridoio incontrai la signora Scrout con una pezzolina in mano,
sicuramente da
lì a poco sarebbe servita per spolverare un mobilio.
-Buona
giornata Scrout.- la salutai
calorosamente con un abbraccio. Penso sia l’unica cosa
positiva in quella casa.
Notai dei ricci spuntare dalla porta del bagno, molto probabilmente ci
stava
spiando.
-Ti
farai rivedere, vero?- domandò interrompendo
l’abbraccio, mettendo le sue mani ai lati delle mie braccia.
Se avrei promesso
una cosa del genere non sarei stata onesta con la persona che avevo
dinanzi a
me, e a lei, anche se era da poco, ci tenevo veramente.
-Se
ti rispondessi sì, direi solo una grande
bugia.- risposi con sincerità.
-Non
importa, ci sarà un'altra occasione.-
concluse tuffandosi su di me. Abbracciarla di nuovo fu come se tutte le
emozioni che non avevo provato nella mia vita, in quel momento fossero
rinate. Poche
persone avevano veramente dimostrato il loro affetto verso me.
Sciogliemmo l’abbraccio
e lui era ancora lì.
-Ciao.-
disse lui lasciando la sua
postazione e, senza neanche farsi scrupoli mi salutò con la
mano dirigendosi
verso la sua stanza, sbattendo dopodiché, la porta.
-Beh,
è un ragazzo strano.- mi consolò
la signora Scrout ma non sapeva che io ci ero abituata.
-Lo
so, lo so.- risposi a bassa voce.
Mi diressi
verso la scalinata, seguita poi dalla Scrout. Aprendo il portone di
legno
massiccio, lei mi salutò con una pacca sulla spalla.
Una volta
uscita dalla reggia mi trovavo catapultata nel centro di Londra, in cui
la
confusione della Domenica era ben evidente. Cacciai dalla tasca dei
jeans il
mio cellulare, chiamando la mia ciufolosa. Uno squillo, due squilli,
tre
squilli e… segreteria telefonica. Ottimo, davvero molto
fortunata Roberta!
Essendo
mattina presto potevo liberamente uscire per la mia città.
Mi soffermai su
tutte le vetrine presenti nei corsi più importanti, in cui
le etichette Prada,
Gucci ecc. facevano da cornice. Insomma l’insieme di tutto
quello che non mi
sarei mai potuta permettere. La suoneria del mio cellulare
attirò l’attenzione
di tutti i presenti ed io sorrisi timidamente. Era la mia migliore
amica.
-Con
quale coraggio ti permetti di inserire
la segreteria telefonica alla tua migliore amica?- cominciai
la mia
ramanzina, scherzando.
-Ero
da… beh hai capito.- concluse
convinta che io l’avrei capita e così fu.
-Ehm,
da Niall giusto?- risposi con
ovvietà, ricevendo poi il suo consenso.
Che non fosse
più amico di Harry, non credo mi interessasse più
di tanto, penso sarebbero
rimasti pur sempre amici anche se dopo la lotta tra Harry e Niall molte
cose
erano cambiate.
Angolo
Autrice:
Mi scuso per
il capitolo, perché come potete ben vedere è
molto corto. Quindi scusate,
scusate tanto. Per questo cercherò di aggiornare al
più presto. Ho tantissimi
problemi con la connessione a casa, e quindi visto che stasera sarei
andata a
casa di mia nonna ne ho approfittato per aggiornare.
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Capitolo 18 *** George e Luke ***
CAPITOLO 18
La paura che mio zio si potesse ripresentare cominciava a farsi sentire, perché, siamo sinceri, Harry con quel colpo non l’aveva di certo steso. Lo conoscevo molto bene, si sarebbe fatto vivo, anche a distanza di molti giorni. Continuavo a camminare per Londra senza una meta, le persone in quel corso sembravano tutte così felici, forse lo sarei stata anche io un giorno.
-Oddio vieni, vieni.- un tono di voce divertito guizzò fuori dalle altre attirando la mia attenzione. Voltandomi alle mie spalle scrutai ogni singola persona. Beh… mi sbagliavo, pensavo fosse la mia amica. Mi rassegnai e continuai per la mia strada, fino a quando non fu un pizzicotto a fermarmi. Avevo ragione, era la mia ciufola. Pensavo fosse in compagnia di qualcuno data la sua precedente esclamazione, sicuramente rivolta ad una persona.
-Come mai in giro a quest’ora?-
-Potrei farti la stessa domanda sai?- risposi scatenando una risata. Il suo cellulare segnò l’arrivo di un messaggio ed una volta letto mi invitò a seguirla. Non era sola.
-Quindi non sei sola?- chiesi continuando a camminare e lei mi rispose con un no. Entrammo in un bar del corso e ci recammo verso un tavolino di 4 persone, ne riconobbi solo una, ed era Niall.
-Roberta, ti presento George…- disse indicandomi un ragazzo dai capelli biondi, facendo un cenno di mano concentrandosi di nuovo sulla sua birra.
-…E Luke.- concluse presentandomi l’ultimo ragazzo a me sconosciuto, ma che attirò la mia attenzione quando si alzò per stringermi la mano, insomma per fare una presentazione come si deve, e da questo ne restai sbalordita.
-Vieni, siediti qui.- disse indicandomi il posto accanto al suo. Annuì con un cenno di testa. Richiamai la mia amica con delle occhiate e lei rispose con un risolino, come se fosse divertita del mio imbarazzo, cominciando a parlare con Niall, ecco perfetto ora anche lei non mi calcolava.
-Finalmente conosco la ragazza di cui ne parla sempre Giada.- la voce del ragazzo al mio fianco, ovvero Luke attirò la mia attenzione, cercando di dar inizio ad un discorso. Sorrisi stritolando le mie povere dita.
-Non essere in imbarazzo.- disse prendendomi una mano, incatenandola alla sua. Questo ragazzo non faceva altro che stupirmi sempre di più, scrutai per bene la mia mano in contatto con la sua ed alzai il capo incontrando gli occhi stupendi di cui non sapevo ne fosse possessore.
-Raccontami un po’ di te.- propose sorridendo, continuando a mantenere il contatto. Parlare tranquillamente si presentò piuttosto difficile, ma la semplicità di quel ragazzo fu come un calmante ed iniziammo un lungo discorso. Guardai per un attimo difronte a me sentendomi osservata e trovai la mia amica che parlando con l’altro ragazzo mi fissava con uno sguardo compiaciuto. Le sorrisi e lei ricambiò con un occhiolino. Il tempo volò e si fecero le 11:30. Era ora di andare ormai.
-Ragazzi, mi ha fatto piacere conoscervi, ma ora dovrei andare.- avvisai tutti, alzandomi dalla sedia e chi se non Luke, si offrì per accompagnarmi a casa. Salutai tutti con un cenno di mano e accompagnata da lui arrivammo alla sua macchina.
-Prego Signorina.- disse aprendo la portiera, da vero gentiluomo. Mi sembrava tutto così strano, nessuno prima d’allora \mi aveva trattato in quel modo.
-Medison Street.- risposi alla domanda che lui precedentemente mi aveva posto non appena entrò nella macchina. Rispose con un sorriso, il più bello che io abbia mai visto. Mi soffermai sui suoi lineamenti, lo facevano molto come un secondo Di Caprio. Partendo dagli occhi blu mare arrivai alle labbra, assomigliavano solo un po’ ad una persona che a me pareva familiare. Ci riflettei un po’ su, ricordandomi di cosa si trattava facendo un piccolo balzo sul sedile. George se ne accorse.
-Tutto bene piccola?- domandò accarezzandomi con il palmo della sua mano una coscia. Diventai paonazza in viso, il pensiero che potesse essere un cattivo uomo emerse nella mia mente ma scomparse sul momento. Conclusi il discorso.
-S-si, solo un brivido improvviso.- sorrisi, un sorriso forzato. Quelle labbra assomigliavano molto a quelle di Harry. Erano visibilmente uguali. Pensai subito che tra loro ci potesse essere un qualche rapporto di parentela, insomma non si sa mai. Dopo un paio di minuti arrivammo finalmente a destinazione, rompendo il ghiaccio che si era creato nell’ultima parte del viaggio.
-Grazie mille.- dissi non ricevendo nessuna risposta, pareva come se fosse assente. Lo richiamai.
-Luke?-
-Scusa, non avrei dovuto.- si svegliò dal suo stato di trance, guardando la strada dinanzi a noi.
-Non capisco.- dissi socchiudendo gli occhi.
-Non avrei dovuto toccarti.-
-Oh beh... va tutto bene.- cercai di consolarlo, ammetto si che il suo gesto era stato un po’ troppo affrettato ma, capita.
-Scusami ancora.- disse catapultando il suo sguardo verso il mio, tuffandomi all’interno di quell’oceano che erano i suoi occhi. Mi avvicinai verso lui e le diedi un bacio sulla guancia. Non ero consapevole del gesto che avevo appena compiuto, avevo reagito d’istinto.
-Ci vediamo.- sorrisi aprendo la portiera ma fui bloccò da una presa salda al gomito. Voltandomi, lo guardai con uno sguardo interrogativo. Con molti giri di parole, arrivò alla richiesta vera e propria… voleva il mio numero di telefono. Mi consegnò il suo IPhone, molto probabilmente il primo che io abbia preso nelle mie mani, sì, è molto strano. Registrai il mio numero e lo diedi indietro, salutandoci, adesso, definitivamente.
Scesi dall’auto e partì subito in quarta, suonando il clacson. Una volta scomparso dalla mia vista mi recai verso il cortile di casa, infilando la chiave argentata nella serratura pensai “casa dolce casa”. Avevo bisogno di farmi una doccia e per questo salì al piano di sopra per aprire il rubinetto e far uscire, per lo meno dell’acqua tiepida. Una volta riempita metà vasca, mi spogliai fiondandomi nell’acqua che non era né calda né fredda. Anche se era estate era pur sempre piacevole un po’ di calore.
Mi rilassai, insaponandomi per bene e lavandomi dopodiché, anche i capelli. Pochi minuti ed ero già fuori con il mio asciugamano giallo fluo. Tamponai con un altro asciugamano i miei lunghi capelli togliendo l’acqua di troppo, asciugandoli definitivamente con il Phon. Uscì finalmente dal bagno, recandomi verso l’ingresso dove avevo lasciato il cellulare. La schermata Home segnava un messaggio dalla mia migliore amica e ciò diceva:
-Scema, non dimenticarti della serata piccante.- all’inizio non capì ma poi ricordai che quella sera sarei dovuta uscire con Deyan. Raccolsi i capelli nella mano e li lasciai cadere con uno scatto fulmineo, ormai stanca per tutta la giornata trascorsa.
Chi poteva dire che non avrei rimandato l’appuntamento? Ma continuare ad avere quel peso sopra non era la miglior cosa. Forza Roberta, un ultimo sforzo e poi potrai indossare il pigiama di pecorelle ed andare dritta dritta a letto.
Nuovo messaggio: Deyan (parli del diavolo e spuntano le corna)
-Ehi Roby, ti passo a prendere fra mezz’ora. Tieniti pronta.- non terminai neanche di leggere il messaggio che mi catapultai nella fatidica scelta di un vestito decente da mettere per la serata. Dato che non indossavo molto spesso abiti eleganti non avevo molta scelta ed optai per un tubino nero semplice e dei tacchi non molto alti del medesimo colore. Lascia i capelli morbidi sulle spalle ed infine passai al trucco, mettendomi solo uno strato leggero di cipria e del eyeliner per gli occhi. Indossai i vestiti ed ero già pronta.
Arrivata giù all’ingresso, mi sistemai sulla poltrona che da sempre aveva attirato la mia attenzione, per la sua comodità ovviamente. Accorgendomi del mio grande anticipo non appena guardai l’orologio che segnava ancora le 7:15 decisi di dedicarmi interamente alla pulizia della casa che, si presentava piuttosto disordinata.
Dlin Dlon. Fu il campanello a richiamarmi mentre passavo l’aspirapolvere al piano di sopra. Scesi con velocità gridando all’unisono il mio arrivo. Aprendo la porta mi trovai davanti quella chioma riccioluta tanto simile alla mia. La domanda sorse spontanea… cosa voleva a quell’ora, non che fosse tardi ma non si era mai fatto vivo la sera. Fu Harry a spezzare quel blocco di ghiaccio che si era venuto a creare.
-Posso entrare?- chiese alzando la mano posizionandola dietro la nuca. Certo, che stupida. Mi spostai automaticamente dopo la sua richiesta.
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Capitolo 19 *** Lui è mio fratello ***
CAPITOLO 19
Dopo aver chiuso la porta controllai un attimo l’orario per regolarmi del tempo che avevo a disposizione. Ne avevo davvero poco e non sapevo il perché della visita improvvisa di Styles. Mi scrutava dall’alto verso il basso con uno sguardo interrogativo, come se volesse capire il perché di quell’abbigliamento così elegante. E la domanda c’era da porsela veramente, mai avevo indossato un vestito e per di più che lasciasse intravedere le curve che tanto odiavo. L’ultima volta che indossai un vestitino fu prima della morte di mia madre, lei amava vestirmi con colori tenui, non che dessero nell’occhio. Sicuramente non ero il prototipo di figlia che lei avrebbe voluto.
-Stai uscendo?- le mie mani che in quel momento erano tese si unirono sfregandosi l’una contro l’altra, segno di nervosismo, ciò che provavo in quel momento era nervoso. Annuii col capo e non dando molta importanza alla sua domanda mi recai in cucina. Sulla misera penisola della cucina vi era una birra che io avevo cacciato dal frigo prima che lui arrivasse, nell’intento di berne un sorso. Mentre stappavo con delicatezza la bibita alcolica un rumore richiamò la mia attenzione. Feci dei passi indietro e la poltrona dove era precedentemente seduto Harry, era vuota. Con la birra in mano mi recai nel salotto dove trovai Styles impegnato nel guardare una vecchia foto di famiglia.
-Sono i miei genitori.- dissi una volta raggiunto porgendoli la birra, che non esitò ad assaggiare subito dopo. Tirai su col naso, ero pur sempre piccola ma ricordo ancora quando ci preparammo per fare quella foto, perfetta da tutti i punti di vista.
-E lui?- chiese indicando il ragazzino accanto a me che in quello scatto tirava giocosamente le mie guanciotte rosee, come dimenticare la sua dolcezza. Da piccolo desiderava così tanto una sorellina che quando finalmente il suo desiderio fu esaudito non mi lasciava mai da sola.
-Lui è mio fratello.- risposi con voce bassa mentre gli occhi iniziarono a pizzicare.
-È, beh… è morto con i tuoi genitori?- chiese rammaricato continuando a guardare il quadro come se fosse un pezzo pregiato del Louvre.
-No, Brian non era in macchina con i miei genitori ma non lo vedo ormai da tanto tempo.- conclusi sospirando con le lacrime che minacciavano di uscire. Aveva toccato il mio tasto dolente, da piccola chiedevo sempre di lui e avevo intenzione di cercarlo ma una volta rinchiusa in quella casa famiglia, ogni sforzo era inutile ed abbandonai tutto. Passati gli anni il desiderio di riabbracciare mio fratello non era svanito, ma non sapevo da dove iniziare le mie ricerche. Guardai il soffitto cercando di spostare a dopo il mio sfogo, sospirai facendo un finto sorriso.
-Riuscirai a trovarlo.- esclamò convinto. Finalmente staccò gli occhi dalla foto, catapultandoli su di me.
-Non credo.- dissi interrompendo il contatto visivo girando il capo alla mia destra. Ormai mi ero rassegnata all’idea di ritrovarlo.
-Se qualcosa la vuoi con tutto il cuore, la otterrai.- mi accorsi della sua vicinanza quando ritornai nella posizione iniziale. Diventai subito rossa ed era piuttosto imbarazzante perché con la mia carnagione si notavano tantissimo, e dopo poco ricevetti la conferma dal risolino di Styles. Pochi minuti e avrei preso fuoco, quella vicinanza mi era fatale. Guardai ancora per poco quegli occhi smeraldo dopodiché scostai per l’ennesima volta il mio viso, ma ero consapevole che il suo sguardo era ancora fisso su di me. Sussultai quando sentii il lato del mio collo inumidito da dei baci inizialmente dolci che si trasformarono in succhiotti veri e propri non appena stesi la mia mano verso i suoi capelli ricci, tirandoli con forza.
In un batter d’occhio ci trovammo stesi sul divano, io sotto di lui. Era tutto così strano, non avrei ceduto alle tentazioni del ragazzo sopra di me, ma staccarsi si rivelava difficoltoso ora che il piacere mi aveva pervasa completamente. Da lì ci furono solo sguardi intensi, era come se comunicassi con lui attraverso gli occhi, i suoi splendidi occhi. Continuò a baciare lo stesso lato del mio collo, facendomi rilasciare un gemito improvviso.
Aprii gli occhi di scatto quando il campanello squillante mi risvegliò dal mio stato di trance. Feci alzare subito Harry dal mio corpo, evidentemente deluso dall’interruzione. Prima di aprire la porta controllai allo specchio se ero presentabile e… no, avevo due succhiotti sul collo che, per mia fortuna riuscii a coprire con i capelli. Il campanello mi richiamò ed esclamai ad alta voce il mio arrivo. Feci cenno ad Harry di salire al piano di sopra, e dopo dei numerosi sbuffi capì che era la cosa giusta da fare, per mia fortuna.
-Sei uno schianto.- disse Deyan non appena spalancai la porta rivelando il ragazzo con una maglietta e dei jeans scuri con dei scarpini eleganti.
-Grazie, anche te. Ti dispiacerebbe entrare due secondi? Devo finire un attimo una cosa.- dissi facendolo accomodare sul divano.
-Arrivo.- dissi prima di salire con velocità la breve scalinata. Era appoggiato sul muro del corridoio, aveva sentito tutto e, aveva capito tutto dato che aveva in mano il mio cellulare sulla schermata dei messaggi.
-Chi è quel ragazzo?- chiese non staccandosi dalla parete, era evidentemente arrabbiato ma non ne capivo il perché.
-Dovresti saperlo ora che hai letto quasi tutti i miei messaggi.- dissi, e con uno scatto tolsi dalle sue mani il mio cellulare. Non era ancora arrivato alla conversazione con Deyan, meglio così credevo, pochi minuti prima che Harry si catapultasse al piano di sotto, i miei richiami si rivelarono inutili quando raggiunse la sala dove era seduto Deyan. Lo girò verso di sé e t’un tratto la sua ira si placò come se avesse intuito telepaticamente la mia preoccupazione. Lo lasciò andare e si catapultò verso la porta d’uscita. Cercai di richiamarlo ma era troppo tardi, era già uscito.
-Scusami, scusami davvero, non so cosa li sia preso.- la mia voglia di uscire in quel momento era pari a zero e proposi a Deyan di uscire un’altra sera e lui la prese abbastanza bene, voleva lasciarmi un po’ di spazio per riflettere dopo l’accaduto. Chiusi la porta e mi posizionai su di essa una volta chiusa, sospirando. Legai i capelli con l’elastico che avevo sempre al mio polso in caso di emergenza e mi recai al piano di sopra, precisamente nel bagno. Presi una salviettina struccante e liberai il mio viso dalla poca quantità di trucco, infine lavai i denti e mi recai nella mia stanza, lasciando la porta del bagno socchiusa. Accesi la luce e guardai la mia immagine riflessa nello specchio del mio comò, accusai un colpo al cuore quando guardando bene alle mie spalle notai la presenza di qualcuno, ovvero Harry.
-Cosa ci fai qui?- domandai con l’affanno causato dallo spavento.
-Sono entrato dalla finestra quando ho sentito che non saresti uscita questa sera.- disse sedendosi sul mio letto, come se non fosse successo niente.
-Perché hai reagito così?- chiesi rievocando il nervosismo di pochi istanti fa.
-Credevo fosse un’altra persona.- cercò di giustificarsi, ma non l’avrei bevuta così facilmente. Questa volta esigevo spiegazioni e le chiesi la verità.
-Credevo fosse quel Luke dei messaggi.-
-Cosa centra lui adesso?- chiesi mettendomi a braccia conserte.
-Lo conosco e non è una brava persona.- per quel poco che lo conoscevo potevo dire che era il ragazzo più dolce di questo mondo, lasciando stare l’episodio nella macchina ma si sa, nella vita tutti sbagliano.
-Beh… ti sbagli, è la persona più dolce che io abbia mai conosciuto.- obiettai all’affermazione di Styles.
-Che ti ha fatto, il lavaggio del cervello per caso?- chiese ridendo amaramente, l’atmosfera si fece piuttosto pesante.
-Nulla di tutto quello che tu stia pensando.- risposi convinta. Si alzò di scatto avvicinandosi al mio viso.
-Stai lontana da quel ragazzo.- disse scostando i capelli dal collo, ammirando la sua opera, completandola con un altro bacio.
-Mai.- risposi sospirando e a quell’affermazione si allontanò di scatto colpendo la sedia posizionata accanto alla finestra, dopodiché uscì dalla mia camera calandosi dal davanzale. Sobbalzai all’azione del ragazzo e coprì d’istinto con la mano la mia bocca, oramai stanca di faticare per mantenere le lacrime che stavano quasi per rompere gli argini.
Avevo visto così tanto quella parte violenta di Harry, è vero, ma rabbrividì al solo pensiero dei suoi precedenti comportamenti. Scoppiai in un pianto isterico, il muro di difesa costruito con fatica nel corso degli anni non aveva funzionato. Passarono pochi minuti ed ero sempre assolta nei miei pensieri che sicuramente mi avrebbero tenuta sveglia l’intera notte. Indossai il pigiama che aderì perfettamente al mio corpo e mi intrufolai nel letto.
Non vedevo il perché del suo nervoso quando si parlava di Luke, non mi sarei allontanata dal bravo ragazzo il quale era lui, fino a prova contraria. E dopo quest’ultima riflessione, strano ma vero, mi lasciai cullare dalle braccia di Morfeo.
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Capitolo 20 *** Piaciuto il bacio eh? ***
CAPITOLO
20
Mi svegliai
piuttosto presto, colpa della stupida sveglia che avevo programmato la
sera
prima. Scesi al piano di sotto, preparando del caffè. Solo
dopo decisi di accompagnarlo
con un mini-cornetto alla crema. Mi ci voleva un sano pasto mattutino
per
iniziare bene la giornata. Mentre facevo colazione adoravo guardare le
persone,
ancora stanche, correre di qua e di la, per questo mi posizionavo di
fronte
alla finestra dove al di sotto vi era un piccolo bancone posizionato
appositamente per il primo pasto. Alcune volte si poteva assistere a
delle
scene a dir poco cinematografiche, e onestamente in quel momento non so
se
essere felice o triste, ma è normale che la risata parta
automaticamente.
Spero.
La tazzina
fumante di porcellana era avvolta dalle mie mani, mordevo il cornetto
in
alternanza con i sorsi del caffè-latte. Dopo aver assaporato
per bene l’ultimo
pezzo del dolce portai il tutto nel lavabo, avrei messo a posto solo
dopo il
mio ritorno.
Chiusi la
porta dietro le mie spalle cominciando a camminare con passo svelto.
Decisi di
inoltrare le stradine secondarie, non che mi piacesse percorrerle,
insomma non
erano così accoglienti, lo facevo al solo scopo di
risparmiare tempo e strada.
Arrivata alla fine feci una passo per avvicinarmi alla strada da
attraversare,
ma accusai un colpo al cuore non appena una persona, se così
potevo chiamarla,
mi passò davanti con un’elevata
velocità.
Feci dei
passi indietro appiccicandomi al muro e ripresi fiato,
dopodiché mi affacciai
per la seconda volta osservando la figura che continuava a mantenere lo
stesso
passo. Riuscì solo a vedere il colore biondo cenere dei suoi
capelli, niente di
più dato che dopo scomparì dalla mia vista. Un
colpo al cuore, insomma, era ciò
che mancava per iniziare bene la giornata. Per mia fortuna arrivai in
tempo per
servire i primi due potenziali clienti, che avevano precedentemente
richiesto
dei milk-shake. Niente di impegnativo mi riservò quella
giornata, solo la
monotona vita da cameriera. Verso l’ora di pranzo terminai il
mio arco di tempo
lavorativo, giornaliero.
Spalancai la
porta di casa avvertendo un po’ la puzza d’aria
consumata, e la prima cosa che
feci non appena sorpassai la soglia di casa fu aprire le finestre e
lasciare
libero accesso ai raggi del sole, che in quel momento andarono a
pungere la mia
pelle, regalandole un momentaneo colore dorato. Lavai i piatti della
sera prima
e la tazzina di stamani. Avevo pensato di azionare la lavastoviglie ma
arrivai
alla conclusione che non ne sarebbe valsa la pena. Passai
l’aspirapolvere per
casa pensando al comportamento di Harry, ai suoi baci. Automaticamente
andai a
toccare con i polpastrelli il mio collo dove vi era la piccola macchia
rossastra. Sussultai al mio tocco, definito troppo brusco al contatto
con la
mia stessa pelle dolorante. Voltandomi trovai lo specchio che forniva
l’immagine inespressiva di una ragazza che accarezzava un
lembo di pelle, quel
lembo di pelle. In quell’arco di tempo mi sentii osservata e
voltandomi osservai
la stanza che mi si presentava davanti. Solo dopo due secondi decisi di
tornare
ai miei lavori domestici, anche se non ero ancora del tutto lucida.
Posizionai
l’ultimo oggetto sul tavolo dopo averlo spolverato per bene.
Ed eccomi qui,
quasi un’ora per rendere presentabile il mio appartamento.
Non si poteva dire
che la casa ora splendesse ma pe lo meno era presentabile. Mi
posizionai comoda
sul divanetto a guardare un film, di qui non ne sapevo ancora il nome,
non
avevo molti film e quindi la scelta non fu così lunga.
Aspettai prima di
premere il pulsante play andando a preparare dei popcorn nel microonde,
dopodiché passati tre minuti tornai nel salotto, spensi la
luce e… che lo
spettacolo abbia inizio!
Fottuto film
sdolcinato che mi ha fatta emozionare. E quale altro film se non
Titanic mi
avrebbe fatta piangere, c’era da dire che quel Di Caprio era
qualcosa di
stupendo.
-No,
non lasciarlo andare… che puttana.-
dissi rassegnata mettendo in bocca l’ultimo pop-corn. Rose
aveva lasciato la
mano del suo amato, sapendo già che non l’avrebbe
mai più rivisto. Posai la
coppa ormai vuota al mio fianco concentrandomi sul finale del film, che
avrei
sicuramente soprannominato il migliore di sempre.
Ma dico io,
in tanti singoli momenti della giornata proprio adesso doveva suonare
il
citofono, proprio durante la parte più commovente del film,
io dovevo
assentarmi. Cercai il telecomando per pochi secondi mettendo in pausa
ed andai
ad aprire con passo svelto. Oh, era Luke.
-Ciao
bellezza.- mi salutò marcando l’ultima
parola. Non capivo.
-Ciao
Luke, entra.- ricambiai facendolo
accomodare. Percorremmo il piccolo tragitto per arrivare al salotto e
guardai
la mia immagine riflessa nello specchio disposto
nell’ingresso. Cosa avevo che
non andava? Tutto, decisamente tutto. Avevo il trucco sbavato,
ringraziai Dio
di non aver usato molto trucco, d’altronde non era mio solito
abusare di
mascara e cose varie. Per non parlare dei capelli che erano un misto
tra una
coda ed uno chignon venuto male, molto male. Provai a togliere il prima
possibile l’eccesso con il palmo della mano.
-Vedo
che stavi guardando un film. Disturbo?-
chiese cortese notando la televisione ferma sempre su
quell’immagine.
-No,
tranquillo era in fine ormai- dissi
andando ad estrarre il film dal lettore ma prima di poterlo fare Luke
mi
stoppò.
-Se
vuoi potremmo vederlo insieme.-
propose indicando la televisione, sedendosi sul divano. Annuii e
posizionandomi
accanto a lui, ma non tanto vicina, feci continuare ancora per poco il
film.
Continuavo ad asciugare le lacrime con i palmi delle mani e tiravo su
col naso
silenziosamente. La colonna sonora del film già di per
sé faceva piangere,
immaginate vedere l’intero film. Iniziati i titoli di coda
andai ad accendere
la luce , asciugando per l’ennesima volta l’ultima
lacrima. Estrassi il DVD dal
lettore lasciando la televisione accesa su Mtv music. Andai in cucina
per
prendere la bottiglia di coca-cola, l’unica bevanda che avevo
in casa in quel
momento. Riempiendo due bicchieri tornai nel salotto.
-Grazie.-
rispose mentre gli porgevo la
bevanda. Bevemmo qualche sorso e cominciai a cambiare stazione
televisiva.
Rinunciai non trovando nessun programma interessante, ritornando al
programma
iniziale.
-Volevo
sapere se stasera vorresti uscire.-
disse nervoso mentre posavo il telecomando sul tavolino.
-Volentieri.-
lo tranquillizzai con un
sorriso a trentadue denti. Ricambiò abbassando lo sguardo,
era così tenero,
adoravo la sua timidezza. Ero consapevole che anche io lo ero ma in sua
presenza era come se mi privassi di quel mio caratterino nascosto,
uscendo allo
scoperto. Insomma, riuscivo ad essere me stessa.
-Beh,
credo sia ora di andare.- spaccò
il blocco di ghiaccio comunicando la sua esigenza di andare.
-Come
vuoi.- dissi sorridendo, alzandomi
automaticamente dopo di lui. Lo accompagnai alla porta.
-Questa
sera passo verso le nove.- disse
continuando a guardarmi come se fosse indeciso su cosa fare. Si
avvicinò a me
tramite uno scatto, eravamo vicini, osservava le mie labbra, sentivo il
suo
respiro sul mio. Avvicinandosi ancora di più strizzai gli
occhi ,con il battito
del cuore a mille. Mi rilassai non appena avvertì il suo
contatto, solo sulla
guancia. Si allontanò con estrema lentezza.
-Ci
vediamo.- disse imbarazzato, guardando
in basso. Uscì dal mio cortiletto e chiusi il portone non
appena la sua figura
scomparve per le vie della città. Sospirai con
l’intento di andare in cucina ma
prima di sorpassare la soglia una voce proveniente dalle scale
catturò la mia
attenzione.
-Piaciuto
il bacio eh?- mi bloccai per
pochi istanti dopodiché mi voltai col cuore in gola. Guardai
da dove proveniva quella
voce, dalla scala. Harry? Cosa ci faceva lì?
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Capitolo 21 *** Boccolo ***
CAPITOLO
21
Con
l’intenzione di tornare in cucina chiusi la porta
d’entrata. Cosa mi ha fatto
cambiare rotta successivamente? Un tono di voce graffiante, che mi fece
rabbrividire. Non è da tutti giorni trovare dentro la tua
abitazione un
ragazzo, per lo più ero anche sola. Sarei svenuta se solo
non avessi saputo a
chi apparteneva quella voce. Ma questo sicuramente non placava la mia
ansia.
Dovrei arrabbiarmi riguardo tutte queste sue improvvise entrate in
scena. Il
pensiero di un suo imminente ruolo di stalker si fece vivo. Era sulle
scale e
con passi lenti si avvicinava a sua destinazione.
-Piaciuto
il bacio, eh?- disse
sarcastico
-Per
quanto mi riguarda, non dovrei darti
nessuna spiegazione.- poco convinta di ciò che
avevo appena detto, guardai
la sua figura che poi fece ancora qualche passo in avanti. Scosse il
viso con
il suo solito sorriso, che io giudicai fuori luogo. Tornò
serio quando si
avvicinò lentamente al mio viso.
-Quante
volte dovrò ripetertelo…- non
osava allontanarsi di un centimetro, anzi avvertii una mia ciocca di
capelli
tesa da una forza che in quel momento lo avvolgeva come se volesse
darle ancora
più volume. -… Boccolo?-
Flashback.
-Dai
vieni, andiamo sull’altalena.-
disse correndo verso il luogo da lui indicato. Goffamente mi alzai dal
prato,
bloccandomi un secondo cercando di mantenermi in equilibrio. Osservai
la prima
altalena, ora occupata e mi precipitai verso l’altalena che
vi era accanto.
Avevo il respiro pesante, accompagnato da gemiti di frustrazione,
consapevole
che il mio obiettivo non lo avrei raggiunto. Non riuscivo a dare la
spinta che
poi avrebbe dato inizio al gioco. Sbuffai abbassando il capo, alzando
con le
mie scarpine un po’ di polvere. Alzai lo sguardo indirizzando
il mio sguardo a
sinistra. Lui era lì, che ormai andava avanti e indietro,
ogni volta sempre più
veloce. D’un tratto notai in lui un cambiamento di
espressione, che se ne fosse
accorto della mia scarsa dote nel dare la rincorsa? Tutto divenne
più chiaro
quando una volta fermata la corsa sfrenata della sua altalena, scese
percorrendo quei pochi centimetri che c’erano tra una
postazione e l’altra.
-Tieniti
forte.- disse andando di corsa
dietro le mie spalle. Non toccai più terra con i miei piedi,
essi osavano solo
farsi spazio nell’aria mite di primavera. Ridevo
energicamente stringendo
saldamente la presa alle cordicine.
-Prova
da sola ora.- propose lasciando, come da lui annunciato, il
suo compito che
avrei cercato di svolgere io.
-Quando
l’altalena viene dietro, piega le
gambe e quando invece viene in avanti alza il più possibile
le gambe,
concentrando nel corpo tutta la tua forza.- mi
spiegò con un linguaggio
piuttosto sdentato.
L’altalena
indietreggiò ed io piegai le ginocchia, sfiorando di poco
terra ferma. Ma dopo
aver inserito la prima marcia, dovevo subito inserire la successiva,
come da
copione. Con tutta l’adrenalina che avevo in corpo allungai
le gambe ed è lì
che mi sentii veramente soddisfatta per ciò che ero riuscita
a fare. Alle mie
orecchie riecheggiò il suono di un battito di mani agevolato
e inquadrai il
volto di mio fratello incorniciato da un sorriso che partiva da un lato
e
finiva al lato opposto. Continuavo ad accelerare il ritmo ma ad un
certo, ormai
stanca decisi di reprimere le spinte. Un riccio mi si
posizionò al di sotto del
naso e subito cercai di rimetterlo al suo posto. D’istinto
staccai una mano
dalla cordicina e misi il ricciolo dietro l’orecchio,
ciò fece precipitare il
mio corpo a terra, come una foglia dal suo ramo, solo un po’
più bruscamente.
Presa dallo
spavento le mie labbra cominciarono a tremare tra loro
finché una lacrima
sgorgò e cominciai a piangere senza ritegno. Fin da subito
attirai l’attenzione
di mio fratello che si precipitò prontamente.
-Ma
non è niente.- dicevano così anche
quando praticamente la situazione era abbastanza grave, ma questo, per
fortuna,
non era il mio caso. Nelle braccia di mio fratello le lacrime finirono
di
rigare le mie guanciotte, tanto amate dal sottoscritto.
-Torniamo
a casa, boccolo.- disse così
prima di allontanarmi dal suo petto e guardando i miei capelli
perfettamente
ricci. Sorrise prendendomi in braccio a mò di sacco di
patate scatenando la
risata di entrambi.
Fine
Flashback.
Ebbene
sì,
quello era il nomignolo che era solito usare mio fratello Brian, almeno
fino a
quando non scomparve dalla mia vista portando con sé tutta
la mia infanzia
spensierata. Quanto sarei voluta tornare indietro, per impedire che
tutto
questo accada. Immagino solo come sia alzarsi con il profumo di
caffè
nell’aria, andare nella cucina e trovare la propria madre a
preparare dei
pancakes. Beh, questo è tutto ciò che
è mancato nella mia vita. Con gli occhi
lucidi alzai il mio viso notando Harry che ancora era dinanzi a me,
solo che il
pizzico di malizia che prima era nel suo sguardo era scomparso
lasciando spazio
a uno sguardo interrogativo, quasi dispiaciuto.
-C-come
sai?- non riuscii a dare alla
frase un senso compiuto a causa delle lacrime che iniziarono a
scendere, prima
una, poi due, fino a diventare indecifrabili.
-Cosa?-
disse preoccupandosi, ed io,
pronta ad una sua simile domanda, risposi a fatica.
-Q-quel
nome.- ecco qui tutte le
spiegazioni che sapevo offrire ad Harry, per far capire almeno di cosa
stessi
parlando, cosa abbastanza introvabile. Asciugai, quel poco che potevo,
le
lacrime con il palmo della mano. Styles non ci pensò due
volte ad avvicinarsi e
a sua volta, prendere tra le sue enormi mani, il mio viso.
-Cosa
significa?- evidentemente aveva
capito, per mia fortuna, o non sarei riuscita a spiegare sobriamente
l’intero
accaduto. Continuavano a scendere le lacrime mentre continuavo a
mantenere il
contatto visivo con quel ragazzo che aveva dato il via a questa dannata
conversazione. A volte odiavo ripensare al mio passato,
perché altro non facevo
che rimpiangere tutto quell’affetto che, ormai non ne era
rimasta neanche
l’ombra. Nel giro di pochi secondi mi trovai a contatto con
il petto di Harry,
colui che sapeva cambiare umore da un momento all’altro.
Mentre
continuavo a pensare a mio fratello, il respiro di Styles mi faceva di
sottofondo. In quell’istante pareva che Harry fosse la
rincarnazione di Brian.
Quella posizione, mille lacrime, tutto era uguale a tanti anni fa.
Forse ero io
stessa a dire che ero sola, quando poi… non lo ero. Avevo un
ragazzo qui
davanti a me, che, a parte il passato, aveva mantenuto la sua promessa.
Andai a
posare le mie braccia sulla schiena di Harry, come se potesse essere,
in quel
momento la mia ancora di salvezza. Lui, invece, scosso dalla
situazione,
allentò di poco la sua stretta ma, con il fiato sospeso,
attendevo che le sue
braccia ritornassero alla posizione di prima.
Cominciai a
respirare, quando mise il mento sul mio capo, strofinando
delicatamente. Chiusi
gli occhi e scese un ultima lacrima, ma questa volta non sapevo come
definirla.
Se era dovuta alla tristezza o alla… no, non sapevo come
definirla.
-Mi
chiamava così… Brian.- dissi mentre
ancora ero incollata al corpo di Styles. Ricevetti solo dei gesti di
consolazione.
-Ero
così felice.- rimpiangevo sempre, e
sempre così sarebbe stato, la mia infanzia.
-Ti
farò felice.- determinato e sicuro
di sé disse queste parole, quasi raggiungendo la
velocità della pubblicità dei
medicinali.
-Usciamo.
Ti porto in un locale.-
-Ma,
stasera dovrei uscire con…- non mi
fece terminare la frase che con la sua euforia, suggerì di
rimandare tutti i
miei impegni.
-Rimanda
i tuoi impegni, stasera esci con
me.- disse precipitandosi sul divano dove vi era il mio
cellulare, e me lo
porse.
-Forza.-
mi incoraggiò. Ed io non
obiettai.
-Pronto?-
rispose al secondo squillo. –No,
stasera non posso uscire.- lo
informai del cambiamento di programma per la seconda volta
e… non so come la
prese, l’importante era che, almeno per una sera sarei stata
tranquilla, senza pensieri.
Chiusi la
telefonata e guardando lo schermo del cellulare, spostai il mio sguardo
a
Harry, sorridendo. E per la seconda volta mi accolse fra le sue
braccia.
Cominciava a piacermi tutto questo… ne avevo bisogno.
Non ero
sola.
ANGOLO
AUTRICE:
Scusate,
scusate, scusate. Ho tardato tantissimo e sono riuscita ad aggiornare
prima di
Pasqua. Vorrei cogliere questo momento per augurarvi Buone Feste, HAPPY
EASTER alle mie lettrici. Tornando invece,
al capitulus, troviamo lo sfogo di Roby e la consolazione ben riuscita
di
Harry… bravo ragazzo! Cosa avrà così
tanto da preoccuparsi Harry nei confronti
di Roberta, in presenza di Luke? Cosa c’è che non
va in Luke, anche
se sembra un ragazzo per bene? Al
prossimo capitolo ragazze.
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Capitolo 22 *** A Brixton ***
CAPITOLO
22
-Vista la tua
scarsa dote nel mantenere l’alcool ho
pensato di lasciarti dormire. La colazione… la colazione,
scusami ma non ho
fatto in tempo a preparare un misero pasto. La cucina è
tutta tua. H. xx.-
Bene. La
comunicazione scritta su tanto di foglio attirò la mia
attenzione solo dopo che
il mio forte mal di testa fosse passato. Che più di un mal
di testa pareva una
noce di cocco che osava colpirmi ripetutamente. Non avrei mai
più bevuto così
tanto. Quelle sostanze trasformavano il momento in qui le si bevevano
immensamente spensierato. Credi di stare in un mondo tutto tuo,
è il risveglio
che ti riporta alla realtà.
Scesi di
sotto, sbuffando. Avevo una gran fame e per un momento dovevo mettere
da parte
il mal di testa per la sbronza e sfamare i miei istinti. Mi ci vollero
non
pochi minuti a trovare tutto l’occorrente per preparare delle
frittelle.
Comprensibile se ci si trovava davanti ad un immenso numero di
ripostigli, non
che fosse così grande la cucina ma era ben fornita. La
cucina di ultima
generazione faceva sì che tu cucinassi il prima possibile.
Posizionai la
frittella sul fornello ed essa aspettava solo che il calore trapelasse
dalla
padella.
Mentre
invece preparavo il caffè i miei pensieri avevano un solo
nome: Giada. Non la
sentivo, né vedevo da quasi un mese, ed era piuttosto
strano. Forse avevo
sbagliato a non farmi viva in questi giorni ma nella maggior parte dei
casi era
lei che osava chiamarmi, organizzando una delle solite uscite.
Ero uscita
da poco lasciando anche io un biglietto ad Harry. Certo che io ero
abituata al
clima della città, così come tutti i Londinesi lo
erano, e sentire i numerosi
turisti lamentarsi rabbiosamente della pioggia improvvisa
era… divertente.
Avevo preso appuntamento con la mia Jade in un quartiere a me
sconosciuto.
Con lo
sguardo fisso sul display del mio cellulare, rammentai la zona di casa
Horan.
-Brixton.-
depositando il dispositivo nella borsa alzai il capo ritrovandomi lo
sguardo
interrogativo dell’autista. Ero a conoscenza che fosse uno
dei quartieri
malfamati di Londra, centro multietnico abitato da asiatici e indiani.
-Sicura?-
chiese voltandosi puntando i suoi occhi castani sulla mia figura,
strizzandoli.
Annuii prontamente. Cosa ci facesse Giada lì, non ne avevo
la minima idea.
Insomma, la capitale offre un enorme quantità di
appartamenti adatti a tutte le
esigenze.
-Ecco a lei,
ragazza.- fermando l’automobile si girò verso i
sedili posteriori, ancorandosi
invece al sedile accanto alla sua postazione. –Faccia
attenzione.- disse quasi
con tono paterno. Sorrisi annuendo e sporgendomi un po’,
lasciai la somma di
denaro sul cruscotto di pelle. Scesi dall’auto trovandomi
davanti un’esplosione
di colori e tutto d’un tratto dimenticai le recensioni che
avevo letto tramite
computer, nel caso sarei dovuta venire a piedi. Non avevo nulla da
temere!
-Appena sei
qui, fammi uno squillo.- mentre camminavo, cercando di individuare la
strada
giusta, inciampai in una piccola buca sul marciapiede. Molto bene. Dopo
aver
fatto di tutto per non cadere, riacquistai l’equilibrio e
avvisai Giada del mio
arrivo.
Prima che
potessi pigiare il tastino Invia, fin troppo piccolo per i miei gusti,
delle
braccia si impossessarono della mia vita, bloccandomi per qualche
istante il
flusso d’aria. Girandomi con cautela e con un leggero
tremolio, mi trovai
davanti due occhioni neri incorniciati da un sorriso a trentadue denti.
Ripresi
a respirare non appena riconobbi il faccino della mia amica.
L’abbracciai d’istinto
respirando il suo odore che tanto desideravo risentire.
-Conviene
entrare, fa un po’ freddo.- disse Giada guardandosi attorno.
Capisco che il
clima non era coerente con se stesso, insomma cinque minuti
c’è il sole e
cinque minuti dopo invece ti ritrovi con dieci maglioni e con tanto di
pantofole imbottite, però era metà estate e
l’aria freschetta era da un certo
punto di vista, piacevole. Del sole si erano perse le tracce
già da qualche
ora, colpa delle solite nuvole portatrici di pioggerellina.
Percorremmo
un piccolo tratto di strada e mi trovai davanti una piccola casa. Giada
aprì il
cancelletto mentre io osservavo il piccolo giardinetto che circondava
l’abitazione. Un urlo attirò la mia attenzione.
-Tranquilla,
sono i miei amici. Amano divertirsi.- sorrisi timidamente, facendomi
mille
filmini mentali riguardo a come mi sarei dovuta comportare in presenza
di
persone a me sconosciute. Conoscendomi molto bene Giada mi
accarezzò la spalla
facendomi superare la soglia di casa. Un’aria mista
all’odore di sigarette e
fragola, forse di un tipo d’alcool, rendeva
l’atmosfera tipica di un night
club. Feci pochi passi trovandomi davanti al salotto, quasi pieno, e
Giada
sbucandomi di dietro mi presentò a tutti, anche se una
persona la conoscevo
già.
-Piacere di
rivederti.- disse Luke avvicinandosi a me posando la bottiglia di birra
che
avvolgeva nella mano, sul tavolino di legno.
-Roby,
raggiungimi in cucina.- disse la mia ciufola alzando il tono di voce
indicando
il luogo alla sua destra. Con permesso di Luke la raggiunsi
velocemente.
Facendomi segno di sedermi sulla sedia di fronte al tavolo, lei
aprì uno scomparto
quasi sfogliando ogni straccio che le si presentava davanti. Prendendo
uno
scatolino si avvicinò silenziosamente come se stesse facendo
qualcosa di
illegale. Si appoggiò coi gomiti sulla lastra di legno e
aprì la scatolina.
Avrei urlato
se solo Giada non mi avesse messo la sua mano sulla mia bocca.
Cominciai a
farmi aria con entrambe le mani. Dire che ero diventata rossa era
minimizzare
di tanto la mia situazione attuale.
-Aspetta…
te, devi darlo a… lui?- chiesi sorpresa.
-No no,
l’ho
scoperto io. Per sbaglio.- l’abbracciai pensando alla nuova
coppia, ora
ufficiale che sarebbe stata Niall e la mia ciufola. Solo dopo qualche
secondo,
che aspettavo una sua risposta, un suo abbraccio mi allontanai.
-Ehm,
perché
mi abbracci?- guardandola con faccia ovvia risposi: –Per te.
Sono così felice.
E poi… wo, quell’anello è perfetto.-
dissi scrutando nei minimi particolari il
diamante.
-Non
è per
me.- rispose con tono dispiaciuto, ed io appoggiando il mento sulla mia
mano la
guardavo, aspettando il verdetto finale.
-Prima ho
guardato bene all’interno dello scatolo e ho trovato un
bigliettino.- disse
estraendo dal cofanetto un fogliettino rosato. Me lo porse. Vi era
inciso un
nome con una calligrafia molto graziosa. Fatta al computer, pensai.
Alzai il
capo osservando la figura della mia migliore amica a braccia conserte.
-Cosa vuol
dire?- pochi pensieri inondarono la mia mente ma, ciò che
prevedevo non si
sarebbe mai potuto verificare. Non in così poco tempo.
-Non ne ho
idea.- disse scrollando le spalle. –Ma devi stare tranquilla.
Non è per te,
almeno spero.- concluse chiudendo il cofanetto riavvolgendolo con il
nastrino
viola, facendo un fiocchetto. Una volta riposto nel cassetto fece cenno
di
tornare nel salotto.
-Spero che
una birra ti sia bastata.- disse Giada facendomi
l’occhiolino, sorridendo. –Più
che bene.- risposi ricambiando il sorriso, ritornando al mio posto.
-Che ne dite
ragazzi, giochiamo a poker?- propose un ragazzo ricciolino. Esultando
all’udire
quella parola, balzai in piedi.
-Io gioco.
Che voi lo vogliate o no.- dissi impuntandomi. Luke mi guardava fiero,
con un
sorriso a metà bocca. Cominciai a togliere tutto dal tavolo
accompagnata dalla
mia amica e, sotto indicazione di Giada, estrassi una tovaglia rigida
verde,
tipica dei giochi da tavolo. Una volta coperto completamente il tavolo,
tutti
si avvicinarono con le proprie sedie prendendo la postazione di gioco.
Niall
invece, cominciò a distribuire le fiches. Presi del denaro
dalla tasca e
posizionandolo a sinistra, poggiai i miei gomiti sul tavolo, ora verde.
-Aspettate.
Vado a prendere…- Luke non terminò la frase,
scomparendo dalla mia vista. Ora
era in cucina e solo Dio, adesso sapeva cosa avevo nella mia pancia.
Riassumendo la mia postazione guardai di sottecchi la ragazza davanti a
me,
Giada, la quale ricambiò il mio sguardò
spaventato. Abbassai lo sguardo
prendendo le fiches, portandomele quanto il più vicino
possibile. Ancora con il
fiato. Non restava altro che attendere.
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Capitolo 23 *** Folle decisione ***
CAPITOLO
23
Guardai per
l’ennesima volta Jade, che si era leggermente inclinata verso
la porta semi
chiusa della cucina, cercando invano di sbirciare qualcosa.
Continuavamo a
giocare a poker mentre di Luke, ancora nessuna traccia. Vista
l’inevitabile
ansia che provavo dall’inizio del torneo, partii
svantaggiata. Mi rimisi in
gioco concentrandomi totalmente alle mie fiches.
-Continuerei
pure a giocare, ma finirei per rimanere al verde.- disse colui che
avevo
davanti con un sorriso amaro posando le sue mani sul tavolo. Luke,
tornò al suo
posto e quindi accanto a me. Si sedette, sorridendomi. Ricambiai
incerta,
guardando subito dopo Giada. Dopo la fine della partita mi rilassai
completamente
sullo schienale in pelle della sedia. Sorrisi beffarda a tutti i
giocatori che
in quel momento osavano squadrarmi con uno sguardo pieno di rabbia. Io
non
potevo fare altro che godermi la scena. –Non pensavo che una
ragazza sapesse
giocare a poker. Insomma, è un passatempo comunemente
adottato da noi ragazzi.-
alzai il sopracciglio sorridendo beffarda, compiaciuta di me stessa.
-L’avevo
detto io.- disse il ragazzo che aveva previsto il suo conto al verde.
Perspicace pensai, ma il resto dei concorrenti, volendosi dimostrare
più forte
di una ragazza e quindi scansare l’umiliazione della loro
razza, decisero di
continuare il loro viaggio, dritto dritto nella fossa dei leoni. Ebbene
sì,
queste sono le conseguenze di una sudata vittoria. Alzandomi dalla mia
postazione
da gioco, porsi la mano al primo ragazzo, che da poco aveva posato sul
tavolo
il suo portafoglio privo di qualsiasi moneta o banconota che sia. Lui,
inizialmente mi guardò come se pretendesse spiegazioni per
quel mio gesto, e,
infondo eccome se ne doveva avere. Pochi secondi e tutte le
rivalità di gioco
scomparvero. Ancora dalla sua sedia stese la sua mano e la strinse alla
mia,
sorridendo quel poco che bastava per lasciarmi intendere che la partita
era già
terminata. Luke, invece osservava ogni mio comportamento.
-Un vero
piacere aver giocato con te, ragazza. Potremmo organizzare un torneo.- il più anziano
attirò la mia attenzione
accendendosi un sigaro, forse il più grande che io abbia mai
visto.
Sorridendogli, annuii. Presi in mano il mio mazzettino di banconote, ne
estrassi un pezzo da cinquanta e lo posai sul tavolo e con la mia mano
lo feci
slittare direttamente al ragazzo di cui avevo provato compassione.
Alzò lo
sguardo incredulo, io invece facendo l’occhiolino misi al
sicuro il denaro racimolato.
Spostandomi
in cucina, dove tutti stavano bevendo una birra guardai Luke aprire la
sua, di
birra, appoggiandosi al piano di marmo della cucina. Si parlava del
più e del
meno. Io solo poche volte intervenivo, solo perché non ne
avevo il coraggio,
troppo agitata per entrare nel vivo di una conversazione. La mia
migliore amica
notando che ormai ero naufragata dalla conversazione, mi fece segno di
seguirla
verso quella che sarebbe stata la sua stanza. Mentre io mi recavo nel
corridoio
girai il capo d’istinto. Divenni paonazza una volta visto lo
sguardo di Luke,
fisso sulla mia figura. Proseguì il quanto più
presto possibile il corridoio
entrando in camera. Presi un sospiro di sollievo.
-Doveva
essere una sorpresa.- Giada chiudendo subito dopo la porta si mise le
mani nei
suoi capelli nero pece, come se si volesse castigare da sola.
–Ei ei, ma cosa
stai dicendo.- a quel punto intervenni io sciogliendo la presa nei suoi
capelli, guardandola negli occhi.
-L’anello.
L’anello doveva essere una sorpresa.- mi bloccai per qualche
secondo. Il mio
cervello cessò di mandare impulsi alla mia bocca. Blackout
totale. Dovevo
scappare in quel momento, in quella stanza, dalla finestra.
Precipitandomi alla
finestra, scostai la tenda. Era chiusa.
-Cosa vuoi
fare?- disse Giada alle mie spalle, immobile. Fuggire, fuggire era
tutto ciò
che desideravo in quel momento. Sfuggire da quel che sarebbe stato il
futuro di
quella serata. –Aiutami ad aprire la finestra, cazzo.- dissi
alzando
ripetutamente la maniglia. Lei era ancora immobile. –Cosa
fai? Non mi aiuti?-
con il fiatone per via dei numerosi sforzi. –Non vuoi che me
ne vada?- chiesi.
La sua figura annuii. Sembrava essersi trasformata in una bambina. Non
capivo.
–Penso che la cosa migliore da fare sia rimanere.- voleva che
io diventassi la
ragazza di Luke. Ma non sarebbe successo.
-Non
capisci? Ci conosciamo da pochi giorni, a malapena un mese.- dissi
gesticolando, cercando di giustificarmi, per una cosa che a mio conto
era delle
comiche. -Non so da dove gli sia venuta quest’idea di
regalarmi un anello,
davvero.- dissi sorridendo amaramente. –Anche se rimarrei non
accetterei mai il
suo anello.- decisa, tornai alla finestra, dando il colpo di grazia
alla mie
braccia che, ormai non ne potevano più. –E allora
rimani.- disse come se le sue
parole avrebbero risolto e calmato la mia ansia. Solo adesso fece due
passi in
avanti, continuandomi a guardare mentre cautamente massaggiavo le mie
braccia
doloranti. Abbandonai le mie braccia e continuando a guardare Giada.
–E va
bene.- non appena
accettai di rimanere,
sorrise. Venendomi in contro mi abbracciò. Nel momento
stesso in qui chiusi gli
occhi appoggiandomi sulla spalla della mia Giada, sentii un rumore alle
mie
spalle, che fece sciogliere il nostro contatto. Era Luke. Il mio cuore
non so
se sarebbe sopravvissuto quella sera.
-Dovrei
parlarti.- annunciò il ragazzo. Giada, accarezzandomi il
braccio uscì dalla
stanza, lasciandomi sola in quella stanza, con Luke. –Bene.-
disse lui
sfregandosi entrambe le mani in evidente stato d’ansia. Prese
un respiro e
sedendosi sul letto, fece segno di seguirlo. Una volta seduta
cominciò a
parlare. –Sono pochi giorni che ci conosciamo. Dalla prima
volta che ti ho
vista, quella mattina mi hai fin da subito attirato. Ho pensato e
ripensato a
come ti avrei fatta felice…-
bloccandosi
mi guardava insistente mentre io, in quel momento guardavo un punto
fisso. -…
se mai tu saresti diventata più di un’amica.- Ecco
dritto al punto, pensai
subito. Strizzai gli occhi come se quello fosse solo un sogno, e
aprendo gli
occhi mi sarei ritrovata nel mio letto.
-So che
sembra un po’ troppo accelerato ma ciò che provo
per te.- lentamente alzai il
capo, incrociando i suoi occhi. -Non posso pensare che qualcun altro
riesca a
conquistarti prima di me.- disse svuotandosi completamente. In poche
parole
aveva riassunto i suoi sentimenti. Ora toccava a me, non di certo a
ricambiare
i suoi sentimenti.
-Senti,
Luke.- presi le sue mani accarezzandole appena. –Non ho
intenzione di ferirti.-
continuavo a guardarlo negli occhi consapevole che quello sguardo non
sarebbe
continuato per molto. –Lo sapevo.- disse sorridendo. Ma un
sorriso strano,
quasi una contraddizione, perché a spegnere quel sorriso
erano le lacrime che
minacciavano di straripare. –Non sarei mai potuto diventare
qualcosa di più.
Forse mi son fatto prendere da te, e la paura di perderti.- disse
alzandosi ed
io assecondandolo presi il suo viso nelle mie mani. –Ma io non me ne vado Luke.-
-Molte
delusioni, molte delusioni ha subito il mio cuore.- disse indicando
ciò che lui
aveva chiamato in causa. Estrasse dalla tasca posteriore un cofanetto,
quel
cofanetto che non avrei accettato continuavo a ripetermi.
–Con questo posso
dimostrarti solo una piccola parte del mio amore.- disse aprendolo,
rivelando
per la seconda volta quei due splendidi diamanti. Le prime due lacrime
scesero
sul viso del ragazzo che avevo davanti. D’istinto lo
abbracciai, sentendo che
in quel momento aveva perso completamente le staffe. Era diventato
tutto ciò
che non mi sarei mai aspettata. Non da lui, che sembrava un ragazzo che
non
badava a fidanzamenti e cose varie. Luke, con gli occhi rossi dal
pianto chiuse
il cofanetto, guardandolo per qualche secondo. Dopodiché lo
lasciò sul tavolino
-Fanne
ciò
che vuoi. Se in caso deciderai di indossarlo… ma cosa sto
dicendo, non lo
farai. Beh, fanne ciò che vuoi.- concluse indietreggiando,
aprendo la porta.
Subito dopo il mio sguardo vagava nel vuoto, soffermando
sull’oggetto sulla
lastra di vetro del tavolino. Sussultai non appena udii la porta di
sotto
sbattere segno che Luke era appena uscito. Chissà dove
sarebbe andato.
Sicuramente in un locale a dimenticare per un po’ la
realtà. Come fanno tutti i
ragazzi d’altronde. Sedendomi sul letto racchiusi il mio viso
nelle mie piccole
mani. Le lacrime cominciarono a sgorgare da un attimo
all’altro. Poi sentii la
mia amica che, dopo aver aperto la porta, quel poco che bastava per
entrare,
cercò di consolarmi.
-Sarei
dovuta andare via.- rivelai il mio viso, che da pochi era diventato
palcoscenico di mille emozioni. Giada, costantemente accollata a me
cercava di
far cessare le mie lacrime di scendere, asciugandole con le sue dita.
–Ho
bisogno di stare un po’ sola.- comunicai alla mia amica che
annuii prontamente
lasciandomi un bacio sulla guancia. Chiuse la porta ed io non trovai
forza
disponibile per non far ricominciare le lacrime a sgorgare. Presi il
cofanetto,
squadrandolo. La figura quadrata si presentava così ambigua.
Aprii il cofanetto
e presi in mano l’anello. Tirai su col naso guardando il
soffitto, cercando di
ritirare indietro le lacrime. Lo misi all’anulare della mano
sinistra. Con gli
occhi lucidi continuavo a guardarlo. Pensavo alla scelta che avevo
fatto. Forse
era davvero la scelta giusta.
Uscendo
dalla stanza mi recai in cucina. Una volta arrivata notai Giada che
parlava
silenziosamente con Niall sul divano. Smise di parlare non appena vide
la mia
figura vicino alla porta. Sgranò gli occhi non appena
notò che avevo indossato
l’anello. Diede un ultimo sguardo ad esso,
dopodiché tornò sui miei occhi,
sorridendo convinta nell’aver la scelta giusta. Io, ancora
indecisa. Ma non
potevo tornare più indietro.
ANGOLO
AUTRICE.
Non voglio
iniziare a dire sempre le cose perché sì, sono
consapevole del mio ritardo nell’aggiornare
e mi scuso tantissimo. Sto diventando monotona lo so. Parlando del
capitolo
invece abbiamo Roby che, decide di indossare l’anello.
Insomma Harry e Roberta
sono più che mai, separati. Dai prossimi capitoli vedremo
l’ira di Haroldo, che
vedendo nella mano sinistra di Roberta i due diamanti, non sa
più contenersi.
Beh, adesso cercate di recensire perché davvero, servono
molto. E con questo vi
saluto J
|
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Capitolo 24 *** Ascoltami ***
CAPITOLO
24
-Cosa
aspetti?- Giada, si recò al tavolino dove vi era un
telefono, forse suo. Me lo
porse euforicamente. –Luke non aspetta altro.- continuava a
guardarmi
sorridendo mentre io ero completamente assolta nei miei pensieri. Il
telefono
di ultima generazione che avevo davanti non aspettava altro che essere
usato, e
lì, per la prima volta in quella serata pensai ad Harry. A
tutto ciò che ne
sarebbe stato della nostra amicizia, chiamiamola amicizia.
-Oh no, no.-
non ero pentita della mia scelta ma il mio cuore era come se si
opprimesse ad
ogni minuto, secondo. Non avevo paura di ciò che sarebbe
stato il mio futuro, o
forse sì. Di certo passarlo con una persona di cui non si ha
nessuna
informazione, o quasi, non è il massimo. Mentre ero
rannicchiata sul divano di
casa Horan, la mia migliore amica cercava di farmi ricredere. Quella
era la
strada giusta per me e se non l’avrei intrapresa in quel
momento me ne sarei
pentita amaramente. Le parole di Giada erano queste. La pura
verità era quella.
Non ero pentita o forse cercavo solo il modo giusto di nasconderlo, per
non
pentirmi ancora di più.
-Non ho
proprio voglia di rimanere qui. E poi… è tardi.-
alzandomi cessando
continuamente di guardare l’anello di fidanzamento, presi la
borsa,
controllando all’interno se in caso dimenticassi qualcosa.
–Niall.- strillò
Giada voltandosi leggermente verso la loro stanza. La risposta del
ragazzo non
tardò ad arrivare, che rispose negativamente alla richiesta
della mia migliore
amica per quanto riguarda il ritorno a casa. –La macchina ce
l’ha Luke.-
riecheggiò la voce di Niall con tono svogliato e basso come
stesse cercando di
dormire, ed io in quel momento ero solo di più. La bruna si
voltò per
l’ennesima volta verso me. –Non ho intenzione di
lasciarti andare sola, nel bel
mezzo della notte.- lei con sguardo riflessivo pensava a come farmi
arrivare a
casa sana e salva. Sarei tornata senza problemi se non fosse per la
prudenza
della ragazza. –Dovresti chiamare qualcuno.-
-Harry.-
disse a bassa voce. Avrei chiamato tutti ma non lui, non dopo tutta la
serata.
–Non penso proprio.- contrariata completamente scossi la
testa. Fece ingresso
poco dopo Niall che, anche se non lo dava a vedere era interessato alla
conversazione. –Non ti farò tornare a casa da
sola.-
-Ma torno
con il taxi. Così come sono venuta, ritorno.-
studiò la mia proposta ovvia.
–Ormai è tardi, non si sa mai chi è di
turno nelle ore piccole.- roteai gli
occhi, esausta dell’ansia di Giada che minacciava di
travolgere anche me, dato
che l’unica cosa che potevo fare era chiamare
l’ultima persona di questo mondo
che avrei voluto. Non mi restava che prendere il cellulare e chiamare
Harry.
Mentre ero in attesa che rispondesse con le mani che accusavano un
leggero
tremolio, osservavo di sfuggita tutte le pareti. –Pronto.-
disse come se fosse
più un’affermazione. La linea non era per niente
disturbata. Né musica da
discoteca in sottofondo nè vociare di ragazzi. Solo la sua
voce roca. Ma fui
smentita subito dopo.
-Ti
disturbo?- chiesi, sentendo una risata maschile in sottofondo e un
tonfo subito
dopo. Ancora con un tono di voce divertito rispose. –No no,
sono qui con un
amico ma niente di ché. Come mai una tua chiamata a
quest’ora?- osservando il
parqué mangiucchiavo le unghie fin troppo nervosa.
Interrotta dal rimprovero di
Harry al ragazzo che continuava a ridere. Io, che aspettavo la fine di
quella
chiamata al più presto feci la fatidica richiesta. Sentii
uno sbuffo, ma non
era di Harry, spero. –Dove sei?- chiese senza emozioni, non
avrei dovuto
chiamare lui, era come se me lo sentissi di essere
d’intralcio. –A Brixton.-
ancora più convinta di aver sbagliato destinatario era in
bilico tra dire di
lasciar stare, che era solo uno scherzo. –Cosa ci fai
lì?- chiese cambiando
tono di voce. –Non ho intenzione di dirtelo.- gelida
più che mai per la sua
reazione comunicai la via da intraprendere una volta arrivato nella
comunità di
Brixton. Fece un gemito contraddittorio. Ma a questo ragazzo non gli
andava
bene ogni singola cosa? –Sto arrivando.- chiuse la chiamata.
-Sta
arrivando.- comunicai a Jade. Non appena posai
il cellulare nella tasca dei jeans Niall tornò
in stanza con una tazza
fumante, sicuramente cioccolata dato l’aroma di cioccolato
che popolava la
cucina e soggiorno. –Si offre.- lo richiamò la mia
amica avendo come risposta
il tonfo della porta. –Ne vuoi un po’?- chiese
dirigendosi lentamente verso la
rimanenza di bevanda scottante.
-No, grazie
non ne voglio.- sorrisi alzandomi dal divano raggiungendo la mia amica.
–Mmh,
sicura?- facendomi l’occhiolino
si
concentrò nel versare la cioccolata in una tazza arancione
spento. Annuii
consapevole che lei la desiderava più di me. A Giada potevi
dare di tutto ma
solo con la minima presenza di aroma dolce, preferibilmente quello qui
davanti.
–Beh, se proprio non ne vuoi.- disse avvicinando il bordo di
ceramica alle
labbra assaggiando il contenuto. Sorrisi compiaciuta di quanto
conoscessi la
mia migliore amica, nonché la mia scema. Ma quella sera la
felicità era
destinata a scomparire prima e non dopo i cinque secondi. Lo scintillio
di
quell’anello catturava ogni minuto il mio sguardo.
–Se ti avrei lasciata
andare, quell’anello da tutte le parti si sarebbe trovato ma
non sul tuo
anulare.- alzai il capo. –Già.- risposi. Giada
fece un piccolo risolino e,
anche lei guardava l’oggetto in mio possesso.
Harry era
arrivato, avvisata da un suo messaggio salutai la mia amica ed uscii.
La Range
Rover si trovava a poca distanza da casa. Mi affrettai a raggiungerla e
quando
ormai ero vicina osservai il viso di Harry, completamente interessato
ad
osservare non so cosa. Aveva la mascella contratta ed una volta entrata si soffermò
ancora un po’ a quella che era la
finestra di camera Horan. –Non è un bel posto,
questo.- disse quando oramai
avevamo iniziato il viaggio di ritorno. Giocherellava con il
rivestimento del
manubrio che da lì a poco si sarebbe sicuramente
maltrattato. –Sono stata
invitata da una mia amica.-
-Abita a
casa Horan, interessante.- tra lui e Niall le cose non sono mai
funzionate,
troppo diversi. In questo caso la logica de “gli opposti si
attraggono” non
vale. Non sono
andati mai oltre la
litigata. Non penso siano arrivati ad alzare le mani, se no ne sarei al
corrente. –La fidanzata di Niall è la mia amica.-
Styles, d’un tratto si
sollevò dal sedile, sistemandosi per bene, iniziando di
nuovo ad accartocciare
la pelle color pece del manubrio. –Finirai per rovinare il
manubrio.- dissi
alzando la mano mettendola sulla sua, che in un batter
d’occhio divenne
immobile. Osservava la mia mano ed io consapevole di cosa stesse
osservando portai
la mia mano sulle mie gambe. L’auto fece capolino in una
piazzetta di sosta.
Dopo averla spenta, Harry uscì dal veicolo con prepotenza.
Dopo qualche secondo
il parabrezza cominciò ad oscurarsi a causa del mio respiro
affannato. Che
ipocrita, pensai. A starmene lì, immobile mentre Harry era
fuori. Presi
coraggio e scesi, senza troppe riflessioni mentali su come, poi, avrei
impostato il discorso. Ai piedi avevo dei sandali tipici di stagione
che furono
sovrastati da una specie di ghiaia non appena toccai terra. Sembrava
quasi
sabbia. Inoltrata la stradina sembrava di stare in una vera e propria
foresta.
Ci si trovava davanti ad uno spettacolo della natura accompagnato da
rumori
inquietanti che risvegliarono in me la paura dei ragni. Procedevo con
ansia il
mio tragitto senza una meta ben distinta, in quel momento il mio unico
obiettivo era trovare Harry. Strofinai con le mani le braccia,
leggermente
appuntita a causa della pelle d’oca. Mi guardavo intorno
mentre continuavo a
camminare. Inciampai in una radice mastodontica che fuoriusciva dal
terreno.
Guardai bestemmiando la radice.
Un suono
rilassante riecheggiò nelle mie orecchie mentre pulivo
ancora il palmo della
mano sporco di qualche granello di terra. La foresta finì.
Ero in una spiaggia.
Chi avrebbe mai detto che in quelle zone ci sarebbe potuta essere una
spiaggia.
Ecco il perché della sabbia nel sandalo, ora completamente
coperto da essa.
Rimasi impressionata dallo spettacolo che mi si presentava davanti.
L’acqua
salata bagnava ogni volta di più la riva, dovuto anche alla
luna che, faceva si
che il mare si agitasse sempre di più. Ricordo di aver letto
una cosa del
genere su un libro di astrologia.
-Harry.-
cominciai ad urlare più forte che potevo. Osservai tutta la
superficie
giallognola e di una chioma riccia non vi era nessuna traccia . Io
comunque
continuavo a ripetere il suo nome all’unisono, sperando in
una sua immediata
risposta. Gettai la spugna. Ma no, non stasera potevo gettare la
spugna. La
polverina gialla ricoprì la stoffa dello jeans una volta
seduta. Mi soffermai
sul mare, illuminato minimamente da una, quasi luna piena. Un qualcosa
t’un
tratto spuntò dal mare. Misi a fuoco e riconobbi il
soggetto. Ero immobile,
solo il battito di ciglio era l’unico movimento in me in quel
momento. Si avvicinava
sempre di più alla riva ed io, inevitabilmente mi alzai.
Poco prima che uscisse
pensai al perché di una reazione del genere. Metà
busto era fuori dall’acqua ed
io ero del tutto coperta dall’imbarazzo. Non ave maglietta.
Spostai
immediatamente lo sguardo, morsicandomi il labbro inferiore
maledicendomi
quando sobbalzai per il dolore. Uscì definitivamente ma non
osò degnarmi da uno
sguardo , anzi cambiò traiettoria non appena vide la mia
ombra. Prese la maglia
mettendosela al collo, lasciando i pantaloncini ancora per terra. In
riva,
sicuramente cercava di asciugarsi, mentre osservava la luna. Feci
qualche passo
e lasciai i miei sandali accanto all’indumento abbandonato di
Harry. I micro
sassolini si infilarono ovunque fosse possibile. Ad ogni passo cercavo
di fare
sempre meno rumore, anche se ero consapevole che era minimo, quasi
impercettibile. I muscoli della spalla erano contratti e le braccia
erano
posate ai fianchi. Mi fermai dietro o l’ansia sarebbe
aumentata. Il mare era
leggermente mosso e ciò scaturiva l’emergere di
schiuma bianca. Avrei dovuto
pensare ad altro, per esempio chiarire con il ragazzo qui davanti a me,
ma
quelle onde cristalline attiravano la mia attenzione.
-Scusami.-
dopo la mia affermazione ritornò in primo piano il rumore
dell’acqua. Aveva già
capito di chi potesse essere quell’anello.
-Dovresti
dirlo a te stessa.- disse sospirando come se la cosa non gli
importasse. Una
lama mi trafisse quando lui, voltando il suo viso catturò i
miei occhi nei
suoi. Non pochi brividi investirono la mia schiena. Pochi secondi
durò quel
contatto dato che si levò dalla rivà andando a
riprendere ciò che aveva
lasciato. Un onda arrivò a bagnarmi i piedi.
-Ti aspetto
in macchina.- inoltrò la foresta ancora con i piedi a
contatto con la sabbia
mentre le scarpe le aveva in mano. –Aspetta.- dissi
raggiungendolo. Lo bloccai
per un braccio.
-Ascoltami,
solo un minuto.-
|
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Capitolo 25 *** Il cuore dell'oceano ***
Mi trucidò con lo sguardo e tolse il suo braccio dalla mia presa. Schifato. Questo suo comportamento fece perdere in me quella mia minima voglia di iniziare il discorso. Aveva sempre la solita faccia mentre aspettava che iniziassi a parlare. Una ciocca di capelli cadde sul viso, inumidendosi. Mi allontanai, girandomi di spalle tirando su col naso portando temporaneamente i capelli lontani dal produrre fastidio. Iniziarono a sgorgare le lacrime dai miei occhi, non volevo che mi vedesse da tanto così tempo con gli occhi stanchi, ma ora emanavano un emozione nuova. Ero pentita. I singhiozzi erano inevitabili ed asciugandomi invano le lacrime. -Non l'ho voluto io, cazzo.- alzai la testa e con essa anche la voce, debole dal pianto. Il cielo quella sera era costellato ma le nuvole sparse non mancavano mai anche se quella sera il cielo sembrava avere la pioggia in tasca. -Da quando non decidi te, scusa?- lui si vide chiamato in causa a dover alzare il tono di voce. In quel preciso prese a squillare il mio cellulare. -È Luke.- perchè non ero capace a dire di no. No a quell'anello e a colui che prima ne era il proprietario. -Rispondi, è il tuo ragazzo.- fece retro front dirigendosi nel viale della foresta. -Non l'ho voluto io, cazzo-. Avevo perso completamente me stessa. Ero andata, insieme a Luke e a quel maledetto anello. -E perché adesso lo hai al dito.- presa dalla rabbia mista al dispiacere spostai lo sguardo sul mio dito e ciò che aveva addosso. Il diamante era poco definito, non mostrava in se ogni minimo dettaglio a causa della luce soffusa quasi inesistente della luna che si concentrava totalmente sulle onde del mare. Sulla mia mano cadde una lacrima che fece un giro turistico del palmo dissolvendosi sempre di più sino a lasciare come ricordo la sua scia inumidita, lucida. Harry era a pochi passi da me ma ogni volta andava allontanandosi alzando ad ogni passo una modesta quantità di sabbia. Ormai le mie mani luccicavano nel buio della notte e le lacrime che solcavano il mio viso non si fermavano, non si sarebbero fermate se prima non avrei chiarito, sfogato. Lo avrei gridato al mondo che ero già arrivata al traguardo. Non riuscivo a tenere tutto dentro, avere quell'anello che pareva più un medaglione dalle dimensioni. La sabbia si aprì in un varco profondo pochi centimetri, prendendo nelle sue mani quello che sarebbe stato nel film Titanic il cuore dell'oceano. Responsabile di più dispiaceri che amori, ciò che avrebbe dovuto in qualche modo trasmettere. Il rumore sordo non fece fermare comunque il ragazzo che aveva inoltrato la foresta. Io, con i capelli che per ciocca si rovesciavano sul viso, cercai di placare in me lo sconforto. Tirai su col naso lasciando che fosse l'aria freschetta di fine estate ad asciugare il mio viso e ad alleggerire quel rossore che aveva investito i miei occhi. Beh, forse era così davvero. Sentirsi un disastro, a non riuscire neanche a dire delle parole dolci ad un ragazzo. Non l'avevo fatto neanche alla mia migliore amica che avrebbe meritato tutto il bene di questo mondo. Forse era vero che dopo tante delusioni ad un certo punto si cambia. Il nostro carattere si vede obbligato ad ambientarsi in una vita che non è la sua. Troppo piena di guerre fra se stesse che non si ha nemmeno voglia di stare nella società. Perché a stare male un po' ci si abitua. Eppure eccomi, la mia mania di sfogarmi nel pianto non vede motivo di abbandonarmi. Le lacrime sono le mie uniche amiche quando al mio fianco non c'é nessuno. Tornai verso la macchina lasciando lì l'anello decisa che l'avrei dimenticato prima o poi. Lui era vicino alla strada, fin troppo vicino da rischiare un investimento. Mi calmai quando ricordai che da quella stradina non passava quasi nessuno. Scosta l'ultimo ramo di pino che senza porsi alcun limite aveva intralciato quasi totalmente il passaggio. Non aveva alcuna sigaretta nelle mani e da questo n'è rimasi sorpresa. Strano, ne avevo visti ragazzi con il tabacco a portata di mano nel momento del bisogno. Aprii la portiera poggiando la mia mano su di essa e con lei tutto il mio peso. I capelli iniziarono a pizzicare la mia schiena. Li scostai tutti su una spalla lasciando scoperto il qua sei invisibile livido rossastro. Harry sembrava aver notato quel marchio e sembrava infastidito quando feci quel gesto. Le labbra di Luke non se ne sarebbero andate da quel collo fino a che la carnagione perlata non sarebbe tornata a rivestire quel determinato strato di pelle. Tremai quando avvertii un dolore simile ad una sanguisuga, decisa a non lasciarti andare, a farti sua. Gemetti quando sentii la lingua farsi spazio nelle sue labbra toccando così la pelle, in modo da alleviare il dolore allucinante simile a delle lame taglienti. Chiusi gli occhi beandomi del massaggio post succhiotto che mi stava regalando il ragazzo. Spostava i miei capelli mentre continuava la sua opera d'arte. Quel lembo di pelle non era destinato a sanare per un altro mezzo mese. Sobbalzai aprendo gli occhi. Non aveva ancora finito. Richiusi gli occhi quasi fossi in extasi ed, anche se tutto era finito, solo dopo pochi minuti ebbi il coraggio di tornare alla realtà lasciando il mio mondo che di casto non aveva un bel niente. Dovrei preoccuparmi ma, adesso niente valeva più, niente e nessuno avrebbe attirato la mia attenzione così tanto da distogliermi da quel momento a dir poco divino. E proprio quando il mio cervello richiedeva un altra dose di piacere che lui si fermò. Dopo solo un gioco di sguardo. Cosa successe in quel momento ancora non era ben chiaro, ciò che era chiaro invece, era la vista delle sue labbra leggermente schiuse che emanavano una certa arietta. Ricordo che allora, nel momento del contatto fisico tra me e lui era ciò che mi attirava. Unica ed ultima cosa. Non si poteva certo dire che ero felice di ciò che subivo. Avrei usato il mio tempo ad infliggermi tagli sui polsi con ben altro. La luna era quasi oscurata dalla pineta alle mie spalle e nonostante ciò i suoi occhi riflettevano una luce strana. Non gli avevo mai visti così raggianti. E mentre il mio sguardo era in bilico se guardare le labbra o la canna di bambù al di sopra di esse, sorrisi. Un sorriso sincero, che alla vista del ragazzo era più un nuovo biglietto da visita. Ripiombandosi così sulle mie labbra, prese le mie mani, racchiudendole nelle sue. Si accorse così che l'anello non c'era più, accarezzandomi l'anulare con più mobilità adesso. Non esigeva qualcosa di più erotico in quel momento. Il bacio era casto, solo questo. Ora che ero imprigionata nelle sue braccia e che le mie mani erano sue mi sentii protetta. |
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Capitolo 26 *** Inaspettata reazione ***
Erano le dieci del mattino e la mia sveglia aveva smesso di suonare la scorsa settimana. L'avrei dovuta cambiare, ormai ogni tentativo di rianimazione era vano. Da giorni mi alzavo frastornata come se la sera prima avessi bevuto 10 mojito tutti d'un sorso. E mentre ero su di un boulevard mi soffermai sul viale alberato che stavo percorrendo. Le foglie degli alberi cominciavano ad ingiallirsi e gli enormi marciapiedi di Londra venivano ricoperti da esse. Percorrevo quel boulevard alberato quasi ogni mattina, per raggiungere il luogo di lavoro. Starbucks era sempre pieno zeppo di clienti che fremevano dall'assaggiare un frappuccino o qualsiasi tipo di frullato. Per fortuna l'intera catena di negozi andava a gonfie vele e dubito che un giorno le vendite sarebbero calate. Spalancai la porta dello spogliatoio e il mio grembiule era maldestramente piegato sulla panca di ferro che da sempre era difronte agli armadietti personali. Da sempre addetta alle prenotazioni presi il mio block notes con la sirena stilizzata stampata sul lato sinistro. Inutile dire la giornata trascorse normalmente e quando forse servivo l'ultima ordinazione tornai dietro il bancone ripulendolo con uno straccio umido. Alzai il capo quando delle fragorose risate risuonarono dal 5 tavolo. Io sorrisi poi stesi il braccio sotto il bancone prendendo il cellulare, ma senza farmi notare. Un messaggio era stato ricevuto da più di mezz'ora. Di mattina di certo non davo importanza a messaggi o chiamate varie.
-Saprò renderti felice. Ma non regalandoti un diadema. Buongiorno xx.- sorrisi rileggendo il messaggio minimo cinque volte fino a quando l'intero messaggio era ben chiaro al mio cervello. La sera prima mi era sembrato per un istante di essere la donna più fortunata al mondo. Quelle biglie verdi che aveva al posto degli occhi catturavano le mie, sicuramente di qualità inferiore. Quel viso in se era perfetto, scolpito in duri anni di laboratorio dal più grande scultore al mondo. Chiusa difficilmente questa parentesi riposi il cellulare. Ancora con il sorriso alzai il capo. Sgarrando gli occhi, perdendo totalmente l'aria di spensieratezza che Harry con uno solo messaggio mi aveva fatto vivere.
-Cosa ci fai qui?- chiesi strizzando nervosamente lo straccio verde nelle mie mani. Lui con la mascella tesa dinanzi a me incuteva paura. Paura che trapelò la pelle facendomi rabbrividire. -Chi era.- incredibilmente geloso Luke voleva sapere chi era il responsabile di quella felicità ormai scomparsa. Non avevo il coraggio di rispondere, o forse, non volevo. Ci sarebbero stati conflitti a seguito ed era quello che volevo evitare.
-Chi era.- ripeté avvicinandosi di un centimetro. Arrivò Daniel, il nuovo dipendente che osservando il ragazzo biondo, mi porse il block notes.
-Tavolo 7.- pronunciò in cagnesco per lo scatto che aveva fatto Luke. Quando capì che non avrei risposto alla sua domanda che pareva più un'affermazione, spostò lo sguardo sulle mie mani. Andai a nascondere le mani al di sotto del bancone per non fare vedere che il suo regalo non era stato gradito e che non aleggiava sul mio dito. Troppo tardi. Non l'avevo indossato il giorno prima davanti a lui e mai lo avrei fatto. Prese il mio polso portandoselo a se. Strinse la presa ed io cercai di divincolarlo.
-Lasciami.- dissi accorgendomi un po' tardi che il tono della voce era più alto del normale. Tutta la caffetteria, che per mia fortuna non era affollata si voltò verso la nostra direzione. Io, osservavo tutto senza pronunciar parola.
-Non preoccupatevi. Continuate pure quello che stavate facendo.- queste furono le parole del capo che posizionandosi di fronte a me, rincuorò i clienti, mentre io continuavo a guardare un punto fisso. Deglutii girando il capo trovandomi davanti Luke. Con gli occhi sgranati lo osservavo, chiedendogli con lo sguardo il perché di quella reazione. Solo quando vide i miei occhi offuscati dalle lacrime tentò di avvicinarsi.
-Non vogliamo che tutto ciò succeda, qui dentro.- allontanando Luke da me la prima lacrima si fece spazio sul mio viso. Il mio capo sprecò poche parole con Luke una volta cacciato dal locale. Parlavano tranquillamente poi mentre il ragazzo stava per andar via, puntò per l'ultima volta il mio viso. Così pietrificata che non mi accorsi che l'uomo massiccio era già rientrato.
-Dobbiamo parlare.- annuii col viso, asciugandomi velocemente le lacrime. -Ma ora va a casa. Ti chiamo un taxi.- prese il suo cellulare digitando il numero.
-Non ne ho bisogno, abito qui vicino.- cercai di rendere il tono di voce il più naturale possibile, convincendo scarsamente l'uomo davanti a me. Non osò obiettare. Mi lanciò uno sguardo d'intesa ed entrai nello spogliatoio. Percorsi il tragitto verso casa trattenendomi dall'esternernare l'infinità di emozioni che in quel momento provavo. Era come se avessi vissuto per l'ennesima volta la mia adolescenza, passata rinchiusa in quella casa famiglia che solo al pensiero spuntava la pelle d'oca. Massaggiai l'esile polso dolorante, osservandolo con occhi lucidi. Tirai su col naso alzando il capo al cielo grigiastro. Con stanchezza salii le scale di casa aprendo il portone. Sospirai, minimamente tranquillizzata una volta in quelle quattro mura che contemplavano in silenzio ciò che, ogni giorno, c'era di nuovo. Lame taglienti si fecero vive in prossimità del polso. Ed io con i polpastrelli lo tastai. Estrassi dal freezer del ghiaccio, mettendo quattro cubetti su di uno straccio. Tremai al contatto con la sottile barriera di cotone, già gocciolante d'acqua. Non avrei sprecato altro tempo a parlare con Luke, avevo un quadro generale della sua personale e, sinceramente, di gente aggressiva ne avevo vista. Quest'episodio non avrebbe confermato l'imminente aggressività del ragazzo ma, lo spiraglio c'era e non avevo intenzione di rischiare. Non questa volta. Cominciavo a fidarmi del ragazzo ricciolino che, se lunatico aveva confermato la sua teoria. Il cambiamento era evidente.
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