Sembrava la fine e poi...

di hugmecupcake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non devi azzardarti ok? ***
Capitolo 2: *** Ricordi poco piacevoli ***
Capitolo 3: *** Ritorno ***
Capitolo 4: *** Incisioni ***
Capitolo 5: *** Bentornato Josh ***
Capitolo 6: *** Maggiorenne ***
Capitolo 7: *** Funky Buddha ***
Capitolo 8: *** Serata divertente ***
Capitolo 9: *** Non posso! ***
Capitolo 10: *** Lui non capiva! ***
Capitolo 11: *** Ti voglio bene ***
Capitolo 12: *** Visita inaspettata ***
Capitolo 13: *** Sono stato uno stupido! ***
Capitolo 14: *** Deyan! ***
Capitolo 15: *** Al White ***
Capitolo 16: *** La casa ***
Capitolo 17: *** Non voglio spiegazioni ***
Capitolo 18: *** George e Luke ***
Capitolo 19: *** Lui è mio fratello ***
Capitolo 20: *** Piaciuto il bacio eh? ***
Capitolo 21: *** Boccolo ***
Capitolo 22: *** A Brixton ***
Capitolo 23: *** Folle decisione ***
Capitolo 24: *** Ascoltami ***
Capitolo 25: *** Il cuore dell'oceano ***
Capitolo 26: *** Inaspettata reazione ***



Capitolo 1
*** Non devi azzardarti ok? ***


                                                                         
1° CAPITOLO              


11 Settembre, fine estate e inizio autunno, decisamente la mia stagione.
Non sono un’adolescente qualunque per il mio passato ed il mio presente . Da due anni mi sono trasferita in un orfanatrofio della maestosa Londra e da due anni che continua ad andare avanti questa inutile vita .
Causa? Cinque Ragazzi, apparenza dolci, simpatici ma qualcosa cambiò per sempre la nostra amicizia che in passato sembrava più in fiore degli alberi in primavera, e cominciarono a sfogarsi sul mio corpo.
Quasi ogni sera aspettavo la loro visita  nella mia camera per sfamare i loro istinti. Ho dei lividi in tutto il corpo ed  una sera  mi venne la geniale idea di usare una stupida lametta per auto-lesionarmi. Presi la mia biancheria intima e mi incamminai verso il bagno femminile .
Una volta entrata cominciai a lavarmi e dopo un po’ chiusi il getto d’acqua  guardando l’orario.  Mi accorsi che si erano fatte già le 19:15.
Lungo il corridoio incontrai Harry, il ragazzo dagli occhi incantevoli (si certo lui mi violenta e ho ancora coscienza di parlare bene di lui…Boh…mi stupisco da sola) ed il suo amichetto, dalla pelle perfetta (Mah…ancora).
Cercai di correre verso la mia stanza ma un tocco gelido fermò la mia corsa . Girandomi  incontrai un Harry con un sorriso a 32 denti,  l’esatto contrario di me che ero diventata giallognola. Si avvicinò al mio corpo facendomi sbattere contro il muro attaccando il suo al mio. Chiusi gli occhi con tutta la mia forza aspettandomi uno schiaffo.


- Non preoccuparti stasera proveremo qualcosa di diverso.-(Oh no, non volevo perdere la mia verginità con quei 5 incubi)
-Fatti trovare pronta alle 20:00. Verremo nella tua stanza.-
Risposi con un piccolo cenno di  testa e deglutendo rumorosamente.


 Andai in camera e cominciai a vestirmi.
Preciso come un orologio svizzero arrivò Harry, lo feci entrare facendolo sedere sul mio letto appoggiando i gomiti sulle ginocchia.  Non pronunciò nemmeno una parola. Ma per rompere il ghiaccio decisi di fare una domanda banale.


-A che ora arriveranno?.- chiesi con finto interesse


-Chi?.- non si risponde ad una domanda con una “domanda”


- I tuoi amichetti.- dissi terrorizzata pensando a tutto quello che doveva accadere quella sera
-Oh tra un po’…comunque sei pronta?.- domandò restando nella posizione iniziale


-Sono due anni che va avanti questa storia…e tu hai ancora il coraggio di parlarmi dopo le cose che mi fate? Io mi vergognerei.- conclusi accorgendomi di aver parlato troppo e la risposta di Harry non tardò ad arrivare


Come previsto le mie parole fecero infuriare il ragazzo che si alzò di scatto tirandomi un potente schiaffo.


- Non devi azzardarti ok?.- mi avvisò serrando la mascella


Sorpresa dal suo comportamento annuì.
Avendo lasciato precedentemente il computer acceso andai a spegnerlo.
Una pacca alla pancia  oscurò la mia vista  e dopo solo una voce  in lontananza che pian piano scompariva.


Mi svegliai stesa in un letto accorgendomi di avere diversi tubicini nel mio corpo e ciò mi scandalizzò. Vidi cinque ragazzi seduti di fronte al mio letto. Un ragazzo riccioluto mi si avvicinò.


-Come stai?.- chiese sorpreso per il mio inaspettato risveglio


-Scusa, ma chi sei?.- domandai  non sapendo chi fosse quel ragazzo dinanzi a me


Vidi i suoi occhi irrigidirsi. Alzandosi dalla sedia raggiunse quegli altri ragazzi sconosciuti cominciando a parlare, ma essendo abbastanza lontani udivo solo delle parole senza senso compiuto.
Salve Genteeee
ecco la mia prima storia. Spero possa piacere a un pò di persone, sono ottimista...
Aspetto soprattutto consigli!
Holaaaa
 


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I CINQUE RAGAZZI ;)

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Capitolo 2
*** Ricordi poco piacevoli ***


                                                                         CHAPTER TWO

                                                                     Ricordi poco piacevoli”

Vorrei incominciare col chiedervi

scusa per aver tardato ad aggiornare

ma purtroppo ho internet solo al cellulare

e per aggiornare devo aspettare che i miei

vadano da mia nonna, dove “fortunatamente”

c’è la connessione. Ma ehi ehi adesso andrò

spesso quindi automaticamente aggiornerò presto.

Adesso vi lascio con il capitolo e buona lettura…

 

Mi sentivo in soggezione con quei cinque ragazzi che mi guardavano ininterrottamente. Infine per interrompere quegli sguardi dissi:

Io: cosa ci fate qui? Il riccio rispose

?: siamo tuoi amici! Obiettò sulla parola amici, ma non capendo annuì con la testa. Quel letto che già odiavo era ben coperto con due lenzuola azzurrine, ormai stanca scostai le coperte dalle mie gambe e cercai di alzarmi. Notai gli sguardi increduli di quei cinque ragazzi per quello che stavo per fare. Misi i piedi sul pavimento ghiacciato e mi alzai dal letto, ma molta la debolezza caddi a terra e vennero a soccorrermi tutti e cinque. Non appena il moro dalla pelle ambrata toccò la mia pelle un flashback sovrastò la mia mente…delle immagini poco strutturate di ragazzi difronte a me che ridevano beatamente mentre io avevo una faccia piuttosto impaurita. Tolsi il mio braccio dalla mano del moro e mi sedetti sul letto. Puntando su ognuno di loro il mio dito dissi:

Io: non dovete azzardarvi a toccarmi ok?

Sgranarono gli occhi dopodiché mi distesi, rilassandomi.

Chiamai il riccioluto per farmi accompagnare al bagno, durante il tragitto chiesi:

Io: tanto  per cronaca…come ti chiami?  Lui esitò ma poi rispose

?: Harry! Io risposi con un piccolo cenno con la testa. Una volta arrivati alla porta mi lasciò ed entrai nel bagno mantenendomi con  le mani sul bordo del lavandino. Avevo le maniche del pigiama leggermente corte e da lì scorsi dei tagli abbastanza profondi, ancora altri ricordi sovrastarono la mia mente. Avevo un sottile filetto di metallo puntato sul mio polso mentre goccioline di sangue cadevano dal mio polso. Ecco chi ero, una ragazza londinese vittima di bullismo e proprio a praticarlo erano loro… quei cinque ragazzi lì fuori che sembravano tutt’altro. Uscì dal bagno senza spiaccicare parola e non degnandoli di uno sguardo. Il biondino chiese:

Vuoi una mano? Io risposi di rigetto

Io: NO, non ne ho bisogno.

Arrivai al letto e presi un respiro di sollievo per aver raggiunto la mia meta, mi girai verso loro perché volevo sapere la verità

Io: allora volete spiegarmi il ruolo che fino ad adesso avete avuto nella mia vita?  

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Capitolo 3
*** Ritorno ***


3° CAPITOLO

Dopo pochi minuti che sinceramente per me pochi non lo sono stati per niente il biondino si fece avanti

 

-Vorrei cominciare nel dirti che noi ragazzi siamo cambiati.-  feci cenno con le mani di continuare, non volevo aspettare né un secondo in più né un secondo in meno

 

-Sai, noi eravamo solo degli adolescenti troppo ingenui per capire il male che ti procuravamo e ancora non riesco a capire come in passato abbiamo potuto rovinare ogni tuo singolo giorno.- 

 

- Io invece non riesco ancora a capire come voi un giorno prima sembravate delle sottospecie di demoni  e ora degli angeli caduti dal cielo. Spiegatemelo, davvero, perché io non ci arrivo.-  non capivo il loro ragionamento

 

-Roberta, cosa credi che dopo ogni sera passata a picchiarti eravamo, come dire, contenti? Perché se è quello che pensi ti sbagli di grosso.- il tono del biondo si alzò a dismisura e quasi mi fece tornare indietro nel tempo

 

-Sapete che vi dico? Ok accetto le vostre scuse ma ora voglio dimenticare il mio passato, non avervi mai conosciuto e cancellare tutti quei sfocati ricordi che ho della mia infanzia, ricominciare a scrivere la mia vita col sorriso…- 

 

Ad interrompere il mio sfogo era stata un’infermiera sulla cinquantina d’anni che portava con sé diversi fogli. Porgendomene uno delicatamente mi informò del mio ritorno a casa. Annuì e cominciai a preparare le valigie con fretta, dopo tutto volevo uscire da quell’ ospedale e staccarmi da quello stupido lettino con quelle stupide lenzuola azzurrine che per due giorni hanno accudito il mio corpo.

 

Chiusi la valigia e scappai da quel posto tanto odiato. Vidi una macchina nera aspettare il mio arrivo  e un signore in giacca e cravatta venirmi in contro prendendo le mie valigie e depositandole per il momento nel porta bagagli. Il viaggio si dimostrò una vera noia ma l’arrivo non tardò ad arrivare. Scendendo dalla macchina mi accolse la maestosa struttura chiamata Orfanatrofio.

 

Continuavo a ripetere dentro me  -Dai ancora pochi  giorni e dopo sarai libera di avere una casa tutta tua.- Si, perché l’unico pensiero che ronzava nella mia testa quel momento era poter avere una casa tutta mia,  Poter gestire la mia vita e uscire tutte le volte che voglio  e chissà fare nuove conoscenze.

-Signorina ecco le sue valigie e buon rientro.- mi girai subito dopo aver sentito la voce dell’uomo

-Oh, grazie mille.-  conclusi con un sorriso sforzato al massimo, dopodiché entrai salutando con un cenno di mano la ragazza che per adesso occupava la reception di nome Giada. Con lei avevo stretto amicizia, era una ragazza molto simpatica dai lunghi capelli neri contornati dalla carnagione mulatta che invidiavo molto perché io in confronto a lei ero una vera e propria mozzarella mah dettagli.

Mi recai quindi alla reception.

-Ciao da quanto tempo, tutto bene Roby?.- mi domandò cordiale la ragazza dopo esserci scambiate un caloroso abbraccio

-Diciamo di si, te invece tutto bene?.- annuì e mi porse la mia odiata chiave argentata

Ci salutammo con un altro abbraccio e salì le scale lentamente per il peso delle mie valigie.

Infilai la chiave nella serratura ed eccola lì… la mia stanza illuminata dalla luce solare e devo dire di non averla vista mai così splendente essendo una ragazza molto disordinata. Mi stesi sul letto e cercai di addormentarmi ma molti i pensieri che girovagavano per la testa ci volle un po’ di tempo.

Che questi ultimi giorni da minorenne abbiano inizio!

 






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NIALL CHE SI GIUSTIFICA

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Capitolo 4
*** Incisioni ***


4° CAPITOLO

Mi svegliai grazie ad un raggio di sole sbucato dalla finestra oscurata dalla quasi invisibile tenda color rosa candido, decisamente il mio colore preferito.

Decisi di uscire nel pomeriggio, pigra com’ero non avevo i presupposti di alzarmi da quel letto, misi la sveglia alle 14:00 e appoggiai per l’ennesima volta la mia testa sul cuscino addormentandomi.

-Signorina Collinsina potrei entrare?.- udì una voce famigliare al dì fuori della porta e mi alzai andando ad aprire sapendo già chi fosse, solo lei mi chiamava con quel nomignolo che a dir la verità non mi andava proprio a genio.

-Preferirei essere chiamata Collins o comunemente Roberta ma te sei un caso a parte.- conclusi con un sorriso a 32 denti trovandomi davanti la mia amica Giada. Entrò nella mia stanza sedendosi sul mio letto dando due colpetti sul materasso.

-Devo dirti una cosa!.- disse con una certa euforia

-Dimmi tutto!.- conclusi anche io con euforia dato che il suo stato d’animo mi aveva contagiato

-Ho conosciuto un ragazzo!.- alzando il tono di voce e cominciando a saltellare per la stanza scatenando la mia risata

-Davvero raccontami…come si chiama?.-

-Uhm veramente non lo so, ma so che è un ragazzo dolcissimo!.-

-Ah la coerenza è nel tuo DNA, baby.- sicuramente sarà stata abbastanza euforica da non averli chiesto il nome del ragazzo senza nome ma dolce

-Scusami se mi trovo un ragazzo della madonna davanti e rimango imbambolata eh!.- concluse con un finto broncio che durò poco dato che scoppiò a ridere.

Parlammo del più e del meno tutta la mattinata ed erano già le tre del pomeriggio. Con lei le ore passavano ma non te ne accorgevi. Ti travolgeva in qualunque discorso anche in quelli più imbarazzanti facendoli diventare discutibili senza problemi.

-Vorrei restare qui a non fare niente con te ma ora devo andare.- concluse con un accenno di amarezza

-Non ti preoccupare, ci sentiremo via cellulare.- la mora dai capelli lunghi mi abbracciò e delicatamente chiuse la porta della stanza

Mi feci velocemente una doccia e mi preparai per l’uscita tanto attesa. Scesi e mi recai alla Reception dove mostrai il permesso alla giovane ragazza ma che non era la mia amica Giada ed uscì da quella struttura. Per prima cosa mi recai ad una gelateria e presi una maxi coppa essendo una golosona, gustai fino all’ultimo “cucchiaio” il gelato e mi alzai lasciando i soldi sul tavolino.

Mi diressi al centro della maestosa Londra e mi sedetti su una delle tante panchine presenti in quel posto. Mancavano tre giorni al mio compleanno e avevo in mente solo una semplice cena ad un lussuoso ristorante, d’altronde sono pur sempre diciott’anni.

Camminavo per una strada piuttosto trafficata, sia da automobili  e da pedoni, quando un oggetto scintillante attirò la mia attenzione. Mi avvicinai con passo svelto ed era un sottile metallo, subito pensai di poterlo usare per auto-lesionarmi ma mi convinsi di andare avanti. Mah niente, era più forte di me. Tornai indietro e piegandomi presi la lametta mettendola nella tasca del mio Jeans, cercai un vicolo buio nelle vicinanze e bastò poco trovarlo.

Cacciai la lametta e alzando il giubbotto estivo scorsi i tagli quasi invisibili, posizionai la lametta sul polso e cominciai ad incidere due-tre tagli. Stavo quasi per fare il quarto ma alcuni passi attirarono la mia attenzione. Oh cazzo. Era Harry ma per fortuna non si accorse di me ma mai cantare vittoria. Sentì lui indietreggiare e fare un cenno con la mano.

-Ciao Roby, da quanto tempo.- capirai era da un giorno che non ci vedevamo ma vabbè

-Già.- risposi con tono gelido

-Tutto bene?.- mi chiese con quel sorriso che faceva nascere ai lati delle labbra le sue fossette

-Si, tra tre giorni compirò diciott’anni.- dissi facendo spuntare un sorriso ma a farmi cambiare umore, una stupidissima gocciolina di sangue caduta sull’asfalto del vicolo. Ciò fece abbassare la faccia al riccio e si accorse della minuscola goccia, ma visibile grazie al contrasto del rosso del sangue e il nero dell’asfalto

Strattonò il mio braccio davanti a sé e vide diversi tagli su di esso

-Perché continui a farlo.-

Dovevo inventarmi una scusa.

 

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Capitolo 5
*** Bentornato Josh ***


5° CAPITOLO

-Scusa, scusa ma non riesco a smettere è come una droga per me.- conclusi con la prima lacrima
-Scusa dovresti dirlo a te stessa, al tuo corpo. Così non potrai andare avanti. Io potrei aiutarti?.- concluse
-Non mi fido.- abbassai il capo, non riuscivo a guardarlo negli occhi
-Ok Ok… ma sappi che io ci sono stato per te.- se ne andò oltrepassando l’incrocio e da lì cominciai a piangere più di quanto non stessi già facendo. Mi raggomitolai su me stessa.
Non ero capace ad interrompere quel passato che ancora regnava su me stessa, non ero capace a staccarmi da quella stupidissima dipendenza.
Mi alzai asciugando le mie lacrime con il polso. Dovevo trovare Harry. Presi la stradina che lui precedentemente aveva percorso. Mi trovai in un posto meraviglioso con alberi maestosi e diverse panchine sparse qua e là.
Ripresi a correre ma ormai essendo senza fiato mi rassegnai all’idea di raggiungerlo. Presi la strada del ritorno dopotutto era tarda sera anche se la luce del sole ancora viva nel cielo non lo dava a vedere.
Assorta nei miei pensieri andai a sbattere contro uno sportello aperto all’improvviso
-Potrebbe guardare prima di aprire lo sportello.- dissi con nonchalance ma non appena alzai lo sguardo ed incontrai quegli color miele, il mio umore cambiò totalmente. Erano ormai da cinque anni che non avevo nessuna notizia di lui… del mio migliore amico “Josh”.
 Mi tuffai letteralmente nelle sue braccia ma mi accorsi con tristezza che lui non stava ricambiando. Sciolsi quell’abbraccio e scrutandolo mi accorsi che ora era un uomo, non era quell’adolescente dalla pelle segnata da diversi brufoli, ora a sostituirli erano dei piccoli filamenti di barba
-Scusa, chi sei.- udì quelle parole che non avrei voluto mai e poi mai sentirle
-Non ti ricordi di m-me?.-
-Ma certo che mi ricordo di te, piccola.- mi coinvolse in un abbraccio del tutto diverso dal precedente e ciò mi fece scappare qualche lacrima. Il mio Josh era lì tra le mie braccia dopo tanto tempo.
Ci staccammo da quell’abbraccio, che sinceramente avrei voluto fosse interminabile
-Fatti vedere…sei cresciuta tantissimo quasi non ti riconoscevo!.-
-O ma dai, dovrei dirlo  a te, ora sei un uomo. Dov’è finito quel bambino con la tutina dei Looney Tunes.- la mia frase scatenò la fragorosa risata del mio uomo
-Io sono cambiato ma la tutina è in soffitta nella mia casa se la vuoi.- gli diedi una gomitata scherzosamente
-Eh dai…- scoppiai a ridere
-Vabbè dai…tutto bene?.- mi chiese sempre con il sorriso stampato in faccia
-Diciamo di si.-
-Sai qualche serata dovremo uscire insieme, per raccontarci tutte le nostre avventure vissute in questi anni.-
-Già…sarebbe grandioso.- dissi euforica
-Che ne dici di domani sera?.- ma ben presto la mia euforia svanì. Non potevo per via di quegli stupidi permessi già terminati essendo  a fine mese.
-Mi dispiace ma non posso, sai sono in orfanatrofio, ancora per poco ma per adesso vivo lì.-
-E perché non uscire adesso, andiamo, ti offro un gelato o un cornetto, qualunque cosa tu voglia.- mi chiese con gentilezza ed io cordialmente annuì, dopotutto il coprifuoco era alle dieci.
Ci incamminammo per poi arrivare in un bar, precisamente il più noto di quella città. Entrammo  ed io optai per un Hot-Dog. Litigammo su chi dovesse pagare il conto ma alla fine ebbe lui la vittoria. Andammo  a sederci in uno dei tanti tavolini presenti in quello spazio e cominciammo a mangiare .
Parlammo o meglio dire, lui, mi parlò delle sue avventure e devo dire che il ragazzo aveva avuto una vita piuttosto movimentata. Ma una massa informe di capelli ricci attirò la mia attenzione e l’unica cosa che c’era in quel momento nella mia mente era il suo nome…Harry
Dissi a Josh che dovevo andare urgentemente in bagno e finalmente raggiunsi la porta, in quel momento la mia salvezza.
 Aspettai pochi minuti  ed essendo convinta che il riccio se ne fosse andato uscì da quella tana. Camminai sorvegliando l’ampio spazio dell’interno Bar, e niente, nessuna traccia di lui.
Uscì, recandomi al mio tavolino. Guardai l’orologio ed erano già le 21:30. Dovevo tornare, aggiornai Josh del mio rientro.
Mi trovavo nella spaziosa macchina del ragazzo occhi color miele che adesso mi stava accompagnando a “casa”.
Una volta accostata la grande macchina nera davanti al cancello di ferro battuto, salutai il mio migliore amico e ci scambiammo i numeri per un imminente incontro.
Che sia un nuovo inizio?




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Roberta quando si autolesiona :(

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Capitolo 6
*** Maggiorenne ***


6° CAPITOLO

Una volta entrata nella mia stanza tolsi quel poco di trucco che avevo addosso mettendomi una leggera canottiera. Mi stesi addormentandomi molto velocemente per la giornata piena di sorprese appena vissuta.

La giornata seguente filò tutto liscio, ma ben presto anche il giorno del mio compleanno arrivò, il 30 Giugno. Finalmente maggiorenne! Non ero una ragazza molto dedicata ai festeggiamenti perciò come raccontato precedentemente avevo in mente solo una cena. Maglietta, jeans e le mie adorate Converse ed ero pronta.

Verso le 18:30 il mio cellulare cominciò a squillare, tanta la spensieratezza non guardai neanche il numero.

-Pronto?.- risposi attendendo l’imminente voce, parlasse

-Ciao Roberta, sono Josh.- riconobbi subito quella voce inconfondibile

-Oh ciao…che piacere sentirti.- dissi entusiasta nel sentire la sua voce

-Anche per me. Comunque dovresti dirmi qualcosa?.-

Cosa insinuava? Pensai

-Io, No!.-

-Dai che giorno è oggi?.- mi domandò

-30 Giugno.-

-E quindi?.-

-Il mio compleanno.- dissi

-Finalmente ritardata mentale e pensare che sei maggiorenne!- scoppiò in una risata classificandomi come ritardata mentale

-Allora che hai intenzione di fare questa sera?.-

-Niente di che.-

-Ho deciso, questa sera usciamo insieme e andiamo in discoteca.- rispose con tono autoritario

-Non so se posso.- non ero andata mai in posti di quel genere, anche se la cosa mi attirava. Tentar non nuoce

-Ma si che puoi, ci vediamo alle 9.- attaccò non volendo sentire la mia obbiezione

In quel momento non capivo il mio stato d’animo, ero un po’ euforica all’idea di andare in un posto a me sconosciuto ma anche terrorizzata. Lasciai questi pensieri all’istante e cominciai a vestirmi, optai per un vestito nero con qualche punto luce qua e là ma niente di che, dopotutto non aveva un fisico mozzafiato. Per le scarpe decisi di mettere delle zeppe, molto comode ma allo stesso tempo eleganti.

Dopo essermi preparata mi accorsi del messaggio appena arrivato sul cellulare. Era Josh e ciò diceva:

-Allora sei pronta, baby?.-

-Ma certo signorino Devine, vorrei solo sapere in quale locale passeremo la serata.- inviai il messaggio

-Le sorprese non si svelano.-

-Uffa, voglio saperlo.- sbuffai sonoramente

-Eh no, signorina Collins.-

- E va bene.- inviai l’ennesimo messaggio ormai rassegnata

-Ci vediamo alle 9.-

Decisi di cominciare a truccarmi, solo un po’ di mascara, matita e un po’ di fondotinta. Dopodiché era il turno dei capelli ma non potevo fare granché con quei capelli ricci che mi ritrovavo, perciò gli lasciai cadere sulle spalle raccogliendo solo il ciuffo con una molletta.

Mancava ancora mezz’ora e non sapevo cosa inventarmi per passare il tempo. Mi venne in mente di accedere su Facebook, era da un bel po’ di tempo che non ci entravo dopotutto avevo creato quell’account solo per noia.

Mi accorsi delle dieci richieste di amicizia e delle altrettante notifiche. Tra le richieste avevo la mia scema, nonché Giada e diversi utenti di qui non conoscevo niente ma accettai lo stesso l’amicizia. Non ebbi il tempo neanche di dare uno sguardo alle notifiche che un messaggio arrivò sul mio cellulare.

-Baby, io sono qui sotto, anche se non sei pronta non ti preoccupare, aspetterò!.- pensava fossi la ragazza sofisticata di una volta? Beh, si sbagliava

Scesi velocemente. Non dovevo dar conto ai permessi o cose varie, ormai avevo diciott’anni. E ciò mi mise di buon umore più di quanto non lo fossi.

Dovevo trovarmi una casa ora. Ma lo avrei fatto il giorno dopo.

 Appena uscita scorsi la BMW di Josh e lui appoggiato su di essa.

Appena arrivata lo abbracciai.

-Sai, pensavo ci mettessi più tempo.-

-Veramente è da mezz’ora che sono pronta!.- risposi con un sorriso strafottente, sono cambiata o posso dire mi hanno cambiato

-Scusa ma io ero rimasto alla piccoletta, dolce ma sofisticata.-

-Beh, non lo sono più.-

-Comunque andremo in un locale, il Funky Buddha!.-

-Spiacente, non lo conosco.- risposi con una faccia triste

-Non ti preoccupare. Ti divertirai!.- mi tranquillizzò

Che il mio compleanno abbia inizio!

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Capitolo 7
*** Funky Buddha ***


CAPITOLO 7

Arrivammo al Funky Buddha e Josh parcheggiò la sua Berlina nell’apposito parcheggio del locale.

-Sei pronta maggiorenne?.-

-Ma certo, sempre pronta.- si vai convinta Roberta non ti accorgi neanche che stai morendo dalla paura di passare una serata diversa.

Scendemmo dalla macchina ma prima di recarci all’entrata del maestoso locale. Josh mi bloccò.

-Un piccolo particolare… questa è una sera speciale, ognuno di noi indosserà una maschera, e che ti piaccia o no, dovrai indossarla.- concluse porgendomi una maschera che copriva solo la parte superiore della testa.

Una volta arrivati all’entrata Josh cacciò fuori dalla tasca posteriore il suo portafoglio. Cacciando da esso due banconote da 50.

Non potetti  fare altro che strozzarmi con la mia stessa saliva. No, dovevo restituirglieli.

Dopo essere entrati mi posizionai di fronte a lui con in mano la stessa somma di soldi che poco fa aveva sganciato.

-Ecco.- dissi convinta

-Cosa avresti intenzione di fare con quei soldi in mano?.-

-Ridarteli indietro, semplice.- conclusi prendendo la sua mano cercando di metterli all’interno

-Frena frena frena, quello era il mio regalo di compleanno.- disse scostando la mano

-Sono sempre un bel po’ di soldi e quindi sono obbligata a restituirteli.-

-Senti non ho voglia di stare qui un’ora. Divertiti e non pensare a niente. Poi al resto penseremo domani!.- dopotutto era la mia serata ma in un modo o nell’altro gli avrei restituito la somma di denaro.

Indossai la mia maschera viola e ci facemmo spazio in mezzo a tutta la fila di persone arrivando finalmente di fronte al bancone di alcolici.

-Prendi qualunque cosa tu voglia.- mi avvisò ed io non me lo feci ripetere due volte prendendo un Negroni, ma questa volta caricai il conto a mie spese. Non avrei mai accettato un altro cosiddetto “regalo”.

Sorseggiando il cocktail guardavo Josh che precedentemente era stato chiamato dai suoi amici, farmi segno di raggiungerlo. All’inizio pensai di non andare ma poi dissi dentro di me “ma perché non fare nuove amicizie, forza Roberta”

Strinsi amicizia con molti di loro e sembravano dei tipi apposto.

Per il resto della serata restai con le ragazze del gruppo tra cui Louise e una certa Eleanor.

Dopo aver parlato del più e del meno, io e Louise decidemmo di andare a prenderci qualcosa. Il tragitto dal nostro privè al bancone si presentò piuttosto difficoltoso, c’erano ragazzi totalmente ubriachi che avendo la testa fra le nuvole ti si schiacciavano sopra. Mah vabbè!

Finalmente arrivammo al santissimo bancone.

-Cosa desidera Madame?.- chiese Louise strillando per via della musica molto alta, ma avvertì la sua ironia.

-Un fragolino, grazie.- dopo di ché comunicò al barista i nostri ordini.

Il mio ordine arrivò subito e dopo diversi miscelamenti piuttosto vivaci tra diversi alcolici arrivò anche a Louise la sua dose di sballo.

Continuai la serata con le ragazze, ma anche con Josh e il suo gruppo che non tardò a raggiungerci.

Ma ben presto sentì e non so come, il mio nome pronunciato da una voce famigliare. Girandomi, trovai di fronte a me la mia Giada, e subito le andai in contro abbracciandola chiudendo gli occhi. Sciogliemmo l’abbraccio e notai che aveva una splendida acconciatura nonché una treccia che le ricadeva al lato destro della spalla, e, non so se ero io o l’effetto dell’alcolico, la treccia sembrava luccicare… ma dettagli!

Le presi il polso e la portai al mio privè. Durante quest’arco di tempo senti Giada pronunciare “vieni nia…”  ma non capì niente dato l’imminente inizio di una canzone House.

Una volta arrivati presentai a tutti la mia Scema, notando subito che il suo accompagnatore conosceva già tutta la mia banda.

Eravamo più o meno una decina ed ogni sedile ospitava dodici persone, quindi potevamo accomodarci tutti.

Dopo svariati minuti sentì pronunciare “Niall” da Josh e subito il mio cuore comincio a battere forte, perché se era la persona in questione  non sapevo come uscire da quella situazione.

La prima cosa che pensai? Allontanarmi un attimo per riflettere.

Così avvisai tutti che avevo bisogno di andare in bagno. Arrivai subito alla porta del bagno femminile e la spalancai.

Mi tolsi la maschera che a dirla tutta, questa sera mi era stata di grande aiuto.

-Ecco, ed ora come faccio a trascorrere la serata tranquillamente?.- mi domandai

Arrivai ad una conclusione, dovevo impadronirmi della maschera di Josh, essendo una maschera che copriva tutto il volto.

Affacciandomi dalla porta chiamai con dei gesti con la mano Josh Salvatoredellamiaanima Devine.

Mi raggiunse subito essendo preoccupato se avessi avuto qualche problema.

-Perfavore potremmo fare a scambio di maschere?.- conclusi con il labbruccio cuccioloso

-Non se ne parla… io con la maschera viola… pff!.- così la metti? Ora so io come ottenerla

-Allora, caro Josh se non mi darai la tua maschera dirò a tutti che dormi ancora con il tuo Fuffi.- anche se aveva la maschera notai un movimento della testa

-Non lo farai.-

-Chi te lo dice?.- ah si signorino Devine? Ora ti mostro io la furia Collins

-Sei troppo dolce per farlo.-

Entrai nel bagno indossando la mia maschera. Una volta uscita cominciai ad indicare Josh con le mani.

-Il qui presente Josh Devine… .- non mi lasciò finire perché mi ritrovai la sua mano sulla mia bocca... paura eh Josh!

-Ok tieni è tutta tua.- dopo lo scambio di maschere scoppiai in una fragorosa risata vedendolo con sopra la mia maschera “viola”

-Meglio se smetti di ridere… o finirà male per te.- disse indicandomi ed io cessai all’istante di ridere

Tornai al mio posto e cominciai a parlare tranquillamente  anche se il rischio di essere riconosciuta era sempre presente.

Due ragazzi dirigersi verso di noi attirarono la mia attenzione.

Oh mio dio! No, non poteva essere Harry! I suoi capelli erano inconfondibili.

Roberta stai calma, non lo guardare, non ti riconoscerà! pensai  autoconvincendomi

Arrivarono qui di fronte a noi, Harry e un altro ragazzo sconosciuto.

Josh presentò ognuno di noi a Harry. Arrivò a me pronunciando il mio nome con nonchalance.

-Piacere Harry.- disse cordialmente porgendomi la mano

-Piacere Roberta.- esitai

-Strano… io ho un amica che si chiama Roberta.- si amica, vai convinto Harry!

-Ahahah… coincidenze.- dissi immediatamente

Mi rivolse un ultimo sorriso e… no, come? Adesso anche lui dovrà stare con noi?

Ok, che la seconda parte della serata abbia inizio!

 

 

 

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Capitolo 8
*** Serata divertente ***


Allora, mi scuso del ritardo nel postare il capitolo, anzi tutti i capitoli, ma è il mio primo anno di scuole superiori e voglio dare tutta me stessa. Quindi sono giunta ad una conclusione… a tutte quelle che seguono questa storia (spero ci siano) fatevi sentire perché senza incoraggiamento non so davvero se continuare. Perciò per favore fatevi sentire. E così vi lascio (forse) all’ultimo capitolo.

CAPITOLO 8

Avevo deciso, dovevo divertirmi dopotutto era o no il mio compleanno? Che Harry e i suoi amici vadano a quel paese.

-Roby andiamo voglio prendere un cocktail.- disse la mia migliore amica strattonando il mio braccio ma sapevo che non era per il cocktail

-Voglio parlare di….-

-Mmh… fammici pensare, del tuo amichetto?.-

-Già.- colpita e affondata. La conoscevo molto bene ormai

-Spara.- dissi con una nota di dissenso, non potevo dimenticare il mio triste passato di cui lui ne aveva fatto parte

-Ecco credo mi piaccia.- terminò la frase fissando il pavimento per niente interessante

-Sono davvero contenta che tu abbia trovato una persona di cui poterti fidare ma non credo sia il tuo tipo.- conclusi facendo               alzare immediatamente il capo di Giada

-Come fai a dire che non è il mio tipo se non lo conosci?.- mi guardava con faccia infastidita ma lo facevo per il suo bene, volevo proteggerla

-Sai, già al primo impatto non mi sembra un granché.-                conclusi gesticolando

-E invece credo che con lui ci possa essere un futuro, perché è quello che voglio e me ne frego della tua opinione.- disse piuttosto arrabbiata alzando il tono di voce, sia per la musica e sia per la nostra discussione

-Io lo dico per te, se poi non ti importa l’opinione della tua migliore amica. Fai te!.- arrabbiata girai i tacchi e uscì dalla discoteca.  Avevo bisogno di aria

Accesi una Marlboro. Quando ero nervosa il fumo in un modo e nell’altro mi rilassava, sarà che sono strana, ma ok!   

Sentì delle voci in lontananza, vedevo un ombre e mi accorsi aveva una bottiglia di birra in mano. Oh no, proprio stasera mi doveva capitare un povero sfigato ubriaco!

-Ma buonasera bella ragazza.-

-Vedete di non rompermi i coglioni.- risposi secca

-Te stupida ragazzina così non mi chiami!.- disse alzando un braccio e provando ad avventarlo sopra di me, ma lo bloccai e con forza lo misi a terra tirandoli un pugno in faccia, stordendolo.

Il corso di auto-difesa fatto poco fa era servito, eccome!

Decisi  di tornare a casa (Orfanatrofio) anche se distava un bel po’. Così avvisai Josh tramite un messaggio

-Josh mi dispiace ma sto tornando a casa, mi sento poco bene. Grazie per la sorpresa, a prestooo                  Roberta xx.-

La risposta non tardò ad arrivare

-Perché non mi hai avvisato, dimmi dove sei ti porto a casa con la macchina                                                          Josh xx.-

-No davvero tranquillo                                                                                                                                                       Roberta xx.-           

Ora che ci rifletto… sono maggiorenne e ciò vuol dire che il mio “soggiorno” all’orfanatrofio è finito! Per fortuna ho con me soldi a sufficienza per pagare una nottata in Hotel

Mi recai in un albergo nei paraggi, il “Paradise”, che a dirla tutta, tutto era tranne che un paradiso. Dettagli!

Una volta aperto il portone d’entrata mi recai alla Reception

-Scusi vorrei una stanza singola per la notte.- dissi con gentilezza

-Ecco, il conto lo potrà pagare domattina.- concluse con un sorrisetto

-Oh ok!.- presi la chiave poggiata in precedenza sul bancone dal signore e percorsi le scale, illuminate da una fioca luce

-5,5,5….- ripetei finché non trovai la rispettiva stanza

Infilai la chiave nella serratura e ciò che si presentò ai miei occhi fu una stanza con al centro un lettino coperto da un lenzuolo, accanto un comodino con sopra una graziosa lampada. Alla mia sinistra c’era un armadio che nella mia situazione era inutile.

Mi stesi guardando la finestra da cui si intravedeva la luna e pensai alla serata appena vissuta. Tutto era andato a rotoli, il litigio con Giada mi aveva scombussolata.

Stavo quasi per addormentarmi, presi il cellulare per spegnerlo ma mi accorsi che mi era appena arrivato un messaggio .

Era di Giada e ciò diceva:

-Scusa per averti trattato così, ma è stata una giornata così e così. Scusa di nuovo.-

Scrissi immediatamente la mia risposta:

-Non  penserai davvero che io mi sia arrabbiata, ho reagito d’istinto. Anzi sono io che mi devo scusare!.-

-Ma cosa dici, domattina ci incontriamo allo Starbucks alla Five Street, facciamo colazione lì alle 10.-

-Agli ordini capitano. Buona notte!.- quel mio messaggio mi fece scappare un sorrisino innocuo sulla bocca

-Anche a te Roby.-

Spensi il cellulare e lo posai sul comodino. Appoggiai la testa sul cuscino facendo uscire un debole sbadiglio, dopodiché non passò nemmeno un secondo che mi si chiusero gli occhi.

 

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Capitolo 9
*** Non posso! ***


Sono giunta ad una conclusione, d’ora in poi proverò ad aggiornare più velocemente. Con questo vi lascio al capitolo

CAPITOLO 9

Mi svegliai verso le 7 di mattina, piuttosto presto ma non ne sapevo il perché, forse in quella stanza non mi sentivo a mio agio. Insomma non era una delle migliori.

Mi vestì con i capi del giorno precedente e scesi recandomi al sottospecie di Bar presente nell’Hotel. Finita la mia abbondante colazione lasciai i soldi del pernottamento sul bancone, dopodiché uscì salutando cordialmente il proprietario impegnato in altre faccende.

Quella mattinata avevo deciso, l’avrei passata pienamente a cercare un alloggio, anche se la cosa si presentava difficile perché l’appartamento mi serviva per la sera stessa. Non sarebbe il massimo dormire di nuovo in un albergo nella periferia di Londra.

Mi recai in un’agenzia immobiliare ed esposi un po’ le mie urgenze nell’avere il prima possibile un appoggio. Dopo un’ora trovai un appartamento accogliente, sembrava fatto apposta per me. Aveva un piccolo camino nel soggiorno e fu la cosa che mi attirò maggiormente, avevo sempre desiderato avere un camino tutto mio per potermici riscaldare nelle sere fredde. Insomma lo prendevo come un oggetto che mi potesse proteggere… sarò strana, ma sono così!

L’impiegato mi accompagnò nel “mio” appartamento e non appena sorpassai la soglia d’entrata la sentì subito casa mia.

Casa=Lavoro

Già, dopo aver trovato finalmente la casa mi toccava trovare un lavoro per potermi mantenere. Per fortuna avevo i soldi necessari per pagare la prima rata d’affitto. Potevo tirare un temporaneo sospiro di sollievo!

Nuovo messaggio

-Ciao ciccia,  avevo pensato di pranzare insieme, ci stai? Fammi sapere.  La tua scema.- non sapevo cosa rispondere, avevo paura di dover trascorrere un po’ di tempo, oltre che con Giada anche con i suoi amici! Ciò mi portò a dire No alla richiesta della mia migliore amica!

-Se pensi che ci siano Niall con i suoi amici ti sbagli di grosso.-

Ok, cominciavo ad avere paura. Come cavolo aveva fatto a leggermi nel pensiero. Risposi subito facendo finta che la sua supposizione fosse sbagliata.

-No davvero dico, non ho voglia di uscire. Potresti venire te da me. Potrei presentarti il mio nuovo appartamento.- non vedevo l’ora di vedere la sua reazione

-Certo, dammi giusto il tempo di mettermi in condizioni per poter uscire.-

-Ma dai che dici, sei Per-Fect.- risposi con un sorriso divertito in faccia

-Convinta proprio eh! Ahahahaha modestamente!.-

-Vado a preparare qualcosa di commestibile. A dopo!-

-Ahahahahah a dopo, non cucinare molto comunque.- cosa voleva dire? Mah

Ok, dovevo far nascere immediatamente in me alcune doti culinarie o avrei fatto brutta figura. Forza Roberta ce la puoi fare!

Mandai l’indirizzo di casa a Giada, dopodiché decisi di preparare la pasta al sugo. Forse l’unica cosa che sapevo fare bene. E per quanto riguarda il secondo arrangiai un po’ con le cose che avevo in frigo.

Posizionai i due piatti sul tavolo e puntuale come un orologio svizzero arrivò Giada. Aprì la porta con un sorriso a 32 denti ma scomparì immediatamente per le persone che mi trovai davanti. Oltre a Giada c’erano Niall e Harry.

*Avevo un istinto suicida improvviso verso Giada*

Non appena si accorsero che ero io la migliore amica di Giada non aprirono bocca. Avevano con loro dei cartocci che contenevano cibo visto il buon profumino che emanavano.

Giada mi saltò addosso abbracciandomi amichevolmente. Ecco io provavo totalmente il contrario per lei in quel momento. Aveva detto di non portare nessuno, aveva detto. Ma ecco svelata la sorpresa.

-Vabbè non c’è bisogno che vi presenti, già vi conoscete.- e se sapessi quanto, sfortunatamente

Ci accomodammo e cominciai a parlare e a mangiare non calcolando i due ospiti indesiderati.

Mi alzai andando in bagno.

-Fate come se foste a casa vostra.- dissi prima di percorrere il corridoio

Entrai nel bagno e controllai che tutto fosse apposto, ma quando aprì la porta trovai Harry. Aspettava sicuramente che io uscissi dal bagno, almeno così credevo.

Non appena uscita mi scostai per farlo entrare ma ciò che fece fu prendere il mio polso delicatamente alzando la manica.

-Non lo fai ancora vero?.- se intendeva tagliarmi si sbagliava di grosso, avevo voltato pagina

-No, quelli sono vecchi e comunque non devo darti spiegazioni.- feci per andarmene ma indurì la presa sul mio polso, ciò mi portò indietro nel tempo. Ma non era così, ero cambiata, ero più forte!

-Promettimi che non lo farai mai più.-

-Veramente l’ho promesso a me stessa, non ho problemi, va tutto bene, ora.-

Non vedevo l’ora che se ne andasse.

Con uno scatto mi abbracciò. No, aspettate mi stava abbracciando? Questa è bella, non sono mai stata abbracciata da lui, e mai così forte da nessuno.

-Mi dispiace.- disse con la voce mozzata dal pianto… pianto? Adesso stava anche piangendo?

Lo allontanai per vedere le sue condizioni. Già, stava piangendo, lo si vedeva dai suoi occhi lucidi. Asciugai le lacrime con  i polpastrelli delle mani.

Mi stava guardando negli occhi e ciò rendeva imbarazzante quel momento ancora di più! Con uno scatto fulmineo si avvicinò al mio viso sfiorando le mie labbra dando inizio ad un vero e proprio bacio.

Io ricambiai, ma sapevo che nel fondo del mio cuore era sbagliato, ma lasciai perdere i pensieri e mi concentrai su quelle labbra che avevo toccato tante volte ma non in queste circostanze.

Mi svegliai dal mio stato di trance. Non dovevo baciarlo, non dovevo calcolarlo ma le sue labbra erano come una calamita. Raccolsi in una mano i suoi ricci, tirandoli leggermente. Mi trascinò nel bagno chiudendo la porta a chiave.

Non doveva andare così!

Lo allontanai e ci guardammo negli occhi per pochi secondi. Raccolsi la mia chioma riccia in un elastico e cominciai a ripetermi che non doveva andare così, attirando ancora di più l’attenzione di Styles.

-Ora tu uscirai e sarà come se non fosse successo niente in questo maledettissimo bagno, ok?.-

-Non posso.- rispose immediatamente avvicinandosi di nuovo a me

-Non posso.- disse di nuovo prima di baciarmi.

                                                                                                                                                                        

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Capitolo 10
*** Lui non capiva! ***


CAPITOLO 10

Non dovevo pensare a lui e alla sua educazione, dovevo sapere quello che era successo la sera prima. Mi meravigliai ad avere ancora il numero di Styles salvato, ma come ultimo contatto.

-Pronto?.- sentì  la sua voce all’inizio ma poi solo musica ad alto volume

-Harry mi senti?.- dissi aumentando il mio tono di voce per farmi sentire.

Chiuse la chiamata e cominciai  a pormi delle domande. Non ci sono e non credo ci saranno discoteche dalle 9 di mattina alle 12. Ma dopotutto a me cosa interessava di lui.

Un raggio di luce attraversò il vetro della finestra, sapevo che quel raggio di luce era mia nonna, la nonna che per me era diventata una mamma. Mi ricordai che l’annunciò della sua morte mi arrivò tramite un misero biglietto. Ciò diceva che lei, anche se era una delle più belle stelle che ogni notte avrebbe brillato solo per me, la mattina mi avrebbe guidato verso la strada giusta attraverso un raggio di sole che in un modo o nell’altro mi avrebbe schiarito le idee. E così fu, decisi di andare a casa sua.

Percorsi la strada che portava a casa sua, ma appena girato l’angolo vidi Harry e una ragazza poggiata sulla sua macchina. Sembravano scambiarsi delle dolci parole, visto che la bionda che già odiavo si stava arrotolando una ciocca di capelli in modo sensuale.

In quel momento avevo gli occhi lucidi, non sapevo cosa mi stava succedendo, io non ero interessata a lui e non lo sarò. Solo qualche minuto ed ecco che le loro labbra si unirono in un bacio. Non potevo sopportare anche questo  e quindi tornai  a casa correndo, accompagnata dalle lacrime che in un certo senso mi facevano compagnia.

Entrai a casa e chiusi la porta poggiandomi poi su di essa, cominciando a deprimermi ancora di più. Il suono della pioggia risuonò nelle mie orecchie, ora anche il cielo piangeva.

Lasciai scendere il liquido bollente della cioccolata nella mia gola, guardando fuori dalla finestra. Una cosa che non mi rendeva sola. Perché non ero l’unica che soffriva in questa stupida società.

                                                                                                    ***

Passarono due giorni e la mia vita era intrappolata in una monotonia assurda. Avevo trovato un lavoro, cioè cassiera da Starbucks. Il proprietario mi aveva dato una settimana di prova e questo era ancora il terzo giorno. Mi preparai per andare a lavoro e uscì di casa.

Entrata nella caffetteria andai nel laboratorio indossando la divisa, dopodiché presi il taccuino delle prenotazioni e andai a servire diversi clienti. Lasciai le prenotazioni a William, nonché addetto alla caffetteria e mi recai alla cassa nel caso ci fosse stato un cliente.

-Roby, vai a prendere le prenotazioni del tavolo 5.- mi richiamò il direttore

-Desidera?.- dissi con un sorriso finto stampato sulla faccia aprendo il taccuino delle annotazioni

-Mmmh… parlare con la ragazza che ho davanti.- non appena elaborato ciò che aveva detto l’estraneo alzai di scatto la testa

-E se io non volessi?.- infatti volevo evitare il più possibile di parlare con lui

-Beh… riguarda te, ma se non vuoi parlare non ci sono problemi.- disse alzandosi dal tavolino

-Ti aspetto alle 5.30 a casa mia.- dissi abbassando la voce, non dovevo conversare con i clienti

-Un Cappuccino e un cornetto alla crema.- disse cambiando discorso

-Arrivano subito.-

Mi sentivo osservata mentre stavo seduta sullo sgabello dietro la cassa, guardai Harry che mangiava il cornetto e che nello stesso momento mi guardava. Ecco chi era!

Una volta finita la sua colazione si alzò uscendo dal locale, lanciandomi uno sguardo malizioso.

-Vai dalla tua amica a farti “consolare”.- pensai dentro me

Finito il mio turno tornai  a casa facendomi  una doccia. Non mi andava di uscire così mandai un messaggio ad Harry.

-Non mi va di uscire, vieni a casa mia alla Medison Street.- inviai il messaggio e cominciai ad asciugarmi i capelli

-Arrivo.- mi arrivò un messaggio subito dopo. Non ero pronta psicologicamente ad affrontare un discorso con Harry, ma dovevo stare tranquilla

Nuovo messaggio:

-Sono qui, apri.- ce dico suonare no eh? Scesi giù e feci entrare Harry.

-Allora.- sospirò lui

-Cosa devi dirmi?.- dissi per farlo continuare

-Vorrei parlare della sera precedente. Beh io, ho detto una bugia.- disse sfregandosi le mani. Era nervoso, e con lui anche io

-Quella sera avevamo bevuto un po’ ed essendo brilla assumevi dei comportamenti strani, a dirla tutta mi provocavi.- disse sputando la cruda verità. Non poteva essere!

-Io non ho resistito.- concluse alzando i suoi occhi aspettando la mia reazione

Mi misi le mani nei capelli e cominciai a ripetere a me stessa che non fosse successo niente.

-Spero che tu abbia usato… beh hai capito?.- non capivo più niente, se solo la mia vita fosse cambiata per quella nullità non lo avrei perdonato

Si mise le mani nei capelli e cominciò a fare no con la testa.

-Beh?.- dissi sull’orlo di una crisi isterica

-Si si… .-disse con un tono sconsolato

-Cazzo, dimmi si o no.- stavo perdendo la pazienza

-Vuoi sapere la verità? Non mi ricordo, ero anche io ubriaco se non lo sai. E comunque calmati.- disse cercando di calmarmi

-Veramente sei tu che ti devi calmare.- no, non avrei resistito

-Ok, basta stiamo degenerando.- disse sbuffando sonoramente, se solo quella sera non fosse successo niente

-Si, perché io da quella sera potrei avere una creatura nella mia pancia, ecco il problema.-

Lui non capiva, non poteva capirlo.

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Capitolo 11
*** Ti voglio bene ***


CAPITOLO 11

-Non ne sono sicuro ma penso di sì.- disse insicuro continuando a toccarsi i capelli

-Cerca di ricordarti.- avevo l’ansia che arrivava alle stelle

-Cavolo, non devo fare tutto io, se è per questo sei stata te a iniziare tutto e io non mi pentirò mai di aver ceduto alle tue provocazioni, che tu lo voglia o no!- 

Rimasi a bocca aperta per ciò che aveva detto. Non volevo vederlo un secondo in più nella mia abitazione. Ero in imbarazzo e la prima cosa che mi sarebbe venuta in mente l’avrei detta. E così avvenne.

-Esci!- dissi indicando la porta guardando il pavimento che in quel momento sembrava così interessante

-Cosa?- disse lui meravigliato per la mia risposta. Dovevo farlo uscire o sarei scoppiata in un pianto isterico e non sarei mai arrivata a farmi vedere di nuovo piangere, specialmente da lui!

-E-esci.- per la seconda volta dissi quella parola sperando che accogliesse il mio messaggio. Stavo iniziando a balbettare e non era un buon segno.

Non disse niente ed in un batter d’occhio non era più nella mia casa. Diedi un calcio al divano in qui, in precedenza si era seduto lui. Perché io non sarei resistita, non potevo tenermi tutto dentro o sarebbe stato come morire in silenzio. Presi il vaso di fiori posato sulla scrivania e lo scaraventai per terra facendo così bagnare l’intero pavimento.

Feci dei passi indietro facendo scontrare la mia spalla al muro. Mi misi per terra accovacciandomi su me stessa. Avevo bisogno di affetto, in quelle circostanze ci sarebbe stata mia nonna che, anche essendo piccola quando per l’ultima volta la vidi avevo capito che prima o poi avrei sofferto la sua mancanza.

Harry’s POV  

Uscì senza spiaccicare parola. Non sapevo che pensare riguardo quella ragazza che mi aveva in un certo punto stregato. Si, perché di quella sera avevo delle immagini di lei, che sotto di me sembrava così piccola ma dentro se stessa aveva un esercito di elefanti senza via d’uscita.

Sentì il mio cellulare vibrare nella tasca, prendendolo notai che mi era appena arrivato un messaggio. Speravo con tutto me stesso che fossero delle scuse da parte di Roberta ma era solo Katherine. Da quel maledettissimo bacio non osava lasciarmi via di scampo, la mia soluzione? Non rispondevo mai ai suoi messaggi e se la incontravo per strada avrei trovato una scusa.

Presi il pacchetto di sigarette accendendone una. Avevo iniziato a fumare da poco, ma ne fumavo solo due al giorno, per adesso. Continuai a camminare per le strade di Londra e una volta arrivato a casa decisi di farmi un bagno rilassante.

Avevo il vizio di fare il bagno con la musica ad alto volume. Senza musica non mi sarei rilassato, per questo avevo scelto una casa nella periferia di Londra. Per quanto l’acqua calda fosse piacevole in quel momento, non riusciva a scacciare i miei pensieri che avevano il nome Roberta!

                                                                                              *** 

Quella sera sarei uscito con i  miei amici per andare a ballare in un locale piuttosto noto a Londra, con il mio gruppo o andavi nei locali in qui c’era da divertirsi oppure potevi stare tranquillamente a casa! Alle 10.00 sarebbero passati con una nuova berlina presa in affitto per l’occasione. Decisi di vestirmi un po’ elegante, cosa che raramente capitava.

Ormai pronto mi sedetti sul mio divano presente nel soggiorno e aspettai l’arrivo della mia comitiva, come sempre in ritardo.

Nuovo messaggio: -Josh

-Ehi riccio, siamo arrivati, esci!- agli ordini

Roberta’s POV   

Stavo aspettando Giada da un momento all’altro. Con Giada si decideva cosa fare, sempre all’ultimo minuto, per capirci bastava poco. Continuai ancora per poco a mettere a posto casa. Il giorno dell’acquisto era così pulita ed ora se provi a guardare sui mobili trovi uno strato immenso di polvere. Terrificante che da un giorno all’altro si formi tanta polvere!

Il suono del campanello mi fece accelerare il tempo di pulizia. Sventolai la mia maglietta nella stanzetta e chiusi la porta. Scesi con velocità le scale ed aprì la porta con il fiatone.

-Ciao bella.- mi precipitai ad abbracciarla

-Aspetta aspetta, sbaglio o te eri arrabbiata con me?- si sbagliava di grosso

-Pff, acqua passata.- dissi spensierata, anche se non era proprio acqua passata

-Spazio, arriva la torta.- disse aprendo lo sportello della macchina parcheggiata nel mio garage, tirando fuori la torta, piccola, ma abbastanza per noi due.

Spalancai la porta per far entrare il cartone della torta e subito dopo ci sedemmo sul mio tanto adorato divano. Ci guardammo in un modo che solo noi sapevamo fare.

-Mmh, sai io la mangerei anche adesso.- disse facendo la faccia da cucciolo ed io non tardai ad accettare

-Ma sì dai.- dissi andando a prendere due coppette e due “cucchiaini”. Dopo aver mangiato le rispettive fette della torta, prenotammo due pata-pizze e ci arrivarono tramite un bel fattorino. Troppo impegnata a vedere il mio film preferito mandai Giada ad aprire. La vidi tornare dentro casa sventolando un pezzettino di carta.

-Chi è la bonazza che ti porta a casa un numero di un bel giovanotto?- disse soddisfatta del suo lavoro. Mi scappò una sonora risata.

Mi alzai raggiungendola e prendendo dalle sue mani il pezzettino di carta, guardando la serie di numeri scritti.

-Cosa aspetti, chiamalo.- disse con un sorriso a 32 denti, agitando le mani, ma non emisi alcun verso

-Ok, ho capito. Dai a me e guarda la tua amica-cupido che ti procura un bel appuntamento.- disse prendendo il mio cellulare digitando il numero, dopodiché attivò l’altoparlante permettendomi di sentire la conversazione.

Terminò la chiamata ed io ora paonazza in viso per gli innumerevoli complimenti che mi aveva fatto la mia amica, descrivendomi un prototipo di modella super sexy. Ciò che non ero!

-Chi sono io, ma chi sono io ah?- disse la mia scema esaltandosi sempre di più

-La mia scema.- dissi tra una risata e l’altra

-Ammettilo, non vedi l’ora che arrivi il vostro incontro.- disse battendo le mani

-Oh, la mia migliore amica sta crescendo.- stava leggermente sclerando dato che si precipitò ad abbracciarmi

-Ti voglio bene.- dissi a bassa voce ma le percepì lo stesso, dato che sentì le medesime parole pronunciate da lei.

-Ti voglio bene.- disse con una dolcezza estrema

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Capitolo 12
*** Visita inaspettata ***


CAPITOLO 12

-Cavolo, Giada devo andare a lavoro.- guardai l’orario sul mio cellulare ed ero in ritardo

Scattai in piedi e cominciai a vestirmi con una canotta e degli shorts, ma Giada ancora non osava muoversi. Sapevo cosa fare!

-Non vorrai mica che ti butti in faccia un bel secchio d’acqua ghiacciata, vero?- dissi incrociando le braccia aspettando una reazione della mia migliore amica, che non tardò ad arrivare.

-Allora? Cosa ci fai ferma impalata, su!- disse alzandosi subito dal letto e i capelli non stavano nei migliori dei modi. Scoppiai in una risata silenziosa per le sue condizioni, ma Giada se ne accorse.

-Cos’ho che non va?- disse guardandomi con la faccia spaventata

-Niente, niente.- dissi sempre con il sorriso stampato sulle labbra

-Io sono pronta, ti aspetto giù al più presto.- dissi scendendo le scale e sedendomi sul divano, cazzeggiando con il cellulare

-Giada, sbrigati.- dissi guardando l’orologio

-Eccomi.- disse scendendo le scale di corsa

-Finalmente!- dissi fingendomi arrabbiata. Mi guardò con una faccia tipo “calma bella”. L’abbracciai d’istinto come per fare pace.

Poco tempo ed io arrivai insieme alla mia amica da Starbucks.

-Scendi, almeno fai colazione.- proposi facendoli l’occhiolino

-Vado a parcheggiare, ora arrivo.- disse accettando la mia proposta

Entrai nella caffetteria e sfortunatamente oggi ci sarebbe stato il capo, nonché proprietario di tutti gli Starbucks presenti a Londra!

-Collins, come mai in ritardo? Sappi che non scuserò nessun altro ritardo.- disse facendo diventare inutile il mio discorso preparato mentalmente per potermi scusare, meglio così. Corsi negli spogliatoi mettendomi la solita divisa con lo slogan “soddisfatti i clienti, soddisfatti noi”.

A suggerimento del capo presi il posto di cassiera. Mi accorsi che Giada non era ancora arrivata, così le mandai un messaggio.

Nuovo messaggio: Scema

-Mi dispiace ma sono dovuta andare urgentemente  in ufficio, sarà per un'altra volta.-

-Tranquilla, ci sentiamo, scema.- dissi mettendo il cellulare nella tasca, prendendo il conto del signore che avevo dinanzi a me, consegnandoli, dopodiché il resto.

-Grazie e buona giornata.- dissi la famosa frase con un sorriso a 32 denti

La giornata si presentò piuttosto tranquilla e una volta finito il mio turno lasciai il mio posto ad un altro dipendente. Il capo se ne era andato già da un bel po’. Non lo aveva preso bene il mio ritardo, avevo paura se l’accaduto avrebbe messo in pericolo la mia permanenza nella caffetteria.

Tornai a casa pensando cosa preparare per cena. Ad interrompere la mia riflessione fu la vibrazione del mio cellulare che segnava l’arrivo di un messaggio.

Nuovo messaggio: Sconosciuto

-Buonasera, Mrs. Collins sono lieto di annunciarle che lei è assunta con un contratto indeterminato.- appena finì di leggere il messaggio saltai dalla gioia.

Dovevo farlo sapere alla mia migliore amica così imposi il suo numero, che ormai sapevo a memoria. Continuai a parlare con lei per un po’ di tempo ma ad interrompere la nostra conversazione sul bel giovanotto dell’altra sera, fu il mio campanello.

-Ti devo salutare, hanno suonato al campanello. Strano, non aspetto nessuno.- dissi

-Tranquilla, ci vediamo!- disse chiudendo la chiamata di un’ora e più

Andai ad aprire la porta e rimasi letteralmente senza parole. Un Harry pieno di graffi ed un livido che ricopriva l’occhio sinistro mi si presentò davanti in uno scenario a dir poco catastrofico.

-O mio dio.- dissi prendendolo sotto braccio accompagnandolo verso il salotto e, una volta arrivati, lo guardai rendendomi pienamente conto del suo stato catastrofico. Girai le spalle per andare a prendere del disinfettante per le ferite, ma sentì un tocco gelido sul mio polso. Ricordi, molti ricordi nascondeva quell’azione.

-Cosa vuoi?- dissi quasi con la voce tremante

-Non lasciarmi.- disse facendo incontrare i suoi smeraldi con i miei. Quel contatto mi fece rabbrividire.

-Vado a prendere il disinfettante.- dissi facendoli notare che la sua frase non aveva avuto alcun effetto su di me, anche se era l’esatto contrario. A questo punto due potevano essere le cose, o era ubriaco o si era bevuto letteralmente il cervello.

Tornai nel salotto e mi misi comoda sul divano aprendo il disinfettante bagnando un po’ il batuffolino di ovatta.

-Sopporta.- dissi fredda, preparandolo al contatto doloroso del disinfettante

Come previsto, sobbalzò non appena il batuffolino toccò uno dei tanti tagli presenti sul suo viso. Continuai così per un po’ di tempo e dopo aver finito mi alzai andando a buttare l’innumerevole quantità di ovatta.

-Non hai disinfettato le labbra.- disse bloccandomi

-Pensavo non ne avessi bisogno.- dissi la prima cosa che mi passò in mente. Ma certo che ne ha bisogno Roberta, ha due tagli sul labbro inferiore. Stupida, stupida, stupida. Non mi rimaneva altro che riaprire il disinfettante e finire il mio lavoro.

Mi avvicinai con il batuffolo verso il suo labbro. Avevo il suo sguardo fisso su di me, e non aveva intenzione di cambiare soggetto. Sospirai infastidita. Sobbalzò per l’ennesima volta non appena finì di disinfettare il secondo taglio, e quindi ultimo. Mi allontanai cautamente andando a mettere a posto il contenitore di disinfettante.

Rimasi in piedi, non avevo voglia di sedermi.

-Cos’è successo.- volevo spiegazioni

-Sono caduto.- rispose con un tono gelido, cercando di terminare il discorso appena aperto. Styles, molta immaginazione fa male!

-Non dire fesserie.- dissi sbuffando, incrociando le braccia

Ci fu un momento di silenzio, ma poi decise di aprir bocca.

-Ok ok, è stato Niall e la sua nuova banda.- rimasi senza parole, erano migliori amici. Non aveva senso tutto ciò!

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Capitolo 13
*** Sono stato uno stupido! ***


CAPITOLO 13

Non ci credevo. Sapevo che c’era qualcosa che non andava fra i due, ma non pensavo che potessero arrivare alle mani.

-Perché?- dissi con la curiosità che cresceva. Volevo sapere il perché di questa lite.

-Cambiamo discorso!- rispose.

-No, ora mi dici cosa è successo!- dissi decisa, impuntandomi.

-Senti, non dimenticarti quello che ti abbiamo fatto, perché posso farti rivivere tutto.-

Non dissi più niente. Ciò che aveva detto mi aveva fortemente scossa. Stavo iniziando ad accettare il suo cambiamento, ma ecco la conferma che era sempre rimasto, e rimarrà quell’Harry che conoscevo molto bene. Avevo paura che tutto potesse ripetersi.

-Scusa.- disse rendendosi conto di ciò che aveva detto non appena una lacrima solcò il mio viso.

-Non volevo.- e invece aveva dato solo voce ai suoi pensieri.

Salii al piano di sopra e mi recai subito nella mia camera, girando la serratura della porta. Cominciai a tremare, in quel momento il mio autocontrollo era andato a fottersi. Cominciarono, le lacrime, a bagnare il mio viso. Numerosi flash-back sovrastarono la mia mente, perché quella scena l’avevo vissuta un miliardo di volte, sempre nelle stesse circostanze. Sentivo che si stava avvicinando, lo sentivo sempre più vicino a me.

-Roberta.- disse bussando sulla mia porta. Non risposi.

-Roberta, so che sei lì.- non le avrei aperto mai e poi mai, specialmente nelle mie condizioni. D’un tratto sentì la maniglia girare ripetutamente per poterla aprire. Ciò attirò la mia attenzione e d’istinto strisciai indietro raggiungendo la parete, accovacciandomi su me stessa sperando che tutto ciò fosse solo un fottutissimo sogno.

Un colpo sulla porta, unica cosa che per adesso ci divideva, mi fece sobbalzare. Mi alzai raggiungendo velocemente il bagno in camera, in cui mi rifugiai per un po’, affinché non sentì che la porta aveva ceduto ai numerosi colpi ricevuti da Styles. In quel momento non sapevo cosa fare, cominciai a piangere copiosamente ma il più silenziosamente possibile.

Ero inginocchiata nell’angolo del piccolo bagno, coprendo il mio viso con le mani per non far notare il mio stato a nessuno, nemmeno a me stessa. Lo sentì camminare per tutto il perimetro della mia camera ma non appena si accorse che infondo c’era una porta socchiusa, la visione astratta dei suoi stivali di velluto mi si parò davanti. Si accovacciò sulle sue ginocchia raggiungendo la mia altezza.

Prese con la sua enorme mano la mia, fin troppo piccola per coincidere con la sua. E così fece anche con l’altra rivelando il mio viso bagnato dalle lacrime. Cercai immediatamente di togliere le mie mani intrappolate tra le sue, ma non me lo permise.

-Ssh, tranquilla. Non ti farò del male.- disse cercando di tranquillizzarmi

Sentì un freddo pazzesco quando la sua mano abbandonò la mia, andando poi ad avvolgere il mio mento, alzandomelo. Piccoli brividi attraversarono tutta la mia schiena e… di nuovo marrone nel verde, quei colori che sembravano così diversi ma che infondo avevano molto in comune.

-Tranquilla.- ripeté, avvicinandosi a scatti verso il mio viso.

Il suo respiro caldo continuava a farsi sempre più vicino. Avvenne tutto in un secondo, le mie labbra carnose e umide si unirono alle sue, sottili e secche. Ricambiai fin dall’inizio facendolo avvicinare sempre di più mettendo la mia mano dietro al suo collo.

Ci staccammo mentre lui mi guardava negli occhi.

-Sarà meglio che io vada.- disse alzandosi, tendendomi la mano per potermi alzare.

Mi guardò come non aveva mai fatto e con uno scatto fulmineo uscì dalla mia camera e dopodiché se ne andò sbattendo la porta d’ingresso. Mi affacciai dalla finestra e guardai la sua macchina che sfrecciava nell’oscurità della notte.

Rimasi sola in compagnia dei miei pensieri, scioccata per tutto ciò che era successo poco fa. Toccai con le dita le mie labbra, guardando un punto fisso, ero letteralmente in uno stato di trance.

Cosa mi stava succedendo? Non avevo mai provato così tante emozioni in un unico giorno. Avevo promesso a me stessa che non mi sarei mai sentita così per un ragazzo, a quei tempi sembrava facile mantenere la parola, ero troppo piccola! Qualcosa all’interno di me stava cambiando ma in quel momento non sapevo cosa.

Nuovo messaggio: Harry

-Sono stato uno stupido.- dire che un esercito di elefanti si piantò nel mio stomaco quando vidi che il messaggio era di Harry è dire poco, molto poco.

-Cosa vorresti dire?- scrissi il messaggio con le mani che tremavano. Ora attendevo e temevo allo stesso tempo, la sua risposta.

-Non mi sono accorto che stavo facendo del male alla ragazza che amo.-

Stop. Il tempo si era fermato con me, non poteva essere, è tutto un sogno, ora mi risveglio nel mio lettino e  questo sarà solo un ricordo che andrà sicuramente cestinato. Niente, non cambiò niente, non ci fu nessun risveglio, era solo la vita reale.

Non avevo il coraggio di rispondere, perché a me era proprio quello che mancava, il coraggio di vivere la propria vita al massimo, buttarsi nella massa, non pensare a ciò che sarà, poi, il domani. Buttai il cellulare sul divano.

Rimasi ferma, immobile per l’ennesima volta, guardando una delle porte presenti nel corridoio dinanzi a me.

Dovevo svegliarmi dal mio stato di trance o non sarei andata da nessuna parte. Presi il cellulare e risposi senza pensare.

-Dimenticati di me.- mandai il messaggio e la risposta non tardò ad arrivare.

-Non posso.- lessi le poche parole che furono capaci di scatenare la rabbia all’interno di me stessa. L’amore era un sentimento molto pesante per essere attribuito a me.

Finì lì la conversazione, nessuno di noi due aveva il coraggio di continuarla d’altronde. Mi recai nella mia camera preparandomi per la notte. Era piuttosto presto per andare a letto ma non ne avevo bisogno di rimanere sveglia un altro paio di ore. Il contatto con il cuscino mi fu fatale, facendomi cullare dopodiché dalle braccia di Morfeo.

 

Angolo Autrice:  

Ciao belle bimbe, vorrei scusarmi del piccolo ritardo nell’aggiornare. Comunque in questo capitolo troviamo Roberta che non prende molto bene la rivelazione di Harry, eh si, è una ragazza un po’ strana. Nel prossimo capitolo ci saranno delle svolte radicali, quindi attendete con ansia il prossimo capitolo! Vorrei ringraziare tutte quelle ragazze che seguono, recensiscono la mia storia. Vi voglio bene!

Mi dileguo, al prossimo capitoloooo.

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Capitolo 14
*** Deyan! ***


CAPITOLO 14

Il giorno dopo mi svegliai in tempo per andare a lavorare, credo che se avrei fatto un altro ritardo questa volta non l’avrei passata liscia. Aprì la porta entrando da Starbucks, trovandomi davanti l’inaspettata presenza del Direttore.

-Collins, la desidero nel mio ufficio!- disse andando già nel posto da lui imposto. Lo raggiunsi sedendomi poggiando per terra la borsa.

-Hai ricevuto la comunicazione, vero?- non capivo il perché stesse usando un tono così severo.

-Si, direttore.- risposi normalmente

-Oltre che qui, da Starbucks, dovresti recarti qualche volta dal White, un locale sempre qui a Londra, credo tu lo conosca.-

-Spiacente, non so quale sia ma nessun problema, cercherò di trovarlo se dovrò andarci.- non avevo problemi a cambiare aria qualche volta, dopotutto era stancante stare sempre nello stesso locale.

-Ok, inizierà già da questa sera.- non pensavo mi avrebbe detto di andare immediatamente. Rimasi un po’ scioccata.

-Arrivederci.- dissi prendendo la borsa uscendo dall’ufficio

Ora che ci rifletto dovrò lavorare mattina e sera. Non ero psicologicamente pronta ad affrontare quasi una giornata intera di lavoro. Dovevo chiamare Giada o al White non ci sarei arrivata questa sera. L’ho sentito nominare ma non aveva la minima idea di dove potesse essere. Lasciai le ulteriori riflessioni a dopo e cominciai la mia giornata lavorativa.

Il solito cigolio della porta che si apriva richiamò la mia attenzione. Entrarono due ragazzi che a me sembravano sconosciuti, ma una volta guardato il viso dell’ultimo ragazzo, mi nascosi sotto il bancone. O no, no, no. Era il fattorino dell’altra sera, ma riflettendoci su, lui non mi aveva mai visto, al massimo poteva riconoscere Giada.

-Roberta, prendi le ordinazioni.- disse l’addetto ai frullati, lanciandomi il block-notes. Ah giusto, oggi Cher, cioè l’addetta alle ordinazioni, mancava.

Mi recai silenziosamente al tavolo 5.

-Buongiorno. Avete deciso cosa prendere?- guardavano il Menù ancora incerti.

-Oh, ma ciao.- disse il ragazzo  a me noto. Oddio, come cavolo faceva a conoscermi.

-Ehm, ciao.- dissi guardando altrove per l’imbarazzo

-Sei quella dell’appuntamento di domani vero?- disse con un sorriso stampato sulle labbra. Oddio me ne ero dimenticata, domani ho l’appuntamento.

-Credo di sì, ma come fai a conoscermi.- come faceva a conoscermi, non ci eravamo mai visti, ricordo che mi ero affacciata un attimo per vedere chi era ma non pensavo mi avesse vista.

-Ti ho vista, eri quella stesa sul divano a guardare Toy Story, amo quel film.- e io che pensavo non mi avesse vista.

-Ah, ecco.- dissi facendo un risolino. Aveva visto pure il film che stavo guardando.

-Comunque due cappuccini, un cornetto alla crema e uno al cioccolato.- scrissi tutto sul foglietto e andai a lasciare le  ordinazioni.

-Tavolo 5.- le ordinazioni del tavolo 5 erano già pronte ora dovevo solo portarle e poi se ne sarebbero andati. Mi sentivo in soggezione!

-Ecco a voi.- dissi consegnando il tutto.

Tornai alla cassa e attesi come non mai il loro pagamento, non sopportavo più lo sguardo di quel ragazzo che neanche sapevo il nome. Finirono la loro colazione e vennero a pagare.

Ok,  ufficialmente non era il mio tipo. Camminava in stile “like a boss” e si dava molte arie. Semplicemente odiavo quei tipi, tutto per uno stupido appuntamento preso dalla mia migliore amica dovrò passare una serata intera con lui!

-A domani, piccola.- aspetta, come mi aveva chiamata? No, lo odiavo, punto. Non doveva permettersi di chiamarmi in quel modo, non ero niente per lui. Giada me l’avrebbe pagata.

-Comunque mi chiamo Deyan.- disse prima di uscire. Capisco che il tuo nome è bello ma non credo ci sia il bisogno di gridarlo in tutta la caffetteria.

                                                                              ***

-Collins, oggi puoi lasciare prima dato che stasera lavorerai al White.- mi avvisò il direttore

-Come vuole.- risposi recandomi nello stanzino

-Buona serata, direttore.- dissi prima di uscire, imbattendomi nell’aria estiva Londinese.

Oggi c’era più traffico del solito in giro, l’inizio d’estate si faceva sentire. Il tragitto per arrivare a casa fu piuttosto difficoltoso. Inserì la chiave nella serratura della porta e… casa dolce casa. Non mi sopportavo per niente, avevo voglia di stendermi e dormire. E pensare che stasera avrei lavorato di nuovo!

Oh cavolo, dovevo chiamare Giada!

-Buon pomeriggio, nulla facente.- disse rompendomi il timpano.

-Bella, oggi non mi insultare perché non è giorno, e comunque sono tornata ora da lavoro quindi taci, eh?- dissi facendo la seria. Ma niente da fare, la risata della mia migliore amica era molto contagiosa.

-Ehi, basta volevo chiederti se conosci un locale, il White.- le domandai

-Sempre qui a Londra?- chiese

-Mmh mmh.-

-Certo, ti ricordo che stai parlando con “il navigatore” in persona.-

-Se se, meno complimenti signorina.-

-Ehi, non ti ci portò più al locale per ballare eh?- magari andassi per divertimento

-Non vado ballare, ma a lavorare, disse la cosiddetta nulla facente.-

-Mi rimangio tutto.- disse arrendendosi

-Ecco brava, alle 8.30 ti aspetto a casa mia.-

-Agli ordini, Collins.- disse con tono da capitano

Chiuse la chiamata e la domanda sorse spontanea. Cosa dove indossare? Non avevo una divisa, di certo non avrei indossato quella di Starbucks! Decisi di indossare una maglietta nera e dei pantaloni del medesimo colore.

 

Angolo Autrice:

Eccomi, sono tornata a distanza di pochi giorni. Bene, qui non troviamo il cambiamento di cui ve ne avevo parlato lo scorso capitolo, il tutto si scoprirà nel prossimo, ve lo prometto. Deyan è il nome del famoso fattorino e possiamo notare già la sua personalità, che Roberta non apprezza per niente. Vorrei cogliere il momento per augurare a tutte le mie lettrici Buon Natale e felice Anno Nuovo, passate nel migliore dei modi le festività! 

Al prossimo capitoloooooo.

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Capitolo 15
*** Al White ***


 CAPITOLO 15

Arrivata al locale, rimasi letteralmente a bocca aperta, non per niente si chiamava White. L’interno era interamente bianco, a partire dalle bibite fino ad arrivare ai prive. Sarebbe stato un po’ difficoltoso lavorare in questa confusione. Ben presto il Dj della serata mise un pezzo che a dir la verità non mi piaceva affatto, la musica House non era per me. La gente continuava ad arrivare e così cresceva anche il caos, dovevo chiedere al barista se avrei occupato il posto di cameriera o quant’altro.

-Scusi, dovrei lavorare qui questa sera.- dissi sperando mi sapesse dare qualche informazioni.

-Collins, vero?- annuii.

-Bene, mi è stato detto dal Direttore che dovrai solamente continuare il tuo lavoro, cioè da cameriera. Quindi, ecco la divisa.- mi diede una divisa anch’essa bianca. Questo colore cominciava a darmi fastidio.

-Una lunga serata ti aspetta.- finì il discorso preparando due Cocktail a base di fragola. Una cosa era certa, non avrei mai bevuto un miscuglio del genere.

Indossata la divisa, iniziò la lunga serata preannunciata precedentemente dal Barman.

-Tavolo 10.- prelevai le ordinazioni ed iniziai il mio difficile percorso verso il tavolo previsto. Se avrei urtato una persona sarebbe successo il fini mondo, ma come sono ottimista, eh?

Tornai dietro il bancone spolverando la lunga lastra di marmo  perfettamente bianca, credo sia costata una fortuna data la sua lucentezza. Guardai la pista piena di ragazzi spensierati che ballavano come se non ci fosse un domani, evidentemente già ubriachi. Era abbastanza rassicurante pensare che già all’inizio della serata ci potessero essere ragazzi sbronzi, si si.

-Roby, che ci fai qui?- piantai il mio sguardo sulla persona che aveva catturato la mia attenzione. Era Josh.

-Josh, da quanto tempo. Beh, faccio la cameriera.-

-Eh brava la ragazza.- disse sorridendo

-Prendo una Tennent’s, signora cameriera.- risposi con una linguaccia dopodiché aprì il mini-frigo, prendendo la birra ghiacciata. La posai sul bancone, aprendola.

-Ecco a lei.- dissi con un mega-sorriso

-Collins, tavolo 2.- disse richiamandomi il Barman

-Ti lascio lavorare, ci vediamo in giro- lo salutai e ricominciai il mio lavoro

Grazie al cielo le ordinazioni da portare direttamente ai prive erano poche, dato che tutti si recavano direttamente al bancone, un punto a mio favore. Non è che non mi andasse di lavorare, ma camminare con un vassoio più grande di me stessa, in mezzo a tantissima gente, non era il massimo! Posai sul tavolino i tre cocktail, tornando di fretta alla mia postazione per portare le altre ordinazioni già pronte. Sentì una mano afferrarmi per il braccio.

-Ehi!- dissi togliendo la mano dal mio braccio, alzando poi lo sguardo. Mi tranquillizzai immediatamente quando mi accorsi che era solo la mia amica.

-Ahahahaha, scusa, avresti dovuto vedere la tua faccia.- disse scompisciandosi dalle risate.

-Dimmi tutto, vado di fretta.- dissi sollecitandola con le mani.

-Ti aspetto tra cinque minuti in bagno.- non ero stata abbastanza chiara, tutto d’un tratto le ordinazioni erano aumentate e non potevo perder tempo.

-Non poss…- troppo tardi, era già andata. Mannaggia avrei trovato una scusa per andare, ma avrei fatto il più presto possibile.

Consegnai le ordinazioni che erano pronte in quel momento e avvisai che dovevo andare urgentemente in bagno. Ora sarebbe stato difficile trovare il bagno, ma presi come orientamento la direzione che aveva preso Giada e mi trovai davanti ad un corridoio lunghissimo contornato da porte di legno, verniciate ovviamente di bianco. Guardai se su ognuna di esse ci potesse essere qualche scritta per indicare la toilette e, già alla seconda porta, la mia ricerca era finita.

Aprì la porta e davanti a me avevo solo buio, sentivo che qualcuno stava piangendo, infatti vedevo in fondo alla stanza un’ombra. Cercai l’interruttore della luce alla mia destra e una volta trovato, lo accesi. Rimasi a bocca aperta per lo scenario che avevo dinanzi a me. Era la prima volta che lo vedevo con le lacrime.

-Harry!- dissi precipitandomi da lui, lo accarezzai cercando di asciugare con i polpastrelli delle mie dita le sue lacrime ma lui rifiutò il mio contatto, scuotendo la testa. Ma dopotutto non osavo allontanarmi.

-Vai via.- disse freddo con la testa rivolta verso il basso.

-Cosa ci fai qui?- dissi riavvicinandomi non calcolando per niente la sua frase. Guardai la stanza e mi accorsi delle telecamere installate ad ogni angolo. Alzò il capo rivelando i suoi smeraldi lucidi. Rabbrividì al contatto visivo con i suoi occhi.

-Baciami.- sussurrò.

-C-cosa?- ora non sapevo veramente cosa fare.

-Baciami.- ripeté mantenendo lo sguardo alto aspettando una mia possibile risposta.

Mi avvicinai di scatto senza pensare all’azione che stavo per compiere. Fu un bacio casto, diverso da tutti gli altri, nessuno dei due approfondì quel contatto, anzi, non ci fu permesso. L’entrata in scena di una persona che conoscevo molto bene pose fine al bacio. Mi staccai immediatamente.

-E brava mia nipote.- disse battendo le mani, con un sorriso amaro stampato in faccia. Era mio zio, se così potevo chiamarlo!

-Tu.- mi indicò -Sei innamorata di un ragazzo che ti provoca dolore? Oh mia povera Madison- continuò alzando il tono di voce. Lui non poteva, non doveva chiamarmi con il mio secondo nome, solo mia madre poteva.

-Non chiamarmi con quel nome.- dissi con la rabbia che lievitava.

-Perché solo tua madre poteva chiamarti così, vero? Madison.- pronunciò per la seconda volta quel nome, che era stato voluto da mia madre, e che per me significava molto.

-Basta. Loro…- mi fermai, non riuscivo a continuare.

Mi precipitai da lui. Reagì d’istinto, non riflettendo sul fatto che da sola non gli avrei causato niente, perché dovevo farla pagare a colui che aveva distrutto la mia famiglia. Accumulai quanta più forza possibile per poter scagliare un pugno a quel bastardo. Tutto inutile. Mi ritrovai per terra, con la testa che pulsava in un modo terrificante.

Harry rimase fermo, come se non gli importasse per niente la faccenda che era in corso, ma lo vedevo piuttosto concentrato. Notai soltanto che le corde che tenevano legate le sue mani, finirono per terra.

-Ricorda, se mi avrebbero restituito i soldi, forse saresti ancora con la tua famiglia.- sussurrò nel mio orecchio, provocandomi un fastidioso solletico. Dopo sentì solo una bottiglia rompersi ed un peso posarsi sulla mia spalla. Harry mi sollevò con forza e una volta in piedi guardai il corpo per terra di colui che chiamavo “zio”. Piansi guardandolo, e non ne so il perché, lui meritava solamente tutto il male che aveva provocato ai miei genitori.

-Vieni qui.- Harry mi avvolse con la sua giacca, coprendomi. Mi sfogai in un pianto liberatorio. L’accaduto aveva rievocato in me tutto il dolore accumulato in questi anni.

-Andiamo.- disse uscendo dall’uscita di sicurezza.

-Non posso.- risposi togliendomi la giacca.

-Non crederai davvero di lavorare dopo tutto quello che è successo? Inventati una scusa, ed è fatto.- disse sorridendo cercando di rendermi un po’ più allegra.

-Giusto.- non emanai alcuna emozione. L’intento di Harry era fallito.

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Capitolo 16
*** La casa ***


CAPITOLO 16

Nella macchina, una volta usciti dal parcheggio del locale, guardavo le numerose strade periferiche di Londra illuminate da una luce fioca e quello che stavamo percorrendo in quel momento non era un quartiere accogliente, bastava guardare gli accampamenti dei senza tetto situati sui marciapiedi.

Pensavo come potesse essere la vita di quelle povere persone, persone abbandonate dallo Stato, abbandonate da tutti. Non riuscivo a condividere l’idea che i ceti sociali fossero costituiti solo dalla classe alta e la classe bassa, con l’assenza della classe media. In poche parole, chi aveva tutto e chi non aveva niente.

La mia posizione dirigeva il respiro verso la lastra di vetro del finestrino, rendendo impossibile la visione verso l’esterno. Harry azionò l’aria condizionata per diminuire l’opacità dei finestrini. Non appena individuai un cartello che segnava la Rock Street, la mia ansia cessò, dato che quella strada portava al mio appartamento. Pochi minuti ed arrivammo finalmente sotto il mio appartamento.

-Ti aspetto qui sotto.- spense il motore dell’auto rilassandosi sul sedile di pelle.

-Come scusa?- domandai lasciando a dopo l’azione dell’aprire lo sportello.

-Prendi le tue cose per la notte. Non farmi domande.- sbuffò concentrandosi sull’aria fredda che non ne voleva sapere di uscire. Aprì lo sportello seguito da un’affermazione di disprezzo del ragazzo verso la sua macchina.

-Stupida auto.- pronunciò colpendo il cruscotto, dopodiché chiusi la portella fortemente. Percorsi la strada che portava verso il mio cortile strofinandomi le mani per il leggero freddo presente comunemente ogni notte in quella città, che fosse estate o inverno.

Posizionai la chiave argentata all’interno della serratura aprendo il possente portone. Recandomi verso la cucina accesi la luce bevendo un po’ d’acqua fresca, ne avevo bisogno. Salì di corsa le scale coperte da una moquette prendendo il mio pigiama, sarebbe stato difficile metterlo fuori casa. Vi starete chiedendo il perché, giusto? Vi rispondo subito. Grazie alla Giadina del mio cuore adesso mi ritrovo con un pigiama ricoperto di pecorelle.

-Dai, trova il lato positivo. Quando non avrai sonno potrai contarle, le pecorelle.- ancora ricordo la sua frase per convincermi a prendere quel pigiama.

Inserì il tutto in un piccolo zaino percorrendo con velocità le scale. Diedi un ultimo sguardo alla casa, controllando se tutto fosse apposto, dopodiché chiusi dietro di me la porta di casa, controllando se anche essa fosse chiusa bene. Lo so, ero fissata. Attirò la mia attenzione un mozzicone di sigaretta buttato da Harry e questo era davvero scioccante, non sapevo fumasse. Sedendomi sul sedile, a darmi il benvenuto ci fu la puzza di fumo che aveva inebriato oramai ogni singola parte dell’auto. Da quando avevo iniziato a non fumare più, anche se era da poco, odiavo ogni singola cosa che riguardasse una sigaretta.

Data la notevole velocità dettata dal ragazzo al mio fianco arrivammo a destinazione in poco tempo. Ok, ora non voglio dire che la casa che mi si presentava davanti era l’unica che avessi visto di quelle dimensioni, ma sì, era così. Il grandissimo portico che contornava il portone di legno dava uno stile più o meno imperiale, ed il tutto era illuminato da un lampione posto al centro della copertura. Adesso non vi sto a descrivere l’interno perché potrei non finire mai.

-Seguimi.- disse salendo le scale a chiocciola. Non sapevo spiegarmi da dove provenisse tutto questo lusso, dopotutto eravamo nella stessa posizione, forse aveva ereditato questa casa dai suoi genitori dopo la loro assenza.

-Questa è la tua camera. Buonanotte.- disse piantandomi in asso, raggiungendo penso la sua di camera.

-Buonanotte.- risposi con lo stesso tono.

Una volta chiusa la porta, notai un indumento posato sul lato del letto a piazza e mezza. Avvicinandomi ancor di più l’immagine di una mutandina femminile di pizzo mi fu sempre più chiara. Una cosa era certa, non mi sarei mai e poi mai distesa su quel letto, non avrei mai avuto la certezza che là sopra qualcuno non avesse consumato, non mi rimaneva altro che dormire sulla poltrona. Indossai il “pigiama” e mi misi quanto più comoda, anche se su quella poltrona sarebbe stato difficile far sogni tranquilli.

                                                                                        ***

Il mattino dopo mi alzai con un dolore al collo incredibile, d’altronde si potevano prevedere delle conseguenze nel dormire su una poltrona. Uscì dalla mia camera cercando di trovare il bagno e al secondo colpo lo trovai, per fortuna. Infine una volta finito scesi di sotto, in quella casa ti ci potevi tranquillamente perdere perché oltre alla sua grandezza c’erano i corridoi che erano tutti così simili.

Arrivai nella cucina e vi trovai una signora sulla cinquantina d’anni alle prese coi fornelli.

-Buongiorno.- pronunciai timidamente sedendomi.

-Buongiorno signorina.- rispose girando il capo e, fissandomi mi venne incontro porgendomi la sua mano.

-Piacere, sono la Signora Scrout, o meglio dire la donna delle pulizie.- doveva essere una donna dolcissima, lo si poteva capire già a primo impatto.

-Piacere, sono Rob…- cercai di rispondere ma mi bloccò.

-Si si, lo so.- continuò gesticolando, tornando velocemente al suo lavoro come se avesse avuto un illuminazione.

-Buongiorno.- disse svogliatamente una persona alle mie spalle. Era Harry. Mi guardò e cercò di trattenere una risata che si preannunciava fragorosa. Il perché lo sapevo già… le stupide pecorelle avevano attirato l’attenzione di Styles. Lo guardai con faccia dispettosa e cessò di ridere. La signora Scrout mise sul tavolo tutto ciò che aveva preparato e per ringraziarla le sorrisi. Per fare tutte quelle pietanze penso ci vorrebbero almeno un paio d’ore, mentre lei, magicamente aveva fatto tutto in pochi minuti.

Mentre addentavo un delizioso croissant alla crema sentì il mio cellulare squillare. Arrivata nella mia stanza risposi ad un numero a me famigliare.

-Buongiorno mia tenera, ciufolosa idiota.- per poco non mi ruppe un timpano, tipico della mia migliore amica.

-Buongiorno anche a te mia dolce, stupida scema.- dissi con lo stesso tono.

-Dove sei?- chiese.

-Ehm… a casa di Harry.- cercai di prendere un appuntamento.

-C-cosa? E cosa ci fai lì?- mi bombardò di domande.

-Ti racconterò tutto in un altro momento.-

-E non dimenticarti di stasera.- disse ridendo beatamente.

-Di cosa mi dovrei dimenticare?-

-Dell’appuntamento con il tuo moroso.- disse scherzando

-Tutto può essere tranne che un moroso per me.- risposi convinta ricordandomi dell’incontro nella caffetteria.

-Fai come vuoi, ma a me sembra un bravo ragazzo.- già mi immaginavo la sua faccia ovvia.

-Convinta proprio, eh?-

-Ci incontriamo alle 6 questa sera.- cercai di chiudere al più presto possibile dato che sentivo dei passi che salivano le scale. Qualcuno bussò sulla porta e subito dopo vidi Harry entrare. Stava per dire qualcosa ma si bloccò, puntando con lo sguardo il letto.

-Oh, beh.- disse indicando l’indumento sul letto, non sapendo che dire.

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Capitolo 17
*** Non voglio spiegazioni ***


CAPITOLO 17

-Non mi devi nessuna spiegazione. Ora se permetti, chiudi quella porta e in pochi secondi mi vestirò.- dissi facendo un sorriso forzato.

-No… beh vedi. Non è come pensi.- se pensava che sarei stata lì, ad ascoltare le sue spiegazioni si sbagliava di grosso.

-Bene. Facciamo come se io non avessi visto niente e te invece ti risparmi quella serie di parole che io reputo inutili.- dissi io e lui chiuse con forza la porta, facendomi sussultare. Presi un respiro e cominciai a vestirmi con velocità. Questione di pochi minuti e sarei uscita da quella maledetta prigione, una prigione molto accogliente però. Mi avviai verso la porta, girandomi un ultima volta a guardare  quell’oggetto che aveva generato la lite. Nel corridoio incontrai la signora Scrout con una pezzolina in mano, sicuramente da lì a poco sarebbe servita per spolverare un mobilio.

-Buona giornata Scrout.- la salutai calorosamente con un abbraccio. Penso sia l’unica cosa positiva in quella casa. Notai dei ricci spuntare dalla porta del bagno, molto probabilmente ci stava spiando.

-Ti farai rivedere, vero?- domandò interrompendo l’abbraccio, mettendo le sue mani ai lati delle mie braccia. Se avrei promesso una cosa del genere non sarei stata onesta con la persona che avevo dinanzi a me, e a lei, anche se era da poco, ci tenevo veramente.

-Se ti rispondessi sì, direi solo una grande bugia.- risposi con sincerità.

-Non importa, ci sarà un'altra occasione.- concluse tuffandosi su di me. Abbracciarla di nuovo fu come se tutte le emozioni che non avevo provato nella mia vita, in quel momento fossero rinate. Poche persone avevano veramente dimostrato il loro affetto verso me. Sciogliemmo l’abbraccio e lui era ancora lì.

-Ciao.- disse lui lasciando la sua postazione e, senza neanche farsi scrupoli mi salutò con la mano dirigendosi verso la sua stanza, sbattendo dopodiché, la porta.

-Beh, è un ragazzo strano.- mi consolò la signora Scrout ma non sapeva che io ci ero abituata.

-Lo so, lo so.- risposi a bassa voce.

Mi diressi verso la scalinata, seguita poi dalla Scrout. Aprendo il portone di legno massiccio, lei mi salutò con una pacca sulla spalla.

Una volta uscita dalla reggia mi trovavo catapultata nel centro di Londra, in cui la confusione della Domenica era ben evidente. Cacciai dalla tasca dei jeans il mio cellulare, chiamando la mia ciufolosa. Uno squillo, due squilli, tre squilli e… segreteria telefonica. Ottimo, davvero molto fortunata Roberta!

Essendo mattina presto potevo liberamente uscire per la mia città. Mi soffermai su tutte le vetrine presenti nei corsi più importanti, in cui le etichette Prada, Gucci ecc. facevano da cornice. Insomma l’insieme di tutto quello che non mi sarei mai potuta permettere. La suoneria del mio cellulare attirò l’attenzione di tutti i presenti ed io sorrisi timidamente. Era la mia migliore amica.

-Con quale coraggio ti permetti di inserire la segreteria telefonica alla tua migliore amica?- cominciai la mia ramanzina, scherzando.

-Ero da… beh hai capito.- concluse convinta che io l’avrei capita e così fu.

-Ehm, da Niall giusto?- risposi con ovvietà, ricevendo poi il suo consenso.

Che non fosse più amico di Harry, non credo mi interessasse più di tanto, penso sarebbero rimasti pur sempre amici anche se dopo la lotta tra Harry e Niall molte cose erano cambiate.

 

Angolo Autrice:

Mi scuso per il capitolo, perché come potete ben vedere è molto corto. Quindi scusate, scusate tanto. Per questo cercherò di aggiornare al più presto. Ho tantissimi problemi con la connessione a casa, e quindi visto che stasera sarei andata a casa di mia nonna ne ho approfittato per aggiornare.

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Capitolo 18
*** George e Luke ***


CAPITOLO 18
La paura che mio zio si potesse ripresentare cominciava a farsi sentire, perché, siamo sinceri, Harry con quel colpo non l’aveva di certo steso. Lo conoscevo molto bene, si sarebbe fatto vivo, anche a distanza di molti giorni. Continuavo a camminare per Londra senza una meta, le persone in quel corso sembravano tutte così felici, forse lo sarei stata anche io un giorno.
-Oddio vieni, vieni.- un tono di voce divertito guizzò fuori dalle altre attirando la mia attenzione. Voltandomi alle mie spalle scrutai ogni singola persona. Beh… mi sbagliavo, pensavo fosse la mia amica. Mi rassegnai e continuai per la mia strada, fino a quando non fu un pizzicotto a fermarmi. Avevo ragione, era la mia ciufola. Pensavo fosse in compagnia di qualcuno data la sua precedente esclamazione, sicuramente rivolta ad una persona.
-Come mai in giro a quest’ora?-
-Potrei farti la stessa domanda sai?- risposi scatenando una risata. Il suo cellulare segnò l’arrivo di un messaggio ed una volta letto mi invitò a seguirla. Non era sola.
-Quindi non sei sola?- chiesi continuando a camminare e lei mi rispose con un no. Entrammo in un bar del corso e ci recammo verso un tavolino di 4 persone, ne riconobbi solo una, ed era Niall.
-Roberta, ti presento George…- disse indicandomi un ragazzo dai capelli biondi, facendo un cenno di mano concentrandosi di nuovo sulla sua birra.
-…E Luke.- concluse presentandomi l’ultimo ragazzo a me sconosciuto, ma che attirò la mia attenzione quando si alzò per stringermi la mano, insomma per fare una presentazione come si deve, e da questo ne restai sbalordita.
-Vieni, siediti qui.- disse indicandomi il posto accanto al suo. Annuì con un cenno di testa. Richiamai la mia amica con delle occhiate e lei rispose con un risolino, come se fosse divertita del mio imbarazzo, cominciando a parlare con Niall, ecco perfetto ora anche lei non mi calcolava.
-Finalmente conosco la ragazza di cui ne parla sempre Giada.- la voce del ragazzo al mio fianco, ovvero Luke attirò la mia attenzione, cercando di dar inizio ad un discorso. Sorrisi stritolando le mie povere dita.
-Non essere in imbarazzo.- disse prendendomi una mano, incatenandola alla sua. Questo ragazzo non faceva altro che stupirmi sempre di più, scrutai per bene la mia mano in contatto con la sua ed alzai il capo incontrando gli occhi stupendi di cui non sapevo ne fosse possessore.
-Raccontami un po’ di te.-  propose sorridendo, continuando a mantenere il contatto. Parlare tranquillamente si presentò piuttosto difficile, ma la semplicità di quel ragazzo fu come un calmante ed iniziammo un lungo discorso. Guardai per un attimo difronte a me sentendomi osservata e trovai la mia amica che parlando con l’altro ragazzo mi fissava con uno sguardo compiaciuto. Le sorrisi e lei ricambiò con un occhiolino. Il tempo volò e si fecero le 11:30. Era ora di andare ormai.
-Ragazzi, mi ha fatto piacere conoscervi, ma ora dovrei andare.-  avvisai tutti, alzandomi dalla sedia e chi se non Luke, si offrì per accompagnarmi a casa. Salutai tutti con un cenno di mano  e accompagnata da lui arrivammo alla sua macchina.
-Prego Signorina.- disse aprendo la portiera, da vero gentiluomo. Mi sembrava tutto così strano, nessuno prima d’allora \mi aveva trattato in quel modo.
-Medison Street.- risposi alla domanda che lui precedentemente mi aveva posto non appena entrò nella macchina. Rispose con un sorriso, il più bello che io abbia mai visto. Mi soffermai sui suoi lineamenti, lo facevano molto come un secondo Di Caprio. Partendo dagli occhi blu mare arrivai alle labbra, assomigliavano solo un po’ ad una persona che a me pareva familiare. Ci riflettei un po’ su, ricordandomi di cosa si trattava facendo un piccolo balzo sul sedile. George se ne accorse.
-Tutto bene piccola?- domandò accarezzandomi con il palmo della sua mano una coscia. Diventai paonazza in viso, il pensiero che potesse essere un cattivo uomo emerse nella mia mente ma scomparse sul momento. Conclusi il discorso.
-S-si, solo un brivido improvviso.- sorrisi, un sorriso forzato. Quelle labbra assomigliavano molto a quelle di Harry. Erano visibilmente uguali. Pensai subito che tra loro ci potesse essere un qualche rapporto di parentela, insomma non si sa mai. Dopo un paio di minuti arrivammo finalmente a destinazione, rompendo il ghiaccio che si era creato nell’ultima parte del viaggio.
-Grazie mille.- dissi non ricevendo nessuna risposta, pareva come se fosse assente. Lo richiamai.
-Luke?-
-Scusa, non avrei dovuto.- si svegliò dal suo stato di trance, guardando la strada dinanzi a noi.
-Non capisco.- dissi socchiudendo gli occhi.
-Non avrei dovuto toccarti.-
-Oh beh... va tutto bene.- cercai di consolarlo, ammetto si che il suo gesto era stato un po’ troppo affrettato ma, capita.
-Scusami ancora.- disse catapultando il suo sguardo verso il mio, tuffandomi all’interno di quell’oceano che erano i suoi occhi. Mi avvicinai verso lui e le diedi un bacio sulla guancia. Non ero consapevole del gesto che avevo appena compiuto, avevo reagito d’istinto.
-Ci vediamo.- sorrisi aprendo la portiera ma fui bloccò da una presa salda al gomito. Voltandomi, lo guardai con uno sguardo interrogativo. Con molti giri di parole, arrivò alla richiesta vera e propria… voleva il mio numero di telefono. Mi consegnò il suo IPhone, molto probabilmente il primo che io abbia preso nelle mie mani, sì, è molto strano. Registrai il mio numero e lo diedi indietro, salutandoci, adesso, definitivamente.
Scesi dall’auto e partì subito in quarta, suonando il clacson. Una volta scomparso dalla mia vista mi recai verso il cortile di casa, infilando la chiave argentata nella serratura  pensai “casa dolce casa”. Avevo bisogno di farmi una doccia e per questo salì al piano di sopra per aprire il rubinetto e far uscire, per lo meno dell’acqua tiepida. Una volta riempita metà vasca, mi spogliai  fiondandomi nell’acqua che non era né calda né fredda. Anche se era estate era pur sempre piacevole un po’ di calore.
Mi rilassai, insaponandomi per bene e lavandomi dopodiché, anche i capelli. Pochi minuti ed ero già fuori con il mio asciugamano giallo fluo. Tamponai con un altro asciugamano i miei lunghi capelli togliendo l’acqua di troppo,  asciugandoli definitivamente con il Phon. Uscì finalmente dal bagno, recandomi verso l’ingresso dove avevo lasciato il cellulare. La schermata Home segnava un messaggio dalla mia migliore amica e ciò diceva:
-Scema, non dimenticarti della serata piccante.- all’inizio non capì ma poi ricordai che quella sera sarei dovuta uscire con Deyan. Raccolsi i capelli nella mano e li lasciai cadere con uno scatto fulmineo, ormai stanca per tutta la giornata trascorsa.
Chi poteva dire che non avrei rimandato l’appuntamento? Ma continuare ad avere quel peso sopra non era la miglior cosa. Forza Roberta, un ultimo sforzo e poi potrai indossare il pigiama di pecorelle ed andare dritta dritta a letto.
Nuovo messaggio: Deyan  (parli del diavolo e spuntano le corna)
-Ehi Roby, ti passo a prendere fra mezz’ora. Tieniti pronta.- non terminai neanche di leggere il messaggio che mi catapultai nella fatidica scelta di un vestito decente da mettere per la serata. Dato che non indossavo molto spesso abiti eleganti non avevo molta scelta ed optai per un tubino nero semplice e dei tacchi non molto alti del medesimo colore. Lascia i capelli morbidi sulle spalle ed infine passai al trucco, mettendomi solo uno strato leggero di cipria e del eyeliner per gli occhi. Indossai i vestiti ed ero già pronta.
Arrivata giù all’ingresso, mi sistemai sulla poltrona che da sempre aveva attirato la mia attenzione, per la sua comodità ovviamente.  Accorgendomi del mio grande anticipo non appena guardai l’orologio che segnava ancora le 7:15 decisi di dedicarmi interamente alla pulizia della casa che, si presentava piuttosto disordinata.
Dlin Dlon. Fu il campanello a richiamarmi mentre passavo l’aspirapolvere al piano di sopra. Scesi con velocità gridando all’unisono  il mio arrivo. Aprendo la porta mi trovai davanti quella chioma riccioluta tanto simile alla mia. La domanda sorse spontanea… cosa voleva a quell’ora, non che fosse tardi ma non si era mai fatto vivo la sera. Fu Harry a spezzare quel blocco di ghiaccio che si era venuto a creare.
-Posso entrare?- chiese alzando la mano posizionandola dietro la nuca. Certo, che stupida. Mi spostai automaticamente dopo la sua richiesta.
 

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Capitolo 19
*** Lui è mio fratello ***


CAPITOLO 19
Dopo aver chiuso la porta controllai un attimo l’orario per regolarmi del tempo che avevo a disposizione. Ne avevo davvero poco e non sapevo il perché della visita improvvisa di Styles. Mi scrutava dall’alto verso il basso con uno sguardo interrogativo, come se volesse capire il perché di quell’abbigliamento così elegante. E la domanda c’era da porsela veramente, mai avevo indossato un vestito e per di più che lasciasse intravedere le curve che tanto odiavo. L’ultima volta che indossai un vestitino fu prima della morte di mia madre, lei amava vestirmi con colori tenui, non che dessero nell’occhio. Sicuramente non ero il prototipo di figlia che lei avrebbe voluto.
-Stai uscendo?- le mie mani che in quel momento erano tese si unirono sfregandosi l’una contro l’altra, segno di nervosismo, ciò che provavo in quel momento era nervoso. Annuii col capo e non dando molta importanza alla sua domanda mi recai in cucina. Sulla misera penisola della cucina vi era una birra che io avevo cacciato dal frigo prima che lui arrivasse, nell’intento di berne un sorso. Mentre stappavo con delicatezza la bibita alcolica un rumore richiamò la mia attenzione. Feci dei passi indietro e la poltrona dove era precedentemente seduto Harry, era vuota. Con la birra in mano mi recai nel salotto dove trovai Styles impegnato nel guardare una vecchia foto di famiglia.
-Sono i miei genitori.- dissi una volta raggiunto porgendoli la birra, che non esitò ad assaggiare subito dopo. Tirai su col naso, ero pur sempre piccola ma ricordo ancora quando ci preparammo per fare quella foto, perfetta da tutti i punti di vista.
-E lui?- chiese indicando il ragazzino accanto a me che in quello scatto tirava giocosamente le mie guanciotte rosee, come dimenticare la sua dolcezza. Da piccolo desiderava così tanto una sorellina che quando finalmente il suo desiderio fu esaudito non mi lasciava mai da sola.
-Lui è mio fratello.- risposi con voce bassa mentre gli occhi iniziarono a pizzicare.
-È, beh… è morto con i tuoi genitori?- chiese rammaricato continuando a guardare il quadro come se fosse un pezzo pregiato del Louvre.
-No, Brian non era in macchina con i miei genitori ma non lo vedo ormai da tanto tempo.- conclusi sospirando con le lacrime che minacciavano di uscire. Aveva toccato il mio tasto dolente, da piccola chiedevo sempre di lui e avevo intenzione di cercarlo ma una volta rinchiusa in quella casa famiglia, ogni sforzo era inutile ed abbandonai tutto. Passati gli anni il desiderio di riabbracciare mio fratello non era svanito, ma non sapevo da dove iniziare le mie ricerche. Guardai il soffitto cercando di spostare a dopo il mio sfogo, sospirai facendo un finto sorriso.
-Riuscirai a trovarlo.- esclamò convinto. Finalmente staccò gli occhi dalla foto, catapultandoli su di me.
-Non credo.- dissi interrompendo il contatto visivo girando il capo alla mia destra. Ormai mi ero rassegnata all’idea di ritrovarlo.
-Se qualcosa la vuoi con tutto il cuore, la otterrai.- mi accorsi della sua vicinanza quando ritornai nella posizione iniziale. Diventai subito rossa ed era piuttosto imbarazzante perché con la mia carnagione si notavano tantissimo, e dopo poco ricevetti la conferma dal risolino di Styles. Pochi minuti e avrei preso fuoco, quella vicinanza mi era fatale. Guardai ancora per poco quegli occhi smeraldo dopodiché scostai per l’ennesima volta il mio viso, ma ero consapevole che il suo sguardo era ancora fisso su di me. Sussultai quando sentii il lato del mio collo inumidito da dei baci inizialmente dolci che si trasformarono in succhiotti veri e propri non appena stesi la mia mano verso i suoi capelli ricci, tirandoli con forza.
In un batter d’occhio ci trovammo stesi sul divano, io sotto di lui. Era tutto così strano, non avrei ceduto alle tentazioni del ragazzo sopra di me, ma staccarsi si rivelava difficoltoso ora che il piacere mi aveva pervasa completamente. Da lì ci furono solo sguardi intensi, era come se comunicassi con lui attraverso gli occhi, i suoi splendidi occhi. Continuò a baciare lo stesso lato del mio collo, facendomi rilasciare un gemito improvviso.
Aprii gli occhi di scatto quando il campanello squillante mi risvegliò dal mio stato di trance. Feci alzare subito Harry dal mio corpo, evidentemente deluso dall’interruzione. Prima di aprire la porta controllai allo specchio se ero presentabile e… no, avevo due succhiotti sul collo che, per mia fortuna riuscii a coprire con i capelli. Il campanello mi richiamò ed esclamai ad alta voce il mio arrivo. Feci cenno ad Harry di salire al piano di sopra, e dopo dei numerosi sbuffi capì che era la cosa giusta da fare, per mia fortuna.
-Sei uno schianto.- disse Deyan non appena spalancai la porta rivelando il ragazzo con una maglietta e dei jeans scuri con dei scarpini eleganti.
-Grazie, anche te. Ti dispiacerebbe entrare due secondi? Devo finire un attimo una cosa.- dissi facendolo accomodare sul divano.
-Arrivo.- dissi prima di salire con velocità la breve scalinata. Era appoggiato sul muro del corridoio, aveva sentito tutto e, aveva capito tutto dato che aveva in mano il mio cellulare sulla schermata dei messaggi.
-Chi è quel ragazzo?- chiese non staccandosi dalla parete, era evidentemente arrabbiato ma non ne capivo il perché.
-Dovresti saperlo ora che hai letto quasi tutti i miei messaggi.- dissi, e con uno scatto tolsi dalle sue mani il mio cellulare. Non era ancora arrivato alla conversazione con Deyan, meglio così credevo, pochi minuti prima che Harry si catapultasse al piano di sotto, i miei richiami si rivelarono inutili quando raggiunse la sala dove era seduto Deyan. Lo girò verso di sé e t’un tratto la sua ira si placò come se avesse intuito telepaticamente la mia preoccupazione. Lo lasciò andare e si catapultò verso la porta d’uscita. Cercai di richiamarlo ma era troppo tardi, era già uscito.
-Scusami, scusami davvero, non so cosa li sia preso.- la mia voglia di uscire in quel momento era pari a zero e proposi a Deyan di uscire un’altra sera e lui la prese abbastanza bene, voleva lasciarmi un po’ di spazio per riflettere dopo l’accaduto. Chiusi la porta e mi posizionai su di essa una volta chiusa, sospirando. Legai i capelli con l’elastico che avevo sempre al mio polso in caso di emergenza e mi recai al piano di sopra, precisamente nel bagno. Presi una salviettina struccante e liberai il mio viso dalla poca quantità di trucco, infine lavai i denti e mi recai nella mia stanza, lasciando la porta del bagno socchiusa. Accesi la luce e guardai la mia immagine riflessa nello specchio del mio comò, accusai un colpo al cuore quando guardando bene alle mie spalle notai la presenza di qualcuno, ovvero Harry.
-Cosa ci fai qui?- domandai con l’affanno causato dallo spavento.
-Sono entrato dalla finestra quando ho sentito che non saresti uscita questa sera.- disse sedendosi sul mio letto, come se non fosse successo niente.
-Perché hai reagito così?- chiesi rievocando il nervosismo di pochi istanti fa.
-Credevo fosse un’altra persona.- cercò di giustificarsi, ma non l’avrei bevuta così facilmente. Questa volta esigevo spiegazioni e le chiesi la verità.
-Credevo fosse quel Luke dei messaggi.-
-Cosa centra lui adesso?- chiesi mettendomi a braccia conserte.
-Lo conosco e non è una brava persona.- per quel poco che lo conoscevo potevo dire che era il ragazzo più dolce di questo mondo, lasciando stare l’episodio nella macchina ma si sa, nella vita tutti sbagliano.
-Beh… ti sbagli, è la persona più dolce che io abbia mai conosciuto.- obiettai all’affermazione di Styles.
-Che ti ha fatto, il lavaggio del cervello per caso?- chiese ridendo amaramente, l’atmosfera si fece piuttosto pesante.
-Nulla di tutto quello che tu stia pensando.- risposi convinta. Si alzò di scatto avvicinandosi al mio viso.
-Stai lontana da quel ragazzo.- disse scostando i capelli dal collo, ammirando la sua opera, completandola con un altro bacio.
-Mai.- risposi sospirando e a quell’affermazione si allontanò di scatto colpendo la sedia posizionata accanto alla finestra, dopodiché uscì dalla mia camera calandosi dal davanzale. Sobbalzai all’azione del ragazzo e coprì d’istinto con la mano la mia bocca, oramai stanca di faticare per mantenere le lacrime che stavano quasi per rompere gli argini.
Avevo visto così tanto quella parte violenta di Harry, è vero, ma rabbrividì al solo pensiero dei suoi precedenti comportamenti. Scoppiai in un pianto isterico, il muro di difesa costruito con fatica nel corso degli anni non aveva funzionato. Passarono pochi minuti ed ero sempre assolta nei miei pensieri che sicuramente mi avrebbero tenuta sveglia l’intera notte. Indossai il pigiama che aderì perfettamente al mio corpo e mi intrufolai nel letto.
Non vedevo il perché del suo nervoso quando si parlava di Luke, non mi sarei allontanata dal bravo ragazzo il quale era lui, fino a prova contraria. E dopo quest’ultima riflessione, strano ma vero, mi lasciai cullare dalle braccia di Morfeo.
 




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Capitolo 20
*** Piaciuto il bacio eh? ***


CAPITOLO 20

Mi svegliai piuttosto presto, colpa della stupida sveglia che avevo programmato la sera prima. Scesi al piano di sotto, preparando del caffè. Solo dopo decisi di accompagnarlo con un mini-cornetto alla crema. Mi ci voleva un sano pasto mattutino per iniziare bene la giornata. Mentre facevo colazione adoravo guardare le persone, ancora stanche, correre di qua e di la, per questo mi posizionavo di fronte alla finestra dove al di sotto vi era un piccolo bancone posizionato appositamente per il primo pasto. Alcune volte si poteva assistere a delle scene a dir poco cinematografiche, e onestamente in quel momento non so se essere felice o triste, ma è normale che la risata parta automaticamente. Spero.

La tazzina fumante di porcellana era avvolta dalle mie mani, mordevo il cornetto in alternanza con i sorsi del caffè-latte. Dopo aver assaporato per bene l’ultimo pezzo del dolce portai il tutto nel lavabo, avrei messo a posto solo dopo il mio ritorno.

Chiusi la porta dietro le mie spalle cominciando a camminare con passo svelto. Decisi di inoltrare le stradine secondarie, non che mi piacesse percorrerle, insomma non erano così accoglienti, lo facevo al solo scopo di risparmiare tempo e strada. Arrivata alla fine feci una passo per avvicinarmi alla strada da attraversare, ma accusai un colpo al cuore non appena una persona, se così potevo chiamarla, mi passò davanti con un’elevata velocità.

Feci dei passi indietro appiccicandomi al muro e ripresi fiato, dopodiché mi affacciai per la seconda volta osservando la figura che continuava a mantenere lo stesso passo. Riuscì solo a vedere il colore biondo cenere dei suoi capelli, niente di più dato che dopo scomparì dalla mia vista. Un colpo al cuore, insomma, era ciò che mancava per iniziare bene la giornata. Per mia fortuna arrivai in tempo per servire i primi due potenziali clienti, che avevano precedentemente richiesto dei milk-shake. Niente di impegnativo mi riservò quella giornata, solo la monotona vita da cameriera. Verso l’ora di pranzo terminai il mio arco di tempo lavorativo, giornaliero.

Spalancai la porta di casa avvertendo un po’ la puzza d’aria consumata, e la prima cosa che feci non appena sorpassai la soglia di casa fu aprire le finestre e lasciare libero accesso ai raggi del sole, che in quel momento andarono a pungere la mia pelle, regalandole un momentaneo colore dorato. Lavai i piatti della sera prima e la tazzina di stamani. Avevo pensato di azionare la lavastoviglie ma arrivai alla conclusione che non ne sarebbe valsa la pena. Passai l’aspirapolvere per casa pensando al comportamento di Harry, ai suoi baci. Automaticamente andai a toccare con i polpastrelli il mio collo dove vi era la piccola macchia rossastra. Sussultai al mio tocco, definito troppo brusco al contatto con la mia stessa pelle dolorante. Voltandomi trovai lo specchio che forniva l’immagine inespressiva di una ragazza che accarezzava un lembo di pelle, quel lembo di pelle. In quell’arco di tempo mi sentii osservata e voltandomi osservai la stanza che mi si presentava davanti. Solo dopo due secondi decisi di tornare ai miei lavori domestici, anche se non ero ancora del tutto lucida.

Posizionai l’ultimo oggetto sul tavolo dopo averlo spolverato per bene. Ed eccomi qui, quasi un’ora per rendere presentabile il mio appartamento. Non si poteva dire che la casa ora splendesse ma pe lo meno era presentabile. Mi posizionai comoda sul divanetto a guardare un film, di qui non ne sapevo ancora il nome, non avevo molti film e quindi la scelta non fu così lunga. Aspettai prima di premere il pulsante play andando a preparare dei popcorn nel microonde, dopodiché passati tre minuti tornai nel salotto, spensi la luce e… che lo spettacolo abbia inizio!

Fottuto film sdolcinato che mi ha fatta emozionare. E quale altro film se non Titanic mi avrebbe fatta piangere, c’era da dire che quel Di Caprio era qualcosa di stupendo.

-No, non lasciarlo andare… che puttana.- dissi rassegnata mettendo in bocca l’ultimo pop-corn. Rose aveva lasciato la mano del suo amato, sapendo già che non l’avrebbe mai più rivisto. Posai la coppa ormai vuota al mio fianco concentrandomi sul finale del film, che avrei sicuramente soprannominato il migliore di sempre.

Ma dico io, in tanti singoli momenti della giornata proprio adesso doveva suonare il citofono, proprio durante la parte più commovente del film, io dovevo assentarmi. Cercai il telecomando per pochi secondi mettendo in pausa ed andai ad aprire con passo svelto. Oh, era Luke.

-Ciao bellezza.- mi salutò marcando l’ultima parola. Non capivo.

-Ciao Luke, entra.- ricambiai facendolo accomodare. Percorremmo il piccolo tragitto per arrivare al salotto e guardai la mia immagine riflessa nello specchio disposto nell’ingresso. Cosa avevo che non andava? Tutto, decisamente tutto. Avevo il trucco sbavato, ringraziai Dio di non aver usato molto trucco, d’altronde non era mio solito abusare di mascara e cose varie. Per non parlare dei capelli che erano un misto tra una coda ed uno chignon venuto male, molto male. Provai a togliere il prima possibile l’eccesso con il palmo della mano.

-Vedo che stavi guardando un film. Disturbo?- chiese cortese notando la televisione ferma sempre su quell’immagine.

-No, tranquillo era in fine ormai- dissi andando ad estrarre il film dal lettore ma prima di poterlo fare Luke mi stoppò.

-Se vuoi potremmo vederlo insieme.- propose indicando la televisione, sedendosi sul divano. Annuii e posizionandomi accanto a lui, ma non tanto vicina, feci continuare ancora per poco il film. Continuavo ad asciugare le lacrime con i palmi delle mani e tiravo su col naso silenziosamente. La colonna sonora del film già di per sé faceva piangere, immaginate vedere l’intero film. Iniziati i titoli di coda andai ad accendere la luce , asciugando per l’ennesima volta l’ultima lacrima. Estrassi il DVD dal lettore lasciando la televisione accesa su Mtv music. Andai in cucina per prendere la bottiglia di coca-cola, l’unica bevanda che avevo in casa in quel momento. Riempiendo due bicchieri tornai nel salotto.

-Grazie.- rispose mentre gli porgevo la bevanda. Bevemmo qualche sorso e cominciai a cambiare stazione televisiva. Rinunciai non trovando nessun programma interessante, ritornando al programma iniziale.

-Volevo sapere se stasera vorresti uscire.- disse nervoso mentre posavo il telecomando sul tavolino.

-Volentieri.- lo tranquillizzai con un sorriso a trentadue denti. Ricambiò abbassando lo sguardo, era così tenero, adoravo la sua timidezza. Ero consapevole che anche io lo ero ma in sua presenza era come se mi privassi di quel mio caratterino nascosto, uscendo allo scoperto. Insomma, riuscivo ad essere me stessa.

-Beh, credo sia ora di andare.- spaccò il blocco di ghiaccio comunicando la sua esigenza di andare.

-Come vuoi.- dissi sorridendo, alzandomi automaticamente dopo di lui. Lo accompagnai alla porta.

-Questa sera passo verso le nove.- disse continuando a guardarmi come se fosse indeciso su cosa fare. Si avvicinò a me tramite uno scatto, eravamo vicini, osservava le mie labbra, sentivo il suo respiro sul mio. Avvicinandosi ancora di più strizzai gli occhi ,con il battito del cuore a mille. Mi rilassai non appena avvertì il suo contatto, solo sulla guancia. Si allontanò con estrema lentezza.

-Ci vediamo.- disse imbarazzato, guardando in basso. Uscì dal mio cortiletto e chiusi il portone non appena la sua figura scomparve per le vie della città. Sospirai con l’intento di andare in cucina ma prima di sorpassare la soglia una voce proveniente dalle scale catturò la mia attenzione.

-Piaciuto il bacio eh?- mi bloccai per pochi istanti dopodiché mi voltai col cuore in gola. Guardai da dove proveniva quella voce, dalla scala. Harry? Cosa ci faceva lì?

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Capitolo 21
*** Boccolo ***


CAPITOLO 21

Con l’intenzione di tornare in cucina chiusi la porta d’entrata. Cosa mi ha fatto cambiare rotta successivamente? Un tono di voce graffiante, che mi fece rabbrividire. Non è da tutti giorni trovare dentro la tua abitazione un ragazzo, per lo più ero anche sola. Sarei svenuta se solo non avessi saputo a chi apparteneva quella voce. Ma questo sicuramente non placava la mia ansia. Dovrei arrabbiarmi riguardo tutte queste sue improvvise entrate in scena. Il pensiero di un suo imminente ruolo di stalker si fece vivo. Era sulle scale e con passi lenti si avvicinava a sua destinazione.

-Piaciuto il bacio, eh?- disse sarcastico

-Per quanto mi riguarda, non dovrei darti nessuna spiegazione.- poco convinta di ciò che avevo appena detto, guardai la sua figura che poi fece ancora qualche passo in avanti. Scosse il viso con il suo solito sorriso, che io giudicai fuori luogo. Tornò serio quando si avvicinò lentamente al mio viso.

-Quante volte dovrò ripetertelo…- non osava allontanarsi di un centimetro, anzi avvertii una mia ciocca di capelli tesa da una forza che in quel momento lo avvolgeva come se volesse darle ancora più volume. -… Boccolo?-

Flashback.

-Dai vieni, andiamo sull’altalena.- disse correndo verso il luogo da lui indicato. Goffamente mi alzai dal prato, bloccandomi un secondo cercando di mantenermi in equilibrio. Osservai la prima altalena, ora occupata e mi precipitai verso l’altalena che vi era accanto. Avevo il respiro pesante, accompagnato da gemiti di frustrazione, consapevole che il mio obiettivo non lo avrei raggiunto. Non riuscivo a dare la spinta che poi avrebbe dato inizio al gioco. Sbuffai abbassando il capo, alzando con le mie scarpine un po’ di polvere. Alzai lo sguardo indirizzando il mio sguardo a sinistra. Lui era lì, che ormai andava avanti e indietro, ogni volta sempre più veloce. D’un tratto notai in lui un cambiamento di espressione, che se ne fosse accorto della mia scarsa dote nel dare la rincorsa? Tutto divenne più chiaro quando una volta fermata la corsa sfrenata della sua altalena, scese percorrendo quei pochi centimetri che c’erano tra una postazione e l’altra.

-Tieniti forte.- disse andando di corsa dietro le mie spalle. Non toccai più terra con i miei piedi, essi osavano solo farsi spazio nell’aria mite di primavera. Ridevo energicamente stringendo saldamente la presa alle cordicine.

 -Prova da sola ora.- propose lasciando, come da lui annunciato, il suo compito che avrei cercato di svolgere io.

-Quando l’altalena viene dietro, piega le gambe e quando invece viene in avanti alza il più possibile le gambe, concentrando nel corpo tutta la tua forza.- mi spiegò con un linguaggio piuttosto sdentato.

L’altalena indietreggiò ed io piegai le ginocchia, sfiorando di poco terra ferma. Ma dopo aver inserito la prima marcia, dovevo subito inserire la successiva, come da copione. Con tutta l’adrenalina che avevo in corpo allungai le gambe ed è lì che mi sentii veramente soddisfatta per ciò che ero riuscita a fare. Alle mie orecchie riecheggiò il suono di un battito di mani agevolato e inquadrai il volto di mio fratello incorniciato da un sorriso che partiva da un lato e finiva al lato opposto. Continuavo ad accelerare il ritmo ma ad un certo, ormai stanca decisi di reprimere le spinte. Un riccio mi si posizionò al di sotto del naso e subito cercai di rimetterlo al suo posto. D’istinto staccai una mano dalla cordicina e misi il ricciolo dietro l’orecchio, ciò fece precipitare il mio corpo a terra, come una foglia dal suo ramo, solo un po’ più bruscamente.

Presa dallo spavento le mie labbra cominciarono a tremare tra loro finché una lacrima sgorgò e cominciai a piangere senza ritegno. Fin da subito attirai l’attenzione di mio fratello che si precipitò prontamente.

-Ma non è niente.- dicevano così anche quando praticamente la situazione era abbastanza grave, ma questo, per fortuna, non era il mio caso. Nelle braccia di mio fratello le lacrime finirono di rigare le mie guanciotte, tanto amate dal sottoscritto.

-Torniamo a casa, boccolo.- disse così prima di allontanarmi dal suo petto e guardando i miei capelli perfettamente ricci. Sorrise prendendomi in braccio a mò di sacco di patate scatenando la risata di entrambi.

Fine Flashback.

Ebbene sì, quello era il nomignolo che era solito usare mio fratello Brian, almeno fino a quando non scomparve dalla mia vista portando con sé tutta la mia infanzia spensierata. Quanto sarei voluta tornare indietro, per impedire che tutto questo accada. Immagino solo come sia alzarsi con il profumo di caffè nell’aria, andare nella cucina e trovare la propria madre a preparare dei pancakes. Beh, questo è tutto ciò che è mancato nella mia vita. Con gli occhi lucidi alzai il mio viso notando Harry che ancora era dinanzi a me, solo che il pizzico di malizia che prima era nel suo sguardo era scomparso lasciando spazio a uno sguardo interrogativo, quasi dispiaciuto.

-C-come sai?- non riuscii a dare alla frase un senso compiuto a causa delle lacrime che iniziarono a scendere, prima una, poi due, fino a diventare indecifrabili.

-Cosa?- disse preoccupandosi, ed io, pronta ad una sua simile domanda, risposi a fatica.

-Q-quel nome.- ecco qui tutte le spiegazioni che sapevo offrire ad Harry, per far capire almeno di cosa stessi parlando, cosa abbastanza introvabile. Asciugai, quel poco che potevo, le lacrime con il palmo della mano. Styles non ci pensò due volte ad avvicinarsi e a sua volta, prendere tra le sue enormi mani, il mio viso.

-Cosa significa?- evidentemente aveva capito, per mia fortuna, o non sarei riuscita a spiegare sobriamente l’intero accaduto. Continuavano a scendere le lacrime mentre continuavo a mantenere il contatto visivo con quel ragazzo che aveva dato il via a questa dannata conversazione. A volte odiavo ripensare al mio passato, perché altro non facevo che rimpiangere tutto quell’affetto che, ormai non ne era rimasta neanche l’ombra. Nel giro di pochi secondi mi trovai a contatto con il petto di Harry, colui che sapeva cambiare umore da un momento all’altro.

Mentre continuavo a pensare a mio fratello, il respiro di Styles mi faceva di sottofondo. In quell’istante pareva che Harry fosse la rincarnazione di Brian. Quella posizione, mille lacrime, tutto era uguale a tanti anni fa. Forse ero io stessa a dire che ero sola, quando poi… non lo ero. Avevo un ragazzo qui davanti a me, che, a parte il passato, aveva mantenuto la sua promessa. Andai a posare le mie braccia sulla schiena di Harry, come se potesse essere, in quel momento la mia ancora di salvezza. Lui, invece, scosso dalla situazione, allentò di poco la sua stretta ma, con il fiato sospeso, attendevo che le sue braccia ritornassero alla posizione di prima.

Cominciai a respirare, quando mise il mento sul mio capo, strofinando delicatamente. Chiusi gli occhi e scese un ultima lacrima, ma questa volta non sapevo come definirla. Se era dovuta alla tristezza o alla… no, non sapevo come definirla.

-Mi chiamava così… Brian.- dissi mentre ancora ero incollata al corpo di Styles. Ricevetti solo dei gesti di consolazione.

-Ero così felice.- rimpiangevo sempre, e sempre così sarebbe stato, la mia infanzia.

-Ti farò felice.- determinato e sicuro di sé disse queste parole, quasi raggiungendo la velocità della pubblicità dei medicinali.

-Usciamo. Ti porto in un locale.-

-Ma, stasera dovrei uscire con…- non mi fece terminare la frase che con la sua euforia, suggerì di rimandare tutti i miei impegni.

-Rimanda i tuoi impegni, stasera esci con me.- disse precipitandosi sul divano dove vi era il mio cellulare, e me lo porse.

-Forza.- mi incoraggiò. Ed io non obiettai.

-Pronto?- rispose al secondo squillo. –No, stasera non posso uscire.- lo informai del cambiamento di programma per la seconda volta e… non so come la prese, l’importante era che, almeno per una sera sarei stata tranquilla, senza pensieri.

Chiusi la telefonata e guardando lo schermo del cellulare, spostai il mio sguardo a Harry, sorridendo. E per la seconda volta mi accolse fra le sue braccia. Cominciava a piacermi tutto questo… ne avevo bisogno.

Non ero sola.

ANGOLO AUTRICE:

Scusate, scusate, scusate. Ho tardato tantissimo e sono riuscita ad aggiornare prima di Pasqua. Vorrei cogliere questo momento per augurarvi Buone Feste, HAPPY EASTER alle mie lettrici. Tornando invece, al capitulus, troviamo lo sfogo di Roby e la consolazione ben riuscita di Harry… bravo ragazzo! Cosa avrà così tanto da preoccuparsi Harry nei confronti di Roberta, in presenza di Luke? Cosa c’è che non va in Luke,  anche se sembra un ragazzo per bene? Al prossimo capitolo ragazze.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** A Brixton ***


CAPITOLO 22

-Vista la tua scarsa dote nel mantenere l’alcool ho pensato di lasciarti dormire. La colazione… la colazione, scusami ma non ho fatto in tempo a preparare un misero pasto. La cucina è tutta tua. H. xx.-

Bene. La comunicazione scritta su tanto di foglio attirò la mia attenzione solo dopo che il mio forte mal di testa fosse passato. Che più di un mal di testa pareva una noce di cocco che osava colpirmi ripetutamente. Non avrei mai più bevuto così tanto. Quelle sostanze trasformavano il momento in qui le si bevevano immensamente spensierato. Credi di stare in un mondo tutto tuo, è il risveglio che ti riporta alla realtà.

Scesi di sotto, sbuffando. Avevo una gran fame e per un momento dovevo mettere da parte il mal di testa per la sbronza e sfamare i miei istinti. Mi ci vollero non pochi minuti a trovare tutto l’occorrente per preparare delle frittelle. Comprensibile se ci si trovava davanti ad un immenso numero di ripostigli, non che fosse così grande la cucina ma era ben fornita. La cucina di ultima generazione faceva sì che tu cucinassi il prima possibile. Posizionai la frittella sul fornello ed essa aspettava solo che il calore trapelasse dalla padella.

Mentre invece preparavo il caffè i miei pensieri avevano un solo nome: Giada. Non la sentivo, né vedevo da quasi un mese, ed era piuttosto strano. Forse avevo sbagliato a non farmi viva in questi giorni ma nella maggior parte dei casi era lei che osava chiamarmi, organizzando una delle solite uscite.

Ero uscita da poco lasciando anche io un biglietto ad Harry. Certo che io ero abituata al clima della città, così come tutti i Londinesi lo erano, e sentire i numerosi turisti lamentarsi rabbiosamente della pioggia improvvisa era… divertente. Avevo preso appuntamento con la mia Jade in un quartiere a me sconosciuto.

Con lo sguardo fisso sul display del mio cellulare, rammentai la zona di casa Horan.

-Brixton.- depositando il dispositivo nella borsa alzai il capo ritrovandomi lo sguardo interrogativo dell’autista. Ero a conoscenza che fosse uno dei quartieri malfamati di Londra, centro multietnico abitato da asiatici e indiani.

-Sicura?- chiese voltandosi puntando i suoi occhi castani sulla mia figura, strizzandoli. Annuii prontamente. Cosa ci facesse Giada lì, non ne avevo la minima idea. Insomma, la capitale offre un enorme quantità di appartamenti adatti a tutte le esigenze.

-Ecco a lei, ragazza.- fermando l’automobile si girò verso i sedili posteriori, ancorandosi invece al sedile accanto alla sua postazione. –Faccia attenzione.- disse quasi con tono paterno. Sorrisi annuendo e sporgendomi un po’, lasciai la somma di denaro sul cruscotto di pelle. Scesi dall’auto trovandomi davanti un’esplosione di colori e tutto d’un tratto dimenticai le recensioni che avevo letto tramite computer, nel caso sarei dovuta venire a piedi. Non avevo nulla da temere!

-Appena sei qui, fammi uno squillo.- mentre camminavo, cercando di individuare la strada giusta, inciampai in una piccola buca sul marciapiede. Molto bene. Dopo aver fatto di tutto per non cadere, riacquistai l’equilibrio e avvisai Giada del mio arrivo.

Prima che potessi pigiare il tastino Invia, fin troppo piccolo per i miei gusti, delle braccia si impossessarono della mia vita, bloccandomi per qualche istante il flusso d’aria. Girandomi con cautela e con un leggero tremolio, mi trovai davanti due occhioni neri incorniciati da un sorriso a trentadue denti. Ripresi a respirare non appena riconobbi il faccino della mia amica. L’abbracciai d’istinto respirando il suo odore che tanto desideravo risentire.

-Conviene entrare, fa un po’ freddo.- disse Giada guardandosi attorno. Capisco che il clima non era coerente con se stesso, insomma cinque minuti c’è il sole e cinque minuti dopo invece ti ritrovi con dieci maglioni e con tanto di pantofole imbottite, però era metà estate e l’aria freschetta era da un certo punto di vista, piacevole. Del sole si erano perse le tracce già da qualche ora, colpa delle solite nuvole portatrici di pioggerellina.

Percorremmo un piccolo tratto di strada e mi trovai davanti una piccola casa. Giada aprì il cancelletto mentre io osservavo il piccolo giardinetto che circondava l’abitazione. Un urlo attirò la mia attenzione.

-Tranquilla, sono i miei amici. Amano divertirsi.- sorrisi timidamente, facendomi mille filmini mentali riguardo a come mi sarei dovuta comportare in presenza di persone a me sconosciute. Conoscendomi molto bene Giada mi accarezzò la spalla facendomi superare la soglia di casa. Un’aria mista all’odore di sigarette e fragola, forse di un tipo d’alcool, rendeva l’atmosfera tipica di un night club. Feci pochi passi trovandomi davanti al salotto, quasi pieno, e Giada sbucandomi di dietro mi presentò a tutti, anche se una persona la conoscevo già.

-Piacere di rivederti.- disse Luke avvicinandosi a me posando la bottiglia di birra che avvolgeva nella mano, sul tavolino di legno.

-Roby, raggiungimi in cucina.- disse la mia ciufola alzando il tono di voce indicando il luogo alla sua destra. Con permesso di Luke la raggiunsi velocemente. Facendomi segno di sedermi sulla sedia di fronte al tavolo, lei aprì uno scomparto quasi sfogliando ogni straccio che le si presentava davanti. Prendendo uno scatolino si avvicinò silenziosamente come se stesse facendo qualcosa di illegale. Si appoggiò coi gomiti sulla lastra di legno e aprì la scatolina.

Avrei urlato se solo Giada non mi avesse messo la sua mano sulla mia bocca. Cominciai a farmi aria con entrambe le mani. Dire che ero diventata rossa era minimizzare di tanto la mia situazione attuale.

-Aspetta… te, devi darlo a… lui?- chiesi sorpresa.

-No no, l’ho scoperto io. Per sbaglio.- l’abbracciai pensando alla nuova coppia, ora ufficiale che sarebbe stata Niall e la mia ciufola. Solo dopo qualche secondo, che aspettavo una sua risposta, un suo abbraccio mi allontanai.

-Ehm, perché mi abbracci?- guardandola con faccia ovvia risposi: –Per te. Sono così felice. E poi… wo, quell’anello è perfetto.- dissi scrutando nei minimi particolari il diamante.

-Non è per me.- rispose con tono dispiaciuto, ed io appoggiando il mento sulla mia mano la guardavo, aspettando il verdetto finale.

-Prima ho guardato bene all’interno dello scatolo e ho trovato un bigliettino.- disse estraendo dal cofanetto un fogliettino rosato. Me lo porse. Vi era inciso un nome con una calligrafia molto graziosa. Fatta al computer, pensai. Alzai il capo osservando la figura della mia migliore amica a braccia conserte.

-Cosa vuol dire?- pochi pensieri inondarono la mia mente ma, ciò che prevedevo non si sarebbe mai potuto verificare. Non in così poco tempo. 

-Non ne ho idea.- disse scrollando le spalle. –Ma devi stare tranquilla. Non è per te, almeno spero.- concluse chiudendo il cofanetto riavvolgendolo con il nastrino viola, facendo un fiocchetto. Una volta riposto nel cassetto fece cenno di tornare nel salotto.

-Spero che una birra ti sia bastata.- disse Giada facendomi l’occhiolino, sorridendo. –Più che bene.- risposi ricambiando il sorriso, ritornando al mio posto.

-Che ne dite ragazzi, giochiamo a poker?- propose un ragazzo ricciolino. Esultando all’udire quella parola, balzai in piedi.

-Io gioco. Che voi lo vogliate o no.- dissi impuntandomi. Luke mi guardava fiero, con un sorriso a metà bocca. Cominciai a togliere tutto dal tavolo accompagnata dalla mia amica e, sotto indicazione di Giada, estrassi una tovaglia rigida verde, tipica dei giochi da tavolo. Una volta coperto completamente il tavolo, tutti si avvicinarono con le proprie sedie prendendo la postazione di gioco. Niall invece, cominciò a distribuire le fiches. Presi del denaro dalla tasca e posizionandolo a sinistra, poggiai i miei gomiti sul tavolo, ora verde.

-Aspettate. Vado a prendere…- Luke non terminò la frase, scomparendo dalla mia vista. Ora era in cucina e solo Dio, adesso sapeva cosa avevo nella mia pancia. Riassumendo la mia postazione guardai di sottecchi la ragazza davanti a me, Giada, la quale ricambiò il mio sguardò spaventato. Abbassai lo sguardo prendendo le fiches, portandomele quanto il più vicino possibile. Ancora con il fiato. Non restava altro che attendere.

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Capitolo 23
*** Folle decisione ***


CAPITOLO 23

Guardai per l’ennesima volta Jade, che si era leggermente inclinata verso la porta semi chiusa della cucina, cercando invano di sbirciare qualcosa. Continuavamo a giocare a poker mentre di Luke, ancora nessuna traccia. Vista l’inevitabile ansia che provavo dall’inizio del torneo, partii svantaggiata. Mi rimisi in gioco concentrandomi totalmente alle mie fiches.

-Continuerei pure a giocare, ma finirei per rimanere al verde.- disse colui che avevo davanti con un sorriso amaro posando le sue mani sul tavolo. Luke, tornò al suo posto e quindi accanto a me. Si sedette, sorridendomi. Ricambiai incerta, guardando subito dopo Giada. Dopo la fine della partita mi rilassai completamente sullo schienale in pelle della sedia. Sorrisi beffarda a tutti i giocatori che in quel momento osavano squadrarmi con uno sguardo pieno di rabbia. Io non potevo fare altro che godermi la scena. –Non pensavo che una ragazza sapesse giocare a poker. Insomma, è un passatempo comunemente adottato da noi ragazzi.- alzai il sopracciglio sorridendo beffarda, compiaciuta di me stessa.

-L’avevo detto io.- disse il ragazzo che aveva previsto il suo conto al verde. Perspicace pensai, ma il resto dei concorrenti, volendosi dimostrare più forte di una ragazza e quindi scansare l’umiliazione della loro razza, decisero di continuare il loro viaggio, dritto dritto nella fossa dei leoni. Ebbene sì, queste sono le conseguenze di una sudata vittoria. Alzandomi dalla mia postazione da gioco, porsi la mano al primo ragazzo, che da poco aveva posato sul tavolo il suo portafoglio privo di qualsiasi moneta o banconota che sia. Lui, inizialmente mi guardò come se pretendesse spiegazioni per quel mio gesto, e, infondo eccome se ne doveva avere. Pochi secondi e tutte le rivalità di gioco scomparvero. Ancora dalla sua sedia stese la sua mano e la strinse alla mia, sorridendo quel poco che bastava per lasciarmi intendere che la partita era già terminata. Luke, invece osservava ogni mio comportamento.

-Un vero piacere aver giocato con te, ragazza. Potremmo organizzare un torneo.-  il più anziano attirò la mia attenzione accendendosi un sigaro, forse il più grande che io abbia mai visto. Sorridendogli, annuii. Presi in mano il mio mazzettino di banconote, ne estrassi un pezzo da cinquanta e lo posai sul tavolo e con la mia mano lo feci slittare direttamente al ragazzo di cui avevo provato compassione. Alzò lo sguardo incredulo, io invece facendo l’occhiolino misi al sicuro il denaro racimolato.

Spostandomi in cucina, dove tutti stavano bevendo una birra guardai Luke aprire la sua, di birra, appoggiandosi al piano di marmo della cucina. Si parlava del più e del meno. Io solo poche volte intervenivo, solo perché non ne avevo il coraggio, troppo agitata per entrare nel vivo di una conversazione. La mia migliore amica notando che ormai ero naufragata dalla conversazione, mi fece segno di seguirla verso quella che sarebbe stata la sua stanza. Mentre io mi recavo nel corridoio girai il capo d’istinto. Divenni paonazza una volta visto lo sguardo di Luke, fisso sulla mia figura. Proseguì il quanto più presto possibile il corridoio entrando in camera. Presi un sospiro di sollievo.

-Doveva essere una sorpresa.- Giada chiudendo subito dopo la porta si mise le mani nei suoi capelli nero pece, come se si volesse castigare da sola. –Ei ei, ma cosa stai dicendo.- a quel punto intervenni io sciogliendo la presa nei suoi capelli, guardandola negli occhi.

-L’anello. L’anello doveva essere una sorpresa.- mi bloccai per qualche secondo. Il mio cervello cessò di mandare impulsi alla mia bocca. Blackout totale. Dovevo scappare in quel momento, in quella stanza, dalla finestra. Precipitandomi alla finestra, scostai la tenda. Era chiusa.

-Cosa vuoi fare?- disse Giada alle mie spalle, immobile. Fuggire, fuggire era tutto ciò che desideravo in quel momento. Sfuggire da quel che sarebbe stato il futuro di quella serata. –Aiutami ad aprire la finestra, cazzo.- dissi alzando ripetutamente la maniglia. Lei era ancora immobile. –Cosa fai? Non mi aiuti?- con il fiatone per via dei numerosi sforzi. –Non vuoi che me ne vada?- chiesi. La sua figura annuii. Sembrava essersi trasformata in una bambina. Non capivo. –Penso che la cosa migliore da fare sia rimanere.- voleva che io diventassi la ragazza di Luke. Ma non sarebbe successo.

-Non capisci? Ci conosciamo da pochi giorni, a malapena un mese.- dissi gesticolando, cercando di giustificarmi, per una cosa che a mio conto era delle comiche. -Non so da dove gli sia venuta quest’idea di regalarmi un anello, davvero.- dissi sorridendo amaramente. –Anche se rimarrei non accetterei mai il suo anello.- decisa, tornai alla finestra, dando il colpo di grazia alla mie braccia che, ormai non ne potevano più. –E allora rimani.- disse come se le sue parole avrebbero risolto e calmato la mia ansia. Solo adesso fece due passi in avanti, continuandomi a guardare mentre cautamente massaggiavo le mie braccia doloranti. Abbandonai le mie braccia e continuando a guardare Giada. –E va bene.-  non appena accettai di rimanere, sorrise. Venendomi in contro mi abbracciò. Nel momento stesso in qui chiusi gli occhi appoggiandomi sulla spalla della mia Giada, sentii un rumore alle mie spalle, che fece sciogliere il nostro contatto. Era Luke. Il mio cuore non so se sarebbe sopravvissuto quella sera.

-Dovrei parlarti.- annunciò il ragazzo. Giada, accarezzandomi il braccio uscì dalla stanza, lasciandomi sola in quella stanza, con Luke. –Bene.- disse lui sfregandosi entrambe le mani in evidente stato d’ansia. Prese un respiro e sedendosi sul letto, fece segno di seguirlo. Una volta seduta cominciò a parlare. –Sono pochi giorni che ci conosciamo. Dalla prima volta che ti ho vista, quella mattina mi hai fin da subito attirato. Ho pensato e ripensato a come ti avrei fatta felice…-  bloccandosi mi guardava insistente mentre io, in quel momento guardavo un punto fisso. -… se mai tu saresti diventata più di un’amica.- Ecco dritto al punto, pensai subito. Strizzai gli occhi come se quello fosse solo un sogno, e aprendo gli occhi mi sarei ritrovata nel mio letto.

-So che sembra un po’ troppo accelerato ma ciò che provo per te.- lentamente alzai il capo, incrociando i suoi occhi. -Non posso pensare che qualcun altro riesca a conquistarti prima di me.- disse svuotandosi completamente. In poche parole aveva riassunto i suoi sentimenti. Ora toccava a me, non di certo a ricambiare i suoi sentimenti.

-Senti, Luke.- presi le sue mani accarezzandole appena. –Non ho intenzione di ferirti.- continuavo a guardarlo negli occhi consapevole che quello sguardo non sarebbe continuato per molto. –Lo sapevo.- disse sorridendo. Ma un sorriso strano, quasi una contraddizione, perché a spegnere quel sorriso erano le lacrime che minacciavano di straripare. –Non sarei mai potuto diventare qualcosa di più. Forse mi son fatto prendere da te, e la paura di perderti.- disse alzandosi ed io assecondandolo presi il suo viso nelle mie mani. –Ma  io non me ne vado Luke.-

-Molte delusioni, molte delusioni ha subito il mio cuore.- disse indicando ciò che lui aveva chiamato in causa. Estrasse dalla tasca posteriore un cofanetto, quel cofanetto che non avrei accettato continuavo a ripetermi. –Con questo posso dimostrarti solo una piccola parte del mio amore.- disse aprendolo, rivelando per la seconda volta quei due splendidi diamanti. Le prime due lacrime scesero sul viso del ragazzo che avevo davanti. D’istinto lo abbracciai, sentendo che in quel momento aveva perso completamente le staffe. Era diventato tutto ciò che non mi sarei mai aspettata. Non da lui, che sembrava un ragazzo che non badava a fidanzamenti e cose varie. Luke, con gli occhi rossi dal pianto chiuse il cofanetto, guardandolo per qualche secondo. Dopodiché lo lasciò sul tavolino

-Fanne ciò che vuoi. Se in caso deciderai di indossarlo… ma cosa sto dicendo, non lo farai. Beh, fanne ciò che vuoi.- concluse indietreggiando, aprendo la porta. Subito dopo il mio sguardo vagava nel vuoto, soffermando sull’oggetto sulla lastra di vetro del tavolino. Sussultai non appena udii la porta di sotto sbattere segno che Luke era appena uscito. Chissà dove sarebbe andato. Sicuramente in un locale a dimenticare per un po’ la realtà. Come fanno tutti i ragazzi d’altronde. Sedendomi sul letto racchiusi il mio viso nelle mie piccole mani. Le lacrime cominciarono a sgorgare da un attimo all’altro. Poi sentii la mia amica che, dopo aver aperto la porta, quel poco che bastava per entrare, cercò di consolarmi.

-Sarei dovuta andare via.- rivelai il mio viso, che da pochi era diventato palcoscenico di mille emozioni. Giada, costantemente accollata a me cercava di far cessare le mie lacrime di scendere, asciugandole con le sue dita. –Ho bisogno di stare un po’ sola.- comunicai alla mia amica che annuii prontamente lasciandomi un bacio sulla guancia. Chiuse la porta ed io non trovai forza disponibile per non far ricominciare le lacrime a sgorgare. Presi il cofanetto, squadrandolo. La figura quadrata si presentava così ambigua. Aprii il cofanetto e presi in mano l’anello. Tirai su col naso guardando il soffitto, cercando di ritirare indietro le lacrime. Lo misi all’anulare della mano sinistra. Con gli occhi lucidi continuavo a guardarlo. Pensavo alla scelta che avevo fatto. Forse era davvero la scelta giusta.

Uscendo dalla stanza mi recai in cucina. Una volta arrivata notai Giada che parlava silenziosamente con Niall sul divano. Smise di parlare non appena vide la mia figura vicino alla porta. Sgranò gli occhi non appena notò che avevo indossato l’anello. Diede un ultimo sguardo ad esso, dopodiché tornò sui miei occhi, sorridendo convinta nell’aver la scelta giusta. Io, ancora indecisa. Ma non potevo tornare più indietro. 

ANGOLO AUTRICE.

Non voglio iniziare a dire sempre le cose perché sì, sono consapevole del mio ritardo nell’aggiornare e mi scuso tantissimo. Sto diventando monotona lo so. Parlando del capitolo invece abbiamo Roby che, decide di indossare l’anello. Insomma Harry e Roberta sono più che mai, separati. Dai prossimi capitoli vedremo l’ira di Haroldo, che vedendo nella mano sinistra di Roberta i due diamanti, non sa più contenersi. Beh, adesso cercate di recensire perché davvero, servono molto. E con questo vi saluto J

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Capitolo 24
*** Ascoltami ***


CAPITOLO 24

-Cosa aspetti?- Giada, si recò al tavolino dove vi era un telefono, forse suo. Me lo porse euforicamente. –Luke non aspetta altro.- continuava a guardarmi sorridendo mentre io ero completamente assolta nei miei pensieri. Il telefono di ultima generazione che avevo davanti non aspettava altro che essere usato, e lì, per la prima volta in quella serata pensai ad Harry. A tutto ciò che ne sarebbe stato della nostra amicizia, chiamiamola amicizia.

-Oh no, no.- non ero pentita della mia scelta ma il mio cuore era come se si opprimesse ad ogni minuto, secondo. Non avevo paura di ciò che sarebbe stato il mio futuro, o forse sì. Di certo passarlo con una persona di cui non si ha nessuna informazione, o quasi, non è il massimo. Mentre ero rannicchiata sul divano di casa Horan, la mia migliore amica cercava di farmi ricredere. Quella era la strada giusta per me e se non l’avrei intrapresa in quel momento me ne sarei pentita amaramente. Le parole di Giada erano queste. La pura verità era quella. Non ero pentita o forse cercavo solo il modo giusto di nasconderlo, per non pentirmi ancora di più.

-Non ho proprio voglia di rimanere qui. E poi… è tardi.- alzandomi cessando continuamente di guardare l’anello di fidanzamento, presi la borsa, controllando all’interno se in caso dimenticassi qualcosa. –Niall.- strillò Giada voltandosi leggermente verso la loro stanza. La risposta del ragazzo non tardò ad arrivare, che rispose negativamente alla richiesta della mia migliore amica per quanto riguarda il ritorno a casa. –La macchina ce l’ha Luke.- riecheggiò la voce di Niall con tono svogliato e basso come stesse cercando di dormire, ed io in quel momento ero solo di più. La bruna si voltò per l’ennesima volta verso me. –Non ho intenzione di lasciarti andare sola, nel bel mezzo della notte.- lei con sguardo riflessivo pensava a come farmi arrivare a casa sana e salva. Sarei tornata senza problemi se non fosse per la prudenza della ragazza. –Dovresti chiamare qualcuno.-

-Harry.- disse a bassa voce. Avrei chiamato tutti ma non lui, non dopo tutta la serata. –Non penso proprio.- contrariata completamente scossi la testa. Fece ingresso poco dopo Niall che, anche se non lo dava a vedere era interessato alla conversazione. –Non ti farò tornare a casa da sola.-

-Ma torno con il taxi. Così come sono venuta, ritorno.- studiò la mia proposta ovvia. –Ormai è tardi, non si sa mai chi è di turno nelle ore piccole.- roteai gli occhi, esausta dell’ansia di Giada che minacciava di travolgere anche me, dato che l’unica cosa che potevo fare era chiamare l’ultima persona di questo mondo che avrei voluto. Non mi restava che prendere il cellulare e chiamare Harry. Mentre ero in attesa che rispondesse con le mani che accusavano un leggero tremolio, osservavo di sfuggita tutte le pareti. –Pronto.- disse come se fosse più un’affermazione. La linea non era per niente disturbata. Né musica da discoteca in sottofondo nè vociare di ragazzi. Solo la sua voce roca. Ma fui smentita subito dopo.

-Ti disturbo?- chiesi, sentendo una risata maschile in sottofondo e un tonfo subito dopo. Ancora con un tono di voce divertito rispose. –No no, sono qui con un amico ma niente di ché. Come mai una tua chiamata a quest’ora?- osservando il parqué mangiucchiavo le unghie fin troppo nervosa. Interrotta dal rimprovero di Harry al ragazzo che continuava a ridere. Io, che aspettavo la fine di quella chiamata al più presto feci la fatidica richiesta. Sentii uno sbuffo, ma non era di Harry, spero. –Dove sei?- chiese senza emozioni, non avrei dovuto chiamare lui, era come se me lo sentissi di essere d’intralcio. –A Brixton.- ancora più convinta di aver sbagliato destinatario era in bilico tra dire di lasciar stare, che era solo uno scherzo. –Cosa ci fai lì?- chiese cambiando tono di voce. –Non ho intenzione di dirtelo.- gelida più che mai per la sua reazione comunicai la via da intraprendere una volta arrivato nella comunità di Brixton. Fece un gemito contraddittorio. Ma a questo ragazzo non gli andava bene ogni singola cosa? –Sto arrivando.- chiuse la chiamata.

-Sta arrivando.- comunicai a Jade. Non appena posai  il cellulare nella tasca dei jeans Niall tornò in stanza con una tazza fumante, sicuramente cioccolata dato l’aroma di cioccolato che popolava la cucina e soggiorno. –Si offre.- lo richiamò la mia amica avendo come risposta il tonfo della porta. –Ne vuoi un po’?- chiese dirigendosi lentamente verso la rimanenza di bevanda scottante.

-No, grazie non ne voglio.- sorrisi alzandomi dal divano raggiungendo la mia amica. –Mmh, sicura?- facendomi l’occhiolino  si concentrò nel versare la cioccolata in una tazza arancione spento. Annuii consapevole che lei la desiderava più di me. A Giada potevi dare di tutto ma solo con la minima presenza di aroma dolce, preferibilmente quello qui davanti. –Beh, se proprio non ne vuoi.- disse avvicinando il bordo di ceramica alle labbra assaggiando il contenuto. Sorrisi compiaciuta di quanto conoscessi la mia migliore amica, nonché la mia scema. Ma quella sera la felicità era destinata a scomparire prima e non dopo i cinque secondi. Lo scintillio di quell’anello catturava ogni minuto il mio sguardo. –Se ti avrei lasciata andare, quell’anello da tutte le parti si sarebbe trovato ma non sul tuo anulare.- alzai il capo. –Già.- risposi. Giada fece un piccolo risolino e, anche lei guardava l’oggetto in mio possesso.

Harry era arrivato, avvisata da un suo messaggio salutai la mia amica ed uscii. La Range Rover si trovava a poca distanza da casa. Mi affrettai a raggiungerla e quando ormai ero vicina osservai il viso di Harry, completamente interessato ad osservare non so cosa. Aveva la mascella contratta ed una volta entrata  si soffermò ancora un po’ a quella che era la finestra di camera Horan. –Non è un bel posto, questo.- disse quando oramai avevamo iniziato il viaggio di ritorno. Giocherellava con il rivestimento del manubrio che da lì a poco si sarebbe sicuramente maltrattato. –Sono stata invitata da una mia amica.-

-Abita a casa Horan, interessante.- tra lui e Niall le cose non sono mai funzionate, troppo diversi. In questo caso la logica de “gli opposti si attraggono” non vale.  Non sono andati mai oltre la litigata. Non penso siano arrivati ad alzare le mani, se no ne sarei al corrente. –La fidanzata di Niall è la mia amica.- Styles, d’un tratto si sollevò dal sedile, sistemandosi per bene, iniziando di nuovo ad accartocciare la pelle color pece del manubrio. –Finirai per rovinare il manubrio.- dissi alzando la mano mettendola sulla sua, che in un batter d’occhio divenne immobile. Osservava la mia mano ed io consapevole di cosa stesse osservando portai la mia mano sulle mie gambe. L’auto fece capolino in una piazzetta di sosta. Dopo averla spenta, Harry uscì dal veicolo con prepotenza. Dopo qualche secondo il parabrezza cominciò ad oscurarsi a causa del mio respiro affannato. Che ipocrita, pensai. A starmene lì, immobile mentre Harry era fuori. Presi coraggio e scesi, senza troppe riflessioni mentali su come, poi, avrei impostato il discorso. Ai piedi avevo dei sandali tipici di stagione che furono sovrastati da una specie di ghiaia non appena toccai terra. Sembrava quasi sabbia. Inoltrata la stradina sembrava di stare in una vera e propria foresta. Ci si trovava davanti ad uno spettacolo della natura accompagnato da rumori inquietanti che risvegliarono in me la paura dei ragni. Procedevo con ansia il mio tragitto senza una meta ben distinta, in quel momento il mio unico obiettivo era trovare Harry. Strofinai con le mani le braccia, leggermente appuntita a causa della pelle d’oca. Mi guardavo intorno mentre continuavo a camminare. Inciampai in una radice mastodontica che fuoriusciva dal terreno. Guardai bestemmiando la radice.

Un suono rilassante riecheggiò nelle mie orecchie mentre pulivo ancora il palmo della mano sporco di qualche granello di terra. La foresta finì. Ero in una spiaggia. Chi avrebbe mai detto che in quelle zone ci sarebbe potuta essere una spiaggia. Ecco il perché della sabbia nel sandalo, ora completamente coperto da essa. Rimasi impressionata dallo spettacolo che mi si presentava davanti. L’acqua salata bagnava ogni volta di più la riva, dovuto anche alla luna che, faceva si che il mare si agitasse sempre di più. Ricordo di aver letto una cosa del genere su un libro di astrologia.

-Harry.- cominciai ad urlare più forte che potevo. Osservai tutta la superficie giallognola e di una chioma riccia non vi era nessuna traccia . Io comunque continuavo a ripetere il suo nome all’unisono, sperando in una sua immediata risposta. Gettai la spugna. Ma no, non stasera potevo gettare la spugna. La polverina gialla ricoprì la stoffa dello jeans una volta seduta. Mi soffermai sul mare, illuminato minimamente da una, quasi luna piena. Un qualcosa t’un tratto spuntò dal mare. Misi a fuoco e riconobbi il soggetto. Ero immobile, solo il battito di ciglio era l’unico movimento in me in quel momento. Si avvicinava sempre di più alla riva ed io, inevitabilmente mi alzai. Poco prima che uscisse pensai al perché di una reazione del genere. Metà busto era fuori dall’acqua ed io ero del tutto coperta dall’imbarazzo. Non ave maglietta. Spostai immediatamente lo sguardo, morsicandomi il labbro inferiore maledicendomi quando sobbalzai per il dolore. Uscì definitivamente ma non osò degnarmi da uno sguardo , anzi cambiò traiettoria non appena vide la mia ombra. Prese la maglia mettendosela al collo, lasciando i pantaloncini ancora per terra. In riva, sicuramente cercava di asciugarsi, mentre osservava la luna. Feci qualche passo e lasciai i miei sandali accanto all’indumento abbandonato di Harry. I micro sassolini si infilarono ovunque fosse possibile. Ad ogni passo cercavo di fare sempre meno rumore, anche se ero consapevole che era minimo, quasi impercettibile. I muscoli della spalla erano contratti e le braccia erano posate ai fianchi. Mi fermai dietro o l’ansia sarebbe aumentata. Il mare era leggermente mosso e ciò scaturiva l’emergere di schiuma bianca. Avrei dovuto pensare ad altro, per esempio chiarire con il ragazzo qui davanti a me, ma quelle onde cristalline attiravano la mia attenzione.

-Scusami.- dopo la mia affermazione ritornò in primo piano il rumore dell’acqua. Aveva già capito di chi potesse essere quell’anello.

-Dovresti dirlo a te stessa.- disse sospirando come se la cosa non gli importasse. Una lama mi trafisse quando lui, voltando il suo viso catturò i miei occhi nei suoi. Non pochi brividi investirono la mia schiena. Pochi secondi durò quel contatto dato che si levò dalla rivà andando a riprendere ciò che aveva lasciato. Un onda arrivò a bagnarmi i piedi.

-Ti aspetto in macchina.- inoltrò la foresta ancora con i piedi a contatto con la sabbia mentre le scarpe le aveva in mano. –Aspetta.- dissi raggiungendolo. Lo bloccai per un braccio.

-Ascoltami, solo un minuto.-  

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Capitolo 25
*** Il cuore dell'oceano ***


​Mi trucidò con lo sguardo e tolse il suo braccio dalla mia presa. Schifato. Questo suo comportamento fece perdere in me quella mia minima voglia di iniziare il discorso. Aveva sempre la solita faccia mentre aspettava che iniziassi a parlare. Una ciocca di capelli cadde sul viso, inumidendosi. Mi allontanai, girandomi di spalle tirando su col naso portando temporaneamente i capelli lontani dal produrre fastidio. Iniziarono a sgorgare le lacrime dai miei occhi, non volevo che mi vedesse da tanto così tempo con gli occhi stanchi, ma ora emanavano un emozione nuova. Ero pentita. I singhiozzi erano inevitabili ed asciugandomi invano le lacrime. -Non l'ho voluto io, cazzo.- alzai la testa e con essa anche la voce, debole dal pianto. Il cielo quella sera era costellato ma le nuvole sparse non mancavano mai anche se quella sera il cielo sembrava avere la pioggia in tasca. -Da quando non decidi te, scusa?- lui si vide chiamato in causa a dover alzare il tono di voce. In quel preciso prese a squillare il mio cellulare. -È Luke.- perchè non ero capace a dire di no. No a quell'anello e a colui che prima ne era il proprietario. -Rispondi, è il tuo ragazzo.- fece retro front dirigendosi nel viale della foresta. -Non l'ho voluto io, cazzo-. Avevo perso completamente me stessa. Ero andata, insieme a Luke e a quel maledetto anello. -E perché adesso lo hai al dito.- presa dalla rabbia mista al dispiacere spostai lo sguardo sul mio dito e ciò che aveva addosso. Il diamante era poco definito, non mostrava in se ogni minimo dettaglio a causa della luce soffusa quasi inesistente della luna che si concentrava totalmente sulle onde del mare. Sulla mia mano cadde una lacrima che fece un giro turistico del palmo dissolvendosi sempre di più sino a lasciare come ricordo la sua scia inumidita, lucida. Harry era a pochi passi da me ma ogni volta andava allontanandosi alzando ad ogni passo una modesta quantità di sabbia. Ormai le mie mani luccicavano nel buio della notte e le lacrime che solcavano il mio viso non si fermavano, non si sarebbero fermate se prima non avrei chiarito, sfogato. Lo avrei gridato al mondo che ero già arrivata al traguardo. Non riuscivo a tenere tutto dentro, avere quell'anello che pareva più un medaglione dalle dimensioni. La sabbia si aprì in un varco profondo pochi centimetri, prendendo nelle sue mani quello che sarebbe stato nel film Titanic il cuore dell'oceano. Responsabile di più dispiaceri che amori, ciò che avrebbe dovuto in qualche modo trasmettere. Il rumore sordo non fece fermare comunque il ragazzo che aveva inoltrato la foresta. Io, con i capelli che per ciocca si rovesciavano sul viso, cercai di placare in me lo sconforto. Tirai su col naso lasciando che fosse l'aria freschetta di fine estate ad asciugare il mio viso e ad alleggerire quel rossore che aveva investito i miei occhi. Beh, forse era così davvero. Sentirsi un disastro, a non riuscire neanche a dire delle parole dolci ad un ragazzo. Non l'avevo fatto neanche alla mia migliore amica che avrebbe meritato tutto il bene di questo mondo. Forse era vero che dopo tante delusioni ad un certo punto si cambia. Il nostro carattere si vede obbligato ad ambientarsi in una vita che non è la sua. Troppo piena di guerre fra se stesse che non si ha nemmeno voglia di stare nella società. Perché a stare male un po' ci si abitua. Eppure eccomi, la mia mania di sfogarmi nel pianto non vede motivo di abbandonarmi. Le lacrime sono le mie uniche amiche quando al mio fianco non c'é nessuno. Tornai verso la macchina lasciando lì l'anello decisa che l'avrei dimenticato prima o poi. Lui era vicino alla strada, fin troppo vicino da rischiare un investimento. Mi calmai quando ricordai che da quella stradina non passava quasi nessuno. Scosta l'ultimo ramo di pino che senza porsi alcun limite aveva intralciato quasi totalmente il passaggio. Non aveva alcuna sigaretta nelle mani e da questo n'è rimasi sorpresa. Strano, ne avevo visti ragazzi con il tabacco a portata di mano nel momento del bisogno. Aprii la portiera poggiando la mia mano su di essa e con lei tutto il mio peso. I capelli iniziarono a pizzicare la mia schiena. Li scostai tutti su una spalla lasciando scoperto il qua sei invisibile livido rossastro. Harry sembrava aver notato quel marchio e sembrava infastidito quando feci quel gesto. Le labbra di Luke non se ne sarebbero andate da quel collo fino a che la carnagione perlata non sarebbe tornata a rivestire quel determinato strato di pelle. Tremai quando avvertii un dolore simile ad una sanguisuga, decisa a non lasciarti andare, a farti sua. Gemetti quando sentii la lingua farsi spazio nelle sue labbra toccando così la pelle, in modo da alleviare il dolore allucinante simile a delle lame taglienti. Chiusi gli occhi beandomi del massaggio post succhiotto che mi stava regalando il ragazzo. Spostava i miei capelli mentre continuava la sua opera d'arte. Quel lembo di pelle non era destinato a sanare per un altro mezzo mese. Sobbalzai aprendo gli occhi. Non aveva ancora finito. Richiusi gli occhi quasi fossi in extasi ed, anche se tutto era finito, solo dopo pochi minuti ebbi il coraggio di tornare alla realtà lasciando il mio mondo che di casto non aveva un bel niente. Dovrei preoccuparmi ma, adesso niente valeva più, niente e nessuno avrebbe attirato la mia attenzione così tanto da distogliermi da quel momento a dir poco divino. E proprio quando il mio cervello richiedeva un altra dose di piacere che lui si fermò. Dopo solo un gioco di sguardo. Cosa successe in quel momento ancora non era ben chiaro, ciò che era chiaro invece, era la vista delle sue labbra leggermente schiuse che emanavano una certa arietta. Ricordo che allora, nel momento del contatto fisico tra me e lui era ciò che mi attirava. Unica ed ultima cosa. Non si poteva certo dire che ero felice di ciò che subivo. Avrei usato il mio tempo ad infliggermi tagli sui polsi con ben altro. La luna era quasi oscurata dalla pineta alle mie spalle e nonostante ciò i suoi occhi riflettevano una luce strana. Non gli avevo mai visti così raggianti. E mentre il mio sguardo era in bilico se guardare le labbra o la canna di bambù al di sopra di esse, sorrisi. Un sorriso sincero, che alla vista del ragazzo era più un nuovo biglietto da visita. Ripiombandosi così sulle mie labbra, prese le mie mani, racchiudendole nelle sue. Si accorse così che l'anello non c'era più, accarezzandomi l'anulare con più mobilità adesso. Non esigeva qualcosa di più erotico in quel momento. Il bacio era casto, solo questo. Ora che ero imprigionata nelle sue braccia e che le mie mani erano sue mi sentii protetta.

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Capitolo 26
*** Inaspettata reazione ***


Erano le dieci del mattino e la mia sveglia aveva smesso di suonare la scorsa settimana. L'avrei dovuta cambiare, ormai ogni tentativo di rianimazione era vano. Da giorni mi alzavo frastornata come se la sera prima avessi bevuto 10 mojito tutti d'un sorso. E mentre ero su di un boulevard mi soffermai sul viale alberato che stavo percorrendo. Le foglie degli alberi cominciavano ad ingiallirsi e gli enormi marciapiedi di Londra venivano ricoperti da esse. Percorrevo quel boulevard alberato quasi ogni mattina, per raggiungere il luogo di lavoro. Starbucks era sempre pieno zeppo di clienti che fremevano dall'assaggiare un frappuccino  o qualsiasi tipo di frullato. Per fortuna l'intera catena di negozi andava a gonfie vele e dubito che un giorno le vendite sarebbero calate. Spalancai la porta dello spogliatoio e il mio grembiule era maldestramente piegato sulla panca di ferro che da sempre era difronte agli armadietti personali. Da sempre addetta alle prenotazioni presi il mio block notes con la sirena stilizzata stampata sul lato sinistro. Inutile dire la giornata trascorse normalmente e quando forse servivo l'ultima ordinazione tornai dietro il bancone ripulendolo con uno straccio umido. Alzai il capo quando delle fragorose risate risuonarono dal 5 tavolo. Io sorrisi poi stesi il braccio sotto il bancone prendendo il cellulare, ma senza farmi notare. Un messaggio era stato ricevuto da più di mezz'ora. Di mattina di certo non davo importanza a messaggi o chiamate varie. 
-Saprò renderti felice. Ma non regalandoti un diadema. Buongiorno xx.- sorrisi rileggendo il messaggio minimo cinque volte fino a quando l'intero messaggio era ben chiaro al mio cervello. La sera prima mi era sembrato per un istante di essere la donna più fortunata al mondo. Quelle biglie verdi che aveva al posto degli occhi catturavano le mie, sicuramente di qualità inferiore. Quel viso in se era perfetto, scolpito in duri anni di laboratorio dal più grande scultore al mondo. Chiusa difficilmente questa parentesi riposi il cellulare. Ancora con il sorriso alzai il capo. Sgarrando gli occhi, perdendo totalmente l'aria di spensieratezza che Harry con uno solo messaggio mi aveva fatto vivere. 
-Cosa ci fai qui?- chiesi strizzando nervosamente lo straccio verde nelle mie mani. Lui con la mascella tesa dinanzi a me incuteva paura. Paura che trapelò la pelle facendomi rabbrividire. -Chi era.- incredibilmente geloso Luke voleva sapere chi era il responsabile di quella felicità ormai scomparsa. Non avevo il coraggio di rispondere, o forse, non volevo. Ci sarebbero stati conflitti a seguito ed era quello che volevo evitare. 
-Chi era.- ripeté avvicinandosi di un centimetro. Arrivò Daniel, il nuovo dipendente che osservando il ragazzo biondo, mi porse il block notes. 
-Tavolo 7.-  pronunciò in cagnesco per lo scatto che aveva fatto Luke. Quando capì che non avrei risposto alla sua domanda che pareva più un'affermazione, spostò lo sguardo sulle mie mani. Andai a nascondere le mani al di sotto del bancone per non fare vedere che il suo regalo non era stato gradito e che non aleggiava sul mio dito. Troppo tardi. Non l'avevo indossato il giorno prima davanti a lui e mai lo avrei fatto. Prese il mio polso portandoselo a se. Strinse la presa ed io cercai di divincolarlo. 
-Lasciami.- dissi accorgendomi un po' tardi che il tono della voce era più alto del normale. Tutta la caffetteria, che per mia fortuna non era affollata si voltò verso la nostra direzione. Io, osservavo tutto senza pronunciar parola. 
-Non preoccupatevi. Continuate pure quello che stavate facendo.- queste furono le parole del capo che posizionandosi di fronte a me, rincuorò i clienti, mentre io continuavo a guardare un punto fisso. Deglutii girando il capo trovandomi davanti Luke. Con gli occhi sgranati lo osservavo, chiedendogli con lo sguardo il perché di quella reazione. Solo quando vide i miei  occhi offuscati dalle lacrime tentò di avvicinarsi. 
-Non vogliamo che tutto ciò succeda, qui dentro.- allontanando Luke da me la prima lacrima si fece spazio sul mio viso. Il mio capo sprecò poche parole con Luke una volta cacciato dal locale. Parlavano tranquillamente poi mentre il ragazzo stava per andar via, puntò per l'ultima volta il mio viso. Così pietrificata che non mi accorsi che l'uomo massiccio era già rientrato. 
-Dobbiamo parlare.- annuii col viso, asciugandomi velocemente le lacrime. -Ma ora va a casa. Ti chiamo un taxi.- prese il suo cellulare digitando il numero. 
-Non ne ho bisogno, abito qui vicino.- cercai di rendere il tono di voce il più naturale possibile, convincendo scarsamente l'uomo davanti a me. Non osò obiettare. Mi lanciò uno sguardo d'intesa ed entrai nello spogliatoio. Percorsi il tragitto verso casa trattenendomi dall'esternernare l'infinità di emozioni che in quel momento provavo. Era come se avessi vissuto per l'ennesima volta la mia adolescenza, passata rinchiusa in quella casa famiglia che solo al pensiero spuntava la pelle d'oca. Massaggiai l'esile polso dolorante, osservandolo con occhi lucidi. Tirai su col naso alzando il capo al cielo grigiastro. Con stanchezza salii le scale di casa aprendo il portone. Sospirai, minimamente tranquillizzata una volta in quelle quattro mura che contemplavano in silenzio ciò che, ogni giorno, c'era di nuovo. Lame taglienti si fecero vive in prossimità del polso. Ed io con i polpastrelli lo tastai. Estrassi dal freezer del ghiaccio, mettendo quattro cubetti su di uno straccio. Tremai al contatto con la sottile barriera di cotone, già gocciolante d'acqua. Non avrei sprecato altro tempo a parlare con Luke, avevo un quadro generale della sua personale  e, sinceramente, di gente aggressiva ne avevo vista. Quest'episodio non avrebbe confermato l'imminente aggressività del ragazzo ma, lo spiraglio c'era e non avevo intenzione di rischiare. Non questa volta. Cominciavo a fidarmi del ragazzo ricciolino che, se lunatico aveva confermato la sua teoria. Il cambiamento era evidente.

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