countdown

di jasonmccann
(/viewuser.php?uid=278054)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologue ***
Capitolo 2: *** shake-up ***
Capitolo 3: *** text ***
Capitolo 4: *** ride ***



Capitolo 1
*** prologue ***





1.
'prologue'







 

 

Hai solo quaranta giorni” sussurrò l’uomo dal volto illuminato dalla luce che ormai sembrava dominare in quella stanza che un tempo era cuba e grigia, conosciuta come il regno delle ombre, dominato dalle tenebre.  
Solo quaranta giorni?” chiese spaesato il ragazzo, trasformando il suo viso cupo, facendo comparire sul suo volto una smorfia. Non capiva dove si trovasse e che volesse quello sconosciuto.

Quaranta giorni per far innamorare quella ragazza di te” rispose trattenendo un sorriso “oppure vuoi che muoia?” ridacchiò, porgendogli una busta. “Contiene una foto” spiegò, guardando Justin negli occhi, senza trasmettere emozioni. Niente. Lo sconosciuto era così calmo, anche se chiaramente voleva che quella ragazza morisse. E se Justin la conoscesse? Se lui avesse una cotta per lei?

Justin afferrò la lettera, osservando attentamente la superficie di quel bianco perfetto. “Aprila” sussurrò l’uomo, abbozzando un sorriso.
Quella foto ritraeva qualcuno che Justin conosceva troppo bene.

Elizabeth Morgan.” Il giovane pronunciò quel nome come se volesse esserne certo, come se volesse convincere qualcuno che si trovava dentro di lui, probabilmente il suo cuore, voleva dirgli che quella era veramente lei, la sua nemica.

Non mi chiedi chi sono?” chiese lo sconosciuto avvicinandosi a lui. Il viso di Justin diventò pallido. “Dio?” chiese il ragazzo. “Diciamo che molti mi chiamano così” rispose in modo brusco l’uomo misterioso, sbuffando. La sua pazienza doveva essere veramente limitata; il suo tono era divenuto nervoso.
Ci odiamo” sbottò Justin, cercando di trovare il motivo valido per tutta quella storia. Si era trovato in una stanza così illuminata, all’improvviso, nel bel mezzo della notte quando stava andando in cucina a prendere un bicchiere d’acqua fresca. “E’ per questo che ti ho contattato” aggiunse l’uomo, iniziando a camminare verso una luce accecante.

Justin portò il braccio davanti al viso, per riparare gli occhi da quel bagliore e, quando lo spostò, si accorse che la visione non era la stessa: si trovava in cucina. “Forse è stato solo un sogno” sospirò pensando alle allucinazioni che lo perseguitavano da quando sua madre l’aveva lasciato.

Allungò la mano per aprire il frigorifero, ma si accorse di quella fotografia. La stessa che ritraeva il suo nemico da salvare.

Afferrò la bottiglia di limoncello mezza vuota e, accecato dalla rabbia, la scagliò a terra, spaccandola in mille pezzi. Quel rumore che aveva spezzato quello strano silenzio notturno precedette un tuono che illuminò il cielo canadese e le gocce iniziarono a battere contro le finestre, accompagnate dai lampi e dai fulmini.













 

aye!

ebbene sì, gente, letizia è tornata.
no, seriamente,vi sono mancata? non è vero? eh..
comunque, non ho più continuato le altre fanfiction perché facevano seriamente
cagare lmao vabbuò ho messo il rating arancione perché.. avete capito cosa succederà.
bho, la protagonista l'ho immaginata come Lucy Hale perché quella ragazza è bellissima
e poi, sinceramente, non sapevo quale personaggio scegliere lmao
poi che posso dire? iniziamo a dedicare questa fanfiction a delle dolcissime ragazze:
Amira, Ari, Sissi, Michi, Denise e Serena aka "le ragazze della biebership". 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** shake-up ***




2.
'shake-up'







 

 

Piove. Tante piccole gocce di pioggia che sbattono sul vetro e lo imperlano, a volte si uniscono con le compagne e crescono fino a diventare troppo pesanti perché rimangano attaccate alla superficie trasparente.

Piove, e il ritmo aumenta. Le parole della professoressa fanno da sottofondo ai miei pensieri; c’erano momenti in cui il caldo della California e le sue spiagge mi mancavano. Perché i miei si erano messi in testa di trasferirsi in questo piccolo paesino del Canada tre anni fa? Il lavoro per mio padre era tutto, dopo la famiglia. Almeno mi ero fatta un paio di amici, lì dentro.

Tutti mi vedevano come la tipica ragazza californiana, quella con gli occhi verdi e i capelli di un castano chiaro, la tipica cheerleader. Ma io non ero quel tipo di persona. Eppure, in quella scuola, nemmeno il gruppo delle ragazze pompon mi voleva nel loro gruppo. Quindi, decisi di fare parte di quello di teatro. Una palla totale.

Elizabeth Morgan.” La voce della Welch riecheggiò nell’aula. Girai di scatto la testa, facendo finta di essere attenta, cercando inutilmente di farle capire che stavo seguendo la sua lezione di chimica. “Si?” sussurrai, abbozzando un sorriso e guardandola negli occhi.

Stavamo cercando di fare l’appello” disse lei sorridendo, camminando verso di me per guardare che cosa stessi facendo.

Che stava facendo, signorina?” mi chiese avvicinandosi al mio viso con il suo naso esageratamente lungo, abbozzando uno dei suoi soliti sorrisetti irritanti. “Niente” sbottai, guardandola in quei suoi occhi neri. “Sì, certo” disse sbuffando “non stare attenta è fare niente, signorina?” domandò di nuovo, inutilmente; lei sapeva già la risposta. O meglio, lei pensava che sarei rimasta lì in silenzio, fingendomi stupida. Io non lo feci.

Anzi, sorrisi e le risposi. “Sì, non stare attenta alle lezioni interessantissime di una professoressa come le altre è fare niente” dissi alzandomi. “Hai imparato dal tuo amichetto Bieber?” mi chiese sorridendo, irritandomi parecchio; io non avevo nulla a che fare con quel ragazzo, era solo il mio vicino di banco nella classe di chimica e di filosofia e quello mi bastava. Anzi avrei preferito stare accanto ad un’altra persona e non a quel ragazzo che era costantemente incazzato con me soltanto perché, tre anni fa, alle medie, lo avevo rifiutato davanti a tutta la scuola, rendendolo uno di quei ragazzi carini che erano continuamente presi in giro per un solo episodio della loro vita che non era andato nel verso giusto.

 Non faccio uscire le ragazze, solo i maschi” continuò, indicando il mio banco. Ed io feci quello che mi aveva ordinato. Purtroppo.

Non volevo rischiare la bocciatura e non volevo essere rimandata in quella materia, anche perché me la cavavo in chimica. Non volevo fare quei maledetti corsi di recupero estivi.

Comunque” iniziò a dire Mrs. Welch, alzandosi dalla sua postazione, attraversando tutta la stanza, arrivando all’ultimo banco a sinistra, vicino alla finestra, per poi avvicinarsi a me, di nuovo, con un foglio in mano. Sapevo cosa mi avrebbe detto. “Devi fermarti in... ” la interruppi, strappandole in foglio di mano, cercando di sembrare la più tranquilla possibile. “Detenzione” terminai la sua frase, sorridendo e appoggiando sotto il diario quello che la donna mi aveva appena consegnato.

Ritornò alla sua cattedra. “Puoi andare in biblioteca, così fai qualcosa di utile, ripassa qualcosa. Il professore di filosofia si è lamentato” borbottò. Mi accorsi che il banco vicino al mio era vuoto. Assente. Fortunatamente.

La donna iniziò a leggere l’elenco e i miei compagni di corso alzavano la mano velocemente, mentre sussurravano un “presente”, oppure un “ci sono”. L’appello durava così poco. Con Warren, il professore di storia che io adoravo, era tutto più divertente. Quell’uomo faceva sempre battute, regalava sorrisi e complimenti. Era il professore perfetto. Un po’ troppo vecchio ma perfetto lo stesso.

Scusate.” Il ragazzo entrò con le mani in tasca, rivolgendo un sorriso alla Welch e affrettandosi a raggiungere il mio banco. “Bieber” sussurrai il suo cognome salutandolo, quando si sedette al suo banco, vicino al mio. “Salve Morgan, cosa stava dicendo l’Aquila?” mi domandò facendomi sorridere. Sfortunatamente.

Non ha detto niente” mormorai, aprendo il libro di chimica. “Bieber” lo chiamò la professoressa e Justin le rispose, esclamando un semplice “presente”, sorridendo, cercando di sembrare sereno, anche se, evidentemente, non lo era. “Ho visto che è presente, non sono cieca” gli disse cercando di sembrare simpatica “venga a prendere anche lei il foglio della detenzione” terminò, sorridendo, contenta come se gli stesse facendo un bellissimo regalo. Justin, senza farselo ripetere due volte, si alzò a prendere il foglio. “Ah” continuò l’insegnante “sarebbe meglio che tu vada in biblioteca a ripassare chimica. Il test non è andato benissimo.

Aspetta.

Anche io dovevo andare in biblioteca dopo la scuola. E ci sarebbe stato anche lui? Oh merda. Quando ritornò al banco, si avvicinò a me, piegando il foglio e mettendoselo nella tasca dei pantaloni neri. “Ehi, piccola. Sai perché la Welch ha detto ‘venga a prendere anche lei’? Ha dato altri fogli?” mi chiese sorridendo, cercando di non farsi notare, parlandomi con un tono quasi dolce, diverso da quello che usava ogni giorno. “Perché l’ha dato anche a me  borbottai, guardandolo negli occhi.

Che sfortuna” sospirò lui, aprendo il suo libro di chimica. Evidentemente aveva capito che si stava comportando in un modo abbastanza diverso.

Sfortuna? Aveva appena detto sfortuna? “Intendi il test?” gli chiesi, sorridendo mentre la Welch si alzava dalla cattedra con una ventina di fogli in mano, iniziando a distribuirli. “No, intendo passare un’ora con te” sbottò lui facendo una smorfia, per poi iniziare a ridacchiare.

Che idiota.

Mrs. Welch si avvicinò ai nostri banchi, sorridendomi. “Morgan, impeccabile, come sempre” disse felice, come se avesse dimenticato di quello che era successo prima “ma stia attenta con la disciplina” terminò. Ecco, lo sapevo che me l’avrebbe detto, l’Aquila non dimenticava le cose così velocemente. Un’A+. Ancora una volta. 

Mentre lei, Bieber, quando si deciderà a studiare?” gli chiese porgendogli il suo compito: una D. Ancora una volta.

La professoressa si allontanò, avvicinandosi alla cattedra, dopo aver consegnato tutte le verifiche. “Voti troppo bassi, ragazzi” sussurrò come se stesse parlando a se stessa, cercando di convincere la sua mente che la sua classe di chimica era la peggiore dell’istitut0, facendo una delle sue espressioni scioccate, quasi schifate.

Justin borbottò qualcosa, nascondendo la verifica tra le pagine del quaderno. “Una schifosa e insignificante D, come sempre” sospirò facendo il broncio, iniziando a giocherellare con le pagine di quel libro che tanto odiava.

Sospirai anch’io, imitandolo e iniziando a guardare fuori dalla finestra. Mi girai di nuovo verso di lui. “Se la Welch mi fissa, avvertimi” gli ordinai, spostando di nuovo lo sguardo e fissando le gocce scorrere sui vetri, iniziando a pensare alla mia amata California.

C’erano dei momenti in cui la spiaggia e l’oceano mi mancavano. Avevo nostalgia di quel periodo della mia vita, in cui il cielo era perennemente azzurro –o almeno, lo era per la maggior parte dell’anno- e i caldi raggi mi scaldavano la pelle. Eppure, nonostante tutta quella luce, i miei giorni erano così opachi.

A volte, in quei posti, mi sentivo solo come una spettatrice. Non mi divertivo troppo e le giornate erano le stesse. Elizabeth, una semplice ragazza, con semplici amicizie, senza un ragazzo. E in fondo, mi andava bene così. Non mi ero mai lamentata, ma non andavo matta per quello che stavo vivendo. Era tutto così mediocre e semplice. Tranquillo, ecco.

E, tre anni fa, lasciai il forte sole di Los Angeles per incontrare la sua versione più debole, quella timida, nascosta tra le grandi nuvole grigie e tra i fiocchi di neve. Lasciai la luce accecante che si rifletteva su ogni grattacielo per immergermi nelle cupe strade canadesi. Lasciai quella specie di vita, per viverne una vera. Però mi mancava ancora qualcosa: una ventata d’aria fresca, elettrizzante, assurda e romantica che travolgesse la mia vita. Dopotutto, gli amici, quelli che per me contavano più di tutto, erano al mio fianco. Pochi ma buoni. E Justin, beh, lui non era tra quelli. Sorrisi, pensando a quanto fossi simpatica. E modesta.

Elizabeth.” Justin mi diede una gomitata, chiamandomi. “Ehm, si?” mi girai, per guardarlo. “Che succede?” gli chiesi. “Tra poco suona la campanella” sorride “e poi detenzione” terminò la frase, dandomi una pacca sulla spalla. Io sorrisi, senza dire niente, iniziando a fissare la sua felpa rossa.

Ti piace? mi domandò, guardandomi negli occhi. “E’ carina, ma tu sembri un pomodoro. Non  ti dona” sbottai, cercando di non fargli complimenti. “Senti freddo?” sussurrò con un tono che non avevo mai sentito prima, quasi premuroso, appoggiando una mano sulla mia per farmi notare che stavo tremando.

No, non sento freddo.” Iniziai a seguire la lezione di chimica, aspettando impazientemente il suono della campanella. “Se lo dici tu”, si strinse nelle spalle, sorridendo e rivolgendo uno sguardo al suo orologio, per poi chiudere il libro. Justin mi rispose poco prima di quel segnale che ci avrebbe detto che le lezioni della giornata erano terminate e noi potevamo andare a casa. Tutti, tranne me e il ragazzo seduto al mio fianco.

Appena la campanella si decise a suonare, tutti gli studenti si alzarono dal loro banco, salutando cordialmente la professoressa prima di uscire dalla stanza. Justin, come sempre, dopo aver lasciato il suo posto, si appoggiò al muro vicino alla finestra, dietro di me e mi aspettò pazientemente. Mi girai per guardarlo e cercai di capire il perché di quel comportamento. Ma perché si comportava così? Lui mi odiava. E io odiavo lui. Sbuffai. Non voleva lasciarmi da sola, probabilmente.

Perciò presi tutta la calma che una persona poteva prendere e, lentamente, riordinai le mie penne e gli oggetti scolastici, per poi riporre nello zainetto i libri e l’astuccio. “Morgan, sbrigati. Voglio andare a prendere qualcosa da bere ai distributori e poi voglio fumarmi una sigaretta. Dobbiamo essere in biblioteca per le quattro e mezza, giusto?” mi fece quella domanda anche se sapeva già la risposta, iniziò ad avvicinarsi a me, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.

Mi sforzai di sorridere, cercando di mostrarmi la più tranquilla possibile, ma tutto quello che riuscii a fare fu muovermi un po’, per fargli capire che il suo modo di comportarsi mi dava fastidio. “Elizabeth, rilassati”, disse, iniziando a massaggiare lentamente, cosa che faceva ogni santo giorno ad ogni ragazza. Ma non a me. Justin stava sorridendo in quel modo che m’irritava così tanto; non riuscivo a vedere il suo viso, ma io ci avrei messo la mano sul fuoco.

Andiamo” gli dissi, lasciando il mio banco con lo zaino sulle spalle, iniziando a camminare verso la porta. “Beth, aspettami” esclamò, ridacchiando, sapendo che quel soprannome mi dava molto fastidio. Mi fermai, iniziando a pensare a quel pomeriggio che mi avrebbe aspettato e che avrei dovuto passare con lui. “Finalmente ti sei fermata, hai dei soldi da prestarmi?” mi domandò sorridendo. “Mi hai fatto aspettare solo per chiedermi i soldi?” domandai a mia volta, guardandolo negli occhi. “Ehm, si” rispose sorridendo “ora mi dai i soldi?” continuò, allungando la mano verso la mia.

Sono al verde” risposi acida, con un tono caratterizzato da un pizzico di autorevolezza, dirigendomi velocemente verso la biblioteca, amareggiata.

Ci pensai un attimo: Bieber con me non voleva avere nulla a che fare.

Mi girai per controllare dove si stesse dirigendo Justin: aveva deciso di sbaciucchiare una del primo anno, una biondina, la classica figlia di papà che sbavava per lui, il ragazzo misterioso che frequentava il secondo anno, da settembre. Anche lui si girò e mi vide, sorridendo sulle labbra della ragazza. Si allontanò da lei, per poi prenderle di mano i soldi, facendomi una smorfia e girandosi, avviandosi verso le macchinette senza nemmeno salutare la ragazzina.

L’aveva baciata per dei soldi? Quel ragazzo mi faceva vomitare. Iniziai a camminare velocemente verso la biblioteca.

***

Beth” mi chiamò la voce del ragazzo, riportandomi alla realtà. Alzai gli occhi dal libro di filosofia e diedi un'occhiata al mio cellulare. Erano già passati venti minuti ed io, come sempre, non avevo capito nulla di tutto quello che c'era scritto in quelle pagine. Sentivo i suoi passi, si stava avvicinando al mio tavolo. “Questa è per te” disse appoggiando una lattina di coca-cola, vicino al mio libro di filosofia. Mi girai a guardarlo negli occhi mentre pronunciavo un semplice “grazie”. Perché mi aveva comprato quella bibita?

Senti freddo?” mi domandò di nuovo, come aveva fatto un’oretta fa. “No” risposi di nuovo, ma lui non mi sentii, o almeno fece finta di non sentirmi. Si tolse la felpa, rimanendo con quella leggera maglietta bianca, appoggiandomela sulle spalle. “Lasciami studiare” sbottai e, mentre lui sorrideva, seduto vicino a me, io indossai l’indumento che mi aveva appena prestato.

Sì, a te la mia felpa rossa dona di più” borbottò ridacchiando, continuando a guardarmi mentre fissavo il mio libro di filosofia.

Vuoi che io ti aiuti?” mi chiese lui con un sorriso, avvicinandosi a me con la sedia, cercando di fare quello che ci aveva ordinato la Welch. “No” sbottai, staccando per un attimo gli occhi dal libro, per guardarlo. “Non senti freddo?” gli domandai. Ma lui non rispose. Si limitò ad alzarsi, raggiungendo un scaffale qualsiasi per prendere un libro a me sconosciuto.

Non volevi studiare?” chiese lui, usando un tono di voce freddo, quasi irritato, quando si accorse che lo stavo fissando. “Sì, è quello che stavo facendo.”

Quell’oretta sarebbe passata davvero lentamente. Purtroppo.

  _______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

I'm on some risky business,
I like women and French kisses.





Hola gurls,
tutto bene? fidanzatino? vacanze? salute? io si, diciamo.
cioè la mia vita è veramente triste, non faccio niente da mattina a sera
(anzi, sparo cagate con le ragazze della #biebership, tutto questo è molto swaggy, sisi).
capitolo abbastanza lungo, pieno di descrizioni. si, amo descrivere.
non sapevo come terminare il testo quindi ho optato per una frase idiota che solo la Morgan sarebbe capace di dire.
Bieber invece è tipo tutto filosofico e poi il suo carattere.. beh, è cambiato, sisi.
vorrei ringraziare le dodici persone che hanno recensito questa merda di fanfiction lmao

Non so più che scrivere, tra un po' questa parte diventa più lunga del capitolo.
Vi lascio, gente.

ps: vorrei continuare quando raggiungo le dieci recensioni, ma se aggiorno più tardi,
non preoccuparvi. sono peggio di bieber e "heartbreaker" che uscirà nel 2067.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** text ***









3.

'text'






 



 

Non volevi studiare?” le domandai irritato, guardandola negli occhi che, poco prima, mi stavano fissando, quasi fossero interessanti a me.


Non capivo perché mi stavo comportando in quel modo con Beth: prima la trattavo quasi come una principessa, prima facevo il ragazzo carino
–le avevo persino comprato una lattina di coca-cola- e poi diventavo così freddo, quasi fossi irritato dalla sua presenza. Forse era dovuto al modo
in cui la ragazza parlava con me; insomma, io cercavo di fare qualcosa di gentile e lei? Lei non mi ringraziava, anzi usava quel suo tono menefreghista.
Era normale che poi  io diventassi un’altra persona.

Tutto quello che volevo fare era salvarla. Ma lei non riusciva a capirlo. Evidentemente era troppo stupida.


Si, è quello che stavo facendo” mi rispose lei abbozzando un sorriso, uno di quelli che fai quando vuoi dire a qualcuno di smetterla, quelli
finti, quelli  che non vengono dal cuore. Continuai a cercare tra gli scaffali, senza abbandonare il libro che avevo afferrato poco prima. Vedi di
non morire
.

Dove stai andando?” mi chiese lei staccando gli occhi dal volume di filosofia, alzando il sopracciglio destro, quando si accorse che mi stavo
allontando. “Cerco un libro, Beth” le dissi io, sorridendo, cercando di essere più dolce.

Eppure, ora che ci pensavo, non sapevo se la ragazza preferisse i ragazzi romantici oppure quelli che erano più maleducati, che se ne fregavano
dei sentimenti, che pensavano solo al sesso.


Ma ne hai già uno in mano” esclamò lei, notando che avevo già scelto un romanzo. “A me me ne servono due, piccina” sussurrai
allontanandomi, ridacchiando. La sentii sbuffare. Sorrisi mentre mi dirigevo verso la scrivania della bibliotecaria, una ragazza sulla ventina,
dai lunghi capelli rossi, ricci e voluminosi.

Salve” la salutai leccandomi le labbra, per poi appoggiarmi ad uno scaffale posto davanti a lei. Sorrisi. E lo fece anche lei. “Justin” sussurrò,
riconoscendomi. Evidentemente, anche lei non era riuscita a non guardarmi. Ridacchiai.

Cerco un libro” le dissi velocemente, avvicinandomi a lei. “Che tipo di libro?” domandò la rossa continuando a guardarmi negli occhi. “Te
ne potrei consigliare qualcuno
” sussurrò al mio orecchio, sorridendo maliziosamente. “Non voglio manuali di sesso, bella. Sono
esperto in quella materia
” risposi sarcasticamente, leccandomi le labbra e, per non permetterle di dire altro, continuai a parlare, velocemente.


Un libro qualsiasi. Basta che nel titolo contenga le seguenti parole” mi fermai, osservando tutti gli individui che leggevano oppure
quelli che sussurravano qualcosa ad un loro amico.

Quaranta giorni” sussurrai a bassa voce, iniziando a guardare lo schermo del computer, pronunciando quelle due parole molto lentamente.

***

Mi avvicinai a lei, cercando di fare silenzio per non disturbarla. Continuavo a osservare attentamente i suoi lineamenti: i capelli dal color
del cioccolato che le incorniciavano il viso come se fossero una cornice di scuro legno di acacia che proteggeva un quadro perfetto: il suo volto.

E poi staccò gli occhi dal libro, spostandoli sui miei. Un sorriso. Abbassai lo sguardo, leggendo per quella che mi sembrava la centesima
volta il titolo di quei due libri: Vedi di non morire e I quaranta giorni del Mussa Dagh.


Quelli che avevo tra le mie mani erano dei libri che non avevano nulla a che fare con la sua vita, oltre al titolo.

Non avevo mai letto quei due romanzi, ma tutto quello che mi interessava erano le parole scritte in maiuscolo sulla loro copertina. Volevo
soltanto darle un messaggio.


Prova a leggerli” le dissi appoggiando quello che stringevo sul tavolo, accanto al suo cellulare. Mi accorsi che qualcosa non andava,
perciò ne afferrai uno a caso, spostandolo davanti all’altro. I quaranta giorni del Mussa Dagh. Vedi di non morire.


Anche lei sussurrò quelle parole, ma mi accorsi che il suo volto sereno si stava trasformando in una smorfia. “Strani questi titoli” scoppiò
a ridere, mentre io sorridevo, più calmo e rilassato poiché fortunatamente –ma anche sfortunatamente- non aveva capito il messaggio che
volevo darle.

Senza neppure salutarla, iniziai a camminare verso la porta, cercando di lasciare quel luogo così tranquillo e silenzioso. E poi mi girai. Non
potevo essere così crudele, così freddo con lei. “Ci vediamo domani, Elizabeth” sussurrai dolcemente, abbozzando un sorriso. “A
domani
” mi rispose lei sorridendo. “Non tardare troppo” mormorai ancora una volta, abbandonando la sala con un sorriso.


Mi stavo preoccupando per lei. Forse quel sentimento che provavo per lei in terza media non era mai scomparso.

Ma si può essere innamorati di una persona che allo stesso tempo odi?

Ehy bro.” La voce del ragazzo mi fece cadere violentemente dalle nuvole. “Oh, Chaz” lo salutai, sorpreso, sorridendo. “Detenzione?
mi chiese, abbandonando la sua sacca a terra “di nuovo?” continuò, mettendosi a ridere. “Esatto, mi manca passare il tempo con
te, bro
” dissi io, mettendomi a ridere, ripensando a quei pomeriggi passati con lui a fare idiozie, parlare di stupidaggini e fissare le ragazze.

Chi c’è là dentro? Una delle tue pollastrelle?” mi domandò di nuovo, indicando la porta della biblioteca con un movimento brusco
della testa. “La Morgan” risposi io sorridendo, iniziando a massaggiarmi il collo. Chaz iniziò a ridere, divertito, come se gli avessi raccontato
una delle migliori barzellette che avesse mai sentito.


Justin, lasciatelo dire” disse lui, serio, sospirando “lei ti rifiuterà ancora, come quella volta” continuò lui, sorridendo “e sai che
il rifiuto più doloroso arriva sempre da chi si ama di più. Ed è quello che fa più male
” terminò dandomi una pacca sulla spalla,
cercando di mostrarsi preoccupato, mostrando, per quella che mi era sembrata la prima volta, il suo tono malinconico, quasi drammatico.

Quella era un’altra volta. Ora le cose sono diverse” risposi io, senza sorridere, facendogli capire che parlavo sul serio, che non stavo
scherzando. Io dovevo salvare quella ragazza.


Raccontami, Justin” sussurrò il ragazzo, dandomi una pacca sulla spalla. E io iniziai a raccontargli di quella notte, della notte in cui avevo
incontrato quello che si era presentato come Dio.


***

Sapevo che Chaz era andato in biblioteca a parlare con la ragazza, sicuramente non aveva esitato a provarci con lei e probabilmente gli aveva
detto qualcosa su di me. Non riuscivo a capire perché avevo deciso di raccontargli tutta la storia. E se avessi sbagliato? E se lui iniziasse a fare
di tutto per ostacolarmi?

Justin, a cosa stai pensando? Lui è il tuo migliore amico, non ti farebbe mai del male.

La vocina che abitava nella mia mente, continuava a rispondere a tutte le mie domande e tutto quello che volevo fare era prendere un martello
e ammazzarla. Potevo davvero essere così innocente? Sembravo quasi un bambino.


Allungai la mano verso il pacchetto di sigarete, per cercare di tranquillizzarmi fumando. Era una cosa che non facevo spesso. Onestamente,
non amavo il mio alito dopo aver fumato, perciò cercavo di non farlo molto frequentemente. Ne accendevo una ogni tanto, di sigaretta,
quando volevo pensare ad altro, quando volevo scappare da un problema troppo grande per me. Imitavo mio padre.

Spensi la sigaretta neanche a metà, abbandonandola nel portacenere di vetro.

 

.Elizabeth's pov

Non avevo capito cosa mi volesse dire Chaz con il suo “che scelta azzeccata” quando vide i libri appoggiati sul grande tavolo della 
biblioteca. Eppure tutto quello che mi diceva quel ragazzo mi rendeva davvero felice. Probabilmente mi ero innamorata di lui. Di nuovo.

Afferrai la mia borsa, iniziando a cercare velocemente quelle chiavi che avrebbero aperto la porta di casa, ma sembrava che fossero scomparse
tra il caos che regnava là dentro. Finalmente, proprio quando stavo per perdere la pazienza e stavo pensando di andarmene in giro, senza una
meta, le ritrovai e, con un sorriso, entrai velocemente in casa.


Mi accorsi che, come sempre, mamma aveva deciso di restare un paio di orette in più a lavoro, mentre mio padre, sempre di fretta, aveva
lasciato la sua tazza di caffé sul tavolo del salotto. Sorrisi, avvicinandomi al mobile, allungando la mano per afferrare la tazzina. La avvicinai
alle labbra. Era freddo. Come sempre dopotutto; non ero mai riuscita a sorseggiare un caffé caldo: mio papà se ne andava sempre troppo
presto e mia madre non voleva che bevessi così tanta caffeina. Perciò avevo una passione per il thé, di tutti i tipi.

Lasciai lo zaino a terra e, con quella tazza in mano, raggiunsi la cucina, appoggiandola sul tavolo, aprendo uno scaffale e afferrando una grande
tazza rosa confetto. Preparai l’acqua e, iniziando ad osservare tutti i barattoli di semi e fiori, cercai di scegliere qualcosa che mi piacesse: rosa canina.


Sorrisi e, dopo un paio di minuti, ero sdraiata sul divano, il computer sulle mie gambe, la televisione accesa e una tazza di thé che mi faceva 
compagnia. Tutto tranquillo.

Una finestra comparì in primo piano, mentre le pagine che avevo aperto vennero coperte da quest’ultima. Un messaggio.

canadianguy94: domani piove.

Sorrisi. Quel ragazzo mi aveva contattato in un socialnetwork sconosciuto alla maggior parte dei giovani. Probabilmente era un metereologo.
Ridacchiai, decidendo di rispondergli.

tbhbeth: purtroppo si. E io andrò a scuola a piedi domani. Che sfiga.

canadianguy94: povera Elizabeth, mi dispiace per te, bambolina. Ma sarai sempre stupenda.

Arrossii. Seppur fosse solo un ragazzo che mi scriveva in chat, mi faceva arrossire. Strano.

tbhbeth: ci conosciamo?

canadianguy94: probabilmente si (;

tbhbeth: allora ci si vede in giro

canadianguy94: mi piacerebbe, Elizabeth. Ora devo scappare. Ti vedrò domani (ma tu non vedrai me) (;

tbhbeth: ciao, sconosciuto :)

Si, questa cosa era abbastanza inquietante. Ma anche divertente. Avevo un paio di nomi, ma io speravo che quel ragazzo fosse Chaz e,
probabilmente, si trattava di lui. Sorrisi, chiudendo il computer e la televisione, iniziando a fare qualcosa che mi facesse perdere un po’
di tempo. Non volevo continuare a cercare cose su internet e la musica continuava a coccolarmi.

E iniziai a pensare, fino a quando la mia mente volò vicino ad un altro ragazzo, Justin. Ridacchiai. Si stava comportanto in un modo davvero
buffo. Ma la cosa mi piaceva.

E se la sua fosse solo vendetta? Sul mio viso un sorriso beffardo.

Avrei vinto io, di nuovo. Perciò, lunga vita al mio nemico, a Justin, così che possa assistere al mio successo.

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

You said I was the most exotic flower,
Holding me tight in our final hour.



Yoh,
okay non so che dire. Cioè questo capitolo non mi piace,
ma questi sono solo dettagli. Beh, spero solo che a voi piaccia.

Non so più che scrivere.

Vi lascio, gente.

ps: a dieci recensioni, continuo. Il capitolo arriverà "SOON".

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** ride ***









4.

'ride'






 



 

 

Continuavo a giocherellare con i miei capelli, senza distogliere lo sguardo dallo schermo del mio cellulare, cercando di addormentarmi, ma il sonno
sembrava non volesse venire a prendermi. Sentii un rumore e nascosi velocemente il cellulare sotto il mio cuscino, chiudendo gli occhi, fingendo di
dormire. 
Se mia madre mi avesse vista sveglia alle due di notte, mi avrebbe uccisa. Ne ero sicura.


Elizabeth, so che non stai dormendo, piccina”, disse il ragazzo entrando nella mia camera, sorridendo e lasciandosi scappare una piccola risata, 
appoggiandosi al muro chiaro. “Sei stato fuori fino alle due, ancora una volta” mormorai ridacchiando, aprendo gli occhi, alzandomi dal letto e
avvicinandomi a lui velocemente, per poi abbracciarlo, dandogli un dolce bacio sulla guancia. Lui ridacchiò, iniziando a giocherellare con la mia coda di
cavallo. Sorrisi.

Beth, non riesco a sopportare le loro urla” sussurrò lui, leccandosi le labbra, preoccupato, continuando a guardarmi gli occhi, accarezzandomi
il fianco. “Dai, vieni qua” esclamai, cercando di non fare troppo rumore: i miei si sarebbero svegliati. Lui annuì e ci sdraiammo sul mio letto. “Che hai
fatto? Discoteca, di nuovo?”
gli domandai, lasciandomi scappare uno sbadiglio, sorridendogli. “Sì, ho incontrato un paio dei nostri compagni
di scuola
” rispose lui, iniziando a fissare il soffitto, mentre con la mano destra metteva a posto i capelli. Sorrisi di nuovo. “Non continuare a fare così:
si rovineranno
” sussurrai, scoppiando a ridere, per poi spettinargli i capelli; lui si girò di scatto, sfiorando le sue labbra con il dito indice.

Sssh..” mormorò lui “si potrebbero svegliare.

Annuii: aveva ragione. “Comunque” iniziò il ragazzo, parlando a bassa voce, guardandomi negli occhi “domani avremo visite” continuò, sbadigliando.
Alzai un sopracciglio, iniziando a fissarlo. “Ho invitato Bieber” disse velocemente, facendo finta di niente, distogliendo lo sguardo per poi spostarlo verso
il soffitto. “Cosa?” esclamai, accorgendomi, solo alla fine, di aver parlato ad alta voce, rischiando di svegliare i miei genitori.

Dai, sorellina, perché ti sta così antipatico?” mi chiese lui, ridacchiando. Christian, essendo mio fratello –gemello-, sapeva della storia di Justin
–era stato proprio lui a convincerlo; secondo Chris, il ragazzo doveva dichiararmi il suo amore.

Perché l’hai fatto?” gli domandai con un tono infastidito, sbuffando, girandomi a cercare il pacchetto di sigarette nascosto sotto il mio letto. “Hai
iniziato a fumare, Beth?
” mi chiese lui, senza rispondere alla mia domanda.Non sono affari tuoi, fumo solo quando ho il bisogno di farlo
e non lo faccio per sentirmi una dura: odio le ragazze che fumano, ma io non riesco a farne a meno
” risposi acida, gonfiando
le guance. Quel ragazzo si meritava tutta la mia acidità: quella senza censure era riservata soltanto a lui. E certe volte, a Justin.

Ritrovai il pacchetto di sigarette tra le mani di mio fratello. “Le mie Marlboro” sussurrai, afferrandole velocemente e nascondendole sotto al mio
cuscino, vicino al mio cellulare, cercando di capire come fosse riuscito a prenderle senza farsi scoprire dalla sottoscritta. Un suono. Una notifica.
Probabilmente un messaggio da parte di quel ragazzo misterioso.

Chi è?” mi domandò Christian, con un tono di voce misterioso. “Chi ti scrive a quest’ora?” chiese di nuovo, serio. “Non lo so” sbuffai. Lui mi
rubò il telefono dalle mani, iniziando a leggere ad alta voce.

 Canadianguy94 ti ha scritto . Interessante, Beth, interessante” sussurrò a bassa voce con
un sorriso malizioso sulle labbra, porgendomi il cellulare. “E se ti portassi a scuola io?” mi domandò mio fratello, abbracciandomi. Un suono: un
SMS. Da parte di Chaz.  


Oh mio Dio” sussurrai, sorpresa, con il cuore che batteva velocemente. “Sorridi come un’ebete” mi disse lui, ridacchiando. “Ti ha scritto
Bieber?
” mi chiese, dandomi una leggera spinta, un gesto pieno di affetto. Sorrisi. “No, Chris” scoppiai a ridere, cercando di non fare troppo caos “è
Chaz
” continuai, lasciandomi scappare una risata.

Chaz?” mi domandò, di nuovo, alzando il sopracciglio destro. Non risposi. Ne ero certa ora: quel misterioso Canadianguy94 era l’account del ragazzo
che mi aveva scritto il nuovo SMS.


Ehy Elizabeth. Domani piove. Scusa se ti scrivo a quest’ora, ma ci tenevo a dirtelo: dovresti andare a scuola con il tuo ombrello per sembrare carina. Come sempre.



***

Aprii di scatto gli occhi, rivolgendo uno sguardo alla sveglia che suonava sul comodino: decisi di afferrarla e spegnerla, affondando di nuovo la testa tra
le coperte, coprendola con il cuscino e cercando di addormentarmi di nuovo. “Beth, alzati” disse mio fratello, entrando nella mia camera.

No” sbuffai con la testa sotto il cuscino. Chris decise di dirigersi verso la finestra, aprendola, facendo entrare i deboli raggi del sole canadese, accompagnati
dall’aria fredda, per poi camminare verso di me, tirandomi giù le coperte e il cuscino. “Addio, dolce calore che culli le mie notti” sbadigliai, cercando
di coprirmi ma la maglietta corta non mi era d’aiuto. “Chris, per piacere” mormorai e mi lasciai scappare uno sbadiglio, di nuovo “ho una sveglia e non
c’è bisogno che tu mi venga a svegliare.


Chris borbottò qualcosa, allontanandosi da camera mia, mentre io mi alzai dal letto consapevole di dover affrontare un altro giorno di scuola. Diedi una
rapida occhiata alla finestra: pioveva.




***

Sicura che non vuoi un passaggio?” urlò Chris, continuando a mangiare, mentre io mi dirigevo verso la porta, con il mio ombrellino blu, impaziente
di uscire da quella casa.

***

Pioveva. L’ombrello sembrava non riuscire a proteggermi da tutte quelle gocce che, ad una velocità sorprendente che avrebbe fatto invidia alla più veloce
macchina da corsa, mi bagnavano i capelli e i vestiti. Cercavo di camminare più velocemente, sapendo che ci sarebbero voluti altri dieci minuti per
arrivare alla mia scuola. Sospirai.

Perché avevo rifiutato il passaggio di mio fratello?

Continuavo a camminare, ma sapevo che una macchina mi stava seguendo, lentamente. Non mi sarei girata. O almeno così pensavo inizialmente, ma,
dopo una manciata di secondi passati a meditare, mentre la pioggia mi bagnava i capelli, decisi di girarmi. 


Vuoi che ti accompagni a scuola, Beth?” sussurrò il ragazzo, sorridendo mentre parcheggiava la sua bmw, color della notte, vicino a me,
accanto al marciapiede. Continuava a guardarmi, senza smettere di sorridere, mettendosi a posto i capelli, mentre io pensavo a cosa rispondergli.
Va bene” sussurrai avvicinandomi alla portiera della macchina “ma non farti strane idee, Justin” sbottai trattenendo le risate, per poi scivolare
sul sedile del passeggero, vicino al ragazzo che sorrideva.


Sospirai, quasi soddisfatta, mettendo la cintura mentre l’odore del tessuto in pelle che rivestiva i sedili, quello della sua colonia e quello dei pini emanato
dal deodorante appeso allo specchietto retrovisore entrarono nelle mie narici; poggiai la testa contro il tessuto scuro e freddo del sedile, guardando alla mia
sinistra. Lui aggiustò gli specchietti e mi rivolse di nuovo un sorriso, poggiando la sua mano sul mio schienale, guardando indietro mentre faceva retromarcia.



Come mai hai deciso di fermarti e darmi un passaggio?” sussurrai guardandolo negli occhi, mentre accelerava, stringendo il volante con la mano
destra, mentre con quella sinistra iniziava a massaggiare il suo collo; evidentemente stava pensando a qualche scusa da usare. “Uhm, me lo ha chiesto tuo
fratello, ieri, se non sbaglio
” rispose lui sorridendo, appoggiando anche l’altra mano sul manubrio della sua automobile, continuando  ad accelerare.


Riuscivo a scorgere l’edificio scolastico in lontananza e mi accorsi che avevo appena passato dieci minuti con quel ragazzo. Senza discutere. E avrei dovuto
passare l’intero pomeriggio con lui.

Ilare.


Un pomeriggio insieme” borbottò Justin, quasi come se fosse riuscito a leggere i pensieri rinchiusi nella mia mente; potevo notare un’espressione
compiaciuta sul volto del ragazzo dai capelli di un biondo sporco, abbastanza scuro e, sulle sue labbra, un sorriso. Si potevano notare le sue sopracciglia
scure, che circondavano i suoi occhi color nocciola, in cui nuotavano delle piccole macchie di un marrone più scure e creavano uno sguardo
misterioso, enigmatico. E dannatamente sexy. Sembrava che i suoi occhi possedessero un segreto che nessuno sarebbe riuscito a capire, perché lui
non aveva intenzione di rivelarlo.

Sembrava sicuro di sé. I suoi misteriosi continuavano ad osservare la strada, avvicinandosi all’edificio, per poi parcheggiare vicino ad altre automobili. Si girò
velocemente, allungando la mano per afferrare il suo zaino, senza eliminare il sorrisetto stampato sulle sue labbra morbide. Diedi un’occhiata ai suoi occhi marroni,
osservando quelle piccole isolette marroni, sottolineate ancora di più dai deboli raggi del sole, che nuotavano in quel mare scuro. Quel colore nocciola acchiappava
la luce, ma l’intensità dei suoi occhi non poteva essere paragonata con la radiosità del suo sorriso.


Mi accorsi che aveva dei piccoli nei sul viso.



Sentii la sua voce parlare, cullata dal buon profumo che aleggiava in quell’automobile. “Beth…” sussurrò quando si accorse che lo stavo osservando. Annuii
velocemente, sorridendo, fingendo di averlo sentito. “Ti stavo dicendo che questo pomeriggio ti porto a casa io e dopo esco con tuo fratello,
okay?
” sussurrò, per poi lasciarsi scappare un lungo e felice sospiro, prima di ridacchiare. “Okay” risposi, stringendomi nel mio maglione arancione, aprendo
la portiera della macchina. Anche lui uscì velocemente, raggiungendomi e porgendomi la mano per aiutarmi a scendere. Un insieme confuso di emozioni mi
attraversò in un secondo. Voglio dire, accadde tutto così all’improvviso. Era irrazionale per me comportandosi così; non era mai così. E poi lui era Justin. Non
riuscivo a capire, perciò i miei occhi si posarono sui suoi, concentrati a guardarmi, e riuscii a cogliere solo serenità e tranquillità.


Uscii dalla macchina velocemente, abbandonando rapidamente la sua mano, mentre lui si leccava le labbra, sorridendo. “A che pensavi, Beth?” mi chiese,
dopo aver chiuso la portiera, appoggiandosi alla superficie fredda della sua automobile, iniziando a giocherellare con i miei capelli, ridacchiando.

Sorrisi dolcemente, cercando di non rispondergli acidamente e mi girai, procedendo a passo lento verso l’entrata della scuola, accorgendomi che aveva
smesso di piovere. Vidi Chaz avvicinarsi a me, con un sorriso stampato sulle labbra. “Ehy piccola” mi salutò lui, allargando le braccia, facendomi capire
che voleva abbracciarmi. Camminai velocemente verso di lui e le sue braccia mi circondarono, iniziando ad accarezzarmi dolcemente la schiena. Io appoggiai
il viso sulla sua spalla e diedi una rapida occhiata a Justin. 
Ci stava guardando, avvicinandosi a noi con un sorriso che mi fece illuminare per un paio di secondi e
poi Chaz sciolse quel nostro abbraccio. Bieber diede una pacca sulla spalla e, senza neanche salutarmi, entrò velocemente nell’edificio scolastico. “Ti volevo
passare a prendere
” mi disse sorridendo e io annuii, rivolgendogli un ampio sorriso e iniziando a camminare verso l’entrata. Lui mi rivolse un sorriso provocante,
iniziando a seguirmi.


Questo pomeriggio ti andrebbe di uscire?” mi chiese, mordendosi il labbro inferiore. “Uhm, mi piacerebbe, ma Justin verrà a casa mia, questo
pomeriggio, e non voglio andarmene così
” ridacchiai, rivolgendogli un sorriso, entrando nell’ampia sala, riempita da studenti. “Ti passo a prendere
alle cinque
” le disse guardandola innocentemente, per poi allontanarsi lentamente, senza aspettare una risposta. Sorrisi, senza capire chiaramente cosa
stava succedendo. “
Aspetta” urlai per attirare la sua attenzione; lui si girò, regalandomi un altro dei suoi sorrisi. “Non sai dove abito…” sussurrai, sapendo
che non mi avrebbe mai sentita.



Cos’avrei dovuto fare?

 ____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

But everytime I try to say it
words they only complicate it.





sì, lo so: ho aggiornato troppo tardi, ma quelle maledette dieci recensioni
non arrivavano (che poi non sono ancora arrivate, ma okay) e quindi ho deciso
di postare questo capitolo oggi, aggiungendo nel corso dei vari giorni un paio
di elementi al testo. Bho, come vi sembra? A dire la verità a me non piace troppo
ma bho. Cioè, dovete essere voi a dirmi come vi sembra, no? Non so più che dire.

Continuerò a dieci recensioni.


Leti vi ama tanto tanto.



ps: potete contattare delle vostre amiche che hanno efp e consigliare loro questa fanfiction? cioè sarebbe bellissimo per me, vorrei più recensioni e più
commenti positivi (oppure negativi).

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1982808