Il custode dell'Aldilà di lavs684 (/viewuser.php?uid=32000)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il patto ***
Capitolo 2: *** Il racconto di Soun ***
Capitolo 3: *** Nel regno dei morti ***
Capitolo 4: *** Il piano ***
Capitolo 5: *** La soluzione ***
Capitolo 6: *** Verso il monte Tsukuba ***
Capitolo 7: *** Il tentativo di Akane ***
Capitolo 8: *** Kami no tanto ***
Capitolo 9: *** Battaglia all'ultimo sangue ***
Capitolo 10: *** Sacrificio ***
Capitolo 11: *** Proposta inaspettata ***
Capitolo 12: *** Rituale ***
Capitolo 1 *** Il patto ***
Il custode dellìAldilà cap. uno
Il custode dell’Aldilà
Capitolo I
Il patto
Il vento gelido spazzava via le foglie morte cadute dagli alberi. Il
sole era tramontato da poco e i lampioni illuminavano le strade di una
luce tremula.
Faceva insolitamente freddo quella sera a Nerima e tutti i suoi
abitanti avevano deciso di rinchiudersi in casa a godere del calore
delle stufe e dei condizionatori d’aria calda. Erano pochissime,
ormai, le persone che ancora girovagavano per le strade. Chi non era
ancora rientrato si affrettava a farlo.
Con l’approssimarsi dell’ora di cena il quartiere era
già completamente deserto. Solo una figura si muoveva
silenziosa, aggirandosi per le vie illuminate dalla pallida luce dei
lampioni.
Una figura sinistra, avvolta in un mantello scuro da viaggio. Il
cappuccio tirato sulla testa metteva in ombra il suo volto. Solo i suoi
occhi erano ben visibili.
Occhi rossi come il sangue.
*****
A casa Tendo la famiglia al completo, a cui come sempre si erano uniti
anche Ranma, Genma e Nodoka Saotome, sedeva intorno al tavolo della
sala da pranzo, pronta a consumare la cena che la dolce Kasumi aveva
preparato per loro.
Improvvisamente, Ranma sentì un brivido corrergli lungo la
schiena. Sussultò mentre una sensazione di panico assoluto
l’aveva invaso, stringendogli lo stomaco in una morsa dolorosa.
Aveva un terribile presentimento.
Quando sentì la voce di Akane, capì che i suoi peggiori timori erano fondati.
-Ranma, guarda cosa ti ho preparato!
Akane avanzava pericolosamente reggendo in mano un piatto contenente
una roba bruciacchiata e disgustosa non meglio identificata. Sorrideva
minacciosamente all’indirizzo del povero ragazzo col codino che,
senza nemmeno pensarci, si era alzato in piedi ed era scappato in
giardino.
-E no! Stavolta non mi scappi!
Una padella lanciata da Akane con violenza inaudita colpì forte
Ranma sulla testa, procurandogli un enorme bernoccolo e stendendolo.
Ormai la fidanzata torreggiava sul povero malcapitato scrutandolo con
aria torva, una mano sul fianco e l’altra che reggeva il piatto e
glielo ficcava sotto il naso.
L’odore era ancora più nauseante dell’aspetto.
Ranma iniziò a piangere senza alcun ritegno, ancora a terra.
-Akane, ti prego…perché vuoi farmi questo?
-Niente storie! Ho passato ore in cucina a sgobbare sui fornelli. Che ti costa assaggiarne solo un pezzettino? Dai, fai aaaaaa!
-MAI!
Ranma riprese la sua folle corsa attorno al giardino, inseguito dalla
fidanzata, ormai assolutamente furiosa, la cui aura blu fiammeggiante
ardeva più brillante che mai.
-Ranma Saotome! Che razza di uomo sei? Vieni qui immediatamente!
-Scordatelo! Non mi faccio più avvelenare da te!
Dalla sua postazione al tavolo della sala da pranzo, Ryoga, nelle vesti
del piccolo P-chan, assisteva alla scena, ancora più furibondo
di Akane.
“Quell’idiota di Ranma…” pensava rabbioso,
“ha la fortuna di poter assaggiare un piatto preparato dalle
dolci mani di Akane e scappa come un vigliacco. Vorrei tanto che lei
dedicasse a me tutte queste attenzioni. Io
di certo le merito molto di più di quello stupido insensibile
che non fa altro che farla arrabbiare o addirittura piangere. Ma tanto
lui che ne sa? È troppo impegnato a fare la corte a quattro
ragazze per accorgersi della sofferenza della dolce Akane. Sono io
che spesso devo guardarla piangere senza poter fare nulla e cercare di
consolarla sottoforma di P-chan. MALEDETTO IDIOTA, ME LA
PAGHERAI!”
Con un sonoro grugnito, anche Ryoga partì all’inseguimento
di Ranma per dare manforte ad Akane, la quale continuava ad inveire
contro il fidanzato che la copriva di insulti.
Accecato dalla rabbia, Ryoga si avventò sul viso di Ranma,
graffiando ogni centimetro di pelle scoperta che riusciva a raggiungere.
-E tu che diavolo vuoi, stupido suino senza alcun senso dell’orientamento?
-Ranma! Devi piantarla di offendere P-chan!
-Oink oink!
Intanto il resto della famiglia si godeva la cenetta senza prestare
minimamente attenzione a ciò che stava accadendo in giardino.
Quelle erano scene all’ordine del giorno, in casa Tendo.
Kasumi stava servendo la terza porzione di riso al curry al signor
Saotome, che divorava avidamente tutto quello che gli capitava a tiro,
cena del figlio compresa, Nabiki assisteva divertita al litigio e
Nodoka discuteva tranquillamente con Soun del futuro dei loro figli.
Ranma continuava a fuggire da Akane, che, disperata, aveva cominciato a
lanciargli pezzi di quello strano cibo bruciacchiato nella vana
speranza di centrare la bocca di Ranma. Inutile dire che non ottenne
altro risultato, se non quello di sparpagliare il cibo per tutto il
giardino. Ranma ormai rideva sguaiatamente e le faceva le boccacce.
Akane, le braccia abbandonate lungo i fianchi, allentò la presa
e il piatto che reggeva nella mano destra, ormai completamente vuoto,
cadde sull’erba con un tonfo sordo. Lacrime di rabbia le
sgorgavano libere dagli occhi. Ranma si fermò di botto e si
avvicinò titubante ad Akane. Lei aveva abbassato il viso, gli
occhi nascosti dai capelli scuri. Il ragazzo col codino avvicinò
il suo volto a quello di lei.
-A…Akane…?
Lei non disse nulla. Alzò lo sguardo e il cuore di Ranma parve
fermarsi. C’era qualcosa nello sguardo di Akane…qualcosa
che faceva così male da impedirgli quasi di respirare. Era molto
più di semplice rabbia. Sembrava odio allo stato puro. Fu questo
a convincere Ranma a far qualcosa che generalmente non avrebbe mai
nemmeno pensato di fare. Stava per aprire la bocca per scusarsi, quando
una voce gelida lo interruppe.
-Davvero patetico!
Sia Ranma che Akane sussultarono per la sorpresa e Ryoga, che aveva
ancora le sembianze d P-chan, iniziò ad emettere versi allarmati
in direzione della voce. Per quanto sia Ranma che Akane strizzassero
gli occhi per tentare di scorgere qualcuno nell’oscurità,
non riuscirono a vedere nessuno, né a percepire alcuna presenza.
D’istinto, Ranma si posizionò di fronte alla fidanzata.
-Chi è là? Fatti vedere!
Dall’oscurità emerse la stessa figura incappucciata che si aggirava poco prima per le strade di Nerima.
Il bagliore sinistro dei suoi occhi di fuoco fece gelare il sangue
nelle vene di Akane, che strinse forte il braccio del fidanzato, come
in cerca di protezione.
Il ragazzo col codino osservava ogni mossa del nuovo arrivato, che si
stava avvicinando a loro, uscendo dal suo nascondiglio tra gli alberi
del giardino. Capì all’istante che non era affatto il caso
di sottovalutare chi gli stava di fronte. Del resto, non era nemmeno
riuscito a percepire la sua presenza per tutto quel tempo.
-Si può sapere chi diavolo sei?
Lo strano individuo ignorò la domanda e continuò a
proseguire, superando un Ranma infuriato ed un’Akane
tremendamente spaventata ed entrando in soggiorno.
Alla luce, i suoi occhi erano ancora più terrificanti.
-Ne è passato di tempo, vero Soun Tendo?
L’estraneo si sfilò il mantello da viaggio.
Una cascata di capelli d’argento liscissimi ricadde sulle sue
spalle arrivando fino alle caviglie. I suoi lineamenti erano delicati,
quasi femminei. Aveva sopracciglia fini e chiarissime, dello stesso
colore dei capelli e dita affusolate che terminavano con lunghi
artigli, all’apparenza letali. A giudicare dal suo viso, non
sembrava avere più di vent’anni.
Indossava un lungo kimono bianco, bordato di rosso. Lo stesso rosso dei suoi occhi.
Osservava Soun con crudele divertimento, lo stesso di cui era intrisa la sua voce.
Il capofamiglia, dal canto suo, era impallidito e aveva preso a tremare
visibilmente. Gli altri commensali osservavano attoniti la scena,
posando lo sguardo ora su Soun, ora sullo sconosciuto.
Nessuno, però, proferiva parola.
-Ma come, nemmeno saluti i tuoi vecchi amici?
Soun non riusciva ad aprir bocca. Sudava freddo e continuava a fissare
l’intruso, che sorrise ancor più malignamente osservandolo.
Akane e Ranma, intanto, si erano cautamente avvicinati, e la minore
delle Tendo guardava il padre, senza capire cosa gli stesse succedendo.
Non l’aveva mai visto in quello stato. Timidamente ritrovò
la voce.
-Papà…chi è quest’uomo?
Per la prima volta dal suo arrivo, l’individuo dal kimono bianco
posò lo sguardo sulla piccola Akane. La giovane scorse nei suoi
occhi un guizzo di pura malvagità che non sfuggì nemmeno
a Ranma, il quale prontamente strinse a sé la fidanzata e si
rivolse allo sconosciuto con tono ancora più rabbioso. Non gli
piaceva affatto il modo in cui la stava guardando.
-Allora? Ti ho chiesto chi sei! Sei sordo, forse?
Ancora una volta l’intruso parve non accorgersi nemmeno che Ranma
avesse detto qualcosa. Tornò a rivolgersi a Soun senza nemmeno
degnare di uno sguardo il ragazzo col codino, facendo come se non
esistesse.
E Ranma si infuriò ancora di più. “Questo maledetto
bastardo…lo rompo tutto…lo faccio a pezzi…ma come
osa? Maledetto!”
-Ah, Soun. Vedo con mio immenso dispiacere che non hai parlato a nessuno del nostro piccolo incontro, avvenuto qualche tempo fa.
L’uomo deglutì sentendo quelle parole e posò lo
sguardo su Akane, per poi abbassarlo verso il pavimento. Stringeva i
pugni convulsamente, e sembrava non avesse il coraggio di parlare.
Tutti nella stanza osservavano Soun in attesa di spiegazioni che
sembrava non sarebbero arrivate. Nessuno, però, pareva
intenzionato ad intromettersi nella discussione tra il signor Tendo e
l’uomo dai capelli d’argento, nemmeno l’indomita
Nabiki, che assisteva silenziosa alla scena. Nella sua mente, un solo
pensiero: “Ma che diavolo sta succedendo?”
Akane non riusciva a spiegarsi quella paura istintiva che le faceva
martellare il cuore in petto. Sebbene non conoscesse quell’uomo,
sentiva di essere lei la causa per cui si trovava lì. Ne aveva
avuto quasi una certezza assoluta quando pochi secondi prima suo padre
aveva posato lo sguardo su di lei.
-Già. Vedo che le tue figlie sono cresciute molto. Akane
soprattutto, la ricordavo molto, molto diversa, vero? E adesso è
diventata una così bella ragazza. Quanti anni ha? Quasi
diciotto, giusto? Già.
Volse nuovamente lo sguardo verso Akane, mentre Ranma le si era parato
davanti, assumendo una posa d’attacco, nel caso in cui fosse
stato necessario combattere contro quel tipo e digrignando i denti per
la rabbia. Aveva avvertito quella nota di bramosa perversione che aveva
impresso alla sua voce. Come si permetteva quel bastardo anche soltanto
di pronunciare il nome della sua fidanzata?
P-chan, intanto, rendendosi conto della gravità della
situazione, era salito al piano di sopra, si era diretto in bagno e,
con una certa difficoltà, aveva aperto il rubinetto
dell’acqua calda e lasciato che il getto lo investisse,
facendogli riacquistare le sue fattezze di ragazzo.
Da maiale non avrebbe potuto dare alcun aiuto.
Quando tornò nella sala da pranzo, la situazione era più tesa che mai e nessuno si accorse del suo arrivo.
Lo sconosciuto guardava Soun con freddo distacco, era quasi annoiato,
mentre quest’ultimo trovava finalmente il coraggio di aprir bocca.
-Stai lontano da lei.
Un sorriso storto, crudele, deformò il volto dell’uomo dai
capelli argentei, rendendo il suo viso delicato terrificante. La sua
voce era un sibilo gelido che faceva venire la pelle d’oca.
-Lontano da lei? Ah bè, mi dispiace davvero deluderti ma non sei
affatto in condizione di dettar legge, mio caro amico. Devo ricordarti
il patto che abbiamo stretto dodici anni fa? Devo rinfrescarti la
memoria, eh? Non credo che ce ne sia bisogno. Sono sicuro che mi
aspetti da allora.
Ancora una volta, Soun Tendo ammutolì.
Ranma perse definitivamente la pazienza e, abbandonando ogni prudenza,
si avventò sullo sconosciuto, afferrandolo per il kimono,
ignorando i richiami di Akane e il suo tentativo di trattenerlo per un
braccio.
Non gli avrebbe mai permesso di toccarla.
-Non so chi tu sia, né perché sia venuto qui, ma avvicinati ad Akane e ti ammazzo, è una promessa!
-Tsè! Commovente.
Per niente intimorito, lo sconosciuto volse finalmente lo sguardo su
Ranma, abbozzando un mezzo sorriso crudele. Senza che l’intruso
muovesse un muscolo, Ranma venne spinto via da una forza misteriosa che
lo fece cadere rovinosamente sul pavimento.
Akane gli corse incontro per aiutarlo a rialzarsi.
-Moscerino. Stammi lontano se non vuoi farti male.
-Che cos’hai detto?
Liberandosi ancora una volta dalle braccia della fidanzata, che tentava
di trattenerlo, Ranma si rialzò in piedi e caricò il
destro, pronto ad avventarsi di nuovo sul suo avversario, ma la voce di
Soun lo bloccò.
-No, Ranma. Non c’è nulla che tu possa fare.
-Sciocchezze, lo ridurrò in poltiglia!
-No. Stanne fuori.
Fu il suo tono fermo, unito alle suppliche di Akane, ormai praticamente
in lacrime, a fargli recuperare l’autocontrollo. Continuò
a scrutare torvo l’intruso, che ormai non lo degnava più
di uno sguardo.
Intanto Ryoga, che aveva assistito alla scena allibito, si era avvicinato al ragazzo col codino.
-Non puoi batterlo nemmeno tu, Ranma. Quel tipo…ha qualcosa di strano. Non so, non sembra nemmeno…
-…umano.
Fu Ranma a completare la frase per lui.
Se ne era accorto. Aveva percepito distintamente qualcosa di
ultraterreno nella sua aura e poi quella forza misteriosa che aveva
emanato…
Questa volta erano in serio pericolo. Più serio di qualunque altro pericolo in cui si fossero mai trovati.
E Ranma temeva non per sé, ma per Akane. Non poteva rischiare che le succedesse qualcosa. Non di nuovo.
L’avrebbe protetta a qualsiasi costo.
Dopo alcuni istanti di silenzio, il signor Tendo riprese la parola.
-Sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato. Lo aspetto da
dodici anni. È arrivato il momento della resa dei conti, alla
fine. Del resto, era inevitabile. Allora, qual è il prezzo?
-Il prezzo? Niente di che. Soltanto Akane.
Il signor Tendo sgranò gli occhi per la sorpresa, poi una cieca
furia si impadronì di lui mentre, ancora una volta, lo
sconosciuto sorrideva beffardo.
Sembrava oltremodo divertito da quella situazione.
Quando Soun Tendo riprese la parola, la sua voce tremava di rabbia.
-Akane? Impossibile, avevi promesso che sarebbe stata salva. Ora non puoi portartela via.
-Ah, temo proprio che ci sia un errore. Io ho detto che quella volta
l’avrei salvata. E l’ho fatto. Adesso, invece, la porto via.
-Tu non la porti da nessuna parte, maledetto bastardo!
Ranma, seguito da Ryoga stava per avventarsi nuovamente sullo
sconosciuto, che continuando a mantenere lo sguardo fisso sul signor
Tendo, con un gesto svogliato della mano li mandò a schiantarsi
contro una parete. Entrambi i ragazzi persero conoscenza sul colpo.
A quel punto l’intruso, si avvicinò ad Akane, che si stava
precipitando a raggiungere Ranma. Quando però l’uomo
incombeva ormai su di lei, si fermò, paralizzata dal terrore.
-Già, tu sei esattamente quello di cui ho bisogno.
-No…non ti avvicinare!
Akane tentava di arretrare, ma sembrava che le sue gambe non volessero
funzionare adeguatamente e non volessero permetterle di scappare.
Così rimase lì, inerte, finchè l’uomo dal
kimono bianco non le si parò davanti. Quest’ultimo con due
dita premette un punto alla base del collo della ragazza che cadde tra
le sue braccia, svenuta.
Prima di perdere i sensi riuscì soltanto a pronunciare una parola, in un sussurro.
-Ran…ma.
A quel punto, sia Soun che Genma si stavano avvicinando allo
sconosciuto, pronti ad attaccarlo e a tentare di portare in salvo
Akane. In realtà, sapevano che era perfettamente inutile. Se
nemmeno Ranma e Ryoga erano riusciti ad avvicinarsi a lui, le loro
speranze erano assolutamente nulle. Ma erano pur sempre i fondatori di
due illustrissime scuole di arti marziali e non potevano tirarsi
indietro di fronte ad una sfida. Soprattutto non quando c’era
così tanto in gioco.
-Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ma risparmia la mia bambina.
-Che buffo. Questa frase mi sembra di averla già sentita.
E mentre una risata crudele riempiva la stanza, l’uomo misterioso
scomparve, tenendo tra le braccia il corpo di un’Akane priva di
sensi.
Ranma riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere la sua fidanzata sparire.
-AKANE!
Era troppo tardi. L’aveva portata via. Akane era sparita sotto il
suo naso mentre lui era svenuto come un’idiota. Quel maledetto
bastardo l’aveva portata chissà dove…e
chissà cosa le avrebbe fatto.
“Non sono riuscito a proteggerla.”
Soun Tendo si era accasciato a terra, piangendo disperatamente, mentre
Nabiki continuava a fissare il punto in cui la sorella era sparita.
Sembrava sotto shock.
Kasumi stava abbracciando suo padre, nel tentativo di consolarlo, ma piangeva anche lei.
I signori Saotome erano immobili, incapaci di credere a ciò che
i loro occhi avevano appena visto. Nel frattempo anche Ryoga aveva
ripreso i sensi e si era avvicinato a Ranma.
-Ranma…Akane…l’ha portata via?
La risposta era chiaramente visibile negli occhi del ragazzo col
codino. Lo sguardo di Ranma, di solito così vivace e
strafottente era…spento. Continuava a guardare Ryoga come se in
realtà non lo vedesse e ripeteva continuamente la stessa frase:
-Non sono riuscito a proteggerla. Di nuovo.
Lacrime amare presero a scorrere sul suo volto.
Il ricordo di Jusenkyo, del corpo di Akane freddo come il ghiaccio
stretto al suo, riprese a tormentarlo. Aveva permesso ancora una volta
che la sua fidanzata fosse messa in pericolo. Non era riuscito a
salvarla, di nuovo. E aveva la sensazione che quella volta le cose non
si sarebbero risolte tanto facilmente. Che cosa poteva fare?
Ryoga prese Ranma per le spalle e lo scosse forte, per tentare di farlo tornare in sé.
-Ranma, ascolta. La ritroveremo, capito?
Ranma si accasciò a terra e con un pugno colpì il pavimento, per scaricare la sua ira.
-MALEDIZIONE!!!
Ripensò amaramente agli ultimi istanti prima dell’arrivo
dell’uomo dal kimono bianco, e inorridì al pensiero che
l’ultima cosa che aveva detto ad Akane prima che fosse rapita era
che non voleva farsi avvelenare da lei. Le ultime parole che le aveva
rivolto, erano offese. E l’ultima volta che Ranma aveva guardato
i suoi occhi, gli era sembrato di scorgervi odio. Quei pensieri
facevano ancora più male. Non aveva neanche potuto chiederle
scusa.
Mentre le lacrime continuavano a rigargli il volto, si rivolse a Soun,
in cerca di spiegazioni. Perché gli aveva permesso di portare
via Akane? Come avrebbero fatto a ritrovarla, adesso?
-Tendo, chi diavolo era quell’uomo?
Soun smise di singhiozzare e si sciolse dall’abbraccio protettivo
di Kasumi. Si alzò incerto sulle gambe e, col viso rivoto verso
il basso e i pugni serrati, rispose alla domanda.
-Quello, Ranma, era il custode dell’Aldilà.
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Capitolo 2 *** Il racconto di Soun ***
Il racconto di Soun
Eccomi qui con il secondo capitolo!
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato e spero che lo faranno
anche questa volta! Un grazie speciale al mio fratellino, mia
grandissima fonte di ispirazione!
Buona lettura…
Lavs
Capitolo II
Il racconto di Soun
-Cos…? Il custode dell’Aldilà?
-Papà, ma che diavolo stai dicendo?
Era stata Nabiki a parlare. L’urgenza di capire che diavolo
stesse succedendo e di trovare un modo per recuperare sua sorella
l’aveva fatta tornare in sé. Si era lasciata andare.
Imperdonabile. Lei che si manteneva sempre fredda e distaccata, lei che
manteneva sempre il controllo della situazione, aveva perso la testa.
Si ripromise che una cosa del genere non sarebbe mai più
accaduta.
Si avvicinò al padre e lo guardò come se fosse impazzito.
Sembrava che la sua mente così pragmatica non fosse in grado di
credere all’esistenza di un’entità del genere.
-Hai sentito bene. Per quanto incredibile possa sembrare…
-Andiamo, pap…
-Che vuole da Akane?
Ranma interruppe bruscamente Nabiki, guadagnandosi un’occhiata
furente da parte di quest’ultima, ma non se ne preoccupò.
Non era affatto tempo di stare a sentire le dissertazioni scettiche
della Regina di Ghiaccio. Tutto quello che gli importava, in quel
momento, era tentare di capire cosa volesse fare quel tipo ad Akane e
trovare un modo per strapparla alle sue grinfie.
Il signor Tendo fece un respiro profondo, tremulo. Sembrava infinitamente stanco.
-Non ne ho idea.
-Ma…che cosa ha a che fare con lei? Come fa a conoscerla? E a conoscere le sue figlie?
-Il nostro incontro risale a dodici anni fa. Quello fu un periodo molto
difficile per la famiglia Tendo. Mia moglie…lei se ne era andata
da pochissimo tempo e il dolore per la sua scomparsa era difficilissimo
da affrontare per tutti noi. Akane, che era la più piccola, ne
fu sopraffatta e si ammalò gravemente. La portammo da decine e
decine di medici, ma nessuno sembrava in grado di capire che cosa
avesse. Ogni giorno era sempre peggio. Aveva la febbre
alta…delirava…piangeva continuamente invocando il nome di
sua madre. Finché un giorno…entrò in coma. I
medici le davano pochissime speranze di vita e io non sapevo più
che cosa fare…
A quel punto, Soun fece una pausa mentre le lacrime riprendevano a
scorrere sul suo viso. Kasumi si avvicinò nuovamente al padre
stringendolo a sé, tentando di conferirgli la forza di
continuare.
Ranma registrò incredulo quelle nuove informazioni…e
così già da piccola Akane era stata in pericolo di
vita…e lui non ne sapeva nulla. Quante cose del suo passato non
conosceva?
Il dolore per la scomparsa della fidanzata parve raddoppiarsi. Sentiva
il cuore scoppiargli in petto. Era da due anni, ormai, che viveva in
casa Tendo. Pensava di sapere tutto di tutti e di conoscere Akane alla
perfezione. Solo ora capiva invece quanto poco sapesse di lei. Avevano
sprecato tanto di quel tempo a litigare per delle
sciocchezze…tempo che lui avrebbe potuto usare per chiederle ad
esempio di sua madre, o della sua infanzia…erano stati
così stupidi…e adesso…
Ranma si costrinse ad allontanare quei pensieri della mente. Non era il
momento di lasciarsi andare. Doveva essere concentrato per tentare di
trovare una soluzione. Per cercare innanzitutto di capire dove fosse
finita Akane. Aveva bisogno di sapere che stava bene, di trovarla e di
riportarla a casa. Di riaverla al suo fianco. Aveva bisogno di lei.
Pur riluttante, esortò il signor Tendo a continuare.
-Mi dispiace tanto…è tutta colpa mia. Vedi…volevo
assolutamente trovare un modo di salvare la mia
bambina…così mi rivolsi ad una fattucchiera di cui avevo
sentito molto parlare, anche se non era affatto sicuro che fosse una
persona affidabile. Ero davvero disperato. Lei mi disse che c’era
un modo…mi avvertì che era molto rischioso, ma se volevo
salvare Akane non c’era altro da fare. Mi disse che esisteva un
rituale mediante il quale era possibile richiamare sulla terra Rihito,
il custode dell’Aldilà e chiedergli di risparmiare la vita
della mia piccola. Mi disse anche che nessuno a memoria d’uomo
era mai ricorso ad un simile mezzo e che non sapeva quali potessero
essere le conseguenze. La cosa non mi importava…sarei stato
disposto a dare la mia vita per Akane.…
Quelle parole, riportarono Ranma indietro nel tempo. Anche Ryoga aveva
detto una frase molto simile, quando stavano per affrontare Orochi, a
Ryugenzawa.
Sarò felice di morire per lei.
Sembrava passata un’eternità da quel giorno e il ricordo
di Akane che rischiava di essere divorata da quel mostro pur di
salvargli la vita, gli fece male al cuore. “Akane…”
Doveva trovarla al più presto…
-…così decidemmo di procedere col rituale. Ci vollero
delle ore, ma alla fine, con mia sorpresa, il custode
dell’Aldilà si materializzò davvero. Dubitavo che
avrebbe accolto la mia richiesta, ma gli dissi ugualmente che volevo
che salvasse Akane. E, incredibilmente, acconsentì. Mi disse
però che se mai un giorno avesse avuto bisogno di qualcosa, io
avrei dovuto fare ciò che chiedeva. Mi disse di aspettarlo.
Speravo di non rivederlo mai più. Del resto cosa poteva volere
un demone da me? Ero terrorizzato, ma quando tornando in ospedale ho
visto che Akane era uscita dal coma e si era pressoché
ristabilita…i medici parlavano di miracoli, dicevano che per
Akane non c’erano speranze. Ero così felici da permettermi
il lusso di allontanare il pensiero del patto fatto col custode
dell’Aldilà. Mi ero ripromesso che un giorno, quando voi
foste state più grandi, ve ne avrei parlato, figlie mie. Ma
poi…non volevo che anche voi foste costrette a vivere ogni
giorno con questo peso nel cuore. Mi dispiace tanto…sono davvero
un pessimo padre…
-Ma no papà! Cosa dici?
Gli occhi di Kasumi erano colmi di lacrime non versate. Sapere che il
padre si era sobbarcato da solo un così grande fardello per
tutte quel tempo la faceva star male. Si era abituata a dividere con
lui sia gioie che dolori, risparmiando molti di questi ultimi alle
sorelle minori, per quanto potesse. Era diventata una madre, più
che una sorella, per loro. E accettava questa responsabilità con
gioia, felice che suo padre avesse qualcuno con cui poter parlare di
qualunque cosa. Non aveva idea che lui nascondesse qualcosa anche a
lei. Soprattutto non una cosa del genere. Per la prima volta dopo
moltissimo tempo, si sentì poco più di una bambina, lei
che era dovuta crescere tanto in fretta. E capì appieno quanto
il loro papà le amasse.
Genma Saotome, che per tutto quel tempo si era tenuto in disparte
insieme alla moglie, si avvicinò mesto all’amico,
mettendogli una mano sulla spalla.
-Amico Tendo, hai fatto quello che avrebbe fatto chiunque.
-No! È tutta colpa mia! La mia piccola Akane!
-No, amico mio, chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo stesso, io per
primo. Non devi fare così, la tua unica colpa è quella di
amare le tue figlie.
-Ti sbagli Saotome, avrei dovuto immaginarlo, avrei dovuto prevedere e
tentare un’altra strada. Oh Akane! La mia bambina! È tutta
colpa mia!
-Papà non fare così, non hai nessuna colpa! Non piangere papà! Ti prego, non fare così…
-Kasumi, figlia mia, mi dispiace di aver tenuto nascosto tutto anche a
te. Non volevo che ti sentissi come mi sono sentito io per tutto questo
tempo…mi spiace di averti tenuto all’oscuro, potrai mai
perdonarmi?
-Ma certo papà, non devi preoccuparti di questo!
-Sono un pessimo padre! È tutta colpa mia! Akane, piccola mia, mi dispiace così tanto!
-No signor Tendo, la colpa non è affatto sua. La colpa di quanto è successo…
Ranma abbassò il viso verso il basso. Nessuno poteva più
vedere i suoi occhi. Strinse i pugni convulsamente, tanto da farsi
male, ma ignorò il dolore.
-...è solo mia. Non sono stato in grado di proteggerla.
-Figliolo…
-Bene! Adesso che tutti si sono addossati a turno le colpe…
Nabiki interruppe quell’assurda discussione e a quelle parole
vide Ranma guardarla con profondo disgusto. Sapeva che qualcuno,
però, doveva prendere in mano le redini della situazione.
Freddezza e mano ferma. Affrontare ogni situazione con determinazione e
decisione. Era questa l’unica cosa da fare. E Nabiki lo sapeva
bene. Non per niente lei era la Regina di Ghiaccio.
-…credo che potremmo pensare a cose più serie. Per esempio a come riportare qui mia sorella.
Sebbene la sua espressione fosse impassibile, Ranma notò nella
voce di Nabiki una nota appena percettibile di ansia, ma anche di
stizza. Del resto aveva ragione. Stavano perdendo tempo inutile a
discutere su chi fosse più responsabile per la scomparsa di
Akane. I minuti passavano e lei era intrappolata chissà dove. E
chissà cosa le stava succedendo. Con uno sforzo immane, Ranma
tentò di allontanare dalla mente l’immagine di Akane e le
sue supposizioni riguardo a ciò che poteva stare patendo proprio
mentre loro parlavano e si concentrò nuovamente su Nabiki.
-Cosa dici di fare?
-Innanzitutto, papà quando quella fattucchiera ti ha parlato di
questo Rihito ti ha dato qualche indizio che potrebbe farci capire
dov’è Akane e perché l’ha rapita? Ti ha
parlato di qualche particolare che non ci hai detto? Cerca di ricordare.
-No, non mi pare…sinceramente non le ho chiesto molto di lui. Mi
ha detto soltanto che era un youkai posto a guardia delle anime dei
morti. Poi abbiamo parlato solamente del modo in cui potevamo
contattarlo e della possibilità di chiedergli di guarire Akane.
Nient’altro.
Nabiki chiuse gli occhi ed inspirò profondamente nel tentativo
di placare l’ira che minacciava di investirla. Era incredibile la
mancanza di buon senso di suo padre. Come diavolo aveva potuto non
farsi raccontare ogni particolare sul conto di quel tipo, prima di
chiedergli una cosa del genere? Evidentemente lei, Nabiki, non
somigliava a suo padre proprio per niente. Immaginò che lui
fosse stato davvero al colmo della disperazione e si sforzò di
capirlo.
Una volta riaperti gli occhi, Nabiki si concentrò per cercare di trovare una pista alternativa. Che cosa potevano fare?
Incrociò le braccia al petto e tentò di riflettere,
scacciando le immagini di un’Akane torturata ogni volta che
minacciavano di invadere la sua mente.
-Questa donna, questa fattucchiera…dove possiamo trovarla?
Soun Tendo scosse la testa, depresso.
-Non ne ho idea. Dopo che Akane uscì dal coma e si riprese,
provai a tornare da lei per dirle che la mia bambina era guarita e
ringraziarla dell’aiuto che mi aveva dato. Ma non la trovai. Era
sparita senza lasciare traccia.
-Bè, potrebbe essere ovunque, per quel che ne sappiamo. Potrebbe
anche essere morta. Dobbiamo trovare un’altra soluzione, allora.
Nabiki cercò un piano alternativo. Nessuno osò parlare
per paura di disturbare la sua concentrazione, nemmeno Ranma, che
però era visibilmente frustrato da quella situazione. La
mancanza di azione e di iniziative valide era per lui insopportabile.
Dal canto suo Nabiki continuava a lambiccarsi il cervello. “Ci
deve essere una soluzione, C’è sempre una
soluzione”, continuava a ripetersi. La sua mente non era
però del tutto lucida. Il pensiero della sua sorellina minore
faceva capolino di tanto in tanto, provocandole dolorose fitte al cuore.
Nulla di tutto ciò, tuttavia, traspariva dalla sua espressione.
La fredda maschera di Nabiki Tendo era al suo posto, intatta come
sempre.
All’improvviso, quella che pareva l’unica soluzione
possibile si delineò con chiarezza nella mente della seconda
delle sorelle Tendo, stupita di non averci pensato prima.
-Credo che a questo punto l’unica cosa da fare sia dirigerci al
Nekohanten e parlare con la vecchia Obaba. In trecento anni di vita ne
ha viste di cose. È possibile, anzi probabile, che conosca la
storia di Rihito e che sappia aiutarci in qualche modo.
Tutti annuirono in assenso.
Il cuore di Ranma si aprì ad una nuova speranza. Forse non tutto
era perduto. Forse c’era ancora una possibilità che Akane
tornasse sana e salva. Forse…poteva ancora riaverla al suo
fianco. Era incredibile quanto lei gli mancasse. Si sentì uno
stupido. Stava rischiando di perderla per sempre. Di nuovo. E ancora
una volta non era riuscito ad essere sincero con lei e ad aprirle il
suo cuore.
Finalmente, prese la parola.
-Che cosa stiamo aspettando? Andiamo!
-Credo che prima sarebbe meglio chiamare il dottor Tofu.
-E perché mai? Io sto benissimo!
-Non per te, Ranma. In molti casi si è rivelato utile anche lui.
Chissà, magari potrà fornirci informazioni valide ed
aiutarci ad elaborare una strategia.
-Bene, allora tu chiama il dottore, io vado al Nekohanten e porto qui la vecchia.
Prima ancora che Nabiki potesse rispondere, Ranma si precipitò
fuori da casa Tendo e iniziò a saltare da un tetto
all’altro in direzione del Nekohanten. Pregava con ogni fibra del
suo corpo che quella vecchiaccia malefica avesse una soluzione.
“Devo essere fiducioso!” si disse. In realtà le sue
viscere si contorcevano per la paura di non rivedere mai più
Akane.
-Ranma! Vuoi andare più piano? Aspettami!
-Se non riesci a stare al mio passo torna indietro, Ryoga!
Quel demente di un suino disperso aveva forse intenzione di fargli
perdere tempo? Non avrebbe rallentato nemmeno se ne fosse andato della
sua vita.
Dopo un paio di minuti, Ryoga perse Ranma di vista. Senza sapere
più dove andare, prese la direzione suggeritagli dal suo
istinto. Si ritrovò a vagare per una decina di minuti, andando
di tetto in tetto e accorgendosi che per tre volte aveva preso la
stessa direzione sbagliata. Sconfortato e senza più alcuna
speranza di raggiungere Ranma, scese in strada, nel tentativo ei
trovare un punto di riferimento in base al quale orientarsi. Sapeva che
era tutta fatica inutile, ma non gli rimaneva nient’altro da fare.
Con suo immenso sollievo, capì di trovarsi proprio di fronte al
locale di Ukyo, che stava chiudendo. Si precipitò dentro e
scorse la cuoca di okonomiyaki dietro al bancone, intenta a rimettere
gli ingredienti al suo posto.
-Ukyo!
Ucchan si voltò all’indirizzo della voce di Ryoga con un
sorriso, che si spense immediatamente quando si trovò faccia a
faccia col ragazzo. Studiò il suo volto e vi riconobbe occhi
gonfi ed arrossati, segno inequivocabile di chi aveva appena smesso di
piangere.
-Ryoga…stai bene?
-Non c’è tempo di spiegare adesso! Per favore Ukyo,
aiutami! Devo tornare a casa di Akane ma non so davvero come fare!
Allarmata dalla nota d’urgenza nella voce del ragazzo con la
bandana, Ukyo gettò alla rinfusa le bottiglie e le scatole che
ancora teneva tra le braccia sul bancone e, dopo aver spento le luci e
chiuso frettolosamente il locale, aveva iniziato una corsa a perdifiato
con Ryoga alle calcagna in direzione del dojo Tendo.
*****
Dopo dieci minuti di corsa sfrenata Ranma giunse finalmente al
Nekohanten, con i muscoli delle gambe che minacciavano di scoppiare a
causa dello sforzo cui erano appena stati sottoposti. Incurante della
stanchezza, Ranma bussò con decisione alla porta del ristorante.
Le luci erano spente, segno che i proprietari erano già andati a
dormire. La cosa non gli importava affatto.
Dopo quasi un minuto di attesa, durante il quale il ragazzo col codino
continuò a bussare con sempre maggiore insistenza ed irritazione
e ad urlare alla vecchia di venire ad aprire, finalmente una luce si
accese.
Ranma udì la voce di Shampoo dall’altra parte
dell’uscio, che armeggiava con il mazzo di chiavi per aprire e
farlo entrare.
-Oh Lanma sei venuto qui a quest’ora solo per stare con me, vero? Come sei dol…
L’amazzone si fermò di botto non appena si trovò di
fronte al ragazzo. Notò in lui esattamente le stesse cose che
Ukyo aveva notato in Ryoga ed ebbe la stessa reazione della cuoca di
okonomiyaki.
-Lanma…va tutto bene?
-Devo vedere la vecchia! VECCHIA! VIENI QUI! DEVO PARLARTI!
-Ma chi è che fa tutto questo baccano? Shampoo va tutto bene?
Era la voce di Mousse che scendeva le scale, preoccupato che fosse
successo qualcosa a Shampoo. Quando si trovò faccia a faccia
niente meno che con Ranma, la sua espressione ansiosa si
trasformò in una maschera di rabbia.
-Ranma Saotome, che diavolo ci fai qui? Sei venuto a chiedere a Shampoo di uscire con te, non è vero?
-Stai zitto Mousse, non ho tempo da perdere con te! VECCHIACCIA, TI DECIDI A SCENDERE?
Finalmente l’anziana amazzone fece la sua comparsa, saltellando
in equilibrio sul solito, nodoso bastone. Si sorprese di vedere Ranma
nel suo ristorante,a quell’ora tarda.
-Futuro marito, cosa ci fai tu qui?
-Devi venire con me a casa Tendo!
-A casa Tendo? E per quale motivo?
-Vieni e basta, non ho tempo di spiegare!
-D’accordo. Shampoo, bada al locale in mia assenza.
-No, vengo anch’io! Mousse, non fare pasticci nel frattempo!
-Shampoo, no! Aspettami!
Il ragazzo cinese chiuse la porta del locale e si lanciò
all’inseguimento della sua amata, senza avere la più
pallida idea di quello che stava succedendo. In testa alla fila,
intanto, Cologne interrogava Ranma sul motivo del suo strano
comportamento. Il ragazzo ci mise qualche secondo a rispondere, mentre
continuava a guardare dritto davanti a sé e a correre più
veloce di quanto non avesse mai fatto in vita sua.
-Si tratta di Akane. È stata rapita.
-Rapita dici?
-Si. Da un certo Rihito, il custode dell’Aldilà.
La vecchia Cologne strabuzzò gli occhi, incredula. Se la
fanciulla Tendo era stata davvero rapita da quel malvagio youkai,
c’erano davvero poche speranze di riuscire a salvarla. Non lo
disse a Ranma, che, però, parve in qualche modo interpretare la
sua espressione.
-Tu sai chi è, non è vero?
-Si. E credo che questa volta ci troviamo in guai seri.
-Che intendi dire?
-Credo sia meglio parlarne arrivati a destinazione. Chi lo ha evocato?
-Soun Tendo, per salvare Akane che si era ammalata gravemente da bambina.
-Capisco.
-Vecchia, che diavolo sta succedendo?
-Non ne ho idea. Posso solo fare delle supposizioni. Ne parlerò a tutti quando arriveremo.
Pur estremamente frustrato, Ranma assentì e continuò la
sua folle corsa verso casa. Mentre il volto di Akane occupava
interamente la sua mente.
“Ti salverò, te lo prometto Akane. Tornerai a casa sana e salva. Resisti, ti prego.”
*****
Quando Ryoga e Ucchan arrivarono a casa Tendo, Ranma non era ancora
tornato. Incontrarono invece il dottor Tofu, che reggeva in ogni mano
una busta enorme contenente non meno di venti grossi volumi.
-Ragazzi, ma che accidenti succede? Mi ha telefonato Kasumi
praticamente in lacrime e mi ha detto di portare tutti i libri che
avevo che potessero dare informazioni sul custode
dell’Aldilà.
-Dottore, vede…Akane è stata rapita. Dal custode dell’Aldilà.
-COSA?
Fu l’esclamazione sia del dottor Tofu che di Ukyo, cui Ryoga non
aveva ancora spiegato il motivo di tanta agitazione. Mentre Ryoga
dimezzava il carico del dottor Tofu, prendendo una delle enormi e
pesantissime buste, e i tre entravano in casa Tendo, Ryoga si
lanciò nel racconto dettagliato di tutto ciò che era
accaduto quella sera, dall’arrivo di Rihito al racconto del
signor Tendo, tralasciando però il fatto che lui era lì
sottoforma di P-chan.
Quando finì Ucchan si portò le mani alla bocca, orripilata e il dottor Tofu scosse la testa dicendo:
-Povera piccola Akane.
-Oh mio dio, è terribile. E Ranchan…lui dov’è?
-È andato a cercare Obaba. Lei ne saprà sicuramente qualcosa.
-Ottima idea.
Entrati in casa, trovarono Kasumi che serviva il tè ai signori
Saotome e a suo padre, che sembrava aver versato tutte le lacrime di
cui era capace e adesso fissava dritto davanti a sé, come se il
dolore che provava fosse così forte da isolarlo dal resto del
mondo. Non si accorse nemmeno dell’arrivo di Ryoga, Ukyo e del
dottor Tofu.
-Ukyo, dottor Tofu, ben arrivati! Accomodatevi, vi servo un po’ di tè.
-Grazie Kasumi.
-Molto gentile Kasumi.
Con sua immensa sorpresa, in quell’occasione Tofu Ono si mantenne
perfettamente lucido pur trovandosi di fronte la sua dolce Kasumi.
Forse si era reso conto che la gravità della situazione imponeva
che lui si comportasse da adulto responsabile.
Quando Nabiki entrò in soggiorno e vide che sebbene il dottor
Tofu fosse arrivato e avesse visto Kasumi, si stava comportando in
maniera del tutto normale, prese nota mentalmente del fatto che, per
fortuna, era inutile inventare continue scuse per tenere la sorella
maggiore lontano da loro. “Molto bene, un problema in
meno.” si disse.
Proprio in quel momento fece il suo ingresso Ranma, accompagnato da Cologne, Shampoo e Mousse.
Anche i nuovi arrivati presero posto attorno al tavolo, mentre Kasumi
serviva loro il tè. A quel punto Cologne parlò,
costringendo Soun Tendo a prestare attenzione e ad uscire da quello
strano stato di trance in cui sembrava essere piombato.
-Bè. La situazione è ben più grave di quanto possiate immaginare, a mio parere.
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Capitolo 3 *** Nel regno dei morti ***
Cap.3 Nel Regno dei Morti
Eccomi qui! Il terzo
capitolo…chi l’avrebbe mai detto? È la prima volta
che scrivo una fanfiction a capitoli. In passato mi sono sempre
limitata a qualche one shot. Inutile dirvi quanto quindi mi riempiano
di gioia i vostri commenti! Confesso di aver temuto di non essere
all’altezza del compito, ma le vostre recensioni mi danno la
carica per continuare a scrivere! Spero solo di non deludervi! Un
grazie anche a chi legge questa storia e la apprezza senza però
lasciare alcuna traccia del suo passaggio…forse mi sto
dilungando troppo! Vi lascio al capitolo…buona lettura!
Lavs
Capitolo III
Nel Regno dei Morti
Correva ma non riusciva a sentire il rumore dei propri passi sul
pavimento. Correva a perdifiato senza sapere dove andare. Intorno a lei
il nulla. Soltanto una coltre di oscurità opprimente. Il cuore
le martellava in petto per la paura. Ma doveva soltanto raggiungerlo e
poi sarebbe andato tutto bene.
Akane…
Akane, dove sei?
-Ranma…? Ma che succede?
Continuava a correre, sentiva la voce di Ranma affievolirsi,
allontanarsi…e correva di più nel tentativo di
raggiungerlo prima che sparisse del tutto. Ma di lui nemmeno
l’ombra.
Akane…
-Ranma…dove sei? Ho paura…Ranma…non riesco a vederti! Aiutami!
Ranma!
Akane riaprì gli occhi lentamente. Avvertiva un acuto dolore
alla testa e uno strano torpore aveva preso possesso del suo corpo. Si
guardò intorno spaesata e si chiese dove si trovasse e cosa
facesse in quel luogo sconosciuto…l’ultima cosa che
ricordava era di essere nel giardino di casa sua a litigare con Ranma e
a lanciargli pezzetti di cibo, mentre lui scappava e rideva di lei. Poi
lui l’aveva fatta piangere…e poi…
E poi…
Akane si drizzò a sedere. Era buio e non riusciva a distinguere
nulla intorno a lei. Aveva freddo. Tremava da capo a piedi. Si strinse
le braccia intorno al corpo e se le sfregò con le mani, nel
tentativo di scaldarsi. Inutile.
Era presa dal panico. Non capiva dove potesse trovarsi né
perché non fosse a casa sua con la sua famiglia. Si prese la
testa fra le mani, il dolore minacciava di farle perdere i sensi.
Con la paura nella voce, chiamò incerta il suo fidanzato per nome.
-Ranma…?
Nessuna risposta. Ranma non doveva essere lì. Non avrebbe mai
ignorato il suo richiamo terrorizzato. Cercò di alzarsi in
piedi, ma le gambe tremanti non riuscirono a sorreggere il suo peso,
così cadde sulle ginocchia. Lentamente i suoi occhi si stavano
abituando all’oscurità. Ora riusciva a distinguere i
contorni di pareti rocciose attorno a lei. Doveva trovarsi in una sorta
di caverna.
“Ma che mi è successo? Dove diavolo sono andata a finire?”
Ad un tratto, la caverna fu rischiarata dalla luce di una decina di
torce disposte attorno alle pareti dell’antro. “Ma chi
diavolo le ha accese?”
-Ti sei svegliata, alla fine.
Quando Akane gettò uno sguardo all’entrata della caverna
in direzione di quella voce, il suo cuore parve fermarsi. Sgranò
gli occhi. L’uomo dal kimono bianco la stava fissando con quei
suoi occhi di fuoco, un ghigno crudele rendeva terrificante quel volto
altrimenti molto bello. Improvvisamente, nella mente di Akane tutto
tornò al suo posto.
L’irruzione improvvisa di quell’uomo in casa sua,
l’assurda conversazione che questi aveva avuto con suo padre, il
terrore dipinto sul volto di Soun Tendo, un terrore che lei non aveva
mai scorto in lui in quasi diciotto anni di vita…e
Ranma…Ranma che cercava di proteggerla con tutto se
stesso…Ranma che attaccava quell’uomo misterioso, Ranma
che veniva spinto via, Ranma che perdeva i sensi…
Si era ripreso?
-Dov’è Ranma? Come sta?
-Ranma? Non sai dove ti trovi, né chi io sia e il tuo primo
pensiero va a quello stolto essere umano? Sei davvero una sciocca
ragazza. Voi uomini, che mettete al primo posto i vostri inutili
sentimenti, non credo che riuscirò mai a capirvi.
-Voi…voi uomini? Cosa vuol dire?
-Semplicemente che mi pregio di non appartenere all’infima razza umana.
-Non sei…umano?
-No.
-E allora…?
-Sono uno youkai.
Akane capì di aver avuto ragione da vendere ad avere
istintivamente una gran paura di quel tipo sin dal primo momento. Se
era davvero un demone, era nei guai. Guai molto grossi. E quella volta
non c’era nemmeno Ranma a proteggerla.
“Ranma…aiutami…”
Akane si ritrovò a ripetere allo youkai la stessa domanda. Aveva bisogno di conoscere la risposta.
-Come sta Ranma?
Dopo un attimo di silenzio, che ad Akane parve molto di più, in
cui il demone scrutò Akane come se volesse leggerle fin dentro
l’anima, finalmente giunse la risposta alla sua domanda.
-Non è in pericolo di vita. Non avevo voglia di sporcarmi le
mani con un combattente di infimo livello come lui. In ogni caso non
credi che dovresti essere più preoccupata della tua sorte,
invece che di quella dello sciocco umano chiamato Ranma?
-Chi sei tu? Che cosa diavolo vuoi da me?
Il demone non si diede la pena di dare ad Akane alcun tipo di
spiegazione. Cominciava ad infastidirsi per l’insolenza di quella
sciocca umana. Evidentemente non sapeva con chi aveva a che fare.
Gliel’avrebbe fatto capire presto.
-Rispondi alla mia domanda!
-Cos’è, un ordine forse? Credo sia meglio che ti lasci qui
ancora un poco, così imparerai a rivolgerti a me come si
conviene. E per essere sicuro che non ti venga in mente di tentare di
fuggire, non che tu abbia qualche speranza di farcela…
Mentre scoccava uno sguardo malevolo ad Akane, schioccò le dita
e dal nulla comparvero delle spesse funi che si strinsero attorno al
corpo inerme della minore delle Tendo, imprigionandole braccia e
caviglie e costringendola sul freddo pavimento di roccia. Il tutto
successe così rapidamente che non ebbe nemmeno il tempo di
pensare di reagire e non potè fare nulla per impedirlo.
Con un ghigno divertito lo youkai le voltò le spalle.
Quella ragazzina era irritante. Doveva allontanarsi da lei
immediatamente o correva il rischio di eliminarla prematuramente. Non
poteva permettersi di mandare a rotoli il suo piano per un mero
impulso, per quanto forte potesse essere. Quella donna era la chiave.
Doveva solo capire come usarla. Ma a questo avrebbe pensato più
tardi. Per il momento l’avrebbe lasciata lì ancora per
qualche ora. Di certo l’avrebbe ritrovata docile come un
agnellino.
Akane intanto si agitava per tentare di liberarsi.
-Toglimi subito questi affari, maledetto!
-In questo modo non potrai aggirarti per il mio regno. Non ho alcuna voglia di ripescare il tuo cadavere da qualche parte.
-Liberami ti ho detto!
-Tornerò presto.
Mentre pronunciava queste parole, lo youkai uscì dalla caverna,
lasciando Akane completamente sola con le sue domande e per di
più imprigionata. Cercò di rimettersi in piedi e di
inseguire lo youkai, ma le corde erano legate troppo strette e dopo un
paio di tentativi disastrosi, rinunciò. Disperata, quando ormai
il demone era praticamente scomparso alla vista cercò di
richiamarlo.
-Aspetta! Fermati! Ho bisogno di risposte! Dove diavolo sono?
Fu tutto inutile. Senza nemmeno voltarsi, il demone continuò a
camminare imperterrito, scomparendo alla vista. Proprio in
quell’istante, le torce si spensero immergendo nuovamente la
caverna nell’oscurità e rendendola ancora più
terrificante.
Akane si guardava intorno nervosa, mentre il buio più fitto
premeva su di lei, impedendole di vedere qualunque cosa. Attese
nuovamente che i suoi occhi si abituassero all’oscurità, i
sensi all’erta per percepire qualsiasi movimento insolito attorno
a lei. I secondi passavano inesorabili, divenendo minuti.
Stanca e infreddolita, Akane riuscì a trascinarsi fino alla
parete di roccia e a poggiarvi la schiena. Se almeno quelle torce
fossero state ancora accese, avrebbe potuto riscaldarsi un po’.
Con una fitta di nostalgia, pensò alla sua casa, al tè
preparato da Kasumi, al tepore delle coperte del suo letto.
Chissà cosa stava facendo la sua famiglia…chissà
cosa stava facendo Ranma…in quella inspiegabile situazione,
soltanto il fatto che lui stesse bene riusciva ad esserle di conforto.
Ripensò alla scena che aveva vissuto poco prima (o forse erano
già passate ore, o giorni, non ne era sicura…) e rivide
Ranma battere violentemente la testa contro il muro e accasciarsi al
suolo. Per la prima volta, facendo mente locale, si rese conto che
accanto a lui c’era anche Ryoga e si chiese che cosa ci facesse
lui lì, ma fu soltanto un attimo, prima di tornare con la mente
al suo fidanzato.
L’avrebbe cercata? Si, di questo era sicura. L’avrebbe
trovata? Più difficile dare una risposta a questa domanda, dal
momento che nemmeno lei aveva la più pallida idea di dove si
trovasse. Era terrorizzata come mai lo era stata prima di allora. Lei,
l’impavida Akane Tendo, erede di una delle più famose
scuole di lotta del Giappone, era legata come un salame in una caverna
gelata in chissà quale posto sperduto e spaventata a morte.
L’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento, era che avrebbe dato qualunque cosa per avere Ranma al suo fianco.
Che cosa poteva volere quel demone da lei? Chi era? E dove accidenti
l’aveva portata? E, soprattutto, come faceva suo padre a
conoscerlo? Questi i molti interrogativi che affollavano la mente della
minore delle Tendo. Ma a nessuno riusciva a dare una risposta. Proprio
questa mancanza di informazioni era ciò che la terrorizzava
maggiormente. Per quanto tempo sarebbe rimasta lì in catene,
sola, senza né cibo né acqua? E cosa più
importante, per quanto avrebbe resistito? Magari quell’essere
spregevole aveva soltanto intenzione di lasciarla lì a morire di
fame per il suo più crudele divertimento. Magari non c’era
nessun motivo particolare per cui aveva deciso di prelevarla dal tepore
della sua casa e di allontanarla dalla sua famiglia. Forse voleva solo
farsi due risate…
E questo pensiero fece montare in Akane una rabbia tale da farle venire
voglia di demolire quella caverna a pugni. Cercò con tutte le
sue forze di liberarsi dalle funi che la imprigionavano, tentando di
allargare le braccia e di spingerle in fuori, ma fu tutto inutile. Era
riuscita solo a farsi male.
“Magnifico…davvero magnifico. E adesso che cavolo faccio?
Non ho certo intenzione di stare qui a non far nulla! Devo trovare una
soluzione.”
Ma per quanto si sforzasse di usare il cervello e cercasse di
mantenersi lucida e di non farsi prendere dall’ira o dal panico,
non le veniva in mente alcuna soluzione brillante.
“Quanto vorrei avere il cervello di Nabiki…” si
ritrovò a pensare, anche se era sicura che in una situazione
come quella perfino sua sorella non sarebbe riuscita a cavarsela. A
quel punto, Akane Tendo tremava di rabbia. Si costrinse a prendere un
lungo respiro per recuperare la calma.
Tornò ad armeggiare con le corde, senza particolare convinzione.
Fu costretta ad arrendersi ancora una volta poco dopo. La rabbia stava
montando di nuovo, ancora più ribollente.
Frustrata, cacciò un urlo.
-Accidenti!!
Poggiò la testa contro la fredda parete di roccia e
ascoltò il silenzio assoluto che premeva su di lei. Non un
rumore che potesse darle un indizio su dove si trovava. Niente di
niente.
Chiuse gli occhi e tutta la stanchezza accumulata, in parte per gli
sforzi di liberarsi, in parte per l’essere stata prelevata a
forza da casa, le piombò addosso in un sol colpo. Come se non
bastasse, il suo stomaco aveva iniziato a brontolare. Del resto aveva
saltato la cena…
“Ecco, sicuramente ora quel bastardo sarà contento,
sicuramente si farà delle belle risate, trovandomi qui morta di
fame e di sete. Maledetto…”
Rimase così, ad occhi chiusi, mentre il tempo passava con una
lentezza esasperante. Un silenzio totale continuava ad avvolgerla,
interrotto sporadicamente soltanto dai borbottii del suo stomaco che si
facevano sempre più insistenti. Quando ormai stava per cedere ad
un sonno agitato, le torce ripresero ad ardere, illuminando la caverna
di una luce pallida e riscaldando le membra di Akane, ormai gelate.
Sentì dei passi muoversi nella sua direzione, passi lenti ma
decisi. Volse lo sguardo verso l’imboccatura della caverna e vide
che lo youkai era tornato. “Magari vorrà anche torturarmi
un po’…” fu il depresso pensiero di Akane.
-Voglio sapere dove diavolo mi trovo.
Lo youkai non replicò. Scrutò Akane con una certa
curiosità, studiandola in ogni suo più piccolo dettaglio.
La giovane Tendo vide lo sguardo del demone soffermarsi sul suo viso
solo per pochi istanti per poi scendere giù percorrendo le forme
del suo corpo, fino alle gambe.
“Non mi sembra abbia alcuna traccia di poteri.” Pensò lo youkai.
Sotto lo sguardo del demone, Akane arrossì furiosamente e si
infuriò ancora di più. Stava per mettersi ad urlare di
nuovo e per tentare di fiondarsi su quel tipo, ma non fece nulla di
tutto ciò, dato che il demone aveva aperto bocca e stava per
parlare.
-Ricordi cosa ti accadde dodici anni fa?
-Dodici anni fa…? Di cosa stai parlando?
-Poco dopo la morte di tua madre ti sei ammalata gravemente e hai rischiato la vita. Te lo ricordi?
Per un istante, Akane rimase a bocca aperta. Ma chi diavolo era quello?
Aveva tentato di seppellire quei ricordi lontani e dolorosi in un
angolo recondito della sua memoria. Voleva dimenticare, cancellarli
completamente. Faceva troppo male, anche a distanza di tutti quegli
anni.
Quel tipo…come faceva a sapere cose che non aveva avuto la forza di confessare nemmeno a Ranma?
Recuperando a fatica il controllo, riprese a parlare, tentando di
fermare i battiti del suo cuore impazzito e di ricacciare indietro le
lacrime.
Tentò di tenere ferma la voce mentre tornava a parlare.
-Chi diavolo sei tu? Come fai a sapere tutte queste cose di me?
Lo youkai non sembrava avere particolarmente voglia di rispondere alla
domanda di Akane. Pareva invece divertirsi molto a tenerla sulle spine.
Prima di aprir bocca nuovamente per parlare, fissò a lungo ed
intensamente Akane con quei suoi occhi rossi come il fuoco, resi ancora
più agghiaccianti dal riflesso delle fiamme danzanti delle
torce. Akane si sentì completamente priva di difese di fronte a
quello sguardo e rabbrividì intensamente.
-Quando la situazione era ormai disperata, tuo padre mi richiamò sulla terra.
-Cosa? Mio…mio padre? Ma…come? Perché? Chi sei tu?
-Aveva sentito parlare di una fattucchiera che poteva aiutarlo. Si
recò da lei e mediante un rito di evocazione riuscirono a farmi
giungere nel mondo mortale.
-Non riesco a capire…perché tu? Cosa potevi fare? Chi sei?
-Tuo padre mi chiese di risparmiare la tua vita e mi disse che avrebbe
fatto qualunque cosa affinchè tu ti salvassi. Era disperato,
davvero disperato. Ma, naturalmente, non fu questo a convincermi. Non
ho alcun interesse per i sentimenti umani, né mai ne ho avuto.
Ciò che invece mi intrigava era tutt’altro. Nessun essere
umano aveva mai avuto il coraggio di evocarmi. Nessuno. La cosa mi
incuriosì molto e fu solo per questo motivo che decisi di
accettare.
-Continuo a non capire chi tu sia.
-Decisi di risparmiarti la vita e tu guaristi immediatamente.
Pareva che quell’individuo si divertisse ad ignorare Akane.
Parlava a ruota libera senza preoccuparsi minimamente dei suoi
interventi. Sembrava non accorgersi nemmeno che qualcuno stava
parlando. Continuava imperterrito con il suo discorso. E il tono che
usava mentre parlava del dolore di suo padre era assolutamente
irritante. Sembrava addirittura profondamente annoiato, come se fosse
una faccenda di blando interesse. Akane si infuriava sempre di
più ogni momento che passava.
-Sembra che questo mio intervento abbia creato una sorta di legame tra
di noi. Non riesco a capire cosa sia successo, né perché.
So soltanto che da quel momento, giorno dopo giorno, una parte dei miei
poteri è svanita nel nulla. Dimmi, ti sembra di avere sviluppato
qualche sorta di insolita abilità da quel lontano giorno di
dodici anni fa?
-Abilità? No, niente affatto.
-Bene. Questo facilita le cose. Ti ho portata qui perché
è il momento di riacquistare i miei pieni poteri. Solitamente
non mi interesso affatto degli esseri umani. Mi limito a prelevarli dal
Regno mortale al momento del loro trapasso e a portarli qui. Ma nel tuo
caso, ragazzina, sono costretto a fare un’eccezione.
Tacque. Sembrava che non avesse più nulla da dire. Ad Akane, invece, girava la testa.
Lei aveva un legame con quel demone? Lui le aveva salvato la vita
quando era solo una bambina di nemmeno sei anni? E soprattutto che
diavolo significava che lui si occupava soltanto di prelevare le anime dei morti dalla terra?
Ignorando la paura crescente che quell’essere le suscitava, gli ripropose la sua domanda.
-Chi sei?
-Non che questi siano affari tuoi, ma già che ci siamo…il
mio nome è Rihito. Sono il leggendario youkai posto a guardia
del Regno dei Morti. Il custode dell’Aldilà.
-CHE COSA? Tu…ma è impossibile! Vuoi dire…che ci troviamo nell’Aldilà adesso?
Un sorrisetto diabolico increspò le labbra di Rihito, che
occhieggiava malignamente Akane e sembrava soppesare l’idea di
lasciarla nel dubbio. Alla fine, per chissà quale ragione,
optò comunque per darle una risposta. Del resto era divertente
osservare le sue reazioni.
-Non esattamente.
-E allora dove accidenti siamo?
-Questo è l’ingresso al Regno dei Morti, il luogo in cui le anime trovano riposo eterno.
Disse indicando dietro di sé, fuori dalla caverna.
-Uscendo da qui, c’è lo Stige. Una volta attraversato, le
anime vengono smistate in Paradiso, nel Purgatorio o all’Inferno,
ma io non mi occupo affatto di queste cose. Il mio compito consiste
soltanto nel fare da custode a questo regno e alle sue anime ed
impedire qualsiasi intrusione esterna o cose del genere. Devo
salvaguardare l’ordine dell’Aldilà.
-Stai…stai scherzando, vero?
-No.
Akane, se possibile, era ancora più sconvolta di prima. Non
riusciva ad credere ad una sola parola detta da quel tipo ed era
convinta che lui la stesse prendendo in giro. Non c’erano dubbi,
quel bastardo voleva farsi due risate alle sue spalle. Ma lei non aveva
intenzione di farsi usare così e di cascarci come una stupida.
Tentò un sorriso divertito, anche se quello che le riuscì
assomigliava più che altro ad una smorfia.
-Senti…io non so perché tu mi stia dicendo tutte queste
cose, ma non è divertente, davvero. Voglio sapere la
verità. Chi sei?
Akane si sarebbe aspettata qualsiasi reazione da parte del demone: che
si infuriasse, che continuasse ad ignorarla, che se ne andasse. Ma non
era preparata a quella crudele risata di scherno che le fece gelare il
sangue nelle vene e venire la pelle d’oca.
-Voi umani siete davvero dei sempliciotti. Incapaci di credere a tutto
ciò che la vostra limitatissima mente non è in grado di
concepire. Mi fate pena. Bene, mi hai detto tutto ciò che avevo
bisogno di sapere.
E dette quelle parole, girò sui tacchi e se ne andò
nuovamente, lasciando che la caverna tornasse fredda e buia come prima
che facesse la sua entrata. Quella volta, Akane non lo richiamò.
Si limitò ad osservarlo mentre si allontanava, stregata
dall’ipnotico ondeggiare dei suoi capelli d’argento, lunghi
fino alle caviglie, che sembravano risplendere di luce propria.
Quando Rihito scomparve alla vista si riscosse, lasciando la mente libera di galoppare…
Possibile che si trovasse davvero all’ingresso del Regno dei Morti?
E che quello youkai fosse il custode di quel luogo?
Chiuse gli occhi rassegnata e sospirò. Si sentiva terribilmente
stanca. Non sapeva cosa pensare. La sua mente indugiò ancora una
volta sul pensiero del suo fidanzato.
“Ranma…vieni a salvarmi ti prego. Ho bisogno di te.”
Si stupì dei suoi stessi pensieri e sgranò gli occhi.
Lei, bisogno di quello stupido, arrogante, cambia sesso? Ma non diciamo
sciocchezze…stava molto meglio senza di lui.
Già…del resto, dal giorno in cui Ranma era arrivato a
Nerima, si era portato dietro tanti di quei guai…non passava
giorno in cui lei non venisse attaccata da qualcuna delle sue altre
fidanzate o in cui qualche parte della sua casa non subisse qualche
danno costosissimo da riparare. Già…che bisogno aveva di
un’idiota che la insultava continuamente, chiamandola
maschiaccio, dicendole che era totalmente priva di fascino e tante
altre cose del genere? E soprattutto che bisogno aveva di guardare
continuamente il suo “fidanzato” fare il cascamorto con le altre? Non era forse vero inoltre che lei,
Akane, non poteva competere con nessuna di loro? Del resto, come Ranma
stesso aveva ammesso, Ukyo era la sua fidanzata carina. Ed era palese
che Shampoo fosse molto più bella e affascinante di lei…e
Kodachi…bè, Kodachi era Kodachi. Magari la Rosa Nera non
era esattamente l’ideale di Ranma, ma, come tutte le altre, era
sempre tra i piedi e tentava di tutto per poter annientare ogni
ostacolo tra lei e il suo “adorato”.
E invece che cosa aveva lei, Akane, che potesse attrarre un ragazzo
come Ranma? Niente, come lui non perdeva occasione di farle notare,
facendo maligni commenti sul fatto che non era affatto carina. E del
resto, chi se ne importava? Meglio perderlo che trovarlo uno come lui.
Proprio mentre la sua mente formulava quei pensieri, le tornò in
mente la rabbia di Ranma nel momento in cui aveva temuto che Rihito la
portasse via, tutti i suoi tentativi di impedirlo, anche a costo di
farsi male sul serio. Del resto...non era la prima volta che Ranma
rischiava la sua vita per lei. E, doveva ammetterlo almeno con
sé stessa, quando Ranma le era accanto si sentiva bene. Come se
nulla potesse farle del male.
Ritornò con la mente al giorno in cui stavano per convolare a
nozze. Ricordò come si sentiva felice. Ma quello stupido alla
fine non l’aveva sposata. Però aveva detto che sia in
kimono, sia in abito da sposa stava benissimo…e poco prima, a
Jusenkyo, era sicura che Ranma stesse per dirle qualcosa di importante,
qualcosa che avrebbe cambiato le loro vite. Era certa che lui tenesse a
lei almeno un po’. E allora perché, perché si comportava così?
“Basta, è inutile stare qui a scervellarsi. Non è di questo che dovrei preoccuparmi al momento.”
Strisciò nuovamente fino alla parete di roccia e vi si
appoggiò. Chiuse gli occhi con la precisa intenzione di dormire.
Era sfinita e voleva recuperare un po’ di forze. Dopo pochi
secondi, si addormentò, mormorando un’ultima parola in un
sussurro angosciato.
-Ranma…
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Capitolo 4 *** Il piano ***
Il piano
Ecco il quarto capitolo, anche se un
po’ in ritardo. Sono arrivata alla stesura del capitolo 7 che
però non è ancora ultimato, ma aggiornerò lo
stesso una volta a settimana, dato che continuo a fare cambiamenti fino
a due minuti prima di pubblicare! Ancora una volta ringrazio tutti
coloro che perdono tempo a leggere ciò che scrivo. Mi fa un
piacere immenso leggere i vostri commenti! Buona lettura!
Lavs
Capitolo IV
Il piano
-Bè, la situazione è ben più grave di quanto possiate immaginare, a mio parere.
Le parole di Cologne furono seguite da un silenzio teso, infranto dopo
quelle che parvero ore dalla voce incerta di Shampoo, che non aveva
capito bene cosa stesse succedendo. Posò la sguardo a turno su
tutti i commensali riuniti attorno al tavolo da pranzo sbattendo le
palpebre, per poi scambiare una sguardo perplesso con Mousse, che
sedeva accanto a lei ed aveva capito ancora meno dell’Amazzone.
-Bisnonna, ma di che cosa stai parlando? Cosa succede?
Cologne era sul punto di rispondere, ma la voce di Ranma non le diede il tempo di replicare.
-Non c’è tempo di spiegare, adesso. Allora, che cosa sai di questo custode del’Aldilà?
-Bè, si tratta di uno youkai dagli immensi poteri posto a
guardia del Regno dei Morti. Il suo nome è Rihito. La leggenda
della sua storia si perde nella notte dei tempi. Sembra che fosse uno
youkai particolarmente forte e spietato. Il suo nome faceva tremare non
soltanto gli esseri umani, ma anche gli stessi demoni, che si tenevano
alla larga da lui più che potevano. Quando sfortunatamente uno
di loro si imbatteva in lui, veniva brutalmente annientato. Badate
bene, la sua intenzione non era quella di uccidere. Ciò che
voleva era soltanto trovare un avversario alla sua altezza con cui
potersi misurare e accrescere la propria forza. Ma mai nessuno si
dimostrò all’altezza di Rihito. La sua potenza,
però, divenne leggenda anche nell’Aldilà.
C’era bisogno di qualcuno capace di mantenere l’ordine nel
Regno dei Morti e nessuno sembrava più adatto di Rihito. Fu
così che gli venne chiesto di assumersi l’onere di
sorvegliare le anime dei morti e accompagnarle nel loro passaggio dalla
vita alla morte. Gli furono promessi in cambio poteri che vanno oltre
l’immaginabile e fu solo questo a convincere Rihito. Vedete, era
ossessionato dall’idea di accrescere la sua potenza ad ogni costo
e di certo non avrebbe mai rifiutato un’occasione del genere
fornita su un piatto d’argento. E così, il demone
conosciuto come Rihito divenne il custode dell’Aldilà.
-Bè, se è un avversario con cui misurarsi che cerca, ha trovato pane per i suoi dei denti.
-Non essere arrogante come al solito, Futuro Marito. L’essere con
cui abbiamo a che fare questa volta è dotato di poteri che non
avete mai nemmeno sognato di affrontare. Niente a che vedere con Herb o
con Safulan. Nessuno di voi è in grado di fronteggiarlo. Nemmeno
tu, consorte.
-Sciocchezze! Lo ridurrò in briciole. Ha osato rapire Akane, lo ucciderò con le mie mani.
A quelle parole Ukyo e Shampoo si scambiarono uno sguardo cupo e Ryoga
chinò il capo, abbattuto, e strinse i pugni sulle ginocchia.
Come sempre Ranma aveva intenzione di rischiare tutto per lei. E come
sempre Akane non aspettava altri che lui per essere salvata. Sebbene
nessuno volesse davvero ammetterlo o anche soltanto pensarlo,
c’erano ben poche speranze che Ranma o Akane decidessero di
rompere il loro fidanzamento. L’unica, flebile speranza stava
soltanto nel fatto che nessuno dei due, fino a quel momento, sembrava
disposto ad ammettere che tra loro esistesse davvero qualcosa. E
così era più facile per ogni altro eventuale pretendente
farsi avanti. Già da tempo, però, Ryoga aveva deciso che
era meglio rinunciare anche a quella speranza.
Ranma non fece minimamente caso all’effetto prodotto dalle sue
parole. Era troppo impegnato a pensare a cosa stesse accadendo ad Akane
mentre loro parlavano. Stavano perdendo molto tempo, se ne rendeva
conto, ma ancora non aveva in mente alcun piano da mettere in atto per
cui era assolutamente necessario raccogliere quante più
informazioni possibili. Quando il dottor Tofu prese la parola, gli
prestò la massima attenzione.
-C’è qualcosa che mi sfugge, però. In base alle
informazioni che ho raccolto su Rihito leggendo i miei libri, sembra
che lui sia assolutamente disinteressato alle vicende umane. Sembra
anzi che disprezzi gli uomini e tutto ciò che li riguarda.
Quello che allora non capisco è…perché?
-Si, è quello che mi sono chiesta anche io.
Accigliato, Ranma posava lo sguardo ora su Cologne ora sul dottor Tofu
senza avere la più pallida idea di quello che volessero dire con
quelle frasi criptiche. Quando capì che nessuno dei due sembrava
avere intenzione di spiegare alcunché e li vide impegnati a
riflettere con le sopracciglia aggrottate, perse di nuovo la pazienza.
-Si può sapere che diavolo vuol dire? Cos’è che non capite?
-Cos…?Oh, ti prego di scusarci, Ranma. Vedi il fatto è
che, considerando il carattere di Rihito, mi sorprende molto che abbia
acconsentito ad aiutare il signor Tendo e a salvare la vita della
piccola Akane, dodici anni fa.
Cologne annuì alle parole del dottor Tofu. Nel frattempo
Shampoo, Mousse, Ryoga e Ukyo seguivano la conversazione senza perdere
nemmeno una battuta e Shampoo strabuzzò gli occhi quando
iniziò a capire cosa stava succedendo. Soun Tendo sembrava
essere sprofondato in un nuovo strato di trance e fissava il tavolo
senza in realtà vederlo. I coniugi Saotome prestavano massima
attenzione alle parole di Cologne e del dottor Tofu, mentre Nodoka
osservava di tanto in tanto il figlio con apprensione. Kasumi lanciava
occhiate nervose al padre con allarmante frequenza e Nabiki
sgranocchiava distrattamente un biscotto mentre fissava Cologne. Fu
proprio la seconda delle sorelle Tendo a prendere la parola a quel
punto della conversazione.
-Perché può averlo fatto?
-A dire il vero, non lo so. Non credo che ci sia una motivazione
particolare che possa averlo spinto a farlo. Potrebbe essere stato un
mero impulso dettato da una motivazione futile. Magari è stato
spinto semplicemente dal desiderio di poter concedere una speranza alla
famiglia di Akane, per poi strappargliela nuovamente dopo alcuni anni.
È possibile che volesse soltanto divertirsi.
-Che cosa possiamo fare? Come possiamo sapere dove ha portato mia sorella?
-Possiamo arrischiarci a fare delle supposizioni, ma non credo che
siano molto valide al momento, considerato che non abbiamo idea del
motivo per cui Rihito possa avere rapito Akane.
-E allora che diavolo facciamo? Restiamo qui con le mani in mano?
La rabbia di Ranma che sembrava essere pronta a sopraffarlo in qualsiasi momento, esplose di nuovo.
Intanto nelle menti di Shampoo, Mousse, Ukyo e Ryoga si affacciava la
stessa, allarmante domanda. Se davvero quello era il custode
dell’Aldilà e per di più era uno youkai la cui
potenza era pari soltanto alla sua crudeltà, quante
possibilità c’erano che Akane fosse ancora viva?
Ovviamente nessuno osò dar voce ai propri pensieri, dato che
sicuramente Ranma avrebbe dato di matto. Dal canto suo, Ryoga sembrava
avvilito. Era pallido e sudato e stringeva convulsamente i pugni. Ukyo
pareva atterrita alla sola idea che ad Akane potesse essere successo
qualcosa, anche se una piccolissima parte di lei, quella che vedeva
Akane soltanto come una rivale da eliminare, riteneva che in questo
modo avrebbe avuto più possibilità di conquistare Ranma e
non potè impedirsi di pensare “Una di meno.”
Immediatamente dopo, però, fu disgustata da se stessa.
Gli stessi pensieri aleggiavano anche nella mente di Shampoo, anche se
l’Amazzone si sentì meno in colpa di Ukyo per le sue
riflessioni. Del resto lei stessa aveva dato ad Akane il bacio della
morte, anche se poi le circostanze erano cambiate e aveva deciso che
non valeva la pena di ucciderla.
Intanto il dottor Tofu intervenne di nuovo.
-Certo che no, Ranma. Faremo il possibile per riportare indietro Akane
sana e salva. Dobbiamo solo cercare di capire dove può trovarsi
in questo momento.
-Ma…come? Se non sapete nemmeno perché l’ha portata via come pensate di sapere dove si trova adesso?
-Il Futuro Marito ha ragione. Secondo me abbiamo solo una possibilità a questo punto.
-Quale vecchia? Parla!
-Ranma!
Nodoka intervenne, rimproverando il figlio, che assunse
un’espressione imbarazzata e chinò il capo. Nodoka Saotome
era l’unica persona (eccezion fatta per Akane in alcuni, rari
momenti), in grado di esercitare un controllo su Ranma e sui suoi
scatti. Quando il ragazzo col codino riprese la parola, si
sforzò di mantenere un tono di voce normale, o almeno smise di
ringhiare contro chiunque parlasse.
-Allora che cosa possiamo fare?
-Credo che l’unica cosa da fare sia trovarsi faccia a faccia direttamente con Rihito.
-Cioè riconvocarlo qui?
-No, non esattamente.
-E allora cosa?
-Credo che noi dovremmo andare da lui.
-Cosa? Andare nell’Aldilà?
-Proprio così.
-Ma…ma…come?
Nabiki aveva preso la parola e sembrava chiaramente atterrita alla sola
proposta di Cologne. Ranma, invece, pareva piuttosto convinto. Sembrava
davvero l’unica soluzione possibile, anche perché a quel
punto si sarebbe potuto finalmente passare all’azione, dato che
stare lì a parlare e a fare considerazioni gli sembrava soltanto
una perdita di tempo.
-Bene, cosa aspettiamo? Andiamo!
-Temo che non sia possibile, Ranma.
-Cosa? Perché no?
-Bè…io non ho idea di come raggiungere
l’Aldilà. Che io sappia, non esiste un passaggio che
colleghi questo mondo a quello dei morti.
-Il dottor Tofu ha ragione, consorte.
-E allora cosa accidenti facciamo?
-Dobbiamo trovare un modo. Un rituale, qualcosa che possa permetterci
di aprire un varco che ci conduca dall’altra parte. Se dodici
anni fa Rihito ha avuto modo di lasciare il suo regno e giungere nella
dimensione mortale, significa che esiste la possibilità di
passare da un regno all’altro. Bisogno solo capire come. Il
dottor Tofu ha portato una gran quantità di libri che mi
sembrano promettenti, dobbiamo iniziare a consultarli uno per uno e
vedere di trovare qualcosa. Non c’è nient’altro da
fare.
Ranma sospirò rassegnato e annuì. Trasse a sé un
polveroso, enorme volume e lo aprì, iniziando a voltare le
pagine per trovare qualcosa di utile. Tutti gli altri lo imitarono.
Ranma sollevò lo sguardo, spostandolo su ciascuno di loro.
Vedendo che i suoi amici non lo avevano abbandonato in un momento come
quello, non potè impedirsi di sentirsi un po’ più
sollevato. Ad ogni pagina il suo cuore batteva più forte, mentre
cercava anche il più piccolo indizio che potesse essere
d’aiuto, ma più andava avanti, più si sentiva
deluso e amareggiato e più la rabbia aumentava. Dopo quasi
mezz’ora, in cui aveva studiato minuziosamente ogni riga del
libro, lo gettò via senza tanti complimenti, irritato, e con uno
sbuffo d’impazienza, trasse a sé un altro libro, allarmato
alla vista di quanti ce ne fossero ancora, accatastati in mezzo al
tavolo.
Il silenzio era assoluto, tutti sembravano assorti nella lettura. Ranma
era suo malgrado sorpreso. Era certo che la sua famiglia e quella di
Akane avrebbero fatto l’impossibile per trovarlo, e ovviamente
anche Ryoga che era innamorato di lei praticamente da sempre. Ma Ukyo,
Mousse e Shampoo? Non riusciva a credere che fossero davvero lì,
con lui. Del resto a Mousse non importava poi molto di Akane. Ukyo,
magari, invece le si era affezionata. La cosa più inspiegabile
era che Shampoo si trovasse lì. Forse (Ranma quasi non osava
crederci), tutte le disavventure passate insieme li avevano davvero
uniti. Magari, sebbene non passasse giorno in cui non cercassero di
eliminarsi a vicende, si era davvero creato un forte legame tra quello
strampalato gruppo di amici. Ranma ripercorse il tavolo con lo sguardo
con l’accenno di un sorriso sulle labbra prima di tornare alla
lettura. Il suo cuore si fermò quando incontrò un
paragrafo che sembrava promettente:
L’Aldilà è
protetto e custodito dallo youkai Rihito e apparentemente
impenetrabile. Esiste tuttavia la possibilità di accedervi,
attraverso la realizzazione di un complesso ed antichissimo rituale
sconosciuto ai più. A memoria d’uomo, tuttavia, nessuno
sembra abbia mai tentato l’impresa.
Ranma sbuffò irritato. Nessun cenno su quale fosse quel
complesso rituale, né su come eseguirlo. Andò avanti
nella lettura, ma quello fu il paragrafo più interessante che
riuscì a trovare nell’intero tomo. Chiuse il libro con un
tonfo e si abbandonò sul pavimento. Chiuse gli occhi e
respirò a fondo per reprimere la crescente voglia di urlare.
Niente di niente. Ancora niente di niente.
E se tra tutti quei libri non ne avessero trovato nemmeno uno in grado
di aiutarli? Ranma scosse violentemente la testa tentando di ricacciare
quel pensiero in fondo alla mente, anche se ormai un grosso peso si era
stabilito sul suo cuore.
Si drizzò a sedere di scatto, dicendosi che non poteva perdere
altro tempo. Nessuno alzò lo sguardo. Ranma li vedeva tutti col
capo chino a leggere velocemente con gli occhi. Ryoga era davvero
pallido, quasi quanto Soun. Ranma pensò che probabilmente il suo
aspetto non doveva essere migliore. Trasse a sé un nuovo tomo e
si immerse nuovamente nella lettura.
Ukyo alzò momentaneamente gli occhi dal suo libro e ripercorse
la tavolata con lo sguardo, soffermandosi su Ranma, che però non
la guardava, e poi su Ryoga, seduto al suo fianco. Era davvero ridotto
male. Sfogliava febbrilmente le pagine e gli tremavano le mani. Presa
da uno strano impulso, Ukyo poggiò la propria mano su quella del
ragazzo con la bandana, che si voltò immediatamente verso di
lei, con gli occhi spalancati per la sorpresa. Ucchan tentò un
sorriso rassicurante e Ryoga annuì. Quando riprese a voltare le
pagine del libro su cui era chino, le sue mani tremavano molto meno.
Passarono quasi tre ore prima che il dottor Tofu chiudesse con un tonfo
l’ultimo libro rimasto, mentre tutti gli altri lo guardavano, in
attesa. Il cuore di Ranma minacciava di scoppiargli in petto. Era
l’ultima speranza. Quando Tofu Ono scosse la testa, Ranma
sentì la terra mancargli sotto i piedi. Il suo cuore si
fermò. Si disse che non valeva la pena di continuare a vivere.
Ryoga si premette una mano sul cuore, che batteva forte, mentre il suo
stomaco era stretto in una morsa dolorosa. Soun, Nodoka e Kasumi
iniziarono a piangere disperatamente mentre Nabiki continuava a
guardare il dottor Tofu, come se si aspettasse di vederlo tirar fuori
una soluzione dal nulla. Ranma si alzò in piedi, seguito con lo
sguardo da Shampoo, Ucchan e Mousse, ma nessuno osò fermarlo o
dire qualcosa, mentre fece per uscire dalla sala da pranzo.
“Non è possibile…non può essere
vero…” Mettere un piede davanti all’altro sembrava
costare un grandissimo sforzo, quando avrebbe soltanto preferito
sprofondare nel suo dolore, ma Ranma si disse che non poteva
arrendersi. Non aveva idea di cosa fare, ma il solo pensiero di
rimanere seduto lo faceva star male. Andò in giardino e si
accorse che ormai stava per albeggiare. Akane avrebbe dovuto venire a
svegliarlo di lì a poche ore con la solita secchiata
d’acqua per andare a scuola. Strinse i pugni convulsamente,
tentò con tutte le sue forze di non piangere, di essere forte,
così come lei lo conosceva, ma non ce la fece, Era troppo.
Proprio in quel momento, Happosai fece la sua violenta irruzione in
casa Tendo, con il solito sacco verde pieno di “zuccherini”
sulle spalle.
-Gran bottino questa notte! Ranma! Cercavo proprio te! Dai, trasformati
in ragazza e prova un po’ di questi per me! Ranma…?
Ranma non lo degnò di uno sguardo. Non aveva nemmeno la forza di
prendersela con quel vecchiaccio maniaco. Happosai si accigliò
ed entrò in sala da pranzo, dove trovò tutti praticamente
in lacrime e un Soun Tendo sul punto di svenire. Si grattò la
testa con un dito e poi notò un’assenza sospetta.
-Dov’è Akane?
Nessuno rispose, ma Cologne si voltò a guardarlo. Chissà,
magari quel vecchiaccio avrebbe potuto essere utile, una volta tanto.
Gli si avvicinò in silenzio, per non disturbare il dolore della
famiglia.
-Happy!
-Che cosa succede?
-È una cosa terribile. Si tratta di Akane.
-Cos’è successo alla mia dolce Akanuccia?
-È una cosa seria, Happy! È stata rapita.
-Rapita? E da chi?
-Da Rihito.
-Il custode dell’Aldilà?
-Proprio così.
-Cosa…Nooo, la mia dolce Akanee! È impossibile! Perché?
Cologne gli raccontò velocemente tutta la storia, senza
soffermarsi su ogni particolare, solo lo stretto necessario
perché Happosai si facesse un’idea generale e potesse dire
se era in grado di dare una mano.
Il vecchio si accigliò per un momento, incrociò le
braccia e posò lo sguardo su famiglia e amici, senza in
realtà vederli. Improvvisamente sgranò gli occhi e
batté il piccolo pugno sul palmo della mano. Subito dopo
iniziò a correre in direzione della camera che occupava in casa
dei Tendo. Obaba lo seguì lentamente sospirando, sperando
intensamente che Happosai possedesse davvero qualcosa di utile, o
meglio, avesse davvero rubato qualcosa di utile.
Entrata nella stanza del vecchietto, vide il suo armadio spalancato e
lo trovò chino su una enorme scatola a frugare in mezzo a decine
e decine di cianfrusaglie, a giudicare dai libri, dalle pergamene
malconce e dagli oggetti bizzarri, di dubbia provenienza, che Happosai
aveva sparpagliato sul pavimento fino a quel momento. Passarono circa
due minuti prima che Happosai riemergesse da quel caos con aria
trionfante, reggendo tra le mani un libro enorme che minacciava di
disfarsi da un momento all’altro. Obaba decifrò il titolo
sbiadito in copertina.
-“I misteri dell’Aldilà.”
-Esattamente! Contiene tutto ciò che serve sapere su Rihito.
-E dimmi Happy, da dove l’hai rubato?
Happosai assunse un’aria terribilmente offesa molto poco convincente e scoccò ad Obaba uno sguardo sprezzante.
-Rubato? Questo prezioso volume appartiene alla mia famiglia da sempre!
-Si, certo. Proprio come il mio specchio greco. Andiamo, non c’è tempo da perdere!
Tornati in soggiorno nessuno si voltò verso di loro. Nessuno
aveva una gran voglia di far nulla, a dire il vero. Ryoga, Ukyo,
Shampoo, Mousse e il dottor Tofu si sentivano degli intrusi nel dolore
della famiglia ma non volevano comunque lasciare la casa, nel caso in
cui ci dovesse essere bisogno di qualcosa. Ryoga era ancora più
pallido di prima e le mani avevano ripreso a tremare violentemente,
Ukyo gli lanciava sguardi preoccupati, come se temesse di vederlo
svenire da un momento all’altro.
Dal canto suo, il dottor Tofu era straziato alla vista delle lacrime
della dolce Kasumi e avrebbe tanto voluto trovare il coraggio di
consolarla, ma non riuscì a farlo. Si limitò a guardarla
da lontano mentre il suo cuore doleva come fosse trafitto.
Obaba si schiarì rumorosamente la voce per richiamare
l’attenzione. Qualche testa si voltò nella sua direzione e
la vide mostrare il libro trovato da Happosai.
-Ho delle buone notizie. State a sentire, tutti quanti.
Adesso Obaba si era davvero guadagnata l’attenzione di tutti. I
volti delle famiglie Tendo e Saotome esprimevano una muta speranza che
sperava davvero di non dover deludere. Improvvisamente Ryoga
balzò in piedi, come se avesse preso la scossa.
-Vado a chiamare Ranma!
Il ragazzo con la bandana uscì in giardino e si guardò un
po’ in giro per vedere dove fosse finito l’amico. Quando lo
individuò, gli corse incontro. Si era seduto sull’erba, le
spalle flosce. Ryoga gli si avvicinò cauto. Non riusciva a
vedere i suoi occhi.
-Ranma…?
Nessuna risposta.
-Ranma, ascolta, ci sono ottime notizie a quanto pare! Happosai ha trovato un libro che sembra possa essere d’aiuto.
Ranma risollevò il volto lentamente e guardò Ryoga come
se non l’avesse mai visto prima, gli occhi spalancati dallo
stupore. Non riusciva a credere alle sue orecchie.
-Dici davvero?
-Davvero!
Ranma balzò in piedi così all’improvviso che Ryoga
arretrò spaventato per poi guardarlo sfrecciare in direzione del
soggiorno dei Tendo, urlando come un matto:
-Allora ogni tanto anche il vecchio maniaco fa qualcosa di buono!
Quando tutti ebbero riguadagnato il proprio posto al tavolo del
soggiorno, un silenzio carico di tensione e di presagi calò
nella stanza. Tutti gli occhi erano puntati su Cologne, che
sospirò pesantemente e chiuse per un momento gli occhi. In
quell’istante, Ranma capì quanto fosse vecchia.
Osservò il suo volto antico, laddove il tempo aveva lasciato
segni evidenti, e si stupì di quanto la centenaria Amazzone gli
sembrasse fragile in quel momento. Quando però Obaba
parlò, Ranma si dimenticò completamente di ogni sua
riflessione e si concentrò al massimo su ciò che la
vecchia Amazzone stava per dire.
-Happy ha trovato questo libro tra le sue cose. Ritiene che contenga
ogni possibile informazione sull’Aldilà e anche su come
raggiungerlo. Diamo un’occhiata.
Obaba pose il libro sul tavolo e lo aprì. Sembrava che le pagine
dovessero polverizzarsi da un momento all’altro. Cologne le
toccava appena per girarle. Intanto tutti i presenti si erano chianti
il più possibile sul tomo consunto, per vedere meglio.
L’Amazzone si fermò soltanto quando lesse il titolo del
capitolo di cui avevano bisogno: “L’accesso al Regno dei
Morti”.
Iniziò a leggere a voce alta e chiara, in modo che tutti potessero sentire cosa diceva.
“Sebbene nessun mortale sia mai
riuscito a trovare l’accesso al Regno dei Morti, è
indubbio che esista una possibilità di penetrarvi, facendo uso
di un particolare e pericoloso rituale magico. Tale rituale, che si
tramanda da secoli, può essere realizzato soltanto mediante
l’utilizzo del “Kami no tanto”…
Obaba si fermò e si accigliò. Si scorgeva chiaramente la
preoccupazione sul suo volto antico. Continuò a guardare la
pagina soffermandosi sulle parole “Kami no tanto”, ma sembrava non avere intenzione di continuare a leggere.
-Vecchia, che diavolo succede? Perché ti sei fermata?
-Bè…per il momento, l’esecuzione del rituale è impossibile.
-Cosa? Perché?
-Il Kami no tanto. Dobbiamo procurarcelo. Ed è custodito sul monte Tsukuba.
Nessuno tranne il dottor Tofu sembrava aver capito quanto la situazione
fosse grave e condivideva la preoccupazione di Cologne. Dato che tutti
continuavano a guardare Obaba in attesa, ma lei sembrava immersa nelle
sue riflessioni, fu proprio lui a prendere la parola.
-Vedi, secondo le leggende il territorio di Tsukuba è popolato
da decine e decine di demoni, non forti quanto Rihito, ma comunque
dalla potenza considerevole. Il Kami no tanto
si trova proprio in cima al monte, per cui per arrivarci è
necessario superare tutti gli youkai che si presenteranno sul tuo
cammino. Sarà una missione estremamente pericolosa, Ranma.
Pensaci bene.
-Non me ne importa niente, io non ho paura! Tsè, sarà un gioco da ragazzi sconfiggerli tutti!
-Futuro marito, accidenti a te! Devi imparare ad essere più
umile e a non sottovalutare così i tuoi avversari! Non
sarà affatto facile come credi!
-Anche se dovessi morire nel tentativo, devo andare. È l’unico modo per salvarla.
Soun Tendo si alzò in piedi e si accostò a Ranma, abbracciandolo come un figlio.
-Ti ringrazio, Ranma. Se salverai la mia bambina, ti sarò grato per il resto dei miei giorni.
Quando lo lasciò, Ranma, lievemente rosso in viso, guardò
Soun negli occhi con intensità. La solennità del suo
sguardo non lasciava alcun dubbio sulle sue intenzioni.
-La salverò, lo giuro sul mio onore.
-Bravo, figliolo! Così parla il degno erede della scuola di lotta Saotome!
-Ranma, bambino mio!
Nodoka, in lacrime, corse ad abbracciare il figlio, che, ormai molto
rosso, le accarezzava i capelli e cercava di rassicurarla con le parole.
-Io vengo con te, Lanma.
-Ovviamente anch’io!
-Per salvare la dolce Akane andrei anche in capo al mondo, per cui contate pure su di me.
-E dove va Shampoo, vado anch’io.
Ranma, spiazzato, posò lo sguardo su ciascuno di loro.
Lasciò andare delicatamente sua madre e si soffermò sulle
loro espressioni risolute. Doveva ammetterlo: si sentiva un po’
più leggero al pensiero di averli al suo fianco. Ma non voleva
che corressero rischi inutili. Il compito di salvare Akane spettava
solo a lui.
-Ragazzi, sentite, sarà molto pericoloso, è meglio che voi rimaniate qui…
-No Lanma, noi veniamo con te!
-È a questo che servono gli amici, no?
-Ma…
-Niente ma. È deciso.
Commosso oltre ogni immaginazione, Ranma abbassò il viso e si
arrese. Pronunciò soltanto un’altra parola, detta col
cuore gonfio di emozione.
-Grazie…
-Bene, Futuro Marito, credo proprio che sia meglio che venga
anch’io. La mia conoscenza delle arti marziali è
sicuramente superiore alla vostra e ritengo che possa essere molto
utile in un viaggio così pericoloso. Preparate gli zaini, ci
incontriamo tutti qui tra un’ora esatta.
“Kami no tanto” dovrebbe
voler dire “Pugnale degli dei”. Il tanto è un
pugnale giapponese con lama lunga fino a 30 cm e piccola guardia.
Mio fratello ha insistito
perché lo scrivessi in giapponese, ma dato che non lo conosco
non sono affatto sicura del risultato. Ho quindi una richiesta da
farvi: se ho sbagliato fatemelo sapere così da poter correggere
l’errore! Detto questo posso salutarvi. A presto!
Lavs
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Capitolo 5 *** La soluzione ***
La soluzione
Rieccomi qui! Mi scuso per
l’incredibile ritardo, ma la febbre mi ha tenuto a letto per un
bel poco di giorni…meglio tardi che mai!
Questo è il capitolo che fino
ad ora mi ha dato più problemi e non sono del tutto soddisfatta
della sua riuscita, ma non ho saputo fare di meglio!
Comunque…passiamo ad altro!
Innanzitutto vorrei fare alcune precisazioni, prendendo spunto dal commento di Laila
a proposito del fatto che Ranma ringrazia i suoi amici, alla fine del
capitolo precedente. Mi ha fatto notare che probabilmente Ranma
avrebbe pensato più che detto la parola “Grazie”. In
effetti normalmente ti darei ragione. A parer mio però, dato che
la situazione è piuttosto drammatica e nessuno dei personaggi si
è mai trovato ad affrontare nulla di simile, le emozioni sono
molto amplificate e le reazioni possono essere inaspettate. Credo che
di fronte ad una prova di amicizia come quella perfino un supertimido
come Ranma troverebbe il coraggio di ringraziare verbalmente, evitando
calci e salti sulle teste di poveri malcapitati! Poi non
so…diciamo che mi piace pensare così! Premetto a questo
punto che tra poco vi troverete di fronte ad un capitolo in cui un
certo personaggio si comporterà in maniera a dir poco
incredibile. Non voglio anticipare nulla e spiegherò meglio
quando sarà il momento. In ogni caso se qualche personaggio vi
sembrerà un po’ OOC (e vi giuro che sto provando in tutti
i modi ad evitarlo, spero di riuscirci!) vi prego di perdonarmi! Ripeto
che il motivo è la natura stessa della storia.
Volevo anche dire che so che questi
capitoli non sono particolarmente ricchi di azione, ma mi piace andare
a rilento. Mi da la possibilità di dare più voce ai
personaggi. Dato che però è per voi che scrivo vorrei
chiedervi se secondo voi va bene. O forse è meglio che acceleri?
A questo punto passo ai
ringraziamenti. Non avrei mai immaginato che qualcuno potesse
apprezzare tanto il mio modo di scrivere. Confesso che ho sempre avuto
una gran paura di pubblicare qualcosa di mio, ma sono felice di aver
trovato il coraggio…grazie per i commenti meravigliosi! E un
grazie speciale va ad apple92
che mi ha addirittura messa tra gli autori preferiti! Sono a dir poco
lusingata…grazie anche per la conferma che riguarda la frase in
giapponese del capitolo precedente! Va bene, credo di aver detto
davvero tutto. Vi lascio al capitolo che è meglio. Mi sono
davvero dilungata troppo. Scusate se vi ho annoiato! Buona lettura!
Lavs
Capitolo V
La soluzione
Nella sala principale del suo castello, Rihito rifletteva intensamente,
misurando a grandi passi l’ampia stanza, come già aveva
fatto innumerevoli volte. Sapeva già, però, che non
sarebbe giunto a nessuna conclusione nemmeno in quell’occasione.
Continuava a mancare qualcosa. L’ultimo tassello del puzzle, il
più importante. Gli ci erano voluti dodici anni per comprendere
il motivo della perdita dei suoi poteri. Dodici lunghissimi anni. E
adesso, finalmente, era risalito alla causa. Aveva interferito con
l’Ordine superiore. Si era preso troppe libertà
risparmiando la vita di quella mortale. Era stato uno sciocco, lo
ammetteva. Ma era arrivato il momento di rimediare. Doveva riottenere
ciò che gli era stato sottratto. Ma come?
Per quanto si sforzasse non riusciva a capire cosa dovesse fare. Aveva
fatto centinaia di ricerche, interrogato innumerevoli saggi e sapienti
di ogni dove, ma nessuno sembrava essere in grado di dargli una
risposta. O forse semplicemente nessuno voleva farlo. Ma naturalmente
tutti coloro che non avevano soddisfatto la sua sete di sapere avevano
pagato a caro prezzo la loro mancanza.
Era così vicino…così vicino a riconquistare la sua antica potenza…
La sua rabbia stava raggiungendo livelli allarmanti. Strinse i pugni
convulsamente e digrignò i denti, emettendo un ringhio sordo,
mentre il bianco delle sue pupille iniziava ad iniettarsi di sangue.
“Maledetta ragazzina. Me la pagherai cara. Dopo che sarò
riuscito a capire come usarti te la farò pagare, stanne
certa.”
Il filo dei suoi pensieri fu spezzato da un rumore di colpi
all’enorme porta di legno, unico accesso alla sala. Rihito
recuperò la sua compostezza per far fronte al nuovo venuto.
Prese un respiro profondo e i suoi occhi tornarono normali.
-Avanti.
Un cigolio e un rumore di piccoli passi affrettati annunciarono
l’ingresso di una piccola figura. Un omino i cui lineamenti erano
così duri e abbozzati che sembravano scolpiti nella pietra.
Finanche il suo stesso corpo sembrava fatto dello stesso materiale e i
suoi occhi erano rossi, proprio come quelli di Rihito.
Si inchinò profondamente, con reverenza ed ammirazione, giunto
di fronte allo youkai che lo degnò appena di uno sguardo. Servi
e sottoposti non erano degni della sua attenzione.
-Mio signore, mi perdoni se la disturbo.
-Mi auguro che sia una cosa importante.
-Lo è, mio signore. Riguarda la missione che ci ha affidato.
-Avete scoperto qualcosa?
-Si, signore. Un bonzo di un villaggio sperduto aveva la risposta.
Gli occhi di Rihito di dilatarono per la sorpresa. Quei buoni a nulla
dei suoi servi erano davvero riusciti a trovare una soluzione? Quasi
non osava crederci. Eppure si sentiva fremere di eccitazione. Il suo
volto esprimeva una gioia selvaggia, quasi animalesca, così come
la sua voce. Aveva accarezzato l’idea di tornare ad essere
temibile come un tempo sin da quando aveva scoperto che si stava
indebolendo. Era diventato un chiodo fisso che lo disturbava nelle ore
di veglia e ancora di più in quelle di sonno. E forse adesso ce
l’avrebbe finalmente fatta.
-Parla, che cosa ti ha detto?
-Ecco mio signore, aveva visto giusto. Quella mortale è la risposta.
-Ne ero certo. Bene. Molto bene. Raccontami tutto.
******
Quella notte fu la più terribile della sua vita. Akane
continuava a vedere entrare e uscire dai suoi sogni demoni di ogni
sorta dall’aspetto mostruoso e continuava a rivedere quegli occhi
rossi che la fissavano. Chiamava Ranma con quanto fiato avesse in
corpo, ma lui non le rispondeva. Si sentiva persa.
Quando aprì gli occhi, le sembrò di non aver dormito
affatto. Attorno a lei era sempre tutto buio e ormai si sentiva gelata
fin dentro le ossa, debole e sul punto di svenire. La sua vista era
annebbiata e brividi incontrollati le scuotevano il corpo. Doveva avere
la febbre alta. Era sicura che non sarebbe riuscita a resistere un
altro giorno. Almeno la sua agonia sarebbe finita presto.
Rimase immobile nella stessa posizione per quelle che parvero ore,
finché Rihito non rifece la sua comparsa. Con uno schiocco delle
dita la liberò dalle catene.
-In piedi.
-Cos…perché?
-Non fare storie, alzati.
-Scordatelo.
-Ragazzina, non farmi perdere la pazienza. Ti ho detto di alzarti.
Traendo forza dalla propria ira, Akane si alzò in piedi ed
iniziò ad inveire contro lo youkai. Era decisa ad andar via da
quel posto a qualunque costo, anche se avesse dovuto costringere quel
maledetto demone con la forza. Si costrinse a rimanere ben salda sulle
gambe e a non vacillare, sebbene la testa le girasse incredibilmente.
-Voglio tornare a casa, hai capito? Voglio tornare dalla mia famiglia e di certo tu non mi tratterrai qui!
-Seguimi.
-Cosa? Allora non hai capito! Non eseguirò mai gli ordini di un bastardo come t…
Le parole le morirono sulle labbra. Senza che nemmeno lo vedesse,
Rihito le si parò davanti e le prese i polsi con una mano,
spingendola con forza verso il muro. Le sfuggì soltanto un
gemito di dolore, ma il suo cuore minacciava di scoppiare mentre, per
la prima volta da cosciente, si trovava così vicina allo youkai.
Stava per morire, ne era sicura. Sentiva gli artigli del demone
sfiorarle il collo, disegnando un percorso immaginario che andava da
una parte all’altra. Avvertiva il suo desiderio di uccidere. Il
desiderio selvaggio di lacerarle la gola.
La sua mente volò a Ranma. E, incredibilmente, formulò un
unico pensiero: “Non gli ho mai detto che lo amo.”
Il viso di Rihito era a pochi centimetri dal suo. Poteva sentire il
respiro dello youkai sulle labbra. Una lacrima solitaria le rigò
la guancia e, seguendola con lo sguardo, Rihito rise perfidamente.
Tornò poi a guardare Akane dritto negli occhi e le si
avvicinò ancora di più, posando le labbra gelide sul suo
orecchio. Quando parlò, Akane sentì un brivido correrle
lungo la schiena.
La sua voce era come un soffio glaciale.
-Potrei ucciderti adesso senza che nemmeno tu te ne accorga. Non costringermi a farlo.
Akane deglutì, sentendo ancora il corpo del demone premere
contro il suo. Il suo cuore batteva sempre più forte. Dopo
quelli che le parvero interminabili minuti Rihito si allontanò
da lei e, dandole le spalle, le intimò di seguirlo ancora una
volta. Questa volta non si sognò nemmeno di opporre resistenza.
Si incamminò dietro di lui, con una remissività che non
le si addiceva affatto. Si strinse le mani al petto nel tentativo di
calmare i battiti del suo cuore impazzito.
Finalmente, uscì da quella dannata caverna. In lontananza,
sentiva lo scrosciare dell’acqua. Dedusse che lo Stige non
dovesse essere molto lontano da lì. Avrebbe dato qualunque cosa
per scappare da quel posto. Le metteva i brividi.
Continuò a camminare seguendo Rihito per circa dieci minuti.
Ogni passo le costava un grandissimo sforzo. A causa dei giramenti di
testa aveva l’impressione che le forme intorno a lei si stessero
dissolvendo. Stava per svenire. Nonostante il respiro affannoso e il
corpo scosso da brividi sempre più violenti, si fece forza e
finalmente si trovò davanti ad un enorme palazzo di pietra,
ricco di svettanti torrioni. Non c’erano mura di cinta, ma
immaginò che non ci fosse bisogno di difendersi in un posto come
quello. All’ingresso c’era un enorme portone di legno con
due battenti di metallo.
Quando Rihito vi si avvicinò abbastanza, quello si
spalancò automaticamente e nell’ingresso, schierate in
fila, si trovavano dieci piccole figure. Erano alti appena mezzo metro
e sembravano fatti di pietra come il palazzo. I loro occhi erano rossi.
Quando lo youkai fece il suo ingresso, si inchinarono tutti
profondamente e l’omino a capo della fila fece un passo avanti.
-Bentornato, signore. Ai suoi ordini.
-Avete fatto quello che vi ho chiesto?
-Certamente signore. Abbiamo preparato la stanza in cima alle scale.
-Bene.
Senza degnare di un altro sguardo le dieci piccole figure, Rihito si
incamminò su per la scalinata. Incerta sul da farsi, Akane si
voltò verso i dieci servitori di pietra per ricevere
indicazioni, ma quelli si limitarono a rivolgerle sguardi malevoli.
Decidendo che non voleva stare in compagnia di quegli strani esseri un
secondo di più, salì di corsa le scale di pietra,
raggiungendo Rihito che proprio in quel momento stava entrando nella
stanza di cui poco prima avevano parlato i suoi servitori.
Indugiò sulla soglia e lo youkai le fece cenno di entrare.
Accanto alla porta c’era un camino in cui scoppiettava il fuoco.
Senza nemmeno riflettere, Akane vi si avvicinò per riscaldarsi.
-Avevo il sospetto che non saresti sopravvissuta a lungo in quella
caverna, così ti ho fatto preparare questa stanza e ti ho
portata qui.
Akane non rispose. Lo youkai aveva fin troppa ragione. Sarebbe di certo
morta se fosse rimasta in quell’antro gelido e buio. Ma questo
non spiegava perché Rihito avesse deciso di portarla nel suo
palazzo. Semmai questa insolita gentilezza la confondeva ancora di
più. Tuttavia non chiese al demone come mai non l’avesse
lasciata a morire di freddo. Non aveva intenzione di lamentarsi di
quella fortuna inaspettata.
Il calore del fuoco la rianimò, sebbene fosse ancora molto
debole, e si rese conto di essere anche piuttosto affamata. Come in
risposta ai suoi pensieri, si sentì bussare alla porta e quando
Rihito disse “Avanti”, uno di quei buffi esserini di pietra
entrò trasportando un vassoio.
Soltanto in quel momento Akane si rese conto di trovarsi in una camera
da letto. Esattamente di fronte alla porta c’era un enorme letto
a baldacchino e al centro della camera un piccolo tavolo di legno con
due sedie. Era piuttosto spoglia per essere una camera da letto e Akane
immaginò che venisse utilizzata piuttosto di rado.
Il servitore di Rihito pose il vassoio sul tavolo, che si rivelò
contenere minestra di miso calda, e versò in una tazza del
tè fumante. Lo stomaco di Akane diede in un brontolio sonoro che
la fece arrossire.
Intanto il servitore si era dileguato.
-Siediti e mangia.
-Co…come?
-Ho detto: siediti e mangia.
Akane guardò Rihito con somma diffidenza. Quelle attenzioni da
parte sua erano a dir poco sospette. Ma non resistette ai morsi della
fame, né tanto meno aveva intenzione di dare al demone una nuova
scusa per minacciarla di morte. Si sedette ed iniziò a
trangugiare la minestra, sotto lo sguardo vigile e attento dello
youkai, che trovò posto sulla seconda sedia e osservava ogni
gesto della minore delle Tendo come se la stesse studiando.
Sazia e riscaldata, Akane trovò il coraggio di rivolgersi a
Rihito. Si sentiva decisamente meglio, anche se sapeva che la febbre
non era ancora passata.
-Come mai hai deciso di portarmi qui e non mi hai lasciata a marcire in quella caverna?
-Mi servi viva e in forze per il momento.
Akane si sforzò di ignorare le ultima tre parole della frase e
si impose di non pensare a cosa sarebbe successo quando invece lui non
avesse più avuto bisogno di lei.
Pregò mentalmente Ranma perché si sbrigasse a tirarla
fuori da quella situazione. Sempre ammesso che avesse scoperto come
fare.
-Perché?
-Devo riprendermi i miei poteri.
-Questo me l’hai già detto. Ma cosa significa? Cose c’entro io in tutta questa storia?
-Sono anni che mi indebolisco lentamente. Naturalmente sono ancora in
grado di schiacciare chiunque mi affronti come se fosse un moscerino,
ma non è abbastanza. Devo tornare alla mia piena potenza. Ho
cercato di individuare la causa del mio indebolimento per lunghissimo
tempo e finalmente qualche tempo fa sono risalito a te. L’errore
di quel giorno mi è costato caro. Non avrei dovuto cedere ad uno
stupido capriccio umano.
-E perché mi hai portata qui?
-Perché, dopo dodici anni di tentativi, ho finalmente capito cosa devo fare per riavere la mia forza.
-E io a cosa ti servo?
-L’unico modo per riacquistare la mia antica potenza è
riprendermi la vita che ho salvato dodici anni fa. Ho dimostrato di
essere debole. Non avrei dovuto mai e poi mai accogliere le preghiere
di un essere umano e ne ho pagato le conseguenze. Oggi, finalmente, ho
capito cosa devo fare per rimediare al mio grave errore. Riprendermi la
tua vita.
-Vuoi…vuoi dire che hai intenzione di…uccidermi?
Quel sorrisetto maligno che Akane aveva già imparato a detestare
con tutte le sue forze increspò le labbra dello youkai.
A quel punto la minore delle Tendo non aveva più alcun bisogno
di una risposta. Aveva compreso fin troppo bene le intenzioni di quel
bastardo. Non l’aveva portata nel suo palazzo per salvarla da
morte certa, ma soltanto per ucciderla quando faceva comodo a lui. Era
scritto chiaramente nel suo sguardo. Si sentì gelare dentro e il
suo cuore smise di battere per alcuni tragici istanti.
Era confusa, non riusciva ancora a capire bene la situazione, come se
la sua mente si rifiutasse di elaborare le parole appena sentite. Le
registrava soltanto vagamente.
-Esattamente. Tra otto giorni saranno passati dodici anni esatti dal
giorno in cui decisi di risparmiarti la vita. Quella deve essere la
data in cui troverai la morte e potrai restituirmi pieni poteri. Il tuo
sangue è la risposta.
-No…NO! NON TE LO PERMETTERÒ!
-E come credi di potermelo impedire?
-Io…
-Come immaginavo.
Senza più degnare Akane di alcuna attenzione, decise che era il
momento di andar via. Si alzò dalla sedia e si avvicinò
alla porta, spalancandola.
Senza voltarsi riprese a parlare.
-Ovviamente in questi rimanenti otto giorni sarai mia graditissima
ospite e disporrai di vitto e alloggio gratuiti. Meraviglioso, non
credi anche tu? Esattamente come una vacanza pagata.
Varcò la soglia e chiuse a chiave l’uscio alle sue spalle,
mentre la sua risata di scherno echeggiava ancora tra le quattro mura.
Il cuore di Akane sembrava non voler reggere allo shock, batteva ad una
velocità inaudita mentre la mente continuava a non volere
accettare la realtà e le sue gambe erano scosse da tremiti
incontrollati che non le permisero di reggersi in piedi un secondo di
più. Cadde in ginocchio, stordita.
Le parole di Rihito riecheggiavano nella sua mente e facevano breccia lentamente.
L’unico modo per riacquistare la mia antica potenza è riprendermi la vita che ho salvato dodici anni fa.
Il tuo sangue è la risposta.
-Otto giorni…
Ripeté in un sussurro.
Improvvisamente, come se la sua mente si fosse risvegliata da un lungo
sonno, si rese conto della situazione: le rimanevano soltanto pochi
giorni di vita. Otto giorni e quel bastardo l’avrebbe tolta di
mezzo senza tante cerimonie.
No, non poteva permetterlo. Lei non sarebbe morta così. Non
avrebbe lasciato che quell’essere la tenesse prigioniera per poi
sacrificarla a suo piacimento. Lei non poteva andarsene. Non poteva
lasciare la sua famiglia. Non poteva lasciare i suoi amici.
E soprattutto non poteva lasciare lui.
Non ancora, non così. Finalmente aveva capito. Si ritrovò
a sorridere amaramente per l’ironia della sorte: aveva compreso
la cosa più importante della sua vita soltanto quando stava per
trovare la morte. Era innamorata di Ranma. E lui non lo sapeva.
Tutte le incertezze, le paure, i dubbi si dissiparono all’istante
di fronte a quella nuova consapevolezza. L’aveva sempre saputo,
dentro di sé. Aveva sempre custodito quel segreto gelosamente
nel suo cuore senza rivelarlo a nessuno, nemmeno a se stessa. Era
sempre stata troppo sciocca ed insicura per urlarlo ai quattro venti.
Aveva sempre avuto timore che lui potesse ferirla, che potesse mandare
di nuovo in pezzi il suo cuore. Aveva già sofferto troppo. La
morte di sua madre aveva aperto una ferita che non si era ancora
rimarginata e da quel giorno si era chiusa in se stessa. Aveva lavorato
faticosamente per forgiare quell’impenetrabile corazza che la
schermava da ogni male. Ma lui aveva fatto breccia. Lentamente, a suo
modo aveva mandato in pezzi ogni sua difesa. Quando gli aveva permesso
di avvicinarsi così tanto? Come era riuscito lui, un ragazzo, a
rubarle il cuore? Eppure la verità era lì, da sempre e
aspettava soltanto di venire a galla. Le aveva toccato l’anima
come mai nessuno era riuscito a fare.
Lo capiva soltanto in quel momento: doveva dirglielo, doveva farglielo
sapere. Non poteva andarsene col rimorso di non averlo mai fatto.
Quanto tempo aveva sprecato? Quante preziose occasioni?
I suoi occhi si riempirono lentamente di lacrime. I ricordi si
riversarono su di lei come un fiume in piena: ogni parola, ogni gesto,
ogni litigata e anche quelle poche, indimenticabili occasioni in cui
aveva sentito il proprio cuore battere più forte, mentre lui le
faceva un complimento o minacciava chiunque le si avvicinasse o metteva
in pericolo se stesso per proteggerla.
Chiuse gli occhi e le lacrime presero a scorrere lungo il suo viso. I ricordi facevano male al cuore.
I minuti scorrevano inesorabili e Akane rimaneva lì, in
ginocchio a piangere e a sperare ardentemente che Ranma trovasse presto
un modo per arrivare da lei, per salvarla. Lui sarebbe venuto, arrivava
sempre per lei al momento giusto. L’avrebbe fatto anche quella
volta e finalmente lei avrebbe potuto rivelargli quello che aveva
taciuto così a lungo.
E se invece lui non ce l’avesse fatta? Se lui non fosse riuscito
ad arrivare in tempo? Non poteva sempre contare sul principe azzurro
pronto a trarla in salvo. Doveva escogitare qualcosa. Non viveva in una
favola, ma nel mondo reale e doveva fare di tutto per proteggersi. Per
rivederlo.
Doveva scappare.
Ma come?
Si guardò intorno in cerca di una qualsiasi via d’uscita.
Il suo sguardo percorse tutta la stanza per cogliere ogni più
piccolo segnale che indicasse una possibile via di fuga. Si
soffermò sulle pareti spoglie, il letto, il camino. Non
c’erano finestre e l’unica porta era quella dalla quale
poco prima era uscito Rihito. Era chiusa a chiave. Allora cosa poteva
fare?
Si alzò in piedi e cominciò a prendere a pugni la porta
nel tentativo di spalancarla. I suo colpi contro il legno facevano
vibrare lievemente l’uscio che non sembrava però volersi
aprire affatto. Continuò a colpire per minuti interi sempre
più forte, ignorando i graffi e le ferite che si aprivano sulle
sue mani per via dell’impatto prolungato contro il legno duro ed
il sangue che colava giù e gocciolava sul pavimento. Scossa da
singhiozzi incontrollati continuava a colpire e colpire. Nessun
risultato. Ma non intendeva affatto darsi per vinta. Prese la rincorsa
e si fiondò sulla porte con la spalla, ancora, ancora e ancora.
Riprovò lanciando un grido per darsi la carica e l’impatto
le fece lanciare un urlo di dolore. La spalla si era slogata. Strinse i
denti e con un colpo secco cercò di rimetterla al suo posto. Si
morse il labbro fino a farlo sanguinare nel tentativo di non urlare
ancora più forte e riuscì a farsi scappare soltanto un
gemito di dolore. Col respiro affannoso ad irregolare, stringendosi
ancora la spalla destra con la mano, scivolò appoggiandosi alla
porta fino al pavimento. I singhiozzi continuavano a scuoterla e la
disperazione l’aveva sopraffatta del tutto. “Non
riuscirò mai a scappare, non ce la farò mai. Per me
è finita. Ranma, ti prego, ti prego sbrigati…”
-RANMAAAA!
******
A centinaia e centinaia di chilometri di distanza, il ragazzo col
codino si interruppe nell’atto di richiudere il suo zaino ricolmo
di provviste e cambi d’abito. Il suo cuore accelerò i
battiti. L’aveva sentita, ne era sicuro. Akane aveva urlato il
suo nome. Con un gesto secco richiuse la cerniera, si mise lo zaino in
spalla e si precipitò in sala da pranzo, pregando che gli altri
fossero già arrivati. Non c’era un secondo da perdere. Che
cosa stava succedendo ad Akane? Chissà cosa stava patendo mentre
lui era lì a non far nulla e ad aspettare con le mani in mano
l’arrivo dei suoi compagni.
Giunto nella sala da pranzo vi trovò Kasumi, seduta al tavolo,
lo sguardo perso nel vuoto. Quando lo sentì arrivare la
fanciulla alzò lo sguardo e Ranma stentò a riconoscerla.
Del dolce sorriso e del viso allegro di Kasumi Tendo, nessuna traccia.
Al suo posto un viso stanco, le cui ombre sotto gli occhi facevano
risaltare lo sguardo spaventato. Ogni tratto del suo volto era solcato
dalla preoccupazione.
-Ranma, stai bene? Sei molto pallido. Vuoi che ti prepari qualcosa?
-No, grazie, non preoccuparti. Sto bene.
“Sto bene.” Chissà perché continuava a
ripeterlo a tutti. Non ricordava di essersi mai sentito peggio in tutta
la sua vita. Del resto non voleva che famiglia e amici dovessero
preoccuparsi anche per lui. Erano tutti già abbastanza in ansia.
Prese un respiro profondo e tornò a rivolgersi alla maggiore delle Tendo.
-Non è ancora arrivato nessuno?
-No, ma non preoccuparti, vedrai che saranno qui a momenti. Perché non ti siedi mentre aspetti?
-No, grazie. Preferisco rimanere in piedi.
Prese a misurare la sala da pranzo a grandi passi mentre Kasumi volgeva
nuovamente il viso verso il basso senza più guardarlo. Proprio
in quell’istante Nabiki e Ryoga fecero il loro ingresso, e la
ragazza dal caschetto castano prese la parola indicando Ryoga col
pollice, visibilmente irritata.
-Si era perso. Non riusciva ad arrivare qui. L’ho trovato in bagno.
-M…mi dispiace.
Nessuno si prese la briga di rispondere o di commentare. Nabiki e Ryoga
presero posto vicino a Kasumi, che forse non si era nemmeno resa conto
del loro arrivo e si ridestò dai suoi pensieri soltanto quando
la sorella si rivolse direttamente a lei.
-Kasumi, ma dov’è papà?
-Oh, bè, a letto. Ha la febbre.
-Capisco.
Nessuno prese più la parola. I minuti passavano lenti e Ranma
continuava a camminare in tondo, lo zaino già sulle spalle per
accelerare il più possibile il momento della partenza.
Più passava il tempo, più il ragazzo col codino si
innervosiva. “Perché diavolo ci mettono tanto?
Accidenti!”
-Ranma, vuoi stare fermo? Mi stai facendo impazzire!
Ranma ignorò il commento di Nabiki. O forse non lo sentì affatto.
Dopo qualche secondo Kasumi si alzò per andare a controllare che
il padre stesse bene e i coniugi Saotome entrarono nella sala da
pranzo. Genma si sedette nel posto lascito vuoto da Kasumi e Nodoka si
avvicinò a Ranma e gli si rivolse con la preoccupazione nella
voce.
-Ranma, tesoro, stai bene?
-Si, mamma. Non preoccuparti. È tutto a posto.
-Figliolo, stai attento d’accordo?
-Certo, sta tranquilla.
Finalmente, dopo dieci minuti di attesa, Ukyo li raggiunse. A stento
Ranma si trattenne dal prendersela con lei per aver perso tutto quel
tempo. Cercò di calmarsi e di resistere all’impulso di
partire da solo. Perché la vecchia, Shampoo e Mousse non erano
ancora arrivati?
Anche Ukyo, come aveva fatto poco prima sua madre, gli chiese come
stava. E anche a lei Ranma diede la stessa, falsa risposta. Sebbene la
cuoca di okonomiyaki non sembrasse convinta, si allontanò da lui
per avvicinarsi a Ryoga.
-Ranchan sta soffrendo molto.
-Bè, che cosa ti aspettavi? Akane è in pericolo di vita.
-Lo so…è che…non l’ho mai visto così spaventato.
-È di Akane che dovresti preoccuparti! Possibile che stiate sempre a pensare a Ranma?
-Ma che diavolo ti prende? Sono preoccupata anche per lei, cosa credi?
-Si, certo! Non farmi credere che non saresti felice se si levasse di mezzo!
-Ma cosa stai dicendo, Ryoga! Per chi mi hai preso?
La rabbia di Ryoga svanì all’istante e il ragazzo con la
bandana sembrò sgonfiarsi sotto gli occhi di Ukyo, che lo
guardava sbigottita ed incredula e dalla sua espressione era chiaro
quanto le parole di Ryoga l’avessero ferita.
Il ragazzo abbassò il viso e i suoi occhi si velarono di lacrime.
-Ti chiedo scusa. È solo che…ho paura.
-Lo so. Non preoccuparti, ti capisco.
Ukyo pose una mano sulla spalla di Ryoga e il ragazzo la strinse
brevemente con la sua per poi alzarsi in piedi ed avvicinarsi a Ranma.
Proprio in quel’istante arrivarono anche Obaba, Shampoo e Mousse.
-Finalmente! Ce ne avete messo di tempo! Possiamo andare adesso?
Senza dargli il tempo di replicare si avvicinò ai suoi genitori
e dopo aver abbracciato sua madre e aver salutato gli altri, Ranma
uscì nell’aria frizzante del mattino. Lui, Ryoga, Ukyo,
Shampoo, Mousse e Obaba lasciarono insieme casa Tendo e si
incamminarono in direzione del monte Tsukuba.
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Capitolo 6 *** Verso il monte Tsukuba ***
Verso il monte Tsukuba
Salve a tutti! Eccomi tornata! Mi
rendo conto che nell’introduzione del capitolo precedente mi sono
spiegata come un libro chiuso a proposito del personaggio assolutamente
OOC che troverete. Ho lascito intendere che l’avreste trovato in
quel capitolo, invece mi riferivo al settimo. Chiedo scusa per la
spiegazione confusa!
Prometto invece che dalla prossima
volta ci sarà un po’ più di azione e mi scuso se
finora i capitoli sono stati un po’ “morti”.
Adesso passo a ringraziare tutti.
Laila:
il tuo commento così dettagliato e preciso mi ha riempito di
gioia. Sono davvero felice di riuscire a farti percepire le
emozioni dei personaggi. Credo sia la cosa più difficile per uno
scrittore e sapere che ci riesco non può che farmi un gran
piacere! Mi fa sempre piacere leggere i tuoi commenti, spero ti farai
sentire anche questa volta!
Apple92:
addirittura l’hai dovuto leggere due volte? Ma non immagini che
piacere mi fa!! A te va un grazie speciale. Sono particolarmente
affezionata ai tuoi commenti sempre puntuali e precisi che lasciano
anche spazio a qualche critica. Sono felice che la storia ti piaccia!
Robbykiss:
spero che continuerai a seguire la storia e a commentare come hai fatto
fino ad ora, le belle recensioni sono graditissime! E naturalmente non
posso che ringraziarti per avermi messa tra i preferiti…è
un grande onore per me!
Littel:
grazie per le belle parole! E grazie anche perché trovi il tempo
di commentare ogni capitolo…non immagini quanto mi fai felice!
_kaggy_chan_:
grazie anche a te per i complimenti! Sono contenta di sapere che ti
emoziono e che gradisci il mio modo di scrivere…spero
apprezzerai anche questo capitolo e che recensirai anche questa
volta!
Kuno84:
che dire? Vedere il tuo nome mi ha fatto felice! Ricevere un commento
del genere da te è quanto dire! Mi hai fatto arrossire come un
peperone. So bene che il rapimento di Akane di certo non è una
novità all’interno delle fanfiction, ma anche la sublime
Takahashi lo ripropone più volte all’interno del manga.
Così mi sono detta che forse poteva essere utilizzato per la
millesima volta, sperando che lo sviluppo sia un po’ più
originale. Spero davvero di non deluderti perché tengo
infinitamente alla tua opinione! Bè…grazie! Spero
commenterai ancora se troverai tempo…
Un grazie specialissimo va anche a Tiger eyes (sono contenta che ti sia ritagliata un po’ di tempo per me!), a Maryku, che si è appassionata a questa mia fanfiction e mi riempie di complimenti, e naturalmente ad Akane25…la prima che abbia lasciato un commento per questa storia! Spero di risentirvi!
Detto questo vi lascio al capitolo…
Lavs
Capitolo VI
Verso il monte Tsukuba
Il cielo era limpido e terso. Rade nuvole bianche punteggiavano la
volta azzurra, come piccole macchie di colore. Piccoli passeri
cinguettavano allegramente spiccando il volo dai rami più alti
degli alberi, inseguendosi, e le fronde erano scosse da una brezza
leggera e piacevolmente rinfrescante. Il sole tiepido del primo mattino
irradiava la sua luce e il suo calore. Ma il cuore di Ranma era come
raggelato, oppresso da un peso troppo grande da poter sopportare. E
Ranma camminava risoluto, in silenzio, focalizzando il suo obiettivo,
concentrando ogni sforzo e ogni gesto sull’idea di raggiungerlo
al più presto. Un passo dopo l’altro, in silenzio,
ripetendo continuamente la stessa frase nella mente, come un litania
interminabile.
-Resisti, Akane…resisti, Akane…
E il pensiero di riabbracciarla gli dava la forza di andare avanti.
Ignorando la stanchezza, proseguiva senza sosta, guardando dritto
davanti a sé. Non avvertiva nulla intorno a lui, né il
canto degli uccelli, né la sensazione del vento sulla pelle. Non
era nemmeno conscio di dove si trovasse o con chi, indifferente al
dolore ai muscoli e alla testa dopo il duro colpo della sera
precedente. Ogni pensiero superfluo era stato rinchiuso in un angolo
recondito della sua mente per lasciar posto all’unico che
contasse davvero in quel momento, il solo che riuscisse a formulare da
quando l’aveva vista sparire: salvare Akane.
Nessuno osava rivolgergli la parola. Avevano come la sensazione che
Ranma non avrebbe tollerato alcuna distrazione. Ognuno si limitava a
seguire il suo esempio, camminando in silenzio.
-Vecchia, quanto pensi che ci vorrà ad arrivare?
-Bè, credo che se procediamo di questo passo due giorni e mezzo dovrebbero bastare.
Ranma non disse un'altra parola. Due giorni e mezzo. Erano molti. Senza
contare il tempo che ci sarebbe voluto per impadronirsi del Kami no tanto,
per fare ritorno a casa e per procedere con il rituale. Ci sarebbe
voluta almeno una settimana. Serrò la mascella con rabbia e
strinse i pugni attorno alle cinghie del suo zaino. Akane avrebbe
resistito tanto? Cosa le stava succedendo? Non poteva fare a meno di
chiederselo continuamente e di immaginare le cose più orribili.
“Se quel bastardo osa torcerle anche solo un capello lo
ucciderò con le mie mani, lo giuro.”
Camminarono per ore senza sosta. Ranma cominciava ad avvertire segni di
irrequietezza tra i suoi compagni, ma non gli importava. Non voleva
fermarsi. Dovevano fare presto. Sarebbe andato da solo, se necessario.
La cosa non gli importava.
Il sole era ormai alto nel cielo e sentiva la nuca scottare. Il sudore
gli imperlava la fronte e cominciava anche lui ad avvertire la
stanchezza. Ma cos’era la sua sofferenza in confronto a
ciò che sicuramente Akane stava patendo? Doveva proseguire.
Nel mentre Ukyo si fece coraggio e si rivolse a Ranma.
-Ranchan, senti, siamo tutti stanchissimi, che ne dici di fermarci a riposare un po’ e a mangiare qualcosa?
Il ragazzo col codino non si prese nemmeno la briga di voltarsi a
guardarla. Chiuse gli occhi un istante come ad invocare una pazienza
che sembrava non possedere affatto. Quando parlò, il suo tono
era più duro di quanto volesse. Non era riuscito a fare
altrimenti.
-No, dobbiamo proseguire. Il tempo stringe.
-Ma, Lanma…
Ranma perse anche quel briciolo di pazienza che gli restava. Ma cosa
diavolo avevano in testa quelle due stupide? Credevano che sarebbe
stata una gita di piacere, una allegra scampagnata con gli amici? Erano
proprio due sciocche. E a giudicare dal suo sguardo e dal modo in cui
aveva serrato la mascella e digrignato i denti, anche Ryoga sembrava
condividere il suo stato d’animo.
-Sentite, non è un gioco, lo capite? Non stiamo scherzando!
Akane è intrappolata chissà dove e chissà cosa sta
passando, volete mettervelo in testa?
La voce di Ranma cresceva di volume e di intensità, così
come la sua rabbia, facendo trasalire Shampoo e Ukyo. Era la prima
volta che si rivolgeva a loro in quel modo. La prima volta che le
guardava come se le odiasse davvero. Il suo sguardo era così
diverso…sembrava spento e pareva di scorgervi guizzare delle
ombre scure. Il limpido azzurro dei suoi occhi era come sparito,
cedendo il posto ad un grigio cupo. Come poteva qualcuno cambiare
così tanto in così poco tempo? Stentavano tutti a
riconoscerlo.
Ryoga si avvicinò a Ranma e gli mise una mano sulla spalla per
calmarlo. Era l’unico in grado di capire vagamente cosa lui
stesse provando. Ranma chiuse gli occhi, sospirò pesantemente e
annuì.
Shampoo e Ukyo avevano chinato il capo, imbarazzate e spaventate dalla
furia del ragazzo. Mousse guardava Ranma con una strana espressione,
come se non sapesse bene se compatirlo per il dolore che sentiva, o
infuriarsi per il modo in cui aveva osato parlare alla sua Shampoo.
Alla fine optò per un compromesso, distogliendo lo sguardo da
lui.
-Futuro Marito, le ragazze hanno ragione. È meglio riposare un
po’. Non possiamo procedere ancora per molto a questa andatura.
-Bene, fate come diavolo volete, accidenti!
Si sedettero all’ombra di un alto faggio poggiando la schiena al
tronco e sospirando di sollievo. Ukyo si massaggiava le caviglie e
Mousse tentava di fare lo stesso con le spalle di Shampoo, che faceva
di tutto per allontanarlo, irritata, e aveva preso a colpirlo
violentemente sulla testa con i suoi bombori.
Ranma prese posto lontano da loro. Non aveva alcuna voglia di starli a
sentire, né tantomeno di prendere parte ad una qualsiasi
conversazione.
La rabbia ribolliva in lui ancora più incandescente di prima,
come un veleno letale che corrodeva ogni parte del suo animo. Come
poteva essere stato felice di non partire da solo? I suoi presunti
compagni erano solo una palla al piede, accidenti. Si sentiva un idiota
ad aver acconsentito a portarli con sé. A loro non importava
nulla della riuscita della loro impresa, né tantomeno di Akane.
Proprio in quel momento Ryoga si avvicinò a Ranma e si sedette accanto a lui.
-Sono delle stupide, ti capisco.
-L’avevo detto, io. Non avrebbero dovuto venire. Non è roba da donne, questa.
-Avevi ragione.
Ryoga fece una pausa molto lunga, lo sguardo che vagava per le distese
verdeggianti senza in realtà vederle. Anche i suoi occhi erano
cambiati. Privi di quella luce che solitamente vi albergava, privi del
loro abituale ardore e della voglia di affrontare sfide nuove e sempre
più impegnative.
Ranma si sentì vicino a lui come mai lo era stato. No. Non era
solo lui a voler fare di tutto per riavere Akane. Ryoga era davvero
l’unico che potesse capire il suo tormento. E per la prima volta,
Ranma comprese quanto grande fosse l’amore di quel povero
sventurato. E quanto lo fosse il suo dolore per il non essere
corrisposto. In quel momento si capivano davvero. Il tempo dei giochi
da bambini era finito. Adesso si trovavano di fronte ad un nemico
ignoto e potente e la possibilità che qualcuno potesse perdere
la vita era una minaccia che aleggiava sulle loro teste, implacabile.
Strappando Ranma alle sue riflessioni, Ryoga gli si rivolse nuovamente,
cercando di non risultare eccessivamente angosciato e di tener ferma la
voce.
-Ranma…senti…secondo te come sta? Voglio dire…credi stia bene?
Ranma si incupì. Che domanda…la domanda più
spinosa a dire il vero, quella che gli ronzava in testa da ore e che
non gli dava tregua, come un insetto fastidioso.
Ryoga stava dando voce alle sue paure più radicate.
Avrebbe dato di tutto pur di conoscere la risposta. Scosse la testa
sospirando e si passò una mano tra i capelli, spettinandoli con
un gesto esasperato.
-Non lo so. Non so cosa pensare. Stamattina…ho come avuto la
sensazione che mi stesse chiamando. Non so come spiegarlo, è
stato strano. Ma sono sicuro che stava urlando il mio nome. È
viva, ne sono certo. Si, Akane è una ragazza forte. Sta bene.
“Deve stare bene…Akane, aspettami, capito? Ti riporterò a casa, stanne certa.”
Ryoga intanto aveva ripreso a fissare il paesaggio, assorto.
E di nuovo un ricordo non richiesto invase la sua mente. Inatteso e per
questo più doloroso. Quello sguardo…lo sguardo di Akane
prima dell’arrivo di Rihito. Il suo odio. Sentì una
stretta al cuore e si costrinse a scacciare quell’immagine dalla
mente.
Sentiva terribilmente la sua mancanza. Rievocò i ricordi
più belli che avesse di lei, non ultimo il suo sorriso a
Jusenkyo, quando aveva riaperto gli occhi e lui l’aveva stretta
tra le braccia come a non volerla più lasciare andare. Ed era
davvero questo che aveva desiderato. Avrebbe dato qualsiasi cosa
perché il tempo si fosse fermato in quell’esatto istante,
in cui tutto sembrava così perfetto, così chiaro,
così semplice. Importava solo che loro due fossero lì,
con i loro cuori che battevano all’unisono. E allora avrebbe
voluto dirglielo, avrebbe voluto confessarglielo ma ancora una volta
aveva taciuto. E, come tutte le cose belle, anche quel momento era
scivolato via come sabbia tra le dita e con esso la magia che creatasi.
Era rimasto in silenzio. Di nuovo. Già una volta aveva rischiato
di perderla per sempre, eppure come un’idiota continuava a
tacere. E adesso questo. Cos’era, una punizione per essere troppo
codardo, forse? Se davvero lo era, era troppo severa. Ma di una cosa
poteva esser certo: questa volta avrebbe cambiato le cose. Questa volta
le avrebbe detto tutto, fino in fondo. E niente e nessuno glielo
avrebbe impedito.
Dopo un pasto veloce e una mezz’ora di riposo, i sei compagni si rimisero in viaggio.
Il paesaggio era sempre lo stesso: foreste interminabili e qualche
radura isolata di tanto in tanto. L’unico fattore positivo era
che attraverso i boschi il caldo era meno opprimente e le zone
d’ombra molto più frequenti.
Shampoo era profondamente irritata. Perché il suo ailen
si dava tanta pena per quella ragazza priva di fascino? Era solo un
maschiaccio violento, come lui stesso continuava a ripetere, no? E
allora perché preoccuparsi tanto? Sicuramente stava benissimo,
aveva la pelle dura, lei. L’aveva dimostrato in più di
un’occasione.
Si costrinse però ad ammettere che il pericolo questa volta era
più grande…si morse il labbro inferiore e volse lo
sguardo verso Ranma. Era vero. Non era affatto il solito, spensierato,
strafottente Ranma. Non l’aveva mai visto così,
possibile?, spaventato. Già, Ranma Saotome aveva paura. Paura
che succedesse qualcosa ad Akane. Paura di non rivederla. E lei credeva
di sapere perché, anche se ammetterlo apertamente era ben altra
cosa.
*******
Il pomeriggio portò con sé una pioggerellina fastidiosa.
Ryoga era riuscito a ripararsi appena in tempo sotto il suo ombrello
rosso, ma gli altri erano stati meno fortunati. Chiunque avesse
guardato nella loro direzione in quel momento avrebbe visto una strana
vecchina saltellare su un bastone accanto ad una prorompente rossa
vestita alla cinese ed immediatamente dietro un ragazzo con in braccio
una gatta, affiancato da una strana tipa con una spatola enorme sulle
spalle e un papero tra le braccia. Un gruppetto senza alcun dubbio
piuttosto bizzarro.
Ranma accoglieva la pioggia con gioia. Sebbene alla frustrazione
già provata si fosse aggiunto il fastidio per essere diventato
una ragazza, in quel momento la vide come una benedizione, come se
quelle gocce gelide che scorrevano sul suo corpo e scivolavano via
potessero portare con loro la sua imperdonabile colpa e lavarla
via. Era colpevole. Colpevole.
Non riusciva quasi a respirare, sentiva come un nodo in gola,
impossibile da sciogliere. Impossibile da sopportare. E sforzarsi con
tutto se stesso di rimediare, di cancellare il suo errore, era
l’unica cosa che lo tenesse in piedi e gli desse una ragione per
non lasciarsi andare all’oblio.
Il terreno era diventato fangoso e camminare più difficile e
faticoso, ma nessuno si dava per vinto, nessuno intendeva cedere.
Temprare la mente e lo spirito. Focalizzare l’obiettivo. Ecco
come andare avanti. Al tramonto, tuttavia, la pioggia
cessò di cadere ed il sole fece capolino attraverso le nubi
grigie che lentamente si stavano diradando, colorando di un
bell’arancio il cielo. Ranma malediceva le sue fattezze da
ragazza. Lo rendevano più debole e si stancava con maggiore
facilità.
La sera li colse ormai spossati e infreddoliti e finalmente Ryoga spezzò un silenzio che ormai durava da ore.
-Dobbiamo fermarci, Ranma. Con questo buio non arriveremo molto
lontano. E poi è il caso che ritorniate normali, non credi?
Domattina ci rimetteremo in viaggio.
-Si…d’accordo.
Camminando per quasi cinque minuti si ritrovarono in una piccola radura
isolata, circondata dagli alberi: un buon posto per accamparsi e
montare le tende. Ranma divideva la sua con Mousse e Ryoga e le ragazze
con Cologne.
Accesero un bel fuoco e riscaldarono dell’acqua. Ranma si
versò addosso il contenuto di una teiera fumante e
avvertì il familiare formicolio, inconfondibile segno che aveva
riacquistato le sue solite fattezze da ragazzo. Era stanco e non aveva
alcuna voglia di parlare con nessuno. Si sentiva stranamente isolato da
tutti, come se una barriera invisibile costituisse un muro invalicabile
tra lui e gli altri. Così, dopo aver mandato giù qualcosa
da mangiare, diede la buona notte a tutti e sparì nella sua
tenda, sebbene fosse certo che non avrebbe dormito affatto.
Mentre si allontanava, Ucchan lo seguì con lo sguardo. Ryoga
intanto le si era seduto accanto. Sembrava aver riacquistato un
po’ di colore rispetto alla notte precedente, anche se le ombre
scure sotto i suoi occhi erano un chiaro segno di quanto dovesse essere
stanco e provato.
-Ciao.
-Ciao.
-Allora, come ti senti?
-Sono sfinito…
-Anch’io.
-Sarebbe stato meglio che voi donne foste rimaste a casa. Non è
un viaggio adatto a voi. Io lo so bene, non faccio altro che viaggiare!
-Invece sono perfettamente in grado di stare al passo. Sono una ragazza forte, cosa credi?
-Certo, ne sono sicuro, ma per affrontare dei giorni come quelli che ci aspettano non basta essere una ragazza forte.
-Vedrai che ce la farò.
Seguì qualche istante di silenzio, interrotto solo da Shampoo
che battibeccava con Mousse che come al solito cercava di dichiararle
il suo amore e di abbracciarla, finendo puntualmente pestato dalla
cinesina.
Ucchan si guardava le mani strette in grembo. Fece un respiro profondo e parlò ancora.
-Ranchan è così strano…
-Dici? Parli così solo perché tu non eri con noi, in Cina.
Finalmente Ucchan si voltò a guardarlo. Ryoga invece osservava
l’ipnotico danzare delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi
verdi. Aveva un’espressione terribilmente malinconica e la cuoca
provò un moto di affetto inspiegato per il ragazzo con la
bandana. Lo sentiva vicino. Forse perché erano simili. Spiriti
affini.
-Che intendi dire?
-Ranma è sempre così quando c’è in ballo la vita di Akane.
Ucchan sussultò. Abbassò lo sguardo verso il basso e si portò una mano al petto.
“Allora è vero…Ranma è…”
Questo pensiero e altri simili si affollarono nella mente di Ucchan,
accompagnati da un doloroso senso di oppressione al petto. “Non
piangere, non piangere Ucchan, sei una ragazza forte.”
E forte lo era davvero. Sentiva le lacrime pizzicare nel tentativo di
uscire. Ma le ricacciò indietro. Lei non piangeva. Mai.
Ryoga si distese, incrociando le braccia dietro la nuca ed emise un
sospiro appena percettibile. Ukyo cercò di riscuotersi.
-Bè, è normale che si preoccupi, del resto la conosce da tanto tempo…
-No…non è solo questo e tu lo sai. Credo che la sappiano
tutti ma nessuno sembra in grado di accettare la realtà, nemmeno
Ranma e Akane. Io ormai sono riuscito ad ammetterlo con me stesso.
È così evidente…e più che mai lo è
stato quel giorno, quando Ranma ha creduto che Akane fosse morta. Se tu
ci fossi stata, se avessi visto quello che ho visto io, ti saresti
rassegnata. Non riesco a capire come faccia Shampoo a nutrire ancora
qualche speranza di conquistarlo. Lei era lì. Ma io sono
più furbo, o forse più stupido, o semplicemente
più debole, non lo so. In ogni caso ho deciso di andare avanti.
-Andare avanti?
-Devo dimenticare Akane.
-Ma…Ryoga, non credi che ci sia ancora qualche speranza? Magari tra qualche tempo…
Ryoga sorrise, ma non c’era gioia nella sua espressione. Il
sorriso più triste che Ukyo avesse mai visto. Si interruppe,
dando modo al ragazzo di continuare a parlare.
-Quante volte ci abbiamo già provato? Gli abbiamo anche rovinato
il matrimonio! È tutto inutile. Non saremo certo noi a riuscire
a dividerli. Non fraintendermi, non è facile per me. Io facevo
esattamente questi stessi discorsi qualche tempo fa, ma quel giorno ho
aperto gli occhi e da quel momento ho deciso di smettere di illudermi.
Perché continuare a farmi ancora più male? Akane non
sarà mai mia. È meglio che lo accetti.
-Ma…
-Ukyo, sei una ragazza intelligente. Fai come me, cerca di superarla.
Shampoo si rifiuterà sempre di accettarlo, ma so che tu capirai.
Lo dico per il tuo bene, cerca di dimenticare.
-Io…
-Non serve parlarne adesso. Ci vorrà del tempo, lo so. Ma, fidati di me, è meglio così.
Ryoga le sorrise impercettibilmente, si alzò in piedi e, dopo
averle augurato la buona notte, raggiunse Ranma nella tenda,
lasciandola sola davanti al fuoco. Si accorse che anche gli altri erano
andati a letto. Ma lei non aveva mai avuto meno voglia di dormire.
Sospirò pesantemente. Ryoga aveva ragione, lo sapeva anche lei.
Se n’era accorta da tempo, non era certo stupida. Ma accettare la
realtà era un altro conto.
Forse, però, era davvero arrivato il momento di farlo. Si
passò distrattamente una mano tra i lunghi capelli castani,
spostando lo sguardo verso la tenda dei ragazzi.
E fu allora che giurò a se stessa che avrebbe dato una svolta
decisiva alla sua vita. In quel momento si apriva un nuovo capitolo
della sua esistenza.
******
Ranma si rigirava nel suo sacco a pelo da ore, senza riuscire a
prendere sonno. Aveva sentito Ryoga rientrare, ma aveva finto di
dormire. Non voleva essere coinvolto in alcuna discussione. Aveva
aspettato finché il respiro del ragazzo con la bandana disteso
accanto a lui non si fosse regolarizzato, chiaro segno che si era
finalmente addormentato, e poi aveva riaperto gli occhi e si era
disteso supino, le braccia incrociate dietro la testa. Avrebbe dovuto
dormire, lo sapeva bene. Ma gli risultava impossibile. Non con tutti
quei pensieri che gli affollavano la mente impedendole di chiudersi e
di trovare finalmente meritato riposo. Era la seconda notte che passava
sveglio. Male. Aveva bisogno di recuperare le forze. Serviva che fosse
al massimo della forma e pronto all’azione. Ma come smettere di
pensare? Per la prima volta da quando si era messo in viaggio
iniziò a chiedersi che cosa gli sarebbe toccato affrontare.
Obaba e il dottor Tofu avevano detto che la regione di Tsukuba
pullulava di demoni.
Non forti quanto Rihito, ma comunque dalla potenza considerevole.
Che cosa significava “dalla potenza considerevole”? Quanto forti?
Pensò ai suoi compagni. Per Obaba non c’era nulla da
temere. Lei era un’Amazzone, probabilmente la migliore del suo
villaggio, e nel corso della sua vita si era trovata a fronteggiare di
tutto. Lui e Ryoga erano senza ombra di dubbio dei buoni combattenti e
Mousse non era niente male. Ma Shampoo e Ukyo? Loro erano solo
due ragazze. Non che avesse qualcosa contro le donne, ma di sicuro
quelle due non erano alla loro altezza. Sarebbero state più
d’impiccio che d’aiuto e si sarebbe dovuto preoccupare
anche per loro. Del resto era per lui che avevano voluto immischiarsi
in quella assurda situazione. Non avrebbe mai permesso che succedesse
loro qualcosa. Si sentiva già la coscienza abbastanza sporca.
Pregò intensamente i kami perché tutto andasse per il
verso giusto e si sforzò di ignorare quella sensazione
opprimente al petto che non l’aveva abbandonato nemmeno per un
attimo da quando Akane era sparita.
Sfinito, quando ormai mancavano soltanto poche ore all’alba,
Ranma chiuse gli occhi evocando ancora una volta l’immagine della
sua fidanzata e, immaginando di riaverla tra le braccia incolume,
finalmente si addormentò.
******
Quella mattina non erano stati fortunati come il giorno precedente. Il
cielo era di un cupo grigio scuro e il sole faticava a riemergere,
coperto da una coltre di nuvole che sembrava non avere mai fine. Il
paesaggio era mutato. Quella radura che solo il giorno prima gli era
apparsa così riparata e confortevole, adesso sembrava ostile e
minacciosa, mentre l’ululare del vento che filtrava tra i rami
riecheggiava nelle loro orecchie e il rombo improvviso dei tuoni in
lontananza li faceva trasalire. La pioggerellina del giorno precedente
sembrava volersi trasformare in una vera e propria tempesta. Il freddo
pungente aveva costretto tutti ad indossare indumenti più
pesanti.
Ranma, nella sua tenda, dopo essersi assicurato che nessuno sarebbe
entrato e che sarebbe rimasto in assoluta intimità, tirò
fuori dal suo zaino una certa sciarpa gialla donatagli il Natale
precedente. Guardò le piccole cifre ricamate su un lato e
sorrise. “R.S.” Chissà quanto tempo ci aveva messo a
realizzarla, Akane…la prese tra le mani e la dispiegò,
osservandola in ogni dettaglio. Certo che era un lavoro
pessimo…ma per lui era assolutamente perfetta. Sicuro, con Akane
non lo avrebbe mai ammesso, ma quel regalo l’aveva reso felice
come mai prima…ogni dettaglio di quel magico giorno era scolpito
nella sua memoria, indelebile, e vi aveva indugiato così spesso
con la mente che ormai si ritrovava a sorridere semplicemente guardando
quella sciarpa. Quante volte aveva riportato alla mente il volto di
Akane a breve distanza dal suo? Quante volte aveva rivisto i suoi
splendidi occhi scuri velati di…desiderio? Non osava
crederci…anche se lo sperava con tutto se stesso. Sarebbe stato
così semplice in quell’istante annullare la distanza che
li separava…così incredibilmente, meravigliosamente
facile…
Si riconcentrò sulla sciarpa che stringeva ancora tra le mani.
Era diventata il suo tesoro più prezioso. Difficile separarsene,
soprattutto in un momento come quello. Per cui portarla con sé
gli era sembrata la cosa più giusta. Per avere accanto un
pezzetto di Akane.
Ranma sollevò la sciarpa e vi affondò il viso, nella
flebile speranza di poter cogliere il dolce profumo fruttato di Akane,
ben sapendo che, però, era del tutto inutile. Con un sospiro, se
la mise al collo e uscì dalla tenda raggiungendo gli altri che
lo aspettavano.
******
La pioggia giunse, spietata ed incessante. Fredda e pungente, frustava
i loro corpi, implacabile, gelando le membra ed intirizzendo le menti.
Questa volta nessuno scampò alla furia della tempesta. Ranma,
carico dei bagagli di Ryoga e di Mousse e per di più in forma di
ragazza, trascinava i piedi nel terreno fangoso facendo attenzione a
non scivolare. E pensare che da bambino amava così tanto la
pioggia…quel buon odore che accompagnava i temporali
l’aveva sempre messo di buon umore. Incredibile che adesso
associasse quello stesso odore ad una disgrazia imminente.
Al suo fianco Cologne saltellava arzilla sul suo bastone, quasi la
tempesta che infuriava non le facesse alcun effetto, e Ucchan arrancava
nella loro scia, stremata dal freddo, bagnata fino alle ossa e provata
dall’ulteriore peso che era costretta a portare: il bagaglio di
Shampoo. La cuoca di okonomiyaki strinse i denti, ben decisa a non
farsi sfuggire nemmeno un gemito dalle labbra. Non avrebbe mostrato
alcun cenno di cedimento. Avrebbe dimostrato a tutti che era una
ragazza forte. Ryoga si sarebbe rimangiato le sue accuse,
gliel’avrebbe fatta vedere lei. Lo avrebbe costretto ad ammettere
che aveva torto, che lei era perfettamente in grado di stare al loro
passo. Le sue parole continuavano a rimbombarle nella mente.
Per affrontare dei giorni come quelli che ci aspettano non basta essere una ragazza forte.
No! Lei era perfettamente all’altezza. Se pensavano che avrebbe
lasciato Ranchan da solo ad affrontare quel disastro…si
interruppe, impedendo al pensiero di continuare a formularsi. Chi
voleva prendere in giro? Ranma non aveva alcun bisogno di lei.
Probabilmente sarebbe davvero stato meglio se lei non fosse venuta.
Avrebbe avuto qualcuno in meno di cui preoccuparsi. L’unica cosa
che davvero contava per lui era riavere Akane.
Senza volerlo richiamò alla mente altre parole di Ryoga, quelle
che facevano più male al cuore, quelle più temute e
più odiate e proprio per questo più vere.
Ranma è sempre così quando c’è in ballo la vita di Akane.
Non saremo certo noi a riuscire a dividerli.
“Sono davvero una sciocca…”
Aveva gettato alle ortiche due anni della sua vita inseguendo un amore
impossibile, vagheggiando una storia d’amore senza fine, bramando
l’amore di Ranma…eppure una piccola, obiettiva parte di
lei era sempre stata conscia della realtà. E quel barlume di
consapevolezza era stato troppe volte ignorato, troppe volte messo a
tacere. Solo ora capiva quanto avesse sbagliato. Le aveva provate tutte
per conquistarlo. Ma lui aveva sempre avuto occhi solo per Akane,
considerando lei solo come un’amica d’infanzia. E questo non sarebbe mai cambiato.
Per la seconda volta in poche ore, Ucchan sentì gli occhi
bruciare e la vista ricominciare ad annebbiarsi. Lo sforzo per
trattenere le lacrime questa volta non fu abbastanza. Si riversarono
liberamente sulle sue guance, mescolandosi con le gocce di pioggia
autunnale che continuavano a cadere. Le sfuggì un singhiozzo che
si disperse nell’ululato del vento ma che fu percepito da Ryoga,
stretto tra le braccia di Ukyo nelle vesti del piccolo porcellino nero
di Akane. Alzò il musetto per vedere il viso di lei rigato di
lacrime. Non l’aveva mai vista piangere. Non seppe per quale
ragione quello lo colpisse con tanta forza al momento, eppure non
poteva distogliere lo sguardo dal suo volto in lacrime. E, per qualche
strano motivo, sentì una dolorosa fitta al cuore.
Distolse lo sguardo. Non voleva che sapesse che la stava guardando,
né che lei si sentisse a disagio. Soprattutto quel giorno, il
giorno in cui Ucchan aveva scoperto la sua doppia vita.
Per la prima volta si era trasformato di fronte a lei. E,
incredibilmente, Ukyo non aveva fatto una piega. Non lo aveva deriso,
né preso in giro. Semplicemente, aveva sorriso e detto:
“Ora capisco tante cose.”
Era davvero una ragazza speciale. Strano che non avesse ancora trovato
un ragazzo. Chiunque fosse diventato il suo fidanzato, sarebbe stato un
uomo molto fortunato, si ritrovò a pensare…
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Capitolo 7 *** Il tentativo di Akane ***
Il tentativo di Akane
Hello!!! Eccomi qui…ma siamo
già arrivati al settimo capitolo? Ma come ho fatto? Chi
l’avrebbe mai detto! Bè…ho paura per questo
capitolo! Solo una richiesta: siate clementi!
Vorrei passare a ringraziare tutti, come mio solito.
Akane25:
grazie per i complimenti! E anche per avermi detto dell’ordine
dei capitoli (non so se hai letto il post che ho lasciato su n di
nibunnoichi, per cui te lo dico anche qui!). Spero mi darai il tuo
parere anche su questo capitolo!
Devilmaycry:
grazie tante per avermi lasciato un commento! E anche per i
complimenti. Mi fa un piacere immenso che anche tu abbia deciso di
dirmi il tuo parere, se ti va fallo anche questa volta! Dal mio canto,
spero di non deluderti…
Laila:
ma tu mi lusinghi! Sono contentissima che tu faccia di tutto per
commentare! Spero di meritarmelo davvero…e sono contenta che ti
sia piaciuto come ho reso Ukyo e Ryoga, ho cercato di prestarci la
massima attenzione. Ancora grazie e aspetto il tuo parere anche per
questo capitolo!
Kuno84:
senpai carissimo! Mi fa piacere vedere che hai commentato anche questa
volta. E soprattutto vedere che apprezzi! Hai centrato il punto: la
psicologia dei personaggi è la cosa alla quale presto la
maggiore attenzione, spero di riuscire sempre nel mio intento! Ancora
tante grazie per il bellissimo commento! A presto, spero.
Maryku:
Non preoccuparti se mi ripeti sempre che scrivo bene, i complimenti non
possono che farmi piacere!! Fidati, non ti odio affatto! Grazie
davvero…
_kaggy_chan_:
sapere che ti trasmetto le emozioni dei “miei” personaggi
è la più grande delle soddisfazioni…se poi mi dici
addirittura che una lacrimuccia c’è scappata!
Robbykiss: Grazie, grazie e ancora grazie! Spero tanto che anche questo capitolo ti piacerà…aspetto il tuo commento!
Apple92:
ma è un poema davvero! Ma proprio per questo mi fa ancora
più piacere. Direi che hai ripercorso un po’ tutti i punti
chiave del capitolo. E i tuoi complimenti mi fanno sempre tanto
piacere! Sono davvero tanto affezionata ai tuoi commenti, non so se te
l’ho già detto! Grazie!
Littel:
la scena della sciarpa…ah si, devo ammettere che quella è
una di quelle che preferisco! Sobno contenta che ti sia piaciuta! Non
era premeditata, ma mi è venuta in mente e mi sembrava carino
inserirla…grazie tante per i complimenti!
Capitolo VII
Il tentativo di Akane
Aspettare.
Aspettare senza poter fare altro.
Aspettare con le mani in mano. Impotente.
Inconcepibile per una come lei, sempre pronta all’azione, lei che
risollevava sempre la situazione con le sue idee brillanti. Lei che si
manteneva sempre fredda e distante. Lei, attenta calcolatrice.
Eppure era lì, sola, e aspettava. Come quel giorno lontano, di dodici anni prima…
Seduta al tavolo del soggiorno seguiva con lo sguardo le gocce di
pioggia infrangersi sulla superficie del laghetto del giardino,
disegnando piccoli cerchi che andavano via via ampliandosi. Il
tamburellare della pioggia riempiva le sue orecchie che non riuscivano
a percepire più alcun suono e l’odore umido della pioggia
le invadeva le narici, inebriando e intorpidendo i sensi, facendo
vagare la mente e proiettandola a molti anni prima…
Piove…
Piove ma non se ne accorge…
Non sente i vestiti che aderiscono al suo corpo quasi fossero una seconda pelle…
Non si accorge dei capelli zuppi sul viso.
Non si preoccupa delle lacrime che solcano le sue guance.
Mentre guarda quella lapide nella sua mente si fa strada una sola ed unica consapevolezza.
Lei se n’è andata per sempre.
Non tornerà.
Non rivedrà mai più il suo dolce sorriso gentile.
Non sentirà più la sua voce melodiosa chiamarla per nome, affettuosamente.
Non avvertirà più il calore del suo corpo mentre la stringe in un abbraccio.
Non si inebrierà più del suo profumo fruttato…
Così simile a quello di Akane…
Nabiki si riscosse dai suoi pensieri, come fulminata.
Erano anni che non riviveva quei momenti. Da tanto tempo aveva deciso
di non indugiare più su quei ricordi. Eppure la pioggia tendeva
sempre a richiamarli, in qualche modo. Ma aveva imparato che era meglio
scacciarli nel momento stesso in cui minacciavano di invadere la sua
mente. Faceva meno male…eppure, anche a distanza di tutti quegli
anni, il volto di sua madre esplodeva ancora nitido nella sua mente
proprio come se fosse davanti a lei. Ricordava quel suo modo di
canticchiare mentre stendeva il bucato, la sua espressione felice
mentre preparava loro da mangiare, lo sguardo amorevole che rivolgeva
al marito e il modo in cui le brillavano gli occhi mentre insegnava a
Kasumi a cucinare o mentre guardava lei contare eventuali profitti con
la calcolatrice o incitava Akane che si allenava nelle arti marziali.
Semplicemente non aveva mai smesso di amarla. Non l’aveva dimenticata, né mai l’avrebbe fatto.
La pioggia continuava a cadere, incessante, con sempre maggiore
intensità. Nabiki si alzò da tavola e uscì in
giardino.
Chiuse gli occhi, percependo come unica sensazione le gocce sulla sua pelle, fredde come il ghiaccio.
Davanti agli occhi rivide la lapide di sua madre.
E il pensiero volò immediato ad Akane…non sarebbe
riuscita ad essere forte se avesse perso anche lei, lo sapeva. E non
poteva permetterselo. Il suo ruolo sul palcoscenico era ben definito.
Era impossibile modificare il copione. Doveva sempre e comunque
rimanere la ragazza impassibile, la figlia forte, la spalla su cui
piangere. Era stato così anche quella volta. Ma lo sentiva nel
suo cuore. Questa volta non avrebbe retto…aveva maledettamente
paura per sua sorella.
Una lacrima scese lenta sul suo viso, indistinguibile tra le miriadi di
gocce che continuavano a cadere. Era così liberatorio stare
lì. Sfogarsi dopo…quanto? Quanto tempo era passato
dall’ultima volta che aveva pianto? Non ricordava. Era comunque
troppo. E allora perché non lasciarsi andare, per una volta? Del
resto era sola, lì…totalmente sola…
-Nabiki Tendo, ma che accidenti stai facendo?
Quella voce…l’ultima che si sarebbe aspettata di sentire.
Perché proprio lui doveva trovarla in quelle condizioni?
Sobbalzò sentendo il cuore accelerare i battiti. Doveva
ricomporsi alla svelta.
Si voltò pronta ad affrontare il nuovo arrivato. Il volto di pietra ma il cuore in tumulto.
-Kuno, che ci fai qui?
-Sono venuto a trovare la dolce Akane Tendo, naturalmente.
Il cuore di Nabiki fu attraversato da una fitta dolorosa al suono di
quel nome. Ma ancora una volta nulla riuscì a trasparire dalla
sua espressione.
“Brava Nabiki. Continua così, non ti arrendere. Non puoi
mostrarti debole. Non devi. Liberati di questo scocciatore, adesso.
Andrà tutto bene. Sei una ragazza forte, giusto? Continua a
dimostrarlo.”
Ma niente sembrava più difficile in quel momento.
Eppure avanzava sotto la pioggia in direzione di Kuno, ostentando la sua solita aria di fredda superiorità.
Lo raggiunse in soggiorno. Rabbrividì intensamente, rendendosi
conto di avere freddo e si pentì di quella sua azione avventata,
preoccupata di come avrebbe potuto giustificarsi con Kuno che
l’aveva trovata in quello stato, sotto la pioggia. Ma per sua
fortuna, il ragazzo non sembrava più preoccuparsene. Volgeva lo
sguardo di qua e di là, come se fosse in cerca di qualcosa. O
più probabilmente di qualcuno.
Nabiki sospirò impercettibilmente e si preparò ad affrontare il compagno.
-Akane non è qui.
-Non è qui? Come sarebbe? E dov’è andata con questo tempo?
Nabiki si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore. E adesso
che cosa si inventava? Voleva liberarsi di quello scocciatore al
più presto. Non aveva voglia di avere a che fare con lui e con
le sue pazzie. Non in quel momento. Il suo cervello si mise in moto,
lavorando frenetico per partorire una scusa adeguata alla situazione,
che la liberasse da Tatewaki Kuno al più presto. Ma nessuna idea
geniale le soggiunse alla mente, che sembrava come intorpidita. Era
sconcertata ed incredula. Lei, Nabiki Tendo, non riusciva a risolvere
la situazione.
Fu costretta a riprendersi in fretta dallo shock, che pure
l’aveva sconvolta nel profondo. Si rese conto che Kuno era in
attesa di una risposta e che la guardava con un misto di
curiosità e di sospetto. Prima che la seconda delle Tendo
potesse aprir bocca per dare una risposta improvvisata a Kuno, il
ragazzo riprese a parlare, strabuzzando gli occhi con fare teatrale.
-Non sarà uscita col maledetto Saotome? È così, non è vero?
Ed impugnata la sua spada di legno iniziò a guardarsi
nervosamente intorno, come se quei due potessero sbucare
all’improvviso da un angolo in chissà quali pose
compromettenti.
-Maledetto Ranma Saotome, te la farò pagare, è una
promessa! Plagiare una fanciulla dolce e delicata come Akane Tendo!
Questo è un affronto! Pagherai con la vita, lo giuro!
Maledetto!!!
Nabiki non fece nulla per contraddirlo. Se questa convinzione avesse
portato Kuno fuori da casa sua, non aveva intenzione di chiarire il
malinteso. Sperava con tutta se stessa che il ragazzo corresse fuori
urlando come un pazzo, diretto chissà dove. La cosa non le
importava affatto. Tutto purché sparisse immediatamente dalla
sua vista.
Ma con suo enorme disappunto, Kuno rimase esattamente dov’era.
-Dove sono andati?
-Loro…
Inutile, non riusciva davvero a pensare a nulla. La sua mente era
troppo concentrata sul pensiero della sua sorellina e le urla isteriche
di Kuno la stavano facendo uscire di senno.
Improvvisamente il ragazzo le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle, scrollandole con violenza.
-Parla, Nabiki Tendo!
E la frustrazione aveva passato il limite, anche per una come lei. Le
lacrime iniziarono a bagnarle le guance, inarrestabili. Non
riuscì a far nulla per fermarle, sebbene ci stesse provando con
tutte le sue forze. Era disgustata da se stessa per il modo in cui si
stava lasciando andare. Incredula. E questo non faceva che peggiorare
le cose e far scendere le lacrime ancora più copiose.
Kuno si ritrasse da lei come scottato. La guardava confuso ed incredulo tanto quanto lei.
Ma chi era quella ragazza che gli stava di fronte? Di certo non Nabiki Tendo. Lei non aveva sentimenti. O si?
-M…ma…che succede? Mi…mi dispiace, non volevo! Ti…ho fatto male?
Per tutta risposta Nabiki abbassò il viso per nascondersi alla
vista, mentre altre stille salate le rigavano le guance. Non un
singhiozzo le sfuggì dalle labbra. Il suo era il pianto silente
di chi non riesce più a contenere il dolore. Perché
doveva perdere ad una ad una tutte le persone che le erano più
care? E perché diavolo quell’idiota doveva vederla in
quello stato pietoso? La rabbia e l’amarezza prendevano la forma
di lacrime e continuavano a cadere.
Kuno si avvicinò di nuovo a Nabiki e le mise le mani sulle spalle. Con dolcezza quella volta.
Non poteva averle fatto così male…e allora…che stava succedendo?
-Che…che ti prende?
Nabiki non riusciva a rispondere. Non aveva la forza di mentire, ma
neppure di rivivere e raccontare gli eventi degli ultimi due giorni.
Soltanto dopo alcuni minuti riuscì a placare il suo pianto, ma
continuò a guardare il pavimento, senza aver il coraggio di
alzare lo sguardo ed incontrare quello di Kuno, vergognosa di se stessa
e di come si era scoperta di fronte a lui. Vergognosa del suo giudizio.
Intanto Kuno continuava a stare chino su di lei, preoccupato e in
attesa di una risposta. Doveva essere successo qualcosa di grave,
altrimenti come spiegare una tale reazione da parte di Nabiki Tendo?
La seconda delle Tendo si decise finalmente a parlare. Non riusciva
più a reggere quella situazione. Doveva essere completamente
impazzita. Aveva davvero pianto?
E per di più davanti a Kuno? E adesso cosa gli diceva? Cosa
poteva inventarsi? Se Kuno l’avesse detto a qualcuno…
Dopo essersi asciugata il viso con il dorso della mano con un gesto
rabbioso, si alzò in piedi e tentò di ritrovare i suoi
modi glaciali.
-Akane non è uscita con Ranma.
-Ah no? E dov’è andata, allora?
-Sediamoci.
Ma perché accidenti doveva dare spiegazioni a
quell’idiota? Perché non poteva starsene tranquilla per
conto suo? Sospirò.
A quel punto si era scoperta troppo. Doveva per lo meno giustificarsi.
Presero posto al tavolo del soggiorno. Nabiki fece di tutto per evitare
di guardarlo negli occhi. Aveva paura di ciò che avrebbe potuto
leggervi.
-Ma che succede?
-Vedi…Akane…lei…non so quando tornerà.
-Ma dov’è andata?
-È stata rapita.
Un silenzio attonito accolse le parole di Nabiki. Kuno la scrutò
con attenzione. Che fosse una tattica organizzata al fine di coprire la
fuga di Akane Tendo con l’odiato Ranma Saotome? Possibile. Del
resto era risaputo che Nabiki Tendo fosse una bravissima attrice. Ma
poteva esserlo davvero fino a quel punto?
Guardandola negli occhi, Kuno riuscì a darsi una risposta.
“No.”
-Ma…è terribile…come…chi…? La
salverò io! Dolce Akane, aspettami! Ti troverò e ti
porterò in salvo! Io, Kuno Tatewaki, il tuono blu del Furinkan,
abbatterò qualunque ostacolo per ricondurti tra le mie braccia!
Allora, cos’è successo? Dov’è?
-È una lunga storia, Kuno.
-Raccontami tutto Nabiki Tendo! Ucciderò con le mie mani il vigliacco che ha osato fare un simile torto ad Akane!
Nabiki era profondamente irritata. Kuno si comportava sempre come
un’idiota. Ma perché accidenti non si era inventata
qualcosa? In ogni caso a quel punto decise che era più facile
raccontare. Non aveva altra scelta. E allora gli disse
dell’incontro di suo padre con Rihito, avvenuto dodici anni
prima, gli parlò del patto, dello youkai e del suo ritorno per
rapire Akane. Ad ogni parola di Nabiki, Kuno strabuzzava di più
gli occhi che ormai minacciavano di voler fuoriuscire dalle orbite. Di
tanto in tanto provava ad intervenire, ma lei non gliene diede la
possibilità. Scoprì che era più facile parlare se
nessuno la interrompeva. Scoprì persino che parlarne la faceva
stare meglio. Chi avrebbe mai immaginato che avere una conversazione
con Kuno fosse così facile? Eppure aveva difficoltà ad
aprirsi con chiunque…
Quando iniziò a raccontare della spedizione di Ranma e degli altri sul monte Tsukuba, Kuno si infuriò.
-COSA?!? Sono andati senza di me? Come hanno osato lasciare indietro il grande Kuno Tatewaki, il tuono blu del Furinkan?
-Kuno, accidenti a te, e piantala! È una cosa seria! C’è in ballo la vita di mia sorella!
Perché quel ragazzo non riusciva a rimanere serio per più
di tre minuti? E dire che fino a qualche secondo prima andava tutto
bene…si era sentita perfino un po’ meno sola. E ora Kuno
ricominciava a fare l’idiota.
Come in risposta ai suoi pensieri, Kuno assunse un’aria mortificata e chinò il capo.
-Scusa, hai ragione. Ma di certo con le mie innate abilità avrei sbaragliato qualsiasi avversario in un baleno!
-Sai anche tu che saresti stato solo d’impiccio.
-Che cosa vorresti insinuare, Nabiki Tendo?
-Che non puoi nemmeno sognare di paragonarti a Ranma, Ryoga o Mousse.
-Come ti permetti…?
-Oh andiamo! Smettila di prenderti in giro! Non vedresti la
verità nemmeno se ci andassi a sbattere contro! Possibile che tu
sia così ottuso? Sempre lì a sfidare Ranma per
conquistare il cuore di Akane! Vuoi capirlo che non hai nessuna
speranza di sconfiggerlo? Né tanto meno di conquistare lei!
-Ma cosa dici? L’amore della dolce Akane nei miei confronti è immenso! È grande e puro come…
-SMETTILA!
Perché se la stava prendendo tanto? Chi se ne importava se a
Kuno piaceva vivere nel suo mondo di illusioni? Di certo non era affar
suo!
Anche Kuno sembrava un po’ perplesso. La guardava come non aveva
mai fatto, come se si rendesse conto per la prima volta della sua
esistenza. E non capiva perché gli dicesse tutte quelle
assurdità. Doveva essere proprio sconvolta. Naturalmente la
dolce Akane era innamorata di lui. Così come la ragazza col
codino.
O no?
-Nabiki Tendo…
-Sei la persona più stupida che conosca! Mi dai ai nervi!
Possibile che non tu non capisca che il cuore di Akane batte solo per
Ranma? È sempre stato così, non te ne rendi conto?
-Ma…cosa dici?
-Pensaci! Pensa! Quando mai
Akane ha accettato la tua corte spudorata? Mai! Ma tu stai sempre
lì a fare la figura dell’idiota e a farti maltrattare da
lei!
-Ma…
-Lo sai che è così! Apri gli occhi, Kuno! Inizia a vivere con i piedi per terra!
-Ma…
-Và via. Voglio rimanere da sola.
Kuno continuò a fissarla incredulo, ma non si mosse. Allora era
questa la vera Nabiki Tendo? Provava davvero sentimenti come tutti i
comuni mortali. Provava rabbia e dolore come chiunque al mondo. Come
lui in prima luogo. Lui che era sempre stato solo, con quella pazza di
sua sorella come unico legame.
Strano. Per la prima volta nella sua vita, aveva avuto una vera
conversazione con qualcuno. Era piacevole. Apprezzò a fondo il
fatto che Nabiki Tendo fosse lì con lui. Forse…forse non
era poi così male…
Osservando il suo sguardo risoluto decise di accontentarla. Si alzò con l’intenzione di lasciarla sola.
-D’accordo, me ne vado. Ma tornerò a parlare con te uno di questi giorni, puoi contarci.
Nabiki lo guardò andar via con il cuore che batteva un po’ più veloce del normale.
Tornerò a parlare con te.
Diceva sul serio? Sarebbe tornato davvero per lei?
Guardandolo andar via scoprì di non volere affatto rimanere da
sola. Ma non lo richiamò. Non aveva voglia di fargli credere di
aver bisogno di lui. Perché non era affatto così, no?
E allora come mai provava l’impulso di fermarlo?
Con la mente affollata di pensieri, si diresse al piano superiore con
la precisa intenzione di farsi un bel bagno caldo e rilassante.
********
Sola in quella maledetta prigione, Akane camminava avanti e indietro
riflettendo intensamente. Aveva preso una decisione: doveva
assolutamente scappare da quel luogo. Non poteva starsene con le mani
in mano. Era necessario un intervento tempestivo. Dato che
l’unica via d’accesso alla stanza che occupava nel palazzo
di Rihito era quella porta che veniva sempre tenuta chiusa a chiave, si
rese conto che doveva elaborare una strategia per tentare di fuggire.
In quei primi due giorni passati lì, aveva osservato e ascoltato
quanto più possibile e si era fatta un’idea generale. La
porta della sua stanza si apriva solamente tre volte al giorno per
permettere ad uno dei servi di Rihito di portarle da mangiare. Non
c’erano guardie a sorvegliarla. Gli unici abitanti del palazzo
erano lei, lo youkai e i suoi servi. Dato che questi ultimi non
sembravano addestrati a combattere, Akane si disse che forse poteva
avere una possibilità di scappare. Notò che una volta al
giorno, proprio poco prima che le portassero il pranzo, Rihito lasciava
il palazzo. Dato che la sua stanza era proprio in cima alle scale che
fiancheggiavano il grande portone di ingresso, poteva udirlo aprirsi e
sentire la voce di Rihito che impartiva ordini ai suoi servi da
eseguire in sua assenza. In quei momenti il palazzo era assolutamente
sguarnito. Forse quando le avessero portato il pranzo, poteva superare
il servo dello youkai, raggiungere il portone d’ingresso e una
volta fuori tentare di lasciare l’Aldilà.
Non era un piano molto ben congegnato, lo sapeva bene. Ma i tempi erano
stretti e non aveva intenzione di non far nulla. Per cui decise che
avrebbe agito proprio quel giorno.
Continuava a percorrere la stanza a grandi passi, sperando con tutta se
stessa che nulla andasse storto. Il cuore le martellava in petto e,
sebbene prendesse respiri profondi nel tentativo di calmarsi, non ci
riusciva. Era difficile tentare di stare tranquilli quando si rischiava
la vita.
Chissà cosa stava facendo Ranma in quel momento…
Chissà se stava bene. Sicuramente si. Sicuramente stava cercando
un modo per tirarla fuori da quell’accidenti di posto. Sempre
ammesso che adesso avesse scoperto dove si trovava.
“Ranma…sto per raggiungerti. Devo farcela per te. Devo
assolutamente rivederti.”
Il rumore della chiave che girava nella toppa la fece sobbalzare. Il
tempo sembrò dilatarsi a dismisura mentre si voltava verso
l’uscio che si spalancava con esasperante lentezza, lasciando
intravedere degli occhi rossi animati da uno scintillio sinistro. Come
in uno stato di sogno, Akane corse verso la porta che si era ormai
spalancata e colpì con un calcio il piccolo demone che aveva di
fronte, che si riversò sul pavimento con un’espressione
confusa e lasciò cadere il vassoio, sparpagliano riso in bianco
su tutto il pavimento. Con una velocità sorprendente, la piccola
figura si rialzò e prese Akane per una caviglia, facendole
perdere l’ equilibrio e rischiando di farla rovinare sul
pavimento, ma Akane riuscì ad evitare la caduta dandosi una
spinta con le mani. Con l’altra gamba sferrò un calcio
potente e preciso sul naso del piccolo youkai, rompendoglielo. Il
sangue iniziò a riversarsi copioso sul suo viso, riempiendogli
la bocca e soffocandolo e l’omino si portò le mani sulla
parte lesa, nel tentativo vano di fermare l’emorragia. Il suo
urlo di dolore gelò il sangue nelle vene di Akane, che lo
fissò momentaneamente sconcertata. Si sentì in colpa per
il suo gesto, pentendosi immediatamente dopo. Quel bastardo era
colpevole tanto quanto Rihito. Meritava di peggio. Rendendosi poi conto
di stare perdendo del tempo prezioso, si voltò verso la porta e
la varcò, correndo a perdifiato. Si precipitò verso le
scale e notò un centinaio di piccole figure provenienti da ogni
ala del castello riversarsi nella sala d’ingresso. Altri le
stavano alle calcagna nel tentativo di raggiungerla. Una ventina di
loro si erano posizionati di fronte al portone, difendendolo. Forse
Rihito li aveva allertati sull’eventualità di un tentativo
di fuga da parte sua. O forse erano stati messi in allarme dalle urla
del piccolo youkai nella sua stanza. In ogni caso non aveva importanza.
Li avrebbe superati tutti e sarebbe uscita da quel palazzo. Sarebbe
tornata a casa. Sarebbe tornata dalla sua famiglia e da Ranma.
Traendo coraggio da quel pensiero continuò a correre mentre
cinque piccoli youkai si avventavano su di lei. Con un balzo
riuscì ad evitarli e li mandò a cozzare contro i gradini
con una violenza inaudita. Seppe che non potevano essere rimasti illesi
dopo un impatto tanto violento, ma non se ne preoccupo né si
voltò a guardare, dato che altre piccole figure le stavano
balzando addosso. Con un pugno ne mise uno al tappeto, ma altri tre
stavano per colpirla. Riuscì ad evitarne due, ma il terzo
affondo nelle carni di Akane i suoi artigli, affilati come rasoi,
lacerandole la spalla. Il sangue schizzò il pavimento ma lei non
si fermò, strinse i denti e soffocò un urlo. Corse
più veloce, rendendosi conto che non poteva batterli tutti. La
sua unica possibilità era provare ad evitarli. Corse a
perdifiato, facendosi strada tra quell’orda di demoni che la
attaccavano da ogni dove, colpendo con violenza inaudita quelli che si
avvicinavano troppo, senza preoccuparsi della loro sorte. Nuove ferite
si aprivano sulle sue braccia e sulle gambe. I suoi abiti erano
macchiati di sangue ma non le importava. Non si preoccupava del dolore,
né vedeva il sangue sgorgare dai suoi tagli.
Aveva raggiunto il portone.
Allungò le mani afferrando un battente di metallo e tirò con tutte le sue forze.
Niente.
Il portone rimase chiuso. Riprovò ancora mentre i piccoli demoni
si arrestarono, osservando divertiti i suoi vani tentativi.
“No. No, non è possibile. Deve aprirsi. Deve.”
Tentò ancora e ancora. Non voleva darsi per vinta. Non poteva. Doveva tornare a casa.
Improvvisamente il dolore lancinante provocato dalle sue ferite si
riversò su di lei insieme alla sconcertate realtà.
“Sono in trappola.”
Proprio in quell’istante, il portone si spalancò. Akane
sgranò gli occhi mentre un’espressione gioiosa si dipinse
sul suo volto. Forse poteva ancora salvarsi!
E la gioia si trasformò in orrore, quando vide chi aveva davanti.
Rihito era tornato. Posò lo sguardo indifferente sui corpi
ammassati sulla scale e sui piccoli youkai alle spalle di Akane, alcuni
illesi, altri feriti più o meno gravemente. Soltanto
all’ultimo si volse direttamente verso Akane. Sorrise.
-Sapevo che ci avresti provato. Devo ammetterlo, hai del fegato per essere un semplice essere umano.
-VOGLIO ANDARMENE!
-Impossibile. Il portone del mio palazzo si apre soltanto dietro mio
comando. E ovviamente io non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.
Risparmiati questi penosi tentativi, sono inutili. Finirai soltanto per
ferirti ancora di più. Se ti dovesse venire in mente di
riprovarci sappi che te la vedrai direttamente con me.
Rihito si avvicinò a lei fino a trovarsi a pochi centimetri dal
suo viso. Akane deglutì spaventata e si ritrasse
d’istinto. Il demone la prese per un polso e la costrinse a
seguirlo. La stava riconducendo nella sua stanza. Sebbene Akane
provasse a resistere in tutti i modi non riusciva ad opporsi. Rihito
era troppo forte. E il dolore che provava le rendeva tutto ancora
più difficile. Si accorse solo in quel momento di quanto sangue
stesse perdendo. Ma non le importava. A quel punto nulla aveva
più importanza. Sarebbe rimasta intrappolata in quel luogo fino
al momento del su sacrificio. Tanto valeva morire dissanguata. Almeno
non avrebbe dato soddisfazione a quel maledetto bastardo.
-Kensu.
-Si padrone, ai suoi ordini!
-Vieni con noi. Dovrai occuparti delle ferite di questa donna.
-Ma…signore…
Il piccolo youkai chiamato Kensu era chiaramente atterrito
all’idea di trovarsi da solo con Akane. Aveva riportato una
brutta contusione alla gamba a seguito di un calcio della giovane Tendo
e faticava a camminare. Esitò un attimo di troppo. La sua
insolenza gli costò caro. Rihito lo guardò con
espressione indecifrabile prima di alzare lentamente il bracco e
concentrare la sua energia nel palmo della mano, fino a formare una
sfera incandescente di un giallo accecante. Fu un attimo. Senza che
Kensu avesse nemmeno il tempo di tentare di fuggire, Rihito
scagliò la sfera che si diresse ad incredibile velocità
verso il piccolo youkai. La sua espressione terrificata fu
l’ultima cosa che Akane vide prima che la luce della sfera la
accecasse. Chiuse gli occhi per riaprirli soltanto quando il bagliore
si era diradato, ma desiderò non averlo mai fatto. Del piccolo
Kensu era rimasto soltanto un mucchio di ossa e brandelli di carne.
Il puzzo di carne bruciata le riempì le narici provocandole
conati che riuscì a stento a reprimere. Distolse a fatica lo
sguardo da quella vista mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
Quel maledetto era un mostro. Aveva ucciso brutalmente uno dei suoi
servi solo per una piccola esitazione. L’aveva tolto di mezzo
senza pietà. Si ritrovò a provare pena per la misera fine
di quel piccolo demone.
-Josetsu.
-Eccomi, padrone.
Josetsu non fu tanto stupido da disobbedire, né diede alcun
segno di tentennamenti di fronte alla richiesta di Rihito. Inchinandosi
profondamente, si distaccò dal gruppo di piccoli youkai e
seguì Akane e Rihito su per le scale.
-Qualcuno tolga di mezzo quella roba. Puzza da morire.
All’ordine di Rihito, alcuni youkai attorniarono la carcassa
ancora fumante e la sollevarono di peso, allontanandola alla vista.
Tutti i piccoli demoni stavano lasciando il salone, dirigendosi ognuno
verso una diversa ala del palazzo, per riprendere le proprie
occupazioni.
Akane tremava visibilmente. Non riusciva a distogliere la mente
dall’espressione terrorizzata di Kensu. Si chiese se nei suoi
occhi Rihito avrebbe letto la stessa paura, al momento della sua morte.
Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò nella sua stanza. Il
custode dell’Aldilà attese sulla soglia il ritorno di
Josetsu, che si era allontanato in cerca di bende da applicare sulle
ferite di Akane. Quando il piccolo youkai fece ritorno, Rihito
andò via senza dire una parola.
Akane sembrava sotto shock. Non si accorse nemmeno del demone che
tamponava le sue ferite arrestando la fuoriuscita di sangue e le
avvolgeva con delle bende. Non voleva essere curata, ma non aveva la
forza di opporsi. Rimase perfettamente immobile, lo sguardo perso nel
vuoto.
Aveva miseramente fallito. Il suo tentativo era andato a vuoto. Non
c’era più nulla che potesse fare a quel punto. Sarebbe
stata sacrificata. E in quel momento capì che non voleva
l’aiuto di Ranma. Non quella volta. Era troppo pericoloso. Si
ritrovò a sperare che Ranma non scoprisse mai come arrivare a
lei. Essere uccisa da Rihito le andava bene, purché lui fosse
salvo. Era dura ammetterlo, ma nemmeno lui questa volta sarebbe stato
in grado di tirarla fuori da quel pasticcio.
Rihito aveva dato appena un assaggio della sua forza a Kensu, lo
sapeva. Cosa sarebbe successo se avesse dato sfoggio della sua vera
potenza? Non sopportava il pensiero che Ranma perdesse la vita per
causa sua. Non poteva succedere.
“Non cercarmi, Ranma. Non cercarmi. Non devi preoccuparti per me.”
Si accorse solo in quel momento di essere rimasta sola. Il silenzio
opprimente fu rotto dai suoi singhiozzi. Sebbene temesse per la vita di
Ranma, una parte di lei, però, non poteva fare a meno di sperare
che lui la trovasse. Voleva vederlo almeno un’ultima volta. I
suoi singhiozzi crebbero d’intensità mentre il suo cuore
sembrava schiacciato da un peso troppo grande da sopportare.
Voleva dirglielo, almeno una volta.
-Ti amo…
Sperò con tutto il cuore che quel sussurro giungesse fino a lui. Ma sapeva che era impossibile.
Ok, lo so…avete ragione!
Nabiki è assurdamente OOC! E un poco anche Kuno…ma,
davvero, non ho resistito! Spero mi perdonerete! Alla prossima…
Lavs
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Capitolo 8 *** Kami no tanto ***
Kami no tanto
Salve a tutti! Innanzitutto tiro un
sospiro di sollievo. Sono contenta che la mia Nabiki non vi sia
sembrata OOC. Non ero per niente sicura che questo suo lato nascosto
avrebbe riscosso il vostro favore. Meno male!
Adesso passiamo a questo ottavo
capitolo. Ho faticato non poco a scriverlo, onestamente. Ho avuto un
blocco che sono difficilmente riuscita a superare e pubblico questa
versione che mi sembra almeno sufficiente. Spero sia di vostro
gradimento! Volevo ringraziare tutti quelli che hanno messo la mia
fanfiction tra i preferiti e naturalmente anche tutti quelli che hanno
commentato!
Kuno84:
ebbene si, era proprio quello l’OOC che mi preoccupava!
Felicissima che ti sia piaciuto il confronto tra Nabiki e Kuno. Mi
sembrava il caso di dare una piccola scossa al senpai e chi meglio di
Nabiki? Oltretutto è stato un mezzo per spezzare un po’ la
drammaticità della storia e per focalizzare per un istante
l’attenzione su personaggi che non siano Ranma o Akane. Mi piace
dare spazio a tutti. Ti ringrazio sempre moltissimo per i complimenti!
Aspetto di sapere cosa pensi di questo capitolo, se avrai modo di
commentare.
TheBestLady:
è sempre un gran piacere per me vedere nuovi nomi tra i
commenti. Sono contentissima che la storia ti piaccia e che abbia
apprezzato Nabiki! Mi farebbe piacere se mi dessi il tuo parere anche
su questo capitolo! A presto, spero.
_kaggy_chan_:
grazie grazie grazie! Mi fa piacere che tu abbia trovato il capitolo
bellissimo. Ecco arrivata la continuazione, aspetto il tuo parere!
Apple92:
ciao! Innanzitutto volevo scusarmi per la storia del rating, non ci
avevo proprio pensato! L’ho abbassato, comunque. L’avevo
alzato per precauzione. Ora non ci dovrebbero essere più
problemi! Grazie anche a te per il consenso riguardo Nabiki! Come
sempre aspetto le tue recensioni con ansia…
Robbykiss:
grazie per i complimenti! Sono contenta che la contraddizione interiore
di Akane abbia fatto effetto, era proprio quello che
volevo…aspetto il tuo parere anche questa volta!
Akane25:
ciao! Che bello che anche per te sia Nabiki che Kuno siano
IC…detto da te è importantissimo per me! Evviva! In bocca
al lupo per la tua storia e a presto, spero…
Maryku:
addirittura adorami? Mi fai arrossire! Cavolo, non pensavo proprio che
Nabiki sarebbe piaciuta così tanto…riguardo al rating
l’ho già spiegato ad apple92, semplice precauzione, ma
l’ho abbassato. Spero di sentirti anche questa volta!
Littel:
sono contenta che ti sia sembrato così naturale il modo in cui
ho fatto emergere il lato umano di Nabiki. E ancora di più che
tu abbia apprezzato la conclusione del capitolo! Modestie a parte
è la mia parte preferita…aspetto il tuo commento! Un
bacio!
Laila:
ciao anche a te! Mi hai fatto il più bel complimento del mondo,
sai? “Anche questo cap segue la linea Takahashiana”. Ma
grazie! Riguardo al fatto che il capitolo sia iniziato con Nabiki so
che è stato strano, ma voglio proprio dare voce in capitolo a
tutti e creare delle piccole parentesi in cui anche i personaggi minori
possano avere la propria storia. Spero che l’effetto sia
gradevole, alla finE! Spero di leggere anche questa volta un tuo
commento…a presto!
Capitolo VIII
Kami no tanto
Il monte Tsukuba si stagliava imponente all’orizzonte. Ancora
poche ore e l’avrebbero finalmente raggiunto. Trovarsi
così vicini alla meta produceva strani effetti nei cuori di
ognuno. Per la prima volta l’adrenalina e la voglia di combattere
avevano lasciato posto ad una paura sconsiderata. Paura
dell’ignoto, paura di non farcela.
Paura di morire.
Il cielo era scuro e l’aria pesante. Un silenzio innaturale li
attorniava. Sebbene si trovassero ad una distanza considerevole dal
monte, l’aura negativa che emanava veniva percepita nitida dai
loro sensi, generando un’atmosfera di ansia e timore.
Quali misteri nascondeva il monte Tsukuba? Che genere di insidie si
sarebbero trovati ad affrontare? E man mano che procedevano la domanda
più importante si affacciava con sempre maggiore insistenza:
“Ce la faremo?”
Ranma camminava in testa alla fila, la mascella serrata e lo sguardo
serio. Il cuore batteva appena più veloce del normale, mentre
l’eccitazione e l’ansia che precedevano uno scontro
imminente aumentavano passo dopo passo. Ma mai come quella volta il
risultato era importante. Nulla a che vedere con le solite scaramucce
con Ryoga o gli scontri col vecchio. Dalle loro capacità
dipendevano delle vite, quella volta. Le loro e quella di Akane. Non
potevano permettersi nessun passo falso. Un qualsiasi errore, seppur
minimo, avrebbe potuto essere fatale per chiunque di loro.
La tensione era quasi palpabile e nessuno sembrava avere
particolarmente voglia di parlare. Shampoo si era quasi pentita di
trovarsi lì. Tutta quella strada e tutti quei pericoli da
affrontare solo per salvare il maschiaccio? Non era forse una sciocca?
Del resto se Akane non fosse mai tornata tra lei e Ranma non ci sarebbe
più stato alcun ostacolo…giusto?
No. Non era vero. Akane sarebbe rimasta per sempre nel cuore di Ranma.
Probabilmente il dolore per non essere stato in grado di salvarla lo
avrebbe annientato lentamente. E lei non avrebbe sopportato di vedere
Ranma spegnersi in quel modo, giorno dopo giorno. Per cui non le
rimaneva altra scelta. Avrebbe almeno sfruttato la situazione a suo
vantaggio. Avrebbe fatto la sua parte per riportare a casa il
maschiaccio violento e quando la situazione fosse tornata alla
normalità, sarebbe tornata alla sua vita di sempre, annientando
ogni ostacolo tra lei e il suo consorte. Chissà, magari Ranma si
sarebbe reso conto che lei gli era stata vicino per tutto il tempo, che
c’era sempre stata quando lui aveva avuto bisogno, e forse si
sarebbe davvero innamorato di lei…si, era una possibilità
da tenere in considerazione.
E allora perché quella dolorosa, orribile sensazione che non le dava pace?
“Ha davvero senso continuare così?”
Non aveva dimenticato l’invito al loro matrimonio. Né il
fatto che non era stata sorpresa di riceverlo. Come se fosse qualcosa
che aspettava da tempo. Ma non poteva darsi per vinta. Non
l’aveva fatto allora e non l’avrebbe fatto adesso. Le
regole del suo villaggio erano severe. Nessuna Amazzone poteva
disobbedirvi e macchiare il proprio onore di un’onta tanto grave.
E l’onore per Shampoo era la cosa più importante. Pertanto
l’unica cosa che le restava da fare era conquistare Ranma, fare
in modo che la sposasse e potesse darle degli eredi forti e vigorosi.
Questo lo scopo di tutta la sua vita. Era tutto scritto, no? Questo
doveva essere il giusto corso degli eventi. E allora perché
giorno dopo giorno le cose sembravano degenerare sempre di più?
Ranma sembrava sempre più irraggiungibile, soprattutto adesso
che aveva esplicitamente dichiarato di essere disposto a dare la
propria vita per quella di Akane. Sebbene Shampoo provasse a
respingerla con tutte le sue forze, la domanda più spinosa alla
fine emerse dal suo intimo. “Sarebbe disposto a sacrificarsi fino
a questo punto per me?”
E la risposta più sincera era soltanto una: “Probabilmente no.”
Era davvero questa la vita che desiderava? Legarsi ad un uomo che non l’avrebbe mai amata?
Chiedeva poi così tanto? Amare ed essere riamata era un desiderio così irraggiungibile?
Voleva passare la vita con Ranma con tutto il cuore. Indipendentemente
dalle leggi del suo villaggio. Avrebbe voluto averlo al suo fianco per
sempre più di qualunque cosa. Ma mai come in quel momento le era
stata chiara la verità. Lui non l’avrebbe mai amata. Era
disposta a farlo suo pur sapendolo?
Mousse, che camminava di fianco a Shampoo, lanciava di sottecchi
sguardi preoccupati alla sua amata. Aveva udito i suoi sospiri e notato
il suo sguardo spento. Non era difficile capire cosa la turbasse, o
meglio chi, dato che era sempre lo stesso il motivo del suo tormento da
due anni a quella parte. Vedendo Shampoo in quello stato non poteva
impedirsi di odiare Ranma con ogni fibra del suo corpo. Era tutta colpa
sua e della sua codardia. Agli occhi di Mousse i sentimenti di quel
vigliacco erano chiari: aveva occhi solo per Akane. Allora
perché non dirlo chiaramente e lasciare a tutti la
possibilità di vivere la propria vita? Era davvero un dannato
codardo.
-Shampoo, tutto bene?
-Certo, benissimo! Non mi assillare!
Mousse era davvero fastidioso…sempre ad impicciarsi di fatti che
non lo riguardavano! Ma perché non imparava a farsi gli affari
suoi?
Sospirò ancora una volta…doveva ammettere che,
però, non considerando quanto fosse noioso, idiota, fastidioso,
incapace ed impiccione, era carino a preoccuparsi per lei. Sebbene
fosse uno stupido papero miope…l’amava sinceramente. E, di
questo era certa, avrebbe dato qualunque cosa per prendersi cura di lei
per il resto della sua vita, come Ranma non avrebbe mai fatto.
******
Ryoga avrebbe fatto qualunque cosa pur di raggiungere il monte Tsukuba
in quello stesso istante. L’idea di aspettare ancora delle ore
prima di potersi impadronire del Kami no tanto e tornare a casa lo irritava profondamente.
Era spaventato e preoccupato per Akane esattamente quanto Ranma. Ma
come sempre non c’era spazio per il suo dolore. Nessuno sembrava
preoccupato di quanto il suo cuore fosse straziato o di quanto stesse
soffrendo. Tutti gli occhi erano puntati su Ranma. Come sempre del
resto.
Ed era una cosa che lo mandava in bestia.
Ranma, Ranma, sempre e solo Ranma. E lui, Ryoga? Perché non
c’era nessuno che si preoccupasse per lui? Perché nessuno
sembrava interessarsi di ciò che sentiva? Cercava di non
chiedersi se sarebbe importato a qualcuno se lui se ne fosse andato per
sempre. Era solo, completamente solo.
-Ahi!
Proprio mentre Ryoga rimuginava su quei pensieri, Ukyo, che camminava
al suo fianco, inciampò in un sasso e perse l’equilibrio.
Di riflesso lui la prese tra le braccia frenando la sua caduta. Ucchan
alzò lo sguardo verso il ragazzo, sorpresa. I loro visi si
ritrovarono ad una vicinanza insolita, così vicini da poter
sentire il caldo respiro dell’altro sulle proprie labbra. In quei
pochi secondi in cui si ritrovarono così a stretto contatto,
entrambi sentirono il proprio cuore accelerare i battiti, mentre uno
sgradevole rossore imporporava le loro guance, aumentando ulteriormente
l’imbarazzo. Un pensiero imprevisto invase la mente di Ryoga,
come un fulmine a ciel sereno.
“È davvero carina…”
La lasciò andare d’improvviso, come se avesse preso la
scossa. Ukyo lo guardò confusa e ancora molto rossa in viso, per
poi abbassare lo sguardo verso il basso. Lo sguardo di Ryoga…era
così intenso…
Il ragazzo con la bandana rise nervosamente, portando una mano dietro
la testa, mentre Ukyo si ostinava a guardarsi i piedi, le mani giunte
in grembo.
-Gra…grazie.
-Figurati.
Nessuno dei due disse un’altra parola.
Ryoga era troppo impegnato a chiedersi cosa gli fosse passato per la
testa. Ucchan era innegabilmente una bella ragazza, ma lui era
innamorato di Akane! E poi…e poi c’era pur sempre anche
Akari nella sua vita. Non era decisamente il caso di lasciarsi andare a
pensieri del genere. Cercò di scacciare dalla sua mente il viso
di Ucchan, ma proprio in quel momento un pensiero lo colpì con
incredibile forza, rendendogli l’impresa quasi impossibile. Se ne
rese conto solo in quel momento. Era lei ad essergli vicina in quei
giorni. Non Akari. Era l’unica a sembrare vagamente preoccupata
per quello che lui stava passando e ad essere interessata alla sua
sofferenza. Come sempre, Akari era chissà dove e chissà
cosa stava facendo…da quanto tempo non la vedeva? Almeno un paio
di mesi…o forse molto di più. E Akane…sapeva fin
troppo bene che le sue speranze con lei erano nulle. Si infuriò,
allontanando dalla mente ogni pensiero di natura sentimentale. Non era
affatto il momento adatto per arrovellarsi il cervello con cose simili.
Intanto il cuore di Ucchan batteva ancora a velocità folle. Si
sfiorò il viso sentendo le guance scottare al suo tocco.
Rallentò il passo in modo tale da mettere quanta più
distanza possibile tra lei e Ryoga ed alleviare l’imbarazzo.
Non si era mai trovata tanto vicina a lui, prima. E voleva evitare ad
ogni costo che la cosa si ripetesse. Non riusciva a capire per quale
ragione il suo cuore non smettesse ancora di
battere…forse…forse perché era la prima volta che
qualcuno la guardava come se fosse una donna. E sebbene quel qualcuno
non fosse Ranma, stranamente in quel momento non le importava.
******
Alle pendici del monte Tsukuba l’aria era quasi irrespirabile,
l’aura negativa così intensa da poter quasi essere
tangibile. La cima del monte era avvolta dalle nebbie per cui era
impossibile capire con esattezza quanta strada avrebbero dovuto
percorrere. Era innegabile comunque che non sarebbe stata
un’esperienza facile.
Il sole stava tramontando all’orizzonte, tingendo le nuvole di
sfumature di arancio e di rosa. Il primo astro della sera cominciava
già ad essere visibile.
-Dobbiamo accamparci.
-Cosa? Ma vecchia! Siamo quasi arrivati!
-Non fare lo sciocco, futuro marito. Si sta facendo buio e non
riusciremmo a vedere ad un palmo dal nostro naso. Cominceremo la salita
alle prime luci dell’alba, abbiamo bisogno di vedere dove
mettiamo i piedi.
-Ma…
-Su, Ranchan, Obaba ha ragione. So che vuoi sbrigarti a salvare Akane,
ma qui rischiamo di rimetterci tutti le penne e in quel caso nemmeno
per lei ci sarebbe alcuna speranza.
-…d’accordo, d’accordo! Ma come possiamo assicurarci
che qualche strana creatura non ci attacchi mentre dormiamo?
-Apporrò qualche sigillo qui intorno. In questo modo dovremmo
essere al sicuro. In ogni caso credo che nessuno youkai si
avventurerà fino a qui. Vivono da sempre rintanati nel monte
senza scendere a valle.
-Bene. D’accordo.
Nessuno parlò molto per tutta la durata della cena. Stanchi e
agitati, preferivano rifugiarsi nelle proprie fantasie e nei propri
pensieri e tentare di allontanare il più possibile il momento in
cui avrebbero dovuto riflettere sugli orrori del monte Tsukuba.
Andarono tutti a letto molto presto, anche se nessuno in realtà dormì molto.
******
La mattina arrivò fin troppo presto. Intorno a loro ogni cosa
era immobile, neppure un alito di vento a far frusciare le foglie,
né il ronzare degli insetti o il canticchiare degli uccelli.
Regnava una calma quasi irreale, chiaro presagio nefasto.
Quell’insolito silenzio era spezzato soltanto dal tamburellare
dei loro cuori impazziti. Il momento era finalmente giunto.
-Dobbiamo iniziare a salire. Sentite…
Ranma si rivolse ai suoi compagni con sguardo determinato. Pur sapendo
ciò che il ragazzo col codino stava per dire, gli altri lo
lasciarono ugualmente concludere la frase, senza però evitare di
lanciarsi apertamente sguardi esasperati.
-…questa è ’ultima occasione che avete per
ritirarvi. Sarà la cosa più pericolosa che abbiamo mai
fatto in vita nostra e non posso garantire per
l’incolumità di nessuno. Per cui se non siete
assolutamente sicuri, rimanete qui. Non voglio che rischiate la vita
inutilmente, né che vi facciate prendere dal panico una volta in
cima. Metterete a rischio sia voi che gli altri e non posso permetterlo.
-Finito di blaterare?
-Ma, Ryoga…
-Mi pare che te l’abbiamo già detto. Noi veniamo con te.
-Mousse…
-Andiamo.
Il cinese tagliò corto, iniziando ad incamminarsi. Nessuno
guardò Ranma in viso, evitando di dargli la possibilità
di riprendere il discorso.
Il ragazzo col codino sospirò pesantemente. “Spero davvero che sappiate quello che state facendo…”
La salita fu lenta e faticosa. Non esisteva un sentiero che potesse
essere percorso fino alla cima, per cui si incamminavano lungo le
sporgenze fin dove era possibile e si arrampicavano dove era
necessario. Quella quiete innaturale li rendeva ancora più
nervosi. Si sarebbero aspettati di essere attaccati non appena saliti
sulla montagna, invece nulla.
La scalata stava procedendo fin troppo tranquilla. I sensi di Ranma
erano all’erta, pronti a cogliere il minimo segno sospetto, un
rumore insolito o una presenza sconosciuta. Il problema era che non
percepiva proprio nulla. E invece di rassicurarlo, la cosa lo
terrorizzava.
-Vecchia…
-Lo so, consorte. Questa calma è insolita.
-Bisnonna, che cosa significa? Perché nessuno ci attacca?
-Non ne ho idea, ma state all’erta. Non abbassate la guardia per
nessun motivo. Non dobbiamo dargli l’occasione di coglierci
impreparati. Probabilmente è proprio questo che aspettano.
Potete stare sicuri che non ci lasceranno andar via di qui illesi.
State sempre in guardia.
L’avvertimento di Cologne ebbe l’effetto di innervosire
tutti ancora di più. Procedevano lenti e cauti e trasalivano se
qualcuno pestava un rametto, facendolo scricchiolare, o calciava una
pietra facendola rotolare giù dalla montagna. A volte avevano
l’impressione di sentire dei sussurri alle loro spalle, ma quando
si voltavano, non c’era nulla.
Ranma cercava di mantenere i nervi saldi, come gli era stato insegnato.
Mai farsi prendere dal panico. Mai divenire preda delle emozioni.
Questo il modo perfetto per vincere un combattimento. Ma come evitare
di avere paura in un momento come quello? E non paura per sé,
no. A Ranma non importava nulla della sua vita. Soltanto paura di
fallire. L’importante era solo salvare lei. Akane. La sua Akane.
Sin da quando si era messo in viaggio aveva provato più volte ad
immaginare il momento in cui l’avrebbe rivista e stretta tra le
sue braccia. Più e più volte aveva provato il discorso da
farle. Arrossiva al solo pensiero…ma questa volta niente e
nessuno si sarebbe frapposto fra loro. Men che meno la sua timidezza o
il suo orgoglio.
“Akane…aspettami…vedrai che riuscirò a salvarti.”
La scalata era ben più difficile di quanto si sarebbero mai
aspettati, soprattutto per via dell’aria pesante ed
irrespirabile. Sebbene viaggiassero leggeri, erano ugualmente stremati
e per di più assetati, dato che le scorte d’acqua erano
già praticamente terminate.
Dopo due ore di cammino ininterrotto, finalmente riuscirono a scorgere la cima del monte attraverso le nebbie.
-Ormai manca poco! Un ultimo sforzo!
-La fai facile tu! Io sono stanca morta!
-Non avevi detto di essere una ragazza forte?
-Senti tu…
-Ryoga, Ukyo, la volete piantare?
-Scusaci, Ranchan…
Ryoga e Ukyo si scambiarono uno sguardo imbarazzato e arrossirono.
L’atmosfera tra di loro era tesa come una corda di violino. E
nessuno dei due riusciva a spiegarsene il motivo. Erano sempre andati
così d’accordo…perché ora quello strano
imbarazzo?
Non ebbero molto tempo per rimuginare su quei pensieri. Ripresero
infatti immediatamente la salita e non ebbero la possibilità di
pensare proprio a nulla, a dire il vero. Ogni loro sforzo doveva essere
concentrato sui passi da compiere e ogni pensiero sull’idea di
raggiungere la cima. Un passo dopo l’altro.
L’ultimo tratto poteva essere percorso soltanto arrampicandosi.
La salita in quel punto era molto pericolosa a causa della natura delle
rocce, piuttosto friabili. Obaba saliva speditamente saltellando sul
suo bastone e dandosi la spinta sulle sporgenze. Per tutti gli altri,
fu molto più faticoso. Cercavano di inserire i piedi nelle
rientranze di roccia, laddove era possibile, e con un colpo di reni
afferravano con le mani le sporgenze più in alto, conficcando le
unghia nel terreno friabile. Tagli e ferite si aprivano sulle loro
mani, ma non avevano nemmeno la forza di lamentarsi del dolore.
Ranma, più in alto di tutti, aveva ormai praticamente raggiunto
la cima, mentre Obaba gli saltellava a fianco. Immediatamente dietro
Ryoga aiutava Ukyo che sembrava non farcela più e Shampoo
sbraitava contro Mousse che si ostinava a tenderle la mano. Lei era
un’Amazzone, accidenti! Non aveva bisogno di nessuno!
-Ce la faccio da sola, Mousse! La vuoi piantare?
Ma proprio in quel momento la sua mano si aggrappò ad un
appiglio poco sicuro. La roccia si sgretolò tra le sue dita,
mentre i frammenti scivolavano via precipitando al suolo. Gli occhi di
Shampoo si dilatarono per la sorpresa mentre il suo corpo si staccava
dalla parete di roccia e lei iniziava a cadere indietro. Il suo urlo
terrorizzato gelò il sangue nelle vene di Ranma, che molto
più in alto, si voltò verso l’amazzone con il cuore
in gola. Lo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi lo
paralizzò. Shampoo stava precipitando da centinaia di metri di
altezza. Si sarebbe sfracellata contro le rocce…E la colpa era
soltanto sua. Sua. Perché accidenti le aveva concesso di
accompagnarlo in questo viaggio da suicidio? L’urlo uscì
dalle sue labbra senza che nemmeno se ne rendesse conto. Come se fosse
qualcun altro ad urlare al suo posto.
-SHAMPOOOOOOOOO!
Ma niente poteva prepararlo a ciò che successe dopo. Vedendo
Shampoo precipitare, Mousse si lasciò cadere senza esitazione,
precipitando nel vuoto insieme a lei nel tentativo di raggiungerla.
Entrambi scomparvero nelle nebbie.
Ranma, Ryoga e Ukyo rimasero perfettamente immobili, fissando il punto
in cui i due ragazzi cinesi erano spariti. Gli occhi spalancati e la
bocca socchiusa in un espressione di incredula sorpresa. Obaba, invece,
incurante di tutto e di tutti, iniziò a ridiscendere la montagna
ad una velocità inaudita, urlando con quanto fiato avesse in
corpo.
-SHAMPOOOO!! MOUSSE!!
I tre ragazzi rimasti in alto si voltarono molto lentamente l’uno verso l’altro, con il terrore negli occhi.
Ranma si rifiutava di credere alla scena cui aveva appena assistito.
Aveva lasciato che Akane fosse rapita sotto i suoi occhi. E adesso
questo. Shampoo che cadeva. Shampoo che urlava. Shampoo con il terrore
nello sguardo…Shampoo, la coraggiosa Amazzone. E Mousse. Mousse
che la amava così tanto da seguirla ovunque senza timore. Anche
nella morte.
Ma non potevano essere…no. Stavano sicuramente bene.
Loro…erano salvi. Dovevano esserlo. O non se lo sarebbe mai
perdonato.
******
Svariati metri più in basso, Shampoo col cuore in gola, si
aggrappava con tutte le sue forze ad una gamba di Mousse, che
prontamente aveva tirato fuori da una delle ampie maniche del suo
kimono una catena con la quale era riuscito ad aggrapparsi ad una
roccia. Ogni muscolo era contratto per lo sforzo di reggere sia
sè che la sua amata. Digrignava i denti mentre una goccia di
sudore scendeva dalla tempia lungo la sua guancia. Una vena sulla sua
fronte si gonfiò per la fatica, mentre con uno sforzo sovrumano
cercava di issarsi su una piccola sporgenza che, sperava, avrebbe
sorretto sia lui che Shampoo.
L’Amazzone, terrorizzata oltre ogni dire, si sforzava di non
gettare lo sguardo verso il basso. Sapeva di trovarsi molto in alto.
Troppo. E sapeva cosa sarebbe successo se Mousse non si fosse lanciato
insieme a lei.
Non aveva esitato a mettersi in pericolo per lei.
Non aveva esitato nemmeno per un istante.
Nessuno avrebbe mai rischiato tanto per lei. Se non fosse stato per
lui, sarebbe morta. Morta in una maniera orribile. Cercava di non
pensarci e incitava mentalmente Mousse a non mollare. “Resisti,
Mousse. Resisti, ti prego.
Ma Mousse non intendeva affatto darsi per vinto. Anche se fosse morto
di fatica, avrebbe portato Shampoo in salvo. L’avrebbe fatto ad
ogni costo. E traendo forza dall’idea di portarla al sicuro,
riuscì ad issarsi sulla roccia e a tirar su con sé la sua
amata, che si aggrappò al suo collo con tutte le sue forze.
Mousse rimase senza fiato.
Non aveva mai sentito il profumo di Shampoo così nitidamente.
Né il calore del suo corpo.
Non credeva che il suo cuore di Amazzone potesse battere tanto veloce, a contatto col suo petto.
Credeva di sognare. Davvero Shampoo lo stava abbracciando?
Ed era più bello di quanto potesse immaginare. Molto i
più. E niente esisteva se non l’esile corpo di lei tra le
sue braccia. Non gli importava più di nulla. Né di Ranma,
né degli youkai del monte Tsukuba. Cos’era un’orda
inferocita di demoni in confronto al calore di quell’abbraccio?
Alla forza del suo amore per Shampoo?
-Mousse…
-Stai bene?
Shampoo aveva ancora il viso affondato nel suo petto. Non lo guardava.
Si limitava a stringerlo, quasi ne andasse della sua vita. Si
aggrappava a lui con tutte le sue forze, gli occhi chiusi e il cuore
che le martellava in petto. Schiuse le labbra per parlare, ma non un
suono ne fuoriuscì. Quando riprovò una seconda volta,
finalmente riuscì a rivolgersi a Mousse.
La sua voce era un flebile sussurro.
-Si…
-Meno male. Su, torniamo dagli altri.
Mousse si impose di sciogliersi da quell’abbraccio. Era ora di
svegliarsi. Ora di tornare alla realtà. Avevano qualcosa di
importante da fare, non poteva perdersi nelle sue fantasticherie.
Perché erano questo e nient’altro. Il fatto che avesse
salvato la vita a Shampoo non cambiava niente. Non cambiava i suoi
sentimenti per lui, né, soprattutto, per Ranma. Ma
quell’abbraccio era comunque stato il momento più bello
della sua vita. Avrebbe portato quel ricordo nel cuore, come un
talismano che gli avrebbe dato la forza per affrontare ogni giorno col
sorriso sulle labbra. Ma non significava niente di più di quello
che era: una forma di gratitudine.
Shampoo, però, continuava a non volersi separare da lui.
-Shampoo…?
-Grazie…
-Cosa?
-Ti ringrazio tanto…sei stato…
“Carino, dolce…?” No. Molto di più. Come si
definisce qualcuno che si sacrifica per la persona che ama? Qualcuno
che rischia tutto senza alcuna paura? Adorabile, coraggioso…eroico?
Mousse eroico. Non avrebbe mai pensato di definirlo così.
Eppure…le cose cambiano. Molto più di quanto ci si
potrebbe mai aspettare.
-SHAMPOO!
-Bisnonna!
-Shampoo, bambina mia, stai bene allora! Come sono felice!
La vecchia Amazzone corse incontro a Mousse e a Shampoo e strinse la
sua bisnipote tra le esili e ossute braccine. Shampoo ricambiò
la stretta trasmettendole tutto l’amore che provava. Tutta la sua
felicità per il pericolo scampato.
E insieme risalirono la montagna, nel tentativo di raggiungere gli altri.
******
Fu un sollievo vederli lì, sani e salvi. Vedere che risalivano
la montagna totalmente incolumi, con un’espressione sollevata
dipinta sul volto. Shampoo era ancora piuttosto scossa. Non diceva una
parola e lanciava di tanto in tanto delle strane occhiate a Mousse. Non
si allontanava un attimo da lui.
“Strano che non stia attaccata a me…” si
ritrovò a pensare Ranma. Ma per lui era un sollievo anche quello.
Rinfrancati dalla felicità per essere ancora tutti incolumi, i
sei compagni raggiunsero la cima in un baleno. Si sarebbero aspettati
di affrontare chissà quale pericolo una volta giunti lì.
Invece nulla. Tutto ciò che riuscirono a scorgere tra le nebbie
sempre più fitte, erano i contorni di un piccolo tempio
malridotto.
-Credo che il Kami no tanto sia custodito lì dentro, futuro marito.
-Bene, cosa aspettiamo? Andiamo.
-Ma, Ranchan…credi sia sicuro?
-Non ne ho idea. Non ci resta che entrare per scoprirlo.
Guardinghi, i sensi all’erta, i sei compagni si avvicinarono al
tempio, risalendo le scale che conducevano all’ingresso. Si
guardavano intorno con circospezione, ma sembrava che nessuna minaccia
si profilasse di fronte a loro.
Proprio all’entrata si arrestarono nuovamente.
Il cuore di Ranma batteva a velocità folle. Stava per
impadronirsi dell’unico strumento che potesse portarlo da Akane.
Ancora pochi secondi. Pochi secondi e se ne sarebbe impossessato. Ma
cosa sarebbe successo una volta messo piede in quel tempio?
Come a rallentatore, mosse un passo tremolante verso l’interno, mentre gli altri trattenevano il fiato.
Non successe nulla.
Con un sospiro di sollievo, Ranma procedette rapido verso il centro del
piccolo ambiente, dove scorse un piccolo altare. E proprio su
quell’altare si trovava l’oggetto della sua ricerca. Il Kami no tanto era lì, davanti ai suoi occhi.
Sorrise. Finalmente avrebbe potuto salvare Akane.
Allungò una mano per impugnare quel misterioso tanto
dai magici poteri. Strinse l’impugnatura tra le mani. Sorrise,
così come Ukyo e Ryoga, sicuri di avercela fatta. L’urlo
di trionfo morì però sulle labbra del ragazzo col codino,
mentre una scarica di incredibile potenza lo spedì diversi metri
lontano dal’altare. Cadde violentemente di schiena e il colpo gli
mozzò il respiro. Un dolore lancinante gli attraversò il
corpo come una scarica, impedendogli momentaneamente di alzarsi e di
mettere a fuoco l’ambiente intorno a lui. Ukyo accorse
preoccupata al suo fianco.
-Ranchan! È tutto apposto?
-S…si. Tutto bene, tranquilla.
Riprese fiato e si rialzò. Gli sembrava di avere un paio di
costole incrinate, ma non se ne preoccupò. La sua attenzione era
concentrata sull’altare e su quel maledetto pugnale. Che idiota
era…come aveva potuto pensare che sarebbe stato così
facile?
Avrebbe voluto urlare tutta la sua rabbia.
-Bè, sinceramente il tuo tentativo mi sembrava un po’ debole, consorte. Sapevo che non avrebbe funzionato.
-E perché diavolo non l’hai detto prima?
-Non me ne hai dato modo…vediamo. Ci deve essere una soluzione. Come si possono aggirare le difese del Kami no tanto?
Obaba girò intorno all’altare, osservandolo in tutti i
suoi dettagli, studiandolo con gli occhi ridotti a fessure. Mormorava
parole in una lingua sconosciuta, che però sembravano non
sortire alcun effetto, e di tanto in tanto lo picchiettava col bastone,
facendo generare all’istante la stessa scarica che aveva colpito
Ranma.
Dopo quelle che parvero ore, finalmente pronunciò il suo responso.
-È una protezione antica e potente. Ingegnosa, me non impossibile da rimuovere, per chi sa come fare.
-E tu ne sei in grado?
-Ovviamente.
Tracciò con il suo bastone un triangolo immaginario intorno
all’altare, mentre i ragazzi vicino a lei seguivano con la
massima attenzione ogni sua mossa. Con voce sommessa iniziò a
pronunciare delle parole che a Ranma sembrava non avessero alcun senso.
Eppure ad ogni sillaba i contorni di quel triangolo immaginario
iniziavano a diventare sempre più nitidi. La piccola folla
radunata intorno all’altare seguì ogni battuta di Cologne
in religioso silenzio, senza sapere bene cosa aspettarsi.
Quando la voce della vecchia Amazzone si spense, l’altare fu illuminato momentaneamente da una luce accecante.
-Bene. Sembra che abbia funzionato.
-Ne sei sicura, vecchia?
-Si.
Ranma si avvicinò nuovamente all’altare, molto meno sicuro
questa volta. Deglutì, tentando di sciogliere il nodo che gli
serrava la gola, inutilmente. Incerto e un po’ tremante,
allungò la mano. Chiuse gli occhi e strinse l’impugnatura
del pugnale. Li riaprì pian piano per scoprire che non era
successo nulla, questa volta. Il Kami no tanto era in suo possesso, stretto tra le sue dita. Aveva funzionato!
-Ce l’abbiamo fatta! Ci siamo riusciti! Torniamo a casa, presto!
Con la ritrovata felicità, si precipitarono fuori dal tempio,
ridendo come matti. Ma non appena varcarono l’uscio, si
arrestarono, acuendo nuovamente i sensi. Si misero immediatamente in
posizione d’attacco, serrando i ranghi per non farsi sorprendere
isolati.
Ranma legò il Kami no tanto
alla cintura de suoi pantaloni e con lo sguardo che si spostava
rapidamente a destra e a sinistra, sogghignò, rivolgendosi ai
suoi compagni.
-Tsè, sembra che abbiamo compagnia.
Tutt’intorno a loro, si levarono strepiti e stridii, uniti a cupi ringhi di creature sconosciute.
Erano circondati.
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Capitolo 9 *** Battaglia all'ultimo sangue ***
Battaglia all'ultimo sangue
Salve a tutti! Premessa rapida
rapida! È la prima volta che mi cimento nella stesura di una
scena d’azione, perciò se il risultato sarà penoso,
abbiate pietà! In ogni caso ho tentato davvero di fare del mio
meglio, cercherò di continuare a migliorarmi con
l’esercizio.
Il mio grazie più grande va
sempre a chi perde tempo non solo a leggere, ma anche a commentare
questa mia fanfiction. Grazie del sostegno! Andiamo alle risposte
individuali…
Kuno84:
salve senpai! Contentissima che ti sia piaciuto il modo in cui ho
trattato questa sorta di evoluzione nel rapporto tra Shampoo e Mousse.
Ti confesso che questo riferire ogni capitolo ad una coppia non
è stato affatto premeditato. Per esempio proprio in quello
precedente l’idea di Shampoo che cade e di Mousse che la salva mi
è venuta all’improvviso, mentre scrivevo. Certe volte i
personaggi mi sembrano agire di propria volontà…non so
come spiegarlo! Alla fine però sono soddisfatta di avere
ottenuto questo risultato senza nemmeno volerlo, l’idea di un
capitolo che abbia come protagonista una determinata coppia piace anche
a me!
Ebbene…oltre al primo ostacolo
per Ranma & Co., in questo capitolo si affronta anche il mio primo
vero ostacolo: le scene d’azione. E hai sicuramente ragione:
sebbene più movimentata, la scena della tentata fuga di Akane
non è niente di che alla fine!
Ansiosa di sapere che ne pensi! Non essere troppo crudele…
Apple92:
meno male che alla fine ti sei ricreduta! Mi sarebbe dispiaciuto un
sacco deluderti…riguardo alla caduta di Mousse e Shampoo volevo
creare un po’ di suspense, ma non li avrei mai lasciati morire, o
almeno non così (chissà cosa accadrà in
futuro…!). Aspetto un tuo parere anche questa volta!
Maryku:
ebbene si, non poteva mica andargli tutto liscio, no? Sarebbe stato
troppo facile davvero. Contenta che ti sia piaciuto! Un bacio e a
presto!
_kaggy_chan_:MILLE
GRAZIE! Sono contenta che i personaggi per così dire secondari
risultino messi in luce tanto quanto Ranma e Akane. Sono soddisfatta
davvero! E certo che tengo al tuo giudizio, come potrei non farlo?
Laila:che
bellissimo commento…mi è piaciuto un sacco leggerlo. Che
ci posso fare, mi sto affezionando sempre di più alle tue
recensioni! Sentirmi dire da te che ho talento è davvero
un gran complimento (oh mio dio, ho fatto la rima, giuro che non
volevo!). Avevo un po’ timore per Shampoo in questo capitolo, ma
alla fine credo non sia risultata OOC! Riguardo a Ryoga,
bè…mi pare che di lui e di una certa cuoca si sia parlato
a lungo su N di nibunnoichi! Non faccio mistero riguardo al mio amore
per le Ryoga/Ukyo, ma non so ancora bene come svilupparla.
Cercherò di prendere esempio da te e portarla avanti nel modo
più originale possibile…^_- A proposito, in bocca al lupo
per il tuo lavoro!
Spero di leggere presto un tuo commento! Un bacione!
Robbykiss:
Promossa con lode?!? Ma tu vuoi proprio farmi arrossire!!! Grazieeeee!
Eh si, era ora che Shampoo iniziasse ad aprire gli occhi.
Mamma che bello sapere di riuscire ad
emozionare…l’ho già detto ma lo ripeto: è
una grande soddisfazione. Grazie! A presto!
Littel:
Inizio citando una tua frase che è tra le più belle che
mi abbiano detto: “ankora complimeti xkè x l'ottava volta
mi hai tenuta incollata allo skermo”. Mamma quanto mi è
piaciuta! Riguardo a Shampoo e Mousse devo dire che sono soddisfatta
anche io del modo in cui Shampoo comincia a capire quanto Mousse tenga
a lei…è uno dei momenti che ho descritto con maggiore
piacere. Riuscivo proprio ad immaginarmeli e ad emozionarmi con
loro…forse sono pazza! Riguardo alla Ryoga/Ucchan non me ne
volere! Li adoro troppo!
Baci e a presto, mi auguro!
Capitolo IX
Battaglia all’ultimo sangue
Schiena contro schiena, i sei compagni si prepararono a fronteggiare i
nuovi arrivati, la guardia alzata, concentrati al massimo. La resa dei
conti era dunque arrivata…erano stati fin troppo fortunati fino
a quel momento.
Le nebbie erano così fitte da non permettergli di vedere quali
esseri emettessero dei versi tanto terrificanti, che sembravano essere
sempre più vicini man mano che il tempo passava. Avvertivano la
loro presenza, come una sentenza di morte. L’aura negativa era
così intensa da essere quasi soffocante.
I loro sguardi saettavano da una parte all’altra per tentare di
scorgere l’aspetto degli youkai attraverso le nebbie. Tutto
ciò che riuscivano a vedere erano soltanto dei contorni sfocati.
Decine.
-Ma perché sono saltati fuori tutti adesso, bisnonna?
-Bè, credo di aver capito il vero motivo per il quale il monte
Tsukuba è popolato da così tanti demoni. Secondo me tutti
questi youkai non sono qui per caso. Qualcuno li ha sicuramente posti a
guardia del Kami no tanto. Naturalmente l’unico strumento che
possa permettere l’accesso al Regno dei Morti deve essere
sorvegliato molto bene. E lo è, non c’è che dire.
-Accidenti…sono…sono tantissimi.
-Hai ragione. Dobbiamo elaborare una strategia. Vecchia! Cosa facciamo?
-Non ne ho idea. Non ci resta che batterci e sperare di uscirne vivi.
-Magnifico, ottimo piano! Bene. Se nessuno ha qualche idea…Mi
raccomando, state attenti. Non correte pericoli inutili. Se vi rendete
conto di non potercela fare, scappate. Non guardatevi indietro, non
preoccupatevi degli altri…
-Lanma, ma che dici? Andremo via di qui tutti insieme!
-Giusto. Piuttosto tu non preoccuparti per noi, ce la caviamo da sole…
Ranma fece per ribattere, ma si fermò per poi annuire alle loro
parole. Non era affatto il momento di perdersi in inutili discussioni.
Quanto a lui, avrebbe badato a loro se ne avesse avuto la
possibilità. Non avrebbe certo permesso che si facessero del
male…
Cologne troncò ogni altra discussone con un ultimo avvertimento.
-C’è un’altra cosa importante da dire. I demoni non
sono come gli uomini. Non proveranno alcuna compassione nei vostri
confronti. Se sono qui è per eliminare ogni eventuale minaccia e
non si fermeranno davanti a nulla. Per cui mirate ad uccidere, non
abbiate alcuna pietà, perché di certo loro non ne avranno
per voi.
-Basta chiacchiere. Arrivano…
Le parole di Mousse furono le ultime che pronunciarono prima dello
scontro. Intorno a loro youkai di ogni sorta erano fuoriusciti dalle
nebbie. Nei loro sguardi famelici si leggeva chiaramente la precisa
intenzione di uccidere, di farli fuori tutti ad uno ad uno,
brutalmente, senza pietà alcuna.
Demoni lupo dalle lunghe zanne affilate emettevano ringhi cupi da
mettere i brividi digrignando i denti, scrutandoli con i loro occhi
gialli. Misteriosi demoni alati con corpi dalle fattezze umane ridevano
perfidamente al loro indirizzo, mettendo in mostra i loro denti aguzzi.
Altri youkai dagli aspetti più disparati continuavano ad
arrivare, bloccando ogni possibile via di scampo. Circondandoli
completamente. Affamati. Eccitati. Bramando il loro sangue.
-Bene, al mio tre, gli andiamo addosso, d’accordo?
Non avere alcuna strategia per uscire da quell’assurda situazione
di certo non era d’aiuto. Ma non avevano altra scelta. Di sicuro
non avrebbero aspettato inermi un attacco potenzialmente mortale.
Così, determinati e decisi, Ryoga, Ukyo, Shampoo, Mousse e
Cologne annuirono alle parole del ragazzo col codino, i muscoli tesi
pronti a scattare al momento convenuto.
Con un ultima preghiera rivolta ai Kami si prepararono alla battaglia:
“Fateci andar via di qui sani e salvi…”
Ma a giudicare dalla quantità di demoni che si preparavano ad
affrontare, uscire da quell’inferno illesi era un’impresa
praticamente impossibile.
-Uno…due…TRE!
Con uno scatto fulmineo i sei compagni abbandonarono le loro posizioni,
correndo ognuno in una diversa direzione, pronti a fronteggiare gli
youkai che si presentavano sul loro cammino. Si persero di vista quasi
immediatamente. Non c’era tempo di preoccuparsi di cosa stessero
facendo gli altri.
Un enorme serpente dalle cui zanne colava una disgustosa sostanza
verdastra si avventò su Ranma, sbarrandogli la strada. Una
schivata e il ragazzo col codino riuscì ad evitare lo youkai e
le sue zanne mortali, che stavano per dilaniare le sue carni.
Ricominciando a correre, Ranma tentò di superarlo senza
ingaggiare una lotta. Il suo tentativo fallì miseramente. Con
una sferzata, la coda del serpente gigante colpì Ranma in pieno
petto, mandandolo a schiantarsi sul pavimento di roccia. La sua vista
si annebbiò per un istante, mentre una fitta insopportabile di
dolore gli attraversava il corpo. Riuscì a riacquistare il
controllo appena in tempo per vedere il serpente tornare
all’attacco. Poggiandosi sulle mani e dandosi la spinta per fare
una capriola riuscì a portarsi fuori tiro, mentre le fauci dello
youkai si richiudevano a vuoto. Ma proprio in quell’istante altre
zanne si richiusero sulla sua spalla. Con uno straziante urlo di
dolore, Ranma si voltò di scatto, in tempo per vedere le fauci
di un demone lupo sporche di sangue, il suo
sangue. Vide con orrore i suoi denti aguzzi affondare sempre più
nella sua carne, dilaniandola. Il sangue ne fuoriuscì a fiotti,
imbrattando la manica della casacca di Ranma.
L’urlo di dolore del ragazzo col codino giunse all’orecchio
di Ryoga, mischiato ai versi e ai lamenti degli youkai attorno a loro e
alle grida di battaglia dei suoi compagni. “Che diavolo gli
sarà successo?”
Ma non c’era modo di scoprirlo, non quando tre demoni gli si
fiondarono addosso tutti insieme, rischiando di sopraffarlo.
Riuscì a pensare ad un’unica possibilità per
cavarsi da quel pasticcio. Si concentrò sui pensieri più
tristi che riuscisse ad evocare. Era piuttosto facile, a dire il vero.
Akane che viene rapita, Akane tra le braccia di quello schifoso youkai,
Akane intrappola chissà dove, Akane che rischia la vita…e
poi…e poi Akane che ama Ranma…Akane e il suo amore non
corrisposto per lei…
Concentrò l’energia della sua disperazione nei palmi delle
sue mani, generando una sfera di un giallo accecante che si ingrandiva
a dismisura a vista d’occhio. I demoni di fronte a Ryoga non
ebbero nemmeno il tempo di reagire o di rendersi conto di cosa stesse
succedendo. Con un urlo disumano, Ryoga lanciò il suo attacco.
-Shishi hoko-dan!
In un lampo di luce, la sfera di proporzioni gigantesche travolse gli
youkai che stavano per attaccare Ryoga e alcuni altri che si trovavano
dietro di loro. Nemmeno i loro corpi straziati riuscirono ad arrestare
la corsa di quell’enorme concentrato di energia, che
continuò la sua folle avanzata frantumando il terreno,
incenerendo alberi e coinvolgendo altri youkai che si avvicinavano.
Soltanto molti metri più lontano la sfera si dissolse, lasciando
alle sue spalle una scia di morte e distruzione.
Ryoga ansimava vistosamente, asciugandosi le gocce di sudore che
scendevano copiose dalla fronte con la manica della maglietta. Aveva
esagerato. Aveva sprecato troppa energia.
Ma non c’era tempo per riposarsi. I demoni che aveva eliminato
erano stati sostituiti da altrettanti dall’aria se possibile
ancora più letale. Non avendo la forza di sparare un nuovo colpo
energetico, Ryoga si preparò ad ingaggiare un corpo a corpo. Per
la prima volta temeva seriamente per la sua vita.
******
Molto più in là, Mousse e Shampoo non se la cavavano
affatto bene. Il ragazzo cinese era coperto da tagli profondi su
braccia e gambe. Attorno a lui una pozza di sangue. Ma la cosa non gli
importava più di tanto. Ciò che contava era solo
continuare a fare da scudo a Shampoo. Non avrebbe mai permesso che si
ferisse. Preoccupato più della vita di lei che della sua, non la
perdeva di vista, a scapito della sua concentrazione. E le ferite si
moltiplicavano e il sangue scendeva ancora più copioso, mentre
fronteggiava un nemico dopo l’altro, levandoli di mezzo senza
pietà, senza guardarsi indietro. Svuotò la mente di ogni
pensiero, preoccupandosi soltanto di colpire, di uccidere. Non avrebbe
mai creduto di trasformarsi in un assassino. Ma andava bene anche
questo, se lo scopo era proteggere Shampoo.
Intanto l’Amazzone, utilizzando i suoi bombori, cercava di
difendersi alla meglio dagli attacchi continui e di passare
all’offensiva per quanto le fosse possibile. Non aveva un attimo
di respiro. Youkai dall’aspetto disgustoso continuavano a
circondarla da ogni parte e a tentare di farla fuori. Ma lei non si
arrendeva. Non la fiera Amazzone Shampoo. Doveva lottare. Soprattutto
per lui.
Per Mousse.
Che stava continuando a rischiare la vita per proteggerla.
Che le era accanto anche in quel momento, anche in quella situazione,
pensando più a lei che a se stesso. Che si era lanciato senza
pensarci due volte.
Com’era stata crudele con lui…quante volte l’aveva
maltrattato? Quante volte avrebbe dato qualsiasi cosa pur di levarselo
dai piedi? Eppure lui era lì, spettatore più o meno
silenzioso della sua vita, in attesa della sua occasione per
intervenire. Senza chiedere nulla in cambio. Agendo solo per il bene di
lei.
Mousse era davvero…speciale…
E allora lei continuava ad attaccare senza sosta. Perché non poteva permettere che lui continuasse a ferirsi per lei.
Proprio in quel momento un demone alato dal corpo di uomo si
avventò su Shampoo, gli artigli affilati pronti a colpire.
L’Amazzone si abbassò repentinamente, evitando
l’attacco e con un affondo preciso e potente, sventrò il
demone con il manico di uno dei suoi bombori. Il sangue violaceo dello
youkai le imbrattò i vestiti, mentre il suo corpo esanime si
accasciava su se stesso. Shampoo sfilò il suo bombori dal corpo
del demone, mentre con uno sguardo di puro odio lo osservò
emettere un ultimo rantolo strozzato, per poi spegnersi sotto i suoi
occhi. La giovane Amazzone non se ne curò più di tanto,
si voltò ed immediatamente ingaggiò una lotta furiosa con
uno di quei dannati demoni lupo. Gettò in fretta uno sguardo
verso Mousse, per accertarsi delle sue condizioni, e quando vide che
stava per essere colpito alle spalle, dimenticandosi completamente del
suo avversario, corse verso di lui.
-MOUSSEEEEEE!
******
Avrebbe voluto scappare. Avrebbe voluto nascondersi. Era troppo per
lei. Davvero troppo. Il puzzo di sangue le dava il voltastomaco,
provocandole conati che a stento riusciva a reprimere. La stanchezza si
era ormai completamente impadronita delle sue membra. Riusciva a
malapena a continuare a colpire, più per difendersi che per
attaccare. Solo in quel momento si accorse che gran parte del sangue
sui suoi vestiti era suo. Ne stava perdendo in grandissime
quantità da una profonda ferita alla gamba. Faticava a stare in
piedi e la vista si iniziava ad appannare. Stava rapidamente perdendo
coscienza di dove fosse o di cosa stesse facendo. Registrò solo
vagamente di essere infine crollata a terra. E intuì più
che vedere che qualcosa si stava avventando su di lei. Ma era troppo
stanca per preoccuparsene. Preferiva chiudere gli occhi e lasciarsi
andare. Quanto avrebbe desiderato dormire…
-UKYOOOOO!
Una voce? Qualcuno la stava chiamando?
Si. E conosceva quella voce. Ma stanca com’era non riusciva
proprio ad associarla a nessuno in particolare. Non aveva voglia di
farlo. Perché pensare quando avrebbe solo voluto riposarsi?
Sentiva i rumori di uno scontro ingaggiato proprio di fronte a lei.
Aprì gli occhi tentando di mettere a fuoco le figure che si
fronteggiavano. Un ragazzo dai capelli scuri…vestito di
giallo…non riusciva davvero a capire chi potesse
essere…stava colpendo un orrendo essere con un pugno in pieno
stomaco…e adesso stava usando delle bandane come lame…non
riuscì a vedere altro. Chiuse gli occhi, mentre il respiro si
faceva via via più debole. Stanca e debilitata per via della
gran quantità di sangue perso, si lasciò andare a
quell’invitante e accogliente oblio.
Intanto Ryoga lanciava le sue bandane contro lo youkai che aveva di
fronte, tranciandogli di netto un braccio e infine anche la testa, che
cadde con un disgustoso tonfo sul pavimento, con un ultimo guizzo
crudele nello sguardo. Con un brivido represso, Ryoga distolse lo
sguardo da quei sinistri occhi vitrei che continuarono a fissarlo, per
volgersi poi verso Ukyo.
-Ukyo! Ukyo!
Nessuna risposta. Il cuore di Ryoga batteva ad un ritmo folle,
impedendogli di pensare con lucidità. Un’ondata di panico
si fece strada in lui mentre guardava Ucchan a terra in una pozza di
sangue. Avrebbe voluto scuoterla, svegliarla in qualsiasi modo. Era
terrorizzato.
Con due dita le cercò il polso. Un ondata di calore lo avvolse, stordendolo per qualche istante.
Il suo cuore batteva. Molto debolmente, ma batteva. Era ancora viva…ora doveva soltanto fare in modo che lo rimanesse.
******
Obaba combatteva senza particolari problemi. La sua esperienza secolare
e la sua conoscenza di innumerevoli tecniche delle più svariate
discipline erano per lei d’enorme aiuto in una situazione come
quella. L’unica cosa che la preoccupava era la salute della sua
bambina. Non riusciva a scorgere la sua bisnipote da nessuna parte,
nonostante scrutasse in mezzo a quel mucchio di corpi maciullati e
membra divelte ogni volta che ne aveva l’occasione. Una parte di
lei, però, era serena. Mousse le era sicuramente accanto e di
certo non avrebbe permesso che le accadesse nulla di male. Del resto
quello stupido papero era suo malgrado un buon combattente e sapeva
bene fin dove potesse arrivare per salvaguardare la vita della sua
amata. Sperava solo che la sua forza bastasse.
Utilizzando il suo bastone come arma, Cologne faceva fuori uno youkai
dopo l’altro, senza sosta. Il problema era che sembrava che per
ogni demone ucciso ce ne fosse un altro pronto a sostituirlo. E Obaba
era sicura che nessuno dei ragazzini che erano con lei avrebbe
resistito ancora per molto. Nemmeno il futuro marito. Occorreva trovare
una soluzione. E alla svelta.
******
Il sangue scendeva lento lungo il suo braccio, mentre le zanne del
demone lupo continuavano ad affondare nella sua spalla, permettendo
allo youkai di assaporare quel liquido vermiglio con espressione
famelica. Ranma strinse i denti cercando di non svenire per il dolore.
Facendo uso della sua Tecnica delle castagne modificata, colpì
violentemente il volto del demone più volte nello stesso punto,
nel tentativo di fargli allentare la presa. Sebbene per via del dolore
la velocità dei suoi colpi fosse molto minore rispetto al
solito, riuscì ugualmente nel suo intento.
Il demone mollò la presa e lanciò una sorta di
agghiacciante urlo tremulo, per poi scuotere la testa con violenza,
come a volersi riprendere di colpi subiti. Approfittando di quel
momento di distrazione da parte dello youkai, Ranma si preparò a
lanciare lo stesso colpo di Ryoga. Lo Shishi hoko dan in quel momento
gli sembrava la soluzione perfetta…e decise che avrebbe
coinvolto quanti più demoni possibili.
-EHI VOI! Perché NON VENITE A PRENDERMI?
A quell’urlo molti youkai si voltarono nella direzione del
ragazzo col codino e corsero verso di lui, pronti ad attaccarlo. Un
sorriso di trionfo comparve sul volto di Ranma. Perfetto. Esattamente
quello che voleva.
L’immagine di Akane che spariva sotto i suoi occhi esplose nitida
nella sua mente e bastò quello a scatenare l’incredibile
potenza del suo dolore.
Strinse i pugni e chiuse gli occhi,concentrandosi per trasformare la
sua sofferenza in energia. La sentiva fluire dal suo corpo, prendere
forma. E quando gli youkai erano ormai a pochi passi da lui, decise che
era il momento di agire.
-SHISHI HOKO DAAAAAAAAN!
Una colonna di energia di proporzioni gigantesche circondò il
ragazzo col codino, che sparì per un attimo alla vista mentre
una luce gigantesca si diffondeva tutt’intorno, accecando tutti.
Una voragine si aprì sotto i piedi di Ranma, che momentaneamente
incosciente non si rendeva conto di nulla. Il colpo fu più forte
del previsto. Coinvolse un gran numero di youkai, di cui rimasero
soltanto delle ceneri fumanti. La terra si sbriciolò, mentre
minuscoli frammenti di roccia levitavano intorno a Ranma e una gran
quantità di alberi veniva sradicata e molti rami spezzati e
inceneriti.
Seguirono dei secondi di vero e proprio inferno e quando la situazione
sembrò placarsi, Ranma notò intorno a lui soltanto terra
bruciata. Stremato, si accasciò al suolo, chiudendo gli occhi e
respirando a fondo per riprendere fiato. Aprì gli occhi giusto
in tempo per vedere un grosso essere viscido avanzare verso di lui a
velocità inaudita. Possibile che ce ne fossero ancora?
Sembravano non finire mai…bisognava fare qualcosa. Di quel passo
sarebbero morti tutti.
*******
Come al rallentatore, Shampoo correva verso Mousse che, messo in
allarme dal suo urlo, si voltò per vedere cosa stesse
succedendo. Si accorse troppo tardi che stava per essere colpito. Un
gigantesco essere con zampe anteriori munite di lame dall’aria
letale stava per affondare. Non aveva scampo. Disperato, chiuse gli
occhi e tentò di ripararsi con le braccia, per puro istinto.
Sapeva che era del tutto inutile. Il suo ultimo pensiero prima di
affrontare la morte andò a Shampoo. Sperò ardentemente
che riuscisse a farcela anche senza di lui. Se la figurò nella
mente, bella ed indomabile come l’aveva conosciuta, forte e
coraggiosa come l’aveva amata. E confortato da
quell’immagine, si preparò ad affrontare
l’inevitabile.
Ma nulla avvenne. Sentì soltanto un gemito strozzato sopra di lui.
Allarmato e confuso abbassò le braccia e riaprì gli
occhi. E ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene:
Shampoo era sopra di lui, le braccia allargate e un’espressione
di intensa sofferenza dipinta sul volto. L’essere ripugnante
dietro di lei si ritrasse momentaneamente, pronto a colpire di nuovo,
con più violenza. Pronto ad ucciderla, questa volta. A
trapassarla da parte a parte. Sulla lama che aveva colpito
l’Amazzone, Mousse poteva ancora vedere gocciolare il suo sangue.
Il sangue di Shampoo.
Un odio mai provato prima lo invase, mentre la vide cadere su di lui.
La prese tra le braccia e la adagiò sul pavimento, sforzandosi
di ignorare l’incredibile quantità di sangue che stava
perdendo. Aveva l’impressione che ogni cosa intorno a lui fosse
priva di consistenza. Non avvertiva più alcun rumore, soltanto
un fastidioso ronzio che gli riempiva le orecchie. Non riusciva
più a pensare con lucidità. La rabbia pulsava e ribolliva
in lui, mentre il suo corpo si mosse con un’unica intenzione:
uccidere. Per la prima volta provò il desiderio di farlo. Il
desiderio di eliminare il bastardo che aveva osato non solo toccare
Shampoo, ma addirittura farle del male, era così forte da fargli
quasi perdere il senno. Con un gesto delle braccia, fece comparire dal
suo kimono due lunghe lame affilate. Con una giravolta Mousse
colpì, tranciando di netto il corpo dello youkai.
Non si voltò nemmeno a guardarlo, né si preoccupo del
sangue che era schizzato sui suoi vestiti. Si limitò a ripulire
frettolosamente con espressione disgustata le sue lame, usando una
manica del suo kimono, e a nasconderle nuovamente alla vista.
Volse lo sguardo di fronte a lui, laddove giaceva il corpo di Shampoo, esanime.
Si mosse senza nemmeno rendersene conto. Si inginocchiò accanto
a lei, mentre le lacrime gli offuscavano la vista. Vide il petto
dell’orgogliosa Amazzone alzarsi ed abbassarsi con estrema
lentezza, i suoi capelli sparpagliati sulla roccia, come sconfitti. La
sua veste era ormai completamente zuppa del suo sangue. Mousse prese
quel fragile corpo tra le braccia, lentamente e con dolcezza, quasi
fosse fatto di cristallo. Le fece poggiare la testa sul proprio petto e
pianse. Pianse lacrime amare, lacrime di chi si sente colpevole, di chi
soffre tanto da impazzire.
Shampoo avvertì il calore di un corpo a contatto col suo.
Inspirò a fondo, avvertendo il profumo di Mousse. Schiuse gli
occhi, tentando di mettere a fuoco ciò che la circondava.
Alzò il viso verso quello di lui, lentamente. Si accorse che
stava piangendo…
-Mou…Mousse…
Il ragazzo sussultò al suono della voce di Shampoo. Era
così…flebile. Un lieve sussurro, appena percettibile.
Capì quanto dovesse costarle parlare.
-Shampoo…ssst, non parlare. Non dire niente, risparmia le forze.
-Stai…stai bene?
Se lui stava bene? No. Almeno non interiormente. Ma come poteva
preoccuparsi per lui quando lei era in quello stato? Come poteva
chiedere a lui se stava bene?
Il dolore parve raddoppiare, rendendogli difficile perfino respirare. Si sforzò di parlare tra i singhiozzi.
-Sto…benissimo.
-Ne sono…felice…
Con un ultimo sussurro che sembrò costarle uno sforzo sovrumano, Shampoo chiuse gli occhi e perse i sensi.
Mousse rimase lì, perfettamente immobile, indifferente alla
battaglia che infuriava tutt’intorno. Che importanza avevano quei
corpi divelti sparpagliati a terra? O le sue ferite? O il fatto che
Akane Tendo fosse stata rapita? Chi se ne importava?
Odiava Ranma. Perché era per lui che Shampoo si era lanciata in
quella assurda impresa. Ed era colpa di Ranma se adesso si trovava in
quello stato.
No.
Era inutile che cercasse facili giustificazioni o capri espiatori. La
colpa non era di Ranma. La colpa era sua. Se Shampoo non avesse cercato
di proteggerlo…se lui non fosse stato tanto incapace da non
accorgersi che era in pericolo…
“Shampoo…”
*****
Cologne ripercorse con lo sguardo il campo di battaglia. Era cosparso
di macerie e di alberi sradicati e inceneriti, risultato degli scontri
che infuriavano da ogni parte. I corpi accasciati a terra non si
contavano più, né tanto meno il sangue versato. Era uno
spettacolo rivoltante. Eppure gli avversari sembravano non diminuire.
Spostò lo sguardo a destra e a sinistra e notò Ukyo, a
breve distanza da lei, a terra, svenuta. Doveva aspettarselo. Quella
ragazza era troppo debole. Accanto a lei Ryoga, che gettava occhiate
nervose alla sua figura priva di sensi ed eliminava più o meno
facilmente un avversario dopo l’altro.
Chissà come stava la sua bambina…continuò a
cercarla con lo sguardo in mezzo a quel caos. Strinse gli occhi e
finalmente la individuò. Il suo cuore perse un battito. Shampoo
era a terra, tra le braccia di Mousse, che piangeva disperatamente. Che
fosse…che fosse…? No…impossibile.
Corse in quella direzione a velocità folle, scavalcando ogni
ostacolo che si presentava sul suo cammino e uccidendo brutalmente
chiunque fosse così pazzo da intralciarla.
-Mousse!
-O…Obaba…
-Mousse, cos’è successo? Shampoo è…?
-No. No…ma…non so per quanto…
La voce di Mousse si spense.
Cologne guardò il corpo della sua bisnipote, notando che respirava appena. Fu in quel momento che prese una decisione.
Frugò nelle maniche del suo kimono verde e ne estrasse un piccolo sacchetto, che tese a Mousse.
-Prendi questo. Contiene delle compresse miracolose che vi rimetteranno
in sesto. È una ricetta che si tramanda di generazione in
generazione nella mia famiglia. Danne una anche agli altri. Ascoltami
bene Mousse, ho un piano.
-Un piano…? Di che si tratta?
-Prima di parlartene devi farmi una promessa.
-Certo, dimmi pure.
-Né tu, né Shampoo, né nessun altro dovrete provare ad ostacolarmi.
-Ostacolarti…? Che…che significa? Perché dovremmo farlo?
-Promettilo.
-…lo prometto.
Cologne prese un respiro profondo ed annuì, sperando che il ragazzo mantenesse la parola data.
E adesso veniva la questione più importante, quella che le stava
più a cuore e che più le premeva discutere.
-Voglio che tu mi prometta anche un’altra cosa.
-Ti ascolto.
-Giurami che proteggerai sempre la mia bambina, a qualunque costo.
-Obaba, ma perche mi stai…?
-Promettilo.
Sempre più confuso, Mousse guardò Cologne con profonda
curiosità. Nei suoi occhi, il giovane ragazzo cinese leggeva una
sorta di strana determinazione. Che cosa diavolo stava succedendo?
I suoi sensi si acuirono quando notò una presenza ostile che si
avvicinava rapidamente. Ma con un movimento repentino del bastone,
Obaba eliminò l’aggressore in un lampo.
Ricordando solo in quel momento dove si trovasse e cosa stesse facendo
lì, Mousse si rese conto che il tempo stringeva e che non
potevano perderne dell’altro in chiacchiere. Spostò
nuovamente lo sguardo sul corpo di Shampoo, ancora stretto tra le sue
braccia, e si accorse che stava perdendo rapidamente anche quel poco di
colorito rimastole. Non c’era più un minuto da perdere.
Fece per aprire il sacchetto e per dare una compressa a Shampoo, ma
Obaba lo fermò.
-No, non adesso.
-Cosa? Ma…perché?
-Ti spiegherò tutto. Ma prima giura che farai ciò che ti ho chiesto.
-Te lo giuro. La proteggerò sempre. Anche a costo della vita.
-Bravo ragazzo…
Obaba sorrise e Mousse la guardò ancora pi stranito. Non
ricordava che l’Amazzone l’avesse mai guardato con tanto
affetto negli occhi, né che gli avesse mai rivolto quel sorriso
indulgente.
-Spero tanto che tu possa trovare la felicità, un
giorno…magari anche con la mia bambina. Ricorda il giuramento
che mi hai fatto, Mousse.
-Obaba, vuoi spiegarmi che cosa succede? Perché mi stai dicendo queste cose?
Cologne sospirò impercettibilmente. Non c’era decisamente
altra soluzione. Aveva pensato a qualsiasi altra possibilità, ma
quella era davvero l’unica. Non avrebbe mai immaginato che il suo
destino sarebbe stato quello. Ma se era davvero l’unico modo in
cui la sua adorata bisnipote potesse salvarsi, l’avrebbe fatto.
Per lei. Per colei che aveva rappresentato la figlia che non aveva mai
avuto. Per lei e per i suoi amici. E anche per Mousse. Anche per
quell’imbranato miope.
Così si accinse ad esporre il suo piano al ragazzo cinese, ancora in attesa accanto a lei.
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Capitolo 10 *** Sacrificio ***
CAP DIECI
Ciao a tutti! Eccomi qui con il decimo capitolo. Prima di andare avanti ho due appelli da fare!
Cercasi beta-reader!:
mi sono stati fatto notare alcuni errori di cui purtroppo, pur
rileggendo moltissime volte i capitoli prima di pubblicarli, non mi ero
accorta. Per cui mi farebbe piacere se qualcuno avesse voglia di
assumersi l’onere di farmi da beta. Se siete interessati
contattatemi pure privatamente o su N di Nibunnoichi. Grazie in
anticipo!
Cercasi fanartist!:
mi piacerebbe davvero poter creare una cover della mia ff da poter
mettere nella mia firma. Dato che però io non ne sono in grado,
chiedo aiuto a voi! Se qualcuno mi facesse tale onore gliene sarei
eternamente grata! Contattatemi pure se doveste essere interessati.
Grazie per l’attenzione! ^ ^
E ora passiamo alle risposte alle vostre recensioni…
Maryku:
sono contenta di essere riuscita a suscitare in te tante emozioni,
direi proprio che l’intenzione era quella! Riguardo ad Obaba,
bè…la risposta è contenuta in questo capitolo.
Spero di leggere al più presto il tuo parere! A presto!
Gabrychan:
come sono contenta che tu abbia recensito! Sai bene quanto apprezzo il
tuo lavoro, per cui per me è un onore! Allora parto dalla
domanda su Obaba: mi piace pensare che non abbia mai avuto figlie
femmine, per cui Shampoo rappresenterebbe la figlia che non ha mai
avuto.
Sono contenta che ti sia piaciuto il
capitolo ed il modo in cui Shampoo si sveglia e si accorge di Mousse.
Grazie mille per i complimenti!
Tiger Eyes:
mille grazie per avermi fatto notare gli errori che ho commesso.
Prometto che li correggerò dal primo all’ultimo. Se ce la
faccio comincio anche oggi! Noto anch’io rileggendo che ci sono
delle incongruenze, vedrò di rimediare. In ogni caso grazie
mille per i complimenti! Sono contentissima di sapere che miglioro! E
anche che ti piace il modo in cui ho fatto avvicinare Mousse e Shampoo
e Ryoga e Ukyo. Avevo un po’ paura che potesse essere troppo
improvviso, ma a quanto pare non è così! Sono contenta ^ ^
Robbykiss:
grazie per i complimenti! Sono contenta che il capitolo ti sia
piaciuto…e grazie del commento al capitolo 3! Purtroppo
l’ho dovuto cancellare e ripubblicare, per cui i commenti sono
andati perduti. Ancora grazie!
Littel:
grazie mille! Felicissima che ti sia commossa con Shampoo e Mousse.
Addirittura ti ho fatto venire la pelle d’oca col combattimento!
Ma che bello! Questi commenti mi incentivano a continuare…grazie!
Akane25:
grazie anche a te per i complimenti! Felice che anche a te siano
piaciuti Mousse e Shampoo…grazie come sempre per le belle
parole! A presto!
_kaggy_chan_:
“il dono di saper scrivere così bene ce l'hai nel
sangue...!” Ma grazie! Che bellissima cosa mi hai detto! Non
pensavo davvero che la scena di lotta sarebbe piaciuta, sono troppo
contenta! Grazie grazie grazie! Un bacio!
Laila:
ciao! Mi sono addirittura superata, dici? ^///^ Mi fai arrossire!
Diciamo che hai ripercorso perfettamente tutti i momenti salienti del
capitolo…e sono davvero felice che ti sia piaciuto! Come sempre
aspetto con ansia un tuo parere! Un bacio e grazie mille!
Vabbè, ora ho davvero finito con le ciance!
Buona lettura!
Capitolo X
Sacrificio
Mousse guardava Obaba come non aveva mai fatto. Era impazzita, non
c’era altra spiegazione. Quel piano era assurdo. Inaccettabile.
Non le avrebbe mai permesso di fare una cosa del genere. Nemmeno per
sogno. Ci doveva assolutamente essere un’altra soluzione, per
forza!
Era evidente che Cologne non avesse vagliato ogni possibilità.
No. Non poteva affatto finire così. Tentò un sorrisetto
divertito, ma in realtà la sua espressione lasciava trasparire
soltanto ansia.
-Stai scherzando, vero?
-Certo che no.
Mousse rimase interdetto, anche se non poteva dire di essere sorpreso
da una risposta del genere. Eppure gli sembrava un’idea
così assurda che la domanda era sorta spontanea.
Tramutò la sua espressione incredula in una irata. “È impazzita davvero.”
-Non se ne parla! Non te lo lascerò fare!
-Non hai scelta. Hai fatto una promessa, ora devi mantenerla!
-Non posso farlo!
Allarmata da quelle urla, Shampoo trovò la forza di aprire gli
occhi solo per un istante, giusto il tempo per mettere a fuoco la sua
bisnonna e per vedere che stava bene. Non aveva nemmeno un graffio, per
fortuna. Ne era felice…almeno lei stava bene.
Tentò di mettere a fuoco Mousse, di vedere come se la fosse
cavata, ma lo sforzo sembrava essere troppo per lei. Gemette e strinse
i denti nel tentativo di non cedere nuovamente all’oblio, ma il
dolore era diventato ancora più forte e così
insopportabile da farle perdere di nuovo i sensi. Avvertendo Shampoo
lamentarsi, Mousse si rese conto che non c’era più tempo.
Guardò Obaba dritto negli occhi, leggendovi una risolutezza senza pari.
-Non c’è altra scelta, Mousse. Credimi. Ami molto la mia bambina, non è vero?
-Più della mia stessa vita.
-Allora capirai anche tu che la soluzione migliore è proprio
questa. È l’unico modo per salvare Shampoo. Non usciremo
mai di qui, altrimenti. Come hai visto più demoni eliminiamo,
più continuano ad arrivarne. Moriremo tutti nel tentativo di
farli fuori. Salverò la mia bambina ad ogni costo. Tu,
più di chiunque altro, puoi capirmi.
Doveva acconsentire? Era una follia. Non poteva nemmeno sopportare un
pensiero simile. Shampoo ne avrebbe sofferto terribilmente. E anche lui
stesso, in primo luogo. Cosa doveva fare? Era davvero quella
l’ultima possibilità che avevano?
Un’idea improvvisa gli balenò nella mente. Sembrava la
soluzione migliore. Tutto pur di evitare una cosa del genere.
-Li tratterrò io! Vedrai che ce la farò!
-No.
Il tono di Cologne aveva un che di definitivo, così come la sua
espressione. Guardò il ragazzo di fronte a lei con durezza, come
se non ammettesse un'altra parola da parte sua, ma nemmeno questo
riuscì a zittire Mousse.
-Ma perché?
-Non potrei mai permettertelo, non avresti alcuna speranza.
-Tu mi sottovaluti!
-Non ti sottovaluto affatto. Guardati, sei ferito gravemente. Come
speri di tenere a bada gli youkai il tempo necessario per permetterci
di scappare? Posso farcela soltanto io.
-No, non così. Non posso davvero permettertelo…
Cologne chiuse gli occhi per un istante, irritata.
Perché Mousse non voleva capire? Sarebbe stata felice di trovare
la morte lì, in cima al monte Tsukuba. Non esisteva morte
più onorevole di quella in combattimento, per un’Amazzone
fiera come lei. Aveva vissuto una vita lunga e felice. Era pronta a
rinunciarvi, adesso. Per il bene della sua bisnipote.
-È la fine migliore che possa desiderare.
-Ma non pensi a Shampoo? E a me…
-È proprio per questo che lo faccio. Per voi.
Mousse non sembrava essere particolarmente convinto dalle parole di
Cologne. Capì il desiderio che l’animava, il grande amore
che provava per loro. Così grande da portarla a prendere
l’ultima decisione della sua vita. E proprio per questo la
più dura. Del resto anche lui stesso appena poche ore prima non
aveva esitato a gettarsi nel vuoto insieme a Shampoo…e lui
stesso non avrebbe permesso a nessuno di impedirglielo. Fu in quel
momento che Mousse capì che niente le avrebbe fatto cambiare
idea. E allora si costrinse ad annuire, mentre sentiva il cuore battere
dolorosamente nel suo petto.
-Molto bene. Vado a comunicare il mio piano anche a Ranma e a Ryoga.
Dopodichè, al mio segnale, dovrete correre via più veloce
che potete. Dovete cercare di allontanarvi da qui il più
velocemente possibile.
-Sei davvero sicura di volerlo fare?
-Sicurissima.
Mousse sospirò pesantemente. Tutta la stanchezza di quei giorni
gli piombò addosso. Essersi imbarcati in quell’impresa
così, a cuor leggero, era da sciocchi. Come aveva potuto non
valutare più attentamente la situazione? Essere così
avventato? E, soprattutto, permettere a Shampoo di prendere parte ad
una simile spedizione suicida?
Il giovane cinese provò un’ultima volta a dissuadere Cologne, seppur con scarsa convinzione.
-Obaba…non c’è nient’altro che si possa fare?
Il volto antico dell’Amazzone si distese in un sorriso sereno,
mentre con un cenno del capo rispondeva alla domanda di Mousse. No.
È l’unico modo.
E Mousse non poteva fare altro che accettare quella decisione. Aveva promesso.
-Allora…d’accordo.
-Molto bene.
-Obaba…
-Dimmi.
-Grazie di tutto.
Senza replicare, Cologne voltò le spalle al ragazzo cinese.
-Dì a Shampoo che sono fiera della donna che è diventata.
Mi ha reso orgogliosa. E dille anche di fare della sua vita quello che
vuole, l’importante è solo che sia felice.
-Lo farò.
Mousse era davvero un bravo ragazzo. Di certo avrebbe potuto rendere
felice la sua bambina, se lei gliene avesse dato
l’opportunità. Avrebbe voluto esserci per vedere come
sarebbero andate le cose…
A quel punto Cologne si diresse verso Ranma.
-Futuro marito!
-Vecchia! Siamo nei guai fino al collo! Non ce la faremo mai!
-Lo so, ho un piano.
-Davvero?
-Si. Userò i miei sigilli, li spargerò per tutto il
perimetro della vetta e li attiverò una volta che voi sarete
scesi dalla cima del monte. In questo modo, nessuno potrà
più né entrare né uscire dall’area che
avrò delimitato, almeno finché io sarò in vita.
-Cosa vuoi dire? Hai forse intenzione di rimanere qui?
-Esatto. È la nostra unica possibilità. L’unica
cosa che possiamo fare per permettervi di andar via senza essere
inseguiti è eliminare tutti i demoni che si trovano qui.
-E come avresti intenzione di fare? Non so se hai notato…ma è proprio questo il problema!
-Ricorrerò alla Tecnica Definitiva della mia famiglia.
-Di che diavolo parli?
-È un colpo che permette di incanalare la propria energia in un
unico, potentissimo attacco. Possiamo paragonarlo ad una sorta di
esplosione, che non lascia scampo a nessuna forma di vita che si trovi
nelle vicinanze. È una tecnica che conta più di mille
anni di storia. Ed è stata da sempre utilizzata molto di rado,
dato che…bè…prevede il sacrificio di chi la esegue.
Un attimo di silenzio attonito accolse quelle parole, interrotto
dall’arrivo di due youkai, sistemati in brevissimo tempo da
Cologne, mentre Ranma, ancora intontito dalle parole appena udite,
guardava il pavimento di roccia senza in realtà vederlo.
Dopo alcuni interminabili secondi, guardò nuovamente Cologne in viso.
-Non esiste! Non te lo permetterò mai! Sei forse impazzita?
-Ranma…
Il ragazzo col codino si stupì nel sentirsi chiamare per nome
dalla bisnonna di Shampoo. Era la prima volta che accadeva, per quanto
potesse ricordare. Fu questo, più di ogni altra cosa, a
zittirlo, agendo come una sorta di strano calmante.
-…vuoi salvare Akane?
-Ma certo!
-Sappi che questo è l’unico modo. Non preoccuparti per me.
Una battaglia infuriava nella mente e nel cuore di Ranma. Doveva
davvero permettere che Cologne si sacrificasse e poter così
salvare Akane? O dovevano cercare un’altra soluzione e
probabilmente morire tutti nel tentativo? Come faceva a scegliere?
Obaba interruppe le sue riflessioni.
-Non riuscirai ad impedirmelo, non pensarci neanche.
-Ma…sono sicuro che possiamo trovare un’altra soluzione.
-No. Ci ho pensato bene.
-Ma…
-Fidati di me.
Fidarsi? Abbandonare un compagno? Non poteva.
Cologne chiuse gli occhi un istante. Sembrava infinitamente stanca.
Quando li riaprì, Ranma vi lesse un’immensa tristezza.
Conosceva bene quella sensazione…
-È l’unico modo per salvare voi e la mia bambina. Ed
è l’unica cosa che mi interessa. So che puoi capirmi. Non
indugiare oltre, non c’è più tempo.
Seppur riluttante, Ranma acconsentì al piano di Obaba e
ascoltò il resto dei dettagli molto attentamente, pregando
perché tutto andasse per il verso giusto.
******
Una volta comunicato il piano anche a Ryoga, non rimase che metterlo in atto.
Muovendosi con una velocità tale da sparire alla vista, Cologne
applicò numerosi sigilli su rocce e alberi, delimitando i
confini della vetta, così da potervi rinchiudere tutti gli
youkai.
Una volta completata questa operazione, si spostò esattamente al
centro della zona delimitata e tentò in ogni modo di attirare
l’attenzione degli youkai.
-EHI VOI! SONO QUI!
Colpì violentemente un demone con il suo bastone applicando la
forza necessaria per fargli lanciare un urlo di dolore e far montare la
rabbia a tutti gli altri youkai, che si avventarono su di lei in massa.
Proprio quello che stava aspettando. Era il momento perfetto.
“Buona fortuna, ragazzi…”
Con un ultimo sguardo alla sua bisnipote, stretta tra le braccia di Mousse, si preparò a dare il segnale.
-CORRETE!
Senza farselo ripetere due volte Mousse con Shampoo tra le braccia,
Ryoga, che invece reggeva Ukyo, e Ranma, con la spalla che sanguinava
ancora copiosamente, sfrecciarono via, schivando demoni su demoni che
non ebbero nemmeno il tempo di accorgersi di cosa stesse accadendo.
Ancora due falcate…ancora una…
“Addio, ragazzi. Abbiate cura di voi.”
Questo fu l’ultimo pensiero di Obaba prima di vederli scomparire
alla vista, ormai scesi dalla vetta. Mormorate le parole
dell’incantesimo per attivare i sigilli, sospirò,
preparandosi a quella che sarebbe stata l’ultima battaglia della
sua vita.
******
La discesa procedeva molto più spedita della salita. Un balzo
dopo l’altro, Ranma e compagni si stavano allontanando sempre di
più dalla vetta, anche se il loro pensiero era ancora in cima,
con Cologne. Erano stati dei folli ad acconsentire ad una cosa del
genere. Il senso di colpa di Ranma gravava su di lui, pesante ed
opprimente, rendendo ogni passo sempre più difficile.
Perché continuare ad allontanarsi quando tutto ciò che
desiderava fare era tornare indietro, ad aiutare colei che era disposta
a dare tutto per loro? A fermarla…
Era tardi ormai. Troppo tardi. Del resto, Ranma comprendeva bene la sua
decisione. Sapeva fin troppo bene cosa significasse essere disposti a
dare tutto per le persone che ami. E Cologne era disposta a
sacrificarsi per la sua piccola Shampoo…esattamente come lui per
Akane…
Diverse centinaia di metri più in basso, si arrischiarono a
fermarsi per un istante, giusto il tempo per rimettersi in sesto,
facendo uso delle compresse che Cologne aveva consegnato a Mousse.
Quando Ranma ne ingoiò una, l’effetto fu immediato. La
profonda ferita sulla sua spalla iniziò a rimarginarsi
lentamente. Poteva vedere il sangue arrestare la sua fuoriuscita e i
lembi di pelle ricucirsi. Passò un dito esattamente dove avrebbe
dovuto trovarsi la cicatrice. Incredibile, non c’era nulla.
Si volse verso Ryoga, chino su Ukyo che si stava lentamente riprendendo.
La giovane cuoca aprì gli occhi, confusa, senza capire bene dove
si trovasse o con chi. La prima figura che mise a fuoco fu proprio
quella del ragazzo con la bandana.
-Ryoga…
-Ben svegliata. Come ti senti?
-Sto…bene…credo…
Si mise a sedere, toccandosi istintivamente la gamba che aveva
riportato quella brutta ferita. Si stupì nel vedere che non
c’era nulla. Solo macchie del suo sangue rappreso sui suoi
vestiti a testimoniare che si fosse ferita.
-Ma…come…?
-Merito di una medicina di Obaba.
Ukyo annuì, ancora un po’ confusa. Volse lo sguardo
intorno a lei e vide Ranchan. Stava bene. Non aveva nemmeno un graffio.
Per fortuna…
Non la guardava. Sembrava immerso in qualche strana fantasticheria, gli occhi vitrei, come…vuoti. Il Kami no tanto ancora al sicuro, legato alla cintura dei suoi pantaloni.
Ucchan distolse lo sguardo dal ragazzo col codino ed incontrò
gli occhi di Ryoga solo per un breve istante, che bastò a
rievocare l’immagine del ragazzo con la bandana che si
precipitava a difenderla. Le aveva davvero fatto scudo col suo corpo?
Schiuse le labbra per dirgli qualcosa. Anche se momentaneamente il suo cervello sembrava incapace di funzionare correttamente.
-Ti…ringrazio.
-Uh? E per cosa?
-Bè…mi hai…protetta…
-Oh…oh…bè, si…figurati…
Ucchan vide le guance di Ryoga imporporarsi. Arrossì anche lei e
si voltò dall’altra parte, in tempo per vedere gli effetti
della medicina di Cologne su Shampoo.
L’Amazzone riprese coscienza con maggiore difficoltà. Le
ferite riportate erano molto più gravi di quelle degli altri
compagni.
Mousse attese pazientemente, stringendola a sé con delicatezza.
Sarebbe stata dura spiegarle cosa era successo. Temeva la sua reazione
più di ogni altra cosa.
Finalmente, Shampoo aprì gli occhi, trovandosi davanti Mousse.
Schiuse le labbra nel tentativo di parlare, emettendo solo un sussurro.
-Mousse…cos’è successo? Come stai?
-Bene. E tu come ti senti?
-Sto bene, adesso.
Shampoo si guardò intorno e vide Ryoga, Ukyo e Ranma fissarla.
Registrò immediatamente che qualcosa non andava, ma inizialmente
non riuscì a capire cosa fosse. Avvertiva qualcosa di strano,
come la nota stonata di una melodia conosciuta.
E poi capì.
Ed un terribile presentimento si fece strada in lei, mentre già le lacrime affioravano ai suoi occhi.
-Mousse…Mousse dov’è la bisnonna?
-Shampoo, ascolta…
-Ci sta raggiungendo, non è vero?
-Shampoo…
L’Amazzone scattò in piedi, volgendo lo sguardo verso la
cima, come se si aspettasse di vedere arrivare la sua bisnonna da un
momento all’altro. Nei suoi occhi velati di lacrime si leggeva
una muta speranza che Mousse non avrebbe mai e poi mai voluto deludere.
Il ragazzo le si affiancò, mettendole una mano sulla spalla.
-Shampoo…
L’Amazzone si voltò, allontanando la mano di Mousse con un
gesto rabbioso. Le lacrime adesso le bagnavano il viso. Le sue urla
furono come una pugnalata per il povero Mousse.
-DOV’É? DIMMELO!
-È rimasta in cima.
-E TU L’HAI LASCIATA FARE?
-Shampoo, ascoltami…
Mousse allungò timidamente una mano verso l’Amazzone, che si ritrasse disgustata.
-NON MI TOCCARE! Non…osare…
A quel punto Shampoo voltò le spalle a Mousse e con un balzo
fece per salire nuovamente in cima, per raggiungere la sua bisnonna. Ma
lui la trattenne.
L’Amazzone si voltò a guardarlo. Il suo sguardo carico
d’odio avrebbe fatto arretrare chiunque. Ma Mousse rimase
lì dov’era, tenendole la mano per impedirle di scappare. E
sebbene facesse male, sebbene soffrisse terribilmente nel vederla
così, non le permise di fare ciò che voleva.
-Lasciami immediatamente.
-No. Devi ascoltarmi!
-Non voglio starti a sentire!
-Sarebbe tutto inutile, non puoi tornare da lei. Ha sigillato tutto la zona. Niente può più entrare o uscire.
-Non importa, quando mi vedrà abbasserà la barriera e combatteremo insieme!
Con un gesto della mano, Shampoo si liberò dalla presa di Mousse
e fece per ripartire, ma il cinese fu più veloce di lei. Le si
parò davanti, trattenendola per le spalle. Shampoo si
divincolò con tutte le sue forze, ma Mousse manteneva salda la
presa. E fu troppo per lei. Alzò una mano tremante. E lo
schiaffeggiò.
Mousse rimase intontito per un istante, guardando Shampoo con gli occhi
sgranati. Era stato colpito da lei innumerevoli volte. Aveva perfino
perso il conto. Ma mai un suo schiaffo aveva fatto così male. E
non fisicamente.
Mousse fu costretto a riprendersi dallo shock quando Shampoo ricominciò a dimenarsi.
Che lo odiasse pure…l’importante era solo che tornasse a casa sana e salva.
-LASCIAMI PASSARE!
-Ma non lo capisci? Non capisci che sta facendo tutto questo per te?
-Non mi importa! Io devo andare da lei!
-SHAMPOO! HAI FORSE INTENZIONE DI RENDERE VANO IL SUO SACRIFICIO?
Quelle parole urlate, così dolorose…la fecero sussultare.
Guardò Mousse dritto negli occhi, mentre stille salate
continuavano a rigarle le guance. Quelle lacrime facevano più
male di mille ferite, per il giovane cinese.
Proprio in quel momento, una colonna di luce si levò dalla cima del monte, seguita dal micidiale rombo di un esplosione.
-No…no! BISNONNAAAA!
-Shampoo…è troppo tardi!
-NOOO!
Shampoo cercava in ogni modo di divincolarsi dalla presa di Mousse,
graffiandolo, scalciando, urlando. Ma il ragazzo la teneva stretta e
singhiozzava amaramente con lei. La sua espressione manifestava un
dolore troppo grande da poter contenere. Ma mantenne salda la presa su
di lei.
Con un ultimo impeto disperato, l’Amazzone cercò di sfuggirgli. Ancora senza risultato.
-Lasciami andare…
Sembrava più una supplica che un ordine, adesso.
Mousse la strinse a sé, in un abbraccio.
-Lasciami andare…devo andare da lei…
I singhiozzi le rendevano impossibile persino parlare. Shampoo si
aggrappò a Mousse con quanta forza avesse in corpo, piangendo,
urlando, esternando tutto il suo dolore. Ma le urla non bastavano, le
lacrime non servivano, aveva solo voglia di correre, scappare via,
allontanarsi da tutto e da tutti. Sentiva il cuore sanguinare, tanto
era grande il tormento che stava provando, un dolore così
intenso da farle perdere il senno. E Mousse era lì, lì
per lei. E la sosteneva. E la stringeva a sé e tentava di
trasmetterle tutto il suo amore, nella speranza che potesse esserle di
consolazione, seppur in parte. La lasciava sfogare così, mentre
il suo cuore piangeva e soffriva con lei…
-Perché…perché l’hai lasciata andare…come hai potuto…PERCHÉ?
-Salvarti era tutto ciò che desiderava…nessuno sarebbe riuscito a fermarla…
-Non doveva…non doveva…
Senza più una parola, Shampoo continuò ancora a stringere Mousse e a piangere.
Abbattuto e addolorato oltre ogni dire, Ranma si trascinò
stancamente in piedi e riprese la discesa. Da solo. Non riusciva ad
ascoltare il pianto di Shampoo. Non riusciva a vederla in quello stato,
né a sopportare la scomparsa dell’Amazzone Cologne.
Discendeva la montagna seguendo uno stretto, instabile viottolo
tortuoso senza sapere cosa stesse facendo, senza pensare a nulla.
Sussultò quando una voce gli parlò. La voce di Ryoga.
Voltandosi si accorse che erano tutti lì. Mousse, gli occhi
rossi e gonfi di pianto, teneva tra le braccia Shampoo, svenuta. Ryoga
sorreggeva Ukyo, che sembrava ancora piuttosto debole.
-Ranma, stai bene?
-Bene? No. Non sto affatto bene. Sono io il responsabile. Ancora una
volta. Possibile che non sia buono a fare niente? Metto sempre in
pericolo chi mi sta intorno…
Come Akane…
-Ascolta, Ranchan. Devi smetterla di prenderti sempre le colpe di
tutto! Abbiamo deciso autonomamente di seguirti e di venire qui con te.
Non ci hai costretti. Eravamo perfettamente consapevoli di quanto fosse
pericoloso. Non devi sentirti in colpa.
-No…non dovevo accettare. Dovevo venire da solo…
Ranma voltò loro le spalle e riprese a camminare, abbattuto.
Sconfitto. La fierezza del suo portamento totalmente scomparsa. Ryoga e
Ukyo si lanciarono sguardi preoccupati, incerti sul da farsi. Decisero
che l’unica alternativa possibile era lasciarlo in pace, almeno
per il momento. Fargli assorbire il dolore. Del resto, per quanto
avessero continuato a dirgli che lui non c’entrava niente,
avrebbe continuato a prendersi le colpe con ancora più
convinzione.
Così continuarono la discesa dietro di lui, senza dire una parola. Mentre ognuno rivolgeva il proprio pensiero a lei.
La fiera Amazzone Cologne.
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Capitolo 11 *** Proposta inaspettata ***
Proposta inaspettata
Hola a todos!
Eccomi qui con il capitolo 11! Un
poco in ritardo, lo so…ma ho avuto diversi problemi col pc. Ma,
come si suol dire, meglio tardi che mai, giusto?
Bando alle ciance, diamo il via alle risposte alle vostre recensioni:
Kuno84:
salve senpai! Grazie mille per il commento! Sono molto contenta che
questi due capitoli ti siano piaciuti, ci tenevo davvero tanto.
Riguardo all’espediente delle pillole che somigliano ai fagioli
di Dragon Ball in effetti è vero, non è originalissima
come idea! Riguardo al sacrificio di Obaba invece non avevo proprio
pensato che potesse somigliare a quello di Vegeta…non mi ricordo
tanto bene a che ti riferisci, a dire il vero. E dire che ho visto
Dragon Ball mille volte e lo guardo tutt’ora!
In ogni caso grazie mille per avermi dato il tuo parere anche questa volta, sai quanto ci tengo! A presto, spero!
Gabrychan:
gabryyy! Sono contentissima che hai recensito anche questa volta e
anche di essere addirittura in grado di farti appassionare alle vicende
di personaggi che non siano Ranma e Akane. É una cosa che mi fa
molto piacere! Grazie tante per la bella recensione (non è
affatto vero che non le sai scrivere!), anche se mi sa che riguardo al
rituale dovrai pazientare ancora poco poco…mi dispiace!
A presto e in bocca al lupo per la tua favolosa ff!
Robbykiss:
bella domanda. Vedrò di inventarmi qualcosa! Scherzi a parte non
ero nemmeno tanto io tanto sicura di sacrificare Obaba, ma alla fine ho
optato per questa soluzione, anche se è triste.
Sono contenta che anche il decimo capitolo ti sia piaciuto! Fammi spere cosa ne pensi di questo!
Maryku:
sono contenta che le parole finali ti siano piaciute, ci contavo molto.
Volevo un poco riassumere tutto il capitolo in quella frase. Lo so che
il capitolo era piuttosto triste, ma sono contenta che ti sia
ugualmente piaciuto, ci tenevo moltissimo!
Grazie mille!
Laila:
carissima, sono felice di vedere che non manchi nemmeno questa volta!
Mamma il tuo commento mi ha fatto arrossire! La parte in cui Mousse
trattiene Shampoo è quella che mi è piaciuto di
più scrivere, mi sto appassionando moltissimo al rapporto tra i
due e al suo evolversi. Ho cercato di farlo maturare nella maniera
più naturale e originale possibile, spero di esserci riuscita!
Sorrido ancora per tutte le belle
cose che mi hai detto! Grazie davvero, cercherò di migliorare
sempre di più e il tuo sostegno è davvero
importantissimo. Aspetto di sapere che pensi di questo capitolo!
Akane25:
è bello sapere che continui ad apprezzare! Diciamo che hai
centrato tutti i punti principali. Spero recensirai anche in questo
caso!
_kaggy_chan_:
ciao anche a te! ^^ Sono felice che sia tornata anche tu a darmi il tuo
parere, e ancora di più che ti sia piaciuto il capitolo. Mi
sembrava arrivato il momento di fare uscire Obaba di scena, che
è anche un espediente per rinsaldare ulteriormente il rapporto
tra Shampoo e Mousse. E diciamo che questo mi sembrava il modo migliore
in cui una donna come lei potesse andarsene. Spero commenterai anche
questo capitolo!
Littel:
ma figurati, non posso che sentirmi onorata di suscitarti emozioni
forti al punto di farti piangere (anche se mi dispiace rattristarti!).
Sono contenta che ti siano piaciuti anche Mousse e Shampoo, ci tenevo
molto. Per ora mi sono concentrata molto su di loro, mi sembrava
giusto, dato che prima ho dato spazio a tutti gli altri. A presto,
spero!
Vi lascio al capitolo! Buona lettura!
Capitolo XI
Proposta inaspettata
Sedeva su quella stessa sedia ormai da giorni, senza mai alzarsi, senza
far caso a nulla di ciò che avesse intorno. Di tanto in tanto
faceva vagare il suo sguardo spento sulle pareti spoglie, senza trovare
nulla che attirasse la sua attenzione o distogliesse la sua mente da
quel chiodo fisso. Tutto ciò che provava era odio. Odio
più puro verso quelle quattro mura, quel letto, quelle sedie,
quel camino.
Quel maledetto bastardo.
I minuti trascorrevano lenti, le ore sembravano essere tutte uguali. E lei rimaneva sempre lì. Totalmente immobile.
Non aveva alcuna voglia di dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi
per qualche secondo, immediatamente davanti agli occhi rivedeva quello
sguardo che odiava, risentiva quella risata crudele rimbombarle nelle
orecchie. E la rabbia ricominciava a pulsare, come un veleno che
sembrava corroderla dall’interno. Ma non poteva far nulla per
combatterla. Le sembrava addirittura un sentimento positivo. La faceva
sentire ancora viva, sebbene ormai la sua esistenza si apprestasse alla
conclusione…
Non si voltò nemmeno quando uno dei servi di Rihito entrò
nella sua stanza e poggiò un vassoio sul piccolo tavolo di
legno. Il piccolo youkai non le rivolse la parola. Del resto nessuno
l’aveva mai fatto da quando si trovava lì, ma non poteva
dire che le dispiacesse. Probabilmente avrebbe ucciso chiunque avesse
osato rivolgersi a lei pronunciando anche soltanto una sillaba.
Volse lentamente lo sguardo verso il vassoio poggiato su tavolo, ma non
si mosse. Non aveva voglia di mangiare, anzi il cibo le dava la nausea.
Ormai aveva perso totalmente l’appetito.
Durante tutte quelle ore, Akane aveva pensato spesso persino al
suicidio. Avrebbe preferito togliersi di mezzo con le sue mani,
piuttosto che consentire a quel maledetto bastardo di metterle le mani
addosso. Non osava immaginare cosa le avrebbe fatto. Ogni volta che
provava a pensarci le venivano i brividi. Le sembrava così
impossibile che stesse davvero rischiando di morire.
Lei, che era già praticamente resuscitata una volta, adesso stava per perdere la vita di nuovo.
E ormai mancavano appena tre giorni. Tre giorni e con ogni
probabilità la sua esistenza sarebbe stata stroncata brutalmente.
“Maledetto…”
Continuava a ripeterlo nella sua mente incessantemente.
Aveva vagliato ogni possibilità per impedire a Rihito di
conquistare i suoi pieni poteri. E soprattutto per impedire a Ranma di
combattere contro di lui. Ma sembrava che Rihito avesse pensato proprio
a tutto. Non le aveva lasciato alcun mezzo per permetterle di
commettere qualche sciocchezza. Era impotente. Impotente di fronte ad
un destino inevitabile stabilito per lei da qualcun altro.
La sua vita in quei giorni di prigionia era diventata insopportabile.
Non ricordava più quante lacrime aveva versato, quante volte
avesse urlato e colpito la porta nel tentativo di uscire.
Inutili tentativi. Del tutto vani. E Rihito sembrava divertirsi sempre
di più. E, come se non bastasse, negli ultimi due giorni aveva
preso l’abitudine di venire a farle visita personalmente, forse
proprio per controllare che fosse tutto a posto. Non perché gli
importasse qualcosa di lei, tutt’altro, ma più
probabilmente perché sentiva crescere l’eccitazione. Il
momento decisivo, la fine di tutta quella storia, era ormai prossimo e
di sicuro voleva essere sicuro che nulla andasse storto, soprattutto a
causa di quel maledetto essere umano che era stato la causa di tutto.
Che l’aveva indebolito, che lo aveva costretto ad anni ed anni di
ricerche e ragionamenti per capire come rimediare. E adesso che era
così vicino alla soluzione a tutti i suoi problemi di sicuro non
avrebbe permesso a nessuno di mettergli i bastoni tra le ruote, meno
che mai a lei. Cosa importava se per riacquistare i suoi poteri avrebbe
dovuto uccidere un’innocente? Cosa importava se lei fosse
sacrificata per la sua insensata sete di potere? Anzi, l’idea di
toglierla di mezzo sembrava dargli un brivido di perverso piacere.
Glielo leggeva negli occhi, ogni volta che lui la guardava, ogni volta
che quel maledetto youkai la studiava, centimetro per centimetro, o la
provocava per godersi le sue reazioni.
Lo odiava con tutte le sue forze. Era un sentimento così grande
e ribollente che se ne sentiva come sommersa, totalmente pervasa. E
proprio questo suo essere totalmente inerme la faceva stare ancora
più male. Era sicura di non avere alcuna speranza, sentiva
l’inesorabile momento della sua fine avvicinarsi con sorprendente
velocità.
Nemmeno il pensiero di Ranma le dava sicurezza, in quel momento. Era il
migliore artista marziale in circolazione, non c’erano dubbi a
riguardo. Ma sarebbe bastato contro Rihito? Cominciava a dubitare
persino di lui. E si odiava per questo. Si ritrovò a chiedersi
cosa avrebbe pensato Ranma se l’avesse saputo. Probabilmente si
sarebbe sentito tradito.
E ferito.
Non hai fiducia in me?
Le avrebbe sicuramente detto queste parole. Immaginava il suo sguardo, triste, deluso.
E non avrebbe sopportato il peso di quello sguardo gravare su di lei.
Del resto la verità era solo una: si fidava di lui. Ciecamente.
Ranma avrebbe sempre vinto tutto e tutti. Lui era il migliore, sempre. Perché avrebbe dovuto essere diverso quella volta? Si sarebbe battuto e avrebbe sconfitto Rihito.
Chiuse gli occhi.
Come aveva fatto a dubitare di lui anche solo per un istante? Doveva
credere in Ranma. L’avrebbe tratta in salvo, come sempre.
Sospirò, mentre i suoi occhi si riempivano ancora una volta di
lacrime. Cercò di asciugarle con rabbia, stanca di piangere
continuamente, stanca di sentirsi così. Ma non riuscì ad
arrestare quel pianto a dirotto. E di nuovo si ritrovò a pensare
al suo fidanzato e a chiedersi cosa stesse facendo. Aveva pensato a
tutte le ipotesi possibili, ma dato che non c’era modo di saperlo
con sicurezza decise di scacciare anche quel pensiero ed evitare di
arrovellarsi il cervello. Lasciò invece la sua mente libera di
vagare tra i ricordi, soffermandosi su quella primissima volta in cui
lui era arrivato a casa sua, quando ancora credeva che Ranma fosse una
ragazza. Sembrava sinceramente contento di averla conosciuta. E
divertito mentre combattevano, anche se naturalmente lui l’aveva
sconfitta in meno di due secondi. Ricordò di non aver mai
provato rabbia più grande di quando aveva scoperto che era un
ragazzo. Nel peggiore dei modi, peraltro. Che vergogna! Arrossiva
ancora al solo pensiero…non avrebbe mai immaginato che perfino
quello sarebbe diventato un bel ricordo.
Un rumore metallico seguito da uno scatto la riscosse dai suoi
pensieri. Si voltò verso la porta, preparata al peggio.
L’uscio si spalancò rivelando l’imponente figura del
custode dell’Aldilà. Alla sua sola vista Akane
provò un intenso moto di disgusto che le serrò la gola,
impedendole di respirare liberamente. Il suo sguardo carico
d’odio fece sorridere Rihito, che non mancò di notare
anche l’arrossamento dei suoi occhi ancora umidi, chiaro segno
delle lacrime appena versate.
-Salve, mia cara. Come ti senti oggi? Tutto bene?
Akane distolse lo sguardo, strinse i pugni sulla ginocchia tanto forte
da conficcarsi le unghia nei palmi e chiuse gli occhi, sforzandosi con
ogni fibra del suo corpo di ignorarlo, di non cedere alle sue subdole
provocazioni.
“Maledetto…” Tornò a ripetersi.
Rihito notò il piatto ancora pieno di cibo poggiato sul tavolo e il suo sorriso divenne ancora più ampio.
-Il pasto non è di tuo gradimento?
Ancora una volta, Akane non disse nulla. Si sforzò di pensare ad
altro, concentrandosi sul viso del suo fidanzato, immaginando di essere
con lui, nel dojo, ad allenarsi come quella prima volta. A ridere con
lui.
Ma nemmeno quel pensiero riusciva a farle dimenticare quel bastardo di
Rihito che continuava ad infierire senza pietà alcuna. I
contorni del viso di Ranma andarono sbiadendosi sempre più, il
suo ricordo si disperse nel nulla…tutto ciò a cui Akane
riusciva a pensare erano le parole dello youkai.
-Manca poco, sai?
“Certo che lo so.”
Ancora una volta, Akane non diede segno apparente di aver udito le sue
parole, ma la rabbia le faceva ribollire il sangue nelle vene. La
voglia di scagliarsi contro quel bastardo era più forte ogni
momento che passava. E non le importava nulla del fatto che
l’avrebbe tolta di mezzo in meno di un secondo. Tanto meglio,
anzi. In quel modo non sarebbe riuscito a realizzare il suo progetto.
-Ci siamo quasi, ormai.
Era decisamente troppo. La rabbia della minore delle Tendo raggiunse il
culmine. Digrignò i denti con ferocia, mentre tutti i suoi
propositi di non lasciarsi provocare sfumarono. Le unghie delle sue
mani erano ormai penetrate nella carne, tanto che rivoli di sangue
avevano preso a scorrere sui palmi, ma Akane non vi fece minimamente
caso. Cercando di tener ferma la voce, che tremava per la rabbia, si
rivolse allo youkai, senza timore alcuno.
-Un giorno o l’altro la pagherai, puoi contarci.
Il custode dell’Aldilà inarcò un sopracciglio,
guardandola con aria scettica e con un mezzo sorrisetto ironico
stampato in faccia. Nello sguardo quel solito scintillio maligno. Non
immaginava che gli esseri umani potessero essere tanto ridicoli.
-Ma davvero? E chi dovrebbe farmela pagare? Tu? O magari quell’idiota di nome Ranma?
Akane scattò in piedi, avvicinandosi a Rihito con tutta
l’aria di chi voleva battersi. Lo youkai parve quasi spiazzato
dal suo gesto, anche se continuò a guardarla con
quell’espressione strafottente.
La minore delle Tendo si posizionò esattamente di fronte allo
youkai, i loro visi a pochi centimetri l’uno dall’altro.
Non aveva alcuna paura. Sentiva soltanto la rabbia pulsare,
impadronirsi di lei, impedirle di ragionare con lucidità. E la
voglia di colpire il maledetto che aveva di fronte.
A stento riuscì a dominare l’impulso. Si limitò
soltanto a pronunciare quelle poche parole che erano la sua unica
certezza.
-Sarai sconfitto. Ranma ti toglierà di mezzo.
Rihito inarcò le sopracciglia ancora di più. Non riusciva
davvero a credere alle sue orecchie. Davvero la stoltezza umana poteva
raggiungere livelli tanto vertiginosi?
“Povera sciocca. Il terrore deve averle fatto perdere quel briciolo di ragione che possedeva.”
Ma nemmeno la sonora risata di Rihito riuscì a farle cambiare
idea e a far vacillare quella certezza. Confidava in Ranma con tutta se
stessa. E in quel momento una grande speranza si accese nel suo cuore,
facendole ritrovare la voglia di vivere e, soprattutto, di aspettarlo.
Senza più degnarla di uno sguardo, Rihito si voltò verso la porta e fece per uscire.
-Vedremo.
******
Camminava lenta per le vie di Nerima senza neanche far caso a dove
stesse andando. Aveva percorso così spesso quelle vie negli
ultimi anni che ormai i suoi passi la conducevano automaticamente verso
la meta prescelta, senza che lei prestasse minimamente attenzione alle
direzioni prese.
Qualche conoscente la salutò allegramente e lei rispose
sorridendo come sempre, intrattenendosi ogni tanto con qualche
passante, rivolgendo qualche occasionale domanda. Come se tutto fosse a
posto. Come se non ci fosse nulla a turbarla.
Ma chiunque avesse osservato con maggiore attenzione Kasumi in quei
giorni, avrebbe subito capito che qualcosa non andava. Quel suo dolce
sorriso era in qualche modo diverso. I suoi occhi scuri erano come
appannati da un velo di tristezza, che lei tentava abilmente di
mascherare, senza però riuscirci con tutti.
-Buongiorno Kasumi!
-Oh, buongiorno a lei!
-Stai tornando a casa?
-Si, devo correre a preparare il pranzo.
-Brava ragazza! E dimmi, come vanno gli affari in questo periodo?
Proprio ieri mio figlio mi ha detto che vorrebbe venire a prendere
qualche lezione.
-Ne saremmo onorati.
-A proposito, è un po’ che non vedo in giro la piccola Akane, è per caso malata?
Kasumi si trovò momentaneamente spiazzata. Non era preparata ad
affrontare l’argomento, né gradì il fatto che le
fosse spiattellato in quel modo, senza che se lo aspettasse.
Evidentemente il suo stato d’animo doveva essere chiaramente
visibile dalla sua espressione, dato che l’uomo si rivolse a lei
preoccupato, scrutandola accigliato di sotto in su.
-È tutto a posto, mia cara?
-Si, certamente! Akane ha solo un po’ di febbre, si riprenderà presto, non si preoccupi.
-Lo spero.
-Mi scusi ma adesso devo proprio andare, buona giornata!
-Anche a te!
Si allontanò da lì il più velocemente possibile.
Non era da lei mentire a quel modo, ma che altro avrebbe dovuto fare?
Decise che avrebbe evitato di intrattenersi per molto con chiunque, da
quel momento in poi. Non aveva nessuna voglia di rispondere ad altre
domande sulla sua sorellina.
“Povera piccola Akane…”
Kasumi continuò a camminare distrattamente, cercando di non pensare a lei un momento di più.
Per distrarsi ripercorse con la mente la lista della spesa per essere
sicura di non aver dimenticato nulla. Si arrestò di colpo.
“La salsa di soia!”
Si voltò indietro, incerta sul da farsi. Non aveva molta voglia
di intrattenere nuovamente una conversazione col signor Teinosuke,
né tantomeno di sentir parlare di Akane. Decise pertanto di
tornare al supermercato facendo una piccola deviazione.
Camminando nella direzione prescelta si trovò a passare davanti allo studio del dottor Tofu.
Si arrestò di fronte all’entrata. Avrebbe davvero voluto
entrare e chiedergli a che punto fossero arrivate le sue ricerche, se
avesse trovato qualche elemento che potesse essere d’aiuto.
Avrebbe voluto semplicemente parlargli. Magari nella speranza di
ricevere da lui un conforto…
D’altro canto non le sembrava cortese disturbarlo. Decise
così di lasciar perdere e di sbrigarsi ad ultimare le sue
commissioni per tornare a casa da suo padre. Del resto lui aveva
bisogno di lei…e lei? Lei a chi poteva chiedere conforto?
Decise di non soffermarsi su quei pensieri un secondo di più.
Fece per voltarsi e andar via, ma proprio in quel momento il dottor
Tofu uscì dal suo studio. Quando la vide, il suo cuore perse un
battito.
Era davvero bellissima. Non potè fare a meno di soffermarsi su
ogni tratto di quello splendido viso, su ogni suo dettaglio. Dalla
bellezza dei suoi capelli che ricadevano morbidi sulla spalla, raccolti
in quella semplice coda di cavallo, alla luminosità della sua
pelle diafana, che avrebbe desiderato con tutto se stesso poter
sfiorare almeno per una volta, alla profondità di quegli
splendidi occhi scuri, quegli occhi che gli facevano totalmente perdere
la testa. Per non parlare del suo sorriso…lo stesso sorriso che
lei gli stava rivolgendo in quel momento.
Lottò con tutte le sue forze per evitare di assumere la solita
aria sognante che aveva al suo cospetto. Non era affatto semplice,
accidenti! Ma in quella situazione doveva mantenersi serio, farle
capire che lui era una persona sulla quale poter contare. Era
l’unico modo per poter sperare di avere almeno una piccola,
minuscola speranza…o almeno così gli piaceva pensare.
-Dottore, buongiorno!
-Buo…buongiorno, Kasumi! Stavi venendo a trovarmi?
-Bè, a dire il vero stavo andando al supermercato. Ma mi sono ritrovata a passare da qui!
-Certo, capisco! Eh Eh!
-E lei? Va da qualche parte?
-Stavo andando anch’io a comprare qualcosa da mangiare. Il mio
frigorifero è totalmente vuoto. Sai com’è, non sono
uscito molto da casa in questi giorni…
-Per via…di mia sorella?
Ma perché non imparava a tenere chiusa quella boccaccia? Cosa
gli era venuto in mente? Doveva per forza tirare fuori quella storia?
Vide lo sguardo di Kasumi spegnersi. Non seppe cosa fare. Si
sforzò di trovare un modo di cambiare discorso, ma non gli venne
in mente nulla di intelligente da dire. E di certo il fatto che Kasumi
avesse abbassato lo sguardo e abbandonato le braccia lungo i fianchi
non era d’aiuto. Sospirò. Decise di dire la verità.
-Bè, si. Ti chiedo scusa, non avrei dovuto dirlo.
-Oh, no! Non deve! Sono io che le chiedo scusa. Le sono grata per tutto
quello che sta facendo per Akane. Non lo dimenticherò mai.
-Kasumi…
-Deve andare anche lei al supermercato, allora?
-Già.
-Le va di andarci insieme?
-M…ma si, certo! Con immenso piacere! Ehm…Kasumi?
-Si?
-Mi farebbe molto piacere se…sai…mi dessi del tu. Non occorrono tutti questi formalismi!
Kasumi sorrise, sfiorandosi la guancia destra con la mano, mentre Tofu
rideva nervosamente portando un braccio dietro la testa, gli occhiali
pericolosamente appannati.
-D’accordo.
******
Camminare al fianco di Kasumi era più bello di quanto avrebbe
mai potuto immaginare. Gli sembrava di librarsi ad un paio di metri da
terra, di poter toccare il cielo con un dito. Non avrebbe mai sperato
in tanta fortuna.
Anche se doveva ammettere che vederla così triste ed abbattuta era una vera e propria tortura…
Cercò un argomento di conversazione che potesse distogliere
l’attenzione di Kasumi da Akane. Ma davvero non riusciva a
pensare. La vicinanza con la donna di cui era follemente innamorato gli
aveva totalmente fatto perdere la testa, come sempre del resto. Prese a
torturarsi le mani in un gesto nervoso.
“E ora che faccio? Cosa le dico?”
Al fianco di Tofu, Kasumi si sentiva bene per la prima volta da giorni.
Anche senza bisogno di parole. La sua presenza la rassicurava, le dava
forza. Non riusciva nemmeno a spiegarsene il motivo, eppure il solo
fatto che lui fosse lì era importante per lei. Forse
perché sapeva che Tofu aveva a cuore Akane tanto quanto lei, o
forse era semplicemente perché…
Inutile chiederselo.
-Potrei chiederti come vanno le ricerche?
-Ma certo. Bè, ho cercato di documentarmi quanto più
possibile sul rituale da eseguire per creare un accesso
all’Aldilà. Credo di essere in grado di eseguirlo alla
perfezione, adesso. Ma…riguardo a Rihito non ho alcuna
informazione in più. E questo non aiuta.
-E a proposito di Akane…non si sa se lei è…?
-Bè, se devo essere del tutto sincero non ho trovato nulla che
possa spiegare il motivo per il quale il custode
dell’Aldilà possa rapire un essere umano, per cui…
Tofu si pentì immediatamente delle sue parole. Vide gli occhi di
Kasumi riempirsi di lacrime e provò una dolorosa stretta al
cuore. Cercò di riparare precipitosamente.
-Devi essere fiduciosa. Sono sicurissimo che sta bene.
-Vorrei esserlo anch’io…
La voce di Kasumi si spense proprio quando si ritrovarono di fronte
all’entrata del supermercato. Tofu avrebbe voluto dirle qualcosa,
qualsiasi cosa che potesse darle una certezza in più. Ma cosa
avrebbe potuto dire quando nemmeno lui riusciva ad essere sicuro delle
sue parole?
Rimase in silenzio fino a quando uscirono dal supermercato. Kasumi sembrava immersa nelle sue riflessioni. E nel suo dolore.
Si volse verso Tofu.
-Bè, ora devo proprio andare.
Ma i suoi occhi parlavano chiaro. Avrebbe voluto rimanere con lui. Non
aveva alcuna voglia di tornare a casa, di farsi ancora una volta carico
del dolore di tutti, di mostrarsi sorridente per dare agli altri la
forza necessaria per affrontare la situazione. Non ne era in grado, non
più.
E lui lo capì. Ed ebbe per la prima volta il coraggio di farsi avanti.
-Ti va di fare due passi?
-Due passi?
Un po’ perplessa, Kasumi sembrò pensarci su.
Nonostante il suo stato d’animo sapeva di dover tornare da suo
padre. Non era proprio il caso che si preoccupasse anche per lei. Del
resto in quei giorni non sembrava accorgersi di
nulla…probabilmente non avrebbe nemmeno notato la sua assenza. E
c’era pur sempre la signora Saotome per ogni evenienza.
Sorrise di cuore per la prima volta da giorni.
Il sorriso di Kasumi era davvero la cosa più bella del mondo.
Più Tofu lo guardava e più se ne convinceva. Sentì
lo stomaco fare una piccola capriola quando udì la sua risposta.
-Si, mi piacerebbe molto.
*******
I raggi del sole accarezzavano la sua pelle, risaltandone il colorito
chiaro. Pennellavano le sue labbra rosate e facevano risplendere i suoi
grandi occhi scuri.
Di fronte ad uno spettacolo tanto meraviglioso, Tofu aveva totalmente dimenticato come si facesse a parlare. Kasumi era…incantevole.
Seduto su quella panchina vicino a lei, non riusciva a fare a meno di
rimirarla. E vedere nei suoi occhi quello sguardo addolorato era per
lui la peggiore delle sevizie.
Vide Kasumi schiudere più volte le labbra per poi richiuderle
senza emettere alcun suono. Avrebbe voluto far qualcosa che le facesse
capire che con lui poteva parlare, che ci sarebbe sempre stato per lei.
Accidenti, perché doveva essere sempre così timido ed
impacciato?
Le sorrise gentilmente, come solo lui sapeva fare, e il cuore di Kasumi
iniziò a battere un po’ più veloce del normale,
come sempre le succedeva quando si trovava con lui. Non riusciva a
capire con chiarezza cosa volesse dire…con tutte le
preoccupazioni che aveva non si era mai soffermata a pensarci su. A
dire il vero, erano anni che non pensava a se stessa e a ciò che
provava. Con una casa e una famiglia a cui pensare il tempo per
chiedersi se si è felici è davvero poco. E lei? Poteva
davvero dire di essere felice?
Le piaceva badare alla casa e prendersi cura della sua famiglia e dei
Saotome…però…raramente si era sentita davvero
bene. E stranamente le capitava solo con quell’uomo che ora le
sedeva accanto.
Il meraviglioso sorriso di Tofu la spinse a parlare, ad aprirsi per la prima volta con qualcuno.
-Io…ho paura.
-Kasumi…non devi averne. Vedrai che andrà tutto per il verso giusto.
-Non riesco a stare tranquilla. Se dovesse succederle qualcosa…io…
-Non le succederà niente.
-Come fai ad esserne sicuro?
Gli occhi di Kasumi si riempirono di lacrime mentre lo guardava. E per Tofu fu troppo.
Senza nessuna esitazione, la prese tra le braccia.
E la cosa che maggiormente lo sorprese, fu il fatto che lei non si
ritrasse. Poggiò la testa sul suo petto e lo strinse a
sé. E pianse.
-Non preoccuparti, Kasumi. Vedrai che Ranma la riporterà a casa sana e salva. Lei sta bene. Ne sono certo.
-E se invece non fosse così? E se non stesse affatto bene?
-Lei sta bene. Lo sento. Devi fidarti di me.
Ed incredibilmente Kasumi se ne convinse davvero. Sollevò con
lentezza lo sguardo fino ad incontrare quello di lui e seppe che diceva
la verità.
Tofu le sorrise, mentre con una mano le accarezzò il viso, timido ed incerto, così com’era lui.
Kasumi chiuse gli occhi, assaporando la dolcezza di quel contatto,
felice di trovarsi lì con l’unico uomo al mondo in grado
di farla sentire così.
E capì.
Per la prima volta riuscì a fare chiarezza nel suo cuore, senza
preoccuparsi di nessuno, pensando soltanto a se stessa. Alla sua
felicità.
Capì che Tofu era l’uomo con cui avrebbe voluto passare il resto della sua vita.
Riaprì gli occhi per incontrare nuovamente quelli castani di
lui. Per cercare di leggervi lo stesso amore che lei sentiva di provare.
E per la prima volta riuscì a scorgere nel suo sguardo la grandezza di quel sentimento per troppo tempo taciuto.
-Tofu…io…
Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto, la distanza che li
separava diminuiva sempre più. Chiusero gli occhi mentre le loro
labbra si incontrarono per la prima, meravigliosa volta.
Tofu non riusciva a capacitarsi di cosa stesse succedendo. Non riusciva
a crederci…eppure il calore di Kasumi era reale, così
come il suo profumo e il suo tocco. E il suo sapore.
Continuò a tenere gli occhi chiusi per qualche secondo, anche
dopo che si furono separati, come a voler fermare quel momento il
più a lungo possibile. Quando li riaprì, vide che Kasumi
sorrideva appena, guardandolo negli occhi, mentre un lieve imbarazzo le
aveva tinto le guance di rosa. I suoi occhi risplendevano come mai
avevano fatto prima. E Tofu faticava a credere che fosse per lui…
Le parole uscirono senza che nemmeno se ne rendesse conto.
-Kasumi…vuoi sposarmi…?
Sgranò gli occhi, dandosi mentalmente del pazzo. Ma cosa gli era
saltato in mente? Chiederglielo così, di punto in bianco, in un
momento delicato come quello!
Non erano mai usciti insieme, non avevano mai sostenuto una vera conversazione prima di quel momento…
Era impazzito. Totalmente. Fece per parlare, per scusarsi, dire qualsiasi cosa…implorare il suo perdono.
Ma lei glielo impedì. E lo sorprese più di qualunque cosa
al mondo. Lo rese l’uomo più felice della terra. Era
sicuro di aver sentito male. Resistette con tutto se stesso
all’impulso di farglielo ripetere.
Non poteva crederci…l’aveva detto davvero!
-Si…
In quel momento, a Nerima, chiunque si fosse avvicinato al parco
avrebbe potuto scorgere un bizzarro uomo con gli occhiali che
saltellava allegramente, canticchiando una strana canzoncina e
sorridendo ininterrottamente.
Ok, sono sicura che vi
sembrerà una cosa piuttosto affrettata, ma è così
che mi sono sempre immaginata l’evolversi del rapporto di Kasumi
e Tofu. Ho sempre pensato che i sentimenti fossero sempre lì,
nascosti da qualche parte, e che ci fosse solo bisogno di un pretesto
per tirarli fuori. E mi piace pensare che una volta venuti fuori, i
piccioncini avrebbero immediatamente deciso di sposarsi. Se non
approvate comprendo, ma a me piace davvero tanto pensarla così!
Un capitolo di transizione a questo
punto ci voleva, no? Mi sembrava il caso di prendere un po’ di
respiro e tornare a vedere come se la cava Akane (non troppo bene, a
quanto sembra). Spero tanto vi sia piaciuto…aspetto con ansia il
vostro parere!
A presto!
Lavs
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Capitolo 12 *** Rituale ***
rituale
Dopo un lungo periodo di pausa eccomi
di ritorno! Vi sono mancata? Capitolo dodici finalmente! Mi sa che da
questo momento in poi aggiornerò più di rado dati
numerosi impegni e anche (ahimè!) un calo di ispirazione. Al
momento i capitoli non stanno riuscendo come desidero, per cui voglio
prendermi più tempo per cercare di migliorarli.
Detto questo, passo ai ringraziamenti (quanto mi è mancato!):
Kuno84:
^///^ non saprei cosa dire se non GRAZIE! Il tuo commento mi ha
lasciata assolutamente senza fiato. Sono contentissima di essere
riuscita a fare apprezzare a te questo mio modesto lavoro. Per me
è una grande soddisfazione, dato che tu sei uno dei miei modelli
e adoro il tuo modo di scrivere. Ed è anche per non deludere te
che ho deciso di prendermi più tempo tra una pubblicazione e
l’altra. Grazie, senpai!
Littel:
che bello che Tofu e Kasumi siano piaciuti tanto! È vero, mai
nessuno si sofferma su di loro, per cui mi sembrava giusto farlo.
Grazie per il tuo commento, come sempre sono contenta che la storia
continui ad appassionarti e spero davvero che continui così!
Grazie!
_Kaggy_chan_:
grazie grazie grazie! Hai proprio ragione: un poco di svago ci voleva.
E mi sembrava giusto dare spazio anche a Kasumi e Tofu che sono sempre
esclusi! Grazie per i bei complimenti che mi fanno sempre un piacere
incredibile e mi fanno camminare ad un metro da terra!
Akane25:
ciao rox! Lo so… sono imperdonabile, è un po’ che
non riesco a commentare NRDP ma giuro che mi farò perdonare
prima possibile. Ringrazio anche te per la recensione! Riguardo a
Rihito, bè, non credo proprio che si innamorerà di
Akane… anche perché… vabbè, leggi il
capitolo e lo scoprirai!
Maryku:
mary! Sempre puntuale e sempre presente, mi fa piacere che non ti perdi
un capitolo! La tua analisi di Kasumi era perfetta, è
esattamente come la vedo io! E un poco di romanticismo ci vuole pure
per lei, no? Riguardo a Rihito sinceramente credo sia antipatico
sempre, non solo in quel momento! Baci e aspetto il tuo commento!
Laila:
carissima! Intanto mi è piaciuta un sacco l’ultima frase
del tuo commento e ti do ragione da vendere! Mi piace troppo la
relazione tra Tofu e Kasumi, anche perché è una di quelle
dove c’è più possibilità di fantasticare,
dato che è una materia poco trattata. Felicissima che ti sia
piaciuta anche la parte di Akane, temevo passasse troppo in secondo
piano rispetto al gesto di Tofu. Spero mi farai sapere anche questa
volta cosa pensi!
Apple92:
chi si rivede!! Pensavo mi avessi abbandonata! Sono felicissima che tu
sia tornata a commentare, sentivo la tua mancanza! Lo so, è
difficile immaginare quel bacio, ma alla fine non è poi
così strano! Per quanto timida e riservata Kasumi è pur
sempre una donna! Aspetto il tuo parere anche questa volta!
Gabrychan:
ehm… mi lasci senza parole. ^///^ Mi hai fatto dei complimenti
tanto belli che non credo ci sia un modo adeguato di ringraziarti.
Sapere che le mie intenzioni traspaiono dal mio lavoro mi fa felice. Il
mio intento era proprio lasciar spazio a tutti (proprio tutti!) e
descriverne le sensazioni nel modo più reale possibile. È
bello sapere che tu lo percepisci e lo apprezzi. Grazie!
Robbykiss:
Grazie anche a te! Caspita, non immaginavo che questa piccola parentesi
Tofu/Kasumi sarebbe piaciuta tanto. Mi fa un piacere immenso che non ti
sia sembrata troppo affrettata la proposta di matrimonio e che sei
d’accordo con me! Fiuuu! È andata anche questa volta!
Spero di vedere il tuo nome tra le recensioni anche per questo capitolo!
Capitolo XII
Rituale
Nessuno aveva una gran voglia di festeggiare la riuscita della missione. Sebbene fossero entrati in possesso del tanto agognato Kami no tanto,
nessuno si sognava di gioire o anche soltanto di sorridere. Negli
sguardi di ognuno si leggeva un’incolmabile vuoto che solo la
perdita di una persona cara può lasciare.
Shampoo e Mousse erano naturalmente i più provati.
L’Amazzone sembrava non riuscire quasi nemmeno a reggersi in
piedi. Il suo dolore pareva addirittura al di là delle lacrime.
Tutto ciò che voleva era arrivare a casa al più presto e
isolarsi da tutto e da tutti.
Maledetta Akane. E maledetto anche Ranma. E Mousse. E Ryoga. E Ukyo.
Li odiava tutti. Perché avevano permesso alla sua bisnonna di compiere una pazzia del genere?
Perché?
Era colpa loro… si, tutta colpa loro.
Cercava in ogni modo di soffocare quella piccola, obiettiva parte di
lei che sapeva che nessuno dei suoi amici sarebbe riuscito a fermarla
in ogni caso. La sua bisnonna era testarda tanto quanto lei, o forse
addirittura di più. Non avrebbe mai permesso a nessuno di
ostacolarla, una volta presa la sua decisione. Ma naturalmente a
Shampoo in quel momento non importava affatto. Aveva un disperato
bisogno di dare la colpa a qualcuno. Qualcuno che non fosse lei stessa.
Soprattutto perché sapeva che la sua bisnonna si era sacrificata
per salvare la vita a lei. Ma cercare un capro espiatorio rendeva tutto
molto più facile da sopportare.
Aveva chiesto di provare almeno a recuperare il suo corpo, ma dalle
facce degli altri era chiaro che non credevano che fosse rimasto ancora
qualcosa di lei… e alla fine Mousse era riuscito a farla
desistere dal suo intento, seppur con parecchie difficoltà.
E adesso riprendere il cammino e allontanarsi da quel luogo era per lei quanto di più difficile ci fosse.
Dalle pendici del monte volse per l’ultima volta lo sguardo in direzione della vetta, gli occhi ancora velati di lacrime.
“Addio bisnonna.”
******
Akane camminava avanti e indietro in quella stanza che più che
mai in quel momento le sembrava una prigione. Racchiusa tra quelle
quattro mura piangeva disperata per l’inevitabile sorte che stava
per affrontare, rovesciava sedie, prendeva a pugni la porta, urlava
fino a sentire la gola bruciare, per poi accasciarsi inesorabilmente a
terra, le braccia adagiate lungo i fianchi, le lacrime che continuavano
la loro folle discesa bagnandole le guance.
“Ranma… Ranma, dove sei? Ranma…”
Possibile che non avesse davvero trovato il modo di raggiungerla?
Possibile?
Adesso il terrore più puro la dominava per davvero,
completamente. Aveva passato quei giorni vivendo con la certezza che
Ranma sarebbe arrivato, alla fine. Non aveva nemmeno preso in
considerazione la possibilità che non si facesse vivo affatto.
Era… impossibile. Assurdo.
Aveva affrontato quelle ore tremende trascorse in quella stanza
schermandosi dietro quella incrollabile certezza, divenuta quasi uno
scudo contro le provocazioni di Rihito. Era un pensiero così
naturale, così ovvio. Ranma la traeva sempre in salvo alla fine,
no? E allora perché non era ancora arrivato?
“Ranma… ho paura!”
La porta si spalancò, facendola sobbalzare. Si volse verso
l’uscio ancora in lacrime e vide Rihito entrare nella stanza.
******
Dopo più di due giorni di cammino quella folle avventura stava
ormai per giungere al termine. Ancora una mezz’ora e avrebbero
raggiunto Nerima. Erano quasi a casa…
Shampoo aveva in parte placato le sue ire nei confronti dei suoi
compagni, stabilendo che era inutile prendersela con loro, oltre che
più doloroso. Aveva bisogno del loro conforto, anche se
ammetterlo era dura. Mentre camminava senza far caso ai suoi passi, non
faceva altro che pensare a qual momento… il momento in cui
Mousse le aveva riferito le ultime parole della sua bisnonna.
Continuavano a risuonarle nella mente e le lacrime le appannavano
ancora la vista. Mai avrebbe immaginato che la fiera Amazzone Cologne
potesse parlare di lei in quel modo… avrebbe tanto voluto
sentirla.
Dì a Shampoo che sono fiera
della donna che è diventata. Mi ha reso orgogliosa. E dille
anche di fare della sua vita quello che vuole, l’importante
è solo che sia felice.
“L’importante è solo che sia felice.”
Davvero sua nonna aveva detto una cosa del genere? Lei, che aveva
sempre messo la legge al primo posto? Le sembrava così
incredibile che la donna che aveva pronunciato quelle parole fosse la
stessa che l’aveva allenata sin dalla più tenera
età, che l’aveva trasformata nell’Amazzone che era
adesso.
“È tutto merito tuo se sono quel che sono… solo
tuo. Credi davvero che dovrei inseguire la felicità e
nient’altro? Dovrei dimenticarmi delle nostre leggi e vivere
liberamente la mia vita?”
Quell’idea andava contro tutti i principi con i quali aveva
convissuto sin dal momento della sua venuta al mondo e, naturalmente,
non poteva semplicemente decidere di voltare le spalle alla sua gente
sperando di passarla liscia. La punizione che l’attendeva sarebbe
stata solo una: l’esilio.
Eppure…
Non poteva mentire a se stessa. Non più. Se voleva essere felice, quella era l’unica soluzione.
Dimenticare, dimenticare non solo quelle leggi. Ma anche lui.
Fu con una stretta al cuore che ripensò alla sua casa, alla sua
famiglia, alla sua terra. Ma continuò a ripetersi che quello era
l’unico modo. Avrebbe ascoltato la sua bisnonna anche quella
volta. I suoi consigli erano sempre stati preziosi e quello sembrava
esserlo ancora più degli altri. Sentiva davvero il bisogno di
dare una svolta definitiva alla sua vita. Non era forse arrivato il suo
turno di scoprire cosa fosse la felicità? Se lo meritava,
accidenti!
Trovarla con Ranma o meno, a quel punto per lei non aveva più importanza.
Volse distrattamente lo sguardo verso il ragazzo col codino, che sembrò non accorgersene nemmeno.
Sospirò.
“Starà di sicuro pensando ad Akane…”
E, naturalmente, Shampoo era nel giusto.
Guardando le abitazioni di Nerima in lontananza, infatti, Ranma non
stava più nella pelle. Avrebbe voluto correre a perdifiato,
fiondarsi dal dottor Tofu e procedere con quel maledetto rituale.
“Akane, costringerò quel maledetto a dirmi dove ti trovi.
Aspettami!”
******
-DOTTORE! DOTTOR TOFU!
Allarmato, il dottor Tofu corse all’ingresso per capire chi
stesse urlando a quel modo. Quando vide Ranma i suoi occhi si
dilatarono per la sorpresa. Il suo sguardo vagò sulla sua figura
fino ad individuare il Kami no tanto, ancora legato alla cintura dei suoi pantaloni.
-Ce l’avete fatta, ragazzi. Siete stati grandi!
Nessuno rispose. Tofu notò che qualcosa certamente non andava.
Si aspettava che tutti saltassero di gioia di fronte alla riuscita di
un’impresa tanto ardua, soprattutto Ranma che non vedeva
l’ora di riavere Akane con sé. Accigliato, si rivolse ai
cinque compagni.
-Ragazzi, va tutto bene?
Nessuno rispose. Tofu notò che Ranma, Ukyo e Ryoga lanciavano di
sottecchi occhiate preoccupate a Shampoo. Sempre più confuso,
Tofu prese Ranma da parte e gli si rivolse cercando di non farsi udire
dagli altri. Si allontanarono di qualche passo, dando loro le spalle.
-Ma cosa succede?
Il ragazzo col codino sospirò, abbassando appena il viso.
Sembrava non avere una gran voglia di spiegare quale fosse il problema.
Tofu gli mise un braccio su una spalla, come a volergli infondere il
coraggio necessario a continuare. Seppur riluttante, Ranma
iniziò a parlare, incerto e con la voce che tremava appena, lo
sguardo che saettava qua e là evitando accuratamente di
incontrare quello del dottore.
-Si tratta di… Obaba.
Tofu capì senza bisogno di udire il resto delle parole di Ranma.
Come aveva potuto non accorgersi immediatamente della sua assenza? Che
stupido. Temeva quasi di ascoltare il resto della storia, ma
lasciò ugualmente che Ranma continuasse a parlare senza
interromperlo.
-Lei… ci ha salvati tutti. Si è… sacrificata… per noi.
-Cos’è successo?
-Eravamo circondati. C’erano youkai da ogni parte che sembravano
non finire mai. Saremmo sicuramente morti ma lei… è
ricorsa ad una strana tecnica. L’ha chiamata “Tecnica
Definitiva”.
-Tecnica Definitiva?
-Già. Ci ha fatti scappare, ha sigillato tutta la zona e…
c’è stata una specie di esplosione. L’aura negativa
si è dissolta all’istante e…
Ranma sembrava incapace di continuare. La sua voce si spense in un
mormorio indistinto. Afflosciò le spalle e abbassò il
viso, senza osare guardare il dottore negli occhi. Si aspettava quasi
di sentirlo urlare che fosse tutta colpa sua, che non era stato nemmeno
in grado di riportare tutti a casa sani e salvi. Ma Tofu non fece
niente di tutto questo. Parve capire quali dovessero essere i
sentimenti di Ranma e gli si rivolse con fare paterno.
-Ho capito. È davvero… terribile. Ma, Ranma, non sentirti
responsabile. Cologne era la donna più forte che io abbia mai
conosciuto. Puoi star certo che sapeva bene quello che faceva. Non devi
fartene una colpa.
Tofu annuì come a voler dare ulteriore conferma alle sue parole
e rafforzò la presa sulla spalla di Ranma, che gli rivolse uno
sguardo triste per poi tornare a fissare il pavimento. A quel punto, il
dottore si rivolse agli altri ragazzi.
-Venite qui, devo darvi una controllata.
-Non occorre, abbiamo preso una medicina che ci ha dato Oba…
La voce di Ryoga si spense mentre Ukyo gli sferrava una potente
gomitata alle costole. Il ragazzo con la bandana lanciò uno
sguardo allarmato a Shampoo, che però sembrava non essersi
nemmeno accorta che Ryoga avesse aperto bocca. Sembrava immersa nelle
sue fantasticherie. O forse faceva solo finta di non aver sentito, chi
poteva dirlo?
Tofu comunque aveva capito il significato della frase a metà di Ryoga.
-D’accordo, allora. Venite almeno a riposarvi un po’. Vi preparo delle stanze. Avete bisogno di recuperare le forze.
-Ma dottore, io…
-Prima riposa un po’, Ranma. Non avrai molte speranze ridotto come sei.
-No! Devo andare, potrebbe già essere troppo tardi! Sto bene, davvero!
-Sai anche tu che non è vero. Riposa soltanto una mezz’ora
e poi procederemo immediatamente. Giusto il tempo di preparare tutto
l’occorrente per il rituale. Non un minuto di più, lo
prometto. Siete arrivati all’improvviso e non sono ancora pronto,
ma ti chiamerò immediatamente quando avrò finito.
Ranma annuì, troppo stanco perfino per ribattere. Non ci voleva
poi molto a capire che Tofu aveva ragione. Era davvero a pezzi.
Seguì il dottore in una camera con un'unica, grande finestra che
si apriva proprio vicino ad un letto che aveva l’aria di essere
dannatamente comodo.
Ranma si distese immediatamente e borbottando appena un grazie si addormentò di colpo.
Tofu sorrise, uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue
spalle. Si avvicinò al telefono e, sollevando la cornetta,
compose un numero.
-Pronto?
-Pronto, Nabiki, sono il dottor Tofu.
-Oh, salve dottore. È successo qualcosa?
-A dire il vero si, Ranma e gli altri sono tornati.
*******
-Dove accidenti mi stai portando? Si può sapere? Rispondimi, maledetto!
-Dimenati pure, tanto è inutile.
Rihito aveva trascinato Akane fuori dalla sua dimora e la stava
conducendo chissà dove. Non era difficile comprenderne il
motivo: il momento era giunto alla fine. E la vita di Akane si stava
pericolosamente avvicinando alla sua conclusione. I tentativi di fuga
della minore delle Tendo erano ovviamente inutili. La presa dello
youkai sul suo braccio era ferrea. Akane aveva provato di tutto, dai
calci ai morsi, ottenendo come risultato solo quello di divertire ancor
di più il suo aguzzino.
Nonostante questo, oppose fiera resistenza per tutta la durata del percorso. La cosa più inutile che potesse fare.
Erano giunti sulle rive dello Stige. Il fiume scorreva lento e
gorgogliante e Akane potè specchiarsi nelle sue acque per la
prima volta dopo molti giorni. Non si stupì di avere un aspetto
orribile.
“Tanto che importanza ha a questo punto?”
Alla fine Ranma non era arrivato davvero. Si guardò intorno
ansiosamente, pur sapendo dentro di lei che era del tutto inutile. Se
davvero fosse stato lì, non sarebbe certo rimasto a guardare da
lontano.
Inaspettatamente si sentì tirare per un braccio. Rihito premette
un punto alla base della schiena di lei e la gettò a terra senza
tanti complimenti. Akane si ritrovò distesa supina, dolorante
per il duro impatto col terreno.
Provò a ribellarsi e ad alzarsi di nuovo. Sgranò gli occhi per la sorpresa.
Non poteva più muoversi.
*******
Tofu, Shampoo, Mousse, Ukyo, Ryoga, Happosai e le famiglie Tendo e Saotome al completo erano riunite nello studio del dottore.
Kasumi si premette una mano sulla bocca mentre Ranma, aiutato dai suoi
compagni, raccontava quanto accaduto sul monte Tsukuba. Si
avvicinò a Tofu, che resistette all’impulso di prenderla
tra le braccia, seppur con parecchio autocontrollo. Non poteva esserci
momento peggiore per rendere pubblica la loro relazione.
A Nabiki non sfuggì l’insolito scambio di sguardi tra sua
sorella e il dottore, né tantomeno il fatto che Tofu non si
fosse messo a fare l’idiota come suo solito. Dubitava che il
motivo andasse ricercato solo nella drammaticità della
situazione. Si voltò nuovamente verso Ranma ascoltandolo con
espressione indecifrabile e volgendo di tanto in tanto lo sguardo verso
Shampoo, che sembrava ancora in un altro mondo. Happosai piangeva.
-E… questo è tutto.
-Oh, Ranma!
Nodoka, in lacrime, si gettò con slancio sul proprio figlio,
cingendogli le spalle con le braccia. Ranma rispose alla stretta con
pari intensità, beandosi per qualche secondo di
quell’abbraccio carico d’amore. Solo pochi secondi prima
che scostasse delicatamente sua madre da sé e guardasse dritto
negli occhi il dottor Tofu, che capì senza bisogno che Ranma
parlasse.
-D’accordo, procediamo.
Si spostarono in una piccola camera dove Tofu aveva tracciato sul
pavimento una cerchio perfetto, delimitato da alcune piccole candele
poste ad intervalli regolari lungo la circonferenza.
-Ranma, sei pronto?
-Certo.
-Un momento, non avrai mica intenzione di andare da solo!
Ucchan rivolse a Ranma uno sguardo carico d’angoscia mentre,
avvicinatasi a lui, rimaneva in attesa di una risposta.
L’espressione del ragazzo col codino si addolcì, mentre
spostava lo sguardo su di lei.
-Ucchan, ascolta, vi sono davvero grato per quello che avete fatto per
me fino ad ora. Siete i migliori amici che potessi desiderare, ma non
posso permettere a nessuno di voi di mettere ancora a repentaglio la
propria vita.
-Ma Ranchan, non posso lasciarti andare così!
-Cerca di capire… devo essere io a farlo, da solo. Devo salvarla a tutti i costi, mi capisci?
Ucchan esitò soltanto per un istante. Non avrebbe potuto essere
più chiaro nemmeno se avesse dichiarato pubblicamente il suo
amore per Akane. La sua scelta era ricaduta sulla minore delle Tendo
già da tanto tempo, lo sapeva già. Ormai iniziava ad
abituarsi…
Si sforzò di annuire.
-Si. Ma fa attenzione, d’accordo?
Ranma sorrise, il primo vero sorriso da non ricordava più quanto
tempo. Abbracciò Ucchan come mai aveva fatto prima, tentando di
infondere in quella stretta tutte le cose che non era in grado di
dirle. La giovane cuoca arrossì violentemente, ma non si fece
illusioni. Le parole che Ranma pronunciò dopo non la stupirono
per nulla, né le fecero male quanto avrebbe pensato.
Se non altro parlare con Ryoga qualche giorno prima era servito a prepararla.
-Sarai per sempre la mia migliore amica.
Ucchan sorrise e una lacrima solitaria scivolò lenta sulla sua
guancia mentre assaporava il profumo di Ranma così nitidamente
per la prima e ultima volta nella sua vita. Si separò da lui con
una certa difficoltà, mentre Ranma la guardava ancora con quel
dolce sorriso, con quello sguardo colmo d’affetto. Ma non
d’amore.
Si allontanò silenziosamente, mentre Ryoga la osservava con la
coda dell’occhio. La cuoca si posizionò proprio accanto al
ragazzo con la bandana e si voltò a guardarlo con un sorriso
triste.
Un tumulto di sensazioni inaspettate travolse Ryoga: una sorta di
inspiegato fastidio che non riusciva ad identificare con chiarezza, il
desiderio di picchiare Ranma e soprattutto una grande, enorme voglia di
prendere Ukyo tra le braccia e consolarla. Queste sensazioni si
spensero non appena Ukyo distolse lo sguardo, lasciando l’eterno
disperso in uno stato di totale confusione.
Ciò che un po’ sorprese Ranma in quel frangente fu il
fatto che Shampoo non avesse fatto una piega di fronte a
quell’abbraccio.
Titubante, la guardò negli occhi.
Shampoo ricambiò lo sguardo senza dire una parola.
-Shampoo…
-Non devi dire niente, Lanma. Non c’entri.
-Io…
-Riporta qui il maschiaccio violento.
Possibile che fosse così chiaro a tutti quello che provava per lei?
Che si fossero tutti rassegnati all’evidenza? Perfino Shampoo?
Annuì.
-Bene, possiamo cominciare direi. Ranma, posizionati al centro del cerchio.
Ranma si sedette e Tofu iniziò ad accendere una ad una le
candele nere. Fece cenno a Genma di spegnere la luce e la stanza
piombò nella penombra. Il dottore lanciò uno sguardo a
Kasumi che lo osservava con apprensione e sorrise appena cercando di
rassicurarla.
-Sei pronto?
-Si.
Con un religioso silenzio come sottofondo, Tofu aprì un grosso
volume che reggeva tra le mani, voltando le pagine fino a trovare
quella giusta.
-Ascolta Ranma, è importantissimo che ti concentri con tutto te
stesso. Il rito in sé è piuttosto semplice. La
difficoltà sta nel fatto che non puoi permetterti distrazioni.
Se non sarai totalmente concentrato sul pensiero di raggiungere
l’Aldilà rischi di rimanere bloccato tra le due dimensioni
e di non poter più fare ritorno. Non devi pensare a niente e a
nessuno. Concentrati solo su quel desiderio. D’accordo?
-D’accordo.
-Usa il Kami no tanto. Occorre un sacrificio di sangue fatto con quel pugnale.
Ranma impugnò il Kami no tanto
e premette la lama sul suo avambraccio, facendo gocciolare
immediatamente il suo sangue sul pavimento. Sentì sua madre
trattenere il fiato bruscamente e si voltò a guardarla con un
sorriso.
“Sto bene, mamma.”
-Mi raccomando, concentrati.
Tofu iniziò a declamare ad alta voce le parole
dell’incantesimo, mentre Ranma chiudeva gli occhi, estraniandosi
da tutto e da tutti. Allontanando il pensiero di sua madre, di suo
padre, della famiglia Tendo, dei suoi amici e con maggiore
difficoltà di Obaba e soprattutto di Akane.
Si concentrò su un unico pensiero.
Voglio raggiungere l’Aldilà…
******
Ancora totalmente immobilizzata, Akane si ritrovò distesa su un
enorme altare di pietra situato proprio di fronte alla riva dello
Stige. Provò a divincolarsi in tutti i modi, senza però
riuscire a muovere nemmeno un muscolo.
Rihito rimase per alcuni istanti a rimirare le acque del fiume, perso
nei propri pensieri, prima di posare il proprio sguardo avido sulla
figura terrorizzata di Akane.
-Finalmente.
Le si avvicinò e le prese il mento tra pollice ed indice.
Akane avrebbe voluto urlare e ritrarsi a quel tocco. La sua frustrazione per quella situazione parve raddoppiare.
Ranma non aveva fatto in tempo… stava per essere uccisa. Il
cuore le batteva ad una velocità folle e le lacrime scorrevano
silenti sul suo viso.
-Proverò un particolare piacere nel toglierti di mezzo.
E quelle parole scatenarono in lei un odio che si sostituì persino alla paura.
Rihito sorrise ed estrasse la spada che teneva legata alla cintura.
Si muoveva con estrema lentezza, come a volersi godere ogni istante di
quello splendido giorno. Akane si sentì persa. Era davvero
finita.
******
“Voglio raggiungere l’Aldilà… voglio raggiungere l’Aldilà…”
Ranma era riuscito ad estraniarsi completamente dal mondo esterno. Non
sentiva più nemmeno la voce del dottor Tofu. Gli occhi chiusi e
le mani adagiate sulle ginocchia. La mente concentrata su
quell’unico pensiero.
Il sangue che continuava a gocciolare dalla ferita iniziò a
brillare. Ranma poteva scorgere il bagliore rosso che emanava
attraverso le palpebre chiuse.
Una forte corrente invase la stanza, spaventando i presenti. Il rombo
del vento li assordava e Tofu fu costretto ad urlare per farsi udire al
di sopra di quel frastuono. I contorni del corpo di Ranma stavano
diventando meno definiti e il ragazzo col codino sembrava non essersi
nemmeno accorto di tutto quello che gli stava accadendo intorno.
******
-Sei pronta?
Lo scintillio malevolo dei suoi occhi rossi le fece comprendere
più di ogni altra cosa che era arrivata la fine. Le lacrime
continuavano a cadere, lente e silenziose, non più per la sua
morte imminente, ma per Ranma.
Non l’avrebbe mai più rivisto. Non avrebbe potuto rivedere
il suo sorriso, perdersi in quei suoi grandi occhi blu, quei suoi occhi
buoni e dolci. Non avrebbe mai conosciuto il sapore delle sue labbra,
né avvertito il calore del suo corpo. Non gli avrebbe mai detto
quanto profondamente fosse innamorata di lui.
Rihito sollevò la spada con entrambe la mani, impugnando
l’elsa e volgendo la punta verso il basso, pronto a trafiggere il
suo cuore.
******
Ranma sentì il proprio corpo farsi più leggero, come
privo di consistenza. Non sapeva come comportarsi né cosa fare e
rimase qualche secondo immobile, incerto. Cercò di aprire gli
occhi e scoprì di non poterlo fare per il momento. Provò
la sensazione più strana della sua vita. Gli sembrava di
galleggiare nel nulla, di non possedere affatto un corpo, di essere
fatto puro spirito.
E poi finalmente tornò a sentire.
******
Rihito si preparò a colpire.
-Addio, Akane Tendo. Sembra proprio che il tuo caro Ranma non si sia fatto vivo, alla fine.
Akane distolse lo sguardo dalla figura di Rihito e lo vide, appena
materializzato di fronte ai suoi occhi. Nuove lacrime, di gioia quella
volta, le solcarono le guance.
“Ranma… Ranma!”
Avrebbe voluto urlare la sua felicità nel vederlo lì,
corrergli incontro, abbracciarlo. Ma era ancora immobilizzata.
E proprio in quell’istante, Rihito affondò.
******
Ranma aprì gli occhi e lei era lì. Vide il suo sguardo
illuminarsi non appena aveva incontrato i suoi occhi e aveva realizzato
che era venuto a salvarla.
E poi capì. Si rese conto di cosa stava accadendo.
Troppo tardi.
Abbandonò il tanto sul pavimento, dimenticato, e corse imponendo alle proprie gambe uno sforzo sovrumano. Corse per raggiungerla. Per salvarla.
La spada di Rihito le trafisse il cuore.
Gli occhi di Akane si dilatarono, ma lei non urlò.
Continuò a guardarlo, mentre Ranma poteva scorgere la sofferenza
incisa in ogni lineamento del suo splendido volto.
Le lacrime gli bagnarono il viso senza che lui se ne rendesse conto,
mentre continuava a correre da lei pur sapendo che era tardi, pur
sapendo che aveva fallito.
“Non è vero… non è vero… non è vero… no!”
Akane sorrise appena continuando a guardarlo, sinceramente felice di
averlo rivisto un’ultima volta, come se non potesse desiderare
fine migliore di quella.
“Addio… Ranma…”
E poi qualcosa in quegli occhi si spense.
-NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
Sono pronta a ricevere minacce di
morte e so già che molti di voi vorranno sapere dove abito per
venire personalmente ad eliminarmi… non odiatemi!
Alla prossima! Un bacio a tutti!
Lavs
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