Il custode dell'Aldilà

di lavs684
(/viewuser.php?uid=32000)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il patto ***
Capitolo 2: *** Il racconto di Soun ***
Capitolo 3: *** Nel regno dei morti ***
Capitolo 4: *** Il piano ***
Capitolo 5: *** La soluzione ***
Capitolo 6: *** Verso il monte Tsukuba ***
Capitolo 7: *** Il tentativo di Akane ***
Capitolo 8: *** Kami no tanto ***
Capitolo 9: *** Battaglia all'ultimo sangue ***
Capitolo 10: *** Sacrificio ***
Capitolo 11: *** Proposta inaspettata ***
Capitolo 12: *** Rituale ***



Capitolo 1
*** Il patto ***


Il custode dellìAldilà cap. uno
Il custode dell’Aldilà



Capitolo I
Il patto

Il vento gelido spazzava via le foglie morte cadute dagli alberi. Il sole era tramontato da poco e i lampioni illuminavano le strade di una luce tremula.
Faceva insolitamente freddo quella sera a Nerima e tutti i suoi abitanti avevano deciso di rinchiudersi in casa a godere del calore delle stufe e dei condizionatori d’aria calda. Erano pochissime, ormai, le persone che ancora girovagavano per le strade. Chi non era ancora rientrato si affrettava a farlo.
Con l’approssimarsi dell’ora di cena il quartiere era già completamente deserto. Solo una figura si muoveva silenziosa, aggirandosi per le vie illuminate dalla pallida luce dei lampioni.
Una figura sinistra, avvolta in un mantello scuro da viaggio. Il cappuccio tirato sulla testa metteva in ombra il suo volto. Solo i suoi occhi erano ben visibili.
Occhi rossi come il sangue.

*****

A casa Tendo la famiglia al completo, a cui come sempre si erano uniti anche Ranma, Genma e Nodoka Saotome, sedeva intorno al tavolo della sala da pranzo, pronta a consumare la cena che la dolce Kasumi aveva preparato per loro.
Improvvisamente, Ranma sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Sussultò mentre una sensazione di panico assoluto l’aveva invaso, stringendogli lo stomaco in una morsa dolorosa.
Aveva un terribile presentimento.
Quando sentì la voce di Akane, capì che i suoi peggiori timori erano fondati.

-Ranma, guarda cosa ti ho preparato!

Akane avanzava pericolosamente reggendo in mano un piatto contenente una roba bruciacchiata e disgustosa non meglio identificata. Sorrideva minacciosamente all’indirizzo del povero ragazzo col codino che, senza nemmeno pensarci, si era alzato in piedi ed era scappato in giardino.

-E no! Stavolta non mi scappi!

Una padella lanciata da Akane con violenza inaudita colpì forte Ranma sulla testa, procurandogli un enorme bernoccolo e stendendolo. Ormai la fidanzata torreggiava sul povero malcapitato scrutandolo con aria torva, una mano sul fianco e l’altra che reggeva il piatto e glielo ficcava sotto il naso.
L’odore era ancora più nauseante dell’aspetto.
Ranma iniziò a piangere senza alcun ritegno, ancora a terra.

-Akane, ti prego…perché vuoi farmi questo?
-Niente storie! Ho passato ore in cucina a sgobbare sui fornelli. Che ti costa assaggiarne solo un pezzettino? Dai, fai aaaaaa!
-MAI!

Ranma riprese la sua folle corsa attorno al giardino, inseguito dalla fidanzata, ormai assolutamente furiosa, la cui aura blu fiammeggiante ardeva più brillante che mai.

-Ranma Saotome! Che razza di uomo sei? Vieni qui immediatamente!
-Scordatelo! Non mi faccio più avvelenare da te!

Dalla sua postazione al tavolo della sala da pranzo, Ryoga, nelle vesti del piccolo P-chan, assisteva alla scena, ancora più furibondo di Akane.
“Quell’idiota di Ranma…” pensava rabbioso, “ha la fortuna di poter assaggiare un piatto preparato dalle dolci mani di Akane e scappa come un vigliacco. Vorrei tanto che lei dedicasse a me tutte queste attenzioni. Io di certo le merito molto di più di quello stupido insensibile che non fa altro che farla arrabbiare o addirittura piangere. Ma tanto lui che ne sa? È troppo impegnato a fare la corte a quattro ragazze per accorgersi della sofferenza della dolce Akane. Sono io che spesso devo guardarla piangere senza poter fare nulla e cercare di consolarla sottoforma di P-chan. MALEDETTO IDIOTA, ME LA PAGHERAI!”

Con un sonoro grugnito, anche Ryoga partì all’inseguimento di Ranma per dare manforte ad Akane, la quale continuava ad inveire contro il fidanzato che la copriva di insulti.
Accecato dalla rabbia, Ryoga si avventò sul viso di Ranma, graffiando ogni centimetro di pelle scoperta che riusciva a raggiungere.

-E tu che diavolo vuoi, stupido suino senza alcun senso dell’orientamento?
-Ranma! Devi piantarla di offendere P-chan!
-Oink oink!

Intanto il resto della famiglia si godeva la cenetta senza prestare minimamente attenzione a ciò che stava accadendo in giardino.
Quelle erano scene all’ordine del giorno, in casa Tendo.
Kasumi stava servendo la terza porzione di riso al curry al signor Saotome, che divorava avidamente tutto quello che gli capitava a tiro, cena del figlio compresa, Nabiki assisteva divertita al litigio e Nodoka discuteva tranquillamente con Soun del futuro dei loro figli.
Ranma continuava a fuggire da Akane, che, disperata, aveva cominciato a lanciargli pezzi di quello strano cibo bruciacchiato nella vana speranza di centrare la bocca di Ranma. Inutile dire che non ottenne altro risultato, se non quello di sparpagliare il cibo per tutto il giardino. Ranma ormai rideva sguaiatamente e le faceva le boccacce. Akane, le braccia abbandonate lungo i fianchi, allentò la presa e il piatto che reggeva nella mano destra, ormai completamente vuoto, cadde sull’erba con un tonfo sordo. Lacrime di rabbia le sgorgavano libere dagli occhi. Ranma si fermò di botto e si avvicinò titubante ad Akane. Lei aveva abbassato il viso, gli occhi nascosti dai capelli scuri. Il ragazzo col codino avvicinò il suo volto a quello di lei.

-A…Akane…?

Lei non disse nulla. Alzò lo sguardo e il cuore di Ranma parve fermarsi. C’era qualcosa nello sguardo di Akane…qualcosa che faceva così male da impedirgli quasi di respirare. Era molto più di semplice rabbia. Sembrava odio allo stato puro. Fu questo a convincere Ranma a far qualcosa che generalmente non avrebbe mai nemmeno pensato di fare. Stava per aprire la bocca per scusarsi, quando una voce gelida lo interruppe.

-Davvero patetico!

Sia Ranma che Akane sussultarono per la sorpresa e Ryoga, che aveva ancora le sembianze d P-chan, iniziò ad emettere versi allarmati in direzione della voce. Per quanto sia Ranma che Akane strizzassero gli occhi per tentare di scorgere qualcuno nell’oscurità, non riuscirono a vedere nessuno, né a percepire alcuna presenza.
D’istinto, Ranma si posizionò di fronte alla fidanzata.

-Chi è là? Fatti vedere!

Dall’oscurità emerse la stessa figura incappucciata che si aggirava poco prima per le strade di Nerima.
Il bagliore sinistro dei suoi occhi di fuoco fece gelare il sangue nelle vene di Akane, che strinse forte il braccio del fidanzato, come in cerca di protezione.
Il ragazzo col codino osservava ogni mossa del nuovo arrivato, che si stava avvicinando a loro, uscendo dal suo nascondiglio tra gli alberi del giardino. Capì all’istante che non era affatto il caso di sottovalutare chi gli stava di fronte. Del resto, non era nemmeno riuscito a percepire la sua presenza per tutto quel tempo.

-Si può sapere chi diavolo sei?

Lo strano individuo ignorò la domanda e continuò a proseguire, superando un Ranma infuriato ed un’Akane tremendamente spaventata ed entrando in soggiorno.
Alla luce, i suoi occhi erano ancora più terrificanti.

-Ne è passato di tempo, vero Soun Tendo?

L’estraneo si sfilò il mantello da viaggio.
Una cascata di capelli d’argento liscissimi ricadde sulle sue spalle arrivando fino alle caviglie. I suoi lineamenti erano delicati, quasi femminei. Aveva sopracciglia fini e chiarissime, dello stesso colore dei capelli e dita affusolate che terminavano con lunghi artigli, all’apparenza letali. A giudicare dal suo viso, non sembrava avere più di vent’anni.
Indossava un lungo kimono bianco, bordato di rosso. Lo stesso rosso dei suoi occhi.
Osservava Soun con crudele divertimento, lo stesso di cui era intrisa la sua voce.
Il capofamiglia, dal canto suo, era impallidito e aveva preso a tremare visibilmente. Gli altri commensali osservavano attoniti la scena, posando lo sguardo ora su Soun, ora sullo sconosciuto.
Nessuno, però, proferiva parola.

-Ma come, nemmeno saluti i tuoi vecchi amici?

Soun non riusciva ad aprir bocca. Sudava freddo e continuava a fissare l’intruso, che sorrise ancor più malignamente osservandolo.
Akane e Ranma, intanto, si erano cautamente avvicinati, e la minore delle Tendo guardava il padre, senza capire cosa gli stesse succedendo. Non l’aveva mai visto in quello stato. Timidamente ritrovò la voce.

-Papà…chi è quest’uomo?

Per la prima volta dal suo arrivo, l’individuo dal kimono bianco posò lo sguardo sulla piccola Akane. La giovane scorse nei suoi occhi un guizzo di pura malvagità che non sfuggì nemmeno a Ranma, il quale prontamente strinse a sé la fidanzata e si rivolse allo sconosciuto con tono ancora più rabbioso. Non gli piaceva affatto il modo in cui la stava guardando.

-Allora? Ti ho chiesto chi sei! Sei sordo, forse?

Ancora una volta l’intruso parve non accorgersi nemmeno che Ranma avesse detto qualcosa. Tornò a rivolgersi a Soun senza nemmeno degnare di uno sguardo il ragazzo col codino, facendo come se non esistesse.
E Ranma si infuriò ancora di più. “Questo maledetto bastardo…lo rompo tutto…lo faccio a pezzi…ma come osa? Maledetto!”

-Ah, Soun. Vedo con mio immenso dispiacere che non hai parlato a nessuno del nostro piccolo incontro, avvenuto qualche tempo fa.

L’uomo deglutì sentendo quelle parole e posò lo sguardo su Akane, per poi abbassarlo verso il pavimento. Stringeva i pugni convulsamente, e sembrava non avesse il coraggio di parlare.
Tutti nella stanza osservavano Soun in attesa di spiegazioni che sembrava non sarebbero arrivate. Nessuno, però, pareva intenzionato ad intromettersi nella discussione tra il signor Tendo e l’uomo dai capelli d’argento, nemmeno l’indomita Nabiki, che assisteva silenziosa alla scena. Nella sua mente, un solo pensiero: “Ma che diavolo sta succedendo?”
Akane non riusciva a spiegarsi quella paura istintiva che le faceva martellare il cuore in petto. Sebbene non conoscesse quell’uomo, sentiva di essere lei la causa per cui si trovava lì. Ne aveva avuto quasi una certezza assoluta quando pochi secondi prima suo padre aveva posato lo sguardo su di lei.

-Già. Vedo che le tue figlie sono cresciute molto. Akane soprattutto, la ricordavo molto, molto diversa, vero? E adesso è diventata una così bella ragazza. Quanti anni ha? Quasi diciotto, giusto? Già.

Volse nuovamente lo sguardo verso Akane, mentre Ranma le si era parato davanti, assumendo una posa d’attacco, nel caso in cui fosse stato necessario combattere contro quel tipo e digrignando i denti per la rabbia. Aveva avvertito quella nota di bramosa perversione che aveva impresso alla sua voce. Come si permetteva quel bastardo anche soltanto di pronunciare il nome della sua fidanzata?
P-chan, intanto, rendendosi conto della gravità della situazione, era salito al piano di sopra, si era diretto in bagno e, con una certa difficoltà, aveva aperto il rubinetto dell’acqua calda e lasciato che il getto lo investisse, facendogli riacquistare le sue fattezze di ragazzo.
Da maiale non avrebbe potuto dare alcun aiuto.
Quando tornò nella sala da pranzo, la situazione era più tesa che mai e nessuno si accorse del suo arrivo.
Lo sconosciuto guardava Soun con freddo distacco, era quasi annoiato, mentre quest’ultimo trovava finalmente il coraggio di aprir bocca.

-Stai lontano da lei.

Un sorriso storto, crudele, deformò il volto dell’uomo dai capelli argentei, rendendo il suo viso delicato terrificante. La sua voce era un sibilo gelido che faceva venire la pelle d’oca.

-Lontano da lei? Ah bè, mi dispiace davvero deluderti ma non sei affatto in condizione di dettar legge, mio caro amico. Devo ricordarti il patto che abbiamo stretto dodici anni fa? Devo rinfrescarti la memoria, eh? Non credo che ce ne sia bisogno. Sono sicuro che mi aspetti da allora.

Ancora una volta, Soun Tendo ammutolì.
Ranma perse definitivamente la pazienza e, abbandonando ogni prudenza, si avventò sullo sconosciuto, afferrandolo per il kimono, ignorando i richiami di Akane e il suo tentativo di trattenerlo per un braccio.
Non gli avrebbe mai permesso di toccarla.

-Non so chi tu sia, né perché sia venuto qui, ma avvicinati ad Akane e ti ammazzo, è una promessa!
-Tsè! Commovente.

Per niente intimorito, lo sconosciuto volse finalmente lo sguardo su Ranma, abbozzando un mezzo sorriso crudele. Senza che l’intruso muovesse un muscolo, Ranma venne spinto via da una forza misteriosa che lo fece cadere rovinosamente sul pavimento.
Akane gli corse incontro per aiutarlo a rialzarsi.

-Moscerino. Stammi lontano se non vuoi farti male.
-Che cos’hai detto?

Liberandosi ancora una volta dalle braccia della fidanzata, che tentava di trattenerlo, Ranma si rialzò in piedi e caricò il destro, pronto ad avventarsi di nuovo sul suo avversario, ma la voce di Soun lo bloccò.

-No, Ranma. Non c’è nulla che tu possa fare.
-Sciocchezze, lo ridurrò in poltiglia!
-No. Stanne fuori.

Fu il suo tono fermo, unito alle suppliche di Akane, ormai praticamente in lacrime, a fargli recuperare l’autocontrollo. Continuò a scrutare torvo l’intruso, che ormai non lo degnava più di uno sguardo.
Intanto Ryoga, che aveva assistito alla scena allibito, si era avvicinato al ragazzo col codino.

-Non puoi batterlo nemmeno tu, Ranma. Quel tipo…ha qualcosa di strano. Non so, non sembra nemmeno…
-…umano.

Fu Ranma a completare la frase per lui.
Se ne era accorto. Aveva percepito distintamente qualcosa di ultraterreno nella sua aura e poi quella forza misteriosa che aveva emanato…
Questa volta erano in serio pericolo. Più serio di qualunque altro pericolo in cui si fossero mai trovati.
E Ranma temeva non per sé, ma per Akane. Non poteva rischiare che le succedesse qualcosa. Non di nuovo.
L’avrebbe protetta a qualsiasi costo.
Dopo alcuni istanti di silenzio, il signor Tendo riprese la parola.

-Sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato. Lo aspetto da dodici anni. È arrivato il momento della resa dei conti, alla fine. Del resto, era inevitabile. Allora, qual è il prezzo?
-Il prezzo? Niente di che. Soltanto Akane.

Il signor Tendo sgranò gli occhi per la sorpresa, poi una cieca furia si impadronì di lui mentre, ancora una volta, lo sconosciuto sorrideva beffardo.
Sembrava oltremodo divertito da quella situazione.
Quando Soun Tendo riprese la parola, la sua voce tremava di rabbia.

-Akane? Impossibile, avevi promesso che sarebbe stata salva. Ora non puoi portartela via.
-Ah, temo proprio che ci sia un errore. Io ho detto che quella volta l’avrei salvata. E l’ho fatto. Adesso, invece, la porto via.
-Tu non la porti da nessuna parte, maledetto bastardo!

Ranma, seguito da Ryoga stava per avventarsi nuovamente sullo sconosciuto, che continuando a mantenere lo sguardo fisso sul signor Tendo, con un gesto svogliato della mano li mandò a schiantarsi contro una parete. Entrambi i ragazzi persero conoscenza sul colpo.
A quel punto l’intruso, si avvicinò ad Akane, che si stava precipitando a raggiungere Ranma. Quando però l’uomo incombeva ormai su di lei, si fermò, paralizzata dal terrore.

-Già, tu sei esattamente quello di cui ho bisogno.
-No…non ti avvicinare!

Akane tentava di arretrare, ma sembrava che le sue gambe non volessero funzionare adeguatamente e non volessero permetterle di scappare. Così rimase lì, inerte, finchè l’uomo dal kimono bianco non le si parò davanti. Quest’ultimo con due dita premette un punto alla base del collo della ragazza che cadde tra le sue braccia, svenuta.
Prima di perdere i sensi riuscì soltanto a pronunciare una parola, in un sussurro.

-Ran…ma.

A quel punto, sia Soun che Genma si stavano avvicinando allo sconosciuto, pronti ad attaccarlo e a tentare di portare in salvo Akane. In realtà, sapevano che era perfettamente inutile. Se nemmeno Ranma e Ryoga erano riusciti ad avvicinarsi a lui, le loro speranze erano assolutamente nulle. Ma erano pur sempre i fondatori di due illustrissime scuole di arti marziali e non potevano tirarsi indietro di fronte ad una sfida. Soprattutto non quando c’era così tanto in gioco.

-Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ma risparmia la mia bambina.
-Che buffo. Questa frase mi sembra di averla già sentita.

E mentre una risata crudele riempiva la stanza, l’uomo misterioso scomparve, tenendo tra le braccia il corpo di un’Akane priva di sensi.
Ranma riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere la sua fidanzata sparire.

-AKANE!

Era troppo tardi. L’aveva portata via. Akane era sparita sotto il suo naso mentre lui era svenuto come un’idiota. Quel maledetto bastardo l’aveva portata chissà dove…e chissà cosa le avrebbe fatto.
“Non sono riuscito a proteggerla.”

Soun Tendo si era accasciato a terra, piangendo disperatamente, mentre Nabiki continuava a fissare il punto in cui la sorella era sparita. Sembrava sotto shock.
Kasumi stava abbracciando suo padre, nel tentativo di consolarlo, ma piangeva anche lei.
I signori Saotome erano immobili, incapaci di credere a ciò che i loro occhi avevano appena visto. Nel frattempo anche Ryoga aveva ripreso i sensi e si era avvicinato a Ranma.

-Ranma…Akane…l’ha portata via?

La risposta era chiaramente visibile negli occhi del ragazzo col codino. Lo sguardo di Ranma, di solito così vivace e strafottente era…spento. Continuava a guardare Ryoga come se in realtà non lo vedesse e ripeteva continuamente la stessa frase:

-Non sono riuscito a proteggerla. Di nuovo.

Lacrime amare presero a scorrere sul suo volto.
Il ricordo di Jusenkyo, del corpo di Akane freddo come il ghiaccio stretto al suo, riprese a tormentarlo. Aveva permesso ancora una volta che la sua fidanzata fosse messa in pericolo. Non era riuscito a salvarla, di nuovo. E aveva la sensazione che quella volta le cose non si sarebbero risolte tanto facilmente. Che cosa poteva fare?
Ryoga prese Ranma per le spalle e lo scosse forte, per tentare di farlo tornare in sé.

-Ranma, ascolta. La ritroveremo, capito?

Ranma si accasciò a terra e con un pugno colpì il pavimento, per scaricare la sua ira.

-MALEDIZIONE!!!

Ripensò amaramente agli ultimi istanti prima dell’arrivo dell’uomo dal kimono bianco, e inorridì al pensiero che l’ultima cosa che aveva detto ad Akane prima che fosse rapita era che non voleva farsi avvelenare da lei. Le ultime parole che le aveva rivolto, erano offese. E l’ultima volta che Ranma aveva guardato i suoi occhi, gli era sembrato di scorgervi odio. Quei pensieri facevano ancora più male. Non aveva neanche potuto chiederle scusa.
Mentre le lacrime continuavano a rigargli il volto, si rivolse a Soun, in cerca di spiegazioni. Perché gli aveva permesso di portare via Akane? Come avrebbero fatto a ritrovarla, adesso?

-Tendo, chi diavolo era quell’uomo?

Soun smise di singhiozzare e si sciolse dall’abbraccio protettivo di Kasumi. Si alzò incerto sulle gambe e, col viso rivoto verso il basso e i pugni serrati, rispose alla domanda.

-Quello, Ranma, era il custode dell’Aldilà.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il racconto di Soun ***


Il racconto di Soun Eccomi qui con il secondo capitolo! Ringrazio tutti coloro che hanno commentato e spero che lo faranno anche questa volta! Un grazie speciale al mio fratellino, mia grandissima fonte di ispirazione!
Buona lettura…

Lavs


Capitolo II
Il racconto di Soun

-Cos…? Il custode dell’Aldilà?
-Papà, ma che diavolo stai dicendo?

Era stata Nabiki a parlare. L’urgenza di capire che diavolo stesse succedendo e di trovare un modo per recuperare sua sorella l’aveva fatta tornare in sé. Si era lasciata andare. Imperdonabile. Lei che si manteneva sempre fredda e distaccata, lei che manteneva sempre il controllo della situazione, aveva perso la testa. Si ripromise che una cosa del genere non sarebbe mai più accaduta.
Si avvicinò al padre e lo guardò come se fosse impazzito. Sembrava che la sua mente così pragmatica non fosse in grado di credere all’esistenza di un’entità del genere.

-Hai sentito bene. Per quanto incredibile possa sembrare…
-Andiamo, pap…
-Che vuole da Akane?

Ranma interruppe bruscamente Nabiki, guadagnandosi un’occhiata furente da parte di quest’ultima, ma non se ne preoccupò. Non era affatto tempo di stare a sentire le dissertazioni scettiche della Regina di Ghiaccio. Tutto quello che gli importava, in quel momento, era tentare di capire cosa volesse fare quel tipo ad Akane e trovare un modo per strapparla alle sue grinfie.
Il signor Tendo fece un respiro profondo, tremulo. Sembrava infinitamente stanco.

-Non ne ho idea.
-Ma…che cosa ha a che fare con lei? Come fa a conoscerla? E a conoscere le sue figlie?
-Il nostro incontro risale a dodici anni fa. Quello fu un periodo molto difficile per la famiglia Tendo. Mia moglie…lei se ne era andata da pochissimo tempo e il dolore per la sua scomparsa era difficilissimo da affrontare per tutti noi. Akane, che era la più piccola, ne fu sopraffatta e si ammalò gravemente. La portammo da decine e decine di medici, ma nessuno sembrava in grado di capire che cosa avesse. Ogni giorno era sempre peggio. Aveva la febbre alta…delirava…piangeva continuamente invocando il nome di sua madre. Finché un giorno…entrò in coma. I medici le davano pochissime speranze di vita e io non sapevo più che cosa fare…

A quel punto, Soun fece una pausa mentre le lacrime riprendevano a scorrere sul suo viso. Kasumi si avvicinò nuovamente al padre stringendolo a sé, tentando di conferirgli la forza di continuare.
Ranma registrò incredulo quelle nuove informazioni…e così già da piccola Akane era stata in pericolo di vita…e lui non ne sapeva nulla. Quante cose del suo passato non conosceva?
Il dolore per la scomparsa della fidanzata parve raddoppiarsi. Sentiva il cuore scoppiargli in petto. Era da due anni, ormai, che viveva in casa Tendo. Pensava di sapere tutto di tutti e di conoscere Akane alla perfezione. Solo ora capiva invece quanto poco sapesse di lei. Avevano sprecato tanto di quel tempo a litigare per delle sciocchezze…tempo che lui avrebbe potuto usare per chiederle ad esempio di sua madre, o della sua infanzia…erano stati così stupidi…e adesso…
Ranma si costrinse ad allontanare quei pensieri della mente. Non era il momento di lasciarsi andare. Doveva essere concentrato per tentare di trovare una soluzione. Per cercare innanzitutto di capire dove fosse finita Akane. Aveva bisogno di sapere che stava bene, di trovarla e di riportarla a casa. Di riaverla al suo fianco. Aveva bisogno di lei.
Pur riluttante, esortò il signor Tendo a continuare.

-Mi dispiace tanto…è tutta colpa mia. Vedi…volevo assolutamente trovare un modo di salvare la mia bambina…così mi rivolsi ad una fattucchiera di cui avevo sentito molto parlare, anche se non era affatto sicuro che fosse una persona affidabile. Ero davvero disperato. Lei mi disse che c’era un modo…mi avvertì che era molto rischioso, ma se volevo salvare Akane non c’era altro da fare. Mi disse che esisteva un rituale mediante il quale era possibile richiamare sulla terra Rihito, il custode dell’Aldilà e chiedergli di risparmiare la vita della mia piccola. Mi disse anche che nessuno a memoria d’uomo era mai ricorso ad un simile mezzo e che non sapeva quali potessero essere le conseguenze. La cosa non mi importava…sarei stato disposto a dare la mia vita per Akane.…

Quelle parole, riportarono Ranma indietro nel tempo. Anche Ryoga aveva detto una frase molto simile, quando stavano per affrontare Orochi, a Ryugenzawa.
Sarò felice di morire per lei.
Sembrava passata un’eternità da quel giorno e il ricordo di Akane che rischiava di essere divorata da quel mostro pur di salvargli la vita, gli fece male al cuore. “Akane…”
Doveva trovarla al più presto…

-…così decidemmo di procedere col rituale. Ci vollero delle ore, ma alla fine, con mia sorpresa, il custode dell’Aldilà si materializzò davvero. Dubitavo che avrebbe accolto la mia richiesta, ma gli dissi ugualmente che volevo che salvasse Akane. E, incredibilmente, acconsentì. Mi disse però che se mai un giorno avesse avuto bisogno di qualcosa, io avrei dovuto fare ciò che chiedeva. Mi disse di aspettarlo. Speravo di non rivederlo mai più. Del resto cosa poteva volere un demone da me? Ero terrorizzato, ma quando tornando in ospedale ho visto che Akane era uscita dal coma e si era pressoché ristabilita…i medici parlavano di miracoli, dicevano che per Akane non c’erano speranze. Ero così felici da permettermi il lusso di allontanare il pensiero del patto fatto col custode dell’Aldilà. Mi ero ripromesso che un giorno, quando voi foste state più grandi, ve ne avrei parlato, figlie mie. Ma poi…non volevo che anche voi foste costrette a vivere ogni giorno con questo peso nel cuore. Mi dispiace tanto…sono davvero un pessimo padre…

-Ma no papà! Cosa dici?

Gli occhi di Kasumi erano colmi di lacrime non versate. Sapere che il padre si era sobbarcato da solo un così grande fardello per tutte quel tempo la faceva star male. Si era abituata a dividere con lui sia gioie che dolori, risparmiando molti di questi ultimi alle sorelle minori, per quanto potesse. Era diventata una madre, più che una sorella, per loro. E accettava questa responsabilità con gioia, felice che suo padre avesse qualcuno con cui poter parlare di qualunque cosa. Non aveva idea che lui nascondesse qualcosa anche a lei. Soprattutto non una cosa del genere. Per la prima volta dopo moltissimo tempo, si sentì poco più di una bambina, lei che era dovuta crescere tanto in fretta. E capì appieno quanto il loro papà le amasse.
Genma Saotome, che per tutto quel tempo si era tenuto in disparte insieme alla moglie, si avvicinò mesto all’amico, mettendogli una mano sulla spalla.

-Amico Tendo, hai fatto quello che avrebbe fatto chiunque.
-No! È tutta colpa mia! La mia piccola Akane!
-No, amico mio, chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo stesso, io per primo. Non devi fare così, la tua unica colpa è quella di amare le tue figlie.
-Ti sbagli Saotome, avrei dovuto immaginarlo, avrei dovuto prevedere e tentare un’altra strada. Oh Akane! La mia bambina! È tutta colpa mia!
-Papà non fare così, non hai nessuna colpa! Non piangere papà! Ti prego, non fare così…
-Kasumi, figlia mia, mi dispiace di aver tenuto nascosto tutto anche a te. Non volevo che ti sentissi come mi sono sentito io per tutto questo tempo…mi spiace di averti tenuto all’oscuro, potrai mai perdonarmi?
-Ma certo papà, non devi preoccuparti di questo!
-Sono un pessimo padre! È tutta colpa mia! Akane, piccola mia, mi dispiace così tanto!
-No signor Tendo, la colpa non è affatto sua. La colpa di quanto è successo…

Ranma abbassò il viso verso il basso. Nessuno poteva più vedere i suoi occhi. Strinse i pugni convulsamente, tanto da farsi male, ma ignorò il dolore.

-...è solo mia. Non sono stato in grado di proteggerla.
-Figliolo…
-Bene! Adesso che tutti si sono addossati a turno le colpe…

Nabiki interruppe quell’assurda discussione e a quelle parole vide Ranma guardarla con profondo disgusto. Sapeva che qualcuno, però, doveva prendere in mano le redini della situazione. Freddezza e mano ferma. Affrontare ogni situazione con determinazione e decisione. Era questa l’unica cosa da fare. E Nabiki lo sapeva bene. Non per niente lei era la Regina di Ghiaccio.

-…credo che potremmo pensare a cose più serie. Per esempio a come riportare qui mia sorella.

Sebbene la sua espressione fosse impassibile, Ranma notò nella voce di Nabiki una nota appena percettibile di ansia, ma anche di stizza. Del resto aveva ragione. Stavano perdendo tempo inutile a discutere su chi fosse più responsabile per la scomparsa di Akane. I minuti passavano e lei era intrappolata chissà dove. E chissà cosa le stava succedendo. Con uno sforzo immane, Ranma tentò di allontanare dalla mente l’immagine di Akane e le sue supposizioni riguardo a ciò che poteva stare patendo proprio mentre loro parlavano e si concentrò nuovamente su Nabiki.

-Cosa dici di fare?
-Innanzitutto, papà quando quella fattucchiera ti ha parlato di questo Rihito ti ha dato qualche indizio che potrebbe farci capire dov’è Akane e perché l’ha rapita? Ti ha parlato di qualche particolare che non ci hai detto? Cerca di ricordare.
-No, non mi pare…sinceramente non le ho chiesto molto di lui. Mi ha detto soltanto che era un youkai posto a guardia delle anime dei morti. Poi abbiamo parlato solamente del modo in cui potevamo contattarlo e della possibilità di chiedergli di guarire Akane. Nient’altro.

Nabiki chiuse gli occhi ed inspirò profondamente nel tentativo di placare l’ira che minacciava di investirla. Era incredibile la mancanza di buon senso di suo padre. Come diavolo aveva potuto non farsi raccontare ogni particolare sul conto di quel tipo, prima di chiedergli una cosa del genere? Evidentemente lei, Nabiki, non somigliava a suo padre proprio per niente. Immaginò che lui fosse stato davvero al colmo della disperazione e si sforzò di capirlo.
Una volta riaperti gli occhi, Nabiki si concentrò per cercare di trovare una pista alternativa. Che cosa potevano fare?
Incrociò le braccia al petto e tentò di riflettere, scacciando le immagini di un’Akane torturata ogni volta che minacciavano di invadere la sua mente.

-Questa donna, questa fattucchiera…dove possiamo trovarla?

Soun Tendo scosse la testa, depresso.

-Non ne ho idea. Dopo che Akane uscì dal coma e si riprese, provai a tornare da lei per dirle che la mia bambina era guarita e ringraziarla dell’aiuto che mi aveva dato. Ma non la trovai. Era sparita senza lasciare traccia.
-Bè, potrebbe essere ovunque, per quel che ne sappiamo. Potrebbe anche essere morta. Dobbiamo trovare un’altra soluzione, allora.

Nabiki cercò un piano alternativo. Nessuno osò parlare per paura di disturbare la sua concentrazione, nemmeno Ranma, che però era visibilmente frustrato da quella situazione. La mancanza di azione e di iniziative valide era per lui insopportabile.
Dal canto suo Nabiki continuava a lambiccarsi il cervello. “Ci deve essere una soluzione, C’è sempre una soluzione”, continuava a ripetersi. La sua mente non era però del tutto lucida. Il pensiero della sua sorellina minore faceva capolino di tanto in tanto, provocandole dolorose fitte al cuore.
Nulla di tutto ciò, tuttavia, traspariva dalla sua espressione. La fredda maschera di Nabiki Tendo era al suo posto, intatta come sempre.
All’improvviso, quella che pareva l’unica soluzione possibile si delineò con chiarezza nella mente della seconda delle sorelle Tendo, stupita di non averci pensato prima.

-Credo che a questo punto l’unica cosa da fare sia dirigerci al Nekohanten e parlare con la vecchia Obaba. In trecento anni di vita ne ha viste di cose. È possibile, anzi probabile, che conosca la storia di Rihito e che sappia aiutarci in qualche modo.

Tutti annuirono in assenso.
Il cuore di Ranma si aprì ad una nuova speranza. Forse non tutto era perduto. Forse c’era ancora una possibilità che Akane tornasse sana e salva. Forse…poteva ancora riaverla al suo fianco. Era incredibile quanto lei gli mancasse. Si sentì uno stupido. Stava rischiando di perderla per sempre. Di nuovo. E ancora una volta non era riuscito ad essere sincero con lei e ad aprirle il suo cuore.
Finalmente, prese la parola.

-Che cosa stiamo aspettando? Andiamo!
-Credo che prima sarebbe meglio chiamare il dottor Tofu.
-E perché mai? Io sto benissimo!
-Non per te, Ranma. In molti casi si è rivelato utile anche lui. Chissà, magari potrà fornirci informazioni valide ed aiutarci ad elaborare una strategia.
-Bene, allora tu chiama il dottore, io vado al Nekohanten e porto qui la vecchia.

Prima ancora che Nabiki potesse rispondere, Ranma si precipitò fuori da casa Tendo e iniziò a saltare da un tetto all’altro in direzione del Nekohanten. Pregava con ogni fibra del suo corpo che quella vecchiaccia malefica avesse una soluzione. “Devo essere fiducioso!” si disse. In realtà le sue viscere si contorcevano per la paura di non rivedere mai più Akane.

-Ranma! Vuoi andare più piano? Aspettami!
-Se non riesci a stare al mio passo torna indietro, Ryoga!

Quel demente di un suino disperso aveva forse intenzione di fargli perdere tempo? Non avrebbe rallentato nemmeno se ne fosse andato della sua vita.
Dopo un paio di minuti, Ryoga perse Ranma di vista. Senza sapere più dove andare, prese la direzione suggeritagli dal suo istinto. Si ritrovò a vagare per una decina di minuti, andando di tetto in tetto e accorgendosi che per tre volte aveva preso la stessa direzione sbagliata. Sconfortato e senza più alcuna speranza di raggiungere Ranma, scese in strada, nel tentativo ei trovare un punto di riferimento in base al quale orientarsi. Sapeva che era tutta fatica inutile, ma non gli rimaneva nient’altro da fare.
Con suo immenso sollievo, capì di trovarsi proprio di fronte al locale di Ukyo, che stava chiudendo. Si precipitò dentro e scorse la cuoca di okonomiyaki dietro al bancone, intenta a rimettere gli ingredienti al suo posto.

-Ukyo!

Ucchan si voltò all’indirizzo della voce di Ryoga con un sorriso, che si spense immediatamente quando si trovò faccia a faccia col ragazzo. Studiò il suo volto e vi riconobbe occhi gonfi ed arrossati, segno inequivocabile di chi aveva appena smesso di piangere.

-Ryoga…stai bene?
-Non c’è tempo di spiegare adesso! Per favore Ukyo, aiutami! Devo tornare a casa di Akane ma non so davvero come fare!

Allarmata dalla nota d’urgenza nella voce del ragazzo con la bandana, Ukyo gettò alla rinfusa le bottiglie e le scatole che ancora teneva tra le braccia sul bancone e, dopo aver spento le luci e chiuso frettolosamente il locale, aveva iniziato una corsa a perdifiato con Ryoga alle calcagna in direzione del dojo Tendo.

*****

Dopo dieci minuti di corsa sfrenata Ranma giunse finalmente al Nekohanten, con i muscoli delle gambe che minacciavano di scoppiare a causa dello sforzo cui erano appena stati sottoposti. Incurante della stanchezza, Ranma bussò con decisione alla porta del ristorante. Le luci erano spente, segno che i proprietari erano già andati a dormire. La cosa non gli importava affatto.
Dopo quasi un minuto di attesa, durante il quale il ragazzo col codino continuò a bussare con sempre maggiore insistenza ed irritazione e ad urlare alla vecchia di venire ad aprire, finalmente una luce si accese.
Ranma udì la voce di Shampoo dall’altra parte dell’uscio, che armeggiava con il mazzo di chiavi per aprire e farlo entrare.

-Oh Lanma sei venuto qui a quest’ora solo per stare con me, vero? Come sei dol…

L’amazzone si fermò di botto non appena si trovò di fronte al ragazzo. Notò in lui esattamente le stesse cose che Ukyo aveva notato in Ryoga ed ebbe la stessa reazione della cuoca di okonomiyaki.

-Lanma…va tutto bene?
-Devo vedere la vecchia! VECCHIA! VIENI QUI! DEVO PARLARTI!
-Ma chi è che fa tutto questo baccano? Shampoo va tutto bene?

Era la voce di Mousse che scendeva le scale, preoccupato che fosse successo qualcosa a Shampoo. Quando si trovò faccia a faccia niente meno che con Ranma, la sua espressione ansiosa si trasformò in una maschera di rabbia.

-Ranma Saotome, che diavolo ci fai qui? Sei venuto a chiedere a Shampoo di uscire con te, non è vero?
-Stai zitto Mousse, non ho tempo da perdere con te! VECCHIACCIA, TI DECIDI A SCENDERE?

Finalmente l’anziana amazzone fece la sua comparsa, saltellando in equilibrio sul solito, nodoso bastone. Si sorprese di vedere Ranma nel suo ristorante,a quell’ora tarda.

-Futuro marito, cosa ci fai tu qui?
-Devi venire con me a casa Tendo!
-A casa Tendo? E per quale motivo?
-Vieni e basta, non ho tempo di spiegare!
-D’accordo. Shampoo, bada al locale in mia assenza.
-No, vengo anch’io! Mousse, non fare pasticci nel frattempo!
-Shampoo, no! Aspettami!

Il ragazzo cinese chiuse la porta del locale e si lanciò all’inseguimento della sua amata, senza avere la più pallida idea di quello che stava succedendo. In testa alla fila, intanto, Cologne interrogava Ranma sul motivo del suo strano comportamento. Il ragazzo ci mise qualche secondo a rispondere, mentre continuava a guardare dritto davanti a sé e a correre più veloce di quanto non avesse mai fatto in vita sua.

-Si tratta di Akane. È stata rapita.
-Rapita dici?
-Si. Da un certo Rihito, il custode dell’Aldilà.

La vecchia Cologne strabuzzò gli occhi, incredula. Se la fanciulla Tendo era stata davvero rapita da quel malvagio youkai, c’erano davvero poche speranze di riuscire a salvarla. Non lo disse a Ranma, che, però, parve in qualche modo interpretare la sua espressione.

-Tu sai chi è, non è vero?
-Si. E credo che questa volta ci troviamo in guai seri.
-Che intendi dire?
-Credo sia meglio parlarne arrivati a destinazione. Chi lo ha evocato?
-Soun Tendo, per salvare Akane che si era ammalata gravemente da bambina.
-Capisco.
-Vecchia, che diavolo sta succedendo?
-Non ne ho idea. Posso solo fare delle supposizioni. Ne parlerò a tutti quando arriveremo.

Pur estremamente frustrato, Ranma assentì e continuò la sua folle corsa verso casa. Mentre il volto di Akane occupava interamente la sua mente.
“Ti salverò, te lo prometto Akane. Tornerai a casa sana e salva. Resisti, ti prego.”

*****

Quando Ryoga e Ucchan arrivarono a casa Tendo, Ranma non era ancora tornato. Incontrarono invece il dottor Tofu, che reggeva in ogni mano una busta enorme contenente non meno di venti grossi volumi.

-Ragazzi, ma che accidenti succede? Mi ha telefonato Kasumi praticamente in lacrime e mi ha detto di portare tutti i libri che avevo che potessero dare informazioni sul custode dell’Aldilà.
-Dottore, vede…Akane è stata rapita. Dal custode dell’Aldilà.
-COSA?

Fu l’esclamazione sia del dottor Tofu che di Ukyo, cui Ryoga non aveva ancora spiegato il motivo di tanta agitazione. Mentre Ryoga dimezzava il carico del dottor Tofu, prendendo una delle enormi e pesantissime buste, e i tre entravano in casa Tendo, Ryoga si lanciò nel racconto dettagliato di tutto ciò che era accaduto quella sera, dall’arrivo di Rihito al racconto del signor Tendo, tralasciando però il fatto che lui era lì sottoforma di P-chan.
Quando finì Ucchan si portò le mani alla bocca, orripilata e il dottor Tofu scosse la testa dicendo:

-Povera piccola Akane.
-Oh mio dio, è terribile. E Ranchan…lui dov’è?
-È andato a cercare Obaba. Lei ne saprà sicuramente qualcosa.
-Ottima idea.

Entrati in casa, trovarono Kasumi che serviva il tè ai signori Saotome e a suo padre, che sembrava aver versato tutte le lacrime di cui era capace e adesso fissava dritto davanti a sé, come se il dolore che provava fosse così forte da isolarlo dal resto del mondo. Non si accorse nemmeno dell’arrivo di Ryoga, Ukyo e del dottor Tofu.

-Ukyo, dottor Tofu, ben arrivati! Accomodatevi, vi servo un po’ di tè.
-Grazie Kasumi.
-Molto gentile Kasumi.

Con sua immensa sorpresa, in quell’occasione Tofu Ono si mantenne perfettamente lucido pur trovandosi di fronte la sua dolce Kasumi. Forse si era reso conto che la gravità della situazione imponeva che lui si comportasse da adulto responsabile.
Quando Nabiki entrò in soggiorno e vide che sebbene il dottor Tofu fosse arrivato e avesse visto Kasumi, si stava comportando in maniera del tutto normale, prese nota mentalmente del fatto che, per fortuna, era inutile inventare continue scuse per tenere la sorella maggiore lontano da loro. “Molto bene, un problema in meno.” si disse.
Proprio in quel momento fece il suo ingresso Ranma, accompagnato da Cologne, Shampoo e Mousse.
Anche i nuovi arrivati presero posto attorno al tavolo, mentre Kasumi serviva loro il tè. A quel punto Cologne parlò, costringendo Soun Tendo a prestare attenzione e ad uscire da quello strano stato di trance in cui sembrava essere piombato.

-Bè. La situazione è ben più grave di quanto possiate immaginare, a mio parere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Nel regno dei morti ***


Cap.3 Nel Regno dei Morti Eccomi qui! Il terzo capitolo…chi l’avrebbe mai detto? È la prima volta che scrivo una fanfiction a capitoli. In passato mi sono sempre limitata a qualche one shot. Inutile dirvi quanto quindi mi riempiano di gioia i vostri commenti! Confesso di aver temuto di non essere all’altezza del compito, ma le vostre recensioni mi danno la carica per continuare a scrivere! Spero solo di non deludervi! Un grazie anche a chi legge questa storia e la apprezza senza però lasciare alcuna traccia del suo passaggio…forse mi sto dilungando troppo! Vi lascio al capitolo…buona lettura!

Lavs

Capitolo III
Nel Regno dei Morti

Correva ma non riusciva a sentire il rumore dei propri passi sul pavimento. Correva a perdifiato senza sapere dove andare. Intorno a lei il nulla. Soltanto una coltre di oscurità opprimente. Il cuore le martellava in petto per la paura. Ma doveva soltanto raggiungerlo e poi sarebbe andato tutto bene.

Akane…
Akane, dove sei?

-Ranma…? Ma che succede?

Continuava a correre, sentiva la voce di Ranma affievolirsi, allontanarsi…e correva di più nel tentativo di raggiungerlo prima che sparisse del tutto. Ma di lui nemmeno l’ombra.

Akane…

-Ranma…dove sei? Ho paura…Ranma…non riesco a vederti! Aiutami!
Ranma!

Akane riaprì gli occhi lentamente. Avvertiva un acuto dolore alla testa e uno strano torpore aveva preso possesso del suo corpo. Si guardò intorno spaesata e si chiese dove si trovasse e cosa facesse in quel luogo sconosciuto…l’ultima cosa che ricordava era di essere nel giardino di casa sua a litigare con Ranma e a lanciargli pezzetti di cibo, mentre lui scappava e rideva di lei. Poi lui l’aveva fatta piangere…e poi…
E poi…
Akane si drizzò a sedere. Era buio e non riusciva a distinguere nulla intorno a lei. Aveva freddo. Tremava da capo a piedi. Si strinse le braccia intorno al corpo e se le sfregò con le mani, nel tentativo di scaldarsi. Inutile.
Era presa dal panico. Non capiva dove potesse trovarsi né perché non fosse a casa sua con la sua famiglia. Si prese la testa fra le mani, il dolore minacciava di farle perdere i sensi.
Con la paura nella voce, chiamò incerta il suo fidanzato per nome.

-Ranma…?

Nessuna risposta. Ranma non doveva essere lì. Non avrebbe mai ignorato il suo richiamo terrorizzato. Cercò di alzarsi in piedi, ma le gambe tremanti non riuscirono a sorreggere il suo peso, così cadde sulle ginocchia. Lentamente i suoi occhi si stavano abituando all’oscurità. Ora riusciva a distinguere i contorni di pareti rocciose attorno a lei. Doveva trovarsi in una sorta di caverna.
“Ma che mi è successo? Dove diavolo sono andata a finire?”
Ad un tratto, la caverna fu rischiarata dalla luce di una decina di torce disposte attorno alle pareti dell’antro. “Ma chi diavolo le ha accese?”

-Ti sei svegliata, alla fine.

Quando Akane gettò uno sguardo all’entrata della caverna in direzione di quella voce, il suo cuore parve fermarsi. Sgranò gli occhi. L’uomo dal kimono bianco la stava fissando con quei suoi occhi di fuoco, un ghigno crudele rendeva terrificante quel volto altrimenti molto bello. Improvvisamente, nella mente di Akane tutto tornò al suo posto.
L’irruzione improvvisa di quell’uomo in casa sua, l’assurda conversazione che questi aveva avuto con suo padre, il terrore dipinto sul volto di Soun Tendo, un terrore che lei non aveva mai scorto in lui in quasi diciotto anni di vita…e Ranma…Ranma che cercava di proteggerla con tutto se stesso…Ranma che attaccava quell’uomo misterioso, Ranma che veniva spinto via, Ranma che perdeva i sensi…
Si era ripreso?

-Dov’è Ranma? Come sta?
-Ranma? Non sai dove ti trovi, né chi io sia e il tuo primo pensiero va a quello stolto essere umano? Sei davvero una sciocca ragazza. Voi uomini, che mettete al primo posto i vostri inutili sentimenti, non credo che riuscirò mai a capirvi.
-Voi…voi uomini? Cosa vuol dire?
-Semplicemente che mi pregio di non appartenere all’infima razza umana.
-Non sei…umano?
-No.
-E allora…?
-Sono uno youkai.

Akane capì di aver avuto ragione da vendere ad avere istintivamente una gran paura di quel tipo sin dal primo momento. Se era davvero un demone, era nei guai. Guai molto grossi. E quella volta non c’era nemmeno Ranma a proteggerla.
“Ranma…aiutami…”
Akane si ritrovò a ripetere allo youkai la stessa domanda. Aveva bisogno di conoscere la risposta.

-Come sta Ranma?

Dopo un attimo di silenzio, che ad Akane parve molto di più, in cui il demone scrutò Akane come se volesse leggerle fin dentro l’anima, finalmente giunse la risposta alla sua domanda.

-Non è in pericolo di vita. Non avevo voglia di sporcarmi le mani con un combattente di infimo livello come lui. In ogni caso non credi che dovresti essere più preoccupata della tua sorte, invece che di quella dello sciocco umano chiamato Ranma?
-Chi sei tu? Che cosa diavolo vuoi da me?

Il demone non si diede la pena di dare ad Akane alcun tipo di spiegazione. Cominciava ad infastidirsi per l’insolenza di quella sciocca umana. Evidentemente non sapeva con chi aveva a che fare. Gliel’avrebbe fatto capire presto.

-Rispondi alla mia domanda!
-Cos’è, un ordine forse? Credo sia meglio che ti lasci qui ancora un poco, così imparerai a rivolgerti a me come si conviene. E per essere sicuro che non ti venga in mente di tentare di fuggire, non che tu abbia qualche speranza di farcela…

Mentre scoccava uno sguardo malevolo ad Akane, schioccò le dita e dal nulla comparvero delle spesse funi che si strinsero attorno al corpo inerme della minore delle Tendo, imprigionandole braccia e caviglie e costringendola sul freddo pavimento di roccia. Il tutto successe così rapidamente che non ebbe nemmeno il tempo di pensare di reagire e non potè fare nulla per impedirlo.
Con un ghigno divertito lo youkai le voltò le spalle.
Quella ragazzina era irritante. Doveva allontanarsi da lei immediatamente o correva il rischio di eliminarla prematuramente. Non poteva permettersi di mandare a rotoli il suo piano per un mero impulso, per quanto forte potesse essere. Quella donna era la chiave. Doveva solo capire come usarla. Ma a questo avrebbe pensato più tardi. Per il momento l’avrebbe lasciata lì ancora per qualche ora. Di certo l’avrebbe ritrovata docile come un agnellino.
Akane intanto si agitava per tentare di liberarsi.

-Toglimi subito questi affari, maledetto!
-In questo modo non potrai aggirarti per il mio regno. Non ho alcuna voglia di ripescare il tuo cadavere da qualche parte.
-Liberami ti ho detto!
-Tornerò presto.

Mentre pronunciava queste parole, lo youkai uscì dalla caverna, lasciando Akane completamente sola con le sue domande e per di più imprigionata. Cercò di rimettersi in piedi e di inseguire lo youkai, ma le corde erano legate troppo strette e dopo un paio di tentativi disastrosi, rinunciò. Disperata, quando ormai il demone era praticamente scomparso alla vista cercò di richiamarlo.

-Aspetta! Fermati! Ho bisogno di risposte! Dove diavolo sono?

Fu tutto inutile. Senza nemmeno voltarsi, il demone continuò a camminare imperterrito, scomparendo alla vista. Proprio in quell’istante, le torce si spensero immergendo nuovamente la caverna nell’oscurità e rendendola ancora più terrificante.
Akane si guardava intorno nervosa, mentre il buio più fitto premeva su di lei, impedendole di vedere qualunque cosa. Attese nuovamente che i suoi occhi si abituassero all’oscurità, i sensi all’erta per percepire qualsiasi movimento insolito attorno a lei. I secondi passavano inesorabili, divenendo minuti.
Stanca e infreddolita, Akane riuscì a trascinarsi fino alla parete di roccia e a poggiarvi la schiena. Se almeno quelle torce fossero state ancora accese, avrebbe potuto riscaldarsi un po’.
Con una fitta di nostalgia, pensò alla sua casa, al tè preparato da Kasumi, al tepore delle coperte del suo letto. Chissà cosa stava facendo la sua famiglia…chissà cosa stava facendo Ranma…in quella inspiegabile situazione, soltanto il fatto che lui stesse bene riusciva ad esserle di conforto. Ripensò alla scena che aveva vissuto poco prima (o forse erano già passate ore, o giorni, non ne era sicura…) e rivide Ranma battere violentemente la testa contro il muro e accasciarsi al suolo. Per la prima volta, facendo mente locale, si rese conto che accanto a lui c’era anche Ryoga e si chiese che cosa ci facesse lui lì, ma fu soltanto un attimo, prima di tornare con la mente al suo fidanzato.
L’avrebbe cercata? Si, di questo era sicura. L’avrebbe trovata? Più difficile dare una risposta a questa domanda, dal momento che nemmeno lei aveva la più pallida idea di dove si trovasse. Era terrorizzata come mai lo era stata prima di allora. Lei, l’impavida Akane Tendo, erede di una delle più famose scuole di lotta del Giappone, era legata come un salame in una caverna gelata in chissà quale posto sperduto e spaventata a morte.
L’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento, era che avrebbe dato qualunque cosa per avere Ranma al suo fianco.
Che cosa poteva volere quel demone da lei? Chi era? E dove accidenti l’aveva portata? E, soprattutto, come faceva suo padre a conoscerlo? Questi i molti interrogativi che affollavano la mente della minore delle Tendo. Ma a nessuno riusciva a dare una risposta. Proprio questa mancanza di informazioni era ciò che la terrorizzava maggiormente. Per quanto tempo sarebbe rimasta lì in catene, sola, senza né cibo né acqua? E cosa più importante, per quanto avrebbe resistito? Magari quell’essere spregevole aveva soltanto intenzione di lasciarla lì a morire di fame per il suo più crudele divertimento. Magari non c’era nessun motivo particolare per cui aveva deciso di prelevarla dal tepore della sua casa e di allontanarla dalla sua famiglia. Forse voleva solo farsi due risate…
E questo pensiero fece montare in Akane una rabbia tale da farle venire voglia di demolire quella caverna a pugni. Cercò con tutte le sue forze di liberarsi dalle funi che la imprigionavano, tentando di allargare le braccia e di spingerle in fuori, ma fu tutto inutile. Era riuscita solo a farsi male.
“Magnifico…davvero magnifico. E adesso che cavolo faccio? Non ho certo intenzione di stare qui a non far nulla! Devo trovare una soluzione.”
Ma per quanto si sforzasse di usare il cervello e cercasse di mantenersi lucida e di non farsi prendere dall’ira o dal panico, non le veniva in mente alcuna soluzione brillante.
“Quanto vorrei avere il cervello di Nabiki…” si ritrovò a pensare, anche se era sicura che in una situazione come quella perfino sua sorella non sarebbe riuscita a cavarsela. A quel punto, Akane Tendo tremava di rabbia. Si costrinse a prendere un lungo respiro per recuperare la calma.
Tornò ad armeggiare con le corde, senza particolare convinzione. Fu costretta ad arrendersi ancora una volta poco dopo. La rabbia stava montando di nuovo, ancora più ribollente.
Frustrata, cacciò un urlo.

-Accidenti!!

Poggiò la testa contro la fredda parete di roccia e ascoltò il silenzio assoluto che premeva su di lei. Non un rumore che potesse darle un indizio su dove si trovava. Niente di niente.
Chiuse gli occhi e tutta la stanchezza accumulata, in parte per gli sforzi di liberarsi, in parte per l’essere stata prelevata a forza da casa, le piombò addosso in un sol colpo. Come se non bastasse, il suo stomaco aveva iniziato a brontolare. Del resto aveva saltato la cena…
“Ecco, sicuramente ora quel bastardo sarà contento, sicuramente si farà delle belle risate, trovandomi qui morta di fame e di sete. Maledetto…”
Rimase così, ad occhi chiusi, mentre il tempo passava con una lentezza esasperante. Un silenzio totale continuava ad avvolgerla, interrotto sporadicamente soltanto dai borbottii del suo stomaco che si facevano sempre più insistenti. Quando ormai stava per cedere ad un sonno agitato, le torce ripresero ad ardere, illuminando la caverna di una luce pallida e riscaldando le membra di Akane, ormai gelate.
Sentì dei passi muoversi nella sua direzione, passi lenti ma decisi. Volse lo sguardo verso l’imboccatura della caverna e vide che lo youkai era tornato. “Magari vorrà anche torturarmi un po’…” fu il depresso pensiero di Akane.

-Voglio sapere dove diavolo mi trovo.

Lo youkai non replicò. Scrutò Akane con una certa curiosità, studiandola in ogni suo più piccolo dettaglio. La giovane Tendo vide lo sguardo del demone soffermarsi sul suo viso solo per pochi istanti per poi scendere giù percorrendo le forme del suo corpo, fino alle gambe.
“Non mi sembra abbia alcuna traccia di poteri.” Pensò lo youkai.
Sotto lo sguardo del demone, Akane arrossì furiosamente e si infuriò ancora di più. Stava per mettersi ad urlare di nuovo e per tentare di fiondarsi su quel tipo, ma non fece nulla di tutto ciò, dato che il demone aveva aperto bocca e stava per parlare.

-Ricordi cosa ti accadde dodici anni fa?
-Dodici anni fa…? Di cosa stai parlando?
-Poco dopo la morte di tua madre ti sei ammalata gravemente e hai rischiato la vita. Te lo ricordi?

Per un istante, Akane rimase a bocca aperta. Ma chi diavolo era quello?
Aveva tentato di seppellire quei ricordi lontani e dolorosi in un angolo recondito della sua memoria. Voleva dimenticare, cancellarli completamente. Faceva troppo male, anche a distanza di tutti quegli anni.
Quel tipo…come faceva a sapere cose che non aveva avuto la forza di confessare nemmeno a Ranma?
Recuperando a fatica il controllo, riprese a parlare, tentando di fermare i battiti del suo cuore impazzito e di ricacciare indietro le lacrime.
Tentò di tenere ferma la voce mentre tornava a parlare.

-Chi diavolo sei tu? Come fai a sapere tutte queste cose di me?

Lo youkai non sembrava avere particolarmente voglia di rispondere alla domanda di Akane. Pareva invece divertirsi molto a tenerla sulle spine. Prima di aprir bocca nuovamente per parlare, fissò a lungo ed intensamente Akane con quei suoi occhi rossi come il fuoco, resi ancora più agghiaccianti dal riflesso delle fiamme danzanti delle torce. Akane si sentì completamente priva di difese di fronte a quello sguardo e rabbrividì intensamente.

-Quando la situazione era ormai disperata, tuo padre mi richiamò sulla terra.
-Cosa? Mio…mio padre? Ma…come? Perché? Chi sei tu?
-Aveva sentito parlare di una fattucchiera che poteva aiutarlo. Si recò da lei e mediante un rito di evocazione riuscirono a farmi giungere nel mondo mortale.
-Non riesco a capire…perché tu? Cosa potevi fare? Chi sei?
-Tuo padre mi chiese di risparmiare la tua vita e mi disse che avrebbe fatto qualunque cosa affinchè tu ti salvassi. Era disperato, davvero disperato. Ma, naturalmente, non fu questo a convincermi. Non ho alcun interesse per i sentimenti umani, né mai ne ho avuto. Ciò che invece mi intrigava era tutt’altro. Nessun essere umano aveva mai avuto il coraggio di evocarmi. Nessuno. La cosa mi incuriosì molto e fu solo per questo motivo che decisi di accettare.
-Continuo a non capire chi tu sia.
-Decisi di risparmiarti la vita e tu guaristi immediatamente.

Pareva che quell’individuo si divertisse ad ignorare Akane. Parlava a ruota libera senza preoccuparsi minimamente dei suoi interventi. Sembrava non accorgersi nemmeno che qualcuno stava parlando. Continuava imperterrito con il suo discorso. E il tono che usava mentre parlava del dolore di suo padre era assolutamente irritante. Sembrava addirittura profondamente annoiato, come se fosse una faccenda di blando interesse. Akane si infuriava sempre di più ogni momento che passava.

-Sembra che questo mio intervento abbia creato una sorta di legame tra di noi. Non riesco a capire cosa sia successo, né perché. So soltanto che da quel momento, giorno dopo giorno, una parte dei miei poteri è svanita nel nulla. Dimmi, ti sembra di avere sviluppato qualche sorta di insolita abilità da quel lontano giorno di dodici anni fa?
-Abilità? No, niente affatto.
-Bene. Questo facilita le cose. Ti ho portata qui perché è il momento di riacquistare i miei pieni poteri. Solitamente non mi interesso affatto degli esseri umani. Mi limito a prelevarli dal Regno mortale al momento del loro trapasso e a portarli qui. Ma nel tuo caso, ragazzina, sono costretto a fare un’eccezione.

Tacque. Sembrava che non avesse più nulla da dire. Ad Akane, invece, girava la testa.
Lei aveva un legame con quel demone? Lui le aveva salvato la vita quando era solo una bambina di nemmeno sei anni? E soprattutto che diavolo significava che lui si occupava soltanto di prelevare le anime dei morti dalla terra?
Ignorando la paura crescente che quell’essere le suscitava, gli ripropose la sua domanda.

-Chi sei?
-Non che questi siano affari tuoi, ma già che ci siamo…il mio nome è Rihito. Sono il leggendario youkai posto a guardia del Regno dei Morti. Il custode dell’Aldilà.
-CHE COSA? Tu…ma è impossibile! Vuoi dire…che ci troviamo nell’Aldilà adesso?

Un sorrisetto diabolico increspò le labbra di Rihito, che occhieggiava malignamente Akane e sembrava soppesare l’idea di lasciarla nel dubbio. Alla fine, per chissà quale ragione, optò comunque per darle una risposta. Del resto era divertente osservare le sue reazioni.

-Non esattamente.
-E allora dove accidenti siamo?
-Questo è l’ingresso al Regno dei Morti, il luogo in cui le anime trovano riposo eterno.

Disse indicando dietro di sé, fuori dalla caverna.

-Uscendo da qui, c’è lo Stige. Una volta attraversato, le anime vengono smistate in Paradiso, nel Purgatorio o all’Inferno, ma io non mi occupo affatto di queste cose. Il mio compito consiste soltanto nel fare da custode a questo regno e alle sue anime ed impedire qualsiasi intrusione esterna o cose del genere. Devo salvaguardare l’ordine dell’Aldilà.
-Stai…stai scherzando, vero?
-No.

Akane, se possibile, era ancora più sconvolta di prima. Non riusciva ad credere ad una sola parola detta da quel tipo ed era convinta che lui la stesse prendendo in giro. Non c’erano dubbi, quel bastardo voleva farsi due risate alle sue spalle. Ma lei non aveva intenzione di farsi usare così e di cascarci come una stupida. Tentò un sorriso divertito, anche se quello che le riuscì assomigliava più che altro ad una smorfia.

-Senti…io non so perché tu mi stia dicendo tutte queste cose, ma non è divertente, davvero. Voglio sapere la verità. Chi sei?

Akane si sarebbe aspettata qualsiasi reazione da parte del demone: che si infuriasse, che continuasse ad ignorarla, che se ne andasse. Ma non era preparata a quella crudele risata di scherno che le fece gelare il sangue nelle vene e venire la pelle d’oca.

-Voi umani siete davvero dei sempliciotti. Incapaci di credere a tutto ciò che la vostra limitatissima mente non è in grado di concepire. Mi fate pena. Bene, mi hai detto tutto ciò che avevo bisogno di sapere.

E dette quelle parole, girò sui tacchi e se ne andò nuovamente, lasciando che la caverna tornasse fredda e buia come prima che facesse la sua entrata. Quella volta, Akane non lo richiamò. Si limitò ad osservarlo mentre si allontanava, stregata dall’ipnotico ondeggiare dei suoi capelli d’argento, lunghi fino alle caviglie, che sembravano risplendere di luce propria.
Quando Rihito scomparve alla vista si riscosse, lasciando la mente libera di galoppare…
Possibile che si trovasse davvero all’ingresso del Regno dei Morti?
E che quello youkai fosse il custode di quel luogo?
Chiuse gli occhi rassegnata e sospirò. Si sentiva terribilmente stanca. Non sapeva cosa pensare. La sua mente indugiò ancora una volta sul pensiero del suo fidanzato.
“Ranma…vieni a salvarmi ti prego. Ho bisogno di te.”
Si stupì dei suoi stessi pensieri e sgranò gli occhi. Lei, bisogno di quello stupido, arrogante, cambia sesso? Ma non diciamo sciocchezze…stava molto meglio senza di lui.
Già…del resto, dal giorno in cui Ranma era arrivato a Nerima, si era portato dietro tanti di quei guai…non passava giorno in cui lei non venisse attaccata da qualcuna delle sue altre fidanzate o in cui qualche parte della sua casa non subisse qualche danno costosissimo da riparare. Già…che bisogno aveva di un’idiota che la insultava continuamente, chiamandola maschiaccio, dicendole che era totalmente priva di fascino e tante altre cose del genere? E soprattutto che bisogno aveva di guardare continuamente il suo “fidanzato” fare il cascamorto con le altre? Non era forse vero inoltre che lei, Akane, non poteva competere con nessuna di loro? Del resto, come Ranma stesso aveva ammesso, Ukyo era la sua fidanzata carina. Ed era palese che Shampoo fosse molto più bella e affascinante di lei…e Kodachi…bè, Kodachi era Kodachi. Magari la Rosa Nera non era esattamente l’ideale di Ranma, ma, come tutte le altre, era sempre tra i piedi e tentava di tutto per poter annientare ogni ostacolo tra lei e il suo “adorato”.
E invece che cosa aveva lei, Akane, che potesse attrarre un ragazzo come Ranma? Niente, come lui non perdeva occasione di farle notare, facendo maligni commenti sul fatto che non era affatto carina. E del resto, chi se ne importava? Meglio perderlo che trovarlo uno come lui.
Proprio mentre la sua mente formulava quei pensieri, le tornò in mente la rabbia di Ranma nel momento in cui aveva temuto che Rihito la portasse via, tutti i suoi tentativi di impedirlo, anche a costo di farsi male sul serio. Del resto...non era la prima volta che Ranma rischiava la sua vita per lei. E, doveva ammetterlo almeno con sé stessa, quando Ranma le era accanto si sentiva bene. Come se nulla potesse farle del male.
Ritornò con la mente al giorno in cui stavano per convolare a nozze. Ricordò come si sentiva felice. Ma quello stupido alla fine non l’aveva sposata. Però aveva detto che sia in kimono, sia in abito da sposa stava benissimo…e poco prima, a Jusenkyo, era sicura che Ranma stesse per dirle qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe cambiato le loro vite. Era certa che lui tenesse a lei almeno un po’. E allora perché, perché si comportava così?
“Basta, è inutile stare qui a scervellarsi. Non è di questo che dovrei preoccuparmi al momento.”
Strisciò nuovamente fino alla parete di roccia e vi si appoggiò. Chiuse gli occhi con la precisa intenzione di dormire. Era sfinita e voleva recuperare un po’ di forze. Dopo pochi secondi, si addormentò, mormorando un’ultima parola in un sussurro angosciato.

-Ranma…

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il piano ***


Il piano Ecco il quarto capitolo, anche se un po’ in ritardo. Sono arrivata alla stesura del capitolo 7 che però non è ancora ultimato, ma aggiornerò lo stesso una volta a settimana, dato che continuo a fare cambiamenti fino a due minuti prima di pubblicare! Ancora una volta ringrazio tutti coloro che perdono tempo a leggere ciò che scrivo. Mi fa un piacere immenso leggere i vostri commenti! Buona lettura!

Lavs

Capitolo IV
Il piano

-Bè, la situazione è ben più grave di quanto possiate immaginare, a mio parere.

Le parole di Cologne furono seguite da un silenzio teso, infranto dopo quelle che parvero ore dalla voce incerta di Shampoo, che non aveva capito bene cosa stesse succedendo. Posò la sguardo a turno su tutti i commensali riuniti attorno al tavolo da pranzo sbattendo le palpebre, per poi scambiare una sguardo perplesso con Mousse, che sedeva accanto a lei ed aveva capito ancora meno dell’Amazzone.

-Bisnonna, ma di che cosa stai parlando? Cosa succede?

Cologne era sul punto di rispondere, ma la voce di Ranma non le diede il tempo di replicare.

-Non c’è tempo di spiegare, adesso. Allora, che cosa sai di questo custode del’Aldilà?
-Bè, si tratta di uno youkai dagli immensi poteri posto a guardia del Regno dei Morti. Il suo nome è Rihito. La leggenda della sua storia si perde nella notte dei tempi. Sembra che fosse uno youkai particolarmente forte e spietato. Il suo nome faceva tremare non soltanto gli esseri umani, ma anche gli stessi demoni, che si tenevano alla larga da lui più che potevano. Quando sfortunatamente uno di loro si imbatteva in lui, veniva brutalmente annientato. Badate bene, la sua intenzione non era quella di uccidere. Ciò che voleva era soltanto trovare un avversario alla sua altezza con cui potersi misurare e accrescere la propria forza. Ma mai nessuno si dimostrò all’altezza di Rihito. La sua potenza, però, divenne leggenda anche nell’Aldilà. C’era bisogno di qualcuno capace di mantenere l’ordine nel Regno dei Morti e nessuno sembrava più adatto di Rihito. Fu così che gli venne chiesto di assumersi l’onere di sorvegliare le anime dei morti e accompagnarle nel loro passaggio dalla vita alla morte. Gli furono promessi in cambio poteri che vanno oltre l’immaginabile e fu solo questo a convincere Rihito. Vedete, era ossessionato dall’idea di accrescere la sua potenza ad ogni costo e di certo non avrebbe mai rifiutato un’occasione del genere fornita su un piatto d’argento. E così, il demone conosciuto come Rihito divenne il custode dell’Aldilà.
-Bè, se è un avversario con cui misurarsi che cerca, ha trovato pane per i suoi dei denti.
-Non essere arrogante come al solito, Futuro Marito. L’essere con cui abbiamo a che fare questa volta è dotato di poteri che non avete mai nemmeno sognato di affrontare. Niente a che vedere con Herb o con Safulan. Nessuno di voi è in grado di fronteggiarlo. Nemmeno tu, consorte.
-Sciocchezze! Lo ridurrò in briciole. Ha osato rapire Akane, lo ucciderò con le mie mani.

A quelle parole Ukyo e Shampoo si scambiarono uno sguardo cupo e Ryoga chinò il capo, abbattuto, e strinse i pugni sulle ginocchia. Come sempre Ranma aveva intenzione di rischiare tutto per lei. E come sempre Akane non aspettava altri che lui per essere salvata. Sebbene nessuno volesse davvero ammetterlo o anche soltanto pensarlo, c’erano ben poche speranze che Ranma o Akane decidessero di rompere il loro fidanzamento. L’unica, flebile speranza stava soltanto nel fatto che nessuno dei due, fino a quel momento, sembrava disposto ad ammettere che tra loro esistesse davvero qualcosa. E così era più facile per ogni altro eventuale pretendente farsi avanti. Già da tempo, però, Ryoga aveva deciso che era meglio rinunciare anche a quella speranza.
Ranma non fece minimamente caso all’effetto prodotto dalle sue parole. Era troppo impegnato a pensare a cosa stesse accadendo ad Akane mentre loro parlavano. Stavano perdendo molto tempo, se ne rendeva conto, ma ancora non aveva in mente alcun piano da mettere in atto per cui era assolutamente necessario raccogliere quante più informazioni possibili. Quando il dottor Tofu prese la parola, gli prestò la massima attenzione.

-C’è qualcosa che mi sfugge, però. In base alle informazioni che ho raccolto su Rihito leggendo i miei libri, sembra che lui sia assolutamente disinteressato alle vicende umane. Sembra anzi che disprezzi gli uomini e tutto ciò che li riguarda. Quello che allora non capisco è…perché?
-Si, è quello che mi sono chiesta anche io.

Accigliato, Ranma posava lo sguardo ora su Cologne ora sul dottor Tofu senza avere la più pallida idea di quello che volessero dire con quelle frasi criptiche. Quando capì che nessuno dei due sembrava avere intenzione di spiegare alcunché e li vide impegnati a riflettere con le sopracciglia aggrottate, perse di nuovo la pazienza.

-Si può sapere che diavolo vuol dire? Cos’è che non capite?
-Cos…?Oh, ti prego di scusarci, Ranma. Vedi il fatto è che, considerando il carattere di Rihito, mi sorprende molto che abbia acconsentito ad aiutare il signor Tendo e a salvare la vita della piccola Akane, dodici anni fa.

Cologne annuì alle parole del dottor Tofu. Nel frattempo Shampoo, Mousse, Ryoga e Ukyo seguivano la conversazione senza perdere nemmeno una battuta e Shampoo strabuzzò gli occhi quando iniziò a capire cosa stava succedendo. Soun Tendo sembrava essere sprofondato in un nuovo strato di trance e fissava il tavolo senza in realtà vederlo. I coniugi Saotome prestavano massima attenzione alle parole di Cologne e del dottor Tofu, mentre Nodoka osservava di tanto in tanto il figlio con apprensione. Kasumi lanciava occhiate nervose al padre con allarmante frequenza e Nabiki sgranocchiava distrattamente un biscotto mentre fissava Cologne. Fu proprio la seconda delle sorelle Tendo a prendere la parola a quel punto della conversazione.

-Perché può averlo fatto?
-A dire il vero, non lo so. Non credo che ci sia una motivazione particolare che possa averlo spinto a farlo. Potrebbe essere stato un mero impulso dettato da una motivazione futile. Magari è stato spinto semplicemente dal desiderio di poter concedere una speranza alla famiglia di Akane, per poi strappargliela nuovamente dopo alcuni anni. È possibile che volesse soltanto divertirsi.
-Che cosa possiamo fare? Come possiamo sapere dove ha portato mia sorella?
-Possiamo arrischiarci a fare delle supposizioni, ma non credo che siano molto valide al momento, considerato che non abbiamo idea del motivo per cui Rihito possa avere rapito Akane.
-E allora che diavolo facciamo? Restiamo qui con le mani in mano?

La rabbia di Ranma che sembrava essere pronta a sopraffarlo in qualsiasi momento, esplose di nuovo.
Intanto nelle menti di Shampoo, Mousse, Ukyo e Ryoga si affacciava la stessa, allarmante domanda. Se davvero quello era il custode dell’Aldilà e per di più era uno youkai la cui potenza era pari soltanto alla sua crudeltà, quante possibilità c’erano che Akane fosse ancora viva? Ovviamente nessuno osò dar voce ai propri pensieri, dato che sicuramente Ranma avrebbe dato di matto. Dal canto suo, Ryoga sembrava avvilito. Era pallido e sudato e stringeva convulsamente i pugni. Ukyo pareva atterrita alla sola idea che ad Akane potesse essere successo qualcosa, anche se una piccolissima parte di lei, quella che vedeva Akane soltanto come una rivale da eliminare, riteneva che in questo modo avrebbe avuto più possibilità di conquistare Ranma e non potè impedirsi di pensare “Una di meno.” Immediatamente dopo, però, fu disgustata da se stessa.
Gli stessi pensieri aleggiavano anche nella mente di Shampoo, anche se l’Amazzone si sentì meno in colpa di Ukyo per le sue riflessioni. Del resto lei stessa aveva dato ad Akane il bacio della morte, anche se poi le circostanze erano cambiate e aveva deciso che non valeva la pena di ucciderla.
Intanto il dottor Tofu intervenne di nuovo.

-Certo che no, Ranma. Faremo il possibile per riportare indietro Akane sana e salva. Dobbiamo solo cercare di capire dove può trovarsi in questo momento.
-Ma…come? Se non sapete nemmeno perché l’ha portata via come pensate di sapere dove si trova adesso?
-Il Futuro Marito ha ragione. Secondo me abbiamo solo una possibilità a questo punto.
-Quale vecchia? Parla!
-Ranma!

Nodoka intervenne, rimproverando il figlio, che assunse un’espressione imbarazzata e chinò il capo. Nodoka Saotome era l’unica persona (eccezion fatta per Akane in alcuni, rari momenti), in grado di esercitare un controllo su Ranma e sui suoi scatti. Quando il ragazzo col codino riprese la parola, si sforzò di mantenere un tono di voce normale, o almeno smise di ringhiare contro chiunque parlasse.

-Allora che cosa possiamo fare?
-Credo che l’unica cosa da fare sia trovarsi faccia a faccia direttamente con Rihito.
-Cioè riconvocarlo qui?
-No, non esattamente.
-E allora cosa?
-Credo che noi dovremmo andare da lui.
-Cosa? Andare nell’Aldilà?
-Proprio così.
-Ma…ma…come?

Nabiki aveva preso la parola e sembrava chiaramente atterrita alla sola proposta di Cologne. Ranma, invece, pareva piuttosto convinto. Sembrava davvero l’unica soluzione possibile, anche perché a quel punto si sarebbe potuto finalmente passare all’azione, dato che stare lì a parlare e a fare considerazioni gli sembrava soltanto una perdita di tempo.

-Bene, cosa aspettiamo? Andiamo!
-Temo che non sia possibile, Ranma.
-Cosa? Perché no?
-Bè…io non ho idea di come raggiungere l’Aldilà. Che io sappia, non esiste un passaggio che colleghi questo mondo a quello dei morti.
-Il dottor Tofu ha ragione, consorte.
-E allora cosa accidenti facciamo?
-Dobbiamo trovare un modo. Un rituale, qualcosa che possa permetterci di aprire un varco che ci conduca dall’altra parte. Se dodici anni fa Rihito ha avuto modo di lasciare il suo regno e giungere nella dimensione mortale, significa che esiste la possibilità di passare da un regno all’altro. Bisogno solo capire come. Il dottor Tofu ha portato una gran quantità di libri che mi sembrano promettenti, dobbiamo iniziare a consultarli uno per uno e vedere di trovare qualcosa. Non c’è nient’altro da fare.

Ranma sospirò rassegnato e annuì. Trasse a sé un polveroso, enorme volume e lo aprì, iniziando a voltare le pagine per trovare qualcosa di utile. Tutti gli altri lo imitarono. Ranma sollevò lo sguardo, spostandolo su ciascuno di loro. Vedendo che i suoi amici non lo avevano abbandonato in un momento come quello, non potè impedirsi di sentirsi un po’ più sollevato. Ad ogni pagina il suo cuore batteva più forte, mentre cercava anche il più piccolo indizio che potesse essere d’aiuto, ma più andava avanti, più si sentiva deluso e amareggiato e più la rabbia aumentava. Dopo quasi mezz’ora, in cui aveva studiato minuziosamente ogni riga del libro, lo gettò via senza tanti complimenti, irritato, e con uno sbuffo d’impazienza, trasse a sé un altro libro, allarmato alla vista di quanti ce ne fossero ancora, accatastati in mezzo al tavolo.
Il silenzio era assoluto, tutti sembravano assorti nella lettura. Ranma era suo malgrado sorpreso. Era certo che la sua famiglia e quella di Akane avrebbero fatto l’impossibile per trovarlo, e ovviamente anche Ryoga che era innamorato di lei praticamente da sempre. Ma Ukyo, Mousse e Shampoo? Non riusciva a credere che fossero davvero lì, con lui. Del resto a Mousse non importava poi molto di Akane. Ukyo, magari, invece le si era affezionata. La cosa più inspiegabile era che Shampoo si trovasse lì. Forse (Ranma quasi non osava crederci), tutte le disavventure passate insieme li avevano davvero uniti. Magari, sebbene non passasse giorno in cui non cercassero di eliminarsi a vicende, si era davvero creato un forte legame tra quello strampalato gruppo di amici. Ranma ripercorse il tavolo con lo sguardo con l’accenno di un sorriso sulle labbra prima di tornare alla lettura. Il suo cuore si fermò quando incontrò un paragrafo che sembrava promettente:

L’Aldilà è protetto e custodito dallo youkai Rihito e apparentemente impenetrabile. Esiste tuttavia la possibilità di accedervi, attraverso la realizzazione di un complesso ed antichissimo rituale sconosciuto ai più. A memoria d’uomo, tuttavia, nessuno sembra abbia mai tentato l’impresa.

Ranma sbuffò irritato. Nessun cenno su quale fosse quel complesso rituale, né su come eseguirlo. Andò avanti nella lettura, ma quello fu il paragrafo più interessante che riuscì a trovare nell’intero tomo. Chiuse il libro con un tonfo e si abbandonò sul pavimento. Chiuse gli occhi e respirò a fondo per reprimere la crescente voglia di urlare. Niente di niente. Ancora niente di niente. E se tra tutti quei libri non ne avessero trovato nemmeno uno in grado di aiutarli? Ranma scosse violentemente la testa tentando di ricacciare quel pensiero in fondo alla mente, anche se ormai un grosso peso si era stabilito sul suo cuore.
Si drizzò a sedere di scatto, dicendosi che non poteva perdere altro tempo. Nessuno alzò lo sguardo. Ranma li vedeva tutti col capo chino a leggere velocemente con gli occhi. Ryoga era davvero pallido, quasi quanto Soun. Ranma pensò che probabilmente il suo aspetto non doveva essere migliore. Trasse a sé un nuovo tomo e si immerse nuovamente nella lettura.
Ukyo alzò momentaneamente gli occhi dal suo libro e ripercorse la tavolata con lo sguardo, soffermandosi su Ranma, che però non la guardava, e poi su Ryoga, seduto al suo fianco. Era davvero ridotto male. Sfogliava febbrilmente le pagine e gli tremavano le mani. Presa da uno strano impulso, Ukyo poggiò la propria mano su quella del ragazzo con la bandana, che si voltò immediatamente verso di lei, con gli occhi spalancati per la sorpresa. Ucchan tentò un sorriso rassicurante e Ryoga annuì. Quando riprese a voltare le pagine del libro su cui era chino, le sue mani tremavano molto meno.
Passarono quasi tre ore prima che il dottor Tofu chiudesse con un tonfo l’ultimo libro rimasto, mentre tutti gli altri lo guardavano, in attesa. Il cuore di Ranma minacciava di scoppiargli in petto. Era l’ultima speranza. Quando Tofu Ono scosse la testa, Ranma sentì la terra mancargli sotto i piedi. Il suo cuore si fermò. Si disse che non valeva la pena di continuare a vivere.
Ryoga si premette una mano sul cuore, che batteva forte, mentre il suo stomaco era stretto in una morsa dolorosa. Soun, Nodoka e Kasumi iniziarono a piangere disperatamente mentre Nabiki continuava a guardare il dottor Tofu, come se si aspettasse di vederlo tirar fuori una soluzione dal nulla. Ranma si alzò in piedi, seguito con lo sguardo da Shampoo, Ucchan e Mousse, ma nessuno osò fermarlo o dire qualcosa, mentre fece per uscire dalla sala da pranzo.
“Non è possibile…non può essere vero…” Mettere un piede davanti all’altro sembrava costare un grandissimo sforzo, quando avrebbe soltanto preferito sprofondare nel suo dolore, ma Ranma si disse che non poteva arrendersi. Non aveva idea di cosa fare, ma il solo pensiero di rimanere seduto lo faceva star male. Andò in giardino e si accorse che ormai stava per albeggiare. Akane avrebbe dovuto venire a svegliarlo di lì a poche ore con la solita secchiata d’acqua per andare a scuola. Strinse i pugni convulsamente, tentò con tutte le sue forze di non piangere, di essere forte, così come lei lo conosceva, ma non ce la fece, Era troppo.
Proprio in quel momento, Happosai fece la sua violenta irruzione in casa Tendo, con il solito sacco verde pieno di “zuccherini” sulle spalle.

-Gran bottino questa notte! Ranma! Cercavo proprio te! Dai, trasformati in ragazza e prova un po’ di questi per me! Ranma…?

Ranma non lo degnò di uno sguardo. Non aveva nemmeno la forza di prendersela con quel vecchiaccio maniaco. Happosai si accigliò ed entrò in sala da pranzo, dove trovò tutti praticamente in lacrime e un Soun Tendo sul punto di svenire. Si grattò la testa con un dito e poi notò un’assenza sospetta.

-Dov’è Akane?

Nessuno rispose, ma Cologne si voltò a guardarlo. Chissà, magari quel vecchiaccio avrebbe potuto essere utile, una volta tanto. Gli si avvicinò in silenzio, per non disturbare il dolore della famiglia.

-Happy!
-Che cosa succede?
-È una cosa terribile. Si tratta di Akane.
-Cos’è successo alla mia dolce Akanuccia?
-È una cosa seria, Happy! È stata rapita.
-Rapita? E da chi?
-Da Rihito.
-Il custode dell’Aldilà?
-Proprio così.
-Cosa…Nooo, la mia dolce Akanee! È impossibile! Perché?

Cologne gli raccontò velocemente tutta la storia, senza soffermarsi su ogni particolare, solo lo stretto necessario perché Happosai si facesse un’idea generale e potesse dire se era in grado di dare una mano.
Il vecchio si accigliò per un momento, incrociò le braccia e posò lo sguardo su famiglia e amici, senza in realtà vederli. Improvvisamente sgranò gli occhi e batté il piccolo pugno sul palmo della mano. Subito dopo iniziò a correre in direzione della camera che occupava in casa dei Tendo. Obaba lo seguì lentamente sospirando, sperando intensamente che Happosai possedesse davvero qualcosa di utile, o meglio, avesse davvero rubato qualcosa di utile.
Entrata nella stanza del vecchietto, vide il suo armadio spalancato e lo trovò chino su una enorme scatola a frugare in mezzo a decine e decine di cianfrusaglie, a giudicare dai libri, dalle pergamene malconce e dagli oggetti bizzarri, di dubbia provenienza, che Happosai aveva sparpagliato sul pavimento fino a quel momento. Passarono circa due minuti prima che Happosai riemergesse da quel caos con aria trionfante, reggendo tra le mani un libro enorme che minacciava di disfarsi da un momento all’altro. Obaba decifrò il titolo sbiadito in copertina.

-“I misteri dell’Aldilà.”
-Esattamente! Contiene tutto ciò che serve sapere su Rihito.
-E dimmi Happy, da dove l’hai rubato?

Happosai assunse un’aria terribilmente offesa molto poco convincente e scoccò ad Obaba uno sguardo sprezzante.

-Rubato? Questo prezioso volume appartiene alla mia famiglia da sempre!
-Si, certo. Proprio come il mio specchio greco. Andiamo, non c’è tempo da perdere!

Tornati in soggiorno nessuno si voltò verso di loro. Nessuno aveva una gran voglia di far nulla, a dire il vero. Ryoga, Ukyo, Shampoo, Mousse e il dottor Tofu si sentivano degli intrusi nel dolore della famiglia ma non volevano comunque lasciare la casa, nel caso in cui ci dovesse essere bisogno di qualcosa. Ryoga era ancora più pallido di prima e le mani avevano ripreso a tremare violentemente, Ukyo gli lanciava sguardi preoccupati, come se temesse di vederlo svenire da un momento all’altro.
Dal canto suo, il dottor Tofu era straziato alla vista delle lacrime della dolce Kasumi e avrebbe tanto voluto trovare il coraggio di consolarla, ma non riuscì a farlo. Si limitò a guardarla da lontano mentre il suo cuore doleva come fosse trafitto.
Obaba si schiarì rumorosamente la voce per richiamare l’attenzione. Qualche testa si voltò nella sua direzione e la vide mostrare il libro trovato da Happosai.

-Ho delle buone notizie. State a sentire, tutti quanti.

Adesso Obaba si era davvero guadagnata l’attenzione di tutti. I volti delle famiglie Tendo e Saotome esprimevano una muta speranza che sperava davvero di non dover deludere. Improvvisamente Ryoga balzò in piedi, come se avesse preso la scossa.

-Vado a chiamare Ranma!

Il ragazzo con la bandana uscì in giardino e si guardò un po’ in giro per vedere dove fosse finito l’amico. Quando lo individuò, gli corse incontro. Si era seduto sull’erba, le spalle flosce. Ryoga gli si avvicinò cauto. Non riusciva a vedere i suoi occhi.

-Ranma…?

Nessuna risposta.

-Ranma, ascolta, ci sono ottime notizie a quanto pare! Happosai ha trovato un libro che sembra possa essere d’aiuto.

Ranma risollevò il volto lentamente e guardò Ryoga come se non l’avesse mai visto prima, gli occhi spalancati dallo stupore. Non riusciva a credere alle sue orecchie.

-Dici davvero?
-Davvero!

Ranma balzò in piedi così all’improvviso che Ryoga arretrò spaventato per poi guardarlo sfrecciare in direzione del soggiorno dei Tendo, urlando come un matto:

-Allora ogni tanto anche il vecchio maniaco fa qualcosa di buono!

Quando tutti ebbero riguadagnato il proprio posto al tavolo del soggiorno, un silenzio carico di tensione e di presagi calò nella stanza. Tutti gli occhi erano puntati su Cologne, che sospirò pesantemente e chiuse per un momento gli occhi. In quell’istante, Ranma capì quanto fosse vecchia. Osservò il suo volto antico, laddove il tempo aveva lasciato segni evidenti, e si stupì di quanto la centenaria Amazzone gli sembrasse fragile in quel momento. Quando però Obaba parlò, Ranma si dimenticò completamente di ogni sua riflessione e si concentrò al massimo su ciò che la vecchia Amazzone stava per dire.

-Happy ha trovato questo libro tra le sue cose. Ritiene che contenga ogni possibile informazione sull’Aldilà e anche su come raggiungerlo. Diamo un’occhiata.

Obaba pose il libro sul tavolo e lo aprì. Sembrava che le pagine dovessero polverizzarsi da un momento all’altro. Cologne le toccava appena per girarle. Intanto tutti i presenti si erano chianti il più possibile sul tomo consunto, per vedere meglio. L’Amazzone si fermò soltanto quando lesse il titolo del capitolo di cui avevano bisogno: “L’accesso al Regno dei Morti”.
Iniziò a leggere a voce alta e chiara, in modo che tutti potessero sentire cosa diceva.

“Sebbene nessun mortale sia mai riuscito a trovare l’accesso al Regno dei Morti, è indubbio che esista una possibilità di penetrarvi, facendo uso di un particolare e pericoloso rituale magico. Tale rituale, che si tramanda da secoli, può essere realizzato soltanto mediante l’utilizzo del “Kami no tanto”…

Obaba si fermò e si accigliò. Si scorgeva chiaramente la preoccupazione sul suo volto antico. Continuò a guardare la pagina soffermandosi sulle parole “Kami no tanto”, ma sembrava non avere intenzione di continuare a leggere.

-Vecchia, che diavolo succede? Perché ti sei fermata?
-Bè…per il momento, l’esecuzione del rituale è impossibile.
-Cosa? Perché?
-Il Kami no tanto. Dobbiamo procurarcelo. Ed è custodito sul monte Tsukuba.

Nessuno tranne il dottor Tofu sembrava aver capito quanto la situazione fosse grave e condivideva la preoccupazione di Cologne. Dato che tutti continuavano a guardare Obaba in attesa, ma lei sembrava immersa nelle sue riflessioni, fu proprio lui a prendere la parola.

-Vedi, secondo le leggende il territorio di Tsukuba è popolato da decine e decine di demoni, non forti quanto Rihito, ma comunque dalla potenza considerevole. Il Kami no tanto si trova proprio in cima al monte, per cui per arrivarci è necessario superare tutti gli youkai che si presenteranno sul tuo cammino. Sarà una missione estremamente pericolosa, Ranma. Pensaci bene.
-Non me ne importa niente, io non ho paura! Tsè, sarà un gioco da ragazzi sconfiggerli tutti!
-Futuro marito, accidenti a te! Devi imparare ad essere più umile e a non sottovalutare così i tuoi avversari! Non sarà affatto facile come credi!
-Anche se dovessi morire nel tentativo, devo andare. È l’unico modo per salvarla.

Soun Tendo si alzò in piedi e si accostò a Ranma, abbracciandolo come un figlio.

-Ti ringrazio, Ranma. Se salverai la mia bambina, ti sarò grato per il resto dei miei giorni.

Quando lo lasciò, Ranma, lievemente rosso in viso, guardò Soun negli occhi con intensità. La solennità del suo sguardo non lasciava alcun dubbio sulle sue intenzioni.

-La salverò, lo giuro sul mio onore.
-Bravo, figliolo! Così parla il degno erede della scuola di lotta Saotome!
-Ranma, bambino mio!

Nodoka, in lacrime, corse ad abbracciare il figlio, che, ormai molto rosso, le accarezzava i capelli e cercava di rassicurarla con le parole.

-Io vengo con te, Lanma.
-Ovviamente anch’io!
-Per salvare la dolce Akane andrei anche in capo al mondo, per cui contate pure su di me.
-E dove va Shampoo, vado anch’io.

Ranma, spiazzato, posò lo sguardo su ciascuno di loro. Lasciò andare delicatamente sua madre e si soffermò sulle loro espressioni risolute. Doveva ammetterlo: si sentiva un po’ più leggero al pensiero di averli al suo fianco. Ma non voleva che corressero rischi inutili. Il compito di salvare Akane spettava solo a lui.

-Ragazzi, sentite, sarà molto pericoloso, è meglio che voi rimaniate qui…
-No Lanma, noi veniamo con te!
-È a questo che servono gli amici, no?
-Ma…
-Niente ma. È deciso.

Commosso oltre ogni immaginazione, Ranma abbassò il viso e si arrese. Pronunciò soltanto un’altra parola, detta col cuore gonfio di emozione.

-Grazie…
-Bene, Futuro Marito, credo proprio che sia meglio che venga anch’io. La mia conoscenza delle arti marziali è sicuramente superiore alla vostra e ritengo che possa essere molto utile in un viaggio così pericoloso. Preparate gli zaini, ci incontriamo tutti qui tra un’ora esatta.


“Kami no tanto” dovrebbe voler dire “Pugnale degli dei”. Il tanto è un pugnale giapponese con lama lunga fino a 30 cm e piccola guardia.
Mio fratello ha insistito perché lo scrivessi in giapponese, ma dato che non lo conosco non sono affatto sicura del risultato. Ho quindi una richiesta da farvi: se ho sbagliato fatemelo sapere così da poter correggere l’errore! Detto questo posso salutarvi. A presto!

Lavs

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La soluzione ***


La soluzione Rieccomi qui! Mi scuso per l’incredibile ritardo, ma la febbre mi ha tenuto a letto per un bel poco di giorni…meglio tardi che mai!
Questo è il capitolo che fino ad ora mi ha dato più problemi e non sono del tutto soddisfatta della sua riuscita, ma non ho saputo fare di meglio! Comunque…passiamo ad altro!
Innanzitutto vorrei fare alcune precisazioni, prendendo spunto dal commento di Laila a proposito del fatto che Ranma ringrazia i suoi amici, alla fine del capitolo precedente.  Mi ha fatto notare che probabilmente Ranma avrebbe pensato più che detto la parola “Grazie”. In effetti normalmente ti darei ragione. A parer mio però, dato che la situazione è piuttosto drammatica e nessuno dei personaggi si è mai trovato ad affrontare nulla di simile, le emozioni sono molto amplificate e le reazioni possono essere inaspettate. Credo che di fronte ad una prova di amicizia come quella perfino un supertimido come Ranma troverebbe il coraggio di ringraziare verbalmente, evitando calci e salti sulle teste di poveri malcapitati! Poi non so…diciamo che mi piace pensare così! Premetto a questo punto che tra poco vi troverete di fronte ad un capitolo in cui un certo personaggio si comporterà in maniera a dir poco incredibile. Non voglio anticipare nulla e spiegherò meglio quando sarà il momento. In ogni caso se qualche personaggio vi sembrerà un po’ OOC (e vi giuro che sto provando in tutti i modi ad evitarlo, spero di riuscirci!) vi prego di perdonarmi! Ripeto che il motivo è la natura stessa della storia.
Volevo anche dire che so che questi capitoli non sono particolarmente ricchi di azione, ma mi piace andare a rilento. Mi da la possibilità di dare più voce ai personaggi. Dato che però è per voi che scrivo vorrei chiedervi se secondo voi va bene. O forse è meglio che acceleri?
A questo punto passo ai ringraziamenti. Non avrei mai immaginato che qualcuno potesse apprezzare tanto il mio modo di scrivere. Confesso che ho sempre avuto una gran paura di pubblicare qualcosa di mio, ma sono felice di aver trovato il coraggio…grazie per i commenti meravigliosi! E un grazie speciale va ad apple92 che mi ha addirittura messa tra gli autori preferiti! Sono a dir poco lusingata…grazie anche per la conferma che riguarda la frase in giapponese del capitolo precedente! Va bene, credo di aver detto davvero tutto. Vi lascio al capitolo che è meglio. Mi sono davvero dilungata troppo. Scusate se vi ho annoiato! Buona lettura!

Lavs

Capitolo V
La soluzione

Nella sala principale del suo castello, Rihito rifletteva intensamente, misurando a grandi passi l’ampia stanza, come già aveva fatto innumerevoli volte. Sapeva già, però, che non sarebbe giunto a nessuna conclusione nemmeno in quell’occasione. Continuava a mancare qualcosa. L’ultimo tassello del puzzle, il più importante. Gli ci erano voluti dodici anni per comprendere il motivo della perdita dei suoi poteri. Dodici lunghissimi anni. E adesso, finalmente, era risalito alla causa. Aveva interferito con l’Ordine superiore. Si era preso troppe libertà risparmiando la vita di quella mortale. Era stato uno sciocco, lo ammetteva. Ma era arrivato il momento di rimediare. Doveva riottenere ciò che gli era stato sottratto. Ma come? Per quanto si sforzasse non riusciva a capire cosa dovesse fare. Aveva fatto centinaia di ricerche, interrogato innumerevoli saggi e sapienti di ogni dove, ma nessuno sembrava essere in grado di dargli una risposta. O forse semplicemente nessuno voleva farlo. Ma naturalmente tutti coloro che non avevano soddisfatto la sua sete di sapere avevano pagato a caro prezzo la loro mancanza.
Era così vicino…così vicino a riconquistare la sua antica potenza…
La sua rabbia stava raggiungendo livelli allarmanti. Strinse i pugni convulsamente e digrignò i denti, emettendo un ringhio sordo, mentre il bianco delle sue pupille iniziava ad iniettarsi di sangue.
“Maledetta ragazzina. Me la pagherai cara. Dopo che sarò riuscito a capire come usarti te la farò pagare, stanne certa.”
Il filo dei suoi pensieri fu spezzato da un rumore di colpi all’enorme porta di legno, unico accesso alla sala. Rihito recuperò la sua compostezza per far fronte al nuovo venuto. Prese un respiro profondo e i suoi occhi tornarono normali.

-Avanti.

Un cigolio e un rumore di piccoli passi affrettati annunciarono l’ingresso di una piccola figura. Un omino i cui lineamenti erano così duri e abbozzati che sembravano scolpiti nella pietra. Finanche il suo stesso corpo sembrava fatto dello stesso materiale e i suoi occhi erano rossi, proprio come quelli di Rihito.
Si inchinò profondamente, con reverenza ed ammirazione, giunto di fronte allo youkai che lo degnò appena di uno sguardo. Servi e sottoposti non erano degni della sua attenzione.

-Mio signore, mi perdoni se la disturbo.
-Mi auguro che sia una cosa importante.
-Lo è, mio signore. Riguarda la missione che ci ha affidato.
-Avete scoperto qualcosa?
-Si, signore. Un bonzo di un villaggio sperduto aveva la risposta.

Gli occhi di Rihito di dilatarono per la sorpresa. Quei buoni a nulla dei suoi servi erano davvero riusciti a trovare una soluzione? Quasi non osava crederci. Eppure si sentiva fremere di eccitazione. Il suo volto esprimeva una gioia selvaggia, quasi animalesca, così come la sua voce. Aveva accarezzato l’idea di tornare ad essere temibile come un tempo sin da quando aveva scoperto che si stava indebolendo. Era diventato un chiodo fisso che lo disturbava nelle ore di veglia e ancora di più in quelle di sonno. E forse adesso ce l’avrebbe finalmente fatta.

-Parla, che cosa ti ha detto?
-Ecco mio signore, aveva visto giusto. Quella mortale è la risposta.
-Ne ero certo. Bene. Molto bene. Raccontami tutto.

******

Quella notte fu la più terribile della sua vita. Akane continuava a vedere entrare e uscire dai suoi sogni demoni di ogni sorta dall’aspetto mostruoso e continuava a rivedere quegli occhi rossi che la fissavano. Chiamava Ranma con quanto fiato avesse in corpo, ma lui non le rispondeva. Si sentiva persa.
Quando aprì gli occhi, le sembrò di non aver dormito affatto. Attorno a lei era sempre tutto buio e ormai si sentiva gelata fin dentro le ossa, debole e sul punto di svenire. La sua vista era annebbiata e brividi incontrollati le scuotevano il corpo. Doveva avere la febbre alta. Era sicura che non sarebbe riuscita a resistere un altro giorno. Almeno la sua agonia sarebbe finita presto.
Rimase immobile nella stessa posizione per quelle che parvero ore, finché Rihito non rifece la sua comparsa. Con uno schiocco delle dita la liberò dalle catene.

-In piedi.
-Cos…perché?
-Non fare storie, alzati.
-Scordatelo.
-Ragazzina, non farmi perdere la pazienza. Ti ho detto di alzarti.

Traendo forza dalla propria ira, Akane si alzò in piedi ed iniziò ad inveire contro lo youkai. Era decisa ad andar via da quel posto a qualunque costo, anche se avesse dovuto costringere quel maledetto demone con la forza. Si costrinse a rimanere ben salda sulle gambe e a non vacillare, sebbene la testa le girasse incredibilmente.

-Voglio tornare a casa, hai capito? Voglio tornare dalla mia famiglia e di certo tu non mi tratterrai qui!
-Seguimi.
-Cosa? Allora non hai capito! Non eseguirò mai gli ordini di un bastardo come t…

Le parole le morirono sulle labbra. Senza che nemmeno lo vedesse, Rihito le si parò davanti e le prese i polsi con una mano, spingendola con forza verso il muro. Le sfuggì soltanto un gemito di dolore, ma il suo cuore minacciava di scoppiare mentre, per la prima volta da cosciente, si trovava così vicina allo youkai.
Stava per morire, ne era sicura. Sentiva gli artigli del demone sfiorarle il collo, disegnando un percorso immaginario che andava da una parte all’altra. Avvertiva il suo desiderio di uccidere. Il desiderio selvaggio di lacerarle la gola.
La sua mente volò a Ranma. E, incredibilmente, formulò un unico pensiero: “Non gli ho mai detto che lo amo.”
Il viso di Rihito era a pochi centimetri dal suo. Poteva sentire il respiro dello youkai sulle labbra. Una lacrima solitaria le rigò la guancia e, seguendola con lo sguardo, Rihito rise perfidamente. Tornò poi a guardare Akane dritto negli occhi e le si avvicinò ancora di più, posando le labbra gelide sul suo orecchio. Quando parlò, Akane sentì un brivido correrle lungo la schiena.
La sua voce era come un soffio glaciale.

-Potrei ucciderti adesso senza che nemmeno tu te ne accorga. Non costringermi a farlo.

Akane deglutì, sentendo ancora il corpo del demone premere contro il suo. Il suo cuore batteva sempre più forte. Dopo quelli che le parvero interminabili minuti Rihito si allontanò da lei e, dandole le spalle, le intimò di seguirlo ancora una volta. Questa volta non si sognò nemmeno di opporre resistenza. Si incamminò dietro di lui, con una remissività che non le si addiceva affatto. Si strinse le mani al petto nel tentativo di calmare i battiti del suo cuore impazzito.
Finalmente, uscì da quella dannata caverna. In lontananza, sentiva lo scrosciare dell’acqua. Dedusse che lo Stige non dovesse essere molto lontano da lì. Avrebbe dato qualunque cosa per scappare da quel posto. Le metteva i brividi.
Continuò a camminare seguendo Rihito per circa dieci minuti. Ogni passo le costava un grandissimo sforzo. A causa dei giramenti di testa aveva l’impressione che le forme intorno a lei si stessero dissolvendo. Stava per svenire. Nonostante il respiro affannoso e il corpo scosso da brividi sempre più violenti, si fece forza e finalmente si trovò davanti ad un enorme palazzo di pietra, ricco di svettanti torrioni. Non c’erano mura di cinta, ma immaginò che non ci fosse bisogno di difendersi in un posto come quello. All’ingresso c’era un enorme portone di legno con due battenti di metallo.
Quando Rihito vi si avvicinò abbastanza, quello si spalancò automaticamente e nell’ingresso, schierate in fila, si trovavano dieci piccole figure. Erano alti appena mezzo metro e sembravano fatti di pietra come il palazzo. I loro occhi erano rossi. Quando lo youkai fece il suo ingresso, si inchinarono tutti profondamente e l’omino a capo della fila fece un passo avanti.

-Bentornato, signore. Ai suoi ordini.
-Avete fatto quello che vi ho chiesto?
-Certamente signore. Abbiamo preparato la stanza in cima alle scale.
-Bene.

Senza degnare di un altro sguardo le dieci piccole figure, Rihito si incamminò su per la scalinata. Incerta sul da farsi, Akane si voltò verso i dieci servitori di pietra per ricevere indicazioni, ma quelli si limitarono a rivolgerle sguardi malevoli. Decidendo che non voleva stare in compagnia di quegli strani esseri un secondo di più, salì di corsa le scale di pietra, raggiungendo Rihito che proprio in quel momento stava entrando nella stanza di cui poco prima avevano parlato i suoi servitori. Indugiò sulla soglia e lo youkai le fece cenno di entrare. Accanto alla porta c’era un camino in cui scoppiettava il fuoco. Senza nemmeno riflettere, Akane vi si avvicinò per riscaldarsi.

-Avevo il sospetto che non saresti sopravvissuta a lungo in quella caverna, così ti ho fatto preparare questa stanza e ti ho portata qui.

Akane non rispose. Lo youkai aveva fin troppa ragione. Sarebbe di certo morta se fosse rimasta in quell’antro gelido e buio. Ma questo non spiegava perché Rihito avesse deciso di portarla nel suo palazzo. Semmai questa insolita gentilezza la confondeva ancora di più. Tuttavia non chiese al demone come mai non l’avesse lasciata a morire di freddo. Non aveva intenzione di lamentarsi di quella fortuna inaspettata.
Il calore del fuoco la rianimò, sebbene fosse ancora molto debole, e si rese conto di essere anche piuttosto affamata. Come in risposta ai suoi pensieri, si sentì bussare alla porta e quando Rihito disse “Avanti”, uno di quei buffi esserini di pietra entrò trasportando un vassoio.
Soltanto in quel momento Akane si rese conto di trovarsi in una camera da letto. Esattamente di fronte alla porta c’era un enorme letto a baldacchino e al centro della camera un piccolo tavolo di legno con due sedie. Era piuttosto spoglia per essere una camera da letto e Akane immaginò che venisse utilizzata piuttosto di rado.
Il servitore di Rihito pose il vassoio sul tavolo, che si rivelò contenere minestra di miso calda, e versò in una tazza del tè fumante. Lo stomaco di Akane diede in un brontolio sonoro che la fece arrossire.
Intanto il servitore si era dileguato.

-Siediti e mangia.
-Co…come?
-Ho detto: siediti e mangia.

Akane guardò Rihito con somma diffidenza. Quelle attenzioni da parte sua erano a dir poco sospette. Ma non resistette ai morsi della fame, né tanto meno aveva intenzione di dare al demone una nuova scusa per minacciarla di morte. Si sedette ed iniziò a trangugiare la minestra, sotto lo sguardo vigile e attento dello youkai, che trovò posto sulla seconda sedia e osservava ogni gesto della minore delle Tendo come se la stesse studiando.
Sazia e riscaldata, Akane trovò il coraggio di rivolgersi a Rihito. Si sentiva decisamente meglio, anche se sapeva che la febbre non era ancora passata.

-Come mai hai deciso di portarmi qui e non mi hai lasciata a marcire in quella caverna?
-Mi servi viva e in forze per il momento.

Akane si sforzò di ignorare le ultima tre parole della frase e si impose di non pensare a cosa sarebbe successo quando invece lui non avesse più avuto bisogno di lei.
Pregò mentalmente Ranma perché si sbrigasse a tirarla fuori da quella situazione. Sempre ammesso che avesse scoperto come fare.

-Perché?
-Devo riprendermi i miei poteri.
-Questo me l’hai già detto. Ma cosa significa? Cose c’entro io in tutta questa storia?
-Sono anni che mi indebolisco lentamente. Naturalmente sono ancora in grado di schiacciare chiunque mi affronti come se fosse un moscerino, ma non è abbastanza. Devo tornare alla mia piena potenza. Ho cercato di individuare la causa del mio indebolimento per lunghissimo tempo e finalmente qualche tempo fa sono risalito a te. L’errore di quel giorno mi è costato caro. Non avrei dovuto cedere ad uno stupido capriccio umano.
-E perché mi hai portata qui?
-Perché, dopo dodici anni di tentativi, ho finalmente capito cosa devo fare per riavere la mia forza.
-E io a cosa ti servo?
-L’unico modo per riacquistare la mia antica potenza è riprendermi la vita che ho salvato dodici anni fa. Ho dimostrato di essere debole. Non avrei dovuto mai e poi mai accogliere le preghiere di un essere umano e ne ho pagato le conseguenze. Oggi, finalmente, ho capito cosa devo fare per rimediare al mio grave errore. Riprendermi la tua vita.
-Vuoi…vuoi dire che hai intenzione di…uccidermi?

Quel sorrisetto maligno che Akane aveva già imparato a detestare con tutte le sue forze increspò le labbra dello youkai.
A quel punto la minore delle Tendo non aveva più alcun bisogno di una risposta. Aveva compreso fin troppo bene le intenzioni di quel bastardo. Non l’aveva portata nel suo palazzo per salvarla da morte certa, ma soltanto per ucciderla quando faceva comodo a lui. Era scritto chiaramente nel suo sguardo. Si sentì gelare dentro e il suo cuore smise di battere per alcuni tragici istanti.
Era confusa, non riusciva ancora a capire bene la situazione, come se la sua mente si rifiutasse di elaborare le parole appena sentite. Le registrava soltanto vagamente.

-Esattamente. Tra otto giorni saranno passati dodici anni esatti dal giorno in cui decisi di risparmiarti la vita. Quella deve essere la data in cui troverai la morte e potrai restituirmi pieni poteri. Il tuo sangue è la risposta.
-No…NO! NON TE LO PERMETTERÒ!
-E come credi di potermelo impedire?
-Io…
-Come immaginavo.

Senza più degnare Akane di alcuna attenzione, decise che era il momento di andar via. Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta, spalancandola.
Senza voltarsi riprese a parlare.

-Ovviamente in questi rimanenti otto giorni sarai mia graditissima ospite e disporrai di vitto e alloggio gratuiti. Meraviglioso, non credi anche tu? Esattamente come una vacanza pagata.

Varcò la soglia e chiuse a chiave l’uscio alle sue spalle, mentre la sua risata di scherno echeggiava ancora tra le quattro mura.
Il cuore di Akane sembrava non voler reggere allo shock, batteva ad una velocità inaudita mentre la mente continuava a non volere accettare la realtà e le sue gambe erano scosse da tremiti incontrollati che non le permisero di reggersi in piedi un secondo di più. Cadde in ginocchio, stordita.
Le parole di Rihito riecheggiavano nella sua mente e facevano breccia lentamente.

L’unico modo per riacquistare la mia antica potenza è riprendermi la vita che ho salvato dodici anni fa.
Il tuo sangue è la risposta.

-Otto giorni…

Ripeté in un sussurro.
Improvvisamente, come se la sua mente si fosse risvegliata da un lungo sonno, si rese conto della situazione: le rimanevano soltanto pochi giorni di vita. Otto giorni e quel bastardo l’avrebbe tolta di mezzo senza tante cerimonie.
No, non poteva permetterlo. Lei non sarebbe morta così. Non avrebbe lasciato che quell’essere la tenesse prigioniera per poi sacrificarla a suo piacimento. Lei non poteva andarsene. Non poteva lasciare la sua famiglia. Non poteva lasciare i suoi amici.
E soprattutto non poteva lasciare lui. Non ancora, non così. Finalmente aveva capito. Si ritrovò a sorridere amaramente per l’ironia della sorte: aveva compreso la cosa più importante della sua vita soltanto quando stava per trovare la morte. Era innamorata di Ranma. E lui non lo sapeva.
Tutte le incertezze, le paure, i dubbi si dissiparono all’istante di fronte a quella nuova consapevolezza. L’aveva sempre saputo, dentro di sé. Aveva sempre custodito quel segreto gelosamente nel suo cuore senza rivelarlo a nessuno, nemmeno a se stessa. Era sempre stata troppo sciocca ed insicura per urlarlo ai quattro venti. Aveva sempre avuto timore che lui potesse ferirla, che potesse mandare di nuovo in pezzi il suo cuore. Aveva già sofferto troppo. La morte di sua madre aveva aperto una ferita che non si era ancora rimarginata e da quel giorno si era chiusa in se stessa. Aveva lavorato faticosamente per forgiare quell’impenetrabile corazza che la schermava da ogni male. Ma lui aveva fatto breccia. Lentamente, a suo modo aveva mandato in pezzi ogni sua difesa. Quando gli aveva permesso di avvicinarsi così tanto? Come era riuscito lui, un ragazzo, a rubarle il cuore? Eppure la verità era lì, da sempre e aspettava soltanto di venire a galla. Le aveva toccato l’anima come mai nessuno era riuscito a fare.
Lo capiva soltanto in quel momento: doveva dirglielo, doveva farglielo sapere. Non poteva andarsene col rimorso di non averlo mai fatto. Quanto tempo aveva sprecato? Quante preziose occasioni?
I suoi occhi si riempirono lentamente di lacrime. I ricordi si riversarono su di lei come un fiume in piena: ogni parola, ogni gesto, ogni litigata e anche quelle poche, indimenticabili occasioni in cui aveva sentito il proprio cuore battere più forte, mentre lui le faceva un complimento o minacciava chiunque le si avvicinasse o metteva in pericolo se stesso per proteggerla.
Chiuse gli occhi e le lacrime presero a scorrere lungo il suo viso. I ricordi facevano male al cuore.
I minuti scorrevano inesorabili e Akane rimaneva lì, in ginocchio a piangere e a sperare ardentemente che Ranma trovasse presto un modo per arrivare da lei, per salvarla. Lui sarebbe venuto, arrivava sempre per lei al momento giusto. L’avrebbe fatto anche quella volta e finalmente lei avrebbe potuto rivelargli quello che aveva taciuto così a lungo.
E se invece lui non ce l’avesse fatta? Se lui non fosse riuscito ad arrivare in tempo? Non poteva sempre contare sul principe azzurro pronto a trarla in salvo. Doveva escogitare qualcosa. Non viveva in una favola, ma nel mondo reale e doveva fare di tutto per proteggersi. Per rivederlo.
Doveva scappare.
Ma come?
Si guardò intorno in cerca di una qualsiasi via d’uscita. Il suo sguardo percorse tutta la stanza per cogliere ogni più piccolo segnale che indicasse una possibile via di fuga. Si soffermò sulle pareti spoglie, il letto, il camino. Non c’erano finestre e l’unica porta era quella dalla quale poco prima era uscito Rihito. Era chiusa a chiave. Allora cosa poteva fare?
Si alzò in piedi e cominciò a prendere a pugni la porta nel tentativo di spalancarla. I suo colpi contro il legno facevano vibrare lievemente l’uscio che non sembrava però volersi aprire affatto. Continuò a colpire per minuti interi sempre più forte, ignorando i graffi e le ferite che si aprivano sulle sue mani per via dell’impatto prolungato contro il legno duro ed il sangue che colava giù e gocciolava sul pavimento. Scossa da singhiozzi incontrollati continuava a colpire e colpire. Nessun risultato. Ma non intendeva affatto darsi per vinta. Prese la rincorsa e si fiondò sulla porte con la spalla, ancora, ancora e ancora. Riprovò lanciando un grido per darsi la carica e l’impatto le fece lanciare un urlo di dolore. La spalla si era slogata. Strinse i denti e con un colpo secco cercò di rimetterla al suo posto. Si morse il labbro fino a farlo sanguinare nel tentativo di non urlare ancora più forte e riuscì a farsi scappare soltanto un gemito di dolore. Col respiro affannoso ad irregolare, stringendosi ancora la spalla destra con la mano, scivolò appoggiandosi alla porta fino al pavimento. I singhiozzi continuavano a scuoterla e la disperazione l’aveva sopraffatta del tutto. “Non riuscirò mai a scappare, non ce la farò mai. Per me è finita. Ranma, ti prego, ti prego sbrigati…”

-RANMAAAA!

******

A centinaia e centinaia di chilometri di distanza, il ragazzo col codino si interruppe nell’atto di richiudere il suo zaino ricolmo di provviste e cambi d’abito. Il suo cuore accelerò i battiti. L’aveva sentita, ne era sicuro. Akane aveva urlato il suo nome. Con un gesto secco richiuse la cerniera, si mise lo zaino in spalla e si precipitò in sala da pranzo, pregando che gli altri fossero già arrivati. Non c’era un secondo da perdere. Che cosa stava succedendo ad Akane? Chissà cosa stava patendo mentre lui era lì a non far nulla e ad aspettare con le mani in mano l’arrivo dei suoi compagni.
Giunto nella sala da pranzo vi trovò Kasumi, seduta al tavolo, lo sguardo perso nel vuoto. Quando lo sentì arrivare la fanciulla alzò lo sguardo e Ranma stentò a riconoscerla. Del dolce sorriso e del viso allegro di Kasumi Tendo, nessuna traccia. Al suo posto un viso stanco, le cui ombre sotto gli occhi facevano risaltare lo sguardo spaventato. Ogni tratto del suo volto era solcato dalla preoccupazione.

-Ranma, stai bene? Sei molto pallido. Vuoi che ti prepari qualcosa?
-No, grazie, non preoccuparti. Sto bene.

“Sto bene.” Chissà perché continuava a ripeterlo a tutti. Non ricordava di essersi mai sentito peggio in tutta la sua vita. Del resto non voleva che famiglia e amici dovessero preoccuparsi anche per lui. Erano tutti già abbastanza in ansia.
Prese un respiro profondo e tornò a rivolgersi alla maggiore delle Tendo.

-Non è ancora arrivato nessuno?
-No, ma non preoccuparti, vedrai che saranno qui a momenti. Perché non ti siedi mentre aspetti?
-No, grazie. Preferisco rimanere in piedi.

Prese a misurare la sala da pranzo a grandi passi mentre Kasumi volgeva nuovamente il viso verso il basso senza più guardarlo. Proprio in quell’istante Nabiki e Ryoga fecero il loro ingresso, e la ragazza dal caschetto castano prese la parola indicando Ryoga col pollice, visibilmente irritata.

-Si era perso. Non riusciva ad arrivare qui. L’ho trovato in bagno.
-M…mi dispiace.

Nessuno si prese la briga di rispondere o di commentare. Nabiki e Ryoga presero posto vicino a Kasumi, che forse non si era nemmeno resa conto del loro arrivo e si ridestò dai suoi pensieri soltanto quando la sorella si rivolse direttamente a lei.

-Kasumi, ma dov’è papà?
-Oh, bè, a letto. Ha la febbre.
-Capisco.

Nessuno prese più la parola. I minuti passavano lenti e Ranma continuava a camminare in tondo, lo zaino già sulle spalle per accelerare il più possibile il momento della partenza. Più passava il tempo, più il ragazzo col codino si innervosiva. “Perché diavolo ci mettono tanto? Accidenti!”

-Ranma, vuoi stare fermo? Mi stai facendo impazzire!

Ranma ignorò il commento di Nabiki. O forse non lo sentì affatto.
Dopo qualche secondo Kasumi si alzò per andare a controllare che il padre stesse bene e i coniugi Saotome entrarono nella sala da pranzo. Genma si sedette nel posto lascito vuoto da Kasumi e Nodoka si avvicinò a Ranma e gli si rivolse con la preoccupazione nella voce.

-Ranma, tesoro, stai bene?
-Si, mamma. Non preoccuparti. È tutto a posto.
-Figliolo, stai attento d’accordo?
-Certo, sta tranquilla.

Finalmente, dopo dieci minuti di attesa, Ukyo li raggiunse. A stento Ranma si trattenne dal prendersela con lei per aver perso tutto quel tempo. Cercò di calmarsi e di resistere all’impulso di partire da solo. Perché la vecchia, Shampoo e Mousse non erano ancora arrivati?
Anche Ukyo, come aveva fatto poco prima sua madre, gli chiese come stava. E anche a lei Ranma diede la stessa, falsa risposta. Sebbene la cuoca di okonomiyaki non sembrasse convinta, si allontanò da lui per avvicinarsi a Ryoga.

-Ranchan sta soffrendo molto.
-Bè, che cosa ti aspettavi? Akane è in pericolo di vita.
-Lo so…è che…non l’ho mai visto così spaventato.
-È di Akane che dovresti preoccuparti! Possibile che stiate sempre a pensare a Ranma?
-Ma che diavolo ti prende? Sono preoccupata anche per lei, cosa credi?
-Si, certo! Non farmi credere che non saresti felice se si levasse di mezzo!
-Ma cosa stai dicendo, Ryoga! Per chi mi hai preso?

La rabbia di Ryoga svanì all’istante e il ragazzo con la bandana sembrò sgonfiarsi sotto gli occhi di Ukyo, che lo guardava sbigottita ed incredula e dalla sua espressione era chiaro quanto le parole di Ryoga l’avessero ferita.
Il ragazzo abbassò il viso e i suoi occhi si velarono di lacrime.

-Ti chiedo scusa. È solo che…ho paura.
-Lo so. Non preoccuparti, ti capisco.

Ukyo pose una mano sulla spalla di Ryoga e il ragazzo la strinse brevemente con la sua per poi alzarsi in piedi ed avvicinarsi a Ranma.
Proprio in quel’istante arrivarono anche Obaba, Shampoo e Mousse.

-Finalmente! Ce ne avete messo di tempo! Possiamo andare adesso?

Senza dargli il tempo di replicare si avvicinò ai suoi genitori e dopo aver abbracciato sua madre e aver salutato gli altri, Ranma uscì nell’aria frizzante del mattino. Lui, Ryoga, Ukyo, Shampoo, Mousse e Obaba lasciarono insieme casa Tendo e si incamminarono in direzione del monte Tsukuba.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Verso il monte Tsukuba ***


Verso il monte Tsukuba Salve a tutti! Eccomi tornata! Mi rendo conto che nell’introduzione del capitolo precedente mi sono spiegata come un libro chiuso a proposito del personaggio assolutamente OOC che troverete. Ho lascito intendere che l’avreste trovato in quel capitolo, invece mi riferivo al settimo. Chiedo scusa per la spiegazione confusa!
Prometto invece che dalla prossima volta ci sarà un po’ più di azione e mi scuso se finora i capitoli sono stati un po’ “morti”.
Adesso passo a ringraziare tutti.

Laila: il tuo commento così dettagliato e preciso mi ha riempito di gioia. Sono davvero felice di riuscire a farti percepire  le emozioni dei personaggi. Credo sia la cosa più difficile per uno scrittore e sapere che ci riesco non può che farmi un gran piacere! Mi fa sempre piacere leggere i tuoi commenti, spero ti farai sentire anche questa volta!

Apple92: addirittura l’hai dovuto leggere due volte? Ma non immagini che piacere mi fa!! A te va un grazie speciale. Sono particolarmente affezionata ai tuoi commenti sempre puntuali e precisi che lasciano anche spazio a qualche critica. Sono felice che la storia ti piaccia!

Robbykiss: spero che continuerai a seguire la storia e a commentare come hai fatto fino ad ora, le belle recensioni sono graditissime! E naturalmente non posso che ringraziarti per avermi messa tra i preferiti…è un grande onore per me!

Littel: grazie per le belle parole! E grazie anche perché trovi il tempo di commentare ogni capitolo…non immagini quanto mi fai felice!

_kaggy_chan_: grazie anche a te per i complimenti! Sono contenta di sapere che ti emoziono e che gradisci il mio modo di scrivere…spero apprezzerai anche questo capitolo e che  recensirai anche questa volta!

Kuno84: che dire? Vedere il tuo nome mi ha fatto felice! Ricevere un commento del genere da te è quanto dire! Mi hai fatto arrossire come un peperone. So bene che il rapimento di Akane di certo non è una novità all’interno delle fanfiction, ma anche la sublime Takahashi lo ripropone più volte all’interno del manga. Così mi sono detta che forse poteva essere utilizzato per la millesima volta, sperando che lo sviluppo sia un po’ più originale. Spero davvero di non deluderti perché tengo infinitamente alla tua opinione! Bè…grazie! Spero commenterai ancora se troverai tempo…

Un grazie specialissimo va anche a Tiger eyes (sono contenta che ti sia ritagliata un  po’ di tempo per me!), a Maryku, che si è appassionata a questa mia fanfiction e mi riempie di complimenti, e naturalmente ad Akane25…la prima che abbia lasciato un commento per questa storia! Spero di risentirvi!
Detto questo vi lascio al capitolo…

Lavs

Capitolo VI
Verso il monte Tsukuba

Il cielo era limpido e terso. Rade nuvole bianche punteggiavano la volta azzurra, come piccole macchie di colore. Piccoli passeri cinguettavano allegramente spiccando il volo dai rami più alti degli alberi, inseguendosi, e le fronde erano scosse da una brezza leggera e piacevolmente rinfrescante. Il sole tiepido del primo mattino irradiava la sua luce e il suo calore. Ma il cuore di Ranma era come raggelato, oppresso da un peso troppo grande da poter sopportare. E Ranma camminava risoluto, in silenzio, focalizzando il suo obiettivo, concentrando ogni sforzo e ogni gesto sull’idea di raggiungerlo al più presto. Un passo dopo l’altro, in silenzio, ripetendo continuamente la stessa frase nella mente, come un litania interminabile.

-Resisti, Akane…resisti, Akane…

E il pensiero di riabbracciarla gli dava la forza di andare avanti. Ignorando la stanchezza, proseguiva senza sosta, guardando dritto davanti a sé. Non avvertiva nulla intorno a lui, né il canto degli uccelli, né la sensazione del vento sulla pelle. Non era nemmeno conscio di dove si trovasse o con chi, indifferente al dolore ai muscoli e alla testa dopo il duro colpo della sera precedente. Ogni pensiero superfluo era stato rinchiuso in un angolo recondito della sua mente per lasciar posto all’unico che contasse davvero in quel momento, il solo che riuscisse a formulare da quando l’aveva vista sparire: salvare Akane.
Nessuno osava rivolgergli la parola. Avevano come la sensazione che Ranma non avrebbe tollerato alcuna distrazione. Ognuno si limitava a seguire il suo esempio, camminando in silenzio.

-Vecchia, quanto pensi che ci vorrà ad arrivare?
-Bè, credo che se procediamo di questo passo due giorni e mezzo dovrebbero bastare.

Ranma non disse un'altra parola. Due giorni e mezzo. Erano molti. Senza contare il tempo che ci sarebbe voluto per impadronirsi del Kami no tanto, per fare ritorno a casa e per procedere con il rituale. Ci sarebbe voluta almeno una settimana. Serrò la mascella con rabbia e strinse i pugni attorno alle cinghie del suo zaino. Akane avrebbe resistito tanto? Cosa le stava succedendo? Non poteva fare a meno di chiederselo continuamente e di immaginare le cose più orribili. “Se quel bastardo osa torcerle anche solo un capello lo ucciderò con le mie mani, lo giuro.”
Camminarono per ore senza sosta. Ranma cominciava ad avvertire segni di irrequietezza tra i suoi compagni, ma non gli importava. Non voleva fermarsi. Dovevano fare presto. Sarebbe andato da solo, se necessario. La cosa non gli importava.
Il sole era ormai alto nel cielo e sentiva la nuca scottare. Il sudore gli imperlava la fronte e cominciava anche lui ad avvertire la stanchezza. Ma cos’era la sua sofferenza in confronto a ciò che sicuramente Akane stava patendo? Doveva proseguire.
Nel mentre Ukyo si fece coraggio e si rivolse a Ranma.

-Ranchan, senti, siamo tutti stanchissimi, che ne dici di fermarci a riposare un po’ e a mangiare qualcosa?

Il ragazzo col codino non si prese nemmeno la briga di voltarsi a guardarla. Chiuse gli occhi un istante come ad invocare una pazienza che sembrava non possedere affatto. Quando parlò, il suo tono era più duro di quanto volesse. Non era riuscito a fare altrimenti.

-No, dobbiamo proseguire. Il tempo stringe.
-Ma, Lanma…

Ranma perse anche quel briciolo di pazienza che gli restava. Ma cosa diavolo avevano in testa quelle due stupide? Credevano che sarebbe stata una gita di piacere, una allegra scampagnata con gli amici? Erano proprio due sciocche. E a giudicare dal suo sguardo e dal modo in cui aveva serrato la mascella e digrignato i denti, anche Ryoga sembrava condividere il suo stato d’animo.

-Sentite, non è un gioco, lo capite? Non stiamo scherzando! Akane è intrappolata chissà dove e chissà cosa sta passando, volete mettervelo in testa?

La voce di Ranma cresceva di volume e di intensità, così come la sua rabbia, facendo trasalire Shampoo e Ukyo. Era la prima volta che si rivolgeva a loro in quel modo. La prima volta che le guardava come se le odiasse davvero. Il suo sguardo era così diverso…sembrava spento e pareva di scorgervi guizzare delle ombre scure. Il limpido azzurro dei suoi occhi era come sparito, cedendo il posto ad un grigio cupo. Come poteva qualcuno cambiare così tanto in così poco tempo? Stentavano tutti a riconoscerlo.
Ryoga si avvicinò a Ranma e gli mise una mano sulla spalla per calmarlo. Era l’unico in grado di capire vagamente cosa lui stesse provando. Ranma chiuse gli occhi, sospirò pesantemente e annuì.
Shampoo e Ukyo avevano chinato il capo, imbarazzate e spaventate dalla furia del ragazzo. Mousse guardava Ranma con una strana espressione, come se non sapesse bene se compatirlo per il dolore che sentiva, o infuriarsi per il modo in cui aveva osato parlare alla sua Shampoo. Alla fine optò per un compromesso, distogliendo lo sguardo da lui.

-Futuro Marito, le ragazze hanno ragione. È meglio riposare un po’. Non possiamo procedere ancora per molto a questa andatura.
-Bene, fate come diavolo volete, accidenti!

Si sedettero all’ombra di un alto faggio poggiando la schiena al tronco e sospirando di sollievo. Ukyo si massaggiava le caviglie e Mousse tentava di fare lo stesso con le spalle di Shampoo, che faceva di tutto per allontanarlo, irritata, e aveva preso a colpirlo violentemente sulla testa con i suoi bombori.
Ranma prese posto lontano da loro. Non aveva alcuna voglia di starli a sentire, né tantomeno di prendere parte ad una qualsiasi conversazione.
La rabbia ribolliva in lui ancora più incandescente di prima, come un veleno letale che corrodeva ogni parte del suo animo. Come poteva essere stato felice di non partire da solo? I suoi presunti compagni erano solo una palla al piede, accidenti. Si sentiva un idiota ad aver acconsentito a portarli con sé. A loro non importava nulla della riuscita della loro impresa, né tantomeno di Akane.
Proprio in quel momento Ryoga si avvicinò a Ranma e si sedette accanto a lui.

-Sono delle stupide, ti capisco.
-L’avevo detto, io. Non avrebbero dovuto venire. Non è roba da donne, questa.
-Avevi ragione.

Ryoga fece una pausa molto lunga, lo sguardo che vagava per le distese verdeggianti senza in realtà vederle. Anche i suoi occhi erano cambiati. Privi di quella luce che solitamente vi albergava, privi del loro abituale ardore e della voglia di affrontare sfide nuove e sempre più impegnative.
Ranma si sentì vicino a lui come mai lo era stato. No. Non era solo lui a voler fare di tutto per riavere Akane. Ryoga era davvero l’unico che potesse capire il suo tormento. E per la prima volta, Ranma comprese quanto grande fosse l’amore di quel povero sventurato. E quanto lo fosse il suo dolore per il non essere corrisposto. In quel momento si capivano davvero. Il tempo dei giochi da bambini era finito. Adesso si trovavano di fronte ad un nemico ignoto e potente e la possibilità che qualcuno potesse perdere la vita era una minaccia che aleggiava sulle loro teste, implacabile.
Strappando Ranma alle sue riflessioni, Ryoga gli si rivolse nuovamente, cercando di non risultare eccessivamente angosciato e di tener ferma la voce.

-Ranma…senti…secondo te come sta? Voglio dire…credi stia bene?

Ranma si incupì. Che domanda…la domanda più spinosa a dire il vero, quella che gli ronzava in testa da ore e che non gli dava tregua, come un insetto fastidioso.
Ryoga stava dando voce alle sue paure più radicate.
Avrebbe dato di tutto pur di conoscere la risposta. Scosse la testa sospirando e si passò una mano tra i capelli, spettinandoli con un gesto esasperato.

-Non lo so. Non so cosa pensare. Stamattina…ho come avuto la sensazione che mi stesse chiamando. Non so come spiegarlo, è stato strano. Ma sono sicuro che stava urlando il mio nome. È viva, ne sono certo. Si, Akane è una ragazza forte. Sta bene.

Deve stare bene…Akane, aspettami, capito? Ti riporterò a casa, stanne certa.”
Ryoga intanto aveva ripreso a fissare il paesaggio, assorto.
E di nuovo un ricordo non richiesto invase la sua mente. Inatteso e per questo più doloroso. Quello sguardo…lo sguardo di Akane prima dell’arrivo di Rihito. Il suo odio. Sentì una stretta al cuore e si costrinse a scacciare quell’immagine dalla mente.
Sentiva terribilmente la sua mancanza. Rievocò i ricordi più belli che avesse di lei, non ultimo il suo sorriso a Jusenkyo, quando aveva riaperto gli occhi e lui l’aveva stretta tra le braccia come a non volerla più lasciare andare. Ed era davvero questo che aveva desiderato. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché il tempo si fosse fermato in quell’esatto istante, in cui tutto sembrava così perfetto, così chiaro, così semplice. Importava solo che loro due fossero lì, con i loro cuori che battevano all’unisono. E allora avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto confessarglielo ma ancora una volta aveva taciuto. E, come tutte le cose belle, anche quel momento era scivolato via come sabbia tra le dita e con esso la magia che creatasi. Era rimasto in silenzio. Di nuovo. Già una volta aveva rischiato di perderla per sempre, eppure come un’idiota continuava a tacere. E adesso questo. Cos’era, una punizione per essere troppo codardo, forse? Se davvero lo era, era troppo severa. Ma di una cosa poteva esser certo: questa volta avrebbe cambiato le cose. Questa volta le avrebbe detto tutto, fino in fondo. E niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
Dopo un pasto veloce e una mezz’ora di riposo, i sei compagni si rimisero in viaggio.
Il paesaggio era sempre lo stesso: foreste interminabili e qualche radura isolata di tanto in tanto. L’unico fattore positivo era che attraverso i boschi il caldo era meno opprimente e le zone d’ombra molto più frequenti.
Shampoo era profondamente irritata. Perché il suo ailen si dava tanta pena per quella ragazza priva di fascino? Era solo un maschiaccio violento, come lui stesso continuava a ripetere, no? E allora perché preoccuparsi tanto? Sicuramente stava benissimo, aveva la pelle dura, lei. L’aveva dimostrato in più di un’occasione.
Si costrinse però ad ammettere che il pericolo questa volta era più grande…si morse il labbro inferiore e volse lo sguardo verso Ranma. Era vero. Non era affatto il solito, spensierato, strafottente Ranma. Non l’aveva mai visto così, possibile?, spaventato. Già, Ranma Saotome aveva paura. Paura che succedesse qualcosa ad Akane. Paura di non rivederla. E lei credeva di sapere perché, anche se ammetterlo apertamente era ben altra cosa.

*******

Il pomeriggio portò con sé una pioggerellina fastidiosa. Ryoga era riuscito a ripararsi appena in tempo sotto il suo ombrello rosso, ma gli altri erano stati meno fortunati. Chiunque avesse guardato nella loro direzione in quel momento avrebbe visto una strana vecchina saltellare su un bastone accanto ad una prorompente rossa vestita alla cinese ed immediatamente dietro un ragazzo con in braccio una gatta, affiancato da una strana tipa con una spatola enorme sulle spalle e un papero tra le braccia. Un gruppetto senza alcun dubbio piuttosto bizzarro.
Ranma accoglieva la pioggia con gioia. Sebbene alla frustrazione già provata si fosse aggiunto il fastidio per essere diventato una ragazza, in quel momento la vide come una benedizione, come se quelle gocce gelide che scorrevano sul suo corpo e scivolavano via potessero portare con loro la sua imperdonabile colpa e lavarla via.  Era colpevole. Colpevole.
Non riusciva quasi a respirare, sentiva come un nodo in gola, impossibile da sciogliere. Impossibile da sopportare. E sforzarsi con tutto se stesso di rimediare, di cancellare il suo errore, era l’unica cosa che lo tenesse in piedi e gli desse una ragione per non lasciarsi andare all’oblio.
Il terreno era diventato fangoso e camminare più difficile e faticoso, ma nessuno si dava per vinto, nessuno intendeva cedere. Temprare la mente e lo spirito. Focalizzare l’obiettivo. Ecco come andare avanti. Al tramonto, tuttavia,  la pioggia cessò di cadere ed il sole fece capolino attraverso le nubi grigie che lentamente si stavano diradando, colorando di un bell’arancio il cielo. Ranma malediceva le sue fattezze da ragazza. Lo rendevano più debole e si stancava con maggiore facilità.
La sera li colse ormai spossati e infreddoliti e finalmente Ryoga spezzò un silenzio che ormai durava da ore.

-Dobbiamo fermarci, Ranma. Con questo buio non arriveremo molto lontano. E poi è il caso che ritorniate normali, non credi? Domattina ci rimetteremo in viaggio.
-Si…d’accordo.

Camminando per quasi cinque minuti si ritrovarono in una piccola radura isolata, circondata dagli alberi: un buon posto per accamparsi e montare le tende. Ranma divideva la sua con Mousse e Ryoga e le ragazze con Cologne.
Accesero un bel fuoco e riscaldarono dell’acqua. Ranma si versò addosso il contenuto di una teiera fumante e avvertì il familiare formicolio, inconfondibile segno che aveva riacquistato le sue solite fattezze da ragazzo. Era stanco e non aveva alcuna voglia di parlare con nessuno. Si sentiva stranamente isolato da tutti, come se una barriera invisibile costituisse un muro invalicabile tra lui e gli altri. Così, dopo aver mandato giù qualcosa da mangiare, diede la buona notte a tutti e sparì nella sua tenda, sebbene fosse certo che non avrebbe dormito affatto.
Mentre si allontanava, Ucchan lo seguì con lo sguardo. Ryoga intanto le si era seduto accanto. Sembrava aver riacquistato un po’ di colore rispetto alla notte precedente, anche se le ombre scure sotto i suoi occhi erano un chiaro segno di quanto dovesse essere stanco e provato.

-Ciao.
-Ciao.
-Allora, come ti senti?
-Sono sfinito…
-Anch’io.
-Sarebbe stato meglio che voi donne foste rimaste a casa. Non è un viaggio adatto a voi. Io lo so bene, non faccio altro che viaggiare!
-Invece sono perfettamente in grado di stare al passo. Sono una ragazza forte, cosa credi?
-Certo, ne sono sicuro, ma per affrontare dei giorni come quelli che ci aspettano non basta essere una ragazza forte.
-Vedrai che ce la farò.

Seguì qualche istante di silenzio, interrotto solo da Shampoo che battibeccava con Mousse che come al solito cercava di dichiararle il suo amore e di abbracciarla, finendo puntualmente pestato dalla cinesina.
Ucchan si guardava le mani strette in grembo. Fece un respiro profondo e parlò ancora.

-Ranchan è così strano…
-Dici? Parli così solo perché tu non eri con noi, in Cina.

Finalmente Ucchan si voltò a guardarlo. Ryoga invece osservava l’ipnotico danzare delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi verdi. Aveva un’espressione terribilmente malinconica e la cuoca provò un moto di affetto inspiegato per il ragazzo con la bandana. Lo sentiva vicino. Forse perché erano simili. Spiriti affini.

-Che intendi dire?
-Ranma è sempre così quando c’è in ballo la vita di Akane.

Ucchan sussultò. Abbassò lo sguardo verso il basso e si portò una mano al petto.
“Allora è vero…Ranma è…”
Questo pensiero e altri simili si affollarono nella mente di Ucchan, accompagnati da un doloroso senso di oppressione al petto. “Non piangere, non piangere Ucchan, sei una ragazza forte.”
E forte lo era davvero. Sentiva le lacrime pizzicare nel tentativo di uscire. Ma le ricacciò indietro. Lei non piangeva. Mai.
Ryoga si distese, incrociando le braccia dietro la nuca ed emise un sospiro appena percettibile. Ukyo cercò di riscuotersi.

-Bè, è normale che si preoccupi, del resto la conosce da tanto tempo…
-No…non è solo questo e tu lo sai. Credo che la sappiano tutti ma nessuno sembra in grado di accettare la realtà, nemmeno Ranma e Akane. Io ormai sono riuscito ad ammetterlo con me stesso. È così evidente…e più che mai lo è stato quel giorno, quando Ranma ha creduto che Akane fosse morta. Se tu ci fossi stata, se avessi visto quello che ho visto io, ti saresti rassegnata. Non riesco a capire come faccia Shampoo a nutrire ancora qualche speranza di conquistarlo. Lei era lì. Ma io sono più furbo, o forse più stupido, o semplicemente più debole, non lo so. In ogni caso ho deciso di andare avanti.
-Andare avanti?
-Devo dimenticare Akane.
-Ma…Ryoga, non credi che ci sia ancora qualche speranza? Magari tra qualche tempo…

Ryoga sorrise, ma non c’era gioia nella sua espressione. Il sorriso più triste che Ukyo avesse mai visto. Si interruppe, dando modo al ragazzo di continuare a parlare.

-Quante volte ci abbiamo già provato? Gli abbiamo anche rovinato il matrimonio! È tutto inutile. Non saremo certo noi a riuscire a dividerli. Non fraintendermi, non è facile per me. Io facevo esattamente questi stessi discorsi qualche tempo fa, ma quel giorno ho aperto gli occhi e da quel momento ho deciso di smettere di illudermi. Perché continuare a farmi ancora più male? Akane non sarà mai mia. È meglio che lo accetti.
-Ma…
-Ukyo, sei una ragazza intelligente. Fai come me, cerca di superarla. Shampoo si rifiuterà sempre di accettarlo, ma so che tu capirai. Lo dico per il tuo bene, cerca di dimenticare.
-Io…
-Non serve parlarne adesso. Ci vorrà del tempo, lo so. Ma, fidati di me, è meglio così.

Ryoga le sorrise impercettibilmente, si alzò in piedi e, dopo averle augurato la buona notte, raggiunse Ranma nella tenda, lasciandola sola davanti al fuoco. Si accorse che anche gli altri erano andati a letto. Ma lei non aveva mai avuto meno voglia di dormire.
Sospirò pesantemente. Ryoga aveva ragione, lo sapeva anche lei. Se n’era accorta da tempo, non era certo stupida. Ma accettare la realtà era un altro conto.
Forse, però, era davvero arrivato il momento di farlo. Si passò distrattamente una mano tra i lunghi capelli castani, spostando lo sguardo verso la tenda dei ragazzi.
E fu allora che giurò a se stessa che avrebbe dato una svolta decisiva alla sua vita. In quel momento si apriva un nuovo capitolo della sua esistenza.

******

Ranma si rigirava nel suo sacco a pelo da ore, senza riuscire a prendere sonno. Aveva sentito Ryoga rientrare, ma aveva finto di dormire. Non voleva essere coinvolto in alcuna discussione. Aveva aspettato finché il respiro del ragazzo con la bandana disteso accanto a lui non si fosse regolarizzato, chiaro segno che si era finalmente addormentato, e poi aveva riaperto gli occhi e si era disteso supino, le braccia incrociate dietro la testa. Avrebbe dovuto dormire, lo sapeva bene. Ma gli risultava impossibile. Non con tutti quei pensieri che gli affollavano la mente impedendole di chiudersi e di trovare finalmente meritato riposo. Era la seconda notte che passava sveglio. Male. Aveva bisogno di recuperare le forze. Serviva che fosse al massimo della forma e pronto all’azione. Ma come smettere di pensare? Per la prima volta da quando si era messo in viaggio iniziò a chiedersi che cosa gli sarebbe toccato affrontare. Obaba e il dottor Tofu avevano detto che la regione di Tsukuba pullulava di demoni.

Non forti quanto Rihito, ma comunque dalla potenza considerevole.

Che cosa significava “dalla potenza considerevole”? Quanto forti?
Pensò ai suoi compagni. Per Obaba non c’era nulla da temere. Lei era un’Amazzone, probabilmente la migliore del suo villaggio, e nel corso della sua vita si era trovata a fronteggiare di tutto. Lui e Ryoga erano senza ombra di dubbio dei buoni combattenti e Mousse non era niente male. Ma Shampoo e Ukyo? Loro erano solo due ragazze. Non che avesse qualcosa contro le donne, ma di sicuro quelle due non erano alla loro altezza. Sarebbero state più d’impiccio che d’aiuto e si sarebbe dovuto preoccupare anche per loro. Del resto era per lui che avevano voluto immischiarsi in quella assurda situazione. Non avrebbe mai permesso che succedesse loro qualcosa. Si sentiva già la coscienza abbastanza sporca. Pregò intensamente i kami perché tutto andasse per il verso giusto e si sforzò di ignorare quella sensazione opprimente al petto che non l’aveva abbandonato nemmeno per un attimo da quando Akane era sparita.
Sfinito, quando ormai mancavano soltanto poche ore all’alba, Ranma chiuse gli occhi evocando ancora una volta l’immagine della sua fidanzata e, immaginando di riaverla tra le braccia incolume, finalmente si addormentò.

******

Quella mattina non erano stati fortunati come il giorno precedente. Il cielo era di un cupo grigio scuro e il sole faticava a riemergere, coperto da una coltre di nuvole che sembrava non avere mai fine. Il paesaggio era mutato. Quella radura che solo il giorno prima gli era apparsa così riparata e confortevole, adesso sembrava ostile e minacciosa, mentre l’ululare del vento che filtrava tra i rami riecheggiava nelle loro orecchie e il rombo improvviso dei tuoni in lontananza li faceva trasalire. La pioggerellina del giorno precedente sembrava volersi trasformare in una vera e propria tempesta. Il freddo pungente aveva costretto tutti ad indossare indumenti più pesanti.
Ranma, nella sua tenda, dopo essersi assicurato che nessuno sarebbe entrato e che sarebbe rimasto in assoluta intimità, tirò fuori dal suo zaino una certa sciarpa gialla donatagli il Natale precedente. Guardò le piccole cifre ricamate su un lato e sorrise. “R.S.” Chissà quanto tempo ci aveva messo a realizzarla, Akane…la prese tra le mani e la dispiegò, osservandola in ogni dettaglio. Certo che era un lavoro pessimo…ma per lui era assolutamente perfetta. Sicuro, con Akane non lo avrebbe mai ammesso, ma quel regalo l’aveva reso felice come mai prima…ogni dettaglio di quel magico giorno era scolpito nella sua memoria, indelebile, e vi aveva indugiato così spesso con la mente che ormai si ritrovava a sorridere semplicemente guardando quella sciarpa. Quante volte aveva riportato alla mente il volto di Akane a breve distanza dal suo? Quante volte aveva rivisto i suoi splendidi occhi scuri velati di…desiderio? Non osava crederci…anche se lo sperava con tutto se stesso. Sarebbe stato così semplice in quell’istante annullare la distanza che li separava…così incredibilmente, meravigliosamente facile…
Si riconcentrò sulla sciarpa che stringeva ancora tra le mani. Era diventata il suo tesoro più prezioso. Difficile separarsene, soprattutto in un momento come quello. Per cui portarla con sé gli era sembrata la cosa più giusta. Per avere accanto un pezzetto di Akane.
Ranma sollevò la sciarpa e vi affondò il viso, nella flebile speranza di poter cogliere il dolce profumo fruttato di Akane, ben sapendo che, però, era del tutto inutile. Con un sospiro, se la mise al collo e uscì dalla tenda raggiungendo gli altri che lo aspettavano.

******

La pioggia giunse, spietata ed incessante. Fredda e pungente, frustava i loro corpi, implacabile, gelando le membra ed intirizzendo le menti. Questa volta nessuno scampò alla furia della tempesta. Ranma, carico dei bagagli di Ryoga e di Mousse e per di più in forma di ragazza, trascinava i piedi nel terreno fangoso facendo attenzione a non scivolare. E pensare che da bambino amava così tanto la pioggia…quel buon odore che accompagnava i temporali l’aveva sempre messo di buon umore. Incredibile che adesso associasse quello stesso odore ad una disgrazia imminente.
Al suo fianco Cologne saltellava arzilla sul suo bastone, quasi la tempesta che infuriava non le facesse alcun effetto, e Ucchan arrancava nella loro scia, stremata dal freddo, bagnata fino alle ossa e provata dall’ulteriore peso che era costretta a portare: il bagaglio di Shampoo. La cuoca di okonomiyaki strinse i denti, ben decisa a non farsi sfuggire nemmeno un gemito dalle labbra. Non avrebbe mostrato alcun cenno di cedimento. Avrebbe dimostrato a tutti che era una ragazza forte. Ryoga si sarebbe rimangiato le sue accuse, gliel’avrebbe fatta vedere lei. Lo avrebbe costretto ad ammettere che aveva torto, che lei era perfettamente in grado di stare al loro passo. Le sue parole continuavano a rimbombarle nella mente.

Per affrontare dei giorni come quelli che ci aspettano non basta essere una ragazza forte.

No! Lei era perfettamente all’altezza. Se pensavano che avrebbe lasciato Ranchan da solo ad affrontare quel disastro…si interruppe, impedendo al pensiero di continuare a formularsi. Chi voleva prendere in giro? Ranma non aveva alcun bisogno di lei. Probabilmente sarebbe davvero stato meglio se lei non fosse venuta. Avrebbe avuto qualcuno in meno di cui preoccuparsi. L’unica cosa che davvero contava per lui era riavere Akane.
Senza volerlo richiamò alla mente altre parole di Ryoga, quelle che facevano più male al cuore, quelle più temute e più odiate e proprio per questo più vere.

Ranma è sempre così quando c’è in ballo la vita di Akane.
Non saremo certo noi a riuscire a dividerli.

“Sono davvero una sciocca…”
Aveva gettato alle ortiche due anni della sua vita inseguendo un amore impossibile, vagheggiando una storia d’amore senza fine, bramando l’amore di Ranma…eppure una piccola, obiettiva parte di lei era sempre stata conscia della realtà. E quel barlume di consapevolezza era stato troppe volte ignorato, troppe volte messo a tacere. Solo ora capiva quanto avesse sbagliato. Le aveva provate tutte per conquistarlo. Ma lui aveva sempre avuto occhi solo per Akane, considerando lei solo come un’amica d’infanzia. E questo non sarebbe mai cambiato.
Per la seconda volta in poche ore, Ucchan sentì gli occhi bruciare e la vista ricominciare ad annebbiarsi. Lo sforzo per trattenere le lacrime questa volta non fu abbastanza. Si riversarono liberamente sulle sue guance, mescolandosi con le gocce di pioggia autunnale che continuavano a cadere. Le sfuggì un singhiozzo che si disperse nell’ululato del vento ma che fu percepito da Ryoga, stretto tra le braccia di Ukyo nelle vesti del piccolo porcellino nero di Akane. Alzò il musetto per vedere il viso di lei rigato di lacrime. Non l’aveva mai vista piangere. Non seppe per quale ragione quello lo colpisse con tanta forza al momento, eppure non poteva distogliere lo sguardo dal suo volto in lacrime. E, per qualche strano motivo, sentì una dolorosa fitta al cuore.
Distolse lo sguardo. Non voleva che sapesse che la stava guardando, né che lei si sentisse a disagio. Soprattutto quel giorno, il giorno in cui Ucchan aveva scoperto la sua doppia vita.
Per la prima volta si era trasformato di fronte a lei. E, incredibilmente, Ukyo non aveva fatto una piega. Non lo aveva deriso, né preso in giro. Semplicemente, aveva sorriso e detto: “Ora capisco tante cose.”
Era davvero una ragazza speciale. Strano che non avesse ancora trovato un ragazzo. Chiunque fosse diventato il suo fidanzato, sarebbe stato un uomo molto fortunato, si ritrovò a pensare…

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il tentativo di Akane ***


Il tentativo di Akane Hello!!! Eccomi qui…ma siamo già arrivati al settimo capitolo? Ma come ho fatto? Chi l’avrebbe mai detto! Bè…ho paura per questo capitolo! Solo una richiesta: siate clementi!
Vorrei passare a ringraziare tutti, come mio solito.

Akane25: grazie per i complimenti! E anche per avermi detto dell’ordine dei capitoli (non so se hai letto il post che ho lasciato su n di nibunnoichi, per cui te lo dico anche qui!). Spero mi darai il tuo parere anche su questo capitolo!

Devilmaycry: grazie tante per avermi lasciato un commento! E anche per i complimenti. Mi fa un piacere immenso che anche tu abbia deciso di dirmi il tuo parere, se ti va fallo anche questa volta! Dal mio canto, spero di non deluderti…

Laila: ma tu mi lusinghi! Sono contentissima che tu faccia di tutto per commentare! Spero di meritarmelo davvero…e sono contenta che ti sia piaciuto come ho reso Ukyo e Ryoga, ho cercato di prestarci la massima attenzione. Ancora grazie e aspetto il tuo parere anche per questo capitolo!

Kuno84: senpai carissimo! Mi fa piacere vedere che hai commentato anche questa volta. E soprattutto vedere che apprezzi! Hai centrato il punto: la psicologia dei personaggi è la cosa alla quale presto la maggiore attenzione, spero di riuscire sempre nel mio intento! Ancora tante grazie per il bellissimo commento! A presto, spero.

Maryku: Non preoccuparti se mi ripeti sempre che scrivo bene, i complimenti non possono che farmi piacere!! Fidati, non ti odio affatto! Grazie davvero…

_kaggy_chan_: sapere che ti trasmetto le emozioni dei “miei” personaggi è la più grande delle soddisfazioni…se poi mi dici addirittura che una lacrimuccia c’è scappata!

Robbykiss: Grazie, grazie e ancora grazie! Spero tanto che anche questo capitolo ti piacerà…aspetto il tuo commento!

Apple92: ma è un poema davvero! Ma proprio per questo mi fa ancora più piacere. Direi che hai ripercorso un po’ tutti i punti chiave del capitolo. E i tuoi complimenti mi fanno sempre tanto piacere! Sono davvero tanto affezionata ai tuoi commenti, non so se te l’ho già detto! Grazie!

Littel: la scena della sciarpa…ah si, devo ammettere che quella è una di quelle che preferisco! Sobno contenta che ti sia piaciuta! Non era premeditata, ma mi è venuta in mente e mi sembrava carino inserirla…grazie tante per i complimenti!

Capitolo VII
Il tentativo di Akane

Aspettare.
Aspettare senza poter fare altro.
Aspettare con le mani in mano. Impotente.
Inconcepibile per una come lei, sempre pronta all’azione, lei che risollevava sempre la situazione con le sue idee brillanti. Lei che si manteneva sempre fredda e distante. Lei, attenta calcolatrice.
Eppure era lì, sola, e aspettava. Come quel giorno lontano, di dodici anni prima…
Seduta al tavolo del soggiorno seguiva con lo sguardo le gocce di pioggia infrangersi sulla superficie del laghetto del giardino, disegnando piccoli cerchi che andavano via via ampliandosi. Il tamburellare della pioggia riempiva le sue orecchie che non riuscivano a percepire più alcun suono e l’odore umido della pioggia le invadeva le narici, inebriando e intorpidendo i sensi, facendo vagare la mente e proiettandola a molti anni prima…

Piove…
Piove ma non se ne accorge…
Non sente i vestiti che aderiscono al suo corpo quasi fossero una seconda pelle…
Non si accorge dei capelli zuppi sul viso.
Non si preoccupa delle lacrime che solcano le sue guance.
Mentre guarda quella lapide nella sua mente si fa strada una sola ed unica consapevolezza.
Lei se n’è andata per sempre.
Non tornerà.
Non rivedrà mai più il suo dolce sorriso gentile.
Non sentirà più la sua voce melodiosa chiamarla per nome, affettuosamente.
Non avvertirà più il calore del suo corpo mentre la stringe in un abbraccio.
Non si inebrierà più del suo profumo fruttato…
Così simile a quello di Akane…

Nabiki si riscosse dai suoi pensieri, come fulminata.
Erano anni che non riviveva quei momenti. Da tanto tempo aveva deciso di non indugiare più su quei ricordi. Eppure la pioggia tendeva sempre a richiamarli, in qualche modo. Ma aveva imparato che era meglio scacciarli nel momento stesso in cui minacciavano di invadere la sua mente. Faceva meno male…eppure, anche a distanza di tutti quegli anni, il volto di sua madre esplodeva ancora nitido nella sua mente proprio come se fosse davanti a lei. Ricordava quel suo modo di canticchiare mentre stendeva il bucato, la sua espressione felice mentre preparava loro da mangiare, lo sguardo amorevole che rivolgeva al marito e il modo in cui le brillavano gli occhi mentre insegnava a Kasumi a cucinare o mentre guardava lei contare eventuali profitti con la calcolatrice o incitava Akane che si allenava nelle arti marziali.
Semplicemente non aveva mai smesso di amarla. Non l’aveva dimenticata, né mai l’avrebbe fatto.
La pioggia continuava a cadere, incessante, con sempre maggiore intensità. Nabiki si alzò da tavola e uscì in giardino.
Chiuse gli occhi, percependo come unica sensazione le gocce sulla sua pelle, fredde come il ghiaccio.
Davanti agli occhi rivide la lapide di sua madre.
E il pensiero volò immediato ad Akane…non sarebbe riuscita ad essere forte se avesse perso anche lei, lo sapeva. E non poteva permetterselo. Il suo ruolo sul palcoscenico era ben definito. Era impossibile modificare il copione. Doveva sempre e comunque rimanere la ragazza impassibile, la figlia forte, la spalla su cui piangere. Era stato così anche quella volta. Ma lo sentiva nel suo cuore. Questa volta non avrebbe retto…aveva maledettamente paura per sua sorella.
Una lacrima scese lenta sul suo viso, indistinguibile tra le miriadi di gocce che continuavano a cadere. Era così liberatorio stare lì. Sfogarsi dopo…quanto? Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva pianto? Non ricordava. Era comunque troppo. E allora perché non lasciarsi andare, per una volta? Del resto era sola, lì…totalmente sola…

-Nabiki Tendo, ma che accidenti stai facendo?

Quella voce…l’ultima che si sarebbe aspettata di sentire. Perché proprio lui doveva trovarla in quelle condizioni? Sobbalzò sentendo il cuore accelerare i battiti. Doveva ricomporsi alla svelta.
Si voltò pronta ad affrontare il nuovo arrivato. Il volto di pietra ma il cuore in tumulto.

-Kuno, che ci fai qui?
-Sono venuto a trovare la dolce Akane Tendo, naturalmente.

Il cuore di Nabiki fu attraversato da una fitta dolorosa al suono di quel nome. Ma ancora una volta nulla riuscì a trasparire dalla sua espressione.
“Brava Nabiki. Continua così, non ti arrendere. Non puoi mostrarti debole. Non devi. Liberati di questo scocciatore, adesso. Andrà tutto bene. Sei una ragazza forte, giusto? Continua a dimostrarlo.”
Ma niente sembrava più difficile in quel momento.
Eppure avanzava sotto la pioggia in direzione di Kuno, ostentando la sua solita aria di fredda superiorità.
Lo raggiunse in soggiorno. Rabbrividì intensamente, rendendosi conto di avere freddo e si pentì di quella sua azione avventata, preoccupata di come avrebbe potuto giustificarsi con Kuno che l’aveva trovata in quello stato, sotto la pioggia. Ma per sua fortuna, il ragazzo non sembrava più preoccuparsene. Volgeva lo sguardo di qua e di là, come se fosse in cerca di qualcosa. O più probabilmente di qualcuno.
Nabiki sospirò impercettibilmente e si preparò ad affrontare il compagno.

-Akane non è qui.
-Non è qui? Come sarebbe? E dov’è andata con questo tempo?

Nabiki si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore. E adesso che cosa si inventava? Voleva liberarsi di quello scocciatore al più presto. Non aveva voglia di avere a che fare con lui e con le sue pazzie. Non in quel momento. Il suo cervello si mise in moto, lavorando frenetico per partorire una scusa adeguata alla situazione, che la liberasse da Tatewaki Kuno al più presto. Ma nessuna idea geniale le soggiunse alla mente, che sembrava come intorpidita. Era sconcertata ed incredula. Lei, Nabiki Tendo, non riusciva a risolvere la situazione.
Fu costretta a riprendersi in fretta dallo shock, che pure l’aveva sconvolta nel profondo. Si rese conto che Kuno era in attesa di una risposta e che la guardava con un misto di curiosità e di sospetto. Prima che la seconda delle Tendo potesse aprir bocca per dare una risposta improvvisata a Kuno, il ragazzo riprese a parlare, strabuzzando gli occhi con fare teatrale.

-Non sarà uscita col maledetto Saotome? È così, non è vero?

Ed impugnata la sua spada di legno iniziò a guardarsi nervosamente intorno, come se quei due potessero sbucare all’improvviso da un angolo in chissà quali pose compromettenti.

-Maledetto Ranma Saotome, te la farò pagare, è una promessa! Plagiare una fanciulla dolce e delicata come Akane Tendo! Questo è un affronto! Pagherai con la vita, lo giuro! Maledetto!!!

Nabiki non fece nulla per contraddirlo. Se questa convinzione avesse portato Kuno fuori da casa sua, non aveva intenzione di chiarire il malinteso. Sperava con tutta se stessa che il ragazzo corresse fuori urlando come un pazzo, diretto chissà dove. La cosa non le importava affatto. Tutto purché sparisse immediatamente dalla sua vista.
Ma con suo enorme disappunto, Kuno rimase esattamente dov’era.

-Dove sono andati?
-Loro…

Inutile, non riusciva davvero a pensare a nulla. La sua mente era troppo concentrata sul pensiero della sua sorellina e le urla isteriche di Kuno la stavano facendo uscire di senno.
Improvvisamente il ragazzo le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle, scrollandole con violenza.

-Parla, Nabiki Tendo!

E la frustrazione aveva passato il limite, anche per una come lei. Le lacrime iniziarono a bagnarle le guance, inarrestabili. Non riuscì a far nulla per fermarle, sebbene ci stesse provando con tutte le sue forze. Era disgustata da se stessa per il modo in cui si stava lasciando andare. Incredula. E questo non faceva che peggiorare le cose e far scendere le lacrime ancora più copiose.
Kuno si ritrasse da lei come scottato. La guardava confuso ed incredulo tanto quanto lei.
Ma chi era quella ragazza che gli stava di fronte? Di certo non Nabiki Tendo. Lei non aveva sentimenti. O si?

-M…ma…che succede? Mi…mi dispiace, non volevo! Ti…ho fatto male?

Per tutta risposta Nabiki abbassò il viso per nascondersi alla vista, mentre altre stille salate le rigavano le guance. Non un singhiozzo le sfuggì dalle labbra. Il suo era il pianto silente di chi non riesce più a contenere il dolore. Perché doveva perdere ad una ad una tutte le persone che le erano più care? E perché diavolo quell’idiota doveva vederla in quello stato pietoso? La rabbia e l’amarezza prendevano la forma di lacrime e continuavano a cadere.
Kuno si avvicinò di nuovo a Nabiki e le mise le mani sulle spalle. Con dolcezza quella volta.
Non poteva averle fatto così male…e allora…che stava succedendo?

-Che…che ti prende?

Nabiki non riusciva a rispondere. Non aveva la forza di mentire, ma neppure di rivivere e raccontare gli eventi degli ultimi due giorni.
Soltanto dopo alcuni minuti riuscì a placare il suo pianto, ma continuò a guardare il pavimento, senza aver il coraggio di alzare lo sguardo ed incontrare quello di Kuno, vergognosa di se stessa e di come si era scoperta di fronte a lui. Vergognosa del suo giudizio.
Intanto Kuno continuava a stare chino su di lei, preoccupato e in attesa di una risposta. Doveva essere successo qualcosa di grave, altrimenti come spiegare una tale reazione da parte di Nabiki Tendo?
La seconda delle Tendo si decise finalmente a parlare. Non riusciva più a reggere quella situazione. Doveva essere completamente impazzita. Aveva davvero pianto? E per di più davanti a Kuno? E adesso cosa gli diceva? Cosa poteva inventarsi? Se Kuno l’avesse detto a qualcuno…
Dopo essersi asciugata il viso con il dorso della mano con un gesto rabbioso, si alzò in piedi e tentò di ritrovare i suoi modi glaciali.

-Akane non è uscita con Ranma.
-Ah no? E dov’è andata, allora?
-Sediamoci.

Ma perché accidenti doveva dare spiegazioni a quell’idiota? Perché non poteva starsene tranquilla per conto suo? Sospirò.
A quel punto si era scoperta troppo. Doveva per lo meno giustificarsi.
Presero posto al tavolo del soggiorno. Nabiki fece di tutto per evitare di guardarlo negli occhi. Aveva paura di ciò che avrebbe potuto leggervi.

-Ma che succede?
-Vedi…Akane…lei…non so quando tornerà.
-Ma dov’è andata?
-È stata rapita.

Un silenzio attonito accolse le parole di Nabiki. Kuno la scrutò con attenzione. Che fosse una tattica organizzata al fine di coprire la fuga di Akane Tendo con l’odiato Ranma Saotome? Possibile. Del resto era risaputo che Nabiki Tendo fosse una bravissima attrice. Ma poteva esserlo davvero fino a quel punto?
Guardandola negli occhi, Kuno riuscì a darsi una risposta.
“No.”

-Ma…è terribile…come…chi…? La salverò io! Dolce Akane, aspettami! Ti troverò e ti porterò in salvo! Io, Kuno Tatewaki, il tuono blu del Furinkan, abbatterò qualunque ostacolo per ricondurti tra le mie braccia! Allora, cos’è successo? Dov’è?
-È una lunga storia, Kuno.
-Raccontami tutto Nabiki Tendo! Ucciderò con le mie mani il vigliacco che ha osato fare un simile torto ad Akane!

Nabiki era profondamente irritata. Kuno si comportava sempre come un’idiota. Ma perché accidenti non si era inventata qualcosa? In ogni caso a quel punto decise che era più facile raccontare. Non aveva altra scelta. E allora gli disse dell’incontro di suo padre con Rihito, avvenuto dodici anni prima, gli parlò del patto, dello youkai e del suo ritorno per rapire Akane. Ad ogni parola di Nabiki, Kuno strabuzzava di più gli occhi che ormai minacciavano di voler fuoriuscire dalle orbite. Di tanto in tanto provava ad intervenire, ma lei non gliene diede la possibilità. Scoprì che era più facile parlare se nessuno la interrompeva. Scoprì persino che parlarne la faceva stare meglio. Chi avrebbe mai immaginato che avere una conversazione con Kuno fosse così facile? Eppure aveva difficoltà ad aprirsi con chiunque…
Quando iniziò a raccontare della spedizione di Ranma e degli altri sul monte Tsukuba, Kuno si infuriò.

-COSA?!? Sono andati senza di me? Come hanno osato lasciare indietro il grande Kuno Tatewaki, il tuono blu del Furinkan?
-Kuno, accidenti a te, e piantala! È una cosa seria! C’è in ballo la vita di mia sorella!

Perché quel ragazzo non riusciva a rimanere serio per più di tre minuti? E dire che fino a qualche secondo prima andava tutto bene…si era sentita perfino un po’ meno sola. E ora Kuno ricominciava a fare l’idiota.
Come in risposta ai suoi pensieri, Kuno assunse un’aria mortificata e chinò il capo.

-Scusa, hai ragione. Ma di certo con le mie innate abilità avrei sbaragliato qualsiasi avversario in un baleno!
-Sai anche tu che saresti stato solo d’impiccio.
-Che cosa vorresti insinuare, Nabiki Tendo?
-Che non puoi nemmeno sognare di paragonarti a Ranma, Ryoga o Mousse.
-Come ti permetti…?
-Oh andiamo! Smettila di prenderti in giro! Non vedresti la verità nemmeno se ci andassi a sbattere contro! Possibile che tu sia così ottuso? Sempre lì a sfidare Ranma per conquistare il cuore di Akane! Vuoi capirlo che non hai nessuna speranza di sconfiggerlo? Né tanto meno di conquistare lei!
-Ma cosa dici? L’amore della dolce Akane nei miei confronti è immenso! È grande e puro come…
-SMETTILA!

Perché se la stava prendendo tanto? Chi se ne importava se a Kuno piaceva vivere nel suo mondo di illusioni? Di certo non era affar suo!
Anche Kuno sembrava un po’ perplesso. La guardava come non aveva mai fatto, come se si rendesse conto per la prima volta della sua esistenza. E non capiva perché gli dicesse tutte quelle assurdità. Doveva essere proprio sconvolta. Naturalmente la dolce Akane era innamorata di lui. Così come la ragazza col codino.
O no?

-Nabiki Tendo…
-Sei la persona più stupida che conosca! Mi dai ai nervi! Possibile che non tu non capisca che il cuore di Akane batte solo per Ranma? È sempre stato così, non te ne rendi conto?
-Ma…cosa dici?
-Pensaci! Pensa! Quando mai Akane ha accettato la tua corte spudorata? Mai! Ma tu stai sempre lì a fare la figura dell’idiota e a farti maltrattare da lei!
-Ma…
-Lo sai che è così! Apri gli occhi, Kuno! Inizia a vivere con i piedi per terra!
-Ma…
-Và via. Voglio rimanere da sola.

Kuno continuò a fissarla incredulo, ma non si mosse. Allora era questa la vera Nabiki Tendo? Provava davvero sentimenti come tutti i comuni mortali. Provava rabbia e dolore come chiunque al mondo. Come lui in prima luogo. Lui che era sempre stato solo, con quella pazza di sua sorella come unico legame.
Strano. Per la prima volta nella sua vita, aveva avuto una vera conversazione con qualcuno. Era piacevole. Apprezzò a fondo il fatto che Nabiki Tendo fosse lì con lui. Forse…forse non era poi così male…
Osservando il suo sguardo risoluto decise di accontentarla. Si alzò con l’intenzione di lasciarla sola.

-D’accordo, me ne vado. Ma tornerò a parlare con te uno di questi giorni, puoi contarci.

Nabiki lo guardò andar via con il cuore che batteva un po’ più veloce del normale.

Tornerò a parlare con te.

Diceva sul serio? Sarebbe tornato davvero per lei?
Guardandolo andar via scoprì di non volere affatto rimanere da sola. Ma non lo richiamò. Non aveva voglia di fargli credere di aver bisogno di lui. Perché non era affatto così, no?
E allora come mai provava l’impulso di fermarlo?
Con la mente affollata di pensieri, si diresse al piano superiore con la precisa intenzione di farsi un bel bagno caldo e rilassante.

********

Sola in quella maledetta prigione, Akane camminava avanti e indietro riflettendo intensamente. Aveva preso una decisione: doveva assolutamente scappare da quel luogo. Non poteva starsene con le mani in mano. Era necessario un intervento tempestivo. Dato che l’unica via d’accesso alla stanza che occupava nel palazzo di Rihito era quella porta che veniva sempre tenuta chiusa a chiave, si rese conto che doveva elaborare una strategia per tentare di fuggire. In quei primi due giorni passati lì, aveva osservato e ascoltato quanto più possibile e si era fatta un’idea generale. La porta della sua stanza si apriva solamente tre volte al giorno per permettere ad uno dei servi di Rihito di portarle da mangiare. Non c’erano guardie a sorvegliarla. Gli unici abitanti del palazzo erano lei, lo youkai e i suoi servi. Dato che questi ultimi non sembravano addestrati a combattere, Akane si disse che forse poteva avere una possibilità di scappare. Notò che una volta al giorno, proprio poco prima che le portassero il pranzo, Rihito lasciava il palazzo. Dato che la sua stanza era proprio in cima alle scale che fiancheggiavano il grande portone di ingresso, poteva udirlo aprirsi e sentire la voce di Rihito che impartiva ordini ai suoi servi da eseguire in sua assenza. In quei momenti il palazzo era assolutamente sguarnito. Forse quando le avessero portato il pranzo, poteva superare il servo dello youkai, raggiungere il portone d’ingresso e una volta fuori tentare di lasciare l’Aldilà.
Non era un piano molto ben congegnato, lo sapeva bene. Ma i tempi erano stretti e non aveva intenzione di non far nulla. Per cui decise che avrebbe agito proprio quel giorno.
Continuava a percorrere la stanza a grandi passi, sperando con tutta se stessa che nulla andasse storto. Il cuore le martellava in petto e, sebbene prendesse respiri profondi nel tentativo di calmarsi, non ci riusciva. Era difficile tentare di stare tranquilli quando si rischiava la vita.
Chissà cosa stava facendo Ranma in quel momento… Chissà se stava bene. Sicuramente si. Sicuramente stava cercando un modo per tirarla fuori da quell’accidenti di posto. Sempre ammesso che adesso avesse scoperto dove si trovava. “Ranma…sto per raggiungerti. Devo farcela per te. Devo assolutamente rivederti.”
Il rumore della chiave che girava nella toppa la fece sobbalzare. Il tempo sembrò dilatarsi a dismisura mentre si voltava verso l’uscio che si spalancava con esasperante lentezza, lasciando intravedere degli occhi rossi animati da uno scintillio sinistro. Come in uno stato di sogno, Akane corse verso la porta che si era ormai spalancata e colpì con un calcio il piccolo demone che aveva di fronte, che si riversò sul pavimento con un’espressione confusa e lasciò cadere il vassoio, sparpagliano riso in bianco su tutto il pavimento. Con una velocità sorprendente, la piccola figura si rialzò e prese Akane per una caviglia, facendole perdere l’ equilibrio e rischiando di farla rovinare sul pavimento, ma Akane riuscì ad evitare la caduta dandosi una spinta con le mani. Con l’altra gamba sferrò un calcio potente e preciso sul naso del piccolo youkai, rompendoglielo. Il sangue iniziò a riversarsi copioso sul suo viso, riempiendogli la bocca e soffocandolo e l’omino si portò le mani sulla parte lesa, nel tentativo vano di fermare l’emorragia. Il suo urlo di dolore gelò il sangue nelle vene di Akane, che lo fissò momentaneamente sconcertata. Si sentì in colpa per il suo gesto, pentendosi immediatamente dopo. Quel bastardo era colpevole tanto quanto Rihito. Meritava di peggio. Rendendosi poi conto di stare perdendo del tempo prezioso, si voltò verso la porta e la varcò, correndo a perdifiato. Si precipitò verso le scale e notò un centinaio di piccole figure provenienti da ogni ala del castello riversarsi nella sala d’ingresso. Altri le stavano alle calcagna nel tentativo di raggiungerla. Una ventina di loro si erano posizionati di fronte al portone, difendendolo. Forse Rihito li aveva allertati sull’eventualità di un tentativo di fuga da parte sua. O forse erano stati messi in allarme dalle urla del piccolo youkai nella sua stanza. In ogni caso non aveva importanza. Li avrebbe superati tutti e sarebbe uscita da quel palazzo. Sarebbe tornata a casa. Sarebbe tornata dalla sua famiglia e da Ranma.
Traendo coraggio da quel pensiero continuò a correre mentre cinque piccoli youkai si avventavano su di lei. Con un balzo riuscì ad evitarli e li mandò a cozzare contro i gradini con una violenza inaudita. Seppe che non potevano essere rimasti illesi dopo un impatto tanto violento, ma non se ne preoccupo né si voltò a guardare, dato che altre piccole figure le stavano balzando addosso. Con un pugno ne mise uno al tappeto, ma altri tre stavano per colpirla. Riuscì ad evitarne due, ma il terzo affondo nelle carni di Akane i suoi artigli, affilati come rasoi, lacerandole la spalla. Il sangue schizzò il pavimento ma lei non si fermò, strinse i denti e soffocò un urlo. Corse più veloce, rendendosi conto che non poteva batterli tutti. La sua unica possibilità era provare ad evitarli. Corse a perdifiato, facendosi strada tra quell’orda di demoni che la attaccavano da ogni dove, colpendo con violenza inaudita quelli che si avvicinavano troppo, senza preoccuparsi della loro sorte. Nuove ferite si aprivano sulle sue braccia e sulle gambe. I suoi abiti erano macchiati di sangue ma non le importava. Non si preoccupava del dolore, né vedeva il sangue sgorgare dai suoi tagli.
Aveva raggiunto il portone.
Allungò le mani afferrando un battente di metallo e tirò con tutte le sue forze.
Niente.
Il portone rimase chiuso. Riprovò ancora mentre i piccoli demoni si arrestarono, osservando divertiti i suoi vani tentativi.
“No. No, non è possibile. Deve aprirsi. Deve.”
Tentò ancora e ancora. Non voleva darsi per vinta. Non poteva. Doveva tornare a casa.
Improvvisamente il dolore lancinante provocato dalle sue ferite si riversò su di lei insieme alla sconcertate realtà.
“Sono in trappola.”
Proprio in quell’istante, il portone si spalancò. Akane sgranò gli occhi mentre un’espressione gioiosa si dipinse sul suo volto. Forse poteva ancora salvarsi!
E la gioia si trasformò in orrore, quando vide chi aveva davanti.
Rihito era tornato. Posò lo sguardo indifferente sui corpi ammassati sulla scale e sui piccoli youkai alle spalle di Akane, alcuni illesi, altri feriti più o meno gravemente. Soltanto all’ultimo si volse direttamente verso Akane. Sorrise.

-Sapevo che ci avresti provato. Devo ammetterlo, hai del fegato per essere un semplice essere umano.
-VOGLIO ANDARMENE!
-Impossibile. Il portone del mio palazzo si apre soltanto dietro mio comando. E ovviamente io non ho alcuna intenzione di lasciarti andare. Risparmiati questi penosi tentativi, sono inutili. Finirai soltanto per ferirti ancora di più. Se ti dovesse venire in mente di riprovarci sappi che te la vedrai direttamente con me.

Rihito si avvicinò a lei fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo viso. Akane deglutì spaventata e si ritrasse d’istinto. Il demone la prese per un polso e la costrinse a seguirlo. La stava riconducendo nella sua stanza. Sebbene Akane provasse a resistere in tutti i modi non riusciva ad opporsi. Rihito era troppo forte. E il dolore che provava le rendeva tutto ancora più difficile. Si accorse solo in quel momento di quanto sangue stesse perdendo. Ma non le importava. A quel punto nulla aveva più importanza. Sarebbe rimasta intrappolata in quel luogo fino al momento del su sacrificio. Tanto valeva morire dissanguata. Almeno non avrebbe dato soddisfazione a quel maledetto bastardo.

-Kensu.
-Si padrone, ai suoi ordini!
-Vieni con noi. Dovrai occuparti delle ferite di questa donna.
-Ma…signore…

Il piccolo youkai chiamato Kensu era chiaramente atterrito all’idea di trovarsi da solo con Akane. Aveva riportato una brutta contusione alla gamba a seguito di un calcio della giovane Tendo e faticava a camminare. Esitò un attimo di troppo. La sua insolenza gli costò caro. Rihito lo guardò con espressione indecifrabile prima di alzare lentamente il bracco e concentrare la sua energia nel palmo della mano, fino a formare una sfera incandescente di un giallo accecante. Fu un attimo. Senza che Kensu avesse nemmeno il tempo di tentare di fuggire, Rihito scagliò la sfera che si diresse ad incredibile velocità verso il piccolo youkai. La sua espressione terrificata fu l’ultima cosa che Akane vide prima che la luce della sfera la accecasse. Chiuse gli occhi per riaprirli soltanto quando il bagliore si era diradato, ma desiderò non averlo mai fatto. Del piccolo Kensu era rimasto soltanto un mucchio di ossa e brandelli di carne.
Il puzzo di carne bruciata le riempì le narici provocandole conati che riuscì a stento a reprimere. Distolse a fatica lo sguardo da quella vista mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
Quel maledetto era un mostro. Aveva ucciso brutalmente uno dei suoi servi solo per una piccola esitazione. L’aveva tolto di mezzo senza pietà. Si ritrovò a provare pena per la misera fine di quel piccolo demone.

-Josetsu.
-Eccomi, padrone.

Josetsu non fu tanto stupido da disobbedire, né diede alcun segno di tentennamenti di fronte alla richiesta di Rihito. Inchinandosi profondamente, si distaccò dal gruppo di piccoli youkai e seguì Akane e Rihito su per le scale.

-Qualcuno tolga di mezzo quella roba. Puzza da morire.

All’ordine di Rihito, alcuni youkai attorniarono la carcassa ancora fumante e la sollevarono di peso, allontanandola alla vista. Tutti i piccoli demoni stavano lasciando il salone, dirigendosi ognuno verso una diversa ala del palazzo, per riprendere le proprie occupazioni.
Akane tremava visibilmente. Non riusciva a distogliere la mente dall’espressione terrorizzata di Kensu. Si chiese se nei suoi occhi Rihito avrebbe letto la stessa paura, al momento della sua morte.
Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò nella sua stanza. Il custode dell’Aldilà attese sulla soglia il ritorno di Josetsu, che si era allontanato in cerca di bende da applicare sulle ferite di Akane. Quando il piccolo youkai fece ritorno, Rihito andò via senza dire una parola.
Akane sembrava sotto shock. Non si accorse nemmeno del demone che tamponava le sue ferite arrestando la fuoriuscita di sangue e le avvolgeva con delle bende. Non voleva essere curata, ma non aveva la forza di opporsi. Rimase perfettamente immobile, lo sguardo perso nel vuoto.
Aveva miseramente fallito. Il suo tentativo era andato a vuoto. Non c’era più nulla che potesse fare a quel punto. Sarebbe stata sacrificata. E in quel momento capì che non voleva l’aiuto di Ranma. Non quella volta. Era troppo pericoloso. Si ritrovò a sperare che Ranma non scoprisse mai come arrivare a lei. Essere uccisa da Rihito le andava bene, purché lui fosse salvo. Era dura ammetterlo, ma nemmeno lui questa volta sarebbe stato in grado di tirarla fuori da quel pasticcio.
Rihito aveva dato appena un assaggio della sua forza a Kensu, lo sapeva. Cosa sarebbe successo se avesse dato sfoggio della sua vera potenza? Non sopportava il pensiero che Ranma perdesse la vita per causa sua. Non poteva succedere.
“Non cercarmi, Ranma. Non cercarmi. Non devi preoccuparti per me.”
Si accorse solo in quel momento di essere rimasta sola. Il silenzio opprimente fu rotto dai suoi singhiozzi. Sebbene temesse per la vita di Ranma, una parte di lei, però, non poteva fare a meno di sperare che lui la trovasse. Voleva vederlo almeno un’ultima volta. I suoi singhiozzi crebbero d’intensità mentre il suo cuore sembrava schiacciato da un peso troppo grande da sopportare.
Voleva dirglielo, almeno una volta.

-Ti amo…

Sperò con tutto il cuore che quel sussurro giungesse fino a lui. Ma sapeva che era impossibile.



Ok, lo so…avete ragione! Nabiki è assurdamente OOC! E un poco anche Kuno…ma, davvero, non ho resistito! Spero mi perdonerete! Alla prossima…
Lavs

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Kami no tanto ***


Kami no tanto Salve a tutti! Innanzitutto tiro un sospiro di sollievo. Sono contenta che la mia Nabiki non vi sia sembrata OOC. Non ero per niente sicura che questo suo lato nascosto avrebbe riscosso il vostro favore. Meno male!
Adesso passiamo a questo ottavo capitolo. Ho faticato non poco a scriverlo, onestamente. Ho avuto un blocco che sono difficilmente riuscita a superare e pubblico questa versione che mi sembra almeno sufficiente. Spero sia di vostro gradimento! Volevo ringraziare tutti quelli che hanno messo la mia fanfiction tra i preferiti e naturalmente anche tutti quelli che hanno commentato!

Kuno84: ebbene si, era proprio quello l’OOC che mi preoccupava! Felicissima che ti sia piaciuto il confronto tra Nabiki e Kuno. Mi sembrava il caso di dare una piccola scossa al senpai e chi meglio di Nabiki? Oltretutto è stato un mezzo per spezzare un po’ la drammaticità della storia e per focalizzare per un istante l’attenzione su personaggi che non siano Ranma o Akane. Mi piace dare spazio a tutti. Ti ringrazio sempre moltissimo per i complimenti! Aspetto di sapere cosa pensi di questo capitolo, se avrai modo di commentare.

TheBestLady: è sempre un gran piacere per me vedere nuovi nomi tra i commenti. Sono contentissima che la storia ti piaccia e che abbia apprezzato Nabiki! Mi farebbe piacere se mi dessi il tuo parere anche su questo capitolo! A presto, spero.

_kaggy_chan_: grazie grazie grazie! Mi fa piacere che tu abbia trovato il capitolo bellissimo. Ecco arrivata la continuazione, aspetto il tuo parere!

Apple92: ciao! Innanzitutto volevo scusarmi per la storia del rating, non ci avevo proprio pensato! L’ho abbassato, comunque. L’avevo alzato per precauzione. Ora non ci dovrebbero essere più problemi! Grazie anche a te per il consenso riguardo Nabiki! Come sempre aspetto le tue recensioni con ansia…

Robbykiss: grazie per i complimenti! Sono contenta che la contraddizione interiore di Akane abbia fatto effetto, era proprio quello che volevo…aspetto il tuo parere anche questa volta!

Akane25: ciao! Che bello che anche per te sia Nabiki che Kuno siano IC…detto da te è importantissimo per me! Evviva! In bocca al lupo per la tua storia e a presto, spero…

Maryku: addirittura adorami? Mi fai arrossire! Cavolo, non pensavo proprio che Nabiki sarebbe piaciuta così tanto…riguardo al rating l’ho già spiegato ad apple92, semplice precauzione, ma l’ho abbassato. Spero di sentirti anche questa volta!

Littel: sono contenta che ti sia sembrato così naturale il modo in cui ho fatto emergere il lato umano di Nabiki. E ancora di più che tu abbia apprezzato la conclusione del capitolo! Modestie a parte è la mia parte preferita…aspetto il tuo commento! Un bacio!

Laila: ciao anche a te! Mi hai fatto il più bel complimento del mondo, sai? “Anche questo cap segue la linea Takahashiana”. Ma grazie! Riguardo al fatto che il capitolo sia iniziato con Nabiki so che è stato strano, ma voglio proprio dare voce in capitolo a tutti e creare delle piccole parentesi in cui anche i personaggi minori possano avere la propria storia. Spero che l’effetto sia gradevole, alla finE! Spero di leggere anche questa volta un tuo commento…a presto!

Capitolo VIII
Kami no tanto

Il monte Tsukuba si stagliava imponente all’orizzonte. Ancora poche ore e l’avrebbero finalmente raggiunto. Trovarsi così vicini alla meta produceva strani effetti nei cuori di ognuno. Per la prima volta l’adrenalina e la voglia di combattere avevano lasciato posto ad una paura sconsiderata. Paura dell’ignoto, paura di non farcela.
Paura di morire.
Il cielo era scuro e l’aria pesante. Un silenzio innaturale li attorniava. Sebbene si trovassero ad una distanza considerevole dal monte, l’aura negativa che emanava veniva percepita nitida dai loro sensi, generando un’atmosfera di ansia e timore.
Quali misteri nascondeva il monte Tsukuba? Che genere di insidie si sarebbero trovati ad affrontare? E man mano che procedevano la domanda più importante si affacciava con sempre maggiore insistenza: “Ce la faremo?”
Ranma camminava in testa alla fila, la mascella serrata e lo sguardo serio. Il cuore batteva appena più veloce del normale, mentre l’eccitazione e l’ansia che precedevano uno scontro imminente aumentavano passo dopo passo. Ma mai come quella volta il risultato era importante. Nulla a che vedere con le solite scaramucce con Ryoga o gli scontri col vecchio. Dalle loro capacità dipendevano delle vite, quella volta. Le loro e quella di Akane. Non potevano permettersi nessun passo falso. Un qualsiasi errore, seppur minimo, avrebbe potuto essere fatale per chiunque di loro.
La tensione era quasi palpabile e nessuno sembrava avere particolarmente voglia di parlare. Shampoo si era quasi pentita di trovarsi lì. Tutta quella strada e tutti quei pericoli da affrontare solo per salvare il maschiaccio? Non era forse una sciocca? Del resto se Akane non fosse mai tornata tra lei e Ranma non ci sarebbe più stato alcun ostacolo…giusto?
No. Non era vero. Akane sarebbe rimasta per sempre nel cuore di Ranma. Probabilmente il dolore per non essere stato in grado di salvarla lo avrebbe annientato lentamente. E lei non avrebbe sopportato di vedere Ranma spegnersi in quel modo, giorno dopo giorno. Per cui non le rimaneva altra scelta. Avrebbe almeno sfruttato la situazione a suo vantaggio. Avrebbe fatto la sua parte per riportare a casa il maschiaccio violento e quando la situazione fosse tornata alla normalità, sarebbe tornata alla sua vita di sempre, annientando ogni ostacolo tra lei e il suo consorte. Chissà, magari Ranma si sarebbe reso conto che lei gli era stata vicino per tutto il tempo, che c’era sempre stata quando lui aveva avuto bisogno, e forse si sarebbe davvero innamorato di lei…si, era una possibilità da tenere in considerazione.
E allora perché quella dolorosa, orribile sensazione che non le dava pace?
“Ha davvero senso continuare così?”
Non aveva dimenticato l’invito al loro matrimonio. Né il fatto che non era stata sorpresa di riceverlo. Come se fosse qualcosa che aspettava da tempo. Ma non poteva darsi per vinta. Non l’aveva fatto allora e non l’avrebbe fatto adesso. Le regole del suo villaggio erano severe. Nessuna Amazzone poteva disobbedirvi e macchiare il proprio onore di un’onta tanto grave. E l’onore per Shampoo era la cosa più importante. Pertanto l’unica cosa che le restava da fare era conquistare Ranma, fare in modo che la sposasse e potesse darle degli eredi forti e vigorosi. Questo lo scopo di tutta la sua vita. Era tutto scritto, no? Questo doveva essere il giusto corso degli eventi. E allora perché giorno dopo giorno le cose sembravano degenerare sempre di più? Ranma sembrava sempre più irraggiungibile, soprattutto adesso che aveva esplicitamente dichiarato di essere disposto a dare la propria vita per quella di Akane. Sebbene Shampoo provasse a respingerla con tutte le sue forze, la domanda più spinosa alla fine emerse dal suo intimo. “Sarebbe disposto a sacrificarsi fino a questo punto per me?”
E la risposta più sincera era soltanto una: “Probabilmente no.”
Era davvero questa la vita che desiderava? Legarsi ad un uomo che non l’avrebbe mai amata?
Chiedeva poi così tanto? Amare ed essere riamata era un desiderio così irraggiungibile?
Voleva passare la vita con Ranma con tutto il cuore. Indipendentemente dalle leggi del suo villaggio. Avrebbe voluto averlo al suo fianco per sempre più di qualunque cosa. Ma mai come in quel momento le era stata chiara la verità. Lui non l’avrebbe mai amata. Era disposta a farlo suo pur sapendolo?
Mousse, che camminava di fianco a Shampoo, lanciava di sottecchi sguardi preoccupati alla sua amata. Aveva udito i suoi sospiri e notato il suo sguardo spento. Non era difficile capire cosa la turbasse, o meglio chi, dato che era sempre lo stesso il motivo del suo tormento da due anni a quella parte. Vedendo Shampoo in quello stato non poteva impedirsi di odiare Ranma con ogni fibra del suo corpo. Era tutta colpa sua e della sua codardia. Agli occhi di Mousse i sentimenti di quel vigliacco erano chiari: aveva occhi solo per Akane. Allora perché non dirlo chiaramente e lasciare a tutti la possibilità di vivere la propria vita? Era davvero un dannato codardo.

-Shampoo, tutto bene?
-Certo, benissimo! Non mi assillare!

Mousse era davvero fastidioso…sempre ad impicciarsi di fatti che non lo riguardavano! Ma perché non imparava a farsi gli affari suoi?
Sospirò ancora una volta…doveva ammettere che, però, non considerando quanto fosse noioso, idiota, fastidioso, incapace ed impiccione, era carino a preoccuparsi per lei. Sebbene fosse uno stupido papero miope…l’amava sinceramente. E, di questo era certa, avrebbe dato qualunque cosa per prendersi cura di lei per il resto della sua vita, come Ranma non avrebbe mai fatto.

******

Ryoga avrebbe fatto qualunque cosa pur di raggiungere il monte Tsukuba in quello stesso istante. L’idea di aspettare ancora delle ore prima di potersi impadronire del Kami no tanto e tornare a casa lo irritava profondamente.
Era spaventato e preoccupato per Akane esattamente quanto Ranma. Ma come sempre non c’era spazio per il suo dolore. Nessuno sembrava preoccupato di quanto il suo cuore fosse straziato o di quanto stesse soffrendo. Tutti gli occhi erano puntati su Ranma. Come sempre del resto.
Ed era una cosa che lo mandava in bestia.
Ranma, Ranma, sempre e solo Ranma. E lui, Ryoga? Perché non c’era nessuno che si preoccupasse per lui? Perché nessuno sembrava interessarsi di ciò che sentiva? Cercava di non chiedersi se sarebbe importato a qualcuno se lui se ne fosse andato per sempre. Era solo, completamente solo.

-Ahi!

Proprio mentre Ryoga rimuginava su quei pensieri, Ukyo, che camminava al suo fianco, inciampò in un sasso e perse l’equilibrio. Di riflesso lui la prese tra le braccia frenando la sua caduta. Ucchan alzò lo sguardo verso il ragazzo, sorpresa. I loro visi si ritrovarono ad una vicinanza insolita, così vicini da poter sentire il caldo respiro dell’altro sulle proprie labbra. In quei pochi secondi in cui si ritrovarono così a stretto contatto, entrambi sentirono il proprio cuore accelerare i battiti, mentre uno sgradevole rossore imporporava le loro guance, aumentando ulteriormente l’imbarazzo. Un pensiero imprevisto invase la mente di Ryoga, come un fulmine a ciel sereno.
“È davvero carina…”
La lasciò andare d’improvviso, come se avesse preso la scossa. Ukyo lo guardò confusa e ancora molto rossa in viso, per poi abbassare lo sguardo verso il basso. Lo sguardo di Ryoga…era così intenso…
Il ragazzo con la bandana rise nervosamente, portando una mano dietro la testa, mentre Ukyo si ostinava a guardarsi i piedi, le mani giunte in grembo.

-Gra…grazie.
-Figurati.

Nessuno dei due disse un’altra parola.
Ryoga era troppo impegnato a chiedersi cosa gli fosse passato per la testa. Ucchan era innegabilmente una bella ragazza, ma lui era innamorato di Akane! E poi…e poi c’era pur sempre anche Akari nella sua vita. Non era decisamente il caso di lasciarsi andare a pensieri del genere. Cercò di scacciare dalla sua mente il viso di Ucchan, ma proprio in quel momento un pensiero lo colpì con incredibile forza, rendendogli l’impresa quasi impossibile. Se ne rese conto solo in quel momento. Era lei ad essergli vicina in quei giorni. Non Akari. Era l’unica a sembrare vagamente preoccupata per quello che lui stava passando e ad essere interessata alla sua sofferenza. Come sempre, Akari era chissà dove e chissà cosa stava facendo…da quanto tempo non la vedeva? Almeno un paio di mesi…o forse molto di più. E Akane…sapeva fin troppo bene che le sue speranze con lei erano nulle. Si infuriò, allontanando dalla mente ogni pensiero di natura sentimentale. Non era affatto il momento adatto per arrovellarsi il cervello con cose simili.
Intanto il cuore di Ucchan batteva ancora a velocità folle. Si sfiorò il viso sentendo le guance scottare al suo tocco. Rallentò il passo in modo tale da mettere quanta più distanza possibile tra lei e Ryoga ed alleviare l’imbarazzo.
Non si era mai trovata tanto vicina a lui, prima. E voleva evitare ad ogni costo che la cosa si ripetesse. Non riusciva a capire per quale ragione il suo cuore non smettesse ancora di battere…forse…forse perché era la prima volta che qualcuno la guardava come se fosse una donna. E sebbene quel qualcuno non fosse Ranma, stranamente in quel momento non le importava.

******

Alle pendici del monte Tsukuba l’aria era quasi irrespirabile, l’aura negativa così intensa da poter quasi essere tangibile. La cima del monte era avvolta dalle nebbie per cui era impossibile capire con esattezza quanta strada avrebbero dovuto percorrere. Era innegabile comunque che non sarebbe stata un’esperienza facile.
Il sole stava tramontando all’orizzonte, tingendo le nuvole di sfumature di arancio e di rosa. Il primo astro della sera cominciava già ad essere visibile.

-Dobbiamo accamparci.
-Cosa? Ma vecchia! Siamo quasi arrivati!
-Non fare lo sciocco, futuro marito. Si sta facendo buio e non riusciremmo a vedere ad un palmo dal nostro naso. Cominceremo la salita alle prime luci dell’alba, abbiamo bisogno di vedere dove mettiamo i piedi.
-Ma…
-Su, Ranchan, Obaba ha ragione. So che vuoi sbrigarti a salvare Akane, ma qui rischiamo di rimetterci tutti le penne e in quel caso nemmeno per lei ci sarebbe alcuna speranza.
-…d’accordo, d’accordo! Ma come possiamo assicurarci che qualche strana creatura non ci attacchi mentre dormiamo?
-Apporrò qualche sigillo qui intorno. In questo modo dovremmo essere al sicuro. In ogni caso credo che nessuno youkai si avventurerà fino a qui. Vivono da sempre rintanati nel monte senza scendere a valle.
-Bene. D’accordo.

Nessuno parlò molto per tutta la durata della cena. Stanchi e agitati, preferivano rifugiarsi nelle proprie fantasie e nei propri pensieri e tentare di allontanare il più possibile il momento in cui avrebbero dovuto riflettere sugli orrori del monte Tsukuba.
Andarono tutti a letto molto presto, anche se nessuno in realtà dormì molto.

******

La mattina arrivò fin troppo presto. Intorno a loro ogni cosa era immobile, neppure un alito di vento a far frusciare le foglie, né il ronzare degli insetti o il canticchiare degli uccelli. Regnava una calma quasi irreale, chiaro presagio nefasto. Quell’insolito silenzio era spezzato soltanto dal tamburellare dei loro cuori impazziti. Il momento era finalmente giunto.

-Dobbiamo iniziare a salire. Sentite…

Ranma si rivolse ai suoi compagni con sguardo determinato. Pur sapendo ciò che il ragazzo col codino stava per dire, gli altri lo lasciarono ugualmente concludere la frase, senza però evitare di lanciarsi apertamente sguardi esasperati.

-…questa è ’ultima occasione che avete per ritirarvi. Sarà la cosa più pericolosa che abbiamo mai fatto in vita nostra e non posso garantire per l’incolumità di nessuno. Per cui se non siete assolutamente sicuri, rimanete qui. Non voglio che rischiate la vita inutilmente, né che vi facciate prendere dal panico una volta in cima. Metterete a rischio sia voi che gli altri e non posso permetterlo.
-Finito di blaterare?
-Ma, Ryoga…
-Mi pare che te l’abbiamo già detto. Noi veniamo con te.
-Mousse…
-Andiamo.

Il cinese tagliò corto, iniziando ad incamminarsi. Nessuno guardò Ranma in viso, evitando di dargli la possibilità di riprendere il discorso.
Il ragazzo col codino sospirò pesantemente. “Spero davvero che sappiate quello che state facendo…”
La salita fu lenta e faticosa. Non esisteva un sentiero che potesse essere percorso fino alla cima, per cui si incamminavano lungo le sporgenze fin dove era possibile e si arrampicavano dove era necessario. Quella quiete innaturale li rendeva ancora più nervosi. Si sarebbero aspettati di essere attaccati non appena saliti sulla montagna, invece nulla.
La scalata stava procedendo fin troppo tranquilla. I sensi di Ranma erano all’erta, pronti a cogliere il minimo segno sospetto, un rumore insolito o una presenza sconosciuta. Il problema era che non percepiva proprio nulla. E invece di rassicurarlo, la cosa lo terrorizzava.

-Vecchia…
-Lo so, consorte. Questa calma è insolita.
-Bisnonna, che cosa significa? Perché nessuno ci attacca?
-Non ne ho idea, ma state all’erta. Non abbassate la guardia per nessun motivo. Non dobbiamo dargli l’occasione di coglierci impreparati. Probabilmente è proprio questo che aspettano. Potete stare sicuri che non ci lasceranno andar via di qui illesi. State sempre in guardia.

L’avvertimento di Cologne ebbe l’effetto di innervosire tutti ancora di più. Procedevano lenti e cauti e trasalivano se qualcuno pestava un rametto, facendolo scricchiolare, o calciava una pietra facendola rotolare giù dalla montagna. A volte avevano l’impressione di sentire dei sussurri alle loro spalle, ma quando si voltavano, non c’era nulla.
Ranma cercava di mantenere i nervi saldi, come gli era stato insegnato. Mai farsi prendere dal panico. Mai divenire preda delle emozioni. Questo il modo perfetto per vincere un combattimento. Ma come evitare di avere paura in un momento come quello? E non paura per sé, no. A Ranma non importava nulla della sua vita. Soltanto paura di fallire. L’importante era solo salvare lei. Akane. La sua Akane.
Sin da quando si era messo in viaggio aveva provato più volte ad immaginare il momento in cui l’avrebbe rivista e stretta tra le sue braccia. Più e più volte aveva provato il discorso da farle. Arrossiva al solo pensiero…ma questa volta niente e nessuno si sarebbe frapposto fra loro. Men che meno la sua timidezza o il suo orgoglio.
“Akane…aspettami…vedrai che riuscirò a salvarti.”
La scalata era ben più difficile di quanto si sarebbero mai aspettati, soprattutto per via dell’aria pesante ed irrespirabile. Sebbene viaggiassero leggeri, erano ugualmente stremati e per di più assetati, dato che le scorte d’acqua erano già praticamente terminate.
Dopo due ore di cammino ininterrotto, finalmente riuscirono a scorgere la cima del monte attraverso le nebbie.

-Ormai manca poco! Un ultimo sforzo!
-La fai facile tu! Io sono stanca morta!
-Non avevi detto di essere una ragazza forte?
-Senti tu…
-Ryoga, Ukyo, la volete piantare?
-Scusaci, Ranchan…

Ryoga e Ukyo si scambiarono uno sguardo imbarazzato e arrossirono. L’atmosfera tra di loro era tesa come una corda di violino. E nessuno dei due riusciva a spiegarsene il motivo. Erano sempre andati così d’accordo…perché ora quello strano imbarazzo?
Non ebbero molto tempo per rimuginare su quei pensieri. Ripresero infatti immediatamente la salita e non ebbero la possibilità di pensare proprio a nulla, a dire il vero. Ogni loro sforzo doveva essere concentrato sui passi da compiere e ogni pensiero sull’idea di raggiungere la cima. Un passo dopo l’altro.
L’ultimo tratto poteva essere percorso soltanto arrampicandosi. La salita in quel punto era molto pericolosa a causa della natura delle rocce, piuttosto friabili. Obaba saliva speditamente saltellando sul suo bastone e dandosi la spinta sulle sporgenze. Per tutti gli altri, fu molto più faticoso. Cercavano di inserire i piedi nelle rientranze di roccia, laddove era possibile, e con un colpo di reni afferravano con le mani le sporgenze più in alto, conficcando le unghia nel terreno friabile. Tagli e ferite si aprivano sulle loro mani, ma non avevano nemmeno la forza di lamentarsi del dolore.
Ranma, più in alto di tutti, aveva ormai praticamente raggiunto la cima, mentre Obaba gli saltellava a fianco. Immediatamente dietro Ryoga aiutava Ukyo che sembrava non farcela più e Shampoo sbraitava contro Mousse che si ostinava a tenderle la mano. Lei era un’Amazzone, accidenti! Non aveva bisogno di nessuno!

-Ce la faccio da sola, Mousse! La vuoi piantare?

Ma proprio in quel momento la sua mano si aggrappò ad un appiglio poco sicuro. La roccia si sgretolò tra le sue dita, mentre i frammenti scivolavano via precipitando al suolo. Gli occhi di Shampoo si dilatarono per la sorpresa mentre il suo corpo si staccava dalla parete di roccia e lei iniziava a cadere indietro. Il suo urlo terrorizzato gelò il sangue nelle vene di Ranma, che molto più in alto, si voltò verso l’amazzone con il cuore in gola. Lo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi lo paralizzò. Shampoo stava precipitando da centinaia di metri di altezza. Si sarebbe sfracellata contro le rocce…E la colpa era soltanto sua. Sua. Perché accidenti le aveva concesso di accompagnarlo in questo viaggio da suicidio? L’urlo uscì dalle sue labbra senza che nemmeno se ne rendesse conto. Come se fosse qualcun altro ad urlare al suo posto.

-SHAMPOOOOOOOOO!

Ma niente poteva prepararlo a ciò che successe dopo. Vedendo Shampoo precipitare, Mousse si lasciò cadere senza esitazione, precipitando nel vuoto insieme a lei nel tentativo di raggiungerla. Entrambi scomparvero nelle nebbie.
Ranma, Ryoga e Ukyo rimasero perfettamente immobili, fissando il punto in cui i due ragazzi cinesi erano spariti. Gli occhi spalancati e la bocca socchiusa in un espressione di incredula sorpresa. Obaba, invece, incurante di tutto e di tutti, iniziò a ridiscendere la montagna ad una velocità inaudita, urlando con quanto fiato avesse in corpo.

-SHAMPOOOO!! MOUSSE!!

I tre ragazzi rimasti in alto si voltarono molto lentamente l’uno verso l’altro, con il terrore negli occhi.
Ranma si rifiutava di credere alla scena cui aveva appena assistito. Aveva lasciato che Akane fosse rapita sotto i suoi occhi. E adesso questo. Shampoo che cadeva. Shampoo che urlava. Shampoo con il terrore nello sguardo…Shampoo, la coraggiosa Amazzone. E Mousse. Mousse che la amava così tanto da seguirla ovunque senza timore. Anche nella morte.
Ma non potevano essere…no. Stavano sicuramente bene. Loro…erano salvi. Dovevano esserlo. O non se lo sarebbe mai perdonato.

******

Svariati metri più in basso, Shampoo col cuore in gola, si aggrappava con tutte le sue forze ad una gamba di Mousse, che prontamente aveva tirato fuori da una delle ampie maniche del suo kimono una catena con la quale era riuscito ad aggrapparsi ad una roccia. Ogni muscolo era contratto per lo sforzo di reggere sia sè che la sua amata. Digrignava i denti mentre una goccia di sudore scendeva dalla tempia lungo la sua guancia. Una vena sulla sua fronte si gonfiò per la fatica, mentre con uno sforzo sovrumano cercava di issarsi su una piccola sporgenza che, sperava, avrebbe sorretto sia lui che Shampoo.
L’Amazzone, terrorizzata oltre ogni dire, si sforzava di non gettare lo sguardo verso il basso. Sapeva di trovarsi molto in alto. Troppo. E sapeva cosa sarebbe successo se Mousse non si fosse lanciato insieme a lei.
Non aveva esitato a mettersi in pericolo per lei.
Non aveva esitato nemmeno per un istante.
Nessuno avrebbe mai rischiato tanto per lei. Se non fosse stato per lui, sarebbe morta. Morta in una maniera orribile. Cercava di non pensarci e incitava mentalmente Mousse a non mollare. “Resisti, Mousse. Resisti, ti prego.
Ma Mousse non intendeva affatto darsi per vinto. Anche se fosse morto di fatica, avrebbe portato Shampoo in salvo. L’avrebbe fatto ad ogni costo. E traendo forza dall’idea di portarla al sicuro, riuscì ad issarsi sulla roccia e a tirar su con sé la sua amata, che si aggrappò al suo collo con tutte le sue forze.
Mousse rimase senza fiato.
Non aveva mai sentito il profumo di Shampoo così nitidamente.
Né il calore del suo corpo.
Non credeva che il suo cuore di Amazzone potesse battere tanto veloce, a contatto col suo petto.
Credeva di sognare. Davvero Shampoo lo stava abbracciando? Ed era più bello di quanto potesse immaginare. Molto i più. E niente esisteva se non l’esile corpo di lei tra le sue braccia. Non gli importava più di nulla. Né di Ranma, né degli youkai del monte Tsukuba. Cos’era un’orda inferocita di demoni in confronto al calore di quell’abbraccio? Alla forza del suo amore per Shampoo?

-Mousse…
-Stai bene?

Shampoo aveva ancora il viso affondato nel suo petto. Non lo guardava. Si limitava a stringerlo, quasi ne andasse della sua vita. Si aggrappava a lui con tutte le sue forze, gli occhi chiusi e il cuore che le martellava in petto. Schiuse le labbra per parlare, ma non un suono ne fuoriuscì. Quando riprovò una seconda volta, finalmente riuscì a rivolgersi a Mousse.
La sua voce era un flebile sussurro.

-Si…
-Meno male. Su, torniamo dagli altri.

Mousse si impose di sciogliersi da quell’abbraccio. Era ora di svegliarsi. Ora di tornare alla realtà. Avevano qualcosa di importante da fare, non poteva perdersi nelle sue fantasticherie. Perché erano questo e nient’altro. Il fatto che avesse salvato la vita a Shampoo non cambiava niente. Non cambiava i suoi sentimenti per lui, né, soprattutto, per Ranma. Ma quell’abbraccio era comunque stato il momento più bello della sua vita. Avrebbe portato quel ricordo nel cuore, come un talismano che gli avrebbe dato la forza per affrontare ogni giorno col sorriso sulle labbra. Ma non significava niente di più di quello che era: una forma di gratitudine.
Shampoo, però, continuava a non volersi separare da lui.

-Shampoo…?
-Grazie…
-Cosa?
-Ti ringrazio tanto…sei stato…

“Carino, dolce…?” No. Molto di più. Come si definisce qualcuno che si sacrifica per la persona che ama? Qualcuno che rischia tutto senza alcuna paura? Adorabile, coraggioso…eroico? Mousse eroico. Non avrebbe mai pensato di definirlo così. Eppure…le cose cambiano. Molto più di quanto ci si potrebbe mai aspettare.

-SHAMPOO!
-Bisnonna!
-Shampoo, bambina mia, stai bene allora! Come sono felice!

La vecchia Amazzone corse incontro a Mousse e a Shampoo e strinse la sua bisnipote tra le esili e ossute braccine. Shampoo ricambiò la stretta trasmettendole tutto l’amore che provava. Tutta la sua felicità per il pericolo scampato.
E insieme risalirono la montagna, nel tentativo di raggiungere gli altri.

******

Fu un sollievo vederli lì, sani e salvi. Vedere che risalivano la montagna totalmente incolumi, con un’espressione sollevata dipinta sul volto. Shampoo era ancora piuttosto scossa. Non diceva una parola e lanciava di tanto in tanto delle strane occhiate a Mousse. Non si allontanava un attimo da lui.
“Strano che non stia attaccata a me…” si ritrovò a pensare Ranma. Ma per lui era un sollievo anche quello.
Rinfrancati dalla felicità per essere ancora tutti incolumi, i sei compagni raggiunsero la cima in un baleno. Si sarebbero aspettati di affrontare chissà quale pericolo una volta giunti lì. Invece nulla. Tutto ciò che riuscirono a scorgere tra le nebbie sempre più fitte, erano i contorni di un piccolo tempio malridotto.

-Credo che il Kami no tanto sia custodito lì dentro, futuro marito.
-Bene, cosa aspettiamo? Andiamo.
-Ma, Ranchan…credi sia sicuro?
-Non ne ho idea. Non ci resta che entrare per scoprirlo.

Guardinghi, i sensi all’erta, i sei compagni si avvicinarono al tempio, risalendo le scale che conducevano all’ingresso. Si guardavano intorno con circospezione, ma sembrava che nessuna minaccia si profilasse di fronte a loro.
Proprio all’entrata si arrestarono nuovamente.
Il cuore di Ranma batteva a velocità folle. Stava per impadronirsi dell’unico strumento che potesse portarlo da Akane. Ancora pochi secondi. Pochi secondi e se ne sarebbe impossessato. Ma cosa sarebbe successo una volta messo piede in quel tempio?
Come a rallentatore, mosse un passo tremolante verso l’interno, mentre gli altri trattenevano il fiato.
Non successe nulla.
Con un sospiro di sollievo, Ranma procedette rapido verso il centro del piccolo ambiente, dove scorse un piccolo altare. E proprio su quell’altare si trovava l’oggetto della sua ricerca. Il Kami no tanto era lì, davanti ai suoi occhi.
Sorrise. Finalmente avrebbe potuto salvare Akane.
Allungò una mano per impugnare quel misterioso tanto dai magici poteri. Strinse l’impugnatura tra le mani. Sorrise, così come Ukyo e Ryoga, sicuri di avercela fatta. L’urlo di trionfo morì però sulle labbra del ragazzo col codino, mentre una scarica di incredibile potenza lo spedì diversi metri lontano dal’altare. Cadde violentemente di schiena e il colpo gli mozzò il respiro. Un dolore lancinante gli attraversò il corpo come una scarica, impedendogli momentaneamente di alzarsi e di mettere a fuoco l’ambiente intorno a lui. Ukyo accorse preoccupata al suo fianco.

-Ranchan! È tutto apposto?
-S…si. Tutto bene, tranquilla.

Riprese fiato e si rialzò. Gli sembrava di avere un paio di costole incrinate, ma non se ne preoccupò. La sua attenzione era concentrata sull’altare e su quel maledetto pugnale. Che idiota era…come aveva potuto pensare che sarebbe stato così facile?
Avrebbe voluto urlare tutta la sua rabbia.

-Bè, sinceramente il tuo tentativo mi sembrava un po’ debole, consorte. Sapevo che non avrebbe funzionato.
-E perché diavolo non l’hai detto prima?
-Non me ne hai dato modo…vediamo. Ci deve essere una soluzione. Come si possono aggirare le difese del Kami no tanto?

Obaba girò intorno all’altare, osservandolo in tutti i suoi dettagli, studiandolo con gli occhi ridotti a fessure. Mormorava parole in una lingua sconosciuta, che però sembravano non sortire alcun effetto, e di tanto in tanto lo picchiettava col bastone, facendo generare all’istante la stessa scarica che aveva colpito Ranma.
Dopo quelle che parvero ore, finalmente pronunciò il suo responso.

-È una protezione antica e potente. Ingegnosa, me non impossibile da rimuovere, per chi sa come fare.
-E tu ne sei in grado?
-Ovviamente.

Tracciò con il suo bastone un triangolo immaginario intorno all’altare, mentre i ragazzi vicino a lei seguivano con la massima attenzione ogni sua mossa. Con voce sommessa iniziò a pronunciare delle parole che a Ranma sembrava non avessero alcun senso. Eppure ad ogni sillaba i contorni di quel triangolo immaginario iniziavano a diventare sempre più nitidi. La piccola folla radunata intorno all’altare seguì ogni battuta di Cologne in religioso silenzio, senza sapere bene cosa aspettarsi.
Quando la voce della vecchia Amazzone si spense, l’altare fu illuminato momentaneamente da una luce accecante.

-Bene. Sembra che abbia funzionato.
-Ne sei sicura, vecchia?
-Si.

Ranma si avvicinò nuovamente all’altare, molto meno sicuro questa volta. Deglutì, tentando di sciogliere il nodo che gli serrava la gola, inutilmente. Incerto e un po’ tremante, allungò la mano. Chiuse gli occhi e strinse l’impugnatura del pugnale. Li riaprì pian piano per scoprire che non era successo nulla, questa volta. Il Kami no tanto era in suo possesso, stretto tra le sue dita. Aveva funzionato!

-Ce l’abbiamo fatta! Ci siamo riusciti! Torniamo a casa, presto!

Con la ritrovata felicità, si precipitarono fuori dal tempio, ridendo come matti. Ma non appena varcarono l’uscio, si arrestarono, acuendo nuovamente i sensi. Si misero immediatamente in posizione d’attacco, serrando i ranghi per non farsi sorprendere isolati.
Ranma legò il Kami no tanto alla cintura de suoi pantaloni e con lo sguardo che si spostava rapidamente a destra e a sinistra, sogghignò, rivolgendosi ai suoi compagni.

-Tsè, sembra che abbiamo compagnia.

Tutt’intorno a loro, si levarono strepiti e stridii, uniti a cupi ringhi di creature sconosciute.
Erano circondati.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Battaglia all'ultimo sangue ***


Battaglia all'ultimo sangue Salve a tutti! Premessa rapida rapida! È la prima volta che mi cimento nella stesura di una scena d’azione, perciò se il risultato sarà penoso, abbiate pietà! In ogni caso ho tentato davvero di fare del mio meglio, cercherò di continuare a migliorarmi con l’esercizio.
Il mio grazie più grande va sempre a chi perde tempo non solo a leggere, ma anche a commentare questa mia fanfiction. Grazie del sostegno! Andiamo alle risposte individuali…

Kuno84: salve senpai! Contentissima che ti sia piaciuto il modo in cui ho trattato questa sorta di evoluzione nel rapporto tra Shampoo e Mousse. Ti confesso che questo riferire ogni capitolo ad una coppia non è stato affatto premeditato. Per esempio proprio in quello precedente l’idea di Shampoo che cade e di Mousse che la salva mi è venuta all’improvviso, mentre scrivevo. Certe volte i personaggi mi sembrano agire di propria volontà…non so come spiegarlo! Alla fine però sono soddisfatta di avere ottenuto questo risultato senza nemmeno volerlo, l’idea di un capitolo che abbia come protagonista una determinata coppia piace anche a me!
Ebbene…oltre al primo ostacolo per Ranma & Co., in questo capitolo si affronta anche il mio primo vero ostacolo: le scene d’azione. E hai sicuramente ragione: sebbene più movimentata, la scena della tentata fuga di Akane non è niente di che alla fine!
Ansiosa di sapere che ne pensi! Non essere troppo crudele…

Apple92: meno male che alla fine ti sei ricreduta! Mi sarebbe dispiaciuto un sacco deluderti…riguardo alla caduta di Mousse e Shampoo volevo creare un po’ di suspense, ma non li avrei mai lasciati morire, o almeno non così (chissà cosa accadrà in futuro…!). Aspetto un tuo parere anche questa volta!

Maryku: ebbene si, non poteva mica andargli tutto liscio, no? Sarebbe stato troppo facile davvero. Contenta che ti sia piaciuto! Un bacio e a presto!

_kaggy_chan_:MILLE GRAZIE! Sono contenta che i personaggi per così dire secondari risultino messi in luce tanto quanto Ranma e Akane. Sono soddisfatta davvero! E certo che tengo al tuo giudizio, come potrei non farlo?

Laila:che bellissimo commento…mi è piaciuto un sacco leggerlo. Che ci posso fare, mi sto affezionando sempre di più alle tue recensioni! Sentirmi dire da te che ho talento è davvero  un gran complimento (oh mio dio, ho fatto la rima, giuro che non volevo!). Avevo un po’ timore per Shampoo in questo capitolo, ma alla fine credo non sia risultata OOC! Riguardo a Ryoga, bè…mi pare che di lui e di una certa cuoca si sia parlato a lungo su N di nibunnoichi! Non faccio mistero riguardo al mio amore per le Ryoga/Ukyo, ma non so ancora bene come svilupparla. Cercherò di prendere esempio da te e portarla avanti nel modo più originale possibile…^_- A proposito, in bocca al lupo per il tuo lavoro!
Spero di leggere presto un tuo commento! Un bacione!

Robbykiss: Promossa con lode?!? Ma tu vuoi proprio farmi arrossire!!! Grazieeeee! Eh si, era ora che Shampoo iniziasse ad aprire gli occhi.
Mamma che bello sapere di riuscire ad emozionare…l’ho già detto ma lo ripeto: è una grande soddisfazione. Grazie! A presto!

Littel: Inizio citando una tua frase che è tra le più belle che mi abbiano detto: “ankora complimeti xkè x l'ottava volta mi hai tenuta incollata allo skermo”. Mamma quanto mi è piaciuta! Riguardo a Shampoo e Mousse devo dire che sono soddisfatta anche io del modo in cui Shampoo comincia a capire quanto Mousse tenga a lei…è uno dei momenti che ho descritto con maggiore piacere. Riuscivo proprio ad immaginarmeli e ad emozionarmi con loro…forse sono pazza! Riguardo alla Ryoga/Ucchan non me ne volere! Li adoro troppo!
Baci e a presto, mi auguro!

Capitolo IX
Battaglia all’ultimo sangue

Schiena contro schiena, i sei compagni si prepararono a fronteggiare i nuovi arrivati, la guardia alzata, concentrati al massimo. La resa dei conti era dunque arrivata…erano stati fin troppo fortunati fino a quel momento.
Le nebbie erano così fitte da non permettergli di vedere quali esseri emettessero dei versi tanto terrificanti, che sembravano essere sempre più vicini man mano che il tempo passava. Avvertivano la loro presenza, come una sentenza di morte. L’aura negativa era così intensa da essere quasi soffocante.
I loro sguardi saettavano da una parte all’altra per tentare di scorgere l’aspetto degli youkai attraverso le nebbie. Tutto ciò che riuscivano a vedere erano soltanto dei contorni sfocati. Decine.

-Ma perché sono saltati fuori tutti adesso, bisnonna?
-Bè, credo di aver capito il vero motivo per il quale il monte Tsukuba è popolato da così tanti demoni. Secondo me tutti questi youkai non sono qui per caso. Qualcuno li ha sicuramente posti a guardia del Kami no tanto. Naturalmente l’unico strumento che possa permettere l’accesso al Regno dei Morti deve essere sorvegliato molto bene. E lo è, non c’è che dire.
-Accidenti…sono…sono tantissimi.
-Hai ragione. Dobbiamo elaborare una strategia. Vecchia! Cosa facciamo?
-Non ne ho idea. Non ci resta che batterci e sperare di uscirne vivi.
-Magnifico, ottimo piano! Bene. Se nessuno ha qualche idea…Mi raccomando, state attenti. Non correte pericoli inutili. Se vi rendete conto di non potercela fare, scappate. Non guardatevi indietro, non preoccupatevi degli altri…
-Lanma, ma che dici? Andremo via di qui tutti insieme!
-Giusto. Piuttosto tu non preoccuparti per noi, ce la caviamo da sole…

Ranma fece per ribattere, ma si fermò per poi annuire alle loro parole. Non era affatto il momento di perdersi in inutili discussioni. Quanto a lui, avrebbe badato a loro se ne avesse avuto la possibilità. Non avrebbe certo permesso che si facessero del male…
Cologne troncò ogni altra discussone con un ultimo avvertimento.

-C’è un’altra cosa importante da dire. I demoni non sono come gli uomini. Non proveranno alcuna compassione nei vostri confronti. Se sono qui è per eliminare ogni eventuale minaccia e non si fermeranno davanti a nulla. Per cui mirate ad uccidere, non abbiate alcuna pietà, perché di certo loro non ne avranno per voi.
-Basta chiacchiere. Arrivano…

Le parole di Mousse furono le ultime che pronunciarono prima dello scontro. Intorno a loro youkai di ogni sorta erano fuoriusciti dalle nebbie. Nei loro sguardi famelici si leggeva chiaramente la precisa intenzione di uccidere, di farli fuori tutti ad uno ad uno, brutalmente, senza pietà alcuna.
Demoni lupo dalle lunghe zanne affilate emettevano ringhi cupi da mettere i brividi digrignando i denti, scrutandoli con i loro occhi gialli. Misteriosi demoni alati con corpi dalle fattezze umane ridevano perfidamente al loro indirizzo, mettendo in mostra i loro denti aguzzi.
Altri youkai dagli aspetti più disparati continuavano ad arrivare, bloccando ogni possibile via di scampo. Circondandoli completamente. Affamati. Eccitati. Bramando il loro sangue.

-Bene, al mio tre, gli andiamo addosso, d’accordo?

Non avere alcuna strategia per uscire da quell’assurda situazione di certo non era d’aiuto. Ma non avevano altra scelta. Di sicuro non avrebbero aspettato inermi un attacco potenzialmente mortale.
Così, determinati e decisi, Ryoga, Ukyo, Shampoo, Mousse e Cologne annuirono alle parole del ragazzo col codino, i muscoli tesi pronti a scattare al momento convenuto.
Con un ultima preghiera rivolta ai Kami si prepararono alla battaglia: “Fateci andar via di qui sani e salvi…”
Ma a giudicare dalla quantità di demoni che si preparavano ad affrontare, uscire da quell’inferno illesi era un’impresa praticamente impossibile.

-Uno…due…TRE!

Con uno scatto fulmineo i sei compagni abbandonarono le loro posizioni, correndo ognuno in una diversa direzione, pronti a fronteggiare gli youkai che si presentavano sul loro cammino. Si persero di vista quasi immediatamente. Non c’era tempo di preoccuparsi di cosa stessero facendo gli altri.
Un enorme serpente dalle cui zanne colava una disgustosa sostanza verdastra si avventò su Ranma, sbarrandogli la strada. Una schivata e il ragazzo col codino riuscì ad evitare lo youkai e le sue zanne mortali, che stavano per dilaniare le sue carni. Ricominciando a correre, Ranma tentò di superarlo senza ingaggiare una lotta. Il suo tentativo fallì miseramente. Con una sferzata, la coda del serpente gigante colpì Ranma in pieno petto, mandandolo a schiantarsi sul pavimento di roccia. La sua vista si annebbiò per un istante, mentre una fitta insopportabile di dolore gli attraversava il corpo. Riuscì a riacquistare il controllo appena in tempo per vedere il serpente tornare all’attacco. Poggiandosi sulle mani e dandosi la spinta per fare una capriola riuscì a portarsi fuori tiro, mentre le fauci dello youkai si richiudevano a vuoto. Ma proprio in quell’istante altre zanne si richiusero sulla sua spalla. Con uno straziante urlo di dolore, Ranma si voltò di scatto, in tempo per vedere le fauci di un demone lupo sporche di sangue, il suo sangue. Vide con orrore i suoi denti aguzzi affondare sempre più nella sua carne, dilaniandola. Il sangue ne fuoriuscì a fiotti, imbrattando la manica della casacca di Ranma.
L’urlo di dolore del ragazzo col codino giunse all’orecchio di Ryoga, mischiato ai versi e ai lamenti degli youkai attorno a loro e alle grida di battaglia dei suoi compagni. “Che diavolo gli sarà successo?”
Ma non c’era modo di scoprirlo, non quando tre demoni gli si fiondarono addosso tutti insieme, rischiando di sopraffarlo. Riuscì a pensare ad un’unica possibilità per cavarsi da quel pasticcio. Si concentrò sui pensieri più tristi che riuscisse ad evocare. Era piuttosto facile, a dire il vero. Akane che viene rapita, Akane tra le braccia di quello schifoso youkai, Akane intrappola chissà dove, Akane che rischia la vita…e poi…e poi Akane che ama Ranma…Akane e il suo amore non corrisposto per lei…
Concentrò l’energia della sua disperazione nei palmi delle sue mani, generando una sfera di un giallo accecante che si ingrandiva a dismisura a vista d’occhio. I demoni di fronte a Ryoga non ebbero nemmeno il tempo di reagire o di rendersi conto di cosa stesse succedendo. Con un urlo disumano, Ryoga lanciò il suo attacco.

-Shishi hoko-dan!

In un lampo di luce, la sfera di proporzioni gigantesche travolse gli youkai che stavano per attaccare Ryoga e alcuni altri che si trovavano dietro di loro. Nemmeno i loro corpi straziati riuscirono ad arrestare la corsa di quell’enorme concentrato di energia, che continuò la sua folle avanzata frantumando il terreno, incenerendo alberi e coinvolgendo altri youkai che si avvicinavano. Soltanto molti metri più lontano la sfera si dissolse, lasciando alle sue spalle una scia di morte e distruzione.
Ryoga ansimava vistosamente, asciugandosi le gocce di sudore che scendevano copiose dalla fronte con la manica della maglietta. Aveva esagerato. Aveva sprecato troppa energia.
Ma non c’era tempo per riposarsi. I demoni che aveva eliminato erano stati sostituiti da altrettanti dall’aria se possibile ancora più letale. Non avendo la forza di sparare un nuovo colpo energetico, Ryoga si preparò ad ingaggiare un corpo a corpo. Per la prima volta temeva seriamente per la sua vita.

******

Molto più in là, Mousse e Shampoo non se la cavavano affatto bene. Il ragazzo cinese era coperto da tagli profondi su braccia e gambe. Attorno a lui una pozza di sangue. Ma la cosa non gli importava più di tanto. Ciò che contava era solo continuare a fare da scudo a Shampoo. Non avrebbe mai permesso che si ferisse. Preoccupato più della vita di lei che della sua, non la perdeva di vista, a scapito della sua concentrazione. E le ferite si moltiplicavano e il sangue scendeva ancora più copioso, mentre fronteggiava un nemico dopo l’altro, levandoli di mezzo senza pietà, senza guardarsi indietro. Svuotò la mente di ogni pensiero, preoccupandosi soltanto di colpire, di uccidere. Non avrebbe mai creduto di trasformarsi in un assassino. Ma andava bene anche questo, se lo scopo era proteggere Shampoo.
Intanto l’Amazzone, utilizzando i suoi bombori, cercava di difendersi alla meglio dagli attacchi continui e di passare all’offensiva per quanto le fosse possibile. Non aveva un attimo di respiro. Youkai dall’aspetto disgustoso continuavano a circondarla da ogni parte e a tentare di farla fuori. Ma lei non si arrendeva. Non la fiera Amazzone Shampoo. Doveva lottare. Soprattutto per lui.
Per Mousse.
Che stava continuando a rischiare la vita per proteggerla.
Che le era accanto anche in quel momento, anche in quella situazione, pensando più a lei che a se stesso. Che si era lanciato senza pensarci due volte.
Com’era stata crudele con lui…quante volte l’aveva maltrattato? Quante volte avrebbe dato qualsiasi cosa pur di levarselo dai piedi? Eppure lui era lì, spettatore più o meno silenzioso della sua vita, in attesa della sua occasione per intervenire. Senza chiedere nulla in cambio. Agendo solo per il bene di lei.
Mousse era davvero…speciale
E allora lei continuava ad attaccare senza sosta. Perché non poteva permettere che lui continuasse a ferirsi per lei.
Proprio in quel momento un demone alato dal corpo di uomo si avventò su Shampoo, gli artigli affilati pronti a colpire. L’Amazzone si abbassò repentinamente, evitando l’attacco e con un affondo preciso e potente, sventrò il demone con il manico di uno dei suoi bombori. Il sangue violaceo dello youkai le imbrattò i vestiti, mentre il suo corpo esanime si accasciava su se stesso. Shampoo sfilò il suo bombori dal corpo del demone, mentre con uno sguardo di puro odio lo osservò emettere un ultimo rantolo strozzato, per poi spegnersi sotto i suoi occhi. La giovane Amazzone non se ne curò più di tanto, si voltò ed immediatamente ingaggiò una lotta furiosa con uno di quei dannati demoni lupo. Gettò in fretta uno sguardo verso Mousse, per accertarsi delle sue condizioni, e quando vide che stava per essere colpito alle spalle, dimenticandosi completamente del suo avversario, corse verso di lui.

-MOUSSEEEEEE!

******

Avrebbe voluto scappare. Avrebbe voluto nascondersi. Era troppo per lei. Davvero troppo. Il puzzo di sangue le dava il voltastomaco, provocandole conati che a stento riusciva a reprimere. La stanchezza si era ormai completamente impadronita delle sue membra. Riusciva a malapena a continuare a colpire, più per difendersi che per attaccare. Solo in quel momento si accorse che gran parte del sangue sui suoi vestiti era suo. Ne stava perdendo in grandissime quantità da una profonda ferita alla gamba. Faticava a stare in piedi e la vista si iniziava ad appannare. Stava rapidamente perdendo coscienza di dove fosse o di cosa stesse facendo. Registrò solo vagamente di essere infine crollata a terra. E intuì più che vedere che qualcosa si stava avventando su di lei. Ma era troppo stanca per preoccuparsene. Preferiva chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Quanto avrebbe desiderato dormire…

-UKYOOOOO!

Una voce? Qualcuno la stava chiamando?
Si. E conosceva quella voce. Ma stanca com’era non riusciva proprio ad associarla a nessuno in particolare. Non aveva voglia di farlo. Perché pensare quando avrebbe solo voluto riposarsi?
Sentiva i rumori di uno scontro ingaggiato proprio di fronte a lei. Aprì gli occhi tentando di mettere a fuoco le figure che si fronteggiavano. Un ragazzo dai capelli scuri…vestito di giallo…non riusciva davvero a capire chi potesse essere…stava colpendo un orrendo essere con un pugno in pieno stomaco…e adesso stava usando delle bandane come lame…non riuscì a vedere altro. Chiuse gli occhi, mentre il respiro si faceva via via più debole. Stanca e debilitata per via della gran quantità di sangue perso, si lasciò andare a quell’invitante e accogliente oblio.
Intanto Ryoga lanciava le sue bandane contro lo youkai che aveva di fronte, tranciandogli di netto un braccio e infine anche la testa, che cadde con un disgustoso tonfo sul pavimento, con un ultimo guizzo crudele nello sguardo. Con un brivido represso, Ryoga distolse lo sguardo da quei sinistri occhi vitrei che continuarono a fissarlo, per volgersi poi verso Ukyo.

-Ukyo! Ukyo!

Nessuna risposta. Il cuore di Ryoga batteva ad un ritmo folle, impedendogli di pensare con lucidità. Un’ondata di panico si fece strada in lui mentre guardava Ucchan a terra in una pozza di sangue. Avrebbe voluto scuoterla, svegliarla in qualsiasi modo. Era terrorizzato.
Con due dita le cercò il polso. Un ondata di calore lo avvolse, stordendolo per qualche istante.
Il suo cuore batteva. Molto debolmente, ma batteva. Era ancora viva…ora doveva soltanto fare in modo che lo rimanesse.

******

Obaba combatteva senza particolari problemi. La sua esperienza secolare e la sua conoscenza di innumerevoli tecniche delle più svariate discipline erano per lei d’enorme aiuto in una situazione come quella. L’unica cosa che la preoccupava era la salute della sua bambina. Non riusciva a scorgere la sua bisnipote da nessuna parte, nonostante scrutasse in mezzo a quel mucchio di corpi maciullati e membra divelte ogni volta che ne aveva l’occasione. Una parte di lei, però, era serena. Mousse le era sicuramente accanto e di certo non avrebbe permesso che le accadesse nulla di male. Del resto quello stupido papero era suo malgrado un buon combattente e sapeva bene fin dove potesse arrivare per salvaguardare la vita della sua amata. Sperava solo che la sua forza bastasse.
Utilizzando il suo bastone come arma, Cologne faceva fuori uno youkai dopo l’altro, senza sosta. Il problema era che sembrava che per ogni demone ucciso ce ne fosse un altro pronto a sostituirlo. E Obaba era sicura che nessuno dei ragazzini che erano con lei avrebbe resistito ancora per molto. Nemmeno il futuro marito. Occorreva trovare una soluzione. E alla svelta.

******

Il sangue scendeva lento lungo il suo braccio, mentre le zanne del demone lupo continuavano ad affondare nella sua spalla, permettendo allo youkai di assaporare quel liquido vermiglio con espressione famelica. Ranma strinse i denti cercando di non svenire per il dolore. Facendo uso della sua Tecnica delle castagne modificata, colpì violentemente il volto del demone più volte nello stesso punto, nel tentativo di fargli allentare la presa. Sebbene per via del dolore la velocità dei suoi colpi fosse molto minore rispetto al solito, riuscì ugualmente nel suo intento.
Il demone mollò la presa e lanciò una sorta di agghiacciante urlo tremulo, per poi scuotere la testa con violenza, come a volersi riprendere di colpi subiti. Approfittando di quel momento di distrazione da parte dello youkai, Ranma si preparò a lanciare lo stesso colpo di Ryoga. Lo Shishi hoko dan in quel momento gli sembrava la soluzione perfetta…e decise che avrebbe coinvolto quanti più demoni possibili.

-EHI VOI! Perché NON VENITE A PRENDERMI?

A quell’urlo molti youkai si voltarono nella direzione del ragazzo col codino e corsero verso di lui, pronti ad attaccarlo. Un sorriso di trionfo comparve sul volto di Ranma. Perfetto. Esattamente quello che voleva.
L’immagine di Akane che spariva sotto i suoi occhi esplose nitida nella sua mente e bastò quello a scatenare l’incredibile potenza del suo dolore.
Strinse i pugni e chiuse gli occhi,concentrandosi per trasformare la sua sofferenza in energia. La sentiva fluire dal suo corpo, prendere forma. E quando gli youkai erano ormai a pochi passi da lui, decise che era il momento di agire.

-SHISHI HOKO DAAAAAAAAN!

Una colonna di energia di proporzioni gigantesche circondò il ragazzo col codino, che sparì per un attimo alla vista mentre una luce gigantesca si diffondeva tutt’intorno, accecando tutti.
Una voragine si aprì sotto i piedi di Ranma, che momentaneamente incosciente non si rendeva conto di nulla. Il colpo fu più forte del previsto. Coinvolse un gran numero di youkai, di cui rimasero soltanto delle ceneri fumanti. La terra si sbriciolò, mentre minuscoli frammenti di roccia levitavano intorno a Ranma e una gran quantità di alberi veniva sradicata e molti rami spezzati e inceneriti.
Seguirono dei secondi di vero e proprio inferno e quando la situazione sembrò placarsi, Ranma notò intorno a lui soltanto terra bruciata. Stremato, si accasciò al suolo, chiudendo gli occhi e respirando a fondo per riprendere fiato. Aprì gli occhi giusto in tempo per vedere un grosso essere viscido avanzare verso di lui a velocità inaudita. Possibile che ce ne fossero ancora? Sembravano non finire mai…bisognava fare qualcosa. Di quel passo sarebbero morti tutti.

*******

Come al rallentatore, Shampoo correva verso Mousse che, messo in allarme dal suo urlo, si voltò per vedere cosa stesse succedendo. Si accorse troppo tardi che stava per essere colpito. Un gigantesco essere con zampe anteriori munite di lame dall’aria letale stava per affondare. Non aveva scampo. Disperato, chiuse gli occhi e tentò di ripararsi con le braccia, per puro istinto. Sapeva che era del tutto inutile. Il suo ultimo pensiero prima di affrontare la morte andò a Shampoo. Sperò ardentemente che riuscisse a farcela anche senza di lui. Se la figurò nella mente, bella ed indomabile come l’aveva conosciuta, forte e coraggiosa come l’aveva amata. E confortato da quell’immagine, si preparò ad affrontare l’inevitabile.
Ma nulla avvenne. Sentì soltanto un gemito strozzato sopra di lui.
Allarmato e confuso abbassò le braccia e riaprì gli occhi. E ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene: Shampoo era sopra di lui, le braccia allargate e un’espressione di intensa sofferenza dipinta sul volto. L’essere ripugnante dietro di lei si ritrasse momentaneamente, pronto a colpire di nuovo, con più violenza. Pronto ad ucciderla, questa volta. A trapassarla da parte a parte. Sulla lama che aveva colpito l’Amazzone, Mousse poteva ancora vedere gocciolare il suo sangue.
Il sangue di Shampoo.
Un odio mai provato prima lo invase, mentre la vide cadere su di lui. La prese tra le braccia e la adagiò sul pavimento, sforzandosi di ignorare l’incredibile quantità di sangue che stava perdendo. Aveva l’impressione che ogni cosa intorno a lui fosse priva di consistenza. Non avvertiva più alcun rumore, soltanto un fastidioso ronzio che gli riempiva le orecchie. Non riusciva più a pensare con lucidità. La rabbia pulsava e ribolliva in lui, mentre il suo corpo si mosse con un’unica intenzione: uccidere. Per la prima volta provò il desiderio di farlo. Il desiderio di eliminare il bastardo che aveva osato non solo toccare Shampoo, ma addirittura farle del male, era così forte da fargli quasi perdere il senno. Con un gesto delle braccia, fece comparire dal suo kimono due lunghe lame affilate. Con una giravolta Mousse colpì, tranciando di netto il corpo dello youkai.
Non si voltò nemmeno a guardarlo, né si preoccupo del sangue che era schizzato sui suoi vestiti. Si limitò a ripulire frettolosamente con espressione disgustata le sue lame, usando una manica del suo kimono, e a nasconderle nuovamente alla vista.
Volse lo sguardo di fronte a lui, laddove giaceva il corpo di Shampoo, esanime.
Si mosse senza nemmeno rendersene conto. Si inginocchiò accanto a lei, mentre le lacrime gli offuscavano la vista. Vide il petto dell’orgogliosa Amazzone alzarsi ed abbassarsi con estrema lentezza, i suoi capelli sparpagliati sulla roccia, come sconfitti. La sua veste era ormai completamente zuppa del suo sangue. Mousse prese quel fragile corpo tra le braccia, lentamente e con dolcezza, quasi fosse fatto di cristallo. Le fece poggiare la testa sul proprio petto e pianse. Pianse lacrime amare, lacrime di chi si sente colpevole, di chi soffre tanto da impazzire.
Shampoo avvertì il calore di un corpo a contatto col suo. Inspirò a fondo, avvertendo il profumo di Mousse. Schiuse gli occhi, tentando di mettere a fuoco ciò che la circondava. Alzò il viso verso quello di lui, lentamente. Si accorse che stava piangendo…

-Mou…Mousse…

Il ragazzo sussultò al suono della voce di Shampoo. Era così…flebile. Un lieve sussurro, appena percettibile. Capì quanto dovesse costarle parlare.

-Shampoo…ssst, non parlare. Non dire niente, risparmia le forze.
-Stai…stai bene?

Se lui stava bene? No. Almeno non interiormente. Ma come poteva preoccuparsi per lui quando lei era in quello stato? Come poteva chiedere a lui se stava bene?
Il dolore parve raddoppiare, rendendogli difficile perfino respirare. Si sforzò di parlare tra i singhiozzi.

-Sto…benissimo.
-Ne sono…felice…

Con un ultimo sussurro che sembrò costarle uno sforzo sovrumano, Shampoo chiuse gli occhi e perse i sensi.
Mousse rimase lì, perfettamente immobile, indifferente alla battaglia che infuriava tutt’intorno. Che importanza avevano quei corpi divelti sparpagliati a terra? O le sue ferite? O il fatto che Akane Tendo fosse stata rapita? Chi se ne importava?
Odiava Ranma. Perché era per lui che Shampoo si era lanciata in quella assurda impresa. Ed era colpa di Ranma se adesso si trovava in quello stato.
No.
Era inutile che cercasse facili giustificazioni o capri espiatori. La colpa non era di Ranma. La colpa era sua. Se Shampoo non avesse cercato di proteggerlo…se lui non fosse stato tanto incapace da non accorgersi che era in pericolo…
“Shampoo…”

*****

Cologne ripercorse con lo sguardo il campo di battaglia. Era cosparso di macerie e di alberi sradicati e inceneriti, risultato degli scontri che infuriavano da ogni parte. I corpi accasciati a terra non si contavano più, né tanto meno il sangue versato. Era uno spettacolo rivoltante. Eppure gli avversari sembravano non diminuire.
Spostò lo sguardo a destra e a sinistra e notò Ukyo, a breve distanza da lei, a terra, svenuta. Doveva aspettarselo. Quella ragazza era troppo debole. Accanto a lei Ryoga, che gettava occhiate nervose alla sua figura priva di sensi ed eliminava più o meno facilmente un avversario dopo l’altro.
Chissà come stava la sua bambina…continuò a cercarla con lo sguardo in mezzo a quel caos. Strinse gli occhi e finalmente la individuò. Il suo cuore perse un battito. Shampoo era a terra, tra le braccia di Mousse, che piangeva disperatamente. Che fosse…che fosse…? No…impossibile.
Corse in quella direzione a velocità folle, scavalcando ogni ostacolo che si presentava sul suo cammino e uccidendo brutalmente chiunque fosse così pazzo da intralciarla.

-Mousse!
-O…Obaba…
-Mousse, cos’è successo? Shampoo è…?
-No. No…ma…non so per quanto…

La voce di Mousse si spense.
Cologne guardò il corpo della sua bisnipote, notando che respirava appena. Fu in quel momento che prese una decisione.
Frugò nelle maniche del suo kimono verde e ne estrasse un piccolo sacchetto, che tese a Mousse.

-Prendi questo. Contiene delle compresse miracolose che vi rimetteranno in sesto. È una ricetta che si tramanda di generazione in generazione nella mia famiglia. Danne una anche agli altri. Ascoltami bene Mousse, ho un piano.
-Un piano…? Di che si tratta?
-Prima di parlartene devi farmi una promessa.
-Certo, dimmi pure.
-Né tu, né Shampoo, né nessun altro dovrete provare ad ostacolarmi.
-Ostacolarti…? Che…che significa? Perché dovremmo farlo?
-Promettilo.
-…lo prometto.

Cologne prese un respiro profondo ed annuì, sperando che il ragazzo mantenesse la parola data.
E adesso veniva la questione più importante, quella che le stava più a cuore e che più le premeva discutere.

-Voglio che tu mi prometta anche un’altra cosa.
-Ti ascolto.
-Giurami che proteggerai sempre la mia bambina, a qualunque costo.
-Obaba, ma perche mi stai…?
-Promettilo.

Sempre più confuso, Mousse guardò Cologne con profonda curiosità. Nei suoi occhi, il giovane ragazzo cinese leggeva una sorta di strana determinazione. Che cosa diavolo stava succedendo?
I suoi sensi si acuirono quando notò una presenza ostile che si avvicinava rapidamente. Ma con un movimento repentino del bastone, Obaba eliminò l’aggressore in un lampo.
Ricordando solo in quel momento dove si trovasse e cosa stesse facendo lì, Mousse si rese conto che il tempo stringeva e che non potevano perderne dell’altro in chiacchiere. Spostò nuovamente lo sguardo sul corpo di Shampoo, ancora stretto tra le sue braccia, e si accorse che stava perdendo rapidamente anche quel poco di colorito rimastole. Non c’era più un minuto da perdere. Fece per aprire il sacchetto e per dare una compressa a Shampoo, ma Obaba lo fermò.

-No, non adesso.
-Cosa? Ma…perché?
-Ti spiegherò tutto. Ma prima giura che farai ciò che ti ho chiesto.
-Te lo giuro. La proteggerò sempre. Anche a costo della vita.
-Bravo ragazzo…

Obaba sorrise e Mousse la guardò ancora pi stranito. Non ricordava che l’Amazzone l’avesse mai guardato con tanto affetto negli occhi, né che gli avesse mai rivolto quel sorriso indulgente.

-Spero tanto che tu possa trovare la felicità, un giorno…magari anche con la mia bambina. Ricorda il giuramento che mi hai fatto, Mousse.
-Obaba, vuoi spiegarmi che cosa succede? Perché mi stai dicendo queste cose?

Cologne sospirò impercettibilmente. Non c’era decisamente altra soluzione. Aveva pensato a qualsiasi altra possibilità, ma quella era davvero l’unica. Non avrebbe mai immaginato che il suo destino sarebbe stato quello. Ma se era davvero l’unico modo in cui la sua adorata bisnipote potesse salvarsi, l’avrebbe fatto. Per lei. Per colei che aveva rappresentato la figlia che non aveva mai avuto. Per lei e per i suoi amici. E anche per Mousse. Anche per quell’imbranato miope.
Così si accinse ad esporre il suo piano al ragazzo cinese, ancora in attesa accanto a lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sacrificio ***


CAP DIECI Ciao a tutti! Eccomi qui con il decimo capitolo. Prima di andare avanti ho due appelli da fare!

Cercasi beta-reader!: mi sono stati fatto notare alcuni errori di cui purtroppo, pur rileggendo moltissime volte i capitoli prima di pubblicarli, non mi ero accorta. Per cui mi farebbe piacere se qualcuno avesse voglia di assumersi l’onere di farmi da beta. Se siete interessati contattatemi pure privatamente o su N di Nibunnoichi. Grazie in anticipo!

Cercasi fanartist!: mi piacerebbe davvero poter creare una cover della mia ff da poter mettere nella mia firma. Dato che però io non ne sono in grado, chiedo aiuto a voi! Se qualcuno mi facesse tale onore gliene sarei eternamente grata! Contattatemi pure se doveste essere interessati.

Grazie per l’attenzione! ^ ^
E ora passiamo alle risposte alle vostre recensioni…

Maryku: sono contenta di essere riuscita a suscitare in te tante emozioni, direi proprio che l’intenzione era quella! Riguardo ad Obaba, bè…la risposta è contenuta in questo capitolo. Spero di leggere al più presto il tuo parere! A presto!

Gabrychan: come sono contenta che tu abbia recensito! Sai bene quanto apprezzo il tuo lavoro, per cui per me è un onore! Allora parto dalla domanda su Obaba: mi piace pensare che non abbia mai avuto figlie femmine, per cui Shampoo rappresenterebbe la figlia che non ha mai avuto.
Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo ed il modo in cui Shampoo si sveglia e si accorge di Mousse. Grazie mille per i complimenti!

Tiger Eyes: mille grazie per avermi fatto notare gli errori che ho commesso. Prometto che li correggerò dal primo all’ultimo. Se ce la faccio comincio anche oggi! Noto anch’io rileggendo che ci sono delle incongruenze, vedrò di rimediare. In ogni caso grazie mille per i complimenti! Sono contentissima di sapere che miglioro! E anche che ti piace il modo in cui ho fatto avvicinare Mousse e Shampoo e Ryoga e Ukyo. Avevo un po’ paura che potesse essere troppo improvviso, ma a quanto pare non è così! Sono contenta ^ ^

Robbykiss: grazie per i complimenti! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto…e grazie del commento al capitolo 3! Purtroppo l’ho dovuto cancellare e ripubblicare, per cui i commenti sono andati perduti. Ancora grazie!

Littel: grazie mille! Felicissima che ti sia commossa con Shampoo e Mousse. Addirittura ti ho fatto venire la pelle d’oca col combattimento! Ma che bello! Questi commenti mi incentivano a continuare…grazie!

Akane25: grazie anche a te per i complimenti! Felice che anche a te siano piaciuti Mousse e Shampoo…grazie come sempre per le belle parole! A presto!

_kaggy_chan_: “il dono di saper scrivere così bene ce l'hai nel sangue...!” Ma grazie! Che bellissima cosa mi hai detto! Non pensavo davvero che la scena di lotta sarebbe piaciuta, sono troppo contenta! Grazie grazie grazie! Un bacio!

Laila: ciao! Mi sono addirittura superata, dici? ^///^ Mi fai arrossire! Diciamo che hai ripercorso perfettamente tutti i momenti salienti del capitolo…e sono davvero felice che ti sia piaciuto! Come sempre aspetto con ansia un tuo parere! Un bacio e grazie mille!

Vabbè, ora ho davvero finito con le ciance!
Buona lettura!

Capitolo X
Sacrificio

Mousse guardava Obaba come non aveva mai fatto. Era impazzita, non c’era altra spiegazione. Quel piano era assurdo. Inaccettabile. Non le avrebbe mai permesso di fare una cosa del genere. Nemmeno per sogno. Ci doveva assolutamente essere un’altra soluzione, per forza!
Era evidente che Cologne non avesse vagliato ogni possibilità. No. Non poteva affatto finire così. Tentò un sorrisetto divertito, ma in realtà la sua espressione lasciava trasparire soltanto ansia.

-Stai scherzando, vero?
-Certo che no.

Mousse rimase interdetto, anche se non poteva dire di essere sorpreso da una risposta del genere. Eppure gli sembrava un’idea così assurda che la domanda era sorta spontanea.
Tramutò la sua espressione incredula in una irata. “È impazzita davvero.”

-Non se ne parla! Non te lo lascerò fare!
-Non hai scelta. Hai fatto una promessa, ora devi mantenerla!
-Non posso farlo!

Allarmata da quelle urla, Shampoo trovò la forza di aprire gli occhi solo per un istante, giusto il tempo per mettere a fuoco la sua bisnonna e per vedere che stava bene. Non aveva nemmeno un graffio, per fortuna. Ne era felice…almeno lei stava bene.
Tentò di mettere a fuoco Mousse, di vedere come se la fosse cavata, ma lo sforzo sembrava essere troppo per lei. Gemette e strinse i denti nel tentativo di non cedere nuovamente all’oblio, ma il dolore era diventato ancora più forte e così insopportabile da farle perdere di nuovo i sensi. Avvertendo Shampoo lamentarsi, Mousse si rese conto che non c’era più tempo.
Guardò Obaba dritto negli occhi, leggendovi una risolutezza senza pari.

-Non c’è altra scelta, Mousse. Credimi. Ami molto la mia bambina, non è vero?
-Più della mia stessa vita.
-Allora capirai anche tu che la soluzione migliore è proprio questa. È l’unico modo per salvare Shampoo. Non usciremo mai di qui, altrimenti. Come hai visto più demoni eliminiamo, più continuano ad arrivarne. Moriremo tutti nel tentativo di farli fuori. Salverò la mia bambina ad ogni costo. Tu, più di chiunque altro, puoi capirmi.

Doveva acconsentire? Era una follia. Non poteva nemmeno sopportare un pensiero simile. Shampoo ne avrebbe sofferto terribilmente. E anche lui stesso, in primo luogo. Cosa doveva fare? Era davvero quella l’ultima possibilità che avevano?
Un’idea improvvisa gli balenò nella mente. Sembrava la soluzione migliore. Tutto pur di evitare una cosa del genere.

-Li tratterrò io! Vedrai che ce la farò!
-No.

Il tono di Cologne aveva un che di definitivo, così come la sua espressione. Guardò il ragazzo di fronte a lei con durezza, come se non ammettesse un'altra parola da parte sua, ma nemmeno questo riuscì a zittire Mousse.

-Ma perché?
-Non potrei mai permettertelo, non avresti alcuna speranza.
-Tu mi sottovaluti!
-Non ti sottovaluto affatto. Guardati, sei ferito gravemente. Come speri di tenere a bada gli youkai il tempo necessario per permetterci di scappare? Posso farcela soltanto io.
-No, non così. Non posso davvero permettertelo…

Cologne chiuse gli occhi per un istante, irritata.
Perché Mousse non voleva capire? Sarebbe stata felice di trovare la morte lì, in cima al monte Tsukuba. Non esisteva morte più onorevole di quella in combattimento, per un’Amazzone fiera come lei. Aveva vissuto una vita lunga e felice. Era pronta a rinunciarvi, adesso. Per il bene della sua bisnipote.

-È la fine migliore che possa desiderare.
-Ma non pensi a Shampoo? E a me…
-È proprio per questo che lo faccio. Per voi.

Mousse non sembrava essere particolarmente convinto dalle parole di Cologne. Capì il desiderio che l’animava, il grande amore che provava per loro. Così grande da portarla a prendere l’ultima decisione della sua vita. E proprio per questo la più dura. Del resto anche lui stesso appena poche ore prima non aveva esitato a gettarsi nel vuoto insieme a Shampoo…e lui stesso non avrebbe permesso a nessuno di impedirglielo. Fu in quel momento che Mousse capì che niente le avrebbe fatto cambiare idea. E allora si costrinse ad annuire, mentre sentiva il cuore battere dolorosamente nel suo petto.


-Molto bene. Vado a comunicare il mio piano anche a Ranma e a Ryoga. Dopodichè, al mio segnale, dovrete correre via più veloce che potete. Dovete cercare di allontanarvi da qui il più velocemente possibile.
-Sei davvero sicura di volerlo fare?
-Sicurissima.

Mousse sospirò pesantemente. Tutta la stanchezza di quei giorni gli piombò addosso. Essersi imbarcati in quell’impresa così, a cuor leggero, era da sciocchi. Come aveva potuto non valutare più attentamente la situazione? Essere così avventato? E, soprattutto, permettere a Shampoo di prendere parte ad una simile spedizione suicida?
Il giovane cinese provò un’ultima volta a dissuadere Cologne, seppur con scarsa convinzione.

-Obaba…non c’è nient’altro che si possa fare?

Il volto antico dell’Amazzone si distese in un sorriso sereno, mentre con un cenno del capo rispondeva alla domanda di Mousse. No. È l’unico modo.
E Mousse non poteva fare altro che accettare quella decisione. Aveva promesso.

-Allora…d’accordo.
-Molto bene.
-Obaba…
-Dimmi.
-Grazie di tutto.

Senza replicare, Cologne voltò le spalle al ragazzo cinese.

-Dì a Shampoo che sono fiera della donna che è diventata. Mi ha reso orgogliosa. E dille anche di fare della sua vita quello che vuole, l’importante è solo che sia felice.
-Lo farò.

Mousse era davvero un bravo ragazzo. Di certo avrebbe potuto rendere felice la sua bambina, se lei gliene avesse dato l’opportunità. Avrebbe voluto esserci per vedere come sarebbero andate le cose…
A quel punto Cologne si diresse verso Ranma.

-Futuro marito!
-Vecchia! Siamo nei guai fino al collo! Non ce la faremo mai!
-Lo so, ho un piano.
-Davvero?
-Si. Userò i miei sigilli, li spargerò per tutto il perimetro della vetta e li attiverò una volta che voi sarete scesi dalla cima del monte. In questo modo, nessuno potrà più né entrare né uscire dall’area che avrò delimitato, almeno finché io sarò in vita.
-Cosa vuoi dire? Hai forse intenzione di rimanere qui?
-Esatto. È la nostra unica possibilità. L’unica cosa che possiamo fare per permettervi di andar via senza essere inseguiti è eliminare tutti i demoni che si trovano qui.
-E come avresti intenzione di fare? Non so se hai notato…ma è proprio questo il problema!
-Ricorrerò alla Tecnica Definitiva della mia famiglia.
-Di che diavolo parli?
-È un colpo che permette di incanalare la propria energia in un unico, potentissimo attacco. Possiamo paragonarlo ad una sorta di esplosione, che non lascia scampo a nessuna forma di vita che si trovi nelle vicinanze. È una tecnica che conta più di mille anni di storia. Ed è stata da sempre utilizzata molto di rado, dato che…bè…prevede il sacrificio di chi la esegue.

Un attimo di silenzio attonito accolse quelle parole, interrotto dall’arrivo di due youkai, sistemati in brevissimo tempo da Cologne, mentre Ranma, ancora intontito dalle parole appena udite, guardava il pavimento di roccia senza in realtà vederlo.
Dopo alcuni interminabili secondi, guardò nuovamente Cologne in viso.

-Non esiste! Non te lo permetterò mai! Sei forse impazzita?
-Ranma…

Il ragazzo col codino si stupì nel sentirsi chiamare per nome dalla bisnonna di Shampoo. Era la prima volta che accadeva, per quanto potesse ricordare. Fu questo, più di ogni altra cosa, a zittirlo, agendo come una sorta di strano calmante.

-…vuoi salvare Akane?
-Ma certo!
-Sappi che questo è l’unico modo. Non preoccuparti per me.

Una battaglia infuriava nella mente e nel cuore di Ranma. Doveva davvero permettere che Cologne si sacrificasse e poter così salvare Akane? O dovevano cercare un’altra soluzione e probabilmente morire tutti nel tentativo? Come faceva a scegliere?
Obaba interruppe le sue riflessioni.

-Non riuscirai ad impedirmelo, non pensarci neanche.
-Ma…sono sicuro che possiamo trovare un’altra soluzione.
-No. Ci ho pensato bene.
-Ma…
-Fidati di me.

Fidarsi? Abbandonare un compagno? Non poteva.
Cologne chiuse gli occhi un istante. Sembrava infinitamente stanca. Quando li riaprì, Ranma vi lesse un’immensa tristezza. Conosceva bene quella sensazione…

-È l’unico modo per salvare voi e la mia bambina. Ed è l’unica cosa che mi interessa. So che puoi capirmi. Non indugiare oltre, non c’è più tempo.

Seppur riluttante, Ranma acconsentì al piano di Obaba e ascoltò il resto dei dettagli molto attentamente, pregando perché tutto andasse per il verso giusto.

******

Una volta comunicato il piano anche a Ryoga, non rimase che metterlo in atto.
Muovendosi con una velocità tale da sparire alla vista, Cologne applicò numerosi sigilli su rocce e alberi, delimitando i confini della vetta, così da potervi rinchiudere tutti gli youkai.
Una volta completata questa operazione, si spostò esattamente al centro della zona delimitata e tentò in ogni modo di attirare l’attenzione degli youkai.

-EHI VOI! SONO QUI!

Colpì violentemente un demone con il suo bastone applicando la forza necessaria per fargli lanciare un urlo di dolore e far montare la rabbia a tutti gli altri youkai, che si avventarono su di lei in massa. Proprio quello che stava aspettando. Era il momento perfetto.
“Buona fortuna, ragazzi…”
Con un ultimo sguardo alla sua bisnipote, stretta tra le braccia di Mousse, si preparò a dare il segnale.

-CORRETE!

Senza farselo ripetere due volte Mousse con Shampoo tra le braccia, Ryoga, che invece reggeva Ukyo, e Ranma, con la spalla che sanguinava ancora copiosamente, sfrecciarono via, schivando demoni su demoni che non ebbero nemmeno il tempo di accorgersi di cosa stesse accadendo. Ancora due falcate…ancora una…
“Addio, ragazzi. Abbiate cura di voi.”
Questo fu l’ultimo pensiero di Obaba prima di vederli scomparire alla vista, ormai scesi dalla vetta. Mormorate le parole dell’incantesimo per attivare i sigilli, sospirò, preparandosi a quella che sarebbe stata l’ultima battaglia della sua vita.

******

La discesa procedeva molto più spedita della salita. Un balzo dopo l’altro, Ranma e compagni si stavano allontanando sempre di più dalla vetta, anche se il loro pensiero era ancora in cima, con Cologne. Erano stati dei folli ad acconsentire ad una cosa del genere. Il senso di colpa di Ranma gravava su di lui, pesante ed opprimente, rendendo ogni passo sempre più difficile. Perché continuare ad allontanarsi quando tutto ciò che desiderava fare era tornare indietro, ad aiutare colei che era disposta a dare tutto per loro? A fermarla…
Era tardi ormai. Troppo tardi. Del resto, Ranma comprendeva bene la sua decisione. Sapeva fin troppo bene cosa significasse essere disposti a dare tutto per le persone che ami. E Cologne era disposta a sacrificarsi per la sua piccola Shampoo…esattamente come lui per Akane…
Diverse centinaia di metri più in basso, si arrischiarono a fermarsi per un istante, giusto il tempo per rimettersi in sesto, facendo uso delle compresse che Cologne aveva consegnato a Mousse.
Quando Ranma ne ingoiò una, l’effetto fu immediato. La profonda ferita sulla sua spalla iniziò a rimarginarsi lentamente. Poteva vedere il sangue arrestare la sua fuoriuscita e i lembi di pelle ricucirsi. Passò un dito esattamente dove avrebbe dovuto trovarsi la cicatrice. Incredibile, non c’era nulla.
Si volse verso Ryoga, chino su Ukyo che si stava lentamente riprendendo.
La giovane cuoca aprì gli occhi, confusa, senza capire bene dove si trovasse o con chi. La prima figura che mise a fuoco fu proprio quella del ragazzo con la bandana.

-Ryoga…
-Ben svegliata. Come ti senti?
-Sto…bene…credo…

Si mise a sedere, toccandosi istintivamente la gamba che aveva riportato quella brutta ferita. Si stupì nel vedere che non c’era nulla. Solo macchie del suo sangue rappreso sui suoi vestiti a testimoniare che si fosse ferita.

-Ma…come…?
-Merito di una medicina di Obaba.

Ukyo annuì, ancora un po’ confusa. Volse lo sguardo intorno a lei e vide Ranchan. Stava bene. Non aveva nemmeno un graffio. Per fortuna…
Non la guardava. Sembrava immerso in qualche strana fantasticheria, gli occhi vitrei, come…vuoti. Il Kami no tanto ancora al sicuro, legato alla cintura dei suoi pantaloni.
Ucchan distolse lo sguardo dal ragazzo col codino ed incontrò gli occhi di Ryoga solo per un breve istante, che bastò a rievocare l’immagine del ragazzo con la bandana che si precipitava a difenderla. Le aveva davvero fatto scudo col suo corpo?
Schiuse le labbra per dirgli qualcosa. Anche se momentaneamente il suo cervello sembrava incapace di funzionare correttamente.

-Ti…ringrazio.
-Uh? E per cosa?
-Bè…mi hai…protetta…
-Oh…oh…bè, si…figurati…

Ucchan vide le guance di Ryoga imporporarsi. Arrossì anche lei e si voltò dall’altra parte, in tempo per vedere gli effetti della medicina di Cologne su Shampoo.
L’Amazzone riprese coscienza con maggiore difficoltà. Le ferite riportate erano molto più gravi di quelle degli altri compagni.
Mousse attese pazientemente, stringendola a sé con delicatezza. Sarebbe stata dura spiegarle cosa era successo. Temeva la sua reazione più di ogni altra cosa.
Finalmente, Shampoo aprì gli occhi, trovandosi davanti Mousse. Schiuse le labbra nel tentativo di parlare, emettendo solo un sussurro.

-Mousse…cos’è successo? Come stai?
-Bene. E tu come ti senti?
-Sto bene, adesso.

Shampoo si guardò intorno e vide Ryoga, Ukyo e Ranma fissarla. Registrò immediatamente che qualcosa non andava, ma inizialmente non riuscì a capire cosa fosse. Avvertiva qualcosa di strano, come la nota stonata di una melodia conosciuta.
E poi capì.
Ed un terribile presentimento si fece strada in lei, mentre già le lacrime affioravano ai suoi occhi.

-Mousse…Mousse dov’è la bisnonna?
-Shampoo, ascolta…
-Ci sta raggiungendo, non è vero?
-Shampoo…

L’Amazzone scattò in piedi, volgendo lo sguardo verso la cima, come se si aspettasse di vedere arrivare la sua bisnonna da un momento all’altro. Nei suoi occhi velati di lacrime si leggeva una muta speranza che Mousse non avrebbe mai e poi mai voluto deludere.
Il ragazzo le si affiancò, mettendole una mano sulla spalla.

-Shampoo…

L’Amazzone si voltò, allontanando la mano di Mousse con un gesto rabbioso. Le lacrime adesso le bagnavano il viso. Le sue urla furono come una pugnalata per il povero Mousse.

-DOV’É? DIMMELO!
-È rimasta in cima.
-E TU L’HAI LASCIATA FARE?
-Shampoo, ascoltami…

Mousse allungò timidamente una mano verso l’Amazzone, che si ritrasse disgustata.

-NON MI TOCCARE! Non…osare…

A quel punto Shampoo voltò le spalle a Mousse e con un balzo fece per salire nuovamente in cima, per raggiungere la sua bisnonna. Ma lui la trattenne.
L’Amazzone si voltò a guardarlo. Il suo sguardo carico d’odio avrebbe fatto arretrare chiunque. Ma Mousse rimase lì dov’era, tenendole la mano per impedirle di scappare. E sebbene facesse male, sebbene soffrisse terribilmente nel vederla così, non le permise di fare ciò che voleva.

-Lasciami immediatamente.
-No. Devi ascoltarmi!
-Non voglio starti a sentire!
-Sarebbe tutto inutile, non puoi tornare da lei. Ha sigillato tutto la zona. Niente può più entrare o uscire.
-Non importa, quando mi vedrà abbasserà la barriera e combatteremo insieme!

Con un gesto della mano, Shampoo si liberò dalla presa di Mousse e fece per ripartire, ma il cinese fu più veloce di lei. Le si parò davanti, trattenendola per le spalle. Shampoo si divincolò con tutte le sue forze, ma Mousse manteneva salda la presa. E fu troppo per lei. Alzò una mano tremante. E lo schiaffeggiò.
Mousse rimase intontito per un istante, guardando Shampoo con gli occhi sgranati. Era stato colpito da lei innumerevoli volte. Aveva perfino perso il conto. Ma mai un suo schiaffo aveva fatto così male. E non fisicamente.
Mousse fu costretto a riprendersi dallo shock quando Shampoo ricominciò a dimenarsi.
Che lo odiasse pure…l’importante era solo che tornasse a casa sana e salva.

-LASCIAMI PASSARE!
-Ma non lo capisci? Non capisci che sta facendo tutto questo per te?
-Non mi importa! Io devo andare da lei!
-SHAMPOO! HAI FORSE INTENZIONE DI RENDERE VANO IL SUO SACRIFICIO?

Quelle parole urlate, così dolorose…la fecero sussultare. Guardò Mousse dritto negli occhi, mentre stille salate continuavano a rigarle le guance. Quelle lacrime facevano più male di mille ferite, per il giovane cinese.
Proprio in quel momento, una colonna di luce si levò dalla cima del monte, seguita dal micidiale rombo di un esplosione.

-No…no! BISNONNAAAA!
-Shampoo…è troppo tardi!
-NOOO!

Shampoo cercava in ogni modo di divincolarsi dalla presa di Mousse, graffiandolo, scalciando, urlando. Ma il ragazzo la teneva stretta e singhiozzava amaramente con lei. La sua espressione manifestava un dolore troppo grande da poter contenere. Ma mantenne salda la presa su di lei.
Con un ultimo impeto disperato, l’Amazzone cercò di sfuggirgli. Ancora senza risultato.

-Lasciami andare…

Sembrava più una supplica che un ordine, adesso.
Mousse la strinse a sé, in un abbraccio.

-Lasciami andare…devo andare da lei…

I singhiozzi le rendevano impossibile persino parlare. Shampoo si aggrappò a Mousse con quanta forza avesse in corpo, piangendo, urlando, esternando tutto il suo dolore. Ma le urla non bastavano, le lacrime non servivano, aveva solo voglia di correre, scappare via, allontanarsi da tutto e da tutti. Sentiva il cuore sanguinare, tanto era grande il tormento che stava provando, un dolore così intenso da farle perdere il senno. E Mousse era lì, lì per lei. E la sosteneva. E la stringeva a sé e tentava di trasmetterle tutto il suo amore, nella speranza che potesse esserle di consolazione, seppur in parte. La lasciava sfogare così, mentre il suo cuore piangeva e soffriva con lei…

-Perché…perché l’hai lasciata andare…come hai potuto…PERCHÉ?
-Salvarti era tutto ciò che desiderava…nessuno sarebbe riuscito a fermarla…
-Non doveva…non doveva…

Senza più una parola, Shampoo continuò ancora a stringere Mousse e a piangere.
Abbattuto e addolorato oltre ogni dire, Ranma si trascinò stancamente in piedi e riprese la discesa. Da solo. Non riusciva ad ascoltare il pianto di Shampoo. Non riusciva a vederla in quello stato, né a sopportare la scomparsa dell’Amazzone Cologne.
Discendeva la montagna seguendo uno stretto, instabile viottolo tortuoso senza sapere cosa stesse facendo, senza pensare a nulla. Sussultò quando una voce gli parlò. La voce di Ryoga. Voltandosi si accorse che erano tutti lì. Mousse, gli occhi rossi e gonfi di pianto, teneva tra le braccia Shampoo, svenuta. Ryoga sorreggeva Ukyo, che sembrava ancora piuttosto debole.

-Ranma, stai bene?
-Bene? No. Non sto affatto bene. Sono io il responsabile. Ancora una volta. Possibile che non sia buono a fare niente? Metto sempre in pericolo chi mi sta intorno…

Come Akane…

-Ascolta, Ranchan. Devi smetterla di prenderti sempre le colpe di tutto! Abbiamo deciso autonomamente di seguirti e di venire qui con te. Non ci hai costretti. Eravamo perfettamente consapevoli di quanto fosse pericoloso. Non devi sentirti in colpa.
-No…non dovevo accettare. Dovevo venire da solo…

Ranma voltò loro le spalle e riprese a camminare, abbattuto. Sconfitto. La fierezza del suo portamento totalmente scomparsa. Ryoga e Ukyo si lanciarono sguardi preoccupati, incerti sul da farsi. Decisero che l’unica alternativa possibile era lasciarlo in pace, almeno per il momento. Fargli assorbire il dolore. Del resto, per quanto avessero continuato a dirgli che lui non c’entrava niente, avrebbe continuato a prendersi le colpe con ancora più convinzione.
Così continuarono la discesa dietro di lui, senza dire una parola. Mentre ognuno rivolgeva il proprio pensiero a lei.
La fiera Amazzone Cologne.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Proposta inaspettata ***


Proposta inaspettata Hola a todos!
Eccomi qui con il capitolo 11! Un poco in ritardo, lo so…ma ho avuto diversi problemi col pc. Ma, come si suol dire, meglio tardi che mai, giusto?
Bando alle ciance, diamo il via alle risposte alle vostre recensioni:

Kuno84: salve senpai! Grazie mille per il commento! Sono molto contenta che questi due capitoli ti siano piaciuti, ci tenevo davvero tanto. Riguardo all’espediente delle pillole che somigliano ai fagioli di Dragon Ball in effetti è vero, non è originalissima come idea! Riguardo al sacrificio di Obaba invece non avevo proprio pensato che potesse somigliare a quello di Vegeta…non mi ricordo tanto bene a che ti riferisci, a dire il vero. E dire che ho visto Dragon Ball mille volte e lo guardo tutt’ora!
In ogni caso grazie mille per avermi dato il tuo parere anche questa volta, sai quanto ci tengo! A presto, spero!

Gabrychan: gabryyy! Sono contentissima che hai recensito anche questa volta e anche di essere addirittura in grado di farti appassionare alle vicende di personaggi che non siano Ranma e Akane. É una cosa che mi fa molto piacere! Grazie tante per la bella recensione (non è affatto vero che non le sai scrivere!), anche se mi sa che riguardo al rituale dovrai pazientare ancora poco poco…mi dispiace!
A presto e in bocca al lupo per la tua favolosa ff!

Robbykiss: bella domanda. Vedrò di inventarmi qualcosa! Scherzi a parte non ero nemmeno tanto io tanto sicura di sacrificare Obaba, ma alla fine ho optato per questa soluzione, anche se è triste.
Sono contenta che anche il decimo capitolo ti sia piaciuto! Fammi spere cosa ne pensi di questo!

Maryku: sono contenta che le parole finali ti siano piaciute, ci contavo molto. Volevo un poco riassumere tutto il capitolo in quella frase. Lo so che il capitolo era piuttosto triste, ma sono contenta che ti sia ugualmente piaciuto, ci tenevo moltissimo!
Grazie mille!

Laila: carissima, sono felice di vedere che non manchi nemmeno questa volta! Mamma il tuo commento mi ha fatto arrossire! La parte in cui Mousse trattiene Shampoo è quella che mi è piaciuto di più scrivere, mi sto appassionando moltissimo al rapporto tra i due e al suo evolversi. Ho cercato di farlo maturare nella maniera più naturale e originale possibile, spero di esserci riuscita!
Sorrido ancora per tutte le belle cose che mi hai detto! Grazie davvero, cercherò di migliorare sempre di più e il tuo sostegno è davvero importantissimo. Aspetto di sapere che pensi di questo capitolo!

Akane25: è bello sapere che continui ad apprezzare! Diciamo che hai centrato tutti i punti principali. Spero recensirai anche in questo caso!

_kaggy_chan_: ciao anche a te! ^^ Sono felice che sia tornata anche tu a darmi il tuo parere, e ancora di più che ti sia piaciuto il capitolo. Mi sembrava arrivato il momento di fare uscire Obaba di scena, che è anche un espediente per rinsaldare ulteriormente il rapporto tra Shampoo e Mousse. E diciamo che questo mi sembrava il modo migliore in cui una donna come lei potesse andarsene. Spero commenterai anche questo capitolo!

Littel: ma figurati, non posso che sentirmi onorata di suscitarti emozioni forti al punto di farti piangere (anche se mi dispiace rattristarti!). Sono contenta che ti siano piaciuti anche Mousse e Shampoo, ci tenevo molto. Per ora mi sono concentrata molto su di loro, mi sembrava giusto, dato che prima ho dato spazio a tutti gli altri. A presto, spero!

Vi lascio al capitolo! Buona lettura!


Capitolo XI
Proposta inaspettata

Sedeva su quella stessa sedia ormai da giorni, senza mai alzarsi, senza far caso a nulla di ciò che avesse intorno. Di tanto in tanto faceva vagare il suo sguardo spento sulle pareti spoglie, senza trovare nulla che attirasse la sua attenzione o distogliesse la sua mente da quel chiodo fisso. Tutto ciò che provava era odio. Odio più puro verso quelle quattro mura, quel letto, quelle sedie, quel camino.
Quel maledetto bastardo.
I minuti trascorrevano lenti, le ore sembravano essere tutte uguali. E lei rimaneva sempre lì. Totalmente immobile.
Non aveva alcuna voglia di dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi per qualche secondo, immediatamente davanti agli occhi rivedeva quello sguardo che odiava, risentiva quella risata crudele rimbombarle nelle orecchie. E la rabbia ricominciava a pulsare, come un veleno che sembrava corroderla dall’interno. Ma non poteva far nulla per combatterla. Le sembrava addirittura un sentimento positivo. La faceva sentire ancora viva, sebbene ormai la sua esistenza si apprestasse alla conclusione…
Non si voltò nemmeno quando uno dei servi di Rihito entrò nella sua stanza e poggiò un vassoio sul piccolo tavolo di legno. Il piccolo youkai non le rivolse la parola. Del resto nessuno l’aveva mai fatto da quando si trovava lì, ma non poteva dire che le dispiacesse. Probabilmente avrebbe ucciso chiunque avesse osato rivolgersi a lei pronunciando anche soltanto una sillaba.
Volse lentamente lo sguardo verso il vassoio poggiato su tavolo, ma non si mosse. Non aveva voglia di mangiare, anzi il cibo le dava la nausea. Ormai aveva perso totalmente l’appetito.
Durante tutte quelle ore, Akane aveva pensato spesso persino al suicidio. Avrebbe preferito togliersi di mezzo con le sue mani, piuttosto che consentire a quel maledetto bastardo di metterle le mani addosso. Non osava immaginare cosa le avrebbe fatto. Ogni volta che provava a pensarci le venivano i brividi. Le sembrava così impossibile che stesse davvero rischiando di morire.
Lei, che era già praticamente resuscitata una volta, adesso stava per perdere la vita di nuovo.
E ormai mancavano appena tre giorni. Tre giorni e con ogni probabilità la sua esistenza sarebbe stata stroncata brutalmente.
“Maledetto…”
Continuava a ripeterlo nella sua mente incessantemente.
Aveva vagliato ogni possibilità per impedire a Rihito di conquistare i suoi pieni poteri. E soprattutto per impedire a Ranma di combattere contro di lui. Ma sembrava che Rihito avesse pensato proprio a tutto. Non le aveva lasciato alcun mezzo per permetterle di commettere qualche sciocchezza. Era impotente. Impotente di fronte ad un destino inevitabile stabilito per lei da qualcun altro.
La sua vita in quei giorni di prigionia era diventata insopportabile. Non ricordava più quante lacrime aveva versato, quante volte avesse urlato e colpito la porta nel tentativo di uscire.
Inutili tentativi. Del tutto vani. E Rihito sembrava divertirsi sempre di più. E, come se non bastasse, negli ultimi due giorni aveva preso l’abitudine di venire a farle visita personalmente, forse proprio per controllare che fosse tutto a posto. Non perché gli importasse qualcosa di lei, tutt’altro, ma più probabilmente perché sentiva crescere l’eccitazione. Il momento decisivo, la fine di tutta quella storia, era ormai prossimo e di sicuro voleva essere sicuro che nulla andasse storto, soprattutto a causa di quel maledetto essere umano che era stato la causa di tutto. Che l’aveva indebolito, che lo aveva costretto ad anni ed anni di ricerche e ragionamenti per capire come rimediare. E adesso che era così vicino alla soluzione a tutti i suoi problemi di sicuro non avrebbe permesso a nessuno di mettergli i bastoni tra le ruote, meno che mai a lei. Cosa importava se per riacquistare i suoi poteri avrebbe dovuto uccidere un’innocente? Cosa importava se lei fosse sacrificata per la sua insensata sete di potere? Anzi, l’idea di toglierla di mezzo sembrava dargli un brivido di perverso piacere. Glielo leggeva negli occhi, ogni volta che lui la guardava, ogni volta che quel maledetto youkai la studiava, centimetro per centimetro, o la provocava per godersi le sue reazioni.
Lo odiava con tutte le sue forze. Era un sentimento così grande e ribollente che se ne sentiva come sommersa, totalmente pervasa. E proprio questo suo essere totalmente inerme la faceva stare ancora più male. Era sicura di non avere alcuna speranza, sentiva l’inesorabile momento della sua fine avvicinarsi con sorprendente velocità.
Nemmeno il pensiero di Ranma le dava sicurezza, in quel momento. Era il migliore artista marziale in circolazione, non c’erano dubbi a riguardo. Ma sarebbe bastato contro Rihito? Cominciava a dubitare persino di lui. E si odiava per questo. Si ritrovò a chiedersi cosa avrebbe pensato Ranma se l’avesse saputo. Probabilmente si sarebbe sentito tradito.
E ferito.

Non hai fiducia in me?

Le avrebbe sicuramente detto queste parole. Immaginava il suo sguardo, triste, deluso.
E non avrebbe sopportato il peso di quello sguardo gravare su di lei. Del resto la verità era solo una: si fidava di lui. Ciecamente.
Ranma avrebbe sempre vinto tutto e tutti. Lui era il migliore, sempre. Perché avrebbe dovuto essere diverso quella volta? Si sarebbe battuto e avrebbe sconfitto Rihito.
Chiuse gli occhi.
Come aveva fatto a dubitare di lui anche solo per un istante? Doveva credere in Ranma. L’avrebbe tratta in salvo, come sempre.
Sospirò, mentre i suoi occhi si riempivano ancora una volta di lacrime. Cercò di asciugarle con rabbia, stanca di piangere continuamente, stanca di sentirsi così. Ma non riuscì ad arrestare quel pianto a dirotto. E di nuovo si ritrovò a pensare al suo fidanzato e a chiedersi cosa stesse facendo. Aveva pensato a tutte le ipotesi possibili, ma dato che non c’era modo di saperlo con sicurezza decise di scacciare anche quel pensiero ed evitare di arrovellarsi il cervello. Lasciò invece la sua mente libera di vagare tra i ricordi, soffermandosi su quella primissima volta in cui lui era arrivato a casa sua, quando ancora credeva che Ranma fosse una ragazza. Sembrava sinceramente contento di averla conosciuta. E divertito mentre combattevano, anche se naturalmente lui l’aveva sconfitta in meno di due secondi. Ricordò di non aver mai provato rabbia più grande di quando aveva scoperto che era un ragazzo. Nel peggiore dei modi, peraltro. Che vergogna! Arrossiva ancora al solo pensiero…non avrebbe mai immaginato che perfino quello sarebbe diventato un bel ricordo.
Un rumore metallico seguito da uno scatto la riscosse dai suoi pensieri. Si voltò verso la porta, preparata al peggio. L’uscio si spalancò rivelando l’imponente figura del custode dell’Aldilà. Alla sua sola vista Akane provò un intenso moto di disgusto che le serrò la gola, impedendole di respirare liberamente. Il suo sguardo carico d’odio fece sorridere Rihito, che non mancò di notare anche l’arrossamento dei suoi occhi ancora umidi, chiaro segno delle lacrime appena versate.

-Salve, mia cara. Come ti senti oggi? Tutto bene?

Akane distolse lo sguardo, strinse i pugni sulla ginocchia tanto forte da conficcarsi le unghia nei palmi e chiuse gli occhi, sforzandosi con ogni fibra del suo corpo di ignorarlo, di non cedere alle sue subdole provocazioni.
“Maledetto…” Tornò a ripetersi.
Rihito notò il piatto ancora pieno di cibo poggiato sul tavolo e il suo sorriso divenne ancora più ampio.

-Il pasto non è di tuo gradimento?

Ancora una volta, Akane non disse nulla. Si sforzò di pensare ad altro, concentrandosi sul viso del suo fidanzato, immaginando di essere con lui, nel dojo, ad allenarsi come quella prima volta. A ridere con lui.
Ma nemmeno quel pensiero riusciva a farle dimenticare quel bastardo di Rihito che continuava ad infierire senza pietà alcuna. I contorni del viso di Ranma andarono sbiadendosi sempre più, il suo ricordo si disperse nel nulla…tutto ciò a cui Akane riusciva a pensare erano le parole dello youkai.

-Manca poco, sai?

“Certo che lo so.”
Ancora una volta, Akane non diede segno apparente di aver udito le sue parole, ma la rabbia le faceva ribollire il sangue nelle vene. La voglia di scagliarsi contro quel bastardo era più forte ogni momento che passava. E non le importava nulla del fatto che l’avrebbe tolta di mezzo in meno di un secondo. Tanto meglio, anzi. In quel modo non sarebbe riuscito a realizzare il suo progetto.

-Ci siamo quasi, ormai.

Era decisamente troppo. La rabbia della minore delle Tendo raggiunse il culmine. Digrignò i denti con ferocia, mentre tutti i suoi propositi di non lasciarsi provocare sfumarono. Le unghie delle sue mani erano ormai penetrate nella carne, tanto che rivoli di sangue avevano preso a scorrere sui palmi, ma Akane non vi fece minimamente caso. Cercando di tener ferma la voce, che tremava per la rabbia, si rivolse allo youkai, senza timore alcuno.

-Un giorno o l’altro la pagherai, puoi contarci.

Il custode dell’Aldilà inarcò un sopracciglio, guardandola con aria scettica e con un mezzo sorrisetto ironico stampato in faccia. Nello sguardo quel solito scintillio maligno. Non immaginava che gli esseri umani potessero essere tanto ridicoli.

-Ma davvero? E chi dovrebbe farmela pagare? Tu? O magari quell’idiota di nome Ranma?

Akane scattò in piedi, avvicinandosi a Rihito con tutta l’aria di chi voleva battersi. Lo youkai parve quasi spiazzato dal suo gesto, anche se continuò a guardarla con quell’espressione strafottente.
La minore delle Tendo si posizionò esattamente di fronte allo youkai, i loro visi a pochi centimetri l’uno dall’altro. Non aveva alcuna paura. Sentiva soltanto la rabbia pulsare, impadronirsi di lei, impedirle di ragionare con lucidità. E la voglia di colpire il maledetto che aveva di fronte.
A stento riuscì a dominare l’impulso. Si limitò soltanto a pronunciare quelle poche parole che erano la sua unica certezza.

-Sarai sconfitto. Ranma ti toglierà di mezzo.

Rihito inarcò le sopracciglia ancora di più. Non riusciva davvero a credere alle sue orecchie. Davvero la stoltezza umana poteva raggiungere livelli tanto vertiginosi?
“Povera sciocca. Il terrore deve averle fatto perdere quel briciolo di ragione che possedeva.”
Ma nemmeno la sonora risata di Rihito riuscì a farle cambiare idea e a far vacillare quella certezza. Confidava in Ranma con tutta se stessa. E in quel momento una grande speranza si accese nel suo cuore, facendole ritrovare la voglia di vivere e, soprattutto, di aspettarlo.
Senza più degnarla di uno sguardo, Rihito si voltò verso la porta e fece per uscire.

-Vedremo.

******

Camminava lenta per le vie di Nerima senza neanche far caso a dove stesse andando. Aveva percorso così spesso quelle vie negli ultimi anni che ormai i suoi passi la conducevano automaticamente verso la meta prescelta, senza che lei prestasse minimamente attenzione alle direzioni prese.
Qualche conoscente la salutò allegramente e lei rispose sorridendo come sempre, intrattenendosi ogni tanto con qualche passante, rivolgendo qualche occasionale domanda. Come se tutto fosse a posto. Come se non ci fosse nulla a turbarla.
Ma chiunque avesse osservato con maggiore attenzione Kasumi in quei giorni, avrebbe subito capito che qualcosa non andava. Quel suo dolce sorriso era in qualche modo diverso. I suoi occhi scuri erano come appannati da un velo di tristezza, che lei tentava abilmente di mascherare, senza però riuscirci con tutti.

-Buongiorno Kasumi!
-Oh, buongiorno a lei!
-Stai tornando a casa?
-Si, devo correre a preparare il pranzo.
-Brava ragazza! E dimmi, come vanno gli affari in questo periodo? Proprio ieri mio figlio mi ha detto che vorrebbe venire a prendere qualche lezione.
-Ne saremmo onorati.
-A proposito, è un po’ che non vedo in giro la piccola Akane, è per caso malata?

Kasumi si trovò momentaneamente spiazzata. Non era preparata ad affrontare l’argomento, né gradì il fatto che le fosse spiattellato in quel modo, senza che se lo aspettasse. Evidentemente il suo stato d’animo doveva essere chiaramente visibile dalla sua espressione, dato che l’uomo si rivolse a lei preoccupato, scrutandola accigliato di sotto in su.

-È tutto a posto, mia cara?
-Si, certamente! Akane ha solo un po’ di febbre, si riprenderà presto, non si preoccupi.
-Lo spero.
-Mi scusi ma adesso devo proprio andare, buona giornata!
-Anche a te!

Si allontanò da lì il più velocemente possibile. Non era da lei mentire a quel modo, ma che altro avrebbe dovuto fare? Decise che avrebbe evitato di intrattenersi per molto con chiunque, da quel momento in poi. Non aveva nessuna voglia di rispondere ad altre domande sulla sua sorellina.
“Povera piccola Akane…”
Kasumi continuò a camminare distrattamente, cercando di non pensare a lei un momento di più.
Per distrarsi ripercorse con la mente la lista della spesa per essere sicura di non aver dimenticato nulla. Si arrestò di colpo. “La salsa di soia!”
Si voltò indietro, incerta sul da farsi. Non aveva molta voglia di intrattenere nuovamente una conversazione col signor Teinosuke, né tantomeno di sentir parlare di Akane. Decise pertanto di tornare al supermercato facendo una piccola deviazione.
Camminando nella direzione prescelta si trovò a passare davanti allo studio del dottor Tofu.
Si arrestò di fronte all’entrata. Avrebbe davvero voluto entrare e chiedergli a che punto fossero arrivate le sue ricerche, se avesse trovato qualche elemento che potesse essere d’aiuto. Avrebbe voluto semplicemente parlargli. Magari nella speranza di ricevere da lui un conforto…
D’altro canto non le sembrava cortese disturbarlo. Decise così di lasciar perdere e di sbrigarsi ad ultimare le sue commissioni per tornare a casa da suo padre. Del resto lui aveva bisogno di lei…e lei? Lei a chi poteva chiedere conforto?
Decise di non soffermarsi su quei pensieri un secondo di più. Fece per voltarsi e andar via, ma proprio in quel momento il dottor Tofu uscì dal suo studio. Quando la vide, il suo cuore perse un battito.
Era davvero bellissima. Non potè fare a meno di soffermarsi su ogni tratto di quello splendido viso, su ogni suo dettaglio. Dalla bellezza dei suoi capelli che ricadevano morbidi sulla spalla, raccolti in quella semplice coda di cavallo, alla luminosità della sua pelle diafana, che avrebbe desiderato con tutto se stesso poter sfiorare almeno per una volta, alla profondità di quegli splendidi occhi scuri, quegli occhi che gli facevano totalmente perdere la testa. Per non parlare del suo sorriso…lo stesso sorriso che lei gli stava rivolgendo in quel momento.
Lottò con tutte le sue forze per evitare di assumere la solita aria sognante che aveva al suo cospetto. Non era affatto semplice, accidenti! Ma in quella situazione doveva mantenersi serio, farle capire che lui era una persona sulla quale poter contare. Era l’unico modo per poter sperare di avere almeno una piccola, minuscola speranza…o almeno così gli piaceva pensare.

-Dottore, buongiorno!
-Buo…buongiorno, Kasumi! Stavi venendo a trovarmi?
-Bè, a dire il vero stavo andando al supermercato. Ma mi sono ritrovata a passare da qui!
-Certo, capisco! Eh Eh!
-E lei? Va da qualche parte?
-Stavo andando anch’io a comprare qualcosa da mangiare. Il mio frigorifero è totalmente vuoto. Sai com’è, non sono uscito molto da casa in questi giorni…
-Per via…di mia sorella?

Ma perché non imparava a tenere chiusa quella boccaccia? Cosa gli era venuto in mente? Doveva per forza tirare fuori quella storia?
Vide lo sguardo di Kasumi spegnersi. Non seppe cosa fare. Si sforzò di trovare un modo di cambiare discorso, ma non gli venne in mente nulla di intelligente da dire. E di certo il fatto che Kasumi avesse abbassato lo sguardo e abbandonato le braccia lungo i fianchi non era d’aiuto. Sospirò. Decise di dire la verità.

-Bè, si. Ti chiedo scusa, non avrei dovuto dirlo.
-Oh, no! Non deve! Sono io che le chiedo scusa. Le sono grata per tutto quello che sta facendo per Akane. Non lo dimenticherò mai.
-Kasumi…
-Deve andare anche lei al supermercato, allora?
-Già.
-Le va di andarci insieme?
-M…ma si, certo! Con immenso piacere! Ehm…Kasumi?
-Si?
-Mi farebbe molto piacere se…sai…mi dessi del tu. Non occorrono tutti questi formalismi!

Kasumi sorrise, sfiorandosi la guancia destra con la mano, mentre Tofu rideva nervosamente portando un braccio dietro la testa, gli occhiali pericolosamente appannati.

-D’accordo.

******

Camminare al fianco di Kasumi era più bello di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Gli sembrava di librarsi ad un paio di metri da terra, di poter toccare il cielo con un dito. Non avrebbe mai sperato in tanta fortuna.
Anche se doveva ammettere che vederla così triste ed abbattuta era una vera e propria tortura…
Cercò un argomento di conversazione che potesse distogliere l’attenzione di Kasumi da Akane. Ma davvero non riusciva a pensare. La vicinanza con la donna di cui era follemente innamorato gli aveva totalmente fatto perdere la testa, come sempre del resto. Prese a torturarsi le mani in un gesto nervoso.
“E ora che faccio? Cosa le dico?”
Al fianco di Tofu, Kasumi si sentiva bene per la prima volta da giorni. Anche senza bisogno di parole. La sua presenza la rassicurava, le dava forza. Non riusciva nemmeno a spiegarsene il motivo, eppure il solo fatto che lui fosse lì era importante per lei. Forse perché sapeva che Tofu aveva a cuore Akane tanto quanto lei, o forse era semplicemente perché…
Inutile chiederselo.

-Potrei chiederti come vanno le ricerche?
-Ma certo. Bè, ho cercato di documentarmi quanto più possibile sul rituale da eseguire per creare un accesso all’Aldilà. Credo di essere in grado di eseguirlo alla perfezione, adesso. Ma…riguardo a Rihito non ho alcuna informazione in più. E questo non aiuta.
-E a proposito di Akane…non si sa se lei è…?
-Bè, se devo essere del tutto sincero non ho trovato nulla che possa spiegare il motivo per il quale il custode dell’Aldilà possa rapire un essere umano, per cui…

Tofu si pentì immediatamente delle sue parole. Vide gli occhi di Kasumi riempirsi di lacrime e provò una dolorosa stretta al cuore. Cercò di riparare precipitosamente.

-Devi essere fiduciosa. Sono sicurissimo che sta bene.
-Vorrei esserlo anch’io…

La voce di Kasumi si spense proprio quando si ritrovarono di fronte all’entrata del supermercato. Tofu avrebbe voluto dirle qualcosa, qualsiasi cosa che potesse darle una certezza in più. Ma cosa avrebbe potuto dire quando nemmeno lui riusciva ad essere sicuro delle sue parole?
Rimase in silenzio fino a quando uscirono dal supermercato. Kasumi sembrava immersa nelle sue riflessioni. E nel suo dolore.
Si volse verso Tofu.

-Bè, ora devo proprio andare.

Ma i suoi occhi parlavano chiaro. Avrebbe voluto rimanere con lui. Non aveva alcuna voglia di tornare a casa, di farsi ancora una volta carico del dolore di tutti, di mostrarsi sorridente per dare agli altri la forza necessaria per affrontare la situazione. Non ne era in grado, non più.
E lui lo capì. Ed ebbe per la prima volta il coraggio di farsi avanti.

-Ti va di fare due passi?
-Due passi?

Un po’ perplessa, Kasumi sembrò pensarci su.
Nonostante il suo stato d’animo sapeva di dover tornare da suo padre. Non era proprio il caso che si preoccupasse anche per lei. Del resto in quei giorni non sembrava accorgersi di nulla…probabilmente non avrebbe nemmeno notato la sua assenza. E c’era pur sempre la signora Saotome per ogni evenienza.
Sorrise di cuore per la prima volta da giorni.
Il sorriso di Kasumi era davvero la cosa più bella del mondo. Più Tofu lo guardava e più se ne convinceva. Sentì lo stomaco fare una piccola capriola quando udì la sua risposta.

-Si, mi piacerebbe molto.

*******

I raggi del sole accarezzavano la sua pelle, risaltandone il colorito chiaro. Pennellavano le sue labbra rosate e facevano risplendere i suoi grandi occhi scuri.
Di fronte ad uno spettacolo tanto meraviglioso, Tofu aveva totalmente dimenticato come si facesse a parlare. Kasumi era…incantevole.
Seduto su quella panchina vicino a lei, non riusciva a fare a meno di rimirarla. E vedere nei suoi occhi quello sguardo addolorato era per lui la peggiore delle sevizie.
Vide Kasumi schiudere più volte le labbra per poi richiuderle senza emettere alcun suono. Avrebbe voluto far qualcosa che le facesse capire che con lui poteva parlare, che ci sarebbe sempre stato per lei. Accidenti, perché doveva essere sempre così timido ed impacciato?
Le sorrise gentilmente, come solo lui sapeva fare, e il cuore di Kasumi iniziò a battere un po’ più veloce del normale, come sempre le succedeva quando si trovava con lui. Non riusciva a capire con chiarezza cosa volesse dire…con tutte le preoccupazioni che aveva non si era mai soffermata a pensarci su. A dire il vero, erano anni che non pensava a se stessa e a ciò che provava. Con una casa e una famiglia a cui pensare il tempo per chiedersi se si è felici è davvero poco. E lei? Poteva davvero dire di essere felice?
Le piaceva badare alla casa e prendersi cura della sua famiglia e dei Saotome…però…raramente si era sentita davvero bene. E stranamente le capitava solo con quell’uomo che ora le sedeva accanto.
Il meraviglioso sorriso di Tofu la spinse a parlare, ad aprirsi per la prima volta con qualcuno.

-Io…ho paura.
-Kasumi…non devi averne. Vedrai che andrà tutto per il verso giusto.
-Non riesco a stare tranquilla. Se dovesse succederle qualcosa…io…
-Non le succederà niente.
-Come fai ad esserne sicuro?

Gli occhi di Kasumi si riempirono di lacrime mentre lo guardava. E per Tofu fu troppo.
Senza nessuna esitazione, la prese tra le braccia.
E la cosa che maggiormente lo sorprese, fu il fatto che lei non si ritrasse. Poggiò la testa sul suo petto e lo strinse a sé. E pianse.

-Non preoccuparti, Kasumi. Vedrai che Ranma la riporterà a casa sana e salva. Lei sta bene. Ne sono certo.
-E se invece non fosse così? E se non stesse affatto bene?
-Lei sta bene. Lo sento. Devi fidarti di me.

Ed incredibilmente Kasumi se ne convinse davvero. Sollevò con lentezza lo sguardo fino ad incontrare quello di lui e seppe che diceva la verità.
Tofu le sorrise, mentre con una mano le accarezzò il viso, timido ed incerto, così com’era lui.
Kasumi chiuse gli occhi, assaporando la dolcezza di quel contatto, felice di trovarsi lì con l’unico uomo al mondo in grado di farla sentire così.
E capì.
Per la prima volta riuscì a fare chiarezza nel suo cuore, senza preoccuparsi di nessuno, pensando soltanto a se stessa. Alla sua felicità.
Capì che Tofu era l’uomo con cui avrebbe voluto passare il resto della sua vita.
Riaprì gli occhi per incontrare nuovamente quelli castani di lui. Per cercare di leggervi lo stesso amore che lei sentiva di provare.
E per la prima volta riuscì a scorgere nel suo sguardo la grandezza di quel sentimento per troppo tempo taciuto.

-Tofu…io…

Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto, la distanza che li separava diminuiva sempre più. Chiusero gli occhi mentre le loro labbra si incontrarono per la prima, meravigliosa volta.
Tofu non riusciva a capacitarsi di cosa stesse succedendo. Non riusciva a crederci…eppure il calore di Kasumi era reale, così come il suo profumo e il suo tocco. E il suo sapore.
Continuò a tenere gli occhi chiusi per qualche secondo, anche dopo che si furono separati, come a voler fermare quel momento il più a lungo possibile. Quando li riaprì, vide che Kasumi sorrideva appena, guardandolo negli occhi, mentre un lieve imbarazzo le aveva tinto le guance di rosa. I suoi occhi risplendevano come mai avevano fatto prima. E Tofu faticava a credere che fosse per lui…
Le parole uscirono senza che nemmeno se ne rendesse conto.

-Kasumi…vuoi sposarmi…?

Sgranò gli occhi, dandosi mentalmente del pazzo. Ma cosa gli era saltato in mente? Chiederglielo così, di punto in bianco, in un momento delicato come quello!
Non erano mai usciti insieme, non avevano mai sostenuto una vera conversazione prima di quel momento…
Era impazzito. Totalmente. Fece per parlare, per scusarsi, dire qualsiasi cosa…implorare il suo perdono.
Ma lei glielo impedì. E lo sorprese più di qualunque cosa al mondo. Lo rese l’uomo più felice della terra. Era sicuro di aver sentito male. Resistette con tutto se stesso all’impulso di farglielo ripetere.
Non poteva crederci…l’aveva detto davvero!

-Si…

In quel momento, a Nerima, chiunque si fosse avvicinato al parco avrebbe potuto scorgere un bizzarro uomo con gli occhiali che saltellava allegramente, canticchiando una strana canzoncina e sorridendo ininterrottamente.


Ok, sono sicura che vi sembrerà una cosa piuttosto affrettata, ma è così che mi sono sempre immaginata l’evolversi del rapporto di Kasumi e Tofu. Ho sempre pensato che i sentimenti fossero sempre lì, nascosti da qualche parte, e che ci fosse solo bisogno di un pretesto per tirarli fuori. E mi piace pensare che una volta venuti fuori, i piccioncini avrebbero immediatamente deciso di sposarsi. Se non approvate comprendo, ma a me piace davvero tanto pensarla così!

Un capitolo di transizione a questo punto ci voleva, no? Mi sembrava il caso di prendere un po’ di respiro e tornare a vedere come se la cava Akane (non troppo bene, a quanto sembra). Spero tanto vi sia piaciuto…aspetto con ansia il vostro parere!

A presto!
Lavs

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Rituale ***


rituale Dopo un lungo periodo di pausa eccomi di ritorno! Vi sono mancata? Capitolo dodici finalmente! Mi sa che da questo momento in poi aggiornerò più di rado dati numerosi impegni e anche (ahimè!) un calo di ispirazione. Al momento i capitoli non stanno riuscendo come desidero, per cui voglio prendermi più tempo per cercare di migliorarli.
Detto questo, passo ai ringraziamenti (quanto mi è mancato!):

Kuno84: ^///^ non saprei cosa dire se non GRAZIE! Il tuo commento mi ha lasciata assolutamente senza fiato. Sono contentissima di essere riuscita a fare apprezzare a te questo mio modesto lavoro. Per me è una grande soddisfazione, dato che tu sei uno dei miei modelli e adoro il tuo modo di scrivere. Ed è anche per non deludere te che ho deciso di prendermi più tempo tra una pubblicazione e l’altra. Grazie, senpai!

Littel: che bello che Tofu e Kasumi siano piaciuti tanto! È vero, mai nessuno si sofferma su di loro, per cui mi sembrava giusto farlo. Grazie per il tuo commento, come sempre sono contenta che la storia continui ad appassionarti e spero davvero che continui così! Grazie!

_Kaggy_chan_: grazie grazie grazie! Hai proprio ragione: un poco di svago ci voleva. E mi sembrava giusto dare spazio anche a Kasumi e Tofu che sono sempre esclusi! Grazie per i bei complimenti che mi fanno sempre un piacere incredibile e mi fanno camminare ad un metro da terra!

Akane25: ciao rox! Lo so… sono imperdonabile, è un po’ che non riesco a commentare NRDP ma giuro che mi farò perdonare prima possibile. Ringrazio anche te per la recensione! Riguardo a Rihito, bè, non credo proprio che si innamorerà di Akane… anche perché… vabbè, leggi il capitolo e lo scoprirai!

Maryku: mary! Sempre puntuale e sempre presente, mi fa piacere che non ti perdi un capitolo! La tua analisi di Kasumi era perfetta, è esattamente come la vedo io! E un poco di romanticismo ci vuole pure per lei, no? Riguardo a Rihito sinceramente credo sia antipatico sempre, non solo in quel momento! Baci e aspetto il tuo commento!

Laila: carissima! Intanto mi è piaciuta un sacco l’ultima frase del tuo commento e ti do ragione da vendere! Mi piace troppo la relazione tra Tofu e Kasumi, anche perché è una di quelle dove c’è più possibilità di fantasticare, dato che è una materia poco trattata. Felicissima che ti sia piaciuta anche la parte di Akane, temevo passasse troppo in secondo piano rispetto al gesto di Tofu. Spero mi farai sapere anche questa volta cosa pensi!

Apple92: chi si rivede!! Pensavo mi avessi abbandonata! Sono felicissima che tu sia tornata a commentare, sentivo la tua mancanza! Lo so, è difficile immaginare quel bacio, ma alla fine non è poi così strano! Per quanto timida e riservata Kasumi è pur sempre una donna! Aspetto il tuo parere anche questa volta!

Gabrychan: ehm… mi lasci senza parole. ^///^ Mi hai fatto dei complimenti tanto belli che non credo ci sia un modo adeguato di ringraziarti. Sapere che le mie intenzioni traspaiono dal mio lavoro mi fa felice. Il mio intento era proprio lasciar spazio a tutti (proprio tutti!) e descriverne le sensazioni nel modo più reale possibile. È bello sapere che tu lo percepisci e lo apprezzi. Grazie!

Robbykiss: Grazie anche a te! Caspita, non immaginavo che questa piccola parentesi Tofu/Kasumi sarebbe piaciuta tanto. Mi fa un piacere immenso che non ti sia sembrata troppo affrettata la proposta di matrimonio e che sei d’accordo con me! Fiuuu! È andata anche questa volta! Spero di vedere il tuo nome tra le recensioni anche per questo capitolo!

Capitolo XII
Rituale

Nessuno aveva una gran voglia di festeggiare la riuscita della missione. Sebbene fossero entrati in possesso del tanto agognato Kami no tanto, nessuno si sognava di gioire o anche soltanto di sorridere. Negli sguardi di ognuno si leggeva un’incolmabile vuoto che solo la perdita di una persona cara può lasciare.
Shampoo e Mousse erano naturalmente i più provati. L’Amazzone sembrava non riuscire quasi nemmeno a reggersi in piedi. Il suo dolore pareva addirittura al di là delle lacrime. Tutto ciò che voleva era arrivare a casa al più presto e isolarsi da tutto e da tutti.
Maledetta Akane. E maledetto anche Ranma. E Mousse. E Ryoga. E Ukyo.
Li odiava tutti. Perché avevano permesso alla sua bisnonna di compiere una pazzia del genere?
Perché?
Era colpa loro… si, tutta colpa loro.
Cercava in ogni modo di soffocare quella piccola, obiettiva parte di lei che sapeva che nessuno dei suoi amici sarebbe riuscito a fermarla in ogni caso. La sua bisnonna era testarda tanto quanto lei, o forse addirittura di più. Non avrebbe mai permesso a nessuno di ostacolarla, una volta presa la sua decisione. Ma naturalmente a Shampoo in quel momento non importava affatto. Aveva un disperato bisogno di dare la colpa a qualcuno. Qualcuno che non fosse lei stessa. Soprattutto perché sapeva che la sua bisnonna si era sacrificata per salvare la vita a lei. Ma cercare un capro espiatorio rendeva tutto molto più facile da sopportare.
Aveva chiesto di provare almeno a recuperare il suo corpo, ma dalle facce degli altri era chiaro che non credevano che fosse rimasto ancora qualcosa di lei… e alla fine Mousse era riuscito a farla desistere dal suo intento, seppur con parecchie difficoltà.
E adesso riprendere il cammino e allontanarsi da quel luogo era per lei quanto di più difficile ci fosse.
Dalle pendici del monte volse per l’ultima volta lo sguardo in direzione della vetta, gli occhi ancora velati di lacrime.
“Addio bisnonna.”

******

Akane camminava avanti e indietro in quella stanza che più che mai in quel momento le sembrava una prigione. Racchiusa tra quelle quattro mura piangeva disperata per l’inevitabile sorte che stava per affrontare, rovesciava sedie, prendeva a pugni la porta, urlava fino a sentire la gola bruciare, per poi accasciarsi inesorabilmente a terra, le braccia adagiate lungo i fianchi, le lacrime che continuavano la loro folle discesa bagnandole le guance.
“Ranma… Ranma, dove sei? Ranma…”
Possibile che non avesse davvero trovato il modo di raggiungerla?
Possibile?
Adesso il terrore più puro la dominava per davvero, completamente. Aveva passato quei giorni vivendo con la certezza che Ranma sarebbe arrivato, alla fine. Non aveva nemmeno preso in considerazione la possibilità che non si facesse vivo affatto. Era… impossibile. Assurdo.
Aveva affrontato quelle ore tremende trascorse in quella stanza schermandosi dietro quella incrollabile certezza, divenuta quasi uno scudo contro le provocazioni di Rihito. Era un pensiero così naturale, così ovvio. Ranma la traeva sempre in salvo alla fine, no? E allora perché non era ancora arrivato?
“Ranma… ho paura!”
La porta si spalancò, facendola sobbalzare. Si volse verso l’uscio ancora in lacrime e vide Rihito entrare nella stanza.

******

Dopo più di due giorni di cammino quella folle avventura stava ormai per giungere al termine. Ancora una mezz’ora e avrebbero raggiunto Nerima. Erano quasi a casa…
Shampoo aveva in parte placato le sue ire nei confronti dei suoi compagni, stabilendo che era inutile prendersela con loro, oltre che più doloroso. Aveva bisogno del loro conforto, anche se ammetterlo era dura. Mentre camminava senza far caso ai suoi passi, non faceva altro che pensare a qual momento… il momento in cui Mousse le aveva riferito le ultime parole della sua bisnonna. Continuavano a risuonarle nella mente e le lacrime le appannavano ancora la vista. Mai avrebbe immaginato che la fiera Amazzone Cologne potesse parlare di lei in quel modo… avrebbe tanto voluto sentirla.

Dì a Shampoo che sono fiera della donna che è diventata. Mi ha reso orgogliosa. E dille anche di fare della sua vita quello che vuole, l’importante è solo che sia felice.

“L’importante è solo che sia felice.”
Davvero sua nonna aveva detto una cosa del genere? Lei, che aveva sempre messo la legge al primo posto? Le sembrava così incredibile che la donna che aveva pronunciato quelle parole fosse la stessa che l’aveva allenata sin dalla più tenera età, che l’aveva trasformata nell’Amazzone che era adesso.
“È tutto merito tuo se sono quel che sono… solo tuo. Credi davvero che dovrei inseguire la felicità e nient’altro? Dovrei dimenticarmi delle nostre leggi e vivere liberamente la mia vita?”
Quell’idea andava contro tutti i principi con i quali aveva convissuto sin dal momento della sua venuta al mondo e, naturalmente, non poteva semplicemente decidere di voltare le spalle alla sua gente sperando di passarla liscia. La punizione che l’attendeva sarebbe stata solo una: l’esilio.
Eppure…
Non poteva mentire a se stessa. Non più. Se voleva essere felice, quella era l’unica soluzione.
Dimenticare, dimenticare non solo quelle leggi. Ma anche lui.
Fu con una stretta al cuore che ripensò alla sua casa, alla sua famiglia, alla sua terra. Ma continuò a ripetersi che quello era l’unico modo. Avrebbe ascoltato la sua bisnonna anche quella volta. I suoi consigli erano sempre stati preziosi e quello sembrava esserlo ancora più degli altri. Sentiva davvero il bisogno di dare una svolta definitiva alla sua vita. Non era forse arrivato il suo turno di scoprire cosa fosse la felicità? Se lo meritava, accidenti!
Trovarla con Ranma o meno, a quel punto per lei non aveva più importanza.
Volse distrattamente lo sguardo verso il ragazzo col codino, che sembrò non accorgersene nemmeno.
Sospirò.
“Starà di sicuro pensando ad Akane…”
E, naturalmente, Shampoo era nel giusto.
Guardando le abitazioni di Nerima in lontananza, infatti, Ranma non stava più nella pelle. Avrebbe voluto correre a perdifiato, fiondarsi dal dottor Tofu e procedere con quel maledetto rituale. “Akane, costringerò quel maledetto a dirmi dove ti trovi. Aspettami!”


******

-DOTTORE! DOTTOR TOFU!

Allarmato, il dottor Tofu corse all’ingresso per capire chi stesse urlando a quel modo. Quando vide Ranma i suoi occhi si dilatarono per la sorpresa. Il suo sguardo vagò sulla sua figura fino ad individuare il Kami no tanto, ancora legato alla cintura dei suoi pantaloni.

-Ce l’avete fatta, ragazzi. Siete stati grandi!

Nessuno rispose. Tofu notò che qualcosa certamente non andava. Si aspettava che tutti saltassero di gioia di fronte alla riuscita di un’impresa tanto ardua, soprattutto Ranma che non vedeva l’ora di riavere Akane con sé. Accigliato, si rivolse ai cinque compagni.

-Ragazzi, va tutto bene?

Nessuno rispose. Tofu notò che Ranma, Ukyo e Ryoga lanciavano di sottecchi occhiate preoccupate a Shampoo. Sempre più confuso, Tofu prese Ranma da parte e gli si rivolse cercando di non farsi udire dagli altri. Si allontanarono di qualche passo, dando loro le spalle.

-Ma cosa succede?

Il ragazzo col codino sospirò, abbassando appena il viso. Sembrava non avere una gran voglia di spiegare quale fosse il problema. Tofu gli mise un braccio su una spalla, come a volergli infondere il coraggio necessario a continuare. Seppur riluttante, Ranma iniziò a parlare, incerto e con la voce che tremava appena, lo sguardo che saettava qua e là evitando accuratamente di incontrare quello del dottore.

-Si tratta di… Obaba.

Tofu capì senza bisogno di udire il resto delle parole di Ranma. Come aveva potuto non accorgersi immediatamente della sua assenza? Che stupido. Temeva quasi di ascoltare il resto della storia, ma lasciò ugualmente che Ranma continuasse a parlare senza interromperlo.

-Lei… ci ha salvati tutti. Si è… sacrificata… per noi.
-Cos’è successo?
-Eravamo circondati. C’erano youkai da ogni parte che sembravano non finire mai. Saremmo sicuramente morti ma lei… è ricorsa ad una strana tecnica. L’ha chiamata “Tecnica Definitiva”.
-Tecnica Definitiva?
-Già. Ci ha fatti scappare, ha sigillato tutta la zona e… c’è stata una specie di esplosione. L’aura negativa si è dissolta all’istante e…

Ranma sembrava incapace di continuare. La sua voce si spense in un mormorio indistinto. Afflosciò le spalle e abbassò il viso, senza osare guardare il dottore negli occhi. Si aspettava quasi di sentirlo urlare che fosse tutta colpa sua, che non era stato nemmeno in grado di riportare tutti a casa sani e salvi. Ma Tofu non fece niente di tutto questo. Parve capire quali dovessero essere i sentimenti di Ranma e gli si rivolse con fare paterno.

-Ho capito. È davvero… terribile. Ma, Ranma, non sentirti responsabile. Cologne era la donna più forte che io abbia mai conosciuto. Puoi star certo che sapeva bene quello che faceva. Non devi fartene una colpa.

Tofu annuì come a voler dare ulteriore conferma alle sue parole e rafforzò la presa sulla spalla di Ranma, che gli rivolse uno sguardo triste per poi tornare a fissare il pavimento. A quel punto, il dottore si rivolse agli altri ragazzi.

-Venite qui, devo darvi una controllata.
-Non occorre, abbiamo preso una medicina che ci ha dato Oba…

La voce di Ryoga si spense mentre Ukyo gli sferrava una potente gomitata alle costole. Il ragazzo con la bandana lanciò uno sguardo allarmato a Shampoo, che però sembrava non essersi nemmeno accorta che Ryoga avesse aperto bocca. Sembrava immersa nelle sue fantasticherie. O forse faceva solo finta di non aver sentito, chi poteva dirlo?
Tofu comunque aveva capito il significato della frase a metà di Ryoga.

-D’accordo, allora. Venite almeno a riposarvi un po’. Vi preparo delle stanze. Avete bisogno di recuperare le forze.
-Ma dottore, io…
-Prima riposa un po’, Ranma. Non avrai molte speranze ridotto come sei.
-No! Devo andare, potrebbe già essere troppo tardi! Sto bene, davvero!
-Sai anche tu che non è vero. Riposa soltanto una mezz’ora e poi procederemo immediatamente. Giusto il tempo di preparare tutto l’occorrente per il rituale. Non un minuto di più, lo prometto. Siete arrivati all’improvviso e non sono ancora pronto, ma ti chiamerò immediatamente quando avrò finito.

Ranma annuì, troppo stanco perfino per ribattere. Non ci voleva poi molto a capire che Tofu aveva ragione. Era davvero a pezzi.
Seguì il dottore in una camera con un'unica, grande finestra che si apriva proprio vicino ad un letto che aveva l’aria di essere dannatamente comodo.
Ranma si distese immediatamente e borbottando appena un grazie si addormentò di colpo.
Tofu sorrise, uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Si avvicinò al telefono e, sollevando la cornetta, compose un numero.

-Pronto?
-Pronto, Nabiki, sono il dottor Tofu.
-Oh, salve dottore. È successo qualcosa?
-A dire il vero si, Ranma e gli altri sono tornati.

*******

-Dove accidenti mi stai portando? Si può sapere? Rispondimi, maledetto!
-Dimenati pure, tanto è inutile.

Rihito aveva trascinato Akane fuori dalla sua dimora e la stava conducendo chissà dove. Non era difficile comprenderne il motivo: il momento era giunto alla fine. E la vita di Akane si stava pericolosamente avvicinando alla sua conclusione. I tentativi di fuga della minore delle Tendo erano ovviamente inutili. La presa dello youkai sul suo braccio era ferrea. Akane aveva provato di tutto, dai calci ai morsi, ottenendo come risultato solo quello di divertire ancor di più il suo aguzzino.
Nonostante questo, oppose fiera resistenza per tutta la durata del percorso. La cosa più inutile che potesse fare.
Erano giunti sulle rive dello Stige. Il fiume scorreva lento e gorgogliante e Akane potè specchiarsi nelle sue acque per la prima volta dopo molti giorni. Non si stupì di avere un aspetto orribile.
“Tanto che importanza ha a questo punto?”
Alla fine Ranma non era arrivato davvero. Si guardò intorno ansiosamente, pur sapendo dentro di lei che era del tutto inutile. Se davvero fosse stato lì, non sarebbe certo rimasto a guardare da lontano.
Inaspettatamente si sentì tirare per un braccio. Rihito premette un punto alla base della schiena di lei e la gettò a terra senza tanti complimenti. Akane si ritrovò distesa supina, dolorante per il duro impatto col terreno.
Provò a ribellarsi e ad alzarsi di nuovo. Sgranò gli occhi per la sorpresa.
Non poteva più muoversi.

*******

Tofu, Shampoo, Mousse, Ukyo, Ryoga, Happosai e le famiglie Tendo e Saotome al completo erano riunite nello studio del dottore.
Kasumi si premette una mano sulla bocca mentre Ranma, aiutato dai suoi compagni, raccontava quanto accaduto sul monte Tsukuba. Si avvicinò a Tofu, che resistette all’impulso di prenderla tra le braccia, seppur con parecchio autocontrollo. Non poteva esserci momento peggiore per rendere pubblica la loro relazione.
A Nabiki non sfuggì l’insolito scambio di sguardi tra sua sorella e il dottore, né tantomeno il fatto che Tofu non si fosse messo a fare l’idiota come suo solito. Dubitava che il motivo andasse ricercato solo nella drammaticità della situazione. Si voltò nuovamente verso Ranma ascoltandolo con espressione indecifrabile e volgendo di tanto in tanto lo sguardo verso Shampoo, che sembrava ancora in un altro mondo. Happosai piangeva.

-E… questo è tutto.
-Oh, Ranma!

Nodoka, in lacrime, si gettò con slancio sul proprio figlio, cingendogli le spalle con le braccia. Ranma rispose alla stretta con pari intensità, beandosi per qualche secondo di quell’abbraccio carico d’amore. Solo pochi secondi prima che scostasse delicatamente sua madre da sé e guardasse dritto negli occhi il dottor Tofu, che capì senza bisogno che Ranma parlasse.

-D’accordo, procediamo.

Si spostarono in una piccola camera dove Tofu aveva tracciato sul pavimento una cerchio perfetto, delimitato da alcune piccole candele poste ad intervalli regolari lungo la circonferenza.

-Ranma, sei pronto?
-Certo.
-Un momento, non avrai mica intenzione di andare da solo!

Ucchan rivolse a Ranma uno sguardo carico d’angoscia mentre, avvicinatasi a lui, rimaneva in attesa di una risposta. L’espressione del ragazzo col codino si addolcì, mentre spostava lo sguardo su di lei.

-Ucchan, ascolta, vi sono davvero grato per quello che avete fatto per me fino ad ora. Siete i migliori amici che potessi desiderare, ma non posso permettere a nessuno di voi di mettere ancora a repentaglio la propria vita.
-Ma Ranchan, non posso lasciarti andare così!
-Cerca di capire… devo essere io a farlo, da solo. Devo salvarla a tutti i costi, mi capisci?

Ucchan esitò soltanto per un istante. Non avrebbe potuto essere più chiaro nemmeno se avesse dichiarato pubblicamente il suo amore per Akane. La sua scelta era ricaduta sulla minore delle Tendo già da tanto tempo, lo sapeva già. Ormai iniziava ad abituarsi…
Si sforzò di annuire.

-Si. Ma fa attenzione, d’accordo?

Ranma sorrise, il primo vero sorriso da non ricordava più quanto tempo. Abbracciò Ucchan come mai aveva fatto prima, tentando di infondere in quella stretta tutte le cose che non era in grado di dirle. La giovane cuoca arrossì violentemente, ma non si fece illusioni. Le parole che Ranma pronunciò dopo non la stupirono per nulla, né le fecero male quanto avrebbe pensato.
Se non altro parlare con Ryoga qualche giorno prima era servito a prepararla.

-Sarai per sempre la mia migliore amica.

Ucchan sorrise e una lacrima solitaria scivolò lenta sulla sua guancia mentre assaporava il profumo di Ranma così nitidamente per la prima e ultima volta nella sua vita. Si separò da lui con una certa difficoltà, mentre Ranma la guardava ancora con quel dolce sorriso, con quello sguardo colmo d’affetto. Ma non d’amore.
Si allontanò silenziosamente, mentre Ryoga la osservava con la coda dell’occhio. La cuoca si posizionò proprio accanto al ragazzo con la bandana e si voltò a guardarlo con un sorriso triste.
Un tumulto di sensazioni inaspettate travolse Ryoga: una sorta di inspiegato fastidio che non riusciva ad identificare con chiarezza, il desiderio di picchiare Ranma e soprattutto una grande, enorme voglia di prendere Ukyo tra le braccia e consolarla. Queste sensazioni si spensero non appena Ukyo distolse lo sguardo, lasciando l’eterno disperso in uno stato di totale confusione.
Ciò che un po’ sorprese Ranma in quel frangente fu il fatto che Shampoo non avesse fatto una piega di fronte a quell’abbraccio.
Titubante, la guardò negli occhi.
Shampoo ricambiò lo sguardo senza dire una parola.

-Shampoo…
-Non devi dire niente, Lanma. Non c’entri.
-Io…
-Riporta qui il maschiaccio violento.

Possibile che fosse così chiaro a tutti quello che provava per lei?
Che si fossero tutti rassegnati all’evidenza? Perfino Shampoo?
Annuì.

-Bene, possiamo cominciare direi. Ranma, posizionati al centro del cerchio.

Ranma si sedette e Tofu iniziò ad accendere una ad una le candele nere. Fece cenno a Genma di spegnere la luce e la stanza piombò nella penombra. Il dottore lanciò uno sguardo a Kasumi che lo osservava con apprensione e sorrise appena cercando di rassicurarla.

-Sei pronto?
-Si.

Con un religioso silenzio come sottofondo, Tofu aprì un grosso volume che reggeva tra le mani, voltando le pagine fino a trovare quella giusta.

-Ascolta Ranma, è importantissimo che ti concentri con tutto te stesso. Il rito in sé è piuttosto semplice. La difficoltà sta nel fatto che non puoi permetterti distrazioni. Se non sarai totalmente concentrato sul pensiero di raggiungere l’Aldilà rischi di rimanere bloccato tra le due dimensioni e di non poter più fare ritorno. Non devi pensare a niente e a nessuno. Concentrati solo su quel desiderio. D’accordo?
-D’accordo.
-Usa il Kami no tanto. Occorre un sacrificio di sangue fatto con quel pugnale.

Ranma impugnò il Kami no tanto e premette la lama sul suo avambraccio, facendo gocciolare immediatamente il suo sangue sul pavimento. Sentì sua madre trattenere il fiato bruscamente e si voltò a guardarla con un sorriso.
“Sto bene, mamma.”

-Mi raccomando, concentrati.

Tofu iniziò a declamare ad alta voce le parole dell’incantesimo, mentre Ranma chiudeva gli occhi, estraniandosi da tutto e da tutti. Allontanando il pensiero di sua madre, di suo padre, della famiglia Tendo, dei suoi amici e con maggiore difficoltà di Obaba e soprattutto di Akane.
Si concentrò su un unico pensiero.

Voglio raggiungere l’Aldilà

******

Ancora totalmente immobilizzata, Akane si ritrovò distesa su un enorme altare di pietra situato proprio di fronte alla riva dello Stige. Provò a divincolarsi in tutti i modi, senza però riuscire a muovere nemmeno un muscolo.
Rihito rimase per alcuni istanti a rimirare le acque del fiume, perso nei propri pensieri, prima di posare il proprio sguardo avido sulla figura terrorizzata di Akane.

-Finalmente.

Le si avvicinò e le prese il mento tra pollice ed indice.
Akane avrebbe voluto urlare e ritrarsi a quel tocco. La sua frustrazione per quella situazione parve raddoppiare.
Ranma non aveva fatto in tempo… stava per essere uccisa. Il cuore le batteva ad una velocità folle e le lacrime scorrevano silenti sul suo viso.

-Proverò un particolare piacere nel toglierti di mezzo.

E quelle parole scatenarono in lei un odio che si sostituì persino alla paura.
Rihito sorrise ed estrasse la spada che teneva legata alla cintura.
Si muoveva con estrema lentezza, come a volersi godere ogni istante di quello splendido giorno. Akane si sentì persa. Era davvero finita.

******

“Voglio raggiungere l’Aldilà… voglio raggiungere l’Aldilà…”
Ranma era riuscito ad estraniarsi completamente dal mondo esterno. Non sentiva più nemmeno la voce del dottor Tofu. Gli occhi chiusi e le mani adagiate sulle ginocchia. La mente concentrata su quell’unico pensiero.
Il sangue che continuava a gocciolare dalla ferita iniziò a brillare. Ranma poteva scorgere il bagliore rosso che emanava attraverso le palpebre chiuse.
Una forte corrente invase la stanza, spaventando i presenti. Il rombo del vento li assordava e Tofu fu costretto ad urlare per farsi udire al di sopra di quel frastuono. I contorni del corpo di Ranma stavano diventando meno definiti e il ragazzo col codino sembrava non essersi nemmeno accorto di tutto quello che gli stava accadendo intorno.

******

-Sei pronta?

Lo scintillio malevolo dei suoi occhi rossi le fece comprendere più di ogni altra cosa che era arrivata la fine. Le lacrime continuavano a cadere, lente e silenziose, non più per la sua morte imminente, ma per Ranma.
Non l’avrebbe mai più rivisto. Non avrebbe potuto rivedere il suo sorriso, perdersi in quei suoi grandi occhi blu, quei suoi occhi buoni e dolci. Non avrebbe mai conosciuto il sapore delle sue labbra, né avvertito il calore del suo corpo. Non gli avrebbe mai detto quanto profondamente fosse innamorata di lui.
Rihito sollevò la spada con entrambe la mani, impugnando l’elsa e volgendo la punta verso il basso, pronto a trafiggere il suo cuore.

******

Ranma sentì il proprio corpo farsi più leggero, come privo di consistenza. Non sapeva come comportarsi né cosa fare e rimase qualche secondo immobile, incerto. Cercò di aprire gli occhi e scoprì di non poterlo fare per il momento. Provò la sensazione più strana della sua vita. Gli sembrava di galleggiare nel nulla, di non possedere affatto un corpo, di essere fatto puro spirito.
E poi finalmente tornò a sentire.

******

Rihito si preparò a colpire.

-Addio, Akane Tendo. Sembra proprio che il tuo caro Ranma non si sia fatto vivo, alla fine.

Akane distolse lo sguardo dalla figura di Rihito e lo vide, appena materializzato di fronte ai suoi occhi. Nuove lacrime, di gioia quella volta, le solcarono le guance.
“Ranma… Ranma!”
Avrebbe voluto urlare la sua felicità nel vederlo lì, corrergli incontro, abbracciarlo. Ma era ancora immobilizzata.
E proprio in quell’istante, Rihito affondò.

******

Ranma aprì gli occhi e lei era lì. Vide il suo sguardo illuminarsi non appena aveva incontrato i suoi occhi e aveva realizzato che era venuto a salvarla.
E poi capì. Si rese conto di cosa stava accadendo.
Troppo tardi.
Abbandonò il tanto sul pavimento, dimenticato, e corse imponendo alle proprie gambe uno sforzo sovrumano. Corse per raggiungerla. Per salvarla.
La spada di Rihito le trafisse il cuore.
Gli occhi di Akane si dilatarono, ma lei non urlò. Continuò a guardarlo, mentre Ranma poteva scorgere la sofferenza incisa in ogni lineamento del suo splendido volto.
Le lacrime gli bagnarono il viso senza che lui se ne rendesse conto, mentre continuava a correre da lei pur sapendo che era tardi, pur sapendo che aveva fallito.
“Non è vero… non è vero… non è vero… no!”
Akane sorrise appena continuando a guardarlo, sinceramente felice di averlo rivisto un’ultima volta, come se non potesse desiderare fine migliore di quella.
“Addio… Ranma…”
E poi qualcosa in quegli occhi si spense.

-NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!



Sono pronta a ricevere minacce di morte e so già che molti di voi vorranno sapere dove abito per venire personalmente ad eliminarmi… non odiatemi!
Alla prossima! Un bacio a tutti!
Lavs

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=198476