Legenda
Legenda
* * *
Nota:
Aequor si svolge su due piani
temporali differenti. Uno è ambientato nel periodo in cui i videogiochi Rosso,
Blu, Verde e Giallo si stanno ancora svolgendo; l'altro è posizionato dopo i
cambiamenti intercorsi che sono mostrati in Oro, Argento e Cristallo. Di
conseguenza questa
Legenda
porrà l'accento anche su tali variazioni con la dicitura
13 a.p.
– tredici anni prima – che li
segnalerà al lettore.
Tilde (~):
indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una
riga bianca).
Celadon City: Azzurropoli.
Cerulean Cape: Miramare, tratto
conclusivo del Percorso 25 sopra Celestopoli.
Cerulean City:
Celestopoli.
Cianwood City:
Fiorlisopoli.
Cinnabar Island: Isola Cannella.
Cycling Road: Pista Ciclabile.
Ecruteak City: Amarantopoli.
Fuchsia City:
Fucsiapoli.
Goldenrod City:
Fiordoropoli.
Ice Path: Via Gelata.
Indigo Plateau: Altopiano Blu.
Mount Moon:
Monte Luna.
Olivine City: Olivinopoli.
Orange Islands:
Isole
Orange, nella mappa di Aequor situate a sud-est di Kanto.
Pallet Town:
Biancavilla.
Pewter City:
Plumbeopoli.
Power Plant: Centrale Elettrica
abbandonata (13 a.p.) / Impianto Turbine (attualmente).
S.S. Anne: M/N Anna.
S.S. Aqua: M/N Acqua.
Saffron City: Zafferanopoli.
Sea Cottage:
abitazione di
Bill (13 a.p.) / residenza di suo nonno (attualmente).
Seafoam Islands: Isole Spumarine.
Silence Bridge: Ponte Silenzio,
altro nome del Percorso 12 di Kanto.
Shamouti Island:
Isola di
Shamouti, isolotto centrale dell'arcipelago Orange.
Vermilion City: Aranciopoli.
Vermilion Harbor:
Porto di
Aranciopoli.
Victory Road: Via Vittoria.
Viridian Forest: Bosco Smeraldo.
Felina Ivy: Felina Ivy.
Samuel Oak: Samuel Oak.
IV
“Vento di tragedia”
* * *
La
sera non fu come la mattina: fu molto, molto peggio. Il tempo cambiò
radicalmente mentre James, stremato dai suoi pensieri, si era addormentato. Gli
stratocumuli delle ore diurne avevano lasciato il posto a inquietanti
cumulonembi neri come la pece che coprivano il cielo nella sua totalità,
rendendolo invisibile. Con il passare del tempo era iniziato un rovescio
temporalesco che si stava abbattendo senza pietà su ogni lembo di terra e di
mare con pesanti gocce piovane.
L'oceano aveva preso una forma pienamente tempestosa e le onde, combinate con le
correnti marine, iniziavano già a provocare un leggero dondolio nell'Anne. Anche
il colore dell'acqua era mutato: dalla calma distesa celeste che si poteva
ammirare fino al giorno prima, aveva preso dei connotati plumbei interrotti solo
dal bianco ribollire della schiuma.
Il
vento sferzava il viso di quei pochi, coraggiosi viaggiatori che uscivano
temporaneamente all'aperto sfidando le intemperie e l'odore della salsedine
aveva preso il posto di quel fresco profumo estivo che avvolgeva il
transatlantico nei giorni precedenti. Stormi di Pidgey, tentando di dominare
questa condizione, volavano in ogni dove ricercando un anfratto in cui
ripararsi.
Lucenti lampi scaturivano dalle nuvole schiarendo sporadicamente quello che era
un crepuscolo buio, e il boato assordante dei tuoni li seguiva scatenando
l'insicurezza negli animi.
E là,
a sinistra, esattamente all'altezza della metà del ponte Estate, a qualche
miglio in linea d'aria, era il centro della catastrofe oceanica: le Orange
Islands. Queste erano diventate praticamente impossibili da scorgere a causa
della massa di nubi che le avvolgeva, rendendo visibile unicamente dei semplici
stracci di terra in balia delle onde. E il cumulo più evidente stazionava
proprio al centro: dov’era Shamouti Island, sempre che non fosse già stata
spazzata via dalle perturbazioni.
Era
l'inferno, e l'Anne ci era finita in mezzo.
James
fu svegliato da un rumore secco: qualcosa batteva sulla porta. Quando riprese
lucidità comprese che si trattava di una persona che bussava. Si alzò e aprì:
davanti a lui era Bill, con un fradicio impermeabile indosso.
« Dio
mio, che è successo? » domandò James facendosi da parte « Entra, presto! ».
Bill
oltrepassò l'uscio e, appena fu totalmente dentro, si tolse il cappotto e lo
appese all'appendiabiti « Là fuori è il caos ».
« Ho
notato. Che succede? ».
« Le
Orange ».
A
quelle parole James sembrò vagamente scosso « Non è ancora finito? ». Ripensava
a quando ne aveva parlato con l'anziano signore il giorno della partenza.
Dubito ci sarà maltempo per quando arriviamo, aveva detto. Chissà cosa
pensava in quel momento.
«
Pare di no ».
« E
si sa che cosa sta succedendo laggiù? ».
« Di
certo non io » replicò Bill infilando una mano sotto il maglione ed estraendone
un Pokégear « Contavo di sentire qualcosa da qui ».
« Sì,
dai, accendilo ».
La
radio impiegò qualche secondo a sintonizzarsi sul giusto canale; poi, dopo
qualche vocio confuso, iniziò a ricevere il segnale senza problemi, e James
riconobbe lo stesso cronista di pochi giorni prima.
«
––lluvioni torrenziali affliggono da questo tardo pomeriggio l'intera penisola
senza eccezioni. Alcune città costiere, tra cui Fuchsia City e Goldenrod City,
sono state già evacuate a favore di luoghi dell'entroterra a causa dei pesanti
maremoti che vi si sono abbattuti, e altre operazioni di salvataggio sono in––
».
«
Maremoti » ripeté James « Non il momento migliore per trovarsi su una nave ».
«
Aspetta, dicono altro ».
«
––ci giungono nel frattempo informazioni circa le recenti partenze di allenatori
di pokémon anche giovani in direzione delle Orange Islands, epicentro ipotetico
del disastro–– ».
« Il
mondo è impazzito » commentò Bill incredulo « Abbiamo dei ragazzini a due passi
dall'apocalisse ».
Il
suo amico, nel frattempo, continuava a seguire la cronaca.
«
––di seguito un elenco delle città attualmente in stato di evacuazione:
Vermilion City, Cianwood City, Olivine City, Pallet Town–– ».
«
Dannazione, non prende più » inveì scoraggiato Bill.
James
era statico. All'udire della città di Pallet si era definitivamente ammutolito.
«
Tutto bene? ».
« Lui
è là ».
Bill
rimase stupito da quella frase apparentemente sconnessa « Lui è là?
Lui chi e là dove? ».
«
Alla nostra partenza, qualche minuto prima che salpassimo, è sceso dalla nave un
ragazzo sui dieci anni con una MN in mano » disse James « Ora è là a Shamouti,
ne sono sicuro ».
«
Come fai a saperlo? ».
« È
complesso da spiegare » replicò James « Ma lo so ». Poi si allontanò in
direzione del bagno della cabina « Mi cambio e mangiamo, direi ».
« Uh?
Ah sì » rispose sovrappensiero Bill. In realtà non aveva neanche fatto caso a
quello che il suo amico aveva detto. La sua mente ancora si arrovellava sullo
stesso quesito da minuti: com'era possibile che il suo compagno di viaggio
sapesse che cosa faceva un ragazzo a miglia di distanza se l'aveva visto una
volta nella vita?
Paradossalmente, nel ristorante del ponte Estate vi era meno gente del solito,
nonostante gli esterni fossero giocoforza inagibili. Il temporale, infatti,
aveva scoraggiato diversi passeggeri che avevano inizialmente optato per una
cena al pianterreno, preferendo a esso le Orchidee in quanto il caffè era
direttamente collegato con l'elegante scalone, particolare che consentiva a
tutti coloro che alloggiavano in qualunque piano superiore a quello di
passeggiata di raggiungerlo senza sfidare il tempo che imperversava.
Come
risultato coloro che in quella fatidica sera erano al Laghetto si dividevano in
tre gruppi: coloro che alloggiavano al pianterreno e per i quali dunque andare
al caffè sarebbe risultato controproducente; coloro che non avevano pensato,
nonostante la loro posizione nella nave, di andare ai ponti superiori; e coloro
che ci avevano pensato e che si erano rifiutati di andarci.
Strano a dirsi, James e Bill appartenevano alla terza categoria: il secondo
aveva infatti in un primo momento avuto l'idea di salire per la gradinata, ma il
primo si era fermamente opposto esponendo una serie di ragionamenti secondo i
quali le Orchidee erano il luogo meno evocativo di tutta l'Anne e andarci
sarebbe significato sprecare una serata così carica di sfaccettature come quella
tempestosa che stavano vivendo.
« Ma
poi » disse Bill tra un morso e l’altro « le Seafoam ti sono piaciute? ».
«
Difficile. Non ci sono mai stato » James sembrò incurante dei pensieri che
quell'affermazione poteva suscitare nel suo amico.
Questi, per l’appunto, fu chiaramente sorpreso nel sentire quella risposta « Mi
prendi in giro? ».
« No
» replicò imperterrito James « Non ci sono mai stato ».
« Sei
fuori? Prima mi hai fatto un discorso tanto ispirato… Il ghiaccio, i cinque
livelli… Che vuol dire non ci sono mai stato? ». Pochi secondi prima che
il suo amico riprendesse a parlare, Bill avrebbe giurato di aver sentito un
ci siamo sottovoce.
James, nel frattempo, aveva cambiato leggermente posizione sulla sedia per
sentirsi più comodo « È molto semplice in realtà. Tempo fa ho incontrato un
allenatore di pokémon, mentre viaggiavo per Kanto, un'estate a Vermilion. Era
poco più giovane di me, a occhio e croce direi che adesso dovrebbe avere circa
venticinque anni. Il suo nome era Lance. Lui era stato alle Seafoam ».
«
Fermo, tu hai incontrato Lance? Il campione di pokémon Lance, il più grande
allenatore esistente? ».
« Non
mi è sembrato così spettacolare a vederlo ».
« E
ti ha parlato delle Seafoam? » domandò Bill « Credevo che uno come te preferisse
vedere i paesaggi di persona anziché ascoltarli dalla bocca di altri ».
« Non
me l'ha esattamente raccontato » rispose James « L'ho visto nei suoi occhi ».
A
quell'affermazione Bill non ebbe più dubbi: il suo amico si stava prendendo
gioco di lui « Non fa ridere ».
« Ma
è vero » ribatté James « È quello che è successo ».
« Con
quale mistico potere avresti visto qualcosa negli occhi di Lance? ».
«
Devi sapere » iniziò lui « che esiste un gruppo di persone che rimane più
impressionato dai paesaggi. Per un periodo della mia vita ho egocentricamente
creduto di essere uno dei pochi a esserne parte: in realtà esso è molto più
esteso di quanto tu possa pensare. Quando questa gente vede un paesaggio
particolarmente evocativo, esso rimane impresso in lei anche a distanza di anni.
Queste persone lo ricordano spesso nella memoria, lo vedono nei sogni e in un
certo senso lo portano con sé ».
« E
oltre a far parte di questa specie di élite saresti in grado di sfruttare questa
particolarità a tuo vantaggio… vedendo questi paesaggi nei loro occhi? ».
« Non
ho idea di cosa abbia causato in me questa anomalia » replicò James « Forse è
dovuto al fatto che sono restato per molto tempo in un posto dove la gente era
sempre tutta uguale, può darsi che ciò abbia acuito il mio senso di osservazione
portandomi a distinguere questo tipo di gente dal resto del mondo. Non esiste
una spiegazione scientifica per quello che mi capita quando incontro questi
individui. Guardandoli direttamente riesco a carpire loro quei vasti panorami:
foreste impenetrabili, orizzonti infiniti, caverne intricate o distese di nuvole
nel cielo che forse non potrò raggiungere mai ».
«
Continua a sembrarmi assurdo » commentò scettico Bill.
« Non
è tutto. Mi capita, in questo modo, di vedere–– » James si interruppe. Sembrava
vagliare pensieroso decine di possibilità differenti, ognuna con i suoi
possibili sbocchi nell'avvenire. Finalmente riprese « Mi capita di vedere il
futuro ».
A
quelle parole Bill si rimise con la schiena retta, riprendendosi dalla posizione
quasi sdraiata in cui era arrivato silenziosamente lungo il discorso che aveva
ascoltato.
« Non
è una cosa che capita spesso » proseguì tenendo gli occhi al tavolo, come se
pensasse ad altro « Però… Talvolta quando guardo qualcuno… vedo cose impossibili
per il momento in cui appaiono ».
«
Tu–– » si fermò, come se non riuscisse ad andare avanti. Poi trovò la forza di
continuare, sconfiggendo la propria eccessiva
razionalità e assumendo che ciò che il suo amico diceva poteva essere verità «
Mi stai dicendo che vedi il futuro? ».
Non
vi fu risposta se non un appena accennato gesto del capo.
Bill poteva essere distratto, ma non era uno
sprovveduto « Hai visto le Orange negli occhi di quel ragazzo ».
James
sorrise amaramente « Mi chiedevo quando te ne saresti accorto. È così che ho
saputo che lui sarebbe andato lì. E lui è a Shamouti questa notte ».
« A
Shamouti? » domandò incredulo Bill. Non era possibile che il suo amico avesse
avuto una svista, ormai si era fatto un'idea precisa di lui, e non era tipo da
sbagliare « Hai detto esattamente a Shamouti? Non nei dintorni? ».
« No.
Sull'isola. Nel centro del disastro. In effetti è curioso, un semplice
allenatore di dieci anni ha fatto più dei grandi maestri che popolano questo
mondo ».
Bill
però non ascoltava, si era fermato a riflettere su un'altra cosa che sul momento
gli era sfuggita e che, in realtà, era un'ovvia derivazione della dichiarazione
del compagno di viaggio. Tutti gli strani atteggiamenti che aveva notato in
James in quel periodo, il fatto che fosse traumatizzato a tratti durante quella
giornata, le sue fatiche nel rintracciarlo la sera precedente: tutto assumeva
una forma ben delineata. « James, dimmi la verità. Hai visto qualcosa che ci
riguarda negli occhi di qualcuno qui a bordo? ».
D'improvviso uno scossone rovinoso stravolse il Laghetto e fece trasalire i
viaggiatori. Un fragore di piatti infranti risuonò nel salone assordando per
pochi istanti tutti i presenti, lasciando poi di nuovo il posto al loro vociare.
Bill
lanciò una breve occhiata mista di dubbio e rimprovero a James, poi corse oltre
la porta in vetro del ristorante e si guardò attorno: per quanto concerneva
quella parte il ponte Estate sembrava intatto. Il danno doveva aver colpito
direttamente prora, poppa oppure l’altro lato della nave. Non ebbe tuttavia
bisogno di correre da un fianco all'altro dell'Anne, la soluzione si palesò in
poco tempo: dalla parte posteriore del transatlantico, in mezzo al diluvio, si
stava innalzando una ridotta tromba d'acqua.
James
giunse da lui in quell'istante.
« CHE
STA SUCCEDENDO? » si vide domandato con vigore.
« Non
ne ho idea. Non vedo tutto, scorgo frammenti ».
Nel
frattempo l'imbarcazione iniziò ad arrestarsi per limitare i danni: inutilmente,
in considerazione del fatto che il vortice si esaurì dopo pochi secondi. I due
compagni di viaggio accorsero in direzione del posto dove prima il gorgo
roteava, e rimasero spiazzati. Si era venuta a sviluppare un'apertura di smodate
dimensioni che percorreva tutto il piroscafo: il mulinello aveva fatto breccia
al suo interno e se fosse stato leggermente più centrato avrebbe trafitto la
chiglia provocando l'immediato inabissarsi del bastimento. Per fortuna la falla
aveva mancato la trave portante e quindi l'affondamento non sarebbe avvenuto in
tempi così brevi da impedire il salvataggio dei passeggeri. Ciononostante la
nave sarebbe colata a picco, e non vi era alcun modo per impedirlo.
Da
dietro la zona di prua uscì il capitano dell'Anne. Probabilmente non si accorse
sul momento di essere l'oratore dal quale ogni singolo essere umano trasportato
dall'imbarcazione attendeva rassicurazioni, in caso contrario forse avrebbe
avuto un aspetto più nervoso. Ciononostante sembrò in qualche modo rendersi
conto che qualsiasi cosa avesse detto avrebbe avuto un effetto decisivo e forse
permanente sulle azioni di tutti coloro che erano usciti dal Laghetto, dalle
Orchidee o dalle loro cabine per appurare cosa stesse accadendo, e fu cauto
nelle parole « Abbiamo subito alcuni danni alla zona poppiera della nave. Vi
invitiamo a recarvi ordinatamente alle scialuppe di salvataggio per abbandonare
la nave. Personale dell'equipaggio sarà disposto a ogni ingresso alle barche per
garantire che siano sufficienti per tutti ».
Nel
frattempo Bill e James si erano accostati al parapetto della nave, dal quale
osservavano, puntando leggermente verso nordovest, diverse ulteriori trombe
d'acqua che si levavano al cielo e scomparivano una dietro l'altra. « Dobbiamo
andarcene » commentò il secondo.
Il
suo amico lo guardò stranito e, in un certo senso, irato. Mentre tutti i
passeggeri scendevano in fretta in direzione delle scialuppe, gli domandò
sarcasticamente « Davvero? Sai, non me n'ero accorto, tra l’Anne che affonda e
tutto! ». Poi la sua voce assunse un tono afflitto e a tratti spezzato, e i suoi
occhi apparvero diventare lucidi « Perché? Perché non me l'hai detto? Avremmo
potuto fare qualcosa… Avremmo… ». Non seppe come andare avanti.
In
breve la massa umana li amalgamò a essa, e Bill si ritrovò a fissare il suo
migliore amico che si allontanava inesorabilmente.
Avrebbe voluto dire centinaia di cose, spiegargli che non era stata sua
intenzione accusarlo così violentemente, che effettivamente non avrebbero potuto
fare nulla di significativo, che avrebbe compreso eventuali motivazioni se
gliele avesse spiegate. Ma tutto ciò che seppe fare fu guardare il
transatlantico che portava a compimento il suo viaggio verso la fine, e
l'incontrollata calca che drammaticamente lo favoriva.
Bill
si trovava su una scialuppa di salvataggio con Andy, che non aveva più visto
dalla giornata precedente. Il mezzo di trasporto accoglieva gradualmente un
numero sempre maggiore di persone, attendendo lo stato di pienezza totale al
quale sarebbe stato autorizzato a scendere.
«
Dove sei stato oggi? » domandò quest'ultimo « Mi spiace di averti piantato
proprio l'ultimo giorno. Non stavo bene ».
Bill
sembrò essere risvegliato mediante quelle parole da uno stato di quiescenza «
Eh? Ah, sì, non ti preoccupare ».
« A
cosa pensi? ».
« A
James. Non riesco a non pensare a come male l'ho trattato durante i nostri
ultimi minuti ».
«
Tanto vi rivedrete a Vermilion. Vedrai che vi chiarirete ».
« Lo
spero » commentò amareggiato Bill, inserendo le mani nelle tasche della giacca e
rimembrando come James lo faceva con il suo giaccone di cammello il primo giorno
che si erano visti. Sospirò tristemente.
«
Tranquillo, vedrai che–– » Andy si interruppe. Il suo amico aveva estratto dal
piccolo scompartimento destro del suo vestito un foglietto ancora prima di
infilare del tutto l'altra mano nel suo gemello sinistro.
La
carta era ripiegata in quattro parti. Bill la aprì e lesse ciò che una penna a
sfera aveva impresso forse anche diverse ore prima.
Raggiungimi appena puoi in sala macchine.
«
Cosa c'è scritto? » domandò incuriosito Andy.
Il
suo compagno di viaggio non rispose, limitandosi ad alzarsi in piedi. Scavalcò
la balaustrata del transatlantico e si gettò di corsa verso il salone.
La
S.S. Anne deserta infuse in Bill un immenso abbattimento: il pensare a come solo
la sera prima il Laghetto fosse stato ricolmo di gente lo rendeva in qualche
modo nostalgico anche a distanza di poche ore. Quanto ai piani superiori, non
intendeva neanche pensarci o avrebbe pianto inevitabilmente. Il transatlantico
più bello di Kanto e Johto si avviava verso la sua inesorabile colata a picco e
perfino la cupa eco prodotta dai suoi passi sulla pavimentazione che lo
specchiava nei suoi fini motivi mosaicati sembrava scandire uno di seguito
all'altro i secondi che mancavano alla fine.
Scese
per le scale consuetamente vietate ai passeggeri del bastimento, quelle che dal
ristorante conducevano ai locali sotterranei. La sezione inferiore era in
pesantissimo contrasto con quella superiore: i marmi pregiati che avevano
accompagnato Bill in quei fatidici tre giorni lasciavano spazio a metallo a
tratti ossidato, e le sfavillanti luci del lampadario nella sala da ballo erano
rimpiazzate da precarie lampadine a incandescenza. Perfino l'aria appariva
diversa: se infatti sul ponte Estate aveva quella fragranza tipica delle coste
esotiche di Hoenn, in quel tetro ambiente aveva di particolare unicamente la
polvere che si insidiava in essa.
Una
volta scesi ci si trovava di fronte un bivio: una via portava alla stiva,
l'altra alla sala macchine. Ovviamente sarebbe scontato specificare verso quale
delle due si incamminò Bill.
Alla
fine di quella sorta di traforo vi era un enorme ambiente ricolmo di camini
ferrei inscuriti dal tempo e dal carbone, e un'aria forse ancor meno respirabile
di quella che aveva assaporato Bill all'inizio. Le bocche per il fuoco si
dislocavano secondo due logiche: una fila circondava la sala interamente,
l'altra invece formava una sorta di scudo a un ciclopico pilastro centrale.
E lì,
appoggiato alla parete opposta all'entrata, leggermente spostato in modo da
vedere oltre la colonna metallica, stava il suo migliore amico. Il suo corpo gli
apparve insolitamente affusolato e deteriorato, come se si fosse sottoposto a
mesi di digiuno, e ciononostante elegante e fiero come lo aveva sempre visto «
Sapevo che avresti messo prima la mano nella tasca destra ».
Bill
iniziò a camminare nel locale. Era di dimensioni colossali e attraversava quasi
tutta la nave, mentre la stiva occupava probabilmente solo una relativamente
piccola frazione del transatlantico ed era destinata a custodire essenzialmente
il cibo: questa ipotesi era supportata dal fatto che la via destra conduceva a
essa, e il bivio si trovava esattamente sotto il Laghetto, di per sé posto nella
parte anteriore della nave; in altre parole il magazzino aveva a disposizione
uno spazio ristretto delimitato dalle pareti interne della carena – ristretto se
rapportato alla grandezza effettiva della nave, nei fatti ovviamente più che
sufficiente a soddisfare le necessità alimentari dei viaggiatori.
«
Volevo chiederti scusa per oggi. Non ti ho trattato da amico ».
« Non
ti preoccupare » rispose James « Posso capire ».
« Ora
faremo meglio a sbrigarci, però. Rischiamo di perdere le ultime scialuppe e di
rimanere qui ».
James
abbassò il capo « Ancora non hai capito ».
Bill
sembrò perplesso per questa domanda, ma aveva compreso il suo significato
sibillino: non voleva uscire.
Come
previsto, infatti, il suo compagno di viaggio proseguì « Io non ho intenzione di
scendere. È destino che io muoia qui ».
A
quelle parole Bill sembrò scaldarsi, parve quasi che un fuoco si fosse acceso in
un animo che fino a quel momento era stato anche troppo silenzioso « Che vuol
dire destino? Il destino è il pretesto che alcuni uomini hanno trovato per
addossare ad altri la responsabilità dei propri fallimenti! Se tu sei
determinato, se credi veramente in qualcosa, non c'è destino che tenga! Sei tu
che decidi! ».
« Non
credevo che fossi così bravo nel fare discorsi così ispirati » rispose James con
un enigmatico sorriso, come fosse divertito.
« Mi
stai prendendo in giro? ».
«
Dammi retta, vai via il prima possibile da qui. Le scialuppe ci sono, salvati
finché puoi ».
«
Neanche per idea. Sorvolando sul fatto che visti i danni limitati ci vorrà
almeno qualche ora prima che l'Anne s'inabissi e che prima di partire effettuano
sempre un controll–– ».
« Non
ne avranno il tempo. Salvati finché ne hai la possibilità e di’ loro di
sganciare le ultime barche prima che sia troppo tardi ».
Bill
però non sembrò neanche ascoltare l'avvertimento del suo amico « ––lasciami
finire. Dicevo, sei tu che mi hai invitato qui o sbaglio? ».
«
Sapevo che volevi parlarmi. Non volevo lasciarti con rimpianti quando non ci
fossi stato più ».
« Ti
ho già detto che controlleranno prima di andarsene. Finché sei da solo puoi
nasconderti, ma se ci sono io posso fare in modo che ci trovino. E tu non
affonderai, puoi scommetterci. Non sono così ingenuo come cred–– ».
«
Continui a non ascoltare » lo interruppe James « e di conseguenza continui a non
afferrare ».
« E
allora spiegami una buona volta che cosa sta succedendo ».
James
però non aveva prestato attenzione a quelle parole e aveva gettato uno sguardo
al proprio orologio borbottando un non lo
convincerò mai.
«
Ehi, mi ascolti? ».
« Vai
all'oblò » disse James, nuovamente senza badare a ciò che dicesse il suo amico.
In un
primo momento Bill parve non comprendere, più colpito dal tono imperativo che
dal reale significato della frase. Poi, lentamente, si avviò verso un piccolo
foro circolare tamponato da una lastra di vetro situato alla destra della via
per la quale era entrato.
All'esterno erano visibili proprio le Orange Islands, sebbene a fatica in quanto
erano spostate più verso ovest – Bill fu costretto a posizionare il proprio capo
quasi parallelamente alla finestrella per averne una buona visuale – e,
soprattutto, la sala motori era situata per parte sopra e per parte sott'acqua,
e bisognava attendere che la forza di un'onda si fosse esaurita per osservare
l'orizzonte senza la patina confusionaria dell'acqua. La pioggia, cessata sopra
l'Anne, sembrava essersi ricondotta alla sua origine: i cumulonembi sopra
Shamouti tuonavano e la ricoprivano. Bill avrebbe giurato di aver scorto della
neve, se solo l'isola non fosse stata tanto lontana. Tuttavia, esclusa la scena
di stile cinematografico e qualche scialuppa che si calava e che si allontanava
– se ne vedevano molte, segno che forse anche l'ultima era in dirittura di
partenza – non vi era granché da osservare.
« È
finita ».
Bill
si voltò di scatto e vide il suo amico in piedi dal lato opposto del locale,
stagliato nella sua perfezione davanti ai macchinari.
« Che
stai dice–– ».
Non
terminò. Un brusco boato rimbombò nella stanza. Il pilastro centrale si frantumò
lasciando lo spazio a un turbine oceanico più grande del precedente che si levò
verso l'alto. Il transatlantico, non potendo reggere una falla di quelle
dimensioni, si divise in due, e alcuni pezzi del soffitto della parte in cui si
trovava iniziavano a crollare, segno che la chiglia, la trave portante
dell'intero bastimento, era ormai in macerie. L'Anne sarebbe collassata da un
momento all'altro, non c'era modo di evitarlo.
E
d'improvviso capì ciò che per tutta la sua permanenza nella sala macchine James
aveva tentato di fargli capire: lui sapeva che la nave sarebbe stata distrutta.
Aveva solo voluto impedire che anche lui ne finisse schiacciato.
Nuovi
scossoni costrinsero Bill ad appoggiarsi alla parete metallica della fila
esterna di camini mentre ammirava quel vorticoso turbine che stava demolendo il
più bel transatlantico del mondo. E sobbalzò: all'interno del liquido salino si
stava delineando un'ombra. Lentamente il ciclone si dissolse, liberando la più
grandiosa creatura che avesse mai visto.
Era
di dimensioni esorbitanti e le forme ricordavano una sorta di combinazione tra
un drago, un plesiosauro e un semplice uccello. La sua pelle era primariamente
argentea, tuttavia faceva eccezione l'addome che assumeva una colorazione
cerulea. La bocca somigliava in realtà a un becco, eppure era dotata di denti
sulla mascella inferiore. Aveva inoltre un collo lungo ed esile e un corpo
liscio e aerodinamico, nonostante la schiena fosse scandita da celesti sporgenze
simili a punte che caratterizzavano anche la sezione terminale della coda,
sebbene in quella zona fossero appena due in contrapposizione alle ben più
numerose sul dorso. Una nota finale la meritano gli arti anteriori: se infatti
era ovvio che fossero ali era altrettanto evidente che verso la fine assumevano
più i connotati di mani.
La
creatura si guardò rapidamente attorno, poi fissò Bill negli occhi, come a
scusarsi, e produsse un melodioso verso. Bill rimase frastornato per qualche
secondo, salvo poi realizzare che se non si fosse affrettato sarebbe annegato
con l'Anne. Prima di riprendere la via verso il Laghetto gettò uno sguardo verso
l'altra metà del transatlantico: questa era ormai troppo inclinata perché
potesse vedere James. Imboccò la strada e si ritrovò in breve tempo in cima.
Corse alla balaustrata della nave e vide, proprio sotto, la scialuppa di Andy. E
ora?
«
Salta! » esclamò il suo amico.
«
Che? » domandò stranito Bill voltandosi per trovare qualche via d'uscita « Sei
pazzo, così mi schianto sull'acqua? Sto qui e aspetto di andare sotto per
saltare al momento giusto! ».
« Ma
sei fuori di testa? Verrai trascinato dal risucchio! ».
« Non
vedo altre soluzioni! Tu, piuttosto, scappa finché puoi! » replicò Bill, pur
sapendo che era impossibile sfuggire alla forza del gorgo generato
dall'affondamento di una mole tanto grande di materia. Intanto la sua metà si
inclinava a vista d'occhio e a breve il parapetto, e il giovane con esso,
sarebbe stato al livello dell'oceano. Chiuse gli occhi e ripensò a James, alla
sua fine, alle lacrime che gli scendevano a ricordarlo, e si consolò: sarebbe
finito insieme al suo amico, si sarebbero riuniti. Strinse sempre più le
palpebre e cercò di non pensare al gelo dell'acqua, per quanto possibile.
Poi,
proprio mentre attendeva l'impatto, udì di nuovo quel canto melodioso. Riaprì a
fatica gli occhi: la sua parte di bastimento era ferma, sbilanciata ben oltre il
suo baricentro, eppure non cadeva; stava contemplando un mare insolitamente
calmo, come se non fosse successo niente. Alzò la testa e vide la creatura che
aveva distrutto l'imbarcazione ferma sopra di lui.
La
stava trattenendo con la sua psiche. Gli stava salvando la vita.
«
Salta » udì Bill, e non seppe neppure lui se fosse stato quel pokémon a dirlo,
oppure se l'avesse immaginato. In ogni caso non si fece ripetere una seconda
volta l'ordine: balzò verso il mare e nuotò con energia. Non appena fu arrivato
alla barca, i passeggeri iniziarono a remare il più velocemente possibile.
La
creatura si voltò verso le Orange Islands. « Devo andare » commentò
malinconicamente, e dopo un attimo di preparazione, partì in volo alla volta di
Shamouti, mentre la nave terminava la collisione con l'oceano. E, mentre quella
specie di drago raggiungeva la sua massima velocità, Bill avrebbe giurato di
sentire l'armonioso suono di prima in chiave alterata, come fosse stato un
lamento.
« Per
fortuna non eri sulla parte sinistra » osservò Andy « Mi sa che quel pokémon non
ti avrebbe salvato ».
« Non
è stato un caso » replicò Bill sorridendo dolorosamente. Poi si fermò a
riflettere. Aveva detto sinistra?
E gli
tornò alla mente quella misteriosa frase che James gli aveva rivolto come
benvenuto: sapevo che avresti messo prima la mano nella tasca destra.
C’era
solo da provare. Così fece, e scoprì che aveva visto giusto: all'interno della
cavità stava un foglio umido, ma ancora decifrabile, perfetto gemello di quello
che aveva letto neanche mezz'ora prima.
Caro Bill,
se
stai leggendo queste righe immagino che l'Anne sia ormai morta. Voglio prima di
ogni cosa farti capire che la mia decisione di non svelartelo non è stata
dettata da cattiveria, bensì dal mio desiderio evitarti inutili rammarichi negli
anni a venire: ogni cosa che ho visto si è sempre avverata qualsiasi cosa abbia
tentato di fare, e ti assicuro che l'ho imparato in prima persona subendo la
morte di tutti i miei cari. Ciò che non volevo è che, spiegandotelo, tu avessi
cercato di cambiare il futuro per poi inesorabilmente fallire e addossarti la
falsa colpa di non aver salvato questo meraviglioso transatlantico. Ti ho già
spiegato che la natura sfugge al nostro controllo e ho la certezza che tu, dopo
questa sera infernale, l'abbia afferrato appieno.
Non è stato facile neanche per me rinunciare a oppormi e terminare ciò che ho
iniziato trent'anni fa, trent'anni che a pensarli sembrano novanta. Combattere
per tutto questo tempo nella speranza di costruirmi una vita e poi vedere ogni
mio sforzo spazzato via da qualcosa di impossibile da fermare fa male, non puoi
forse neanche immaginare quanto. Ma è l'andamento delle correnti, e per quanto
chiunque possa dire il contrario dobbiamo adeguarci.
Con la speranza che capirai,
James.
Bill,
ormai in lacrime, non trovò le forze per pensare qualcosa. Riuscì solo a
guardare, nel cielo limpido e il mare liscio, il relitto di una nave che portava
via con sé la persona migliore che avesse mai incontrato.
~
Quando il racconto terminò, il ragazzo aveva gli occhi lucidi.
«
Siamo qui per onorare la morte di James » disse William.
« Non
morì nessun altro nella tragedia? » domandò Larry.
« No.
Si salvarono tutti. È quasi paradossale che solo una persona così speciale sia
morta mentre un sacco di altra gente anche molto meno meritevole di me o di te
si sia salvata senza problemi. Suppongo che sia la vita: non esiste la giustizia
laddove non ci sono potenti, e quindi i potenti non sono soggetti alla
giustizia. In ogni caso, penso siamo gli unici a sapere della morte di James ».
Dopo
queste parole, l'uomo sollevò il bouquet di fiori e lo lanciò nel mare. Il suo
affondare nelle piccole onde sembrava quasi innaturale. I fiori si inabissavano
come fosse stato destino per loro.
«
Papà, tu come sai questa storia? ».
«
Vedi » rispose William « ai tempi ero ancora giovane. Non ero ancora sposato con
tua madre, in realtà la conobbi poco dopo la tragedia, al Vermilion Harbor ».
« Eri
un passeggero? » domandò il ragazzo.
« Io
sì, lei no. Ci incontrammo perché lei era una reporter venuta a intervistare per
l'accaduto » rispose l'uomo sorridendo.
Larry
tornò a guardare l'Aqua, e rifletté su come gli pareva piccola dopo aver sentito
di quell'enorme transatlantico che tre anni prima della sua nascita aveva
solcato l'oceano. Una carica di nostalgia lo assalì, nonostante non ve ne fosse
un reale motivo.
«
Meglio andare » riprese William « Dovremo fare una piccola deviazione per non
ripassare dallo stesso controllore. Conosco una scorciatoia che però funziona
solo dal basso verso l'alto e–– mi senti? ».
Il
ragazzo, fino a quel momento perso nel guardare l'orizzonte, sembrò risvegliarsi
« Ora arrivo. Tu vai avanti ».
«
Capisco. Attento a non cadere in acqua ».
Larry
pensò ancora una volta alla storia che il padre gli aveva raccontato. Avrebbe
mai guardato le cose con la stessa luce? No, era impossibile, non poteva buttare
al vento la lezione che James aveva impartito a Bill. Forse la morale era che
bisogna assaporare ogni secondo della vita, perché da un istante all'altro si
potrebbe perdere ogni cosa.
Ma
anche Bill doveva aver imparato ad apprezzare ogni secondo, come avrebbe dovuto
fare finché James era ancora con lui. È sbalorditivo constatare come un solo
uomo possa cambiare una vita. Forse davvero non c'era una sola morale, ed erano
solo piccole lezioni di vita da assimilare.
Larry
si voltò: il padre non c'era più, ma sapeva che aveva preso la strada a destra
visto che l'altra portava al Vermilion Harbor.
Stava
per incamminarsi quando notò, sulla via, un piccolo foglio di carta sbiadita,
dall'aspetto vecchio e rovinato, forse da acqua. Lo prese in mano: era caduto a
suo padre, probabilmente. Lo aprì, facendo attenzione a non rovinarlo. Le prime
righe erano ormai illeggibili; ma le ultime, staccate dal corpo del testo, erano
invece perfette.
Con la speranza che capirai,
James.
Dietro la storia
* * *
La prima cosa che ho deciso di fare
quando ho scritto James nella prima stesura è stato ambientarlo durante The
Power of One. Intendiamoci: veniva comodo avere già una zona dove provocare
l'affondamento dell'Anne e una causa scatenante; ciononostante i riferimenti
originari erano davvero pochi: si parlava di un fantomatico inverno alle
Orange all'inizio del racconto e Lugia distruggeva il transatlantico. Non
c'è da stupirsi se un mio amico fu stranito allo scoprire che l'ambientazione
corrispondeva a TPoO.
Così, con l'avvento della seconda
pubblicazione, decisi di rendere la locazione più evidente: i riferimenti sono
disseminati durante la prima parte e si acuiscono fortemente durante la seconda
parte, specie nella descrizione del disastro delle Orange. Anche le
corrispondenze tra storia-film erano ovvie: la spedizione di Oak e Ivy in
elicottero è riproposta in maniera pressoché identica da TPoO. Solo che in
questo modo si veniva a creare un'incongruenza già presente nella prima e ancora
più pesante nella seconda stesura: l'avventura è basata sull'Anne dei giochi, e
l'apparizione di Red ne era la dimostrazione. Di più, nell'anime il
transatlantico affonda nell'EP015 a seguito dell'attacco del Team Rocket e
nell'EP016 Ash e i suoi amici ne escono; TPoO è invece logicamente posto dopo il
primo film, che inizia e conclude idealmente la prima serie, e quindi l'Anne al
tempo del cataclisma non poteva esistere. Come tappare questa falla?
Così ho concluso creando un universo
parallelo a quello dell'anime, quello che prende luogo nei giochi. In questo
modo è possibile spiegare la diversa organizzazione degli eventi che derivano
dal cataclisma – la differente posizione di emersione di Lugia o la corsa alle
Orange degli allenatori che rimanda leggermente al primo film – e
contemporaneamente spiegare perché la nave ci fosse ancora.
La scelta di Lugia come distruttore
dell'imbarcazione, in ogni caso, non è stata assunta subito come certa: prima di
prendere la decisione definitiva, infatti, ho passato al vaglio diversi pokémon.
Lugia si è dimostrato il più indicato non solo per dimensioni e habitat, ma
anche per una particolarità: le sue originarie descrizioni del Pokédex. Non
tutte, una: quella di Silver afferma infatti che “[…]
Si dice che sia stato visto in una notte di tempesta”. Un'altra
presentazione interessante era rappresentata da Crystal, che spiegava che “Ha
un'incredibile capacità di far acquietare le tempeste
[…]”. Inutile dire che queste entries
calzavano a pennello con ciò che Aequor racconta, quindi perché no?
Un'ultima specificazione riguarda i
luoghi: non tutti i posti citati in questa storia sono infatti riscontrabili nei
videogiochi della serie in cui Kanto appare. Oltre all'ovvia Anne, i cui
svariati interni – costituiti da quattro ponti nonché stiva e sala macchine –
sono del tutto inventati e non rispecchiano quasi per niente la reale
costituzione della nave, ispirandosi più ad altre imbarcazioni reali e
cinematografiche, un esempio di luogo totalmente di fantasia è rappresentato
dall'estensione del Vermilion Harbor: questa infatti è abbozzata nella rinnovata
mappa di FireRed e LeafGreen e totalmente assente nei quattro originali. I più
arguti noteranno che William e suo figlio sono saltati sulla piattaforma di
sinistra, ovvero quella che nei videogiochi ospita il famigerato camion: tale
mezzo di trasporto non è stato neanche pensato nella mia storia, quindi non
ponetevi neanche il problema di chiedervi dove sia finito.
Con l'augurio di non aver annoiato
nessuno,
Novecento
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