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Hermione camminò svelta per il corridoio che portava fino alla sala
della Gazzetta di Hogwarts con il giornale in mano: come si permetteva Colin di
scrivere certe stupidaggini senza prima chiederle il permesso
Premessa: eccomi che ritorno!
Non
ho lasciato passare troppo tempo tra la pubblicazione dell’ultimo capitolo
delle Relazioni e l’inizio di questa fic tanto per
non illudere i poveri lettori di essersi liberati per sempre di me ^^
Mentre
scrivo sto notando che, questa volta, non posso più dire che è la mia prima fic e la cosa mi dà una sensazione un po’ strana perché mi
sento ancora una scrittrice alle prime armi.
Sono
felice di poter continuare a pubblicare, spero che anche questa mia nuova
creazione vi piaccia e mi auguro di leggere presto le vostre recensioni!
Ciao
e un bacio grandissimo
Nyssa
***
Hermione
camminò svelta per il corridoio che portava fino alla sala della Gazzetta di Hogwarts con il giornale in mano: come si permetteva Colin di scrivere certe stupidaggini senza prima chiederle
il permesso? Era la Caposcuola, dopotutto, non poteva permettere che un
articoletto del genere come quello che il suo compagno di Casa aveva
pubblicato, mandasse nel panico mezza scuola…!
Era
stata dalla McGranitt giusto dieci minuti prima e la
prof le aveva fatto una testa così dicendole che certe cose non andavano
scritte sul giornale della scuola, ah, bella cosa, e lei che poteva farci?
La
vicepreside le aveva detto che avrebbe dovuto supervisionare la cosa e che le
avrebbe mandato presto un aiuto
-Ma la
Gazzetta di Hogwarts non rientra nei compiti dei
Caposcuola – aveva tentato di rifiutare la riccia che si sentiva già indietro
con i compiti assegnati.
-Nessun
problema, signorina Granger – aveva risposto la prof – provvederò al più presto
a mandarle qualcuno che possa darle una mano in questa faccenda in modo che non
si debbano più ripetere simili cose
Rilesse
il titolo dell’edizione settimanale del quotidiano: “Misterioso individuo si aggira per i corridoi della Scuola: aggredite
due studentesse” e da lì tutta una sequenza di prove e fotografie, con
intervista alle due ragazze, che riempiva completamente la prima pagina.
Perfino
quella mattina, prima ancora di mettere i piedi fuori della porta, Ginny era entrata tutta preoccupata chiedendole di
accompagnarla fino all’aula di Erbologia dove il
giorno precedente aveva dimenticato una sciarpa.
E
poi aveva capito…
Lagnandosi
sull’incompetenza dei giornalisti, Harry le aveva schiaffato sul tavolo di
colazione il quotidiano bofonchiando che Canon era
completamente ammattito mentre gustava la sua brioche alla marmellata.
Aveva
letto tutto e per poco non si era messa le mani nei capelli, dico, ma era fuori
come un poggiolo?!
L’aveva
cercato per ogni dove nei corridoi della scuola, visto che, quasi sicuramente,
quel bambinetto irresponsabile stava ancora ad
indagare sulla faccenda, ma di lui non c’era traccia neppure per scherzo.
E
proprio mentre se ne tornava rassegnata al suo dormitorio era arrivata la
convocazione della prof che la voleva entro dieci minuti nel suo ufficio.
Ecco
lì, dalla padella alla brace.
E
adesso era diretta al club di giornalismo dove aveva scoperto erano stati
confinati Canon&Canon da Piton
che non aveva certo apprezzato il loro intervento e già pregustava la
possibilità di sottrarre qualche punticino al Grifondoro per riportarlo al pari con Serpeverde
per la partita della prossima domenica.
Aprì
la cigolante porta di legno che delimitava quella zona della scuola chiamata
“Sede del giornale scolastico”, altrimenti detta “il regno di Canon” visto che i due fratellini erano praticamente gli
unici membri di quella setta di persone che vedevano scoop e pericoli per ogni
dove.
Domandarsi
perché una simile attività fosse ancora in piedi era lecito, ma, come uno
veniva catapultato nel circuito scolastico di Hogwarts,
poteva capire che, a parte i caposcuola, nessuno aveva tanto potere come il
Comitato Scolastico.
Suddetto
organismo era un’associazione per la tortura degli studenti legalizzata molti
anni addietro.
Vi
facevano parte esclusivamente ragazze e qualche maschio dalle controverse
tendenze sessuali che si preoccupavano di organizzare eventi quali pesche di
beneficenza, l’oscena festa di Halloween a base di
analcolici al succo di zucca e altri intrattenimenti serali in Sala Grande come
il gioco delle sedie.
Solo
i primini che ancora non conoscevano tutto questo
meccanismo vi si mischiavano e l’anno successivo, acquisita esperienza, se ne
discostavano di corsa per paura di essere inglobati in quella struttura fatta
di tè pomeridiani per discutere della festa di fine anno e del colore della passiera sulle scale del sotterraneo.
E
quindi, perché esisteva il laboratorio di giornalismo?
Semplice,
per pubblicizzare ogni giorno sul quotidiano manifestazioni ludiche e
intrattenimenti, avvisi e altre cose da parte del comitato al quale, ogni anno,
il giornale dedicava un servizio speciale in primavera intervistando i membri
sotto un albero fiorito.
Il
laboratorio era caotico come al solito e bisognava fare attenzione a non
inciampare in secchi di acido e altre sostanze non meglio identificate sul
pavimento; alle pareti erano appese decine e decine di fotografie e
diapositive, in parte sviluppate e in parte gocciolanti, mentre sul muro di
fronte era posta una grossa libreria sovrastata dal cartello “Archivio” per
tutti coloro che erano alla ricerca di immagini particolari.
Svoltando
oltre un bancone ingombro e scostando una tenda era possibile arrivare nel vero
cuore, da dove, al momento, provenivano sospetti rumori e un cozzare violento
di metalli: oh cielo, che stessero combattendo?
Svoltato
l’angolo, si ebbe la risposta: i due fratellini non stavano combattendo, bensì
sbattendo rumorosamente dei tegami contro una parete a cui era fissata una
fotografia, si fermò un istante a guardarli nel loro intento
-Ciao Herm! – la salutò Colin senza
distrarsi troppo, il piccolo Dennis, invece, si
limitò ad annuire con aria reverente e ad arrossire come un pomodoro.
-E di
grazia che cosa stareste facendo? – domandò caustica mettendosi le mani sui
fianchi, per nulla incline a tollerare quel baccano – questo si chiama disturbo
della quiete pubblica
-Si
sente anche da fuori? – domandò il maggiore
-Ovvio
-Ci
dispiace, ma questo è l’unico modo che conosco per sviluppare la foto in
controtendenza per il rosso e ottenere…
Hermione
sospirò mentre questo cominciava ad enumerare le proprietà di quel metodo
piuttosto artigianale: se fossero stati nel mondo babbano
quel ragazzetto senza spina dorsale sarebbe sicuramente stato assunto dal DailyMirror o
dallo Spectator.
E
ovviamente, se quello era l’unico metodo che Colin
conosceva di poteva dedurre che fosse anche l’unico esistente visto che nessuno
sapeva tanto sulle macchine fotografiche e compagnia come il maggiore dei due
fratellini.
-Che cazzo sarebbe ‘sto casino d’inferno? – domandò una voce
oltremodo seccata aprendo la porta principale con un tonfo e percorrendo a
grandi passi il limitato spazio che stava separando lo sconosciuto visitatore
dal punto di provenienza dei suoni molesti
Hermione
sospirò mesta, che aveva fatto di male nella sua vista per dover subire queste
cose?
Già
perché lo “sconosciuto visitatore” non era poi tanto sconosciuto… da cosa aveva
capito che era Draco Malfoy? Beh, innanzi tutto dall’innata finezza con
cui aveva annunciato l’arrivo della sua augusta persona, eppoi dalla noncuranza
con cui sbatacchiava annoiato i piedi sulle pietre producendo un rumore
insolito con le suole rifinite di pelle e per finire, dal fatto che non si era
minimamente preoccupato di ciò che lo circondava, cominciando a rovesciare secchi
e pile di fotografie.
La
testa bionda dello Slytherin spuntò dalla tenda
assieme a tutto il resto e si guardò attorno accigliato scoccando
un’occhiataccia prima alla Granger, motivo principale per cui adesso si trovava
lì, e poi ai fratelli Canon, motivo che aveva spinto
la Granger e la McGranitt a mandarlo lì.
-Vedete
di avere una buona spiegazione, siate brevi e concisi, per oggi avete fatto
abbastanza cazzate
Disse
mentre entrava facendo svolazzare artisticamente la tenda divisoria.
Peccato
che, come fu entrato nello stanzino microscopico, la punta del suo piede andò a
collidere con l’ennesimo recipiente lasciato incautamente sul pavimento dai due
quasi-giornalisti che non erano certo aspettati una
simile folla nel loro solitario club e, tantomeno, la
presenza di Draco Malfoy + incazzatura totale che era
paragonabile ad un terremoto dell’undicesimo grado della scala rripila, traducibile con la dicitura: Apocalittico, presa
direttamente dall’enciclopedia.
-Il mio
argento drogato! – urlò il più piccolo dei fratelli inginocchiandosi quasi in
lacrime di fronte al contenuto disperso sulle mattonelle del pavimento
Draco
ed Hermione si scambiarono un’occhiata preoccupata e perplessa dopodiché lei,
distraendosi un attimo, lanciò un incantesimo per recuperare questo misterioso
argento drogato che era stato rovesciato.
-Non
potete mettere il bavaglio alla stampa! – protestò il biondino assumendo una
colorazione inusuale – esiste il libero
diritto di stampa! L’Inghilterra è il Paese dove è nato il giornalismo, non
potete privarci di questa libertà secolare, della tradizione!
Draco
sbuffò
-Fate
più danni con queste notizie che Potty – rispose
acido
-La
notizia è stata approvata da tutti i membri del club, non potete opporvi, voi
non siete membri!
-Siamo
dei caposcuola – fece notare la riccia che si stava parecchio alterando
-Dipendiamo
direttamente dal Comitato Studentesco – ribatté il ragazzo
-Allora
sopprimeremo il comitato – furono le glaciali parole del biondastro seccato da
quella situazione
Hermione
si disse che il mondo, quel giorno, ne stava vedendo davvero delle belle.
Chiudere
il Comitato Studentesco era impossibile nonostante, se si fosse fatto un
referendum, tutti avrebbero votato per abolirlo.
Insomma,
quella che lui stava perpetrando era una menzogna, ma… in quel momento non se
la sentiva di rimproverarlo. Ok, non avrebbe dovuto
abusare del potere, ma se serviva a rimettere a posto questi pasticci…
Anche
se dubitava che lui lo facesse per riportare l’ordine, ma più per ritornarsene
ai fatti suoi, probabilmente aveva dovuto lasciare sola qualche avvenente
fanciulla venuta a esporgli importanti quesiti a proposito di qualcosa…
-Per il
momento il club rimarrà chiuso fino a quando non avremo trovato una soluzione
con gli insegnanti – decretò temendo che lui volesse davvero distruggere il
Comitato
-Ma…
-Niente
ma!
E
annuendo abbacchiato, il bambino fece un cenno con la testa e poi tornò a
impilare le fotografie che Malfoy aveva malamente disperso
-Se
proprio volete occupare il tempo – aggiunse vendicativa – vedete di fare un
servizio sui disagi che avete arrecato alla scuola con le vostre parole.
E
si allontanò richiudendo la porta dietro di se.
-Malfoy,
una parola! – disse poi all’indirizzo del biondo che stava già prendendo la
fuga
-Non
scassare Granger, non ho tempo da perdere – grugnì lui fermandosi e mettendosi
le mani in tasca con aria annoiata, è già stato sufficiente che mi tirassero
giù dal letto dietro a due idioti Grifondoro
-E
suppongo che il fatto che la settimana scorsa abbiano fatto la stessa cosa con
me perché due dei tuoi compagni si erano intossicati di firewhiskey
non conti!
-A te
piace tanto questo lavoro… - mormorò con un ghigno lui – andare a dire alla
gente che sbaglia, rimproverarla… e poi a me cosa me ne importa
-Potevi
rifiutare quando ti hanno mandato la nomina – sottolineò lei, visto che lui
stava dicendo che non voleva fare il Caposcuola
-Beh, la
carica ha i suoi vantaggi, sai quante rag…
-Taglia!
– gli disse minacciosa
-Non
dirmi quello che devo fare! – sbottò lui lanciandole un’occhiata ammonitrice
-E tu
non essere sempre così cafone! Non ho voglia di litigare con te, dobbiamo solo
trovare una soluzione a questo problema!
-Trovala
tu, io non ho tempo con queste cretinate – rispose asciutto
-Vedi di
darmi una mando o andrò dalla McGranitt e farò in
modo che TU sia costretto a darmi una mano – gridò spazientita
-Non
oseresti – s’indignò lui
-Non
contarci, Malferret, non è giornata per te? Bene, non
lo è neppure per me, quindi degnami di dieci minuti del tuo affollatissimo
mattino e trova un’idea intelligente o per tutto l’anno saremo costretti ad
alzarci la domenica mattina a fare questo genere di cosa! – sbuffò spazientita
Malfoy
parve ripensare alle sue parole: di sicuro non voleva che la prof lo
trascinasse per la collottola ad ogni incontro con la Granger per discutere dei
problemi della scuola e certamente non anelava ad alzarsi alle otto e mezza
solo perché due dannati grifoni col cervello pieno di noccioline avevano voglia
di giocare agli investigatori privati!
Era
il caso di confessare che era stato Nott a spaventare
quelle due oche per i corridoi?
Studiò
l’espressione risoluta della Caposcuola del Grifondoro
e scelse per il no. Poteva anche farla uscire di testa con una simile notizia,
ma poi ci sarebbe finito lui nei casini dietro a quell’imbecille di Theodore…
-Attaccagli
al culo qualcuno che li controlli – bofonchiò
sparando la prima stupidaggine che gli passava per la mente
Hermione
si puntò un dito alle labbra e rifletté sulla proposta.
Certo,
la forma era da rivedere, però l’idea funzionava…
-E
immagino che tu ti offriresti per un simile incarico – frecciò sadica
all’indirizzo della serpe che si premurò prima di inorridire e poi di
fulminarla direttamente con gli occhi argentati ridotti a due fessure brillanti
-Prova
anche solo a ripete una cosa del genere e ti assicuro che passerai il resto
dell’anno a piangere – borbottò impermalito
-Bene,
allora decidiamo CHI deve farlo perché neppure io ho voglia di sobbarcarmi più
lavoro di quello che già faccio
-Povera
Granger – rispose ironico lui accendendosi una sigaretta in mezzo al corridoio
incurante delle norme di divieto che vigevano all’interno dell’edificio
-Potremmo
provare a chiederlo a Susan Bones – pensò a voce alta
-Non
passerebbe neppure per le porte – sottolineò lui cattivo, beccandosi una
pessima occhiata dalla mezzosangue
-Che ne
pensi di McMillan?
-Non
deve già occuparsi dei turni del campo da quidditch?
– aveva ragione, accidenti a lui. Da quando le squadre avevano cominciato a
litigare su chi dovesse usare il campo, Ernie era stato delegato dai Capiscuola
per gestire la cosa, motivo per cui era sempre circondato da gente, minacciato
a vita e sommerso di regali nel tentativo di corromperlo per spostare un turno
oppure assegnare ad una squadra piuttosto che ad un’altra quel dato orario.
Inutile dire che il poveretto non faceva una bella vita.
-Perché
non ci mettiamo la Abbott? – propose disinteressato
lui
-È già
nel Comitato, non servirebbe a niente – lui sbuffò
-Non ce
l’avete qualche Grifondoro sufficientemente intelligente?
O sono tutte completamente rimbecillite?
Hermione
tacque sul fatto che le ragazze di serpeverde non
brillassero per rendimento ed acume, a partire da Milicent
per passare alla Knock, alla Parkinson
e a qualche altra.
-Mettiamoci
Pansy – rispose punta sul vivo per quella
affermazione di poco prima – suppongo che sia sufficientemente intelligente… - dichiarò
e lui la studiò imbronciato
-Così
trasforma la Gazzetta di Hogwarts in un giornale
porno – fece notare
Non
ci aveva pensato, Pansy aveva delle idee molto
discutibili
-Non che
la cosa mi dispiaccia, sia chiaro, ma non credo che miglioreremmo di molto la
situazione – aggiunse facendo un altro tiro – perché invece non ci sistemi la Brown? Riempirà le pagine di sue fotografie, ma almeno
avremo risolto la questione
-Sì,
forse hai ragione – annuì ripensando alla figura della sua amica
-Come
sempre, d’altronde – ribattè ghignando col suo mezzo
sorriso made-in-malfoy.
Lavanda
non era proprio l’ideale per scrivere articoli, non era capace a scattare una
fotografia e le uniche cose che riusciva a fare erano darsi lo smalto alle
unghie e leggere all’infinito i problemi di cuore di qualche rivista da
ragazzina demente.
Come
fosse arrivata al settimo anno era uno dei misteri non ancora risolti assieme a
“Come fa Piton ad essere ancora vivo” e “Come mai
tutti vogliono ammazzare Potter” e si classificava subito prima di “Quanti
ragazzi ha avuto PansyParkinson”
e in quel caso non ci si riferiva propriamente al fidanzamento, quanto ad una
approfondita conoscenza fisica.
Ma
tu guarda se la domenica mattina si doveva andare a fare certe cose… non ne
avevano ancora a sufficienza di problemi a scuola!
Guardò
Malfoy che si stava svogliatamente fumando una sigaretta e lo invidiò per
l’indifferenza che mostrava nei confronti del mondo, ogni tanto avrebbe voluto
essere come lui e potersene lavare le mani dei problemi altrui, ma ogni volta
che si proponeva seriamente una cosa del genere, il suo spirito da crocerossina
la faceva correre a consolare una ragazza piangente, ad aiutare Harry o Ron a fare i compiti, a tenere compagnia a Mirtilla, ad
accettare un carico di lavoro supplementare dai professori…
Malfoy
invece era l’incarnazione dell’ozio: non ricordava avesse mai fatto una ronda
notturna, non sapeva cosa volesse dire la parola “lavoro” e certo il suo cuore
non sussultava quando una ragazza piangeva o i suoi compagni non avevano fatto
i compiti perché neppure lui li aveva fatti e la ragazza avrebbe smesso di
piangere non appena fosse entrata nella sua camera.
Beata
pazienza…
-Bene –
disse sconsolata – dobbiamo dirlo alla McGranitt
Lui
la guardò come se le fossero spuntate le antenne
-Tu
scherzi, mezzosangue, ti pare che io possa perdere il mio tempo con queste
idiozie? Ho altro da fare…
Hermione
si massaggiò con forza le tempie: il mal di testa pulsante stava mandando a
rotoli la sua pazienza e se quel dannato furetto non l’avesse smessa entro tre
secondi di fargliela cascare da così in alto si sarebbe veramente arrabbiata.
-Ascolta
Malferret – disse sibilando pericolosamente il suo
nome – non m’interessa quante ragazze ti stanno aspettando, non me ne frega
neppure se la tua agenda è piena di impegni, TU vieni con ME dalla prof e vedi
di essere sufficientemente interessato a ciò che stiamo dicendo!
-Sai,
dovresti darti una calmata Granger, ti sta per scoppiare una vena – le fece
notare con un gesto disinteressato
-Almeno
non dovrò sentire più la tua voce che blatera stupidaggini! – berciò furiosa
Draco
la studiò un istante e gli parve che fosse davvero molto arrabbiata.
Il
che presupponeva una doppia razione di compiti e una ronda per serpeverde quella sera, no, non andava. Che gli sarebbe
costato stare dieci minuti dalla vicepreside, annuire con aria intelligente e
poi tornarsene per i fatti suoi?
Quella
ragazza però aveva il potere di mandarlo in bestia!
Innanzi
tutto era una Grifondoro, il che bastava.
Poi
c’era il fatto che fosse amica di Potty e Lenticchia,
quindi appartenente al Trio dei Miracoli.
E
per finire, era una studentessa per fettina senza un briciolo di sex-appeal.
La
studiò da capo a piedi come se la vedesse per la prima volta: non era bella,
era decisamente un po’ tonda per i suoi gusti, portava la camicia abbottonata
un pomello più in alto di come la portavano tutte le altre, mentre la cravatta
era al momento annodata lasca sul tessuto chiaro facendo risaltare i colori
della sua Casa.
La
gonna scozzese sempre con gli stessi colori ondeggiava sopra un paio di calze
pesanti di lana e ai piedi i soliti mocassini di pelle.
Ma
il difetto peggiore era che aveva un cervello niente male.
Il
che la escludeva per principio dalla lista delle ragazze desiderabili: innanzi
tutto, le ragazze intelligenti parlavano troppo e di cose inutili, facevano
domande idiote e perdevano il loro tempo sui libri anziché con le persone
dell’altro sesso, inoltre avevano la pessima abitudine di credere all’amore e
che non si dicesse che quest’ultima cosa era in conflitto con tutte le altre!
Le ragazze intelligenti in genere sono molto stupide in fatto di amore,
traducibile con la parola sesso, questo perché vivono in un mondo parallelo
senza attinenza con la realtà e si permettono certe fantasie romantiche
determinate dall’eccesso di lettura.
Ovviamente
c’erano delle eccezioni e, in fondo, nessuna ragazza era davvero una “brava
ragazza”, nessuna tranne la Granger, lei incarnava tutte quelle cose che lui
più detestava e aveva anche il potere di farlo uscire di testa quando
litigavano.
Neppure
Potter sapeva fare tanto, finivano sempre per fare un bel pestaggio tra Case in
qualche corridoio.
Con
lei, invece, c’era davvero da perderci la sanità mentale!
Se
dicevi una cosa rispondeva a tono e se credevi di avere l’ultima parola
scoprivi che lei poteva parlare ancora il doppio.
E
non potevi malmenarla.
Solo
offenderla.
…quando
ci riuscivi, chiaro…
Quello,
dote innata, però, gli veniva particolarmente bene.
Far
sentire insignificanti gli altri era una caratteristica che tutti i Malfoy rripi con il latte. Anche lui.
Era
inaudito che una piccola mezzosangue pezzente potesse farlo sclerale così tanto
ed era ancor più incomprensibile che potesse essere così maledettamente
intelligente.
Perché
lei lo era davvero e, come diceva la regola, credeva al vero amore e faceva la
santarellina.
Era
una cosa sulla quale la colpiva spesso perché la sua mancanza di esperienza gli
permetteva, oltre che un discreto vantaggio, anche si farla tacere e vederla
arrossire imbarazzata in mezzo al corridoio.
In
quel momento ci sarebbe proprio stata una battutina del genere, sì sì.
La
squadrò ancora una volta e i suoi occhi chiari si soffermarono sul terzo
bottone della camicetta che tirava leggermente e da dove si intravedeva
un’ombra scura, probabilmente quella del reggiseno.
Strabuzzò
gli occhi un paio di volte nel riuscire a identificare il pizzo della
biancheria scura per poterne poi seguire la forma fino alla spalla dove
scompariva.
Mosse
lo sguardo e si ritrovò a fissare un paio di accigliati occhi ambrati che lo
guardavano con malcelato nervosismo
-Potesti
guardarmi in faccia quando parlo? – chiese viscidamente gentile
Ma
certo che la guardava in faccia quando parlava, dove doveva guardare?
Dove
aveva guardato?
Non
era che lui aveva… e lei…
Ok, la mezzosangue non stava bene perché lui non aveva mai
fatto una cosa del genere e mai l’avrebbe fatta!
E,
soprattutto, aveva urgente bisogno di tornare dalla Corvonero
che c’era in Sala Comune a Serpeverde e che lo stava
aspettando… come si chiamava? Doretta? No, era quella della sera prima… e poi
era di Tassorosso. Clhoe?
Forse, anche se Clhoe una volta era bionda e questa
invece aveva i capelli scuri… come diavolo si chiamava?
Vabbè, ma a chi importava?
Ancora
poco e poi avrebbe…
-Ti vuoi
muovere o no?! Dobbiamo andare dalla McGranitt!
La
mezzosangue lo chiamò e lui si affrettò a guardarla sprezzante, dannazione, le
aveva detto di non dargli ordini!
-Ti ho
detto che da quella arpia non ci vengo più stamattina, una volta basta e avanza
a rovinare la giornata
-Me ne
frego
-Non
parlarmi così!
-Fai
tante storie che avremmo già finito – lo rimbeccò – se ti muovessi potremmo
tornare tutti e due a farci gli affari nostri
-D’accordo,
mezzosangue, ma sappi che sei una pallosissima piaga!
-Sempre
gentile… - disse piano lei, più a se stessa che al suo accompagnatore.
-Ovvio,
io sono sempre gentile con le ragazze – rispose
***
Tre
quarti d’ora con la McGranitt e le continue occhiate
di rimprovero di Malferret non sono una passeggiata.
A
dirla tutta, non ricordava che i colloqui con la vicepreside fossero così
lunghi e noiosi, Silente aveva un pessimo influsso su di lei.
Hermione
sospirò per la centosessantottesima volta, studiò la prof che girovagava con le
mani dietro la schiena per lo studio parlando di “conseguenze” e di
“avventatezza” come di catastrofi e terremoti. Sopprimere uno sbadiglio era
qualcosa di impossibile.
Guardò
alla sua sinistra dove stava seduto lo Slytherin con
i piedi allungati davanti a se e l’aria di non stare seguendo neppure mezza
parola dall’inizio del soliloquio della vicepreside.
Accidenti
a ColinCanon, doveva
andare a terminare la ricerca per Piton! E poi
studiare Rune, ripassare Astronomia… invece all’alba delle undici era ancora a
girarsi i pollici.
Malfoy
le lanciò un’occhiata dal duplice significato “vorrei scappare” e “questa me la
paghi”, gli rivolse un sorrisetto di superiorità e lui decise di propendere per
la seconda interpretazione.
Guerra
aperta? No, molto di più!
***
Quando
Hermione rientrò in Sala Comune al Grifondoro, i suoi
compagni erano tutti schierati ad aspettarla in attesa di ottenere delle
notizie fresche fresche.
Colin e Dennis, dopo il perentorio ordine
della serpe, erano stati costretti a ritornarsene al dormitorio con la coda tra
le gambe mentre gli altri li guardavano sconcertati.
-Herm,
che succede? – le chiese premuroso Harry che era il più curioso di tutti – hai
un’aria un po’ sbattuta…
-Ne
vengo da una spedizione al Club di Giornalismo, una conversazione con Malferret e un colloquio con la McGranitt,
secondo te dovrei stare bene?! – esclamò lei irritata da quella domanda
insulsa, poi lasciò andare su una poltrona massaggiandosi ritmicamente le
tempie nella speranza di trovare la forza per recuperare la medicina che le
serviva per eliminare il mal di testa
-Canon ha
fatto troppo casino per nulla – disse convinto Ron
accomodandosi sul bracciolo della poltrona e allungando le gambe
-È vero,
lo sappiamo tutti che intanto è stato Nott ad
aggredire quelle due per il corridoio – rincarò la dose Finnigan
-Nott? –
domandò stupita agli altri, Harry annuì
Se
era stato Nott significava che Malfoy non gliel’aveva
detto, maledetta serpe, poteva almeno collaborare per una volta! Sempre ad
avere qualcosa di più importante di cui occuparsi… quando lei diceva una cosa
del genere si trattava sempre di incombenze scolastiche piuttosto pressanti e,
ad un modo o all’altro, riuscivano in continuazione ad appiopparle lavoro extra,
chissà perché, invece, se lo diceva nientemeno che il Principe delle Serpi non
un’anima di permetteva di dissentire…
Guardò
sconsolata Harry che la fissava con la faccia da cocker che aspetta i croccantini, sospirò mesta, qual era la risposta che voleva?
-Che
avete deciso di fare? – chiese il bambino sopravvissuto sporgendosi verso di
lei dal divanetto
-All’inizio
pensavamo di abolire il Comitato Studentesco… - disse prendendosi una piccola
rivincita e facendo loro credere che quella fosse la decisione definitiva
DeanThomas urlò di giubilo andando ad
abbracciare Seamus e Ron,
probabilmente se non li avesse interrotti avrebbero cominciato a stappare
spumante e festeggiare
-Herm, è
una notizia favolosa! – intervenne Harry – sappi che appoggio completamente questa
decisione!
-Non
parlarne a me, dillo a Malfoy – se ne disinteressò lei
-Malfoy?
– chiese circospetto il moro
-L’idea
è sua…
-Ah…
-Ma come
stavo dicendo… - intervenne prima che, cancellando sette anni di rancore,
Potter andasse a stringere la mano al biondastro – purtroppo la cosa è
impossibile…
Le
urla di vittoria si smorzarono pian piano, rivelando le facce deluse dei suoi
compagni, ghignò soddisfatta di aver ottenuto la sua vendetta contro quei
dannati curiosi che la mandavano sempre a fare le cose per conto loro e poi
avevano il coraggio di aspettarla e conoscere i pettegolezzi.
-Così
abbiamo deciso di infiltrare Lavanda tra i membri del club, suppongo sia
sufficientemente stupida…
-Lavanda?
– domandarono in coro gli altri
-Ma non
sa neppure che cos’è un club – protestò Finnigan
-Non sa
usare la macchina fotografica – aggiunse Harry
-E non
sa scrivere un pezzo – intervenne Ginny, capitata lì
per caso mentre gli altri conversavano intorno alla “regina”
-Appunto
per questo – annuì lei confermando il tutto – così eviteremo che si pubblichino
altre stupidaggini come quella di questa mattina
-Perché?
– chiese la rossa studiando prima il fratello e poi Harry
-Perché
non c’è nessun maniaco in giro per la scuola – le spiegò il rosso
-Era
solo Nott che soffriva d’insonnia – aggiunse Harry e
la faccia della ragazzina parve un po’ delusa
-Comunque,
questo è quanto
-Continuo
a credere che sia follia pura – ammise Weasley
Lei
alzò le spalle, si alzò in piedi e si diresse in camera.
Non
le importava niente del club di giornalismo, voleva solo tornarsene a dormire,
terminare le relazioni e farsi passare quell’accidenti di mal di testa!
***
Era
domenica ed erano le nove.
Con
passo marziale Hermione si avviò spedita verso il club di giornalismo.
Ancora.
Di
nuovo.
Nella
mano destra che ondeggiava con furia teneva una copia della Gazzetta di Hogwarts tutta stropicciata che sembrava essere stata
recuperata da una trincea.
Beh,
più o meno, visto che era dovuta andarla a raccattare nel cestino
dell’immondizia perché andata a ruba.
Impossibile!
Inaudito!
Assurdo!
Come
si permettevano quei tre dementi del giornalino della scuola di pubblicare
certe cose?
Era
la seconda volta di seguito che accadeva una cosa del genere…
Rilesse
la prima pagina e un’altra dozzina di pieghe si aggiunse a quelle già
esistenti.
Provenendo
da un corridoio laterale, il cercatore verde-argento si affiancò alla
studentessa in corsa per la maratona di New York
-Malfoy
– disse appena lei lanciandogli un’occhiata carica di odio
-Granger
– rispose lui seguendo il suo passo e ricambiando lo sguardo scuro, anche lui
con in mano la Gazzetta che aveva tutta l’aria di essere stata ricomposta una
ventina di volte.
-Se vuoi
ammazzarli, non sarò io a fermarti – disse lapidaria lei procedendo senza
guardarlo in faccia
-È un
bene saperlo – borbottò cupo lui i cui capelli sparati in ogni direzione la
dicevano lunga sull’umore mattutino – perché la pietà non è contemplata negli
obiettivi della giornata
Tre
cose concorrevano in quel momento a rende pessima, per Draco Malfoy, la giornata
appena cominciata
1)Era stato svegliato alle otto e mezza di
mattina
2)Era la seconda volta che si
permettevano di fargli una cosa del genere
3)La Gazzetta di Hogwarts
era un meccanismo di tortura e andava soppressa con tutti i suoi partecipanti,
soprattutto dopo quello che si erano permessi di pubblicare quel giorno.
-La Brown ci starà sguazzando in una notizia del genere –
bofonchiò nero di rabbia
-Come
no, ci diranno di nuovo che è stata approvata da tutti i membri del club!
-Sopprimiamoli
– rispose stringatissimo e la sua minaccia aveva un fondo di verità perché, se
avesse potuto, avrebbe usato una bella maledizione Cruciatus
contro tutti e tre (casualmente tre idioti Grifondoro),
dopodiché li avrebbe schiantati con una AvadaKedavra senza ripensamenti.
-Mi fa schifo
dirlo, Malferret – disse lei quasi simulando un
conato di vomito – ma per questa volta ti do ragione
Ma
che cosa era successo, di grazia?
Il
lunedì precedente Lavanda Brown aveva preso possesso
della sede del club trasformandola nella casa al mare delle Barbie
e spedendo il maggiore dei fratelli Canon da un bravo
psicologo.
Dal
giorno seguente, la tanto rinomata e criticata Gazzetta della scuola aveva
visto l’aggiunta di una rubrichetta rosa dove si
parlava di problemi d’amore e di incontri tra single, una specie di Eliana
Monti a cui andava inviato il proprio curriculum e Lavanda in persona avrebbe
preparato gli incontri.
La
rubrichetta rosa si era ampliata per tre giorni,
finché, per protesta, Colin e Dennis
erano andati a fare delle rimostranze alla vicepreside e al Comitato
Studentesco, minacciando lo slittamento dell’intervista floreale di
marzo-aprile.
Il
consiglio si era affrettato ad appoggiare la loro decisione di ridimensionare
la rubrica trova-appuntamenti di Lavanda,
permettendole, tuttavia, di partecipare alla stesura del pezzo di prima pagina.
Domenica,
sulla prima pagina del giornale, era comparsa la notizia che il Comitato
avrebbe organizzato per le festività di Natale un ballo in maschera e che i due
Caposcuola Hermione Granger e Draco Malfoy sarebbero stati il padrino e la
madrina dell’evento partecipando e regalando un loro bacio insieme per la
beneficenza (prezzo minimo per la visione: 10 £, a salire secondo la posizione).
Dopodiché
seguiva una lunga e dettagliata esposizione sull’abbigliamento obbligatorio per
la festa.
Era
chiaro che ci fosse lo zampino sia di Colin,
arrabbiato con i due studenti per il trattamento riservatogli la settimana
precedente e che non vedeva l’ora di vendicarsi, sia di Lavanda che, senza
ombra di dubbio, aveva trovato l’idea “emozionante” e l’aveva approvata
incondizionatamente preoccupandosi lei stessa delle caratteristiche di ogni
singolo inviato.
Due
mani arrabbiate contribuirono a spalancare malamente la porta del loculo dove
aveva sede il giornale e, questa volta, Hermione non si preoccupò di cosa
poteva intralciare il suo cammino: niente.
Il
delirio di Dennis che vedeva rovesciarsi nuovamente
il suo argento drogato, le sue amate fotografie d’epoca, i filtri delle
pellicole e altre cose, brutalmente sparpagliate sul pavimento si smorzò quando
posò gli occhi sulle espressioni lugubri e omicide dei due nuovi arrivati.
I
due ragazzi fissavano con aria minacciosa Colin, con
le spalle al muro, e Lavanda, intenta a scribacchiare su un post-it
le nuove coppie ma a cui, al momento, tremava visibilmente la mano che reggeva
la penna.
-Voi
maledetti – sibilò la serpe scandendo le parole con esasperante lentezza e la
riccia non si sarebbe stupita se la mano stretta a pugno cominciasse a
posizionarsi intorno al collo di uno dei tre cronisti.
-Come vi
siete permessi di scrivere una cazzata del genere! –
sbraitò alzando notevolmente il tono di voce
-Senza
il nostro permesso! – aggiunse lei
In
circostanze normali, la parlantina di Colin li
avrebbe senz’altro aiutati un poco, ma visto che il biondo Gryffindor
in quel momento sembrava affetto da un mutismo mai conosciuto, la condizione
dei tre giornalisti peggiorava di minuto in minuto.
Lavanda,
che aveva continuato a scrivere, poteva esporre la sua opera che sarebbe
senz’altro stata accolta da qualche ditta di produzione di filo spinato visti
quanti picchi appuntiti e tremanti erano bellamente esposti.
Dennis, seppur terrorizzato all’idea che l’argento facesse reazione
con l’ossigeno e rovinasse il materiale dell’archivio, non ebbe il coraggio di
chinarsi per limitare i danni, soprattutto dopo che un’occhiata della Granger
l’aveva inchiodato alla parete terrorizzato quanto un bambino.
-E’
stata una risoluzione del Comitato Studentesco – si affrettò a dire Colin
-Ma voi
avete scritto il pezzo rendendola pubblica – aggiunse la riccia severamente
-Dovete
parlare con loro… - continuò Canon
-Il
vostro club sta creando notevoli disagi alla scuola – annunciò sottovoce il
biondastro stringendo una mano sulla spalla del poveretto; la faccia
solitamente allegra del ragazzo mutò in una smorfia di dolore mentre questi
stringeva i denti nel vano tentativo di non urlare.
-Prima
di pubblicare simili cose – intervenne la gifoncina –
dovete chiedere il permesso, vi è mai passato per l’anticamera del cervello che
io e questo sottospecie di furetto non abbiamo alcuna intenzione di collaborare
ad un simile progetto?! – terminò in un crescendo di voce che istupidì Lavanda
-Ma è
per la beneficenza… - protestò Dennis
-Beneficenza
un corno! – gridò Malfoy
-Non
abbiamo nessuna intenzione di assecondare quest’idea e siete stati insultanti a
pubblicare una cosa simile senza prima chiedere conferma
-Ma noi…
- incominciò uno dei due
-Pretendiamo
delle scuse e la smentita della notizia sul prossimo numero del giornalino
-Ma è
impossibile! Il Comitato ci ucciderà! – quasi strillò il maggiore dei due
grifoni
-Me ne
sbatto del Comitato – fu il poco garbato commento della serpe
-Ma non
possiamo, per le smentite occorre l’autorizzazione della vicepreside – tentò
ancora di calmarli Colin, peccato che la cosa
ottenesse l’effetto contrario
-Non
credo che la McGranitt si opporrebbe all’idea, se
gliela proponessimo
-Ma…
-Un
accidente! Non avete neppure una vaga impressione di quante catastrofi state
combinando! Come vi siete permessi anche solo di pensare ad una simile cosa, ad
una simile eventualità!
-Ci
sembrava una buona idea… la beneficenza è un’opera buona… - s’intromise
Lavanda, subito zittita da due occhiate impermalite
-Che
schifo! – gridò il biondastro – io e questa sottospecie di megera!
-Io e
questa serpe altezzosa! – urlarono in coro i due e i giornalisti capirono di
averla combinata grossa, molto grossa
I
Caposcuola si guardarono rripilanti l’un l’altro, si
poteva quasi dire che quello sguardo di disgusto che si erano rivolti fosse un
segno di affinità visto con quanto animo riuscivano a detestarsi e insultarsi.
-Non
sono affatto disposta a baciare questa vipera malefica solo perché il Comitato
Studentesco non sa più che saltimbanco assumere – sbuffò lei strattonando Colin per il colletto della camicia
-Consideralo
un onore baciare me! – gridò lui all’indirizzo della studentessa
-Me ne
lavo le mani dell’onore che mi fai – sbottò collerica – preferisco un
dannatissimo rospo
-Mi
sembra una buona idea, perché non le fate baciare il rospo di Paciock? – propose lil biondastro
-Sì,
sono d’accordo, fa meno schifo
-E non
ti credere che a me tutta ‘sta storia faccia piacere, sai mezzosangue? – disse
lui
-Mai
detto nulla di simile – gli assicurò con trasporto lei
-Vedete
di trovare un’altra attrazione, mi rifiuto di baciare questo essere inferiore!
-Modera
i termini, Furetto, essere inferiore lo vai a dire ai tuoi tirapiedi!
Colin guardò quella scena come se si stesse per scatenare il famoso
ciclone distruttivo su cui i babbani si erano tanto
accaniti con film catastrofici.
E
la parte peggiore era che quei due erano anche molto vicini ad una fotografia
che, forse, non avrebbero dovuto vedere, alias il ciclone distruttivo.
-E tu
non devi… - cominciò di nuovo Hermione, l’indice puntato in aria ad indicare il
petto del furetto, lo sguardo terribilmente alterato, l’altra mano sul fianco
che stringeva la bacchetta come se, per quell’impiego non servisse.
Si
fermò un istante, no doveva essersi sbagliata…
Interruppe
momentaneamente la comunicazione tra lei e lo Slytherin
concentrandosi sull’immagine dietro le spalle di lui, sbatté gli occhi un paio
di volte.
Stupito
da quel silenzio improvviso e dall’attenzione di lei spostatasi da un’altra
parte, si voltò anche lui a guardare: doveva essere qualcosa di particolarmente
grave o esclusivo per distogliere lo sguardo di lei da una conversazione così
incalzante.
Gli
occhi argentati di lui fissarono la fotografia animata, cazzo,
ma quelli erano proprio loro due!
Lanciò
un’occhiata arrabbiata alla Granger che non si premurò neppure di ricambiare,
ma lo guardò sconvolta e sconcertata.
L’immagine
appesa su una lavagna di sughero sopra il banco era una banalissima fotografia
scattata con la macchina di Canon e ritraeva Hermione
e Draco durante una delle tante pause pranzo. In quella particolare
inquadratura, però, sembrava quasi che si stessero lanciando occhiatine dolci
da una parte all’altra del tavolo dove erano seduti.
-Che
diamine sarebbe questa roba?! – sbraitò furioso Malfoy mentre la mano destra si
chiudeva sempre più sul collo del biondino del Grifondoro
che cominciò ad assumere una colorazione tendente al verde mela per poi passare
al viola
Hermione
si arrabbiò ancora più di quanto fosse e la punta della bacchetta prese una tinta
fiammeggiante decisamente pericolosa
-E’ solo
una fotografia – disse Colin cercando di respirare,
sfortunatamente con la mano di Malfoy stretta intorno al collo era qualcosa di
assai difficile, la bacchetta della sua amica puntata alla gola, poi gli faceva
ancora più paura perché niente è pericoloso quanto una persona calma che si
arrabbia ed Hermione era solitamente una persona molto tranquilla, quindi si
dovevano temere i momenti in cui perdeva decisamente il controllo.
-Fotografia
un accidente! – grugnì ancora il cercatore verde-argento stringendo di più la
presa
-Voglio
sapere che diamine è! – gridò lei
-Noi non
ci siamo mai guardati in quel modo!
-Ridicolo,
non farei mai una cosa del genere!
-Mi
viene il voltastomaco solo a pensarci – brontolò lui
-Scusati!
– disse Hermione al giornalista
-Scusati!
– ripeté Malferret – e smentisci immediatamente
quella stronzata sulla prima pagina della Gazzetta di
stramani
-Ma ho
bisogno della McGranitt per quello – gli fece notare
il maggiore dei due fratelli
-Allora
avrai la tua SantaMcGranitt – sbottò la serpe e,
trascinandolo per il bavero, lo condusse verso la porta, la aprì sbattendo e lo
cacciò nel corridoio con un calcio.
Massaggiandosi
il collo e il fondoschiena dolorante, Colin si
affrettò a seguire i due compagni che procedevano spediti lungo i meandri della
scuola dandogli più di due metri di distacco e continuando a borbottare di
assurdità e di stupidità.
Fece
per allungare il passo e raggiungerli quando percepì un rumore strano provenire
poco più avanti e non ebbe neppure il tempo di avvicinarsi per controllare che
una violenta esplosione investì il corridoio mandandolo a gambe all’aria e
colpendo in pieno i due Caposcuola che camminavano precedendolo.
Tossendo
il fumo che gli riempiva i polmoni, il biondo si rammaricò di non avere con se
la fedele macchina fotografica, ma si precipitò comunque in avanti per
controllare gli altri due.
Quando
la nube finalmente si dissolse, riconobbe, stesi a terra, i corpi dei due,
anneriti dal fumo, i vestiti leggermente strappati dall’energia che si era
sprigionata.
Di
che si trattava?
Che
cosa era stato?
Aveva
sentito solamente un rumore che non era riuscito ad identificare e la bomba, o
ciò che era stato, era esplosa, colpendo i due e scaraventandoli venti metri
più avanti con la sua forza d’urto.
Si
inginocchiò al fianco della sua amica e le tastò il polso velocemente,
preoccupato e molto, molto tremante, sfortunatamente, però, non riuscì a
percepire il battito cardiaco; più angosciato che mai, raccolse le forze e
corse lungo il corridoio alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo.
In
fondo all’androne stava arrivando proprio la McGranitt
seguita da Piton e da Vitius
che avevano sentito lo scoppio mentre erano a correggere i compiti nei loro
uffici.
-Professoressa!
– urlò all’indirizzo della vicepreside che, preoccupata, si affrettò verso di
lui.
Che
cosa era accaduto?
Come
stavano Draco ed Hermione?
***
Spazio autrice: la domanda esistenziale del giorno è “cosa
si scrive in questo spazio per il primo capitolo della storia?” la volta scorsa
avevo la scusante di essere una novellina delle cose di questo genere e quindi
qualunque cosa avessi messo sarebbe andata bene perché non avevo pratica, ma
adesso?
Sono
a corto di ispirazione per queste cose, la sto spendendo tutta per scrivere i
prossimi capitoli quindi sto vivendo effettivamente su un altro pianeta, boh, non ne ho proprio idea, ripeto che sarei molto felice
che anche questa storia vi piacesse, aspetterò con ansia!
Ciao
e a presto!
Nyssa
PS:
per quietare tutti gli appassionati delle Relazioni che mi hanno chiesto chi
fosse il maniaco di ChoChang,
immaginando il temperamento della poveretta e le persone di Hogwarts,
posso dire che probabilmente lei si è spaventata da sola… magari ha visto la
figura di Lavanda che gironzolava per il corridoio e l’ha scambiato per un
maniaco…
Una donna era in cucina e stava preparando un polpettone, aveva i
capelli bianchi raccolti sulla testa con un fermaglio di corno e gli occhi
dorati, sorrise sentendo dei passi avvicinarsi mentre sfornava la pietanza che
stava di fronte a lei
Una
donna era in cucina e stava preparando un polpettone, aveva i capelli bianchi
raccolti sulla testa con un fermaglio di corno e gli occhi dorati, sorrise
sentendo dei passi avvicinarsi mentre sfornava la pietanza che stava di fronte
a lei. Una bambina le corse incontro, gettandosi contro le gonne della nonnina,
piangendo
-Nonna,
nonna, mamma e papà hanno detto che questa sera saranno di nuovo a mangiare
fuori…
Singhiozzò
bagnando in parte la sottana con il pizzo in fondo della nonna e
stropicciandole la gonna a fiori
-Non
piangere, bambina, vedrai che domani sera saranno a casa – disse accarezzandole
la testa e i capelli castani – e così… potremo mangiare noi più polpettone! –
rispose pratica
-Ma io
volevo che la mamma lo mangiasse con noi – rispose la piccola – è una settimana
che torna a casa tardi, mi manca tanto…
-La
mamma ti pensa ogni momento, Herm, mio tesoro –
aggiunse la vecchina appoggiando il tegame sul banco
di lavoro – sono sicura che le dispiace moltissimo di non poter assaggiare il
polpettone fatto con la ricetta speciale della nonna!
-Però… -
aggiunse tra i singhiozzi – non viene mai a darmi un bacio, non mi saluta mai…
non telefona e non dice che le dispiace
La
donna dai capelli canuti posò le mani sulle guance della nipote e si
inginocchiò di fronte a lei, asciugandole le lacrime con le dita
-Non
piangere, bambina, la nonna è qui con te…
Hermione
si svegliò di colpo, agitata come raramente le capitava di essere.
Si
guardò attorno spaesata e riconobbe nei mobili bianchi uno dei corridoi
dell’infermeria.
Si
mise a sedere sul letto, sollevando le coperte e si guardò attorno, studiando
quel luogo silenzioso e pacifico.
La
nonna.
Aveva
sognato sua nonna.
Non
le era mai successa una cosa del genere… le mancava tanto la nonna… chissà cosa
stava facendo adesso, se non fosse stato per lei, probabilmente la sua vita
sarebbe stata molto brutta.
Scrutò
ancora nell’oscurità inframmezzata dalla luce della luna che filtrava dalle
ampie finestre, sorrise all’astro che la spiava dal cielo e chiuse un istante
gli occhi.
Di
colpo li riaprì: l’esplosione!
Che
cosa era successo?
Ricordava
di aver udito un boato spaventoso e lei e Malfoy, che stavano camminando per
andare dalla vicepreside, erano stati investiti da una fiammata fredda di uno
strano colore bluastro, dopodiché solo il nulla.
Sentì
un dolore strano alle articolazioni delle braccia e si grattò il gomito
accorgendosi solo in quel momento di non stare indossando l’uniforme della
scuola e, tantomeno, uno dei suoi pigiami invernali.
Rabbrividì
accorgendosi di avere una camicia di cotone e trovò la cosa alquanto sospetta:
che l’avessero ingessata? Le avevano fatto delle fasciature?
Sentì
l’elastico delle mutandine segnarle l’attaccatura delle gambe in maniera
fastidiosa, come se fosse diventate strette all’improvviso, doveva essere
rimasta in una posizione scomoda troppo tempo.
Per
controllare eventuali bendaggi, tirò su l’indumento fin sul seno e si accorse
di non indossare biancheria. Tastò cauta la pelle della pancia non trovandovi
segni o altre ferite e neppure fasciature.
Tirò
giù sospirando rasserenata la veste e lesse l’etichetta che spuntava da una
delle maniche:
XL
La
osservò accigliata dicendosi che era un pessimo momento per ingrassare d’un
colpo, che la fiammata le avesse dato venti chili di più? Decisamente non era
il caso, visto che non era proprio un figurino, sospirò e questa volta non era
serena, ma rassegnata.
-Oh,
signorina Granger, finalmente si è svegliata – le disse Madama Chips comparendo in quel momento dalla tenda di fronte con
un vassoio e sopra i resti di una cena
-Che ore
sono? – chiese notando di non avere più al polso l’orologio di tutti i giorni
-Le due
di mattina
-Non
ricordo nulla, potrebbe dirmi che cosa è successo? – s’informò dall’infermiera
-Non lo
rammenta? Non lo intuisce? – l’altra annuì con la testa avvicinandosi ad un
armadietto sul fondo della stanza – prima di dirglielo ho bisogno di sapere se
sente dolore da qualche parte
-Un po’
di male alle giunture e alle articolazioni – ammise la caposcuola, l’altra
annuì ancora
-Capisco,
tipico del processo di crescita…
-Non
credo che sia quello – intervenne – non penso di crescere ancora, siamo
piuttosto bassi di famiglia – confermò visto che sua madre raggiungeva a stento
il metro e sessanta e suo padre, se non ricordava male, era uno e settantacinque
-Oh, ma
io non mi riferisco a questo – disse ancora la Chips
avvicinandosi con uno specchio in mano – provi a guardarsi – aggiunse poi
facendole un gesto d’incoraggiamento, Hermione annuì e deglutì a vuoto temendo
il peggio: che cosa doveva crescerle?
Sollevo
l’oggetto fin davanti al viso e quando la posizione fu ottimale si decise ad
aprire gli occhi.
Sbattè un paio di volte le ciglia senza capire, la figura riflessa
era quella di una persona che le somigliava moltissimo, ma che, tuttavia, non era
lei.
A
occhio poteva assomigliare vagamente alla sorella di papà…
I
tratti erano addolciti e l’aria un po’ fanciullesca che la caratterizzava era
scomparsa.
Quella
che aveva davanti era la figura di una donna sui vent’anni, non la diciottenne
che era!
-La
pozione ha innescato e accelerato il suo processo di crescita – spiegò la Chips – al momento dovrebbe avere… sì, pressappoco ventidue
anni
-Sono
cresciuta di quattro anni? – domandò incredula
-Credo,
anche se il calcolo è piuttosto approssimato… ah, e non si preoccupi per la
camicia, non è ingrassata tanto, solo che credo abbia acquistato una taglia – e
le indicò il seno – quindi non riuscivo a farle entrare una L…
La
studentessa arrossì chinando gli occhi e guardandosi il petto, adesso capiva
perché la biancheria le sembrava così stretta… e anche i dolori alle braccia…
Riguardò
l’infermiera e annuì.
-Stia su
col morale, signorina Granger – le disse sorridendo l’altra donna – c’è chi sta
peggio
E
avvicinandosi al letto di fronte, tirò tutto d’un colpo la tenda scoprendo il
materasso.
Un
bambino di una decina d’anni stava seduto sulla sponda con il braccio sinistro
appoggiato alla griglia dove erano fissate le cartelle, aveva i capelli
biondissimi e gli occhi argentei la stavano fissando in maniera per niente
amichevole mentre dondolava infantilmente le gambe che non arrivavano al
pavimento
-Se
provi a ridere ti ammazzo – furono le parole pronunciate mentre scrutava con
sguardo omicida la Chips che si lasciò sfuggire un
sorrisetto.
Hermione
però non rise, anzi, guardò per un po’ il grosso fiocco bianco che il bambino
portava legato sotto il mento e si soffermò sul colore chiarissimo dei capelli
-Tu sei
Draco Malfoy? – chiese, quasi non credesse ai suoi occhi
-E tu
sei la McGranitt, ovvio che sono io. – la rimbrottò
il bambino e quelle parole dure e un po’ scazzate
facevano uno strano effetto pronunciate da una persona così giovane, ma
soprattutto, quello che rendeva strana la cosa era lo sguardo truce e
minaccioso con il quale la stava squadrando da capo a piedi, soffermandosi
brevemente sulla curva del seno
-Con
l’età migliori – le disse alzando un sopracciglio
Ma
a lei mancavano davvero le parole per riuscire a replicare ad una persona del
genere.
Le
ricordava molto il Draco Malfoy che aveva incontrato quando era entrata a
scuola a undici anni, e, rifletté, se doveva averne dieci non erano molto
distanti da allora.
Guardò
ancora Malfoy che la fissava in cagnesco, lo stesso sguardo che conosceva e che
le rivolgeva ogni volta che si incontravano.
Le
scappò un risolino e lui sbuffò seccato spostando gli occhi grigi fuori della
finestra lì affianco.
La
Chips tornò portando altri vasetti e barattoli da
depositare nell’armadietto dove stava frugando fino a poco prima, su una delle
etichette la ragazza riconobbe il famoso e quantomai
schifoso OSSOFAST. In realtà lei non sapeva che gusto avesse, ma anche solo a
leggere la lista degli ingredienti si poteva percepire un sapore per niente
buono.
Ricordò
quando quelle maledette serpi le avevano fatto crescere a dismisura i denti
incisivi rendendola decisamente simile ad un castoro più che a una ragazza e Piton aveva detto quella cosa orribile: “Non noto nessuna
differenza”; accidenti a lui, maledetto professore, gli avrebbe morsicato una
mano in quel momento e gli sarebbe stato bene se gliel’avesse staccata!
Ok, non provava un viscerale, carnale e segreto amore per il suo
prof di pozioni, ma quello non era un mistero per nessuno visto che qualunque
studente di Hogwarts avrebbe voluto fargli la pelle
in almeno un’occasione, la metodologia più sognata era quella di affogarlo in
una delle sue puzzolentissime pozioni, quella marroncina, che oltre al colore aveva anche un odore
piuttosto equivoco, era la più gettonata.
Guardò
di nuovo Malferret
-Dovreste
cercare di riposare – disse la Chips rovistando nei
pensili
Draco
emise un suono sprezzante che lasciava sottintendere tutto quello che si poteva
replicare in una situazione come la sua ad una affermazione del genere
-Molto
bene – intervenne offesa l’infermiera – può sempre fare conversazione con la signorina Granger…
Hermione
gli lanciò uno sguardo e gli lesse sulle labbra la frase “neanche morto”
-Sempre
che lei, invece, non voglia riposarsi un poco prima di domattina… - aggiunse
con un sorriso benigno verso la grifondoro
-Domattina?
– domandò la mezzosangue
-Dovrete
parlare con i professori – le fece notare la medimaga
– stanno svolgendo delle indagini sull’accaduto e occorre la vostra
testimonianza
-Capisco
– annuì la caposcuola
-Pare
che non si sappia ancora chi abbia messo l’ordigno – continuò l’altra. Inoltre,
viste le condizioni in cui vi trovate, non credo che potrete andare in giro per
la scuola così conciati – e fece un altro risolino mentre la studentessa si
guardava preoccupata nello specchio che le aveva lasciato.
Vedendo
che nessuno dei due parlava più, con un’alzata di spalle la donna se ne tornò
ai suoi malati nell’altra corsia.
Draco
ed Hermione si guardarono ancora una volta, stupiti dal cambiamento che li
aveva colpiti, e poi si voltarono dall’altra parte, ognuno perso nei meandri
dei propri pensieri
-Chi
credi che sia stato? – domandò infine alla serpe
-Cosa
vuoi che ne sappia? – borbottò contrariato lui aggiustandosi il vestito che non
era abituato a portare
-Dove
hanno preso quell’abito? – chiese ancora indicando i pantaloni neri, la camicia
bianca e la giacchetta scura fermata con un vistoso fiocco candido
-In
qualche baule nascosto in soffitta a giudicare da come puzza di naftalina –
rispose lui infilando un dito nel nodo e allentandolo prima di morire
strangolato
Lei
lo studiò e sorrise, questa volta con più dolcezza: se si fosse potuto fare
qualcosa per il suo orribile modo di parlare, sarebbe davvero sembrato un
bambino dallo sguardo vispo e l’aria intelligente; peccato solo per quel ghigno
sprezzante che gli compariva sempre sulle labbra: il segno identificativo di
ogni Malfoy.
Draco
guardò il paesaggio fuori delle finestre, mancavano due settimane scarse a
natale e il panorama era già coperto di neve bianca e candida.
Gli
piaceva l’inverno perché c’era silenzio, niente grida né schiamazzi, tutto
sembrava tranquillo e ovattati, non si distinguevano rumori stridenti e i
movimenti erano lenti, i colori morbidi.
Hermione
seguì lo sguardo dello Slytherin fuori della finestra
e ammirò a sua volta il prato innevato che circondava la scuola e riconobbe le
acque agitate del Lago Nero mosse dalla brezza notturna. Era così bella quella
stagione… mentre fuori faceva freddo si poteva rimanere in casa a leggere un
bel libro davanti al caminetto con i piedi al caldo, si poteva ascoltare il
crepitio del fuoco, sentire l’odore di resina proveniente dai ciocchi che
stavano bruciando; le piaceva prestare attenzione al rumore appena percettibile
delle coperte che sfregavano, ma la cosa più bella era senz’altro ascoltare il
silenzio della neve che cade.
Quando
era a scuola e fuori cominciava a nevicare, le piaceva sedersi su una delle
panchine di pietra del giardino e rimanere lì mentre il manto bianco la
ricopriva, ascoltando la natura che si era fatta silenziosa.
Harry
e Ron non approvavano quel suo comportamento, ma da
buoni amici, non si erano mai opposti dicendo che era stupido o infantile e
l’avevano lasciata fare.
A
Londra non poteva farlo, il rumore della metropoli era continuo, incessante,
persistente e fastidioso. La neve che scendeva era sporca, piena di sostanze
tossiche e fumi nocivi, non si fermava a lungo per strada e il più delle volte
formava una poltiglia scura e scivolosa sull’asfalto, niente di paragonabile
alla distesa candida che si vedeva da quella finestra.
Ricordò
una cosa: due anni prima, qualche giorno prima di partire per ritornare a casa
per le vacanze, era uscita come suo solito a veder nevicare e quando era
arrivata nel piccolo chiostro interno della scuola, dove spesso si rintanava,
si era accorta di non essere sola, un’altra persona se ne stava lì fuori a
prendere la neve, senza dire una parola, con la fronte china sulle ginocchia,
il cappuccio della divisa calcato sulla testa e il tutto coperto dal paltò
scuro dell’uniforme. Non aveva mai saputo chi fosse, però erano rimasti lì
tutti e due per più di un’ora senza dire una parola, timorosi di rompere quel
silenzio pacifico ed eterno che c’era intorno a loro.
Lei
poi si era alzata dovendo tornare a sistemare i bagagli e quando, trascorsa
un’altra ora, era ritornava, quella persona non c’era più.
Sorrise
tra se al rammentare quell’incontro strano
-Malfoy
– chiese poi d’improvviso – perché, se io sono cresciuta di quattro anni, tu
sei rimpicciolito di otto?
Lui
la studiò un istante distogliendo lo sguardo dalla contemplazione del
paesaggio, alzò un sopracciglio e la guardò
-Dovrei
saperlo? – domandò
-Beh,
l’esperto di pozioni sei tu – gli rispose con un’alzata di spalle
-Ma la signorina So-Tutto-Io-Granger sei te – ribatté ghignando, lei lo fulminò con
lo sguardo
-Persi
che troveranno una soluzione?
-Spero
che lo facciano in fretta – disse freddo e arrabbiato – girare conciato come un
moccioso non è proprio la mia massima aspirazione
-Chissà
chi è stato…
-Qualche
squilibrato… hai per caso degli ammiratori segreti, Granger? – le domandò
-Con
tutta la gente che vuole ammazzare te… - lo rimbrottò – ogni persona che ti ha
conosciuto, credo…
-Ma che
dici, è Potty l’unico destinatario di ogni minaccia
di morte nell’arco di chilometri
Come
dargli torto… con la posta del mattino i gufi portavano anche un carico
abbondante di pazzi che minacciavano Harry di morte nelle maniere più
strampalate
-Non
parlare male di Harry – lo ammonì, anche se era la verità
-Perché,
neghi? – le chiese sarcastico. Ovviamente non poteva dirgli che aveva ragione
era una questione di principio, nessun grifone poteva permettersi di dare
ragione ad una serpe, soprattutto se questa era nientemeno che Draco Malfoy e
non contava nulla che fosse in versione bambino o aristocratico Principe degli Slytherin.
-Non è
che sei geloso di tutta l’attenzione che riversano su Harry? – gli domandò, la
vecchia tattica del “pungilo sul vivo” poteva funzionare per uno orgoglioso
come Malferret
-Le
attenzioni di cui ho bisogno, stai tranquilla, le ho già – le rispose calmo e
lei avvampò sapendo perfettamente a che genere di cose si stesse riferendo, non
era segreto per nessuno che Malfoy avesse ragazze che gli uscivano dalle
maniche, le cambiava come si faceva con i calzini e in sette anni che era a
scuola non aveva ancora sentito che si fosse trovato stabilmente una fidanzata.
PansyParkinson era la sua
favorita, ma non la sua ragazza. NESSUNA era la sua ragazza, anche se tutte
erano sue amanti.
Beh, tutte per modo di dire perché lei non
si era neppure mai avvicinata alla camera da letto di quella sottospecie di
furetto, tantomeno aveva coltivato pensieri indecenti
su una loro possibile relazione, quindi, tutte per modo di dire, la
maggioranza, insomma.
Fece
per dire ancora qualcosa quando lui la bloccò con un’occhiata
-Cazzo
quanto parli, Granger – le disse annoiato – stai un po’ zitta e fai un favore
all’umanità, adesso capisco perché Weasel sembra
completamente rincitrullito!
Hermione,
irritata, incrociò le braccia sul petto
-Se non
ti offendi, io vado a dormire – disse cominciando a rimestare tra le coperte
-Dovrebbe
importarmene? – domandò lui
-No
-E se ti
dicessi che mi offendo? – la provocò ghignando
-Me ne
fregherei – detto questo, si coricò e spense l’abat-jour sul comodino
rigirandosi sotto il piumone.
Malfoy
la guardò ancora un attimo prima che scomparisse nella completa oscurità della
stanza, distolse l’attenzione e tornò ai prati innevati… l’immagine di quello
vicino a Malfoy Manor, cosparso di sangue, rosso come
il fuoco, brillante sulla neve candida, si fece prepotentemente strada nella
sua mente. Decidendo che non era il caso di disseppellire quel ricordo
straziante, alzò con un gesto convulso le lenzuola e si gettò a sua volta a
dormire.
Lanciò
un’occhiata alla mezzosangue che riposava con un’espressione corrucciata sulla
faccia, imprecò a denti stretti e si addormentò.
***
-In
piedi, dormiglioni! – li svegliò Madama Chips
entrando nella corsia e sbattendo un cucchiaio contro un piatto
Hermione
si stropicciò gli occhi, le pareva di essere andata a dormire da non più di due
ore e invece… adocchiò l’orologio dell’infermiera che segnava le otto e venti
del mattino
-Forza e
coraggio! – urlò ancora – Silente e i professori vi vogliono in presidenza
prima delle nove!
-Ma non
c’è lezione a quell’ora? – mugugnò lei sedendosi
-Sono
state posticipate di un paio di ore ufficialmente per le indagini sull’accaduto
– le spiegò la medimaga appoggiando sulle coperte
bianche una pila di vestiti – questi te li manda la professoressa McGranitt – aggiunse – ha detto di
modificarli pure per farli della tua misura
Hermione
annuì, poi lanciò un’occhiata al tessuto scozzese disposto ordinatamente
-Ma che
fortuna – la
canzonò Malfoy dal letto di fronte scostando le lenzuola
-Taci,
Furetto, non farmi arrabbiare già di prima mattina – borbottò
-Abbiamo
la luna storta, eh mezzosangue? – le chiese
-Smettetela
di beccarvi come due galline – li riprese invece la Chips
– signorina Granger, tiri la tenda e si cambi in modo da essere presentabile.
Signor Malfoy, meno ciance, oh Cielo, ma è andato a dormire con i vestiti!
-Con cosa
dovevo dormire? – le chiese come se fosse ovvio
-Ma
poteva almeno togliersi la blusa! – disse scuotendo la testa la donna
-Fa
freddo in questo posto diroccato – protestò lui – ci sono spifferi in ogni
finestra e mi dite di levarmi la giacca?!
-Non si
permetta di parlar male della mia infermeria! – sbuffò
Cominciava
a capire perché la Granger e quella serpe fossero sempre a litigare, accidenti,
riusciva a far saltare i nervi perfino a lei che era stata una paziente Tassorosso!
Quando
la tenda bianca si scostò, Hermione Granger vestita come la prof McGranitt
fece il suo ingresso trionfale strappando un risolino all’infermiera e uno
sguardo compassionevole dalla serpe.
Sbuffò
sistemandosi il collettino e si sentì conciata come
una donnina dell’Ottocento, accipicchia, le gonne così lunghe erano
terribilmente fastidiose…
-Bene,
adesso siete pronti per andare – annuì la loro ospite che, sospingendoli oltre
la soglia, si affrettò a chiudere dietro di loro l’uscio.
-Venite,
vi faccio strada – disse invece la vicepreside che li aspettava fuori
dall’infermeria e si diresse verso il piano dove era situato l’ufficio del
preside.
La
parola d’ordine di quell’anno, bavarese
alle fragole, non segnava certo un passo in avanti rispetto a quelle degli
anni passati come “frappè” ecc.
La
scala a chiocciola nascosta dietro la colonna comparve dal nulla mentre la
figura lignea della fenice che indicava l’ingresso ruotava su se stessa per
portarli al livello dell’ufficio dove Piton li stava
aspettando.
-Venite
miei cari, sedetevi – aggiunse il preside quando loro comparvero sulla soglia e
la prof di Trasfigurazione li abbandonò per prendere il suo posto alla destra
di Silente
I
due adocchiarono le poltroncine e si accomodarono trovandosi fin troppo sulle
spine.
-Avrei
preferito avere tutti gli insegnanti con me – cominciò con un sospiro il
rettore – ma sfortunatamente, a causa di una serie di imprevisti, sono
costretto a parlarvi solamente insieme ai miei fidati collaboratori il
professor Piton e la professoressa McGranitt.
I
due passarono lo sguardo prima a uno e poi all’altro che li stavano fissando
molto seriamente prendendo atto dei cambiamenti avvenuti in ciascuno dei due.
-Dunque
ragazzi – incominciò tranquillo con un colpo di tosse – che cosa è accaduto?
Draco
ed Hermione si scambiarono uno sguardo, poi, prendendo un bel respiro, lei
decise di vuotare il sacco
-Eravamo
andati al club di giornalismo per far smentire la notizia pubblicata in prima
pagina – iniziò – solo che Canon ci aveva informati
del fatto che per le smentite era necessario il consenso della vicepreside – e
indicò brevemente la McGranitt che annuì
-Come
responsabile degli studenti – confermò la donna sistemandosi gli occhialini
rettangolari sul naso
-Infatti.
Allora siamo usciti tutti e tre nel corridoio per andare a parlarle e poter
avere la sua approvazione per la cosa, Colin è
rimasto un po’ indietro – ammise arrossendo e sorvolando ampiamente sul fatto
che lei e Malfoy stavano litigando e che camminavano ad una velocità
paragonabile a quella delle macchine di formula uno – e mentre percorrevamo il
corridoio siamo stati improvvisamente colpiti dall’esplosione. Io non ricordo
altro.
-Signor
Malfoy – disse Piton all’indirizzo del suo pupillo –
lei ricorda altro a proposito?
-Solo un
suono piuttosto strano che ho sentito prima dello scoppio – disse – come di un
vetro che s’infrange…
Una
penna prendiappunti sulla scrivania si stava muovendo
rapidamente su una pergamena, segno che riportava ciò che loro dicevano.
-Che ne
è stato di Colin? – chiese la Caposcuola piuttosto preoccupata
ai professori
-Il
signor Canon sta bene – confermò il preside – è
rimasto praticamente illeso e non ha riportato nessuno dei sintomi da voi
riscontrati
-Intende
dire che non è cresciuto come noi?
-No, è
rimasto un normalissimo studente della sua età
-E a noi
che è successo? – domandò ancora
I
tre adulti si scambiarono uno sguardo preoccupato
-Stando
alle ricerche svolte dal professor Piton, - disse con
voce grave Silente – l’esplosione che vi ha colpito sarebbe stata innescata da
una detonazione, ma per questi dettagli vi lasciò alle parole del professore
-Ehm, sì
– incominciò SeverusPiton
– se le mie indagini non sono errate, la pozione dovrebbe essere stata una
Restringi Crescita, se non che ho riscontrato nel dosaggio delle gocce
rinvenute alcune imprecisioni che le hanno fatto assumere la forma che vi ha
reso così
-E quale
sarebbe? – domandò Malfoy
-La
presenza di più di una persona e und dosaggio approssimativo hanno avuto
effetti collaterale annullando la crescita di uno e amplificando quella dell’altro
-Questo
però significherebbe che la pozione era stata preparata per una sola persona,
insomma, era qualcosa di intenzionale – chiese la McGranitt
preoccupata
-Sì –
disse freddo Piton
-Tuttavia
la signorina Granger
si trovava con lui e l’imprecisione della pozione stessa ha contribuito alla
creazione di questo pasticcio
-Sì,
proprio – annuì
-Ed
esiste una cura? – gli chiese ancora la vicepreside, l’altro scosse la testa
-Esistono
pozioni più efficaci per modificare la propria età, ma nessuna è eterna, a
parte quella preparata con l’Elisir di Lunga Vita
-Quello
estratto dalla Pietra Filosofale? – intervenne Hermione beccandosi
un’occhiataccia dal prof di Pozioni
-Sì.
Però la Pietra è stata distrutta e quindi l’effetto anche della vostra,
piuttosto semplice, a dire la verità, si esaurirà in un tempo abbastanza breve
-Un paio
di giorni? – chiese speranzosa la prof di Trasfigurazione
-No, per
“tempo limitato” intendo dalle due settimane al mese e mezzo…
-Un mese
e mezzo?! – esclamò sconcertata
-Non c’è
niente di che preoccuparti, Minerva – la calmò il preside facendole pat-pat sulla mano
-Ma… ma…
i ragazzi… la scuola, le lezioni…! – protestò agitatissima la ex grifondoro
-Dovranno
saltare tutto questo e visto che non possono rimanere a scuola in questo stato,
ho pensato di premiarli per il loro lavoro svolto fin’ora,
entrambi hanno conseguito ottimi risultati scolastici, e anticipare l’inizio
delle vacanze natalizie
-Ma
mancano ancora quasi due settimane al Natale! – s’infervorò la donna – eppoi
bisogna fornire una spiegazione agli altri allievi
-Troveremo
una soluzione – le sorrise paterno il preside
-Avete
già pensato per il luogo dove staranno? – chiese circospetto Piton
-Non
possiamo separarli e ci troviamo nella condizione di doverli e poterli
contattare in ogni momento e lo stesso devono poter fare loro con noi, quindi
pensavo di assegnare loro l’attico a Londra di Raymond
-Ma è un
posto babbano – protestò la McGranitt
-Appunto
per questo – le sorrise il vecchio mago – daranno meno nell’occhio… creeremo
una copertura. Nessuno baderà a due ragazzi come loro nella grande Londra
-Sono
molto preoccupata – disse franca la prof
-Abbiamo
altre scelte?
Silente
la guardò negli occhi a lungo e alla fine Minerva fu costretta ad abbassare il
proprio sguardo ed annuire.
Peccato
che l’insegnante non fosse la persona più sconcertata della stanza: Piton era a dir poco esterrefatto dalla decisione presa
mentre Draco ed Hermione erano seduti rigidi sulle sedie, la schiena dritta,
per niente concordi con la scelta fatta per loro
-Non vi
sembra un poco avventato? – s’intromise Severus nella
conversazione tra preside e vicepreside – soprattutto con l’equivoca posizione
della famiglia Malfoy…
Hermione
lanciò un’occhiata alla serpe, dovevano riferirsi al fatto che fossero dei mangiamorte e che di certo non avrebbero approvato l’idea
di mandarlo a vivere assieme ad una lurida mezzosangue come lei. Che volessero
assassinarla per questo?
Lui
la guardò in cagnesco e lei si affrettò a riportare i propri occhi concentrati
sulle mani strette in grembo: accipicchia, aveva le sembianze di un bambino e
riusciva a farla sentire così stupida e insignificante…
-Confidiamo
che sia la scelta migliore – rispose calmo Silente con la sua solita
tranquillità
-Spero
che ci voglia davvero così poco per ritornare normali – disse un po’ seccato
Draco dondolando le gambe dalla sedia
-Lo
speriamo anche noi – annuì l’ex professore – adesso andate a fare i bagagli… ah
no, aspettate! – si ricordò d’improvviso
I
due che erano già in piedi tornarono di fronte alla cattedra
-Effettivamente
ci sarebbe ancora un piccolo dettaglio – s’intromise la vicepreside –
mandandovi solo lontano dalla scuola prima del termine delle lezioni noi
staremmo contravvenendo ad una regola ferrea che ha messo il Ministero circa
gli accompagnatori degli studenti, però abbiamo deciso che, se nessuno venisse
a sapere della cosa, non ci sarebbero problemi
Che
cosa stava dicendo la prof? Pensò Hermione, che la Scuola stava volutamente
disubbidendo alle ferree regole sottoscritte dal Ministero a causa di questo
periodo di terrore?
No,
non poteva crederci, era assurdo!
-Abbiamo
comunque pensato che, se non possiamo venire con voi per prenderci cura –
sottolineò il preside – sarebbe stato corretto farvi rimanere insieme. Il
professor Vitius ha preparato appositamente un incantesimo
in modo che non possiate separarvi
Malfoy
sgranò gli occhi, Hermione emise un gemito disperato: avrebbe preferite vivere
tre settimane con Piton piuttosto che con Malfoy!
Cos’era,
la stavano punendo perché non aveva fatto bene il suo lavoro? No perché in quel
caso avrebbero potuto trovare un metodo un po’ meno sadico…
La
donna tornò nell’ufficio reggendo una scatola bordeaux e quando l’aprì i due
ragazzi videro all’interno due bracciali d’oro legati da una catena
sottilissima dello stesso materiale, visibile solo in controluce come il filo
da pesca.
Piton ne porse uno al suo protetto e lo fisso intorno al polso
fattosi improvvisamente sottile, la McGranitt,
invece, si occupò di assicurare quello della sua studentessa.
-Ciò vi
terrà al massimo alla distanza di tre metri l’uno dall’altra
-Mi
sembra una distanza un po’ corta – s’intromise acido il biondo – con le
possibilità che ci avete dato confidavo di poter almeno scappare di casa… -
Silente sorrise
-Ci
spiace, ma queste sono le disposizioni – annuì
-Se te
ne fossi andato di casa mi avresti fatto un enorme favore, ma sarei finita nei
pasticci io! – sottolineò la riccia, per niente contenta di quello che aveva
detto
-Non me
ne sarebbe importato niente – disse lui – è già difficile sopportarti così,
figuriamoci a tre metri tutto il tempo!
I
tre professori si scambiarono uno sguardo preoccupato, più che certi che quei
due avrebbero preferito affrontare la curiosità dei compagni e rimanersene a
scuola gettando nel panico i genitori piuttosto che accettare spontaneamente
quella decisione che gli avevano imposto, la prof sospirò mesta: le sembrava il
più grande errore della sua carriera d’insegnante approvare quella cosa, ma
aveva giurato di fidarsi di Albus Silente e così
stava facendo.
-Signorina
Granger, vada pure a fare i bagagli – le disse dolcemente il preside – avrete
tutto il tempo di continuare la vostra conversazione più tardi quando lascerete
la scuola
-Non mi
dica che devo andare con lei in quella Torre Grifondoro!
– sbottò Malferretscazzato
e per niente incline a doverci andare
-L’incantesimo
avrà effetto quando lascerete Hogwarts – si premurò
di aggiungere Silente – professoressa McGranitt,
accompagnate la vostra studentessa, a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno in
giro, ma nel caso sapete cosa fare – l’altra annuì – signor Malfoy, lei
dovrebbe rimanere un attimo – e indicò di nuovo la poltrona che il
ragazzo-bambino si affrettò ad occupare nuovamente appoggiando svogliato a
testa bionda alla mano sul bracciolo.
La
porta di legno massiccio si chiuse dietro le spalle delle due donne, dopodiché
il preside tornò a concentrare tutta la sua attenzione al biondo
-Ci
sarebbe ancora una cosa da dirle, al proposito – incominciò
-La
pozione era per me, vero? – lo anticipò lo studente della Casa di Salazar
-“Quei tipi astuti e affatto babbei”
recitò il rettore ricordando la filastrocca che il Cappello Parlante aveva
inventato appositamente per l’ingresso di Harry, Ronald,
Hermione, Draco, Blaise… e tutti gli altri al loro
primo anno. – Sì signor Malfoy, la bomba era per lei, tutta e assolutamente per
lei
-Chissà
perché ma non me ne stupisco – borbottò lo Slytherin
-Evidentemente
qualcuno pensava che non sarebbe uscito dal dormitorio prima dell’ora in cui è
scoppiata… - li interruppe Piton e Malfoy riflettè che, dal corridoio dove si era sprigionata
l’esplosione, si diramavano le quattro scale che conducevano ai dormitori delle
varie Case – probabilmente – aggiunse il prof – l’effetto un po’ particolare
che l’incantesimo ha avuto su di lei e sulla signorina Granger- fece una pausa alzando gli occhi al cielo –
è dovuto anche alla lontananza che avevate dal luogo dell’esplosione, ciò che
vi ha colpito è stato solo lo schianto e la fiammata, ma non l’esplosione in
sé, non siete stati bagnati dal liquido preparato
-È
curioso che qualcuno prepari una pozione per farmi tornare bambino, con tutte
le minacce di morte che girano mi aspettavo qualcosa di più sostanzioso
-Tenga
conto del fatto che, se le cose fossero andate secondo il piano, probabilmente
lei sarebbe ridotto ad un neonato, anche se la pozione era piuttosto imprecisa…
-Da un
lato – ammise il preside – dobbiamo ringraziare la signorina Granger
che si è assunta parte dell’incantesimo, seppur involontariamente, salvandolo
da un destino decisamente inglorioso
-Sarebbe
stato un facile bersaglio se fossero riusciti a trasformarlo in un neonato
-D’accordo,
sono stato fortunato – ammise a malincuore lui per niente incline a ringraziare
la mezzosangue
-Molto.
-I miei
genitori? – chiese poi
I
due professori si cambiarono uno sguardo, poi scossero la testa rassegnati in
sincrono, lui pronunciò una parolaccia a fior di labbra.
Guardò
le facce chine dei due, piuttosto assorti e decise che il colloquio poteva
dirsi terminato. Si alzò in piedi
-Signor
Malfoy – disse Silente prima che lui potesse muovere un passo dal sedile, Draco
si voltò verso l’uomo anziano che era forse il più grande mago ancora vivente,
circolavano voci che fosse un discendente di Merlino in persona, anche se erano
per lo più fandonie e lui aveva fatto di tutto per smentirle – si prenda cura
della signorina Granger – aggiunse serissimo guardandolo con due occhi azzurri
come zaffiri
-Mi sta
chiedendo l’impossibile – rispose un po’ sardonico – quella ragazza ha la
stessa tara mentale di Potter di andare a farsi ammazzare prima dei vent’anni
Piton sorrise senza farsi vedere.
-Adesso
ne ha ventidue – lo corresse il mago, l’altro sbuffò
-Continuo
a sostenere che i guai quella se li vada a cercare – ma poi, notando l’occhiata
che il preside gli lanciò, sospirò drammaticamente e annuì – farò quel che
posso, ma non fatemene una colpa, conciato come sono è già tanto che non mi
suicido…
E
senza voltarsi più indietro uscì dallo studio.
-Pensate
sia saggio mandarli a Londra? Loro due? Sono solo due studenti! – protestò Piton
-Avremo tutto
il tempo di pentircene – gli sorride il vecchio mago – ma se posso dire una
cosa – aggiunse – è che non li ammazzeranno tanto facilmente, oh no! Se ciò
dovesse accadere – e sorrise – si saranno ammazzati tra di loro… non so se hai
notato che non vanno troppo d’accordo
-Tristemente
– annuì l’insegnante di Pozioni
-Ebbene,
non riusciranno mai a ucciderli, il loro orgoglio bruciante non lo permetterà!
Sono troppo fieri e orgogliosi per lasciarsi vincere facilmente… proprio come
due veri Grifondoro e Serpeverde
-Non sono
sicuro che questo orgoglio bruciante li porterà sulla strada della salvezza
-Parli
come un prete, Severus – lo canzonò un poco il
preside
-Non
nego di essere molto preoccupato, qui c’è in piedi una faccenda ben più grande
di una marachella… LORO vogliono voi, professore…
-Sono
vecchio – ammise – forse è davvero giunta la mia ora
-Non sia
così avventato, non è una cosa da prendere sottogamba! I mangiamorte
li cercheranno, faranno di tutto per arrivare a Lucius
e Narcissa e…
-Non
nomini quel nome! – gli intimò severo l’anziano preside – non lo faccia.
-Non lo
farò
-Abbi
fede, Severus, nessuno ha una vita completamente in
discesa, io posso solo ringraziare che la mia sia sempre stata in pianura,
forse è giunto il momento di affrontare qualche salita…
-Se
parliamo per metafore, io questa la chiamo una scalinata giapponese –
sottolineò l’uomo
-I due
ragazzi mi daranno una mano, se necessario, ho molta fiducia in loro
-Forse
troppa – punteggiò il professore, l’altro gli sorrise
-Abbi
fede, Severus, so che andrà tutto bene.
Piton annuì, dopodiché si ritirò lasciando il rettore da solo
assieme a tutti i suoi quadri dei presidi che l’avevano preceduto.
Erano
tutti ammutoliti, ma era naturale, non era una situazione tanto facile.
E
la sua gravità si esprimeva anche in base al fatto che Silente non ne avesse
parlato in giro, anzi, non l’aveva fatto neppure con quei due che, ormai, erano
coinvolti loro malgrado.
***
Spazio autrice: e finalmente siamo al secondo capitolo… e…
la mia prof di mate mi deve di nuovo interrogare. Probabilmente la odierete più
voi che io, ma non me ne dispiaccio… spero che vada bene…
Questo
capitolo spiega un po’ di cose e si scopre finalmente che è accaduto a quei
poveracci… io spero che vi sia piaciuto e vi saluto qui, non ho molto da dire,
il cappy mi sembra piuttosto lineare e comprensibile…
è strano, dopo 30 capitoli, scrivere ancora che sono al secondo… ah, come
cambiano le cose…
Va
bene, taglio e vado a studiare mate e statistica, ditemi che ne pensate della fic, ciao!
Nyssa
herm83: sono felice che tu abbia cominciato a
recensire e molto orgogliosa del fatto che tu abbia seguito le Relazioni… so
che un po’ di somiglianze ci sono, purtroppo ho dei modi di dire di cui non
riesco a liberarmi, ma mi auguro comunque di riuscire a distinguerle, non ho
intenzione di creare un doppione della precedente fic!
Spero
che la storia continui su una linea che ti piace, ciao e spero di vedere presto
la tua nuova recensione!
Nyssa
Tye: personalmente, non mi piacciono molto i
personaggi nei quali non mi ritrovo ed Hermione è uno di quelli che, nelle mie fic, ha molto del mio carattere o dei miei modi di fare,
quindi un po’ deve somigliarmi e certo non posso dire di essere una modella.
Eppoi, quando ho letto per la prima volta Harry Potter, non l’ho vista come una
stanga di due metri con misure da fotomodella, credo che con i film la cosa si
sia un po’ persa, ma la
vecchia Herm è un personaggio
piuttosto ordinario come aspetto… sono felice comunque che il modo in cui l’ho
presentata ti sia piaciuto ^^
Spero
che il proseguimento e questo secondo cappy ti
piacciano, aspetto di sapere, ciao! Nyssa
joker666: effettivamente è brutto leggere qualcosa e
scoprire che non c’è ancora una fine, ne so qualcosa, anche a me capita ogni
tanto… cmq io ho pubblicato solo una shot, quindi non può sbagliarti, io spero comunque che
l’inizio ti sia piaciuto e che sia lo stesso anche per questo aggiornamento,
ciao!
Shavanna: eh già, sono proprio tornata, grazie del
benvenuto! Effettivamente Hogwarts è un posto un po’
caotico, ma tranquilla, in questo capitolo si scopre che cosa è capitato a lei,
ma soprattutto a Malfoy… spero che i miei nuovi personaggi non assomiglino
troppo a quelli precedenti, cmq mi auguro che ti
piaccia anche questa nuova fic e ti ringrazio per
aver letto e recensito ogni capitolo fin’ora! Aspetto
a tua prossima recensione, ciao! Nyssa
AuraD: se non si fosse notato, ho una certa
predilezione per un rapporto non tutto latte e miele, quindi per il momento
quei due passano ancora il tempo a beccarsi come galline, ma prima o poi
succederà qualcosa, ehehehe, il problema è decidere
quando… concordo pienamente, i giornalisti della scuola (e questo di qualsiasi
scuola) sono dei ficcanaso e fanno un sacco di casini, Lavanda invece, in
questa fic, poveretta, è solo molto stupida…
Bene,
ecco qui l’inaspettato risultato dell’esplosione, grazie al Cielo niente
scambio di personalità, ma… una bella crescita istantanea… io spero ti piaccia
il nuovo cappy, aspetto di sapere, ciao! Nyssa
Hermione si mise le mani nei capelli prima di gettare con malagrazia
l’ennesima maglia nella valigia aperta davanti a lei
Hermione
si mise le mani nei capelli prima di gettare con malagrazia l’ennesima maglia
nella valigia aperta davanti a lei.
Prese
dall’armadio un paio di jeans, constatò che non ci sarebbe entrata neppure piangendo
arabo e li cacciò da una parte.
Guardò
la sua camera che se la giocava con Harry per quella più somigliante a
Waterloo, sbuffò spazientita, buttò un paio di calzini all’interno e inveì
contro Canon: avrebbe pagato anche per quello, e
contro Malfoy, tanto era sempre colpa sua, una in più o una in meno non
cambiava le cose.
Odiava
fare le valigie, non sapeva mai che cosa portarsi e che cosa lasciare e quella
scelta, in quel preciso momento, sembrava insostenibile, soprattutto se
supportata dalle seguenti domande:
1)Quanto tempo stava via?
2)Dove avrebbe alloggiato? La dicitura “attico
di Raymond” era piuttosto striminzita
3)Che cosa avrebbe dovuto fare?
Ma
l’obiettivo fondamentale era: “evitare di farsi prendere in giro da Malferret”, ne aveva fin sopra i capelli dei suoi
mezzosangue di qua e mezzosangue di là, soprattutto perché era piuttosto
disillusa sul fatto di sopravvivere, senz’altro il biondastro non sapeva
neppure cuocere un uovo al tegamino, come avrebbero fatto? Non ci teneva a fare
la sua serva e cucinargli caviale e aragosta…
Scaraventò
l’ennesimo maglione e guardò con aria truce una gonna invernale, poi,
sbuffando, gettò dentro anche quella, avrebbe provveduto a Londra ad allargarsi
tutti gli abiti…
Mentre
sistemava, tirò fuori anche il baule che teneva sotto il letto, sul quale
sarebbe stata benissimo la scritta “da usarsi solo in casi particolari”, beh,
se non era particolare questo… lì avrebbe infilato tutto quello che non erano
abiti, ovvero libri. Perché si portava libri a Londra? Beh, innanzi tutto non
aveva i soldi che le uscivano dalle tasche permettendole di andare a comparsi
tre nuovi volumi tutti i giorni, eppoi se leggeva si rilassava e non doveva
stare a sentire le inutili chiacchiere del biondastro e pensare anche a quello
che stava dicendo: se non si davano fastidio la convivenza poteva essere
pacifica.
Va
bene, era una vana speranza, però era bene tentare. Dimenticò per un istante
maglie e calzini e, prendendo la bacchetta, si affrettò a rimpicciolire tutti i
libri che aveva con se e che non fossero strettamente scolastici per farli poi
entrare nel baule; da una parte, poi, sistemò quelli di scuola, il suo set di
scrittura e qualcuno dei suoi film.
Chiuse
il grosso baule che la roba ci stava a malapena e si dedicò nuovamente
all’abbigliamento: aprì violentemente i cassetti e ne prese il loro contenuto a
caso tra mutandine, maglie della pelle, canottiere e calzini e scaraventò tutto
dentro la valigia che, se fosse stata viva, si sarebbe lamentata come una
dannata dell’Inferno.
Una
lacrima le rotolò furtiva lungo la guancia, si affrettò ad asciugarla malamente
con un fazzoletto pescato nella tasca di una felpa, peccato che le lacrime
traditrici non accennassero a smettere di sgorgare dagli occhi. Rinunciando a
smettere di piangere come una bambina, si sedette sul letto rifatto tra il baule
e la valigia, piegò le gambe sotto di sé e si coprì gli occhi con le mani
mentre dava libero sfogo alla sua ansia.
Una
gocciolina, poi due, tre, cinque, dieci… macchioline scure che andavano a
formarsi sulla lana cardata con cura del vestito a quadri che la prof le aveva
prestato. Era un tartan scozzese molto antico, lo sapeva.
Quando
era arrivata a scuola, la sua professoressa di Trasfigurazione l’aveva subito
colpita e così, curiosa, era andata a fare qualche ricerca nella sezione
“araldica” della biblioteca.
Il
clan dei McGranitt era antico e prospero, conosciuto
fin dal Duecento nel mondo magico. Era numeroso e composto da maghi leali e
intelligenti.
Quando
Harry aveva ricevuto in dono il mantello dell’invisibilità, il primo Natale,
una volta se l’era fatto prestare e aveva fatto un salto alla sezione proibita
dove vi erano le storie dei maghi moderni.
Undici
erano i fratelli di Minerva McGranitt e portavano
quasi tutti nomi delle divinità, e poi c’era lei, ultima e unica femmina:
Minerva.
Tutti
e undici i figli maschi erano stati grandi e valorosi, decorati dal Ministero,
insigniti di alte onorificenze. Suo padre e i suoi quindici fratelli avevano
combattuto nella Rivolta dei Goblin Oscuri del 1901 e
i suoi fratelli nella guerra contro Voldemort, peccato
che fossero rimasti tutti uccisi.
Era
rimasta solo lei.
Studiò
il ricamo a righini della tela, sapeva che era vietato indossare il tartan per
chi non apparteneva al clan, era una colpa punibile con la morte perché
significava che si era tradita la fiducia del capo e dei suoi fedeli. Chissà
cosa avrebbe detto il vecchio papà McGranitt vedendo
sua figlia donarle un abito con il motivo della loro famiglia e permetterle di
portarlo.
Sorrise
tra se, ma questo non servì a placare l’inquietudine che la tormentava, la
paura, il senso di frustrazione: perché a lei?
Adesso
doveva lasciare i suoi amici, abbandonare la scuola in fretta e furia poco
prima di Natale e scappare a Londra nell’”attico di Raymond”.
Doveva
lasciare Harry e Ron, ma anche Ginny,
Luna, Susan e perfino quei due pasticcioni giornalisti dei fratelli Canon che erano i maggiori responsabili di quel disastro,
anche se non erano stati loro a mettere la bomba.
Per
questo piangeva, come avrebbe fatto?
Senza
amici, sola e con Malfoy…
-Smettila
di piagnucolare – le disse una voce quasi con cattiveria
Si
voltò e nel vano della porta la figuretta infantile di Draco la guardava con
malcelato disprezzo, le braccia incrociate sul petto, le spalle appoggiate allo
stipite della porta
-Vattene
da camera mia, stupida serpe, lasciami in pace, lasciami sola!
-Sapevo
che avresti fatto così – disse rude – come tutte le altre, ti saresti messa a
frignare, inconsolabile, povera me, povera me…
-Che
diamine vuoi da me?! – strillò malamente – perché devi farmi questo?
-Non sono
io che faccio qualcosa a te, prenditela con quei maledetti che hanno preparato
la pozione, io non ti ho costretta a fare niente
-E che
dannazione vuoi ancora qui, allora?
Senza
dire una parola, Draco voltò le spalle e lasciò il dormitorio mentre Piton lo aspettava fuori della porta della Sala Comune Gryffindor, forse troppo schifato per metterci piede.
Perché
era venuto? Che accidenti voleva ancora? Che voleva da lei?
Asciugò
una lacrima e la disperazione si trasformò in rabbia.
Scagliò
un vaso per terra e questo andò in mille pezzi seminando i cocci sul tappeto
davanti al comò, bagnando con l’acqua che conteneva il parquet antico e
riversando le tre rose che aveva ricevuto per il compleanno, ormai un po’
appassite, dai colori macchiati di marrone, di marcio, come il sangue dei
purosangue, come i mezzosangue… diversi eppure simili.
Prese
la bacchetta che aveva appoggiato sul comodino e lo ricompose subito, poi tornò
ai bagagli.
Non
poteva farci niente e se avesse continuato a piangere non avrebbe smesso fino a
sera.
Non
poteva rivedere Harry e gli altri mentre era in quello stato, le dispiaceva
infinitamente non poterli salutare, abbracciarsi prima di perdersi di vista per
un po’ era qualcosa a cui teneva moltissimo…
Le
sarebbero mancati, tantissimo.
***
Draco
versione bambino ed Hermione erano sulla soglia di Hogwarts
in attesa che le carrozze senza cavalli arrivassero per portarli alla stazione
di Londra.
Dalla
finestra del suo studio che dava proprio sullo spiazzo, Silente stava guardando
preoccupato i due studenti che si allontanavano, preoccupato uno e… preoccupato
anche l’altro.
Se
avesse potuto, Draco avrebbe preso una sigaretta dalla tasca dei pantaloni e se
la sarebbe accesa mentre aspettava. Ma aveva promesso alla McGranitt
che non avrebbe fumato finchè era in quello stato
perché gli faceva particolarmente male. E al diavolo anche la prof! Non aveva
mai sentito una voglia così di mettersi a fumare.
Dal
giorno prima, ovvero da quando aveva fatto quell’incursione senza senso in
camera sua, la Granger non gli rivolgeva più la parola, guardava dritto davanti
a se e, se per caso girava la testa, faceva finta di osservare oltre, beh,
visto che era alto un metro e mezzo scarso non era poi così difficile… e dire
che, se avesse avuto ancora diciotto anni l’avrebbe squadrata dall’alto in
basso, le dava almeno dieci centimetri buoni, adesso, invece, era in quella
dannatissima, maledettissima e imbarazzante situazione.
Era
evidente che voleva fumare, fumare come un camino! Non aveva neppure potuto
vedere Blaise e farsi dare qualcosa perché c’era
sempre Piton a piantonare la stanza e da lì non era
uscito.
Passare
un periodo con la mezzosangue non gli girava per niente e, soprattutto, non gli
sarebbe piaciuto trascorrere del tempo nel mondo babbano.
Ovviamente
Silente aveva detto loro di limitare l’utilizzo delle magie al minimo
indispensabile, giusto riordinare e roba simile, niente patronuse niente maledizioni, possibilmente senza perdono.
L’unica
maledizione che aveva voglia di lanciare in quel momento era equamente divisa
tra i creatori di quella pozione cretina e il vecchio rimbecillito.
E
comunque era già qualcosa se riusciva a fare un incantesimo, non era certo che
la sua bacchetta lo riconoscesse ancora come il suo padrone, le bacchette sono
infide quanto i loro proprietari e se la sua gli somigliava tanto come niente,
probabilmente avrebbe voltato le spalle e fatto finta di non funzionare finchè non fosse tornato alla sua età anagrafica corretta.
In
lontananza vide arrivare la loro carrozza, anche l’idea di stare insieme a
quella babbanofila non gli piaceva per niente,
soprattutto vista la sua reazione del giorno prima; non che la condannasse per
quella, probabilmente ogni ragazza avrebbe fatto così, ma dopotutto lei era
Hermione Granger, il braccio destro di San Potter, disposta alla morte per la
salvezza del mondo magico… dov’era finito il suo coraggio? Quello che aveva
ostentato in tutti quegli anni di combattimenti tra auror
e mangiamorte, tra bene e male… dov’era finito, tutt’a un tratto?
Hagrid, il guardaboschi della scuola, si fece accanto al landò scuro
come pece, frenò i cavalli un po’ imbizzarriti e poi aprì la portiera.
Si
fermò e studiò il muso demoniaco del tiro a sei che li avrebbe condotti fino al
mondo babbano: li vedeva. Non era una novità,
semplicemente non ci aveva mai fatto caso, non ci aveva mai dato peso.
La
mezzosangue era concentrata sul muso scuro delle stesse bestie e le guardava
negli occhi rossi come sangue, rapita, probabilmente li vedeva anche lei.
Chi
aveva perso per poter vedere quelle creature?
Sapeva
che solo le persone che avevano provato un grande dolore o una perdita
lacerante potevano distinguere le paurose forme dei Threstal…
chissà chi. Chissà chi era per lei. Chissà chi dei tanti era per lui.
Senza
aspettare molto, salì sulla carrozza prima di lei e si accomodò sul sedile nel
senso di marcia, sistemò il paltò nero sul divanetto rosso borgogna
e allentò il fiocco bianco che la Chips gli
continuava a fare per tutto il tempo che era rimasto a scuola, vecchia
bisbetica.
La
grifondoro, ancora su un altro pianeta, salì i tre
gradini, rischiò d’inciampare, chiuse gli occhi e si accomodò di fronte a lui
lanciandogli solo uno sguardo superficiale, dopodiché le iridi grandi e ambrate
volarono fuori del finestrino dove il panorama era ancora fermo e consueto e si
disinteressò completamente di lui.
Non
se ne preoccupò più di tanto, fare conversazione con una come lei era qualcosa
di fondamentalmente inutile, prevalentemente per il fatto che finivano per
litigare anche parlando di succo di zucca e non ci teneva a farsi le tre ore
con il blaterio della Caposcuola nelle orecchie.
Ripensò
a Blaise, poveraccio anche lui, suo padre era stato
accusato di favoreggiamento e corruzione dal Ministero, ma gli Zabini erano forse gli unici serpeverde
a non essere coinvolti in quella faccenda di Voldemort
e della Causa.
Rivide
Malfoy Manor, grande, maestosa, imponente nella sua
costruzione gotica fatta di torri longilinee che volavano verso il cielo, scure
come carbone, nere come l’inferno.
E
la vide avvolta dalle fiamme, mentre bruciava, bruciava in eterno.
Si
costrinse a spostare lo sguardo.
Studiò
fuori mentre i cavalli si muovevano e facevano ondeggiare il veicolo, un occhio
fu colpito da un boccolo color cioccolato che ricadeva dolcemente sulla tempia
della sua compagna con ingenua naturalezza, lei non se ne preoccupava, la mano
sinistra appoggiata al finestrino che reggeva il mento, la destra abbandonata
in grembo a toccare i finimenti della sua Giratempo.
Sorrise
e per una volta non era un sorriso di scherno. Poi si concentrò fuori, o
meglio, dentro di se.
C’erano
troppe cose a cui doveva pensare, non poteva permettersi di ammirare tranquillo
il paesaggio fatto di prati e muretti a secco, erica e cavalli, brughiera e
campagna, troppe cose richiedevano urgentemente la sua attenzione, troppe cose
erano ormai un problema suo.
***
Per
tutta la durata del viaggio non aveva fatto altro che scrutare le nuvole oltre
il finestrino e sbirciare di sottecchi l’altro passeggero: stava immobile, le mani
che reggevano il mento, gli occhi azzurri lontani mille miglia, anche se,
guardandolo in maniera affrettata, si sarebbe detto che stesse semplicemente
ammirando il paesaggio. Ma non era così. Lo conosceva da sette anni e, anche se
non si erano mai avvicinati come amici, sapeva riconoscere certe cose, forse
perché anche lei, ogni tanto, si comportava in quel modo.
Si
sentiva un po’ in colpa per come l’aveva trattato il giorno innanzi, dopotutto
lui non si era comportato male, non più di tanto, non più del solito, almeno.
Chissà poi perché era andato in camera sua… non lo sapeva perché, nella furia
di proteggere il suo orgoglio dalle acide parole che lui poteva pronunciare, si
era trincerata anche lei dietro un muro, una muraglia di insulti per non fargli
vedere quanto era triste, per nascondergli le lacrime che, comunque, lui le
aveva visto.
Chissà
che cosa aveva pensato…
Sospirò
mentre il senso di colpa cresceva un minuto dopo l’altro, perché? Beh, lo
sapeva perché.
Si
era comportata male con una persona che, forse, non era venuta per colpirla.
Impossibile,
non c’era stata occasione nella quale Malferret si
era risparmiato una parolina al vetriolo per lei.
Perché
si sentiva così agitata?
Era
per quel silenzio innaturale, artefatto, dove in genere tra loro volavano
parole dure, terribili, ma sincere.
Quel
silenzio non era sincero: c’era rimasto male?
Difficile
che uno come lui, Draco Malfoy, potesse aver sentito un sentimento simile.
-Senti,
- disse rompendo la quiete e vide il muro che lui aveva eretto intorno a sé
abbassarsi gradualmente con circospezione – mi dispiace
-Mm… -
fu tutto quello che rispose dopo averla fissata qualche istante ed essere poi
tornato ai suoi pensieri, lei si accigliò un poco, si era addirittura presa la
briga di scusarsi con un tipo simile e tutto quello che aveva da dire era
“Mm…”?
Stava
per replicare che era buona educazione rispondere con cortesia a delle scuse
quando la carrozza ebbe uno scossone attraversando i vecchi muri di pietra
della Stazione di Londra, con il loro stile vagamente liberty, le vetrate e i
rosone di ferro e acciaio che avevano rappresentato l’epoca della rivoluzione
industriale.
I
Threstal atterrarono non proprio di buona grazia
sulle mattonelle che, il primo di settembre, erano calpestate da centinaia di maghi
e streghe, ma che, al momento, era pulite e lucide.
Il
binario 9 e ¾ era fuori servizio tutto l’anno e faceva da pensilina solo per
l’inizio e la fine dell’anno accademico a Hogwarts,
per il resto era impossibile accedervi visto che l’unico treno magico era
l’Espresso che, al momento, se ne stava in letargo a Scuola.
-Eccoci
arrivati, ragazzi! – cinguettò allegro il guardaboschi che aveva fatto da
vetturino – siamo arrivati a Londra!
Senza
dire più di una parola, Malfoy si alzò in piedi, riannodò il fiocco
spiegazzato, distese le pieghe dei pantaloni e si affrettò a scendere senza
rivolgere uno sguardo o una parola alla sua compagna di viaggio.
Hermione
lo guardò male e scese a sua volta mentre Hagrid
slacciava le cinghie che fissavano i bagagli sul tetto e posava le quattro
valigie sulle mattonelle.
-Sapete
come si esce dalla stazione – disse ai due – mi raccomando…
E
poi, rivoltò a Hermione, ma appena sussurrando aggiunse un
-Se
prova a farti del male o a farti piangere di nuovo dimmelo che ci penso io… - e
le diede una gomitata significativa che quasi la stese per terra. Lei si
affrettò ad annuire.
Sorrise
e si affrettò a mettere il baule e le valigie sul carrello che stava
aspettando.
-Ehi
mezzosangue, come si fa ad arrivare alla topaia di Raymond?
– chiese il biondastro guardandosi attorno
-Bisogna
uscire dalla stazione e prendere un taxi – specificò
-Taxi? E
che cos’è? – lei parve rifletterci
-Un’invenzione
babbana simile ad una carrozza senza cavalli, tu la
paghi e lui ti porta dove vuoi, la guida un autista
-Un
vetturino?
-Pressappoco
Lui
annuì.
-Stammi
vicino e vediamo di non perderci – puntualizzò lei
-Posso
starti solo tre metri distante, non credo che riuscirei a sbarazzarmi di te… -
disse lui e la Caposcuola fu grata che la loro conversazione fosse tornata ai
consueti battibecchi
-Per una
volta fingerò di non aver sentito – disse serena e gli rivolse un sorriso
solare che lo stupì non poco.
***
Hermione
stava camminando per le gallerie a vetri di King’s
Cross, la più grande e bella stazione della capitale. I passeggeri dei treni,
nonostante gli aerei avessero soppiantato i vecchi trasferimenti via rotaia,
erano ancora numerosissimi e la folla si accalcava per la strada e negli
angoli, gruppetti chiacchieravano raccontandosi esperienze ed avventure, molti
partivano per le vacanze di Natale ormai imminenti.
Si
potevano udire lingue differenti: inglese, francese, italiano, russo, uno slang
americano e qualche canadese dall’accento inconfondibile Nuova Scozia, qualche
vero scozzese con la pronuncia tipica, irlandesi, cinesi, indiani… etnie e
culture si mescolavano formando una tavolozza infinita di tonalità che riempiva
la mente e i sensi, mentre i profumi di terre lontane, esotiche, fredde, calde,
città e foreste colmava le narici e le fattezze tipiche si miscelavano
armoniosamente.
Un
netturbino dalla classica tuta verde mela passava rapido uno spazzolone per
terra nel tentativo di recuperare rifiuti e cartacce che ritornavano,
immancabilmente, appena aveva svoltato l’angolo o era scomparso dietro una
colonna.
La
biglietteria era presa d’assalto e un gruppetto di giovani sostava lì di fianco
nella tipica tenuta con capelli attorcigliati in teccine
scomposte e inanellate, abiti molto particolari, qualche cresta, qualche
animale, molti colori, tante borchie e tanti anelli.
Hermione
si limitò a lanciare loro un’occhiata e proseguì per poi ritrovarsi a passargli
di fronte mentre tentava di uscire dall’atrio sospinta dalla folla
-Ehi,
avete visto la mammina? – indicò uno additando la strega che camminava
nervosamente, Malfoy, al suo fianco, cominciò ad alzare il sopracciglio in un
tic assai familiare e che non lasciava presagire niente di buono: quei tipi non
gli stavano simpatici perché lo credevano il figlio della mezzosangue, quindi
uno schifoso babbanofilo a sua volta, e poi perché si
erano permessi di insultarla, questo non andava. Perché? Beh, solo lui aveva
questo privilegio assoluto, non l’aveva delegato neppure ai suoi fidati
compagni Tiger, Goyle e Nott, quello era il suo territorio e quello che era suo se lo
teneva. Eppoi lui e la Granger erano insieme in quella faccenda.
E quei tipi continuavano a stargli sempre
meno simpatici…
Uno
del gruppetto si alzò avvicinandosi in una mise del tutto inadeguata al clima
invernale che si respirava a metà dicembre, con tanto di canottiera di cotone e
camicia a quadri con maniche strappate. I jeans avevano visto decisamente
periodi migliori e stavano implorando un passaggio in lavatrice mentre gli
anfibi slacciati facevano tintinnare il loro corredo di anelli che toccavano il
pavimento. Qualche catena e qualche borchia e il gioco era fatto.
Lo
sconosciuto la tirò per un braccio voltandola verso di sé con una familiarità
che a lei non piacque per niente e, se non fosse stata in mezzo a tanta gente,
gli avrebbe volentieri lanciato qualche bell’incantesimo,
a cominciare da un’incendia sulla
cresta mezza nera e mezza rossa che spiccava sulla testa del bullo.
La
cosa che l’attirava meno, poi, era la faccia ricoperta di acne che lo rendeva
molto più simile ad un piatto di porridge che ad un
essere umano, decisamente la pulizia non era il suo forte… il grosso orecchino
a borchia che gli pendeva dal naso, poi, la affascinava ancora meno e anche
quella specie di forchetta incastrata sul sopracciglio le dava parecchio da
ridire.
Il
ragazzo, che non doveva avere più di venticinque anni le sorrise mettendo in
mostra una sfilza di denti giallognoli che avevano bisogno di un buon dentista
con molta, molta pazienza, effettivamente anche un parrucchiere non sarebbe
stato da scartare…
-Cariiiina…
- sibilò nello spazio tra i due incisivi che non avevano ricevuto le cure di un
apparecchio odontoiatrico - non mi stupisce che così giovane abbia già un
figlio di quest’età – e alluse al mini-Malfoy che le camminava quasi affianco e
che, al momento, si stava trattenendo dallo schiantarlo per non compromettere
la copertura – deve essere una che si dà parecchio da fare…
A
quel punto, però, gli sarebbe scoppiato da ridere…
-Sono
sicuro che allarga facilmente le gambe, una così… e si avvicinò ancora.
Ok, erano in qualche vignetta comica: la Granger che allarga le
gambe? Neppure nei sogni più impossibili di quel tipo sarebbe potuto accadere,
la tanto cara e dolce santarellina Granger era l’emblema stesso della purezza e
della castità, degna di entrare in un monastero di clausura.
O
forse ci era vissuta fin’ora per essere così.
-Ehi babbano, giù le mani – disse mentre questo le afferrava la
mezzosangue come una proprietà; l’aria da “Draco malfoy seccato” non si
confaceva molto ad un fanciullo dell’età a cui era ridotto, ma lasciò comunque
interdetto l’ipotetico molestatore della Grifondoro
-Come mi
hai chiamato, scusa? – chiese questo
-Ho
detto babbano, ma se preferisci dico merda –
rispose rigido come un palo, l’altro sbattè gli occhi
-Ehi
ragazzi, avete sentito il piccoletto? – ghignò all’indirizzo del resto dei
compagni troppo occupati ad intaccare la riserva di coca-cola e canne per
dargli a mente, poi spostò gli occhi di un insignificante verde spento su
quelli azzurri del ragazzino
-Stai
buono, bimbo – lo rabbonì tentando di accarezzargli la testa – io e la tua
mamma adesso andiamo a prepararti un bel fratellino – e ghignò ancora, peccato
che l’espressione di Draco non fosse altrettanto serena, anzi! Poi il
caratteristico ghigno di famiglia si dipinse sulle sue labbra strette,
deformandole in una smorfia assai comune
-Non ho
bisogno di fratellini con un padre insignificante come te, lurido babbanofilo – sibilò pericolosamente, tanto che lo
sconosciuto punk ebbe un attimo di incertezza e qualche problema a deglutire
-Dico,
ma con chi l’hai fatto questo ragazzino pulcioso? – chiese il ventenne alla ragazza
-Col
diavolo in persona – rispose assottigliando gli occhi ambrati ad una fessura e,
prima che lui potesse aggiungere qualcosa, la punta della bacchetta si posò appena
sulla pelle scoperta del collo mentre lei mormorava sottovoce “oblivion”, quando si fosse svegliato non avrebbe
ricordato molto
-Potevi
almeno schiantarlo dopo quel che ti aveva detto – le fece notare con
superiorità lo Slytherin
-Se si
sveglierà sarà troppo fatto per ricordarsi anche solo quale delle tante droghe
s’è fatto oggi – rispose lei dirigendosi verso la porta con sopra lampeggiante la scritta EXIT.
-Fatto?
– ripeté la serpe
-Drogato
– specificò la Gryffindor, la droga era qualcosa che
circolava anche nel mondo magico, anche se non come nel mondo babbano e si limitava ad oppiacei e funghi allucinogeni più
qualche canna. I maghi erano fortunati, riflettè, a
non sapere, sospettare e avere LSD, ecstasy, eroina e simili…
***
Una
folata d’aria gelida investì la Caposcuola non appena mise piede fuori della
stazione.
Draco
rabbrividì nella giacca e guardò con aria truce il mondo babbano
che si apriva di fronte a lui: non gli piaceva, troppo caotico e confusionario,
perfino peggio di DiagonAlley
il giorno prima dell’inizio della scuola, eppoi puzzava terribilmente di
bruciato.
Una
serie di carrozze colorate, dalla forma insolita e senza cavalli era ferma
accanto al marciapiede, mentre altre file si muovevano rapide affianco a
queste, mostrando una grande varietà di persone; qualcuno stava leggendo un
quotidiano abbastanza simile a quelli che conosceva, anche se le figure di
copertina erano immobili nei loro toni grigiastri.
Dire
che aveva freddo era come dire che Lady Godiva era
poco vestita.
Rabbrividì
ancora e adocchiò una strana scatola luminosa che segnava l’ora, la guardò
scettico cercando di capire, ma senza successo.
La
mezzosangue si mosse verso la folla di persone in divisa nera e rizzò la
schiena per darsi il contegno di una signora, quelli dovevano essere i taxi di
cui aveva parlato.
-Posso
aiutarla? – le chiese uno dei vetturini
-Hyde
Park – disse lei copiando le movenze delle donne in carriera, l’uomo annuì, le
aprì la portiera e cominciò ad ammassare le valigie nel bagagliaio con una
certa fatica e aiutato da due colleghi.
Ops, si era dimenticata di aver ammassato nel baule praticamente
l’intera biblioteca di Hogwarts, effettivamente
doveva pesare un po’…
Dopo
venti minuti, finalmente, i bagagli suoi e di Malferret
erano sistemati e l’autista, un po’ sudato nonostante il periodo dell’anno, si sedette
al volante e accese il motore facendo partire il veicolo
-Perché
andiamo in Hyde Park? – le domandò lo Slytherin seduto accanto a lei – non dovevamo andare in Clarendon Road?
-È
proprio lì accanto – le disse la riccia controllando l’oscena borsetta di pelle
che la McGranitt le aveva affidato
-Clarendon
Road? – le chiese l’autista
-Sì
La
vettura sbandò un poco sotto il peso dei bagagli mentre l’autista sorpassava
forse un po’ troppo velocemente uno degli autobus rossi a due piani che erano
il simbolo della Londra turistica. Poi fece un cenno ad un altro tassista che
correva nella direzione opposta e si riconcentrò sulla guida.
L’attraversamento
dell’Hyde Park in macchina sotto Natale era splendido
con i prati in parte coperti di neve, i soliti musicisti nelle aiole che
suonavano qualche canzonetta, i bambini che lanciavano briciole ai cigni degli
stagni e le solite persone che non avevano niente da fare e passeggiavano
tranquille.
La
macchina inchiodò e Hermione si chiese chi poteva aver dato la patente a quella
specie di pirata della strada, Malfoy, dal canto suo, era scioccato dal metodo
di guida che, tra un po’, gli faceva pure venire il mal di mare da tanto
ondeggiava e sbandava l’automobile.
A
metà di Claredon c’era uno dei più lussuosi condomini
di tutta la City, al primo sguardo poteva sembrare un albergo, ma in realtà era
costituito da lussuosi appartamenti con vista direttamente sulla zona verde
della città.
Rimanendo
a bocca aperta di fronte all’ingresso, la mezzosangue guardò scettica le due
coppe bronzee che troneggiavano ai lati del portone d’ingresso piantonato da un
ragazzo in livrea: come facesse Raymond a permettersi
simili lussi era tutto da vedere e gli attici in genere sono molto costosi.
Due
piante ornamentali tagliate a cespuglio tondo si aprivano dalle bocche svasate
delle coppe facendo un ottimo contrasto con la passiera
rossa e il colore dorato del supporto.
Si
diede un contegno e controllò il numero civico accanto alla maniglia mentre il
ragazzino della porta aiutava il tassista a scaricare i bauli.
L’ingresso
era praticamente circondato da targhe di importanti avvocati e commercialisti,
notai e uomini di legge, principi del foro che difendevano persone con una
certa disponibilità economica, li aveva sentiti nominare su riviste e giornali
in casi molto importanti come l’esposizione della DeBeers
e le feste natalizie di Harrods; fece per poggiare la
mano sulla porta per aprirla quando, correndo, il ragazzino si affrettò a
spalancarla per lei, rosso di vergogna per non essersi accorto prima delle sue
intenzioni.
Malfoy
lo guardò, il mondo babbano faceva schifo e quei
“taxi” ancora di più, ma il servizio del posto dove sarebbero rimasti sembrava
promettere qualcosa di adeguato al suo status.
L’atrio
in stile vittoriano prevedeva anche una reception
dove, al momento, stazionava un portiere con divisa simile a quella del
ragazzino e la ragazza notò una terza figura che fiancheggiava l’ascensore a
vetri su cui erano segnati in placca dorata tredici piani… tipico di Raymond abitare proprio al tredicesimo…
Si
avvicinò cercando di ricordare cosa le aveva detto il professore prima di
partire
Inventa un nome a caso e
ricordalo.
Digli che ti mando io.
Comportati come se fossi in un
5 stelle superior.
Ok, con quelle premesse non poteva certo stare tranquilla,
soprattutto sul “comportarsi come in un 5 stelle sup.”!
Si
avvicinò e non servì neppure far tintinnare il campanello d’argento posto sul
marmo verde del banco perché l’uomo, un po’ anzianotto, si avvicinò quasi
giubilante ai due visitatori
-Posso
aiutarla? – chiese a sua volta accennando un inchinò col capo
-Sono la
signora… Drake – disse ricordando il primo cognome
che le capitava, l’uomo annuì – mi manda il signor Raymond
-Ah,
certo, la signora Drake – l’uomo sorrise come se fosse
ovvio che si chiamasse Drake, Hermione lo guardò come
se stessero per ricoverarlo d’urgenza alla neuro – certo certo,
il signor Raymond me ne ha parlato tramite lettera –
lei annuì – siete i suoi ospiti? – aggiunse
-Sì – rispose
evasiva, ospiti? In un attico 5 stelle? Doveva avere proprio tanti soldi…
-Ma
certo, che sbadato… e il bimbo? – si sporse indicando la testolina bionda e un
po’ imbronciata del ragazzino che la affiancava
Grazie
al cielo in quel momento il ragazzino dell’ingresso e il tassista arrivarono
con i suoi bagagli facendo anche cadere una delle valigie, il fattorino
sembrava che stesse rischiando il licenziamento da quanto era sinceramente
dispiaciuto per essersi lasciato sfuggire dalle mani una delle borse .
-Spero
che suo figlio si sia divertito in Hyde Park – chiese
il vetturino prendendo i soldi che lei gli porgeva – è un posto splendido e
d’inverno è un incanto.
Malfoy
suo figlio?
Neppure
nei peggiori incubi…
-Ce lo
riporterò nei prossimi giorni – promise all’interessato
Lei
e la serpe si scambiarono un’occhiata che la diceva lunga sul fatto che li
considerassero madre e figlio, lui la squadrò malamente, lei fu tentata di
fargli una linguaccia, peccato che quello non fosse il comportamento adatto ad
una signora da 5 stelle sup.
Rivolse
un’occhiata di congedo al vetturino e tornò alla reception
-Suo
figlio? – chiese l’uomo del banco
-Ehm… -
dire di sì era come tirarsi la zappa sui piedi
-Spero
allora di vedere presto il signor Drake – ammise l’impiegato,
interessato
Impossibile,
non esisteva una signora Drake, figuriamoci un signor
Drake, ovviamente a meno che Ron
non entrasse di soppiatto nell’ufficio del preside, arrivasse la Londra di
nascosto, la sposasse sotto falso nome e poi andasse all’hotel, chiaro… e comunque
impossibile.
-Chissà
– disse sbrigativa
-Hans vi
accompagnerà al piano, Pete invece si provvederà di
trasportare i vostri bagagli. Integri. – disse indicando prima il ragazzo
dell’ascensore e poi quello che prima stazionava dalla porta
Lei
annuì e si diresse verso la cabina numerata.
Doveva
essere davvero un posto di lusso quella specie di condominio… sul retro aveva
intravisto una piscina e l’atrio era invaso da piante tropicali molto costose
che, senz’altro, necessitavano di molte cure.
L’ascensore
era responsabilità di un inserviente a parte che, a occhio, non doveva
dimostrare più della loro vera età, ovvero sui diciassette, diciotto anni.
Quando si arrivava al piano, un campanello tintinnava facendo il caratteristico
“din”, ma non il suono metallico di tutti gli
ascensori, bensì un rumore dolce e leggero che avrebbe fatto riconoscere
immediatamente una casa di lusso da una che non lo è.
Senza
ombra di dubbio Raymond pagava parecchio di spese di
amministrazione… caspita, ma se insegnare babbanologia
a Hogwarts era così redditizio ci andava anche lei!
La
lancetta si fermò sul numero 13, l’ultimo.
Il
ragazzino in divisa si premurò di aprire le porte e rivolgere loro un inchino
mentre li faceva uscire e conduceva alla porta.
La
stanza, dove sopra era appeso in caratteri raffinati il numero 63, era l’ultima
dell’abitazione, proprio sul sottotetto, il cosiddetto “attico”.
Il
garzone di nome Hans, come aveva detto il portiere,
aprì la porta con una chiave magnetica e di fronte a loro l’appartamento del prof
prese forma.
Le
finestre davano direttamente su Hyde Park, fornendo
una invidiabile vista sul verde e sulla City, il poggiolo era stretto, ma
delizioso e delle fluente tende di cotone coprivano le due portafinestra.
La
stanza non era molto grande, se paragonata allo sfarzo del resto del palazzo,
probabilmente era l’abitazione più modesta, ma ad ogni modo carina. I bagagli
erano sistemati di fronte alla porta e Hans si
premurò di portare dentro le valigie a due per volta finchè
non dovette richiedere l’aiuto di Pete per
trasportare il baule della riccia che finse di interessarsi all’arredamento per
mascherare l’imbarazzo; Malfoy la guardò dandole della scema e poi scrutò
intorno a se: come facessero i babbani a vivere in
spazi tanto ristretti era un interrogativo che lo assillava già da un bel po’ e
che si manifestava in diverse persone che conosceva. La cosa non gli piaceva,
la stanza, comunque, era quasi passabile.
Su
un lato una cucina a piastre con lavandino, di fianco una libreria che occupava
tutta la parete, il piccolo soggiorno con tavolino, il letto addossato ad una
delle pareti, la cabina armadio e, nascosta dietro a questa, la porta del
bagno.
Guardò
intorno e il vento fece ondeggiare le tende dando all’ambiente un’atmosfera
piacevolmente fresca e ventilata
-Temo
che sarà più dura di quel che credessi – ammise sospirando e andando in
perlustrazione
-Senti
chi parla, pensi che mi faccia piacere essere scambiata per tua madre? – gli
domandò la Gryffindor mettendosi le mani sui fianchi
-Ehi,
guarda che è più insultante avere una piccola mezzosangue pezzente come madre!
– la rimbrottò lui, per niente contento di quella osservazione
-Grazie
al cielo quelli della tua razza sono in via di estinzione – mormorò lei tra i
denti prima che la discussione sfociasse nella consueta e abituale litigata
giornaliera…
-E da
quando ti interessi di antropologia? – le domandò lui altrettanto a bassa voce
-Da
quando non riesco più a liberarmi di te – rispose
-Credimi,
se potessi non mi vedresti più!
-Ah!
E
sempre rimuginando, il biondastro si diresse verso il bagno, peccato che i
braccialetti avessero cominciato a brillare mentre si avvicinava ai tre metri e
fu sospinto indietro.
Sopprimendo
un’imprecazione sulle labbra, diede uno strattone che fece vacillare la sua
compagna, costretta a camminare per non essere scaraventata a terra.
Decisamente
sarebbe stata molto peggio di quanto avesse preventivato.
***
Spazio autrice: ciao!
Finalmente
la scena si sposta… dopo aver scritto un’intera fic
ambientata a Hogwarts ho spostato un po’
l’ambientazione, ma state tranquilli, tra un po’ di capitoli si tornerà a
scuola.
Innanzi
tutto chiedo umilmente scusa se ho fatto qualche genere di errore di tipo
geografico, Londra è una città che mi piace molto, ma sfortunatamente non ho
ancora avuto la fortuna di visitarla, quindi non la conosco molto bene, spero
comunque di non aver sparato qualche strafalcione dei miei…
Bene,
su questo capitolo non c’è molto da dire, un po’ di litigi, la partenza… sapete
che il mio rapporto con le partenze è piuttosto conflittuale, bene, casualmente
è capitato lo stesso nella storia…
Aspetto
di sapere che cosa ne pensate, nel frattempo vi ringrazio tantissimo per avermi
lasciato le bellissime recensioni e per aver aggiunto la storia tra i
preferiti, spero che sia all’altezza delle aspettative, anche se l’impostazione
è abbastanza diversa da quella precedente, ma non preoccupativi, si complicherà
man mano che il tempo passa.
Ciao!
Nyssa
fra fave: effettivamente anche nella mia mente Malfoy
sembra più piccolo dei 10 anni che gli ho attribuito, però la faccia da bambino
imbronciato mi ricorda moltissimo quella che aveva il mio cuginetto
ai tempi dei tempi…
Il
primo arrivo a Londra è stato già costellato di battibecchi e imprevisti, però
sto ancora progettando il proseguimento… spero che ti piaccia anche il terzo
capitolo, aspetto di sapere… ciao! Un bacio! Nyssa
herm83: temo che ci vorrà ancora un cappy o due prima della scena da baby-sitter, però anche io
me la stavo immaginando in questi giorni… che sia una peste, invece, è un dato
di fatto ^^
Spero
che ti piaccia anche il terzo cappy, ciao e a presto!
Un abbraccio, Nyssa
Shavanna:fiuuuu meno male,
vivo nel terrore di riproporre la stessa storia, grazie al cielo non è così,
qui Herm fa un po’ meno la santa, diciamo che, se
nell’altro capitolo era Draco quello che mi somigliava, sempre alle prese con
delle pressanti crisi di personalità, qui è lei che ho ispirato a me in larga
parte, ma ci sarà modo di approfondire il personaggio nei prossimi capitoli,
adesso credo che sia un po’ presto, anche se ho già fatto qualche accenno.
Mi
auguro che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, aspetto di sapere… nel
frattempo ti ringrazio per seguire così assiduamente le mie storie, ciao e un bacione! Nyssa
potterina_88: è bello ritrovare qualcuno dei vecchi
lettori anche nelle nuove storie, sono molto felice e grazie per il bentornato!
Ti
do ragione, Herm era già grande quando è arrivata a Hogwarts e si è dovuta scontrare con pregiudizi che l’hanno
resa ancora più adulta… beh, chissà che questa non sia un’occasione per vivere
un po’ di quell’adolescenza che le è stata negata *//*
Mi
fa piacere sapere che la storia è originale, come ho già detto, vivo nell’ansia
di riproporre qualcosa che avevo già messo nell’altra, essendo stata la prima,
vi ho esaurito in parte la mia fantasia creativa, ma mi sono resa conto di
poter sfornare ancora qualcosa sufficiente per ultimare questa (anche se ce ne
vorrà….)
Aspetto
di sapere cosa ne dici questo cappy, anche se è un
po’ di passaggio, ciao e un bacio! Nyssa
La stanza dove si trovavano era la versione moderna e molto, molto
costosa delle dimore ottocentesche degli artisti bohemien, con tanto di
sottotetto e monolocale, peccato che l’ordine che regnava era maniacale, tenuto
con cura, probabilmente grazie al v
La
stanza dove si trovavano era la versione moderna e molto, molto costosa delle
dimore ottocentesche degli artisti bohemien, con tanto di sottotetto e
monolocale, peccato che l’ordine che regnava era maniacale, tenuto con cura,
probabilmente grazie al valoroso contributo di una donna delle pulizie, chissà
come doveva essere la casa quando Raymond la abitava,
come prof aveva un comportamento piuttosto disordinato, sbadato e distratto,
tanto da far spesso alzare gli occhi al cielo alla povera vicepreside.
Come
facesse a possedere un appartamento così bello era un bel mistero che, tornata
a Hogwarts, era intenzionata ad inserire alla lista
di quelli già esistenti.
Malfoy
stava vagando per la stanza trascinandola come un cane all’esplorazione
dell’appartamento che, a occhio, non doveva assomigliare molto alle case a cui
era abituato, beh, non poteva dargli torto, anche lei la prima volta che era
stata nel mondo magico aveva avuto un bello shock… l’impatto con la Tana, dove
gli utensili svolgevano da soli i lavori, i letti si rifacevano e uno
spazzolone era continuamente a pulire per il pavimento, era stato traumatico,
era rimasta due giorni ad osservare ipnotizzata i ferri da maglia di MollyWeasley che preparavano
l’ennesimo maglione pungente, ma era comunque uno spettacolo affascinante e
anche l’orologio con i simboli degli abitanti della casa che si spostava a
seconda di dove si trovavano… come doveva essere l’impatto per una persona
abituata a tutto questo con il mondo babbano? Niente
arnesi incantati, ma micidiali frullatori, fuochi a piastra, aspirabriciole e caloriferi al posto dei caminetti. A
pensarci bene, poi, non ricordava di aver neppure mai visto una casa piccola
come quella, nell’altro mondo, perfino le tende da campeggio avevano dimensioni
esagerate, nel mondo degli umani, invece, lo spazio era poco e andava
ottimizzato con tavoli a scomparsa e mobili ad angolo per poter abitare un
appartamento.
Quello
che poi il biondastro stava perlustrando, oltre a non essere neppure tra i
bilocali più piccoli, era anche il top del lusso… ma continuava ad essere
scettica.
Lasciandolo
all’ispezione della cabina armadio, uscì sul terrazzo e respirò l’aria un po’
inquinata della grande Londra. Nonostante fosse grande e lei non fosse neppure
proprio del centro città, amava quel posto, ma bisognava ammettere che non era
il massimo per combattere le malattie respiratorie… Da lontano vide le arterie
principali della città diramarsi come un labirinto e proprio lì sotto c’erano
le chiome degli alberi che ondeggiavano coperte da un po’ di neve quasi sciolta
-Ehi
mezzosangue, come si fa a scendere agli altri piani? – la apostrofò lo Slytherin che, guardandolo da quella angolazione, sembrava
proprio un bambinetto pestifero
-Intendi
tornare nell’atrio? – gli domandò
-No,
voglio sapere dove stanno le altre camere, lo studio, la biblioteca, la sala da
pranzo, la sala da tè, gli altri bagni…
Non
poté finire perché lei si mise a ridere quasi da non riuscire più a fermarsi…
forse aveva sopravvalutato le capacità logiche del biondastro
-Malfoy,
l’appartamento è tutto quello che vedi
-Intendi
dire che questa misera stanzetta che è come lo sgabuzzino delle scope di Hogwarts sarà dove dovrò vivere?
Vederlo
così sconvolto la faceva ridere terribilmente, sembrava veramente allucinato,
si guardò intorno sgranando gli occhi e poi scosse la testa
-Tu
scherzi – le disse come se fosse ovvio, lei fece cenno di no – ma questo posto
è minuscolo e c’è solo un letto!
-Quello
è un problema – confermò prendendo mentalmente le distanze tra il materasso e
il divano a due posti: almeno 4
metri. Non ci siamo…
-Bene,
prendi la tua roba e sistemati sul divano – disse sbrigativo
-Non
provare neppure a pensare una cosa del genere! – protestò – se qualcuno deve
dormire sul divano quello sei tu!
-Perché
io? Sei tu la sudicia mezzosangue
-Sei più
piccolo e occupi meno posto
-Beh,
certo… butta giù qualche chilo e vedrai che ci stai anche tu sul divano
-Assolutamente
no! – ribatté determinata – io dormo sul letto e tu ti sistemi dove ti pare
-Siediti
– le disse poi sbrigativo tirandola fino al bordo del materasso
Guardandolo
indecisa, lei si sedette mentre la serpe muoveva qualche passo verso il centro
della camera dove stavano tavolo e divano: uno, due, tre, quattro, cinque… il
braccialetto s’illuminò e lo bloccò prima che potesse compiere un altro
movimento
-Sposta
il divano – le ordinò perentorio
Sbuffando
sulla malagrazia con cui glielo aveva chiesto, lei si alzò e si mise a ruotare
l’arredamento, peccato che tra il letto e la finestra ci fosse appena mezzo
metro, che di fronte fosse sistemato un tavolino e che, dall’altra parte si
accedesse alla cabina armadio
-Dove
dovrei metterlo, genio? – gli chiese appoggiandosi allo schienale
-Dove cazzo ti pare, basta che stai lontana dal letto
-Neppure
per idea! Io dormo sul letto, tu stenditi sul pavimento!
-Spiacente,
non intendo rovinarmi la vacanza solo perché sei piena di storie
-Ah, io
sarei piena di storie? Non provare neppure a pensare che ti lascerò il letto,
dove diamine dovrei dormire?
-Dove ti
pare, non è un problema mio – liquidò il dilemma lui
-Io sul
pavimento non ci dormo – chiarì perentoria da una parte del materasso
-Beh,
neppure io! – sbraitò lui dall’altra parte
Tra
i loro corpi non c’erano neppure due metri, eppure sembrava che li separasse
nientemeno che la Fossa delle Marianne da tanto erano radicati sulle loro
posizioni: lei si mise le mani sui fianchi in un gesto che compiva spesso
quando era contrariata, lui sbuffò levandosi un ciuffo biondo dagli occhi e
incrociò le braccia sul petto mettendosi di lato: la copertina perfetta di un
film catastrofico
-Se sei
così cocciuta, allora dormiremo insieme – disse sbuffando ancora e inveendo
contro i suoi capelli
-Neppure
per sogno! Io non ci dormo con te!
-Cos’è,
hai paura che possa attentare alla tua preziosa virtù?
-Non
dire stupidaggini, non farò mai una cosa del genere! – si rifiutò
categoricamente lei
-Beh,
allora la Miss-So-Tutto-Io-Granger deve trovare una
soluzione a questo casino perché, mi pare di capire, nessuno di noi vuole
dormire sulla moquette
-Ma che
cultura… - lo canzonò lei – sai perfino cos’è una moquette
-Il tuo
senso dell’umorismo è penoso – sottolineò lui
-Non
m’interessa, ti prendi una coperta e ti sistemi ai piedi di questo affare – e
indicò il giaciglio
-Fallo
tu, io non ne ho problemi a dormire con una donna – rispose con un ghigno
malizioso sulle labbra
-Beh,
permettimi che io, invece, ho qualche problema a dormire con un bimbetto
pestifero
-Bimbetto
pestifero lo vai a dire a Potter – ribadì acido guardandola male
-Non
insultare Harry! – chiarì
-Faccio
quello che mi pare, non sei la mia mammina che mi dice come devo comportarmi!
-Non sia
mai! E comunque, qualcuno avrebbe dovuto insegnartelo tanto tempo fa!
-Che ne
sai tu di me? – gridò cattivo – pensa agli affari tuoi e non impicciarti nei
miei!
Lei
si ritrasse di un passo, investita da quelle parole risentite
-D’accordo,
divideremo il letto – bofonchiò arrabbiata spostando in malo modo un cuscino
all’uncinetto – ma stammi distante
-Come se
avessi voglia di far qualcosa con una come te – sibilò lui
-Tanto
per mettere qualche paletto – chiarì lei dirigendosi verso la valigia posata al
fianco del tavolo
Lui
alzò le sopracciglia mentre lei apriva le chiusure del baule, poi la vide
adocchiare la libreria e, con un colpo di bacchetta, spostare il contenuto nel
mobile, riempiendo, uno dopo l’altro, i sette ripiani liberi.
Malferret la guardò come se fosse completamente
ammattita e seguì con gli occhi i vari volumi che si sistemavano ordinatamente
nello spazio libero.
Al
termine degli scaffali c’erano ancora due pile di libri da sistemare che non
sapeva dove far stare, così, tanto per non lasciarli in giro, li appoggiò sul
letto mentre andava a riporre qualche abito e la biancheria nella cabina
armadio.
Il
biondo si avvicinò, sedette sul piumone imbottito e prese tra le mani uno dei volumetti dall’aria terribilmente babbana,
la copertina bianca riportava una grossa scritta blu contornata di rosso dove
spiccava il nome “KathyReichs”
seguito dal titolo in identica fattura Cadaveri
innocenti alzò una delle sopracciglia e seguì con lo sguardo la ragazza che
faceva avanti e indietro dalla sala-cucina-camera
all’armadio
-Mezzosangue,
ma tu leggi davvero questa roba? – le chiese incerto, lei buttò un occhio al
libro che aveva in mano, poi annuì senza dire altro.
Lui
continuò a tenere in mano l’oggetto rivoltandolo e poi aprendolo a metà, la
frase che stava leggendo al momento recitava
“Il corpo è stato trovato in
una vecchia cassa. Presenta ferite multiple. LaManche
procederà all’autopsia oggi stesso”
“Che tipo di ferite?” fissai
una fioritura di macchie sulla mia vestaglia.
Fece un profondo respiro.
“Ferite da pugnale e segni di legatura sui polsi. LaManche
sospetta che ci siano anche segni di aggressione da parte di animali”
[…]
“Il corpo non era ancora
completamente congelato, quindi è probabile che si trovasse all’aperto da meno
di dodici ore. LaManche cercherà di circoscrivere il
più possibile l’ora presunta della morte”
Sbattè qualche volta gli occhi incredulo su quello che aveva letto,
ma eravamo sicuri che quel libro appartenesse alla Granger? Cominciava ad avere
qualche sospetto che non fosse così, magari si trattava di una delle belle
avventure sanguinolente di Potter, la mezzosangue non sembrava il tipo da
appassionarsi a certi racconti cruenti.
-Dì un
po’, ma come fai a leggere questa roba? – le chiese girando la copertina e
stendendosi sulle lenzuola pulite, lei tornò a guardare il libro senza trovarci
niente di strano
-Perché?
-Non so
se hai notato che c’è un cadavere
-Più di
uno – precisò lei annuendo con una pila di biancheria in mano e qualche
elastico per capelli
-E ti
piace davvero questa cosa? – indicò il volumetto in paperback dalla copertina sottile e abbastanza fragile
perfino per gli standard babbani, ma questo
giustificava il prezzo assai ridotto stampato dietro ad essa
-Sì
-Non ci
credo! – la prese in giro voltando un’altra pagina e trovando un’altra sequenza
di ferite da taglio – perché leggi certa roba?
-Perché
è bella – puntualizzò lei appoggiando le cose che stava portando e
avvicinandosi – e perché c’è il tenente della SQ più bello di tutta la storia
della letteratura thriller!
Un
sorrisetto si abbozzò sulle labbra prima solo divertite del biondastro mentre
si metteva a sedere e la fissava dritta negli occhi
Lei
arrossì e si portò una mano alla bocca voltandosi di scatto e prendendo
nuovamente in mano la maglia e gli elastici
-L’hai
detto… - disse semplicemente per farle notare che aveva sentito perfettamente
ciò che aveva pronunciato.
Rossa
in volto, lei tornò nella camera e gli strappò il libro dalle mani rimettendolo
sulla pila del comodino mentre gli occhi di lui la seguivano e le labbra erano
storpiate in un ghigno made-in-malfoy soddisfatto e
molto, molto compiaciuto
-Pensa
ai fatti tuoi – biascicò arrabbiata tornando a nascondersi nella cabina
armadio.
Lui
non si lasciò scoraggiare e, andando a riprendere il tomo, lo aprì alla prima
pagina e si mise a leggerlo seduto in letto con tanto di scarpe sulle coperte.
Quando
lei tornò e lo osservò in un misto di risentimento, collera, vergogna e
desiderio omicida, lui sorrise
-E
allora conosciamolo questo tenente così affascinante – rispose mandandola in
bestia.
Si
trattenne dal ringhiargli contro qualcosa di offensivo e, stringendo i pugni
lungo i fianchi, si spostò accanto alla valigia, batté un piede sul pavimento,
digrignò i denti e poi scomparve in bagno.
***
Quando
l’orologio appeso dietro la televisione segnò le tre di pomeriggio, una
musichetta soave invase l’ambiente distraendo momentaneamente Draco dalla
lettura del testo che lei gli aveva prestato, o meglio, che lui le aveva
requisito assieme al dizionario di babbano che ormai
stava aperto sul letto e dove lui controllava i termini che non conosceva.
In
verità all’inizio li aveva domandati uno per volta alla mezzosangue,
additandola ciascuna volta come So-Tutto-Io-Granger,
poi lei si era seccata di spiegargli cosa fosse l’antropologia forense, il coroner, una
radiografia, un diafanoscopioe via dicendo e gli
aveva rifilato il vocabolario nella speranza di riuscire a riordinare le idee
tranquilla; Malferret non aveva approvato, ma
sbuffando e lamentandosi come se gli avessero fatto un torto, aveva sfogliato
le pagine fino a trovare la parola che cercava.
-Alzati
Malfoy – disse lei sbucando dalla dispensa – se vogliamo mangiare dobbiamo
andare a comprare qualcosa eppoi non possiamo circolare conciati così, tu hai
quel vestitino ridicolo e io non voglio sembrare la McGranitt
– anche se, al momento, si era allargata un paio di pantaloni e un maglione.
Lui
la guardò male per il “vestitino ridicolo”, poi mise un segno al libro, lo appoggiò
sul comodino di destra, sotto sistemò il dizionario e scese docilmente
-Con che
soldi dovremmo pagare?
-Silente
mi ha dato qualcosa e dato che sono maggiorenne ho il bancomat…
-Bancomat?
– ripetè
-È una
tessera magnetica che ti permette di prelevare dei soldi dal conto corrente
informatizzato della banca… serve la scheda e un codice segreto – lui scosse la
testa, proprio non li capiva questi babbani che
andavano a complicarsi la vita quando era così semplice entrare alla Gringott e ritirare qualche spicciolo
-La
moneta babbana è la sterlina e prima di comprare
qualcosa dimmelo
-Sì,
maestra – ripetè sadico infilandosi le mani in tasca
mentre lei armeggiava con la chiave magnetica che il portiere senza nome le
aveva fornito quando era arrivata.
Si
infilarono i cappotti e le sciarpe e poi uscirono.
L’ascensore
era un’invenzione che lo affascinava parecchio, anche perché gli permetteva di
risparmiarsi tredici piani di scale, sarebbe stato utile impiantarne uno anche
a Hogwarts dove, per arrivare a Corvonero
e Grifondoro occorreva arrampicarsi su per rampe di
scale mobili, mentre per scendere a Serpeverde c’era
da rompersi l’osso del collo sui gradini scivolosi del sotterraneo di cui, a
quanto pare, quelli del Comitato Studentesco non si erano ancora occupati… chissà
perché avevano messo passiere da tutte le parti
tranne dove serviva… beh, c’era anche da ricordare che il Consiglio non aveva
mai ospitato tra i suoi ranghi ragazzi di Serpeverde,
i maschi avevano tutti tendenze decisamente etero
e le ragazze di meglio da fare che prendere il tè assieme ad altre ragazze.
L’atrio
era deserto, caldo e soleggiato nel pomeriggio, ma appena usciti fuori si
veniva investiti da una ventata fredda che avrebbe potuto congelare un thermos
di caffè, la Caposcuola sorrise al ricordo dei tanti anni in cui era stata a
Londra e ogni giorno quella ventata investiva lei e sua madre quando uscivano
dall’edificio scolastico, erano bei ricordi legati a molti anni prima, a quel
tempo aveva pressappoco l’età attuale di Malfoy…
-Non ti
porto da Harrods perché saresti capace di spendere
tutto quello che abbiamo, però conosco un centro commerciale non molto distante
e i convenient-market sono sempre aperti
-Non
hanno un bel nome
-Harrods
è fuori della nostra portata
-Perché?
-Il
minimo che puoi trovare è una maglia da 90£ e non ci tengo. Ah, per inciso –
aggiunse – nel mondo babbano la roba di sartoria è
quasi inesistente e costa dei patrimoni, quindi ti accontenterai di banalissimi
abiti fatti in serie
-Tipo i
maglioni di Potter? – lei sbuffò e cominciò a camminare finché il braccialetto
non si illuminò e Draco fu trascinato dietro di lei dal suo passo spedito.
Dopo
cinque minuti di strada ne aveva già sopra la testa dei babbani:
i marciapiedi erano caotici e affollati e la gente non guardava dove camminava
e pensava agli affari suoi col risultato di essere continuamente spintonati,
costretti a fare slalom e, cosa peggiore, c’era qualcuno che riusciva a
calpestarti i piedi.
La
mezzosangue si muoveva con grazia in mezzo a quella marea di invasati che parlavano
da soli o con una scatoletta colorata all’orecchio, reggevano portadocumenti e vestivano orrendi completi finto elegante
a righini con tanto di oscene cravatte rosa a pallini bordeaux: la fiera del
cattivo gusto. Il mondo babbano gli appariva opaco e
ripetitivo, nulla era unico e niente era speciale, non era come tra i maghi,
dove i vestiti erano solo di sartoria, dove non esisteva la produzione
in serie e solo quella al dettaglio. Raymond aveva
detto che una volta, diverso tempo prima, anche il mondo degli uomini era così,
beh, doveva essere stato moooooolto prima perché
tutti quelli incontrati fino ad ora non sarebbero stati in grado di indossare
un singolo abito cucito a mano, o meglio, a magia.
La
scritta lampeggiante al neon “Centro Commerciale Hyde
Park” lanciava la sua luce bluastra ai passanti dalla sua postazione sul tetto
della costruzione che assomigliava irrimediabilmente allo spogliatoio del campo
da quidditch di Hogwarts,
non aveva un’aria invitante e neppure le donnine grassocce che se ne uscivano
con le mani piene di sacchetti di plastica da cui spuntavano altri sacchetti e
altra carta.
La
Gryffindor si diresse senza esitazione all’entrata e
tenne aperta per lui la porta d’ingresso
-Levati
– gli disse mentre prendeva un cestello dalla pila alla loro destra – si chiude
da sola…
Era
vero.
Se
ci si spostava, le due ante scorrevoli di vetro tornavano a combaciare
-Magia –
chiese circospetto
-No,
solo ingegno
Rispose
lei.
-Mi
raccomando – aggiunse ancora – qui niente incantesimi, ci sono le telecamere,
semmai solo nei camerini
-Telecamere?
– ripetè come se fosse finito in una dimensione
parallela dove si parlavano altre lingue
-Te lo
spiego dopo.
E
imboccò il primo corridoio.
Il
posto dove era finito era il primo girone dell’inferno, c’erano scaffali su
scaffali di oggetti per la casa a cui la Granger lanciava appena uno sguardo di
disprezzo di fronte a bicchieri con le balene e guanciali decorati a rombi, se
ne rallegrò, non credeva che sarebbe riuscito a dormire in una stanza assieme
ad un oggetto tanto brutto, una donnona accanto a
lui, invece, sembrava apprezzarli particolarmente e, tirando per un braccio lo
sfortunato uomo che doveva essere suo marito, gli stava giusto dicendo di
metterne nel carrello almeno mezza dozzina!
Prima
di imboccare una stravagante scala, la mezzosangue lo aspettò, spiegandogli che
lui doveva mettere piede sul quadratino di metallo e non sulla riga e che poi
avrebbe pensato la scala a salire.
Si
chiamava scala mobile.
L’invenzione
era ingegnosa e dopo un paio di prove, esattamente come un bambino di quattro
anni accanto a lui, riuscì a padroneggiare l’idea, intelligente quasi quanto
l’ascensore
-E’ una
magia interessante – disse alla Caposcuola che ascendeva annoiata al primo
piano senza troppa agitazione
-Si
chiama tecnologia, non è magia – gli fece notare per la seconda volta
Rimase
zitto e la guardò, i babbani erano pieni di difetti,
a cominciare da quello che erano esseri inferiori e non sapevano usare le magie
e le pozioni, ma avevano un pregio: dovendo vivere senza di esse si erano
ingegnati a trovare qualche stratagemma che permettesse loro di ottenere
pressappoco gli stessi risultati con un minimo sforzo perché, bisognava dirlo,
erano molto pigri.
Il
pianerottolo dove erano arrivati era il tripudio dell’abbigliamento di pessimo
gusto fatto in serie, ma dovendosi accontentare, seguì la ragazza attraverso
file e file di vestiti sempre uguali che sembravano degli ologrammi da tanto si
assomigliavano.
-Cominciamo
con te – disse perentoria lei dirigendosi verso un reparto dove campeggiava la
scritta colorata “”Kids 1-14 anni”, lui scosse la
testa rassegnato e imbronciato di dover essere costretto a mettersi la roba di
un comune poppante, ma la seguì.
Rovistando
tra alcune magliette, lei ne estrasse una con un orsetto, gliela mostrò; lo
sguardo che le rivolse avrebbe incenerito un iceberg e poteva lasciare
facilmente intendere cosa le avrebbe detto se mai avesse avuto il coraggio di
rifilargli un simile capo. Lei sorrise divertita lo ripose
-Maglia
o camicia?
-Tutte e
due? – chiese speranzoso di trovare qualcosa di decente, anche se questa
fievole luce si stava spegnendo per ogni minuto di più che trascorreva in quel
girone dantesco.
-Ah,
ecco qui! – esultò lei estraendo da un mucchio con scritto “Saldi!” una camicia
da bambini a righe blue e un pullover intonato
-Non ci
sarebbe verde? – domandò scettico
-La
mettiamo a posto a casa, vattela a provare – ordinò proprio come una mammina al
bimbo che fa i capricci, lui sbuffò
-Cioè,
dovrei spogliarmi in mezzo a tutta questa gente? – il sopracciglio sinistro di
lei si sollevò, poi, conducendolo per un gomito con la roba in mano, lo chiuse
tirando una tenda in uno spazio angusto pieno di ganci e con uno sgabello
-Mettiti
maglia e camicia e vedi di essere veloce
Sopprimendo
l’ennesimo insulto della giornata, si cambiò la giacchetta col fiocco e indossò
la camicia e la maglia.
Erano terribilmente infantili, il cotone era decisamente di
scarto, la tintura pessima, la cardatura non sapevano dove vivesse e non
ricordava di essere mai stato così poco fine nel vestire, ma se quello era il
massimo che potevano avere… al ritorno a scuola, comunque, avrebbe scambiato
due paroline con Silente, non era pensabile che li spedisse a Londra, li
costringesse a stare assieme per tre settimane e non gli fornisse neppure il
denaro sufficiente a mantenere il suo standard di vita! Maledetto preside
rimbecillito…
Quando
uscì dallo stanzino la parte superiore del suo corpo assomigliava davvero a
quella di un comune decenne, peccato solo per i pantaloni neri con la riga
stirata… Hermione sorrise soddisfatta e gli passò un paio di jeans.
Quando
la testa bionda sbucò di nuovo, il sorriso si allargò sul suo viso di lei,
illuminandolo e rendendola stranamente dolce, lui si concentrò per non
arrossire a quell’aspetto terribilmente materno che l’età le conferiva, molto
diverso da quello che sfoggiava sua madre, poi ghignò a sua volta
-Adesso
tocca a te, allora – propose sadico mentre gli occhi le si stringevano
leggermente nel tentativo di capire il motivo di quell’affermazione – ma come –
aggiunse – mi costringi a mettere questa roba orribile… adesso scelgo io per te
-Assolutamente
no! – protestò lei, lui le mise il broncio mentre due vecchiette che passavano
dietro di loro sorrisero al vedere quella scena
-Lo
accontenti signora – disse la prima
-È un
così bel bambino – aggiunse la seconda
Lei
fece per protestare che non era bello E non era suo figlio, quando Malfoy,
cogliendo la palla al balzo disse
-Dai mammina,
sono sicuro che ti starà tutto benissimo – si fece schifo da solo per quanto la
sua voce sembrava mielosa e dolciastra, ma la cosa aveva i suoi vantaggi.
In
quel momento, lei non riuscì a non arrossire del tutto mentre le due nonnine
sorridevano.
Prendendolo
in malo modo per mano, lo trascinò in un altro reparto con scritto “Donna”
-Non
farlo mai più – sibilò arrabbiata e imbarazzata
-Cos’è,
ti vergogni? – le chiese cattivo
-Non ci
provare – aggiunse indirizzando su di lui le iridi dorate che luccicavano
pericolosamente, peccato che uno come Draco Malfoy non si lasciasse intimorire
da così poco, soprattutto dopo sette anni che conosceva la mezzosangue. Eppoi,
occhio per occhio dente per dente, no? Lei l’aveva ridicolizzato facendolo
davvero passare per un bambinetto ignorante, quale
cosa migliore che ripagarla con la stessa moneta?
Dopotutto
era una serpe, le serpi non sono mai leali.
A
parte Blaise, chiaro. Ma lui era una serpe strana.
Il
reparto da donna era molto ampio e si divideva in abiti premaman,
abiti da sera, abiti da ufficio, abiti da tempo libero.
Per
quanto la riguardava, il suo campo era “abiti da tempo libero”, peccato però
che Malferret si stesse dirigendo esattamente tra
quelli per donne incinte e gli abiti da sera e di lusso.
-Ti ci
vedrei bene con uno di questi – disse Malfoy-versione-bambino
aggrappandosi al tessuto lucente di un abito di raso con tanto di fiocco sul
seno; lei lo studiò alzando un sopracciglio: neppure morta
-Non
vado in giro conciata come una cantante d’opera – ribatté cercando di muoversi
verso l’altro reparto
-E
questo, mamma? – aggiunse lui proponendole un vistoso abito rosso con
ricami neri, qualcuno sorrise dietro di lei
Le
sopracciglia si abbassarono pericolosamente.
Non
poteva ammazzare quello che tutti consideravano suo figlio in mezzo ad un
centro commerciale, non poteva schiantarlo né urlargli contro di tutto come
faceva a scuola… le sarebbe proprio piaciuto sapere perché fosse sempre lui
quello che traeva vantaggio da ogni situazione.
Quando
voltò la testa, il biondastro le si avvicinò, le braccia colme di abiti,
intravide un tailleur, la cosa che detestava più di qualsiasi altra, e un paio
di gonne, qualche pantalone e delle camicie. Il bimbo era impazzito.
-Provali
– disse rigido, come se stesse dando ordini ad una truppa militare
-Stai
scherzando? – gli chiese lei
-No – il
tono sembrava minaccioso anche senza che lui atteggiasse la faccia ad una
smorfia cattiva
-Lo
accontenti, signora, sono certa che le staranno bene – intervenne una delle due
vecchiette che li avevano seguiti e che già pregustava l’odore di sangue
-Avanti,
è un bambino così dolce… - aggiunse l’altra accarezzandogli la testa, peccato
che lo Slytherin le avrebbe tranciato una mano nel
medesimo istante, altro che bambino dolce e carino
Le
due nonne erano un disco rotto, ripetevano sempre la stessa. Sbuffando
spazientita e trovandosi in minoranza, la mezzosangue prese dalle braccia del
suo ipotetico figlio, che per quel che ne pensava poteva andarsi ad impiccare
alla Torre di Londra o rinchiudersi ad Azkaban per
tutta la vita, la pila di abiti, poi si chiude dentro un camerino.
Malfoy
e le due anziane signore si accomodarono sui divanetti di fronte agli
spogliatoi e attesero sentendo sbuffare e borbottare e, mentre le due
ridacchiavano, lui pregustava la sua vendetta.
Quando
la tenda scorse rapida sul bastone, la Granger vestita con un tailleur rosa
polvere riapparve, un bel broncio stampato sul viso, la gonna un po’ storta, i
capelli scompigliati mentre continuava ad allentarsi la camicia che le
stringeva e il bottone sul seno tirava in maniera abbastanza vistosa. Le
sopracciglia del biondo volarono verso il basso mentre lei batteva nervosamente
un piede sul pavimento in attesa che le tre persone schierate le dessero il
permesso di andare a mettersi qualcosa che le donasse di più di un abito che la
faceva assomiglia ad una meringa o, come avrebbe detto sua madre, alla Regina
Elisabetta nei suoi giorni di delirio.
Per
quanto gli occhi della serpe indugiassero più del necessario su quel punto che,
in genere, guardava con noncurante disinvoltura, ma che non avrebbe dovuto sbirciare
in una come la Granger, si fece forza per rimandarla a cambiarsi prima che
accadesse l’irreparabile e le due vecchie megere gridassero all’incesto.
Facendo
svolazzare la tenda, lei tornò a cambiarsi.
Col
secondo vestito sembrava uscita da una comunità di hippy degli anni Sessanta,
le mancava solo una canna in mano ed era perfetta per l’”alternative life”, le
due vecchie scossero la testa all’unisono.
Il
terzo vestito le donava, peccato che fosse estivo.
Il
quarto era da sera e lei si rifiutò di metterlo.
Col
quinto le cose cominciarono a migliorare visto che la gonna a quadri lunga le
stava abbastanza bene e la maglia a collo alto di lana non tirava come le
camicie.
Quando
provò l’ultimo abito, aveva messo da parte da portarsi via solo la gonna e la
maglia, per questo fece una rapida incursione a recuperare un paio di jeans e
una felpa decente, per il resto avrebbe allargato gli abiti che aveva.
-Non hai
un briciolo di sex-appeal – le disse duro Malferret
quando lei tornò con gli informi abiti che le vedeva anche a scuola
-Questi
non sono problemi tuoi – fece notare lei – anzi, forse è un bene
-Se
credi che ti violenterò solo perché sono costretto a rimanere con te ventiquattr’ore su ventiquattro ti sbagli – sottolineò
impermalito – o forse ci speravi?
-La
considererò una rassicurazione – rispose astiosa, molto infuriata perché
l’avevano costretta a quella specie di sfilata di moda
Si
guardò attorno, poi s’inginocchiò di fronte a lui per arrivare pressappoco alla
sua altezza
-Rimani
qui cinque minuti, torno subito – gli disse
-Solo se
vai a meno di tre metri di distanza – le sorrise lui, lei sbuffò per niente
contenta che glielo avesse ricordato
-Sarai
anche andato a letto con la metà delle ragazze della scuola – incominciò mentre
lui la squadrava mettendosi le mani in tasca, curioso di sapere dove voleva
andare a parare – ma non intendo andare a comprare della biancheria con un bambinetto curioso e linguacciuto accanto
-In
questo caso – disse lui – non aspettarti che rimanga qui, forza, fammi vedere
che cosa compreresti
-Ma ti
hanno mai insegnato a farti gli affari tuoi – sbraitò incredula – non ci penso
proprio!
-Che tu
ci pensi oppure no – intervenne lui – dubito che riusciresti a lasciarmi a tre
metri di distanza… - lei sollevò gli occhi al cielo
-Devo
aver commesso qualche peccato grave nella mia vita precedente per essere
costretta a sopportare questa penitenza – si lamentò
-Sicuramente
eri una donna dissoluta – disse lui beccandosi l’ennesima occhiataccia – sennò
non sarebbe possibile che tu sia così pudica e verginella
-Un
bambino di dieci anni non dovrebbe dire certe cose – aggiunse lei, per niente
contenta della piega che stava prendendo a conversazione
Lui
rimase zitto e lei ringraziò per questo regalo divino.
Nel
reparto lingerie, le tendenze sue e della serpe si fecero sentire più di quanto
era l’umana comprensione e si ritrovarono in due a tirare nelle direzioni
opposte per addentrarsi nella regione reggicalze-mutandine-di-pizzo-e-biancheria-seducente
e mutandine-di-cotone-comode-e-a-pois-azzurri.
-Dove
credi di trascinarmi – gridò quasi lei strattonando il braccialetto dalla sua
parte
-Ti odio
con tutte le mie forze, ma non ti permetterò di conciarti come una suora di
clausura, non finchè dovremo vivere insieme –
protestò l’altro tirando dall’altra parte
-Non sei
il mio tutore, semmai il contrario! – rispose
-Non mi
stupisce che Weasel se la faccia con quella puttana
della Brown se ti ostini a comportarti così
-La mia
vita privata è affare mio, non ho bisogno che un bimbetto appena uscito
dall’uovo mi dica come mi devo comportarmi!
Dire
quelle cose era strano.
Sapeva
che lui aveva ragione perché lei si ostinava a nascondere se stessa e a
continuare a dare un’immagine di se molto particolare, ma non era disposta a
cambiare solo per Ron.
Era
illusa, sognava l’amore che l’accettasse per quello che era.
E
anche se ci stava male a vedere il rosso sempre accompagnato da Lavanda-cretina-Brown, non voleva che a lui piacesse una
Hermione Granger diversa da quella che era in realtà.
Lei
non era il tipo da biancheria di seta, gonnelline di jeans, pantacollant e
pancia al vento.
Hermione
Granger era solo se stessa e quella era una cosa di cui andava fiera, l’unica
che non mettesse in discussione almeno una volta a settimana.
E
se non fosse riuscita a trovare il vero amore, quello con la A maiuscola,
benissimo, avrebbe fatto la zitella per tutta la vita.
Era
per quello che lei e Ronald non erano mai usciti
insieme ed era sempre per quello che il rosso l’aveva sempre vista più come un
essere di intelligenza superiore piuttosto che come una ragazza, lui vedeva
solo l’apparenza.
Se
non era disposto ad andare oltre, allora non era fatto per lei.
Malfoy,
poi, era l’apoteosi stessa e incarnata di questa cosa.
Per
lui tutto era apparenza, solo ciò che sembra, mai ciò che è davvero.
Con
quante ragazze era stato a letto?
E
di quante ricordava ancora il nome?
Forse
solo di Pansy…
Per
lui non importava chi fosse o perché lo facesse, come faceva?
E
come poteva accettare che, allo stesso modo, quelle ragazze guardassero di lui
solo l’aspetto esteriore, senza cercare di capire qualcosa?
C’era
un motivo se era una “verginella”, come la chiamava lui, ma quello non era il
momento di metterlo in dubbio.
Aveva
imparato che essere se stessi è la cosa più importante quando di due mondi non
si riesce a costruirne uno che ti accetti, quando sei “sbagliato” sia nell’uno
che nell’altro, quando la gente di guarda con orrore chiamandoti “strega” e ti
insulta sprezzante dicendoti “mezzosangue”.
Non
c’era posto per lei.
Ma
non sarebbe cambiata, non voleva.
Era
una strega nata babbana.
E,
a suo modo, con tutti i problemi che si faceva, ne andava fiera.
Per
questo non avrebbe vacillato neppure su una posizione così ridicola come
scegliere la biancheria.
-Malfoy,
per favore – disse solo, fermandosi dall’avanzare tirandolo di peso.
Lui
si arrestò a sua volta, guardandola stupito mentre abbassava la testa, la
sbirciò incuriosito, poi si lasciò condurre nell’unico posto, dove, secondo
lui, una donna era in grado di perdere tutta la sua femminilità.
E
per femminilità non intendeva verginità.
La
guardò mentre sceglieva a caso.
Era
successo qualcosa, mentre stavano litigando, se n’era accorto, era meno stupido
di quello che le persone credevano.
La
luce degli occhi che lei aveva, era mutata improvvisamente, poco prima che
quelle tre parole fuoriuscissero dalle sue labbra.
Nonostante
fosse una serpe, e quindi bastardo di natura, sapeva quando era il momento di
passare.
Non
sapeva cosa fosse quel bagliore furtivo che era saettato nelle iridi ambrate di
lei, non sapeva perché il suo spirito fiero si fosse improvvisamente fiaccato,
ma aveva visto il limite e aveva capito che non era il caso di oltrepassarlo.
Non
era cosa che gli capitasse quotidianamente, bisognava dirla tutta, ma in quel
momento non aveva voluto.
Era
stata tutta una questione di volontà.
Aveva
scelto.
Perché
avesse deciso proprio per quella cosa, poi, era tutta da vedere.
Ma
l’aveva fatto.
Perché
lei era apparsa un po’ triste e vulnerabile mentre pronunciava le sillabe di
quelle parole.
Non
si tornava indietro. Se c’era una e una sola cosa che poteva dire di se stesso
era che non rimuginava mai sull’accaduto, fedele al detto che è inutile
piangere sul latte versato.
Ed
era per lo stesso motivo che neppure una parola era più uscita dalla sua bocca,
per lo stesso motivo che aveva passato il resto del tempo a guardarla, cercando
di capire.
La
gente lo giudicava superficiale, ma erano due le anime che convivevano in lui,
da una parte, non gliene importava nulla di cosa o come fosse una persona.
Dall’altra avrebbe voluto conoscerla.
La
prima in genere aveva il sopravvento, dominava la maggior parte dei giorni,
nella maggior parte delle situazioni e con la maggior parte delle persone, Blaise escluso, come sempre. La seconda, però, c’era e in
quel preciso giorno aveva messo la parola fine alla dittatura.
C’era
un’altra persona, oltre al suo migliore amico, che avrebbe voluto conoscere.
Perché
volesse farlo era un mistero.
Perché
proprio lei, anche.
Ma
ormai quel pensiero, quell’obiettivo, era fisso nei suoi occhi grigi: avrebbe
capito cosa si celava dietro quelle iridi dorate, avrebbe guardato oltre quel
muro e capito.
C’era
il segreto quotidiano di una persona, in quegli occhi ambrati che nei suoi
ricordi erano pieni di lacrime.
Le
lacrime di una mezzosangue. Le lacrime della prima volta che l’aveva chiamata
così.
E
c’erano altre lacrime.
C’erano
altri sentimenti che transitavano rapidi tra le ciglia bagnate di pianto, in
quella camera del Grifondoro li aveva visti e anche
quando lei si era scusata. Perfino mentre lo guardava quando erano in carrozza.
Ma
soprattutto in quell’istante quando aveva detto “Malfoy, per favore”; non c’era
neppure bisogno di chiedersi che cosa chiedesse, come favore, lui lo
sapeva già.
Non
per farle un favore, ma per capire come mai fosse cambiata d’improvviso.
Starnutì,
si soffiò il naso e la guardò.
Il
sorriso tornato sulle labbra di lei da quando aveva annuito concedendole quella
piccola vittoria, tremendamente dolci come non le aveva mai notate
-Non ti
sarai preso un raffreddore, spero – gli disse pagando alla cassa, lui la guardò
storto
-Sono
semplicemente allergico a questo schifosissimo mondo babbano
– bofonchiò nel suo consueto modo.
Ma
qualcosa era cambiato.
***
Spazio autrice: altro capitolo di passaggio per introdurre
un po’ quello che è il mondo dove, per un certo periodo, Draco ed Herm saranno costretti a vivere.
Immagini
che vi stiate stancando di leggere capitoli del genere, ma non preoccupatevi!
Dal prossimo confermo che succederà qualcosa, anche se non cosa ehehehe ^^
Spero
tanto che l’aggiornamento vi piaccia, aspetto le vostre opinioni, ciao!
Nyssa
PS:
mi rendo conto che come incipit della storia è piuttosto leggero, niente a che
fare con la complessità che ho sviluppato nelle Relazioni, ma non
preoccupatevi, la storia prenderà la sua piega più avanti, per il momento siamo
solo alla fase introduttiva *smile*
PS2:
so che non avrei dovuto, ma mi sono lasciata di nuovo coinvolgere dal vortice
psicologico dei miei personaggi, qui mi è scappato con Herm,
scusate…
Luana1985: è bello rivederti anche qui, sono molto
felice di ritrovarti tra le mie lettrici! E sono anche contenta che la fic ti piaccia nonostante sia un po’ diversa dall’altra ^^
Spero
che continuerai a seguirla e recensirla, aspetto il tuo parere, un bacio! Nyssa
frafave: sono felice che la battuta improvvisata di Herm ti abbia fatto ridere, come dicevo spesso quando
scrivevo le Relazioni, l’ironia non è proprio uno dei miei cavalli di
battaglia, quindi sono felice quando qualche scena fa divertire un po’!
Effettivamente, per avere un carattere simile, non è poi così diverso dalla
realtà…
Aspetto
di sapere che cosa ne dici di questo nuovo post, sono molto curiosa, ciao e un
bacio! Nyssa
herm83:ehehe, le
avventure di Draco ed Herm versione Drake continuano e presto avranno degli sviluppi… il
diavolo padre di Draco… beh, se non fosse che nelle mie ficHerm è più pudica di una bambina, si potrebbe quasi
farci un pensierino…
No
no, non chiedi troppo, anche se il suo bel faccino
contribuirà a non farsi prendere troppe sgridate, come in questo cappy… bene, aspetto quindi di sapere che cosa mi dici
dell’aggiornamento, ciao e un bacione! Nyssa
Shavanna: confesso che quando ho scritto quella scena
avevo in mente una particolarissima persona che poteva interpretare la parte
del punkettaro, ma poi ho tagliato suoi dettagli
perché la mia cultura a proposito è piuttosto scarsa e quindi avrei rischiato
di scrivere qualche stupidaggine, quindi sono rimasta sul vago. Però la Herm di questa fic, a differenza
della precedente, è molto meno trattenuta e sa rimettere a posto le persone,
molestatori compresi, quindi se l’è cavata anche senza aiuto.
Per
i tre metri, invece, sono davvero pochissimi, ma se non fosse così…
Mi
dispiace che poi tu non sia potuta andare… io non so davvero quando potrò…
spero presto =^_^=
Aspetto
di sapere che cosa ne pensi di questo quarto capitolo, ciao e un bacione! Nyssa
potterina_88_:ehehe, Mini
Malfoy alla fine è sempre un Malfoy e non uno qualunque, ma Draco Malfoy,
un nome un programma… Sono certa, assolutamente, che Draco c’è nato con quel
ghigno, pensa poveretta sua madre…
Direi
che Draco, nonostante detesti “i mezzosangue” non disprezzi troppo “la
mezzosangue”, anche se il suo atteggiamento è più quello di un cane che
protegge il territorio piuttosto che di un ragazzo interessato. Ma per il
momento è ancora troppo presto per pensare a certe cose, bisogna che la storia
proceda di un pochetto ancora.
Confermo,
ci saranno altre coppie, una in particolare, anche se non ho ancora deciso cosa
farne degli altri personaggi e quindi anche di Harry e di Ginny,
non volevo dilungarmi molto su di loro, ma con lo svolgimento forse sarò
costretta a riservargli un po’ di spazio… beh, si vedrà più avanti.
Aspetto
di sapere cosa mi dici di questo quarto cappy, sono
molto curiosa, ciao e un bacio! Nyssa
Quando Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta,
questa si aprì, lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e
rischiando di perdere l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti
di carta pieni di alimentari e l’al
Quando
Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta, questa si aprì,
lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e rischiando di perdere
l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti di carta pieni di
alimentari e l’altra era impegnata con le borse del centro commerciale; Malfoy
reggeva nei palmi, guardandolo sospettoso, un cartone di pizza fumante che
emanava uno stravagante profumino di formaggio e questo gli sembrava già tanto,
quindi era implicito che non si sarebbe scomodato per aprire la porta.
Affaticata,
lei posò tutto sul tavolino e si sedette sulla poltrona guardandosi attorno,
poi spostò gli occhi sul biondo che aveva sistemato la scatola sul ripiano
della cucina e, apertala, scoccava occhiate storte a quella che presto sarebbe
diventata la sua cena.
-Sei
rosso, Malfoy, stai bene? – gli chiese senza il coraggio di alzarsi in piedi
Lui
non si degnò di darle risposta, ma limitò il movimento della testa ad un
assenso
-Vorrei
farmi una doccia prima di cenare – gli fece notare mentre la serpe andava a
contemplare i suoi nuovi abiti stile bambino.
-Prima
mettimi a posto i vestiti – ordinò
Sospirando
malinconicamente, lei prese la bacchetta e tinse la maglia e la camicia di quel
verde bosco che lui apprezzava così tanto e diede ai jeans una coloritura un
po’ più scura.
-E per
carità, cancella questo schifo!
Lo
schifo in questione era il pigiama che gli aveva comprato sulla strada del
ritorno.
Dopo
una delle loro solite litigate aveva appreso che il biondastro non possedeva la
sana abitudine di dormire con un qualche indumento, il che l’aveva lasciata,
oltre che imbarazzata, decisamente perplessa, così l’aveva trascinato
recalcitrante in una merceria e aveva acquistato il primo pigiama che gli
andava, non ci teneva di certo ad entrare in contatto con i suoi attributi
virili nel mezzo di una sana dormita, soprattutto visto che avrebbero diviso il
letto, anche perché la sana dormita, in quel caso, sarebbe durata
decisamente meno, eppoi lo Slytherin avrebbe avuto
una scusa in più per attaccare briga come faceva di solito.
E
inoltre, ultimo ma non meno importante, era imbarazzata da morire.
Alla
fine Draco aveva acconsentito a coricarsi con la biancheria, ma non per questo
si era risparmiata i soldi dell’abbigliamento notte e così, adesso, il Principe
degli Slytherin in persona, ridotto alla ridicola età
di dieci anni, stava incendiando con lo sguardo il completino azzurro con le automobiline che reggeva tra le mani.
Decise
di prendersi una piccola rivincita e, rimessa la bacchetta nella tasca, si
chiuse in bagno sigillando la serratura.
Malfoy
la guardò mentre il cipiglio aumentava a dismisura e la sentiva soffocare dei
risolini, peccato che lui li sentisse comunque.
-Ehi
mezzosangue, guarda che questa me la paghi! – sbraitò battendo i pugni sul
legno verniciato di bianco
-Magari
quando aprirò la porta, Malferret, adesso stattene
tranquillo – gli rispose, quasi vinta dall’ilarità
-Ti
conviene rimanere chiusa lì dentro per sempre, allora, perché ti assicuro che
non la passerai liscia! – aggiunse lui
-Cos’è,
una minaccia? – ok, forse stava tirando un po’ troppo
la corda, se ne rendeva conto, ma era la prima volta che riusciva a ridere di
lui così di gusto… beh, certo, adesso che era quasi indifeso, o meglio, che non
poteva farle niente, sennò non si sarebbe mai azzardata
***
Dall’altra
parte della porta provenne il rumore dello scoscio dell’acqua, Draco borbottò
qualcosa di incomprensibile e si sedette sulla moquette con il libro in mano,
appoggiando la testa alla porta.
Lesse
una riga.
Poi
un’altra. E si accorse di non aver capito una sola parola di ciò perché la sua
mente era tutta presa da un’idea solitaria che vagava tra i suoi pensieri,
cancellandoli tutti, uno dopo l’altro, prendendo il sopravvento: la
mezzosangue, dall’altra, parte, doveva essere nuda.
Si
ritrovò ad arrossire come se non avesse mai visto una ragazza senza vestiti.
Puah, il pudore era qualcosa che non rientrava tra le sue abitudini
e neppure tra quelle delle ragazze che frequentava, beh, magari di qualcuna sì,
però lo perdevano subito, non appena varcavano la stanza del Prefetto di Serpeverde.
E
allora perché arrossire pensando alla mezzosangue svestita?
E
soprattutto, perché pensare alla mezzosangue svestita?
Giusto,
quello era un interrogativo decisamente interessante perché, anche se ormai
erano due giorni che andava in bianco, non gli sembrava di essere ridotto così
male da accontentarsi perfino di una sporca babbanofila
come lei…
“Forse
tanto sporca non lo è, visto che si sta lavando” suggerì una parte di lui,
maliziosa come sempre, la scacciò con un gesto della mano, non era il momento
di diventare un sofista.
No,
decisamente no.
E
se avesse sbirciato? Appena un pochino, che si va a pensare… giusto per vedere
se stava bene…
Beh,
bene dove stare per forza, a differenza di lui.
Magari
controllare…
Ma
dopotutto, perché si faceva tutti questi problemi?
Era
o non era Draco Malfoy?
Beh,
in quel momento aveva seri problemi a ricordarsi il suo nome, figuriamoci il
resto! Tantomeno il protocollo di comportamento
avallato da suo padre che, sicuramente, non prevedeva la voce “sbirciare le
mezzosangue nude in un bagno babbano”: che avrebbe
detto il caro e vecchio Lucius? Probabilmente si
sarebbe fatto venire un infarto fulminante, tanto per non dover vedere in
faccia la ragazza in questione… avrebbe preferito vedere suo figlio consacrato
alla difesa degli elfi domestici piuttosto che pensare una cosa del genere…
Ok, aveva qualche piccolo problema, sapeva che la mezzosangue
stava benissimo e non aveva certo bisogno delle sue cure per farsi una doccia.
Però gli serviva una scusa qualsiasi.
La
scena della ragazza, coperta solo da un asciugamano di dimensioni microscopiche
che gli chiedeva di massaggiarle la schiena mentre si pettinava alla toeletta i
capelli color del cioccolato, sfrecciò davanti ai suoi occhi.
Era
dunque così disperato? Tanto da immaginarsela compiacente?
Accidenti
se in due giorni era caduto in basso… e dire che Piton
gli aveva pure riferito che sarebbe tornato ad avere le necessità di un
ragazzino di dieci anni e, senza ombra di dubbio, a quell’età il sesso non era
ancora uno dei suoi pensieri fondamentali.
Guardò
il muro, guardò il libro e poi la porta dietro le sue spalle.
Appoggiò
il testo per terra e si mise in ginocchio, entrambe le mani appoggiate sul legno,
l’orecchia anche, tesa a captare ogni minimo suono che potesse compromettere la
situazione.
Già,
perché aveva deciso di farlo, alla fine, la sua curiosità aveva avuto il
sopravvento, ma non era tanto sicuro che sarebbe stato in grado di sopportarne
le conseguenze se lei l’avesse scoperto… e non si riferiva alla furia che
poteva scatenare la ragazza, quantopiù alla sua
vergogna nell’essere stato sorpreso a sbirciare dal buco di una serratura come
qualsiasi bimbetto timido.
E
lui non era timido.
Non
lo era mai stato.
Non
percependo altro che lo scorrere dell’acqua, fece salire il capo, finché
l’occhio destro non combaciò perfettamente con il foro che immetteva nella
stanza da bagno.
Al
momento si poteva vedere, sulla sinistra, la cabina della doccia, vuota, il
tappetino un poco stropicciato. Di fronte all’ingresso c’era il lavandino, ora
ingombro degli oggetti suoi e della Grifondoro, lo
specchio appannato dal calore che doveva esserci all’interno del bagno rispetto
alla temperatura artica all’esterno.
Deglutendo
a fatica, spostò lo sguardo sulla destra dove troneggiava una vasca da bagno in
marmo e dove, al momento, stava anche la Caposcuola.
La
testa di Hermione, con i riccioli raccolti sulla sommità del capo, spuntava
assieme alle spalle dall’acqua della vasca. Sembrava tranquilla e rilassata, i
tratti inconfondibilmente femminili di qualcuno che era cresciuto.
Eppure
lui quei segni, quegli occhi che guardavano tutto, quelle piccole rughe di
preoccupazione che si formavano sulla fronte, le aveva viste anche quando lei
non era ancora stata vittima della pozione, le aveva viste anche il primo anno
a Hogwarts. Hermione era sempre stata più grande
della sua età, più di quanto avesse dovuto.
Era
cresciuta in fretta, sia nel corpo che nell’anima.
La
figuretta alzò un braccio per raccogliere un ricciolo ribelle che stava
sfuggendo alla pinza; tolse il fermaglio e lo poggiò piano sulla pietra
colorata mentre stringeva i capelli tra le mani, li attorcigliava e poi li
riportava sulla nuca, riprendendo, con l’altra mano, la forcina per fissarli
ancora.
Sembrava
proprio una donna, adesso, non più la ragazza troppo cresciuta che pensava alle
conseguenze, sembrava avere davvero la sua età.
Lei
si stiracchiò appena e l’accenno della curva del seno comparve oltre il bordo.
Lui
arrossì, ma continuò a tenere gli occhi incollati alla serratura.
Decidendo
che era il momento di uscire, senza preoccuparsi di eventuali guardoni che
stazionavano appena oltre la sua porta, si alzò in piedi, mostrando al povero
Draco, che ormai credeva di essere in preda all’effetto di qualche fungo
allucinogeno particolarmente potente, il fondoschiena e una porzione di pelle
che andava dalla nuca al bacino.
Era
vero, non era filiforme, aveva qualche chilo di troppo che la rendeva un po’ rotondetta sui fianchi, ma la cosa non gli dispiaceva. Con
lo sguardo, la percorse dalle caviglie, sottili, salendo sui polpacci, non
proprio scolpiti e non proprio affusolati, ma comunque graziosi. Decidendo che
indulgere sulle rotondità dei fianchi era qualcosa di impossibile perfino per
uno Slytherin temperato come lui, salì ancora fino a
raggiungere le spalle sottili, forse un poco curve dalle troppe ore di studio
china sui libri.
La
ragazza si mosse svelta fino alla cabina della doccia dove stavano due
attaccapanni e, su uno, era appeso un accappatoio bianco di spugna morbida,
sull’altro un asciugamano.
Si
infilò il primo, rabbrividendo del clima invernale nella sua mise decisamente
succinta.
Un
pensiero improvviso la colse e si voltò verso la porta.
Lui
si affrettò a spostarsi, raccogliendo il libro e saltando letteralmente sul
letto nel caso lei si fosse accorta che la stava guardando e avesse aperto la
porta.
Fece
finta di leggere, rosso in viso perché, poco prima che i suoi occhi grigi
incontrassero quelli ambrati di lei, aveva visto qualcosa che, forse, sarebbe
stato meglio non annoverare, ormai, tra i ricordi più sensuali della sua
memoria: l’accappatoio drappeggiato senza malizia sul corpo seducente di lei
che le copriva appena quanto bastava i seni.
Prese
fiato per l’ennesima volta.
Di
lei continuava a non esserci traccia, ergo, non si era accorta della presenza
di una seconda persona al rito delle abluzioni.
Sentiva
terribilmente caldo, in quel momento, mentre la sfilza di immagini della
Granger ripassava per la centesima volta davanti agli occhi. Prese lo specchio
che era appoggiato sull’altro comodino e si guardò, preoccupato da quelle
reazioni che sembravano non appartenergli.
Era
dunque questo quello di cui parlava Piton? Non
ricordava, a dieci anni, di essere stato così colpito da una nudità femminile e
la Granger non si poteva dire che fosse proprio una bella donna (per
fortuna le sue capacità di giudizio erano rimaste illese), anzi, non
rispecchiava nessuno dei canoni di bellezza eterea che in genere prediligeva.
La
sua ragazza ideale, se queste due parole potessero essere usate insieme per
dire qualcosa di lui, sarebbe stata Daphne Greengrass,
ma era una delle uniche due anime fuori della sua portata. L’altra, neppure a
dirlo, era la Granger stessa, ma per altri motivi.
L’immagine
che il vetro levigato gli restituiva era quella che ormai era abituato a
riconoscere come propria quando attraversava davanti ad una vetrina o vedeva il
proprio profilo nei vetri delle carrozze babbane.
E
in quel momento era rosso e accaldato.
Accipicchia,
che la Caposcuola riuscisse ad avere un effetto così devastante sugli uomini?
O
magari era che la sua natura bambina sentiva il bisogno di una madre che gli
veniva ricordata attraverso la figura della sua compagna… anche se i propri
pensieri a proposito del soggetto di quelle riflessioni erano lontani anni luce
dall’amore filiale.
***
Hermione
si strinse nell’accappatoio, rabbrividendo.
Faceva
un freddo terribile in quella stanza e, nella fretta di sfuggire agli ordini
della serpe, si era dimenticata di portare la stufetta
che era in dispensa per scaldare un po’ l’ambiente gelido.
Tirò
un asciugamano dal calorifero a muro e strofinò con quello i capelli umidi che,
privati dell’acqua, ritornavano a boccoli nella loro forma originaria.
Che
avrebbe dovuto fare con quei santi capelli? Sembrava un leone più che una
ragazza… erano gonfi e tutti attorcigliati, insomma, il peggio del peggio visto
che la moda degli ultimi anni prescriveva una chioma liscia e sottile.
Lanciò
un’occhiata alla porta, le era parso di sentire dei rumori, ma forse si era
sbagliata visto che, senza ombra di dubbio, nell’altra camera, il biondastro ne
stava combinando una delle sue, oppure progettava la vendetta di cui l’aveva
minacciata.
La
prospettiva di tornare di là, in effetti, non era grandiosa, soprattutto perché
sapere che lui avrebbe trovato senz’altro il modo di farsi ripagare di quella
piccola presa di posizione, così come di avergli comprato il pigiama con le automobiline, non la aiutava a liberarsi di quel santo
terrore delle conseguenze.
Forse
si era spinta un po’ troppo in là… e Malferret non
era mai tenero quando gli si faceva uno sgarro, bastava pensare a cosa aveva
fatto al “povero” DeanThomas
quando lo aveva insultato per sbaglio mentre era ubriaco (e, si sapeva, Dean alzava un po’ troppo il gomito): oltre ad aver
autorizzato una spedizione punitiva dei suoi compagni particolarmente istigati
alla violenza, si era personalmente prodigato per far sì che il Grifondoro fosse responsabile dell’esplosione di una delle
pozioni che Piton aveva assegnato e che aveva
distrutto tre bancate, quattro libri di testo,
svariati calderoni, provette e ingredienti e che, inoltre, aveva spedito il
poveretto in infermeria con un braccio ingessato. Chiaramente SeverusPiton era stato un
professore esemplare, commissionando all’involontario artefice del danno una
punizione vita natural durante, scuse pubbliche alla
classe e un votaccio nella sua materia, oltre ad abbassare drasticamente la sua
media di condotta, già non troppo brillante, e togliere innumerevoli punti alla
sua Casa.
Quella
volta lì bastava e avanzava per avere il sacrosanto terrore di aprire quella
porta e affrontare faccia a faccia e ad animo sereno Malfoy che, di sicuro, stava
tessendo la sua trama.
Si
guardò attorno alla ricerca di un phon con cui asciugarsi i capelli e ne trovò
uno da viaggio nascosto nell’ultimo cassetto del mobile.
Se
c’era una cosa che detestava dei suoi capelli era che ci voleva una vita ad
asciugarli e quello sembrava proprio uno dei momenti in cui ci metteva ancora
di più.
Quando
finalmente lo ripose, l’orologio da polso appoggiato nel vuotatasche
la informava che era passata più di un’ora e mezza da quando aveva abbandonato
il povero piccino nella giungla babbana.
Se
ne sentì un poco responsabile, più per i pasticci che poteva aver combinato che
per la sua incolumità; agitata per le condizioni dell’arredamento, uscì dal
bagno per accertarsi di persona che non fosse scoppiata una guerra nucleare
mentre era impegnata a fare altro e si affrettò ad indossare soltanto le
mutandine.
***
La
stanza era stranamente tranquilla nella luce soffusa del tramonto e del ragazzo
sembrava non esserci traccia.
Stringendo
l’accappatoio di spugna bianca intorno al collo, colpita dallo spiffero della
finestra, si guardò attorno mentre si dirigeva a chiudere l’imposta.
Nessun
danno permanente: la cucina non era andata a fuoco, la lavatrice non aveva
allagato l’attico, le porte erano tutte integre, niente piccioni arrostiti
sullo spiedo…
Voltò
lo sguardo verso il letto e lo vide. Disteso supino, con un braccio piegato
sulla testa, l’espressione sofferente, il viso rosso e accaldato, le coperte
scomposte.
Preoccupata,
si sedette sull’altra sponda e lo guardò titubante, sembrava proprio influenza…
-Ehi
Malfoy, stai bene? – gli chiese sentendosi molto stupida
Il
grugnito che ottenne come risposta era sufficientemente eloquente per indicare
che l’umore e le condizioni di salute dello Slytherin
erano pessime.
Ci
mancava solo quella…
-Perché
non mi hai chiamata?
Nessuna
risposta.
-Ti
preparo una medicina, ti sei preso la temperatura? – domandò ancora, lui scosse
la testa e lei si alzò, andando a recuperare il termometro dalla borsa che si
era portata dietro per i casi di emergenza, anche se mai avrebbe pensato che
sarebbe potuta servire, tantomeno per curare Malferret.
Quando
tornò nel letto, lui non sembrava in condizioni migliori. Gli porse il
termometro e gli spiegò dove metterlo, poi aspettò, guardandosi attorno a
disagio e sentendosi davvero come una mamma… no, come una zia. Il ruolo della
zia era quello che le riusciva meglio: le zie sono brave, ti stanno accanto,
portano regali e fanno abitare in casa con loro, in genere sono zitelle e
sempre a portata di mano. Quale di queste cose non c’era in lei? Beh, non aveva
un fratello o una sorella il cui figlio fosse Draco Malfoy, ma se ciò fosse
stato, o se qualcuno li avesse visti dall’esterno, probabilmente avrebbe
pensato che erano davvero una zia e il suo nipotino.
Un
po’ timorosa, gli posò la mano sulla fronte, mentre con l’altra tastava la sua,
la temperatura sembrava piuttosto alta.
Prese
il termometro e lesse: 38.7
Non
ci voleva.
Lo
guardò mentre, imbronciato, si ostinava a non volerla fissare negli occhi.
Gli
porse un bicchiere di acqua e una pastiglia e gli disse di buttare giù. Lui lo
fece, brontolando, poi si rimise a letto.
-Sei
un’incosciente – gli fece notare – se me l’avessi detto prima saresti stato
meglio…
-Pensa
ai cazzi tuoi, Granger – rispose acido… bisognava
dire che la malattia non migliorava certo le sue capacità di intrattenimento e
socializzazione…
Con
una magia gli mise il pigiama e ripiegò i vestiti, poi cenò da sola, sentendosi
un po’ triste.
Mise
da parte metà della pizza e tornò al letto a vedere come stava, non si era
neppure ancora cambiata, ma le pareva di essere stranamente in ansia per le
condizioni di lui.
Tastandogli
la fronte la trovò ancora calda e gli diede un’altra medicina.
Fece
per alzarsi di nuovo, quando la mano piccola e infantile di lui, strinse
possessivamente quella che lei aveva abbandonato sul copriletto.
Aveva
gli occhi chiusi e il fiato corto, stava male, che cosa stava facendo?
-Brucia…
tra le fiamme dell’Inferno. Brucia senza sosta, brucerà all’infinito, fino a
consumarsi…
Lei
lo fissò: delirava.
-Che
cosa? – gli domandò assecondandolo
-Brucia
il passato e brucia il futuro, solo la Bacchetta può spegnere quel fuoco…
brucerà in eterno per aprire le porte degli Inferi e poter avere la capacità di
essere di nuovo vivi.
-Chi?
-Voldemort
Quella
semplice parola le fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale, anche se
non era certa che il freddo fosse estraneo a quella sensazione di gelo che la
attanagliava.
Strinse
la mano, non tanto per fargli forza, quanto per farne a se stessa, perché
Malfoy sapeva badare a se stesso.
E
lei, sarebbe stata in grado di fare altrettanto con se stessa e quella piccola
peste che era diventato il regale Cercatore delle serpi?
Essere
una maga assennata era stato facile con Harry, visto quanto era impulsivo,
anche difendersi, non c’era bisogno di attaccare, ma adesso?
Lo
guardò, indifeso e malato nel letto. Strinse di più e annuì.
-Nessun
temporale dura in eterno – rispose filosofica – di qualunque cosa tu stia
parlando, Malfoy, prima o poi terminerà. Questo te lo assicuro.
E
quelle parole diedero un po’ di fiducia anche a lei.
***
Il
rumore persistente di qualcosa che picchiettava svegliò Draco dal suo agitato
sonno.
Aprì
gli occhi lentamente, come se ogni movimento gli costasse fatica, e tastò
qualcosa di morbido con le dita.
Mosse
il pollice, l’indice e via via tutte le dita per poi
abbassare le iridi argentate su quel qualcosa di indistinto che stava toccando
e che pregava non fosse ciò che temeva.
Dire
che stava abbracciando una ragazza era un eufemismo perché la stava stringendo
come se stessero facendo l’amore e, badate bene, non un semplice rapporto da
“una botta e via”, ma far davvero all’amore, cosa che, ovviamente, lui non
aveva mai fatto…
La
cosa morbida in questione era l’accappatoio della suddetta ragazza e, la
suddetta ragazza, l’unica che non avrebbe dovuto avere tra le braccia: Hermione
Granger.
Ignara
di ciò che stava facendo, ma soprattutto di ciò che gli stava facendo,
lei se la dormiva beata, non senza un uguale trasporto, mentre i capelli
arricciati erano sparpagliati in artistico disordine sul cuscino e sul petto di
lui.
Quella
vacanza gli stava facendo decisamente male, decise d’improvviso lui, senza il
coraggio di lasciarla andare, in due giorni che era con lei aveva già acquisito
una delle sue bruttissime abitudini: arrossire. Precisamente ciò che stava
facendo in quell’istante.
Già
perché, se anche era avvezzo a cambiare le ragazze come i calzini, con nessuna
si era mai concesso un gesto tanto familiare quanto quello di lasciarla dormire
con lui dopo l’amplesso.
Il
perché era un interrogativo anche per lui, ma stava seriamente prendendo in
considerazione l’idea di passare il restante tempo libero delle feste a
rifletterci e, soprattutto, a pensare perché stesse così bene con la Regina dei
Gryffindor tra le braccia visto e considerato che non
la apprezzava molto quale donna, tantomeno come
amante. Ovviamente intendeva il tempo “libero”, cioè quello che non sarebbe
stato usurpato da seducenti e maliziose immagini di lei di cui, ormai,
collezionava un vasto repertorio.
Un
pensiero lo colse all’improvviso e non stava controllando se era vestito o no,
era maledettamente certo di non aver abusato di lei nel sonno; beh, quasi
certo.
Però
lei indossava un accappatoio e, se avesse davvero compiuto qualche follia,
certo lui non glielo avrebbe lasciato addosso…
Ma
tornando al pensiero iniziale, non era l’abbigliamento, o, più precisamente la
mancanza di esso che al momento lo preoccupava, bensì qualcosa di differente.
Alzò il lenzuolo e guardò sotto: le sue gambe erano tornate alla loro
dimensione normale e, riflettendoci, per poter abbracciare a quel modo una
ragazza, anche il resto del suo corpo.
Fu
tentato di protendersi verso lo specchio che aveva lasciato sul comodino, ma,
allo stesso tempo, allontanarsi dai seni morbidi di lei che gli premevano sul
petto era qualcosa di insopportabile.
Come
mai sembrava così naturale e familiare stare abbracciati?
Probabilmente,
rispose la sua parte più razionale, è per la forza d’abitudine di avere sempre
qualche bella donna avvinghiata e, al momento, era decisamente in crisi
d’astinenza.
No,
ribattè un’altra parte di lui, perché non si poteva
certo dire che si sprecasse in gesti d’affetto verso le fortunate prescelte, a
volte neppure un bacio.
E
dunque?
Mistero…
Il
rumore continuava, imperterrito.
E
urgeva liberarsi di quella situazione prima che fosse lui a commettere qualche
pazzia, soprattutto vista la mano di lei che era abbandonata sul suo petto, al
momento scoperto.
Cazzo, aveva promesso a Silente di proteggerla, non di violentarla!
Colto
da un’improvvisa tenerezza, la coprì velocemente col piumone mentre si alzava.
Rovistò tra la roba accatastata sulla sedia accanto al letto e ritrovò i
pantaloni che lei gli aveva comprato. Sorrise e, prendendo la bacchetta, li
fece diventare della sua misura, per poi metterseli alla svelta e andare ad
occuparsi del suono molesto.
Decidendo
che era prossimo a farsi venire un mal di testa se quel maledetto pennuto alla
finestra non avesse smesso di picchiettare, dimenticò di infilarsi la camicia e
si diresse rapido verso l’imposta, aprendola e facendo entrare una
insignificante tortora grigia con un messaggio legato alla zampa.
Alzò
un sopracciglio sconcertato nel riconoscere una lettera di Silente e si domandò
come quel vecchio preside avesse avuto il coraggio di mandare un uccello così
plebeo a fargli da ambasciatore… ma tant’è, il Grifondoro è sempre stato la culla di sporchi babbanofili e Albus Silente non
faceva eccezione neppure dopo cent’anni di vita, il
lupo perde il pelo ma non il vizio…
Percorse
veloce la scrittura molto ottocentesca del rettore di Hogwarts.
Arrivato
ad un certo punto, abbassò lo sguardo su se stesso, trovando la conferma di
quanto esplicitato nel messaggio.
Arrivò
alla fine, poi appoggiò il foglio sul tavolino e congedò la tortora con una
manciata di mangime posata sul avanzale.
Bene,
ora si poteva passare alla propria vendetta.
E
forse era anche il momento di sbrigarsi.
Alla
fine lei un po’ si era fatta perdonare curandolo come poteva, ma dimenticare
l’umiliazione di un pigiama con le macchinine era qualcosa di impossibile.
Prese
un bel respiro.
A
rifletterci con calma, ciò che aveva in mente sembrava più una vendetta contro
di lui…
Tornò
al letto, lei mormorò qualcosa di inintelligibile mentre si riappropriava del
calore che prima l’aveva abbandonata.
Incredibile,
aveva il sonno più pesante di un macigno, non si accorgeva proprio di niente!
Beh,
tanto meglio…
La
guardò un’ultima volta e si chiese da quando provava quello strano senso di
colpa, lo ignorò; se la rotolò su un fianco, le cinse le spalle con un braccio,
le mise l’altro sull’addome, poi, spostando sensualmente la bocca verso
l’orecchio di lei, lo sfiorò appena con le labbra
-Mezzosangue,
cosa staresti facendo? – le domandò
Hermione
aprì gli occhi di scatto all’udire una voce così vicina mentre stava dormendo e
non assomigliava per niente a quella del suo sogno.
La
prima cosa che vide fu il profilò di un petto maschile esattamente a qualche
centimetro dalla sua bocca.
Panico.
Si
mise a sedere rapidamente sciogliendosi dal caldo abbraccio che la circondava e
guardò perplessa la scena: Malfoy in versione adulta se ne stava beatamente
tranquillo nel letto, le gambe allungate, le braccia che prima la stringevano
mentre lei… che accidenti stava facendo prima?
Lui
intanto ridacchiava.
Si
guardò e vide che indossava ancora l’accappatoio, male, anzi, malissimo!
Stringendo
la cintura di spugna con tutte le sue forze fino a bloccarsi la circolazione,
si sentì leggermente più pronta ad affrontare la giornata che cominciava con le
seguenti domande
1)Che ci faceva a letto con Malferret e, più precisamente, in atteggiamenti intimi che
non erano da lei?
2)Che stava facendo Malfoy?
3)Ma soprattutto, cosa aveva fatto a
Malfoy?
L’ultima
domanda era quella che la preoccupava di più, anche perché non aveva dubbi che
lui avrebbe accolto nella sua alcova anche una come lei, però… lei che aveva
fatto? La cosa la preoccupava non poco, quando era piccola era stata per un
periodo sonnambula, non è che per caso soffriva ancora di quel genere di
patologia?
-Hai
degli istinti perversi, piccola mezzosangue – gli disse lui scherzoso e, in
effetti, per riuscire a vincere la propria repulsione fino a ritrovarsi nella
posizione in cui l’aveva scoperta appena sveglio, doveva davvero averne…
-I-i-i-io
non ho fatto niente! – balbettò lei, mentre la colorazione passava dal fucsia
al rosso carminio, lui sorrise, come se la cosa non gli dispiacesse più di
tanto
-Sul
serio? – la
canzonò. Rispondere sì era menzogna perché non conosceva
davvero le sue azioni o, più precisamente, le conseguenze di queste
Deglutì
a fatica mentre il viso di lui si avvicinava, lentamente
-Allora
immagino che tu non ricordi questo…
La
mano destra percorse con estrema lentezza il braccio di lei, fino a soffermarsi
sulla chiusura dell’accappatoio; il cuore di lei perse un colpo quando
l’avanzamento sembrò non essere arrestato dal tessuto chiuso.
Le
dita di lui s’insinuarono tra le pieghe, accarezzando la pelle.
Decisamente,
quella vendetta non gli dispiaceva più di tanto e, forse, neppure a lei.
Mentre
la mano scendeva, lui la baciò.
E
quella fu una cosa che non capì di è.
Perché
non era tipo da baciare le ragazze così, su due piedi, perché lui di ragazze ne
baciava poche perché era un gesto che indicava una certa vicinanza, in senso
psicologico, chiaro, quindi, perché aveva baciato la mezzosangue?
Chiederlo
a se stesso era un problema, soprattutto visto che il suo cervello era
impegnato a ricevere le informazioni della sua mano e della sua bocca.
Quella
della mezzosangue, invece, sembrava titubante e inesperta, chissà se… no,
impossibile! A diciotto anni non poteva non aver ancora dato il suo primo
bacio… poi un pensiero lo colse, mentre rifletteva: non aveva approfondito il
bacio: si era limitato a sfiorare appena le labbra, ancora chiuse di lei, assaporarle,
ma non aveva desiderato andare oltre.
Che
gli stava prendendo?
Sentì
un sapore strano, qualcosa di salato.
Aprì
gli occhi.
E
lei stava piangendo.
Interdetto,
si scostò da lei, le lacrime che le rigavano il viso, le mani che nascondevano
gli occhi
-Era
questa la tua vendetta, vero? – gli domandò cinica, lui alzò un sopracciglio,
stupito da quella reazione
-Beh, ci
sei riuscito – aggiunse asciugandosi una lacrima, lui continuò a guardarla – e
pensare che credevo che i mezzosangue ti facesse scifo perfino toccarli…
-Hai
parecchi pregiudizi – le disse anche se, a ben pensarci, non ricordava di
essere mai stato a letto con un’altra mudblood
-Pregiudizi?
– gli chiese sarcastica – beh, chiamali come ti pare, nega se vuoi, non
m’importa
Non
sembrava arrabbiata, neppure inconsolabile, ma solo ferita.
Ferità
perché?
-Era il
tuo primo bacio, vero? – le domandò d’istinto, lei alzò le iridi ambrate su di
lui, fissandosi in quelle grigie che la scrutavano conoscendo già la risposta e
d’improvviso, l’argento s’incupì
-Era
così evidente? – s’informò con un sorriso sconsolato, lui non rispose subito
-Era
difficile non accorgersene – disse infine, lei annuì
-Che
bella cosa – parlò con voce disillusa, distante – il mio primo bacio a Draco
Malfoy…
Lui
la guardò, ma non disse una delle solite cose come “dovresti esserne
orgogliosa” oppure “sono irresistibile perfino per te”, per una volta ebbe il
buon gusto di rimanere zitto.
In
verità, quando aveva pensato a tutta quella piccola messinscena, non aveva
deciso di andare così in là, ma poi c’era stato un momento dove non era
riuscito a tirarsi indietro e, probabilmente, se non l’avesse vista piangere,
non si sarebbe fermato.
Questo
era preoccupante.
La
fissò mentre si alzava dal letto, lo sguardo triste e gli occhi rossi, senza
una parola s’infilò le ciabatte e si diresse verso il bagno.
***
Il
suo primo bacio a Draco Malfoy… adesso sì che lui avrebbe potuto prenderla in
giro fino allo sfinimento, fino a distruggerla, non poteva pensare a niente di
più imbarazzante e si stupiva che non avesse già cominciato a dirle qualcosa di
offensivo, ma se ne fosse rimasto sul letto a fissarla mentre piangeva, con una
gamba piegata sotto di sé e lo sguardo perso, lontano.
E
dire che il giorno prima le aveva urlato che, con una come lei non avrebbe
voluto fare niente… ma probabilmente per lui non contava la persona, una valeva
l’altra.
Chissà
se era pentito… non, non credeva, se c’era una cosa che quel maledetto Serpeverde non aveva mai mostrato, quella era la pietà, tantomeno il compatimento. E quindi non ne avrebbe provato
per lei, né si sarebbe sentito in colpa per quanto fatto.
Se
avesse dovuto giustificarlo, avrebbe detto che, probabilmente, alla sua età il
primo bacio bisognava averlo dato già da un pezzo… ma quello non era il momento
di mettersi a difenderlo, doveva smetterla di cercare di capire tutti, Malferret, poi, era un vero enigma e non era il momento di
mettersi a risolverlo, non doveva difenderlo!
Non
sarebbe mai stato il momento perché appartenevano a mondi diversi.
Eppure,
quella sera precedente, mentre lui delirava gridando di fuoco e fiamme che
avrebbero bruciato in eterno, si era sentita molto vicina a lui, quasi che, se
le avesse spiegato, avrebbe potuto capire.
Ridicolo…
L’erede
della casata Malfoy detestava ogni babbano sulla
faccia della terra, non ci sarebbe mai stata l’occasione di stringere amicizia,
di scambiarsi idee e opinioni, di volersi bene e aiutarsi.
Mai.
Perché
il ricordo bruciante di quel giorno al campo da quidditch,
al secondo anno, era ancora vivo dentro di lei e la aiutava quando rimaneva
senza parole di fronte ad una sua provocazione, era quell’immagine delle labbra
sottili che pronunciavano per la prima volta la parola “mezzosangue” che le
dava la forza di continuare a contrapporsi a lui, perché era stato il primo che
le aveva detto chiaramente che nel mondo magico per lei non c’era posto.
E
non c’era posto neppure nel mondo dei babbani.
Senza
casa, senza radici, senza mondo.
Eppoi
lui aveva le sue idee razziste, i suoi pregiudizi, i suoi modi e la sua famiglia.
Chi
sarebbe stato così stupido da credere che potesse esserci un briciolo di
amicizia tra loro?
Lei
lo era stata, la sera prima, ma non avrebbe commesso di nuovo quell’errore.
Un’ultima
lacrima furtiva le rigò la guancia, si fermò e la scacciò con la spugna bianca,
poi, decisa, posò la mano sulla maniglia del bagno per andare finalmente a
cambiarsi.
Neppure
il tempo di abbassarla che un grido lacerante la fece voltare di scatto,
vedendo la figura bionda dello Slytherin avvolta tra
le fiamme e riversa sul letto che si teneva la testa.
Le
iridi le si dilatarono improvvisamente per lo spavento, mentre, afferrando la
bacchetta, cercava di ricordare un incantesimo per spegnere quell’incendio
magico che, con altrettanta stranezza, non stava consumando copriletto e
lenzuola, ma solo la figura umana
-Aqua! – gridò mentre una cascatella
si formava proprio sopra la testa del suo compagno, colpendo le fiamme che lo
circondavano. Ma l’incendio non si spense.
Si
voltò preoccupata alla ricerca di un’idea, che doveva fare? Che stava
succedendo? Da dove venivano quelle lingue di fuoco tinte di rosso e di nero? E
intanto lui gridava e questo la distraeva ancora di più. Insonorizzò la stanza
e di lanciò sull’antico tomo di magie che aveva lasciato aperto sul tavolo.
Una
tortora grigia le si avvicinò beccandole piano la mano, la scacciò, troppo concentrata
per potersene occupare, troppo intenta alla ricerca di una formula efficace.
Beccandole
insistentemente la mano, l’uccello le fece uscire del sangue, mentre, svelto,
infilava il becco fino a voltare altre pagine. Lei lo guardò stupita e
riconobbe sul tavolo una lettera di Silente.
Decise
di fidarsi del volatile e cominciò a leggere ciò che recitava la formula. Per finire,
agitò la bacchetta come le era indicato e una bolla nera come pece si formò
intorno al Principe delle serpi, inghiottendolo.
Non
lo vide più, mentre l’incantesimo pulsava a mezz’aria, contenendo sua il corpo
straziato del ragazzo, sia la magia del fuoco che lo perseguitava. Lo sentì
urlare di dolore, ma rimase paralizzata mentre alcune saette si muovevano
rapide intorno alla sfera.
Alla
fine, il nero si dissolse, lasciando cadere sul letto il corpo di un bambino.
Di nuovo un bambino di dieci anni.
Abbandonando
bacchetta e libro, corse verso di lui che non dava segni di vita.
Disteso
sulle coperte, sembrava una bambola senz’anima, il corpo senza forza. Gli
ascoltò il cuore e lo sentì battere, sospirò sollevata e gli scostò i capelli
biondi dalla fronte, madida di sudore.
D’istinto
e senza pensarci, lo abbracciò, poi si alzò in piedi, andò in bagno a cambiarsi
svelta e tornò da lui che ancora riposava di un sono agitato.
Si
sedette sulla sponda del letto e rimase lì, aspettando.
E
sperando.
Adesso
lui doveva davvero farle capire.
***
Spazio autrice:ok, devo fare
qualche precisazione.
Innanzi
tutto cominciamo col titolo, probabilmente ricorderete che ho lasciato, nel 4°
aggiornamento, Draco che starnutiva, ebbene, questo vuole essere un po’ un
collegamento. Il vero motivo per cui, però, ho messo questo titolo, è il
significato che la parola “Ecchi” ha in giapponese.
Suddetta parola viene genericamente utilizzata per definire le cose un po’
provocanti e deriva dalla pronuncia storpiata della lettera H, in inglese si
pronuncerebbe eich
con il ch dolce come la nostra “c” di “cioccolato” e
H è proprio la prima lettera della parola “hentai”
che, invece, a differenza di “ecchi” riguarda
significati decisamente meno adatti e di cui non mi sognerei mai di
parlare. Ecco, dopo che ho fatto questa lezioncina inaina e stupidissima, aspetto di sapere che cosa ne
pensate di questo capitolo un po’ stravagante, spero che vi sia piaciuto e mi
auguro che vorrete lasciarmi una recensione, anche se minima… ^^
Ciao
e al prossimo aggiornamento, un bacione grandissimo,
Nyssa
herm83: già, poveretta, vittima di un tipo come Malferret non deve essere così bello, anzi, credo proprio
che sia traumatico (la mia Herm presto avrà bisogno non di uno
psicologo, ma di uno psichiatra!). Sono contenta che ti piacciano i capitoli
introduttivi che, in genere, sono i più leggeri; quando inizio una nuova fic, in genere, non li progetto, ma lascio che vengano come
vogliono, mentre la parte più complessa è già stampata indelebilmente tra quei
tre neuroni che mi ritrovo ihihihi, quindi sappi che
è bello sapere che la mia opera di virtuosismo ti faccia ridere ^^
Ecco
qui l’aggiornamento, anche se un poco in ritardo, spero che ti piaccia
ugualmente e mi auguro che vedere presto un’altra tua recensione! Ciao e un bacione, Nyssa
potterina_88_: mi piace sempre descrivere qualcuno che va
per negozi, sarà che anche io sono una amante dello shopping… (>_> non
l’avrebbe detto nessuno…)
E
sono contenta che anche una analisi della psicologia dei personaggi non sia
stata troppo fuori posto, ogni tanto mi scappa senza volere e poi mi ritrovo
come se stessi facendo una seduta a qualche povero Harry Potter o RonaldWeasley o chi altri,
insomma, esagero, però poi non ho il coraggio di cancellare e allora lascio
sempre… ed esce un bel pasticcio confusionario di ciò che stanno pensando al
momento Draco, Herm e gli altri.
Molto
presto Draco ed Herm cominceranno a conoscersi un pochettino di più, anche se arrivare a quei momenti è
terribilmente lungo perfino per me, tuttavia, spero di riuscire a far rimanere
la fic entro i 20 cappy…
per una volta mi devo trattenere, sennò il seguito delle Relazioni lo posto
quando sono vecchia…
Ok, spero che anche il 5° capitolo ti sia piaciuto, aspetto di
sapere la tua opinione! Ciao e un baci grande, Nyssa
luana1985: magia! Come hai fatto? Forse quando ho mal
di testa devo mettermi a leggere anche io la mia fic,
magari passa se non muoio prima per tutti gli strafalcioni che ho scritto… far
passare il mal di testa a me è qualcosa di proporzioni bibliche…
Ehehe, Blaise, anche se al momento è un
personaggio piuttosto assente, tornerà alla ribalta e prenderà il suo posto.
Spero
che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, ciao e un bacione!
Nyssa
Shavanna: l’idea dei libri babbani
è nata del fatto che per prendere confidenza con un mondo diverso di comincia
da qualcosa di piccolo e che ci incuriosisce, o almeno, per me è così, quindi,
visto che Draco alla fine stupido non è, perché non incominciare con un bel
romanzo? Mi sono detta durante uno dei miei deliri matematici (matematici nel
senso che li faccio mentre studio o ascolto matematica, mica per altro
>_>).
Per
quanto riguarda Ron, in questa fic
non avrà grandi ruoli o spessore, sarà piuttosto apatico, sul fatto che sia un
idiota sono d’accordo, anche se io preferisco etichettarlo come “fesso” perché
mi fa ricordare il “pesce lesso” al quale un po’ somiglia…
Ehehe, Malfoy comincerà a conoscere poco a poco il nostro nuovo
mondo e poi… poi vedrò cosa far succedere, è ancora tutto da allestire per il
prosieguo.
Bene,
spero che ti sia piaciuto anche questo anomalo capitolo in accappatoio, ciao e
a presto! Un bacio, Nyssa
ho
appena terminato di conferire con il professor Piton
circa la pozione che vi avrebbe colpiti durante l’attraversamento del corridoio
e pare che ci siano nuovi sviluppi.
Severus ed
io stiamo cercando una soluzione, la professoressa McGranitt, intanto, si sta occupando
delle indagini sul presunto colpevole, anche se non siamo ancora giunti a
nessuna conclusione.
Abbiamo novità, invece sulla
pozione.
Stando all’analisi che il
nostro stimato professore ha condotto sui campioni
prelevati, pare che il dosaggio fosse molto impreciso rispetto a quanto
dovrebbe effettivamente essere e, tuttavia, presenta degli ingredienti non
rintracciabili nella preparazione di pozioni analoghe. La presenza di
componenti quali la piuma di civetta grigia della Norvegia e l’unghia di torpodillo rendono l’effetto del composto altamente instabile.
È quindi possibile che
l’effetto che ha su di voi sia altalenante e vi scombini le età con una certa
frequenza.
Prestate molta attenzione a quando siete in giro e ai cambiamenti che possono
capitarvi in presenza di altri.
Nel caso di ulteriori sviluppi
vi terrò informati.
Albus Silente
Hermione
posò il foglio sul tavolino e lanciò un’occhiata al bambino che stava seduto in
letto: 5 anni…
Sorrise
mentre il bimbetto la fissava imbronciato
-Potresti
anche smetterla di ridere come una deficiente
Bofonchiò
lo Slytherin, gli occhi per niente amichevoli.
-Eddai,
smettila Malfoy, te la prendi troppo
-Vorrei
vedere – ribattè piccato – non ti costringono certo
ad essere una mocciosa di 5 miserevoli anni!
-Ma qui
con te c’è la zia… - gli disse sorridendogli, sapendo che, anche volendo, lui
in quel momento non avrebbe potuto farle molto, salvo poi pagare dopo…
Da
quando avevano avuto quel piccolo diverbio e poi lei l’aveva salvato da quelle
fiamme stravaganti, due giorni prima, il loro rapporto si era disteso un
pochino, aveva messo da parte la ferita causatale dal bacio improvviso che lui
le aveva dato e tutto era tornato come prima, più o meno.
Peccato
che quella mattina se lo fosse ritrovato come un bimbo decisamente più piccolo.
Aveva
preso proprio un bello spavento vedendolo bruciare e dilaniarsi in quel modo,
meno male che la tortora di Silente li aveva aiutati… lui aveva dormito per un
giorno e mezzo e quando si era svegliato, lei era seduta a leggere accanto a
lui nel letto.
L’aveva
guardata sospettoso, di nuovo nelle sembianze di un
bambino, domandandosi cosa avrebbe fatto adesso, ma, soprattutto, curioso di
sapere se il suo primo pensiero sarebbe stato per il bacio che si erano scambiati,
e tutto il resto, oppure se sarebbe stato per ciò che era accaduto.
-Credo
che tu debba dirmi qualcosa – aveva pronunciato le parole una per volta,
chiudendo le pagine del volume e fissandolo intensamente negli occhi
Si
era sentito sollevato che lei non sollevasse più quella scena penosa che c’era
stata tra loro, ma neppure che si facesse invadente; sfortunatamente un “non
puoi proprio pensare agli affari tuoi?” non era bastato a distoglierla
dall’interesse che le si era scatenato per quella
magia mai vista che lo aveva perseguitata.
Su
quella cosa era stato irremovibile e, nonostante lei insistesse ad ogni
occasione, non avrebbe ceduto.
Aveva
promesso a Silente di proteggerla, se le avesse detto qualcosa sarebbe stata
involontariamente coinvolta e la cosa non sarebbe stata giusta perché quello
era un problema che riguardava solo lui, o meglio, lui e gli “altri”.
-Evidentemente
Piton ha ragione quando dice
che la nostra età può variare… - notò alzando un sopracciglio e guardando il
bambino nel letto che tentava di leggere il libro della Reichs
-Quanti
anni hai adesso? – le domandò lui distogliendo appena lo sguardo
-Pressappoco
ventisei o ventisette – fece notare lei
-Solita
fortuna – borbottò lui
-Su, non
essere così acido – aveva scoperto che prendersi un po’ gioco di lui era
tremendamente divertente quando era in quelle
condizioni. Chiaro, le sarebbe capitato qualcosa di terribile non appena avesse
potuto impugnare una bacchetta o la sua testa fosse stata sufficientemente
lucida per formare un piano degno del peggior cattivo di 007.
A
dire la verità, ed era una cosa che non avrebbe ammesso neppure sotto tortura,
non le era dispiaciuto il suo bacio.
Quindi,
se un’altra vendetta fosse stata allo stesso modo…
Ok, era stato il primo che dava, no, meglio, che riceveva, e si
era sentita tremendamente male… come se avesse tradito un sogno
mentre le labbra di lui sfioravano appena le sue. Aveva pianto.
Ma
dopo quel primo istante, tutto era cambiato e la cosa non le era sembrata più
così terribile.
Adesso,
a ripensarci, non ci vedeva più tutto quel male, forse proprio perché,
nonostante tutto, le era piaciuto.
Non
stava tradendo nessuno.
Certo,
probabilmente Harry e Ron avrebbero alzato un
polverone pazzesco, ma forse valeva la spesa per quanto aveva permesso alla serpe
di farle.
Ron avrebbe sbraitato come un ossesso, ma era l’ultimo della lista
che si sarebbe dovuto permettere di dire anche solo un monosillabo, soprattutto
dopo che per sei anni non si era neppure accorto che lei esisteva quale essere
femminile e non solo come arredo della suite dei grifoni.
Malfoy,
invece, era più silenzioso di quanto avrebbe voluto, soprattutto
quando desiderava sapere mooooolte cose che
lui si ostinava a non dirle.
Non
era riuscita a scucirgli una sola parola a proposito di quelle fiamme, ogni
volta lui si rintanava in un silenzio terribile che la teneva alla larga, un
muro di indifferenza, diffidenza e lontananza che non era stata in grado di
superare.
-Coraggio,
Mini-Malfoy, la zia ti dà una mano… - e gli sorrise
mentre lo guardava con quel broncio che, di pauroso, non aveva più niente,
sembrava solo buffo
-Le mie
zie sono tutte e due stupide. Però avere una zietta
come te… potrei quasi prendere in considerazione l’idea. La mamma però non
approverebbe.
-Perché
sono mezzosangue? – chiese, divertendosi in quella conversazione
-No,
perché la faresti sentire vecchia
-E se
facessi la vecchia zia zitella?
Lui
alzò un sopracciglio e la studiò un attimo. Nella sua forma adulta,
effettivamente, un po’ assomigliava alla consueta zia dei sogni di tutti i
bambini. Peccato che lui avesse dei ricordi decisamente meno consoni ad una
parente così stretta.
-Se hai
intenzione di usare il metodo di stamattina, ti consiglio di provarlo su un
vecchio settantenne… sarebbe decisamente più efficace per le tue finanze
Lei
arrossì e storse il naso.
Sapeva
a cosa si riferiva.
Quando
si dice che le abitudini sono difficili da levare, ebbene, non c’è cosa più
vera!
Già,
perché, per quanto riuscisse a ricordare, da quando
erano insieme a Londra, non c’era stato giorno che non si fossero ritrovati al
mattino più o meno abbracciati.
Quella
mattina, per esempio, lo stava quasi mandando in iperventilazione
e non perché lo stesse soffocando con un abbraccio, come le aveva detto
(mentendo), bensì perché quell’osceno pigiama che si ostinava a mettere non era
sufficientemente spesso per nascondere le forme femminili al di sotto.
-Sei di
animo scorbutico? – indagò non riuscendo a perdere il buonumore con cui si era svegliata
-Cos’è,
hai voglia di scherzare? – rispose
-Volevo
andare alla biblioteca a prendere in prestito qualche libro, ma se sei così
lunatico ci caccerebbero in meno di dieci minuti
-Perché
devi andare in quel covo di babbani? – le chiese
-Ti sei
preso metà dei miei libri – e indicò il nome della Reichs
che spuntava su ciascuna delle copertine – e non ho più nulla da leggere, ho
bisogno di comprarmi qualcosa o di prenderlo in prestito
-Guarda
che la gente va in crisi d’astinenza dal fumo o dal sesso, non dalla lettura –
le fece notare con un’occhiata
-E
immagino che nessuna di queste cose ti sia mai successa…
-Finchè
non mi è toccato venire a Londra con te, mezzosangue
-Non
esagerare con la galanteria, per carità! – celiò sbuffando per i suoi soliti
modi un po’ maleducati
-Intanto
è quasi una settimana che vado in bianco
-C’è gente
che non si fa tutti questi problemi
-E c’è
gente che ci va da una vita, come la Donnola…
-Perché
devi sempre parlare male dei miei amici?
-Immagino
che fosse troppo stupido perfino per te!
-Mi
spieghi che cosa c’entra? – protestò arrossendo, per niente felice di dovergli
parlare del fatto che Ron non si fosse mai accorto
dei suoi sentimenti
-Andiamo…
tu ti fai sempre gli affari miei, perché io non posso farmi un po’ i tuoi?
-Perché
te li fai già troppo
-Allora
dimmi com’è andata
-Ma non
ti riesce proprio di stare zitto?
-No –
era una bugia, ma per il momento ci stava
-Beh, sappi
che non siamo tutti come te – rispose stringata
-Draco
Malfoy è uno e inimitabile – puntualizzò lui
-Per
fortuna, ci manca solo una frotta di bimbetti saccenti che parlano come una
rubrica d’amore
-Mi stai
paragonando alla Brown? – volle sapere, decidendo se
prenderla per un’offesa
-No, ma
sei seccante – il ghigno made-in-malfoy si dipinse
sulle labbra del bambino
-Andiamo,
zietta, le ziette mi
raccontano sempre dei loro mariti e amanti – disse smielato, imitando davvero
il tono di un bambinetto innocente quale NON era.
-Ma non
avevi detto che non andavo bene a fare la zia?
-Ho
detto che non saresti andata a mia madre. A me sta più che bene – aggiunse con
un sorrisetto malizioso che la fece arrossire di nuovo.
-Vabbè,
comunque io e Ron non siamo usciti insieme
-Troppo
stupido? – ripetè lui
-Chissà…
-Se ti
chiedesse di uscire adesso, che faresti?
-Basta!
Così sembri davvero Lavanda o Calì!
-No, la Patil no! Te lo proibisco!
-Cos’è,
s’è permessa di parlarti male o di darti buca?
-Ehi,
mezzosangue, nessuna ragazza mi ha mai dato buca, chiariamo il concetto…
-Detto
da un bimbo di cinque anni ha del ridicolo. Preparati che usciamo.
-Vuoi
davvero trascinarmi in una biblioteca?
-Non ti
prenderai certo il colera – gli rispose mentre si
sistemava la sciarpa
Sbuffando
e lamentandosi come suo solito, il biondo si adattò una sciarpa e uscì dalla
porta per mano.
Per
fortuna nel portone l’uomo della reception era
assente e così non vide passare un bambino decisamente più piccolo di quel che
ricordava.
***
La
Biblioteca Queen Victoria sorgeva ad una delle estremità di Hyde Park ed era la meta preferita delle persone che
intendevano fare delle ricerche serie.
La
sua struttura vittoriana tradiva le sue tradizioni, decisamente più antiche e
il maestoso ingresso era l’anticamera di una delle zone di studio più rinomate
della City.
L’interno
era un tripudio di legno di mogano e noce antico dal caratteristico colore
piuttosto scuro che accompagnava il visitatore dalla hall fino alla sala
lettura, l’arredamento era costituito da mobili barocchi che sorreggevano
perfettamente l’impegnativa mole di libri nonostante la loro veneranda età. Gli
stucchi sul soffitto erano stati restaurati con maestria non molti anni prima
e, se non fosse stato per le vetrate limpide a pannelli disuguali che avevano
sostituito quelle policrome progettate in origine, l’ambiente sarebbe stato
identico all’immagine tardo settecentesca che le
stanze dovevano avere ai tempi in cui la villa era abitata da Lord e Lady Stantmore.
Il
banco del prestito era presidiato da tre donnine che, a prima vista, erano lo
stereotipo delle bibliotecarie, con gli occhialini sottili appena appoggiati
sul naso e fermati intorno al collo da una catenella d’argento, indossavano
camicie e gonne piuttosto lunghe sotto il ginocchio e al polso sinistro un
orologio d’oro. Il fisico magro le rendeva assomiglianti in modo quasi
incredibile a Madama Pince, la bibliotecaria della scuola.
Draco
si guardò stralunato intorno, sentendosi in un posto decisamente più familiare
dell’attico di Raymond e decisamente più simile alla Hogwartsa cui era abituato.
La
biblioteca forniva una delle più grandi collezioni di libri di tutta l’Inghilterra,
ordinatamente disposti per nome creando un piacevole effetto di colori. Alcune
persone, arrampicate su delle scale a pioli, consultavano dei tomi appollaiate lassù in cima, altre, invece, sulla balaustra
superiore dove erano contenuti i volumi della specializzazione giudiziaria,
formavano piccole pile che poi si portavano dietro per chiedere in prestito.
-Assomiglia
vagamente a Hogwarts – disse piano il biondo mentre lei lo teneva per mano e lo conduceva lungo
diversi corridoi
-I babbani non lo sanno – gli fece notare lei con un sorriso – ma in questa sezione sono conservati anche dei
libri magici
-I babbani sono stupidi come al
solito – sottolineò lui
-E i
maghi pure, che non si sono mai accorti che alcune delle loro cose sono fine qui
-È
compito del Ministero occuparsi di questi problemi – disse
mentre salivano un imponente scalinata a gradini bassi che una volta
doveva portare alla sala da ballo del piano nobile. Gli scalini bassi, riflettè lui, erano una buona invenzione perché facevano
faticare meno e, infatti, salire fin lassù non aveva niente a che vedere con
l’arrampicarsi su per la scala a chiocciola che conduceva alla Torre di
Astronomia, oppure dall’ingresso dal lago alla Sala Grande.
Una
delle donne del banco prestiti, che stava riportando al loro posto alcuni
libri, li guardò significativamente, facendo notare che stavano alzando
decisamente il tono per essere all’interno di un luogo dove il silenzio era la
regola aurea.
Sbuffando
imbarazzata, lei strinse di più la mano destra con cui stava conducendo il
bambino affianco a lei e lo portò fino al termine del corridoio dove si apriva
una vasta sala di consultazione con la targa “Romanzi”; in fondo a questa,
quasi addossato contro il muro, uno scaffale altissimo colmo di opere narrative
stazionava nella sua imponente e altera mole ed era la sua meta preferita.
Draco
guardò curioso oltre, vedendo le pareti rivestite da una tappezzeria che tra i
maghi era ancora di moda, rifinita fino ad una certa altezza con pannelli di
legno, ma che, tra i babbani, era probabilmente stata
soppiantata. Il pavimento, un po’ inclinato per le molte avventure che doveva
aver vissuto, era formato da quadrati bianchi e neri di marmo ed era uno dei
vanti di quel luogo. Qua e là tra le piastrelle erano fissate delle targhe di
ottone o bronzo, forate al centro, che indicavano dove erano rimaste inesplose
le munizioni e le bombe cadute lì sopra durante la Seconda Guerra
Mondiale.
-Quanto
vuoi rimanere? – le chiese circospetto, temendo di
dover passare in quel posto tutta la giornata
-Quanto
ne ho voglia – rispose evasiva mentre i suoi occhi
erano stati catturati da una copertina che non aveva ancora letto
Lui
borbottò piano qualcosa per non attirarsi le ire della bibliotecaria e della
Granger e si sedette sul pavimento, esattamente come un qualsiasi bambino
annoiato.
Vide
un libro dalla rilegatura interessante e lo prese in mano, sorrise nel
riconoscere alcuni simboli magici: doveva trattarsi di uno dei volumi di cui
lei gli aveva parlato. La tirò appena per la gonna, il punto più alto dove, al
momento, riusciva ad arrivare; gli occhi ambrati di lei si discostarono dalla
sua lettura e abbassarono su quelli argentati di lui che erano sollevati.
L’indice della mano destra, quello con cui, in genere teneva la bacchetta, era
puntato su una pagina a caso del libro che teneva in mano e stava indicando dei
simboli strani
-Aritmanzia
– disse automaticamente lei riconoscendo i segni che il professor Vector tracciava spesso sulla lavagna
mentre spiegava come predire il futuro attraverso numeri.
-Quello
lo sapevo anche io – sbuffò lui voltando le pagine – parlavi di cose del
genere?
-Sì
Il
biondo annuì e lasciò la presa sui suoi vestiti per tornare a concentrarsi su
quel volume.
Era
particolarmente vistoso, in mezzo a tutte quelle copertine morbide di cartone
stampato. I libri di magia, invece, venivano ancora
fatti con il vecchio stile: un gruppo di penne d’oca scriveva sui fogli che
erano poi rilegati insieme con della pelle formata da fibbie di ottone e varie
chiusure; anche la consistenza della carta era differente: quella babbana era chiarissima e il nero dell’inchiostro risaltava
particolarmente, la pergamena del mondo magico, invece, era spessa e dal colore
leggermente giallino e le scritte del volume erano voluttuose e piene di asole
e gambi.
Lo
sfogliò tutto, riconoscendovi un libro che c’era anche a Hogwarts…
e Malfoy Manor. Un suono sprezzante gli sfuggì dalle
labbra, mentre si faceva largo tra i suoi ricordi l’imponente costruzione di
casa sua avvolta tra le fiamme.
Guardò
un istante la mezzosangue, ancora assorta nella lettura: non avrebbe potuto
parlargliene.
Avrebbe
voluto dirlo a qualcuno e, onestamente, ogni volta che lei gli domandava di
parlargli di cosa era successo quella mattina nel letto, era tentato di vuotare
il sacco, sospirare e raccontarle tutto.
Avrebbe
voluto dirle tutto perché c’era una vocina dentro di lui che gli diceva che lei
avrebbe capito, perché lei non guardava all’apparenza, ma a ciò che c’era
dentro.
Ma
anche se era solo una sporca babbanofila, non doveva
essere coinvolta in quella faccenda.
Potty e la Donnola non avrebbero dovuto trascinarsela dietro in ogni
loro avventura pericolosa, quante volte aveva rischiato la vita per causa loro?
Al secondo anno ci aveva quasi rimesso la pelle dietro al basilisco e anche al
quinto, quando c’era stata quella terribile battaglia nei sotterranei del
Ministero… come avevano potuto portarla perfino nell’Esercito di Silente?
Incoscienti, aveva rischiato parecchio con le punizioni che assegnava quel
maiale della Umbridge. Non avrebbero dovuto essere
così prevedibili.
Lui
non lo sarebbe stato.
Si
era preso un impegno che, sapeva, non sarebbe stato proprio facilissimo,
soprattutto nelle sembianze in cui si trovava.
Ma
si era reso conto che la più grande minaccia veniva proprio da lui.
Silente
non la aiutava di certo, mandandola assieme a lui, era come se la stesse condannando.
Quelle
fiamme, lei non lo sapeva, ma nascondevano qualcosa di terribile: il fuoco che
brucia in eterno.
Il
preside avrebbe fatto meglio a nasconderla a scuola per qualche settimana,
piuttosto che mandarla a Londra, ma soprattutto, tenerla insieme a lui.
Tra
il fatto che lei i guai se li andava a cercare col lanternino e che lui stesso
costituisse una minaccia per la sua incolumità, rischiava davvero tanto.
E
per di più c’era qualcuno che voleva ucciderlo e che attentatava
alla sua vita.
Come
avrebbe fatto a tenere alla larga quella creatura curiosa se era
la prima che sembrava mettere il naso in affari da cui sarebbe dovuta rimanere
fuori?
Ma
soprattutto, perché quell’impegno preso così alla leggera con il suo preside si
era trasformato in una motivazione così forte?
Proteggere
lei… non aveva mai avuto niente da proteggere, tutto ciò che aveva, per
quanto lo riguardava, poteva volare dalla torre più alta della scuola. Adesso
aveva delle cose che doveva preservare.
Ma
non poteva chiederle aiuto, lei non doveva essere coinvolta.
Ce l’avrebbe fatta da solo, come per ogni cosa.
Sbuffò
e guardò gli altri libri disposti più o meno ordinatamente di fronte a lui, in
fila.
Fece
per riporre quello che teneva tra le mani, quando si accorse che nel buco
lasciato tra gli altri si intravedeva qualcosa.
Inclinò
la testa e sbirciò oltre, curioso, riuscendo a mettere a fuoco un paio di
scarpe di pelle.
Sbattè gli occhi una volta, poi due e le guardò di nuovo:
innegabilmente, quella era pelle di drago!
Cazzo, ma allora quello era un mago!
Che
ci faceva un dannatissimo mago nella biblioteca babbana?
Che fosse venuto a controllare i testi magici presenti?
Rivoltò
tra le dita quello di aritmanzia, impossibile, era un
libro comunissimo come, probabilmente, anche gli altri. Se fossero stati rari o
proibiti senz’altro il Ministero avrebbe saputo che si trovavano lì e, con ogni
probabilità, non ce li avrebbe certo lasciati.
Accanto
alla scarpa nera comparve l’orlo di un mantello di un cupo color marrone.
Poteva
essere solo un mago. I babbani non portavano i
mantelli e credevano che i draghi fossero creature fantastiche inventate per le
favole, certo non pensavano di farci degli indumenti o degli accessori come con
i coccodrilli e i visoni. Sciocchi.
Quello,
ad ogni modo, era proprio uno stregone e, se aveva riconosciuto la fibbia
dorata sopra le squame scure, sapeva anche chi.
Si
morse nervosamente le labbra, bel casino… ci mancava solo lui.
Gli
occhi si sollevarono su di lei, che non lo degnava di un’occhiata, rapita nel
mondo di cui stava leggendo.
Ok, doveva pianificare tutto.
Punto
numero uno: convincerla. Non sarebbe stato facile, scettica com’era di natura, tantopiù che, con ogni probabilità, avrebbe dovuto dirle
qualcosa di ciò che sapeva e la cosa non andava, anche se lo liberava di un
peso, ma molto presto, in quel modo, anche lei si sarebbe allontanata.
C’era
una cosa che ammirava della mezzosangue, nonostante tutto, ed era che era
riuscita a stargli accanto tutto quel tempo senza
cadere in bassi pregiudizi, chiamandolo mangiamorte,
o facendo insistentemente allusioni a quella cosa, altri non ne sarebbero stati
in grado.
Lei,
invece, non ci aveva neppure pensato, non aveva bisogno di stratagemmi così
infanganti per potersi confrontare con lui, anche se lui non negava di usarli,
invece, nei suoi confronti…
Punto
numero due: fuga!
E
non era una banalità. Se mai si fossero accorti che erano due maghi e lui era
QUEL mago, beh, avrebbero rischiato. Il mondo babbano
non era sicuro come si credeva, brulicava di spie e dovevano fare molta
attenzione.
Nella
sua mente si delineò il piano per scappare: la porta, il corridoio, le scale,
il banco dei prestiti…
Ok, potevano farcela…
Tirò
nuovamente la gonna della mezzosangue che lo fissò spazientita
-Che
cosa c’è adesso? – gli chiese scocciata, lui le fece appena segno di tacere e
di abbassarsi
-C’è un
mago qui – disse lui indicando lo spiraglio di luce tra i volumi; il
sopracciglio di lei si alzò verso l’altro
-Forse
non sono tutti razzisti come te – gli disse sottovoce alludendo, ovviamente, al
fatto che lui, come mago, non era mai stato nel mondo
senza magia. La guardò male e le sue labbra sottili sillabarono appena la
parola “mangiamorte” senza che un solo suono
fuoriuscisse.
Lei
sgranò gli occhi, appoggiando il testo e sedendosi accanto a lui
-Come lo
sai? – gli chiese pianissimo, tanto che dubitò che lui
avesse capito
-La
fibbia del mocassino porta inciso lo stemma della famiglia – gli disse
indicando appena il cerchietto lucente, lei lo fissò – è il padre di Nott: Parker
-Perché
ne parli come se fosse un nemico? – chiese lei ugualmente sospettosa
continuando ad aguzzare la vista verso il piede sconosciuto
-Ci sono
un paio di cosucce che Silente non ti ha detto su di me – aggiunse con un ghigno
-E
dovrei fidarmi sulla parola? – chiese, lui sollevò il mento
-Non ho
mai tradito la mia parola, anche se sono Serpeverde –
aggiunse con orgoglio
Lei
lo fissò qualche istante, poi voltò la testa verso il buco senza annuire, ma
neppure senza dargli dell’idiota.
-Di che
stanno discutendo? – chiese spiccia
-Qualcosa
non va secondo i loro piani – borbottò ascoltando il tono nervoso dell’uomo
Un
minuto, due minuti; e la conversazione dello sconosciuto oltre lo scaffale con
un altro ipotetico interlocutore riguardava sempre la stessa cosa “Non sappiamo
cosa farne” e “Non siamo riusciti a trovare i traditori”.
Draco
si irrigidì all’udire quelle sillabe, ma continuò a sbirciare dal foro rettangolare
-E’
tutto a posto? – gli chiese Hermione vedendo gli occhi passare dal grigio ad un
colore simile all’ardesia.
Lui
annuì
-Non hai
sentito delle voci? – chiese ParkerNott dall’altra parte della libreria – deve esserci
qualcuno – disse voltandosi e dirigendosi verso la fine dello scaffale per
controllare.
Hermione
e Draco si scambiarono un’occhiata preoccupata.
Lei
si alzò in piedi
-Sai
mentire? – gli chiese lui lanciandole un’occhiata e sistemando il volume rilegato
-Solo se
serve
-Dipende
se consideri “salvarti la vita” come qualcosa che serve – sottolineò, lei lo
fulminò con lo sguardo – cerca di essere credibile – aggiunse
-Fai il
bambino – gli rispose decidendo che la copertura di madre-figlio era quella che
riusciva loro meglio – ma fallo bene
Si
alzò svelta in piedi e riprese tra le mani il tomo che stava consultando prima.
In
quel momento, mentre aveva appena abbassato gli occhi sullo scritto, la figura
massiccia del padre di Theodore comparve nel
corridoio tra le due fila di scaffali.
Si
avvicinò veloce a lunghi passi ed Hermione si appuntò mentalmente che, se le
avesse rivolto la parola, avrebbe dovuto mostrare un adeguato stupore per il
suo vestiario inconsueto.
-Mi
scusi, signora – disse l’uomo con una voce cavernosa
Lei
sollevò le iridi ambrate, non si ricordava di lui dalla battaglia al Ministero,
quindi, probabilmente, se anche l’avesse vista, non avrebbe potuto riconoscerla,
soprattutto nell’aspetto quasi trentenne che mostrava adesso.
Finse
di prendere atto del mantello e del completo, del tutto inusuale da trovare nel
mondo babbano, come si era preposta, poi sollevò gli
occhi sul viso, terribilmente simile a quello del figlio
-Sì? –
disse, come se si trattasse di uno straniero che chiedeva informazioni su una via
L’omaccione
parve osservare la figura di donna e la guardò per qualche minuto, decidendo
che era quanto di meno assomigliante ad una maga riuscisse a riconoscere
-Lei è
una strega? – le chiese, più che certo che la risposta sarebbe stata un no. Gli
occhi di lei parvero divertiti
-Anche
lei uno spettatore del programma “Prediciamo il futuro” ? – chiese, lui le
lanciò un’occhiata stranita, senza capire – lo so, me lo dicono in tanti che
assomiglio alla conduttrice – aggiunse, come se fosse un motivo di vanto. Nott padre la fissò e annuì, decidendo che quella
insignificante babbana non poteva assolutamente
essere una strega
-Parker?
– chiamò la voce di un altro uomo e il genitore di Goyle
fece il suo ingresso nel campo visivo della giovane Grifondoro.
Si
fermò un attimo interdetto a scrutare la donna
-E’ lei?
– chiese all’amico
-Anche
lei segue “Prediciamo il futuro”? – domandò nuovamente allo sconosciuto che la
fissò come se fosse scappata dal manicomio
-Mamma?
– disse invece una vocina e una testata di capelli neri comparve da dietro la
gonna, assieme al visetto di un bimbetto di cinque anni
Come
Draco Malfoy fosse riuscito a tingersi la sua chioma bionda e farla diventare
nera in così poco tempo, era un mistero che avrebbe risolto più tardi. Per il
momento ringraziò la sua prontezza di spirito: probabilmente quei due
conoscevano molto, ma molto bene le caratteristiche fisiche di ogni Malfoy sulla
terra che comprendevano capelli chiarissimi e occhi azzurri, oltre ad un ego
smisurato, ad una tradizione secolare e a un carattere veramente orribile. Ma
in quel momento ringraziò ugualmente.
-Mamma,
questi uomini mi guardano male – mormorò il bimbo che sembrava sul punto di
scoppiare a piangere mentre i genitori di due dei suoi
compagni di Casa lo guardavano con un certo disprezzo. Un’interpretazione
perfetta
-Smettila…
Francis – disse toccandogli la testa e inventando un
nome – offendi i signori
-È suo
figlio? – chiese il padre di Goyle, di cui, al
momento, le sfuggiva il nome
-Sì,
vogliate perdonarlo, è un po’ maleducato. Si chiama Francis…
-Capisco
ParkerNott, nel frattempo, sembrava
indugiare più del dovuto sulle forme della mezzosangue.
Evidentemente
il suo disprezzo era superato dalla sua brama.
-Ehm,
eravate voi prima, qui dietro? – domandò ancora Goyle-padre
-Ah, vi
ho disturbato? – fece lei con voce preoccupata – mio figlio ha fatto cadere dei
libri…
-No,
niente – disse ancora l’uomo, come se non considerasse più un pericolo ciò che
era avvenuto. Quella babbana, se anche avesse sentito
qualcosa, non avrebbe saputo di cosa parlavano. Potevano sempre dire che si
trattava della trama di un libro.
-Beh, se
volete scusarci, allora noi andiamo. – si congedò lei – vieni, Francis - e lo prese per mano, facendolo camminare al suo
fianco.
Mentre
camminava per il corridoio, Draco si voltò verso i due e gli fece una
linguaccia.
Era
la sua rivincita per avergli fatto interpretare quella scenetta vomitevole. E
che quei due potessero andarsene al diavolo!
-Il
bambino è una vera peste – borbottò arrabbiato Goyle
– se fosse mio figlio saprei come aggiustarlo
-La
madre però me la farei – rispose ParkerNott con un sorriso sbilenco
-Già,
gran bella carrozzeria – commentò il compare annuendo
Malfoy
si irrigidì mentre camminava.
La
mezzosangue aveva sentito?
E
se sì, come faceva a rimanersene così impassibile?
La
guardò, l’espressione determinata dipinta sul volto. No, non doveva aver
ascoltato…
Però
nel mondo c’erano già troppe persone che apprezzavano le qualità fisiche della
Granger… e il problema era che lui stava entrando tra questi. Anche se,
conoscendola un poco, senz’altro lei era una ragazza da “guarda quello che c’è
dentro, l’esteriorità è effimera”.
Era
un discorso improprio che faceva anche Daphne e quello era il motivo per cui non era mai stata a letto con lui. Peccato che da
banale diciottenne la Granger fosse quasi invisibile, Daphne invece… beh, aveva
una bellezza che non passava certo inosservata, ma si ostinava a dire che la
bellezza non è tutto e altre bestialità sui generis.
Scosse
la testa distogliendola da quei pensieri e tornò a fissare davanti a sé, sempre
sentendo due paia di occhi piantati sulla schiena.
Sarebbe
venuto il giorno che gliel’avrebbe fatta pagare anche a loro…
Il
braccio sinistro gli bruciò. Il Marchio Nero. Erano vicini, doveva esserci
qualche covo di mangiamorte in quella biblioteca.
Scrutò
il viso della Granger.
Alla
fine era rimasta coinvolta anche lei. Già perché, dopo che le aveva detto che c’era qualcosa che le avevano taciuto, lei,
adesso, avrebbe preteso di sapere tutto.
E
non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di rimanere zitto su qualcosa.
Beh,
“quella” cosa senz’altro. Ma il resto?
Sospirò.
Maledetto
Silente, le gatte da pelare toccavano tutte a lui.
***
Quando
i due misero piede fuori delle biblioteca, come per
incanto, i capelli dello Slytherin tornarono del loro
colore originale.
Hermione
chiamò svelta un taxi e si fece riportare in fretta all’appartamento, curiosa
di conoscere ciò che qualcuno si era deliberatamente sentito in dovere di non
dirle, ma soprattutto, speranzosa di rimanere in un posto dove non ci fossero pericoli e mangiamorte ad
ogni angolo. Neppure il mondo babbano era più così
tranquillo come aveva creduto… il gruppo dei mangiamorte
era cresciuto a dismisura in quegli anni e, probabilmente, stavano già
progettando qualche strage come quella che c’era stata quasi vent’anni prima.
Lanciò
un’occhiata furtiva al biondo che le era seduto
affianco e che ammirava il panorama dal finestrino con molta più serietà di
quanta ci si sarebbe aspettati da un bimbo.
Quando
la porta dell’attico si fu richiusa dietro di loro, Hermione si affrettò a
insonorizzare la stanza, a bloccare l’ingresso e a tirare le tende.
Stava
aspettando e c’erano tante cose che voleva sapere e conoscere.
Come
se fosse perso nei meandri della sua mente, Malfoy si era seduto sul divano e
lì era rimasto, con i piedi che non toccavano terra e lo sguardo cupo e
distante.
Perché
non le avevano detto tutto?
Perché
lo avevano detto a Malfoy, che dimostrava dieci anni e, adesso, anche meno, e
non a lei?
Perché
non si fidavano di lei?
Perché?
-Sono
stato un mangiamorte – disse sottovoce lui fissando
infine le iridi color della tempesta in quelle ambrate e stupite di lei
***
Spazio autrice: ciao a tutti, scusate l’immenso ritardo con
cui posto questo capitolo, so che avrei dovuto farlo prima, ma l’ultimo anno di
superiori è una maratona continua e la settimana prossima c’è una
concentrazione di verifiche che farebbe invidia al test di ammissione a
medicina.
Perdonatemi
anche se sarò breve nel ringraziarvi tutti, sfortunatamente ci sono materie che
esigono la mia presenza, scusate, scusate e scusate ancora tantissimo…
Io
spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto e mi auguro che mi lascerete un
commentino anche questa volta, sapete che ci tengo a sapere che cosa ne
pensate, sarà che sono curiosa, soprattutto con tutte le anticipazioni che ho
messo in questo aggiornamento ^^
Bene,
grazie mille anche a tutti coloro che hanno messo la mia fic
tra i preferiti, non credo di meritare tanta attenzione, ma
grazie infinite lo stesso, siete fantastici!!! Vi mando un bacio virtuale,
spero che vi arrivi e non si perda nella rete come le mie mail che non giungono
mai a destinazione…
Grazie
a chi recensisce e commenta ogni volta e grazie a chi lo fa ogni tanto,
ricevere una recensione è meraviglioso e mi rende orgogliosa, oltre a mettermi
una gran voglia di scrivere… quindi spero che me ne lascerete qualcuna =^_^=
Ciao
e un bacione grande grande
a tutti quanti, Nyssa
Come
per confermare la cosa, si sbottonò il polsino della camicia e tirò su la
manica del maglioncino verde, subito seguita da
quella dell’indumento bianco.
Sulla
pelle chiara spiccava un simbolo che le sembrava fin troppo familiare. Si
avvicinò e si sedette affianco a lui, guardando la figura di quel serpente,
indubbiamente velenoso, che si arrotolava intorno al braccio e sbucava con la
testa e i denti ritti dal teschio: il Marchio Nero. Il simbolo di Voldemort.
-Chi te
lo ha fatto? – domandò piano posando un dito sul nero di quel segno che, lo
vedeva, stava bruciando la pelle fino a fargli male
-Non ha
importanza
-Quando…
- chiese appena sollevando gli occhi su di lui, che si affrettò a distoglierli
-Due
anni fa.
L’estate
che lei aveva trascorso felicemente alla Tana assieme alla famiglia Weasley, un po’ preoccupata della continua minaccia degli
adepti del Signore Oscuro, ma comunque serena di poter essere assieme a persone
meravigliose, lui era stato marchiato per la vita.
Mentre
lei giocava e si divertiva, cosa stava provando lui, poco prima che gli
lanciassero quella maledizione?
Il
dito percorse lentamente tutta la sagoma nera
-Come
mai non me ne sono accorta, quella mattina? – chiese, ricordando il giorno che
l’aveva visto senza camicia e si erano scambiati quel bacio quasi dimenticato
-Credo
che fossi più presa da altro – rispose, malizioso come sempre, ma con
meno convinzione, lei abbassò lo sguardo e annuì
L’aveva
avuto vicino praticamente senza indumenti ed era stata così stupida da non
accorgersi neppure di una cosa così evidente… come aveva fatto? Stupida
Hermione che credeva che al di fuori del Mondo Magico tutto fosse tranquillo e
in pace, in realtà il pericolo era ovunque e lei era stata così ottusa da non
vedere, o voler vedere, quel segno che deturpava quella pelle.
-Mi
dispiace – sussurrò appena
-Non
compatirmi – disse lui con voce piatta e scoccandole un’occhiata seria e altera
-Hai
detto che sei stato un mangiamorte, perché usi il
passato? Non lo sei più?
-No
Lo
guardò e, forse per la prima volta riuscì a distinguere tra le espressioni del
suo viso una di tristezza, appena accennata e quasi irriconoscibile, ma c’era:
che cosa gli costava così tanto dire? Perché parlava in quel modo? Perché
improvvisamente era diventato lui quello saggio? Quello che sapeva e aveva
provato?
-Lo sei
mai stato? – domandò con altrettanta serietà. Le iridi chiare si sollevarono
sorprese in quelle di lei
-Non
credo
Era
stata cieca.
E
lui era stato sincero.
Avevano
trascorso assieme un sacco di tempo, a scuola e a Londra, anche se non
precisamente sempre svestiti.
Ma
non si era mai accorta di nulla, né del marchio, né della tristezza che doveva
causargli l’essere segnato a vita da qualcosa e non potersene liberare.
Lo
stava di nuovo giustificando e cercava di capirlo quando quello non era il suo
compito e, in linea di principio, non avrebbe dovuto fare con qualcuno sui cui
aveva ancora dei dubbi. Non sapeva se le stava raccontando la verità su tutta
quella faccenda, aveva dimostrato di essere un attore provetto, perché non
poteva essere che le stava mentendo?
Pregò
che non fosse così perché tra di loro erano sinceri, nel bene e nel male… beh,
fino a quel momento la percentuale di “bene” era appena percettibile ma…
Perché?
Perché
non se n’era accorta? Era davvero stata così distratta? In genere notava ogni
dettaglio…
Rifletté,
ma non riuscì ad avere una risposta a quella domanda.
E
mettere a tacere quella voce che voleva a tutti i costi trovare una risposta
che riuscisse a sciogliere tutti gli interrogativi era tremendamente difficile.
-Tu non
me lo hai fatto vedere, vero? – gli chiese con un sorriso. Sapeva che era così.
Lui annuì
Ci
fu silenzio.
Rompere
quel cristallo denso che li circondava attutendo ogni suono, eliminando ogni
dubbio era qualcosa di sperato da entrambi, ma non possibile.
Le
avrebbe detto tutto?
Lo
guardò mentre gli occhi di lui si spostavano fino a incontrare i suoi.
Scosse
la testa.
No.
Lui
aveva cercato di proteggerla, anche se lei non lo sapeva.
Non
si fidava.
Era
giusto chiedergli di raccontare qualcosa di personale ad una persona in cui non
si aveva fiducia?
No.
Andava
a suoi discapito, ma sapeva che la risposta era no.
Lei
non aveva detto praticamente a nessuno che le piaceva Ron
perché non si fidava di Lavanda, di Calì, di persone
del genere. Solo Ginny l’aveva saputo e Harry, charo.
Quindi
non poteva pretendere che lui parlasse di una cosa che lo riguardava da vicino
e decisamente più seria se non si fidava di lei.
Anche
se lei voleva sapere.
Ma
soprattutto, voleva sapere perché le avevano taciuto determinate cose.
Ovvio,
rispose una voce dentro di lei, se intanto non te le avrebbero potute dire, a
cosa serviva farti sapere che c’erano ma non sapere cosa? Saresti solo
diventata curiosa…
Aveva
ragione.
-Non
sono più un mangiamorte – disse lui piano girandosi
al dito medio della mano sinistra un anello che portava lo stesso simbolo che
c’era sopra GrimmauldPlace:
“La molto antica e sempre rispettata famiglia dei Black”, come recitava la
scritta sopra l’ingresso, accompagnata dalla lettera B finemente lavorata e
rifinita, piena di vezzi.
-Forse
ti sembrerà strano – aggiunse lui chinando la testa – ma faccio anche io parte
dell’Ordine
-L’Ordine?
Quell’Ordine? – domandò incredula, lui si limitò ad annuire – Perché
Silente non me l’ha detto?
-Meno
persone lo sanno, meglio è – lei fece di nuovo segno di sì con la testa,
riconoscendo la saggezza di quelle parole.
Altro
silenzio.
-Non
dovresti dire “sono stato un mangiamorte” – gli fece
notare con un sorriso un po’ tirato, ma comunque sincero
-Perché?
-Se tu
non credevi in quello che facevi, se tu mi dici che, forse, non ci hai mai
creduto, tu non sei stato davvero un mangiamorte –
rispose precisa, lui ghignò
-Ho il
Marchio, ho la Maledizione.
-Non hai
donato la tua anima a quella setta di pazzi. Non gli hai dato il tuo cuore.
-I
Malfoy non hanno un cuore – puntualizzò acido, lei sollevò gli angoli della
bocca
-Se tu
non avessi un cuore non potresti vivere – gli fece notare
-Parli
di un altro concetto di cuore – specificò
-Se ci
pensi bene, invece, vedrai che è la stessa cosa – e sorrise di nuovo
Essere
mangiamorte è un crimine.
Abbracciare
quella filosofia creata da un pazzo e seguita da pazzi è un crimine.
Perché
si finirà che nessuno andrà più bene, tra loro.
Cominceranno
coi babbani, esseri senza magia.
Poi
i mezzosangue, nati da babbani e non cambierebbe
nulla se loro la magia ce l’hanno.
E
ancora, quelli con un genitore babbano e l’altro no.
Vergogna della razza, sangue sporco.
Eppoi
i purosangue delle famiglie meno antiche. Nati dal fango dove moriranno.
Andando
avanti così, non rimarrà nessuno.
E
se davvero si seguisse questa scala che lo stesso Voldemort
ha stilato, ebbene, lui stesso rimarrebbe vittima di quelle sue stesse parole.
-Brucia?
– domandò improvvisamente lei distogliendolo da quel flusso di pensieri, lui la
guardò sorpreso di quella domanda
-Ogni
tanto – rispose esitante e tacendo, ovviamente, che il dolore a volte era
insopportabile.
Lei
guardò ancora il tratto nero e i suoi occhi, rifletté lui, parevano tanto
tristi che avrebbero messo in ginocchio perfino sua zia Bellatrix,
senz’altro la più invasata tra i seguaci del Lord Oscuro.
Chi
le aveva dato un animo così puro e la capacità di comprendere perfino un
traditore come lui?
Perché
lui era due volte traditore.
Traditore
dei maghi, traditore dei mangiamorte.
Come
faceva lei, rinnegata da due mondi, a riuscire ancora ad andare avanti e ad
avere la forza di voler sapere e comprendere?
Sapeva
che ci soffriva. Non lo dava a vedere, ma ogni volta che la chiamava
mezzosangue un lampo furtivo di tristezza appariva tra quelle iridi, lo aveva
notato ben più di una volta.
Chi
le aveva dato così tanta forza da resistere alle provocazioni, da permetterle
di proseguire a testa alta tra gli insulti?
Era
facile per uno come Potter, ammirato da tutti e da tutti idolatrato.
Ma
per lei?
Non
era che il suo braccio sinistro, lo scudo che lo proteggeva, quello che gli
salvava la vita, ma nessuno si ricordava di fare il suo nome, mentre quello del
Salvatore del Mondo Magico spiccava a grandi lettere su tutte le prime pagine
dei quotidiani magici.
Perché
non si ribellava a quella dittatura che le imponeva il silenzio?
Avrebbe
potuto chiedere un’intervista a Rita Skeeter e ci
avrebbe pensato lei a romanzare a sufficienza la storia, fino a dipingere la
Caposcuola come se fosse stata lei a salvare il loro mondo.
Perché
accettava tutto questo?
Perché
le andava bene e non fiatava?
Si
voltò verso di lei e la vide, rannicchiata sul divano, la sua mano tra le sue,
che piangeva.
Rimase
sorpreso, nel vederla così, quasi disperata per lui.
Si
sentì in colpa, perché c’erano tante altre cose che non le aveva detto. Che lei
non aveva né il diritto né il dovere di sentire, ma con cui le avrebbe
volentieri divise e che le avrebbe fatto piacere sentire come pegno di fiducia.
Eppure,
se lei lo avesse ritenuto quasi un segno di amicizia, lui sapeva che non era
altro che egoismo: l’avere qualcuno che lo sostenesse a portare quel peso che
lo opprimeva ogni giorno di più.
Il
taglio dei suoi occhi prese una piega stranamente dolce nel sapere che lo
faceva anche per lei, per far sì che quel sorriso un po’ teso potesse comparire
ancora su quelle labbra che una volta aveva baciato.
-Non
piangere – le disse semplicemente posando la mano destra, quella che non era
segnata dal Marchio, sulla sua testa; lei alzò gli occhi, stupita da quel
gesto, ma ancora di più dallo sguardo dolcissimo che le stava regalando.
Avrebbe giurato che lui stava dalla loro parte perché nessun cattivo, nessun
attore, neppure il migliore sarebbe riuscito a falsificare quell’espressione
che diceva tanto.
La
mano si mosse appena e le accarezzò i capelli e per fare questo doveva tendere
il braccio per tutta la sua lunghezza perché aveva cinque anni, in quel
momento. Ma lei non era sicura di essere la più grande…
Gli
sorrise nuovamente, mentre la tristezza veniva spazzata via da quel segno così
significativo.
E
dire che quando potevano non facevano altro che litigare e azzuffarsi come cane
e gatto, come era possibile che in quella situazione ci fosse più silenzio che
altro, come era possibile che non fosse ancora volato un insulto, né una parola
sgarbata? Come era possibile che lei lo sentisse così vicino?
Come
era possibile che riuscissero a capirsi senza parole?
-Ehi
Granger, me la levi una curiosità?
Lei
lo guardò negli occhi, aspettando che parlasse, annuì
-Perché
non mi hai mai chiamato mangiamorte?
Beh,
era un interrogativo che gli stava a cuore e aveva bisogno di una risposta
perché nella mezzosangue c’era qualcosa di insolito e raro e, forse, quella
domanda gli stava chiarendo un po’ che cosa poteva essere.
-Beh, ma
perché tu non lo sei – rispose come se fosse ovvio, lui alzò le sopracciglia,
per niente convinto
-Sii
seria, per una volta – le rispose
Lei
parve pensarci
-Non ho
mai avuto questa sensazione – rifletté – non ho mai sentito ciò che ho provato
al Ministero quando mi hanno attaccata i seguaci di Voldemort,
quindi sarebbe stato ingiusto se ti avessi chiamato così e tu non lo fossi stato…
e avevo ragione! – gli sorrise ancora
Quando
sorrideva in quel modo, la Granger sembrava davvero fragile, ma i suoi occhi
brillavano come l’ambra.
La
Regina dei Gryffindor.
Forse
le calzava addirittura più che “mezzosangue”, perché quel soprannome era stato
sempre e solo per lei, nessuno lo aveva utilizzato per indicare qualche altro
mago o strega nato nel mondo babbano e da genitori babbani, ma che possedeva capacità magiche. Solo lei veniva
etichettata a quel modo, e la cosa, a ben pensarci, doveva essere doppiamente
dolorosa, ma non l’aveva mai fatto vedere.
Perché
anche se sembrava fragile, anche se era una ragazza, ebbene, aveva una forza
d’animo come nessun altro. Neppure Potty arrivava a
tanto, tantomeno Lenticchia.
Nessuno.
Perché
lei era unica.
-Granger,
lo sai che non dovresti piangere per uno come me? – le fece notare con una certa
superiorità, come se non valesse la pena dannarsi per un traditore
-Non è
una cosa che faccio volutamente – rispose pensierosa – ma mi succede e non
riesco a smettere… si può quasi dire che io pianga più per gli altri che per me
stessa
-Insomma,
sei una piagnucolona – intervenne
-Forse…
ma non tanto… - concesse
Altro
silenzio
-Draco…
- era la prima volta che pronunciava quel nome per riferirsi direttamente a
lui, il più delle volte, se poteva, non lo diceva neppure, oppure diventava un tutt’uno con il cognome: Dracomalfoy.
Lui
sollevò la testa, sentendosi stranamente in imbarazzo dopo che lei lo aveva
chiamato per nome per la prima volta
-Io lo
so che c’è dell’altro – disse piano lasciandogli la mano – e penso che tu non
possa dirmelo, vero?
Annuì
-Non
importa
C’era
rimasta male.
Perché?
Perché
voleva a tutti i costi sapere?
-Granger
– disse con altrettanta solennità – non lo facciamo perché sei te… - lei parve
stupita – vivi serena, almeno tu che puoi
Un
barlume ironico le si dipinse sul viso per scomparire subito dopo.
-Se
vorrai parlarne, sappi che sono qui, per qualsiasi cosa – lui le sorrise -
sempre
-Va
bene… - gli stava regalando un sorriso, come quelli che rivolgeva di solito a
chi incontrava per i corridoi
-Ehi Malferret, hai fame? È l’una passata…
Lui
annuì, poi con il fare di un bimbetto dell’età che dimostrava, si sedette
scomposto a tavola e tutto ricominciò come prima.
-Cosa
pensi che stessero facendo Nott e Goyle
alla biblioteca? – domandò servendogli una porzione di polpette che aveva
comprato al supermercato
-Cosa
vuoi che ne sappia – brontolò lui con la bocca piena, lei sorrise
-Parlavano
di qualcosa che non capivano
-Può
essere
-E di
traditori – gli lanciò uno sguardo, non era tanto difficile capire che si
stavano riferendo a persone come lui e a lui nello specifico, probabilmente;
lui tossicchiò appena
-Quelli
ci sono sempre – rispose come se la cosa non lo riguardasse, peccato che due
segnetti rossi gli fossero spuntati sulle guance
-Tu
pensi che dovremmo tornare a controllare? – chiese addentando una polpetta
Lo
sguardo sconcertato che le lanciò sarebbe potuto entrare nella storia per una
delle espressioni più buffe di Draco Malfoy, con tanto di occhioni azzurri
sgranati, la bocca piena e il segno di sugo intorno alle labbra.
Non
riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere aumentando decisamente lo sconcerto del
povero Slytherin.
-Sei
proprio un disastro – gli disse alzandosi e, dopo aver preso un pezzo di scottex, gli pulì la bocca velocemente, come avrebbe fatto
con qualunque bambino di cinque anni, lui alzò le sopracciglia, stupito
-Non
prenderti tanta confidenza – le disse – potresti rimanere scottata
Lei
liquidò la cosa con un’alzata di spalle e tornò al suo posto, ricominciando ad
attaccare la polpetta ancora infilzata dalla forchetta.
-Allora,
- chiese – quando andiamo?
-Tu sei
pazza – esclamò indignato – vuoi proprio andare a farti ammazzare!
-Non
essere così cinico, magari ce la caviamo, tu conosci quella gente, sai come fa
-Se me
ne sto sulle mie un motivo ci sarà, non pensi? Eppoi io ci tengo alla pelle!
-Eddai…
-Certo
che so come fa! Ti rende pazza a furia di Cruciatus e
poi ti getta in un pozzo senza fondo
-Ma
perché no? Magari riusciamo a scoprire qualcosa!
-Neppure
per sogno, magari poi erano lì solo per caso – palla colossale. C’era un covo
di mangiamorte in quella biblioteca, lo aveva
avvertito benissimo, ma quella ragazza era intenzionata a morire giovane
-Orsù, Nott e Goyle, due mangiamorte con le tue stesse fisime sulla superiorità dei
maghi che si fanno un ritrovo in una biblioteca babbana.
Non ci crederei neppure se me lo giurasse la Regina d’Inghilterra
-Ma
perché ci tieni tanto a farti tagliare quella testolina bacata?
Lei
fece spallucce, poi incominciò una frase, ma non fece tempo a finirla che una
luce abbagliante avvolse entrambi.
Malfoy
si guardò preoccupato le mani, sapendo che cosa stava accadendo. Spostò gli
occhi su di lei che sembrava un cerbiatto impaurito dagli abbaglianti di un
auto.
Sospirò.
Ma
proprio adesso, accidenti? Stava pure mangiando…
La
sua figura si allungò progressivamente, le braccia, le gambe, i capelli, la
forma della testa… e, progressivamente, quella di lei rimpiccioliva fino ad
assumere le sembianze di una bambina di sette o otto anni con una testata di
capelli castani tutti a boccoli come quelli di una principessa e gli occhi
grandi ed espressivi.
Rise
di lei, mentre gli abiti cominciavano a diventarle sempre più grandi e quelli
di lui sempre più stretti. Bel problema, di quel passo sarebbe rimasto nudo di
fronte a lei… non che la cosa lo imbarazzasse, ne aveva viste troppe di donne
nude e troppe avevano visto lui, ma non credeva che la mezzosangue sarebbe
stata dello stesso avviso.
Si
alzò e andò a nascondersi in bagno prima che, in versione bimba, la Granger gli
lanciasse qualche accidente e si mettesse a strillare come una forsennata;
sapeva fin troppo bene cosa si prova ad avere quell’età, ormai.
Quando
riemerse oltre la porta, la Gryffindor, con una
specie di vestitino scozzese e il cipiglio più incazzoso
che le avesse mai visto, che poteva quasi rivaleggiare con la McGranitt, lo stava aspettando nella stanza, seduta sul
divano, le braccia conserte, il broncio stampato sul visetto paffuto.
-Se ci
fosse la Brown ti torturerebbe alla follia – ghignò
sadico immaginando la figura dell’altra Grifondoro
che le faceva i codini e le riempiva la testa di molletine
a fiori e fermagli pieni di fiocchi.
-Mi
sento idiota
-Così
sai cosa si prova quando mi chiamavi “bambinetto”
-Non mi
sembra il caso di rinvangare certe cose. E gradirei che ti mettessi anche una
camicia. – borbottò contrariata che lui avesse indossato solo i pantaloni.
Il
pudore della Granger era qualcosa di impossibile, ma dove diamine era vissuta fin’ora per essere così?
Senza
badarle, andò ai pensili, aprì un’anta e rubò un biscotto da un sacchetto
aperto, felice di poterci arrivare senza l’ausilio di una serie di seggiole
pericolanti messe una sopra l’altra.
Hermione
deglutì pensando che, da giovane, il suo caro tenente Ryan
dovesse assomigliare molto alla serpe… se si fosse coperto sarebbe stato decisamente
meglio per ENTRAMBI.
-Malfoy,
vieni un secondo qua – gli disse lei cupa, facendogli cenno
-Non sei
nella condizione di dare ordini – le fece notare con un sorrisetto
-Vieni
qui o ti assicuro che piangerò e strillerò finchè non
ti avrò distrutto tutti e due i timpani e avrò fatto accorrere mezza città di
Londra
-Le tue
minacce sono sempre troppo crudeli – sottolineò lui
-Ma io
non ti metterei neppure le mani addosso – puntualizzò lei
-Sta
proprio qui il problema
Arrossì
mentre lui ghignava.
Poi
decise di accontentarla. Sorrise al vederla così piccola e col carattere di
sempre, una bambina decisamente problematica, pensò.
-Granger
– disse con una punta d’ironia – non credi che sarebbe il caso che scrivessimo
a Silente per dirgli qualcosa…?
Colpita
da quella constatazione, ci rifletté un istante per poi annuire.
Lui
prese carta e penna e si mise a stilare la lettera che sarebbe giunta a Hogwarts con la tortora che ancora stava alla finestra ad
abbuffarsi.
***
Era
notte.
Lo
studio del preside era illuminato da una gigantesca luna piena la cui regale
figura appariva in tutta la sua maestà attraverso la grande vetrata a
rettangoli proprio dietro la sedia del responsabile.
La
luce candida proiettava sinistre ombre sul pavimento, allungando le forme e
facendo apparire quel luogo tetro e terrificante.
Silente
era seduto nella sua poltrona, la lunga barba che pendeva, appoggiandosi alle
ginocchia, il cappello a punta appoggiato di lato, sopra una pila di carte.
Alla sua destra un’altra torre di papiri in attesa del suo timbro e sopra
questa, un po’ spiegazzata, la lettera appena giunta da Draco ed Hermione con
la sua tortora.
I
gomiti erano appoggiati al ripiano della scrivania, mentre le ampie maniche
della veste bordeaux cascavano con stile, mettendo in risalto i polsini di una
camicia di vecchia fattura, chiusa dai gemelli dorati con lo stemma della
scuola.
Sospirò
malinconicamente e non era per la missiva appena ricevuta, non solo.
Si
tolse gli occhi ali a mezzaluna li distanziò un poco dagli occhi azzurri,
guardandovi attraverso e vedendo il mondo leggermente sfuocato; serrò un
istante gli occhi e appoggiò le lenti allo scrittoio con delicatezza
prendendosi la testa con i lunghi capelli canuti tra i palmi grinzosi.
Chiuse
definitivamente gli occhi.
La
figura di un luogo simile a quello, la stessa scrivania.
Le
pareti non erano piene di quadri rumorosi e pettegoli che chiacchieravano tutto
il giorno, ma delicate nature morte, immobili, e paesaggi campestri fermi nella
loro staticità.
I
muri erano ricoperti di scaffali, molto diversi da quelli di ora, i ripiani che
stavano cedendo sotto il peso di tutti i volumi con cui li aveva caricati e
ninnoli più o meno inconsueti, oggetti strani e dalle forme curiose, minerali
rari, denti di drago, piume e alambicchi.
Il
pavimento di legno che non vedeva una passata con la cera dai tempi della
Rivolta dei Throll di montagna, era vecchio e
scheggiato in alcuni punti.
Una
luna simile a quella che ora gli illuminava le spalle appariva in lontananza
attraverso lo spiraglio formato dalle tende tirate, in quella stanza che molti
anni prima era stata il suo ufficio.
Lo
scrittoio era appoggiato direttamente alla vetrata dell’imposta, a differenza
di ora, e si poteva godere dello splendido panorama a est che, al mattino, era
illuminato dalla prima luce del giorno.
Il
piano di scrittura era ingombro di fogli sparpagliati in disordine, cocci rotti
dai quali usciva del liquido colorato delle pozioni, la lampada da tavolo e il
candelabro abbandonati in terra, come dimenticati.
Una
figura in quel disordine totale, in quella follia.
Una
donna.
No,
una ragazza.
La
testa reclinata di lato.
Il
corpo immobile.
Sangue.
E
lui che osservava quella scena quasi preso dal panico.
Una
figura molto diversa da quella di adesso, un uomo curioso e ambizioso.
Gli
occhi costernati, spalancati dall’orrore di quel quadro che mai aveva pensato
di vedere.
La
forma giovane distesa sulla scrivania, i capelli disordinati, scompigliati.
La
lunga treccia castana abbandonata da un lato e dalla quale sfuggivano molte
ciocche ribelli.
Gli
occhi chiusi.
Sembrava
che stesse dormendo.
Sembrava
morta.
Il
braccio dimenticato sull’addome in una posizione naturale quando si riposa.
Un
taglio sulla guancia da cui fuoriusciva ancora una goccia di sangue che
brillava come una fiammella nell’oscurità.
E
lui era lì, impotente. Sgomento.
Rivide
le sue labbra di molto tempo prima mentre pronunciavano incredule un nome.
Gli
occhi della giovane si aprirono, rivelando due iridi dal colore un po’ spento.
Il
petto che si alzava ed abbassava.
Le
labbra di lei si mossero fino a pronunciare una frase.
La
mano prima dimenticata si sollevò, quasi con fatica, fino a tendere le lunghe
dita, macchiate d’inchiostro.
E
lui, fermo, che guardava quel gesto che sembrava strapparle un gemito di dolore
mentre con l’altra si teneva il petto che sembrava scosso dai singhiozzi.
Si
poteva vedere la camicia bianca, strappata, che cercava di ricomporre
all’altezza del seno, la gonna, le cui chiusure a fibbie erano state divelte
con forza, lo stemma dei Gryddinfor spiccare sul
cardigan grigio, aperto, che cascava in alcuni punti dalla scrivania.
Il
sorriso, un po’ triste, forse disperato, comparire su quella bocca dai tratti
comuni, la pelle tendersi sulle lentiggini sotto gli occhi.
E
lentamente, la mano di lui che si alzava, quasi che desiderasse ciò che lei gli
aveva concesso, sollevando anche la veste, a quel tempo blu, moto diversa da
quella che portava ora, dalla foggia quasi medievale.
Le
dita di lui, ancora nel fiore degli anni, incontrarono quelle della ragazza, la
sua studentessa.
Gli
occhi azzurri della giovane brillarono quasi nel buio, mentre sorrideva, ora
più dolcemente.
Sembrava
perdono quello che si leggeva su quel volto.
Perdono
per qualcosa che nessuno dovrebbe perdonare. Che lui desiderava, ma che non
avrebbe né dovuto, né potuto accettare.
E
gli occhi gli caddero sulla gonna a scacchi, irrimediabilmente macchiata di
sangue.
Sangue
che non era semplice sangue.
Sangue
che aveva un simbolo.
Sangue
che rappresentava qualcosa.
Sangue
che era una prova.
Una
ferita che non sarebbe mai stata ricucita.
Un
taglio che non si sarebbe cancellato.
Una
cicatrice che sarebbe rimasta.
Su
di lui.
Su
di lei.
Sempre.
E
gli occhi sgranati di un giovane mago di fronte a quella studentessa insolita.
L’espressione
stupita di quel gesto di perdono.
Il
sorriso di lei, non ancora scomparso.
La
testa che annuiva impercettibilmente, mentre stringeva di più la mano di quello
che era il suo professore.
Che
aveva fatto?
Un
crimine era stato commesso, tanti anni prima. Ne portava ancora i segni su di
sé.
Per
quello la scrivania, adesso che aveva cambiato studio, non era più addossata al
vetro, ma rivolta in modo che si dessero le spalle ad esso, per non ricordare,
tutte le sere, quella tragedia che aveva compiuto molto tempo prima.
Ma
era una vana speranza quella che l’aveva portato a non voler più guardare cielo
e luna nella notte. Ogni istante era perseguitato da quella figura, dalla colpa
che aveva commesso e che mai sarebbe stata cancellata.
Ma
soprattutto, perseguitato da quel sorriso di perdono, perché lei lo aveva
perdonato e lui, invece, non aveva ancora perdonato se stesso.
Quanti
anni erano passati?
Quanti
decenni?
Tanti.
Il
tempo cura le ferite finchè di essere rimane solo una
confusa memoria e poi scompaiono.
La
sua era ancora aperta nel suo cuore e nel suo orgoglio e sanguinava ogni notte
di luna piena.
Sangue
che sgorgava per ripagare il debito.
Sangue
che lui aveva versava nei confronti di quella giovane.
La
sua ferita non si sarebbe cancellata, ma sarebbe rimasta e gli avrebbe fatto
male in eterno, ogni notte di luna piena. E il ricordo avrebbe continuato a
perseguitarlo, riaprendo quello squarcio ogni volta, facendogli rivivere ciò
che era successo, facendolo sanguinare di nuovo.
Ricordandogli
che non era il vecchio preside buono, gentile, quasi un padre, forse un nonno.
Ricordandogli
che era stato giovane e mosso da passioni tanto forti che lo avevano spinto ad
un gesto estremo con una giustificazione fasulla che era cascata appena aveva
visto le lacrime versate di lei, che colpa non ne aveva.
Ricordandogli
che era stato ambizioso, orgoglioso, a volte borioso. Pieno di sé e alla
ricerca di qualcosa.
Nel
disperato tentativo di sopprimere un sentimento che non sarebbe dovuto esistere
e che era sfociato in una tragedia.
Non
era sangue di morte, quello che era stato versato una notte di molto tempo
prima.
Ma
per lui era come se lo fosse.
Era
sangue di vergine. Vergine innocente con l’unica colpa di avere una somiglianza
che nessuno aveva visto, una somiglianza che, in effetti, non esisteva. Una
somiglianza che era vissuta solo per un istante nella sua mente, mentre lei
varcava quella soglia, senza sospetti.
Si
passò in fretta una mano sugli occhi, prima che una lacrima cadesse sul legno
consumato del tavolo di lavoro.
Qualcuno
bussò alla porta e non aspettò neppure che dicesse avanti.
La
figura della professoressa McGranitt apparve nel vano
dell’ingresso, nel suo consueto abito dalla fattura un po’ antiquata, i capelli
striati di bianco raccolti sulla sommità del capo con uno chignonfermato da due lunghi spilloni con
l’estremità elaborata. Gli occhialini rettangolari sul naso. La pelle del viso
leggermente rugosa per l’età.
Quanto
era passato, da allora?
La
donna si mosse andandogli incontro e sistemandosi su una delle due poltroncine
di fronte al preside.
Gli
occhi guardarono appena dietro di lui, mettendo a fuoco la grande luna alle sue
spalle. La bocca si deformò in un sorriso.
-Ci
stavi di nuovo pensando, vero? – chiese, alludendo a qualcosa che sapevano
entrambi
Gli
occhi azzurri del preside si sollevarono su di lei finchè
non ne incontrarono un altro paio dal taglio sorridente. Lei lo sapeva, lei lo
capiva, lei leggeva dentro di lui, ormai.
Era
passato tanto da allora, eppure era come se nulla fosse cambiato: lei aveva
perdonato, lui invece si torturava ancora per quei ricordi terribili e
strazianti.
Il
suo silenzio tirò di più le labbra della vicepreside, facendole assumere
l’espressione che spesso rivolgeva ai suoi studenti quando doveva rimproverarli
-Lo
sapevo… - disse appena scuotendo la testa
-Minerva…
- fu tutto quello che disse l’uomo, sollevando la testa su di lei
-Ricordi
solo ciò che vuoi, Albus – fu il suo rimprovero
alzandosi in piedi e scrutandolo dall’alto in basso – io ti ho perdonato. L’ho
sempre fatto. Speravo che non dovessi soffrire così tanto… - gli occhi di lui
parvero quasi stupiti, era raro che anche lei ricordasse quell’episodio – anche
io ricordo quella scena ogni notte – aggiunse poi – ti ho detto una cosa, prima
di perdonarti – aggiunse, mentre i lineamenti si distendevano e sulle labbra si
formava un sorriso dolcissimo, ancora uguale a quello di tanti anni prima, che
lo perdonava allo stesso modo – l’ho fatto per quello. Ricordatene – il sorriso
parve divertito mentre le labbra si muovevano fino a sillabare, con lentezza,
ciò che anche quella volta gli aveva detto.
Gli
occhi dell’uomo anziano, si spalancarono
-Tu lo
sai – annuì lei – non te lo dimenticare. Perdona te stesso come ho fatto io. E
se non puoi farlo, ricorda ciò che ti dissi.
E
nel ripetere questo, la mano destra si alzò, cancellando la distanza tra di
loro, lo sguardo ancora dolce, le labbra che sorridevano con altrettanta
comprensione. Le dita di lei, ancora sporche d’inchiostro, gli occhi, forse più
opachi, ma ancora azzurri. I capelli, ora non più lunghi sulla schiena, ma
attorcigliati nella crocchia, la stessa treccia di allora.
Silente
sorrise, si alzò a sua volta in piedi e allungò la mano destra anche lui, finchè le dita non s’incontrarono.
Lo
sguardo serio.
-Minerva…
- disse con saggezza – io non potrò mai dimenticare. Forse non potrò perdonare.
– gli occhi di lei annuirono senza che lei muovesse un muscolo, ben sapendo che
sarebbe stato così, che lui non avrebbe potuto fare nulla di diverso, lo
conosceva troppo bene, sapeva troppe cose di lui, ormai, dopo tanti anni
trascorsi insieme. – ma una cosa volevo dirla
Parve
sorpresa, mentre la mano di lui stringeva quella più minuta di lei
-Tu non
sei Ariana. Tu non assomigli a mia sorella. Solo questo posso dire e mi rendo
conto che è poco. Ma tu non sei Ariana, Minerva
Le
labbra si distesero, mentre una lacrima scendeva furtiva sulla guancia di lei,
rigandole il viso non più giovane e appannando in parte le lenti.
Nessuno
aveva idea di quanto fosse importante quella rivelazione per lei.
-Forse
non l’ho fatto perché assomigliavi a lei – continuò il rettore – ma sono
ugualmente felice che tu mi abbia perdonato, anche se l’avessi fatto per
quello.
-Lo farò
sempre. – confermò la donna
-Non
credevo che saresti riuscita a trovarmi – aggiunse – il dolore sarà sempre con
me per quello che ho fatto. Ma la prossima notte di luna piena, ti prego, sii
con me.
-Ci
sarò.
E
senza dire una parola, si lanciò verso di lui, le lacrime ormai agli occhi,
felice che entrambi avessero trovato finalmente il coraggio di rinvangare
quell’avventura terribile accaduta più di cinquant’anni
prima, di riviverla e di metterci una pietra sopra.
Più
o meno.
Felice
che, anche se non si erano lasciati il passato alle spalle, avrebbero potuto
continuare insieme, come sperava da tanto, ormai, da quella lontana notte in
cui gli aveva dato il suo perdono.
Silente
l’abbracciò e sorrise.
Per
la prima volta, sorrise in una notte di luna piena.
***
Spazio autrice: ciao a tutti!!! Ebbene sì, stiamo arrivando
al settimo capitolo, quasi non ci credo, non mi pareva di procedere a questa
velocità con l’altra fic, sarà che era la prima e
quindi scrivevo molto di più…
In
questo capitolo si vedono due situazioni decisamente drammatiche, la prima
riguarda la storia ancora avvolta dal mistero di Malfoy con cui procederò nei
prossimi capitoli salvo nuove idee, l’altra è quella ancor più deprimente di un
giovane e ambizioso Silente.
Se
posso dare un consiglio, fate molta attenzione ai dettagli perché ad entrambe
le scene si farà riferimento più volte, soprattutto per quanto riguarda la
storia del preside e della McGranitt che, tuttavia,
riprenderò più avanti.
Credo
di dover fare una piccola precisazione: nonostante la storia sia ambientata
pressappoco dopo il 5° libro della saga (Silente è ancora vivo e vegeto e mi
rifiuto categoricamente di farlo morire, almeno per il momento), per scrivere
questa storia mi sono ispirata molto vagamente a quanto accaduto nel 7° libro
appena uscito; con questo dico che non ci sono riferimenti alla vicenda narrata
dalla nostra cara zia Row, tuttavia ho ripreso
qualche idea, ovviamente rielaborandola in maniera sufficientemente
confusionaria per essere spacciata per mia, quindi, occhio!
Bene,
adesso passo ai ringraziamenti e ancora scusate se nel precedente post sono
stata così sbrigativa, oggi ho fatto la verifica di mate e sono cotta come un
prosciutto, domani informatica (almeno non c’è da studiare), quindi spero
vorrete perdonarmi per eventuali errori (o orrori) ortografici nei
ringraziamenti, ciao a tutti e un bacione a voi che
seguite la mia fic, grazie a tutti!
Nyssa
Shavanna: sì sì, i
cambiamenti ci sono e ci saranno, come si vede in questo capitolo in cui
principale protagonista adesso è Herm nelle vesti di
una bimbetta un po’ saccente ma decisamente adorabile ^^
Il
traditore di cui parlano comparirà tra un po’ perché quel che Draco dice è ben
poco rispetto a tutto quello che si tiene dentro e che rivelerò più avanti. Si
scopre invece una nascosta e tormentata vicenda giovanile tra due professori
(la classica relazione che non ci dovrebbe essere dal tono molto macabro), la
loro storia verrà poi spiegata anch’essa più avanti quando si chiariranno tutti
i perché e i percome.
Io
spero che il capitolo ti piaccia, aspetto di avere una tua opinione, ciao e un bacione grande! Nyssa
Herm83: non dirlo a me, gennaio a scuola è il mese
che odio di più perché mi sento veramente stanchissima e i prof sono
insofferenti quanto me, quindi siamo tutti sul chi va là… Ehehe,
come era successo nell’altra storia, anche qui siamo ancora nel momento dei
misteri che compaiono, verranno svelati tra un po’, non tutti assieme e non
tutti adesso, anche perché sto ancora curante il rapporto tra i protagonisti
che dovrebbe cementarsi un pochettino ^_^
Aspetto
di conoscere la tua opinione, ciao e a prestissimo! Nyssa
Potterina_88_:ehehe, mi sono
fatta perdonare, hai visto? Doppia razione di storie altamente introspettive
più pensieri depressi di Silente in una notte di luna piena (stavo delirando,
si nota per caso?)…povero Draco, adesso
da 5 anni deve tornare alla sua pseudo-età e sorbirsi
la Granger versione bimba petulante… spero che non me lo uccida… Vedi giusto,
il tuo sesto senso consiglia bene perché i segreti sono appena iniziati e
devono ancora essere scoperti, non sono neppure ancora arrivata alla fase dei
nuovi personaggi, figuriamoci…
Io
non ci scommetterei di essere così tanto brava come dici, ma passare l’esame mi
sarebbe mooooolto comodo, di stare a scuola non ne ho
decisamente più voglia… bene, aspetto un tuo responso al nuovo aggiornamento,
ciao! e un bacio, Nyssa
Lord Martiya: che bello ritrovarti! Mi fa piacere vedere
anche qui le tue recensioni! Mi scuso ancora per il ritardo e ti scuso per
essere arrivato in ritardo, ma no problem, i misteri
sono appena iniziati!
Sono
sicura che la tua vista acuta funzionerà anche qui, sono curiosa di conoscere
le tue opinioni su questa nuova fic!
PS:
probabilmente l’ombra era proprio la sua… perdonami ma ho un vero e proprio
odio per Cho, non tanto che la detesti, quanto che la
facci sempre un po’ troppo stupida… ciao!
Capitolo 8 *** A Natale si è (quasi) tutti più buoni ***
-
-Ma lo sai che sei
proprio una peste?
Dichiarò Draco Malfoy, come se
avesse appena scoperto l’acqua nel pozzo
-Non puoi certo
aspettarti che rimanga qui a non fare nulla – borbottò una imbronciata bambina
dai capelli castani mentre, tenendo in mano una matita, scarabocchiava qualcosa
su di un foglio, seduta al tavolo della cucina.
Il suo (al momento) tutore, era
prossimo ad una crisi di nervi mentre, sparpagliate intorno a lui, stavano
cento piantine della biblioteca. La mezzosangue, e questo doveva prenderne
atto, non si arrendeva facilmente e, se avesse continuato così, di certo
l’avrebbe convinto a farsi coinvolgere in quella missione suicida che avrebbe
avuto un ottimo titolo come “Andiamo a farci ammazzare” oppure “Intanto della
pelle non me ne importa niente”.
Sospirò: era davvero così
problematico anche lui quando si trasformava in un moccioso?
La Granger, comunque, non
desisteva, le stava davvero provando tutte… si era fatta portare dal portiere
un elenco della City, i numeri di telefono degli uffici pubblici e relativi
enti e poi aveva telefonato ad una mezza dozzina di questi facendosi mandare
“via fax” le rispettive piante di biblioteche e varie, indicando come scusa una
“importante ricerca universitaria sull’architettura delle biblioteche dalla seconda
metà del diciassettesimo secolo ad oggi”.
Probabilmente il tipo all’altro
capo di quell’aggeggio chiamato telefono stava pensando di avere a che
fare con qualche pazzo malato ricoverato al San Mungo, o come cavolo si
chiamavano gli ospedali babbani. Dal canto suo, il
piccolo generale saccente era continuamente attaccato alla cornetta a parlare
da solo, dettando ordini come se fosse stata il Ministro della Magia fatto
persona.
Sospirò mentre schiacciava a
ripetizione i tasti colorati presenti sull’apparecchio chiedendo di parlare con
Tizio e con Caio, mobilitando l’”Ufficio toponomastica”, l’”Accademia di Belle
Arti”, il “Centro Londinese di Restauri d’Epoca” e altre associazioni.
Avrebbe avuto un futuro per gestire
la corrispondenza di Potty, se già non lo faceva…
Nel frattempo la sua mano destra,
quella con cui non teneva il telefono, scribacchiava con una comune
penna babbana dall’aria particolarmente squallida su
fogli e foglietti, appiccicando post-it ovunque.
Dopo un pomeriggio in sua
compagnia, nonostante non avesse fatto molto per aiutarla, sentiva già un bel
mal di testa pulsargli all’altezza delle tempie: non sarebbe resistito ad un
altro assalto, doveva dissuaderla ora, al più presto, prima che la sua
partecipazione alla missione rischia-tutto, che sembrava progettata da San
Potter in persona tanto era pericolosa, venisse messa a verbale e protocollata.
-Andiamo Granger,
rilassati, è la Vigilia di Natale – le disse poco convinto – io ho fame e tutto
quello che ci è rimasto sono dei biscotti rinsecchiti
-Ho dei cracker
nella borsa – disse lei senza alzare gli occhi infantili dalle scartoffie
Impossibile, il cenone della
Vigilia a base di cracker e dello schifosissimo formaggio cheddar
era qualcosa di abominevole perfino per un babbano!
-Mi rifiuto – scandì
categorico – voglio mangiare almeno qualcosa di caldo per il giorno prima di
Natale! A scuola si staranno già ingozzando di tacchini e prosciutti, polli e
polpettoni e noi dobbiamo fare la fame! – brontolò
-Puoi sempre
scaldare i surgelati che stanno nel congelatore – lo liquidò lei indicando
appena con il mignolo, l’unico dito non impegnato a rovistare tra la carta,
reggere penne, matite ed evidenziatori, il cassetto apribile sopra la cucina
dal quale, ormai Draco lo sapeva, proveniva un freddo polare.
-No
-Allora aspetti
Sbuffò spazientito.
Se la mezzosangue era stata davvero
una bambina simile, non si stupiva che a diciotto anni fosse ancora scompagnata
e avesse dato il suo primo bacio meno di una settimana prima. Così non andava,
avrebbe fatto saltare i nervi perfino a sua madre! Figuriamoci ad un possibile
spasimante desideroso di portarla fuori e appartarsi in un luogo carino, intimo
e romantico con lei… di sicuro gli avrebbe fatto una paternale circa la
posizione poco ortodossa che faceva venire la scoliosi…
-Ora basta! –
gridò alla fine facendo un fascio delle carte sparpagliate e gettando il tutto
sul divanetto – andiamo a mangiare fuori
-Ti ho detto che
ci sono i surgelati! – urlò arrabbiata lei, cercando di recuperare qualche
foglio che cadeva mentre lui compiva quell’operazione tattica di trasporto
-Senti, io di
mangiare della pietra che i babbani spacciano per
commestibile non ne ho voglia. A DiagonAlley c’è un ristorante carino, perché non possiamo
mangiare fuori?
-Perché non
dobbiamo dare nell’occhio – si lamentò lei citandogli a menadito le parole di Raymond e di Silente, per concludere col predicozzo che
aveva fatto loro la McGranitt, terminato da uno dei
suoi sospiri significativi.
-Mi tingerò i
capelli
-Oh, andiamo, hai
un modo di fare riconoscibile tra mille, perfino un cieco saprebbe distinguerti
in mezzo ad uno stadio!
-Sì lo so –
mormorò lui con un sorrisetto compiaciuto di falsa modestia
-Non in quel
senso! Vabbè. Non abbiamo bisogno di andare a DiagonAlley, possiamo comprare
da un take-away, magari prendiamo una pizza…
-Intendi quella
roba caustica che mi hai propinato anche l’altra sera?
-Precisamente –
rispose acida, per niente contenta degli aggettivi che lui stava utilizzando
per descrivere le sue abitudini culinarie – sfido io che i babbani
durano poco, a trent’anni non hanno più di intestino!
-Finiscila con
tutte queste storie, non tutti siamo stati allevati a filetto e crepe Suzette, a me piace come ho mangiato fin’ora!
-E si contano i
danni nella tua follia cerebrale. Andiamo, è la Vigilia di Natale!
Non aveva mai visto Malfoy così
desideroso di andare a mangiare fuori sembrava un bambino… in genere preferiva
rimanersene chiuso in casa piuttosto che mischiarsi tra la gente comune che
andava a fare compere o tornava dal lavoro.
Contò mentalmente: se avessero
preso un taxi, arrivare alla bettola da cui si accedeva alla Strada dei Maghi
sarebbe stato facilissimo.
Ma era saggio addentrarsi in quel
mondo?
Solo il giorno prima avevano
incontrato dei mangiamorte in biblioteca, no, dico,
in biblioteca! Non ci si incontrano i babbani e loro
andavano a trovarci dei maghi… ah, i casi della vita… comunque, era davvero
saggio uscire?
Era quasi sera, Hyde
Park era illuminato da ghirlande di lucine colorate e lampeggianti che davano
un tocco di vita, le strade erano invase da Babbo Natale che chiedevano fondi
per ospedali e orfanotrofi e da altre persone con fini decisamente meno nobili
che miravano, invece, a fondi per le loro tasche. Un coretto di bambini aveva
passeggiato tutto il pomeriggio per i sentieri del parco cantano inni natalizi
capeggiato da una suora che era quasi venuta alle mani con un rockettaro
all’angolo che proponeva la sua personalissima versione techno-rap
del consueto “Venite fedeli”. I bambini, con ogni probabilità, erano rimasti
traumatizzati.
I soliti sportivi irriducibili si
stavano ancora affannando in gare di resistenza contro il gelo, sfoggiando
pantaloncini di lycra sopra il ginocchio e iPod ultima generazione nelle orecchie mentre facevano
jogging come se partecipassero alla maratona di New York e andavano in bici
come se il terreno non fosse il solito ghiaietto, ma
una landa dissestata degna della “Carrera della muerte” o a una Parigi-Dakar
versione mountain-bike.
Sospirò sconsolata.
Malferret la guardava con gli occhi da cane bastonato. Non
aveva scelta, non poteva negare che Natale non lo si passava a base di
sottaceti e tonno al naturale, come impedirgli di viverlo tra lussi e agi?
-Purché paghi tu –
puntualizzò facendo un rapido calcolo di quanto rimaneva ancora loro da spendere,
il budget era a posto, sarebbe bastato anche con quella follia, ma Malfoy
doveva imparare a prendersi le sue responsabilità: lui voleva mangiare fuori? Ok, però pagava di tasca sua, tanto i soldi non gli mancavano
-D’accordo, ma non
pensavo che fossi così pigna verde – sbuffò
-E niente posti
sofisticati, vorrei mangiare, non guardare una mostra di nouvelle cousin
-Hai ancora
qualcosa da aggiungere?
-Preferirei che
costasse poco – sentenziò
-Che t’importa,
tanto pago io…
-Mi fai sentire in
debito – brontolò
-Bene, riscuoterò
quando sarà necessario
-Non contarci
Arricciando leggermente la gonna,
Hermione si sentì pronta per quello che era senz’altro l’evento più mondano
dell’anno, visto che il pranzo di lavoro di sua madre a cui era stata aveva
richiesto solo una camicia bianca e la cena a scuola in onore del compleanno di
Silente era stata allietata dal quartetto musicale di Nick-quasi-senza-testa,
il che la diceva lunga sull’abbigliamento a cui fossero costretti i poveri
ospiti (e c’era qualcuno che ancora si domandava come mai la maggior parte
degli studenti avesse disertato il party, frequentatissimo, invece, da persone
che sembravano sbucate da libri illustrati de “la moda durante i secoli” ai
quali, però, era stata malamente sottratta l’epoca iniziata circa cento anni
prima).
Beh, pazienza, sempre meglio della
festa in maschera a cui Lavanda e i Canon&Canon
l’avrebbero costretta se fosse rimasta a Hogwarts,
pernon parlare del bacio di beneficenza
assieme alla serpe!
… quello però era un argomento da
evitare.
Draco la guardò dopo il ritocchino
che aveva fatto ai vestiti
-Pretendi che ti
porti da qualche parte vestita in quel modo? – indagò scettico
-Perché, cos’ha
adesso che non va il mio abito
-Ma insomma,
sembri appena scappata da Aushwitz, non puoi
pretendere che ti porti a mangiare fuori con quello straccio
-Lo “straccio” in
questione è uno dei miei vestiti preferiti – non era vero, ma se lui aveva
voglia di piantare delle grande, bene, l’avrebbe fatto anche lei. – eppoi ho a
malapena otto anni – bofonchiò contrariata guardando il corpo di bambina che si
ritrovava.
Era strano, pensò mentre lo
scrutava in maniera per niente amichevole, quando lui era passato dallo stato
di bambino a quello di adulto la prima volta, non aveva sentito niente e
neppure quando da dieci anni se ne era ritrovati cinque. Uguale cosa per lei
quando da ventisettenne ormai donna aveva sentito il proprio corpo cambiare, finchè le sue dimensioni non avevano raggiunto quelle di
una qualsiasi bimba delle elementari.
Ma allora cosa erano state quelle
fiamme?
E che incantesimo aveva
pronunciato?
Nella furia del momento,
preoccupata per come stava lui, si era gettata sul letto chiudendo il libro e
adesso non sapeva più ritrovare la pagina dove aveva letto quelle parole che
avevano scatenato quella magia potentissima e terribile, tanto distruttiva che
le era perfino tremato il braccio quando l’aveva lanciata, una cosa che
accadeva solamente quando invocava il patronus.
Lui non aveva ancora risposto alla
miriade di domande che gli poneva ogni giorno e lei aveva accettato la cosa,
dimenticandola pian piano mentre si faceva posto nel suo cervello per la nuova
minaccia dei mangiamorte. Ma la stranezza non era
sparita e prima o poi sarebbe riuscita a estorcergli qualche parola a proposito:
a volte lui sembrava quasi lì lì per dire qualcosa
eppoi si fermava prima di pronunciare la prima sillaba, voltando gli occhi e
guardando distante.
-Che ne dici di
questo? – intervenne la voce di lui, insinuandosi nei suoi pensieri e facendola
quasi sussultare.
Draco Malfoy se ne stava in attesa,
un po’ scocciato, con una tela ripiegata di velluto, rifinita con passamaneria
dorata: sembrava piuttosto polverosa
-Che vorresti
farci con quella tenda invernale? – dato che Raymond
trascorreva la maggior parte dei Natali a Hogwarts,
era raro che cambiasse le tende dalla primavera all’inverno, esattamente come
dimostravano quelle di tessuto leggero che stavano ora svolazzando con lo
spiraglio che filtrava dalle imposte socchiuse.
-Beh, adesso che
ho la mia bacchetta…
Incominciò il biondo con un sorriso
sadico sul viso. L’enormità, ma soprattutto la gravità di quanto avrebbe fatto
la colpirono come un pugno allo stomaco.
Che qualcuno la risparmiasse, ma
quello NO!
-Assolutamente NO!
– chiarì lei, per niente diplomatica
-Andiamo, mezzosangue,
staresti così bene… - appunto, voleva vestirla con una tenda da casa? Ma quello
era fulminato completo!
-Sta a vedere – le
disse raccattando la bacchetta che, magicamente rimessasi a funzionare, rispose
pronta al suo richiamo; in due minuti la forma piatta della tenda scomparve per
lasciare il posto ad un delizioso vestitino rosso e nero con bordino dorato e collettino scuro molto chic. Insomma, perfetto per una
brava bambina dalle tasche piene di soldi.
-Se ti aspetti che
io indossi quel coso tutto fronzoli caschi male – gli rispose acida
-E se tu stai
cercando di sabotare la mia uscita a cena, sappi che non ci riuscirai –
dichiarò altrettanto lui con convinzione – dopotutto lo faccio anche per te…
-Per me? – indagò
scettica
-Ma come, credevo
che fosse usanza babbana abbuffarsi alla Vigilia e
scartare regali e altre cose…
-Mi sembrava che
nel mondo magico non fosse tutto così diverso – propose
-Eppoi devo farmi
perdonare per averti fatta piangere
Silenzio.
Che aveva detto?
Che voleva farsi perdonare?
… doveva proprio aver ricevuto una botta in testa, ma bella forte, anche! Era
ancora da decidere se il destinatario della botta fosse lui che aveva detto
quelle cose o lei che aveva capito male.
Malfoy la guardò con un sorriso
irresistibile: ok, l’aveva detto solo per
convincerla, ma intanto, cosa sarebbe cambiato se si fosse trattato della
verità?
-Da’ qui – disse
alla fine strappandoglielo dalle mani e andando a nascondersi nella cabina
armadio
Draco annuì compiaciuto: ottenere
ciò che voleva era il suo lavoro e, modestamente, gli riusciva anche
particolarmente bene.
***
Il ristorantino
grazioso dove lui aveva deciso di portarla era qualcosa che non aveva niente a
che vedere con i normali canoni di bellezza costituendo, da solo, il museo di
tutte le epoche storiche trascorse dalla Creazione ad oggi.
L’ingresso assomigliava a quello
del Ghirigoro, con ampi finestroni a riquadri e lumi
di candela ovunque.
I tavoli raccontavano la loro
storia attraverso le zampe di leone, cervo, orso e leopardi che li sorreggevano.
La clientela era varia, ma per lo
più costituita da stravaganti coppie o gruppi di amici di mezza età, qualche compagnia
venuta per festeggiare, molti irlandesi dai capelli rossi e il caratteristico
trifoglio appuntato sul cappello di feltro.
L’abbigliamento dei “fortunati”,
che sembravano trasudare denaro perfino dalla pelle, lasciava pensare a intere
colonie di bachi da seta rimasti senza casa, con un minimo contributo di pecore
merino.
Le dame osservavano i presenti
attraverso stravaganti monocoli e binocoli come usava nell’Ottocento e le loro
scarpe con tacco alla vittorina facevano un suono
molto caratteristico mentre percorrevano il pregiato parquet tirato a lucido.
Su ogni tavolo era sistemato un
vaso con un fiore e, per la ricorrenza, una stella di Natale era la
decorazione.
Malfoy la tenne per mano mentre lei
procedeva imbronciata tra la folla e lui rivolgeva sorrisi soddisfatti al
locale che, evidentemente, soddisfaceva i suoi sofisticati criteri estetici.
Quelli di lei erano rimasti a casa.
Si accomodarono ad un tavolino
d’angolo lontano dalle finestre, così che i passanti non potessero vederli e
riconoscere di striscio una certa somiglianza del moro in questione con
l’affascinante ghiacciolo rampollo dei Malfoy.
Hermione sbuffò dell’abitino ridicolo
che alla fine aveva deciso di mettersi e fu tentata di strapparsi dai capelli
il fiocco di velluto nero che aveva insistito per appuntarle. Se le occhiate
erano parole, in quel momento lui si stava sopportando una bella paternale coi controfiocchi tipo quelle della McGranitt.
Una graziosa cameriera raggiunse la
loro postazione per chiedere le ordinazioni.
La Caposcuola la studiò e lesse il
cartellino appuntato sulla divisa da “strega babbana”
che la tipa in questione indossava.
Si chiamava Tammi,
senza la “y”. Il biondastro le sorrise appena e questa sfoderò trentadue denti,
prodigandosi in una scelta del vino che, decisamente, non le spettava,
esaltando la qualità del dessert e la compagnia del locale.
Sarà stata anche una “casta
verginella” ma i feromoni di quella stavano
appestando l’aria. Le lanciò un’occhiataccia che, nel suo gergo, significava di
stare alla larga.
Malferret sorrise di quel tentativo, annuì per l’ennesima
volta, ordinò per entrambi e congedò la chiacchierona che stava facendo salire
il livello di frustrazione della sua damina.
-Mi sembri un po’
gelosa – le disse
-Come è vero che
Gazza ha una fidanzata
Lui rise della battuta e lei se ne
stupì.
-Che te ne pare
del locale? – le domandò ancora
-È kitch – rispose fredda
-Mia madre pensa che
sia simpatico
-E tu? – indagò
-Il servizio ai
tavoli è pessimo
Lanciò gli occhi al cielo e scosse
la testa, gesto che, decisamente, non le si addiceva nella forma in cui si
trovava.
Tammi tornò con due porzioni miserevoli di antipasti,
promettendo che il loro menu natalizio sarebbe presto arrivato e, nel
frattempo, di assaggiare la specialità.
Spaventosa quella bocca piena di
denti! Riflettè lei mentre la cameriera si sporgeva
verso il biondastro (ormai moro) per illustrargli gli ingredienti e, nel
frattempo, mettendo in mostra una buona porzione di decolleté che minacciava di
sfuggire all’intrico di legacci che teneva il corpetto dell’abito.
Giusto quel che ci voleva per farle
passare l’appetito
-Che bambina
silenziosa… - gli sussurrò poi
La Granger, però, capì ugualmente e
nell’arco di un secondo la incenerì con lo sguardo mentre questa scappava con
la coda tra le gambe.
“Vorrei vedere te se una perfetta
sconosciuta ci stesse provando col tuo pseudo padre”,
rimuginò nella sua mente.
Grazie al cielo, però, l’antipasto
era discretamente buono.
Esattamente come l’umore della
serpe.
-Chissà che
staranno facendo gli altri in questo momento – pensò mentre infilzava la sua
porzione di ravioli
-Probabilmente
avranno dato fondo alle scorte di Hogwarts – rispose
lui bevendo un vino rosso dal colore seducente – la Donnola senz’altro lo ha
fatto
-Smettila – lo
ammonì
Lui fece spallucce e tornò al suo
calice di Borgogna.
-Un po’ mi mancano
– ammise studiando un impettito cameriere svolazzare di qua e di là con le
portate in bilico tra le mani. – a te non manca Blaise
Malfoy nascose il rossore che gli
si formò sulle guance dietro allo strato di vetro del bicchiere.
La Granger aveva ragione,
nonostante stare con lei fosse divertente e non andare a scuola anche di più,
gli mancava la compagnia del suo migliore amico, le sue battutacce
politicamente scorrette e il suo umorismo a sfondo sessuale, con la
mezzosangue, invece, come si faceva il minimo accenno era un tripudio di
gradazioni carminio e fucsia!
A dirla tutta, gli mancavano anche
le rappresaglie al Grifondoro, chiacchierare con
Daphne e Pansy in Sala Comune e progettare qualche
scherzetto ai danni delle altre classi; anche salire su una scopa e farsi un
volo sopra la scuola era qualcosa di cui sentiva la mancanza…
Guardò la Granger col musetto
sporco di sugo al ragù che, sentendosi osservata, alzò gli occhi stupita
aspettando che dicesse qualcosa, tutto ciò che ottenne, però, fu una risata
sincera mentre Malferret la ammirava.
Però non avrebbe barattato quella
settimana insieme con dieci a scuola.
-Senti un po’, Malferret – disse alzando un sopracciglio e affrettandosi a
fregare le labbra con il tovagliolo – io sono venuta qui per farti un piacere,
dunque il 27, quando riaprirà la biblioteca, tu verrai con me a dare un’occhiata
-Credevo che fossi
io quello che doveva riscuotere visto che ti sentivi in debito – sottolineò
-Dettagli
-Toglimi una
curiosità, perché ci tieni tanto a mettere il naso in questa faccenda? È
pericolosa e piena di gente che non esiterebbe un istante a schiantarti, ci
sono maghi cattivi, molto… perché ti interessa tanto?
-Siamo qui da una
settimana ormai e tutto quello che facciamo è oziare e girare per Hyde Park, voglio sapere che cosa c’è dietro quello
scaffale dei romanzi. – lui scosse la testa
-Silente vorrebbe
che tornassimo tutti e due interi, tu soprattutto – rispose a bassa voce in
modo che gli altri avventori non udissero la loro conversazione
-Oh, andiamo, non
succederà niente… - brontolò lei
-Voi Grifondoro siete estremamente incoscienti quando vi ci mettete,
lo sai?
-Non è vero!
-Sì che lo è, fate
tante storie sul rispetto delle regole e tutto quanto, ma quando vi mettete in
testa qualcosa, cascasse il mondo, non arretrate di un passo
Hermione non seppe se prenderlo per
un complimento oppure no, ma visto che era quasi Natale, gli lasciò il
beneficio del dubbio e attese che continuasse la frase
-Te e quegli altri
due avete rischiato di rimetterci la vita un fottio di volte, non ne hai ancora
abbastanza? Sei stata pietrificata da un basilisco, quasi uccisa al Ministero,
probabilmente avresti dovuto prenderti qualche bella punizione dalla Umbridge ed è solo grazie al mantello di Harry se Piton…
-Come lo sai?! –
urlò quasi smettendo istantaneamente di mangiare e posando la posata sul piatto
Gli occhi di lui si spostarono dal
visetto infantile ad un candelabro che ardeva poco distante dal suo braccio e
che fluttuava nell’aria con naturalezza
-Non me lo
chiedere – rispose come, ormai, faceva la maggior parte delle volte per le sue
domande
-È un’altra cosa
che non mi puoi dire? – indagò lei, le sopraccigli abbassate, gli occhi fissi e
in ansia
-Sì
Pausa, silenzio mentre si udiva in
sottofondo il ticchettio delle stoviglie, il rumore dei piatti che appoggiano
sul legno rivestito dalla tovaglia, il suono sordo dei tacchi che battevano sul
pavimento e quello appena percettibile del fuoco dei gamberetti flambé.
-Perché ci sono
così tante cose che non mi puoi dire? – lui non rispose – perché hai così tanti
segreti, quando non ne hai mai avuti?
Gli occhi azzurri si fissarono in
quelli ambrati scurendosi progressivamente mentre lei riusciva a riconoscere la
rabbia montargli dentro e crescere come un ciclone
-Cosa vuoi saperne
dei miei segreti – le disse furioso – nessuno ne ha mai saputo niente, ma ce ne
sono sempre stati. Eppure voi guardate, dall’alto della vostra perfezione Gryffindor, giudicate e condannate gli altri senza sapere
che cosa c’è dietro. Cosa credi che facciano i tuoi cari compagni ogni volta
che mi incrociano? Forse non me lo dicono in faccia, ma sento quando la parola
“mangiamorte” viene pronunciata dietro le mie spalle.
-Io non l’ho mai
fatto – precisò lei un po’ intimorita da quell’invettiva
-È vero, ma
intanto parti dal presupposto che questa sia la prima volta che ti nascondo
qualcosa. Ma c’è mai stato qualcuno che ha mai voluto conoscere solo per me?
Credi che ci sia mai stato? Perfino tu, perfetta Caposcuola, mi hai giudicato.
E non so come mai il tuo giudizio è stato differente da quello degli altri
perché le tue belle labbra non hanno effettivamente mai pronunciato quella
parola blasfema dietro di me e neppure in faccia. Ma perché vuoi sapere? Perché
sei curiosa, perché ti viene nascosto qualcosa… non certo perché ti preoccupi,
perché sono io, perché è un segreto della mia famiglia, perché forse qualcuno
ci sta male… - gli occhi di lei si indurirono mentre lui parlava. E aveva
maledettamente ragione. Ma non era con cattiveria che gli poneva quelle
domande.
-Quanto tempo è
che ci conosciamo? – chiese infine senza spostare gli occhi
-Più o meno sette
anni – lei annuì
-E quanto tempo è
che credi abbia saputo tutto questo? – capiva dove voleva andare a parare,
visto che erano sempre stati distanti, era normale che lei non si preoccupasse
per lui, che non desiderasse conoscerlo… con quel che le aveva fatto passare in
quei giorni, poi, era più che comprensibile.
-Una settimana –
rispose preciso
-Molto bene. Credi
che potresti confidarti con una persona con cui sei amico da una settimana?
-Ti sei bevuta il
cervello? – indagò scettico, lei scosse la testa
-All’inizio ho
pensato che, visto che non ci siamo sopportati per così tanto, fosse normale
non preoccuparsi, soprattutto di qualcuno che ti chiama abitualmente con
l’insulto più cattivo che riesce a trovare nel suo vocabolario. Ma poi ho riflettuto
che in questi sette giorni… beh, è un po’ come se qualcosa fosse cambiato.
Perché noi siamo un po’ amici, ormai, vero?
Sembrava che ci fosse della
speranza che brillava tra quelle pagliuzze dorate nei suoi occhi e che non
riuscivano a far uscire quel NO che gli ronzava nel petto. Lui non ci aveva
riflettuto, ma, forse, anche se non erano proprio come amici, sì, qualcosa era
cambiato nel loro rapporto.
E dannazione, lui VOLEVA una amica
come lei.
-Granger, io e te
non siamo amici – rispose alla fine e vedere quel fuoco che le bruciava negli
occhi spegnersi d’improvviso fu terribile – ma non lo siamo perché non abbiamo
voluto esserlo, né io né te. Tu non hai bisogno di un amico come me, sempre che
io possa essere chiamato amico… e io…
-Non hai bisogno
di una mezzosangue schifosa tra i piedi
-Anche – annuì –
ma… soprattutto… non posso coinvolgerti in questa storia. Non l’ho fatto con Blaise, e credo che tu ci definiresti amici, e non lo farei
con te. Quindi non credo che te ne parlerei.
Stranamente, a differenza di tutto
quello che si sarebbe aspettato, lei sorrise
-Ti sei
dimenticato di dire che NON VUOI una amica come me – aggiunse, lui fece per
aprire la bocca, ma lei lo precedette – sono contenta che tu non l’abbia detto…
E il sorriso divenne dolcissimo,
mentre lo guardava con gratitudine per quelle due parole che non avevano
lasciato la sua bocca e che, forse, non erano neppure state pensate. Una volta
sarebbe stato così, l’avrebbe pensato e detto. Ora non più.
Forse qualcosa era davvero
cambiato.
-Ehi Granger –
aggiunse poi, sollevato di vedere quelle labbra sorridere – se un giorno si
sistemerà tutto te lo dirò
-Cercherò di
preoccuparmi un po’ di più – annuì lei a sua volta – ma se tu non mi dici per
cosa, sarà molto difficile
***
Come tutti sanno, trovare un taxi
la notte di Natale è un’impresa impossibile.
Idem per un mezzo pubblico.
Ed era per questo che, tra le luci
accese sopra le strade e attorcigliate sui lampioni si riuscivano a scorgere
due figure camminare nei marciapiedi decisamente meno affollati del solito.
La ressa che giornalmente invadeva
la Londra babbana scompariva la notte della Vigilia
per lasciare il posto a signore in pelliccia con borse piene di regali e
persone che si dirigevano alla messa natalizia.
Draco ed Hermione rabbrividirono
nel freddo dell’inverno e proseguirono di qualche passo mentre a turno
strofinavano le mani coperte dai guanti le une contro le altre, nella speranza
di creare un minimo di calore.
Malfoy avanzava nel suo loden verde
scuro, così intenso che poteva sembrare nero, la sciarpa che pendeva
leggermente dietro la schiena e le mani infilate nelle tasche laterali.
E dalla tasca destra spuntava un
altro braccio, più piccolo e sottile che risaltava di un rosso brillante e che
apparteneva ad una bimbetta che gli camminava a fianco con una certa fatica per
tenere il passo veloce con cui stava accorciando a distanza tra l’attico di Raymond e DiagonAlley, da dove erano partiti.
Hermione rabbrividì ancora e
proseguì finché il Big Ben non rintoccò la mezzanotte. Alzò
gli occhi in cielo a guardare l’imponente e maestosa figura dell’orologio della
capitale illuminato da una luce dorata nella notte scura.
A turno, tutte le chiese della
città fecero squillare le loro campane e un coro di tonfi e sbatacchii li
accompagnò fino all’ingresso di Hyde Park, finché un
rumore familiare, proveniente direttamente dalla sua infanzia, non la riscosse
dalla contemplazione del gelo londinese e le fece alzare e voltare la testa di
scatto, incurante del vento gelido che le scompigliava i capelli e le arrossava
le guance.
Malferret si accorse che lei si era fermata e si posizionò al
suo fianco, guardandola prima negli occhi persi oltre e poi spostando i propri
nella direzione in cui la ragazza (al momento bambina) stava guardando.
Una piccola chiesetta di pietre era
posta sul verde di un prato, la struttura semplicissima dalla caratteristica
forma a capanna e un campanile non troppo slanciato che terminava con un’unica
campana e una croce latina.
Le iridi ambrate di lei sembravano
ammirare quella costruzione, ma erano i ricordi di quando aveva l’età che
adesso dimostrava che le scorrevano davanti, riportandole alla memoria molte
immagini che credeva dimenticate.
-E’ una chiesa –
disse lui avvicinandosi appena
-È Saint Raphael – rispose lei muovendo un passo verso la porta
appena accostata dell’ingresso
-È cattolica –
aggiunse lui seguendola mentre, lo vedeva, voleva entrare. Le chiese cattoliche
erano riconoscibili a colpo d’occhio, avevano una struttura più massiccia e
avevano un’aura particolare che era inconfondibile
-Sì
Una risposta semplice. Lei sembrava
essere persa in un mondo distante del quale lui non faceva parte, qualcosa che
non conosceva di lei, probabilmente legato a quegli anni e quei mesi in cui non
erano a scuola insieme.
E un po’ adesso capiva come doveva
sentirsi a parlare di un mondo dal quale probabilmente lei era esclusa, quel
mondo di cui taceva…
Le manine piccole fasciate dai
guantoni di lana si posarono sul legno vecchiotto dell’uscio, spingendolo
appena verso l’interno e rivelando la forma a croce greca dell’edificio.
Mosse un passo per entrare, ma lui,
questa volta, non la seguì, rimase fermò sulla soglia, scrutando con aria cupa
l’intero caldo e illuminato di quella chiesetta deserta.
-Ferma! – le disse
prima che il piede infantile potesse oltrepassare la soglia
-Che cosa c’è? –
chiese lei, a sua volta, guardandolo stupita. L’aveva seguita fin lì, perché
all’improvviso si era arrestato?
-Non entrare –
sembrava una supplica quella che le rivolgeva e gli occhi velati di tristezza,
esattamente come quelli di lei che non potevano ricongiungersi con ricordi
antichi.
-Ma…
Vide una smorfia di dolore
storpiargli i lineamenti fini del viso e poi, la mano destra con cui prima la
teneva per mano, spostarsi sul braccio sinistro e stringerlo con rabbia.
Il Marchio Nero.
-Ti fa male? –
chiese preoccupata arretrando. Fu tentato di annuire, così che potessero
ritornarsene a casa senza dover mettere piede lì, ma quello sguardo che le
leggeva fece crollare ogni proposito di mentirle: c’era una cosa nella Granger
che impediva di ingannarla, perfino quando voleva sapere qualcosa che non poteva
dirle; sarebbe stato più facile raccontarle una palla qualsiasi, ma non c’era
riuscito la prima volta e non ci riusciva neppure adesso.
-No – fu tutto
quello che le disse, anche quella era una bugia, ma lo faceva per proteggerla.
Gli occhi di lei, tuttavia, non cambiarono espressione: si era accorta che non
era vero. – ma uno come me non può entrare in un posto come questo…
La testolina coperta di boccoli si
alzò verso la grossa croce che sovrastava l’ingresso
-Perché? – domandò
innocente, senza capire, lui sbuffò
-Granger, sono un
traditore e sono stato marchiato, lo sarò sempre, potrò anche non crederci, ma
ho il marchio più o meno visibile che lo sono stato rimarrà
-Tu non lo sei mai
stato – sottolineò lei, lui spostò lo sguardo per non dover incontrare quelle
iridi indagatrici
-Non cambia nulla.
Ricordi cosa disse Dio a Caino? “Il
Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse
incontrato”, non ti ricorda un poco il Marchio? Caino fu fuggiasco e si
nascose da Dio, così come i mangiamorte si nascondono.
Tutti riconoscono un mangiamorte dal Marchio.
-Come sai tutte
queste cose? – gli domandò colpita, lui non rispose - La chiesa è il luogo dove
si confessano i peccati e dove essi vengono perdonati. Non è forse così? –
disse lei
-Caino non è mai
stato perdonato – rispose Draco
-Gesù Cristo è
venuto sulla terra per portarci il perdono, ha perdonato anche chi l’ha ucciso.
Tu hai ucciso qualcuno? Hai ucciso tuo fratello? – lui esitò e poi scosse la
testa, lei gli prese la mano
-Allora vieni, non
hai motivo di temere
Malfoy non era convinto, temeva
quel posto e se fosse stato per lui non vi sarebbe mai entrato.
Perché, invece, lei voleva tanto
andarci?
Gli prese la mano e si fermò a guardare la
navata silenziosa, invasa solo dalla musica di un organo che suonava sopra le
loro teste, lo fece avvicinare ad una statua della Vergine e mise una moneta
per accendere una candela, poi chinò la testa e pregò.
-Quando ero
bambina mia nonna mi portava sempre a Saint Raphael
la notte di Natale – gli spiegò paziente, ma i suoi occhi erano di nuovo
distanti – e prima di uscire accendeva un lume alla Madonna… vorrei che potesse
continuare a farlo…
-Dov’è tua nonna
ora? – le domandò un poco toccato da quelle parole
-In Cielo –
rispose
E senza dire altro, fece il segno
di croce e uscì.
-Le volevi bene,
vero? – le chiese dopo che la porta si fu richiusa dietro di loro, lei annuì
con la testa e una lacrima le rigò la guancia, facendole sentire ancora più
freddo – mi dispiace…
Sembrava stranamente sincero
mentre, posando gli occhi azzurri lontano, mormorava appena quelle parole che
si persero nel vento sferzante della notte.
E le parve che il cuore non fosse
più così freddo come lo era fino a poco prima; sollevò le iridi, riscaldate da
un nuovo sentimento e lo ringraziò tacitamente per quello che aveva detto, non
erano parole che si sentissero spesso dette da qualcuno come il Principe delle
Serpi. E poi anche un’altra sensazione… che lui fosse sempre distante, troppo
distante… se fossero tornati a scuola, che cosa sarebbe successo? Si sarebbe
perso tutto quel poco che avevano conquistato in quella settimana trascorsa
insieme? Ebbe paura della risposta e per questo si affrettò a camminare e
sbrigarsi per ritornare a casa.
***
Un suono semplice la svegliò quella
mattina.
Il sole del giorno dopo Natale la
colpì sugli occhi dopo aver scacciato le nubi della sera precedente assieme
alle lacrime che aveva silenziosamente versato quella notte.
Sollevò le palpebre e si guardò
attorno cercando di identificare l’origine di quel rumore: il campanello della
porta.
Alzò un braccio e si portò la mano
con le dita aperte davanti al viso: era tornata ad avere una ventina d’anni…
ciò significava che lui doveva averne di nuovo una decina…
Fece per grattarsi il petto per poi
alzarsi ed andare ad aprire la porta quando, appoggiando la mano sul torace,
sentì qualcosa che, decisamente non doveva trovarsi lì. Tastò la forma di una
mano infantile e girando preoccupata la testa vide la figura nuovamente di
bambino di dieci anni di lui che dormiva su un fianco, appoggiato su di lei, il
braccio aperto con noncuranza sul suo seno
Un urlo spaventoso invase la stanza
mentre lei sentiva le dita infantili appoggiare dove non dovevano
-Tieni le mani a
posto, porco! – gridò alzandosi a sedere di scatto e svegliando anche lui che
aprì gli occhi ancora insonnoliti, si inginocchiò sulle lenzuola e stiracchiò
accorgendosi che la maglia che si era messo per andare a dormire ormai gli
faceva da vestito
-Che cazzo hai da gridare alle otto di mattina? – sbraitò a sua
volta a tono altrettanto alto
-Ti avevo detto
che non dovevi starmi appiccicato di notte! – ribatté lei
-Sei stata te che
sei finita nella mia parte di letto! – rispose acido. Evviva il “si è tutti più
buoni a Natale”…
-Non è vero!
-Sì che è vero!
Oltre la porta, Harry scambiò
un’occhiata con Ginny dopo aver assistito a quel
bisticcio mattutino che riusciva quasi a figurarsi nonostante il legno spesso
dell’uscio non glielo permettesse, la sorellina di Ron
sembrava tremendamente a disagio e anche lui si sentiva un po’ fuori posto.
Vide le nocche di lei farsi bianche mentre stringeva tra le mani un cestino con
qualche dolce fatto in casa che MollyWeasley aveva dato loro da portare ad Hermione.
Preoccupato alzò gli occhi
sull’altra figura che era assieme a loro
-Come accidenti
fai a essere così tranquillo? – chiese all’indirizzo di Blaise
che gli stava accanto divertito scrutando la paratia con il numero della
stanza.
Per tutta risposta lo Slytherin, vestito con abiti babbani,
ma i cui pantaloni avevano comunque una impeccabile piega sul davanti, gli
rivolse un sorriso da fotoromanzo che la diceva lunga su quel che pensava anche
se, al momento, Harry era più preoccupato che altro.
-Herm sa badare a se stessa – gli rispose infine vedendo
che l’ansia del bambino sopravvissuto cresceva come la probabilità di
ritrovarsi Draco con cinque dita stampate in faccia visti gli sviluppi del
litigio oltre la porta che non aveva accennato a placarsi.
Sorrise ancora e suonò di nuovo,
forse era il caso di darci un taglio prima che uno dei due dall’altra parte
uccidesse l’altro a suon di schiantesimi…
***
Spazio autrice: ehehehe, questo è il
secondo Natale che metto nelle mie fic su Harry
Potter, ormai sta diventando un’abitudine… a mia discolpa posso dire che è la
festa che mi piace di più e quindi adoro descriverla in tutte le sue varie
sfumature.
Bene bene…
sto scrivendo qualche capitolo più avanti e, ovviamente, sono tormentata dai
dubbi perché stiamo entrando nella parte centrale della storia, anche se, temo,
su quella mi dilungherò parecchio, spero solo di riuscire a rimanere nel limite
dei 20 capitoli che mi sono imposta sennò il seguito delle Relazioni, con
l’esame alle porte me lo sogno di notte.
Spero tanto che questo capitolo vi
piaccia e mi auguro che, anche questa volta, mi lascerete un commento!
Un bacio grandissimo alla madrina
di questa fic, VAI IRE, LE TUE FIC SONO
MERAVIGLIOSE!!!
E un saluto gigante a tutti i
lettori ritrovati dopo tanto…
Un bacio invece a tutti i nuovi
arrivati, non credevo che potesse esserci così tanta gente a seguire le mie
storie, sono commossa, grazie! Vi stringerei la mano con le lacrime agli occhi
ad uno ad uno, ma sfortunatamente non ho tempo perché il compito di statistica
di martedì mi aspetta e la strega, pardon, la prof di mate, mi fa uscire di
testa più del solito XP
Ciao!
Nyssa
Lord Martiya: confesserò la mia ignoranza: non so cosa sia la
dichiarazione di San Pietroburgo, anche se ha un bel
nome, quindi forse è il caso che mi aggiorni :P
Non avevo mai pensato ad un
intervento della Guardia Reale nella vicenda, ma chissà, potrebbe sempre
succedere, comunque credo anche io che la Regina, visto che è il Capo di Stato
inglese sia a conoscenza del mondo magico e co.
Spero che ti piaccia anche questo
ottavo capitolo, aspetto di sapere che cosa ne dici, ciao e a presto! Nyssa
luana1985: beh, anche se a me
avrebbe fatto più piacere se non si fosse nascosto, forse ha fatto bene, già la
Granger ne sarebbe rimasta traumatizzata da grande, figuriamoci in versione
bambina! Anche se l’Hermione di questa fiction è decisamente meno pudica di
quella che avevo creato per le Relazioni e questo si vede…
Spero che ti piaccia anche questo
capitolo natalizio fuori stagione, sono curiosa di conoscere la tua opinione,
nel frattempo ti mando un bacione grande, ciao, Nyssa
Shavanna:
nonostante abbia una certa pratica di bambini maschi perché ho fatto da
babysitter, con le bambine ho avuto poco a che fare, quindi credo che le avrei
coccolate fino alla nausea anche io, anche se temo che Draco non sia di questo
avviso nonostante un po’ si veda che si intenerisce davanti agli occhi
infantili di Herm-versione-otto-anni…
Il segreto c’è, ma non posso
sbilanciarmi perché sennò rovino tutta l’atmosfera e ci sono ancora un paio di
cosucce da sapere prima che tutta la storia venga a galla con relative storie
parallele e segreti inconfessabili, come è nel mio stile.
Nel frattempo spero ti piaccia
anche il nuovo aggiornamento, dimmi che cosa ne pensi e grazie per essere una
così assidua lettrice e recensitrice, ciao e un bacione! Nyssa
herm83: ce lo vedo tantissimo
Draco alle prese con una figlioletta e credo che Herm
abbia il carattere giusto, alla fine ^_^
sono molto contenta anche che la
prima parte ti sia piaciuta, effettivamente è stato un capitolo pieno di
segreti non rivelati XD ma presto si comincerà a vedere qualche tenue spiraglio
di luce, promesso.
La seconda parte so che è molto
triste, ma mi serve per introdurre una vicenda vecchissima e ormai passata di
cui pochi hanno memoria e, soprattutto, cominciare a dire che Silente non è
sempre stato quello che è adesso, ma se dico ancora qualcosa dovrò tagliarmi
mani e lingua o rovino tutta la suspance!
Grazie mille per tutti i bellissimi
complimenti che mi hai fatto, mi hanno fatto molto piacere, thanks!
Spero che ti piaccia anche il mio
ottavo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacio! Nyssa
Harry Potter era seduta ad uno dei lati del tavolo della cucina che
aveva la superficie de
Harry Potter era seduto ad
uno dei lati del tavolo della cucina, alla sua destra stava Ginny,
tremendamente stupita, alla sua sinistra Blaise stava fumando una sigaretta (o
almeno sperava che fosse quella).
Spostò alternativamente gli
occhi sulle due figure accomodate di fronte al loro e si aggiustò gli occhiali:
Hermione, o meglio quella che era la sua versione più vecchia, era appollaiata
su una sedia e sospirava come se fosse stato inevitabile che qualcuno li avesse
rintracciati; accanto a lui era un bambino di dieci anni dai capelli
biondissimi e gli occhi azzurri che gli ricordava in modo impressionante la
prima volta che aveva incontrato Draco Malfoy a Hogwarts, il primo giorno.
Impossibile, non riusciva
quasi a crederci!
Si tolse le lenti rotonde e le
strofinò con il bordo della felpa per poi inforcare nuovamente gli occhiali e
strabuzzare gli occhi. Scrutò le facce degli altri, Ginny aveva la bocca aperta
per lo stupore, Blaise sembrava, invece, più divertito che altro. I restanti si
stavano scannando a suon di sguardi omicidi, probabilmente ancora per quanto
successo al risveglio.
-Cioè voi adesso
avete… ventidue… - e indicò con la testa Hermione – e dieci anni?
Lei annuì, lui sbuffò
guardando quasi con desiderio la sigaretta che il suo migliore amico teneva tra
le dita.
-Ah… ehm… capisco…
In realtà non stava capendo
niente, ma sarebbe stato scorretto nei confronti della sua amica.
Ormai rassegnata, la mora
sospirò drammaticamente per l’ennesima volta e alzò gli occhi su Ginny e su
Harry
-Come ci avete trovato?
– chiese infine, curiosa di sapere come mai i loro migliori amici li avessero
rintracciati
-Io e Blaise
abbiamo minacciato Colin che, visto che era stato lui a fare tutto questo
casino, avrebbe dovuto scoprire dove accidenti vi aveva mandati Silente e cosa
vi era successo…
-La McGranitt ci
aveva detto che eri tornata a casa per alcuni problemi in famiglia – Herm
sollevò un sopracciglio
-Tu invece in
questo momento dovresti trovarti a gestire qualche affare di famiglia
Draco alzò gli occhi su
quelli blu di Blaisee alla Caposcuola
parve che i due si dicessero più di quanto avrebbero voluto far vedere. Blaise
sapeva qualcosa e, da come aveva reagito Malfoy alla pronuncia della parola
“famiglia” tutte quelle cose di cui parlava e discuteva e di cui, ovviamente,
non poteva riferirle, dovevano riguardare l’antico lignaggio Malfoy.
-Così Colin è
riuscito a trovare una scusa per far entrare Harry nell’ufficio di Silente
-Cioè mi stai
dicendo che Silente non lo sa?
-Beh… - Harry
arrossì – in verità il preside se n’è accorto, però ha detto che se non fossimo
stati in tanti potevamo venire a trovarvi
-Abbiamo lasciato
Ron e Daphne a casa – intervenne Ginny – mio fratello non se la passa bene…
-Perché? – indagò
curiosa
-È schiavizzato da
Lavanda – rispose asciutto e contrariato il bambino sopravvissuto borbottando
-Non dirmi che…
no!
-Sì invece! Ma gli
sta bene, s’è scelto proprio quella giusta, lo sta facendo girare come una
trottola…
-E Daphne che
c’entra? – chiese Malferret, gli altri lo guardarono stupiti
-È vero, loro non
lo sanno… - Hermione e Draco si scambiarono un’occhiata
-Che cosa? –
domandò lei
-Beh, come
dirlo…- Harry sembrava tremendamente a
disagio – un giorno sono entrato in Sala Studio e li ho trovati lì
-Non stavano
proprio studiando – ammise Blaise
-In verità si
stavano baciando – precisò Ginevra
-Daphne e chi? –
chiese lei non capendo il nome dell’altro
-Dpahne e Neville
– sospirò Potter
-Paciock e la più
bella Serpeverde della storia di Hogwarts? – esclamò allibito il biondo
-Loro. Pare che
alla festa di Halloween dei Greengrass fossero stati invitati anche Paciock e
sua nonna – incominciò Blaise tutto contento – e a quanto pare Daphne è rimasta
affascinata da Neville
-Neppure se me lo
giurasse – rispose acido il Principe delle Serpi
-Oh, invece è
pronta a farlo, tanto che porta uno sgargiante anello di fidanzamento al dito.
La sua famiglia non ha perso tempo.
Draco borbottò sottovoce
qualche insulto, incredulo che Daphne si fosse permessa di scegliere Paciock al
suo posto, assurdo! Ridicolo!
-E non avete
saputo la parte più bella – s’intromise Zabini – avete presente la festa che il
Comitato aveva organizzato e di cui voi due dovevate essere testimoni? – lei
annuì, Malferret si limitò ad un grugnito di assenso
-Ebbene, con la
vostra assenza ha mandato nel panico giornale scolastico e Comitato
Studentesco, voi non avete idea di cosa è successo in questa settimana!
Harry e Ginny si misero a
raccontare dell’episodio della scenata isterica di Terry Atkinson, la
presidentessa del Comitato, in mezzo alla Sala Grande durante la cena del
ventidue dicembre che aveva fatto voltare tutti i presenti che stavano
amabilmente mangiando tranquillamente facendosi i beati affari loro.
Madama Chips aveva dovuto
portarla in infermeria dopo averla narcotizzata con una dose da cavallo di sedativi
e calmanti. Hermione rise della scena e Blaise s’intromise nella conversazione
descrivendo personalmente ciò che era avvenuto dopo e mostrandole una versione
dell’ultimo numero della Gazzetta di Hogwarts dove una immagine gigantesca
occupava la prima pagina ritraendo la presidentessa in un lago di lacrime,
disperata come se le avessero ammazzato la famiglia.
Harry sorrise e annuì
confermando il tutto, mostrandole poi i cambiamenti che erano intervenuti nella
redazione del giornalino scolastico: la rubrica d’amore di Lavanda continuava
ad occupare un considerevole spazio delle pagine che, in genere, non leggeva
nessuno; erano stati aggiunti dei giochi babbani come parole crociate e sudoku
a fine giornale e la
professoressa Sinistra che insegnava Astronomia si occupava
personalmente ogni giorno di stilare l’oroscopo segno per segno, peccato che il
suo modo di scrivere sarebbe dovuto essere annoverato tra la corrente degli
“ermetici” tanto era stringato e incomprensibile.
La Caposcuola prese tra le
mani e sfogliò le pagine che raccontavano di stupidaggini di cui non importava
nulla a nessuno, scorse gli esercizi di sudoku di livello “molto più che
facile” trovandoli veramente deprimenti e voltò pagina ritrovandosi davanti
l’oroscopo di Sinistra.
-Che dice il mio
oroscopo oggi? – chiese ai suoi compagni cercando di interpretare la grafia
della prof
Ginny prese tra le mani il
giornale, lo piegò a metà e mise a fuoco le parole
-Sei della
Vergine, vero Herm? – domandò per precauzione, l’altra annuì, Malfoy, invece,
mandò gli occhi al cielo… i casi della vita, si diceva…
-Dunque… Gelosia e Ranocchi, non avete sempre
ragione, dategli un bacio e fate pace
-Ma che significa?
– chiese interdetta la ragazza, Gelosia e Ranocchi? Ma la prof si era fumata
qualcosa prima di scrivere quella roba?
-Ehi Harry, anche
te sei dello stesso segno? – domandò lei, Harry annuì
-Avremo tutti e
due una scenata di gelosia – ipotizzò il moro – Ginny, non è che vuoi farci
qualche tiro mancino?
La rossa scosse i capelli
rossi e voltò gli occhi intorno, decidendo di controllare il suo
-Leone – lesse
assorta – Visite opportune capitate
nel posto sbagliato al momento sbagliato, gli amici vi sono sempre stati
accanto, fate lo stesso con loro… Le predizioni della prof diventano sempre
peggiori… - borbottò scettica – Blaise, tu che segno sei? – indagò poi verso a
serpe che stava terminando la sigaretta
-Ariete – rispose
lui – sono del 13 aprile… dicono che sia il segno più testardo di tutti
-Posso confermare
– intervenne Draco annuendo e sbuffando, Blaise gli sorrise col suo solito fare
pacato
-Ariete: Non lasciate la porta aperta, qualcuno
potrebbe vedere più di quel che volete… e forse no; vedrà comunque
-Direi che
Sinistra è stata un po’ approssimativa – commentò Harry bevendo del succo di
frutta dal bicchiere sistemato davanti a lui
-Malfoy, tu che
segno sei? – chiese ancora Ginny, anche se lo faceva solo per non essere
scortese e perché aveva letto tutti quelli dei presenti, lui non rispose
-È nato il 5
giugno, è dei Gemelli – intervenne l’altro Slytherin mentre Draco mormorava
insulti poco carini all’indirizzo del suo migliore amico
-Gemelli – sentenziò
lei schiarendosi la voce - Il verde vi
sia addice, siete volubile quanto una banderuola, l’edera è una pianta
tenera, ma fortissima
-Poetica –
confermò sprezzante e per una volta anche i grifoni dovettero dargli ragione
-Bene, mi sembra
che abbiamo divagato a sufficienza – decretò infine Harry – voglio sapere che è
successo
-L’erba voglio non
cresce neanche nel giardino del re - ripeté meccanicamente Draco
-Proprio tu vieni
a farmi la predica? – gli chiese, l’altro limitò la risposta ad una alzata di
spalle
-Pecchi di
supponenza, Potter – aggiunse, Harry dovette trattenersi per non mettergli le
mani intorno al collo e stringere forte
-Smettila di
sottilizzare, voglio sapere che cazzo ci fate conciati a quel modo…
-Harry! – lo
riprese la rossa scandalizzata dal sentirgli usare un linguaggio tanto scurrile
-Ma che belle
parole, Potty – lo canzonò invece il biondo sorseggiando del succo d’ananas e
storcendo le labbra al gusto un po’ acido dei prodotti babbani che non avevano
nulla a che vedere con l’originale
-Taci Malfoy,
parli troppo
-Ma come… e io che
volevo dirti davvero tutto… - rispose l’altro con ironia, Potter si limitò ad
alzare un sopracciglio, un muto avvertimento di tenere la bocca chiusa e la
lingua a posto.
Hermione decise che era il
momento giusto per intervenire e placare la tensione omicida che stava
invadendo l’aria rendendola stranamente pesante. Se una volta aveva pensato che
fosse il clima scolastico fatto di rivalità tra le diverse Case ad accentuare
quest’odio che Harry e Draco provavano l’uno nei confronti dell’altro, beh, non
era vero perché quell’antipatia reciproca si protraeva fastidiosa anche fuori
delle vecchie mura di Hogwarts, insistente come una mosca richiamata dal dolce
e altrettanto noiosa.
In realtà, a ben rifletterci,
anche lei era piuttosto insofferente a Malferret quando si trovavano a scuola,
mentre ora che erano a Londra tutto questo si sentiva decisamente meno, e
allora perché non accadeva anche con Harry?
Che il suo cambiamento nel
metro di giudizio della serpe bionda fosse determinato dal breve periodo di
convivenza che avevano condiviso?
Che dovesse seriamente
incominciare a preoccuparsi delle conseguenze?
In realtà sperava di no, anche
se tutto, ormai, urlava a gran voce un SI degno di un coro da stadio.
Scosse melodrammaticamente la
testa e alzò gli occhi su Harry e Draco ormai prossimi alle mani e Blaise che
di divertiva un mondo a guardarli mentre si azzuffavano come cane e gatto…
Blaise…
Era l’unica delle serpi con
cui avesse stretto una parvenza di amicizia e, senz’altro, la più stravagante
tra le stravaganze. Lo conosceva abbastanza bene e, se voleva, sapeva essere un
ragazzo intelligente e simpatico, peccato che la volontà fosse la sua peggior
carenza, non nel senso che non l’avesse, quanto più perché non la manifestava,
sembrava perennemente avvolto da un velo di noia e quei piccoli momenti di
divertimento, come quello, ad esempio, non ci teneva proprio a cancellarli
dalla sua esistenza.
Quello che Hermione però non
sapeva era che a Zabini, oltre che le zuffe tra Draco e Potter, piaceva
terribilmente tormentare in prima persona il suo migliore amico. Come lui e
Malfoy fossero diventati così legati non lo sapeva, era successo e non se ne
poneva il problema, da qualche parte aveva letto che domandandosi il perché di
una amicizia la si distrugge e lui non ci teneva proprio, anche perché si
divertiva un bel po’!
La sua vita familiare, sempre
che esistesse, era qualcosa di abbastanza monotono: sua madre si era sposata
sette volte di cui nessuna per amore. Quando era bambino aveva guardato per
scherzo nel pensatoio ed aveva scoperto da dove accidenti veniva fuori lui: sua
madre e suo padre, un bellimbusto di Drumstrang, avevano avuto una rapida
quanto passionale storia d’amore durata pressappoco un’estate, entrambi belli e
di buona famiglia, avevano deciso di sposarsi, solo che il tipo in questione
fosse riuscito a farsi ammazzare durante una partita di quidditch, lasciandola
sola, incinta e, ovviamente ragazza madre. Sua madre avesse deciso,
innanzitutto, che, dato che il presunto padre non avrebbe svolto le sue
funzioni, il bambino non avrebbe portato il suo cognome e perciò gli aveva
posto il suo, e poi che, per consolarsi, non c’era cosa migliore che qualche
regalo costoso e così il passo dallo sposarsi una sfilza di miliardari con un
piede nella fossa era stato breve, anzi, giusto quello per oltrepassare
l’ingresso della chiesa.
Lui era nato figlio unico e
tale era rimasto, visto che la
cara Cassy non aveva certo voglia di adempiere ai suoi
obblighi coniugali con persone che trascorrevano la loro vita tra la dialisi e
le trasfusioni.
Ma anche mammina, al momento,
aveva la sua bella gatta da pelare… già perché tra una cosa e l’altra il suo
ultimo marito, o promesso sposo, che dir si voglia, aveva deciso di tirare le
cuoia prima del previsto e così, a due giorni dal matrimonio, eccolo lì pronto
per il funerale.
Decisamente non le era andata
bene, anche se, al momento, Cassandra Zabini non necessitava certo di
rimpinguare le finanze di famiglia… il nipote del milionario, però, avvenente
quarantenne dal capello brizzolato e la carriera sfolgorante nell’industria
giornalistica, aveva accettato di prendere il posto del nonno defunto e sposarsi
la povera sette volte vedova.
Mamma non l’aveva presa bene,
anche se le circostanze non le permettevano di fare altro per non rovinare il buon
nome della famiglia Zabini; lui si domandava spesso con quale coraggio quel
poveraccio che si era legato a doppio filo a lei riuscisse a coricarsi
tranquillo senza il terrore di essere avvelenato, pugnalato nel sonno,
schiantato contro una parete o semplicemente distrutto da una delle scenate
isteriche di mamma.
E poi c’era stata la pessima
notizia: la Gazzetta del Profeta, i cui cronisti erano senz’altro i peggiori
del Creato, aveva deciso che uno dei sette mariti di Cassandra, al momento gli
sfuggiva il numero di quale fosse, ma non importava, fosse un mangiamorte o,
comunque, legato alla setta di adepti di Voldemort. Chiaramente sua madre si
era sempre strafregata di queste inezie, bastava solamente che la loro borsa
fosse ben fornita e, a dirla tutta, ci stava anche attenta a girare al largo da
tipi simili perché poi le persone puntano l’occhio su di te e non ti riesce più
di continuare la tua vita.
Benissimo, se da una parte il
Ministro aveva deciso che, affettivamente, tutti i mariti di sua madre erano
morti di vecchiaia, dato inconfutabile, dall’altra c’erano i soliti
rompiscatole della Gazzetta che sostenevano che lei fosse una mezza assassina e
che li avesse uccisi di proposito come pegno di sangue ai mangiamorte.
Probabilmente c’erano due
cose che i giornalisti non sapevano:
sua madre era terrorizzata perfino dal rompersi
un’unghia, quindi difficilmente si sarebbe sporcata le mani per avvelenare
qualcuno
la setta di mangiamorte non esigeva certo una
prova del genere per i suoi sostenitori… bastava molto meno.
Ad ogni modo, Preston, il
Ministro, stava svolgendo per l’ennesima volta le indagini e gli incartamenti
erano sulla sua scrivania a prendere la polvere.
Quindi, con un tale mortorio
familiare (in tutti i sensi), perché privarsi dei propri svaghi?
Guardò l’occhiata torva di
Potter e il ghigno beffardo di Draco e scoppiò a ridere, attirando su di sé lo
sconcerto della mezzosangue e gli occhi della Weasley.
Quando si fu fatto silenzio
tra i due litiganti, la Granger finalmente cominciò a raccontare di quanto
accaduto e di Silente che li aveva mandati a Londra, spiegò come ci erano
arrivati e dei loro cambiamenti di età, sorvolando, per il momento, dei loro
incontri in biblioteca e delle avventure pseudo-sentimentali che al momento
l’avevano vista al fianco della serpe.
Si interrogò sul perché non
avesse detto a Harry dei mangiamorte alla Queen Victoria e decise che era
perché doveva scoprire di più sulla questione.
Draco seguì le mani
gesticolanti della Gryffindor che spiegavano quanto era accaduto loro da una
settimana circa a questa parte e un suono sprezzante gli uscì dalle labbra
mentre si portava nuovamente il bicchiere alle labbra in un estremo gesto di
autolesionismo, perfettamente consapevole che quel succo di frutta gli piaceva
ogni minuto di meno.
La mezzosangue gli rivolse
appena un’occhiata tornando ai suoi vaneggiamenti verso il suo piccolo pubblico,
Blaise spostò appena gli occhi blu sull’altro Slytherin per poi riportarli
sulla ragazza che raccontava.
Draco si sentì osservato, ma
Zabini al momento si stava facendo i beneamati fatti suoi ascoltando a metà
quello che lei narrava, le labbra piegate in un sorriso divertito, la pelle
leggermente più scura: Blaise era molto orgoglioso di avere dei parenti
mediterranei che gli avevano lasciato in eredità quella carnagione ambrata e i
capelli scuri, gli occhi blu, invece, erano qualcosa che, probabilmente, veniva
dalla famiglia di suo padre che era di origini russe, sua madre, infatti, aveva
gli occhi verdi e, ovviamente, era stata una Serpeverde esemplare.
Posò la stoviglia sul tavolo
producendo un rumore decisamente più elevato di quello che l’etichetta
prescrivesse, nessuno dei presenti, però, se ne accorse a parte Blaise che lo
sbirciò di soppiatto mentre il biondo si svaccava di nuovo malamente sulla
sedia babbana, sistemando prima il cuscino, poi i piedi, la camicia, l’appoggio
dei piedi, la posizione delle spalle, i vestiti stropicciati e quant’altro gli
saltasse in mente.
Si sentiva stranamente a
disagio e la cosa non gli andava.
Come facevano a risultargli
così odiosi?
Quell’atmosfera tranquilla e
familiare, intima e amichevole dove tutti erano contenti, tutti tranne lui.
E lei sembrava così felice in
mezzo ai suoi amici… non era mai stata così raggiante quando era rimasta con
lui una settimana, quel sorriso rilassato era raramente affiorato sulle sue
labbra e non gli aveva neppure mai mostrato quel trasporto che ora trasudava
mentre si trovava in compagnia e a suo agio.
Un vago senso di fastidio
s’impossessò di lui.
Gelosia.
Invidia di Potty e della
Weasley e perfino di Blaise che potevano godere della sua compagnia per davvero
senza che lei stesse attenta ad ogni passo falso, senza che misurasse la prole
e, anche se avesse detto una stupidaggini, probabilmente non sarebbe accaduto
nulla. Quando erano insieme, invece, tutti e due pensavano parecchio qualcosa
prima di dire ciò che passava loro per la mente, l’improvvisazione era
assolutamente fuori questione e, nonostante litigassero e quella fosse, senza
dubbio, una cosa scaturita senza preavviso, anche lì stavano attenti a ciò che
dicevano, soprattutto lui perché, anche se le aveva detto molto più di quanto
avesse dovuto, lei non si fidava ciecamente o, comunque, aveva delle riserve.
Non poteva darle torto, le ragioni erano tutte dalla sua parte, ma era mai
possibile che non ci fosse un solo cane a quel mondo che decidesse un po’ di
capire anche come stava lui?
Davano tutti troppo per
scontato che stesse divinamente senza problemi né preoccupazioni, senza
rimpianti né problemi.
E invece i problemi erano il
suo pane quotidiano e doveva prestare attenzione ad ogni passo falso perché
aveva alle calcagna l’intero esercito di Voldemort che voleva la sua pelle.
Nessuno si era mai
preoccupato se avesse avuto bisogno di qualcosa, di affetto tantomeno.
Lei un po’ si era esposta, su
quel fronte, ma adesso che la vedeva così serena e felice, il dubbio che lo facesse
solo per essere gentile, il dubbio che lo facesse con tutti… gli dava
tremendamente fastidio.
Da quando aspirava ad avere
un ruolo speciale per lei?
Da mai!
Gridò la sua mente, era una cosa che non stava né in cielo né in terra né su in
ogni altro posto esistente.
Lui era una serpe, lei una
Gryffindor e neppure una qualsiasi, ma la Regina dei Gryffindor, l’emblema
della brava studentessa con le solite idee bacate da “brava bambina”. Non erano
problemi che si era posto fino a dieci minuti prima, ma… effettivamente era
quasi come se provenissero direttamente da due mondi differenti… e questo gli
faceva male.
Perché d’improvviso voleva
l’esclusiva? E cos’era quello strano desiderio di possesso nei suoi confronti?
Perché voleva essere così speciale?
Perché gli dava fastidio
quella familiarità da cui era escluso?
Per una volta il pensiero di
raccontarle davvero tutto, come aveva deciso di non fare, si fece largo nella
sua mente come il metodo più rapido per costringerla, in quel modo, a
rimanergli accanto per sempre. Ma non era carogna fino a quel punto, non ci
riusciva e aveva quel nodo in gola che gli impediva di deglutire e la mandibola
che quasi incominciò a fargli male da tanto stava digrignando forte i denti
dietro le labbra serrate in una smorfia.
Che gli stava prendendo?
Perché tutte quelle
stranezze?
Che cos’erano quelle
sensazioni strane all’altezza del petto e dello stomaco?
E quei sentimenti?
Accidenti, nessun Malfoy
aveva dei sentimenti! E lui non faceva differenza! Che dannazione andava a
pensare?
Cazzo, doveva essere l’influsso
benefico di quei due, Potty e la Piattola che, al momento, sembravano pendere
direttamente dalle belle labbra della mezzosangue.
Il ricordo pressante di
quando e labbra sue e della ragazza si erano incontrate tornò violento a
spingere per ottenere la sua attenzione, facendogli ancora più male.
Borbottò qualcosa di
incomprensibile che non scompose minimamente i presenti, tutti troppo presi
dalle loro cose.
Non gli faceva bene pensare
al tempo passato insieme alla Granger perché più lo faceva e più desiderava che
ce ne fosse e la cosa era decisamente sbagliata.
Se davvero avesse deciso di
fare una cosa del genere, se ne sarebbe pentito in eterno. Erano cose troppo
pericolose e personali per andarle a dire così e se l’avesse fatto, sarebbe
stato solo per egoismo. Quella parte del suo carattere si stava manifestando in
modo decisamente inappropriato, spingendolo a pensieri inadeguati e a idee
balzane, procurandogli sensazioni stravaganti e perfino gelosia.
Certo, non era gelosia…
Che cos’era? Probabilmente
irritazione per la visita di tutta quella gente, non gli piaceva la confusione,
meglio la tranquillità di un luogo da vivere in solitudine.Certo non gelosia.
La gelosia, e stava citando
dal dizionario, era una sensazione che si ha quando si teme di perdere qualcosa
o si invidia una cosa ad un altro.
Che cosa avrebbe dovuto
perdere? Che cosa temeva che qualcuno gli strappasse? Non aveva niente che, al
momento, San Potter e compagnia potessero sottrargli.
A parte LEI, aggiunse la sua
coscienza, decisamente troppo pignola.
Ma comunque non poteva essere
gelosia! Per quanto lo riguardava, lei poteva anche andarsene, non avrebbe
fatto che bene a non mettere il becco in quegli affari.
“Sei volubile” ripeté sempre
la coscienza “prima vorresti dirle tutto per tenerla con te e subito dopo che
sarebbe un bene se ne andasse per non mettere il becco…” messa a zittire quella
voce permalosa, tornò alle sue elucubrazioni mentre lei continuava a parlare,
adesso rinverdendo i ricordi di scuola assieme ai presenti.
Un ghigno perfido storpiò le
sue labbra mentre riappoggiava il bicchiere, questa volta con molta più calma,
Blaise se ne accorse e gli lanciò un’occhiata preoccupata che il biondo neppure
notò
-Beh, quand’è che
la finiamo con questa pagliacciata? – domandò come se fosse un quesito
retorico, l’aria di superiorità dipinta sul viso e negli occhi – hai intenzione
di raccontargli ancora qualcosa?
Hermione smise di parlare e
lo fissò allibita da quella mancanza di educazione, le braccia ferme a
mezz’aria, gli occhi allargati per lo stupore, senza capire.
-Hai intenzione di
dire loro anche che ho cercato di violentarti? Povera, piccola Granger… in
balia di questo bruto – si alzò in piedi e dal suo metro e cinquanta la guardò
trionfante, pieno di sé.
Non capiva perché aveva
cominciato e sapeva che non avrebbe dovuto, ma accidenti, ogni momento era
diventato peggiore, perché doveva soffrire solamente lui? Se doveva farlo, che
lei lo accompagnasse pure all’inferno, l’avrebbe ridicolizzata davanti ai suoi
amici, in quel momento quella ferita che impediva al suo cuore di battere si
era rimessa a sanguinare.
-Che cosa vorresti
dire? – chiese circospetta lei che in piedi c’era già, scrutandolo, per una
volta, dall’altro in basso
-La piccola e
santa Caposcuola dei Grifoni costretta a trascorrere del tempo assieme ad una
infida serpe… senza i suoi amici, povera…
E fece il gesto di asciugarsi
una lacrima, mentre la bocca era, tuttavia, ancora ghignante
-Senza i tuoi
amici – continuò senza pietà – abbandonata da tutti… come hai fatto, piccola
Granger? Oh, ma adesso sono arrivati perché lasciarla troppo tempo da sola,
piccina, sarebbe stato troppo, non è che una ragazza, dopotutto, no? – e spostò
gli occhi sui presenti: Ginny era sconcertata, Harry, lo si vedeva che si stava
trattenendo per non spaccargli la testa con il bicchiere e Blaise… la sua
faccia era scura e preoccupata, non più sorridente. Meglio, in quel momento
solo lui rideva.
-E poi…
Non finì la frase che la mano
spalancata della ragazza lo colpì con violenza alla guancia sinistra,
procurandogli un bruciore inconsueto e diffuso, pungente, che non aveva mai
provato; si toccò appena la faccia dove spiccava un segno rosso a forma di mano
con cinque dita spalancate, alzò gli occhi su di lei e vide le lacrime sgorgare
copiose da quelle iridi che brillavano ancora, nonostante tutto, e le rigavano
le gote
-Sei un maledetto
stronzo, Draco Malfoy – urlò tenendo le braccia serrate lungo i fianchi, le
mani strette a pungo, dopodiché voltò i tacchi e corse verso la cabina armadio
tenendosi il viso tra le mani.
Quella era la prima volta che
le aveva sentito dire una parolaccia e, a giudicare dalle espressioni
sconcertate degli altri astanti, probabilmente era la prima volta della sua
vita.
Quando la porta si fu
richiusa dietro di lei con un tonfo sordo e si udì qualche singhiozzo, Harry
Potter si alzò in piedi, andando a posizionarsi davanti al biondo e
sollevandolo fino alla sua altezza per i vestiti, lo sguardo di lui, nel
frattempo, aveva ripreso la consueta aria strafottente
-Hermione non ha
mai detto una parolaccia in vita sua – incominciò con tono bellicoso mentre la
rossa si lanciava all’inseguimento dell’amica, pregandola da oltre la porta di
aprire e farla entrare, ma non succedeva nulla – solo per questo semplice fatto
ti strapperei le budella e te le farei ingoiare assieme ad ogni singola parola
velenosa che la tua lingua biforcuta è riuscita a dire su una persona che non
ha mai fatto o detto niente di male! Ma tu non lo capisci, come potresti –
aggiunse dandogli una scrollata forte – tu vedi solo te stesso, non sei che un
lurido bastardo…
-Mettimi giù –
disse serio, gli occhi penetranti. Era un ordine, non una preghiera
-Mi starai a
sentire! – gridò Harry
-Subito! – intimò
il biondastro e, all’improvviso, il grifone si sentì le mani tremare, scottare,
mentre una strana aura circondava quel corpicino infantile mandato dal demonio.
Lo riappoggiò a terra, esitante, arrabbiato con se stesso per quella sua
mancanza di carattere e, senza dire un’altra parola, anche il Principe degli
Slytherin girò sui tacchi e uscì sul terrazzo, andando ad appoggiarsi alla
balaustra e guardando in lontananza Hyde Park affollato.
Il parco, dopo Natale, era
tornato alla consueta routine: mamme con bambini nella carrozzina, qualche
anziano che passeggiava, molta gente con cani e furetti al guinzaglio, giornali
spiegazzati che svolazzavano portati dal vento o appoggiati dimentichi su
qualche panchina.
Una vecchietta stava
rincorrendo affannata un bambino poco più piccolo di lui, pregandolo di volersi
mettere il cappottino, ma il bimbo era decisamente più preso a giocare a palle
di neve con gli altri ragazzini e a scivolare sui giochi di legno che a dare
ascolto alla nonna.
Lui non aveva mai avuto
qualcuno che si prendesse cura di lui a quel modo. Tranne la Granger.
Sfregiato si sbagliava a dire
che non capiva, capiva benissimo, più di quanto quel Grifondoro chiacchierone
riuscisse a credere, eppure, in quel momento, quando la prima parola di quella
sfilza era uscita dalle sue labbra, la rabbia, la frustrazione e l’invidia, sì,
proprio l’invidia, avevano avuto la meglio.
Almeno con se stesso non
aveva mai negato di essere tremendamente invidioso di Potty, ma non riusciva a
credere di esserlo perfino del suo migliore amico e questo era qualcosa che lo
turbava profondamente: lui e Blaise si conoscevano da una vita ed era strano
che due persone così diverse riuscissero ad andare d’accordo, ma succedeva e ne
era felice perché non c’era persona sulla faccia del pianeta che lo conoscesse
quanto Zabini.
A differenza delle normali
amicizie, non si raccontavano fatti privati o aneddoti riguardanti le
rispettive casate, Zab non sapeva di tutto il casino che stava accadendo e lui
non era stato messo a parte della verità assoluta che sua madre non era mai
stata una mangiamorte. Ma si conoscevano e sapevano quando c’era qualcosa che
non andava.
Per questo non si stupì
quando la figura atletica dello Slytherin comparve accanto a lui,
l’inseparabile sigaretta tra le dita affusolate dalle unghie curate, i capelli
color caffè, gli occhi di un intenso blu cobalto. Le labbra erano di nuovo
sorridenti, ora, mentre stava per dire qualcosa che, lo sapeva, lo avrebbe
fatto terribilmente infuriare perché corrispondeva a verità. Non avranno
conosciuto i dettagli della vita privata l’uno dell’altro, ma nel loro
carattere non c’erano ombre.
-Pessima mossa –
commentò il serpeverde aspirando una boccata di fumo e formando poco dopo una
nuvoletta grigia. Appunto, il grillo parlante che viene a dire delle ovvietà
Sapeva da solo che non avrebbe dovuto comportarsi a quel modo e ne era pentito
due secondi dopo aver cominciato, ma non avrebbe lasciato le cose a metà, il
santo onore Malfoy voleva la sua parte e questa imponeva che nessuno potesse
avere la meglio su di lui
-Fai pure il moralista?
– gli chiese sgarbato, l’altro si voltò dalla sua posizione con la schiena
appoggiata alla ringhiera e vi posò sopra i gomiti, guardando lontano
-È stato infantile
– continuò, Draco sollevò gli occhi al cielo, prossimo a perdere la pazienza,
cosa che, sfortunatamente, con Zabini gli capitava spesso, anche se non nello
stesso modo di quando succedeva con la mezzosangue.
-Sai, sono un
bambino di dieci anni – bofonchiò scorbutico, Blaise lo ignorò continuando a
fumare tranquillo
-Mostrare i tuoi
sentimenti egoistici con lei e di fronte a tutta quella gente e in quel modo è
stato molto infantile, Hermione ci è rimasta molto male, l’hai punta su una
cosa a cui tiene moltissimo; i suoi amici sono la sua vita.
-Non potevi certo
aspettarti che rimanessi zitto a guardare quella scenetta smielata! – protestò
sapendo, però, che Blaise aveva visto giusto per l’ennesima volta
-Eri geloso?
– gli chiese voltando la testa e abbassando lo sguardo. Draco si affrettò a
distogliere il suo borbottando qualcosa, l’altro Slytherin ridacchiò, aveva
fatto centro, come sempre.
-Vatti a scusare
con Herm, starà piangendo…
Lui non disse niente e non
fece nulla.
Non ci sarebbe andato, non
ancora. Non con tutta quella gente che lo guardava e che lo spiava, che si
aspettava che facesse qualcosa.
***
Harry bussò tre volte alla
porta, ma nessuna risposta giunse dall’altra parte, si udì solo un singhiozzo
strozzato.
Si guardò alle spalle: Ginny
era preoccupatissima e si stava mangiando le unghie con insistenza, aspettando
di avere qualche segno di vita dalla sua migliore amica. Oltre la finestra, il
biondastro e Zabini rimanevano in silenzio, ciascuno perso nella propria mente.
Maledetto Malfoy, ma che gli
era preso, tutt’a un tratto? Perché aveva fatto quella piazzata?
Ok, era una stupida serpe
altezzosa, ma fino a dire quelle cose, come se fosse geloso di loro… naaaa,
impossibile, decisamente impossibile.
-Herm, apri la
porta – disse bussando nuovamente; udì un fruscio, ma nessuno giunse a
sbloccare la
serratura. Sospirò mesto, Hermione sapeva essere testarda
quanto un mulo, se le girava e quello sembrava proprio il momento. Accidenti a
Malferret!
-Dai Herm, apri la
porta, sono preoccupato! – disse ancora
-Vai via, Harry,
scusami… - fu tutto ciò che ottenne in risposta da una voce un poco roca.
Guardò Ginny che si era messa a tormentare i capelli, Herm non era mai stata
così colpita da una frase, tranne che quando era al secondo anno e quello
stupido Serpeverde l’aveva chiamata Mezzosangue. Ma le lacrime agli occhi, le
mani che tremano… perché se l’era presa così tanto? Serpi e Grifoni si
insultavano ad ogni corridoio, in ogni lezione in comune, in Sala Grande, ad
ogni circostanza, perché quel giorno era così scioccata?
Se c’era una cosa che sapeva
era che, in quel momento, avrebbe strozzato Draco Malfoy, oppure l’avrebbe
scaraventato giù per il poggiolo. Far piangere la Caposcuola era un crimine
perché lei non piangeva mai.
Udì un fruscio alle sue
spalle e si ritrovò le figure altere dei due allievi della Casa di Salazar,
rimase stupito di non averli sentiti arrivare e anche un po’ stupito dal fatto
che il biondastro si fosse degnato di venire e fingersi preoccupato. No, più
che preoccupato sembrava seccato, anche se, lui non lo sapeva, ma era seccato
con se stesso, non con lei.
Si parò di fronte alla porta
bloccando l’avanzata dello Slytherin che lo guardò minaccioso
-Stalle lontano –
intimò – l’hai già fatta piangere una volta, non deve succedere di nuovo
Non lo diede a vedere, ma
quelle parole lo colpirono come un pugno allo stomaco: il rapporto suo e della
mezzosangue era fragile e instabile già prima, adesso doveva essere crollato
come un castello di carte al primo alito di vento… forse, se si fossero davvero
detti tutto…
“Ma chi vuoi prendere in
giro” borbottò quello spiritello maligno della sua coscienza, “Se le avessi
detto qualcosa a quest’ora lei avrebbe altri motivi per piangere, certo non il
suo orgoglio ferito!” aveva ragione, accidenti, ma sapeva di aver sbagliato e
sapeva che voleva cercare di rimettere in piedi quella specie di amicizia
perché quella sera al ristorante, anche se nelle vesti di una mocciosa, gli era
parso che lei ci tenesse almeno un po’ ad essere sua amica e, casualmente, lui
aveva rovinato tutto con le sue parole. Come si fa a non essere gelosi degli
amici? Con Blaise non si era mai dimostrato possessivo come lo era stato con
lei, quello strampalato desiderio di non dividere i loro segreti con nessuno,
quel volere che la storia che li riguardava, di loro che diventavano grandi e
piccoli così, della loro vita quotidiana fosse solamente loro, un fatto
privato. Perché?
-Levati, Potter –
sibilò, Harry non si spostò e rimase impalato di fronte all’uscio, le braccia
conserte, gli occhi fiammeggianti di rabbia oltre le lenti rotonde
A mali estremi…
Un sibilo terrificante gli
uscì dalle labbra, ma non delle parole dette con rabbia, parole dette in
serpentese!
Harry sgranò gli occhi
all’udire ciò che l’altro aveva detto e non poté crederci, né a ciò che aveva
sentito, né al fatto che potesse parlare quella lingua maligna; ma dopotutto, i
Malfoy avevano una affinità speciale per quei rettili viscidi e subdoli, non
c’era poi così tanto da stupirsi, però…
Vide il biondo muovere un
nuovo passo verso la porta e, all’improvviso, le fiamme ricoprirono il suo
corpo di bambino come un guscio, dalla testa ai piedi, il Grifondoro si
ritrasse mentre il fuoco lambiva la figura dello Slytherin.
Una fiammata più potente
delle altre costrinse i tre ragazzi a coprirsi con gli occhi, sentendo
terribilmente caldo intorno a loro e, quando riuscirono a riaprirli l’unica
cosa che scorsero fu la porta che si chiudeva dietro il bambino: Harry si
lanciò per afferrarla e tirarlo fuori, ma troppo tardi, l’uscio era
irrimediabilmente chiuso sigillato e qualcosa gli lasciava intendere che non si
sarebbe aperto finché quel dannato Serpeverde avesse voluti, l’unica che
avrebbe potuto fare qualcosa era Hermione.
***
La giovane Caposcuola alzò gli occhi al rumore dello scatto secco della
porta e vide la figura sottile dello Slyhterin bambino avvolto dalle fiamme,
ma, questa volta, il fuoco che lo circondava non era striato di nero e non
sembrava consumarlo facendolo urlare e soffrire come un condannato
dell’Inferno. Un’ultima vampata e il fuoco di dileguò, ma non l’espressione di
lui; distolse rapida gli occhi e tornò a concentrarsi sulla coperta di pile che
la avvolgeva mentre stava rannicchiata con le spalle al calorifero tra i
piumoni e le lenzuola pulite con un libro aperto davanti agli occhi.
-Granger…
Un brivido la percorse lungo
la schiena quando lui pronunciò quel nome, ma non si voltò e gli diede
insistentemente le spalle senza voltarsi nonostante nella voce del biondastro
ci fosse una nota di tristezza, quasi di dispiacere. Impossibile.
E comunque non l’avrebbe
perdonato per quello che le aveva detto e quello che si era permesso di dire
sui suoi amici, avrebbe fatto lo stesso se qualcuno avesse parlato male di
Blaise o addirittura di lui… perché si era accanito così tanto? Che aveva
voluto? Perché così all’improvviso?
Malfoy era un tipo strano, se
da una parte non vedeva l’ora di liberarsi di quella situazione, dall’altra,
però, non faceva niente per smuovere un po’ le cose, si rifiutava di andare ad
indagare sui mangiamorte e aggrediva addirittura lei che, tra tutti, quel
giorno, a parte Blaise, era l’unica che non gli fosse ostile, che voleva?
Perché si era comportato così da cafone?
Era abituata a insulti
velati, prese in giro e sottili malizie casualmente a sfondo sessuale, ma una
piazzata del genere che più che altro le ispirava gelosia non sapeva come
prenderla e ci era rimasta molto male perché si era sentita come se lui non si
fidasse di lei.
Scosse la testa per scacciare
quei pensieri che la rendevano terribilmente vulnerabile e rimase in ascolto,
lui non si era mosso, anche se poteva udire alla perfezione il tacco della
scarpa mentre batteva nervoso sul pavimento e anche il fruscio della stoffa,
spostò gli occhi sulla finestra sopra di lei e vide la figura riflessa di lui
mentre si passava una mano tra i capelli, scompigliandoli e poi sbuffare.
-Hermione, mi
dispiace – sbottò poi, alla fine e lei riuscì a scorgere la propria silhouette
nel vetro mentre arrossiva; riabbassò gli occhi e valutò la situazione senza
riuscire ad evitare di voltarsi verso di lui per scoprire se era tutto vero
oppure se l’aveva detto solo per ottenere la sua attenzione, anche se,
sospettava, doveva possedere senz’altro metodi meno umilianti, dal suo punto di
vista, per richiamare l’interesse di qualcuno.
Malfoy stava guardando con
particolare interesse una cesta posta su uno dei ripiani della cabina armadio,
leggermente rosso, i capelli sparati in tutte le direzioni e le mani nelle
tasche in un gesto di finta noncuranza.
Sorrise a quell’espressione
imbarazzata che riusciva a leggere negli occhi di lui che non guardavano i suoi.
-Sei serio? – gli
domandò con un sorriso, divertita dall’insicurezza che lui dimostrava
Bastò un’occhiata e lei capì:
era serio, serissimo.
-Non voglio
tornare là fuori – gi disse mentre lui allungava una mano per rimetterla in
piedi e riportarla dai suoi amici, le dita si sfiorarono appena e, senza
accorgersene, lui si ritrovò seduto accanto a lei, sul pavimento coperto dallo
stesso plaid
-Potty e la
Piattola sono preoccupati – commentò lui tranquillo mettendosi le mani dietro
la testa e rilassandosi sul parquet che profumava di c’era d’api appena stesa
Si calmeranno quando avrò
voglia di tornare… - biascicò appena scrutando il soffitto e una minuscola
macchia di umidità accanto ad uno dei faretti
-Li farai soffrire
– sottolineò lui, positivamente colpito da quello sprazzo di egoismo che lei
aveva manifestato e che lo faceva sentire un po’ meno solo nel nero e nelle
tenebre che lo circondavano ma di cui non poteva liberarsi. Lei ignorò le sue
parole
-Perché mi hai
chiesto scusa? – le sopracciglia di lui si alzarono mentre la scrutava, le
iridi dorate di lei, invece, erano posate sulla maniglia della porta, chiusa,
con la chiave inserita, la bacchetta era appoggiata accanto a lei ed era con
quella che aveva lanciato l’incantesimo per bloccare, però Malfoy era riuscito
a oltrepassare comunque la porta, come se la magia non fosse mai stata lanciata
e senza neppure utilizzare la propria di bacchetta perché, se n’era accorta,
quando si trovava ad una età diversa dalla sua quella smetteva all’improvviso
di funzionare: come aveva fatto?
-Una volta tu mi
hai chiesto scusa – mormorò – non voglio avere debiti- ma lei sapeva che non era per quello,
chissà cosa gli frullava in quella testolina bionda – domani andremo alla
ricerca dei mangiamorte – decretò poi e il sorriso tornò sulle labbra di lei,
facendogliele schiudere appena
-Davvero? Questo…
-Ma c’è una
condizione – aggiunse fissandola negli occhi, lei parve leggermente stupita,
anche se, probabilmente, dentro di lei stava ripetendosi che doveva aspettarsi
qualcosa del genere.
Due iridi argentate come un
lago in una notte di luna si soffermarono scrutando nelle sue dall’alto dei
loro dieci anni
In cambio voglio un bacio
-Cheeeeeee?!!! –
esclamò allibita
-Ho detto che
voglio un bacio – ripetè seccato lui, incrociando le braccia
-Ma-ma-ma-ma sei
un ba-ba-bambinetto di dieci anni! – protestò cercando una scusa che non
rientrasse nella classifica delle boiate più stupide della storia di Hogwarts
che prevedeva, tra l’altro, essere rapiti da vongole aliene, cani assassini,
ripetuta morte di vari componenti della famiglia e, a quanto pareva, gravissime
turpe mentali
-Aspetterò –
ribattè alzandosi in piedi, poi si voltò verso di lei, sorridendo – quando avrò
di nuovo diciotto anni
Hermione divenne di un
intenso color porpora e non era per il cado.
-Oppure puoi
sempre rinunciare alla tua caccia al ladro – aggiunse
Se da una parte pregava che
lei fosse talmente schifata da rifiutare quell’offerta, in modo che non si
cacciasse in seri pasticci come temeva, dall’altra sperava che accettasse per
suggellare definitivamente quello strano rapporto che li legava che forse era
amicizia e forse… chissà.
-Accetto – rispose
alla fine
***
Spazio autrice: finalmente, era da un po’ che volevo scrivere questo capitolo perché,
se guardate bene, c’è und ettaglio molto molto importante per il resto della
storia.
In verità non ho molto da
dire, spero solo che vi piaccia e vi ringrazio tutti per le numerosissime
recensioni che mi avete lasciato al precedente, Grazie Infinite! Spero di
ritrovarvi ancora tra i commenti di questo!
Un bacio
Nyssa
herm83:
eheheh, anche io quando ho pubblicato non stavo molto bene… adesso invece sto
anche peggio! Pazienza, ho più tempo per scrivere, ogni tanto serve anche
quello…
In questo capitolo in
particolare è evidente quanto Draco ed Herm si stiano affezionando, o almeno
spero che si noti ^^
Anche io preferisco quando
Draco è bambino, ma la mia scena preferita è sempre quando sono tutti e due
grandi…
Bene, spero ti piaccia anche
questo nuovo aggiornamento, aspetto di conoscere la tua opinione, ciao e un
bacione! A presto, Nyssa
luana1985:
le scene più strampalate escono sempre quando non ce ne rendiamo conto, o
almeno, io non ho specificato come la mano sia finita là… XP e non garantisco
che sia un caso, ma questo dovresti chiederlo a Draco, forse lui saprebbe
rispondere, se ne ha voglia.
Ti ringrazio per i
complimenti, mi fa piacere sapere che la coppia sta uscendo bene, spero che ti
piaccia anche questo nono capitolo, ciao e a prestissimo! Nyssa
giuliastarr:
wow, tutta d’un fiato? Sono ammirata e commossa! Grazie mille e anche per i bei
complimenti che mi hai fatto! Spero di non deludere le tue aspettative e mi
auguro che ti piaccia altrettanto anche questo mio nuovo post!
Aspetto una tua opinione,
quindi, un bacio! Nyssa
Shavanna:
ehehehe, sarà proprio una bella sorpresa… ihihihi, in questo capitolo mi
sono divertita a fare un po’ la sadica con tutti i miei personaggi, nessuno se
la passa tanto bene, ammettiamolo, c’è sempre qualche problema: Herm offesa,
Draco geloso, consolare Herm ecc ecc…
In realtà la storia della
chiesetta è uscita per caso, non volevo mettere riferimenti religiosi perché
sono tutti personali, però poi mi è uscita così, anche perché in quella scena
si dice qualcosa a proposito di un fatto che tornerà abbastanza presto (non so
quanto, ma tornerà).
Bene, mi auguro che ti
piaccia anche questo capitolo post-Natale, aspetto la tua recensione, ciao e un
bacione grande! Nyssa
lauwren:
figurati, ogni tanto capita anche a me di sbagliarmi e lasciare i commenti
chissà dove, capita ^^!!
Sono felice di averti fatto
apprezzare questa coppia un po’ strampalata con l’altra mia storia, in effetti
neppure io sono nata come una Dramione, ma lo sono diventata e credo che ormai
la mia coppia originale, Ron/Herm, la cestinerei perché è troppo scontata.
Mi fa anche moltissimo
piacere sapere che sono riuscita in quest’intento e anche che ti sia piaciuto
la mia precedente fic, alla quale sono molto legata essendo la mia prima
creazione e, quindi, un esperimento totale.
Sono orgogliosa del capitolo
sul Natale e molto onorata che anche a te piaccia, grazie mille!
Spero di trovarti ancora
nelle recensioni, sono curiosa di conoscere ancora la tua opinione sui vari
sviluppi della storia, ciao e a presto! Nyssa
potterina_88_:
sì sì, invece, per questa volta, strano ma vero, devi essere drastica e credere
proprio quello: Silente ha violentato Minerva McGranitt.
So che avrei dovuto scriverlo
perché, per come l’ho detto, poteva essere tutto e il contrario di tutto, ma mi
sembrava che mettere quelle parole nella storia fosse quasi sacrilegio, visto
che il tono di quella scena era volutamente lento e terribile, ma mai forte con
leparole.
Sul perché, te ne accorgerai
piano piano, c’è tutta una motivazione dietro che va ricercata nel fatto che
Silente, come ho detto, non è sempre stato un vecchio mago bravo, ha anche lui
i suoi scheletri nell’armadio che piano piano vengono a galla, come quello che
è, forse, uno dei più terribili.
Sono molto contenta anche che
ti piaccia il capitolo sul Natale e spero che sia lo stesso anche per questo
sequel, ciao e un bacione grande! Nyssa
Lord Martiya:
adesso ho le idee più chiare… e dire che storia è la mia materia preferita, ma
non sapevo proprio nulla di questa Dichiarazione di San Pietroburgo, sarà che
in fatto di armi e compagnia sono ignorantissima (non se ne accorgerebbe
nessuno >_>), cmq ti ringrazio molto per la spiegazione, chissà che, ad
un modo o all’altro, non la utilizzi, anche se non saprei come mettere in mano
un fucile ad un mago... ci rifletterò.
Per la suora e il rockettaro…
beh, è questione di punti di vista, l’arte la sia esprime liberamente ^^
Aspetto una tua opinione per
questo nono capito, ciao e a presto! Nyssa
PS: Curioso però che, visto
che la dichiarazione è stata firma a S Pietroburgo, anche la Russia zarista non
abbia partecipato…
Silmarilichigo:
sono felice di sapere che continuerai a seguirla, la cosa mi rende molto fiera
della mia piccola creatura… grazie anche per tutti i complimenti che mi hai
fatto, mi fa piacere sapere che la fic ti piace, come vedi ho aggiornato prima
che ho potuto, spero che anche questo nono capitolo ti piaccia, ciao e un
bacio! A presto, Nyssa
PS: grazie anche per il
commento a Aiutami a Dimenticare, anche io in genere sono per le fic più
lunghe, le cose vengono spiegate meglio, ma ogni tanto mi scappa una shot… come
è stato per quella. Ciao!
Draco passeggiò per la stanzetta dell’attico di Raymond con una mela
verde in bocca, grattandosi distrattamente un orecchio e gettandosi sul letto
di schiena, osservando il soffitto: aveva voglia di farsi una bella partita
agli scacchi dei maghi con Blai
Draco passeggiò per la
stanzetta dell’attico di Raymond con una mela verde
in bocca, grattandosi distrattamente un orecchio e gettandosi sul letto di
schiena, osservando il soffitto: aveva voglia di farsi una bella partita agli
scacchi dei maghi con Blaise; lui e Zabini avevano uno strano modo di giocare che cominciava
con la scommessa su chi dei due avrebbe vinto quella partita e proseguiva
tranquillamente perché erano entrambi consapevoli del fatto che non c’era baro
migliore di loro in tutta Hogwarts, insomma, erano i
maghi dei trucchi, Blaise perché al casinò ci era
praticamente nato e Draco… perché non sia mai che qualcuno si possa vantare di
aver battuto un Malfoy, sia solo ad un banale gioco di carte o di scacchi.
La mezzosangue non sembrava decisamente
il tipo che approvava la loro condotta e non dava neppure l’idea di giocare
spesso agli scacchi dei maghi
-Credevo che ti saresti fiondata in biblioteca appena messo piede giù dal
letto – disse addentando la mela e masticandola mentre scrutava le spalle esili
della ragazza china su una serie di fogli con una matita incastrata tra i
capelli
-Mh… - la risposta era alquanto deludente
-Che cosa fai?
Si avvicinò al tavolino e
sedette di fronte a lei prendendo tra le mani quella che aveva tutta l’aria di
essere una formula per una pozione
-Che è ‘sta roba?
– chiese adocchiando i nomi dei vari ingredienti
-Sono i componenti
della pozione che ci ha colpiti – commentò lei strappandogli la pergamena dalla
mano
-E cosa ne
staresti facendo?
-Sto analizzando –
rispose acida scribacchiando qualcosa – stanotte non riuscivo a dormire e c’era
qualcosa che non quadrava nella pozione che ci ha descritto Silente – lui
addentò di nuovo la mela
-Non potevi
semplicemente svegliarmi? Ti avrei trovato un passatempo – propose con aria
maliziosa e sguardo sufficientemente eloquente circa il “passatempo”; il viso
di lei assunse la colorazione di una pallina di Natale
-Almeno faccio
qualcosa di utile – sbottò appuntano nuovamente a margine del foglio
-E che cos’è che
ti rende così inquieta – domandò esasperato che lei fosse
così ligia al dovere, parola sua, non aveva mai conosciuto qualcuno così
attaccato alla scuola come la Granger
-Ascolta – citò
lei – la piuma di civetta grigia della Norvegia è un ingrediente strano da
trovare nelle pozioni
-Vero e
terribilmente instabile, per questo continuiamo a cambiare età – un nuovo morso
comparve sulla superficie verde e liscia del frutto
-Allora non è vero
che Piton ti regala i voti – aggiunse lei con un
sorrisetto, lui non ne fu contento
-Staresti
insinuando che non sono bravo di Pozioni?
-Mai detto nulla
del genere – si difese
-Però l’hai
pensato!
-Pensare non è
reato. Probabilmente anche tu hai pensato a te e Harry come migliori amici
-Hai voglia di
scherzare? – chiese minaccioso
-Torniamo alla
civetta – era un terreno decisamente meno pericoloso
-Viene usata solo quando l’effetto deve essere immediato
sennò si corre il rischio di compromettere il risultato
-Non ci avevo
pensato – rifletté segnandosi un appunto
-Che altro?
-Ecco, sembra
quasi che siano diversi gli ingredienti anomali nella pozione che ci ha
colpiti, come se ne fossero state mischiate due o più…
-Ovvero?
-Dai
un’occhiata – e gli porse una
pagina con diverse formule
-Sfortunatamente
non ne conosco nessuna – ammise a testa china
Malfoy posò gli occhi sulla
scrittura lineare di lei che aveva tracciato il bilanciamento degli ingredienti
di cui erano a conoscenza: fegato di camaleonte, piuma di civetta grigia,
foglie di pungitopo bianco, artigli di ratto dei prati, scaglie di torpodillo…
La sua associazione mentale
gli portò a formulare due pozioni e, stranamente tutte e due incomplete. No,
doveva esserci un errore perché una delle due era… che fossero arrivati a
tanto?
Impossibile, una delle due
pozioni era mortale!
Alzò le iridi su di lei e la vide mentre aspettava
-Tu le conosci,
vero? – dichiarò come se conoscesse già la risposta
-No – mentì
voltando la tersa e ridandole il foglio, lei sorrise
-Non dire bugie o
ti verranno le gambe più corte di quel che sono – sbuffò
-Granger – incominciò
serio – forse Silente non te l’ha detto per non farti preoccupare, ma la
pozione nel corridoio non stava lì per caso e neppure per un attentato a scuola
– lei parve stupita – era proprio per me
-Per te? – chiese
incerta
-Sì
-Ha a che fare con
qualcosa che non puoi dirmi?
-Esatto – lei
sbuffò
-E questo cosa c’entra? – aggiunse non riuscendo a distinguere
niente di riconoscibile nella sfilza di elementi segnati, gli occhi di lui si
scurirono rendendo la conversazione ancora più pesante
-Avrai capito che
questa gente non vuole certo il mio bene
-Direi che ogni
persona che ti ha conosciuto non ti augura tutto il suo bene – lui le lanciò
un’occhiataccia
-Beh,
difficilmente, comunque riusciresti a riconoscerle – e indicò la prima riga –
questa è una pozione per cambiare età – gli occhi di lei seguirono il dito
infantile che si spostava piano – e questa – aggiunse – è La Roue de Fortune – si godette
quell’attimo di silenzio: sapeva che lei non conosceva quella pozione, quel silenzio
lo testimoniava, eppure era come se capisse che era terribile – sono tutte e
due pozioni proibite – aggiunse
-Cioè queste…
-Sono permesse
solo con apposite firme e documenti del Ministero
-E tu…
-Hogwarts non è l’unico posto dove sono contenuti molti libri
di magia proibita – le fece notare con un ghigno – anche a Malfoy Manor noi…
Si fermò
mentre l’immagine ricorrente delle alte torri avvolte dalle fiamme si
sovrapponeva alla sua visuale, strinse gli occhi e tornò a concentrarsi, doveva
rimanere calmo, non doveva pensarci. Non a Malfoy Manor.
-Che cos’è LaRoue de Fortune?
-È una delle sette
Pozioni Maledette, come le Maledizioni si chiamano Incantesimi Maledetti. Sono
intrugli terribili e mortali creati in un passato antico e trasmessi a lungo a
piccoli gruppi di maghi. Io ne conosco solo quattro
-E gli altri?
-Sono chiusi a
chiave al Ministero, i più non sanno neppure cosa sono – lei arrossì colpevole,
sapendo di essere una di questi ignoranti
-Chi può
conoscerle e usarle? – domandò
-Mangiamorte – rispose chiaro lui – le conoscono e, soprattutto,
non hanno scrupoli a usarle
Annuì, consapevole che aveva
ragione
-Malfoy – disse
poi – che accidenti hai combinato per cacciarti in
questo pasticcio? Che hai fatto perché qualcuno giunga addirittura a volerti
uccidere in questo modo?
Lui ghignò
-Ho barato al
gioco
Un buffetto lo colpì alla
guancia e si sentì stranamente rincuorato da quel gesto familiare.
-Prima di andare
vorrei fare una cosa, però – dichiarò lui prendendo il foglio e raccattando tra
la confusione una penna
-Che cosa? –
domandò la grifoncinasbirciando
Lui stava scrivendo
velocemente sulla carta, prese un altro foglio e ricominciò.
Guardò la scrittura affusolata
con cui le lettere venivano tracciate, una grafia
molto ottocentesca, ricca ed elaborata con lettere dalle proporzioni signorili
e definite, gambette e asole lunghe, ovali perfette.
Piano piano
davanti ai suoi occhi cominciò a delinearsi la formula di una terza pozione
-Che cos’è? –
chiese allungando il collo
-Uno stabilizzante
– rispose lui senza neppure spostare lo sguardo – Piton
una volta ha fatto una lezione su questa roba, solo che stabilizzare la Piuma
di Civetta Grigia della Norvegia è da suicidio
-E allora?
-A Malfoy Manor c’era una formula – un istante di silenzio
mentre lui pronunciava il nome di casa sua e la consueta figura
fiammeggiante compariva sui suoi occhi – non me la ricordo tutta, ma con quello
che ha detto il vecchio Sev dovrei riuscire a far
rimanere la pozione tranquilla per almeno sei ore
-Cioè tu sei
capace di stabilizzarla?
-Pressappoco
-Potevi anche
fartela venire in mente prima – borbottò lei, un poco
invidiosa di quello che lui poteva fare.
Nel frattempo la mano aveva
continuato a segnare numeri e lettere sulla carta, lasciando incantata e
impressionata la ragazza: non solo le sue conoscenze di pozioni andavano ben al
di là della materia di studio, ma sapeva anche risolvere dei problemi complessi
che, di sicuro, molti altri non ne sarebbero stati in
grado. Perfino lei era stupita dalla facilità con cui la mente di lui riusciva
a partorire quella sequenza astrusa di ingredienti; ok,
era avvantaggiato dal fatto che conosceva più o meno la formula, ma anche così
tanti avrebbero avuto dei problemi.
-Che cosa ci
serve? – domandò
-Tutta roba
reperibile a DiagonAlley,
niente di terribile
La penna tracciò l’ultimo
ricciolo del 2 e mise un punto. Un piccolo vezzo che alcuni avevano, anche se,
generalmente, le formule non si interrompevano con quel segnetto.
-Dobbiamo andare a
cercarli? – fu la nuova domanda
-Sarebbe utile, ma
al momento non ci servono, per quel che ci riguarda possiamo cambiare età ogni
cinque minuti
***
-Mi sento
stranamente agitata – ammise lei camminando svelta per Hyde
Park, i capelli tinti di biondo e sollevati sopra la testa, gli occhiali da
sole calcati sugli occhi, al suo fianco, Malfoy versione bambino accelerava il
passo per starle accanto, l’idea di andare a sbirciare in quel luogo, covo di mangiamorte, non gli piaceva, ma quella dannata mezzosangue
riusciva a far diventare curioso perfino lui. Le lanciò un’occhiata furtiva,
anche con quel look non assomigliava molto a sua madre nonostante avesse scelto
la stessa tonalità: se sua madre aveva un corpo sottile e longilineo, alto e
dai tratti leggermente troppo marcati con un grazioso ma sottile naso alla
francese, quello della Granger era bassetto e la vita decisamente tonda, per
non parlare del decolleté che nessuna delle Black poteva fare a meno di
invidiarle, sì, avrebbe fatto un figurone in uno
degli abiti eleganti dei Malfoy, ma certo non con quei capelli… nonostante il
biondo fosse il segno di vanto di ogni Malfoy esistito nel mondo magico, su di
lei stava veramente malissimo, sarà che quel colore si abbinava per lo più a
bellezze eteree e filiformi mentre la mezzosangue poteva impersonare
decisamente una Cerere sorridente nei campi di grano.
L’ingresso della Queen Victoria era identico a come lo ricordava, il marmo
vecchio, le pareti un po’ scure, le scale dai gradini bassi.
Il loro piano di battaglia prevedeva
di passare inosservati come comuni visitatori della biblioteca e, per fare
questo si diressero esitanti verso la sala di consultazione dei romanzi dove,
la volta precedente, avevano fatto il loro sfortunato incontro.
A quell’ora i tavoli erano quasi
tutti sgombri, gli studenti universitari avevano in maggioranza lezione mentre quelli delle scuole inferiori erano ancora in
classe.
Lei abbassò circospetta gli
occhiali e si guardò prudente intorno, notando la figura di un ragazzo seduto
accanto ad una finestra: male, non sarebbero riusciti ad entrare senza farsi
notare e difficilmente avrebbero potuto spacciarsi per impiegati delle pulizie.
Intercettò un’occhiata della
serpe e passarono al piano B, ovvero aspettare che il visitatore si
allontanasse, vana speranza vista la mole di volumi che il tipo in questione aveva posati accanto e dai quali continuava a trascrivere
appunti, evidentemente per qualche ricerca o tesi di laurea.
La neo
bionda Hermione Granger si avviò
verso la sua sezione preferita e scelse a caso tre titoli dallo scaffale
portandoli al tavolo e sedendosi proprio di fronte a quello che credeva essere
il passaggio; dopo essersi dati il cambio, Draco gironzolò per le librerie e
tornando poco dopo con alcuni tomi che si affettò a posare al fianco di quelli
della ragazza. Sedettero vicini scoccando saltuariamente occhiate cariche di
aspettativa verso il ragazzo alla loro sinistra trovandolo sempre al suo posto.
La commessa del banco prestiti
era passata due volte per rimettere a posto qualche libro rientrato da poco e
ogni volta aveva lanciato sguardi carichi di disapprovazione al colore
strampalato dei capelli della giovane donna che stava consultando al banco,
sapeva perfettamente indicare il tipo: la giovane ragazza madre ancora all’università.
Che frequentasse cattive compagnie, ma soprattutto
abitudini, era evidente vista la tonalità inconsueta di biondo e la presenza
del bimbo accanto a lei, che fosse all’università pure, vista con quanta
serietà consultava i suoi libri, poteva quasi immaginarsi la storia della
giovane studentessa appena iscritta al college che ha una relazione con un tipo
affascinante ma corrotto che la pianta prima ancora di scoprire che diventerà
padre. A quel punto la ragazza abbandona gli studi, si dedica al bimbo in
arrivo e riprende non appena il ragazzino è sufficientemente grande. Povera
creatura, dopotutto non era colpa sua se il mondo era pieno di mascalzoni…
Scuotendo la testa la donnetta se n’era andata entrambe le
volte seguita da occhiatacce di Malfoy che, visto che i libri non
riuscivano a interessarlo, si divertiva un po’ con la legilimanzia.
Inutile dire che, se da una parte i pensieri della commessa
gli erano parsi divertenti, dall’altra non agognava ad essere il figlio della
Granger e, tantomeno, non gli piacevano i toni con
cui la commessa descriveva il colore di capelli tipico della sua famiglia.
Lo studente dietro di loro
pensava solo alla sua tesi di botanica e la mezzosangue… al momento i pensieri
erano criptati in maniera quasi indecifrabile, evidentemente
non le piaceva che mezzo mondo fosse a conoscenza dei fatti suoi. Lei voltò una
pagina e continuò senza preoccuparsi di lui.
***
Il bambino controllò
l’orologio che teneva al polso, gli sembrava stranamente inconsueto doversi
tirare su la manica per vedere che ore erano, ma la Granger gli aveva
tassativamente proibito l’orologio da taschino con lo stemma di famiglia inciso
sulla cassa, sbuffò arrabbiato; lei invece aveva quel gesto quasi meccanico di
scostare la camicia o il maglione, seguire le lancette e poi tornare ai fatti
suoi, doveva essere una specie di tic.
La guardò ancora e vide un
sottile filamento dorato girarle intorno al collo e poi scendere oltre il bordo
della camicia, riconosceva la trama fine di quella catenella lunga, sapeva di
che si trattava, era una Giratempo.
Evidentemente stava diventando
di moda portare qualcosa al collo… sapeva che quell’oggetto le era stato
regalato da Silente e dalla McGranitt quando era
entrata al terzo anno per permetterle di seguire più corsi e quello era il
principale motivo per cui la ragazza compariva sempre
all’improvviso da qualche parte durante le lezioni, gli altri prof non ci
facevano caso, ma aveva notato che Potty e Lenticchia
si prendevano dei begli spaventi ed erano molto preoccupati. Dal quarto anno,
nonostante la notizia della Giratempo non fosse stata
divulgata, quale Prefetto gli era stato detto che lei teneva quel ciondolo,
dopotutto era suo… e ogni tanto si era domandato perché, quelle volte che
l’aveva fatto particolarmente arrabbiare, non aveva spifferato tutto alla Umbridge, megera del cavolo!
Nonostante fosse entrato nelle
Squadre di Inquisizione, detestava quella schifosa vecchiaccia più della Cooman e del guardaboschi messi
insieme, mai visto un essere più subdolo, perfino Voldemort,
tra un po’, sembrava scomparire di fronte alla sua perfidia.
L’aveva fatto per sabotarla, mica per altro, anche se Pansy
aveva dovuto metterci il becco ed era saltata fuori tutta quella faccenda
dell’Esercito di Silente a complicare di più la situazione, bel casino… tra
loro che non erano neppure buoni a non farsi pescare e quell’oca della Parkinson che ficcava il naso si era sollevato un
polverone…!
Ultimamente la
Umbridge era sotto accusa per favoreggiamento
ai mangiamorte e, benché non se ne fosse mai accorto,
sembrava proprio il tipo da fare una cosa del genere; comunque pareva che negli
ultimi processi molti avessero fatto il suo nome e così il Ministero aveva
incominciato qualche indagine di cui ancora non si vedeva il fondo.
… era proprio vero che, se si
voleva arrivare da qualche parte, bisognava affidarsi a Silente, sembrava tanto
un vecchietto tranquillo, ma pure lui aveva più agganci di un appendiabiti…
Il braccio appoggiato al
tavolo cominciò improvvisamente a dolergli e bruciargli, sapeva che era il
Marchio Nero: stavano arrivando.
La mezzosangue si accorse
dell’espressione sofferente che gli storceva le labbra e gli lanciò un’occhiata
preoccupata, capendo perfettamente che non gli si era addormentata una gamba.
Guardò attorno
attenta alla ricerca di qualche segno e poi, d’improvviso, avvertì la
presenza di altri maghi.
Si affrettò a far finta di
leggere e controllò che il suo piano fosse perfetto: nessuno avrebbe dovuto
riconoscerla se l’avesse l’incontrata, neppure il padre di Nott
o di Goyle in cui si era imbattuta la volta
precedente, per questo si era conciata in quel modo ridicolo e stava passando
la mattina a leggere un libro che conosceva a memoria.
Malferret, accanto a lei, invece, la stava preoccupando
parecchio: più lei avvertiva quell’aura magica avvicinarsi e più e labbra di
lui si storpiavano, mentre i denti affondavano nel labbro inferire facendogli
quasi uscire il sangue.
-Vai in bagno –
gli disse svelta indicandogli la porta in fondo alla sala con l’insegna che
recitava “Toilette” , lui annuì, grato di
quell’appoggio, ma comunque terrorizzato all’idea di lasciarla da sola: che
sarebbe successo se l’avessero riconosciuta? Per precauzione
decise che sarebbe stato meglio tingersi i capelli di nero, così, se
l’avessero presa per la stessa persona dell’altra volta, poteva sempre addurre
come scusa una recente visita dal parrucchiere per le feste natalizie.
Scivolò giù dal sedile e,
controllando ogni scaffale prima di svoltare, puntò
dritto alla porta con la figura maschile stampigliata sopra, chiudendola poi
alle spalle e appoggiandovisi, sempre tenendo stretto il braccio sinistro.
Ogni volta era peggio e se non
stava attento quelle fiamme sarebbero tornare, non doveva farsi scoprire, c’erano
altre cose che voleva, ma soprattutto DOVEVA fare e una di queste era tornare a
Malfoy Manor, prima o poi.
La cosa giusta da fare, però,
al momento sarebbe stato tornare a Hogwarts, ma
sicuramente la Regina dei Gryffindor l’avrebbe presa
come un’offesa personale una tale affermazione e sarebbe finita in un’altra
lite che lui avrebbe perso. Già perché forse poteva prenderla in giro,
deriderla, a volte umiliarla quando lei teneva la
testa alta e il fuoco bruciava i suoi occhi dorati e il suo cuore, ma non
riusciva a dire nulla quando le lacrime le rigavano le guance, quando si
stringeva il mento alle ginocchia e piangeva singhiozzando senza riuscire a
replicare. Nessuna parola, in quel caso, usciva dalle sue labbra, tranne
qualche sdolcinatezza.
Nonostante tutto e nonostante
se ne vergognasse era l’unica cosa da fare e anche la più giusta.
Che accidenti doveva fare?
Con lei, con se stesso, con
Silente, con l’Ordine, con suo padre, con Malfoy Manor,
con tutto quel casino bestiale che sembrava perseguitarlo?
Un’altra fitta.
Strinse i denti e si guardò
sofferente nello specchio che aveva di fronte. Aprì l’acqua corrente e si bagnò
le mani con il liquido gelato nella speranza di placare quel bruciore, poi
passò la mano bagnata sul serpente nero che correva lungo il braccio e gli
parve che gli occhi rossi che sfoggiava fossero più minacciosi che mai. Brutto,
anzi, bruttissimo segno; non si sarebbe stupito se quel dannato rettile all’improvviso
si fosse messo a sibilare e avesse preso forma per morderlo e avvelenarlo,
quasi si stupiva che il Lord Oscuro non avesse ancora pensato ad una simile
eventualità per i traditori e, era risaputo, tra i mangiamorte
c’erano tanti traditori almeno quanti ne stavano al Ministero.
Doveva fare la cosa giusta?
Qual era la cosa giusta?
In quel momento, senz’altro
proteggere la mezzosangue, testarda com’era sarebbe stata capace di andare a
chiedere l’autografo a qualsiasi mago le fosse capitato davanti.
Aprì di scatto la porta e
corse verso il tavolo attirando l’attenzione della ragazza e dello studente di
botanica che lo guardarono, lui finse di fare un gioco da bambini e arrivati al
banco della sua compagna di scuola, vi si cacciò sotto, in modo che, chiunque
fosse il mago, non lo riconoscesse neppure di striscio.
Si stese sul pavimento e
guardò nello spiraglio che si intravedeva tra le gambe del tavolo, sbirciando dall’altra parte cauto, sapeva che la Granger doveva fingere
di leggere, ma come minimo aveva gli occhi incollati alla figura nera che stava
piano piano venendo a comparire da dietro l’ultimo
scaffale, evidentemente chiunque fosse si era smaterializzato in biblioteca.
***
La figura di un mangiamorte che Hermione non aveva mai visto fece il suo ingresso
nel campo visivo mentre lei sbirciava oltre gli
occhiali da sole.
L’uomo si guardò intornosospettoso,
poi si avvicinò in silenzio al quadro alla parete che ritraeva la Regina Vittoria in
una rappresentazione giovanile, prima di essere incoronata.
Lanciò un’occhiata allo
studente tutto preso dai suoi libri, la spostò sulla ragazza bionda che
consultava dei volumi e, decidendo che entrambi erano inoffensivi, estrasse dal
mantello la bacchetta e fece scorrere il quadro.
Mosse un passo
quando qualcosa di luccicante attirò l’attenzione sul pavimento bianco e
nero: una moneta da un galeone. La prese in mano e rigirò tra le dita, dando
del pazzo a chiunque l’avesse persa, evidentemente c’era qualche mangiamorte tanto idiota da dimenticare oggetti di quel
valore… non che lui ne avesse bisogno, chiaro, ma una
moneta in più…
La mise in tasca e scomparve
nel buio mentre il quadro ritornava al suo posto senza
che, apparentemente, nessuno dei due lettori avesse notato niente.
***
A strada sgombra, Malfoy ricomparve
dal suo nascondiglio e si risedette di fianco alla mezzosangue.
-Piano riuscito –
decretò – non credevo che i babbani potessero
inventare cose talmente intelligenti
L’occhiata ammonitrice della
Granger gli disse che non aveva gradito il suo sarcasmo razzista, le sorrise
ugualmente.
Se il mago aveva pensato che
c’erano mangiamortetanto ricchi
da potersi permettere di perdere un galeone per strada, lui di sicuro stava
riflettendo che c’erano altrettanti mangiamorte
rincretiniti fino a mettersi in tasca una ricetrasmittente.
Lo doveva ammettere, era stata
un’idea della Grifondoro e anche piuttosto brillante.
Avevano comprato in un banale negozio di elettronica una ricetrasmittente
tascabile e con la magia l’avevano rimpicciolita e
assimilata in una moneta d’oro; in verità avrebbero preferito trasformarla
direttamente in oro, ma si sa, per fare questo occorreva la Pietra Filosofale
che Nicolas Flamel aveva distrutto sei anni prima e
che permetteva, oltre di tramutare oggetti in oro, anche di produrre il
cosiddetto Elisir di LungaVita, una pozione che rende
praticamente immortali. Il mago, comunque, non si sarebbe mai accorto di nulla,
anche perché difficilmente un mangiamorte conosceva
il significato e l’uso di un oggetto babbano così
complesso e di certo, se non avesse pensato di essere spiato, non avrebbe mai
capito che nella montagna di monete che si portava dietro c’era anche quella.
Sì, se lui era un asso in Pozioni, la mezzosangue era un’autentica maga in
Trasfigurazione, nessun commento sul fatto che la McGranitt
la amasse tanto, aveva tutte le carte in regola: Grifondoro,
studiosa, appassionata della materia.
-Adesso potremmo
anche andarcene – commentò sottovoce lui, l’altra annuì, prese i libri sottobraccio
e si avviò al banco prestiti per poterseli portare a casa, la loro copertura
sarebbe stata senz’altro più credibile eppoi voleva terminare di leggerne uno.
***
L’attico di Raymond era stranamente silenzioso mentre
entrambi erano seduti sul letto a leggere. Quando avessero avuto voglia, si
sarebbero dedicati all’ascolto delle informazioni riguardanti quei mangiamorte. Draco si disse per l’ennesima volta che era
suo dovere come membro dell’Ordine occuparsi dei ritrovi segreti dei suoi
nemici, ma lo faceva solo per giustificare la follia in cui la Granger lo aveva
precipitato con quella storia del pedinamento dei cattivi.
Silente non avrebbe approvato
molto la sua condotta e senz’altro la vecchia racchia, pardon, la McGranitt, si sarebbe prodigata in un bel discorsetto logorroico sulla pericolosità della cosa.
Sembrava che tutti avrebbero avuto qualcosa da dirgli contro, ma nessuno di
questi aveva mai dovuto tener testa ad una come la
Caposcuola, più che mai lanciata nel suo progetto di salvataggio dell’umanità.
Beati Grifondoro…
Si alzò e andò nella cabina
armadio, sorrise al ricordo di quando aveva consolato
la mezzosangue dopo averla fatta piangere… che razza di bastardo era stato, Blaise aveva ragione, casualmente, a dire che si era
comportato in maniera infantile ed egoistica, non lo negava, ma aveva sentito
un tale distacco da lei, in quel momento, che non era riuscito a tenere a freno
la lingua e rovinarle quel momento, per fargliela pagare di come lo stava
facendo sentire.
Guardò intorno, accanto al
calorifero c’era ancora la coperta in cui si erano rifugiati prima di tornare
dagli altri, gli occhi si spostarono sulle molteplici ante, ne aprì una a caso,
trovandola stipata di biancheria per la casa, la richiuse.
Quella a fianco conteneva le tende, lo sapeva perché era lì
che aveva recuperato la stoffa di velluto con cui le aveva cucito l’abitino per
Natale… i ruoli si erano di nuovo invertiti, adesso
era lui il bimbo e lei quella grande.
Alla terza anta si fermò, la
guardò scettico e poi l’aprì.
-Mezzosangue,
vieni a dare un’occhiata! – la chiamò dall’altra stanza
Hermione, sorpresa, si alzò
dal letto e, senza mettersi neppure le ciabatte, si avviò di là, curiosa di
sapere per cosa avesse interrotto la sua importantissima lettura de “La casa
dei Windjammer”.
-Che vuoi Malferret, ho altro da fare – sbuffò avvicinandosi e
trovandolo stranamente divertito di fronte all’armadio: perché si sentiva come
se stesse per profanare la tomba di Tutankamon?
Lo sportello bianco compì una
rotazione perfetta di 180 gradi senza cigolii, rivelando il colorato contenuto
dello spazio che nascondeva.
Lei strabuzzò gli occhi un
paio di volte, non certa di aver compreso a fondo il quadro che le si era prospettato
-Cioè? – chiese
incredula
Davanti a lei stava quello che
poteva essere la riproduzione perfetta del vestito di una delle ballerine del MoulinRouge, con tanto di gonna
rossa a pizzo nero, corpetto con stecche fatto di sangallo, ventaglio piumati,
scarpe con tacco a spillo e calze a rete.
Scostò una gonna e trovò un
vestito che sarebbe stato considerato osceno perfino da YokoOno, di raso rosa e volant color crema
e celeste in una pessima riproduzione dell’abito di Aurora ne “La Bella Addormentata
nel bosco”; le scappò un sorrisetto e, curiosa, la mano passò a quello
successivo.
-Che bella
collezione, vero? – annuì compiaciuto lui mentre lei
portava alla luce un vestito meringa e una minigonna di pelle
Si intrufolò sotto di quelli
alla ricerca di qualcosa che luccicava e una fotografia vide finalmente la luce. Diede una
gomitata alla ragazza cercando di catturare l’attenzione monopolizzata
dall’oscenità degli abiti per indicarle un gruppetto di persone dai capelli un
po’ ingrigiti con alcuni vestiti, una di queste indossava proprio quello rosso
da ragazza del can-can.
-Ma questo è Raymond! – esclamò incredula mentre
riconosceva il viso del suo professore di babbanologia
-Già, direi – ne
convenne lui memorizzando i tratti dell’uomo traballante sui tacchi rossi
-Non ci credo, il
mio professore vestito da donna!
-Mi sa che questa
è una prova inconfutabile
-E dire che a
scuola sembra sempre così allegro
-Chi l’avrebbe mai
detto, Raymond un travestito! Il mondo è proprio
pieno di gente strana
E tutti e due si misero a
ridere.
Per preservare il segreto
dell’insegnante, riposero tutto e richiusero fingendo di non aver visto niente,
ma praticamente ad ogni passo l’ilarità della cosa li colpiva di più e si
rimettevano a sogghignare al ricordo della collezione di abiti oppure della
fotografia un poco ingiallita.
Un gracidio stridente attirò
la loro attenzione verso il soggiorno e vi tornarono
-Che cos’è che fa
questo rumore? – chiese lui guardandosi intorno e identificando la provenienza
in un registratore di cassette
-Stavo cercando di
captare il segnare della trasmittente – si offese lei sedendosi al tavolo e
cominciando ad armeggiare con le manopole dell’oggetto
-Non mi pare di
comprendere molto – borbottò lui accomodandosi accanto a lei
-Beh, scusa tanto
se io mi metto qui a lavorare e ancora grazie per l’aiuto visto che non sei
neppure capace di regolare il volume di una radio!
Lui la incenerì con lo
sguardo, detestando che gli ricordasse che, del mondo babbano, era completamente ignorante.
-Sono tre anni che
Raymond tenta di spiegartelo, possibile che tu non
abbia ancora compreso? – protestò col fare della maestrinaspazientita
-Beh, dubito che a
questo punto lo starò più a sentire – altri sorrisetti
trattenuti al ricordo della foto
-Avresti dovuto
imparare prima – si difese lei, cercando, per una volta, di non dargliela vinta
Improvvisamente, però, una
voce comparve oltre il muro di suoni indistinti e vari bzzzz
dell’oggetto sul tavolo; smettendo di parlare i due si avvicinarono di più agli
altoparlanti tentando di comprendere qualche frase di senso compiuto
-E’…
bzzzz
troppo pericoloso…- disse una voce che sembrava preoccupata – non possiamo correre il
rischio…
-Dobbbzzzzzz… iamo – rispondeva un altro con più tranquillità
-Ci
serve la Bacczzzzetta – diceva un terzo, più calmo
Hermione guardò Draco per
sapere se conosceva qualcosa a proposito di quella “Bacchetta” perché le pareva
molto strano che si riferissero ad un comune manufatto di Olivander’s,
di quelli ce n’è pieno il mondo…
Gli occhi della serpe,
tuttavia, erano distanti e persi oltre la finestra: doveva sapere di che cosa
si trattava, DOVEVA!
Sentendosi osservato, lui
voltò la testa e la vide mentre lo guardava, sapeva
cosa stava per chiedergli, ma lui non era certo se poteva dirglielo oppure no.
Sarebbe stato meglio di no
anche per lei, e avrebbe fatto bene a capirlo in fretta.
-Devo
incontrare Czzzzzzzzzzzzz
questa sera al Nastro – dichiarò uno dei mangiamorte dall’altra parte – ne discuteremo quando avremo maggiori
informazioni
Ai due studenti di Hogwarts parve quasi di vedere la piccola assemblea che
annuiva a quelle parole, riconoscendovi la linea da seguire.
-Che posto è? –
domandò il serpeverde spostando la sua attenzione su
di lei, leggermente preoccupata
-È una sala da tè
– rispose lei rapidamente tornando a regolare il tunes;
- è un negozio particolare perché se si entra da una parte del muro ci si
ritrova in una sala da tè comune, se, invece, si entra dalla parte di DiagonAlley la sala da tè è per
i maghi
-Strano – disse
lui colpito
-Il passaggio da
una all’altra è permesso solo alle creature magiche, gli umani non hanno
l’autorizzazione a vedere la strada dei maghi
-Saggia
precauzione – lei annuì, lui la guardò un attimo e vide le sopracciglia della
ragazza abbassarsi pericolosamente, dandole quasi un’aria arrabbiata
-Perché adesso fai
quella faccia? Non mi sbaglio se dico che vorresti andare lì…
-No, non ti sbagli
– ammise sgarbata – ma non è un posto che mi piaccia
-Come mai?
Un’occhiata alla Granger gli
disse che non le andava molto di parlarne, che avesse a che fare con qualche triste
ricordo? Strano però che il triste ricordo fosse legato
ad una sala da tè, in genere gli umani li limitano a chiese, cimiteri e
incidenti stradali…
-Non mi piace e
basta – cercò di dissuaderlo
-Ci dovrà pur
essere un motivo – continuò lui che, più lei insisteva e più diventava curioso
e si divertiva
La ragazza fece per aprire la bocca quando, all’improvviso, il corpo di lui si illuminò e,
lentamente, cominciò a diventare grande.
Senza darle il tempo di
parlare, scappò a nascondersi da qualche parte prima che lei iniziasse a
gridare come un ossesso perché era nudo… una volta avrebbe dovuto fare una
prova…
Ogni tanto Hermione si
interrogava su quei loro scambi di età; generalmente capitava che, se uno
cresceva l’altro rimpiccioliva, c’erano delle volte, però, in cui solo uno dei
due era soggetto alla metamorfosi, era accaduto quella mattina che lui l’aveva
baciata: ora stava accadendo lo stesso.
Un pomeriggio si erano messi
seriamente a disquisire sulla questione e lui le aveva spiegato che
l’instabilità della pozione poteva portare ad un annullamento temporaneo e, in
genere, piuttosto limitato, degli effetti. Era proprio così: l’unica volta che
era successo, e che ogni tanto pregava che non fosse mai accaduto, l’effetto
era stato fulmineo, se l’era ritrovato grande giusto il tempo di combinare un
danno per poi tornare bambino a seguito di quelle strane fiamme e incantesimi
che l’avevano avvolto.
C’erano troppe cose che non
capiva, troppi interrogativi a cui lui sapeva dare una
risposta e lei no. Perché?
Perché non poteva dirglielo?
Quelle rare volte di cui ne avevano parlato, lui le aveva fatto intendere, in
parte, che era anche per il suo bene perché, lo sentiva, doveva essere un
pasticcio molto molto grande.
Pasticcio o non pasticcio,
però, lei voleva sapere ugualmente.
E l’avrebbe scoperto! Lei
avrebbe capito!
L’aveva definita determinata?
Molto bene, non sapeva che era
addirittura ostinata su certe cose e questa stava cominciando a prendere la
priorità assoluta.
Parola di Hermione Granger:
non l’avrebbe lasciato partire senza che prima le avesse
raccontato per filo e per segno quello che voleva sapere!
***
Malfoy tornò nella sala e si
sedette sul divano, lei ancora imbronciata.
-Dicevamo? –
chiese smielato
-Dicevamo un corno!
– rispose sgarbata – io non volevo dirti proprio niente e tu invece…
-Stavi per dirmi
perché detesti tanto quel negozio – la fermò lui,
ricordando che lei era lì lì per capitolare quando
era dovuto scappare.
-Veramente non
volevo dirlo – ribatté piccata che lui riuscisse
sempre a sapere ciò che voleva e lei non fosse in grado neppure di terminare il
suo bel discorso-predica sull’uguaglianza.
Già, ma poi di che uguaglianza
parlava? Lui non credeva nella loro uguaglianza perché apparteneva ai
purosangue e lei era una sudicia sangue sporcobabbanofila, come le ripeteva mille volte a scuola, di che
uguaglianza andava parlando?
-Parla – disse lui
assottigliando gli occhi
-Faresti bene a
farti gli affari tuoi – rispose lei acida
-Come mai te la
prendi tanto per un negozio? Non è molto da te…
-Ho dei brutti
ricordi – rispose seria
-E quali sarebbero
-Oh, questo non
aspettarti che te lo dica
-E allora dimmi
perché ce l’hai tanto con quel posto!
-Malfoy – e scandì
lentamente le sillabe del cognome – dovresti davvero imparare a farti gli
affari tuoi una volta nella vita, o meglio, dovresti imparare a NON farti
quelli degli altri visto che poi non vuoi che altri si
facciano i tuoi
-È un concetto di
parità al quale non sono legato – la blandì con un’alzata di spalle, sapendo che
questo l’avrebbe fatta infuriare ancora di più e, dannazione, la Granger
diventava più carina quando era arrabbiata.
No!
Ma che stava dicendo?! Stava impazzendo, ok.
Beh, però in parte era vero…
le pagliuzze dorate che aveva negli occhi brillavano pericolosamente, come ad
avvertirlo del pericolo, ma lui se ne sentiva quasi affascinato.
-Non te lo dirò –
sillabò
-Sul serio? – in
verità, più che spaventato dalla collera che scorgeva oltre le ciglia folte e
scure che si abbassavano periodicamente, era divertito
-Sì
-Davvero? – ma che
cos’era, uno di quegli orrendi giochetti che si fanno quando
si è bambini? “Me lo prometti? Sì. Sicuro? Sicuro. Sicuro sicuro?
Sicuro sicurosicuro…” e via dicendo.
-Malferret, non cominciare a rompere, ho detto che non te lo
voglio dire
-Ma io voglio
saperlo
-Beh, vedi di
voler sapere qualcos’altro, la mia vita privata è affarmio
-Ma come siamo
permalosi…
-Io non sono
permalosa – precisò
-Quindi se io
invece volessi indagare su… diciamo i rapporti interpersonali tra uomini e
donne tu saresti favorevole – chiese come se fosse una deduzione logica dalle
parole appena pronunciate
-Sei uno stupido
ficcanaso! – sbraitò, lui rise – e dovresti smetterla di dire certe idiozie e
di voler sempre farti gli affari degli altri!
-I tuoi insulti mi
affascinano, tesoro – disse con malizia – ma penso di
non essere io quello che deve farsi gli affari propri. Vorrei giusto farti il
nome di una certa persona che è una settimana che corre dietro alle sottane dei
mangiamorte di tutta Londra…
-Mi sto arrabbiando
– puntualizzò lei, scocciata che lui la facesse
sembrare così cocciuta su quella faccenda che avevano risolto e non era neppure
troppo sicura di essere lei quella che ci guadagnava
-Avanti,
arrabbiati.
-Cos’è, oggi hai
voglia di litigare?
-Chi? Io? Nooooo… piuttosto una certa Grifondoro
saccente che oggi ha proprio la luna girata all’incontrario come il caro
professor Lupin…
-Lascia Lupinfuori dalla questione –
sbraitò, per niente contenta del “saccente” che si era vista appioppare
-Forse faresti
meglio a fargli gli auguri, visto che si sposa
-Cosa c’entra? E
comunque come lo sai?
-Te lo dico se mi
spieghi perché ce l’hai tanto con quel posto da babbani
Hermione incrociò le braccia e
mise il broncio, sedendosi a metà del divano dove lui stava disteso, occupandolo,
finalmente dopo tanto tempo, per intero.
Gli occhi prima fissi di
fronte si spostarono sull’espressione rilassata di Malfoy che aspettava e
gongolava sapendo che lei glielo avrebbe detto.
Maledetta serpe infida… lui e
i suoi trucchetti, sapeva sempre come prenderla in
contropiede, era una cosa frustrante da morire!
-Nel mondo babbano – cominciò senza spostare gli occhi – quel negozio
non si chiama “Il Nastro”
-Ah sì? – indagò
lui fintamente sorpreso, cercando di capire come mai lei gli
stesse parlando del nome
-Sì. Nel mondo babbano quel maledetto posto si chiama “La casa degli
innamorati”
Gli occhi ambrati volarono via mentre la faccia si tingeva completamente di rosso;
Draco rise, davvero sorpreso, davvero divertito. I rossori della Granger erano
qualcosa di impagabile!
***
Spazio autrice:
ecco finalmente la fine di un altro capitolo, ormai stiamo entrando nel vivo
della vicenda… sapete, a leggere quello che scrivo di questa fic ogni tanto mi blocco a pensare dicendomi che è strano
che io mi trovi già praticamente al centro della vicenda senza che siano ancora
passati almeno una quindicina di capitoli, ma effettivamente la storia che sto
scrivendo, mi dico, è molto diversa dalla precedente e anche impostava in
maniera differente, dopotutto, perfino il plot iniziale che avevo progettato
era più corto, infatti, come ho detto ogni tanto, non prevedevo di creare più
di una ventina di capitoli; spero di riuscire a rimanere nell’ambito del
progetto e di iniziare quello nuovo che ho in mente (… ho sempre qualche idea
di troppo che mi ronza per la testa…).
Spero che anche il nuovo
capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio tantissimo per le meravigliose
recensioni che mi avete lasciato, Grazie a tutti!!!
Un bacio,
Nyssa
falalula: sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, anche
per me Draco versione bambino è molto tenero, ma penso che sia anche una peste
senza uguali! O almeno lo sarebbe se assomigliasse al modello a cui mi sono ispirata…
L’idea dell’oroscopo mi è
capitata così… sono felice che ti sia piaciuta…
Aspetto di sapere che cosa mi
dici del nuovo aggiornamento, ciao e un bacio! Nyssa
Shavanna:
in realtà Draco insultava soltanto Harry in serpentese,
non faceva incantesimi, l’incantesimo… è comparso dal nulla! Beh, non proprio, so
che sembra un po’ confusionario, ma sottolineo il fatto che Malfoy non ha detto
una parola per evocare quelle fiamme… ok, credo di
stare mandando nel panico qualcuno…
Effettivamente Draco è stato
proprio cattivo, ma una scenata di gelosia mi ci piaceva troppo in quella scena
e non ho resistito. Che la richiesta sia assurda è
chiaro, ma come direbbe lui, è un Malfoy e i Malfoy fanno quello che vogliono,
anche se Hermione ha già messo un bel po’ di paletti al verbo dovere…
Spero ti piaccia anche il
nuovo aggiornamento, aspetto di sapere la tua opinione, sono molto curiosa, ciao e un bacione! Nyssa
Killkenny:
ciao e, innanzi tutto, ben ritrovato! Mi fa piacere vedere la tua recensione
anche a questa fic e, ovviamente, mi fa altrettanto
piacere sapere che ti piace!
Direi che sono d’accordo con
la tua affermazione, Draco si sta prendendo parecchio della piccola
mezzosangue, ma ovviamente è sempre troppo orgoglioso per ammetterlo… beh,
arriveranno i tempi maturi anche per lui^^
Grazie mille anche per il voto
altissimo che assegni sempre alle mie storie, non credo di meritarlo, ma mi fa
molto felice ^_^
Spero che ti piaccia anche
questo nuovo capitolo, ciao! Nyssa
potterina_88_:
effettivamente ho preso qualche spunto dalle parole della zia Row e Silente ha parecchi scheletri che non aspettano altro
di vedere la luce, posso però solo dire che NON E’ GAY! Da quando la mia cara
autrice l’ha detto ho avuto uno shock dal quale non mi sono ancora ripresa,
quindi dubito che riuscirei a infarcire la mia fic di
una simile notizia che mi fa tremare le mani, anche perché, se non si fosse
notato, sono una grande fan della coppia Albus/Minerva
^^’
Sono perfettamente d’accordo
con quanto hai detto, è stato maleducato e terribilmente possessivo, ma ha a
che fare con qualcosa più grande di lui che non riesce a gestire e con cui non
ha mai fatto i conti, quindi è normale che le sue reazioni siano esagerate…
dopotutto, voglio bene anche al Draco brutale di questo capitolo che assomiglia
tantissimo al Draco versione primo anno della Row.
Se avrò la possibilità farò
qualche approfondimento su Neville e Daph, ma la
coppia fondamenta della fic, a differenza dell’altra
dove tutti c’entravano nella vicenda, è quella di Draco ed Herm,
quindi non so, dipende da quanto mi occupa.
Spero ti piaccia anche il mio
decimo capitolo, aspetto curiosa di sapere la tua opinione, ciao e un bacio! Nyssa
luana1985:
sì sì, succederà, ma non in questo cappy… ci vorrà ancora un poco di pazienza, bisogna che le
mele siano mature.
Sono felicissima che la mia trasposizione
dei sentimenti e delle sensazioni sia interessante, non vorrei mai esagerare e
trasformare i miei personaggi nei tormentati pazienti di un Freud
stralunato…
Spero che ti piaccia anche
questo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacione!
Nyssa
lauwren: sono felice che la storia ti appassioni, la cosa mi
rende orgogliosa della mia piccola creatura ancora in fasce *_* (tranquilla,
non sto ancora delirando, sono solo un po’ sclerata,
ma quello succede spesso XP).
Sono anche molto felice che
l’analisi dei sentimenti dei miei personaggi sia accurata e ti piaccia, come ho
già detto, non voglio correre troppo il rischio di trasformare la storia in una analisi psicologica di questi poveracci che dovrebbero,
invece, pensare a risolvere le loro grande.
Bene, spero ti piaccia anche
questo capitolo dieci, ciao e un bacione! Nyssa
Lord Martiya:sono curiosa di sapere quale altra cattedra
assegneresti alla cara vecchia Sinistra (a me sta simpatica questa prof, ad un
modo o all’altro la infilo sempre come comparsa nelle storie).
Sto seriamente prendendo in
considerazione l’idea di infilarci qualche personaggio babbano,
ma devo ancora analizzare la cosa e vedere dove starebbe bene, cmq grazie per tutte le informazioni che mi hai dato,
torneranno sempre utili…
Aspetto di conoscere la tua
opinione su questo capitolo, ciao e a presto! Nyssa
herm83:
non sei la sola, io l’avrei preso a sberle, ma se uno si scusa in quel modo…
beh, penso che lo perdonerei (se fosse sincero).
È vero, Draco si è comportato malissimo,
ma stavo seriamente cominciando a pensare che stesse diventando fin troppo
bravo in questa storia, così una scenata non ci stava malaccio…
Eppoi, a me piace anche questo
Draco… anche se è stato veramente bastardo!
Spero ti piaccia anche questo
aggiornamento, ciao e un bacione! Nyssa
giuliastarr: mi fa piacere di non deluderti e spero che non lo
faccia neppure questo nuovo aggiornamento! Aspetto di conoscere la tua
opinione, ciao e a presto! Nyssa
Rise davvero, di gusto, davanti alle guance un po’ paffute della
Caposcuola che si coloravano appena mentre la gradazione aumentava di
intensità ad ogni istante che il suo riso si perdeva per la stanza
Rise davvero, di gusto,
davanti alle guance un po’ paffute della Caposcuola che si coloravano
appena mentre la gradazione aumentava di intensità ad ogni istante che
il suo riso si perdeva per la stanza.
-Vorresti farmi credere che
è solo per questo?
-Sei seccante –
incominciò lei alzandosi in piedi
Il riso aperto si
trasformò in un sorriso più dolce e, mentre lei si alzava,
allungò un braccio prendendola per un polso e tirandola sul divano con
lui, facendole perdere l’equilibrio.
Quando Hermione ritrovò
la consapevolezza di dove si trovava e il mondo smise di turbinarle attorno, le
braccia della serpe erano già saldamente incrociate intorno alle sue
spalle e la testa appoggiata ai suoi capelli.
Panico totale! Stava urlando
il suo cervello messo in difficoltà dalla ridda di sensazioni, pensieri
e sentimenti che chiedevano urgentemente attenzione, ma per i quali, al
momento, non c’era né tempo né posto.
-Ch-ch-che staresti facendo?
– balbettò allarmata, non certa di poter gestire quella situazione
-Beh, mi sembra ovvio –
rispose lui – facciamo un po’ di pratica…
-Pratiche per cosa? –
c’era quasi una nota di panico nella voce, lui sospirò, come se si
trattasse di un bambino un po’ tardo di comprendonio
-In una casa dove vanno gli
innamorati, se ti presenti rigida come un manico di scopa credo che qualunque
essere umano, oltre che qualunque mangiamorte, ti scoprirà, non credi? E
sono stato anche gentile…
-Che gentilezza… - disse lei,
cercando di recuperare un briciolo di autocontrollo e di non accoccolarsi di
più a quel tepore che percepiva sulla schiena
-Andiamo Granger, rilassati! Se non
fossi una Gryffindor penserei quasi che tu sia frigida…
-Frigida? – domandò
– che significa? – gli occhi di lui si sollevarono, poi
tornò a guardare lei con l’espressione infantile ed inesperta sul
volto di una ventenne
-Te lo assicuro. Ci sarebbe da
piangere, ma in questo momento mi viene solo da ridere.
-Ti ho fatto una domanda
Lui ghignò mentre una
mano sollevò appena l’orlo del maglione scuro che indossava e
s’insinuò lungo la schiena, accarezzandola appena sulla pelle
scoperta e provocandole un piccolo brivido che la fece tremare tra le sue
braccia.
Il ghigno si trasformò
in un sorriso che ricordava un poco compiaciuto che ricordava di avergli visto
la stessa mattina che l’aveva baciata, il che non prometteva niente di
buono.
Beh, per modo di dire,
certo… dipende dai punti di vista…
-Direi che, nonostante tutto,
frigida non lo sei…
-Ma che significa?
-Sei proprio una
santarellina… - e lo disse con fare quasi paterno, un poco orgoglioso
della cosa.
-Cosa vuol dire frigida?! Adesso
spiegamelo!
Le sopracciglia bionde si
sollevarono a quella piccola presa di posizione decisamente inadeguata rispetto
alla situazione in cui lei si trovava.
La ragazza tentò di
puntellarsi sulle mani e di guardarlo in faccia, per niente contenta che lui
avesse tutto quel controllo sul suo corpo. Beh, il coraggio non le mancava,
questo sì… chissà cosa sarebbe successo se quel coraggio si
fosse trovato sotto uno strato di lenzuola…
No!
Di nuovo pensieri inadatti…
doveva smetterla, starle assolutamente lontano e non pensare minimamente a lei.
Per il suo bene.
Già, ma SUO di chi? Di
lui o di lei?
Difficile però
riuscire a mettere in pratica un tale proponimento quando il soggetto se ne sta
rannicchiato tra le tue braccia, guardandoti con gli occhi di un cocker e
aspettando di sapere che cosa significa “frigido”…
-Hai presente la Cooman? –
lei annuì – ecco, credo proprio che lei lo sia…
-Intendi dire che è un
sinonimo di pazzo o invasato?
Lui si passò una mano
tra i capelli, indeciso se scoppiare in un’altra risata o scuoterla
violentemente.
-Direi di no
-E allora che c’entra?
-Prendi la Cooman – fatto
– bene, se tu le…
Tutto quello che sentì
dopo quelle poche e innocue parole le fece cambiare colore del volto almeno una
dozzina di volte attraversando il rosso, il fucsia, il carminio e addirittura
il bordeaux.
Non era poi così tanto
sicura che fosse stata una bella mossa chiedergli spiegazioni… e adesso
capiva perché lui la chiamava “santarellina” e diceva che
c’era da piangere, evidentemente era qualcosa che sapevano tutti, peccato
però che con il ristretto range di esperienze che si ritrovava era
difficile avere conoscenze sufficienti. Al Grifondoro, poi, la gente non diceva
certe cose a voce alta e non erano certo così volgari come quelle serpi,
quando parlavano! Harry ci stava sempre attento e anche gli altri, per questo
non si sentivano molti di questi termini, il più delle volte, anzi, ci
si girava intorno; anche se dubitava fortemente che i discendenti del nobile
Godric avrebbero discusso di un argomento così…
-Credo proprio che bisognerà
cominciare dalle aste – disse lui scuotendo il capo e, con esso, i
capelli biondi che ondeggiarono appena
-Non andiamo certo là per
divertirci – borbottò lei
-Puoi sempre dire che ti fa troppo
schifo e rimanertene qui sonnecchiare
Prospettiva vagamente
allettante.
Peccato che la
possibilità di scoprire qualcosa di utile all’Ordine sommata ad
una situazione che prevedesse un minimo di gentilezza della serpe nei suoi confronti,
oltre che, decisamente, le mani dove non sarebbero dovute stare, fosse un
binomio al quale non si poteva dire di no.
E lei non voleva dire di no.
-I mangiamorte sono più
importanti
-…oppure dire che non
aspettavi altro che trovare una scusa del genere. – terminò
lui la frase di prima - Sei perfino disposta a mettere da parte il suo orgoglio
Gryffindor per quella setta di imbecilli? La cosa è preoccupante…
perfino permettere ad uno come me di farti… questo
La mano destra del ragazzo
percorse con esasperante lentezza la pelle dietro la gamba, fermandosi appena
dietro il ginocchio per poi continuare. La sentì rabbrividire di nuovo e
vide i denti affondati nel labbro per trattenere qualcosa che sospettava essere
un gemito.
Le piccole
soddisfazioni…
-Granger – disse vivamente
colpito – mi stupisce davvero che tu sia rimasta vergine tutto questo
tempo…
Decidendo che in quella
conversazione c’erano motivi sufficienti per offendersi, lei si rimise a
sedere, aggiustandosi il maglione e i capelli scompigliati. Non le andava che
Malfoy le dicesse certe cose, c’erano dei motivi se era rimasta tale e
c’erano altrettanti motivi per cui la gente si ostinava a non guardarla
come una donna, ma non le importava, non molto, almeno.
-Ti sei offesa? – le chiese
puntellandosi sui gomiti e guardandola mentre rimetteva le forcine a posto e
faceva per alzarsi. Si sentì un po’ solo mentre i gesti della
Caposcuola indicavano che se ne sarebbe andata presto. Perché? Quella
dannata cosa che lo rodeva all’altezza del petto non gli dava tregua e in
quel momento si sentiva di nuovo colpevole… certo, non era stato molto
delicato a dire una cosa del genere, ma loro erano sempre brutalmente sinceri,
perché non esserlo più?
Quando lei mosse la mano, il
braccio scattò automaticamente in avanti, trascinandola di nuovo sul
sofà con lui, stringendola a sé come una bambola e baciandole
piano i capelli.
Hermione ne rimase stupita e
cercò di sollevare la testa che lui le teneva senza troppa convinzione
-Non te ne andare –
mormorò tra i denti, sapendo che quella non era certo una cosa che
avesse chiesto spesso.
Gli occhi di lei brillarono
di una luce nuova e le pagliuzze dorate scintillarono di dolcezza mentre
ascoltava quelle sillabe forse mai pronunciate da uno come il Principe delle
Serpi, conscia di quanto doveva essergli costato quel gesto.
Chinò di nuovo la
testa e rimase lì, ascoltando appena il battito del cuore oltre la
camicia aperta che lui indossava: aveva di nuovo diciotto anni… se lo
avesse baciato non avrebbe fatto altro che rispettare la promessa, giusto?
C’era qualcosa di
strano nello stare con Malfoy, qualcosa che non aveva provato in compagnia di
nessun altro.
A cominciare dal fatto che
c’erano dei momenti che, a dispetto delle parole velenose, lui sembrava
davvero considerarla una ragazza. E ce n’erano altri in cui le faceva
addirittura sperare di essere una persona un po’ speciale.
Una speranza vana, lo sapeva,
che l’avrebbe fatta soffrire, ma che la aiutava un po’ in quelle
giornate.
Era la fiducia quella che
teneva in piedi il loro traballante rapporto. Nonostante lui non le avesse mai
raccontato tutta la storia che lei voleva sapere, riusciva ad avere ancora
fiducia in lui, a cominciare dal fatto che non aveva creduto mai, neppure per
un istante che fosse un mangiamorte.
E qualcosa di analogo doveva
fare anche lui, misto ad un vago senso di protezione. Sembrava sempre
eternamente combattuto se considerarla una tartaruga dalla corazza rigida che
nessuno sarebbe riuscito a scalfire, oppure un timido animaletto indifeso. A
volte andava fiero di essere l’unico che riusciva a scostare quella
copertura dura e anche di vedere quel piccolo topolino timido che si scorgeva
sotto, ma non sapeva mai quale delle due considerare Hermione Granger.
Hermione Granger era tutte e
due e a volte si domandava come avesse fatto lui ad accorgersi che oltre questa
sua facciata da ragazza forte che ostentava, il topolino spaventato era quanto
di più simile ci fosse al suo stato d’animo.
Ma lo faceva per dimostrare
al mondo quanto valeva, perché sapeva di valere molto e lo avrebbe
mostrato a tutti. Nonostante questo, però, quel senso di inadeguatezza,
di trovarsi nel posto sbagliato, la perseguitava comunque.
Era una persona piena di
contraddizioni che non sapeva essere sempre forte, che non riusciva a credere
fino in fondo in quel che era.
Nessuno aveva mai visto
questa sua parte di lei, anche se, con ogni probabilità, Harry ne
sospettava l’esistenza.
Draco Malfoy, però,
c’era riuscito e questo faceva di lui una persona magnifica e pericolosa
allo stesso tempo.
Magnifica perché aveva
dimostrato di essere capace a guardare oltre. Pericolosa perché, con
tutto quello che sapeva, poteva farle molto male.
Gli aveva permesso di vedere
più di quanto avesse dovuto, mentre lui gli aveva mostrato una minima
parte della sua anima, di se stesso, ciò rendeva il loro rapporto un
po’ sbilanciato.
Eppure si sentiva protetta
tra quelle braccia.
Non avvertiva quella costante
sensazione di pericolo che sentiva quando qualcosa dell’altra se stessa,
debole, impaurita, appariva appena oltre la scorza dura di fronte agli altri.
Lui sapeva che in fondo era fragile, ma era l’unico che riuscisse a farla
sentire così. E non si riferiva solo alla paura che i suoi segreti
fossero traditi, ma anche alla sensazione di pace e tranquillità che
quei piccoli e semplici abbracci riuscivano a trasmetterle.
Come era possibile che
proprio uno come Draco Malfoy riuscisse a fare tanto?
Dubbi e domande si
affollavano senza risposte, o meglio, suggerendo un’unica opinione alla
quale lei non voleva assolutamente pensare perché l’avrebbe resa
ancora più vulnerabile e ancora più indifesa.
Draco spostò appena la
testa e guardò quella di lei, appoggiata con noncuranza sulla camicia,
un orecchio accostato al cuore, gli occhi che non potevano scorgere i suoi.
C’era qualcosa di
strano nella Granger.
Sapeva che lei, se avesse
voluto, ma voluto davvero, avrebbe potuto vedergli l’anima, nera e
peccatrice, e sapeva che avrebbe anche potuto strappargliela.
Analogamente sapeva che
c’era dell’altro oltre l’apparenza della cara Granger, un
animo tormentato con un profondo senso di inadeguatezza. Glielo leggeva ogni
tanto, lo scorgeva nei suoi gesti, nel modo di impugnare la bacchetta, di
recitare gli incantesimi, di guardare il mondo: perfetto e ineccepibile. E
sapeva di essere in parte responsabile di questo suo malessere interiore del
quale non sarebbe riuscita a liberarsi facilmente.
Avrebbe potuto farla soffrire
e piangere tantissimo con tutto quello che incautamente lei gli aveva rivelato
si sé, ma era come se avesse la speranza e la fiducia che non
l’avrebbe fatto.
E lui non l’avrebbe
fatto, né in quel momento né mai.
Quando rimaneva solo con lei
provava delle piccole conquiste anche solo standole accanto o stringendola tra
le braccia, come in quel momento.
Erano lì da
quanto… chissà… però stavano bene e non se ne
preoccupavano, non più di tanto. Lei era preoccupata solo quando lui
faceva il cafone e un po’ aveva anche la sua dose di ragioni. Non gli era
mai capitato di rimanersene così tranquillo in quel modo, con una
ragazza tra le braccia, senza spogliarla e stenderla su un letto, possederla
selvaggiamente e accorgersi che non era cambiato niente, che nessuna riusciva a
comprenderlo.
Era controverso il rapporto
che aveva con l’altro sesso, lui fino a quel momento aveva voluto ragazze
speciali senza, tuttavia, riuscire a trovarle e, forse, neppure a cercarle; non
si era impegnato molto, badando più all’apparenza che ad altro.
Analogamente, nessuna si era
preoccupata di guardare oltre quell’armatura di ghiaccio che lo
ricopriva, a loro stava bene così. La Granger, invece, lo guardava
sempre scettica quando quel cimelio freddo vedeva la luce, rendendolo il solito
altezzoso serpeverde che conosceva da sette anni. Ma c’erano dei momenti
in cui riusciva ad accorgersi di qualcosa che si nascondeva oltre.
Forse le avrebbe detto cosa,
forse… e non si riferiva a quel segreto terribile. Ma non era ancora il
momento.
In quel preciso istante
poteva solo dire che stava traendo più soddisfazione da quel momento di
pace che da tutte le ragazze che si era sbattuto in tanti anni. Non c’era
uno solo dei suoi orgasmi che valesse il corpo caldo della mezzosangue
rilassato contro il suo.
Doveva avergli somministrato
qualche pozione, qualche filtro che lo rendeva folle come i suoi pensieri in
quel momento, che lo portava a compiere pazzie, come era successo quella
mattina che l’aveva svegliata e baciata, come era analogamente accaduto
quando si era scusato con lei, quando le aveva raccontato di essere stato nei
mangiamorte, quando le aveva mostrato il Marchio.
Per quanto lo riguardava, era
un gesto non da poco.
E lei come l’aveva
considerato?
Dubitava che gli avesse dato
lo stesso peso che gli attribuiva lui, molto difficile, ma in fondo a quel
cuore ferito e sanguinante, sperava che lei comprendesse che non era la sola
che gli aveva fatto vedere più di quanto avesse voluto, ma soprattutto,
DOVUTO.
* * *
Erano le nove di sera.
Un affascinante ragazzo dai
capelli neri e gli occhi azzurri era seduto ad un tavolino della rinomata sala
da tè “La casa degli innamorati” insieme ad una affascinante
ragazza dai capelli rossi che sorseggiava il suo tè al bergamotto.
Tutti quelli che passavano
lanciavano loro un’occhiata e poi sparivano dietro ai separé, nei
divanetti rosa polvere e verde menta che arredavano con gusto la parte babbana
del negozio.
Hermione si guardò
attorno preoccupata, quel pomeriggio aveva quasi rischiato di farsi scoprire.
Già perché mentre era andata a Diagon Alley a recuperare gli
ingredienti per la pozione stabilizzante, aveva cominciato a cambiare
improvvisamente età e c’era voluta tutta a rientrate appena in
tempo prima che la luce che contraddistingueva quegli sbalzi cronologici
cominciasse a brillare e la spacciasse per una lampadina umana.
Casualmente era tutta colpa
di Draco Malfoy che, senz’ombra di dubbio, mentre lei si faceva del male
a correre nel vano tentativo di sfuggire alle occhiate che qualcuno le avrebbe
lanciato se l’avessero scoperta, lui stava in panciolle a casuccia,
aspettandola… senza far niente.
Doveva ringraziarlo,
però, per aver preparato quella pozione, in quel momento erano entrambi
di nuovo alla loro età anagrafica normale e stavano cercando di passare
inosservati nel locale.
Un’operazione
difficile, senz’altro.
-Se ti ostini a fare il ghiacciolo
al quel modo penseranno che stiamo dando una festa di divorzio, non che abbiamo
un appuntamento romantico – fece notare lui mentre lei raddrizzava rigida
la schiena
-Non intendo dare pubbliche
dimostrazioni del nostro affetto
-Sono d’accordo –
annuì lui – rischierebbero di rimanere colpiti da uno dei
piatti che lanceresti, visto il NOSTRO reciproco affetto
Se stava cercando di farle
notare che tra loro non c’era niente, ebbene, aveva ragione, ma non era
certo il momento di dirlo.
E le faceva male.
-Stai di nuovo cercando di
litigare? – s’informò usando un tono che, difficilmente,
qualunque altra delle ragazze presenti avrebbe utilizzato
-Io non ho mai cercato di
litigare – puntualizzò
-E immagino che questo pomeriggio,
quando volevi sapere che razza di posto fosse questo, il tuo intento non fosse
farmi perdere completamente la pazienza…
-In effetti no, volevo solo sapere
– la blandì mellifluo – ma dato che poi è finito
tutto per il meglio, perché rinvangare il passato? – era chiaro
come il sole che si stava riferendo a ciò che era successo dopo,
ovvero il piacevole intermezzo sul divano
-Oh, dunque non stavi cercando di
litigare? Dunque mi stavo immaginando tutto? Dunque sto diventando pazza?
-Sei vuoi metterla
così… - rispose con finta noncuranza guardando il suo bicchiere
colmo di pregiato champagne e succo d’arancia sapientemente miscelati;
finalmente, dopo tanto aspettare, poteva di nuovo bere un alcolico… gli
era mancato quel senso di calore che infonde il liquore, lo spumante,
l’alcool in generale, aiutava un po’ a riscaldare quel cuore freddo
che diceva di non avere.
-Sì, e ricordo perfettamente
come mi hai chiesto scusa…
-Se stai cercando di incastrarmi
per chiederti di nuovo scusa, sappi che non lo farò una seconda
volta.
-Oggi però ti sei comportato
veramente da idiota – un sorrisetto si allargò sulle labbra
aristocratiche di lui
-Già… e rammento
nitidamente come ti dispiaceva quello che c’è stato al posto delle
scuse…
Gioco sporco,
d’accordo, ma non ci si poteva aspettare altro da un Sepeverde doc come
era lui, un Malfoy non batte mai in ritirata.
-Che cosa staresti insinuando?
– dichiarò senza mezzi termini guardando in cagnesco sia il
bicchiere contenente il liquido arancione guarnito con raffinatezza che il suo
proprietario
-Che non ti dispiaceva – fu
la candida risposta mentre il vetro sottile si avvicinava alle labbra
Lei si affrettò ad
arrossire e a distogliere lo sguardo.
-E a tal proposito… -
continuò il biondo – avrei anche una mezza idea di riscuotere quel
qualcosa che mi devi…
-Neppure per sogno! –
protestò lei
-Sei ingiusta, io ti ho portato in
biblioteca, adesso tocca a te
-Non faccio una cosa
“così intima” di fronte a tutta questa gente…
La “tutta questa
gente” in questione era limitata ad alcuni camerieri in divisa rossa che
passavano veloci tra tavoli a ritirare tazze e bicchieri e non sembravano minimamente
scandalizzati dai comportamenti sdolcinati di alcuni avventori. Gli altri
clienti, poi, stavano dando sfoggio di un trasporto che senz’altro non
aveva nulla a che fare con ciò che stava chiedendo alla Caposcuola,
sarebbe potuta scendere un’astronave aliena che quelli non avrebbero
fatto una piega, troppo impegnati a coccolarsi sui divanetti come se il mondo
fosse fatto solo di zucchero… e di sicuro non si sarebbero curati molto
di altri ragazzi che si abbracciavano e baciavano su un divano.
Già perché
più di un bacio alla Granger non poteva chiedere.
-Tu l’avevi promesso –
le ricordò sadico il ragazzo – vuoi forse rompere la promessa?
Perché in qual caso comminerò una penitenza adeguata, visto che mi
hai fatto rimanere in biblioteca due ore ad annoiarmi…
Lei deglutì, quasi
spaventata dalla prospettiva: e se le avesse chiesto di non far più fare
ronde notturne agli Slytherin? Non poteva permetterselo… o magari delle
scuse pubbliche…
-Non è il momento adatto
– ribatté fiera, anche se, sotto la tovaglia, le tremavano le mani
-Preferisci forse rimandare la cosa
in una camera da letto? – lei scosse velocemente la testa senza riuscire
a dire una parola
Se davvero la scena si fosse
spostata a casa di Raymond le conseguenze avrebbero rasentato l’assurdo,
molto meglio eliminare il problema, peccato che il suo coraggio, al momento,
fosse andato a fare una passeggiata.
Lui ticchettò con le
dita sul tavolo aspettando che dicesse qualcosa, un tic al sopracciglio diceva
che era chiaramente esasperato e una serie di domande esistenziali (sulla vita
degli altri) gli stavano ronzando nel cervello.
-D’accordo, rimandiamo
– concesse, lei parve sollevata – ma paghi pegno!
-Cosa?! Non pensarci neppure!
Bastò tuttavia una
semplice occhiata del Principe delle Serpi per dirle che non l’avrebbe
spuntata facilmente anche su quella questione… perché accidenti
tutti i Malfoy vogliono avere sempre ragione?
-Cosa vuoi in cambio? –
chiese sapendo già che non doveva aspettarsi niente da fare a cuor
leggere
-Voglio sapere perché ce
l’hai tanto con questo locale…
Lei sollevò le
sopracciglia, sbuffò sonoramente e pronunciò un
“d’accordo” che non aveva niente a che fare con il suo
significato.
Draco si sistemò e
sorseggiò un altro goccio del cocktail assaporando il gusto delicato
della bevanda
-Come ti sarai accorto questo posto
non ha niente a che fare con un Love Hotel o altre porcherie del genere…
- la serpe annuì – è però il ritrovo di tutte le
coppiette che vogliono farsi gli affari loro per un pomeriggio o una sera
-Assomiglia al negozio di Madama
Piediburro – intercalò lui
-È così da una vita,
quando sono nata io lo era già
-È così vecchio?
-Abbastanza. Comunque quando andavo
ancora alla scuola babbana c’era l’usanza che quando ti trovavi un
fidanzatino poi lo portavi qui e si passava il pomeriggio a baciarsi e
coccolarsi
-E tu non avevi nessuno
-Cosa vuoi che ci venisse a fare
una come me in un posto del genere – rispose sarcastica; lui dovete
ricordarsi mentalmente che la Granger aveva dato il suo primo bacio a LUI e la
cosa era accaduta circa due settimane prima, comprensibile, quindi che per
tanto tempo avesse disertato un posto del genere…
-Scommetto che ci volevi venire,
però…
-Ogni tanto ci ho fatto un
pensierino – ammise, mordendosi la lingua subito dopo conscia di quello
che gli aveva rivelato, lui però non sembrava particolarmente colpito
dalla cosa né aveva fatto commenti inutili – quando ero al terzo
anno di Hogwarts le mie compagne della scuola babbana mi avevano invitata a
passare un pomeriggio qui assieme al mio ragazzo
-Weasel?
-Io e Ron non siamo mai stati
insieme – puntualizzò
-Ma a loro avevi detto di sì
-Come lo sai?
-Facile… lo fanno in
tante… - beh, visto che lo sapeva, tanto valeva raccontargli tutto
-Loro sapevano che frequentavo una
scuola speciale fuori di Londra, per questo è stato relativamente
semplice far credere loro che Ron abitasse in un’altra parte
d’Inghilterra e che, al momento, fosse in vacanza all’estero
-Ma?
-Ma vedere tutte le altre assieme
ai propri ragazzi che si coccolavano e vezzeggiavano mi ha fatto nascere una
repulsione tutta mia per posti da innamorati
-Ti basterà trovare qualcuno
con cui venirci e vedrai che ti passa
-Non farla così
semplice… non sono così ottimista, mi vedo di più a fare la
vecchia zitella
-Nel qual caso… - aggiunse
bevendo un altro sorso – vieni qui che ti coccolo io…
Gli occhi grigi di lui erano
impregnati di malizia che trasudava da ogni gesto, si sentì arrossire e
seppe che lui se n’era accorto… di male in peggio…
-Dai, rilassati, non ti mangio!
Esitante lei si sedette di
qualche millimetro più vicina, strappandogli uno sbuffo piuttosto
rumoroso, lui dovette prima spostarsi e poi tirarsela ancora più vicina
facendole appoggiare la testa a torace mentre il braccio sinistro le cingeva le
spalle e la mano le accarezzava i capelli.
Quale follia stava facendo
adesso? Si era addirittura offerto di coccolare la mezzosangue come se fosse la
sua ragazza! Assurdo, Draco Malfoy non ha la ragazza, lui ha solo
AMANTI!
Se continuava di questo passo
presto l’avrebbero rinchiuso nel reparto di psichiatria del San Mungo
assieme ai genitori di Paciock…
Lo sguardo gli cadde
sull’ingresso del locale dove due nuovi avventori, apparentemente
innamoratissimi, avevano catturato la sua attenzione.
Merda.
Si voltò verso di lei
e chinò il capo su quello della Caposcuola
-Ascoltami bene, Granger, le strade
sono due – annunciò sottovoce mentre continuava a guardare truce
il banco del bar dove i due si erano fermati – o vieni qui e ti inventi
qualcosa per far sì che nessuno possa vedere la mia faccia, oppure ci
facciamo lanciare un’Avada Kedavra tutti e due e ci ritroviamo
all’Inferno, lasciando il destino del mondo nelle mani di Potty e
compagnia, perché quella che è appena entrata dalla porta
è mia zia Bellatrix e quello insieme a lei Rodolphus Lestrange
-Cosa?! – esclamò
quasi allibita guardando di sfuggita la porta dove due persone a braccetto si
stavano dirigendo proprio dalla loro parte; forse ad un primo esame potevano
assomigliare ad una banale coppia, ma gli occhi erano duri e calcolatori e non
c’era assolutamente dubbio su chi fossero, ricordava Bellatrix ai tempi
della battaglia al Ministero e, anche se al momento le sfuggiva chi fosse
Lestrange, ebbene, non le pareva il caso di volerlo scoprire in quella
particolare circostanza.
Draco guardò
alternativamente i due mangiamorte che procedevano speditamente verso il
separé affianco a loro e la mezzosangue impietrita al suo fianco.
Cazzo, cazzo e ancora cazzo!
Perché accidenti volevano fargli tutti la pelle? Credeva che il primato
mondiale appartenesse allo Sfregiato, ma in quel momento gli sorgevano dei
dubbi.
D’accordo, risolvette.
A mali estremi, estremi
rimedi.
Raccolse la mano che lei
teneva abbandonata sul velluto del sedile e, trascinandola come aveva fatto
quella mattina, la avvicinò più che poté, finché la
testa piena di boccoli ribelli di lei non si trovò a pochi centimetri
dalla sua.
-E vedi di non fare storie –
grugnì arrabbiato prima di baciarla.
C’era della violenza in
quel bacio, probabilmente acuita dall’agitazione del momento, ma, a ben
rifletterci, anche la prima volta era stato così; le dimostrazioni di
affetto della serpe erano tutte un po’ possessive e un po’
violente, ma non per questo poco piacevoli.
Bellatrix Lestrange
passò davanti al tavolino dove due ragazzi si stavano baciando
appassionatamente.
Lanciò loro
un’occhiata sdegnosa e proseguì a braccetto di suo marito:
gioventù… e babbani… due cose che detestava. Non ricordava
di essere mai stata tanto giovane e altrettanto stupida come quei due, ma poco
importava, presto loro e il loro amore sarebbero stati spazzati via dalla
rinascita del Signore Oscuro. C’erano ancora alcune cose da mettere a
punto, come ritrovare quel maledetto traditore figlio di sua sorella e
sistemare il vecchio Silente, ma a parte questo, tutto sarebbe filato liscio
come l’olio.
Sedette sul divano trovando
il luogo tremendamente poco raffinato, ma bisognava accontentarsi.
Rodolphus le passò una
mano dietro le spalle e la attirò accanto a sé, decise che
sarebbe stato utile alla copertura, ma era comunque un maledetto bastardo
ipocrita, faceva tanto il gentile e il carino quando erano anni che non
dividevano più lo stesso letto, anzi, meglio dire che lo dividevano con
altri. Tutti e due.
Per quanto la riguardava, gli
preferiva Lucius, era decisamente più affascinante, aveva classe e
carattere, ma quel maledetto imbecille biondo non solo era innamorato perso di
sua sorella, ma aveva pure dato all’Ordine dei Mangiamorte un nuovo traditore,
quel suo figlio bastardo che non riuscivano a trovare.
-Da dove vieni, mia cara? –
le domandò Rodolphus
-Sono stata nella squadra di
ricerca – biascicò lei
-Trovato niente? – lei scosse
la testa
-Quel figlio d’un cane
è scomparso dalla faccia del mondo… ma Dolores ha sguinzagliato un
paio dei suoi
Dall’altra parte del
paravento, Hermione si portò una mano alla bocca nel tentativo di
sopprimere un’esclamazione stupita che le uscì come un singhiozzo
procurandole l’ennesima occhiata ammonitrice della serpe: la Umbridge,
l’Inquisitrice di Hogwarts con i mangiamorte?!
-E dell’altra faccenda?
-Puah! Silente crede ancora che
siamo in un mondo di pace… non sospetta neppure di essere il nostro
prossimo obiettivo… il…? – chiese poi al marito, senza
aggiungere soggetto alla frase
-Gli ho messo dietro
quell’imbecille della Parkinson, se ne occupa lei, anche se per quanto mi
riguarda lo farei morire di fame…
-Deve vivere fino a che non abbiamo
ucciso il preside – puntualizzò
-Lo so
-Abbiamo elaborato un piano
Draco ed Hermione allungarono
il collo e le orecchie, ma non riuscirono comunque ad ascoltare il resto della
conversazione.
Decidendo che avevano udito a
sufficienza e che difficilmente sua zia sarebbe stata giocata di nuovo dalla
scenetta del bacio, Draco prese per mano la ragazza, la condusse svelta al
banco e pagò altrettanto in fretta, per poi uscire e chiamare un taxi il
prima possibile.
* * *
L’attico di Raymond,
quando vi rimisero piede, era silenzioso e avvolto dalle tenebre.
Senza dire una parola, lui si
avvicinò al letto e vi si lanciò sopra, nascondendo la testa
sotto un cuscino e rimanendo lì così, mentre le luci della strada
e i fari di una macchina di passaggio illuminavano l’ambiente.
Hermione accese solo il
faretti del piccolo soggiorno, appoggiò la borsa e andò a
cambiarsi, ritrovandolo nella stessa identica posizione in cui l’aveva
lasciato.
Doveva aver saputo qualcosa
di terribile visto che sembrava così scosso.
Deglutì a fatica
facendo per avvicinarsi, poi cambiò idea e rimase in piedi ad aspettare
che lui desse segni di vita
-Draco? – chiamò
appena, l’orologio segnava le undici e mezza
Un suono incomprensibile le
arrivò all’orecchio, attutito dagli strati di stoffa di cuscini e
coperte
-Prendi della carta e scrivi a
Silente – dichiarò lui riemergendo dalle lenzuola –
scrivigli tutto, ma non raccontargli che abbiamo pedinato dei mangiamorte, non
me lo perdonerebbe
Una muta domanda,
“perché?” si affacciò tra le ciglia di lei,
interrogativo al quale lui, però, lui si rifiutò di dare una risposta.
Così, mentre la testa
bionda e nuovamente diciottenne dello Slytherin scompariva tra le coltri,
quella della Caposcuola era china sul tavolino con la penna in mano per
informare il loro preside di ciò che avevano scoperto.
* * *
La lettera era in volo verso
la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts nella speranza che vi giungesse al
più presto possibile.
Draco guardò
l’uccello spiccare il volo dal balcone dell’appartamento babbano e
perdersi tra le tenebre della notte, volando con l’oscurità verso
Nord.
Da quel momento in poi, non
poteva più tenere fede totalmente alla promessa che aveva fatto a
Silente. Le cose si erano spinte troppo in là e c’era troppo
marciume che bolliva in pentola.
Aveva bisogno di lei e non
poteva più nasconderle la verità, dopotutto, aveva bisogno di
sapere anche lei.
Che cosa avrebbe fatto lui se
qualcuno gli avesse nascosto una storia del genere? Probabilmente avrebbe
piantato un casino di quello astronomici fino a scomodare Sua Maestà la
Regina Babbana. Ogni tanto in quei giorni si era stupito di quanto lei fosse
stata paziente, anche se, ogni tanto, una domandina le scappava sempre, ma era
comprensibile.
La guardò rabbrividire
nel freddo della notte dicembrina e poi rientrare, fermarsi a guardarlo e
aspettare.
Aveva tutti i diritti di
sapere e di conoscere.
Ma allo stesso tempo, aveva
diritto di vivere libera e serena e quel diritto sarebbe stato messo a dura
prova se le avesse raccontato i terribili segreti che custodivano lui e
Silente.
C’erano due strade:
onorare la promessa di un gentiluomo e lasciarla fuori dalla questione, oppure
raccontarle tutto, fare l’essere umano e mostrare a se stesso che era
debole, dirsi che da solo non sarebbe riuscito ad andare avanti senza un
sostegno, ma soprattutto, dirlo al mondo.
Nonostante litigi e
battibecchi, da quando Silente li aveva spediti a Londra, la mezzosangue era
stata proprio questo per lui, un sostegno. Il suo carattere, la sua
curiosità, la voglia di andare avanti avevano spronato anche lui, ma,
soprattutto, erano stati quei piccoli momenti di pace e di sguardi e il volere
che non terminassero, che non finissero. Era egoista e ingiusto, probabilmente,
perché magari lei non voleva altrettanto, ma desiderava ancora baciarla,
tenerla tra le braccia, accarezzarle i capelli, sentirla ridere o infuriarsi.
Non era la persona giusta che
avrebbe dovuto assistere a tutto questo e anche lui non era quello giusto per
starle accanto, con l’anima torbida che si ritrovava, ma non aveva mai
desiderato così tanto poter rimanere insieme ad una persona.
E la cosa buffa era che, fino
a due settimane prima non facevano altro che gridarsi insulti per i corridoi e
prendersi quasi a schiantesimi.
Erano cambiate tante cose e
non lo rimpiangeva, però, allo stesso modo, c’erano stati sviluppi
imprevisti e pericoli nascosti ad ogni angolo: rischiavano, ma soprattutto,
RISCHIAVA moltissimo.
Lui aveva scelto la sua
strada e aveva deciso di vivere quella vita, ma lei non aveva fatto altrettanto,
era rimasta coinvolta.
Maledetti mangiamorte,
sarebbe giunto anche per loro il giorno di pagare per tutto quello che avevano
fatto….!
Si mise a sedere a gambe
incrociate sul letto, levandosi le scarpe per non sporcare le coperte,
allungò una mano verso l’esterno
-Vieni qui, Granger – disse
appena con una voce sottile e delicata, a lei parve quasi che ci fosse
tristezza in quelle parole
Si avvicinò piano al
giaciglio e sedette sul bordo, lui le toccò appena i capelli e le
accarezzò la testa
-Ti racconterò tutta la
storia. – gli occhi di lei brillarono di speranza e di fiducia a quella
risoluzione improvvisa, ma leggeva in quelli argentati di lui qualcosa come il
dolore: che fosse una cosa così terribile? Che gli costasse tanto?
Lo guardò in faccia e
seppe che questa volta non si sarebbe tirato indietro. Ma era davvero una
storia che non avrebbe dovuto sapere?
-Ormai sarebbe ingiusto se io non
facessi niente. A questo punto dobbiamo cavarcela da soli, non posso rimanere
con le mani in mano
Alla ragazza parve strano che
dicesse certe cose, ma c’era una luce di determinazione che brillava in
quelle iridi serie
-Rimpiango solo di non aver potuto
mantenere la promessa che ho fatto. Vorrei farlo ma non riuscirei ad andare
avanti da solo…
Era come se un velo
scoperchiasse all’improvviso un segreto custodito gelosamente. Quelle
poche frasi che lui le aveva detto contenevano una dolcezza che nessuno, a
parte sua nonna, si era premurato di trasmetterle.
Sapeva che ciò che
avrebbe appreso l’avrebbe messa nei guai più di quanto già
facesse da sola; sapeva che la situazione di lui doveva essere terribile,
frustrante, pericolosa.
Ma non si sarebbe tirata
indietro, fosse solo per il fatto che lui la voleva con sé, anche solo
perché le aveva dato una via di fuga, semplicemente perché le
aveva chiesto di rimanergli accanto perché lo aiutava, perché lo
sosteneva.
Era questo che lei aveva
letto e ne era orgogliosa e fiera.
C’era ancora qualcuno,
in questo mondo, per cui lei era importante.
-Qualunque cosa accada, qualsiasi
cosa succeda – gli disse piano toccandogli la mano appoggiata ai suoi
capelli – sai che io ci sarò, anche solo per il fatto che hai
deciso di proteggermi per queste settimane, anche solo perché mi hai
detto che mi vuoi qui… grazie.
* * *
Spazio autrice: ed ecco che la storia prosegue e finalmente si
scoprirà qualcosa su questo benedetto segreto di Malfoy, confesso che
perfino io che sto scrivendo non vedevo l’ora di poter aprire le porte e
rivelare tutto, ma ogni cosa a suo tempo.
Questo capitolo è
stato molto divertente da scrivere e io sono la prima che sarei scettica a
mettere i piedi in un negozio del genere, però ci stava e ci sta anche
perché oggi è S.Valentino!
Auguri a tutti!
E anche a chi, come me, al
momento è senza un fidanzato...
Verrà anche il nostro
momento!
Buon San
Valentino!
Shavanna: ehehe, mistero svelato! Ecco qui tutti i motivi e,
onestamente, capisco parecchio la mia povera Hermione… le sue compagne
sono state involontariamente (forse) molto bastarde…
La bacchetta che cercano i
mangiamorte tornerà tra un po’, adesso è troppo presto ;)
in compenso si scopre ancora qualcosa in questo capitolo, occhio ai dettagli,
ciao! Nyssa
Lord Martiya: devi vedere la cosa dalla sua ottica, cosa penserebbe
Draco di se stesso se chiedesse un bacio alla mezzosangue senza una
giustificazione con cui scusare il suo abominevole comportamento (ai suoi
occhi)? Credo che ci abbia pensato parecchio a questa storia, ma evidentemente
il suo cervellino è impegnato in altro al posto che dedicarsi a
rintracciare una scusa plausibile e, ad ogni modo, non lo si può proprio
biasimare con tutti i casini che si ritrova…
La Casa degli Innamorati,
beh, penso che per Hermione sia difficile non detestarlo, ovviamente a cominciare
dal fatto che è un posto un po’ kitch e decisamente inutile.
Spero che il capitolo ti sia
piaciuto, ciao! Nyssa
luana1985: Draco stile Hulk, ahahaha, ho riso mezz’ora,
cmq hai proprio ragione! Non che a me dispiacerebbe e credo che il nostro bel
serpeverde non soffra di problemi di pudore, sfortunatamente per lui,
però, Hermione sì, quindi...
Sono contenta che la mia
storia continui a piacerti, spero che sia così anche in futuro, aspetto
quindi di sapere cosa mi dici di questo nuovo aggiornamento a san valentino,
ciao e un bacione! Nyssa
Killkenny: direi che è letale per gli altri ma anche per
loro, rischiano davvero di prendersi a coltellate ogni tanto XP
Al momento non ho progettato
un arrivo di Eva né di altri studenti perché la storia si svolge
prevalentemente lontano da scuola e non ho la necessità di personaggi
aggiuntivi, quindi non credo ne aggiungerò più di quanti ne ho in
mente sennò poi diventa difficile gestirli perché anche
così, con quello che progetto, sarà un bel lavoretto…
Spero comunque che
continuerai a leggere e grazie per la valutazione altissima, ciao! Nyssa
potterina_88_: mi fa moltissimo piacere sapere che la storia ti
continua a piacere, casomai finissi nel banale, sai com’è…
e ti ringrazio tantissimo
anche per tutte le bellissime parole che hai utilizzato per descriverla, la
cosa mi rende molto orgogliosa e molto felice, per questo, anche,
continuerò a scrivere e aggiornare ^^
Concordo, le reazioni di
Draco sono sempre un po’ stravaganti, ma divertenti anche per questo, la
Rowling ha detto di non affezionarsi troppo a questo personaggio perché
non è tanto una brava persona, ma in che mondo vive? Lo sanno tutti che
i bastardi hanno il loro fascino e Draco non è secondo a nessuno!
Ad ogni modo, si è
scoperta anche la storia del Nastro e presto si scoprirà anche quella di
malfoy.
Spero che continuerai a
lasciarmi i tuoi commenti, ciao e un bacione!Nyssa
SilVerphoenix: ehehe, bentornata alla madrina ufficiale della fic!
Mi fa piacere che alla fine tu abbia deciso di cominciare a leggere, concordo,
le brutte abitudini sono difficile da scacciare, le mie, poi sono radicate fino
in fondo! E mi fa piacere che lo siano anche le tue ^^
Sono molto fiera della mia
piccola creatura, soprattutto dopo tutte le lodi che hai tessuto, non credo di
meritarle proprio tutte, ma mi fanno piacere un mondo! E anche sapere che ci
sono dei momenti divertenti e dei momenti seri, scrivere una fic non è
come leggerla, sono sempre terrorizzata dal non riuscire a dire tutto come
vorrei e che la gente capisca fischi per fiaschi… Secondo me,
però, anche tu sei un’ottima scrittrice e la tua fan è
bellissima, penso che sia un piccolo capolavoro! Aspetto quindi il tuo seguito
ed ecco qui il mio, ciao e a prestissimo! Nyssa
herm83: s’era detto, ma Draco era troppo impegnato con
i suoi problemi per avere il tempo di riuscire a inventarsi una scusa che
reggesse, più per se stesso che per lei, chiaro… però poi
alla fine c’è riuscito, come si dice, il fine giustifica i mezzi,
no? E ad ogni modo, mi sembra che ad Herm piacciano un po’ troppo i baci
della serpe per poter dire a cuor leggero che non gliene frega niente XP
Spero che qualche dubbio sia
stato estirpato, anche se credo di averne aggiunti altri diecimila, mi auguro
che continuerai a seguire la storia e che questa continuerà a piacerti!
Ciao e un bacione, Nyssa
falalula: hehe, qualche mistero è stato svelato, per gli
altri ancora un poco di pazienza, in compenso posso confermare che un locale
del genere è un’ottima copertura per dei mangiamorte, se lo fossi
credo che la mia base starebbe in un posto del genere.
Sono felice che la storia ti
piaccia, spero che continui e spero che proseguirai nel lasciarmi commenti,
ciao e un bacio! Nyssa
lauwren: ehehe, tranquilla, il mistero della Casa degli
Innamorati è stato risolto in questo capitolo, per le fiamme, invece,
abbi ancora un poco di pazienza, tra un po’ si risolveranno molti dubbi,
anche se mi rendo conto che se leggessi le mie fic probabilmente non starei
più nella pelle dalla curiosità ^^
Sono contenta che ti piaccia
come scrivo e anche la mia storia, spero che continuerai a scrivere, ciao e un
bacio! Nyssa
-Tu sai cosa sono
le Reliquie della Morte? – indagò sollevando la mano e guardandola fissa negli
occhi
-Sono manufatti
magici leggendari – rispose preparata, Draco fece cenno di sì con la testa
-Non proprio –
aggiunse richiamando un’occhiata stupita di lei
-Come è possibile,
sono solo storie…
-No. Questa è la realtà. Le
Reliquie della Morte esistono, purtroppo. Nessuno sa da dove
vengano o come siano arrivate qui e se anche qualcuno lo sapesse di certo non
si è premurato di dirmelo.
-Che cosa intendi?
-Ascolta la storia. Molti secoli
fa, i principali capofamiglia delle dinastie purosangue del mondo magico,
preoccupati per il continuo aumento di potere dei babbani
e dei mezzosangue, decisero di mettersi alla ricerca di qualcosa che potesse
dare loro la possibilità di contrastare queste avanzate preoccupanti. Cinque
maghi riuscirono a trovare il luogo leggendario dove le Reliquie erano raccolte
e se ne spartirono una ciascuna, erano Castor Black, DevlinDumbledore, Scorpius Malfoy, AresGaunt, William Potter, ciascuno di essi ottenne qualcosa,
rispettivamente: il Fuoco Eterno, la ElderWand,
la Pietra degli Inferi, lo Specchio delle Anime e il Mantello
dell’Invisibilità.
-Quello di Harry?
-Proprio. Silente
glielo ha fatto avere al primo anno, anche se io ho saputo che lo possedeva
solamente dopo.
-Quindi lui…
-Fammi finire.
Ciascuno di questi oggetti, dopo che ne è stata appurata l’effettiva potenza, è
stato tramandato nelle rispettive casate per decenni, a conoscerne l’esistenza
e a poterlo utilizzare era il capofamiglia.
-E adesso?
-Bellatrix è venuta a conoscenza dell’esistenza di queste quando
il Lord Oscuro ha utilizzato quella che è rimasta nella sua famiglia per
generazioni: lo Specchio delle Anime.
-Che cosa sarebbe?
-È uno specchio fatato
con cui è possibile dialogare con un morto. Voldemort
l’ha usato per parlare con sua madre
-CON SUA MADRE?!
-È sempre stato
ossessionato da sua madre, morta nel darlo alla luce, e così ha voluto metterci
una pietra sopra e fine.
-E le altre?
-Bellatrix sapeva dell’esistenza del Fuoco, suo padre è stato
tanto incauto da menzionarlo, una volta, e lei certo non è stupida. Quando ha
saputo da Voldemort l’intera storia di questi oggetti
ha subito compreso la loro importanza e le potenzialità, si è quindi aperta la
caccia quando l’Oscuro Signore è morto.
-Voldemort è morto?
-Quando la
bacchetta sua e di Harry sono entrate in risonanza, questi è stato spazzato via
dal patronus di James
Potter poiché Voldemort, alla fine, altri non era se
non un mangiamorte.
-Oh…
-Ad ogni modo,
accaduto questo, mia zia ha deciso che sarebbe stata una cosa grandiosa
riportarlo in vita con la Pietra degli Inferi
-Si può fare
davvero?
-Esistono delle
condizioni rigidissime e severe, ma comunque sì
-E allora?
-La Pietra è
conservata dalla mia famiglia fin dall’antichità e nessuno l’ha mai utilizzata.
I Malfoy, però, sono possessori anche del Fuoco Eterno
-Come mai?
-Alla morte di Cygnus Black, il padre di mia madre, di Bellatrix
e di Andromeda, per dinastia il capofamiglia sono diventato io
-Tu?
-Sì, lui ha avuto
solo figlie femmine e dato che i cugini erano tutti morti, sia Sirius che Regulus, si è preso il
primo figlio maschio per linea femminile
-Cioè tu
-Bella non ha
avuto figli, Andromeda una femmina, non rimanevo che io.
-E quindi?
-Quando avevo diciassette
anni mi è stato affidato il potere di questa Reliquia e la sua storia. A
differenza delle altre, però, la storia del Fuoco è un po’ differente, non si
tratta di un oggetto, bensì di un incantesimo. Quando mia zia decise di prendere
la Pietra, mio padre si rifiutò di consegnargliela
-Possibile? –
l’altro annuì
-Hanno assediato
Malfoy Manor per espugnarla e, anche se si tratta di
una fortezza ben difesa, erano vicini a prenderla. Quando sono arrivato io
stavano praticamente per entrare, è stato allora che ho deciso di usare il mio
potere
-La Reliquia? –
chiese timorosa di pronunciare quel nome
-Sì. Ogni
incantesimo sarebbe stato facilmente neutralizzato, i mangiamorte
sono maghi potenti che hanno conoscenze di magia differenti dalle nostre.
Niente può fermare il Fuoco Eterno. Brucerà per sempre
-Che cosa ne hai
fatto?
-L’ho appiccato
tutto intorno a casa mia. Niente e nessuno può entrare o uscire. Mia madre e
mio padre sono là dentro. Mia zia fuori, anche se preferirei che fosse il
contrario
-E che cosa c’entra
tutto questo col piano di Bellatrix, se intanto non
può espugnare la fortezza…
-Non è così
semplice. Come ti ho detto, la storia di questa Reliquia è differente, in
origine infatti erano solo quattro. Ad ogni modo, il Fuoco è l’unica il cui
effetto può essere contrastato, per la precisione, solo la ElderWand può ordinargli di smettere di
bruciare.
-Era quella della
famiglia Dumbledore?
-La possiede Silente – disse lapidario – è la sua bacchetta
Hermione aprì la bocca e
rimase basita di fronte a quella rivelazione
-So cosa vuole
fare mia zia: uccidere Silente per entrare in possesso della Bacchetta e poter
spegnere il Fuoco, dopodiché rubare la Pietra degli Inferi e richiamare Voldemort
-Ma hai detto che
le Reliquie rimangono nella famiglia…
-Esatto, ma nel caso
un capofamiglia venga ucciso la Reliquia passa al suo erede, mentre se non ha
eredi… diventa di proprietà di chi è riuscito a ucciderlo
-Ma è TERRIBILE!
-Sì
-E Silente non ha
parenti?
-Solo Aberforth, ma lui non riuscirebbe a reggerne il peso,
morirebbe appena presa in mano la Bacchetta
-Perché?
-Ogni Reliquia ha
degli effetti collaterali, la Bacchetta, che è la più potente e utilizzabile
sempre visto a cosa serve una normale bacchetta, ha effetti terribili sulla
forza magica di un mago che viene spesso assorbita dall’oggetto
-E il Fuoco?
Vide gli occhi di lui
spostarsi e incupirsi
-C’entrano quelle
fiamme, vero?
-È ciò che accade
quando viene utilizzato. La chiamano la Persecuzione dell’Inferno, mi sono un
po’ documentato…
-E l’incantesimo
che ho pronunciato?
-La signorina ha
chiamato il primo Incantesimo Oscuro della sua vita… - dichiarò sarcastico
-Intendi dire che
quella era Magia Nera?
-Sì
-Cavoli…
-È un incantesimo
che annulla lo spazio e il tempo intorno a chi è il destinatario per
pochissimo, ma quel poco è sufficiente a distruggere temporaneamente le fiamme.
-E perché non
bruciavano?
-Neppure quelle
appiccate a Malfoy Manor bruciano, sono solo una
barriera. Se io voglio bruceranno, se io non voglio non lo faranno.
La ragazza annuì
-E il fuoco di
quando sei entrato? Quando c’era anche Harry?
-Diciamo che il
possedere il potere del Fuoco mi permette di gestire le fiamme a mio piacimento
e senza incantesimi – dichiarò sorridendo un poco compiaciuto di quelle sue
potenzialità
-È un bel casino…
- commentò lei, lui alzò le sopracciglia a sentirla dire così, poi annuì
-Era meglio se non
ti avessi detto niente – annunciò il biondo alzandosi da letto.
Hermione gli tirò la manica
della camicia facendolo voltare verso di lei ancora seduta, la guardò dall’alto
in basso e poi si risedette, sapendo di cosa l’avrebbe rimproverato lei:
codardia.
Aveva paura che lei fosse
troppo fragile per una simile storia.
-Harry sa di
questa storia? – chiese lei, l’altro fece spallucce
-Credo che, a
questo punto, Silente glielo dirà
-Ho una curiosità –
aggiunse
-Spara
-Tutta questa
storia c’entra col modo di dire che c’è nella famiglia Black di definire il
secondo nato di una coppia di gemelli come una “Reliquia della Morte?” – Draco
sorrise e annuì
-Hai letto gli
annali… - lei arrossì sentendosi colpevole di aver sfogliato dei libri proibiti
– sì, c’entra, il fatto è che in origine i maghi partiti non erano cinque, ma
sei.
-Sei?
-Quello della
famiglia Black si chiamava Castor, ma se ci rifletti,
Castor è il nome della stella dei gemelli, sorella di
Pollux, come nella mitologia greca
-Castore e Polluce
– specificò
-Esatto. Entrambi
i fratelli partirono, ma solo Castor tornò. I due si
affrontarono fuori del luogo dove erano contenute le Reliquie per sapere chi
avrebbe posseduto l’ultima rimasta e Pollux venne ucciso.
Castor, poi, giunto in ritardo alla spartizione, si
accorse che non c’erano più Doni, così prese un bastone e gli diede fuoco col
fuoco che circondava quel luogo chiamato “Anticamera dell’Inferno”, è da lì che
è nata la quinta reliquia: il Fuoco Eterno.
-Ma cosa c’entra
questo?
-Giunto a casa Castor disse che Pollux era il un
traditore e assunse il titolo per sé e per la famiglia di Pollux
di patriarca. Da allora nella famiglia i gemelli sono sempre stati segno di
sventura e, se capitano, e ogni tanto succede, il secondogenito viene ucciso
perché non possa attentare alla vita del primogenito, visto che si dice che il
secondogenito è sempre traditore
-Ma potrebbe anche
non voler uccidere suo fratello
-È un pregiudizio.
Come dici tu, ce ne sono tanti nelle famiglie purosangue
-Non puoi negare
che ho ragione – sottolineò lei
-Vero. Da allora,
tutti i Castor e Pollux che
trovi nell’albero saprai che avevano un gemello che è stato ucciso alla
nascita.
-Quindi anche il
padre di… aspetta… c’era qualcuno che si chiamava così…
-Era Pollux Black, era il mio bisnonno, padre di Cygnus nonché di Walburga, la madre di Sirius
-È vero!
Il silenziò calò tra loro.
Che cosa c’era da dirsi in
una simile circostanza?
-Di chi stavano
parlando alla sala da tè? – domandò all’improvviso lei
-A chi ti
riferisci
-Parlavano di una Parkinson, era Pansy? – si
sentiva parecchio preoccupata
-No, Pansy ha fatto Natale a Hogwarts
– disse – non lo so con certezza, ma credo che si riferiscano alla sua povera
madre, Nicholaa
-Perché dici
“povera madre”?
-La mamma di Pansy è muta. – dichiarò lui lasciandola stupita
-Sul… sul serio?
-È stato lo zio di
Pansy a tirare tutta la famiglia in questa faccenda e
Nicholaa è una donna mite e abbastanza gentile, forse
un po’ stravagante come la Lovegood, anche se più
fine – un’occhiataccia ci stava per aver parlato male di una delle sue amiche
-E adesso?
-Pansy crede parecchio in questa storia, non capisco proprio
come possa essere nata una creatura del genere…
-È muta, dalla
nascita? – domandò piano Hermione
-No.
Come temeva.
Nel mondo magico c’erano un
sacco di persone che soffrivano di disturbi psicologici a causa di traumi e,
sfortunatamente, era particolarmente facile averne nella propria infanzia.
-Come… come mai? –
indagò, incerta se volerlo davvero sapere
-Lo zio di Pansy l’ha violentata quando aveva sedici anni, solo che
era promesso ad una vecchia megera di una famiglia potente che non ha voluto
annullare il matrimonio, così è toccato a suo fratello ripagare il danno
-Poveretto – lo
compatì la ragazza, Draco annuì
-Se non altro Nicholaa non sarebbe stata così bene se le avessero fatto
sposare quel bastardo
-Vero. E non
potrebbe essere che Pansy è così…
-No. – stava
cercando di dire che Pansy era un’illegittima? No,
non lo era. Lì era la stranezza.
-Draco – chiese
ancora lei dando sfogo ai suoi dubbi e sentendosi, ormai, di essere
sufficientemente in confidenza, soprattutto dopo che aveva saputo tutta la
storia – tra tutti questi poteri che ti arrivano dal Fuoco Eterno, c’è per caso
una particolare propensione a Legilimanzia o Occlumanzia
Lui ghignò
-No, perché? Hai
provato a leggere nella mia mente – arrossendo lei annuì – sono solo bravo a
tenermi i fatti miei per me – annuì ancora – come te…
Annuì, poi si fermò e lo
guardò perplessa
-Ci ho provato
anche io – rispose tranquillo
Dal comodino prese le
sigarette che Blaise gli aveva lasciato con tutte le
raccomandazioni di non fumarne, ma credeva di essersene meritata una per quella
sera, ne aveva assoluto bisogno!
La accese e tirò una boccata
di fumo.
Hermione si distese sulle
lenzuola, gli occhi al soffitto guardando le volute più chiare disperdersi
nell’aria e poi spostando lo sguardo su di lui, gli occhi grigi della serpe di mossero
dalla contemplazione dal vuoto e incontrarono quelli di lei, le labbra si
mossero finchè non comparve un sorriso; si allungò
indietro, la sigaretta stretta tra le labbra, guardando di nuovo oltre ciò che
si poteva distinguere.
La Caposcuola aspirò una
boccata d’aria e sentì l’inconfondibile odore di tabacco da sigaretta
impregnare l’aria, non le piaceva molto, ma aveva come il potere di
tranquillizzarla, o forse a fare questo era semplicemente la figura del
Principe delle Serpi accanto a lei che ostentava tranquillità quando dentro di
sé doveva avere un calderone di pensieri da fare invidia.
Sospirò malinconica
-Lo sai Granger,
quando fai così ti bacerei – dichiarò lui spiazzandola, prendendo il mozzicone
tra le dita e soffiando una nuova nuvoletta senza neppure voltare la testa a
guardarla, continuando per gli affari suoi, poi gli occhi si posarono su di lei
che lo guardava distesa su un fianco, la testa appoggiata ad una mano, il
gomito affondato nel materasso
-Credevo di aver
pagato debito e penitenza al caffè – disse stupita
-Ho bisogno di
scuse così insulse per baciarti? – chiese lui stendendosi accanto a lei e la
ragazza notò che le gambe sporgevano di un po’ oltre il bordo del letto.
Quando si trovarono alla
stessa altezza, gli occhi dorati di lei incontrarono quelli di lui, color
dell’argento e rimasero a fissarsi per un tempo che parve interminabile.
La mano destra di lui si
allungò finchè non toccò un orecchio sottile di lei,
percorrendo poi lentamente la curva della mandibola, salendo sulle labbra, le
solleticò appena uno degli angoli della bocca finchè
lei sorrise, poi, lentamente, le si avvicinò e la baciò.
Hermione sentì il sapore del
tabacco, eppure le sembrava così giusto ciò che stava accadendo… la mano di lui
si spostò dietro la testa, sulla nuca, premendo piano sui suoi capelli per
avvicinarla ancora di più.
Incerta lei gli passò le dita
nei capelli, sentendolo sorridere mentre la baciava, dopodiché, prendendo
coraggio, gli allacciò le braccia intorno al collo.
La bocca di lui si allontanò
mentre gli occhi si aprivano e si guardavano di nuovo, brillanti di
soddisfazione che traevano dal semplice stare insieme… beh, magari non solo
quello…
Le labbra di lui tracciarono
un sentiero dagli occhi, che baciò quando erano chiusi, fino al naso, per poi
posarsi leggermente sulla bocca e fuggire subito sulla curva del collo, nello
scollo del colletto della camicia e poi scesero fino al primo bottone
allacciato, si posarono sul triangolo di pelle che era ancora scoperta e si
allontanarono di nuovo mentre, tenendola tra le braccia, lei non pareva dare
segni di ritrarsi, di negarsi né di scoppiare a piangere; guardò il seno che si
alzava e abbassava a ritmo scoordinato e affaticato e sorrise ancora mentre
liberava le mani dalla schiena di lei e le portava alla camicia per
sbottonarla.
Stava giusto per far sfuggire
il pomello all’asola quando il suono del Big Ben che batteva la mezzanotte,
seguito da un boato violento lo riscosse facendogli alzare la testa e guardarla;
le mani si allontanarono, posandosi innocentemente ai lati del corpo di lei
-Non posso
continuare – disse chinando la testa
Probabilmente, riflettè la Gryffindor, se avesse
continuato lei non l’avrebbe fermato pur sapendo che non si sentiva ancora così
tanto pronta per un passo simile. Ringraziò il Cielo che aveva creato Draco
Malfoy e gli strinse la testa contro di sé mormorando un timido “Grazie”.
E Draco si vide come un vero
cavaliere dall’armatura scintillante mentre lei lo abbracciava e sentiva di
essere così importante per lui. E lui sentiva di essere molto importante per
lei, talmente tanto che gli avrebbe permesso di fare all’amore insieme.
-Ehi Draco –
chiamò mentre se ne stavano lì così – se un giorno vorrò perdere la mia
verginità posso sempre venire a cercarti?
Lui sollevò la testa
mostrandole il classico ghigno madre-in-malfoy, fiero
e orgoglioso
-Ovvio. Io non
dico mai di no ad una donna
Sfortunatamente era vero e
questo la feriva un poco perché non riusciva a levarsi dalla testa di essere
una delle tante che gli avevano scaldato il letto. Per spingerlo però fino a
quel punto con una mezzosangue, questa doveva avere qualcosa di particolare e
ciò la confortava.
-Dimmi un po’ –
aggiunse – perché continui a cambiare ragazza come i calzini?
-A parte che non
sono affari tuoi, comunque loro non sono state migliori di me… volevano un
ragazzo per una notte, molto bene, a me sta bene.
-Ma alcune erano
innamorate di te
-Sì, talmente
innamorate che credevano che io fossi semplicemente il Principe delle Serpi
senza problemi, fatto solo di idee razziste
-E tu hai mai
guardato oltre in loro?
-Con qualcuna –
confessò – ma ho visto solo il nulla totale
-Non sei molto
gentile
-Non lo sono state
neppure loro. Niente legami, così non mi devo preoccupare di cosa cercare in
una ragazza
La triste e brutale verità.
-Ma una cosa te la
voglio dire, piccola mezzosangue – lei lo ammirò sorpresa – quando una ragazza
affascina un uomo, lo fa sempre d’in piedi, mai da sdraiata. – Hermione
sorrise, riconoscendo tra quelle parole una piccola lode
-Draco, non te ne
andare. – lui fece cenno di sì con la testa
-Hermione, non mi
lasciare.
Silenzio, poi un boato.
-A proposito, buon
anno nuovo, Granger…
E si addormentarono
abbracciati per quella notte, quasi dimentichi che era cominciato un nuovo
tempo della loro vita.
***
Un gufo nero come la pece e
gli occhi d’ambra si posò sul davanzale della finestra, picchiettando con il
becco ricurvo sul vetro.
Oltre l’imposta, la stanza
era illuminata da candele che svolazzavano nell’aria mentre la musica di un
quartetto da camera stava suonando l’ennesimo lento della serata per i romanticoni del Capodanno.
Silente sorseggiò appena
dalla sua coppa e guardò i suoi studenti ballare allegri; c’era stato un tempo
in cui anche lui era stato al loro posto, ma era una persona ben diversa da chi
era adesso: arrogante, pieno di sé e conscio di avere delle capacità magiche
fuori dal comune.
All’età di diciassette anni
suoi padre era morto lasciandolo con una sorellina, la sua amata Ariana, e un
fratellino appena nato. Sua madre Kendra era una
donna di salute piuttosto cagionevole, ma una madre meravigliosa, a volte si
domandava come avesse fatto a crescere con certe balzane filosofie…
La sua famiglia non era mai
stata potentissima, anche se apparteneva alle stirpi purosangue del mondo
magico e poteva vantare parentele con i Weasley e con
i Black, con i Rosier e con i Crabbe.
Molti erano i segreti, a cominciare da quello di sua sorella.
Ariana era la sua sorellina
preferita, aveva cinque anni meno di lui ed era una bellissima bambina dai
capelli color dell’oro e gli occhi celesti, sarebbe stata una maga
potentissima, se solo non fosse successo quell’incidente mentre sua madre era
incita…
Lo ricordava perfettamente,
erano in carrozza per andare a trovare la nonna quando un gruppo di
malintenzionati aveva colpito il veicolo facendolo sbandare.
Messi in fuga da suo padre,
troppo tardi si erano accorti che Kendra era rimasta
schiacciata da una maniglia e rischiava di perdere il bambino che portava.
Arrivati da sua nonna, sua
madre era stata costretta a partorire in tutta fretta per non morire a sua
volta e quando finalmente la bimba aveva visto la luce, sembrava un esserino normalissimo, ma solo dopo si erano accorti di
cosa le era successo: Ariana aveva avuto dei traumi fisici a causa di
quell’incidente che l’avevano resa incapace di controllare il suo potere e a
volte rasentava la follia.
C’erano momenti in cui
perdeva completamente il controllo di se stessa e dei suoi poteri causando
disastri e guai, ma più cresceva e più il problema peggiorava, le crisi si
facevano sempre più ravvicinate e i suoi raptus magici ancora più pericolosi finchè quel brutto giorno, uccise sua madre.
Non era stata una cosa
volontaria, quando tutto era terminato non ricordava neppure di essere
impazzita, ma la voce fece il giro di ogni bocca che sapesse cos’era la magia.
Sua sorella rischiava di
essere esiliata in un reparto psichiatrico e abbandonata, non poteva
permetterselo, aveva abbandonato gli studi per diventare Auror
pur di prendersi cura di quella creaturina e del
fratellino e non se ne era pentito.
No, quello mai. Perché
l’amore che provava per sua sorella era qualcosa che trascendeva il comune
affetto tra fratelli, più e più volte ci aveva riflettuto e più e più volte si
era reso conto della gravità della cosa, un segreto che nessuno avrebbe dovuto
scoprire; per quasi dieci anni tenne per sé quei sentimenti spuri, quelle sensazioni
inadeguate, quei pensieri indegni, sperando che col tempo tutto potesse
aggiustarsi.
Le cose erano andate
diversamente, tutto era peggiorato: sua sorella, la morte di sua madre, il
doverle stare accanto senza poterla amare come voleva e poi, anche LUI.
Un vortice che aveva fatto
girare il mondo senza che lui riuscisse a fermarlo, più veloce di quanto
riuscisse, più di quanto volesse, disastri, tragedie, tante cose, morti.
Aveva creduto di aver messo
la testa a posto quando, dopo la morte di Ariana e il diploma di Aberforth, era stato nominato insegnante a Hogwarts, ma c’era qualcosa che non era riuscito a
prevedere e una ragazzina ingenua, una sua studentessa innocente ne aveva
pagato su di se le conseguenze; non era più riuscito a controllarsi nel rivedere
tra quelle iridi le stesse di sua sorella e tra quelle dita l’inchiostro che
sporcava anche quelle di Ariana.
Ma Minerva non era Ariana e
in verità c’era poco di comune tra le due, tanto bionda, pallida ed eterea era
sua sorella quanto Minerva era piccina e curva, forse un po’ scialba e slavata,
decisamente poco attraente.
Aveva riflettuto molto sul
suo rapporto con quella che negli anni era diventata la sua più fidata
collaboratrice, quello che gli uomini chiamano “moglie” anche senza una
cerimonia e si sentiva attratto da lei come lo era stato da sua sorella, ma in
modo differente.
Forse non era stata una
bellezza lunare, ma non c’era ragazza in tutta Hogwarts
che fosse dotata dei sentimenti che aveva posseduto Minerva McGranitt
quando era stata sua allieva, neppure la tanto idolatrata Lily Evans si avvicinava al canone che Minerva era diventata per
lui da quando, quella notte, aveva deciso di perdonarlo.
Povera Minerva, le aveva
rovinato l’esistenza… ma forse non avrebbe accettato di dover dividere con
quello che sarebbe dovuto essere suo marito il sentimento che li legava non
una, ma infinite volte.
E lei stessa sapeva che tra
loro c’era qualcosa, anche se non osava sperarlo, ma lo sentiva quel filo di
lana, caldo e resistente, che nessuno sarebbe riuscito a spezzare, neppure la
morte.
Applaudì quando il quartetto
posizionato sulla pedana terminò la sua esecuzione e la sbirciò oltre le lenti
a mezzaluna, forse gli studenti dicevano che era un pezzo di marmo, ma se solo
avessero guardato oltre l’apparenza e oltre le sembianze ormai un po’
invecchiate, avrebbero trovato una persona stupenda.
Quando era stato suo
insegnante, prima che accadesse il fattaccio, un anno l’aveva invitata a
ballare alla festa di Capodanno della scuola.
Ricordava quella scena nitidamente
con la Sala Grande
piena solo a metà, i professori che chiacchieravano al tavolo, qualcuno
impegnato in una quadriglia.
Le studentesse facevano capannello
negli angoli ridacchiando e sorridendosi, chiacchierando degli abiti, i
ragazzi, ormai con i polsini slacciati e le cravatte allentate, si servivano ai
tavoli dei buffet e lei era seduta su un triclinio a leggere uno dei suoi
libri… un comportamento che gli ricordava in parte quello della studentessa
odierna Hermione Granger.
Ogni dettaglio era impresso
indelebilmente, a cominciare dal vestito grigio stile anni venti che indossava,
scialbo quanto lei, dicevano le sue compagne, ma corredato da una stola a
quadri col tartan dei McGranitt che le fasciava la
vita sottile e le adornava i capelli stretti nella consueta treccia lunga sulla
schiena.
Non indossava ancora gli
occhiali a quel tempo e le mani che voltavano svelte le pagine erano
casualmente macchiate, come sua abitudine.
Si era avvicinato, sbirciando
il titolo del libro inconfondibilmente di Trasfigurazione
-Se avessi saputo
che avrebbe fatto i compiti anche la sera di capodanno ne avrei assegnati di
meno, signorina McGranitt – le aveva detto
amichevolmente
Lei aveva alzato gli occhi
stupita e gli aveva sorriso
-Questa materia è
così affascinante che non riesco a leggere di altro… - gli aveva risposto con
occhi scintillanti di una ragazza che, l’avrebbe saputo solo dopo, era
innamorata del suo professore.
-Chiuda quel libro
e vada a ballare! – le aveva proposto prendendolo d’in mano e facendolo scomparire
mentre lei arrossiva e si sistemava la gonna grigia
-Non sono molto
brava nella danza, temo di essere una vera frana – aveva risposto – mio
fratello Loki me lo ripete in continuazione.
Loki era il suo fratello preferito, quello che le era più
vicino d’età e a cui era più legata; era un affascinante ragazzo che si era
diplomato l’anno prima con ottimi voti e che apparteneva al numerosissimo clan
da cui lei discendeva e che contava ben undici fratelli! Lei era l’ultima,
nonché l’unica femmina e vivendo in una famiglia simile, le sue grazie erano
state un poco trascurate.
-Bisognerà creare
un club di danza – le aveva risposto – se fossi al posto di Dippet
lo farei! Tutti hanno diritto di imparare!
-E poi non credo
che qualcuno perderebbe tempo a farsi pestare i piedi da me – aveva ribadito
ancora, ridendo serena
C’era stato un momento, lo
ricordava, in cui quel sorriso gli aveva toccato il cuore e il suo respiro, per
un attimo, si era fermato. Forse la sua follia era cominciata allora. Gli
uomini avrebbero dovuto fare la fila per volerla invitare a ballare e godere
della sua compagnia.
-Venga signorina,
balli con me! – le aveva chiesto cerimoniosamente – io sono più che disposto a
farmi schiacciare i piedi, credo che sia una buona punizione per la mia vanità
che mi ha costretto ad indossare queste scarpe nuove
L’aveva portata a ballare e
avevano fatto un giro di danze, poi, dando ordine ai musicisti di allora, aveva
chiesto che suonassero una ballata scozzese e mai e poi mai si era pentito di
quello perché l’espressione che lei gli aveva regalato era qualcosa di magico e
non c’entravano gli incantesimi.
Era stato sciocco a non voler
vedere, ancora perso nei pensieri di Ariana, appena mancata, e di tutti gli
altri problemi che stava ancora cercando di risolvere.
Ormai era vecchio e stanco,
non avrebbe potuto farla ballare ancora, tantomeno
chiederle di dividere una quadriglia scozzese perché sapeva che, nonostante
l’età, lei si sarebbe scatenata come allora.
Sorrise e fece appena un
cenno ai musicisti che capirono al volo e la musica ritmica e tamburellante
della Scozia, della vecchia Scozia fatta di tartan e di clan, di Highlands e di Longlands, di muri
e di brughiera, di castelli e di profumi di natura, invase la sala e le
immagini di un passato remoto ma pur sempre vicinissimo si potevano scorgere
oltre le lenti rettangolari degli occhiali che ora, Minerva McGranitt,
dopo quasi cinquant’anni, indossava, occhiali che
celavano i suoi occhi azzurri che lo stavano mutamente ringraziando come
centomila parole non avrebbero potuto.
Un ticchettio alle spalle
attirò la sua attenzione e il gufo nero dagli occhi gialli entrò non appena la
grande finestra a riquadri si aprì, andando a posarsi sul braccio del preside e
lasciandogli il messaggio che Draco ed Hermione gli avevano mandato da Londra.
Non sembravano buone nuove se Malfoy aveva deciso di utilizzare quella bestia;
la fece salire su un trespolo e srotolò la pergamena, cominciando a leggere
veloce le parole scritte dalla classica mano della Caposcuola.
Lo sguardo si fece serio e si
alzò in piedi svelto, dirigendosi verso l’uscita dei professori, Minerva si
alzò con lui e lo seguì svelta, senza domande, intuendo che doveva trattarsi si
qualcosa di estremamente grave.
-Sono i ragazzi da
Londra? – domandò lei quando la porta dell’ufficio si fu richiusa dietro di
loro con un rumore sordo, il preside annuì – cosa dicono?
-Ci sono mangiamorte nella capitale – annunciò – pare che ne abbiano
scoperti un paio in una biblioteca e che abbiano ascoltato “per caso” una
conversazione tra loro…
-Oh cielo!
-Pare che si
stiano muovendo più veloci di quanto credessi e Bellatrix
non desiste
-Oh Albus, devi fare qualcosa, quei due si cacceranno nei guai!
Lo so per certo, vorranno rendersi utili e poi succederà qualcosa… che possiamo
fare? – la vicepreside sembrava sinceramente preoccupata per le sorti di due
dei suoi alunni e le rughe sulla fronte lo testimoniavano
-In questo momento
devono badare a se stessi, se succederà qualcosa di grave li farò tornare
immediatamente a Hogwarts.
-Ma… e i mangiamorte?
-Draco sa come
cavarsela, ci penserà lui ed Hermione non è stupida, anzi! – Minerva McGranitt borbottò qualcosa di poco convincente a proposito
delle tesi del preside – in questo momento, finchè
non tornano, non posso fare nulla.
-E tu? Tu sei il
primo della lista di Bellatrix…
-Me e… ma non c’è
assolutamente tempo da perdere! Hogwarts non verrà
presa! Non finchè starò qui dentro! Non finchè sarò preside.
-Neppure finchè ci sarò io! – terminò lei
Lui le sorrise, sapendo che
lo capiva e sapendo che lei sapeva.
Che assurdo gioco di parole,
ma era la pura e semplice verità.
-Mi devi una danza
per questa sera, Minerva – aggiunse – come ai vecchi tempi…
Lei sorrise e arrossì
-Ma non credo che
riuscirei a dare spettacolo come quando ero giovane, preferisco che io e te ci
balliamo la nostra canzone qui, dove nessuno può prenderci in giro
-La mia cara
Scozia e i miei fratelli vivono tutti nel mio cuore, ma sono felice, ogni tanto
che tu mi aiuti a ricordarli…
E stringendola a se, la fece
volteggiare due o tre volte nello spazio libero, felice di averla accanto anche
in quel momento.
Gli era stata accanto quando
stava uscendo da una crisi, lo aveva fatto senza volerlo.
E da allora in poi, gli era
sempre stata accanto perché voleva farlo.
E anche lui.
Era stato lui a chiamarla a
Scuola quando l’avevano nominato preside e c’era la necessità di un nuovo
insegnante di Trasfigurazione, ma quella era una cosa che non riusciva a
ammetterle.
E adesso lei gli era ancora
accanto, anno dopo anno, decennio dopo decennio. Gli sarebbe parso stranamente
inconcepibile che lei non ci fosse quando aveva bisogno.
***
Spazio autrice:
ciao a tutti, allora? Cosa mi dite di questo segreto delle Reliquie della Morte
rielaborato da me? Penso che non sia difficile intuire che la storia è
“vagamente” ispirata all’originale settimo libro della Rowling,
tuttavia ho aggiunto e tolto reliquie a piacimento e ne ho fatto quello che
volevo, dando loro una storia del tutto differente e associandole a personaggi
completamente diversi da quelli di cui si parla nel libro dove, effettivamente,
sono solo tre o quattro.
Sono molto curiosa di
conoscere i vostri pareri a proposito, spero che il capitolo vi sia piaciuto,
lo spero davvero!
Piccola informazione di servizio: dato che la settimana prossima parto per la mia utilima gita scolastica delle superiori e questa durerà
cinque giorni, la settimana prossima non potrò aggiornare. Se riuscirò e non
sarò oberata dagli impegni lunedì mattina posterò il prossimo capitolo, il
tredicesimo, ma non prendetela per una promessa perché prima di partire ci sono
sempre pasticci a volontà e fare le valigie non è proprio il mio forte XP
Spero comunque di riuscirci,
nel frattempo, MONACO, ARRIVO!!!
Shavanna:
dai, festeggiamo insieme la festa dei single! Sono felice che la scelta del
giorno stia bene con le tematiche affrontate, non posso dire lo tesso di questo
ma non importa, prima o poi questo benedetto segreto doveva uscire fuori da
quelle labbra!
Le compagne di Herm sono state bastarde fino in fondo, come tutte le false
amiche invidiose di lei perché era brava e frequentava una scuola dove loro non
potevano andare… ma ci sono anche quelle e Herm in
questa storia è un personaggio un po’ più tormentato dell’altra, qui si sente
sempre al posto sbagliato…
Beh, spero che il segreto
delle reliquie ti piaccia, ciao e un bacione! Nyssa
luana1985:
penso anche io che san Valentino sia ormai ridotta ad una festa di acquisti, ma
credo che il significato di una festa per gli innamorati sia qualcosa di bello,
anche se nella mia fic l’ambientazione è il 31
dicembre (e quei due se n’erano pure dimenticati >_>).
Non sprecare troppa poesia
nelle lodi di me e della mia storia, non credo di essere così brava, anche se
fa sempre piacere leggere delle recensioni così, quindi grazie mille! Aspetto
di sapere cosa mi dici di questo segreto svelato, ciao e a presto! Nyssa
Potterina_88_:ehehe, la coppia si sta formando, anche se qui il
susseguirsi di eventi è differente dalle Relazioni dove, in questo punto della
vicenda, Draco ed Herm erano già cotti a puntino,
mentre qui ci sono ancora un paio di stadi della relazione da affrontare ^^
Penso che Draco, con tutte le
arie di superiorità che si dà, alla fine si senta terribilmente inferiore a lei
perché lei è sempre stata tra i bravi e lui ha le sue indecisioni, eppoi perché
persegue la giustizia ad ogni costo, mentre lui è fondamentalmente un po’
egoista… per questo credo che stiano bene insieme, si compensano
vicendevolmente…
Non ci sarà mai occasione,
comunque, in cui Draco non ne approfitterà perché Herm
ha, come Blaise, l’innata capacità di farlo ridere e
uscire di senno senza fare cose particolari ihihihi
Bene, io spero ti sia
piaciuto anche questo nuovo capitolo, aspetto curiosa di sapere, ciao e un bacione! Nyssa
Herm83: beh,
per Draco il fine giustifica sempre i mezzi e non credo che gli
dispiaccia poi più di tanto giustificarlo a quel modo ^_^
Draco alterna i suoi momenti
dolci a quelli possessivi a quelli un po’ maliziosi, fondamentalmente è una
persona molto eclettica su questo punto di vista, deve essere per questo motivo
che mi sembra così affascinante (e probabilmente è lo stesso per Herm).
Bene, spero che
l’aggiornamento ti piaccia, me molto curiosa! Aspetto di sapere, ciao! e a
presto, Nyssa
giuliastarr:
ecco qui il tanto agognato segreto di Draco, spero che non abbia deluso le tue
aspettative, attendo con impazienza di sapere cosa ne pensi, ciao e a
prestissimo! Nyssa
crici_82:
finalmente è giunto anche il momento di rivelare qualche segreto seppellito da
un po’, per il momento mi limito a quelli di Draco ma presto arriveranno anche
gli altri! Spero che il capitolo ti piaccia, ciao e un bacio! Nyssa
falalula:
mi fa piacere che aspetti sempre di leggere i miei aggiornamenti, so come ci si
sente ad aspettare in quel modo, sfortunatamente io sto aspettando
l’aggiornamento di una delle mie autrici preferite dal mese di ottobre, quindi
ti lascio dire con che capelli esco ogni volta da efp
dopo aver visto che non ha postato >_>
Spero che il capitolo dei
segreti ti piaccia, ciao! Nyssa
Lord Martiya: innanzi tutto dico che mi fa moltissimo piacere che
il precedente capitolo che ho postato ti sia piaciuto, effettivamente sono
d’accordo sul fatto che forse Mana è il chara più indicatoa d una storia
del genere, anche se non sono sicura di voler fare un altro crossover
come è stato per la precedente fic, anche se in uno
dei tuoi commenti mi hai dato l’ispirazione per uno sviluppo a cui non avevo
ancora pensato ^^
Il motivo per cui Herm è andata in città è… che è uno dei misteri ancora da
svelare ^^
Sono sicura che ci siano
persone che sanno come trattare la Umbridge, ma mi
sembra un po’ offensivo per le rane paragonarla a loro…
PS: è appena uscito il 10°
numero di negima ed è troppo divertente!
Killkenny:
effettivamente anche la Row ha fatto qualche accenno,
ma penso che sarebbe davvero una mangiamorte perfetta
perfida come è!
Quando ho letto il quinto
libro ero davvero furiosa con lei, specie per le cattiverie che faceva ai
gemelli che mi stavano sempre molto simpatici…
Spero che possa piacerti
anche questo capitolo, ciao e a presto! Nyssa
Lauwren:
ma no che non sei in ritardo, non mi hai neppure battuta sul tempo ^^
Sono d’accordo sul fatto che
Draco sia bastardo (mai negato) come ogni Malfoy (una verità inconfutabile),
però ogni persona ha i suoi lati positivi, lasciamogli almeno uno spicchio
anche per lui, dopotutto in questa fic se lo merita
con tutti i pasticci che gli sto facendo *-*
Bene, spero che il tanto
atteso segreto di Draco non ti deluda, aspetto curiosa di sapere cosa mi dici,
ciao e a prestissimo! Nyssa
Quando era giovane, il mondo attorno a lui gli pareva ingiusto,
terribilmente inquinato e decisamente inadatto ad uno come lui
Premessa: è
una vita che non scrivo più di premesse, ma per questo capitolo mi sembrava
d’obbligo farlo.
Attenzione, il capitolo è decisamente NC17 a causa di scene un poco violente.
Veramente NC17 è solo una
classificazione perché non credo che a diciott’anni
uno sia mooooolto più maturo di
quando ne ha 17, ma intendo che, se avete una certa sensibilità
spiccata, magari saltate il tutto, anche se non ho dato il meglio (o il peggio)
di me.
Appunto questo avviso perché
è meglio abbondare visto che una volta stavo morendo di raccapriccio al leggere
una fic senza target simili caratterizzata
solo come Rating Arancione.
Vi auguro buona lettura!
Nyssa
***
Quando era giovane, il mondo
attorno a lui gli pareva ingiusto, terribilmente
inquinato e decisamente inadatto ad uno come lui.
Guardando dopo molto tempo il
se stesso che era, gli parve di scorgere quasi una somiglianza tra lui e Tom, forse era per questo che tra tutti era stato il primo
e l’unico ad accorgersi di quello che quel ragazzo era stato.
A Hogwarts
era stato il più brillante studente di ogni tempo, c’erano esaminatori che
avevano detto che non avevano mai visto fare certe cose con una bacchetta e
avevano ragione, ma il merito non era tutto suo, la sua Bacchetta, la
sua vecchia Bacchetta che lo accompagnava da molto era stata un aiuto non da
poco.
Quando si è bravi e pieni di
doti è facile guardare gli altri dall’alto in basso, giudicandoli degli
incapaci per degli errori che non si commetterebbero mai, ma non tutti sono
svelti d’ingegno, non tutti riescono a guardare il mondo
distaccati meditando vendetta.
Già, vendetta…
Era vendetta che voleva e che
aveva giurato quando suo padre li aveva lasciati,
senz’altro troppo presto.
Quando era mancato lui doveva
ancora terminare la scuola ed era stato allora che la Bacchetta gli era stata
assegnata, era stato difficile riuscire ad utilizzarla, ma conoscendo il
potenziale di quell’oggetto, aveva visto ciò che avrebbe potuto fare con
quella. La vendetta era per sua sorella Ariana, costretta dai babbani come una pazza senza volontà, una creatura buona e
dolce che possedeva poteri inimmaginabili e altrettanto incontrollabili per
colpa di un branco di briganti egoisti che volevano rapinarli. Povera creatura.
Aveva giurato di starle
accanto e si era impegnato fino a stare male, poi aveva creduto di riuscire a
realizzare tutto ciò che voleva salendo sempre di più, era entrato nel mondo
degli Auror, ma ci era rimasto per poco, finchè sua madre non era stata uccisa.
Sua sorella aveva avuto una
delle sue crisi e l’aveva ferita a morte, senza neppure riuscire a ricordarsene,
di fronte agli occhi esterrefatti di suo fratello Aberforth.
Aveva dovuto abbandonare gli
studi e occuparsi di loro.
E ogni giorno era stato
peggiore del precedente, i sentimenti che aveva per Ariana erano tutt’altro che fraterni e quello che sentiva verso la sua
sorellina altro non era che ciò che la gente comune chiama amore.
Aveva deciso che si sarebbe
sposato solo con una persona speciale, colta e intelligente, bella e piena di
buone qualità, ma nella sua vita non si era ancora accorto che il canone al
quale guardava era sua sorella e, ovviamente, nessuna delle sue compagne né
delle ragazze che aveva conosciuto dopo poteva reggere il confronto; non lo
sapeva allora, ma era innamorato di Ariana e l’aveva trattata come una dea in
terra, idolatrata fino a farsi mare e schiacciato da quell’amore non
corrisposto e decisamente sacrilego che provava verso una parente di sangue.
Poi era arrivato Grindewald.
Veniva da Drumstrang
e non aveva terminato gli studi perché era stato espulso dalla scuola a causa
di un grave fatto di cui non voleva mai parlare, dicendo che il preside e tutta
la scuola erano un branco di fantocci radicati nelle loro convinzioni vecchie e
sorpassate.
Grindewald era riuscito a risvegliare in lui i sentimenti di
superiorità che aveva accantonato per un po’ quando
aveva cessato gli studi e il senso di sporcizia tornò a farsi sentire, acuito
dal peggiorare delle condizioni di sua sorella.
Avevano fatto amicizia e Grindewald era stato per lui un amico che non sperava di
trovare, qualcuno così simile a lui che pareva uscito dai suoi sogni, il
gemello che ciascuno sogna quando non si ha qualcuno
che ci capisce.
I progetti di questo mago
ambizioso, però, andavano al di là di quello che lui, Albus
Silente, era disposto a mettere in gioco e, principalmente, su tre fattori:
l’amore che Grindewald aveva per sua sorella, quel
sentimento non lo sopportava, gli andava giù a fatica ed era ciò che più di
tutto detestava in quella persona, anche se lo tollerava perché sapeva che
quell’uomo non aveva possibilità e Ariana stessa gli aveva confidato di
trovarlo troppo pieno di sé e borioso… come avrebbe reagito la sua sorellina se
avesse saputo che lui non era poi tanto diverso?
Il secondo punto riguardava Aberforth, nonostante fosse il fratellino e tra loro ci fossero diversi anni di differenza, gli era molto legato
come sentimento ereditato da sua madre che aveva per quella piccola peste un
modo di fare tutto speciale. Aberforth non aveva le
abilità del fratello maggiorr, ma la sua saggezza e
la sua compostezza erano ciò che lo rendeva speciale per tutti e, forse, tra
loro era a quel tempo il più maturo.
Grindewald lo detestava con tutto il cuore, opposto a quanto
amava con trasporto la sorella, tanto il mago era impulsivo e avventato quanto
l’altro era quieto e riflessivo e lo sprezzo con cui gli occhi verdi di Grindewald si posavano su quel bambino gli rimestava le
viscere.
La terza cosa era ciò che Grindewald stesso era disposto a fare: tutto.
Non aveva freni né
limitazioni, se ne infischiava delle istituzioni, delle regole e delle leggi,
le infrangeva a suo piacimento senza preoccuparsi delle conseguenze come se
fosse un intoccabile, superiore ad ogni altra creatura sulla terra e stava
cominciando a coinvolgere anche lui e la sua disgraziata famiglia.
Albus, aveva molto da perdere, la famiglia era sulle sue
spalle così come il segreto di Ariana che aveva sciaguratamente raccontato
anche al suo fidato amico.
E tuttavia, il desiderio di
vendetta non era ancora scemato neppure la metà di quanto avrebbe dovuto.
Viveva nella bambagia,
credendo che tutto ruotasse intorno ai maghi e che i babbani
fossero creature malvagie solamente perché avevano reso sua sorella quasi
pazza, ma non aveva ancora indagato su quegli sconosciuti senza casa e senza
cibo che cercavano il modo di tirare avanti in un tempo appena prima dello
scoppio della Grande Guerra, dove la carestia era diffusa, le malattie ovunque,
la morte acquattata in ogni anfratto.
Anime povere e senza averi
che tentavano il tutto per tutto.
Erano cose che aveva saputo
solamente dopo.
Dopo quella triste sera.
Aveva lasciato casa sua con
una scusa per fare qualche ricerca sul passato di Grindewald,
quel passato di cui lui non sapeva nulla e di cui voleva sapere, di cui era
curioso.
Aveva incontrato un amico che
aveva studiato a Drumstrang e che aveva frequentato
con lui l’accademia per gli Auror, chiedendogli
qualche dettaglio come se si trattasse di pettegolezzi.
Il Vaso di Pandora che si era
scoperchiato era stato un colpo troppo duro, troppo violento e troppo repentino
persino per lui che immaginava per la sua espulsione qualche marachella di poco
conto.
E invece, una serie di atroci
informazioni, sussurrate appena, cose proibite, avevano lasciato le labbra
tremanti di Igor, il suo amico, che aveva raccontato come Grindewald
si fosse reso responsabile di violenza su alcune ragazze di Beauxbatons
in visita all’altra scuola, tre erano state le poverette che a stento avevano
denunciato l’accaduto, anche se la preside dell’istituto e il rettore della
scuola russa credevano che fossero di più.
Era stata comminata una
punizione severissima per lo studente che, tuttavia, non prevedeva ancora
l’espulsione, fino al triste giorno del Cielo Grigio.
È il nome con cui gli studenti
di quella scuola ricordano l’avvenimento.
Ogni scuola ha i suoi
scheletri e i suoi fantasmi, Mirtilla appartiene a Hogwarts,
YuriJulianovich a Drumstrang.
Yuri era stata la mente più brillante di tutti i tempi
della scuola, se ne sentiva spesso parlare anche in Inghilterra, era una
persona semplice e senza ambizioni che Grindwald non
sopportava.
Era invidioso di quel biondo
senza macchie, di quell’anima candida che stava simpatica a tutti.
Lo uccise.
E non fu un raptus di follia,
ma un omicidio calcolato nei dettagli dove solo una pedina si trovava fuori
posto: Marlene Fleur-de-Lise.
Nella tragica mattina di quel
ventisette ottobre, un fagotto informe era stato deposto oltre l’ingresso
dell’austero monastero Greco-Ortodosso che fungeva da sede della scuola, dalle
coperte cenciose sbucava solo la testa immobile e circondata dai capelli biondi
di Yuri, il terrore dipinto negli occhi celesti
spalancati in maniera innaturale.
Pochi assistettero alla scena
del ritrovamento e ancora meno furono quelli che esaminarono il cadavere sul
quale non era rimasto che un brandello di pelle a ricoprirgli il volto.
Muscoli e tendini in vista,
scoperti da quella patina chiara e tipicamente russa che era la
l’epidermide, misteriosamente scomparsa.
La pelle che era stata toccata
da Marlene, che aveva commesso peccato a scegliere lui anziché Grindewald.
Per cinque settimane la
scuola rimase chiusa e gli studenti confinati, anche le ospiti francesi, finchè Marlene, vinta la paura, si decise a confessare.
L’orrore che raccontò era
qualcosa di incredibile per il vecchio insegnate che dirigeva quella scuola di
disciplina militare, un insegnante dalla morale ferrea e dai modi altrettanto
severi che poco aveva a che spartire con Karkaroff.
Marlene venne
messa sotto scorta armata dal Ministero della Magia Russo e Grindewald
condannato per l’omicidio del suo compagno.
Trascorse
sette anni in carcere dove,
tuttavia, si raccontava, non era riuscito a superare la cosa e neppure a
pentirsi dell’orrenda faccenda.
Aveva lasciato la Russia per l’Inghilterra
dove nessuno conosceva i suoi macabri segreti.
Quando Albus
Silente aveva riaperto gli occhi, una nuova verità e un nuovo passato
aleggiavano intorno alla figura del suo amico che mai aveva dato a vedere di
essere una tale macchina assetata di sangue.
Decise di non credere a
quelle fandonie e, tuttavia, una nuova sensazione di inquietudine lo invase al ricordo di sua sorella e di suo fratello soli
in casa in sua compagnia.
Quando tornò,
il peggio era già avvenuto perché la sua bella Ariana, la sorellina preferita,
pura come un giglio, era in un lago di sangue sul pavimento.
I bei capelli biondi cadevano
a ciocche disordinatamente e impiastrati dal rosso che si stava rapprendendo.
Non era morta, ma stava
rischiando molto.
E Grindewald
non aveva ancora terminato la sua carneficina perché Aberforth,
testimone involontario come Marlene, non doveva vivere un istante di più.
Marlene aveva fatto un vita nascosta per il resto della sua esistenza, rinchiusa
in un convento sulla Manica da cui non aveva mai messo piede fuori.
Aberforth non sarebbe stato altrettanto fortunato se,
spalancata la porta, Albus avesse esitato un istante
di più.
Ma la rabbia nel vedere
quella scena straziante e quella persona che credeva amica esaltata dal rosso
che schizzava, quasi gaudente di quello spettacolo raccapricciante, gli aveva
fatto perdere il senno e, impugnata la bacchetta, la battaglia aveva infuriato.
Si dice che una persona
arrabbiata dia il meglio di sé e quelle magie che mai nessuno aveva creduto di
poter vedere fatte da una bacchetta, divennero magie di crudeltà verso colui
che aveva cercato di strappargli senza motivo le uniche due persone a cui aveva voluto veramente bene e che gliene volevano
altrettanto e che, allo stesso tempo, lo stava privando dell’amico perfetto: il
tradimento di un’amicizia è un atto imperdonabile.
Era una rabbia comprensibile.
Ma furiosa e violentissima.
Tanto che rischiava di
uccidere quel traditore e assassino.
Ma non lo fece e se ne pentì e
questi riuscì a scappare.
Con l’arrivo delle autorità,
Ariana e Aberforthvennero
subito condotti al San Mungo e sopravvissero entrambi.
A ricordo della scena, suo
fratello aveva ancora una cicatrice che gli segnava il sopracciglio e la
guancia sinistra.
Albus Silente aveva deciso che andare a Hogwarts
sarebbe stata la soluzione migliore, la Scuola era un posto sicuro e accettando
il titolo di insegnante avrebbe potuto tenere con sé sua sorella
mentre suo fratello entrava negli Auror.
Così era stato.
Ma la disgrazia è sempre in
agguato e sua sorella era morta nel dare alla luce un bambino.
La cagionevole Ariana non era in grado di sopportare neppure la sua debole
vita, tantomeno quella di un neonato che le cresceva
dentro assorbendo quella poca energia che già le serviva.
Un bambino figlio di Ariana
Silente e di Grindewald.
La sua più grande vergogna e
il suo più grande orgoglio.
Era tutto ciò che gli
rimaneva di sua sorella.
E non poteva tenerlo con sé.
E nel frattempo quel mago
rinnegato continuava a vivere libero, sapeva che si era infiltrato in Germania
tra i gerarchi del fuhrer e sperava solo che morisse.
***
Aprì gli occhi e vide un
altro paio di iridi azzurre che lo scrutavano.
Minerva McGranitt…
l’aveva conosciuta proprio in quel periodo della sua vita, lei studentessa della
Scuola, sua sorella appena morta.
Il suo segreto celato con
cura tra le pieghe di ricordi che sarebbero rimasti indelebili.
Sospirò profondamente nel
riconoscere le rughe familiari del volto di lei, i capelli grigi che striavano
la crocchia severa in con cui castigava la sua vanità.
Era sempre stata una ragazza solitaria che se ne stava sulle sue, che era se
stessa solo all’interno del grande clan che era la sua famiglia, eppure,
nonostante questo suo essere schivo, gli era saltata subito agli occhi.
Sua sorella Ariana era morta quando Minerva era ormai al terzo anno di Hogwarts, se sua sorella fosse stata normale avrebbe
frequentato l’ultimo… non c’era una grande differenza di età tra quelle due
donne così diverse l’una dall’altra.
Ogni tanto ci rifletteva e
cercava di immaginare in quale Casa Ariana sarebbe stata smistata se fosse
entrata alla Scuola di Magia, era una fiera Gryffindor,
ma una intelligente Ravenclaw
e anche una conciliante Hufflepuff, non la vedeva
molto tra gli alteri e sdegnosi Slytherin, ma se
avesse voluto probabilmente sarebbe riuscita a farsi strada anche tra loro
visto che la famiglia da cui proveniva vantava un passato purosangue del tutto
invidiabile.
Pensandoci e ripensandoci,
non riusciva a ricordare cosa avesse visto di così
somigliante tra Minerva e Ariana, sua sorella era allegra e gentile, l’altra
schiva e solitaria, introversa e sempre sulle sue, abituata al chiasso e alla
baldoria tutta scozzese in cui era nata, raffinata ed elegante la bionda Silente.
Ma c’era una differenza
abissale tra le due: mentre nel caso dell’ultimogenita della famiglia Silente
il sentimento nei suoi confronti da parte del fratello maggiore era qualcosa di
sacrilego e peccatore, una macchia incancellabile e del tutto non corrisposto
se non con del banale affetto fraterno, nell’altro caso erano i sentimenti di
Minerva verso il suo professore che erano etichettati come sbagliati, una
relazione tra alunna e insegnante, vergogna della scuola, schifo dell’altero
preside Dippet.
Entrambi segreti e mai detti.
E anche in quel caso, non
corrisposti.
O forse solo in parte, perché
si sentiva sempre irrimediabilmente attratto da lei nella sua lontananza,
arrivando perfino a paragonala all’unica donna che
avesse mai usato come metro di giudizio per le altre.
Forse il destino suo e di
Minerva era legato già da prima che si incontrassero.
Legato dal nastro bianco
dalla fiducia e da quello rosso dell’amore.
Ma rosso anche come dolore,
come passione, come sangue.
Terribile era stato quello
che le aveva fatto quella lontana notte alla luce della luna.
Su di lei aveva sfogato il
sentimento represso che per tanti anni aveva conservato gelosamente dentro di
sé, dando vita ad un mostro nella vana speranza, per una volta, di essere
qualcuno speciale per Ariana.
Ma la ragazza che gridava di
dolore non era sua sorella che mai aveva corrisposto i suoi sentimenti.
La ragazza che urlava
straziata era una giovane innocente della luce baluginante della luna, la
vittima sacrificale dei suoi sentimenti troppo a lungo negati.
La ragazza con lui aveva
sentimenti analoghi ai suoi, altrettanto sbagliati, ma non lo
comprendeva perché non sapeva niente del suo “adorato professore” e tantomeno del suo vergognoso segreto.
La ragazza sotto di lui non
si chiamava Ariana, ma Minerva, come la dea romana
della saggezza, della pace, dell’equilibrio, rappresentata con la spada in una
mano e con la bilancia della giustizia nell’altra.
E lui, mai e poi mai, sarebbe
riuscito a fare ad Ariana quello che aveva fatto a lei.
Non era stato migliore di Grindewald che aveva usato violenza a sua sorella, lui
aveva fatto qualcosa di peggiore perché Ariana non si fidava di quel suo amico,
quella studentessa, invece, non aveva motivo di avere timore di lui che era il
suo insegnante e, in teoria, qualcuno che avrebbe dovuto insegnarle e
proteggerla.
L’unica cosa che le aveva
insegnato era che il mondo è una valle di lacrime e
l’unica persona da cui doveva essere protetta era proprio lui.
Come aveva fatto Minerva McGranitt a trovare la forza di perdonarlo?
Era un mago famoso, stimato e
onorato, di indubbia intelligenza e dai poteri enormi, eppure non la
comprendeva e non riusciva a sapere dove lei avesse trovato
quella forza.
Con tutta la sua scienza e le
sue conoscenze, gli mancava il tassello che andava oltre.
E lei lo sapeva.
Per questo, da allora, si era
sempre rifiutata di ripetere quelle parole che avevano accompagnato il suo
perdono.
Due parole banali che la
gente usa e di cui abusa, ma che, da una persona come lei, hanno un significato
particolarissimo e una carica impressionante.
Dove quella ragazza minuta
trovava il coraggio di andare avanti ogni giorno buttandosi dietro il passato?
Da dove prendeva la vita che
le permetteva di occuparsi di altri, lui per primo, cercando di comprendere
senza sapere?
Non le aveva mai rivelato la
sua storia, solo in parte.
Lei sapeva che era innamorato
di Ariana, a lei lo aveva detto, una notte di luna piena molti anni dopo quella
tragica esperienza.
Ma non le aveva detto di ciò
che era accaduto dopo.
Non le aveva detto che sua
sorella aveva avuto un figlio, lei sapeva solo che lui aveva un altro parente
oltre a Aberforth.
E non le aveva neppure detto
le due cose fondamentali del perché adesso stavano succedendo tutte quelle cose
apparentemente senza senso.
Non era stato per il
Ministero che aveva ucciso Grindewald, ma per
vendetta, una vendetta che cercava da molto e nella quale aveva sommato il suo
odio iniziale per i babbani, piano piano scemato dopo essere venuto a conoscenza della storia
di quella povera gente. Una vendetta che era radicata nella memoria di sua
sorella, nella vita di suo nipote e nella sua, distrutta. E nella quale
c’entrava anche il male che lui aveva fatto a Minerva.
Quando Ariana era morta e
dopo aver violentato Minerva, aveva cominciato a riflettere molto e a voler sapere
chi fossero quelle persone.
L’aveva saputo.
E non era riuscito a serbare
tutto il rancore di una volta.
Da allora, per ciascuno che
aveva conosciuto, aveva un poco indagato nel suo passato.
***
Aprì gli occhi.
Lei era seduta lì, accanto al
suo letto, che leggeva un libro di Trasfigurazione, come quando era una
ragazzina innocente.
Udito il rumore delle coperte
che si smuovevano aveva alzato gli occhi segnati dalla sua lettura e li aveva
posati su di lui, aspettando qualcosa.
Gli occhi grigi oltre le
lenti stavano aspettando qualcosa che lui sapeva le avrebbe presto detto.
-Prendi un foglio
di carta
Disse appena.
Lei non aspettò che
aggiungesse altro e richiamò dalla scrivania una
pergamena e la lunga piuma colorata col pennino d’oro che lui usava spesso per
firmare i documenti importanti.
Il foglio bianco si fermò
davanti a lui e la penna pronta per essere impugnata.
Albus Silente la prese tra le dita deformate dall’artrite e
cominciò a tratteggiare le lettere lunghe e voluttuose: non era riuscito a
liberarsi di quel modo di scrivere così ottocentesco e molto vanitoso, era
l’unica cosa che era rimasta in lui del vecchio Albus
oltre ad un baule di ricordi che pesava quanto il Cielo sorretto da Atlante.
Cercate
l’Onore dei Black
Albus Silente
Una missiva quantomai enigmatica e oscura, ma non poteva permettersi di
divulgare particolari e informazioni della sua vita privata.
Non era certo di poter dire
tutto anche a loro, i due ragazzi che aveva mandato a Londra, anzi, veramente
non si sentiva di poterlo fare neppure con LEI, ma quello era un altro caso, a
lei lo doveva e lo avrebbe fatto.
Loro… avrebbero trovato la
loro strada da soli.
Con un gesto della mano la
tortora grigia tornò al davanzale della finestra accanto al letto a baldacchino
e si fece largo tra i vetri accostati per entrare nella stanza.
Silente le regalò una carezza
sul piumaggio grigio e l’animale emise un suono gutturale di soddisfazione,
dopodiché l’uomo le legò alla zampa la pergamena rimpicciolita e lasciò che
l’uccello partisse per la sua nuova missione.
-Vieni, Minerva,
adesso saprai perché.
Minerva McGranitt
si sistemò la gonna scozzese sulla poltrona accanto al letto e con lo sguardo
serio di quando seguiva un compito in classe dei suoi alunni, si apprestò ad
ascoltare quanto quell’uomo aveva da dirle.
Un segreto che, lo sapeva,
risaliva a molti anni prima e che aveva avuto
conseguenze impreviste.
***
Nell’attico londinese di Raymond due ragazzi stavano dormendo nel letto.
Draco aprì gli occhi al
secondo picchiettio contro i vetri, ormai era abituato a quel suono divenuto,
dopo diciott’anni vissuti nel mondo magico, molto
familiare.
In verità non lo sarebbe
dovuto essere, visto che i messaggi a casa Malfoy arrivano sempre dalla porta
principale e passano al vaglio di elfi domestici specializzati nello
smistamento della posta e un maggiordomo apposito, tuttavia, da bravo ragazzo
figlio di papà che alla fine s’è rivelato il peggior traditore dei mangiamorte dopo Regulus Black e SeverusPiton, si era sempre
fatto spedire le cose “importanti” direttamente in camera, in modo che la
servitù del castello non avesse di che spettegolare alle sue spalle e,
soprattutto, con i suoi genitori.
Era diventato membro
dell’Ordine da meno di sei mesi, ma la sua conversione, se di conversione di
poteva parlare, era cominciata nel momento stesso in cui aveva ricevuto il
potere di dare fuoco al mondo e lasciarlo bruciare per l’eternità.
Era un potere legato
doppiamente a Silente che poteva impedire quella follia
quando voleva.
Lo stesso Silente che era a
capo del fantomatico Ordine frequentato solo da prossimi suicidi, quel Silente
che aveva disprezzato per anni e che, all’improvviso, era visto sotto una luce
nuova.
Silente aveva avuto un potere analogo al suo molto tempo prima ed era stato in
grado di gestirlo e usarlo con senso, lui, che lo aveva appreso solo da pochi
giorni, non sapeva cosa farne.
Per questo aveva incominciato
a stimare quel professore un poco svampito, perché sapeva che il freno che
doveva esercitare su se stesso per tenere a bada la Bacchetta, la fantomatica ElderWand, era dieci volte
superiore a quello che doveva compiere lui.
Aprì un occhio e mise a fuoco
un fiore stampato e un bottone.
Pessimo inizio di giornata.
Spostò la mano destra e tastò
una ciocca di capelli, perfetto, dalla padella alla griglia! O come diavolo
dicevano quegli stupidi babbani.
Sollevò la testa e vide,
appoggiata alla sua, quella della mezzosangue con i tratti adulti, ciò
significava che lui era tornato bambino… magnifico… quante altre notizie
pericolose per la sua circolazione cardiaca doveva ricevere nei prossimi
quindici minuti?
A confermare la cosa, la
ragazza strinse la presa delle sue braccia, intrappolandolo in una specie di
pigiama azzurro e facendogli appoggiare involontariamente la testa su qualcosa
di morbido.
Il sangue gli defluì
totalmente dal cervello per andare a concentrarsi in un altro punto decisamente
più pericoloso.
Decise di prendere in mano la
situazione prima che questa degenerasse oltre
l’immaginazione della poveretta addormentata
-Mezzosangue, cazzo, cos’è? Mi vuoi ammazzare di prima mattina?
Hermione aprì gli occhi e si
stropicciò prima il destro e poi il sinistro mettendo a fuoco la figuretta
infantile del ragazzo che le stava di fronte e la guardava con la faccia ideale
come copertina da “Elogio alla follia”
Cosa avesse da urlare tanto
di prima mattina, poi, era ancora un mistero irrisolto e non riusciva davvero a
capire perché dovesse buttarla giù dal letto alle… guardò un secondo l’orologio
a muro: le otto di mattina?! Ma stava scherzando? Cosa
aveva di così urgente per tirarla in piedi a quell’ora il primo giorno
dell’anno?
E perché il biondastro si
stava tenendo tutto quel lenzuolo intorno?
-Perché mi hai
svegliata così presto? – chiese sbadigliando e stiracchiando le braccia intorno
alla testa
Lo sguardo truce del ragazzo
non era un aiuto.
-Mezzosangue,
forse ci sono un paio di cosette che dovresti sapere quando
si sta a letto con un uomo…
-Io vedo solo un
bambino – puntualizzò lei abbozzando un sorriso – e poi perché ti sei preso
tutto quel lenzuolo? Ho freddo…
-Granger,
ascoltami bene per una volta nella vita – lei alzò gli occhi, come se non lo
avesse mai fatto… - punto numero uno: stavi cercando di strozzarmi? – parve un poco stupita dalla cosa – e punto numero due: se ci tieni
a cambiare le tue parole di ieri sera il lenzuolo me lo levo anche, ma credo
che sarebbe una scossa un po’ troppo violenta per il tuo pudore
Le sue guance si tinsero di
un colore rosso piuttosto accesso mentre si affrettava
a distogliere lo sguardo e a voltargli le spalle.
Quando la porta del bagno si
fu chiusa dietro di lei il biondo poté finalmente tirare un sospiro di
sollievo.
In verità non lo stava per
niente soffocando e di certo non sarebbe stato il primo ad allontanarsi da
quell’abbraccio involontario se la sera precedente non avesse detto quelle due stronzate in croce che l’avevano reso al contempo il suo
idolo e lo zimbello di se stesso.
Una scenetta del genere sarebbe
stata mimata negli anni a venire come la cosa più stupida e imbarazzante che un ragazzo prossimo a portarsi a letto una ragazza
potesse dire.
Come aveva potuto dire una
cosa del genere?
Doveva essere stata tutta
colpa dello champagne scadente che aveva bevuto a quel maledetto locale e poi…
doveva anche essere un po’ impazzito visto che aveva fatto due cose che non
avrebbe dovuto: raccontarle la storia delle Reliquie e cercare di portarsela a
letto; anche se la vetta della sua stupidità era stata raggiunta
quando le aveva detto che l’avrebbe baciata anche senza una ragione.
Una specie di caduta di stile
con una come la Granger con cui, generalmente, cercava
di giustificare anche il minimo trasporto che lo stare insieme gli procurava.
Sbuffò e scese a sua volta
dal letto, le scarpe della sera prima erano sparpagliati sul pavimento e i
vestiti suoi e della mezzosangue sulle sedie intorno… beh, bisognava dire che
la situazione era quantomeno equivoca per un esterno…
Si mise le pantofole che gli
stavano larghe e si avvicinò alla finestra dove uno stormo di volatili in attesa stavano aspettando il suo risveglio più o meno
quietamente.
Riconobbe la tortora di
Silente, la civetta bianca di Potty, il falco nero
con il quale aveva mandato il messaggio al preside e altra corrispondenza
inutile. Aprì la portafinestra e li fece entrare ad uno ad uno,
Edvige con un’aria particolarmente bellicosa, probabilmente sotto
l’influsso della missiva del suo padrone.
Prese la zampa e le slegò i
due foglietti che vi erano assicurati, sul dorso del primo era segnato “X Draco
Malfoy (Hermione è meglio se non leggi)”, ghignò divertito dalla cosa, chissà
che gli stava scrivendo quel maledetto grifondoro di
così terribile che gli occhi innocenti della sua amica non potessero tollerare…
sul secondo foglietto, ovviamente, era scritto “X Hermione (Malfoy tieni le tue
zampe viscide lontane da qui!!!)”.
Prese entrambi e li aprì
senza troppi complimenti infischiandosene delle raccomandazioni.
La letterina di Sfregiato
cominciava con un “Se le metti le mani addosso ti ammazzo!” al posto del solito
“Caro Draco” oppure “Gentile signor Malfoy”… curioso il metodo del cercatore
rosso-oro di incominciare le sue missive… decise di prenderla sul ridere e si
sedette sulla poltrona continuando ad assimilare violente minacce di sorta nel
caso avesse provato a torcere un solo capello alla sacrosanta Caposcuola dei
Grifoni, presto canonizzata come vergine immacolata anche grazie al suo
intelligente contributo.
Lanciò un’occhiata alla porta
chiusa del bagno e si lasciò sfuggire un sorrisetto
poi accantonò gli improperi per passare alla lettera che Potter aveva mandato
alla sua migliore amica.
L’incipit di quest’ultima era
decisamente differente rispetto a quella indirizzata a lui e terminava
con baci, abbracci e raccomandazioni da mammina ansiosa, sbuffò nel leggere di
non dargli “troppa” confidenza, di non aprire alla porta e di camminare sempre
nella parte interna del marciapiede.
Rimirò scettico la lettera
tra le mani, maPotty s’era
fumato qualcosa di pesante prima di mettersi a scrivere? Insomma, se non
ricordava male la mezzosangue aveva vissuto a Londra almeno una decina d’anni,
quindi queste cose avrebbe dovuto sapere da sola… per quanto riguardava la
confidenza… beh, era un po’ tardino, anche se forse non era il caso di
ragguagliare San Potter sugli ultimi sviluppi dei loro “scambi d’opinione”,
soprattutto quello della sera prima.
-Immagino che la
privacy non esista nel tuo vocabolario – sottolineò una voce femminile e la
Granger in accappatoio gli comparve davanti arrabbiata, il broncio stampato su
quelle belle labbra che aveva baciato fino alla sera
prima; le mani appoggiate sui fianchi le davano tutta l’aria della mammina incazzosa che l’austera Narcissa non gli aveva mai
riservato
Draco sbuffò e posò la
lettera passando all’altra, questa volta di Lenticchia Weasley,
sempre per lei.
Ignorando il disappunto negli
occhi della ragazza, si mise a leggere una cronistoria della relazione tra la
Donnola e Lavanda-cretina-Brown
che gli fece quasi venire il voltastomaco già di prima mattina.
Mise da parte anche quella
prima che la cena della sera prima decidesse di tornare da dove era venuta.
L’altra lettera apparteneva a
Daphne, in vacanza sulle Alpi svizzere che si divertiva come una matta a sciare
e stava insegnando a Paciock, affettuosamente
riferito come “Teddy” (il Bear era opzionale);
insomma, Hogwarts era diventata il covo di smielatezze peggio dei romanzi da ragazzine!
Blaise mandava appena due righe informandolo che sua madre e
il nuovo marito erano ai ferri corti e lui si faceva un gran ridere: non faceva
riferimenti al presunto coinvolgimento di Cassandra nella setta dei mangiamorte, ma sembrava comunque di buon’umore.
Appuntava anche che PansyParkinson
soffriva di crisi depressive a rimanere a scuola per le vacanze di Natale, in
compenso aveva visto sua madre Nicholaa al party natalizio
che Cassy aveva organizzato e gli pareva stranamente
deperita.
Ma era mai possibile che
tutta quella gente dovesse scrivergli proprio per il primo dell’anno e
soprattutto per informarlo solo di certe stupidaggini?
Ovvio che Nicholaa
era deperita, quei pazzi maniaci della distruzione del mondo la stavano
sfruttando come una schiava al seguito di una sconosciuta entità che doveva
rimanere in vita fino alla morte di Silente!
Lui avrebbe preferito
tornarsene a dormire per un’altra oretta al posto che smistare la
corrispondenza come un banale elfo domestico di basso livello.
Lasciò volutamente la tortora
di Silente per ultima in modo che potesse aver smaltito il
sonno prima di imbattersi nell’ennesimo casino della sua vita, nonché il
primo di quel nuovo anno.
La pergamena della scuola era
casualmente molto differente dalle altre, filigranata e dal colore giallino di
tutti i documenti ufficiali, chiusa con la ceralacca rossa e impressa col
sigillo dell’anello del preside.
Srotolò il piccolo papiro e
lesse le due righe firmate da Silente
-Quel vecchio
rimbecillito avrebbe un futuro come Ermetico – commentò
passando distratto il foglio alla compagna che si affrettò a mettere da parte
le imbarazzanti raccomandazioni di mamma Potter e la rubrica d’amore di Ronald.
Lei sollevò le sopracciglia a
leggere le parole e lo guardò di sbieco
-Ogni tanto mi
domando perché debba parlare sempre per enigmi – ma
nei suoi occhi leggeva già l’espressione da cccia-al-tesoro
Il biondo si strinse nelle
spalle e guardò con aria adorante il pacchetto di sigarette dimenticato sul
mobile che gli aveva lasciato Blaise e che aveva
intaccato la sera prima; ma aveva promesso di non fumare
quando non si trovava alla sua età naturale e quindi doveva mantenere la
parola, anche se del patto fatto con Silente ne aveva fatto carta da camino.
Beh, per la precisione lui
aveva cercato di proteggerla, ma se ci si metteva anche il preside e la sua
amata famiglia Black, beh, era decisamente improbabile che riuscisse a fare
altro che portarsela dietro, quella aveva il naso da tartufi per i guai
pericolosi, malata della stessa sindrome di Potty.
-Secondo te cosa
c’entra l’onore dei Black?
-Ne parla come se ne
avessero mai avuto uno…
-Di sicuro hanno
un ego smisurato come voi Malfoy
Lui ghignò malefico, un sorriso
satanico che s’intonava difficilmente con la faccia d’angioletto
-Mi trattengo dal
fare una battutaccia solo perché sei tu…
-Quanta
considerazione!
Erano alle solite, ovvero ai
ferri corti: battutine, frecciatine, parole pregne di
doppisensi e sottintesi più o meno voluti.
-Che facciamo? –
chiese ancora la riccia cercando di ignorare la provocazione
-Io me ne torno a
dormire, ho sonno
-Ma Silente ha
detto che dobbiamo cercare l’onore dei Black! – appunto, se oltre alla caccia
al tesoro il preside gli organizzava anche la corsa nei sacchi e il tiro alla
fune erano pronti per una festa campestre…
-E vuoi farlo il
primo dell’anno? Fuori nevica, fa freddo e la cena di ieri sera mi è appena
tornata su dopo aver letto le letterine di Sfregiato e Lenticchia
-Nessuno ti aveva
autorizzato ad aprire la mia posta! – sottolineò lei indicando le parole di
minaccia di Harry contro i possibili curiosi
Malfoy non ci fece caso, si
infilò sotto le coperte e se le tirò fin sopra la testa, girandosi su un fianco
e poi sull’altro.
La ragazza sbuffò sonoramente
appoggiando i fogli sul tavolino, andò alla libreria e prese penna e calamaio
per rispondere a ciascuno quando vide il broncio di disappunto di lui che le
indicava di tornare a dormire subito.
Le scappò quasi da ridere, ma
appoggiò il set da scrittura e si infilò nuovamente a letto.
Non riusciva proprio a dirgli
di no quando aveva quell’età, le ricordava un po’ il
fratellino che non aveva mai avuto, ma che aveva tanto sognato.
Eppoi…
***
Spazio autrice:
eccomi tornata dalla mia bella gita d’istruzione!
Se non fossi
appena rientrata probabilmente ripartirei subito, Monaco è il regno
dello shopping e ci poserei tutti i miei dindini, ma
si sa, quelli mancano sempre…
E’ stato davvero un viaggio
interessante ed avvincente, molto divertente ed istruttivo (cosa che è
raramente una gita scolastica) e vi ringrazio tutti per avermi augurato di
trascorrere questo bel periodo!
Mi dispiace moltissimo di non
aver potuto aggiornare il lunedì prima della partenza, ma ero leggermente
(da sottolineare sei volte) in crisi con valigie e simili ed ero tempestata di
telefonate, quindi spero mi scuserete…
Ad ogni modo, mi auguro che
il nuovo aggiornamento vi sia piaciuto, aspetto ansiosa
di sapere cosa mi direte di questo post, ciao e un bacione
grande dalla vostra appena rientrata Nyssa
Smack!
Luana1985: e
non credere che siano finiti qui! Mi sa proprio che dovrò aumentare il numero
di capitoli in previsione, ho proprio paura di non riuscire a terminarla entro
i 20… sigh, e io che dovrei anche pensare a studiare
e alla tesina… vabbè, io spero che ti sia piaciuto
anche il nuovo capitolo, ciao e un bacione! Nyssa
crici:_82: ecco qui un capitolo con qualche segreto in più,
questa volta riguardante un personaggio già scomparso (Grindewald)
e qualcuno ancora da venire.
Per gli
altri credo che dovrai pazientare un poco ma spero che il cappy ti sia piaciuto ugualmente! Ciao e un bacio, Nyssa
potterna_88_:ehehe, come puoi immaginare non siamo ancora arrivati
al termine delle rivelazioni shock, forse ci vorrà ancora un pochetto, ma nel frattempo continua la vicenda e presto…
no, è meglio che stia zitta XP
Effettivamente è stato strano
anche per me far dire a Draco quelle cose nel precedente cappy,
ma poi ho pensato a come potesse sentirsi lei e, nonostante tutto, non credo
che avrebbe detto di no, sia pure perché Draco è molto bravo, quindi non credo
le avrebbe fatto tanto schifo… quantomeno, a me non lo avrebbe fatto e dato che
i personaggi sono un po’ i loro autori ecco il risultato finale.
La storia di Silente e
Minerva continua e continuerà perché, chiaramente, in questa vicenda hanno un
ruolo radicalmente diverso e quasi di primo piano rispetto all’altra, quindi
stai pronta ad aspettare e vedere.
Spero che ti sia piaciuto
anche questo capitolo, un bacione grande! Nyssa
Lord Mariya: sono curiosa di sapere che cosa hai previsto per gli
svolgimenti futuri, così vediamo un po’ che cosa pensano degli sviluppi i
lettori, quindi ragguagliami!
Beh, per quanto riguarda il
signor Gaunt, magari non era odioso come tutti i Gaunti, dopotutto è successo molto tempo fa…
Spero che ti piaccia anche il
nuovo cappy, ciao! Nyssa
Herm83:
visto che il settimo libro della saga è un inno alle Ron/Herm e mi stavano venendo i vermi a leggerlo, ho deciso di
darne la mia personale reinterpretazione, visto che
per quanto mi riguarda Draco ed Herm DEVONO stare
insieme, insomma, ad essere onesta Ronald è
decisamente troppo fesso per prendersi una come Hermione che ha una testa
niente male e un bel caratterino sufficientemente speziato…
direi che con il rosso ci stanno bene ragazzi con un po’ meno personalità.
Wow, esame di psichiatrica,
forte! Sono curiosa di questo campo (prima o poi ti manderò in
cura tutti i miei personaggi), spero che sia andato bene!
Aspetto di sapere cosa ne
pensi anche di questo, ciao e un bacione grande! Nyssa
Killkenny:
credo che tu non sia l’unico a provare un violento
istinto omicida nei confronti di Bella, io per prima ho un odio viscerale nei
suoi confronti, infatti fa sempre la cattiva fanatica invasata e perfida,
insomma, la strega cattiva che non si redime, invece sugli altri ho spesso
concessioni fin troppo vistose… come per Lucius e
Narcissa.
Mi fa piacere che le
rivelazioni shock siano state apprezzate, spero che
anche la storia di Grindewald e un pezzo
dell’esistenza di Silente lo sia, quindi aspetto di sapere, ciao! A presto, Nyssa
Falalula:
confesso che i programmi iniziali vedevano personaggi decisamente più
superficiali, ma poi mi lascio sempre scappare la mano e mi ritrovo in un
ricovero di pazzi con turbe mentali ed affini…
Spero ti piaccia il
tredicesimo capitolo! Ciao, Nyssa
Vavva:
mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato le
Relazioni (mio piccolo capolavoro) e sono felice che tu abbia deciso di leggere
anche questa mia opera.
Sono molto orgogliosa dei
complimenti che mi hai fatto, anche se ogni tanto ci penso quattro o cinque
volte prima di postare perché purtroppo ho la pessima abitudine a scrivere roba
pesante (nel senso di difficile scorrevolezza) e posso andare a fare concorrenza
al Manzoni, quindi fa sempre piacere sapere di non
aver scritto l’ennesimo nipote dei promessi sposi.
Mi dispiace che
l’aggiornamento sia arrivato così in ritardo, ma spero che seguirai e
recensirai comunque… ciao e un bacio grande! Nyssa
Shavanna:
col fatto che poi non sono riuscita a postare prima della partenza hai fatto
più che in tempo e ce n’è pure avanzato…
Ehehe, l’intrigo è la mia passione, soprattutto, come si
capisce da questo capitolo e dall’altra mia storia, l’intrigo di parentela,
quindi aspettati davvero di tutto perché devo ancora aggiungere un paio di
shock per i miei personaggi e i miei lettori che, con ogni probabilità, mi
lanceranno accidenti fino alla morte.
Io credo che Herm sia stata piuttosto coraggiosa a dire una cosa del
genere perché immagino che l’atmosfera fosse un po’ tesa dopo quanto successo,
eppoi c’è sempre da ricordare che questa Hermione non è la santa immacolata
dell’altra storia, anche se è sempre una candida verginella innocente, ma con
più forza di carattere.
Per la madre di Pansy, no problem, tornerà, anche
se mi sono commossa anche io quando scrivevo perché la immagino completamente
diversa dalla figlia.
Mi auguro che ti piaccia
l’aggiornamento, anche se è confusionario, ciao e un bacione!
Nyssa
Lauwren:
come ho già detto, era il caso di cestinare una parte dell’ultimo romanzo HP,
in particolare la Ron/Hermione che rappresenta (come
avrai notato non li amo moltissimo insieme, penso che lei sia sprecata con uno come Ronald).
Ad ogni modo mi fa piacere
che la rivisitazione di quanto inventato dalla zia Row
ti sia piaciuta, spero che sia lo stesso anche per
questo tredicesimo capitolo, ciao! Un bacio, Nyssa
Draco sputò metà del cappuccino sul giornale che stava leggendo davanti,
facendosi andare di traverso il restante
Draco sputò metà del
cappuccino sul giornale che stava leggendo, facendosi andare di traverso il
restante.
Abbassò circospetto i fogli
stampati e guardò in faccia la grifondoro che gli
sedeva davanti che stava addentando una brioches al
cioccolato. L’espressione di lei sembrava stranamente divertita e fiduciosa,
quella di lui probabilmente ricordava lo sguardo sconcertato di un padre alla
fatidica notizia “papà sono incinta e non so chi sia il padre!”.
-Tu cos’è che
vorresti fare? – domandò per precauzione
La scena da capo di famiglia
che legge il giornale al mattino s’intonava a stento con le sue sembianze da
bambino
-Mi sembra ovvio,
voglio tornare alla Queen Victoria – dichiarò lei
come se fosse la cosa più naturale del mondo, fermando con un dito il cioccolato
che rischiava di scivolare giù dalla sfoglia fragrante e portandoselo alla
bocca
-Ma tu sei tutta
pazza!
-Voglio saperne di
più su questa storia dei mangiamorte – si offese lei
-Sì e già che ci
sei vai da zia Bellatrix e chiedile se ti prende con
lei e ti fa un corso accelerato
-Non sei spiritoso
-Neanche tu
-Io non scherzavo!
– protestò
-Bello! Quindi tu
sei seria quando parli così serena della tua prossima e molto dolorosa morte?
-Sei un
uccellaccio del malaugurio – bofonchiò lei oltre il bordo della tazza da tè che
sorseggiava
-E vorrei
ricordarti che Silente ci ha gentilmente obbligati ad andare alla
ricerca di un ONORE che i Black non hanno mai posseduto nella storia del mondo
magico; dopotutto, è stato Castor Black a uccidere
suo fratello gemello…
-Ma io pensavo che
questa storia fosse collegata con l’intrigo di Voldemort,
sennò non ci avrebbe scritto così presto e come risposta alla nostra lettera… -
merda, aveva ragione, ma cazzo, voleva proprio farsi
ammazzare la signorina!
-Smettila di
pensare, impiega le tue energie in qualcos’altro come rendere intelligente Potty o bravo a QuidditchWeasel, credo sia molto più produttivo per la tua Casa
-Lascia Harry e Ron furori da questa storia!
-E tu non darmi
tutta questa confidenza, Sfregiato potrebbe offendersi o peggio ancora
preoccuparsi e venire a salvarti!
-Lascia che ti
dica due cose, sottospecie di furetto, innanzi tutto nessuno ti aveva dato
l’autorizzazione per aprire la mia posta – lui parve completamente
disinteressato al rimprovero, come se la cosa non lo toccasse minimamente – e
cosa fondamentale, della mia vita faccio quello che voglio, quello che voglio
IO, chiaro?
-Cristallino.
-Bene.
-Sei lunatica
-COSA?!
-Ho detto che sei
lunatica – ripeté senza timore lui nuovamente concentrato su giornale e tazza
-E sentiamo,
perché sono lunatica? – pareva esausta dopo quella conversazione, povera
Granger, voleva tanto andare a farsi ammazzare, perché non accontentarla?
Mi sembra ovvio, perché io
non ho voglia di farmi fare la pelle dopo essere rimasto vivo così tanto tempo!
Puntualizzò a suo beneficio
-Passi dal
chiamarmi “Draco” a “Malfoy” per finire con un “Furetto” a seconda della
giornata
-Non è vero!
-Ah no? Allora
forse devi ricordare cosa mi dicevi ieri sera… o meglio, cosa non mi hai
detto…
-Se tu mi chiami
per nome è ovvio che faccio lo stesso – sbuffò levandosi una ciocca di capelli
dal viso
-Davvero? Quindi
se io ti chiamassi “Hermione” tu la smetteresti con questa storia del furetto?
-Perché ti dà
fastidio? – nessuna risposta – lo prendo per un assenso
-Non lo prendi per
un accidente! Io non ho detto nulla!
-Bene, allora
domani andiamo in biblioteca e cerchiamo di infiltrarci oltre la porta… peccato
che oggi sia tutto chiuso sennò potevamo fare qualche perlustrazione
-Ma tu sei
suonata! Che cosa ti ha fatto fumare l’altro giorno Blaise?
-Spiritoso… ad
ogni modo ci servirà un bel po’ di roba
-Io propendo per
una dose massiccia di fortuna e follia
-Oh, andiamo, me
la sono cavata in guai peggiori assieme a Harry e Ron,
perché questa volta dovrebbe essere diverso?
-Cominciamo col dire
che avevate sempre qualcuno a pararvi il culo, fosse
Silente, Piton, la McGranitt
o anche quello stupidotto di Paciock
-Sei fine quanto
un camionista
-Non so cosa sia
un camionista, ma farò finta che tu mi abbia detto che sono irresistibile
-Assolutamente no!
Non ho detto nessuna cosa del genere! Semmai l’esatto opposto!
-La tua carriera
da vecchia zitella acida sta progredendo… non sai neppure stare agli scherzi
-I tuoi scherzi
sono di pessimo gusto e qui c’è in gioco dell’altro
-Tipo che non vuoi
ammettere che sei follemente innamorata di me?
-Credo che il mio
amore per te rasenti quello che provo per il Volo
-Infatti ami
volare – celiò sarcastico lui
Lei sbuffò spazientita, ma
intanto sapeva che lui l’avrebbe accompagnata: non poteva fare altrimenti.
-Visto che oggi
non andiamo là, che si fa? – chiese poi lui, terminata la colazione e
stiracchiandosi per la stanza
-Beh, potremmo
appostarci lì fuori e vedere se…
Un’occhiata sufficientemente
eloquente la fece tacere prima della fine della frase.
-Potresti sempre rimettere
in ordine questo porcile che hai fatto in questa stanza, guarda! C’è roba tua
ovunque!
-Anche le tue cose
sono sparpagliate in giro, perché devo pulire solo io?
-Le mie cose non
sono in giro!
-Sì!
-No!
-Se tu non le
rimetti a posto non lo faccio neppure io
-Bene, allora non
si fa neppure questo
-Ottimo!
-Bene!
Si guardarono in cagnesco.
-Mi accompagni a
trovare i miei genitori?
Draco si voltò di scatto e la
guardò sbigottito mentre lei fingeva di occuparsi del polsino della maglia.
Fece per dire qualcosa, ma le
parole gli morirono in gola quando gli occhi dorati e un po’ vacui di lei si
sollevarono dal pavimento incontrando i suoi.
Richiuse la bocca, prese un
respiro e disse semplicemente “D’accordo”.
***
-Sei sicura di non
esserti persa? – dichiarò un ragazzino biondo che teneva la mano ad una
affascinante giovane donna camminando svelto per il marciapiede
-Fidati, sono
cresciuta tra questi quartieri, li conosco benissimo – ribadì lei per la
trecentesima volta fermandosi ad ogni angolo per riassaporare il clima e gli
odori degli isolati di quando era bambina, gesto erroneamente interpretato da
lui come di insicurezza sulla via da percorrere.
Richmond uponThames era dove sorgeva la villetta di quando era
bambina e dove i suoi genitori abitavano ancora, anche se, per quanto la
riguardava, ormai la sua casa era il mondo magico e Hogwarts.
Stare tra i babbani le piaceva ancora, ma il non poter usare la magia e
compiere tutti quei piccoli gesti giornalieri che i maghi fanno quasi senza
pensarci era terribile.
Sapeva che il suo posto non
era né da una parte né dall’altra, né nel mondo magico né in quello babbano perché era una mezzosangue, come Malfoy
sottolineava ad ogni parola, ma se avesse dovuto essere sincera, il suo posto
sarebbe stato tra i maghi e le streghe.
Anche quando era bambina e se
ne stava in disparte si sentiva sempre diversa dai suoi coetanei e coetanee,
aveva voglia di conoscere e imparare tante cose, la maggior parte delle quali i
bambini ignorano, oppure non vogliono sapere.
Quando era arrivata a Hogwarts aveva sentito di essere nel suo, ma, allo stesso
tempo, c’era qualcosa di lei che stonava tra tutte quelle persone che avevano
parenti o genitori maghi e lei aveva scoperto che esisteva quel mondo solo da
pochi giorni.
Tanti erano i motivi che
avevano contribuito a renderla la per fettina Granger-so-tutto-io
oltre alla sua indole un po’ saccente e primo fra tutti era il desiderio di
dimostrare agli altri maghi che era all’altezza, quasi avesse sempre paura che
la potessero cacciare nel caso non fosse stata brava quanto loro. Come un
bambino che ha sempre paura che gli tolgano dalle mani l’amato giocattolo, lei
era uguale.
All’inizio aveva sperato di
poter tornare a fare una vita comune al termine degli studi, da semplice essere
umano, ma più trascorreva del tempo tra i maghi e più voleva fare la loro vita
ed essere dei loro, per questo all’inizio lo sprezzo con cui la chiamava Mezzosangue
la feriva tanto; adesso, dopo sei anni, sapeva che quell’insulto non
rappresentava più nulla, soprattutto dopo quanto accaduto.
Avrebbe quasi detto che un
poco Draco Malfoy la
stimasse. Senz’altro non la voleva più offendere con quella
parola, quello lo sapeva, la usava solo per darle sui nervi e, nonostante
tutto, era una cosa che la faceva ridere e allo stesso tempo mandare in bestia.
Anche lui, però, alla fine si
era dimostrato una persona molto diversa da come credeva.
Quando l’aveva conosciuto era
un bambinetto snob, pieno di sé e di arie da
intoccabile, adesso aveva una vita terribile, braccato da qualcuno che lo
voleva uccidere, quel qualcuno che erano i suoi stessi parenti, la zia, lo zio.
Oltre a tutto questo, doveva
mantenere un segreto pericoloso e portare quel peso da solo. Aveva brutti
ricordi con cui fare i conti, amici infidi, poteri esagerati da poter gestire a
cuor leggero e… una rompiscatole come lei a cui stare dietro che all’improvviso
se ne usciva con la nostalgia di casa e gli chiedeva di accompagnarla a
Richmond.
E ovviamente non disdegnava
una certa propensione all’autolesionismo, chiaro.
Vide un autobus rosso
attraversare la strada a velocità sostenuta, scarrozzando i turisti estasiati
che scattavano foto dai finestrini.
Londra non sarebbe stata la
stessa senza i bus a due piani e le cabine telefoniche caratteristiche… come la
gente ricordava di Roma il Colosseo e di Parigi la Torre Eiffel,
a Londra c’erano troppe cose e quindi si rammentavano dettagli e piccolezze; BuckinghamPalace, la Torre di
Londra, il Big Ben, il Ponte, la City, il Museo delle Cere e quello della
Corona… forse qualcuno li poteva scordare momentaneamente, ma nessuno
dimenticava la gita in autobus o una telefonata dalla cabina storica.
Ed era proprio verso una di
queste che il biondastro si stava dirigendo, trascinandola per una mano con una
certa impazienza.
-Perché andiamo
qui? Casa mia è da quella parte – e indicò la strada con le aiole dove, in una
di queste, era piantato un cartello bianco che ricordava le città con cui il
quartiere era gemellato.
-Se vuoi dare
spettacolo fa’ pure, ma io tra cinque secondi cambierò età e non ci tengo a
rimanere in mutande per strada.
Decise di assecondarlo come
si fa con un malato di mente, dopodiché chiuse la porta della cabina dietro di
sé e guardò fuori nella speranza che non passasse nessuno di particolarmente
curioso.
La consueta luce sgargiante
si sprigionò dal corpo di lui avvolgendolo completamente; la ragazza si parò
gli occhi mentre il fascio abbagliante invadeva la cabina e si propagava anche
all’esterno. Grazie al cielo la porta era sigillata e comunque i passanti avrebbero
creduto che si stesse trattando di un tecnico del telefono che sistemava
l’illuminazione notturna: ne ricordava parecchi quando era bambina perché i
balordi che uscivano ubriachi dal pub in fondo alla strada si divertivano con
qualche piccolo atto vandalico, roba di poco conto perché i poliziotti a
quell’ora erano sempre in giro a controllare visto che il quartiere ospitava
persone piuttosto facoltose e benestanti, però spesso qualche vicino si
accorgeva della scomparsa di due o tre nani da guardino, un paio di vasi di
sempreverdi, sparivano gli elenchi del telefono e si spaccavano le lampadine
della cabina oppure qualcuno si divertiva a scarabocchiare i cartelli stradali
con scritte oscene.
Per questo raramente qualcuno
ci avrebbe fatto caso.
Si voltò verso il biondo
vedendo la luce sagomarsi fino a formare una figura più adulta rispetto a
quella precedente.
Cacciò quasi un grido quando
si accorse di un mezzo centimetro di pelle scoperta del torace di lui a cui,
chiaramente, ormai gli abiti stavano piuttosto stretti. Repentinamente si girò
schiacciando il viso contro il vetro come fanno i bambini mentre si annoiano e
si tormentò nervosa i capelli in attesa che lui aggiustasse i vestiti e potesse
coprirsi.
-Te lo assicuro,
tu mi preoccupi… - quanta considerazione da parte di Malfoy che, dal tono delle
sue parole, era un misto di incredulità dal suo comportamento esageratamente
pudico e di derisione per lo stesso motivo.
Ad essere onesti, ormai
avrebbe dovuto perdere quegli atteggiamenti da un po’, tra quella volta che
l’aveva toccata in accappatoio, ciò che era quasi avvenuto la sera precedente e
tutte le volte che lui aveva la brutta abitudine di girovagare con la camicia aperta
per casa… ma si sa, le brutte abitudini sono dure a morire, le sue, poi, erano
come gli Highlander.
Con ogni probabilità
qualunque altra ragazza di Hogwarts l’avrebbe
picchiata a sangue per il falso disinteresse che mostrava nei confronti del
Principe degli Slytherin, sia perché aveva quella
fortuna immeritata e sia perché non ne approfittava.
Beh, ammetteva che non si
sentiva più così disinteressata dal fascino del Serpeverde,
ma da lì ad “approfittarne” ci passava la Fossa delle Marianne!
Sospirò mesta lanciando
occhiate dietro le sue spalle nella speranza di trovarlo vestito, ma a quanto
pare alle serpi piaceva sempre prendersela comoda.
Neppure il tempo di rigirarsi
che sentì arrivare il cambiamento d’età anche per lei.
La solita fortuna… e dire che
voleva solo fare una visitina veloce nella speranza che i ladri non fossero
entrati in casa mentre i suoi genitori erano troppo occupati tra congressi,
studio, cellulari e cene di lavoro…
Chiuse gli occhi e aspettò
che terminasse il fenomeno.
Quando anche la seconda luce
fu scomparsa, si guardò seccata la maglia e la camicia che le andavano ormai un
po’ larghe, le aggiustò con un colpo di bacchetta e la nascose nuovamente nella
borsa.
Un’occhiata al biondastro che
sembrava in condizioni presentabili e si concesse di sboccare la porta a vetri.
-Dovresti
avvertirmi un po’ prima! – protestò asciutta, per niente contenta che esistesse
la possibilità che un passante avesse adocchiato il fenomeno
-Sì, come no! La
prossima volta ti faccio un cartello – sbuffò la serpe, comunque felice di
essere tornata alla sua età naturale.
-E se qualcuno ci
avesse visto? – dichiarò lei ad alta voce aprendo l’uscio verso l’esterno
-Ma chi vuoi che
ci abbia visto? – ribatté sistemando la camicia dentro i pantaloni neri e
passandosi una mano nei capelli.
Si arrestò visto che la grifondoro si era fermata in mezzo al marciapiedi
intralciandogli il passo, apparentemente senza una ragione.
Alzò gli occhi che prima
erano impegnati ad abbottonare la camicia e notò quattro figure sbigottite
ferme davanti a lei.
-Hermione? –
chiese una di queste con una coda di cavallo fermata da un elastico viola di paillettes particolarmente vistoso
-Jenny?
Draco spostò alternativamente
lo sguardo dalla mezzosangue alla sconosciuta e poi anche alle altre tre
impalate in mezzo alla strada: tutte e cinque sembravano conoscersi.
Cazzo, se avevano sentito quello che si erano detti
avrebbero potuto fraintendere…
Lanciò un’occhiata alla
Caposcuola sbigottita che sembrava non aver ancora colto il pericolo della loro
innocente discussione. L’altra di fronte a lei, invece, l’aveva capito
benissimo visto che continuava a spostare gli occhi su di lui e su di lei con
incertezza.
Cercando di ricomporsi
“Jenny” tossì falsamente, si stampò un sorriso sulle labbra e lanciò in avanti
le braccia per stringere la sua vecchia amica.
Non era proprio certo che la
Granger avrebbe usato lo stesso termine, soprattutto visto il barlume di rabbia
che brillava nelle sue iridi dorate.
Usò la legilimanzia
nei confronti della sua compagna, vana speranza di riuscire a capire qualcosa,
soprattutto chi fossero le quattro statuine, i suoi pensieri, però, erano criptati meglio della cassaforte della Gringott;
spostò l’attenzione sull’altra, ciò che poteva capire del flusso di pensieri di
lei era pressappoco “Caspita se Hermione
è cambiata! E chi l’avrebbe detto che… in mezzo alla strada, poi, una come lei…”.
Trovando qualcosa e qualcuno
con cui divertirsi, Draco sorrise mellifluo e il suo ghigno sardonico non
sfuggì alla grifoncina che si affrettò a comunicargli
telepaticamente che non avrebbe dovuto usare la legilimanzia
con i babbani e dal tic nervoso dell’occhio comprese
che ciò che anche lei aveva sentito non le piaceva per niente. Le concesse
un’alzata di spalle mentale tornando a concentrare l’attenzione sulle altre
quattro.
Non avevano un’espressione
molto acuta e vestivano quegli osceni abiti fatti in serie così di moda tra i babbani, esseri decisamente privi di gusto. Discutibile era
anche l’ombretto madreperlato e particolarmente vistoso che sfoggiavano tutte e
quattro, più o meno intonato all’abbigliamento. Non gli piacevano.
-Sono anni che non
ci vediamo! – stava intanto ciarlando Jenny mentre la Granger rispondeva in
maniera telegrafica e lanciava occhiate d’odio che rasentavano quelle che
rivolgeva a Nott o a Goyle,
una cosa comprensibile se si considerava anche il senso di superiorità che
invadeva qualunque essere umano al cospetto dell’anello mancante
dell’evoluzione – l’ultima volta eravamo… Amanda, quando è stato? – continuò
imperterrita Jenny-fiocco-viola
“Amanda” l’interpellata si
puntò un dito con le unghie laccate di giallo al mento e ripensò intensamente,
probabilmente l’operazione stava assorbendo tutte le sue energie visto che era
immobile come una statua
-Credo che fosse
quella volta che eravamo ancora alle medie – concluse infine come un
congressista termina la sua relazione
Dimmi che non sono loro trasmise telepaticamente alla mezzosangue,
divertendosi sempre di più.
Loro chi?
Rispose lei fingendo di non comprendere quando, invece, aveva inteso alla
perfezione.
Già, erano proprio loro…
quelle… quelle famose persone che l’avevano portata nella “Casa degli
Innamorati” per la prima volta.
-E non ci hai
ancora presentato il tuo ragazzo! – squittì una ragazzina minuta che dimostrava
quindici anni dai capelli biondi liscissimi tutta euforica
Draco ghignò, probabilmente
in quel momento la Granger era in preda ai conati di vomito, anche se non si
sarebbe dovuta lamentare così tanto, c’era la fila per essere falsamente
spacciata per la sua ragazza, fosse anche per un misero e involontario sbaglio.
-Ah, ecco… -
Hermione sembrava stranamente a disagio e piuttosto preoccupata delle
conseguenze.
Se fosse stata un’altra, considerò
Malfoy, avrebbe dovuto davvero preoccuparsi per la sua sadica vendetta a causa
di un errore innocente, ma per una volta le avrebbe retto il gioco, fosse solo
per farsi un po’ di ridere dietro alle quattro oche.
-Dolcezza, chi
sono queste? Le tue amiche? – intervenne prontamente con tono suadente che fece
arrossire due delle sconosciute, di cui al momento ignorava il nome, e la sua pseudo-ragazza.
-Sì, Draco, sono
loro – rispose con la voce gelida di un iceberg pizzicandogli dolorosamente la
mano che stava vagando decisamente troppo libera sulla sua schiena – lascia che
te le presenti! – cinguettò ancora più fasulla
Le quattro si schierarono
sorridenti sfoderando la dentatura perfetta di una Barbie
e facendo ondeggiare i capelli e gli orecchini
-Lei è Jenny –
iniziò additando la ragazza col fiocco viola che aveva nominato all’inizio –
Amanda – unghie-gialle fece ciao ciao con la manina
mettendo in mostra lo smalto che, ad un esame più attento, non era tutto giallo
ma a pois bianchi – questa è Simone – e la bionda dai capelli lisci sorrise
senza riuscire a staccare gli occhi di dosso al fusto accanto alla sua ex
compagna di scuola – e per finire Cynthia – subito ribattezzata
azzurro-in-toto.
Era mai possibile che una
come la Granger avesse avuto delle amiche simili?
In verità lei sembrava dire
tutto il contrario, ma le quattro Signorine-Arcobaleno si stavano comportando
come se fossero grandi confidenti.
-Lui è Draco –
aggiunse con voce piatta allontanando nuovamente la mano di lui in discesa
libera verso il suo fondoschiena
La solita scena, pensò la
serpe studiando i volti da esposizione a radiazione luminosa delle quattro babbane, sembravano un gruppo di ebeti trapiantati su un
marciapiede.
-Dì Herm, cosa ci fai a Londra? Credevo che non tornassi a casa
per Natale – chiese una delle quattro
-Sono venuta solo
a trovare i miei genitori – rispose sbrigativa
-Allora puoi
passare il pomeriggio con noi! – cinguettò Azzurro-in-toto
giubilante avvicinandosi strategicamente al biondo
-Veramente… -
veramente loro dovevano ancora vederli i signori Granger
-È una splendida
idea, perché non le accompagniamo? – la sollecitò Draco
stringendole possessivamente la vita prima che unghie-gialle riuscisse ad
arpionare il suo braccio
Probabilmente in quel momento
la Granger stava riversando su di lui il suo vernacolo di parolacce; non che ci
fosse da preoccuparsi, visto che di sicuro non ne conosceva più di quelle che Potty stesso gli aveva affettuosamente rivolto, ma sembrava
molto, molto scocciata dalla cosa e di certo non condivideva il suo desiderio
di divertirsi.
Questa me la paghi, furetto! Gli fece gentilmente presente con la legilimanzia, lui ghignò ancora
Ma come, non volevi vendicarti di quando ti hanno
portato in quel postaccio?
Non so di cosa parli
Io lo so fin troppo bene, quel posto che i babbani chiamano “Casa degli innamorati”
Non sono loro!
E io sono Biancaneve il disappunto della mezzosangue era evidente e,
sfortunatamente, non le intenzioni di lui
Avanti, hai l’occasione di fargliela pagare con gli
interessi, che cosa ti costa?
Non mi abbasserò al loro livello!
Non fare sempre la Sanata Immacolata
Hermione Granger… cosa te ne viene in tasca? Hai
l’opportunità di dimostrare loro di stare con un ragazzo ricco, affascinante,
praticamente perfetto…
…E molto modesto aggiunse
Anche. E’ un’occasione unica della vita, vuoi mettere
presentargli me al posto di Lenticchia?
Ron non ha niente da invidiarti
Su questo ne discutiamo quando arriviamo a casa, nel
frattempo…
Non avrebbe dovuto, ma le
aveva messo la pulce nell’orecchio per divertirsi un po’ e sapeva che in quel
momento pensieri vendicativi assai poco consoni ad una virtuosa Gryffindor stavano solleticando la fantasia della sua piccola
Mezzosangue.
E sapeva che avrebbe
capitolato.
Perché se c’era una e
un’unica cosa che loro due avevano in comune era un orgoglio sfrenato e quelle
quattro oche avevano osato ferire quello della Granger tanto da farle ricordare
l’episodio avvenuto quasi cinque anni prima indelebilmente.
Non l’avrebbe lasciate
correre, non questa volta.
Se la conosceva anche solo un
pochino, le avrebbe umiliate fino a farle vergognare di averle fatto un tiro
così mancino.
E lui si sarebbe divertito un
mondo perché era un lato del carattere della mudblood
che si riusciva a scorgere di rado e che dava il meglio di sé solo quando
entrava con competizione con lui.
Cosa sarebbe successo se
avesse, per una volta, sbaragliato liberamente il campo, sfogandosi su qualcun
altro che si era permesso altrettanta perfidia, ritrovando così la sua pace
mentale?
Non lo sapeva, ma voleva vederlo.
-Ragazze –
intervenne il biondastro con un sorriso da fotomodello – che ne dite di quel
locale in centro? Non è molto lontano e molto carino… avete presente, quello
dove vanno tutti…
-Intendi la Casa
degli Innamorati? – rispose euforica fiocco-viola
-Ecco, sì, proprio
quello! Io non sono molto pratico di Londra…
-Certo, è un posto
fantastico! – continuò capelli-lisci
Il piccolo gruppetto
s’incamminò all’indirizzo della prima stazione della metropolitana.
Lui la trascinava come se la
sua opinione fosse già stata espressa, anche se neppure una parola era stata
ancora pronunciata.
Non avevo ancora deciso puntualizzò la Caposcuola mettendo il broncio per le
scale e rifiutandosi di proseguire oltre, sperando ancora di essere in grado di
trattenersi dal volersi davvero vendicare; le sorrise, abbassando il volto e
avvicinando piano le labbra all’orecchio della Granger, le scostò uno dei
soliti riccioli ribelli
-Non si dicono le
bugie, piccola mezzosangue… - le sussurrò sottovoce facendole venire un
brivido, dopodiché la condusse ancora intontita lungo le scale che scendevano
fino ai binari, probabilmente senza avere coscienza del piccolo piano che lui
stava elaborando mentre procedevano e che avrebbe presto visto il piccolo
trionfo dell’orgoglio mortificato molti anni prima di una ragazza.
In un battibaleno, altri
avevano deciso per lei che NON era giusto che NON si vendicasse.
Ogni tanto si domandava
perché tutto aveva cominciato a girare all’incontrario, nei film erano sempre
gli amici a dire al protagonista di non vendicarsi, qui, invece, aveva una
specie di serpe infida che forse era sua amica e forse no, che perorava il suo
divertimento personale spronandola a mettere in imbarazzo le sue ex compagne.
Perché Draco Malfoy non
poteva semplicemente fare come l’amico di tutti i film? Dirle che non doveva
vendicarsi sollecitandola a continuare per la sua strada?
Perché Draco Malfoy è un bastardo sadico, puntualizzò lui infiltrandosi tra le sue riflessioni
con una verità inconfutabile.
Il problema, però, era che
aveva una voglia matta di dimostrare a quelle quattro che non era una scarpa da
buttare, anche se, momentaneamente, ancora senza ragazzo come ai vecchi
tempi.
Con un grosso sforzo di
volontà, forse sarebbe riuscita a controllarsi dal non prenderle a schiaffi per
come si erano comportate, ma se ci metteva pure Malferret
i suoi propositi da brava bambina andavano a rotoli…
***
La sala da tè era come l’aveva
lasciata la sera prima: di pessimo gusto.
Indirizzò la sua fortunata
compagna verso un divanetto ad angolo proprio sotto una pianta tropicale che
faceva ondeggiale le foglie lanceolate.
Le quattro
Signorine-Arcobaleno furono costrette a prendere posto di fronte a loro e a
invidiare terribilmente in braccio fasciato nella camicia bianca che cingeva protettivamente le spalle della mora, imbarazzandola.
-Hai detto che non
sei di Londra? – gli si rivolse capelli-lisci sorseggiando un bicchierone di
cocktail analcolico alla frutta
Draco sollevò gli occhi dalla
sua degustazione e li posò in quelli della ragazza facendola indietreggiare con
tanto di bicchiere tra le mani
-No
-E come hai
conosciuto Hermione? – domandò Azzurro-in-toto,
esaltata come se si fosse appena fatta una canna e bevuta tre Black Russian.
-Ci siamo
incontrati a scuola – rispose fredda lei sorseggiando il tè distaccata, ancora
un poco incerta se stesse davvero facendo la cosa giusta perché una brava Caposcuola
non avrebbe dovuto indulgere nella ripicca di un episodio accaduto secoli
prima.
-Il bello delle
scuole private – cinguettò
-Dopotutto,
Hermione è sempre stata la più brava della classe fin da quando frequentava la
scuola con noi…
Draco non aveva dubbi.
L’intelligenza di quelle
quattro mezze assieme non avrebbe raggiunto neppure quella di Weasel; se tutte le studentesse babbane
erano così, non dubitava affatto che la Granger fosse una cima tra loro…
-Hermione è molto
brava anche da noi – annunciò al mondo con orgoglio, accantonando momentaneamente
il nomignolo da so-tutto-io-Granger – è la
studentessa più brava di tutto il corso!
-Ma anche tu devi
essere molto bravo – sottolineò allusiva unghie-gialle; Draco la guardò quasi
con compassione, le mancava solo la divisa di Hogwarts
e poi poteva aggiungerla alla sua lista di “ragazze senza la minima speranza”
-Siamo molto
contente per te – annuì fiocco-viola melliflua e falsa quanto una vipera, la
migliore amica di MilicentBulstrode
-Siete invidiose
come la rana del bove – disse pianissimo la Granger al bordo della tazzina, ma
non sufficientemente sottovoce perché lui non potesse ascoltarla
Trascorse un attimo di
silenzio imbarazzato tra loro.
-Questo posto è
molto carino – commentò il Principe delle Serpi guardandosi orripilato
attorno
-Già, è vero! – annuirono
in coro le ragazze
Sei nauseante
lo rimbeccò invece Hermione troppo occupata dalla scorza del limone per
rispondere giubilante come le altre, lui finse di non aver sentito.
Il cactus alla porta non mi piace rispose lui, perfettamente conscio che aveva sviato
il discorso per farla infuriare. Però, effettivamente, quel cactus era
bruttissimo.
Sollevando gli occhi al
cielo, lei sospirò, come se avesse a che fare con un bambino capriccioso.
-Qualcosa non va?
– le domandò Amanda-unghie-gialle
-Probabilmente
Hermione e il suo ragazzo preferivano trascorrere il pomeriggio da soli – fece
presente Cynthia-azzurro-in-toto
-Oh… - Jenny-elastico-viola fu colpita dall’effettiva probabilità
di quelle parole
-Non
preoccupatevi, io e Draco – e pronunciò il nome di lui con la durezza di
chi sapeva che gliel’avrebbe fatta pagare presto – non avevamo particolari
progetti…
-Non essere timida
– le rispose capelli-lisci-Simone – fate pure come se
noi non ci fossimo
-Beh, in quel
caso… - questo era Malfoy che chiaramente non si lasciava scappare occasione
per farsi del ridere sull’imbarazzo altrui, anche se al momento le sfuggiva se
fosse più ridicolo il suo ingenuo rossore o quello che probabilmente avrebbe
scatenato nelle poverette di fronte.
Un’occhiata raggelante della
Granger fu comunque sufficiente ad arrestare un millimetro in più l’avvicinarsi
imminente della testa bionda.
Il ghigno made-in-malfoy
si dipinse sulle labbra sottili, la Granger era furiosa e quegli occhi
avrebbero congelato perfino un vulcano in eruzione, ma dopotutto, era o non era
il possessore del Fuoco che brucia in eterno?
Vedendo che il ragazzo
continuava ad avvicinarsi, un po’ spavaldo e sempre sicuro di sé, Hermione si
ritrasse un poco
-Ti odio – disse
appena prima che le labbra s’incontrassero
-Se questo è il
tuo odio – sottolineò lo Slytherin quando le concesse
di riprendere fiato – ne sono affascinato, vorrei che non provassi nient’altro
nei miei confronti, anche se questa mattina hai così spontaneamente confessato
di trovarmi affascinante e irresistibile
-Te lo dico
chiaramente – continuò lei a bassa voce, piantandogli l’unghia dell’indice a
metà del petto – nessuno riesce a oltraggiarmi e farmi arrabbiare come te!
-Una virtù di
pochi… ne sono lusingato
Esasperante.
Riusciva a pensare solo a
quell’aggettivo in quel momento.
Draco Malfoy era una persona
tremendamente e maledettamente esasperante.
Primo perché
si ostinava a voler fare tutto di testa sua, facendole poi credere che fosse
lei a volerle avere sempre tutte vinte.
Secondo
perché non le piaceva dover sempre fare la vittima sacrificale perché il
signorino potesse divertirsi a modo suo.
E terzo perché non la lasciava respirare! Sarebbe morta per mancanza
d’ossigeno, lo sentiva…
Se non la smetteva
immediatamente di baciarla, niente e nessuno l’avrebbe trattenuta dallo
stampargli un sonoro e quantomai meritato schiaffo
sul suo bel viso perfetto: cinque dita che spiccassero sulla pelle liscia e
bianca.
Nessuno!
…a parte forse gli occhi
inebetiti delle sue ex compagne di scuola che seguivano lo svolgersi degli
eventi come di fronte ad una soap-opera.
Probabilmente non avevano
ancora afferrato che tra lei e l’altro Caposcuola non passava certo idilliaco
amorema puro e semplice odio.
Veramente doveva fare una
revisione a quel pensierino, ma al momento non era decisamente il caso, era
troppo occupata a riprendere fiato e a cercare un modo di levare quel maledetto
sorriso soddisfatto che la serpe sfoggiava.
Quando finalmente riuscì a
rassettarsi la camicia storta e i capelli, le sue quattro amiche erano basite
nei loro posti, gli occhi ancora fissi su di lei, increduli.
E leggeva loro in faccia che
si sentivano terribilmente insignificanti.
Questo però era tutto merito
del serpeverde.
Probabilmente non avevano e
non avrebbero mai creduto che Hermione Granger potesse fare qualcosa del
genere.
E facevano bene!
Perché non era da lei
comportarsi in quel modo, infatti non l’aveva mai fatto con un ragazzo, se ne
avesse mai avuto uno.
Era solo che Malfoy riusciva
a tirare fuori il peggio di lei.
Il biondastro, dal canto suo,
gongolava soddisfatto sul divanetto, come se non fosse accaduto nulla per
lui.
Draco fece finta di non
notare l’odio che brillava tra le iridi.
Vendetta riuscita, che aveva
da lamentarsi?
Ok, lo ammetteva, si era lasciato prendere la mano come
suo solito, ma non gli era sembrato che lei fosse così schifata… aveva un
insospettabile lato passionale nascosto sullo gli strati di tonache e veli da
suora.
Spostò gli occhi sulle altre
che sfoggiavano l’espressione alla Dobby-elfo-domestico,
perfetto, probabilmente quello era il livello d’intelligenza più alto a cui
riuscissero ad aspirare.
Povera piccola mezzosangue…
***
All’imbrunire finalmente
poterono liberarsi delle quattro sanguisughe colorate.
Le strade erano ormai scure,
le vetrine illuminate e i lampioni accesi.
Hermione Granger camminava
spedita con il classico incedere da Jurassic Park che
la caratterizzava quando era particolarmente seccata.
Draco Malfoy la seguiva, non
riuscendo quasi a tenerle dietro neppure col suo passo veloce; le mani erano
affondate nelle tasche del cappotto scuro, i capelli scompigliati dal vento
invernale.
E si stava casualmente
divertendo un mondo.
La mezzosangue era stata
fantastica con quelle quattro oche, anche se nel privato della sua mente
probabilmente lui era diventato il bersaglio dei corpi speciali che gli stavano
procurando una sofferente e agonizzante morte.
La guardò di soppiatto e lei
si fermò in mezzo alla strada, aspettandolo; le braccia erano piegate sui
fianchi, le sopracciglia pericolosamente abbassate e l’aria da Regina delle
Amazzoni.
In quel momento avrebbe
travolto un panzer.
Lo aspettò finchè non la raggiunse
-Ti sei divertito,
oggi? – domandò con aria fintamente dolce
-Abbastanza – una
risposta come un’altra per dire che, sì, si era divertito a prendere per il culo quelle quattro stupide che avevano osato infrangere il
sacro onore di una strega come Hermione Granger
-Ne sono felice,
adesso che hai avuto la tua vendetta sono sicura che sarai più soddisfatto
Bisbetica e irascibile, ma
anche tremendamente sensuale
-Credevo che la
vendetta fosse la tua
-Mi pareva quasi
che fosse il tuo orgoglio ad essere stato ferito… - pigolò come se non si fosse
accorta di ciò che lui aveva detto. Clpito e
affondato
-Facciamo finta
che fosse così, anche se dubito che qualcuno riuscirebbe a far sentire
insignificante Draco Malfoy
-D’accordo… dunque
penso che PER DOMANI non ci siano problemi, VERO?
-Domani? – chiese
come se si trattasse di un appuntamento dimenticato
-Alla Queen Victoria, ricordi? – rispose lei, sibilando, ma il
sorrisetto beffardo lasciava presagire il peggio se, dopo quelle piccole
libertà che si era preso nel pomeriggio, le avesse detto di no: non che avesse
avuto da preoccuparsi, ma intanto sapeva come sarebbe finita… decise di
rimanere in silenzio, l’unica arma che lei non gli aveva ancora distrutto e che
nessuno avrebbe potuto levargli
-Lo prenderò per
un assenso
Continuarono a camminare,
questa volta con più calma
-L’hai fatto solo
per costringermi a portarti là? – le chiese un poco dubbioso, riflettendo su
quanto accaduto
Lei si voltò, le mani
intrecciate dietro la schiena, un bel sorriso sulle labbra e i capelli che
imprigionavano i fiocchi di neve che cadevano dal cielo
-Elementare,
Draco. Elementare.
Gli sorrise, dolcemente.
E lui seppe che non ci aveva
minimamente pensato.
Fino al momento in cui glielo
aveva chiesto.
Qualcuno diceva che Hermione
Granger era una persona piatta ed ordinaria, ma lui non si sarebbe stancato di
continuare a vedere cosa si sarebbe inventata.
Era una ragazza che cercava
di prevedere l’imprevedibile, ma che non conosceva nulla della cattiveria
dell’uomo, di quanto potessero essere subdole le azioni di qualcuno. Capiva
perché Silente gli avesse chiesto di proteggerla. Lei non era abituata a
pensare in termini di tornaconto, non avrebbe mai tenuto in considerazione il
fare qualcosa per ottenere dell’altro, come ricatto; la maggior parte della
gente, invece, non pensava ad altro.
Lei non ne era capace perché
la sua anima era ancora bianca e pura.
E la stimava per questo, per
essere riuscita a rimanere tale in un mondo tanto marcio.
La invidiava per non aver mai
dovuto fare i conti con i Male che l’avrebbe irrimediabilmente sporcata.
La voleva vicina perché la
forza di lei era tutta nella sua volontà di rimanere sempre dalla parte del
giusto, del bene.
E poi c’erano momenti in cui
voleva trascinarla all’inferno con lui.
Macchiarla senza pietà,
tingere quel bianco finchè non fosse diventato nero.
Ma l’unica cosa che
desiderava davvero, sempre e comunque, era poterla avere.
In modo che anche nella sua
anima dannata ci fosse un pezzettino di bianco e in quella di lei uno nero,
perché vedendo il Bene, lui avrebbe potuto abbracciarlo e seguirlo: con
l’immagine di lei, stare dalla parte di Potty sarebbe
stato molto più facile e conoscendo il Male lei avrebbe saputo combatterlo,
anche tramite quel puntino chiaro nel nero del suo spirito.
E lei ci sarebbe riuscita,
con o senza di lui.
Lui, però, voleva essere con
lei.
Perché non aveva conosciuto nessun’altra persona nella sua esistenza che avesse voluto
così tanto accanto.
Sempre.
Sempre.
Forse era per quello che alla
fine aveva ceduto alla tentazione e le aveva raccontato tutta la storia.
Egoisticamente.
Lei però non ne era rimasta orripilata, neppure da quel senso di possesso che lui aveva
manifestato nei suoi confronti, anzi, il loro rapporto si era stranamente
rafforzato e adesso LEI SI FIDAVA, una cosa che non aveva mai fatto nessuno.
Lui, lo sapeva, lei, almeno
lei, non lo avrebbe tradito. Mai.
Alla fine lei era e sarebbe
rimasta una tipa imprevedibile, nonostante tutte le maldicenze degli altri.
La guardò mentre camminava.
Avrebbe voluto essere la
persona giusta per lei, ma sapeva di non esserlo.
Sarebbe stato solo un bel
sogno.
Perché una come lei poteva
aspirare, ma soprattutto, volere, qualcuno di molto, molto meglio.
Che cosa aveva da darle?
Non molto di ciò che lei
avrebbe potuto volere.
Solo una storia terribile,
ricordi ancora più strazianti, poteri che non voleva.
E una missione.
Lei DOVEVA avere qualcosa di
meglio.
Qualcuno meglio di lui.
…eppure non riusciva a
farsene una ragione… e forse non ci sarebbe riuscito perché, onestamente, non
voleva abbandonare quel piccolo sogno.
Il sogno di qualcuno che lo
accettasse per quello che era davvero.
***
Spazio autrice:
ciao a tutti!!!
Ecco qui il nuovo
aggiornamento…
Come era già avvenuto per le
Relazioni, anche qui non ho saputo trattenermi dall’infarcire la fic di un piccolo capitolo quasi inutile alla narrazione,
ma che mi è particolarmente piaciuto scrivere.
Poiché ho ricevuto un sacco
di minacce di morte contro le ragazze che avevano fatto entrare Hermione nella
casa degli innamorati, ho preso spunto da queste e ci ho scritto una breve
avventura sopra che coinvolgesse i personaggi mentre sono a Londra.
Per quanto concerne la
vicenda principale (segreti e misteri ancora da svelare) questo capitolo non
c’entra niente, per quanto però riguarda i personaggi, dà qualche aggiunta alle
sfaccettature del carattere di questi due che, insomma, diciamocela tutta, non
è che si odino poi così tanto… (“,)
Spero che il post vi sia
comunque piaciuto,
ci vediamo presto! Un grande
bacio!
Nyssa
Killkenny:
poiché le figure dei mangiamorte ormai sono comparse
in tutte le salse nella maggior parte delle fic ho decis di utilizzare un personaggio che viene nominato poco
e così Grindewald faceva al caso mio, anche se ci ho
romanzato sopra tutta una storiella da far accapponare la pelle alla povera zia
Row…
Confesso che i sicari che gli
hai mandato contro spero che lo abbiano torturato perbene perché l’ho reso un
autentico bastardo e io tendo sempre ad odiare visceralmente
i cattivi che tratteggio. Ringraziali da parte mia.
La corrispondenza è stata
un’idea un po’ fuori posto, quindi non mi stupisce che sembri strana… spero che
comunque questo capitolo ti piaccia, aspetto di sapere, ciao!
Nyssa
Herm83:
coraggio, sentiamo questa mezza idea su quello che potrebbe essere il nipote si
Silente, sono curiosa di sapere che cosa ho indotto a credere… sfortunatamente
non posso sbilanciarmi con gli aiuti, ma dico solamente che “non è ciò che si
potrebbe pensare” il che dice tutto e niente, cioè un indizio inutile, ma io lo
metto ugualmente nella speranza che a qualcuno torni utile.
Dopo un paio di cappy dove il rapporto tra questi due era stato leggermente
sacrificato nei confronti della narrazione dei misteri del passato di Silente,
sono tornata a parlare di loro con un aggiornamento un po’ ironico e del tutto
strampalato che ha come tema fondamentale la sacralità dell’amicizia. Per
questo non è a caso il disprezzo che ho messo nel descrivere le quattro oche ex
amiche di Herm…
Ci sentiamo quando torni! Un
bacio,
Nyssa
Luana1985:
non parlarmi di studiare che martedì prossimo la mia prof ha deciso in un
rastrellamento e quindi nel week-end devo fare il topo da matematica, uffi… concentrazione: inesistente.
Mi fanno molto piacere tutti
i complimenti che mi hai fatto, grazie mille! Mi fai diventare un’autrice
orgogliosa, prima o poi diventerò un insopportabile pallone gonfiato che
continui a viziarmi a questo modo!
Ad ogni modo, sono felice che
la storia non sia banale, temevo di aver pescato troppo dai doni della morte o
di aver fatto il mio solito macello (se non si fosse notato, sono una persona
che vive con la testa tra le nuvole, quindi piuttosto distratta).
Io mi auguro che ti piaccia
anche questo nuovo aggiornamento! Aspetto di sapere, ciao e un grandissimo
bacio! Nyssa
Falalula:
non dirlo a me, anche io sono rimasta delusa dall’ultimo libro, non tanto come
storia perché si congiungeva abbastanza bene con gli altri (però mi hanno
ammazzato un sacco di personaggi che adoravo, maledetti!!!) ma più che altro
sulle accoppiate… ci stava la Harry/Ginny perché era
scontata e posso dire che la Ron/Herm
era DECISAMENTE troppo scontata… insomma, un bel colpo di scena e fidanzarmi Herm con Draco? Non credo che si sarebbero schifati più di
tanto… vabbè, meglio sorvolare sennò mi torna la
tentazione di strappare le ultime venti pagine e riscriverle da capo.
Il Silente che immagino io è
un personaggio che è diventato saggio e pacioso solo dopo un bel po’, dopo
molta esperienza ed aver visto molte cose, inoltre è talmente bravo che non
posso non credere che da giovane fosse modesto come ora, soprattutto se si
pensa che proviene da una famiglia purosangue ecc ecc.
Minerva, per quanto mi
riguarda, è la sua controparte perfetta, quindi devo sfatare il mito che ha
creato la zia row di Silente Gay (mai! Come fa a
stare con Minerva, sennò?).
Harry… Harry è un Harry un
po’ meno babbeo, anche se si ostina a pararsi come cavaliere della giustizia,
ma in fondo è un essere umano.
Spero ti piaccia anche il
nuovo aggiornamento, aspetto di leggere la tua opinione! Ciao e un bacione! Nyssa
Crici_82:
sono contenta che il piccolo intermezzo comico della posta del cuore di
Hermione ti abbia divertita, effettivamente è una delle mie solite uscite di
testa XP spero che ti piaccia anche questo quattordicesimo capitolo, a presto! Nyssa
Vavva:
mi lusinga sapere che avresti letto così spesso la mia storia! Personalmente
non ho niente con i Promessi se non una pomposità un po’ eccessiva e un
piagnisteo continuo di quella Lucia che sta sempre a frignare… ma sono comunque
felice che tu abbia detto ciò! Grazie mille!
Sono felice che il precedente
capitolo non abbia distrutto le tue aspettative, spero che il compito non
tocchi a questo… aspetto comunque di sapere la tua opinione sulla mia follia
dilagante! Un bacio! Nyssa
Lord Martiya: probabilmente hai ragione, in realtà mentre leggevo
il volume ero un po’ distratta da altro che pensare a dove si trovasse l’altra
Scuola e, tuttavia, io me la sono sempre immaginata in Russia, sarà che ho una
fantasia distorta, sarà che per quanto mi riguarda la sede è rappresentata come
un monastero greco-ortodosso però in Germania ce lo vedo così così… ma senz’altro tu eri più attento di me mentre
leggevi.
In verità la tua passione per
certe cose non mi sorprende più di tanto perché ciascuno ha le sue passioni,
quindi è normale che si facciano puntualizzazioni e correzioni, se qualcuno mi
venisse a dire che dichiara una funzione void in javascript penso che gli taglierei seduta stante i capelli…
Ad ogni modo, fai finta che
sia tutta una rivisitazione dell’originale come ho fatto con la vita di
Silente…
Ti ringrazio comunque per le
precisazioni, probabilmente avrei continuato la mia vita ignorando tutto questo
se non me lo avessi fatto notare.
Sono felice che il capitolo
sia risultato interessante, spero solo che non caschi il mito con l’ennesima
follia che la mia mente malata è riuscita a partorire XP.
Ciao e a presto! Nyssa
Potterina_88_:
credo che una storia di Silente simile sia davvero come gli elefanti che volano
perché è un bel po’ strana, anche se, come ho già detto, Silente è un mago
troppo bravo e troppo coscienzioso per non aver avuto un passato turbolento.
Insomma, per sapere tante cose deve averne viste almeno la metà, no? Alla fine
il caro Albus non è altro che un filosofo di prima
categoria che sparge i suoi insegnamenti di vita a Harry & co e dove può aver imparato cose tanto importanti se non
dal suo passato e dalla sua esperienza? Eppoi, francamente, ero stufa del
preside che ha fatto la vita in panciolle, volevo rendergli un bel passato
torbido che stonasse con la sua figura attuale.
Perché Minerva e Albus non si confessano? Beh, immagino sia perché lei sta
ancora aspettando qualcosa da lui e lui… è ancora oppresso dal senso di colpa.
Lui Sa che lei l’ha perdonato, ma visto che non comprende come ha potuto farlo
non riesce a liberarsi a sua volta di quel peso sulla coscienza… è un rapporto
un po’ contorto, ma credo che lo spiegherò più avanti.
Draco ed Herm
sono sempre loro in ogni frangente, nel precedente come in questo cappy che spero ti piaccia nonostante sia parecchio cascato
come le zucche dal cielo… dimmi che cosa ne pensi, ciao e un bacione! Nyssa
Shavanna:ehehe, come ricorderai sono maestra negli intrighi
del passato e in questa vicenda non poteva non esserci un bell’intrallazzo
avvenuto qualche decennio prima dell’inizio della storia.
Chiaramente tutto non sarà
lineare come dovrebbe, ma la solita ingarbugliata matassa di lana da sbrogliare
cappy dopo cappy (se
continuo così sembrerò una pubblicità, ma vabbè…
>_>).
Sono felice che la storia del
vecchio Albus ti sia piaciuta, non credo di essere un
genio ad averla pensata, ma mi fa comunque piacere sentire tutti i complimenti
di cui mi ricopri ogni volta ^^ Grazie!
L’onore dei Black tornerà, o
meglio, arriverà presto, nel frattempo spero ti piaccia anche il nuovo
aggiornamento! Un bacione! Nyssa
-Granger, sei
proprio sicura di quello che stiamo facendo?
Hermione sbirciò oltre il
cespuglio e annuì senza guardarlo.
Lui sospirò.
-A me sembra
piuttosto strano…
La ragazza si alzò in piedi e
camminò verso la siepe successiva, apparentemente senza degnarlo di attenzioni.
La seguì di malavoglia.
-E secondo me è la
più grande cazzata che possiamo fare mentre siamo…
Gli occhi dorati gli
lanciarono uno sguardo seccato prima che il dito si posasse sulle labbra in
segno di silenzio.
Un altro sospiro mesto di chi
ha ormai perso la battaglia.
-E questi vestiti,
lascia che te lo dica, sono proprio ridicoli!
Lei si alzò in piedi e lo
guardò malamente.
-Sei più rumoroso
dei cannoni di BuckinghamPalace,
lo sai?
-Scusa tanto se mi
sento una specie di clown!
-Hai sempre da lamentarti
di qualcosa, è mai possibile che tu non possa rimanertene un po’ zitto?
-In genere la
gente mi chiede tutto il contrario
-Beh, allora
perché non taci! Se continui a fare così ci scopriranno subito!
-Ma se siamo
ancora fuori della biblioteca! Chi vuoi che noti due come noi?
-Uno “di loro”
sarà senz’altro all’erta mentre si avvicina al “posto che tu sai”, guarderà
ogni dettaglio
-Mi è concesso
mangiare o credi che manderanno la scientifica ad analizzare le briciole di
pane prima di girare la maniglia?
Il suo freddo sarcasmo la
infastidiva parecchio, perché doveva essere sempre così pessimista nei
confronti dei suoi piani?
Accidenti, era una maledetta
serpe e pure una cornacchia portatrice di guai, sembrava quasi che gli piacesse
sviscerare tutte le più truculente possibilità in caso di fallimento del loro
sofisticato piano!
-Granger, poi
spiegami perché mi sono dovuto conciare in questo modo! È un insulto!
-Così ci
spacceremo per studenti della facoltà di Legge
-E gli studenti di
Legge sono tutti così privi di gusto?
-Ogni facoltà ha i
suoi modi di vestire, a Legge portano jeans e maglioni larghi e a me piacciono!
-Certo… devono
essere tutti in astinenza da anni se si possono permettere di nascondere le
belle ragazze dietro strati di vestiti inutili…
-La tua misoginia
è insultante!
-E questi abiti lo
sono per me!
-Ma se ti salvano
la pelle forse puoi fare lo sforzo di metterli
-Un giorno, col
vasto pozzo di scienza che ti porti dietro, devi spiegarmi perché dobbiamo
sempre finire a litigare…
-Perché sei pieno
di storie e non ti va bene niente
-Parla la
signorina “a me sta bene tutto e non faccio commenti”
Hermione lo squadrò con odio,
accidenti, perché doveva farsi del nervoso già dal mattino?
Se si agitava il piano andava
a farsi benedire, maledizione a lui! Che la lasciasse in pace e si cucisse
quella maledetta ciabatta!
Anche con quei maglioni non è
che passassero tanto inosservati, soprattutto lui… e meno male che era riuscita
a convincerlo a colorarsi i capelli di castano…
-Malfoy, sta’
zitto e piantala! Stai scocciando parecchio e di farmi ammazzare non ne ho
voglia!
-Ma se non aspetti
altro!
Ma chi è che gli aveva
insegnato ad avere una risposta a qualunque domanda idiota gli facesse? Voleva
farlo anche lei quel corso!
In quel momento, però, avrebbe
voluto soffocarlo, almeno sarebbe riuscito a tacere cinque minuti…
Nervosamente percorse il
vialetto di ghiaia che separava il prato dalla Queen
Victoria e oltrepassò la porta con al fianco il biondastro sempre brontolante.
Riconoscendo lo stereotipo
degli studenti di Legge le commesse al banco non fecero commenti e continuarono
la loro opera di archiviazione dei libri, alzando appena gli occhi oltre le
lenti spesse.
Salirono le scale che
conducevano alla sala di lettura, raccattarono un paio di tomi per strada e si
sedettero proprio di fronte all’ingresso, tenendo d’occhio la porta.
Tutto era quieto come
ricordavano, qualche passante che girovagava tra gli scaffali consultando
volumi dalle dimensioni spropositati e crollando immancabilmente sotto il loro
peso.
Draco ed Hermione stavano
aspettando che ci fosse pace e silenzio e che tutti i curiosi se ne andassero
per potersi infiltrare con calma nella covo nemico.
Non sapevano cosa li avrebbe
accolti dall’altra parte, poteva esserci un congresso di mangiamorte
come il nulla più totale, chissà quali magie avrebbero dovuto oltrepassare,
chissà cosa avrebbero visto, cosa avrebbero trovato.
Non potevano negare di avere
una certa ansia, non era una cosa da prendere alla leggera.
Draco, dal canto suo, era il
più agitato perché, oltre a dover badare alla mezzosangue che voleva sempre
cacciarsi nei guai doveva pure fare attenzione che sua zia non gli facesse la
pelle troppo in fretta.
Aveva una missione, non
poteva permettersi di rimetterci le penne prima del previsto.
Chiuse gli occhi.
Come faceva a proteggerla?
Come ci sarebbe riuscito?
L’unica cosa di cui aveva
bisogno in quel momento era di farsi una bella dose di nicotina.
Chissà cosa stavano facendo Blaise e gli altri a Scuola… tra una settimana circa anche
loro sarebbero dovuti ritornare, dopotutto il periodo di durata della pozione
cambia età era quasi scaduto, presto sarebbero rimasti sempre alla loro età
normale senza problemi.
E avrebbe potuto uccidere
quel maledetto fratello Canon che l’aveva spinto
direttamente sulle scale dove l’attendeva la bomba.
Chissà poi chi era stato a
prepararla.
Era qualcuno della scuola?
Era qualcuno di fuori?
Lo conosceva?
Perché l’aveva fatto?
…in verità quell’ultima
domanda era stupida e inutile.
Guardò la mezzosangue che
ostentava calma e sicurezza, ma sapeva che le batteva il cuore a mille.
Aveva paura, lo sentiva.
Lo percepiva.
E gli dispiaceva perché lei
era una persona che non faceva mai vedere quando c’era qualcosa che la turbava.
Se la cosa lo spiazzava, da
una parte, però, ne era molto felice perché significava che lo riteneva
speciale al punto da lasciargli intravedere le sue paure e le sue debolezze.
Come faceva a riempirlo di
gioia anche solo con un’occhiata? Anche solo litigando?
Che cosa sentiva lei?
Vide la mano abbandonata sul
tavolo che tremava appena.
Sorrise.
Spostò la sua che andò a
coprire quella di lei, la strinse appena.
Lei alzò gli occhi stupita.
Guardò nei suoi e lui non
avrebbe saputo dire cosa vi aveva letto, in quel momento.
Ma potè
solo dire che il sorriso che lei gli regalò fu il più bello che avesse mai
visto.
Se qualcuno l’avesse dipinto,
sarebbe stato senz’altro un capolavoro.
-Andiamo? – le
domandò piano
Hermione annuì e insieme si
alzarono dal tavolo.
***
Il pannello dove sapevano che
stava la porta di accesso appariva come uno dei tanti riquadri di legno che
tappezzavano il primo metro di muro ad altezza umana.
Una grossa testa barocca era
incisa su uno sì e su uno no nel legno rossiccio, ormai scolorito dal tempo.
Come si faceva ad entrare?
Tastarono la superficie
lignea, ma nulla, pareva che non ci fossero pannelli mobili o ingranaggi a
muoverla.
-Proviamo con l’alohomora? –
domandò lei, un poco preoccupata
-Sarebbe troppo
semplice
-E come facciamo?
Draco la guardò e le intimò
di rimanere in silenzio.
Prese la bacchetta da sotto
il largo maglione verde e la agitò in aria sussurrando appena una formula
magica che la Gryffindor non aveva mai sentito.
Per incanto, il legno si aprì
verso l’interno, rivelando un cunicolo piuttosto stretto e alto che proseguiva
nelle viscere del palazzo.
Entrarono senza sapere dove
conducesse.
-Che cos’era? –
indagò lei
-Quella che i mangiamorte usano come parola d’ordine per la maggior parte
dei loro nascondigli.
Un sopracciglio bruno si
sollevò stupito mentre seguiva quel ragionamento.
Era una cosa piuttosto
stupida dare ai loro rifugi sempre la stessa parola d’ordine, ma, visto il
numero di maghi, era difficile inventarne uno per ciascun posto e fare sì che
ciascuno lo ricordasse.
L’anta di legno si richiuse
rapida alle loro spalle, intrappolandoli in quello spazio angusto che sapeva di
umidità e di pietre vecchie.
Sentirono qualche goccia
cadere dal soffitto.
Improvvisamente, uno sciame
di piccole fiammelle comparve intorno a loro, illuminando lo spazio appena
circostante perché non inciampassero su qualche sporgenza o mattonella
malmessa.
Hermione rimase nuovamente
stupita.
Sapeva da dove venivano
quelle fiamme perché non bruciavano, esattamente come quelle che lui aveva
richiamato il pomeriggio che Harry, Ginny e Blaise erano venuti a trovarli.
… non avrebbe dovuto
utilizzare le magie relative alle Reliquie, ogni volta peggiorava un po’ la sua
condizione e quelle altre fiamme, quelle nere che lo avvolgevano e lo
laceravano, potevano ricomparire in ogni momento.
Incosciente…
Lui le passò davanti, la
bacchetta, fatta di un legno particolarmente giovane e scuro, stretta in pugno,
pronta per ogni evenienza.
Draco non era Harry, rifletté,
non avrebbe avuto esitazioni ad utilizzare una Crucio, una Imperius o una AvadaKedravra se fosse
stato necessario e non poteva dargli tutti i torti.
Harry, invece, si ostinava a
invocare Patronus
e Expelliramus.
Pregò solo che il suo
migliore amico cambiasse al più presto la sua filosofia di utilizzo delle
Maledizioni senza Perdono, soprattutto prima che qualcuno gli facesse la pelle
e lo mandasse a far compagnia ai suoi genitori.
Vide i braccialetti dorati
che aveva assegnato loro Silente brillare alla luce delle fiammelle e una nota
di tristezza le invase l’anima.
Spostò gli occhi e guardò avanti,
oltre le spalle di lui, dove proseguiva il loro cammino.
Il cunicolo stretto stava
arrivando al fondo dove un bivio conduceva in due direzioni; il piccolo spiazzo
dell’incrocio era illuminato da torce alle pareti e immetteva in altri due
corridoi.
La ragazza deglutì a fatica,
appigliandosi alla lana spessa della maglia di lui con le dita della mano.
-Andiamo insieme o
ci separiamo? – domandò lo Slytherin scrutando prima
l’accesso di destra e poi quello di sinistra
La logica avrebbe dovuto
farle rispondere “dividiamoci”, in questo modo avrebbero esplorato più
facilmente e rapidamente l’intero covo, ma aveva una morsa allo stomaco e non
riusciva a mettere in fila quelle due semplici parole che avrebbero
momentaneamente separato i loro destini.
-In…sieme – balbettò
Draco le lanciò un’occhiata e
tornò a guardare avanti: sapeva come si sentiva.
Un profano poteva anche
credere che i luoghi dove si ritrovavano i mangiamorte
fossero delle semplici grotte o stanze, in realtà c’era un’aura malefica tutta
particolare che avvolgeva quei posti, qualcosa che ti faceva sentire
costantemente minacciato e spiato da ogni parte.
All’inizio era stato così
anche per lui.
Era anche per quello che non
avrebbe voluto portarla lì dentro, la sentiva tremare e questo lo innervosiva e
agitava a sua volta quando sarebbe dovuto rimanere lucido e cosciente, pronto
per ogni occasione perché, tra i due, era lui che conosceva i trucchi del
mestiere.
In quel momento, sembrava che
la stesse conducendo al patibolo e, probabilmente, nessuna espressione era più
calzante per rendere lo stato d’animo.
Lo stretto corridoio terminò
infine in quella che, a prima vista, sembrava una cisterna abbandonata
dell’acqua piovana, di quelle che si costruivano quando ancora non si poteva
incanalare l’acqua e non se ne consumava così tanta.
Le pareti erano di pietre
molto spesse, ricoperte da un intonaco che stava cadendo a pezzi e illuminate
da torce e fiaccole, l’aria invasa da tanti sottili filamenti verdi
fluorescenti che si muovevano come se spostati dalla corrente.
Draco si portò svelto un dito
alle labbra per indicarle il più assoluto silenzio e con la punta della
bacchetta indicò appena l’indefinita magia nell’aria
-Che cos’è? –
chiese lei appena in un sussurro
La bacchetta scura si spostò
fino a disegnare la figura di una medusa marina
-Meduse? – sillabò
La testa bionda fece cenno di
no, ma la mano indicò qualcosa di simile e poi fece cenno “più tardi”.
Se fossero usciti vivi,
probabilmente le avrebbe spiegato di cosa si trattava.
Ma perché quei così dovevano
stare in una stanza disabitata?
I due scrutarono tutt’attorno alla ricerca di un indizio: lumi, qualche
straccio abbandonato per terra, un tavolino a tre gambe addossato alla parete e
una cesta sopra.
La cesta!
Certo, non poteva essere
altro!
Ma… che cosa conteneva? E
perché c’era quello strano incantesimo protettivo?
Trova una magia che secchi l’aria e la privi di
umidità
Le disse telepaticamente
Malfoy continuando ad osservare i flutti verdi.
Una magia che secca l’aria…
Una magia che toglie l’umidità…
Probabilmente le meduse erano
sensibili alla percentuale di acqua…
Difficile, eppure ricordava
di aver studiato qualcosa…
Ma dove?
Quando?
Accipicchia, doveva smetterla
di memorizzare tante stupidaggini e accumulare più formule che tornavano utili,
come quella, ad esempio… chissà in quale recondito recesso della sua mente era
stata accantonata, adesso…
Luce… no.
Fuoco? Naa…
Acqua? Decisamente No.
Aria… forse…
Ma certo!
Erano tutte formule di Erbologia, era lì che le insegnavano qualche incantesimo per
cambiare le condizioni atmosferiche in modo da far crescere meglio o più
rapidamente le piante!
Restringendo il campo la cosa
si faceva un poco più semplice…
Ora doveva solo ricordarsi
quella giusta!
-Als je uithetwater!
Pronunciò ad alta voce. Le
meduse nell’aria si voltarono tutte nella sua direzione all’udire le parole
forti, ma piano piano si mossero sempre più
lentamente e neppure una riuscì a raggiungere lei o il biondo, pronto a
respingerle con la bacchetta in mano.
Si guardarono attorno sconcertati,
attorniati da quelle strane cose verdi e immobili.
Un’ultima occhiata e corsero
fino al muro umidiccio dove stava il mobiletto vecchio e un po’ marcio.
Malfoy aprì i tre cassetti e
vi trovò, rispettivamente, un libro di favole, delle pezze e una scodella.
Li richiuse rapidamente
sospirando mesto: niente.
Hermione si alzò sulle punte
dei piedi e guardò all’interno del paniere dove era stato posto un involto di
stracci, probabilmente era abbandonato lì da parecchio, però allora non si
spiegava la presenza di quegli esseri pericolosi che avevano dovuto
immobilizzare prima di poter raggiungere il tavolo…
Uno dei bordi del cencio
vecchio si mosse appena e lei guardò incuriosita quello strano spostamento.
Prese l’altro lembo e lo
scostò del tutto.
Ciò che vide la lasciò senza
parole e dovette strattonare Draco per la manica e attirare la sua attenzione
all’interno dove la figuretta minuta di un bambino addormentato riposava
tranquillo tra la stoffa.
Non era il posto adatto per
un neonato, visto che non poteva avere più di un anno. Era magrolino e con la
testa coperta da capelli biondi, gli occhi erano chiusi, quindi non seppero
dire di che colore fossero, ma sembrava tranquillo, anche se un po’ trascurato.
Al braccino destro aveva un
braccialetto sottile formato da perline alternate una bianca e una nera e dal
collo pendeva un piccolo medaglione sulla cui cassa era incisa la lettera D piena di
riccioli.
Era chiaramente un oggetto
Ottocentesco, di quei ciondoli apribili in cui vengono considerati piccoli
ricordi e ciuffi di capelli, chissà come mai un simile monile, un po’
sproporzionato per la creatura che lo indossava, era stato affidato proprio a
lui…
Allungò la mano per
accarezzargli la faccina paffuta, ma a pochi centimetri dalla pelle il bimbo
aprì gli occhi rivelando due iridi blu cobalto che fissarono un istante la
sconosciuta che lo guardava prima di mettersi a strillare e piangere.
Hermione ritrasse rapida la
mano e guardò preoccupata Malfoy che, tuttavia, era troppo distratto dagli
esseri verdi che stavano ricominciando a muoversi per prestarle attenzione:
merda, erano bloccati li!
E proprio in quel momento,
mentre lui cercava di tenere a bada le meduse, un pannello del muro di pietre
scomparve, rivelando, nel vano scuro da cui proveniva, una figura biondissima e
dagli occhi verdi, giovane, che indossava una camiciola bianca.
La sconosciuta li fissò
aprendo e richiudendo le labbra, più che sorpresa, ma la sua espressione rimase
dolce.
Draco avvertì la presenza di
un nuovo mago e si voltò istintivamente, fissando gli occhi grigi in quelli
verdi di lei, Hermione lo studiò e per la prima volta le parve che implorasse
la sconosciuta… qualcosa… chissà di cosa la stava implorando con quello
sguardo?
Di non ucciderli?
Ma chi era? Non aveva
l’aspetto di un mangiamorte, anzi! Vestiva
addirittura di bianco! E i suoi tratti erano dolci e delicati, molto differenti
da quelli di Bellatrix e co.
-Nicholaa! – strillò una voce profonda e cavernosa proveniente
dal corridoio nascosto da cui anche lei era sbucata.
Nicholaa, quindi quella doveva essere la madre di PansyParkinson, si affrettò a
farsi vicina alla cesta e prese tra le braccia il bambino, cullandolo appena,
dopodiché fece un rapido gesto con il braccio libero e tra le redivive meduse
si creò un varco; con lo stesso braccio fece cenno a loro di andarsene e
l’espressione diventò improvvisamente seria e orgogliosa mentre la voce dal
corridoio pronunciava nuovamente il suo nome.
Era vero, Nicholaa
era muta… non poteva parlare…
Draco ed Hermione non si
fecero ripetere il gesto una seconda volta e corsero verso il fondo della
stanza verso la porta di uscita che conduceva nuovamente al corridoietto
che immetteva nella biblioteca.
La Gryffindor
si voltò un’ultima volta mentre Draco la trascinava velocemente lungo il pavimento,
quasi che volassero; Nicholaa stava ancora là dietro
col bimbo quieto tra le braccia, lo sguardo ancora duro, sembrava la
rappresentazione della tristezza materna
Tornate a prendere il bambino
Senti scandire nella sua mente.
Una lacrima scivolò sulla
gota della donna che rimase immobile.
Hermione accennò un assenso
col capo, dopodiché voltò la testa e si mise a correre più forte che poteva.
Sarebbe tornata.
Glielo aveva promesso!
***
FenrirGreyback sbucò dal tunnel
da dove era arrivata la madre di Pansy subito dopo
che i due ragazzi ebbero imboccato il tunnel esterno.
Si guardò attorno e annusò
l’aria, poi lanciò un’occhiata terrificante al bambino tra le braccia minute
della donna
-Perché non
rispondevi! – le urlò malamente muovendo un passo verso di lei che fece quasi
tremare il pavimento.
Nicholaa arretrò un poco stringendo la creatura al petto protettivamente e il mangiamorte
le sferrò un ceffone che la scaraventò a terra e le arrossò tutta la guancia
sinistra dove la mano callosa e irta di peli ispidi aveva scontrato la pelle
giovane.
Si toccò il segno con mano
tremante
-Sei davvero un
essere inutile… - disse con disprezzo Fenrir – come
fai a non essere neppure capace di parlare? Non sei altro che una creatura
inferiore! Una stupida puttana senza utilità!
La donna chinò la testa e i
lunghi capelli biondi toccarono il pavimento umido
-Mi domandò perché
ti permettano ancora di vivere – continuò il lupo mannaro, poi girò i tacchi e
il mantello e se ne andò da dove era venuto senza ricordarsi del perché era
andato a cercare la
signora Parkinson.
Nicholaa coprì in maniera materna il bambino e lo depositò
nuovamente nel cesto, rimboccandogli le coperte e trascinandolo sul pavimento
accanto a lei.
Tirò le ginocchia fino al
mento e vi appoggiò la testa, cominciando a piangere.
***
Quanto la forma antiquata
dell’uscio che separava il nascondiglio dei mangiamorte
comparve davanti ai due fuggiaschi, la sagoma consunta e di cattivo gusto parve
quasi come il cancello del Paradiso.
Muovendo la mano con la
bacchetta mentre si stavano ancora avvicinando, Draco fece aprire il portello
che immise nell’angusto spazio il fascio di luce chiara della del giorno, luce
che non riusciva a filtrare attraverso le insignificanti feritoie della
cisterna abbandonata.
Con un colpo la porta si
richiuse dietro di loro attirando l’attenzione di quattro studenti, seduti nei
tavoli a consultare dei volumi, che alzarono stupiti la testa e guardarono
spaesati i due che erano appena comparsi dalla porta sul muro.
-Sai smaterializzarti?
– chiese Malfoy alla Caposcuola quando tutti furono tornati alle rispettive letture
Lei annuì appena, preoccupata
-Andiamo a casa
-Ma Silente ha
detto che non possiamo…
-Subito! – sbraito
lui in maniera maleducata
E lei non poté fare altro che
chinare il capo e annuire, facendosi trascinare in uno degli scaffali affianco,
un poco nascosto dalle colonne altissime.
Lo guardò e vide il petto
abbassarsi e alzarsi in maniera aritmica, Draco stava sudando e aveva gli occhi
lucidi, che stava accadendo?
Con la mano destra si stava
tenendo il braccio sinistro: il Marchio Nero!
Accidenti, si sarebbe dovuta
ricordare di quanto era pericoloso per lui entrare in un covo del genere!
Era stata davvero stupida ed
egoista a volerlo portare là dentro così ostinatamente, senza riflettere su
cosa sarebbe successo a lui… non ci aveva proprio pensato al dolore che un
traditore provoca nel rimettere piede in un posto del genere e non si riferiva
solo a quello scatenato dall’osceno incantesimo che Voldemort
aveva lanciato sul pupillo di Lucius.
Si guardò spaesata intorno,
dovevano andarsene! Immediatamente!
Un’ultima occhiata alla porta
che aveva separato il mondo dei babbani dagli inferi
dei mangiamorte, un pensiero per quelle due creature
intrappolate là sotto senza possibilità di fuga: Nicholaa
e il bambino.
Agitò la bacchetta e in un
battibaleno furono nel salottino dell’attico di Raymond,
di fronte ad Hyde Park illuminato dalla luce del
tramonto.
***
Hermione guardò il biondo
un’ultima volta prima di appoggiare bacchetta e borsa sul tavolo e levarsi la
giacca sportiva che aveva usato per il travestimento.
Draco sedette sul bordo del
letto sbottonando i polsini della camicia e portandosi le mani ai capelli,
appoggiando poi i gomiti alle ginocchia.
La mezzosangue notò che la
pelle intorno al tatuaggio nero era di un rosso violento, probabilmente il
dolore per lui era insopportabile, eppure non aveva detto una parola, l’aveva
solo implorata di riportarlo lì e di allontanarsi dalla biblioteca, una
richiesta più che legittima visto quanto accaduto.
-Hermione –
incominciò senza guardarla negli occhi – non cacciarti più in guai come questi
La Granger arretrò di un
passo e si portò la mano al petto, guardandolo colpevole.
Lui, però, non la poteva
vedere.
Era il caso di dirgli quello
che aveva sentito?
Era il caso di riferirgli ciò
che Nicholaa le aveva implorato di fare?
Era quello il momento adatto?
Se avesse taciuto adesso,
avrebbe taciuto per sempre e non avrebbe avuto il coraggio di raccontargli
tutto, una volta che il momento fosse passato.
Che doveva fare?
Perché era tutto così
maledettamente complicato?
Silenzio.
Ancora.
-Draco, io voglio
tornare a salvare quel bambino – disse appena allungando la mano verso di lui
come a volergli fare una carezza
Un gesto troppo intimo per un
momento come quello dove, lo sapeva, si trovavano ai due capi di un precipizio.
Una voragine li divideva,
niente di meno.
Draco sollevò il capo dalle
mani e alzò gli occhi sgranati su di lei, Hermione vi vide saettare della
rabbia.
Inconfondibile, è qualcosa
che non è possibile scambiare per nient’altro.
Solo rabbia.
Le sopracciglia si
abbassarono fino a nascondere quasi completamente l’argento baluginante degli
occhi.
Aprì la bocca per dire
qualcosa, ma, per un attimo, nessun suono uscì dalle belle labbra disegnate.
L’attimo dopo, un grido
straziante lacerò l’aria e tutti gli oggetti di vetro andarono in frantumi,
costringendo la Caposcuola a pararsi la testa con le braccia per non rischiare
di essere ferita dalle schegge di vetro della cornice del quadro appeso accanto
a lei, vicino alla libreria.
Quando aprì gli occhi, Draco
era disteso sul pavimento, avvolto in fiamme nere come la pece e urlava
straziato, tenendosi la testa, completamente avvolto da quell’incantesimo
malefico che lo bruciava fino a consumarlo.
E si dimenava come se fosse
stata una serpe a intrappolarlo.
Di nuovo la persecuzione
dell’Inferno.
Hermione allungò il braccio
come per toccarlo, ma quel nero, quelle lingue di fuoco, non erano come i fuocherelli che lui richiamava per gioco quando c’era
necessità, quelle fiamme facevano male e sembravano far bruciare perfino le
ossa, carbonizzando la pelle tutta intorno.
Come faceva lui a sopportare
quel dolore, il fuoco non bruciava, ma era un altro tipo di dolore che si
percepiva e che partiva da dentro, dall’anima.
Fu costretta ad allontanare
svelta il braccio prima che anche lei venisse incenerita.
Vide il palmo della mano
destra completamente arrossato e anche metà del braccio tra il polso e il
gomito.
Lo portò protettivamente
vicino e si guardò attorno alla ricerca del libro che aveva consultato l’altra
volta.
Sarebbe stata costretta a
richiamare per la seconda volta un incantesimo Oscuro, ma non le importava, non
l’avrebbe lasciato in quello stato, non poteva, non senza tentare…
Che pagina era? Sarebbe stata
in grado di ritrovarla? L’aveva cercata parecchio le settimane prima, nella
speranza di rintracciare quell’incantesimo, soprattutto quando ancora non
conosceva la storia delle Reliquie e voleva sapere che formula magica aveva
pronunciato.
Adesso? Sarebbe stata in
grado di salvarlo?
Il tomo era impilato assieme
ad altri sul bordo dello scaffale, pronto per essere ordinatamente riposto,
sorte che non era toccata a nessuno dei volumi disseminati per la stanza.
Aprì le chiusure di ottone che
fermavano le pagine e cominciò a sfogliarle velocemente.
Avrebbe dovuto lavorare con
calma, analizzando una dopo l’altra le formule magiche anziché scorrerle così
rapidamente, ma era agitatissima, neppure quando lei, Harry e Ron avevano fatto la follia di giocare quella partita
particolare agli scacchi dei maghi si sera sentita così e a quel tempo era al
primo anno e non sapeva niente della storia di Voldemort
e di tutti gli intrighi del mondo magico.
Quello che provava adesso era
simile a ciò che aveva sentito quando con Harry avevano percorso indietro il
tempo e salvato Sirius Black dalla prigionia, ma era
come se tutte le sensazioni di allora fossero moltiplicate per cento, anzi, no!
Per centomila!
Perché stava così male?
Perché si sentiva così inutile? Lei!Lei che era la migliore studentessa di Hogwarts che le formule le snocciola come caramelle!
Assurdo, doveva assolutamente calmarsi se voleva fare qualcosa!
Un’altra occhiata, la
situazione non era certo migliorata… scartabellò ancora, le pagine ingiallite
non le fornivano alcun aiuto per i ricordi confusi degli atti compiuti quella
lontana mattina di quasi tre settimane prima.
All’improvviso un foglio un
poco stropicciato e rovinato attirò la sua attenzione, nel mezzo delle pagine
era caduta una limetta per unghie.
Sicuro!
Stava facendo la doccia
quando era uscita dal bagno per controllare, doveva senz’altro essere quella la
pagina!
Probabilmente nella fretta
aveva richiuso il libro prima di accorgersi che l’oggetto le era caduto e non
ci aveva fatto caso… ecco perché non riusciva più a trovare un pezzo del suo
set da unghie!
Con l’indice tremante
percorse le righe in corsivo dell’incantesimo, preparandosi allo scossone
psicologico, fisico e morale che evocare una simile magia le provocava.
L’aveva già sperimentata,
coraggio Hermione, puoi farcela! Ripeté a se stessa per regolarizzare la
respirazione affannata.
Puntò la bacchetta, un attimo
di esitazione, poi le parole fuoriuscirono scandite dalle sue labbra.
Una dopo l’altra andarono a
formare quell’incantesimo.
Sentì il braccio tremarle
mentre l’incantesimo veniva lanciato. Un momento ancora, solo uno, doveva
resistere, poi sarebbe finito tutto. Per lei e per lui.
Chiuse gli occhi, quel giorno
c’erano troppe cose che non voleva vedere.
Quando li riaprì la famosa
sfera nera volteggiava nella stanza lanciando saette pericolose di uno
stravagante colore violetto.
Pregò che andasse tutto bene,
che non avesse fatto un errore.
L’incantesimo era senz’altro
quello perché mentre lo pronunciava aveva recuperato dalla memoria i ricordi di
quella mattina.
Coraggio Draco, tieni duro,
un attimo, solo uno anche per te e poi…
***
Spazio autrice:
ciao a tutti! Eccomi tornata con un nuovo cappy
decisamente più movimentato del precedente.
Si entra nel vivo della storia
e presto si scoprirà qualcosa di più, per quanto mi riguarda, con le vacanze
alle porte spero proprio di avere un po’ più di tempo da dedicare alla stesura
dei prossimi capitoli.
Mi auguro comunque che questo
vi sia piaciuto, ditemi cosa ne pensate!
Ciao e un bacio,
Nyssa
Vavva:
come ti capisco, anche mia mamma ogni tanto si preoccupa quando mi metto a
ridere davanti allo schermo a causa di qualche fic
particolarmente divertente… ma col tempo ci ha fatto l’abitudine.
Sono molto felice che il
capitolo ti abbia fatto ridere, l’ironia non è proprio il mio cavallo di
battaglia, quindi, sapere di essere riuscita a far divertire una lettrice, mi
fa enormemente piacere! =)
Spero che ti piaccia anche il
mio nuovo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacione!
Nyssa
Shavanna:
è bello sapere di non aver distrutto l’atmosfera che si era creata, ma con
tutti i pasticci di Silente credo che ci volesse qualcosa per rispostare l’attenzione sui veri protagonisti della fic, ovvero Draco ed Herm che, in
questo nuovo aggiornamento, hanno tutto il palcoscenico per loro e per la loro
stravagante avventura in biblioteca.
Che Draco sia un mito, beh, è
come dire che il fuoco brucia… Herm invece è un
personaggio difficile da riportare in questa fic
perché, se nell’altra era lui a farsi dei complessi, qui la ragazzina mica
scherza! E poi mi piace descriverla quando si arrabbia, le persone brave quando
si arrabbiano sono delle vere furie, mi diverte farle perdere le staffe,
probabilmente Draco mi ha contagiata…
Beh, anche se esageri con i
complimenti non credo che mi dispiaccia, tutt’altro!
E non moderarti, non ce n’è
bisogno, a me fa piacere sentire tutto quello che hai da dire e non abbiamo
limiti di spazio, quindi… scrivere, scrivere e scrivere! Un bacio grandissimo, Nyssa
Mirichan:
sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e anche il finale, spero che sia lo
stesso anche con questo nuovo aggiornamento! A presto, Nyssa
Falalula:
se tu virgoletti tutto, io riempio le fic di incisi,
quindi non credo ci sia di che dire, ognuno ha le sue tendenze, per quanto mi
riguarda sembra che per ogni cosa che dico ci sia da fare una precisazione e
così virgole a volontà!
Sono felice che l’idea di
spezzare un po’ sia stata bene accolta, come dici tu, e come penso io, era il
caso di staccare un po’ e anche di riportare l’attenzione sui due protagonisti
che, comunque, hanno bisogno anche di qualche spazio tranquillo per battibeccare a sufficienza e riflettere come si deve su
cosa provano.
Sono estremamente felice
delle tue parole sul finale, essendo un capitolo poco serio mi sembrava un po’
azzardato mettere una simile conclusione, l’ho riveduta e corretta diecimila
volte prima di pubblicare e se è così era solo perché altrimenti sarei stata in
ritardo con i termini di pubblicazione…
PS: ho capito perfettamente
la tua recensione, grazie mille, è splendida!
Bijoux, Nyssa
Luana1985:
innanzi tutto, mi dispiace moltissimo, so come ci si sente a fallire qualche
obiettivo, io sono ancora alle superiori e quindi non ho proprio l’idea
generale, ma penso di capire… credimi, mi dispiace moltissimo, spero che i
prossimi siano da fare invidia, sono sicura che sei un’ottima studentessa!
Per quanto riguarda il cappy, mi fa piacere che ti sia piaciuto e spero che sia
riuscito un poco a distrarti… tranquilla, Draco ed Herm,
anche se non l’ammetterebbero mai, sarebbero capaci ad andarseli a creare quei
momenti di litigata per avvicinarsi un po’, quindi no problem!
Spero che approverai anche
questo nuovo aggiornamento, aspetto la tua opinione al più presto! Un bacione! Nyssa
Potterina_88_: beh,
Draco è Draco, se non è capace lui ad approfittarsi degli altri… e chiaramente,
visto che Herm non gli è poi così tanto indifferente,
non credo che gli dispiaccia così tanto “approfittarsi” di lei… e forse neppure
a lei XP
Diciamo che, se anche Herm ha pensato che la soddisfazione più grande l’abbia
avuta Malfoy, in realtà non voleva ammettere che le aveva fatto un immenso
piacere poterle umiliare… è troppo santarellina per ammettere qualcosa del
genere a se stessa…
Sono felice che anche
l’ultima parte ti sia piaciuta, come ho già detto, all’inizio mi sembrava un
po’ azzardato aggiungere quella conclusione ad un capitolo decisamente poco
impegnato, l’ho corretta diecimila volte, poi alla fine l’ho lasciata così,
quindi sapere che è stata bene accolta mi fa immensamente piacere!
Bene, spero che ti piaccia
anche questo nuovo aggiornamento, ciao e un bacione! Nyssa
Lord Martiya:Jenny-pokemon? Beh, i pokemon mi piacciono così così,
ma credo che jenny sia decisamente più stupida del pokemon più idiota che Ash ha tra
i suoi…
Per curiosità, quale pokemon ti immaginavi?
Beh, se mi dici che hai
scritto delle follie vado subito a vedere! Di che parlano queste follie?
Spero che ti piaccia anche il
nuovo capitolo, ciao! Nyssa
Killkenny:
suppongo che dopo la “ripassata” che gli hanno dato Eva sensei,
Mana, Sayo e Kaede di Grindewald non sia
rimasto molto… peccato, avrei voluto fargli fare qualche altra comparsa nella
storia… vabbè, troverò un sostituto.
Cosa intendi con “il sadismo della coppia Draco/Herm è qualcosa di pari solo alla Tomolo/Eriol?” m’incuriosisce questa affermazione!
Penso anche io che Jenny,
Simone, Amanda e Cinthya sarebbero degne com(p)ari di LavLav, ma forse
sono troppo stupide anche per lei, ad ogni modo, magari le farò incontrare per
un esperimento sul campo…
Spero che ti piaccia anche il
nuovo aggiornamento, ciao! Nyssa
Lauwren:
non dirlo a me, tra compiti, scuola e cento altro non ho neppure il tempo di
postare!
Come faccio a postare
regolarmente? Beh, quando ho cominciato a scrivere l’altra fic
ero mooooolto più puntuale e aggiornavo due volte a
settimana, lo faccio perché quando seguo io una fic
entro letteralmente nel pallone, non sono brava con la roba a puntate, ci
scappo di testa e vorrei subito sapere come va a finire, così ho deciso che, se
qualcuno avesse voluto leggere le mie cose, avrebbe avuto la certezza di poter
accendere il pc e controllare regolarmente, senza
dover stare a spulciare la fic giorno per giorno.
Anche io non seguo molte fanfic lunghe e l’unica che vorrei veder finita è bloccata
da sei mesi! (l’autrice si prende delle lunghe pause di riflessione…).
Sono felice che il continuo
battibecco tra Draco ed Herm sia divertente e mi fa
piacere che lo sia stato anche il cappy scorso, spero
che approverai anche questo nuovo post!
Il corpo di un bambino di dieci anni continuò a galleggiare in mezzo
alla stanza finchè la patina nera non fu scomparsa del tutto
Il corpo di un bambino di
dieci anni continuò a galleggiare in mezzo alla stanza finchè
la patina nera non fu scomparsa del tutto.
Quando anche l’ultima
molecola si fu dissolta, la figura infantile cadde a peso morto sul letto,
facendo cigolare il materasso.
Hermione gli fu vicina in un
baleno, prendendogli la mano e sentendogli il polso: inutile, non riusciva a
percepire niente.
Strappò i due bottoni della
camicia e con le dita gli sentì la pressione tra la gola e il petto, debole,
molto debole, quella era avvertibile.
E Draco sembrava quasi che
dormisse.
Si alzò in piedi e sospirò
come la madre che assiste il figlio ferito in guerra;
gli mise il pigiama e prego che nessuno avesse percepito il violento scoppio di
energia che si era liberato quando aveva richiamato l’Incantesimo Oscuro.
Che cosa doveva fare?
Aveva forse sbagliato a
raccontargli tutto subito?
Avrebbe dovuto aspettare?
Avrebbe dovuto dirlo diversamente? Avrebbe dovuto dirlo??
E in quel caso, avrebbe poi
dovuto fare qualcosa da sola o abbandonare per sempre il proposito di salvare
il bambino?
No, non poteva lasciarlo là
sotto, a costo della vita, lo avrebbe salvato perché lo aveva promesso a Nicholaa.
Di lei si diceva che faceva
sempre la cosa giusta, ma in quel momento non era certa che il suo agire fosse
stato dei migliori.
Sia perché aveva costretto
Draco a fare uso dei suoi poteri, sia perché l’aveva portato in quel
sotterraneo maledetto dove ricordi e magie nere tornavano alla luce
squarciandogli il corpo dal dolore. Sia perché gli aveva quasi dato il colpo di
grazia con la sua ultima frase.
Ma quel bambino era
senz’altro la persona di cui parlavano Bellatrix e RodolphusLestrange alla sala da
tè, l’ultimo dell’anno.
Nessuno glielo aveva detto,
ma sentiva che era così e lei, proprio lei che si fidava solo di ciò che
vedeva, decise di dare credito a quella sensazione.
Cosa doveva fare?
Andare?
Non andare?
Salvarlo?
Da sola?
Con Draco?
Senza Draco?
In che modo?
Tante domande che non erano
neppure la metà degli interrogativi che la perseguitavano, che la assillavano
chiedendole chi fosse quel bambino e perché i mangiamorte
l’avessero rapito.
Indubbiamente aveva a che
fare con Silente, questo era poco ma sicuro, altrimenti non ne avrebbero
parlato in modo così vicino a quello del vecchio mago.
E poi, sempre per quanto
riguardava Silente, cos’era questo Onore dei Black?
Come a Draco piaceva
ripetere, i Black non avevano avuto onore. Mai.
Però il preside li aveva
incaricati di trovare questa cosa, ma dove?
Ne avevano parlato, ma
sembrava che ci fossero più probabilità di rendere Lavanda Brown
intelligente rispetto a quelle di trovarlo…
Non sapevano neppure da dove
cominciare, almeno si fosse degnato di concedere loro
un indizio! Un piccolo suggerimento!
Niente, muto ed enigmatico
come suo solito, anche questa volta, il vecchio Silente non si era smentito.
Un’occhiata a Malfoy.
Accidenti anche a lui,
maledetto incosciente!
Perché quelle fiamme, poi?
Cominciava a sospettare che non fossero proprio
casuali le loro apparizioni… c’era dunque qualcos’altro che non le aveva detto?
Quanti altri misteri doveva
risolvere da sola prima di riuscire a saperne tanto quanto gli altri sulla
faccenda?
Le quattro
e mezza e il sole era già
tramontato… che tristezza che era Londra d’inverno, preferiva molto di più la
campagna sterminata intorno alla Scuola.
Quando nessuno se ne
accorgeva, a volte il pomeriggio usciva e camminava per i campi, si sedeva su
una pietra e rimaneva lì a pensare, c’erano molte cose su cui rifletteva: la
sua famiglia, i suoi poteri, i prof e la scuola, le lezioni, i compagni, gli
amici…
Un pensiero però tornava
sempre e comunque ed era sua nonna.
Aveva voluto bene a sua nonna quasi quanto ad una madre e senza dubbio più che
alla sua genitrice naturale; quando era bambina sua nonna abitava con loro e si
era sempre presa cura di lei quando i suoi genitori erano fuori e non potevano
starle accanto, lei, però, c’era sempre stata per qualsiasi cosa, soprattutto
quando i compagni di classe la deridevano dicendole che era una persona
“strana” e che non era come loro perché se ne stava sempre zitta in disparte e
quando parlava sembrava ogni volta la signorina-so-tutto-io.
A quel tempo ancora non
sapeva di avere dei poteri particolari e la lettera di Hogwarts
non aveva ancora fatto il suo ingresso in casa Granger.
C’era una e un’unica cosa che
rimpiangeva ed era di non aver potuto mostrare la lettera a sua nonna, lei
senz’altro ne sarebbe stata fiera e orgogliosa, come lo era sempre di lei,
della sua piccola Mione.
DelphieLongfield era la madre di sua
madre; non assomigliava molto a sua nonna che era una personcina
minuta e socievole a differenza sua, eppure erano affiatatissime
insieme.
Sua madre non aveva mai avuto
molto tempo da dedicarle, quando era nata erano passati diversi anni dal
matrimonio dei suoi genitori, troppi perché quei due potessero ancora amarsi. Entrambi
erano all’apice della carriera e non potevano certo occuparsi della marmocchia
piagnucolona che avevano messo al mondo… era stata il classico incidente di percorso.
Mamma e papà uscivano presto al mattino e tornavano tardi la sera, vivevano attaccati ad
un telefono e frequentavano convegni, cene, conferenze e studi rinomati,
rigorosamente separati; avevano una vita lavorativa molto affollata,
responsabilità ed incarichi difficili, tanti clienti e molte grane, come tutti;
era normale che non potessero dedicarsi a lei e ai suoi infantili problemi che
liquidavano con un “tesoro, non devi dargli retta…”.
Ma a sette anni è difficile
guardare in faccia un altro bambino che ti ha appena detto che non sei come
lui, che sei strana e che non c’è posto per te… sua nonna l’aveva sempre
ascoltata ripetere le solite cattiverie che gli altri fanciulli esprimevano
senza peli sulla lingua.
Crescendo e poi entrando a Hogwarts si era spesso interrogata sul perché fossero così
crudeli nei suoi confronti e, a ben pensarci, doveva davvero essere una persona
odiosa, a quei tempi.
Ma nessuno le dava fiducia e
lei era sempre stata troppo timorosa per esporsi così tanto, aveva sempre
cercato di scongiurare il peggio: la pubblica vergogna.
Quindi, cane mangia cane.
E così faceva la sicura di
sé, camminava con mento alto, squadrava tutti e rispondeva con insolenza ai
suoi compagni, naturale che la detestassero.
Aveva cercato di cambiarsi,
quando aveva preso coscienza di quanto era insopportabile, ma non era riuscita
a farlo più di tanto e ancora adesso non poteva dire di essersi davvero aperta
con qualcuno, forse neppure con Harry che le voleva davvero tanto bene.
Harry assomigliava un po’ alla
nonna, si sedeva lì sul divanetto e ascoltava, lui si metteva sul letto e stava
a sentire le sue infinite storie.
Povero Harry, l’aveva
addirittura coinvolto in quel progetto semi-fallimentare che era il C.R.E.P.A. e lui non aveva detto una parola.
Sua nonna era venuta a mancare
un mese prima che arrivasse la lettera e quando
l’aveva saputo, non credeva che sarebbe riuscita ad andare avanti. Poi, piano piano, con la missiva magica e tutto, si era fatta coraggio
e, allettata dall’idea di andare in un posto dove nessuno la conosceva e dove
avrebbe potuto ricominciare una vita da zero, aveva tirato avanti.
La realtà si era rivelata
differente perché la sua natura saccente non era riuscita a rimanere
imbrigliata nell’autocontrollo che le aveva imposto e per di più, Malfoy era l’incarnazione
della brutale sincerità con cui i bambini la schernivano da piccoli.
Con una differenza.
Se i bambini lo fanno senza
pensare alle conseguenze e senza curarsi troppo di cosa dicono, il biondastro
sapeva alla perfezione che cosa le stava dicendo più o meno tacitamente: tu sei
un’ESTRANEA.
Aveva negato la cosa fino a
farsi del male, prima di accettarla, poi, lentamente, aveva preso coscienza di
cosa era e “mezzosangue” non era stata solo una parola di disprezzo, ma anche
di orgoglio.
Mezzosangue è una persona i
cui genitori non hanno poteri magici e la sua radice significa “nata dal fango”
o “sangue sporco”; ma mezzosangue era stato il mago più temuto del mondo magico
e mezzosangue era la migliore studentessa di Hogwarts,
colei che riusciva a brillare sopra ridde di Purosangue dal passato millenario.
Lei era LA Mezzosangue.
E mezzosangue era solo lei,
come diceva Draco, LA Mezzosangue.
Nessun altro era chiamato
così, un segno distintivo di orgoglio e spregio, come tutto in lei.
Ogni tanto avrebbe ancora
voluto avere la nonna affianco, raccontandole cosa faceva a Scuola, come era il
mondo magico, facendole vedere le magie.
Sua nonna non c’era più da
molto, troppo tempo.
E lei aveva imparato a
cavarsela da sola, sacrificando un poco del suo orgoglio e mettendolo da parte.
Adesso, però, ne avvertiva la
mancanza, avrebbe voluto averla lì perché la confortasse e le dicesse cosa era
giusto fare.
Silenzio.
Draco dormiva ancora.
No, non c’era bisogno della
nonna per sapere cosa avrebbe dovuto fare.
Non poteva obbligarlo,
soprattutto, non poteva coinvolgerlo di nuovo.
Se per lei quello che faceva
era alla stregua di un gioco pericoloso, per lui c’era dell’altro, molto altro.
Non poteva permettersi che
soffrisse come prima.
Fai ciò che ritieni giusto
Le ripeteva la vecchia Delphie
e lei avrebbe fatto esattamente così.
Si alzò in piedi.
Guardò un’ultima volta il
bambino addormentato nel letto, poi girò su se stessa, raccattò cappotto e
sciarpa dall’attaccapanni.
Uno sguardo tutt’attorno.
Da quanto tempo conosceva la
magia per distruggere l’incantesimo dei loro braccialetti?
Da sempre.
Fin dal primo momento in cui
glielo avevano messo aveva saputo come levarselo, se non lo aveva fatto era
solo per paura.
Paura di rimanere sola.
Perfino rimanere con Malfoy
era meglio che stare sola.
No, stare con Malfoy era
bello, molto bello.
Non doveva mentire a se
stessa, come quando era bambina, facendo finta di non essere diversa dagli
altri.
Era orgogliosa di esserlo,
ora, e poteva dirlo chiaramente, le piaceva stare con lui, era una sorpresa
continua e ci si divertiva moltissimo insieme, anche se la causa era quasi
sempre un battibecco, un litigio di poco conto, qualche parola scappata.
Voleva disperatamente
rimanere con lui, ma non era giusto che lui venisse
coinvolto in quel suo progetto folle.
Lo faceva anche per lui.
Chiuse la porta e scese
dabbasso.
***
Draco si mise a sedere non
appena la serratura scattò dietro di lei.
Stupida mezzosangue…
Poteva quasi sentire i
pensieri che aveva fatto mentre lo vegliava, era sveglio
da un po’ e, anche se non aveva usato la legilimanzia,
conosceva il soggetto di quelle riflessioni, soprattutto perché conosceva lei.
La gente diceva che Hermione
Granger aveva una faccia da poker che non lasciava trasparire le emozioni.
Niente di più falso, lei le
emozioni che provava le manifestava tutte, solo che bisognava saper guardare
con attenzione, non semplicemente fermarsi ad osservare un sorriso che c’era o
non c’era.
Sapeva che lei conosceva
l’incantesimo per annullare l’effetto dei braccialetti, a ben pensarci, era una
cosa assai stupida, una magia quasi elementare.
La conosceva anche lui.
E se erano rimasti insieme
era solo perché avevano volto, ENTRAMBI.
Cosa aveva intenzione di fare
era lampante, non glielo aveva detto, ma anche lui aveva sentito le parole di Nicholaa risuonargli nella testa: perché le aveva taciuto
anche quello?
Le aveva fatto credere di
averla messa a parte dei suoi segreti, ma c’era dell’altro che lei non
conosceva, piccolezze, ma che potevano minare il loro rapporto.
E forse era riuscito a
portarla proprio a quel punto, perfino da abbandonarlo.
Dire che cosa doveva fare era come discolparsi e non lo avrebbe fatto perché sapeva perfettamente
che cosa c’era da fare in quel momento, bisognava solo trovare il coraggio di
farlo.
Il coraggio non gli era mai mancato, non finchè
non c’era qualcosa di caro in gioco: non aveva mai chiamato sua madre “mamma”
per paura che lei rimanesse scandalizzata. Non aveva mai detto a suo padre che
“era uno stupido, ma lo stimava molto per come aveva agito nella questione
delle reliquie”, era stato un vero Capofamiglia.
Non aveva detto a Blaise che “era l’unico amico che avesse ed era lusingato
che lui volesse rimanere insieme”.
E soprattutto, non aveva mai
detto alla mezzosangue che era l’unica che riteneva davvero all’altezza di
essere messa a parte di tutta quella vicenda. Non le aveva detto che, anche se
forse non era Venere in persona, era una persona splendida.
E non le aveva detto che quel
periodo trascorso insieme era stato il più bello della sua vita nonostante
grattacapi di sorta, litigi e quant’altro.
Soprattutto, non le aveva
detto che voleva rimanere sempre con lei, a lei piacendo.
Forse, se lei lo avesse
saputo, non avrebbe avuto così terrore di coinvolgerlo in quella storia.
Avrebbe preferito bruciare
nella maledizione delle fiamme nere o farsi consumare il braccio da Marchio
Nero piuttosto che lasciarla da sola o esporla anche solo ad un simile
pericolo.
Lo avrebbe fatto anche solo
per tenersela vicino.
Ma era stato codardo e lei
era scappata credendo di fare la cosa giusta.
Non c’era bisogno di sapere
dove si era diretta, non era il caso, lo sapeva benissimo.
Bisognava solo avere il
coraggio di andarla a cercare.
Lo avrebbe avuto?
…
…
…
***
Se n’era andata, ma non aveva
ancora avuto il fegato di lanciarsi nell’avventura che la stava portando
lontano da Draco Malfoy.
Aveva terribilmente paura e
adesso non c’era il Principe degli Slytherin a
proteggerla se fosse successo qualcosa.
Avrebbe dovuto cavarsela da
sola, una cosa che, francamente, non le era mai riuscita troppo bene.
Confrontarsi con se stessa
era una battaglia persa in partenza su tutti i fronti in cui la
si poteva combattere.
Avrebbe aspettato fino a
domattina, poi sarebbe entrata alla Queen e avrebbe
improvvisato.
Già, improvvisato… era una
cosa un po’ strana per una persona meticolosa e calcolatrice come lei.
Ma dopotutto, non era molto
diverso da quello che aveva appena fatto, ritrovandosi in un caffè fumoso e
pregno dell’odore della moka e del cioccolato che aveva tutta l’aria di essere
lì da sempre.
Affianco a lei erano gli
ultimi avventori: un paio di uomini leggevano il giornale sportivo dando le
spalle alle toilette, due signore di una certa età chiacchieravano in un
tavolino affianco alla vetrata, sorseggiando delle cioccolate e bisbigliando di
questo e di quello, scrutandosi maliziose attraverso le spesse lenti degli
occhiali, protette dai loro consueti maglioncini rosa
polvere molto vecchio stile.
Una ragazza era seduta con
una pila di fogli davanti ad un tavolo d’angolo e, saltuariamente, scriveva
qualcosa per poi continuare o accartocciare la bozza.
Poco distante, alla vetrata
che dava sulla strada, uno studente con portatile davanti scriveva qualcosa al
computer accompagnato da una pila di tomi di chirurgia.
E per finire altri due
clienti erano appollaiati agli alti sgabelli del bancone e chiacchieravano
tranquilli lanciando vacue occhiate alle brioches
ormai un poco stantie esposte nello scaldapane.
Si sentiva squallida a stare
in quel posto frequentato solo da persone che non volevano avere niente a che
fare col resto del mondo, per il momento, anche lei ormai era così, ma credeva
di avere una ragione migliore per ricercare quella solitudine piuttosto che i
piccanti segreti di qualche nipote incinta o della stesura della tesi di
laurea.
Tantomeno la solitudine domestica di quei poveretti che
mangiavano minestra tutte le sere.
Sospirò mesta e sorseggiò il
tè, inconfondibilmente industriale, che le avevano servito.
***
C’erano migliaia di posti
dove la mezzosangue poteva essersi rifugiata per scappare da lui, al momento,
però, escludeva senz’altro la biblioteca: aveva agito d’impulso, ma aveva
ancora la testa sulle spalle, non si sarebbe lanciata così alla cieca in una avventura tanto pericolosa, un po’ ci teneva anche lei
alla pelle, lo dimostrava il fatto che fosse riuscita a sopravvivere a sette
anni in compagnia di Potty.
Senza contare che la Granger
aveva senz’altro delle conoscenze a Londra e quindi, volendo, sarebbe anche
potuta rimanere da loro per qualche tempo.
Ma l’avrebbe fatto?
Onestamente parlando, gli
sembrava più il tipo che si sarebbe tagliata una mano piuttosto che suonare il
campanello e chiedere aiuto a qualcuno, il suo orgoglio era maledettamente
onnipresente.
Si strinse nel cappotto e
sistemò la sciarpa intorno al collo, perché mai Londra doveva essere un
posto così orribile? Faceva freddo e c’era una puzza di smog che prendeva le
narici e le faceva bruciare quasi, per di più il nevischio che non riusciva a
fermarsi per strada formava piccole pozzanghere melmose che impiastravano le
scarpe e facevano scivolare.
Guardò speranzoso dentro ad
un locale, chiedendosi se non si sarebbe potuto prendersi dieci minuti per non
morire assiderato prima di continuare la ricerca.
Dal di fuori era un incrocio tra un pub malfamato di NottunAlley e il negozio di
Madama Piediburro, l’antitesi fatta casa, vicino al
vetro era un ragazzo dal naso prominente e i capelli scomposti che batteva su
una specie di macchina da scrivere sottilissima guardando fisso una specie di
televisione in miniatura.
Sembrava un posto innocuo,
decise che sarebbe stato al caso suo.
Poi un movimento appena
catturò la sua attenzione con un flash rosso che sfrecciò dietro le spalle esili del ragazzo:
era lei?
Non ne era sicuro, non
l’aveva neppure vista, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva
andare a controllare perché, secondo il suo strampalato sesto senso, lei doveva
essere proprio lì.
Aprì serio la maniglia
d’ingresso facendo tintinnare il campanello della porta, il barista e due
avventori si voltarono a guardare il bambino che era appena entrato, terminando
quello che stavano dicendo
-Cerchi qualcosa?
– gli domandò quello che doveva essere il proprietario e che, al momento,
asciugava i bicchieri
Fece violenza a se stesso per
riuscire a interpretare una parte decente del bambinettoidiota
-Faccio una
sorpresa alla mamma! – sillabò all’uomo dopo essersi arrampicato su uno degli
altri sgabelli, ma era sempre stati così scomodi?
Il proprietario sorrise e gli
indicò il corridoio, dopodiché tornò a quello che stava facendo e gli altri due
ricominciarono a parlare della partita della domenica prima.
Modestia a parte, era un
ottimo attore.
***
Hermione si asciugò una
lacrima traditrice che le rigò la guancia, fregò la ruvida lana del maglione
sulla pelle ed era già scomparsa, peccato che non fosse
lo stesso con quel persistente senso di colpa che le rodeva l’animo, come se ci
fosse qualcosa che non aveva preso in considerazione durante la sua scelta e
adesso le apparisse tutto meno nitido e facile di prima.
Quando aprì gli occhi Draco
Malfoy era davanti a lei, i piedi da bambino ben piantati sul pavimento, le
mani affondate nelle tasche e i capelli coperti dalla neve, sembrava
arrabbiato, no, meglio, sembrava davvero furioso!
-Stupida! – le
gridò attirandosi l’attenzione delle vecchiette che spettegolavano vicino alla finestra
Hermione raddrizzò la schiena
e lo guardò senza capire, lui la squadrò truce
-Cosa credevi di
fare? – le domandò
Le due donne all’angolo
tesero l’orecchio, la questione era stranamente interessante, soprattutto se si
trattava di seguire la movimentata conversazione tra un figlio che rimprovera
la giovane madre!
Draco si voltò un istante
verso di loro e le raggelò con lo sguardo, non si poteva certo dire che fosse
nei suoi momenti migliori, anzi, se la mezzosangue non fosse stata lì,
probabilmente avrebbe lanciato a quelle due impiccione qualche schiantesimo, tanto, rintronate lo erano già di loro…
Vecchietta1 e Vecchietta2 si
affrettarono a raccattare cappelli e cappotti e a pagare il
conto prima che la testa del biondo si voltasse nuovamente nella
direzione della Gryffindor.
-E adesso spiegami
quale bacata idea ti è saltata questa volta in quel tuo cervellino malato!
-Non è un’idea
bacata!
-Da come ti comporti
sembra quasi che san Potter ti abbia contagiato con la tua follia del
sacrificio totale e incondizionato
-Faccio quello che
voglio della mia vita, Harry non c’entra!
-Fai quello che
vuoi un cazzo! – sbraitò la piccola serpe – non
comportarti come se fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci
sono altre persone nella tua vita, accidenti!
Lei si arrestò un attimo,
mettendo momentaneamente in stand by la sua
aggressività per rintracciare il significato della precedente frase?
Parola d’ordine:
non farsi illusioni.
Parola d’ordine ancora più importante: non credere che lui pensi di essere una parte della
sua vita sennò i piani vanno a rotoli.
Ok, a questo punto era lecito chiedersi cosa volesse
dire?
Avrebbe disperatamente voluto
che lui intendesse che non voleva che lei agisse così perché erano insieme,
però… sarebbe stato come credere al Coniglio Pasquale…
-Ma cosa sei, tarda?
Le parole, gentili come
sempre, di Messer Furetto la ridestarono dai quesiti esistenziali appena giunti alla sua analisi e fecero saltare lo stand by, riportandola, arrabbiata, al cospetto del biondastro
-Io non sono tarda
– protestò piccata
-Sì, allora vorrei
proprio sapere come una persona intelligente possa anche solo lontanamente
pensare di andare a lanciarsi in un simile avventura
senza una guida, senza una mano, senza un accidenti di nessuno! Perché nessuno
sano di mente lo farebbe!
-Quello che faccio
sono affari miei
-Un corno sono
affari tuoi, ci siamo tutti e due sulla barca che cola a picco, o buttiamo
fuori l’acqua o affondiamo tutti e due
-Una metafora
molto raffinata – frecciò lei beccandosi l’ennesima occhiata al vetriolo
-Dimmi che non
l’hai fatto… - disse all’improvviso lui cambiando tono di voce, lei ne parve sorpresa
-Che cosa
-Credere che
questa follia fosse la cosa più giusta da fare, dimmi
che non l’hai fatto, che non sei stata così ingenua e così ottusa
All’inizio si sentì pronta
per rendergli pan per focaccia, non le era certo
piaciuto prendere una simile svolta, ma… era come se le parole le fossero morte
in gola, era come se le lacrime scendessero da sole, anche se non voleva
-Sarò anche ingenua
– rispose tra i singulti, passandosi la maglia ispida sotto il naso – e forse
sarò ottusa, ma non mi è piaciuto fare quello che ho fatto
-Ma come? Ed io
che credevo che invece ne fossi così contenta? Dopotutto, cosa conta per te un
insulso mangiamorte come me, marchiato fino alla
fine, che porta il segno dei suoi errori e che non può nasconderlo? Sei stata
crudele, lo sai?
-Sei un figlio di
puttana, Malfoy, lo sai? Sei uno stramaledettissimo, borioso e pieno di sé
Principe degli Slytherina cui
tutto gli è dovuto, ma… - si morse la lingua, sarebbe riuscita a sbattergli in
faccia la verità? – ma… preferisco mille volte essermi innamorata di un idiota
figlio di puttana come te e del mangiamorte che credi
di essere stato, piuttosto che dello schifosissimo idiota dalla fedina penale
linda e pinta che non capirebbe neppure la metà di quello che ho provato io!
Stupido!
E
a proposito, non l’ho fatto per abbandonarti, ma per risparmiarti l’agonia di
un altro giretto panoramico alla Queen, l’ultima
volta ci stavi quasi per lasciare la pelle! Tu! Non io!
E così dicendo, voltò i
tacchi e lanciò due monete al barista
-Oblivion – fu tutto quello che udì prima che la porta sbattesse
e lei cominciasse a correre sul marciapiede.
Ma se lei correva, lui non
riusciva a muovere un passo, inchiodato alle assi del pavimento, troppo perso
nei suoi pensieri per riuscire a muovere anche un solo muscolo.
Cosa aveva detto?
Innamorata?
Naaa, doveva aver sentito male, Hermione Granger non
s’innamora di unocome lui, di Draco Malfoy.
E poi?
Che lui capiva più dello
stupido dal passato candido?
Ma se non voleva altro!
Sciocca, che cosa andava mai
a dire, se avesse cominciato davvero a crederci le cose sarebbero peggiorate…
No, non poteva essere.
No, assurdo, decisamente
impossibile! L’acustica di quel locale era pessima, doveva aver detto
qualcos’altro!
Eppure…
Eppure c’era una fiammella
che bruciava nel suo cuore e che scioglieva quel ghiaccio di cui era ricoperto,
piano, lentamente, ma continuatamene.
Accidenti a lei!
Corse fuori più veloce che
poté e seguì il marciapiedifinchè
non incrociò un bivio.
Lo vide da lontano e già
cominciò a chiedersi da che parte svoltare, dove era andata quella maledetta
strega piantagrane?
Guarda te se doveva andare a
combinare certi pasticci! Guarda te se doveva dirgli che era innamorata!
A lui, a Draco Malfoy! DI
Draco Malfoy!
Si fermò un
metro prima del palo che indicava le tre direzioni: dritto, destra e
sinistra, tutte ugualmente impersonali, tutte stranamente poco familiari.
Guardò a sinistra, la strafa
conduceva in Hyde Park; a destra si dirigeva verso
una scuola e andando dritto c’era la strada che costeggiava il grande parco
pubblico.
Lanciare un dado sarebbe
stato più produttivo, non aveva idea di quale delle tre lei avesse imboccato.
…e poi, all’improvviso,
comparve da dietro il palo, i capelli scompigliati, le lacrime che sgorgavano
copiose.
Beata pazienza, ma chi glielo
aveva fatto fare di non correrle subito dietro e abbracciarla?
Come aveva potuto dubitare
anche solo un istante di ciò che gli aveva detto?
Sapeva cosa aveva dovuto fare
a se stessa per dirgli certe cose, lo sapeva alla perfezione.
Lei sorrise.
Lo sapeva anche lei.
Sapeva che lui sapeva.
Le corse incontro e
l’abbracciò, nei limiti di quello che la sua bassa statura gli permetteva,
stringendola a sé.
Povera, piccola mezzosangue,
doveva averle reso la vita un vero inferno…
-Sarei stata
codarda due volte se fossi scappata anche questa, se tu mi avessi
cercata… - gli disse piano inginocchiandosi di fronte e stringendogli le
braccia intorno al collo – in realtà – aggiunse – era la paura che mi ha fatto
agire così; non avrei potuto portarti ancora con me sapendo quello a cui ti
condannavo
-Io te l’ho sempre
detto che passi troppo tempo a riflettere su delle stupidaggini, piuttosto che
impiegarlo in modo più intelligente
-E quale sarebbe
il modo più intelligente
-Se nona vessi
dieci anni te lo mostrerei, ma rischieresti di essere condannata per pedofilia,
mi sa…
Lei sorrise e si alzò in
piedi, lui la tirò per una manica e fece sì che tornasse ad incontrare i suoi occhi
-Granger –
incominciò titubante, glielo avrebbe detto, dopotutto lei gli aveva dato
fiducia – ho tre cose da dirti.
Hermione annuì
-La prima è che
non so che cosa risponderti. – lei parve esitare – fino ad oggi è stato facile
liquidare le situazioni del genere con le altre, non era amore quello che
provavano per me e certo io non lo provavo. Non so cosa sia l’amore, non ne ho
mai ricevuto e non so distinguerlo da altri sentimenti complicati, non so come
chiamare quello che provo nei tuoi confronti, ma sarei molto orgoglioso se
QUELLO fosse AMORE, anche se sei una piccola mezzosangue; e anche se non hai un
posto dove stare, tra gli uomini, tra i maghi, sappi che un angolino
nei miei pensieri lo avrai sempre e se non saprai dove andare, potrai sempre
rifugiarti lì.
La
Caposcuola sorrise commossa, fece
per replicare, ma lui la fermò
-La seconda cosa
che ti devo dire è che lo conoscevamo entrambi l’incantesimo per spezzare i
braccialetti, quindi se siamo rimasti insieme è solo perché entrambi lo
volevamo. Quindi non ha senso che tu mi voglia
allontanare quando io non voglio farlo, intesi?
La testa scura fece cenno si sì
-E la terza cosa…
beh, ti ho detto che non so come chiamare quello che provo, è vero, ma voglio
dirti quello che sento davvero. Non ho mai avuto così tanta fiducia nelle
persone da metterle a parte di qualcuno dei miei segreti, ma soprattutto, dei
miei problemi. Gli scheletri rendono l persone vulnerabile
ed è una cosa che non ho bisogno di essere; so che tu capisci. – Hermione confermò – ma ho sentito di potermi davvero fidare di te, ho
capito che tu non mi avresti tradita, ho saputo che tu saresti stata in grado
di tenere quel segreto e anche di starmi accanto. Anche se non me lo hai detto.
Ma
soprattutto, l’ho fatto perché ti volevo vicina. Non c’è e non c’è mai stata
una persona che avessi così intensamente voluto
accanto. Probabilmente non ce ne sarà un’altra. Quindi vedi di non morirmi
troppo presto, chiaro?
Annuì
-Bene, e adesso
che abbiamo finito di dare spettacolo in mezzo alla strada, vediamo di
tornarcene in casa, fa freddo e dire certe cose di fronte a tutte queste
persone è imbarazzante
Le sue classiche scuse, il
classico Draco Malfoy, lo stesso di cui era innamorata.
Come se uno solo dei passanti
si fosse curato di stare a sentire quello che un bambino imbronciato stava
dicendo alla sua mamma…
Certo, ricevere una
dichiarazione d’amore da un bambinetto non era
proprio il massimo, ma probabilmente nessuno aveva idea di cosa rappresentavano
quelle parole per lei, quelle frasi, quei sentimenti senza nome.
Solo lei lo sapeva ed era il
suo piccolo segreto.
Anzi, no, era il loro
piccolo segreto.
-E a tal
proposito, Granger – lei abbassò le iridi dorate – non farmi umiliare più fino
a quel punto in mezzo alla strada, ti avevo già detto quanto di dovere nel
caffè.
Non comportarti come se
fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci sono altre persone
nella tua vita.
Ci siamo tutti e due
sulla barca che cola a picco, o buttiamo fuori l’acqua o affondiamo tutti e due.
***
Spazio autrice:
ciao a tutti! Ecco qui il nuovo aggiornamento della storia, vi informo che
siamo agli sgoccioli, ormai non manca così tanto, sto giusto progettando il
finale, infatti sto scrivendo di qualche cappy più avanti, ehehehe!
Come Draco Malfoy, anche io
ho tre cose da dire:
La prima è che vorrei
ringraziarvi tutti per le tantissime recensioni che mi avete lasciato,
addirittura 100!!!
Non credo di meritarle tutte
e, soprattutto, tutte le belle parole che usate per me e per le mie storie,
sono davvero grata a tutti voi, so che a volte non si ha voglia di mettersi lì
e formulare due pensieri per un’autrice in crisi depressiva che allunga le storie
in maniera indecente con capitoli inutili e scenette insulse (leggi: me!), per
questo vi ringrazio, perché tantissime persone mi scrivono e mi lasciano le
loro recensioni ogni volta!
Grazie,
Grazie e Grazie Mille!
E grazie moltissimo anche a
tutti quelli che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti o che,
semplicemente, la leggono, vi assicuro che mi fa molto piacere scorgere il
numero delle letture e vederlo ogni volta più alto!
Ok, come avrete capito, la parte di inchini e
salamelecchi non mi riesce tanto bene… quindi passiamo al
punto due.
Seconda cosa: un po’ di
spiegazione al capitolo! Comprendo appieno quelli che vorranno ammazzarmi,
visto che la storia non è che si districhi molto se la infarcisco di
dichiarazioni smielate, però sono una a cui piacciono
le scene sdolcinate, anche se se in questo caso credo che abbia raggiunto
livelli diabetici!
Comunque, finalmente arriva
il tanto sospirato momento che attende ogni lettore di Draco/Herm, ed io sono la prima, cioè la tanto fatidica
dichiarazione d’amore tra i due.
In questo caso credo di aver
frustrato le aspettative di tutte perché l’ho fatta fare ad un bambinetto di dieci anni infuriato come un aspide e con una
mezzosangue piangente, insomma, sembra di essere in una soap-opera.
A rileggerlo, mi piace molto
di più quello che avevo inventato per l’altra mia storia, ma
visto che il plagio è reato (anche se plagio me stessa???) ho dovuto favorire
qualcosa di nuovo.
Terza cosa: perché la vostra
detestata autrice ha scritto questa cosa smielata?
D’accordo, con la fic non c’entra, ma ho bisogno di scrivere qualcosa perché quella maledetta Park So Hee,
ovvero l’autrice di Gung, mi sta facendo andare in
bestia con la sua opera.
Mia zia mi dice sempre che mi
faccio del male da sola e, ve lo assicuro, me lo faccio davvero a leggere quel
benedetto fumetto! Ora, grazie al cielo non è ancora terminato, anche se
bisogna andare avanti con tempi biblici, però ci sono delle scene che mi
rendono veramente una iena e quindi ho bisogno di scaricare lo stress da mancanza
di affetto dei miei personaggi preferiti in qualcosa di più zuccherino, ecco il
motivo per cui posto capitoli un po’ stucchevoli, alle
volte.
Per questo mi scuso
moltissimo, in effetti c’entra proprio 0, ma credo di
dovere qualche spiegazione a voi poveri che mi seguite…
Aspetto i vostri commenti sul
sedicesimo capitolo, un bacione!
Un giorno era passato dalla fantomatica dichiarazione che i due ragazzi
si erano fatti in mezzo alla strada
Prefazione:tadaaaaannn!!!
Ecco a voi il tanto aspettato
ultimo capitolo!
Ok, scherzo, ma oggi è il primo
d’aprile, quindi uno scherzetto ci sta (vi informo che quel sicario che mi sta
puntando un fucile alla testa non è precisamente quello che considero un felice
pesce d’aprile…).
Ad ogni modo non vi
abbandonerò così presto; nell’altro cappy avevo detto
che siamo quasi alla fine, beh, non così tanto… quindi animo sereno che non vi
libererete di me così facilmente, anche perché, con tutto quello che ho in testa,
sto già progettando il tanto atteso seguito delle Relazioni.
Bene, vi lascio alla lettura
di questo capitolo alla 007, un bacione!
Nyssa
***
Un giorno era passato dalla
fantomatica dichiarazione che i due ragazzi si erano fatti in mezzo alla strada.
Hermione era scoppiata a
piangere subito dopo che Draco aveva finito di parlare, le aveva prestato il
fazzoletto e poi, per mano, l’aveva riaccompagnata a casa.
In quel momento avrebbe
voluto avere di nuovo diciotto anni per poterla
prendere liberamente in braccio e baciarla senza problemi, ma erano nelle
strade di Londra e se solo avesse provato a fare una cosa del genere con le
sembianze da bambino che si ritrovava, probabilmente qualcuno avrebbe chiamato
la polizia, e, chiaramente, era da depennare la possibilità di riuscire a
sollevarla.
Per quasi tutta la notte,
Hermione era rimasta a guardare la testolina bionda che la stava abbracciando
nel sonno, quasi avesse paura che fuggisse di nuovo… non poteva dargli torto,
dopotutto…
Gli aveva accarezzato i
capelli per ore sentendosi più una mamma che una ragazza, senza riuscire a
prendere sonno dopo quanto accaduto: era impensabile che Draco Malfoy avesse
detto quelle cose proprio a lei!
Ok, forse non erano del tutto la dolcezza fatta persona
e, probabilmente, distavano mille miglia dall’idea di dichiarazione romantica
che la maggior parte delle ragazze ha, soprattutto se
si tratta della prima che si riceve nella propria vita, ma se si sommava che
erano arrivate dopo che lei aveva davvero fatto di tutto per scoraggiarle, beh,
avevano un sapore tutto diverso.
E, tuttavia, non erano
zuccherine, avevano lo strano gusto un po’ acerbo della frutta ancora verdina,
colta forse troppo presto.
Ma c’era davvero da
aspettarsi di più?
Pure lei non aveva scherzato
con certe cose, la sua piazzata in mezzo al bar sarebbe rimasta negli annali
come la figura più umiliante che potesse fare, soprattutto se il suo
interlocutore era una certa serpe bionda di sua conoscenza.
Quindi, cosa volere di più?
Si erano fatti violenza per dirsi quelle cose perché, lo sapeva, erano due
persone che i sentimenti non li distribuiscono così, due persone che hanno
sofferto troppo per dare liberamente la propria fiducia.
Un po’ meno fiducia nel
mondo, però, l’aveva avuta quella mattina quando, al
posto del bambinetto di dieci anni, si era ritrovata
tra le braccia un Draco Malfoy versione diciottenne.
C’era mancato poco che
tirasse un grido per lo spavento e cadesse giù dal letto da tanto era rimasta
shockata, evidentemente gli effetti della pozione che li aveva colpiti si
stavano diradando perché sempre più spesso lui assumeva le sue sembianze
originali.
Da una parte era un bene
perché così, presto, sarebbero tornati a scuola e non si sarebbero dovuti
preoccupare di tenere nascosta la cosa o di fare attenzione agli improvvisi
sbalzi d’età che li colpivano.
Dall’altra, però, le
dispiaceva dover rinunciare per sempre a quegli attimi trascorsi insieme, a
quei momenti dove c’erano solamente loro due.
La cosa più preoccupante,
però, al momento era quel ghigno beffardo che lui sfoggiava nel sonno.
***
Erano fuori della biblioteca,
di nuovo, e la follia più grande della loro vita stava per essere compiuta.
Draco, con i capelli tinti di
scuro e lo sguardo più crucciato che gli avesse mai visto, si stava fumando
quella che aveva affettuosamente indicato come “l’ultima sigaretta”; il tono
con cui l’aveva detto le ricordava molto l’ultimo favore che si concedeva ad un
condannato a morte.
Sorrise colpevole, lei non
era certo il coraggio fatto persona…
Al momento, nonostante fosse
stata lei a insistere tanto per tornare lì, aveva paura come un bambino del
buio e quel posto sembrava buio parecchio…
Due ragazzine che indossavano
l’uniforme della scuola privata proprio fuori Londra, quella che avrebbe dovuto
frequentare anche lei se non fosse stata una strega, si fermarono a guardare
con occhi adoranti la serpe accanto a lei.
Avvertì una punta d’invidia
nei suoi confronti, sia perché le persone lo ritenevano speciale al primo
sguardo e sia perché era gelosa, gelosa e
maledettamente gelosa.
Si costrinse a guardare
altrove prima di commettere un omicidio; Draco, dal canto suo, ghignò sadico
come sempre e si premurò di metterle una mano sulle spalle e condurla
galantemente all’interno.
Le studentesse probabilmente
sarebbero andate a gettarsi dal Ponte di Londra come nella più classica
tradizione Romantica inglese, Dickens avrebbe fatto
follie per assistere alla scena!
***
L’interno era esattamente
come l’avevano lasciato: tavoloni sgombri, scaffali colmi di tomi, laureandi
che passeggiavano al piano superiore tra i testi specifici della loro facoltà.
Non uno studente era seduto
in sala consultazione, il che, forse, era un bene. Il pannello mobile che
immetteva all’ingresso della vecchia cisterna dell’acqua, nascondiglio dei mangiamorte, era opaco come sempre e sigillato.
Il biondo percepì il battito
accelerato del cuore mentre la trascinava per un
polso: aveva l’aspetto di una statua di ghiaccio, ma sotto sotto
doveva avere una paura non da poco…
La comprendeva, in fondo,
mettere piede in quei luoghi è qualcosa di traumatico, soprattutto dopo aver
visto l’aspetto sciupato di Nicholaa e di quel
bambino che teneva con sé.
Chissà chi era, poi… non
aveva saputo che i Parkinson aspettassero un nuovo
figlio, eppure la notizia sarebbe dovuta essere di dominio pubblico già da
prima che lui lasciasse la
setta. A occhio il piccolo doveva avere tra i sei mesi e
l’anno, quindi, come mai l’avevano tenuto nascosto?
Era davvero figlio loro?
Qualcosa gli disse di no: che
fosse LUI quello che dovevano tenere in vita fino alla morte di Silente?
Possibile? Ma perché? Perché
proprio quel bambino innocente?
Cosa aveva a che fare quella
creatura con quel gruppo di pazzi assatanati? Assolutamente nulla!
Era un mago? Un babbano? Un maganò?
Era troppo piccolo per
riuscire a percepirlo, chissà…
E tuttavia, sapeva che non
aveva nulla a che spartire con i seguaci di Lord Voldemort,
quindi, perché stava là sotto?
E perché Nicholaa
sembrava così depressa?
Nicholaa era tanto di più differente da sua figlia avesse mai
visto: se la madre era pallida e dai capelli chiari, la rampolla dei Parkinson era una ragazza dai capelli neri e gli occhi
scuri, dunque, come potevano essere madre e figlia?
Nicholaa era, forse, l’unica anima davvero buona tra tutti
loro, non aveva scelto di entrare tra i mangiamorte,
l’avevano semplicemente costretta.
Fin dall’adolescenza era
stata tiranneggiata dal cognato e poi, dato che questi era il capofamiglia,
costretta ad entrare nella setta assieme a suo marito. Non partecipava alle
riunioni perché dicevano che era una donna debole ed era disprezzata da tutti
perché non poteva parlare.
Ricordava una scena, quando
era bambino, di un gruppetto di seguaci che la insultava per i corridoi di
Malfoy Manor dandole della sgualdrina… povera Nicholaa, lei che era così buona, bistrattata fino ad
essere insultata come una meretrice…
Probabilmente l’avrebbero
picchiata se sua madre non fosse comparsa dal nulla in quello stesso momento,
mettendo in fuga i bulli. Non avrebbe saputo dire se a fare più paura ai tre
fossero stati gli occhi gelidi di Narcissa o lo strapotere che la famiglia Malfoy
aveva all’interno della cerchia, fatto sta che Nicholaa,
per quella volta, era stata salvata.
Se avesse potuto,
probabilmente si sarebbe scusata per ore, ma dato che
quell’abilità le era preclusa, si era prostrata a terra, inginocchiandosi e
baciando la veste di sua madre. Quella era l’unica volta in cui Narcissa era
stata davvero in difficoltà, non sapendo come agire di fronte alle scuse, e non
ai ringraziamenti, di quella ragazza.
Quanto aveva a quel tempo?
Una ventina d’anni, probabilmente, ma ne dimostrava molti meno; ancora adesso,
se non fosse stata così smagrita e sporca, probabilmente la gente per strada le
avrebbe dato sedici o diciassette anni.
Nicholaa era un angelo caduto che aveva avuto la sfortuna di
incontrare quello stronzo di CassiusParkinson e di avere una figlia che la maltrattava
quanto gli altri e si vergognava della splendida madre che le era toccata in
sorte.
L’unica sua fortuna, molto
probabilmente, era stata di sposare Lynwood.
Se quei due si fossero
conosciuti in circostanze diverse, probabilmente il loro sarebbe stato l’amore
che ogni ragazza sogna: si somigliavano parecchio, sia caratterialmente che
fisicamente, entrambi minuti, entrambi dalle fattezze un poco infantili.
LynwoodParkinson aveva gli stessi
capelli di sua figlia e gli occhi nocciola: da dove erano arrivati, allora, gli
occhi neri di Pansy?
Nicholaa non aveva neppure terminato gli studi
quando l’avevano costretta a sposare Lynwood,
eppure sapeva che era stata una studentessa in gamba, la cocca della
professoressa Sinistra.
Ma gli affari privati
trascendono dalle competenze della scuola e, probabilmente, anche se non erano
d’accordo, Silente e gli altri professori avevano dovuto lasciare che quei due venissero indirizzati da quell’orrendo destino, manipolati
da Cassius. E poi, probabilmente, erano stati
costretti ad assistere impotenti al triste declino dei Parkinson,
quel declino a cui il capofamiglia inneggiava come
alla “rinascita” della casata.
Era anche per lei che stava
ritornando là sotto, perché, se c’era stato uno e un unico sorriso nella storia
della cerchia dei mangiamorte, era stato il sorriso
di Nicholaa.
Se c’era stato un sorriso
dolce, nella sua vita, era stato quello di Nicholaa.
Non di sua madre né di suo
padre, non di Pansy o di zia Bella, solo quello di
una donna che non aveva nessun motivo per sorridere, eppure lo faceva
ugualmente e incideva quel ricordo nel granito.
Era questo che la rendeva una
persona speciale, che l’avrebbe resa immortale nella memoria.
Avrebbe salvato quel bambino,
fosse solo perché lei glielo aveva chiesto.
***
Il tunnel di accesso al covo
era buio pesto, umido e scivoloso come il giorno prima; c’erano squittii sinistri
che si propagavano per le pareti, probabilmente i topi abitavano quei
sotterranei dimenticati.
Piccoli fuochi fatui
ballavano intorno a loro, rischiarando la strada come la volta prima.
Era stupido credere che non
li avrebbero scoperti, non era in grado neppure di
pensarlo: avrebbero dovuto combattere, questa volta, forse uccidere per non
essere uccisi.
Era quella la stirpe degli
angeli caduti, coloro che perseguono il bene, facendo
il male.
Coloro che uccidono per il
bene, quelli che non hanno paura di una AvadaKedavra, sia di riceverla
che di lanciarla perché sanno bene che cosa li aspetta in ogni altro caso.
La stirpe degli angeli caduti
vedeva uomini e maghi dall’anima nera; non Potter ne faceva parte né Lenticchia
Weasley e neppure la mezzosangue.
Era la stirpe mai nata,
legata solo dall’anima nera che racchiudeva quelli come lui, Draco Malfoy, e Nicholaa, la bella Nicholaa, che
contava sua madre e suo padre, che avrebbero dato la vita pur di non consegnare
la Pietra degli Inferi a Bellatrix, e anche Albus Silente.
Che cosa si prova a stare
affianco di una persona dall’anima bianca?
Una grande invidia perché
nessuno nato nel Male può permettersi di mantenere la propria anima bianca.
Ma chi nasce nel Male e
sceglie di rinnegarlo, non può pulire il nero che l’ha sporcato ed entra nella
stirpe degli angeli caduti.
Quando lui stava affianco
della mezzosangue, sentiva un forte senso di invidia, ma anche di gelosia nei
suoi confronti.
Se da una parte la odiava per
nascita fortunata, fuori da quel mondo torbido,
dall’altra voleva a tutti i costi che quell’anima immacolata rimanesse tale.
Hermione Granger era nata nel
fango e il suo sangue era sporco, ma non la sua anima.
Avrebbe protetto Hermione
Granger per quanto poteva, ma, soprattutto, avrebbe fatto sì che l’anima
rimanesse candida.
***
Il bivio che conduceva nelle
tre stanze mai esplorate era allo stesso punto di dove l’avevano lasciato e,
allo stesso modo, presero il sentiero che avevano già imboccato la prima volta.
Tastando la parete con la
mano sinistra, impugnò saldamente la destra e mosse un piede davanti all’altro,
uno dopo l’altro, finché la luce del candelabro nella cisterna non fece
spegnere i fuocherelli.
Si appostarono dietro
l’angolo e sbirciarono all’interno della stanza circolare.
Vuota.
Il tavolo a tre gambe,
traballante, stava sempre addossato alla parete, ma la cesta non c’era più.
In compenso, riverso sul
pavimento, stava un corpo minuto, raggomitolato in posizione fetale, in un lago
di sangue.
Buttando ogni precauzione e
riconoscendo Nicholaa, Draco le si
accostò, girando quello che a prima vista poteva essere solo un
cadavere.
Hermione lo seguì subito
dopo.
Guardò i capelli biondi,
sporchi, probabilmente era morta.
I capelli a boccoli color
cioccolato della mezzosangue ondeggiarono attirando l’attenzione: no.
NO.
NO!
Si alzò in piedi, stringendo
fino a farsi male il legno della bacchetta.
Gli occhi saettarono intorno,
alla ricerca dello stesso passaggio dove il giorno prima lei era comparsa.
-Portala al San
Mungo
Fu tutto quello che disse.
Hermione provò a ribattere,
ma si spaventò al vedere quanto il grigio degli occhi di lui fosse
diventato scuro e la sua espressione minacciosa: che cosa voleva fare
Draco?
-Ma…
Non aveva mai avuto tanta
paura, ma non del nemico, bensì dei suoi amici.
E in quel caso non c’era
altro da fare perché lui non l’avrebbe fatta rimanere.
Voleva uccidere per Nicholaa?
Sarebbe stata disposta ad
assistere alla scena, non poteva cacciarla, non dopo che era stata lei a
insistere per tornare!
Eppure…
Eppure, senza sapere perché,
alleggerì il corpo già poco pesante di lei e se lo caricò in spalla, imboccando
il corridoio da dove erano appena arrivati.
In quel momento non riusciva
a fare altro; ancora nulla era successo e già i sensi di colpa la stavano
tormentando.
-Ci rivedremo,
vero, Draco? – gli domandò titubante sulla soglia dell’uscita
-Non lo so. Se
morirò allora mai più.
-Ma…
Lui scosse il capo
-Gli angeli caduti
vanno all’Inferno, tu andrai in Paradiso. Ma vedi di non morire troppo presto.
E detto questo, le voltò la
schiena, in modo che lei non gli chiedesse altro.
Non voleva perderlo, non
poteva!
Si erano TROVATI da così poco
tempo che sarebbe stato un peccato…
Proprio adesso che finalmente
si fidavano, proprio adesso che avevano messo da parte l’orgoglio… era stata
tutta colpa sua, sua e delle sua voglia di tornare là
sotto a prendere quel bambino.
No, no no, non doveva morire!
Gli angeli caduti vanno all’Inferno.
Belle parole consolatorie da
dirle quando stava così male!
***
L’apertura dalla quale Nicholaa era comparsa il giorno prima
era lì dove ricordava, non la poteva vedere, ma sapeva che stava proprio in
quel punto.
Aveva visto tutti i rifugi
dei mangiamorte e, anche se non quello nello
specifico, erano fatti tutti allo stesso modo, come i castelli normanni, visto
uno si sono visti tutti.
Si guardò attorno,
preoccupato, Hermione aveva finalmente ceduto, ma l’essere di nuovo solo non lo
aiutava come sperava e, tuttavia, gli infondeva il coraggio di andare avanti:
se fosse successo qualcosa, si sarebbe fatto male solo lui.
Strano, poi, che le meduse
verdi del giorno prima, quelle che i maghi chiamano Groenegeest non fossero più a fluttuare per la
cisterna, dove erano finite? E perché la madre di Pansy
era in quelle condizioni? Come mail la cesta col bambino non stava più lì?
Troppe, troppe domande a cui avrebbe voluto dare delle risposte per facilitarsi un
poco il cammino, un cammino che aveva chiodi conficcati in ogni mattonella.
La porta del passaggio
segreto si aprì di scatto alla pronuncia della parola d’ordine, se si fosse
potuto vederla ironicamente, si sarebbe detto che i mangiamorte
fossero piuttosto prevedibili… ma bisognava
concedergli che, nel caso li si avesse incontrati, probabilmente non si avrebbe
avuta la possibilità di andare a urlare al mondo la fantomatica parolina che
apre tutte le porte.
Il cunicolo era diverso da
quello di accesso, asciutto e illuminato da torce alle pareti. Era stretto e
antico e non si sapeva dove conduceva, né se ci fossero
trappole ad attenderlo.
Oltre il bagliore delle
torce, l’alto soffitto a botte era scuro, come se non si vedesse da dove
nasceva, le pietre che formavano i muri avevano un caratteristico colore
rossiccio e non erano scivolose come le altre, evidentemente era un passaggio
usato spesso perché di certo ai seguaci di Voldemort
non piaceva molto fare capitomboli per colpa dell’umidità.
Al termine del tunnel si
apriva una stanzetta quadrata, grossa appena poco più di uno stanzino delle
scope.
Dall’altro filtrava della
luce che, tuttavia, non riusciva a cancellare quella sensazione di morte che si
percepiva intorno.
Strinse di più la bacchetta
ed entrò del tutto nel vano; al centro era un tavolo quadrato come quello delle
cucine babbane, simile a quello che lui e la
mezzosangue utilizzavano a casa di Raymond e sul
tavolo era appoggiato un fagotto dentro una cesta.
Il bambino!
Mosse tre passi che lo
portarono a meno di un metro dal ripiano di legno e fece per allungare la mano
e prendere le maniglie per fuggire quando una voce spettrale gli fece gelare il
sangue nelle vene
-Fermo.
Neppure il tempo di sbattere
le ciglia che una figura si era materializzata nel poco spazio che separava il
biondo dal bambino.
Draco guardò la sua mano
protesa e alzò di poco gli occhi, scrutando la sagoma grigia apparsa dal nulla,
poteva vederci attraverso: era un fantasma.
Spaventato alzò gli occhi per
incontrare il viso di quello che doveva essere uno spirito come il Barone
Sanguinario, Nick-quasi-senza-testa
o la Dama Grigia.
Il fantasma stava sicuramente
fluttuando ad una certa altezza da terra, visto che il volto era piuttosto in
alto, il mento appuntito ma delicato e indossava abiti strani con maniche a sbuffo
e una gonna molto lunga, le mani erano giunte sul grembo: non poteva vederle
gli occhi.
La sconosciuta, perché senz’altro
di una femmina si trattava, portava un copricapo ancora più stravagante dalla
forma vagamente cilindrica con un risvolto piegato all’ingiù che le copriva
completamente gli occhi.
Boccheggiò appena, temendo di
essere di fronte ad uno degli strani acquisti dei mangiamorte,
la donna però non disse nulla mentre lui la esaminava
con lentezza esasperante, riconoscendovi qualcosa di familiare.
-Sei un mangiamorte? – le domandò ritraendo la mano e stringendo la
bacchetta
La bocca sottile si arricciò
in un ghigno di sprezzo
-Non vuoi sapere
chi sono?
-È necessario?
-Direi di sì
-Draco Lucius Malfoy? – chiamò una voce cavernosa fin troppo
familiare alle sue spalle prima che il fantasma riuscisse
a dire il proprio nome
FenrirGreyback era sulla soglia
di un altro passaggio a muro e ghignava in maniera terrificante all’indirizzo
del ragazzo, quasi atterrito.
D’accordo, non era il momento
di farsi prendere dal panico, doveva agire e agire subito.
E salvare il fanciullo.
-Lasciami prendere
il bambino – disse piano alla ragazza
-So chi sei, Draco
Malfoy – annuì convinta – anche se ti immaginavo un
po’ diverso
-Non credo sia il
momento di tirare fuori le fotografie – fece notare – se sei una mangiamorte levati dai piedi e se non lo sei, beh, levati
lo stesso!
E allungando la mano oltre di
lei, trapassandola, afferrò le maniglie della cesta e, voltandosi
immediatamente, imboccò il corridoio da dove era appena giunto.
Avvertì sopra di sé la figura
grigia dello spirito che volava oltre la sua testa e pregò che non volesse
bloccargli la strada perché quello non era senz’altro il momento adatto.
-Vedi di fare in
fretta, ragazzino, non posso trattenerlo molto
Fece notare la tizia ancora
sconosciuta planando dietro la sua schiena.
In quel momento Draco si
ricordò che il fantasma non era, al momento, l’unico problema, ma c’era anche
un certo lupo mannaro particolarmente feroce e dall’umore decisamente nero che
gli dava la caccia perché aveva tradito l’ordine, oltre che perché stava
rapendo il prezioso sacrificio umano di quella setta di pazzi.
Vide il fondo del corridoio e
sentì un’esplosione dietro le spalle, s’impose di non voltarsi, felice che il
fantasma, al momento sua alleata, non si facesse male
con certi incantesimi.
Giusto, ma i fantasmi
potevano fare incantesimi?
Aveva studiato di no, perché
quello invece era capace?
Beh, qualunque fosse la
risposta, sempre che fosse stata LEI a lanciare la magia, non era il momento di
dilungarsi, aveva problemi urgenti, come, ad esempio, uscire indenne da quel
labirinto.
Una figura incappucciata
comparve d’improvviso dall’ingresso della cisterna, non riconobbe chi era, ma
preparò uno spelldelay in caso
l’attaccasse.
Accidenti! Ripeté mentalmente
a se stesso, non c’era qualcosa di un po’ meno drastico di una
AvadaKedavra?
Maledetti mangiamorte
che ci andavano sempre pesanti… perché non gli avevano insegnato qualcosa di
meno distruttivo? Uccidere l’avversario, in quel momento e con la coscienza
formato Granger che si ritrovava non era decisamente la cosa più saggia…
Ok, uno, due, e tre
-Sectumsempra!
Cazzo se era ridotto male, addirittura ad usare il sectumsempra…
Hermione doveva avergli fatto il lavaggio del cervello in quelle giornate, fino
a due settimane prima non avrebbe avuto così tanta esitazione a lanciare una
qualsiasi delle maledizioni senza perdono… se continuava così sarebbe finito
come San Potty ad usare solo quel maledettissimo protegoed expelliramus!
Vabbè, anche quelle erano riflessioni che era meglio
destinare a momenti più indicati, come, per esempio, all’eterna attenzione che
avrebbe potuto dedicargli quando fosse stato a sua
volta vittima di una delle tre maledizioni.
Vide l’uscita e pregò che il
bambino che sbatacchiava nella borsa non fosse caduto per strada durante la
fuga e… poi?
Che avrebbe fatto poi?
Accipicchia, dove poteva
rifugiarsi? Se fosse tornato all’attico e non avesse messo protezioni, i mangiamorte l’avrebbero trovato in poche ore, soprattutto
se sapevano che era ancora a Londra.
Doveva trovare un incantesimo
di protezione del luogo, ma… quale?
Beh, per il momento si
sarebbe accontentato del Salvio Hexia poi… chissà…
Spinse rapidamente la porta e
si ritrovò nel salone della biblioteca, studenti non ce n’erano.
Richiuse rapido l’uscio e lo
bloccò.
Non avrebbe retto molto… e
se… se…
Mise via la bacchetta e prese
fiato.
Non l’aveva detto a Hermione,
ma più il tempo passava e più gli effetti della Persecuzione dell’Inferno diventavano devastanti e ravvicinati…
Sapeva che il Fuoco che
Brucia in Eterno era una magia da usare con parsimonia e che negli ultimi tempi
l’aveva invocata già una volta, ma se serviva a qualcosa, allora meglio che
morisse lui che qualche innocente, no?
-FlameEternumBrennen
L’attimo dopo, lo avvertiva,
oltre la porta si era eretto un muro di fuoco.
Non sarebbe servito a molto,
soprattutto se quel maledetto rifugio aveva più ingressi, ma intanto bastava a
dargli tempo.
Un altro respiro, sentì il
cuore battere in maniera aritmica, avvertì le gambe farsi deboli, no, no e
ancora no, non doveva cedere adesso, aveva ancora due cose da fare:
smaterializzarsi e richiamare l’incantesimo di protezione per i luoghi.
Certo che certe magie le
sceglievano apposta per la gente che stava male…
Chissà poi cosa stava facendo
Hermione, probabilmente era al San Mungo con Nicholaa,
se non altro erano salve entrambe…
Detto fatto, un istante e
stava già nel soggiorno.
Si guardò intorno
riconoscendo l’ambiente familiare e Hermione.
Eh no, che cazzo, ma che ci faceva la mezzosangue lì? Doveva essere
lontana mille miglia, fuori dalla portata dei mangiamorte!
Se avesse avuto più forze
l’avrebbe insultata per la sua stupidità, e dire che qualcuno sosteneva che era
una persona intelligente… ma quale persona
intelligente decideva volutamente di farsi ammazzare?
E perché adesso gli stava
tenendo la mano come ad un invalido?
-Sto bene – grugnì
arrabbiato con lei, posando la cesta sul pavimento
L’espressione truce di lei
gli disse che non gli credeva, beh, un accidente! Non doveva neppure essere lì!
Beh, però se le cose andavano
così, che gli desse una mano al posto di fare la crocerossina, tanto morto per
morto…
-Richiama il Salvio Hexia e
fallo in fretta, mezza Londra ci sta cercando e non voglio farci una festa di compleanno
Non aveva apprezzato il suo
umorismo, decisamente fuori luogo, ma non gli piaceva che lo vedesse
così debole e vulnerabile, dopotutto, non stava poi così male… solo non si
reggeva in piedi ed ansimava come un cavallo… e certo la febbre che gli saliva
non era determinata dallo sforzo fisico appena fatto.
Per non parlare della
vergogna di aver lanciato addirittura uno schifosissimo Sectumsempra! Lì sì che c’era da
schiattarci!
Spostò le iridi celesti su di
lei che, con la bacchetta in pugno, richiamava magistralmente una delle fatture
più difficili. L’espressione seria non fece una piega, l’ultima cosa che
ricordava, però, era un sorriso dolcissimo che gli aveva rivolto.
***
Quando riprese conoscenza, il
soggiorno dell’attico si presentò davanti a lui in tutta la sua piccolezza.
Si voltò su un fianco e
scorse l’abito bianco e sporco di Nicholaa sul letto
assieme alla sua proprietaria; la bionda madre di Pansy
pareva un bellissimo cadavere dormiente, sorridente
nel sonno, quieto.
Girò la testa dall’altra
parte e vide la mezzosangue in piedi che reggeva un vassoio, dietro di lei il
fantasma che aveva incrociato nel cunicolo del rifugio dei mangiamorte.
La ragazza gli porse un
vassoio con una tazza di tè caldo, lui prese la porcellana e annusò la bevanda,
sarebbe stata senz’altro migliore allungata con un po’ di cognac, ma la Granger
era una delle puriste del tè e senz’altro non avrebbe permesso che qualcuno
infangasse così la sacra bevanda inglese.
Il pensiero del bambino tornò
rapido alla sua memoria
“Dov’è?” fu una domanda non
fatta, ma che lei interpretò comunque, mostrandogli il baule con
all’interno alcune coperte e, avvolto in un plaid, il piccolo capro
espiatorio dei seguaci di Voldemort.
-Come sta Nicholaa?
-Ha molte brutte
ferite, ma si riprenderà – commentò lei lanciando un’occhiata alla giovane
donna assopita
-E lei cosa ci fa
qui? – chiese poi, indicando il fantasma che fluttuava
-Ehm… - quella era
una risposta che non sapeva dare, anche perché, in linea teorica, anche ai
fantasmi era precluso l’accesso alle aree protette dal Salvio Hexia, quindi, come e chi era?
La donna fantasma ghignò in maniera
stranamente familiare, come aveva fatto la prima volta, gli occhi ancora
coperti dalla veletta rigida che le impediva la visuale, c’era da chiedersi
perché la indossasse…
-Chi sei? – indagò
il biondo disfacendosi della tazzina
-Io sono colei che
state cercando, l’Onore dei Black.
-Perché, ne hanno
mai avuto uno? – frecciò lui sarcastico, molto scettico
-No – una risposta
semplice, una verità – infatti sono un fantasma
Una cosa intelligente,
finalmente qualcuno che ammetteva che la Molto Antica e Sempre
Rispettata Casata dei Black non era composta da gente
di cuore.
-Il mio nome –
continuò la sconosciuta – è VesperLyndt, ma sono una Black
-Non ricordo
nessuno con questo nome, nell’albero genealogico – intervenne Hermione.
La donna, o forse la ragazza,
proiettò sulla parete la figura ramificata delle parentele Black, sempre
continuando a ghignare
-Non mi è stato
concesso neppure di essere segnata sull’albero – specificò – il mio posto è qui
– aggiunse poi, toccando con il dito la parete e attraversandola appena, la
bella mano fine, fasciata dall’abito lungo e grigio indicava una casella
accanto a Sirius Black e a RegulusBlack
-Sei la moglie di
uno di loro due? – chiese ancora la Caposcuola, la ragazza fece cenno di no
-No, io sono la
sorella gemella di Sirius. Il mio nome è Honor Black.
***
Spazio autrice:
e rieccomi a rompere, come sempre, allora, che mi
dite di questo aggiornamento?
Come era successo nell’altra
storia, cominciano a comparire le tanto sospirate parentele
maledette: abbiamo conosciuto la sorella di Silente, l’uomo che l’ha
violentata, la storia di Albus e adesso compare la
misteriosa sorella gemella di Sirius.
Beh, un gemello doveva
esserci, c’è in ogni mia storia, quindi anche qui, non siatene troppo sorpresi,
è solo una delle mie tante fissazioni (una delle molte, almeno).
Honor è un personaggio ambiguo di cui parlo con difficoltà
perché, caratterialmente, assomiglia molto a suo fratello, solo che un Sirius in gonnella mi sembra più qualcosa da Baistrocchi che altro… ad ogni modo è un personaggio molto
sulle sue che approfondirò nei prossimi cappy.
Nel frattempo spero che vi
piaccia anche questo cappy, me lo auguro davvero!
Ditemi cosa ne pensate,
aspetto le vostre recensioni, un bacione!
PS: probabilmente qualcuno
avrà riconosciuto il nome che Honor pronuncia, VesperLyndt, come sua altra
identità; alle spiegazioni arriverò dopo ma, sì, l’ho
preso dal libro/film di Fleming “Casino Royale” dove VesperLyndt è, appunto, la prima bond-girl
della storia, prima ancora di Theresa.
Sono molto affezionata a
questo nome, più perché mi piace che per il personaggio, ma mi sembrava che
fosse calzante per una come lei… ecco, fine della
piccola tediosa spiegazione sul nome di Honor.
PS2: l’idea che ho io di Honor
è simile alla carta del silenzio di Card Captor
Sakura o almeno nella parte che riguarda il viso, spero di non aver confuso di
più le idee.
Giolabella:
non preoccuparti, ti capisco benissimo, anche per quanto mi riguarda ogni tanto
scrivere una recensione è un’impresa faraonica, ma sperimentando come si sta
dall’altra parte, trovo mio dovere morale fare da brava commentatrice, quindi
mi ci metto d’impegno con tempo tra le mani e scrivo per tutti quei bravissimi
autori e autrici che pubblicano le loro opere.
Sono molto felice che la mia
storia ti abbia fatto fare questa eccezione, ti ringrazio moltissimo e anche
per tutti i bei commenti che mi hai fatto!
Per quanto riguarda Herm, parlare di lei non è facile, ma mi piace guardare un
po’ oltre lo specchio, nessuno è solo quello che sembra… per la scenetta
sdolcinata, invece, avevo una voglia matta di scriverla ad un altro modo, ma
penso che sia stato meglio così.
Ehehe, non sei molto in buone mani se ti affidi proprio a
me per i misteri da svelare, la mia specialità è crearli, non risolverli, ad
ogni modo spero di non deludere le tue aspettative e mi auguro di vederti
presto e di nuovo tra i recensitori, anche solo per
dire come è il cappy.
Ciao e un bacio! Nyssa
Vavva:
tranquilla, col cappy precedente non stavo tentando
di sbarazzarmi di qualche lettore per eccesso di saccarosio, o almeno spero di
non esserci riuscita, comunque tranquilla, non ho intenzione di piantare la fic, ho troppe idee da mettere giù (quelle purtroppo non
mancano mai >_>).
Sono felice che l’idea di
inframmezzare la narrazione con qualcosa di più soft sia stata accolta bene,
ero un po’ preoccupata di rovinare il ritmo, ma dopotutto DOVEVO far progredire
un pochetto quella benedetta relazione, sennò al
centottantesimo capitolo siamo ancora qui ad aspettare e non so se io stessa
reggerei fino a quel punto XP
Ehehe, ha fatto uno strano effetto anche a me scrivere di
una dichiarazione tra due persone così diverse dall’originale, ma dopotutto
bisogna sempre provare cose nuove, quindi ho tentato anche l’impossibile e
improbabile.
Spero che ti piaccia anche
questo capitolo mistery, quindi aspetto con ansia la
tua prossima recensione!
Un bacione
grande, Nyssa
Shavanna:
beh, sono felice che non sia sembrato solamente una melensa minestra
zuccherina, non credo che avrei retto alla cosa. Draco
ed Herm sono venuti un po’ così, soprattutto se si
considera che lui aveva 10 anni e lei più di 20, ma… non ho avuto il coraggio,
prima di pubblicare, di cambiare il tutto, quindi mi fa piacere sapere che non
è uscita una schifezza.
Tranquilla, verso la fine sì,
ma non così vicini… ho scritto di due cappy avanti e
ancora non ho accennato a niente che riguarda fine, quindi animo! Non voglio
più uccidere nessuno con queste notizie a sorpresa…
Ti ringrazio, mi fa molto
piacere sentire tutte queste belle parole, anche se fanno crescere
smisuratamente il mio ego da autrice… cmq grazie
mille!
Spero ti piaccia anche questo
cappy, sono molto curiosa e aspetto la tua rec, un bacione grande! Nyssa
Falalula:
beh, troppo smielato non poteva uscirmi perché, anche se sono romantica di
natura, non fino a metterci una scena alla Charlotte Bronte
con tanto di confessione tra la pioggia e amore impossibile, qui i miei
personaggi sembrano combattere una guerra tutta loro col clima londinese che
non gli va a genio, quindi addio atmosfera da film hollywoodiano.
Comunque sono felicissima di
leggere tutte le cose che mi hai scritto e anche di sapere che non ho fatto
fare a questi due delle riflessioni a caso… se non si fosse notato, mi piace
parlare di quello che pensano perché i pensieri sono un universo che non
conosce nessuno e, quindi, è bello tirare fuori quelli delle persone che per
ultime sarebbero disposte a pubblicarli al mondo intero, penso che nel caso
specifico quelli di Draco ed Herm siano piuttosto
buffi.
Mai cosa fu più vera,
l’orgoglio è quello che più di tutti domina le vite di questi due nella loro
diversità.
Spero che ti piaccia il nuovo
aggiornamento, aspetto di sapere presto, un bacio! Nyssa
Lord Martiya: sono felice che il capitolo non sia stato troppo
sdolcinato, è una cosa a cui tengo e mi fa piacere di
essere riuscita a rendere bene le emozioni di Hermione.
Se un po’ può consolarti,
internet è stata una salvezza anche per me, so come ci si sente ad essere un
poco come Herm… e stare soli è allo stesso tempo una
fortuna ed una maledizione.
Ad ogni modo, mi fa
moltissimo piacere sapere che “adori” questa fic, e
anche di averti un po’ commosso, se è una cosa così rara mi rende orgogliosa, grazie mille, anche di avermelo detto =^_^=
PS: beh, se dovessi sempre
attenermi alla storia originale probabilmente sarebbe più facile leggere un
libro della Rowling, qui invece dell’originale si ha
un po’ pochetto… abbiamo una coppia che più
improbabile non si può, Silente vivo e vegeto che ha un passato pieno di
spettri e scheletri e altri personaggi mai visti e mai usciti dalla penna della
maestra, quindi può starci anche una famiglia Granger super impegnata eppoi, se
proprio devo essere sincera, credo che il mio dentista sia più impegnato del
segretario dell’ONU! Soprattutto se si considera che vive attaccato al
cellulare con una segretaria che risponde per lui…
PS2: sono andata avanti con la lettura di negima, ad ogni tankobon che
passa quella storia mi prende sempre di più, è davvero splendida!
Potterina_88_:Sono molto molto contenta
che la situazione fuori dal mondo che ho creato per la loro dichiarazione sia
stata di tuo gradimento nonostante l’improbabilità e quel piccolo dettaglio che
è il fatto che lui ha 10 annie lei 20,
ma vabbè, grazie mille per i complimenti, sono
orgogliosissima, prima o poi mi gonfierò come un pallone dalla boria.
Per quanto riguarda invece
“consumare” questo benedetto amore, forse c’è da aspettare un poco, come si
vede in questo cappy s’infittiscono i misteri, arriva
Honor e bisogna un po’ raccontare la sua storia, no?
La storia dei braccialetti
che tutti e due sapevano come levarseli ma che, alla fine, nessuno dei due ha
mai avuto il coraggio di farlo è un’idea a cui sono
molto affezionata e, si può dire, è il primo embrione di questa fic, ovvero quello da cui è nato tutto il resto.
Draco è stato brutale a dire
certe cose, ma non credo che Hermione avrebbe apprezzato di più una
dichiarazione infiorettata di “ti amo da quando ti ho
vista per la prima volta” o “sei bella come il sole” anche perché 1) è nuvolo e
2) in questa ficHerm non è
un’autentica bellezza, è più una tipa ordinaria (esteriormente intendo).
Spero che il nuovo cappy ti piaccia, aspetto il tuo commento, un bacione! Nyssa
Herm83:
bentornata! Sono felice di rivederti tra i miei lettori!
Eh già, sono successe un bel
po’ di cosette e la fantomatica dichiarazione.
Perché un bambino di 10 anni?
Beh, non so se c’è una risposta sensata, so che mi è uscito così e che mi sono
detta fino alla fine di volerlo cambiare, ma poi l’ho lasciato tale. Spero di
non aver rovinato i tuoi sogni romantici su questa fic
e sulla coppia in particolare…
Comunque, come si vede in
questo cappy, il bambino non è proprio l’onore dei
Black, bensì un altro personaggio che non era ancora comparso fino ad ora (beh,
prima o poi dovevo metterci qualcuno di mio…).
Honor assomiglia a Sirius, quindi
ha un carattere niente male, mi piace parlare di personaggi del genere… e spero
che anche a te piaccia la
mia Honor e mi auguro che sia lo
stesso anche con questo capitolo, quindi aspetto la tua prossima rec, a presto e un bacio! Nyssa
Lauwren:
ero piuttosto combattuta se interrompere l’atmosfera o continuarla, poi ho
scelto per la prima e sono felice che sia stata una decisione corretta, forse
serviva davvero smorzare un po’ la tensione per non appesantire troppo.
Sono felice che il mio
capitolo ti abbia commosso, sappi che ne sono orgogliosa, anche se non credevo
di riuscire a trasmettere tutte queste emozioni, comunque anche io all’inizio
ero un po’ dell’idea che Hermfosse
da proteggere, poi però ho scoperto le Draco/Herm e
da lì è nato l’inghippo che il primo da cui bisogna essere protetta è proprio
quello che diventerà il futuro ragazzo/fidanzato/marito/protagonista eccetera.
E ho dovuto voltare pagina e farmi delle nuove idee.
Beh, comprendo che ti abbia
sconvolta, spero solo di non aver distrutto troppo la tua idea di dichiarazione
romantica.
Mi auguro anche che ti
piaccia il nuovo cappy quindi aspetterò di sapere che
cosa mi dirai a proposito, ciao e un bacio! Nyssa
Giuliabaron:
mi fa piacere sapere che hai tenuto nei preferiti la fic
per tutto questo tempo e anche che tu l’abbia letta in così poco tempo… ammetto
che a lungo andare deve sembrare un po’ un mattone, complimenti davvero!
Sono contenta che la storia
ti piaccia, spero che continuerai a seguirla e mi auguro che anche tu continui
a lasciarmi le tue recensioni! A presto, Nyssa
-Sono la sorella
gemella di Sirius, il mio nome è Honor
Black.
Il silenzio calò nella stanza
mentre Hermione appoggiava il vassoio e si sedeva su una seggiola passandosi
sconcertata la mano tra i capelli.
Draco non disse nulla, ma
distolse gli occhi dal fantasma e fissò il panorama fuori dalla finestra.
Honor Black, l’Onore dei Black, colei che stavano cercando.
Ecco perché gli pareva di
averla già vista, anche se i lineamenti erano nascosti, i tratti assomigliavano
lo stesso a quelli tipici di tutti i membri di quella scellerata famiglia, non
ultima sua madre.
-Da cosa VesperLyndt? – le chiese alla
fine, lei sorrise e a lui parve che il sorriso fosse dolce, per una volta
-Come tutti i
gemelli della famiglia Black, anche io ero destinata ad un futuro distante
dalla mia casata
-Credevo che si
usasse solo per i gemelli omozigoti
-Ingenuo… io
rappresentavo per loro la causa principe di tutte le loro disgrazie, è facile
sfogare la rabbia su una bambina inerme.
-Già…
-Non ho mai
desiderato uccidere mio fratello Sirius e neppure
l’altro mio fratellino, Regulus, tuttavia, da tutti
sono stata additata come la Disgraziata, colei che avrebbe portato sventura.
C’era solo da chiedersi come eliminarmi.
-Non credo si
siano fatti troppi problemi
-In effetti no, se
fosse per mia madre, a quest’ora non sarei qui, anche se non sono più di questo
mondo
-Che vuoi dire?
-Che mia madre
avrebbe volentieri alzato la bacchetta su di me lanciando una qualsiasi delle
peggiori maledizioni conoscesse, se ciò fosse servito a salvare la sua pelliccia
nuova.
-Walburga non era
una madre esemplare – concesse Draco, a cui la zietta
non stava poi così simpatica
-Mio padre non lo
permise
-Orion?
-Ero sangue del
suo sangue, purosangue, i Black non sprecano il proprio. Fui abbandonata nel
mondo babbano, nella speranza che qualcuno mi
uccidesse, che qualche sconosciuto eseguisse la condanna che avrebbero dovuto
fare loro.
-E poi? – Vesper, o Honor, che si
preferisse, ghignò
-Mi lasciarono di
casa mia solo una cosa, un braccialetto d’oro con scritto “Black Honor”, i miei genitori adottivi
pensarono che fosse un segno di mia madre e decisero di lasciarmelo
-Sei stata
adottata? – domandò Hermione
-Non era una cosa
così legale – ammise lei - Io ero in fasce e i miei genitori volevano un
figlio, anche se non potevano averne. Mi trovarono per strada, mi presero con
loro e dissero che ero la loro figlia naturale.
-Ma non era vero.
-No. Non
assomigliavo a loro due, avevo i tratti caratteristici di tutti i Black: occhi
blu e capelli neri, la mia somiglianza con Sirius era
qualcosa di innegabile.
-Sei stata a Hogwarts?
-A undici anni
arrivò la lettera, i miei genitori adottivi credettero
che fosse per quello che mi avevano abbandonata, perché avevo dei poteri e
facevo paura, ma continuarono ad accettarmi.
-Continua
-Essendo la
gemella di Sirius, avevo la sua stessa età, ci
incontrammo fin troppo presto, io, lui, James Potter,
RemusLupin, PeterMinus, Lily Evans e SeverusPiton, una allegra combriccola che non andava d’accordo. Se
Sirius era il peggior mascalzone della scuola quando
era in compagnia dei suoi amici, assieme a me cambiava completamente; ci
comportavamo come se fossimo stati fratelli da una vita, eppure ci conoscevamo
da pochi mesi… era destino che i nostri cammini fossero incrociati.
-Hai saputo che
era tuo fratello? – chiese Hermione
-Solo dopo. Fino
ad allora non avevo mai creduto che il braccialetto che portavo giorno e notte
contenesse il mio vero nome, pensavo che fossero una specie di insulto perché
cognome e nome erano invertiti, letto come era scritto, la frase era “Onore
Nero”, ho sempre creduto che lo avessero inciso per ricordarmi la vergogna di
essere diversa dai babbani, l’ho creduto finchè non ho incontrato un altro Black: Orion.
-Tuo padre?
-Già.
-L’alchimia che
legava me e mio fratello era qualcosa di indissolubile, riuscivamo a ritrovarci
anche stando lontani per molto, era come se avessi coscienza di avere un
fratello gemello, eppure, credevo ancora che fosse una banale, fortissima
amicizia.
-Dicevi di Orion
-Mio padre venne a
scuola per un colloquio e mi vide per i corridoi assieme a suo figlio, come non
riconoscermi, eravamo uguali: stessi occhi e stessi capelli, stessa
espressione, la sua espressione. Non credo ne fece parola con mia madre, ma so
che lo disse a qualcuno perché fu per opera di una Black che persi la vita.
-Una Black?
-Bellatrix Black.
-Mia zia!
-Già, la cara,
vecchia, antipatica zia Bellatrix. Non è che sia
diventata una persona più amabile, col tempo che passa.
-Come è accaduto?
-Se non vuoi
parlarne, non dircelo – concesse la Gryffindor
frenando le richieste di Malfoy che sembrava avido di conoscere quella parente
nascosta
-Honor Black, ero colei che poteva allontanarla dal SUO Sirius…
-Intendi dire che
zia Bella era innamorata di Sirius Black?
-Forse, più che
innamorata, direi incapricciata
-Come è possibile?
-Sirius era bello e ricco, molto affascinante, sportivo e un
poco maligno, il Black fatto persona.
-Ma lei era più
vecchia!
-Credi che ciò
l’avrebbe fermata? – Draco ci pensò, poi scosse la testa – appunto. Io ero la
sorella perduta che lui non sapeva di avere, ma che gli era accanto, non l’ha
mai saputo.
-Non gliel’hai mai
detto?
-Solo prima di
morire.
-Sirius è morto? – domandò preoccupata la mezzosangue
-Quel giorno al
Ministero, durante la battaglia nei sotterranei.
Hermione ricordò
all’improvviso la scena dello scontro tra BellatrixLestrange e Sirius e lui che
cadeva dietro quel velo maledetto che copriva chissà che cosa.
Ricordava quello che lui le
aveva gridato prima di lanciare l’ultima maledizione “non perdonerò mai per
quello che LE hai fatto!”… in quel momento aveva creduto erroneamente che si
stesse riferendo a Harry o ai suoi genitori, ma era proprio un LE quello che
aveva detto. Sirius sapeva che sua cugina aveva
ucciso la sua sorellina gemella che non sapeva di avere?
-Se lui è morto e
tu anche, perché tu sei un fantasma e lui no? – domandò poi la ragazza
-E perché non
l’hai uccisa là sotto, oppure subito dopo essere diventata un fantasma. E a
proposito, come fai a usare la magia, se sei uno spirito? – Honor
sorrise
-Ho dato i miei
occhi per avere di nuovo i miei poteri
-Tu sei… cieca? –
chiese preoccupata la Granger
-Un fantasma non
ha bisogno di vedere, io ho bisogno solo di distruggere Bellatrix
Black
-Perché ti ha
rovinato la vita? – intervenne il biondo, accendendosi una sigaretta, l’altra
fece cenno di sì
-Hai anche te
sangue Black, sai cosa si prova
-Sì
-Ma che cosa ha
fatto di preciso, Bellatrix?
-Ha scatenato
contro di me il Platano Picchiatore
Hermione si portò le mani alla
bocca nel tentativo di soffocare un grido di orrore. Il Platano era la pianta
più feroce e pericolosa di Hogwarts, stava a riparo
del passaggio che separava la Scuola da Hogsmead e da
cui si accedeva alla Stamberga Strillante.
-Credevo che mio
fratello avesse bisogno di parlare e ingenuamente andai nel luogo che lei aveva
indicato. Poi, dalla cima della torre, lei mi spinse giù.
Un suono strozzato uscì dalle
labbra della mora mentre ascoltava quel racconto di orrori familiari che avrebbe
fatto invidia a Poe.
-Di me rimase
assai poco, il Platano mi cavò via completamente gli occhi. Scelsi di rimanere
su questa terra, però, perché non avrei permesso a mia cugina di farla franca e
neppure di irretire mio fratello: gliel’avrei fatta pagare, ero anche io una
Black! Sirius sapeva quello che era successo, la
rifiutò come parente, disconobbe ogni legame con la famiglia. Nel giorno
in cui io morii, Orion affermò che ero anche io sua
figlia, ma Sirius non era più un Black. È successo
quando avevamo entrambi sedici anni.
-Che è accaduto
dopo? – continuò il biondo
-Rimasi con Sirius sotto forma di spettro, lo accompagnai per gli anni
della vita più dolorosi, quando, senza nessuno, vedeva i suoi amici costruirsi
piano piano una famiglia e una vita
-I genitori di
Harry
-Sì. Sirius aveva perso la sua amica più cara, io, e poi l’altro
suo amico si era allontanato per mettere su famiglia, non è stato facile, si
sentiva completamente rifiutato; a quel tempo, c’eravamo solo io e Remus con lui
-Il professor Lupin
-Quello che i
maghi chiamano “rifiuto della società”, un altro bambino, vittima innocente
-Come te –
aggiunse Malfoy
-Già, come me,
come Sirius, come Harry Potter
-Conosci Harry? –
domandò Hermione
-Sì. E anche come Devlin.
-Devlin? – ripeterono i due ragazzi
-Il bambino che
avete trovato
Sembrava che il male se la
prendesse sempre con chi non poteva difendersi.
-Chi è davvero
questo bambino? – chiese Hermione prendendo tra le braccia il fagottino
cullandolo
-Non spetta a me
dirvelo – rispose fredda
Silenzio, ancora silenzio, pareva
che fosse una lama che trafiggeva i loro corpi, quell’assenza di rumore totale
dovuta anche all’incantesimo.
-Perché non hai
ucciso Bellatrix nei sotterranei? – chiese nuovamente
Malfoy facendo un tiro
-Perché quando
morirà, non sarà per mano mia. Ma morirà dolorosamente, soffrirà come pochi
hanno sofferto. I miei poteri non sono come quelli dei maghi vivi, non posso
toccare oggetti, sono una specie di illusione e lei non sa che esisto. Ma Bella
Black morirà per il male che ha causato alla nostra famiglia.
-Non ti fermerò,
se è questo ciò che vuoi – intervenne il biondo, Hermione fece una faccia
sconvolta, Honor Black ghignò
-Hai lo stesso
fare di Sirius, anche lui fumava allo stesso modo. Ma
non gli somigli
-Io sono un
Malfoy, non un Black
-I Black si sono
estinti tutti – annuì il fantasma
-Forse è un bene
-Chi tiene adesso
il Fuoco?
Draco ghignò al suo stesso
modo e non disse nulla, aspettando che lei se ne accorgesse
-Sei tu, Malfoy?
-Già, la cosa non
ti garba?
-Non mi fa né
caldo né freddo. Ma sarà meglio che non rimaniamo troppo qui a chiacchierare
-Perché? –
intervenne la mora
-I mangiamorte ci troveranno presto, la magia nera è potente
nelle loro mani, il Salvio Hexia non durerà a lungo, impiegheranno ogni mezzo per
rintracciarci
-E dove andremo?
-A Hogwarts
Honor sembrava stranamente felice di poter pronunciare
quelle parole.
Hermione cullò ancora il
bambino, scettica su quella sconosciuta, poi notò un ciondolo appeso ad una
catenina al collo del bambino
-Non lo toccare! –
urlò il fantasma prima che le dita di lei entrassero in contatto con il metallo
-Perché?
-Nessuno deve
toccare quell’oggetto. Il motivo per cui sono con quel bambino è che lo devo
proteggere, Devlin è sotto la mia custodia e nessuno
ha il permesso di toccare quell’amuleto. Solo Silente.
La Caposcuola riappoggiò il
fagotto nel baule e annuì, poi si sedette sulla sponda del letto e passò una
mano sulla fronte della donna che riposava ancora, Nicholaa
aveva la febbre alta dovuta alle ferite ricevute, sembrava che fosse stata
tagliata da lame aguzze e affilate, probabilmente gli artigli di FenrirGreyback.
-Bagaglium! – ordinò alle valigie che si composero in pochi istanti
-Fai i bauli,
Draco, torniamo a Hogwarts
***
Un poco dispiaceva lasciare
quel luogo, sapendo che difficilmente vi avrebbero fatto ritorno; avevano tanti
ricordi, ormai, conservati là dentro: il primo giorno, le fiamme, il bacio,
Natale e Capodanno, le rivelazioni, i mangiamorte, le
foto di Raymond travestito da donna con le calze a
rete… ogni tassello andava a formare un quadro più grande e uno più grande
ancora, fino all’ultimo che era la vita.
Con i bauli accanto, il bimbo
in braccio, un fantasma e una sconosciuta a carico, il piccolo gruppo si
apprestò a smaterializzarsi.
Nicholaa non si era ancora svegliata, così dovevano usare il Levicorpi per
spostarla; Honor girava tranquilla tra quelle mura e
il bambino, per fortuna, non aveva voglia di piangere.
-Non possiamo
smaterializzarci a Hogwarts – fece presente Draco –
c’è l’incantesimo
-Possiamo arrivare
fino alla casa del guardaboschi, poi proseguiamo a piedi – disse Hermione –
anche se forse è più prudente arrivare al limitare della Foresta Proibita
Gli altri due accennarono un
assenso.
-Ok, respirare…
Smaterializzarsi in un posto
così distante e con così tante persone non era facile.
Prese la mano di Draco e la
strinse.
Un respiro profondo, il
pensiero delle alte mura gotiche della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, gli amici che li aspettavano e…
L’attimo seguente erano
accanto ad un pino, quasi stremati.
Honor Black ricomparve accanto a loro e approvò la cosa.
Nicholaa continuava a riposare di un sonno silenzioso e il
piccolo Devlin, chiunque fosse, sonnecchiava tra le
braccia di Hermione.
Draco appoggiò la schiena
all’albero e si terse il sudore dalla fronte, guardandosi attorno, perché stava
così male ultimamente? Smaterializzarsi non era poi così difficile…
Voltò la testa nel buio della
foresta e sorrise al pensiero della punizione del primo anno assieme al Trio
dei Miriacoli che aveva commissionato la McGranitt, la solita arpia… c’erano quel guardiacaccia
rompiballe e il cane mostruoso… Asgard? No, era Thor!
Chiaramente lui era finito
assieme a Potty, neppure a farlo apposta…
Eppure, non ricordava quelle
figure strane, opache e indefinite che passeggiavano… chi erano?
Sbattè gli occhi, la vista gli faceva strani effetti
ultimamente, pareva tutto un po’ offuscato, poco nitido… assottigliò le iridi
per mettere a fuoco meglio
-Dissennatori! – urlò non appena riconobbe le sagome senza vita che
assorbivano la felicità degli esseri umani, i guardiani di Azkaban
-Cosa ci fanno
qui? – strillò isterica Hermione, agitatissima
-Evidentemente i mangiamorte hanno cominciato il loro piano…
-Piano? Che piano?
– chiese sempre più ansiosa la mora
-Non credo sia il
momento
Già, non lo era per niente,
soprattutto perché, accortisi della loro presenza, un gruppetto di senza-anima
stavano giungendo con le loro vesti di stracci, pronti per lo spuntino.
-Merda
Non era proprio di aiuto… e
per di più il mondo lì attorno stava girando in maniera vorticosa, tutto
ondeggiante.
Hermione gli si fece vicino e
mise una mano sulla spalla, tutto inutile, quasi non la avvertì.
Appoggiò la testa ad un tronco
e vomitò.
-Che cosa gli
succede? – domandò preoccupata al fantasma, lo spirito scosse la testa, non
sapendo cosa rispondere.
Accidenti, e quegli stupidi Dissennatori stavano anche arrivando!
Doveva fare qualcosa… ma
l’unica cosa era richiamare un patronus, ce l’avrebbe fatta?
Aveva lanciato un incantesimo
oscuro molto potente per salvare la vita del biondo, per ben due volte aveva
fatto ricorso alla magia nera, eppure, anche se si trattava di magia bianca,
era terrorizzata dall’idea di dover richiamare il suo protettore.
-Richiamerò il mio
patronus –
disse risoluta la serpe barcollando e rialzandosi in piedi, impugnando la
bacchetta.
Rischiò di ruzzolare giù per
la collinetta, ma sorreggendosi ad un ramo, rimase in piedi, gli occhi lucidi,
l’andatura sbilenca, ma la fermezza di sempre.
-Non farlo! Non ti
reggi in piedi, ti ucciderai! – strillò Hermione preoccupata, facendoglisi accanto e costringendolo a sedere sullo strato
di foglie intorno – lo farò io!
Lo avrebbe fatto, sì, ce
l’avrebbe fatta, anche perché, se non ci fosse riuscita, sarebbero morti tutti.
Avvertiva già il brivido
freddo sulla schiena mentre gli essere infernali si avvicinavano, aveva paura.
Chiuse gli occhi e strinse il
legno della bacchetta: un ricordo felice… un pensiero che la rendeva rilassata
e felice…
Rivide passare davanti a sé le
immagini più belle, il primo giorno a Hogwarts, il
momento in cui la McGranitt le aveva dato la Giratempo, la felicità di aver tirato un pugno a Malferret quando se l’era meritato, la soddisfazione di
essere riuscita a ricordare la formula per liberare Ron
dal Tranello del Diavolo, e poi… una serie di flashback delle ultime settimane
insieme alla serpe, loro due che litigavano alla stazione, l’arrivo all’attico,
il giro per negozi, Natale insieme, Capodanno… e ancora, la scena di quando le
aveva detto “non lasciarmi”.
Aprì gli occhi
-Expectopatronus! – urlò
più forte che poteva
L’aria si riempì di una
nebbiolina che fece arrestare i dissennatori, poi, la
figura di una lontra prese forma e si lanciò contro i guardiani della prigione.
Qualcuno scomparve quando
l’animale incrociò la sua strada, ma molti erano ancora lì. Doveva farcela.
Stese il braccio più che poté
nonostante le dolesse, molti Dissennatori erano
ancora lì e stavano cercando di aggirare le manovre della lontra che aveva
richiamato che non riusciva a trapassarli tutti.
Strinse i denti, faceva male,
male da morire, ma era l’unica che poteva salvarli.
Avvertì appena i muscoli del
gomito rilassarsi un poco, no, non doveva! Doveva resistere…!
-Ex… pecto… expetcto… patronus! – urlò qualcuno dietro di lei e, prima che potesse
voltarsi a vedere, un patronus completo a forma di drago la
attraversò, lanciandosi con violenza sugli avversari.
Non era il caso di chiedersi
da chi provenisse quella creatura, lui, maledetto, maledettissimo Malfoy!
Corse verso il corpo ansante
appoggiato al tronco
-Stupido, stupidissimo
Draco! – mormorò scuotendolo poco finemente e facendo scappare un risolino a Honor – non dovevi farlo! Ti avevo detto di non farlo!
-Avevo promesso di
proteggerti Granger, ricordi? Non farmi la paternale come al solito – la
rimproverò con il solito ghignò sulle labbra, eppure lei sentiva il cuore
pulsargli troppo velocemente nel petto e le vene delle mani pericolosamente in
vista.
-Accidenti
Prese un fazzoletto dalla
tasca e gli pulì la fronte imperlata di sudore, perché stava così male?
-Stupida… - disse
appena lui, poco prima di perdere i sensi.
Il drago dietro di lei emise
un ruggito spaventoso quando lui perse conoscenza, un grido di dolore che
avrebbe ridestato i morti dell’inferno, poi scomparve in una fiammata. Dei Dissennatori neppure l’ombra.
Hermione tenne abbracciata la
testa del ragazzo, coprendogli le orecchie perché quel baccano non peggiorasse
ancora di più le sue condizioni.
Un bagliore improvviso nel
cielo le fece vedere nitidamente qualcosa che non avrebbe voluto: sopra la
Scuola, nel cielo avvolto dalla nebbia rossastra, il Marchio Nero svettava
sulle guglie antiche di Hogwarts, incutendo terrore.
In preda all’ansia, sbottonò
rapida i pomelli dei polsini ed espose la pelle del braccio sinistro alla luce,
il Marchio sul suo braccio sembrava una ferita aperta e doveva fare molto,
molto male.
-Hermione! – urlò
qualcuno dietro di lei e, girando la testa mesta e piangente, riconobbe Hagrid ed Harry.
***
-L’ha fatto per me
– pianse Hermione, Harry la strinse un poco. Erano da un’ora fuori della porta
dell’infermeria, Silente, Madama Chips, la McGranitt e Piton erano entrati
da un pezzo, ma nessuno era ancora uscito.
Hermione sembrava disperata e
continuava a dire che “L’aveva fatto per lei” e che “Le aveva salvato la vita”
perché era “una stupida sconsiderata”… non l’aveva mai vista così sconvolta per
qualcuno negli ultimi sette anni, neppure quando Ron
era stato ricoverato al terzo anno e, senz’altro, non si era scomposta tanto
quando Allock gli aveva reso il braccio di gelatina
o, al primo anno, quando Ron si era fatto distruggere
dalla Regina perché potessero fare scacco matto.
Era sempre stata agitata ma
composta, adesso addirittura alle lacrime e non riusciva neppure a farsi
raccontare che cosa era successo.
Inconsolabile era la parola
che gli veniva più spontanea.
-Se… se dovesse
morire per aver salvato me… mormorò tra i singhiozzi – se dovesse succedergli
qualcosa… se solo fossi stata più attenta… e poi lui stava già male… non
avrebbe dovuto…. Gli avevo detto di non farlo!
Si soffiò il naso nel
fazzoletto.
Quando l’avevano trovata nel
bosco, lei stava stringendo la testa di Malfoy, quasi che gliel’avessero
tagliata, e piangeva di già.
Il tempo di porgerle la mano
ed era svenuta anche lei.
Da quando si era svegliata,
mentre la riportavano a Hogwarts, non aveva smesso di
singhiozzare, povera Herm.
-Coraggio, Malfoy
ha la pelle dura… - cercò di tirarla su, ma sembrava tutto inutile, lei non lo
stava a sentire, sentiva solo i passi che si muovevano oltre l’uscio chiuso e
si alzava ogni volta che udiva avvicinarsi qualcosa, per poi tornare a sedersi
delusa quando la serratura non scattava.
In quel momento lui voleva
solo sapere e lei sfogarsi.
E Malferret
dall’altra parte? Probabilmente vivere perché non doveva stare troppo bene…
Silente gli aveva detto molte cose, sapeva che lo Slytherin
aveva il Marchio, quindi stare lassù doveva essere doppiamente faticoso per
lui… lo aveva trovato alla sua età normale, però, ciò significava forse che
l’effetto della pozione era sparito? Lo sperava.
La scuola era contornata dai mangiamorte e dai Dissennatori,
molti studenti erano stati portati a casa con la smaterializzazone
dai professori, quelli che avevano scelto di rimanere l’avevano fatto con
coscienza e non erano pochi.
Il marchio era sopra le loro
teste e tutti sapevano cosa avrebbe significato: BATTAGLIA.
***
Silente uscì dalla porta che
era rimasta sigillata due ore.
Indossava la famosa tunica di
velluto bordeaux e il cappello a punta come Mago Merlino nella Spada nella
Roccia, l’espressione, però, era decisamente più grave.
-Signorina Granger
Hermione si alzò fulminea in
piedi facendo scivolare via la mano da quelle di Harry che gliela accarezzava
fino a poco prima.
Si alzò con lei
-Signor Potter…
Ok, sapeva cosa significava quel tono, letteralmente
tradotto era qualcosa come “fuori dai piedi, sono cose private”, per dirla alla
Malfoy sarebbe diventato “via dalle palle”.
Si risedette, capendo
l’antifona.
Hermione scomparve col preside
oltre l’uscio che si richiuse, era stufo di stare a guardare una porta…
Ginny gli si avvicinò silenziosamente, ripiegò la gonna
sotto di sé e sedette sulla panca accanto a lui, perso nei suoi pensieri.
Un’occhiata agli occhiali, una
alla porta, giunse le mani in grembo e appoggiò la testa alla spalla del moro
-Stai tranquillo
Harry
***
-Signorina
Granger, vorrei parlarle del signor Malfoy – incominciò l’anziano professore
facendola accomodare su uno dei lettini dell’infermeria. Lei sedette
-Ditemi prima come
sta, ho bisogno di saperlo, lui… lui mi ha salvato la vita!
-Il signor Malfoy,
con le dovute cure, si riprenderà
-Dice sul serio?
Stava così male in questi ultimi giorni…
-Signora Granger –
continuò il rettore – lei sapeva che erano due giorni che il signor Malfoy stava
cercando di trattenere la trasformazione in un bambino…? - le parole uscirono serissime dalle labbra di Silente
-Che cosa?
Perché l’aveva fatto? Perché?
-Come è possibile,
noi non sappiamo…
Ma già mentre pronunciava
quella frase si rendeva conto da sola della banalità, della stupidità.
Conosceva l’incantesimo, probabilmente era a conoscenza anche di qualche
soluzione temporanea, non importava se fosse magia bianche, nera, gialla o di
che altro colore.
Draco era ossessionato da
questa cosa di proteggerla, era davvero arrivato a tanto? A forzare se stesso oltre
il limite?
Con tutti i problemi che
aveva… le fiamme che lo divoravano, il rimorso, le colpe, il Marchio e adesso
anche quello… perché era un tale testardo, un tale stupido?
Sacrificarsi a quel modo
quando non c’era bisogno!
Era perfino andato da solo nel
covo dei mangiamorte, l’incosciente!
La ragazza si prese la testa
tra le mani e appoggiò i gomiti alle ginocchia, scuotendo i riccioli che le
cadevano sulle spalle e piangendo amaramente.
Stupido, stupido e ancora
stupido, perché doveva farla sentire così insignificante? Una buona a nulla!
Ecco come la faceva sentire!
Quanto lo odiava quando faceva
così… digrignò i denti e si sentì una perfetta stupida, stupida per non
essersene accorta e aver vissuto tranquilla.
Come era contenta la mattina,
quando l’aveva ritrovato alla sua età normale… aveva forzato anche quella? Era
addirittura riuscito a far sì che, per un certo tempo, la pozione non avesse
effetto?
Come ci era riuscito?
Silente le mise una mano sulla
spalla e la scosse un poco, alzando gli occhi lo vide sorriderle appena
-Stia tranquilla,
andrà tutto bene
-È un
maledettissimo stupido! – urlò in faccia al vecchio professore, sorprendendolo
un poco – Mi scusi…
-Non si preoccupi,
è comprensibile. – Hermione annuì e chinò il capo mortificata – quando entrambi
vi sarete ripresi, vi farò chiamare nel mio ufficio, ho alcune cose di cui
parlarvi che sono della massima urgenza
Annuì, finalmente sarebbero
arrivate le rivelazioni che aspettava da quando erano partiti
-Ah, professore,
io non so se l’ha vista… - incominciò sottovoce guardandosi attorno – c’era un
fantasma con noi… credo che ci avesse detto lei di trovarla, o forse era
trovare qualcos’altro, noi però abbiamo rintracciato solo lei…
Silente rise col suo solito
modo pacato e bonario
-Sì, la signorina Black è
nel mio ufficio, le parlerò non appena Madama Chips
mi avrà detto che il signor Malfoy è fuori pericolo
La Caposcuola annuì
-Per questa notte
chiuderò l’infermeria al pubblico, ho fatto preparare un letto così che possa
riposare, non è il caso che vi mostriate in giro in queste condizioni…
La ragazza si toccò allarmata
il viso e guardò le mani, in effetti sentiva la maglia tirarle stranamente sul
petto e l’elastico della biancheria solcarle un po’ troppo i fianchi… era…
tornata grande?
-Il signor Potter
mi ha detto che ha cambiato età mentre riposava, anche il signor Malfoy… Harry
sembrava molto preoccupato, forse è il caso che lo rassicuri un poco…
-Non mi ero
neppure accorta di essere cresciuta…
-Vada a riposare,
signorina Granger, è molto stanca e i letti sono decisamente più comodi delle
barelle
Lei arrossì e annuì, poi si
alzò in piedi e andò alla porta.
Silente uscì, batté una pacca
sulla spalla al ragazzo che era scattato in piedi e si allontanò strascicando
l’abito di velluto.
Harry le corse incontro
-Herm, come stai? Madama Chips ti
ha visitata?
-Non preoccuparti –
lo tranquillizzò – non è successo niente…
-Niente?! Niente
dici! Ma se mentre ti portavamo qui ha improvvisamente cambiato età? Mi è preso
un colpo, mi hai fatto quasi venire un infarto!
-Mi spiace, Harry,
non me n’ero neppure accorta… ormai è una cosa così frequente…
-Oh Herm, non farmi più spaventare così – il suo migliore amico
scosse la testa rassegnato, lei gli sorrise
-Silente mi farà
dormire qui per questa notte, non dire agli altri che sono a Scuola, ok?
-La cosa non mi
tranquillizza, lo sai? – puntualizzò Sfregiato – Malfoy è una persona con cui
non riesco a stare tranquillo…
-Ma Harry, al
momento avrà più o meno dieci anni, cosa vuoi che succeda?
-Ascoltami bene, Herm – esordì il bambino sopravvissuto con aria seria – ci
sono due cose che una ragazza non deve mai fare: - Hermione sorrise, ascoltando
la predica da paparino preoccupato che il grifone
stava per farle – una è fidarsi di una serpe – lei annuì, da brava bambina – e
due è fidarsi di Draco Malfoy, ok?
Lei scoppiò a ridere.
Era un po’ tardi per il “non
fidarsi di Draco Malfoy”
-Secondo me sei
troppo agitato – lo rincuorò la mora – tra la storia della scuola e tutto hai i
nervi a fior di pelle, non farti delle preoccupazioni per me, so badare a me
stessa
-Ecco, appunto,
vattene via e lasciaci in pace! – sbraitò una voce stranamente infantile
dall’interno dell’infermeria, sorprendendo i due ragazzi sulla porta,
apparteneva innegabilmente alla serpe – fai più casino di un ciarlatano per
strada, lasciami dormire!
-Malfoy, riesci a
essere irritante anche senza la tua presenza, lo sai?
-Te lo faccio
sapere tramite la Granger domattina, ok? – ghignò lo Slytherin – se si reggerà in piedi…
Harry strinse i pugni e
digrignò i denti, mordendosi la lingua prima di rispondergli a tono
-Andiamo Harry,
sta male…
-Male un corno, i
malati non gridano come le cornacchie – bofonchiò il cercatore dei grifoni
Herm lo rassicurò con una pacca sulla spalla e lo spostò
oltre l’impalcatura della porta per poi chiudere e appoggiarvisi.
Sentì qualcuno borbottare
dall’altra parte e poi dei passi allontanarsi.
Harry si faceva decisamente
troppi problemi dopo che lei e Malferret avevano
diviso casa e letto per quasi tre settimane…
Madama Chips
tornò in quel momento con una scorta di medicinali che richiuse nell’armadietto
in fondo alla corsia
-Su signor Malfoy,
stia tranquillo e riposi così domani potrà alzarsi…
-Sto benissimo,
non è il caso che la facciate così lunga – borbottò acido all’indirizzo della
donna che sbuffò sonoramente
Il rapporto tra lo Slytherin e l’infermiera non era mai stato dei migliori,
Malfoy, infatti, evitava accuratamente l’infermeria come se si fosse trattato
del preludio all’Apocalisse e, chiaramente, non aveva alcuna fiducia
nell’impiegata dell’anticamera dell’inferno che aveva curato braccia
gelatinose, morbillo, rosolia, impietrimento da
Basilisco e quant’altro.
-Signorina
Granger, lei si sistemi pure qui – e indicò il letto affianco – la signorina Weasley
le ha portato qualcosa per cambiarsi così potrà mettersi comoda e riposare
meglio
Tirò la tenda per coprire la
metà del letto dove la studentessa si stava togliendo il maglione e la camicia
-Può anche
lasciarla aperta la tenda – suggerì il biondo col suo ritrovato modo di fare
malizioso, forte del fatto che a dieci anni non potevano comminargli una
punizione e che la vecchia arpia non aveva l’autorità per farlo.
La “vecchia arpia” in
questione si piazzò tra lui e la tenda con le mani appuntate sul fianchi
ricoperti dal vestito azzurro e dal grembiule immacolato, l’espressione non era
niente amichevole e la catenella degli occhiali tutta sbilenca da una parte.
-Signor Malfoy! –
Draco alzò gli occhi al cielo, sembrava un disco rotto, possibile che dovesse
iniziare ogni frase a quel modo? Lo aspettava un bel discorsetto
da mal di testa fulminante – un giorno le dirò cosa penso veramente dei suoi
modi villani – borbottò la strega – fino a quel punto tenga gli ormoni nei
pantaloni e veda di farsi una dormita, credo che ne abbiate bisogno entrambi!
-Quello di cui
avrei bisogno sarebbe altro, ma tralasciamo… - le rispose mellifluo mandandola
ancora più su tutte le furie tanto che pestò i piedi e lasciò la stanza per non
rispondergli in una maniera che decisamente non sarebbe stata approvata dal
consiglio studentesco.
-Dovresti
rimanertene tranquillo a riposare – lo rimproverò la grifoncina
tirando nuovamente la tenda e sistemando il letto per andare a dormire
-E quello cosa
sarebbe?
Il “quello” in questione era
il pigiama della ragazza di un vivace color mela e cosparso di coccinelle rosse
e nere
-Credevo che il
tuo pessimo gusto avesse toccato il fondo quando siamo andati a comprare la
biancheria, ma devo decisamente ricredermi!
-Tieniti per te i
tuoi rimbrotti, mi vesto come mi pare – sbuffò lei che, improvvisamente,
condivideva il malumore dell’infermiera
-Se fossi in te,
io non mi vestirei affatto
Ma che cosa gli avevano dato a
Malfoy?
Dovevano aver fatto confusione
con le dosi del sedativo! Probabilmente avevano sbagliato boccetta, ce n’erano
tante in infermeria…
-Ma se una volta
mi avevi detto che la fiducia la si conquista d’in piedi, non da sdraiate… - lo
pungolò lei tirando le lenzuola e infilandovisi sotto
-Sì, ma dato che
ormai la fase della fiducia l’abbiamo superata, io proporrei di avanzare un
pochino… ci aspettano altri due stadi di una relazione da approfondire e sono i
più… “interessanti”
-Che relazione
vuoi che possa avere con un nanerottolo di dieci anni – frecciò acida
-Per lo stadio B,
credo che sia più che sufficiente
-Nella relazione
che abbiamo noi non ci dovrebbe essere neppure un A, lo sai? Ti posso elargire
uno schiaffo, se vuoi. Eppoi non siamo neppure fidanzati!
Draco ghignò malizioso.
Ad ingenuità non la batteva
nessuno, ma se lei gli serviva un’occasione ghiotta come quella direttamente
sul piatto d’argento, insomma, un po’ se la cercava.
-Non che serva… -
incominciò – ma vorresti per caso che ti chiedessi di diventare la mia ragazza?
– domandò sporgendosi sul letto di lei, anche se, al momento, la sua bassa
statura gli impediva di riuscire a raggiungerlo.
Hermione si affrettò ad
agitare la bacchetta e a spegnere immediatamente le luci, nascondendo la testa
sotto le coltri nella speranza che lui non fosse riuscito a scorgere
l’improvviso colore vermiglio che le si era propagato dalla fronte in giù.
Probabilmente anche i suoi piedi erano arrossiti.
-Buonanotte, Draco
– si affrettò a dire con voce tremula e in falsetto, insomma, come non farsi
scoprire.
Ecco, aveva appena trovato il
titolo del libro che sarebbe diventato il bestseller più venduto di tutta la
Londra femminile: “Come non far capire ad
un ragazzo che l’unica cosa che detesta è ciò che vuoi”, sì, sarebbe stato
un boom.
Il biondo se ne tornò al suo
giaciglio e ghignò nell’ombra della notte.
Lui e la mezzosangue insieme
erano la coppia peggio assortita che riuscisse ad immagine, forse addirittura
peggio di Paciock assieme alla Greengrass.
Oltre, ovviamente, al fatto
che San Potter avrebbe scatenato contro di lui ogni avvocato presente sulla
terra per “violenza carnale” sulla sua migliore amica che, di sicuro, non
avrebbe esitato a spacciare per “incapace d’intendere e di volere”, o meglio,
in quel caso avrebbe voluto un po’ troppo, ma erano sottigliezze.
Insomma, sarebbe finito dritto
dritto ad Azkaban per aver
alzato un’unghia sulla Santa Immacolata Granger.
Beh, finchè
aveva dieci anni poteva dormire sonni sicuri, visto che poco avrebbe avuto il
coraggio di tentare in quelle condizioni, e, in effetti, dormire nel senso più
stretto del termine non era proprio ciò che voleva fare con la mezzosangue…
Poi c’era il problema più
grande da affrontare e che rispondeva al nome di “da quando LEI è diventata un sogno proibito”; innanzi tutto nessuna
ragazza poteva permettersi di essere il “sogno proibito” di Draco Malfoy, tantomeno la mezzosangue in questione, eppoi non sarebbe
dovuto essere tanto proibito vista l’umiliazione che avevano
sperimentato giusto il giorno prima in mezzo ad una delle strade più affollate
della capitale.
Beh, se solo provava a
ricordare che per lei era addirittura arrivato a sbirciare dal buco della
serratura gli veniva ancora la pelle d’oca… si comportava davvero come un
poppante, ridicolo, un Malfoy non avrebbe mai dovuto vergognarsi.
Un’occhiata alla Gryffindor, se solo avesse potuto leggere nella sua mente
in quel momento ne sarebbe rimasta traumatizzata e, con ogni probabilità, tutte
le gradazioni di rosso della bandiera del Grifondoro
non sarebbero state sufficienti a mimetizzare il colore del suo viso.
Sarebbe stata una lunga notte…
probabilmente la prima da molto tempo che passava sveglio senza la compagnia di
qualche ragazza compiacente… e la Granger era OFF LIMITS.
***
Spazio autrice:
per la pace mentale di lettori e lettrici, soprattutto di quelli che mi stanno
minacciando di morti terribilmente dolorose, ecco qui il nuovo capitolo
d’aggiornamento.
La vicenda si sposta, avevamo
lasciato Hogwarts e adesso la ritroviamo con quasi
tutti i suoi personaggi.
Honor Black finalmente fa una presentazione come si deve e
racconta tutta la sua storia, chiaramente decadente come tutte quelle dei miei
personaggi.
Nel prossimo cappy ci saranno ancora altre rivelazioni, nel frattempo
spero che vi piaccia anche questo…
PS: mi rendo conto di aver
parlato un po’ per enigmi, comunque vi presento le due carte di Clow a cui mi sono ispirata per creare il personaggio di Honor Black
Lei rappresenta quello che ho
in mente per il personaggio, la fisionomia è pressoché identica e lo stesso
vale per il copricapo che indossa, l’ho scelta appositamente perché gli occhi
di questo personaggio non verranno mai rivelati.
Dato però che le Clamp hanno messo a questa carta un vestito che non si
addice alla mia Honor, ne ho scelto un’altra per
l’abito, ovvero questa
Vavva:
se la cosa può consolarti, mi sono insultata da sola per il finale che ho messo
visto che, se stessi dall’altra parte, cioè a leggere la mia storia,
difficilmente accetterai che un autore terminasse a questo modo il capitolo.
Sono molto contenta che
l’atmosfera un po’ dark del cappy sia stata resa
bene, in effetti quel posto dove li ho spediti non deve proprio essere una
meraviglia per farci un giretto turistico…
Comunque non preoccuparti per
la fine, ecco il nuovo aggiornamento ed ecco che si svela tutta la storia.
Dopotutto il grosso, ovvero
chi era Honor, l’avevo già detto, no?
Va bene, la smetto di
infierire, lascio alla lettura, io spero che ti piaccia e che non mi ammazzerai
troppo, in questo il finale è coerente, no?
Ciao ciao
e un bacio! Nyssa
Lord Martiya: direi che Silente ha sempre avuto un lato piuttosto
sadico che esterna e sfoga in questi indovinelli ridicoli, ma visto che non
volevo mandarlo troppo OC e che ci stava con la storia l’ho reso anche qui
nonostante sia la parte del suo carattere che detesti di più…
Probabilmente Draco si
vergogna perché il sectumsempra non è una maledizione
senza perdono e lui fino a poco prima ne avrebbe lanciate a destra e a manca
senza preoccuparsene troppo… anche se, come al solito, non ci è andato tanto
per il sottile… >_>
Mi fa piacere che il
riferimento a Dickens sia stato apprezzato, voglio
bene allo zio Charles, ma ogni tanto esagera davvero anche lui…
Per quanto riguarda Negi, lo spero anche io, anche se quel bambino è un vero cerca
guai, probabilmente a qualche modo deve essere parente di Harry.
Spero che ti piaccia anche
questo capitolo, ciao e a presto! Nyssa
Shavanna:
mi dispiace, non farò più scherzetti del primo aprile… bene, sono molto felice
che il precedente cappy ti sia piaciuto, in effetti
forse sgranchirsi le gambe è un po’ riduttivo perché Draco in particolare se
l’è vista parecchio brutta con quello schifoso di Fenrir
alle calcagna, ma meno male che è andato tutto bene.
Per quanto riguarda la gemella
di Sirius, eccola qui. Spero che il personaggio ti
piaccia e mi auguro che sia lo stesso anche per questo nuovo capitolo! Aspetto
i tuoi commenti, ciao e un bacio grande, Nyssa
Falalula:
non sei fuori dal mondo e neppure vecchia, sono solo io che sono fissata… cmq sarebbero delle carte da gioco in grado di donare
poteri magici, qui le uso solo per riferirmi alle figure che ci sono disegnate
sopra perché rendono piuttosto bene alcuni personaggi.
Comunque ecco un po’ di
introduzione su Honor che entra già a pieno
svolgimento della storia e cattura il centro del palcoscenico con la sua
vicenda molto triste (la mia vena drammatica ogni tanto vede la luce nel
passato tormentato di qualche personaggio).
Sono molto felice che tutti i
miei riferimenti letterari siano stati colti, è bello leggere di qualcuno che
riconosce le citazioni, autori e personaggi, lo zio Charles, poi, è uno dei
miei autori preferiti, anche se molto, molto depresso. Per quanto riguarda Fleming, invece, amo di più i film con 007, ma VesperLyndt rimarrà sempre il
mio personaggio storico.
Sono felice che la storia
continui a piacerti e sono contenta che sia stato lo stesso anche per la shottina… in realtà è stato solo un esperimento per
appurare che la roba troppo corta con fa tanto per me, ma le tue parole mi fanno
lo stesso molto contenta =^_^=
Spero che approverai anche il
nuovo aggiornamento! A presto e un bacio, Nyssa
Luana1985: ehehe,
ecco il nuovo capitolo allora! Spero che la tua fuga sia stata divertente,
vorrei poter mollare un po’ di scuola anche io…
Sono contenta che la storia
stia diventando più coinvolgente, che cosa ho in mente? Beh, sorpresa, ovvio!
No, in realtà non lo dico solo perché occuperei chilometri e chilometri a
spiegare e faremmo prima tutte e due a leggere e scrivere la fic…
Spero che ti piaccia anche il
mio nuovo post, a presto e un bacione! Nyssa
Gloria85:
complimenti, il coraggio non ti manca! Non credo che io stessa riuscirei a
leggerla tutta, ti ammiro molto sai? Più vado avanti e più ho paura che diventi
un mattone quindi fa piacere sapere che c’è qualcuno che non è morto per colpa
mia durante la lettura ^^
Tranquilli che non vi lascio
troppo a lungo, infatti ecco il nuovo capitolo e spero che ti piaccia come i
precedenti, mi auguro di leggere ancora i tuoi commenti, ciao e a presto! Nyssa
Giuliabaron:ehhhhh per il bambino dovrai pazientare ancora un
poco, per il momento posso dire solo il suo nome, Devlin,
invece per il suo coinvolgimento ho la bocca cucita sennò addio suspance…
Spero che ti piaccia anche
questo nuovo capitolo di storia di Honor, me lo
auguro davvero, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa.
Potterina_88:
eh già, Sirius ha una sorella gemella, rivelazione
shock? Ok, forse ho un po’ esagerato ma mi piaceva
troppo vedere una versione femminile del padrino di Harry con gli stessi occhi
blu e i capelli neri (intendo la versione che ho in mente io, non quella del
film).
La fantasia non so proprio da
dove esca, probabilmente dalle ore di noia mortale di mate, magari posso
chiedere alla mia prof di farti ripetizione, sono certa che pur di non starla a
sentire partiresti per località inesplorate…
Sono molto felice che la
stirpe degli angeli caduti abbia riscosso tutto questo successo, sono molto
affezionata a questa teoria e anche al suo nome, anche io penso che calzi a
pennello con Draco&co.
Sono d’accordo con te, Draco
avrebbe dovuto essere più comprensivo con Herm, ma in
fondo la percentuale di rimanere ucciso era molto alta e il proverbio dice “non
aspettarti niente che otterrai sempre di più” quindi se Herm
se ne fosse andata pensando già di non rivederlo, se invece si fossero
rincontrati sarebbe stato molto più bello, non trovi? Cmq
tranquilla, non ho intenzione di ammazzare i miei protagonisti, non per il
momento almeno XP
Spero che ti piaccia anche
questo capitolo, aspetto il tuo commento, un bacione,
Nyssa
Matrice: mi
fa piacere che Honor sia stato un personaggio bene
accolto perché tornerà nella storia, anche se in un modo un po’ particolare ^_^
Sì sì,
il seguito delle relazioni ci sarà e ci sto già lavorando, anche se temo che
andrà un po’ per le lunghe perché con l’esame alle porte e tutto quanto non
sono granché produttiva XP
Aspetto di conoscere ancora i
tuoi pareri, a presto! Nyssa
Lauwren:
beh, sarebbe come decifrare il carattere di Sirius,
non mi ci metto neppure…
Già, Draco si fa degli
scrupoli, anche se col sectumsempra non ci va giù
leggero, il signorino, però tra loro e il bambino meglio il bambino, no?
Honor comunque tornerà presto nella vicenda perché la sua
storia è al centro di questa parte della narrazione, comunque spero che ti
piaccia anche il mio nuovo aggiornamento, ciao e un bacione
grande! Nyssa
L’ufficio del preside, di
mattina, incuteva senz’altro meno terrore di quanto potesse suscitare passata
l’ora di cena.
Sulla parete da cui si
accedeva erano appesi i ritratti dei presidi che avevano guidato Hogwarts nel passato, personaggi gloriosi e altri da
dimenticare ciattellavano gli uni con gli altri,
scambiandosi opinioni, criticando.
Alla destra della porta era
una scaletta di legno con pochi gradini che immetteva ad un piano sopraelevato
dove stava la biblioteca dell’ufficio, caratterizzata dal colore rossiccio o
marrone caldo del legno degli antichi ripiani che sorreggevano “il peso del
sapere”.
Fini incisioni di fiori
rampicanti e uccelli di legno erano parte delle decorazioni di questi mobili
antichi, tanto perfette da parere quasi vere.
L’accozzaglia di legni di
colore e fattura diversa rendeva chiaro che la stanza aveva subito forti
rimaneggiamenti per far sì che ogni volume avesse il proprio posto a scapito
dell’estetica. Peccato però che nel piano sottostante, ci fossero ancora libri
e librerie e la scrivania.
Nonostante lo spazio fosse
molto, sembrava quasi che non bastasse a contenere tutti i soprammobili che
facevano bella mostra di loro tra i ripiani o che, al momento, stazionavano in
cima ad una pila di volumi sul pavimento che sembrava essere quasi parte
dell’arredamento, probabilmente per loro non c’era davvero più posto.
Alambicchi colorati erano
appoggiati su un tavolo alla sinistra, mentre la scrivania era ingombra da pile
di scartoffie burocratiche sulla sinistra, un portapenne con calamaio e
accessori per la scrittura in argento e alcuni tomi alla destra.
Il proprietario di tutto
questo era seduto dietro lo scrittoio, le mani in grembo che tormentavano la
lunga barba bianca che ricadeva sulla veste color lavanda di velluto finissimo;
il caratteristico cappello a punta intonato col colore era appoggiato
all’ennesima catasta di volumi ingialliti.
Draco ed Hermione presero
posto nelle due poltroncine su cui avevano già seduto poco prima di fare i
bagagli e partire per Londra. Adesso, però, le circostanze erano assai cambiate
e molto, molto più gravi.
La professoressa McGranitt, con in braccio il bambino che avevano portato con
loro, Devlin, passeggiava tra i libri cullandolo
appena, con un’espressione dolcissima sul viso che non le avevano mai scorto
durante le lezioni. Non avrebbero detto che fosse la stessa persona, sembrava
davvero una nonna alle prese col suo nipotino appena nato.
Ma se l’espressione della
vicepreside era soddisfatta e rilassata, altrettanto non si poteva dire di
quella del rettore, la cui preoccupazione era facilmente riconoscibile oltre
gli occhiali a mezzaluna che gli erano così cari.
La Caposcuola si guardò
attorno senza riconoscere né la sagoma inconsistente di Honor
Black né quella di Nicholaa, di cui non aveva più
avuto notizie dopo il loro arrivo.
Doveva essere difficile anche
per lei.
Draco pativa ogni sera,
quando calavano le tenebre. Non glielo aveva mai detto, ma ogni tanto si era
accorta di un gesto ripetuto, come un tic, di toccarsi l’avambraccio e, in quel
momento, il suo viso si deformava in una smorfia di dolore.
Non era cieca fino a non
accorgersi di certe cose.
Non sapeva, poi, se Nicholaa avesse o meno il Marchio, considerato il fatto che
non poteva parlare, i mangiamorte avrebbero potuto
anche pensare che fosse uno spreco marchiare un essere inutile come lei.
Malfoy non glielo aveva mai
detto e lei non si era sentita di chiederglielo.
Ma anche senza quel segno
maledetto, doveva essere ugualmente difficile perché tra quelle mura
stazionavano ancora i ricordi più brutti della sua storia: probabilmente era a Hogwarts quando le avevano comunicato che sarebbe andata in
sposa ad un parente dell’uomo che l’aveva violentata e le aveva fatto perdere
la favella e, allo stesso modo, chissà come doveva aver sofferto a dover
lasciare la scuola e le sue mura protette per avventurarsi in una vita senza
certezze.
Draco le aveva detto che era
stata una studentessa piuttosto brava, se le fosse piaciuto conoscere e
imparare la metà di quanto piaceva a lei, beh, rinunciarvi sarebbe stato come
morire.
Ma non erano lì per parlare
della bionda madre di Pansy, né per riflettere,
Silente li aveva espressamente chiamati nel suo ufficio per metterli
effettivamente al corrente di tutto quello che c’era da sapere circa la
questione dei seguaci di Voldemort che, in quel
momento, accerchiavano la scuola e che non dovevano essere poi così estranei a
quel bimbetto ora addormentato tra le braccia della più severa professoressa di
Hogwarts.
Per un momento, ad Hermione,
parve di avere un flashback dal passato, una scena simile con sua nonna che la
cullava per farla addormentare.
Draco versione bambinetto sfoggiava un’espressione corrucciata e lo stesso
vestitino nero che tanto detestava, completo di fiocco sotto il mento.
Non era di buon umore e un
cero tic nervoso al sopracciglio la diceva lunga su di lui.
Hermione aveva cercato di
rendersi presentabile senza dover apparire di fronte a Silente con gli abiti di
tutti i giorni, ma non se la sentiva proprio di approfittare nuovamente della
gentilezza della prof e indossare uno dei suoi tartan che tanto amava.
Così s’era messa la cosa più
elegante che aveva e, adesso, era tremendamente a disagio e si stava
tormentando una ciocca di capelli un po’ arruffata tenendo gli occhi chini
sulle ginocchia.
-Da quanto tempo
il Marchio è sopra la scuola? – domandò infine Malfoy rompendo il silenzio
denso che si era venuto a creare; il preside emise un lungo e grave sospiro,
poi si spostò dalla sua posizione, appoggiò le mani intrecciate sul ripiano e
guardò fissamente negli occhi grigi del ragazzo
-Da Capodanno
Il biondo si morse le labbra
per non pronunciare quella parola che rendeva così bene la situazione, ma che
di sicuro la vicepreside avrebbe disapprovato con fervore, soprattutto se
proferita da un bambino tanto piccolo.
-Mi avete scritto
di aver incontrato dei mangiamorte a Londra,
parlatemene – li incoraggiò il vecchio mago
I due studenti si scambiarono
un’occhiata; se li si fosse dovuti giudicare in quel momento non si sarebbe mai
detto che appartenevano allo stesso corso di studi.
-Eravamo alla Queen Victoria – intervenne Hermione, sentendo la sua voce
debole e un poco rotta – e abbiamo incontrato…
-Nott e Crouch – intervenne il
bambino senza soffermarsi sui particolari di cosa ci facessero quei due maghi
in un posto mooooooltobabbano
-E poi, la sera di
Capodanno, siamo usciti per festeggiare un poco, chiaramente ci siamo
travestiti in modo che non ci riconoscessero e abbiamo tinto i capelli –
aggiunse frettolosa cercando di nascondere ciò che, probabilmente, Silente
sapeva già, ovvero che avevano deliberatamente pedinato Bellatrix
-C’erano Bellatrix e Rodolphus in un caffè
-Babbano? – indagò il preside
-Mezzo e mezzo –
precisò lo Slytherin
-Ah… il “Nastro”,
vero? – confermò con un sorriso il vecchio stupendoli – quando ero giovane
esisteva già e ogni studente sognava di portarci la propria ragazza…
Beh, in un secolo circa le
cose non erano cambiate poi così tanto.
-Parlavano di una
persona da tenere in vita fino alla vostra… morte – aggiunse la ragazza
-Non abbiamo
sentito molto, ma abbiamo subito scritto e poi ci siamo messi ad indagare
-E avete trovato la mia Honor…
-Già – confermò la
serpe agognando ad una sigaretta che non poteva permettersi
Un altro lungo sospiro mentre
la McGranitt gli si faceva vicina con il bimbo in
braccio, sempre cullandolo dolcemente.
-Lui è mio nipote
– incominciò con voce lugubre Silente – DevlinDerekDumbledore. Il figlio di
mia sorella Ariana.
Silenzio.
Quella era la prima volta che
sentivano parlare Silente con quel tono, come se il pericolo ci fosse davvero e
fosse stranamente potente.
-Devlin è nato più di cinquant’anni
fa – precisò ancora l’uomo – ma ho dovuto prendere una decisione difficile
quando sia mia sorella che… il padre del bambino… sono mancati.
Fermandosi un secondo di
parlare, si alzò in piedi ed avvicinò al neonato, toccando il medaglione che Honor aveva intimato loro di non sfiorare neppure se non
volevano subire terribili conseguenze.
La catenella d’oro si slacciò
facilmente lasciando una placca dorata tra le dita lunghe e ossute del mago.
Mise le mani una sopra
l’altra, tenendo l’oggetto in mezzo e, quando le scostò, si formò una piccola
nube scintillante dove prima c’era il metallo.
Guardarono alternativamente
le mani e gli occhi del preside, cercando di capire cosa voleva dire loro.
Poi, una figura piccina si
creò tra le dita, assumendo una forma vagamente umana, molto simile alla fatina
di Peter Pan che Hermione ricordava aver letto in un
libro per bambini, molti anni prima.
-Lei è Alys – riprese Silente – ed è lo spirito della ElderWand
Hermione spalancò poco
decorosamente la bocca, rimanendo basita di fronte a quelle rivelazioni.
La fata spiegò delle piccole
ali semitrasparenti e volò in fronte ai due, sorridendo appena. Aveva capelli
verdi e occhi fucsia e pareva gaia e spensierata: Trilly,
insomma.
-Ciao! – esclamò
con voce suadente come il miele, ma appena percettibile da quanto era bassa
-Alys è una feycoocu – annunciò
ancora l’uomo – ovvero lo spirito di un oggetto magico
La ragazza tese un dito e,
come ci si sarebbe aspettati da Campanellino, la fata vi si sedette, allungando
il braccio che poteva essere paragonato ad un giunco da tanto era sottile.
-Alys ha sempre vissuto nella ElderWand fin dalle sue origini, per questo la Bacchetta è
così potente, ha uno spirito potente che la governa, anche se le potenzialità
dell’oggetto dipendono sempre da quelle del mago…
Quando
Devlin è nato, TomRiddle aveva appena aperto la Camera dei Segreti: la guerra
contro Lord Voldemort era appena cominciata.
Sapevo
che difficilmente sarei stato scartato dalla sua lista nera e decisi quindi di
mettere in salvo il bambino prima che potesse accadergli qualcosa. L’unico
posto dove speravo fosse al sicuro era il futuro.
Se
mi avessero ucciso, e a quel tempo era una cosa molto probabile, nessuno si
sarebbe potuto impadronire della ElderWand e usarla per scopi malvagi poiché ci sarebbe comunque
stato un erede in grado di impugnarla. Usai la Giratempo
che ora custodisce la
signorina Granger e viaggiai cinquant’anni
nel futuro, consegnando al me stesso di oggi il fagotto che avevo a cuore. Ho
dato a quel bambino una nuova identità in una famiglia normale, ma avevo fatto
male i miei conti pensando che cinquant’anni dopo la
situazione sarebbe stata migliore e, infatti, i mangiamorte
sono riusciti a trovare questa creatura e addirittura a rapirla.
La Grifondoro
e il Serpeverde annuirono, comprendendo le
motivazioni del vecchio mago
-Ma non tutti
nella famiglia sono in grado di usare il potere, anche se diventano
Capofamiglia. – precisò Draco con altrettanta freddezza
-Infatti, la
Bacchetta richiede doti particolari, ma, per sua fortuna o sfortuna, Devlin le possiede tutte. Sua madre era Ariana Silente e
suo padre nientemeno che Grindewald in persona.
Eccolo finalmente alla luce
il torbido segreto della famiglia.
Un bambino bastardo, una
ragazza madre, stupro, violenza.
Creduloneria, ingenuità, solitudine.
Aveva chiamato suo nipote Devlin che significa sia “demone” che “cavaliere” per
cercare di sintetizzare gli animi antitetici che convivevano in quella piccola
creatura.
Per lui erano passati cinquant’anni da allora, per quel frugoletto, invece, circa
un anno.
Quando aveva preso con sè il fagotto, la bacchetta e la Giratempo,
molte cose dovevano ancora accadere: era ancora un insegnante e Minerva una
studentessa del terzo anno.
TomRiddle non si faceva ancora
chiamare Lord Voldemort e non aveva messo in piedi
quell’organizzazione di pazzi mangiamorte. Non era
stato spazzato via da Harry e definitivamente cancellato dal mondo quando le
bacchette erano entrate in risonanza.
E Grindewald
era morto da poco meno di due mesi.
Era stato proprio lui a
ucciderlo, usando la
stessa ElderWand
che aveva sempre con se.
L’aveva fatto per molti
motivi: per sfogare la frustrazione che lo accompagnava da molto e che l’altro
mago gli aveva fatto credere di poter curare, per vendicare sua sorella,
distrutta per sempre, per vendicarsi di un’amicizia tradita, per Aberforth che aveva rischiato di pagare con la vita; e poi,
anche per Yuri e Marlene che non vivevano più, ma che
erano stati l’involontario punto d’inizio di tutta quella matassa aggrovigliata
di fili.
Grindewald era tornato con lo stesso sorriso bieco che aveva
dopo aver usato violenza ad Ariana, voleva la bacchetta e lo sapevano tutti e
due, ma avrebbe dovuto ucciderlo e uccidere una persona che medita vendetta è
difficile.
Grindewald non aveva mai saputo di aver avuto un figlio e,
nonostante tutto, non si era sentito in colpa quando quell’incantesimo l’aveva
colpito, era stato la chiusura di tutto, tradimento per tradimento.
Non si era pentito di non
averglielo detto.
Compiere la scelta sbagliata
era ammissibile, tradire no perché è con coscienza che si realizza un gesto del
genere.
Quando era stato faccia a
faccia col se stesso che sarebbe diventato, aveva posto tra le braccia
invecchiate il cesto, preso la bacchetta e scisso il corpo della stessa dallo
spirito.
Poi aveva rinchiuso Alys nel medaglione di Devlin e
tenuto con sé il legno di sambuco che formava l’impugnatura.
Era comunque un’arma potente,
ma non distruttiva perché lo spirito terribile che rendeva possibili le più
complicate magie, al momento, era altrove.
Un giorno avrebbe dovuto dire
a suo nipote tutto quello, che aveva ucciso suo padre, che lo aveva portato nel
futuro, un sacco di “che” e di “ma”.
Ma gli aveva lasciato lo
spirito della bacchetta, nessuno, a parte Devlin,
poteva giudicarlo per quello che aveva fatto.
Per questo voleva che
vivesse, per sapere cosa ne pensava, per poter dire tutto ad una persona che
avrebbe potuto capirlo, se avesse voluto.
-Ci sono due
motivi per cui Bellatrix ha fatto rapire Devlin – ricominciò tornando alla realtà – il primo è che,
se mi uccidessero, liberarsi di un bambino sarebbe estremamente facile, in
particolare un bimbo così piccolo che non è ancora in grado di compiere magie.
Il secondo è che Devlin è un mago molto potente e le
sue capacità sarebbero senz’altro ben accolte tra le fila dei mangiamorte, inoltre, se si riuscisse a plagiare un simile
potere, forse si riuscirebbe a creare una persona malvagia e spietata quanto Voldemort che la sostituisse, ma non uno qualunque, bensì
un burattino manovrato nell’ombra dalla “mamma” Bellatrix
che gli direbbe cosa fare o non fare.
-E Honor? – chiese Draco
-Honor, come vi avrà già detto lei stessa, è la figlia di Orion, sorella gemella di Sirius.
– i due ragazzi annuirono – quando nella famiglia Black nascono due gemelli, in
genere il secondogenito viene ucciso per paura che si ripeta quello che si
crede sua successo quando le Reliquie sono state trovate.
-Ma Honor era una femmina – protestò Hermione
-All’inizio i
“Doni della Morte”, ovvero i gemelli considerati pericolosi, erano solo i
secondogeniti di sesso maschile, ma col passare del tempo si è avuto sempre più
paura di questa leggenda, soprattutto dopo che i Black hanno cominciato a
perdere progressivamente potenza e ricchezza. Quando Honor
è nata è stato molto facile prendersela con una neonata.
-Ma allora perché Orion non l’ha fatta uccidere? Non è certo passato alla
storia per essere stato un uomo misericordioso – sottolineò Malfoy, Silente
annuì
-C’è un segreto
che né Honor né Sirius
hanno mai saputo e che Orion mi ha pregato di non far
mai loro sapere. Lo dirò a voi, se prometterete che questo non verrà mai
divulgato
Draco ed Hermione accennarono
un assenso con la testa.
Silente e Minerva si
scambiarono un’occhiata d’intesa, seria, poi il preside tornò a rivolgersi a
loro.
-Orion da giovane assomigliava a Sirius
più di quanto si potrebbe credere – Draco sollevò le sopracciglia, vagamente
curioso – come lui era mosso da passioni molto forti che non riusciva a
controllare e viveva nel desiderio di sperimentare e provare cose nuove. Sirius una volta ha detto ad Harry che “il pericolo è il
pepe che dà gusto alla vita”, ebbene, lui non lo sa, ma quando una volta sono
stato costretto a mettere in punizione Orion e gli ho
chiesto il motivo di quella malefatta, lui mi ha risposto la stessa identica
frase.
Un attimo di silenzio mentre
quelle parole venivano lentamente assorbite e si arrivava, in climax, al
momento clou, quello che pochi conoscevano.
-Orion conobbe una ragazza, una mezzosangue, come dicono i
purosangue, che lo stregò al punto da fargli perdere la testa. Successe la
cosa peggiore che possa succedere ad un “purosangue”: s’innamorò – nessuno
fiatò, Draco trattenne il respiro mantenendo gli occhi gelidi e fermi, conscio
che quello era anche il suo destino e sapendo che si stava scoprendo un passato
pericoloso - Decise di sposarla quando aveva appena raggiunto la maggiore età,
chiaramente la famiglia era contraria al matrimonio e glielo impedirono.
-Chi era? –
domandò attenta la Caposcuola
-Si chiamava Lysis ed era una creatura minuta e dolcissima con un
temperamento che avrebbe messo tranquillo perfino il nostro Harry… - Silente
sorrise in maniera paterna al ricordare tutto quanto
-E che successe,
dopo?
-Furioso coi suoi
parenti, Orion fuggì di casa con lei; il caso volle
che rimanesse incinta.
-LEI è la madre di
Sirius e Honor? – chiese Draco,
il preside fece cenno di aspettare.
-Più che la
famiglia, chi lo stava perseguitando davvero era la sua promessa sposa,
Walburga. Tentò in tutti i modi di separarli, era una donna gelosa.
-Diciamo che non
era la simpatia fatta persona – commentò acido Draco borbottando sottovoce un
paio di epiteti poco carini nei confronti della “zietta”;
la McGranitt gli scoccò un’occhiataccia ma non disse
altro.
-Ad ogni modo,
venne il giorno del parto e lui non era ancora rientrato a GrimmauldPlace. In verità, non furono due i gemelli che Lysis mise al mondo, ma tre.
-TRE? –
esclamarono all’unisono Draco ed Herm
-Sirius Black, Honor Black e Nicholaa, anche se il suo vero nome sarebbe Georgiana.
-Nicholaa? – quasi urlò la piccolo serpe
-Già, lei. La
ragazza non sopravvisse che poche ore, Orion mi
raccontò che era stato un parto difficile.
-Ma Nicholaa non assomiglia per niente a Sirius
o al fantasma di Honor! – protestò Malfoy mentre la
mezzosangue annuiva, confermando la cosa
-Qui sta il punto.
Con i Black ormai alle calcagna, Orion dovette
prendere una decisione. Prese le due bambine nate e le portò nel mondo babbano, lasciandole ad una famiglia innocua dove nessuno
sarebbe andato a cercarle, divennero Nicholaa e VesperLyndt. Suppongo Honor vi abbia raccontato di quando ha scoperto di essere
figlia di Orion
-Sì – confermarono
i due
-Ebbene, lo stesso
giorno lo scoprì anche Nicholaa.
-Cosa?
-Nicholaa e Honor non si somigliano
molto. Avendo appreso fin da bambine di essere state trovate per strada, hanno
sempre creduto di non essere sorelle di sangue, invece, a dispetto delle
apparenze, lo erano eccome.
-Ma… - un’occhiata
della vicepreside intimò al biondo di ascoltare e non parlare.
-Quando Orion riconobbe nella ragazza assieme a Sirius
l’altra sua figlia, cercò di raggiungerla ma il ragazzo, Sirius,
credendo che suo padre volesse punirlo per l’ennesima marachella, fuggì con
lei. Chi incontrò per i corridoi fu Nicholaa.
-E come faceva a
sapere che era l’altra sorella?
-Io mi ricordo
bene di Lysis – confermò la professoressa di
Trasfigurazione – Nicholaa le assomiglia moltissimo.
-Insomma, le
conobbe tutte e due.
-Nicholaa sa che Honor è sua sorella
di sangue, anche se Honor non ne ha idea, eppure le
vuole bene come ad una sorella perché sono cresciute assieme.
-Ma… e Sirius? – indagò la Caposcuola
-Né lui né Honor sanno di tutto questo, solo Nicholaa.
-E che ne è stato
di Orion dopo che Lysis è
morta? Ha sposato Walburga, giusto? – chiese Draco
-Disse ai parenti
che aveva avuto due gemelli e ne aveva ucciso uno, poi sposò Walburga ed ebbe Regulus.
-Dunque è per
questo che la zietta detestava tanto Sirius
-Più di quanto si
immagini perché, per un’altra donna, Orion era
addirittura giunto ad abbandonarla e fuggire e, forse, non sarebbe mai tornato
a casa. E quando Bellatrix ha saputo della figlia che
Orion aveva riconosciuto, ebbene, si riferiva a Nicholaa, non a Honor, solo che,
male interpretando, anche se Honor era effettivamente
l’altra gemella, fu lei la vittima.
-Poverina –
concesse Hermione
-È stata una
ragazza sfortunata, lei e Sirius si volevano molto
bene.
-Quindi,
ricapitolando, i gemelli erano tre: Sirius, Honor e Georgiana. Tutti e tre hanno vissuto come se non
avessero legami di sangue, le due femmine credendo di non essere sorelle per
via della diversità e Sirius perché non sapeva
dell’effettiva esistenza delle altre. Poi sono entrati a Hogwarts
e si sono conosciuti. Honor e Sirius
hanno fatto amicizia e Nicholaa…?
-Era un essere
piuttosto solitario, amica di Remus
-Il professor Lupin? – chiese Hermione
-Lui
-Ad ogni modo, un
giorno Orion arriva a scuola e incontra Sirius e Vesper, riconosce la
figlia e cerca di avvicinarla, incontra però Nicholaa
e riconosce anche lei. Le dice la verità, giusto?
-Sì. Poi parlò con
Regulus che lo disse a Bellatrix
-Credendo che la
sorella fosse Honor, mentre invece si riferiva a Nicholaa, uccise la prima delle gemelle, ignorando che ce
ne fosse un’altra. – ammise pensieroso Silente
-In quel giorno Orion riconobbe ufficialmente la prima delle gemelle, poi
però, spaventato da quanto accaduto, non se la sentì di riconoscere anche la
seconda, perciò Bellatrix non ha mai avuto dubbi
circa l’aver ammazzato la sorella giusta. E questo è anche il motivo per cui Honor si fa chiamare Honor,
mentre nessuno chiama Nicholaa Georgiana – concluse Minerva
McGranitt
-Honor seppe la verità solo da cadavere, Sirius
solo prima di morire. – precisò ancora la donna
-Nicholaa da sempre – confermò Silente. – e poi ci fu il
disastro della famiglia Parkinson
-Anche lei non è
stata molto fortunata – concesse Draco – forse i gemelli portano davvero
sfortuna
-Forse…
-Dunque questo è
tutto? – guardò i presenti come a confermare. Silente annuì e lo stesso fece la prof. Hermione ci
mise di più, poi accennò di sì riservandosi si chiedere chiarimenti più tardi.
– e quindi cosa ci fa Nicholaa con questo Devlin? E Honor? – fece per
aggiungere che era un casino astronomico, ma si frenò appena in tempo.
-Quando Sirius morì, chiesi a Honor di
rimanere con Devlin, in questo modo mi sarebbe stata
di grande aiuto. Honor seguì Devlin
quando venne rapito e incontrò Nicholaa. In forma di
spettro aveva parlato solo a Sirius per tutti quegli
anni, ma riconobbe subito la sorella sfortunata. Il loro legame, sangue o non
sangue, è ancora molto forte. Nicholaa ha sempre
cercato di proteggere il bambino, da allora, e quindi ne ha subito le
conseguenze, anche se, finchè ai mangiamorte
fosse andato bene, sarebbe stata utile.
-E… come sta ora?
– chiese Hermione
-La sta vegliando
sua sorella.
-Che famiglia
sfortunata… - ammise tristemente.
-Non preoccupatevi,
Lynwood arriverà presto.
-Suo marito –
specificò lo Slytherin all’indirizzo della ragazza
-E i mangiamorte? – chiese preoccupata
-Tradire ora i mangiamorte equivale a decidere le parti della battaglia
finale. Non manca poi molto, lo sappiamo tutti. Lynwood
ha finalmente preso la sua decisione.
-Non è mai stata
una persona molto decisa – annuì il Principe delle Serpi
-Infatti, proprio
per questo la scelta da lui compiuta è così importante.
-Direte mai a Honor della sua vera storia? Lei crede di essere figlia di
Walburga e che suo padre abbia impedito di ucciderla…
-Forse… quando
tutto questo sarà finito e quando quella sua idea di vendetta si sarà sopita
-La vendetta non
conosce giorno e notte, o si compie oppure no – enfatizzò il biondo erede dei
Malfoy. Silente gli rivolse uno sguardo duro, ma, in fondo, era quella la
verità.
Brutto da ammettere,
eticamente terribile, ma VERO.
Quando si era accanito contro
Grindewald, avrebbe potuto compiere una strage tanto
era il fuoco che lo animava, non stentava a credere che quel fantasma avesse
deciso di rimanere solo per potersi vendicare, soprattutto perché ciò che
avevano tolto a lei era la possibilità di vivere.
Si dice che i fantasmi siano
sulla terra perché hanno “delle faccende in sospeso”; forse lo era per quelli
che abitavano Hogwarts, senz’altro era così per
Mirtilla che, passato tanto tempo, voleva sapere chi e che cosa l’aveva uccisa.
Anche Honor
era stata uccisa, lei però sapeva il nome del colpevole e non si era
rassegnata, fantasma o non fantasma, qualunque cosa fosse, aveva la certezza
che il suo piano terribile sarebbe stato portato a termine.
E non riusciva a biasimarla
per quello. Ma, soprattutto, non poteva.
Quando Devlin
avrebbe compiuto undici anni, se non prima, la Bacchetta e Alys,
il suo spirito, si sarebbero ricongiunti.
Se fosse morto per mano di
qualcuno, sarebbe stata solo di Devlin perché solo
lui aveva quel diritto e nessun altro. Devlin poteva
giudicarlo.
Non avrebbe permesso a
qualcuno di ucciderlo prima di sapere cosa ne pensava suo nipote e avrebbe
fatto tutto quanto in suo potere: quello si chiamava egoismo.
I suoi studenti lo vedevano
come un bravo nonno saggio, la raffigurazione di Mago Merlino, lui era stato tutt’altro che un mago del genere.
Ombre e paure, vendetta,
odio, desiderio, amore, pietà, colpa e peccato macchiavano il suo passato e il
suo presente.
La vanità e l’orgoglio erano
stati il carburante che gli serviva per diventare famoso e potente, salvo poi
abbandonare tutto quanto quella notte di luna piena.
Aveva ucciso Grindewald da poco.
Aveva portato via Devlin sentendosi saggio.
E adesso ricordava che gli
occhi che aveva rivolto a se stesso, quando il giovane Albus
consegnava la cesta tra le braccia del vecchio Albus,
erano occhi di pietà e di comprensione per quello che di lì a poco sarebbe
accaduto e che non poteva impedire per non cambiare il proprio passato e
presente.
Minerva avrebbe varcato
quella porta e la tragedia si sarebbe consumata di nuovo.
Una tragedia di sangue.
Una tragedia che finiva con
un sorriso, ma che non aveva “felici e contenti”, era un finale a cui lui e la bella Minerva non
erano destinati, altri erano i loro compiti, difficili, impegnativi.
Non c’era posto per quello,
l’unica cosa che potevano fare era rimanersi accanto.
Minerva l’aveva perdonato,
lui non aveva fatto altrettanto con se stesso.
E quello era l’unico motivo
per cui non avevano il loro “happy ending”, solo
colpa sua.
Ma se un giorno ci fosse
riuscito, fosse anche il giorno prima della fine del mondo, sapeva che lei
l’avrebbe aspettato e sarebbe rimasta con lui, viva o fantasma.
-Rimarrete in
infermeria per i prossimi giorni, almeno finchè
l’effetto della pozione non sarà sparito del tutto. Il professor Piton ha affermato che entro metà mese sarà scomparso
-Lo spero –
borbottò lo Slytherin
-Se avete bisogno
di tornare nei vostri dormitori a recuperare gli effetti personali – li informò
ancora il preside – chiedete ai vostri Responsabili: la professoressa McGranitt e il professor Piton faranno in modo che gli altri alunni non debbano
accorgersi del vostro stato.
-Possiamo
incontrarci con chi è a conoscenza della nostra situazione? – domandò Hermione,
il preside annuì
-Certo. Il signor
Potter e il signor Zabini possono venire a trovarvi,
se lo desiderate.
La ragazza ne fu sollevata,
anche se Harry avrebbe dovuto pensare a studiare piuttosto che stare a
chiacchierare con lei.
Eppoi con Malfoy il tempo
volava sempre.
Lo guardò con fare materno e
qualcosa la turbò: gli occhi di lui erano duri e lontani, la sua mente non era
in quella stanza, ma persa nei suoi pensieri.
-Signor Malfoy –
aggiunse ancora il vecchio mago – se il bruciore al braccio dovesse diventare
particolarmente fastidioso, la prego di informare il professor Piton che provvederà a darle qualcosa per alleviare il
dolore
Draco annuì meccanicamente,
sapendo che non l’avrebbe mai fatto.
-Il Ministero sa
che Hogwarts è in queste condizioni? – chiese poi
d’improvviso, riportando la sua attenzione al preside
-Abbiamo avvisato
gli Auror, una piccola squadra dovrebbe giungere a
giorni e, se necessario, manderanno rinforzi.
Hermione sentì borbottare
alla serpe le parole “piccola squadra” con sprezzo, come se l’imminente
battaglia alla Scuola di Magia e Stregoneria fosse come una scaramuccia tra
bambini e, invece, era la punta di diamante, il traguardo ultimo. Ma nessuno,
neppure al Ministero, era a conoscenza della storia le Reliquie come quelli che
ne erano coinvolti e quindi sembrava solo l’ennesimo tentavo dei mangiamorte di espugnare l’ultima roccaforte.
Nessuno si era mai chiesto
perché quei maghi ce l’avessero tanto con Silente e, certo, non erano a
conoscenza di ciò che accadeva a Malfoy Manor,
avvolta tra le fiamme degli inferi.
Mille e mille volte avrebbe
voluto chiedere a Silente di far cessare l’incantesimo che la separava dal
resto del mondo, ma se l’avesse fatto, Bellatrix e
gli altri non avrebbero certo esitato a buttarsi a pesce sulla questione,
impadronendosi della Reliquia che serviva loro per riportare in vita il Lord
Oscuro.
Adesso tutta la
responsabilità era sulle sue spalle e sapeva che non era ancora pronto, ma ce
l’avrebbe fatta, comunque.
Silente si alzò in piedi,
indicando con un gesto la porta di uscita, ciò significava che il colloquio era
terminato, per il momento.
Fanny si fece accarezzare
un’ultima volta la testa dalla ragazza e strillò giuliva esattamente come
faceva Grattastinchi per ricompensarla di un paio di grattini supplementari.
Fu l’ultima a lasciare
l’ufficio, guardando dietro di sé la vicepreside composta e sorridente di quel
sorriso disperato ma fiducioso che aveva sfoggiato ogni volta che un grosso
guaio si sarebbe abbattuto sulla scuola; gli occhi azzurri di Albus Silente, invece, lo facevano sembrare più vecchio di
quanto avesse mai dimostrato, era pressato da tutta quella situazione e, con ogni
probabilità, Devlin non era che la goccia ultima.
Draco chiuse con difficoltà
la porta riuscendo ad arrivare a stento alla maniglia, certamente non pensata
per bambini.
Si appoggiò contro l’uscio,
respirando come se avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo, lanciò
un’occhiata alla mezzosangue con la schiena appoggiata al legno spesso che
sbirciava lontano nella brughiera innevata che si scorgeva attraverso le tende
del pianerottolo.
Una luce improvvisa si
propagò dal corpo di lui non appena la sua attenzione fu riportata al pavimento
e ai lacci delle scarpe nere; l’attimo dopo anche la ragazza era avviluppata in
quella luce magica e brillante che scandiva i loro continui cambiamenti d’età
che si facevano via via più frequenti.
Il bagliore si dissolse in
fretta in una miriade di molecole luccicanti lasciando i due ragazzi di nuovo
alla loro età normale.
Draco si guardò le mani ormai
quasi adulte e l’anello che portava alla catenina con lo stemma dei Black, era
stato costretto a levarselo quando era diventato bambino perché quello era
stato il simbolo del Capofamiglia e non aveva intenzione di allargarlo o
stringerlo, così era tornato alla catenina d’oro bianco intorno al collo, il
posto dove era rimasto per molti anni, finchè tutti i
Black non erano morti: suo nonno, suo cugino Sirius e
anche Regulus e, anche se non lo sapeva, pure Honor Black. Nicholaa non faceva
testo poiché, non essendo riconosciuta come figlia, lei non apparteneva alla
famiglia.
Con un piccolo strappò
sganciò il fermaglio che sigillava la catenella intorno al collo facendo
scivolare il cerchietto chiaro tra le dita, lo fece girare due o tre volte in
un giochetto che aveva imparato da piccolo con l’altro anello, quello che,
invece, cresceva e si rimpiccioliva con lui: il simbolo dei Malfoy.
Guardò attraverso la
silhouette perfetta del metallo prezioso, sorridendo un poco, poi lo strinse e
mise in tasca.
Allungò l’altra mano e la
passò sulla spalla della ragazza, scostando appena la cascata di capelli
disordinati a cui era abituato, accarezzò la guancia e passò un dito sotto gli
occhi che avevano voglia di piangere, ma che non ci riuscivano. Occhi persi da
un’altra parte a riflettere sulle tante cose apprese in così poco tempo e di
cui non potevano fare parola ad anima viva senza il consenso di Silente o di Nicholaa stessa.
Fece scivolare le dita dietro
il collo e premette leggermente, avvicinando il viso di lei al suo.
Chiuse gli occhi e la baciò.
La sua medicina, l’unica cosa
che riusciva a farlo tornare, se non fiducioso, almeno deciso a proposito del
suo futuro. Perché quando era con lei sapeva perfettamente cosa doveva o non
doveva fare, ciò che era giusto e ciò che non lo era.
Non era ciò che veramente
stavano facendo, in mezzo ad un corridoio, di fronte all’ufficio di Silente, a
renderlo orgoglioso e neppure che fosse riuscito ad aggiungere alla sua lista
di conquiste anche la sacrosanta santarellina Granger, ma il fatto che lei non
avesse paura di volergli bene, il fatto che avesse cercato una strada per
salvarlo, che si fosse preoccupata per lui. Nessuno mai aveva fatto tanto e
nessuno aveva fatto come lei, gli aveva voluto bene tanto da andare contro a
tutto quello che era la regola, fino a far male a se stessa e al suo
stupidissimo orgoglio Gryffindor per dirgli quanto
gli voleva bene, per non fargli credere che l’aveva lasciato perché lo odiava.
Niente gli aveva fatto più
male che credere che lei se ne fosse andata perché lo odiava e lo detestava
perché non voleva ritornare con lei ai sotterranei della biblioteca; ma lei,
invece, aveva tutt’altro in testa, un progetto
bislacco per la sua salvezza e sopravvivenza che aveva retto poco, ma che aveva
aperto gli occhi ad entrambi, facendo capire loro quanto ormai erano importanti
l’uno per l’altra.
E lui non era stato da meno,
decidendo di continuare da solo il piano di salvataggio di quella creatura che
avevano saputo essere il nipote di Silente: l’aveva malamente cacciata con
brutte parole e lasciandola praticamente senza speranza perché non si illudesse
troppo.
Qualcuno aveva dato loro una
mano ed erano di nuovo insieme, ancora, e non riusciva a non desiderare le sue
labbra e i suoi occhi e il suo sorriso.
Tutto di lei era diventato
speciale, ma solo perché era quello che c’era dentro ad esserlo, Hermione
Granger era speciale.
Se quello era l’amore
bisognava dire che favoriva nettamente l’altra persona a scapito di se stessi
e, soprattutto, della propria incolumità fisica e psicologica, ma non avrebbe
dato tutto il potere demoniaco del mondo per quel bacio che lei gli stava
regalando, nella sua ingenuità.
Avrebbe voluto averla e
possederla, la voleva tutta, come si vuole una donna, ma erano legati ad una
condizione troppo instabile per poter anche solo sperare di riuscire a
concludere il tutto come si comandava senza che subentrasse qualche
inconveniente di sorta o un imprevisto; inoltre non voleva forzarla.
Se si fosse sentito un mese
prima si sarebbe dato del malato di mente, avrebbe trangugiato una dose
sufficiente di whisky incendiario, avrebbe posato il bicchiere e tutte quelle
fisime sarebbero scomparse, se mai fossero potute esistere, ma era andata
diversamente e c’era qualcosa di più di quello che era stato fino ad un mese
prima.
Avrebbe aspettato e sofferto.
Solo per non perderla,
avrebbe aspettato tutta la vita.
Gli bastava che lei fosse
insieme a lui.
Prese la mano destra che lei
aveva passato inesperta dietro la schiena di lui, allargò le dita e infilò
l’anello che prima teneva in mano all’anulare.
-Una volta è stato
l’anello del Capofamiglia dei Black – spiegò sentendo quanto era doloroso dover
allontanare il capo e le labbra per parlare
-Adesso ci sono le
nostre iniziali – aggiunse indicando l’elaborato intreccio sulla sommità dove
riccioli e ghirigori formavano un intrico difficile da estirpare, ma che, a ben
guardarlo, poteva essere scisso in una D ed una H – i Black sono tutti morti –
aggiunse prevenendo la domanda “perché mi dai proprio questo anello?”.
In verità voleva che lei
portasse con sé la cosa più cara che avesse, nella speranza di accompagnarla,
un po’, sempre; perché quell’anello era un oggetto a cui teneva moltissimo,
senza una ragione particolare.
Lei sorrise e lo rimirò alla
luce, era a conoscenza del significato affettivo che aveva, per questo era
lusingata che lo avesse dato proprio a lei e che lo avesse fatto con un gesto
così romantico.
Un’incisione attirò la sua
attenzione su quel cerchietto chiaro che risaltava tra le dita, come un anello
di fidanzamento:
Sii sempre con me. Io per te ci sarò sempre.
Recitava una scritta che
percorreva tutta la lunghezza della fascetta.
Fidanzamento oppure no,
avrebbe dato battaglia per stargli accanto, soprattutto adesso, soprattutto
dopo aver saputo quanto lui le voleva bene.
E non poteva che essere
sincero.
***
Spazio autrice:
ecco a voi un altro bel capitolo di rivelazioni! Con l’avvicinarsi della fine
della fic bisogna un po’ dipanarli questi misteri che
ho costruito e fatto crescere tutto il tempo, finalmente si viene a sapere chi
è il bambino che Draco ed Herm hanno trovato nella
biblioteca e anche il suo legame con Silente. Devlin
non è figlio del figlio di Ariana, bensì quello stesso figlio che dovrebbe
avere una cinquantina d’anni e che, invece, ne dimostra un paio al massimo.
Inoltre si viene finalmente a
sapere l’intera e vera storia di Honor, Sirius e anche dell’insospettabile Nicholaa,
legata a doppio filo agli altri due gemelli, questo perché ciascuno di questi
personaggi ha raccontato una vicenda differente e anche un po’ distorta, Sirius avrebbe detto di essere stato un banale figlio di
purosangue, le rivelazioni shock di Honor sono
arrivate nello scorso cappy e quelle di Nicholaa non so se avrei saputo come metterle, soprattutto
perché, o si metteva a scrivere un poema o ci sarebbe stato un piccolo problemino
tecnico… >_>
Adesso passo ai
ringraziamenti,
giuliabaron:
come accade ogni tanto, anche se di rado, ci sono capitoli dove Draco ed Herm non litigano, come questo, ma in generale mi diverto a
descrivere quelle situazioni, sono due personaggi stravaganti ^^
Spero che ti piaccia anche
questo capitolo di rivelazioni, aspetto di sapere, ciao! Nyssa
Luana1985:
anche a me a volte capita di leggere un aggiornamento ormai a notte fonda e
poi, con gli occhi che mi cascano, mi dico che il giorno dopo devo recensire,
peccato che la mia testa navighi direttamente su un altro pianeta e quindi le
volte che me ne ricordo sono effettivamente poche (“,).
Beh, per quanto riguarda
Bella, in effetti un po’ si vede che lei è gelosa per qualcosa di Sirius, anche nei libri, dopotutto è sempre contro di lui
che si accanisce, anche al Ministero.
La cosa curiosa che è uscita
dalla storia è che, anche non pensandoci è capitato che sia Sirius
che Honor venissero uccisi da lei… dovrò darle un bel
fiale drammatico… >_>
Spero che ti piaccia anche
questo nuovo capitolo, ciao e un bacione! Nyssa
Gloria85:
sono felice che con l’andare del tempo non diventi una roba insopportabile da
addormentarsi durante la lettura, ho un bel po’ di pessime abitudini nello
scrivere e devo sempre stare attenta a quello che butto giù quindi sono felice
di non aver fatto danni di sorta ^^
Spero che apprezzerai anche
il nuovo post, ciao! A presto, Nyssa
Mimmaus: grazie mille! Sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto,
spero che sia lo stesso anche per questo quindi aspetto di sapere, ciao e a
presto! Nyssa
Shavanna:
stai scherzando, spero, io ero la fan n°1 di Sakura fin dalla sua prima
apparizione tv!
Diciamo che Herm è stata un po’ ingenua, lei viveva serena dicendosi
“ah, che bello oggi non mi trasformo” e invece era tutta opera del ragazzino lì
con lei… dopotutto Draco era riuscito a identificare la pozione, con ogni
probabilità pensandoci e ripensandoci era riuscito a trovare qualche formula o
incantesimo che potesse aiutarli, insomma, la buona fede di Herm
gli ha dato una mano…
Spero che ti piacciano anche
le nuove rivelazioni della famiglia Black, sempre al centro delle mie storie, a
presto! Un bacio, Nyssa
Vavva:
dì, i progressi ci sono davvero, qui non c’è proprio nulla in sospeso! Ho fatto
il primo finale come si deve, ma bisogna anche capire che, con l’andare avanti
della storia, è molto difficile non lasciare questioni in sospeso…
Ti ringrazio per tutti i
complimenti che mi hai fatto, grazie mille =^_^=
Sì, Draco è un po’ stupidino, ma penso che Herm sia
troppo importante per lui, avrebbe fatto qualche follia anche con un piede
nella fossa, invece stava relativamente bene… (nei limiti del possibile,
chiaro).
Eh, anche io vorrei essere al
posto della cara Herm, non solo tu…
Spero che ti piaccia anche il
nuovo aggiornamento, ciao! un bacione, Nyssa
Falalula:
ti ringrazio per tutti i complimenti, ma credo che tu mi stia adulando un po’
troppo, non sono certo la
zia Rowling…
Per quanto riguarda la carta,
a me piacciono tutte e due (eh sì, che mistero!) però mi sembrava che la carat col copricapo avesse un vestito un po’ poco adatto ad
un personaggio del genere, sì, mi sembrava un po’ troppo moderno… però poi
ognuno può immaginarlo come preferisce, io è difficile che metta immagini
perché mi piace figurarmi le cose come mi gira, l’ho fatto solo questa volta
perché mi pareva che la descrizione fatta non rendesse molto giustizia al vero
aspetto che avevo in mente ^^
Personalmente a me il patronus di Herm piace perché la
lontra è un animale piuttosto piccolo ma fortissimo con un grande senso della
famiglia e del gruppo, ricorda un po’ i colori della nostra eroina ed è molto
carino (ovviamente è solo un’opinione) quindi ho deciso di adottarlo anche io,
però ciascuno può figurarselo come preferisce .
Grazie ancora per i bei
complimenti, spero che ti piaccia anche questo nuovo aggiornamento, ciao e un bacione grandissimo, Nyssa
Lord Martiya: Bella non è un personaggio che mi sta tanto simpatico
quindi posso permettermi di farle fare qualche cosa di terribile, tanto prima o
poi la punizione arriverà anche per lei…
Faccio un piccolo spoiler: Mana entrerà davvero nella storia, non so quando e come, ma
so che ci sarà perché mi serve per una piccola questione…
Mi sa che ultimamente sto
prendendo un po’ troppo in prestito i personaggi del senseiAkamatsu ma al momento sono molto più preoccupata
dallo svolgimento della storia perché mi sto lambiccando il cervello a cercare
di rendere una scena…
Spero che ti piaccia anche il
nuovo capitolo, ciao e a presto! Nyssa
Potterina_88:
grazie per tutti i complimenti, mi fa piacerissimo
sapere che il cappy precedente ti è piaciuto, Honor in effetti è una tipa strana e la sua storia viene
completata perbene in questo nuovo aggiornamento, in compenso per Bella non ci
sono ancora risoluzioni definitive, ma progetto qualcosa di terribile perché mi
sta molto antipatica (sono due fic che mi ci
accanisco contro, poveretta).
Per quanto riguarda Sirius e Bella, io ho sempre creduto che Bella avesse
qualcosa per Sirius, più che altro perché lui
rappresentava alla perfezione la sua idea di maschio dominante e quindi aveva
tutte le caratteristiche tranne, forse, la più importante: un bel cervello masterizzato formato mangiamorte.
Chiaramente il Sirius di questa storia non ci ha fatto neppure un
pensierino su di lei anche dopo che Honor è morta,
per questo Bella era così furiosa quel giorno al Ministero al 5° anno.
Cosa significa “almeno per il
momento”? beh, il fatto è che mi piace scrivere di scene drammatiche, quindi ho
sempre questo desiderio latente di mettere una bella scena strappalacrime,
nell’altra l’ho fatto, ma poi mi sono redenta perché ammazzarmi un protagonista
dopo venti capitoli che ci sto dietro (là poi erano 30…) era autolesionismo,
quindi penso che, se metterò qualcosa di analogo non moriranno almeno i
protagonisti, per gli altri però non garantisco…
Spero che ti piaccia anche il
mio nuovo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacione
grande! Nyssa
Semplicementeme:
ciao! Innanzi tutto devo ringraziarti per aver letto l’altra mia fic e grazie anche per tutte le belle parole che mi hai
detto a proposito, anche io penso che quella, anche se è quella a cui sono più
affezionata, sia un po’ un’”opera giovanile” quindi invece ho cambiato un bel
po’ di cose a cominciare dall’atmosfera che diventa sempre meno scanzonata e un
bel po’ drammatica piena di problemi.
Ti dirò, per me è ammirevole
che tu abbia impiegato solo tre giorni a leggerla tutta, io credo che morirei
dopo il primo oppure comincerei a prendermi a calci, una delle due, non so se
sarei una buona lettrice di me stessa =^_^= quindi ti ammiro davvero!
Credo sia normale avere
confusione a questo punto perché siamo proprio alle rivelazioni clou, quindi ci
sono misteri che vagano e tanti interrogativi ancora irrisolti, ma per
rispondere alle tue domande posso dire:
1)Devlin, questo il nome del nipote di Silente, non è in
effetti il figlio del figlio di Ariana, bensì solo il figlio perché il prof
l’ha portato nel futuro con la Giratempo, come viene
spiegato in questo capitolo (lo so, è una storia un po’ contorta XP)
2)Per quanto
riguarda i Malfoy posso dire che, effettivamente, stanno dentro a Malfoy Manor racchiusi dalla muraglia di fuoco. Il motivo per cui Lucius non ha dato la Reliquia a Bella credo sia da
ricercare nel fatto che è una cosa secolare della famiglia Malfoy, dopotutto
lui non ha mai sacrificato nulla di personale per i mangiamorte,
forse la cosa gli è sembrata troppo grande anche per lui o forse, per una
volta, ha pensato che sarebbe stato contro la regola delle reliquie dargliela e
quindi non l’ha fatto; non penso di renderlo membro dell’Ordine, soprattutto
perché, in quel caso, non si capirebbero tutti i problemi avuti da Draco.
3)Draco diciottenne
vaga per la fic tra un cappy
e l’altro, non posso lasciarlo sempre così perché ci sono scene in cui mi serve
bambino, ma in certune, come quella di questo cappy,
capita di vederlo alla sua reale età.
Spero di aver risposto bene a
tutti i quesiti, probabilmente ho fatto un po’ di confusione, anche se spero di
no ^^
Mi auguro che continuerai a
leggere questo e i prossimi capitoli e spero che mi lascerai anche altre
recensioni, ciao e a presto! Un Bacio, Nyssa
Malfoy guardò il letto affianco a lui e sospirò come se la sua condanna
a morte fosse ormai certa
Malfoy guardò il letto
affianco a lui e sospirò come se la sua condanna a morte fosse ormai certa.
C’erano diverse cose che
voleva cambiare di quella situazione e la prima giaceva tranquilla proprio in
quel letto a leggere; c’era da chiedersi come una ragazza potesse trascorrere
il tempo tra le pagine ingiallite di qualche vecchio tomo piuttosto che tra le
sue braccia, soprattutto in uno di quei pochi momenti che poteva davvero
dedicarle qualche attenzione da persona adulta.
La Granger, questo il nome
della sua nemesi, pareva non essere toccata da un problema tanto esistenziale e
stava scegliendo senza ombra di dubbio la compagnia di “Trasfigurazione dal
1300 al 1467”
piuttosto che la sua… beh, doveva trattarsi senz’altro di un volume molto
affascinante se poteva rapirla fino a farle dimenticare che Draco Malfoy
versione diciottenne le dormiva praticamente accanto e lei, lo sapeva, non era
una che scordava qualcosa del genere così facilmente, fosse solo per fargli una
bella paternale sullo “starle lontano”.
La sbirciò oltre il bordo del
letto: le ginocchia erano ripiegate per sorreggere le dimensioni fuori scala
del libro, anche piuttosto pesante se si considerava la copertina rigida
avvolta in pelle rossa e fermata con chiusure d’ottone e pietre dure come era
usanza nel mondo magico; le braccia sorreggevano le due ali del tomo, aperto
nella pagina desiderata e la testa era china sullo scritto con i capelli che
scendevano morbidi sul davanti, coprendo l’orribile fantasia del pigiama con i
lucchetti, metafora azzeccata di quello che era a tutti gli effetti ovvero una
cintura di castità.
Seguì il profilo del corpo e
riconobbe alla mano destra l’anello che era stato dei Black e che ora indossava
lei, completamente diverso, l’unica cosa che gli aveva lasciato della precedente
esistenza era un amore strano per quell’oggetto.
Quando tornava bambino non
poteva portare l’anello, così lo appendeva ad una catenina e lo lasciava
nascosto nella camicia, a volte lo aveva fatto anche quando era a scuola,
soprattutto se il peso della famiglia, dei segreti e delle responsabilità dei
Black diventava insopportabile, ogni volta che lo vedeva poteva ricordare le
fiamme di Malfoy Manor e il momento in cui aveva
preso la dolorosa decisione di rinchiuderla nell’inferno.
Lui non era un Black e,
quindi, non doveva portare un simile oggetto, a ben rifletterci, era stato più
il tempo che quello era rimasto attaccato alla catenella che infilato al dito,
ciò fin da prima che arrivasse quel triste giorno. L’unico anello che aveva il
diritto di portare davvero era quello dei Malfoy perché, se c’era una cosa che
era davvero, beh, era un Malfoy.
E così, mentre lui partiva
per Saturno con questi bei pensieri allegri, la Granger neppure si sognava di
aiutarlo e magari distrarlo anche un po’.
Se poi avesse dovuto
continuare la lista delle cose da modificare, beh, la Chips
che passeggiava avanti e indietro per l’infermeria con barattoli colmi di occhi
contro il malocchio, code di lucertola e altri rettili sotto spirito aveva una
posizione piuttosto alta; l’arredamento stile ospedaliero era senza ombra di
dubbio al terzo posto della classifica.
E quella benedetta infermiera
la doveva smettere di far finta di controllare quella medicazione o quell’altro
contenitore solo per tenerlo d’occhio che non attentasse alla virtù della
mezzosangue.
Come l’aveva capito? Beh, gli
lanciava certe occhiate pregne di odio ogni volta che sfilava davanti al suo
letto!
D’accordo, se era la guerra
quello che quelle due donne tenaci volevano, l’avrebbero avuta!
Richiamò uno dei suoi tomi
preferiti di Pozioni, si slacciò la camicia del pigiama che la medimaga l’aveva costretto a indossare e, affondando sempre
più con la schiena nei cuscini, finse di interessarsi alla lettura.
Gli occhi dorati della
Caposcuola colsero un movimento e lo videro mentre si sistemava comodamente nel
letto a torso praticamente nudo e con un libro di Piton
tra le mani.
Sembrava uscito da qualche
giornalino sconcio per ragazzine, di quelli pieni di bei ragazzi in pose
provocanti che ammiccano al pubblico facendo lavori quotidiani o impegnati in
scene usuali, bisognava però ammettere che Malfoy avrebbe fatto un baffo a
tutti quanti i grandi palestrati delle copertine
intenti a cucinare uova al tegamino e ad arare l’orto.
Male, molto male, aveva
cercato di ritardare il più possibile il momento della verità mettendosi a
leggere per far passare il tempo nella speranza che lui si addormentasse, ma
era come credere al Coniglio Pasquale, bastardo com’era con ogni probabilità
Malfoy sarebbe rimasto lì ad aspettare finchè la Chips non avesse accusato gli effettivi colpi del sonno e
lei non fosse crollata addormentata per poi svegliarla in malo modo.
Non che in quel momento le sarebbe
dispiaciuto troppo essere svegliata dal certo qualcuno che leggeva Pozioni
accanto a lei, ma si sentiva terribilmente terrorizzata all’idea di doversi
spingere un po’ più in là di dove erano sempre arrivati.
Il perché, poi, era un assoluto
mistero visto che a Capodanno se non fosse stato lui a fermarsi, probabilmente
gli avrebbe permesso di continuare il lavoro appena iniziato.
Era stato così anche quella
volta, aveva avuto una paura maledetta, ma quando lui la guardava e la
accarezzava questa se ne volava dalla finestra, invece sarebbe dovuto essere
l’esatto contrario! Maledetti ormoni che le giocavano strani scherzi…
Sbatté un paio di volte gli
occhi e tornò alla lettura, dov’era rimasta? Di cosa stava leggendo?
Accidenti a Malferret, riusciva a svuotarle completamente la mente e
questo non andava per niente bene, non voleva essere sua succube come lo erano
state tutte le altre, lei era diversa, per se stessa e per lui, doveva
comportarsi in maniera diversa; anche se, a giudicare da come ghignava, in quel
momento lui avrebbe davvero voluto che facesse come tutte le altre, chiudesse a
chiave le porte e si lanciasse a braccia spalancate verso di lui… con ogni
probabilità non erano le braccia ad essere spalancate, ma si poteva sorvolare
sui sofismi dell’atto in sé.
***
Lanciando un’altra occhiata
ai suoi due pazienti che sembravano pronti per iniziare la guerra nucleare,
Madama Chips richiuse la porta dell’infermeria dietro
di sé prima di crollare addormentata in uno dei letti a furia di andare avanti
e indietro.
La Granger era una persona
assennata, dopotutto, non avrebbe permesso a qualche mascalzone di farle
qualcosa che non voleva, sapeva usare la bacchetta come nessuno e certo non
sarebbe stato Malfoy a impedirglielo.
Draco udì il suono della
serratura della porta principale che scattava, guardò attorno al buio dove
risaltavano solo le due grosse abat-jour sui loro comodini
-Vogliamo finirla
con questa pagliacciata? – disse chinando il libro e guardandola con aria
sufficientemente eloquente
-Non capisco di
cosa tu stia parlando – rispose lei, ma dovette alzare tutta la copertina per coprirsi
la faccia che aveva assunto un inusuale colorito rosso. Inusuale per modo di
dire perché, con Malfoy tra i piedi, lei quel colore lo prendeva fin troppo
spesso.
-Se mi prendi in
giro guarda che non ne ho voglia e non credo che tu ti sia dimenticata di una
cosa del genere…
-Io… continuo a
non capire – farfugliò lei incerta
Lo Slytherin
allungò una mano e tirò giù il libro
-Granger… -
sospirò mesto - sono due ore che stai leggendo la stessa pagina… - le fese
notare indicando il numero apposto in alto
-È… una formula
molto complessa… - si giustificò lei prendendo nota della sua totale
inesperienza in fatto di bugie
-Sinceramente, non
credo…
Perché era arrossita?
Maledizione, doveva assolutamente smetterla!
-Draco… - cominciò
– io… non credo di…
Le sopracciglia bionde si
sollevarono, pareva che il messaggio subliminale “mi ci sarei giocato le palle”
stese lampeggiando a caratteri cubitali dietro di lui, si sentì terribilmente
meschina a fargli una cosa del genere.
-Di essere pronta
per…
-Per cosa,
Granger? – s’informò, lei avvampò di nuovo, stupido!
-Beh, lo sai… - se
glielo stava facendo apposta lo avrebbe schiantato, lei era lì che si deprimeva
per lui e quello cosa faceva di utile?
-Non credo… che
cosa? – ok, Draco Malfoy aveva appena firmato la sua
condanna a morte: ad ucciderlo non sarebbero stati i mangiamorte
capeggiati dalla zia Bellatrix e neppure Harry Potter
in un eccesso di rabbia, bensì lei, Hermione Granger
-Lo stai facendo
apposta, Malfoy? – indagò, lui ghignò come solo lui era capace
-Ovvio
Si morse le labbra per non
alzarsi e tirargli uno schiaffo. Chiuse di scatto il libro e guardò negli occhi
il ragazzo
-Ti ci potrei
spaccare la faccia, lo sai? – sottolineò agitando la pesante arma impropria
-Come credi…
Ma facevano un corso
accelerato a tutti i Malfoy per risultare così odiosi e terribilmente
irritanti? Perché lei non aveva altra spiegazione…
-Dai, vieni qui –
e le indicò le coperte con il palmo della mano
-Cheeee? Ma ti ho detto che non me la sento! – lui sbuffò
-Non ti farò
niente, promesso, ma tu vieni qua
C’era da fidarsi? Le promesse
delle serpe erano come quelle dei marinai, non venivano mai mantenute.
Amen, se fosse dovuto
accadere meglio lui che qualcun altro, almeno non le avrebbe fatto tanto
schifo…
Posò il libro sul letto,
scese e risalì in quello appena affianco. Sollevandola praticamente di peso, la
pose tra le sue gambe e, abbracciandola, la tirò indietro con lui
-Che cosa stai
facendo?
-Niente… - e non
mentiva, in effetti era immobile come una statua
Passò qualche attimo di
silenzio
-Draco, che cosa
hai intenzione di fare? – Draco spostò la testa
-Nulla
-Ma scusa, non ti
annoi a stare qui così?
-Se ti dà così
fastidio possiamo sempre impiegarci in qualcosa di più…gratificante?
-Questo è
divertentissimo - si affrettò a dire lei. Lui rise
-Dunque se io
facessi così – e spostò lentamente la mano accarezzandole la spina dorsale –
non sarebbe meglio?
-Lo sai che
dovresti smetterla di prendermi in giro?
-Non posso farne a
meno…
Ammise lui mentre con le
labbra socchiuse le percorreva appena il contorno dell’orecchio destro: era
lecito gemere?
I grandi interrogativi
esistenziali sulle possibili conseguenze di quanto stava per fare
attraversavano la sua mente con la potenza della piena del Fiume Giallo e
chiedevano a gran voce udienza ai suoi neuroni che, tuttavia, erano decisamente
troppo impegnati ad occuparsi del ragazzo che la stava abbracciando.
-E’ come essere
dentro ad un libro – disse all’improvviso, lui si fermò e rimase ad ascoltarla
– la nostra storia segue proprio tutti i passaggi: la conoscenza, l’odio, la
condivisione, la similitudine, le esperienze in comune, la segretezza…
-Veramente ci
mancano ancora il sesso e la tua verginità – puntualizzò lui facendola
arrossire, lei comunque non tacque
-Non ti sembra
tutto così strano – Draco la guardò sorpreso e un poco preoccupato: non è che
la Chips gli aveva drogato la Granger per evitare
qualche follia? Nessuna ragazza poteva mettersi a parlare di cose del genere in
un momento del genere!
-Granger – disse
con aria solenne – stai filosofeggiando un po’ troppo per trovarti tra le
braccia di un uomo, lo sai?
Hermione rise, un po’ più
rilassata e un po’ felice
-Ma se sei solo un
ragazzo – protestò
Quando voltò la testa per
guardarlo, però, l’espressione maliziosa che colse sul viso della serpe non la
tranquillizzò molto di più: il ghigno made-in-malfoy
storpiava le belle labbra e gli occhi luccicavano di un brillio assai sospetto
-Vuoi che ti
mostri che cosa sono davvero
Lei si affrettò a girarsi e a
guardare avanti nel vano tentativo di non pensare a… già, a cosa? Probabilmente
a quello che lui voleva davvero dire. Draco Malfoy non parlava per giri di
parole, se aveva qualcosa da comunicare lo faceva senza mezze misure.
-Rilassati
Granger, non farò niente, dopotutto ho promesso, no?
-Posso davvero
fidarmi delle tue promesse?
Il ghigno sadico che si
dipinse sul viso di lui la diceva lunga
-Tu che dici? – un
sospiro mesto le uscì dalle labbra, di certo la risposta non poteva essere sì…
-No
-Beh, in quel
caso… - la mano s’insinuò sotto il pile della maglietta finchè
le dita di lui non girarono attorno al suo ombelico – non credo che potrei
peggiorare la già pessima opinione che hai di me…
Sentì un borbottio e poi
avvertì la stretta al polso della mano sottile di lei e la parola “fermo” venne
finalmente riconosciuta dal suo cervello prima in stand by.
Lei voltò il viso e lo guardò
negli occhi imbarazzata
-Io… mi vergogno…
- disse appena spostando la mano lontano – io… sono grassa. Non voglio che tu
mi tocchi così.
D’accordo, le cose stavano
così: nonostante la Granger fosse senza dubbio la persona più preparata in
circolazione le mancavano addirittura le basi di una certa cosetta. E stava
usando stupide scuse per non fargli credere una cosa così assurda.
Ma c’era mai stato un cazzo di qualcuno che le avesse parlato di tutte quelle stronzate da bambini come le api, i fiori, le cicogne, i
cavoli o quant’altro?
Ma la Granger lo sapeva
davvero da dove era venuta fuori?
Che non gli dicessero che la
responsabilità di tutto questo toccava a lui perché non avrebbe retto, oh no!
-Mezzosangue, tu
sai da dove nascono i bambini, vero? – indagò preoccupato
Lei annuì riluttante.
D’accordo, almeno quello…
-Allora spiegami
dove sta il problema!
La vide arrossire al buio,
doveva esserci qualcosa, qualcosa d’altro
-Ecco… io… non è
che non so… o che non sappia… sì, cioè, so come succedono queste cose, l’ho
letto in molti libri… però… non so cosa bisogna fare, cosa devo fare, cosa va
fatto…
Era dunque quello il
problema?
Beh, se non altro era un
passo avanti.
Maledette vergini, creavano
solo casini, avrebbe preferito mille volte che la mezzosangue fosse una
schifosissima puttana che era andata a letto con mezza scuola, almeno quei
problemi non sarebbero saltati fuori proprio con lui.
No, alt, un momento, puttana
un accidente, la Granger era solo sua, non avrebbe permesso che venisse
condivisa da altri.
Bah, si faceva troppi
pensieri in un momento in cui, in genere, i pensieri non dovrebbero esserci per
niente.
-Tu e i tuoi libri
– mormorò mentre le sue teorie sulle brave ragazze vedevano la loro completa
conferma nelle parole della grifoncina. E quella
sarebbe stata l’ultima volta che sarebbe andato a letto con una vergine, si
appuntò mentalmente. Dopotutto, la Granger non poteva mica tornarlo, no? – ma
hai mai fatto qualcosa senza quelli?
Hermione annuì convinta
-Non preoccuparti
Lei alzò le sopracciglia,
poco convinta e molto imbarazzata.
Cielo, ma stava davvero
implorando una ragazza di andare a letto con lui? Era davvero caduto così in
basso?
Suo padre avrebbe voluto
morire.
I genitori della Granger,
invece, con ogni probabilità avrebbero voluto ucciderlo.
Il che presupponeva comunque
il decesso di qualcuno.
Beh, come al solito vigeva la
regola che era meglio se i genitori della ragazza non fossero venuti a
conoscenza di tutta la faccenda, meglio che morisse suo padre, almeno lui
sarebbe potuto rimanere in vita a godersi i frutti del suo lavoro.
-Sicuro? – gli
domandò all’improvviso la Gryffindor dopo aver
riflettuto sull’intera questione, lui si riprese e annuì
-Cosa credi, lo so
sai che non hai mai combinato niente in vita tua, mica è una novità! – lei
parve offendersi
-E comunque resto
grassa lo stesso – mugugnò contrariata voltandogli di nuovo le spalle
Povero Draco, costretto a
quei punti, non avrebbe immaginato di potersi mai trovare in una situazione del
genere…
-Facciamo così,
spegniamo le luci, d’accordo?
La ragazza annuì, buon segno.
-Però tu potrai
sentire quanto sono grassa anche al buio
Il Principe degli Slytherin si morse un labbro per non imprecare; ma il
cervello della mezzosangue andava mai a farsi una passeggiata?
Occorrevano misure drastiche
e anche molto.
La afferrò per un braccio, la
strattonò verso di lui, strinse le spalle minute e la baciò, se non altro
avrebbe dato un taglio a quella serie di ragionamenti insulsi, la mezzosangue
non era solo la Regina dei Gryffindor, era anche la
Regina delle Seghe Mentali!
-Adesso ti spiegò
le uniche due cose da sapere in questo momento – le disse forte del fatto che
lei stava ancora cercando di non morire per mancanza d’aria – la prima è che
puoi fare tutto quello che vuoi: non sono solo io che faccio qualcosa né solo
te. Io non lo so che razza di idee bacate abbiano da voi al Grifondoro
sulla questione, ma cancellale tutte, d’accordo?
Annuì convinta, finalmente
una argomentazione costruttiva.
-E la seconda
cosa? – finalmente poteva dirlo, quasi non ci credeva… magari stava sognando
-Ci sono troppi
vestiti tra me e te – le fece notare puntando un dito al bottone che chiudeva
il pigiama fino all’ultima asola.
-Però…
-Smettila di
parlare. Adesso vediamo se c’è qualcosa che Draco Malfoy può permettersi di
insegnare alla so-tutto-io Hermione Granger.
Hermione rise e, per una
volta, non aggiunse altro.
Draco le sorrise e con un
gesto si voltò sul fianco e poi la spostò sotto di sé, c’era una cosa, un
punto, che aveva visto quando erano a Londra ed ora pensava che sarebbe morto
se non l’avesse baciato subito.
Slacciò i pomelli della blusa
e le scoprì una spalla mettendo in mostra l’attaccatura del seno, lì, in quel
lembo di pelle, posò un bacio e vi passò la lingua facendole il solletico.
Hermione gli chiuse le
braccia intorno al collo, quella era una buona cosa; aveva aspettato molto,
aveva deciso di assecondare lei, se avesse voluto, allora l’avrebbero fatto
sennò… l’avrebbe fatta dire comunque di sì, l’esperienza lo aiutava.
Si scostò un poco e la
guardò, sembrava una persona diversa… poi le indicò col dito un punto sul
petto, proprio sopra il cuore
-Che stai facendo?
– s’informò preoccupata
-Mi sembra ovvio –
rispose lui – ti sto insegnando
-Ma ma… che dovrei fare?
-Quello che ho
fatto io, no?
L’espressione costernata che
lesse sul viso di lei lo frenò un poco, non gli pareva di essere andato troppo
oltre, non ancora, almeno…
Sospirò, altro che lavoro da
fare… poi le prese la mano e se la posò sul petto
-Cosa senti? – lei
parve riflettere su quella domanda
-Il cuore che
batte, no?
Era una risposta che avrebbe
preferito non udire, anche se era stato proprio lui a chiedergliela
-Hai paura? – gli
domandò, lui parve divertito
-Direi che se
batte a quel modo è per un altro motivo…
-Quale?
La mano di lui si spostò sul
torace di lei, accarezzandolo piano, andando poi a posarsi proprio dove si
poteva facilmente percepire il cuore di lei che batteva all’impazzata
-Il tuo perché
batte a quel modo? – s’informò
-Perché ho paura…
- Draco alzò gli occhi al cielo, ancora un po’ e si sarebbe dato alla resa
incondizionata. Ci mancava solo che una volta successo il fatto la Granger si
trasformasse in una ninfomane!
-Bugiarda
Hermione rimase un po’
sbigottita di quella risposta. E lui come faceva a sapere che non gli aveva
detto la verità?
-Guarda che non mi
scandalizzo mica… - sottolineò – ho comunque sentito di peggio…
-Mh…
Quel suono cosa doveva
essere, come doveva interpretarlo? Bene, male, malissimo, ottimamente…
La mezzosangue se ne stava girata
con la faccia da un lato, tutta rossa e affaticata; se fossero stati in
un’altra occasione avrebbe avuto almeno una dozzina di battutine sarcastiche da
farle, ma… non era più così e quella situazione l’aveva cercata proprio lui
quindi aveva poco da lamentarsi, doveva prendersi moglie e suocera.
-D’accordo, vorrà
dire che faremo un passo avanti, prendo il tuo brontolio per un sì…
E senza la minima esitazione
prese insieme l’elastico dei pantaloni e quello delle mutandine e cominciò a
tirare in giù.
Animata da nuova vita, Hermione
si ridestò dalla sua riflessione sulle parole della serpe e afferrò appena in
tempo gli indumenti che stavano scivolandole via
-Che fai,
smettila! – quasi gridò all’indirizzo del biondo. Dire che era imbarazzata era
un eufemismo, un volgare eufemismo.
-A Capodanno non
facevi tutte queste storie - borbottò lui poco prima di posare un altro bacio
sull’osso sporgente del bacino.
Hermione avvampò mentre lui
rimaneva così.
Pensò di spostarlo, ma come
le dita vennero in contatto coi capelli di lui, non riuscì a pensare davvero di
volerlo allontanare.
Era successo come la volta
prima, era bastato poco e tutti i suoi castelli di timori erano crollati con un
bacio.
D’accordo, aveva preso la sua
decisione.
-Signor Malfoy! –
la voce squillante della Chips proveniente da oltre
l’uscio riportò i due alla realtà: quella non era certo la posizione migliore
dove farsi scoprire dall’infermiera, soprattutto se questa era estremamente
convinta che nulla sarebbe accaduto tra i suoi letti quella notte, soprattutto,
niente di così sordido.
Sollevando di scatto la testa
prima che la chiave girasse nella serratura della porta, Draco afferrò la
bacchetta posata sul comodino e fece scorrere la tenda bianca tutt’intorno al letto, cercando di coprire la figura sua e
quella della Gryffindor in abiti… decisamente poco
presenti.
Hermione avvertì il freddo
nel punto dove prima erano le labbra dello Slytherin e
udì poi i passi affrettati della medimaga per il corridoietto.
-Che cosa vuole?
Ho sonno e sono le due del mattino – guaì la serpe sentendola avvicinarsi
-Signor Malfoy,
dov’è la signorina
Granger? – chiese la donna vedendo da lontano il letto vuoto
e la lampada accesa
-Che ne so, sarà
in bagno – bofonchiò nella miglior recitazione che gli fosse mai riuscita. La Chips borbottò qualcosa
-E perché ha la
tenda tirata?
-Perché quella
stupida Grifondoro si ostina a tenere l’abat-jour
accesa – rispose coerente beccandosi un’occhiata poco amichevole dalla “stupida
Grifondoro”.
-Signor Malfoy –
continuò ancora la strega – non ho motivo di credere che la signorina Granger
sia lì con lei, vero?
-No e adesso mi
lasci dormire. Non ha nient’altro da fare? – e bofonchiò dell’altro sulle
stupide insegnanti che non lasciavano dormire i malati.
Di malumore quanto lui,
Madama Chips lasciò la stanza sbattendosi in malo
modo la porta alle spalle, piuttosto offesa dal comportamento maleducato
dell’erede dei Malfoy.
Tirando un sospiro di
sollievo, lui alzò la testa e scostò la tenda spegnendo in un colpo di
bacchetta la lampada da tavolo.
-Torna nel tuo
letto, Granger
Hermione sgranò gli occhi, un
poco delusa da quelle parole e molto, molto sorpresa
-Perché? – chiese
preoccupata
-Se rimanessi
ancora qui conciata in quel modo non credo riuscirei a trattenermi come prima…
Non che prima si fosse trattenuto
poi molto, ma erano sottigliezze. E comunque lei doveva solo andarsene, almeno
non si sarebbe compiuto quello che prima voleva quasi evitare.
-Ma… avevi detto…
-Senti, tu non
vuoi ancora fare niente e io mi ero detto che non ti avrei forzato. Torna a
dormire prima che ti stenda qua sopra e continui il lavoro.
-No. – secca e
perentoria. La risposta della Granger lo sbalordì quanto il primo fulmine del
temporale. Sollevò le sopracciglia e aspettò che lei parlasse non sapendo cosa
sperare
Senza dire niente lei slacciò
l’ultimo bottone della maglia del pigiama e rimase un attimo in piedi a
guardarlo.
-Io… ho deciso –
mormorò sottovoce. Il tono non era incoraggiante, pareva che la stessero
portando al patibolo, ma in effetti doveva ammettere di non aver mai preso
seriamente in considerazione i sentimenti di una vergine, insomma, una vergine
è una vergine, per lei le cose sono diverse…
-E sei io non
volessi collaborare? – probabilmente si sarebbe ammazzato per quello che aveva
appena detto… ma che razza di fesserie andava dicendo in un momento simile,
maledetto lui?!
-Beh… allora… -
una pausa – resterò vergine tutta la vita.
La parola “vergine” che a Serpeverde circolava così tanto, che tutti dicevano e
ciascuno aborriva, aveva un sapore strano sulle labbra della mezzosangue.
Pareva che fosse stata fatta apposta per lei.
Avrebbe commesso una follia a
liberarla per sempre? A levarle la possibilità eterna di pronunciarla?
Di sicuro non avrebbe più
potuto prenderla in giro per quello visto che la responsabilità sarebbe stata
in parte sua.
Ma poi, in fondo, perché
doveva farsi tutti quei problemi?
Al diavolo tutto!
Al diavolo le Reliquie,
Silente, la McGranitt e anche la Chips!
Una bella carovana, in quel momento voleva solo rimanere con LEI.
Avrebbe aspettato, se necessario,
avrebbe fatto tutto quello che lei avrebbe voluto.
Se gli avesse chiesto di
diventare il suo elfo domestico, probabilmente non sarebbe riuscito a
rifiutare.
Tutto pur di rimanere con
lei, tutto perché lei non dovesse avere paura di lui e scappare di nuovo.
-Vieni qui… - e
indicò il letto accanto a lui e, felice, lei si avvicinò. La abbracciò,
cullandola un poco come si fa con i bambini. – lo sai che non si torna
indietro? Guarda che la verginità non sono capace a ricucirtela
-Lo so.
-D’accordo.
-Draco?
-Sì?
-Non mi lasciare,
non abbandonarmi, d’accordo?
Che qualcuno lo salvasse, che
gli dicessero che non era quello che aveva sentito!
Erano davvero così le cose?
Volevano davvero tutti e due rimanere insieme? Avevano tutti e due paura che
l’altro scappasse?
C’era della tristezza in
quelle riflessioni, eppure in quel momento era molto, molto felice.
-D’accordo. Non
fare più la stupida, però, mi farai preoccupare…
-Non avrei mai
detto che un giorno tanto paradossale sarebbe esistito, non lo credevo
possibile.
-Evidentemente,
anche Hermione Granger può sbagliare. – lei rise
-E se tornasse la Chips? Se domattina ci trovasse insieme?
-Non tornerà
-Come lo sai?
-Ho messo indietro
il suo orologio di un paio d’ore… - confessò
-Draco, non
avresti dovuto! – in realtà non sembrava molto pentito, no, per niente.
Attesero qualche minuto, lui
la baciò di nuovo.
C’era qualcosa di magico
nella Granger, c’era qualcosa di magico in quella strega.
Qualcosa di magico che
trascendeva la magia fatta di sortilegi e formule.
-Forse non sei bella
e sei anche una rompiscatole di prima categoria – confessò lui – ma mi basta
che tu ci sia, nient’altro mi interessa.
-Chiudi la luce e
tira la tenda – disse sorridente lei
-Non credo che
questo sia qualcosa che tu debba insegnare a ME – frecciò lui agitando la
bacchetta e facendo scomparire la lampada.
-Allora vediamo un
po’ che cosa c’è che TU dovresti insegnare a ME
-Di questo se ne
parla
E la tenda bianca del letto
scivolò lungo la sbarra metallica, circondando il materasso e nascondendo i due
dall’altra parte.
-E se sono timida
e mi vergogno è perché non so cosa fare… – si udì appena – non credere qualche
altra stupidaggine, Draco.
Spazio autrice:ordunque, eccoci giunti ad un capitolo un po’
particolare.
Mi rendo conto che la
descrizione di ciò che accade non è né carne né pesce, né una bella scena
romantica come nelle Relazioni né una presentazione decisamente più spinta come
nella shot.
Forse descrivere scene
d’amore non è il mio forte o forse è solo che tramite questa scena non sono
riuscita a trasmettere a me stessa quello che volevo dirmi, boh.
Ad ogni modo mi sarebbe piaciuto rappresentare le insicurezze di una ragazza al
momento della sua prima esperienza, una tematica che nelle altre fic avevo deliberatamente saltato a piè pari; in
particolare, in questo caso, al di là che Malfoy possa essere un figo da paura, bisogna ammettere che una verginella come
Hermione avrebbe qualche bel dubbio, qualche insicurezza che le nasce,
fondamentalmente, da questo elenco di cose:
1)è la sua prima
volta e quindi è normale perché le manca l’esperienza
2)il soggetto con
cui dovrebbe condividere la sua prima volta è nientemeno che il Principe degli Slytherin che, invece, di esperienza nel settore ne ha fin
troppa il che, penso io, aumenta notevolmente il suo senso di inadeguatezza
3)in questa
particolare ficla nostra Herm
è un personaggio piuttosto complessato per quanto riguarda il suo aspetto
fisico e le sue relazioni con gli altri e se non è una relazione far l’amore
con qualcuno…
4)la sua prima
volta, momento che ogni ragazza immagina a modo suo, dovrebbe essere in una
infermeria di Hogwarts con il terrore di Madama Chips che apre la porta e grida “Sacrilegio!” (ammetto che
la mia vena moooooolto sadica avrebbe voluto metterci
quella scena, ma poi ho avuto pietà dell’intimità di quei due).
5)Direi che,
nonostante parli e parli troppo, Hermione non si sente davvero e veramente
pronta per fare un passo del genere, o almeno finchè
non lo capisce…
Insomma, dubito che tutto
questo sia stato trasmesso tra le mie parole, ma dopotutto, lo spazio autrice
serve a questo, no?
Io mi auguro comunque (sempre
troppo speranzosa) di esserci riuscita.
Precisazione:
viste le tematiche trattate in questo capitolo e l’attuale rating della fic, Arancione, quindi non vietato a minorenni, se ritenete
che la scena possa offendere il vostro senso del pudore riferitemelo che
provvederò a mettere un avviso ad inizio capitolo e a far diventare la storia NC17 (anche se,
personalmente, non credo sia il caso).
PS: ho tagliato la soglia del
ventesimo capitolo, eh già… e dire che nel plot originario questo doveva essere
l’ultimo, vabbè, le cose sono andate diversamente, ma
il finale si avvicina ormai a grandi passi…
Adesso passo ai
ringraziamenti di tutti voi che seguite così fedelmente la mia storia, grazie
davvero dal cuore per il sostegno che date ad una autrice in erba =^_^=
Luana1985:
penso che geniale sia un po’ eccessivo e sminuisca i veri scrittori che
impiegano ricerche e studi approfonditi per le loro storie. Però sono molto
felice di essere in grado di tenere col fiato sospeso i lettori, in effetti
quando ho scritto la storia dei tre gemelli mi sono detta: “non sarà un po’
eccessivo?” ma intanto, anche in libri famosi e di successo, fanno accadere
cose decisamente meno probabili, quindi mi sono decisa.
Io mi auguro che ti sia
piaciuto anche questo stravagante e forse un po’ malriuscito capitolo, aspetto
quindi i tuoi commenti, ciao! Nyssa
Gloria85: le
cose tra Draco ed Herm prendono qualche svolta in
questo capitolo (chiamiamola svolta, va’). Per quanto riguarda la storia, dal
prossimo post cominceranno le avventure vere e proprie, ovvero i casini di ogni
santa favola.
Tutto semplice? Beh… no, non
lo è proprio e ci sono ancora un paio di questioni che vorrei chiarire prima di
mettere la parola fine.
Spero comunque che ti piaccia
anche questo capitolo, un bacio, Nyssa
Vavva:
mentre scrivevo il cappy precedente pensavo se non
sarebbe stato più saggio dividerlo, ma poi ho pensato che, se l’avessi fatto,
metà dei collegamenti sarebbero andati perduti da un aggiornamento all’altro e
così alla fine ho fatto qualche taglio e li ho uniti, anche perché la storia di
Silente, bene o male, era già stata ampiamente discussa qualche post
precedente.
Per quanto riguarda il
preside, io penso che sia davvero troppo troppo
saggio per non aver toccato con mano la sofferenza umana, dopotutto credo sia
un ottimo modo per comprenderla davvero e fino in fondo, per questo comprese
così bene la situazione di Orion come quella si Sirius, Honor, Nicholaa, Harry e anche TomRiddle.
Se d/h fanno morire te che
leggi, immaginati io che scrivo, sto sempre a fissare il vuoto immaginandomi
scenette romantiche poco probabili, ma il fatto è che li adoro veramente veramente tantissimo ^^
Per la lunghezza non posso
dare un dato definitivo perché sto ancora scrivendo, ma mi auguro di non
superare i 25 capitoli, anche perché sarebbe il caso che cominciassi seriamente
a studiare per l’esame ehehe
Mi auguro che ti piaccia
anche questo cappy strampalato, ciao e un grande kiss! Nyssa
Sly_Monica:
innanzi tutto benvenuta! Secondo punto: ottimo nick,
sono una Monica anche io e quindi molto orgogliosa di trovare qualcuno con quel
nome tra i miei lettori, insomma, il solito spirito campanilistico spostato al
nome che mi coglie in maniera inspiegabile… (sorvoliamo che non è il caso).
Io non credo di avere una
fantasia così sfrenata, penso che la storia che davvero mi aiuta sia l’intrico
di parentele stravaganti che mi piace creare, gli alberi genealogici sono la
mia passione e quando si mescola un po’ di sangue è facile costruirci una bella
vicenda sopra ^^
Concordo con te, Draco ed Herm sono una coppia super fantastica e, secondo me, la zia Row
avrebbe dovuto farli sposare alla fine del settimo libro, ma questo deriva
soprattutto dal fatto che sono nata Ron/Herm e ormai aborro quella coppia senza un motivo a parte
la fesseria del rosso.
Happy ending o non happy ending? Bel
problema… sono la prima ad amare i lieti fine ma chiaramente deve adattarsi
alla vicenda, quindi non so se posso spoilerare sulla
cosa anche perché sarebbe legato ad un sviluppo che si deve ancora vedere, ehehe
Nel frattempo spero che ti
piaccia anche il ventesimo capitolo, ciao e un bacione!
Nyssa
Giuliabaron:
meno male che non annoia, quando comincio a descrivere parentele e simili mi
diverto moltissimo (io), ma rischio sempre di far diventare il tutto una
minestra melensa e noiosissima, quindi sono felice che non sia così, anche
perché le parentele sono al centro della storia, quindi se sono noiose tutta la
vicenda lo è.
Mi auguro che ti piaccia
anche questo cappy quindi aspetto un tuo commento,
ciao! Nyssa
Shavanna:
su su, non era niente di così TERRIBILE… solo la
rivelazione shock di una famiglia disperata con storia drammatica alle spalle e
presente da suicidio immediato, il solito insomma. A parte gli scherzi,
immagino che seguire una storia come questa debba essere un vero calvario.
Visto quello che mi hai
scritto l’altra volta probabilmente darai della malata mentale ad Herm per farsi tutte quelle piste mentre succede “il fatto”
(non quello di Enzo Biagi), ma alla fine finisco
sempre per giustificare i miei poveri personaggi perseguitati da un’autrice
crudele… probabilmente li compatisci anche tu, ammettilo XP
Se però il bacio era un passo
avanti, in questo momento ci siamo dotati letteralmente degli stivali delle
sette leghe! Ottimo, vuol dire che non ho messo in stallo la vicenda, bene!
Ad ogni modo spero che ti
piaccia il mio nuovo cappy, me lo auguro davvero e
sono curiosissima di conoscere i tuoi commenti al proposito! Quindi aspetto la
tua recensione, ciao e un bacio! Nyssa
Lord Martiya: confesso che all’inizio di ogni storia mi dico sempre
“no, questa volta devo cambiare famiglia, non possono essere sempre i Black…”
ma poi finisce che li uso e strauso sempre, sarà che mi piacciono, sarà chissà
che ma è successo di nuovo.
Considero una piccola
conquista quindi, essere riuscita a sorprenderti e ti ringrazio tantissimo per
il sostegno e l’aiuto che mi hai dato mentre sto buttando giù la bozza della
prossima storia che, tuttavia, non so se vedrà davvero la pubblicazione prima
dell’estate (causa ovvi motivi).
Nonostante sia un capitolo un
po’ sdolcinato spero che ti piaccia ugualmente, ciao e a presto! Nyssa
Semplicementeme:
anche a me a volte capita di leggere un cappy e di
recensirlo dopo, solo che sono fondamentalmente un po’ svampita e nella maggior
parte dei casi mi dimentico anche di lasciare commenti, quindi sono
un’autrice/lettrice degenere e ti ammiro molto perché te, invece, hai trovato
la memoria e il tempo di lasciarmi una recensione così bella, grazie mille!
Mi hai fatto prendere un
mezzo accidente quando ho letto che sei rimasta delusa, se non vuoi ammazzare
l’autrice prima della fine della pubblicazione ti prego di non attentare più
così brutalmente alla mia vita ç_ç
A parte gli scherzi, sono
davvero molto felice e lusingata che ti sia piaciuto. Devo dire che sei molto
acuta ad intuire chi era davvero Devlin, sarà che
invece io sono una lettrice che si sbalordisce di tutto… Dev
è un personaggio a cui sono affezionata perché è ispirato ad un bambino molto
speciale per me, quindi mi fa piacere che riscuota il suo modesto successo.
Faccio solo una piccola
precisazione: quando Albus va nel futuro consegna la
cesta al vecchio Silente ma non incontra Minerva infatti lui non saprà mai se
lei, terminati gli studi, andrà a insegnare a Hogwarts
oppure no, capirà solo dopo. Il vecchio Albus, però,
sa quello che succederà di lì a poco e lo guarda con rassegnazione. So che è un
po’ un pasticcio, il fatto è che non so bene come rendere uno che guarda se
stesso da giovane sapendo ciò che accadrà ma impossibilitato a cambiare il
tutto.
Figurati, è sempre bello
rispondere ai miei lettori anche perché la cosa mi riempie di orgoglio. In
effetti è un impiego che occupa il suo tempo e mi riduco sempre
all’ultimissimo, ma fa piacere sentire cosa le persone hanno da dire e a volte
ho anche preso qualche spunto interessante.
Tempo scaduto anche per me,
ciao! un bacio, Nyssa
Potterina_88_:
non prendertela con te stessa, quelli che parlano da soli sono doppiamente
intelligenti perché sostengono una doppia conversazione, no? (volgare scusa con
cui l’autrice giustifica il suo costante parlare da sola).
Concordo con te, la verità
viene a galla, lentamente e a modo suo, ma si scopre sempre qualcosa. È
spuntato il passato di Silente, il suo viaggio nel tempo, la storia dei Malfoy,
adesso anche quella dei black, insomma, manca solo quella della pozione che ha
reso piccoli i protagonisti e arriverà presto.
Per quanto riguarda la faccenda Black, mi
rendo conto di aver descritto la cosa un po’ male, faccio un breve riassunto:
1)Orion ha tre gemelli dalla ragazza di cui è innamorato
2)Georgiana e Honor vengono portate tra i babbani
e cresciute lì come sorelle ma credendo di non esserlo
3)Sirius entra nei black
4)A unidici anni si conoscono
5)A quindici Orion riconosce Honor e cerca di
parlarle ma questa scappa
6)Incontra Nicholaa/Georgiana e riconosce anche lei
7)A casa dice a Regulus di aver trovato una delle due gemelle perdute
(riferendosi a Nicholaa) e delle sue intenzioni di
ufficializzare la cosa
8)Regulus parla con Bella che crede si tratti di Honor (perché somiglia a Sirius)
9)Bella uccide Honor
10)Quello stesso giorno Orion
la dichiara ufficialmente sua figlia (lo fa per prima visto che è la maggiore
delle due)
11)Spaventato da quello che è successo, decide di non
riconoscere l’altra per paura che le capiti la stessa sorte
Questo è quanto, spero di
essere stata esauriente, effettivamente sarebbe più efficace un diagramma di
flusso, ma penso che verrebbe un po’ troppo complesso.
Immagino che tu abbia
confusione, ma stai tranquilla che presto sparirà quando tutti i tasselli
prenderanno il loro posto in questo gigantesco puzzle.
Spero che ti piaccia anche
questo capitolo, ciao e un bacio! Nyssa
Morbidi fiocchi candidi
scendevano lentamente dal cielo ricoprendo ogni cosa e formando una coltre
nivea su prati, muri, alberi e case.
Hogwarts sembrava il magico castello delle fiabe tutta
ammantata e dai contorni un poco sfuocati mentre un
tremulo sole invernale faceva capolino dalle forme soffici di grandi nuvoloni bianchi.
Draco aprì lentamente gli
occhi avvertendo il mattino appena cominciato; generalmente preferiva dormire
fino a tarda mattinata e quello era senza dubbio il motivo principe della sua
frequente assenza alla prima ora di lezione, quel giorno, però, era come se
sentisse che qualcosa era cambiato e non riuscisse a riprendere sonno.
Guardò di fronte a sé la
finestra incorniciata dalla neve e poi, oltre i riquadri, il panorama perfetto,
sorrise quasi inconsciamente e posò gli occhi sulla mezzosangue addormentata
con un braccio di traverso che stava abbracciando. La strinse di più e lei
addolcì la sua espressione di rimando, continuando a dormire.
Alla fine era successo.
Eppure non si sentiva di
denigrare quanto accaduto con una battutina tipo “alla fine anche tu hai
ceduto”, non voleva fare niente se non stringerla e rimanere così in eterno:
l’avrebbe fatto volentieri se l’orario incombente non minacciasse un prossimo arrivo
della Chips.
In quel momento era nel letto
della Granger e non gli sembrava il posto migliore dove farsi vedere
dall’infermiera; quello affianco, immacolato, aveva ritrovato il suo ordine
dopo una nottata di tortura del gratta e netta. Già
perché, quando tutto era finito e aveva stretto a sé la Granger e aveva scorto
sulle lenzuola una macchia vermiglia che lasciava quasi presagire il
ritrovamento di un cadavere. Lì per lì non se n’era accorto, ma quando
finalmente aveva realizzato la gravità della cosa un briciolo di preoccupazione
si era insinuato tra i suoi pensieri non tanto lucidi, l’aveva uccisa?
Ignara di tutto, lei
continuava a dormire come non lo faceva da anni, stremata e un po’ sconvolta
dall’accaduto.
Non era morta, semplicemente
c’era qualcosa di particolarmente vistoso che lasciava intuire parecchio su ciò
che si era consumato quella notte e non stava parlando di omicidio.
L’aveva sollevata di peso e
messa nel suo letto tra mormorii di protesta e poi aveva lanciato un bell’incantesimo di pulizia.
Questo aveva lavorato tutta
la notte per smacchiare i teli di lino del letto e renderli presentabili al mattino e così era stato costretto a traslocare
momentaneamente nel giaciglio della grifoncina e
adesso avvertiva i sintomi di un bel mal di schiena per la posizione scomoda a
cui si erano dovuti adattare tra spifferi per le coperte troppo corte e spigoli
di comodini in posizioni strategiche.
Per fortuna adesso tutto era
lindo, almeno quello… in realtà avrebbe preferito conservare quel piccolo
ricordo, come se tutto il sangue che aveva perso fosse un po’ il simbolo di
quanto gli voleva bene, ma evidentemente il destino aveva progettato
diversamente, di sicuro la Chips si sarebbe accorta
se un paio delle sue amate lenzuola ospedaliere fosse improvvisamente venute a
mancare dall’armadio…
Guardò ancora la Granger, fino ad un mese prima non avrebbe neppure preso
in considerazione l’idea e di portarsela a letto e addirittura di pregarla per
quello, invece l’aveva fatto e non si sentiva poi così male. Forse solo un
pochino per non averlo fatto prima.
Le accarezzò la testa e i
boccoli bruni sparpagliati sul cuscino, voleva ancora sentire il loro profumo
di cacao, ma non c’era tempo. Scese dal letto e tornò nel suo.
L’attimo seguente la medimaga girò la chiave nella toppa e guardò all’interno
trovando tutto tranquillo e i suoi due malati pacificamente addormentati:
ottimo.
***
Hermione guardò oltre il
libro, nel letto accanto, e arrossì.
Quel giorno aveva stabilito
un vero e proprio record, probabilmente avrebbero dovuto aggiungerla al Guinnes dei Primati, non pensava fosse possibile una cosa
del genere e invece era così.
La metà del tempo trascorso
l’aveva passata con le gote imporporate e gli occhi bassi, incapace di guardare
da qualche altra parte, senza riuscire a non pensare a quanto accaduto.
Malfoy non aveva detto una
parola e lei non sapeva se avrebbe dovuto cominciare la conversazione oppure no
e, se sì, se avessero dovuto parlare anche di “quello”. Non aveva fatto il
minimo accenno eppure, quando lo sbirciava steso a leggere il suo libro, per
poco il cuore non le saltava fuori dal petto.
In compenso Madama Chips non si era accorta di niente, pareva essere un medico
esperto di ogni malattia tranne quella che la interessava al momento: l’amore.
Al vederla avvampare per
l’ennesima volta le aveva chiesto se avesse l’influenza e,
dopo averle tastato la fronte e averla trovata decisamente calda (con
tutto il sangue che le finiva al cervello, poi…) le aveva ordinato di riposare
disinteressandosi del resto e borbottando contro presidi incoscienti che
lasciavano i propri studenti vagabondare nella Foresta Proibita coi tempi che
correvano e il clima polare che stava investendo Hogwarts.
Al momento era pomeriggio,
l’ora di pranzo era passata da poco e, con ogni probabilità, gli studenti erano
tornati ai dormitori per svolgere i loro compiti e le loro relazioni, tutto
taceva e tutto quietava, come se si volesse rispettare l’atmosfera pacifica
creata da quel tempo pazzerello.
Uno studente di Tassorosso col braccio ingessato era venuto a farselo
medicare, una alunna del Grifondoro
aveva chiesto del sonnifero e poi una piccola processione di Serpeverde aveva pregato la Chips
di nasconderli in qualche letto e darli malati.
Li aveva scrutati tutti da oltre
la tenda tirata, nessuno si era accorto della sua presenza, tantomeno
di quella del biondastro steso come un maharaja su
una pila di cuscini che aveva fatto arrivare direttamente dalla sua stanza nei
sotterranei, gli mancava solamente un narghilè, il turbante in testa e mezza
dozzina di concubine per sembrare davvero l’incarnazione di Visnu:
senza ombra di dubbio sembrava un principe.
Madama Chips
rispedì gli studenti della Casa di Salazar da dove
erano venuti, per niente incline a soddisfare i loro pii desideri, dopodiché si
alzò dalla sedia di legno e richiuse l’infermeria, andando a parlare
dell’accaduto a Piton.
Come tutto tornò alla
tranquillità, due tende bianche girarono intorno alla sbarra metallica dei
lettini e resero di nuovo visibili i due malati.
-Granger – disse
sottovoce Draco abbassando il tomo e fissando serio l’orizzonte
Hermione arrossì e segnò una
tacca su un foglio, alla fine della giornata avrebbe calcolato la percentuale
della sua stupidità
-So chi ha messo
la bomba nel corridoio
Quelle parole le gelarono il
sangue nelle vene, mentre l’effettivo significato veniva
elaborato e raffinato dal cervello, non era proprio quello che si era aspettata
ma lo shock era ugualmente grande
-C-chi? – domandò esitante, terrorizzata dal conoscere la verità
Gli occhi grigi di Malfoy si
spostarono dalla cima di un abete a quelli dorati della ragazza, l’espressione
pareva pietrificata, non c’erano emozioni; sillabò un nome e spostò di nuovo la
testa.
Esterrefatta la grifoncina si portò meccanicamente le mani alla bocca,
scuotendo incredula il capo.
-Qua-quando l’hai scoperto? – s’informò ancora, sempre più timorosa
-Questa mattina
La serpe aveva infatti passato tutto il suo tempo dietro le pagine
ingiallite di un libro che pareva un’enciclopedia, aveva creduto che fosse
tutta una finta, come la sua, e che si sentisse altrettanto a disagio, ma… non
era così, lui il suo tempo l’aveva impiegato in qualcosa che, forse, non si
sarebbe dovuto sapere.
Eppoi per Malfoy mica era stata la prima volta!
-Non è possibile –
tentò di ragionare – non credo che una persona del genere farebbe… oserebbe…
-Evidentemente
l’ha fatto – annuì lui
Non le restò che chinare il
capo, riconoscendo la ragione di tutto quello.
-Granger – lei
sobbalzò e gli prestò attenzione – gli ho chiesto di venire, vorrei parlarne
faccia a faccia – lei annuì, comprendendo il suo stato d’animo – però…
Esitò un attimo e lei se ne
accorse.
-Granger, io tra
due minuti cambierò età – lei spalancò la bocca – non te la prendere se
trattengo ancora un po’ la trasformazione, d’accordo?
-Ma… ma ti fa
male! – esclamò – già non stai bene e… c’è il Marchio sulla scuola, insomma…
non… dovresti…
Il resto della predica le
morì in gola quando scorse lo sguardo serio e
disilluso di lui, quella scoperta doveva averlo turbato parecchio. Lo capiva, in effetti la rivelazione aveva shockato pure lei, non
avrebbe immaginato che una persona del genere sarebbe arrivata a tanto.
-Va bene, ma non
strafare, d’accordo? – alla fine non poteva che acconsentire, si sentiva impotente e avvertiva un vago sentimento di colpa
nei suoi confronti, ma… non poteva fare altro.
Qualcuno bussò discretamente
alla porta, un attimo di silenzio e nessuno che disse avanti, avvertì il rumore
delle suole delle scarpe strisciate sul pavimento e seppe che il tanto temuto
momento della verità era arrivato.
-… e, mezzosangue
– disse appena lui – mi spiace di aver dedicato tutta
questa attenzione alla faccenda quando mi sarei dovuto preoccupare di più per
te, dopo quello che è successo
La Gryffindor
arrossì e fece per balbettare una di quelle frasi di circostanza come “non
importa” o “non preoccuparti”, riconoscendo quanto erano false, ma la parola
“avanti”, gridata, cancellò ogni proposito poco prima
che la maniglia ruotasse e l’uscio bianco formasse un angolo perfetto sul
pavimento antico.
Sarebbe riuscita a guardare
negli occhi chi aveva architettato tutto quanto?
Ce l’avrebbe fatta?
Non ne era sicura, non dopo
quanto successo in quel periodo, da quando tutto era
cominciato.
Aveva paura di guardare in faccia
la realtà, lui invece no, il mento un poco alzato, lo sguardo freddo nella più
spaventosa rappresentazione di Draco Malfoy che gli avesse mai visto, pareva
davvero un angelo caduto, un gargoyle.
Lo invidiava per la freddezza
che stava mostrando in quella situazione, lei avrebbe agito diversamente.
Eppure il suo coraggio stava
trascinando anche lei e infatti decise a sua volta di
guardare negli occhi chi aveva pensato tutto quello.
Due figure erano ai piedi del
letto della serpe: BlaiseZabini
e PansyParkinson.
Se ne stupì, doveva esserci
uno solo di loro due, una sola figura, solo una persona.
-Immagino sia fin
troppo formale ringraziarti per quanto accaduto – sillabò glaciale lo Slytherin. Gli occhi si spostarono dall’uno all’altra, come
era stato così cieco da non accorgersene prima? – non è vero, Pansy? – aggiunse poi
Hermione riconobbe un
tremolio nelle labbra rosate della giovane e gli occhi bassi e un po’ gonfi.
Perché Pansy,
perché?
Perché proprio lei quando suo
padre aveva deciso, tutto a un tratto, di lasciare i mangiamorte?
Quando Nicholaa e la sua triste storia avevano preso
le distanze, aveva patito molto e aveva scelto di patire forse di più per la
giustizia? Perché, dopo tutto quello, Pansy era stata la mente e la mano di quella terribile
esplosione?
Una volta aveva letto un
libro, al momento le sfuggiva il titoloquesto era strano, ma non importava, c’era
una frase che le ritornava alla memoria non
bisogna giudicare i figli per le colpe dei loro padri, ovviamente era il
frutto della giustizia letteraria, perfetta sotto ogni aspetto, ma… si poteva
dire lo stesso anche dei meriti?
Il figlio di una persona
molto meritevole poteva essere un delinquente? Aveva sempre creduto di no
perché il carattere nasce con l’educazione, ma in quel momento le sue idee
stavano vacillando.
Ogni persona alla fine è solo
se stessa, può essere educata come meglio si può, ma poi ciò che si è davvero
salta sempre fuori.
-Io… non – disse Pansy sottovoce, un suono sprezzante uscì dalle labbra
serrate di Draco mentre guardava quella coppia di
persone davanti a lui
-Troppo facile
dirlo adesso. Blaise, tu che ci fai qui?
Zabini raddrizzò la testa, da vero uomo, prese un respiro
-Non è stata Pansy, sono stato io. – dichiarò a voce
piuttosto alta, questo sorprese moltissimo Hermione – lei non voleva,
sono stato io a fare tutto
Draco ghignò.
Chissà perché ma se lo
sarebbe aspettato e che non si dicesse che Zabini era
una persona prevedibile!
-Blaise, non mentirmi proprio tu, te l’ho letto negli occhi quando sei venuto a trovarci chi è stato davvero
Malfoy lo sapeva da tutto
quel tempo?
Ma se le aveva detto “l’ho
saputo stamattina”!
No, non poteva crederci… sì,
insomma, erano rimasti a Londra altre due settimane,
giorno più o giorno meno dopo la visita di Harry…
Non poteva essere…
Forse quella fu la prima
volta che Draco Malfoy riuscì a lasciare senza parole BlaiseZabini.
E forse quella fu l’unica
volta che la suddetta serpe arrossì di fronte al suo migliore amico.
-Non mi vuoi credere?
– tentò inutilmente di dire il Prefetto dei Serpeverde
L’altro alzò le spalle e lo
guardò
-L’amore rende stupidi, veroBlaise?
Pansy si avvicinò al suo compagno, intrecciò le dita con le
sue e sorrise, un sorriso che a Hermione ricordò molto quello di sua madre
-Smettila Blaise, lo sappiamo tutti come stanno le cose, anche la mezzosangue qui vicino
Zabini si voltò a scrutare lo sguardo perso della grifoncina che seguiva la scena come la sequenza clou di un
film d’azione
-E’ inutile
negare. Sì, sono stata io a mettere quella bomba, ma, credimi, non avrei
voluto…
-Davvero?
Malfoy era senza cuore, stava
dimostrando una mancanza di sentimenti encomiabile, soprattutto se si
considerava che quelli di fronte a lui erano i suoi migliori amici e lei sapeva
che, a Blaise in particolare, ma anche a Pansy, voleva bene. Chiaramente a modo suo.
-Io… non sto
mentendo. Ho davvero modificato la pozione che mi avevano dato – confessò la Slytherin tormentando il bordo della gonna – non volevo che
succedesse il peggio…
-Sul serio? –
Draco non pareva sorpreso
-Ecco, l’originale
non l’avevo fatta io, non credo che ne sarei neppure capace – ammise un po’ a disagio, molto fuori luogo, Draco annuì,
sapendo che ciò che stava dicendo corrispondeva a verità, nessuno studente a Hogwarts poteva creare un simile intruglio mortale, neppure
lui.
-Immagino, era la Roue de Fortune, vero? – la ragazza annuì –
beh, e allora da dove è nato questo casino? Essere
addirittura ridotto a fare il moccioso di cinque anni… voi non immaginate
quanto sia stato umiliante
-È stata colpa
mia! – affermarono insieme i due ospiti suscitando lo stupore del Principe
delle Serpi
Pansy e Blaise si guardarono
sorpresi, un grosso punto interrogativo dipinto sul viso di entrambi. Draco
scosse la testa, come se quei due fossero un caso perso.
-Su, cominciamo,
perché?
-Beh, io quando mi
hanno dato la pozione ho cercato di anacquarla… -
ammise la ragazza
-E quando io ho
scoperto quello che Pansy stava facendo l’ho
modificata di nascosto perché l’effetto fosse più blando… - confessò l’altra serpe
-Ed è uscito un
bel pasticcio coi controfiocchi, vero?
I due annuirono.
Malfoy sospirò tristemente,
come se fosse tutta una banalità, non pareva più così arrabbiato come prima.
-Pansy, perché l’hai fatto?
PansyParkinson sollevò gli occhi
vedendo il biondo mentre si portava le mani dietro la
testa, ormai tranquillo come quando parlavano normalmente, le parve di sentire
tante cose in quel tono: comprensione, speranza, curiosità, biasimo.
Era come se lui lo sapesse
già e tutti gli altri no.
L’aveva detto a Blaise il giorno dopo l’avvenimento, lui se n’era accorto
facilmente, ma non credeva che Zabini ne avesse
parlato con Malfoy.
Tutti avevano sempre grande
fiducia in Draco Malfoy, per quanto la riguardava non era mai stato un
personaggio di spicco se non per la sua illustre famiglia, ma era come se,
improvvisamente, comprendesse tutto.
Poteva parlargliene?
Se anche non l’avesse fatto,
lui l’avrebbe saputo ugualmente, come facesse era un mistero, ma forse era
speciale e affascinante per quello.
-Mia mamma… -
cominciò con voce tremula – mia mamma non è marchiata
-Lo so – la cosa
la stupì, come lo sapeva Draco?
-Se… mia mamma venisse marchiata ne morirebbe, è debole di
salute, cagionevole. Non volevo che morisse.
-E quindi?
-Mio zio disse che
dovevamo toglierti di mezzo, c’era qualcosa che non capivo in tutta la faccenda, ma mia mamma è molto importante per me.
-Lo immagino.
Lo era la sua che non era più
di un pezzo di ghiaccio, figuriamoci se non lo era la bella e dolce Nicholaa? Avrebbe fatto follie per una madre del genere,
soprattutto debole e delicata come era.
-Mio padre non
voleva, cercò di impedirmelo in tutti i modi. Non sapevo perché mio zio e tua
zia ce l’avessero così tanto con te… ma, mi spiace,
mia mamma è più importante. – il biondastro ghignò, lui invece sapeva fin
troppo bene perché Cassius e Bella ce
l’avessero così tanto con lui
-Fai bene. – disse
poi. Non avrebbe punito Pansy, se fosse stato al suo
posto avrebbe fatto le sue esatte cose, sicuramente meglio, chiaro, ma la
sostanza non sarebbe cambiata, salvo forse che, con una mamma come Nicholaa da proteggere lui sarebbe davvero arrivato ad
uccidere, non avrebbe avuto tanti scrupoli come Pansy,
era egoista, per questo era uno Slytherin, per questo
era un Malfoy.
-Io non so cosa
sia successo alla mamma – confessò ancora la moretta – è da tanto che non la
vedo…
-Nicholaa sta bene – confermò la serpe e gli parve di scorgere
un bagliore di speranza negli occhi scuri di Pansy.
Calò il silenzio.
C’era altro da dire?
-Vi spiace se
scambio due parole con Zabini? – domandò poi alle due
ragazze.
Sia Pansy
che Hermione si affrettarono a scuotere la testa, come se la cosa non desse
loro alcun fastidio quando in realtà morivano di
curiosità.
Alzandosi dal letto, la
Caposcuola si affrettò ad uscire per la porta laterale e l’altra la seguì.
Tutto ritornò alla quiete, Blaise si sedette sulle coperte candide con aria colpevole
e imbarazzata, Malfoy gli rivolse un bel sorriso made-in-malfoy.
Draco chiuse gli occhi,
l’attimo dopo, quando li riaprì, il mondo gli parve decisamente troppo grande
per le sue dimensioni.
Zabini si stava grattando la testa
-Sai Blaise, non è bello guardare gli altri da così in basso…
-Se pretendi che
mi sieda per terra solo perché hai l’orgoglio ferito dal tuo migliore amico
sappi che non lo farò – si premurò di fargli notare l’altra serpe
-Pessima
rappresentazione. E mi avete fatto uno scherzetto che non mi piace per niente
-Già…
-Raccontami come
sono andate le cose
-Credevo che lo
sapessi già – precisò l’altro
-Sentiamo la tua versione,
hai sempre parlato troppo, com’è che questa volta il gatto ti ha rubato la
lingua?
-Sono davvero così
penoso come attore?
Draco versione bambino si
fece pensieroso
-Beh, ammetto che
la storia della malattia che hai usato con quella Tassorosso
non era male, ma non credere di farmela sotto il naso,
sai?
-Non dirlo a Pansy, d’accordo?
Pareva il circolo dei padri
disperati, ancora qualche anno e si sarebbero ritrovati tutti e due con orde di
marmocchi in braccio a bere in un pub e raccontarsi di quanto le loro mogli li
avrebbero tiranneggiati con le loro arti di seduzione.
C’era un silenzio innaturale
tra loro, un silenzio che non ricordava ci fosse mai stato.
-Blaise, perché ti sei innamorato? Perché proprio di Pansy?
Zabini sorrise e prese una sigaretta.
Blaise fumava in modo strano quando
era nervoso, sapeva accorgersi di quei momenti, era la rara capacità che hanno
solo gli amici più cari. Per questo quel giorno all’attico di Raymond si era stupito di vederlo girarsi tra le dita la
sigaretta a quel modo e poi, quando alzando gli occhi aveva incontrato quelli
blu di Blaise, aveva capito.
-Proprio tu mi
chiedi una cosa del genere? – domandò a sua volta il moro allungando la schiena
sul letto e fissando il soffitto. Draco si sedette a gambe incrociate e aspettò,
l’espressione cupa.
Aveva il diritto di sapere,
glielo avrebbe detto.
-Sai Dra – incominciò – io sono sempre vissuto in una famiglia
dove i sentimenti sono un optional che si compra con i soldi
-Tutte le nostre
famiglie sono così – precisò l’erede dei Malfoy
-Già, ma quando
tua madre si sposa vecchi facoltosi solo per permettersi una giacca nuova, la
vacanza in una villa lussuosa, collane e gioielli, beh, vengono un bel po’ di
dubbi. Cominci a pensare troppo.
Il biondo annuì, anche lui
aveva iniziato a “pensare troppo” quando era venuto il
momento di scegliere tra Voldemort e l’Ordine della
Fenice e ora se ne contavano le conseguenze. E aveva percorso la sua strada a
dispetto di quello che i suoi genitori avessero sempre fatto.
Suo padre era stato forse uno dei più grandi sostenitori della causa del
Signore Oscuro, eppure si era rifiutato di dare la Reliquia a Bellatrix per l’onore dei Malfoy.
L’onore della loro famiglia
era forse più inesistente di quello dei Black, non esisteva neppure un
fantasma, eppure Lucius si era appellato proprio a
quello.
Era stato allora che aveva
deciso di vivere come avesse ritenuto giusto, percorrendo la sua strada perché
lui non era suo padre e neppure sua madre, non era Sirius
e non era Bellatrix. Non era neppure decine di generazioni
di Malfoy che lo aspettavano tra le fiamme dell’Inferno.
Quale era stato l’evento
scatenante che aveva fatto “pensare” Blaise?
C’era, lo sapeva, doveva
esserci, bisognava solo scoprire qual era.
-Un anno fa la
mamma si è risposata
-Con quel tipo
giovane, vero? – domandò, Zabini annuì con la testa
-Mamma mi ha
sempre detto che papà è stato l’unico uomo di famiglia, per questo non si
sarebbe risposata per amore, però bisognava comunque tirare avanti e se sei
abituato al lusso è difficile rinunciarvi
-Già
-Si è sposata
sette volte, tutte e sette senza amore. Ho sempre pensato che sarei diventato
come lei, un marito perfetto di vecchie bacucche, un accompagnatore che regala
la propria gentilezza per soldi, una merce in vendita al migliore offerente,
sempre per un periodo limitato, tanto per non annoiarsi. Poi la mamma ha deciso
di non divorziare.
-L’ha fatto
davvero?
-È successo un mesetto prima della tua partenza, è stato un casino
stratosferico, di quelli che passano alla storia. Il Ministero aveva appena
tirato fuori quella storia del coinvolgimento coi mangiamorte,
come se mia madre potesse mai perdere il suo tempo in qualcosa di così serio.
Lei e il mio patrigno erano sposati da non molto e io avevo sempre creduto che
quella fosse la scusa ideale per divorziare. Un divorzio di mia madre non
farebbe scandalo, soprattutto col caratteraccio che si dice in giro abbia il
mio patrigno.
-Ma?
-Lui si è
schierato dalla sua parte e mamma non ha mai parlato di divorzio. Mamma ha
detto di essere innamorata.
Draco emise un lungo fischio
modulato, capiva molte cose, adesso.
-E poi mi ha detto
che aspettava un bambino: avrò una sorellina. Sai cosa significa
quando sei rimasto solo per diciotto anni e all’improvviso il tuo mondo
viene rivoltato? Tuo padre, l’essere che bene o male hai preso ad esempio, pur
assente, è stato rimpiazzato da qualcuno a cui non
avresti dato mezzo zellino per strada. Tu, che sei
sempre cresciuto solo e senza nessuno avrai una
sorella nata da quell’uomo che non rispetti. Tu che sei sempre stato solo
dovrai combattere per l’attenzione di tua madre che ormai sarà presa da un
amore che aveva sempre rinnegato e da un’altra creatura. Mi ha sempre detto che
papà era l’unico uomo della sua vita, eppure quando ha avuto la possibilità di
liberarsi del rompiscatole e tornare per la sua strada, non l’ha fatto perché
era innamorata. Non la
capisco. Papà doveva essere l’unico, me lo aveva sempre
detto, eppure non è stato così. C’è un altro che ha preso il suo posto. So che
fa sul serio.
-E poi? – Blaise lo guardò. Draco era senza pietà, ma rimpiangeva di
non avergli detto tutto quello fin dall’inizio, se c’era qualcuno che poteva
aiutarlo quello era Draco Malfoy che non aveva sperimentato neppure l’amore di
sua madre. Che poteva sempre dirgli “poteva andare peggio” perché lui era il
peggio che potesse capitare. L’OGGETTO.
-Parlavano tutti
d’amore. Che cos’è l’amore tra un uomo e una donna? Io e te non l’abbiamo mai
saputo, personalmente l’avevo letto solo nei libri, l’ipotetico rapporto di
rispetto reciproco, di fiducia, di serenità. Ci si può fidare di una come mia madre? Nata serpeverde,
rinnegata dalla famiglia, approfittatrice e arrampicatrice sociale? Io non
l’avrei fatto perché sono come lei, qualcuno però è
riuscito a vedere quello che c’era oltre. Mamma ha dimostrato affetto solo per
me, da quando riesco a ricordare. Tutto è cambiato in
un baleno. Fino al giorno prima si detestavano
costretti da quel matrimonio che volevano distruggere entrambi e poi mi viene a
dire che aspetta un figlio.
-Credevo che la cara Cassandra non
avrebbe allargato le gambe così facilmente.
-Lo credevo anche
io. Non lo ha mai fatto, mamma è una puttana d’alto bordo e quello era un pesce
piccolo, oltre che sbagliato. Avrei avuto paura a coricarmi, con ogni
probabilità avrebbe piantato un coltello insanguinato nella schiena del mio
patrigno se non fosse che avrebbe rischiato di
sporcare le lenzuola di raso.
-Prospettiva
eccitante – commentò il Principe degli Slytherin
sapendo che quello corrispondeva a verità
-Si litigavano a
colazione. Lui voleva fare l’uomo di casa e lei non era abituata ad avere
regole. Non li capivo, o meglio, non capivo come tutto quello fosse diventato
un battibecco mattutino e un bacio romantico sulle scale.
-Però è successo.
-Quando sono
tornato a scuola dopo il ponte di Ognissanti avevo urgente bisogno di un
analista. Pansy è stata la prima persona che ho
visto, o meglio, che è entrata sotto le mie coperte. E quando mi sono svegliato
mi sono detto “d’accordo, vediamo cosa ci sta oltre il muro”. E ho visto
qualcosa che non credevo ci fosse.
Draco scoppiò a ridere
rotolandosi sul materasso e tenendosi la pancia come se gli facesse male da
tanto ridacchiava.
Blaise lo guardò e soffiò serio una nuvoletta di fumo che si
disparse per l’ambiente, gli rivolse un’aria offesa.
Malfoy non accennava a
smettere di scompisciarsi dalle risa il che non era
proprio il comportamento da migliore amico che si leggeva nei romanzi, ma non
ce lo vedeva tanto uno come Draco a mettergli una mano sulla spalla e
cominciare a fare della filosofia dell’amore anche perché, e questo era quello
che divertiva pure lui e lo tratteneva dal rendergli una pacca “affettuosa” sul
collo, anche lui era un novellino in queste cose.
Due ragazzi che avevano
appena scoperto che cosa fosse davvero l’amore, avevano percorso sentieri
diversi e vissuto esperienze differenti. I loro
destini e i loro passati erano stati quasi antitetici eppure il risultato si
era avuto uguale in entrambi i casi: si erano innamorati.
Perché lo diceva?
Beh, innanzi tutto perché
Draco era il suo migliore amico e, come aveva detto
proprio Malfoy, i segreti degli amici si leggono nei loro occhi senza bisogno
di parlare. Eppoi aveva sufficiente esperienza per riuscire a percepire quello
che era accaduto la sera precedente tra quelle pareti.
E sapeva altresì che era
stato qualcosa di completamente diverso da quello che Draco aveva sempre fatto
con una ragazza, qualcosa che non poteva essere paragonato al rapporta che lo legava alle “altre”; i sentimenti che erano
stati vissuti erano qualcosa di sacro e inviolabile che apparteneva solamente a
quei due, così come i suoi e quelli di PansyParkinson non erano di nessun altro.
Che due stupidi erano stati
ad aspettare così tanto prima di accorgersi di quanto bello e, sì, anche
strano, era l’amore.
Avrebbero dato indietro tutta
la loro ricchezza per quello perché era come avere l’impressione di poter fare
tutto se quelle due donne strane, se quelle due ragazze, quelle due streghe,
quelle due dee, quelle due persone erano con loro.
E istintivamente si mise a ridere
a sua volta, lasciandosi andare sulle coperte spiegazzate e ritrovandosi, testa
contro testa, assieme al suo migliore amico.
Lui e Malfoy non avevano
rapporto di amicizia come quello di tutti, ma in quella scena sembrava davvero
di trovarsi dentro la scena di un fotoromanzo.
Perché se non erano amici lui
e Draco, se non lo erano due che riuscivano a leggere in piccole cose, negli
occhi dell’altro, quando qualcosa non andava, ebbene, nessuno poteva definirsi
amico.
Forse non erano i migliori
amici del mondo, ma per loro due non poteva davvero esserci di meglio, nona
avrebbero potuto trovare qualcuno di più adatto: riuscivano ad immaginare
quanto erano fortunati?
Probabilmente sì, soprattutto
quando si rifletteva su quanta facilità le loro magagne erano scoperte
dall’AMICO e il fatto che l’amico non l’avesse condannato, distratto,
rimproverato, semplicemente era rimasto lì, qualunque cosa fosse gli avesse
raccontato, comportandosi come era da lui, comportandosi nell’unico modo che
fosse giusto adottare con gli amici, ovvero essere se stessi.
Se Draco gli avesse detto di
essere un mangiamorte non sarebbe cambiato nulla.
Se lui gli avesse rivelato
una cosa altrettanto shockante Malfoy non avrebbe fatto una piega.
Solo una cosa poteva davvero minare
quel qualcosa, “Blaise, sono innamorato di Pansy”, ma
Draco non aveva mai pensato nulla di simile perché aveva scoperto cos’era
l’amore solo dopo aver abbandonato le cattive abitudini.
Perché era troppo preso dalla
mezzosangue per curarsi di qualsiasi altra donna nella sua vita, sapeva come si
sentiva. Lo avvertiva. Lo sapeva come se glielo avesse detto.
-Blaise, è un po’ come essere fratelli – gli disse ancora con
le lacrime agli occhi il biondo cercando con qualche fallimento di passargli la
mano sulla spalla. Blaise annuì e sorrise dolcemente.
Poi, prendendo il polsino a
due bottoni della camicia, lo slacciò e tirò su l’indumento bianco finchè la parte dell’avambraccio non fu tutta scoperta: un
simbolo fin troppo familiare spiccava sulla pelle di Zabini
di un intenso color nero e verdastro, le punte rosse degli occhi del serpente
parevano quasi vive.
Il Marchio Nero.
-L’ho fatto per Pansy – confessò quasi colpevole, ma sappi che non ci tengo
per niente – erano raccomandazioni superflue
Draco accennò un assenso e
scoprì il suo.
-Presto tutto
questo sarà finito, nel bene e nel male – disse Draco – tu da che parte stai?
Zabini sorrise con fare colpevole
-Io sto con lei. –
e indicò la porta chiusa da dove la Slytherin era
uscita – E Pansy non vuole
avere più nulla a che fare con questa storia. – Draco ghignò e approvò
-Rischiamo di
morire tutti, lo sai?
-Ho rischiato di
morire ogni mattina mentre mia madre progettava di
lanciare un intero servizio da tè contro il mio patrigno.
-Nel qual caso…
Era per sdrammatizzare,
sapevano tutti e due quanto si stava aggravando la situazione
mentre rimanevano lì a parlare.
Draco allungò la mano e
aspettò che Blaise la stringesse.
Zabini avvicinò il palmo e strinse forte contro l’altro,
latteo e infantile, del bambino che una volta era stato Draco Malfoy.
Come la prima volta, peccato
che allora anche lui fosse poco più che un fanciullo.
E rimasero a fissarsi.
La porta in fondo si spalancò
di colpo lasciando entrare una trafelata e agitatissima PansyParkinson prossima ad una crisi isterica
-La-la-lam-m-mezzosangue – pronunciò a stento
indicando con l’indice la porta aperta
-Che è accaduto? –
sbottò Draco scendendo dal letto incurante delle sue ridicole condizioni
Fece per avvicinarsi
ma una fitta strana lo colpì mentre percorreva il pavimento
dell’infermeria costringendolo a inginocchiarsi con le mani tra i capelli, la
testa che pulsava dolorosamente.
E nonostante tutto, si mosse
come poté.
Prendendolo per la vita, Blaise lo sollevò di peso e lo portò nel punto d’ingresso
della stanzetta dove Hermione e Pansy erano rimaste
ad aspettare.
La mezzosangue stava riversa
sul pavimento, un libro abbandonato sulle piastrelle, il corpo che si
contorceva come se fosse troppo doloroso sopportare quello strazio e analoga
cosa pareva stare colpendo Draco che era in braccio a Zabini.
Blaise, allora, prese una decisione
-Mettilo nel suo
letto – borbottò rapido passando alla sua compagna la figuretta piccola e
agitata di Draco Malfoy
Pansy tese tremante e impaurita le mani
-Dobbiamo fare qualcosa
per loro, dopotutto siamo noi ad aver causato tutto questo – le disse spiccio
riconoscendo i sintomi dell’incantesimo che incautamente avevano lanciato su di
loro prima di Natale.
Annuendo la ragazza lo prese e lo mise a letto, inutile coprirlo, scalciava e si
dibatteva come un’anguilla presa alla corda.
Poco dopo arrivò anche il
ragazzo con la mezzosangue tra le braccia.
Era tranquilla adesso, lei,
pareva quasi morta mentre le braccia cascavano
mollemente e i capelli scendevano perpendicolari al pavimento.
Blaise la depose nel suo giaciglio
-Va’ a chiamare
qualcuno, svelta! Silente, la McGranitt, Piton e la Chips, portali tutti
qui!
E senza farselo ripetere, Pansy corse fuori rapidissima alla ricerca di chi indicato.
***
Spazio autrice:
ciao a tutti e scusatemi per l’immenso ritardo con cui posto questo capitolo, in effetti doveva arrivare ben qualche giorno fa, ma
purtroppo quei simpaticoni dei miei professori hanno deciso di mettermi una
simulazione all’improvviso e così sono due giorni che studio come una matta, ma
lasciamo perdere.
Sono casualmente di fretta
quindi dirò poco, anche perché i personaggi, in questo post, parlano già troppo
da soli…
Appare finalmente Zabini che, come in ogni mia fic,
ha una famiglia a modo suo anche se si può dire che in
questa storia sia e si comporti esattamente all’opposto dell’altra perché qui è
terrorizzato all’idea di avere una sorellina mentre nell’altra ne aveva ben
tre!
Altra differenza è che qui il
caso Blaise, che perde il pelo ma
non il vizio, è innamorato.
Sarò io che sono malata ma per quanto mi riguarda la questione della pozione
passa parecchio in secondo piano dopo che Zab ha
raccontato tutta la sua travagliata e tormentatissima
storia familiare, ad ogni modo, si scopre anche chi ha messo la fantomatica
bomba all’inizio della storia (scommetto che qualcuno se n’era anche
dimenticato, vero?).
Indico anche un piccolo
sondaggio per avere un’opinione circa il titolo da dare ad un’altra storia che,
comunque, non credo apparirà prima dell’estate…
Ho un grande, grossissimo,
gigantesco dubbio: dato che si tratta, come già avrete capito, del seguito
delle Relazioni, sono indecisa se intitolarlo
Le relazioni pericolose II – “Titolo
della storia che non svelerò certo qui”
Oppure se mettere
direttamente il titolo.
Vi ringrazio moltissimo
anticipatamente per le vostre opinioni, magari, indecisa come sono, riesco
anche a scegliere…
E scusatemi anche se non
saluto tutti ad uno ad uno ma sono terribilmente in
ritardo per l’ennesimo impegno della giornata (mi sento proprio come il Bianconiglio di Alice), ad ogni modo
Grazie
infinite per le recensioni!!!
Addirittura 150, non credo di meritare tanta
considerazione, ma vi ringrazio ugualmente e spero che la mia storia continui a
piacervi =^_^=
Il mondo era nebuloso, tutt’intorno a lei, e figure indistinte si affaccendavano
davanti ai suoi occhi senza che riuscisse a distinguerne i volti o le azioni,
tutti grigi e apatici.
Anche lo sfondo era di un
grigio sfumato, non avrebbe saputo dire dove fosse o di chi si trattasse, ma
era come se avvertisse distintamente una sensazione di pericolo e di ansia.
Uno dopo l’altro i volti si
avvicinavano e la guardavano, ma rimanevano sempre avvolti da quel pulviscolo
fastidioso.
Una mano si allungò tra le
altre, pareva provenire dal nulla, però riconosceva qualcosa in quell’arto
familiare e per di più colorato, l’unica cosa che portasse vita tra quel
torpore.
La mano, rugosa e nodosa,
doveva senz’altro appartenere ad una persona anziana, solo che il volto era
ancora camuffato; la mano si avvicinò a lei che si ritrasse impaurita.
E poi, dal nulla del grigio,
comparve un volto anziano e segnato, le orbite stranamente incavate, gli occhi
spenti e gli occhiali con la catenella che pendeva, riconosceva quel volto come
se non lo vedesse che da pochi minuti e invece erano sette anni, quella era sua
nonna.
Delphie allungò ancora la mano e accarezzò la guancia della
nipote mentre le labbra sottili si torcevano in un sorriso, tirando la pelle
sugli zigomi. I capelli argentati, raccolti con forcine e mollette, erano come
li rammentava, fermati sulla sommità del capo con due fermagli particolarmente
vistosi sul bianco della chioma.
Anche i vestiti erano familiari,
gli stessi di quando, a Natale, andavano assieme in chiesa a Saint Raphael a pregare: il tailleur di lana bordeaux e verde
dall’aspetto ispido, le calze pesanti e le scarpe nere, pareva davvero una
benestante signora del dopoguerra in quell’abbigliamento.
-Nonna, cosa ci
fai qui? – domandò lei fermando le dita che le scorrevano piano sulla fronte,
la nonna sorrise ancora, ma non rispose
Era un sogno e ne era
cosciente, questo era strano.
Era un sogno e poteva pensare
e riflettere come se si fosse svegliata in un’altra dimensione, anche questo
era strano.
Stava sognando sua nonna,
questo, invece, era normale perché la nonna le mancava.
Ma la nonna era morta e se
lei, invece, era viva, perché la nonna era lì? Si sentiva sveglia, non
addormentata.
Qualcosa non tornava nella
perfetta equazione che stava mettendo in piedi.
Fermò la mano e la scostò,
fissando negli occhi quella parente così cara di tanto tempo addietro.
E fu solo allora che si
avvide di un dettaglio che prima non aveva notato: alla mano sinistra, il cui
polso era ancora stretto tra le sue dita, brillava al dito medio un anello di
un colore argentato vivo e luccicante, forse dormiva o forse era sveglia, ma
riconosceva quell’anello perfettamente, era lo stesso che le aveva regalato
Draco quando erano ritornati a Hogwarts, quando
avevano praticamente giurato di non separarsi mai, non era un anello di
fidanzamento, era molto di più.
Perché lo aveva la nonna che
era morta?
Non si era mai separata da
quell’oggetto, per quanto riuscisse a ricordare…
Che fosse morta anche lei?
In realtà quel mondo grigio
era un po’ differente dall’idea di paradiso che aveva creato in tanti anni. E
mille miglia lungi dall’Inferno.
-Nonna – chiese
risoluta – perché porti il mio anello? – era suo, adesso, e come tale lo
rivoleva
-Il tuo anello? –
rispose la nonna sorpresa
-Questo anello – e
indicò il cerchietto al dito della vecchia signora
-Ma quello, cara,
non è tuo – ripeté la donna
-Certo che è mio!
– scandì la nipote – me lo hanno regalato, guarda, ci sono le nostre iniziali:
D e H
-Ma questo me lo
ha regalato tuo nonno Harold, leggi bene, tesoro,
vedi, ci sono una D e una H…
-E io cosa ho
detto? – la nonna pareva non aver compreso
-Non sono una H e
una R – aggiunse Delphie
-Perché mai
dovrebbe esserci una R? Deve starci una D, questo anello ha una D e una H
-Ma certo
-E allora cosa
c’entra la R? – scandì spazientita. Era tutto irreale in maniera preoccupante.
Perché la nonna aveva il suo anello? Perché diceva che glielo aveva regalato il
nonno? E perché accidenti doveva esserci una R? C’era una H, lo ricordava,
l’iniziale del suo nome, Hermione, e c’era una D, l’iniziale del’altro nome, Draco.
-Ma Hermione, mio
tesoro, R di Ronald, no? – chiese ancora l’altra come
se fosse ovvio
-Ronald? – ripeté incredula – cosa c’entra Ron in questa questione? – tra l’altro Ron
non era fidanzato con Lavanda? Glielo aveva detto Ginny
a Natale, ricordava anche questo!
-Ma certo tesoro,
l’anello te lo ha regalato Ronald… è giusto che sia
così
-Ma che giusto,
Draco mi ha regalato questo anello, Draco Malfoy!
-Draco… Malfoy? –
scandirono le labbra sottili – quella serpe odiosa?
Cosa ne sapeva la nonna di
Draco?
E come si permetteva di dire
che era odioso?
Ma perché, poi, quel
pasticcio? La nonna era morta prima che lei conoscesse Malferret
e Ronald e Harry e tutti gli altri
-Non è odiosa! –
s’infervorò la Gryffindor – è brava e mi vuole bene!
-Non dire
stupidaggini, sciocchina, tu sei fidanzata con Ronald
– ripeté la nonna
-No!Io non voglio Ronald,
io voglio il mio anello! E Rivoglio Draco! – si sentiva sull’orlo di una crisi
di nervi e stava litigando con la nonna! La nonna che era la persona più dolce
e comprensiva mai esistita! – ridammi l’anello – disse poi, furente,
arrabbiatissima
-Sì, il MIO
anello. Quell’anello! – e afferrò le lunghe dita facendo per strapparglielo –
quell’anello me l’ha regalato Malfoy!
-Ma io sono la tua
nonna – diceva la figura, adesso però comprendeva che quella non era davvero
sua nonna. Dov’era? Costa stava facendo? Parlava da sola? Era dunque pazza?
-No! E io rivoglio
l’anello!
Una risata civettuola partì
dalla bocca di quella che prima credeva essere l’unica vera parente al mondo e,
mentre la mano si dissolveva, sfuggiva anche alla sua presa.
La donna, adesso in una
figura decisamente più giovanile, ridacchiava maligna con la mano davanti alla
bocca scrutandola dall’alto verso il basso.
-Vuoi l’anello? –
le domandò e lo sfilò dal dito medio
Accanto a lei altre due
ragazze comparvero, una bella e bionda, l’altra mora e formosa, tutte e due con
lo stesso sprezzo negli occhi
-Tieni, prendi – e
tre anelli le arrivarono in grembo, li raccolse spaesata
-Anche noi abbiamo
un anello del genere – disse la prima delle due
-Draco ne ha dato
uno anche a noi – precisò la
seconda. Il suo cuore, però, si ribellò a quelle parole
-NO!
-Sì invece – disse
la versione giovane della nonna – non è che un bastardo
-Non è vero!
-Sì invece. A lui
non importa niente di te
-State zitte!
-Vuoi il silenzio?
– chiese ancora la finta nonna – non vuoi credere a noi?
-No!
D’improvviso tutt’intorno a lei si fece buio mentre le sagome svanivano
veloci, inghiottite dalle tenebre scure e profonde. Un unico fascio di luce
filtrava e la stava illuminando seduta su quello che poteva essere un pavimento
come un materasso, non lo sapeva.
-Silenzio – disse
una voce
-Solitudine –
aggiunse l’altra
-Lacrime –
continuò una terza
Di fronte a lei una bambina
piangeva stringendo un animale di peluche tra le mani.
Come non riconoscerlo? Il
primo e vero, unico amico che avesse mai avuto, Theo l’orsetto.
E quella era lei.
Con le mani agli occhi
piangenti, i capelli scompigliati, la solitudine.
Si era sentita proprio così
quando era bambina, sola e abbandonata da tutti, nessuno che si curasse di lei.
Era dunque lo specchio della
sua anima? Anche adesso si sentiva così?
Nonostante tutto dicesse di
sì, qualcosa dentro di lei negò, no, non erano più così le cose e, stranamente,
non era stato il cuore a parlare, ma la sua razionalissima e obiettiva mente.
Non era sola.
Non più.
Aveva Draco. E una figura
alta e bionda si chinò verso la bambina prendendola in braccio: era
assomigliata davvero a quell’esserino la vigilia di
Natale? Lui le stampò un bacio sulla guancia dolcemente reggendola tra le
braccia affusolate.
Era Draco, nessun dubbio, il
Marchio Nero spiccava fin troppo chiaramente sulla pelle nivea scoperta dalla
camicia arrotolata fino al gomito.
Poi c’era Harry.
Harry che le era rimasto
accanto, che era stato amato solo per la sua fama e disprezzato quando, invece,
avrebbero dovuto esaltarlo.
Harry tese una mano,
stringendo la manina piccola della bambina che smise di piangere.
Poi c’era Ginny.
Ginny era un’amica particolare, un po’ pazzerella, alle
volte, ma speciale anche lei. E la rossa intrecciò le dita con quelle di Harry,
affiancandoglisi.
Poi c’erano Neville e Luna,
c’era Zabini che, a modo suo, era anche un amico.
E c’era Ron.
RonaldBiliusWeasley
comparve di fronte a tutti gli altri allungando una mano verso di lei. Lei lo
guardò scettica.
-La mia ragazza
non dovrebbe sedersi sul pavimento – disse il rosso. Ma quello non era il suo
amico Ron
-Io… non sono la
tua ragazza – mormorò a denti stretti, una volta avrebbe pregato che ciò
accadesse ma… non era lui che voleva adesso, ma un’altra delle sagome che la
guardavano da dietro, aspettando la sua prima mossa.
-Credevo che mi
amassi – ammise il rosso con un tono che non pareva appartenergli, Hermione
negò con un gesto della testa
Ron sorrise a sua volta, allontanandosi a passo di
gambero e raggiungendo gli altri, la sua figura si affiancò a quella di
Lavanda, comparsa nel frattempo.
Un’altra silhouette si
materializzò davanti alle altre e, questa volta, ne aveva la certezza, quella
era sua nonna.
Delphie era in piedi con le mani giunte in grembo, la
borsetta di coccodrillo che faceva molto chic e il cappellino con i fiori neri
perché era in lutto.
Il tailleur di lana verde e
viola era uguale a quello della sua sosia, ma tutto in lei, ora, pareva
differente.
Solo la fede nuziale era alle
dita della donna mentre gli occhi avevano un’espressione dolce e decisa oltre le
lenti dalla montatura un po’ antiquata.
-Hermione – disse
solo la signora
-Nonna?
Era incerta la sua voce dopo
quanto appena vissuto qualcosa però le diceva che era la VERA nonna.
A conferma della cosa, la
donna rise di nuovo e annuì.
-E’ troppo presto
per andartene – sentenziò con l’aria di chi la sa lunga – torna da lui, c’è più
bisogno di te nel mondo dei vivi
E staccandosi dal gruppetto,
Draco mise la bambina, che ormai sonnecchiava tra le sue braccia, in quelle di
Harry che sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.
A passo deciso, come suo
solito, la serpe bionda si avvicinò e le tese la mano chinandosi, solo quel
gesto cambiò il suo modo di porsi: Ron non si era
abbassato per parlare con lei, si era appena incurvato per allungare la mani
affinché potesse raggiungerla.
Solo quello bastava a dirle
chi dei due era quello giusto. Con ogni probabilità quello doveva essere un
sogno un po’ troppo reale richiesto dal suo subconscio.
-Mezzosangue, se
stai seduta lì ti prenderai un raffreddore e non voglio che contagi anche me –
sbuffò lo Slytherin, il sorriso sincero, però, di chi
è contento di come sono andate le cose, aleggiava su quelle belle labbra che
l’avevano baciata fin quasi a farla morire e per le quali, probabilmente,
sarebbe morta.
Beh, se quello non era Draco
Malfoy…
Non era sicura che ne
esistesse una copia così ben riuscita…
Vide la mano tesa e decise:
era per lei. Qualunque cosa succedesse, quello era il suo destino e l’aveva
scelto in barba a tutto il resto.
Allungò il braccio e fece per
afferrare le dita ma, un attimo prima, queste si abbassarono e la figura
rimpicciolì finchè di fronte a lei non ci fu un
bambino.
Draco versione bambino, una
sagoma fin troppo familiare.
E il solito fiocco legato
sotto il mento con una gassa vistosa.
Forse fu proprio in quel
momento che davvero tutte le tenebre si dissolsero e anche tutti i dubbi,
afferrò la manina e vide comparire un sorriso sereno sulle labbra della serpe,
forse il primo che riconosceva.
Una luce si creò illuminando
un uscio chiaro, c’era un’uscita e, rapida e contenta, vi si avviò tenendo
sempre il bambino per mano.
Gli altri la seguirono
parlottando.
E nuove luci e nuove sagome
comparvero in quel mondo di tenebre rivelandosi, piano piano,
la sala dell’infermeria con in lontananza la finestra, le luminarie accese e Malferret fanciullo accanto al suo letto con l’aria
preoccupata come non mai.
Non sapeva cos’era stato, ma
aveva cancellato tutti quegli stupidi timori che per troppo tempo le avevano
dettato legge.
Forse era morta e rinata e
quella era una nuova vita o forse non lo era, ma la sua nuova vita cominciava
proprio in quel momento.
***
Draco sospirò di sollievo
quando le ciglia brune si sollevarono dagli occhi della mezzosangue dichiarando
a tutto il mondo che non era appena passata a miglior vita.
Stupida!
Maledetta!
Doveva proprio fargli
prendere un accidente simile? Proprio quando aveva appena capito… quando
finalmente ce l’avevano quasi fatta?
No!
Sembrava più grande, Hermione
adesso, come se avesse superato una fase importante della propria vita il che
strideva enormemente col fatto che lui fosse ancora piccolo.
Non aveva dieci anni, ora, ne
aveva quattordici, lei invece dimostrava beata i suoi diciotto senza saperlo
perché, sciocca com’era, non poteva certo sapere che cosa era appena successo.
La mezzosangue gli sorrise
stringendogli la mano ma non la lasciò.
Se lei era l’esse più
problematico sulla Terra che riusciva a mandarti il cervello a fare una
passeggiata e per la quale si farebbero le follie più folli, beh, era
innegabile che, se ci si metteva d’impegno, riusciva anche a dare delle belle
soddisfazioni.
Se non fosse stato Draco
Malfoy si sarebbe messo a piangere proprio come il bambinetto
che, in effetti, era per davvero.
Cosa sono quattordici anni di
vita? Probabilmente niente se si considerava quanto era stupido a quell’età e,
probabilmente, non erano sufficienti neppure diciotto a fare di lui un essere
adulto e maturo perché non era in grado di proteggerla, perché era egoista e
perché stava davvero per piangere, il che non andava nient’affatto bene visto
che Zabini stava fumando ansioso alla finestra di
fronte con le spalle rivolte verso il letto e la testa girata verso indentro,
sorridendo a quei due che si erano appena ritrovati.
-Signor Zabini… che cosa sta facendo con quella sigaretta? –
brontolò la Chips attraversando il corridoio con la
solita scorta di intestini sotto spirito
Diplomaticamente, Blaise si limitò ad alzare le spalle noncurante,
continuando a fumare beato per scaricare stress e tensione che si erano
accumulati parecchio.
Doveva essere lucido, c’era
bisogno anche di lui.
Un po’ seccata dalla sua
risposta concisa, la medimaga si girò verso il letto
e vide la sua paziente che tentava a fatica di rimettersi seduta sul letto, sospirò
sollevata: c’erano casi in cui la magia e la medicina potevano fare ben poco
per le persone, in quel caso, se la Granger avesse voluto morire, beh, non
sarebbe tornata indietro. Forse ogni tanto doveva ricordarsi di ringraziare
anche Malfoy.
-Grazie al cielo
si è ripresa – sentenziò sollevata andando a deporre il suo bagaglio e correndo
poi verso la porta con la gonna azzurrina che svolazzava
Un simile trasporto, c’era da
dire, né Draco né Zabini l’avevano mai visto, tantomeno per le loro fratture durante le partite, qualche
esperimento mal riuscito e un paio di grifondoro
massacrati.
Decidendo che era di troppo, Blaise comprese il messaggio subliminale e si spostò
progressivamente verso la porta, richiudendola poi alle sue spalle.
Chi l’avrebbe mai detto che
anche per lui e Malfoy sarebbe arrivato il giorno di innamorarsi…
***
Facendo leva sui polsi che
sentiva ancora un po’ deboli, Hermione si appoggiò all’alta pila di cuscini che
il biondo aveva sistemato dietro di lei e aspettò.
Un silenzio imbarazzante e
artefatto era tra loro, avvertibile ogni istante in ogni punto, denso
nell’aria.
Probabilmente sarebbero
finiti a parlare del tempo; a proposito, quanto aveva dormito?
Fece per dirglielo ma lui la
bloccò gridandole uno
-Stupida! – prima
ancora che lei riuscisse a pronunciare la prima sillaba.
Beh, non aveva tutti i torti
ma a quale delle sue “stupidaggini” si stava riferendo in quel momento?
Ebbe almeno il buongusto di
arrossire, ammettendo la sua colpa che era innegabile, innegabile per qualsiasi
cosa di cui l’avesse accusata, ma si sentiva stranamente propensa verso una
certa via che comprendeva anche un libro arrivato direttamente dalla sezione
proibita della biblioteca di Hogwarts assieme ad una
visitina di Harry.
-Lo sai che
avresti potuto morire?
No, non stava parlando del
libro, non ancora almeno.
-Non sei tu che
dovresti parlare di “poter morire” a me quando, bello tranquillo, te ne sei
andato nella tana dei mangiamorte a salvare Nicholaa e il bambino, Devlin
-Non tiriamo in
ballo quella storia vecchia – lei alzò gli occhi al cielo, il ruolo del bambinetto saccente si addiceva alla perfezione a Malferret. E comunque non era proprio così vecchia…
-Ma scusa, di cosa
stai parlando? Io stavo solo dormendo, solamente sognando… - ci rifletté, in
effetti aveva risposto d’impulso, di che pericolo di morte stava parlando?
Per tutta risposta l’altro
sbuffò e scosse il capo come se parlare con lei fosse una causa persa.
-Lo sai che hai
rischiato di morire? È un bene se sei ancora viva, accidenti! – e si passò
nervoso e agitato una mano tra i capelli, scompigliandoli; era un gesto
ricorrente quando aveva la sua età anagrafica normale, ma ora pareva
curiosamente fuori luogo
-Perché? – quella
domanda le uscì dalle labbra senza volerlo, avrebbe voluto frenarsi e
riflettere di più su quanto aveva detto, ma… era come se la curiosità di sapere
e anche di dare un senso a quel sogno senza significato fosse stata più forte
della sua stessa volontà di non sapere.
Draco sospirò e chiuse gli
occhi, come se tutto quello gli costasse uno sforzo enorme, poi la fissò e gli
occhi argentati incatenarono i suoi per un istante che parve eterno
-Granger – disse
piano, quasi sottovoce – la pozione è scomparsa. Guardati le mani.
Preoccupata Hermione girò i
palmi e li studiò, erano come li ricordava prima di essere vittima di
quell’incidente in corridoio, uguali. Non piccoli e un po’ cicciotelli come
quelli che aveva da bambina né le mani di un’adulta come quando diventava
improvvisamente grande.
Poi i suoi occhi si posarono
sulla serpe al suo fianco nella sua strana tenuta da quattordicenne.
E i conti non tornarono più.
Aveva studiato con Piton che l’effetto di una pozione dura un determinato
periodo di tempo per ciascuna delle parti in cui essa viene divisa dunque
perché Malfoy era ancora bambino? Lui aveva detto che la pozione aveva cessato
il suo effetto ma era ancora un ragazzino, come mai?
-Draco, perché te
sei così?
Bella domanda.
-Piton non sa rispondere: potrebbe essere che sono stato
colpito da una scarica più forte o potrebbe essere che non scompaia mai più…
-Ma è assurdo! –
si ribellò sconcertata – ogni pozione è un tempo di azione limitato! – forse
non sarà stata una cima di Pozioni come lui, ma anche lei aveva studiato quella
maledetta materia e dunque, perché tutto non andava nel modo in cui non aveva
studiato?
-Devi tenere bene
a mente due cose: - la
rabbonì Draco – la prima è che la pozione che ci ha colpiti è
un ibrido particolare e pericolosissimo che, però, difficilmente qualcun altro
ha sperimentato e di cui, quindi, non si sa nulla né sugli effetti né sulle
conseguenze, non si ha idea di che reazioni provochi tant’è
vero che noi continuavamo a trasformarci in maniera assai sospetta, ricordi? –
la ragazza annuì – e poi c’è da dire che potrei aver assimilato parte della
pozione in me ed essere stato quindi riportato effettivamente indietro anagraficamente di qualche anno
-Ma questo non va
bene! Piton ha detto…
-Granger, le
Pozioni che studiamo a scuola sono delle cretinate di prim’ordine,
quelle che usano i mangiamorte sono sconosciute,
pericolose e, soprattutto, anomale. Non puoi basarti sulle leggi stupide che
regolano tre intrugli banali quando hai a che fare con miscele di decine di
ingredienti mescolati al milligrammo attraverso testi antichi che nessuno ha
mai studiato, lo capisci anche tu quanto la cosa è stupida!
Come aveva ragione.
Eppure non andava per niente
bene, andava, anzi, veramente malissimo.
Udì un colpo improvviso.
Voltò la testa e cercò di
percepire da dove provenisse.
-Che cos’era? –
domandò al biondo
-I lavori di
ristrutturazione di Tassorosso – effettivamente il
dormitorio degli Hufflepuff era proprio girato
l’angolo, ma… si mettevano a fare lavori di riammodernamento
mentre erano sotto attacco degli adepti di Voldemort?
Silente doveva essere proprio molto fiducioso riguardo al futuro… - ad ogni
modo… mi hai fatto molto preoccupare
Hermione se ne rendeva conto
benissimo, ce l’aveva scritto in faccia che era rimasto in ansia tutto quel
tempo, eppure… perché?
-Perché? – eccola
di nuovo la curiosità che prendeva il sopravvento, lui parve, invece, davvero
molto seccato
-Come perché,
razza di scema?! Perché la pozione è strana e modificata e per farti tornare
così come sei hai dovuto attingere alla tua fonte di energia personale e ci hai
quasi rimesso la pelle!
-Sul serio?
-No, guarda, è
stato tutto uno scherzo inventato da quel cretino di Weasley
La Gryffindor
sbuffò, sempre a fare del sarcasmo fuori luogo…
-Per piacere –
quasi la implorò lui – se ti girasse mai di fare qualcos’altro del genere prima
avvertimi così avrò anche il tempo di prepararti un adeguato funerale, non ci
tengo mica a vederti morire qui davanti a me!
-Sei
simpaticissimo, guarda… - sibilò arrabbiata, non era certo il caso che facesse
l’uccellaccio del malaugurio, ne avevano già tanta di iella che non le sembrava
proprio il caso di tirarsene sulla testa più di quanta ne avessero, decisamente
non era la situazione migliore.
-Senti la
santarellina! – sbuffò l’altro contrariato – vorrei proprio sapere, a
proposito, cosa ci fa quel libro proibito sul pavimento dell’anticamera
Ops… se n’era accorto.
-Lo sai che se te
lo scoprivano Silente, la McGranitt o quella vecchia
bisbetica (si riferiva alla Chips) tu e quell’idiota
di Potter passavate dei casini?
-Com’è che mentre stavo
male sei tornato ad essere così scurrile?
-Perché mi hai
fatto perdere vent’anni di vita! Ma ti sembrano cose da fare?
-Beh, mica l’ho
fatto volutamente… ad ogni modo dov’è il libro?
-Parliamo
piuttosto del perché stavi leggendo quella roba?
-No
-Ti sei alzata col
piede sbagliato, eh… - constatò borbottando come una pentola di fagioli
-Non sono ancora
scesa – lo rimbeccò a sua volta, poco incline al buonumore dopo essersi appena
alzata ed essere stata riaccolta nel mondo dei vivi da una sfilza di insulti a lei,
i suoi amici, le sue cose e le sue idee che avrebbe fatto concorrenza a quelli
riservati a ColinCanon
Un alto colpo.
Accidenti, ma che razza di
muratori avevano assunto?
Draco lanciò appena
un’occhiata alla finestra e lo sguardo si fece severo.
Incominciò a parlare, ma la
porta si aprì lasciando entrare il preside seguito dalla Chips
e da Piton, due del gruppo avevano un’aria da
funerale che avrebbe fatto invidia a Caronte, Silente
era l’unico, invece, che pareva avere ancora qualche speranza sul futuro.
Un altro colpo.
-Siamo contenti
che si sia risvegliata, signorina Granger – la informò cordiale come sempre
l’anziano mago – ci ha fatto prendere proprio un bello spavento
Sospettò che Piton avesse qualcosa da aggiungere a proposito della
possibile dipartita di una grifondoro, ma anche il
responsabile di serpeverde si trattenne dai commenti
inutili e rimase a braccia incrociate dietro il retto, nella sua solita tonaca
nera, grigia e verde.
La Chips
invece era continuamente a scuotere la testa come se fosse stata una marionetta
e, nel frattempo, posizionava le braccia sui fianchi e poi le lasciava cascare
lungo i fianchi ogni volta che Silente cominciava nuovamente a parlare.
Sorrise alla piccola
combriccola e si stupì che la McGranitt non fosse
assieme a loro, strano, avrebbe giurato che anche lei fosse piuttosto
preoccupata ma forse, con l’imminente attacco, era più occupata a prendersi
cura della difesa dell’edificio che di una sua allieva che, ad ogni modo, si
era perfettamente ristabilita.
Ancora un colpo.
Quei lavori erano l’ideale
per un bel mal di testa fulminante a fine giornata.
Curioso che la Chips, così presa dai suoi pazienti, non avesse detto
niente a proposito dello stress psicologico che provocava.
Girò un attimo la testa e un
turbinio di gonne di velluto rosso e verde entrò dalla porta: la professoressa
di Trasfigurazione, più che trafelata, aveva fatto irruzione nella camera con i
capelli scarmigliati e gli occhiali di traverso sul naso, le guance un poco
arrossate probabilmente da una corsa
-Albus, stanno per entrare! – dichiarò con enfasi
Che qualcuno le dicesse che
aveva sentito male.
Chi è che stava per entrare?
Non i mangiamorte… non loro…
Guardò Malfoy, ma nei suoi
occhi c’era solo la triste e ormai palese verità.
Merda.
Ok, non era da lei dire le parolacce anzi, fino a quel
giorno si era limitata sempre allo stretto indispensabile, vale a dire il
Principe degli Slytherin, però in quel momento ci
calzava proprio a pennello.
-D-dov’è Harry? – s’informò preoccupata?
-Il signor Potter
si sta preparando per lo scontro – dichiarò Silente cupo – non ci vorrà molto.
Ora devo andare, tornerò tra qualche minuto
E i tre professori e la medimaga scomparvero di nuovo oltre la porta bianca.
Un’altra occhiata al viso
infantile di Malfoy.
Una smorfia di rabbia e
disgusto era dipinta sul suo bel volto candido: fin troppo facile scoprire per
cos’era quel biasimo di se stesso, il non poter fare niente.
Lui non poteva combattere
l’unica battaglia a cui avrebbe voluto prendere davvero parte.
Che cosa triste che tra loro
due fosse stata proprio lei quella a riacquistare la sua età normale e lui
quello costretto a non poter ancora usare la magia.
Ancora… già, forse non
l’avrebbe mai più avuta perché la bacchetta di Draco rispondeva solo a lui
quando era diciottenne, non quando aveva quattordici anni, anche se si trattava
della stessa persona.
Allungò una mano per
accarezzargli il volto ma gli occhi grigi si abbassarono.
Lo sguardo le cadde sui pugni
delle mani, serrati lungo i fianchi fin quasi a farsi male: stava soffrendo,
soffrendo davvero, come era facile capirlo in quel momento.
La cosa era ironica e
grottesca allo stesso tempo, povero Draco, sapeva quanto ci teneva a
partecipare a quello scontro.
Si era preoccupato per lei
fino alla fine nonostante tutti quei pasticci per la testa e le aveva anche
inventato una scusa a caso per farla rimanere tranquilla a letto, probabilmente
sarebbe data in escandescenza non appena avesse aperto gli occhi e scoperto che
la scuola era sotto assedio, non era capace di rimanere tranquilla, non quando
si trattava di questioni così gravi ed importanti e lì c’era di mezzo molto più
che una questione importante, lo sapeva bene, era stato lo stesso Draco a
confidarglielo quando le aveva narrato per la prima volta la storia delle
Reliquie della Morte.
Era stata una stupida e
un’ingenua a credere, anche solo per un momento, che tutto potesse sistemarsi e
lei e la serpe fare una comune vita da fidanzati, non avrebbe neppure dovuto
attraversarle l’anticamera del cervello una simile riflessione.
Ma l’aveva fatto e, come
tutte le volte che si era illusa, ne soffriva le conseguenze e il dolore di
comprendere quanto quell’idea era futile.
Doveva farcela, adesso come
non mai, doveva alzarsi su quelle gambe e combattere come non era mai stata in
grado di fare.
Non si trattava di
fronteggiare solo Bellatrix e gli altri mangiamorte, si trattava di eliminare per sempre le paure,
quelle stesse che si erano dissolte nel suo sogno; adesso sapeva di esserne
capace, se si fosse impegnata ce l’avrebbe fatta, DOVEVA farcela.
Anche per lui.
Allungò di nuovo un braccio,
voleva almeno scompigliargli i capelli come si fa con i fratellini, voleva
ancora sapere che consistenza avevano e accarezzargli il viso, voleva
prendergli le mani e confortarlo come si fa con un bambino, ma sapeva che non
gliel’avrebbe permesso, così si limitò a tentare di avvicinarsi alla chioma
chiara.
-Ferma! – urlò la Chips dalla porta correndo verso di loro e affrettandosi a
scostare di peso il ragazzino che aveva davanti.
Dopo di lei entrò Silente che
sospirò drammaticamente, come se si fosse aspettato con la massima probabilità
una cosa del genere.
La medimaga,
pilotando per le spalle Malfoy, lo condusse fuori della porta e la chiuse
dietro di sé, il preside, invece, si avvicinò con passo cadenzato levandosi il
berretto a punta; aveva lo sguardo teso ma era normale, come nascondere
l’ansia, la paura e la preoccupazione di una situazione analoga? E per di più
sapeva che c’erano stati anche studenti che avevano scelto di rimanere a scuola
solo per combattere contro Bellatrix e co, doveva essere difficile portare sulle spalle una
responsabilità del genere…
Si sedette su una delle sedie
della corsia e guardò il viso un po’ ingrigito di quella che, in tempi
migliori, era stata la migliore studentessa di Hogwarts,
adesso, invece, era stesa su un letto e anche quella era una sua colpa.
-Signorina Granger
non deve assolutamente toccare il signor Malfoy – le disse serio il preside
fissandola con gli occhi celesti da oltre le lenti a mezzaluna.
-Come mai? Non
posso neppure salutarlo? Devo andare di sotto anche io, devo fare qualcosa
-Immaginavo
l’avrebbe detto. – le confermò l’anziano stregone accarezzandosi la lunga barba
bianca – ma badi bene a quello che sto per dirle, signorina Granger: non deve
assolutamente toccare il signor Malfoy, le vostre situazioni d’età sono ancora
troppo instabili. Se lei dovesse mai venire in contatto con lui, e si prega che
questo non avvenga, ci sarebbe uno scambio della magia reciproca che avete
ancora in corpo, in particolare quella residua del signor Malfoy, che sta
lottando contro il tempo, cercherà di assorbire energia da lei per compensare
lo squilibrio d’età e poter tornare a quella originale. E se lei perdesse
ancora un po’ della sua non siamo in grado di dire cosa le accadrebbe, ne ha
già persa troppa.
-Come… come con il
sangue? – chiese intimorita ricordando gli esempi che le facevano i suoi
genitori
-Pressappoco,
morirebbe per mancanza di magia, gli esseri magici come noi non possono
assolutamente vivere senza.
-Capisco – ammise,
in effetti era una prospettiva terribile – professore – chiese poi lei – cosa
ne sarò di Malfoy?
-Manderò Draco a GrimmauldPlace, esiste ancora
l’Incanto Fidelio su quella casa e il Salvio Hexia
che ho fatto io stesso come sede dell’Ordine ella Fenice, i mangiamorte
non lo troveranno facilmente
-Chi è questa
volta il depositario dell’incantesimo? – s’informò poi scettica temendo che si
trattasse di nuovo di uno come PeterMinus
-Oh, una persona
di cui mi fido ciecamente, il suo nome è ManaTatsumiya, ma non credo che lei la
conosca…
-In effetti no –
ammise lei riflettendo su quel nome – è una Auror? –
Silente rise
-No
-Ah…
-Beh, adesso credo
che sia venuto il mio momento di intervenire… stia attenta signorina Granger,
non faccia pazzie, mi raccomando. Vuole promettermelo?
E le allungò una mano.
Lei tese la sua per
suggellare il patto, poi la ritrasse e, sorridendogli dolcemente, scosse la
testa
-Non posso, se
necessario so che la farei
-Una sua degna
risposta – confermò il preside rinfilandosi la mano
in tasca – stia bene, signorina Granger, se ci sarà necessità la manderò a
chiamare anche se è ancora convalescente ma credo che fino a sera dovremmo
riuscire a cavarcela.
-Sia prudente
anche lei, professore
***
Spazio autrice: eccomi tornata!
Scusate per il ritardo, non
sto a spiegarvi tutte le mille e una cose che mi sono capitate mentre stendevo
questo capitolo perché probabilmente mi prendereste per pazza (e un po’ già lo
sono), ma vi dico solo che metterlo giù è stata davvero una bella fatica, meno
male che ce l’ho fatta.
Io mi auguro che vi sia
piaciuto anche se è piuttosto cervellotico, soprattutto all’inizio quando si
parla dello stravagante sogno di Hermione, ma credo che ci volesse un capitolo
dove si parlava delle paure della nostra protagonista soprattutto perché quelle
di Draco le ho analizzate e rianalizzate un sacco di
volte mentre di lei dicevo sempre che era una tipa un po’ solitaria ma poco
più.
Scusate tanto anche per la mancanza
di ringraziamenti dell’altra volta, sono davvero un’autrice imperdonabile se
trascuro in questo modo i miei lettori ma sfortunatamente neppure i miei
professori mi trascurano così tanto… >_>
Bene, passo a ringraziarvi
uno per uno e vorrei fare lo stesso anche con tutti quelli che seguono la mia
storia anche senza recensire, grazie davvero di cuore!
Nyssa
Fragola1991:
ciao e grazie mille per i complimenti! Sono molto felice delle tue parole e
anche che la mia avventura ambientata in Harry Potter (piuttosto alternativo in
verità) ti piaccia, è bello sapere di non aver composto un’autentica schifezza
^^
Per quanto riguarda le
Relazioni confermo, ci sarà un seguito ma bisognerà aspettare perché
ultimamente sono piuttosto impegnata e anche buttare giù i cappy
di questa fic è difficile, se poi mi metto anche a
produrne un’altra l’esame dovrei proprio cancellarlo (magari…).
Ad ogni modo spero che la
storia non deluda le tue aspettative e spero che non lo faccia neppure questa!
Anche tu hai dato fiducia ad
una autrice superimpegnata quindi ti ringrazio,
aspetto di sapere che cosa mi dirai di questo cervellotico ventiduesimo
capitolo, ciao e a presto, Nyssa
Shavanna:
ciao carissima! Sfortunatamente la scuola mi sta massacrando e quindi anche
scrivere i capitoli è un’impresa disperata, un po’ perché manca il tempo e un
po’ perché ho mille pensieri per la testa…
Ad ogni modo, anche se più
lentamente, vado avanti e spero che lo svolgimento della storia continui a
piacerti, sono proprio curiosa di sapere cosa mi dirai di questo capitolo!
In effetti Pansy ha un ruolo piuttosto anomalo in questa storia, in
genere non la metto mai tra i protagonisti principali perché non riesco a
gestirla come si deve e, originariamente, l’autore della bomba doveva essere Blaise, ma poi mi sono interrogata se uno come Zabini avrebbe davvero fatto una cosa del genere e la
risposta è stata no. Penso che neppure Draco riuscirebbe a far del male al suo
migliore amico quindi ho dovuto spostare l’attenzione su qualche altro
personaggio e con la storia di Nicholaa è arrivata
anche Pansy.
Dimmi cosa pensi di questo cappy 22, sono molto curiosa, ciao e un bacio! Nyssa
Herm83:
assenza tu? Beh, siamo in due perché lo sono anche io e sfortunatamente per lo
stesso motivo: scuola.
Già già,
finalmente quei due hanno coronato un pezzetto del loro sogno d’amore con la A
maiuscola, anche se, come si svela in questo cappy,
la strada sarà ancora abbastanza pericolosa per arrivare alla fine.
Spero che ti piaccia anche il
mio nuovo aggiornamento e aspetto una tua recensione, ciao e a presto! Un
bacio, Nyssa
Falalula:
lo so, con tutto quello che è successo anche io tendevo a dimenticarmi da dove
era nata tutta la faccenda del cambio d’età, ma prima o poi doveva saltare
fuori, non credo che sarei riuscita a terminare la storia senza dire chi era
l’effettivo colpevole.
Blaise un mio pallino? Nooooo, ma
cosa vai a pensare =P
In realtà è un personaggio
che adoro e ad un modo o all’altro deve sempre avere un ruolo più o meno
centrale nella storia anche se, generalmente, quello che gli calza meglio è
l’abito da “migliore amico”, una rappresentazione perfetta. Per quanto riguarda
la famiglia, invece, mi piace cambiare, trovo che sia un personaggio molto
duttile.
La sorellina di Blaise che somiglia a Aisley? Beh,
potrei farci un pensiero, chissà, magari… ma non svelo nulla per il momento,
non ho inquadrato molto le idee su di lei e non so neppure se farà
un’apparizione.
Spero che questo cappy ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e a presto, Nyssa
Giuliabaron:
precisamente! Sei molto perspicace, io per esempio non ci sarei mai arrivata,
ad ogni modo sta succedendo qualcosa e in questo capitolo 22 si scopre anche
che cosa.
Mi auguro che ti piaccia,
aspetto di sapere! Ciao e un kiss, Nyssa
Luana1985:
credimi, se tu sei felice lo sono anche io perché per ogni capitolo che posto
si avvicina sempre di più la fine e quindi la meritata pace per studiare con
calma, anche se credo che mi dispiacerà molto smettere di scrivere per un
mesetto, immagino che sarà terribile ma non posso assolutamente farne a meno.
Draco fa sempre il duro, ma
sotto sotto è uno di quelli che tiene molto ai
dettagli e si fa toccare dalle piccole e semplici cose, esattamente come è
stato x Hermione: aveva diecimila belle ragazze e ha scelto l’unica conquista
difficile ^^
Spero che ti piaccia anche il
nuovo post, aspetto di sapere! Un bacio, Nyssa
Vavva:
in effetti il confronti Draco Blaise lo infilo sempre
in ogni fic perché sono due serpi particolari e
diversissime ma, secondo me, ottimi amici ed è per questo (oltre per il fatto
che Blaise mi piace molto) che compare sempre.
Sono d’accordo con te,
secondo me la zia Row avrebbe dovuto dargli più spazio,
soprattutto da quando Draco ha avuto le sue crisi nel sesto e settimo libro,
invece nisba, pare che non ci siano serpi oltre a
Malfoy.
Confermo, il seguito delle
relazioni non può comparire prima perché sennò farei davvero tempi biblici con
gli aggiornamenti e verrebbe un’autentica schifezza, poi con l’esame credo di
essere sufficientemente sotto pressino senza la scadenza settimanale delle fic…
In compenso la storia la sto
buttando giù quindi animo!
Intanto spero che ti piaccia
anche questo nuovo aggiornamento, un bacione! Nyssa
Lord Martiya: beh, sono felice di aver scritto qualcosa che non ti
aspettavi, soprattutto perché in genere riesci a prevedere quasi tutti gli
sviluppi delle mie storie, invece qui mi gongolo un po’ della mia completa
pazzia di autrice per aver sorpreso un lettore come te!
Ammetto che all’inizio
l’artefice del fattaccio doveva essere stato Blaise,
ma poi ho riflettuto e non credo che sarebbe riuscito a fare una cosa tanto
crudele a Draco e non credo che Malfoy sarebbe stato da meno.
Così ho dovuto cercare
qualcun altro ed ecco pronta Pansy.
Hai visto chi è arrivata?
Alla fine anche lei ha fatto la sua comparsa, la carissima Mana!
Spero che il capitolo ti piaccia, aspetto di sapere! Ciao e a presto, Nyssa
Potterina_88:
non preoccuparti per il ritardo, capita a tutti e io stessa sono la prima a
postare con giorni e giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia…
Sono successe molte cose: Herm e Draco hanno fatto quel che dovevano (finalmente,
pure io non potevo più aspettare), si scopre chi è l’artefice della pozione
cambia età, viene rivelato completamente il passato di Blaise
e le motivazioni di Pansy e viene alla luce la paura
profonda e insanabile di Herm.
A questo punto penserai che
io sia pronta per il manicomio e, in effetti, ogni tanto sono molto preoccupata
da me stessa.
Pansy in questa storia è molto meno crudele che nelle
relazioni, qui ha una motivazione fortissima e non è una mangiamorte
spietata per scelta, anche se, nella maggior parte dei casi, tutti i mangiamorte protagonisti delle mie storie non lo sono per
scelta… (Nicholaa, Lynwood,
Draco, Pansy, Blaise…).
Zabini è il mio idolo e quindi era impensabile che non
ritagliassi un francobollo anche per lui, lo adoro anche se in questa storia è
uscito molto diverso dalla precedente.
Eppoi mi piace da matti
parlare di amicizia, adoro descrivere Draco e Blaise
insieme e mi piace il loro confronto perché sono diversissimi eppure amici e si
capiscono con un’occhiata.
Spero che ti piaccia anche
questo ventiduesimo capitolo, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa
Dopo che Silente fu uscito dalla stanza Hermione tornò a sdraiarsi sulle
coperte bianche e guardò il soffitto immacolato
Dopo che Silente fu uscito
dalla stanza Hermione tornò a sdraiarsi sulle coperte bianche e guardò il
soffitto immacolato.
Se non altro c’erano due
aspetti positivi della questione, se così si potevano definire: il primo era
che le avrebbero permesso di combattere anche in quelle condizioni, era già
qualcosa visto che, se la situazione fosse stata diversa, né il preside né Malferret avrebbero acconsentito a lasciarle tenere una
bacchetta in mano in uno scontro con i mangiamorte;
l’altro fattore su cui avere fiducia era Draco.
Si sentiva terribilmente in
colpa nei suoi confronti, ma se non altro non sarebbe dovuto rimanere a scuola
a farsi ammazzare, era una fortuna che, come ultimo Black, GrimmauldPlace fosse ancora un rifugio per lui, di sicuro
avrebbe potuto impiegare il tempo solitario mentre lo cercavano a chiacchierare
con la matrigna di Sirius. Sapeva che Draco provava
un’avversione tutta particolare per Walburga prima ancora di venire a
conoscenza di ciò a cui aveva condannato i figli di suo marito: Sirius, Honor e Georgiana.
Ricordava la prima volta che
era stata in quel luogo, a prima vista avrebbe creduto che fosse abbandonato e
il viale d’ingresso sovrastato dalla scritta in ferro battuto “La molto antica
e sempre rispettata casata dei Black” incuteva un certo timore, soprattutto ad
una sporca mezzosangue quale innegabilmente era.
Con un po’ di
ristrutturazione sicuramente sarebbe diventato un posto più abitabile, per
prima cosa avrebbe tolto l’oscena tappezzeria a fiori dalla scala, la detestava
con tutto il suo cuore e anche la fantasia vistosa a gigli fiorenti che
adornava la camera principale.
Ovviamente non aveva neppure
scordato i non poco velati insulti che la purosangue madre di Sirius le aveva lanciato ogni volta che aveva attraversato
il corridoio. Anche il quadro avrebbe fatto la fine della tappezzeria, bruciati
entrambi nel bellissimo camino di marmo bianco e granato che stava nel
soggiorno. Le poltrone, poi, erano la cosa più comoda che avesse mai provato,
quante volte vi si era accoccolata per leggere qualche tomo prima di andare a
dormire, finendo immancabilmente per addormentarvisi, cullata dalle dolci
pieghe di velluto rosa e verde che l’avvolgevano come le braccia materne? Non
lo ricordava con precisione, ma erano state senza dubbio moltissime e
altrettante erano le costernate espressioni di Ron e
Harry quando, al mattino, la scoprivano lì appisolata e notavano il titolo del
libro che le era caduto di mano, qualcosa come “Storia delle rivolte dei troll. Volume 7”.
Chissà come doveva essere,
però, vivere davvero tra quelle mura antiche, non essere sola di fronte al
camino e condividere la stanza al piano di sopra con qualcuno, non rimanersene
nel grande letto a baldacchino a fissare la seta delle cortine o la grande
specchiera ornata di trine e pizzi che stava nell’angolo.
Quella casa era il suo sogno
proibito.
E con ogni probabilità anche
la figura che si stava formando accanto a lei nella poltrona o al tavolo della
sala da pranzo o… sì, anche nella camera da letto.
Ma che cosa diceva?
Doveva essere impazzita. Con
ogni probabilità non sarebbe uscita viva da quella battaglia e sognava di
futuri rosei e amore.
Eppure… c’era un sottile
filo, c’era un’idea che si stava formando nella sua mente, qualcosa che non
avrebbe dovuto fare e neppure pensare.
Non era mai stata una persona
avventata e raramente si era lasciata trasportare da una speranza inesistente,
forte del fatto che, se non ci si aspetta nulla, non si potrà rimanere delusi.
Era una filosofia non giudicabile,
come la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Per quanto la riguarda,
bisognava cercare un modo di riempirlo di nuovo perché non lo era, questo era
ciò che contava.
Per questo si stupiva di se
stessa quando faceva qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare; non aveva
mai agito seguendo un pensiero appena passato per la mente, questo era quello
che la rendeva diversa dalla Hermione Granger che era stata fino ad allora,
compiva il suo dovere, faceva ciò che c’era da fare e non aveva futuro. Almeno,
qualunque cosa sarebbe successa sarebbe andata bene.
Poi però tutto si era
rivoltato e, ritrovandosi in una situazione anomala aveva scoperto che quel
vivere non le piaceva e c’era qualcosa che davvero voleva fare, lo dimostravano
tutti i piccoli ricatti che aveva fatto a Malfoy, lo dimostravano tutte le
confessioni fin troppo spontanee che gli aveva fatto e anche quei maledetti
sorrisi riconoscenti che le scappavano ogni volta che lui la consolava o la
incoraggiava o le dava della stupida per una follia.
Una follia che, con ogni
probabilità, aveva fatto solo per sentirsi dire che non avrebbe dovuto. Però
non c’era biasimo nella voce della serpe perché era il primo ad aver compiuto
la sciocchezza più grande del mondo ed anche la più saggia, quella che, con
ogni probabilità, aveva salvato la loro pelle per qualche mese in più,
condannandolo, tuttavia, ad un periodo assai gramo.
Quante voleva aveva sofferto
la maledizione dell’Inferno? Lei l’aveva vista due volte, ma quante, per
davvero, ce n’erano nell’oscuro passato di uno come lui, tenuto sigillato
ermeticamente?
Aveva fiducia adesso nel
mondo e nei suoi amici, per questo aveva paura.
Generalmente rimaneva calma e
tranquilla e rare erano le situazioni in cui si agitava, ma… c’era qualcosa di
nuovo dentro di lei, in quel momento ed è ciò che viene chiamato paura.
Quando non si ha niente da
perdere non si può avere paura e si vergognava di se stessa che, per tanti
anni, non l’aveva capito e non se n’era accorta.
Aveva pianto quando la nonna
era morta e le mancava tremendamente, eppure, prima di quel triste giorno,
aveva sempre creduto che le cose non sarebbero cambiate mai, non aveva mai
pensato di poterla perdere e di non averla vicina.
Dava per scontato che Harry,
prima o poi, si sarebbe fatto ammazzare, era cosa risaputa che i guai se li
andasse a cercare, ma adesso era diverso, anche se quella era la pura e
semplice verità non voleva che Harry la lasciasse, tantomeno
Draco.
Non aveva avuto paura al
primo anno, quando il troll di montagna era arrivato
a scuola e l’aveva sorpresa nel bagno delle ragazze e non ne aveva avuto
neppure quando aveva saputo che per le tubature della scuola girava un
basilisco, ma aveva valutato attentamente la situazione munendosi di
specchietto e appunti. Era stata pietrificata, ma era ancora viva.
Anche quando c’era stato il
torneo TreMaghi aveva corso dei rischi, ma sapeva che
difficilmente Silente l’avrebbe lasciata morire sul fondo del lago Nero, eppoi Viktor voleva vincere perché ci era abituato, avrebbe
tentato tutto il possibile.
Tanti ricordi terribili
affollavano la sua mente, ma in quel momento uno solo era segno di attenzione
ed era quando aveva salvato Sirius e l’ippogrifo da morte certa.
Rigirò la Giratempo
tra le mani e percorse col dito il contorno cesellato e uno dei quattro cerchi
concentrici che racchiudevano il cuore di quell’oggetto; a nessuno era
consentito sfilarglielo dal collo se non fosse stata lei stessa a levarselo,
era una condizione che aveva posto il preside quando, dal quarto anno, aveva
continuato a tenerla senza usarla.
Non l’aveva più adoperata da
allora, ma era rimasta sempre con lei, come un talismano portafortuna.
***
Qualcuno bussò piano alla
porta e lei si svegliò di scatto, udì un suono violento provenire da sotto, con
ogni probabilità i mangiamorte stavano ancora
tentando di oltrepassare le difese dei professori, ma, dato che qualcuno era
venuto a cercarla, le avrebbero abbattute molto presto.
Draco varcò per primo la
soglia seguito dalla McGranitt nell’abito di velluto
rosso e verde che le aveva visto anche quel pomeriggio. La donna teneva le mani
rigidamente composte nel grembo e la guardava, vide brillare la stanghetta
degli occhiali.
-Signorina Granger
– disse piano la prof di Trasfigurazione – è ora che io accompagni il signor
Malfoy. So che Silente mi ha detto di non farvi più incontrare fino alla fine
della battaglia, ma credevo che fosse buona cosa che vi salutaste
Doveva essere ammattita del
tutto, oppure era un altro dei sogni balordi che le procurava qualche
allucinazione, la Chips doveva averla senz’altro
drogata.
Non ricordava che mai,
neppure una volta, Minerva McGranitt avesse
trascurato un ordine che veniva direttamente dal suo unico superiore: Albus Silente.
Perché lo faceva?
La donna scambiò un’occhiata
con il ragazzino e lo mandò avanti, vicino al letto.
La prof si sistemò dall’altro
capo e le aggiustò i cuscini dietro la testa, Draco si sedette sulla branda
affianco, facendo attenzione a rimanere il più distante possibile, ma, allo
stesso tempo, vicino a lei quanto più poteva.
Aveva paura, ma non si
sarebbe tirata indietro.
Adesso sapeva cosa era
davvero giusto fare, al di là che lo fosse per tutti o per nessuno: lo era per
lei. Ragionava con la sua testa, non più in termini di bene generico come era
uso pensare.
Stava per fare la follia più
grande dell’universo, ma lo faceva perché la persona a lei più cara potesse
avere un futuro sereno. Una come lei, che al futuro non aveva mai pensato, che
si sarebbe accontentata di una miseria, non poteva continuare: c’era una
persona, forse anche una sola, più meritevole di lei.
E che aveva il diritto di un
futuro quando non c’era stato passato.
Eccolo lì quel qualcuno.
Sapeva cosa doveva fare.
Aveva paura, ma lo avrebbe
fatto lo stesso.
Se poi Qualcuno avesse deciso
di aiutarla, beh, tanto meglio, forse il futuro ci sarebbe stato anche per lei.
La nonna le diceva sempre che
era giusto credere ai miracoli, ma era sbagliato contarci su.
Non si aspettava niente,
voleva solo dare un futuro a lui.
Si sporse velocemente dal
letto e, con un movimento repentino, afferrò le mani del ragazzo biondo seduto
incautamente sul bordo. Non gli avrebbe dato la possibilità di parlare, così
non si sarebbe sentita in colpa e non avrebbe avuto ripensamenti.
Coi suoi soliti riflessi
pronti, Draco si spostò all’ultimo momento, ma, facendo uno sforzo, lei riuscì
ad afferrargli la mano sinistra e la strinse con tutte le dita, chiuse gli
occhi.
Udì vagamente delle urla e le
immagini confuse di colori in movimento, come nel film di Pocahontas,
sentì tremare le mani di Draco tra le sue e avvertì come una scarica che si
aggirava irrequieta per il suo corpo.
Sapeva di che cosa si
trattava, era la magia, quella che le permetteva di fare incantesimi e di
richiamare formule, di preparare pozioni e di stare a Hogwarts.
Quella che le aveva permesso
di essere FELICE.
Chiuse gli occhi e si lasciò
andare all’indietro percependo le forze venirle meno.
L’ultima cosa che vide fu il
viso diciottenne di Malfoy che, costernato e infuriato, rimaneva impassibile
accanto a lei, incredulo di essere tornato adulto, ma più che cosciente di
quello che ciò aveva rappresentato per lei.
***
Non se l’era aspettato,
maledetta stupida, che decidesse di fare qualcosa di così folle.
Le aveva detto di non
compiere pazzie e credeva che, vista la sua natura riflessiva e ragionevole,
una simile ipotesi non sarebbe mai stata presa in considerazione, ma erano
cambiati troppo, tutti e due, durante quel periodo passato insieme a Londra e
adesso che c’era bisogno, quel qualcosa che apprezzava da matti, la sua
strampalata irruenza, si rivelava la peggiore arma che lei avesse tra le mani
per farsi del male e per farne a lui.
Alzò gli occhi costernati su
quelli ancor più orripilati della McGranitt
che aveva seguito il tutto gridando come un’aquila.
Povera donna, sapeva che
l’aveva fatto per loro, ma come lo giustificava, adesso, un fatto simile con
Silente? Era la prima volta che riusciva a provare della simpatia nei suoi
confronti e anche del rammarico: si sentiva in colpa.
Non aveva potuto intervenire
perché, se li avesse toccati, in quel momento anche la sua energia magica
sarebbe stata risucchiata dalla pozione.
Hermione giaceva, come addormentata,
tra le lenzuola bianche del letto, ma sapeva fin troppo bene che no stava
dormendo.
E una lacrima furtiva gli
scivolò traditrice per la guancia.
Quanti cadaveri aveva visto?
Tantissimi, purtroppo, per avere solo diciotto anni, ma… nessuno l’aveva
colpito tanto quanto quello di lei.
Tutti quelli che riusciva a
ricordare erano un macabro spettacolo, un tripudio di sguardi sbarrati e
sangue, di pelle e carne che pareva ancora viva.
Lei, invece, aveva le mani
intrecciate e pareva la
Bella Addormentata nel Bosco. Quanto avrebbe voluto
risvegliarla con un bacio, quanto lo sperava, ma… la realtà era diversa dalla
fiaba zuccherina che si racconta ai fanciulli e né lui né la mezzosangue lo
erano più, sfortunatamente da parecchio.
Uno di loro due non lo era
mai stato, ma non seppe rispondere chi.
Erano ormai troppo adulti,
non nel corpo ma nello spirito, per credere che quel gesto apparentemente
casuale fosse stato davvero un incidente.
Quanto ci aveva pensato
quella ragazza degenere? Per quanto tempo quell’idea malsana aveva fatto spazio
tra gli altri suoi pensieri?
Probabilmente un po’ troppo
se era addirittura arrivata a metterla in pratica a costo della sua vita.
E Silente glielo aveva pure
detto! Ma sì che lei le regole le rispettava solo quando le girava…
Si sentiva in colpa,
terribilmente in colpa perché sapeva che l’aveva fatto per lui, perché lui
potesse combattere.
L’aveva fatto per non
vedergli quell’aria patita e impotente sulla faccia e perché era a conoscenza
di quanto lui desiderasse prendere parte a quello scontro.
Quanto era stato pazzo, anche
lui, a parlargliene?
Si sarebbe tagliato una mano
pur di cancellare quelle parole, pur di sopprimere quel dolore.
Lei, per cui aveva fatto le
cose più assurde e stupide del mondo, non c’era più.
E l’aveva scelto da sola.
Ancora una volta si era
comportata come se fosse stato l’unico essere sulla terra.
Ma ora la comprendeva,
piccola e sciocca mezzosangue: per troppo tempo era rimasta sola al mondo per
curarsi di qualcuno accanto a lei, per troppi anni aveva dovuto badare a se
stessa senza sostegni e, si sa, le cattive abitudini sono dure a morire tanto
che neppure San Potter, alla fine della storia, era riuscito a cancellargliele
del tutto.
Sapeva badare a se stessa e
sapeva badare agli altri, ma non considerava necessario che qualcuno badasse a
lei.
Probabilmente, al primo anno,
se Potty e Lenticchia non fossero arrivati, se la
sarebbe cavata ugualmente quando quel troll era
arrivato a scuola.
E, tanto per cambiare, al
secondo anno, quando il basilisco faceva le sue passeggiatine serali, mentre i
suoi amici erano a scervellarsi nelle punizioni, lei aveva già capito di che
cosa si trattava, come si spostava, quali erano gli effetti del suo sguardo.
Che cosa avrebbe detto di sé,
la piccola mezzosangue, se si fosse potuta vedere allo specchio in quel
momento?
Ricordava l’espressione che
aveva quando era stata pietrificata, ma… non c’era né paura né terrore nei suoi
occhi.
Adesso, l’unica cosa che
riusciva a sentire di lei era la fiducia.
Stupida, stupida e ancora
stupida!
Se l’aveva fatto per lui
l’avrebbe ammazzata.
Poteva minimamente capire il
dolore che gli stava causando?
Non esisteva Marchio Nero né
fuoco dell’inferno che lo consumasse più di quel senso di colpa, più di quella
frustrazione.
Non c’era vendetta che lo
rodesse tanto quanto il non essere stato in grado di allontanarsi.
E adesso non gli restava che
affrontare tutto quello.
Come poteva, però, battersi
in uno scontro se la sua testa stava altrove e se i suoi pensieri erano tutti
per lei?
La professoressa McGranitt gli posò una mano insicura sulla spalla.
Gli occhi azzurri erano bassi
e leggermente umidi, il viso sconvolto in una maschera di tristezza.
-Vada, signor
Malfoy, non c’è tempo per queste cose. Non più, ormai.
Alzò lo sguardo su di lei e
annuì, tristemente. Era l’unica cosa che potesse fare.
-Professoressa,
che devo dire agli altri? – un sospiro uscì dalle labbra di lei che scosse il
capo
-Silente capirà.
Gli altri lo sapranno a tempo debito. Vada, rimarrò io a vegliare su di lei per
un poco
Un’ondata di rabbia lo
assalì, odio feroce e bruciante contro quella setta di pazzi che erano stati
alla causa della prematura scomparsa dell’unico essere che, per quanto lo
riguardava, avrebbe dovuto vivere in eterno.
Si appuntò il mantello nero
sulle spalle, prese la bacchetta e, lanciandosi appena un’occhiata dietro,
chiuse la porta.
***
Un drappello di persone
proveniente da Serpeverde, da Corvonero,
da Tassorosso e dal Grifondoro
era riunito fuori dell’infermeria con le bacchette in pugno e gli occhi lucidi.
Loro non potevano sapere,
piangevano per altri motivi, avevano paura, autentico terrore, ma niente che
avesse a che vedere con i sentimenti che, invece, infuriavano dentro di lui.
Harry Potter si alzò per
primo dalla panca sulla quale era seduto, lo sguardo era vagamente sorpreso
-Ci avevano detto
di aspettare che uscisse Hermione – informò domandandogli con gli occhi perché,
invece, fosse uscito Malferret – dovevamo scendere
tutti insieme – aggiunse titubante
Draco prese un respiro.
-Seguirete me, è
un ordine della McGranitt – mentì e non aspettò che
gli altri chiedessero o facessero altre domande, non attese di sentire i loro
passi dietro la sua schiena, ma partì a rotta di collo per il corridoio facendo
svolazzare artisticamente il mantello scuro dietro di sé in un incedere
signorile e quantomai deciso.
I corridoi sembravano
silenziosi come non ricordava lo fossero mai stati, la notte di Hogwarts è popolata di versi sinistri, cigolii e lamenti
spiritati, ora invece tutto taceva.
Passò di fronte alla porta
aperta della cucina dove un gruppo consistente di elfi domestici, capeggiati da
quel traditore di Dobby, erano posizionati brandendo
pentole, padelle e scolapasta come elmi.
Dobby lo guardò negli occhi
-Dalla cucina non
passerà nessuno – disse come se stesse parlando al suo signore – Dobby e gli altri difenderemo Hogwarts!
Un coro da stadio si levò dal
raduno di servitù mentre spiedi e forchettoni si sollevavano in segno di
appoggio, su ciascuna delle cenciose federe che indossavano gli elfi erano
appuntate le spille che Hermione aveva fatto fare anni addietro per i suoi
amici e che recitavano C.R.E.P.A.
Un significato discutibile si
poteva leggere con quelle lettere, ma non era il caso di mettersi a fare
filosofia degli acronimi, soprattutto se l’acronimo in questione era stato
creato da una Hermione che ormai giaceva immobile su in infermeria.
Harry Potter lo raggiunse
-Sostituisci tu Herm? – gli domandò mettendogli una mano sulla spalla, fermandolo
e guardandolo fisso con gli occhi smeraldo
Un accenno
-Da che parte
stai? – chiese ancora
-Dalla mia
Era di gran lunga la risposta
più soddisfacente che potesse aspettarsi da uno come il Principe degli Slytherin.
Proseguirono ancora e, al
termine del corridoio, una coppia di ragazzi presidiava la porta, le bacchette
in pugno; a differenza degli altri, Pansy e Blaise stavano ghignando come se non aspettassero altro
dalla vita.
Forse era così, non
aspettavano altro che liberarsi del passato e vivere come avevano scelto e
quello era il loro primo passo nel mondo.
-Ce ne avete messo
di tempo – frecciò Zabini guardando Malfoy camminare
come un dannato
Aggregandosi al gruppetto,
anche i due serpeverde proseguirono.
Hogwarts pareva molto più grande e sembrava che ci volessero
chilometri prima di raggiungere la Sala Grande, ma alla fine, oltre il lungo
corridoio, comparve la gigantesca porta di legno e metallo che introduceva
nella stanza principale e da sotto, una piccola fessura proiettava sul
pavimento di pietra uno spiraglio luminoso: con ogni probabilità avevano già
cominciato a combattere, infatti, prestando attenzione, si poteva udire il
rombo degli schiatesimi e le grida delle persone
coinvolte nello scontro.
Si fermò un attimo e osservò il
tutto, stava per cominciare la sua vendetta.
Silente gli aveva detto che,
per proseguire, i mangiamorte avrebbero dovuto
sconfiggere tutte le persone presenti in una stanza, quindi la maggior parte
del combattimento si sarebbe svolto in Sala Grande dove era raccolta la
maggioranza di coloro che avevano scelto di restare.
In quel momento, però,
potevano essere diecimila contro uno che avrebbe voluto ucciderli tutti; adesso
capiva perché Auror e consorti, figli e maghi fossero
sempre in lacrime, quanti erano scomparsi per mano più o meno diretta dei mangiamorte? Quanti si erano sacrificati per la salvezza
delle loro famiglie?
Dietro di lui, affianco a
Harry Potter, riconobbe la figura di Neville Paciock:
i suoi genitori erano stati torturati alla follia da Bellatrix
e Rodolphus, ma avevano preferito soffrire come cani
piuttosto che rivelare i segreti degli Auror.
E James
e Lily Potter? Loro si erano entrambi sacrificati per quel bambino.
Era vero, l’avevano
condannato ad un’esistenza orribile, schiavizzato da quella famiglia di babbani, eppoi perseguitato da Voldemort
e compagnia per tutto il tempo che era rimasto a scuola, ma… non sapeva dire se
sarebbe stato meglio morire subito o continuare, come lui, a camminare dritto e
a testa alta.
C’erano persone, tra loro,
che poco avevano a che spartire con gli adepti del Lord Oscuro, ma che avevano
scelto quella battaglia per le persone che avevano care, come Blaise, eppoi c’erano altri che, invece, avevano
deliberatamente scelto di tradire la setta e schierarsi con Silente e l’Ordine
della Fenice, erano lui e Pansy.
Gli angeli caduti.
Tra tutti, probabilmente,
erano quelli che si sarebbero fatti meno problemi a lanciare un’AvadaKedavra, un po’ perché
l’avevano visto fare fin dalla culla e un po’ perché avevano molto da perdere o
molto per cui combattere.
Se la battaglia fosse andata
male, Pansy sarebbe morta, ma lo avrebbe fatto con la
consapevolezza che i suoi genitori e, soprattutto, sua madre Nicolaa, sarebbero stati torturati fino alla pazzia dagli
altri seguaci per l’alto tradimento di cui si erano macchiati.
E se i Paciock
erano sopravvissuti, seppur ricoverati al San Mungo, di sicuro la bionda ultima
Black non sarebbe stata altrettanto fortunata.
Lui ormai non aveva molto da
perdere: se fosse morto avrebbe dovuto solo pregare che i mangiamorte
non prendessero Hogwarts, in modo che la ElderWand non venisse usata per spegnere
l’incendio eterno che aveva lanciato su Malfoy Manor.
Ma se morire rappresentava un
modo per raggiungere la mezzosangue, aveva la fredda e calcolata consapevolezza
che non si sarebbero potuti incontrare, rinchiuso per sempre, lui, tra le
fiamme infernali assieme ai suoi sanguinari parenti, mentre lei sarebbe stata
nell’idilliaco purgatorio a scontare la pena per quella specie di suicidio che
aveva messo in pratica pur di mandarlo a combattere quello che sognava da
tempo.
Non si sarebbero incontrati
neppure dall’altra parte.
E allora, vivere per vivere,
avrebbe usato quella battaglia per combattere finalmente quanto detestava, per
vendicare i suoi genitori rinchiusi nel castello avvolto dalle fiamme, per la
morte di Hermione, per il dolore che aveva provato nel perderla e per quello
che avrebbe continuato a sentire sapendo che lei non sarebbe stata con lui. Per
la maledizione infernale che lo colpiva e per essere stato costretto a vivere
un decenne per tutto quel tempo.
Per essere stato educato in
quella maniera terribile, per il Marchio che Bruciava ogni minuto di più sul
suo braccio, per l’infanzia che non aveva avuto e gli amici che non c’erano
stati.
Per la vergogna di dover
invidiare Harry Potter.
Per le insulse idee che gli
avevano inculcato e che gli avevano impedito di dire a Blaise
che era il suo migliore amico.
Per tutto quello e molto,
molto di più avrebbe impugnato la bacchetta e combattuto con sua zia e,
possibilmente, l’avrebbe anche distrutta.
Mosse un passo e poi un altro
finchè la mano protesa non arrivò a toccare il
metallo della maniglia, si fermò un istante, ma non guardò dietro di sé;
sbirciò appena oltre l’uscio, poi prese un respiro profondo e spinse la porta.
***
L’infermeria ora pareva vuota
e grigia.
La professoressa McGranitt guardò la sagoma diciottenne di Malfoy allontanarsi
dalla stanza e si risedette accanto al letto.
Guardò la ragazza stesa
supina, la sua studentessa, forse la sua preferita: Hermione Granger.
Per tanto tempo aveva pensato
che la signorina
Granger le somigliasse, in fondo era solo una sua copia più
giovane, ma… c’era una cosa che le distingueva profondamente ed era lo spirito.
Lei non era mai stata una
ragazza espansiva e, a dirla tutta, neppure Hermione, ma la giovane Gryffindor
aveva un modo di porsi di fronte alle situazioni che l’aveva sempre fatta
sentire differente.
In realtà, e se n’era accorta
troppo tardi, era solo solitudine.
Aveva ricevuto degli
insegnamenti sbagliati su di essa, lei era la prima che avrebbe potuto dirle
parecchio a tal proposito, per questo avrebbe dovuto impedirglielo e ne aveva
avuto la possibilità più degli altri, perché LEI sapeva che avrebbe potuto
compiere una follia simile, ma non ce l’aveva fatta ed era stata proprio lei la
causa di quel disastro.
Per questo sentiva di avere
in parte fallito come educatrice.
Sapeva che Hermione era
innamorata di Malfoy, come essere così ciechi da non notarlo? A lei, almeno,
pareva cosa palese. Lo amava così tanto da scegliere addirittura di avverare un
suo desiderio a scapito della propria vita.
Coraggio ed incoscienza, come
tutti i grifoni, dopotutto.
Anche lei era stata così e in
parte lo era ancora.
Non sapeva se invidiarla
oppure no, probabilmente sapeva più cose di Malfoy di quante lui avesse mai
detto loro, quindi possedeva anche elementi extra per decidere, ma addirittura
sacrificare la propria vita?
Forse era stata così stupida
da credere di sopravvivere comunque?
Non lo riteneva possibile.
Quindi quella era la classica
situazione melodrammatica delle opere che erano così di moda quando era
giovane, Saskia, la sua unica amica, l’aveva portata
qualche volta a teatro a vederle e aveva finito col piangere, esattamente come
adesso.
Senso di colpa, sentimento
d’impotenza, paura, rabbia, rimorso, biasimo.
La parte peggiore era che lei
l’aveva fatto per il bene di lui, credendo che questo, alla lunga, gli avrebbe
fatto piacere, ma aveva agito, ancora una volta, come se fosse stata l’unico
essere sulla faccia della terra, senza curarsi di quello che, generalmente, si
fa in una coppia: ci si confronta.
Loro due, Draco ed Hermione,
che litigavano così spesso e che si confrontavano così spesso, non l’avevano fatto
nell’unico momento della loro vita in cui avrebbero dovuto.
Perché lui le avrebbe detto
che ciò che stava per fare era sbagliato, perché lui lo sapeva e,
probabilmente, le avrebbe anche detto che era disposto a rimanere bambino, a
tenersi quell’età balorda per un po’, a crescere di nuovo, dopotutto ci si
sposa anche quando il marito ha quattro anni in meno, non sarebbe stato un gran
problema…
Ma…
Aveva chiesto a Malfoy di
avere fiducia in lei, ma era stata la prima a non averne in lui, non gli
avrebbe creduto, anche se fosse stata la verità.
Il tutto aggravato dal fatto
che lei non era morta per davvero.
Draco Malfoy non lo poteva
sapere, ma era complicato il meccanismo biologico che si era instaurato in lei
quando aveva scelto di dargli parte della sua energia magica, a causa di questo
non era in grado di risvegliarsi, era in coma.
In pratica, Hermione si era
levata degli anni per donarli allo Slytherin, ma
questo, che in Natura era impossibile, creava uno scompenso insormontabile,
proprio perché andava contro le leggi naturali.
Non era morte quella che
erroneamente aveva visto il giovane erede dei Black, ma un sonno eterno, a meno
che qualche altra anima pia non decidesse di darle a sua volta qualche annetto.
Lo avrebbe fatto lei, se
quella fosse stata la scelta giusta, ma non poteva.
Analogamente, però, sentiva
di potere, o almeno dovere, fare qualcosa.
D’accordo, avrebbe infranto
un’altra regola, Silente gliele doveva un paio di trasgressioni, dopotutto,
fosse anche solo per tutti gli anni di buona condotta che aveva tenuto fin da
quando era stata studentessa.
Si alzò in piedi e prese la
bacchetta, inspirò ed espirò, come se compiere un’infrazione le costasse
fatica, immaginò la brava studentessa diligente Minerva McGranitt
che era stata tanto tempo addietro a fare ciò che stava facendo, Saskia avrebbe riso, dopodiché la agitò dolcemente,
sussurrando appena una formula magica.
Una nuvoletta bianca e densa
si venne a creare accanto al letto, proprio di fronte a lei.
Ciò che stava per fare era
entrare nei pensieri di Hermione e questo era proibito dalle regole della
Scuola, l’aveva vietato proprio Albus Silente, forse
temendo che qualche buontempone potesse scoprire tutti i segreti che venivano
custoditi semplicemente sfruttando la sua incoscienza.
Rimise a posto il legno e
tirò la zip che chiudeva quella nuvoletta: era un’immagine un po’ buffa,
soprattutto se si pensava che i sogni erano ermeticamente sigillati con una
cerniera, ma la metafora risultava abbastanza calzante.
Sollevandosi le gonne entrò
nella fessura che si venne a creare e la richiuse alle sue spalle.
Poi si guardò attorno.
L’interno della mente di
Hermione era banco latte, tutt’intorno pareva che
ondeggiassero i pesi delle pendole: uno da destra a sinistra, uno dall’altra
parte, per dritto e per rovescio, orologi ovunque.
Si sentì spaesata in quel
luogo e si domandò il motivo di tutto quel tempo, quel tempo segnato da ogni
oggetto intorno.
Stupendosi vide una figura al
centro di tutto questo, una ragazza vestita con la divisa della scuola,
rigorosamente Gryffindor, aspettava ferma e
sorridendo.
Le si avvicinò
-Meno male – disse
semplicemente Hermione
-Sapevi che sarei
venuta
-No – Minerva McGranitt la guardò stupita – ma speravo davvero tanto che
qualcuno arrivasse.
-Non posso tirarti
fuori da qui – disse seria e risoluta
-Non mi avevate
detto che mi sarei addormentata
-Non ce n’è stato
il tempo – ribattè la prof
-Prenda questo
La mano della ragazza resse
una catenina d’oro e appesa a questa stava una Giratempo,
la stessa che la studentessa portava sempre al collo.
-Cosa dovrei
farci? – chiese titubante la vicepreside
-Lo deve decidere
lei. Ora vada, tutti l’aspettando
E senza che potesse fare
altro, col sorriso della sua studentessa preferita che si allontanava sempre
più, si ritrovò affianco alla cucitura da dove era venuta, con la zip tirata
fino in cima.
-Addio. – disse
piano Hermione ormai distante
-Spero che sia un
arrivederci, signorina Granger – le disse l’insegnante tirando la cerniera – ma
questa volta, mi creda, una punizione non gliela leverà nessuno
-L’ho già avuta,
ma non sono pentita – disse appena
E subito dopo, mettendo piede
fuori, la McGranitt si ritrovò nuovamente
nell’infermeria vuota e grigia.
In mano reggeva ancora la Giratempo che le era stata consegnata.
***
Spazio Autrice:
ciao a tutti, eccomi tornata!
Eh no, a dispetto di quanti
accidenti mi abbiate lanciato dopo il precedente capitolo (che difficilmente
raggiungeranno il totale che avrò accumulato dopo che avrete letto questo) non
sono ancora schiattata, ma solo perché, se morissi, la fic
non avrebbe mai fine e voi rimarreste con una povera Hermione Granger mezza
stecchita e Draco Malfoy che parte per la battaglia.
Credo sia giusto fare un
discorso a parte per il titolo: Absoluteright.
Ho cercato di sintetizzare le
anime contrastanti di questo capitolo: una speranza che persiste nonostante la
scelta compiuta sia praticamente eterna e mortale e un giochetto di parole su “right” che significa sia giusto che dovere.
Giusto perché tutti sono
perseguitati dalla “cosa giusta” da fare.
Diritto perché, anche se non
l’approvo, e nonostante tutto penso che sarebbe tremendamente dalla Hermione di
questa storna, Herm crede di avere il diritto di prendere
una simile decisione.
Dato che aggiungere qualcosa
farebbe diventare il capitolo un vero mattone deprimente, ho deciso di
tagliarlo in due parti così questa volta, mi dispiace davvero tanto, ma sarete
costretti a sorbirvi solo la parte lacrimevole e un po’ deprimente, ma prometto
che dalla prossima volta arrivano i mostri! Nel senso che, finalmente, si vedrà
un po’ di combattimenti.
Per chi è preoccupato, posso
dire che non ho intenzione di emulare la zia Row con una
battaglia piena di cadaveri, soprattutto dei miei personaggi preferiti e,
sottolineo, FredWeasley
NON morirà in questa fic, anzi, probabilmente si farà
una bella e lunga vita.
Poi qualcuno mi deve spiegare
perché la maggior parte dei Fred o Frederick dei romanzi muore sempre…
Va bene, il delirio è ormai
totale, ma credo sia una condizione necessaria per buttar giù il proxcappy, nel frattempo saluto
tutti e ringrazio davvero per le tantissime recensioni che mi avete lasciato,
di cuore, Grazie davvero.
Lord Martiya: eh, Mana arriverà, tranquillo,
non era solo un nome comparso a caso, ma come sai ha bisogno di
un’ambientazione piuttosto battagliera dove sfogarsi e dubito che ci sarebbe
stata in un capitolo stucchevole come questo… L’ombra del vento è uno dei
romanzi che voglio leggere, mi hanno detto che è molto bello, lo spero, poi ti
saprò dire a che livello di cervelloticità arriva,
anche se, tra quelli che giudico piuttosto contorti spiccano I Pilastri della
Terra e anche il manga del Sigillo Azzurro…
Non so dire a proposito della
precedente vita di Malfoy, ma con ogni probabilità hai ragione, anche se questa
non gliel’ha lanciata Voldemort che, poverino, in
questa fic è morto da un pezzo… probabilmente deve
essere la reincarnazione del primo fidanzatino bastardo di Bellatrix.
Spero comunque che il
capitolo ti piaccia, ciao e a presto!
Killkenny:
ciao e, intanto, bentornato!
Sono contenta di rivederti.
Già, mi sto lanciando a fare
dei piccoli crossover coi personaggi del sensei-Akamatsu solo che in questa storia Eva non c’entrava
molto e così mi sono buttata su Mana che, dopo gli
sviluppi dei numeri del Festival Mahora mi piace
moltissimo *_*
Spero anche io che Mana ne faccia fuori un po’, ce ne sono decisamente troppi
in giro… ad ogni modo grazie per il voto, sempre altissimo e, forse, immeritato,
che mi hai lasciato, thanks!
Spero che ti piaccia anche
questo cappy, a presto!
Giuliabaron:
sì sì, la fine si avvicina, ma non poteva non starci
una bella morte deprimente nel migliore stile di Cime Tempestose…
La scelta del sogno è stata
piuttosto casuale, ma mi fa piacere di essere riuscita a rendere che cosa
provasse la nostra protagonista e, grazie a quello, anche a spiegare un po’ dei
suoi contorti pensieri di questo capitolo dove arriva addirittura a compiere
un’autentica pazzia per amore!
Draco è proprio una vittima,
ma diciamo che gli riesce bene e in questo post deve cominciare a fare il
giustiziere. Spero che il capitolo ti piaccia, a presto e un bacio!
Luana1985:
Se la situazione del precedente cappy era pericolosa,
probabilmente quella di questo è DRAMMATICA.
Il melodramma non è il mio
forte, ma qui ci stava proprio, era come se mi chiedessero di far succedere
qualcosa, ad ogni modo gli sviluppi arriveranno presto.
Come puoi vedere, lui non
starà buonino a GrimmauldPlace, anzi spero che menerà un po’ quella bacchetta e
seccherà qualche mangiamorte che intanto se lo
meritano.
So di aver postato un
capitolo shock quindi sono curiosa di sapere che cosa ne pensi, ciao e un bacione!
Flagola1991:
beh, mi fa comunque piacere sapere che, anche di fretta, hai trovato il tempo
di leggere la mia storia e anche di lasciarmi una piccola recensione, sappi che
lo apprezzo moltissimo!
Quindi ti ringrazio e mi
auguro che approverai anche questo nuovo aggiornamento, a presto allora, un
bacio!
Vavva:
come avevo già detto, si è trattato di un’idea casuale che è venuta mentre
scrivevo, all’inizio doveva essere solo per introdurre il cappy,
ma poi ci ho preso la mano ed ecco che cosa è uscito fuori =P
Tutto si sistemerà? È un po’
presto per dirlo, lo vedremo alla fine della storia, dopotutto potrebbe sempre
cascargli un meteorite sulla loro romantica casetta la notte della luna di
miele…
Ok, non ammazzarmi, era solo per dire ^^
Ecco qui il nuovo capitolo,
spero di non averti scossa più di tanto e mi auguro anche che ti piaccia… ciao
e un bacione grandissimo!
Potterina_88:
no problem, è solo un’esigenza narrativa per arrivare
alla tragedia di questo post.
Ok, mi sono lasciata trasportare, ma dopotutto ve
l’avevo detto che la storia avrebbe avuto dei risvolti cupi, chissà, magari poi
torna tutto a posto… forse…
Herm in effetti sta uscendo un personaggio strambo, però
in questo capitolo dà il massimo di se stessa compiendo addirittura una follia
per quello che lei ritiene essere il bene di Draco!
Tranquilla, non intendo
ripetere lo strazio della Rowling, per me è ancora
sufficiente quello, non credo che potrei ammazzare tutta quella gente: Lupin, Tonks (appena diventata
mamma), Fred (buuuuheeeeee)
e tutti quanti gli altri… per quanto crudele non lo sarò mai fino a quel punto,
in compenso spero di augurare qualcosa del genere ai mangiamorte.
Mi auguro che il cappy ti piaccia, aspetto di sapere, ciao e un bacio!
Falalula:
sì, sono molto sfortunati, diciamo che i guai non arrivano mai tutti da soli ed
eccoci con una Hermione mezza stecchita, Draco furibondo, la McGranitt che tra un po’ dà di matto, Hogwarts
sotto assedio, gli studenti impauriti, i mangiamorte
alle costole e Silente che deve gestire tutto questo: una bella insalata.
Beh, se nel precedente cap non avevo risparmiato nulla, c’era ancora una cosuccia
shock che doveva accadere e che invece è arrivata con la posta di oggi e questo
deprimente capitolo.
Spero comunque che ti
piaccia, aspetto di sapere! Ciao e un bacione
Akiko:
innanzi tutto ti ringrazio per tutti i complimenti che mi hai fatto, wow, sono
davvero lusingata! Mi fa piacere sapere che le mie storie ti piacciono e spero
che anche questa, che ormai è in dirittura di arrivo, continui ad appassionarti
fino alla fine!
Anche io spesso mi trovo
indietro con le recensioni (e più ancora coi capitoli), sono sempre superimpegnata e chi legge lo sa perché ogni tanto ritardo
un po’ con le consegne, soprattutto con capitolo shock come questo, ma io mi
auguro che nonostante i piccoli difetti di un’autrice che, nonostante tutto, è
ancora alle prime armi, le mie storie continuino a piacermi e spero anche di
leggere presto qualche altra tua recensione ^_^
PS: mi piace sia il tuo nome
che il tuo nick, sono entrambi molto graziosi
Shavanna:
se il precedente ti ha lasciata di sale, non oso immaginare cosa accadrà con
questo! So già che mi augurerai cose terribili… penso che in confronto lo
scherzetto del primo aprile fosse una bazzecola anche perché, a differenza del
precedente, questo cap non finisce poi così bene…
diciamo che mi sono lasciata trasportare e un po’ di storia strappalacrime non
poteva non esserci, soprattutto se la trama offre degli spunti così
irresistibili.
Ti assicuro che non voglio
uccidere nessuno dei miei lettori, ma non preoccuparti, manca ancora qualche
capitolo alla fine, magari mi faccio perdonare…
Ti mando un bacio e spero
che, nonostante tutto, il cappy ti piaccia quindi
aspetto di sapere! Ciao
Hanon:
ciao e benvenuta! Innanzi tutto tanti complimenti per il nick,
mi piace moltissimo, poi tranquilla, non c’è nessuna fretta di recensire, ad
ogni modo grazie del pensiero di avermi lasciato questo messaggio, spero che
quando avrai terminato la storia ti piacerà ancora, anche dopo questo capitolo
shock che ho appena postato.
Aspetto quindi la tua
recensione finale, quando avrai tempo e sarai ispirata (secondo me anche x
scrivere una rec bisogna essere ispirati) quindi un
bacio e a presto! Nyssa
La porta si spalancò non appena sfiorò la maniglia rivelando l’orrore
che si stava consumando tra le mura millenarie della Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts
La porta si spalancò non
appena sfiorò la maniglia rivelando l’orrore che si stava consumando tra le
mura millenarie della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
La Sala Grande che aveva
frequentato così spesso era irriconoscibile di fronte a lui: i tavoli erano
spaccati e addossati alle pareti mentre le tende avevano preso fuoco accanto
alle finestre.
La grande vetrata che
incorniciava la mensa dei professori e dove, di sera, si era spesso fermato a
guardare la luna, era ora una serie di frammenti di vetro, alcuni ancora
fissati all’intelaiatura metallica, i più sparpagliati sul pavimento. Il suono
del cristallo che si frantuma era persistente mentre veniva attaccato dai
fuocherelli e, tuttavia, appena percepibile nella baraonda generale.
Degli stendardi delle Case e
del grande gonfalone col simbolo di Hogwarts che sovrastava le loro teste
c’erano dolamente brandelli sfilacciati e affumicati con i fili colorati del
prezioso tessuto che si muovevano penduli come rami di salice sul laghetto,
tracciando spirali di fumo sopra le teste di chi già si era lanciato nella
mischia.
Ovunque, per terra, erano le
persone ormai ferite dallo scontro: riconobbe alcuni dei suoi compagni di corso
e ragazzi più piccoli mentre gli Auror, anche se pochi, erano all’opera tentando
di arginare l’invasione di mangiamorte che si era accanita contro la scuola.
Il suo ex professore di
Difesa contro le Arti Oscure, Remus Lupin, era alle prese con una specie di
minotauro mutante che brandiva una pericolosa ascia in fondo al salone; la sua
strampalata e rinnegata cugina, Nimphadora Tonks, si stava dando da fare a
contrastare due incappucciati e la sua chioma fucsia risaltava vivamente contro
il nero delle tonache mentre lei si muoveva agilmente cercando di schivare i
colpi messi a segno dai due.
Ora toccava a lui.
Solo contro il mondo, solo
contro tutti.
Non poteva contare su
nessuno, non poteva permettersi di sperare su nessuno, sarebbe immancabilmente
rimasto deluso.
Se la mezzosangue fosse stata
con lui avrebbe fatto affidamento su di lei, ma lei non c’era più.
Lei si fidava, lei credeva
che riuscisse ad andare avanti da solo.
Ce l’avrebbe fatta.
Non per lei, ma perché era la
sua natura ad essere così e la rabbia che gli montava dentro non era
minimamente paragonabile ad un sentimento facilmente gestibile.
Prima ancora che il gruppo di
allievi appena arrivati riuscisse a prendere effettiva considerazione della
situazione, spalancò il mantello, estrasse la bacchetta e si lanciò più veloce
che poté sul campo di battaglia.
I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone
I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where the city sleeps
and I'm the only one and I walk alone
Udì un grido strozzato dietro
di lui mentre schivava appena per un soffio la scia verdastra di uno
schiantesimo che era stato lanciato mentre lui attraversava lo spazio di
duello.
La riconobbe: era Pansy e
contro di lei nientemeno che suo zio.
Non gli importava chi fosse, non
si sarebbe fermato.
Tutto quello sarebbe
terminato solo a battaglia conclusa. O con la sua morte.
Ormai non c’era più niente
che l’avrebbe frenato.
Vide in lontananza la zia
Bellatrix a bordo di una specie di veicolo metallico simile a quelli che aveva
visto nel mondo babbano eppure a forma di drago.
Dall’altezza lanciava
incantesimi distruttivi verso la platea, protetta dal fatto che difficilmente
degli studenti inesperti e dei professori poco allenati sarebbero riusciti a
colpirla.
Non gli importava che fosse
in vantaggio, che avesse più anni e più esperienza.
Neppure che fosse spietata.
Era sua zia, era crudele: se
lo era lei, poteva esserlo anche lui.
Non aveva paura di lei perché
era come se la figura altera e dignitosa di sua madre, biondissima, gli
camminasse al fianco e gli intimasse di non abbassare lo sguardo di fronte a
sua sorella.
Non aveva mai saputo se
Narcissa approvasse oppure no la faccenda di Lord Voldemort, certo non le
piaceva sua sorella, insidiata da quel sentimento di rivalità che in loro due
era così spiccato.
In una famiglia dove la
rivalità, anche tra parenti stretti, è il sentimento dominante, non era
possibile pensare che anche loro ne fossero esenti.
Andromeda le aveva lasciate,
erano rimaste Bellatrix e Narcissa e la battaglia era tutta tra loro due.
Non aveva neppure mai visto
sua madre combattere, ma sapeva che in quel momento, da qualunque parte stesse,
pro o contro, avrebbe distrutto Bellatrix.
Lui aveva molti motivi per
odiarla e, come la bionda ultimogenita dei Black, non si sarebbe tirato
indietro.
C’erano tanti pesci in quel
mare, troppo piccoli, lui voleva il re degli abissi ed era lei.
-Accio scopa!
La Nimbus 2001 comparve dal
nulla mandando in frantumi l’ennesimo vetro della sala e piombando dritta tra
le sue mani.
Sua zia si accorse di lui e
si girò appena in tempo per schivare una maledizione senza perdono a lei
indirizzata.
Sfoderando il suo ghigno
malefico, rise di un riso stridulo e isterico, voltandosi e preparandosi a
ripagarlo con la stessa moneta.
Draco rifletté su cosa
avrebbe dovuto fare: scansarsi era prioritario per schivare il colpo che, di
sicuro, non gli avrebbe fatto tanto bene, tuttavia doveva elaborare al più
presto una tattica perché sapeva che se sua zia avesse cominciato ad
infervorarsi nella battaglia, difficilmente gli avrebbe lasciato il tempo per
contrattaccare, lo avrebbe assillato con continui incantesimi e lui avrebbe
avuto molto meno tempo per concentrarsi su una possibile strategia per
abbatterla.
Con ogni probabilità, perso
il loro spietato leader, i mangiamorte si sarebbero dispersi, entrando nel
panico, e sarebbero stati facile preda delle trappole che i prof avevano
disseminato per l’intero edificio.
I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line
Of the edge and where I walk alone
Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
Check my vital signs
To know I'm still alive and I walk alone
Vide sua zia voltarsi verso
di lui con la bacchetta già illuminata dalla luce verdeggiante dello
schiantesimo pronto a partire.
Per un attimo i suoi occhi
azzurri incontrarono quelli scuri della parente e mentre lei ghignava, lui
aggrottava le sopracciglia, pensando e ripensando.
Vide il braccio sinistro
piegarsi, chiaro sintomo del gesto che avrebbe fatto partire la magia, sua zia,
infatti, era una delle poche persone del mondo magico che combatteva con la
bacchetta stretta nella mano sinistra.
Era inusuale, generalmente la
mano dominante era la destra anche per coloro che erano mancini di scrittura ma
lei, come Lord Voldemort, lo ricordava perfettamente, usavano l’altra mano.
Sua madre gli aveva detto di
diffidare delle persone che combattono con la sinistra perché sono sleali;
difficile dire se fosse stata una frase dettata dall’odio che intercorreva tra
sorelle o se lo avesse davvero voluto mettere in guardia se mai si fosse
confrontato con uno di loro.
Un rumore metallico attirò la
sua attenzione un poco sotto e sentì un ronzio sospetto mentre il drago
metallico di Bellatrix si inclinava pericolosamente facendole perdere in parte
l’equilibrio; costretta a richiamare la magia per concentrarsi sulla propria
incolumità, la primogenita Black cominciò ad armeggiare con le redini di cuoio
che reggeva in una mano.
Draco non perse l’occasione e
si accanì contro di lei cercando di non farla fuggire.
Bella scappò saltando sul
pavimento.
Draco fece per seguirla ma
vide sugli spessi stucchi del soffitto una figura muoversi furtiva e
rapidissima: che non fosse un altro mangiamorte, non aveva tempo da perdere con
quegli sciocchi, doveva pensare a LEI, a Bellatrix, per ucciderla come LEI
aveva fatto con Hermione.
Prima ancora che se ne
accorgesse, però, una sagoma si materializzò sul drago cigolante e sbilenco di
fronte a lui.
Una ragazza impassibile lo
stava fissando e nella mano sinistra reggeva qualcosa come una lancia la cui
punta era conficcata con forza nelle scaglie metalliche e scariche elettriche
percorrevano tutta la superficie visibile apparentemente senza fare del male
alla ragazza.
Non ricordava di averla mai
vista né a scuola né altrove, era alta per una donna, lunghi capelli scuri,
carnagione abbronzata e pantaloni di bianchi a cui erano fissati due cinturoni
dove erano assicurate due pistole magiche.
Le conosceva, le avevano in
dotazione solo i mercenari: che i mangiamorte fossero arrivati ad assoldare
perfino della gente pagata solo per uccidere?
In genere erano sempre stati
piuttosto severi sull’ideologia che doveva muovere i membri della setta, ma
probabilmente in caso di necessità ci si faceva andare bene di tutto…
La sconosciuta gli sorrise e
lui si avvide che gli occhi della ragazza avevano le iridi chiarissime, quasi
bianche
-Non saluti la zia? – gli domandò
tranquilla facendo comparire un fucile di precisione da dietro la schiena e,
mollando l’alabarda, lo caricò con i proiettili che portava a tracolla sul
petto
Draco la fissò ammutolito:
quale zia?
-Chi sei? – indagò perplesso. Uno
schiantesimo lanciato da lontano fece per dirigersi proprio contro loro due che
stavano discorrendo, ma venne deviato da una barriera invisibile magicamente
sorta lì attorno
-Mana Tatsumiya – si presentò
sorridendogli. Il suo sorriso era molto materno, peccato che l’espressione del
viso fosse impassibile. Uno scatto secco indicò la chiusura del caricatore. Chi
era e cosa voleva? – per te, “zia” Mana – aggiunse lei
-“zia” Mana? – domandò sentendosi
più che altro preso in giro
-Faccio da rimpiazzo a tua zia,
quella vera. Quella – e allungando un braccio indicò Bellatrix nella mischia
-Sei qui per combattere? Non ho
tempo da perdere con te – scandì lapidario
-L’esatto contrario.
Doveva essergli sfuggito
qualche passaggio importante, non riusciva a raccapezzarsi nel discorso di
questa Mana.
-Sono la tua tutrice legale –
aggiunse la ragazza di pelle scura che, sempre sorreggendosi al drago metallico
instabile, fissò un piccolo treppiede e si accovacciò sul pavimento puntando il
mirino
-Cosa stai facendo? – domandò
ancora confuso
-La uccido. – c’era una naturalezza
strana in come lei aveva pronunciato la parola “uccido”. E neppure lui sarebbe
riuscito ad essere tanto tranquillo mentre preparava un colpo come quello.
Mana invece pareva stare
prendendo un tè in giardino e non trovarsi in mezzo al casino stratosferico di
una Hogwarts invasa dai nemici con gente che voleva fare la pelle a tutti gli
altri.
-Io la devo… uccidere – scandì il
biondo posando una mano sul fucile e sollevandolo. Era molto più pesante di
quanto sembrasse a prima vista e la ragazza, invece, lo alzava in tutta
tranquillità, come se si trattasse di una sacca da mare.
-Va bene. Posso uccidere gli altri?
Era basito?
Era rimasto a bocca aperta?
Chiunque gli avesse sentito
dire una cosa del genere avrebbe cominciato a gridare che certe cose non si
fanno e che uno come lui non le avrebbe dovute fare perché ormai era un
BUONO.
Mana invece, tranquillissima,
aspettava una risposta.
Non era sconvolta, solo
sorridente come prima. E continuava a pensare che quello non fosse il posto più
adatto per sorridere a quel modo.
Non aveva fatto una piega
alla parola “uccido” come non ne aveva fatte quando lei stessa l’aveva
pronunciata.
Beh, meglio così.
-Tutti quelli che vuoi – le rispose
La bocca di lei si storse in
una smorfia soddisfatta. Si gettò i lunghi capelli scuri dietro le spalle,
spostò appena la mano candida dello Slytherin dal suo fucile, avvicinò l’occhio
al mirino, premette il grilletto e fece centro.
Uno dei mangiamorte in fondo
alla sala, seminascosto dietro un tavolo che si azzuffava con un grifondoro
cadde a terra morto. Centro perfetto.
In realtà la morte di una
persona non era proprio cosa di cui gioire, ma quella tipa lo stava stupendo
parecchio.
-Ti copro le spalle – aggiunse poi
la morta sparando ancora una volta e riuscendo a colpire l’ennesimo seguace del
Lord Oscuro.
Non aveva dubbi che l’avrebbe
fatto e probabilmente nel frattempo si sarebbe occupata anche degli altri.
Chissà chi era e cosa voleva.
Non ricordava di aver mai avuto un tutore, dopotutto i suoi genitori erano
ancora vivi e lui maggiorenne… però sentiva di potersi fidare di quella stramba
ragazza stesa lassù in cima che si stava rivelando un autentico cecchino!
* * *
Vedendo sua zia finalmente a
piedi decise che poteva anche fare momentaneamente a meno della scopa.
Scese e, con la bacchetta in
pugno, si diresse a grandi falcate verso la donna che, nel frattempo, stava
brandendo il suo legno come se fosse stata una clava lanciando schiantesimi a
destra e a manca nel tentativo di frenare l’orda di creature che il professore
di Difesa le aveva aizzato contro.
Perfetto, la situazione era
propizia, non gli sarebbe importato molto di ucciderla di schiena o quando gli
voltava le spalle, quello che aveva fatto ad Hermione era stato molto peggio
perché aveva chiesto a qualcuno di uccidere LUI da parte sua. Non si era
neppure scomodata, la maledetta, credeva che fosse facile eliminarlo, ma si
sbagliava!
A dispetto di tutti lui era
ancora lì, più che disposto a dimostrarle che non era così facile toglierlo di
mezzo e, ovviamente, arrabbiato come non mai per quello che era successo alla
sua compagna.
Hermione era completamente
estranea a quella faccenda e non doveva entrarci neppure di striscio, ma per
colpa sua e di sua zia ne era venuta a conoscenza e ne aveva anche pagato le
conseguenze.
Per lui.
Non poteva sopportarlo.
Correndo più che poteva si lanciò
con tutto se stesso contro la parente mentre la bacchetta saettava di raggi
pericolosi.
-Fermati! – gli intimò Fenrir
Greyback afferrandolo in malo modo per il polso e strattonandolo.
Era meglio per lui se
l’avesse lasciato andare, le persone sagge sanno sempre quando è arrivato il
momento di ritirarsi, il peggio dei mangiamorte era che non avevano il senso
della misura e credevano di poterla spuntare su tutti essendo i più potenti.
Il lupo mannaro che lo
stringeva e credeva di poterlo sbattere a terra ghignò mentre sottili fili di
bava gli colavano dalla bocca spalancata con i denti aguzzi in mostra: doveva
essere tramontato il sole, ma non esserci la luna.
-Piccolo sciocco – mormorò il lupo
Draco ghignò a sua volta
mentre, sottilmente, uno strato di fiammelle cominciava a ricoprire l’intero
suo corpo diventando sempre più alto e spesso e la cui temperatura aumentava ad
ogni istante.
-Brucia! – sibilò senza trasporto
mentre, improvvisamente, tutte le fiammelle divennero lingue di fuoco che
andarono a ricoprire l’intera sagoma del mangiamorte, avvolgendolo e
straziandolo
Allontanandosi di un passo,
vide il rogo circondare l’uomo-bestia e la sagoma contorcersi dal dolore mentre
le fiamme lo consumavano.
Sapeva di dover usare quel
potere con parsimonia, se lo ripeteva ogni volta, ma… se non lo utilizzava
adesso, se non lo usava quando poteva, a che cosa serviva?
My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Til then I walk alone
Spostò nuovamente
l’attenzione su sua zia, ancora alle prese con le dispettose creature del prof
e fece per lanciarsi nuovamente contro di lei, più determinato che mai, quando
una voce cavernosa e profonda non scosse i presenti attirando gli sguardi in
alto.
Dall’altro capo della sala,
l’imponente e massiccia forma di Rodolphus stava in piedi nella sua consueta
veste nera di pelle con le tempie striate di bianco e le mani fasciate da
guanti: sapeva che il marito di sua zia aveva le braccia completamente
deturpate a causa di un incendio che era stato appiccato ad Azkaban e da cui
era stato salvato troppo tardi.
Ma guardando quello che stava
facendo, si pentì per coloro che l’avevano tratto dal fuoco e maledisse che le
fiamme dell’inferno non lo avessero consumato come stava accadendo al suo
compare.
Nella mano sinistra, infatti,
retto appena per il collo, Rodolphus reggeva un bambino fasciato solo dalla
tutina bianca e dal lenzuolo che ancora gli pendeva sulla schiena.
Nella mano destra,
saldamente, era impugnata la bacchetta che già sfavillava del bagliore
verdastro dell’Avada Kedavra, la maledizione senza perdono per eccellenza.
Come era facile prendersela
con un bambino indifeso… ma loro erano mangiamorte, senza regole e senza onore e
non avrebbero rispettato nessun codice pur di ottenere ciò che volevano e quel
qualcosa era la Elder Wand.
Si guardò attorno mentre il
caos era ammutolito e perfino sua zia taceva, forse colpita dalla perfidia di
cui il suo consorte era capace.
La maggior parte dei presenti
non poteva riconoscere il neonato quasi soffocato tra le grosse mani del mago,
ma per lui era come se lo sapesse da una vita: era Devlin, il nipote di
Silente.
E non poteva permettersi che
morisse.
Se, tuttavia, erano riusciti
a rapire di nuovo il bambino, ebbene, Silente doveva essere morto.
Attorno a sé tutto era
quieto, ma denso di terrore, nessuno sapeva: Mana, dall’alto della sua
postazione, stava cercando la posizione migliore per colpire l’uomo che,
tuttavia, si stava facendo scudo col corpo indifeso di un fanciullo.
Dall’altra parte della sala,
Harry Potter era impietrito e perfino il suo avversario ora guardava il suo
leader con terrore.
Forse Voldemort non era stato
il mago più crudele della terra, ma lo erano diventati i suoi seguaci.
Guardò meglio la bacchetta
tra le mani dello zio e, d’un tratto, la riconobbe con la lucidità che colpisce
quando ci si ricorda di un particolare episodio prima confuso: non era la
bacchetta di Rodolphus, era quella di Silente!
Ma allora era davvero morto!
E quel bastardo maledetto avrebbe usato la sua stessa arma di difesa per
uccidere la cosa più cara che il preside avesse!
No, non poteva
permetterglielo
-Non muoverti, Draco! – intimò
ancora il mangiamorte muovendo un passo e sentendosi in netta posizione di
superiorità.
Draco rimase immobile,
sapendo che lui era in vantaggio, ma doveva pur esserci una soluzione, doveva
assolutamente salvare quel bambino perché era questo che aveva implicitamente
promesso a se stesso lanciando contro la sua stessa famiglia il potere della
Reliquia.
Aveva fatto in modo che i
mangiamorte non potessero entrare in possesso della Pietra e, quindi, non
potessero spegnere il fuoco che la circondava.
La Bacchetta era l’unica che
potesse spegnerlo e la Bacchetta la possedeva la famiglia di Silente.
Silente e i suoi familiari,
quindi, non dovevano morire sennò qualunque cosa fatta sarebbe stata
vanificata.
Quindi, se Silente era morto,
altrettanto non sarebbe dovuto accadere a Devlin, ora e per i prossimi suoi
undici anni.
-Bella, mia cara, vuoi occupartene
tu? – chiese mellifluo il marito alla devota seguace di Voldemort
Come avrebbe reagito lo zio
Rodolphus se avesse saputo che Bellatrix se la faceva con metà dei mangiamorte?
Certo nessuno si era preoccupato di dirglielo.
Quello, però, non era il
momento di pensare agli scandali da rivista rosa perché sua zia in quel
medesimo momento stava pensando a come ucciderlo il più in fretta possibile e
quello che riconosceva sulla punta della sua bacchetta era proprio un Cruciatus
e quello subito dopo un meraviglioso Sectumsempra.
Merda.
Schivò la prima maledizione,
ma la seconda, lo sapeva, era mirata proprio a lui e difficilmente sarebbe
riuscito ad evitarla.
Anche qui riusciva a pensare
solo ad una cosa.
Con la mano ancora libera
tracciò un arco immaginario di fronte a sé e, un istante prima che la
maledizione lo raggiungesse, questo prese fuoco fungendo da scudo e rispedendo
alla strega il suo stesso incantesimo.
Bellatrix bestemmiò
schivandolo appena mentre Rodolphus gli intimava di non fare mai più una cosa
del genere
-O il bambino morirà – aggiunse.
Inutile dire che quella povera creatura sarebbe morta ugualmente perché loro
dovevano recuperare la Bacchetta.
Si guardò attorno.
Cazzo.
Sì, lo sapeva che la
mezzosangue non avrebbe approvato e lui stava diventando il tripudio del
turpiloquio, ma lei ora non c’era e la situazione era appena poco più che
TRAGICA!
Non poteva neppure rispedire
gli incantesimi che altrimenti avrebbe rischiato inutilmente di mettere in
pericolo la vita del piccolo Devlin.
La Granger lo avrebbe deriso,
se fosse stata lì, lei senz’altro avrebbe avuto una qualche idea vincente per
sconfiggere quel manipolo di matti.
Si guardò sospettoso attorno,
se gli avessero lanciato un altro incantesimo non avrebbe potuto fare molto.
Inaspettatamente uno
schiantesimo lo fece barcollare e finire a terra.
Era riuscito a rialzare la
barriera solo all’ultimo e quello aveva sortito i suoi danni.
Era stata sua zia, lo sapeva,
nessuno in quel momento si sarebbe sognato di disobbedire agli ordini di
Rodolphus, neppure gli altri mangiamorte perché lui aveva espressamente
richiesto che fosse sua moglie a sistemarlo.
E così, al centro della sala,
con gli alleati schierati e i nemici pure, stava aspettando di trovare un’idea.
Un altro incantesimo, ma
questa volta rinunciò a difendersi: a cosa sarebbe servito? Non poteva fare
nulla e non poteva salvare il bambino. Non poteva badare a se stesso senza
metterlo in pericolo.
Rodolphus ghignò.
-Vedo che stai cominciando a capire
da che parte tira il vento… - soffiò malevolo
Draco si rialzò sulle
ginocchia constatando che del suo mantello non era rimasto granché.
Lo fissò truce e fece il
possibile per rimettersi in piedi, anche se barcollante.
-Un altro – scandì l’uomo
all’indirizzo della moglie e un nuovo schiantesimo lo raggiunse.
Questa volta il dolore fu
atroce.
Sentì il sangue colare giù da
una tempia e sulle mani, sopra il Marchio Nero che bruciava come se un ferro
incandescente gli fosse stato appoggiato sul braccio.
Dovevano saperlo, maledetti,
LORO lo dovevano sapere!
Eppure, nonostante tutta
quella sofferenza, non era pentito di averli traditi e di essere entrato
nell’Ordine.
Ancora uno e un altro ancora.
I vestiti a brandelli, le
ferite ovunque, i capelli scarmigliati e gli occhi pesti.
Aveva senz’altro una buona
resistenza agli schiantesimi, ma quello che temeva di più era il Crucio.
E sapeva che sarebbe arrivato
presto, per ucciderlo con dolore.
-Ma guardati, e tu saresti Draco
Malfoy? – lo canzonò il mangiamorte agitando il marmocchio tra le mani –
l’altero figlio di Lucius? Il traditore? Quasi mi vergogno di essere qui ad
aspettare che tu muoia
-Non morirò così presto – sputò il
biondo mettendosi a sedere come poteva, il suo orgoglio sarebbe di certo morto
un secondo dopo di lui e non voleva assolutamente dare a suo zio la
soddisfazione di quanto detto. L’avrebbe costretto a rimanere lì finchè le sue
membra non fossero state gelide perché era l’unico, ormai, che poteva davvero
rappresentare un pericolo per loro.
Sentiva quasi il fremito che
Potter stava avendo nelle mani e il suo desiderio di intervenire, ma, come lui,
non poteva fare nulla.
-Hai la pelle dura, eh? Bella,
ancora uno!
E un altro incantesimo,
distruttivo quanto i precedenti, si accanì contro la sua schiena mandandolo a
gambe all’aria al centro della sala, sbattendo contro un tavolo e sopra i cocci
del lampadario.
Draco aprì gli occhi sperando
di essere morto, ma ritrovandosi ancora in quell’inferno, sempre solo.
Desiderò di non essere mai
venuto al mondo se la sua vita fosse finita in una sofferenza simile, ma,
dall’altra parte, ringraziò di essere nato per aver fatto del suo meglio, alla
fine.
Questo era l’insegnamento che
gli aveva trasmesso inconsciamente la mezzosangue, peccato che lei non fosse
riuscita a cogliere ciò che lui invece voleva trasmetterle.
Il prossimo, probabilmente,
sarebbe stato un sectumsempra o un crucio, ad ogni modo il suo
colpo di grazia.
Richiuse gli occhi e inspirò
profondamente mentre la risata satanica dello zio riempiva l’aria
rimbombandogli nelle orecchie stordite.
Riaprì gli occhi e si preparò
alla sua fine: come si era sentita la Granger un attimo prima di toccargli la
mano? Come si era sentita quando, alla fine, si era accasciata sul letto
mollemente?
Come lui?
C’era una cosa, però, che voleva
fare prima di morire ed era vedere di nuovo la neve. Era curioso come il
custode del Fuoco che Brucia in Eterno fosse tanto affascinato dal suo
corrispettivo e opposto naturale.
Serviva del coraggio per
riaprire gli occhi e guardare ancora lo strazio e lo scempio consumato in
quella sala. Avvertiva quasi il respiro smorzato degli altri presenti e perfino
quello esterrefatto dei mangiamorte.
Era come se ogni suono gli
giungesse alle orecchie amplificato e purificato: il battito del suo cuore, un
poco scoordinato. Il fruscio della veste.
Le mani di qualcuno che si
fregano l’uno contro l’altra.
Il respiro di Rodolphus,
pesante.
Il rumore dei capelli di sua
zia che cascavano sulla veste.
Una scarpa fregata sul
pavimento con la suola.
Il mormorio del vento oltre
la finestra.
Il suono metallico di
qualcosa che sbatacchiava col vento.
Eppoi un misto strano di
musica e rumore come il suono della celesta, un ronzio fastidioso che strideva
con il tutto e di cui non riusciva a identificare la provenienza: era quello
ciò che si sentiva prima della morte? In verità non assomigliava molto alle
Trombe del Giudizio…
Aprì gli occhi un’ultima
volta pregando che fosse l’ultima.
Si sentiva profondamente
inutile per aver frustrato a quel modo le aspettative di Hermione, dopotutto
lei aveva dato la sua vita perché lui potesse combattere e distruggere i nemici
e, invece, tutto quello che era riuscito a fare era farsi ammazzare
pietosamente.
La palpebra sinistra si
sollevò prima dell’altra e mise a fuoco la sagoma scura dello zio, ancora in
piedi di fronte a lui, ad una certa altezza.
Il ronzio continuava ad
essere persistente, costante, fastidioso: ma cos’era? Da dove veniva?
Dalla sua destra, così
sollevò anche l’altra palpebra cercando di abituarsi alla luce, seppur fioca,
che ancora circondava l’ambiente.
-Sei pronto a morire? – gli chiese
Lestrange
E improvvisamente capì.
Draco ghignò, riuscendo a
riconoscere un qualcosa di cui, probabilmente, né lo zio e né la zia si erano
ancora accorti.
-Illusi, forse potete uccidere me,
ma questa è la vostra fine…
-Che cosa vuoi dire, razza di
pazzo? – strillò Bellatrix gesticolando furiosamente
-Quello… quello che ho detto – e
sollevando a fatica l’indice lo puntò sulla mano sinistra del mago, ancora
allungata in avanti a stringere il collo sottile del bimbo che aveva in braccio
Draco tossì e dalle sue
labbra uscì sangue, ma adesso non voleva ancora morire, voleva VEDERE.
Chissà come, chissà perché…
forse la Granger era diventata il loro Angelo Custode.
Fatto sta che non sarebbe
stata la fine del mondo.
E facendosi forza e
appoggiandosi al tavolo, si mise malamente a sedere.
Bellatrix, colpita, fece per
lanciargli l’ennesimo schiantesimo quando, dalla mano serrata del mangiamorte
suo marito partì un fascio di luce rossa come rubino.
E subito dopo un altro e un
altro ancora finchè una raggiera vermiglia non cominciò a propagarsi dal pugno
serrato come a volerlo fare esplodere.
Rodolphus, spaventato,
allontanò più che poté la mano dal corpo cercando di capire cosa stesse
accadendo, ma, nello stesso tempo, resto a liberarsi dell’unico ostaggio che
gli dava veramente la forza di dettar legge.
Aveva ancora la Bacchetta,
però!
E la puntò malamente al petto
del nipote
-Che cosa hai fatto, Malfoy? Che
cosa sta architettando la tua testa?
-Io proprio niente – rispose lui
mentre sulla bocca si dipingeva il ghigno made-in-malfoy – ma qualcun altro
senza dubbio ci ha pensato…
-Taci, bastardo!
E in preda alla collera e
alla frustrazione di un incantesimo che non sapeva gestire, partito da chissà
dove, sentì la stretta al polso allentarsi, come se qualcuno tentasse di
aprirgli la mano serrata.
Lanciò una maledizione contro
il nipote che, tuttavia, seppur pesto, con un ultimo gesto dall’aria alquanto
svogliata lo respinse con l’ennesimo muro di fuoco che glielo rimandò indietro.
Nero di rabbia, Rodolphus
pestò i piedi e digrignò i denti come un cane mordace costretto in gabbia.
-Ora morirai, maledetto Malfoy! –
sbraitò di nuovo
E la punta della bacchetta
che aveva in mano si colorò di verde, il colore della maledizione senza perdono
che non poteva essere evitata, Draco non sarebbe riuscito a metterlo nel sacco
con i suoi trucchetti da prestigiatore!
Piegò il braccio come il
tiratore di baseball che si prepara al lancio, dopodiché lo stese e fece per
lanciare finalmente la magia quando dal nulla comparve una voce seria e quasi
spettrale
-Fermo – disse senza colore tanto
da gelargli il sangue nelle vene. Mai nella sua vita aveva udito qualcosa di
così freddo, neppure la voce di Lord Voldemort. E subito dopo, dal nulla,
comparve una mano che gli afferrò il polso e poi la luce rossa cominciò a
dissolversi, lasciandogli scoprire che tra le mani non aveva più un neonato
piangente, ma un ragazzino sui dodici, tredici anni appeso per la gola.
Nonostante la posizione
decisamente sfavorevole, lo sconosciuto ghignava mentre il suo avversario lo
squadrava inorridito a cominciare dai capelli bianchissimi e albini di cui era
incorniciato il volto e due profondi occhi verdi come smeraldo in cui non
riusciva a leggere nessuna emozione, ma dove poteva riconoscere la sua sagoma,
piccola e derisa dai pensieri del ragazzino.
-Pazzo – aggiunse ancora lo
sconosciuto e, spostando la mano lungo il braccio del mangiamorte, la fece
scorrere fin sul dorso quando, finalmente, entrò in contatto con il legno di
sambuco della bacchetta che l’uomo reggeva in mano e che aveva sottratto
nientemeno che a Silente.
In quel momento, quando dal
nulla comparve quella figura che ancora andava materializzandosi davanti agli
occhi increduli dei presenti e toccava appena la Elder Wand, la Reliquia della
Morte, una violenta scarica magica investì Rodolphus Lestrange, scosso da
tremiti e brividi di quella forza magica che veniva dalla Bacchetta che lo
rigettava quale padrone.
E lui lo sapeva.
E anche lo sconosciuto.
Lo faceva perché non era il
padrone legittimo.
-Chi…. Chi sei – farfugliò a fatica
il mago, stupito che al ragazzo fosse invece permesso toccare l’oggetto.
Questi, ancora appeso per la gola, pareva non provare dolore, ma anzi,
dall’alto della posizione in cui lo reggeva, con le gambe a penzoloni che non
toccavano, stava squadrando dall’alto in basso, con aria di estrema
superiorità, lo stregone straziato che non lasciava la presa
-Il mio nome – disse facendo una
pausa il ragazzo albino – è Devlin Derek Dumbledore e sono il legittimo
possessore della Elder Wand.
E mentre pronunciò quelle
parole sfilò la bacchetta dalle dita callose di Rodolphus che lasciò infine la
presa facendolo cadere in piedi sul pavimento mentre lui si accasciava mezzo
morto sul pavimento e lo misurava con aria pietosa dal basso mentre gli occhi
verdi e privi di pietà erano posati con freddezza e distacco su di lui.
Il ragazzo ghignò e agitando
il legno come solo i migliori incantatori sapevano fare, finì per posare appena
la punta, quasi sfiorando, la fronte del seguace di Voldemort; subito non
accadde nulla, ma l’istante seguente fu come se una forza spaventosa spingesse
l’uomo lontano finchè non andò a scontrarsi con la dura parete delle mura e
cadde tramortito sul pavimento.
Solo allora Devlin si permise
di alzare lo sguardo sugli altri rivelando finalmente i suoi occhi e la sua
espressione.
* * *
Spazio autrice: ciao a tutti! Eccomi di nuovo (casualmente in
ritardo) con un nuovo capitolo… no, al momento non ho ancora resuscitato Hermione
e, francamente, sto davvero pensando a come poterlo fare, mica è cosa da poco
anche se io sono l’autrice…
Comunque, torniamo alla
storia: come promesso alla sua bella, Draco entra nella battaglia preso come
non mai, più che deciso ad ammazzare almeno una dozzina di persone, ha però due
sorprese più o meno belle, ovvero la comparsa della “zia” Mana (e qui Akamatsu
viene a linciarmi personalmente) e Rodolphus Lestrange che gli fa un bello
scherzetto riuscendo a prendere l’unico ostaggio che contava davvero qualcosa
(chissà perché ma in genere gli ostaggi non contano mai nulla), comunque se l’è
davvero vista brutta, questa volta, e vi è andata bene che ero pure di luna
dritta e non l’ho ammazzato malamente…
Però Draco è ancora vivo (ho
letto troppe fic dove moriva, ringraziate anche loro) e quindi suppongo che a
questo punto debba seriamente mettermi a riflettere su Devlin, o meglio, credo
che dobbiate mettervici voi.
Con questo scappo perché sono
sempre di fretta e senz’altro mi sarò dimenticata qualcosa, ad ogni modo
scusatemi e ci vediamo al prox aggiornamento!
Un bacione!
PS: per quanto riguarda il
numero totale di capitoli… non credo che andrà avanti moltissimo, siamo agli
sgoccioli…
PS2: qualcuno mi ha chiesto
degli spoiler sulle Relazioni e, anche se non è la sede più indicata e io in
genere non ne faccia, non credo di potervi levare almeno qualche piccolo
indizio.
Come si poteva chiaramente
capire dal finale che ho scritto, protagonisti di questa nuova avventura
saranno i due figli di Draco ed Herm, Leonard e Gardis, e tutta la nuova
generazione alle prese con qualche mistero proveniente dal passato (chi ha
orecchie per intendere intenda), ma, soprattutto, mooooooooolti nuovi casini
creati ex novo per loro.
Spero che verrete a leggerla
in tanti quando mi deciderò a pubblicarla, nel frattempo ringrazio tutti quelli
che stanno seguendo questa storia!
PS3: la canzone con cui è
inframmezzata la storia è Boulevard of Broken Dreams dei Green Day,
pescata dal mio strampalato repertorio che, tuttavia, mi sembrava piuttosto
indicata per rappresentare lo stato d’animo quasi di abbandono che Draco prova
nei confronti delle cose adesso che Herm non c’è più e sta combattendo come un
matto.
Anche se sono una scrittrice
[in erba] e raccontare è il mio lavoro, credo che questa canzone esprima molto
meglio le cose che centinaia delle mie descrizioni prosastiche e noiosissime.
Non entro nel merito dei
gusti, so che ad alcuni potrebbe non piacere, io spero che riusciate a leggere
il parallelismo ^_^
Luana1985: direi di no, Draco ha davvero ben poco tempo per
pensare al suo eroico quanto sconsiderato gesto, direi che prima è basilare
cercare di portare a casa la pelle perché pare che i mangiamorte siano
piuttosto intenzionati, invece, a spedirlo sottoterra.
Mi dispiace di averti
sconvolta, scusami, comunque mi auguro che ti piaccia anche questo nuovo
capitolo, ciao e un kiss! Nyssa
Vavva: credo che l’incombente fine della storia sia l’unica
cosa che mi salva dalla persecuzione a vita per quello che ho fatto ad Herm, ma
su, abbiate un po’ di fiducia, sono un’autrice dalle mille risorse! (in verità
ancora a riflettere su come rimediare al casino, ma di questo se ne discuterà
in futuro).
Mi fa molto piacere che la
vicenda narrata nel precedente cappy ti sia piaciuta, in effetti Herm è stata
grandiosa e, come ripeto sempre, sconsiderata: sappi che non approvo per
niente quello che ha fatto, ma avevo determinate esigenze di copione e alla
fine mi sono decisa a farle fare qualcosa che non mi andava.
Nel precedente capitolo si guarda
parecchio dentro alle persone: Draco, Herm, Blaise e la McGranitt, ciascuno ha
la sua vita e le sue motivazioni per fare ciò che fa ed è un po’ come tirare le
fila di tutta la storia, dall’altra parte, però, in questo ventiquattresimo
capitolo si descrive molto, invece, ciò che accade fuori.
Penso che in una battaglia
sia più calzante vedere la vicenda, anche perché immagino che la mente sia
impegnata a fare altro piuttosto che lunghi flashback come in Holly e Benji…
Mi auguro che ti piaccia
ugualmente e aspetto quindi una tua opinione! Ciao e un bacione grandissimo,
Nyssa
Fragola1991: i colpi di scena cominciano a comparire un po’ in
questo perché nell’altro bisognava spiegare tutta la situazione, ad ogni modo
non disperare, ci saranno tantopiù che siamo quasi all’inizio e non mi gira
molto di lasciare la nostra Herm stecchita in infermeria…
Come richiesto, ho aggiornato
il prima possibile, mi auguro che l’attesa non sia stata eccessiva e ne
approfitto anche per ringraziarti di tutti i complimenti che mi ha fatto,
grazie davvero di cuore!
Adesso ti saluto, un bacio,
Nyssa
Lord Martiya: chiaro e conciso. Per la prima cosa, come vedi, ho
cominciato perché la nostra bella Mana è finalmente arrivata sulla scena, anche
se penso che qualche accanito fan del sensei vorrà ammazzarmi per come le ho un
po’ storpiato il carattere, ma ricado sempre nella solita scusa di “esigenze di
copione”.
Per quanto riguarda salvare
Hermione ci sto lavorando, anche se capirai bene che non è molto facile, ma ho
in mente una cosuccia…
Spero che il cappy ti sia
ugualmente piaciuto e aspetto di conoscere la tua opinione a proposito, ma
premetto che la battaglia non è ancora finita, eheheh!
Ciao e a presto! Nyssa
Jocker666: ciao e benvenuta! È bello sapere di avere tanti
assidui lettori e lettrici che seguono la storia anche se non la commentano!
Credimi, ti capisco benissimo, pure io sono rincorsa giorno e notte dalle
scadenze e ogni volta rischio di essere in ritardo con la pubblicazione del
capitolo ed è bruttissimo visto che tutti mi chiedono sempre di aggiornare
sempre…
Ad ogni modo grazie per tutti
i bei complimenti che mi hai fatto! Per quanto riguarda la pesantezza ammetto
che è uno dei miei grandi difetti, non solo quando scrivo di storie, se poi ci
sono mille altre storie dentro alla Storia, beh, mi trovo sempre costretta a
sprecare più spazio del previsto per chiarire i dettagli poco chiari che sono
sempre troppi.
Spero che anche gli ultimi
capitolo che nella scorsa recensione non avevi ancora letto ti siano piaciuti e
mi auguro che sia lo stesso anche con questo, quindi spero di vedere presto il
tuo nome tra le recensioni per avere un tuo parere.
Nel frattempo ti saluto e ti
mando un bacio, Nyssa
Giuliabaron: anche io sono totalmente favorevole agli happy
ending, il problema è riuscire a costruirne uno credibile dopo quanto ho fatto
succedere… non posso certo fare una cosa campata per aria che non sta né in
Cielo e né in Terra… ad ogni modo, come ho già detto, ci sto lavorando sopra e
spero di riuscire a trovare la soluzione ideale per accontentare tutti i
cultori di lieti fini, me per prima.
Spero che il capitolo ti
piaccia, aspetto di sapere! Ciao e un bacio grande, Nyssa
Shavanna: innanzi tutto un grazie con inchino per le belle
parole con cui hai iniziato la recensione, credimi, sono davvero commossa,
quasi che non smetterò di scrivere solo per ricevere ancora dei commenti così
=^_^=
Ehehe, la vicenda finale non
è molto intricata e piano piano si stanno dipanando i fili della matassa,
probabilmente avrai già capito che cosa è accaduto e, se non è così, stai
tranquilla che nel prox aggiornamento spiegherò tutto per filo e per segno,
dopotutto credo che i tempi siano maturi.
Mi piace da morire quando mi
chiami “regina degli enigmi”, tu si che sai come adulare l’ego smisurato di una
scrittrice come me!
Comunque aspetto di avere la
tua opinione su questo primo pezzo della battaglia, a presto quindi! Ciao e un
bacione grande grande grande! Nyssa
Akiko: interrogativo interessante, in effetti me lo sono
posta anche io qualche volta, ma poi ho sempre liquidato il problema visto che
non era molto rilevante per la vicenda… comunque chissà che una volta o l’altra
non mi giri di dirlo da qualche parte… ecco un’altra cultrice dell’happy
ending: come ho già detto sono io la prima ad amarli, ma bisogna costruirli
bene sennò rovinano tutta una storia di sacrifici e idee, quindi mi ci metto
d’impegno appena ho tempo e invento qualcosa di sensato che non sia proprio
cascato dal Cielo.
Probabilmente stai per dire
che sono pazza, ma non preoccuparti, riuscirò a terminare il tutto, è solo
l’ansia pre verifica che mi assale alle nove di sera… l’esame si avvicina,
spero di riuscire a completare la storia per allora in modo da lanciarmi a cuor
leggero, intanto ti faccio un in bocca al lupo anticipato per la maturità
dell’anno prossimo!
Per quanto riguarda cappy e
spoiler, invece, sono nella sezione spazio autrice.
Mi auguro che il capitolo ti
piaccia, aspetto di sapere! Un bacione grande, Nyssa
Quando Rodolphus Lestrange lasciò la presa, scaraventato via da una
folata di energia che non si sapeva da dove provenisse, il giovane Devlin
atterrò morbidamente sul pavimento pieno di cocci e schegge con i piedi nudi,
senza preoccuparsene
Quando Rodolphus Lestrange
lasciò la presa, scaraventato via da una folata di energia che non si sapeva da
dove provenisse, il giovane Devlin atterrò morbidamente sul pavimento pieno di
cocci e schegge con i piedi nudi, senza preoccuparsene.
Sarebbe stato difficile
attribuirgli un’età precisa, il suo sguardo pareva aver visto tutta la storia
del mondo, ma il suo aspetto di ragazzino lo smentiva.
I capelli bianchissimi, poi,
erano un bizzarro contrasto con il verde quasi innaturale degli occhi grandi
che studiavano e guardavano tutti.
L’ultimo Dumbledore sulla
terra si guadò attorno regalando un’occhiata di superiorità ai mangiamorte
impietriti e tremanti e una fredda e scrutatrice al piccolo esercito
dell’Ordine della Fenice schierato e altrettanto basito.
Gli occhi smeraldo si
abbassarono sul lungo lenzuolo che lo ricopriva e Devlin scosse la testa: solo
più tardi, riflettendo su quel dettaglio, sia Draco che Harry avrebbero
confermato che Silente stesso non avrebbe fatto cosa diversa, infatti, toccando
appena la stoffa bianca, questa cominciò a modellarsi su di lui fino ad
assumere le sembianze di un abito decisamente più comodo.
Quando rialzò la testa,
pareva che il giovanetto avesse risolto tutti i suoi problemi e che la presenza
massiccia degli adepti di Lord Voldemort ancora lì non costituisse un dettaglio
di cui preoccuparsi.
Solo allora gli occhi verdi
si spostarono su Draco, appoggiato fiaccamente al tavolo riverso che ansimava a
fatica, ma che, tuttavia, stava ghignando come solo lui sapeva fare, quasi
rispondesse un po’ all’aria strafottente che lo stesso ragazzino albino aveva
stampigliata sul volto dalle fattezze ancora un po’ infantili.
Devlin si mosse per la sala
senza che nessuno osasse fiatare o muoversi, né buoni e né cattivi, si accostò
allo Slytherin e piegò le ginocchia per arrivare all’altezza di quest’ultimo.
-Credo che tu, tra
tutti, sia l’unico che sa davvero chi sono – gli sorrise e quel gesto gli parve
molto diverso dagli altri che aveva rivolto, come se volesse bene a Draco
Il biondo annuì a fatica,
dopodiché Devlin scostò appena i lembi della camicia dell’altro e posò una mano
sul petto, il Caposcuola verde-argento sussultò a quel contatto, come se per un
attimo gli fosse mancato il respiro, dopodiché le ferite che aveva sul corpo e che
gli erano state procurate dagli schiantesimi di sua zia cominciarono a
scomparire, lentamente.
-Chi sei? Che cosa
stai facendo? – urlò esagitata Bellatrix brandendo la bacchetta e più si
rendeva conto che la situazione diventava critica per loro, più diventava
isterica
-Mi pareva di
averti già detto il mio nome. – rispose glaciale Devlin senza neppure
guardarla, ma continuando in quello che stava facendo – avresti fatto meglio a
ricordartene allora – aggiunse ancora.
Faceva uno strano effetto
essere arrivati sull’orlo della distruzione totale e sapere che a salvare il
tutto era stato un ragazzino un po’ sfrontato.
E il fatto che stesse
rimettendo in piedi il figlio di sua sorella non giocava a loro favore, Draco
Malfoy era senz’altro una persona pericolosa tanto quanto lo era la sua totale
imprevedibilità.
Era fin troppo intelligente e
per di più adesso militava tra le fila di Silente.
Doveva fare qualcosa.
In un impeto di follia lanciò
contro i due, apparentemente indifesi, la prima maledizione che le giunse alla
mente, la scagliò con tutte le forze che aveva in corpo nel tentativo di
distruggerli per sempre, poco importava che andasse contro le regole della
cavalleria, visto che non potevano difendersi ed erano impreparati all’attacco,
erano mangiamorte, dopotutto, il loro unico codice era quello che li univa al
loro signore.
Ma fu tutto vano, per quanto
potente e odiato, l’incantesimo andò ad infrangersi contro una barriera
invisibile intorno alle due figure.
E l’attimo seguente il nipote
di Albus Silente voltò verso di lei la testa, sembrava che avesse a che fare
con un moscerino fastidioso e l’aria era decisamente molto seccata.
-Sei una persona
molesta, Bellatrix Black. E credevo che tu avessi abbastanza cervello per
preservare la tua integrità, ma mi rendo conto che non è così.
-Stai zitto! – gli
gridò furibonda la donna, più scarmigliata che mai
Nel frattempo Malfoy si
rimise in piedi, non era proprio come nuovo, ma quel ragazzino sapeva davvero
compiere miracoli con quella bacchetta e non dubitava certo che la maggior
parte del merito fosse dei suoi grandissimi poteri: figlio di Ariana Silente e
di Grindewald… chissà che aura magica immensa possedeva… in parte capiva perché
i mangiamorte fossero così restii ad ucciderlo, che atrocità avrebbe commesso
una persona simile se indottrinata a dovere con il credo di Voldemort?
Già da solo non sembrava
proprio uno stinco di santo, con le dovute manipolazioni, se mai fossero
riuscite a fargliene e non fosse accaduto il contrario, sarebbe diventato un
autentico Signore del Male.
Lo guardò e provò quasi un
sentimento fraterno nei suoi confronti, qualcosa che per nessun altro aveva mai
provato, poi qualcosa lo colpì: dalla camicia linda del ragazzo, che portava
con i primi tre pomelli rigorosamente sbottonati, pendeva una catenella dorata
che reggeva senz’altro un ciondolo nascosto dalle pieghe del tessuto.
In un primo momento credette
che fosse il medaglione che Silente aveva mostrato loro, quello contenente lo
spirito della Elder Wand, quello che nessuno poteva toccare e che Devlin
avrebbe dovuto avere sempre con sé, ma c’erano un paio di dettagli che non
quadravano.
Innanzi tutto il preside
aveva detto loro che, alla sua more, Alys, la fantomatica feycoocu che abitava
la Bacchetta di Sambuco, si sarebbe ricongiunta al legno dal quale era stata
separata alla nascita di Devlin, dunque, dato che Silente era morto e suo
nipote stava combattendo, ella doveva già essere tornata alla sua “casa”.
Eppoi… come non riconoscere
quelle maglie sottili che formavano il complicato intreccio della catenella?
Quella era senz’altro la Giratempo di Hermione!
Devlin intercettò il suo
sguardo, come se la scenata di pazzia di Bellatrix non richiedesse la sua
attenzione per un secondo di più e neppure un possibile incantesimo scagliato all’improvviso
-Ringrazia la tua
dolce metà se sono qui – gli disse ghignando e a Draco quel ghignò ricordò
molto il proprio
Il ragazzino parve riflettere
in modo teatrale sulla questione, liquidandola con un
-Ne parliamo più
tardi
Detto ciò si voltò finalmente
verso l’iraconda seguace di Voldemort e la squadrò da testa a piedi, quando la
sua ispezione fu terminata sul suo viso si leggeva perfettamente un’espressione
terribilmente annoiata: Bellatrix non suscitava certo il suo interesse.
-Giunta l’ora di
morire eh, Bella? – la schernì – sei pronta? Hai fatto l’esamino di coscienza?
-Tu, stupido
bamboccio saputo – sibilò pericolosa lei riuscendo a strappargli un sorrisetto
ironico – non credere di potermi uccidere così facilmente…
-Io invece penso
di sì – rispose con naturalezza lui rigirandosi il legno chiaro tra le dita –
non sei dotata di nessuna caratteristica particolare, i tuoi poteri sono
qualcosa di cui vergognarsi, più che altro, e al momento riesci pensare solo
alla rabbia. – una bella analisi psicologica - Ma dopotutto, tu volevi la bacchetta di Albus…
forse è il caso che io ti dia effettivamente una dimostrazione di cosa può fare
Gli occhi verdi si spostarono
sulla figura bionda in piedi lì accanto che lo stavano ammonendo di non fare
troppo il gradasso, più che altro perché il ruolo non si confaceva molto al suo
aspetto fanciullesco e Draco questo lo sapeva bene, non tanto perché sua zia
potesse davvero ucciderlo.
Esattamente come avrebbe
fatto un fratellino desideroso di mostrare la propria abilità al fratello
maggiore, Devlin sorrise, per una volta gaiamente, al Serpeverde.
-Allora, sei
pronta? – le chiese portandosi la lunga asta parallela alla linea mediana del
volto e fissandole gli occhi sul viso
Reggendo l’impugnatura
elaborata proprio sotto il mento, la parte di legno separava in due metà
perfettamente speculari il volto del ragazzino, l’unica cosa asimmetrica era il
ghigno un po’ bieco che storpiava le sue labbra.
Bellatrix deglutì e si
preparò al duello in posizione di difesa.
Non sapeva chi fosse
quell’esserino pestifero né da dove fosse sbucato fuori e, di sicuro, alla sua
età non ci si poteva aspettare che sapesse combattere con una bacchetta in modo
da tenere testa ad una persona dotata di molta esperienza quale lei stessa era,
ma… c’era qualcosa in lui che lo rendeva molto pericoloso.
La logica avrebbe suggerito
quanto sopra, ma aveva come la terribile sensazione che lui sarebbe davvero
stato in grado di ucciderla. Se lui avesse cominciato, con ogni probabilità
sarebbe riuscita a stento a sopravvivere.
-Pronta? – le
chiese come se si stesse divertendo da matti e la punta della bacchetta si
colorò di un’aura verdastra
Come un tredicenne sapesse
richiamare a cuor leggero un’Avada Kedavra era un mistero; o il piccoletto non
era a conoscenza della potenza distruttiva di quell’incantesimo, ma francamente
ne dubitava, o erano di fronte a qualcuno che la storia non aveva mai visto e
che di sicuro più che appartenere ai libri, l’avrebbe SCRITTA la storia.
Vide gli occhi verdi, prima
puntati su di lei spostarsi leggermente di lato e si accorse di un piccolo
dettaglio, ovvero la mano di Draco posata sulla spalla del ragazzo, poco più
basso di lui.
Malfoy scosse la testa
-Non dovremmo
abusare della nostra magia in questo modo – incominciò paterno - abbiamo tutti
e due poteri troppo grandi per la nostra età, io stesso ho appena pochi anni
più di te, ma… è giunto il momento che mi assuma la responsabilità di quanto mi
è stato dato, per presto che sia. A tempo debito regolerai i tuoi conti
Devlin aspettò in silenzio,
ragionando sulle sue parole, e quel modo di fare allo Slytherin ricordò quello
della sua nuova tutrice, Mana, non avrebbe saputo dire se Devlin avrebbe ucciso
Bellatrix a sangue freddo o se quel gesto l’avrebbe perseguitato per tutta la
sua esistenza, ma era giunto il momento di mettere la parola fine a quella
faccenda e toccava a lui, da dove tutto era cominciato.
-D’accordo – disse
infine il ragazzino, Draco gli regalò un sorriso riconoscente – ma lo faccio
solo perché è una questione tra te e lei
Sarà stata un’impressione, ma
quella piccola peste gli ricordava molto se stesso alla sua età…
-Devlin?
Una voce dall’esterno chiamò
il nipote del preside e subito dopo, affaticata, nel vano della porta comparve la professoressa McGranitt
-Oh, sia grazie al
Cielo, meno male, credevo di averti perduto nelle correnti temporali
Lo sguardo di Minerva pareva
stranamente preoccupato, come se quello con cui stava parlando fosse il suo
nipotino anziché un perfetto estraneo che aveva conosciuto da meno di un anno.
Gli occhi azzurri erano umidi
e si stava sorreggendo con una certa fatica allo stipite mentre il pugno della
mano sinistra, chiuso, era poggiato sul petto.
-Uno come me non
può morire a quel modo – rispose con naturalezza il diretto interessato
Draco guardò quella scena, un
piccolo quadretto familiare distrutto come il suo, anzi, come entrambi i suoi:
quello di cui faceva parte come figlio e quello che avrebbe voluto costruire
come marito e come padre.
Scosse la testa cercando di
scacciare l’immagine serena della mezzosangue prima di chiudere gli occhi per
sempre, se l’avesse rammentata ancora si sarebbe messo a piangere e non era il
caso visto che c’era ancora da sistemare una ventina di mangiamorte e sua zia.
Accidenti, sua zia!
Distratto com’era stato dalla
comparsa della vicepreside si era completamente dimenticato di Bellatrix!
Si voltò appena in tempo per
vedere l’Avada Kedrava dall’inconfondibile colore fosforescente partire dalla
bacchetta della maga diretta non a Devlin o a lui, bensì alla McGranitt!
Cazzo, se la McGranitt fosse
morta a quel modo avrebbe liberato un mostro!
Perché faceva tanto lo
sbruffoncello, ma anche Devlin, stranamente, voleva bene a quella burbera
professoressa e c’era da chiedersi come mai visto che non erano stati insieme
che poche ore prima dell’inizio della battaglia…
Un “nooooo!!!” gridato con
tutta la forza che aveva in corpo gli uscì involontariamente dalla bocca
mentre, più veloce che poteva, si lanciava verso l’insegnante che si era
accorta solo in quel momento della magia appena partita e non le avrebbe dato il tempo di scansarsi.
Spiccando probabilmente il
salto più spettacolare della sua vita, col cuore che batteva a mille nel petto,
come quando faceva l’amore con la mezzosangue, lo sguardo terrorizzato degli
occhi verdi di Devlin che gli vorticava nella mente, si gettò più veloce che
poté sulla professoressa cercando di scaraventarla lontano.
Sentì un dolore fortissimo
colpirlo al fianco sinistro mentre stava ancora volando a mezz’aria.
Quando guardava quegli
sceneggiati babbani, mentre era a Londra, si chiedeva spesso perché a metà
della scena clou i registi decidessero sempre di mettere il rallentatore alle
immagini, beh, adesso lo capiva: in quel momento era come se il tempo stesse frenando,
come se tutto scorresse molto più lentamente, i movimenti parevano a scatti, i
suoni che riusciva ad udire divennero concitati e confusi, le immagini
cominciarono a sfuocarsi nella sua mente.
Udì in lontananza le grida
dei suoi compagni.
Atterrò malamente sul
pavimento di pietra graffiandosi con lo scempio di cocci e vetri infranti e
riconobbe la sagoma allarmata di Potter quando aprì appena gli occhi cercando
di non perdere conoscenza.
-Malfoy! Malfoy! –
stava chiamando Potty con un’agitazione che non gli si addiceva molto
Se fosse stato in salute (e
qualunque minuto della sua vita poteva dichiarare di essere stato meglio di
ora) gli avrebbe risposto per le rime, Potty non era certo una bella donna a
cui dedicare l’attenzione degli ultimi attimi della sua vita… se fosse stata la
mezzosangue di certo avrebbe fatto uno sforzo diverso. Perché non lasciava
avvicinare la Greengrass? Almeno avrebbe visto qualcosa di bello prima di
andare per sempre all’Inferno…
Un grido disumano gli rimbombò
nelle orecchie, ma non riusciva a distinguerlo, voltò la testa verso la
direzione da cui proveniva cercando di mettere a fuoco la scena leggermente
sgranata, lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi stanchi non lo sorprese.
I mangiamorte avevano il pregio
di essere mossi sempre da grandi emozioni che li scuotevano e spingevano nelle
loro idee, ma altrettante ne suscitavano nei loro rivali e quando il proprio
avversario è uno come Devlin Dumbledore, la cui madre aveva immensi poteri
magici, ma altrettanto incontrollabili e il proprio padre era nientemeno che il
mago più spietato del mondo magico, beh, qualsiasi cosa avesse visto non
l’avrebbe stupito.
Sua zia al momento era
intrappolata in un cerchio magico che la stava investendo di scariche
decisamente poco piacevoli mentre il fautore di tutto quello se ne stava in
piedi attorniato da un’aura omicida che colorava perfino l’aria di quel rosso
vermiglio che aveva accompagnato anche la sua venuta in quel mondo.
Gli occhi verdi avevano le
iridi dilatate mentre le pupille sottilissime stavano fissando lo scempio di
vita che causavano.
I capelli bianchissimi quasi
ritti sulla testa dalla violenza della magia che senz’altro scorreva nelle mani
di quel ragazzino al momento, erano testimoni della sua rabbia.
Quanto faceva paura,
nonostante fosse poco più che un bambinetto, ma dopotutto, recentemente lo era
stato anche lui e…
Non aveva la forza di
continuare a pensare e riflettere, eppure doveva fare qualcosa!
Allungò una mano, doveva
fermarlo, se non lo faceva lui chi altri…
-Devlin! –
richiamò una voce – adesso basta!
Dalla stessa porta da cui era
entrata la McGranitt arrivò un’altra sagoma vestita di scuro muovendosi con
passi lenti e cadenzati.
Tutte le teste intorno a lui
si voltarono a guardare, fissare quasi con sconcerto, cercò di girarsi anche
lui nonostante il dolore, avvertì la camicia nuovamente zuppa di sangue e
maledisse quel giorno in cui era la seconda volta che rischiava di morire per
mancanza di emoglobina, se fosse sopravvissuto avrebbe fatto un’ordinazione “in
serie” di camicie al suo sarto di fiducia.
La persona appena giunta
aveva un’aria stranamente familiare, indossava una gonna della divisa della
scuola, era del Grifondoro, inconfondibile, i loro colori sarebbero saltati
agli occhi perfino ad un cieco…
Anche la camicia pareva dei
grifoni e i capelli mossi le cadevano sulle spalle…
Doveva trattarsi di una
ragazza, ma con la vista che si ritrovava avrebbe scambiato Hagrid per Miss
Inghilterra.
Eppure quel qualcuno sembrava
familiare, anche la sua voce, nonostante non avesse più parlato.
E gli occhi… così caldi e
dorati… si stavano spostando meccanicamente da lui al bambino di fronte che,
forse, si stava calmando un poco.
Se quella era la fine, beh,
era meglio di quanto ricordasse, perfino lui si sarebbe calmato se qualcuno
l’avesse guardato con tanta severità.
Eppure quando incrociava
quelle iridi così piene di tristezza e di paura… così prossime alle lacrime…
Hermione!
Quella era Hermione!
Hermione Jane Granger!
No, non era possibile! Stava
sognando o forse era qualche allucinazione causata dalla sua ferita di cui
tutti parevano essersi dimenticati…
Hermione era morta! L’aveva
vista lui stesso mentre si addormentava per sempre tra le pieghe del lenzuolo…
All’improvviso, anche se non
lo vide, riuscì ad avvertire la forza magica di Devlin diminuire
progressivamente.
Chiuse gli occhi, qualunque
cosa facesse gli costava fatica, anche pensare a LEI, viva o morta che fosse.
Il suono martellante del suo
cuore coprì a poco a poco tutti gli altri.
Aprì ancora una volta gli
occhi, sentendo le palpebre tanto pesanti come se fossero fatte di pietra,
dopodiché, tra i tanti visi più o meno familiari, casualmente Potter sempre in
primo piano a rovinare la visuale, spiccava anche quello della Granger.
Hermione era il ritratto
della paura e le lacrime si stavano accumulando fino ad offuscare le sue iridi,
sentì che anche i suoi occhi erano umidi.
Le sorrise, come meglio
poteva e allungò una mano ad accarezzarle i riccioli ribelli che le
incorniciavano il volto.
Facendosi violenza mise tutta
la sua forza nella mano avvicinando il capo della ragazza al suo, se non lo
avesse detto, se non lo avesse fatto…
DOVEVA!
Non poteva andarsene per
sempre senza dirglielo!
La bocca si avvicinò
all’orecchio, le spostò una ciocca sfuggita alle forcine e parlò
-Ti amo. Sposami
Hermione Granger
Dopodiché, con le sue ultime
forze, la bocca percorse quel breve tratto di pelle che separava l’orecchio
dalla bocca e posò un castissimo bacio sulle labbra di lei.
Non aveva la forza di fare
altro, non riusciva neppure a stringerla a sé, non riusciva a vederla,
avvertiva solo il contatto dei suoi capelli e della sua pelle.
Udì appena una voce gridare
il suo nome, sapeva essere la mezzosangue.
Avvertì sulla bocca una
lacrima, salata come quelle che aveva assaggiato la prima volta che si erano
baciati, la prima volta che lei baciava qualcuno.
Beh, era meglio di quanto
riuscisse ad immaginare.
Presto anche il suo udito
sarebbe scomparso.
-Fate largo,
branco di stupidi! – gridò qualcun altro, quella, decisamente, non era la voce
della Regina dei Gryffindor, lei non avrebbe mai sbraitato a quel modo, come
una pescivendola, eppoi il lessico era decisamente fuori questione
Gli sembrava più se stesso
che la sua bella e rediviva Hermione.
Anche l’udito scomparve,
sostituito dal nulla.
Presto sarebbe scemata anche
la consapevolezza.
Non avrebbe resistito che
mezzo minuto.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette.
Otto.
Nove.
Dieci…
Qualcosa, come una scarica,
lo costrinse ad uno scatto e riaprì improvvisamente gli occhi.
La prima cosa che vide fu una
serissima e quantomai arrabbiata faccia fanciullesca dai capelli bianchi che lo
fissava con un cipiglio incazzoso che avrebbe fatto invidia al proprio.
-Vedi di
svegliarti, non ne ho voglia di stare qui a questo modo ancora un po’!
Stava dicendo il soggetto in
questione.
Con una certa fatica allargò
il suo campo visivo e riuscì ad avvertire altri sensi oltre la vista e l’udito:
il tatto era uno di questi.
Le mani del ragazzino erano
poste sul suo petto come quando gli aveva curato le ferite, subito dopo essere
arrivato, solo che in quella circostanza aveva usato solo la sinistra mentre
ora entrambe erano appoggiate sulla sua pelle
-Che cosa staresti
facendo, razza di invertito?! – sbraitò con tutta la rinnovata forza che
sentiva in corpo alzandosi un po’
-Ti sto salvando
la vita, sottospecie di ingrato! – rispose a tono l’altro mentre Draco si
rimetteva a sedere
-E per farlo devi
proprio spogliarmi?! – aggiunse il biondastro
-Sai che bello
avere a che fare uno come te! – sibilò pericoloso Devlin
-E dì un po’, per
curarmi dovevi proprio sbottonarmi i pantaloni?! – aggiunse lo Slytherin
tirando i lembi per la cintura di pelle e riabbottonando il pomello, in realtà
solo quello era stato slacciato, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva
leggermente, eppoi non poteva darla vinta a quel piccoletto
-Guarda che sono etero!
– sbraitò il piccolo Dumbledore – mi fanno schifo quelli che vanno con gli
uomini
-Ma stai zitto,
razza di moccioso!
-Moccioso lo vai a
dire a qualcun altro – sbuffò
-Ma cosa siete,
fratelli? – propose qualcuno non meglio identificato dalla piccola platea di
studenti in piedi che si era venuta a creare lì intorno
Draco e Devlin si voltarono a
fulminare con lo sguardo chiunque avesse parlato.
Malfoy passò in rassegna i
volti e gli ci volle meno di un secondo per identificare la provenienza della
voce nel suo migliore amico lì in piedi con le braccia incrociate e un
sorrisetto divertito sulle labbra.
Blaise!
Santo cielo, ma allora era
vivo! Allora il piccolo saputello lo aveva davvero salvato!
Accanto a Zabini c’era Pansy
con l’aria sollevata, divertita dalla scena, poco distante Potter sospirò e si
aggiustò gli occhiali rotondi sul naso nascondendo una risatina.
E lì davanti a loro, sul
pavimento con le ginocchia sbucciate, la sua piccola mezzosangue con il petto
che si alzava e abbassava agitato e le lacrime che le rigavano le guance.
Farfugliò qualcosa di
inintelligibile e subito dopo lei gli si lanciò tra le braccia.
Rimase un po’ stupito da
quella reazione, più che altro perché era il primo ad essere scioccato di stare
ancora in quel mondo: era VIVO!
Spostò gli occhi su Devlin
mentre accarezzava piano la testa della giovane Gryffindor; il nipote di
Silente se ne stava seduto a gambe incrociate sul pavimento antico dondolando
ritmicamente la bacchetta più potente di tutto il mondo magico e quando i loro
occhi s’incrociarono sbuffò scuotendo la testa.
***
Qualcuno dietro il piccolo
gruppetto riunito tossicchiò significativamente e un varco si formò tra gli studenti:
la
professoressa McGranitt attraversò il passaggio e si fermò in
piedi di fronte ai due studenti abbracciati e al bambino seduto poco distante
con tutta l’aria di far finta di guardare lontano
-Avrei qualcosa da
ridire circa i suoi metodi – dichiarò leggermente a disagio Minerva – ma devo
ringraziarla
Draco boccheggiò, caspita che
giornata! Perfino un ringraziamento della vicepreside!
Poi un pensiero lo colse
vedendo la gonna lunga di lei e il piccolo Silente lì affianco
-Professoressa, il
professor Silente?
La donna aprì la bocca, come
per dire qualcosa, stupita da quella affermazione, ma la richiuse subito dopo e
abbassò gli occhi oltre le lenti rettangolari.
Si voltò verso gli altri che,
con ogni probabilità, non avevano colto tutti quei dettagli
-Cominciamo a
rimettere a posto – disse all’indirizzo degli allievi – professor Vitius –
aggiunse poi indicando l’insegnante – rinchiuda i prigionieri nelle celle di
Hogwarts e metta delle sentinelle; signorina Tatsumiya – Mana comparve dal
nulla col suo fucile di precisione appoggiato per il calcio sul pavimento, le
braccia che si reggevano, apparentemente come se si stesse annoiando, alla
canna, le gambe leggermente divaricate negli stivali camperos di pelle – vuole
occuparsene lei?
Mana annuì svelta, fece un
segno di vittoria a Draco, gli strizzò l’occhio e seguì il prof di Incantesimi
ricaricando la sua arma dopo la battaglia, seminando lungo il suo percorso
bossoli vuoti.
Dopo aver sistemato tutti,
Minerva si voltò nuovamente verso Draco, Hermione e il piccolo Devlin
-Riesce a
camminare, signor Malfoy? – domandò, l’altro fece un paio di prove per
rimettersi in piedi, poi accennò un assenso – molto bene, seguitemi – e si
diresse veloce verso l’uscita della Sala Grande ridotta ad un campo di
battaglia.
Malferret si voltò un’ultima
volta, fotografando con precisione quell’immagine nella sua mente: quando vi
avrebbe rimesso piede tutto sarebbe stato diverso, probabilmente ogni cosa
sarebbe tornata al suo posto come ricordava essere sempre stata, ma era giusto
ricordare che cosa si era consumato tra le antiche pareti della sala maggiore
della scuola.
***
La professoressa li condusse
nel proprio studio e fece sedere i tre sulle poltroncine di fronte alla
scrivania con un gesto della mano, poi si accomodò a sua volta nella poltrona
dietro.
Hermione, che tremava come
una foglia, continuava a tenere la mano del biondo senza lasciarla e gli occhi
bassi sul pavimento.
-Mi ha chiesto di
Albus Silente – commentò quasi con tristezza la McGranitt
-Infatti – rispose
Malfoy – se Devlin riesce a usare la Bacchetta il preside deve essere per forza
morto – tatto zero.
Nessuno ne sapeva tanto
quanto lui sulle Reliquie, il vecchio mago stesso gli aveva detto tutto ciò che
conosceva in proposito e, a differenza delle altre grandi famiglie coinvolte in
quella questione: i Black, i Potter, i Gaunt e i Malfoy, i Dumbledore non
avevano la pessima abitudine di dimenticarsi le cose importanti per strada.
Ovviamente poi aveva fatto un
po’ di ricerche per conto suo e di sicuro sapeva che il potere di una Reliquia
veniva trasmessa all’erede della famiglia solo quando il capofamiglia stesso
moriva.
-E’ vero? –
domandò il bambino albino puntando gli occhi smeraldini sull’anziana donna,
Minerva sospirò drammaticamente, si tolse gli occhiali incrinati dalla caduta,
li appoggiò sulla scrivania, li pulì con un panno e se li mise, il tutto con
esasperante lentezza
-Lasciate che
prima vi spieghi che cosa è successo, oppure, se vuole può farlo la signorina Granger…
-Silente è morto
davvero? – questa volta il biondo rivolse direttamente a lei le sue domande
Hermione annuì con tristezza,
continuando a tenere gli occhi fissi sul parquet
-Ma non sono stati
i mangiamorte – aggiunse in un sussurro appena udibile
-È vero? – indagò
ancora lui girandosi verso l’insegnante che annuì
-Lasciate che vi
spieghi.
-Non aspetto
altro.
Se c’era una cosa che Draco
Malfoy non capiva era come quelle due donne così fedeli all’Ordine avessero
lasciato che Silente morisse, non lo riteneva umanamente concepibile, anzi,
assurdo!
-Lei certamente sa
che, quando la
signorina Granger ha preso la sua decisione – e qui spostò
alternativamente lo sguardo su di lei e sullo Slytherin – sono rimasta io a
vegliare su di lei
-Sì, ricordo –
confermò
-Sono entrata
nella mente della signorina, subito dopo che ve ne siete andato – aggiunse –
avevo la necessità di trovare una risposta che mi premeva particolarmente
-Quale? – Minerva
McGranitt si irrigidì contro lo schienale e indurì gli occhi
-Non sono cose che
la riguardano – rispose altera e Draco avvertì una piccola stretta alla mano da
parte di Hermione – ad ogni modo, la signorina mi ha fornito l’autorizzazione
per prendere la sua
Giratempo
-Ma se era morta,
poteva farlo benissimo – era a conoscenza del fatto che nessuno potesse
toglierle quell’oggetto senza il suo specifico consenso
-Non è esatto.
L’incantesimo che si è scatenato quando lei ha assorbito la sua energia magica
– e la scena si ripresentò con prepotente urgenza alla mente del ragazzo – non
ha effettivamente ucciso la nostra studentessa, bensì l’ha lasciata in uno
stato comatoso. Se la caposcuola di Grifondoro fosse effettivamente morta
sarebbe stato impossibile anche per me entrare tra i suoi pensieri
-E dunque?
-Ho preso la
Giratempo e ho riflettuto su quello che andava fatto, ma quando sono tornata
alla realtà l’infermeria non era più vuota
Si fece silenzio, tra i
presenti, mentre si entrava nel vivo della narrazione
-Il professor
Silente, con ogni probabilità, era venuto a conoscenza del gesto sconsiderato
che si era compiuto, sia da parte mia che della signorina. Mi presentò una
seconda Giratempo, poi si avvicinò al letto e donò la sua energia magica alla
nostra allieva, esattamente come a sua volta aveva fatto con lei
-Spero che lei
abbia tentato di impedirglielo – esclamò quasi indignato il biondastro
-Signor Malfoy! –
tuonò irosa la donna – ritengo che il nostro stimato preside sia grande a
sufficienza e dotato di senno in quantità bastante per badare alla propria
esistenza senza una balia che gli dica cosa fare. Non approvo la sua decisione,
lo sappia, ma non spetta certo a me dirgli ciò che è giusto e ciò che non lo è!
-Vada avanti –
rispose altrettanto seccato il ragazzo
-Prima di
infondere in lei – e con un gesto del capo indicò la ragazza – la sua energia,
mi spiegò la sua idea: dovevamo recarci entrambe nel passato e modificare ciò
che è stato. Quando mi ha detto questo la battaglia in Sala Grande era appena
cominciata
-E quindi?
-Quando la signorina Granger
si è risvegliata, siamo partite assieme alla volta della data in cui il
professore ci aveva indicato l’arrivo del suo corrispettivo giovane e
l’incontro tra costui e il Silente moderno
-Credo di non
seguirla
-Lo immagino.
Quando il signorino Devlin – e qui indicò il bambino – è nato, il professor
Silente, per preservarlo dalla minaccia di Voldemort appena creatasi lo ha
portato cinquant’anni nel futuro sperando di salvarlo. Parlando con se stesso,
lo pregò di prendersi cura di quella creatura mentre lui doveva pensare alla
sua vita di allora
-Ce ne ha parlato
-Sì, c’ero anche
io. Noi siamo arrivate dal Silente di un anno fa, quando aveva appena ricevuto
la visita del suo se stesso più giovane e gli abbiamo spiegato la situazione,
dopodiché abbiamo preso nuovamente la Giratempo e abbiamo viaggiato undici anni
indietro ancora, spiegando al Silente di allora tutta la questione e
affidandogli il bambino in modo che se ne occupasse.
-Quindi è come se
Devlin fosse nato undici anni prima di come lo conosciamo… adesso lui avrebbe
-Undici anni –
puntualizzò la vicepreside – il signorino Devlin ha undici anni e, dovrebbe
entrare a Scuola il prossimo settembre – aggiunse con un pizzico di disappunto
immaginandosi i guai che un tipetto simile avrebbe potuto causare
-Quindi è per
questo che è cresciuto all’improvviso, durante la battaglia
-Sì. Quando siamo
arrivate undici anni indietro e abbiamo lasciato lì la cesta dopo aver parlato
con Silente, il corso degli eventi è stato leggermente distorto.
-Dunque si spiega
perché abbia agito così, lui sapeva già che Devlin sarebbe arrivato – commentò
Hermione, leggermente confusa
-Credo che lo
abbia fatto per permettermi di usare la Bacchetta - aggiunse ancora – se
l’avessi adoperata quando lui fosse stato viso, probabilmente il suo effetto
sarebbe stato minore, invece, essendo morto…
-È una possibilità
– ammise il biondo
-Ad ogni modo,
credo che sia giunto il momento di far tornare in vita Silente
-Ma-ma… puoi farlo
davvero? – chiese esterrefatta la prof alzandosi in piedi e dimenticandosi le
dovute cerimonie che usava con gli allievi
-Non ho bisogno
della Bacchetta io, è meglio se torna a lui e gli ridà i suoi poteri, dopotutto,
essendo vissuto in un’epoca dove Silente era ancora vivo, ne possiedo una mia.
Eppoi posso cavarmela benissimo anche senza poteri supplementari, ne ho
d’avanzo dei miei. – modesto come sempre
Lei fece per dire qualcosa,
ma appena aperto bocca si ritrovò nell’infermeria della scuola.
-Ho solo
accelerato un po’ gli spostamenti – concesse il piccoletto stupendola
Il ragazzino le regalò un
sorriso a trentadue denti molto innocente. Proprio come quello di uno squalo.
***
Silente giaceva su una delle
brande di Madama Chips, l’aria serena di chi sa di aver fatto la cosa giusta.
-Alys – chiamò
Devlin stendendo la bacchetta magica di fronte a sé e la piccola feycoocu che
la abitava comparve con i suoi capelli verdi e gli occhi fucsia
-Ciao Devlin – lo
salutò come se si conoscessero da una vita – sei proprio sicuro di cosa stai
facendo? – gli domandò
-Come fa a
saperlo? – chiese curiosa Hermione a Draco
-Le Reliquie hanno
un rapporto molto stretto col loro proprietario, agiscono in base al suo
volere, senza incantesimi
E Alys, infatti, sapeva già
cosa Devlin aveva intenzione di fare di lei.
-Se ridarai la
magia ad Albus non potrai tornare nella tua epoca e noi non ci incontreremo che
tra un bel po’ di anni – aggiunse
-Nella mia epoca è
tutto a posto, andrà come è andata in questa perché Silente si prenderà cura
del bambino che è arrivato dopo che io sono partito – il piccolo Devlin abbassò
la testa e baciò appena la chioma turchese della fata, sorridendole, poi annuì
– Non preoccuparti - aggiunse
Alys sorrise e scomparve in
una nuvoletta brillante che finì nella bacchetta poi questa, animata da spirito
proprio, si mosse appena sopra il corpo anziano di colui che era stato uno dei
maghi più potenti.
L’istante successivo questi
aprì gli occhi ritrovando il piccolo gruppo schierato di fronte: Minerva,
commossa fino alle lacrime, Draco ed Hermione, praticamente basiti, e suo
nipote, Devlin, che aveva coscienza di aver avuto.
Il figlio di sua sorella
stava in piedi affianco del letto e poteva immaginare cosa aveva fatto per
farlo risvegliare.
Per tutta risposta, da sotto
la camicia, il ragazzino estrasse una bacchetta scura, quasi nera, l’esatto
opposto della Bacchetta di Sambuco. Era la SUA, quella che gli era stata
destinata, non imposta dalla sete di potere di un antinato folle.
Fu felice per lui.
Quando tutta lo scompiglio si
fosse placato avrebbero dovuto fare un lungo discorso.
Ringraziò che lo avesse
svegliato perché morire prima di avergli confidato tutta la storia sua e di sua
sorella andava contro i suoi principi, ma forse, un principio era sacrificabile
per il bene di un intero pianeta…
***
-Prova a rifarlo e
questa è la volta che mi mandi davvero all’altro mondo!
Hermione storse la bocca
seduta sul letto dell’infermeria e fissò il vuoto, Draco non era stato molto
contento della sua decisione di sacrificarsi perché potesse combattere.
-Dico, ma come ti
è saltato in mente una cosa del genere? COME?
-Mi sembrava la
cosa più giusta… - mormorò lei sentendosi in parte colpevole e in parte
accusata ingiustamente
-Ma giusta per
cosa? Ti prego, spiegamelo perché io non capisco!
-Smettila di dire
tanto! – proruppe lei – cosa credi che abbia provato quando sono tornata alla
mia età normale e tu invece eri ancora un bambinetto? Cosa credi che abbia
visto nei tuoi occhi?
-Vorrei proprio
saperlo! – sbraitò lui accendendosi una sigaretta dal nervoso
-Volevi andare a
combattere, guarda che lo so, non sono stupida! Volevi la tua battaglia, la tua
guerra e la tua vendetta e avevi pure ragione!
-Ma tu sei più
importante della mia battaglia, della mia guerra e della mia vendetta!
-Pensavo… credevo…
che saresti stato felice di combattere per ciò che credevi
-E in cosa dovrei
credere, sentiamo! Per una volta, dico una nella mia vita che credo in una persona,
questa preferisce morire piuttosto che starmi accanto! Non ero certo arrabbiato
per non poter combattere! – sbuffò mentre la sigaretta era ormai quasi alla
fine
-E per cosa?
-Per te, razza di
stupida! Come potevo proteggerti in quelle condizioni?
-Per me? Ma io so
badare a me stessa! – sottolineò lapidaria
-Su questo ho
qualche dubbio.
-Tu e la tua idea
di proteggermi. Non capisco perché la fai tanto grossa, non occorre che
qualcuno mi protegga, so usare la magia per difendermi a sufficienza
-Evidentemente,
allora, non sai usare la testa
-Questo non lo
devi dire, Draco Malfoy! – aggiunse pericolosa – tu non mi devi proteggere!
-Sì invece! L’ho
promesso a Silente e l’ho giurato a me stesso
-Non m’interessa!
Mi pare che, forse, tra i due sia io quella che deve proteggerti
-Non dirlo,
Granger, non provarci, sai?
-E comunque non
capisco perché stiamo ancora qui a litigare, è andato tutto bene!
-Tutto bene?!
Tutto bene un accidente! Quando mi hai toccato lo sapevamo tutti e due che
saresti morta, anzi, tutti e tre! Lo sai che cosa hai fatto passare a quella
strega della McGranitt?
-Ma sentitelo!
Adesso prendi anche le parti della prof!
-Non prendo le
parti della prof, ma tu stavi morendo! Quando ti ho lasciata tu eri come MORTA!
È solo per un miracolo santissimo se invece sei ancora qui a voler avere
ragione!
-Ah, e così sarei
io quella che vuole avere ragione?
-Perché, non è
forse così?
-NO!
-Io invece dico di
sì.
-E comunque non
conta cosa ha passato la vicepreside, Silente sapeva che sarebbe andato tutto a
posto, probabilmente me lo avrebbe impedito se le cose sarebbero andate male…
-Granger, cazzo,
non possiamo sempre essere tutti qui a guardare quello che fai! Non posso
vivere con una persona che so che tenterà di ammazzarsi alla prima occasione
per una stupidaggine! Hai minimamente, anche solo vagamente idea d cosa mi hai
fatto passare?
-Tu mi stai
facendo passare un brutto quarto d’ora!
-Al diavolo!
Credevo di morire! Come puoi pensare che io possa continuare a vivere senza
di te!
-Il tempo guarisce
tutte le ferite – citò apatica
-Un corno! È una stronzata!
Non pensarlo neppure, lo sappiamo entrambi che non è vero perché le nostre
ferite sono ancora tutte aperte. Le mie e anche le tue. Dovresti smetterla di
contare balle a te stessa per convincerti di aver fatto la cosa giusta! Tu e
questa mania di voler avere sempre ragione e di fare “la cosa giusta”!
-Perché tu fai
sempre quella giusta, invece!
-No
Silenzio.
-Ad ogni modo… -
incominciò lei titubante, sentendo che era giunto anche il momento delle sue
scuse
-Non farlo mai
più, d’accordo? Tu non sai che cosa ho passato, tu non sai quanto ero contento
quando mia zia stava per uccidermi. Andare all’Inferno era preferibile che
rimanere su questa terra senza di te, soprattutto sapendo che l’avevi fatto per
me.
-Non dovresti dire
certe cose…
Draco la ignorò e si
avvicinò, abbracciandola stretta.
-Hai promesso di
non lasciarmi, giusto?
Tra le tante parole che aveva
usato, quelle l’avevano colpita più delle altre perché lei non avrebbe mai
voluto che Draco l’abbandonasse, quando fosse stata in vita, sapeva che ci
sarebbe stata male, che ci avrebbe sofferto, terribilmente. Perché solo in
Draco aveva trovato qualcuno con cui aprirsi davvero, qualcuno a cui poter
parlare liberamente, senza nascondersi.
Draco era come lei, alla fine
si somigliavano più di quanto piacesse loro ammettere.
E come lei sapeva che sarebbe
stata malissimo a perderlo perché era la persona più cara al mondo, perché ne
era innamorata… beh, forse ora comprendeva perché lui sembrava così furioso.
Se Draco fosse morto, sarebbe
riuscita a trovare qualcun altro a cui confidare le proprie paure?
No, lo dimostrava la sua
reazione, quando arrivata in Sala Grande lui era praticamente moribondo sul
pavimento.
Anche il quel momento avrebbe
dato la sua ritrovata vita per lui.
Ma ciò che voleva era solo
vederlo felice.
Perché era innamorata e la
gente fa sempre cose pazze quando è innamorata.
Chi l’avrebbe detto che
sarebbe finita ad amare uno come Draco Malfoy… chi l’avrebbe detto che, dal
quel giorno della visita al Giornale Scolastico, il loro rapporto sarebbe
cambiato tanto.
Ora capiva meglio.
Gli strinse le braccia al
collo, non voleva perderlo. MAI.
-Andrò da Silente
a ringraziarlo per averti ridato la vita. Vedi di non sprecarla, chiaro, signorina?
Lei sorrise.
-Non sei l’unica
persona sulla faccia della terra, mi pareva di avertelo già detto; devi pensare
anche a chi ti vuole bene.
-Tu mi vuoi bene,
Draco? – chiese sottovoce, lui annuì, accarezzandole i capelli, piano
-Non sei più sola,
adesso. E se non ti ammazzi, non lo sarò neppure io.
La baciò dolcemente sulle
labbra.
-Un giorno ti
chiederò di sposarmi, Hermione Jane Granger, perché voglio passare con te tutta
la mia vita ed ogni singolo istante da adesso all’eternità.
***
Epilogo
Tutta Hogwarts stava danzando
nella consueta festa organizzata dopo gli esami.
Gli studenti dell’ultimo
anno, tra lacrime di gioia e di disperazione, si abbracciavano dicendosi addio
dopo sette anni trascorsi assieme.
Qualcuno beveva per
dimenticare di dover lasciare gli amici di sempre, altri rammentavano le belle
esperienze e quelle un po’ meno idilliache.
Sul palco d’onore, posto al
centro, stavano i quattro Caposcuola che presto sarebbero stati rimpiazzati da
altrettanto validi studenti per il prossimo ciclo di studi.
Draco ed Hermione, in onore
di una momentanea tregua tra le loro Case, che comunque non aveva risparmiato a
Milicent di ritrovarsi “casualmente” con i capelli in fiamme, erano stati
costretti ad occupare i due posti centrali vicini e avevano passato tutto il
loro tempo a battibeccare rumorosamente.
Alla fine era cambiato tanto
ed era cambiato poco dall’anno precedente.
Litigare litigavano come
all’inizio dell’anno, peccato che, nascosti dietro il divano, si stessero
tendendo per mano.
Harry e Ginny, desiderosi di
dimenticare che dall’anno prossimo non avrebbero più potuto dividere molto
tempo insieme, stavano danzando a centro pista un lento melodico.
Le gemelle Patil, piangenti
come fontane, avevano acconsentito ad un giro di danze e, non si sa come,
riuscivano a piangere, ridere e ballare (male) tutt’insieme.
Ron era al tavolo del buffet
e si stava riempiendo il vassoio di pollo alla cantonese e insalata di
primizie, oltre ad una generosa dose di carote, tanto per migliorare un po’ la
già disastrosa condizione dei suoi capelli; affianco a lui, sbuffante e che
batteva i tacchi delle scarpe sul pavimento, Lavanda Brown reggeva l’altro
piatto che Weasley aveva appena terminato di riempire e, nel mentre, gli stava
facendo una bella paternale sull’ingordigia che lo contraddistingueva: Ronald sollevò
appena gli occhi dal cibo, alzò le spalle con noncuranza e continuò a servirsi.
Luna Lovegood, invece, era
alla postazione musicale e stava scegliendo il prossimo disco da inserire.
Blaise e Pansy erano stesi su
un elegante triclinio accanto alla grande finestra a vetri e, guardando la
luna, si stavano coccolando dolcemente.
Neville e Daphne erano
misteriosamente assenti.
-Non è una festa
meravigliosa? – annunciò sorridente Hermione prendendo dalle mani di Ernie
McMillan un piatto colmo di prelibatezze mandatele direttamente da Ron
-Sì, certo, uno
spasso – borbottò acido il Principe delle Serpi sprofondando di più nel sedile
del divano, il fatto che avessero impedito ai Caposcuola ogni attività vitale
come alzarsi, ballare e quant’altro non lo metteva di buonumore, tantomeno
rimanersene in mostra come un salame su quel divanetto scomodo
Hermione scosse la testa
sconsolata e lui, per tutta risposta, prese dalla tasca dei pantaloni una
sigaretta e se l’accese.
La popolazione femminile di
Hogwarts tacque per un istante quando lui tirò la prima boccata e, subito dopo,
una nuvoletta chiara e tornita si librò nell’aria formando una voluta sottile.
Ecco che cominciava la caccia
alle farfalle, chissà come dovevano essere contente le ragazzine degli altri
corsi a sapere che dall’anno prossimo Malferret non sarebbe più stato il loro
idolo.
-Di sicuro –
annunciò piano il biondastro – preferirei un altro genere di “festa” le disse
piano
Lei sbuffò.
Avevano già ampiamente
parlato della questione, anche se si era trattato di un argomento secondario
paragonato alla scenata che Draco le aveva fatto quando aveva liberato tutta la
sua rabbia per quel gesto incosciente che aveva compiuto. Con ogni probabilità
era stato più arrabbiato con lei che con sua zia.
Poi, proprio quando era lì lì
per scusarsi con lui sentendosi davvero in colpa, lui le aveva messo il broncio
dicendole che non si sarebbe mai dovuta comportare ancora come se fosse stata
l’unico essere vivente sulla terra perché adesso erano in due e i problemi
andavano discussi insieme e non si prendevano le decisioni così, su due
piedi, soprattutto se queste erano FOLLI e AVVENTATE.
Lei non poteva saperlo perché
non era stata dentro di lui durante quella terribile battaglia, sia la vera
battaglia che quella interiore e anche raccontarla era una cosa diversa, ma lui
era stato davvero molto male.
Era bravo Draco a raccontare
stupidaggini, fin troppo. Rischiava quasi di credergli, soprattutto perché era
stato dolcissimo e l’espressione che aveva sul viso davvero sconvolta.
Da allora era passato un po’
di tempo e, insieme, avevano fatto dei progressi in una vita a due che non
erano abituati a portare avanti.
Quando tutto quanto era
terminato, Silente, Draco e Devlin si erano recati a Malfoy Manor per spegnere
il Fuoco che Brucia in Eterno che circondava la casa e lo stesso erano dovuti
correre a fare a Londra dove lo Slytherin aveva appiccato quel piccolo falò
all’ingresso del covo dei mangiamorte.
Per quel che rimaneva di
Fenrir Greyback, invece, c’era poco da fare.
Si guardò intorno.
Le sarebbe mancato tutto
questo: sia la scuola che la sua vita che i suoi amici e le avventure. TUTTO.
Draco no perché sapeva che
sarebbero rimasti insieme, glielo diceva qualcosa… il fatto che, mentre lui
credeva di morire, avesse usato le sue ultime forze per dirle ciò che davvero
sentiva.
E che glielo avesse detto più
esplicitamente quando avevano risolto i loro contrasti.
Avevano parlato anche di
quello.
E di tanto altro.
Avevano fatto l’amore, prima
di andare alla festa, e questa volta era stato… era stato… non riusciva a
trovare un modo per definirlo, ma al solo pensiero le si imporporavano le
guance e Draco lo sapeva, maledetta serpe, lui lo sapeva e ghignava
strafottente, cingendole di nascosto le spalle e accarezzandola dolcemente.
Maledetto.
Una studentessa del quarto
anno con un grosso album di fotografie si presentò al Principe degli Slytherin,
aprendoglielo davanti
-Potrebbe firmare
il mio annuario con la foto di quest’anno, Caposcuola Malfoy? – chiese questa
tutta mielosa
Come no!
Questa di sicuro non le
sarebbe mancata, vivere a Hogwarts ed essere la ragazza segreta del furetto
aveva i suoi lati negativi.
-Ma certo –
rispose invece la serpe prendendo dalle mani un po’ tremanti della tipa una
stilografica e apponendo il suo prezioso nome. Dopodiché le rivolse un sorriso
La ragazza quasi svenne e si
ritirò molla come una gelatina, stringendo al cuore il libro.
-Potresti anche
fare un po’ meno il cascamorto
-Era solo una
ragazza – cinguettò lui, ghignando a modo suo
Hermione alzò le sopracciglia,
se aveva voglia di provocarla, ben venga, sapeva come ripagarlo.
-E a me,
Caposcuola Malfoy – chiese tutta zuccherina – potrebbe firmare anche a me
l’annuario?
La guardò mentre, dal nulla,
faceva comparire un quaderno molto spesso di pelle rossa e dorata e questo si
apriva alla pagina dove troneggiava una grossa fotografia che immortalava
l’attimo di qualche anno prima in cui lei gli aveva tirato un pugno.
Draco sospirò e la guardò,
lei invece gli rivolse un sorriso perfido
-Sei gelosa,
Granger? – le chiese sadico, ostinandosi a chiamarla col cognome
-Certo che no! –
rispose lei, infiammandosi
-Ah, è così, eh?
Lui ghignò mentre il sorriso
di lei si smorzava un poco non riuscendo a prevedere la sua prossima mossa
-D’accorso, so che
cosa vuoi… - le disse sottilmente, poi a voce più alta – ehi, Canon, vieni un
po’ qui!
Colin Canon, impegnatissimo a
scattare fotografie alle coppie danzanti, si fiondò come un razzo sul piccolo
palco avvicinandosi a Sua Maestà il Principe delle Serpi.
Aveva imparato a sue spese a
non intralciare mai più il suo cammino, soprattutto dopo che Draco aveva
mandato contro di lui una spedizione punitiva di cui avvertiva ancora qualche
dolorino come “fautore” del casino dell’articolo sul bacio di beneficenza.
-Canon, potresti
fare una foto a me e alla Granger? Un ricordo di quest’anno, insomma…
-Certo! – esclamò
il piccoletto preparando l’attrezzatura, non avendo sperato in tanta fortuna e
magnanimità
Draco ed Hermione si misero
in posa sul sofà, lui le passò un braccio dietro la schiena e lei cercò di
sorridere nel modo più naturale possibile.
Cosa diavolo aveva in mente
quella subdola serpe?
Colin si posizionò con il
marchingegno magico tra le mani inserendo l’autoscatto e aspettò che i due si
assestassero.
I secondi passarono in attesa
che la foto venisse scattata, poi…
-Guarda bene,
Canon – disse, all’improvviso Draco – perché questa immagine la voglio vedere
domattina sulla prima pagina della Gazzetta di Hogwarts
E prima che il giovane
Grifondoro potesse dire qualcosa, prima ancora che Hermione riuscisse ad
elaborare che si stava per consumare una follia che solo Draco era stato in
grado di concepire, sentì la mano di lui sulla pelle che gli voltava
leggermente il viso verso e, l’attimo seguente, la sua bocca sulla sua che la
baciava con passione.
Se all’iniziò provò anche a
resistergli, vale a dire per i primi tre secondi, dopo di allora seppe che era
tutto inutile e si lasciò andare.
Poco male, tanto prima o poi
qualcuno l’avrebbe scoperto…
Udì in lontananza il rumore
dell’autoscatto, l’urlo disumano di Ron che aveva anche lasciato cadere il
piatto con le vivande, la risata di Blaise e immaginò che Harry si stesse
sistemando nervosamente ed in imbarazzo gli occhiali, sospendendo
momentaneamente i suoi volteggiamenti.
Quando riaprì gli occhi, e
non le sembrava che fosse passato così tanto tempo, la platea di fronte a loro
era ammutolita, ferma, zitta e immobile mentre gli altri due Caposcuola si
erano rintanati agli angoli del divanetto, il più lontano possibile, tanto per
non spezzare l’atmosfera o quella sarebbe stata davvero la volta che Malfoy
avrebbe spaccato loro la faccia a suon di sberle.
-E, Canon – disse
il biondastro al piccolo Gryffindor basito con la macchina tra le mani – fanne
avere una copia a me e una alla signorina Granger, come ricordo, sai?
Colin annuì meccanicamente e
scappò via a rotta di collo per andare a sviluppare in tempo di record la
fotografia del secolo.
-Beh, cosa è
successo alla musica? – domandò poi lo Slytherin, stupito da tanto silenzio
Piuttosto aritmicamente il
quartetto di archi che suonava il lento si rimise a suonare, un po’ fuori ritmo
e le coppie ripresero a danzare completamente scoordinate, merito dello shock
che quei due erano riusciti a somministrare loro anche quella volta.
-Questo invece è per
te – aggiunse porgendo alla Regina dei Gryffindor, rossa come un pomodoro, il
suo album fotografico, la cui copertina le faceva concorrenza per tonalità
vermiglia.
Nella pagina che lei gli
aveva aperto prima, sotto la foto famosa, stava ora una scritta in diagonale,
tracciata con l’inchiostro nero della stilografica più costosa in circolazione
che, sapeva, Draco portava sempre con sé nella tasca interna della giacca.
Forse
è cominciato tutto da allora…
Draco Malfoy Y
Recitava la dicitura e,
subito sotto, la svolazzante firma di Draco, austera e regale, e un cuoricino.
***
Silente sorrise alla sfera di
cristallo di fronte a lui e la donna in piedi fece altrettanto; l’istante dopo
l’immagine si dissolse e sparì.
-Il signor Malfoy
è senza dubbio la persona più imprevedibile che abbia mai conosciuto
Affermò senza dubbio il
preside
-Anche la signorina Granger
non scherza – ammise tristemente la vicepreside, ricordando lo spavento che si
era presa e che l’aveva fatta invecchiare di vent’anni in un colpo
-Beh, ad ogni
modo, tutto si è risolto per il meglio
-Volevi espiare le
tue colpe con quel gesto, ridandole la vita, vero? – gli domandò lei facendo
scomparire il vetro magico
-Non ti posso più
nascondere niente, vero Minerva?
-No
-Sai, se fosse
nata una bambina l’avrei voluta chiamare come te – disse distratto, l’altra
scosse la testa
-L’avresti
chiamata Ariana, come tua sorella
-Come lo sai?
-Oh, ero solo una
stupida ragazzetta innamorata del suo professore – ammise sorridendo, ma nel
suo sorriso c’era una vena di tristezza – ma sapevo che c’era un’altra, anche
se non ero a conoscenza del fatto che fosse tua sorella, né di tutto il resto
della storia
-Eri un’alunna
molto sveglia
-Per questo non ti
ho portato rancore, quella sera, perché sapevo che, finalmente, eri riuscito a
dimenticarla. Avevi ammesso con te stesso che era morta e io, forse, avevo
ancora una speranza. Sai, hai fatto il suo nome mentre… mentre è successo…
-Sono stato così
crudele? – indagò perplesso il vecchio mago
-Sì. Ma è stato
grazie a quello che ho avuto la conferma che Ariana era scomparsa per sempre.
Dicevi che le somigliavo, ma sapevo che non era vero. Eri così bello, Albus,
che tua sorella doveva essere anni luce distante da quello che ero io
-Hai sempre avuto
la pessima abitudine di sottovalutarti
-Me lo dicevi
anche allora
-Lo so
-Alla fine non è
cambiato molto
-Abbiamo avuto
nuove esperienze e alla fine anche io sono riuscito a cacciare i fantasmi del
passato…
-Se non fosse
stato per il signorino Devlin mi sarei ritrovata con uno spettro in più – lo pungolò
la prof di Trasfigurazione
-Già
-Beh, a questo
punto, allora, credo che sia giunto il momento di ripetere, finalmente, ciò che
ti dissi quella volta, molto, molto tempo fa
E dolcemente gli si sedette
in grembo, allungando la testa verso l’orecchio, sorrise mentre le labbra si
avvicinavano, l’altra volta erano giovani tutti e due e la pelle che ora era
rugosa e chiara era stata liscia e abbronzata, molto era cambiato.
Appoggiò la mano in modo che
rimanesse un segreto solo tra loro due.
E poi lo disse, appena
sussurrato, mentre sul viso dell’altro si allargava un sorriso finalmente
sereno e non più conciliante
-Era da tanto che
avrei voluto sentirlo – confessò
-C’era un prezzo
da pagare – gli fece notare lei, lui annui sapendo che avevano espiato a
sufficienza.
-Albus?
-Sì?
-So che
probabilmente penserai male di me, ma… - Minerva arrossì un poco – ecco, ogni
tanto mi sono anche chiesta come sarebbe stato se… se non fosse successo così,
o se fosse successo dell’altro dopo… sì, insomma…
Si fece silenzio mentre la
mano nodosa del mago andava sistemare una ciocca dietro l’orecchio della donna.
Le forcine collassarono, riversandole sulle spalle una lunga treccia grigia e
bianca che una volta era stata del colore del bosco d’autunno.
-Povera, piccola
Minerva… solo ora mi rendo davvero conto di quanto ti ho portato via, ma con
tutte le brave persone del mondo… perché non sei andata con qualcun altro?
Perché non ti sei sposata? Perché non hai avuto dei bambini?
-Non c’era nessun
altro che volessi. Eppoi il mio posto è qui, non vorrai mica mettere Severus a
fare il vicepreside, vero?
-Tutti questi
anni, tutto questo tempo…
-A dire la verità,
anche se non posso dire che sia stata un’esperienza piacevole o che la
ripeterei, è stato un bene che sia accaduta.
-Se solo tornassi
indietro…
-Ci siamo accorti
quanto è sbagliato cambiare il tempo, credo che sarebbe pericoloso farlo per
qualcosa di così futile
-Non si tratta di
un cosa futile – ribadì il mago – però ho ancora una carta da giocare
-Ah sì? Che cosa
vorresti fare? – chiese piuttosto divertita da quelle idee bizzarre
-Beh, potremmo
tornare momentaneamente giovani, solo per una notte e…
-Mi rifiuto
categoricamente di bere un filtro, guarda solo che cosa è accaduto hai ragazzi
-I ragazzi se la
godono più di noi – rispose Silente ritrovando in sé un po’ della sbruffoneria
che lo aveva caratterizzato ai tempi che conosceva Grindewald o che aveva
incontrato Minerva
-Ma loro sono
giovani
-Tra poco lo
saremo anche noi – rincarò la dose
-Assolutamente no!
-C’è sempre lo
Specchio della Giovinezza
-Non ci è permesso
di usarlo
-Solo per una
volta… non volevi soddisfare la tua curiosità? – la McGranitt arrossì sotto le
rughe sentendosi di nuovo una ragazzina
-No
-Va bene, ne
parliamo quando siamo di là, ma non garantisco niente, sono passati tanti anni da
allora, credo di aver perso un po’ di pratica…
-No, Albus,
assolutamente no!
-Neppure se ti
dicessi che sei stata la mia ultima donna?
Minerva tacque e la porta si
chiuse dietro di loro.
Come Cenerentola: il sogno
solo per una notte che poteva durare fino all’eternità.
***
Land’s End, 17 luglio
-Mi spieghi che
cosa ci facciamo in questa catapecchia cadente? – domando un bambino dai
capelli bianchi scendendo dal cocchio nero con una valigia per ogni mano – non
intendo certo stare in questa topaia! – sbuffò
-Vedi di chiudere
quella bocca prima che te la chiuda io
-Come fai con
Hermione? – indagò il bambino
-Di questo ne
parliamo quando sarai più grande
-Ma sentilo, il
signor “sono-il-dio-del-sesso-di-Hogwarts”…
-Meriteresti che
ti lavassi la bocca col sapone, lo sai, piccolo strafottente?
-Proprio come
hanno fatto con te, immagino – suppose il piccoletto
Draco sospirò tentando di
frenare l’ardente desiderio di schiaffeggiare quella sanguisuga
-Eppoi vorrei
proprio sapere perché Albus vuole che passi le vacanze insieme a te! Uffa,
Hogwarts è tutta vuota!
-Innanzi tutto
vorrei che la smettessi di chiamare Silente “Albus”, eppoi al posto di parlare
tanto potresti usare questi tuoi “grandi poteri” per rammodernare un po’ la
casa
-Ecco, lo zio mi
manda qui perché mi vengano insegnati i segreti della magia e tu mi sfrutti
come elfo domestico!
Draco rabbrividì a sentire
quel nanerottolo chiamare il mago più potente del mondo magico “zio”, ma
avrebbe dovuto farci l’abitudine…
Un colpo di bacchetta e la
casa fu come nuova.
Pregò che i paesani del
villaggio poco distante, l’ultimo lembo di terra d’Inghilterra, non notassero
più di tanto il vistoso cambiamento avvenuto alla villa sulla collina, Devlin
era avventato come suo solito.
-Speravo che
almeno mi avresti portato a Malfoy Manor – borbottò ancora il piccolo
Dumbledore – invece mi tocca anche la residenza al mare
-Non entro più a
Malfoy Manor, adesso vivo per conto mio, zia Mana mi ha lasciato la sua casa,
anche se non ne avevo bisogno, ma ha insistito
-Ma se non sai
neppure cucinare un uovo!
-Quanto parli, ma
ci stai un po’ zitto? Eppoi andare al mare ti farà bene, guarda come sei
pallido
-Senti chi parla!
Eppoi fa parte del mio fascino
Aveva creato un mostro.
Come quel bambino gli
somigliasse tanto era un mistero, visto che si erano conosciuti da poco tempo e
da neonato l’aveva tenuto in braccio solo per salvarlo dalle grinfie degli
adepti del Signore Oscuro che ora marcivano in prigione ad Azkaban;
probabilmente quello era anche il motivo per cui Silente glielo aveva appioppato.
-Meno male che tra
una settimana arriva Hermione – annunciò contento il ragazzino albino spostando
gli occhi verdi sull’arredamento che aveva fatto spuntare dal nulla, Draco,
appena entrato, cambiò subito alcune cose – ho proprio idea che qui faremo la
fame per quello che sai fare
-Ordineremo pizze
a domicilio – le odiava, ma tutto pur di non darla vinta al piccolo saputello.
Se quando si trasformava in bambino era stato insopportabile quanto Devlin,
capiva perché Hermione lo detestasse tanto.
-Ripeto: meno male
che arriva Hermione. Anche se penso che da quel momento mi ignorerete
completamente.
Sfortunatamente il babanetto in questione aveva delle
inusuali vene sadiche che gli permettevano di trovare a ridire in ogni momento,
oppure di infilzare coltelli nelle piaghe a non finire. In più era stranamente
intelligente per la sua età e aveva troppa memoria visiva, oltre che
nessun pelo sulla lingua. Un autentico piccolo demonio, insomma, proprio come
diceva il nome.
-Oppure… -
aggiunse ghignando alla maniera Malfoy, – potrebbe anche essere che ignorerà te
per tutto il tempo…
Draco si voltò verso di lui
con certo cipiglio dipinto sul viso mentre il ragazzino gongolava
-Non osare dire
una cosa del genere, chiaro, moccioso?
-Non credo che
Hermione approverà la parola “moccioso”, sai?
-Va meglio piccolo
pezzente?
-Non credo
L’ex principe degli Slytherin
digrignò i denti.
-Beh, su, datti da
fare, io ho fame!
Adesso lo ammazzava! Che
qualcuno lo trattenesse o gli avrebbe spezzato quell’ossicino del collo che si
ritrovava!
Devlin sorrise.
Lui e Draco erano stranamente
un po’ come fratelli.
Facevano tanto i buffoni,
gonfiavano il petto e mettevano in mostra le penne, ma sotto sotto erano
fragili per la triste storia che li aveva segnati: il passato di Draco, la
storia della nascita di Devlin.
Per questo stavano bene
insieme, entrambi sapevano cosa stava sotto quell’impalcatura di spavalderia.
Per questo aveva chiesto allo
“zio Albus” di poter rimanere insieme a Draco e per questo Draco aveva
accettato.
Draco lo capiva più di ogni
altro.
Lo sapevano entrambi.
Ed anche lui, come il suo
fratellone che invidiava da morire e come suo zio, stava cercando una persona
che riuscisse a comprenderlo fino in fondo e, parola di Devlin Derek
Dumbledore, l’avrebbe trovata!
Fine
***
Spazio autrice: dopo 25 capitoli, riuscendo a
rientrare appena nei termini che mi ero imposta, ho messo la parola fine a
questa storia, la terza che pubblico e la mia seconda fanfic lunga a più
capitoli.
Ho faticato molto per
riuscire a rimanere nei paletti che avevo fissato e ammetto che quest’ultimo
capitolo, molto probabilmente, sarebbe stato meglio dividerlo, ma mi sarebbe
spiaciuto separare la fine di tutto dall’epilogo vero e proprio che non
conclude nulla, così ho preferito giuntarli. E, altro, grande motivo, è che
volevo a tutti i costi finirla entro oggi perché… perché oggi è il mio
COMPLEANNO!
(tanti auguri a te, tanti
auguri a te, tanti auguri all’autrice, tanti auguri a teeeeeeeee!!!!!).
Ehm, dopo questa piccola
digressione piuttosto imbarazzante: no, non si tratta di uno scherzo, ma
qualche settimana fa, riflettendo, mi era venuto in mente che, terminando la
fic prima dell’inizio degli esami sarebbe potuto essere un bel pensiero che
coincidesse proprio con la data del mio compleanno e, permettetemi di dirlo, un
po’ perché sono molto felice e un po’ per dell’altro, sono orgogliosa di
esserci riuscita. Dopotutto, l’altra era terminata proprio all’inizio dell’anno
2008, il 1° gennaio, per la precisione e vado molto fiera di queste date.
Scrivere finalmente la FINE
dopo tanto tempo che ci si tiene compagnia dà uno strano sentimento di
nostalgia, come quando si vede la propria figlia lasciare la casa per andare a
sposarsi (paragone poco calzante visto che non ho figli e non intendo sposarmi
a breve, chissà con chi, poi…).
Draco, Hermione e tutta la
vicenda delle Reliquie della Morte riarrangiata dalla vostra pazza autrice di
fanfic suonata lasceranno per un po’ il posto ad una bella pausa di riflessione
per me e per voi.
Sappiate che sono stata molto
felice di avere così tanti lettori anche per questa avventura che, nonostante
non consideri proprio il mio capolavoro (le Relazioni avranno sempre la
precedenza) mi rende comunque orgogliosa come una mammina.
Se nell’altra storia la mia
vena comica alla fine ha preso il sopravvento, qui siamo finiti decisamente sul
drammatico con personaggi tormentati e un po’ più cupi che combattono i propri
mostri dentro di loro più che fuori, tutto merito delle pessime letture degli
ultimi tempi XD
Ringrazio tutti coloro che
hanno seguito questa fic dall’inizio e sono rimasti a leggerla.
Ringrazio tutti quelli che
l’hanno cominciata un po’ in ritardo.
Ringrazio quelli che hanno
commentato più o meno assiduamente, spronando la vostra autrice ad andare
avanti felice di avere un così folto pubblico di ammiratori bugiardi ^^
Ringrazio quelli che, anche
se non me l’hanno propriamente scritto, hanno apprezzato la storia oppure ci
hanno pensato, ogni tanto.
Ringrazio quelli che hanno
inserito la mia storia tra i preferiti e quelli che invece mi hanno assurta a
tale ruolo, grazie!
Ringrazio quelli che con le
loro recensioni mi hanno fatta sognare e io spero di aver fatto sognare un po’
tutti voi con la mia storiella pazzerella.
Mi scuso se ogni tanto la mia
scrittura diventa pesante e monotona, se scrivo mettendo incisi ad ogni parola,
se c’è sempre bisogno di una parola in più e se la storia, andando avanti,
diventa troppo cervellotica, sorry davvero…
Mi scuso anche con quelli che
ho involontariamente tralasciato nei ringraziamenti perché sono una persona
davvero troppo sbadata e svampita, scusatemi, vi ringrazio adesso, chiunque
siate!
Spero che in onore della fine
della storia e anche del mio compleanno anche quelli che sono sempre rimasti
nell’ombra escano allo scoperto e mi regalino un parere a proposito, sono molto
curiosa delle opinioni altri, lo spero davvero!
Sappiate di essere stati davvero un pubblico splendido
e che mentre io scrivo queste parole mi stanno salendo le lacrime agli occhi e
mi sto commuovendo come una bambinetta, Devlin e Draco, invece, non lo
farebbero mai…
Ci rivediamo prestissimo, Vi voglio tantissimo bene!