Io
e mia madre. Eravamo solo noi ma almeno eravamo felici.
Due
donne che vivevano sole, perché l’unico uomo che
aveva
passato un po’ della vita con noi, c’aveva
abbandonate.
Era
stato un bene per noi, in realtà.
Quell’uomo
era mio padre.
Bene,
mio padre si drogava e come tutti i drogati tornava a
casa sempre fatto e menava alla mamma.
Tutto
questo solamente perché non mi voleva, mia madre era
rimasta incinta per sbaglio e loro ancora non erano sposati.
Lui
aveva 20 anni e mamma ce ne aveva 19.
Mio
padre voleva vivere la sua vita mentre, come tutte le
madri, la mia era felice di avere me.
Così
lui cominciò a drogarsi e mia madre lo lasciò.
Ora
io avevo diciassette anni e vivevo con mia mamma in un
paesino inglese chiamato Bradford.
Il
mio nome era Amy. Ero di media statura, avevo i capelli
castani e gli occhi azzurri.
Un
fisico che sinceramente avrei cambiato con qualunque
cosa. Quel pensiero mi perseguitava da quando ero piccola.
Non
ero mai riuscita a piacermi. Mai.
In
più ero lunatica. Davvero troppo, qualche volta mi
chiedevo come la gente riusciva a sopportarmi. Un secondo ridevo e
scherzavo e
quell’altro secondo lo passavo con il broncio e non volevo
parlare con nessuno.
Mia
madre invece era la donna più bella che avessi mai visto
in vita mia.
Era
alta, aveva i capelli biondi, gli occhi marroni ed era
magra e soprattutto era la persona più dolce in questo mondo.
Era
sempre calma, quando c’era qualcosa che non andava nei
miei comportamenti non era solita sbraitare per casa, come la mamma
della mia
migliore amica, ma si sedeva e mi chiamava e cominciava a parlarmi.
Lei
era una delle mamma più perfette in questo mondo e non
avevamo bisogno di nessun uomo per andare avanti.
Ritornando
a parlare della mia migliore amica, lei era un
pezzo fondamentale nella mia vita.
Si
chiama Jesy, aveva gli occhi verdi, i capelli biondi. Una
bocca che io personalmente amavo. Era a forma di cuore e aveva il
nasino alla
francese. Lei a differenza mia non era lunatica neanche un
po’.
Scherzava
e rideva sempre ed io con lei stavo bene.
Lei
mi aiutava sempre. Lei c’era sempre. Anche nei momenti
in cui diventavo la persona più acida
dell’universo.
Ci
conoscevamo da quasi quattordici anni, ormai più che
migliori amiche eravamo sorelle.
Quella
mattina mia madre mi svegliò presto. Molto prima del
solito, doveva andare ad un colloquio di lavoro.
Perché
vedete, mia madre era disoccupata purtroppo e
facevamo fatica a mantenerci. Io lavoravo il pomeriggio e lei ogni
tanto
trovava qualche lavoro ma poi, puntualmente la licenziavano senza un
motivo
valido e ci ritrovavamo nella merda più assoluta.
Quindi
diciamo che quella mattina era una mattinata
importantissima per lei.
Mi
svegliò alle 6:30.
Avevo
sonno, ero stanchissima e la testa mi tamburellava.
Provai a chiederle se potevo stare a casa ma lei disse di no.
Così
mi dovetti alzare con quella poca forza che avevo ed
andai al bagno a lavarmi e a vestirmi.
Visto
la poca voglia che avevo quel giorno, aprì
l’armadio e
presi i primi vestiti che mi capitarono.
Nella
scuola in cui andavo le divise non si indossavano. Io
non ero contenta neanche un po’, anche perché
tutte le mattine dovevo sempre
scegliere qualcosa da mettere e non mi andava tanto a genio.
Quel
giorno presi una maglia bianca e i primi jeans che mi
trovai davanti, le solite converse bianche, legai i capelli in una coda
e non
mi truccai neanche.
Scesi
a fare colazione e vidi mia madre vestita tutta in
tiro, con una gonna nera fino al ginocchio, una camicia bianca e delle
perle
messe come bracciale e i capelli legati in uno chignon.
Rimasi
a bocca aperta quando me la vidi davanti.
Mia
madre sorrise e mi indicò la colazione sopra al tavolo.
Solito
latte e cereali.
Mamma:
“ Amy, muoviti o faremo tardi.”
Io:
“ Certo mamma. Ah, sei uno schianto.”
Le
feci l’occhiolino e lei arrossì.
Già,
non le piacevano molto i complimenti. Ma quando le cose
c’era da dirle non potevo certo fare finta di niente.
Cercai
di finire velocemente la mia colazione, presi il mio
zaino, il mio cellulare e con la mamma uscimmo di casa.
Chiesi
a mia madre se poteva lasciarmi di fronte casa di
Jesy. Saremmo andate a scuola insieme e lei annuì.
Ovviamente.
Arrivai
davanti al portone di Jesy e lei era lì, seduta
sugli scalini.
Appena
mi vide si tirò su di scatto e sorrise.
Jesy:
“ Buon giorno piccola.”
E
mi venne a dare un bacio su una guancia.
Mi
chiamava sempre piccola, era così dolce.
Io:
“ Buon giorno anche a te.”
Le
sorrise. Poi mi misi sotto braccio e cominciammo a
camminare per andare a scuola.
Ci
piaceva andare a scuola, più o meno.
Noi
eravamo quelle tipe che non avevano gruppi, non erano
cheerleader e non avevano una reputazione da difendere.
Ed
era la cosa più rilassante del mondo.
L’unica
cosa che odiavamo di quella scuola era un gruppo di
ragazzi.
Erano
in cinque, avevano un anno più di noi ed erano i
ragazzi più odiosi di quel posto.
Si
credevano i più belli così facevano i bulli con
tutti.
Le
ragazze di quella scuola, compresa Jesy, erano pazzamente
innamorate di loro.
Si
chiamavano: Louis Tomlinson, Liam Payne, Niall Horan, Harry
Styles e Zayn Malik.
Certo,
non posso dire di certo che non erano bei ragazzi.
Ma
erano talmente stupidi che non riuscivo proprio a
trovarci niente di così dannatamente bello e interessante
per potermene
innamorare.
Invece
Jesy. Jesy era follemente innamorata di Louis.
Quel
Louis aveva i capelli castani, gli occhi azzurri e un
bel lato B. lo devo ammettere.
Ma
era il ragazzo più stupido con cui avessi mai avuto a che
fare.
Poi
c’era Liam. Ecco, era l’unico che si salvava.
Probabilmente perché
era
il fratello della mia migliore amica.
Era
alto, i suoi capelli davano sul biondino e aveva gli
occhi marroni.
Aveva
un sorriso tenero. Era l’unico di quei cinque che
forse avrei salvato.
Niall
era biondo ed aveva gli occhi azzurri. L’unica cosa
che faceva lui era mangiare.
Ogni
volta che lo incontravi mangiava. Mangiava qualunque
cosa.
Harry
era il riccio del gruppo, con gli occhi verdi, alto,
muscoloso e un donnaiolo di prima categoria. Qualunque ragazza fosse
interessata a lui, era pronto a darci dentro.
Era
il migliore amico di Zayn.
Ecco.
Quello con cui non avrei mai e poi mai parlato in vita
mia.
Il
ragazzo più odioso di questo mondo. Faceva il fighetto
con tutte.
Pensava
solamente ad avere la sua cresta apposto e a
maltrattare la gente.
Gli
riusciva che era una meraviglia.
Nella
mia scuola tutti avevano paura di lui.
Se
si arrabbiava non riusciva a stare calmo. Cominciava a
menare. Poteva anche ucciderti secondo me.
Qualche
volta mi metteva timore anche a me. Ma cercavo
sempre di far finta di niente, anche perché sapevo che non
avrei mai avuto
niente a che fare con lui.
Era
alto, con la sua cresta nera, gli occhi di un marrone
intenso che quasi ti mettevano i brividi a guardarli, delle labbra
bellissime
ed un fisico ben scolpito.
Certo
non era uno dei più brutti nella mia scuola, anzi
tutto il contrario. Ma era anche il più stupido.
Dopo
Louis, credo.
Quella
mattina io e Jesy arrivammo giusto in tempo per il
suono della campanella.
Eravamo
partite presto ma nel parlare e scherzare avevamo
fatto tardi.
Entrammo
in classe quasi correndo, per fortuna il professore
di fisica ancora
non
era arrivato e quindi ci scampammo la nota.
Il
lunedì era sempre tragico. Due ore di fisica. Io in
quella materia ero una schiappa a differenza di Jesy che era un genio.
Spesso,
prima delle interrogazioni veniva a casa mia e mi
aiutava.
Serviva
giusto per arrivare a quel sei che non mi portava ed
essere rimandata in estate.
Il
professore entrò in classe e cominciò a
chiacchierare di
qualcosa che c’entrava anche con la matematica.
Provai
a seguire e poi ci rinunciai, comincia a
scarabocchiare qualcosa sul mio quaderno.
Ero
immersa nei miei ‘splendidi’ disegni quando Jesy
attirò
la mia attenzione.
Jesy:
“ Hai intenzione di seguire qualcosa oppure?”
Io:
“ Non ho voglia. Tanto non capisco.”
Jesy:
“ Meno segui e meno capisci. Comunque oggi pomeriggio
hai voglia di venire a casa mia?”
Io:
“ Umh…penso non ci siano problemi.”
Lei
sorrise e continuò a seguire la lezione e io continuai a
scrivere il mio quaderno.
Suonò
la campanella finalmente. Era ora della ricreazione.
Non
aspettai neanche i compiti che dettò il prof ed
uscì
dalla classe.
Quando
era ricreazione in quella scuola non si camminava.
Gli
studenti correvano di qua e di la. Erano quasi
insopportabili.
Sentì
Jesy dietro di me.
Non
l’avevo aspettata. Mi prese il braccio e mi
accompagnò
alla macchinetta.
Davanti
a noi c’era solo una ragazza. Aspettai che finisse
di prendere le sue cose per prendere il mio cibo.
Appena
lei se ne andò non feci in tempo a mettermi avanti
alla macchinetta che qualcuno arrivò prima di me.
Erano
Zayn e Louis.
Alzai
gli occhi al cielo a sbuffai. Avevo voglia di mangiare
e questi mi avevano fregato il posto.
Io:
“ Scusa ma c’ero prima io, non mi avete vista per
caso?”
Zayn
fece finta di niente.
Solito
strafottente, mentre invece Louis si girò, mi
fissò
negli occhi e poi
cominciò
a ridere.
Io:
“ Sono simpatica che ti faccio ridere?”
Mentre
dissi questo sentì la mano di Jesy stringere forte la
mia.
Stava
per morire. Aveva davanti ‘ l’amore della sua
vita.’
Zayn:
“ Lou, lasciala stare. E’ una ragazzina come tutte
le
altre.”
Quando
sentì quelle parole, la mia faccia divenne rossa. Ma non
dalla vergogna dalla rabbia.
Io
ero una ragazzina? Avevamo un anno di differenza, cosa si
credeva di essere?
Allungai
una mano e gli bussai con un dito sulla spalla.
Io:
“ Scusa, ragazzina io? E perché tu sei un uomo
vissuto,
vero?”
Zayn:
“ Sicuramente sono meglio di te.”
Io:
“ Ah, ah, ah. Se invece di rompere qui te ne vai a mi
fai prendere la mia merenda?”
Zayn:
“ Cosa ti fa pensare che io lo voglia fare?”
Io:
“ Levati.”
Zayn:
“ No.”
Io:
“ Se non vuoi un calcio nei gioielli di famiglia,
levati.”
Jesy
strabuzzò gli occhi a quelle parole. Lei era uno di
quelle che aveva paura di Zayn.
Louis:
“ Hey ragazzina, calmati.”
Io
misi gli occhi a fessura, stavo davvero per sbroccare. Ma
poi sentì qualcuno alle mie spalle chiamare i loro nomi.
Mi
girai ed era Liam.
Mi
salutò con un sorriso ed abbracciò la sorella.
Liam:
“ Ragazzi, andiamo?”
Zayn:
“ Non posso, devo prendere la mia merenda.”
Io:
“ Sono dieci minuti che sei lì. Mi hai rubato il
posto e
tra poco la campanella suona.”
Liam:
“ Zayn.”
Disse
solo questo, Zayn rise e poi gli diede una pacca sulla
spalla e se ne andarono.
Quindi
il suo intento era solo quello di non riuscire a
farmi mangiare in tempo.
Ma
perché proprio a me? Insomma mi aveva evitata per tre
anni. Poteva anche continuare a farlo.
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