All I Want for Christmas is YOU! {♥}

di GoodnightLynne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oh, mia cara Maestra... ***
Capitolo 2: *** Un regalo speciale! ***
Capitolo 3: *** Uno scontro Inaspettato! ***



Capitolo 1
*** Oh, mia cara Maestra... ***


22 Dicembre, tre giorni in meno a Natale.
La Grande Mela era completamente bianca e dei candidi fiocchi di neve scendevano fiocamente su essa, come batuffoli di cotone. L'allegria in città era oramai evidente; i negozi addobbati dalle vetrine, fino all'interno e, nelle case, grandi alberi di natale illuminavano e davano quell'accoglienza natalizia tanto amata.

Anche le nostre amate tartarughe avevano negli occhi quella scintilla di bontà; che oltremodo in quel periodo dell'anno, riaffiorava come petali di ciliegio in primavera.

Donnie si sistemò la sciarpa viola attorno al collo, sentendo il caldo tepore che essa emanava dalla calda lana.

Dovevano ammettere che anche nei condotti fognari si gelava.

Il genio sistemò la lunga scala vicino all'albero mezzo-addobbato, in modo tale da non farla traballare troppo; salì ad uno a uno gli scalini, e chiese a Michelangelo di passargli alcuni addobbi, come palline colorate e luci...

C'era da dire che il più piccolo dei fratelli Hamato non se lo fece ripetere due volte: si sfregò entrambi i palmi delle mani uno contro l'altro, cercando di far andar via un po' di freddo e, subito dopo, corse dal fratello maggiore, chinandosi e mettendosi in ginocchio di fronte all'enorme scatola di cartone, contenente gli addobbi per l'albero di Natale. I suoi occhi azzurrini si accesero, come una fiamma di un falò notturno; infilò una mano dentro la grande scatola e da questa uscì una scintillante pallina arancione e dorata, che porse immediatamente a Donatello.
«Grazie, Mikey» aveva aggiunto questo, sorridendogli ampiamente.
«Non c'è di che, Donnie!» rispose un raggiante Michelangelo, riponendo nuovamente una mano dentro la scatola, poi mise dentro anche l'altra, per prendere le luci colorate.

Dei passi leggeri ma pacati, echeggiarono ritmicamente nel corridoio, dove un allegro e solare Leonardo stava facendo il suo ingresso nella sala, dov'erano i due.
«Avete visto Raph?» domandò il blu, una volta entrato. Mikey negò con il capo e Don gli comunicò che era uscito con la moto qualche istante prima.
Leonardo sospirò «Allora dovremo andarci soli...» confessò.
Michelangelo e Donnie si scambiarono una fugace occhiata, non capendo dove volesse arrivare il Leader.

* * *

Il mutante dalle benda rossa era seduto sulla propria moto, già arrivato nel posto in cui doveva andare col blu. Con le braccia conserte e lo sguardo fisso sull'azzurrino del cielo, che non accennava nemmeno lontamente ad una nube nera di pioggia.

Ad un tratto ecco che le tre figure dei suoi fratelli, fecero capolino da una traversa, vestiti di rosso e con una barba finta. Muniti anche di sacchi.

Lo sguardo da malandrino di Michelangelo si strizzò e con l'indice, quest'ultimo indicò il fratello maggiore, trovandolo non poco esilarante. «Dovresti vederti!» esclamò «Sei...» ma non finì mai la frase, ancora un po' e poteva dire addio alla vita per quanto stava ridendo.
Raphael sbuffò e scese dalla moto, bloccandola. Poi a passo svelto si apprestò a raggiungere i suoi fratelli. «Senti chi parla!» ironizzò il rosso, sorridendo beffardo: - «Perché tu ti credi affascinante vestito in questa maniera?» e subito dopo gli mollò un piccolo scappellotto sulla nuca.
«Aia!» ansimò il minore.

Il blu scuose il capo e lanciò un sacco pieno zeppo di regali al Focoso. «Potevi anche avvertirmi» disse calmo Leo. «Mi sono caricato due pesi massimi, mentre tu stavi bellamente seduto sulla tua moto!» alla fine sospirò.

Davanti ai loro occhi, ecco l'imponente edificio, dentro al quale ogni emozione o sentimento ha mille varianti: solitudine, allegria, tristezza, depressione...
Conosciuto anche con il nome di... "Ospedale".

Le nostre amate e irriconoscibili Tartarughe, entrarono, sorpassando la grande porta; bastava solo fare un passo davanti ad essa e questa magicamente si apriva. «Apriti Sesamo!» esclamò il piccolo Mikey, un attimo prima di entrare, ridacchiando.

* * *

In un reparto spoglio e isolato da tutto il resto, dei bambini dai quattro agli otto anni, stavan seduti o sdraiati sui loro lettini; alcuni non conoscendo per niente la sorte che avrebbero dovuto affrontare: ...la morte.

Una giovane donna di almeno dicianove anni, andava avanti e indietro fra un lettino all'altro, sedendosi poi, esilmente, su una sedia; una bambina dai sette anni, restava a fissare il vuoto, incurante del proprio cancro maligno al cervello, che se la sarebbe portata via da lì a poco...
«Come stai oggi, Susannah?» la dolce voce della Maestra Elementare della scuola dalla bambina prima frequentata, si fece udire da ella come una medicina curativa. Infatti, questa girò il capo e allargò le braccia, piena di felicità. «Maestra Andy!» aveva esclamato la bambina, euforica; le si lanciò incontro, abbracciando la ragazza con le sue braccine esili e, oramai ossute. Il pigiamino era rosa, con delle cuciture fucsia quà e là.
Il cappellino di lana color porpora che aveva in capo, stava quasi per caderle in terra, ma Andrea, questo era il nome completo della Maestra, le tenne saldamente il capo, sorridendo. «Noto con piacere che stai meglio» disse, sistemando la bambina dentro al lettino e rimboccandole le coperte. «Non devi prendere freddo» le raccomandò, baciandole la fronte.  «Se non guarisci, chi mi leggerà le poesie?»
Susannah ridacchiò.

Andrea ebbe un forte dolore al petto, sapeva che, prima o poi, quel tenero e innocente sorriso si sarebbe spento, dissolto nell'aria.
«Allora, che cosa mi leggerai oggi?» domandò la Maestra, puntando i propri occhi color del mare alla piccola figura davanti a sè.

La bambina si schiarì la gola e da sotto le coperte, prese un piccolo foglietto; iniziando a leggerlo, con un po' di intoppi, ma col cuore.

- Se la neve è fresca,
lo è anche il mio cuore.
Se si scioglierà,
anche lui lo farà.
Oh, cara mia Andy,
che con il tuo sorriso
illumini il paradiso.
Adesso sì, che con il cuore mio,
chiedo perdono a Dio.
-

La ragazza, con gli occhi lucidi, quasi non scoppiò in lacrime davanti alla bambina. Si alzò di scatto e l'abbracciò forte al suo seno, baciandole il capo con dolcezza. «Suzy, è bellissima...»
e una lacrima solcò il suo viso diafano.

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Capitolo 2
*** Un regalo speciale! ***


Susannah socchiuse leggermente gli occhi, lasciandosi cullare fra le braccia della sua adorata Maestra. Quando l'abbraccio si sciolse, la bambina puntò lo sguardo nocciola su quello di Andrea, ella infatti sorrise. «Non è niente» aveva detto, rassicurandola. «Mi è solo entrato qualcosa nell'occhio, passerà»  
La bambina fece per aprir bocca, ma qualcuno varcò la soglia della stanza: quattro allegri Santa Claus.
Susannah abbondò un sorriso, mentre si scrollava le coperte di dosso «E' arrivato Babbo Natale!» esclamò, saltellando verso le quattro sorridenti figure.

Noi tutti sappiamo che, sotto quelle barbe finte e quei grandi vestiti rossi, vi si nascondevano i fratelli Hamato...
Uno di loro si chinò, tenendosi in equilibrio con una delle ginocchia. «Oh. Oh. Oh.»  aveva mormorato lui, poggiandole una mano sul capo, accarezzandoglielo con dolcezza. «Hai fatto la brava quest'anno, signorinella?» terminò, cercando di tenere un tono serio, ma non troppo; più che altro, scherzoso.
Susannah ridacchiò e annuì col capo.
Il "gran signore in rosso" aprì il proprio sacco e da questo uscì un pacco regalo di medie dimensioni, color ametista.
Alla bambina si illiminarono gli occhi e allungò le manine per afferrare il regalo, lo prese e si girò verso la figura seduta affianco al letto; questa annuì dolcemente, dandole il consenso.
Allora Susannah fece un piccolo saltello e abbracciò quel signore tanto gentile, ora vestito da Santa Claus.
Ovvero Leonardo: il suo animo si addolcì, sereno.

La bambina andò vicino alla Maestra e poggiò sul lettino il proprio regalo, lo scartò e da questo uscì un tenero e morbido orsacchiotto di peluche con il nasino a forma di cuore. Restò a bocca aperta, sbalordita. «Che bello!» esclamò.
«Hai visto?» disse Andrea, poggiandole le mani sulle spalle e facendole capolino alla sua destra. «Ora da brava, su»
La bambina capì e, con il suo nuovo amico di paluche fra le braccia si avvicinò di nuovo ai quattro: - «Grazie mille!» aveva detto, facendo un piccolo inchino.
I quattro di guardarono entusiasti, e sorrisero a trantadue denti.

Dopo aver distribuito i vari pacchetti e fatto felici i bambini dell'ospedale, finalmente il loro compito era finito e si apprestarono ad uscire dal posto.
Andrea, che si trovava lì dopo aver finito di parlare con un medico, notò le quattro figure che stavano andando via; si sistemò la borsa nera sulla spalla destra e sistemò anche la lunga treccia castana che le ricadeva sulle spalle fin sotto l'ombellico, per poi correre verso l'uscita «Aspettate!» esclamò, e quasi non inciampò in terra, grazie ai tacchi che portava ai piedi.
Le tartarughe in incognito si guardarono intorno, un po' spaesate.
«Volevo ringraziarvi per quello che avete fatto oggi» roteò gli occhi, non sapendo come continuare, ma lo fece comunque: - «per quei bambini, intendo» aggiunse.
Leonardo sorrise sotto la candida barba,«Si figuri» rispose.
La ragazza aprì la borsa e iniziò a fare una caccia al tesoro con questa, ma alla fine trovò quello che cercava: - «Questo è il mio biglietto da visita» lo porse alla mano guantata di bianco del Leader, sorridendo solare. «Se in questi tre giorni avete intenzione di passare per queste vie, una vostra visita ai miei alunni farebbe davvero piacere» poi sussurrò, ironica «Sotto mentite spoglie, naturalmente»

Leonardo arrossì a quel tocco e rimase a bocca aperta, mentre gli altri tre lo guardavano con la coda dell'occhio, sghignazzando.
Il Leader si ricompose, ignorandoli. «Se ci capita, lo faremo sicuramente» affermò.
La Maestra sorrise, «Ci conto, allora!» e lasciò l'edificio.
Intanto lo sguardo di Leonardo era caduto sul candido biglietto da visita a caratteri raffinati blu: "Andrea Rastogi".

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Capitolo 3
*** Uno scontro Inaspettato! ***


Erano le 18:30 e Andrea era intenta a cercare le chiavi di casa dentro l'ampia borsa corvina; dopo qualche secondo, ecco che uscì fuori un piccolo mazzetto di chiavi, con un portachiavi a forma di elefantino blu che penzolava fra queste. La ragazza sospirò, aprendo la porta.
Chiuse questa dietro di sè e si guardò intorno: nessuno in vista.
Emise un piccolo sospiro di sollievo, poi si girò alla sua destra, togliendosi la sciarpa gialla di lana dal collo, e il lungo cappotto beige a grandi bottoni marroni; poggiandoli ordinatamente sull'appendiabiti in legno di quercia.
Si sistemò il giallognolo dolcevita e si chinò, sedendosi sulla scala dell'entrata di casa e aprendo la zip degli stivali marroncini da cowgirl. Dopo averli sistemati al solito posto, ovvero sempre all'entrata, decise di dirigersi in cucina.

Non appena sulla soglia, un paio di occhi azzurri la scrutarono con severità.
L'uomo di mezza età che era seduto con le gambe sul tavolo della cucina, si alzò, facendo rimbombare i propri stivali, anch'essi da cowboy, sul gelido pavimento.
Aveva dei lunghi baffi e un bizzetto sul mento, biondi. Le occhiaie sotto gli occhi evidenziavano bene il suo carattere burbero e irrequieto, erano ceree.
Portava una rossa bandana sul capo, lasciando cadere sulle spalle i lunghi capelli biondi. Sembrava un Purple Dragons, anche per l'abigliamento e i tatuaggi a forma di drago che portava su entrambe le braccia: indossava un gillet nero e dei pantaloni in pelle corvini.
Ed era bbastanza, anzi, molto muscoloso, rispetto i suoi 51anni.

Ma no, non era un Purple Dragons, lui era solo di origini Texane, e si era trasferito a New York con sua figlia solo perché era stanco della vita che faceva lì.
Ma soprattutto per dimenticare...

Andrea restò immobile a fissarlo, senza aprir bocca.

«Ti sembra l'orario di rientrare?» disse secco Jun Rastogi, alzando una delle folte sopracciglia.
«Papà, sono le 18:37, e non sono mica andata a divertirmi» affermò, dirigendosi verso il frigorifero in acciaio. «La piccola Susannah sta male e non so per quanto ancora resisterà...» poi aprì il frigo, uscendo da esso una bottiglia di birra. Si avvicinò al tavolo dove suo padre si era appena riseduto, e la poggiò vicino a lui. «Tu cosa hai fatto oggi?» gli domandò, spostando dal tavolo la sedia dalla parte destra da dov'era seduto il padre, per poi sedersi e aggiustandola di conseguenza.
«Bah» iniziò l'uomo, portandosi la bottiglia di vetro sulle labbra, aprendola con i denti, senza il minimo sforzo. A volte Andrea ne era affascinata, altre scioccata. C'era sempre da sorprendersi con lui: - «E' tornato quel bastardo del padrone di casa. Dice che se non paghiamo, dopo Natale, ci sfratta.» subito dopo si portò la bottiglia nuovamente alle labbra, bevendone a grandi sorsi;  poi la sbattè forte sul tavolo, asciugandosi le bocca col dorso della mano sinistra.
«Non ci credo...» fu la reazione di Andrea, con la bocca aperta e le palpebre che si chiudevano e riaprivano. «Non hai provato a spiegargli che entro il prossimo mese sarà tutto risolto?»
«Come no?» disse Jun, «Ma quell'imbecille non mi ha dato retta!»
La castana sospirò, ancora una volta. «Qualcosa ci inventeremo» cercò di rassicurare il padre, che sembrava non poco agitato...

Si guardarono per qualche istante, poi Jun sbottò: - «Hai comprato l'arrosto?»
Andrea si alzò di scatto, poggiando entrambi i palmi della mani sul tavolo. «Vado subito!» esclamò, prima di correre oltre la soglia della cucina.

Jun portò nuovamente le gambe sopra il tavolo e ricominciò a bere la sua adorata birra.

* * *

Leonardo camminava, dopo aver ascoltato Michelangelo, Raphael e un acconsenziente Donnie, pretendere della pizza. E ovviamente, chi doveva andare dal pizzaiolo se non lui? Il loro temutissimo Leader?
Si sistemò il cappello color crema e i neri occhiali da sole, con il lungo cappotto che lo nascondeva completamente.
Era tranquillo, sempre entusiasta di rendersi utile; ma non avrebbe messo in dubbio una bella lezione ai suoi due bei fratelli dalle bende arancione e rossa.
Un sorrisetto compiaciuto comparve sulle sue labbra...

Ecco che, ad un tratto, intravide delle ombre che si divincolavano dentro un vicolo. Spinto dalla curiosità e soprattutto, dal segno della giustizia, il Leader dalla benda blu, si mosse furtivamente verso quelle strane figure...

«Cosa volete da me?» chiese apaticamente una voce femminile. «Sapete che è da screanzati prendersela con un'indifesa donzella?» sghignazzò questa.
Nessuna risposta. Ma un attacco di cinquanta Ninja in nero, sì, quello sicuramente.

«Andrea?» sgranò gli occhi Leo, appoggiato col guscio contro il muro.
Stava per andare in soccorso della ragazza, quando... qualcosa di veramente stupefacente lo fece rimanere a bocca aperta.

La castana, uscì dall'ampia borsa due tonfa* d'acciaio bianco con fasce nere e rosse, all'apparenza piccoli e innocui. Questi, però, si allungarono 13cm ciascuno; la ragazza impugnò saldamente i sostegni che avevano al centro e balzò verso i suoi avversari e, prima che potessero far alzare anche un solo dito, già aveva messo a tappeto la maggiorparte di loro.
«Mai sottovalutare una donna solo perché porta il tacco dodici!» ironizzò, ma qualcuno stava per attaccarla alle spalle, allora lei, nemmeno si girò nel farlo, diede un colpo ben assestato sotto la mascella dell'ultimo Ninja.
Rimase a riprendere fiato per alcuni secondi.
Credeva che quelli fossero dei semplici malviventi, non aveva la minima idea del perché l'avessero attaccata: suo padre le aveva insegnato come difendersi, preoccupato per la sua incolumità, fin dalla tenera età...

Aprì la borsa e, una volta che i tonfa furono diventati abbastanza piccoli, ella potè infilarli nuovamente dentro.
Fece per uscire dal vicolo, sistemandosi una ciocca castana dietro l'orecchio; il quale era pieno di piercing dal lobo in giù.

A Leo era sfuggito quel piccolo particolare, però ora la trovava ancora più affascinante!

Arrossì, ma a cosa stava pensando?

«Attenta!» d'un tratto urlò, senza rendersene conto: uno dei Ninja si era rialzato e adesso correva verso la ragazza, con uno shuriken ben nascosto sulla mano destra e una katana sulla sinistra.
Andrea sgranò gli occhi e sentì un forte dolore al polso, se lo strinse con l'altra mano e boccheggiò qualcosa di incomprensibile, una volta che vide la figura con un cappello color crema davanti a lei. «Tu chi...»
«Non muoverti.» ordinò gentilmente Leo, già con le sue due katana in entrambe le mani.

Non ho fatto in tempo per poterlo evitare...
Accidenti! Accidenti!

Concentrati, Leo. Concentrati...


Leonardo aspettò il momento opportuno: una volta che il Ninja si fu avvicinato abbastanza, lo mise K.O. in un sol colpo, colpendolo prima sul collo, e alla colona vertebrale con l'aiuto del dorso di una delle katana.

Ripose le sue armi dietro al guscio, in questo momento totalmente coperto dal cappotto e, una volta accertandosi che nessuno dei membri del Foot Clan muovesse un muscolo, si girò, trovandosi il candido viso di Andrea che lo fissava.
Leonardo s'imbarazzò a quello sguardo tanto intenso, ma cercò di restare neutrale, e sembrava anche riuscirci: - «Tutto bene?» chiese, con gentilezza.
La castana annuì, «Sì, grazie mil...» ma prima di poter finire la frase, cadde in terra, reggendosi la gamba sinistra.

Leonardo era ancora più scosso: cos'era successo, adesso?

Si chinò velocemente e se la caricò sulle spalle, infischiandosene se da così vicino avesse scoperto la sua vera identità: con la vita delle persone non si scherza, nemmeno se la ferita è insignificante. L'aveva velocemente appreso... e mai più dimenticato. La vita è sacra e non bisogna sprecarla.
«Si regga forte, la prego» le raccomandò. E Andrea, anche notando il colorito verdognolo della pelle del giovane, non proferì niente, né si spavento.
Voleva solamente dormire...











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Tonfa*:
http://it.wikipedia.org/wiki/Tonfa

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