The time of Rebellion.

di Kolja
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***


La sveglia suona anche per me, finalmente. Sono due ore che mi rigiro nel letto pensando a tutto e a niente. Mi chiedo costantemente perché i miei genitori si ostinino a costringermi ad alzarmi alle undici, e non prima, anche se io alle nove sarei già in piedi pronta ad affrontare la giornata, e l’unica occasione in cui mi sono svegliata alle undici è stata quando avevo la febbre e mi ero rifiutata  di prendere i miracolosi medicinali che andavano in voga in quel periodo. Poi mi ricordo il perché di questo strano ordine. Mia mamma dice sempre: “Dormire tanto fa prevenire le occhiaie. Vuoi a dodici anni le occhiaie? E ti ricordo che il correttore è aumentato di prezzo!” Allora, siccome è facile illudere coloro che mi hanno messo al mondo,  ogni mattina resto nel letto fino alle undici, leggo un libro, penso, e quando la sveglia suona,  esco dalla stanza con aria assonnata, magari sbadigliando.
Appena esco dalla stanza trovo i miei genitori seduti a tavola. Osservo il posto vuoto a tavola ma poi scacchio via il pensiero dalla testa. Non adesso, non stare male adesso, mi dico. Mi siedo sulla sedia di mogano e tra tutte le prelibatezze sulla tavola, scelgo la solita cioccolata calda con biscotti al cioccolato. Non importa se mi dovrò sentire ogni volta: “ Basta con quei biscotti, Viriana!” o “La linea, Viriana!” , quando uno andrà al lavoro e l’altra da amiche o a far shopping, ruberò un altro paio di biscotti e li mangerò in camera.
Sono le undici e mezza e non si sono alzati da tavola. Strano. Allora chiedo: “Come mai non siete andati a lavoro?”
Ricevo come risposta una risatina isterica. “Sciocchina, possibile non lo ricordi? Oggi iniziano gli Hunger Games!”
Oddio. Me n’ero dimenticata. Poi faccio mente locale. Oggi è il giorno della mietitura e da mezzogiorno alle due è quasi d’obbligo rimanere davanti alla televisione e vedere i volti dei poveri ragazzi che vedremo morire nei giorni seguenti.
A differenza di tutti gli altri miei concittadini, che trepidano all’idea del reality più crudele dell’anno e vedere gli altri combattere fino alla morte manda loro in ecstasy, io odio gli Hunger Games. Ventiquattro ragazzi vengono tolti dalle loro famiglie, dai loro amici e costretti a uccidersi uno contro l’altro, per cosa, poi? È vero,  il vincitore poi diventa ricco e pieno di fama, ma gli altri? Morire per divertire gli abitanti di una città? Anche se è una realtà così lontana dalla mia, provo il dolore delle famiglie dei tributi morti. 
Ma ovviamente sono pensieri che tengo per me, o verrei prima portata da uno psicologo e poi accusata di ribellione.
 
A mezzogiorno in punto la televisione proietta  il simbolo di Capitol City e parte l’inno nazionale. Noto mio padre mettere la mano al petto e cantare sotto voce. E poi la solita storiella sulla ribellione avvenuta in passato a sulla nascita dei Giochi della fame. Tutto quello che sento è “bla-bla-bla”.
La mietitura consiste, o almeno così fanno vedere a noi, che tutti i ragazzi e le ragazze dai dodici ai diciotto anni del Distretto si riuniscono nella piazza cittadina del Distretto, con i genitori e il resto della famiglia alle spalle, vengono proiettati nel maxischermo quello che vediamo anche noi (inno e storiella semi-commuovente sulla storia di Panem) e poi una simpatica mia concittadina, ognuna con la parrucca di un colore differente, estrae i nomi dei due tributi, prima le ragazze, poi i maschi, che rappresenteranno il Distretto, o nella maggior parte dei Distretti, i tributi che non torneranno più a casa.  La mietitura va in ordine dal distretto più vicino a quello più  lontano, di conseguenza la mietitura del Distretto 1 sarà la prima che vedremo e quella del 12 l’ultima.
La prima ragazza estratta si chiama Glimmer, è bellissima, pelle perfetta, occhi verdi, capelli biondi che le ricadono morbidi sulle spalle. “Oh mio dio che bella pelle!” commenta mia madre. È così bella da mettere in ombra il suo compagno, tanto che non ne ricordo il nome. 
I rappresentanti del Distretto 2 non potrebbero essere più diversi, una è bassa e magra, e quando viene estratta rimane per un attimo disorientata, l’altro, che invece si offre volontario è alto e muscoloso. Uno biondo e una castana. Cato e Clove.
Vedere il ragazzo del Distretto 2 offrirsi come volontario mi ha ricordato la storia dei Favoriti, probabilmente loro del Distretto 1, 2 e forse 4, saranno i vincitori.
Degli altri tributi non ricordo neanche un nome, forse perché sono nomi strani o perché non lasciano nel segno. Essi probabilmente moriranno per primi. L’unica che mi ricordo è la ragazza del 5, dai capelli rossi poco più chiari dei miei, che ha un’aria da furba.
Si procede distretto per distretto. Siamo quasi alla fine. Distretto 11. Qui, come nel 2, i tributi non potrebbero esser più differenti. La bambina/tributo si chiama Rue, ha la mia età, è così magra che un vento forte potrebbe portarla via, l’altro tributo invece si chiama Tresh, è grande e grosso e riscuote timore solo a guardarlo. All’improvviso provo una fitta di dolore al cuore nel vedere Rue piangere sul palco. So che, con ogni probabilità, non serve un vento forte per portarla via, ma solo un altro tributo, più grande e più forte di lei, che le porterà via la vita.
Sono quasi le due e finalmente la mietitura sta per concludere. Distretto 12, uno dei più poveri. Noto che la sala da bagno dei miei genitori è oro in confronta alla piazza cittadina di quel distretto, così povera e spoglia. Del resto anche la camicia da notte che indosso adesso vale più dei vestiti della maggior parte dei ragazzi. Di fianco al sindaco e a sua figlia c’è solo Effie Trinket, dell’unico vincitore di quel distretto, Haymitch, non c'è traccia. La donna dalla parrucca color fucsia estrae il nome della ragazza: Primrose Everdeen. La telecamera inquadra una bambina dai capelli biondi e gli occhi azzurri, che si spengono all’improvviso e si può leggere da qua timore nel suo viso. Viene portata sul palco quando accade l’inaspettato. Mai successo in quel distretto. Una ragazza dai capelli castani raccolti e dallo sguardo carico di spavento urla a gran voce: “Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!”. Tutti, compresi i miei genitori ed io, rimangono colpiti.  Effie fa salire la ragazza sul palco e questa dice il suo nome: Katniss Everdeen. Sicuramente sua sorella. Inquadrano solo per pochi secondi gli altri ragazzi che alzano le tre dita centrali della mano sinistra e le tendono verso la ragazza. Poi distolgono subito l’inquadratura e la concentrano sull’entrata di Haymitch, ubriaco come sempre. L’ultimo tributo estratto della giornata si chiama Peeta Mellark.
Riparte l’inno e si spegne la tele.
Sussurro: “Che la fortuna sia con voi”.

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


Ripenso tutto il giorno alla scena che ora più che mai rappresenta il Distretto 12. L’intero Panem non aveva mai udito le parole “mi offro volontaria come tributo” uscire dalla bocca di un aspirante tributo del Distretto più remoto e uno tra i più poveri dello Stato. Le si sente più pronunciare dai tributi dei Distretti favoriti, 1, 2 e qualche volta anche il 4, da coloro che impiegano l’infanzia ad allenarsi per conquistare la vittoria agli Hunger Games e, quindi, alla fama. Oltre all’inaspettato gesto, tutta la scena era intrisa d’amore. Insomma, la coraggiosa ragazza che si offre volontaria al posto della sorellina ha colpito tutti. Non posso negarlo, ha colpito anche me. Ma so che non devo affezionarmi più di tanto, né a lei, né alla bambina dalla pelle mulatta del Distretto 11. Inutile affezionarsi a qualche tributo. Ognuno ha le stesse probabilità degli altri di vincere e, nel caso contrario, di morire.
Nei giorni successivi alla mietitura, la televisione trasmette gli stessi programmi dell’anno e le repliche dei momenti più belli della mietitura. Il “meglio” deve ancora venire. Stasera i tributi sfileranno sui carri.
Non avendo niente a fare, decido di andare a trovare una delle poche mie coetanee di Capitol City con cui io vada d’accordo. Lei la pensa come me, quasi su tutto.
Passo per strada e sento tutti parlare degli Hunger Games. I più iniziano a scommettere piccole somme, una parrucca, o la ricetta della propria salsa ai gamberetti, su chi potrebbe vincere. Tutti puntano la loro parrucca color smeraldo (difficile da trovare, dicono) su Marvel, il ragazzo del Distretto 1 e Cato, quello del 2. Sento anche piccoli commenti su Clove. Tutti, però, parlano di Katniss. Principalmente sono commenti del tipo “Che carina”, “Ha fatto un bel gesto”. Si passa poi alla sua acconciatura. Perché, ovviamente, l’aspetto fisico ha la meglio su tutto. Guarda caso, quel ragazzino esile con i denti storti e i capelli crespi del Distretto 6, non se lo ricorda nessuno.
 
Busso alla porta, non me la sento di suonare il campanello e sentire una versione accelerata dell’inno nazionale. La porta si apre.
“Ciao” dico. E “Ciao” risponde lei. Dimostrare affetto non rientra nei nostri paramentri.
“E quelli?” dico, indicando le ciocche color blu e verde situate alle punte dei capelli. Le tocco leggermente, ad un primo impatto sembrerebbero chiazze di tempera cadute accidentalmente sui suoi capelli. E invece no. Sono vere.
“Oh. Mia madre”sbuffa accennando  un’alzata di spalle. Ma non le si addice quel gesto di indifferenza. Sono sicura che deve aver lottato duramente con sua madre, prima di cedere alla sua bizzarra richiesta. Ripensandoci, non è così bizzarra come idea. Le ciocche colorate spopolano a scuola. È una moda che tutti, ovviamente, seguono.
La scuola. Dovrei chiamarla così? Dovrei chiamare “scuola” quel paio d’ore al giorno in cui ci spiegano i vari usi del cashmere? Oh no.  Tra l’altro in occasione degli Hunger Games non ci fanno neanche andare.
“Mi manca la scuola, sai?” commento.
“Se tu quella la chiami scuola.” risponde accigliata “Ma non credo sia solo una tradizione di qua, credo che la scuola non abbia la sua dovuta importanza, a Panem”
Ha ragione. Una volta mentre passeggiavo per la città, mi sono fermata vicino al parco. Su un vicolo quasi invisibile c’erano due signore intenti a scaricare merce sul retro di un negozio. C’era sì, il rumore. Le grida dei bambini coprivano tutto. Nonostante quello sono riuscita ad ascoltare ciò che dicevano. Un signore proveniva dal Distretto 3, infatti scaricava merce elettronica. L’altro dal 4, scaricava, invece, casse di polpo sul retro del negozio affianco.  È raro vedere qualcuno che non sia di Capitol City, eppure i due sembravano conoscersi, come se si vedessero da tanto tempo. Arrivo al punto. I due parlavano dei loro figli. Mi ricordo un pezzo della loro conversazione:
“Come va a casa?” dice uno.
“Si tira avanti” risponde l’altro.
“Ti capisco. Sono preoccupato per mio figlio, Noah, quello che ha 10 anni. Passa tutto il giorno al porto. Salta pure la scuola! E se i pacificatori lo punissero per questo? Non ce la farei.” a quel punto, l’uomo del Distretto 3 posa la scatola e gli dà una pacca sulla spalla rassicurante.
“Stai tranquillo, amico mio. Lui impara il suo lavoro, è questo che a loro importa. Che lo impari a scuola o al porto non gli interessa. Anzi, meglio. Un popolo di ignoranti è più facile da governare.”
Un popolo di ignoranti è più facile da governare.” Sussurro, riportando le parole di quell’uomo.
Grime annuisce. Poi parla: “Ma.. pensiamo alle cosedavvero importanti. Gli Hunger Games! Li hai visti?”
“Perché, avevo altra scelta?”  ride. Continuo: “Non cambia molto da gli anni scorsi: i bellocci, i favoriti, gli spacciati. Oh, aspetta. C’è una novità!”
“Cioè?”
“Ora ci sono anche i coraggiosi. O meglio, una: Katniss Everdeen.”
“Oh, già. Ricorda che viene dal 12, non ha molte speranze comunque”
In quel momento entra dalla porta d’ingresso suo fratello, che saluta con un cenno di mano e poi va in camera.
“Mi chiedo se lui avrebbe mai fatto quello per me. Offrirsi volontario, intendo.
“Non so..”
“Probabilmente no” sorride amaramente “Però tua sorella l’avrebbe fatto”
Mia sorella, argomento delicato.
“Non ne voglio parlare” liquido la conversazione.
“Ehi, non ti rattristare!” mi sfrega le guancie “Oggi c’è la sfilata dei carri”
“Io odio gli Hunger Games, ricordi?”
“Anche io. Ma i nostri genitori li adorano e come facciamo a indagare su tua sorella se non vogliamo dare nell’occhio e, invece, vogliamo sembrare due normali adolescenti stile Capitol City? Ho un’idea!” Riflette per poco e poi aggiunge: “Andiamo a vedere coi nostri occhi i tributi della settantaquattresima edizione degli Hunger Games!”





Salve a tutti, grazie per leggere la mia fanfiction. Vorrei dire due parole sulla mia ff. Allora, da come si è capito,
non parla direttamente degli Hunger Games, sono come una "copertura", uno sfondo. La storia è completamente inventata da me, vi prego però di considerarla comunque. Non è come le altre. Inoltre, lo so, questo capitolo è di passaggio, ma serve un po' a introdurre la storia. Secondo voi chi è la sorella della protagonista? Capelli rossi... 
Grazie a tutti, recensite magari.
Un bacio.

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