Quelle parole non dette

di Silny
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dedicato a te ***
Capitolo 2: *** Morte speranze ***
Capitolo 3: *** Eveline ***
Capitolo 4: *** Dimmi, padre... ***



Capitolo 1
*** Dedicato a te ***


Dedicato a te

Fuori pioveva.
Cadeva insistente la pioggia, furente e imperterrita.
Forse anche lei arrabbiata con il mondo.
Io invece me ne stavo lì, tra l'afa delle lenzuola e l'abbandono di Morfeo.
Non potevo distinguere il giorno dalla notte, ma in fondo che importanza aveva ormai?
Mi sentivo stanca e oppressa da me stessa, intuendo l'ennesimo risveglio nel cuore della notte, ma ricordavo la smania di tornare a vivere e gioire anche senza di te, e speravo fosse già sorto il sole, se pur invisibile, magari lì, dietro la coltre di nubi.
Giorno o notte che fosse riponevo le mie speranze in quella pioggia, speravo lavasse ogni cosa, ogni dispiacere, ogni rimpianto, ogni risentimento, speravo lavasse ogni singolo momento da quel giorno in avanti, dal giorno in cui  mi lasciasti andare via, senza proferir parola, senza tentare di trattenermi.
Il giorno in cui non riuscimmo a guardarci negli occhi, e ancora mi chiedo il perché.
Io faticavo a parlare, le sillabe bloccate come macigni troppo grandi sul fondo della gola, e tu chiusa nel tuo ostinato silenzio non mi lasciavi capire se almeno potevi sentirmi, se sentisti il dolore che pungeva gli occhi e lacerava il cuore.
Non so nemmeno se udisti il rumore delle lacrime infrangersi a terra dopo aver chiuso quella porta, la nostra porta.
A me parvero così rumorose e caotiche quel giorno, rimbombavano nelle orecchie e nell'incavo del cuore svuotato mentre per rabbia le strappavo via e le mettevo da parte, anziché renderle libere.
Ti sussurrai di volerti bene amica mia, nonostante tutto, nonostante il mondo stesse crollando e io sentissi di affogare, e me ne pento... me ne pento perché avrei dovuto gridartelo con l'ultimo fiato rimasto, allora sì che sarei stata sicura che l'avresti sentito.
Ora invece spero ancora nella pioggia che spurga ogni dolore. Forse speranze labili e vane le mie, ma non mi rimane altro: ingoiare il dolore inflittomi che tanto ti sembrava e ti sembra banale e sperare che ancora qualcuno abbia pietà di me.
Sperare che là fuori qualcuno per me c'è.
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Dedicato a te.
Dedicato a tutte le parole dette e non dette.
Dedicato alle parole che non hai mai voluto comprendere.
Dedicato alle parole che non hai avuto voglia o coraggio di dirmi quel pomeriggio così caldo.
Dedicato al bene che ci vogliamo, così forte che alla fine ci ha rese schiave e distruttrici, il bene che ci ha distrutte.
Dedicato al rimpianto e alla sofferenza che ora persistono, ma che sono necessari.
Ancora dedicato a te, a me, e a noi, che un giorno ritorneremo, forse.
E per quanto possa valere un silenzioso a presto e l'augurio che quel ti voglio bene ti sia giunto per davvero.
Silny 

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Capitolo 2
*** Morte speranze ***


 
 Morte speranze 
 Pasticche.
Pasticche e ancora pasticche.
Seneca sosteneva che nessuno può essere felice se non è sano di mente.
Ascoltavo con gli occhi gonfi e arrossati le ennesime incomprensioni provenire dall'altra stanza.
Intanto scivolava di nuovo lungo la gola quella pastiglia. Amara e viscida.
Ridevano di me, li sentivo anche se non lo sapevano, discutevano su ciò che avrei dovuto fare, su ciò che non avrei dovuto piangere.
I miei famigliari.
Solo fumo sillabato il loro.
Parlavano ma non sapevano.
Non sapevano che da giorni il sonno mi aveva abbandonata, non sapevano che dormivo un sonno artificiale, forzato da capsule rivestite che si dissolvono acide sul fondo dello stomaco, non sapevano che la pelle si stava restringendo attorno alle ossa giorno per giorno.
Non sapevano, ma credevano nel contrario.
Ma forse nemmeno io potevo più comprendere me stessa.
Quel sonno l'ho scacciato io, quel cibo l'ho rifiutato io, ho messo da parte tutto per fare posto a questo, fare posto al dolore e all'amaro degli antidepressivi.
No, forse non sono completamente sana come Seneca vuole, ma per questo destinata all'infelicità?
No, non credo.
Una pur flebile speranza deve ancora esserci per me, da qualche parte, al fondo del tunnel magari, dove la vita mi attende nuovamente...
"Nessuno può essere felice se non è sano di mente... e non è sano di mente colui che invece del meglio cerca ciò che gli nuocerà."
E la mia ultima speranza si consuma con quelle ultime parole scolpite nel tempo.
Solo ora mi assale la consapevolezza che non vi è salvezza da una vita che si autodistrugge.
Solo ora comprendo che allontano il sonno e la fame per mia volontà, come un automa ben programmato, e non rimane che inghiottire quelle pasticche.
Non perché mi aiutino, ma perché nuocciano ulteriormente, perché mi portino alla fine della corsa.
In ogni caso avrei dovuto riconoscerlo prima o poi, la mia speranza di felicità è morta da tempo... insieme a te.
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Non sono depressa e non sono infelice, semplicemente se non avessi un motivo per il quale restare sarei una potenziale suicida.
Rimango perché devo, perché in fondo un po' sana lo sono ancora, perché ho ereditato le spalle larghe di mia madre. Perché ho dei sogni.
Non ingoio pasticche tutto il giorno, ma i pregiudizi e le accuse della gente sì. Non sono medicinali, ma comunque letali.
E in fondo questo spazio l'ho dedicato ai pensieri e alle parole non solo non dette, ma anche a quelle che è meglio rimangano incompiute.
Grazie a chi leggerà e soprattutto a chi comprenderà, perché non è vero che soli e incompresi è meglio; non c'è cosa migliore dell'essere capiti.

Silny 

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Capitolo 3
*** Eveline ***


Eveline

Il diluvio universale veniva giù dal cielo quel venerdì del 17 Maggio. Grandine e saette non avrebbero risparmiato niente e nessuno. Rumorose si scaraventavano al suolo infrangendosi sulle pareti delle case, sradicando arbusti e alberi. 
Tentai di resistere. Cercavo a tutti i costi di reprimere quel senso di terrore a ogni nuovo boato... ma poi cedetti. Mi alzai nell'oscurità, avvolta com'ero nelle lenzuola candide e nella trapunta ancora calda e mi incamminai verso la tua stanza, sicura che mi avresti accolta fra le tue braccia.
"Christopher? Chris, sei sveglio?"
Tu non risposi, non subito.
Anche se tutto attorno era buio io riuscivo a scorgere i tuoi lineamenti, erano perfetti come sempre. Per un attimo ebbi la sensazione che svegliarti si sarebbe rivelato un sacrilegio.
"Chris, ti prego svegliati..."
Un mugolio, uscì solo quello dalla tua bocca. Mi sedetti a terra, proprio a fianco al tuo letto, arresa e spaventata.
"Ev? Cosa ci fai qui?"
E finalmente mi parlasti.
"Chris, finalmente! Posso rimanere qui con te questa notte?"
Ti eri già sollevato sugli avambracci, e con il dorso di una mano ti stropicciasti gli occhi.
"Come? E perché?"
In quell'istante un tuono esplose al di fuori di quelle mura e io non dovetti darti una risposta. Capisti da solo.
"E va bene, vieni!"
Amavo il fatto che mi conoscessi così bene, che conoscessi le mie paure e che saresti sempre stato pronto per aiutarmi.
Facesti un po' di spazio tra le tue di lenzuola così da permettermi di affiancarti e di sentire il tuo stesso calore. Erano anni che aspettavo quel momento, il momento in cui mi avresti ospitata nel tuo letto, per dormire con te, per osservarti nell'unico luogo dove non potevi vedermi...nel sonno. Forse non eri nemmeno così bello, o robusto, o intelligente eppure la tua presenza mi rassicurava, mi faceva trattenere il respiro e crescere il desiderio di sfiorarti ancora.
"Eveline, perché non hai svegliato una delle ragazze?"
Io ti davo le spalle e tu stavi già per riaddormentarti mentre un tuo braccio scivolò appena sotto il mio seno, per poi stringermi a te.
"Loro dormono già in due in un letto, io non potevo starci... e ho paura."
"Ok..."
Risposi in silenzio in balia del sonno e avvampai nel sentire il tuo corpo stretto al mio. Il tuo dolce respiro sul collo.
"Se non fosse che ti amo, sarebbe tutto più semplice..."
Lo dissi ad alta voce perché sapevo non mi avresti sentita.

"Lo credo anche io..."
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Che cos'è la realtà?
Non ne ho idea, ma di sicuro non è quello che ho appena descritto.
Non mi conosci affatto, conosci le mie paure solo per poterle deridere.
Non mi stringeresti mai a te, non mi desidereresti mai, non mi accoglieresti mai nel tuo letto per proteggermi.
E ovviamente questa tua premura nei miei confronti non è mai esistita, questo è solo il ricordo del mio desiderio che rimane.
Non ho idea di come tu faccia, ma riesci sempre a deludermi, a sconfiggermi, a distruggere ogni mia più piccola fantasia.
La delusione più grande che io abbia mai incontrato.
Era tutto già scritto.
Ho trovato questo brevissimo racconto in una delle cartelle del computer; non ricordo nemmeno quando l'ho realizzato.
Vagavo per la stanza in cerca d'ispirazione e poi si è illuminato il ricordo di 'Eveline'.
Non è un gran che, probabilmente scritto tempo addietro, ma una volta riletto ho sentito chiaramente lo stesso desiderio di qualche tempo fa di averti al fianco nel momento del bisogno... e tu puntualmente non ci sei mai.
Adesso non ne ho più bisogno, non ho bisogno nè di te nè delle tue false promesse, va bene così, ma lascio qui questo racconto per poter rileggere quello che amavo di te e tenere ben presente che era tutto solo frutto dell'immaginazione. 
Silny

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Capitolo 4
*** Dimmi, padre... ***



Dimmi, padre...

Ogni tanto mi pongo delle domande alle quali so che non troverò risposta.
Per esempio mi domando a cosa pensi in quei momenti, quali sono i pensieri che sfiorano la tua mente quando ti senti rimproverato per l'ennesima volta.
Vorrei sapere dove vai quando sali su quella macchina e sfuggi ai tuoi doveri di padre e marito.
Guardo colei che mi ha donato la vita con occhi diversi adesso, un po' la temo sempre, ma sento una terribile pena nei suoi confronti e non so se sia uno sbaglio.
Non so se facendolo faccio un torto a te che sei l'altra parte della medaglia, la metà necessaria al mio concepimento.
Non posso non guardare gi occhi di quelle donna e sentirli mortificati  e arresi e allo stesso tempo non posso non guardare il tuo volto abbattuto.
Non credo che la tua sia solo finzione, non mi pare; e allora perché?
Perché questa freddezza, questo distacco? Perchè perseverare nell'errore, ostinarti nello sbaglio?
Sento che in fondo la colpa è anche mia.
Una figlia meritevole di cui andare fiero, certo, i tuoi occhi mi raccontano questo tutte le volte, ma se questa figlia non ti assomigliasse e avesse un po'di coraggio per portele direttamente queste domande, questi dubbi?
Dove vai dunque? Con chi fuggi? Cosa speri di rimediare quando torni?
Scrivo nero su bianco come se questi quesiti potessero raggiungerti nonostante non sia la lontananza fisica a renderti distante.
Non so più comporre fiumi di parole, sono solo piccoli rivoli i miei niente più, ma perché mi sento affogare allora?
Non sono capace di mostrarti la mia preoccupazione, di mostrarvi quanto vorrei vedere il vostro amore rinnovato... anche solo per un giorno nonostante io sappia che poi non mi basterebbe.
Non sono capace di tutto questo per un solo motivo: sono come te, padre.
E io lo so che dietro gli occhi tuoi stanchi e gli sguardi commiserevoli ci stanno più parole di quanto vorresti o dovresti dire.
Solo non lo sai e non sai scriverle.
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Lascio queste parole così, senza correggerle e riguardarle.
Non sarei in grado di correggere ciò che di più vero provo e non vorrei riguardare il dolore che mi affligge.
Perché non sapete, cari genitori, lo stato ansioso che si crea ogni qualvolta alzate la voce più del dovuto per cose così futili.
Non fraintendetemi, siete degli ottimi genitori in quanto lottate ardentemente per prendervi cura dei vostri figli, ma è di voi stessi che non prendete più le difese, non lottate più per questo amore che forse considerate perduto.
Dolore. Solo questo provocate.
Dolore e indifferenza poi a contrastarlo.
Non vi rendete conto che a noi basterebbe vedervi felici per esserlo a nostra volta.
Lascio tutto qui così, sospeso tra i fogli bianchi di un quaderno, perché sono codarda, incapace; meglio scrivere in anonimato e attendere il parere di altrettanti anonimi piuttosto che farvi sentire queste parole, piuttosto che fallire ancora con la voce.
Silny

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