Un incarico che le cambiò la vita.

di a rainy day
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** AVVISO IMPORTANTE ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***



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1. Primo capitolo
 
Alexia aveva un diavolo per capello. Il motivo di tanto nervosismo era stato il direttore del giornale per cui lavorava, un tale Joshua Harris, trentenne sicuro di sé e in piena carriera lavorativa. Le aveva appena comunicato che lei avrebbe dovuto trasferirsi di lì a poco a Doncaster, per lavorare al fianco di un pastore protestante per scrivere un'intera rivista dedicata a lui e al suo nuovo libro. 
Era stato chiaro e conciso: le aveva detto in poche parole che, in caso non avesse accettato l'incarico e il conseguente trasferimento, si sarebbe trovata senza lavoro e senza una casa in cui stare. Quel che più infastidiva Alexia era che Josh le avesse comunicato il tutto soltanto una settimana prima dalla data di partenza. Questo, la signorina Scott, non era proprio riuscita a concepirlo. Ma non poteva di certo rifiutare. Non poteva permettersi di perdere un impiego così ambito e, soprattutto, amava il suo lavoro e solo lei sapeva quanto impegno ci aveva messo per entrare a far parte della redazione di quella rivista tanto conosciuta.
In quella settimana di attesa prima della partenza, aveva preparato un taccuino con una breve scaletta che avrebbe dovuto seguire una volta raccolte le informazioni di cui necessitava. Sperava soltanto che James William Collins, il pastore protestante con il quale avrebbe dovuto collaborare, fosse una brava persona proprio come lo descrivevano. 
Alexia Anne aveva letto il libro di quell'uomo e l'aveva trovato quanto di più noioso avesse mai letto in tutta la sua vita. Non condivideva neppure la minima parola di ciò che Collins aveva scritto nel suo libro. Semplicemente, doveva fingere di adorare quanto scritto da quel tipo, per rendere il lavoro più semplice e sbrigativo. 
Certo, sarebbe stato decisamente difficile provare adorazione per un libro che Alexia riteneva scritto male e privo di senso, ma doveva portare a termine quell'opuscolo e consegnare il suo lavoro al capo redattore. Era un punto in più che si aggiungeva al suo curriculum di giornalista provetta. 
Condividere le idee di James era una cosa folle: nessuna persona sana di mente avrebbe pensato quelle cose. 
Alexia aveva tentato in tutti i modi di rimandare la partenza, ma nulla era bastato a far cambiare idea al direttore del giornale. 
Così, trascorsa una settimana, si ritrovava nella stazione di Bradford ad attendere il treno che l'avrebbe portata a Doncaster, da James Collins. 
Aveva raccolto informazioni di ogni genere sull'uomo con il quale avrebbe dovuto lavorare, sapeva di lui tutto ciò che doveva sapere. 
Durante il viaggio ripassò mentalmente ciò che doveva dirgli non appena si sarebbero visti. 
La permanenza di Alexia a Doncaster era prevista per tre settimane, con vitto e alloggio pagati dalla redazione della rivista per cui lavorava. 
"Signorina Scott, la informo che le spese del suo soggiorno a Doncaster saranno pagate per tre settimane. Se non dovesse rientrare in questa tempistica, dovrà provvedere lei stessa con suoi mezzi economici all'assolvimento di ulteriori spese", queste erano state le parole di Joshua Harris.
Alexia era quasi certa di non poter finire il suo lavoro in sole tre settimane, così si era ormai rassegnata all'idea di dover pagare il resto della sua permanenza a Doncaster. 
Arrivò finalmente a destinazione, seppur con qualche minuto di ritardo. Si guardò un po' intorno, socchiudendo gli occhi per osservare meglio. La stazione era gremita di gente, persone ovunque scorazzavano qua e là. Vide tra la folla un uomo alto, snello, con la carnagione olivastra, con un basco sul capo e un'andatura lenta e signorile e le Vans ai piedi. Si avvicinava sempre di più a lei. La salutò velocemente. 
- Lei deve essere la signorina Scott. Piacere, James William Collins - Le porse la mano cordialmente, Alexia l'afferrò e la strinse lievemente. Fece un leggero sorriso per apparire cortese e si diressero verso l'albergo che avrebbe ospitato la ragazza in quelle tre settimane. 
James si offrì di portarle una delle due valigie che la signorina Scott aveva con sé. 
Arrivarono dopo dieci minuti davanti all'hotel. Alexia stava per varcare la soglia di ingresso e salutare così James, con il quale si sarebbero visti il giorno seguente, ma Collins la fermò e le disse:
- Signorina Scott, è troppo tardi ormai e non è più possibile pranzare in albergo, mi dispiace - 
La guardò dispiaciuto, per poi affrettarsi a parlare di nuovo:
- C'è un ristorante nei paraggi, che ne dice di fermarci lì? - sorrise lui, rivolgendosi a lei.
Alexia guardò James titubante, non sapeva se accettare o meno. Le era balenata in testa l'idea di saltare il pranzo per quel giorno, avrebbe mangiato di più a cena, ma sentì il suo stomaco brontolare, così si decise ed optò per il pranzo con James. In fondo, era soltanto un semplice pranzo tra due... Collaboratori?
Alexia si limitò ad annuire, scuotendo il capo su e giù e sorridendo leggermente, gesto che le costò molta fatica, vista l'antipatia che provava per quell'uomo. Non le aveva fatto nulla di male, ma leggere il suo libro le aveva messo in testa idee di lui che non era facile scacciare. Magari si sbagliava, i suoi in fondo erano soltanto pregiudizi infondati, che avrebbe avuto modo di smentire o confermare nel corso della loro collaborazione. 
La ragazza entrò in albergo, prese le chiavi della sua stanza e posò le valigie sul letto, poi raggiunse James che la stava aspettando all'entrata dell'hotel.
Si misero di nuovo a camminare in silenzio, attraversarono la piazza e in lontananza si riusciva a scorgere un'insegna luiminosa che portava il nome di “Ricky's restaurant”. 
Una volta entrati, il cameriere li fece accomodare in un tavolo accostato vicino ad una grande porta a vetri, attraverso la quale si poteva avere accesso alla sala esterna del ristorante.
Scelsero le pietanze da ordinare e in qualche minuto portarono loro ciò che avevano richiesto.
Stavano attendendo che il cameriere servisse loro il secondo piatto, quando James iniziò a parlare.
- Allora, Alexia... - si interruppe, pensante, grattandosi il mento, poi proseguì – Posso darti del tu, vero? -
- Certo, James – si apprestò a rispondere la ragazza, con tono cordiale. 
-Bene, volevo chiederti quando inizierà il nostro lavoro – la guardò dritta negli occhi, poi spostò lo sguardo sul bicchiere di vetro davanti a lui, perso a fissare i riflessi delle luci su di esso.
- Domattina ti va bene se ci troviamo alle 9.00 nella mia stanza per iniziare a discutere sull'argomento? - gli chiese lei, di getto, senza pensarci molto.
James annuì convinto mentre seguiva i movimenti del cameriere che posava il piatto sul tavolo. 
Finirono di pranzare e James riaccompagnò Alexia in albergo, si salutarono e ognuno prese la propria strada. Si sarebbero rivisti la mattina dopo per iniziare il loro lavoro.
Alexia entrò nella sua stanza esausta e si buttò a peso morto sul materasso morbido, per poi chiudere gli occhi e risvegliarsi soltanto ad ora di cena.
Scese al piano inferiore e attese che le portassero il cibo. Aveva dimenticato di spegnere il cellulare, se ne accorse solo quando una vibrazione la scosse e le si mosse la tasca. Afferrò velocemente il cellulare e uscì dalla sala, per poi affrettarsi a rispondere. Era Joshua che le chiedeva com'era andato il viaggio e il successivo incontro con James. 
Lo liquidò in fretta, con un banale "Tutto bene, grazie" e chiuse così la chiamata. Alexia non aveva proprio nessuna voglia di parlare in quel momento, era troppo stanca anche soltanto per aprire la bocca. 
Finita la cena, tornò in camera sua e si mise a rileggere gli appunti che aveva preso durante la sua lunga e approfondita ricerca su quel tale James William Collins. 
"Chissà come ha deciso di diventare un pastore protestante", pensò Alexia tra sé e sé. Era inevitabile porsi quella domanda. Sarebbe stato uno dei primi quesiti che gli avrebbe posto la mattina seguente. Si addormentò, con i fogli ancora tra le mani e alcuni sparsi per la stanza. 
Il mattino dopo Alexia venne svegliata dal suono del telefono della camera, alzò la cornetta e una voce squillante le invase le orecchie, tanto che sobbalzò all'udire ciò che il suo interlocutore le iniziò a dire.
- Buongiorno, signorina Scott! Ha visite - 
- Sì, grazie, arrivo subito -
Sbadata com'era, la sera prima si era completamente dimenticata di impostare la sveglia sul cellulare e così non si era neppure accorta che fosse arrivato mattino. 
Chiuse la chiamata e con un fulmineo movimento corse in bagno e si fece una breve doccia. Si vestì e legò i capelli ancora bagnati. Sistemò un po' i fogli e li raccolse e li mise tutti in pila sul letto.
Scese velocemente le scale e si precipitò nella hall dell'albergo dove, sbadatamente, inciampò in un tappeto leggermente rialzato dal pavimento e cadde, sorreggendosi quanto poteva a James, che la guardava divertito e abbastanza imbarazzato, vista la mano di lei saldamente aggrappata alla maglia di lui. Alexia in un attimo si rialzò, per poi incrociare lo sguardo di James che la osservava stranito. Lei per un attimo non capì più nulla. Passato il momento di trance, si schiarì la voce e sussurrò un flebile "Scusa" che a stento riuscì ad udire perfino lei. Tentò di aggiustare la maglia di James come meglio poteva, passando ripetutamente le mani sulle pieghe che si erano create sul tessuto di cotone morbido. 
Non capì se lo avesse immaginato, o se quel sorrisino malizioso era veramente comparso sulla faccia di quel James divertito quanto imbarazzato. Non appena vide le labbra dell'uomo distendersi il quel sorriso, spostò le mani e le tese lungo il suo corpo, poi parlò:
- Andiamo in camera? - Alexia si accorse solo dopo aver pronunciato quella frase di quanto quella scena potesse risultare assurda agli occhi delle persone che si trovavano intorno a loro. Avrebbero sicuramente pensato che i due dovessero andare in camera per fare chissà quale cosa. L'idea che gli altri potessero pensare ciò la fece rabbrividire. Non che James non fosse un bel ragazzo, ma era e doveva restare un suo semplice collaboratore, senza questioni personali tra loro due, senza troppe complicazioni.
James seguì Alexia nella sua stanza, la 122. 
Una volta entrati, James si mise comodamente seduto (quasi sdraiato) sul letto di Alexia, la quale, guardandolo, spalancò gli occhi e tentò di dire qualcosa, ma fu anticipatamente fermata da lui che iniziò a parlare.
- Ti è piaciuto toccare i miei muscoli scolpiti, eh? - disse lui, sorridendo in modo malizioso. "Ancora quel ghigno", pensò Alexia, che scosse la testa e tentò di cancellare l'immagine di quanto successo prima dalla sua mente.
- La tua domanda non ha bisogno di risposta - tentò così Alexia di cambiare argomento. 
Lui la guardò socchiudendo leggermente gli occhi, come a volerle fare una fotografia da imprimere nella sua mente per non cancellare il suo volto e non fiatò.
Alexia prese in mano i fogli con gli appunti e si sedette in imbarazzo sul letto, dove c'era anche James, si mise il più lontano possibile da lui. Con un colpo lesto, il ragazzo le prese il polso e la avvicinò a sé. Alexia smise quasi di respirare per via del gesto inaspettato che l'aveva colta alla sprovvista. Quando lei tornò in sé, di nuovo in grado di intendere e volere, si accorse di essere seduta sulle gambe di James. La sua prima reazione fu lo sbigottimento, passò all'imbarazzo più totale per poi abbassare lo sguardo per fissare il vuoto.
Scese così in fretta dalle gambe di James che quasi non se ne accorse. 
- Iniziamo? - propose James, che non era per niente scosso da quanto appena successo. Alexia annuì distrattamente. 
Iniziarono la loro collaborazione nonostante l'aria tesa che si era creata nella stanza.
Lavorarono duramente per circa tre ore, con qualche interruzione di tanto in tanto. 
Arrivò il momento di salutarsi. 
Andarono entrambi verso la porta della camera. James le dava le spalle, ma inaspettatamente si voltò verso di lei, la guardò negli occhi e le disse:
- Spero che il piccolo inconveniente di prima sul letto non cambi il nostro ritmo di lavoro. Tengo davvero tanto a questo progetto e non voglio che vada male. Buon pranzo, Alexia - soffiò James all'orecchio di lei che rabbrividì. Lui si voltò di nuovo e le diede le spalle, senza darle il tempo di rispondere, così Alexia alzò il braccio e gli toccò il fianco per attirare la sua attenzione e farlo girare verso di lei. Girò lievemente il busto verso Alexia, mostrandole un sorriso abbozzato. Alexia Anne si sporse verso di lui, si mise sulle punte (vista l'immensa differenza di altezza), lo guardò dritto nei suoi occhi celesti e poi abbandonò completamente l'idea che le era balena in testa poco prima: una voglia immensa di baciarlo l'aveva invasa, ma non doveva assolutamente fargli capire le sue intenzioni. Fece finta di pulirgli la maglia, ma lui la guardò con un sopracciglio alzato e con un sorriso di scherno dipinto sulle labbra. Tutto quello che accadde dopo fu solo questione di un attimo: in un millesimo di secondo le loro labbra si trovarono intrecciate, si sfioravano. 
- Era questo che volevi fare, Alexia? - la ragazza, per tutta risposta, si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. Il ragazzo la guardò serio e poi aprì la porta della stanza, uscendo e dirigendosi verso le scale, senza aggiungere altro.
Alexia chiuse violentemente la porta dietro di sé, si sedette sul letto e si disse più volte "Niente questioni personali tra me e lui". Lo ripetè anche a voce alta, come per autoconvincersi di ciò che era solo un pensiero che affiorava nella sua mente. Scosse la testa e si mise a rileggere il lavoro che avevano svolto quella mattina. 
Si erano dati appuntamento davanti al tempio protestante di Doncaster quello stesso pomeriggio, dove Alexia avrebbe assistito ad un rito anglicano. 
La ragazza salutò con un cenno della mano James che si avvicinò a lei e iniziò a parlarle normalmente, come se non si fossero baciati quella mattina, come se non fosse successo nulla. Così decise anche lei di fare l'indifferente. 
Il rito luterano iniziò e quando finì, Alexia dovette fingersi interessata e cominciò a fare domande a James. 
Annotava ogni cosa sul suo taccuino, era così concentrata che non si accorse nemmeno del tempo che scorreva. 
Alexia, nonostante il bacio che c'era stato quella mattina, non aveva per nulla cambiato idea su James: lo riteneva ancora un tipo folle e noioso. Alla descrizione, ora, si aggiungeva anche un altro aggettivo: intraprendente. Alexia sapeva bene di essere stata la prima a desiderare quel bacio, ma si era fermata prima di fare qualsiasi cosa, perché sapeva che sarebbe stato un bacio prematuro e senza un senso. Non si conoscevano che da pochissime ore. 
- Quando hai deciso di diventare un pastore luterano? - gli chiese Alexia, a bruciapelo. Erano ormai seduti al tavolo di un bar a prendere un caffè e a continuare a parlare della religione protestante e di James William Collins. 
- Vedi, non è così semplice. C'è sempre qualcosa che lascia il segno dentro di te. E quando questo qualcosa accade, tu non puoi fare altro che trovare un rifugio, una via da seguire per sfogarti e in cui riconoscerti. Io ho scelto la religione -
Alexia pensò a che cosa James potesse riferirsi, era quasi propensa a chiederglielo, ma si fermò appena in tempo per non sembrare invadente. Dopotutto, avrebbe avuto tre settimane per conoscere ciò che aveva passato James, ciò che erano la sua vita e le sue abitudini. Non poteva certamente intrufolarsi nella vita di Collins così, senza chiedergli il permesso, invadendo con impertinenza tutto ciò che lo riguardava. 
Avrebbe aspettato con pazienza il momento in cui James le avrebbe permesso di sapere quelle cose. 
 
AngoloAutrice:
Salve!
Che ve ne pare? Non chiedetemi come mi sia venuta in mente questa idea del pastore protestante e della giornalista perché, davvero, non lo so. Spero soltanto che vi piaccia, io ci ho messo il cuore e l'anima per scriverla. 
Fatemi sapere cosa ne pensate, sarò felice di leggere i vostri pareri (anche negativi, perché no?)
A presto!
too shy for him.
Se avete bisogno di chiarimenti o semplicemente volete contattarmi, mi trovate su twitter: @tooshyforhim
Rispondo a chinque mi scriva :)
Al prossimo capitolo, se vorrete. Io son sempre qui.

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***



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2. Secondo capitolo


Si salutarono solo dopo aver parlato per tre ore consecutive, senza mai fermarsi, seduti in quella caffetteria del centro città di Doncaster.
Ad Alexia parve che quel tale James l'avesse fissata per troppo tempo, così tanto da metterla in imbarazzo.
Attraversò la strada aspettando che il semaforo glielo permettesse e ripensò a quei due occhi puntati su di lei. Riusciva ancora a percepire lo sguardo del signor Collins addosso, anche se sapeva benissimo che ciò era impossibile quanto assurdo e che James, per quanto folle potesse essere, non era uscito da quel bar e non l'aveva seguita.
Si diresse a passo spedito verso l'albergo in cui alloggiava e, arrivata nella hall, salutò con un veloce cenno della mano la segretaria seduta dietro al bancone.
Non appena le fu possibile, si lanciò sul letto e chiuse gli occhi per rilassarsi. Dopo qualche minuto fece una doccia e si preparò per scendere e cenare nel ristorante dell'albergo. Tutto andò bene e finalmente si guadagnò un meritato riposo.
Ripensò a tutto il tempo trascorso con James, al bacio inaspettato con il quale l'aveva colta di sorpresa e a ciò che la aspettava il giorno dopo: una lunga giornata con James tra le urla assordanti di bambini che giocano nel centro ricreativo gestito dallo stesso James.
La caratteristica che più emergeva di Collins era il voler fare del bene agli altri e per gli altri e questo Alexia era riuscita a capirlo sin dal primo giorno.
La notte passò tranquilla e il mattino dopo la giovane donna si svegliò più rilassata del solito.
Scese all'ingresso dove c'era già James ad attenderla per dirigersi al centro ricreativo dove avrebbero passato la giornata. Durante tutto il tragitto non fiatarono, nessuno dei due era riuscito a dire qualcosa di più articolato di un semplice saluto.
Arrivati al centro ricreativo, iniziarono a girovagare per il campo da calcio parlando, ovviamente, dell'occupazione di James e del suo ruolo all'interno di quella grande struttura. Era colui che faceva giocare i bambini, si occupava di organizzare i giochi da svolgere e le attività divertenti ed educative.
- Mi piace stare con le persone, mi fa sentire vivo e soprattuto in loro - disse, indicando successivamente i ragazzini che li circondavano scorazzando ovunque, poi continuò - riesco a trovare l'affetto che mi è sempre mancato quando avevo la loro età - si fece quasi scappare quella grande confessione, che aveva fatto riflettere molto Alexia. Non appena James capì che, forse, con quel discorso stessero un po' uscendo fuori argomento, si scostò e si fece più vicino ad Alexia, invitandola ad accomodarsi su una delle tante poltrone che si trovavano all'interno della sala in cui erano finiti tra una chiacchiera e l'altra. Alexia aveva percepito tutto il dolore che trapelava dalle parole del pastore potrestante, quindi optò per non porgli domande riguardanti quell'argomento, seppur fosse curiosa di saperne di più.
- Facciamo una pausa? - fu James a parlare e ad interrompere il pesante silenzio calato dopo la confessione che si era lasciato sfuggire. Alexia si limito ad annuire distrattamente, mentre osservava ogni singolo particolare di quella che doveva essere la sala in cui venivano fatte le riunioni per discutere dell'organizzazione del centro ricreativo. James sparì per qualche istante, dirigendosi dietro ad un piccolo scaffale e tornando dopo qualche minuto con dei bicchieri di vetro e una bottiglia di succo alla pesca che la signorina Scott tanto adorava. Appoggiò i bicchieri su quello che doveva essere il tavolo intorno al quale si radunavano gli amministratori di quel luogo e fece segno ad Alexia di avvicinarsi. James versò lentamente il succo, mentre si perdeva con lo sguardo ad osservare attentamente il verde smeraldo degli occhi di Alexia Anne.
Lei arrossì, ma non abbassò il viso per non interrompere quell'intimo contatto che si era creato tra i loro sguardi, non voleva spezzare quel filo che ora li stava legando l'uno all'altra, desiderava che quell'attimo non finisse mai.
- James, è finito il pallone al di là della recinzione - lo avvisò una voce che proveniva dall'uscio di una delle tante porte aperte di quella sala. Una testa fece capolino dall'ingresso e quel ragazzino, con il rossore in viso per aver corso troppo, salutò cordialmente Alexia che ricambiò il saluto con un cenno e un sorriso dolce e rassicurante.
James alzò il pollice per avvisare il ragazzo che l'avrebbe presto raggiunto per recuperare la palla che era finita in parcheggio.
A passo svelto, il pastore protestante si diresse verso l'uscita della sala e Alexia lo seguì.
Una volta recuperata la palla, andarono di nuovo nella sala che li aveva ospitati poco prima e che era testimone del contatto avvenuto tra i loro sguardi.
- Dove eravamo rimasti? - disse James rivolgendosi alla giornalista Alexia Anne.
La ragazza guardò tra i suoi appunti e poi, scorrendo tra i fogli, le vennero in mente molte domande da fargli che però non ebbe il momento di porre perché James William la precedette.
- Hai da fare questa sera? - le chiese con un filo di voce. Pareva quasi un sussurro.
- Non dovrei essere io a fare domande? - gli rispose Alexia, alzando un sopracciglio indispettita e sorpresa dalla richiesta appena ricevuta. La ragazza aveva l'abitudine di rispondere alle domande con altrettante domande e spesso questa cosa infastidiva il suo interlocutore, ma ad Alexia non importava più di tanto, era il suo modo di fare e non era certamente facile farle cambiare atteggiamento.
Si mise a ripensare alla proposta di James. Era forse un appuntamento quello che le stava per chiedere? Alexia sapeva bene che non doveva mischiare il lavoro con la vita privata ed amorosa, ma quel James la intrigava troppo e stava iniziando a cambiare idea sul suo conto. Avrebbe forse dovuto accettare? Oppure doveva tenere alla larga quell'uomo dalla sua vita e i loro rapporti dovevano semplicemente essere strettamente lavorativi e nient'altro? No, avrebbe sicuramente detto di no. Sapeva che, uscendo con lui, avrebbe potuto compromettere il lavoro che stavano svolgendo insieme e proprio non le andava.
- No, non ho nulla da fare stasera - Contro ogni aspettativa, la risposta di Alexia era stata completamente diversa da quella che le era balena in testa fino a pochi istanti prima. Aveva appena dato la propria disponibilità (e non solo lavorativa) a Collins.
La bocca di James si estese in un sorriso smagliante e il bianco puro dei suoi denti era accecante.
- Ti andrebbe di... - indugiò un secondo, poi proseguì, più convinto - uscire con me? -
La risposta di Alexia fu, ovviamente, positiva. Si accordarono per l'orario e poi la giovane giornalista lo salutò per dirigersi al suo albergo.

Si incontrarono qualche ora dopo di nuovo, diretti verso una meta che ad Alexia era ignota.
Salirono su una piccola utilitaria grigio metallizzato e si misero in viaggio.
Alexia osservava il profilo teso ed agitato di James illuminato di tanto in tanto dai lampioni che costeggiavano la strada su cui stavano viaggiando. Si mise a guardare con attenzione la fronte dell'uomo corrugata in un'espressione pensante; poi passò agli occhi, fissi sulla carreggiata davanti a loro; seguì con lo sguardo la sagoma delle sue braccia e si soffermò prestando molta attenzione alle mani strette al volante dell'abitacolo in cui si trovavano, notando le sporgenti vene sul dorso della sua mano; risalì dopo ad analizzare ogni piccolo centimetro di pelle che ricopriva il collo di James, sorprendendosi di quanto fosse lucida e pensò che sicuramente al tocco risultava morbida; proseguì la sua attenta analisi spostando la sua concentrazione sulle labbra carnose di quell'uomo, che erano socchiuse e lasciavano intravedere leggermente quella dentatura perfetta che possedeva. Dopo aver concluso la sua meticolosa analisi di James e del suo corpo, Alexia fissò lo sguardo sul finestrino accanto a lei, pensando ancora a tutto quello che aveva appena finito di osservare.
- Dove mi porti? - disse Alexia, interrompendo il suo flusso incontrollato di pensieri che le balenavano in testa da un po' di tempo ormai. Ma prima che potesse ricevere una qualsiasi risposta, sentì James dirle:
- Siamo arrivati -


AngoloAutrice:
Salve! Come vi sembra questo capitolo? Lo so, vi ho lasciati col fiato sospeso perché non sapete dove James abbia portato Alexia, ma va beh... L'ho fatto per incuriosirvi.
Che ne dite di farmi sapere cosa ne pensate attraverso una recensione? Ne sarei felicissima.

Vi ringrazio infinitamente per le seguite/preferite/ricordate e per le recensioni che mi avete lasciato al primo capitolo, spero ce ne saranno altrettante (e magari anche di più) in questo secondo capitolo.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***



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3. Terzo capitolo
 
James parcheggiò l'auto in un vialetto di fronte ad una grande casa con giardino. Andò verso la portiera di Alexia e la aprì, aspettando che lei scendesse e poi la richiuse. Si precipitò velocemente verso la porta d'ingresso e la aprì in un istante. Alexia era dietro di lui ad attendere che la facesse entrare. 
- Accomodati - le fece segno di sedersi su un divano di pelle color ocra che si trovava al centro della stanza. La giornalista si mise a sedere su quel divano, continuando a fissare James che se ne stava a guardarla con occhi adoranti. 
- Ti offro qualcosa. Aspettami qui. Fa' come se fossi a casa tua, guardati pure intorno, prendi ciò che vuoi. So che ti piacciono i libri, li trovi su quella libreria - disse, indicando uno scaffale pieno di libri e riviste di ogni genere. Poi si voltò e andò verso quella che doveva essere la cucina. Alexia, invasa dalla curiosità, si alzò dal divano e andò verso quella libreria. Iniziò a sfogliare un libro che catturò la sua attenzione. Lesse la trama e poi fece scorrere velocemente le pagine, annusandone l'odore. La ragazza adorava il profumo emanato dalle pagine dei libri: la rilassava più di qualsiasi altra cosa. Chiuse per un istante gli occhi e non poté fare a meno di visualizzare nella sua mente l'immagine di James e il suo profilo illuminato di tanto in tanto dalle luci della strada su cui erano appena stati. Si riprese da quello stato di rilassamento perché sentì cadere sui piedi un foglio. Si chinò per raccoglierlo e si accorse che era una foto che raffigurava una bambina che pareva avesse quattro o al massimo cinque anni. Nel frattempo, arrivò James dietro di lei e le si avvicinò lentamente, poggiando le sue delicate mani sulle spalle di Alexia che si sentì invadere da un senso di piacere e benessere che non aveva mai provato prima. James si staccò per qualche secondo da lei, cosa che le permise di riacquistare la lucidità perduta. La giornalista si voltò verso di lui, lo guardò negli occhi per pochi istanti che parvero eterni e poi fece bella mostra della fotografia che aveva appena trovato. Non gli fece domande, semplicemente sperava che James capisse dal suo sguardo che volesse sapere chi fosse la bambina della foto. E così fu. Il pastore protestante distolse lo sguardo da quello di Alexia e lo fissò su una delle tante gocce di pioggia che si trovavano sul grande vetro della finestra del salotto. Poi tornò a fissarla, dicendole: 
- Carina, vero? Non la vedo da parecchio tempo, è mia nipote - fissò di nuovo lo sguardo altrove, questa volta in un punto indefinito del parquet su cui poco prima era caduta la foto che Alexia teneva in mano. La ragazza cercò lo sguardo di James e riuscì ad incontrarlo: era spento, triste e pensieroso. Sembrava quasi che stesse mentendo, questo era balenato nella testa della giovane giornalista. Scosse la testa come per scacciare quell'assurdo pensiero e si concentrò meglio su James, che iniziò a parlarle. 
- Ti va un caffè? - le chiese interrompendo ogni suo pensiero. Alexia annuì. Andarono verso il piccolo tavolino che si trovava davanti al divano in pelle e James versò del caffè in due tazze. 
- So che non siamo più bambini e che forse fare un gioco non era proprio nei tuoi piani ma, è da un po' che ci penso, vorrei proporti una cosa - disse il pastore protestante mentre sorseggiava dalla sua tazza di caffè. Alexia lo guardò incuriosita arricciando la fronte e, con lo sguardo, lo incitò a continuare e a spiegarle meglio cosa avesse in mente. 
- Ti spiego meglio - disse lui, sistemandosi comodamente sul divano e continuando a fissare la giornalista. 
- Abbiamo a disposizione due domande ciascuno. Possono essere riguardanti qualsiasi argomento. Tutto chiaro? – 
- Niente di più semplice! - esclamò Alexia, lasciandosi sfuggire un sorriso che fece rilassare James per qualche istante. James si alzò dal divano dirigendosi verso una cassettiera dove prese dei fogli e delle penne. Li appoggiò sul tavolino al centro della stanza e poi parlò: 
- Le domande le scriviamo su questi fogli, va bene? – 
Alexia annuì convinta e prese i fogli, iniziando così a scriverci sopra le domande da porre al pastore protestante. Passò un interminabile quarto d'ora, in seguito al quale Alexia notò che James la stava fissando insistentemente. La guardava mentre ondeggiava il suo polso e la sua mano sul foglio che le aveva dato il ragazzo. Diventò rossa e, dopo aver alzato per un istante lo sguardo, riabbassò il capo per continuare a scrivere. Il ragazzo notò subito la comparsa di un sorriso sul volto della ragazza, che non scomparve finché lo stesso James mise il suo dito indice sotto il mento della giornalista provetta, alzandole la faccia e obbligandola così a scambiarsi l'un l'altro un intenso e profondo sguardo. Con l'altra mano, James le scostò i capelli dal viso e glieli mise dietro l'orecchio. Poi si avvicinò alla sua bocca, la sfiorò leggermente con il polpastrello del pollice, espandendo la carezza alla guancia. Con un gesto delicato la attirò a sé premendo leggermente le labbra su quelle di lei. Alexia, sorpresa, si abbandonò tra le braccia di James. Ciò che interruppe il loro contatto fu il suono del campanello. Il pastore protestante si sistemò meglio che poté e andò frettolosamente ad aprire la porta. Gli si avventò violentemente contro una donna, più o meno della sua stessa età, che urlava a più non posso contro di lui rivolgendogli imprecazioni e parole d'odio. James provò a farla calmare, ma nulla poteva placare la sua ira. La giornalista prese la sua borsa e tutte le sue cose e decise di uscire da quella casa e sedersi sull’amaca che si trovava in giardino tra i due alberi. Non sapeva chi fosse quella donna né cosa volesse da James e non le sembrava per nulla opportuno restare lì a guardarli mentre discutevano.
Prese una Marlboro e la accese. Non aveva il vizio di fumare, lo faceva soltanto quando sentiva il bisogno di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro che non fosse ciò che la circondava.  Alzò il volto verso il cielo, poi chiuse gli occhi, avvicinò la sigaretta alla bocca e lasciò che il suo viso si facesse accarezzare dolcemente dal vento autunnale.
- Ciao – Alexia sentì una flebile voce pronunciare quel saluto. Aprì istintivamente gli occhi e notò davanti a sé una piccola ed esile figura che la osservava curiosa. Si trattava di una bambina. Era intimidita e a dir poco spaventata. Le si avvicinò lentamente e si sedette accanto a lei. Alexia la guardò, seguì ogni suo piccolo movimento e un’immagine le balzò alla memoria: quella bambina somigliava a quella della foto, era praticamente identica. 
- Che ci fai qui? – le chiese la bambina, sistemandosi meglio sull’amaca che ora ospitava entrambe.
- Sono un’amica di James – le rispose la giornalista, sorridendole e addolcendo così quel momento teso.
- Come ti chiami? – ribatté lei, con tono sempre più curioso.
- Alexia e tu piccolina? – 
La bambina strinse a sé il suo piccolo coniglietto di peluche e poi rispose.
-    Il mio nome è Jade. Sai, la mamma è molto arrabbiata e dice sempre che mio papà è uno stupido, ma io non sono d’accordo con lei –
-    Ah, no? E chi è tuo papà? – Alexia aveva già intuito tutto. 
-    James William Collins – disse, in modo deciso e sicura di sé. 
Come sempre, l’intuito di Alexia non aveva sbagliato. Per un attimo, la signorina Scott, fu colta dalla rabbia. Strinse il pugno in cui non aveva la sigaretta e con l’altra mano buttò a terra quel che restava della sua Marlboro e schiacciò il mozzicone con il piede. Chiuse gli occhi per evitare che le lacrime le scendessero sulle guance e poi sentì il peso dell’amaca alleggerirsi e la voce di una donna che chiamava Jade, la figlia di James. Aprì gli occhi e si trovò davanti la figura di quella donna che fino a poco tempo prima era andata su tutte le furie, che la fissava con sguardo d’odio puro. Quella che doveva essere stata l’ex fidanzata di James, si rivolse a di lui dicendo:
-    Vedo che non hai perso tempo – tono acido e inviperito, sguardo da gatta morta e figura ritta e ben composta, trucco ben fatto e tacco dodici, magra e snella, mora.
Detto questo, prese per mano Jade e sparì dal viale della casa del pastore protestante e salì su quella che doveva essere la sua auto. In un attimo di lei non ci fu più traccia.
Alexia prese la borsa e si alzò dall’amaca. Non aveva nessuna voglia di restare lì né tantomeno di parlare con James. L’unica cosa che voleva fare era andarsene via da lì per correre in hotel a distendersi sul letto e riposare un po’, ne aveva davvero bisogno. 
Uscì dal cancello di quella casa e James la seguì, prendendola per un braccio e costringendola così a girarsi verso di lui e guardarlo negli occhi. La ragazza stava piangendo, era delusa dal comportamento di James. 
Ce l’aveva con lui per il semplice fatto che, una volta trovata la foto di quella bambina nel libro, lui le aveva mentito. L’impatto con la verità, ora che la conosceva, era stato davvero grande e doloroso.
La giornalista si era illusa che ci potesse essere qualcosa tra lei e James, ma un rapporto senza fiducia né verità non può esistere. 
Si dimenò da quella presa e si voltò per andarsene, dirigendosi verso l’hotel. A quel punto il pastore protestante non poteva farci nulla, soltanto darle il tempo necessario per riflettere e assimilare quello che aveva da poco scoperto. 
Dopo una decina di minuti si girò per controllare che James non la stesse seguendo. Una volta appurato ciò, si voltò di scatto e continuò per la sua strada. Le lacrime iniziarono a scenderle copiose sul viso, la vista le si offuscava sempre di più e non desiderava altro che arrivare presto all'albergo in cui alloggiava. Aveva bisogno di urlare, urlare a più non posso, fino a non avere più voce, fino a stancarsi, fino a sentire le corde vocali andare in frantumi. Si sentiva fragile e un terribile senso di vuoto la invase. Arrivò con poco fiato nella hall dell'hotel e, sempre correndo, salì in camera sua. Continuava ininterrottamente a versare lacrime, pensando e ripensando alla bugia che gli aveva detto James. Ora Alexia era sicura di non potersi più fidare di quell'uomo. Con questa convinzione nella mente, si coricò e chiuse gli occhi e, dopo qualche minuto, cadde in un sonno profondo. Un sonno tormentato, agitato. Sognò, immaginò di poter stringere di nuovo tra le braccia James, l'uomo a cui aveva dato tanta fiducia e che aveva scoperto non ne meritasse nemmeno una piccola parte.
Al suo risveglio, tutto era tranquillo. Trovò tre chiamate perse. Poi squillò il telefono della camera, un suono sgradevole e a dir poco fastidioso. Con gli occhi gonfi e il fiato corto, Alexia rispose al telefono. 
- C'è un uomo qui che dice di voler parlare con lei, signorina Scott. Si chiama James. Lo faccio salire? - diceva la voce dall'altro capo del telefono.



 
AngoloAutrice
Hi, everyone! Eccomi qui con il terzo capitolo di questa mia storia. Che ve ne pare? Mi scuso infinitamente per l'attesa, ma ho avuto degli impegni scolastici e non e il tempo per scrivere mancava sempre.
So che non è granché, però succede una cosa che sconvolge un po' l'equilibrio tra James e Alexia, giusto per dare un po' di movimento alla storia! Nei prossimi capitoli le cose cambieranno e avverrà una cosa che (forse) non vi aspettate. 

Volevo avvisarvi che ho creato un gruppo su facebook in cui potete trovare spoiler e anticipazioni su "Un incarico che le cambiò la vita". Lo trovate qui. Spero in una vostra iscrizione, è un gruppo chiuso e perciò nessuno potrà vedere ciò che fate all'interno di esso.
Beh, dai, vi ho già annoiato abbastanza! Quindi ora vi lascio, nella sperenza di trovare qualche recensione e, soprattutto, sperando che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. 
A presto e grazie a tutti quelli che seguono la storia. 
too shy for him.

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Capitolo 4
*** Quarto capitolo ***



Ringrazio infinitamente Drawjng Efp per il banner!

4. Quarto capitolo

 
Alexia sospirò lievemente. Non ebbe nemmeno il tempo di dare una risposta alla donna della reception che sentì dei pugni sbattere sulla porta della sua camera e la voce di James urlare un: "Apri questa porta!". La giornalista chiuse gli occhi, si passò le dita sulle palpebre e si diresse verso la porta, aprendola con estrema calma e lentezza. Conosceva già l'immagine che le si sarebbe presentata davanti una volta aperto l'uscio: James furioso perché aveva visto Alexia scappare e non gli aveva dato il tempo di spiegarle la situazione. E si sentiva impotente per questo. 
Il pastore protestante mise frettolosamente i piedi dentro la stanza, varcò completamente l'uscio e superò Alexia, dirigendosi a passo spedito verso il centro della camera.
- Cosa vuoi? - gli disse Alexia, incrociando le braccia al petto come se volesse mettere uno muro tra sé e lui, per difendersi. Usò un tono pacato e quasi annoiato.
- Voglio che tu mi dia ascolto per una benedetta volta - 
La ragazza roteò gli occhi intorno a tutta la stanza e poi, con lo stesso tono di poco prima, aggiunse distrattamente: 
- Sentiamo - 
- Alexia, noi ci conosciamo soltanto da qualche settimana, ti aspettavi forse che ti dicessi 'Ehi, sai che ho una figlia con la mia ex compagna?'? Davvero volevi questo? Era troppo presto, non credi? Ci stiamo conoscendo e l'attrazione fisica tra di noi sembra ormai palese, solo che ho ritenuto opportuno aspettare che le cose si facessero più serie per confessarti un fatto così importante come quello di cui sei appena venuta a conoscenza - terminò, guardandola dritta negli occhi, non permettendole così di sfuggire al suo sguardo. L'espressione di Alexia si addolcì leggermente e si avvicinò a James di slancio, mettendogli le braccia al collo e appoggiando la testa sul suo petto. Lui rimase per un attimo interdetto, sbarrò leggermente gli occhi per la sorpresa e poi si rilassò, abbracciandola e stringendola a sé come per non farla scappare. E chi si muoveva? Di certo Alexia non voleva abbandonare quel riparo sicuro che aveva appena trovato. 
- Io... James, scusami. Ho avuto una reazione esagerata - gli disse la giovane giornalista con tono seriamente dispiaciuto. Vide gli angoli della bocca del ragazzo rivolgersi verso l'alto, dando spazio ad un sorriso dolce che gli apparì sul volto. Le accarezzò delicatamente la guancia. Rimasero lì abbracciati per molto tempo, senza dire una parola. Ad interrompere quel romantico scenario fu il cellulare di Alexia, che trillò invadendo tutta la stanza. Si precipitò a rispondere e sentì la voce di Joshua Harris, il capo redattore del giornale per cui lavorava, raggiungerle l'orecchio. La informò che il periodo di permanenza pagato dalla redazione era terminato, e che da quel momento in poi avrebbe dovuto provvedere a sue spese. La giornalista andò in panico: non poteva permettersi di pagare personalmente quel costosissimo albergo e oltretutto le mancava ancora molto per finire la rivista a cui stava lavorando insieme a James. 
Riattaccò e si lasciò cadere sul letto, con il cellulare tra le mani e lo sguardo preoccupato e perso nel vuoto. Il pastore protestante le si sedette accanto e le chiese cosa la preoccupasse. Alexia scosse impercettibilmente la testa.
- Nulla, è solo che... - fece una breve pausa - siamo ancora in alto mare con la rivista a cui stiamo lavorando e le tre settimane previste per soggiornare qui sono terminate. E ora devo provvedere a mie spese se voglio restare qui e non credo di averne la possibilità. Se lascio in sospeso questo lavoro mi licenzieranno - terminò lei, con tono grave. 
- Beh, sempre se ti va, puoi venire a stare a casa mia. È abbastanza grande per entrambi - le sorrise dolcemente, forse con un po' di malizia nel tono di voce. 
La giornalista non aveva scelta: o il licenziamento, o la convivenza con James. E non fu poi così tanto difficile scegliere. Si salutarono, il ragazzo lasciò la stanza ed Alexia iniziò a preparare le valigie, facendo attenzione a non dimenticare nulla in quella stanza. 
Arrivata sera, si preparò a passare la sua ultima notte in quell'albergo e iniziò a pensare a ciò che la aspettava di lì a poco: la convivenza con James, che sapeva non sarebbe stata facile ma soprattutto pacifica. Con questo pensiero in testa, si addormentò, più stanca che mai.
Il mattino dopo, fu svegliata dal suono del suo cellulare, sul quale display compariva il nome di James che la stava chiamando.
Si alzò di scatto, afferrò il cellulare e, con voce ancora assonnata, rispose un 'Pronto' biascicato. 
- Buongiorno! - diceva la voce dall'altro capo del telefono, quasi urlando allegramente. 
- Ti ho per caso svegliata? - continuò James William. 
Parlarono per qualche minuto, poi le chiese di vedersi nel pomeriggio per continuare il lavoro che avevano iniziato e per portare i bagagli a casa sua. 
Terminata la chiamata con Collins, Alexia chiamò Joshua Harris, per avvisarlo che non era ancora riuscita a terminare la stesura della rivista che le aveva commissionato. Josh le disse di provvedere il più presto possibile alla realizzazione del lavoro e che l'avrebbe aspettata nel suo ufficio quindici giorni dopo, quando avrebbe dovuto consegnargli il compito terminato. 
Riattaccò e iniziò a disperare. Le aveva dato un ultimatum di due settimane e sarebbe riuscita a portare a termine il suo compito soltanto se sia lei sia James avessero lavorato duramente tutti i giorni, senza mai prendersi una pausa. Si rassegnò all'idea di dover passare i quindici giorni più impegnativi della sua vita, non aveva alternativa.
Il pomeriggio che la attendeva era di duro lavoro. 
Si presentò a casa di James all'ora stabilita, portando con sé i bagagli. Suonò varie volte il campanello e William Collins le aprì la porta.
Lavorarono per tutto il pomeriggio alla rivista di Alexia Anne e arrivò sera. Cenarono e James le fece vedere la stanza in cui avrebbe dormito nei giorni seguenti. 
Era una camera accogliente, con un letto a due piazze al centro della stanza, le pareti arancioni e il copriletto sulle gradazioni del rosso. Alexia si sentì subito a casa. 
Chiacchierarono un po' e poi ognuno andò verso la propria stanza. 
Il mattino seguente, la giornalista si svegliò con la musica di sottofondo e l'odore del caffè che le invadeva le narici. Noncurante di indossare soltanto una camicia che le arrivava a metà coscia, scese in cucina dove vi trovò James William con una tazza di caffè nelle mani e un sorriso a trentadue denti a darle il buongiorno. 
Le andò incontro e, inaspettatamente, le diede un bacio all'angolo della bocca, sorprendendola e attirandola poi a sé per abbracciarla. La ragazza si abbandonò completamente alle braccia di James e si sentì ancora più a casa di quanto non si fosse sentita la sera prima. James William la guardò maliziosamente: passò lo sguardo sulle curve della giornalista, accorgendosi della trasparenza della camicia che indossava. Le mise una mano sul fianco e non poté fare a meno di ghignare soddisfatto. 
Alexia abbassò lo sguardo imbarazzata, rendendosi così conto di essere coperta soltanto da una leggera camicia quasi trasparente. Accortasi di ciò, si coprì istintivamente le gambe con le braccia e corse in camera sua a vestirsi, lasciando James interdetto e con aria interrogativa. Non si sarebbe mai abituato all'idea di vederla girovagare per casa sua in modo disinvolto. Scosse la testa e si mise a sistemare un po' la cucina, in attesa che Alexia lo raggiungesse. 

 
AngoloAutrice:
Salve
Come sempre, mi scuso infinitamente per il ritardo, ma purtroppo non ho avuto tempo. Mi dispiace avervi fatto attendere per poi leggere questa schifezza. Nel capitolo non succede granché, è un capitolo di passaggio, il prossimo sarà molto più interessante e (come promesso) accadranno cose inaspettate.
In caso non aveste letto le note autrice dello scorso capitolo, vi informo che ho creato un gruppo su Facebook in cui inserisco spoiler riguardanti la storia. Se vi va, trovate il link nelle note del capitolo tre. 
Parlando di cose inaspettate: cosa credete che accadrà nel prossimo capitolo? Vediamo se qualcuno di voi riesce ad intuirlo, dai!
Fatemelo sapere con una recensione. Vi aspetto.
too shy for him. 

p.s.: ho chiesto all'amministrazione di cambiarmi nickname in 'a rainy day', ma non so ancora quando avverrà questa modifica. 
A presto!
 

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Capitolo 5
*** AVVISO IMPORTANTE ***


Ehilà! Dopo svariati mesi, eccomi qui a postare questo avviso. Ho preso una decisione: eliminerò la storia dal sito per revisionarla e poi pubblicarla nuovamente quando ogni capitolo sarà pronto e ben fatto (tra molto tempo!). Tra scuola e impegni vari non sono riuscita a trovare un momento per aggiornare e scrivere, anche se la voglia non manca mai. Amo scrivere e lo amerò sempre, ma purtroppo nella vita ci sono delle priorità. Scriverò a tempo perso e, come già dicevo, il finale della storia ce l'ho già in testa. Odio lasciare le cose a metà e odio deludere quei pochi ma fantastici lettori che sono ancora qui a leggere, seguire e recensire le mie schifezze, ma vi prometto che un giorno tornerò e spero voi restiate qui a seguirmi. Mi dispiace davvero.

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