Treasure- At the end of the rainbow.

di Laay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Birthday present. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Il tramonto all’orizzonte, interrotto a tratti dalle antenne che sorgevano sui tetti, illuminava la piccola città in cui abitavo. Middletown, Connecticut. Di solito salivo sul tetto per leggere, scrivere o ascoltare un po’ di musica. O semplicemente per pensare. Non era un vero e proprio tetto, perlopiù potevo definirla una terrazza rialzata. Mio padre non mi permetteva di salirci di notte, ma a me piaceva molto. Mi piaceva guardare le stelle, dar loro nomi, pensare che mi stessero osservando e che ognuna di quelle fosse una persona. Avevo perso mia madre molti anni prima, e in fondo mi piaceva l’idea di poterla impersonificare in una stella. Di solito, era sempre quella più lucente, quella che era più visibile. Mi piaceva parlarci, mi sembrava più… viva.
Sapete, io semplicemente non credo in tutte quelle belle favole del Paradiso, della salvezza dell’anima e tutte quelle belle cose. Certo che credo in Dio, certo che credo in un aldilà… ma non così.
Quella sera disubbidii al volere di mio padre e alle 02:00 del mattino suonò la mia sveglia, scesi da letto e salii sul tetto. Era il 3 luglio ed io avevo esattamente 17 anni e due ore. Srotolai lungo l’asfalto l’asciugamano e mi ci distesi. Provavo una sensazione, tipica della notte, che accarezzava la pelle e distendeva i sensi. Chiusi gli occhi per un attimo. Quando lo facevo, mi sembrava di sentire qualcuno accanto. Li riaprii e guardai l’immensità che si estendeva davanti i miei occhi. Era così incredibile.

Siamo sempre alla ricerca di cose belle e la più bella di tutte l’abbiamo tutti i giorni sopra la testa, senza curarcene. Le persone dovrebbero imparare a guarda il cielo… più spesso. Il cielo cambia le persone, cambia il loro modo di pensare. Fa nascere speranze, apre gli occhi e la mente. Ti meraviglia, ti dona il fiato e te lo toglie contemporaneamente. Le persone non sanno più né meravigliarsi né respirare. E soprattutto, ricorda ad ognuno di noi che non è solo, che se abbiamo qualcuno lontano ci sarà sempre qualcosa che avremo il comune. Il cielo accorcia le distanze.

Salutai prima tutte le stelle presenti e poi parlai, nella mia mente, quando individuai la stella più bella che c’era, quella che, nonostante fosse lontana, aveva sentito tutte le mie storie, aveva visto tutta la mia vita; mia madre.

(http://www.youtube.com/watch?v=LDPJVhKjwRk)

«Ciao mamma, come va oggi? Ti vedo in forma, hai una bella luce. Per fortuna stasera non ci sono nuvole. Si sta bene, non pensi? Non fa troppo caldo. Papà dorme. Per favore, non dirgli che sono salita qui o non mi ci farà più venire. Domani è il mio compleanno, cioè in realtà è ora. In effetti è già oggi. Devo preparare la torta, le mie amiche passeranno a farmi gli auguri. Non so di preciso quale cucinare, magari farò la cheescake, mi piace molto. No mamma, non voglio regali, sinceramente non saprei neanche cosa scegliere. Summer vuole per forza regalarmi un ragazzo, che pazzia, non trovi? Si, hai ragione, sarebbe anche ora. Ma tu lo sai. Insomma, il cuore è uno solo, no? Come posso amare qualcun altro se ho il cuore già impegnato? Le persone non vogliono davvero capirlo. Io sto bene, insomma, per quanto può star bene una persona che ama un ragazzo che nemmeno sa della sua esistenza, intendo. Sto bene nel senso che mi sta bene amare lui ed essere in questa situazione. Sono sempre stata tutto o niente, lo sai. Cosa? Se lo vorrei? Mamma, chi non lo vorrebbe, andiamo! E poi un cuore non si compra, lo sai meglio di me. Se mi conoscesse si innamorerebbe di me, si mamma, certo. Lo dici perché sei mia madre, è ovvio. Ci sono così tante persone al mondo che potrebbe avere, così tante da poter amare. E poi lui è così famoso, non sarebbe il mio Nicholas, non lo sarebbe mai. Se tutto questo non fosse com'è? Se per un momento, un attimo, fosse tutto rovesciato? Se lui non fosse chi è? Che cosa accadrebbe? Se facesse parte della mia vita, come andrebbero le cose? A volte vorrei saperlo, ma se non è così significa che non è in quel modo che deve andare. Solo tu sai quanto conta per me, e non voglio che lo sappia qualcun altro.»
Un attimo, una folata di vento mi colpì il viso, facendomi chiudere gli occhi e sollevare i capelli.
«Si è fatto tardi, è meglio andare che domani, oggi, iniziano i corsi estivi. Potenziamento di biologia, non vedo l’ora… Buonanotte mamma, ti voglio bene.»



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Salve a tutti! Eccomi con una nuova storia! Sono un disastro, non riesco a finirne una! Mi dispiace t.t Questa però so già come farla finire, mi sono fatta una specie di schema, così non ho scampo! Cercherò di finire anche 'Bring me to life', promesso!
Spero che come prologo vi piaccia e vi incuriosisca! 
Fatemi sapere, se volete contattarmi potete trovarmi qui! 
https://twitter.com/Laay_N
 
Grazie per l'attenzione, un bacione, alla prossima!  

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Capitolo 2
*** Birthday present. ***



https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=HQO7XDx1iC0

7:21, 3th July, Monday


La sveglia era stata preimpostata per le 7:30 e April dormiva ancora beata nel suo letto, godendosi gli ultimi nove minuti nelle braccia di Morfeo. Era andata a dormire tardi, come sempre, e il solo pensiero di doversi svegliare così presto, in estate, le faceva assumere una brutta espressione. Era al terzo anno, a settembre avrebbe iniziato l’ultimo, e ancora doveva scegliere la facoltà e il college in cui iscriversi.
Quella mattina iniziavano i corsi estivi, dei corsi di approfondimento di alcune materie. Non che le facesse tanto piacere partecipare, ma la frequenza le avrebbe fatto guadagnare crediti per l’ultimo anno.
Il sole era già alto nel cielo, illuminava le strade ancora vuote di Middletown. Non si sarebbero riempite almeno fino ad un mezz’ora dopo. 
Sembrava tutto normale, ordinariamente normale, normalmente normale. Così sembrava, fin quando non scoccarono le 7:25 e nell’aria si sentì che era cambiato qualcosa.
April sentì improvvisamente un dolce profumo accarezzarle le narici. Era delicato, morbido e rilassante, e a dire la verità le faceva anche un po’ di solletico, così, involontariamente, mentre ancora dormiva, le sue labbra si allargarono in un timido sorriso.
Il solletico non cessava e April, ormai tra veglia e sonno, avvertiva una sommessa risata espandersi. Non aveva idea di chi fosse, in realtà pensava di star ancora sognando, finché la sveglia non suonò, e lei cercò svogliatamente il telefono per spegnerla. Senza che lei facesse ancora nulla, quell’odioso rumore zittì improvvisamente, quasi come se fosse stato strozzato.
La ragazza si strofinò gli occhi, li aprì leggermente e li richiuse, come se volesse tentare di mettere a fuoco. D’un tratto, si fermò. Pensava di star ancora sognando per quello che le era sembrato di vedere. Così riaprì gli occhi, sicura di ritrovarsi, come ogni mattina, a guardare il poster dei suoi amati cantanti preferiti, ma in realtà non c’era più. Sorprendentemente c’era qualcuno in carne ed ossa, e quel qualcuno non era né suo padre, né sua sorella che ormai non viveva più con lei, né Summer, né nessuna delle sue amiche.
Incrociò due occhi, così sottili e piccoli che sembravano aver paura di essere sfiorati dalla luce del sole che proveniva dalla finestra, e un bel sorriso accennato solo con le labbra che era lì ad accoglierla appena sveglia. Sembrava che quel sorriso volesse abbracciare la sua anima.
April indietreggiò bruscamente, sbattendo con la testa contro il muro.
«Ahio.» Esclamò, senza battere ciglio e senza muovere muscolo, continuando a guardare di fronte a sé il ragazzo che accennò una risata in merito alla scena appena conclusasi.
«Buon compleanno, amore.» Si decise a dire il ragazzo, avvicinandosi ad April e tentando di stamparle un bacio sulle labbra.
La ragazza era ancora troppo scossa per ricordarsi che fosse il suo compleanno. In realtà aveva appena messo in dubbio di essere nella realtà, di essere sveglia. Si era dimenticata che anno fosse, che giorno fosse, che mese fosse. Si era dimenticata che c’era un mondo che continuava a girare, che c’erano persone che esistevano. Si era dimenticata di esistere davvero.
Per tutta risposta, non mosse muscolo, lasciando che quel ragazzo facesse di lei quello che voleva.
«Tutto bene, April?» Azzardò lui, mentre si accorgeva della stranezza della ragazza quella mattina.
April fece cenno di sì, in modo non troppo convincente. Deglutì.
«Sei strana, hai fatto un brutto sogno?» Continuò il ragazzo.
La ragazza scosse la testa.
«Questa è per te, l’ho presa stamattina e l’ho dipinta del tuo colore preferito. Ti piace?» Il ragazzo le porse una rosa blu ed April la prese, con le mani tremanti.
«Si, grazie.» Rispose lei, in un modo molto dolce, ma anche estremamente timido. 
Lui sapeva bene quanto le piacessero le rose blu, ma purtroppo non esistono in natura, così si era preoccupato personalmente di colorarla.
«Perché non vai a prepararti? Ti porto a fare colazione e ti accompagno a scuola, ti va?» Le chiese lui. L'aria intorno si stava facendo pesante e April faceva quasi fatica respirare. 
Lei annuì. Scese lentamente dal letto, prese i vestiti che erano sulla poltrona e corse in bagno, chiudendo la porta a chiave. Sospirò.
Era una persona abbastanza istintiva, e il suo istinto in quel momento le aveva suggerito di urlare, ma non lo fece. Si guardò allo specchio, aprì e chiuse gli occhi, strizzandoli. Il verde delle sue iridi si rifletteva nello specchio in un modo diverso e più lucente quella mattina. Si avvicinò allo specchio, e con due dita cercò di aprire il più possibile prima l’occhio destro e poi il sinistro per controllare se avesse le pupille dilatate. Magari qualcuno l’aveva drogata e ora aveva le allucinazioni. Lei cosa poteva saperne. Certo se ti drogano non vengono a dirti ‘Hey, sai che ti ho messo una pasticca nel drink?’.

Ma ad April non piaceva la coca-cola, figuriamoci la birra o qualche alcolico. Ed era assolutamente certa di non essere uscita nei tre giorni precedenti e di aver bevuto solo l’acqua della fontana di casa sua. Così si sciacquò la faccia con abbondante acqua fredda, quando pensò bene che sarebbe stato meglio fare la doccia. 
Forse è stato solo frutto dell’immaginazione, può capitare a volte. Magari sto davvero uscendo fuori di testa con questa storia. Adesso andrò di là e sarà tutto normale.’ Disse tra sé e sé una volta uscita dal bagno.
La realtà deluse le sue aspettative; sul suo letto era ancora seduto il ragazzo che l’aveva svegliata, a cui April accennò un sorriso.
«Come al solito quando entri in bagno sembra che non tu abbia intenzione di uscirne!» Sdrammatizzò quello. Non era bravo a sdrammatizzare in realtà, anche perché non ne aveva mai avuto occasione. Ma quella mattina la sua ragazza gli sembrava fin troppo scossa  e meravigliata e lui non riusciva a spiegarselo. Anche perché April gli diceva sempre tutto, la loro relazione si basava prima di tutto sull’amicizia, e ora non faceva altro che rispondere a monosillabi.
«Andiamo?» Propose il ragazzo.
Senza farselo ripetere due volte April prese la sua borsa e uscì di casa, quando fu invitata a salire su una RAM 1500 rossa. Beh, doveva ammetterlo, era proprio una bella macchina per un quasi ventenne con un accenno di barba.
L’interno era in pelle, perlopiù un azzurro metallizzato, mentre lo sterzo e il cruscotto andavano più per il grigio chiaro. Lo stereo era molto grande, e contava davvero un sacco di comandi e in più c’era il navigatore incorporato.
April si sedette e allacciò la cintura. Il sedile era molto comodo.
«Allora, dove vuoi che ti porti stamattina?» Chiese il ragazzo mettendo in moto l’auto.
«In realtà, scusa, non ho molta fame stamattina. Potresti portarmi direttamente a scuola?» Chiese umilmente, e alquanto imbarazzata.
«Certo tesoro, da quando sei diventata così tenera e gentile con me?» Scherzò lui, ingranando la terza con la mano sul cambio.
April sobbalzò. Non lo era stata forse in passato? Al solo pensiero arrossì dalla vergogna.
«Sei sicura che vada tutto bene?» Insistette lui, preoccupato, mentre la guardava.
«Si, te l’ho detto, va tutto bene.» Lo rassicurò.
Il viaggio verso la scuola prese un quarto d’ora della mattinata di entrambi, incontrando un po’ di traffico per le strade. 555 County Highway78,  Middletown City School District. Erano arrivati alla scuola di April.
La ragazza si slacciò la cintura di sicurezza, stando attenta a non distogliere lo sguardo dall’ancoraggio, ma il ragazzo le alzò il mento con il dito e la guardò attentamente negli occhi, con uno sguardo che April non avrebbe mai più dimenticato. Nessuno l’aveva mai guardata così. Era uno sguardo così dotato di così tanta rassicurazione e comprensione. Ti assicurava di aver ricevuto tutto quello che avevi sperato di trasmettere e soprattutto credeva in te come avresti sempre voluto qualcuno facesse.
«April, ricordati che io sono qui, qualunque cosa accada, capito?» Le disse, in un tono tanto dolce che nessuno avrebbe mai voluto smettere di ascoltare.
La ragazza annuì e fece per andarsene quando lui la attirò a sé, la guardò ancora una volta, come per darle la conferma che non se ne sarebbe mai andato e infine le regalò un tenero bacio a fior di labbra.
April tremava, a stento riuscì a tenersi sulle gambe quando scese dalla macchina.
«Oggi non mi hai ancora chiamato per nome, amore.» Le ricordò lui mentre April chiudeva la portiera.
«Ci vediamo dopo, Nicholas.» Disse la ragazza, abbozzando un sorriso, ancora incerta se tutto quello stesse accadendo solo nella sua testa.
Il ragazzo sorrise di risposta e andò via mentre April guardava l’auto scomparire piano tra il traffico di County Highway, chiedendosi se avrebbe più rivisto quel viso ormai lontano.



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Salve a tutti!
Questo è il primo capitolo, e non so quanto esserne soddisfatta, ma spero che vi piaccia! Almeno è un inizio, no?
Non ho saputo resistere dall'inserire Found, avrei voluto metterla tra qualche capitolo, ma non smetto di ascoltarla un secondo e ho ceduto alla tentazione!
Nel caso vogliate sono reperibile su twitter! (
https://twitter.com/Laay_N)
Fatemi sapete cosa ne pensate,
un bacio <3.
 

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