Amore e Vendetta

di Arsid
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Destinazione Buenos Aires ***
Capitolo 2: *** Le tre prove ***
Capitolo 3: *** Il sogno ***



Capitolo 1
*** Destinazione Buenos Aires ***


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Possono amore e odio essere tanto uniti?

 

Leon era in aeroporto, con due grandi valigie nere e molta tristezza.

O forse no. Forse tristezza non era la parola giusta, ma non avrebbe saputo definirla in altro modo. Lui stava provando molte emozioni diverse, lasciando il Messico, la sua famiglia e i suoi amici. Lui lasciava tutto ciò che gli era caro, per provare ad arrivare ad un obbiettivo confuso, e che forse non sarebbe mai riuscito a raggiungere.

Fece il check-in e si avviò verso l'aereo che sarebbe decollato da lì a poco, e in cui doveva salire. Pensava ai suoi amici, gli amici di una vita, che avrebbe portato sempre nel cuore, e poi a Felicitas, la sua sorellina. Quanto aveva pianto vedendolo allontanarsi da casa su quel taxi, rendendosi conto che per un lungo periodo non l'avrebbe più rivisto. Un duro colpo per quella bambina di otto anni, tanto legata a Leon.

E poi ricordava i suoi genitori, e Patricio, suo fratello maggiore. Aveva ventisette anni, ed era stata l'unica ancora di salvezza per la famiglia Vargas, in quel periodo in cui...

Leon scacciò quel pensiero. Basta rimuginarci sopra, basta pensare a quel terribile periodo. Salì sull'aereo, e prese un portadocumenti nero dal bagaglio a mano. Era molto grosso, pieno di fogli ricchi di informazioni riservate, che aveva ottenuto solamente pagando a caro prezzo degli investigatori privati. Li lesse di nuovo, per l'ennesima volta quel giorno, e cercò di memorizzare più informazioni possibili. Sarebbe stato di sicuro difficile ricordarle tutte, aveva molte informazioni su quella persona.

Una persona importante, quasi fondamentale per Leon. O meglio, per la riuscita del suo piano.

L'aereo decollò, mentre lui continuava a leggere, ignorando la hostess che gli chiedeva se avesse bisogno di qualcosa.

Destinazione Buenos Aires.


 

Nel suo salotto Violetta cercava di comporre una canzone. Ebbene si, dopo quel fatidico mi bemolle la sua ispirazione era andata a farsi friggere e il brano era rimasto incompleto.

Avrebbe dovuto finirlo entro quella settimana. Provò a rifare tutta la canzone, e dopo il mi bemolle aggiunse un accordo di do.

Orribile, semplicemente orribile. Chiuse il pianoforte sbuffando e sentì squillare il suo cellulare: era Francesca.

«Pronto?» disse rispondendo alla chiamata.

«Ciao Violetta, come stai?»

«Bene, grazie» rispose.

«Senti, ti chiamavo per dirti che ho organizzato un pigiama party stasera e vorrei invitarti. Ti va di venire?» chiese con voce speranzosa.

«Attendi in linea»disse Violetta. La ragazza si avvicinò allo studio di suo padre e coprì il suo cellulare con una mano, facendo in modo che dall'altro capo del telefono Francesca non potesse sentire nulla. Bussò alla porta e attese che German le desse il permesso per entrare.

«Avanti» borbottò lui, mentre Violetta apriva la porta. Trovò l'ufficio sottosopra: molti fogli erano sparsi sulla scrivania,sotto al computer a cui stava tranquillamente lavorando German. Per terra c'erano molte scatole contenenti dei documenti, e il tappeto si vedeva a stento. Violetta si fece largo in quel labirinto, che a suo padre sembrava normale, da quanto era assorto nel lavoro.

«Papà, sai, oggi Fransceca organizza un pigiama party e...»

«No, scordatelo»

«Ma non sai neanche cosa ti voglio chiedere!» sbuffò lei, irritata dal comportamento del padre.

«Lo so benissimo» affermò lui «Mi chiederai di andarci, ma sai già che la risposta è no»

«Ma papà...» lagnò lei.

«No» disse secco.

La ragazza uscì da quel caotico ufficio e si sedette sul divano, parlando con il telefono che aveva ancora in mano. «No, mi dispiace, non posso...» sussurrò abbattuta.

«Peccato...»

«Vorrei scappare, ma l'ultima volta che l'ho fatto mio padre ha chiamato i carabinieri, e quando mi ha visto con Lena, a prendere un gelato, la cosa è precipitata...» disse Violetta, rammentando la ramanzina che le aveva fatto il padre. «E poi nessuno potrebbe coprirmi, non ho un complice e sarei priva di alibi...»

Francesca sospirò. «Ci vediamo domani» la salutò, mentre Violetta riattaccava.

~ ♥ ~

Il giorno dopo Leon si era svegliato benissimo, nell'hotel dove alloggiava, a Buenos Aires. Stare lontano dalla sua famiglia e dal suo adorato Messico era uno strazio, ma avrebbe finalmente ottenuto quello che voleva.

Prese di nuovo quei fogli, che aveva guardato per tutta la sera precedente, e li rilesse, come se non fosse mai stufo di farlo.

Quel giorno doveva presentare la sua iscrizione allo Studio 21, e affrontare la prova di canto.

Secondo quanto c'era scritto nel sito Internet,infatti, per entrare allo Studio bisognava superare tre prove: quella di canto, quella di ballo e quella di composizione. Leon era sicuramente più in difficoltà nel ballo, perché aveva preso lezioni di pianoforte fin da piccolo. Suonare era la sua grande passione, la cosa che lo liberava dai pensieri orrendi del periodo nero. Aveva soprannominato così quegli anni, da quanto erano stati dolorosi. Il canto era un'altra cosa che gli piaceva fare nel tempo libero, ma non c'era paragone con il pianoforte.

Chiamò un taxi e si fece portare allo Studio.

Quando scese e se lo trovò davanti non potè evitare di rimanere a bocca aperta. Le foto nel sito non mostravano la vera bellezza e grandezza dell'edificio, pieno di ragazzi che ballavano e dimostravano il loro talento.

Entrò, guardandosi intorno, e percorse il corridoio fino a una porta, dove era presente una fila chilometrica di ragazzi. Erano tutti lì per fare l'audizione, e si sentiva una grande tensione nell'aria. Poi dalla porta uscì un uomo dall'aria scorbutica, che esclamò: «Rodriguez!». A quel punto una ragazza bassa, mora e magra come un chiodo si fece avanti, entrando timorosa nell'aula.

Leon sospirò: chissà quanto ci sarebbe voluto prima che arrivasse il suo turno. Decise di fare un giro per la scuola, in modo da orientarsi meglio nel caso fosse entrato. Ma lui era quasi sicuro: sarebbe entrato, doveva entrare.

La scuola era molto grande e colorata, e aveva anche un grande giardino. Notò che c'era un bar lì vicino, e pensò di andare a prendere qualcosa da bere, perché il caldo era davvero soffocante. Tornò dentro lo Studio: davanti a lui un'altra trentina di persone aspettava nervosa il proprio turno, e di sicuro ci avrebbero messo un bel po' di tempo. Leon uscì e si diresse verso il Restò Band, il bar che aveva visto. Entrò e chiese al barista un frullato alla fragola, che gli venne servito pochi minuti dopo.

Dal bancone Leon osservò le persone sedute ai tavoli. Avevano più o meno la sua età, e probabilmente frequentavano già lo Studio.

Girò lo sguardo verso l'entrata e fu allora che la vide, mentre entrava con un'altra ragazza dai capelli mori.

Finalmente Leon aveva trovato quello che cercava.

Finalmente aveva trovato Violetta Castillo.


ANGOLO DELL' AUTRICE: Ciao! Il sole cocente mi stava (e mi sta) torturando e, mentre friggevo mi è venuta in mente l'idea per questa nuova fanfiction, stavolta scritta in terza persona.
Ho creato anche un banner, e non vi dico quanto ci ho messo a farlo... *vergogna assoluta*
Beh, passiamo alla storia. Leon è molto misterioso: parla spesso di un orribile passato, e poi ha informazioni riservate su una persona. Inoltre dice che "aveva trovato quello che cercava, aveva trovato Violetta Castillo". Perché Leon, dal Messico, non conoscendo nessuno, cerca proprio Violetta?
Violetta, a proposito, è già allo Studio, e il padre lo sa, ma come si è capito dalla sua "gentilezza" per lui è una fatica lasciarla uscire con le amiche e farle seguire la stessa passione della madre.
Spero che la storia vi abbia incuriosito e che lasciate una recensione, anche piccola o negativa.
Ciao :D

P.S: Secondo voi dovrei mettere AU?

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Capitolo 2
*** Le tre prove ***


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Possono amore e odio essere tanto uniti?

Lo scambio di sguardi di Violetta e Leon durava già da alcuni minuti, e nessuno dei due aveva intenzione di smettere di fissare l'altro.

La ragazza era subito stata incuriosita da Leon, che da quando era entrata non gli aveva tolto gli occhi di dosso.

Lui, intanto, beveva il suo frullato dal bancone, continuando a fissare Violetta. Pagò e uscì di corsa dal locale quando si accorse che era molto tardi, e probabilmente era già il suo turno per l'audizione. Non poteva permettersi di fare brutta figura e arrivare in ritardo prima di essere ammesso, altrimenti non l'avrebbero di certo visto di buon occhio.

Violetta, al Resto Band, era rimasta ferma con lo sguardo nel vuoto, mentre Francesca cercava di dirle qualcosa. La sua mente, però, era da tutt'altra parte.

«Allora, che ne pensi?» le chiese Francesca.

Violetta cadde dalle nuvole. «Eh? Non ne ho idea, mi dispiace. Fran, tu per caso conosci quel ragazzo?»

«Quale?» chiese guardandosi intorno.

«Quello che poco fa era seduto al bancone e beveva un frullato»

«Il ragazzo che ti fissava?»

Violetta annuì pensierosa. Quello sconosciuto le aveva fatto uno strano effetto, si sentiva ancora il suo sguardo penetrante addosso.

«No, non l'ho mai visto da queste parti» disse, scrollando le spalle e bevendo una granita. "Sembra quella che compravo in Italia" pensò soddisfatta, assaporando il gusto della fragola.

 

Leon era arrivato allo Studio di corsa, preoccupato. Poteva aver perso il turno, aver fatto una figura da imbecille e aver mandato in fumo tutto quello che era riuscito ad ottenere con il tempo, il duro lavoro e, soprattutto, i soldi. Tutto il suo piano poteva fallire per un semplice ritardo.

Ritornò davanti alla porta dove si facevano le audizioni, e a quel punto uscì dalla stanza una ragazza bionda, con un foglio in mano.

«Il prossimo è...» annunciò scorrendo la lista con gli occhi «Leon Vargas»

Leon si fece avanti, un po' nervoso, per affrontare la prova di canto e quella di composizione. Si era preparato molto, ma sapeva che la tensione poteva giocargli brutti scherzi.

Entrò nella stanza, dove c'era un tavolo con tre sedie. Nella prima era seduto un uomo bizzarro, dai capelli ricci, che indossava un paio di occhiali. Al centro c'era un uomo moro, dall'aria seria, che stava guardando dei fogli sul tavolo. Nell'ultima sedia, che fino a prima era vuota, si sedette la ragazza che aveva fatto entrare Leon.

Il ragazzo si avvicinò alla tastiera al centro della sala e iniziò a suonare e a cantare Voy por ti, un brano che aveva composto di recente.

Le note risuonarono per tutta la stanza e, alla fine dell'esibizione, i professori applaudirono soddisfatti. Leon si sentì improvvisamente più leggero: due delle tre prove erano passate e, vedendo l'espressione dei professori, soprattutto della ragazza, lui fu certo di essere andato bene.

Ora mancava quella più difficile, il ballo, ma ci avrebbe pensato il giorno dopo.

 

Leon aveva passato tutto il pomeriggio a ballare nella sua camera d'albergo, cercando di dare il massimo per essere ammesso.

Davanti a quella porta, il giorno seguente, c'erano nuovamente molti ragazzi che aspettavano di poter entrare. Alcuni uscivano dalla stanza sconsolati e con le lacrime agli occhi, scuotendo il capo, altri facevano letteralmente i salti di gioia e sorridevano a tutti nel corridoio. Leon sperava che tutto andasse per il verso giusto, mentre si torturava le mani.

Proprio in quel momento Ludmilla percorse il corridoio, accompagnata dalla sua fida assistente Nata.

«Comprami un'aranciata, ho sete!» esclamò ad un certo punto la bionda, mentre l'altra si allontanava per prendere quello che le era stato chiesto.

Leon si avvicinò a lei, per chiederle l'ora. Quel giorno, per la fretta, aveva dimenticato l'orologio.

La ragazza sbuffò, visibilmente infastidita.

«Senti, io sono Ludmilla, uno che non ho mai visto non mi può disturbare solo per chiedermi che ore sono»

«E io sono Leon» ribatté lui «e vorrei sapere l'ora»

Ludmilla tirò fuori dalla sua borsetta un cellulare ultimo modello, coperto da una cover rosa.

«Sono le dieci e mezzo, contento?» esclamò.

«Si» rispose allontanandosi, e lasciando Ludmilla da sola in mezzo al corridoio.

Nata arrivò poco dopo verso l'amica con l'aranciata.

Ludmilla bevve e poi porse la bottiglietta alla mora.

«Che hai? Ti vedo seccata» le chiese

«Nulla»rispose Ludmilla «Mi hanno solo scambiata per il Big Ben»

 

Violetta entrò a scuola svogliatamente. Il pomeriggio precedente aveva continuato a sbagliare quando suonava, non concentrandosi.

“É per il caldo” si diceva, cercando di auto convincersi.

Sapeva benissimo che in realtà non era così.

La verità era che quel giovane dai capelli castani che aveva visto al Resto Band gli era rimasto in testa, e non aveva la minima intenzione di andarsene.

Quegli sguardi, quegli occhi verdi: la ragazza si era sentita bruciare quando l'aveva visto, ma aveva cercato di non darlo a vedere.

Queste sensazioni strane non le aveva mai provate, e la cosa la preoccupava.

E poi perché lui la fissava?

Quando se n'era accorta aveva iniziato a guardarlo anche lei, sperando che distogliesse per primo lo sguardo, invece era solamente scappato di corsa, dopo aver pagato il suo frullato.

Probabilmente non l'avrebbe mai più rivisto.

Continuò a camminare verso la sua classe lungo i corridoi dello Studio 21, finché non vide qualcosa che la scombussolò totalmente.

Il ragazzo era lì, davanti alla porta dell'aula dove si facevano le audizioni.

Violetta non ci poteva credere

Leon si girò in quel momento, e i loro sguardi si incontrarono di nuovo.

Lei sorrise timidamente, lui anche. O almeno provò a farlo, per lui era difficile sorriderle come se nulla fosse.

Violetta prese coraggio e, dopo aver fatto un bel respiro, cercò una scusa per attaccare bottone.

«Ciao»

«Ciao» la salutò lui, molto teso.

«Sei nervoso per le audizioni? Oggi mi pare che ci sia la prova di ballo»

Lui annuì.

«Se vuoi un consiglio» continuò lei «Non contraddire i professori, soprattutto Gregorio. Sono un po' scorbutici»

Leon sorrise, e la ragazza bionda del giorno prima lo chiamò di nuovo.

«Leon Vargas!»

«Vai Leon, buona fortuna» gli disse Violetta, prima che il ragazzo si avviasse dentro la stanza.

 

ANGOLO DELL'AUTRICE: Oggi non ho nulla da dire.... Non lo so... O.O

Beh, volevo ringraziare le persone che hanno recensito e quelle che hanno messo la fic nelle preferite/seguite. Grazie :3

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Capitolo 3
*** Il sogno ***


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Possono amore e odio essere tanto uniti?

Leon entrò nella stanza. Questa volta i professori erano cinque: al trio del giorno precedente si erano aggiunti anche un signore seccato e scorbutico come pochi e un'altra ragazza bionda.

Un professore fece partire la musica e Leon mostrò la sua coreografia.

Gli insegnanti di ballo apportarono le modifiche che secondo loro erano necessarie: «Sguardo alto», «Apra di più le braccia», «Esprima dei sentimenti» continuavano a ripetere.

Poi gli mostrarono una piccola coreografia, che Leon dovette ripetere. Nulla di troppo complicato per lui, che aveva lavorato duramente per arrivare fino a quei risultati.

I cinque annotarono le loro valutazioni nella tabella, e chiamarono il prossimo ragazzo della lista.

 

Il giorno dopo Leon, teso come una corda di violino, entrò di nuovo in quell'edificio. Sperava solo di essere entrato, perché lui doveva essere entrato, lui doveva entrare.

Una grande folla di studenti si era raccolta attorno alla bacheca dove c'erano i risultati. Tutti erano molto curiosi di capire chi fosse entrato e chi no. I ragazzi che i giorni prima avevano sostenuto le prove erano molto nervosi, mentre gli alunni dello Studio, invece, cercavano i ragazzi che sarebbero stati in classe con loro. Leon si avvicinò a quei fogli, incrociando le dita.

Leon Vargas: ammesso.

Ammesso.

Era stato ammesso.

«Ehi, ho notato che sei stato ammesso» esordì una voce alle sue spalle.

Leon si girò e vide Violetta davanti a lui.

«Si, mi hanno preso, sarò in terza A»

«Quindi in classe con me» sorrise lei. «Vieni, ti faccio conoscere i tuoi futuri compagni»

Violetta lo guidò fino all'entrata della scuola, dove c'era un gruppetto di tre persone, a cui si avvicinarono.

«Leon, questi sono Camilla, Francesca e Maxi» li presentò.

Dopo aver sciolto il ghiaccio scoprirono di avere altre passioni in comune, oltre alla musica.

«Che ne dite di incontrarci oggi pomeriggio al Resto Band? É il locale del fratello di Francesca, qui vicino» chiese Camilla.

«Mi sembra un'ottima idea» accettò Leon.

Anche Violetta, Maxi e Francesca erano d'accordo. Poi la campanella suonò e i ragazzi entrarono.

«Ci vediamo alle 16.00!»

Solo Leon tornò in albergo, dato che avrebbe iniziato ufficialmente a essere un alunno dello Studio il giorno dopo.

Quando entrò nella sua camera e aprì il portatile, trovò un' e-mail di suo padre.

Ciao Leon, come va lì a Buenos Aires? Sei stato ammesso allo Studio 21?

Spero di si, meriti di far parte di quella scuola.

Volevo avvisarti che ho comprato un piccolo appartamento per te, così non sarai costretto a vivere in albergo. É in via Bonaffino, numero 53. Ti allego una foto.

Ci sentiamo”

Il ragazzo rispose velocemente all'e-mail e si avviò in via Bonaffino, curioso di vedere la sua nuova casa. Era un piccolo appartamento di un condominio, già arredato, in cui si sarebbe sicuramente trovato benissimo. Era anche vicino alla scuola.

Leon decise che quel pomeriggio, dopo essere uscito con i ragazzi dello Studio, avrebbe preso le sue valigie dall'albergo e si sarebbe trasferito lì.

 

Violetta era in camera sua, con Francesca e Camilla, a chiacchierare del più e del meno.

«Ragazze, si è fatto tardi!» esclamò Violetta guardando la sveglia sul suo comodino. Mancava poco più di mezz'ora alle 16.00 e loro non si erano neanche preparate.

«Bene, tra un quarto d'ora ci avviamo» disse risoluta Francesca.

Violetta storse il naso.

In realtà voleva essere più carina, indossare qualcosa di decente, ma non disse nulla, altrimenti le sue amiche avrebbero iniziato a dire che le piaceva Leon e in meno di mezz'ora l'avrebbe saputo tutta la scuola.

«Si, hai ragione» disse infine.

Quando arrivarono al Resto Band, con venti minuti di ritardo, Maxi sbottò: «Alla buon'ora!»

Camilla sospirò scrollando le spalle: non sapeva nemmeno lei come avessero fatto ad arrivare tanto in ritardo. Avevano solo visto un vestito in vetrina lungo la strada, non potevano essere state tutto quel tempo ad ammirarlo davanti alla vetrina.

Leon, invece, non accennò al loro ritardo, salutandole e basta.

Le ragazze si sedettero al tavolo dove c'erano anche Maxi e Leon, e la cameriera prese le loro ordinazioni.

Tra Violetta e Leon ci fu subito un certo feeling.

Francesca fu la prima a notarlo, e dopo qualche minuto ci fece caso anche Camilla. Avevano i gusti uguali in fatto di musica, colore preferito e anche sport.

«Sarebbero una bella coppia» sussurrò Francesca all'amica. Leon e Violetta neanche le sentirono, troppo impegnati a parlare tra di loro.

Camilla annuì, bevendo il suo caffè. «Lo penso anch'io» sorrise.

Maxi, l'unico che non aveva ancora detto nulla, fatta eccezione per il suo commento sarcastico, si intromise nella conversazione: «Avete ragione, è chiaro come il Sole» affermò

Più tardi Leon, accompagnato dalle sue valigie, estrasse le chiavi di casa del suo nuovo appartamento ed entrò. Aprì la prima valigia, contenente i suoi vestiti, e li mise nel cassetto della sua camera da letto. Ecco, quella valigia era vuota. Alla seguente ci avrebbe pensato l'indomani, ora era molto stanco.

Aveva fatto molta fatica a ricordare tutti i gusti di Violetta, e alcuni li aveva anche sbagliati, ma nel complesso era andata bene. Sentiva di essere già simpatico a quella ragazza.

Sospirò, mentre si preparava la cena, o almeno ci provò, perché vedendo i due Sofficini carbonizzati che aveva davanti decise di ordinare una pizza.

Era negato con la cucina.

Dopo aver mangiato, esausto, andò letto.

 

La sua voce, melodiosa come poche, risuonava nel teatro.

Leon era lì, nel pubblico, la guardava incredulo.

Lo spettacolo finì, seguito dallo scroscio di applausi della platea.

Solo lui rimase immobile.

Poi dalla platea lanciarono su palco dei fiori; la ragazza, più bella che mai nel suo vestito rosa confetto, ne prese uno violetta in mano e lo annusò, lasciando il palcoscenico.

 

Leon si svegliò nel suo letto, tutto sudato.

Di nuovo quel terribile sogno.

 

ANGOLO DELL'AUTRICE: Ok, questo capitolo non è niente di che, ma è (purtroppo) necessario.
Leon viene ammesso allo Studio 21, e fa anche amicizia con i ragazzi al Resto Band.
Si pensava che ci fosse un feeling con Violetta, invece era tutta strategia: aveva solo imparato bene i fogli con le informazioni su di lei.
E poi, alla fine, abbiamo un sogno di Leon, di cui non si conosce la protagonista, ma è un sogno ricorrente.
Di chi si tratterà? Lo scoprirete prima o poi presto ;)

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