Il braccialetto di smalto

di Lady Ligeia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Saggiare il terreno ***
Capitolo 3: *** Otto in greco ***
Capitolo 4: *** Una questione di lealtà ***
Capitolo 5: *** Una come te ***
Capitolo 6: *** Amor, ch'a nullo amato... ***



Capitolo 1
*** Intro ***


Il problema, concludeva la D’Aloè quando ripensava a tutto l’accaduto, si riduceva a un unico, semplicissimo fatto:la Codispoti non gliene aveva parlato in tempo. Perché non l’aveva fatto? Quale diabolica ragione…

- C’è poco da capire – aveva commentato la Biolcati, addolorata, dopo che la D’Aloè aveva raccontato a lei e a Bianchi ogni cosa. - La Codispoti è una carogna, tutto qui. Non mi pare ci sia bisogno di dire altro. -
Bianchi aveva rincarato la dose: - Voleva sfruttarti, Vi, e c’è riuscita. Voleva ingelosire il Magnifico, e c’è riuscita. -
- Quell’essere viscido… neanche se fosse l’ultimo uomo rimasto sulla terra… bah…-
- Sì, Biolcati, lo sappiamo… - sospirò Bianchi, esasperato. La Biolcati lo osservava intenta. Chissà se immagina, o mai immaginerà, che di qualsiasi uomo che non sia lui direi la stessa identica cosa?
- Altro non le importava, alla Codispoti, comunque. Lasciala perdere, D’Aloè, e tira diritto. Noi ci siamo comunque, e siamo dalla tua. E anche Gatti…-

La D’Aloè aveva preferito chiudere il discorso, ma sapeva perfettamente che i due avevano ragione. Per fortuna, i suoi genitori dovevano trasferirsi a Cambridge per un anno accademico e lei li avrebbe seguiti. Avrebbe frequentato una scuola inglese e preso lezioni supplementari per tenersi in pari con i corsi.
Avrebbe dimenticato presto, presa dalla propria nuova vita, tutta quella tristissima storia. Perlomeno, lo sperava, e con lei i suoi amici.
Aveva gustato un cucchiaino della coppa di gelato al melone che aveva davanti, galantemente offerta da quel ruvido gentiluomo che era Bianchi, e aveva contemplato per alcuni minuti un delicato cerchio di smalto bianco, decorato da sottili disegni azzurri, che le oscillava al polso sinistro.
Luca

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Capitolo 2
*** Saggiare il terreno ***


Nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbe successo, se le avesse conosciute al ginnasio, eppure, all’inizio del primo anno del liceo, la Codispoti-Badoer sembrava aver fatto amicizia con la D’Aloè.

La Codispoti era di famiglia nobile: viveva in un enorme appartamento lungo il corso, poco lontano da scuola; ogni sabato andava a cavallo nel parco della propria residenza di campagna ed era solita ricordare, praticamente a chiunque, che una cameriera le teneva in ordine il guardaroba e che un’altra le preparava il pranzo.
Prendeva lezioni di pianoforte, parlava fluentemente il francese perché sua madre era parigina, aveva un più che discreto successo con l’altro sesso e si proclamava a gran voce atea convinta.
Alla fine della quinta ginnasio, si era messa con il presunto belloccio della classe, Lorenzo Sperelli detto il Magnifico.

La D’Aloè veniva dalla periferia ed entrambi i suoi genitori lavoravano come ricercatori di Italianistica all’università.
Amava il nuoto, le barche a vela e i romanzi storici, che era solita divorare appena acquistati o presi in prestito dalla biblioteca.
Prestava servizio in parrocchia come catechista ed era la felice proprietaria di un morbido gatto bianco che aveva chiamato Maverick.
Non aveva mai avuto un ragazzo e si considerava brutta.

La Codispoti era minuscola e nervosa, la D’Aloè morbida e pacata.

Entrambe collezionavano pagelle eccellenti: la Codispoti era un’intuitiva dalla parlantina invidiabile, capiva i concetti all’istante, aveva dita forti e occhi veloci.
La D’Aloè arrivava alle cose sempre per seconda, ma riusciva a spingersi ogni volta un po’ più avanti della Codispoti, che, per questo, regolarmente impazziva. Ovunque fossero richiesti colpi di genio, la Codispoti primeggiava; quando era necessario un lavoro intenso e metodico, i successi erano della D’Aloè.

Durante il ginnasio, le due prime della classe si erano sfidate, senza che nessuna delle due riuscisse a prevalere, una volta per tutte, sull’altra.

I compagni avevano finito con lo schierarsi dalla parte della Codispoti, che riusciva molto più simpatica, mentre la D’Aloè, più rigida e meno brillante, si era quasi completamente isolata.
Aveva qualche amicizia al di fuori della scuola, questo era vero, ma in classe aveva legato soltanto con un paio di ragazzi silenziosi e poco appariscenti quanto lei: Bianchi, un biondino dallo sguardo diritto, appassionato di greco, e Torrisi, un tipo furtivo e strisciante che ricordava da vicino un furetto.

In molti si erano chiesti che cosa fosse successo, quando era iniziato il triennio.

Un po’ era stato merito – o colpa, a seconda dei punti di vista, dato il modo in cui era andata a finire – dell’arrivo di una nuova compagna: una ragazza dai lunghi capelli color miele e dai lineamenti da slava, che veniva da un oscuro liceo dell’hinterland e si chiamava Lorena Biolcati.
Non soltanto la Biolcati era piaciuta immediatamente a tutte e due le compagne, costringendole, così, ad incontrarsi ed a parlarsi un po’ più spesso, ma, essendo anche molto più dotata intellettualmente di entrambe, aveva risolto a proprio favore l’annosa disputa su chi fosse la migliore studentessa della classe.

Lentamente, molto lentamente, la situazione si era fatta più respirabile. L’”effetto Biolcati”, come erano soliti definirlo i professori, era stato provvidenziale. Ora la Codispoti si dava molte meno arie da gran dama, mentre la D’Aloè rideva più spesso ed appariva, …come dire?..., più presente a se stessa.
Le tre ragazze, ormai inseparabili, erano sedute in prima fila, attentissime ad ogni lezione: alla destra di chi le guardava, la Biolcati alta ed esile; alla sinistra, la D’Aloè florida e ricciuta; al centro, la piccola Codispoti tutta pepe.

Dall’altro lato della D’Aloè, il corpo docenti aveva collocato l’artista della classe, l’attraente Gatti, nella speranza che quella trinità di Cariti potesse infondergli almeno un briciolo di voglia di studiare. Risultati scarsi, almeno fino alla fine del primo quadrimestre, perché Gatti non sembrava andare particolarmente d’accordo con nessuna delle tre. Soprattutto, era messo in soggezione dalla D’Aloè, permalosa e più alta di lui di svariati centimetri.
Era un ragazzino snello e scattante, Gatti, dalla pelle chiara, con i capelli tagliati a spazzola. Nonostante la taglia minuta, giocava a pallavolo con considerevole abilità; per il resto, aveva talento per il disegno e per la poesia. Sembrava immerso in un proprio mondo nel quale veleggiava tranquillo, senza curarsi di nulla al di là di se stesso.

Poi, a febbraio, era accaduto qualcosa.
Il Magnifico aveva lasciato la Codispoti. Erano rimasti insieme per più di sei mesi, cosa che, per il Magnifico, equivaleva ad un vero record.
Anche la misteriosa fanciulla che Gatti si teneva stretta fin dalla seconda media – molti avevano pensato che se la fosse inventata, finché un sabato non era venuta a prenderlo a scuola, presentandosi come la sua ragazza a chiunque le capitasse a tiro - aveva deciso di lasciarlo.
Al contempo, la Biolcati aveva iniziato ad arrivare a scuola in autobus, anziché in metropolitana come aveva fatto fino a quel momento, e le solite malelingue sussurravano che questa scelta dipendesse non da una maggiore comodità, ma dalle infinite attrattive di un pezzo di strada insieme a Bianchi, lo storico socio della D’Aloè.
Quest’ultima, dal canto proprio, non sembrava affatto infastidita dal cambiamento: non aveva mai nutrito il minimo interesse per Bianchi, al di là dell’amicizia, ed era molto coinvolta dal suo sempre più stretto rapporto con la Codispoti.
Ogni sabato erano a pranzo a casa dell’una o dell’altra e, spesso, studiavano insieme al pomeriggio. L’influenza della Codispoti aveva reso più semplici i rapporti della D’Aloè con il resto della classe e, per questo motivo, l’amica le era molto grata.
Tante erano le ragioni, di conseguenza, dell’inquietudine della D’Aloè, quando si era accorta che la Codispoti si era fatta, all’improvviso, silenziosa e sfuggente.

Avevano educazione fisica, quella mattina di febbraio, quando la D’Aloè si era decisa ad affrontare l’argomento. Temeva di essere, in qualche modo, la causa dell’insolito atteggiamento della sua amica, e così, approfittando del fatto che avevano occupato due armadietti adiacenti nello spogliatoio della palestra, le aveva chiesto spiegazioni.
La Codispoti aveva atteso un lungo minuto, prima di risponderle. La D’Aloè, in seguito, si sarebbe convinta che proprio in quel momento fosse stato elaborato il piano. – Sai, Vi…- aveva cominciato la Codispoti, fissandosi la punta delle scarpe da ginnastica ancora slacciate. – Non so se te lo posso dire, che cosa mi sta capitando…-
Prevedibile espressione preoccupata della D’Aloè, occupata a racchiudere in uno spesso elastico di spugna la propria cespugliosa chioma castana. Si trattava di un’operazione complessa, perché i riccioli ribelli sgusciavano da tutte le parti. La Codispoti la osservò con superiorità, fiera del proprio impeccabile caschetto corvino.
- Ok, te lo dico. Mi sto prendendo una cotta per Luca. -
Istante di silenzio. – Luca chi?
I loro sguardi si erano incontrati. Entrambe avevano gli occhi castani, ma quelli della Codispoti erano più scuri. – Gatti si chiama Luca, Vi, te lo sei dimenticato? Che cosa antipatica, chiamarci sempre per cognome. Come se non fossimo neanche persone, ma solo… solo voci di un elenco. Come mi chiamo io, almeno, te lo ricordi? -
- Mica c’è bisogno di incazzarsi, dai… lo so sì, ti chiami… Lu… Lu… Ludovica! -
- Cretina! – rise la Codispoti.
- Ecco che ti ho fatta ridere! Uno a zero per me! – esultò la D’Aloè. – E dai, è vero che ti chiamo sempre Lu… ma lo so benissimo che ti chiami Lucia, contenta? -

- E così ti sei presa una cotta per Luca Gatti – proseguì più tardi, mentre percorrevano a piccolo trotto una serie di cerchi intorno al cortile, dato che la scuola non disponeva di una pista di atletica e che la professoressa Albertazzi non avrebbe rinunciato per niente al mondo a svolgere il programma di allenamento alla corsa che si era prefissa per quell'anno scolastico.
- Sì - alitò la Codispoti, senza respiro, non si capiva se per l'imbarazzo o per la fatica. - All'inizio non ci avevo fatto caso, ma poi... Dio, quanto è carino! -
- Non ci ho mai fatto caso - ammise l'altra, ancora più ansimante di lei. - E poi... è così... freddo...-
- Freddo? - ripeté la Codispoti inorridita, fermandosi all'improvviso e continuando a saltellare sul posto. Nuvolette di fiato si sollevarono, più furiose di segnalazioni da un accampamento pellerossa in un film western. - 'Sto cortile, è freddo, non certo lui, Vi... anche se, devo ammettere, lo conosco così poco...-
Anche la D'Aloè si era fermata. - Vuoi fare cambio di posto, in classe? -
- No... sarebbe una manovra troppo scoperta, e poi che scusa troviamo con i prof? -
- Comunque, non pensavo fosse il tuo tipo - proseguì la D'Aloè.
- In che senso, scusa? -
- Nel senso che pensavo ti piacessero i machi, quelli che non-devono-chiedere-mai, sai cosa intendo...-
La Codispoti alzò gli occhi al cielo. - Alludi a Lorenzo, vero? Tu frequenti troppo la Lori, mi sa... Lei ce l'ha su con lui, è un partito preso, non so cosa le ha fatto. E comunque, lui è morto e sotterrato, per me. Ora c'è solo... il mio gattino! -
Agghiacciata, la D'Aloè rimase in silenzio. Oddio, siamo già a il mio gattino. Salute! Ci aspettano tempi duri!

Nessuna delle due si rese conto dell'arrivo della professoressa.
- Se avete fiato per chiacchierare ne avete anche per correre, e allora... MUOVETE QUELLE GAMBE, forza! -

- Vi...-
- Cosa c'è? -
- Credo di stare per morire! -
- Te l'avevo detto di non cominciare con le sigarette. Diavolo, l'anno scorso mangiavamo la polvere tutte, davanti a te...-
- La Sciorra la mangia ancora. -
- Va be', la Sciorra è fumata, lo sanno tutti. -
- Comunque sto per morire. -
- Sfido, siamo al dodicesimo minuto di corsa... Tu dimmi se è un modo di finire una mattina. No, non esiste... -
- Non ti interessa neanche il mio ultimo desiderio? -
- Perché, hai un ultimo desiderio? E dai, spara. -
- Vorrei che tu facessi amicizia con Luca. -
- Prego? -
- Hai capito benissimo. -
- Ma scusa, è a te che piace, no? -
- Sì, ma... dai, Vi, mica ti ho detto che gli devi pulire le scarpe, no? Devi solo entrare un po' in confidenza con lui... e chiedergli che cosa ne pensa di me. Su, non fare quella faccia... -
- Ma non puoi farlo tu, diamine? Hai quasi diciassette anni, non so se te lo ricordi...-
- Ma mi vergogno...-
- Su, solo per saggiare il terreno...-

Il nuovo urlo della professoressa ricordò un tuono biblico. - Viviana e Lucia! Basta chiacchierare, ve lo dico per l'ultima volta! -
Minchia che polmoni, fu il poco urbano pensiero di entrambe le amiche.
La Cariani, che correva davanti a loro col suo detestabile, elastico passo ben allenato, alzò il medio, ben sapendo che la distanza era troppa per poter essere vista.
Mitica Cariani.
- Cazzo, anche 'sta donna sergente, ci doveva capitare...- brontolò la Codispoti.
La D'Aloè mimò uno scoppio di risa, perché non aveva - ovviamente - il fiato per ridere sul serio. - Beh, almeno questa ci chiama per nome...-

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Capitolo 3
*** Otto in greco ***


Mmmh, “saggiare il terreno”. Così mi ha fregata, quella stronza… che neanche adesso riesco a odiare…

L’occasione per “saggiare il terreno” si era presentata il giorno dopo il drammatico allenamento in cortile, durante un’ora buca prima delle interrogazioni di greco.
Bianchi e la Biolcati avevano chiesto alla supplente – insegnava matematica, per sua stessa ammissione: una povera figlia tremante, presumibilmente fresca di laurea, che sembrava nascondersi dietro il registro – l’autorizzazione ad organizzare un ripasso collettivo, ma, nonostante il permesso prontamente concesso, l’entusiasmo suscitato era stato scarsissimo, e così i due si erano appartati sopra il calorifero accanto alla cattedra, a scandire da soli in metrica il primo libro dell’Iliade. Ora le loro teste chiare oscillavano all’unisono, a ritmo dattilico, interrompendosi ogni tanto quando i due ragazzi non concordavano sulla lettura di un esametro. La supplentina di matematica impallidiva sempre più, captando criptici insulti bisbigliati:
- Donna, questo è uno spondeo, non vedi che quella è un’omega? -
- E allora, perché metti la cesura lì, testa vuota? -

- Gatti…-
Diavolo quant’era alta, la D’Aloè. Non quanto la Biolcati, ma in ogni caso più di lui. Soprattutto se lui era seduto dietro il proprio banco, le cuffie dell’I-pod nelle orecchie, e lei in piedi davanti a lui con il Rocci sotto braccio.
Educatamente, Gatti spense il lettore e le chiese che cosa desiderasse.
- Ehm…- cominciò la D’Aloè, imbarazzata. Gatti non poteva saperlo, ma la sua interlocutrice stava inviando mentalmente alla Codispoti – al momento impegnata in una complessa partita a scacchi con Torrisi – ogni sorta di insulti. – Vorrei sapere se hai capito qualcosa del pezzo di Senofonte che c’era da tradurre per oggi. -
Gatti la squadrò dal basso in alto, interdetto. Non era esattamente un’abitudine, per lui, che i compagni venissero a chiedergli aiuto per i compiti. Soprattutto per il greco, poi, i punti di riferimento ufficiali erano – ça va sans dire - la Biolcati e Bianchi.
- Non so se ti so aiutare, D’Aloè… ehm… Viviana – mormorò.
La D’Aloè si sforzò di atteggiare il proprio viso paffuto e privo di trucco a infinita umiltà. – Ci proviamo insieme, almeno? -

Pochi minuti dopo, dizionario alla mano, erano entrambi immersi nella lettura di Senofonte.
Lavorando, la D’Aloè sbirciava i lineamenti del compagno e si sorprendeva di quanto apparissero morbidi, nonostante la luce tagliente che spioveva dal neon. Non aveva affatto i capelli rossi, Gatti, come pensavano tutti, ma appena appena ramati, e neanche le lentiggini, aveva: giusto qualcuna, sul bel naso diritto. E i suoi occhi non erano affatto color fango, come si erano dette ridendo lei e la Biolcati una volta, ma del preciso colore dello zucchero caramellato. Ciononostante, non riusciva davvero a comprendere che cosa, della persona di Luca Gatti, avesse scatenato l’attrazione che la Codispoti affermava di provare per lui.
Quando ebbero ripassato tutto il programma per la possibile interrogazione, Gatti estrasse dallo zaino un pacchetto di Alpenliebe panna-e-fragola e ne offrì una alla compagna. Cominciarono a chiacchierare animatamente di argomenti che con il greco avevano ben poca attinenza.
Gatti parlò dell’ultimo allenamento di pallavolo, di suo padre che aveva appena comprato la macchina nuova, della sua scarsa predisposizione per il latino o per il greco: quello che gli sarebbe davvero piaciuto sarebbe stato frequentare il liceo artistico e poi la facoltà di Architettura.
La D’Aloè raccontò le prodezze di Maverick e ne mostrò l’immagine che teneva sul display del cellulare. Gatti osservò la fotografia per un minuto buono, quindi estrasse un quaderno e una matita e, in pochi secondi, la riprodusse sulla carta.
- Tieni – disse semplicemente subito dopo, porgendo alla ragazza il foglio strappato dal quaderno.
La D’Aloè rimase estasiata: in pochi, abili tratti, Gatti aveva catturato con sorprendente precisione le linee aggraziate dell’animale, il musetto dalle lunghe vibrisse, i grandi occhi intenti. Sotto, era stata scarabocchiata una dedica strampalata: “A Viviana – da Gatti che ha disegnato un gatto”. La calligrafia era sottile e precisa, elegante come una miniatura.
- È magnifico, Gatti…- sussurrò lei. - …Luca. Sì, il tuo posto sarebbe stato il liceo artistico. -

Il professore di latino e greco interrogò proprio Gatti.
- Coraggio, Gatti, vieni fuori. Vediamo di inaugurare questo nuovo quadrimestre nella maniera migliore, eh? -
Le parole in sé non sembravano molto minacciose, ma il tono, tra irritato e sarcastico, era già tutto un programma.
Gatti si alzò dal proprio banco come un condannato in dirittura d'arrivo per il patibolo.
La Biolcati si era già collocata in quella che era solita definire “postazione di soccorso”: dal momento che, di norma, l’interrogato di turno si posizionava in piedi davanti alla lavagna, alla sinistra della cattedra, ed il docente si volgeva verso di lui con tutta la testa e le spalle, il banco della Biolcati cadeva completamente all’esterno del suo campo visivo, e lei era solita sfruttare questa situazione per suggerire il più possibile, mentre Bianchi, meno favorito dalla geografia della classe, difficilmente riusciva ad essere d’aiuto.
La Codispoti osservava la scena con il vivo interesse dei propri occhi freddi, mentre la D’Aloè si sentiva ansiosa, quasi potesse essere responsabile per l’esito dell’interrogazione di Gatti.
Interrogazione che si concluse, incredibile a dirsi, con un insperato successo, perché il professore chiese al ragazzo di tradurre esattamente quel brano dell’Anabasi che era appena stato ripassato insieme alla D’Aloè.
Quando tornò al proprio posto, esultante, Gatti strinse con calore la mano alla D’Aloè. – Grazie, Viviana – le sussurrò. – Non ho mai preso un otto in greco prima d’ora. -
La D’Aloè arrossì fino alla radice dei capelli, mentre la Codispoti le toccava il gomito.
- Dimmi, Lu. –
- Sei grande. Lo vedi che hai rotto il ghiaccio? -
Fin troppo, bisbigliò una vocina nella mente tutt’altro che tarda della D’Aloè. Il ritratto di Maverick, piegato in quattro, era infilato nella tasca posteriore dei suoi vecchi jeans sfilacciati. Scricchiolava, quando la ragazza si muoveva sulla sedia.

Mentre la Codispoti, appena suonata l’ultima campanella, si precipitava a casa dove la famosa cameriera le serviva eccellenti manicaretti, la D’Aloè, come molti altri comuni mortali, aveva l’abitudine di dirigersi verso la piadineria di fronte alla scuola e pranzare là. Abitava in una periferia talmente remota e malservita dai mezzi pubblici che difficilmente sarebbe riuscita a sedersi a tavola prima delle due e mezza e, poi, non prestava particolare attenzione né a ciò che mangiava, né a ciò che indossava. Il suo aspetto rispecchiava entrambe queste tendenze, perché la D'Aloè era sovrappeso e sempre piuttosto trasandata: jeans logori o lunghe gonne zingaresche, informi maglie variopinte, calzettoni di spugna, anfibi, troppa bigiotteria troppo grande.
Quel giorno, aveva appena occupato un tavolino nel locale – brandendo una piadina al prosciutto crudo in una mano e ad una lattina di Coca Cola nell’altra - quando si era trovata davanti Gatti in persona. – Posso mangiare con te? -
- Certamente, accomodati pure – replicò lei, per gentilezza, ma anche molto compiaciuta.
Gatti non si sedette subito: assaporò per qualche secondo la sensazione di essere più alto di lei, poi si sentì puerile in maniera incredibile e si decise a scostare la sedia e a prendere posto.
- Come mai ti sei fermato a pranzo anche tu? – volle sapere la ragazza. I genitori di Gatti avevano una pelletteria vicino alla scuola, ragion per cui erano soliti passare a prenderlo e pranzare insieme nel retro del negozio. In quel retro, le aveva confidato Gatti proprio quella mattina, nel pomeriggio svolgeva i compiti e disegnava, disegnava e disegnava.
- Corso di recupero di latino. Sai che ero sotto, no? -

Fu un pranzo divertente, un’esperienza quanto mai insolita per la D’Aloè, che non aveva mai goduto della confidenza di un maschio fino a quel giorno. Bianchi era cavalleresco e protettivo, nei suoi confronti, ma mai le avrebbe schiuso la propria anima. Quanto a Torrisi… la D’Aloè non era neanche del tutto sicura che ne avesse una, di anima. Gatti, invece, le parlava di se stesso con infinito candore ed era anche capace di ascoltarla.
Prima di aver finito la piadina, gli aveva già raccontato le proprie difficoltà degli anni precedenti ed il ruolo fondamentale che avevano giocato la Biolcati e la Codispoti nell’aiutarla ad aprirsi al resto del mondo. – Lucia, soprattutto, – aveva puntualizzato, ricordandosi della missione di intermediaria che stava compiendo per conto dell’amica – è la ragazza più intelligente e generosa che io abbia mai conosciuto. Ed è anche tanto carina…-
- Non sarà mai intelligente o generosa quanto te, Viviana – obiettò subito Gatti, cercandole gli occhi con gli occhi. La D’Aloè arrossì all’istante e si chinò sulla cannuccia della Coca Cola, pregando che Gatti non si accorgesse del rossore.
Gatti, in effetti, non sembrava essersene accorto, perché il suo cellulare stava squillando.

- Allora, gli hai parlato di me? -
- Sì, gli ho parlato di te. -
- E lui? E lui? -
- È stato molto sulle sue, non si è sbilanciato…-
- Si capisce, non è ancora molto in confidenza con te… Continua, ti prego…-
- Lucia…-
- Cosa c’è? -
- Non puoi occupartene tu, scusa? Fidati, è meglio se ti arrangi tu…-
- Miseria, così pessimo è? -
- No, Lu, ma credimi… è molto alla mano, credimi, e simpatico, e proprio per questo penso sia meglio se il terreno te lo saggi da sola. -
- E dai, Vi, per favore… mi vergogno tanto, non ho mai fatto il filo a un ragazzo, io…-
- Nemmeno io, né tanto meno per conto di un’altra. Lu, per favore, corteggiatelo da sola. -
- Ti prometto che, se riesci a capire che mi considera perlomeno carina, proseguo da sola, ok? -
- Ok – sospirò la D’Aloè, desiderosa solo di terminare quella telefonata. Aveva fatto rapporto alla Codispoti su ogni cosa, ma non su quell’inopportuno commento relativo alla propria intelligenza ed alla propria generosità. Si sentiva in colpa, anche se sapeva di non aver commesso nulla di scorretto. E poi, Gatti non si era pronunciato su quale delle due ragazze fosse la più carina, no?...
Era stanca, quella sera, la D’Aloè, in ogni caso, e molto inquieta. Non avrebbe saputo dirne il motivo, ma avrebbe voluto non aver mai accettato di occuparsi di quella faccenda.

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Capitolo 4
*** Una questione di lealtà ***


“CiaoV.Ho agito.Ho invitatoLuca a uscire.
Era1pòspiazzato,ma penso contento.
T faccio saXe se c sono novità.BaxLu”

Diciamocelo: rileggere un messaggio del genere per sette volte in mezz’ora non è normale.

Un po' è il sollievo, certo: la tua migliore amica ti affida una rogna da sbrigare e poi se la sbriga da sola, dopo quindici giorni in cui tu fai di tutto per accontentarla, ma sembra che ogni circostanza congiuri contro di te per impedirti di conseguire il tuo obiettivo...
Un po', però.

Un po' è la curiosità.
Beh, insomma, vuoi sapere come andrà a finire, no? E' la tua migliore amica, dopotutto, no? E che cavolo...

Quando la D'Aloè non aveva voglia di essere sincera con se stessa, era capace di tergiversare per ore, magari cercando di tenersi occupata in mille maniere diverse.
Quella sera, però, quando, terminato l'incontro settimanale di catechismo - quell'anno aiutava una signora della parrocchia con i bambini che si preparavano alla prima Comunione...-, si ritrovò con il cellulare di nuovo in mano, a leggere ancora una volta quel messaggio, si sentì costretta a smettere di nascondersi dietro un dito.

In quelle due settimane, si era dedicata anima e corpo al compito di fare amicizia con Gatti. Compito che si era rivelato molto più facile - e più piacevole, per di più - del previsto.
Gatti era intelligente, simpatico, originale. E il ritratto di Maverick era stato trasferito dalla tasca dei jeans, ora partiti per un viaggetto in lavatrice, al portafoglio, dove la D'Aloè conservava la foto dell'adorato nonno, che era morto in autunno, e il biglietto dell'ultimo Heineken Jammin' Festival. I suoi tesori, insomma.

No, non era normale.

La D'Aloè aveva quasi diciassette anni, ma non si era mai innamorata. Certo, ogni tanto qualcuno le era piaciuto, ma come possono piacere gli attori del cinema: belle icone irraggiungibili, e basta. Il biondino sulla metropolitana. Il fidanzato della vicina di casa. Il cugino grande e affascinante. Cose così. Mai un ragazzo in carne e ossa, reale, concreto, seduto nel banco accanto al suo.
Nel silenzio da catacomba delle spiegazioni di biologia, poteva sentirlo respirare e quel rumore sottile le provocava un lieve brivido giù per la spina dorsale.
Si scopriva a desiderare di sentire il suo fiato sulla gola, sulle orecchie, sul collo.
Qualche volta, fremeva visibilmente. E Gatti, immancabile, premuroso: - Hai freddo, Viviana? -
E lei tremava più forte, aveva paura che la Codispoti, dall'altro lato, se ne accorgesse. A lei andava la sua lealtà.
Quasi non era in grado di riconoscere i sintomi di una cotta devastante, la D'Aloè... anche se qualche sospetto, a onore del vero, l'aveva. Non era una stupida: era solo inesperta.

Tornò a casa e si soffermò, forse per la prima volta, sulla sua immagine riflessa nello specchio dell'ascensore.
Studiò il viso piatto, dall'ossatura larga, dalla mascella forte, incorniciato dai riccioli arruffati. Gli occhi castani... più scuri di quelli dorati di Gatti, più chiari di quelli quasi neri della Codispoti. Ampie le spalle da nuotatrice, i seni pesanti, le gambe lunghe, la vita inesistente sopra i fianchi pieni. Molto poco femminile, in conclusione, nonostante le forme abbondanti. Molto poco bella.
E perché le importava qualcosa, all'improvviso, di questo? L'aveva sempre saputo, di non essere bella, no?

Lungo dolcevita d'angora color del sole e grandi orecchini tintinnanti, la Codispoti ripassava filosofia seduta sul proprio banco, le gambe inguainate nei pantacollant accavallate con grazia, gli stivali di camoscio dal tacco alto spazzolati con cura.
Lorenzo Sperelli detto il Magnifico, che stava entrando in classe in quell'istante, si finse colpito al cuore da quella visione nera e giallo primula.
- Lucia Lucia Lucia - cominciò, ghignando. Un lampo di denti candidi, nel volto perennemente abbronzato. - Com'è che sei così carina, stamani? -
- Magnifico Magnifico Magnifico - cantilenò lei in risposta.
- Oh, sì... è proprio quello che volevo sentire. Dimmelo ancora, che sono magnifico...-
- ...mi sono fatta bella perché vado a pranzo con Luca Gatti, oggi. -
- Oh, con lo Sfi-gatti? E da quando stai con lui? -
La Codispoti chiuse il manuale di filosofia, lasciando un dito come segnalibro tra le pagine, e stese le gambe ben tornite in tutta la loro non decisiva lunghezza. - Non ti permetto di chiamarlo Sfi-gatti, Lorenzo. E' un ragazzo molto dolce. Più di te di sicuro. E poi, mica stiamo insieme! - e rise.

La D'Aloè aveva finto di ripassare storia fino a quel momento, seduta con la Biolcati in fondo alla classe. - Hai una faccia da mal di stomaco - le stava bisbigliando quest'ultima. - E' Carlo VIII che te lo fa venire? Se è così ti capisco...-
- No, povero pirla, non c'entra nulla lui...-
- Allora è il cosiddetto Magnifico - concluse l'altra, comprimendo le belle labbra fino a ridurre a una fessura bianca la propria piccola, morbida bocca a cuore. - Ti capisco ancora di più. -
- Non c'entra neanche lui, Lori. C'è il fatto che mi sa che mi sono presa una cotta per Gatti, e lui piace alla Lu. -

La Biolcati non rispose subito.
Si prese prima un lungo istante, lei, che di amori nati nel silenzio sapeva indubbiamente qualcosa. - Diglielo. -
La D'Aloè si voltò di scatto, contemplando il lungo viso ovale dell'amica, spolverato di lievi lentiggini bionde. - Tu, a Bianchi, lo diresti? - replicò, a bruciapelo.
Sgranò gli occhi, la Biolcati: occhi chiarissimi, limpidi e intelligenti, come tutto il resto di lei. Non immaginava di essere così trasparente.
- Non preoccuparti, Lori - sussurrò la D'Aloè. - Non mi sognerei mai di dirlo a qualcuno. - Nella sua voce, tuttavia, vibrava un briciolo di maliziosa soddisfazione: era riuscita a scuotere, anche se solo per un istante, la leggendaria compostezza della prima-della-classe. Subito dopo le sorrise con affetto.
- Non dicevo a lui - proseguì la Biolcati, imperturbabile. - A lui, lo so che è difficile. Ma a lei. -
La D'Aloè si chiese se l'amica fosse diventata matta. - Non posso, Lori. Che cosa penserebbe di me? -
La Biolcati sembrava assorta negli screzi di Carlo VIII con la Lega di Venezia. - Allora fai come credi. Forse hai ragione. La Lu non mi sembra il tipo che capisce queste cose. -
A volte, la Biolcati era quanto mai snervante. Troppo superiore per intavolare con lei una sana discussione. O anche soltanto, come in quel caso, per capire che cosa intendesse dire.

Le ore successive scorsero in maniera relativamente innocua.
Gatti si offrì volontario per un'interrogazione di ripasso sulla guerra dei Cent'Anni e le sue risposte furono le più brillanti che avesse mai dato.
- Avanti così, Gatti - fu il commento gioioso del garrulo professore di filosofia e storia - e il cinque in pagella diventerà solo un ricordo...-
- Ho studiato con la D'Aloè - rispose subito il ragazzo, rivolgendo alla compagna un sorriso radioso.
La D'Aloè tentò di scomparire sotto il banco, mentre l'insegnante la considerava con compiacimento. Era brava, nelle sue materie, la D'Aloè, e preferiva decisamente la storia alla filosofia. Anzi, il suo era stato era l'unico nove in pagella della classe, in storia.

La Codispoti attese l'intervallo, quando la classe si fu svuotata, per rivolgerle la parola. - Ti sono grata per l'aiuto che stai dando a Luca, Vi - le disse, asciutta. - Adesso, però, ci penso io. -
- Come vuoi - fu rapida a rispondere la D'Aloè. - Sono contenta che tu ti sia decisa a muoverti verso di lui. -
- Sai, mi ha detto Torrisi che Gatti...-
- Sì? -
- ...che Gatti mi trova molto carina. Come mai tu non me l'hai detto, Vi? - Lo sguardo della Codispoti era tale da mettere in allarme anche chi avesse avuto una coscienza più pulita di quella della D'Aloè in quel momento.
- Perché con me non ne ha parlato, Lu. -
- Mmm. Allora. Ci studi insieme, ci mangi insieme, ci chiacchieri assieme che sembrate due fratelli siamesi, più che due compagni di banco... e meno male che due settimane fa neanche ci volevi parlare...-
- Lucia... ma stai diventando gelosa?! - si sforzò di ridacchiare la D'Aloè.
- ...e dovresti parlargli di me, solo di me... E lui non ti fa mezzo commento, su di me?! Neanche se gli piaccio o gli faccio schifo, santo cielo? Ma di che cosa gli parli, posso sapere? -
Il tono della Codispoti aveva cominciato a salire verso toni acuti in maniera preoccupante, tanto che anche la D'Aloè si sentì autorizzata ad alzare la voce a propria volta. - Stammi a sentire, Lucia. O stai diventando paranoica, o dovresti ricordarti che sei stata tu a sguinzagliarmi dietro a Gatti! Se passo il mio tempo a fargli il tuo elogio e lui non abbocca, delle due l'una...-
La Codispoti incrociò le braccia, decisamente ostile.
-...o non gli piaci, o non me ne vuole parlare. Magari con Torrisi ne parla perché... perché Torrisi è un maschio, ecco. -
Lacrime. Lacrime negli occhi della D'Aloè. Lei la trova carina. Ovvio. Mica t'aspettavi che trovasse carina te, vero? Gli sei simpatica, stai diventando la sua migliore amica, ma...
- Cosa piangi a fare, adesso?! -
- Non sopporto di litigare con te, Lu, scusami...-
La Codispoti si addolcì all'istante. Le passò un braccio intorno alla vita. - Scusami tu, Vi - mormorò. - E' che sono nervosa, esco con Luca per la prima volta oggi e... e non capisco più niente. Mai uno mi è piaciuto tanto...-
L'ultima frase fu pronunciata a voce più alta, rispetto alle precedenti, e Lorenzo Sperelli detto il Magnifico, che stava rientrando in classe in quel momento, la colse. Gettò un lungo sguardo su quel bocconcino della sua ex e sulla sua insignificante amica grassa, sguardo che entrambe le ragazze notarono e registrarono.
- Oh, Magnifico, mi hai sentita?...- e la Codispoti rise. Una risata acuta, insistita, non sua. - Ti prego di non andare a dirglielo, eh? -
Il Magnifico scosse la testa. - Sono un gentiluomo, io, madamigella... Ah, D'Aloè... aiuti anche me, in storia? -
La D'Aloè lo squadrò perplessa. La stava prendendo in giro, quel mezzo imbecille?
- Cos'è? Non ti faccio abbastanza tenerezza? -
- Che cosa vuoi dire? - La Codispoti tornò a farsi sospettosa. - Gatti ti fa tenerezza, Viviana? -
- Andate tutti e due a impiccarvi con la stessa corda! - sbottò la D'Aloè, esasperata. Si staccò dalla Codispoti, schivò il Magnifico e uscì in corridoio... dove si imbatté precisamente in Gatti. - Che cosa succede, carissima? -
Carissima. Come se fossi sua sorella...
- Vai al diavolo anche tu... lasciatemi perdere, oggi, tutti quanti...-
La Codispoti e il Magnifico, usciti in corridoio, si avvicinarono a Gatti. - Ma che cosa le è preso? - chiese quest'ultimo, stupido e addolorato.
- Nulla, tesoro, lascia perdere... Piuttosto, dove andiamo a mangiare insieme, oggi? -

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Capitolo 5
*** Una come te ***


Il braccialetto di smalto - 4. Eccomi di nuovo, ciao a tutti, con le disgraziate peripezie di Vi D'Aloè e della sua classe. Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto, recensito, addirittura aggiunto ai preferiti... in particolare ringrazio Rodelinda, che mi ha consigliato di scaricare Nvu. Provo a usarlo e spero che renda più comprensibile il mio testo, in ogni caso attendo consigli.

E, a proposito... sì, l'articolo davanti ai cognomi delle studentesse o delle prof. è una scelta stilistica, con cui cerco di rendere il modo colloquiale di rivolgersi l'una all'altra - e di (s)parlare l'una dell'altra - di quella classe, in cui l'uso dei nomi di battesimo è molto limitato e indica quasi sempre un rapporto più stretto, di amicizia o di affetto.
Quassù tra le nebbie del nord, inoltre, nel parlato, si usa molto mettere l'articolo davanti ai nomi femminili, anche se grammaticalmente è scorretto.

Buona lettura, e recensite numerosi...
LA Ligeia
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Ora che Gatti e la Codispoti si erano messi insieme, in prima classico B non si parlava d'altro.
E neanche in molte delle altre classi che si affacciavano sul corridoio del terzo piano.

- E' bello sapere che in questa scuola ciascuno è libero di farsi i fatti suoi - aveva commentato la Cariani una mattina, quando persino il professore di storia e filosofia aveva partorito una mezza battuta sull'assenza simultanea dei due piccioncini.
- Cosa c'è, tettona? - l'aveva immediatamente rimbeccata Torrisi. - Ti scoccia non essertelo fatto tu, Gatti? -
La ragazza non si era nemmeno presa la briga di rispondergli. Torrisi era a stento un essere umano, figuriamoci se poteva concedersi il lusso di offenderla.
Veleggiava tranquilla, lei, serena e generosa come una regina, tra pettegolezzi e palpeggiamenti vari, senza negarsi a nessuno che le piacesse e senza prendersela mai. La maggior parte dei suoi compagni non notava di lei altro che la quinta abbondante di reggiseno, o l'impressionante corteggio di maschi che l'attorniava sempre. Su di lei, sulla sua disinvoltura con l'altro sesso, si favoleggiava da tre anni, e la serafica Cariani ci aveva, come si dice, "fatto il callo".
C'era anche chi riteneva che ormai li avesse da tutte le parti, la Cariani, i calli.

- Dì che scoccia a te di non averci mai provato con la Codispoti, va' - aveva buttato là dopo un po', con il suo dolcissimo sorriso pieno di sole.
- Torrisi e Cariani, se non la fate finita di chiacchierare vi interrogo, capito? - sbottò il professore.
- Perché non ti fai lui, Cariani? Magari se gliela dai non ci asciuga più...-
- Perché non te lo fai tu, Torrisi? Tanto, per lui non credo che faccia una gran differenza. -
- Sei una zoccola. -
- E tu uno stronzo. -
- Torrisi e Cariani, fuori interrogati. Tutti e due. In filosofia. -

La D'Aloè sedeva rigidamente nel suo primo banco da ragazza diligente, ignorando i bigliettini e le occhiate di simpatia della Biolcati al suo fianco. Si interrogò per l'intera prima ora su dove potessero essere finiti Gatti e la Codispoti insieme.
Filavano
da una settimana, suppergiù, ma non c'era ancora nulla di definito, a scuola non tenevano un atteggiamento diverso da prima. Era stata la Codispoti a dare l'annuncio urbi et orbi, negli spogliatoi di educazione fisica, e la voce si era sparsa molto in fretta anche tra i compagni maschi. Il Magnifico ostentava un'aria indifferente, da allora, ma dava lo stesso l'impressione di aver inghiottito un boccone troppo duro e voluminoso per poterlo adeguatamente deglutire. Di ciò, la Biolcati era radiosa, addiritttura, ma appariva anche parecchio preoccupata.
Quanto alla D'Aloè.. non sapeva esattamente quali pesci fosse il caso di prendere, per dir così.
Era contenta per la Codispoti, certo.
E anche per Gatti, se era quello che voleva...
Un po' meno per se stessa, ma del resto, lei che cosa contava, in quella faccenda? Meno di zero. Era soltanto l'amica idiota che, mandata a compiere una missione di importanza vitale, era rimasta invischiata nella medesima rete che avrebbe dovuto tessere. Fine. Game over.

La Codispoti entrò all'inizio della seconda ora, alle nove e dieci. Il professore di storia e filosofia la incrociò sulla soglia dell'aula e la squadrò con espresione arcigna. - Rischiavi di essere interrogata, Codispoti? - l'apostrofò.
- Non ne ho idea, prof - replicò la ragazza, spavalda. Aveva otto in entrambe le materie, quindi poteva permetterselo. - Se non lo sa lei...-
- Motivo del ritardo? -
- Non mi è suonata la sveglia. Ma devo giustificare con la Zamboni, no? Non con lei. -
Stefania Zamboni insegnava storia dell'arte e aveva la seconda ora.
- E chi t'ha chiesto niente - bofonchiò il professore della prima, andandosene.

- Lascialo perdere - esclamò giovalmente la Cariani, non appena fu scomparso lungo il corridoio del terzo piano. - Stamattina ha la luna storta. Ha interrogato me e Torrisi perché parlavamo... e ho preso un sette per un pelo, giusto perché è andato a pescare di chiedermi il Simposio. Dopo scuola corro in parrocchia ad accendere una candela a santa Chiara - aggiunse poi, con entusiasmo. In maniera che poteva apparire quantomeno contraddittoria con la sua esuberante condotta sessuale,
infatti, la Cariani era estremamente religiosa.
- Ah, capisco. Vi, come stai? -
- Sopravvivo. E tu? -
- Io sto bene... Il mio gattino non s'è visto? -
- Nessun gattino in vista - interloquì la Biolcati, dura. - Pensavamo che fosse con te... -
- Eh, sì... bigiata in coppia, vero? Chissà che film vi siete fatte tutte quante alle nostre spalle. Invece non lo vedo da ieri pomeriggio. Buongiorno, Magnifico! Luna storta anche tu come il prof? -
Il Magnifico grugnì qualcosa di inintelligibile e si sprofondò nella lettura di un Men's Health.
La Biolcati lo osservò come avrebbe osservato una forma di vita aliena e tendenzialmente disgustosa, ma si trattenne da qualunque commento.

- Andiamo a farci un caffè? La Zambò è sempre in ritardo, tanto...-
- Non ne ho una gran voglia, a dire il vero. Mi sono affezionata a questo calorifero...-
- Al diavolo, te e il calorifero. Cos'è, il tuo "oggetto del desiderio"? D'accordo, aspetterò l'intervallo. -
Agile, la Codispoti puntò le mani sull'oggetto del desiderio in questione, senza curarsi del calore ustionante che emanava, e vi si issò a sedere. Piccola com'era, non vi sarebbe riuscita in altro modo. L'amica gli si era, invece, appoggiata contro, aggrondata e goffa come un sacco di patate vuoto per metà. - Come va col Gatti, allora? - domandò, sforzandosi di esibire un brio inesistente.
La Codispoti si fece seria seria. - Non lo so. -
- Come sarebbe a dire, non lo so? Si comporta male? Sarebbe triste, dopo così pochi giorni...-
- Così pochi giorni... - ripeté l'altra, atona. - Devo dirti la verità, Vi... non siamo affatto insieme. -
Due macchie rosso fuoco spiccarono all'improvviso sulle guance rotonde della D'Aloè. - Come dici? -
-
Dico che non siamo insieme, Vi. Gli ho parlato settimana scorsa, ma non credo che succederà. -
- Ah. E perché mai? -
La Codispoti appoggiò la testa sulla spalla dell'amica, con aria sconsolata. - Non lo so, è così indeciso, così insicuro... Se gli piaccio, perché non mi prende neanche per mano? -
- Magari è solo timido...-
- O magari non gli piaccio...-
- Dai, Lu, deve ancora nascere l'uomo a cui non piaci, e lo sai benissimo. Per me è solo che non si fida ancora. -
- E' buffo, sai...- la voce della Codispoti si incrinò in una sfumatura divertita. - Io con i ragazzi ho sempre avuto storie... come dire... fisiche....-
- Ok, ti spieghi benissimo. E Gatti non è il tipo che ti mette le zampe addosso, esatto? -
La Codispoti ridacchiò apertamente. - Beh, non voglio dire che vado con tutti, eh? Non sono mica la Cariani... Dico solo che... ecco, non ho la certezza di piacergli, proprio perché non è... fisico, ecco. -
La D'Aloè annuiva, sempre più rossa in faccia.
- Non credo funzionerà, Viviana... E'... è... è.... umiliante, ecco. -
- Lu, hai idea di quante ragazze sognano un ragazzo che non pensi solo a quello? -
- Ho capito, Vi... ma uno che non ci pensi affatto?! E se fosse gay? -
- Per l'amor del cielo, Lucia, non mettere in giro una voce del genere, se no Luca è rovinato! -
Un lungo silenzio seguì quelle parole. La Codispoti si voltò verso l'amica. Uno sguardo penetrante, di intelligenza quasi tangibile.
- Luca - ripeté.
Cazzo, pensò la D'Aloè. - Sicuro, Luca. Non si chiama forse così, Gatti? -
- Ovvio. Ma da quando lo chiami per nome? -
- Da quando siamo amici, no? -
- Bianchi, l'hai mai chiamato per nome? -
Silenzio ancora più lungo. E la maledetta Zamboni che non arrivava. Dove diavolo si era infilata? Aveva ricevimento all'ora precedente? Era al mercato?
Era al cesso? Era morta?

- Penso di essermene innamorata. -
- E quando contavi di dirmelo? Credevi che non l'avessi capito? -
- E perché non mi hai detto che avevi capito? -
- Ci ho provato... ma tu come l'hai presa? -
- Male, lo ammetto. Il giorno in cui sei andata a pranzo con lui, due settimane fa. Ma praticamente non me ne ero ancora neanche accorta io stessa...-
- Viviana...-
- ...voglio dire, Lu, lo sai, non mi sono mai innamorata, non capivo che cosa stesse succedendo... lui sta diventando l'amico migliore che abbia mai avuto...-
- Viviana...-
- ...Lu, scusami... ti giuro che non lo saprà mai... che non ti ostacolerò mai...-
- VIVIANA, vuoi starmi a sentire o hai intenzione di piangerti addosso fino al giorno del giudizio universale? Non sono affatto arrabbiata, sappilo.  Anzi, penso che forse starebbe meglio con una come te, che non con una come me. -
Una come te.
- Che cosa intendi dire, Lu? Non ti seguo. -
- Che forse non è il tipo giusto per me, tutto qui. -
Una come te.

- Che non è abbastanza per te, forse? Mentre per me che sono una sfigata andrebbe bene, vuoi dire? -
- Vi, ma che cosa ti salta in mente? No! E' solo che ci sono persone che sono adatte per stare insieme, e persone che non lo sono... Potrei provare a dirgli che ti interessa...-
Una come te.
- Lascia perdere, va'. Potrebbe prenderci per idiote... Io che spiano la strada a te e tu che la spiani a me... idee chiare, abbiamo, eh? -
La D'Aloè tornò a sedersi al proprio banco, irritata. Imbarazzo, collera e sollievo si contendevano il suo animo. Le sembrava improvvisamente che qualsiasi animo sarebbe stato troppo piccolo, per tutte quelle sensazioni. Nemmeno si curò di guardare se la sua amica fosse tornata a sedersi.
Una come te.

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Capitolo 6
*** Amor, ch'a nullo amato... ***


Il braccialetto di smalto - 5. Amor, ch'a nullo amato... Quando l'apparecchio della sua stanza squillò, quel pomeriggio, la D'Aloè stava ripassando la logica di Aristotele per l'interrogazione della settimana seguente.
Erano otto ore che la Codispoti sapeva, e la D'Aloè era sorpresa di essere ancora viva.
Inquietante, davvero, l'inserirsi
del tema musicale de La stangata tra il principio di non contraddizione e i cupi pensieri della ragazza. .
Talmente inquietante che la D'Aloè aveva tardato qualche secondo a rendersi conto che si trattava della suoneria del telefono di casa - suoneria scelta da sua madre, s'intende, il cui sogno proibito consisteva in una vivace seduta di sesso bollente con Paul Newmann e Robert Redford, presi entrambi
giusto per restare in tema di logica aristotelica, nello stesso tempo e sotto lo stesso rispetto.

Non costituiva esattamente uno spettacolo edificante, la D'Aloè, quando indossava la "tenuta da studio": capelli sommariamente trattenuti da un mollettone di plastica dai colori indescrivibili, una logora tuta di felpa - troppo grande perché appartenuta a suo padre -, calzettoni da trekking stinti, ciabatte in tessuto polartech ormai quasi prive di suola, una cospicua fioritura di briciole di merendine non meglio identificate sparsa sul petto e sulle cosce. Nel rispondere al telefono, quindi, non mancò di congratularsi con se stessa per aver sempre rifiutato oggetti infernali come i videofonini. Quando avvertì la voce di Gatti dall'altra parte del filo, poi, fu sul punto di conferirsi una medaglia.

Gatti aveva bigiato la versione di latino di quella mattina, come già aveva fatto altre volte.
La ragazza fu comprensiva, ma lo ammonì: il professore cominciava a sospettare. Gli promise che lo avrebbe aiutato con la correzione, se non ci avesse pensato prima qualcun altro, in modo da prepararlo per ogni posssibile ritorsione didattica del vendicativo docente.
- Tutto bene, tu? - le chiese il compagno a un certo punto. - Hai una voce strana... pranziamo insieme, domani? -
- Tutto bene, non preoccuparti... Domani non posso, purtroppo... Torno a casa, mia mamma ha invitato mia zia e mia cugina e sta preparando persino la torta! -
- La torta? E perché? -
- Perché compio gli anni, domani, Luca, non te lo ricordi? -
- Onestamente no, non me lo ricordavo...- Imbarazzo percettibile e un istante di silenzio, come se il ragazzo stesse riflettendo a una velocità superiore al normale. - Senti, ti va di fare colazione assieme, domattina? Possiamo beccarci alle sette e mezza alla piadineria. -
Sorpresa, dall'altra parte. E fiato istantaneamente mozzo. - V...volentieri, mi farebbe piacere...-
- Ok, allora ci vediamo lì - tagliò corto lui. Reciso, ma non freddo.
Non una domanda sulla Codispoti.
Per forza, l'avrà chiamata prima di chiamare qui.

Alle sette e mezza, faceva decisamente freddo e la luce ancora scarsa. Accidenti all'ora legale.
La D'Aloè aspettava Gatti davanti alla piadineria convenuta, con addosso la più sobria delle sue (tre) gonne e un maglioncino di cotone scarlatto (quasi) nuovo. Il particolare più sconvolgente, tuttavia, era costituito da un fiammante rouge Dior, che dipingeva una sensualità inedita sulla sua bocca increspata. Trafugato dall'armadietto dei cosmetici di
sua madre, s'intende un'altra volta.
E buon compleanno Vi.
Gatti le giunse alle spalle, nel suo piumino color vinaccia, e le posò per scherzo le mani sugli occhi.
Risero entrambi, nel profumo di brioche che andava diffondendosi nell'aria pungente. Un'aurora serena di fine marzo, fresca e croccante come una mela.

Nel bar, mentre si intiepidivano le mani intorno ad enormi cappuccioni bollenti, Gatti trasse dallo zaino un pacchettino.
- Questo è per te - disse, del tutto pleonasticamente, all'attonita amica.
Cuore in gola e un baffo di schiuma a incorniciarle il rouge Dior sulle labbra, la D'Aloè prese l'involto di carta. Le dita le tremavano tanto che per un istante temette che l'avrebbe lasciato cadere direttamente nella tazza.
- Luca... che razza di bigliettino sarebbe? - domandò dopo un istante, più burberamente di quanto avrebbe voluto per darsi un contegno.
Su un pezzetto di carta nera, infatti, il ragazzo aveva vergato con la tempera bianca soltanto questi simboli: "..._ 17"
- Compio diciassette anni, ok, ma che cosa sarebbe quello che c'è prima? -
- Non conosci l'alfabeto Morse? - sorrise lui. - E' una "Vi". Come te. Tre punti e una linea, ta-ta-ta taaaaaaa - aggiunse, riproducendo le prime note della Quinta di Beethoven come estemporanea dimostrazione*.
La ragazza scoppiò in una fragorosa risata. Il freddo del mattino sembrò ancora un po' più lontano, mentre si accingeva a strappare l'involucro a fiorellini del pacchettoo. Ne emerse un ulteriore, goffo fagotto di carta velina.
- Dì la verità, Luca... è tutta carta, eh? -
- Ma prova ad arrivare in fondo, prima di saltare alle conclusioni, donna di poca fede! -
La velina lacerata scivolò sul tavolo cosparso di briciole, mentre un sottile cerchietto di metallo veniva alla luce. Un bracciale di smalto bianco, costellato di minuscoli fiori azzurri, evidentemente dipinti a mano. - Sono non-ti-scordar-di-me - puntualizzò Gatti meticoloso.
- Immagino di sì - alitò la D'Aloè, quasi incapace di parlare mentre sfiorava il grazioso, delicato monile. - Ma tu come fai a dirlo? -
- Ce li ho messi io. -

- Come sarebbe a dire, ce li hai messi tu? -
- Come, come sarebbe a dire? Ho comprato il braccialetto ieri sera, ma tutto bianco non mi piaceva e così ci ho pitturato su i fiori. Non ti piacciono? -
- Luca, non dire vaccate, sono bellissimi! E' che... hai fatto tutto questo lavoro... per me... -
- Mica è poi tanto lavoro, sai? Dipingere sullo smalto non è mica difficile. -
- Oh, lascia perdere, va... posso metterlo? -
- Mah, vedi un po' te... è tuo, Viviana, certo che puoi mettertelo! -
- Come...-
- Eh? Certo che sei interdetta, a volte... infilandoci la mano dentro, no? In che altro modo vuoi indossarlo, carissima? -

Infilare la mano nel cerchietto...
La destra o la sinistra, tanto per cominciare?
E se ho la mano troppo grossa e non ci passa? Mia nonna dice sempre che ho le mani di un metalmeccanico... No, ci passa.
Forse la sinistra era meglio, così magari mi dà noia per scrivere.
Pensa la scena, tu che prendi appunti e tutta la classe che sente il braccialetto che sbatte sul banco a ogni parola.

E' stupendo.
E' fin troppo bello per stare al mio polso.
Un braccialetto.
Dipinto a mano.
Nessuno mi ha mai regalato un braccialetto.
Tantomeno uno dipinto a mano.

- Allora, Vi, ti piace? -
- Non so come ringraziarti, Luca, davvero...-
- Guarda che puoi muoverla, la mano, sai? Non è che ti morde... tipo aspide della regina Cleopatra, o cose del genere. -
- Oh, lo so, lo so, è solo che...-
- Solo che cosa?... Ecco, brava, hai visto che la puoi muovere? Bene - c'era una soddisfazione radiosa, negli occhi di Gatti, la cui sincerità non poteva essere fraintesa. - Mi farà piacere guardarti, in classe, e vedertelo addosso. -
Un pensiero attraversò come un fulmine la mente della D'Aloè, riportando un'istantanea, lancinante chiarezza nella nebbia gioiosa che vi regnava. - Non posso mica mettermelo, in classe, Luca! -
- E perché no? - ribatté lui, dispiaciuto. - Non mi sembra così appariscente da poter valere una critica da parte di qualche prof...-
- Non è quello... come lo spiego alla Lu? -
I caldi occhi nocciola di Gatti raggelati all'istante, il suo sorriso solare pietrificato sulle labbra. - La Lu? E che c'entra lei, scusa? -
La D'Aloè trasse un profondo respiro. Poi, decisa, mosse un passo oltre la sponda sicura dei sorrisi e dei non detti. Si avventurò nell'abisso, sicura come una lama che affonda nel burro. - Non è la tua ragazza, Luca? Magari non le va che tu mi faccia dei regali. -
Gatti scoppiò a ridere. - Su, non siamo mica ancora a questo punto, dai, ci mancherebbe altro. Sono pur sempre libero di augurare buon compleanno a una come te, no? -
Una come me, un'altra volta. Ma che cosa significa?!

Significa che per lui non sono che una buona amica,
concluse la D'Aloè più tardi, davanti allo specchio del bagno delle ragazze, occupata a cancellare con la cipria le ferite che il pianto aveva inferto al suo trucco.
Il pianto, sicuro, perché Gatti aveva tenuto per mano la Codispoti per tutta l'ora di italiano.

La professoressa Migola aveva portato la classe in sala video, per sottoporla alla proiezione della lettura del V canto dell'Inferno ad opera di Benigni.
La D'Aloè, che personalmente non poteva soffrire né lui, né Dante - e che, peraltro, si sentiva già abbastanza all'inferno anche senza il contributo della professoressa di italiano -, si era preparata a disporre su "stand by fino alla prossima campanella" tutte le proprie attività cerebrali... ma, una volta preso posto nell'ultima fila dell'aula, si era trovata Gatti seduto accanto, i dolci occhi nocciola puntati sul braccialetto di smalto che le scintillava al polso nella
luce scarsa dell'ambiente oscurato.
Poi era arrivata la Codispoti. Allontanando senza complimenti qualcuno - forse era Persichetti, o magari Torrisi: la D'Aloè non se ne era curata - si era collocata dall'altro lato di Gatti e gli aveva preso la mano.
Era stato troppo buio, in quel momento, per potersi rendere conto della reazione di Gatti. Non era stato possibile, per la D'Aloè, capire se fosse imbarazzato, compiaciuto, infastidito, sorpreso... di sicuro, però, quella cazzo di mano non l'ha mica tolta, no?

La crisi di nervi era arrivata, improrogabile, inoccultabile e inequivocabile, quando il lettore aveva - magistralmente, persino la D'Aloè aveva dovuto riconoscerlo - declamato i celeberrimi versi... amor ch'a nullo amato amar perdona.
Molto prevedibile, no? E con che faccia ci torno in classe, adesso?!
Proprio il giorno del mio compleanno, poi...

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*: questa battuta non è originale del "mio" Luca Gatti... è citata fedelmente da un dialogo fra due soldati nel film "Il giorno più lungo" (Andrew Marton - D.F. Zanuck, 1962), una delle mie pellicole storiche preferite. Chissà se Luca Gatti lo sapeva! :)

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