Sposa della Congiura

di VictorianPuppet
(/viewuser.php?uid=179131)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Sprofondando sempre più ***
Capitolo 2: *** L'oratore nella piazza ***
Capitolo 3: *** Sorpresa dal passato ***
Capitolo 4: *** In ricerca ***
Capitolo 5: *** L'invito ***



Capitolo 1
*** Prologo: Sprofondando sempre più ***


Erano tempi difficili per Roma quelli: non più distratta dalle lotte all'estero, l'Urbe aveva ripiegato sulle guerre civili, che già da diversi anni laceravano la popolazione in scontri fraticidi dettati solo dalla smania di potere a cui la politica orientava.

L'aspra contesa fra Mario e Silla e la recente dittatura di quest'ultimo facevano ancora sentire il loro eco nella vita cittadina, dove le dispute sembravano essere all'ordine del giorno. E, oltre alle ferite fisiche e alle faide, l'eredità lasciata a Roma era quella di una situazione economica precaria e fragile: sempre più cittadini si ritrovavano sul lastrico, ridotti in rovina e tutto ciò che potevano fare era essere presi come servi da qualche ricco per ripagare i debiti accumulati.

Il sistema politico attuale, era chiaro ed evidente, non funzionava più, ma la classe dirigente si ostinava a conservare il potere con le unghie, anche a costo di vedere la città farsi da sola a brandelli.

Questa era anche la mia situazione.

Il mio nome era Aurelia Orestilla, unica figlia dell'ex console Gneo Aufidio Oreste; la mia gens vantava un'origine antica quasi quanto Roma stessa ed era stata fra le più ricche della città, fino a quando la crisi economica non si era abbattuta anche su di noi.

A tredici anni avevo dovuto lasciare la scuola; ma, almeno questa, era stata una novità positiva: non che andassi male, anzi, i magistri mi ritenevano una studentessa diligente e capace, ma studiare mi annoiava da morire. Oltretutto i miei avevano dovuto licenziare parte della servitù, così fui libera di applicarmi alle faccende domestiche, che preferivo di gran lunga, e soprattutto alla mia attività preferita: cucinare.

A quattordici anni, invece, accadde una cosa che mi avrebbe segnata maggiormente: origliando una conversazione fra io padre e il suo contabile, scoprii che la mia dote matrimoniale sarebbe stata interamente impiegata per sopperire alle spese della nostra villa. Il mio piccolo mondo, all'improvviso, si accartocciò e mi crollò addosso: senza dote non ero nessuno. Il titolo aristocratico non mi sarebbe bastato per trovare un buon partito a cui sposarmi, anzi, in quelle condizioni nessuno mi avrebbe voluta come moglie. Ero condannata a rimanere per sempre sola.

Avevo guardato nel riflesso del laghetto del parco della villa, sotto la luce della luna, i miei ricci color grano e i miei occhi acquamarina, eredità di una ramo della famiglia proveniente dal nord; finora avevano attirato sguardi interessati e apprezzamenti da parte di molti, ma ora non mi sarebbero serviti più a nulla. A nulla.

Poi, l'anno dopo, nel fatidico 73, il destino mi era crollato addosso del tutto.

Mio padre, una mattina di Aprile, era uscito come suo solito per andare nel Foro a sentire le ultime novità e parlare di politica. Ma, stranamente, a mezzogiorno non era rientrato.

All'inizio non ci avevo dato troppo peso, anzi non gliene avevo dato per nulla, ma i movimenti nervosi di mia madre e le piccole rughe che avevano iniziato a incresparle il viso, invecchiandolo, mi avevano creato una sensazione di disagio.

Così mi ero messa a sedere alla finestra dell'atrio che dava sulla strada di ingresso e avevo cominciato ad aspettare.

Aspettai.

Aspettai.

Mio padre non tornò.

Soltanto il giorno dopo, a seguito di una notte insonne spezzata solo dai pianti di mia madre al piano superiore, alcuni colleghi e amici si presentarono, mesti, per darci la notizia: di fronte alla disastrosa situazione economica della nostra famiglia, il grande Oreste non aveva potuto fare altro che togliersi la vita.

Suicida per debiti.

Non era l'unico, dopotutto.

- Vigliacco.-

Avevo sputato quella parola rabbiosa di fronte a tutti e, voltando loro le spalle, mi ero diretta con calma nella mia camera. Il mio cuore era vuoto del dolore che avrei dovuto provare nei confronti della fine del mio genitore, ma straripava di un senso di indignazione e vergogna che non avevo mai provato prima.

Mio padre, l'uomo a cui avevo sempre guardato come al più grande eroe delle leggende, era morto come un codardo, lasciando due donne ad affrontare da sole il destino feroce.

Mia madre, da quel momento, si ritirò nelle sue camere per essere divorata da una profonda crisi: mi capitò di vederla solo una volta nei due mesi successivi, e nella vecchia con gli occhi infossati e lo sguardo da folle che mi trovai davanti non riconobbi la figura affettuosa che era stata un tempo per me.

Io rimasi sola, aiutata solamente dall'unica coppia di servi che erano rimasti con noi e dal contabile.

Agli inizi di giugno, tuttavia, la bancarotta definitiva fu inevitabile.

Ma, proprio mentre mi dirigevo triste e rabbiosa verso l'ufficio del contabile per dichiarare la situazione, avvenne l'incontro che avrebbe cambiato la mia vita.





***************************************************************************************************************************

Buongiorno a tutti!!
Io sono VictorianPuppet e questa è la mia prima storia del genere! ^^
L'idea mi è venuta durante un'ora di latino in cui avevo terminato i modi per insultare Cicerone (xD) e siccome il personaggio di Catilina mi ha sempre affascinata ho pensato di scrivere qualcosa su di lui. Non essendo però capace di parlare da un punto di vista maschile, ho usato come protagonista sua moglie Aurelia.

Cercherò di essere il più fedele possibile all'epoca Romana, anche se so che mi mancano tante conoscenze...

Aurelia Orestilla è stata veramente la seconda moglie di Lucio Sergio Catilina (ma visto che Lucio non mi piace lo latinizzo in Lucius ù.ù), anche se non era così giovane. La storia riferita alla sua famiglia è bellamente inventata dalla mia mente insana.
Specificherò il più possibile i dettagli e i contesti storici, se vi possono interessare! :D

Nasturalmente aspetto le vostre opinioni!! <3

VictorianPuppet

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'oratore nella piazza ***


I miei passi rieccheggiavano secchi e rabbiosi contro le pareti degli alti edifici popolari che delimitavano la stradina di ciottoli che stavo percorrendo con il cuore gonfio di sconforto; nonostante tutti gli sforzi e tutti i tentativi per evitare la rovina totale della nostra famiglia, i bilanci avevano finito per andare a rotoli, e così, ora, mi trovavo senza più un sesterzo: avremmo dovuto vendere tutti i nostri possedimenti e, quando anche quelli sarebbero finiti, io e mia madre ci saremmo dovute adattare alla nostra nuova vita come serve al comando di qualche ricco senatore, che invece sguazzava nell'oro.

Con la testa piena di questi pensieri, svoltai a destra, seguendo a memoria la strada che avevo percorso tante volte da quando mio padre era morto per recarmi dal notaio che controllava le finanze della famigliari. Sguardo rivolto a terra, seguivo come un'automa le linee di separazione fra una lastra e l'altra, cercando di non calpestarle, come in un gioco che facevo da bambina.

Quando girai nuovamente in direzione della piazza del mercato che avrei dovuto attraversare, un frastuono di voci concitate e confuse mi investì in pieno, distogliendomi dalle mie tetre riflessioni. Strano. A volte organizzavano dibattiti e discussioni in quel posto, come se fosse un Foro in miniatura, ma non avevo sentito dire nulla riguardo a quel giorno.

Mi diressi in quella direzione più per istinto e trascinata dalla frotta di gente che si dirigeva lì, che per mia volontà, ma quando fui più vicina mi resi conto che non si trattava semplicemente di una folla disorganizzata: qualcuno stava facendo un discorso che, a quanto pareva, suscitava parecchio l'attenzione generale.

- Fino a che punto, uomini valorosi, sopporterete tutto ciò?- stava esclamando con veemenza una voce di uomo. - Fino a che punto permetterete che quei vecchi ladri, già pieni di denaro da ridursi allo sperpero, vi rubino quello che avete guadagnato, con fatica e onore, per voi e per le vostre famiglie? Infatti, quale uomo di indole virile può tollerare che essi trabocchino delle ricchezze che accumulano per costruire edifici sul mare e spianare montagne, mentre per noi la sostanza familiare è insufficiente anche al necessario? Che essi colleghino due o più case alla volta, mentre noi non abbiamo un focolare in alcun luogo?-

La voce stava continuando la sua oratoria con sempre maggior convinzione, mentre le urla della folla la incitavano a continuare. Stretta com'ero fra le altre persone, non potei far altro che avvicinarmi sempre più a quel luogo. Quando finalmente arrivai nella piazza, potei vedere l'oratore.

In piedi sulla fontana centrale, c'era un uomo sulla trentina; il fisico atletico e slanciato, racchiuso in una leggera toga bianca, si agitava al ritmo dei gesti vistosi che accompagnavano il discorso, mentre i capelli neri come la notte si scompigliavano sul suo volto in ciocche lisce e disordinate.

Ma quello che di lui mi colpì più di ogni altra cosa furono i suoi occhi: erano di una chiarissima tonalità di azzurro, ed erano allo stesso tempo inesorabili e decisi come il ghiaccio ed ardenti come il fuoco.

E tanto ardore passava alla folla, che ad ogni parola lo acclamava e lo esaltava sempre di più.

Anch'io, stregata dai suoi modi e da quello che stava dicendo, non potei far altro che fermarmi per ascoltarlo, condividendo con rabbia tutto ciò che usciva dalla sua bocca.

Il discorso andò avanti per un altra mezz'ora.

Alla fine l'uomo, passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore, ringraziò tutti i presenti, promettendo che, non appena avesse avuto abbastanza peso politico nella Repubblica, si sarebbe impegnato con tutte le sue forze per garantire quelle riforme sociali che aveva snocciolato poco prima con tanta convinzione.

- Ma chi è quello?- domandai ad un uomo anziano accanto a me, mentre la folla cominciava a disperdersi e l'oratore parlava con gli ultimi rimasti.

- Come fai a non saperlo, ragazzina? Quell'uomo è Lucius Catilina, colui che davvero riuscirà a dare una svolta alla vita di questa città sofferente. Non è la prima volta che scende in piazza a parlare alla gente, è uno che ci sa fare.-

Annuii, anche se il giudizio del vecchio mi parve troppo affrettato: tutti i politici erano bravi a parole per tenere buono il popolo, e il nostro uomo sembrava sapere il fatto suo.

Comunque, spinta dalla curiosità, decisi che sarei andata a parlare con il diretto interessato.

Dovetti sgomitare un po' per raggiungere Catilina, ancora circondato da qualche fedele seguace, ma grazie alla mia corporatura esile riuscii ad arrivargli alle spalle.

- Hei tu!- cercai di attirare la sua attenzione, tirando un lembo della sua toga.

L'uomo terminò di parlare con un compagno prima di voltarsi verso di me. I suoi occhi, da vicino, erano più chiari e magnetici che mai; quando vide chi aveva di fronte si spalancarono leggermente per la sorpresa.

- Hei, ciao!- mi rispose cordiale. - Chi sei?-

Ignorai la sua domanda.

- Credi davvero in ciò che dici o sei solo uno dei soliti politici buoni a vendere belle parole per convincere la gente a stare dalla loro parte?-

L'uomo, preso in contropiede dal mio interrogativo troppo diretto, rimase per un attimo senza parole, guardandomi con aria stupefatta e sospettosa. Poi scoppiò a ridere.

- E se fossi uno di quelli che dici pensi che verrei a dirtelo?- mi rispose con un'altra domanda sollevando un sopracciglio con aria complice.

- Certamente no.- dovetti ammettere scuotendo la testa. - Ma mi piace come parli, e volevo sperare che ci fosse qualcosa di sincero nelle tue parole.-

- Se cerchi sincerità,- sorrise l'uomo allungandomi una mano. - Hai trovato la persona giusta. Lucius Catilina, al tuo servizio.- completò con un inchino.

Ricambiai subito la sua stretta, contagiata dai suoi modi di fare amichevoli e spontanei.

- Io sono Aurelia Orestilla, figlia del console Oreste. Molto piacere.- mi presentai a mia volta.

Gli occhi azzurri di Catilina furono attraversati da un'ombra nel sentire il nome del mio genitore.

- Conoscevo tuo padre... Mi dispiace molto per quanto è successo.-

- Non importa.- ribattei subito alzando le spalle, ma abbassai lo sguardo. - Ormai è passato un po' di tempo.-

- Beh, un lutto così non è cosa da poco.- replicò l'uomo appoggiandomi una mano sulla spalla. - Come vanno le cose in famiglia?-

L'unica risposta che riuscii a formulare fu una smorfia di amarezza.

- Capisco.- spezzò il silenzio Catilina tornando al tono gioviale di poco prima. - Allora, che ne dici se ti do una mano?-

- Sul serio?- esclamai stupita alzando gli occhi verso di lui.

- Perchè no? Fin dove riesco ad arrivare mi piace aiutare le persone in difficoltà, e visto che tuo padre era un mio collega sarà un doppio piacere farlo.-

- Ma guarda che le cose vanno davvero male... Ormai non mi resta che vendere la casa, e...-

- Vedremo cosa si può fare, non preoccuparti. Lascia fare a me!- concluse Catilina con un occhiolino, e le sue labbra si dischiusero in un sorriso sghembo che mi mozzò il respiro per qualche istante; mi resi conto solo in quel momento che, nonostante doveva avere diversi anni più di me (Catilina, nel 73, ha 35 anni, quindi 20 più di Aurelia. nda), l'uomo che mi stava davanti aveva un'aria terribilmente affascinante e irresistibile, insieme ad un aspetto fisico di tutto rispetto. Non c'era da stupirsi che la folla lo amasse.

- Grazie Catilina.- fu tutto quello che riuscii a rispondergli, mentre sul mio viso si stampava un sorriso imbambolato.

- Chiamami Lucius!- ribattè lui, sempre sorridendo, e fece per tornare verso i suoi amici. - Per ora torna a casa e non fare nulla. Mi farò vivo io.-

Agitai la mano in un arrivederci che, sperai ardentemente incrociando le dita, avrebbe sigillato la sua promessa.




 
************************************************************************


Buongiorno a tutti, eccomi alla riscossa con il primo capitolo! :D
Finalmente è arrivato il nostro uomo!
Spero che la storia sia interessante, dal mio punto di vista è un esperimento più che azzardato, quindi non so proprio che pensare! xD Mi farebbe piacere ricevere i vostri commenti!

Buona parte del discorso di Catilina l'ho presa da Sallustio; tuttavia lì il contesto è molto diverso ed è ambientato una decina di anni dopo. Però mi sembrava che ci stesse bene (Catilina faceva davvero delle orazioni alla folla...).

Spero di aggiornare presto!!
Kisses,
VictorianPuppet

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sorpresa dal passato ***


Sulla strada del ritorno, mi sentivo così allegra e leggera che più che posarsi semplicemente a terra i miei piedi toccavano appena il suolo, come spinti verso l'alto dal lieve soffio di Zefiro Favonio, il dio dei venti. In parole povere, saltellai per tutto il tragitto, spensierata e lieta per la prima volta dopo tanti mesi.

In poco tempo raggiunsi la villa; in genere le abitazioni cittadine dei ricchi erano di dimensioni ridotte, per evitare di occupare troppo spazio all'interno delle mura e perchè, in genere, tutti i patrizi avevano ville assai più maestose in campagna, dove si rifugiavano nei periodi di otium per fuggire agli impegni quatidiani della Urbe. Tuttavia la dimora della gens Aufidia, la mia famiglia, era stata costruita un paio di secoli prima, e mostrava tutta la grandiosità e la raffinatezza di quel periodo.

La facciata principale era fatta in purissimo marmo bianco e il pesante portono d'ingresso in legno era affiancato da due file di colonne di tipo corinzio, che si innalzavano alte fino all'architrave ornato di bassorilievi rappresentanti momenti peculiari della storia romana.

Il mio cuore venne stretto da una morsa dolorosa al pensiero che forse avrei dovuto venderla, ma se Catilina avesse tenuto fede alla sua promessa, mi rincuorai, non sarebbe dovuto accadere.

All'ingresso venne ad aprirmi Decius; Decius era un'uomo sulla quarantina, ma che le fatiche di una vita da schiavo facevano apparire assai più vecchio e fragile della sua età. Nei suoi ricci corti era rimasta solo una minima traccia del castano scuro, tipico della Grecia, che un tempo li aveva caratterizzati, e intorno ai suoi occhi scuri si diramava una ragnatela di sottili rughe.

Insieme alla moglie Annia era l'unico schiavo rimasto alla villa dopo il culmine della crisi che aveva colpito la mia famiglia, ma, dopo la morte di mio padre, grata dell'aiuto prezioso che avevano rappresentato per me, li avevo affrancati e loro erano rimasti alla villa a lavorare come liberti.

Avendomi seguita fin da quando ero piccola fra noi c'era un forte rapporto di affetto, e ormai mi veniva spontaneo considerarli come dei genitori più di quanto non lo fossero ormai quelli naturali e loro, che per un Fato avverso non potevano avere eredi, mi volevano bene come se fossi stata la loro figlia.

- Buongiorno, Decius.- esclamai allegra entrando in casa saltando dall'ultimo gradino che conduceva al portone. Mi ritrovai nel grande atrio pavimentato da un mosaico bianco e nero con figure geometriche e naturalistiche, e, camminando in circolo seguendo i motivi delle decorazioni, iniziai a riflettere sul da farsi.

- Siete di buon umore oggi, signorina.-

Decius mi guardava con aria perplessa: dopotutto quella mattina ero uscita per dichiarare la nostra rovina, il mio comportamento doveva sembrare parecchio strano.

Non potei fare a meno di sorridere nel vedere la sua espressione e, incapace di tenerlo sulle spine, gli svelai tutto.

- Ho incontrato un uomo poco fa, un collega del mio caro padre, e mi ha detto che può aiutarci a rimettere le cose a posto.-

Il mio liberto scosse la testa, come scettico, ma da bravo servitore decise di non distruggere la mia felicità.

- Speriamo che sia davvero così,- sospirò. - Ne abbiamo davvero bisogno. Ma, cambiando discorso, vostra madre sembra più in forma del solito stamani. Desiderate vederla?-

Scossi la testa con un brivido, nell'udire la parola "madre".

- Passo anche per oggi, grazie. Piuttosto, andrò a mangiare qualcosa. Sto morendo di fame!-

Mi voltai e mi diressi di gran carriera verso un corridoio, a destra dell'ingresso, in fondo al quale si trovava la cucina. Un tempo questa era stata una sala sempre piena di schiavi intenti a preparare pietanze e delizie per la mia famiglia e per gli ospiti, sempre numerosi, ma ormai il suono delle loro voci e il profumo dei piatti erano solo un ricordo di quando, da bambina, mi infilavo lì di nascosto per rubare un dolcetto o l'ultima fetta di torta.

Tuttavia, trovai Annia tutta presa intorno ai fornelli, come se dovesse preparare un pranzo per una festa. Quando mi vide sobbalzò leggermente, e la pentola che teneva in mano ricadde sul sostegno ferreo con un colpo metallico.

- Signorina, non vi aspettavo così presto!- esclamò, e i suoi occhi celesti si spalancarono per la sorpresa, facendo sembrare il suo viso grassoccio ancora più tondo.

Capii subito che, da brava mamma quale era, stava impegnando tutte le sue forze per prepararmi un pranzetto con i fiocchi che, almeno per qualche minuto, mi avrebbe fatto scordare del momento difficile che stavamo passando. Purtroppo però, ero stata fuori casa meno del previsto e la sorpresa era sfumata, ma non potei fare a meno di stringere Annia in un forte abbraccio carico di sincero affetto per quel gesto: ero così fortunata ad avere una persona come lei al mio fianco! Già che c'ero, rubai anche un delizioso biscottino al miele, che servì a rendere il mio umore ancora più allegro.

- Non importa, Annia.- le sorrisi cercando di cancellare dal suo volto l'espressione delusa per la sorpresa mancata. - Ho una bella notizia da darti!-

La donna scosse la testa.

- Credo, signorina, che la mia notizia sia più lieta della vostra.- ribattè senza riuscire a nascondere un sorriso.

Stavo per chiederle, stupita, di che cosa stesse parlando, quando all'improvviso due braccia snelle mi cinsero da dietro attirandomi a sè, e una voce che fece riaffiorare alla mia mente miriadi di ricordi esclamò: - Sorpresa!-

- Priscilla?- domandai stupefatta di rimando, voltandomi, per quanto la stretta me lo permise, per vedere in viso la mia amica di infanzia.

- Quanto tempo, Aure.- commentò questa, staccandosi, con la voce intrisa di un misto di scherno e nostalgia.

Io e Priscilla ci conoscevamo da quando entrambe avevamo solo quattro anni e non passava giorno che non ci vedessimo anche solo per qualche minuto a giocare, scherzare, chiacchierare, più unite di due sorelle di sangue; questo finchè, quattro anni prima, suo padre non si era dovuto trasferire in Etruria per lavoro, portando con sè tutta la famiglia. Non la vedevo da quando entrambe eravamo ragazzine undicenni.

I suoi boccoli neri erano più lunghi di quanto li ricordassi, per quanto potevo intuire dall'elaborata acconciatura che li racchuideva, formando una cornice ai suoi occhi da gatta castano dorato.

- Davvero.- assentii stringendola di nuovo. - Siete tornati in città?-

- Sì, mio padre ha finito il mandato in quella cittadina sperduta, e ora spero che ci fermeremo definitivamente a Roma.-

- Sarebbe fantastico! Ma vieni, facciamo un giro in giardino!-

 

Il giardinetto interno della villa era abbastanza grande da racchiudere un consistente pezzo di prato, un boschetto formato da un'incredibile varietà di piante e cespugli in fiore e un laghetto centrale di forma tonda, circondato da rocce e sovrastato da una meravigliosa statua raffigurante tre Ninfe impegnate in una danza. Sotto la superficie cristallina si potevano vedere ciuffi di alghe verdi protendersi verso l'alto e pesci rossi e bianchi che nuotavano pigri sotto la cortina di ninfee e fiori di loto dai petali rosa pallido. Nonostante il laghetto non fosse troppo profondo, quando ero piccola mia madre mi permetteva di avvicinarmici solo in sua presenza, terrorizzata all'idea che potesse succedermi qualcosa.

Portai Priscilla fin lì, dove ci sedemmo su una roccia, all'ombra delle fronde di una delle piante, ascoltando il fruscio del vento fra le foglie.

All'inizio le nostre chiacchiere si persero fra novità, segreti, sogni e pettegolezzi, in un tentativo titanico di recuperare gli anni di lontananza. Poi, guardando la villa, gli occhi di Priscilla si persero in un velo di tristezza e mi fece le condoglianze per la morte di mio padre.

Così, se fino a quel momento ero riuscita a trattenermi, non potei fare altro che raccontarle, con un entusiasmo inopportuno per una persona che ha da poco subito un lutto, del mio incontro con Catilina e della sua promessa di aiutarmi.

Priscilla sgranò gli occhi e mi guardò con espressione dubbiosa.

- Sei sicura di poterti fidare di quello lì?- mi domandò in tono indagatore.

- Ma certo!- esclamai senza esitazione. - Era così sincero quando parlava, e poi conosceva mio padre, è una garanzia, no?-

Priscilla scosse la testa.

- Sei proprio un ingenua...- mi accusò.

- Ma....!-

- Pensi che lo farà per davvero? O, anche se dovesse farlo come tu sostieni con tanta convinzione, credi che lo farà solo per i tuoi occhioni verdi? Non pensi che voglia qualcosa in cambio?- mi tempestò di domande la mia amica.

Ci riflettei un attimo, e dovetti riconoscere che aveva ragione. Però, nella tempesta che aveva travolto la mia vita, Catilina rappresentava l'unico scoglio visibile a cui potermi aggrappare. Non avevo granzie che potessi fidarmi, ma se volevo almeno cercare di salvarmi non petevo fare altro che affidarmi a lui.

- Spero solo che sia un amico sincero...- sospirai. - Ne ho bisogno.-

 

La mattina dopo, ebbi la risposta almeno alla prima parte delle mie domande.

Di buon'ora si presentò alla soglia un messaggero a cavallo: proveniva dal notaio contabile, armato di una lettera del suo padrone.

La aprii subito, con impazienza:

" Saluto la nobile Aurelia Orestilla," diceva la missiva. " E le comunico, con grande sollievo e stupore, che è stato versata a vostro nome una discreta somma di denaro con la quale, se ben gestita, potremmo rivalutare le sorti della vostra causa. La invito a discuterne qui nella mia dimora il prima possibile"

- Oh, sì!- esclamai senza fiato mentre il mio cuore iniziava a pompare più velocemente. Quasi non riuscivo a crederci: Catilina aveva davvero tenuto fede alla sua promessa. - Uno a zero per me, Priscilla.-






*******************************************************************************************************

Buonasera!! ^^
Ecco finalmente il trezo capitolo! Buona lettura!!
VictorianPuppet

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** In ricerca ***


Il giorno seguente ricevetti il notaio contabile direttamente nella mia dimora per poter aggiornare la situazione; grazie alla generosa offerta di Catilina avevo potuto saldare una buona parte dei debiti e forse, per la mia famiglia, c'era ancora qualche speranza di ripresa. Peccato che, ormai, io ero l'unica rimasta.

Tuttavia non potei fare a meno di sentirmi incredibilmente sollevata; dopo il temporale violento che si era abbattuto sulla mia vita nei mesi precedenti, finalmente una benigna schiarita appariva all'orizzonte.

Fin dal momento in cui il messo si era presentato alla villa, aveva iniziato a farsi strada dentro di me un'idea piuttosto audace, che dopo un paio di giorni non riusciii più ignorare. Così, mentre io e Priscilla passavamo un ozioso pomeriggio nel parco della villa, stese all'ombra degli alberi ad ascoltare pigramente il fruscio del vento fra le foglie, la confidai alla mia unica amica.

- Sai, è da qualche tempo che ci penso... Vorrei andare a cercare Catilina, per ringraziarlo per ciò che ha fatto.- sospirai ad un tratto, spezzando un lungo momento di silenzio.

Priscilla si voltò lentamente per guardarmi in faccia, e sul suo viso scoprii dipinta un'espressione contrariata. Con i ricci lasciati sciolti lungo la schiena e la tunica candida di tessuto leggero che seguiva morbida le linee del suo corpo, la mia amica sembrava una splendida dea dell'Olimpo. Mi sarebbe tanto piaciuto assomigliarle...

- Devi proprio?- commentò con uno sbadiglio la mia decisione.

- Perchè scusa? Mi sembra il minimo che possa fare; dopotutto lui è stato più gentile del dovuto con una perfetta sconosciuta.- replicai corrucciata.

Priscilla scoppiò in una risata cristallina, portandosi le mani alla bocca, e inizialmente non compresi, la cosa mi irritò leggermente.

- Ahah, ma allora sei proprio un'ingenua, Aure! Data la tua situazione pensavo che avessi imparato un po' di più a stare al mondo.-

- Se mi spieghi qual è il problema magari posso anche darti ragione.- ribattei, iniziando a sentirmi realmente, anche se con dispiacere, scocciata dal suo modo di fare.

Priscilla si alzò a sedere sorridendo, e mi guardò con i suoi occhi da gatto intrisi di malizia, come faceva quando doveva confidarmi un segreto.

- Sai che mio padre lavora in politica, e che conosce bene la gente che frequenta quell'ambiente.- cominciò.

Annuii.

- Ecco, da quando siamo tornati non ha fatto altro che lamentarsi di un certo tipo che si sta facendo strada in Foro; un tipo losco, una testa calda, disposto a tutto pur di portare avanti le sue idee sovversive.-

- Catilina?- azzardai, anche se conoscevo già la risposta.

- Esattamente! Proprio il tuo caro amichetto benefattore. Le sue idee rivoluzionarie fanno accapponare la pelle a tutto il ceto senatorio, ma il problema principale è che cerca di attirare più simpatie possibili non solo fra i debitori e i diseredati, ma anche fra la plebe e i poco di buono. Davvero Aurelia, lo dico per te. E' un uomo pericoloso, dovresti starci attenta.-

- L'ho già sentito parlare,- replicai. - E penso che le sue rivendicazioni siano più che legittime. Anzi, penso che se lui fosse console Roma potrebbe finalmente rimettersi in piedi. Ed è giusto che si appelli anche ai ceti bassi, dopotutto questa è una Republica e anche il loro voto conta, no?-

Il sorriso sulle labbra di Priscilla si allargò.

- A parte il fatto che ora è troppo giovane per candidarsi al consolato, non credo proprio che gli sarebbe permesso farlo, con lo scandalo di cui è appena stato accusato.-

Mi alzai a sedere anch'io, in allerta. Se Priscilla voleva attirare la mia attenzione c'era riuscita perfettamente.

- Quale scandalo?-

Priscilla sembrava non star più nella pelle all'idea di svelarmi qualche notizia scottante, ma mi concesse comunque qualche istante di attesa, tanto per lasciarmi sulle spine.

- Catilina è stato accusato di aver profanato una sacerdotessa della dea Vesta, una Vestale.- svelò finalmente in un sussurro.

Il mio cuore perse un battito.

- Una Vestale? Stai scherzando, vero? Priscilla, è una cosa orribile! Se Catilina fosse giudicato colpevole, allora verrebbe...-

- Condannato a morte, già.- completò lei ciò che io non riuscivo a dire, passandosi pigramente una mano fra i lunghi capelli sciolti. - Questa è la pena per chi viene scoperto ad avere un rapporto con una Vestale.-

Un brivido freddo mi corse lungo la schiena nel sentire il suono spietato delle sue parole; deglutii.

- Ma lui non può aver fatto una cosa simile. Io... io ci ho parlato insieme, non mi è sembrato una persona che farebbe...-

- Questo saranno i giudici a stabilirlo.- concluse Priscilla. Poi, addolcendosi un po', mi mise una mano sulla spalla. - Non preoccuparti,- disse. - Vedrai che andrà tutto bene.-

Annuii, anche se le parole della mia amica non furono sufficienti a rincuorarmi.

 

Non appena Priscilla se ne fu andata, mi preparai ad uscire.

Nonostante tutto ciò che mi aveva detto per farmi cambiare idea, rimanevo ferma sulle mie posizioni. Avrei cercato Catilina.

Sopra la semplice tunica grigio chiaro che avevo tenuto fino a quel momento indossai un supparum, una tunica più lunga simile al chitone greco, e infine una palla bianca, il mantello.

Avvisai Decius e Annia che uscivo per fare una passeggiata e mi diressi in gran carriera in direzione del Foro romano; questo non era esattamente il posto in cui una donna potesse girare in assoluta libertà, ma essendo il fulcro della vita politica avevo grandi probabilità che Catilina si trovasse lì. Era pur sempre un buon punto di partenza.

Sollevai il cappuccio della palla fino a coprire per bene i miei capelli dorati e per mantenere il mio viso abbastanza in ombra in modo da non essere riconosciuta, almeno non immediatamente, dai passanti. In quel momento mi sentivo troppo eccitata per quella spedizione improvvisata per aver voglia di perdere tempo in domande o conversazioni.

Imboccai le vie laterali, invece che seguire la strada maestra, e nel giro di una decina di minuti mi ritrovai allo sbocco nel grande centro di Roma; a quell'ora del pomeriggio una grande quantità di persone invadeva lo spazio fra i diversi edifici politici, religiosi e commerciali che lì si trovavano, e le loro voci amplificavano la confusione generale, facendomi venire in mente le Terme affollate nei giorni di festa. E come nelle Terme ci si sentiva: inscatolati e compressati.

Iniziai a camminare fra la gente, rendendomi conto solo in quel momento che cercare Catilina sarebbe stato esattamente come mettersi alla ricerca di un ago in un pagliaio. Però, vista la popolarità di cui godeva, qualcuno avrebbe potuto sapere almeno a grandi linee dove si trovasse.

Decisi che valeva la pena tentare.

Mi avvicinai ad un passante dall'aria importante, che aveva appena finito di discutere con un altro uomo dello stesso rango.

- Mi scusi.- esordii abbassando il capo. - Per caso mi saprebbe dire dove si trova Catilina?-

A quel nome l'uomo contrasse la bocca in una smorfia contrariata, ma in pochi istanti la sua disapprovazione mutò in una sonora risata.

- Ah, stai cercando quel furbacchione eh? Non riesce a stare lontano da una donna neppure in un momento come questo, quello lì.-

A quelle parole strinsi i pugni e serrai la bocca per impedirmi di rispondere sgarbatamente al mio interlocutore; già dalla risata avevo capito l'allusione alla faccenda con la Vestale. Ero totalmente convinta che il mio benefattore fosse innocente riguardo l'accusa, ma mettersi a discutere di certe cose con un passante sconosciuto non era un comportamento corretto per una matrona romana. Così dovetti ricacciarmi indietro il nervoso.

- Al momento credo che si trovi nel tribunale qui dietro, probabilmente starà corrompendo qualche avvocato disonesto per vincere la causa.- E, con un'altra fastidiosa risata, l'uomo si allontanò fra la folla.

Mi voltai verso la direzione che mi aveva indicato; nonostante la quantità di gentre che affollava il Foro, l'alta figura del tribunale svettava contro il cielo color indaco del pomeriggio; si trovava quasi dall'altra parte della piazza. Con un sospiro iniziai a farmi strada, aiutandomi con i gomiti e sgattaiolando veloce fra le persone non appena mi era possibile.

La ricerca era iniziata.












**********************************************************

Buondìììì!
Eccomi tornata dopo qualche secolo di assenza! ^^
Spero che il capitolo vi piaccia, non è molto lungo, ma per questo racconto voglio evitare spezzoni chilometrici.
Grazie mille a tutti quelli che continuano a seguire la storia! :D
Alla prossima!
VictorianPuppet

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'invito ***


Il tribunale non era che una struttura provvisoria costruita in legno, anzichè in marmo come il resto degli edifici del Foro. Anche se un po' a fatica, riuscii a raggiungere il suo ingresso; non potendo entrare mi appostai su un lato dell'entrata, non troppo vicina da sembrare una mendicante ma neppure troppo appartata per non perdere di vista neanche uno degli uomini che vi uscivano. Mi concentrai per individuare una figura alta dalla chioma corvina, e più di una volta fui tratta in inganno da passanti che rispondevano a queste caratteristiche; di Catilina, per il momento, nemmeno l'ombra. Dopo una decina di minuti l'attesa iniziò a diventare snervante. Per di più, ormai diverse persone mi avevano notata, e temevo che qualcuno avrebbe chiamato un soldato per cacciarmi via.

Le ombre degli edifici alle mie spalle iniziarono ad allungarsi nella piazza, mentre il sole tramontava pigro dietro l'imponente figura del tribunale. Con il passare dei minuti, la mia testa iniziò a riempirsi di dubbi: forse Catilina non era lì come mi aveva detto l'uomo, magari se n'era già andato, magari, anche se prima o poi fosse davvero uscito da lì e mi avesse riconosciuta, mi avrebbe liquidata frettolosamente o addirittura ignorata. E allora la fatidica domanda: sarei dovuta andarmene subito? Era forse meglio lasciar perdere tutto e tornare a casa?

Mi stavo già guardando attorno, quasi convinta a mettere in pratica quell'idea, quando la mia attenzione venne catturata da tre uomini che stavano appena varcando l'uscita del tribunale. Con un tuffo al cuore riconobbi immediatamente la figura centrale: quei capelli corvini e quegli occhi di ghiaccio potevano appartenere solo a lui. Mentre discuteva animatamente con i suoi accompagnatori, il suo volto era acceso dall'aria arrogante e sicura che gli avevo già visto, ma che in quel momento mi sembrava stonare parecchio, dato il pericolo mortale in cui si trovava; e nonostante tutto non potei fare a meno di sentire un moto di simpatia e attrazione verso un tipo così spavaldo.

Una quarta figura uscì dall'edificio: era un uomo sulla trentina, grassoccio e stempiato, che si mise ad ascoltare, un po' in disparte, quello che stavano dicendo gli altri tre. Non appena i due soci si congedarono, l'uomo si affrettò ad andarsene con un passo più spedito del normale.

Il moro che stavo aspettando, invece, si avviò in direzione opposta e solo allora mi resi conto che dovevo raggiungerlo.

- Ah! Ehm... Catilina!- esclamai confusa, abbandonando la mia posizione per dirigermi verso di lui.

Quando gli occhi azzurri dell'uomo si posarono su di me, la sua espressione assunse una sfumatura leggermente disorientata, il che mi ricordò che avevo ancora il cappuccio della palla a nascondermi il viso; mi diedi della stupida per non averci pensato prima, e lo abbassai, mentre le mie gote si colorivano per l'imbarazzo.

- Oh, Aurelia!- esclamò allora Lucius, il viso tornato alla consueta aria sicura e confidenziale.

" Si ricorda di me!" esultò una vocina nella mia testa, mentre il mio cuore mancava un battito.

- Che bella sorpresa.- continuò. - Che ci fai qui? Altri problemi?-

- No, no,- mi affrettai a rispondere. - Anzi, va tutto alla grande. Ero venuta appunto a cercarti per poteri ringraziare come si deve. Beh, sai anche tu che non nuoto nell'oro, ma qualsiasi cosa possa fare per te, la farò.-

Le labbra di Catilina si dischiusero in un sorriso sincero di gratitudine a quelle parole, e ridacchiò appena, come se esse avessero per lui un suono nuovo, come se non ci fosse abituato.

- Sono deliziato dalla tua gentilezza, signora, ma non devi preoccuparti di questo, non ho bisogno di nulla.-

- Neppure per...- azzardai, ma subito mi bloccai, rendendomi conto che, parlando dell'episodio della Vestale, forse, mi sarei spinta troppo oltre nei suoi affari privati e la cosa avrebbe potuto dargli fastidio. Ma a Lucius non era sfuggita la mia esitazione.

- Per cosa?- mi incalzò, lo sguardo acceso da una nuova curiosità.

- No, niente, io...- cercai invano di sviare il discorso, ma il suo volto indagatore a pochi centimetri dal mio viso non mi lasciava scampo. - Io... stavo pensando a quello di cui parlano tutti ultimamente, sai, se magari dovessi avere bisogno di un buon avvocato, o...-

Inaspettatamente, Catilina scoppiò a ridere. Era una risata spavalda, ilare, che non tradiva un minimo della preoccupazione che un uomo normalmente avrebbe dovuto avere nella sua condizione.

- Aurelia,- mi disse poi. - Non devi assolutamente preoccuparti per questa questione. Ormai è già tutto sistemato e uscirò totalmente indenne dalla faccenda. Se senti che qualcuno sostiene il contrario, non curartene: sono solo voci.-

Nell'udire quelle parole e il suo tono deciso e tranquillo, sentii un grosso peso levarmisi dal petto. Quindi Catilina non era più in pericolo di vita?

- Wow, ne sono felice!- esclamai sinceramente. - Sai, fin dall'inizio ero sicura che tu fossi innocente, ma purtroppo spesso è difficile che anche i giudici capiscano qual'è la verità.-

A quelle parole, sul volto di Lucis passò un'ombra di scherno.

- Verità?-

- Beh...-

- Tu parli con sicurezza di verità, di innocenza e colpevolezza. Ma lo sai cos'è, la verità? Essa non è altro che una parola, una dimensione sfuggevole. La verità è ciò che gli altri vogliono che tu creda che lo sia. Io potrei benissimo essere colpevole di ciò di cui sono stato accusato, ma se la legge mi dichiarasse innocente allora la verità sarebbe la mia innocenza e il mio peccato cancellato. Non lasciare che gli altri giochino con te usando queste belle paroline: sono solo fronzoli dal gusto dolce, creati apposta per attirarti in trappole di morte.-

Alla fine della sua sentenza, un silenzio di ghiaccio scese fra di noi. Io lo fissavo, confusa e timorosa, non riuscendo ad afferrare appieno il significato delle sue parole e soprattutto il motivo per cui me le avesse dette. Lucius, dopo un primo attimo, parve capire subito il mio stato d'animo, perchè il suo viso si addolcì e si affrettò a rassicurarmi poggiandomi una mano sulla spalla.

- Sono tempi strani e difficili questi, bisogna imparare a non soccombere alla realtà che ci circonda e soprattutto a rimanere liberi dal giogo dell'inganno altrui. A volte la vita non sembra altro che un gioco in cui vince il più scaltro, non trovi?- mi domandò con un sorriso.

- Già.- risposi sorridendo a mia volta, riconfortata dal suo modo di fare.

Improvvisamente la sua espressione tornò ad essere scherzosa e cordiale.

- Comunque mi ha fatto molto piacere la tua visita. E' bello sapere che esistono ancora amici riconoscenti a questo mondo. Ora che ci penso... un modo per ricambiarmi, se proprio lo desideri, ci sarebbe. Fra due sere darò una festa nella mia modesta villa: sarei molto onorato se anche tu fossi presente fra gli ospiti.-

- Ma certo! Va benissimo, ci sarò.- risposi subito, senza pensarci due volte, con un po' troppo zelo. Ma come potevo perdere quell'occasione? Anche se, riflettei poi, mi sembrava alquanto sfacciato festeggiare prima che il processo si fosse già concluso; ma ormai stavo imparando a conoscere il carattere del mio interlocutore e non mi feci troppe domande.

- Allora al più presto ti farò avere l'invito ufficiale. Perdonami, ma ora devo proprio andare, gli impegni chiamano.- aggiunse poi con un sospiro stanco. Agli angoli dei suoi occhi di ghiaccio si formarono sottili rughe di stanchezza. - Spero allora di poterti rivedere presto.-

" Non posso deluderlo." decise la stessa vocina di prima dentro di me.

- Non mancherò alla festa. Grazie mille per l'invito.-

- Figurati. Ci vediamo!-

E detto questo si allontanò nella direzione verso cui erano scomparsi i suoi accompagnatori qualche minuto prima, lasciandomi sola con il cuore carico di speranze e previsioni per la serata che avremmo passato insieme.





**************************************************************************************

Hola gente! Come va? State passando bene l'estate?
Io sono quasi più impegnata di quando ero a scuola, quindi bye bye scrittura! xD Però finalmente sono riuscita ad aggiornare, anche se il capitolo è piuttosto corto!
Vi auguro buona lettura!!
Ah, dimenticavo... Ho provato a immaginare chi potrebbe interpretare Catilina e Aurelia: che ne dite di Ian Somerhalder (il Damon di Vampire Diaries *O*) e di Emilie de Ravin per la nostra protagonista? Voi chi proporreste??
Alla prossima!
VictorianPuppet

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1695292