Witch Blade

di Natsuki Uzumaki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** XVI La Torre, Prologo ***
Capitolo 2: *** X: La Ruota della Fortuna, Inizia a Girare ***



Capitolo 1
*** XVI La Torre, Prologo ***


Salve a tutti ragazzi

Salve a tutti ragazzi!^^
Eccomi di nuovo qui con una nuova ficcy, spero che vi piaccia!XD
Non vi anticipo nulla e vi lascio alla lettura!^^
Un beso!^*^



Prologo

Anno 1415; pieno Medioevo, quasi agli sgoccioli della guerra dei cent’anni che vede come protagoniste sui due fronti la Francia e l’Inghilterra, nemiche giurate da secoli; quella guerra, era la dimostrazione suprema del cattivo sangue e dell’insofferenza che le due grandi nazioni provavano l’una verso l’altra.
Nell’anno 1429, quattro giovani donne, chiesero udienza a Carlo VII, futuro re di Francia, proclamandosi emissari di un volere più grande. Due di esse, si proclamavano emissarie di Dio, una del demonio, ma redetta al bene e, l’ultima, era emissaria di entrambe le razze.
Alcuni teologi le interrogarono, costatando che la loro fede e, il loro credo, era forte e profondamente radicato, ma il futuro re di Francia, non fidandosi di loro, si mischiò ai teologi per verificare se quelle quattro campagnole dicessero il vero e così fu; le quattro lo riconobbero. Avvedutosi, Carlo, affidò il riscatto della Francia alle quattro ragazze, che avrebbero segnato, una svolta fondamentale della guerra.
Ma come si sa, il successo attira invidia e, la nobiltà, temendo che il loro prestigio fosse minato da quattro pastorelle lorenesi e per il fatto che le casse del nuovo re non potessero supportare ancora guerre e, il terrore che egli provava verso le quattro, che, si accentuò l’8 Maggio 1429, quando attaccarono Parigi; il re, non inviò le truppe promesse alle quattro donzelle che, stringendo comunque i denti, continuarono a combattere, con un manipolo di pochi e fidati uomini.
Tre di essi, erano secondi di fama alle quattro leggendarie; ma nessun documento riportava concretamente della loro esistenza, tanto che si pensi che erano solo dicerie del tempo, ma le dicerie, come la fantasia, ha sempre un fondo veritiero.

Tre ragazzi dagli albini capelli, due di essi, gemelli. In battaglia, dimostravano una forza sovraumana come anche la velocità. Mezzodemoni erano essi, amici d’infanzia delle quattro pulzelle d’Orléans.
La battaglia che si svolse a Compiègne, nel 1430, vicino a Parigi, segno il capitolar delle giovani emissarie.

Sangue, sangue e fuoco, voci di uomini che urlano e rumore di spade che si scontrano; groviglio di cadaveri a terra, sangue e fango che si mescolano, creando una maleodorante poltiglia, mentre corpi dei caduti vengono profanati dai compagni o dai nemici presi dalla lotta.
In tutto quel caos di corpi e rumor di ferraglia, quattro longilinee figure, fasciate da resistenti armature, opponevano strenua resistenza contro coloro che le attaccavano.
La prima di esse, corti capelli castani, che le carezzavano con delicatezza il volto, comprendo a sguardi indiscreti il destro occhi di smeraldo, di cui il sinistro era gemello; occhi che ricordavano i prati dell’Irlanda, viso ovale, dalle candida pelle chiara, nasino piccolo e bocca carnosa color pesca, invitante e seducente.
Occhi che scrutano i dintorni con perizia e nervosismo, fiato ansante, per via della lotto, sinuoso e prosperoso corpo coperto dall’armatura; armatura che presentava uno scollo abbastanza ampio, gli spallaccia come i bracciali, il petto, e il ginocchio; dalle protezioni sulle ginocchia, si allungava una striscia di metallo, che si legava dietro la vita della giovane, creando il batticulo, erano finemente lavorati e, in un prolungamento d’essi, creavano la cintura intorno all’esile vita della giovane mentre, le cosce, venivano fasciate da altro metallo che si agganciava in un unico pezzo con il cinturino, lasciando scoperta una porzione della schiena; disegni di fiamme erano sparsi per essa; fiamme azzurre su superficie bianco panna. Sotto l’esigua protezione, la ragazza portava pantaloni aderenti e una maglia a collo alto color azzurro, coprendo la parte di pelle ignuda della schiena e dell’interno coscia; destra mano stretta alla sua alabarda, pronta a scattare in qualsiasi momento; ella è Saphyra, una delle emissarie di Dio; umana forma la sua, poiché la vera natura d’ella è celata ad occhi indiscreti; ella è un puro angelo disceso dal cielo, per donar il suo aiuto nella lotta.
Sulla sua destra, invece, vi era un’altra ragazza corti e mossi capelli color miele, viso dai tratti delicati, pelle rosea, espressione dura e tenace che si rispecchiava negli scuri occhi castani, colore che pareva quasi essere stato rubato ai tronchi degli alberi, mentre corpo era coperto da un’armatura da soldato semplice e, nella destra mano, teneva stretta una spada; si guarda attorno come del resto le sue compagne, attenta ad ogni movimento; tutti sapevano chi ella fosse, era Giovanna. Più precisamente, Giovanna D’Arco, natura d’essa è umana , ma il signore le ha fatto il dono di sentire la sua voce e il suo volere e di vedere due dei Santi più importanti per la sua patri e, per essa e la sua fede combatte.
Alla destra della “Pulzella D’Orléans, vi stava un’altra giovane donna; mori capelli, legati in una coda alta, viso dai lineamenti fini e delicati, pelle di un invitate color rosa, labbra fini, ma non meno sessuali ed invitanti, occhi bicromi, destro zaffiro, sinistro smeraldo; terra e mare in quegli occhi sembravano unirsi.
Sua armatura composta dal corpo che le lascia scoperto l’addome, gli spallacci; connesse ad essi, vi stanno due ali demoniache di metallo, guanto connesso all’antibraccio che gli arrivava all’altezza del gomito; staccato dalla parte superiore, vi stanno il cinturino e la falda; l’orlo dell’armatura, arriva a metà delle candide cosce. Ai lati delle ginocchia, vi stanno due alette, che mostrano demoniache fattezze e i parastinchi. L’armatura finemente lavorata e color nero ebano con una pietra, un rubino, incastonato nel centro del corpo; pelle sotto la protezione ignuda; nessun indumento porta la giovane, a parte lo stretto indispensabile; nella destra mano stringe la sua ring blade, pronta a lanciarla in qualsiasi momento. Intrigante ed oscura, come del resto è la sua specie, Necrysia, nero angelo dannato che tradì Dio, seguendo Lucifero e, ora, nuovamente alleata al suo primordiale creatore, per aiutare una sua prescelta.
Accanto all’oscuro angelo, vi era un’altra giovane; capelli d’ella color castano chiaro, con qualche riflesso biondo, lunghi sino alla metà delle cosce, stretti in una rigida treccia alla quale erano sfuggite due fluenti ciocche che andavano ad incorniciare il fine viso dalla pelle candida color dell’alabastro, labbra carnose color pesca, occhi di zaffiro, ove pareva che le oscurità oceaniche albergassero.
L’armatura d’ella, era composta dal corpo superiore e anteriore, doppi spallacci, guanti connessi all’antibraccio, la coppa sui gomiti, due protezioni sui fianchi che le giungono sino quasi al ginocchio, tenuti allacciati da una spessa cintura di pelle nera, ginocchi e parastinchi; protezione d’ella semplice e sobria, color grigio con rifiniture in grigio perla. Sotto l’armatura, la giovane portava una veste a corpetto, dai fili color ebano, con il collo alto color bianco; la parte anteriore che s’allunga sino a quasi le caviglie e, sopra ad essa, una giacca color nero, aperta, che arriva a coprirle persino le dita, che scivola morbidamente sino alle ginocchia, per poi prolungarsi indietro in due code; fine del capo tagliato perfettamente al centro coi bordi rifiniti di bianco, due cinture incrociate in vita che, con l’aiuto di quella che tiene le protezioni, tengono stretta la lunga giacca nera, pantaloncini corti, color grigio scuro e stivali neri, che le arrivano sopra il ginocchio, tenuti fermi con bianchi lacci, mentre il rifodero superiore ad essi è piegato verso il basso con un poco di tacco; nella destra mano tiene la sua fidata spada, la Ivy Sword, ora sottoforma di frusta; pacata ed equilibrata è la figura d’ella, Kasdeya, personificazione del male e del bene uniti indissolubilmente in un unico corpo con un’unica anima; un tabù proibito, essere eretico senza alcun Dio da asservire, poiché due essi sono; natura d’ella celata, ali sue color delle perle più rare esistenti al mondo, grige, unica nel suo genere, ora si trova in quel luogo per proteggere ed aiutare una sua amica, anzi, le sue amiche, poiché da anni si conoscono e da anni lei ha deciso di proteggerle.

Corrono per le strade della cittadina, corrono preoccupati per le loro amiche i tre ragazzi, i mezzodemoni, in testa al gruppo, vi sta uno di loro, viso dai lineamenti marca e austeri, gelido sguardo e occhi taglienti azzurro ghiaccio, candidi e bianchi capelli tirati indietro, sopracciglia corrugate dalla preoccupazione; indosso ei ha un armatura completamente blu con finimenti bianchi, che, sulla parte superiore, molto simile ad una giacca di metallo con il collo alto e, poco più sotto di esso, partiva una piegatura, che pareva un secondo colletto, che creava i para spalle e maniche larghe, creava una fitta rete; le mani protette da protezioni di metallo color blu, mentre parastinchi e ginocchi erano uniti in un unico pezzo di metallo, che lasciava scoperto l’interno delle cosce, andando a creare una cintura dalla quale scendeva, da una decorazione bianca, un pezzo di metallo di protezione; stivali ai piedi, coperti dal metallo; sotto l’armatura, l’albino portava una tuta nera con rifiniture blu e bianche e, nella destra mano, stringeva il fodero della sua Katana, la Yamato.
Dietro ei, vi sta un altro ragazzo, il suo gemello, tratti del viso simili a quelli del fratello; espressione sua differente, sfacciata e maliziosa, ora nascosta dalla corrugazione delle sopracciglia per via della preoccupazione; occhi di ghiaccio, coperti dai corti e ribelli capelli bianco argentei che, ad ogni suo movimento, svolazzavano intorno al suo viso.
Armatura del mezzodemone, compatta e resistente, che gli conferiva una certa aria di imponenza; corpo e schiena della protezione robusti, come anche gli spallacci, l’antibraccio; il batticulo e il cinturino erano formati da un’unica striscia di metallo e, la parte anteriore, che formava la sporgenza, la falda e l’orlo, era stretta e finiva a punta; a completare il tutto, vi stavano i ginocchi e i parastinchi. Colore dell’armatura del mezzo rosso, rosso scarlatto con elaborate rifiniture bianche; sotto di essa, il mezzo porta una cotta di maglia, bloccata sulle cosce da dei lacci di cuoio marroni e, sopra alla cotta, portava una veste marrone chiaro, sporca di sangue e fango; nella destra mano, tiene stretta la sua fidata spada a doppio taglio, la Rebelion.
Ultimo, ma non meno importante componente di quello strano ed eretico trio, un altro ragazzo, più giovane degli altri due e simile d’aspetto ai fratelli. Espressione sua pacata e gentile di solito, ma ora è cancellata dalla preoccupazione che prova; corti i suoi capelli, che gli coprono con delicatezza la fronte, senza però coprire gli occhi color del ghiaccio.
Armatura di quest’ultimo, molto sobria, corpo e spallacci, formavano un'unica e solida protezione, l’antibraccio e la protezione della mano, ornate di taglienti spuntoni; in vita, solo il cinturino, che andava a formare anche il batticulo, lasciando la parte del bacino scoperta, scendendo poi, con le protezioni sulle cosce, i ginocchi e i parastinchi; sotto di essa, portava indumenti di pelle che andavano dall’azzurro, al rosso e al nero; mancina mano, teneva stretta la sua spada, la sua inseparabile Red Queen.

Continuano a correre, loro respiro ansante, ma non cedono. Continuano ad uccidere e a correre! Troppo in pena per quelle quattro ragazze, troppo in pena per coloro che ritenevano sorelle, troppo in pena per le donne che amavano più di qualsiasi altra cosa al mondo.<< Dante, Nero! Aumentiamo il passo! Sento il loro odore, sono vicine! >>. Voce pacata e gelida quella dell’albino dai capelli tirati indietro, nel rivolgersi ai fratelli, che annuirono solamente, aumentando la loro andatura, andatura che non era umana, poiché, passavano accanto ai nemici, senza che essi se ne accorgessero, cadendo a terra ormai morti.<< Vergil, io ho un brutto presentimento………… >>. Pacata e preoccupata è la voce del più giovane fratello, Nero, non sapeva darsi una spiegazione logica, ma aveva una pessima sensazione.<< Nero, ti prego, non dire certe cose! Cazzo! >>. A rispondergli, fu Dante, con la sua voce profonda e leggermente alterata dalle parole del più piccolo che, però, erano veritiere, poiché anche lui e il gemello, provavano la stessa cosa.<< Non sprechiamo fiato e sbrighiamoci. Hanno bisogno di noi quelle quattro. >>. Annuirono alle parole dell’austero albino, restando in silenzio, ma mai, si sarebbero aspettati il raccapricciante spettacolo che si stava per parar loro innanzi.
Arrivarono finalmente, ma non ebbero il tempo di dire nulla che i loro occhi si sgranarono; corpi di soldati a terra ormai morti e, in mezzo ad essi, si ergevano solo i soldati nemici, al cui centro, vi stavano ancora Necrysia e Kasdeya che parevano proteggere qualcosa o meglio, qualch’uno. Di fatti, Kasdeya, stava proteggendo Giovanna che era stata colpita con violenza sotto l’ascella, una parte scoperta e delicata dell’armatura; Necrysia, invece, stava proteggendo Saphyra, che riportava una profonda ferita sulla parte scoperta della schiena ed era a terra, quasi priva di sensi, con Giovanna accanto, che cercava di bloccarle l’emorragia.
Kasdeya e Necrysia, che le proteggevano, non erano messe nella situazione più rosea; la castana, perdeva sangue da un profondo taglio sulla fronte e dall’addome e, Necrysia, aveva un profonda ferita all’addome e sul braccio, rendendo impacciati i suoi movimenti con l’Aisel. Una situazione davvero pessima, ma loro, continuavano a lottare con ferocia, senza utilizzare però i loro incanti, per paura di far del male ad una delle compagne od ad un alleato.<<>. Stavano per scattare i tre albini, quando delle spesse catene, li attorniarono, facendoli capitolare a terra in preda a violenti spasmi di dolore.<<>. Sguaiata risata emise il soldato che aveva detto quelle parole, seguite in seguito da altre e poi, il buio.

Combattevano e combattevano. Erano stanche, ma non potevano mollare proprio in quel momento. La vita di Giovanna e Saphyra, dipendeva da loro, ma la stanchezza e il troppo sangue perso, si stavano facendo sentire.<< Merda! Kasde, cazzo facciamo adesso??!! >>. Voce dura e piena di rabbia è quella di Necrysia, nel rivolgersi all’amica.<< Non lo so Necrysia, non lo so……… >>. Voce dell’equilibrio incolore e pacata, mentre con le iridi zaffiro, osserva i nemici che gli si riversavano contro.<< Non possiamo scappare, siamo completamente circondate, ma io non mi consegnerò mai a loro senza aver prima provato il tutto per tutto! >>.<< Necrysia… >>. Si scambiarono una breve occhiata, prendendo un respiro profondo, mentre un’aura color dell’ebano per il decaduto angelo e, una grigia per l’unico ibrido, le avvolgeva. Dovevano tentare anche quella, dovevano utilizzare purtroppo quell’incanto distruttivo che mai avrebbero voluto pronunziare.
Labbra che si dischiudono per dar voce a quelle parole di distruzione, ma solo un rantolo da parte di Kasdeya, un lieve grido di dolore da parte di Necrysia e i loro occhi che si aprono di scatto, mentre sangue fuoriesce dalle loro labbra e le armi scivolano via dalle loro mani e il buio le accoglie.

Quella battaglia, segnò la loro caduta e la loro prigionia; prigioniere del nemico, venduti per la modica cifra di 70.000 scudi d’oro e portate a Rouen dove vennero processati per stregoneria ed eresia; Carlo VII, non mosse un solo muscolo per aiutarle.
Furono quattordici mesi d’inferno; l’umiliazione che le giovani ragazze provarono fu inimmaginabile e, accusate di eresia e atti illeciti, per via che avevano osato indossare vestiti maschili, vennero condannate. Giovanna venne condanna a bruciare sul rogo, mentre, Kasdeya, Necrysia e Saphyra, furono condannate ad una pena ben più grande che neanche loro potevano immaginarsi.
Il 30 Maggio del 1431, le loro giovani vite, furono stroncante.
Kasdeya e Necrysia, avevano 20 anni, mentre, Giovanna e Saphyra solo 19.
Le prelevarono dalle prigioni, portandole nella piazza di Rouen; indossavano solo un vestito di panno sudicio, tenevano il loro sguardo alto e fiero, tanto da mettere in soggezione chiunque le guardasse; catene ai polsi e alle caviglie ma, esse, non se ne curavano, continuavano ad avanzare, fino a che non si fermarono, facendole mettere in fila.<< SIGNORI! >>. Il silenzio calò, un silenzio carico di tensione e aspettativa che l’uomo continuasse.<< PRIMA DI DARE IL VIA ALL’ESECUZIONE DI CODESTE LURIDE STREGHE, STIAMO ASPETTANDO L’AVVENTO DI ALTRI TRE GRADITI OSPITI CHE GIUNGERANNO A BREVE! >>. Risata sguaiata che proruppe dalle labbra dell’uomo, che non toccò minimamente le quattro giovani donne ma, ben presto, i loro occhi si sgranarono, riempiendosi di una rabbia cieca, tanto che, Necrysia, cercò di scattare in avanti, ma venne prontamente bloccata.<< DANTE!!! >>.<< NECRYSIA! >>. I tre mezzodemoni, spogli delle loro armature e incatenati, stavano guardando le ragazze con occhi pieni di preoccupazione; Nero guardava la sua Saphyra impotente, non poteva fare nulla per salvare colei che amava da una vita e che da poco aveva ottenuto e lo stesso vale per Dante con Necrysia e Vergil con Giovanna. Già, Vergil era innamorato perso di Giovanna e, per via di quel sentimento, non si era mai accorto che, Kasdeya, provava lo stesso per lui; di fatti, la castana, ora teneva lo sguardo basso e gli occhi serrati, sordo dolore che le dilaniava il petto facendole desiderare di non aver mai conosciuto quel futile e distruttivo sentimento quale l’amore, ma ormai ciò era accaduto e, con esso, lei sarebbe morta, lo sapeva.<< DOPO QUESTA COMMOVENTE SCENA…… >>. Ironico è il tono del “presentatore” di quell’esecuzione, mentre gli spettatori ridevano.<< ………… DIREI CHE POSSIAMO DARE IL VIA AI PREPARATIVI DELL’ESECUZIONEEEEEEE!!!!!!!! >>. Altre risate squarciano l’aria, mentre le tre, vennero separate da Giovanna.<< GIOVANNA! LASCIATEMIII! >>. Urla e strepita Kasdeya, riuscendo a liberarsi, cercando di raggiungere Giovanna, ma, a pochi metri da lei, venne riacciuffata e fatta cadere a terra; si dimenò ancora e ancora, sotto lo sguardo triste e pieno di dolore dell’amica che le sussurrò un silenzioso addio, che fece cessare ogni lotta dell’ibrido che parve svuotata di ogni forza e di ogni sentimento, diventando una perfetta bambolina; fu trascinata fino a dove si trovavano Necrysia e Saphyra, saldando le di lei catene a dei pali.
I tre albini, avevano osservato la scena digrignando i denti, ma non riuscivano a compiere alcun movimento, quelle catene li indebolivano e spossavano parecchio; passò poco, i preparativi per il rogo furono ultimati e, Giovanna, fu legata e il fuoco appiccato.
Urla, urla strazianti di dolore e ovazioni dalla folla, dolore, un dolore ancora più sordo, un vuoto che pian piano si trasformava in voragine e il disgusto per quegli esseri umani che gioivano nell’osservare una povera ragazzina bruciare tra grida e lamenti di dolore; digrigna i denti con violenza Necrysia, mentre Saphyra piange! Piange disperata, continuando a chiamare il nome di Giovanna, l’unica che par non accorgersi di nulla è Kasdeya; tutte le sensazioni, i suoni e le immagini, le arrivano come ovattate, confuse e sfuocate. Non voleva credere che gli esseri umano, quegli stessi umani che avevano protetto, ora le trattassero come mostri immondi! Chiuse i suoi occhi, riaprendoli piano ad un sonoro e secco “click” metallico.
Avevano sciolto le loro catene ma……… perché l’avevano fatto? Non capiva! Ci doveva essere qualche cosa sotto ma, a quanto pareva a Necrysia e Saphyra non importava! Il dolore, la rabbia e il ribrezzo verso quegli esseri schifosi, aveva ottenebrato le loro menti facendole partire alla carica anche se la trasformazione era ancora a metà e ciò, gli fu fatale.
Dopo primi attimi di smarrimento degli avversari, questi con furia selvaggia e sadico sorriso, attaccarono le due giovani, tranciandogli di netto i bracci destri, sapendo esattamente dove colpire per uccidere.
Occhi sgranati i loro; guardavano alternativamente i loro bracci poco lontano da loro e il sangue che zampillava dalla spalla come se non riuscissero ancora a capacitarsi di ciò che era successo, ma presto, dolore fulminate, le colpì e, indietreggiando, caddero a terra di schiena, una accanto all’altra; pozza di carmina linfa si stava creando sotto i due corpi che erano in preda agli spasmi del dolore e degli ultimi rantoli di vita. Occhi di Dante e di Nero sbarrati, come svuotati da qualsiasi sentimento, ma ben presto un urlo, quasi un latrato di bestia pieno di dolore, che gelò tutte le ovazioni e applausi che s’erano innalzati nell’aria, solo lievi sussurri si potevano udire, mentre Dante e Nero scalcitavano e strattonavano con inaudita violenza le catene; Vergil, era rimasto senza parole, quasi incredulo davanti a ciò che aveva visto, non percependo gli scossoni dei fratelli e neppure i bisbiglii che, si azzittirono, quando Kasdeya si alzò in piedi, avvicinandosi con silenziosa lentezza alle amiche riverse a terra, inginocchiandosi accanto a loro. Le chiamò. Le chiamo più e più volte, ma alcuna risposta arrivò da esse e, lacrime. Lacrime non umane, poiché dal sinistro occhi scendevano lacrime carmine e dal destro lacrime di cristallo; tremito convulso percorreva quell’esile e gracile corpicino di donna, mentre urlo inumano e luce accecante, l’avvolgeva.
Tutto si quietò e, ciò che nacque dall’abbassamento della polvere che s’era alzata, gelò il sangue nelle vene di tutti coloro che assistettero a quell’evento; Kasdeya, la figlia dell’equilibrio, s’era svegliata! Occhi d’ella color dell’oro più puro, pupilla allungata, pupilla demoniaca, corporatura d’ella umana, ma artigli affilati ne ornavano le dita e canini spuntavano dalle carnose labbra ed, ad ornar quello spettacolo affascinante e terrorizzante al contempo, ali! Un paio di grandi ali color del cielo plumbeo, mentre armatura le stava ricoprendo l’esile e nudo corpo; lacrime che ancora solcavano quel delicato e candido viso ora deformato da una smorfia di sofferenza e rabbia pura.<< CANI! Pagherete con le vostre inutili vite codesto affronto! >>. Partì all’attacco; veloce e spietata, tranciava, trucidava e torturava qualsiasi uomo che le capitava a tiro, nessuno che si parava innanzi a lei veniva risparmiato e, quella carneficina, si consumò sotto gli occhi dei tre albini, che stavano guardando quell’essere mostruoso, ne angelo ne demone, un ibrido tra le razze, che aveva raggiunto troppo in fretta e violentemente il suo stato di risveglio e che ora non sapeva più come controllarlo, lasciandosi trascinare prepotentemente da esso.<< Dobbiamo liberarci! Dobbiamo riuscire a fermare Kasdeya! >>. La voce di Dante ha una nota d’urgenza e, i due fratelli, annuirono sconvolti; il più sconvolto tra essi, era Vergil. In sovrapposizione a quell’essere, rivedeva Kasdeya, la sua Kasdeya! Sgrana ora gli occhi, lui mai aveva amato Giovanna, ella, era stata solo una cotta! La persona che lui più amava era Kasdeya! Doveva fare qualcosa, dovevano aiutarla a tornare in se! Violenti gli strattoni dei tre, talmente tanto violenti che le catene scricchiolano e pargono cedere sotto l’urgenza e la rabbia che gli albini provano ma, ormai, è tardi, troppo tardi.
Barriera che riesce a bloccare anche se per poco l’inumano essere e, braccio che le fu mozzato di netto; occhi che da dorati ritornano di zaffiro, pupilla grande come una capocchia di spillo, respiro mozzato e occhi che ora lentamente si chiudono, mentre corpo cade all’indietro, tonfo sordo sul terreno e altro sangue che si va ad unire a quello di Necrysia e Saphyra, alle quali la castana è caduta accanto, morta per via dell’overdose di potere che aveva rilasciato tutta in una volta.
Il silenzio permea nella piazza, nessun suono è udibile, tutto sembra fermo, immobile, come se il tempo si fosse fermato in quel preciso istante; a rompere quella stasi innaturale, il rumore metallico di catene che si spezzano, respiri ansanti, quasi ringhi sommessi e, la carneficina da parte dei tre albini prende piede.

L’alba accolse i tre giovani albini, inginocchiati a terra stanchi e spossati, la rabbia ha lasciato il posto al dolore e allo sconforto, il sangue e il fango macchiano i loro corpi, ma non vi badano, si osservano attorno atoni. Cadaveri. Un mare di cadaveri e sangue; loro gli artefici di ciò. Vendetta! Un sentimento che porta a fare cose che mai ci si sarebbe aspettati di fare e quello, è il risultato della rabbia e della furia cieca che avevano provato in quelle ore, che li aveva fatti sprofondare in un oblio di piacere ed estasi animale che mai avevano provato.
S’alzano ora in piedi, recuperando i bracci delle ragazze e i corpi delle stesse; vento s’alza e, le ceneri del rogo di Giovanna, s’alzano con esso, circondando i corpi dei tre in una delicata carezza che sapeva di un addio; stringono le labbra e gli occhi, mentre profondo respiro prendono, avviandosi lentamente verso l’esterno di quella città ormai distrutta e, forse deserta, a parte le donne, i vecchi e i bambini che erano restati all’interno delle proprie case.
Uscirono da quel luogo di morte, dirigendosi verso un bosco ed inoltrandovisi sempre di più nel fitto; non sapevano quanto tempo fosse passato o da quanto camminassero, sapevano che c’era un posto dove dovevano cremare coloro che portavano tra le braccia per donare loro degna sepoltura.
La luna ormai era al suo zenit, i preparativi per la cremazione di quei corpi ormai ultimati; corpi che ora giacciono su strati di legna e foglie secche, mentre bracciali che le giovani portavano ai polsi sono nelle mani dei tre mezzodemoni, decisi a custodirli.
Torce che ora vengono poggiate al perfetto centro dell’altare funereo e fuoco che corre, divorando con implacabile foga tutto ciò che gli è possibile consumare. Fiamme che scoppiettano e sfrigolano, fumo che si innalza verso il cielo, odore acre di carne bruciata che s’espande nell’aria, ma i tre non vi danno peso, troppo intenti ad osservar quelle rossicce ed aranciate lingue, che lambivano quegli esili corpi, facendoli svanire alla vista.
Il tempo passava, ma i tre non si decidevano ancora ad andarsene. Ormai, il fuoco s’era estinto, nulla era rimasto di quei corpi, se non cenere che alla terra è tornata; vento che s’alza impetuoso, sollevando quelle ceneri che avvolgono i tre albini, che chiusero gli occhi.<< Addio……… vi abbiamo amato più di ogni altra cosa. >>. Triste eco del vento, dato da tre voci diverse, ma nel contempo uguali e poi, il silenzio.
Ancora gli occhi chiusi tengono gli albini, voltando le loro spalle alle ceneri delle compagne avviandosi con passo lento e sicuro verso una meta sconosciuta, promettendo, che avrebbero protetto i bracciali e coloro per cui sarebbero stati destinati al costo della loro stessa vita.



B
he ve ne pare del prologo?^^
Suggerimenti e quant’altro sono ben accetti, come anche i commenti!^^
Ora vi saluto, un bacio e al prossimo capitolo!^^

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Capitolo 2
*** X: La Ruota della Fortuna, Inizia a Girare ***


La Ruota del Destino, Inizia a Girare

E’ un po’ un casino questo capitolo, mi devo raccapezzare pure io su quello che ho scritto! Roba da matti!°° XD
Ma bando alle ciance vi lascio alla lettura del capitolo!^^



Capitolo 1°: La Ruota del Destino, Inizia a Girare

Da quel fatidico giorno, sono passati esattamente sei secoli e novantadue anni; i tre albini, in tutto quel tempo, avevano girato il mondo, acquisendo conoscenze che non molti esseri umani potevano vantare di possedere, nella vana speranza di incontrare coloro che sarebbero state le nuove portatrici dei bracciali, ma nulla accadde e, i braccialetti, restarono nelle loro mani sino a quando, nel 1858, non li perso, unici ricordi delle loro donne, ritrovandone finalmente le tracce nell’era moderna, cioè, nell’anno odierno, il 2008.

14 Maggio 2008, “Castel del Monte” in Puglia, vicino Bari. Tre pulman si stavano fermando davanti al monumento storico; da esso, si riversarono nello spiazzo un esiguo numero di ragazzi e ragazze, tra i 17 e 18 anni che chiacchieravano fastidiosamente.
I tre mezzi, arrivavano da tre scuole differenti che, si trovavano rispettivamente una in Lombardia, vicino Milano e le altre due a Ferrara.
Dal primo pulman, ne scese una ragazza dai lisci e mori capelli, lunghi fino alla vita ed espressione scazzata dipinta in viso e negli occhi bicolore, destro zaffiro, sinistro smeraldo; si guardò attorno infastidita da tutto quel casino, portandosi una sigaretta alle labbra. Era da troppe ore che non fumava.
Dal secondo, scese una ragazza dai corti e lisci capelli castano scuro, che le carezzavano con delicatezza il collo; espressione sua stanca e pacata, mentre si guardava attorno con gli espressivi occhi da cerbiatta color dello smeraldo, come se fosse alla ricerca di un punto di riferimento per scacciare il suo spaesamento.
E, dal terzo, scese un’altra ragazza dai capelli castano chiari, con qualche riflesso biondo, lisci, lunghi sino ad oltre le scapole, sulle punte mossi; espressione d’ella neutra; occhi che non esprimevano nulla se non calma e pacatezza. Nelle orecchi gli auricolari, una modalità per estraniarla dal mondo e non farle percepire il casino che quel marasma di persone stava provocando. Occhi suoi color degli zaffiri più puri e oscuri, che si guardano attorno indifferenti.
Prendono a muoversi con esasperante lentezza verso la biglietteria e, sbuffando una boccata di fumo, la mora va a prender dentro con una spalla un’altra ragazza della sua età.<< Scusami, non ti avevo visto. >>.<< Tranquilla Mely, non mi hai mica ammazzata. >>. Ironica è la voce che risponde alla mora, chiamandola familiarmente con il suo nome, facendola voltare di scatto ad osserva due occhi di zaffiro che la guardavano ridenti; prima vera emozioni che li illuminava.<< Ste?! >>.<< Beh, direi di si, mica sono mia nonna. >.<< Waaaahhhhhhh!!!!!!!!!!! Ste, che bello!!! >>. Buttò le braccia al collo della castana, che dovette indietreggiare, andando a sbattere contro ad un’altra persona.<< Oddio, scusami, ti sei fatta mal………… MILY??!! >>. La ragazza che era caduta a terra, alzò i suoi occhi di smeraldo sulle due, che la guardarono stralunate, ma poi, un sorriso a tremila denti, si aprì su quei volti, mentre aiutavano ad alzarsi l’amica, abbracciandola successivamente.<< Ma ciaooooooooooo!!!!!! >>. Fu detto in coro e, molti, delle diverse scuole e classi, si voltarono ad osservare la scena straniti.<< Non sapevo che sareste venute qui in gita. >>. Dolce e lieve è il dire di Milena, rivolgendosi alle amiche, che le sorrisero.<< Se è per quello, neanche noi lo sapevamo. Ci siamo solamente dette che dovevamo andare in gita e non i luoghi. >>. Scoppiarono a ridere, seguendo il flusso di studenti chiacchierando e scherzando amabilmente, raccontandosi un po’ come avevano passato quelle snervanti ore di viaggio e, anche di cose un pelino più divertenti e interessanti per loro.
Nel giro di una mezz’ora riuscirono ad entrare nell’antico castello, osservando tranquillamente quelle mura che ne circondavano i curati cortili; classi loro ora ferme nel giardino, in attesa che le guide arrivassero per condurre le diverse classi in giro per le sale del castello adibite alla mostra e per il castello stesso.
Aspettarono si e no una decina di minuti, quando arrivò la loro guida; già, la loro! A portare in giro quel marasma di animali, quali erano i ragazzi, ci avrebbe pensato solo un povero cristo di ragazzo; le tre, non lo invidiarono proprio.
Il ragazzo in questione, si chiamava Alessandro e doveva avere si e no una ventina d’anni, l’aspetto ordinato e un viso sempre rilassato e tranquillo, incorniciato da ricci capelli castani, vestito con dei normalissimi jeans e una canotta blu; espose concisamente e chiaramente il programma della mattinata per poi avviarsi all’interno del castello.
Era già passata un’ora da quando avevano iniziato la visita, ma nessuno fiatava o si distraeva; la parlantina di Alessandro era piacevole e non noiosa, per cui, era un piacere ascoltarlo; per ogni oggetto, quadro, bassorilievo e qualsiasi altra cosa, aveva una storia da raccontare e questo, affascinava molto i ragazzi, che pendevano quasi dalle sue labbra. Fatto strano siccome si pensava che tutto quel marasma di animali non avesse neuroni e si muovesse solo con l’istinto! Eeeeeeehhhh, i miracoli della vita, non c’è che dire.
Erano quasi arrivati alla fine della visita nel palazzo, mancavano solo le ultime tre sale e, nell’ultima quando vi passarono davanti per andare a visitare una delle poche sale rimaste, le tre ragazze, videro tre uomini molto alti, vestiti uno con un cappotto nero, un altro con uno rosso e l’ultimo di colore azzurro; tutti e tre con dei cappelli, occhiali da sole sugli occhi e colletti alti; le tre si guardarono con un sopracciglio inarcato, etichettando i tre come mafiosi. Non avendo tempo di restare lì ad esaminarli un po’ di più, scapparono velocemente nella sala dove si trovavano le loro classi, fermandosi esattamente dietro i loro professori, che si voltarono in quel momento per vedere se erano ancora lì e, con un sorriso smagliante, le ragazze annuirono tutte tranquille, tirando un mentale sospiro di sollievo allo scampato pericolo.
Passò un’altra ora, nella quale Alessandro si divertì a rispondere alle curiosità degli animali che, stranamente, avevano attivato i loro neuroni, creando un miracoloso e ordinato chiacchiericcio fino all’ultima sala; era una sala piccola, ma abbastanza ampia da contenere tutti gli studenti, sulla parete opposta all’entrata, vi stavano due grandi finestre, munite di tendaggi di damasco color blu zaffiro, il pavimento e le colonne erano di pregiato marmo nero con venature bianche e grige e, le pareti, erano di un tenue color avorio, abbellite da intonachi e ritratti di donne e uomini importanti del castello; per la sala, vi erano disseminate delle piccole o medie teche di vetro ove vi erano riposti con cura i più svariati e piccoli oggetti. Dei tre uomini che le ragazze avevano visto prima, non vi era alcuna traccia, ma non importava poi più di tanto la cosa; di certo, non li avrebbero più visti.
La guida prese a raccontare vita, morte e miracoli di ogni oggetto, ma Melissa, Milena e Stefania, non ci prestarono particolare attenzione, sino a quando, Alessandro, non esordì con voce tutta contenta, nel parlare del pezzo forte della mostra.<< E, adesso, vi voglio presentare i pezzi forti della mostra. Praticamente, sono tre braccialetti risalenti al 1415 se non anche di più! Ma la cosa che lascia davvero perplessi gli studiosi e gli storici, sono i alcuni materiali utilizzati per crearli che, a quel tempo, non erano ancora stati mai scoperti. >>. Le ragazze restarono in silenzio, strana ansia le aveva attanagliate con forza le viscere, facendo corrugar loro le fronti, ma non vi dettero alcun peso, continuando ad ascoltare Alessandro con interesse, senza sapere che, nell’angolo opposto al loro, non visti, vi stavano i tre uomini che prima avevano veduto, nascosti nell’ombra, ad osservare e ad ascoltare con attenzione il dire della giovane guida, scrutando la scolaresca, non riuscendo però a vedere le tre, che erano in fondo alla sala, nascoste in un angolo abbastanza buio.<< Il primo bracciale è completamente fatto di platino; cosa alquanto insolita e impossibile, ma è così! Al tempo, il platino non era ancora stato scoperto e, non si è ancora capito, come sia possibile una cosa di questo tipo. >>. Lieve brivido scosse Milena, che non riusciva a capire il perché di tutte quelle sensazioni contrastanti e dell’ansia che l’aveva investita così, tutta d’un tratto, facendola innervosire tanto, che, non si accorse neanche di torcersi con insistenza le mani, spostando da una parte all’altra della sala il suo sguardo in questo.<< Il secondo, è fatto di oro nero; anche qui, non si sa come sia possibile che abbiano creato questo materiale, poiché la nascita dell’oro nero è abbastanza recente. >>. Brivido percosse ora il corpo di melissa, che si strinse nelle spalle, socchiudendo gli occhi scocciata ed estremamente irritata per via della stana sensazione che stava provando in quel momento, le dava fastidio.<< Il terzo, è fatto di comunissimo argento, materiale molto utilizzato all’epoca, ma la cosa che lascia perplessi, è la perfetta conservazione del metallo, che non mostra alcun segno dei secoli che si è lasciato alle spalle. >>. Brivido scosse ora Stefania che, però, rimase impassibile e immobile nella sua postura, lasciando che le sue sensazioni si equilibrassero da sole anche, se, la cosa era abbastanza difficoltosa e complessa, poiché sembrava che stessero scappando al suo controllo.<< Questi tre braccialetti, sono circondati dal mistero. Nessuno sa chi li abbia creati e, come, abbiano fatto a conservarsi in così ottimo stato per tutti questi secoli, ma sono dei pezzi di valore inestimabile, che molti vorrebbero avere nella loro collezione, ma che mai avranno. >>. Rise Alessandro, coinvolgendo anche la classe, tranne le tre, che si guardavano con apprensione e una strana gioia e consapevolezza.<< Bene, ragazzi, la visita è finita; se volete vedere i bracciali, avvicinatevi alla teca a gruppetti di tre o quattro per volta e poi uscite. >>. Tranquilla è la voce di Alessandro nell’esporre ciò che i ragazzi devono fare e, la lenta processione, ha inizio.
Erano in molto, per cui, ci volle quasi mezz’ora prima che le tre ragazze potessero avvicinarsi alla teca, ma, alla fine, ce la fecero; passi lenti i loro, ansia ed eccitazione che si mischiavano, creando un rimescolamento contrastante di sentimenti dentro il loro esse, cuore loro in tumulto e, ad ogni passo, voce, voce contorta che le chiamava, diventando sempre più forte e insistente, che le fece cadere in uno stato di trans, ma nessuno se ne accorse, nessuno, tranne i tre giovani uomini sospetti che le ragazze avevano visto in principio che, nel vederle, erano sbiancati, restando senza ne parole ne fiato; troppo sconvolti, solo per dire o pensare qualche cosa, potendo solo restare fermi ad osservare che gli eventi, compissero il loro corso.
Si fermarono davanti alla teca le tre, ad osservare i bracciali; tutti e tre, avevano una struttura rigida solo le forme e i gioielli in essi incastonati differivano; la forma comune, era composta da un unico filamento, saldato ad una placca del medesimo materiale, percorrendone il contorno ovale, saldata nuovamente alla fine di essa, mentre, la restate parte, si univa al resto. Nel centro della piattaforma, vi stavano incastonati, per il primo un diamante di medie dimensioni, per il secondo un diamante nero e, per il terzo, una perla grigia e, ai lati dei gioielli, erano state intarsiate delle ali che, per il primo erano bianca e dalla forma angelica, per il secondo nere dalla forma demoniaca e, per il terzo, una era angelica e l’altra demoniaca.
Bracciali strani e unici nel loro genere il cui fato, ormai, era legato indissolubilmente a quello delle tre ragazze che ora stazionavano innanzi alla teca, senza muovere un muscolo, persi i loro sguardi, nell’osservare quei bracciali che le chiamavano con soave voce; una reazione, quasi impercettibile, lieve bagliore sprigionano le gemme e, la terra, prese a tremare con violenza, facendo cadere le tre ragazze a terra, che come risvegliate, si guardarono attorno confuse e spaesate, stringendosi per mano; sisma che pian piano s’acquieta e tutto torna alla normalità o, quasi.<< Ragazze, state bene? >>. Preoccupata è la voce di Alessandro, nel rivolgersi alle tre che, pallide, annuiscono incerte, venendo aiutate dalla guida al alzarsi.<< Ma…. ma che è successo?! >>. Timida e bassa è la voce di Milena nell’esporre la domanda.<< C’è stata una scossa di terremoto, nulla di grave! Ma voi vi siete fatte male? >>.<< No, stiamo bene, almeno credo……… siamo solo cadute a terra per via della perdita d’equilibrio. >>. Risposta calma e pacata quella di Stefania alla domanda di Alessandro, mente Melissa annuiva solamente, ancora un po’ stordita.<< Beh, l’importate è che voi non vi siate fatte male! >>. Presero un respiro profondo, guardando accigliate i braccialetti.<< E’ meglio che andiamo, i nostri professori saranno di sicuro preoccupati. Grazie ancora dell’aiuto. >>. Salutarono la guida, correndo fuori dalla sala, ove si trovavano i loro professori che, appena le videro arrivare illese, tirarono un sospiro di sollievo; raggrupparono le classi e, uscendo, si diressero ai rispettivi mezzi dirigendosi in albergo, sotto lo sguardo di tre paia di occhi color ghiaccio.<< Avete visto? >>. Voce possente e profonda spezza il silenzio che si era venuto a creare.<< Si, i bracciali hanno fatto reazione e………… erano loro, non vi era alcun dubbio! Avete visto che somiglianza impressionante?! >>. Voce calma spezza ora l’aria, ma una nota di gioia si percepisce in essa.<< Possiamo dire, che la nostra ricerca è conclusa. Le abbiamo trovate. >>. Voce gelida e piatta ora si innalza nell’aria, mentre i proprietari delle altre due, annuivano, scomparendo nel nulla.



Spero che questo capitolo, anche se un po’ confusionario, vi sia piaciuto!^^
Più avanti lo rimetterò a posto come si deve, non temete!^^
Lasciate qualche commento, plaeseeee!T^T

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