Kill as you can

di _Stan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Segnali dal cimitero ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo. Ricordi ***



Capitolo 1
*** Prologo. Segnali dal cimitero ***


Prologo

Segnali dal cimitero

L’inchiostro fluiva sul foglio bianco.
Conan era appoggiato alla scrivania di Goro, momentaneamente assente. Con tutta probabilità sedeva su una sporca seggiola del bar sottocasa, sorseggiando da un vecchio boccale unto quel che serviva per dimenticare una brutta settimana.
Perché quella era stata davvero una pessima settimana.
Se, in passato, il vecchio aveva suscitato nel piccolo una sorta di ribrezzo, ora non poteva fare che compatirlo. Il fatto accaduto lunedì scorso aveva davvero scosso la cronaca giapponese, certo, ma il dolore che aveva suscitato nella famiglia coinvolta  non era neanche lontanamente comparabile ad un articolo di giornale.
Ran era morta. Uccisa.  La figlia del famoso detective era stata assassinata. Il suo corpo era stato ritrovato in un vecchio paesello vicino al Monte Fuji.  Solo che Goro, questa volta, non aveva voglia di indagare. E niente, niente lo aveva fermato dal piangere. La perdita di una figlia è devastante. A lui si erano uniti Eri, poi Agasa, Kazuha e Sonoko. Perfino Ai aveva dispensato due o tre parole quasi dolci, facendo le condoglianze ad amici stretti e parenti.
“E’ come se avessi perso due volte mia sorella”, aveva commentato, prima di sparire in laboratorio.
E Conan? Shinichi Kudo come aveva reagito?
Non aveva pianto. E se lo avesse fatto, sarebbe stato solo per rabbia, per il disprezzo che provava nei confronti dell’assassino, che aveva osato spezzare una vita così giovane. Voleva solo trovare quel bastardo e fagliela pagare cara, tutto qua. 
Ed è per questo che, una volta sottratta la cartella del caso inviata a Goro dalla polizia, accantonata sotto delle scartoffie in un cassetto polveroso, segnava qualsiasi cosa fosse lontanamente rilevante: ora del decesso, abiti indossati dalla vittima, luogo di ritrovamento e quant’altro.
Passò un’ora ad annotare dati su dati. Poi si rese conto che, sì, sicuramente stava facendo un ottimo lavoro, ma starsene a crogiolare nell’ira con la schiena che, rivolta verso la finestra, friggeva sotto i raggi di un “tiepido” sole d’agosto, non sarebbe servito a nulla.
Doveva indagare, come aveva sempre fatto.
Doveva sapere perché.

 


“Perché siamo venuti qua in campeggio?” domandò eccitata Ayumi,  rimirando il panorama del monte Fuji con il naso spiaccicato sul vetro della Volkswagen giallo canarino. “E’ proprio un bel posto!”
Conan deglutì ed Ai gli posò una mano sul ginocchio.
I Detective Boys non sapevano nulla. Per loro Ran era partita per l’America, perché finalmente era riuscita a rintracciare Shinichi.
Il dottor Agasa aveva detto che non era il caso di sottoporli ad un simile shock, ed Ai era stata perfettamente d’accordo. Dopotutto, avevano solo sei anni. Non era il caso di minare la loro serenità durante un periodo di tale spensieratezza quale era l’infanzia, che Haibara rimpiangeva ormai con ardore.
Quindi, per i piccoli quella era semplicemente una delle tante gite di piacere. Invece, per Kudo si sarebbe rivelata una permanenza piena di sorprese.

 

 

“AI! CONAN! Dove andate?” sopraggiunse quasi subito l’urlo di richiamo dei Detective Boys, appena i due interpellati iniziarono ad avviarsi sulla strada che portava dallo spazio adibito alle tende al paese di Fujiwara.
“A fare un giro” rispose atono Kudo.
I tre si guardarono spiazzati: li stavano abbandonando?
“Vieniamo anche noi!” disse Genta, mentre addentava il suo spuntino.
Agasa li ammonì. “Ragazzi, aiutatemi a piantare i nostri alloggi: lasciate andare Conan ed Ai da soli, sanno badare a loro stessi”
I due finti-bambini accolsero l’invito nell’ immediato rincamminandosi a passo svelto verso l’agglomerato di casupole poco più in là, accompagnati dallo sguardo geloso di Ayumi.
"Ai, molla il mio Conan"




“Allora, dove vuoi andare?” chiese Ai al piccolo detective.
“Sul luogo di ritrovamento, ovvio”
Quando giunsero nella viuzza stretta dove era stato rinvenuto il corpo, Conan esaminò l’ambiente con il suo solito fare meticoloso. Scorse una macchia di sangue su una mattonella che componeva un edificio molto rustico. Le porte della casa erano coperte da delle tende a righe rosse che svolazzavano, lasciandosi trasportare dal vento che filtrava nella stradina. Un anziano era seduto su una sedia, vicino ad un uscio qualche metro più in là. Non c’era nessuna presenza compromettente, potevano parlare liberi da qualsiasi freno.
“Kudo!” lo chiamò a gran voce Ai, rimasta leggermente indietro. “Trovato qualcosa d’interessante?”
“Nulla per ora”
A dir la verità, qualcosa d’interessante c’era. L’anziano, ad udir quel nome, spostò lo sguardo verso il bambino dagli occhi azzurri, insoliti in Giappone. Conan se ne accorse, e lasciò che il vecchio gli si avvicinasse.
“Tu sei il signorino Kudo?”
La voce era rauca, ma impostata in modo del tutto amichevole.
Conan rimase spiazzato da quella domanda. Qualcuno gli aveva forse parlato di un bambino, identificandolo come Shinichi Kudo? Questa non ci voleva. Tuttavia, annuì.
“Ho una lettera per te. Una ragazza me l’ha lasciata, circa due settimane fa.”
Quegli insoliti occhi azzurri si sgranarono sorpresi.

 



“Caro Conan (o Shinichi Kudo, non ha importanza),
so che ormai la mia morte è vicina. E’ questione di giorni.
Volevo solo dirti di non immischiarti in questa faccenda: per una volta è qualcosa da cui non puoi venire a capo, anche se si tratta di qualcosa che già, alla fine, perfettamente conosci. Ma sanno e so più di quanto pensi. Sono conscia del fatto che disilluderti dal tuo bisogno d’investigare è qualcosa di quasi impossibile, ma ti prego… lascia perdere. (So anche che cercherai di decifrare questi miei caotici pensieri).
Io ho fatto un salto in un dirupo, un salto nel vuoto, nell’oscurità. Non so cosa mi aspetti oltre la morte, ma l’ho fatto per te. Per proteggerti.
E come vedi, in questi giorni non sto uscendo con Sonoko, ma sono in questo paesino disperso nei monti… lo so, sono una bugiarda, ma ripeto: l’ho fatto per te.
Ti voglio tanto bene,
Ran.
P.s. Sto iniziando a sviluppare una doppia personalità.”

 

 


Eccoci qua!
Wow, la mia prima FF, sono eccitatissima, ahah.
Sinceramente non so cosa aspettarmi, ma vi prego di essere clementi. Il mio stile non è il massimo, e me ne dispiaccio, però spero di migliorare progressivamente durante questa storia. ^_^”
Grazie mille per aver letto il capitolo e per avermi sopportata,
Stan_ 

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Capitolo 2
*** Capitolo primo. Ricordi ***


Ehi!
 Sono tornata con il primo e vero proprio capitolo.  Ho deciso di ribattezzare col nome di prologo l’aggiornamento precedente, perché trovavo che introducesse semplicemente la storia.
 Ringrazio in particolar modo Son Gohan – che ha recensito il prologo – e tutti quelli che hanno inserito fra le preferite o seguite questa fanfiction (ossia Aya_Brea - della quale ho scoperto una fanfic attualmente in corso che vi consiglio – HOLLY2530 e Kath3rine).
Lo giudico un buon inizio *_* haha <3
Stan_


 


 
 
 
 
 

 Capitolo primo

Ricordi

 
Conan rilesse più volte la lettera di Ran sotto lo sguardo acuto della piccola scienziata. Era palesemente sotto choc. Ancora non ci credeva. Come aveva potuto scoprire il suo segreto che custodiva gelosamente dai suoi occhi? E perché si era buttata nelle fauci aguzze della morte così impulsivamente?
Molte domande senza risposta gli balenavano in testa. Decisamente troppe.
La cosa peggiore, però, era la strana sensazione che si era librata e veleggiava ancora nel suo petto. Le sue costole, il suo cuore erano scossi dal senso di colpa. Per la prima volta in quella settimana realizzò che la morte di Ran non era stata un evento casuale, totalmente fortuito; no, era decisamente razionale,  accaduto con uno scopo: nascondere qualcosa. Probabilmente la sua identità di Shinichi Kudo, che ancora non si capacitava come avesse potuto intuire.
La mano di Conan vacillò per la prima volta, nel mettere la lettera in tasca.  I grandi occhi di Ai seguirono ogni suo movimento, prima di volgere un’occhiata al vecchio signore in cannottiera e ciabatte.
“Posso chiederle” iniziò, in modo del tutto cordiale ma freddo. “Come, quando e perché è venuto in possesso di questo testo?” completò la bionda, fissando il volto dell’anziano.
Conan sospirò, mentre aspettava con impazienza la risposta al quesito, che in silenzio anche lui gli aveva presentato  nella sua mente, mentre leggeva il messaggio della sua amica d'infanzia.
L’uomo sorrise.
“Entrate in casa, prego”


 
 
 
“Vado a prendervi un bicchier d’acqua, bambini”
Il pavimento era rivestito da una soffice moquette color lavanda, che diffondeva una piacevole fragranza fiorita. I mobili erano curati, lucidi, senza il minimo granello di polvere, privi di ditate o macchie. Nel soggiorno, addossata alla parete rivolta verso nord, stava una grande vetrina. Conan le si avvicinò, incurvando leggermente i piedi sulle punte per poter vederne meglio il contenuto. Era piena di grosse anfore di cristallo cromato, riempite di liquidi che andavano dal color mogano al trasparente. Alcolici, senza ombra di dubbio. Alcolici pregiati, da consumatore di classe, sicuramente non da ubriacone da pub come Goro. Accennò un sorrisetto. Chissà cosa stava facendo ora Mori. Probabilmente si accingeva ad iniziare l’ennesima partitona a poker. Scosse la testa e continuò ad osservare gli interni di quella casa, che da fuori sembrava così sciatta e malconcia –  e di conseguenza si confondeva perfettamente con gli altri edifici nella via; una volta varcatane la soglia, però, se ne scopriva il lato elegante.
Fece ancora qualche passo a fianco della vetrina.
Ai lo raggiunse. “Sembra che il nostro amico sia un collezionista”
Conan si accigliò. “Chi mai collezionerebbe drinks?”
“Oh” commentò Ai, simulando indifferenza. “I miei genitori lo facevano. Per loro ovviamente avevano un significato. Ostentavano una certa predilezione per ogni varietà di sherry” incurvò ironicamente le labbra e si avviò verso un comò, con le mani giunte dietro la schiena.
“Piuttosto... guarda qua, Kudo”
Sul comò alla quale si era avvicinata erano posate diverse cornici spesse, d’argento, con trame di classe. I soggetti delle fotografie variavano, ma si ripeteva un numero non trascurabile di volte l’immagine di una ragazza mora, con un ciuffo sbarazzino e due espressivi occhi chiari. Stringeva a sé un peluche di proporzioni assurde, probabilmente vinto ad una fiera, e il suo sorriso rischiarava l’immagine.
Il sangue cessò di scorrere nelle vene di Conan. Ran? No, non era possibile, eppure lei, la sconosciuta che abbracciava l’orsacchiotto, le era inverosimilmente analoga.
“Era bella, vero?”
Il vecchio sorrise mostrando la dentiera, come di rimando a quella giovane che lo guardava dalla cornice.
“Ecco la vostra acqua. E, tra parentesi, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Gosho e lei era la mia nipotina Akane”
Shiho sorseggiò il contenuto dal suo bicchiere. 
“Come mai ha detto ‘era’?” chiese, sottolineando il particolare con arguzia.
Gosho abbassò lo sguardo. “Oh, spero sia ancora viva. In realtà non la vedo da molto. E’ scappata di casa due mesi fa o più. Ora vive in America, credo. Non so come possa essere adesso, mi riferivo al periodo in cui è stata scattata l’immagine: quindi ho usato un tempo verbale al passato… anche se per me sarà sempre bella”
Conan trovò la risposta decisamente strana. Non il contenuto in sé, ma la pienezza dei dettagli che aveva fornito l’uomo. Troppi, troppi ed inutili per una conversazione del genere. Per un attimo, ebbe la sensazione che anche lui avesse qualcosa da nascondere; poi la accantonò. Doveva pensare a Ran.
“Cosa ha da dirmi sulla lettera che mi ha consegnato poco fa?”
L’anziano sospirò. “Devo dirti che quando la ragazza – Jan,  forse?”
“Ran” puntualizzò Ai.
“Ok. Quando Ran ha bussato alla mia porta, mi si è fermato il cuore. Credevo che Akane fosse finalmente tornata a casa. Come avrete senz’altro notato, la somiglianza fra le due è strabiliante”
Conan annuì.
“Poi però lei si è presentata. A quel punto ho pensato che volesse un riparo per la notte. Era piuttosto tardi per andarsene in giro per i monti con un acquazzone del genere. Fuori pioveva a dirotto ed erano le nove di sera. Invece lei mi ha solo consegnato la lettera per te, piccolo, nel caso passassi da queste parti. Quando è stato ritrovato il suo cadavere, quasi una settimana dopo, mi è molto dispiaciuto”
Conan teneva le braccia conserte, con il capo rivolto verso il terreno. Ai si dondolava da un piede all’altro. “Non ha avuto dubbi che si trattasse di Akane, il giorno del ritrovamento?” domandò, socchiudendo appena le palpebre sulle iridi di ghiaccio.
“No”, rispose Gosho. “Ran indossava un abitino blu e degli stivaletti bianchi: gli stessi abiti di quando l’avevo vista la prima volta”



 
 
Il cielo si era oscurato all’improvviso. Era ormai notte. Il dottor Agasa  ed i Giovani Detective erano avvolti dai loro sacco a pelo, in una radura dove il gracchiare delle rane era più insistente che mai. Vicino c’era un piccolo stagno, nel quale vagavano delle ninfee coloratissime con le quali Mitsuiko si era divertito a giocare nel pomeriggio.
Conan chiuse la zip della sua tenda. Era rispettivamente anche quella di Ai e Genta, il quale già dormiva.
“Che ne pensi, Ai?” bisbigliò Kudo. I suoi sussurri erano coperti dal profondo russare del terzo inquilino.
La bambina si aggiustò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. “Gosho non mi convince. Senza dubbio nascondeva qualcosa oggi, credo riguardo sua nipote. Certo, siamo dei perfetti estranei ai suoi occhi, ma siamo dei bambini, almeno in apparenza. Almeno che lui non sappia di più, il che è un’altra possibilità”
Conan annuì. “Forse”
“E poi…” continuò Shiho, “c’è un’altra cosa che non capisco. La sua totale mancanza di dubbi sull’identità del cadavere. Perché non avrebbe potuto essere Akane? Le due ragazze sono sosia una dell’altra. La risposta però ce l’ha data: Ran era vestita nello stesso modo rispetto al giorno in cui ha bussato alla sua porta. Potrebbe sembrare logico, ma non lo è affatto. Com’è possibile che una ragazza, a distanza di una settimana, indossi ancora lo stesso abito? Certo, potrebbe averlo alternato con degli altri, ma la cosa che più mi sorprende è che il tutto sembra fatto apposta. Prima Ran si presenta agghindata in un certo modo da questo tizio, e gliela uccidono sottocasa indossando gli stessi abiti. Tutto questo per…”
“… togliere ogni sospetto sul fatto che Ran sia morta” concluse Shinichi, scuotendo la testa. “Ma certo”
L’aveva letto, nel rapporto della centrale, ciò che indossava il cadavere. E coincideva con la testimonianza del vecchio.
“Quindi mi chiedo se a questo punto lei sia davvero stata assassinata” Ai si squadrò le mani, ruotandole leggermente.
Sbadigliò. “Notte, Kudo”

 

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