Distance isn't always a Beast.

di WarriorNSN
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lei mi aveva capita ***
Capitolo 2: *** conoscenze ***
Capitolo 3: *** «...lui è Justin.» ***
Capitolo 4: *** i feel like in high school musical. ***
Capitolo 5: *** ti ho adorata già dal primo istante. ***
Capitolo 6: *** «Chi sono?» «Sei il lupo mangia frutta.» ***
Capitolo 7: *** > ***



Capitolo 1
*** Lei mi aveva capita ***


                                                

Nuovo posto, nuova gente, una sola ragazza a farmi compagnia: mia cugina. Obbligata dal non aver nessuno, dovetti per forza accettare un passaggio a scuola con lei, nella sua macchina che sembrava fatta apposta per una barbie. 

Non che mia cugina non mi piacesse, semplicemente non mi andava di andare a scuola e tantomeno con lei, così che la gente potesse pensare che ero “facile”, proprio come mia cugina.
Erano appena finite le vacanze natalizie e l’aria gelida del Canada pizzicava le mie guance rossastre, l’unica parte del viso –esclusi gli occhi- a non essere coperte a più non posso dalla sciarpa e dal cappello di lana.
Impaziente, tamburellavo con le unghia sul pesante jeans rosso che mia madre aveva appositamente comprato per il mio primo giorno di scuola. “Comportati bene e non uccidere nessuno”, mi raccomandò ridacchiando, prima che uscissi dalla porta principale e mi stampasse un delicato bacio a schiocco sulla fronte, mia mamma.
Mi sporsi sulla strada per controllare se da uno dei due angoli della strada fuoriuscisse la decappottabile di Marie, mia cugina, ma ancora nulla.
Marie era alta, i suoi capelli erano lunghi e neri e i suoi occhi erano azzurri come il mare. Il suo fisico sembrava uno di quelli delle modelle che si vedono in tv e che sfilano per i più grandi stilisti.
Dopo qualche minuto ancora, dalla svolta sinistra della strada, l’“adorabile” decapottabile rosa shock di Marie si fermò proprio davanti casa mia, mentre lei mi salutava sorridente con la mano. 
«Scusa per il ritardo, ma c’era traffico.» Si scusò, mentre avvicinandomi sempre di più all’automobile liberava il sedile dal bicchiere Starbucks. 
«Certo, il traffico…» Borbottai a bassa voce, mentre i miei occhi puntarono il cielo automaticamente. Aprii lo sportello e mi accomodai sul sedile in pelle bianco e ricoperto di brillantini. 
«Cosa, tesoro? » Mi sorrise in modo gentile. Agitai la mano in aria come per dirle che non era importante e partì così velocemente da far scontrare in modo violento la mia schiena col sedile.
Mentre con una mano teneva il volante, l’altra l’allungava verso il cruscotto dove vi era appoggiato un pacchetto ancora chiuso di sigarette. Me lo porse e glielo aprii, prese la sua sigaretta e la incastrò tra le sue labbra, accendendola. 
«Jamie…» Mi voltai verso Marie, che aveva pronunciato il mio nome con un velo di tristezza nel tono. Le chiesi gentilmente cosa volesse, sorridendole. 
«Com’è stato lasciare tutto ciò che avevi e cominciare di nuovo da zero, fingendo un sorriso che sembri spontaneo giorno dopo giorno? Insomma, magari gli altri credono ai tuoi ‘sto bene, grazie’, ma se ti guardassero davvero negli occhi, farebbero proprio come me.» Era davvero mia cugina, quella ragazza? Era la prima volta che le sentivo fare un discorso serio, e in tutta onestà non sapevo e ne pensavo potesse leggere le persone. Mi limitavo a pensare che al massimo sapesse leggere le lunghezze senza l’uso del righello, tanto l’occhio oramai era abituato. Nel frattempo posteggiò la macchina davanti ad un enorme edificio, il liceo di Stratford.
Alzai le spalle e gli occhi al cielo per non far scendere le lacrime. Mi guardai le mani, sospirai e mi leccai le labbra. Non potevo tenermi dentro tutto per sempre. «Lasciare tutto è stato…» Mi fermai un secondo, sperando che quei pizzichi agli occhi cessassero. «…è stato orrendo.» conclusi, tutto d’un fiato.
Mi affiancò e mi strinse nelle spalle, lasciandomi un bacio sulle tempie mentre varcavamo il cancello del grande edificio. Subito dopo una mandria di persone circondarono Marie, cercando di rimorchiarla in tutti i modi, ma nulla. Lei li scansò e si mise nuovamente al mio fianco, accompagnandomi in presidenza.

Leggimi!
Ehi guuuuuuyz!
Ammetto di essere abbastanza in ansia! Eè la prima storia che pubblico e il primo capitolo
è più una specie di introduzione e ammetto che non sia il massimo, scusate. Spero
che nonostante la poca decenza leggiate anche il secondo e lasciate una bella recenzione, o anche una critica
da cui io possa imparare.
Seguitemi su twitter, sarò grata di rispondervi e vi seguirò con piacere
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Capitolo 2
*** conoscenze ***


«Allora, chi si offre volontario per accompagnare Jamie alla mensa?» Chi alzò la mano non mi sembrava così tanto affidabile, quindi sorrisi grata alla professoressa Chan, ma rifiutai dicendole che qui avevo una cugina e potevo benissimo cavarmela da sola fino a quando non l’avrei trovata.
-Drììn- 
Mi alzai velocemente dalla sedia, portandomi al petto il libro di biologia e uscii dall’aula così come mi alzai. Per i corridoi tutti mi fissavano come se il telegiornale avesse appena annunciato che io ero un'assassina cannibale, così mi diressi velocemente al mio armadietto, inserii la combinazione e posai il libro di biologia scambiandolo con quello di letteratura, la lezione che si sarebbe tenuta l’ora successiva al pranzo.
Mentre tutti si dirigevano alla mensa, io preferii uscire fuori in cortile e sedermi su una delle panchine abbandonate dagli studenti durante quel freddo periodo dell’anno. Alzai il cappuccio della mia felpa e aprii WhatsApp, trovando un messaggio di Marco, il mio ex-fidanzato. Ci eravamo lasciati per la distanza. C’era un oceano a separarci per un’intera vita, non per un mese o due, ma decidemmo di rimanere amici perché ci eravamo lasciati per una buona causa ma ci volevamo ancora bene in modo speciale.
“Oggi cominci la scuola, eh?! Fammi sapere se ci sono bei ragazzi che hanno attirato la tua attenzione e come ti trovi ;)” 
Risi e gli scrissi, nonostante lì in Italia sarebbe stata notte o appena, appena il sole si stava innalzando sui loro cieli.
“Ancora nessuno ha attirato la mia attenzione, scemo! Fino ad ora non posso lamentarmi di nulla!” Chiusi l’applicazione e poggiai la mia testa sul tavolino in legno, con gli occhi fissi al cellulare mentre creavo una nuova playlist e collegavo le cuffiette, ascoltando le canzoni prescelte. 
«E’ viva?» Staccai le cuffiette dalle orecchie subito dopo che sentii qualcuno colpirmi con qualcosa il bacino. Mi alzai e acchiappai subito il libro di letteratura e il telefono, tirandomi indietro. 
«Scusa, pensavamo fossi morta.» Aggrottai la fronte e abbassai il cappello della felpa, aggiustando minimamente i capelli, tanto per rendermi presentabile. Rabbrividii al pensiero che qualcuno mi credesse morta. 
Scrollai le spalle e mi schiarii la voce. «Oh, stavo solo ascoltando della musica.» Balbettai, tirandomi ancora indietro finendo per terra. Uno dei quattro ragazzi mi porse la mano, sorridendomi e, alzandomi da terra, lo ringraziai.
«Io sono Mitch.» 
«Jamie.» Strinsi la mano che mi aveva porto e presi il telefono sentendo vibrare qualcosa nelle mie tasche. 
“Dove sei finita? Marie, xx.” – “Sono in cortile, tranquilla (: xx.”
Alzai gli occhi e vidi un ragazzo dai capelli rossi dare una gomitata al moro, Mitch. Sorrisi vedendo che non appena si accorse del mio sguardo su di lui guardò per terra e le sue guance si colorarono di rosso, e non per il freddo. 
«Loro sono Ryan,» indicò il ragazzo dai capelli rossi. «Nolan e Chaz» strinsi la mano agli altri ragazzi. -Sono appena arrivata a scuola e ho già fatto conoscenza con quattro ragazzi... carino!- pensai, sorridendo. Pensarono che il mio sorriso era rivolto a loro, così lo ricambiarono. Sembravano così dolci. Mi dissero di sedermi al tavolo con loro, e così feci. 
«Non ti ho mai visto qui a scuola.» Disse Chaz, addentando un pezzo del suo panino. Gli sorrisi, poggiando il telefono sul libro. 
«Non sono di qui.» Mi limitai a dire, non volevo aggiungere altro della mia vita. Non volevo annoiarli e onestamente non volevo fare nemmeno certe confidenze –anche se con così poco valore- a persone che avevo appena conosciuto. Sarebbero arrivati alla fatidica domanda: "Com'è stato lasciare tutto?" ed io non avevo voglia di rispondere, non credo avrei avuto la stessa forza della mattina.
Uno di loro si alzò, credo Nolan, e abbracciò una ragazza alta quanto lui, baciandogli la guancia, ma fu spinto subito dopo dal ragazzo che era a braccetto con la mora. Gli altri ragazzi risero. «Amico, sai che siamo solo amici.» Alzò le mani come per giustificarsi. 
Il display del mio iPhone si illuminò nuovamente mostrando l’ID “Marie”. Cercai di tappare le casse con la mano e non far sentire "This song saved my life" dei Simple Plan, ma tutti puntarono i loro occhi verso di me nemmeno due secondi dopo che la canzone partì. «Scusate,» dissi, prima di alzarmi e distanziarmi un paio di metri. «pronto, Marie?», sospirai e feci una smorfia sentendo la sua voce acuta dall’altra parte del telefono.
«Jamie, dove sei?» Sbuffai. Non ero una bambina.
«Ti ho già detto che sono in cortile, e poi non trattarmi come una bambina solo perché mia madre ti ha chiesto di tenermi d’occhio. Non sopporto ciò.» Mi lamentai brontolando e la sentii ridere, così sorrisi.
«Non senti freddo?» Mi chiese, cercando in tutti i modi di farmi andare da lei in mensa. Alzai gli occhi al cielo.
«No, Marie, grazie.» Ridemmo lievemente. «Va bene, ma stai attenta!» Mi avvisò prima di chiudere la chiamata. Guardai lo sfondo malinconica.
FLASHBACK*
«Pretendo una foto di gruppo.» Urlò Chiara, agitando la sua reflex in aria. Andò verso uno dei turisti di Piazza di Trevi e chiese se avesse potuto farci una fotografia e lui accettò. Ci posizionammo tutti sulle scalinate, mi stavo alzando per poter abbracciare le mie amiche ma Marco mi tirò a se, seduto sulle scale, baciandomi proprio quando quel signore stava scattando la foto. 
«Ti amo, non dimenticarlo mai.» Sussurrò, con la voce rotta dal pianto. Con l'indice alzai il suo mento per poterlo guardare negli occhi e posò delicatamente la sua fronte sulla mia. Subito dopo una lacrima gli rigò il viso e gliel’asciugai col palmo della mano. «Ti amo anch’io.» Poggiai la testa sull’incavo del suo collo e lasciai spazio alle lacrime, tristi, dolorose, così tanto amare da sentirne il sapore una volta che scivolarono calde e veloci sulle mie labbra, mentre, ignare, mi segnavano duramente lasciandomi un dolore immenso, una voragine che si sarebbe risanata con una data non precisa, chissà quando e come, chissà con chi o con cosa, ma in quel momento non mi importava perché mancavano solamente pochi mesi e poi avrei lasciato loro, i miei parenti, tutta la mia vita in quella città, la Mia bellissima città, Roma.
FINE FLASHBACK*
Tirai su col naso e respirai profondamente, asciugai le lacrime che avevano bagnato il mio volto e cercai di mandare indietro quelle che appena bagnavano i miei occhi. Tornai al tavolo ancora con un nodo alla gola e nonostante fossi in compagnia mi sentivo terribilmente sola, così abbassai lo sguardo e rimasi in silenzio per il resto del tempo che rimaneva mordicchiandomi il labbro inferiore e cercando di non piangere. Alzai un attimo lo sguardo sfocato per colpa delle lacrime e incrociai gli occhi del ragazzo che si era unito al gruppo poco dopo che io e gli altri ragazzi prendemmo posto. Lo riabbassai immediatamente, vedendo nel suo sguardo che cercava di studiare il mio comportamento. Notando i miei occhi lucidi corrugò la sua fronte e subito dopo la rilassò, sorridendomi. Alzai lo sguardo e gli sorrisi, non gli avevo mai rivolto parola, non sapevo nulla di lui, neppure il suo nome, ma i suoi occhi che parevano cascate di miele mi trasmettevano serenità, sicurezza. Il suo sorriso perfetto, quasi faceva invidia al sole, per un po' colmò il vuoto che sentivo all'altezza del cuore, ma questo non impedì o affievolì il fatto che mi sentissi sola, perché non avevo nulla, mi mancava tutto... il mio tutto.

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Capitolo 3
*** «...lui è Justin.» ***


Chiusi il computer e spensi le luci della mia camera. «Si, mamma, sono pronta anch’io.» Infilai il cappotto barcollando mentre scendevo le scale e uscii di fretta dalla porta principale di casa mia, chiudendomela alle spalle. Strofinai le mani sulle braccia e sospirai quando il freddo sfiorò il mio viso. Non ero abituata a tutto questo freddo, così mi infilai velocemente in macchina, che mamma aveva già acceso, dove vi erano i riscaldamenti attivati e potei rilassarmi.
Woods Street era a qualche isolato da casa mia, quindi non ci volle molto per arrivare a casa di Marie. Bussammo e sua mamma, mia zia Catie, ci venne ad aprire. Da italiana che si rispetti, tenevo molto al mio abbigliamento, così mia zia mi chiese se stessi andando ad un appuntamento. Abbassai il viso e scrutai le mie vesti: un jeans chiaro, delle Nike bianche, una camicia dello stesso colore e un cappotto nero. «Per noi è più che normale, zia, quindi se adesso mi faresti entrare ti sarei debitrice a vita visto che sto letteralmente congelando.» Le sorrisi calorosamente e le schioccai un bacio sulla guancia, mentre lei mi faceva spazio per entrare. Sfilai le scarpe e le misi nella scarpiera degli ospiti, guardandomi attorno subito dopo per cercare Marie. Era sicuramente in camera sua. Tolsi il cappotto e lo appesi sull’appendiabiti, guardandomi ancora attorno sperando che la figura di quest ultima comparisse anche dal nulla pur di evitare di salire le scale. 
«Tua cugina è in camera sua.» Sussurrò mia zia, venendomi alle spalle. Sussultai e mi portai una mano sul cuore, che andava a mille. La sua voce sembrava quella di un assassino o uno stupratore. Le sorrisi e, anche se con malavoglia, salii le scale quasi correndo, arrivando velocemente alla porta della camera di mia cugina. 
Sentii delle risate da fuori, ma non mi importava così mi inoltrai senza nemmeno bussare. «Ehi!» Mi salutò mia cugina, ancora ridendo. Mi guardai attorno e gli stessi ragazzi che mi avevano fatto compagnia durante il pranzo erano sparsi per la camera, alcuni seduti sul letto, altri sulle sedie e chi, invece, sedeva per terra. 
«Ragazzi, lei è mia cugina Jamie…» la interruppi, «sanno già come mi chiamo.» le sorrisi e mi sedetti sulla sedia girevole, accavallando le gambe. Mia cugina guardava me e poi loro, interrogativa. Stava per aprire bocca, quando la precedetti. «Sono stata con loro oggi a pranzo.» Mi sorrise maliziosa «capisco perché non volevi venire.» rise. Corrugai la fronte e alzai gli occhi al cielo, mentre gli altri ridevano. «Guarda che non mi interessa nessuno.» Feci tacere tutti e mi leccai le labbra, sospirando. Spostai lo sguardo verso i ragazzi seduti sul letto e trovai Ryan, Chaz e il ragazzo che venne poi con la mora che mi guardavano. Gli sorrisi e loro ricambiarono. 
«Comunque, non so ancora i vostri nomi.» Dissi, puntando il dito contro la mora e il ragazzo che era assieme a Ryan e Chaz sul letto. 
La ragazza sorrise, «Io mi chiamo Jazmyne e lui è Justin.» Disse, indicando col pollice Justin. Lei aveva dei lineamenti fini e gli occhi verdi, era bellissima. Justin, invece, aveva quegli occhi color caramello che la mattina mi fecero sentire meglio, un naso perfetto e delle labbra a cuoricino e carnose belle tanto quanto il sorriso che incorniciavano, anch’esse perfette. «State insieme?» Gli sorrisi dolcemente, mentre gli altri risero. Aggrottai la fronte e Jazmyne mi disse che erano fratelli. «oh, scusate, solo che siete stupendi assieme.» dissi imbarazzata, mentre loro sorrisero.
 
«Oggi hai detto che non sei di qui, da dove vieni?» Chiese Ryan, mentre uscivamo in giardino. Presi posto sul dondolo e mi voltai a guardarlo. Mi sedeva affianco. 
«Vengo dall’Italia.» sorrisi a malapena. Tutti si voltarono verso di me, eccitati all’idea che io venissi da un posto così tanto “meraviglioso”, come lo definivano loro. Ma smontai subito le loro idee, era bella da vedere ma non da vivere, a parer mio.
«Hai rovinato il mio sogno, lo sai?» Sghignazzò Justin, attirando la mia attenzione. Ridacchiai e mi leccai le labbra. «Mi dispiace,» gli sorrisi. «ma dovresti ringraziarmi, davvero, ti ho fatto risparmiare soldi inutili.» conclusi, notando con la coda dell’occhio che Marie alzò gli occhi al cielo. Mi voltai ridendo. 
«Sei per caso contraria?» Sbuffò e agitò in aria la mano. «Si, lo sono.»
Continuò dicendo che l’Italia era perfetta, che c’era stata più volte ed era una specie di paradiso, ma ribattei dicendole che comunque se l’avesse vissuta non le sarebbe piaciuta tanto quanto me. Cominciammo una specie di battibecco e i ragazzi si misero a ridere. 
«Eri fidanzata?» Mi voltai verso Jazmyne e la guardai nei suoi occhioni verdi, mentre i miei davano risposta alla sua domanda senza nemmeno lasciarmi aprire bocca. 
«Jaz!» La rimproverò Marie, mandandole uno sguardo duro. 
«Marie, è tutto okay, davvero.» Feci un respiro profondo e lo trattenni per un po’ prima di buttare fuori l’aria che tenevo dentro. Abbassai lo sguardo, ma lo rialzai subito dopo. Era dura, ma dovevo farcela, non potevo continuare così. Avrei vinto io. «Si.» Gli sorrisi forzatamente. Vidi che mi stava per fare un’altra domanda, ma si fermò tirandosi indietro. «Vuoi sapere come si chiama?» Annuii velocemente, sorridendomi per poi guardare oltre la mia spalla, Marie. Feci un altro lungo respiro e parlai. «Si chiamava Marco, e comunque puoi farmi tutte le domande che vuoi, penso che parlarne mi possa aiutare a stare meglio.» Gli sorrisi. Mi leccai il labbro e lo morsi. Marie mi accarezzò la spalla. 
«Jamie, dobbiamo andare.» Urlò mia mamma, in italiano. «Okay.» Guardai i ragazzi, «devo andare.» tradussi, prima di salutarli e andare via. Mi piacevano quei ragazzi. Non solo l'aspetto fisico, che devo dire non era niente male, era quello che mi piaceva. Non sapevo nulla di loro, ma mi ispiravano fiducia e simpatia, facendomi sperare che questo rapporto sarebbe sbocciato e durato a lungo.
Leggimi, sono importante anch'io!
Salve, bella gente! Sono arrivata al mio terzo capitolo ed è una cosa dolcissima. Grazie per le due recensioni
che sono state davvero dolcissime. Seguitemi su twitter, dolcezze, e ditemi che leggete la storia. Ricambierò il Follow #giveback
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Bacioni, Giada! <3

 

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Capitolo 4
*** i feel like in high school musical. ***


Oggi avevo la mia prima lezione di teatro e non sapevo davvero da dove cominciare, ma fortunatamente ci sarebbe stata anche Marie con me.
“Davanti la caffetteria alle dieci meno un quarto” mi aveva detto. Erano meno dieci e di lei nemmeno l’ombra, sentii la sua risata e sorrisi, sospirando sollevata. Non avrei fatto tardi alla mia prima lezione di teatro!
«Con comodo.» Dissi ironica, a mia cugina che si era precipitata su di me scocchiandomi un rumoroso bacio sulla guancia. Ridacchiò e mi strinse a se.
«Colpa mia!» Guardai oltre la sua spalla e notai Justin, che mi sorrise subito dopo. Ricambiai il sorriso e presi Marie sottobraccio, e insieme ci dirigemmo in auditorium, laddove si sarebbe tenuta la lezione.
«Allora, piccola. Prima lezione, eh?» Chiese Justin, avvolgendo il suo braccio sulle mie spalle e cingendomele. Sussultai al suo gesto inaspettato, ma subito dopo mi rilassai, sorridendo.
«Si.» Varcammo la porta e sentivo gli occhi di Justin addosso. Era piacevole, ma imbarazzante e le mie guance avvamparono. Mi sentivo a disagio, non me lo aspettavo... Non con così poca confidenza, insomma, ma se era usanza del luogo -ed io speravo di ambientarmi il prima possibile- lo lasciai fare. I miei occhi si sgranarono non appena, varcata la porta, mi accorsi come i film raffiguravano tutto alla perfezione. Le sedie rosse, il palco enorme, il sipario. «Ti piace tutto questo, piccolina?» Chiese Justin, notando che osservavo tutto con tanto stupore. Annuii elettrizzata e mi voltai verso Marie, con ancora il braccio di Justin sulle mie spalle.
«Perché non mi hai parlato di tutto questo? Mi sarei trasferita qui prima, Dio!» Esclamai, agitando le mani. Eravamo i primi ad arrivare. Rise e alzò le spalle, come per rispondermi. «Mi sento in High School Musical.» Esclamai, guardando il tutto con occhi sognanti e con un enorme sorriso sul viso. Marie e Justin risero, ed io sorrisi imbarazzata accorgendomi che quello che avevo detto era una completa baggianata.
«Roy, Bieber!» Li richiamò una voce roca, alle nostre spalle. Ci voltammo e davanti mi ritrovai un ragazzo alto e muscoloso, con un sorriso mozzafiato e la carnagione ambrata. I suoi occhi erano verdi e i suoi capelli biondo-cenere. Tutto il contrario da ciò che mi aspettavo di trovare: un uomo grasso e bassotto, con gli occhiali sul naso e dei fogli in mano.
«Ron!» Justin lasciò la presa dalla mia spalla e strinse la mano di questo “Ron”, tirandolo e facendo sbattere le loro spalle. Solito saluto tra ragazzi. Mia cugina lo salutò con un bacio sulla guancia, mentre col braccio, Ron, la spingeva dalla schiena verso il suo petto. Scostai dalla mia fronte i capelli che mi erano scivolati in avanti durante la mia immersione in "High school musical" e misi le braccia conserte sul mio petto, sorridendo gentilmente a questo tizio che mi osservò per un secondo.
«E tu?» Indicò me, sorridendo.
«Sono Jamie, piacere.» Gli sorrisi e gli porsi la mano, che strinse. «Ron.» Mi sorrise ammaliatore ed io alzai gli occhi al cielo, facendolo ridere. Gli lasciai la mano e tornai a com’ero posizionata prima.
«Sei nuova?», sorrise amichevole. Annuii e annuì anche lui, sorridendo e voltandosi verso Justin e Marie. Guardai altrove e sentii vibrare il mio telefono, lo uscii dalla tasca e avevo due messaggi su WhatsApp. Li aprii col cuore in gola, sperando con tutta me stessa che fosse Marco.
Al signorino Colasanti manca la sua signorina Del Santo.” – “Del Santo, non ti sarai mica fatte nuove conoscenze? Scherzo, l’unica cosa che conta è che sei felice.
Sospirai, fissando lo schermo. “Il problema è che senza di te non lo sono pi-.” Cancellai il testo per scrivere un nuovo messaggio. “Alla signorina Del Santo manca il SUO e ripeto SUO (ficcatelo in testa), SUO E DÌ NESSUN ALTRO, signorino Colasanti. Ho conosciuto un po’ di persone, ma nella mia testolina ho sempre un romano antipatico :P
Sorrisi, vedendo che mi rispose subito. Andai a controllare nello sfondo del mio telefono che ora erano in Italia, e l’orologio faceva le 2.00 del mattino. Non dormiva e mi pensava. Lo amavo.
Ti amo, piccola mia. Non riesco a stare senza di te, è più forte di qualsiasi cosa.” Volevo uscire dall’auditorium e scappare, ma l’unica cosa che la mia forza mi permetteva di fare era di sedermi e cercare di tranquillizzarmi. Cominciai a fare lunghi e profondi respiri, contai fino a dieci e le lacrime smisero di appannarmi la vista. Qualcuna scivolò via sulle mie guance, altre si asciugarono sui miei stessi occhi. Tirando su col naso, gli risposi “Ho bisogno di te, non sai quanto. Tu, Luca, Maia, Chiara. Vi voglio qui. Mi sento persa, uno schifo. Ti amo con tutta me stessa”.
Mi sentivo davvero uno schifo. Il peso sul petto che di solito sentivo la notte, si ripresentò anche quella mattina in auditorium, facendomi portare un mano vicino al cuore. Intanto le prime file cominciavano a riempirsi, così decidemmo di prendere posto anche noi. Justin appoggiò il suo petto alla mia schiena, mise le mani sui miei fianchi e cominciammo a camminare. Vide che non c’era più nessun sorriso o nessuna risatina, nessuna parola da parte mia.
«Non volevo darti fastidio, scusa.» Lasciò la presa dai miei fianchi e mi accostò, senza nessun contatto.
«Justin, non mi dai fastidio, non sono dell’umore giusto.» Forzai un piccolo sorriso e prendemmo posto. Io sedevo in mezzo tra mia cugina e Justin, Ron era accanto a Marie.
“Do you love me?” un nuovo messaggio da Marco, risi. “Ahah, yes I love you so much baby!” Vidi Justin guardare il telefono, subito dopo che io risi. Alzai lo sguardo verso di lui e chiusi WhatsApp, lasciando lo sfondo acceso.
«Spii?» Gli angoli delle sue labbra si alzarono, lasciando che sul suo viso aleggiasse un sorriso.
«Forse,» sogghignò «è il tuo ragazzo italiano?» Abbassai lo sguardo verso lo schermo e annuii.
«Mi dispiace, piccola.» Avvolse il braccio alle mie spalle e mi spinse su di se, facendo combaciare i nostri petti, abbracciandomi.
«Grazie, Justin, sei molto gentile.» Gli sorrisi, staccandomi.

Leggimi, sono importante anch'io!

Hola chicas! Sono davvero contenta che la storia vi piaccia!
Le visualizzazioni aumentano e sono sempre più euforica e vogliosa di continuare il prima possibile ahah!
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e ricambierò il Follow! Recensite, amo sapere quello che pensa la gente! Rivolgetemi anche delle critiche per
crescere ed imparare nel modo di scrivere.
Giada, xx <3

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Capitolo 5
*** ti ho adorata già dal primo istante. ***


Marie era andata via prima. Suo nonno si sentiva male, lo avevano portato all'ospedale. Io non sapevo con chi tornare a casa e di certo non mi sarei fatta 2 km a piedi, con questo freddo. Si gelava.
Sospirai, quando anche mia mamma mi disse che non sarebbe potuta venire a prendermi. "Ho un impegno di lavoro", disse, "e non sarò nemmeno a casa per pranzo." sbuffai al solo pensiero che mi sarebbe toccato prendere il pulmino o andare a casa a piedi.
Sentii una risata familiare: Ryan. Mi voltai sorridente e gli andai incontro. Le sue guance si colorarono di un rosso accesso e sorrise dolcemente. «Ehy, Ryan!» Lo salutai io, baciandogli una guancia. «E-Ehy!»
Lo scrutai per bene. I suoi capelli arancioni andavano in contrasto con i suoi occhi verdi sull'azzurro chiaro e lo rendevano bello. I suoi capelli alzati in un ciuffo gli davano un'aria di bravo ragazzo, ma allo stesso tempo di Bad-boy. Lo vidi guardarsi attorno e abbassarsi, poi, il cappuccio della felpa. «Senti, potresti darmi un passaggio a casa? Marie non è qui, mia mam...» Non terminai la frase e sentii una risatina divertita alle mie spalle. Mi voltai, ormai la conoscevo bene. «Mi spieghi cosa c'è da ridere, Bieber?» Mi accigliai e smise di ridere, avvolgendo un braccio attorno alle mie spalle. Sospirò, per poi cominciare a parlare «Vedi piccola,» "Piccola"... mi vennerò i brividi a sentire questa parola. Ho sempre amato quando i ragazzi mi chiamavano piccola, mi sentivo protetta, nonostante questo ragazzo adesso fosse Justin. Non che avessi nulla contro di lui, ma penso ci sia del tenero tra lui e Marie. «Butler è stato bocciato al corso della patente.» Rise di gusto, vedendo Ryan alzare gli occhi al cielo e sbuffare.
«Non mi sembra che tu sia stato promosso a primo colpo»
Continuarono a punzecchiarsi a vicenda e non potei far altro che sorridere. Amavo il loro rapporto, erano come fratelli, avevano un rapporto Amore-odio come due fidanzati. Erano teneri.
«Allora, piccola, vieni o rimani bloccata in mezzo al corridoio deserto?» Scrollai la testa, capendo che mi ero immersa fin troppo nei miei pensieri. Raggiunsi a passo svelto Justin davanti l'entrata della scuola e insieme, io, Ryan e Justin ci facemmo strada verso la Ferrari 458 Italia bianca del biondino.
Scoprii che Ryan stava a soli due isolati prima del mio, così prima lasciammo lui e poi ci dirigemmo verso casa mia. «Justin potresti aspettarmi due minuti? C'è un vicino che mi spaventa.» Rise, ma tornò serio notando il mio sguardo davvero preoccupato. «Haha, okay, scusa piccola.» Sorrisi e aprii la portiera della macchina, sospirando. Arrivata davanti la porta di casa controllai lo zaino, le tasche, la felpa, la borsa, ma non c'era assolutamente traccia delle chiavi di casa mia. «Merda!» Imprecai, quando per abbassarmi a vedere se ci fossero chiavi sotto lo zerbino, mi feci male al collo. Nulla, non erano nemmeno lì. Tornai in macchina da Justin e chiusi lo sportello. «Non ho le chiavi, la avrò lasciate a casa stamattina.» Sbuffai, stringendo i pugni. Sentii il rombo del motore e Justin aveva già lasciato la via di casa mia prima che potessi obiettare.
«Dove mi stai portando?»
«Non penserai mica ti lasci sola per strada con questo freddo, vero?»
Sospirai; aveva ragione, così mi lasciai andare sul sedile e guardai fuori dal finestrino. Guardai fuori e il cielo era così cupo, le strade erano ricoperte di neve e solo il paesaggio ti faceva sentire freddo... Era tutto così diverso da Roma. «A cosa pensi, piccola?» Sorrisi alla sua domanda. Era dolce ad aver capito che mi girava qualcosa per la testa. «Penso che è tutto così diverso.» Sorrisi ancora, ma stavolta malinconicamente. Ci fermammo davanti ad un cancello bianco. Justin lo aprì con un bottoncino che aveva appeso alle chiavi dell'automobile ed entrammo. Seguimmo un piccolo sentiero e poi una villa, una mega villa si presentò davanti ai miei occhi. Sbattei più volte le palpebre per accettarmi che quella casa fosse vera, e lo era. Justin rise a vedere la mia reazione. «Bella, eh?» Bella? La definiva soltanto "bella"? Uscii fuori dalla macchina e la osservai meglio. «Vieni piccola, entriamo.» Lo seguii a ruota e aspettai impaziente di sapere com'era l'interno nel frattempo che venivano ad aprire la porta d'ingresso. Una donna sulla trentina si presentò davanti a noi, sorridendoci. «Non sapevo portassi gente, Justin» poi la gentile signora si rivolse a me, sorridendomi dolcemente «io sono Pattie, sua mamma, tu sei?» I suoi occhi azzurro cielo mi incantarono. Era bellissima. «Sono Jamie Del Santo, signora, piacere» gli sorrisi timida, mentre ci faceva entrare e Justin chiudeva la porta alle nostre spalle. Scese un uomo anche lui sulla trentina, capelli castani e la barba un po' lunga ma curata.
Justin mi sfilò lo zaino dalle spalle e lo poggiò sul pavimento, insieme al suo. «Scooter!» Lo salutò Justin, scontrandosi con le spalle. «Hm, nuova fiamma Bieber?» Risero entrambi, ma sia io che Pattie non ci trovammo granché di divertente e ci limitammo a sorridere.
«E' una mia amica, è italiana. Si chiama Jamie.» Mi presentò Justin, a questo signore.
«Piacere, Scooter, il compagno della mamma di Justin.» Pattie ci fece proseguire verso la sala da pranzo, dove vi era un tavolo con varie pietanze servite in dei vassoi e dei piatti. Subito dopo venne aggiunto un piatto in più e mi sedetti vicino a Justin.

«Grazie sign-» mi bloccai davanti al suo sguardo fulmineo. Mi aveva rimproverata più volte, "niente signora," diceva fermamente, "io sono Pattie" e infine sorrideva. «stavo dicendo Pattie» dissi prendendo le difensive e facendola ridere. «il pranzo è stato ottimo e lei e Scooter siete molto dolci, grazie veramente.»
Mi accarezzò una guancia e mi sorrise, baciandomi la gote libera e poi sospirò, rivolgendo lo sguardo verso suo figlio, Justin. «Prendi esempio da lei, è così dolce ed educata...» Trattenni una risata nel vedere Justin infastidito tanto quanto in imbarazzo. Pattie mi aveva raccontato di quanto Justin fosse maldestro, ineducato e rozzo di tanto in tanto. "Tratta le femmine come fossero immondizia, sempre se non si tratta di sua sorella e delle sue amiche." mi raccontava, con sguardo perso nel vuoto. "Nell'infanzia non era così, è cambiato per una ragazza che lo fece soffrire..." Avevo poi chiesto di questa ragazza a Justin, ma lui non mi aveva dato risposta. Doveva ancora fargli male, sicuramente. Poi chiesi scherzosamente a Justin cosa avessi in più delle altre, visto che mi ha subito trattata bene e lui mi rispose "Sei tu," prese una pausa di qualche secondo "ti ho adorata già dal primo istante" confessò. Io non lo vedendo ineducato, rozzo o quant'altro, per me era Justin, il biondino amichevole. Era dolcissimo, carino. Era un bravo ragazzo, insomma.
«Oddio, mamma, sei pesante, sai? Noi andiamo, ciao a tutti.» strinsi in spalla il mio zaino, salutai con un bacio sulla guancia Pattie e strinsi la mano e Jeremy, per poi seguire Justin fuori dalla villa. Aprì la sua ferrari e in poco tempo fummo davanti casa mia. Stavo per dirgli di rimanere, visto il vicino che mi inquoteva paura, ma non mi fece aprire bocca.
«Ti aspetto qui, piccola.» altri brividi. Bussai per accettarmi che mia madre fosse in casa e mi aprì, sorridendomi. L' odore di biscotti riempì le mie narici, riportandomi al bar in cui facevo colazione tutte le mattine a Roma. Salutai Justin con un cenno della mano e mi chiusi la porta alle spalle, quando il mio cellulare vibrò. -Voglio che tu sia mia | Anonimo-

Jo sistha, i'm here!
Non ho aggiornato per un bel po', lo so, ma adesso l'ho fatto, quindi...
godetevi la storia e recensite! E' solo un capitolo di passaggio che però
da qualche indizio per i prossimi capitoli!
Follow me on twittah! @___sluurp
Baci :*

 

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Capitolo 6
*** «Chi sono?» «Sei il lupo mangia frutta.» ***


La mattina dopo Marie non passò a prendermi, ma quando uscii fuori di casa convinta di dover aspettare il pulmino della scuola, vidi la Ferrari di Justin fermarsi davanti casa mia.
«Justin! Che ci fai qui?» Chiesi, corrugando la fronte in leggero stato confusionale. Accanto a lui vi era seduto Ryan che, non appena mi avvicinai, si irrigidì e mi salutò solo col cenno della mano. Io gli schioccai un bacio sulla guancia, proprio come feci con Justin qualche secondo dopo.
«Avanti, piccola. Sali.» Feci come mi disse Justin, mettendomi comoda sui sedili posteriori della sua bellissima Ferrari. Appoggiai le mie braccia ai sedili anteriori e mi misi a peso morto. «Dormito bene, stanotte, piccola?»
Gli sorrisi dolcemente. Era molto tenero con me, e nonostante ci conoscessimo poco sapevo di potermi fidare di lui. Mi ispirava fiducia e simpatia. Gli volevo bene.
«Si, grazie. Voi, invece?» Loro annuirono semplicemente. In poco tempo fummo a scuola e scendemmo. Justin mi raggiunse e avvolse il suo abbraccio attorno alle mie spalle, stringendomi a se. Di conseguenza avvolsi il braccio attorno al suo bacino e, guardandoci, ci sorridemmo. Mi voltai a cercare Ryan ma non lo vidi.
«Ieri, quando sei andato via, qualcuno mi ha scritto che vorrebbe che io fossi sua.»
Justin si strinse nelle spalle e rise, guardando davanti a se.
«Perché ridi?» Alzai un sopracciglio.
«Perché sei miaMi fermò, si mise davanti a me e mi abbracciò.
Okay, momento di panico. Sentii il mio stomaco contorcersi, era tutto così strano. I canadesi erano così strani, ma allo stesso tempo dolci.
Chaz ci venne incontro. «Jamie! Justin!» Facemmo strada insieme, sia io che Chaz avevamo Biologia. Justin mi salutò con un bacio sulla guancia e si diresse verso l'aula di lettere.

-Ti voglio sempre di più, piccola!-
-Sarai mia, okay?-
-Sono impazzito dal primo momento che ti ho visto.-


Tutti questi messaggi mi furono mandati in anonimo durante l'ora di biologia. Non capivo. Chi era questo ragazzo? Col telefono in mano, camminavo per i corridoi, quando andai a sbattere contro una ragazza alta dai capelli rossicci.
«Scusami.» Dissi, mortificata. Speravo con tutta me stessa che non avesse avuto nulla contro di me. L'idea di mettermi contro qualcuno non mi elettrizzava più di tanto.
«Tranquilla, capita.» Mi sorrise dolcemente e tornò a parlare con la sua cerchia di amiche. Andai al mio armadietto prendendo i libri per l'ora seguente. Continuò così per tutto il giorno.

«Mamma, puoi venirmi a pre...» Una pallina colpì la mia testa e subito dopo sentii quella risata, impossibile da non riconoscere.
«Ci sentiamo dopo, aspetta.» Chiusi velocemente con mia madre e mi voltai verso il gruppo di ragazzi che mi aveva colpito con la pallina. Justin, Jazmyne e Ryan. Raccolsi la pallina e la tirai a Justin, non facendogli nulla -ovviamente-.
«Jamie ho saputo che in matematica te la cavi.» Disse Jazmyne, facendomi capire dove voleva arrivare. Sentii gli occhi di tutti puntati su di me.
«non è che potresti venire a pranzo da me e darmi delle ripetizioni?» mi chiese. Ero tentata a dirle di no, ma con quel suo visino tenero era impossibile negarle qualcosa. Sospirai e le sorrisi, «fammi avvisare mia mamma e andiamo.» Mi abbracciò e risi, ricambiando l'abbraccio. Avvisai mia mamma e di nuovo, lo splendore che avevo visto ieri, casa di Justin, si presentò davanti ai miei occhi. Era davvero troppo... perfetta.
Appena finimmo di mangiare Jazmine mi trascino in camera sua, dove studiammo. Quando Jazmine mi stava ripetendo la lezione, sentii dei passi dietro di me ma non ci feci caso. Continuai a seguirla fin quando non sentii il suo profumo inebriarmi le narici e delle mani coprirmi gli occhi.
«Chi sono?» Tolsi le sue mani dai miei occhi e risi.
«Sei il lupo mangia frutta.» Stette zitto per due secondi tenendo lo sguardo puntato al vuoto, cosa che mi preoccupò parecchio perché significava che stava pensando.
«CIAO MELA!» Urlò, buttandosi addosso e cominciandomi a mordere le guance paffutelle che mi ritrovavo da quando ero bambina. Risi inizialmente, ma quando cominciò a mordermi e segnare dei piccoli tratti con la lingua il collo, mi fece venire i brividi e lo allontanai quando per ultimo mi baciò l'incavo del collo. Era da tanto che non provavo quella sensazione bellissima.
«Avete finito?» Chiese spazientita Jazmine. Justin rise e andò via. Jazmine finì di studiare e Justin mi chiamò in camera sua.
Mi sedetti su una delle sedie girevoli e cominciai a trascinarmi da un punto all'altro della camera, in attesa che Justin smettesse di giocare col pc. Dopo dieci minuti mi alzai e mi ci misi dietro, accarezzandogli la nuca.
«Ehi,» gli sussurai all'orecchio prima di baciargli una guancia. Vidi i brividi percorrere il suo corpo e sorrisi di gusto. Feci scivolare delicatamente le dita sul suo collo per poi farle risalire un po' più velocemente, procurandogli altri brividi. Si alzò dalla sedia e strinse a se il mio bacino, cingendomi i fianchi. Mi baciò il collo e tirai la testa indietro, lasciandogli fare tutto quello che voleva. Una volta staccato, gli leccai le labbra e si morse il labbro. Mi spinse di più a se e potei sentire la sua eccitazione. Porto le sue mani sotto la mia maglia, accarezzandomi la schiena in modo dolce e delicato.
«JUSTIN!» Urlò Jazmine prima di entrare in camera, quando noi fummo già staccati. «Perché hai preso i miei cd?» Gli sbraitò contro, puntandogli un dito al petto come se fosse un'arma.
«Non li ho presi io, chiedilo a Jaxon quando torna!» Rispose, in maniera pacata. Mi sedetti sul letto e potei notare l'eccitazione di Justin ben evidente dai suoi pantaloni. Mi squilò il telefono.
«Pronto mamma? ...si, sto tornando.» Justin si voltò spalancando gli occhi e io feci spallucce. Jazmine uscì ed io chiusi la chiamata. Justin si mise davanti a me, prendendomi il viso tra le mani e avvicinando le sue labbra alle mie. Ci sfiorammo, ma sentimmo bussare alla porta, staccandoci nuovamente. Mentre Justin parlava con Pattie di cosa mangiare la sera, io preparai le mie cose e andai via.

-Non posso stare senza di te.- Ancora quell'anonimo.

Hola chicas!
Sono tornata. Spero questo capitolo vi piaccia, magari non è granché, lo so, spero comunque in delle vostre recensioni.
Seguitemi su twitter, mi chiamo
"@___sluurp" e vi ricambierò.
xx, G.

 

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Capitolo 7
*** > ***


Tirai via il piumone dal mio letto e lo buttai per terra. Era primavera e, stranamente, faceva già abbastanza caldo. Inclinai il collo verso destra e subito dopo verso sinistra, sgranchendolo. Misi delle lenzuola nuove e un leggero copri letto, così misi le altre cose a lavare ed entrai in bagno, spogliandomi e aprendo la doccia, regolando l'acqua tiepida. Mi infilai dentro la doccia e lasciai che l'acqua scorresse sul mio corpo umido, rilassandomi. Mi lavai ed uscii, quando un messaggio fece vibrare il mio telefono.

Da: Justin, 10.52 A.M.
-Devo darti una notizia bellissima!-

Justin... da quel pomeriggio a casa sua, dalla quale trascorsero un bel po' di settimane, si faceva sentire sempre di più, trascorrevamo molto più tempo assieme, ma non ci fu più ne un bacio, ne una carezza, solo dei piccoli abbracci da semplici amici.
Marco, il mio ex ragazzo italiano, invece, si era rifatto una vita. Non si faceva sentire più nonostante spesso gli scrivevo. Una volta entrai su facebook, e vidi che passò da 'Single' a 'Fidanzato ufficialmente con Camilla Renzi'. Ci rimasi male, avevamo promesso di dirci tutto, ma non potevo pretendere nulla, alla fine. Ero stata io a cambiare continente.
Comunque, risposi a Justin.

A: Justin.
-Biondo, dimmi!-

Mi asciugai il corpo, misi l'intimo ed indossai dei pinocchetti di tuta e una canotta con sopra una giacchetta. Asciugai i capelli e li raccolsi in una coda di cavallo. Finita la cosa justin mi rispose.

Da: Justin, 11.08 A.M.
-Sono davanti casa tua, andiamo al bar.-

Mi guardai un'ultima volta allo specchio, presi il telefono, le cuffie, le chiavi e li infilai in una borsetta, che si abbinava a come ero vestita. Misi delle converse basse e uscii di casa. Vidi Justin seduto nel portico di casa mia, fissare il vuoto. Mi ci misi davanti.
«Ehi, biondo!» Gli schioccai un bacio sulle gote, mentre sorrideva.
«Ehi, bellissima!» Mi prese sottobraccio e cominciammo a camminare. Stratford non era molto grande, quindi avevamo tutto molto vicino. Casa mia distava soltanto pochi isolati dal centro, dove vi erano tutti i negozietti. Entrammo in una tavola calda e prendemmo posto al nostro solito tavolo, il primo all'angolo.
«Allora, cosa devi dirmi?» gli sorrisi, prendendo il menù e vedendo quello che potevo ordinare visto che non avevo ancora mangiato.
«Questo è il mio ultimo anno di liceo, no? Il college di Toronto mi ha offerto una borsa di studio, parto ad Agosto!» Il suo sorriso andava da una parte all'altra del suo viso, così come il mio, ed istintivamente mi alzai ad abbracciarlo.
«Davvero?» Gli chiesi incredula, sgranando gli occhi. Lo abbracciai ancora più forte quando mi strinse ancora di più a se.
«Si, mi daranno anche l'alloggio.» Li realizzai tutto. Non ci saremmo più visti. Sarebbe tornato nei fine settimana, ed io i week-end li trascorrevo a London, da una zia di mia mamma. Mi staccai dall'abbraccio e mi sedetti al mio posto, di nuovo. Justin rimase in piedi, con le braccia spalancate, rimanendo shockato dal mio comportamento improvviso.
«Che succede piccola?», chiese, sedendosi anch'esso.
«Noi non ci vedremo più.» Abbassai lo sguardo, lasciando che una lacrima mi bagnasse il viso e l'asciugai subito dopo. Anche Justin abbassò lo sguardo, così mi feci forza e parlai nel modo migliore possibile, visto il nodo in gola.
«Non pensare che io non sia felice per te, ma che ne sarà di noi? Della nostra amicizia? E' il tuo futuro, è giusto così. Te lo meriti.» Gli sorrisi. Era un sorriso che mi veniva dal cuore, così come le parole che dissi.
«Non sarà la distanza a finire la nostra amicizia, piccola, te lo prometto.»

 Ehi babe!
E' un capitolo di passaggio, nulla di che.
Non ho aggiornato perché il nove era il mio compleanno.
Baci e abbaracci, me<3

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