Twist of fate

di Gio_1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***



Capitolo 1
*** Chapter One ***


Non c’è luogo più affascinante dell’Africa. Nel suo cuore più profondo  riesce a regalarti paesaggi meravigliosi, luoghi incontaminati, meraviglie inesplorate. Ma dell’Africa non ci sono solo i paesaggi stupendi, c’è anche la gente, persone che nonostante la loro difficile condizione hanno sempre una ragione per andare avanti, per sorridere, per continuare a lottare per restare aggrappati alla vita. In questi due anni, ho imparato molto da loro e ora che il mio volontariato è finito non ho proprio voglia di tornare a casa, nel mondo “civilizzato”, lì dove per un unghia spezzata ci si dispera o perché se piove e ci si rovina la messa in piega si scatena una tragedia. I miei genitori non vedono l’ora che ritorni, loro erano contrari a tutto questo.
 “Mia figlia non può sprecare anni della sua vita andando in Africa.. sei una Blanchet non puoi abbassarti a un tale livello!”
 Le parole dei miei rimbombano ancora nella mia mente, e sono seguite dalle liti furibonde che seguivano alle loro affermazioni senza senso. Non hanno mai compreso la mia voglia di fare del bene, il mio desiderio di aiutare gli altri senza avere niente in cambio. Per loro non esiste il “dare, senza ricevere”, se si fa una cosa, è perché si deve avere qualcosa in cambio. Per i Blanchet è sempre stato così! Per loro è stato inconcepibile che la loro primogenita, preferisse scappare in qualche paesello sperduto dell’Africa piuttosto che mandare avanti l’impresa della famiglia.
“Isabelle, vieni è arrivato il pulmino!” la mia caposquadra mi riporta alla realtà.
“Arrivo subito! Voglio solo salutare i bambini un'altra volta!” così dicendo corro verso le altalene che noi volontari avevamo costruito. La cosa più bella di questi due anni sono stati proprio loro, i bambini. Non credo che ci sia al mondo nessun adulto, che abbia almeno un decimo della loro voglia di vivere, del loro altruismo, della generosità, del loro essere pienamente consapevoli di come sia dura e difficile la vita, ma nonostante questo meritevole di essere vissuta a pieno.
“Isabelle! Ti lasciamo qui!” mi gridano dal pulmino oramai in moto.
Un ultimo saluto e a malincuore mi accomodo su uno di quei sedili consunti e per niente confortevoli, preparandomi ad affrontare tre lunghe ore di viaggio, per arrivare all’aeroporto.
L’aeroporto mi sembra così strano, tutta questa tecnologia che mi circonda. In questi due anni ho quasi dimenticato cosa fosse internet o la televisione. Raramente avevamo notizie di cosa accadesse nel mondo, e forse era meglio così, visto che le poche volte che arrivavano notizie non erano affatto piacevoli.  I familiari li si poteva sentire una volta a settimana, quando si andava nel paese che distava un ora dal villaggio in cui noi prestavamo aiuto. I miei genitori hanno dovuto adattarsi, e con il passare del tempo hanno accettato la mia decisione, e non hanno nemmeno fatto tante storie quando gli ho detto che prolungavo di un altro anno la mia permanenza in Africa. Ora però sono ben felici di riavermi a casa, sono settimane che preparano una festa qui, una festa lì, una cena di bentornato. La figliol prodiga che torna a casa! Il viaggio in aereo sembra non finire più e la stanchezza accumulata in questi due anni tutto ad un tratto si fa sentire, fino a farmi crollare in un sonno profondo senza sogni.
“Attenzione, il comandante prega di allacciare le cinture, stiamo iniziando la nostra discesa verso Londra.”
La voce stridula della hostess che proviene dall’altoparlante mi sveglia.
“La temperatura è di 15 gradi e sono le 18.30”
15 gradi? Io sono in shorts e canottiera! Ho la vaga impressione che il mio ritorno sarà abbastanza traumatico dal punto di vista del clima.



Finalmente l’aereo atterra e recuperate le valigie mi dirigo verso l’uscita. Ovviamente tra la folla non scorgo il volto dei miei genitori, ma dell’autista personale della famiglia. Philip. Quasi come un secondo padre per me.
“Signorina Isabelle! Che bello rivederla! La trovo meravigliosamente!” dice rivolgendomi un sorriso raggiante
“Philip!” grido buttandogli le braccia al collo “Ma è possibile che ti devo sempre ricordare che tutta questa formalità con me non attacca!?”
“Lo so, lo so. È che era da tanto che non le parlavo signorina, quindi ora dovrò abituarmi nuovamente!”
“Ecco, farai bene a farlo!” dico ricambiando il suo sorriso.
Non penso che il mio arrivo potesse essere migliore. Voglio davvero tanto bene a Philip. È una persona meravigliosa, disponibile, dolcissima, pronta ad aiutarti ad ascoltarti nel momento del bisogno. Penso che ancor prima di essere presa in braccio da mio padre appena nata, sia approdata tra le braccia di Philip. La mamma non ha mai saputo, e sospetto anche voluto, tenermi in braccio, per paura di rovinarsi le unghie, o perché le faceva male la schiena.
“Allora signorina come è andata in Africa? Si è divertita?” caricatosi le mie due valigie in spalla si avvia verso la macchina
“Philip giuro che non ti risponderò finché non la smetti di chiamarti signorina! È fastidioso!”
“Come vuole lei signorina” dice sorridendomi mentre chiude la portiera alle mie spalle.
“Ah signorina..”
“Si Philip?”
“Mi sei mancata!” dice prima di chiudere la portiera
“Anche tu Philip!”
Mi ero dimenticata di quanto fosse bella Londra. Dal finestrino scorre veloce il paesaggio. I miei occhi, abituati ad alberi di baobab e capanne fatte di legno e paglia, sembrano impazzire nel rivedere la metropoli. È come se la vedessi per la prima volta, è come se mi innamorassi nuovamente. Per un attimo avevo dimenticato il fascino che la città esercitava su di me. Il paesaggio urbano lascia spazio alle verdi campagne appena fuori la città, alle ville di lusso circondate da alte mura e invalicabili cancelli. Mentalmente ripercorro gli inquilini delle ville, cercando di ricordare i ricordi legati ad essi. Villa Black. Proprietari: magnati del petrolio. Figli : due, entrambi femmine abbastanza antipatiche e piene di sé, non ci sono mai andata d’accordo e non credo che le cose siano cambiate. Chi nasce tondo non può morire quadrato. Villa Oleandro. Proprietari dell’azienda che produce concimi che fornisce tutta la gran Bretagna. Una figlia, abbastanza hippie, ma dal cuore grande. La mia migliore amica, la compagna di sventura che condivide una fama e una ricchezza mai desiderata. Annabelle. Insieme siamo state sempre chiamate “Le Belle”. Un giochino di parole alquanto fastidioso. Villa Rosintong, gioiellieri, un figlio maschio, Jack, figo stratosferico, mia prima e grande cotta adolescenziale. E dulcis in fundo, villa Blanchet, casa dolce casa. Più che casa, reggia dolce reggia! Mi sono sempre stupita di quanto fosse grande casa mia, e a cosa servissero 6 bagni, 10 camere da letto, 3 salotti, 2 sale da pranzo, cantina, soffitta, lucernaio, piscina, palestra, sala da ballo, campo da tennis e da golf e chi più ne ha più ne metta. I miei genitori sono sempre stati abbastanza megalomani. Il nome Blanchet è sempre stato associato inevitabilmente, al lusso, alle feste, alla casa discografica di mamma, al famoso giornale di papà e all’azienda petrolifera di nonno. Capostipite di una lunga progenie di imprenditori, in qualsiasi campo. Tuttora, con ancora ben impressi nella mente i villaggi fatti di capanne, la mia casa mi sembra ancora di più estremamente esagerata. La macchina si ferma davanti all’imponente cancello. Riconoscimento facciale e vocale.
“Chi è?” gracchia il citofono
“La tua datrice di lavoro fannullone! Apri questo dannato cancello, così posso venire a strapazzarti per bene!” grido nel citofono ancor prima che Philip possa aprire bocca.
“Isabelle!? Sei tornata!” gracchia sempre il citofono.
“Tu che dici? Altrimenti non sarei qui! Che ne dici di farmi entrare?” dico ridendo mentre osservo l’espressione esasperata di Philip
“Agli ordini sua maestà!” dice il citofono. Più che il citofono, a parlare è Mark. Ragazzo di 21 anni che è forse una delle poche persone che nonostante la giovane età, è riuscita ad impressionare mio padre. Genio della tecnologia, è riuscito a mettere a punto un sistema di sorveglianza che solo lui sa far funzionare. Mio padre, ovviamente, l’ha subito messo all’opera e segnato nel suo libro paga, che tra tutti i dipendenti “domestici” conta più di 50 persone! Mark è anche il figlio della domestica maggiore, come la chiamo io, la “capessa”, colei che dirige magistralmente tutti i domestici che lavorano in casa.
“Anche a Mark è mancata signorina! In realtà è mancata a tutti, e per tutti, intendo noi  delle retrovie. I vostri genitori non hanno mai esternato con noi i loro sentimenti a riguardo, ma immagino che anche per loro sia stata la stessa cosa.”
“Anche voi mi siete mancati tanto! E credo che i miei genitori siano stati abbastanza tranquilli senza di me.”
“Non si preoccupi, suo fratello si è dato da fare a tal punto da tenere ben occupati i suoi genitori tra feste, ragazze, macchine e quant altro è stato in prima pagina sui giornali scandalistici per parecchi mesi.
“Ma chi!? Luke?? Mio fratello? Quel ragazzino che non apriva nemmeno la bocca per respirare?!”
“Proprio lui, ragazzino non più di tanto visto che oramai ha 19 anni. Sono cambiate molte cose da quando lei è via signorina, ci sono molte novità!”
Eccome se ci sono! Se solo penso all’evoluzione che ha avuto mio fratello, ho paura ad immaginare il resto!
“Ah un’ultima cosa, giusto per avvisarla, sua madre ha organizzato una festa per il suo ritorno.”
 “Vedo che purtroppo questa malsana abitudine non le è passata..”
“Tutt’altro signorina! Oramai ogni settimana alla villa c’è una festa!”
la nostra conversazione viene interrotta nel momento in cui la macchina si arresta difronte l’imponente ingresso di casa. Solo ora mi accorgo del fermento che c’è nel giardino, e del via vai di fiorai e domestiche affaccendate.

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


“Tesoroo! Oh piccola mia, finalmente sei arrivata!”
“Ciao mamma!”
“Quanto sei dimagrita! Oh piccola mia, mi sei mancata sai! Ma come sei vestita!?” dice squadrandomi dalla testa ai piedi e abbracciandomi frettolosamente. La frase tipica di mia madre è “oh piccola mia..” seguita quasi sempre da osservazioni sull’aspetto fisico o cose connesse ad esso.
“Claire ma è possibile che guardi sempre come è vestita tua figlia!? Pensa ad essere felice perché è ritornata sana e salva e senza aver contratto qualche malattia misteriosa!” dice mio padre apparendo alle sue spalle
“Ciao anche a te papà!” dico  abbracciandolo “ Sono sana e salva, non sono malata, ho mangiato sempre e i miei vestiti sono così perché non sono andata in vacanza ma a fare volontariato in Africa se non ve lo foste dimenticato!” dico facendo una piroetta su me stessa
“Ora non sei più in Africa! Devi vestirti adeguatamente, soprattutto questa sera, visto che c’è una festa in tuo onore!”

“Oh non mi dire! Che sorpresa!”
“Lo so che ti ho stupita, e indovina un po’? è una festa a tema mia cara!”
La mia affermazione era alquanto sarcastica, ma non ho voluto sottolinearlo, visto che sono arrivata da due minuti e non vorrei incappare in qualche inutile discussione su come sia utile mantenere i rapporti con la gente e quale migliore metodo ci sia se non una festa.
“Tua madre si è superata questa volta mia cara!” dice mio padre gonfiando il petto
“E quale sarebbe il tema?” domando, con la speranza di sembrare almeno un po’ entusiasta di questa festa
“ è una festa  obbligatoriamente in maschera e bisogna essere ovviamente vestiti formali, di colore rigorosamente nero o bianco!” dice soddisfatta e stampandosi un sorriso entusiasta sul viso. Solo ora osservandola meglio e da vicino, mi rendo conto di quanto il tempo sia passato anche per lei, che ha sempre avuto una cura particolarmente minuziosa riguardo il suo aspetto fisico.
“Ma una cosa più semplice no e!?”
“Oh piccola mia, si fiduciosa, sarà una grande festa! Ti piacerà! Ora vai a darti una sistemata, manderò le ragazze per mostrarti i vestiti che ho comprato per te! Per fortuna che ho previsto che saresti tornata magra come uno stecchino!” così dicendo mi spinge in casa e direttamente tra le braccia della mia domestica personale. In questa casa è sempre un delirio! Due ore dopo, un bagno agli oli essenziali, una ceretta all inclusive, e un restyling di capelli, mani e piedi, mi ritrovo a scegliere il vestito da indossare.
“Io opterei per quello nero con lo strascico.” Dice Rose, la mia meravigliosa domestica/ baby sitter/ confidente/ amica.
“ Più che altro perché se tua madre non ti vede indossare quello inizierà a dare di matto!”
Mi volto e trovo due splendidi occhi marroni che mi fissano e due braccia aperte pronte ad accogliermi.
“Roseeeeee!” grido fiondandomi su di lei. Finiamo  stese sul letto, tra piume e lustrini dei diversi vestiti che mia madre ha comprato per me.
“Vedo che ti sono mancata!”
“Io non posso vivere senza di te!” dico strapazzandole i capelli, sapendo che le da un fastidio tremendo
“Suvvia Belle, contieniti, e lascia stare i miei poveri capelli!” dice sistemandosi la cuffietta e il vestito
“Io mi contengo, però tu ammettilo, ti sono mancata!”
“Si lo ammetto, ora puoi ritenere il tuo enorme ego soddisfatto!” dice dandomi un buffetto sulla spalla
“Oh yessss!” dico portando le mani sui fianchi e ostentando il portamento da macho, con il tentativo di sembrare grande, grossa e soddisfatta.
“Ora vestiti, gli invitati stanno già arrivando e tua madre sta già dando di matto perché al posto delle rose i fiorai hanno riempito la casa di camelie!”
“Si signora agli ordini!” dico mimando il saluto tipico dei soldati
“Tua madre vuole che indossi questo vestito” dice porgendomi un vestito nero, luccicante, con lo strascico e per di più una scollatura vertiginosa sul davanti e uno spacco non indifferente sulla coscia.
“Ma è impazzita o cosa!? Lo sa che non lo metterò mai! Sempre una spogliarellista!”
“Mi dispiace per te, ma tua madre si è messa in testa di volerti trovare un cavaliere e pensa che questo sia il vestito più adatto per il suo intento!”
“Se lo può scordare! Non indosserò mai questo vestito!” dico sedendomi per terra con le braccia incrociate. Molte volte mi stupisco dei miei atteggiamenti da bambina.
“Ecco perché, io sono riuscita a comprarti anche questo, mentre tua mamma riempiva le braccia del commesso con vestiti di lustrini e piume!”
Sepolto sotto una marea di stoffa, ecco che appare un vestito bianco, con le maniche a tre quarti, scollo praticamente inesistente, della lunghezza perfetta e fatto tutto interamente di pizzo. Il mio cuore batte all’impazzata per l’emozione. Dopo due anni di pantaloncini corti, canottiere e camice che irritano la pelle perché lavate con sapone che nemmeno va via completamente, mi sento un po’ vanesia, e non resisto alla voglia di restare ad ammirare la nuova opera d’arte che mi ritrovo tra le mani.
“Io l’ho sempre detto che sei un genio! Cosa farei se non ci fossi tu!” dico abbracciando, anzi stritolando Rose
“Sono contenta che ti piaccia, ora vestiti che è tardi! Dopo ti aiuto ad indossare la tua maschera. Su questa tua madre non transige!” dice mostrandomela. Questa volta però, a differenza del vestito, non posso dire che mia madre abbia fatto una scelta azzardata. Più che una maschera è un velo, leggero, trasparente che ricorda molto quelle maschere che una volta usavano le dame durante i balli di corte. Molto semplice, con qualche piccolo brillantino sotto gli occhi e uno più grande in mezzo alla fronte. È tardi e non me lo faccio ripeter due volte, scappo dietro il separé e infilo con molta cautela il vestito.
CAPITOLO 4
“Rose, sai chi sono gli invitati?”
“Ci saranno ovviamente tutti i vicini, i tuoi ex e futuri compagni di scuola, parenti, amici dei tuoi e qualche loro nuovo cliente, dei cantanti che ha scritturato l’anno scorso tua madre e qualche giornalista di tuo padre!”
“uuh si prospetta una bella serata allora!!”
Non avevo per niente voglia  di rincontrare i miei vecchi compagni di scuola. Sono stati una delle ragioni che mi hanno spinto ad andare in Africa. Mi sono sempre sentita fuori posto tra loro, sempre quella diversa, che preferiva studiare piuttosto che andare a sballarsi nei locali più in voga di Londra, che preferiva stare all’aria aperta piuttosto che rinchiudersi in qualche centro benessere o quella che preferiva stare con un solo ragazzo invece che cambiarne uno a settimana. Effettivamente sono sempre stata catalogata come la diversa della situazione. Mi diedero perfino un soprannome: la principessa diversa. Odiavo quel soprannome, e soprattutto odiavo chi lo aveva inventato. Edward Locksville, figlio di generazioni di orologiai di lusso, mi credo primo amore, mio primo cuore infranto, mia prima esperienza traumatica. Lasciando perdere questi ricordi, ultimo gli ultimi preparativi e mi avvio verso la sala da ballo. La festa è già iniziata e c’è gia un sacco di gente. Mia madre si è data davvero da fare questa volta! Devo darle atto, la casa è decorata splendidamente. Mi aggiro pigramente tra le varie sale, cercando di riconoscere il più gente possibile nonostante l’anonimato dovuto dalle maschere rende arduo il compito. Riesco a riconoscere qualche vecchia compagna di scuola da cui sto prontamente alla larga, qualche vecchio cliente dei miei, qualche parente. Mentre sono intenta ad osservare la gente che balla, sobbalzo nel momento in cui sento cingermi i fianchi.
“Ben tornata principessa” sento sussurrarmi nell’orecchio
Riconoscerei quella voce tra mille. Edward!
“Sono passati due anni e tu mi chiami ancora principessa? Ma non ti sei stancato?” chiedo voltandomi verso di lui e allontanando le sue mani dal mio corpo, il solo contatto mi infastidisce.
“Veramente no! Sai, di principessa c’è n’è solo una! La sola ed inimitabile! Ci sei mancata in questi anni” dice sfoderando il suo solito sorriso beffardo. Per quanto questo ragazzo sia sbruffone è altrettanto bello. Un metro e ottanta di pura spavalderia, capelli biondi e due pozze azzurre al posto degli occhi. Fisico da nuotare pluri premiato e anche con un po’ di intelligenza. Peccato che le poche doti positive siano offuscate dal suo comportamento, dettato dall’andare dietro a questa e quella ragazza, al divertirsi senza sosta, a disprezzare quelli che sono considerati di rango inferiore e quindi non alla sua altezza.
“Ma come? Possibile che non hai trovato nessun altro da tormentare o qualche altra biondina con cui trascorrere il tuo tempo?” dico sputando ogni singola parola.
“Effettivamente il tempo l’ho trascorso in piacevole compagnia, ma mai nessuna sarà come te. In fondo lo sai che ho sempre avuto un debole per te”
“Un debole che poi tanto debole non era, visto che ti è passato così in fretta come ti era venuto”
“Suvvia non rinvanghiamo il passato! Seppelliamo l’ascia di guerra” dice avvicinandosi a me con fare ammiccante
“Semmai io seppellisco te! Stammi lontano grazie, e permettimi di lasciarti solo qui, ho sopportato fin troppo la tua presenza per questa sera!” così dicendo filo via, il più lontano possibile.
Le cose non sono cambiate affatto, le persone non sono cambiate affatto. Mi rifugio in un angolo abbastanza in penombra della sala, con la speranza di non essere riconosciuta da qualcun altro dei miei aguzzini. Mia madre sta dando il meglio di lei stessa, ride, gesticola, intrattiene conversazioni con tutti, da perfetta padrona di casa. Mio padre, con il suo solito sigaro in bocca, parla di affari con qualche possibile cliente pronto a prostrarsi ai suoi piedi per di entrare in affari con lui.
“Come mai tutta sola? Con una festa del genere è un crimine restare fermi e nascosti senza far niente!”
Assorta nei miei pensieri nemmeno mi rendo conto, che accanto a me si siede un ragazzo. Una voce splendida, non c’è che dire, così affascinante.
“Allora posso ritenermi colpevole, perché non ho nessuna intenzione di parteciparvi, sono qui solo perché costretta, a me non piacciono molto le feste.” Mi volto per vedere il mio interlocutore, ma i miei occhi vengono catturati da due occhi verdi a quasi due centimetri da me. Un brivido mi percorre, è come se quegli occhi riuscissero a leggermi dentro. Per un attimo è come se mi mancasse il fiato. Distolgo lo sguardo, per poi posarlo nuovamente sul mio interlocutore. La maschera non permette di capire molto, ma quello che più si nota sono una massa informe di capelli ricci e delle splendide labbra sorridenti.
“Sai, neanche io avevo voglia di venire questa sera! Ma purtroppo sono stato costretto!” dice continuando a fissare un punto imprecisato della sala.
“Ah si? E da chi, se posso chiedertelo?” mentre attendo la sua risposta, mi concedo una manciata di secondi per osservarlo attentamente. Rigorosamente in smoking nero, e con un papillon sciolto e la camicia leggermente sbottonata, non mi sembra di conoscerlo. Certo, fa il suo effetto.
“Diciamo, che sono qui per questioni di lavoro. Comunque se non sbaglio si festeggia la figlia dei padroni di casa, di ritorno da non so dove”
“Ah si?” lui non sa chi sono e io non so chi è lui, bene, meglio così! “ E tu conosci la festeggiata?”
“No, fortunatamente no! Credo proprio che sia una di quelle solite ragazzine viziate, a cui piace festeggiare e di ritorno magari da un viaggio in qualche posto esotico. Sicuramente ora sarà intenta a dimenarsi sulla pista da ballo e a ridere sguaiatamente con chi le capita sotto tiro, dicendo com’è fortunata ad avere dei genitori come i suoi e di quanto è contenta di essere ritornata!” dice voltandosi verso di me e facendomi uno splendido sorriso. Per quanto il sorriso sia splendido, non può di certo cancellare la sensazione che si è diffusa in me nel sentire quelle parole. È come se la magia che si era creata un attimo prima fosse scomparsa all’improvviso. Come può uno sconosciuto pensare queste cose su di me, senza nemmeno conoscermi? È davvero questa l’idea che gli altri hanno di me?! E poi, lui, chi cavolo si crede di essere. Per un attimo rimango basita, ed evidentemente la mia espressione traspare più del dovuto perché l’interlocutore sconosciuto richiama la mia attenzione.
“Non credi di esprimere un giudizio un po’ troppo affrettato riguardo questa ragazza che nemmeno conosci?” gli chiedo cercando di nascondere la mia collera
“ Può anche essere, ma di solito la gente che frequenta queste feste è sempre la stessa! Mi stupisco di aver trovato te, che sembri così diversa”
“ Sai, mi hanno sempre insegnato che non si giudica un libro dalla sua copertina, dovresti tenerlo presente. Buona serata” così dicendo lo lascio lì seduto e mi avvio verso i miei genitori. È il momento dell’annuncio ufficiale, c’è sempre un annuncio in ogni festa. Questa volta sono io la protagonista e per un momento sono contenta di essere io l’argomento dell’annuncio, giusto per godermi la faccia dello sconosciuto dopo avermi detto tutte quelle cattiverie nei miei confronti, ignaro che fossi io la tanto detestata bimba viziata.
Mio padre richiama l’attenzione degli invitati  e si prepara

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***


“Miei cari amici, presenti qui stasera, vi ringrazio di essere venuti così numerosi a festeggiare il ritorno di nostra figlia. Siamo così felici di riaverla con noi, dopo questi due lunghi anni. Si sa, la nostra Isabelle ha sempre avuto un grande cuore, ha preferito andare a fare volontariato in Africa piuttosto che stare a casa con mamma e papà”
 E mentre mio padre pronuncia la parola volontariato, il mio sguardo corre verso il volto dell’interlocutore sconosciuto per cogliere la sua reazione. Ed eccola, un moto di sorpresa si intravede nei suoi occhi.
“Ora però finalmente è tornata a casa, sana e salva fortunatamente”
Quest’ultima battuta suscita numerose risate tra il “pubblico”.
“Perciò, senza ulteriori indugi, voglio presentarvi, per chi non la conoscesse, e voglio che la vostra memoria sia rinfrescata, per chi la conosce già, dalla mia meravigliosa figlia.”
Ed ecco che partono gli applausi, ed io divento rossa come un peperone per la vergogna. Detesto essere al centro dell’attenzione, eppure questa volta mi avvicino ai miei genitori a testa alta e con un bel sorriso stampato in faccia, semplicemente per godermi la reazione del mio simpatico interlocutore, che rimane letteralmente a bocca aperta. Mia madre mi stringe a se orgogliosa e mi invita a togliermi la maschera. Lo faccio controvoglia perché mi piaceva l’anonimato, non essere riconosciuta. Dopo di me, anche tutti gli invitati fanno la stessa cosa. Con uno sguardo veloce che percorre tutta la sala, mi rendo conto di conoscere la maggior parte della gente. Ma nel momento in cui incrocio nuovamente gli occhi del mio interlocutore, rimango basita. Nonostante la sua espressione sconcertata, è splendido. Uno di quei ragazzi che non ha nessuna difficoltà a far cadere le ragazze ai suoi piedi con un semplice sguardo. Finito l’annuncio, scappò verso il giardino in cerca di aria e di allontanarmi il più possibile da tutti quegli occhi che si erano focalizzati su di me.
“Perché scappi, infondo è la tua festa?” una voce imprecisata proviene dalle mie spalle
Ma dico io, tutti questa sera si decido ad apparire?
“ Non mi piace stare al centro dell’attenzione, ma nonostante i miei sforzi stasera non riesco a nascondermi da nessuna parte purtroppo!” dico
Questa volta però, invece di ritrovarmi a parlare con un ragazzo mascherato, tenebroso e con dei preconcetti su di me, mi trovo difronte un ragazzo sorridente, straordinariamente sexy e alquanto cordiale.
“ Ti capisco alla perfezione! Se vuoi faccio finta di non averti visto e mi dileguo in men che non si dica! Volevo solo conoscerti e dirti che il fatto che tu sia stata lontana da casa per così tanto tempo per fare volontariato, è una cosa fantastica!” dice sorridendomi.
Devo dire che in questi due anni mi sono persa parecchi bei ragazzi. Prima il riccio dagli occhi verdi, adesso lui, ogni tanto le feste di mamma danno i suoi buoni frutti! Mi devo ricordare di ringraziarla!
“Dubito che riuscirei a sfuggire a mia madre! Comunque anche se mio padre mi ha già presentato abbondantemente, il io nome è Isabelle, piacere” dico porgendogli la mano.
Subito trovo una mano enorme e calda pronta ad accogliere gentilmente la mia, e un sorriso radioso si dipinge sul volto del ragazzo dagli occhi castani che mi sta difronte.
“Piacere di conoscerti, io sono Liam” dice senza lasciarmi la mano. partendo dalle mani, lo osservo velocemente e mi rendo sempre di più conto di quanto sia carino. Alto, dai capelli castani, in completo nero e con i capelli leggermente scompigliati, sembra essere uscito da uno dei miei sogni.
“Allora, in che parte dell’Africa sei stata?” mi chiede affiancandomi e rivolgendo lo sguardo verso il giardino illuminato
“Kenya, in villaggio abbastanza sperduto, per due anni”
“Wow! Deve essere stata un’esperienza fantastica!”
“Lo è stata! Mi ha fatto crescere, sotto molti aspetti. E tu? Sei di Londra?” la curiosità mi invade
“No sono di Dudley, ma vivo a Londra da un anno, diciamo che per lavoro viaggio molto”
“Che tipo di lavoro fai?”
“Sono un cantante. Non hai mai sentito parlare degli One direction? Io e i miei amici siamo stati scritturati l’anno scorso da tua madre, e da allora non ci siamo fermati un attimo!”
“No, mi dispiace, mai sentiti! Diciamo che mi trovavo un po’ fuori dal mondo!”
“Fa niente! Potrai rifarti.” Dice facendomi l’occhiolino
La sua voce, così bassa e profonda, ha un effetto rassicurante, una sorta di calmante. Mentre parliamo mi accorgo che la tensione della serata pian piano sparisce e mi ritrovo a pensare come sia piacevole stare in sua compagnia. La sua allegria è travolgente, ma è così timido che riesco solo poche volte e guardarlo negli occhi. Quegli occhi che vorrei tanto poter ammirare.
 
Si è fatto tardi, e il mio vestito nonostante sia abbastanza coprente, non mi protegge dal clima umido dell’Inghilterra e un brivido mi percorre.
“Tieni, prendi la mia giacca” così dicendo mi avvolge con la sua giacca. Per un attimo le sue mani mi sfiorano e io sento nuovamente un brivido, ma questa volta non per il freddo.
“Grazie, sei così gentile! Fortunatamente ho incontrato te questa sera, spero che tu non mi ritenga una bambina viziata”
“Come potrei!? È uno stupido chi lo pensa, non farci caso!”
“Eppure c’è chi, neanche conoscendomi sputa sentenze nei miei confronti!” dico facendo una risatina sarcastica
“Meglio, vorrà dire che solo io potrò godere della tua compagnia!” dice sorridendomi nuovamente. E credo che con quel sorriso i brividi abbiano iniziato a susseguirsi incessantemente
“Che ne dici di rientrare? Ti vedo abbastanza infreddolita! Posso avere l’onere di accompagnarla signorina?” dice porgendomi il braccio con fare cavalleresco
“Con molto piacere” e mi incollo letteralmente al suo braccio
Rientrando nella sala, sono in molti quelli che si girano ad osservarci ma, al suo braccio, mi sento stranamente sicura e non abbasso lo sguardo nemmeno una volta.
Mia madre, ci adocchia dall’altro capo della sala, e in men che non si dica, azzera la distanza che ci divide
“Oh piccola mia, vedo che hai conosciuto uno dei miei ragazzi!” dice abbracciando Liam, che goffamente ricambia alla meno peggio l’abbraccio.
“Uno dei tuoi ragazzi? Perché quanti ce ne sono?”
“Siamo in cinque..” cerca di rispondere timidamente Liam, ma mia madre lo sopraffà ancor prima che possa finire la frase
“Cinque splendidi ragazzi, dalle voci celestiali! Io li considero i miei piccoli angioletti! Non è così carino?” dice dando un pizzicotto sulla guancia a Liam.
Povero ragazzo, cosa deve e dovrà sopportare dovendo lavorare con mia madre! Diversamente dal solito, mi trovo d’accordo con mia madre
 “Su Liam, porta la mia piccola a conoscere gli altri della band, sfortunatamente in questi due anni ha perso i contatti con il mondo quindi bisogna farla reintegrare, e quale miglior modo che conoscere la più famosa band britannica del momento? Susu, andate!” dice spingendoci verso la folla
“La più famosa band britannica?!” chiedo scioccata, mentre ci allontaniamo da mia madre “certo che mi sono persa parecchie cose in questi due anni!”
“Emm si, diciamo che tua madre esagera un po’, però si, siamo abbastanza famosi”
Quando è imbarazzato è ancora più carino! Dio mio, mi stupisco per quanto sono ripetitiva! Non ho mai ripetuto carino così tante volte nella stessa frase, come questa sera!
“Vieni, ti va se ti presento gli altri?” mi chiede prendendomi per mano.
Il suo contatto ancora una volta mi fa rabbrividire e per un attimo mi soffermo ad osservare quanto stiano bene le nostre mani intrecciate, come se fossero state create per stare l’una nell’altra. Evidentemente mi soffermo un po’ troppo, perché Liam ritrae la mano imbarazzato. Che cretina che sono!!
“Certo, con molto piacere!” e sorridendo, e soprattutto mossa da non so quale coraggio, intreccio nuovamente la mia mano con la sua e lo trascino via dalla folla che si dimena sulla pista da ballo. Giriamo un po’ a vuoto finché, non ci avviciniamo a due ragazzi vicino al tavolo del buffet, intenti ad ingozzarsi e a lanciarsi pezzi di cibo.
“ehi ragazzi” li richiama Liam
“Ehi fratello, vieni qui, ci sono tante buone cose da mangiare” dice un biondino che si infila un involtino dietro l’altro in bocca. Nel momento in cui si accorge che ci sono io con Liam, e per di più mano nella mano, quasi si affoga! Seguito a ruota libera dall’altro ragazzo accanto a lui. Entrambi con due meravigliosi occhi blu, mi fissano scioccati e fanno rimbalzare lo sguardo da me, a Liam, e alle nostre mani. Liam, resosi conto, lascia subito la mia mano e devo dire che mi dispiace un sacco. Lo conosco da poco, eppure non so definirlo, ma è come se sentissi una forza che mi attrae inevitabilmente verso di lui.
“il cibo deve essere davvero ottimo! Niall ti stai ingozzando, sembri un maiale!” lo redarguisce Liam
Sembra tanto un padre che sgrida il proprio figlio!
“Scusa, scusa, è che lo sai che non posso resistere a questi involtini, sono fenomenali!”
“La prossima volta, dirò a mia madre di farne una decina apposta per te!” dico intromettendomi nella conversazione, e subito gli occhi di Niall si posano su di me. È così tenero tutto pieno di briciole e con quegli occhioni blu sorridenti.
“Si, sarebbe fantastico! Tu, ragazza, mi stai già simpatica!” dice venendo ad abbracciarmi
“Comunque, io sono Niall” dice stringendomi la mano
“Piacere, Isabelle” dico ricambiando la stretta
“Eih non familiarizzate troppo, sono geloso!” dice Louis dividendo la nostra stretta di mano e abbracciandomi.
Devo dire che questi one direction sono dei tipi molto espansivi!
“Piacere dolcezza, io sono Louis, il più figo della band, e tu, fammelo dire, sei la più bella della festa!”
Quel complimento, accompagnato da una carezza sulla mia guancia, mi fa arrossire così tanto da assomigliare ad un peperone. Liam se ne rende conto ed inizia a ridere sotto i baffi.
“Grazie Louis! Ma non credo di essere la più bella, ci sono molte mie compagne che mi superano di gran lunga!”
“Per me sei splendida, non ci sono rivali!” si intromette Liam, guardandomi dolcemente e sorridendomi in modo tale che chiunque si sarebbe sciolta al primo sguardo.
Troppi bei ragazzi, troppi complimenti in una sola sera! Oramai sono diventata viola!
Mi avvicino a lui e tento di sussurrargli nell’orecchio, anche se devo alzarmi sulle punte, per poter arrivare almeno vicino quanto basta per farmi sentire!
“Posso dire la stessa cosa di te.. Dio ma quanto sei alto!?” concludo la frase sbilanciandomi e cadendo su di lui. E come si dice, quando cupido ci mette lo zampino.. vado a finire dritta dritta, tra le sue braccia, con la faccia praticamente incollata sul suo petto e inebriata dal suo splendido profumo!
Liam, dal canto suo, ride di gusto! Cosa altro poteva fare?? Il mio tentativo di fargli un complimento è finito in una maniera così impacciata che vorrei poter sprofondare
“Sono alto un metro e ottanta!” dice scostando una mia ciocca di capelli che mi era caduta sugli occhi “ E grazie.. credo che tu, per la prima volta, sia riuscita a farmi arrossire!” conclude la frase avvicinandosi al mio orecchio. Sento il suo respiro, il suo profumo e mi trovo così bene tra le sue braccia che per un attimo dimentico la festa e tutti i presenti. È lui il mio solo interesse!
“Si, lui è alto un metro e ho tanta voglia di crescere!” dice un altro ragazzo apparendo alle nostre spalle

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