Lana's diaries

di Giovi_giovs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New life? ***
Capitolo 2: *** Forse non sarà così facile ***
Capitolo 3: *** First Kiss ***



Capitolo 1
*** New life? ***


Capitolo 1.
 
"Tesoro sei uno schianto stasera!"
Arielle mi viene incontro, nel suo vestitino attilato di un colore arancione acceso. Sorriso per la sua mise, e la abbraccio.
Faccio lo stesso con Kristine, che invece porta un abito nero, lungo fino al ginocchio accopagnato da piccoli orecchini bianchi.
Mi guardo intorno, imbarazzata. E' pieno di uomini semi-nudi, che ballano.
Che stupida, certo che è così, siamo in uno strip club!
Arielle, ed addirittura Kristine sembrano a loro agio. Pronte a divertirsi e a scaternasi come matte, a questa festa di addio al celibato organizzato per la cognata di Kristine. Io cerco di partecipare, di sembrare attiva, ma in realtà non so bene dove mettere le mani...
Alzo gli occhi al cielo, cominciamo bene.
Mi sento una spettatrice esterna, costretta ad assistere contro la sua volontà.
 
"Lana, svegliati!"
I miei occhi, leggermente appiccicaticci, non ne vogliono sentir ragione di aprirsi. Mi strofino gli occhi con i polsi, e mi costringo ad aprirne, almeno uno. Cerco di mettere a fuoco ciò che mi circonda, anche se la luce mi sembra quasi acceccante al momento.
"Forza Lana, devi svegliarti! O farai tardi"
I miei occhi si aprono immediatamente, non appena il mio cervello decide (alla buon ora) di connettersi e di dare il primo ordine della giornata. Scendo dal letto alla velocità della luce, e mi dirigo in bagno.
Mi guardo allo specchio: sono impresentabile. Puzzo di alcool e del fumo di Arielle e Kristine. Devo farmi assolutamente una doccia. 
Mi asciugo in fretta, cercando di domare i miei capelli che proprio stamattina non vogliono saperne di stare composti. Tiro fuori il mio tailleur fresco di lavanderia, ed esco dalla piccola cabina armadio, ritornando in camera da letto.
Per fortuna Mark è li fuori ad aspettarmi, steso sul nostro letto, con accanto un vassoio da colazione. La tentazione è forte, ma poi il cellulare comincia a squillare. Cazzo, è Kristine. Alzo il palmo della mano verso Mark, che deluso posa di nuovo sul vassoio un profumato bicchiere di succo d'arancia appena spremuto. 
Ancora succo d'arancia? basta. Non ne posso più della sua nuova mania salutista, siamo sempre a dieta.
Rispondo alla chiamata, e pronuncio in modo scrodinato, qualche frase di ringraziamento, mentre saltellando verso l'uscita mi infilo le scarpe. Prendo al volo la valigetta e mi infilo in ascensore.
"Scusami Kristine. Non ho sentito la sveglia!"
La abbraccio, mentre lei alza gli occhi al cielo ridacchiando.
Faccio una piccola smorfia. Perchè quella faccia? Può capitare di essere ritardo una..qualche volta nella vita, ecco.
E va bene, sono una ritardataria compulsiva.
Il giorno in cui arriverò puntuale, probabilmente comincerò a preccouparmi seriamente. Però ho tanto senso del dovere.
Ed è proprio il dovere a farmi svegliare così presto oggi.
Ho un colloquio.
Il primo colloquio della mia vita. Sono così agitata. Sarà come nei film?
No, non credo. Sarebbe bello. Insomma, in quel caso saprei già come fare. Ma ho una strategia: fingere sicurezza. Oh si, devo dimostrarmi molto sicura di me. Così ci crederanno anche gli altri, ne sono sicura.
"Terra chiama Lana!"
" Cosa?"
"Appunto."
Abbasso leggermente la testa, sorridendo imbarazzata.
" Volevo solo dirti, in bocca al lupo!" 
Dice indicando un grande palazzo dietro di noi.
Cavolo, ero tanto presa dai miei film mentali che non mi ero neanche accorta di essere arrivata.
" Crepi! Grazie di avermi accompagnata!"
" Lo sai, sono di strada!"
Ci abbracciamo di nuovo, e poi alzo il braccio in segno di saluto mentre la vedo scomparire tra la folla.
Mi giro, alzo la testa e guardo a bocca aperta questo enorme edificio.
Pieno di finestre, a specchio, che conferiscono alla struttura quasi le sembianze di un'enorme scacchiera nera. E' un pò inquietante, ad essere sincera. Ritorno a guardare davanti a me. Prendo un respiro e tiro in su' le spalle, prima di entrare.
Se l'aspetto esteriore era particolare, l'interno è qualcosa di meraviglioso. Mi avvicino, a bocca aperta per lo stupore, al grande bancone nero, con rifiniture dorate che sfioro con le dita.
La recepsionist mi guarda perplessa, forse divertita. Gli devo sembrare un tale pesce fuor'acqua. E al momento lo sono, al 100%.
Iniziamo una conversazione. E dopo qualche minuto, ha già chiamato un'altra aitante assistente per accompagnarmi al piano, dove avrà luogo il colloquio.
23esimo piano. Non sono mai superstiziosa. Ma oggi questo numero mi trasmette una strana sensazione. Abbasso la testa, ridendo silenziosamente di me stessa.
Non devo essere ansiosa, o addio piano-sicurezza.
L'ascensore è così veloce che non faccio neanche in tempo a rimettere in ordine i miei pensieri, e a ripetere il mio discorso mentalemente, che siamo già arrivati. La ragazza mi fa strada, molto professionalemente verso un grande atrio dove, quasi telepaticamente, un altra donna ci guarda. Mi sento come un testimone in una staffetta. Sto passando da un'assistente, all'altra. E' abbastanza snervante, e non so il perchè.
Anzi si che lo so, il perchè. Inutile girarci intorno.
Sono tutte così..perfette.
Comincio a guardare il mio abbigliamento, e ringrazio il cielo, di essere andata con la madre di Mark a fare shopping. Amelia se ne intende di moda, e mi ha consigliato questo completo, economico, ma elegante abbastanza da non farmi passare da completa pezzente, in questo posto così trasudante di perfezione.
Respira Lana, o la tua fronte diventerà peggio di una radice d'albero.
Così dicendo, rilascio le spalle che ricadono dolcemente, rilassandosi. Prendo un bel respiro, e mi appoggio allo schienale del comodo divano sui cui sono seduta. 
Mi guardo intorno, e tutto questo nero, mi fa sentire davvero a disagio.
Come può venire in mente a qualcuno di creare un ambiente così macabro? davvero, non capisco. 
Sono davvero curiosa di conoscere il capo di questa strana struttura, a questo punto. E come per magia. La donna dietro al bancone del piano mi fa cenno, di seguirla.
" Il capo la sta aspettando." 
Mi spiega brevemente, dietro ad un sorriso tanto bello quanto falso.
Annuisco educatamente ed entro in una stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
La stanza è enorme. Anzi l'aggettivo enorme non descrive pianamente ciò che vedo. 
La stanza è circolare, a mezza luna. Le pareti, tranne quella della porta, sono tutte ricoperte da finestre che regalano una vista mozzafiato.
Sulla sinistra compare un grande divano, di pelle bianco, a destra invece un grande tavolo, pieno di scartoffie e fogli, cirondato da numerose librerie. E infondo alla stanza, davanti alle finestre c'è invece una grande scrivania. E proprio dietro di quella c'è una poltrona, molto elegante che però è girata rivolta verso il magnifico panorama. Mi avvicino timidamente verso quest'ultima, sapendo che è proprio lì che devo andare.
Mi schiarisco la voce, sperando di attirare finalmente l'attenzione che finora non mi è stata concessa da questo, strano, titolare. E proprio in quel momento realizzo di essermi dimenticata chi sia. Ho inviato così tanti curriculum che non posso ricodarmi tutto, mi dico, cercando di giustificare il mio imperdonabile errore. Non so neanche se sia uomo, o donna. Quanti anni abbia, eccetera eccetera. Sono nel panico.
" Posso?" dico, quasi in un sussurro
La poltrona finalmente accenna a girarsi nella mia direzione.
Non riesco a credere ai miei occhi. Proprio qui, davanti a me, c'è la cosa più bella che io abbia mai visto. La sua bellezza mi sconcerta, e mi ritrovo a sbattere più volte le palpebre, cercando stupidamente di trovare un errore di messa a fuoco.
E invece vedo ancora benissimo.
Mi guardo intorno, alle mie spalle. E quest'uomo, sarebbe il capo di tutto questo?
Scuoto la testa, sorridendo divertita. Dev'essere sicuramente uno scherzo.
All'improvviso, sento qualcun'altro schiarirsi la voce. Mi giro, e ritorno a guardare l'uomo dietro la scrivania che mi guarda evidentemente spazientito. All'improvviso spalanco gli occhi, arrivando finalmente alla conclusione che non c'è nessuno scherzo in atto. Ed io ho appena fatto la figura dell'idiota, che probabilmente sono per davvero.
Mi lascio scivolare silenziosamente sulla sedia. Sento di avere le guance in fiamme.
Non ho il coraggio di alzare lo sguardo, ma devo. Lo guardo con coda dell'occhio, e lo trovo a fissarmi. Contrariato, e ancora spazientito.
" Ha intenzione di restare a fissarmi ancora a lungo, signorina?"
Il suo tono è freddo e stizzito.
"Mi scusi.." sussurro
Mi concedo un'altra occhiata. Un'altra emozione si aggiunge alla sua espressione: noia.
Devo fare, dire qualcosa al più presto possibile. Non posso giocarmi la possibilità di lavorare in un'azienda come questa, per uno stupido inconveniente.
"Davvero, mi perdoni. E' solo che lei è così.."
" Bello? Carismatico? No, mi lasci indovinare: intelligente."
Rispose, facendo roteare in modo annoiato la mano ad ogni parola, come se stesse valutando delle opzioni sentite e risentite milioni di volte. Unisco le labbra in una linea dura, di fronte a tanta prepotenza. Sono così presa dalla mia rabbia che quasi non mi accorgo che un uomo ci raggiunge. Ma per fortuna la sua risata mi avvisa del suo arrivo, distogliendomi dal mio mondo parallelo. Arriva di fianco a lui e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Lui annuisce, senza proferire parola. Nella mia mente i pensieri continuano a correre, e penso che ormai il lavoro l'ho perso alla grande.
Abbasso la testa, portandomi le mani in grembo, e chiudendole successivamente a pugno. Mi ha mancato di rispetto.
E questo non lo posso accettare. Pensa di potersi rivolegere così a me, solo per via del suo ruolo di prestigio? o peggio, dei suoi soldi? 
Alzo la testa, e guardo entrambi gli uomini. Il secondo uomo mi fissa in modo perplesso, da sotto i suoi spessi occhiali rossi, distogliendo lo sguardo dal titolare, che solo successivamente volta la testa verso di me.
" Eccessivo, lei è così eccessivo. Ecco cosa volevo dire."
Dico, con tutto il disprezzo di cui sono capace, imitando il suo gesticolare.
Lui spalanca impercettibile gli occhi, per un secondo, prima di ritornare al suo normale stadio di indifferenza.
A differenza di occhiali rossi che invece appare davvero shockato.
" Signorina, ma come si permette di rivolgersi così al Sig. Grimes? Venga con me, il suo colloquio è finito."
Mi alzo, e vengo quasi buttata fuori dall'edificio. Con le stesse modalità con cui sono entrata. Ma questa volta sono un testimone scomodo, lo sento e lo leggo bene su questi bei visini. 
Esco fuori dall'edificio, e guardo in modo assente la folla di gente davanti a me. Improvvisamente, colta da un impeto d'ira, comincio a battere i piedi in terra guadagnandomi così qualche sguardo divertito dai passanti.
Basta, Lana, ricomponiti. 
Mi aggiusto la giacca, e mi immergo nel traffico urbano.
Raggiungo il "Joe's", il bar dove lavoro di tanto in tanto per mantenermi, prima di trovare il lavoro dei miei sogni.
Il lavoro per cui ho tanto studiato, e faticato. Il lavoro che oggi ho perso.
"Ma come, ancora? cos'è successo stavolta?"
"Niente, Bill."
" Sei arrivata di nuovo in ritardo vero?"
Rincalza la dose, Joe.
"Semplicemente il titolare è un cafone."
" Ti ha molestata?!" chiede Bill, già sul piede di guerra.
" No, niente del genere. C'è stato un piccolo diverbio. Niente di cui parlare."
Rispondo, finendo la frase con un filo di voce. 
"Puoi restare, se vuoi puoi fare un turno, ci sarà una specie di riunione di una squadra. Avremo molto da fare."
Annuisco. Mi giro e lascio pensolare la valigetta sulla spalla mentre mi avvio verso gli spogliatoi per cambiarmi e indossare gli abiti da lavoro. La divisa del Joe's è molto semplice, ma a me piace così. E composta da una t-shirt bianca, che ha più o meno a livello del seno, un logo azzurro scuro, con il nome del bar. Credo di esserci affezionata, ce l'ho da così tanto tempo. Quando ho lavorato qui la prima volta era solo una piccola topaia, troppo trasandata e abbandonata a se stessa per essere considerata una vera attività. E invece guardalo adesso. E diventato uno dei bar più frequentati della zona, anche dai giovani. Abbiamo anche una grande cerchia di clienti abituali. Ci sono sempre così tante cose da fare, che quello che doveva essere un lavoro saltuario, solo in caso di emergenza, è diventato quasi un posto fisso. Posso dire con orgoglio di aver migliorato questo posto. Ce ne è voluto di tempo, e di impegno. Sopratutto per convincere Joe ad ascoltarmi, e a cambiare. Ma lui e suo figlio, Bill, meritano tutto il mio aiuto. La morte di Tania, madre di Bill e moglie di Joe, li ha distrutti, ed ancora oggi, dopo tutti questi anni li trovo lì a fissare la sua foto, appesa dietro il bancone. Ricordo ancora quanto fossero apatici e spenti. 
Spero che Tania sia contenta di vederli così felici oggi. Attivi e soddisfatti della loro attività di famiglia, che rischiavano di perdere.
A questo pensiero, il cuore mi si riempe di gioia e di orgoglio, e mi ritrovo a sorridere stupidamente a me stessa mentre mi guardo all specchio. Ritorno alla realtà e finisco di legarmi i miei lunghi capelli rossi. Ritorno in sala, e comincio a svolgere il mio lavoro. Ogni gesto ormai mi sembra così normale, quasi meccanico. Così tanto che ben presto mi accorgo di aver in realtà fino il mio turno.
''Bill, vado a cambiarmi okay?"
Lui annuisce, ma poi mi raggiunge sulla porta dello spogliatoio.
"Posso?"
Lo guardo, annuendo e rimendo sulla soglia. Lui invece abbassa lievemente la testa, e mi pare quasi di vederlo arrossire.
"Che succede Bill? Ho fatto qualcosa di sbagliato?"
Lui scuote velocemente la testa, e le mani facendo segno di no, come se avessi detto la cosa più assurda del mondo.
Sorriso, e lo incalzo con lo sguardo a continuare. Lui si passa una mano tra i suoi folti capelli corvini, e comincia a fissarmi con i suoi piccoli occhi, anch'essi neri.
" Ecco..mi chiedevo se potessimo uscire insieme qualche volta."
Spalanco gli occhi, stringendomi improvvisamente nelle spalle.
"Uscire insieme?"
Lo guardo negli occhi, e mi sembra quasi di toccare con mano il suo disagio.
"Sai, c'è una partita di football, e non voglio andarci da solo..è un'occasione da passare con gli amici."
Comincio a guardarmi le scarpe, indecisa e sentendomi altrettando a disagio.
Uscire con il figlio del capo, non so se sia una buona idea..borbotta, giustamente, la mia parte razionale. 
Ma forse le sue intenzioni sono davvero amichevoli, penso. Devo sbrigarmi, e prendere una decisione.
" Va bene!"
Rispondo, quasi d'impeto, usando un tono più alto di quello necessario. Ma Bill non sembra farci tanto caso, data la sua espressione felicemente sorpresa. Sorrido a mia volta. Lui si gira e se ne va, mentre io ritorno nello spogliatoio.
Mi cambio velocemente, e dopo aver salutato tutti, anche Bill, con uno sguardo imbarazzato, esco e mi dirigo verso la metro, per tornare a casa.
 
"Amore?"
Lascio le chiavi su un piccolo mobile posizionato all'ingresso, e comincio a seguire un odore, sentendomi quasi un cane da tartufo. Arrivo in cucina, e trovo Mark ai fornelli. 
Scoppio a ridere, e mi avvicino a lui togliendogli le cuffiette dalle orecchie.
"Amore, sei tornata!"
Sorrido ed annuisco.
Spegne l'ipod e si gira verso di me, appoggiando le mani sui miei fianchi con un grande sorriso stampato in faccia.
"Come è andato il colloquio di oggi?"
Al suono di quelle parole mi congelo di nuovo. Cavolo, ero riuscita a non pensarci per tutta la serata..
" Male. Ma non mi di parlarne, okay?"
Rispondo stizzita. Il suo volto cambia repentinamente espressione.
" Posso almeno chiederti se stai bene?"
" Certo che sto bene. E' solo uno stupido colloquio, troverò un posto da un'altra parte!"
Prendo un respiro, sto cominciado ad urlare. Sto decisamente esagerando, e non è da me gridare in questo modo.
Questa non sono io. E lo capisco guardando gli occhi di Mark.
" Scusami..vado a stendermi un pò, ok?"
"E la cena? l'ho preparata apposta per te.."
" Mi si è chiuso lo stomaco. Scusa."
" Non ti preoccupare." dice sospirando.
Mi trascino fino alla camera da letto, buttandomi con un salto sul letto. Affondo tra le coperte, e vorrei tanto rimanerci per sempre. Appoggio la testa sul cuscino, quando vero arrivare Mark sulla soglia della porta che mi osserva, guardingo.
" Non ti mordo, scemino."
Accenno un sorriso, ancora tirato dal nervosismo. 
Lui si stende accanto a me.
" Mi abbracci?"  
Sussurro. Lo guardo, mentre resta fermo a guardami con una strana espressione sul volto.
"Che c'è?" chiedo, allora.
"Stasera mi sento vulnerabile.."
Oh. Lo guardo sorpresa, molto sorpresa. E quasi inconsciamente mi raggomitolo su me stessa, facendomi piccola, piccola e allontanandomi da lui.
" Forse è meglio se.."
" Sì." 
Lui si alza.
" Puoi chiudere la porta per favore?"
Lui non mi rivolge neanche lo sguardo, ma chiude direttamente la porta dietro di sè, senza dire nulla.
Sono in posizione fetale, ho così freddo, ho bisogno di mettermi sotto le coperte. 
Anche se mi sembra un diverso tipo di freddo. Di quelli a cui è difficile porre rimedio. Non ci possono essere coperte, nè stufe, nè camini per questo, penso toccandomi il petto.
Mi volto dall'altra parte, e guardo una foto sul mio comodino. Quanto mi mancano, i miei nonni. 
Le mie nonne, mi capivano al volo. Mi facevano sentire così speciale, così amata. Sono morte tanti anni fa, ero solo una ragazzina, eppure da allora la mia vita ha subito una battuta d'arresto. Il mio cuore è cambiato, lo sentivo, lo sento;
E da allora ogni tanto ho questo freddo dentro, questo buco nel petto che non riesco a colmare. E' una sensazione difficile da spiegare è come se il mio cuore mancasse un battito, come se mi mancasse il respiro e cercassi inutilmente di trovare un briciolo di ossigeno nei miei polmoni. E' orribile.
Ho bisogno di chiamare qualcuno, di sentire una voce calda e familiare.
Prendo il telefono da un taschino.
"Pronto?"
"Kristine, sono Lana."
"Tesoro, come stai? e il colloquio?"
"Male. Entrambe le cose."
" Oh mi dispiace."
" Già."
" Vedrai tesoro, sei in gamba avrai altre occasioni! Ne sono sicura."
Sorrido, piacevolmente sorpresa. Kristine, non è una persona espansiva, al contrario di Arielle.
Quindi devo sembrare davvero patetica, mi suggerisce una fastidiosa vocina interiore.
" Grazie."
" Figurati. Ora devo scappare però, Arielle vuole portarmi in un locale latino americano! Ci credi? io, a ballare!"
La sua risata mi contagia. 
" Brave, vedo che vi divertite senza di me!"
"Ma no, tesoro! Pensavamo che saresti rimasta a casa con Mark a festeggiare!"
Mi risponde, ridacchiando, per la palese frase a doppio senso. Alzo gli occhi al cielo, imbarazzata.
Poi ci salutiamo, e chiudo la telefonata.
Mi volto dall'altra parte, e incrocio le braccia sbuffando.
Senza accorgemene cado nel sonno.
Ma nemmeno lì, sono tranquilla. Sogno occhi azzurri, belli, intensi e profondi come l'oceano, ma anche capaci di essere freddi come il ghiaccio. E poi folti e morbidi capelli color castano chiaro. Poi degli occhiali rossi, che mi squadrano e cominciano a ridere di me. Mi sveglio, sono tutta sudata, e vengo colpita dai raggi del sole. Socchiudo gli occhi, e mi guardo accanto scorgendo la figura di Mark. Mi volto e guardo l'orologio. 
Vado in cucina, ho bisogno di un bel caffè per schiarirmi le idee e scrollarmi di dosso questa brutta sensazione.
Davvero, ho appena sognato il signor Grimes?
Penso, seduta al tavolo, con una tazza tra le mani.
Sorseggio il mio caffè, infastidita dallo spazio che quel verme è riuscito a trovare dentro di me.
E' riuscita ad umiliarmi. Devo essergli sembrata davvero stupida e goffa. Una completa idiota, penso sospirando.
No che mi importi della sua opinione, sia chiaro. No, certo che mi importa. Come mi importa anche degli altri colloqui.
Eccessivo, dovevo dirlo davvero?! Perchè non sto mai zitta? 
Mi assesto un colpetto sulla fronte, maledicendo la mia linguaccia lunga e la mia goffaggine. Sono riuscita a rovinare tutto.
Passo qualche ora a fissarmi le mani. Nel frattempo Mark è uscito, è andato a lavoro. Lui, lui ce l'ha un lavoro che ama e lo appassiona.
 
"A volte non riesco a capire perchè sta con una come me!"
Sono al parco, seduta su una panchina, e mi sto sfogando con Arielle che ho invatato a correre con me. 
Lei lavora come ragazza immagine, quindi la mattina e il pomeriggio posso averla tutta per me.
" Io invece mi chiedo perchè tu stai con quel pesce lesso!"
"Ecco la mia Arielle sempre piena di energie e senza peli sulla lingua!"
Scoppia a ridere, ma non ritratta le sue affermazioni. Come al solito.
" Mark è sempre così buono con me..cos'ha che non va?"
Arielle mi guarda, truce. Io abbasso lo sguardo, imbarazzata.
So cosa intende. Lo so, benissimo.
" E' una scelta comune."
" Comune.." ripete, con tono scettico.
" Già."
E una volta arrivata a questo punto la conversazione si ferma, come di consuetudine.
Decidiamo quindi di continuare a correre. Lei comincia ad ascoltare della musica e a me non resta altro da fare che cominciare a guardare l'ambiente circostante. Ma niente cattura la mia attenzione, abbastanza da non farmi pensare al tutto il resto.
Ripenso a Grimes, a come mi ha sbeffeggiato, e a come fosse divertito il suo assistente. Senza accorgemene, comincio ad accellerare. Poi penso a Mark. E alla nostra vita insieme. Stiamo insieme da 3 mesi, appure mi sembra che siamo passati 3 anni. Mi fermo, di colpo, e solo per una fortunata serie di coincidenze non mi ritrovo a cadere in avanti. Sarebbe stata un altra bella immagine da aggiungere alla lista..io stesa lunga per terra, nel parco pubblico.
Appoggio le mani sulle ginocchia, e respiro a pieni polmoni. Mi accorgo di avere il fiato corto, anzi cortissimo.
All'improvviso le lacrime cominciano a rigarmi le guancie, così calde, da farmi sentire a pieno la loro presenza. Cerco di asciugarle con i polsi della mani.
" Lana!"
Mi volto. Arielle, grida alle mie spalle mentre corre, sotto evidente sforzo, nel tentativo di raggiungermi.
No, non voglio farmi vedere così. Approfitto della lontananza, per alzare la mano e mimare un saluto.
" Devo andare, è urgente. Ciao!" 
Grido. Mi giro e cerco di camminare, il più velocemente possibile.
Arrivo a casa, che sono sfinita. 
Distrattamente prendo la posta, e saluto qualche vicino che mi guardano in modo preoccupato.
Questo non fa che peggiorare il mio, già pessimo, stato d'animo.
Apro la porta, e me la chiudo dietro in un nano-secondo, quasi avessi paura di essere vista da qualcuno.
Mi guardo intorno, in modo sconnesso, disorientato, quasi non riconoscessi la mia stessa casa.
O meglio, la casa di Mark. 
Finisco con l'arrivare in bagno. Mi guardo allo specchio, presa dall'ormai familiare sensazione di vuoto, quello abissale, e nero come la pece. Apro l'acqua,  e mi tolgo lentamente i vestiti. Al momento, penso di esserne capace solo per la meccanicità dei gesti.
Mi infilo nella doccia, a lascio che il getto caldo rilassi i miei muscoli. E nasconda le mie lacrime.
Mi appoggio con la schiena alla parete, e scivolo giù fino a sedermi con le ginocchia strette al petto.
Le circondo con le braccia, e mi raggomitolo su me stessa.
Che cosa sto facendo? 
Mi sussurra la mia vocina interiore, ma so che il suo riferimento non è al mio comportamento attuale.
E' qualcosa di più. E' tutta la mia vita che è sbagliata. O forse sono io ad essere sbagliata, a non apprezzarla a pieno. 
Mi sento vuota, e triste. A volte mi sento come se non avessi niente al mondo. Lo so, è sbagliato.
Ci sono persone che davvero non hanno niente, a differenza mia. 
E questa consapevolezza mi fa sentire ancora più da schifo. 
Ma non posso fare a meno di sentirmi così. Davvero, non ci riesco.


[To be continued..]
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! *^*}}

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Capitolo 2
*** Forse non sarà così facile ***


Eccomi qui, con il secondo capitolo.
Scusate l'attesa, ma ho avuto davvero tanto..tanto da fare.
Ma eccolo qui, spero vi piaccia!
Buona lettura!!
 
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Esco dalla doccia e mi avvolgo in un telo, cercando di ignorare le lacrime secche sulla mia guancia. Raggiungo la cucina, quasi trascinando i piedi.
" Lana!"La voce di Mark è stranamente squillante.
Il suo sguardo punta dritto ai miei piedi. A quel punto realizzo di avere i piedi scalzi.
Mark odia che si cammini a piedi scalzi per casa, e per giunta, i miei piedi sono anche bagnati.
" Vatti a mettere le ciabatte!"
Sembra isterico. Lo guardo torvamente e lui alza un sopracciglio, sorpreso o forse sconvolto dalla mia espressione.
" Basta" sentenzio, a denti stretti.
"Cosa?"
Sembra quasi una di quelle professoresse del liceo, che si credono onnipotenti. Una di quelle vecchiette, acide, che abbiamo conosciuto tutti una volta nella vita.
" BASTA!" urlo, più forte che posso.
E questa volta sembra recepire il messaggio. Indietreggia di qualche passo, e io mi metto a sedere, con calma, quasi non fosse successo niente. Prendo le lettere sul tavolo e comincio a controllarle.
Una porta il mio nome. Cerco di asciugarmi al meglio le mani, e la apro.
Rimango a bocca aperta.
E' una lettera che mi informa di una mia assunzione!
Comincio a ridere, per la felicità, ma anche un pò per scaricare la tensione. Devo sembrare così nevrotica in questo momento. Mark mi guarda, a lungo, cercando di capire che cosa succede.
" Mi hanno assunta!" dico, tra le risate, rispondendo alla sua silenziosa domanda
Lui accenna un sorriso, prende la lettera dalle mie mani e fa correre gli occhi tra le righe.
" Grimes Financial, è un bel colpo Lana! Non potevi trovare lavoro migliore" 
Dice, fingendo un fare allegro che non coinvolge gli occhi.
Ma il mio cervello non assimila questa stranezza, è rimasto bloccato alla parola Grimes.
Soffoco un altra risata, stavolta davvero isterica. Mi alzo e apro il frigo, versandomi un bicchiere d'acqua.
" Cuciniamo?" mi chiede successivamente
" Non festeggiamo?" 
" Se tu vuoi festeggiare fa pure, io sono stanco..andrò a dormire presto."
Ma come? è il primo lavoro, merita di essere festeggiato. Sospiro, e sto quasi per rimettermi a sedere, quando impunto i piedi.
" Si, andrò a festeggiare. Prepara la cena solo per uno."
 
Lui spalanca gli occhi. Mi volto, e sorridendo raggiungo la camera da letto. 
"Ci vediamo alle 20:00. Perfetto."
Chiudo la telefonata con un sorriso soddisfatto.
Mi asciugo velocemente dopo la doccia, poi indosso la biancheria e raggiungo la cabina armadio.
Devo mettermi qualcosa di bello. Voglio festeggiare stasera, voglio farlo davvero. Me lo merito un pò di divertimento.
Il mio entusiasmo sparisce leggermente di fronte alla poverezza del mio armadio. Alla fine opto per i miei jeans preferiti, e un top nero. E già così, mi sento più elegante del solito. Un velo di lucidalabbra naturale, e via.
" Sto uscendo."
Dico, ma sono già davanti alla porta. Lo sento blaterare qualcosa, mentre chiudo la porta, ma non riesco a capire.
Meglio così, penso. Raggiungo il bar, ed entro. Arielle, Kristine e Joe alzando un calice al mio ingresso.
Sorrido, e le mie guance si colorano lievemente mentre raggiungo il bancone sedendomi su uno degli sgabelli.
Tutti mi abbracciano e mi fanno le congratulazioni. Ma ho come la sensazione che manchi qualcosa, o qualcuno.
" Dov'è Bill?"
Joe, alza le spalle. Forse si sta chiedendo la stessa cosa.
" Sul retro?"
 Mi suggerisce. Faccio un leggero cenno del capo.
E in effetti, lo trovo li. Fuori dalla porta sul retro, con un bicchiere semi-vuoto di birra in mano.
"Ehi.."
Sussurro, con un timido sorriso. Lui si gira, sussultando come se lo avessi appena colto in flagranza di qualche reato.
Arrossice, e mi guarda. 
" Ciao." dice
" Cosa ci fai qui fuori da solo? Fa così freddo."
" Freddo.." ripete, senza nessuna particolare inflessione
" Sì, freddo." dico, mentre cerco il suo sguardo, che è un pò assente.
Lo prendo per il braccio e lo trascino all'interno.
" Sai, non posso ammalarmi..o come ci vado a lavoro!"
Dico saltellando, in preda all'euforia. Scoppia a ridere, e mi abbraccia.
Mi tiene stretta a lui, io rimango sospesa tra le sue braccia sentendomi in imbarazzo.
"Congratulazioni Lana! Anche se mi mancherà non averti qui."
Con delicatezza sciolgo l'abbraccio, e lo guardo. E' così dolce.
Sorrido, mostrando probabilmente il mio primo sorriso sincero della giornata.
" Non abituarti troppo alla mia assenza, perchè sarò una tua nuova cliente abituale!"
Scoppiamo a ridere, ed insieme, stretti in un buffo abbraccio torniamo in sala.
" A Lana!" dicono in coro, rivolgendo il bicchiere nella mia direzione. 
" Vi ringrazio." rispondo, e bevo un sorso del mio succo alla pera
" Perchè non bevi un pò di vino..Mark non c'è." 
Il sorriso complice di Arielle, è così convincente..
Ma all'improvviso mi sento in colpa. Rifiuto e abbasso leggermente la testa.
Gli ho urlato in faccia. E poi sono venuta qui, senza di lui.
L'ultima cosa che di cui ho bisogno, è che io torni a casa ubriaca. Succederebbe il finimondo.
Joe mi ammonisce, con il suo solito fare paterno, che mi fa sorridere.
" Togliti la giacca, o prenderai freddo quando andrai via stanotte!"
" Hai ragione, grazie."
I ragazzi ridacchiando, anche Bill che incrocia il mio sguardo.
Mi guarda, quasi a bocca aperta, ed improvvisamente mi sento così scoperta.
" Tesoro, questo top è così carino! Finalmente hai messo via i tuoi brutti maglioni della nonna!" esclama Arielle.
" E' vero..stai benissimo." incalza Bill, con un filo di voce, e uno sguardo meravigliato.
Gli do un piccolo colpetto sulla spalla, e gli faccio la linguaccia.
Abbasso le spalle, di fronte a tutte quelle attenzioni. Non ci sono abituata. 
Mi piacciono i miei maglioni, sono comodi e mi fanno passare inosservata. Anche a Mark piacciono, penso.
Ritorno a bere il mio succo. La serata passa, piacevolmente e senza intoppi. Io e le ragazze usciamo, a braccetto.
Ridacchiano, come matte. Sono un pò sbronze, penso.
" Non dovrei lasciarvi da sole in queste condizioni."
" Dormite da me, ragazze, dai!" propone Kristine
" Si, bella idea! facciamo un pigiama party, come al cielo! Dai, Lana!"
Emtrambe cominciano a saltellare, e mi ricordano più due bambine dell'asilo, che del liceo. Scoppio a ridere, ed annuisco pur di farle smettere.
Arriviamo a casa di Kristine. O forse dovrei dire, il suo palazzo. 
Saluto imbarazzata i suoi genitori, e le trascino fino in camera.
"Che figuraccia!"
Esclamo, coprendomi il viso con le mani.
" Sei una donna adulta, Lana. Sono sicura che sopravviverai"
Mi risponde Arielle, seccata. Ouch.
Vorrei risponderle, ma lei ormai è gia stesa sul letto in preda ad una fragorosa risata.
Ci stendiamo nell'enorme lettone di Kristine, dopo pochi minuti sono già crollate nelle braccia di Morfeo.
Invece io, rimango, come al solito, con gli occhi aperti. Non sono in vena di riflessioni, ma vallo a dire alla mia testolina. 
Con la coda dell'occhio, cerco Arielle da sopra la mia spalla. Non ho dimenticato le sue parole. Forse non dovrei farci caso, forse non è niente. Però quel tono..è stato quello a ferirmi. Si, mi ha ferito. In vino veritas, è così che si dice giusto? 
Incrocio le braccia, contrariata. Hai la coda di paglia, mi stuzzica la mia vocina interiore. 
Socchiudo gli occhi. Mi comporto come una bambina che non si prende le sue responsabilità?
Con questo pensiero ancora nella mente, cado nel sonno senza darmi una risposta.


"Lana, cara."
Apro gli occhi. Mi metto a sedere, alla velocità della luce, nel modo più composto che posso.
Mi intravedo nello specchio, e guardo inorridita la mia figura. Cerco di addomesticare i capelli, e di riportarli ad uno stato almeno decente. 
" Buongiorno signora."
Rispondo, sorridendo educatamente. La madre di Kristine, è una donna assolutamente fantastica.
Sempre impeccabilmente elegante e a modo. Almeno per me, ma dubito che la stessa Kristine e Arielle, in particolare, pensino la stessa cosa.
Credo che abbia una simpatia nei miei confronti.
Mi ha sempre tratto benissimo, sin dal liceo.
"Quanto tempo, come stai?"
La sua voce risuona, dolce e materna, anche se le circostanze non sono delle migliori.
C'è un fastidioso brusio di sottofondo. Sono Arielle e Kristine, che vomitano nel bagno della camera.
Posso quasi notare, una piccola ruga di fastidio sulla fronte della signora Martin, conoscendola deve sentirsi in profondo imbarazzo.
" Sto molto bene, la ringrazio. Lei?"
" Anche io, mia cara."
Sorrido, facendo un piccolo cenno del capo. Poi si sentono dei lamenti dal bagno.
" Scusami cara, vado a controllare cosa succede."
Annuisco.
"Certo, vada pure."
" Di sotto è pronta la colazione. Ti raggiungeremo tra poco."
" La ringrazio. A dopo, signora Martin."
La guardo raggiungere il bagno, e chiudersi la porta alle spalle.
Ne approfitto, per scendere e raggiungere i miei vestiti.
Mi vesto, e dopo essermi data un'ulteriore controllata allo specchio decido di scendere al piano inferiore.
Arrivo nella sala da pranzo e saluto il signor Martin, che legge tranquillamente il giornale seduto a capo tavola.
" Buongiorno signor Martin."
Distoglie appena il foglio, e accenna un sorriso, che non coinvolge gli occhi.
Abbasso lo sguardo. Il signor Martin non è molto socievole con me. Quando ero piccola non ne intuivo la ragione, ma ora credo di aver capito. Lui semplicemente odia tutto quello che piace alla moglie. E io non faccio eccezione.
Kristine e Arielle lo adorano, infatti. Con loro è così gentile e divertente.
Non ho mai capito la famiglia di Kristine. E' così..complicata, e a dir poco conflittuale.
Ogni volta che sono qui, sento di poter tagliare la tensione con un coltello. Si sente proprio la puzza di rancore, di situazioni rimaste in sospeso. Poco dopo arrivano, Arielle e Kristine, accompagnate da sua madre.
La signora si siede accanto alla sottoscritta. E' tra me e suo marito, mentre alle ragazze non resta altro da fare che mettersi di fronte. Guardo Kristine, e noto il suo sguardo. Quello che mi ha spinto a declinare ogni tipo di visita in questa casa.
E' uno sguardo pieno di rabbia, e gelosia. Glielo leggo chiaramente negli occhi, ormai la conosco bene.
L'ho visto così tante volte, eppure ogni volta mi ferisce. Finisco velocemente la colazione, quasi a fatica. Mi si è chiuso lo stomaco, ed ora vorrei quasi vomitare tutto.
" Grazie della colazione, i croissant sono squisiti. Ma ora devo proprio andare."
Esclamo, improvvisamente. 
Tutti mi guardano sorpresi.
" Come..non resti per pranzo?" mi chiede la signora
Ah, quasi dimenticavo. Ogni volta che restavamo a dormire qui, la signora ci convinceva a rimanere il più a lungo possibile, era diventata quasi una tradizione restare fino al tardo pomeriggio. Ma il tempo del liceo è passato, ed ormai anche quello del college. E' non ho più voglia di giocare, il gioco della famiglia Martin non fa per me.
"No, purtroppo ho degli impegni." mento, spudoratamente.
" Che peccato.."
Risponde, rattristata. Mi fa così tanta tenerezza, a volte. Mi sembra una donna così sola.
Prendo la mia roba e raggiungo la porta di ingreso. 
Mi stringe in un abbraccio che ricambio affettuosamente.
Sento lo sguardo di Arielle e Kristine sulla mia schiena, ma tengo duro e lascio la casa. Cammino lungo la strada, e sento dentro di me uno strano senso di soddisfazione. Stringo la borsetta tra le mani.
Ho fatto la cosa giusta, la situazione familiare di Kristine non è qualcosa di cui dovrei immischiarmi. Ma non appena metti piede in quella casa, ogni tua mossa viene esaminata. E ancor prima che tu te ne accorga, vieni smistata in uno dei due team. O sei con la signora, o sei nel gruppo del signor Martin e figlia. Ma questa non è la mia battaglia, per fortuna, aggiungerei.
Ritorno a casa. Quella che doveva essere una bella serata, alla fine è diventata un disastro.
"Cristo, Mark!"
Sobbalzo, e mi porto una mano al petto. Quasi ci rimango secca.
" Dove sei stata?"
Il suo tono è freddo, come il suo sguardo. 
"Non sono affari tuoi."
Rispondo, senza mostrare alcuna emozione. Sono quasi commossa da me stessa.
Riprendo a camminare, ma poi vengo presa per un braccio.
" Cosa fai?!"
" Tu cosa fai! Pensi di poter stare in giro tutta la notte come una sgualdrina?!"
Lo guardo, con gli occhi spalancati. Sono allibita. Il suo tono è così pieno di disgusto che vorrei tanto piangere.
La mia mano parte, senza che io possa controllarla, e assesta uno bello schiaffo sul suo viso.
Corro in camera mia, dove passo almeno un'ora con la testa sotto al cuscino.
Sento bussare. Non rispondo, ma la porta si apre lo stesso.
" Dobbiamo andare in chiesa."
Sento un movimento accanto a me. Sposto il cuscino e guardo Mark, che si è seduto accanto me sul bordo del letto.
Ha lo sguardo basso.
" Non ho voglia di uscire."
" E' importante che tu venga, lo sai."
" Per chi, per te o per la tua famiglia?"
" Che discorsi senza senso. Ti aspetto di là, io sono già pronto."
Si ricomincia con gli ordini, penso. Controvoglia di preparo.
Indosso un sobrio pantalone nero, a zampa di elefante, e una camicia bianca portata dentro i pantaloni.
Dall'armadio prendo anche una giacca, e delle ballerine entrambe nere.
Mi trascino verso l'ingresso. I miei piedi sembrano pensare quintali. Perchè è tutto così difficile?
Silenziosamente raggiungiamo la sua auto, senza rivolgerci neanche uno sguardo. Arriviamo alla chiesa, e sua madre ci viene in contro abbracciandoci, con il suo solito modo di fare così espansivo. E' il classico esempio di quelle persone rumorose, ed eccessive. Quelle che ti fanno sentire in profondo imbarazzo in pubblico. Cerco di ricambiare il suo abbraccio, senza risultare troppo fredda o infastidita. Ho incontrato la famiglia di Mark in poche occasioni, ma ogni volta mi è sembrata di stare in teatro nel bel mezzo di una recita.
La donna mi prende in braccetto, e dopo pochi secondi vengo catapultata nel solito rituale. Salutare il padre e tutti i parenti: dalle zie, ai cugini fino ad arrivare agli amici di famiglia. Vengo mostrata quasi come un trofeo. Sono così tanti, non ricordo il nome della maggior parte di loro. 
Mi chiamano di continuo. Lana, qui. Lana, lì.
"Lana, bacia Mark." "Lana, quando vi sposerete tu e Mark?" "Come siete carini!"
Sono tutti così contenti, che mi viene quasi da vomitare. Non ne posso più. Voglio solo tornare a casa e rinchiudermi nella mia camera, in totale isolamento per tutto il giorno. Chiudere la finestra e buttarmi sotto le coperte. 
Finita la funzione, io e Mark salutiamo nuovamente tutta la famiglia e ci avviamo verso l'auto. 
Ad ogni passo ritorniamo sempre più noi stessi, e sempre più lontani dall'idea dei piccioncini innamorati che fingiamo di essere.
Sono nel letto, Mark mi ha raggiunto. La sua sola presenza mi mette rabbia in questo momento
L'unica cosa positiva, e che il pomeriggio l'ho passato esattamente come desideravo: da sola.
Sto quasi per addormentarmi, quando il mio cellulare squilla. Mi metto a sedere, e prendo il cellulare dal comodino.
"Pronto? Domani? Certo, che sono disponibile! La ringrazio!"
Faccio un sorriso a trentadue denti, mentre chiudo la chiamata.
"che cosa devi fare domani?" mi chiede, con fare guardingo
" Ho il mio primo giorno, del mio nuovissimo lavoro!"
Sorriso soddisfatta al pensiero. Ancora non riesco a crederci, dopo que colloquio disastroso non mi aspettavo di certo un'assunzione!
Mi stendo, e mi volto dall'altra parte. Cado nel sonno, felice, con il sorriso sulle labbra.





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Il mio angolino:
Come sempre, se vi è piaciuto, mi piacerebbe leggere una vostra recensione.
Significa molto per me, sapere la vostra opinione!!
Grazie mille, davvero! :)
 

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Capitolo 3
*** First Kiss ***


Si, lo so..sono in ritardo..sono peggio della mia Lana =P CHIEDO VENIA.
Grazie a tutti quelli che hanno letto i capitoli, a chi ha recensito e/o inserito questa storia tra le seguite. Davvero, grazie.
Spero di leggere altre recensioni, perché mi riempono.il.cuore <3

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Mi sveglio quasi di colpo, ho uno strano senso di ansia addosso. Volto la testa e guardo l'orologio.
" Cazzo!" urlo
Sveglio di corsa dal letto, e mi fiondo in bagno. Mi preparo alla velocità della luce.
Mi lego i capelli, indosso il completo della scorsa volta, e corro verso la porta. Con la coda dell'occhio, noto Mark in cucina. 
Probabilmente sta finendo la sua colazione. Perchè non mi ha svegliato?
Ma ora non ho tempo per questo pensiero. Scendo in strada e comincio a correre. Più forte che posso.
Per fortuna, la Grimes Financial non è molto lontana.
Entro all'interno e raggiungo, ancora in corsa, la reception. La donna controlla qualche cosa nel computer e mi spiega brevemente dove devo recarmi. Ringrazio, e raggiungo l'ascensore che sta per chiudersi, corro e riesco ad entrare. 
Ma inciampo. Chiudo gli occhi, per lo spavento ma qualcosa attutisce il mio corpo. Apro leggermente gli occhi e mi rendo conto di essere tra le braccia di un uomo. Ha un elegante completo nero, e indossa una profumata camicia bianca.
Alzo la testa, per idenficare questa persona.
Spalanco gli occhi. E'..è il signor Grimes, che mi fissa con i suoi intensi occhi azzurri che non avevo (o almeno, non del tutto) notato il giorno del colloquio. E' così..giovane. Ecco cosa volevo dire quella famosa mattina. Il solo ricordare, mi fa drizzarela schiena. Mi allontano e mi ricompongo cercando di contenere l'imbarazzo. Sento di avere le guance in fiamme.
" Mi scusi.."
" Lei è?"
" Lana Sanders."
" Felix Grimes."
Mi guarda, e mi sembra di scorgere un sorriso divertito. Seguo il suo sguardo, e spalanco gli occhi per la sorpresa.
Sta guardando le mie gambe. Nella fretta non ho potuto mettere le calze, sotto la mia gonna. Per fortuna, non è troppo corta.
Il suo sguardo persiste, e io mi sento strana, strana dentro. All'improvviso mi brontola la pancia. Voglio morire, adesso.
Lui finge di non accorgesene, ma io lo so, l'ha sentito. Sapesse che corsa ho fatto, non ho avuto proprio il tempo di fare colazione, e ieri sera avevo lo stomaco chiuso, quindi niente cena. E pensare che sono in ritardo lo stesso.
" Devo uscire qui.." sussurro
" 17esimo piano." risponde, come se stesse assimilando l'informazione
Sorrido, ed annuisco mentre esco stando bene attenta a non inciampare di nuovo.
Mi trovo davanti, un uomo robusto, di colore sulla quarantina. Mi guarda con aria truce.
" Sanders?" esordisce
Io annuisco, e porgo la mano che lui non stringe.
" Sei in ritardo. Io odio i ritardatari."
Mi si forma un nodo in gola. Bene, cominciamo bene.
" Mi perdoni." biascico 
Successivamente il Signor Williams, questo il suo nome, mi accompagna alla mia piccola scrivania.
Il piano è tutto un complesso di scrivanie vicine. Mi siedo al mio posto, e penso già a come lo personalizzerò.
Lui mi spiega le mie mansioni, e tutto quello che ho bisogno di sapere. Infine, mi indica una o due persone a cui posso chiedere aiuto in caso di necessità. Prima di andarsene mi affida un piccolo incarico, e mi spiega che i primi tempi saranno duri. Io sorrido, e ringrazio, non capendo molto dell'ultima frase. Mi guardo intorno, cercando di sorridere a qualcuno dei miei nuovi colleghi. Ma nessuno sembra molto intenzionato a fare amicizia, o ad essere gentile. Tutti schivano il mio sguardo, o sono troppo occupati da non accorgersi nemmeno della mia presenza. Sospiro lievemente, e mi metto al lavoro.
" Sanders?"
'' Si, signor Williams?"
" C'è questo per te."
Alzo un sopracciglio dalla sorpresa, mentre mi passa un sacchetto. Mi sembra seccato, ma non ne sono sicura.
"Grazie.."
Lo guardo mentre si allontana. Poi apro il sacchetto, lentamente, come se fosse qualcosa di proibito. E' una brioche.
Chi può avermela mandata?
Ispeziono il sacchetto, alla ricerca di indizi, ma niente.
Non credo sia opera di Mark, non è nel suo stile. E sopratutto dopo gli ultimi giorni non farebbe mai una cosa così carina. Richiudo il sacchetto, devo aspettare la pausa pranzo purtroppo.
"Ragazza?"
Alzo lo sguardo, e mi trovo davanti alla scrivanie due donne.
"Si?"
" Sono Lara, piacere." dice, porgendomi la mano
" E io Alyssa."
Stringo la mano di Lara, e successivamente la porgo ad Alyssa che però non ricambia.
Corrugo la fronte, e ritiro lentamente la mano.
" Ci faresti un caffè?"
" Cosa?" 
Il tono della mia voce, esce più alto di quello che mi aspettavo.
" Sei nuova, non ha niente da fare. Mentre noi siamo piene di lavoro!"
Incalza Alyssa, che sembra essere quella più tosta.
Faccio una piccola smorfia, ora capisco cosa intendeva il sig Williams con il discorso dei nuovi arrivati..
Mi alzo in piedi, e mi sforzo di sorridere.
Sono in ascensore, mi guardo allo specchio, mentre mi sistemo dietro l'orecchio una ciocca di capelli sfuggita all'elastico.
Una donna chiede la fermata ed entra all'interno, ha i capelli a caschetto neri, e in mano un sacchetto che mi pare fin troppo familiare, riconosco il logo e il colore.
Deve esserci un bar qui vicino con questi sacchetti, forse riesco a raggiungerlo in tempo prima della fine della pausa pranzo.
Dopo aver controllato due locali, trovo quello che cerco. Entro dentro, e ordino guardandomi intorno. Non c'è nessun volto familiare. Peccato, penso sospirando. 
Torno indietro e consegno i caffé. Non mi dicono nemmeno grazie. Sbuffo e torno al mio posto.
Sto per prendere la mia brioche quando arriva il sig Williams. Ho perso tanto tempo a cercare quel bar, troppo a quanto pare. Mi tiene impegnata tutta la giornata a riordinare vecchie scartoffie.
Sono le sei e mezzo, ho finito. Raggiungo l'ascensore, e richiedo la fermata.
Sono sola, tutti se ne sono già andati. Maledetto Williams, penso. Le porte si aprono e io alzo la testa.
Spalanco gli occhi. Di nuovo lui.
" Signorina Sanders, che piacevole sorpresa!"
Il suo tono è piacevolemente divertito. Sono quasi tentata di farmi 17 piani di scale. Ma ormai è troppo tardi.
" Buonasera." rispondo coincisa
" Com'e è stata la sua giornata?"
" Buona, la ringrazio. La sua?"
" Noiosa."
Ritorno a guardalo. Mi aspettavo il solito copione standard delle conversazione educate con gli sconosciuti, quelle fatti di migliaia di "bene", "grazie" ecc ecc..
" Noiosa. Com'è possibile? avrà così tante responsabilità e impegni"
La curiosità ha la meglio su di me.
" Può succedere, quando tutto è così facile per te.."
Scoppio a ridere, senza neanche rendermene conto. 
Mi copro la bocca con entrambe le mani, non riesco a credere di averlo fatto davvero.
Cerco di nuovo il suo sguardo, con l'ultimo filo di coraggio che mi rimane.
Lui mi sta guardando, sembra vagamente sorpreso. E mi sembra quasi di percepire che questo risultato è un suo record personale. Ma quel sorriso educato che teneva fino a qualche secondo fa, è scoparso ed ora è ritornato sul suo volto, il vuoto dell'indifferenza.
" Mi trova divertente signorina Sanders?"
Il suo tono è glaciale. Cazzo, si è offeso.
" No..si, cioè immagino che lei sia una persona divertente nel suo privato. Non volevo ridere di lei, mi scusi."
" Chiede scusa molto spesso."
Il suo sguardo è insistente, è come se mi scavasse dentro alla ricerca di non so che cosa. 
Dei brividi mi percorrono la schiena. Le porte si aprono, e non vorrei fare altro che catapultarmi fuori da questo ascensore e da questo palazzo. Ma resto inchiodata lì, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo.
Che cosa mi prende? Mi sento così strana, come se il mio stomaco si stesse rivoltando come un calzino.
E' mi sento di nuovo così vulnerabile, davanti a quest'uomo che mi fa andare il sangue al cervello con la sua apparente naturale propensione a mettermi in imbarazzo.
" Signorina? Signorina!"
Il tono della sua voce si alza, lievemente, ed attira la mia attenzione riportandomi alla realtà. Volto la testa, seguendo le sue parole, fino ad individuarlo di nuovo. Ora mi sta guardando, dall'esterno dell'ascensore, e batte un colpetto provocando un rumore metallico. Mi guardo intorno cercando di capire cosa sia successo. Spalanco lievemente gli occhi. Sono rimasta ferma, immobile per tutto questo tempo? Ecco perchè quei colpetti, sta tenendo le porte dell'ascensore aperte per me. Che figuraccia!
Arrosisco violentemente, lancio un'occhiata nella sua direzione.
"Mi.."
"Scusi. Lo so."
Il suo tono sembra divertito. Mi rilasso.
" Se resta ferma troppo a lungo all'interno, queste" disse indicando le porte "si chiuderanno..non lo sapeva?"
Annuisco piano, quasi senza forze.
Si guarda intorno, poi rientra dentro, improvvisamente, quasi con un balzo. Mi prende la mano, per togliermi dalla scia d'azione delle porte. 
" Se proprio vuole rimanere dentro, allora le faccio compagnia."
Sento a malapena quelle parole, sono scossa da un brivido che mi fa tremare la schiena. Questa volta è ancora più intenso.
Che diavolo..?
La mia mano è ancora stretta nella sua. Alzo la testa, e cerco il suo sguardo.
Lui sta sorridendo, ma non mi sta guardando. Ha lo sguardo fisso davanti a sé. Cosa starà pensando?
Dopo qualche minuto, il nostro silenzio viene interrotto. Le porte si aprono e lui comincia a camminare, portandomi con sè.
Mi guardo intorno. Riconosco questo posto. E' il 23esimo piano.
Entriamo nel suo studio. Lo guardo con aria interrogativa.
" Siediti."
Mi sussurra. 
Mi ha sussurrato qualcosa, penso sbalordita. Per fortuna la stanza è in penombra, illuminata soltanto dalla luce naturale della luna. 
La sua voce è totalmente diversa adesso. E' calda, convincende e terribilmente seducente. Non mi faccio in tempo ad archiviare questo pensiero che sono già seduta sul grande divano bianco.
Lui torna subito, si siede accanto a me e mi porge uno dei due bicchieri che ha in mano.
" Tieni."
Prendo il bicchiere tra le mani, e lo guardo mentre beve il contenuto del suo in un solo sorso.
" Non bevi?"
Scuoto la testa.
"Io non bevo."
" Adesso, o in generale?"
Lo guardo, a lungo. Riesce a far sembrare una semplice domanda, una cosa completamente diversa, come se ci fossero dei significati nascosti in ogni cosa che dice.
" Non bevo mai." rispondo infine
" Capisco. Purtroppo ho solo alcolici nel mio ufficio, mi dispiace."
" Non importa."
Lui si alza, e prende anche il bicchiere dalle mie mani. Li posa su un tavolino poco più in là, e si toglie la giacca.
Poi si gira, e scioglie il nodo della cravatta, sfilandosela successivamente. Appoggia entrambe le cose su una delle sedie davanti alla sua scrivania e raggiunge la grande vetrata che domina l'ufficio.
Si gira verso di me, e mi fa cenno di raggiungerlo. Deglutisco.
Arrivo alla vetrata, e comincio a guardare fuori. Non posso guardarlo di nuovo degli occhi, mi dico.
" Abbiamo una faccenda da risolvere, non credi?"
" Ha intenzione di farmi fare gli straordinari?"
Lo guardo, e non riesco a nascondere la sorpresa nella mia voce.
Lui mi guarda, e per un momento mi sembra quasi di averlo preso alla sprovvista. Poi scoppia a ridere, ed ho come la sensazione di esserne io la causa, ancora una volta.
" Mi trova divertente, signor Grimes?"
Le parole mi escono di bocca, senza che io possa farci niente. 
Ormai mi sono arresa all'idea di avere una stupida lingua troppo lunga.
Lui si avvicina, è ad un palmo da me. Mi sembra quasi di sentire il suo respiro sulla pelle.
Di sicuro sento il suo profumo..è così buono.
" Molto."
Sussurra, ancora più piano. Poi appoggia le labbra sulle mie.
Rimango ferma, immobile. Non muovo un singolo muscolo, congelata dallo shock.
Si allontana abbastanza da osservarmi, con fare guardingo. Sembra stia valutando la mia reazione.
Alzo lievemente il volto, verso di lui. Un gesto così semplice mi sembra improvvisamente così difficile.
Mi sembra di scorgere l'ombra di un sorriso sul suo volto, ma non è sono sicura, il suo volto è illuminato solo per metà.
Allunga la mano e mi fa una carezza. Sentire la sua mano, calda e delicata sulla mia guancia è qualcosa di..indescrivile.
Circondo il suo collo con una mano, mi alzo sulle punte, e deposito un piccolo bacio sulle sue labbra. 
OH, MIO DIO. 
Arrossisco, penso di avere il volto completamente in fiamme. Alzo i tacchi, e recupero la mia roba abbandonando lo studio.
Corro verso l'ascensore, riprendo a respirare solo quando le porte si chiudono, restringendo a mano, a mano la sua figura che corre slanciata verso di me.
 
"Lana?"
La voce di Mark arriva dalla cucina.
Arrivo sulla soglia della porta.
"Si, sono io."
" Dove sei stata? Sono quasi le nove!"
" Ho incontrato una vecchia amica, e abbiamo preso un caffè."
" Ho preparato la cena, muoviti o si fredda."
Sto diventando troppo brava a mentire, per i miei gusti.
Mi tolgo la giacca e la lascio sul divano. Mi sfioro le labbra con le dita e socchiudo gli occhi.
Cosa mi è saltato in mente? Con il tuo capo..
Davvero Lana, con il tuo capo?!
Questo è il mio pensiero fisso, durante tutta la cena. Non ho neanche il coraggio di guardare Mark.
Devo dirglielo?
" Non ti piace?"
" No, è buonissimo."
" Allora perchè non mangi? Stai solo spostando il cibo da una parte all'altra del piatto."
" Non ho molto appettito."
Dico, e sposto il piatto. Lui riprende a mangiare.
Lo guardo per qualche secondo, poi mi alzo.
" Vado a dormire."
Lui annuisce distrattamente, completamente assorto dalla televisione.
Sono nel letto, ed come spesso accade ultimamente, guardo il soffitto come se potesse darmi delle risposte.
Non mi ha degnato di uno sguardo. Ogni volta che si comporta così mi sale il sangue al cervello..sento una rabbia dentro che sento che potrei esplodere. E io dovrei sentirmi in colpa per uno così? No, certo che no.
Prendo un respiro. Sto benissimo infatti.
Roteo gli occhi. No, non è vero..sto uno schifo. 
Mi sento come se avessi un peso sullo stomaco, che mi rende difficile persino respirare. E la cosa più brutta e che non ne vuole sapere di andar via.
La sveglia comincia a suonare.
E mi sembra il suono peggiore dell'intero pianeta.

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