Giurisdizioni parallele

di shywr1ter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inevitabile ***
Capitolo 2: *** Alcune cose non cambiano mai ***
Capitolo 3: *** Solo Occhi Verdi ***
Capitolo 4: *** I maschi son sempre maschi ***
Capitolo 5: *** Tre uomini e una donna ***
Capitolo 6: *** Inganno ***
Capitolo 7: *** Conto alla rovescia ***
Capitolo 8: *** Divide et impera ***
Capitolo 9: *** Vicini alla meta ***
Capitolo 10: *** A destra del palco ***
Capitolo 11: *** Nuove risposte, vecchi segreti ***
Capitolo 12: *** Una foresta è una famiglia per gli alberi ***
Capitolo 13: *** Vecchi ricordi e Marinara ***
Capitolo 14: *** Vecchie paure, nuovi ricordi ***
Capitolo 15: *** Primi passi ***
Capitolo 16: *** I maschi son sempre maschi 2 ***
Capitolo 17: *** Discorsi ***
Capitolo 18: *** Qualche dritta ***
Capitolo 19: *** Gli occhi verdi contano come vantaggio fisico ***
Capitolo 20: *** Mangiare, parlare ***
Capitolo 21: *** Tutto è relativo ***
Capitolo 22: *** Cupido, 2020 ***
Capitolo 23: *** Osare ***
Capitolo 24: *** Credevo di sbagliarmi, una volta ***
Capitolo 25: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 26: *** Avvicinarsi. Scivolare via ***
Capitolo 27: *** Just desserts ***
Capitolo 28: *** Il vero Cupido porta la barba ***
Capitolo 29: *** Di anime gemelle e promesse ***



Capitolo 1
*** L'inevitabile ***


Giurisdizioni parallele - shywr1ter

Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: ora ho due serie di cui non posseggo alcun diritto; ho solo preso in prestito i personaggi di Dark Angel e NCIS per un po’ di divertimento.
   
   Note dell’autrice: non era inevitabile che qualcuno scrivesse una storia simile?
   Parte di questa storia è legata ad una mia fanfiction precedente, “Acqua cheta” (
NdT: trovate anch’essa tradotta su questo account, precisamente qui), in cui abbiamo scoperto che Bling era un SEAL andato in congedo - come gran parte della sua unità - dopo l’Onda Elettromagnetica.
   
   Nota della traduttrice: questa storia è stata scritta nel 2006, e come tale non può rispettare qualsiasi rivelazione canon avvenuta successivamente nella serie NCIS. È comunque un AU, ambientato nel mondo di Dark Angel nel 2020, quindi la cosa non dovrebbe pesare troppo.
   
   

L’inevitabile


   
   FISHERS, INDIANA. 1 febbraio 2020, 9:17 pm.
   
   Il coroner aggirò il corpo, accasciato ma comunque abbastanza dritto su una sedia, e si fermò di lato mentre detective attraversava la stanza. « Niente? » chiese il detective.
   « Singolo colpo alla fronte, da distanza ravvicinata… » Il coroner si alzò in piedi, accigliato. « È esattamente nella stessa posizione in cui è stato trovato? ».
   Il detective annuì.
   « Può averlo fatto da solo? ».
   Aveva lavorato con il giovane medico qualche volta - il ragazzo stava ancora aspettando che la sua pratica fosse approvata e il suo trasferimento all’FBI divenisse realtà. Nel’attesa, aveva preso a trasformare ogni chiamata in un’avventura. Stavolta, però, il detective era contento di avere un coroner sufficientemente appassionato da analizzare la faccenda con lui.
   Il coroner scosse la testa. « Guardalo - il foro di entrata qui, quello di uscita… » indicò. « Anche stando in piedi, le possibilità di riuscire a fare un angolazione del genere… »
   « Anche gli schizzi di sangue sono sbagliati » disse l’esperto detective a bassa voce. « Ci sono delle sbavature qui… » indicò con la penna che aveva usato per prendere appunti sul suo palmare. « Qualcuno lo ha spostato qui, e ha fatto un pessimo lavoro se intendeva tenere la cosa segreta ».
   « Perché dovrei farlo passare per un suicidio ma non troppo bene? »
   « Forse non sei un bravo omicida ».
   Il medico di mordicchiò il labbro, aggrottando maggiormente le sopracciglia. « La parte dell’omicida l’ha fatta bene. È morto da circa due ore. Lo ha trovato la moglie? ». Quando il detective annuì, il medico abbassò la voce. « Sta cercando di dire a Sommers laggiù che il marito ha avuto una strana telefonata un paio di giorni fa da qualcuno che conosceva e che avrebbe dovuto essere morto, e che un altro tizio che conoscevano entrambi è morto un paio di settimane fa ».
   Finalmente anche l’espressione del detective cambiò. « Pensa voglia dire qualcosa? ».
   « Beh, sì. È piuttosto sconvolta ».
   « Ok, le parlerò ».
   Notò gli occhi del coroner tornare su di lui, interrogativi.
   Esitò, poi cedette. « Che c’è? »
   « È stato lui a far entrare l’assassino, vero? »
   « Lo hai capito dal corpo? »
   « Lo sapevo! » sibilò il coroner, gli occhi che luccicavano.
   Il detective sospirò.
   « La porta non era chiusa a chiave… se c’erano segno di scasso sono stati rimossi… o non ce n’erano ».
   « Perché dovrebbe essere più bravo a nascondere i segni di scasso che a inscenare un suicidio? »
   Il coroner guardò l’esperto detective.
   Gli occhi di quest’ultimo si spalancarono mentre considerava la cosa, le labbra strette. « Sei sicuro che sia una messinscena? »
   Il coroner tornò a guardare il corpo, da solo alla scrivania. « L’unico modo in cui avrebbe potuto essere un suicidio è se fosse stato assistito ».
   Un altro sospiro si levò dal detective. « Ok ». si voltò verso l’agente di polizia più vicino a lui. « Chiama il capitano… e di’ a quelli che pattugliano il perimetro che avranno bisogno di un secondo team che gli dia il cambio… » Tornò a guardare l’appassionato coroner. « Tanto vale che io resti nei paraggi. Chiamerò Randy per vedere se i ragazzi del laboratorio possono occuparsene per noi ». fece scattare il flip del cellulare e attese solo un momento dopo aver premuto la chiamata rapida per il centralino. « Ehi, Rho, sono io - passami il laboratorio, per favore ». Sospirò, osservando la stanza. « Sarà una lunga notte… »
   
   SEALLE, WASHINGTON. 3 febbraio 2020, 11:11 am.
   
   Logan Cale sentì il suo terapista chiamarlo per la seconda volta, e finalmente staccò il naso dal computer. Direttosi alla stanza dove si svolgeva la terapia, si avvicinò alla banchina e vi si allineò.
   « Cosa pensi del file su Carrier? ». Logan osservò l’ampia schiena a un metro di distanza, mentre Bling sollevava due coppie di manubri, e si piegò in avanti per bloccare i freni e trasferirsi sulla panchina. « Con tutto quella roba, è impossibile che non siano coinvolti nel giro di scarichi farmaceutici nel nord della California… »
   « Preferirei anche io che non lo fossero. Sono sempre stati-- »
   Il suono del suo cellulare che squillava lo fece fermare, sorpreso. Solo pochissime persone avevano quel numero, e si trovava nella stanza con uno di loro. Lanciò a Logan uno sguardo di scuse.
   « Rispondi » disse Logan accennando con la testa alla giacca che squillava poggiata su una sedia a lato. « Deve essere importante ».
   « Scusa… »
   Bling attraversò la stanza mentre Logan si piegava all’indietro per afferrare il robusto telaio e issarsi sulla panchina con un movimento fluido, indietreggiando per sedere meglio e spostandosi poi un po’ di lato per sollevare le gambe sulla superficie imbottita. Mentre si preparava, il suono della voce di Bling nel corridoio attirò la sua attezione sulle sue parole.
   « Oh, dannazione… » soffiò l’allenatore. « Quando? ». dopo una pausa, la voce riprese più bassa, più brusca. « C’è stata un’indagine? ». Un’altra pausa. « Cos’hanno detto? ». questa pausa fu più lunga… tesa… e interrotta da una brusca inspirazione e un sussurrato « Questo è impossibile… »
   Logan perse l’ultimo barlume di senso di colpa che aveva provato per origliare e ascoltò, sforzandosi di cogliere tutto ciò che poteva di quel lato di una conversazione che era riuscita a scuotere il suo imperturbabile amico. Altre parole furono dette, ma ben poche che gli facessero capire qualcosa su cosa fosse successo. Quando Bling tornò alla palestra, la sua usuale espressione ottimista era stata rimpiazzata da una di dolore e rabbia e… cosa? Incredulità?
   « Bling… ? ». Logan attese; l’uomo dapprima rimase in silenzio, a raccogliere i suoi pensieri. Alla fine parlò.
   « Un amico… un ex compagno di squadra, Cal Palmer… » Bling sembrava stordito, quando finalmente incrociò lo sguardo di Logan. « È stato trovato a casa sua, una singola ferita da arma da fuoco tra gli occhi… » Logan attese, i suoi occhi che chiedevano il resto, e Bling aggiunse « Non autoinflitta, ma… qualcuno voleva che lo sembrasse ».
   Logan aggrottò le sopracciglia, la sua amicizia con Bling rendeva sue le preoccupazioni del suo istruttore.
   « La polizia ha indagato? Che dipartimento? »
   « Polizia locale; un paesino fuori Indianapolis… non un grosso dipartimento, ma hanno amici e contatti nella capitale; è intervenuto anche il laboratorio della scientifica di stato, per far loro un piacere ». La fronte di Bling era tesa, la sua mente persa nei suoi pensieri.
   Logan improvvisamente ricordò, in quel momento, e si voltò verso Bling preoccupato.
   « Aspetta… sono due, ora, in altrettante settimane - due uomini della tua squadra, due morti sospette da arma da fuoro… ? ». Bling annuì, in silenzio. « Era un altro della tua squadra quello che ha chiamato? ». Un’altra conferma. « Che ha detto la polizia al riguardo? »
   « Non molto; qualcosa sulla giurisdizione. Credo che ne stiano tenendo conto, semmai possa fare qualche differenza nelle indagini, ma… del quadro più ampio, probabilmente, non uscirà niente… »
   Bling fissò il pavimento, rimuginando sulle informazioni che aveva ricevuto.
   « C’è un’altra cosa… » Alzò lo sguardo verso Logan, che era in attesa. « Pare che Cal abbia ricevuto una telefonata un paio di giorni prima di morire … la moglie ha detto che lo aveva davvero scosso, e che Cal le aveva detto che la telefonata era di Denny Parks ».
   Logan fissò il volto di Bling stringendosi nelle spalle, interrogativo.
   … e Bling soffiò un lento sospiro.
   « Denny Parks morì sulla strada per una missione due mesi prima che io mi congedassi ».
   

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   Bling avrebbe voluto proseguire con la sessione di terapia di Logan, ma questìultimo non volle sentir ragioni; Bling era chiaramente disturbato dalle notizie, e lui voleva fare tutto ciò che era in suo potere per iniziare a trovare delle risposte.
   « Lasciami guardare - magari c’è qualcosa… » offrì Logan, spostandosi per scendere dalla panchina e tornare sulla sedia. Si diresse verso la stanza dei computer, con Bling che lo seguiva, parlando in modo impacciato.
   « Già fatto, con Jack ». Si fermò dietro Logan, le sui mani volavano sulla tastiera per chiudere il progetto che aveva attualmente in corso e attivare alcuni dei suoi software a più alto potere di penetrazione. Alle sue parole, Logan si voltò verso Bling, le sopracciglia che si sollevavano, e vide il terapista accennare col capo al monitor, indicando che i suoi file erano nel sistema di fronte a loro.
   Senza dire una parola, Logan indietreggiò per non intralciare Bling così che potesse richiamare ciò che aveva. L’uomo si chinò per premere una serie di tasti, poi avvicinò la sedia da ufficio mentre i file si aprivano sullo schermo.
   « Jack Halladay » recitò, la sua voce monotona. « Il rapporto della polizia indica che è stato aggredito, rapina armata - luogo pubblico, praticamente in pieno giorno … un atto casuale di violenza, stando al Dipartimento di Polizia di Houston ». Bling fissò lo schermo senza vederlo per alcuni momenti. « Il problema è… i testimoni hanno riportato che Jack indossava solo dei jeans e una camicia, niente di particolarmente vistoso o dall’aria costosa… e che l’assalitore ha superato parecchia gente prima di puntare dritto a Jack e sparargli una volta, tra li occhi… » Bling fece una mezza risata prima di allegria. « Tutto questo, e nessuno ha fermato quello che ha sparato… »
   Logan sentì un brivido.
   « Bling… »
   Bling non batté ciglio. « Lo so ».
   « Riesci a pensare a una qualche ragione per cui qualcuno voglia la tua unità morta? » esalò Logan
   Bling scosse la testa.
   « Non più di quanto riesca a trovare una ragione per cui Denny sia tornato dal regno dei morti ».
   Gli occhi di Logan si strinsero, mentre cercava di dare un senso alle cose.
   « C’è qualche possibilità che le due cose non siano collegate in qualche modo? ». lanciò un’occhiata preoccupata al suo istruttore, il suo amico… ed ebbe un pensiero improvviso. « Sono stati avvertiti tutti di guardarsi le spalle? »
   Bling annuì. « Patrick - quello al telefono - se n’è occupato ». Rimase seduto fissando l’immafine del suo compagno di squadra sullo schermo, e riuscì a dire alla fine « Non so cos’altro fare… »
   Logan alzò lo sguardo, una luce improvvisa nei suoi occhi. « Io forse sì ».
   Si avvicinò al computer mentre Bling si spostava per osservarlo scorrere note e registri del governo che a quanto pareva teneva conservati in un comune file di informazioni. Con un’aria piuttosto soddisfatta, Logan mormorò « Come pensavo ».
   Digitò qualche altro comando e disse a Bling « Per una volta, la distrazione del governo accoppiato alle riduzioni potrebbe giocare a nostro favore. Che ne dici se chiamo la cavalleria? »
   
   DISTRICT of COLUMBIA. 3 febbraio 2020, 7:40 pm.
   
   Qualcuno bussò alla porta interna del’ufficio del direttore, aperta e non sorvegliata dato che la segretaria era andata via. Gibbs alzò lo sguardo dalla pila di rapporti che teneva in mano, sbirciando al di sopra degli occhiali che portava sul naso. Il sottile montor e i computer all’avanguardia erano spenti, mentre riesaminava i sempre prediletti rapporti stampati del giorno. Almeno non erano così in disuso da essere ricoperto di polvere…
   Attraverso l’ufficio semi-buio, al di là della pozza di luce che cadeva sulla sua scrivania dalla lampada vecchio stile, vide la familiare figura di DiNozzo avvicinarsi alla sua scrivania.
   « Ehi, capo ».
   Alcune cose non cambiano mai, pensò Gibbs, mentre l’agente che aveva reclutato quasi due decenni prima si avvicinava. « È tardi e sei ancora qui ».
   « Lo dici ogni sera, DiNozzo » mormorò Gibbs. « Che hai? »
   « Qualcosa da mostrarti ». Con gli angoli della bocca ancora sollevati in un sorrisetto, l’agente anziano buttò tre file sulla scrivania di mogano. « Due omicidi, capo; uno due giorni fa, l’altro due settimane fa. Le vittime hanno servito nella stessa unità SEAl, in missione all’estero quattordici anni fa, fuori commissione dieci anni fa dopo che cinque degli otto membri hanno lasciato. Due, tre mesi prima che lasciassero… questo tizio » disse Tony battendo il dito sul terzo file « si è suicidato ».
   Gibbs alzò lo sguardo, un sopracciglio inarcato. « Suicidio? Mentre era all’estero con la sua unità? »
   « Sulla strada per una missione ». Tony rimase in piedi di fronte alla scrivania del “Grande Capo” a osservare Gibbs che spulciava tra i file. « Le informazioni sul suicidio sono riservate - non fu detto a nessuno che si trattava di suicidio, fu registrato coem incidente ».
   « Nessuno lo sa? ». Gibbs era scettico.
   « La sua unità doveva sapere. La mia ipotesi è che la Marina era imbarazzata per non essersene accorta in tempo e avergli fornito l’aiuto necessario - e I suoi compagni di squadra hanno mantenuto il segreto, una di quelle cose d’onore… » Ormai a stento faceva una pausa quando Gibbs gli lanciava uno dei suoi sguardi - anche se gli sguardi ancora avevano effetto, l’avrebbero sempre avuto. « Hanno lasciato che la famiglia e tutti gli altri credessero fosse stato ucciso in missione ».
   « Ovviamente sono tutti in pensione ora, però, giusto? Tony, se non sono in servizio attivo… »
   « Capo, hai due omicidi, in stati diversi, un possibile killer seriale con il potenziale aggiunto dei bersagli identificati in altri stati. Questo lo rende giurisdizione dell’FBI. Con la connessione della Marina, anche se in pensione - giurisdizioni parallele, dal 2016, capo ». Tony sorrise. « L’FBI ancora non l’ha notato e probabilmente sarebbe contento di lasciarcielo ».
   Gibbs strinse gli occhi verso DiNozzo, che dopo così tanto tempo riconobbe lo sguardo che fingeva scetticismo per nascondere un crescete interesse - ottenere un complimento aperto dal suo capo era ancora una sfida. « Allora - tu pensi che gli omicidi siano legati? »
   Tony annuì. « Entrambe queste morti sono sospette, entrambe causate da un singolo colpo alla fronte, calibro trentadue; una di un possibile suicidio con tutta l’aria di essere finto; l’altro una rapina in strada in piena luce, zona improbabile, non casuale - i testimoni hanno visto che l’uomo è stato avvicinato direttamente, attraverso un’aria piuttosto ampia, e l’esecutore ha oltrepassato varie altre persone più vicine che avrebbe potuto prendere di mira ». DiNozzo si accorse di avere l’interesse di Gibbs, e si chinò un po’ in avanti. « Non so questo, capo, ma il secondo, il “suicidio” - la moglie della vittima ha raccontato che circa tre giorni prima che fosse uccido, il marito aveva ricevuto una telefonata da un vecchio amico dell’unità SEAl in cui aveva servito… » Di nuovo Tony batté il dito sul file. « Dallo Specialista di Prima Classe Denny Parks ».
   Gibbs si accigliò osservando il file aperto, poi alzò lo sguardo su DiNozzo. « Dieci anni dopo che era morto? »
   « Piuttosto inusuale, uh? » sorrise Tony, contento di aver irretito il suo direttore. « Mi piacerebbe approfondire la cosa ».
   Gibbs si appoggiò allo schienale, e la sua posizione indicava che aveva con riluttanza riconosciuto la spiegazione dell’agente. « Potrebbe valere la pena di guardare » disse annuendo. « Come hai trovato queste connessioni, DiNozzo? ». Tornò a guardare l’uomo dvanti a lui. « La tua squadra ci è arrivata? »
   « In effetti no ». La bocca di DiNozzo si piegò ironica. « È stato mio cugino… »
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: e il primo capitolo è andato. Spero questa sorta di AU vi abbia intrigato quanto intrigò me la prima volta che la lessi.
   Note ne ho poche: non ho idea di quale sia la corrispondenza in italiano di “Specialist First Class”, dato che è un rango dei Marine - corpo militare solo americano - e in questo caso wiki non mi è stata d’aiuto. Spero la mia traduzione sia ok, ma se avete idee migliori - o sapete la vera traduzione di questo rango - sono pronta a correggere, spero non vi abbia fatto storcere troppo il naso.
   “Giurisdizioni parallele” è il nome che viene dato quando ci sono più agenzie o più corti di giudizio che hanno giurisdizione su uno stesso caso. La mia conoscenza della legge americana è molto frammentaria, ma ho fatto alcune ricerche online sulla cosa. Non essendo noi uno stato federale, non ho trovato un corrispettivo italiano per il termine (in inglese “concurrent jurisdiction”), ma dalle spiegazioni che ho trovato credo che la mia traduzione renda l’idea. Di nuovo, se avete idee migliori sono pronta a correggere :)
   Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   

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Capitolo 2
*** Alcune cose non cambiano mai ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: NCIS appartiene a chi di diritto.
   
   

Alcune cose non cambiano mai


   
   DISTRICT of COLUMBIA. 4 febbraio 2020, 2:30 pm.
   
   « Capo? »
   L’Agente Speciale Tony DiNozzo era rimasto immobile in piedi per almeno cinque minuti, un record per lui. Quando udì la timida voce si voltò per lanciare un’occhiataccia alla pivella, sollevando le sopracciglia e indicando con irritazione attentamente costruita l’immagine sull’ampio schermo a muro. Senza rompere il contatto visivo con la proprio agente, sollevò il bicchiere di Starbucks per prendere un altro sorso della bevanda scura, e parlò senza voltarsi verso l’uomo all’altro capo della connessione.
   « È fantastico, McGee - Piacerebbe anche a me esaminare questa roba. E apprezzo che tu mi raggiunga a Indianapolis per aiutarmi a ottenere quello che mi serve dai tuoi uomini lì ». Tony si voltò finalmente lasciando la pivella per tornare a fissare i dati sullo schermo accanto alla finestra con l’immagine di McGee, confrontando la lista delle prove e le note delle indagini appena inviate all’agente speciale dell’FBI in carica a Chicago, un ex “pivello” a sua volta. « Hai organizzato un incontro con la vedova a mezzogiorno, giusto? »
   Mentre ascoltava la risposta di McGee, esaminò il foglio stampato che diede la novellina, annuì e le indicò con un cenno del mento di tornare alla propria postazione di lavoro. Tornò poi a voltarsi verso McGee. « Ho mandato uno della mia squadra a Houston, dato che il tuo ufficio non è stato altrettando impaziente di partecipare come te ».
   « Probabilmente non sanno che l’inferno sei capace di scatenare quando sei dell’umore ». McGee si era davvero realizzato, rifletté DiNozzo. Riusciva a immaginare l’agente sistemarsi con una moglie, la palizzata bianca, i bambini… e comandare i federali dal cuore dello stato, in quel suo modo ingannevolmente tranquillo. Sarebbe stato bello vedersi di nuovo… « Mi sorprende che verrai di persona ».
   « In realtà devo fare due fermate - sei lungo la strada per Seattle, dove vive un altro membro dell’unità - è il medico che ha dichiarato il decesso di Parks. Sono curioso di sapere esattamente quanto morto fosse Parks ».
   McGee annuì pensoso. « Ci vediamo domani, allora ». Dopo solo una breve pausa chiese, con voce momentaneamente più bassa, come se avesse dimenticato che la sua immagine incombeva su tutta la sala. « Ehi, come sta il Vecchio Grande Capo? »
   « … il Vecchio Grande Capo sta bene, McGee, così come le sue orecchie - e non è così vecchio da non poterti prenderti a calci per una battuta del genere ». A quanto pareva, il tempismo di McGee era buono come sempre, pensò Tony con un ghigno, o lo era quello di Gibbs - sospettava fosse quest’ultimo - perché lo spigoloso sessantottenne attraversò a grandi passi la sala mentre l’agente dell’FBI parlava. « Allora ci dai una mano per il caso di Tony? »
   « Sì, capo… ehm, volevo dire… »
   Alcune cose non cambiano mai, pensò DiNozzo con un sorriso ancora più ampio. Guardò McGee agitarsi, godendosi lo spettacolo. « Beh, lo appreziamo. Gli unici uffici che sono disposti a darci una mano senza nessun braccio di ferro sono quelli dove abbiamo qualcuno dei nostri, come da te ». Gibbs lanciò uno sguardo a DiNozzo, poi lo abbassò sul bicchiere di Starbucks per un istante e lo sollevò di nuovo per sorridere con un sorrisetto al viso per nulla dispiaciuto. « Nel mio ufficio, DiNozzo, quando hai finito qui ».
   « Giusto, capo ». DiNozzo si voltò di nuovo verso McGee mentre Gibbs tornava all’ascelsore, ed era quasi dispiaciuto che il capo avesse lasciato correre così in fretta. « Ti farò inviare in mattinata il mio itinerario ».
   « Ok. Sarà bello divederti, Tony » ammise McGee, un po’ a disagio, chiaramente ancora imbarazzato dal deja-vu appena rivissuto per la squadra di DiNozzo.
   « Già, anche per me, McGee » sorrise Tony. « Voglio vedere come tratti i tuoi pivelli… »

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   Gibbs iniziò a parlare prima che Tony potesse dire qualcosa, dato che la sua entrata era stata annunciata dalla segretaria di Gibbs. « DiNozzo, sai che puoi usare gli agenti locali per questo - o mandare qualcuno della tua squadra. Non c’è nessun bisogno che ci vada tu di persona, no? »
   « Tu andresti » lo sfidò Tony sollevando le sopracciglia. « La squadra è brava, ma per metà sono nuovi; nessuno di loro ha tutta questa esperienza coi serial killer. E questo tizio a Seattle è la persona più indicata a confermarci se c’è una minima possibilità che Parks sia ancora vivo ».
   « Ed è amico di tuo cugino… »
   Tony non si tirò indietro. « Sì ». Sapeva di trovarsi su terreno solido su questo, avendo visto il suo mentore vincere esattamente lo stesso tipo di battaglie.
   « Troppo personale? »
   « No, solo giusto ». Il sorriso sempre presente di DiNozzo non vacillò, ma c’era una punta di tristezza. « Questo tizio è in fila per farsi sparare, capo. Probabilmente ha più informazioni di chiunque degli altri, e stando al suo file non è uno sfaticato - è brillante, ben addestrato… avrebbe avuto una carriera, tutti loro l’avrebbero avuta, se la Marina non se la fosse fatta sotto per l’Onda nei primi anni.
   Forse era un colpo basso, ma era onesto: DiNozzo sapeva cosa Gibbs pensasse degli uomini e le donne che servivano il paese, e cosa era successo quando il governo aveva cercato di superare lo sconvolgimento post-Onda Elettromagnetica. Pur non avendo mai sopportato i vigliacchi, era l’unica scusa che Gibbs accettava per chi abbandonava l’unifome: la ricaduta sulle truppe era stata orribile, e gli sforzi per ri-reclutare chi valeva dopo che le cose erano state riportate alla normalità non erano mai abbastanza, ai suoi occhi. Tony sapeva che il capo non lo avrebbe fermato, ma questo limitava le difficoltà che avrebbe incontrato. « Quando tornerai? » concesse Gibbs.
   « Probabilmente sabato o domenica; dipende da cosa troverò lì ». E da come troverò Logan, pensò Tony. Era passato un bel po’ di tempo… e tanta acqua sotto i ponti… « Vedrò al momento ».
   « Basta che tieni la tua squadra al corrente ».
   « Non lo faccio sempre? ». Il sorriso tornò, e senza vergogna Tony si concesse un punto facile. « Ho imparato dal migliore… »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 4 febbraio 2020, 12:50 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.

   
   Era stato un giorno insolitamente positivo per Max.
   Era quasi caldo, il tempo era bello e l’aria piacevole, il traffico meno rumoroso del solito. I poliziotti di settore erano - al peggio - silenziosi; un paio furono persino amichevoli. In più, Max aveva ottenuto un paio di mance decenti - una molto decente, qui nel Settore Nove… ed era troppo vicina a casa di Logan per non fermarsi e vedere se la giornata era stata bella anche per lui, lassù nel suo nido lontano dalle strade crudeli…
   Rise un po’ tra sé, immaginando la scena. Ovviamente, lui avrebbe trovato qualche motivo per cui essere preoccupato per l’umanità e aver perso la pazienza, indipendentemente da quanto bella fosse la giornata. Quel tizio era così serio, pensò Max, consapevole dell’effetto che la giornata stava avendo sul proprio umore. Si chiese se sarebbe mai riuscita a convincerlo a lasciarsi andare per una giornata, a fingere che il mondo non fosse così buio…
   Uscendo dall’ascensore nel silenzioso ed elegante ingresso, Max mise velocemente in pausa il sistema di sicurezza e fece scattare la serratura con la stessa facilità con cui chiunque altro avrebbe suato una chiave. Si chiuse la porta alle spalle e resettò il sustema, voltandosi alla ricerca del signore del maniero. Come sempre, l’appartamento era freddo… pulito… l’atmosfera rarefatta era adatta, così in alto lontano dal mondo. Senza fermarsi, tornò alla stanza dei computer dove non rimase delusa: nella tenue luce naturale che filtrava nella camera nella parte più interna dell’attico, Logan sedeva chino sulla tastiera, il viso illuminato dai colori cangianti del monitor, ad esaminare file che si aprivano e chiudevano davanti ai suoi occhi, quasi ignaro che Max era entrata.
   « Proprio come mi aspettavo » disse allegramente, per nulla scoraggiata dal suo rapito fervore, aggirandolo per poggiarsi alla scrivania del computer accanto alla tastiera. « Logan, il tempo fuori è perfetto! C’è il sole ed è caldo, e devi rimettere Solo Occhi a posto nella sua scatola ogni tanto, sai, fare un picnic, un giro al parco… »
   Ma quando finalmente abbassò lo sguardo sul viso di lui, la sua ramanzina scemò, e lo sguardo di lui smorzò la sua allegria - era ben più della solita ossessione alla Logan. Appariva angosciato e frustrato, scosso, persino. Max dimenticò all’istante il sole e si concentrò su di lui.
   « … Logan? ». inclinò un po’ la testa, la domanda carica di preoccupazione. « Cosa c’è? »
   Lui la guardò negli occhi ed esitò un momento, come se stesse decidendo se informarla o meno, ma il momento dopo lei lo vide riscuotersi dall’incantesimo che il computer sembrava avere sul di lui e si rilassò nella fiducia che nutriva per lei. « Due uomini dell’unità di Bling nella Marina sono stati assassinati nelle ultime due settimane. Non ci sono ancora piste, nessuna ragione per cui qualcuno debba volerli morti… ma sono preoccupato… anche Bling deve essere sulla lista… » Distolse gli occhi da lei e tornò a guardare avidamente lo schermo, alla ricerca di risposte. « Non c’è modo di sapere a cosa o chi stare attenti… i “testimoni oculari” di uno degli omicidi - erano tipo sei - non concordano sulla descrizione dell’aggressore… grasso, magro, alto, basso, vecchi, giovane… » Sospirò. « Sono d’accordo solo sull’abbigliamento, ed era piuttosto banale ». Fissò di nuovo lo schermo, intensamente, cercando indizi che semplicemente non erano lì. « È difficile ricavarne un manifesto segnaletico… »
   E Max comprendeva il suo fervore… ma doveva rammentargli chi fosse l’oggetto della sua preoccupazione. « Bling è bravo, però… ha i suoi assi nella manica… » cercò di rassicurarlo e aggiunse, affidandosi alle prese in giro per rinfrancargli lo spirito, « Voglio dire, non è Manticore… ma potrei anche arruolarmi in Marina come prossima scelta… »
   Logan non distolse i suoi occhi dallo schermo, ma l’angolo della bocca si rilassò lievemente, e Max vide le sue spalle sciogliersi infinitesimamente. Provò una piccola vampata di realizzazione, e indugiò in una momentanea visione di quanto rilassate avrebbero potuto essere le spalle di lui se lei avesse passato i suoi palmi caldi sui muscoli tesi, e avesse lasciato che le sue dita sciogliessero i nodi…
   … con una lieve scossa interna, riportò la sua mente ai problemi del momento. « Che dice Bling al riguardo? » riuscì a dire. « È preoccupato come te? »
   Logan sbuffò, ricordando la loro conversazione. « Credo mi abbia finalmente definito una vecchia mamma chioccia » mormorò e scosse la testa. « Continuo a ricevere queste quotidiane conferme di quanto vi somigliate ». Logan alzò lo sguardo verso Max in tempo per vedere il suo lieve sorriso divertito, e finalmente si appoggiò alla spalliera interrompendo l’incanto gettato dalla sua improduttiva ricerca. « Ha insistito che terrà gli occhi aperti ma che continuerà a vivere la sua vita. È preoccupato per gli altri, e incavolato con chiunque stia facendo tutto ciò… ma non è abbastanza preoccupato per se stesso » sospirò Logan, inclinando la testa e ragionando. « Dimmi cosa dirgli per ottenere la sua attenzione… cosa otterrebbe la tua? »
   Mentre lei stava per rispondere, il telefono squillò. Nel momento prima che lui allungasse la mano per rispondere, lei fece spallucce, la bocca che si curvava indulgente. « Probabilmente niente ».
   « È quello che temevo » disse Logan con una smorfia e sollevò la cornetta all’orecchio. « Sì » iniziò. Chiedendosi se avesse potuto trovare qualcosa tra i dati, Max si chinò verso il monitor, arricciando il naso mentre li studiava, la sua attenzione lontana dalla telefonata… finché Logan non iniziò a rispondere.
   « Oh… sì, ciao ». Pur senza voltarsi a guardarlo, le sopracciglia di Max si sollevarono leggermente alla sorpresa che udì nella voce di Logan, e attese. Non avrebbe origliato la voce dall’altra parte della telefonata, a meno che non le fosse stato chiesto… o, si concesse, ce ne fosse stato bisogno. Per qualche motivo, quando lo aveva fatto in passato, Logan si era sentito soffocato, e il cielo non volesse che lei offendesse Sua Permalosità per cose simili…
   « Bene; ottimo… » Ascoltò in silenzio ancora per un po’, mormorando qualcosa un paio di volte… e poi si irrigidì leggermente. « Cosa? Qui? ». La sua domanda fece voltare Max a guardarlo, interrogativa; quando incontrarono i suoi, gli occhi di lui erano carichi di un’emozione difficile da decifrare - non paura, non proprio, però… sembrava come messo all’angolo, comprese lei, lo sguardo del panico da palcoscenico. « Credevo… Voglio dire, avete assistenti per questo, no? O usate gli agenti locali; hai nominato un tizio che conoscevi vicino Indianapolis che si sarebbe occupato di quella parte delle indagini… »
   Max improvvisamente si rese conto di aver visto prima quello sguardo - nella Aztek, sulla strada per il matrimonio di Bennet. Ma la telefonata riguardava la squadra di Bling… Rimase fedele alla sua decisione di non origliare, ma vide che alla preoccupazione per Bling si era ora aggiunto il disagio - per se stesso, a quanto pareva. Attese, fissandolo negli occhi senza remore, osservando la sua risposta.
   « … sicuro. No, certo; è fantastico, io… » Un’altra pausa, e scuotendo la testa per la persona dall’altra parte della linea chiuse gli occhi, apparentemente con più entusiasmo di quanto provasse. « No, non essere ridicolo, Tony: starai qui… ma certo che ho spazio, hai visto l’appartamento… » rimase di nuovo in ascolto, gli occhi chiusi mentre cercava il suo equilibrio. Max piegò la testa, le sopracciglia corrugate. La cosa portava, in tutto e per tutto la patina degli “affari di famiglia” di Logan. Ma… “Tony”? credeva di aver sentito parlare di tutti quanti, ormai. « No; senti, sarà fantastico… lo so, potremo aggiornarci un po’ sulle nostre cose… » Gli occhi di Logan si riaprirono e si alzarono verso quelli di Max, bramando la sua presenza, cercando… cosa? Rassicurazione? Un’amica? Era davvero curiosa, ora. « Ok, grande. Giovedì alle quattro del pomeriggio, AirNational seicentoquarantadue. Ok, ricevuto. Saremo lì ». I suoi occhi lasciarono quelli di Max solo per il momento che gli servì per scrivere le informazioni sul calendario, poi tornarono mentre di nuovo restava in ascolto, il suo atteggiamento ora più morbido, meno teso. « Senti--- apprezzo molto la tua attenzione personale in questo, Tony. E dato che Bling lavora per me, possono fare in modo che abbia tutto il tempo che vi servirà ». Logan annuì ancora una volta rivolto all’invisibile interlocutore. « Ok. Sarà fantastico rivederti ». Riagganciò, lentamente, e rilasciò il respiro in un lungo, regolare sospiro.
   Max si raddrizzò, la sua espressione chiedeva i dettagli. Quando lui si limitò a fare spallucce, con aria imbarazzata, lei lo pressò. « Beh, forza! Non puoi farmi guardare tutto questo e poi non parlare! »
   « Stai dicendo che avrei potuto impedirtelo? » prese tempo lui. Quando lei alzò gli occhi al cielo e poi lo guardò male, Logan sospirò. « C’è un’agenzia investigativa federale affiliata con la Marina, l’NCIS… »
   « Naval Criminal Investigative Service ».
   « Già ». Logan sapeva che non avrebbe dovuto essere sorpreso che lei sapesse, ma le sue sopracciglia si sollevarono comunque, e lei fece spallucce, incoraggiandolo a proseguire. « Stanno lavorando sugli omicidi, e vedendo se riescono a prendere in mano la situazione prima che succeda qualcos’altro ». Sapeva che lei stava aspettando il resto, e questo non diminuiva il suo disagio. « Il team leader sul caso è mio cugino… »
   « Un altro Cale? » ghignò Max. « Credevo fossero tutti qui… »
   « È un DiNozzo, non un Cale… sua madre era la sorella di mio padre e di Jonas. Si salutarono poco amichevolmente e lei sposò il padre di Tony… ma Tony è venuto abbastanza spesso in visita per varie estati prima di partire per il college, immagino, specialmente durante i suoi anni di liceo, quando lui e i fratelli maggiori di Bennet erano stretti, e anche durante e dopo il college, per un po’. I suoi genitori, però… » Logan era perso nei ricordi. « Suo padre non è mai venuto - sospetto non fosse il benvenuto. Zia Mallory venne una o due volte, forse tre, è tutto ciò che sp. Non ero esattamente la prima pecora nera della famiglia Cale ».
   « Cosa la fece fuggire - non che io non possa tirare a indovinare? » chiese Max.
   Logan sorrise tristemente, gli occhi annebbiati, ancora concentrati sul passato. « Non ne sono certo, ma immagino c’entri col fatto che Joseph DiNozzo fosse Italiano… o cattolico… o entrambi ».
   « … e? » volle sapere Max.
   « “E”… i Cale non lo sono » affermò solennemente Logan. « Non un pensiero molto nobile, eh? »
   « Sei sicuro che tu sei un Cale? »
   Lui ridacchio, comprendendo cosa intendesse e apprezzando che lo avesse detto. « Beh, nemmeno Tony è tanto un Cale. Forse è per questo che mi piaceva tanto. Certo, era naturale ». Logan si concesse un sorriso storto. « Avevo solo quattro o cinque anni, e lui era questo ragazzo del college spavaldo, formidabile negli sport - tutte le ragazze gli correvano dietro. Tutti dicevano che sarebbe diventato un playboy già da quando aveva tipo dodici anni ». I ricordi lo fecero sorridere, ora. « Una volta che mi trasferii a scuola a Est, iniziai a vederlo abbastanza spesso - il Connecticut non era tanto lontano da DC, specialmente quando i trasporti erano disponibili, prima dell’Onda. Io andavo da lui, lui veniva qualche volta a scuola… sapeva che in pratica non mi restava più nessuna famiglia; e nemmeno a lui. Era depresso per me, però - credeva fossi troppo serio… »
   « Lo sei » concordò lei.
   Logan sbuffò per la sua interruzione. « Ha fatto il poliziotto per un po’, poi è diventato un agente dell’NCIS, qualcosa come diciotto anni fa, non tanto prima che iniziassi il college, per cui eravamo in qualche modo entrambi catapultati in qualcosa di nuovo. Mi era davvero vicino, all’epoca ».
   « Cos’è successo? ». La voce di Max ora era dolce… carica di supporto.
   Logan sbatté le palpebre, come sorpreso, di nuovo sulla terra. « Niente. Voglio dire… eravano… occupati, immagino; ci telefonavamo o mandavamo e-mail, ma io avevo finito la scuola e mi ero trasferito qui… con l’Onda, anche avendo soldi, non era tanto facile prendere un aereo o un treno e attraversare il paese, all’inizio. Immagino ci siamo abituati alla distanza ».
   Indipendentemente da quanto Logan cercasse di fare sembrare la cosa leggera, Max sentì la lieve nota di tristezza nelle parole, e comprese cosa questo Tony doveva aver significato per il sensibile ragazzo che era college lontano dall’unica casa e famiglia che aveva conosciuto, anche se fredda. « Quando lo hai visto l’ultima volta? »
   « Oh, credo tre, quattro anni fa… » Logan alzò lo sguardo e vide che Max si era accorta dei tempi. Si preparò per il resto.
   « Quindi… sa che sei rimasto ferito, vero? ». Aveva raggiunto il cuore del problema, finalmente, si rese conto la ragazza.
   « Sì. O… Sono certo di sì. Sì. Bennet o qualcuno… Loro si sentono; sono certo che qualcuno gli abbia detto… » Fece una smorfia. « Credo ». Vide quello sguardo, quello sguardo che lo faceva sempre sentire piccolo piccolo, quello che avrebbe voluto dire che odiava ma non poteva… lo sguardo di crescente incredulità per il fatto che lui avesse fatto qualcosa, o non l’avesse fatta quando lei pensava che dovesse, lo sguardo “cavolo-Logan-sai-essere-proprio-un-imbecille-a-volte”, e obiettò: « Beh, cos’avrei dovuto fare, chiamarlo e dirgli che mi avevano sparato? Non volevo che corresse qui, e non avrebbe cambiato niente… »
   « Tu avresti voluto saperlo, se la situazione fosse stata ribaltata ».
   Odiava quando Max vedeva gli scheletri nel suo armadio mentale - non si era mai astenuta dal riprenderlo per uno di essi, e non aveva mai mancato di essere logica quando lo faceva. Logan non avrebbe mai potuto vincere, e anche se sapeva che lei aveva ragione, ciò faceva solo sbatacchiare ancora di più gli scheletri. « È diverso… siamo diversi. Tony è… » iniziò ma poi si interruppe, ripensandosi. « Beh, ad ogni modo, lo scoprirà presto. Viene di persona, giovedì, per parlare con Bling e controllare un paio di cose sulla strada ».
   « L’avevo capito. E starà qui? ». Quando Logan dolorosamente annuì, lei sorrise, soddisfatta. « Bene. Voglio incontrare questo Cale non-Cale ».
   L’immagine di quell’incontro fece precipitare lo stomaco di Logan. « Max… ascolta… »
   « Cosa? ». Lei aveva visto la sua reazione si era chiesta il perché dell’imbarazzato disagio. « È una parte importante della tua vita, Logan, e sembra molto più interessante di tutti gli altri Cale… non vuoi che lo incontri? »
   No, non voleva. « Non è questo, Max… » mentì.
   « Bene » sorrise lei allegramente. « Giovedì pomeriggio, uh? »
   Logan sospirò - senza farsi sentire, sperò. Non poteva dirle perché questo fosse così difficile, non lo comprendeva per davvero nemmeno lui. Tutto ciò che sapeva era che non riusciva a sopportare di immaginare il suo sguardo, la prima volta che Tony lo avesse visto sulla sedia… e ancora di più - come se fosse stato ancora quello stesso goffo diciassettenne, insicuro e occhialuto - temeva ancora di più che, anche quasi cinquantenne, il vecchio fascino di Tony DiNozzo avrebbe fatto dimenticare a qualsiasi donna con lui il troppo serio Logan Cale.
   
   … to be continued…
   
   Nota della traduttrice: Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 3
*** Solo Occhi Verdi ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: prego guardare capitoli precedenti. Nessun profitto, le due serie sono solo prese in prestito.
   
   

Solo Occhi Verdi


   
   BRADENTON, FLORIDA. 5 febbraio 2020, 1:07 pm.
   
   L’appartamento non era grande, ma era ordinato, il salotto confortevole, invitante… accogliente. Mentre sedeva sul divano, in attesa, Tony si guardò intorno, vide le fotografie piuttosto vecchie: un bambino, vari bambini, genitori anziani… e una fotografia formale della Marina, vecchia di una dozzina d’anni. Tony riconobbe il viso dai file che aveva esaminato prima di venire: Denny Parks.
   « Spero vada bene… » disse Gayle Parks rientrando nella stanza, portando una tazza con attenzione; la porse a Tony e osservò, con sguardo ottimista, mentre la prendeva. « Non solo una grande bevitrice di caffè, e da quando mi si è rotta la macchinetta qualche mese fa… » Un rossore da ragazzina le colorò le guance e Tony comprese che, ancora una volta, una donna stava reagendo alla sua presenza, eccitandosi per la sua comparsa. Non era la prima volta che aveva permesso all’attrazione che una donna aveva provato per lui gli procurasse ciò che voleva, riguardo a un caso… o altrove. Le mostrò il suo ampio sorriso affascinante, dovuto in parte alla soddisfazione che ancora aveva quel potere.
   « Andrà benissimo, grazie » la rassicurò Tony smuovendo la bustina di tè, sperando di essere ancora in grado di bere quella roba ora che era tanto drogato di caffè quanto Gibbs, dopo aver passato tanto tempo a imitare il suo mentore. « Mi dispiace dover rivangare tutto ciò dopo così tanto tempo dalla morte di Denny… »
   « No, va bene, solo non capisco ». Per telefono si era mantenuto vago di proposito e, volendo aiutare ma incerta su cosa potesse fare, la vedova lo guardò leggermente confusa. « Ha detto… che i suoi compagni di squadra hanno riportato alla luce qualcosa che lo riguarda? »
   Tony si sedette più comodo, deciso a trattare la cosa con attenzione. Non aveva fatto cenno agli omicidi per telefono, perché non voleva comunicare notizie potenzialmente inquietanti finché non fosse entrato e fosse stato stato faccia a faccia con lei. « Signora Parks… due dei compagni di squadra di suo marito - Jack Halladay e Cal Palmer - sono stati assassinati nel corso delle ultime due settimane. Dato che Denny non c’è più e altri due sono morti in circostanze slegate da queste, restano solo tre membri ancora in vita dell’unità. Signora… temiamo che qualcuno stia prendendo di mira gli uomini dell’unità di suo marito ».
   « Perché? » esalò la donna. « Cos’hanno fatto? »
   « Nulla » rispose lui accigliandosi, non aspettandosi le sue parole. « Niente che noi sappiamo. Ma… » Fece una pausa, cercando il modo per dirlo. « Uno degli uomini - Cal Palmer - ha ricevuto una telefonata non molto prima di morire, da qualcuno che credeva essere suo marito… »
   « Beh, questo è impossibile » disse lei sbattendo le palpebre. « Agente DiNozzo, Denny è morto da tanto tempo… »
   « Lo so » concordò lui in fretta, pur non essendo ancora del tutto sicuro al cento percento che Parks fosse morto. « Mi perdoni per la domanda, signora Parks, ma… riesce a pensare a chiunque possa essere stato? »
   « No » rispose lei con decisione, con gli occhi chiusi, scuotendo la testa. « Deve essere una specie di scherzo malato… »
   « Se lo è » insistette Tony, sedendo più in punta, « perché? Perché ora? L’ha contattata qualcuno, è successo qualcosa di recente che riguardasse in qualche modo Denny? »
   « No, nulla ». La vedova aprì gli occhi per guardare con fermezza l’agente. « Sono passati… » iniziò, ma poi fece una pausa, improvvisamente meno sicura; era come se fosse improvvisamente incapace di ricordare quanto tempo fosse passato, e la cosa la disturbava. « … tanti anni ».
   Le sue ultime parole convinsero Tony di avere ragione, e si chiese brevemente perché fosse importante. « Secondo il file in mio possesso sono passati circa dieci anni ». La osservò attentamente. « Nessuno l’ha contattata o ha fatto un qualche riferimento al fatto che sia appena passato un decennio? »
   Lei si raddrizzò. « No » rispose fermamente. « Avrebbero dovuto? » La risposta era inaspettata, e lui fece spallucce, senza dire nulla. Lei spiegò « Voglio dire… la Marina di solito ricontatta la famiglia dopo… beh, dopo aver notificato la cosa, dopo il funerale? »
   L’espressione di Tony si addolcì quando comprese. « Oh… no, non che io sappia ».
   « … perché è stato ucciso sul campo… ma ovviamente lei lo sapeva, no? ». Mentre lui annuiva, la signora Parks giocherellava con il tovagliolino che ancora teneva in mano dopo avergli portato il tè. In quel momento Tony notò che non aveva preparato nulla per se stessa, e conservò l’informazione nel caso in cui si fosse rivelata utile. « Ho solo pensato che magari… per questo… »
   « No, ma sarebbe stato carino, non crede? » Tony non si era aspettato di avere una vera risposta alla misera esca che aveva gettato, ma voleva vedere la reazione della donna - qualcosa qui era strana, e lui non riusciva a capire cosa, ma i suoi anni di esperienza gli dicevano che c’era di più di quanto poteva vedere al momento. Speranza? No, più di questo… ma forse era solo una donna sola uscita un po’ fuori di testa per aver perso il marito quando era una giovane moglie e madre… da quanto vedeva, la donna era ancora sola. E anche se non aveva una grande esperienza con le giovani vedove, aveva avuto la sua bella dose di donne fuori di testa - e aveva lavorato a stretto contatto con un uomo che aveva una specie di radar per loro dopo quattro divorzi e una recente separazione.
   « Forse potrebbe farlo sapere… » tornò a parlare lei. La calma era tornata, ma ora Tony non era più così certo di essa…
   « Lo farò ». Avrebbe tenuto la cosa a mente. Non aveva niente di concreto e non voleva cercare problemi dove non c’erano. « C’è qualcos’altro che le viene in mente che potrebbe darmi qualche idea? I tre uomini ancora in vita erano compagni di squadra di suo marito. Sono certo che vorrebbe facessimo quello che possiamo… »
   « Sì, sono certa che lo vorrebbe ».
   Tony esitò; avrebbe voluto, ma non riusciva a ignorare il suo istinto di poliziotto: aveva solo ripetuto le sue parole, non con una particolare emozione, ma nemmeno senza. E sembrava che fosse l’ultima cosa che avrebbe voluto dire in risposta alla domanda dell’agente.
   Annui, alzandosi in piedi. « Beh, non le sottrarrò altro tempo, ma vorrei chiederle se ha una qualche idea ». Cercò di darle uno dei suoi sguardi più efficaci, quello da “solo tu puoi aiutarmi” che di solito riservava più per i primi appuntamenti che per i delinquenti, ma che era comunque efficace con entrambi. « Ha il mio biglietto da visita. Vorremmo tenere al sicuro gli altri uomini ».
   « Lo capisco » disse lei con un lieve sorriso e lo lasciò precederla verso la porta. Ma mentre si recavano nell’ingresso, Tony notò una fotografia apparentemente recente tra tutte le altre e chiese « Chi è questo? ». In effetti la somiglianza era forte.
   Gayle seguì il suo sguardo verso il viso serio e l’uniforme da cadetto di fronte alla bandiera, e sorrise per la prima volta da parecchi minuti. « È mio figlio, Gregory. È in Accademia ».
   « Annapolis » disse Tony annuendo, notando che la foto del giovane in una posa così simile a quella del padre lo faceva apparire una specie di duplicato dell’uomo. « Somiglia davvero così tanto al padre? »
   Lei tornò a guardare Tony quando udì la domanda, curiosa, ma non più di una madre fiera, da quanto appariva. « Così dicono tutti » rispose con un sorriso gentile.
   « Quando uscirà? »
   Lei rimase a guardare Tony, di nuovo senza alcuna animosità o secondo fine, some curiosa sul perché avesse chiesto. Lui cercò di apparire solo educato. « Oh… l’anno prossimo » sorrise lei, e Tony ebbe la sensazione che fosse deliberatamente vaga, ora.
   Mentre tornava alla macchina che aveva noleggiato, rifletté su quanto quella sensazione fosse adeguata alle circostanze: era esattamente come sarebbe sembrato il suo rapporto.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 5 febbraio 2020, 5:20 pm.
   
   Fogle Towers.

   
   La testarda determinazione di Logan a non ammettere la sconfitta, nemmeno temporanea, risultò in un brutto mal di testa dovuto alla fame e alla stanchezza negli occhi. Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima che era rimasto seduto in mezzo a informazioni frammentarie senza sapere cosa fosse rilevante e cosa fosse inutile, riluttante a lasciare gli indizi casuali mentre cercava in ogni modo di vederci uno schema. Ma stavolta era particolarmente turbato, date tutte le circostanze. Non c’era solo una persona a lui vicina forse bersaglio di un serial killer, ma c’erano anche i suoi scheletri personali che sbatacchiavano e gli ricordavano l’ospite prossimo a venire. La sua concentrazione non era scossa solo dalla sua ossessione egoista, mentre gli scheletri si facevano più vicini, ma anche dalla sua apparente incapacità di smettere di preoccuparsi per le sue meschine insicurezze abbastanza da trovare la connessione di cui avevano bisogno per tenere Bling al sicuro. E questo pensiero, anche se nascosto, lo faceva vergognare.
   Il telefono squillò, l’interruzione improvvisa bastò almeno ad allontanare Logan dallo schermo di qualche centimetro. Espirò il respiro trattenuto al trillo, allungò la mano e si strofinò stancamente gli occhi. « Sì » rispose.
   « Il mio cercapersone è stato parecchio silenzioso ». La voce divertita di Max fu come un colpetto al suo malumore, la sua apparizione nell’oscurità gli portò una scintilla di pace in mezzo alla sua malinconia. Max aveva spesso quell’effetto ultimamente, noto di nuovo, proprio come se lei fosse lì a dirgli che sarebbe andato tutto bene. « Ho pensato che magari avessi qualche mega-segreto da farmi smascherare, coordinate o quartier generali o qualcosa… »
   « No, nemmeno una dannata cosa, Max. Mi dispiace deluderti ». Questo perché lei gli portava pace. Mandò un’occhiataccia allo schermo, colpendo i bottoni della tastiera per tornare ad esaminare i dati con rabbia.
   « Senti, Logan… » La voce scherzosa non c’era più, ora. A volte era stata semplicemente irritata dai suoi malumori, ma stavolta lui l’aveva resa pertecipe di cosa lo affloggeva, almeno in parte. E per questo - perché stava imparando, giorno dopo giorno, qualcosa di più su quell’uomo complicato - sapeva che non era con lei che era arrabbiato, ma con se stesso. « Cosa posso fare? »
   « Niente. È quello il problema: non c’è nulla che ci faccia capire chi sarà il prossimo… quando… o anche chi sia questo tizio, a meno che tu non creda nei fantasmi ».
   « Magari quel tizio non è davvero morto » disse lei, probabilmente per la decima volta.
   « Max… » sospirò Logan. Ci erano già passati, e Bling era stato chiaro: ferita da arma da fuoco alla fronte, da distanza ravvicinata, calibro grosso, danno ancora più grosso; vittima conosciuta, diverse identità. L’uomo con cui Bling aveva servito, con cui era stato in missione, era certamente morto. Ma Max aveva ragione: era la principale connessione tra i due omicidi.
   « Beh, se hai bisogno di qualcuno che vada in ricognizione » offrì lei goffamente.
   Ma l’offerta di nuovo fu d’aiuto. Logan percepì il suo supporto, sentì la sua forza. Rilasciò un lungo respiro. « Lo so, Max. Grazie ».
   « Senti, probabilmente stai di nuovo sopravvivendo a forza di caffè, e non mangi da ieri ». Era vero. « Posso fermarmi all’Asian Market e portarti del cibo… »
   « No… grazie, ma sono nel bel mezzo di una cosa… »
   « Andiamo, Logan » protestò Max. « Lo mein… subgum… pollo kung pao… » Logan sentì il proprio stomaco brontolare come in risposta, ma prese fiato per protestare di nuovo. Prima che potesse farlo, tuttavia, lei insistette « Sai che non lavorerai bene o penserai in modo intelligente senza un po’ di cibo a tenerti su ». Si accorse che la risposta che l’uomo aveva pronta era morta, e suggerì « Non resterò a meno che tu non voglia un altri paio di occhi per esaminare le cose. Ma hai bisogno di dormire, magari fare una breve pausa nel frattempo ».
   Aveva ragione; lui lo sapeva e lei sapeva che lui sapeva. Con gli occhi chiusi, la fronte poggiata stancamente nella mano libera mentre l’altra teneva il telefono, Logan sentì un lieve sorriso curvargli le labbra nonostante tutto. « Hai detto l’Asian Market? ». Il sorriso crebbe ancora un po’, ammorbidendo le rughe di stanchezza. « Perché non è male… »
   « Posso essere da te per le sei e mezza » offrì Max. « Ce la fai fino ad allora? »
   « Credo di sì » rispose Logan raddrizzandosi, il balsamo che era l’attenzione e l’interesse di Max era migliore di qualsiasi droga. « Grazie Max ». Sentì il sorriso ancora lì. « Credo sia proprio quello di cui ho bisogno ».
   
   JASPER COUNTY, INDIANA. 6 febbraio 2020, 1:00 pm.
   
   Interstate Highway 65.

   
   McGee lanciò uno sguardo nascosto al viso sorprendentemente serio dell’uomo con cui aveva lavorato per sei anni, prima di lasciare l’NCIS e passare al Bureau. Tony aveva sempre preso i casi seriamente, anche se magari non così il suo approccio al lavoro, ma ora… era semplicemente il fatto di essere team leader che lo aveva reso più silenzioso? Di certo non poteva essere che Peter Pan stava crescendo…
   « Allora, tu cosa pensi, McGee? Credi nei fantasmi? »
   La domanda di Tony lo sorprese quanto la sua espressione, per quanto era improvvisa. « Non ne ho ancora incontrato uno. Ma tengo la mia mente aperta ». McGee fece un sorriso speranzoso all’uomo che aveva reso la sua vita un inferno in quei primi mesi in squadra, rendendolo inconsapevolmente (o così Timothy avrebbe sempre creduto) più forte per il loro lavoro, spingendolo a pensare più in fretta, in modo più competitivo, rendendolo più un agente di quanto sarebbe mai stato se non avesse avuto Tony addosso. Almeno, più veloce di quanto sarebbe mai stato, sorrise tra se stesso. « Probabilmente è più importante chiederci se Cal Palmer ci credesse o meno ».
   Tony ridacchiò, non con divertimento, ma con ammirazione. « Giusta osservazione ». raddrizzò un po’ le spalle. « E da quanto dice la moglie, non era il tipo ».
   Avevano passato novanta minuti con gli investigatori della scientifica e i loro file prima di recarsi a trovare Chris Palmer, la moglie che li aveva per prima informato della connessione coi SEAL accennando alla telefonata al marito da parte di Parks dalla tomba. Tony doveva riconoscerglielo: ancor prima che lui e McGee fossero arrivati, avevano dovuto spostare il loro appuntamento due volte a causa dei cambiamenti di volo di Tony; la prima, avevano rimandato di un giorno per il volo da Chicago a Seattle; la seconda, avevano spostato indietro di un giorno ma più presto, per permettergli di arrivare a Indianapolis una volta deciso che avrebbe avuto bisogno di più tempo per indagare su Gayle Parks. La signora Palmer era stata gentile e più d’aiuto possibile; ancora in lutto, non aveva altro da offrire per le indagini, ma aveva pazientemente permesso a DiNozzo e McGee di esaurire tutte le loro domande e persino di chiederle di unirsi a loro nel fare ipotesi prima di lasciarla di nuovo al suo dolore.
   « No… » Tony sospirò, frustrato. Sapeva che Chris Palmer non aveva nient’altro per loro e sentiva un qualche sollievo che, almeno finché non ci fosse stato un processo, lei avrebbe potuto essere lasciata in pace. « Non credo che troveremo qualcos’altro da qui, McGee, ma se vuoi che la tua gente processi le informazioni che abbiamo raccolto sarò felice di lasciarti tutto ».
   « Certo, Tony ». Nonostante gli anni, gli eccellenti rapporti sulle sue prestazioni e la sua veloce ascesa nell’FBI, McGee provò un lampo di compiacimento che Tony lo avesse chiesto a lui. « Hai qualcuno che vuoi abbia tutto per coordinarlo col resto del materiale che hai ricevuto o vuoi che lo invii direttamente a te? »
   « Entrambi, se puoi ».
   « Certo » ripeté. Era difficile capire se fosse solo il caso, o questo attuale Tony, o il fatto che lui stesso fosse cresciuto, ma questo rispetto alla pari da parte di Tony fece sentire McGee alto tre metri. Avrebbe mostrato a Tony - diavolo, lo avrebbe mostrato all’agenzia - che lo avevano ben addestrato. « Se c’è qualcosa, Tony, lo troveremo per te » promise McGee.
   « Lo so, pivello » gli sorrise finalmente Tony. « Credi che io abbia sprecato tanto tempo su di te per nulla? »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 3:20 pm.
   
   « Pronto? ». Bling era arrivato all’attico più tardi di quanto aveva pianificato; aveva percepito la reticenza di Logan il giorno prima e aveva la sensazione che sarebbe stata un’altra battaglia. Era stato con Logan abbastanza a lungo da sapere che la sua famiglia non era solo incasinata, ma aveva anche totalmente incasinato la sua testa altrimenti sensata.
   Questo cugino di Logan, che stava guidando le indagini e che stava facendo tutto quel viaggio per vedere lui, tutto quello che Logan aveva detto - e non detto - da quando aveva accennato al fatto che l’Agente DiNozzo stava arrivando diceva a Bling che questo sarebbe stato un altro ostacolo di fronte al quale Logan si sarebbe tirato indietro: quell’uomo occupava un qualche posto speciale nel passato di Logan, il che significava che il suo datore di lavoro avrebbe lottato contro l’inevitabile incontro.
   « Senti, Bling… »
   Lo sapeva.
   « Io… »
   Bling rimase in piedi nel corridoio, osservando con calma l’uomo di fronte a lui, spossato, stanco… Bling sollevo le sopracciglia, in attesa. Non importava quale scusa avrebbe tentato: sapevano entrambi che Bling vedeva al di là di esse e Logan era, ancora una volta, incapace di affrontare la vita reale che bussava alla sua porta. Quello che non si era aspettato, però, era nuda sincerità.
   « Io… uh… » Logan distolse lo sguardo, incapace di guardare il suo amico negli occhi. Quando parlò, la sua voce era stranamente piatta, bassa. « Preferirei passare, per stavolta. Non so nemmeno se Tony sappia che sono sulla sedia… » Fece una pausa, poi riuscì a dire « Perciò, per la prima volta che mi vede… preferirei giocare in casa. Qui. E… » Fece un sospiro tremante. A suo credito, bisognava ammettere che era la prima volta che vacillava. « … senza dover assistere a un trasferimento… »
   Bling fece una pausa di appena un istante, e poi annuì, in silenzio. « Ok ». Senza distogliere gli occhi da Logan aggiunse. « Ma tu sarai qui quando torniamo? »
   Un breve scintillio negli occhi di Logan disse a Bling che aveva considerato una ritirata… ma il senso di responsabilità aveva vinto, e Logan annuì, senza dire nulla. Bling inclinò la testa, in segno di sfida.
   « Allora non ti dispiacerà se prendo la Aztek - ho il serbatoio vuoto e farei tardi se dovessi fermarmi ».
   Ci fu un’innegabile increspatura negli occhi di Cale nel sentirsi messo all’angolo, intrappolato… ma deglutì, abbassò lo sguardo, annuì. Poi lo risollevò. « Sicuro. Le chiavi sono sul tavolo… »
   « Ok ». Il tono di Bling fu davvero gentile quando aggiunse « È tuo cugino, Logan, e da quanto hai detto eravate stretti, una volta. Sai che ti pentiresti di non essere qui… »
   « Sono un tantino bloccato, ora, no? »
   Le parole erano petulanti, ma il tono in realtà no: Bling sapeva che voleva restare, voleva vedere suo cugino. Fece spallucce. « Funzionerà, amico. Lo fa sempre - specialmente con qualcuno vicino. Finora ha funzionato ».
   Bling lo sapeva, e sapeva che non c’era nulla che Logan potesse dire per contraddirlo. Logan la pensava chiaramente allo stesso modo, perché sembrò cedere. « Sarò qui » mormorò.
   E Bling annuì, senza dire nulla. La mano che batté sulla spalla di Logan mentre passava disse più di qualsiasi parola avrebbe potuto offrirgli in quel momento.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 3:25 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.

   
   Il suo telefono aveva squillato già tre volte nei due minuti dopo che Bling se n’era andato diretto all’aeroporto; una volta Matt, due Max. Non poteva rispondere; il dolore era ancora troppo forte per parlare; era l’ultimo ostacolo, vero? l’ultima persona nella sua vita di cui desiderasse l’approvazione, forse persino l’orgoglio. I suoi genitori se n’erano andati; gli altri come Max, Bling… loro sapevano tutto, avevano visto tutto, non lo avevano conosciuto davvero in nessun altro modo. E per Bennet ora la cosa era ok.
   Ma Tony? In qualche modo, aveva creduto che questo giorno non sarebbe mai arrivato, e che avrebbe potuto fingere…
   Dopo un momento fece un respiro profondo. Avrebbe voluto evitare tutto ciò, ma Bling… sempre Bling… gli aveva fatto promettere che avrebbe affrontato suo cugino, si era assicurato che lo avrebbe fatto prendendo l’unica via di fuga di Logan. Nessuna fuga, perché entrambi sapevano maledettamente bene che, non importava quanti soldi potesse avere, ci sarebbe voluta una vita perché arrivasse un taxi, anche lì nel settore ricco.
   E così messo all’angolo, ricordando a se stesso ancora una volta che lui faceva sempre la cosa giusta, Logan doverosamente sollevò il telefono per restituire le chiamate che aveva ricevuto in così rapida successione… tutti sapevano dove trovarlo, pensò morbosamente; sempre qui, al sicuro. Affidabile. Prigioniero.
   Prima di poter digitare il numero, il telefono trillò di nuovo e stavolta mostrava il numero del portiere dell’edificio, di qualsiasi cosa si trattasse. Logan fissò stupidamente il telefono che squillava, il dolore lo ricopriva come una coperta e il suono gli ricordava che non c’era via di fuga, né dal fatto che Tony lo avrebbe visto com’era ora, né dalla sedia o dall’attico o dalla responsabilità e nemmeno dal telefono che sempre suonava a causa di chi sapeva che lui sarebbe stato lì, incollato al computer, incollato alla sedia…
   Quando la chiamata terminò e l’appartamento fu di nuovo silenzioso come una tomba, Logan si ritrovò a posarsi il telefono in grembo e a uscire dalla stanza dei computer e tornare nella sua camera da letto, verso l’ampia cabina-armadio…
   La cabina-armadio, sbuffò amaramente, ricordando la dichiarazione di Bling di quanto fosse provvidenziale che fosse grande abbastanza per entrarci con la sedia… (*)
   Logan si voltò lentamente verso il lato interno dell’anta grande dell’armadio e, sentendo un dolore quasi fisico, lasciò i propri occhi salire lentamente per considerare l’immagine che non guardava spesso ultimamente - se stesso, dal pavimento alla testa, in uno specchio a figura intera. Era la figura che avrebbe accolto suo cugino quando sarebbe arrivato appena in una manciata di minuti, il suo corpo spezzato incastonato nella sedia dalla quale dipendeva…
   Con un respiro tremante Logan cercò di valutare in modo giusto. Il suo petto era un po’ più ampio e le sue gambe erano più sottili… i pantaloni cargo che indossava erano ampi, le prediche di Bling insistevano che gli abiti che indossava per la sua insensibile metà inferiore dovevano essere ampi e non costrittivi, dato che non era in grado di dire se la sua circolazione ne stesse risentendo…
   Deglutendo a fatica, Logan fissò i propri pantaloni cachi, larghi e dall’aria improvvisamente sgraziata su di lui, indipendentemente dal fatto che fossero firmati, e per la milionesima volta si chiese se quello stile ampio facesse apparire le sue gambe che si assottigliavano meno rinsecchite o di più… e mentre il suo respiro accelerava in un affannare veloce e tremante, e lui lottava contro l’emozione che lo stava sopraffacendo, sentì l’incombente disperazione portata dall’inevitabile sfortuna, dalla sua incapacità di mostrare, almeno per una volta, al suo eroe d’infanzia che era diventato un uomo di cui entrambi potessero essere fieri…
   Il telefono, ancora sul suo grembo, trillò di nuovo, di nuovo esigendo la sua attenzione. E con una furia che scaturiva da mesi, Logan si torse bruscamente per lanciare il telefono offensivo attraverso la stanza, forte, per intaccare il muro ed esplodere in un fuoco d’artificio di frammenti di plastica colorati, che piovvero su gran parte del letto e del pavimento.
   E ancora una volta, l’attico somigliò ad una tomba nel suo silenzio.
   
   PERIFERIA DI SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020 4:20 pm.
   
   Sea-Tac Airport.

   
   Bling andò da solo al gate dove il volo proveniente da Chicago stava iniziando a scaricare i suoi passeggeri. Leggermente arretrato, dietro a bambini che strillavano e parenti emotivi che chiamavano chi appariva dal varco passeggeri, osservò le figure emergere in una fila lenta e li esaminò alla ricerca di potenziali candidati. In base alle vaghe informazioni che aveva sull’età, l’altezza e l’aspetto, scartò parecchie persone, ne prese in considerazione un paio, finché non apparve un viso e una figura si avvicinò: capelli castani con vaghi sprazzi di grigio, corporatura atletica, in forma, su un uomo non così lontano dall’età di suo padre, una fossetta e un sorriso ridente rivolto all’hostess al gate che si voltò a parlare con lui con più vivacità della solita finta gentilezza della business-class. Bling non ebbe bisogno di sentire l’allegro commento per indovinare cosa fosse stato detto, vedendo il viso della donna illuminarsi per quegli inconfondibili occhi verdi che erano vivi e intelligenti.
   Malgrado tutto, Bling sorrise, scuotendo la testa, incapace di muoversi per ora e rompere l’incantesimo, godendosi quel momento di anonimato. Incredibile. Certo, c’erano dei capelli grigi, e qualche ruga lungo la fronte con le lievi zampe di gallina. Ma i quindici anni di differenza tra i cugini erano quasi annientati dal pedaggio riscosso dal frequente sfinimento di Logan e dall’approccio apparentemente spensierato del cugino maggiore alla vita.
   Stesso stampo. Non c’era dubbio. Devono essere i geni Cale, ridacchiò Bling tra se mentre si spostava finalmente di lato prima di avanzare. E con quel primo lieve movimento, gli occhi versi si voltarono verso di lui, valutandolo. Se aveva avuto qualche dubbio prima, ora non lo aveva più: il playboy era un poliziotto: a quegli occhi non sfuggiva niente.    

...xxx...xxx...xxx...xxx...xxx...xxx...xxx...

   « Non so perché Logan non mi abbia detto che vi somigliate così tanto » disse Bling allungando la mano per offrirsi di portare una delle tante valigie dell’uomo - e con un sorriso grato si vide porgere la più piccola.
   « Lei crede? » chiese Tony, distrattamente, mentre si guardava intorno. « Non me n’ero mai accorto ».
   « È impressionante ». Bling ridacchiò, ancora colpito dalla stranezza di star parlando con una persona così completamente diversa con un viso così familiare. « Ve lo hanno mai detto prima? »
   « Sì, la maggior parte delle volte in cui ci trovavamo insieme da qualche parte ». Tony si accertò che le cose fossero tranquille e sicure - anche se avrebbe preferito che Bling non si mostrasse così palesemente in un luogo aperto come l’aeroporto fino a quando non avessero un migliore controllo sul killer di SEAL. Si avviò al fianco di Bling, che aveva inziaito a camminare attraverso la sala a passo sostenuto.
   « Bagagli da stiva? » chiese Bling.
   « No ». Tony non ebbe alcun problema a seguirlo; tuttavia, non riusciva a fare a meno di chiedersi perché Bling fosse lì al posto di Logan. In tutti gli anni che lo aveva conosciuto, non aveva mai seguito l’abitudine dei Cale di “mandare i lacchè”, per cui non credeva fosse quello il caso. Però…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 4:50 pm.
   
   I-5 Enroute. Interno della Aztek.

   
   Tony osservò l’uomo dietro al volante, occhi fissi sulla strada di fronte, occhi che erano ben addestrati, abili. Aveva visto poliziotti così all’erta, ma non così tanti come nell’intelligence o tra il personale militare. Tentò un « Credevo che Logan avesse intenzione di venirmi a prendere ».
   « È così » rispose immediatamente l’uomo, « ma all’ultimo momento i suoi piani sono cambiati. Sarà a casa quando arriveremo ».
   Tony annuì, osservando Seattle materializzarsi al di là dei finestrini. Era stato lì tre o quattro volte dall’Onda e sapeva che era stata colpita duramente, come la maggior parte delle grandi città del paese, ma notò ora che non mostrava nessuno dei segni di rinascita che aveva visto accadere nel District o da qualsiasi altra parte lungo la costa Est. Anche alcune delle città più piccole e delle aree rurali lungo il paese stavano tornando su, stando ai resoconti. Forse la rinascita si stava facendo strada più lentamente a ovest. Però… la città sembrava ancora più lugubre di quanto ricordasse, forse solo a paragone, o forse perché era davvero così…
   « Da quanto lavora per lui? ». Tornò a voltarsi verso il viso scuro, e vide una breccia nell’armatura, il più piccolo dei tic nell’angolo dell’occhio.
   « A tempo pieno - o quasi tempo pieno - circa otto mesi ». L’uomo fece una pausa e aggiunse - l’informazione chiaramente era rilevante per lui - « L’ho incontrato un paio di anni prima, però ».
   « Cos’è che fa lei? »
   Stavolta ci fu un piccolo movimento nell’occhio, come se qualcosa che aveva detto avesse chiarito un’incertezza. « Sono un fisioterapista. Lavoro anche come personal trailer, di solito con chi è passato per qualche terapia e vuole continuare con l’allenamento e la palestra ». Per la prima volta da quado aveva iniziato a guidare, Ingrum si voltò verso Tony e sembrò valutare la sua reazione all’informazione.
   Lo stava anche lui valutando? Tony comprese, allora… il perché dello sguardo, perché Logan avesse “cambiato i piani”. Non aveva parlato con Logan, rifletté colpevole, da quando aveva sentito della sparatoria. Per quanto Logan ne sapeva, lui poteva anche non aver sentito nulla al riguardo - era accaduto solo quando era stato a casa l’ultima volta, quando per caso aveva guardato alcune foto che la zia Margo gli aveva mandato del matrimonio di Bennet. A quanto pareva era l’unico ad aver dato più di un’occhiata fugace, perché era stato il primo a notare che il testimone, appena visibile nello scatto della cerimonia che lo comprendeva, era suo cugino, che sorrideva allegramente da seduto. Una seconda foto, del ricevimento a casa, confermò che quello seduto era Logan - su una sedia a rotelle. Entro la fine della giornata Tony aveva telefonato a Bennet e aveva scoperto la tetra verità su suo cugino. Era passato più di un mese d allora, ma non aveva trovato le parole che gli avrebbero permesso di sollevare il telefono e parlare con Logan.
   Improvvisamente, il caso - gli omicidi - avevano cambiato tutto. Il mondo è piccolo. E l’uomo che era venuto a incontrare - o uno di loro - lo stava squadrando, probabilmente cercando di decidere se la riunione sarebbe stata uno shock per lui. Beh, pensò Tony, questo era l’uomo a cui chiederlo, se stava supervisionando la guarigione di Logan. Anche se, da come aveva parlato Bennet, non c’era molta guarigione da aspettarsi…
   Incerto su quale fosse l’approccio migliore per quell’informazione personale su suo cugino, decise che un approccio diretto e onesto fosse il più adatto con quest’uomo - e ammise la sua imbarazzante ignoranza. « Senta, io… io avrei dovuto chiamare Logan prima che saltasse fuori tutto questo, ma… » Non c’era bisogno di recitare, pensò tra sé Tony. Non era come essere sotto copertura. « Non sapevo che Logan fosse rimasto ferito fino a qualche settimana fa, e poi… » La sua pausa non fu tanto lunga, vero? Era conscio dello stridio delle gomme sull’asfalto… e improvvisamente, per qualche motivo, comprese cos’era quella leva, quella accanto al volante e che Bling non stava usando…
   Era la macchina di Logan.
   Deglutì. Che grande investigatore, pensò con una smorfia tra sé. Era lì per un caso, non era una visita personale. Ma c’erano alcune cose che aveva bisogno di capire prima di arrivare, e da quanto aveva calcolato, dato che c’era un solo checkpoint sulla strada, sarebbero stati a casa di Logan in venti minuti.
   Tony prese un respiro. « Non sapevo cosa avrei detto. Ho rimandato la telefonata perché non sapevo come… » ammise. « Quando abbiamo parlato l’altro giorno sembrava stare… bene. Sembrava se stesso ». Tony fissò gli edifici di fronte, senza vederli. « Sta bene? »
   Con un altro sguardo verso di lui, gli occhi di Ingrum si addolcirono in un’aria comprensiva, che sembrava quasi di accettazione. Quest’uomo era più di un allenatore o un terapista, comprese Tony in quel momento. Era un protettore, un custode… una guardia del corpo? Di certo aveva l’addestramento per esserlo, stando al suo file, e i muscoli per farlo, stando alla sua corporatura… ma non era tutto. C’era intelligenza oltre ai muscoli, e c’entrava qualcosa anch’essa. Qualunque cosa fosse quest’uomo per Logan, comprese Tony, suo cugino era nelle mani migliori. Forza, intelligenza… lealtà. E un quarto componente, affetto, spinse Bling a parlare, ora.
   « Sta bene » rispose la sua voce baritonale. « È uno che lotta. A volte lotta contro se stesso » considerò, più tra se che col suo passeggero, « a volte lotta contro la realtà della situazione. Ma per lo più… » Iniziò un piccolo sorriso ironico. « Combatte ciò che ha sempre combattuto - l’avidità, l’abuso di potere… la corruzione… »
   Tony si appoggiò allo schienale, più sollevato di quanto pensava potesse essere nell’udire che Logan era se stesso. « È Logan ». Sospirò, e dopo uno o due momenti di silenzio tentò « Vorrei non doverlo chiedere, ma… cosa faccio? Cosa dico? »
   « Qualunque cosa avrebbe detto o fatto se non gli avessero sparato » rispose Bling stringendosi nelle spalle. « Gli chieda ciò che vuole sapese, se vuole sapere qualcosa. Probabilmente risponderà, ma… lui ha il diritto di non parlare… proprio come lei ha il diritto di chiedere ». L’uomo lanciò uno sguardo all’agente, e disse « Poi diventa più facile. E con Logan divenra più facile piuttosto in fretta ». Ci fu un sorriso di incoraggiamento insieme alle parole, poi una risatina. « Specialmente se minaccia di prenderlo a calci ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 5:25 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.

   
   Aveva sentito la porta e deglutì, la gola secca. Si voltò dalla finestra dove era rimasto a rimuginare e si fermò verso l’ingresso, sperando almeno di mantenere un’espressione casuale. Ci furono suoni, passi sul pavimento di legno… e improvvisamente gli anni tornarono indietro. Era faccia a faccia con Tony DiNozzo.
   « Il Dottor Destino, come sempre ». La voce era ampia come il sorriso, si stupì Logan.
   Tony fece un largo sorriso, apparendo sinceramente contento di vederlo mentre tendeva la mano - il braccio il realtà - verso il cugino. Sbattendo un po’ le palpebre alla vista del suo eroe d’infanzia in carne ed ossa di fronte a lui, già pronto ad accettarlo sulla sedia, Logan sollevò a sua volta la mano e lo vide afferrargliela con forza. Il momento successivo Tony aveva gettato un braccio intorno alle sue spalle, la sua altezza piegata in modo un po’ goffo come accadeva sempre le prime volta, ma per Logan su il benvenuto che aveva bramato, un benvenuto nella sua stessa casa da parte del suo ospite. Mondo folle, udì se stesso ridere in un singhiozzo emozionato, mentre gettava il proprio braccio libero intorno al collo di suo cugino. « Giuro che non volevo credere che saresti venuto per davvero finché non ti avessi visto » rise, ancora emozionato.
   Tony si scostò un po’ per osservare la tensione sul volto di suo cugino, sperando di nascondere il senso di colpa che sentiva per averla posta lì. « È passato così tanto tempo? ». Quando Logan annuì silenziosamente, i suoi occhi troppo lucidi, Tony rifletté che non avrebbe mai pensato di aver bisogno di tutte le sue abilità affinate come agente sotto copertura per nascondersi da suo cugino, per nascondere lo shock che aveva provato nel vedere Logan così.
   Logan appariva smunto rispetto all’ultima volta che lo aveva visto, l’intensità che aveva sempre bruciato nei suoi occhi sembrava bruciare ancora più forte - e il contrasto tra i due estremi gli dava un’aria tormentata. Sebbene fosse sempre stato serio, almeno prima era più bravo a bilanciare i suoi progetti con qualcosa che permettesse alla sua mente e al suo corpo di rimettersi in pari - era grandioso sul campo da basket e da tennis, ricordò Tony - e comprendeva il bisogno di concedersi una pausa ogni tanto. Tony si chiese se avesse dimenticato quella lezione…
   Beh, col cavolo che avrebbe iniziato quella visita standogli addosso. « Mea culpa ». Il suo sorriso era naturale come sperava, mentre gettava distrattamente la borsa per terra accanto al tavolino prima di sedersi sulla sedia accanto a Logan. « Beh, so che il motivo per questa visita è l’ultimo che avremmo voluto - ma magari in mezzo al lavoro possiamo aggiornarci sulle altre cose ».
   Logan sbatté le palpebre annuendo in silenzio, ancora non si fidava della sua voce. Non era sicuro ora di cosa si fosse aspettato, ma questo era Tony, il Tony che ricordava e seguiva ovunque come un cucciolo, il cugino che - indipendentemente da quanto insistente o fastidioso lui fosse, indipendentemente dalla ragazza o la partita che si contendevano la sua attenzione - permetteva sempre al cuginetto dai capelli scompigliati di seguirlo, senza essere mai scortese o insofferente.
   Cos’altro avrebbe dovuto aspettarsi da quest’uomo?
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: (*) tradurre modi di dire è complicato, anche se può essere divertente, ma tradurre modi di dire con doppi significati è quasi impossibile. La traduzione che ho scelto per questa frase fa perdere un po’ l’immediatezza e l’amarezza che c’era in originale, ma non ho potuto fare di meglio. Ci tengo però a spiegare il senso originale: “cabina-armadio” in inglese si dice “walk-in” closet. Ovviamente, “walk” significa anche camminare. I verbi che si utilizzano in inglese per cose su ruote - come una bicicletta, una moto spinta a mano o una sedia a rotelle - sono “to wheel” e “to roll”. La frase originale era così:
   “
Walk-in closet, sbuffò amaramente, ricordando la dichiarazione di Bling di quanto fosse provvidenziale che fosse grande abbastanza da essere anche roll-in…”
   Non mi piaceva come suonava, dato che in italiano non usiamo l’espressione “walk-in closet”.
   Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 4
*** I maschi son sempre maschi ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: come da primo capitolo. Niente è cambiato su quel fronte.
   
   

I maschi son sempre maschi


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   « Dannazione, cugino, sei certo di volere che un agente federale veda tutto quello che sai fare? »
   Logan non era nel suo solito posto davanti al computer, ma i suoi file e registri erano in bella vista su due schermi separati con pezzi di prove e informazioni che era riuscito a organizzare insieme e comprovare tramite vari fattori. Mentre Logan spezzettava spezie per la salsa e salava l’acqua per la pasta, Bling aveva portato Tony alla stanza dei computer per mostrargli cosa aveva trovato Logan fino a quel momento. Quando tornò in cucina, si chinò sulla spalla di Logan e ficcò un dito nella salsa sul fornello, suscitando appena uno sbuffo dal cuoco. I due visi insieme, a poca distanza l’uno dall’altro, e il fatto che Logan tollerasse gli assalti di Tony al cibo, fecero sorridere Bling a dispetto delle faccende serie che li attendevano.
   Era rimasto indietro, non era nemmeno entrato nell’attico per la prima ora dall’arrivo dell’agente: dopo la loro conversazione in macchina, Bling lo aveva portato di sopra, lo aveva fatto entrare e gli aveva detto che sarebbe andato al mercato e sarebbe tornato tra un po’. Al suo ritorno, appena aveva aperto la porta ed era entrato silenziosamente nell’attico, si era sentito contento di udire suoni che non era certo avessero mai riempito quel luogo: riusciva a sentire i due uomini ridere tranquillamente dal salotto, parlare animatamente, raccontandosi storie di decenni prima che ancora aleggiavano nell’aria.
   Bling aveva posato le buste sul bancone ed era entrato nel salotto, il piacere che percepì dai due cugini fece allargare il suo stesso sorriso, contento per entrambi. Ma anche dopo aver sentito la loro gioia per la riunione, Bling fu commosso quando entrando nella stanza vide un Logan che non aveva probabilmente mai visto prima: i due fardelli che portava - la responsabilità e la disparità fisica - erano stati sollevati per un momento, e gli occhi di Logan luccicavano di felicità per avere suo cugino vicino. Sembrava in effetti più giovane di anni, c’era colore sulle sue guance e il suo sorriso illuminava la stanza.
   Logan sollevò gli occhi su Bling e all’inizio lo accolse con un sorriso, ma gli ci volle solo un istante per ricordare perché suo cugino fosse lì - e il fatto che non avevano piste. Bling vide la troppo breve gioia frantumarsi l’istante successivo col senso di colpa che Logan provò per aver celebrato la visita di suo cugino, per essere felice quando Bling poteva essere in grave pericolo. Fardelli così pesanti, pensò tristemente Bling…
   Tony aveva visto il viso di Logan aprirsi in un benvenuto mentre si voltava verso il corridoio, per cui alzò gli occhi verso l’uomo che era venuto ad interrogare, l’uomo che aveva avuto la gentilezza e l’apparente comprensione per lasciare loro quel tempo, e sorrise a sua volta. « Ehi, Mr Ingrum ».
   « Bling. O BL » disse Bling restituendogli il sorriso, ma era un po’ più sobrio, un’ombra di quello che era stato nel primo momento, e Tony si voltò per vedere perché.
   Oh, Logan… pensò vedendo immediatamente il cambiamento in suo cugino. Comprendendolo subito a sua volta, immaginando i suoi pensieri, Tony sapeva che Logan non si sarebbe concesso nemmeno un momento finché il suo amico fosse stato ancora a rischio. E dire che pensavo che prima prendessi le cose troppo duramente…
   « State recuperando il tempo perduto? » disse Bling rivolto ad entrambi mentre entrava nella stanza, ma si stava in realtà rivolgendo a Logan, e l’agente sospettò che quell’uomo dalla silenziosa forza interiore era stato accanto suo cugino attraverso un sacco di brutti momenti.
   « Sì, noi… ah… sì, e ora avrete un sacco di cose di cui discutere, lo so, per cui… » Fece per sbloccare i freni, pronto a ritirarsi.
   Ma Bling sollevò la mano. « Ho già preparato tutto… se per te è ok ». La sua saggezza e il suo intrigante modo di fare impressionarono Tony, il quale si stupì che un ex-SEAL fosse così pacato e gentile. « Ho trovato un paio di polli al mercato e delle verdure e altre cose. Scommetto che l’agente DiNozzo starà morendo di fame, ha iniziato questa giornata tre fusi orari prima. Non accadrà niente di nuovo stanotte, ma so che ha delle cose da rivedere con me… » disse guardando Tony, poi tornò a voltarsi verso Logan. « Logan, puoi preparare a tuo cugino una delle tue famose cene, possiamo venire a vederti mentre lavori e posso dire all’agente DiNozzo qualsiasi cosa gli serva sapere, e sarai anche tu lì a sentire ».
   Mentre Bling osservava i due quasi-cloni, Logan pensò a quanto tipico di lui fosse il piano: preparare tutto per permettergli di fare sfoggio di sé per suo cugino e contemporaneamente portarsi avanti con ciò che dovevano fare. Il suo sorriso verso Bling era tenue, ma caldo e grato, come lo sguardo che rivolse a DiNozzo. « Beh, che ne dici, Tony? » offrì con un sorriso ironico. « Mi dicono che non sono male come cuoco ».
   « Famose cene? ». L’agente sollevò le sopracciglia carico di aspettativa, e fu contento di vedere che l’alzata di spalle di Logan non era del tutto modesta. Spostò la sua attenzione su Bling, ora, insieme al suo sempre presente sorriso. « Sembra grandioso, se posso convincerti a chiamarmi Tony ».
   « Credo si possa fare » sorrise Bling, calmo come sempre, osservando il suo assistito sbloccare i freni e dirigersi in cucina.
   « D’accordo, Bling, vediamo che sei riuscito a trovare ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 6:55 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Mentre Logan iniziava a prepapare la cena, per lo più in silenzio, Bling raccontò loro gli eventi che avevano condotto alla missione - niente di troppo inusuale al riguardo, un’extraction che per il resto era andata senza problemi, i giorni e le settimane prima del suicidio di Parks - che, col senno di poi, avevano indizi che Bling ancora si sentiva in colpa per non aver notato - la spaventosa ferita che aveva Parks dopo il colpo di pistola a pochi centimetri dalla fronte.
   Tony fece una serie di domande sugli altri dell’unità, i loro rapporti, le attività e le missioni. Accettò la proposta di Logan di revisionare tutto ciò che lui aveva trovato fino a quel momento. E, quando vide i dati nudi e crudi sulla sfila di computer, il contenuto e le fonti e i legami e le connessioni che Logan era riuscito a trovare, fece una pausa, impressionato… e preoccupato. Non era il lavoro di un apprendista detective, né i risultati né l’analisi dei dati. Giornalismo free-lance? Molto più impressionante di qualsiasi cosa avesse visto al di fuori delle agenzie… in cosa ti sei ficcato, cuginetto? si chiese tra sé…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 7:28 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Cucina di Cale.

   
   « Dannazione, cugino, sei certo di volere che un agente federale veda tutto quello che sai fare? » chiese Tony con voce volutamente leggera mentre passava il dito nella salsa che Logan stava facendo sobbollire, ma si chiese se suo cugino avesse davvero pensato a cosa gli aveva mostrato prima di offrirsi di farlo. Sospettava che a Logan non importava, se significava aiutare il suo amico. Tony sperò ardentemente di non vedere nulla che avesse un’aria minimamente sospetta, ma sapeva che era ben più di quanto un normale civile avrebbe potuto fare. Guardò suo cugino con ammirazione… e un senso di protettiva apprensione.
   « Solo qualche sbirciatina tra vecchi rapporti » disse Logan improvvisamente concentrato sulla cena, deciso a non incrociare gli occhi di DiNozzo, « e poi qualche collegamento tra pezzi strani per vedere se riuscivo a ricavarne qualcosa ».
   « È quello che fa un giornalista, uh? »
   Logan finalmente sollevò gli occhi su Tony per dire « È quello che fa questo qui ».
   « Hmpf ». Tony era in piedi al centro della cucina, mani sui fianchi, pensieroso per un momento, poi iniziò a muoversi. « Beh, prendo il mio palmare così puoi aggiungere quello che ho alle tue note. Magari riesci a ricavarne più di quello che ho fatto io ».
   Alle sue parole, Logan sbuffò sorpreso e si voltò per vedere la schiena di Tony sparire dietro l’angolo del salotto. La sorprese era ancora sul suo viso quando guardò Bling, che fece un cenno di apprezzamento. « È ok, per essere un poliziotto ».
   Ci volle solo un mimento prima che Logan ridesse. « È un Cale ». Il suo sorriso mostrava una scarica di orgoglio per suo cugino.
   « … merda » sentirono mormorare dal salotto, poi udirono dei passi. « Ehi, posso scroccare le tue chiavi un momento? » disse Tony sporgendo la testa sotto l’arco della porta. « Credo che il palmare mi sia caduto in macchina tua… almeno, spero mi sia caduto lì… »
   « Sono sul tavolo accanto alla porta ».
   « Prese, grazie ». Era alla porta prima ancora che Bling arrivasse al corridoio. « Torno subito ».
   Mentre la porta si chiudeva dietro di lui, Bling disse a bassa voce « Logan, non può sapere di Solo Occhi - famiglia o no, è un federale, potrebbe essere costretto a fare rapporto ».
   Logan scosse la testa, chinandosi per controllare le verdure che si stavano cuocendo in forno, evitando ora il contatto visivo con Bling. « Non c’è motivo per cui Tony debba aver anche solo sentito parlare di Solo Occhi… beh, non proprio » si corresse all’ultimo, non volendo sentire le preoccupazioni del suo amico. « Non vive nelle vicinanze e gli attacchi informatici non arrivano così lontano… »
   « È successo » insistette Bling.
   Logan sapeva che Bling aveva ragione, e che quello che diceva era logico - ma non voleva che la cosa intralciasse qualsiasi tipo di aiuto avrebbe potuto offrire. « Prendiamo le cose come vengono » cedette, sollevando finalmente lo sguardo. « Lasciamo che Tony ci aiuti a prendere questo tizio, chiunque sia… ok? »
   Bling si strinse nelle spalle, silenzioso per un momento; alla fine sollevò un sopracciglio tornando a guardare Logan e chiese, divertito « Non avresti potuto avvertirmi che siete identici? È piuttosto sconcertate ».
   Logan sbuffò. « Non è vero » disse scuotendo la testa, togliendo la salsa dal fuoco. « Davvero, non ci somigliamo; non ho mai capito cosa vedesse la gente… »
   « Sicuro, Logan » ridacchiò Bling. « Come vuoi tu ». E ridacchiò di nuovo di fronte al previsto sguardo costernato che ebbe in risposta.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 7:34 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Garage.

   
   Max aveva finito le consegne della giornata e, impaziente di dare un’occhiata al cugino di Logan, andò in moto fino a casa di Logan per una piccola ricognizione. Sapeva che Logan aveva dubbi in abbondanza ed era stressato al pensiero di rivedere suo cugino, ma la curiosità la stava facendo impazzire. E poi, i suoi altri dilemmi familiari si erano risolti senza problemi, indipendentemente da quanto nervoso fosse stato al riguardo.
   Non l’aveva esattamente invitata - le aveva praticamente detto di restare lontana - ma lei decise di prendere il fatto che non glielo avesse detto esplicitamente come un tacito invito. Atterrando con grazia accanto alla moto quando smontò e portò la sua Ninja fino allo stretto passaggio nel garage che Logan aveva ottenuto a suon di lusinghe dal portiere per lei, perché potesse mettere al sicuro la sua bambina lontana da una facile rimozione ad opera di tipi privi di principi morali.
   Ma un suono non familiare da un posto familiare colse la sua attenzione e si immobilizzò, in ascolto. Bloccando la moto senza fare rumore, Max aggirò l’angolo e il pilastro che le bloccavano la visuale e vide la Aztek di Logan al suo posto, con la portiera aperta e una figura maschile sconosciuta china dal lato del passeggero. Immerso fino alla vita nel pavimento dell’auto, stava chiaramente cercando qualcosa all’interno del veicolo, chiaro come il giorno… Lo vedeva facilmente, ma sospettava che l’uomo avesse pensato di essere protetto dalla luce più fioca della sera nonostante l’area ben illuminata. Non stava cercando in nessun modo di nascondersi.
   Intrigata dalla sua audacia, Max si affiancò alla Aztek, osservando con attenzione la figura, che chiaramente non aveva alcuna idea che lei fosse lì e non dava alcun segno di essere comunque interessato alla cosa. Come se fosse il proprietario del luogo.
   Beh, non lo era. E lei aveva intenzione di farglielo notare. « Ehi, non è carino frugare le macchine altrui » disse con fermezza, in piedi dietro di lui. « E quella non è la tua… »
   Al suono della sua voce, la figura trasalì leggermente, e indietreggiò per raddrizzarsi. Max replicò la stessa mossa, osservando la figura per essere certa non ci fossero pericoli… e mentre lo valutava, alzò lo sguardo verso il viso dell’uomo.
   E la sua bocca si aprì letteralmente per la sorpresa. E l’uomo sorrise nel vederlo.
   « Beh, ciao ». Gli occhi verde brillante, familiari-epppure-sconosciuti, si aprirono per la sorpresa e poi in segno di apprezzamento, mentre andavano su e giù per la figura di Max. « Immagino tu viva nei paraggi, perché hai ragione: questa non è la mia macchina… »
   I begli occhi castani sbatterono di nuovo mentre Tony si raddrizzava. La sua iniziale spavalderia era stata spiaccicata spaventosamente in fretta, notò Tony - e la ragazza aveva tutta l’aria di aver appena visto un fantasma. Non credeva di averla spaventata, non era quel tipo di sguardo. Era una giovane donna notevolmente bella, notò di nuovo… e le rivolse il suo ampio, malizioso sorriso.
   « … ma conosco il proprietario. È.. »
   « E conosci anche il suo nome? » domandò lei. Ovvio che sì, riuscì a riprendere a pensare Max, non c’è dubbio… ma lo interruppe comunque, anche se non era sicura del perché. E ovviamente io so chi sei tu…
   « Logan Cale » rispose con aria affascinante, inclinando leggermente la testa in un modo che sembrava quasi una parodia di Logan - finché Max si ritrovò a chiedersi chi l’avesse imparato da chi. Lui continuò a spiegare. « Avevo perso il mio palmare » disse sollevando l’organizer ritrovato e facendoselo scivolare in tasca, « e ho scoperto che mi era solo caduto qui quando sono entrato, poco fa. E tu… » Si girò per guardare con i suoi luminosi occhi dritto in quelli di lei, godendosi chiaramente il momento e con tutta l’aria di stare per lanciarsi in qualche ritrita frase da rimorchio al bar, ma poi sembrò ripensarci « … conosci il proprietario? »
   Di nuovo, Max sbatté le palpebre; non era abituata a non ricevere frivole battute dagli uomini, e non era abituata a vedere qualcun altro indossare il viso di Logan, qualcuno che era così… non-Logan. Ma iniziò a sorridere, la differenza iniziava a farsi evidente e lei cedette, annuendo. « Sì, lo conosco ».
   Gli occhi verdi scintillarono. Tony aveva da tempo capito che era lui a controllare la situazione, data la chiara sorpresa della donna. « Eri qui per vedere Logan? »
   Max smise di fissarlo, annuendo di nuovo bruscamente. « Sì, ma fa niente ; non voglio interrompere niente ». Iniziò a indietreggiare verso la moto, chinando la testa per nascondere il proprio sorriso, ma lui parlò di nuovo.
   « Non accadrà » disse DiNozzo con un sorrisetto, già pronto a permettere che un bel viso interrompesse il “briefing”. « Vieni » disse inclinando la testa verso l’ascensore.
   « La moto, devo… » disse Max indicando dietro di sé e fece un paio di passi indietro, gli occhi ancora su di lui, cercando ancora di abituarsi a questo sconosciuto che non era uno sconosciuto. Rendendosi conto che era una reazione sciocca, arrossì lievemente e si voltò per avvicinarsi alla Ninja per spostarla nel suo posto protetto.
   Tony le andò dietro per dare un’occhiata alla moto e fischiare in segno di apprezzamento. « Bella. È tua? ». Lei alzò gli occhi e vide la sincera ammirazione per la sua bambina in occhi identici a quelli che non avevano mai mostrato interesse nella potenza dei cavalli prima. Il suo sorriso fu del tutto involontario mentre muoveva la moto al suo posto, chiudeva in cancello e metteva il catenaccio. Sapendo che l’avrebbe seguito, DiNozzo si voltò di nuovo verso l’ascensore e continuò a parlare mentre camminava. « Sono Tony DiNozzo » si presentò. « Il cugino di Logan ».
   « La somiglianza è impressionante » mormorò Max affiancandoglisi come lui aveva previsto.
   Il sorriso di lui si allargo, contento per Logan mentre la congettura prendeva forma. « Davvero? » chiese a labbra strette, poi si strinse nelle spalle. « Uhm ».
   « Oh, andiamo, è incredibile » insistette lei. « Non ve lo hanno mai detto? »
   « No » rispose lui immediatamente, occhi spalancati di innocente fascino verso di lei, e chiese « miss… ? »
   « Max » rise infine lei, convinta e totalmente in svantaggio, disarmata dalla personalità eterogenea che si nascondeva dietro quei tratti così familiari. « Sono Max ».
   « Max? » ripeté lui corrugando le sopracciglia, e sembrò rimuginarci su mentre premeva il pulsante dell’ascensore. « Non è quello che mi aspettavo. Mi sarei aspettato qualcosa di melodioso… Bella… Melody… » Se lo stava godendo, quel testare la donna che sperava non fosse lì solo per fare i le pulizie. « … Angel… » decise con un ampio sorriso, osservandola mentre aspettavano. Bella, molto. Ma aveva già visto quel viso? L’ascensore si aprì piuttosto in fretta, essendo rimasto al piano terra dopo che Tony lo aveva usato per scendere, e lasciò entrare Max per prima per poter prendere il tesserino per l’attico e cercare tra i suoi ricordi il perché la trovasse familiare. Dopo uno o due minuti di silenzio strinse gli occhi mentre si focalizzava sui suoi pensieri per ricordare, e poi li aprì del tutto. Fece schioccare le dita e sorrise. « Eri al matrimonio di Bennet! »
   « C’eri anche tu? » chiese lei sbattendo le palpebre.
   Lui sorrise scuotendo la testa. « No. Ho visto delle foto - è anche cugino mio ». Tony fece una pausa solo per un momento, sollevando le sopracciglia in segno di divertita sfida. « Bel vestito ».
   Max inclinò la testa di lato, e aprì la bocca come per parlare, ma rimase senza parole di fronte alla mente sfacciata e adolescente che brillava negli occhi di Solo Occhi. Se aveva pensato a una risposta, però, la semplice distrazione delle porte che si aprivano sul piano di Logan la cancellò completamente.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   
   

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Capitolo 5
*** Tre uomini e una donna ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Nessun profitto: dopotutto, è una fanfiction. Dark Angel e NCIS appartengono ad altri (ah, fossi così fortunata…)
   
   

Tre uomini e una donna


   
   SEATTLE, WASHINGTON: 6 febbraio 2020, 7:46 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   « Lo hai trovato? »
   La voce di Logan risuonò dalla cucina e Tony posò le chiavi sul tavolo e si diresse verso quel suono, lanciando uno sguardo divertito a Max e sorridendo ancora una volta quando lei lo seguì. Quando Tony entrò in cucina disse « Non è l’unica cosa che ho trovato ».
   Logan si voltò per guardare suo cugino, il tono era nuovo, e vide insieme a Tony i danzanti occhi castani che sempre gli facevano mancare il respiro quando li vedeva, indipendentemente da cosa stesse accadendo. « Max » disse battendo le palpebre. « Credevo… »
   Tony vide lo sguardo sorpreso e imbarazzato sul viso di Logan quando Max apparve, le parole balbettate erano irrilevanti, la sua espressione parlava molto più candidamente. Spontaneamente gli tornò in mente la sua conversazione con Bennet, quella che avevano avuto non tanto tempo fa, quando lo aveva chiamato per scoprire esattamente cosa fosse accaduto a Logan. Dato che la foto che lo aveva spinto a telefonare mostrava Logan come testimone di nozze di Bennet, la conversazione era virata naturalmente non solo su come lui stesse al momento, ma anche sul matrimonio in sé. E Bennet aveva menzionato l’accompagnatrice di Logan, la donna con cui, aveva affermato Logan, la sua relazione non era “di quel tipo”, ma che faceva illuminare e luccicare i suoi occhi in un modo che Bennet aveva visto raramente. Bennet aveva velocemente aggiunto che anche la donna aveva i suoi sguardi desiderosi per il loro cugino, compresa una malcelata gelosia quando lo aveva visto ridere immerso in una conversazione con Daphne… e una posa che cercava di dire “non mi interessa” subito dopo la prima reazione.
   E questo… beh, aumentava l’intrigo.
   « Allora… vi siete incontrati » cercò di riprendersi Logan, troppo imbarazzato per non essere innamorato di quella donna. era una reazione, dopotutto, che Tony aveva già visto in Logan, quando lo aveva visitato a Yale. Si chiese se Logan ne avesse idea all’epoca… o se ci avesse anche solo pensato ora.
   « Sì. Era pronta a sistemarmi per aver forzato la sua macchina ». Tony li guardo entrambi, godendosi lo spettacolo quasi quanto il pensiero che suo cugino e questa sorprendente giovane donna fossero così vicini all’essere una coppia. Non era la tipica donna degli uomini Cale, ma dopotutto, sorrise tra sé, questa era un’ottima cosa. « Credo che per questo tu le debba come minimo una cena ». Senza aspettare il padrone di casa, e sentendo il bisogno improvviso di dare una spintarella a suo cugino verso l’ovvio, si voltò verso la nuova arrivata. « Che ne dici Max? Una cena di Logan Cale vale la pena di restare? »
   « Oh, è un cuoco grandioso » sorrise Max - e quando vide DiNozzo illuminarsi in risposta si rese conto di avergli appena detto di più sul loro rapporto che se glielo avesse chiesto direttamente: ora lui sapeva che lei andava lì regolarmente. Lanciò uno sguardo a Logan, il viso di lui era una miscela di reazioni che rendevano i suoi pensieri indecifrabili per lei in quel momento, e lei decise di ritrattare. « Ma voi ragazzi siete nel bel mezzo di qualcosa, e probabilmente non ce n’è abbastanza, se non vi aspettavate che arrivassi… »
   « … ehi, Max ».
   Tornando in cucina, Blina vide Max lì e, sapendo che era al corrente degli omicidi, immaginò che fosse stata invitata, dopotutto. Forse Logan era meno in ansia per questa serata di quanto pensassi, considerò - ma poi non seppe interpretare le espressioni che si furono rivolte al suo saluto. Tuttavia… sapeva fin dal momento in cui si era unito a Solo Occhi di doversi aspettare un certo disagio da parte del suo datore di lavoro quando si trattava di Max - e anche nelle circostanze che avevano portato Tony a Seattle si ritrovò in difficoltà nel mantenere per sé il divertimento.
   Al tempismo perfetto di Bling e al suo saluto confidenziale e tranquillo verso Max, Tony ghignò, vedendo la conferma che la ragazza era una parte frequente della vita di Logan, indipendentemente da quello che aveva cercato di dire a Bennet. Si strinse nelle spalle. « A me sembra ci sia cibo in abbondanza per tutti. E non c’è nessun lavoro al mondo che dovrebbe venire prima di una bellissima donna che abbia bisogno essere nutrita ».
   A quelle parole, Max cercò gli occhi di Logan, il quale - avendo finalmente riconosciuto la situazione come senza speranza - arrossì semplicemente, agitandosi, accorgendosi dall’espressione di lei cosa stava per accadere. « Oh, voi due non potete essere assolutamente imparentati » disse Max lentamente, voltandosi di nuovo verso Tony. Il sorriso malcelato di Bling in reazione verificò un’altra parte della faccenda per Tony: Logan aveva ancora bisogno di imparare a rilassarsi.
   « Max » sospirò Logan, sperando che la sua resa sembrasse motivata dai desideri della sua ospite e non solo i suoi. « Resta. C’è cibo in abbondanza ». I suoi occhi rimasero a guardare quelli di lei appena un secondo di troppo, e quando gli sguardi si interrupper, entrambi arrossirono un po’. Tornando a rivolgersi a Tony, scuotendo la testa mentalmente, colse lo sguardo confuso nei familiari occhi verdi e si girò prima che potessero fermare la sua ritirata, ma riuscì a non fare una pausa troppo lunga prima di dire « In effetti Max sa già tutto, Tony… magari può aiutarci anche lei, se cerchiamo qualche idea ».
   « Sicuro » annuì Tony. Sorrise a Max, il luccichio da playboy affascinante nascondeva i suoi pensieri. Quindi, oltre all’attrazione che si vede, lei è parte anche del resto - qualunque cosa sia? si chiese. Aveva notato che, benché minuta, Max si era mossa con una forza e sicurezza che era abituato a vedere nelle sue conquiste occasionali tra le donne dell’NCIS, ben addestrate e capaci quanto un colosso di attaccare un nemico e sopravvivere. Bellezza, a quanto pare intelligenza… e anche muscoli? Oh, Logan, pensò Tony, hai così tanto da imparare…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 8:04 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Cucina di Cale.

   
   Non furono gli unici indizi che Tony vide. Quando Logan finì di preparare la cena per la loro cena, mentre tutti e quattro chiacchieravano in cucina, Tony si accorse momento dopo momento della confidenza e dell’imbarazzo dei due, il tutto mischiato in un’atmosfera carica di ormoni: le frasi tra loro erano naturali, quasi un codice, quando Logan chiedeva Max piccoli aiuti - preparare la tavola, scegliere il vino - c’erano sorrisi condivisi e supporto, quando Max gli portava l’oggetto richiesto o anticipava la sua mossa successiva, e poi gli sguardi che avevano l’uno per l’altra quando credevano che nessuno li vedesse - o che l’altro non stesse guardando - e le timide ritirate quando l’altro aveva un effetto troppo vicino.
   Dovrò chiedere qualche altro giorno dopo che avremo risolto il caso, gemette Tony tra sé. Questi due hanno bisogno di un corso di base su “come sapere che è fin troppo tardi per decidersi ad andare in prima base”…
    Ma più forte dell’ovvio rapporto datevi-una-mossa che percepì tra Max e Logan fu la sensazione che suo cugino non fosse solo uno scrittore free-lance costretto a casa che cercava di vendere le sue storie qui e là. Sotto alle connessioni superficiali che gli aveva mostrato - quella paziente/terapista e cliente/allenatore che aveva con Bling o la non-relazione “non-abbiamo-un-rapporto-di-quel-tipo” che aveva con Max - c’era molto di più: queste due persone forti, brillanti e capaci sembravano rimettersi a Logan, a cercare in modo naturale la sua approvazione o condiscendenza in ogni faccenda rilevante, importante, allo stesso modo in cui lavoravano intorno a lui, anche lamentandosi un po’ di fronte alla sua frequente testardaggine, e sembravano preoccuparsi per lui e cercare di convincerlo a seguirli - ma solo sulle cose secondarie, le apparenze. Questa dinamica - insieme alla mostra tecnologica che aveva visto prima nella stanza del computer di Logan - rendeva l’agente più curioso riguardo suo cugino.
   Logan poteva aver convinto altri che era solo un principiante con un fondo fiduciario, poteva aver fatto preoccupare Benner che non usciva abbastanza e aver imbarazzato sua zia e suo zio che uscisse anche mezza volta… ma Tony decide immediatamente che né Max né Bling avrebbero avuto il tempo o la pazienza di sopportare un idiota del genere. E l’affetto, la deferenza e il rispetto che entrambi gli rivolgevano, con tutto il cuore e senza problemi, insieme a ciò che Tony sapeva di suo cugino nella sua età adulta, loi spinsero a chiedersi se non fosse il caso di iniziare a preoccuparsi su cosa facesse Logan.
   Maledizione, cugino… spero davvero tu sappia quello che fai… qualsiasi cosa sia.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 8:11 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Cena.

   
   Mentre i piatti da portata carichi di succulento pollo, di insalata di pasta condita e di verdure al profumo di una misteriosa salsa alla Cale venivano distribuiti per la tavola, i loro aromi si espandevano intorno a loro e causarono un gemito di apprezzamento da parte di Tony. Sollevo la prima forchettata per gustarsela, ad occhi chiuse, e mugolò di nuovo con un « Logan, te lo devo dire, questo pollo è buono da morire ». Aprì gli occhi e chiese « Dove hai imparato a cucinare così bene - quando? E ti prego » disse facendo l’occhiolino a Max, « fai contento tuo cugino che ha aspettato tanto per questo momento e dimmi che hai imparato per impressionare le signore ».
   Un piccolo sbuffo precedette le parole di Logan. « Dovevo fare qualcosa. Non avrei mai potuto arrivare a… usare i tuoi metodi ». Gli occhi verdi scintillarono di sfida.
   « Quali? Dire a una donna che è bellissima quando è vero? ». Tony non si tirò indietro.
   « Oh » si intromise con dolcezza Max, sollevando languidamente gli occhi dal piatto su Tony e poi lentamente su Logan, dove rimasero, scherzosi « vuoi dire lusinghe esagerate? Logan non scenderebbe mai così in basso ».
   Tony si finse ferito. « Non si tratta di scendere in basso se parli sul serio ». Non si era perso lo sguardo che Max aveva rivolto a Logan né gli occhi di lui in risposta, e immaginò - e a ragione - che ci quella frase fosse un po’ parte di una storia pregressa tra loro. Osservò gli occhi di Max tornare a lui quando parlò. « Anche se ammetto che nutrire qualcuno sia un approccio più onesto di qualunque adulazione fatta sul momento ».
   Il silenzio fu interrotto solo di poco dalla risatina di Bling lieve e rivolta al piatto…
   … e poi dallo scattare dei freni di Logan. Un po’ rosso, con un ironico sorrisetto di imbarazzata resa che iniziava a curvare le sue labbra, arretrò dal tavolo. « Visto che dobbiamo discutere il caso » disse voltandosi su se stesso con fare teatrale, « prendo il portatile così possiamo aggiungere note ai dati che ho fino ad ora ». Non riuscì a evitare il sorrisetto che finalmente si allargò sui suoi tratti mentre dava le spalle agli altri, non più in grado di mantenere la facciata e in disperato bisogno di fuggire, anche solo per un minuto.
   A tavola, Bling alzò lo sguardo per osservare la ritirata di Logan, ancora divertito; Tony lo guardò e con una breve occhiata a Max a un pollice puntato verso Logan chiese « Lo sa che faccio l’investigatore, vero? ».
   Bling ridacchiò. « Credo che ora lo sappia ».
   Dopo solo un momento, Logan tornò col proprio portatile, lo aprì e lo posò accanto al suo piatto, mentre gli altri continuavano a mangiare e iniziavano a calmarsi un po’, dato che gli argomenti più seri che li attendevano non erano così allegri. Dopo vari minuti di discorsi più neutri, Max si voltò verso Tony. « Logan ha detto che le uniche connessioni che avete trovato fino ad ora tra gli omicidi sono che entrambi gli uomini erano nell’unità di Bling e la causa della morte, un proiettile tra gli occhi, è giusto? »
   DiNozzo annuì. « Gli altri fattori sono talmente diversi da sembrare pianificati: uno tra la folla, l’altro nella casa della vittima; uno mascherato da suicidio, l’altro in pieno giorno, al diavolo i testimoni… uno contattato da Denny, l’altro no… »
   Bling si animò. « Ma sappiamo per certo che Jack non abbia ricevuto la stessa telefonata? »
   « No » concesse Tony. « Ma la sua famiglia non ha detto nulla su una telefonata strana da un vecchio compagno di squadra - è stato chiesto loro specificamente, quando non ne hanno fatto cenno durante le deposizioni ».
   Bling non era convinto. « Non so se Jack lo avrebbe menzionato - non era il tipo da raccontare ai suoi cari che un morto lo avesse chiamato »:
   Max stava pensando. « Come ha fatto “Denny” o chiunque fosse a trovarli? ». Logan alzò brevemente gli occhi e incrociò quelli di Max - era una considerazione con cui la ragazza era dolorosamente familiare. Quando lei si voltò verso Bling, Logan tornò a guardare lo schermo del suo portatile, aggiungendo note ai dati che aveva. « Siete stati in contatto gli uni con gli altri negli anni? »
   « Sì, ma solo per qualche occasiona, forse una volta all’anno, non di più. Abbiamo avuto una specie di riunione, cinque anni fa, quando Mike non stava bene - una specie di addio per lui ». Gli occhi di Bling erano distanti nel ricordo. Dopo solo un momento però si rese conto di essere stato ad anni di distanza senza spiegazione. « Mike Mulzecek - era diabetico, e dopo l’Onda la malattia è andata fuori controllo, non c’erano fonti affidabili di insulina sicura… » Bling ancora detestava il pensiero di quello che i primi anni post-Onda avevano fatto alla gente come Max. « I suoi organi iniziarono acedere e la famiglia sapeva che non aveva molto da vivere… perciò facemmo questo incontro, prima che stesse troppo male per capire che eravano lì ».
   Logan alzò gli occhi e chiese dopo un momento di silenzio « C’eravate tutti? »
   « Tutti e sette, sì. In effetti » disse Bling sorridendo debolmente rivolto a Logan, « fu la prima volta in cui Pete mi parlò di trasferirmi a Seattle ».
   E anche se Tony registrò l’espressione di Logan per pensarci più tardi, si concentrò sulle faccende più prossime e importanti. « Quindi, se qualcuno di loro fosse coinvolto negli omicidi e pensasse che vivi ancora da qualche altra parte, saprebbe che il secondo posto in cui cercarti sarebbe qui a Seattle ».
   Bling aggrottò le sopracciglia e scosse immediatamente la testa. « Eravamo solo noi della squadra e qualcuno delle famiglie. Nessuno di loro potrebbe essere coinvolto… »
   DiNozzo non cedette. « Gli omicidi sono legati alla squadra, Bling, devono esserlo. Non possiamo escludere una connessione anche al killer ». Mitigò la sua affermazione aggiungendo « Non possiamo escludere niente ancora ».
   Bling rimase in silenzio per alcuni momenti, e alla fine annuì. « Capito » disse semplicemente, senza emozioni.
   Max guardò da Bling a Logan, notando in quest’ultimo lo sguardo preoccupato che si aspettava. Tornando a rivolgersi al terapista, tentò di nuovo. « Quanto sarebbe stato facile per il killer trovare i suoi compagni di squadra, Bling? » chiese cercando di riportarli sull’argomento. « I loro numeri di telefono o indirizzi erano in liste pubbliche? »
   « Cal sì, credo. Jack… » considerò, « credo non fosse sull’elenco; era anche un poliziotto, e i poliziotto di solito non vanno a strombazzare dove possono essere reperiti quando non sono in servizio ».
   « Sì, ma chiunque con un computer e un minimo di capacità di hacking… » iniziò Tony guardando suo cugino, il quale alzò gli occhi quasi colpevole.
   « O potrebbe aver assunto un investigatore privato con un computer e capacità di hacking - e contatti nei paraggi » interruppe Max attirando nuovamente su di sé l’attenzione di Tony. « E se avesse abbastanza soldi da permettersi un investigatore decente, potrebbe aver trovato trovare una persona che non stia cercando attivamente di restare nascosta ».
   « O assumere - o corrompere, o guadagnarsi la fiducia di - qualcuno in un’agenzia che abbia accesso ai file del governo - vecchi file della Marina? » chiese Logan. « Tony, la Marina mantiene le informazioni aggiornate sui loro membri in pensione? »
   « Non è prioritario, ma cercano di aggiornarle, ricavando ke informazioni dalla posta rispedita al mittente o per caso. Ogni tanto provano a lavorarci su, ma non è una cosa costante ». guardò Bling. « Hanno ancora come tuo indirizzo permanente quello in Arizona - c’è la tua famiglia lì, comunque, vero? ». Quando Bling annuì Tony mormorò « Ecco perché ti ho chiesto se gli altri sapessero che ti sei trasferito qui: so che non è nel file ».
   La cena proseguì con Tony, Bling e Max che si scambiavano idee e pensieri con cui Logan aveva lottato fin da quando aveva scoperto del secondo omicidio. Per la maggior parte Logan rimase seduto in silenzio, ascoltando i loro pensieri sui fatti che conoscevano, facendo qualche ricerca nascosta man mano che nuove idee venivano proposte, e aggiungendone i risultati ai suoi file.
   Sebbene fosse una cosa importante e giusta, il trovare il killer, Logan egoisticamente si concentrò sulle proprie preoccupazioni - proteggere un uomo che lo aveva letteralmente riportato alla vita, dopo che gli avevano sparato. Bling era uno degli uomini migliori che avesse mai incontrato e, indipendentemente da tutto il resto, Logan non riusciva a restare in disparte mentre qualcuno gli stava dando la caccia. Fu colpito dal pensiero di quanto stranamente appropriato fosse che in quella stanza ci fossero le tre persone, ancora vive, che significavano per lui più della sua stessa vita - e non aveva mai desiderato niente di più di quanto desiderasse in quel momento che i loro talenti e capacità combinati potessero proteggere Bling.
   Fu al momento del caffè che Logan finalmente affrontò l’argomento che sapeva sarebbe stato respinto senza pensarci due volte - ma che doveva tentare. « Senti, Bling… resta qui, stanotte. Resta per qualche notte. Finché questo lunatico non sarà preso… »
   « No, Logan, è folle… »
   « Non è vero, Bling » si unì immediatamente Max voltandosi verso di lui. « Uno di noi può restare sveglio mentre gli altri riposano… »
   « Ho sbagliato parola. Non folle: non necessario » disse Bling con decisione.
   « Un pigiama party » suggerì Tony allegramente. Logan notò che, forse perché Tony rispettava le circostanze intorno alla ragione per quella discussione, il suo tono non era stato nemmeno minimamente malizioso o allusivo. Forse, allora, solo un momento divertente per tutti loro - Tony doveva esserci abituato, dato il suo lavoro.
   Bling scosse di nuovo la testa. « Senti, Tony è qui, non hai abbastanza spazio… »
   « Ne abbiamo in abbondanza » insistette Logan.
   Dato che Bling era irremovibile quanto Logan, Max insistette « Se non resti qui, verrò io da te, a casa tua ».
   Tony alzò le sopracciglia interrogativo e si voltò per osservare la risposta di Bling. Il terapista roteò gli occhi, mormorando « Proprio quello di cui ho bisogno: che Sandra veda te e mi faccia fuori più velocemente di questo pazzo… »
   Notando improvvisamente l’espressione di Tony e realizzando quanto poco sensata dovesse essergli sembrava la sua proposta, Max spiegò, a disagio « Non dormo molto e… posso tenere le orecchie aperte mentre Bling dorme ».
   Annuendo, le sopracciglia ancora più in alto, Tony si voltò finalmente verso Logan, che lo guardò di nuovo un po’ colpevole. « Ha le sue mosse » confessò a DiNozzo.
   « Non ne dubito » mormorò Tony.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 9:10 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Dopo aver a malincuore accettato il “pigiama party”, Bling raccolse i messaggi sulla sua segreteria per poter stilare un programma delle cose da fare l’indomani e di ciò che gli serviva di riportare all’attico. Dalla sala da pranzo, Logan diede una scorsa a suo cugino, che curiosava per la cucina dopo essersi offerto di preparare ancora caffè per la serata. Tony si era guadagnato la fiducia di Bling; sembrava aver affascinato Max, e con le sue prese in giro aveva più di una volta causato in lei un insolito, teneramente femminile rossore sulle guance.
   E per se stesso? Logan era ancora meravigliato dal fatto che Tony era venuto e aveva visto lui e non la sedia a rotelle. Se la cosa lo aveva turbato, Tony non lo aveva dato a vedere.
   Anthony DiNozzo era allegro e leggero e sapeva come toccare una persona fino al cuore, per ottenere le informazioni o la fiducia o la cooperazione di cui aveva bisogno. Era un seduttore e un manipolatore, questo era certo. Ma c’era una nobiltà nelle sue motivazioni che Logan riusciva a sentire, una preoccupazione per Bling e i suoi compagni ancora vivi… una preoccupazione per quelli morti, per vendicarli. Logan si ritrovò a desiderare di avere il lusso del tempo e il killer già catturato, per poter rivolgere la sua attenzione alla conoscenza di quest’uomo, da adulto ad adulto, per ottenere un quadro più completo della meraviglia e dell’adorazione che ancora provava.
   « Sei stato un po’ silenzioso stasera » disse Max avvicinandoglisi mentre osservava Tony preparare il caffè, con un’aria notevolmente simile a Logan nei suoi sforzi culinari. « Stai bene? »
   « Vi stavo ascoltando ». Logan si riscosse. « Ho esaminato questa roba avanti e indiero per cui volevo sentire se uno di voi avesse una diversa visione sulle cose ».
   Con uno strano sguardo, lei sembrò soppesare una qualche faccenda importante. Improvvisamente parlò, con tono fintamente lamentoso. « Avresti potuto dirmi quanto vi somigliate, però ».
   « Non ci somigliamo. Non ho mai capito perché tutti quanti lo ripetessero tanto ».
   « Cosa? Stai scherzando! » Max era chiaramente cascata nella trappola DiNozzo. « Mi ha detto che nessuno ve lo aveva mai detto prima! »
   Logan ridacchiò. « Ah, quindi ora vedi il vero Tony DiNozzo in mezzo a tutti i suoi… »
   « Logan » si irrigidì improvvisamente Max, una mano sulla spalla di lui, interrompendolo; indicò con gli occhi Bling, dall’altra parte del salotto, con un’aria afflitta, mentre ascoltava in silenzio. Non era sicura da quanto ma, tornando dalla cucina, Tony aveva colto i loro sguardi e si era avvicinato. Logan scattò verso il computer per introdurre il numero del cellulare di Bling, sperando di riuscire a rintracciare la chiamata, le sue dita che volavano sulla tastiera.
   « … è… ? » pressò Tony. Bling alzò lo sguardo e poi lo distolse, facendo finta di niente.
   « Max ». Gli occhi di Logan si allontanarono dallo schermo del computer per supplicare il suo aiuto, ma Max era già pronta, si stava avvicinando all’allenatore, e ascoltava con tutta se stessa l’altro capo della conversazione.
   « … dipende da te, Bling. Sai che posso farlo. Fino ad ora non ho dovuto eliminare nessun altro, ma l’NCIS non mi fermerà e nemmeno i tuoi amici ». Ci fu uno sbuffo. « Un agente, una reginetta del ballo e un tizio sulla sedia a rotelle. Dipende solo da te se li vuoi sulla mia linea di tiro… »
   La linea cadde.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 6
*** Inganno ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Dark Angel e NCIS sono presi in prestito; nessun fine di lucro. .
   
   

Inganno


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 9:40 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Bling sedeva sul divano, gli occhi abbassati. Si sporse in avanti, gli avambracci sulle ginocchia. Attorniato dagli altri a varie distanze da lui, ascoltò domanda dopo domanda da parte di Tony e Max, rispondendo quieto a tutte a turno.
   « Ha detto nient’altro, le sue motivazioni? ». Tony era di nuovo in piedi, le braccia incrociate sul petto, e guardava l’uomo al centro dell’attenzione nella stanza, ma - senza che gli altri lo notassero - i suoi occhi continuavano a saettare verso suo cugino prima che Bling rispondesse.
   « No ». La voce di Bling ancora una volta era misurata, paziente. « Nessun’altra spiegazione oltre quello che vi ho detto. Ha detto che era il nostro “turno” ».
   Il respiro del terapista era regolare mentre era lì seduto, immobile. Le sue mani erano rilassate e ferme. Ma i suoi occhi… rimanevano abbassati verso il parimento, vagamente concentrati su una qualche scena invisibile a un metro da lui. Bling lo aveva guardato occasionalmente e per poco, notò Tony, e aveva guardato Max… ma non Logan. E sebbene Logan fosse diventato silenzioso quasi subito dopo il primo paio di domande, i suoi occhi erano rimasti incollati sul suo amico, lo sguardo intenso, come se stesse cercando di cnvincere i pensieri di Bling ad aprirsi per lui. Logan credeva ci fosse di più, Tony lo vedeva - ma non aveva intenzione di insistere, non davanti al gruppo.
   Max parlò di nuovo. « Non era Denny ». Un’affermazione offerta, ancora una volta, come un’apertura a qualcosa di più.
   « Non era Denny ».
   « Ma sembrava lui ».
   Bling annuì, i suoi occhi tradirono quanto. « Sì… proprio lui. Capisco perché Cal pensasse che fosse Denny, anche se era solo la voce - al di là di quello che può aver detto, se era quello che ha detto a me ».
   « Ma nonostante quello che sembrava, quello che a detto… sei comunque sicuro? » insistette Max. Ci erano già passati, ma era tutto quello che avevano, si disse Max. Magari, riesaminando la cosa…
   « Non era Denny » ripeté Bling, la sua calma sempre la stessa.
   « Basandoti solo su quello che hai visto quando è morto? »
   Bling alzò di nuovo gli occhi su Max. Ricordando il paradosso - i suoi pensieri erano chiaramente di nuovo funzionanti, dopo essersi spenti durante le prime domande degli altri - stavolta esitò, considerando la sua risposta. « Quello… e… » esitò, e anche Tony si accorse che stava soppesando le parole. « La scelta delle parole, il modo in cui ha parlato… anche il modo in cui ha detto quelle cose… » Bling continuò a guardare Max. « È tutto soggettivo, niente di più tangibile, ma… » Si interruppe, perso nei suoi pensieri per qualche momento, poi scosse leggermente la testa, come tra sé. « Non era Denny ».
   « Allora chi? » chiese Tony, per quella che poteva essere la ventesima volta quella sera. « E perché? »
   Bling incontrò il suo sguardo e ripeté di nuovo « Mi dispiace, Tony - non lo so. Non ho mai conosciuto nessuno che suonasse come Denny, e non ho mai conosciuto nessuno che possa aver conosciuto Denny che possa averlo imitato. E anche se fosse… non conosco nessuno che avrebbe alcuna ragione di… fingere di essere lui… o uccidere il resto della squadra ».
   Sembrava stanco, riconobbe alla fine Tony - l’uomo aveva vissuto con la morte dei suoi amici per un po’, ormai, e con la possibile minaccia contro la propria vita per almeno una settimana. Ora, questa telefonata che annunciava che lui fosse il prossimo… Le domande che si trovavano tutti ad affrontare chiaramente lo affliggevano. Tony spostò la propria valutazione da “troppo poco preoccupato” a “ben disciplinato” e, ricordando ciò che aveva imparato dal profilo di Bling, rifletté che i tanti anni che aveva trascorso nei monasteri orientali avevano probabilmente un ruolo ancora più grande nel suo atteggiamento dell’addestramento SEAL. Annuì, finalmente, accettandole parole dell’uomo. Erano esattamente dov’erano ore prima.
   « Sentite, siete tutti abbastanza stanchi - Tony, sono quasi le 2 di notte col tuo fuso orario… e voi due » disse Max voltandosi da Tony verso Bling e Logan « siete stati su questa roba da stamattina rpesto. Non accadrà nient’altro, stanotte, e forse tutti quanti abbiamo bisogno di un po’ di riposo ». Non sentì alcuna obiezione, per cui continuò per Tony « Io ho dormito fino a tardi, stamattina, e posso tenere le orecchie aperte, se serve - per cui voi andate a dormire. Se sento qualcosa, vi sveglio » sorrise timidamente verso Tony. « Io ho delle cose da fare in rete e non ho ancora un computer a casa mia. Posso prendere in prestito quello di Logan e non preoccuparmi di sottrarglielo quando lavora ».
   Bling e Logan mormorarono i loro consensi a bassa voce. Riconobbero gli sforzi di Max di evitare ulteriori sospetti da parte di Tony e li apprezzarono. Chiusi nei propri pensieri e ansiosi di avere momenti di quiete per riflettere sulle poche informazioni che avevano, erano entrambi più che consapevoli di ciò che l’altro pensava, e sollevati di lasciare Max occuparsi delle preoccupazioni di Tony.
   Ma Tony non era pronto a lasciar perdere così presto. Sentiva che quei tre sapevano più di lui, e non ne era contento. Era team leader da un bel po’ di tempo, ormai, e non gli piaceva che la sua leadership - il poter pretendere di conoscere tutti i fatti - fosse usurpato da parte di civili, che fossero suoi familiari o meno. Si accigliò, strinse le labbra pensieroso, e con un’idea improvvisa sorrise affabilmente a Max. « Che ne dici di avere un po’ di compagnia, almeno per un po’? Voglio scrivere il mio rapporto e inviarlo prima di andare a letto, ma alcuni luoghi e cose locali… se restarai comunque in piedi, magari potrei chiedere a te mentre scrivo ».
   L’esitazione di Max fu appena uno scintillio, ma fu notata sia dal poliziotto, che la stava osservando con attenzione in cerca proprio di una risposta simile, sia dall’uomo che spesso studiava ogni suo momento, ogni volta che era vicina. « Sicuro » gli sorrise, alzandosi aggraziatamente. Cercò di tenere nascosto da DiNozzo lo sguardo verso Logan con cui gli offriva la sua silenziosa sicurezza vedendo la sua preoccupazione. Quando si voltò verso il terapista, invece, lo sguardo che rivolse a Bling su aperto e sentito. « Ne arriveremo a capo, Bling, te lo prometto ». Si strinse nelle spalle, a mo’ di scusa perché ancora non ci erano riusciti.
   « Lo so, Max. Grazie » le sorrise dolcemente Bling.
   Max annuì e fece per dirigersi verso la stanza dei computer, ma tutti e tre gli uomini rimasero lì senza muoversi. Notandolo, Max fece una pausa e si voltò per vedere che i suoi sforzi per spingere le cose in una direzione non avevano avuto del tutto successo. Il silenio intorno a loro divenne via via più pesante. Nessuno di loro voleva fare la prima mossa.
   Finché Logan finalmente non parlò, per la prima volta in quasi un’ora. I suoi occhi erano scuri e a livello con quelli di Bling. « Bling ». La sua voce era regolare. Studiata. « Ti dispiace venire con me, solo un momento? »
   La testa di Tony si girò verso suo cugino, gli occhi si strinsero pensando alle implicazioni della frase. La sua indagine gli stava scivolando fuori di mano, e nelle mani di un civile - e, indipendentemente da chi fosse, Tony non aveva intenzione di accettarlo. Aveva saputo fin dall’inizio che Logan sospettava che Bling nascondesse qualcosa, e Tony voleva saperlo tanto quanto lui. « Ehi, senti, siamo tutti amici qui » tentò di tenere le cose leggere, ma niente stava dando una svolta al caso, e la telefonata aveva solo aumentato la tensione che affliggeva tutti loro. « Perché non informarci tutti? »
   Logan alzò gli occhi e vide la comprensione sul volto di Tony: l’investigatore, travestito da suo cugino, aveva fiutato l’intento di Logan. Detestando ciò che doveva fare per più ragioni di quelle che voleva prendere in considerazione, Logan si giocò la carta migliore che aveva. Con un respiro profondo, riuscì a parlare, un’amara intensità nei suoi occhi che trafissero suo cugino, risoluto. « Un sacco di cose succedono, Tony, quando ti sparano alla colonna vertebrale, a parte il nuovo mezzo di trasporto ». La sua voce calma era fredda e dura nell’attico silenzioso. « Compresa un’interessante condizione chiamata piaghe da decubito. Stare seduto allo stesso posto, senza muoverti, può ledere la pelle e le ferite possono farsi strada attraverso la pelle e il muscolo, e anche ucciderti, come punizione per stare seduto senza fare un cazzo tutta la giornata ».
   Nonostante fosse riuscito ad ottenere precisamente l’effetto voluto, Logan sentì il suo stomaco stringersi di fronte alle espressioni che ora sfilavano sul volto di Tony, espressioni che ormai gli erano familiari dagli altri ma non ancora da suo cugino: imbarazzo, disagio… forse persino un po’ di disgusto. Ricordò a se stesso che era precisamente la reazione che aveva cercato e proseguì, con incredibile calma. « Ho bisogno che Bling dia un’occhiata a una che non sembra star guarendo come dovrebbe. Potrebbe dovermi far prescrivere degli antibiotici ».
   L’attico era silenzioso, le parole di Logan riecheggiavano nell’aria. Occhi verdi fissarono occhi verdi, e senza parlare Tony cedette vedendo la vergogna e la rabbia sul viso di suo cugino, impossibili da fingere. Deglutendo, Tony fece un passo indietro, annuì in silenzio abbassando lo sguardo da quello così doloroso da vedere… e fece un lungo respiro udendo, più che vedendo, Logan far scattare i freni della sua sedia a rotelle e muoversi attraverso il corridoio verso la sua camera da letto. Alzando gli occhi lo vide la sua schiena allontanarsi, e osservò i movimenti silenziosi del terapista che si alzava per seguirlo. Voltandosi verso Max, Tony vide che anceh lei aveva abbassato lo sguardo e si era girata, trasudando tristezza, per andare nella stanza dei computer. Ora in piedi da solo nel salotto, Tony accetto la nuova frustrazione insieme alla vecchia, e finalmente si voltò per guardare la pioggia al di là delle alte finestre, sputando parole di rimprovero contro se stesso. « Maledizione ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 10:10 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale, camera padronale.

   
   Bling seguì Logan in bagno, consapevole del prezzo che la performance - e la parte che non era solo recitazione - aveva esatto dal suo datore di lavoro. « Logan… »
   Logan si voltò verso Bling, con gli occhi chiusi e una mano sollevata in un gesto di ammonimento, scuotendo la testa e troncando così a priori qualsiasi discussione su ciò che era avvenuto prima. Dopo un momento, Cale si chinò sul lavandino per aprire l’acqua, per aumentare la difficoltà per gli altri di origliare, sperando così di incoraggiare Bling a parlare. Con un certo sforzo, Logan iniziò a parlare; aveva bisogno di pronunciare quelle parole prima di riuscire a sollevare di nuovo gli occhi sul suo terapista. « Cos’è che non ci stai dicendo? »
    Gli occhi verdi erano ora diretti e inevitabili. Bling abbassò lo sguardo, incapace di sopportare il loro esame, sapendo che qualunque menzogna sarebbe stata inutile con quell’uomo. « Se fosse qualcosa da poter divulgare, l’avrei già detta, a quest’ora ».
   « Maledizione, Bling, sai che non ti lasceremo fare niente da solo - Tony ha l’NCIS qui per te, Max è stata addestrata ad affrontare cose come questa… lascia che ti aiutiamo ». Logan seppe improvvisamente che una situazione senza speranza, che l’uomo era testardo quanto lui - e sapeva che se la situazione fosse stata capovolta e fosse stato lui a pensare di star proteggendo gli altri, avrebbe fatto la mammina tanto quanto Bling ora. Rifletté e tentò di nuovo. « Non importa cosa si aspetti che tu faccia - possiamo coprirti le spalle - o possiamo chiedere aiuto a Matt… »
   « Non è questo ». Bling ancora non riusciva a guardarlo.
   « Col cavolo che non lo è! » Logan era arrabbiato, frustrato dalla sensazione di impotenza, dal non poter fare nulla per aiutare il suo amico - e terrorizzato dal successo di cui il killer aveva già goduto con le altre sue prede. « Non farlo, Bling. Non lasciare che ti attiri con l’inganno in una cosa uno contro uno. Hai noi a tuo vantaggio: usaci ».
   Gli occhi scuri di Bling si sollevarono finalmente verso quello di Logan, e ci fu un breve momento di considerazione, come se volesse cercare un modo per farlo. Ma il momento passò, e lo sguardo si Bling si addolcì per esprimere la sua gratitudine, e niente più. « Se c’è un modo, te lo farò sapere ».
   « Quattro teste a ragionarci sono meglio di una, se vogliamo trovare un modo ». La voce di Logan suonava come una supplica.
   « Sì, tu credi? » Il sorriso di Bling era dolce, ora che aveva “ammesso” il suo inganno, preso la sua decisione e l’aveva accettata. « Senti, non hai davvero una piaga da decubito, giusto? » Qauando Logan scosse immediatamente la testa, frustrato per il silenzio di Bling, il terapista annuì saggiamente. « Riposati, Logan. Ti prometto che stanotte non succederà niente ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 10:14 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale, stanza dei computer.

   
   Max aveva visto Logan rivolgere alla fine la sua frustrazione verso suo cugino e poi dirigersi verso la propria stanza, seguito in silenzio da Bling. Preoccupata per Bling e per Logan, si diresse verso la sfilza di computer e sedette di fronte alla tastiera, i suoi pensieri rivolti a cosa tutto quello significava. Non riusciva a fare a meno di chiedersi dove tutta quella situazione li avrebbe lasciati: Bling - con un po’ di fortuna e attenzione da parte loro - vivo, e anche gli altri; Tony ancora all’oscuro riguardo la vita privata di Logan… e la tana di Solo Occhi…
   … e Logan? Diede una rapida occhiata al corridoio ora vuoto in cui era scomparsa, sapendo fin troppo bene che la sua performance era stata per Tony, per tenerlo lontano e spiazzarlo, che non c’era nessuna piaga da decubito… ma sapeva anche il prezzo che aveva pagato, l’essersi affidato a un’ammissione così personale, sapendo che gli avrebbe dato la risposta che cercava e accettando l’umiliazione per Bling.
   « … Mi dispiace ».
   I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Tony che entrava nella stanza e si avvicinava a lei, e lei sollevò gli occhi per vedere quegli occhi ancora così sconvolgentemente familiari ora turbati… svelati. Fece un messo sorriso e scosse la testa, facendo segno di lasciar correre, senza parlare.
   « Immagino… che non stavo pensando; mi ha fatto quasi dimenticare quanto… complessa… possa essere una lesione del genere… »
   Ma lo osservò, chiedendosi se un investigatore così esperto avrebbe creduto così facilmente alla scena se non si fosse trattato di suo cugino, che lui conosceva solo come bambino aperto e innocente. Decise che dato l’argomento - e la violenza della verità che c’era nella vergogna che Logan aveva provato nel dirlo - probabilmente sì. Fece spallucce, e offrì un « È tutto ok. è ancora difficile per lui, ma non è così brutta, di solito ». Fece un sorriso più ampio e insistette « E poi - dovresti dirlo a lui, non a me ».
   Tony annuì, ma ci rimuginò su per un momento, non intenzionato a lasciar perdere. Alla fine chiese « Qual è della due? È ok, come è sembrato per la maggior parte della serata… o più come abbiamo appena visto? È così arrabbiato? »
   Max voleva coprire Logan, ma lo sguardo sul viso di Tony - probabilmente, comprese più tardi, perché somigliava tanto a quello di Logan - le fece desiderare di aiutarlo a capire il suo complesso cugino. Ragionò su cosa avrebbe potuto dire, e alla fine disse « Sì ad entrambe, ma… » Realizzò che, anche per una persona addestrata come lei ad essere precisa, Logan Cale era una miscela complessa - esasperante, trascinante, duro con se stesso, egoista, altruista, testardo… troppo duro con se stesso per il suo bene. « Ne ha passate tante ». Si strinse di nuovo nelle spalle, una spiegazione semplice era impossibile per l’enormità di ciò che lui era… e ciò che significava per lei iniziò finalmente a farsi strada in lei. « Ma Bling è stato lì per lui dall’inizio ».
   « … e anche tu ». Non era una vera e propria domanda.
   Una risposta onesta sarebbe stata complicata. Alla fine optò per « Abbiamo… cercato di aiutarci a vicenda ». Incerta su cosa dire, offrì « Parla con lui, Tony - magari dopo che avremo trovato il killer, ma parla con lui. Ti farà capire più di quanto possa fare io ». O più di quanto possa dirti, per ora ammise a se stessa. « Più di qualunque cosa, quello che hai sentito è la sua preoccupazione per Bling - e la sua frustrazione per il fatto che non abbiamo risposte ».
   « Troveremo questo tizio, Max » promise Tony.
   « Sì, lo so » si rilassò lievemente, sapendo che c’era ancora lavoro di fronte a loro, ma ora fiduciosa che potevano ancora essere una squadra. « Abbiamo le nostre mosse ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 10:53 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale, stanza dei computer.

   
   Max aveva lavorato al computer, seguendo, a momento alterni, pensieri casuali per cercare ispirazione riguardo il killer di SEAL e dettagli lasciatile dai suoi elusivi fratelli da aggiungere alla sua scarsa lista di informazioni su dove si trovassero al momento. Non era troppo convinta che nessuna delle due ricerche l’avrebbe portata da qualche parte, ma le dava qualcosa da fare mentre Tony era ancora in piedi, per dargli modo di pensare che fosse davvero il lavoro a tenerla sveglia.
   Aveva portato il suo portatile per scrivere il suo rapporto e prese una sedia per unirli a lei, rifiutandosi di usare il computer di Logan perché il suo aveva software di criptazione forniti dall’NCIS. Max si chiese se davvero fornisse più protezione di quanta ne vantasse il sistema di Logan, ma dopotutto non poteva propriamente farlo sapere a Tony. Questo lavorò per la maggior parte in silenzio, facendole qualche domanda occasionale per cui, sospettava lei, conosceva già la metà delle risposte. Passarono vari minuti in silenzio, finché, in modo del tutto inaspettato, il cercapersone di Max trillò. Lei trasalì un po’ al suono e lo afferrò, notando le sopracciglia di Tony sollevarsi.
   Logan.
   Combatté l’istinto di sorridere per quanto ingegnoso ad aver attirato la sua attenzione sotto il naso di Tony, ma si concesse una risatina e inventò « È Original Cindy - la mia coinquilina. Aveva un primo appuntamento stasera e beh, sai… abbiamo un codice per le “prime notti”, per essere certe che l’altra torni a casa senza problemi quando non ci siamo - il controllo delle 11 di sera col nostro numero significa che tutto va bene, nessun problema fino al prossimo controllo ».
   « Idea intelligente » sorrise Tony e tornò al suo lavoro.
   Oh, sei così ingenuo, davvero? Si chiese Max, consapevole che questa cosa della sicurezza sarebbe piaciuta all’ex-poliziotto. Pensò di aver evitato il pericolo per il momento, ma continuò a lavorare pazientemente, sapendo di dover aspettare che Tony andasse a dormire. Se Logan non avesse voluto escludere Tony da questa particolare situazione, sarebbe venuto lui stesso a parlare con entrambi. E Max dubitava che lui avrebbe comunque dormito molto…
   Non ci volle molto. Dopo un quarto d’ora, Tony annunciò che il suo rapporto era fatto e spedito. Rimase ancora una quindicina di minuti, giusto per chiedere qualche altra informazione e controllare Max. Lei lo sentiva; e sapeva che la performance di Logan aveva funzionato abbastanza su Tony da lasciarlo ancora scosso. Sospettava che l’avrebbe superata entro la mattina dopo, ma avrebbe lasciato loro quel vantaggio per il momento. Funzionò: i quindici minuti non gli furono troppo utili, e alla fine si scusò e andò nella camera degli ospiti. Cinque minuti dopo iniziò la doccia.
   Max si alzò e guardò prima in corridoio, notando che anche la stanza che fungeva da palestra era ora buia, Bling era steso lungo il pavimento sul il materasso che tenevano per una parte della terapia di Logan. Non credette per un istante che stesse dormendo, e si fermò un momento prima di proseguire. Colta da improvvisa ispirazione, tornò indietro e andò in cucina, dove prese uno dei lunghi utensili-o-quello-che-era che Logan usava per cucinare. Avvicinandosi in silenzio alla sedia dove era appesa la giacca di Bling, posizionò espertamente l’oggetto, nascosto alla vista, in modo che restasse in equilibrio finché la giacca fosse rimasta immobile. Con l’“allarme” ora settato, Max tornò da Logan per vedere se aveva saputo qualcosa di più da Bling.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 6 febbraio 2020, 11:32 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale, camera padronale.

   
   Max bussò leggermente sulla porta senza parlare, e sentì Logan rispondere a bassa voce, consapevole che lei l’avrebbe sentito. Aprendo la porta in silenzio, Max trovò Logan seduto sul letto contro la testiera, col portatile in equilibrio sulle cosce. Sbatté le palpebre verso di lei, stanco. Non sembrava che sarebbe andato a dormire presto.
   « Ehi - piuttosto furbo, chiamarmi al cercapersone ».
   Lui riuscì a rivolgerle un sorriso debole. « Ti è piaciuto? » Il sorriso scemò un poco, gli effetti della serata ancora presenti a tratti nei suoi occhi, e prese un respiro, sentendosi a disagio. « Senti, Max, quello che ho detto, prima, per convincere Bling a seguirmi… è stato fuori luogo, e… beh, mi dispiace che tu abbia dovuto sentirlo… »
   Ti stai scusando per me perché hai dovuto dire a Tony una delle realtà della tua vita ora? Logan, a me dispiace che ancora ti faccia male ammettere che non sei Superman… « Beh, non dispiacerti, ha funzionato: Tony è praticamente andato in ritirata » Aveva idea di quanto avesse lasciato scosso suo cugino? Max sperò di no.
   Se ne era consapevole, però, Logan decise di non insistere con lei, ma chiese, per cambiare discorso « Tony e Bling dormono? »
   « Nessuno dei due - Bling finge, e Tony sta uscendo ora dalla doccia ». Sedette accanto a lui sul letto, vicino così che potessero tenere le voci basse - o almeno così disse a se stessa. Osservando gli effetti della serata tremolare ancora nei suoi occhi, tentò, la voce gentile e carica della sua preoccupazione « E tu? Riesci a dormire? »
   Il sorriso di lui fu senza allegria, mesto. « Probabilmente no ». Fece una pausa e ammise « Bling non ha voluto dirmi niente ».
   « Sì, non mi sorprende. Nemmeno tu lo faresti, no? »
   Lui sbatté lievemente le palpebre, sorpreso che anche lei avesse pensato lo stesso. « Non credi che lo farei? »
   Lei alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se sarebbe riuscita a convincerlo a rilassarsi un po’, anche in quelle circostanze. « Andiamo, stai scherzando? Voi due siete entrambi caparbi e decisi a fare la cosa giusta, anche quando sapete che non potete. Penseresti che stai proteggendo tutti e andresti avanti, comunque ». Si rese improvvisamente conto che Logan avrebbe potuto pensare lei si riferisse alla primissima missione che avevano discusso, quella che era andata orribilmente male… e esitò, cercando di cambiare marcia e sentendo un’ondata di colpa, anche se era stato un riferimento non voluto. Forse anche lei era scossa da tutto quello che stava accadendo…
   Ma lui lo vide, e si rilassò almeno un poco, toccato dal fatto che per lei era importante dire la cosa “giusta” o no. « Beh, quello che importa ora è Bling » disse gettandole un’occhiata di sbieco, il sorriso vagamente, sperando che lei sapesse di non doversi preoccupare per ciò che aveva detto. « E proverà ad andarsene quando non ce ne accorgiamo, lo sai… »
   « Lo so. Non lo lascerò andare, Logan ».
   « Lo so » sorrise e lasciò che le palpebre gli si chiudessero un po’, tranquillo perché si fidava che Max sarebbe rimasta lì come un angelo custode per Bling.
   « Dormi un po’, Logan » disse lei sollevando con gentilezza il portatile da lui. « Se Bling anche solo pensa di andarsene, farò scattare un allarme talmente rumoroso che si sveglierà l’intero edificio ». Lo osservò pensare di ribattere, ma non lo fece. Con un sorriso, lei si alzò e sollevò il pesante piumone, sapendo che il suo peso gli avrebbe reso muoversi più difficile, e aspettò che lui si spostasse ancora sotto i restanti lenzuolo e coperta, aggiustandosi le gambe per aiutarsi. Una volta che fu avanzato fino a sedere più o meno a metà letto, ancora sorretto dalle proprie braccia, Max gli ripiegò il piumone in grembo, perché gli fosse facile raggiungerlo quando si fosse steso. « Sarò qui fuori, per cui se mi vuoi… chiamami al cercapersone ». Si piegò per spegnere la lampada ora fuori dalla portata di lui, il suo sorriso ancora visibile nella mente di Logan, e si alzò per lasciare la stanza.
   Uno di questi giorni sarebbe stata nella sua camera da letto senza missioni, o malattie o qualche altra scusa, e allora cosa avrebbero fatto? Logan si tolse gli occhiali e si stese per poggiarli sul tavolino, sospirando. Per ora, Bling sarebbe stato la priorità per entrambi, lo sapeva, quella situazione si sarebbe risolta… e il dilemma che era Max sarebbe rimasto. O almeno lui lo sperava ardentemente…
   Se lui l’avesse voluta, rifletté meravigliato, ripensando alle ultime parole che lei gli aveva rivolto… lei poteva immaginare… ?
   Quelle speranze erano ancora nella sua mente quando si addormentò.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 8:45 am.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale Penthouse, camera padronale.

   
   Quando Logan riuscì a svegliarsi e ad apparire nelle stanze principali del suo appartamento, scoprì di essere l’ultimo del gruppo ad essersi alzato: Max, da sola in cucina, era segno di una notte silenziosa e una mattina tranquilla, dato che era riuscita a preparare il caffè e il succo di frutta per gli ospiti in attesa della colazione dello chef. Tony, col suo orologio biologico ancora settato su un fuso orario diverso dal loro, si era alzato alle cinque ed era andato a correre, si era fatto un’altra doccia e stava ora passeggiando per il vicinato, in cerca di qualsiasi cosa potesse distrarlo dalla loro mancanza di indizi. Bling era sveglio da un paio d’ore, si era ritagliato un’ora circa per meditare e fare ginnastica e aveva appena finito di fare a sua volta la doccia. Mentre Logan si versava il caffè, apparve in cucina.
   « Sei riuscito a dormire un po’? » Bling aveva l’aria ottimista di sempre, come se niente non andasse al mondo.
   Logan annuì. « E tu? »
   « Un po’ » sorrise. « Senti, ho un paio di appuntamenti in ospedale oggi, il primo è alle dieci e mezza. Visto che sei sveglio, facciamo ora i tuoi esercizi - prima che Tony ritorni » propose.
   Logan fu immediatamente sospettoso. « Se devi andare al lavoro, lascia che Max venga con te ».
   Si era aspettato lamentele, e osservò il viso di Bling scurirsi costernato, ma passò subito. Bling scosse la testa, fece un respiro e alla fine sollevò le mani. « Certo, perché no? Fai i tuoi esercizi e Max viene con me. D’accordo? »
   Logan non fu del tutto convinto, ma si sentì un po’ meglio sapendo che Max sarebbe stata la guardia del corpo ala guardia del corpo - soprattutto visto che era apparentemente facile non considerarla un pericolo. « D’accordo. Vado, uh… a cambiarmi ». Lanciò uno sguardo a Max, I cui occhi erano carichi di rassicurazioni e andò a cambiarsi.
   « Cercherò di non essere d’impaccio » disse con un sorriso a Bling e fece spallucce. « Magari ti guardo le spalle mentre cerchi di lavorare… »
   « È tutto ok, Max. Se fa contento Logan… » disse lasciando la frase in sospeso, poi ridacchiò. « Sai, ne sai abbastanza della riabilitazione di Logan, possiamo dire che sei uno studente di Fisioterapia che sta considerando di fare un tirocinio all’ospedale ». Si avvicinò al lettino della palestra, tirando fuori le cose che sarebbero servite loro per la terapia di Logan. Dobbiamo uscire per le dieci, però, sarai pronta? »
   « Non mi serve così tanto » ghignò lei. « Perché, Sandra è una di quelle che si agghindano? »
   « Io non faccio domande - tutto quello che so è che qualunque cosa faccia funziona » disse lui sorridendo. « Senti, questo significa che avrò circa un’ora con Logan. Usciamo alle dieci ».
   « Ok » annuì allegramente lei, voltandosi per tornare in cucina a prendere una delle mele che in qualce modo Logan era riuscito a procurarsi. Vide Logan uscire dalla propria stanza, vestito per gli allenamenti, per cui attese in corridoio che si avvicinasse. « Gli sta bene che vada con lui » disse stringendosi nelle spalle, sperando che quel pensiero avrebbe rallegrato un po’ Logan. « Starà bene ».
   « È troppo facile » mormorò Logan. « Si è arreso troppo presto. Forse non accadrà nulla fino a più tardi ». sospirò e alzò lo sguardo, realizzando di aver ignorato Max in tutto ciò. « E tu - tu stai bene, senza aver dormito? »
   « A posto - ho veramente dormito qualche ora la notte prima, per cui starò bene ancora per un po’ ». Lo osservò reagire alle sue parole con un lieve sorriso d’affetto per lei. « Tu hai dormito? »
   « In effetti, un po’ sì » sorrise, pensando che aveva dormito così bene perché lei era vicina, a tenere d’occhio le cose. Il pensiero gli donava una sensazione di calore.
   « Logan? » chiamò la voce di Bling dall’altra stanza, interrompendoli. « Credevo fossimo d’accordo ».
   La piega del sorriso di Logan lo fece apparire quasi un ragazzino sfrontato. I suoi occhi non lasciarono mai Max mentre rispondeva « Oh, mamma… » Abbassò la voce ancora una volta. « Max, grazie per essere rimasta per tutto questo ».
   « Lo prenderemo, Logan, e Bling starà bene. Te lo prometto ».
   « Lo so. Grazie » disse spingendosi finalmente nella stanza della terapia e Max, ancora sorridente e sicura delle loro possibilità, andò in cerca della sua mela.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 9:20 am.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale. Palestra.

   
   « Ok, che ne dici di un po’ di pesi? Hai detto di voler provare ad aumentare la forza delle spalle per il basket. Se prendi questi… »
   Avevano iniziato la sessione del giorni da una quindicina di minuti, e avevano completato alcuni esecrizi di riscaldamento per l’allenamento della parte superiore del suo corpo. Tony era tornato e spostò la testa nella stanza per salutare, ma la vista di Bling che lavorava sugli arti immobili di Logan era ancora troppo nuova per lui perché i due cugini riuscissero ad accettare la cosa con naturalezza, per cui Tony proseguì per la stanza degli ospiti senza aspettare troppo per occuparsi delle sue cose.
   Bling aspettò che Logan si alzasse a sedere, poi sollevò i pesi. « Fai gli esercizi così » disse facendo una dimostrazione, e Logan lo seguì. « Vedi come lavorano i deltoidi, qui… Esatto. Ora - fanne un set di dieci davanti, come al solito, poi dieci di questi nuovi, e di nuovo davanti dieci. Lato destro, poi sinistro; di nuovo a destra tutto il set e sinistra di nuovo. Poi vediamo come ti senti - se vuoi ripetere con lo stesso peso o aumentare di qualche chilo ».
   « Ok » annuì Logan, effettivamente contento di potersi concentrare sul lavoro fisico per dimenticare gli omicidi per un po’. Osservò il peso che aveva in mano mentre iniziava la serie lentamente e senza problemi, muovendosi metodicamente come Bling gli aveva mostrato tanto tempo prima.
   « Sembra buono » lo incoraggiò Bling, voltandosi per prendere un asciugamano. La mensola era vuota, e lui borbottò « Ho lasciato di nuovo i panni nell’asciugatrice. Torno subito ».
   « ‘k ». Logan proseguì la routine coi pesi, godendosi la sensazione che gli lasciava nelle braccia e nelle spalle. Passò all’altro lato, cercando di ricordare quale secondo Bling fosse meglio per migliorare la sua forza, più sollevamenti con pesi più leggeri o di meno con più pesanti. Lasciò andare la mente, sentendo la potenza aumentare nelle braccia, e sentì la doccia nel bagno padronale scorrere - Max si stava godendo l’acqua calda che poteva avere lì. Quando terminò il set come ordinato, rifletté che la chiave fosse farne di più con pesi maggiori, e fece una mezza risatina posando il manubrio sul lettino. « Ok, Bling » disse…
   E in quel momento realizzò.
   « Bling? » Era inutile, lo sapeva, ma non poté farne a meno. « Bling! » La sua sedia era lontana da lui come sempre durante l’allenamento, niente di insolito che potesse fargli sospettare nulla stavolta. « Maledizione! » gridò, afferrando la bottiglia d’acqua accanto a sé e scagliandola con rabbia, desiderando invece lanciare i pesi, tutti, incredulo per la propria ingenuità. Come aveva potuto essere così stupido?
   Bling se n’era andato, e Logan non aveva modo di sapere cosa avesse in mente.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Su, su, non siate timidi, commentate! Lo so che qualcuno ancora conosce e ama questo telefilm, fatevi sentire, fate sentire tutto il vostro amore per Max e Logan! Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   
   

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Capitolo 7
*** Conto alla rovescia ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Questa è solo una fic, per divertimento; non ci guadagno soldi. Dark Angel e NCIS sono solo presi in prestito per un po’.
   
   

Conto alla rovescia


   
   SEATTLE,WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 9:43 am.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Dal salotto, dove si trovava col suo portatile, Tony sentì Logan chiamare la prima volta e appena se ne accorse mentre rileggeva i rapporti ricevuti la notte precedente. Il tono era abbastanza tranquillo perché il dubbio fosse lento a presentarsi. Ma prima di sentire Logan chiamare il nome di Bling per la seconda volta, provò un senso di freddo timore di essere stato raggirato - e quando sentì suo cugino chiamare ancora una volta, seppe che entrambi erano stati ingannati.
   Fu in piedi e in palestra prima che Logan ebbe terminato la prola, e fece un saltello per evitare la bottiglia d’acqua fatta missile che rimbalzava contro la cornice della porta.
   « Maledizione! »
   « Se n’è andato? » chiese Tony sapendo la risposta, voltandosi verso il corridoio per controllarele stanze vuote, come se dovesse esserci qualche segno. « Cosa ti ha detto ieri sera? »
   « Niente! Nemmeno una dannata cosa! » rispose Logan con una smorfia, arrabbiato con Bling… più arrabbiato con se stesso. « C’è di più, e non lo ha negato - ma non ha detto niente ». Tony vide che suo cugino rimproverava se stesso per l’accaduto, e capì immediatamente che Logan stava dicendo la verità: non aveva scoperto nulla in più di Tony stesso la sera prima.
   « Chi sta proteggendo? » domandò Tony. Era irritato anche lui per la decisione di Bling di sparire.
   La singola sillaba era carica di tutta la rabbia che Logan provava per la loro impotenza mentre lanciava un’occhiataccia all’agente: « Noi ». Alla domanda silenziosa che ebbe in risposta, Logan sbuffò « Se n’è andato perché noi non fossimo in pericolo ». Mentre saliva la rabbia, subentrò un pensiero più immediato, e Logan si rese conto che era primario agire in fretta. « Dobbiamo trovarlo - fermare qualunque cosa sia. Non c’è molto tempo… »
   « Perché? » ribattè subito Tony. « Come lo sai? » Per essere uno che diceva di non sapere nulla, Logan appariva molto sicuro.
   « Avrebbe aspettato fino all’ultimo momento, se voleva cercare di evitare di coinvolgerci… » Logan lanciò uno sguardo alla propria sedia, i tre metri di distanza lunghi quando un campo da calcio, e odiava l’idea di dover chiedere a Tony di avvicinargliela - si era troppo abituato al fatto che le persone che gli stavano intorno anticipassero i suoi bisogni… e al darlo per scontato. « Devo fare qualche chiamata; magari possiamo… »
   « Che succede? » Max apparve sulla soglia, asciugatasi a malapena prima di vestirsi; aveva sentito fin dalla doccia la rabbia di Logan e la bottiglia lanciata. Con un rapido sguardo ad entrambi - e vedendo la sedia di Logan fuori portata - avanzò immediatamente per sbloccare i freni che aveva messo Bling e spinse la sedia nella solita posizione perché Logan vi si trasferisse.
   Il sollievo gli distese per un momento il viso. « Grazie, Max » mormorò, e la gratitudine nella sua voce lo fece suonare, alle sue stesse orecchie, debole e dipendente - ed era difficile capire se fosse per la sedia o la sparizione di Bling.
   Max aveva sentito i due uomini parlare e sapeva che Bling se n’era andato. Aveva anche sentito dal tono di Logan che si sentiva in colpa come se lo avesse buttato lui stesso fuori dalla porta. Impegnato a trasferirsi e a biasimare se stesso, lui non vide l’espressione sul viso di Tony, ma Max sì - l’imbarazzato senso di colpa per aver mancato l’ovvio. Max gli rivolse un’occhiata comprensiva: per Tony era già stato abbstanza difficile la sera prima affrontare le nuove realtà della vita di suo cugino, e oggi non sarebbe andata meglio. Con Bling sparito, Logan sarebbe stato concentrato finché non fosse stato di nuovo con loro, al sicuro e rimproverato per bene; ma Tony avrebbe dovuto accettarlo senza protestare. E anche Logan. Dovevano pensare a Bling, per ora.
   Si voltò verso Logan. Di sicuro aveva un piano.
   Lui era chiaramente pieno della nuova ondata di rabbia che provava verso il killer, verso Bling che lo aveva escluso… verso la sua incapacità di saperne di più. Dopo un trasferimento un po’ approssimativo, si spinse con foga lungo il corridoio e iniziò a lavorare al computer, Max e Tony che lo seguivano in silenzio. Da sopra spalla di Logan, Tony guardò le sue dita volare sulla tastiera aprendo e chiudendo schermate troppo in fretta per poterne cogliere il contenuto, aggiungendo righe qua e là - o forse solo richiamando altre finestre; Tony non riuscì a vederle tutte. Suo cugino era chiaramente di fretta e focalizzato su qualcosa.
   « Max » chiese Logan, la voce intensa ma controllata, bassa. Non interruppe nemmeno un momento il ritmo. « Potresti andare di sotto a controllare se la macchina di Bling è sparita, per favore? » Lei annuì senza parlare e andò via in fretta.
   Tony si passò la lingua sulle labbra, ancora a disagio. « Senti, ho ricevuto un rapporto ieri sera di cui non avevo ancora avuto modo di parlarti - hanno finalmente completato le analisi balistiche a Houston e le hanno inviate all’agente in carica all’FBI a Chicago - McGee ha detto che c’è una corrispondenza. Stessa arma, Indianapolis e Houston… »
   « Maledizione » soffiò Logan, continuando a mantenere la concentrazione sul suo lavoro. « Beh » riuscì a dire dopo un momento, « non è che ci aspettassimo qualcosa di diverso… »
   Tony spostò il suo peso da un piede all’altro, scosso dalla sua impossibilità di offrire assistenza. È il mio lavoro, comunque, si corresse, non sono io l’assistente, qui - no? Sono qui per risolvere il caso, non per guardare Logan giocare a fare James Bond. Erano passati anni dall’ultima volta in cui non era stato lui a condurre le indagini, e la cosa lo metteva a disagio; il fatto che fosse suo cugino scrittore a tenere le redini lo lasciava decisamente interdetto. Più di una volta aprì la bocca per parlare, o per prendere il comando, ma scoprì di non potere: non aveva nessuna pista, nessun indizio da seguire… e Logan sembrava animato da uno scopo. Per cui Tony cercò di aspettare… ma non gli piaceva farlo quando qualcuno in squadra aveva risposte che lui ignorava.
   « Che intendi per “fino all’ultimo momento”? » chiese Tony da sopra la spalla di Logan, osservandolo spostare schermate, riprendendo la conversazione di poco prima. « Cosa pensava che avresti fatto? »
   Il breve sguardo che ricevette in risposta era circospetto, notò, anche se durò solo un momento; Logan stava pensando… e decidendo cosa dire… « Fermarlo » rispose concisamente, tornando a guardare il computer. « Perché Bling sa che in poco tempo possiamo trovare qualcuno che ci aiuti a trovarlo e impedirgli di fare qualcosa di stupido. Più tempo ci concede per trovarlo… »
   « Dove inizieresti? Seattle è grande… »
   « Sì? Beh, possiamo far circolare la voce… renderla più piccola » Quando vide lo sguardo interrogativo che Tony gli rivolse, aggiunse « Ho dei contatti ».
   I due uomini sentirono la porta aprirsi e chiudersi e alzarono lo sguardo per vedere Max tornare scuotendo la testa. « La macchina è spatita » confermò. « Ho visto dov’era, ieri sera; il posto è vuoto ».
   Di nuovo, notizie che entrambi si aspettavano… ma nonostante ciò non erano quelle che volevano sentire. In silenzio, Logan spese qualche altro momento al computer prima di prendere il telefono e premere due bottoni per la chiamata rapida. Dall’altra parte risposero in fretta. « Matt, sono Logan. Senti… ho bisogno di un favore, uno grande » Fece una breve pausa. « Ho bisogno che emani un mandato d’arresto per Bling… sì, hai sentito bene. Bling » I suoi occhi trovarono prima quelli di Tony, poi di Max, carichi del senso di colpa per ciò che stava facendo; ma non vide accusa in nessuno dei due - solo sorpresa da parte di Tony… e persino approvazione da Max. Proseguì « C’è un serial killer là fuori, sta uccidendo i membri della vecchia unità SEAL di Bling, di quando era in Marina… ne ha già uccisi due - e ora ha contattato Bling ».
   Le mani di Logan non avevano smesso di muoversi sulla tastiera mentre parlava. Tony lo osservò scaricare, dopo aver premuto pochi tasti, una foto di Bling dal dipartimento della Marina, fare qualche veloce ritocco per digitalizzare l’immagine e creare un falso manifesto da ricercato della polizia settoriale - piuttosto convincente - con il nome di Bling, le sue informazioni e l’immagine generata. Poi allegò il file ad una e-mail indirizzata a “Matt”, presumibilmente quello dall’altra parte dell’apparecchio, e inviò.
   « Bling non vuole coinvolgerci; se n’è andato per incontrare questo tizio da qualche parte, e accadrà presto, ne sono certo… se potete tenerlo lontano dalle strade, possiamo risolvere la cosa più tardi… » Logan fece una pausa, in ascolto, e poi disse « Ti ho mandato un manifesto con la sua foto e altre informazioni ». Si fermò per la prima volta da quando aveva lasciato la stanza della fisioterapia, la gratitudine chiara nella sua voce. « Matt, ti sto chiedendo molto, lo so… non lo farei se non fossi così sicuro che sia necessario… » Ascoltò per un momento, mormorò un saluto e riagganciò, voltandosi per incrociare lo sguardo di Max e lanciarle il cellulare. « Max - puoi far sapere a tutti alla Jam Pony di tenere gli occhi aperti per la macchina di Bling? Di’ loro che la polizia coprirà le solite zone ». Logan guardò Max annuire e rivolgere la sua attenzione al telefono, digitando in fretta, e alla fine alzò lo sguardo su suo cugino.
   La sua frustrazione ricordò a Tony la propria inutilità fino a quel momento, e l’uomo sentì il bisogno di offrire qualcosa… « Posso controllare all’ospedale; se questo tizio ha organizzato un incontro con Bling, potrebbe aver scelto un luogo in cui sapeva che Bling non sarebbe sembrato fuori posto… o magari qualcuno lì ha visto un uomo aggirarsi da quelle parti negli scorsi giorni… »
   Tony sapeva che era poco, e suonava anche peggio…
   « Possiamo farlo per telefono. Conosco un paio di persone che possiamo chiamare anche lì ». distogliendo lo sguardo, gli occhi velati, Logan si spinse verso la propria camera, annunciando da sopra la spalla « Dammi dieci minuti e possiamo andare… ci sono altri posti che possiamo controllare ». Fece appena una pausa. « Max… vai, appena sei pronta - prendi il telefono; la chiamata rapida per il mio cellulare è “asterisco uno” ».
   Mentre Max annuiva senza parlare, aspettando che la sua chiamata alla Jam Pony fosse accettata, Logan tornò a voltarsi verso il corridoio, muovendosi in fretta. « Che posti? » chiese Tony a suo cugino aggrottando le sopracciglia. « Se non abbiamo una qualche idea di dove potrebbe essere… »
   « Se riceviamo una chiamata riguardo dove sia la sua macchina, potremo muoverci » rispose la voce di Logan mentre spariva nella sua camera.
   « Logan… » protestò Tony; non voleva dirlo, e comunque sapeva che Logan era fuori portata d’orecchie. Non era affatto a suo agio con l’idea di un civile - due - nella faccenda… soprattutto non un civile che era parte della sua famiglia… soprattutto non un civile che era inerme senza la sua sedia a rotelle…
   « Cindy - sono io ». Tony si voltò quando sentì Max parlare al cellulare che le aveva dato Logan, chiedendo brevemente di “Original Cindy” e parlando con voce rapida e bassa quando sentì la risposta. « Senti - ho bisogno che tu faccia uscire tutti quelli che puoi per cercare la macchina di Bling ». Fece appena una pausa mentre mitragliava rapidamente istruzioni; chiaramente, la persona dall’altra parte del ricevitore non contestò nemmeno una parola di ciò che stava sentendo. « Dobbiamo trovarlo. La nostra migliore possibilità è se riuscite a far sapere a Logan o me dov’è. Pronta per i numeri? » Recitò entrambi i numeri di cellulare e, al cenno di Tony, alzò lo sguardo per vedere che aveva cacciato anche lui il suo, il numero sul display. « Oh - un altro, se puoi. C’è anche il cugino di Logan, Tony ». Lesse il numero e dopo una pausa fece un sorriso cupo. « Sì. Assolutamente. Appena avremo ritrovato Bling, ti presenteremo formalmente Tony ». alzò lo sguardo verso DiNozzo con un sorriso stanco, l’accaduto stava logorando anche lei. « E… Cindy, ascolta - Logan ha chiamato Matt, e i suoi uomini e i poliziotti di settore cercheranno a loro volta - per cui dovete coprire le alternative ». Prese un respiro e proseguì « Ha un’auto modificata blu scuro, l’hai vista - probabilmente una Lexis o Nissan, in origine, riverniciata, tettuccio decappottabile. In buone condizioni, più pulita di quella di Logan, ha delle sottili linee metallizzate lungo il telaio ». Per la prima volta fece una pausa come se le fosse stata fatta una domanda, e la sua risposta non vacillò. « Qualcuno vuole ucciderlo - e lui sta evitando noi perché crede di proteggerci ». Solo a questo punto, esitò. « È brutta, Cindy - così brutta che Logan ha chiesto a Matt di emanare un mandato anche ai poliziotti settoriali. Hanno ordine di prenderlo subito in custodia se lo vedono. Matt e Logan risolveranno poi i dettagli ».
   Max richiuse il telefono con uno scatto e attraverso la sala da pranzo per riprendere la propria giacca e indossarla. « Di’ a Logan che chiamerò se troverò qualcosa - vado prima giù al porto, poi su per l’ospedale. Se non vi sento tra mezz’ora vi chiamo e vedo che avete scoperto ». Esitò solo un momento. « Bling vale tutto questo, Tony… »
   Lui annuì. « Lo vedo ».
   Lei guardò l’agente speciale ma non disse nient’altro prima di voltarsi sui tacchi e scivolare fuori dalla porta. Tony sospirò, disorientato. Non era la sua squadra, la sua città - ma sapeva che non gli piaceva l’idea di Logan lì fuori a dare la caccia a un serial killer. Con almeno due omicidi alle spalle, a quel tizio difficilmente sarebbe importato quanti altri avrebbe ammazzato… e nonostante il suo orgoglio, Logan semplicemente non era in condizione di schivare un proiettile troppo in fretta.
   Logan uscì velocemente dalla sua camera, ancora coi pantaloni della tuta e la maglietta che indossava prima, e tornò alla stanza dei computer, dove prese il suo portatile e lo chiuse, ficcandolo in uno zaino di nylon che giaceva in mezzo a tutta l’attrezzatura. Rallentò appena per appendere lo zaino allo schienale della sua sedia e aprì un cassetto per tirarne fuori quella che sembrava una pistola di tutto rispetto. Mentre prendeva una scatola di cartucce e caricava due clip in modo rapido ed efficiente, Tony fece una smorfia e si decise finalmente a muoversi per tornare nella stanza degli ospiti alla propria borsa, prelevare la propria fondina da spalla, la pistola e quello che sperava fosse un numero sufficiente di minuzioni per la propria arma. Dopo averne controllata due volte la sicura, tornò nella stanza dei computer indossando la fondina. Stringendosi le cinghie sul petto, mise a posto la pistola e si avvicinò alle spalle di suo cugino per raccogliere i propri pensieri, ossernando Logan controllare la sicura; e parlò.
   « Logan - resta qui. Puoi essere più d’aiuto qui con tutti i computer e i telefoni… »
   « Li ho con me ». Logan non alzò lo sguardo, le sue parole erano brusche e decise. Sapeva dove andava a parare.
   « Senti, cugino, questo tizio non farà domande, e non gli importerà a chi sta sparando. Io lo faccio per lavoro… » Tony lo guardava e vide che la testardaggine di Logan era dura a morire… e non avrebbe sentito ragioni. « Logan, vuoi fermarti? » Il senso di colpa non era abbastanza forte rispetto alla preoccupazione per il cuginetto che aveva sempre protetto. « Posso trovare Bling più in fretta se sono solo io… »
   Gli occhi verdi incontrarono occhi verdi e, anche se ci volle un momento, la voce di Logan era forte, sicura - e non avrebbe ascoltato obiezioni. « Scordatelo. Potranno volermici un paio di minuti in più di te per entrare in una maledetta macchina - ma una volta che sarà dentro, ti farò risparmiare più tempo di quello che avrai perso, con la mia conoscenza della città e della gente là fuori ». Si voltò senza attendere oltre e diede alle ruote una spinta forte, dirigendosi verso la porta. « Vieni » ordinò. « Possiamo discutere in ascensore - così perdiamo solo tempo ».
   E ancora una volta, come aveva scoperto nelle ultime dodici ore, Tony si ritrovò a seguire in silenzio il comando del suo cugino occhialuto e “dilettante”, riflettendo sul fatto che non aveva ricevuto ordini così, né aveva ubbidito così prontamente, da quando lo faceva con Gibbs. Qualunque cosa fosse, il suo cuginetto non era solo un giornalista. Tony si chiese se entro la fine della giornata avrebbe saputo di più su chi fosse realmente Logan Cale.
   Mentre la porta si chiudeva dietro di loro e l’ascensore portava Tony e Logan di sotto verso la Atek, il silenzio scese finalmente sull’attico… almeno per una decina di minuti circa. Ma dopo quei dieci minuti, quando fu chiaro che i due cugini non sarebbero tornati a prendere qualcosa che potevano aver dimenticato e Max non sarebbe riapparsa, si aprì silenziosamente la porta del ripostiglio all’ingresso… e una figura alta scivolò silenziosamente nel corridoio e fuori la porta. Facendo scattare il flip del cellulare per inserire il numero della chiamata rapida, Bling spinse con la mano il bottone dell’ascensore e si salì mentre dall’altra parte veniva alzato il ricevitore.
   « Ciao, Sandra, sono io… Sì, tutto a porto. Puoi passare e riportare l’auto, ora? » Spostò la sua pistola nella findona, costringendosi a respirare il modo naturale e a rimanere calmo. « E puoi tornare al lavoro; non c’è bisogno che mi aspetti o lasci ancora qui la tua macchina ». Le porte dell’ascensore si aprirono e i suoi occhi esaminarono il garage, alla ricerca di qualcuno - quello che voleva ucciderlo, i tre che volevano salvarlo, la polizia… anche qualche passante. Ancora all’erta, ascoltà la donna dall’altra parte del telefono. « Sì, lo so ». Non vedendo nessuno, scivolò nell’ombra in attesa. Sai che non lo farei se non fosse importante… Te lo spiego presto, promesso ». La sua voce si ridusse ad un basso sussurro. « Grazie. Aspetto ».
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Nella versione originale di questa fanfiction - così come nella serie tv - ogni personaggio ha un modo di parlare distintivo; mentre Logan tende a usare un inglese più pulito, anche se non eccessivamente “leccato”, Max e i suoi amici parlano molto più slang, soprattutto Original Cindy; ho cercato un modo per rendere la stessa cosa in italiano, ma in tutta sincerità non so se ci sono riuscita… a volte quando faccio parlare Max senza troppi congiuntivi mi sembra solo grammaticalmente scorretto XD
   Aspetto i vostri commenti :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 8
*** Divide et impera ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Dark Angel e NCIS sono presi in prestito; nessun guadagno finanziario è stato realizzato dall’utilizzarli qui.
   
   

Divide et impera


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 9:51 am.
   
   Jam Pony.

   
   Normal alzò lo sguardo dal pacco che aveva in mano e vide un gruppetto dei suoi dipendenti fare capannello - chiaramente non avevano buone intenzioni - intorno a Original Cindy, la solita istigatrice. Era troppo intelligente per essere una fattorina, sospirò Normal ancora una volta, proprio come la sua amichetta - no, la sua partner di malefatte - Max. Ancora una volta rimpianse di avere dipendendi troppo intelligenti perché, quando avevano più di due minuti liberi, architettavano qualcosa o si immischiavano in qualche intrigo che li faceva allontanare lasciandolo a corto di personale. Sembrava proprio una di quelle situazioni…
   Il capannello di sciolse e Cindy si avvicinò con decisione alla sua finestra per attaccare un biglietto scritto a mano.
   « Ehi, ehi, ehi, signorina; cosa credi di star facendo? » si lamentò il poveretto staccando con la stessa velocità il biglietto. « Niente richieste, avvisi personali, “si cercano coinquilini”… » Diede uno sguardo al biglietto, che aveva la descrizione di un’auto, un numero di telefono - e il nome di Max. Alzò gli occhi al cielo. « Avrei dovuto saperlo… » mormorò.
   «Normal, è un bambino disperso ». Cindy lo guardò dritto negli occhi. « Uno dei vicini di Max - credono sia stato rapito. Max è fuori ad aiutarli a cercare e vuole che teniamo gli occhi aperti per la macchina ».
   « Beh, perché non l’ho visto al notiziario? » si lagnò Normal, allentando però, mentre iniziava a credere che fosse possibile. « Hanno chiamato la polizia? »
   « Sì, ma quelli là non faranno niente perché il rapitore è il paparino del bimbo - l’ex della mamma ». Cindy stava prendendo la sua bici, e senza indugio, prese il pacchetto dalla mano di Normal. « È un drogato che ha le stesse probabilità di vendersi il bambino che di prendersi cura di lui. Andiamo, Normal, rimetti l’avviso. Vogliono solo sapre dov’è andato prima che succeda qualcosa ».
   Normal aggrottò le sopracciglia, esitante, vedendo l’attesa negli occhi di alcuni dei suoi fattorini, compresi quelli scuri e pragmatici di Cindy e quelli di vari membri del primo gruppetto, ora diviso in vari angoli a fare capannello con chi si era perso il primo round. Come increspature in uno stagno, borbottò tra sé, ancora belle notizie… « Oh, che diavolo » sospirò riattaccando l’avviso. « Basta che vi date una mossa e tornare in fretta, o farete tutti gli straordinari senza paga! » La sua voce alta li seguì mentre sparivano fuori la porta. Sospirò. Non troppo tempo fa, quest’impresa era stata popolata di idioti, ma era generalmente tranquilla. Si ritrovò a ripiangere quei giorni…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:23 am.
   
   Old Downtown, tra l’Ottava e la Pike.

   
   Aveva ragione, concesse Tony, è la sua città… e anche se sembra stia seguendo schemi casuali attraverso la città, si vede che guida con uno scopo - da una chiara destinazione alla successiva… alla ricerca di qualcosa…
   Tony osservò l’area che una volta era stata un centro per le convention, ora più simile a una tendopoli e attraversata di bande di senzatetto, alla ricerca di un lavoro o un passaggio via da lì. Un luogo dove un fuggitivo si sarebbe confuso, pensò. « Stai cercando posti che Bling avrebbe potuto suggerire per incontrare questo tizio? »
   Logan reagì appena alla corretta deduzione di Tony, annuì. « E… luoghi in cui uno sconosciuto si potrebbe nascondere in piena vista… » indicò con la testa un gruppo di rifugi improvvisati. « E… luoghi in cui Bling potrebbe nascondere la sua macchina, se volesse, prima di proseguire ». Rimase in silenzio per un momento, poi fece una smorfia e ammise « Tutti questi posti in cui siamo stati, sa che sono i primi che avrei controllato - ma dato il poco tempo che ha avuto per pianificare… credo che si limiterà ai più affidabili e non correrà rischi con aree inesplorate ».
   « Inesplorate? » Tony si era ripromesso di limitarsi a archiviare le proprie domande per dopo e concentrarsi su dove si trovasse Bling, ma suo cugino stava rendendo le cose sempre più difficili. « Voi giocate spesso a guardie e ladri per Seattle, eh? »
   « Tu e i tuoi amici della Marina non potete essere ovunque, Tony ». La concisa risposta di Logan era carica di ben più della sua preoccupaione per Bling, indipendentemente da quando questa fosse seria e immediata. Tony guardò quel suo cugino dai tratti così simili ai suoi, nonostante la distanza o gli anni tra loro. Gli amici di Logan lo hanno chiaramente notato, rifletté, come tutti gli altri, anche quando Logan era bambino: la somiglianza così forte anche tra cug…
   Tony sbatté le palpebre, stordito per un momento dall’ovvietà, e cercò il proprio palmare con una mano mentre allungava l’altra verso la borsa di Logan. « So chi è » mormorò, ora anche lui animato da un proposito. « Maledizione, so chi è, e posso fornire a Matt una foto… » La sua voce crebbe con la certezza.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:26 am.
   
   Lungomare.

   
   Max guidò lentamente accanto alle vetrine e ai ristoranti, tenendo gli occhi aperti per qualunque cosa che potesse essere legato al killer di SEAL, ma consapevole del fatto che c’erano ben poche possibilità di trovarlo così per caso. Una missione richiedeva pianificazione e informazioni, non pura fortuna - ma mentre Logan era in giro per la città sperando in un simile colpo di fortuna, lei era venuta qui più per rinfrescarsi le idee che altro.
   Tony e Logan potevano essere grandi in quello che facevano, ma lei aveva un vantaggio che doveva sfruttare - di loro quattro, solo lei e Bling avevano attraversato il rigoroso addestramento militare offerto dal governo ai suoi migliori guerrieri - forse molto diverso per motivi e luoghi, ma comunque dipendente dal governo federale, e più o meno nella stessa epoca. Max sapeva che, rispetto a Tony o Logan, lei avrebbe avuto una migliore idea di come Bling avrebbe affrontato questo incontro - e sapeva senza alcun dubbio che era di questo che si trattava: Bling poteva aver finito l’addestramento da anni, ma dopotutto era lo stesso anche per lei, e quando ce n’era bisogno era su di esso che contava - ne era sicura, lo avrebbe fatto anche lui. Stava a lei capire cos avrebbe fatto Bling.
   Max rifletté sul lavoro che Bling aveva svolto per Solo Occhi, sul modo in cui lui e Logan dipendevano sul sostegno e sui punti di forza dell’altro, un po’ come lei e Logan… come ognuno si era ritrovato, prima o dopo, ad aver usato l’altro come porto sicuro mentre l’altro non se ne accrgeva, aveva usato le informazioni o l’aiuto dell’altro a distanza senza coinvolgerlo nel pericolo…
   Bling avrebbe scelto di farlo da solo, il che significava che non aveva nessuno a cui rivolgersi. Ma se avesse cercato aiuto da qualcuno - un’altra auto, magari, o un luogo sicuro per organizzarsi - la eprsona che avesse potuto fornire a Bling ciò di cui aveva bisogno avrebbe condotto Max da Bling. E se non si trattava di lei stessa o Logan, allora chi? Bling lavorava in ospedale grande, un bersaglio facile con troppe persone in un’area troppo ristretta per rischiare, con gente troppo malata o inferma per proteggere se stessa. Anche se si fosse rivolto ad un collega, sarebbe stato lontano dall’ospedale, lontano da vittime innocenti. E gli altri? La sua agenda di lavoro era affollata, ormai, aveva a stento del tempo libero…
   … e a quel pensiero si fermò, riflettendo. Per eseguire i suoi piani, avrebbe avuto tanto bisogno di aiuto da chiamare Sandra? Mentre Max ragionava su quel pensiero, il telefono di Logan le squillò in tasca.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:26 am.
   
   Old Downtown, tra l’Ottava e la Pike.

   
   « Chi? » Logan aveva immediatamente rallentato, accostando lungo il marciappiede alla prima occasione, in attesa di qualsiasi direzione gli avesse fornito Tony, e rivolgendo costantemente lo sguardo verso l’agente mentre effettuava la manovra. « Tony… »
   « Il figlio di Denny. La copia sputata del padre ». Tony stava ricontrollando le informazioni sul suo palmare e digitando un numero per la chiamata rapida mentre parlava. « Allievo ad Annapolis, è uscito per… Ehi, Nguyen, sono io ». Tony rivolse la sua attenzione al telefono mentre prendeva il portatile di Logan e lo apriva per accenderlo. « Senti, ho bisogno che mi mandi un file adesso, la prima priorità è una foto e poi tutto ciò che trovi su un cadetto di Annapolis, Gregory Parks… » Lanciò uno sguardo verso Logan. « Mandamelo qui, ok? » Gli occhi di Logan incontrarono i suoi per un momento, poi caddero sulla tastiera per seguire i movimenti familiari. « Maledizione, Logan, perché non me ne sono accorto? Tutti quegli anni in cui ci siamo sentiti ripetere quando ci somigliamo… e chiunque chiamasse casa pensava che fossi mio padre: appena ho iniziato a cambiare voce, dicevano tutti che avevo la sua stessa voce! »
   Logan aprì il browser sicuro e si appoggiò allo schienale, riflettendo. « Anche a me, in quegli ultimi anni ». Rimuginò su quel pensiero per un momento, realizzando che poteva essere la spiegazione per cui le vittime avevano sentito “Denny”. Mentre Tony richiamava un sito, Logan pose la domanda successiva. « Ma perché? » insistette.
   Tony subito introdusse la sua ID e password quasi alla stessa velocità di suo cugino, e osservò il suo accesso al sito NCIS aprirsi. « Cavolo, chi lo sa… Possiamo lasciare che sia l’unità psichiatrica a cercare di capirlo poi… Ehi, Nguyen, sono online » disse « Qualunque cosa tu trovi, mandamelo e… »
   « È criptato » disse a bassa voce Logan. Vide gli occhi di Tony guizzare, ma qualsiasi commento stesse per fare su interrotto da qualcosa che gli aveva detto l’agente. « Beh, allora cerca un’alternativa, pivello! Cerca i registri attuali di immatricolazione, i moduli di iscrizione se devi… Il padre del ragazzo era Denny Parks… prova anche, non lo so, “Dennis”. Sua madre è Gayle Parks, cognome da nubile Salizar… »
   « Prova Gregory come secondo nome » suggerì Logan con voce controllata.
   « Sì, Nguyen, cerca Gregory anche come secondo nome… » Tony lanciò uno sguardo verso suo cugino, infastidito dal fatto che ci fosse arrivato prima. « E vuoi farmi credere che anche questo è quello che fa un giornalista d’inchiesta? »
   Logan quasi sorrise alla frecciatina, nonostante il senso di urgenza che provavano entrambi. « Stai scherzando? Credi che sia così facile confermare le identità degli informatori e dei pentiti? »
   Era apparentemente così controllato, pensò DiNozzo, anche se Bling gli era vicino… che Tony improvvisamente ripensò a Gibbs, concentrato e determinato. Il paragone lo colpì - era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato, prima di intraprendere questo viaggio. « Logan, perché sei… » ma prima che poté finire la sua attenzione fu richiamata dal suo agente che gli parlava all’orecchio. « Sì, cosa? “Dennis Gregory Parks”? » Tony lanciò uno sguardo verso suo cugino con un sorriso trionfante. « Fantastico! Mandami una foto, Nguyen, e qualsiasi file che riesci… »
   Logan rpese il proprio cellulare per fare a sua volta una telefonata. Bling non avrebbe risposto, ma avrebbe visto il suo numero e magari ascoltato il messaggio… parlò con urgenza. « Bling - Tony pensa si tratti del figlio di Denny, Gregory - Dennis Gregory Parks, cadetto dell’Accademia Navale, somiglia moltissimo al padre - ha probabilmente una ventina d’anni? » Logan guardò verso Tony, che annuì. « Maledizione, Bling, lascia che se ne occupi Matt - lascia la città… sai dove andare… » Lanciò un’occhiata colpevole a suo cugino a quelle parole. « Non verrà a cercare noi. Solo te. Perciò lascia che ce ne occupiamo noi… » Improvvisamente gli mancarono le forze, ed esito, la preoccupazione lo stava consumando, nonostante quello che Tony aveva visto. « Chiamami, per favore… » Esitò per un altro momento, poi interruppe la connessione. Digitò immediatamente un’altra chiamata rapida. « Matt, sono Logan - crediamo che il nostro bersaglio sia il figlio di un tizio dell’unità di Bling che rimase ucciso in missione. Ti mandiamo una foto e la sua fedina tra un minuto. È all’Accademia Navale, quindi puoi dare per scontato che conosca le armi e ogni tipo di tecniche di attacco ed evazione… » Fece una pausa, poi si strinse nelle spalle. « Sì, forse ». Un’altra pausa mentre ascoltava, poi annuì. « Giusto. Grazie Matt. Ok; grazie ». Chiamò un ultimo numero, e parlò di nuovo con voce misurata. « Max, senti - Denny aveva un figlio, vent’anni circa, allievo dell’Accademia Navale. Somiglia moltissimo al padre e Tony ipotizza che abbia anche la stessa voce. Dammi un minuto e ti mandiamo la foto - sì, sul cellulare; aspetta un secondo ». Fece una pausa, e poi tentò « Dove sei adesso? E niente…? » Sospirò e disse « Ok, va bene. Senti, Max - stai attenta. Il ragazzo è addestrato… » Tony notò il lieve sorriso affettuoso che spuntò in risposta a qualsiasi cosa avesse detto Max all’altro capo. « Sì, lo so… anche tu. Ok… sì, d’accordo ». Diede una breve occhiata al suo orologio. « Ciao ». Alla fine chiuse il telefono e guardò lo schermo del computer dover era una foto dell’Accademia e una lista di registri psichiatrici. Alzò lo sguardo verso Tony mentre lui mandava un fischio.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:31 am.
   
   Lungomare.

   
   Era stata la telefonata di Logan, che le aveva ricordato la loro connessione, a convincere Max che si trattasse di Sandra. L’insegnante dolce e sempre solare era diventata ultimamente sempre più parte della vita di Bling, ma era una parte che non aveva ancora avvicinato agli affati di Solo Occhi e per tale motivo aveva incrociato solo di sfuggita Logan o Max. quell’uomo aveva davvero poco tempo per dedicarsi alla vita sociale così com’era, con i suoi impegni all’ospedale, la clinica privata e il suo lavoro con Logan - ma quel tempo, ultimamente, era stato dedicato a Sandra.
   Sandra teneva molto a Bling, Max lo aveva visto, e aveva dato una mano quando ce n’era stato bisogno, consegnando provviste, fornendo diversioni… Bling aveva sempre fatto in modo che fosse al sicuro, e probabilmente l’aveva tenuto all’oscuro - ma era più facile che avesse chiesto a lei piyttosto che rischiare una qualche connessione con l’ospedale. Max sapeva che il modo più veloce per testare la sua ipotesi era quello diretto e, dopo appena un paio di minuti per cercare il numero di Sandra, Max lo inserì e aspettò, trattenendo il respiro.
   « Ciao, Max, come stai? » Max sentiva dei rumori di sottofondo alla sua voce, il suono chiuso e frusciante di qualcuno che parla al telefono da una macchina in movimento.
   « Benissimo, Sandra; senti… » si lanciò senza preambolo, sperando che la sua ipotesi si incastrasse con quello che Bling aveva pianificato abbastanza da non rendere Sandra sospettosa, se davvero lui l’avesse chiamata. « Bling se n’è andato senza il resto della roba che gli serviva stamattina, e non risponde al telefono. So che gli servirà, e sono anche io per strada, posso portargliela - per caso lo hai sentito stamattina o ieri sera, sai dove posso trovarlo? »
   « Sto andando ora da lui, Max - da Logan. Tu dove sei? » La confusione di Sandra non era d’aiuto, ma i battiti di Max accelerarono per aver saputo così facilmente dove trovare Bling. « Ha detto qualcosa su una sorpresa per Logan, per cui avevo immaginato ci saresti stata anche tu, stamattina… non voleva che Logan vedesse la sua macchina ancora lì, per cui ora ha la mia. Ce le scambiamo appena arrivo ».
   « Sì, solo non sono ancora arrivata » prese tempo Max. « È ancora presto… ha giò finito da Logan? »
   « Probabile » rise Sandra. « Quell’uomo inizia la sua giornata mentre è ancora buio; mi chiedo perché… come ha fatto a far uscire Logan così presto, comunque? »
   « Non lo ha detto nemmeno a me » rispose Max, alla ricerca di qualcosa che avesse almeno parzialmente senso, optando più per sembrare casuale che logica, per qualcosa che andasse bene con la rilassatezza della donna e non suscitasse domade. « Senti, Sandra, tra quanto sarai lì? Magari posso venire anche io… o incontrarlo all’ospedale… »
   « Sono appena uscita da scuola - ho dovuto aspettare che qualcuno mi tenesse i bambini in caso non fossi tornata prima della mia ora di ricevimento. Dieci minuti e sarò lì » rispose. « Vuoi che gli dica di aspettarti? »
   Maledizione, penso Max, agitata in piedi accanto alla sua Ninja: la moto era troppo rumorosa per poter avere una conversazione decente al telefono mentre guidava. « No, va bene così » Sandra non aveva trovato strano il suo accenno all’ospedale, probabilmente aveva dato per scontato che da quel momento sarebbe stata una giornata normale per lui. « Sono più vicina all’ospedale; lascio lì la sua roba ».
   « Ok, Max ». Dal suo tono, la donna chiaramente non aveva idea di cosa si trattasse - e non era assolutamente possibile che Bling avrebbe portato un killer vicino alla donna con cui usciva o a casa di Logan. L’incontro sarebbe stato più tardi, e Bling avrebbe condotto lì Max. La ragazza salì sulla moto, benedicendo il destino che le aveva permesso di fare benzina il giorno prima, così che ora aveva la possibilità di arrivare alla Fogle Towers in cinque minuti. Avrebbe pensato ad un piano lungo la strada.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:31 am.
   
   Old Downtown, tra l’Ottava e la Pike.

   
   Logan osservò la foto del cadetto dall’aria seria, e poi suo cugino. « Hai qualcosa? » chiede.
   « Sì - sembra che il nostro giovane Gregory abbia avuto dei “problemi di adattamento” - ha perso due semestri non consecutivi su sei - depressione, disturbi da stress - è finito entrambe le volte in ospedale… » Tony ripassò il computer a suo cugino senza che gli venisse chiesto, così che Logan potesse caricare la foto e le altre informazioni nel sistema di Matt. « Non significa che sia un serial killer, ma di certo non mette bene per lui… »
   « Lo hanno lasciato rimanere pur avendo problemi mentali irrisolti? La Marina è così dura per i novellini? » Le mani di Logan mandarono velocemente la foto del cadetto e le informazioni del suo file all’Accademia a Matt.
   « Sì, beh, una volta dentro hai una possibilità; la Marina cerca di aiutarti. Visto poi che suo padre era a sua volta in Marina, per di più perduto in missione, a quanto ne sapevano, gli avranno dato più tempo per cercare di riprendersi ».
   « Fatto » Logan premette un tasto e poi restituì il computer a suo cugino e alzò lo sguardo sulla folla. « Dove andrebbe un ragazzo non della città per incontrare uno di qui e ucciderlo? » chiese Logan. « Tra le diagnosi è incluso disturbo paranoide? »
   Tony si strinse nelle spalle. « Non ne vedo » sospirò, osservando la folla con Logan mentre aspettavano accanto al marciappiede, e immagino che suo cugino aveva terminato i luoghi in cui cercare, al momento. « Forse qualcuno che lo conosce… » Strinse gli occhi. Si voltò verso Logan, e lo fissò per un lungo momento, senza vederlo per davvero, mentre la sua mente ragionava sui potenziali esiti. « Ho parlato con sua madre » iniziò Tony.
   Logan sembrò comprendere subito il dilemma: chiamare la madre avrebbe fatto più male che bene? Lei li avrebbe aiutati a prendere suo figliosenza correre rischi, sapendo che era per arrestarlo - o peggio? E almeno sapeva cosa aveva fatto, dato che era stato via per gran parte degli ultimi tre anni? Non aveva tempo per le sottigliezze. « Non hai scelta » disse Logan assolvendolo da qualsiasi potenziale errore, incoraggiandolo ad agire con la sua voce bassa e controllata. « Chiamala, Tony ».
   Annuendo subito, Tony controllò in fretta il proprio palmare e digitò un numero sul cellulare. Aspettò, senza dire nulla, e al lieve sibilo nel piccolo altoparlante all’orecchio di Tony, Logan lo vide accigliarsi. « Segreteria » borbottò. Aspettò il messaggio registrato e passando ad un tono di voce più leggero ma sinceramente preoccupato, l’Agente DiNozzo parlò. « Signora Parks, sono l’Agente Speciale Tony DiNozzo, dell’altro fiorno. Ho delle informazioni riguardo suo marito e penso che le vorrà vedere. Può chiamarmi appena sente questo messaggio, per favore? » Mentre recitava il suo numero di telefono, alzò lo sguardo verso Logan e lo vide mimare qualcosa con la bocca; annuì comprendendo subito. « Non importa l’ora, giorno o notte - mi chiamo subito, per favore ». Chiudendo il telefono, Tony ammise, senza nascondere l’ironia « Buona osservazione. Immagino venga dall’aver organizzato incontro con gli informatori, senza dubbio ». Appoggiandosi allo schienale, Tony guardò dritto davanti a sé, chiedendo quasi casualmente « Beh, visto che non abbiamo nessuna pista immediata e siamo seduti qui a pssare il tempo, perché non mi dici esattamente cosa fa un giornalista di’inchiesta qui nel selvaggio e nebuloso west, cugino? » Si voltò verso Logan con occhio professionale. « Vi dedicate tutti a questi intricati giochi d’avventura? »
   Logan non incrociò il suo sguardo; non era pronto a confessare, ma non voleva nemmeno mentire a Tony. « Perché non potremmo solo giocare a un po’ di avventura » temporeggiò. « Mica ci dedichiamo agli impegni mondani… »
   « Forse dovresti cambiare. Ti faranno ancora entrare allo Yacht Club, no? » Le sue parole non erano del tutto leggere.
   Logan grugnì. « Sembri tutti gli altri. È solo perché…? » Lo strillo meccanico del suo telefono interruppe la domanda. « Sì - cosa? Sei sicuro? Sì, grande, Sketchy, grazie… » Si lasciò cadere il telefono in grembo e riportò la macchina nel traffico, il terzo grado improvvisamente dimenticato.
   « Sketchy? » Tony lo guardo scettico.
   « … che ha appena visto la macchina di Bling tornare al Settore Nove, non lontano da casa mia » sorrise Logan. « Stiamo andando… cugino… »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:39 am.
   
   Settore Nove. Nelle vicinanze delle Fogle Towers.

   
   Aveva nascosto la moto in un punto sicuro che aveva trovato a un isolato di distanza, sapendo che Bling era fuori e in attesa di Sandra, per cui l’avrebbe sentita. Maledizione, quindi era semplicemente rimasto nei paraggi e li aveva lasciati allontanarsi? Doveva ricordarsi che anche lui era stato addestrato, doveva ricordare cosa avrebbe fatto lei nelle stesse circostanze…
   Max tornò nei vicoli e in silenzio corse dietro l’edificio, tendendo le orecchie con attenzione, cercando di scindere i suori del traffico da quelli umani, dall’ambiente… almeno, il quartiere di Logan era uno dei più eleganti, e quindi meno rumorosi, con meno gente sulle strade o accalcati in dieci in una stanza…
   Scivolò nel garage in un punto lontano, dietro una berlina grossa e che raramente veniva spostata, e immediatamente sentì un rumore, un suono umano che si spostava. Forse lui l’aveva sentita ed era all’erta, ma anche così, la sua lieve reazione le fece capire dove lui si trovasse e, insieme al silenzio tombale che ne seguì, le disse che si trattava dell’ex SEAL che si nascondeva, che sapeva come aspettare in silenzio. Ora che conosceva il suo gioco, non l’avrebbe lasciato distrarla di nuovo. In perfetto silenzio, muovendosi in modo anche anche i suoi stessi vestiti non producessero fruscii, si avvicinò a dove lo sentiva aspettare…
   « Ok, Bling » disse a bassa voce. « Sandra sarà qui tra cinque minuti - abbastanza tempo perché noi due arriviamo a un punto di incontro ».
   Le sue parole incontrarono il silenzio… ma poi Bling fece un passo di lato sotto la luce cupa. Max fece lo stesso, e i due guerrieri si trovarono l’uno di fronte all’altra, circospetti. « Perché stai facendo questo da solo? »
   Da parte sua non era un’accusa come lo era stato nella voce di Logan, o come lo sarebbe stato in quella di Tony; Max avrebbe compreso che conflitti diversi necessitavano di risposte diverse - e sapeva che gli aveva semplicemente chiesto la sua valutazione. Prese un respiro. « Un uomo - che cerca un uomo. Ha fatto del male ad altri e ho deciso che se avesse chiamato, gli avrei proposto di incontrarci, lo avrei attirato lontano da tutti. È solo un ragazzino, Max… »
   « Il figlio di Denny ».
   Le sopracciglia di Bling salirono. « Quando lo avete capito? »
   « È stato Tony - stamattina. Stanno mandando la sua foto alla polizia settoriale ». E anche la tua, pensò ma non condivise ancora con lui quel pensiero - dipendeva da come sarebbe andata. « E tu? »
   « Ho riflettuto. Sapevo che Denny aveva un figlio, ora in Accademia - e che era sempre stato legato al padre. Visto che Denny è morto, ho immaginato potesse essere lui, e lo ha ammesso quando ha chiamato ieri sera ». Bling esitò, pensò di fare un passo verso di lei ma sapeva benissimo di non poterla sconfiggere in un corpo-a-corpo - a meno che non l’avesse presa di sprovvista, il che sarebbe difficilmente avvenuto. « Max… lasciamelo fare. Non sta bene. Ha già ucciso e ne è consapevole; non ha paura di uccidere altri se deve ». Bling la guardò negli occhi. « È stato addestrato di migliori, sa come portare a termine una missione e non ha niente da perdere. Non vuoi portare una cosa simile a Logan » disse Bling giocando la sua carta.
   Gli occhi di Max tremolarono proprio con le immagini che Bling voleva che lei vedesse. « No » concordò. « Hai un piano? »
   Bling esitò un momento, poi annuì. « A grandi linee. Lo sto elaborando man mano ».
   « Allora lasciami venire con te » disse Max con fermezza.
   « No, Max. Ho promesso che sarei stato solo e non voglio spaventarlo… »
   « Non mi vedrà né sentirò. Posso coprirti le spalle, Bling, prima che uno di voi due si faccia male ».
   Gli occhi dell’uomo alto rilevarono la sua comprensione del fatto che la sua sicurezza e quella del ragazzo sarebbero state più facilmente garantite con l’aiuto del talento unico di Max. « Non posso metterti in mericolo… »
   « Un ragazzino del college: quanto può essere rischioso? » disse lei con un mezzo sorriso, accorgendosi che stava per capitolare. Quasi si rilassò, ora; il fatto che fosse la sua mano a controllare la situazione le dava una calma maggiore, anche se si stava avvicinando alla minaccia molto pià che se si fosse trovata a casa senza informazioni da considerare o azioni da intraprendere. « Sai cosa so fare, Bling. Lasciamelo fare ».
   Bling esitò di nuovo, poi concesse « Una condizione ». Alla domanda espressa dalle sopracciglia di lei, lui tese la mano. « Cellulare. Logan e Tony non sapranno niente finché non sarà finita. Solo noi, Max: ce ne occupiamo noi e ci preoccupiamo dopo di chi abbiamo tagliato fuori ».
   Max esitò; non le piaceva l’inganno, stavolta, conoscendo la preoccupazione che Logan provava ora e quando si sarebbe sentito essendo stato messo da parte da Max. « Potrebbero comunque arrivare a noi, casualmente… »
   « Forse, ma ne dubito. Arriveranno di corsa, pieni di buone intenzioni e entusiasmo da principianti » disse Bling diretto nella sua valutazione; ed era una valutazione con cui sapeva che Max sarebbe stata d’accordo.
   « Sono preoccupati » provò con meno convinzione. « Lascia almeno che gli dica che stai bene, che ce ne occuperemo noi… »
   « Così o niente, Max ». Udirono la macchina di Bling che entrava nel garage, ma non distolsero gli occhi l’uno dell’altra. « Di’ una parola. Se sei d’accordo, il telefono resta qui e tu e io decisiamo come affrontare al meglio la cosa. Se dici no io salto questo incontro, il ragazzo si incazza e viene a cercarmi - qui… da un’altra parte… ci saranno dei civili, che siano o meno Logan o Tony ». La macchina si fermò a pochi metri di distanza, il motore al minimo, e una paia di occhi castano scuro si fissarono per lunghi momenti
   Finché Max si mise una mano in tasca e prese il telefono che le aveva dato Logan e il proprio cercapersone. Mettendo entrambi in mano a Bling, mormorò « Diamo un taglio a questa fottuta storia ».
   E con un sorriso, Bling annuì.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 9
*** Vicini alla meta ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Dark Angel e NCIS non sono miei, i personaggi sono solo presi in prestito
   
   

Vicini alla meta


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:43 am.
   
   Old Downtown, tra l’Ottava e la Pike.

   
   L’entusiasmo che Logan aveva mostrato riportando l’auto nel traffico era scemata in fretta, e l’uomo mormorava ora frustrato contro la lentezza dei loro progressi. Tagliando per vicoli e strade secondarie per avanzare attraverso la zona, riuscì alla fine a raggiungere una rampa e un check-point per l’autostrada e poterono finalmente tornare senza interferenze al Settore Nove. Premendo un bottone sul controllo manuale alla sua destra, Logan rilasciò la leva per prendere il telefono e premere il tasto per la chiamata rapida. Sperando che Sketchy rispondesse in fretta, si mise il telefono tra l’orecchio e la spalla in modo da avere la mano libera per usare la leva acceleratore/freno, se necessario. Tony gli rivolse un’occhiata di sbieco ma decise di non commentare.
   « Sketchy » disse Logan, e nella sua voce si sentiva il sollievo. « Che succede? »
   « Lo ha trovato, Logan. Max è lì, sta parlando ora col vostro uomo… »
   « Cosa? Dove? » Logan inconsciamente accelerò un po’. « Li vedi? »
   « Sì, sono nel tuo garage… eh, aspetta un minuto… » La pausa fu irritante. « Una donna sta uscendo ora dalla macchina, e… » Ci fu un movimento. « Sì, mi ha visto. Max mi ha appena visto, ma lui non credo; non si è girato… »
   Logan lanciò un’occhiata a suo cugino e prese in mano il telefono mentre inseriva di nuovo il pilota automatico. « Tony, chiama sul mio cellulare, quello che ha Max… » Tornò ad ascoltare Sketchy mentre Tony eseguiva. « Sketchy, che stanno facendo? »
   « Sento squillare, e… ehi, sei sicuro di aver chiamato Max? Perché è il telefono del tuo amico a squillare… »
   Logan fece una smorfia e capì. « O lui ha anche quello di lei… »
   « Logan, lui si è appena avvicinato e lo ha poggiato… merda! » Ci fu un rumore metallico, un movimento… e poco dopo una voce. « Mi ha quasi visto » tornò a dire Sketchy - a quanto pareva aveva colto l’idea che non volevano che Bling scoprisse di essere spiato. « Senti, ha preso il telefonoi e lo ha lasciato sul muro di contenimento del garage… e lui e Max stanno salendo in macchina ».
   « Maledizione » soffiò Logan. « Sketchy, per quanto possibile… ho bisogno che li segui, che mi dici dove vanno. Dovresti poterlo fare finché non prendono l’autostrada, giusto? »
   « Sì, non possono andare troppo veloce da queste parti… »
   « E se possibile, fai in modo che Bling non ti veda. Ti seminerà appena ti vedrà ».
   « Nessun problema. Batto sempre la polizia di settore » lo rassicurò Sketchy, la voce arrogante.
   « È molto più bravo della polizia settoriale… » mormorò Logan, ma poi allentò. « Senti, per quanto puoi… siamo abbastanza vicini e magari riusciamo a darti il cambio tra un paio di minuti. Puoi darci la cronaca minuto per minuto? »
   « Agli ordini. Stanno uscendo ora ».
   L’entusiasmo di Sketchy per essere coinvolto nell’avventura causò un flash di rabbia frustrata in Logan. Ben consapevole che non si trattava di un gioco, e che quelle due persone così importanti per lui si stavano preparando ad affrontare un serial killer, cercò di rammentare a se stesso che l’esuberanza del fattorino poteva aver appena permesso loro di trovare Max e Bling. Ingoiò la propria irritazione per dire, in tutta onestà « Ti devo un favore, Sketchy - aspetta un secondo… » Tenendo il telefono di nuovo in equilibrio tra spalla e orecchio, Logan lentamente siresse l’auto verso la rampa di uscita; guidare col telefono rendeva i suoi movimenti scomodi. « Tony? »
   Annuendo in fretta, Tony gli prese il telefono e disse « Ehi, Sketchy, sono Tony, il cugino di Logan, io… » Fece una pausa improvvisa; il suo viso cmabiò in un’espressione ironica e disse brevemente « Ah, tu dici? No, non sei il primo… » Alzò gli occhi al cielo e guardò Logan, confermando che il solito commento era stato fatto ancora una volta, e rifiutando di farsi fregare dall’ironia della cosa. « Senti, a Logan servono entrambe le mani per guidare; se mi dici dove sono, io lo dico a lui…»
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:49 am.
   
   Settore Nove. Nelle vicinanze delle Fogle Towers.

   
   Max lasciò che Bling si immettesse nel traffico prima di parlare. Aveva visto Sketchy apparire e sparire dalla vista, che parlava animatamente col cellulare all’orecchio e persino la salutava con la mano. Sperò che fosse Logan che aveva in linea, e quando riuscì a rivolgergli un’occhiata appena più attenta mentre parlava e a focalizzare la sua attenzione su di lui, sforzandosi di sentire anahce al di là della strada, fu ricompensata: Sketchy aveva detto il nome di lui, almeno una volta. Doveva essere stato avvertito; doveva essere Logan quello che aveva chiamato il cellulare un momento dopo, quando aveva suonato nella mano di Bling.
   « L’anfiteatro sulla Quay… lo conosci? »
   Max gli rivolse uno sguardo attento, gli occhi semichiusi. « Stai pensando di prenderlo in trappola? » Quando Bling annuì, lei elaborò « Vuoi entrare dal retro, dando per scontato che lui sarà pronto sul palco ad aspettarti dal davanti… » Quando Bling annuì di nuovo, lei si poggiò allo schienale. « Non mi piace. Troppe variabili, e dipende troppo dal fatto che farà quello che speri che faccia ».
   « Max, è tutto quello che abbiamo. Non c’è tempo per niente di più. Ha già ucciso due dei miei compagni di squadra e non credo si fermerà con me. È un cecchino che ha ucciso a disanza senza che le autorità capissero come o da dove. Non può essere a Seattle da abbastanza tempo da aver controllato il luogo o da sapere che c’è un’entrata cieca - darà per scontato che lo abbia scelto per osservare lui che si avvicina ». Come semore, le parole di Bling erano ragionevoli, calme… solo che stavolta se ne uscì con un piano tanto assurdo quanto poco era stato il tempo concessogli per idearlo. « In questo modo, potrò avvicinarmi abbastanza da valutare la situazione prima che sappia che sono lì, e con un po’ di fortuna lo prenderò da dietro ». Bling guardava la strada davanti a sé, e cercava di convincere sé stesso tanto quanto Max. « Ha detto di avere delle domande per me. Non ha intenzione di togliermi di mezzo subito ».
   « Perché? Non aveva domande per gli altri ».
   « Sapeva che sono stato io a trovare suo padre, l’ultimo a vederlo vivo - e quello che per primo lo ha dichiarato un suicidio. Immagino abbia i suoi dubbi sul mio rapporto - o vuole averne - e vuole essere convinto che suo padre non si sia ucciso ». Bling fece una pausa e ammise « Riguarda suo padre, Max. Pensa che Denny lo abbia abbandonato ».
   « Perché uccidere gli altri? »
   Bling si strinse nelle spalle. « Biasima tutti noi per non aver impedito la morte di suo padre. Non può ammetterlo, anche se deve concedere che si sia trattato di un suicidio, che non ce ne siamo accorti e non l’abbiamo fermato - che io non lo abbia fermato ». Quando lei gli rivolse un’occhiata interrogativa, spiegò « Era mio compito, come medico, accertarmi che tutti i membri della squadra stessero bene e fossero pronti a combattere - sia fisicamente che mentalmente ». Tornò a guardare la strada mentre svoltava sulla rampa verso l’autostrada, rallentando per accedere al check-point. « E se non è stato un suicidio… avremmo dovuto impedire la sua morte ».
   « Beh, se non è stato un suicidio - come pensa che sia stato ucciso? »
   Bling fece spallucce. « Non lo so. Forse nemmeno lui lo sa - solo non può accettare l’idea che suo padre lo abbia abbandonato, abbia scelto la via d’uscita di un codardo… »
   Lei sollevò le sopracciglia. « Di un codardo… » ripeté a bassa voce.
   « Non è il modo in cui l’avrebbe definita Manticore? Di certo è stata questa la reazione della Marina… e qualunque cosa abbia pensato Gregory crescendo, immagino che le sue idee si siano solidificate in Accademia… » Bling fece un respiro profondo e disse « Sta facendo tutto quello che può per ripulire il nome e la memoria di suo padre ai suoi occhi ». Fu silenzioso per un momento, poi parlò a bassa voce « Vuole che io sia l’assassino di suo padre - ed è pronto a uccidere chiunque non segua questo programma ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:49 am.
   
   Settore Nove. Nelle vicinanze dell’entrata dell’autostrada.

   
   « Sketchy… siamo sulla strada parallela, un isolato più avanti, nel vicolo » Tony elaborò le brevi parole di Logan mentre suo cugino manovrava l’auto attraverso vicoli e stradine resi stretti dai camion che scaricavano, la casse impilate dietro i pochi negozi appariscenti e i ristoranti del settore danaroso. « Appena ti vede, se ti vede, faccelo sapere e ti diamo il cambio per seguirlo… fino ad allora e finché i vicoli non finiscono, restiamo fuori portata ».
   Tony doveva ammettere che aveva senso che anche un tipo con la testa tra le nuvole come questo “Sketchy” riuscisse a dare direzioni così precise. Un fattorino - quale colpo di genio avere una rete di persone che potessero confondersi, che conoscessero la città come il palmo delle proprie mani e che potessero muoversi rapidamente e in modo efficiente senza dipendere dalla benzina spesso sparsa o dalle strade frequentemente bloccate. Avevano detto che anche Max lavorava lì - doveva essere una specie di copertura, rifletté Tony, non era il tipo di persona che poteva essere solo un fattorino. No, doveva essere conveniente, per troppe ragioni… per troppi motivi…
   « So dove sta andando » disse improvvisamente Logan, cupo. « Saremo sull’autostrada tra circa tre isolati, poi a nordest ». Logan svoltò verso la rampo dal vicolo, e vide l’auto di Bling avviarsi su quella strada.
   Osservando Logan che metteva insieme i pezzi del piano di Bling, Tony rivolse la sua attenzione al telefono. I suoi occhi non lasciarono mai il viso di suo cugino. « Sketchy - ci hai salvati, amico. Ci pensiamo noi da qui. Grazie ».
   « Lieto di avervi aiutati. State attenti, qualunque cosa stiate per fare ».
   « Ricevuto ». Tony chiuse il telefono e si appoggiò allo schienale, senza parlare, continuando a guardare Logan in attesa della spiegazione che il suo silenzio chiedeva. Dopo un momento, questa venne.
   « Bling pensa che sia il luogo giusto per mettere questo tizio all’angolo… il problema è che se il ragazzo lo capisce, sarà Bling ad essere intrappolato, senza via d’uscita. È un posto remoto… ed è l’unico che ha esaminato lui stesso, approfonditamente ». Esitò, poi ammise « Credevamo che non sarei riuscito ad entrarci con la sedia ».
   Nonostante le tracce di amarezza verso se stesso, Tony sentì cosa c’era dietro la scelta delle parole ed era curioso. « … ma ci sei riuscito » incalzò cautamente.
   « Sì, in seguito. Max e io… ci siamo riusciti » disse Logan brevemente, chiaramente non era pronto a spiegare. Rallentò, seguendo Bling a distanza per non essere visto, sicuro ora della loro destinazione. Dopo un momento continuò « Prima dell’Onda Elettromagnetica, questo posto era un resort, con appartamenti e pontili, tutti i comfort. Dopo l’Onda, i proprietari non avevano i solti per mantenerlo, pochi clienti avevano i soldi per fare vacanze costose. La metà delle strutture erano condannate, quello che ne è rimasto dopo che i vandali e gli abusivi le facessero a pezzi. È quasi sempre vuoto, ora; troppo lontano dal centro della città per essere comodo per gli abusivi, visto che tutte le risorse nei paraggi sono state usate ». Logan guidò con sicurezza nella corsia centrale, e ogni tanto Tony riusciva a vedere l’auto di Bling che curvava verso est lungo l’autostrada. « Nel parco c’è un anfiteatro all’aperto che sembra proprio il posto ideale per un confronto: dal palco sembra di poter vedere chiunque arrivi, visto che l’area al di là del pubblico è troppo lontana e aperta, non ci sono punti dove nascondersi. Il palco e le sue strutture permettono una perfetta vista con molto spazio per nascondersi. E da quello che si vede, sembra che il retro del palco sia proprio al limitare della scogliera che dà sul mare, senza nessun modo di accedere dal retro ». Logan rallentò mentre l’auto di Bling prendeva la rampa per uscire dall’autostrada e, allungando ancora le distanze, Logan fece lo stesso. « Ma è stato costruito per avere un accesso nascosto, sia come accesso al complesso del teatro sia al palco stesso, un modo per uscire ed entrare di nascosto, senza essere visti da nessuno che non sappia dove guardare. Scommetto che Bling gli abbia dato il luogo e l’ora dell’incontro sapendo che questo tizio sarebbe andato presto per prendere posizione. Bling andrà con appena qualche minuto di anticipo per fargli credere che arriverà all’ora concordata - ma sarà invisibile, e spunterà dal punto cieco ».
   Tony scosse la testa, ammirando l’idea se non le chance che aveva Bling. « Ha senso, no? Un cecchino che non è stato ancora beccato - quale modo migliore che cercare di costringerlo a prendere una posizione, in modo da avere almeno una qualche idea di dove sarà? »
   Ma c’era di più a preoccupare suo cugino; Tony lo vedeva chiaramente. E, dopo un momento, Logan aggiunse « Bling cercherà di prenderlo vivo e, se non funziona… voleva essere certo di provare dove nessun altro sarà in mezzo a farsi male ». Logan diede uno schiaffo al volante per la frustrazione, sentendosi impotente. « Maledizione - questo ragazzino sa che Bling era un SEAL - dovrà immaginare che Bling non avrebbe fornito a un cecchino un posto così perfetto… »
   Tony si strinse nelle spalle. « Almeno, se avrà dei sospetti, non credo avrà molte possibilità di cambiare piani e fare loro un’imboscata da qualche altra parte ». A pensarci, doveva ammettere che la scelta di Bling avrebbe funzionato, in un modo nell’altro. Era proprio un SEAL…
   Rimasero in silenzio per vari minuti, l’auto di Bling era ancora in vista e si dirigeva verso il mare. Lasciando i pensieri vagare su tutto ciò che era successo fino a quel momento, Tony sentì sorgere un’altra domanda.
   « Ma cos’ha in mente per Max? » chiese lanciando un’occhiata a suo cugino, chiedendosi che parte giocasse lei in tutto questo. Era una parte pianificata dall’inizio?
   Vide le sopracciglia di Logan sollevarsi mentre considerava la domanda. « Bella domanda - sa che lei non si limiterà ad aspettare in macchina, e ora deve decidere di che aiuto può essergli ».
   « Qualche possibilità che lei fosse in combutta con Bling dall’inizio? »
   « Max? No… se gliene avesse parlato, lei me lo avrebbe detto » disse Logan con decisione.
   « Beh, ora lei è lì e non ti ha chiamato ». Tony era testardo quanto lui.
   « Bling ha il suo telefono - deve averglielo preso in qualche modo » rispose Logan aggrottando le sopracciglia, sapendo che Tony avrebbe pensato che Bling lo avesse preso contro il volere di Max… ma ora si chiese perché lei glielo avesse dato. Un qualche patto, allora… per poter essere lì a coprire le spalle a Bling.
   E questo, Logan realizzò, lo confortava e raggelava allo stesso tempo…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:55 am.
   
   Settore Undici. Nelle vicinanze della Quay.

   
   « Lasceresti che ti uccidesse prima di toglierlo di mezzo, vero, Bling? »
   Erano rimasti in silenzio, mentre Max valutava il piano con il poco che sapevano delle circostanze, e non le piaceva. Pensò di chiedere a Bling di lasciare che se ne occupasse lei, da sola, ma sospettava che non sarebbe stato d’accordo. Pensò anche di mettere ko Bling e metterlo nel portabagagli per potersene occupare da sola…
   Inutile, ammise. L’addestramento di Bling era completo quasi quanto il suo; non sarebbe stato essere d’intralcio sul campo come avrebbe potuto esserlo un civile. Sospirò, tuttavia, riflettendo che poteva comunque essere un peso - e decide di affrontare la cosa. Lui avrebbe fatto tutto ciò che poteva, anche mettere se stesso a rischio, per evitare di fare del male a quel ragazzino disturbato, il figlio del suo compagno di squadra, del suo amico. « Il tuo addestramento dai monaci è più recente di quello nella Marina… » mormorò osservando l’uomo che - lo sapeva - prendeva molto sul serio la sua fede e sospirò. « Hai almeno portato un’arma? »
   Bling si strinse nelle spalle e, tutt’altro che fiero della risposta, annuì. « Gregory ha già ucciso due persone, e non sono certo che si fermerà senza cercare di arrivare a te e Logan e Tony… non posso lasciare che accada ». Bling le lanciò un’occhiata e spiegò « Vi ha menzionati, quindi deve aver fatto qualche ricognizione di recente, almeno da quando Tony è qui. È possibile che non voglia lasciarsi nessuno dietro che possa identificarlo come killer. E ci sono ancora altri due della squadra, vivi… ». La voce di Bling rimase debole, ma con un po’ di sforzo Max riusciva a sentirlo. « Per cui, non importa come, deve finire qui ».
   « Allora dobbiamo assicurarci di prenderlo prima che abbia tempo di dire qualcosa di più di “grazie per essere venuto” ». Max guardò davanti a sé mentre curvavano per uscire dall’autostrada, spostandosi lentamente e di poco in modo che, muovendo appena gli occhi, avrebbe potuto guardare nello specchietto laterale, magari senza che lui la notasse… Non era importante, no, al momento? Ma se aveva ragione…
   Non aveva fretta; era stata addestrata ad attendere. E dopo vari minuti, al terzo sguardo, seppe di avere ragione quando vide la familiare Aztek sporca seguirli a varie macchine di distanza. Tornò a guardare la strada. Bling aveva ragione; in quelle circostanze, costringere Gregory sul palco era probabilmente l’opzione migliore che avevano. Sospirò, voltandosi di nuovo verso di lui.
   « Hai mai attraversato i tunnel per salire sul palco? »
   Lui annuì. « E tu? » Quando annuì anche lei, Bling le fece notare « Una volta dentro, i suoni si propagano, per cui non potremo parlare. Dobbiamo decidere qui il più possibile ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:06 am.
   
   Sector 11. La Quay.

   
   Logan aveva guidato la Aztek per tutto il percorso con una lentezza impressionante, e vide ora l’auto di Bling voltare per le stradine che portavano al complesso del teatro e agli stretti tunnel che li avrebbero portati vari metri più in là dell’entrata posteriore del teatro. Una volta nel parco, Logan non voleva essere visto da nessuno mentre si avvicinavano, che si trattasse di Bling o Gregory. Voltò verso una macchia di betulle e cespugli per parcheggiare dove non li avrebbero visti.
   « Una volta dentro, i suoni si sentono dall’esterno come amplificati » avvisò Logan. « Se ha un minimo dubbio ed è in ascolto… beh, saremo bersagli facili. E anche se non ne ha… il suono può arrivare fino al palco. È così silenzioso qua fuori che senza nessun altro rumore a mascherarlo… » Sganciò la propria cintura di sicurezza e si girò indietro dove era la sua sedia. « Il tunnel prosegue fino a un punto a “T” e poi si divide; entrambi i rami vanni dritti ci sono dei gradini che arrivano all’entrata del palcoscenico, appena sull’arco proscenio, da entrambi i lati. Dovrebbero essere entrambi aperti; ed entrambi hanno delle botole a scomparsa al di sotto del palco… »
   Tony rifletté. « Botole sul pavimento, eh? » Rimase in silenzio per un momento, poi improvvisamente allungò la mano verso il parasole. Aprendolo, sorrise apertamente e tirò fuori lo specchietto, che scivolò fuori dalla cornicetta che lo teneva. « Ti spiace se lo prendo in prestito - per ogni eventualità? » Logan si strinse nelle spalle, non capendo, ma aprì la portiera senza preoccuparsene. Stringendo gli occhi, Tony comprese che l’inevitabile stava per accadere e si chiese se sarebbe riuscito ad uscirne senza una discussione. Aprì la propria portiera e si voltò per dire « Ok, beh, senti - magari dovresti chiamare il tuo amico Matt o qualcosa del genere; io entro e vedo… » Forse se solo avesse creduto che fosse così facile, lo sarebbe stato, sperò tenacemente.
   Ma no, Logan stava prendendo i pezzi della sedia per assemblarli appena accanto alla portiera aperta, e non reagì alle parole di suo cugino. Che sorpresa… punzecchiò il cinismo dell’agente.
   Tony sospirò, osservandolo lavorare, montare la sedia ai suoi piedi rifiutandosi di riconoscere di essere osservato. Soppesando la cosa, DiNozzo alla fine aggirò la macchina e si fermò davanti alla portiera di Logan, parlando a bassa voce in caso ci fosse qualcuno anche se erano lontani dall’edificio. « Non farlo, Logan. Lasciami andare ».
   « Puoi andare ». Logan non incontrò i suoi occhi mentre finiva di montare la sedia e ci si trasferiva in fretta. « Ma vengo anche io ».
   « Perché? Hai detto che non potevi entrarci, e che i tunnel finiscono con una scala… »
   « Posso mostrarti dove… »
   « Non sembra complicato » lo interruppe Tony. « Non essere cocciuto, Logan. Magari sarà meglio, comunque, che tu tenga la macchina in moto, pronta ad andare… » Tony sapeva che era un’argomentazione debole già mentre la presentava. « Senti, è un’indagine federale, e ti ho lasciato farne parte fino ad ora, ma posso dichiararti in arresto per intralcio in un’indagine e… ammanettarti alla macchina… » Ci volle tutta la sua abilità a non fare una smorfia per il suo debole tentativo.
   « Mi hai “lasciato farne parte”? » Logan lo guardò a bocca aperta. « A me sembra che noi “dilettanti” del posto abbiamo fatto tutto il lavoro, cugino… » La sua rabbia si infiammò, alimentata dalla sua paura per Bling e Max. « Non me ne frega un cazzo cosa mi farai dopo, ma io non ho intenzione di restarmene seduto a girarmi i pollici con i miei migliori amici, mio cugino e un serial killer a trecento metri da me! »
   Tony rimase in silenzio, fissando l’uomo che suo cugino era diventato. Si chiese, in quel momento, se avesse mai ammirato qualcosa di più. E alla fine annuì, tutt’altro che fiero dei precedenti tentativi. « Hai ragione. È stata la tua partita fin dall’inizio ». Fece di nuovo una pausa e chiese con logica « Una volta arrivati alla “T”, tu dove andrai? »
   Gli occhi di Logan tremolarono; non era del tutto soddisfatto del sapore del successo, ma lo mise da parte per il momento. « I tunnel girano ancora per un tratto… Potrei riuscire a raggiungere un altro punto di vantaggio… »
   « Senza essere visto? »
   « Credo di sì ». Allo sguardo di costernazione di Tony, si corresse. « Siamo già stati qui, Tony; sono sicuro dei punti in cui c’è visuale o no, solo… non sono sicuro di quanto in là riuscirò ad arrivare. Ma vale la pena di tentare ».
   Tony esitò, osservando Logan, ricordando gli stessi occhi verdi - all’adorabile età di quattro anni - pieni di gioia e orgoglio per gli incitamenti di cuo cugino più grande quando era riuscito a fare un vero tuffo di testa dal pontile… lo stesso Logan che voleva tentare ora, voleva tuffarsi, per i suoi amici. « Beh, allora andiamo » acconsentì Tony cupamente, « o potrebbero iniziare la festa senza di noi ».
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   
   

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Capitolo 10
*** A destra del palco ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Prego guardare i capitoli precedenti; niente grandi conquiste sul fronte telefilm.
   
   

A destra del palco


   
   SEATTLE, WASHINGTON: 7 febbraio 2020, 11:06 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. A destra del palco.

   
   Come avevano finalmente concordato, Max scivolò lungo il corridoio davanti a Bling, I suoi sensi - più acuti - erano all’erta e cercavano il guardiamarina Parks. Iniziò a chiedersi se avesse abboccato all’amo gettato da Bling - di solito, la gente che non era di Manticore era molto più “rumorosa” alle sue orecchie; si agitava, si muoveva o comunque si faceva sentire un qualche modo, anche attraverso barriere come le botole che erano alla fine dei tunnel. Ma non c’era niente.
   Finché si fermò esattamente sotto la botola ancora chiusa. Il rumore di qualcuno che tira su col naso, uno starnuto soffocato, il fruscio di una manica sul viso? Ma un suono umano, di un umano che cerca di essere silenzioso. Max si voltò verso Bling e annuì una volta, decisa, ringraziando tra sé la polvere e lo sporco del decadimento post-Onda nell’edificio. Tornò a guardare la botola e lentamente, senza far rumore, fece scivolare indietro il pannello per aprirla abbastanza da far passare anche Bling, e con attenzione, lentamente, si spinse in su per sbirciare attraverso il bordo del pavimento e guardare.
   La luce di quel pioviginoso e grigio giorno di inverno era debole, e il palco pieno di lunghe aree in ombra anche nelle giornate più luminose. Ma anche se la figura era di nuovo immobile, anche se le ombre potevano nasconderlo da altri… Max vide.
   Da dove si trovava lei, lui era voltato di profilo, più avanzato rispetto a loro verso il pubblico, dietro la piccola barricata che aveva messo insieme a partire da quello che era riuscito a trovare. Era seduto, chino e all’erta, fucile nell’incavo del braccio… in attesa. Esaminava l’area della platea di fronte a lui, stava facendo esattamente ciò che Bling aveva sperato che facesse. Max gioì per la piccola vittoria, per il fatto che qualcosa andasse per il verso giusto, e indietreggiò per tornare da Bling. A gesti e parole mimate con la bocca, raccontò ciò che aveva visto e si scostò perché Bling prendesse il suo posto. Mentre lui la superava per salire per la scala, lei si voltò con un’idea improvvisa e lo fermò, una mano sul braccio di lui. Guardandolo negli occhi con decisione, si toccò il polso, alzò tre dita e quando lo vide annuire fece solo una piccola pausa per sorridere e premergli il palmo aperto sul petto in un gesto di affetto e supporto. Un momento dopo, era sparita giù per il corridoio.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:10 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Sotto.

   
   Logan cercò di respirare regolarmente mentre osservava Tony salire la prima che portava su verso il palco - la seconda si trovava dopo una curva a gomito. Voltandosi verso il lungo tunnel in piano che sapeva avrebbe dovuto condurlo fino alla biglietteria a ovest della platea, aggiusto la torcia e si avviò, chiedendosi se sarebbe stato utile. Gli altri tre stavano salendo sul palco… sbuffò silenziosamente tra sé: oltre che per la sua macchina col serbatoio pieno, Logan era superfluo. E più facilmente d’intralcio che di aiuto.
   Una volta di sicuro - e molto probabilmente due ormai - Bling aveva usato deliberatamente la sua paralisi contro di lui. Logan era più che consapevole che non si trattava di un gioco, e che soprattutto per Bling si trattava di uccidere o essere ucciso da questo cecchino. Se le circostanze fossero state in qualche modo capovolte, lui avrebbe probabilmente fatto la stessa cosa. Tuttavia… gli faceva male: l’uomo che gli era stato vicino durante il momento più brutto della sua vita, durante la convalescenza, che per tutto il tempo gli aveva ripetuto che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa decidesse di fare nonostante la sua condizione, gli aveva ora mostrato senza pensarci due volte che non era vero.
   Doveva concentrarsi. Non si trattava di lui, pensò con rabbia. Solo perché era bloccato lì da solo nel tunnel, lontano dall’azione, non avrebbe permesso alle circostanze di consumarlo… non avrebbe lasciato che i suoi pensieri si inasprissero e gli dicessero che era stata tutta una menzogna, allora, tutto quel tempo, dopo tutto… Disse persino a se stesso che magari il modo migliore per dimostrare a Bling che poteva farcela era andare avanti, essere forte e fare la sua parte.
   Tuttavia…
   Si riscosse, avanzando per uno dei tunnel laterali, spendo che avrebbe potuto trovare un modo per vedere dal davanti cosa succedeva; ricordava la struttura dalla volta in cui lui e Max erano venuti lì, durante uno di quei brevi giorni in cui era stato di nuovo in piedi. Cercò di convincere se stesso che le azioni di Bling avevano magari disturbato più Bling stesso che lui. Disse testardamente a se stesso che conosceva il suo terapista - il suo amico - abbastanza da non poter pensare altrimenti; perché se si sbagliava su Bling… beh, poteva anche dire addio a qualunque speranza di aver mai più ragione su chiunque.
   E stringendo la mascella con la tenacia di un Cale, manovrò la sua sedia lungo il passaggio buio e abbandonato per vedere se poteva offrire un qualche aiuto agli altri.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio February 2020, 11:10 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. A sinistra del palco.

   
   Max si mise in posizione e vide, al di là del palco, Bling farle un cenno per dire che l’aveva vista. Avrebbe attirato l’attenzione di Parks in modo che Max avrebbe potuto avvicinarsi prima che il guardiamarina si rendesse conto che era lì per atterrarlo. Max avrebbe voluto limitarsi a prenderlo, metterlo ko senza coinvolgere Bling, ma lui aveva ragione: la distanza tra Gregory e le botole, anche se si trattava di Max, era sufficiente perché un ragazzo addestrato come Parks reagisse e magari le facesse del male - o ne facesse a se stesso - soprattutto considerato che era abbastanza psicotico da avere i nervi a fior di pelle. E il problema più grande era che, dato il suo addestramento, il suo stato mentale, i suoi crimini, non potevano essere sicuri che il fucile fosse l’unica arma che avesse. Considerato tutto il resto, avrebbe potuto persino mettersi una bomba addosso per prendere altre vite insieme alla sua se doveva per forza morire. Troppe domande, aveva insistito Bling, e solo un momento per distrarlo. E Max aveva ceduto. Qualche altro momento per potersi avvicinare sarebbe stato utile, ragionò tra sé, ed uscì dalla botola per iniziare ad avvicinarsi silenziosamente alla preda.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio February 2020, 11:11 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. A destra del palco.

   
   Tony si arrampicò nel piccolo corridio che svoltava dopo poco e vide altri scalini che portavano alla botola del palco, dove Ingrum stava prendendo posizione; la botola era ora aperta e il palco era lì. Il sollievo di Tony per il fatto che ancora non avesse ingaggiato battaglia con Parks si tramutò in fretta nella domanda su cosa fare ora, e silenziosamente si avvicinò alle spalle di Bling.
   Indizi di colpevolezza, se lo era ripetuto più volte da quando era stato chiaro che Ingrum voleva fare il cowboy e cercare di vedersela da solo. Nonostante l’addestramento SEAL, e l’indiscusso coraggio, Tony sapeva che l’uomo non aveva rivolto nemmeno mezzo pensiero a cosa sarebbe successo dopo. Sapeva le intenzioni di Bling erano giuste, e sapeva che tutti loro volevano disperatamente proteggere lui e gli altri. Ma nessuno di loro aveva pensato al dopo, all’arrestrare Parks, figuriamoci a incriminarlo per gli altri omicidi o per qualsiasi tipo di aggressione - o peggio - avrebbe potuto fare lì.
   Fatto certo era che avevano solo le analisi balistiche che mostravano che era stata la stessa pistola a sparare i proiettili fatali a Houston e Indianapolis. Oltre questo, non avevano nulla: non avevano una descrizione chiara del cecchino, non avevano impronte né niente in nessuno dei luoghi che fosse rilevante, nemmeno qualcosa che collegasse Parks e l’arma - solo sospetti. Era convinto che i loro sospetti fossero fondati, ma questo non significava niente per un giudice.
   Magari sarebbero stati fortunati e avrebbero trovato Parks con addosso l’arma che le analisi balistiche sostenevano fosse responsabile degli omicidi. Ma Tony non era così ingenuo da contarci, e considerato che era l’unica prova oggettiva che avessero finora che Parks fosse il killer, il guardiamarina sarebbe uscito di prigione in quarantott’ore a meno che non avessero trovato qualcos’altro. A meno che lui non avesse trovato qualcos’altro.
   
   Bling si voltò in fretta, sorpreso di vedere lì Tony, il quale si portò velocemente un dito alle labbra. Avvicinandosi all’allenatore, mimò le parole « Dov’è Max? » con appena un filo di voce.
   Bling rispose a gesti; Tony capì e annuì quando lo vide mimare l’atto di arrampicarsi per il tunnel al di là del palco in posizione parallela alla loro. Indicò a Bling di scendere dalla scala e dovette ripeterlo solo una volta prima che Bling con riluttanza ubbidisse. Fermando Tony prima che salisse, gli indicò dove si trovava Parks in attesa, mimò un fucile e la direzione dello sguardo del guardiamarina. Annuendo di nuovo, Tony si arrampicò sulla scala e tirò fuori lo specchietto di Logan da una tasca della giacca.
   Si girò e salì un po’ più in alto, aggiustandosi lo specchietto appena sopra la testa e di fronte a sé, inclinando leggermente e con attenzione, consapevole del fatto che avrebbe potuto riflettere la luce e attirare l’attenzione di Parks prima che gli fosse utile. Almeno, rifletté, in questo modo non doveva far sbucare la sua testa.
   E fu ricompensato: il guardiamarina sedeva immobile, chino, voltato verso il davanti del palco in un’area relativamente aperta ma dietro alcune casse o scatole basse lasciate lì da tempo. Tony salì ancora per guardare coi suoi occhi: dato dove si trovava lui, nella parte più buia del palco, e dove si trovava Parks, più avanzato rispetto a lui, dubitava che Parks lo avrebbe notato anche solo con la coda dell’occhio, per ora. Osservò il ragazzo e poi i dintorni.
   E fu sorpreso di vedere una figura minuta e scura in piedi sul palco dietro Parks, che gli si avvicinava. Trattenendo il respiro e sollevando di nuovo lo specchietto, Tony ne diresse il riflesso verso Max per attirare la sua attenzione. Funzionò. E, da quello che riusciva a vedere nella luce soffusa, lei era sorpresa.
   Tony alzò in fretta la mano in quello che sperava fosse un gesto universale di “fermati” e “aspetta”, osservando intanto il guardiamarina, ancora fortunatamente ignaro. Vide Max fermarsi e fissarlo, e enfatizzando inconsciamente il gesto, Tony mimò “aspetta; non ancora; dammi un minuto”
   E, con sua sorpresa e sollievo, Max tornò immediatamente a svanire nell’ombra.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:11 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Foyer a sinistra.

   
   Logan giunse all’area che ricordava nel tunnel, e immediatamente sentì la frustrazione. Era vero: si ricordava quel luogo, un’area più vasta creata per permettere allo staff di monitorare il pubblico, un’altra delle zone del teatro che permettevano di osservare senza essere visti varie parti della costruzione, sia la platea sia gli accessi al backstage che usavano gli altri.
   Ma avrebbe dovuto realizzarlo. I tunnel erano in gran parte sotterranei, e anche se salivano lungo il camminamento per il pubblico, dovevano comunque essere osservabili dall’alto - e di conseguenza le finestre nella zona sopraelevata erano piccole e ad altezza d’occhio. Altezza d’occhio di una persona in piedi. Lo sconforto lo spinse a riflettere e a decidere che, stavolta, non se ne sarebbe andato senza prima aver trovato un’alternativa per affrontare il problema. Osservò ciò che c’era intorno a lui che potesse funzionare e decise di proseguire, per vedere cosa avrebbe trovato a disposizione. Ce l’avrebbe fatta, maledizione.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:11 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Sul palco.

   
   Max si ritirò nell’ombra, sorpresa di vedere Tony dove si aspettava fosse Bling. Ma l’espressione di lui e le parole che le aveva rivolto - che aveva visto con grande faciltà, sorprendendolo, rifletté - le fecero capire che l’uomo doveva avere qualcosa in mente. Beh, era una situazione con cui lui aveva spesso a che fare, dopotutto; il suo scopo era lo stesso, e chiaramente sapeva di più su come arrestare un killer - e tenerlo nel sistema - di chiunque di loro. Tuttavia, non aveva intenzione di stare troppo lontana dalla pistola e da quel killer che era così pronto a usarla contro i compagni di squadra di Bling.
   Il momento di pausa le avrebbe permesso di trovare una posizione mifliore e sorrise tra sé, contenta per il tempo extra per prepararsi. Lo avrebbe fatto comunque, e ora poteva. senza distogliere gli occhi dal cecchino o dalla sua arma, indietreggiò fino al retro del palco stretto e silenziosamente si arrampicò sulla scaletta di metallo che conduceva alla passerella sopra il palco.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:12 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. A destra del palco.

   
   Tony tornò al sicuro nel tunnel, ben consapevole che appena avesse parlato, Parks avrebbe saputo dove trovarlo. Breve e carino, ammonì se stesso, almeno all’inizio. Tirò lentamente fuori la sua SIG-Sauer e posizionò lo specchietto per osservare la reazione di Parks.
   « Guardiamarina Parks! » abbaiò. Sopra vi loro, Max si accovacciò pronta, sbattendo le palpebre sorpresa dal grido di Tony.
   « Chi è là? » Il giovane si accovacciò e indietreggiò nell’area più buia creata dalle casse impilate, la sua voce carica della sua sorpresa per avere compagnia e non essersene accorto. « Non sei Ingrum! Dov’è lui? È qui, vero? Ingrum! »
   La punta di panico nella sua voce, la stridula disperazione svelarono ai tre che erano nascosti quanto stesse crollando. Rabbia, sorpresa… perdita di controllo… lo rendevano più vulnerabile ad un errore, al dimenticare l’addestramento. Lo rendevano anche più pericoloso, e ognuno di loro sapeva bene che qualcuno che non ha nulla da perdere non si ferma a preoccuparsi delle conseguenze che non pensa di affrontare.
   DiNozzo riuscì a ritrovarlo con lo specchietto, la canna del fucile sbucava da uno dei pallet ed era inclinato leggermente verso l’alto. Tony esitò, immaginando che Parks ancora non avesse realizzato che erano entrati dal basso ma sarebbe scattato, diventando matto per cercare di capire da dove provenisse la voce. Con ogni parola avrebbe condotto il guardiamarina più vicino a dove attendevano - bersagli facili, come aveva detto Logan - ma Max era lì fuori, e mentre loro tenevano occupato Parks, lei avrebbe potuto magari arrivare a lui…
   Giurò che avrebbe preso Logan a calci se quando aveva detto che Max aveva “le sue mosse” stava solo scherzando… e sperò di ottenere dal ragazzo qualcosa da poter usare prima di doverlo atterrare.
   « È con me ». Tony alzò la mano verso Bling, che era agitato per la frustrazione, e osservò Parks spostardi dietro i pallet per spuntare dall’altra parte e sbirciare attraverso il palco verso di loro. Non avevano molto tempo prima che li trovasse. « E Palmer? E Halliday? Loro cosa ti hanno fatto? »
   Fece cenno a Bling di avvicinarsi, la mano a coppa intorno all’orecchio per indicargli silenziosamente di ascoltare. Sarebbe stato ancora meglio se avessero potuto testimoniare entrambi qualunque ammissione avesse fatto il ragazzo.
   « Hanno ucciso mio padre! Tutti loro! » Il ragazzo era quasi del tutto in piedi, ora, e faceva ondeggiare il fucile verso Tony, ma ancora ad altezza vita; ancora non aveva immaginato che si trovassero sotto di lui, chiaramente incapace di formulare un piano chiaro a causa della sua ossessione per la vendetta. Tony ringraziò in silenzio l’apparente incapacità di Parks di continuare a prendere i farmaci, e poi pregò che non fosse troppo andato che le sue “confessioni” fossero del tutto scartate.
   Annuì verso Bling, ma tenne sollevata la mano per frenare qualsiasi movimento in avanti. Con gli occhi fissi nei suoi, Bling annuì a sua volta e poi gridò « Parks! Sono qui anche io ».
   « Dammi Ingrum! » strillò il ragazzo, abbassando il fucile incautamente per la rabbia. « Lui è il vero assassino… »
   Tony fissò Bling dritto negli occhi e scosse la testa contro l’idea di Bling di mostrarsi. « Quid pro quo, Parks - dimmi di Palmer ». Sapendo che ormai sarebbero stati scoperti, Tony proseguì « Ti ha aperto lui la porta, vero? Come compagni di squadra di tuo padre, ti ha fatto entrare per parlare? »
   Parks si voltò su se stesso, gli occhi sul punto vuoto che era la fonte di quella voce, e improvvisamente si accovacciò di più, stringendo gli occhi per la comprensione. Uscendo lentamente, si avvicinò all’apertura dove Tony e Bling aspettavano…
   … e subito si precipitò di nuovo nella sicurezza dei pallet al risuonare dello sparo di avvertimento di Tony nello spazio tra loro. Tony fu sollevato nel vedere che Parks era ancora un minimo preoccupato per la propria pelle, altrimenti tutto ciò che avrebbe potuto fare per trattenerlo sarebbe stato inutile.
   « Ti ha detto che è stato un suicidio, vero? » insistette l’agente. « Che tuo padre davvero l’ha fatto… »
   « Ha mentito! » sputò Parks. « Ha ammesso di aver mentito; l’ha ammesso quando la pistola era sulla sua fronte, ha ammesso tutto - ma era troppo tardi ». All’inizio non sembrò esserci alcun movimento, ma poi Tony vide che il ragazzo si stava spostando, cercando di spuntare dall’altra parte per avere una via più protetta verso il punto da cui la voce di DiNozzo saliva dal palco. « Lo hai visto? Proprio come per mio padre, ha dovuto mantenerla lui stesso, manterene la pistola, l’ha mantenuta e io ho sparato, e ora sua moglie e suo figlio dovranno pensare che è stato un suicidio, perché lo ha detto la Marina, la Marina lo ha lasciato trapelare anche se aveva promesso che non lo avrebbe fatto, e la sua famiglia ha dovuto vivere con la vergogna… »
   Tony si accorse che ora avevano qualcosa: non solo avevano una dichiarazione accettabile in cui ammetteva l’omicidio di Palmer, ma qualcosa da dare ai tecnici forenci per spiegare le domande sulla scena del crimine. Tony osservl nello specchio Parks tornare al suo posto precedente al centro del palco, dove la copertura non era ottimale ma era disponibile e più vicina al suo obiettivo, e si azzardò a sbirciare oltre il bordo mentre il guardiamarina si concentrava sul suo percorso lontano dalla botola per il momento. Nel farlo, l’occhio di DiNozzo colse un movimento minimo e sorrise apertamente nel vedere Max scivolare fulminea in posizione sulla passatoia delle luci disposta come una griglia al di sopra del palco.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:15 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Foyer a sinistra.

   
   Aveva trovato un tavolo che aveva l’aria di poter sostenere il suo peso. Uno di quelli solidi, risalenti a prima dell’Onda, lunghi e pieghevoli, che aveva certamente visto giorni migliori e avrebbe potuto facilmente sia collassare mentre ci si fosse trasferito sia reggere. Ma era l’unica cosa che avrebbe fornito a Logan l’altezza aggiuntiva e la leva necessaria per arrivare alla finestra.
   Quello, e il paletto di recinzione che aveva trovato e si era portato in grembo dall’altra parte della stanzetta; avrebbe dovuto essercene più di uno, visto che le corde divisorie di velluto che li avevano un tempo tenuti insieme necessitavano di almeno due pali per essere rette. E due gli avrebbero permesso un’ottima visuale - vista la base solida e stabile che aveva questa, e l’altezza giusta, avrebbe potuto sollevarcisi abbastanza in fretta. Ma il tempo era poco e ne aveva trovata una sola, per cui avrebbe dovuto accontentarsi.
   Poggiato il paletto contro il muro, rimuovendo parte della vernice sbucciata nel farlo, fece una pausa, la sua attenzione attratta da qualcosa fuori. Anche da lì, Logan sentì le grida soffocate che venivano dall’area del palco e si sbrigò a mettersi in posizione per vedere ciò che poteva di ciò che accadeva nel teatro. La voce che sentiva più chiaramente, a lui sconosciuta, doveva essere di Parks, rifletté; doveva essere perché lui era fuori sul palco come Bling aveva sperato. Era difficile sentire l’altra, ma pensò fosse quella di Tony - suo cugino doveva aver raggiunto gli altri, allora…
   Ma Parks suonava disperato, instabile. Anche solo per soddisfare il proprio bisogno di vedere cosa stesse accadendo, Logan spinse con forza la sedia più vicino possibile e iniziò lo scomodo trasferimento sulla superficie non troppo stabile.
   Sentendola ondeggiare per il movimento, Logan indietreggiò ancora un po’ sul tavolo, nel modo più agile che poté, ad ancora qualche centimetro dal suo obiettivo. Allungando la mano verso l’alto verso il bordo sottile che permetteva a stento alla sua mano destra una presa decente, e afferrando il paletto con la sinistra, si spinse in su verso la finestra, finalmente, per sbirciare fuori e vedere se qualcosa del palco fosse visibile…
   Tutto quel lavoro per nulla; non c’era nessuno in vista, nemmeno Parka, solo qualche strano oggetto impilato al centro del palco. Allungo il collo per vedere meglio, ansimando per la fatica, lo sforzo sprecato amaro…
   … finché un movimento colse il suo sguardo, da fuori al palco, nella platea. Un movimento, qualcosa che si stendeva, quasi… e uno spostamento deciso verso il palco.
   Quasi cadde nella fretta di tornare sulla sedia, di tornare fuori, tornare dove erano gli altri, inconsapevoli… Se mai era stato il momento di riuscire, spronò se stesso, questo era il momento.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:16 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Al centro del palco.

   
   « Allora cosa ti ha fatto Halladay, Parks? A lui non hai mai dato l’oppostunità di dirti niente… »
   « Non importava ». La voce del guardiamarina era scesa, il suo tono molto più concentrato - molto più controllato - di prima, e DiNozzo sapeva di avere appena qualche momento, ormai. « Era il partner di papà, la sua altra metà, quando la squadra doveva dividersi in coppie. L’unico modo in cui avrebbe potuto non essere responsabile era se fosse morto anche lui. È sopravvissuto, quindi… » La voce cambiò di nuovo posizione, ansimante mentre prendeva posto « Quindi è responsabile. L’ho lasciato morire… »
   Accovacciandosi sulla scala, flettendo le ginocchia nuovamente perché fossero sciolte e pronte a muoversi in fretta, Tony si chinò di nuovo per guardare nello specchietto, poi alzò lo sguardo verso Max, facile da notare lì sopra. Attirò la sua attenzione con un cenno e, quando lei lo guardò, mimò se stesso salire sul palco. Lei annuì e si voltò per controllare e immediatamente alzò una mano per dirgli di aspettare. Continuò a scuotere la testa lentamente, impedendogli di salire, per ora.
   « Cazzate! » gridò Tony dal tunnel per provocare il guardiamarina, voleva essere lui a controllare la danza. « Tuo padre ha scelto la via d’uscita facile, Parks! Non riusciva a sopportare la pressione… è lui ad essere in debito verso Halladay, e Palmer, e Ingrum… »
   Dalla sua posizione sulla passatoia, Max lanciò un’occhiataccia a Tony e a gesti gli comunicò la sua sorpresa per il modo in cui stava spingendo prima che lei potesse farlo uscire dalla sua tana. Si appostò pronta a lanciarsi se Parks fosse uscito di corsa verso di loro…
   Ma funzionò - e la rabbia tornò. Qualunque concentrazione avesse Gregory scivolò via, e lui gemette, come in preda al dolore, balzando fuori dal suo nascondiglio. « No, maledetto! » Scattò alla cieca verso il suono, la mira presa a stento; Max corse per qualche metro e saltò descrivendo un’aggraziata parabola, colpendo alle spalle il guardiamarina coi piedi e mandandolo steso a terra mentre il fucile gli scappava di mano.
   Vedendola lanciarsi da quella che sembrava una distanza pericolosa, Tony fu in piedi in un attimo e corse dall’altra parte del palco per bloccare Parks e, immaginò, vedere quale caviglia o altro osso Max sarebbe riuscita a rompersi. Con suo sommo stupore, dopo aver atterrato rumorosamente Parks, la ragazza piegò le gambe sotto il suo corpo e atterrò quasi silenziosamente accovacciata, e si alzò facilmente in piedi di nuovo per muoversi con grazia dall’altra parte del corpo steso, guardando DiNozzo interrogativa. « Tu sei davvero un cowboy, vero? » si lagnò.
   « Io? E cos’era quella cosa da circo? »
   « Ti ho tenuto il culo al sicuro » rispose lei sollevando un sopracciglio, in attesa.
   E proprio come avrebbe fatto Logan, Tony sbatté le palpebre. Ridacchiando, ammise « Sì, è vero. Grazie ».
   Si voltò e vide Bling spuntare dal tunnel per venire vicino a loro al centro del palco, mentre osservavano Parks borbottante e arrabbiato. Tony tirò fuori le manette e lasciò che Max lo aiutasse a mantenere il giovane fermo mentre si inginocchiava accanto al guardiamarina che si dimenava. Facendogli scattare le manette su un polso e tirandogli il braccio dietro la schiena, Tony sospirò « Dacci un taglio, ragazzo - farà solo male se cerchi di lottare ». Mentre Bling si voltava per guardare verso le file di posti a sedere che si stendevano verso l’altro lontano da loro, e Max si spostava per seguire il suo sguardo, Tony si concentrò sull’afferrare l’altro braccio, agitato per la frustrazione, e con destrezza gli unì i polsi. « Ascoltami, Parks; concentrati - hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirai potrà essere usata… »
   Improvvisamente risuonò un singolo sparo e Bling ruotò su se stesso, colpito, e crollò sul palco.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   
   

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Capitolo 11
*** Nuove risposte, vecchi segreti ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Lo stesso di sempre. Non posseggo, non guadagno (e non mi illudo…)
   
   

Nuove risposte, vecchi segreti


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:16 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Foyer a sinistra.

   
   Logan svoltò fuori dal passaggio verso un’uscita laterale che ricordava di aver notato in precedenza, una porta che conduceva a metà dell’area destinata al pubblico. Fu sollevato per averla trovata - non voleva dover tornare indietro fino al palco e perdere tempo - e riuscì, dopo varie spallate, a liberare la porta dalle cerniere arruginite e aprirla.
   Ma l’uscita portò Logan al di là di un recinto di metallo che circondava il perimetro della platea e che era una cosa intricata di filo e piastre di metallo intrecciati nelle aperture - e che gli tagliava non solo la strada, ma anche la visuale. Sperando ardentemente di trovare una breccia nella barriera, avanzò nell’erba seguendo la discesa dolce lungo il recinto che costeggiava le file di posti a sedere, alla ricerca di un modo per guardare dentro mentre pensava a un modo per entrare, sperando follemente che il decadimento post-Onda avesse colpito anche lì.
   E vide una piccola apertura, un punto in cui il recinto si era staccato dal paletto di metallo che la reggeva. Fermandosi per afferrare la parte libera, e sapendo di non poterci mettere molta potenza - visto che gli mancava la forza negli addominali per tirare o i muscoli della gambe per fare leva - cercò di forzare l’apertura verso l’alto, la spalla sotto le piastre di metallo e gli addominali e il braccio per aiutarsi a spingere con la spalla, mentre l’altra mano manovrava la sedia nel passaggio.
   Al risuonare del singolo colpo di arma da fuoco dall’interno dell’arena, riuscì a passare attraverso l’apertura che era riuscito a creare, ignorando il graffiare del metallo libero sul viso e le mani.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:19 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Sul palco.

   
   « A terra! » Al risuonare del colpo di arma da fuoco, Tony stava già abbaiando ordini e si stava gettando sul pavimento, i riflessi affinati da troppi momenti simili. Stese un braccio per proteggere Max, ma lei si era mossa in modo ancora più veloce e Tony si gettò con lei su Parks, già steso a terra. Il tempo sembrò allungarsi mentre rivolgeva lo sguardo verso Max per vedere se stesse bene, stabilendo un contatto. Lei gli restituì lo sguardo, con l’aria di stare a sua volta valutando la situazione prima di muoversi rapidamente verso dove giaceva Bling, per coprirlo e parlargli a bassa voce, mentre esaminava la platea.
   Accortosi che il guardiamarina non era stato colpito, anche Tony si mosse verso Bling - aveva visto l’impatto e temeva fosse stato al petto, sperava fosse alla spalla. Fu sollevato nel vedere che si muoveva - con una smorfia; stava parlando con Max mentre Tony si avicinava. La ferita di entrataera visibile attraverso la giacca, una macchia di rosso scuro sulla spalla e sul petto che si espandeva lentamente, il che fece pensare a Tony che avesse evitato polmoni, cuore o arterie.
   « Tieni, Bling ». Max si sfilò rapidamente la propria giacca per togliersi la maglia spessa che portava sotto, il che la lasciò con una leggera canottiera nel freddo di febbraio. Dandogli la camicia disse « Usa questa per fare pressione sulla ferita - lo so che farà un male cane, ma sai questa roba meglio di me. Ti portiamo via da qui tra un minuto… » Si reinfilò la giacca e ne chiuse la zip, pragmatica. Concentrata nuovamente sulla platea per vedere ciò che poteva, non aveva notato l’improvvisa pausa di Tony…
   Perché, nonostante il caos del momento, fu solo in quel momento che Tony si era bloccato, quando aveva compreso ciò che pensava di aver visto quando Max si era tolta la maglietta, i capelli scostati per un istante…
   … avrebbe spiegato molte cose.
    Deglutendo e riscuotendosi per tornare ai problemi più immediati, Tony lasciò Bling a Max e si voltò. Accovacciato, si sposto attraverso il palco verso l’arco del proscenio a destra. Da dietro la parete al lato del palco, Tony poté raddrizzarsi per sbirciare verso i sedili da cui era partito il colpo. Muovendosi con cautella per sporgersi ancora, Tony scorse improvvisamente la forma rannicchiata che barcollava lungo la fila di sedili e gemeva come ubriaca, come se fosse stata lei ad essere stata colpita. E improvvisamente, il volto della vedova che Tony sapeva stava nascondendo qualcosa si voltò verso di lui.
   « Gayle! » gridò concentrandosi sulla donna con la pistola mentre tirava fuori la propria per essere pronto in caso lei l’avesse sollevata, sentendo la frustrazione mentre la donna si abbassava dietro la fila di sedili che, da quella distanza, sarebbero bastati a deviare un colpo dal suo obiettivo. « Getta l’arma! Tuo figlio è qui - vuoi colpirlo di nuovo? » Mentre gridava, notò due cose: suo cugino era comparso in piena portata di tiro dietro di lei - un altro bersaglio facile per quella famiglia lunatica - e sopra di lui una forma con una giacca nera stava correndo verso il bordo del palco verso la passatoia in alto.
   Dato ciò che aveva appena visto, sospettava di sapere cosa Max avesse in mente.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:19 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Foyer a sinistra.

   
   Nonostante il rumore che aveva provocato, Logan vide che la figura non si era voltata, quindi o non sapeva che lui era lì o non gliene importava. Mentre si affrettava a liberare la manica e la gamba dei pantaloni dalle punte di metallo piegate, sentì una voce di donna gridare verso gli altri, ondeggiando in maniera strana lungo le la seconda o terza fila di sedili e abbassarsi dietro la sedia davanti a lei come scudo. Sapendo che doveva avanzare per riuscire ad avere una buona linea di tiro - e sapendo di non avere copertura, se lei si fosse voltata, prese un respiro profondo e si spinse verso il corridoio laterale verso i lunghi scalini a terrazza che scendevano di venti centimetri ogni tre metri.
   Si sollevò sulle ruote posteriori per scendere il primo gradino, atterrando bruscamente ma con un equilibrio decente. Ancora due e sarebbe stato abbastanza vicino da scagliarsi verso il corridoio centrale da cui avrebbe avuto una buona linea di tiro. Rifiutò di pensare a cosa stesse accadendo al di là della donna nell’arena; aveva sentito Tony urlare una volta dopo lo sparo, ma nessun altro, nemmeno Tony una seconda volta. Attraversò i tre metri e scese di nuovo, atterrando ancor più bruscamente e quasi cadendo dalla sedia. Ringhiando risolutamente, avanzò ancora, e la sedia atterrò più bruscamente a destra che a sinistra, e improvvisamente fu più difficile spingerla - il cerchio della ruota aveva pagato le conseguenze della violenza. La figura si voltò verso di lui, esitante; lui si fermò, la mano vicina alla pistola. Ma la voce di Tony chiamò di nuovo e lei si voltò.
   Più rapidamente che poté, Logan raggiunse il centro della platea e si mosse dietro la donna accovacciata. Ancora non riusciva a vedere nessuno sul palco, e pregava che nessuno fosse stato colpito. Non riusciva a capire cosa dcesse la donna, ma chiaramente avrebbero dovuto starsene piatti sul palco per non essere facili bersagli della donna - e lei di nuovo sollevò la pistola. In qualsiasi altra situazione avrebbe gridato, le avrebbe detto di gettarla, le avrebbe dato una possibilità. Ma non con quelle tre persone di fronte a lei. Non con una sola di loro, e di certo non con tutte e tre.
   Sollevò l’arma; sparò e il proiettile mancò il bersaglio. Come al rallentatore, la vide iniziare a voltarsi verso di lui e prese con cura la mira verso il suo petto, la parte più ampia del bersaglio. Lei fu colpita; crollò in ginocchio, di lato, ma non cadde. Logan mantenne gli occhi e la pistola su di lei, ma esitò; sentì Tony gridargli di resistere e quasi prima che le parole fossero pronunciate, vide il lampo di nero che era Max che si gettava da sopra al palco verso la platea, accanto alla donna. Osservò, allungando il collo, per rassicurare se stesso che Max fosse illesa come sembrava. La ragazza si avvicinò alla donna e allontanò la pistola dalla sua mano, la tirò indietro per farla appoggiare ai sedili, il viso quasi verso Logan. Mentre le strappava il soprabito aperto per strapparne qualche striscia di stoffa, Max alzò il viso verso l’uomo che la fissava e gli chiese « Logan? Stai bene? »
   Lui annuì, il sollievo che provava per lei a scaldarlo quando vide e sentì Max che era… Max. rapidamente, lei legò le mani della donna ad una gamba della sedia dietro di lei e si voltò per salire di corsa i gradini fino a lui.
   « Max » esalò lui, ancora in ansia per gli altri. « Come stanno gli altri - Bling? Tony? È stato ferito qualcuno? »
   « Bling è stato colpito » rispose lei con voce calma. « Alla spalla o da quelle parti, ma è rimasto cosciente per tutto il tempo e non c’è perdita di sangue anomala. Nessun segno di emorragia interna. Ho sentito Tony chiamare Matt proprio ora, stanno arrivando. E mandano un’ambulanza ».
   « Un ambulanza ci metterà una vita. Max, tu vai - portalo al Metro Medical. Matt capirà, ed è meglio che tu non resti coinvolta in un’indagine… » I suoi occhi verdi supplicavano, per varie ragioni. « Vai… prendi la mia auto… » Iniziò a cercare le chiavi.
   « No, prenderò quella di Bling - so dov’è e tu e Tony avrete la tua per tornare ». Esitò per appena un altro momento per rivolgergli uno sguardo pieno di speranza. « Starà bene, Logan; starà benissimo, ed è finita ».
   Lui finalmente annuì e riuscì a sorriderele debolmente. « Lo so - grazie, Max. È meglio che tu vada… »
   Annuendo in fretta, lei si voltò e in un lampo era sparita su per il palco. Logan tornò a guardre la donna legata a variefile di distanza e la vide rivolgergli un’occhiataccia; ora era disarmata e aveva capito da ciò che le aveva detto Max che l’uomo non avrebbe avuto alcun problema a spararle di nuovo se avesse cercato di andarsene prima dell’arrivo della polizia. Rabbrividì lievemente, realizzando che Max aveva ragione, era davvero finita. Se Bling era cosciente, parlava, non sanguinava troppo e non mostrava segni di coinvolgimento degli organi, erano tutti buoni segni… tuttavia, si sentì sollevato al pensiero che sarebbe stata Max a portarlo al Metro Medical e da Sam, dove si sarebbero presi di uno dei loro.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 11:23 am.
   
   Settore Undici. L’anfiteatro Quay. Sul palco.

   
   Max attraversò al palco fino a dove Bling era mezzo seduto e mezzo poggiato ai pallet, non lontano da Tony. « Logan sta bene » fece rapporto ad entrambi. « Pensa lui alla madre di Parks… lei ha una ferita all’addome e avrà bisogno di cure; è legata ai sedili - non troppo bene, ma Logan la tiene d’occhio e lei non ha troppa voglia di lottare al momento. Bling, ti porto al Meto Medical; ti prendo le chiavi… »
   Lui annuì, le labbra sottili, e si mise una mano in tasca dal lato non feritoo. « Ti aiuto » disse Max avvicinandosi e aggrottando le sopracciglia vedendolo fare una smorfia e sentendolo tremare. Alzò gli occhi. « Tony, credo stia andando in shock ». Si alzò per sflarsi la giacca. « Bling, torno subito con la macchina ». Giacca alla mano, stava iniziando a drappeggiargliela addosso quando Tony si avvicinò e le mise una mano sulla spalla.
   « No, andiamo, Max » la fermò mentre lei stava per chinarsi su Bling e si tolse il cappotto, sorridente, tranquillo. « Quella giacchina così piccola non potrebbe mai tenere caldo un omone come Bling ». Aprì il parka per stenderlo, come una coperta, sull’uomo tremante. « E poi, devi andare… » Alzandosi, le prese la giacca dalle mani e con un sorriso cordiale gliela tenne con fare cavalleresco per fargliela infilare, come se la situazione fosse roba da tutti i giorni.
   Beh, lo è per lui, pensò Max restituendogli brevemente il sorriso e girandosi per infilare la giacca. Mentre le stava in piedi accanto, lei infilò le braccia nella giacca e, come Tony aveva sperato, si sollevò i capelli e scoprì il collo - e gli occhi di lui caddero nel posto esatto in cui dovevano per confermare il momentaneo flash di prima del tatuaggio - righe nere verticali sulla nuca…
   Fu come se si fosse improvvisamente ricordata di fosse lei - ricordata chi fosse lui - e Max si voltò in fretta trattenendo il respiro, i suoi occhi scuri che cercavano in quelli di lui, apprensiva. Ma tutto ciò che vide fu il tipico sorriso DiNozzo, pieno di fascino, e si ricosse. Stai scivolando, Max, si rimproverò. Anche con tutto questo… non puoi mai sentirti così a tuo agio da scivolare.
   Il momento successivo era nel tunnel, correndo per portare l’auto di Bling più vicina possibile, sentendo le sirene che si avvicinavano. Accelerando ancora, rifletté che ci era andata troppo vicina con Tony e si spinse a ricordare cosa sarebbe stata un’altra scivolata simile.
   Ma mentre Tony si voltava verso il prigioniero ammanettato, tenendo un occhio anche su Bling, non erano i due uomini sul palco che vedeva davvero. Vedeva il passato e il presente che immaginava per Max… cosa doveva aver passato… cosa doveva affrontare, anche ora… si chiese come avesse conosciuto suo cugino… e nemmeno per un momento dubitò che suo cugino fosse più che consapevole di quanto… speciale… fosse per davvero la sua adorata Max.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 12:11 pm.
   
   DIPARTIMENTO DI POLIZIA DI SEATTLE, DIVISIONE CENTRALE.

   
   Tony era in piedi alla scrivania accanto alla finestra e parlava al cellulare mentre guardava fuori; le sue parole e comportamento fecero capire a Matt che era impegnato nel classico rituale di un poliziotto: stava facendo rapporto al Grande Capo. Matt sogghignò. Anche i federali speciali come l’NCIS devono mettersi in fila per la verifica, notò. Era scontato che Logan avesse un poliziotto in famiglia, rifletté ridacchiando ancora per quanto i due cugini si somigliassero - e quando fossero diversi. O magari si somigliavano in più modi di quanti loro stessi sospettassero. Si avvicinò al cugino più grande mentre questo chiudeva la chiamata.
   « Ehi, Matt » iniziò Tony prima che Sung avesse modo di parlare. « Senti, siete stati grandiosi con tutta la situazione. Apprezzo molto come avete organizzato tutto - tra l’ufficio del procuratore distrettuale, gli sceriffi federali, i miei che chiamano… so che non vi servono anche i federali tra i piedi ».
   Matt ridacchiò. « Allora, eri poliziotto prima di entrare all’NCIS? »
   « Peoria, poi Baltimora » sorrise Tony. « E così vicini al District, cavolo, i federali ci alitavano sul collo sette giorni la settimana ». Quando Matt ridacchio, Tony prese una decisione e disse « Voi ragazzi vi siete occupati per me di tutte le scartoffie per il trafserimento, Parks aspetta l’avvocato e mammina è nel post-operatorio e sta al meglio possibile. Logan è in ospedale per vedere Bling » si alzò e mise il cellulare in tasca, « e io ho voglia di un buon caffè. Seattle è ancora il posto migliore per un bel caffè, vero? »
   Matt annuì, le sopracciglia che si sollevavano un po’, curioso. « Così mi dicono tutti i federali ».
   Tony rise. « Andiamo, allora - offro io » sorrise, a suo agio, « così allevierò i miei sensi di colpa per aver lasciato Baltimora per i federali ».
   « Ci sto » sorrise Matt. « Fammi firmare l’uscita ».
   Tony annuì e osservò il detective avvicinarsi alla bacheca davanti alla sala squadre e segnare che usciva dalla stazione. Il suo sorriso scemò un poco mentre rifletteva su come fare ciò che doveva. Avrebbe fatto appello alla connessione “fratelli in divisa”, provato a far rispondere Matt ad alcune domande senza che lui se ne accorgesse…
   Dopo appena venti ore con suo cugino, Tony era assolutamente preoccupato per ciò in cui Logan si era invischiato. Era follemente preocupato che il “giornalista” stesse facendo qualcosa di illegale, ma non riusciva a convincersi a crederci; aveva paura di scoprire qualcosa su Logan che avrebbe avuto il dovere di riferire, ma aveva ancora più paura di lasciar perdere e non poter prevenire qualcosa che sarebbe accaduto. Corse il rischio di far sospettare a Matt qualcosa su Logan, ma sapeva che i due avevano un qualche rapporto di lavoro che - Tony pregava - significasse che ciò che faceva Logan fosse legale. Sperò che Matt fosse un poliziotto onesto come sembrava, e non invischiato a sua volta in quello che facevano. Ma probabilmente, più di qualsiasi cosa… Tony era semplicemente pieno di curiosità da poliziotto quando il suo radar tintinnava, stavolta sul suo cuginetto. Se avesse dovuto prendere Logan a calci per riportarlo sulla retta via, lo avrebbe fato - e si sarebbe preoccupato dei suoi “doveri” professionali dopo.
   Matt tornò e suggerì una caffetteria un isolato più avanti, e i due uomini decisero di percorrere la breve distanza a piedi. Tony raccontò ancora a Matt del caso; Matt raccontò a Tony del procuratore federale di zona. Entrambi si lamentarono dei giudici che dovevano firmare loro i mandati e si scambiarono qualche aneddoto su come avevano dovuto trovare abbastanza prove per farli contenti e furono d’accordo che per alcuni giudici “indizio di colpevolezza” significava più o meno trovare un segnale sul petto del sospettato con scritto “sono stato io”.
   E per quando furono nella caffetteria, caffè in mano e seduti ad un tavolino isolato, erano perfettamente a proprio agio nel parlare. Dieci minuti dopo, Tony affrontò l’argomento con più onestà che poté.
   « Matt, senti… confesso che avevo un altro ovvio motivo per il caffè ». Il suo sguardo di scuse era sentito, anche se non avrebbe potuto essere del tutto sincero con Matt. Sapeva che il detective avrebbe capito. « Devi sapere che sono preoccupato per Logan. Non sono qui nemmeno da un giorno e l’ho visto battere la città alla ricerca di un serial killer, farsi sparare addosso, chiedere un mandato di cattura - e a quanto pare ottenerlo… » Tony non stava cercando di ricordare a Matt quanto fosse estesa la sua autorità, non per davvero… ma se Matt avesse ricordato che un agente federale avrebbe avuto qualcosa da dire su un civile che ordinava l’abuso delle risorse della polizia… Prese un respiro profondo e ricordò a se stesso che doveva restare amichevole. « Sarei stato preoccupato già prima. Ma ora… » Deglutì, rapito per un momento dal ricordo di Logan intrappolato nella propria casa, aspettando che Max vedesse che la sua sedia era fuori portata… « Nonostante quanto voglia negarlo, un civile paraplegico senza addestramento è un incidente che aspetta di accadere ». Tony si accorse che stava fissando il proprio caffè soprappensiero e alzò lo sguardo negli occhi di Sung. « Logan significa molto per me - e questo mi fa cagare sotto per lui. E il pensiero che possa essere invischiato in qualcosa che non dovrebbe… » Scoprì le sue carte ora, non c’era altro modo di ottenere da Matt ciò che voleva. « Mi incazzerò con lui, se dovrò; gli farò una valigia e me lo porterò nel District dove potrò tenerlo d’occhio… qualsiasi cosa serva, Matt. Ma sono spaventato a morte all’idea di chiedergli cosa sta facendo. Quindi lo chiedo a te, visto che, chiaramente, lavorate insieme… » Di nuovo, gli stava ricordando fino a dove poteva arrivare, in modo che non ci fossero ripercussioni per suo cugino? « È invischiato in qualcosa in cui non dovrebbe? »
   Lo sguardo sul viso di Matt rassicurò subito Tony che i suoi istinti fossero stati giusti a farlo fidare del detective. « No. Probabilmente è l’unico in città che sta facendo ciò che dovrebbe - ciò che qualsiasi uomo giusto dovrebbe fare ». La bocca di Matt si piegò in un sorriso d’intesa. « A volte può essere abbastanza ingenuo… ha quel senso di indignazione morale da ragazzino ricco per i poveri e per chi non ha diritti - o almeno è così che lo vidi quando lo conobbi, tipo, cinque anni fa? Pensai che gli sarebbe passata in fretta, ma… non è successo. Non in tutto il tempo da quando lo conosco. Nemmeno dopo che gli hanno sparato mentre cercava di proteggere un testimone ». Matt scosse la testa. « È davvero un innocente, in un certo senso, che vuole che il mondo sia giusto e corretto. E, maledizione, ma è un’ispirazione avere qualcuno intorno che sappia essere così testardo e ancora creda nell’umanità ». Matt bevve un lungo sorso del suo caffè, e fece una pausa per ridere, mestamente. « Se c’è una cosa che lo fa mettere nei guai è questa: la sua determinazione a farsi avanti e fare qualcosa per rendere il mondo un posto migliore, anche da solo ».
   « Da giornalista? » si azzardò ad avanzare Tony.
   Gli occhi di Matt tremolarono con una leggera diffidenza. « Quello… e… buttarsi, quando gli indizi di una storia lo portano oltre la storia, torti da raddrizzare, orfani da salvare… soffiate da fare ».
   Tony interpretò la diffidenza come un tentativo di Matt di proteggere suo cugino - e, sprando di avere ragione, insistette « Maledizione, Matt, è un civile - e uno che avrebbe dovuto imparare la lezione, dopo essersi fatto sparare addosso l’anno scorso! Cos’è che sta facendo, gioca a guardie e ladri? » Improvvisamente sperò che fosse solo quello, che suo cugino fosse solo una versione ricca e ben equipaggiata di quello in cui tutti i poliziotti incappavano prima o poi: un civile che vuole fare il poliziotto.
   « Non proprio ». Matt distolse lo sguardo, e Tony percepì subito che stava cercando di evitare i suoi occhi. « È… » Matt fece una pausa, poi tornò a guardare Tony. « È parte delle indagini. È solo più coinvolto, immagino; quell’intenzione di “fare la cosa giusta” e quella sensazione che ora come ora la polizia non può essere ovunque… e… » Matt sospirò e ammise « non sempre ci si può fidare ».
   Tony si accigliò. « Il tuo dipartimento? »
   Matt annuì. « Siamo più o meno cinquanta e cinquanta, ora, metà poliziotti bravi, onesti, affidabili, che sai si comporteranno come ti serve… e l’altra metà… no. Alcuni corrotti, altri che abusano del proprio potere sui cittadini, altri ancora solo culi pigri in uniforme, altri pericolosi. Ma sta migliorando - quelli davvero cattivi sono fuori, e stiamo pian piano lavorando per tornare ad essere più rispettabili. Logan lo sa, e… visto che le sue capacità investigative sono state d’aiuto, a volte ci dà delle informazioni, o… si fa coinvolgere in prima persona ».
   « Quanto è sicuro? »
   « Non troppo. Quanto è stato sicuro oggi? » lo sfidò Matt. « E quanto hai dovuto lottare con lui perché lasciasse che te ne occupassi tu prima di arrenderti? » DiNozzo aveva uno sguardo colpevole, e Matt ridacchiò. « Più facile a dirsi che a farsi ». Finì il proprio caffè e posò la tazza. « Quanti personaggi della letteratura hanno fatto lo stesso - la Primula Rossa? Don Chisciotte? Batman? Ragazzini ricchi che vogliono fare la differenza… Quanto è male? E perché credi che siano classici della letteratura? »
   « Ma questo non è un personaggio - è mio cugino… » Tony scosse la testa frustrato. « Su una sedia a rotelle. Niente Batmobile, solo una Aztek malconcia e sporca. Con controlli manuali, per l’amor di Dio ». Sospirò. « Sai davvero in cosa è coinvolto? Puoi davvero assicurarmi che non è mercato nero - o peggio? »
   « Sì » rispose Matt e addirittura sorrise, tra sé. « Un altro aspetto della sua ingenuità - Logan e io abbiamo lavorato insieme per più di cinque anni, dietro le quinte. Ho visto cosa sa fare, cosa sa… una volta sono anche stato sequestrato con lui da un pazzo che commerciava bambine in cambio di denaro… » Il sorriso di Matt si allargò un poco, in segreto. « Sa che sono un detective e credo pensi che non sono male. Eppure, dopo tutto questo tempo, crede ancora che non l’abbia scoperto… » Ora Matt rise apertamente, godendosi il suo segreto. « Sì, Tony, so esattamente cosa sta facendo, anche se lui non se ne rende conto, e posso dirtelo chiaramente: devi essere fiero di Logan Cale ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 12:50 pm.
   
   METRO MEDICAL.

   
   « Logan! »
   Cale alzò lo sguardo e vide la preoccupazione negli occhi di Max mentre si avvicinava di corsa a lui, vide che aveva bisogno di vedere se lui stesse bene. Incapace di trovare le parole, le restituì lo sguardo e annuì, sperando fosse abbastanza, per il momento. Non si fidava della propria voce.
   Logan aveva accompagnato Tony alla stazione di polizia per incontrare Matt e gli agenti che avevano in custodia Parks e sua madre, ed era venuto direttamente al Metro Medical. Per quando era arrivato ed entrato, Bling era stato già portato in sala operatoria; ci volle un po’, ma alla fine aveva trovato qualcuno che lo aggiornasse sulle condizioni di Bling. Logan fu in qualche modo sollevato nel sapere che Sam era dentro con lui e assisteva; anche se si trattava più dell’area di interesse di un chirurgo ortopedico che di un neurochirurgo, Sam era un amico suo e di Bling e avrebbe tenuto d’occhio la situazione in sala. Se fossero stati scoperti danni ai nervi, avrebbe dato una mano dove necessario. Logan aveva affidato più di una volta la sua vita a Sam, dopo essere capitato tra i suoi pazienti per caso - e sapeva che Bling era nelle mani migliori. Tuttavia… questo non rendeva la ferita del suo amico meno reale e, sebbene non pericolosa per la sua vita, avrebbe comunque potuto influire sul suo lavoro. Logan giurò in quel momento che non gli importava cosa sarebbe successo, che Bling avrebbe avuto un lavoro con lui fino a che entrambi loro avessero respirato, finché Bling fosse voluto rimanere.
   Max se n’era andata per quando Logan era arrivato, era andata al lavoro. Una volta che fu nell’area di attesa, gli arrivò una nota scritta di fretta e lasciata per lui all’accettazione del reparto chirurgia. Ma sarebbe tornata - e mentre alzava gli occhi su di lei, vide la preoccupazione trasformarsi di apprensione. « Logan, sei ferito! » Si avvicinò per posare le sue vita sul braccio di lui, lungo la larga striscia di sangue che ogni tanto filtrava attraverso la manica stappata della giacca, probabilmente ogni volta che doveva spostarsi. « Come ha fatto… ha colpito anche te? » cercò di capire.
   « No » rispose lui arrossendo. « Ero di fretta e la scorciatoia che ho trovato aveva degli ostacoli… » minimizzò. « Non è grave ».
   « Non solo la spalla, uh? » Max alzò lo sguardo sul viso di lui e spostò il suo tocco gentile alle abbrasioni che gli vide sullo zigomo, ora anche un po’ scolorito. « Stai bene? »
   Logan sapeva che la ragazza non si riferiva solo ai graffi e fece spallucce, distogliendo lo sguardo, fissando il pavimento davanti a sé ma senza vedere nulla. « Starò bene, quando mi diranno che Bling starà bene ».
   « Lo so ». Si sedette su una sedia vicina, la sua peroccupazione era quasi maggiore per Logan che per Bling, visto che sapeva chi dei due stava ricevendo le cure in quel momento. « Beh, magari, visto che sarai qui in ogni caso per aspettare lui, potrebbero dare un’occhiata anche a te - sai, pulire i graffi… magari ti servono un paio di punti ».
   « Sto bene » mormorò lui testardamente.
   La sentì sospirare e dopo una pausa dire con voce piccola e flebile « Sì, lo so ».
   Al suo tono di stanca accettazione, Logan si voltò a guardare la sua espressione e finalmente vide tutto - la preoccupazione, la sua presenza… quello sguardo nei suoi occhi… e per una volta, Logan Cale cedette.
   « Immagino che… visto che sarò comunque qui… »
   Fu ricompensato con un leggero sorriso di apprezzamento e Max si alzò. « Li avverto ». Si voltò per andare al banco delle infermiere. Dopo uno o due passi, perl, si girò per sedersi di nuovo accanto a lui, di nuovo preoccupata. « Logan… lo sai, se avessi potuto chiamarti, farti sapere… » Cercò nei suoi occhi verdi la comprensione, vide la preoccupazione e la stanchezza che iniziavano a farsi sentire. « Una volta trovato Bling, mi ha chiesto di scegliere - sarei potuta andare con lui se non te l’avessi detto… »
   Vide un lieve luccichio di calore in mezzo alla preoccupazione, e fu sollevata dalle sue parole gentili e sorriso dolce. « Lo so, Max, è quello che mi aspettavo da Bling. E sono contento che fossi lì per coprirgli le spalle ».
   « Tony ha coperto le spalle a entrambi - non farmi dimenticare di raccontarti tutto, una volta che sarà tutto a posto qui ». Lo toccò di nuovo con gentilezza, la mano di lei a coprire brevemente quella di lui, prima di alzarsi per cercare qualcuno che potesse dare un’occhiata ai tagli e graffi.
   Logan la osservò; gli eventi iniziavano a sopraffarlo, mentre Max avanzava con sicurezza lungo il corridoio, i movimenti morbidi e languidi. Da solo coi suoi pensieri, Logan riesaminò le ultime ore, chiedendosi se avrebbero potuto evitare il dolore causato quella mattina… e riconobbe finalmente che erano riusciti ad evitare che le cose andassero molto, molto peggio.
   Il suo cellulare squillò; lo tirò fuori, senza pensare, e trasalì un poco al momentaneo dolore che sentì al braccio. « Sì » rispose brevemente.
   « Ehi, sono Tony » rispose la voce nuovamente familiare. « Come sta Bling? »
   « È in sala operatoria - non è in pericolo; è un buon candidato all’operazione, solo che non sanno fino a che punto ci siano stati danni, se sono coinvolti i nervi o quanto lo siano muscolo e tendini… »
   « È una cosa buona; migliore dell’alternativa, no? » pressò Tony.
   « Sì ». Logan sentì un sorriso sbocciare di fronte al continuo ottimismo del cugino. « Dal tuo lato, invece? Tu e Matt avete risolto le cose? »
   « Sì. E comunque ha annullato il mandato su Bling appena lo abbiamo chiamato dalla Quay ».
   « Bene; ringrazialo da parte mia ». Logan ricordava a stento la richiesta, gli sembrava come se fosse accaduta giorni prima, non ore. « E il caso? » Alzò gli occhi e vide Max avvicinarsi con passo sicuro a lui e sedersi di nuovo sulla sedia di plastica vicina; le mimò con la bocca « Tony ». Lei annuì e gli sorrise, e lui si rese conto che avrebbe potuto capirlo facilmente senza il suo aiuto - e sentì una calda contentezza per il fatto che la ragazza aveva probabilmente aspettato che lui glielo dicesse.
   « Beh, Parks e io abbiamo fatto una bella chiacchierata » stava spiegando Tony, « e mi ha detto un po’ di cose prima di pensare a chiedere un avvocato. Quindi… basta interrogatori finché non vede il legale. Vedrò mammina da uno o due giorni ».
   Logan annuì, realizzando che dopo quattro giorni di surreale tensione e paura per il suo amico, la vita stava improvvisamente iniziando a tornare alla normalità, e suo cugino sarebbe tornato in aereo a casa, a un continente di distanza. Una coltellata di amara tristezza lo colpì, l’anticipazione della perdita, ma la ingoiò e decise di non mostrarla. « Allora… tornerai presto a casa, probabilmente… » Bel lavoro, Logan, si rimproverò per il suo tentativo. Sembravi un bimbo abbandonato… Evitò con cura gli occhi di Max; non voleva sapere come era suonato alle orecchie di lei…
   Ma se Tony lo notò, non disse nulla. La sua voce, però, era ancora carica di allegria. « In realtà, l’ufficio del procuratore era molto interessato all’idea di occuparsi delle accuse per tutti e due, visto che ha dei testimoni oculari per gli eventi - e i miei si stanno occupando dei mandati di perquisizione a Bradenton e Annapolis proprio ora. Una volta che tutti i particolari saranno inviati a Houston e Indianapolis, Parks verrà incriminato anche da lì, probabilmente, e si riuscirà a stabilire che mammina era coinvolta, accadrà lo stesso anche a lei » spiegò. « In questo modo, terranno Parks in custodia lì e ci metteranno anche mammina quando starà abbastanza bene da essere trasferita ». Parlava apertamente, a suo agio, e le speranze di Logan si sollevarono con le sue parole. « Non so per quanto tempo l’ufficio del procuratore avrà bisogno di me qui, ma indipendentemente da quanto riusciremo a fare oggi, ho intenzione di restare e parlare con mammina, quando sarà pronta ad essere interrogata. I suoi medici dicono che non starà troppo bene prima di lunedì ».
   « Lunedì… » ripeté Logan, cercando di tenera a bada il bambino di quattro anno dentro di sé che voleva gridare di trionfo.
   « … quindi speravo avessi un po’ di tempo per il tuo vecchio cugino questo week-end, ora che il lavoro è finito » stava dicendo Tony. « Se non ti dispiace sopportarmi ancora… »
   Logan sorrise nonostante tutto e la sua testa si abbassò per il sollievo, chiuse gli occhi, scosse la testa incredulo. « Credo di poterlo fare ». La sua voce era rauca, ma stavolta non gli importava chi lo avesse sentito.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Sto cercando di mantenere la pubblicazione settimanale, ma ogni tanto non riesco. Spero restiate comunque a seguire questa meravigliosa storia (perché c’è qualcuno che la sta seguendo, lo so u_u). Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 12
*** Una foresta è una famiglia per gli alberi ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: DA e NCIS non sono miei, sono solo presi in prestito e non ne ho tratto profitto
   
   

Una foresta è una famiglia per gli alberi


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 1:25 pm.
   
   METRO MEDICAL.

   
   Dopo un caffè, e dopo un ultimo controllo delle scartoffie e delle tabelle per gli interrogatori e il traserimento di autorità, Matt accompagnò lui stesso Tony all’ospedale, dove l’agente speciale sapeva avrebbe trovato suo cugino ancora a vegliare. Per qualcuno con una tale sfortuna in fatto di famiglia, rifletté Tony, Logan si era trovato una “famiglia” con legami abbastanza forti da rivaleggiare qualsiasi unità biologica. Bling, Max… persino Matt e gli altri che avevano chiamato per aiutarli nella ricerca ne erano parte. Suo cugino si era creato una vita e una casa, nonostante la morsa dei Cale, nonostante l’Onda e la sua condizione e i suoi demoni…
   Tony ne era confortato. Ma non riusciva a fare a meno di chiedersi perché non potesse essere appena un po’ di più… perché Logan non potesse, finalmente, permettere a se stesso di essere felice… Guardandosi intorno per le strade cupe che circondavano quello che era ancora consdierato un ospedale buon distinto, locato nel centro dello squallore che era ancora Seattle, Tony si chiese se fossero l’oscurità e la disperazione della città a pesare su suo cugino.
   Entrando nel reparto d’emergenza, guardò attraverso l’ingresso verso l’area di accesso e si avvicinò al bancone. Mostrando il suo migliore sorriso alla donna attraente che alzò lo sguardo mentre si avvicinava, DiNozzo tirò fuori i propri documenti per ottenere una risposta più rapida. « Salve. Può dirmi dove posso trovare un paziente, Bli… » Si corresse « Bonner Ingrum? È stato portato qui circa due ore fa ».
   Il sorriso di risposta era caloroso. « Vuole dire BL? » Tony annuì e il sorriso si illuminò ulteriormente. « Abbiamo appena saputo che stanno richiudendo e sarà fuori dalla sala operatoria in venti minuti. L’operazione è andata molto bene ». A Tony ricordò ancora una volta l’idea di una famiglia; Bling era parte non solo della piccola famiglia di Logan, ma di una famiglia anche lì - e notò anche che, a quanto pareva, il concetto di riservatezza medico-paziente era poco stretto per gli agenti speciali - o, più probabilmente, per le buone notizie.
   Il suo sorriso si allargò. « Ottimo. La sala d’attesa di chirurgia è qui o…? »
   « Terzo piano, est - Prenda l’ascensore lì » indicò lei, « e svolti a destra appena uscito ». Gli occhi di lei erano carichi di un malizioso divertimento che lo mise a disagio - e la donna non sembrava sul punto di renderlo partecipe della sua fonte di ilarità. Tuttavia, annuì per ringraziare e si voltò per proseguire quando lei lo fermò. « Logan è lì che aspetta… se è chi sta cercando - visto che, chiaramente, conosce anche lui ».
   Comprendendo ora il motivo per il divertimento, tornò a voltarsi verso il bancone e l’attraente brunetta dietro di esso. « Conosce anche lei Logan, allora? »
   La donna annuì. « In effetti, sono quaggiù per tenere d’occhio BL e un altro paio di cose. Di solito lavoro di sopra, in neuro - il medico di Logan è nella nostra ala, e Fisioterapia è la porta appresso. E lei deve essere di famiglia » rise allegramente.
   « Tony DiNozzo - il cugino di Logan » confermò, e il riferimento alla “famiglia” lo divertì ancora una volta. « Ho scelto un pessimo momento per venire in visita, però… Non è stato piacevole vedere che BL è rimasto ferito ».
   « Oh, nemmeno per noi ». La bella fronte della donna si aggrottò al pensiero del reparto fisioterapia, già a corto di fondi, privo del suo capo fisioterapista. « È una cosa terribile accaduta a un uomo così buono. E non sono sicuro di come faranno fino al suo ritorno: i terapisti sono già abbastanza difficili da trovare, oggigiorno, e BL è uno dei migliori ».
   Tony annuì, contento di sentire che Bling fosse bravo nel suo lavoro - e che fosse davvero ciò che diceva di essere, sebbene fosse anche parte del piccolo esercito di Logan - qualunque cosa fosse… « Quindi, pensano che si riprenderà abbastanza da tornare al lavoro, anche con la lesione alla spalla e tutto il resto… »
   La donna annuì. « È stato molto fortunato, il proiettile ha mancato tutte le parti pericolose o difficili da riparare, e non è stato reciso o strappato nulla troppo gravemente da non poter riparare quasi del tutto con l’operazione e qualche settimana di tempo ». Rise di nuovo « Non è il modo in cui a me piacerebbe ottenere una vacanza, ma gli farà bene una pausa, ad ogni modo ».
   Tony annuì, contento delle notizie. Nonostante l’aspetto cupo della città, c’erano decisamente dei punti di luce a Seattle, rifletté. E sembrava che, insieme a tutte le cose brutte che aveva subito negli ultimi anni, Logan aveva trovato anche la sua parte di cose buone.
   Tony annuì per ringraziare. « Beh, grazie, signorina…? »
   « Amanda ».
   « Amanda » ripeté lui allargando il sorriso. « Sono contento di incontrare qualcuno che si prenda cura di BL e mio cugino… »
   « Facciamo ciò che possiamo » disse lei, e i suoi occhi andarono involontariamente all’altoparlante dell’interfono.
   « Dottoressa Collier. Dottoressa Collier, linea due. Dottoressa Collier, linea due ».
   Alzò lo sguardo con un sorriso di scuse. « Mi scusi… Farò meglio ad andare ».
   Il sorriso di lui guizzò e Tony annuì. « Piacere di averla conosciuta, dottoressa Collier ». Si voltò e si diresse agli ascensori, fischiettando senza una melodia. Decisamente c’erano dei punti di luce. E decisamente avevano attirato suo cugino.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 1:35 pm.
   
   METRO MEDICAL. REPARTO CHIRURGIA.

   
   Tony vagò per il terzo piano abbastanza a lungo da trovare la sala d’attesa, ma né Logan né Max. I due membri dello staff all’ufficio informazioni non gli furono d’aiuto, finché una terza, che stava tornando in quel momento dalla pausa pranzo, non sentì la conversazione. Disse a Tony che una giovane donna le aveva chiesto se l’uomo che stava aspettando che Bling uscisse dalla sala operatoria potesse essere controllato da qualcuno; se Tony stava cercando il signore sulla sedia a rotelle, il paziente del dottor Carr, avrebbe potuto trovarlo dietro l’angolo, nel post-operatorio. Il dottor Carr era anche passato a dargli un’occhiata, aggiunse, dopo aver lasciato l’operazione di BL al team che gli avrebbe chiuso le incisioni.
   Sentendo che anche Logan era rimasto ferito, Tony si affrettò lungo il corridoio ora silenzioso, rimproverandosi mentalmente per non aver controllato Logan lui stesso, prima, per non avergli chiesto se stesse bene, quando avevano parlato. Max aveva detto che stava bene, alla Quay; forse nemmeno lei l’aveva saputo, allora?
   Sbirciando nel post-operatorio, ora quasi vuota, visto che le operazioni di venerdì pomeriggio erano meno che negli altri giorni, vide Logan in una sala vicina. Con grande sollievo di DiNozzo, non sembrava troppo malconcio, lì seduto sulla barella poggiato allo schienale sollevato, mentre un’altra bella donna stava con attenzione lavorando sul suo braccio. Facendo una pausa per scuotersi di dosso l’improvvisa paura che aveva provato all’idea di cosa avrebbe trovato, Tony considerò la scena e si chiese distrattamente se Logan notasse o meno che il mondo era pieno di belle donne - o aveva smesso di notarlo da quando Max era apparsa nella sua vita?
   « Cos’è questo? » chiese Tony accigliandosi mentre si avvicinava per sbirciare il graffio lungo il braccio di Logan, che ora stava ricevendo l’ultimo di otto, ordinati punti. « Com’è successo - quando? »
   « Mi sono tagliato passando dal recinto - non è niente di che, ma Max ha visto e… lo sai » borbottò Logan. « Ha pensato che visto che ero comunque qui per vedere Bling… »
   « Donna intelligente » concordò Tony esaminandolo con la sua solita aria disinvolta. « Ho sentito che Bling starà bene ».
   « Sì, anche io. Ma… » Logan rallentò le proprie parole, riflettendo e alzò sospettoso lo sguardo su suo cugino. « Se sei appena arrivato - e lui non è stato ancora nemmeno portato qui nel post-operatorio - come fai a saperlo? »
   « Logan, sono un investigatore! Cosa pensi che io faccia tutto il giorno? » sorrise DiNozzo e si avvicinò per sbirciare al di sopra della spalla della dottoressa, ottenendone un sorriso in risposta quando la guardò con una delle sue migliori espressioni.
   Logan alzò gli occhi al soffitto, ma ridacchiò. Si ritrovò improvvisamente a chiedersi, dati gli anni in cui la gente aveva ripetuto quanto si somigliassero, se avrebbe potuto ottenere lo stesso effetto da tutte le donne che aveva incontrato semplicemente sorridendo e dicendo poche parole. No, decise, non era sua dote. In gran parte, si trattava di puro, inimitabile fascino DiNozzo - e, indipendentemente dall’aspetto, non avrebbe mai potuto fare lo stesso. Alzò lo sguardo verso suo cugino, e Tony vide in lui la stessa luce di adorazione e affetto che aveva sempre visto dalla prima volta in cui aveva posato gli occhi su un giovanissimo Logan Cale. Gli ci volle perciò un bel po’ di fatica per mantenere la sua espressione e la sua voce leggere come prima. « Allora, credi che sopravvivrai? »
   « Probabile ». Logan piegò la bocca ironicamente nel guardare suo cugino. « E tu? Niente graffi o ossa rotte o cose da controllare? Magari possiamo avere uno sconto comitiva ».
   « O uno sconto famiglia. Tutti qui sembrano conoscere Bling o te… o entrambi ».
   « Città piccola » rispose Logan stringendosi nelle spalle - ma i suoi occhi danzarono divertiti per un momento, prima di ritentare. « Quindi stai dicendo che sei tutto intero? »
   Il che significava che stava chiedendo seriamente - e Tony lo rassicurò. « Esattamente come sono arrivato ieri a casa tua. Beh, potrei avere qualche muscolo dolorante domattina - ma è per essere stato seduto sull’aereo per tutto quel tempo e aver fatto jogging stamattina senza un riscaldamento decente ». Aggirò il lettino e vi si sedette sopra dal lato non ferito di Logan. « Ma Max e io ne siamo usciti senza un graffio… lei è illesa, vero? »
   Logan annuì. « Sì, è andata e venuta un paio di volte - ha fatto un salto al lavoro ed è riuscita a ottenere un paio di consegne da queste parti ed è passata a vedere che si dice ». Tony mormorò distrattamente, la sua testa chiaramente altrove, e Logan cambiò argomento. « Hai dovuto prendere un taxi o sei riuscito ad avere un passaggio dalla nostra efficiente polizia? »
   « In effetti sì, mi ha accompagnato Matt ». Tony osservò con interesse la dottoressa applicare quello che aveva tutta l’aria di cemento gommoso intorno alla lacerazione sul braccio di Logan. « Brava persona, Matt » continuò mentre guardava, « e ha detto che sei a posto. Mi fido del giudizio di un altro poliziotto, per cui immagino che sei venuto su bene, cugino ».
   Non importava quanto Logan volesse ribattere indignato, il sorriso che sentì crescere al sentire il complimento di Matt a suo cugino - e l’apparente reazione di Tony - resero qualunque cinismo complicato. « Beh, sono contento che ti fidi più degli sconosciuti che della tua famiglia » riuscì a dire.
   Tony sbuffò, ma sorrise a Logan. « Una seconda opinione non guasta mai - vero, doc? » tentò.
   « Assolutamente » rispose la donna con un altro sorriso.
   « Vedi? » Tony si sentì finalmente rilassare per la prima volta da quando aveva lasciato Washington. « E poi - mi piace il suo gruppo di sconosciuti, cugino. Credo che siano in grado di tenerti in riga ».
   Il sorriso di Logan si animò ancora nel sentirsi accettato. « Se non ci riescono, di certo non è perché non tentano abbastanza ».
   Tony rise, e quel suono ricco agì come un balsamo per l’anima di Logan. « Bene. Perché, cavolo se non sei un tipo difficile… »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 2:20 pm.
   
   METRO MEDICAL.

   
   Le notizie continuarono ad essere positive: Bling fu condotto nel post-operatorio non molto tempo dopo che avevano finito con Logan - stava bene, ma sarebbe rimasto addormentato per qualche ora, dissero i medici. Sandra aveva telefonato a Logan e stava arrivando; lei e Logan decisero di dividersi i turni di visita per le prime ore del ricovero di Bling. Tony non glielo fece nemmeno pesare troppo, quando Logan, sorridendo, gli comunicò che non sarebbe stato disponibile per andare con Tony più tardi, quando DiNozzo ricevette una telefonata dalla Zia Margo che lo invitava per cena.
   Ma ci furono ancora momenti di disagio, come quando i due lasciarono l’ospedale per tornare a casa di Logan; mentre uscivano dal reparto di chirurgia e attraversarono l’ospedale, Tony notò che Logan stava facendo più fatica di prima con la sedia. Suo cugino proseguì testardamente, ma, all’ uscita, DiNozzo finalmente si fermò. « Logan… » Gli occhi verdi si sollevarono verso i suoi, silenziosi. Tony esitò, poi si strinse nelle spalle. « Senti, posso aiutarti? Ti fa così male il braccio? »
   Gli ci volle un momento, ma Logan comprese quello che aveva visto Tony - e scosse la testa, irritato per l’ulteriore intoppo. « Oh… no, è la sedia - la ruota. Il cerchio deve avere avuto una botta sugli scalini; è un po’ fuori asse ed è come avanzare nel fango… »
   « Cavolo. Dal lato dove sei ferito? »
   Logan esitò e poi rise. « Beh, vedi? Potrebbe andare peggio. » Sorrise a suo cugino e di nuovo si spinse in avanti verso il garage. « È dal lato buono ».
   « Beh, è una cosa buona ». Tony gli si avvicinò per assecondare la propria andatura a quella di Logan. « È una cosa che puoi riparare? »
   « Non io, ma conosco un paio di persone che possono riparare o rimpiazzare ». Logan aprì a Tony la portiera della sua Aztek dal lato del passeggero, e iniziò ad aggirare l’auto.
   « E quanto tempo ci vorrà? » Tony aggrottò la fronte. Aveva finalmente realizzato l’importanza che la sedia rivestiva per Logan, ed era protettivamente ansioso al pensiero che suo cugino avrebbe dovuto fare tanta fatica nell’attesa.
   Ma l’espressione di Logan era distesa, anche se ironicamente infastidita. « Difficile da dire: una riparazione, forse uno o due giorni. Rimpiazzare… da due giorni a due mesi ».
   « Logan, è assurdo… » iniziò Tony, frustrato dall’ingiustizia della cosa.
   « È tutto ok » sorrise di fronte al modo di fare protettivo di Tony. « Ne ho una vecchia - e una sedia per lo sport - che posso usare se necessario. E probabilmente non ci vorrà così a lungo - sono gli oggetti specifici che sono uno strazio; aspetto così a lungo per le parti di computer, a volte ». Montando fluidamente nella Aztek - il braccio non sembrava rallentarlo troppo - ridacchiò « Dovresti sentire Max quando il suo shampoo preferito sparisce improvvisamente per settimane ».
   Tony rifletté di nuovo sulle condizioni di Seattle, sapendo che sebbene le cose non fossero “normali” a est, erano molto meno disperate di come sembrava la vita di tutti i giorni qui. « Maledizione, Logan, Seattle non è proprio risalita? »
   Logan chiuse la porta e avviò l’auto, sospirando e ammettendo « È così da tanto tempo che è difficile da dire… Continuo a pensare che le cose stiano migliorando un po’, e poi ricadiamo indietro di un decennio ». Uscì dal suo parcheggio e dal garage. « Allora quello che si dice è vero: c’è un po’ di recupero, a est? »
   « Est, nord, centro-ovest… anche il sud sta risalendo. Sembra che il Selvaggio Ovest sia ancora un po’ selvaggio… »
   Logan rimase in silenzio per un momento, ma riflettendo, riuscì di nuovo a sorridere un po’. « Allora forse siamo i prossimi ». Sospirò quando la luce del semaforo tremò… sfarfallò… e si spense per un black-out in pieno giorno. « Magari presto » disse a bassa voce, tristemente, e non vide lo sguardo di determinazione che cresceva negli occhi di suo cugino.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 5:07 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Nonostante la sparatoria della mattina e la veglia in ospedale a ora di pranzo, nonostante la desolazione della città e un brack-out che aveva avuto almeno la decenza di non raggiungere il settore di Logan, riuscirono a passare un pomeriggio leggero di ricordi, durante il pranzo preparato da Logan e sugli album di foto che aveva tirato fuori quando aveva sentito che Tony sarebbe arrivato.
   I due cugini stavano entrambi accettando la distanza che avevano lasciato crescesse tra loro, giurando a se stessi segretamente di non permettere che accadesse di nuovi. Videro, senza accorgersene, i cambiamenti che l’altro mostrava per la vita post-Onda e per il lavoro che aveva scelto, e si chiesero ognuno per sé se avrebbero potuto trovare un modo per condividere i fardelli dell’altro… Sensibilmente, ignorarono i cambiamenti che Logan era stato costretto a subire, e sperarono di ritrovare la confidenza e la vicinanza che avevano avuto un tempo, sapendo che erano lì, ma ancora appena fuori portata.
   Ma le risate erano sincere, facili; il calore era palpabile. Dopo un po’, Tony ammise di dover sfornare un rapporto per Gibbs e riprese il proprio portatile mentre Logan faceva lo stesso, riuscendo a controllare le proprie e-mail e a occuparsi di qualche compito di Solo Occhi meno palese senza che suo cugino se ne accorgesse. Dopo circa un’ora, Tony borbottò trionfante e chiuse il computer. « Almeno questa è fatta, per il week-end » sorrise mestamente. « Se non dovessi affrontare lo Zio Jonas, sarebbe una serata perfetta. Tu sei sicuro di non voler venire e proteggermi da lui? »
   Logan rise. « Sono l’ultima persona in grado di farlo ».
   « Almeno, se ci sarai anche tu, riceverò solo il cinquanta percento del suo veleno » sorrise Tony, speranzoso.
   « Bennett ti coprirà le spalle - gli sta in effetti iniziando a crescere la spina dorsale, quando si tratta dio suo padre. Magari se fai vedere la pistola ogni tanto, si calmerà ».
   « Buona idea » disse Tony alzandosi rigidamente e gemette. « Lo sapevo che mi sarei pentito di essere andato così di fretta stamattina » confessò. « Ero appena sceso quando mi è sembrato di vedere qualcuno ficcanasare intorno al palazzo e sono andato a indagare - ho scoperto che era un corridore migliore di me ».
   Logan fu sorpreso. « Non era Parks, vero? »
   « No, credo fosse solo un corridore con gusti costosi che occhieggiava il tuo palazzo » rise. « L’ho seguito abbastanza a lungo da decidere che doveva starsi allenando per qualcosa. Spero davvero che condivida la medaglia col suo compagno di allenamento - forse dovrei ritrovarlo e dargli il mio numero ». Mentre Logan ridacchiava e tornava a guardare il suo portatile, Tony si girò improvvisamente, nella sua testa un’idea che si formava, e guardò suo cugino. « Oh, aspetta, Logan, hai quella fantastica jacuzzi, vero? Oh, cugino, ucciderei per un idromassaggio… ti spiace? »
   Logan si irrigidì solo per un momento; alzando lo sguardo un po’ a disagio, balbettò « No, va bene, ma… »
   Stava parlando con una schiena che si allontanava, perché Tony si avviò deciso verso la stanza da letto, verso il bagno padronale dove ricordava che Logan aveva una grande vasca idromassaggio. Odiando ciò che sapeva sarebbe successo, Logan si affrettò a seguire suo cugino, sperando di fermarlo.
   « Aspetta; Tony, prima che tu vada… »
   Ma era troppo tardi e Tony era lì in piedi, immobile sotto l’arco della porta, fissando tutto come aveva fatto lui la prima volta che aveva visto il suo lussuoso bagno attrezzato dopo la sparatoria - le maniglie, il sedile nella doccia e le attrezzature sanitarie in ogni cassetto e armadietto.
   « Volevo… solo avvertirti… » Logan era nauseato dall’immagine. Se avesse avuto almeno il tempo di dire qualcosa… Il pomeriggio era stato quasi normale, pensò amaramente. « Senti, la jacuzzi funziona normalmente, solo… » Esitò e iniziò a voltarsi. « Mi dispiace. Ti vado a prendere degli asciugamani… »
   Ma Tony si voltò. « Logan… » Guardandolo negli occhi, DiNozzo osservò suo cugino per un momento, come comprendendo qualcosa improvvisamente. « Perché ti stai scusando? »
   La domanda colse Logan di sorpresa - e fu ancora più sorpreso dal non avere una disposta sensata. Scosse la testa, cercando le parole. « Tutta quella roba… » disse stringendosi nelle spalle, « è un ulteriore promemoria di come le cose… di come io… non sia più “normale”… »
   Tony lo fissò per un altro momento, poi disse con un tono quasi accusatorio « Senti, io posso essere imbarazzato e a disagio con tutto questo perché l’ho saputo solo, quanto, sei settimane fa? Tu ci hai convissuto per quasi un anno… »
   « Non con te che lo vedi per la prima volta » ribatté Logan.
   Gli occhi di Tony si spalancarono, e lui sbatté le palpebre. « È per questo che sei imbarazzato? »
   Smascherato, Logan pensò per un momento di distrarlo, ma non gli venne nulla - per cui contrattaccò « Sì - hai una ragione migliore? »
   E a quelle parole, Tony inaspettatamente si illuminò e si rilassò ridacchiando. « No - e sono contento non ce l’abbia nemmeno tu ». Vedendo che suo cugino era ora confuso, così d’improvviso da essere quasi indignato, Tony continuò a ridere disinvolto. « Perché in uno o due giorni mi ci sarò abituato e tu non avrai più motivi per essere imbarazzato. Tutti i tuoi problemi risolti; caso chiuso ». Tony continuò a sorridere. « Prova a uscirne, cugino ». Si raddrizzò e iniziò a riempire rumorosamente l’idromassaggio. « E quegli asciugamani mi serviranno… »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 9:40 pm.
   
   METRO MEDICAL.

   
   Bling si era già svegliato una volta, nel post-operatorio, sentendosi dolorante e con la bocca secca, prima di tornare nell’oblio e alla sensazione ovattata dei farmaci che avevano usato per sedarlo. Era stato un po’ più attento più tardi, quando lo avevano portato dalla relativa confusione ad una stanza altrove con l’aria più fresca e in un’area più tranquilla. Ma stavolta, mentre fluttuava in superficie, era più sveglio… probabilmente l’effetto dell’anestesia e dei farmaci sta scemando, riuscì a razionalizzare mentre era lì immobile. Gli occhi ancora chiusi, era consapevole dei dintorni e di ciò che era successo per portarlo lì… ma era confuso su cosa fosse successo dopo che era stato colpito, quando, ore prima? Si ritrovò a chiedersi quanto tempo fosse passato.
   Prese un respiro profondo e sentì un’improvvisa, profonda fitta nella parte superiore del petto e della spalla, un dolore che tirava e prudeva nello strato superiore… mentre restava un momento immobile, ora ben consapevole, anche mezzo sveglio, di quanto potesse respirare prima che facesse male, Bling rilasciò lentamente e regolarmente il respiro. Passando senza pensarci troppo a respirare col diaframma per tenere il petto più fermo possibile, fu contento di constatare che la fitta non riappariva - quindi si trattava dei muscoli, non dei polmoni; al terzo respiro, aprì lentamente gli occhi e trovò le trappole di una camera di ospedale, i monitor e il letto e la pompa auto-dosata di morfina che si aspettava…
   « Quindi sei sveglio ». Al suono della voce, Bling si voltò e vide gli intelligenti occhi verdi sbirciarlo e Logan avvicinarsi al suo letto. « Cosa c’è di sbagliato in quest’immagine? » ghignò Cale sollevato nel vedere il suo terapista sveglio, e cercò di sembrare disinvolto, tranquillo. Non ci riuscì troppo bene.
   Gli occhi di Bling si chiusero stancamente mentre riconosceva, con un sorrisetto mesto « Devo ammettere che è più facile essere dall’altra parte del quadro paziente-visitatore ».
   « Come ti senti? » La voce di Logan si addolcì, tradendo la preoccupazione ancora non del tutto eliminate. « O ancora non puoi dirlo? »
   « Sono contento che sia tutto finito ». Bling costrinse si costrinse ad aprire di nuovo gli occhi e guardo Logan, ricordando. Aveva passato un confine che non aveva mai passato prima con nessun paziente, figuriamoci Logan, e la cosa lo aveva perseguitato anche mentre cercava di non pensarci e inseguiva Parks… anche ora, appena sveglio…
   Ma era tutto finito; e Logan era lì. Che Logan lo perdonasse o meno, gli doveva più di quanto gli aveva mostrato.
   « Logan… riguardo quello che ho fatto; se avessi potuto fare diversamente, senza… »
   « Non fa niente; non pensarci. Devi pensare solo a rimetterti in piedi » interruppe Logan, le parole che si accavallavano per il disagio. Quel ricordo, lo ammetteva, era ancora doloroso - ma, soprattutto in quelle circostanze, sperava di riuscire a seppellirlo senza pensarci ulteriormente. Per una volta, era Bling il paziente, non lui.
   « Non basta, Logan, lo sappiamo entrambi ». La voce di Bling era rauca, senza dubbio come risultato dei tubi e i farmaci e la disidratazione che erano parte dell’operazione subita. « Anche in quel momento, sapevo come ti avrebbe turbato lasciarti con la sedia fuori portata… e sapevo che sarebbe stato ancora peggio da parte mia che di chiunque altro… » I suoi occhi scuri erano guardarono direttamente in quelli di Logan, mentre ammetteva l’umiliazione che sapeva di aver causato. « Vorrei potrer dire che non ci ho pensato, ma… lo sapevo e l’ho fatto comunque. Non avrei dovuto… e mi dispiace per tutto ».
   Logan esitò, cercando le parole. Aveva compreso perché Bling lo aveva fatto, avrebbe dovuto bastargli. E Bling era appena uscito dalla sala operatoria; non era il momento per il suo amico di avere a che fare con le angosce irrisolte di uno dei suoi pazienti.
   Ma gli aveva fatto male, profondamente, aveva scosso la sua fiducia più di quanto potesse sopportare. Era un ricordo che, entrambi sapevano, Logan non avrebbe potuto eliminare facilmente nemmeno nella migliore delle ipotesi - e non era mai riuscito a ingannare l’uomo davanti a lui. Riuscì a stringersi nelle spalle, ma non cercò nemmeno di tentare di stabilire un contatto visivo con Bling, e scosse la testa. « È quello che avrei fatto io… come potrei biasimarti? E hai fatto ciò che pensavi ci avrebbe protetto. Lo capisco… » disse testardamente.
   Bling prese un silenzioso respiro. « L’addestramento SEAL mi ha insegnato a sfruttare qualsiasi vantaggio tattico… ma l’addestramento che ho avuto in seguito mi ha insegnato che c’è sempre un altro modo, e che non tutte le prime impressioni sono giuste. Lo farei di nuovo, Logan, andarmene… tenervi all’oscuro… ma non ti lascerei bloccato. Nemmeno per vantaggio tattico. È stato imperdonabile ».
   Stavolta Logan riportò lo sguardo sul suo terapista, vedendo il rimorso sincero di Bling e anche la sua stanchezza, e improvvisamente realizzò che quell’uomo lo capiva molto meglio di chiunque altro. Anche se aveva lavorato giorno dopo giorno per portare Logan al di là dei demoni con cui ancora lottava, ad accettare le sue ferite… mai una volta li aveva minimizzati o ignorati. E già solo realizzare questo bastò a ricordare a Logan perché aveva dato la sua fiducia a quell’uomo.
   Perciò, per la prima volta in ore, il viso di Logan si rilassò in un sorrisetto sincero, anche se ironico. « Se almeno lo hai capito… » Guardò il viso dell’uomo processare le sue parole ed espressione prima di rilassarsi a sua volta. « Credo proprio che dovrai faticare un bel po’ prima di riportarmi su quel lettino ».
   Il viso di Bling mostrò il suo sollievo per il fatto che, a quanto pareva, le sue scuse erano state accettato, ma un po’ si rabbuiò prima che riuscisse a ignorare le sue altre preoccupazioni ancora inespresse. « Beh, col buco che ho nella spalla, mi sa che dovrai trovarti comunque qualcun altro… »
   « Non sei così fortunato » scosse in fretta la testa Logan, egoisticamente contento di poter essere lui a dargli la notizia. « Sam dice che la ferita ha l’aria di poter guarire almeno quasi-del-tutto, e il dottor Franklin prevede un recupero di almeno il novanta percento per funzione, range di movimento e forza, forse di più - e non c’è motivo per cui non potrai tornare come prima, tra qualche settimana ». Alzò un sopracciglio per lamentarsi « Mi sa che non avrò tanto tempo di vacanza ».
   « Cosa ti fa pensare che il fatto che io sia ferito dia a te una vacanza? » Gli occhi di Bling si chiusero di nuovo, pesanti. « Non mi servono due spalle sane per penderti a calci nel sedere, sono un piede sano… »
   Logan lo osservò con indiscusso sollievo, vedendo che il vecchio Bling era intatto e - di nuovo - al sicuro. Improvvisamente incoraggiato per il modo in cui si erano conclusi gli eventi degli ultimi giorni, si lagnò benevolmente « Perché tutto continuano a minacciare il mio sedere? »
   Vide le labbra di Bling piegarsi mentre era lì steso contro lo schienale sollevato del letto. « Cosa ci fai qui, comunque? » chiese ignorando la domanda di Logan. « Non hai un cugino da intrattenere? »
   « Sandra e io ci siamo dati il cambio in modo che qualcuno fosse qui con te quando fossi finalmente tornato tra i vivi - e tu non hai avuto la decenza di svegliarti a un’ora decente, mentre c’era lei. E poi » aggiunse Logan concedendosi un sorriso « Tony è andato a trovare la Zia Margo e lo Zio Jonas - quindi tu sei la mia scusa per non essere andato con lui. Sarà qui per qualche altro giorno. Avremo tempo per riallacciare i rapporti ». E grazie al suo cugino irrefrenabile e dalla testa dura, che insisteva che la sedia era solo un’altra parte della vita, avrebbero potuto trascorrere il testo del week-end senza più tutto il pesante bagaglio che c’era tra loro…
   « Bene. A quanto ho visto vi fate bene a vicenda ».
   Logan sbuffò, riluttante a crederci. « Tony ha sempre avuto tutto. Io non ho mai avuto molto da dargli ».
   « Non esserne così sicuro » mormorò Bling, tornando a sonnecchiare. La reazione di Logan fu di sorpresa e curiosità per l’osservazione di Bling - ma non poteva insistere ora, mentre il terapista era impegnato a riprendersi dalla ferita. Conosceva Bling abbastanza bene da sapere che non si trattava di un commento ozioso, che doveva aver visto o sentito quando da Tony per aver detto ciò. Abbassò lo sguardo, sorrise di nuovo per il sollievo e… per un senso di calma che non aveva provato da tanto tempo, un senso di appartenenza. Di famiglia. Di famiglia.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Domenica prossima non pubblicherò sicuramente, perché sarò per tre giorni a Firenze, ma spero di pubblicare la domenica successiva. E poi spero di riuscire a tornare alla pubblicazione settimanale: questa storia ha ancora tanto da raccontare, e spero che sarete ancora tutti qui :D
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   A tale proposito, ringrazio
Lunch da parte mia e dell'autrice per la recensione. E mi scuso per gli errori di battitura. Cercherò di starci più attenta :)
   
   

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Capitolo 13
*** Vecchi ricordi e Marinara ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: DA e NCIS sono in prestito, non ne guadagno nulla.
   Questa storia è ambientata decisamente nella prima serie di DA, da qualche parte dopo “La rivincita”, titolo originale: “Haven”, ma prima di “Il giustiziere”, titolo originale “I and I am a camera” (una finestra di tempo che, per quanto mi riguarda, potrebbe estendersi per anni).

   
   

Vecchi ricordi e Marinara


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 10:22 pm.
   
   Metro Medical.

   
   L’orario delle visite era abbondantemente finito, ma Max non solo contava di poter arrivare alla stanza di Bling senza troppi problemi, era anche certa che ci avrebbe trovato Logan. Con una rapida fermata alle Fogle Towers e un’occhiata al suo appartamento, vide che solo la fioca luce notturna in cucina raggiungeva le finestre, e seppe che nessuno dei due cugini era ancora tornato e, non avendo voglia di andare al Crash né di tornare ancora a casa, Max andò in cerca di compagnia. Avrebbe magari potuto persino convincere Logan a riposarsi, finalmente.
   Scivolò attraverso una porta non sorvegliata accanto al parcheggio di emergenza - la sua via d’entrata preferita per venire di notte, un anno prima, a vedere l’allora ignaro Logan Cale - e silenziosamente salì le scale per il quarto piano, dove Logan aveva detto che era stato portato Bling. I corridoi erano quasi deserti e, come aveva scoperto, se si fosse mossa come se lì fosse il suo posto, come se fosse un familiare di un paziente o qualche altro visitatore autorizzato, lo staff medico non l’avrebbe fermata. In effetti, essendo Bling uno di loro, lo staff avrebbe facilmente lasciato che per lui fosse infranta qualche regola, finché fosse stato per il suo bene. Era probabilmente il motivo per cui Logan poteva stare ancora lì: come avrebbe potuto chiunque - soprattutto le infermiere che erano state assegnate a Bling, per lo più giovani e femmine - contestare l’assistenza di quei preoccupati occhi verdi che sormontavano quel mento trasandato?
   Era esattamente come aveva immaginato, così perfetto che Max inconsciamente sorrise mentre guardava: una lampada fioca emanava la sua luce nell’angolo della stanza, Bling era appoggiato a dei cuscini, addormentato, il braccio legato al corpo e la spalla avvolta da bende bianche… e al suo fianco, una testa di capelli scompigliati china su una tastiera sul grembo del suo proprietario, l’attenzione focalizzata su qualsiasi missione avesse davanti.
   Si diresse a passo sicuro verso la porta aperta e, poggiandovisi contro, chiamò a bassa voce « Ehi ».
   La testa spettinata si sollevò; gli occhi verdi si voltarono verso di lei luccicando per la piacevole sorpresa. « Max » sussurrò. Facendo scattare immediatamente i freni per voltarsi e farle un cenno verso il corridoio, Logan la seguì mentre usciva dalla porta. Max si girò verso di lui e lui le sorrise allegro, chiaramente non aspettandosi di vederla. « Che fai qui? »
   « Sono passata a casa sua e ho visto che buio, perciò ho pensato fossi ancora qui ». Lasciò che i suoi occhi puntassero verso la stanza. « Come sta? »
   « Straordinariamente bene, tutto considerato - una combinazione dell’essere molto in forma e molto fortunato. Gli ci vorrà qualche settimana, e all’inizio non sarà piacevole, ma Sam ha detto che il chirurgo di Bling pensa che si rimetterà in tempo record ».
   Il sorriso di Max fu caloroso per il sollievo - per Bling e per la sua auto-proclamata tata. « Perché ho la sensazione che sarà un paziente “bravo” quanto te? » Il sorriso si tramutò in una risatina a tutti gli effetti quando lui si agitò e sbuffò, senza dire nulla per non rafforzare quel commento. « Chi ha deciso poi che la parola giusta per voi due fosse “paziente”, poi? »
   Gli occhi verdi si alzarono verso di lei in un valoroso tentativo di sembrare irritato e pedante, ma non c’era speranza, e lei rise di nuovo. Nonostante gli sforzi e la mancanza di sonno degli ultimi giorni, Logan aveva un aspetto migliore di quanto avesse avuto da settimane - come se un enorme peso fosse stato sollevato dalle sue spalle. Max pensò a come era quando c’era suo cugino nei paraggi, e si chiese se i due avessero avuto del tempo per loro per conoscersi di nuovo.
   Immaginando che lo avrebbe scoperto presto, inclinò il mento verso il computer che Logan aveva ancora in grembo. « A che lavori? » tentò.
   « Lista della spesa » annunciò lui. « Ti è arrivato il messaggio? »
   « Il capanno ».
   « Sì. Niente di che, ma avremo cibo a sufficienza almeno per cena, colazione e pranzo per cinque persone - e c’è abbastanza spazio per dormire, anche se decidessimo di restare tutti e cinque per la notte ». La guardò, fece una pausa e inclinò la testa leggermente. « Sei interessata? »
   « Certo. Sembra divertente ».
   Logan ebbe un improvviso, chiaro ricordo di averle sentito dire quelle stesse parole la prima volta in cui l’aveva invitata ad una riunione della famiglia Cale. Ma stavolta la risposta di Logan fu molto diversa - e decisamente più rilassata e contenta. « Sì, infatti » annuì con un sorriso gentile.
   « Ti serve una mano coi tuoi piani? »
   « No. A meno che ci sia qualcosa di specifico che vorresti portare lì - non dovrebbe nevicare, per cui non ti serviranno sci o racchette. Ho preparato una playlist musicale, qualcosa per tutti… » Sollevò le sopracciglia, incoraggiando l’entusiasmo di lei per la gita. « Qualcos’altro che ti viene in mente? »
   « Ci penserò » rispose lei e il suo sorriso si allargò notando quanto Logan fosse rilassato, quanto aspettasse effettivamente con impazienza la gita. Sentì un’ondata di gratitudine per il fatto che, nonostante quanto fosse stata brutta l’ultima settimana per Bling - e, per associazione, per Logan - aveva anche portato i due cugini a rivedersi e a riallacciare il loro rapporto.
   « Ti ricordi la strada? »
   Max annuì. « Stata lì una volta, la strada è memorizzata. È parte del pacchetto ».
   « Beh, questo sarebbe comodo » rifletté Logan ridacchiando.
   « Sai, mi ricordo quando ero Manticore, tutto il lavoro e le ricerche » iniziò osservandolo mentre raccontava la storia. « Non importava cosa facessero, non importava quali geni combinassero o aggiungessero o creassero - il cromosoma Y semplicemente non può accettare i geni del senso dell’orientamento e della lettura delle mappe. Non riuscivano a mettere nel cocktail i geni dei piccioni viaggiatori ». Fu contenta di vederlo ghignare e alzare gli occhi al cielo - era rilassato e si stava divertendo a vedersi preso in giro, e quando Logan era felice lei sentiva di volare.
   « Beh, comunque - sei la benvenuta a venire con noi maschi, che casualmente sono stati lì più abbastanza spesso da ricordare la strada. A meno che… tu non voglia avere la sua moto a disposizione… in caso decidessi di non restare ». Alzò lo sguardo mentre parlava, cercando di stringersi casualmente nelle spalle, ma i suoi occhi lo tradirono con uno sguardo speranzoso…
   Ah, Logan, pensò lei - Felice e rilassato ma ancora preoccupato che io abbia voglia di sparire? Come poteva Logan non vedere che mentre le settimane si tramutavano in mesi in quel qualcosa, qualunque cosa fosse, che avevano tra loro, l’ansia che aveva provato lei all’inizio, quel bisogno di scappare era scemato fino al punto in cui non aveva cercato di allontanarsi da lui da tante, tante settimane?
   E un altro pensiero la colpì subito dopo: erano stati al capanno insieme una volta sola, se così poteva dirsi… ed era stata la prima volta che si erano baciati - un bacio disperato, bisognoso, importante. Era accaduto quando lei ancora non aveva smesso di fuggire da lui, ma era stata l’ultima volta in cui lo aveva fatto, dato ciò che era successo poco dopo. Come avrebbe potuto lei - come avrebbero potuto entrambi - fare i conti con quel passato mentre non erano soli ed era passata tanta acqua sotto i ponti?
   Dal trovare la strada al trovare quel bacio, da un ricordo all’altro, quell’altra gita al capanno le tornò in mente d’improvviso, e non si fermò al bacio, continuò al dolore di quello che aveva temuto fosse l’inevitabile: lasciarlo, forse per sempre… la solitudine provata nel guardare la Aztek girare e lasciarla lì… l’inspiegabile paura che l’aveva svegliata e l’aveva spinta a chiamare, a scoprire che Logan era stato operato d’urgenza… Logan in punto di morte, e il sogno che aveva condiviso con lui durante la trasfusione. Quelle brevi ore avevano cambiato la sua vita ineluttabilmente, l’avevano spinta ad affrontare la verità, il fatto che amava quell’uomo, lo desiderava, ne aveva bisogno e ancora non aveva idea di come comportarsi.
   In un improvviso momento di genialità chiese « Ehi… quando è stata l’ultima volta in cui qualcuno è stato là, nel capanno? Sai, per arieggiare il posto… vedere se funziona tutto? Quando eravamo lì è mancata la luce, ma magari è stata colpa della tempesta e non ha avuto niente a che fare col posto… »
   « Tu e Zack siete stati gli ultimi » rispose lui sommessamente, gli occhi attenti che la scrutavano, a quanto pareva… significava che anche lui ci stava pensando?
   « Che ne dici se vado prima di voi, sai, per aprire e accertarmi che quello che ti serve sia lì… puoi chiamarmi e farmi sapere cosa ti serve e io controllo così puoi portare solo il necessario ». Le sue parole si affollarono una sull’altra e Max fece una pausa a fatica, sperando di apparire noncurante; prese un altro respiro prima di fare spallucce « Hai persino lavatrice e asciugatrice lì; posso fare il bucato così le lenzuola saranno fresche per la compagnia, magari posso stendere le coperte sulla ringhiera a prendere aria… »
   Lui sorrise lentamente, toccato. « Grazie, Max. Sarebbe fantastico ». Fece una faccia scettica per un momento appena. « Sei sicura che non ti pesi fare la governante? »
   Lei ridacchiò, più sicura, ora. « Sono sicura. E mi dà una scusa per consumare benzina e portare la mia piccola nell’aria fresca di montagna pur avendo un passaggio nella tua macchina ».
   E lui ci credette, decise Max. Era vero che la sua offerta non era stata del tutto altruistica, ma si trattava di ben più che benzina. Tutto ciò che sapeva era che se fosse arrivata insieme a lui, o dopo, i dintorni da soli l’avrebbero probabilmente spiazzata tanto che avrebbe messo in imbarazzo se stessa o Logan o entrambi, persino incrinato l’equilibrio che c’era ora tra loro. Ma se fosse arrivata prima, avesse ricordato e aspettato con ansia, persino, di creare ricordi più felici lì… decisamente sarebbe valsa la pena di fare i servizi.
   « Beh, allora grazie… » disse lui, e la sua voce e i suoi occhi avevano un calore che le fece venire il solletico sulla nuca. Non… sono in calore? No, non è possibile; non è la data giusta, e non sono questi i sintomi… quindi era l’altra cosa, pensò deglutendo. La parola con la “A”. Cercò di concentrarsi sulle parole di lui, di focalizzarsi sulla situazione. « … sarà molto più piacevole non arrivare nell’aria viziata e chiusa ».
   « Nessun problema » rispose lei in appena un sussurro. Cos’era quello? Si rimproverò. Cerchi di scherzare e ti esce il sussurro infatuato… Si riscosse e chiese, la voce bassa ma più controllata ora « A che ora pensate di partire voi due? »
   « Oh, tarda mattinata - magari le dieci e mezza o le undici? » tentò lui. « Appena siamo pronti e in macchina ».
   « Sarò lì per le nove, allora - e puoi chiamarmi per controllare come saremmo messi al capanno per quanto riguarda pentole, padelle e asciugamani » gli sorrise allegramente, costringendosi a tornare alla Max più razionale. Non era molto facile quando quegli occhi verdi erano così felici.
   « Allora ti serviranno questi » disse lui girandosi verso la sacca appesa allo schienale della sedia, da cui tirò fuori il telefono che le aveva dato quel giorno e il cercapersone. « Li hanno trovati gli uomini della sicurezza - Bling li ha chiamati dalla macchina, immagino ».
   L’aveva dimenticato. « Sì » rifletté, « una decina di minuti dopo che siamo partiti - ha chiamato per avvertire che erano nel garage, che erano tuoi e dove trovarli ». Rimase in silenzio per un momento, poi concesse con un sorriso « È stato bravo ». Guardò i due oggetti elettronici che aveva in mano e annuì. « Grazie ».
   « Max, se ancora non l’ho detto… » Anche lui rimase in silenzio; il corridoio buio contribuiva a creare atmosfera. « Sono contento che tu fossi con lui, oggi… »
   « L’ho solo trovato per prima » minimizzò lei, « c’eravamo tutti, con lui ».
   « Lo so, ma… » Logan fece spallucce; aveva tanto da rispondere, di nuovo, ma non aveva le parole giuste. « Se fosse andato da solo… » Si interruppe. « Ma tu non glielo hai permesso ».
   « Noi non gliel’abbiamo permesso » sorrise lei allegramente. « Con Solo Occhi sulla faccenda, Bling non aveva nessuna possibilità ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 8 febbraio 2020, 2020 8:59 am.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.

   
   « Ehi, cugino - dove sei finito? » La voce di DiNozzo echeggiò lungo il corridoio dalla standa dei computer abbandonata, dove l’agente aveva già imparato ad aspettarsi di trovare suo cugino, col naso incollato allo schermo.
   « Sono qui - ehi ». Logan uscì dalla dispensa mentre suo cugino entrava in cucina, fresco di doccia e vestito con jeans e un maglione grigio. Logan era ancora addormentato quando Tony era uscito a correre, ed era appena uscito a sua volta dalla doccia quando Tony era entrato in bagno. « Bella corsa? ». Tornò all’isola al centro della cucina portando in grembo vari barattoli di spezie che mise sul bancone accanto a un paio di vasetti di chicchi e frutta secca.
   « Sì - quel parco in fondo alla strada è carino; ha l’aria di essere curato, nonostante tutto ». Sbirciò il foglio di carta sul bancone di fronte a Logan, stampato al computer ma pieno di note aggiunte scritte a mano. « Cos’è? »
   « Ho cambiato idea sulla cena ». Logan alzò lo sguardo dalla lista. « Sto cercando di decidere cosa ci serve portare al capanno per far mangiare tutti, cosa funzionerebbe meglio. Ho pensato che resteremo tutti e cinque sia per colazione sia per cena, magari persino per pranzo, per cui devo coprire tutti e tre pasti. Il negozietto di alimentari là vicino ha chiuso anni fa, per cui dovremmo tornare indietro di quasi dieci miglia per andare da Semples’. È più facile cercare di anticipare ».
   « Ti aiuto - che posso fare? » chiese DiNozzo, poi si illuminò. « No, meglio ancora - insegnami a fare qualcosa, uno di quei tuoi piatti gourmet - diffondi il genio familiare ». Tony si appollaiò su uno sgabello della cucina. « Un “Miracolo DiNozzo” - ehi, suona bene ».
   « Sei serio » notò Logan sbattendo le palpebre sorpreso con un mezzo sorriso.
   « Più serio che mi è possibile » giurò Tony. « E poi… San Valentino si avvicina; potrei avere qualcuno da voler sorprendere con qualcosa di fatto in casa ».
   « Hai intenzione di cucinare per cinque? » chiese Logan alzando le sopracciglia.
   « No… ma potresti mostrarmi cosa fare per due » rispose Tony alzando gli occhi al soffitto in finta esasperazione. « Andiamo, non può essere così difficile ».
   « Come siamo passati da “genio” a “non può essere così difficile”? » rise Logan scuotendo la testa, poi fece spallucce. « Immagino che potrei fare qualcosa di facilmente adattabile… »
   « … e facile da fare? »
   Logan annuì, rifletendo, e i suoi occhi si illuminarono al pensiero. « E italiano? »
   « Sai cucinare italiano? » DiNozzo si illuminò, deliziato. « Autentico? »
   « Beh, non so quanto sia autentico, ma ci sono vari piatti che mi vengono in mente che possono essere facilmente adattati a quante persone ti serve - e persino a cosa è disponibile sul mercato. Ah… » Gli occhi di Logan brillarono ancora di più. « Che ne dici di qualcosa che puoi preparare in anticipo, così se hai problemi e ti serve riorganizzarti… »
   « Cugino! Sono ferito! Credi che non possa farcela? » L’esageratamente teatrale “ferito”, da parte di Tony, strappò un altro sorriso a Logan.
   « Sì, credo che tu possa farcela - ma è saggio avere un piano B, non credi? » Logan sorrise piano. « E poi… i sapori si possono mischiare meglio, sarà anche meglio - e avrai meno cose da fare all’ultimo minuto ».
   « Dove hai imparato questa roba? » borbottò Tony. « Forse è più complicato di quanto pensassi ».
   « Ma avrai me a coprirti le spalle, cugino » disse Logan ancora sorridendo. « Solo a una telefonata di distanza… » Alzò gli occhi verso suo cugino, contento di potergli dare una mano. « E non è così complicato. La stenderai ai tuoi piedi - anche più che col solito fascino alla DiNozzo ».
   « “Affascinante e sa anche cucinare”. Mi piace » L’ambio sorriso di Tony era tornato. « Ok, cugino - che prepariamo? »
   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 8 febbraio 2020, 8:59 am.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   Max arrivò al capanno e spense il motore, e il silenzio immediatamente la circondò, stordente e pesante nella lieve nebbia che ancora non era bruciata. Vedendo il capanno per la prima volta da quando lo aveva lasciato a piedi, soffocata dalla preoccupazione per l’uomo che aveva cercato di lasciarsi alle spalle, sentì la gola stringersi e la vista offuscarsi. Sta bene, Max; è in salute e nessuno può costringerti a lasciarlo di nuovo se non vuoi, si disse. Era silenzioso e bellissimo, sarebbe stata una bella mini-vacanza ora che i cugini si erano rivisti, senza zia e zio a dare loro fastidio e Marianne e Max avrebbero potuto esserne parte.
   Si aggrappò al presente mentre scendeva dalla moto e si avviava verso il capanno, i ricordi del passato che cercavano ancora di intromettersi. Sta bene, Max; è in salute e nessuno può costringerti ad andare via si ripeté ad ogni passo. Aprendo la porta sulla vista e gli odri familiari, si ripeté ancora le parole in mente. Raccolse le lenzuola da lavare, aprì le finestre per far entrare l’aria fresca e portò le coperte sulla veranda per stenderse sulla ringhiera. Sta bene, Max; è in salute e nessuno può costringerti ad andare via…
   Controllò tutte le luci e le prese elettriche, sbirciò nel frigorifero e scosse la canna fumaria. Il secchio di legna da artedere era vuoto, ma ricordava dove trovare la legna asciutta e stagionata nella rimessa. Controllò al ripostiglio della biancheria per contare in fretta e inspirò una calmante boccata di aria; andò ad aprire la busta che aveva portato di candele profumate in scatola e andò a piazzarle nelle camere da letto e intorno alla porta d’ingresso. Sta bene, Max; è in salute e nessuno può costringerti ad andare via, si ripeté per l’ultima volta mentre componeva il familiare numero di telefono e iniziava ad accendere le candele; le fiammelle aiutarono a bandire i fantasmi. « Logan? Ehi » iniziò. « Fino a ora, tutto a posto ».
   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 8 febbraio 2020, 6:17 pm.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   « Ok - puoi metterlo a centonovanta? Possiamo infonarlo direttamente » diresse Logan. « Sulla griglia centrale, lì ».
   « Seduta sul bancone a guardare gli uomini lavorare, Max sbirciò sotto il rettangolo ricoperto di carta argentata che reggeva Tony mentre apriva il forno, arricciando il naso di fronte alla forma sconosciuta. « Che sorpresa culinaria è? » Guardò Logan. « Una cosa nuova? »
   « In realtà è ufficialmente un miracolo DiNozzo, per essere precisi » rispose Logan alzando lo sguardo e sorridendo.
   « Un miracolo DiNozzo? » ripeté Max voltandosi verso Tony con le sopracciglia sollevate. « Avevo capito che cucinare non fosse nel tuo repertorio ».
   « Non lo era finché il maestro chef non mi ha dato lezioni ». Max gettò un’occhiata a Logan, seduto in silenzio a schiacciare l’aglio insieme al burro per il filone di pane che aveva appena fatto a fette, e sorrideva apertamente. « Max, sapevi che ha persino una stanzetta sul retro dove ha messo le luci e ci sono le conserve di pomodoro e crescono peperoni e erbe? » provocò Tony.
   « Wow, a me non ha rivelato il segreto per mesi » finse meraviglia. « Devi avere delle tecniche di interrogatorio eccezionali »
   « Ho ceduto quando ha minacciato di usare roba secca » intervenne Logan, il sorriso inclinato.
   « Quindi, cos’è questo? » chiese Max allo chef DiNozzo.
   « Lasagna » rispose lui con un largo sorriso - ma quasi altrettanto rapidamente si girò verso il cugino. « Lasagna, giusto? »
   « Giusto » rise Logan.
   « Max, questa roba da chet gourmet è da pazzi. Abbiamo deciso di cucinare italiano, e lui si è messo a prepapare questa roba rossa, una salsa di pomodoro.. »
   « Marinara » suggerì Logan.
   « Marinara, perché anche se non sa ancora cosa troverà al mercato, sa che può simularlo, con la salsa, e dobbiamo comunque lasciar cuocere per un’ora, così i sapori si fondono… » Tony fissò Max e chiese « Tu lo sapevi che si fondono? » Si scaldò nel raccontare la storia, osservando lo sguardo di Max mentre parlava, osservandola immaginare le azioni di Logan, notando i rapidi sguardi di Logan verso la bellissima donna. Proseguì « Quindi lasciamo la roba… »
   « La marinara » ridacchiò Logan.
   « … la marinara, a cuocersi… »
   « Chi ha mai sentito di un Italiano che non riesce a ricordare la parola “marinara”? » mormorò Logan scuotendo la testa.
   « … e andiamo al mercato, e lui… vaga tra le bancarelle, annusando e punzecchiando e facendo “mmm” tra sé e sé… »
   Max rise. « Già, e se avessi avuto un nichelino per ogni minuto che ho passato ad assistere a questa stessa performance… »
   « E lui… afferra roba a caso e la porta a casa e mi mette a tagliarla e a metterla insieme… e la chiama lasagna ». Tony scosse la testa. « Dice che funzionerà, e di prepararmi per l’arrivo di Bennett e Marianne alle sette ».
   Max sorrise. « Funzionerà. Fidati. L’ho osservato, non ne sbaglia una ».
   « Non hai visto la roba che buttavo prima che tu arrivassi » ghignò Logan.
   « Mai successo » disse Max spavaldamente e ci volle tutto l’auto-controllo di Tony per non farlo picchiare suo cugino in testa per fargli usare il buonsenso. Che stava aspettando Logan? » E… insalata e pane all’aglio? » chiese la ragazza a Logan.
   « Uh-uh » disse lui raddrizzandosi e passando a Max il burro che aveva preparato, suggerendo « Vuoi mostrare a Tony come preparare il pane all’aglio? »
   « Sissignore » rispose lei scivolando giù dal bancone e confessò « Me lo ha insegnato il mese scorso ».
   « Sai anche come si fa il dessert » mormorò Logan lanciandole un rapido sguardo.
   « Che dessert? » Max aggrottò la fronte per un momento solo prima che il suo viso si illuminasse come il sole. « S’mores? » chiese raggiante.
   « Come potremmo venire qui e non fare gli s’mores? » chiese senza alzare gli occhi: non credeva di poter sopravvivere allo sguardo che avrebbe visto.
   Involontariamente, DiNozzo tornò a guardarlo e notò che, anche se i suoi occhi puntavano altrove, Logan aveva la stessa espressione di fiducia che aveva visto in quello stesso capanno quasi trent’anni prima, piena di amore per i due cuochi accanto a lui. Dopo tutto quel tempo e quel dolore, Logan poteva ancora provare quel sentimento? Tony sapeva che suo cugino era estremamente testardo - perciò giurò che avrebbe mostrato a Logan che non aveva scelta: che lui e Max erano fatti per stare insieme.
   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 8 febbraio 2020, 9:40 pm.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   La cena era stata perfetta: il cibo era straordinario e di vero conforto, la compagnia calorosa, allegra, divertente. Anche le vecchie storie di famiglia erano gradevoli, e Max si ritrovò interessata quanto Marianne ad ascoltare storie sull’infanzia dei due cugini più piccoli dalla memoria del più grande. Max si ritrovò a ridere con gli altri, aggiungendo qualcosa di suo a volte, ma per la maggior parte rubando sguardi al cugino di mezzo, quello che sembrava aver dimenticato le angosce dei derelitti e il fardello della sua condizione fisica, e si univa ora agli altri nelle risate, le prese in giro e le battute stupide “da maschi”; cose che non aveva mai sentito prima da lui.
   Si attardarono per le storie e il caffè e gli s’mores accanto al camino; Logan alla fine cacciò tutti dalla cucina mentre caricava la lavastoviglie coi piatti usati. Dopo aver finito, mise su dell’altro caffè per gli irriducibili come lui e, finalmente soddisfatto, si voltò per lasciare la cucina e trovò la stanza principale vuota. Con un lieve sorriso, proseguì fino a dove li aveva sentiti andare pochi minuti prima.
   « Ehi » disse Logan uscendo sulla veranda, dove trovò Max da sola, seduta in equilibrio sulla ringhiera che circondava la veranda, la sua figura contornata dalla luce della luna piena e delle stelle che avevano vinto la battaglia contro le nuvole che attraversavano il cielo. « Dove sono finiti tutti? »
   Tony è andato di sopra a prendere la giacca e telefonare a casa, ha detto. Bennett e Marianne sono andati a fare una passeggiata, e da come Marianne guardava la luna… non credo che volessero compagnia » sorrise, e il ghigno di risposta di Logan le fece mancare il respiro, appena un po’. Lo aveva mai visto così rilassato, per così tanto tempo?
   Lui le si avvicinò, fermandosi sul bordo degli scalini per guardare il cielo. « Guarda lì » rifletté a bassa voce. « Come se avessimo ordinato una notte perfetta ».
   « Il cielo è fantastico, vero? » riuscì a dire lei. Era consapevole che il proprio battito fosse accelerato, e si ritrovò a chiedersi se lui fosse troppo perso nella bellezza della notte per ricordare che lei era lì. Per lunghi momenti condivisero il silenzio, il respiro che formava nuvolette di vapore. Nella quiete della serata invernale, ogni suono era amplificato, ogni respiro, ogni momento… ogni pensiero? immaginò Max.
   « Dimentico sempre quanto mi piace qui fuori, la quiete… la pace… è come se l’Onda non fosse mai accaduta, come se fossimo ad anni luce di distanza dalla città ». La voce ricca di Logan era ancora più vellutata, più sconvolgente qui fuori nella quiete e nel buio. « Solo trenta miglia di distanza, Max… perché non veniamo qui più spesso? »
   Perché non veniamo più spesso? Come se fossero una coppia, come se dovessero essere lì, ogni tanto. Max ebbe un brivido lieve, e non era di freddo. Logan era perso nei pensieri e, sperò lei, non notò la sua pausa prima di parlare - o il brivido. « Benzina? » Sperò che la sua risposta suonasse casuale, rilassata. « Anche avendo i soldi per pagarla, non è sempre disponibile quando la vuoi ».
   « Forse dovremmo direttamente trasferirci qui » rifletté lui pigramente, osservando i miliardi di stelle che guardavano verso di loro tra le nuvole. « Che ne dici, Max? » Alzò lo sguardo verso di lei, l’espressione calma e indecifrabile. « Mollare tutto - trasferirci qui - fare come Thoreau? »
   Max si sentì intrappolata non dal pensiero che lui fosse serio, quando le chiedeva di trasferirsi lì con lui - ma dal pensiero che non lo fosse, che fosse solo un gioco mentale e non un’idea che avrebbe potuto prendere seriamente in considerazione. Si rifugiò nelle risposte casuali, leggere, nelle battute. « Non resisteresti trenta ore » tentò.
   Lui ridacchiò - un suono caldo, alto, contento, anche se un po’ triste. « No? Beh, è un bel sogno, però, vero, andare via? Niente cattivi, niente mercato nero, niente polizia settoriale… »
   « Niente Normal… »
   Logan rise di nuovo, e rimase immobile per un momento. Dopo una pausa, prese un respiro e ricominciò « Ma sul serio, sai, se… » Si voltò verso di lei e i loro occhi si incontrarono, e qualcosa… accadde… le pupille si dilatarono, loro trattennero il respiro… Fu come se improvvisamente, in quel momento, entrambi avessero finito le possibili negazioni, entrambi sapessero i pensieri dell’altro. Il tempo rimase sospeso, il silenzio avvolto intorno a loro come una coperta soffice, rasserenante… finché, imbarazzato, Logan riuscì a ritrovare la voce. « Se tu volessi… qualche volta… allontanarti da tutto… »
   Lei annuì, come in sogno. « Solo trenta miglia… »
   « Giusto… »
   Esitarono, e le stelle, la notte e gli occhi verdi - che erano così brillanti per lei anche al buio - si combinarono per portare Max in un’esperienza del tutto nuova: sentire parole nell’aria, la propria voce, come se la sua mente si fosse staccata da lei e il suo cuore avesse parlato direttamente a quello di lui. « L’ultima volta… quando eravano qui… e abbiamo detto… ho detto… che era stata solo una reazione emotiva… »
   Lui si pietrificò, trattenne il respiro. I suoi occhi sostennero quelli di lei mentre aspettava, con la paura di indovinare ciò che Max avrebbe detto.
   « … Ho mentito… » sussurrò lei.
   Logan riprese a respirare di nuovo solo quando il petto iniziò a bruciare per la mancanza d’aria. Si bagnò le labbra, osando sperare. « Max… » iniziò; la sua mano, palmo in su, si sollevò verso quella di lei e sentì una scossa elettrica quando le loro dita si sfiorarono.
   « Ehi, Logan, guarda! » L’allegria infantile nella voce di Bennett mentre emergeva dagli alberi lì davanti era impossibile fraintendere; la pugnalata di costernazione nel petto di Logan forte… e l’imprecazione di Logan dal piano di sopra udito solo da Max - che la sentì appena, in mezzo alla propria delusione. « Ho trovato la scatola che nascondemmo nell’albero di noce, quando, vent’anni fa? »
   « Grande » rispose Logan, gli occhi ancora in quelli grandi e scuri di Max, così vicini ai propri. « Max… » mormorò, dispiaciuto, lasciando che la sua mano stringesse quella di lei per un momento.
   « Grande » gemette Tony nel ricevitore del telefono accanto alla finestra al secondo da cui aveva visto la coppia sulla veranda; aggiornò il pubblico dall’altra parte dell’apparecchio. « Quasi! Maledizione, lei ha rotto il ghiaccio e giuro che lui la stava seguendo… » DiNozzo sbuffò mentre ascoltava l’empatica voce femminile all’altro capo della linea e osservava dal secondo piano al buio Bennett e Marianne tornare al capanno dalla loro passeggiata; Bennett, almeno, era spensieratamente inconsapevole di cosa aveva interrotto. « Lo so, lo so… » sospirò Tony, desiderando trascinare Logan e Max da parte e… cosa? Non era sicuro se voleva buttare loro addosso dell’acqua fredda per svegliarli - o buttarli sotto una doccia calda insieme e dire loro di darsi una mossa. Alla fine lasciò la finestra che era diventata quasi un posto di vedetta da cui seguire i progressi di suo cugino e prese un maglione dalla borsa, la sua scusa per essere salito a fare la telefonata privata. « Forse martedì, probabilmente mercoledì » rispose alla domanda all’altra parte della linea. « Ti sono mancato? » Alla fine sorrise al telefono e fu contento della risposta che sentì. « Certo » rispose. « Non ci vorrà molto ». Fece un’altra pausa e il suo sorriso era ancora lì. « Sì, vorrei che fossi qui e incontrassi Logan. E Max. Ma riusciremo a far incontrare tutti presto, su una costa o l’altra ». Fece ancora una pausa, ascoltando la donna che fece illuminare la sua espressione, lì al buio. « Ok. Ok, tesoro, riposati - è piuttosto tardi da te - ci vediamo tra un paio di giorni… Ti amo ».
   Tony chiuse il telefono, sbirciò di nuovo fuori appena in tempo per vedere i quattro entrare e li sentì agitandosi per il freddo. « Logan Cale, non lasciare andare Max » mormorò tra sé e si diresse verso la porta per unirsi agli altri di sotto. « Max, hai dato il via alle cose - non lasciarlo ora ». E concedendosi solo un momento per prepararsi, raggiunse gli altri di sotto.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Mi fa sorridere quando nelle fanfiction americane (o nei telefilm) mangiano “italiano”: da una parte perché, diciamocelo, come mangiamo noi non mangia nessuno; dall’altra perché gli Americani spacciano spesso per italiana roba che non lo è proprio - tipo quando solo convinti che la carbonara si fa coi piselli o che la pasta è un contorno XD
   A parte questo commento cretino, qualche nota esplicativa:
   - S’mores: sono dei dolcetti composti da un marshmallow riscaldato tra due biscotti integrali e uno o due strati di cioccolato. Sono popolari in America e Canada, e spesso li si prepara davanti ad un camino o un falò. Il nome è la contrazione di “some more” = “un po’ di più”. Secondo me fanno schifo, ma a me non piacciono i marshmallow, quindi non faccio testo…
   - Di nuovo, ho cercato di rendere lo slang di Max in italiano limitando l’uso del congiuntivo. Spero non suoni troppo male.
   - Come ho detto nel primo capitolo e nell’intro, questa storia è stata scritta tra l’inizio del 2005 e il 2006; come tale non tiene conto delle serie più recenti di NCIS. Questo per distruggere (LOL) subito i sogni di chi immagina Ziva all’altro capo del telefono con Tony.
   Ultima cosa: in quanti hanno odiato Bennett qui? XD
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 14
*** Vecchie paure, nuovi ricordi ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Vedere i precedenti.
   
   

Vecchie paure, nuovi ricordi


   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 8 febbraio 2020, qualche momento dopo.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   Tony era stato un investigatore per tutta la sua vita adulta ed era ben consapevole dei fattori da tenere a mente, del fatto che gli investigatori sono esseri umani - cavolo, aveva insegnato questa roba sia come team leader sia in varie accademie e università sulla costa est. Ma personalmente non aveva avuto molti casi in cui il fattore emotivo avesse influenzato le indagini per lui - nella sua carriera c’erano stati pochissimi casi in cui si era ritrovato a dover ricavare informazioni in circostanze in cui il proprio coinvolgimento nel caso avrebbe potuto di influenzare il suo giudizio.
   Vero, qui non si trattava di omicidio o rapimento o terrorismo - ma si trattava di Logan, e mentre osservava gli altri durante la serata, si era dovuto rammentare più volte di cercare segnali oggettivi e soppesarli in modo imparziale. Non era il caso di fare la scelta sbagliata, di seguire informazioni sbagliate e peggiorare così le cose.
   Quando era tornato di sotto, aveva fatto del suo meglio per osservare Max, osservare Logan e non farsi vedere da nessuno. Poteva essere un professionista, ma aveva visto suo cugino al lavoro - ed era più che consapevole dell’addestramento e delle abilità di Max. Non erano i tipici civili che non si sarebbero accorti della sua attenzione. Sperava solo che il fatto che fossero occupati con altri eventi rendessero lui l’ultimo delle loro preoccupazioni.
   Non avrebbe dovuto preoccuparsi.
   Durante il resto della serata, entrambi lo fecero impazzire con le loro insicurezze e il mettersi sulla difensiva, e lui si ritrovò a pensare sul serio di sbattere le loro teste l’una contro l’altra, metterli a sedere e dirgli di darsi una mossa. Ad ogni modo, fu una serata di sguardi distolti e sorrisi imbarazzati, momenti di disagio quando l’uno coglieva lo sguardo dell’altro e, per il divertimento di Tony, Marianne che diventava sempre più consapevole dell’imbarazzo adolescenziale tra i due.
   Alla fine quest’ultima si alzò e si avvicinò alle spalle del marito, seduto sul pavimento di fronte al fuoco, e gli diede un colpetto con ginocchio. « Bennett… ho lasciato un paio di cose in macchina » iniziò con dolcezza. « Mi aiuteresti ad andare a prenderle? »
   « No, tesoro, ho preso tutto… » le sorrise Bennett con fare rassicurante prima di tornare a voltarsi verso gli altri, mentre si passavano un altro giro di s’mores che, insieme al capanno, contribuivano a riportarlo alle estati del passato, quando l’ultima cosa a cui pensava erano le complessità delle relazioni tra adulti - sue o degli altri.
   Il tono di Marianne non ammetteva repliche. « No, la mia borsa per la notte e il tuo kit per raderti; sono sicura ».
   « Mari, sei… oh. Oh… » Nel guardarlo, Tony iniziò a sospettare che, per quando l’ultimo del Cale era stato concepito, il gene Cale dell’ambiguità e dell’inganno era ormai esaurito: Bennett era intelligente, non c’era dubbio, ma nonostante il modo in cui era stato allevato, era semplicemente troppo dolce e candido per aspettarsi altrimenti dagli altri, e aveva dimenticato quella danza che si svolgeva tra loro cugino e Max che lui stesso aveva descritto a Tony appena qualche settimana prima. In realtà, Bennett ancora non aveva capito molto oltre che la sua bellissima sposa stava cercando di restare soli loro due per un momento - e aveva abbastanza geni Cale perché questo fosse più che abbastanza. « Oh, giusto, sì… » sorrise, arrossendo leggermente.
   Mentre si alzava e seguiva sua moglie fuori, gli altri - tutti ben consci dell’imbarazzo nell’aria e della relativa protezione offerta dall’inconsapevolezza di Bennett - proseguirono in silenzio finché Tony alla fine parlò. « Abbiamo praticamente invaso la tua camera da letto, eh, cugino? Forse dovremmo andare tutti di sopra, se vuoi coricarti… »
   Il più grosso difetto del capanno, per Logan, nonostante la rampa e altre aggiunte che l’avevano reso quasi perfetto per lui, era la mancanza di camere da letto sul piano terra - o di una stanza da convertire. Data la situazione, si sarebbe accampato sul divano. « Non importa. Di solito non vado a letto prima che sia molto più tardi di così; non è un problema ».
   « Però, magari, se prepariamo la stanza loro capiranno » propose Tony, mezzo distratto. Oltre al cercare di fare da cupido, aveva riflettuto fin da quando erano arrivati su dove e come creare una camera da letto sul piano terra, e ancora non gli erano venute idee particolarmente brillanti.
   Ma dopotutto, era per questo che esistevano i professionisti.
   Ma Logan scosse la testa. « In realtà, uh… aspettiamo. Mi piaceva essere dimenticato ».
   Tony non mostrò l’effetto che ebbero su di lui le parole di Logan in quel momento. « Come vuoi » disse tornando ad appoggiarsi contro il divano, fissando il fuoco. … quindi Logan è ancora a disagio, notò, anche ora. Il silenzio della stanza sembrò riecheggiare i pensieri di Tony, ricordandogli quei cambiamenti che stava imparando a trascurare. Come deve essere per lui? si chiese ancora.
   Ma i suoi pensieri furono interrotti dopo solo un altro momento di silenzio quando Max si alzò in piedi, inaspettatamente, e annunciò « Beh, io me ne vado a dormire ». Fino ad allora era stata in grado di tenere sotto controllo le emozioni che aveva provato da quel momento sulla veranda, il suo desiderio e imbarazzo e curiosità per ciò che era quasi successo lì, ma sapeva che non ci sarebbe stato nessuno sviluppo con gli altri in giro, date le alte possibilità di essere interrotti di nuovo. Né lei né Logan sembravano in grado di superare le loro insicurezze nemmeno quando erano soli - e da ciò che avevano fatto quella sera, era chiaro che le loro chance si avvicinarsi in presenza di altri non erano troppo buone. Per cui riuscì a sorridere ai cugini e a guardare negli occhi verdi che si sollevarono verso di lei - entrambe le paia di occhi verdi. Le espressioni sorprese che vide in risposta alla sua improvvisa dichiarazione, la somiglianza - e le differenze - infransero la tensione che sentiva e scoppiò a ridere, quasi sollevata per la possibilità. « Avete idea di quanto vi somigliate, sul serio? »
   Ci volle un momento perché entrambi processassero le sue parole e l’improvvisa scomparsa della tensione in lei, ma quasi allo stesso momento, le loro espressioni sorprese si tramutarono in sorrisi - quello di Tony, un ampio sorrisetto speranzoso, cospiratorio; quello di Logan, speranzoso a sua volta, ma più contenuto nel suo imbarazzato affetto per la donna di fronte a lui. « Saranno tutti i servizi di casa che hai fatto ad averti stancata, l’essere venuta così presto » suggerì Logan con voce gentile. Erano le prime parole che era riuscito a dirle nelle due ore da quando erano rientrati - e ne erano tutti e tre consapevoli.
   « Già » Finalmente lasciò che i suoi occhi incontrassero quelli di lui per ACKNOWLEDGE le parole della serata, promettendo con lo sguardo che non avrebbe ritrattato la sua ammissione di prima… e la comprensione e la speranza che vide negli occhi di Logan la fecero sorridere ancora di più.
   Osservandoli, Tony giunse alla conclusione che forse poteva bastare per il momento; poteva bastare per entrambi, timidi com’erano in questa cosa. Gli sguardi che si erano scambiati potevano essere apprezzati e compresi in pieno tra loro, ma Tony ne colse il senso. La pazienza non era mai stata il suo punto forte, ma a volte le cose dovevano accadere nel tempo giusto. Con tutto il bagaglio che quei due portavano, forse era tutto quello che avrebbe dovuto volere. Almeno, sembrava che stessero facendo passi avanti.
   Tuttavia… aveva ancora un paio di giorni. E aveva altre questioni da discutere con sui cugino prima di partire. Magari questa situazione con Max avrebbe potuto essere parte della sua campagna.
   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 9 febbraio 2020, 0:20 am.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   Nonostante avesse detto in precedenza che non voleva cacciare tutti, Logan si rese conto di essere abbastanza stanco, ed era contento che gli altri si fossero andati a letto poco dopo che Marianne aveva trascinato Bennett fuori per spiegargli la situazione; qualsiasi cosa avesse detto - che si trattasse di fargli notare che Max e Logan avrebbero voluto del tempo per loro, o che volesse lei stessa del tempo da neosposini - funzionò: i due si fermarono appena sulla via per il piano di sopra. E non molto dopo sua dichiarazione, Max era andata al mobile della biancheria per prenderne le lenzuola e coperte di cui Logan avrebbe avuto bisogno per preparare il divano costoso e sorprendentemente adatto. Nonostante Logan protestasse che avrebbe potuto fare da solo, Tony rimase ad aiutarlo a srotolare il tappetino morbido che avrebbe convertito il solido divano in un letto che anche Bling avrebbe approvato. Con tre persone a passarsi lenzuola e cuscini e trapunte da tutte le parti, la “camera da letto” di Logan fu pronta in pochi momenti. Non molto più tardi, quando gli altri gli lasciarono il piano terra, col calmo scoppiettare dei resti del fuoco a cullarlo verso il sonno, Logan si accoccolò nel letto preparato per lui, nelle coperte che profumavano, e osò lasciare, per la prima volta da quando era accaduto, che i suoi pensieri ripercorressero la giornata… e le parole che Max gli aveva detto sulla veranda. Non osò analizzare o immaginare, estrapolare o implicare nulla appena al di là di ciò che aveva effettivamente detto.
   Ma non ce n’era bisogno. Quello che aveva detto bastava a muovere le montagne.
   E senza pensare oltre, Logan si lasciò andare ad un tranquillo sonno ristorativo, il sorriso ancora sulle sue labbra per un bel po’.
   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 9 febbraio 2020, 1:03 am.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   Max si era portata qualcosa da leggere, aspettandosi una lunga notte di silenzio in cui avrebbe dovuto convincere gli altri di stare anche lei dormendo. Ma i suoi occhi scivolarono lungo il testo via dalla pagina insieme ai suoi pensieri, e ritornò più volte allo stesso paragrafo sbuffando tra sé.
   Lui non sembra ci stia pensando troppo, disse a se stessa quando sentì un lieve russare salire dal piano di sotto. Ma forse era meglio così, decise… aveva visto lo sguardo negli occhi di lui e si azzardò a credere che le sue parole e tutto ciò che era successo negli ultimi giorni lo avessero effettivamente aiutato a trovare un po’ di pace.
   Incapace di leggere e non ancora pronta a dormire, Max si alzò e in silenzio si avvicinò alla finestra; vide la luna grande, luminosa, che ancora splendeva in alto. Da lì, riusciva a vederla giocare col la superficie ondulata del lago. Forse non era il Needle, si disse, ma era probabilmente anche meglio; aprì la finestra che dava sul tetto della veranda e ne scivolò silenziosamente per sedere nella quiete e nella calma che Logan amava così tanto. Fissando le stelle e la luna, ascoltando le creature della notte che si chiamavano a vicenda, Max decise in quel momento che se Logan le avesse davvero chiesto di scappare con lui in quel luogo… gli avrebbe detto di sì.
   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 9 febbraio 2020, 9:18 am.
   
   Capanno della famiglia Cale.

   
   Aveva sognato musica e calore e profumi in frammenti di ricordi mentre iniziava a svegliarsi in quel luogo che non era il suo letto ma era familiare. I pensieri di Logan si formarono in schegge, il conforto offerto dalla trapunta morbida intorno a lui, l’odore che aleggiava di caffè nell’aria fresca e pulita, un senso di gioia, dentro di lui, suscitato dalle persone con cui aveva condiviso la serata… la sensazione piacevole di sapere Bling al sicuro e il killer catturato… gli occhi castani e le parole sorprendenti sulla veranda la sera prima…
   « Ehi ».
   … la voce di un angelo, così vicina accanto a lui.
   Logan riuscì ad aprire un occhio annebbiato verso il viso sorridente inginocchiato al suo fianco. Max aveva mai l’aspetto che hanno le persone normali la mattina o il suo cocktail genetico era così ben fatto? Aprì anche l’altro occhio e si ritrovò a restituirle il sorriso. « Ehi » rispose tirandosi più su per appoggiarsi meglio ai cuscini. Guardò l’orologio - le nove e venti.
   « Ho sentito che ti stavi svegliando. Pronto per il caffè? »
   « Sempre. Grazie » disse prendendo la tazza che gli veniva offerta e portandosela alle labbra per soffiare un po’ prima di saggiarne il calore.
   « Dormito bene? » tentò lei.
   « Sì. Molto bene, in effetti. Tu hai dormito? » Sollevò un sopracciglio, ancora colpito dal fatto che lei riuscisse andare avanti per giorni di seguito senza dormire e senza sembrarne influenzata.
   « Qualche ora, sì. Non è stato difficile, con il silenzio che c’è qui ». Lo osservò iniziare a sorseggiare la bevanda calda e disse « Ho tirato fuori la frutta che hai portato per colazione, ma non sapevo cos’altro avessi in mente. Avrei potuto iniziare così che non dovessimo aspettare troppo per fare colazione… »
   « Non c’è problema » rispose lui ricordando i propri doveri di padrone di casa e si disse con riluttanza che era ora di mettersi in moto. « In realtà è già pronta, deve solo andare in forno e cuocersi… » Iniziò a tirare via le coperte ma lei gli mise una mano, leggera, sulla sua per fermarlo.
   « È una cosa che potrei fare persino io? » propose con fare seducente.
   Lui sorrise. « Certo, se vuoi ». Tornò ad appoggiarsi ai cuscini e disse « Metti il forno a centonovanta. Può andare direttamente dal frigo al forno, ma ci vorrà quasi un’ora, quindi tanto vale iniziare… scommetto che non sarà pronto prima che gli altri si alzino ».
   « Ok ». Immediatamente in piedi, lei saltellò in cucina e Logan, mettendosi gli occhiali, la osservò nella luce brillante del mattino; lui era… bloccato. Lei era giovane, così giovane e piena di vita, e pronta; lui era più vecchio dei suoi anni e cupo per ciò che aveva visto nella vita… lei era sana e forte e meritava un compagno che potesse…
   « Cos’è che sto cercando? »
   Si concentrò di nuovo sulla scena di fronte a lui quando la sentì chiamare dall’altra parte della zona aperta; una parte di Max era nascosta dalla porta aperta del frigorifero cosicché il suo didietro tondo e carino lo guardava. Gemendo tra sé per la tentazione che gli veniva lanciata proprio mentre stava cercando di convincersi a suon di sensi di colpa a farsi indietro, la vide alzarsi e sbirciare al di sopra della porta, in attesa.
   « È un una teglia di vetro, coperta, rettangolare; c’è della carta argentata sopra » rispose distrattamente, la mente ad anni luce di distanza. Aveva fatto la cosa giusta, una volta, non tanto tempo prima in termini di giorni, ma un’eternità fa nelle loro vite… Dov’era quell’uomo che aveva detto a Bling “Era la cosa giusta da fare, lasciarla andare… per mille ragioni diverse. E io faccio sempre la cosa giusta, vero?” Aveva fatto la cosa giusta allora, ma non era durata; lei non aveva agito di conseguenza - era tornata indietro, per salvargli la vita… letteralmente.
   Ed eccole lì, le “mille ragioni diverse”; erano le stesse ora come allora. Dov’era l’uomo che era stato abbastanza forte da fare la cosa giusta?
   Max si era piegata nel frigorifero e ne aveva tirato fuori la pirofila, guardandola con la fronte aggrottata, confusa. « Non mangeremo lasagna anche per colazione, vero? Era buona, ma voglio dire… »
   Nonostante tutto, lui ridacchiò di fronte a Max che si comportava come Max, anche se era convinto che il suo sogno della sera prima stava evaporando. « No, non lasagna » spiegò con un lieve sorriso. « È una cosa da colazione ».
   Osservandola mettere la teglia in forno e tornare indietro verso di lui attraverso la cucina, Logan sentì il proprio sorriso addolcirsi ancora di più, impotente, mentre lei diceva « Logan Cale, tu non serviresti mai una semplice “cosa da colazione” » col suo solito modo di fare.
   « No, immagino di no ». No, era la cosa giusta da fare, lasciarla andare… per mille ragioni diverse. E io faccio sempre la cosa giusta, vero?
   Mentre Max tornava da lui, Logan si tirò di nuovo su così che ora sedeva dritto contro i cuscini, un po’ più sveglio per il caffè che lei gli aveva portato e sentendosi ora in grado, forse, di trovare il senso del giusto, da qualche parte nella caffeina. « Si chiama strata » disse cercando di concentrarsi mentre lei si avvicinava.
   Il sorriso di lei su rapido, naturale. « Una “strata” - un altro piatto italiano per il tuo cugino preferito? »
   Logan batté le palpebre, sorpreso di fronte a quel pensiero che lo tirò fuori dal suo umore cupo, per il momento. « Uhm. Non lo so; il nome sembra suggerirlo ». Guardò la donna, che ora si stava inginocchiando con grazia al suo fianco e rifletté « Potremmo dire a Tony che è italiano, fatto in suo onore ». Inclinò la testa di lato. « Pensi ci crederebbe? »
   « Penso che crederebbe a qualsiasi cosa gli dicessi » rise.
   « Oh, no: è in professionista, non fa sconti per la famiglia » rispose Logan tirandosi indietro davanti a ciò che aveva implicato; aveva paura a immaginare che l’affetto profondo che aveva provato per tanti anni potesse venire da entrambe le parti.
   « Magari non per il resto della famiglia - ma per te… » Il sorriso di Max si addolcì e lei disse « Vi fate davvero bene a vicenda, sai? » Dopo la loro quasi-connessione la sera prima, Max aveva osservato Logan con attenzione per vedere cosa fosse sopravvissuto della serata. Sembrava contento di vederla, ma nonostante tutto… triste, in qualche modo. Max sapeva di non avere speranze nel cercare di indovinare cosa stesse accadendo nella sua testa, ma questo non le impedì di preoccuparsi e interessarsi a cosa potesse essere… loro? Il week-end? Max si chiese se parlare della sua connessione con Tony non fosse un argomento delicato per quell’uomo che non le parlava mai troppo di se stesso, anche dopo tutto quel tempo, ma era stato sincero quando le aveva detto del meschino furto di sua zia o della disapprovazione di suo zio… e questo era una cosa bella per entrambi… « Forse non conosco molto bene Tony, ma a me sembra che abbia un debole per te. E tu… » disse con un sorrisetto. « Da parte tua è pura e semplice adorazione ».
   « Credevo di averti avvertita ». Il sorriso gentile era tornato con quella tacita ammissione. L’argomento era sicuro, allora, immaginò lei.
   « Sì, è vero - ma non avevo capito bene davvero prima di vedervi insieme. E - sospetto che la somiglianza non si fermi all’aspetto ». Lo osservò. « Appena Bling è stato al sicuro e Parks catturato - beh, anche prima, ma soprattutto dopo che Bling era al sicuro - hai potuto davvero goderti la presenza di Tony ».
   Logan distolse lo sguardo; non era mai facile per lui parlare dell’affetto che provava per suo cugino… o per la donna davanti a lui, risero i suoi pensieri. « Il fratello maggiore che non ho mai avuto ». Si strinse nelle spalle, cercando di sembrare naturale.
   « Beh, stai parlando con la ragazza giusta: costruire una famiglia da… una famiglia » lo incoraggiò Max, gli occhi allegri e speranzosi. « E tu sei il fratello minore di cui lui ha sempre voluto prendersi cura ».
   La bocca di Logan tremò un po’, la sua espressione triste nonostante il sorriso ironico. « E dici che non ha nulla a che fare con la sedia? »
   Lei lo sorprese con la sua intensità calma solo in apparenza. « No, infatti - e non osare nemmeno tu pensarlo. Sarebbe troppo facile, Logan. C’è molto più di questo… È perché ti vede come il bimbo che ha bisogno del suo cugino grande. Non mi convincerai che non farebbe lo stesso per te se fossi in piedi ».
   Lui ci pensò per qualche momento, e cedette, i suoi pensieri che tornavano a scene di tanti anni prima. « Già » ammise con voce calma e la sua espressione si rilassò. « Sì, hai ragione ». Alzò gli occhi su di lei, tutte le sue battaglie erano lì in mezzo alla gratitudine che provava per lei e a ciò che lei significava per lui. « Grazie, Max ».
   Questa era l’arma segreta, pensò lei, quella che Manticore non aveva cancellato in lei e che Lydecker non era riuscito ad eliminare col suo addestramento, la crepa nell’armatura, la fine della sua forza… Tutto ciò che bastava a sottometterla era un paio di occhi miopi e infinitamente verdi che avevano il potere di sconfiggerla senza sforzo, più forti di qualsasi cosa lei potesse affrontare… E riuscì solo ad annuire, guardando quegli occhi verdi.
   Qualcosa negli occhi di Max catturò Logan, e lui sentì la stessa elettricità che era nata la sera prima… forse l’aria pulita, pensò vuotamente, forse Solo Occhi che era rimasto a Seattle, forse semplicemente i mesi passati ad avvicinarsi… e tutto ciò che sapeva in quel momento era che gli occhi di lei guardavano i suoi e che lei stava aspettando una sua risposta. Voleva più di ogni altra cosa in quel momento fare la cosa giusta, stringerla e dirle tutto ciò che aveva sognato di dire… lasciare andare tutte le responsabilità e lasciare che lei lo soccorresse… mandarla via, verso la vita che lei meritava di avere, non quella che lui desiderava per lei, con lui…
   E come la sera prima, allungò la mano, lentamente, ma stavolta vide le proprie dita sollevarsi dolcemente verso la guancia di lei, seguendo la pelle morbida. Quando lei sollevò la mano per coprire quella di lui, prontamente, Logan le strinse le dita nelle sue e, continuando a sfiorarle il contorno del viso, deglutì e riuscì a sussurrare « Max ». Esitò di nuovo, e alla fine perse la battaglia e ammise « Ho mentito anche io… » Gli occhi di lui erano irrequieti, di nuovo tristi, ma alla fine disse « Forse… quando torneremo e… non ci sarà una casa piena di gente da intrattenere… Forse è ora di parlare ».
   Così tipico di Logan: voler parlare, soppesare i pro e i contro… pensò Max. Parlare? Era tempo di andare ben oltre il parlare…
   « … c’è tanto da considerare… » Logan distolse lo sguardo e sembrava che le parole gli facessero male, mentre le pronunciava. Max li vide allora, vide i suoi demoni. Logan stava per dirle che non era la cosa giusta per lei, e lei sentì la paura di perderlo crescere, forte quasi come quando lui era stato lì, morente, e lei gli aveva offerto il suo sangue per riportarlo indietro.
   Chiuse lentamente gli occhi, si leccò le labbra e annuì, per lui, perché sapeva che lui aveva bisogno di questo, perché sapeva il motivo… e sapeva che avrebbe fatto tutto ciò che poteva per aiutarlo a vedere l’inevitabilità di tutto ciò, e quanto fosse giusto. « Lo so » concesse restituendogli lo sguardo con un sorriso di incoraggiamento, e non era vero che “sapeva”, ma era pronta a fare tutto il necessario perché lui fosse sicuro come lei, ora. « Basta che lo facciamo… che lo teniamo in considerazione, voglio dire ».
   Voltando la mano di lei nella propria, se la portò alle labbra e gentilmente - eppure in modo molto più sensuale di qualsiasi cosa che Max avesse mai provato con i ragazzi con cui era stata nella follia del Calore - le baciò il palmo aperto, mordicchiando dolcemente la carne alla base del pollice.
   Max trattenne il respirò e rabbrividì, sorpresa di sentirsi ancora più pronta ad abbandonare la propria sanità mentale per quell’uomo - e che un desiderio così intenso potesse nascere in lei al di fuori del suo ciclo di Calore. Eppure, ancora una volta, era un altro modo in cui Logan Cale le aveva mostrato che lei non era solo un mostro.
   Incerta su come ci fosse riuscita, aprì gli occhi e le dita della mano stretta in quella di Logan per toccargli la guancia e capì, ora. Non aveva più paura. Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto, non importava il bagaglio che portavano - lui aveva appena parlato più chiaramente che con qualsiasi parola. Era solo una questione di farglielo capire…
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Forza fan di Max/Logan, fatevi sentire! I prossimi capitoli vi piaceranno, ne sono certa :) Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 15
*** Primi passi ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Stesso di prima. Mi piacerebbe poter dire qualcosa di nuovo…
   
   

Primi passi


   
   CAMPAGNA, WASHINGTON. 9 febbraio 2020, 2:10 pm.
   
   Verso Seattle.

   
   « Allora, come vi siete conosciuti? »
   Tony DiNozzo era seduto nel sedile del passeggero della Aztek di suo cugino mentre tornavano a Seattle; erano stati gli ultimi a lasciare il capanno di famiglia. I cinque avevano passato una pigra domenica mattina a tavola per una colazione iniziata abbastanza tardi da rendere inutile il pranzo; erano poi andati tutti insieme al lago per chiacchierare e lanciare sassolini e promettersi che non sarebbe passato tanto tempo prima della volta successiva. Un po’ per volta caricarono i veicoli, si scambiarono abbracci e condivisero risate, e il capanno fu chiuso per un tempo più breve dell’ultima volta, si promisero. Marianne e Bennett andarono via nella loro perlina, Max saltò sulla sua piccola - dopo aver quasi dovuto lottare con Tony per avere quell’onore - e per ultimi, dopo aver fatto un giro lento nei dintorni lungo i percorsi familiari cosicché Tony potesse dare un’ultima, bella occhiata, i cugini puntarono verso Seattle.
   Erano appena partiti e si erano diretti verso l’autostrada. Tony aveva deciso che era più che mai ora di fare un discorsetto a Logan sui suoi dubbi, specialmente quelli relativi a Max. E quale luogo migliore della macchina, loro due soli, ad almeno un’ora di distanza da casa di Logan? Tony si lanciò nell’argomento più rapidamente possibile cercando di sembrare naturale.
   « Chi… Max? » chiese Logan cercando di apparire noncurante, gli occhi sulla strada ben familiare.
   Uno sbuffo. « Chi… » ripeté Tony alzando gli occhi al cielo.
   « Beh… Avrebbe potuto essere Bling » mormorò Logan - si era ritrovato più volte a fingere nonchalance durante il week-end, e ogni volta Tony non ci era cascato. Sollevato e contento per il fatto che Tony era riuscito a superare l’idea della sua condizione così in fretta, considerò ora il lato negativo: suo cugino probabilmente non aveva nessun problema ad affrontare praticamente nessun argomento con lui. Più o meno come Bling e Max, realizzò improvvisamente, e provò uno strano misto di affetto e abbattimento all’idea.
   « Non lo abbiamo nominato da almeno dieci minuti. Max, al contrario… » Quando non ricevette risposta per un po’, Tony insistette. « Allora? »
   Logan fece spallucce senza distogliere lo sguardo dalla strada. « Noi, uh… Beh, avevo un paio di ospiti, quella sera, e lei… è passata di lì ». Si sentì lo sguardo impassibile di Tony addosso, consapevole del sorriso ironico che doveva accompagnarlo. « Che c’è? » chiese guardandolo per un momento, trovandosi faccia a faccia col sorrisetto silenzioso. « È la verità » si difese riportando lo sguardo sulla strada.
   « Uh-uh » ghignò Tony, consapevole che doveva esserci di più e che non erano i dettagli a importare davvero, ma la reazione. « Quanto tempo fa è stato? »
   « Quasi un anno » disse immediatamente Logan, e subito immaginò che Tony volesse sapere se la conoscesse prima. « L’ho vista solo due o tre volte prima che mi sparassero » spiegò, « se è quello che volevi sapere… »
   « Beh, in realtà no, ma immagino sia importante da sapere - se lo è per te » lo sfidò la risposta di Tony. « In realtà mi chiedevo solo da quanto vi conosceste ».
   Logan gli lanciò un’occhiata veloce, imbarazzato per un momento, ma presto tornò a rilassarsi nella ritrovata fiducia tra loro. « Un anno » sorrise lievemente verso la strada di fronte a lui.
   « È una donna straordinaria, cugino. Brillante… grande senso dell’umorismo… e bellissima, per di più. Wow… » Tony si rilassò contro lo schienale, pronto all’atto finale, concentrando la sua mente nella modalità “innocente parente affettuoso”. « Sei un uomo molto fortunato ».
   Logan sentì quel vecchio dolore, anche se quei pensieri familiari erano più teneri da parte di suo cugino. « Lei è tutto quello che hai detto, ma noi… non abbiamo… un rapporto di quel tipo ». Anche quella risposta così familiare e automatica suonava vuota alle sue orecchie, dopo ciò che era accaduto nelle ultime ore.
   Tony rise, annuendo. « Sì, certo ». Ma quando Logan non si unì a lui, ridacchio di nuovo, stavolta incerto. « … stai scherzando, vero? »
   La domanda diretta fece capire a Logan si essere di nuovo sotto l’attento scrutinio di Tony; sapeva di non aver finto disinteresse abbastanza in fretta. « È una brava ragazza » disse, cercando di apparire casuale, e ricordò di averlo già detto una volta e il suo tentativo di essere un adulto freddo, maturo, più serio non era andato in porto nemmeno allora. Il fatto è che all’epoca Original Cindy non lo conosceva abbastanza da metterlo a posto come avrebbe fatto ora. O come avrebbe potuto fare suo cugino.
   « Chi credi di stare ingannando, Logan? » La voce di Tony era carica di sorpresa e rifiuto - o almeno così sperò Logan. « Voi due… tanto varrebbe mettervi dei cartelli al collo: “Io amo Max”, “Io amo Logan” ». Tony lo guardò con attenzione mentre suo cugino cercava di non reagire - e falliva miseramente. « Vuoi dirmi che davvero non siete mai arrivati oltre a quello che ho visto tra voi negli ultimi due giorni? »
   Logan fece spallucce. « Noi… lavoriamo un po’ insieme; lei fa delle commissioni per me e io cucino per lei - una specie di pagamento, immagino » tentò. « È spesso da me, per cui la conosco, lei conosce me, ma… questo è tutto; non abbiamo… » Si interruppe, contento di dover tenere gli occhi sulla strada.
   « Quindi cos’è che ti frena? » volle sapere Tony. « Sei tu, vero? Sei tu quello timido quando c’è lei, lei ha passato la serata ad aspettare che tu parlassi con lei… » Soppesando il silenzio del cugino, Tony insistette « So che per lei non importa che tu sia sulla sedia… non ti guarderebbe come ti guarda se fosse un problema per lei » cercò di valutare DiNozzo. « Cos’è, una specie di cosa da orgoglio macho? »
   Logan sbuffò. « Ho l’aria di uno a cui rimane molto orgoglio? »
   Tony fu preso in contropiede e sbatté le palpebre; qualsiasi cosa avesse in mente di fare svanì. « Dio, Logan, è davvero così che ti senti? » Tony guardò suo cugino; non poteva più casualmente intrappolarlo nella conversazione. Sotto il suo sguardo Logan si strinse nelle spalle nel tentativo di minimizzare quel commento fatto troppo alla leggera, ma l’improvviso nodo in gola glielo impedì. Di fronte al suo silenzio, Tony disse, nel modo più deciso e diretto - e sincero - che Logan gli avesse mai sentito « Quello che ti è successo non ti sminuisce, Logan. Vorrei che potessi vedere come Bling e Max ti guardano, sentire come Matt parla di te ». Lo osservò da vicino, chiedendosi se sarebbe stato in grado di superare tutte le cicatrici che circondavano l’animo malconcio di Logan. « Sono persone sveglie e intelligenti - e il rispetto e l’affetto che hanno per te sono invidiabili. Se non altro, devi lasciare che sia ciò che provano loro a mostrarti quanto dovresti sentirti orgoglioso. Ti darei la mia opinione, ma ormai devi saperlo che sono sempre stato fiero di te - e questo di sicuro non cambierà per una cosa così irrilevante come il fatto che tu sia in piedi o sulla sedia; non cambia ciò che sei dentro.
   Logan deglutì, sbattendo le palpebre e mordendosi le labbra, forte, e fissò la strada d fronte a lui cercando di controllare le emozioni che sentì alle parole di Tony. Quando la strada secondaria che partiva dal lago curvò verso la campagna che li avrebbe condotti all’autostrada, Logan rallentò fino a fermarsi nel deserto incrocio rurale Era a disagio per la situazione; non si fidava ancora della propria voce, ma inquieto per il silenzio di Tony che aspettava una sua risposta, rimase immobile a fissare la strada di fronte a sé senza vederla. La macchina oziò lì mentre la mente del suo guidatore era chiaramente ben lontana dalla meta.
   Il silenzio era difficile da accettare e poco familiare, Logan non era in grado di indovinare cosa passasse per la mente del solitamente chiacchierone DiNozzo e questo rendeva la confusione di sentimenti che provava ancora più strana. Dopo vari minuti, Logan finalmente si schiarì la gola e riuscì a spiegare « Voi… tu, Bling… Max… significate tutto per me ». Prese un altro respiro, gli occhi ancora di fronte a sé, troppo imbarazzato per incrociare lo sguardo di Tony. « La fiducia e… l’affetto… che ho visto da ognuno di voi valgono tanto per me. Se li ho mai dati per scontato prima… non l’ho più fatto da… beh, nell’ultimo anno ».
   Tony rimase in silenzio per qualche altro minuto, poi sospirò guardando suo cugino, la preoccupazione ancora lì. « Stai lasciando che le tue condizioni ti impediscano di iniziare una relazione - una relazione vera, fisica e romantica - con Max? »
   Nessuno gliel’aveva mai chiesto così direttamente… ma per qualche motivo, se qualcuno doveva farlo, era ovvio che fosse Tony DiNozzo. Logan si morse il labbro di nuovo ma stavolta era mentre ragionava sulla cosa, imbarazzato. « Non è solo quello… » iniziò, sapendo che Tony si sarebbe rifiutato di capire.
   « Allora cosa? » chiese Tony.
   « Beh, la differenza d’età… »
   Tony sbuffò. « La cronologia non ha tutta questa importanza… »
   « Tony, lei ha appena vent’anni, per l’amor di Dio… » Logan incrociò finalmente lo sguardo di Tony. « Io ne ho trentadue. Lei passa le serate in un locale che si chiama “Crash” con un gruppo di persone del suo posto di lavoro - gente come Sketchy, ci hai parlato - e quelli sono i suoi amici, le persone nella sua vita ». Tornò a girarsi, desiderando una via di fuga dagli attenti occhi verdi che gli mostravano la loro sfida - e la preoccupazione - in questo argomento così delicato.
   « Non è la Max che ho incontrato questa settimana. Potrà anche uscire la sera con loro, potrà anche divertirsi con loro per qualche ora, ma ha bisogno di più stimoli mentali di così. Cerca l’intelligenza, cugino, e viene da te per ben più che cibo per lo stomaco ». Osservò Logan esaminare le sue parole - e, immaginò, reagire alla verità di esse. « È più attratta da qualcuno che sia suo pari intellettualmente che di età ».
   « Ma serve ben più che qualche partita a scacchi per fare una relazione… e non è solamente più giovane, è anche in perfetta salute, mentre… » Logan esitò, poi proseguì « dalla vita in giù, io non ho assolutamente niente da offrirle » Nonostante tutto, riusciva a immaginare cosa avrebbe avuto da ribattere Bling al riguardo… ma non era quello il punto, per cui andò avanti. « Quanto tempo ci vorrà prima che si renda conto che là fuori ci sono degli uomini, con parti funzionanti, che sarebbero contenti di condividere queste parti con lei? »
   « Non è così superficiale… » disse Tony aggrottando le sopracciglia.
   « Ma probabilmente non vorrà nemmeno vivere una vita di castità, quindi io come mi inserisco in tutto ciò? »
   Tony si spostò sul sedile per guardare suo cugino più direttamente, cercando di capire se stesse esagerando la sua idea o se credesse onestamente che non c’era nulla, in quel senso, per lui… o per Max. Non ancora del tutto sicuro, Tony alla fine parlò, la voce bassa e diretta. « Se me lo stai chiedendo seriamente, allora sei venuto dalla persona giusta, perché potrei riempire tre volumi di “Come fare” per te e non arrivare nemmeno all’ombelico - né il tuo, né il suo… »
   Logan arrossì, senza parole. Nemmeno Bling era stato ancora così brutale con lui.
   « … e sai maledettamente bene che non è quello il problema. Qualcosa mi dice che hai già avuto questa conversazione con Bling - no, correzione: qualcosa mi dice che Bling ha cercato di avere questa conversazione con te e ha probabilmente cercato di dirti che c’è un intero mondo da provare per te e Max, se tu superassi i tuoi problemi. Quanto tu gliel’abbia lasciato fare - o l’abbia ascoltato - non ne sono sicuro; è difficile dire quale sarebbe peggio: la tua testa dura o l’elefante da tre tonnellate nella stanza ».
   Di nuovo quel maledetto silenzio.
   « Quale “elefante”? » borbottò alla fine Logan, risentito, le guance ancora in fiamme.
   « Il modo disperato e completo in cui sei innamorato di Max » rispose Tony calmo, « e proprio come quando ti innamorasti di quella ragazza al college - come si chiamava, Marie? - sei terrorizzato a morte all’idea di chiederle di uscire perché hai paura che dica di no e il tuo cuore si spezzerà ». Scosse la testa. « Beh, non so Marie, ma ho visto Max. Dio, Logan, come fai a non notare il modo in cui ti guarda? « La ragazza è stracotta ». Quando Logan non rispose, Tony insistette gentilmente « E anche tu, cugino ».
   Logan abbassò lo sguardo, ancora incapace di guardare Tony negli occhi dopo quell’ultima sfida. Dopo vari minuti di silenzio, alla fine prese un respiro e concesse « Già… Beh, e questo ci riporta ai problemi, no? »
   « Perché? » Tony non capiva.
   « Non posso farle questo… »
   « Farle cosa? Amarla? Apprezzarla? Renderla felice, divertirla, darle da mangiare, confortarla, supportarla quando è preoccupata o triste o spaventata o ammalata? » Tony vide che il viso di Logan mostrava tutta l’angoscia che gli causavano quelle emozioni contrastanti e provò un moto di frustrazione per il fatto che Logan potesse abbattersi così tanto da rendere se stesso il solo e unico ostacolo sulla strada per la felicità con la donna che adorava. « Sai benissimo che con lei non si tratta di essere lì per aprirle il barattolo di maionese » disse brusco e subito fece una pausa: a quanto pareva aveva appena preso una decisione su cui aveva rimuginato per tutto il week-end. In modo meno diretto, aggiunse con calma « Non puoi permetterti di non farlo; e non solo per te, anche per lei ».
   Logan sentì un improvviso senso di gelo, di sudore, nonostante fosse Tony lì con lui. Ma il silenzio peggiorava le cose, e alla fine chiese « Perché dici questo? »
   Tony tenne lo sguardo fisso sul panorama spettacolare della colline e dei boschi intorno a lui, senza vederlo, ricordando altri boschi, un altro tempo… E disse, senza apparente soluzione di continuità « Ti ricordi quando ero all’NCIS da forse sette anni o giù di lì e stavo seriamente considerando la possibilità di andarmene? La crisi del settimo anno, forse » rifletté e vide Logan annuire con la coda dell’occhio; Logan osò sollevare leggermente la testa e si voltò a guardare Tony mentre quella sensazione di allarme appesantiva i suoi movimenti. « Ero frustrato perché sembrava non potessi arrivare da nessuna parte; lavoravo per un uomo che era incredibile nel suo lavoro e che mi aveva insegnato tantissimo - e che non sembrava avere alcuna intenzione di rallentare e nessun interesse, all’epoca, di salire di grado. Sette anni, e iniziai a pensare che forse avrei dovuto avere una squadra mia, sai? Non c’erano posti aperti all’interno dell’agenzia e i leader degli altri team sembravano indistruttibili quanto Gibbs. Pensai di trasferirmi, magari all’FBI o qualche altra agenzia… » Si interruppe e poi disse, quasi come se lo stesse rammentando a suo cugino « Non ti ho mai detto perché cambiai idea ».
   Logan gli lanciò un’occhiata, ancora apprensivo. Non aveva mai sentito Tony così serio, così cupo. E a peggiorare le cose… Logan non era così sicuro che non ci fosse soluzione di continuità. Tentò « Dicesti qualcosa riguardo gli uomini per cui lavoravi, su quanto fosse difficile trovare altre persone con quel carattere e sull’essere leali a chi avrebbe fatto la cosa giusta indipendentemente dagli ordini ricevuti o da chi li avesse dati ». Vide Tony restituirgli lo sguardo e spiegò, pur continuando a temere il seguito di quella conversazione « Mi colpì, all’epoca, non solo ciò che dicesti ma l’intensità della tua reazione. Sapevo che qualcosa ti aveva scosso ».
   Tony tornò a guardare di fronte a sé alzando un po’ le sopracciglia a quel pensieri e annuì. « Proprio allora ricevemmo una chiamata riguardo una speciale operazione militare, alta sicurezza, non sono sicuro di quale ramo, forse persino un progetto ad ampio raggio. Chiesero l’aiuto delle squadre investigative per una ricerca: dei detenuti militari erano fuggiti da un centro detentivo dopo averne sopraffatto le guardie. Dopo circa ventiquattr’ore, quando la polizia militare non trovò niente, richiesero che team speciali come quelli che avevamo all’NCIS - con l’addestramento investigativo, l’equipaggiamento e le capacità extra - li aiutassero nella ricerca. C’era anche l’FBI e qualcuno di loro, immagino, mise il mio nome come team leader, mi fece prendere un paio di agenti NCIS e un paio dell’FBI; furono mandate quattro squadre miste ». Tony era perso nel ricordo, nei suoi occhi gli eventi di più di un decennio prima. « Pensai che fosse fantastico… ma il mio capo, Gibbs… sembrava un po’ incerto, come se sapesse che qualcosa non era del tutto giusta, ma all’epoca ero troppo esaltato all’idea di essere stato notato per un incarico così grosso, roba multi-agenzia… per quanto avessi imparato da Gibbs e mi piacesse lavorare per lui, sapevo che non sarei andato da nessuna parte lavorando per lui; era invincibile e, accanto a lui, la sua squadra era sempre in ombra. Mi stavo chiedendo se non fosse il caso di trasferirmi e mi fu presentata questa opportunità e pensai finalmente avrò anche io dei casi importati » rifletté. « Non avrei mai e poi mai detto no all’incarico. E, nonostante il suo istinto, i suoi consigli - sapeva che sarei dovuto andare, per cui mi diede la sua qualificata benedizione… e io andai, alla fine a capo di tutti e quattro team ».
   Logan guardò Tony restare di nuovo in silenzio; chiaramente ricordava più di quanto stesse dicendo e forse stava cercando il modo giusto per dire ciò che voleva dire a suo cugino. Logan rabbrividì involontariamente.
   Tony si accorse improvvisamente di essere rimasto zitto e che Logan lo stava guardando con attenzione. Fece spallucce e continuò. « Allora… ci portarono in aereo a ovest e poi in elicottero in questo posto remoto… la città più vicina si chiama Gillette, Wyoming ». Alzò lo sguardo per vedere se Logan avesse fatto caso al nome come si aspettava, ma mantenne la voce regolare. « Lì incontrammo il comandante della struttura e della polizia militare… o quello che erano… con l’incarico di trovare i fuggitivi. All’epoca, mi informò sulle particolarità di questi detenuti - quelli così speciali da aver bisogno di sedici agenti speciali con attrezzature all’avangurdia per la localizzazone e l’identificazione e la potenza congiunta dell’esercito e delle operazioni governative ». La voce di DiNozzo era anche ora carica di un amarezza che Logan non gli aveva mai sentito prima. « E quando mi disse che gli evasi erano una dozzina di ragazzini, otto, dieci anni… a piedi nudi… in camicia da notte, per l’amor di Dio… » Tony batté appena le palpebre, non distolse lo sguardo, ma non era più lì con suo cugino, era di nuovo in quella notte gelata in Wyoming, undici anni prima. « Ordinai alle squadre di ritirarsi e tornammo a Washington. Gli altri non seppero mai quali fossero gli ordini. Sapevo che avrebbero potuto essere rimandati lì sul volo successivo, ma… non avrebbero assistito nella ricerca quella notte. Entrammo, ordinai loro di tornare a casa e di non rispondere a nessuna chiamata o ordine per ventiquattr’ore - cavolo, non so perché lo feci; solo per far passare del tempo, immagino, per bloccare l’incarico per un po’… »
   Logan guardò ancora suo cugino; quelle ultime parole erano le uniche che avevano mostrato qualche emozione nel racconto, e poteva vedere che Tony era ancora disturbato dagli eventi. Non sapeva ancora cosa avrebbe significato per Max, per cui aspettò, ascoltò ancora.
   « Tornai indietro e… restai lì seduto alla mia scrivania, aspettando che arrivasse Gibbs. Avevo stampato e preparato la mia lettera di dimissioni; ma lui aveva già ricevuto una telefonata dal direttore, a cui era stato ordinato da un qualcuno ai piani alti senza volto che dovevo essere immediatamente terminato. Stavano preparando delle accuse, intralcio alle forze dell’ordine… » Tony fece un respiro. « Ovviamente, Gibbs era curioso di sapere cosa fosse accaduto nelle ventiquattr’ore da quando mi aveva visto per l’ultima volta, che diavolo fossi riuscito a combinare per fare un casino simile ». Tony ridacchiò persino, mestamente, senza allegria - un qualche scherzo suo, forse, pensò Logan. « Mi portò giù, in uno degli osservatori della sale interrogatori, un posto tranquillo, e mi chiese cosa fosse successo. Per cui… gli dissi tutto quello che sapevo. Non disse nemmeno una parola, mi lasciò parlare e poi si alzò, mi lasciò lì. Io tornai di sopra e iniziai persino a mettere in una scatola le cose sulla mia scrivania; mi aspettavo che la polizia militare apparisse da un momento all’altro per arrestarmi. Gibbs se n’era andato da due o tre ore e avevo impacchettato tutto… per cui andai a casa. Lui si presentì a casa mia tipo due ore dopo perché voleva sapere che fine avessi fatto e perché la mia scrivania fosse ripulita » raccontò Tony. « Non disse altro, ma in seguito scoprii che Gibbs e il direttore erano intervenuti; la terminazione e le accuse non furono mai registrate, ma nemmeno i rapporti dell’operazione o delle squadre ». Rimase in silenzio per qualche minuto prima di continuare. « Forse altre ventiquattr’ore dopo, Gibbs mi disse che la versione ufficiale era che le ricerche erano state improvvisamente interrotte e che tutta la faccenda - i carcerieri, non i fuggitivi - sarebbe stata indagata dall’FBI. Non ho mai scoperto se i colpevoli siano stati puniti o… se sia stato seppellito tutto ».
   Finalmente tornò a guardare Logan, le cui nocche erano diventate bianche sulla leva che ancora stringeva mentre fissava suo cugino, pallido. DiNozzo comprese e continuò « Ovviamente ho cercato un po’ di vedere se potessi scoprire qualcosa… ma sono riuscito a trovare solo qualche cosina. È una delle operazioni più oscure in cui mi sia ritrovato in tutti gli anni che sono stato all’agenzia ». Appoggiò nuovamente la testa al poggiatesta; il ricordo era ancora disturbante… doloroso. Ma ora la storia aveva un nuovo capitolo, e aggiunse « E, prima di questo week-end, quella è stata l’ultima volta che ho sentito dei bambini scappati al Progetto Manticore ».
   Il silenzio nell’auto ora era fatto di schegge di vetro, coltelli di acciaio; Logan sentì la bocca asciugarsi e provò panico per la donna che amava. Non suo cugino… Come agente del governo, cosa si sarebbe sentito in dovere di fare DiNozzo ora che aveva trovato Max? Che offerta avrebbe potuto fargli perché Tony mantenesse il segreto? Ora pieno di una paura fredda e nera, chiese « Tony… cosa farai ora? »
   Al suono della voce di Logan, Tony tornò ad alzare lo sguardo verso la supplica negli occhi di suo cugino - la paura - e parlò in fretta. « Nulla, assolutamente nulla; mio Dio, Logan, è un miracolo, non credi, che sia sopravvissuta? Merita un po’ di pace, come minimo, una chance di vivere senza doversi guardare le spalle in ogni momento ». Fece una pausa. « Logan… » Esitò e provò rimorso per aver permesso a suo cugino di temere le sue azioni, anche solo per un momento. « Mi dispiace se hai pensato che avrei fatto altro… »
   Logan annuì e alla fine ammise « L’ho quasi persa perché qualcuno le dava la caccia. Le stanno ancora dando la caccia… »
   « Lo so ». Logan lo guardò in fretta e Tony spiegò « Ogni tanto, negli anni, ogni volta che stavo cercando qualcosa che sembrasse anche vagamente legata a questo, ho ampliato la ricerca o ho cercato di avere qualche notizia… se ho trovato qualcosa, è stato che la ricerca dei fuggitivi sembra ancora in corso ». Alzò lo sguardo. « Hai mai incontrato un tizio di nome Lydecker? »
   Logan esitò, poi annuì.
   « Stai attento a lui, Logan, sembra quello più legato ai fuggitivi e quello più spesso connesso alla ricerca che continua ». Logan annuì di nuovo e Tony ammise « Speravo davvero che quando fecero sapere a Gibbs che era finita fossero sinceri ». Ci fu un altri lungo silenzio, e i due uomini rifletterono sulle oscenità compiute dal loro governo, ingegneria umana su dei bambini, tenerli prigionieri - e rifiutarsi di lasciare che vivessero le loro vite anche così tanti anni dopo. Alla fine, Tony prese un altro respiro per chiedere « Questo è ciò che farò io… e tu? »
   I pensieri di Logan furono interrotti dalla domanda improvvisa, e volle credere di non sapere cosa intendesse Tony. « Riguardo? »
   « Riguardo Max, riguardo i tuoi sentimenti per lei. Riguardo il darle una vita normale »:
   « Voglio solo ciò che è meglio per lei - per tutto ciò che ha passato, per ciò che è, ciò che sono io, ciò che merita… potrebbe forse riuscire ad avere per davvero una vita normale, con qualcun altro… magari qualcuno come lei, qualcuno che non la rallenterà se dovrà scappare… »
   « Senti, devi metterti in testa che il fatto che tu cammini o meno non è in cima alla lista di cose di cui Max ha bisogno: ciò di cui ha bisogno sei tu » disse Tony con voce improvvisamente più forte rispetto a qualche minuto prima, « e esattamente quello che puoi offrirle. Anche volendo ignorare lo sguardo che ha ogni volta che è vicino a te, c’è qualcun altro nella sua vita che la conosce quanto te, che sa chi è - cosa è? Che sa delle convulsioni e tiene una scorta di triptofano nell’armadietto dei medicinali in caso serva? Sì, ho sbirciato » ammise quando Logan lo guardò di traverso. « Chi altro può hackerare i siti governativi per tenerla al sicuro? Chi altro è abbastanza brillante da apprezzare la donna che è? » Tony scosse la testa. « Maledizione, stupido testardo che non sei altro! Con tutto questo, voi due sapevate esattamente cosa fare: vi siete innamorati! L’unico motivo per cui è difficile, è perché tu ti stai opponendo così tanto! Lascia che si occupi lei delle cose fisiche - tu e io sappiamo entrambi che ti superava in questo reparto da molto prima che ti sparassero. Puoi essere più forte di lei quando lei ne ha bisogno - già ti guarda come se fossi una specie di supereroe! Se non riesci a vederlo… allora hai bisogno di molta più terapia di quella che può offrirti Bling ».
   Logan aggrottò la fronte e alla fine disse le parole ad alta voce. « La amo troppo per rischiare… »
   « Forse è un rischio maggiore non farlo » considerò Tony. « L’immagine di una casa felice, una coppia normale, comune come la pioggia… Potrebbe essere effettivamente più sicuro per lei ». Si strinse nelle spalle. « Prendete le cose come vengono, restate insieme mentre le cose vanno bene. Se peggiorano, decidete allora cosa dovete fare ». Tony osservò suo cugino fiducioso che lo stesse ascoltando per davvero. « Non gettare via la tua vita a causa dei “se”. Quando la tua anima gemella piomba nella tua vita, non puoi permetterti di lasciarla andare ».
   Ci fu silenzio per lunghi momenti e Logan rimase lì, gli occhi non a fuoco sulla strada di fronte a lui ma suoi pensieri, sui ricordi che Tony poteva solo immaginare. Le cicatrici erano profonde e più vecchie di quanto fossero le sue ferite dovute alla sparatoria, Tony lo sapeva, ma si ritrovò a sperare di aver intaccato l’altruismo ostinato e fuori luogo.
   Almeno aveva intaccato qualcosa: Logan tornò a concentrarsi e fece un respiro profondo. Dopo un altro minuto, si voltò verso Tony e, ora preoccupato, chiese « Cos’è successo? Cosa l’ha tradita? »
   Tony comprese allora il perché della preoccupazione - e sorrise addirittura. « Prendersi cura di Bling. Appena ha visto che gli avevano sparato, si è tolta la maglietta perché potessi usarla per fare pressione sulla ferita e fermare l’emorragia. Ero semplicemente nel posto giusto al momento giusto quando ha sollevato i capelli dal collo ». Sebbene sicuro che Logan avrebbe capito a cosa si riferiva, lo osservò attentamente; suo cugino reagì appena, annuì solo. E solo qualcuno che sapeva del codice a barre di Manticore l’avrebbe trovata una risposta soddisfacente.
   Tony osservò Logan rimuginare sul fatto che suo cugino conoscesse i segreti di Max, cercando di bilanciare la fiducia che aveva in Tony con il fiero desiderio di protezione che aveva per Max. Povero Logan, pensò, una donna come Max col naso premuto contro la finestra del suo affetto e lui resta lì a preoccuparsi di come tenerla al sicuro e contemporaneamente a pensare a come farla fuggire…
   Guardandolo e desiderando rendere le cose più semplici per lui, Tony si ritrovò a sogghignare. Con finta indignazione, si voltò per guardare Logan direttamente ed esclamò, lamentoso « Logan, ma vedi come sei? Hai sentito quello che ho appena detto? »
   Alzando lo sguardo per incontrare quello di Tony, gli occhi ancora offuscati e la mente ad anni luce di distanza per la preoccupazione, Logan non era del tutto sicuro di aver sentito; sapeva bene che i suoi pensieri avevano lasciato tutto indietro. Sbatté le palpebre interrogativo e attese.
   « Ti è stato appena detto che erano presenti due uomini di sangue caldo mentre la ragazza dei tuoi sogni si è tolta la maglietta e tu non reagisci nemmeno un po’? Cavolo! » DiNozzo era ben calato nella parte, contento quando vide finalmente un lieve curvarsi delle labbra di Logan quando comprese le sue parole. « Credevo di averti insegnato meglio di così ». Suo cugino alzò la testa e finalmente il sorriso prese forma mentre lo guardava scuotendo la testa, e rise un po’. « E hai smesso di guidare, lo sai, vero? » sorrise Tony. « Siamo rimasti seduti qui, fermi, per cinque minuti buoni, ormai ».
   Il sorriso di Logan si allargò ad illuminare il suo viso; le parole di Tony lo fecero rilassare, nonostante tutto, e gli ricordarono che era davvero Tony lì con lui, a dire quelle cose, l’unica persona di cui avrebbe sempre potuto fidarsi. Ancora silenzioso, Logan fece per disattivare i freni quando Tony parlò di nuovo.
   « Aspetta. Prima che inizi a guidare di nuovo, c’è un’altra cosa ». Logan sollevò le sopracciglia voltandosi verso la voce di DiNozzo. Gli occhi verdi così simili ai suoi erano di nuovo seri.
   « Che c’è? » Logan fermò di nuovo l’auto, di nuovo un po’ preoccupato. Fiducia, ricordò a se stesso.
   Tony si prese un momento e stavolta fu lui a distogliere lo sguardo per raccogliere i pensieri. « Sai » iniziò, « appena sono arrivato, il primo giorno… mi hai fatto cagare sotto. La roba che sei riuscito a mettere insieme, solo col computer di casa, le informazioni che sei riuscito a trovare… e con Matt, il mandato di cattura che ha preparato per te, il materiale che hai messo insieme per mandarglielo, persino i fattorini colleghi di Max » disse scuotendo la testa. « Logan, non ho lavorato con molti giornalisti, ma ho lavorato con un bel po’ di investigatori e so cosa possono fare, con o senza le attrezzature del governo. Quello che stai facendo tu, qui, da solo… » DiNozzo scosse la testa. « Il pensiero di quello che potrebbe significare se fosse chiunque altro… sa tanto di mercato nero, o commercio illegale, o un milione di altre cose illegali che potrebbero farti ammazzare o arrestare - o entrambe, se possibile » mormorò quest’ultima frecciatina sperando di alleviare in qualche modo l’intensità del suo discorso - e di alleviare lo sguardo di apprensione che Logan stava facendo del suo meglio per nascondere. « E non potevo chiedertelo, perché se avessi scoperto qualcosa che avrei sentito mio dovere denunciare… non so cosa avrei fatto. Per cui… ho spremuto Matt su quello che è successo venerdì per… vedere che tipo di connessioni avessi con lui, sperando di scoprire qualcosa… » Tony fece un mezzo sorriso e finalmente alzò lo sguardo su suo cugino. « E qualcosa l’ho scoperta. Per lo più, ho scoperto che Matt Sung ti considera l’ultimo uomo d’onore rimasto sul pianeta ». Scosse ancora la testa. « E a me basta. Mi fido di Matt; ho indagato un po’ su di lui e abbiamo chiacchierato per quasi un’ora. Mi fido del mio istinto; il mio istinto si fida di lui; lui si fida di te - no, si fida e ti rispetta - e gli piaci. Per cui ho finito. Qualunque cosa sia, in qualunque cosa tu sia coinvolto… è tua, e non andrò oltre. Ma, per l’amor di Dio, Logan… stai attento. E se dovesse succedere qualcosa, se posso esserti di aiuto… anche se non sei certo che io possa esserti d’aiuto… voglio che mi chiami, d’accordo? »
   Logan era riuscito a mantenere il respiro regolare. La rilevazione di Tony di aver quasi scoperto di Solo Occhi l’aveva scosso, specialmente a così breve distanza dalla confessione di aver incrociato Manticore e di aver scoperto la connessione di Max con loro. Ma Tony si fidava di lui, gli stava dando il suo lasciapassare, consapevole che c’era di più in ballo e che era meglio per Logan se non avesse insistito. Deglutì e annuì.
   « Sono serio, Logan. Sono davvero contento tu mi abbia chiamato per Bling. Beh, al di là dell’ovvio, sono contento che siamo riusciti a passare un altro week-end insieme dopo così tanto tempo… ma anche per Bling; abbiamo presto Parks e sua madre, abbiamo evitato di perdere qualcun altro… hai capito connessione a cui nessun altro sarebbe arrivato e ce le hai fornite, anche se l’NCIS ci ha fatto poco… »
   « Andiamo, hai capito tu la verità… »
   « Eri più avanti di me, solo che non lo sapevi ». Tony guardò a lungo il suo doppione e improvvisamente sorrise. « Che squadra, che siamo. Se pensavi che fosse uno strazio, questo week-end, tutte le battute sul somigliarci… »
   Logan esitò e sentì un nodo in gola. « Dannazione, Tony… cosa farò quando te ne andrai? »
   Tony quasi non seppe cose dire, stavolta; non poteva liquidare le parole - e l’espressione - di Logan con una battuta. Dopo appena un momento, però, sollevò la testa. « Preparerai a Max una cena fantastica, accenderai delle candele, metterai della musica e le verserai del vino e le dirai tutto ciò che hai detto a me sui tuoi sentimenti per lei ». Si appoggiò allo schienale con un sorriso soddisfatto. « Questo ti dovrebbe tenere occupato per un po’… »
   
   Restate sintonizzati: continua…
   
   Nota della traduttrice: Buon Natale e Felice Anno Nuovo, gente! :D Colgo l’occasione per ringraziare - anche a nome dell’autrice - quanti stanno seguendo questa meravigliosa storia. Spero continuerete a seguirla!
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 16
*** I maschi son sempre maschi 2 ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Prego guardare capitoli precedenti. Ancora non mi appartiene niente.
   
   Un grazie speciale al mio consulente tecnico e coach che mi ha pazientemente spiegato le complessità della competizione che apparirà in questo capitolo, soprattutto la parte “sedia contro piedi”. Mille grazie da parte mia e dei piedi di Tony!

   
   

I maschi son sempre maschi 2


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 9 febbraio 2020, 2:46 pm.
   
   Settore Nove.

   
   « Bei campi » osservò Tony.
   Tornati in città, Logan prese la curva intorno al parco che si trovava a fianco alle Fogle Towers, quello dove Tony era andato la mattina presto a correre e che Logan poteva vedere dal punto del salotto in cui preferiva mettersi a riflettere. Quando si fermarono per il semaforo, Tony riuscì a vedere bene il posto e osservò i campi da backet in cui Logan andava più volte a settimana per fare pratica di tiri e per fare qualche partita con Bling o perfino, ogni tanto, Max.
   « Li mantengono bene, come il resto del parco » disse Tony accennando ai campi ben tenuti poi si voltò verso Logan. « Proprietà privata, quindi, uh? »
   « No. Ma immagino che le donazioni private facciano la differenza. È sempre stato un parco pubblico da quando vivo qui ».
   « È un bel posto dove portare Max per un picnic » suggerì Tony sorridendo.
   Con un sorriso triste e arrossendo, Logan si rifiutò di guardare suo cugino ma concesse « Ne hai parlato con lei, vero? Perché il giorno stesso in cui Bling ha saputo di Parks e ti ho chiamato, lei è comparsa a ora di pranzo chiedendomi di fare una pausa e fare un picnic con lei, prendere un po’ d’aria… »
   « No, giuro » rispose Tony alzando una mano e scuotendo la testa prima di aggiungere « Sai, tutto quello che dici su Max mi convince sempre di più a restare finché non sarò sicuro che avrai avuto quel discorsetto con lei… » Quando Logan sospirò, Tony ridacchiò « Quindi o ti sbrighi o la smetti di dirmi quanto è perfetta per te ». Continuò a guardare verso il parco; in fondo ad uno dei due campi da basket regolamentari, un gruppetto di ragazzini giocava. Gli venne in mente una nuova idea mentre il semaforo diventava verde e disse « Ehi, sai, esistono campionati per persone che giocano a basket sulla sedia - mi ricordo che, al college, un paio di studenti dell’ultimo anno andarono ad arbitrarne qualche partita, e c’erano persino tornei statali e regionali. Deve esistere qualcosa del genere anche qui; credo che abbiano ripreso sulla Costa Est, soprattutto visto che i centri sportivi e i parchi ricevono di nuovo fondi ». Rivolse uno sguard al cugino e vide un sorriso indecifrabile. « Dico solo che magari, visto che ti piaceva prima, magari ti piacerebbe provare ora… » aggiunse.
   « Credi? »
   « Sì… » Continuò a guardare Logan cercando di comprendere l’espressione della bocca di suo cugino che si allargava pian piano in un sorriso vero. « Lo credo. E tu sai già tutto, vero? »
   « Già ». Il sorriso divenne una risatina, ora. « Bling non mi ha nemmeno lasciato finire la riabilitazione interna prima di trascinarmi a guardare una squadra locale. In realtà… » si decise a guardare suo cugino « lui e io veniamo qui almeno un paio di volte a settimana e giochiamo a Ventuno ». Il suo sorriso scemò lievemente quando ricordò con tristezza. « Immagino che dovremo farne a meno per un po’ ».
   Tony guardò l’orologio. « È ancora presto. Facciamo una partita ».
   « Cosa, tu e io? »
   « Hai paura che possa ancora batterti? »
   Logan sbuffò. « Gioco con Bling - regolarmente. E lui è in piena forma. E… beh, visto che sai già tutti i dettagli, ho giocato anche con Max, ogni tanto ». Sorprendentemente per DiNozzo, l’espressione di Logan somigliava molto a quella che Tony gli aveva visto spesso quando si facevano visita a vicenda durante le vacanze estive, quando Logan era al liceo e al college: l’espressione di un atleta spavaldo e sicuro di sé. « L’ultima cosa di cui ho paura è che tu possa battermi ».
   « Oh, davvero? » Il sorrisetto di Tony mostrava tutto il suo piacere per la reazione di Logan. « Beh, fatti sotto, cugino ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 7 febbraio 2020, 3:14 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   I due andarono a cabiarsi immediatamente e prepararsi per uscire di nuovo. Tony fu pronto per prima e, mentre aspettava, controllò le proprie email - fu soddisfatto del constatare che la domanda inviata a Gibbs per il weekend era stata accettata. Qualche minuto dopo, Logan uscì dalla camera da letto per avvicinarsi all’armadio della biancheria, lontano da dove si trovava Tony, e prenderne un paio di begli asciugamani di spugna e poi di nuovo alla stanza dei computer dove lo aspettava suo cugino. « Ecco » disse porgendogli lo zaino. « Ci sono delle bottiglie d’acqua in frigo e la lampo sul retro ha uno scomparto isolato ». Libero dallo zaino, Logan si ditresse lungo il corridoio. « Cambio sedia e siamo pronti ».
   Tony si voltò verso di lui aggrottando la fronte. « Cambi sedia? »
   La domanda bloccò Logan che si girò su se stesso per gardare DiNozzo. « Sì. Non penserai che giochi con questo vecchio catorcio, vero? » Con uno sbuffo divertito, tornò a dirigersi verso la palestra. « È già abbastanza scomoda da usare tutto il giorno, mentre l’altra è in riparazione ». Sparì nella stanza aperta ma la sua voce era ancora udibile. « Non funzionerebbe mai per giocare a basket ».
   Tony rimase a fissare per un momento il corridoio vuoto ripensando alla scintilla del vecchio Logan che aveva visto tornare, finalmente, alla promessa di una partita… e ripensando anche al fatto che non aveva nemmeno notato il cambio di sedie, anche se sapeva che Logan avrebbe dovuto fare qualcosa per poterne usare una mentre la ruota dell’altra era in riparazione.
   Fissò in pavimento senza vederlo, le sopracciglia che si alzavano. Da quando era arrivato, si era sempre impegnato molto per non lasciare che la nuova realtà fisica di Logan gli facesse dire o fare qualcosa che non avrebbe detto prima. Per tutto il tempo, era convinto ci fosse voluto uno sforzo consapevole da parte sua per ignorare la paralisi di suo cugino. Ma ecco che Logan cambiava sedia e lui non l’aveva nemmeno notato? Un lieve sorriso sollevato giocò con gli angoli della sua bocca. Si voltò per andare in cucina per prendere le bottiglie d’acqua da mettere nello zaino. Con l’umore che migliroava ancora, DiNozzo si recò nella palestra appena in tempo per cogliere Logan che si spostava dalla sedia nera e pesante ad una colorata con le ruote inclinate e lo schienale blu scuro e decisamente più basso. « Figa » approvò Tony annuendo e si issò lo zaino sulla spalla mentre Logan attraversava la stanza per prendere la palla da basket nell’angolo; colse il passaggio di Logan contro il petto. Mentre si voltava per seguire il cugino fuori dalla porta, Tony gettò un’ultima occhiata alla sedia vuota nell’angolo e tornò a seguire Logan. « È davvero un rottame, eh? »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 9 febbraio 2020; 3:34 pm.
   
   Settore Nove.

   
   I due attraversarono il parco e Logan spiegò a Tony le “regole della casa” per giocare a Ventuno, una delle varianti che potevano scegliere per giocare sedia contro piedi senza fare troppo a pezzi questi ultimi. Mentre Logan gli consigliava di fare almeno un giro di passaggi semplici - niente di troppo contorto o complesso finché Tony non avesse avuto una buona idea di come si muoveva il suo avversario e quando stare attento alle ruote - Tony era a fianco e palleggiava. Se non fosse stato per la palla, non avrebbe forse notato la piccola insegna di granito con la targa di bronzo accanto all’entrata del parco; ma, osservando il pavimento davanti ai suoi piedi man mano che la palla avanzava, la bellissima targa e la significativa iscrizione attrassero il suo sguardo.
   “Questo parco è stato donato alla gente di Seattle in memoria di Robert Cale Sr e Sara Hopkins Cale”.
   Tony si fermò bruscamente fermando la palla e tenendola in mano, in silenzio. Aveva conosciuto i genitori di Logan per più tempo del loro stesso figlio - e questo memoriale li avrebbe colpiti molto, li avrebbe resi ancora più fieri di lui. « Donazioni private, eh? » Continuò a guardare la targa, riflettendo su quanto fosse triste che i genitori di Logan non avessero mai potuto vedere che uomo straordinario il figlio sarebbe diventato. Alzò finalmente gli occhi e incontrò quelli di suo cugino che aspettava. « Gli sarebbe piaciuto molto » disse Tony con gentilezza. « Lo sai, vero? »
   Il sorriso di Logan era lieve… contento. « L’ho sempre sperato ».
   Tony annuì per rassicurarlo. « Non c’è dubbio ». Rimase a guardare a lungo Logan Cale, immobile; e poi lentamente, col sorriso che si allargava, ricominciò a far rimbalzare la palla fino a palleggiare per davvero prima di lanciarla in un rapido passaggio leggero.
   Afferrando prontamente la palla, Logan si girò fluidamente su se stesso e si spinse in avanti, facendo rimbalzare la palla per la breve distanza fino al campetto. « Forza, DiNozzo » disse con voce nuovamente divertita. « Vediamo di che pasta sei fatto ».
   … e quaranta minuti dopo era Tony a vedere di che pasta era fatto Logan Cale.
   La prima partita a Ventuno fu cortese; come aveva suggerito Logan, giocarono la partita normale, iniziando alla linea di foul e dandosi il cambio quando l’altro mancava il canestro, prendendo la palla al volo e tirando da lì.
   O, almeno, la maggior parte della partita fu giocata così.
   Logan guardò DiNozzo di sottecchi, ben consapevole che i dieci minuti in cui avevano tirato a canestro non era basket per suo cugino - non ancora. Vedeva che Tony era inizialmente prudente, non tanto per la sedia, ma riguardo la “fragilità” del suo occupante - una cosa che aveva notato in altri che non avevano mai giocato prima contro un giocatore sulla sedia a rotelle. Perciò lasciò che Tony si abituasse alla situazione, facendo tiri statici dalla linea del tiro libero e lasciando che la palla ricadendo rimbalzasse un paio di volte prima di prenderla. Fino a ora, si era trattato solo di tirare e inseguire - finché il tiro di Tony colpì il ferro e rimbalzò…
   Logan diede un colpo ai cerchi delle ruote e scattò dritto indietro per afferrare la palla a mezz’aria. La abbasso, “difendendola” girando su se stesso e si piegò indietro per tirarla immediatamente, tuffandosi poi in avanti per afferrare il rimbalzò dopo che la palla ebbe attraversato il canestro. Sotto di esso, la tirò nuovamente in alto, facendole toccare il tabellone per poi ricadere di nuovo nel cesto; la afferrò arrivando a ventuno molto prima di suo cugino. Sollevando la palla per passarla abilmente all’agente, ghignò. « Sei pronto a giocare per davvero ora, Tony, o hai intenzione di continuare a mancare il canestro per “lasciarmi” vincere? Posso ancora fare più punti di quanti ne faresti tu nel tuo giorno migliore ».
   DiNozzo fissò la testa inclinata di Logan e gli occhi che brillavano, ancora colpito - in senso positivo - dalla risposta pronta e le mosse che aveva appena visto. Con crescente fiducia nel fatto che suo cugino fosse effettivamente lì, gli lanciò la palla in un passaggio vero e rapido. Logan la prese abilmente sorridendo al passaggio due volte più rapido di quelli ricevuti fino a quel momento. « D’accordo, cugino, dimmi che ne pensi: la palla va ripresa al primo rimbalzo o è di chi ci arriva ».
   Logan sorrise. « Sicuro di volerlo fare? Stai mettendo seriamente a rischio i tuoi piedi ».
   « Ehi! Sono un agente federale! La mia vita è piena di rischi ». Tony osservò gli occhi di suo cugino illuminarsi con più gioia di quanta ne avesse vista da quand era arrivato. « E sono laureato in educazione fisica, per cui credo di potercela fare, se puoi tu… »
   Logan fece spallucce. « Solo perché tu lo sappia, questa sedia è disegnata per tenermi piuttosto al sicuro. Non aiuterà minimamente te, però… »
   Tony annuì indicando la linea del tiro libero. « Il vincitore inizia; andiamo ». Logan si girò su se stesso per mettersi in posizione per il primo tiro. Tony continuò. « E la palla si può rubare ».
   Logan si girò verso di lui alzando le sopracciglia. « Rubare? Tony, ti butterò sotto… »
   « Paura? »
   Logan continuò a sollevare sempre più le sopracciglia mentre scuoteva la testa. « Io non ne ho. Solo che non voglio sentirti lamentare quando ti ritroverai il piede spiaccicato - né voglio essere io a dover spiegare a Gibbs perché dovrai prenderti un permesso per malattia… »
   « Allora senza toccarsi: la palla rimbalza… »
   « E la si insegue? » chiese Logan. Tony rifletté - brevemente, ma ci rifletté su - e sorrise. « Dipende da chi ci arriva prima, e se sei capace di fermare quella cosa abbastanza in fretta da non investirmi, visto che sarò io ad arrivarci ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 9 febbraio 2020, 4:28 pm.
   
   Settore Nove.

   
   Dopo tre partire, di cui Tony era arrivato quasi a vincere solo la seconda, dopo collisioni e piedi mancati per un pelo e, in seguito, più tentativi di rubare palla che canestri, mentre le risate minacciavano di farli ansimare ben più del gioco, la pratica e la paziente attenzione ai suoi allenatori da parte di Logan li ripagarono: Logan riuscì a battere i sinceri sforzi di Tony durante le ultime due partite. I suoi primi durante la terza partita arrivarono mentre inseguiva una palla errante, quando la afferrò da un rimbalzò lungo allontanandola dalla mano tesa di Tony e girò furbamente in cerchio, rivolgendo le spalle all’altro mentre lui cercava di spingere via la palla prima che fosse al sicuro. Ora di fronte al canestro, Tony dietro di lui, Logan si staccò si qualche metro verso il canestro, piegandosi finalmente indietro per tirare e segnare. L’espressione di gioia sul suo viso, le braccia in aria erano completamente sinceri. Si voltò verso Tony per esultare « Prendi qusta, laureato in educazione fisica! »
   « Ehi, sono un vecchio di cinquant’anni! » si lamentò Tony fingendo di cedere mentre gli si avvicinava. « Dammi tregua! Non sono abituato a giocare contro un piccolo criminale su una sedia fantascientifica… » Strinse la mano di Logan con la destra in un affettuoso gesto di resa e lo avvolse in un abbraccio con l’altra; i complimenti di DiNozzo significavano molto di più che qualche partita uno a uno.
   « Beh, che vuoi da me? Io sto seduto! » rise Logan e non c’era alcuna traccia di rancore nella sua voce: l’abbraccio spontaneo di Tony aveva reso bellissima la giornata. « E poi, se ti lasciassi vincere, vorrei vedere cosa diresti agli della tua palestra, che sei tanto figo da riuscire a battare un tizio sulla sedia a rotelle ».
   « Se vedessero il tuo ultimo tiro, saprebbero che lo sarei per davvero! » Si allontanarono e Logan alzò lo sguardo su DiNozzo, i suoi sentimenti palesi. Erano Tony e Logan, di nuovo insieme come se nulla fosse cambiato… nulla fosse andato perso. Tony seguì Logan fuori dal campetto; il più giovane, ancora brillante di felicità, lo condusse verso il tavolo da picnic accanto al campo. Mentre percorrevano la breve distanza sull’erba, Tony chiese in una finta lamentela « Cavolo, ma come ci si difende da una mossa come quella? »
   « Non ci si difence » fu la risposta sorridente mentre Logan tirava fuori le bottiglie d’acqua da una tasca laterale dello zaino e gli asciugamani da un’altra e ne lanciava uno a Tony.
   Con chiara ammirazione, Tony accettò la bottiglia che gli veniva passata e ringraziò aprendone il tappo. « Maledizione, cugino, hai delle belle mosse ». Si lasciò cadere sulla panchina di fronte a Logan e si asciugò la faccia, piacevolmente sorpreso per il fatto che la partita fosse stata abbastanza serrata che il suo cuore, pur in buone condizioni, correva e il suo respiro era più profondo. E ancora più gratificante era il fatto che Logan, che aveva dovuto fare più fatica dovendo fare tutto con solo la parte superiore del corpo, non era più ansimante di lui. Il ragazzo sarebbe stato bene, Tony finalmente ci credette - o almeno sarebbe stato bene quando avesse iniziato a crederci lui stesso. « Devi trovarti un campionato, giocare con una squadra… »
   Logan bevve un lungo sorso dalla propria bottiglia e alzò lo sguardo un po’ colpevole. « Già lo faccio ».
   Gli occhi di DiNozzo brillarono di piacere. « Davvero? »
   Suo cugino fu evasivo. « Beh, almeno gioco con un gruppo di persone, più che altro facciamo qualche partita regolarmente, una volta a settimana. Facciamo anche qualche campionato, quando è stagione… »
   « E io che credevo fossi uno che lavora solo » disse allegro Tony.
   « Non penserai che fossi arrivato da solo a tutte quelle mosse, vero? » ridacchiò Logan togliendosi i guanti per rimetterli nella tasca a rete dello zaino.
   « E ora dovrebbe essere “stagione” per un campionato, vero? Voglio assistere a una partita. Quando giochi di nuovo? »
   « Credevo tornassi a casa dopo gli interrogatori di domani ». Logan bevve dalla bottiglia.
   « Non si può mai sapere quanto tempo ci vorrà per gli unterrogatori » rispose Tony appoggiandosi al tavolo dietro di lui coi gomiti e ritentò. « Quando giochi? »
   E lo sguardo che vide in risposta gli ricordava il Logan di quattro anni, improvvisamente pieno della speranza di guadagnare l’approvazione di suo cugino grande. « Domani » sorrise imbarazzato.
   « Immagino che quegli interrogatori mi terranno troppo occupato per arrivare in tempo in aeroporto per prendere l’aereo lunedì… » disse DiNozzo con un sorrisetto. L’orgoglio che brillava sul viso del suo cuginetto era carico di speranza; voleva rivederlo ancora prima di andare via e sapeva che avrebbe fatto tutto il possibile per vederlo giocare con la sua squadra il giorno successivo. Pensò a tutto ciò che aveva visto durante gli ultimi giorno a Seattle, a ciò che era diventato suo cugino - e, dato che Gibbs aveva già approvato la richiesta, si appoggiò al tavolo per bere ancora un quarto della bottiglia che aveva in mano, restando in silenzio per un po’. Abbassò la bottiglia e la ritappò con lo sguardo fisso in lontananza, sovrappensiero. Dopo qualche momento di silenzio, prese un respiro e rivolse lo sguardo di nuovo a suo cugino. « Vieni a lavorare per me » disse semplicemente.
   « Cosa? » Gli occhi di Logan si spalancarono per l’offerta totalmente inaspettata.
   « Logan, quello che hai fatto per l’indagine su Parks, qui, da solo, col computer di casa in una comunità praticamente bloccata ancora all’Età della Pietra - non hai nulla da invidiare a ciò che la gente fa coi giocattoli molto più sofisticati. Rabbrividisco al pensiero di cosa potresti fare con le nostre risorse ».
   Logan scosse la testa, e sembrava stesse ergendo un muro contro la possibilità di anche solo considerare l’offerta. « Senti, Tony, sono un giornalista, non un poliziotto… »
   « Forse è per questo: gli istinti e la preparazione sono simili ma abbastanza diversi perché tu dia un’impronta diversa alle cose. È esattamente ciò di cui abbiamo bisogno: qualcuno che guardi quello che abbiamo noi investigatori e lo veda attraverso un filtro diverso ». Tony osservò l’uomo di fronte a lui. « Sei davvero bravo, Logan. Saresti un’aggiunta fantastica alla mia squadra ».
   Logan era ancora sconvolto per il momento, incapace di decidere cosa pensava. « Beh, mi lusinga, ma… questa è casa mia… » prese tempo. « Ho investito troppo qui per andarmene… »
   « Hai Max, qui; è questo che intendi? » Tony lo osservò da vicino. « Scommetto che verrebbe con te, se glielo chiedessi ».
   Logan fece una smorfia e respinse il ragionamento. « Ovvio, non vorrei lasciarla… ma anche se lei potesse prendere in considerazione il venire con me… entrambi abbiamo altre cose qui e che non possono essere spostate così facilmente dall’altra parte del paese… »
   Tony strinse le labbra e cambiò strada. « Sai, potrebbe essere più sicuro per Max, a Est… se ricordo bene, ogni volta che Lydecker è ricomparso, negli anni, è sempre stato più a ovest, intorno a quest’area, non è praticamente mai comparso vicino il District Columbia. Immagino creda che per la maggior parte non si siano allontanati troppo da bambini, si siano stabiliti in quest’area, magari lungo la costa… »
   Annuendo, finalmente, Logan alzò gli occhi. « Probabilmente è una delle ragioni per cui Max non vorrebbe andarsene, questa stessa idea ». Restò in silenzio per un momento e poi rifletté « Deve essere una parte del loro addestramento di sopravvivenza, qualcosa che lui ha insegnato loro ».
   « Dovete entrambi capire che lei deve fare tutto ciò che può per evitare quelli di Manticore, ovunque siano ora. Sembra che abbiano alle spalle qualcuno di molto potente e molto in alto: se volessero prenderla, non ci sono molti amici a cui ricorrere che per aiutarla ». Tony odiava fare affidamento sul senso di colpa per convincere Logan a prendere in considerazione la sua offerta, ma era totalmente la verità ed era una preoccupazione sincera quella che aveva per Max in tutto ciò. « È più facile confondersi a Est: ci sono più centri abitati, più vicini tra loro… è più facile perdersi in fretta ».
   Tony considerò l’ironia di un agente federale che lo metteva in guardia contro i pericoli che correva Max da parte del governo spiegandogli la relativa facilità di sparire che c’era a Est rispetto a Seattle…
   « … e non deve essere troppo facile nemmeno per te, su una sedia a rotelle, se si rompe qualcosa e le riparazioni quasi impossibili da ottenere nello stesso decennio. Puoi almeno fare affidamento sull’ascensore, sull’elettricità, qui? Sembra ci siano blackout piuttosto spesso… »
   « … è per questo che me lo hai chiesto? » Logan alzò improvvisamente lo sguardo, preparandosi alla risposta con la paura che tutto ciò che era venuto prima fosse solo fumo negli occhi per la vera ragione che c’era dietro: i suoi maledetti limiti fisici.
   « Cosa? » chiese DiNozzo sbattendo le palpebre senza capire. « Oh… No » rispose poi ridendo sollevato, comprendendo l’improvvisa e inaspettata freddezza di Logan. « No. In effetti, avrebbe senso che tu venga per tutte queste ragioni, ma erano due pensieri diversi ».
   Logan si rilassò, la sua espressione imbarazzata, di nuovo grato. Annuì con orgoglio, facendo spallucce respingendo l’offerta. « Finora me la sono cavata. Di solito riesco ad avere ciò di cui ho bisogno ». Si chiese se le sue parole suonassero un po’ vuote anche a Tony come suonavano alle sue orecchie.
   « Sta migliorando, a Est, da tutti i punti di vista » insistette DiNozzo, « e le cose sembrano di nuovo… cariche di speranza ». Fece spallucce a sua volta. « Meno deprimenti ».
   Logan rise. « Una volta non mi hai accusato di scegliere la depressione come stile di vita? »
   DiNozzo lo guardo sorridendo, indomito. « Non hai mai imparato a rilassarti ».
   « Sono molto rilassato » protestò Logan. « Sei tu che sei sempre stato un cane sciolto ».
   « Non così tanto: un solo divorzio, siamo pari » ribatté Tony con un ampio sorriso.
   Quello di Logan si incrinò suo malgrado, ma tornò a guardare suo cugino, ancora in forma e libertino nonostante non fosse tanto lontano ormai da suo cinquantesimo compleanno. « E ora? Frequenti qualcuno? »
   « Oh, sì » rispose immediatamente Tony distogliendo lo sguardo, le labbra strette e il modo di fare composto… e dopo un attimo tornò a guardare Logan con gli occhi che brillavano. « Segretaria ».
   « Segretaria » ripeté Logan alzando le sopracciglia e annuendo la sua approvazione. « Qualcuno che hai appena conosciuto nell’ufficio di Matt o… »
   Tony si sporse in avanti per dare prontamente - ma con affetto - uno scappellotto a Logan. Dopo il gridolino di sorpresa di suo cugino, mentre lo guardava massaggiarsi la testa, Tony ammise « In realtà la sto vedendo da circa un anno ».
   « Un anno » ripeté Logan sollevando ancora di più le sopracciglia, la “ferita” dimenticata. « Una cosa seria, allora… »
   Stranamente, Tony si addolcì un po’, un cambiamento che non sfuggì all’attenzione di suo cugino. « Sì… forse… » Esitò e poi confessò « Sai… non è proprio una segretaria, ma un’assistente segretaria… » Rimase per un attimo sospeso pensando qualcosa, fece un’altra pausa e sollevò lo sguardo su Logan con un sorriso che mostrava le fossette e ridacchiò. « È l’Assistente Segretario della Salute e dei Servizi Umani ».
   Logan restò a bocca aperta. « Nel senso… del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani? Non… una segretaria in una… clinica, o qualcosa del genere? »
   Tony si appoggiò al tavolo e rise. « No, cugino ». Sembrava felice, pensò Logan. Contento. Non era una cosa che Tony era stato spesso nella vita - e a Logan faceva piacere vederlo.
   Sorridendo ampiamente, si sporse in avanti, i gomiti sulle ginocchia. « E come cavolo l’hai incontrata? »
   « Beh, questa è una lunga storia… »
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: E sì, ci ho messo un mese. Ma prima ci sono state le feste, poi non mi sono sentita troppo bene, poi ho avuto da fare… un casino. Ma la traduzione continua e non ho nessuna intenzione di abbandonarla. Col prossimo capitolo cercherò di essere più brava (le ultime parole famose…). Una noticina veloce: io e lo sport siamo su pianeti paralleli. Ho chiesto un sacco delle robe sul basket a mio fratello, qualcosa l’ho vista su wiki… ma alcune cose mi sa di averle inventate, traducendo semplicemente quello che trovavo. Se siete esperti di basket e state storcendo il naso per la portata delle cazzate da me scritte, siete i benvenuti a farmi notare gli errori, sarò felicissima di correggerli! E spero mi perdonerete ^^’
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 17
*** Discorsi ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Prego guardare capitolo 1 e successivi.
   
   

Discorsi


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 10:50 am.
   
   HARBOR LIGHTS HOSPITAL. Reparto di detenzione.

   
   L’Anthony DiNozzo che era in piedi a dieci centimetri dal vetro oscurato nell’osservatorio buio, così simile a quello che c’era a Washington, era molto diverso da quello che aveva passato il week-end a rilassarsi in famiglia e a riallacciare i rapporti con suo cugino. Lo sguardo concentrato e fermo che gli veniva restituito adombrato dal vetro dava più anni al suo viso; sembrava molto più un agente esperto di quanto non fosse sembrayo il giorno prima sul campod a basket.
   Questo Tony era in piedi, immobile tranne per il minimo movimento della mano che portava il bicchiere di caffè alle sue labbra; le fronte aggrottata non si rilassava, mentre osservava la donna che veniva portata nella stanza fino al tavolo dove avrebbero parlato. L’organizzazione era stata migliore di quello che aveva sperato; l’ospedale non solo aveva ancora un’area sicura per detenuti o persone in custodia che necessitavano di cure mediche, ma - lo aveva informato Matt - aveva anche un paio di stanze per gli interrogatori nell’adesso inutilizzato reparto per la logopedia. Gli osservatori, coi vetri che permettevano di guardare ma non essere guardati, erano un tempo riservati ai genitori o allo staff interno e all’attrezzatura di registrazione; ma, essendo parte dell’ospedale, gli davano ora la possibilità di interrogare la donna ancora ricoverata senza dover aspettare troppo tempo. Non solo la donna avrebbe potuto decidere di volere un avvocato, ma qualcuno avrebbe potuto decidere che il suo ruolo non era parte dekka giurisdizione dell’NCIS ma di qualche procuratore di contea. E nel caso qualcuno avesse voluto mettergli i bastoni tra le ruote, Tony avrebbe potuto entrare appena i medici glielo avessero permesso. Tipo adesso.
   L’inserviente lasciò la donna da sola nella stanza silenziosa e Tony la osservò, contuniando ad aspettare. Lei si agitò, sospirò, si agitò di nuovo. DiNozzo aveva chiesto i nastri della sorveglianza da quando era stata spostata nella sua stanza e aveva passato ore quella mattina a riesaminarli, ad ascoltare il suo modo di parlare allo staff medico, le sue lamentele e le sue richieste per avere un’idea di chi lei fosse. Doveva toccare i tasti giusti, e usare i brandelli di informazioni che aveva aottenuto dal figlio per farlo.
   La donna si agitò di nuovo, ma ora guardò verso la finestra, verso di lui, quasi potesse vederlo. Chiaramente non era stata tratta in inganno dalla superficie a specchio e sapeva di essere osservata. Aveva scoperto anche la videocamera nella sua stanza? La donna sorrise quasi pensasse di essere in vantaggio - o forse solo perché sapeva di essere osservata. Qualunque ne fosse il motivo - era il momento. DiNozzo lasciò l’osservatorio e uscì sul corridoio senza parlare al vice-procuratore distrettuale che era lì per prendersi una pausa dalle carte di accusa contro i due e vedere come si sarebbe svolta la situazione.
   Aggiustandosi giacca e colletto, Tony aprì la porta della sala interrogatori ed entrò. Aveva il bottone della camicia aperto, una giacca e pantaloni sportivi che gli davano un’aria professionale ma avvicinabile, rispettosamente moderato ma attraente… tutto studiato per far sì che la donna - che aveva già reagito alla sua presenza e al suo aspetto - parlasse con lui, confessasse ciò che sapeva, ammettesse ciò che aveva fatto - chiudesse il caso per lui. « Gayle » disse con voce calma, non minacciosa, neutra. « Grazie per aver accettato di vedermi ».
   Lo sguardo prima così sicuro sparì quando la donna alzò lo sguardo verso di lui, sorpresa. « Lei » disse sbattendo le palpebre. « Perché… »
   Lui si strinse nelle spalle. « Perché abbiamo già parlato in precedenza ». La esaminò rapidamente, cercando qualche segnale - di cooperazione o resistenza, di salute o instabilità, ingenuità o scaltrezza… di quei flirt accennati dell’ultima volta. Era difficile per ora da dire. « Come la stranno trattando? Sta bene? »
   « Mi hanno sparato allo stomaco, per cui non sto al meglio » mormorò la donna abbassando lo sguardo. A quanto pareva aveva intenzione di usare il sarcasmo ma non voleva guardarlo negli occhi o alzare la voce? Lo avrebbe tenuto a mente.
   « Gayle » disse con voce pacata, incoraggiante - attese che lei alzasse lo sguardo e le chiese « c’è qualcosa di cui ha bisogno, qualcosa che vuole? » Gli occhi di lei scintillarono di fronte alle possibili risposte, ma poi tornarono a spegnerli, chiudersi e Tony si chiese se la mente che c’era dietro fosse poi così stabile. La donna scosse la testa, spenta. Tony cercò di insistere « Le hanno detto come sta suo figlio? »
   « Mi hanno detto che non è ferito! » scattò la donna improvvisamente animata, gli occhi fieri e duri. « Che cosa gli ha fatto? »
   « Nulla » rispose Tony, decidendo istintivamente che fosse la scelta migliore per guadagnarsi la fiducia della donna. Alzò le sopracciglia sorpreso e cercò di calmarla. « Sta bene, ma… è in custodia » aggiunse lentamente.
   « Prigione o ospedale psichiatrico? » chiese Gayle fredda, una nota di sarcasmo nella voce, gli occhi di nuovo lontani. Di nuovo Tony attese che lei riportasse gli occhi su di lui, ma stavolta si limitò a restituirle lo sguardo per attirarla… e lei si sgonfiò. « Dov’è? »
   C’era… spazio per giocare. « Perché pensa che sia in un ospedale psichiatrico, Gayle? » chiese Tony con voce più dolce, comprensiva. « È malato? »
   Lei rise; fu un suono breve, un singhiozzo. « Non può essere giudicato colpevole se non può intendere, no? »
   Tony non riuscì a capire se fosse una domanda o un’affermazione, ma decise di prenderla come una curiosità legittima perché gli faceva più comodo. « No, se uno psichiatra ritiene che non è in grado ci comprendere l’immoralità delle sue azioni ». La osservò e poi chiese « Ha ricevuto una diagnosi di questo tipo? »
   Lei fece spallucce. « Se non prende le medicine… Ha avuto tre medici, nel corso degli anni, che potranno confermare… »
   Data la scelta delle parole, Tony iniziò a comprendere cosa doveva essere accaduto - mantenne il respiro regolare, sforzandosi di tenere la sua espressione neutra. « Quindi… ha da un po’ questi problemi? Da anni, addirittura? »
   Lei annuì.
   « Da quando aveva undici anni, ma non regolarmente. I suoi medici potranno dirglielo » ripeté.
   Tony sollevò le sopracciglia e scosse la testa, comrpensivo. « Deve essere stato difficile, per lei: senza suo marito, a crescerlo da sola… »
   Gli occhi della dona lo scrutarono cauti, cercando di capire le sue intenzioni; vedendo il sorriso DiNozzo, gentile e sincero, si rilassò e sospirò. Dopo un momento, non ricevendo alcun suono o movimento dall’uomo attraente di fronte a lei, Gayle Parks ammise « Lo è stato. E dopo l’Onda Elettromagnetica, anche quel poco di aiuto economico o di servizi vari da parte dalla Marina è sparito ». Restò di nuovo in silenzio, irrigidendosi leggermente al ricordo di quegli anni, e poi chiese bruscamente « Lei ha figli, signor… »
   « DiNozzo. No, non ne ho ». La voce di lui rimase calma, tranquilla, paziente… Sorrise comrpensivo verso la difficile situazione di lei.
   « Beh, allora non può capire » mormorò la signora, gli occhi persi nel ricordo. « Ero sola con un bambino, e la Marina aveva ucciso Denny, così lui non poteva tornare a casa ». Alzò lo sguardo verso DiNozzo come per valutarne la risposta alle sue parole; non vide nessuna reazione. « Ha spinto Gregory oltre il limite. La Marina. E ha continuato, quando gli ha negato l’aiuto di cui aveva ancora bisogno ».
   « Quando ha deciso di andare ad Annapolis? » chiese improvvisamente Tony.
   « Gregory? Non so… forse al liceo, al penultimo anno? » Distolse di nuovo lo sguardo, a disagio. Una bugia, quindi.
   Tony annuì fingendo preoccupazione, ricordando ciò che gli aveva detto Parks il primo giorno di custodia: “lei diceva che Annapolis mi avrebbe insegnato ad essere forte e bravo e fiero come era mio padre… ha detto che era giusto: se la Marina avesse mai pagato i suoi errori, avrei dovuto essere lì a ricevere l’addestramento che aveva da offrire...”
   « Non prima? » insistette l’uomo sperando che la vedova si sentisse più a suo agio a parlare così direttamente di suo figlio che si se stessa. « È stato fortunato ad entrare, allora, così all’ultimo momento, rispetto a come fanno di solito in Accademia ». “Aveva iniziato i suoi piani appena dopo la morte di papà…” « Aveva già problemi, allora? »
   Gayle esitò. « Sì, ma con la terapia… Hanno voluto dargli una chance, per Denny ».
   “La mamma mi ha finalmente detto cosa è successo per davvero, come i compagni di squadra di papà hanno voluto chiudergli la bocca; come sapevano che il luogo migliore per ucciderlo senza interferenze era in missione e aveva ragione, uno dei miei istruttori ha ammesso che le indagini sarebbero state più difficili, se fosse successa una cosa simile…”
   Tony cambiò posizione sulla sedia, piegandosi in avanti e sorridendo incoraggiante. « È un bravo foglio, lo so. Voi due eravate tutto ciò che avevate, l’uno per l’altra ». Fece una pausa per permettere alla frase di farsi strada in lei e alle emozioni che avrebbe suscitato di emergere. « Può ancora aiutarlo, Gayle… » Osservò il viso pallido di fronte a lui. « Sa le accuse che dovrà affrontare suo figlio sono serie. Cosa è successo? Se c’è qualcosa che può darmi, che possa aiutarlo, che aiuti a spiegare perché abbia ucciso quei due uomini? »
   « Era malato » rispose lei sfrontata, distogliendo lo sguardo.
   « Cresciuto senza un padre » annuì Tony. Primo passo fatto: la donna aveva appena tacitamente ammesso che il figlio aveva ucciso entrambi gli uomini. Sarebbe stata un’aggiunta utile alle prove. Senza pausa proseguì « Ed era in debito verso di Denny… verso di lei… per quella perdita ». Tony appoggiò i gomiti sul tavolo scuotendo la testa. « Era questo che pensava, secondo lei? »
   « Perché? » chiese lei lentamente, guardando improvvisamente Tony attraverso gli occhi ridotti a fessura, sospettosa di una trappola.
   Contento che non ci fosse arrivata prima, Tony scosse la testa, aprì le mani in segno di resa e fece spallucce. « Sto solo cercando di capire come mai un bravo ragazzo, guardiamarina all’Accademia con voti decenti, getterebbe via la sua vita per… nulla ».
   Gli occhi della donna brillavano di una luce malata. « Niente? » sibilò. « Niente… » ripeté. « Due bersagli: entrambi colpiti » annuncio soddisfatta.
   Bingo.
   « Tre bersagli, Gayle » corresse DiNozzo con rendendo il discorso personale, ora, compiaciuto. « Più la minaccia vuota di eliminarci tutti insieme a Ingrum. Ha mandato tutto all’aria, vero? »
   « Perché pensa che io fossi lì? » sibilò la donna, troppo carica per trattenersi. « Non era capace, da solo; il problema dell’interrompere i farmaci per proteggerlo è che è diventato imprevedibile, instabile. Aveva bisogno di aiuto e se non fosse riuscito a portare ad arrivare in fondo, io sarei stata lì ad aiutarlo a ragionare, a coprirgli le spalle ».
   « Non le credo » la sfidò DiNozzo; la confessione gli dava più libertà per metterle pressione - aveva meno da perdere, ora che aveva ammesso il proprio coinvolgimento. « Ha mandato tutto all’aria e non aveva nessun piano… »
   « Io ero lì! » insisté. « Ero io il piano! »
   « Vuole farmi credere che un guardiamarira dell’Accademia avrebbe permesso alla sua mammina di coprirgli le spalle? Che razza di perdente è? »
   « Non è unperdente! » strillò la donna piegandosi sul tavolo quanto più le permetteva la ferita all’addome. « Un perdente non avrebbe compiuto l’omidicio a Houston da solo prima ancora che io lo sapessi! Tutto da solo, è entrato e uscito; la polizia non aveva piste e non ha fatto i collegamenti » disse lei ridendo fragorosamente.
   « È stato abbastanza idiota da usare la stessa pistola a Indianapolis » la provovò Tony.
   « No! No, aveva un piano, ma… » esitò un momento prima di proseguire, « hanno scoperto che l’altra pistola era sparita, in accademia, ha dovuto entrare di nascosto nel deposito delle armi. Aveva poco tempo e doveva usare qualcosa. Sapeva cosa stava facendo, solo… non aveva scelta ».
   « E affrontare un uomo a casa sua? » insistette Tony. Era come un gioco a tempo, ora - quanto avrebbe potuto scoprire prima che la donna si chiudesse in se stessa? Fin lì era stata una strada in discesa, dato quello che aveva già ammesso la donna, tanto valeva giocarsi tutto. « Cambiare la carte in tavola su chi era davvero suo padre? Codardo ».
   « No ». Gayle scosse rabbiosamente la testa. « Non c’era altro modo. Palmer non usciva mai, non era mai senza protezione, al lavoro; a volte aveva anche una piscola… cos’altro avremmo potuto fare? gli ho detto che era l’unico modo. Non voleva nemmeno farlo, ma quando gli ho detto che avrebbe potuto manomettere la scena, proprio come… » E improvvisamente esitò, interrompendo il ritmo frenetico con cui aveva parlato fino a quel momento per osservare l’agente.
   « … proprio come l’“omicidio” del padre » suggerì Tony.
   « Proprio come l’omicidio del padre » ripeté la donna. « E… ed è malato, quindi… » Se ne accorse, allora, si accorse di aver detto tutto, di essere stata portata dal bel poliziotto a dire ciò che lui voleva sentire su suo figlio. DiNozzo vide la luce apparire negli occhi della donna e capì che non avrebbe avuto altre informazioni per un po’. « È vero, sa… » continuò facendo marcia indietro. « I suoi medici testimonieranno per lui; non può essere colpevole se non è capace di intendere… »
   « Ma certo » sorrise Tony appoggiandosi allo schienale. « Gayle, vuole… una soda o qualcosa? »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 10:50 am.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Era tarda mattinata quando Max giunse all’attico; era ancora presto per il pranzo, ma la sua ultima consegna era stata troppo vicina per non fermarsi, ed era ancora abbastanza presto perché - se Logan aveva fatto tardi, lavorando come al solito o magari, come lei sperava, passando una bella serata a chiacchierare con suo cugino - lo avrebbe trovato ancora addormentato. Non volendo svegliarlo se per caso stava cercando di recuperare qualche ora di sempre-troppo-poco sonno, disattivò il sistema di sicurezza e scivolò silenziosa nell’appartamento, riattivando l’allarme subito dopo.
   All’interno, l’attico era fresco e silenzioso, ma il suo udito sensibile colse dei suoni ovattati e poco familiari proveire dall’altra parte del corridoio, seguiti da uno sbuffo di frustrazione. Il padrone di casa, chiaramente. Ma cosa stava facendo? Entrò silenziosamente per indagare…
   E trovò Logan Cale sul pavimento della palestra intento a cercare di portare a termine gli esercizi di cui di solito si occupava così facilmente Bling. Aveva la schiena quasi del tutto rivolta verso la porta; non aveva sentito Max arrivare - e non si era accorto di avere un pubblico, perché era precisamente ciò che di solito cercava di nascondere: il suo essere diverso, il suo dover dipendere da tabelle di marcia e farmaci e metodi meccanici per evitare che il suo corpo lo tradisse, tutto per imitare quelle funzioni automatiche che un sistema funzionante avrebbe fatto da solo, senza intervento esterno…
   Era appoggiato ad una specie di sedia a terra, uno di quei simil-schienali che si usano per guardare la tv o giocare ai videogames stando seduti sul pavimento. Per come la stava usando Logan, però, serviva per dare supporto ai muscoli che non riuscivano a tenerlo dritto da soli mentre si piegava in avanti per sollevare la gamba sinistra dal ginocchio, fletterla contro il petto con una mano mentre si reggeva con l’altra. Max lo osservò in silenzio sollevare la mano che poggiava a terra e la portava dietro il ginocchio - e ci era quasi riuscito, finché non mosse la gamba di lato e la forza di gravità e lo schienale non furono abbastanza a compensare l’equilibrio perduto.
   Scivolò di lato e riuscì a frenare la caduta. Sospirò. Ma poi dopo un momento si riprese e, con determinazione, riprese posizione contro lo schienale improvvisato. E stavolta, al secondo tentativo, sarebbe andato meglio.
   Max indietreggiò, ancora non vista, e camminò silenziosamente fino alla porta d’ingresso; non voleva che Logan sapesse che lo aveva visto nel momento in cui lui pensava di essere più vulnerabile. Ma voleva dargli una mano con gli esercizi, se lui glielo avesse permess; voleva vederlo. Per cui, arrivata alla porta, disattivò di nuovo il sistema di sicurezza. Ma stavolta, quando aprì la porta d’ingresso, lo fece con una normale quantità di rumore - dall’interno, perché tanto non se ne sarebbe accorto - e entrò con un’andatura normale, un ritmo normale, chiamandolo come avrebbe fatto qualsiasi altro giorno. « Logan? »
   E, come si aspettava, sentì qualche rumore di agitazione, ma sapeva che Logan non avrebbe avuto il tempo di alzarsi dal pavimento prima che lei arrivasse. Beh, dopo il week-end che avevano passato, non avrebbe permesso che l’imbarazzo di lui la tenesse ancora lontana - entrò e lo vide stendere la gamba accanto all’altra sul pavimento e voltarsi appena verso la propria sedia e poi verso di lei.
   « Ehi ». Con un sorriso caloroso entrò e gli girò attorno per sedersi con grazia accanto a lui, anca contro anca, mentre lui si appoggiava alle braccia stese lasciando lo schienale. « Che stiamo facendo per terra? »
   Imbarazzato, Logan distolse lo sguardo e prese un respiro per calmarsi; Max era sempre la benvenuta, ma il suo tempismo a volte era… imperfetto. Il sospiro si tramutò in un sorriso lieve, però, mentre si voltava verso di lei. « Eseguiamo gli ordini ».
   « Di Bling » disse lei e non era una domanda. Logan annuì brevemente ma il sorriso aumentò di intensità. « Probabilmente non è tanto facile senza un secondo paio di mani » disse facendo spallucce per alleggerire l’atmosfera. « Posso fare la parte di Bling, se mi dici cosa fare ».
   Logan arrossì, cercando di stringersi nelle spalle, ma dovette distogliere lo sguardo perché non gli era così facile parlare degli esercizi di cui aveva bisogno mentre guardava in quegli occhi color cioccolato così intuitivi. « Oh… no, grazie, Max, ma… ci sono delle cose che posso fare. Bling ha insistito per farmi imparare a fare da solo, comunque. Mi ha mostrato vari esercizi e qualcuno dei ragazzi mi ha dato qualche idea… » Il sorriso lieve e l’espressione neutra sembravano tenerla a distanza, una barriera di imbarazzo tra di loro. « E poi… è anche ora che impari a cavarmela da solo, no? » Finalmente riportò lo sguardo su di lei, più a suo agio ora che poteva essere auto-denigratorio. « La maggior parte dei ragazzi, a quest’ora, fanno da soli; non hanno un personal trainer che per caso è anche un fisioterapista ».
   « E da quando Logan è come la maggior parte dei ragazzi? » sorrise Max saggiamente, in modo così disarmante che Logan non pensò nemmeno per un istante che lo potesse star paragonando ad altri uomini sani. « E la maggior parte dei ragazzi permette alla famiglia o agli amici di dargli una mano con gli esercizi ». Lo osservò per un momento, lì davanti a lei, in silenzio e aggiunse con voce più bassa « Sai, non sarebbe una cattiva idea farci sapere come stai, se c’è qualcosa a cui dovremmo prestare attenzione, ogni tanto… un po’ di coccole, magari ». Lo osservò calma, voleva che lui sentisse che lei voleva capire, se glielo avesse permesso. « Dopotutto, a me fa piuttosto comodo che tu sappia della mia programmazione incasinata e che tieni una scorta di triptofano a portata di mano… »
   « Credo di aver condiviso abbastanza su come funziona in mio corpo con tutti, negli ultimi giorni, da bastarmi per un po’… » borbottò lui. La sua voce era ironica, ma il modo in cui teneva le spalle, il suo rifiuto di guardarla negli occhi per più di un istante erano chiari segni del suo scoraggiamento. Le ci volle un’enorme quantità di autocontrollo per non avvicinarsi a lui, avvolgerlo tra le sue braccia e dirgli che avrebbero potuto battere quella cosa insieme - ma in qualche modo sapeva che, in quel momento, Logan lo avrebbe visto come un abbraccio mosso dalla pietà. Decise invece di stendere le braccia dietro di sé per appoggiarvisi per osservarlo.
   « Sai, non sono sicura di capire in che modo la mia genetica difettosa e il tuo midollo spinale difettoso siano così diversi ».
   Logan sbuffò, lo sguardo ancora lontano. « Sì, certo ».
   « Davvero » insistette lei guardandolo, facendo spallucce per sottolineare quello che voleva dire; di fronte al silenzio, aggiunse « Bene, ok, illuminami. Perché il tuo sarebbe più imbarazzante del mio? »
   Lui stava per prendere un respiro prima ancora che lei finisse la frase, ma alla parola “imbarazzante” si era fermato, sorpreso. Espirò, inspirò di nuovo, aprì la bocca per spiegare… e la richiuse. Aveva visto l’effetto che gli attacchi epilettici avevano su Max e quanto lei li odiasse e non aveva parole per spiegarsi che non suonassero come se stesse minimizzando i problemi di lei. Restò in silenzio.
   E gli occhi di Max luccicarono per la vittoria. « Ah, vedi? La differenza non è così chiara, dopotutto, no? »
   « Andiamo, Max, sai che non è la stessa… »
   « No, troppo tardi; hai perso l’occasione ». Si piegò in avanti, avvicinando il naso a quello di lui e portandosi le ginocchia al petto per avvolgervi le braccia intorno, continuando a guardarlo. « Logan, uno di questi giorni capirai che so che ti hanno sparato; so che le cose sono cambiate per te, in quel momento, e so anche quali sono molti di questi cambiamenti ». Inclinò la testa, osservando la reazione di lui alle sue parole. « E forse, quando lo capirai, quando realizzerai che lo so da un po’, ormai - indipendentemente da quanto tu abbia mostrato di essere tosto e capace e indipendente - e forse allora potremo parlare… e sarai pronto a lasciarmi dare una mano a Logan Cale come mi lasci fare a Solo Occhi; e mi permetterai di esserci per te come tu ci sei stato per me ».
   Gli occhi di Logan luccicarono di emozione, ora che incrociò lo sguardo di lei, chiedendosi se diesse sul serio, se fosse solo affetto per un amico più vecchio, spezzato, o se provasse per lui lo stesso amore che teneva lui in ostaggio; tornarono a suonargli nelle orecchie le parole di Tony su ciò che Max provava per lui - ciò che Tony credeva di aver visto - e ciò che Tony pensava lui dovesse fare al riguardo.
   Ma i meccanismi di autodifesa - e tutte le cicatrici - erano profondi e Logan distolse lo sguardo di nuovo, sperando che Max non vedesse quanto facesse male. « Non dovremmo dovrne parlare… » disse a bassa voce.
   Lei non fece alcuna pausa. « Sì, beh, la vita fa schifo ». Aspettò che gli occhi di lui la cercassero di nuovo, dolorosamente desiderosi di leggere le sue vere intenzioni; Max sorrise. « Ma non è una fortuna esserci incontrati, avere qualcuno con cui avere questa conversazione? »
   Logan deglutì, desiderando improvvisamente dirle tutto ciò che lo aveva consumato dentro da quanto si erano incontrati - ma non mentre era seduto pavimento, non culo per terra, immobile e impotente. I suoi occhi la fissarono e desiderò il mondo per lei, desiderò di capovolgere il mondo e renderlo di Max. « Vorrei tanto che fossi stata qui, prima dell’Onda… » iniziò, chiedendosi vagamente se Max lo avrebbe preso per un pazzo che parlava a vanvera, chiedendosi se Max avrebbe intuito i pensieri che giravano vorticosamente dietro le parole. « Qui, a goderti le cose che avremmo potuto fare; andare in barca o viaggiare o andare ai concerti, presentazioni di libri… sei stata privata di tante cose del mondo, Max, quando proprio tu avresti potuto apprezzarle, ti sarebbero piaciute… Vorrei tanto tu fossi stata qui, così avrei potuto darti il mondo che ti è stato negato… »
   Le ci volle tutto il suo autocontrollo per non reagire allo sguardo straziante negli occhi di Logan - il desiderio e l’impossibilità, e quegli immotivati sentimenti di indegnità che accompagnavano il desiderio per lei… Voleva rassicurarlo della sua forza e del suo potere e di ciò che - lo sapeva, ora - provava per lui, ma sapeva che Logan non l’avrebbe mai vista in quel modo, non quando lo aveva preso nel bel mezzo di quella fisioterapia di cui aveva così bisogno, che sottolineava la sua condizione.
   Ci sarebbe stato tempo, si disse, il tempo giusto in cui lui avrebbe creduto; per ora, Logan aveva bisogno della forza di lei e della sua comprensione. E lei sapeva cosa fare: gli diede una spintarella, spalla contro spalla e lo prese in giro bonariamente « Avrei avuto nove anni… »
   Lui esitò, incerto s come interpretare quella risposta finché vide - e ci credette - i pensieri dietro lo sguardo di affetto e incoraggiamento che Max gli rivolgeva, piena di speranza. Arrendendosi finalmente con una risatina mesta, ora che la tensione era spezzata, mormorò « Dovevi per forza ricordarmelo… »
   Lei sorrise per la vittoria, ma dopo un momento silenzioso si addolcì e disse « Logan, io ho te e tu hai me, vero? È tutto ciò che importa ».
   Vide quel bellissimo viso che cercava la sua comprensione; non voleva ammettere tutto ciò che pooteva significare, ma si ritrovò a promettere con tutto il suo cuore « Io sarò sempre qui per te ».
   Il sorriso di Max fu caldo e soddisfatto. « Questo significa molto di più di barche o concerti o vacanze ». Fece una breve pausa e poi, muovendo i piedi sotto il suo corpo con un movimento aggraziato, lo sorprese piegandosi in avanti e posandogli un bacio leggero sulle labbra, solo per un momento, prima di tornare a sedersi sui talloni. « Beh, sarà meglio che ti lasci alle tue cose, se non posso esserti di aiuto. Non voglio che Bling si incazzi con me per aver interferito coi suoi orgini ». Si alzò pronta ad andare, luminosa per la soddisfazione per ciò che aveva ottenuto e si voltò per andarsene saltellando dalla stanza. « Ci vediamo stasera alla partita ».
   Con la bocca aperta per la sorpresa, Logan riuscì a stento ad emettere una sillaba strozzata prima che lei se ne andasse. « Max… »
   Lei si fermò, si voltò e attese, le sopracciglia sollevate, interrogative. E, senza essere richiamato, a Logan venne in mente una frase di Shakespeare studiata a scuola: m’è passata di mente la ragione per cui t’ho richiamato. Improvvisamente ne comprese il significato che gli era sempre sfuggito.
   « H-hai detto… che sai. Dei cambiamenti… » Deglutì, chiedendosi perché il suo cervello avesse scelto proprio quell’argomento per coprire a sua reazione stupita e imbarazata. Ma lei annuì e, incoraggiato, lui fece spallucce. « Da chi? »
   Max sorrise. « Internet. Una ragazza deve pur fare qualcosa mentre dormono tutti. E uno di questi giorni… potrai dirmi quali parti erano giuste ».
   Girò sui tacchi con aria furba e un sorriso soddisfatto non ben nascosto e Logan rimase scioccato, schiacciato - quasi letteralmente, seduto com’era per terra - e si ritrovò a ripensare a tutte le cose che gli aveva detto Max nelle ultime quarantott’ore. Tony aveva ragione? E lui ci avrebbe mai creduto?
   E con un’improvvisa risata incredula, tornò ad appoggiarsi contro lo schienale. Dopo solo un altro momento di stupore, si afferrò il ginocchio con lo spirito considerevolmente rinfrancato. Dato ciò che aveva appena detto Max, nemmeno il suo infinito e incrollabile pessimismo fu in grado di fraintendere ciò che stava cercando di dirgli - e se era questo che lei provava, chi era lui per contestare?
   
   … continua…
   
   Nota dell’autrice: La frase è tratta da “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, atto II, scena 2 (la scena del balcone… ovviamente).
   
   Nota della traduttrice: Traduzione della frase di Shakespeare di Gabriele Baldini, ed. Fabbri Editori (non volevo tradurla io, ci tenevo a rispettare le versioni ufficiali).
   Ma quanto sono belli Max e Logan? *-* Lentamente Max riuscità a convincere Logan ad aprirsi… o Logan finirà per allontanarla? Su, su shipper che vi nascondete tra i lettori silenziosi, fatevi sentire! Tifate! :D
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 18
*** Qualche dritta ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Sempre lo stesso (ovvero: guardare capitoli precedenti).
   
   Di nuovo grazie al coach e alla squadra per i suggerimenti riguardo al basket sulla sedia e alle bellezze dello sport: avete guadagnato una tifosa qui, quando volete!

   
   

Qualche dritta


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 4:50 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico di Cale.

   
   Logan diede un ultimo sguardo all’orologio e con rammarico si diresse verso il bancone della cucina per predere carta e penna e scrivere un biglietto con le indicazioni per Tony. Aveva aspettato più a lungo che poteva, ma ora doveva sbrigarsi se voleva essere alla palestra per un giro di riscaldamento alle cinque e mezza.
   Sapeva che suo cugino voleva vedere la partita e sarebbe venuto se avesse potuto. La propria iniziale reticenza si era trasformata in un’imbarazzata trepidazione all’idea che Tony sarebbe stato lì a fare il tifo per lui, a guardarlo giocare. Sapevano però entrambi che DiNozzo era lì per lavoro e che il caso avrebbe avuto la precedenza. Logan in effetti preferiva così; era sollevato e contento che Tony restasse per chiudere il caso così sia Parks sia la madre sarebbero stati condannati, dato cosa avevano fatto a Bling e alla sua squadra, ma a metà pomeriggio Logan si ritrovò a sperare che Tony facesse in tempo per vedere la partita. Mentre il giorno proseguiva e ancora non c’era segno di DiNozzo, iniziò a sentire la delusione farsi strada in lui. Almeno avrebbe potuto lasciargli delle indicazioni e sperare che Tony trovasse la strada per il centro ricreativo. Era fermamente convinto che, visto che voleva tanto vedere suo cugino in azione, DiNozzo sarebbe arrivato appena avesse potuto - e ci sarebbe rimasto per tutto il tempo possibile. Già questa consapevolezza, la fiducia di avere ragione, era quasi bella come avere Tony lì.
   Dopo aver finito il biglietto, Logan svoltò per il corridoio e si fermò appena per afferrare la borsa della palestra e la palla, dirigendosi verso l’ascensore. Si era ritrovato parecchie volte, negli ultimi giorni a tornare a essere il bambino smarrito che cercava l’approvazione di suo cugino. Ma durante il week-end si era ritrovato sempre più a suo agio, e alla fine Logan aveva accettato che era esattamente questo ciò che erano: lui, il cugino piccolo; Tony lo sfavillante eroe. Aveva visto Tony accettarlo - accettare lui - come il cugino che era sempre stato, anche sulla sedia, ed era parte di ciò che si aspettava da DiNozzo, l’atto di generosità di un vero eroe. Non avrebbe mai, mai augurato a nessuno di vivere gli eventi che avevano portato Tony lì, figuriamoci a Bling, l’uomo che aveva fatto per lui più di chiunque altro. Ma il tempo che ne era risultato con suo cugino, con tutti i ricordi e i racconti - e la forte convinsione di DiNozzo che Max tenesse a lui e che una relazione tra loro non era solo fattibile, ma inevitabile - era come una cura miracolosa per le ferite più oscure della sua anima. Si chiese se Tony, o Max, o persino Bling, che sapeva leggerlo come nessun altro, avevano notato quanto era cambiato negli ultimi giorni. Mentre era in ascensore diretto alla macchina, si ripvomise che nessuno di loro avrebbe mai scoperto quanto era stato difficile per lui… ma magari avrebbero notato quanto sarebbe stato più facile stare con lui se non fosse più stato così cupo. Aprendo la portiera dell’auto per posare palla e borsa, si ripromise anche di lavorarci su. Ma per ora doveva dipingersi sul volto la sua “espressione da partita”.
   E mentre metteva in moto per andare al centro ricreativo dove avrebbero giocato, iniziò a pensare alla partita, alla squadra, alla sua intenzione di giocare al meglio quella sera… e a cosa avrebbero pensato gli altri notando che la sua “espressione da partita” non era altro che un ampio sorriso goffo.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 5:47 pm.
   
   Jam Pony.

   
   Tony era sceso dall’auto di ordinanza in fondo all’isolato, non solo perché il poliziotto non dovesse percorrere la strada bloccata in almeno tre punti da un camion che scaricava, un veicolo non funzionante e un tizio che timidamente cercava di parcheggiare, ma anche per non mettere in imbarazzo Max di fronte ai suoi colleghi alla vista di un’auto della polizia di fronte alla porta. Scendere lì gli diede anche la possibilità di avvicinarsi gradualmente al posto, di comprendere cosa fosse il “Jam Pony”. Il tempo che aveva trascorso a Seattle lontano dall’ambiente raffinato dell’attico di suo cugino, così in alto lontano dalle strade della città che ancora avanzava a fatica, lo rendeva ancora più determinato a convincere Logan a venire con lui a est, lontano dalla disperazione e dallo squallore. Sapeva che era una battaglia persa - per ora. Ma Tony DiNozzo non rinunciava mai alla speranza.
   Entrò nell’ingresso ampio e aperto del luogo e salì la rampa che conduceva a quello che aveva l’aria del bancone per ricevere i clienti. Lì dietro c’era un tizio con l’aria seccante con degli occhiali scadenti in plastica e una camicia orribile. Stava impartendo orgini a qualcuno, ma se si stesse rivolgendo a un cliente dall’altro capo del telefono di cui portava l’auricolare o all’impiegato dall’aria confusa dietro di lui, Tony non ne era sicuro. A Max non poteva davvero piacere lavorare lì, pensò; però c’erano degli innegabili benefici, dato che questo impiego forniva un illimitato accesso alla città, semmai le fosse stato… utile. Ed era anche il tipo di lavoro per cui non avrebbe avuto bisogno di chissà che curriculum: non c’era bisogno di possedere un diploma, nessuna esperienza pregressa, minime referenze (facilmente falsificabili)… e nessun passato. Il biglietto giusto per qualcuno che voleva restare anonimo.
   L’uomo al bancone finalmente alzò lo sguardo su Tony; inizialmente cercò di trovare un qualche tipo di benvenuto per il cliente, ma dopo un solo sguardo a DiNozzo la sua espressione passò da forzatamente gentile a incerta. Un altro che riconosce la somiglianza, comprese Tony, ma parlò prima di lui. « Salve. Sto cercando Max ».
   « Sì, beh, prenda il numero » si lamentò l’uomo prima di stringere gli occhi a fessura per squadrarlo. « La conosco? »
   « Ne dubito. Max è qui? » Tony parlò con fare leggero, cortese - e più che deciso a non diventare lui la persona sotto interrogatorio. Attese, gli occhi verdi dritti in quelli di Normal.
   A disagio per essere stato privato di quello che era di solito il suo territorio, Normal distolse lo sguardo e finse di essere occupato con le carte, ma borbottò « Se lo è, il suo turno dura ancora quindici minuti e mi aspetto che lei lavori, non che si occupi dei suoi affari personali con… cos’è che vende, lei? » Normal tornò ad alzare lo sguardo su di lui per esaminarlo e tirò a indovinare. « Assicurazioni? »
   Le sopracciglia di Tony si sollevarono deliziate al pensiero ma, con un ampio sorriso, ammise con rammarico « No, non assicurazioni. Senta, se Max è qui, non è esattamente occupata a fare consegne per lei, no? » chiese in modo fin troppo sensato per Normal, che aggrottò la fronte davanti alla logica.
   « Dovrà lavorare ancora per quattordici minuti e… » sollevò l’orologio con uno sguardo teatrale all’ora « trentatré secondi. Quindi può aspettare ».
   « A me sta bene » rispose Tony appoggiandosi alla scrivania, i gomiti a quindici centimetri dalla pila di carte che chiedevano l’attenzione dell’uomo. Mentre Normal cercava di lavorare, Tony lo fissava impassibile da pochi centimetri di distanza, il viso ancora atteggiato in un sorriso affabile di attesa. Normal si agitò.
   Tony continuò ad aspettare. E a fissare.
   « Max! » gridò finalmente Normal e guardò Tony aggiungendo in un sibilo « Qualsiasi cosa stia vendendo, non dia fastidio al resto di quegli scapestrati; sono a stento domabili così. Max! »
   Ci fu un movimento e lo strisciare di qualcosa sul pavimento dietro l’angolo, e apparve la figura di Max che si dirigeva verso di loro. « Che c’è, Normal? … Tony! » L’espressione annoiata e il tono stanco si trasformarono immediatamente in contenta curiosità nel vedere il viso ora doppiamente familiare. « Che ci fai qui? »
   DiNozzo voltò le spalle al bancone e si avvicinò a lei. « Ciao, Max ». Indicò col pollice verso il bancone dietro di sé e chiese « Il suo nome è Normal? »
   « Per ovvie ragioni » rise lei e, vedendo i suoi bellissimi occhi brillare nel viso perfetto, Tony si appuntò mentalmente di insistere ancora con Logan perché mettesse a posto le cose con Max, o lui lo avrebbe per davvero preso a calci. « Ti sei occupato di tutti, oggi? » chiese la ragazza.
   « In pratica sì; ci sono un paio di cose da ultimare, ma la roba importante è fatta. Mammina certamente è stata d’aiuto » sorrise ampiamente vedendo la comprensione negli occhi di Max. « Ma sono qui per delle indicazioni. Sono appena uscito dall’uffico del procuratore e so che Logan sarà sicuramente già uscito per andare alla partita, ormai - sai dove si terrà? »
   « Sì, un centro ricreativo oltre il palazzo di Logan, partendo da qui - non troppo lontano, a dire il vero. Ma se stai andando lì, magari è meglio che ti cambi, prima ». Osservò a fondo la giacca sportiva, i pantaloni e le scarpe, il tutto chiaramente costoso e probabilmente ancora abbastanza nuovo - c’era quindi un’altra bella dose di Cale nel cocktail DiNozzo, si ritrovò a riflettere. « Gli spalti saranno abbastanza impolverati e o ti ritroverai con delle schegge o i tuoi pantaloni finiranno con qualche buco. E probabilmente ti servirà qualcosa di più caldo - la palestra non è propriamente ben riscaldata ». Lo guardò. « Hai una macchina? »
   « No, uno dei poliziotti mi ha accompagnato qui… »
   « Beh, vieni con me. Io me ne stavo andando, comunque, e posso portarti a casa di Logan se vuoi cambiarti. Possiamo arrivae in pochi minuti. Faranno comunque prima qualche passaggio per riscaldarsi, dalle cinque e mezza alle sei, per cui la partita non inizierà prima di allora… » Iniziò ad avviarsi verso il retro.
   « Frena un momento, signorina ». Naturalmente, Normal aprì bocca non appena il suo origliare gli aveva fornito informazioni che coinvolgevano lui. Sollevandosi di nuovo l’orologio sotto il naso, canticchiò « Undici minuti e cinque secondi ».
   « Normal… » gemette Max.
   « Va tutto bene, Max » sorrise Tony e tornò a poggiarsi al bancone come prima, i gomiti ora più vicini alla pila di documenti. Si chinò sulla scrivania, curiosando rumorosamente le carte lì per un momento, toccando e sollevando e sburciando sotto ai vari oggetti sparsi sulla superficie di lavoro prima di fermarsi di nuovo e poggiare il mento sulle mani. Sollevò gli occhi su quelli di Normal, appena a qualche centimetro di distanza. « Rimarrò qui col mio nuovo amico, Normal ». Il sorriso tipico si specchiò negli economici occhiali di plastica davanti a lui. « Quando hanno iniziato a chiamarti così, comunque? Forse, uhm, quanto, in quinta elementare? »
   Ci vollero solo pochi secondi stavolta. « Oh, per l’amor di… vai e basta » disse Normal sporgendosi per guardare Max al di là di Tony, « e portati questo lunatico ».
   « Grazie » disse Tony alzandosi, sorridendo contento, e si voltò verso Max.
   « E guardati bene intorno, ora, perché ci sarà un’ingiunzione restrittiva contro un’altra visita, domani mattina ».
   Toy ridacchiò per la minaccia a vuoto e seguì Max sul retro. « La tua moto? » chiese speranzoso. Quando lei annuì, tentò « Immagino che non me la lascerai guidare… »
   « Nessuna chance » rispose lei con un sorrisetto. « Oh, aspetta un minuto » disse fermandosi improvvisamente e con il sorriso un po’ incrinato disse « Stavo quasi dimenticando la promessa… aspetta qui ».
   Tony la osservò sparire nell’area di attesa dove alcuni impiegati sedevano o vagavano; alla fine della giornata lavorativa non si lavorava più alacremente. Sentì la voce di Max sollevarsi, una risposta, e quando degli altri tizi si spostarono riuscì a vedere un’adorabile viso scuro accanto a Max voltarsi verso di lui interrogativo. Dopo un momento, Max trascinò l’amica verso di lui.
   « Ehi, Tony, questa è la mia coinquilina, la mia ragazza, Original Cindy. Cindy, questo è Tony. Ti avevo promesso che te l’avrei presentato ».
   « Porca miseria… » La sorpresa di Cindy sopravvisse sul suo viso fino a quando si trovò abbastanza vicina da constatare che non era solo un effetto delle luci: quell’uomo - più vecchio, in piedi - avrebbe potuto tranquillamente passare per il gemello di Logan, con una o due cose diverse. « Dolcezza, se non sapessi che è impossibile… » Si riprese e si scusò. « Tony, scusa… Max mi aveva detto che vi somigliate, ma non aveva detto fino a che punto… »
   « È tutto ok, Cindy, succede sempre ». Vide Max sollevare lo sguardo su di lui, probabilmente ricordando che la prima volta che si erano incontrati lui aveva negato la cosa. Smorzò il sorriso. « E grazie per l’aiuto dell’altro giorno » proseguì tranquillo. « Siete stati di grande aiuto per Bling. Gli sarebbe potuta andare molto male là fuori, da solo ».
   Max lo guardò di nuovo, ora interrogativa - stava proteggendo Max, in qualche modo, sottointendendo che non era lì? Si ricordò il trucco che aveva usato quando aveva sostenuto la cosa dei messaggi da primo appuntamento con Cindy, e immaginò che Tony avesse compreso quanto fossero protettive l’una nei confronti dell’altra. Doveva essere per questo, si disse. E se Tony vide lo sguardo che Max gli rivolse, non ne diede cenno. Max rimase a chiedersi per un momento se lo avesse visto, dopotutto…
   « Sono contenta che abbiate trovato il pazzo prima che facesse male a qualcun altro » rispose Cindy spostandosi per guardarlo bene. « Sei davvero un poliziotto? Avete un’aria diversa là a est, di questi tempi » sorrise. « Ma cavolo se somigli a Logan… »
   « Cindy, devo portare Tony alla partita di Logan, per cui devo evaporare, ‘k? » Tony sorrise tra sé alle parole. Era un’altra strategia di adattamento? Le parole di Max e il suo tono erano di un pelo diverse da quelli che usava con Logan… forse lì in strada lei si comportava più da ragazza di strada, per andare avanti e mischiarsi tra la gente, mentre da Logan, nell’atmosfera raffinata dell’attico di Cale, lei era più… raffinata? Almeno lì poteva addolcire i suoi contorni più duri.
   Mentre scambiava qualche parola di saluto con Cindy e seguiva Max alla sua moto, DiNozzo provò ancora una nuova ondata di ammirazione per la giovane donna davanti a lui, una sopravvissuta in ogni senso della parola. E, egoisticamente, si sentì ancora più speranzoso che suo cugino abbassasse le sue difese e lasciasse che il loro rapporto crescesse. Logan non avrebbe mai potuto essere in mani migliori di quelle di Max… nemmeno in quelle di DiNozzo. E questa era una cosa che Tony DiNozzo non avrebbe mai immaginato di sentire da se stesso.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 5:47 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Logan si era ritrovato a guardare più volte verso gli spalti, distratto, durante il riscaldamento; continuava a sperare che Tony arrivasse per la partita. E Max aveva detto qualcosa riguardo il venire… no? Ovviamente, sorrise tra sé mentre si affrettava lungo il campo, Max avrebbe potuto dirgli che aveva intenzione di rasarsi la testa e unirsi ad un circo e lui non se ne sarebbe accorto, troppo sconvolto fa ciò che la ragazza aveva fatto
   … con quel bacio, si decise a chiamarlo col suo nome.
   « Logan, ehi, ti vuoi svegliare? » Corey, capitano e mamma chiocchia della squadra gli gridò. « Che ti prende, amico? Concentrati o ti rimpiazziamo con la fontanella laggiù. Presta più attenzione di te! »
   Logan afferò la palla che gli fu lanciata dal capitano e sorrise, scusandosi a stento, e immediatamente si girò e tirò un gancio perfetto da sotto al canestro che baciò il tabellone e andò a segno. « Puoi baciarmi il culo insensibile, Wilkerson » disse con un sorrisetto dovuto al fatto che era passato alla modalità “Logan del basket”, come lo aveva somprannominato Max, più rilassato, a suo agio - e colorito nel linguaggio. « Vogliamo scommettere su chi farà meglio, stasera? » E non provare nemmeno a fare battute a doppio senso, si disse con un sorriso malizioso.
   « Oh, ci puoi scommettere che voglio » rise Corey, che era sempre quello che segnava più punti- « Quanto? »
   « Dieci dollari che andrò meglio di te ».
   « Ci sto ». Corey lo raggiunse per sugellare il patto dandogli il cinque e superandolo gli disse « E qualsiasi cosa ti sia preso, Cale, finché vuoi continuare a contribuire al college dei miei figli, continua così! »
   « Farò del mio meglio » sorrise Logan, e diceva sul serio. Si voltò su se stesso e schizzò per il campo; la scommessa lo aiutò a concentrarsi sulla partita. Se Tony fosse arrivato in tempo, se fosse arrivata in tempo Max, Logan sarebb stato contento di vederli dopo la partita. Ma in ogni caso sarebbe stata una grande partita.
   E mentre accelerava più per il campo, un visitatore inaspettato lo osservava divertito e soddisfatto, dato che aveva sentito il dialogo tra i due compagni di squadra. Già per questo valeva la pena di venire, pensò Bling tra sé mentre si sedeva con cautela sugli spalti; valeva la pena di sentire la spalla aumentare le proteste dopo essere fuggito dal letto, valeva la pena di essersi fatto sgridare da Sandra quando aveva scoperto che era sgattaiolato via per vedere una partita quando lei pensava che fosse a casa a riprendersi; valeva qualsiasi strigliata avrebbero aggiunto Logan o la squadra, che sapevano che era stato dimesso solo il giorno prima. Conosceva tutti nella squadra, aveva lavorato con la maggior parte di loro come fisioterapista o ancora da allenatore… ma la vittoria che valeva di più era probabilmente lo sguardo di pura gioia e sfida dietro gli occhialini bordati, sotto i capelli acompigliati, ora al lato del campo dove le squadre di radunavano. Bling si mise comodo per guardare i ragazzi che si preparavano a iniziare. Sarebbe stata una grande partita.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 6:20 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.
Primo quarto.
   
   Max e Tony erano riusciti ad arrivare alla partita quando questa era cominciata da solo dieci minuti, dato che le squadre avevano iniziato tardi - come sempre, servivano altri marcatori per completare le squadre, dato che i black-out e le file ai distributori di benzina avevano causato problemi dell’ultima ora.
   Guardarono, dapprima, restando in piedi al margine del campo, perché non volevano interrompere cercando posto chi assisteva dagli spalti finché non ci fosse stata una pausa nella partita. Tony osservò stupefatto la velocità e l’instensità con cui giocavano quella partita “amatoriale” chiaramente fatta da persone che giocavano regolarmente e bene. Max gli aveva spiegato che era il periodo dell’anno in cui i giocatori professionisti andavano in cerca di allenamento extra, per cui anche quelle partite non di campionato venivano giocate in tempi da venti minuti e venivano arbitrate. Non c’era da stupirsi che Logan lo aveva avvertito di stare attento ai piedi, se era così che giocava di solito.
   Max riuscì a guardare la partita e notare anche il resto: la chiara ammirazione di Tony per ciò che stava vedendo, l’orgoglio per suo cugino; l’ormai familiare comportamento di Logan sul campo, entusiasta e appassionato, forse anche più del solito, stasera; e…
   « Bling? » mormorò sorpresa. « Cosa ci fa qui, stasera? »
   Tony spostò la sua attenzione dalla partita. « Dove? »
   « Quarta fila, in fondo, lì - nascosto dietro il gruppo di bambini ». Tony seguì il gesto e vide quella che sembrava una piccola classe di ragazzini, alcuni sulle sedie, e Bling seduto dietro di loro, chiaramente fiducioso che nessuno lo avrebbe notato nella folla. « Quanto è disperato il suo tentativo? » ghignò Max con affetto. « Vuoi aiutarmi a smascherarlo? »
   « Non me lo perderei mai » sorrise Tony. Uscirono sul corridoio e aggirarono la palestra per rientrare dall’altra parte degli spalti. Avvicinandosi alla sua fila, Max si appoggiò allo spalto e bisbigliò con fare teatrale « Ti abbiamo beccato con le mani nel sacco, mr “Logan Cale è il paziente peggiore del mondo” ».
   « Ciao, Max » sorrise ironicamente Bling.
   « Lo sapevo che saresti stato un paziente pessimo quanto lui ».
   « Quindi immagino non ci sia nessuna chance che manterrai il segreto? » tentò.
   « Molto poco probabile ».
   « Senti, se prometto di non giocare, stasera… » Bling tentò di conquistarla.
   E non funzionò; lei era stata addestrata dal migliore a non cascare nelle trappole. A quanto pare Bling ha preso lezioni da Logan, osservò nascondendo il ghigno. Il maestro diventa l’allievo… ma non è ancora molto bravo. « Come cavolo hai fatto a sfuggire a Sandra? » domandò Max.
   « Aveva una riunione genitori-insegnanti a cui non poteva mancare. Ciao, Tony » aggiunse guardando oltre Max. « Ehi, non ho avuto ancora la possibilità di dirti quanto ho apprezzato tutto ciò che hai fatto… »
   Tony lo liquidò con un gesto tornando a guardare Max. « Vieni, tanto vale che ci mettiamo comodi mentre fai a pezzi questo poveretto ». Max guardò Bling indignata; era uno sguardo sorprendentemente simile a quelli che Logan gli rivolgeva piuttosto di frequente, i primi mesi, e Bling ridacchiò e Tony sorrise. « Non che sia immeritato ». Tornò a guardare Bling. « Scusa, amico ».
   E nello stesso momento, in campo, un fischietto aveva fermato il gioco e Logan era tornato a voltarsi verso la platea per cercare…
   Sbatté le palpebre. Non solo Max e Tony, ma… Stavano parlando con Bling?
   Sentì stento il fischio che faceva riprendere la partita e dovette affrettarsi per raggiungere gli altri. Bling era lì, dopo essere stato dimesso dall’ospedale solo quella mattina? Sarebbero stati cavoli amari, decise… Ma aveva una partita da vincere, prima.

   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 6:35 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.
Secondo quarto.
   
   Max aveva sgridato Bling abbastanza, decise, dato che era rimasto ferito; debitamente rimproverato, Bling era ora libero di discutere la partita con Tony. Da laureato in educazione fisica, Tony spremette Bling sui dettagli della partita man mano che la guardava - le lievi modifiche alle regole perché si adattassero alle sedie, le similitudini con il gioco tradizionale, il punteggio dei giocatori.
   « … quindi è così che si bilancia la squadra, in base al livello dell’handicap? »
   « Sì e, generalmente, si tende a impedire ad un giocatore di sfruttare la forza delle gambe e, ad esempio, fare perno contro la sedia per saltare e prendere la palla. Quei ragazzi in campo rappresentano una grande varietà di capacità e questo permette loro di giocare senza troppi vantaggi l’uno rispetto all’altro ». Bling li osservò per un momento e spiegò « Ad esempio, vedi quel tizio? » indicò un giocatore giovane in fondo al campo. « La sua lesione è più o meno una decina di centimetri più in alto rispetto a quella di Logan, ma è incompleta, per cui per certi versi è più forte di lui, per altri no. Quello… » indicò un altro, un amputato « ha tutta la forza nella gamba, ma non può usarla, in questa partita. E… sì, quello… » indicò un adolescente coi capelli scuri e il lancio sicuro « è qui con suo padre. Non è disabile ».
   Tony sbatté le palpebre, guardando Bling. « No? »
   « No. E nemmeno quello… né quello ».
   Tony guardò il gruppetto e tornò a voltarsi verso il fisioterapista. « Ma credevo che fosse solo per le persone sulla sedia a rotelle… »
   « Sì, è quello lo scopo, ma ci sono sempre degli amici o parenti che si uniscono… spesso sono necessari per completare la squadra, altre volte è solo per divertimento, così possono partecipare coi loro amici… o familiari ». Bling squadrò improvvisamente Tony. Dopo una pausa, aggiunse « In effetti, portano spesso qualche sedia extra, sai… in caso qualcuno voglia fare un tentativo ».
   Tony lo guardò interrogativo… e poi chiese, esitante « Ma… ci vuole un sacco di pratica, per essere in grado di farlo, no? Voglio dire, andiamo, spingersi e dribblare contemporaneamente? Non può essere facile… » Tornò a guardare la partita.
   Bling lo lasciò fare per un momento poi fece spallucce. « In realtà, con uno o due suggerimenti, la maggior parte riesce a giocare decentemente, anche la prima volta ». Bling si concesse un sorriso. « Soprattutto se conosce già le regole… »
   Un altro fischio, e Logan si prese di nuovo un momento per alzare lo sguardo verso il punto in cui aveva visto Max e Tony sistemarsi accanto a Bling. Ma stavolta c’era solo Max, seduta da sola. Quando lui la fissò, Max lo salutò allegramente co la mano; Logan mimò i due uomini mancanti e lei fece spallucce - stava facendo la finta tonta? si chiese Logan. Il fischio risuonò di nuovo e non ci fu tempo per insistere - mancavano sei minuti alla fine della prima metà… e lui era in vantaggio su Corey.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Ebbene sì, purtroppo dovrete sopportare il mio modo di massacrare il basket per ancora un altro capitolo. Di nuovo, se qualcuno se ne intende e ha notato qualche cazzata stratosferica è il benvenuto a farmi notare l’errore e dirmi come aggiustarlo; io ho fatto del mio meglio per questa storia che amo tanto *love* e ho wikipedia aperta su ogni genere di pallacanestro esistente (perché a quanto pare non ne esistono due, ma tanti) sia in italiano che in inglese per essere certa di ingarrare tutti i termini. Che dite, apprezziamo lo sforzo? *schiva i pomodori* E poi dicono che le fanfiction non insegnano niente…
   Ciò detto.
   Adoro Corey; lo abbiamo già visto in “Acqua cheta” ed è personaggio ricorrente - come Sandra - nelle storie di shywr1ter. E fate il tifo insieme a me, che Tony ha una sorpresa in serbo per il cuginetto, nel prossimo capitolo:)
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 19
*** Gli occhi verdi contano come vantaggio fisico ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Prego guardare i capitoli precedenti. Nessuna delle due serie mi apaprtiene.
   
   Di nuovo, le dritte sul basket in carrozzina sono fornite dal coach e dalla squadra della mia città, che hanno pazientemente cercato di farmi capire come faccia una persona a spingere la sedia e dribblare contemporaneamente. Non posso dire che ora sarei in grado di farlo, ma almeno credo di poterlo visualizzare. Un enorme grazie!

   
   

Gli occhi verdi contano come vantaggio fisico


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 6:40 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Un altro time out, e mancavano solo sei minuti alla fine della prima metà partita. Era quasi identica alle partite di campionato, con arbitro e timer, per dare ai giocatori professionisti la possibilità di allenarsi secondo le regole usando il loro tempo libero. Per Max, però, era un’occasione per ricordare che Bling e Tony se n’erano andati sette o otto minuti fa, anche se erano passati solo tre minuti di gioco, dati i time out e i tiri liberi, e cominciava ad essere curiosa. Vide Logan guardarla di nuovo e lo salutò con la mano e un largo sorriso quando lui notò che era sola. Si sarebbe divertito, aveva promesso Max a Tony. E Bling le aveva dato man forte, anche se DiNozzo era sembrato scettico e sorprendentemente cupo, decidendosi finalmente a dar voce al suo timore che Logan avrebbe frainteso, e avrebbe visto la cosa come una specie di presa in giro, o un atto di pietà, o qualche altro riflesso del modo in cui viveva ora la sua vita. Lo avevano entrambi rassicurato che amici e parenti si univano sempre alle squadre ed era una cosa acettata e apprezzata da tutti, soprattutto dall’amico o parente in questione. Ma ora che era sola, Max rifletté su quanto Logan fosse sensibile rispetto alla sua condizione fisica, quanto fosse a volte suscettibile, soprattutto su queste cose, anche se appariva incomprensibile agli altri. E anche se da una parte non avrebbe mai voluto che Tony fosse a disagio con suo cugino, pensò che l’idea di Logan ferito proprio da Tony, anche se inconsapevolmente, era qualcosa di orribile da prendere in considerazione.
   Una volta che la partita riprese, si mosse lungo la fila di posti a sedere per scivolare giù e uscire sul corridoio, dove trovò Bling e uno della squadra - che era lì solo come spettatore dato un infortunio alla spalla - dare istruzioni a Tony su come manovrare la sedia sportiva giallo brillante.
   « D’accordo, proviamo un altro passaggio lungo il corridoio. Muoviti, ti passo la palla ». In piedi grazie alle protesi, Aaron si mosse agilmente per dare ordini a Tony come avrebbe fatto un qualsiasi allenatore o capo di polizia. « Andiamo, muoniti! »
   Ma i movimenti di Tony erano spenti; mosse con cautela le mani sulle ruote della sedia, goffo e imbarazzato. Alzò lo sguardo verso il fisioterapista di Logan e disse « Bling, non so se è una buona idea; e se Logan la prendesse per il verso sbagliato? »
   « Quale verso sbagliato? » si intromise Aaron. La bocca di Bling si curvò appena all’insù per la soddisfazione. Non disse nulla, sapendo che Aaron si sarebbe occupato da solo delle preoccupazioni di Tony.
   Tony esitò, stranamente a disagio. « Non lo so… come se stessi minimizzando le sue condizioni o… lo stessi scimmiottando; qualcosa del genere ».
   Aaron sbuffò. « E se così fosse? »
   Tony sbatté le palpebre.
   Aaron continuò « Non saresti il primo, se così fosse. È parte del territotio, quello che capita a un giovane sulla sedia. Ma pensavo foste legati. Per essere un tipo solitamente così silenzioso, quando è arrivato stasera, Logan non smetteva di parlare di suo cugino che era in città e forse sarebbe venuto alla partita, di come avete giocato insieme nel weekend… e non vi siete visti per un bel po’. Questo è linguaggio in codice tra la gente come noi per “prima visita dopo l’incidente” » disse col sorriso di chi la sa lunga. « Logan sarà anche un tipo strambo, a volte, ma non credo che la prenderà male. Ha visto le famiglie di troppi di noi unirsi alla squadra. Non ha mai portato nessuno della sua famiglia; probabilmente significa molto per lui che tu sia qui ».
   Tony sembrava ancora scettico, ma si stava convincendo. Un altro tratto in comune tra i cugini, pensò Max, la testardaggine. « Forse però da parte mia non la vedrà come una cosa positiva ».
   « Perché, hai detto qualcosa che potrebbe spingerlo a pensare così? »
   Di nuovo, Tony sembrò sorpreso. « No. O… non credo ».
   Max sorrise apertamente. Aaron annuì brevemente. « Bene. Allora forza, muoviti. Se riesci ad entrare alla fine della prima metà, avrai la possibilità di fare un po’ di pratica prima di dover giocare per un periodo più lungo senza interruzioni ». Max si voltò per tornare nella palestra, ancora sorridendo. Nel farlo, sentì Aaron abbaiare ordini dietro di lei a Tony. « No! Ore dieci e tre! Non stai sfruttando tutto il potenziale, così. Devi afferrare le ruote a ore dieci e spingere fino alle tre… ah! Esatto, sì! »
   Il sorriso di Max si allargo. Voleva un posto in prima fila per vedere lo spettacolo che ne sarebbe venuto fuori.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 6:48 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Il punteggio era trentatré a ventiquattro per loro, e Logan sentì il breve suono del fischietto dell’arbitro. Anche il suo record personale stava salendo: aveva appena fatto il tiro che lo aveva portato a undici punti contro i quattordici di Corey. Si era impegnato fino a diventare il terzo miglior tiratore della squadra del lunedì, il secondo quando giocava contro Corey, e l’idea di superare il capitano lo fece sentire come se fosse tornato al liceo, quando giocava partire infinite al parco, quando era spesso il migliore della partita a cui si univa.
   Costeggiò la panchina prima di fermarsi e girarsi, alzando finalmente lo sguardo solo per scoprire che Bling e Tony erano ancora assenti. Si riscosse e fece per tornare in campo quando sentì l’arbitro annunciare una “sostituzione, squadra rossa” e spostò lo sguardo per incontrare il viso carico di aspettative del nuovo gioctore.
   « Ah! Carne fresca! » rise uno della squadra blu dando il via alle provocazioni.
   La solita prontessa di risposta di Logan fu rallentata quando vide Tony DiNozzo su una sedia a rotelle simile a quella su cui era lui, ed ebbe una momentanea punta di dolore di fronte all’immagine del suo idolo legato e mutilato; era un’immagine fin troppo realistica visto che, tra loro due, era più facile che il poliziotto e agente federale finisse con un proiettile nella spina dorsale che il giornalista.
   Ma il momento passò rapido come era venuto e Logan vide: suo cugino stava prendendo il posto occupato tanto spesso da altri amici e parenti della squadra. Tony lo stava raggiungendo sul campo e, come voleva la traduzione per la prima partita dei nuovi arrivati, stava entrando nella sua squadra così che Logan gli potesse dare qualche consiglio, qualche dritta, e godersi la partita con lui.
   Tony attese quelli che sembrarono giorni mentre gli occhi di Logan si riempivano dello sguardo che Tony aveva temuto, quello che significava che lo stava scimmiottando. DiNozzo si pentì della sua decisione di seguire i suggerimenti degli altri di unirsi alla partita… finché lo sguardo si trasformò quasi subito in un sorriso ampio, da ragazzino, pieno di gioia che persino Tony vedeva. Dimenticando la prima reazione, DiNozzo riuscì ad avvicinarsi al cugino barbuto per scusarsi. « Non ero certo di quanto fosse una buona idea… »
   « Perché? » chiese subito Logan sfilandosi i guanti. « Tieni, ne avrai più bisogno di me ».
   Prendendo i guanti che gli venivano porti, Tony rifletté rapidamente su quale delle varie risposte fosse la migliore e li infilò senza esitazione. « Vi rallenterò » disse con un mezzo sorriso. « State vincendo ».
   « Abbiamo qualche punto di vantaggio » rispose Logan ancora sorridendo, iniziando a muoversi mentre il fischietto risuonava. « E tu hai un paio di minuti per abituarti ». Vedendo Tony affrettarsi a infilare i guanti di pelle protettivi, Logan attese e gli mise fretta. « Forza. Ti copro le spalle, cugino ».
   E mentre i due entravano in campo, un altro membro della squadra blu decise di occuparsi delle prese in giro da campo. « Ehi, Cale. Lui sa giocare o imbroglia come te? »
   « È un impiegato del governo, gioca meglio di tutti quanti noi » rise Logan. E il momento successivo rallentò improvvisamente perché aveva visto un altro compagno di squadra prepararsi a ricevere un passaggio da Corey per dare la palla a Logan, il quale avanzò dicendo « Tony, conosci le regole: due spinte per rimbalzo, altrimenti è fallo ».
   « Sì, ma… »
   « Bene. Prendi ». Logan piroettò agilmente su se stesso per portarsi tra DiNozzo e un giocatore della squadra blu e lanciò verso sui cugino. « Ti ricordi come si gioca o sai solo vedere le partite in tv? » chiese con un ampio sorriso, parlando a voce abbastanza bassa perché solo Tony lo sentisse.
   Il ghigno che ricevette in risposta parlava da sé. « Ho una laurea, ricordi? »
   « E allora vediamo un po’ di magia Buckeye ». Il sorriso di Logan ora era abbagliante.
   E ricevuto il passaggio, DiNozzo iniziò il suo primo giro del campo, ancora traballante ma man mano più sicuro.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 7:31 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Il fischietto risuonò di nuovo.
   « Che c’è? » si lagnò Tony sapendo che era indirizzato a lui. I giocatori della squadra blu ridacchiarono.
   « Vantaggio fisico » gridò l’arbitro.
   « Di nuovo? » esclamò Tony, esasperato. Era la seconda volta che l’arbitro lo richiamava per aver fatto inconsciamente leva contro la sedia con le cosce mentre tirava; era una regola introdotta per livellare le squadre. L’arbitro gli diede un’occhiataccia, ma Corey lo incitò.
   « Era un bel tiro, comunque, DiNozzo. Sarà per la prossima volta, uh? »
   Logan si era avvicinato alla panchina quando aveva sentito il fischietto e ora raggiunse Tony. « Ehi, almeno sono falli di attacco » disse. « Dimostra che siamo noi a dettare le regole. Senti, prova questo, può esserti d’aiuto ». Indicò col mento verso uno dei giocatori che Bling gli aveva detto non essere disabile. « Vedi le cinghie che ha intorno alle cosce, sopra al ginocchio? Tieni » gli diede una striscia di stoffa. « Ti aiuta a ricordare e ti impedisce di muoverti troppo. La usavo all’inizio, quando ho iniziato, sedia diversa e meno esperienza ». Osservò Tony legare la fascia e poi alzò lo sguardo e vide il giocatore blu mancare il canestro. « Ah, vedi? » incoraggiò. « Non ha avuto importanza ».
   Tony alzò lo sguardo verso i brillanti occhi verdi davanti a lui e sorrise di fronte alla gioia che il cugino trovava nella partita. « Fammi entrare, coach » scherzò. « Ho una partita da vincere ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 7:54 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Tony giocò per quasi metà del secondo tempo, facendo a rotazione per un giocatore nuovo che non era forte quanto Tony e non aveva la capacità di gioco in mente che aveva lui. Negli ultimi minuti, Tony si ritrovò impaziente di rientrare e girava per il campo come un professionista quando veniva chiamata la sostituzione.
   L’orologio segnava meno trenta secondi ed erano sotto di un punto. Come figlio della Big Ten, anche se le aveva viste per la maggior parte solo dal divano della confraternita davanti alla tv, DiNozzo sapeva di più su come fare da coach del resto della squadra - ma non stava a lui… o sì?
   « Corey. Logan mi ha mostrato una mossa da cui dice che non è possibile difendersi… Logan? »
   « Gira e tira, niente di che, ma Tony… quella è per l’uno contro uno. Se ci sono tanti difensori… »
   « No, intendo per iniziare. Cugino… » sorrise Tony, « ho un’idea ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 7:59 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Al fischio, Bling guardò con interesse la squadra disporsi in una formazione che non aveva mai visto prima, e sospettò che avesse a che fare con il capannello che aveva visto formarsi poco prima, in cui Tony aveva parlato animatamente. « Max » disse. « Credo che stiano per usare qualche trucco inventato da Tony ».
   Max non si era mai interessata troppo allo sport, ma era venuta a volte a guardare Logan giocare sentendosi intrigata non dalla partita in sé ma dall’effetto che questa aveva sullo spesso cupo e stakanovista Logan. Blinh sapeva che la ragazza non era stata molto attenta fino a quel momento, ma alle sue parole si concentrò e guardò con più attenzione le posizioni prese dalla squadra sotto al canestro. Il fischietto risuonò di nuovo e il gioco riprese.
   La palla fu rubata da Corey, il loro giocatore migliore, come si aspettavano i blu. I secondi passavano mentre i rossi si scambiavano abilmente la palla attenti al tempo che scorreva; solo i loro giocatori ebbero la palla, per evitare che fosse rubata, e intanto convincevano i blu di star preparando il campo per il loro migliore tiratore per il lancio finale.
   A meno dieci secondi, e con la danza sotto il canestro che prendeva forma, la palla passò tra Tony e Corey, mentre Logan seguiva la linea del campo fin quasi dietro al canestro. L’altra squadra si preparò ad intercettare il tiro che si aspettava, il magico gancio laterale dopo un passaggio alto da fuori campo. Ma con un breve cenno da parte di Tony, Logan eseguì un improvviso e rapido giro su se stesso, lontano dalla palla e quindi dai difensori, nella parte libera del campo. Mentre Corey gli passò un tiro morbido e lui era da solo di fronte al canestro, i blu si ritrovarono nella parte sbagliata del campo grazie alla trappola preparata dai rossi. Un tiro semplice, quasi al rallentatore, partì dalle mani di Logan alzandosi aggraziato verso il canestro e toccando appena la rete.
   Un urlo di trionfo si levò dai rossi e i due cugini furono premiati con pacche sulle spalle e “cinque”. Logan e Tony si sorrisero a vicenda e si strinsero in un abbraccio si celebrazione, dandosi pacche sulla schiena, ma furono interrotti da Corey che gli si avvicinava. « Niente male per una verginella, DiNozzo » gli sorrise il capitano, « e sei bravo coem coash. Ti spiace se ti mandiamo qualche nostro video? Magari ci puoi mandiare per e-mail qualche altro schema di gioco? » scherzò.
   « Quando volete » rispose Tony sorridendo.
   « E non sei stato male nemmeno tu, Cale » disse il capitano voltandosi verso di lui. « Immagino di dover cercare i fondi per l’istruzione dei miei figli altrove ».
   « Perché? Cosa…? » Quando era comparso Tony, Logan aveva dimenticato la scommessa.
   « Abbiamo pareggiato, Cale. Con quell’ultimo tiro siamo tutti e due a ventisei punti in questa partita ».
   « Stai scherzando » disse Logan battendo le palpebre, spiazzato. « Avevo smesso di contare ».
   « Ti sei concentrato sulla partita » annuì Corey. « Bene ». Sorrise di nuovo e si allontanò. « Bella partita, signori ».
   « Ora so perché hai una laurea in educazione fisica » rise Logan tornando a guardare Tony. « Devi esserti divertito molto più di me all’università ».
   « Questo è certo » rise DiNozzo. « Ma non è stata solo la mia laurea a portarci alla vittoria ».
   « Non ne dubito » rispose Logan con un sorriso e i suoi occhi si sollevarono sulla platea dove vide Max in piedi e Bling raggiante, entrambi contenti quanto lui. Li salutò con la mano e si voltò di nuovo verso il cugino. « Andiamo a mangiare » disse inclinandola testa verso il bordo campo e aggiunse, ora che la serata avanzava « Sono contento che resterai ancora un paio di giorni ».
   « Sì, anche io ». Attraversarono il campo e Tony notò un paio di giocatori alzarsi dalle sedie; il campo di gioco non era più livellato come prima. Eppure, guardò suo cugino con gli occhi che brillavano, senza muoversi ancora. « Ovviamente dobbiamo metterci d’accordo per come vederci più spesso degli ultimi anni. A quanto ne so è per questo che hanno inventato le vacanze ».
   Logan annuì, ridendo. « Mi ci impegnerò se lo farai anche tu ».
   « Lo sai che lo farò » promise DiNozzo. Dopo solo un istante di pausa, si tolse i guanti e li ridiede a Logan e slacciò la fascia sotto lo sguardo di suo cugino, rassegnato per la fine della partita.
   Con voce appena più bassa, Logan disse, con lo stesso calore che aveva provato per tutta la giornata « Sei davvero bravo ». Rise addirittura. « Farò in modo di avere una sedia extra per la tua prossima visita ».
   « Secondo te posso prenderne una in prestito fino a che non parto? »
   Gli occhi di Logan brillarono di nuovo al pensiero. « Credo che possiamo accordarci ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 8:12 pm.
   
   Centro ricreativo sulla Quarantatreesima.

   
   Tony e Max si offrirono volontari per riportare le sedia extra al furgone di Corey tenendone una per sé, da portare alla macchina di Logan perché Tony la potesse usare finché fosse rimasto a Seattle; alcuni altri giocatori, compreso Logan, si radunarono per decidere dove tenere la partita successiva. Il centro sportivo non sarebbe stato disponibile per due settimane: sarebe rimasto chiuso per la necessaria ristrutturazione - pittura e rifinitura del campo - e poi per un torneo di basket cittadino messo insieme dai ragazzini della zona. Max e Tony chiacchierarono della partita e del ruolo di Tony; Max si azzardò persino a far notare quanto aveva significato per Logan avere Tony a giocare con lui. « Non lo dice spesso, ma credo che gli pesi come la gente come Jonas e Margo lo tratti come se fosse fragile, ora, o contagioso… o come se fosse un alieno, come se la disabilità fosse… un imbarazzo. Come se si fosse fatto sparare addosso per fare un dispetto a loro ».
   DiNozzo mormorò qualcosa contro la famiglia, ma non era concentrato. In realtò stava pensando a Max, alla facilità con cui affrontava tutto ciò, alle limitazioni della condizione di Logan; lei non sembrava mai intimorita da tutte quelle cose né dall’idea di discuterne con lui, come a volte si sentiva ancora Tony, anche con i passi avanti che aveva fatto nel week-end.
   Avrebbe potuto liquidare la cosa perché lei c’era stata fin da quando era accaduto, e si era abituata - se ci avesse creduto lui stesso. Ma in qualche modo sapeva che non era per questo: per qualche motivo, DiNozzo era certo che Max, fin dal primo momento, era riuscita a vedere Logan in mezzo a tutto il resto, indipendentemente dalla sua presenza fisica. Non era un esperto, ma immaginò che fosse una reazione rara… proprio come era rara quella donna, per le circostanze in cui era stata concepita, certo, ma non solo per il suo pedigree. Per la sua abilità di sollevarsi al di sopra di tutti loro… per la sua abilità di batterli.
   Come diavolo faceva Logan ad aspettare anche solo un altro minuto?
   Erano rientrati e avevano visto il gruppetto ancora radunato - Bling con loro - per discurere le opzioni. I due attesero vicino alla porta. Quando capì che ci sarebbe voluto ancora un po’, Tony decise di non sprecare quel tempo da solo con Max e disse, con naturalezza, gli occhi ancora fissi sui giocatori dall’altra parte del campo: « Sai, sono uscito con una ragazza, una volta, che passava tutto il tempo a cercare di sistemare le sue amiche single; sai, una specie di cupido ossessionato. Mi faceva impazzire ».
   Max batté le palpebre e rise sospresa con uno sguardo confuso e curioso di fronte al commento del tutto inaspettato. « E quindi… cos’hai fatto? »
   « L’ho mollata » sorrise lui e continuò, riluttante. « O forse… a furia di trovare partiti per le sue amiche ne trovò uno migliore anche per se stessa. Il punto è… » proseguì allegramento, contento che lei avesse abboccato. « Odio chi gioca a fare cupido ». Rimase in silenzio per qualche momento, lasciando che la curiosità prendesse il sopravvento in lei - un ottimo trucco per gli interrogatori che aveva sviluppato e usato frequentemente - e quando la sentì ridere tra sé la vide e con la coda dell’occhio scuotere la testa, sorrise tra sé e disse « Sai che mio cugino è molto testardo, vero? »
   Ci fu solo un istante prima che lei rispondesse, ma ci fu. Bene. Stava ascoltando… e riflettendo. « Oh, sì » ridacchiò. C’era affetto nella risposta ironica, notò Tony annuendo tra sé.
   « E… che non si è mai visto come degno dell’attenzione di nessuno… almeno una volta entrato nell’adolescenza ». Di nuovo, il bel viso si voltò verso di lui e di nuovo era sorpreso - ma, stavolta, la sorpresa aveva una specie di vena protettiva per il complicato cugino di Tony. L’uomo notò con interesse che non sembra scettica. La maggior parte della gente lo era, però, quando non aveva avuto una situazione simile a quella in cui era cresciuto Logan. « Ho sentito che hai avuto il piacere di conoscere Jonas e Margo - per quanto ti sembrino simpatici ora, erano anche peggio quando erano più giovani, avidi di più di quanto già avessero, desiderosi di avere di più e verdi di invidia per ciò che avevano Robert Cale Sr. e la sua famiglia ». La voce di Tony era pacata, calma, ma erano evidenti le tracce di amarezza che provava per quel comportamento. « Poi improvvisamente Robert e Sarah non c’erano più e il figlio non aveva una casa. Jonas e Margo resero la vita di Logan un inferno per una specie di strana, gongolante vendetta per la vita che non avevano avuto. Niente di fisico, ma era abuso psicologico, detto chiaramente ». Tony appariva tormentato dal ricordo, dal terribele lutto che aveva subito Logan ad un’età così vulnerabile e al trattamente totalmente non meritato che aveva ricevuto dagli zii. « Soffriva in silenzio, senza dire mai a nessuno di come Jonas, soprattutto, lo denigrasse e provocasse, finché Bennet non disse qualcosa, ma ormai il danno era fatto ». Sospirò. « Logan gli credeva. Quando due adulti, due familiari, gli dicevano che non era brillante o dotato o degno quanto i loro figli, lui ci credeva - come fa un bambino a sapere che gli adulti che dovrebbero prendersi cura di lui possono essere cattivi e maligni? Alcuni bambini forse ci credono più facilmente, ma Logan era troppo gentile per questo, troppo fiducioso, dato quanto era legato ai genitori ». Osservò il cugino al di là del campo: era piegato in avanti e ascoltava i piani e si unì alle risate improvvise che esplosero dal gruppo. Almeno sa ancora ridere, pensò Tony, grato.
   « Non hai mai detto… » considerò Max osservando Logan con quegli occhi grandi e gentili carichi di comprensione. « Ha solo detto che era la pecora nera… e che Jonas voleva vederlo come un perdente ».
   « La seconda parte è vera, ma non è mai stato la “pecora nera” - o, almeno, non ha mai fatto nulla per meritarsi questa descrizione » disse Tony. « Il suo unico crimine era di essere più brillante dei suoi cugini e di ricordare così continuamente a Jonas che né lui né la sua famiglia erano all’altezza di quella di Robert ».
   Max sbuffò tristemente, riflettendo. « Ho sempre creduto che Logan avesse avuto una vita facile, con tutti i soldi e la roba che voleva, una famiglia unita… Immagino che la famiglia non è sempre tutto ciò che dovrebbe essere ».
   « No, e nemmeno i soldi. Un’altra cosa che probabilmente hanno usato contro Logan… Ad un certo punto, i ragazzi delle famiglie ricche ricevono il Discorso - ma non quello normale che hanno gli altri ragazzi. Di solito sono le api e i fiori. Le famiglie ricche riescono sempre, in qualche modo, a dire ai propri figli che chiunque si mostri mai interessato nei loro confronti vuole solo i loro soldi, che non è interesse, ma avarizia. Che se la persona in questione non è ricca a sua volta - o più ricca - il suo interesse non è perché il ragazzo è divertente o bello o interessante, ma perché ha tanti soldi. E anche le famglie affettuose finiscono per fare questo discorso, per amore. Credo che Logan non avesse ancora ricevuto questo discorso da Sarah e Robert, non era ancora mai uscito con qualcuno prima che morissero… ma anche loro avrebbero trovato il modo se avessero visto Logan cadere preda di qualche arrivista. Posso solo immaginare come l’abbiano affrontato Jonas e Margo » ringhiò a bassa voce, protettivo.
   « Con una damiglia come quella… » Ma lasciò la frase in sospeso e rifletté; era una rivelazione particolarmente importante per una persona che, per così tanto tempo, era stata convinta che la risposta a tutto fosse ritrovare la sua “famiglia”. E tutto il casino che ho fatto per ritrovare i miei fratelli, liquidando il suo passato perché lui aveva tutto… perché pensavo che lui avesse tutto… Forse è peggio avere una famiglia come quella che ha avuto Logan che non averla… « E sai, dopo che gli hanno sparato » riprese, pensierosa, « nessuno di loro è andato a trovarlo. E solo Bennett ha telefonato ».
   Tony annuì. « Già, e tutto ciò ha solo peggiorato le cose. Mettilo sulla sedia, si convince ancora di più di non valere niente; quando finalmente sta vivendo la sua vita, si sta costruendo una strada lontano dalla famiglia che lo trascina in basso, viene a mancargli improvvisamente il terreno sotto ai piedi - letteralmente ».
   Se solo sapessi, pensò Max. Certo è riuscito a rialzarsi e a tornare alla sua vita - alle sue vite, si corresse, ma il trattamento dello zio ancora influenza il suo mondo. « Con tutto quello che ha passato, è un miracolo che ne sia uscito così » disse alzando lo sguardo sull’agente speciale.
   Tony si rilassò, accorgendosi di essere riuscito a farsi capire, anche se non perfettamente come avrebbe voluto. Mentre rimanevano lì ad aspettare che Logan e osservavano i membri della squadra concludere la loro discussione, Tony fece un respiro profondo per prendere la parola quando Max rimase in silenzio e suggerì « Beh, con tutto quello che ha passato… probabilmente gli serve una spintarella, ogni tanto ». Esitò e si corresse « No, facciamo un bel calcio e varie spintarelle prima e dopo ». Si voltò infine verso i profondi occhi castani e disse « Qualsiasi dubbio tu senta da parte tua, qualsiasi incertezza o distanza… è il bagaglio del suo passato che parla, Max. Non tu; non quello che prova nel suo cuore. Non lasciarglielo fare ». Osservò gli occhi di lei incontrare i suoi con sicurezza; Max aveva capito cosa intendeva, e Tony aggiunse « Non lasciarlo andare ».
   Max osservò gli occhi verdi così simili a quelli di Logan e fece spallucce. « Credi che Logan abbia scelta? »
   Tony le diede il sorriso di chi la sa lunga. « Ha già scelto molto prima che io arrivassi - l’hai dimenticato? Ho visto la sua faccia quando sei arrivata il primo giorno inaspettatamente ». Max non parlò, ma i suoi occhi gli chiesero di dirlo, di confermare ad alta voce ciò che lei aveva pensato. « Ho visto Logan quando credeva di essere innamorato, Max, e l’ho visto infatuato. Ma fino a questa settimana, non l’avevo mai visto veramente, totalmente innamorato. Non ne ero sicuro, prima ». Il romanticismo della frase, l’affetto che Tony aveva per suo cugino lo fecero sorridere e rassicurarla « Ti ha vista lì, e lo sguardo che ti ha rivolto… »
   « Sembrava in trappola - come se sperasse che tu arrivassi e ripartissi senza che ci incontrassimo » lo sfidò Max alzando gli occhi al cielo.
   « Lo so » rispose lui con gli occhi che brillavano. « E non è una reazione che gli vedi spesso, vero? » Gli occhi di lei confermavano, ma non aveva capito ancora. « Era a disagio con me lì, aveva paura che io mi facessi scappare qualcosa, che ti dicessi cosa provava; qualcosa che, secondo lui, avrebbe imbarazzato tutti ». Scosse la testa. « Come un ragazzino timido delle medie. Ma poi, mentre preparava la cena con te che lo aiutavi… » Fece spalluccce. « Devo continuamente ricordarvi cosa faccio per lavoro: sono bravo a leggere le persone, Max - specialmente quando le conosco da tanto tempo, come conosco Logan ». Bling e suo cugino si stavano avvicinando, stavolta da soli, e il suo tempo con Max si avviava alla fine. Mormorò « Max, ti ama una delle migliori persone che io abbia mai conosciuto. Forse dovrai aiutarlo con quella spintarella… ma, se riesci a farti sentire dalla sua testa dura… » Non completò la frase, ma sorrise ai due che si avvicinavano.
   « Scusate se ci siamo fatti aspettare » disse Logan guardando i due. Esitò per un momento, gli occhi che si riducevano a fessure quando notò gli sguardi decisamente troppo allegri e innocenti dei due. Stavano parlando di qualcosa, ne era certo, ma non era certo di volerli vedere alleati. Sbuffò tra sé, si rilassò e alzò lo sguardo su Bling e poi sugli altri. « Beh, ho un pentolone di chili e altra roba a casa per la cena, ma abbiamo un paziente qui che sarebbe dovuto tornare a casa un’ora fa - che non sarebbe dovuto venire affatto » si corresse dando un’occhiataccia affettuosa al suo allenatore. « Ma ho un grosso debito da ripagare… » Guardò Max e Tony. « Per cui propongo di portare tutto da Bling, così lui può rilassarsi e magari persino evitare che Sandra scopra che sia stato via così a lungo e lo prenda a calci ».
    Ma a Max era venuto un dubbio e i suoi occhi castani divennero più scuri pensando che la sua domanda avrebbe portato via il buonumore. « Tony… » Odiava doverlo chiedere, ma, se era la sua ultima sera in città, era giusto che i due cugini la spendessero insieme, da soli. « Quanto ancora potrai restare? »
   Con sua somma sorpresa, sorrisero entrambi, avendo già discusso la cosa in precedenza; Tony la rassicurò « Gli interrogatori a Parks e sua madre andranno avanti fino a mercoledì mattina. C’è un volo notturno per il District mercoledì notte, per cui resterò fino ad allora ».
   Max annuì, ed era chiaro il suo sollievo per Logan; sapeva quanto la presenza di Tony aveva significato per lui - e di fronte al suo sguardo Tony sorrise contento per entrambi. Era solo questione di tempo. « Allora sono dei vostri » disse Max con un ampio sorriso, « a meno che tu non te la senta, Bling ».
   « Logan in realtà ha pensato di chiedermelo prima di fare la proposta » rispose Bling con un sorriso ironico per rassicurarla. « Sarà bello avervi tutti ».
   « Solo per la cena » avvertì Logan.
   « Non vi sopporterei più a lungo » disse Bling, e la sua voce solenne fu tradita dall’enorme sorriso che aveva. Con l’impegno di non fare tarda notte, i quattro si avviarono verso le loro auto. Uscendo dall’edificio ed entrando nel parcheggio, Logan vide Corey caricare la borsa di accessori sul sedile del passeggero e si fermò, scusandosi con gli altri tre « Mi dispiace, ma… mi dareste un altro minuto? L’avevo quasi dimenticato… » Gli altri annuirono e lui attraversò il parcheggio diretto verso il capitano; lo chiamò e lui si voltò. Logan gli si avvicinò e scavò nello zaino. « Ho una cosa per te… »
   Gli occhi di Corey mostravano che aveva capito, ma era incerto. Quando Logan tirò fuori una banconota da dieci dal portafoglio, Corey alzò la mano e rise mestamente scuotendo la testa. « Oh, no, amico; è stato un pareggio. Nessuno dei due ha vinto ».
   « La scommessa era di batterti - e non l’ho fatto. C’ero quasi, però ». Il sorriso di Logan era abbagliante, come se avesse davvero vinto; diede la banconota al suo capitano. « La prossima volta me la ripdenderò ».
   L’uomo esitò solo un momento, poi sorrise a sua volta e prese i soldi. « Allora la porterò con me, la prossima settimana » disse agitandola prima di mettersela in tasca. « Ci vediamo la prossima volta ».
   Logan si voltò e tornò dai tre che lo aspettavano, riflettendo ancora una volta sul fatto che, nonostante gli aventi che avevano portato Tony a Seattle, l’incontro aveva significato molto più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
   E ora tutti e tre avevano un’espressione che lo fece fermare, imbarazzato: Max sorrideva gentile, lo sguardo d’affetto era di nuovo lì come era stato quella mattina nella palestra di casa sua; Tony aveva un sorrisetto, ancora contento per la partita e il piacere semplice - e complesso - di aver di nuovo condiviso un pomeriggio di basket con suo cugino; e Bling? Bling sorrideva apertamente, come se fosse stato lui a fare il canestro della vittoria - e Logan comprese improvvisamente che era così, e che ciò che lo stava facendo sorridere era stata una vittoria anche per Bling. Arrossendo, incapace di pensare a qualcosa di intelligente trovandosi di fronte a quegli sguardi, disse « Che c’è? »
   Ovviamente fu Tony a rispondere. « Ci stavamo godendo la tua bravura nel basket, cugino ». Sorrise ampiamente, quel sorriso che era tipico di DiNozzo, pieno di fascino e gioia. « Ma ora sono pronto a riempirmi di chili… quindi riportiamo a casa il ferito e mangiamo alla sua tavola ».
   Si avviò verso l’auto di Logan e gli altri lo seguirono; Logan li osservò ancora stupido per le meraviglie che suo cugino era riuscito a portare. Aveva sempre saputo che Tony poteva fare tutto; ogni bambino con un eroe lo pensa. Ma quanti sono così fortunati da scoprire che, anche tre decenni dopo, l’invincibilità di quell’eroe era vera?
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Sono in ritardo mostruoso, ma sono stata impegnatissima… e in più questo capitolo era molto più lungo dei precedenti e più difficile. Prometto che era l’ultimo capitolo sportivo, però. E la prossima volta che deciderò di tradurre una storia, avrò premura di sceglierne una senza sport XD Chiedo nuovamente perdono agli appassionati e agli esperti per le cazzate che ho sicuramente scritto. Sono pronta a correggere, se mi direte come fare ^^’
   Buckeye è il nomignolo dei residenti dell’Ohio e, per estensione, di chi ha frequentato l’università lì, come Tony. Credo che nella versione italiana del tf non sia mai stato detto, ma in quella originale sì. Anzi, sono abbastanza sicura che in italiano sia stata detta qualche cazzata sul fatto che Tony frequentasse quella del Michigan col dottor Pitt (la puntata della peste, prima del finale della seconda serie). Eeeeh, sì. A volte la traduzione italiana fa cagare -.-
   La Big Ten Conference è un’associazione sportiva che comprende tutte le maggiori squadre universitarie d’America. Info prese da wiki.
   Cercherò di non far passare di nuovo così tanto tempo tra un capitolo e l’altro, ma non vi assicuro niente :(
   Vi ringrazio comunque di essere ancora qui. Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 20
*** Mangiare, parlare ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Prego guardare I capitoli precedenti. Tutti.
   
   

Mangiare, parlare


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 8:45 pm.
   Settore Nove. Appartamento di Bling.

   
   Max seguì Bling al suo appartamento, guardandosi intorno interessata. Non lo aveva ancora visto da quando Bling ci si era trasferito qualche settimana prima. « Carino » decise. « Deve essere meglio del tuo vecchio appartamento vicino all’ospedale ».
   Nonostante le proteste di tutti, Bling aveva assicurato che il breve tragitto fino al suo appartamento sarebbe stato tanto sicuro sulla moto con Max quanto in macchina con Logan; per evitare di fare troppo tardi e finire per cenare a notte fonda, alla fine i tre si arresero, e Max diede a Bling un viaggio in moto tranquillo e quasi del tutto privo di sobbalzi fino all’appartamento, mentre Logan e Tony passavano per casa Cale a prendere la cena.
   « Prima di avere la macchina era comodo » rifletté lui. « Lavorare per Logan ha decisamente i suoi vantaggi - e lui ha un sacco di contatti. Una macchina funzionante e un meccanico… » ridacchiò. « Così posso stare lontano dalla parte caotica della città ».
   Bling indicò a Max la strada per il salotto, e la ragazza fece qualche passo incerto per sbirciare in cucina e nel corridoio che si stendeva nell’altra direzione. Dopo un momento, però, tornò da lui. « Mostrami dov’è il caffè, così posso prepararlo. Tu… » indicò il salotto e ordinò « prenditela comoda. Dopotutto non possiamo essere tutti transgenici ». Bling era chiaramente a disagio a essere quello di cui prendersi cura, e lei la buttò sullo scherzo per metterlo a suo agio.
   « Non c’è bisogno, sai… Sto bene » insistette Bling fuori dalla cucina mentre osservava Max portare la caffettiera al lavello, ma si irrigidì un poco quando dovette muovere il braccio per togliersi la giacca. Max se ne accorse e gli si avvicinò per aiutarlo.
   « Lo so, è ovvio che stai bene. Perché sei testardo quanto Logan. Mi chiedo chi dei due abbia insegnato all’altro ». Gli sfilò gentilmente la manica liberando il braccio buono e la spalla ferita e posò la giacca su una sedia della cucina. « E poi… voglio aiutare, se posso ». La sua voce si fece più bassa e la ragazza alzò lo sguardo grata. « Ti sei preso cura sia di Logan che di me nell’ultimo anno… e voglio ricambiare il favore. E ora come ora sarebbe ancora più facile per me prenderti a calci, quindi ti suggerisco di metterti comodo ».
   Bling vide il sorriso sul viso di lei e scosse la testa, consapevole che non c’era altro che poteva dire. Non lo avrebbe mai ammesso né mostrato, ma sentiva la stanchezza e il fastidio che sapeva essere normali dati la ferita, l’essere stato operato di recente e la guarigione in corso. Si avvicinò alla dispensa e ne tirò fuori un piccolo barattolo. « Qui c’è la roba buona. È una festa, dopotutto ».
   Max alzò lo sguardo interrogativa, aprì il barattolo e annusò l’aroma ricco del caffè, accigliandosi. « Oh, Bling… sei sicuro di volere usare questo? Conservalo per te e Sandra… »
   « No, Max, va bene. Uno dei miei pazienti riesce a procurarselo facilmente, ultimamente riesco persino a procurarlo io per Logan ». Sorrise improvvisamente, divertito. « È bello potere essere io la fonte, per una volta ».
   « So cosa intendi » rise lei. « Non è un tipo facile da superare. Ma ora che mi hai mostrato dov’è il caffè… » Sollevò le sopracciglia indicandogli di nuovo di rilassarsi. Stavolta Bling non obiettò e andò in salotto, accendendo un paio di lampade lungo il tragitto; la stanza si riempì di luce delicata. I muscoli della spalla e della schiena si erano intorpiditi, probabilmente nello sforzo inconsapevole di tenerli più protetti, e si sedette piano e con cautela sulla poltrona reclinabile. Aveva davvero esagerato, Max aveva ragione: si era comportato in modo testardo proprio come il suo difficile cliente e paziente, quello che proprio in quel momento stava andando a casa a prendere la cena per portarla da lui.
   Erano passati solo un paio di minuti quando Max comparve nel soggiorno dov’era steso Bling. Gli si avvicinò e lo osservò. « Posso portarti qualcosa? Vuoi altro oltre al caffè, mentre aspettiamo? »
   « No, Max, grazie… ma se tu vuoi qualcosa dai pure un’occhiata al frigo. Non sono un bravo padrone di casa » si scusò.
   Max scosse la testa. « Sono a posto. Hai sentito Logan: non sei un padrone di casa, sei un paziente. E pare che finalmente tu lo stia capendo ». Si diresse al divano di fronte alla poltrona e si sedette.
   « Sai come sta andando con Parks, Max? »
   La voce di Bling si era fatta più bassa; l’uomo sentiva ancora il senso di colpa per non aver trovato un modo migliore per salvare il figlio del suo compagno di squadra. « No, non ho saputo pi nulla dopo che Tony andato alla stazione di polizia, oggi; che io sappia doveva incontrarli entrambi, Gayle nel pomeriggio. Spero ci aggiornerà a cena ». Come amica, Max osservò Bling preoccupata: capì che l’uomo doveva sentirsi riguardo ai suoi compagni di squadra come lei riguardo alla sua famiglia; il legame forgiato in addestramento e in battaglia è un legame speciale, come la famiglia e i legami di sangue. Ma da soldato a soldato, a Max non venne proprio in mente di addolcire la pillola: i fatti erano i fatti, e in questo Zack aveva ragione a disprezzare i sentimentalismi. La conoscenza era sempre meglio delle pacche sulle spalle.
   Bling annuì, silenzioso. Non distolse lo sguardo, ma disse « Max, grazie per il tuo aiuto, sulla Quay. Se avessi cercato di andare da solo non so come sarebbe andata a finire ».
   « In realtà ha fatto quasi tutto Tony, quando è arrivato » minimizzò la ragazza.
   « Lo so. Ma tu non potevi sapere che sarebbe venuto. E se non ci fosse stato… con te avrei avuto più possibilità di salvare il ragazzo senza che nessuno si facesse male che se fossi andato da solo. Non volevo che nessuno venisse con me… ma sapevo che avrei avuto più possibilità con te ». Fece una pausa e sorrise lievemente. « E sapevo che mi avresti trovato tu, prima che lasciassi la città ». Lei fece spallucce e lui proseguì « Sapevo di non avere molto tempo prima che tu capissi che avrei fatto affidamento al mio addestramento - proprio come avresti fatto tu ».
   « Ho tirato a indovinare sul chi avresti chiamato » ammise lei. « Sapevo che Tony avrebbe ragionato da poliziotto e Logan da… beh, da Logan » ridacchiò. « Qualcuno doveva pensare alla strategia militare ».
   « Lo terrò a mente per la prossima volta ». Il sorriso di Bling ora era più rilassato, mentre si lasciava alle spalle la “missione”, un pezzo alla volta.
   Notandolo, Max gli offrì un altro pezzo del puzzle. « Sai che è stata Gayle - la madre - a spararti dalla platea? »
   Bling annuì. « Logan lo ha accennato. E credo di averlo sentito, alla Quay ».
   « Tony sperava di parlare con entrambi prima che mettessero di mezzo un avvocato. E ci sono sia l’FBI sia l’NCIS a lavorare dalla Florida e dal Maryland e a Houston e Indianapolis per mettere insieme più prove possibili e connettere i tre incidenti ».
   Bling sospirò e aggrottò la fronte. « Parka era chiaramente psicotico, quando lo abbiamo trovato… ma qual era il ruolo della madre? Era lì per aiutarlo a scappare? »
   « Aveva un’arma anche lei - era il rinforzo, a quanto pare ».
   « Un guardiamarina che usa mammina come rinforzo? » Bling scosse la testa sconcertato. « E una persona che cerca una vendetta personale non si porta i rinforzi, no? È per questo che si chiama vendetta “personale” ».
   Max ridacchiò di fronte alla gentile ironia di Bling. « Beh, magari Tony è arrivato a qualcosa. Ho la sensazione che sarebbe capace anche di far splendere il sole a comando ».
   Bling si fece più serio. « Devi stare più attenta intorno a lui, Max. So che è il cugino di Logan e onestamente un brav’uomo. Ma è anche un agente federale ed è brillante. Se avesse qualche ragione di sospettare che sei sulla lista nera delle operazioni segrete del governo, potrebbe mettere prima i doveri verso il paese che quelli verso la famiglia… »
   « Non voglio che debba scegliere. Non voglio sapere cosa ne sarebbe di Logan » ammise la ragazza a bassa voce. « Me ne ricorderò. È difficile, però, con Tony; è così… » esitò; non sapeva quale fosse la parola giusta.
   « Affascinante? Sì, lo è. E credo lo faccia senza malizia, con noi, almeno. Ma credo che abbia imparato da un bel po’ che funziona non solo con le donne e la famiglia, ma anche come strumento per un interrogatorio - e lo abbia usato di conseguenza ».
   « Tipo “acchiappi più mosche col miele”? » suggerì Max.
   « Qualcosa del genere » sorrise Bling lasciando chiudere gli occhi, cogliendo il momento per concentrare il respiro sul dolore come insegnavano le antiche tecniche che ormai erano come una seconda natura per lui. Rilassarsi aiutava, ma portava la sua attenzione sulle ferite e sull’incapacità di tenere a bada il dolore.
   Max notò la sottile ruga lungo la fronte e comprese. Si alzò e disse « Almeno stasera sono preparata: maglia a collo alto » rise indicandosi l’aderente maglioncino rosso fuoco. « Credo che il caffè sia pronto. Lo vado a prendere ». Andò a passo sicuro in cucina, muovendosi lentamente per dargli tempo di riprendersi. Bling magari si sarebbe assopito, e Max non voleva tenerlo sveglio per forza. Tony e Logan avrebbero fatto la doccia dopo la partita, quindi pur essendo abbastanza vicini da non dover attraversare checkpoint non sarebbero arrivati prima delle nove e mezzo. Un sonnellino avrebbe fatto bene a Bling…
   L’uomo aveva ragione, ovviamente, su Tony, rifletté Max prendendo due tazze per il caffè. E sapeva di non potersi fidare di niente - e nessuno - al primo impatto. Ma aveva l’impressione che Tony avesse più rispetto per le persone e per ciò che era giusto che per la burocrazia o il governo. Forse era per i geni che condivideva con Logan, insieme agli occhi verdi e al sorriso abbagliante- Max doveva sempre rammentare a se stessa con chi si trovava - ma la ragazza non riusciva a convincersi che fosse una minaccia. Le conseguenze su Logan, se si fosse rivelato tale, sarebbero state troppo dolorose per pensarci.
   Trafficò inutilmente per qualche minuto ed entrò finalmente in salotto a passo leggero in caso Bling si fosse addormentato. Ma quando entrò lui si sollevò aprendo gli occhi. « Grazie » rispose quando lei gli porse una tazza. La guardò tornare al suo angolo del divano e disse « Logan mi ha raccontato che il vostro weekend al capanno è andato bene ».
   « Sì… hai parlato con lui dopo che siamo tornati? » Max sentì la curiosità salire. Era accaduto prima o dopo che era passata da lui?
   
Bling annuì. « È passato in ospedale stamattina, e quando ha scoperto che me n’ero andato è venuto qua a casa, a quanto pare a sgridarmi per essermi fatto dimettere così presto ». Il sorriso di Bling era divertito all’idea di quello scambio di ruoli. « Ha detto che avete passato un bel fine-settimana ».
   « È così » confermò Max lasciando cadere il discorso. Poi, come per fare conversazione, chiese fingendo nonchalance « Ha detto qualcosa di… specifico? »
   L’espressione di Bling non cambiò, ma i suoi occhi brillarono dello sguardo di chi la sa lunga. Curioso di vedere come si sarebbe evoluta la cosa, Bling decide di scegliere il percorso più sicuro « Non ce n’era bisogno. So già che si sta godendo un mondo il fatto di avere Tony qui, ma non era quello il punto. E so che non parlava di Bennett. Il grande Solo Occhi non ha la faccia da poker quando si parla di alcune cose della sua vita, Max, e ormai lo avrai notato: sei una di queste cose. È successo qualcosa tra voi due, durante il week-end, vero? »
   La bella di Manticore arrossì, apparentemente incapace di nascondere emozioni che i suoi creatori non avevano programmato di farle mai provare. « Come? Con altre tre persone lì… » prese tempo.
   « Uh-uh ». Bling aveva avuto la sua risposta, almeno in parte - la parte importante. « Senti, non sono proprio affari miei - almeno non del tutto » scherzò, « ma come spettatore del corteggiamento più lento del mondo sono… interessato, capisci? »
   « Lo vedo » rispose lei alzando gli occhi al cielo.
   « Senti, Max… sai cosa penso di voi due - o almeno dovresti, a questo punto. Sono contento di sapere che siete entrambi ancora interessati, che uno di voi non sta fantasticando su cose che l’altro non avrebbe mai preso in considerazione ».
   La ragazza rimase in silenzio per un momento, fissando il pavimento, il labbro inferiore spinto in fuori mentre pensava. « Quando avete parlato? »
   « Dopo pranzo, forse verso la mezza… perché? »
   Dopo che lei aveva interrotto la fisioterapia, quindi. Impaziente di scoprire se Logan avesse detto qualcosa e troppo presa dagli ovvi vantaggi dell’avere di fronte a lei l’uomo che lo conosceva meglio di tutti, disse diretta « Beh, non so le sue fantasie… ma l’ultima volta che l’ho visto prima della partita l’ho baciato. Sta a lui, ora ».
   Non aveva mai visto Bling preso così di sorpresa. « Max! » sorrise deliziato.
   « Forse sua permalosità non era così emozionato se non ha nemmeno accennato… »
   « Max » la rassicurò Bling ancora ridendo, « credi davvero che Logan Cale ammetterebbe quello che è successo senza prima aver avuto la possibilità di analizzarlo in sei modi diversi, fare ricerche e ripetere la stessa cosa altre tre volte per essere certo che il tuo interesse sia continuo e nel frattempo convincersi che non sia ami accaduto? » La vide sorridere riluttante e fu contento. « Una volta che avrà attraversato tutta la trafila, però… capirà che eri seria. Sarebbe importante per chiunque, Max, ma per Logan… » Bling scosse la testa, « è il filtro d’amore più potente che potessi dargli ».
   Lei arrossì di nuovo: per quanto la riguardava, la visione di Bling era vangelo. « Non l’avevo pianificato; è solo… successo » ammise.
   « Va bene così. E forse, per te, è un modo per scoprire che effetto ti fa lui ».
   Max alzò lo sguardo su quegli occhi saggi e si scoprì a sorridere. « Lo sapevo già… » disse a bassa voce.
   « Sì, ma… ricordarlo fa bene » insistette Bling. « Max… tu non hai nessun dubbio che lui tenga a te allo stesso modo, vero? »
   La domanda - no, la risposta - era spinosa. Max aggrottò la fronte, riflettendo. « Credo… che se non ci fosse mai stata l’Onda… se lui non dovesse salvare l’universo… se non fosse rimasto ferito e se avessimo la stessa età, sì, avremmo una possibilità ». Scosse la testa. « Non so come lottare contro queste cose, Bling ».
   « Sì, invece: lo stai facendo. Pensa ai problemi come strati di kevlar, Max. Lui ha steso tutti questi motivi, uno per volta, per giustificare perché le cose non funzioneranno tra voi e ci si è avvolto stretto e sicuro. Così, se qualcosa non va, può dare la colpa a una di quelle ragione, non a te… o a se stesso ». Bling vide gli occhi castani luccicare di lacrime e si affrettò ad aggiungere « Restagli vicino… dagli una spintarella… dagli quel bacio… » sorrise ironico, « e uno a uno questi strati si dissolveranno. Ha costruito queste barriere nel corso di tanti anni e con grande fatica. Ci potrà volere un po’ a superarle, ma ci stai arrivando ».
   Max sentì gli occhi annebbiarsi e deglutì; aprì la bocca per parlare, ma prima di poterlo fare sentirono un rumore dall’ingresso. Sbattendo le palpebre per eliminare le lacrime saltò in piedi. « A quanto pare la cena è arrivata ». Andò verso la porta e ordinò « Tu resta lì - ci pensiamo noi » ma si fermò per poggiargli una mano sulla spalla guardandolo negli occhi. « Grazie, Bling » sussurrò baciandogli la testa pelata. « Ne meritavi uno anche tu » disse arrossendo cercando di giustificare la propria reazione emotiva.
   Mentre saltellava via, Bling sorrise allegro tra sé. Aggiustò la propria posizione per alzarsi e, nonostante gli ordini di Max, raggiungere gli altri in cucina. Forse ci sarebbe stato un lieto fine per quei due, pensò. Se solo fosse riuscito a farveli arrivare prima che invecchiassero tanto da non sapere più cosa farsene…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 9:25 pm.
   Settore Nove. Appartamento di Bling.

   
   « Bling, che ci fai in piedi? Vai a stenderti o qualcosa del genere ». Tony aveva alzato lo sguardo dalla scatola che portava, piena della roba di Logan, e sorrise apertamente nonostante le parole.
   « Ci avete messo un bel po’ » disse Bling ignorandolo, ma gli restituì il sorriso. « Il caffè è pronto ». Guardò Logan, nelle retrovie con uno scatolo più piccolo in grembo. « Che ti serve, Logan, scodelle, piatti o cosa? »
   « Uhm… probabilmente solo le posate; possiamo usare le vaschette in cui la roba è già. Una scodella per il chili e per l’insalata e piatti per pane e formaggio? »
   Bling si mosse verso la credenza, ma riuscì appena ad aprirne lo sportello prima che una minuta figura femminile si frappose tra lui e il bancone. « No. Credevo di averti detto di rilassarti. Mettiti comodo, ci occupiamo noi delle cose qui ».
   « Per fortuna non mi faccio i problemi di Logan riguardo agli estranei in cucina » mormorò Blong malizioso. Guardò il suo paziente, il quale commentò solo con un sorrisetto. « L’argenteria è qui, la roba per servire qui… scodelle e piatti con Max, lì, birre e altre bevande fredde in frigo » illustrò agli altri. Aprendo un altro cassetto, il fisioterapista ne prese il contenuto e lo sollevò per mostrarlo. « Io mi occupo di tovaglia e tovaglioli ». Andò in sala da pranzo lasciando la cucina agli invasori.
   « Che mi dici di Sandra, Bling? Tornerà in tempo per la cena? » gli chiese Logan da una stanza all’altra.
   « Non lo so. Ha chiamato, dice che è stata trattenuta per dei problemi sui fondi ». Tornò all’arco della porta della cucina e vi si appoggiò. « I rappresentanti degli investitori sono a scuola stasera, e stanno quasi venendo alle mani ». Logan ridacchiò e Bling fu colpito dal cambiamento fisico che gli ultimi giorni avevano provocato in Cale: le sue guance erano più rosee, i cerchi scuri intorno agli occhi erano quasi spariti… la sua fronte era quasi distesa. Bling non aveva mai conosciuto Logan prima di Solo Occhi e lo aveva a stento incontrato prima della sparatoria, ma si chiese se non fosse una parte di ciò che avrebbe potuto essere Logan senza tutto il dolore e le responsabilità… o forse stava solo vedendo un uomo tormentato che iniziava finalmente a credere di poter raggiungere un sogno. « Ok. Abbiamo il chili, l’insalata, la focaccia di mais… » stava annunciando Logan.
   « Focaccia di mais? » canticchiò Max. « È una cosa nuova? »
   Bling ridacchiò. « In realtà è una cosa molto vecchia… le culture antiche avevano un pane simile. E sta benissimo col chili ».
   « Già, il Famoso Antico Chili Inca di Logan, immagino » disse Tony togliendo la pesante pentola dalla scatola e mettendola sul fornello, poi si voltò verso il cugino. « Maestro (*), devo metterla a scaldare? »
   Logan alzò gli occhi al cielo ma rispose deciso « Solo un po’, se pensi che sia il caso ». Osservò Tony prendere un lungo cucchiaio di legno e uno da tavola dai cassetti. Logan sorrise soddisfatto. « Ah, sei ben addomesticato » disse con l’aria di chi la sa lunga.
   Gli occhi di Tony scintillarono. « Ho imparato a mie spese ». Curiosi, Max e Bling osservarono Tony mescolare il contenuto della pentola col cucchiaio di legno, metterlo da parte e assaggiare con l’altro. « Va bene, per ora » annunciò, « ma magari è meglio scaldarla un po’ ».
   Bling si allontanò dalla porta per avvicinarsi e accendere il fornello, divertito. « Quindi è vero che la capacità di cucinare è una cosa di famiglia ».
   « Ne subito. Tutto quello che so è quello che mi è stato marchiato a fuoco - letteralmente - durante qualche appuntamento » rispose Tony mettendo il cucchiaio nel lavello e tornando a rivolgersi al cugino. « L’insalata? »
   « Oh. A tavola, Bling? » suggerì Logan.
   « D’accordo ». Tony prese l’insalatiera e la portò nell’altra stanza; Bling fissò Logan.
   « Che c’è? » disse di nuovo quest’ultimo, come durante la partita.
   Bling si strinse nelle spalle - nella spalla - e scosse la testa. « Niente. Stavo riflettendo su come tutto questo potrebbe essere inserito in un programma di terapia ». Le guance di Logan si colorarono, ancora di più quanto vide gli occhi di Max passare da Bling a lui per valutarne la reazione. Quando la ragazza distolse lo sguardo, sorridendo, Logan si chiese se la propria faccia non fosse ormai rossa come il maglione di lei.
   Sapeva di essere stato smascherato, sapeva che Bling sapeva leggere la sua mente - e a quanto pareva essere stato ferito e operato non impediva allo swami (**) di vedergli attraverso. Ma anche se il solito Logan imbronciato che era in lui voleva lamentarsi con loro, era semplicemente troppo contento per il week-end - per tutti loro - per sapere da dove iniziare. Si arrese e sorrise, senza smettere di guardare Bling negli occhi. « È tutto pronto, manca solo il chili nelle scodelle. Max, tu e Tony volete iniziare? » I due si misero a distribuire il cibo nei piatti, mentre Logan non si mosse, gli occhi ancora in quelli di Bling; nessuno dei due distolse lo sguardo. Dopo lunghi momenti, Logan ridacchiò arrendendosi. « Uno di questo giorni ti dovrai sbagliare su qualcosa » disse a voce bassa. Bling comprese a cosa si riferisse e fu toccato per ciò che significava per Logan. « Quando quel giorno arriverà… non te lo farò mai dimenticare ».
   « Credi che arriverà? » lo sfidò Bling.
   Logan rise; la sua risata era finalmente genuina, felice, tranquilla, mancava da tanto tempo. « Non ci scommetterei dei soldi… »
   
    … continua…
   
   Nota della traduttrice: Oh, God. Sono in ritardo, eh? *ride imbarazzata*
   Devo smettere di fare promesse, non posso mantenerle. Se siete ancora lì vi ringrazio a nome mio e dell’autrice.
   Due note:
   (*) in originale questa parola è in italiano. Nella traduzione ovviamente si perde, perciò l’ho messa in corsivo. In NCIS è capitato spesso che Tony abbia detto qualcosa in italiano (e credetemi, Michael ha un accento profondamente americano… ma noi gli perdoniamo tutto, vero?) ma purtroppo questo si è perso nell’adattamento. Vale la pena di cercarlo su internet, però, fidatevi ;)
   (**) insegnante indù.
    Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 21
*** Tutto è relativo ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: guardate i capitoli precedenti.
   
   

Tutto è relativo


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 9:53 pm.
   
   Settore Nove. Appartamento di Bling.

   
   Il chili piccante e ricco di Logan era finito, Max aveva scoperto le delizie della focaccia di mais, e la conversazione si spostò sulla giornata di Tony con Parks e la madre.
   « A quanto pare, mammina aveva programmato tutto » spiegò Tony. « Mi ha detto che la Marina “ha ucciso Denny”. E aveva una percezione dei fatti interessante: ci ha tenuto a dire che era rimasta sola con un bambino, e dopo ha detto “la Marina ha ucciso Denny”, in quest’ordine. Il meglio a cui riesco a pensare è che Gregory mostrasse segni d’instabilità mentale fin da piccolo e non abbia accettato facilmente la morte del padre. Quasi subito dopo la morte di Parks - sei, otto mesi, forse - mammina ha iniziato ad addestrare il figlioletto a vendicare la morte del padre. In più, nella sua mente, la Marina non aveva fatto abbastanza per aiutarla, lei vedova del servizio con un bambino piccolo, e aiutare il figlio. Chiaramente dopo l’Onda c’erano stati all’assistenza e credo che lei abbia scelto di prendersela con la Marina più che con l’economia ». Tony fece una pausa per mangiare un altro boccone di chili e proseguì. « Negli anni, mammina ha convinto il figlio che la squadra aveva voluto zittire il padre - anche se il perché non sono riuscito a ottenerlo da nessuno dei due. Fin dall’inizio mammina ha insistito perché si arruolasse ad Annapolis. Gregory mi ha detto che secondo la madre era “giusto” che la Marina pagasse per i suoi errori dandogli l’addestramento necessario a dare la caccia ai membri della squadra del padre ».
   « Quindi era lei il vero killer, e il figlio soltanto l’arma? Che cosa folle » sbuffò Max disgustata. « Che razza di “mamma” incastra il figlio così, gli fa fare l’assassino e prendersi la colpa al posto suo? » Sembrava troppo la versione casalinga di Manticore per i suoi gusti.
   « Beh, mammina guardava troppa tv ». Tony prese un altro pezzo di focaccia e masticò con un messo sorriso, dando voce alla teoria che gli veniva sempre in mente in situazioni simili. « A quanto pare, mammina credeva che, visti i problemi mentali del figlio e la documentata difficoltà di continuare a prendere i farmaci, Gregory potesse uscirne praticamente senza essere toccato. Incapace di intendere e di volere, no? » Il sorriso ironico era ancora lì. « È vero che qualcuno davvero incapace di intendere e di volere - o che per lo meno lo sia al momento del crimine - potrebbe non essere perseguibile. Ma il problema è che in tv non ti dicono mai quanto fuori di testa devi essere veramente. E non sarò un avvocato o un medico, ma non lo è nemmeno Gayle, e ci scommetto l’attico di Logan che Gregory non è abbastanza pazzo da restare in libertà. Assolutamente no ».
   Logan, tutt’altro che sorpreso dalle sue parole, era più concentrato sull’offerta del cugino di dare la sua casa. « Grazie, cugino » mormorò con un sorriso ironico. Tony gli fece un ampio sorriso divertito prima che Bling parlasse.
   « Nessuna attenuante? » Era altrettanto pronto ad accettare le parole di Tony, ma chiaramente si era aspettato che il figlio del suo compagno di squadra evitasse la pena a causa dell’instabilità mentale. I suoi occhi erano bui, diviso tra due alleanze: erano i suoi compagni di squadra che erano morti, ma era stato per mano del figlio di uno di loro che cercava di vendicare il padre. In qualche modo, per Gregory erano stati omicidi onorevoli… e ora sembra che, qualunque fosse la sua realtà, non lo avrebbe protetto dal peggio che il sistema di giustizia aveva da offrire.
   Tony fece una pausa, riflettendo che era il terzo bersaglio del killer a porgli la domanda. « Sicuramente la useranno per la sentenza; forse anche durante il processo… » Tony fece spallucce. « Per Gregory potrebbe essere un attenuante, considerando l’età che aveva quando è morto il padre e il fatto che Gayle ha iniziato a lavorare su di lui fin da allora ». Un’attenuante per evitare la pena di morte; non c’era bisogno di aggiungerlo. « Gayle non avrà quest’opzione, però… »
   « Quindi Gregory non ne uscirà » chiese Max, « ma nemmeno mammina? »
   « Non dovrebbe. Se non altro, ha sparato a Bling - come minimo è violenza aggravata. Date le informazioni che possiamo fornire come testimoni oculari, direi più che altro tentato omicidio ». Tony si concesse una risata senza allegria. « Ovviamente, come Max ha già detto, è una cosa folle - e sospetto che mammina sia un po’ fuori di testa a sua volta ». Scosse la testa, mangiando un’altra cucchiaiata di chili. « Sarebbe ironico, no, se mammina trovasse un avvocato capace di convincere il giudice di essere lei quella incapace di intendere e di volere per non essere processata? »
   « Quanto è possibile? »
   « Beh, dato che potrebbe trovarsi accuse federali oltre che quelle di stato in tre diverse giurisdizioni, potrebbe esserle difficile scampare a tutte - diversi stati usano diversi standard per determinare la capacità di intendere e volere. Non sono sicuro se una sentenza federale possa battere gli standard dei singoli stati - è ben oltre le mie conoscenze legali di seconda mano » concluse grattando il fondo della ciotola.
   « Quanto è possibile che le diano più del concorso in omicidio, da quanto ne sai? » chiese Logan.
   « Non so ancora - visto che qui hanno abbastanza per arrestarla e tenerla in custodia, l’Indiana e il Texas possono prendersela comoda per mettere insieme le prove necessarie prima di accusarla ». Tony vide che il cugino era preoccupato, almeno per un momento, all’idea che la donna potesse non essere ritenuta colpevole per la sua parte negli omicidi, e lo rassicurò. « Ma anche se fosse incapace di essere processata, ci sono altre possibilità in alcune giurisdizioni. In alcuni stati, puoi essere ritenuto colpevole ma mentalmente incapace - non ti mettono in prigione, ma sei rinchiuso in un istituto per la durata della sentenza o finché non guarisci. Quindi ci sono più possibilità ».
   Logan annuì e Max realizzò che niente di tutto ciò lo sorprendeva, come se Logan si fosse aspettato tutti gli intrecci legali che Tony aveva appena descritto. Forse lo sa per la sua carriera giornalistica, si chiese, nuovamente incantata dall’impressionante conoscenza dell’uomo. Tutti a Manticore ripetevano quanto fossimo più intelligenti, più coraggiosi e migliori di chiunque altro sul pianeta, rifletté. Immagino che nessuno di loro si aspettasse Logan Cale…
   
Mentre lo osservava, i suoi pensieri meno sui due in galera e più sull’uomo di fronte a lei, Logan alzò lo sguardo e la scoprì a fissarlo, sorridendo imbarazzata. « Chi ne vuole ancora? » chiese la ragazza alzandosi di scatto e prendendo la ciotola di Bling e quella di Tony. Mentre lei usciva dalla stanza per andare a prendere altro chili, Tony rivolse uno sguardo deciso al cugino, sollevando le sopracciglia e indicando la cucina. Riuscì persino ad avere un’aria un po’ colpevole quando sentì la risatina di Bling al suo incoraggiamento - anche lui si era accorto dello sguardo di Max. La ragazza tornò prima che qualunque parola fosse pronunciata, però, e dopo aver messo le ciotole fumanti di fronte a Bling e Tony, prese la propria e fece per prendere quella di Logan. « Ne vuoi ancora? Devi essere affamato, dopo la partita… »
   « Certo » annuì lui, e il sorriso di Max sciolse qualunque imbarazzo causato dall’insistenza del cucino. « Grazie ». Lo sguardo negli occhi di lei quasi gli tolse il respiro. Mentre tornava in cucina, Logan diede uno sguardo imbarazzato a Tony, che di nuovo indicò l’altra stanza quasi esasperato.
   Ma per scusarsi del suo giocare a fare Cupido, Tony cancellò l’imbarazzo del cugino al ritorno di Max chiedendole del suo lavoro, suggerendo che come fattorina si era ritrovata in altrettante situazioni strane o divertenti di un poliziotto, guadagnandosi un paio di racconti che nemmeno Logan le aveva mai sentito prima. Mentre raccoglieva col cucchiaio il chili, Logan ascoltò i racconti di Seattle dalla bella di Manticore, rilassandosi finalmente nella piacevolezza del gruppo, in silenzio, sorridendo a tutti loro; era contento, ancora una volta, che - nonostante i terribili eventi che li avevano portati lì insieme - le tre persone a cui teneva di più erano intorno a un tavolo con lui, a chiacchierare come vecchi amici.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 10 febbraio 2020, 10:22 pm.
   
   Settore Nove. Appartamento di Bling.

   
   Dopo un altro giro di chili per tutti e abbondanza di insalata, focacce e racconti di guerra, i piatti furono allontanati. Max si alzò raccogliendo i piatti vicini e disse « Immagino sia il mio turno di contribuire » sorrise. « Logan cucina, io pulisco ».
   Tony si alzò immediatamente. « Immagino tocchi anche a me, allora. Io non ho fatto nemmeno il caffè ».
   « Sì, ma tu hai avuto una serata piena in campo » gli ricordo Max.
   « Niente di che… ugh… » Fece una smorfia, proprio in quel momento, mentre allungava il braccio sul tavolo per prendere l’insalatiera. Bling e Logan ridacchiarono.
   « Già, è uno stile di gioco che fa a pezzi in punti diversi da quello a cui sei abituato » disse Logan prendendo il proprio piatto e portandoselo in grembo. « Forse dovresti rilassarti, qui ».
   « Col cavolo » rispose Tony con un sorrisetto, come Logan si aspettava; il suo orgoglio di atleta non gli permetteva di rispondere altrimenti. « A pezzi o no, tu hai cucinato per tutti, quindi sei libero. Tieni compagnia a Bling ».
   Con Tony e Max che si spostavano in cucina per sciacquare i piatti sporchi, Logan guardò Bling; finalmente aveva il momento di privacy con lui che desiderava da quando era tornato dal capanno. Non c’è momento migliore di adesso, si disse … o è folle parlarne proprio ora che gli altri sono in cucina? Con uno sguardo un po’ colpevole, Logan indicò lo stereo vicino e chiese « Ti spiace se alzò un po’ il volume? »
   Con un sopracciglio alzato, Bling si strinse nelle spalle - con una spalla sola - curioso. « No… » Capì subito che la musica avrebbe dovuto mascherare le parole di Logan da Max… e aveva una mezza idea anche sull’argomento della conversazione, visto cosa gli aveva detto la ragazza prima che gli altri arrivassero. Osservò Logan avvicinarsi all’amplificatore e aumentare il volume del rilassante jazz prima di tornare al tavolo con aria preoccupata. Bling capì di sapere esattamente cosa aveva in mente Logan e si impegnò a mantenere un’espressione neutra, sperando di avere ragione. E, come in tante altre cose su Logan Cale, non aveva torto…
   « Senti, Bling, ho, uh… ho bisogno che tu… uh… » Logan si fermò, quasi ripensandoci. Dopo un momento, però, e con una nervosa occhiata verso la cucina, tornò a guardare il tavolo ed evitare gli occhi di Bling prima di parlare. « Ho bisogno che parli con Max » disse a bassa voce.
   Stavolta Bling sollevò entrambe le sopracciglia in una domanda silenziosa, aspettando che Logan spiegasse - e vide il nervosismo che si aspettava. Bene, annuì tra sé, deve accorgersi di quanto sia basso scaricare la responsabilità su qualcun altro. Dopo qualche momento di silenzio - Logan non disse niente - Bling insistette. Una spintarella non farà male. « Hai qualcosa di specifico in mente o vuoi che chiacchieri amabilmente? »
   Logan sbuffò, irritato dalla battuta sarcastica, ma voleva ancora il suo aiuto… e anche se sentiva ancora suoni dalla cucina, questi non sarebbero durati ancora a lungo. Deglutì e parlò, in fretta. « Senti, credo che Max possa essere interessata - a me. Ma non so se sa in cosa si sta imbarcando, Bling… potrebbe non sapere come le… cose… cambiano; potrebbe pensare che tutto possa andare normalmente… non lo so. Ha detto che ha letto qualcosa su internet, ma chi lo sa cosa ha letto e quanto sia accurato. Se potessi dirle tu che una lesione al midollo spinale… » Deglutì, la bocca secca, sapendo che doveva completare la frase perché il terapista capisse. « Se potessi spiegarle, così saprà… e in modo che sappia anche che… beh, lo hai detto tu, che altre cose sono possibili… »
   « Vuoi dire… parlare con lei di quello di cui ho cercato di parlare con te, in ospedale… » Mantenne la faccia impassibile, ma non riuscì a evitare un piccolo “te lo avevo detto”. « Se tu non hai voluto parlare di queste cose, che pensavo fossero abbastanza in alto nella tua lista di “cose che voglio sapere”, cosa ti fa pensare che Max voglia sentirle più di te? »
   « Andiamo, Bling » insistette Logan. « Lo so, sono stato un imbecille dalla testa dura, lo ammetto » disse con improvvisa frustrazione. Avrebbe confessato qualsiasi cosa, pur di avere l’aiuto di Bling. « Senti - Max tornerà da un momento all’altro, ormai. Puoi parlarle? »
   « Hai fatto il college, Yale, e non hai letto Longfellow? » Bling scosse la testa desiderando di avere le parole magiche che avrebbero convinto il suo datore di lavoro e cliente che questa conversazione avrebbe significato molto di più per Max se fosse venuta da Logan stesso. « Non ha funzionato troppo bene per Miles Standish, mandare John Alden a corteggiare la bella al suo posto ». Guardò gli occhi verdi preoccupati e continuò. « Logan, è la cosa più personale del mondo… non credi che Max voglia sentirla da te? Come farà a credere che vuoi un’intimità con lei se non le prendi la mano, non la guardi negli occhi e non le dici che vuoi fare l’amore con lei ma che potresti dover usare dei metodi non convenzionali? » Bling osservò quel viso che aveva mostrato tanta felicità durante la serata riflettere ora il dolore anticipato dell’essere respinto dalla donna che significava il mondo per lui. « Parlarne con lei potrebbe rompere il ghiaccio - quale miglior modo per introdurre il discorso che discutere modi per trovare cosa potrete godervi, insieme? »
   Le guance di Logan bruciavano; scosse la testa. « Non posso… » sussurrò. « E se mi sbagliassi e non è interessata in quel senso? O se è interessata a chi pensa che io sia, ma se sapesse… » Sollevò occhi addolorati sul suo amico. « Voglio darle una via d’uscita, Bling. Voglio che sappia cosa troverà, e se non è quello che ha in mente… » Logan abbassò di nuovo lo sguardo. « Potrebbe non essere sincera con me se glielo dicessi io, per non ferire i miei sentimenti. Se glielo dici tu… può tirarsi indietro e nessuno dovrà restare ferito… »
   Bling sospirò, sperando che l’altro cambiasse idea prima di dover mantenere la promessa - ma annuì, comunque, le labbra strette. « D’accordo - ma a una condizione ». Vide la disperazione negli occhi verdi e sentì un pizzico - ma solo un pizzico - di compassione per quanto Logan Cale rendeva le cose più difficili per se stesso. « Ascolterai anche tu lo stesso discorso - e prima, non dopo. Soprattutto se credi che tu e Max state andando in quella direzione… » Si ammorbidì, la voce più gentile. « Non ti farà male, Logan - e magari troverai qualcosa di utile ».
   Tra gli occhiali cerchiati e la barba non fatta, il viso di Logan arrossì imbarazzato, ma non ci mise molto a rispondere, lamentandosi permaloso « Oh, d’accordo. Se è l’unico modo ».
   Bling osservò il suo amico e gli venne un’altra idea. Con un sorriso disse « Consideralo un pagamento per il lavoro che mi chiedi ».
   Logan annuì, lo sguardo brevemente sul tavolo; il fatto che Bling aveva detto di sì non bastò a fargli sparire le farfalle dallo stomaco. In un modo o nell’altro, il suo rapporto con Max non sarebbe mai più stato lo stesso: il week-end - la giornata era stata luminosa e calda e allegra, in gran parte per la presenza di Tony, ma anche per quello, il modo in cui aveva reagito allo spensierato interessamento del cugino e l’effetto che aveva avuto sui suoi momenti con Max.
   In un modo o nell’altro… Gli era difficile convincersi di aver solo immaginato l’interesse di Max: le sue parole sulla veranda del capanno… la sua dolce compagnia, il suo stargli vicino quando si era svegliato domenica mattina… ma se anche fosse stato incerto prima, aveva certamente fugato ogni dubbio quella mattina, no? Come poteva il suo bacio significare qualcosa di diverso?
   « Il dessert ora o più tardi? » chiese Max apparendo nella sala da pranzo con la caffettiera e posando le quattro tazze che portava nell’altra mano sul tavolo. « Logan ha preparato una cosa appiccicosa e calda ».
   « Budino di pane » mormorò con un sorrisetto per la descrizione, chiedendosi come faceva a sembrargli improvvisamente una frase così suggestiva; e arrossendo di nuovo quando vide Tony apparire dietro di lei e osservarlo in modo familiare. « Probabilmente si sarà scaldato, a quest’ora - ho acceso il forno appena prima che ci mettessimo a tavola ». Si riscosse e tornò sulla terra, lanciando uno sguardo a Bling e poi di nuovo a Max. « Meglio mangiarlo ora: il nostro padrone di casa deve fare il suo sonnellino di bellezza ».
   « E scommetto che saremo di nuovo qui a un’oscena ora della mattina per raccogliere la tua testimonianza » aggiunse Tony parlando con Bling. « Farà bene a entrambi dormire un po’ ».
   Bling scosse la testa. « Sto bene, finché non vi aspettate che faccia qualcosa di diverso da sedere qua e mangiare quello che ha cucinato Logan ». Sentirono allora il rumore di una chiave che gira nella serratura. « E possiamo mangiare il dessert quando Sandra avrà finito il chili ».
   « Salve a tutti ». Tony alzò lo sguardo e vide una donna minuta e sorridente entrare nella stanza aperta posando una grossa borsa su una sedia; la donna si avvicinò agli uomini seduti al tavolo. Passando dietro Logan mentre raggiungeva Bling, gli posò una mano calda sulla spalla e si chinò per sfiorargli la guancia in un bacio amichevole che il giovane Cale restituì con familiarità. « Logan, come stai? Ehi, Max » disse alzando lo sguardo per sorridere alla giovane che versava il caffè per il gruppo, poi guardò Tony e salutò anche lui prima di raggiungere la sedia dov’era seduto l’allenatore. Si chinò per un bacio, preoccupata, osservandolo. « Amore, come ti senti? »
   « Una meraviglia, Sandra: il cibo di Logan può curare qualsiasi cosa ». Prima che la donna potesse dar voce al proprio sguardo scettico, Bling proseguì. « Sandra, questo è il cugino di Logan, Tony DiNozzo. Tony, questa è Sandra Jacobson ».
   La maestra guardò Tony e gli si avvicinò porgendogli la mano. Tony la strinse e la donna disse « Mr. DiNozzo, ho sentito molto parlare di lei - quello che ha fatto per BL, fermando quelle persone prima che qualcun altro si facesse male… La ringrazio tanto. Vi ringrazio tutti » disse spostando lo sguardo sul gruppo, « per quello che avete fatto per far arrestare quei due - e per essere venuti a passare la serata con BL, visto che io non potevo ».
   Max e Logan lanciarono uno sguardo pieno di divertito senso di colpa a Bling, ma Tony si fece avanti col suo solito fascino e nascose ogni indizio della fuga del terapista. « Siamo contenti sia tutto finito. E per favore, mi chiami Tony » disse con un sorriso abbagliante. « Quando si tratta di BL, la “famiglia” di Logan è la mia famiglia - letteralmente. E siamo stati felici di essere d’aiuto, ma BL aveva già capito tutto prima di noi ». Il suo tono leggero e i complimenti per Bling fecero apparire un largo sorriso sul viso della donna.
   « Sandra, ci sono chili e focacce di mais - vuoi cenare? » le offrì Max, indicando la cucina con la caffettiera.
   « Sono affamata, quindi sì, per favore ». Fece per seguire Max. « Ti aiuto… »
   « No, siediti. Sembra tu abbia avuto una serata lunga. Ce ne occupiamo noi » disse contenta riportando a posto la caffettiera; l’aria di domesticità che aveva era nuova e, date le circostanze, divertente. Logan era felice, negli ultimi giorni; senza problemi da quando Parks era stato catturato - e Max sospettava di essere rientrata in sala proprio alla fine di una confessione di Logan a Bling…
   … il Sogno americano, Max, si disse mentre prendeva il chili dalla grossa pentola sul fornello. Non è quello che hai sempre voluto? Una famiglia… una casa… un senso di appartenenza… E aveva tutto ciò grazie all’aver conosciuto Logan Cale. Sentì il proprio sorriso allargarsi.
   Sentì Logan avvicinarsi a lei, entrando in cucina per prendere uno strofinaccio. « Ehi, le sorrise, improvvisamente timido all’idea di essere “soli” per la prima volta da quando lei era venuta a trovarlo quella mattina. « Sono venuto a prendere il budino… »
   « Oh, ok. Solo che… » disse, « a meno che Bling non abbia un vassoio, così puoi poggiarti la teglia in grembo, forse è meglio che faccia io ». Si girò per prendere l’insalata e le focacce oltre al chili e disse « Porto prima questi a Sandra ».
   « Oh… giusto » disse lui, riflettendo su quanto sarebbe stato scomodo per lui riprendere la teglia dal piano del fornello dopo avercelo posato. Quando la ragazza tornò un momento dopo, lui le rivolse un sorriso a disagio e le diede lo strofinaccio, arretrando e voltandosi per prendere un altro cucchiaio per servire. « Grazie ». Dopo un momento, ricordandosi, aggiunse « C’è anche un contenitore più piccolo, la salsa di accompagnamento ».
   La osservò tirare fuori la teglia e mettergliela di fronte sul tavolo prima di tornare con la salsa. « È stupendo, Logan… come fai a fare tutto questo? »
   « Cos, la cena? Sono tutti piatti abbastanza facili; la parte difficile è trovare gli ingredienti per farli bene… »
   « No… non solo quello ». Fece una pausa, improvvisamente timida a sua volta, ma poi continuò. « Tutte le piccole cose, gli extra. Io forse sarei arrivata al chili, magari al pane, ma tu fai le focacce di mais, e pure l’insalata. Hai il budino di pane, ma anche la salsa da metterci sopra. Prendi un miscuglio di sconosciuti come noi » indicò con la testa l’altra stanza « e ne fai una famiglia. E questo senza contare tutto quello che ha fatto Solo Occhi ». Lo osservò negli occhi che brillavano dietro gli occhiali, i capelli spettinati, la barba non fatta, e il suo sguardo si addolcì. « Manticore non è niente in confronto ai Cale. Mi piacerebbe sapere che DNA hanno messo insieme per fare te ».
   Un nuovo rossore gli colorì le guance e dovette distogliere lo sguardo, impegnato a fare le porzioni di budino. « Non è più difficile che smontare una Ninja in pochi minuti e rimontarla » minimizzò.
   « Non c’è paragone: io seguo delle indicazioni… tu crei ». Lo fissò, realizzando improvvisamente quanto giuste fossero quelle parole. « Ho imparato così tanto da te, Logan, lo capisci? »
   Logan rimase immobile per un momento, alzando gli occhi verso di lei. Esitò di fronte alla profondità dello sguardo che vide, e si riscosse facendo spallucce. « Non a scacchi - o ? » ridacchiò sperando di smorzare le emozioni che entrambi che sentiva.
   « Non avrei mai vinto così tante volte, altrimenti » rise lei comprendendo il disagio e lasciandolo ritirarsi. Indicò il dessert e chiese « Che posso fare? »
   « Che ne dici di trovare un sottopentola per la salsa, così la lasciamo lì dentro e ce la passiamo? E questi sono pronti » disse indicando le coppette che aveva riempito. Mentre lei tornava a tavola con un piatto su cui poggiare il contenitore della salsa, Logan aggiunse a bassa voce ma in modo che lei sentisse « … e se uno di noi ha imparato dall’altro… » Si azzardò ad allungare la mano e posare le dita su quelle di lei.
   Max lo guardò negli occhi che brillavano di speranza e sentì un nodo nel petto di fronte all’effetto dell’ottimismo sui bei tratti di lui. Mosse la mano per intrecciare le dita con quelle di lui e sorrise, dicendo lentamente « Immagino di aver fatto bene a tornare, all’inizio, uh? »
   « La cosa migliore che mi sia mai successa » le promise.
   
   … continua…
   

   Nota della traduttrice: Dai che ‘sti due si muovono nella giusta direzione! *-*
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   A tal proposito, ringrazio
silviabella a nome mio e dell’autrice per la bellissima recensione! :)
   

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Capitolo 22
*** Cupido, 2020 ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Prego guardare capitoli precedenti guardate i capitoli precedenti.
   
   

Cupido, 2020


   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 9:40 am.
   
   Settore Nove. Appartamento di Bling.
   
   Come promesso, il mattino dopo Tony tornò a casa di Bling, stavolta con Matt Sung – per l’accusa locale – e uno degli assistenti procuratori per le accuse federali. I locali sapevano che avrebbero avuto la precedenza per incriminare madre e figlio, e si sarebbero accertati di avere tutto pronto il più in fretta possibile; prima che i ricordi iniziassero a svanire – o che una giurisdizione con amici più potenti facesse trasferire i due e perdere a Seattle la sua chance.
   Le informazioni e i rapporti di Tony per ogni incidente erano stati meticolosi, e Bling, come testimone nella maggior parte degli eventi insieme a DiNozzo stesso, ebbe poco da aggiungere per gli investigatori. Verificò, però i dettagli della sparatoria e fornì le connessioni tra il padre dell’assassino e le vittime. Erano tutte informazioni che si aspettavano; la precisione di Tony rese le cose semplici. Entro un’ora dal loro arrivo, il gruppetto che era venuto per la sua dichiarazione si stava alzando e lo stava ringraziando per l’aiuto.
   Bling si alzò a sua volta. « Vorrei scambiare due parole con Tony, se non vi dispiace » disse agli altri.
   « Ma certo, Bling » accettò subito Tony guardando i suoi colleghi. « Voi iniziate a scendere. Vengo tra un minuto? » Bling annuì e Matt e l’assistente procuratore ringraziarono nuovamente il loro testimone e si avviarono verso l’ascensore.
   Bling si voltò verso gli occhi verdi ora familiari, così simili e così diversi da quelli di Logan. « Senti, Tony… Non so se ci rivedremo prima che tu parta – almeno, non so se ci rivedremo senza Logan o gli altri. Volevo ringraziarti di nuovo per tutto quello che hai fatto per la mia squadra e… apprezzo che terrai presente quello che ha passato Gregory ».
   L’espressione dell’agente si tranquillizzò alle sue parole; fece spallucce. « Nessun problema. Sono contento che Logan mi abbia chiamato. Non sarei mai riuscito a collegare i fatti così in fretta – o anche solo a essere coinvolto – senza che qualcuno notasse che Halladay e Palmer erano stati in marina insieme. È stata una fortuna per tutti che tu ci abbia coinvolti ».
   « È stato Logan » gli ricordò gentilmente Bling.
   « Vero » confermò DiNozzo, e i due rimasero in silenzio per un momento. Alla fine Tony ammise « Date le circostanze, mi sembra sbagliato essermi goduto tanto questo viaggio – almeno in parte. Ma sono contento di aver avuto la possibilità di conoscere te e Max e Matt, e vedere quante belle persone Logan ha nella sua vita – soprattutto adesso ».
   «Beh, la tua visita è stata la migliore medicina che abbia avuto » rifletté Bling. « Non ha mai parlato di qualcuno della famiglia a cui fosse legato, altrimenti avrei cercato di convincerlo a chiamarti mesi fa. Le circostanze avrebbero potuto essere migliori, ma… credo che il tempo che avete passato insieme, il modo in cui hai affrontato e accettato quello che gli è successo hanno avuto un enorme impatto. Ha un’aria più sana di quella che ha avuto da molto tempo a questa parte, Tony. Credo che il fatto che tu lo abbia visto come il vecchio Logan abbia significato più di ogni altra cosa, per lui.
   « … ma non è così » ammise Tony, la voce bassa; non era fiero delle sue parole. Riuscì ad alzare di nuovo lo sgaurdo verso gli occhi scuri e calmi e sospirò. « Sto provando con tutto me stesso a non darlo a vedere, Bling, ma maledizione… » DiNozzo esitò, ingoiando le emozioni che il pensiero di suo cugino in quelle condizioni ancora suscitavano. « Sto cercando di abituarmici – e credo che stia diventando più facile. Ma tra tanta gente, Logan… » Aggrottò la fronte. « Darei qualsiasi cosa per fare a cambio con lui ».
   L’iniziale sorpresa di Bling lasciò il posto all’ammirazione. « Beh, allora sei un diavolo d’attore. Da quello che ho visto, sembravi accettare la cosa molto più in fretta della maggior parte delle famiglie… »
   Tony gli rivolse uno sguardo rapido, come cercando conferma; il fisioterapista ne fu nuovamente sorpreso. « Davvero? » Vedendo il cenno incoraggiante, DiNozzo fece un respiro profondo, chiaramente sollevato. « Bene. Non vorrei che pensasse che sia preoccupato per lui… o che fraintendesse, e credesse che lo veda… cambiato… o sminuito ».
   «Assolutamente no » lo rassicurò Bling.
   « Bene » ripeté Tony, fidandosi finalmente dell’impressione di Bling. Sospirò, riscuotendosi dalle sue preoccupazioni, e sorrise. « Beh, sono contento che, se non posso esserci io, lui abbia te a tenerlo in riga ».
   Bling sorrise. « Ci provo ».
   DiNozzo sbuffò. « Sospetto che sia una bella sfida, con lui ». Rimase in silenzio per un altro momento e poi aggiunse « Convincilo a venire a trovarmi, ok? »
   « Ma certo » sorrise Bling; sapevano entrambi quanto sarebbe stato complicato.
   « Venite tutti – sapete che sarete i benvenuti; anche Sandra, ma soprattutto… convincilo a portare Mar ».
   «Vedrò cosa posso fare ». Bling rifletté per un momento, poi chiese « Stai andando da Logan, ora, o hai ancora da lavorare? »
   « No, torno all’ufficio del procuratore. Mi sa che ci resterò fino alle cinque o sei per completare… » Tony vide qualcosa brillare negli occhi dell’altro. « Perché? »
   Bling pensò per un momento, poi disse « Non l’ho immaginato, ieri sera, quando ho visto Logan cercare di smuovere le cose con Max? »
   Le sopracciglia di Tony si alzarono, la sua bocca si contrasse per l’anticipazione. « No, non l’hai immaginato ».
   « Quindi immagino tu gli abbia detto la stessa cosa, prima di ieri notte? »
   « Anche » confermò DiNozzo.
   « Beh, allora è il mio turno » sorrise Bling. « E se hai intenzione di andare in centro, comunque… sarà l’occasione per me di completare quello che devo con tuo cugino ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 11:47 am.
   
   Settore Nove. Fogle Towers.
   
   Quando Logan sentì la porta d’ingresso aprirsi, non si preoccupò – chiunque fosse, sapeva come disattivare il sistema d’allarme, a quanto pareva – ma non si aspettava né Max né Bling, gli unici due oltre a lui che sapevano come farlo così in fretta. Un momento dopo, sentì i passi morbidi di Bling in corridoio e guardò accigliato e sorpreso il viso che comparve sotto l’arco della porta. « Non dovresti essere a riposo? »
   Bling ridacchiò e si sedette davanti al computer. « Se voglio portare a termine qualcosa, sono costretto a farlo mentre Sandra è al lavoro. Vuole seriamente che resti a riposo, al momento ». Ricordò improvvisamente una cosa e aggiunse « E grazie per avermi coperto, ieri sera – so che non avrebbe approvato, se avesse saputo che ero alla partita ».
   « O che ora sei qui, probabilmente » confermò Logan ridacchiando all’idea della sua guardia del corpo/terapista ben addestrato e potente terrorizzato dalla minuta Sandra. « Come sei arrivato, comunque? »
   « L’ho convinta a prendere la mia macchina e lasciarmi la sua, finché potrò di nuovo usare il cambio. Le ho detto che sarebbe stato meglio scambiarcele, sai… in caso di emergenza ».
   « È il tipo di sotterfugi che di solito alle donne non piacciono, sai? » lo avvertì Logan ridacchiando.
   « Solo quando ti beccano » confermò Bling. Dopo un momento riprese « Ho lasciato qui delle cose l’altro giorno e volevo riprenderle… » quando me ne sono andato così d’improvviso, non lo aggiunse « ma ti dovevo anche un ringraziamento per ieri sera ». Il suo tono si addolcì nell’esprimere la sua sincera gratitudine. « Hai portato la cena a casa mia e tutto il resto. Sono contento che abbiamo potuto farlo anche con Tony ».
   « È stata una bella serata, eh? » Gli occhi verdi brillavano per il ricordo degli ultimi giorni, il nuovo livello di fiducia che sentiva in se stesso e la gioia di aver potuto riavvicinarsi a suo cugino. « Ha raccolto la tua testimonianza stamattina? »
   « Sì, se n’è andato poco fa. È venuto con Matt e un tizio dell’ufficio del procuratore. La mia testimonianza a quanto dicono è stata utile, ma con Tony coinvolto in tutto quello che è successo, hanno anche detto che avrebbe potuto praticamente chiudere il caso da solo. L’unica cosa che ho potuto aggiungere è stato quello che Parks mi ha detto al telefono ».
   Logan annuì e chiese con uno sguardo colpevole « Quindi… possono andare avanti senza raccogliere la dichiarazione di Max? Visto che hanno anche la mia, per Gayle… »
   Bling comprese la reazione e lo rassicurò « Sospetto che sia Tony sia Matt sapessero che preferiresti lasciare fuori Max, anche se non ne conoscono il motivo. Il suo nome è nei rapporti, ma nessuno di loro ha detto di volerle parlare. In effetti, secondo loro ci sono talmente tante prove contro Parks e la madre – i due omicidi e l’attacco sono tutti legati al fucile che hanno sequestrato come prova – che qualsiasi avvocato con un minimo di senso cercherà più di arginare le perdite, per evitare il peggio ».
   « Bene » Logan si rilassò e si scusò. « Sai che avrebbe dato subito la sua testimonianza, Bling, se fosse stato necessario – ma visto che sarà sui Tg nazionali… »
   « Lo so, Logan. È tutto ok. Sembra che saremo tutti a posto così ». La testa dai capelli a punta annuì, la sua preoccupazione per Max era apparentemente stata smorzata dalla fiducia di Bling. Guardando il suo cliente con un po’ di senso di colpa per non essere riuscito a portare avanti la fisioterapia, Bling chiese « E tu? Hai fatto gli esercizi, come ordinato? »
   Il sorriso con le fossette ricomparve. « Come ordinato. E miglioro con la pratica ».
   « Bene ». Bling si sorprese a sorridere a sua volta di fronte all’orgoglio nella voce di Logan. « Tra uno o due giorni tornerò a farti almeno da supervisore ».
   « Oh, ma non è necessario… » Logan si interruppe sentendo di nuovo la porta d’ingresso e il sistema di sicurezza disattivato. « Anche Max? » I suoi occhi si illuminarono, anticipando la nuova occasione di vederla. « E io che pensavo sarebbe stata una mattina tranquilla… »
   Un momento dopo, Max apparve nell’ingresso della sala computer, fresca e allegra. L’aria frizzante di febbraio le aveva colorito le guance mentre pedalava sulla sua bici della Jam Pony fino a casa di Logan, e di fronte allo sguardo di benvenuto di lui i suoi occhi si addolcirono. « Ehi » sorrise rivolgendosi prima a Logan, poi riuscì a distogliere lo sguardo e a girarsi verso l’allenatore. « Ehi, Bling ».
   « Max » la salutò Bling con un cenno.
   « Che c’è? » le chiese Logan. « Credevo non ci saremmo visti prima di cena ».
   Confusa, Max spostò lo sguardo da Logan a Bling, poi di nuovo su Logan, il quale era chiaramente sorpreso di vederla. « Mi ha chiamata Bling » disse « e mi ha chiesto di incontrarci qui ». Logan alzò le sopracciglia, confuso, e Max guardò Bling interrogativa, un’espressione di scuse. « Mi sono persa qualcosa? Ho pensato che… »
   Bling aveva un’espressione neutra e rimase in silenzio, e Max tornò a guardare Logan; l’uomo stava spalancando occhi e bocca in un movimento lento e parallelo, il colore che sembrò prosciugarsi dal suo viso. Prima che Logan potesse fermarlo, Bling respirò a fondo e disse « Max. Logan voleva che ti parlassi di sesso ».
   « Bling » disse Logan col respiro mozzo, la parola a stento udibile.
   « Oh, giusto, scusa; non era esattamente così: voleva che ti parlassi del sesso in seguito a una lesione al midollo spinale ».
   Gli occhi di Max erano quasi tondi quanto quelli di Logan, anche se sembrava molto meno inorridita. Involontariamente, il suo sguardo si spostò su Logan per verificare che avesse davvero fatto quella richiesta a Bling – e altrettanto involontariamente lui alzò lo sguardo in quel momento – e subito l’uomo si voltò dall’altra parte, il viso in fiamme. Max non era sicura di cosa la colpisse di più: la vergogna tutt’altro che necessaria da parte di lui, così profondamente dipinta nella sua espressione – o il fatto che non avesse negato le parole di Bling, di fatti confermando di volere che Max sapesse cosa avrebbe comportato fare sesso con lui.
   « Ho immaginato che, se entrambi avete un po’ di tempo, ora… » Logan si lasciò andare contro lo schienale della sedia, lentamente, scuotendo la testa nel rifiuto, e Bling alzò un sopracciglio. « Cos’è, hai dimenticato di aver accettato di ricevere anche tu il discorso? » Logan lo fissò, sbalordito per la sua audacia, letteralmente incapace di parlare. Bling, sempre calmo, andò avanti. « Quando mi hai chiesto di parlare con Max, non hai specificato… »
   « Non credevo ci fosse bisogno! » sibilò, le parole erano dure e i suoi occhi brillavano di calorosa rabbia dovuta all’umiliazione e all’essere in trappola, impossibilitato a scappare – letteralmente e figurativamente. Il colore era tornato sul suo viso, in grande stile: era rosso fino alle orecchie.
   « Non pensavo mi avresti chiesto di avere una conversazione con Max che doveva essere tua e sua. Da condividere ». Bling non cedette, guardò Logan negli occhi, ma le sue parole erano più gentili, più morbide; aggiunse in fretta « Quando me lo hai chiesto, sapevi che non era mio compito ».
   Incapace di rispondere, Logan tornò a fissare un punto del pavimento davanti a lui, desiderando di potervi cadere e attraversare tutti e trentacinque i piani sotto l’attico. Nessuno si mosse; Max era silenziosa, e l’uomo non aveva modo di valutare la sua reazione senza guardarla, cosa che gli sembrava impossibile anche solo da considerare, al momento. Senza altre opzioni, Logan chiuse gli occhi, sperando che i due perdessero interesse nella faccenda e se ne andassero.
   Bling osservò il suo datore di lavoro bruciare di mortificazione, seduto rigidamente con la testa bassa, il respiro rapido e poco profondo. Nel silenzio oppressivo, nessuno di mosse, finché, finalmente, Bling spostò lo sguardo su Max. Era in piedi immobile, osservava Logan impassibilmente – la fronte solo lievemente contratta, gli occhi addolciti dal dolore di lui. Nessuno vide l’ombra di un sorriso che passò per labbra di Bling; la sua tensione scemò, quell’immagine gli dava speranza.
   « Beh, mi sembra che il mio lavoro qui sia completo – e il vostro sia appena iniziato ». Si alzò e senza un’altra parola si avviò verso il corridoio. « Oh ». Si fermò e si voltò per aggiungere « Dopo che avrete parlato, se avete qualche domanda fisiologica per me, sapete dove trovarmi: sarò a casa a guardare soap opera ». Senza aspettare una risposta, Bling percorse il corridoio e uscì dalla porta.
   Un’aria immobile e gelida calò sull’attico; Max e Logan rimasero immobili, il ronzio dei computer era un ruggito nella stanza silenziosa. Dopo lunghi momenti, Logan fece un respiro che sembrò distruggere il gelido silenzio, e la sua voce rauca grattò le loro orecchie. « Max… per favore… vai… »
   La leggera corrente d’aria che aveva portato le sue parole svanì, ma Max rimase lì dov’era, muta. Il respiro di Logan era ancora udibile; Max sentiva il proprio battito. E in quel momento decise di completare il salto di fede che aveva iniziato giorni prima, che allora era sembrato così folle come la richiesta di Logan a Bling.
   Con grazia lieve e silenziosa, Max si portò davanti all’uomo chino nel suo dolore, che non voleva guardarla, e si inginocchiò. Sollevando una mano per intrecciare le dita con quelle di lui, inclinò la testa per guardarlo negli occhi e pronunciò una semplice sillaba.
   « No ».
   
   … continua…
   

    Nota della traduttrice: È stato un periodo folle. FOLLE. Non so come sono riuscita finalmente a ritagliarmi un po’ di tempo per tradurre, ma finalmente… ci siamo :D
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   Nuovamente grazie a
silviabella a nome mio e dell’autrice, spero ci sarai ancora!
   

   
   

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Capitolo 23
*** Osare ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Prego guardare capitoli precedenti guardate i capitoli precedenti.
   
   

Osare


   
       SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 12:04 pm.
   

   Settore Nove. Fogle Towers. Interno.
   
   « No… » Logan ritrasse la mano come se si fosse scottato; non voleva guardare Max, e si chiuse ancora di più in se stesso, il respiro affannoso.
   Questo non era lui, Max pensò con ansia. Vero, era stato testardo, riservato, scontroso, anche chiuso varie volte, da quando lo conosceva. E sapeva che l’argomento – e la brusca decisione di Bling di forzare le cose tra loro – lo avrebbero scosso nel suo eccessivo imbarazzo. Ma non avrebbe mai immaginato che si chiudesse tanto in se stesso davanti a lei. Incerta se sentirsi insultata, spaventata o persino arrabbiata, ma sapendo di stare male per l’inferno che Logan si stava costringendo a passare, Max rimase dov’era, inginocchiata di fronte a lui, la mano a mezz’aria, con la paura di toccarlo – e di non toccarlo. « Logan… » lo implorò, « parla con me… » Era un territorio sconosciuto e sentiva la frustrazione di essere così fuori dal suo elemento, così incapace di trovarlo. « Logan… » insistette in un sussurro. « Sono io… »
   E cosa dovrebbe significare? Si chiese. Si era ritirato come se lei fosse una sconosciuta; come se… Si riscosse. Non sarebbe caduta nella sua vecchia paura che Logan fosse disgustato da lei; se c’era una cosa che aveva imparato e in cui aveva fiducia, era che lui la vedeva umana quanto chiunque altro, che non importava come fosse nata.
   Si costrinse a ricordare il week-end al capanno, al modo in cui lui l’aveva guardata, prima che Bennett rovinasse l’atmosfera; a ricordare la tenerezza e il desiderio che aveva visto nei suoi occhi quando le aveva baciato la mano.
   « Sono io… » ripeté, sentendo le lacrime negli occhi quando, inaspettatamente, si rese conto che l’“io” che era ora era grazie a cos’era lui, a cosa lui l’aveva spinta a diventare. « E mi avevi promesso che avremmo parlato ».
   Lui trasalì impercettibilmente alle sue parole.
   Max trattenne il respiro nel vederlo; non disse altro, ma non ce n’era bisogno; al di là delle sue barriere e difese, Logan la stava ascoltando.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 12:08 pm.
   

   Settore Nove. Fogle Towers. Esterno.
   

   Bling sedeva in macchina, gli occhi sulla bici rovinata che era ancora nel parcheggio, vigilata dal portinaio che aveva un debole per Max. finché la bici fosse rimasta lì, finché lei fosse rimasta di sopra, con Logan, sarebbe stato un buon segno, si disse testardamente.
   Era insolito per lui avere ripensamenti su ciò che aveva appena fatto; si chiese se stavolta non fosse andato troppo oltre e avesse messo in pericolo la fragile guarigione di Logan e la relazione ancora in evoluzione della coppia. Era forse peggio, ora, così presto dopo l’orribile atto di averlo lasciato intrappolato, lontano dalla sedia, così presto, dopo che era dovuto intervenire suo cugino a salvarlo e a fermare i due killer?
   Sospirò, cambiando posizione, scomodo, quasi sentendo di meritare il dolore che sentiva alla spalla. Hai giocato a fare Cupido? O a fare Dio, si chiese. Hai giocato con le vite di due persone… finché Max sarà con lui, Logan starà bene, si disse… ma anche Max era parte di tutto quello, e poteva restarne ferita quanto Logan se qualcosa fosse andata storta. Lo ama, tiene a lui ed era preoccupata da ciò che ha appena visto… ma a Manticore non è stata mica addestrata ad essere un’assistente sociale. Bling si rese conto di quanta fiducia avesse riposto nella volontà – e capacità – di Max di aiutare Logan in quella situazione. Ebbe ancora altri ripensamenti, era seriamente preoccupato di aver forse davvero esagerato, stavolta…
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 12:08 pm.
   

   Settore Nove. Fogle Towers. Interno.
   

   Logan sentiva il dolore nella voce di Max, ma testardamente si disse che era più addolorata per se stessa che per lui, rifiutandosi ancora una volta di credere che quel passo verso di lui fosse dettato da altro che pietà o preoccupazione per un amico – o per quello che gli dava da mangiare. E anche se avesse provato qualcosa per lui fino a quel momento, si disse cinico, come poteva provarlo ancora dopo aver scoperto la verità sul suo corpo spezzato?
   Aveva sperato che lo lasciasse, l’aveva implorata di farlo col pensiero… ma lei era rimasta, e anche se lui si rifiutava di guardarla e non voleva che lo toccasse, Max permeava i suoi sensi: il profumo della sua pelle umida e l’odore di aria aperta tra i suoi capelli; il suo respiro lieve e la sua voce che richiamava l’attenzione di Logan… e la sua presenza così vicina, la consapevolezza che sarebbe stata inaccessibile quando avesse scoperto le crudeli verità della sua vita. Era più di quanto l’uomo potesse sopportare. « Mi dispiace » riuscì a dire. « Non avrei dovuto dirtelo… »
   « Perché? » chiese brusca. Max era spiazzata dalla propria impotenza: era lui l’uomo delle parole, lei era fatta per l’azione; eppure con Logan che sprofondava sempre più nella sua sedia, chiudendosi in se stesso e rifiutandosi di parlarle, nessun addestramento o forza o velocità potevano scalfire l’indistruttibile muro di ghiaccio che lui aveva erto tra loro. Lo guardò impotente; Logan sedeva in silenzio e non diede alcuna indicazione di voler offrire nulla. Logan Cale, il grande Solo Occhi, sapeva sempre cosa dire e quando dirlo; le spezzava il cuore e la frustrava oltre ogni dire il non poter fare lo stesso per lui. Se solo avesse saputo usare le parole e la destrezza di lui… se solo avesse avuto le parole per penetrare la testa dura di Logan e le sue spesse difese.
   E improvvisamente si rese conto. Forse lei non le aveva. Ma lui sì.
   « Logan… Mi hai scritto una cosa, una volta ». Prese fiato, ricordando quel momento, la speranza nascente che aveva provato allora, ricordando tutte le volte dopo quella notte in cui aveva ripensato a quelle parole, persino immaginato Logan che le scrivesse pensando a lei… con lui. « Non era su di noi, ma… Mi sono sempre chiesta se non potesse esserlo, un giorno ». Lo osservò con attenzione, sperando in una reazione, sperando che capisse. Il dolore nella sua voce non era per se stessa, Logan lo sapeva, non poteva più negarlo; il dolore mescolato alla preoccupazione e all’affetto che quasi distrussero la sua facciata di pietra quando sentì Max rivolgergli quelle parole familiari.
   « Le loro strade si sono incrociate per caso » citò, la voce che tremava un poco nel pronunciare per la prima volta quelle parole ad alta voce, « ma loro sono diventati compagni per scelta ». La sua gola si chiuse e non riuscì a continuare.
   « Max… » sussurrò lui, voltandosi come per respingere le parole. Max lo vide resisterle e sentì un altro momento di dubbio, un momento che le disse che lui non provava ciò che lei sperava… ma poi la sua espressione le disse la verità: erano i propri demoni che Logan stava combattendo, e stava perdendo di fronte alla convinzione di essere ora incompleto.
   « Mi sbagliavo? » osò Max, ancora accovacciata di fronte a lui, lottando contro l’impulso di stringerlo tra le braccia come aveva già fatto una volta in passato, quando si era resa conto di averlo quasi perso. Di fronte al suo silenzio, insistette « Ho sbagliato a pensare che potessi aver pensato a noi quando lo hai scritto? »
   La sconfitta venne quando Logan tornò a guardare gli occhi castani di lei e vide, sorpreso, che il mondo si era fermato per Max, mentre aspettava una sua risposta. Come è accaduto? si chiese. Com’era accaduto che lei aspettasse una sua conferma, che potesse avere dubbi su quanto completamente lo consumasse? Con un sospiro tremante, lo sguardo basso, ammise in un sussurro « Era scritto per loro… ma non era su di loro ». Esitò per un momento, ma le doveva una risposta onesta, le doveva la verità… le doveva la propria vita. Le doveva tutto. « Non sarebbe mai stata scritta se… se le nostre strade non si fossero incrociate… »
   « Per caso ». Max ingoiò il nodo che aveva in gola, annuendo il proprio incoraggiamento. « Quindi… anche compagni per scelta? » sussurrò. La stanza era silenziosa come un cimitero.
   « Quanta scelta ti ho dato? » rispose Logan, rimproverandosi. « Ho usato Zack e gli altri come un’esca… »
   « Solo all’inizio, forse. Ma fin dall’inizio, hai lavorato duramente per trovare tutto quello che hai potuto e mi hai sempre detto tutto, indipendentemente da quanto io possa aver fatto per te».
   « E tu hai sempre fatto quello che ti ho chiesto e più, senza lamentarti » disse lui. Non alzò gli occhi verso di lei, vergognandosi per tante ragioni.
   « Non sempre » furono le parole di rimpianto di Max. « Mai come te ».
   E di fronte al suo rimpianto, Logan finalmente alzò lo sguardo verso di lei anche se non voleva, credendo con tutto se stesso che non era giusto che si scusasse con lui per alcunché; e di nuovo vide l’affetto e la compassione e… l’amore… negli occhi di lei, per lui, e comprese che non aveva mai voluto nient’altro quanto voleva la comprensione di quella ragazza, le sue braccia intorno a lui, la sua voce a dirgli che sarebbe andato tutto bene. Con un sospiro, abbassò di nuovo lo sguardo e concesse la verità. « Compagni per scelta ».
   E, a quelle parole, Max fece scivolare con dolcezza le sue dita in quelle di lui appoggiate sulla gamba, le strinse, sperando che quella connessione avrebbe aiutato ad aprire le porte e ad andare avanti. Ma invece di confortarlo, il suo tocco sembrò farlo trasalire come per il dolore; non si ritrasse di nuovo, ma parlò con la vergogna nella voce. « Se sapessi tutto, non lo vorresti. Ti sentiresti in modo diverso… riguardo a quello che significava… » Fece un respiro, e finalmente sollevò il viso con uno sguardo di tale disperazione che Max avrebbe dato qualsiasi cosa per il coraggio di avvolgerlo tra le sue braccia, per poter credere che non avrebbe peggiorato le cose per lui. « Non posso farlo, Max ». Alla fine pronunciò l’impronunciabile. « Non posso pensare a cosa accadrebbe al nostro rapporto se ti facessi sedere e ti dessi una lezione di biologia su tutte le funzioni e le cose che il mio corpo non può più fare… »
   Almeno stava parlando. Con rinnovata speranza, Max continuò « Quello che accadrebbe, Logan, è che le carte sarebbero tutte scoperte. Una volta che sarà stato detto tutto… una volta che avremo potuto parlare liberamente di tutta la roba clinica e imbarazzante… potremo parlare di come ci sentiamo per tutto il resto – come tutti i compagni veri ».
   « Max, se tu… » Le sue parole furono interrotte improvvisamente dal timer che scattava richiedendo la sua attenzione in cucina. Max sbatté le palpebre sorpresa nel sentire il timer in piena giornata, quando nulla sembrava essere in programma, e Logan arrossì. « La cena » spiegò. « Un piatto italiano, per Tony; stavo marinando della carne, e… »
   Lei annuì; ignorava i dettagli culinari ma quel pezzetto di vita reale in qualche modo la ancorò, ricordandole chi erano e cosa avevano passato. Con un sorriso gentile, ricordò « Stasera è l’ultima volta in cui sarà sicuramente qui per cena ».
   Logan annuì. « Forse dovrà partire prima del previsto, domani; non lo saprà fino a più tardi… »
   « E allora andiamo. Facciamo quello che devi fare per la cena ». Si alzò sollevando la mano di lui nella propria, non voleva lasciarla andare. « Io guarderò – o ti aiuterò se me lo permetterai – e intanto possiamo parlare ». Max sentì di essere su un terreno più stabile ora; cercò di pungolarlo con un affettuoso incoraggiamento, sperando di smorzare le difficoltà che li attendevano. « Magari sarà più facile parlare nel bel mezzo di un miracolo. Ti darà qualcosa per tenere le mani impegnate » disse stringendosi nelle spalle, sperando che la battuta lo riscuotesse.
   Lui esitò, osservandola, cercando incertezze o incomprensioni… e non ne vide. Sospirò, ancora sconfitto più di quanto lei sperasse. « Max… » disse lottando contro l’ovvio. « Ne sei sicura di volerlo fare? »
   Lei tornò seria e lo guardò dritto negli occhi, tenendo ancora stretta la sua mano, disegnando ancora delicato cerchi col pollice. « Volerlo fare… parlare di biologia? O… “me e te” e dove ci troviamo noi? »
   Gli occhi verdi ebbero un lampo, le emozioni che tendevano verso la speranza, ma con la testardaggine che ancora non si fidava di vedere i desideri del suo cuore divenire realtà. « Entrambe le cose » disse imbarazzato; poi, con più onestà « Volerlo fare… con me. Con il “me” che sarà su questa sedia per tutto il tempo che mi conoscerai… »
   « Con il “te” che ho sempre conosciuto? » chiese lei. « Sì, voglio farlo ». Lo guardò con determinazione e i suoi occhi si addolcirono, la sua bocca si curvò in un sorrisetto. « Voglio farlo con tutto “te” ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 12:26 pm.
   

   Settore Nove. Fogle Towers. Interno.
   

   Lo seguì in cucina e lo osservò prendere un piatto contenente un pezzo di carne immerso nel vino rosso; rimase a guardarlo mentre ci lavorava sopra, poi lui le diede le verdure da lavare. Mentre prendeva l’aglio, tagliando gli spicchi e infilandoli nei taglietti che aveva fatto sulla carne, in silenzio, Max propose « Sarebbe più facile se già sapessi molte cose? Magari sarebbe più semplice se ti dicessi quello che ho letto… e se ti facessi qualche domanda così posso confrontare quello che ho imparato con quello che succede a te? »
   I movimenti di Logan rallentarono leggermente nel rendersi conto che la ragazza non lasciato cadere la conversazione; dopo un momento, però, fece un respiro. « Hai letto sull’argomento » ricordò. Ancora una volta, Bling aveva ragione. Quell’uomo doveva avere poteri psichici.
   « Beh, sì. È quello che avresti fatto tu » rispose lei con voce e sorriso pieni di speranza.
   « Non sono sicuro di come ci si senta dall’altra parte » disse con un sorriso lieve e triste rivolto alla carne che stava girando nella marinatura.
   « Ti posso insegnare la stretta di mano segreta del topo di laboratorio » rispose Max con un sorrisetto, ma di fronte allo sguardo pieno di sensi di colpa dell’uomo che stava per scusarsi lei scosse la testa. « È una battuta, Logan, niente di che ». Si rimproverò mentalmente per aver intralciato la comunicazione.
   « Max… » insistette lui fermandosi. « Avrei dovuto riflettere prima di pensare. Mi dispiace ».
   Il sincero sguardo di scuse quasi la spiazzò, ma ricordò cosa era stata pronta ad iniziare e sapeva che era troppo importante per le distrazioni. « Scommetto che da bambino e da ragazzo ottenevi sempre quello che volevi ».
   La frase slegata dal resto della conversazione lo disorientò; imbarazzato dalle sue parole, Logan arrossì, anche se incerto. « Cosa? » disse.
   « Saresti capace di ottenere qualsiasi cosa volessi con quegli occhi, lo sai? » Anche se era contenta di alleggerire l’atmosfera con qualche battuta, era completamente onesta: gli occhi di Logan potevano fare magie su chiunque, ne era sicura. E quando lui arrossì ulteriormente di fronte alla sua ammirazione, lei mormorò « Non c’è da chiedersi perché hai deciso di chiamarti “Solo Occhi”, e non orecchie, o piedi, o… »
   « Max » la interruppe l’uomo vedendole alzare le sopracciglia in modo quasi comico. « Stai cercando di renderlo più doloroso possibile? »
   « No » rispose lei sorridendo, ma poi il sorriso si smorzò lentamente in uno sguardo di affetto e premura e, più di tutto, desiderio per l’uomo di fronte a lei. « In realtà » disse quasi in un sussurro, « l’esatto opposto ».
   « Lo so » rispose lui con un sorriso lieve. I suoi occhi ipnotici fissarono quelli di lei, e ciò che Logan vide riflesso gli fece sentire un barlume di fiducia in mezzo all’incredulità. « Vorrei che sapessi quando lo apprezzo… »
   Max si arrese, desiderando gettarsi nei suoi occhi, tra le sue braccia… e seppe di arrossire al pensiero. Raddrizzando la schiena, disse « Sarà meglio iniziare prima che usi i tuoi poteri voodoo anche su di me ». Fece un respiro e propose « Quindi io chiedo e tu correggi. O chiarisci. Per iniziare? »
   Logan fece un respiro profondo, prese il pepe che stava usando prima e annuì, facendosi forza, senza guardarla. « Per iniziare ».
   « D’accordo ». Max fece una pausa, riflettendo, poi decise e si tuffò. « Allora. Quando ti hanno sparato… il tuo midollo spinale è stato reciso? Non sono rimaste connessioni? »
   Una pausa. Un cenno di conferma. « … giusto » riuscì a dire Logan. Almeno, Max non aveva paura dei fatti.
   « Una lesione “completa”, quindi » disse pragmaticamente. « Il che significa che, al di sotto del livello della lesione, non c’è sensazione, nessun movimento volontario? » Logan fece di nuovo una pausa, esitò, ma poi annuì in silenzio mentre lei proseguiva. « E la tua lesione a che livello è? »
   Stava facendo le domande giuste, con la terminologia corretta. Cos’altro doveva aspettarsi da Max? Logan fece un respiro per ritrovare la voce. « T8 » rispose con il linguaggio appropriato e aspettò di vedere se Max capiva.
   « Oh » fu il commento sorpreso. « Oh, quindi la lesione è… » Guardo il proprio torso piatto e sollevò la mano per disegnare una linea immaginaria. « Più o meno qui? »
   Da manuale. Cos’altro doveva aspettarsi? « Sì, ma… le sensazioni… e i movimento finiscono più o meno… » tracciò a sua volta una linea per indicare dove finiva la sensazione, quasi quattro centimetri più in basso della stima di Max.
   « Oh » commentò lei sbattendo le palpebre, persino un po’ colpita. « Bene. Hai lavorato sodo per riuscire a riottenere l’uso dei muscoli addominali, ben oltre quello che mi aspettavo, dato dove sei partito… »
   Logan alzò lo sguardo verso di lei; era troppo colpito per guardarla direttamente, ma guardò verso la dispensa, valutando, ascoltando. « Sì » ammise con uno strano sollievo… persino orgoglio… perché lei capiva. Lei capiva.
   Poi tornò a concentrarsi sul suo lavoro; non voleva dare ancora niente per scontato, ma un piccolissimo sorriso contento apparve sul suo viso per un istante.
   Forse lei capiva per davvero.
   « Allora. Sei pronto per la parte difficile? » Quando lui alzò lo sguardo verso di lei, stavolta, interrogativo, lei spiegò « Posso dirti cosa comporta tutto questo, almeno per quello che ho capito… »
   Lo osservava con decisione, senza esitazioni, senza nemmeno un minimo di imbarazzo o disagio. Logan iniziava a sospettare che, se pensava di essere stato innamorato prima, non aveva idea di quanto Max potesse avere effetto su di lui, datale una possibilità.
   « Sei andata bene, finora » riuscì a sorriderle, colpito da quando bene lei stesse affrontando l’argomento. « Credo di potercela fare, se ce la fai tu ».
   E col suo permesso, Max presentò la situazione bene quanto un medico o un fisioterapista, iniziando dalla mancanza di sensazioni e movimenti al di sotto della lesione, visto che era completa. Riconobbe che alcuni aspetti della sua vita ora necessitavano di attenzione giornaliera e dedicata, come si esercizi fisici, il perché erano necessari, i controlli alla pelle, i motivi, fece anche un discreto accenno al modo in cui gli organi del sistema post-digerente erano affetti, mostrando che avrebbe potuto elencare le procedure, le ragioni, le opzioni, se lui avesse voluto.
   Logan, arrossendo fino alle orecchie, decise di fidarsi di lei.
   « Quindi sai che so anche il resto? » gli chiese Max gentilmente, appoggiandosi al bancone che era perpendicolare al tavolo da lavoro, ammirando la grazia dei movimenti dell’uomo, sempre presente nonostante l’imbarazzo della conversazione. « So cosa Bling voleva che ti dicessi,in ospedale, e cosa pensava che dovessimo discutere ora ».
   Logan si umettò le labbra prima di parlare; si trattava di una discussione difficile, ma dato tutto quello che aveva detto e fatto Max quel pomeriggio, non era più impossibile. « Immagino di sì, visto che tutto il resto lo hai detto alla perfezione ». Sospirò la propria resa. Max aveva presentato tutto in modo gentile, rendendolo molto più facile di quando avrebbe potuto essere.
   Max annuì, sedendo accanto a lui, guardandolo, cercando i suoi occhi. « E allora dimmelo, Logan » gli chiese con dolcezza, sapendo che era necessario quanto il resto. « Dimmelo tu, ciò che dovrei sapere, per te – non per un modello clinico che io possa leggere e generalizzare; voglio che tu mi dica quello che vuoi che sappia, per te. Sai già… cosa aspettarti, per te stesso? »
   Lui alzò lo sguardo verso gli occhi caldi e pieni di accettazione che aspettavano una sua risposta; esitò, di nuovo imbarazzato di fronte alla domanda, ma scosse la testa. « No. Non ne ho idea. Non ho avuto nessuna indicazione che… qualcosa possa accadere, ma… ma non ho nemmeno provato a vedere ».
   « Bene ». Alzò un sopracciglio. Era una sfida?
   Per Logan c’era troppo imbarazzo per credere ad alcunché – ma riuscì a chiedere.
   « Bene? »
   « Sì » lo prese in giro lei con un sorriso ironico. « Non volevo immaginare qualche informatore o uno dei tuoi operativi darti la possibilità di sperimentare… »
   Logan divenne rosso. « Uh, no, Max ». Era gelosa, e lui sorrise timidamente prima di aggiungere « Solo Occhi è casto e puro ». Sorrise in mezzo al rossore per la battuta.
   « Vedremo quanto durerà » mormorò lei. « E in realtà stavo sperando di incontrare Non Solo Occhi… »
   Logan si accorse che dietro alla provocazione lei stava cercando davvero di metterlo a suo agio, di offrirgli una connessione, per poter discutere apertamente di quell’argomento ancora così doloroso per lui. Per una persona non addestrata alle connessioni emotive, era stava così incredibilmente acuta e affettuosa…
   E per questo… per questo Logan le doveva i suoi sforzi migliori e più sinceri. Fece un respiro, osservò i profondi occhi castani e le disse nel modo più diretto possibile. « Max… Ho sentito che uomini con lesioni come la mia possono avere una grande varietà di risposte, fisicamente, che vanno dal quasi bene quanto prima al nulla assoluto. Ci sono molto più possibilità che non accada nulla, e non è detto che ci sia nemmeno una risposta limitata senza qualche aiuto farmacologico. Ma si dice anche che la maggior parte del piacere sessuale dipenda dal cervello; c’è molto di cui godere anche con una lesione come questa, se uno ci mette la testa. E sai quanto me che si sono altre cose che possiamo provare anche se… » Era arrivato fino a quel punto, non poteva fermarsi ora. « Anche se non funzionasse niente per me, ci sono cose che… » tu e io, aveva paura di dirlo « che una coppia può provare, insieme. Devi decidere tu se è abbastanza, e non c’è modo di saperlo senza provare, ma… » Esitò, la sua fiducia era improvvisamente finita, e abbassò lo sguardo sulle proprie mani, imbarazzato per il silenzio.
   Max osservò la testa china, sentendo che era riuscito a darle tutto quello che poteva in quel momento, e allungò la mano per pendere teneramente quella di lui; Logan ricambiò la stretta stavolta, come se stesse afferrando una cima di salvataggio. Mordicchiandosi il labbro, Max fece una pausa, ma poi osò chiedere « Logan… all’epoca degli yacht e dei club e Logan Cale l’uomo di Yale… » Quelle parole attirarono l’attenzione di lui; non aveva idea di dove andasse a parare, per cui ascoltò attentamente… « Non scaldavi una ragazza parlando di potenziamenti farmacologici e funzioni biologiche e risposte sensoriali… no? »
   Logan sbuffò e scosse la testa, sconfitto, afflitto. Aveva fallito.
   « E allora, fingiamo che sia ancora l’epoca degli yacht e dei club. Non c’è bisogno di far sapere a tutta la Rete di Informatori che Solo Occhi sta rivivendo i giorni edonistici pre-Onda Elettromagnetica. E uno di questi giorni… prepareremo la cena… e… metteremo della musica… e mi mostrerai cosa faceva il figo Logan Cale per scaldare una ragazza ».
   Le parole di Max si fecero strada nella sua breve depressione quando si rese conto di cosa la ragazza stesse dicendo.
   « La parte difficile è fatta, Logan » sussurrò sorridendogli. « Mi hai detto quello che avevi bisogno che io sapessi, e io non sono scappata. Ora possiamo dimenticarlo, ed essere chi siamo. Tu sei l’uomo più sexy, più brillante e più coraggioso che io abbia mai incontrato. E se mi invitassi a cena, un giorno, io direi di sì ».
   Logan deglutì e fece il più grande salto nel buio che avesse mai fatto in vita sua riprendendo la citazione. « E insieme… si stanno imbarcando nell’avventura più grande che due persone possano condividere ».
   Stavolta furono gli occhi di Max a luccicare di lacrime e chiese, improvvisamente incerta. « Ma quella parte… era per il loro matrimonio… no? »
   Logan scosse lentamente la testa. « Non esattamente » disse con dolcezza stringendo la mano di Max. « È per quando l’universo sorride… e le stelle si allineano per far ricongiungere le anime gemelle ».
   
   … continua…
   

   Note della traduttrice: E ci siamo! *-* È stato un capitolo difficile da tradurre; prima per quell’inferno conosciuto come “sessione di esami”, e poi perché è un capitolo denso di emozioni, di dolore… e di speranza.
   La frase citata da Max (e poi da Logan) è dall’episodio della 1x11 “Quadro d’autore” (titolo originale: “Art attack”) e fa parte del discorso che fa Logan per il matrimonio di Bennett e Marianne. L’adattamento italiano recita “
Il destino li ha fatti incontrare ma quella di vivere insieme è stata una scelta. E ora insieme condivideranno la più grande avventura che si possa affrontare”, che si adatta bene al contesto nella puntata ma non è una traduzione letterale della versione (molto più bella, se volete il mio parere) originale “They crossed paths by fate, but became partners by choice. And together ... they are embarking on the greatest adventure two people can share”, per cui ho dovuto ritradurre per rispettare il bellissimo uso di questa citazione fatto da shywr1ter.
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   

   

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Capitolo 24
*** Credevo di sbagliarmi, una volta ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Prego guardare capitoli precedenti guardate i capitoli precedenti.


Credevo di sbagliarmi, una volta



   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 12:51 pm.

   Settore Nove. Fogle Towers. Atrio
.

   « Max ».
   Lo aveva sentito entrare nell’atrio, ovviamente. Anche se non avesse riconosciuto il passo felpato, non sarebbe rimasta sorpresa se, dopo il suo comportamento di due ore prima, Bling fosse rimasto nei paraggi – poteva sembrare imperturbabile e calmo a tutti gli altri, ma nel corso dei mesi Max aveva visto la sua costante dedizione e devozione nei confronti di Logan. E sapeva che non c’era nessuno sul pianeta, se stessa compresa, che conoscesse meglio di Bling il tormento che Logan infliggeva a se stesso quando si trattava dei suoi cambiamenti fisici, il suo valore ai suoi occhi. L’aver costretto loro due insieme aveva comprensibilmente preoccupato anche il fedele fisioterapista. Max si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi in attesa, senza far trasparire nulla. Bling era andato ben oltre quanto sarebbe andata persino lei, stavolta, e la ragazza rifletté che era un rischio che aveva voluto correre per il bene di Logan; un tipo di rischio diverso dal solito, ma comunque un rischio. Bling dava così tanto; Logan ispirava così tanta lealtà…
   « Max, aspetta… » Bling le si avvicinò, una lieve smorfia sul suo viso per il movimento brusco con cui si era lanciato dalla macchina e l’aveva rincorsa. Scrutò il viso di lei per cercare qualche indizio su come fosse andata. Non c’erano segni di rabbia, notò, ma non c’era molto altro.
   « Sta bene? »
   Lei annuì. « Sta bene ».
   « Bene » rispose lui sollevato, ma poi aggiunse in fretta « e tu? »
   Max esitò solo un momento prima di cedere, comprendendo che all’uomo interessava l’intero Logan Cale; apprezzò non solo la lealtà di Bling, ma anche la rassicurazione che avrebbe mosso cielo e terra per tenere Logan sano e al sicuro da ogni punto di vista. Fece un sorrisetto. « Sì, anche io. Grazie per aver chiesto ».
   Il sarcasmo nella sua voce spinse Bling a credere che fosse andato non poi così male. « Ed entrambi mi rivolgerete ancora la parola? » chiese.
   Max fece un sorriso mesto e scosse la testa, superando il terapista con una pacca sulla spalla; mise le mani sul manubrio della sua bicicletta. « Io sto sempre bene, Bling; lo sai. Vai di sopra da Logan. È di lui che dovremmo preoccuparci entrambi ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 12:54 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Interno.
   

   Max aveva appena lasciato l’atrio e Bling era già in ascensore, e faceva scorrere il suo pass per raggiungere l’attico; non era sicuro di cosa avrebbe trovato. Era certo che Max non avrebbe mai lasciato Logan solo se fosse stato troppo scosso, ma la ragazza non gli aveva esattamente detto che Cale fosse felice per come stavano le cose – non gli aveva nemmeno assicurato che avessero parlato. Di sicuro non c’era stato abbastanza tempo per discutere – figuriamoci fare qualcosa – dei loro sentimenti.
   Ovviamente, se Max avesse cambiato idea rispetto a quello che aveva detto la notte prima, o se Bling avesse in qualche modo frainteso ciò che i due provavano… se Logan si fosse chiuso in se stesso e si fosse rifiutato di parlare… o, peggio, se avesse confessato tutto e lei lo avesse semplicemente respinto e fosse tornata al lavoro…
   A ogni piano Bling divenne via via più apprensivo. Basta che non abbia peggiorato le cose, sperò. Se posso trovare il modo di risolvere quello che ho messo in moto, di…
   
Bling attraversò lo spazio dall’ascensore alla porta d’ingresso in un ampio passo; la sua mano percorse in fretta il pannello di sicurezza, inserì il codice. Con un lungo respiro per calmarsi, per prepararsi a qualsiasi cosa lo stesse aspettando, Bling avanzò con decisione per il corridoio silenzioso, superò la palestra vuota, la sala computer vuota, la cucina vuota… Trovò Logan dove meno se lo aspettava, nel salotto; guardava al di là della finestra, un chiaro segno che non era tutto rose e fiori. Fece una pausa, e per una volta non sapeva cosa dire; decise che, date le circostanze, era meglio non dire nulla. Entrò nella stanza e si sedette sul bracciolo del divano, osservando l’uomo che aveva promesso di proteggere e supportare – di aiutare a guarire. Il suo datore di lavoro sembrava un po’ scosso, ora. Attese.
   Passarono lunghi momenti di silenzio; Logan non sembrava interessato alla sua presenza. Poi, finalmente, fece un respiro profondo e parlò. « Bling… qualcuno mi ha mai detto che mi avevano sparato? »
   La domanda colse il terapista completamente di sorpresa e lo lasciò a chiedersi cosa potesse passare per la mente di Cale. Depressione? Negazione? Rabbia? Prima che potesse decidere, però, Logan parlò di nuovo.
   « Perché… per lungo tempo, non credo di averlo saputo. Voglio dire… credo che lo sospettassi, dall’inizio, ma non avevo alcun ricordo dell’accaduto. Qualche giorno dopo, Sam disse qualcosa su dei frammenti di proiettile rimossi e dei frammenti rimasti, quindi più o meno era come dirmelo. E non è che facesse comunque molta differenza, come ero finito in quel modo… » La sua voce era distaccata, neutrale. Calma. « Ma… per lungo tempo non lo sapevo ».
   Bling era completamente spaesato, ora. Tuttavia, Logan sembrava pronto a parlare, e questo gli dava un minimo di speranza; una speranza a cui si aggrappò mentre rimaneva lì seduto ad ascoltare.
   « Più o meno come ora… Voglio dire, Sam cercò di spiegarmi chiaramente che sarebbe stato permanente » proseguì Logan, la sua fronte aggrottata, riflessivo. « Ma io non l’avevo ancora sentito, Bling. Non avevo permesso a me stesso di sentire. Dentro di me ero sicuro che se avessi continuato a lavorare, se lo avessi ignorato, sarebbe andato via, e un giorno mi sarei svegliato e sarebbe sparito, tutto guarito. E tu hai lavorato con me per aiutarmi a restare in forma, sai, per essere sicuri, quindi forse lo pensi anche tu ». Logan continuò a fissare al di là della finestra, i suoi occhi su immagini al di là della comprensione del terapista; ridacchiò senza allegria. « Dopotutto è già accaduto una volta, con la trasfusione… chi dice che non ci sia un altro miracolo che aspetta dietro l’angolo? » Si concesse ancora uno sbuffo, ancora senza allegria, solo disapprovazione nei propri confronti. « Non ho mai nemmeno usato la parola “paralisi” ed è passato quanto, un anno? » Il viso di Logan era tormentato, distante. « Credi che mi sveglierò mai? »
   Incerto su dove Logan volesse arrivare, Bling provò con un approccio gentile. « Credevo che una volta che avessi iniziato a giocare con gli altri, passato del tempo con altri con condizioni simili… »
   « No ». Logan scosse immediatamente la testa, lo sguardo ancora su immagini sconosciute al di là dei vetri. « Non dimenticare gli altri della squadra, e i visitatori come Tony – loro si alzano dalle sedie quando la partita finisce. Stavo solo aspettando il mio turno ». Sospirò e finalmente alzò gli occhi sull’espressione preoccupata del suo terapista. « Avevo paura di ammetterlo, Bling, paura di riconoscere che questa sarebbe stata la mia realtà per tutta la vita ». Sospirò di nuovo e abbassò lo sguardo per un momento prima di spostarlo di nuovo sulla finestra. « Non ero sicuro di poter vivere con tutte le implicazioni. Anche quando ne parlavo, quando sembrava che stessi affrontando la cosa… “la sedia”, “la lesione”, “la sparatoria”… Mai Logan Cale, paraplegico. Logan Cale, T8 completa ». Scosse la testa e sbuffò, ancora una volta un suono senza allegria pieno di disgusto. « Non ti sei insospettito nemmeno un po’ quando non ho voluto mettere nemmeno il pass per il parcheggio disabili sulla macchina? »
   Bling non riusciva più a sopportare l’attesa. « Logan… che c’entra tutto questo? È successo qualcosa con Max? »
   Logan sembrò tornare sulla terra; a quella domanda, tornò a guardare Bling, esitò un momento e distolse lo sguardo, lo fissò sul pavimento di fronte a lui. Lunghi momento passarono nei quali sembrò soppesare la domanda, finché finalmente ridacchiò – ma stavolta c’era meno amarezza, più sorprese ironia. « Sì ». Guardò fuori dalla finestra, ma stavolta la sua espressione si era addolcita e i suoi pensieri – su Max, Bling ne era sicuro – permisero alla sua fronte di distendersi, alla mascella contratta di rilassarsi. « Credo… che anche se io non sono riuscito ad accettare la mia realtà – Max mi ha appena detto che lei lo ha fatto. Ha detto chiaramente che sa cosa funziona e cosa no, cosa è necessario modificare, cosa è diverso, ora ». Scosse la testa; l’accettazione della ragazza lo stupiva ancora. « Ha elencato tutto come un libro di testo, e si è fatta dire come le cose si applicano o meno al mio caso ».
   Bling aggrottò la fronte, ancora incerto su cosa la conoscenza di Max avrebbe significato per la coppia – o su come il suo approccio apparentemente brusco aveva influito su Logan. « Non è rimasta così a lungo » tentò. L’unica risposta di Logan fu di annuire e restare in silenzio, perso nei propri pensieri. Bling insisté « Se è in grado di “è riuscita ad accettare la tua realtà”, per usare le tue parole – è quello che volevi, no? Che lei capisse. Era per questo che volevi che io le parlassi… » Di nuovo Logan annuì, e di nuovo rimase in silenzio. Nessun male è stato fatto ancora, sperò Bling. Continuò. « Ha lasciato la porta aperta per una possibile relazione tra voi? »
   A quella domanda, Logan guardò di nuovo Bling e iniziò a rendersi conto della preoccupazione nei suoi occhi, comprendendo perché era così spaventato dai possibili risultati di quella scommessa, del tentativo di far parlare lui e Max. Stavolta rispose, ancora guardandolo negli occhi. « Tutto quello che aveva da dire – sul mio sistema nervoso, la vita con una lesione alla spina dorsale – è stato più o meno “ok, quel che è fatto è fatto, ne abbiamo parlato. Ora andiamo avanti col fatto che siamo un uomo e una donna e ignoriamo il resto” ». Finalmente, le tracce di un sorriso comparvero sul bel viso di Logan; l’uomo fece spallucce. « Se può farlo lei, con la sua testardaggine, il suo insistere che non c’è niente che ci impedisca di avere una relazione… forse posso anche io ».
   Bling sentì il sollievo farsi strada in lui, lasciandolo stranamente stanco. Deve esser la spalla, l’operazione, si disse. « Sono contento che Max sia davvero così a suo agio come sembrava » riuscì a dire con tono neutro. « Non mi era mai sembrata in imbarazzo ».
   « No, immagino di no » mormorò Logan. « Mi sa che me lo sono perso mentre ero troppo impegnato a sentirmi in imbarazzo a mia volta ».
   Ma non era tutto risolto tra loro, e Bling sapeva che a distanza di pochi giorni aveva superato il limite della sua amicizia con Logan; sapeva di doversi scusare, e sapeva che le sue scuse avrebbero potuto non essere accettate. « Logan… ascolta… » Il suo tono interruppe le riflessioni in cui era immerso l’altro. « Quello che ho fatto oggi – dannazione, quello che ho fatto negli ultimi giorni – non è stato un bel comportamento, da parte mia. Ho… Ho visto una possibilità per farvi avvicinare, e speravo che foste già abbastanza vicini da poter superare gli ultimi ostacoli e ammettere ciò che provate l’uno per l’altra. Credo che la mia astuzia a volte abbia la meglio sul buonsenso. Spero che non siate stati a disagio o in imbarazzo per colpa mia ».
   Le sopracciglia di Logan si sollevarono improvvisamente; Cale fissò Bling con uno sguardo di incredulità che era così Logan – un Logan divertito che fingeva di essere di cattivo umore – da convincerlo che dopotutto non poteva essere andata così male. « Speri che “non siamo stati a disagio o in imbarazzo per colpa tua”? » ripeté, solo parzialmente scherzoso. « Beh, cavolo, Bling, non so cosa possa averti fatto pensare una cosa simile ». Il sarcasmo trasudava dalle sue parole.
   « Pessima scelta di parole. Forse è colpa dell’operazione, della ferita… » provò a giustificarsi Bling cercando con poca convinzione di fare leva sulla pietà; aggiunse poi seriamente « ma dico sul serio. So che è stato difficile per entrambi, parlare dei vostri sentimenti… L’ultima cosa che avrei voluto sarebbe stata di peggiorare le cose ».
   Logan osservò a lungo quell’uomo che gli era stato vicino nel momento più difficile della sua vita, che lo aveva aiutato dal punto di vista professionale e personale più di Max persino, se possibile. Strinse le labbra, deciso a non rendere le cose troppo facili per il terapista: una piccola punizione per i metodi estremi che aveva scelto di usare per avvicinarlo a Max. dopo qualche momento, senza battere ciglio, Logan disse « Quando ho capito le tue intenzioni – il quel momento ho pensato finalmente, finalmente, Bling si sbaglia su qualcosa ».
   Bling osservò il viso impassibile, sperando di conoscere la risposta, ma non era ancora sicuro che la sua brusca interferenza potesse essere così prontamente perdonata. Prese un respiro lungo per calmarsi, sollevò il mento e chiese « Ed è stato così? »
   Logan esitò; non abbassò lo sguardo, non lasciò trapelare nulla fino a quando finalmente parlò, una risatina di disperata resa. « No ». Ed erano chiare le emozioni che passavano nei suoi pensieri: la sua continua sorpresa con Max, la sua imbarazzata consapevolezza, la nuova promessa di superare la negazione in cui era vissuto così a lungo… e la testarda lealtà e affetto che vedeva in quell’uomo – nel suo amico – pronto a rischiare l’ira di Logan per il suo bene.
   Bling si rilassò e Logan lo vide. « Bene » ammise, « perché in quel momento… l’ho pensato anche io che “finalmente” mi sbagliavo ».
   Il viso di Logan si illuminò per la sorpresa. « Ma… ti sbagliavi? » La stupida battuta fu offerta come segno di pace con un ampio sorriso impudente.
   Bling scoppiò a ridere, scuotendo la testa. « Immagino di sì. E dopotutto, se proprio dovevo sbagliarmi su qualcosa, sono contento sia stato su questo ». Osservò il suo assistito per un momento e chiese « Ma tutto quello che hai detto prima, quando sono entrato, sul fatto che nessuno ti aveva detto che ti avevano sparato – sul fatto che non volevi ammettere che sarebbe stato permanente. Cos’era? Non sono sicuro che tu sia così contento di come stanno le cose come vuoi farmi credere ».
   Logan tornò a guardare fuori dalla finestra, ma stavolta fu solo per raccogliere i pensieri, per riflettere. « Quando sei arrivato ci stavo pensando, alla negazione e tutto, e ho deciso che avevo più che altro paura di crollare. Dopotutto è passato un anno, ho già visto la maggior parte degli ostacoli, no? E questa settimana è stata densa di cose che mi hanno portato faccia a faccia con la realtà: prima l’arrivo di Tony e il modo in cui ha affrontato la cosa… e poi Max… » La sua voce rimase sospesa. « Roba forte » ammise guardando Bling.
   Il terapista annuì, colpito da quelle parole e da ciò che significavano per Logan, da quel passo verso l’accettazione a cui si era opposto per tanto tempo. Ma c’era un ultimo ostacolo. « Quindi sei in pace con tutto – non solo con Max, con quello che è successo tra voi stamattina, con come stanno le cose tra voi e con te stesso – ma anche con quello che ho fatto io? »
   Il sorriso di Logan si addolcì, nei suoi occhi uno sguardo divertito e stanco. « Non dovrei, vero? » rimproverò. Fece una pausa a effetto prima di cedere. « Sto bene, Bling. Come posso non apprezzare come minimo le tue intenzioni? » Lanciò uno sguardo di disapprovazione al braccio immobilizzato dell’uomo e disse « Ma non sognarti nemmeno che ti coprirò ancora con Sandra. Anzi, se non torni a casa nei prossimi due minuti la chiamo io stesso e faccio la spia ».
   « Credevo avessi detto che siamo a posto ». Ma c’era un sorriso di apprezzamento; Bling era divertito a sua volta. Sapeva di aver chiesto molto al suo amico negli ultimi giorni, e sospettava Logan avesse riportato più lividi per quell’assalto di emozioni che per lo sconto sulla Quay.
   « A posto, forse. Ma mentire a Sandra sarebbe chiedermi troppo ».
   Bling osservò a lungo il suo datore di lavoro, il suo amico, e con riluttanza dovette riconoscere che Cale aveva un aspetto migliore di… beh, di quello che aveva da quando gli avevano sparato, nonostante la “terapia d’urto” con Max. Con un sospiro decise di essere onesto. « Non so quanto sia una buona idea lasciarti qui a rimuginare ancora sull’accaduto, ora che hai deciso di affrontare la realtà ». Fece spallucce. « Logan, ne hai passate tante… »
   Logan annuì, uno sguardo saggio quanto quello del suo terapista nei suoi occhi. « È vero » ammise. « Ma tutto quello che è successo oggi è stato molto più facile da affrontare. E sono ancora qui, dopo tutto questo » disse stringendosi nelle spalle. Gli occhi di Bling erano ancora cupi per la preoccupazione, e Logan gli sorrise, un sorriso aperto e sincero. « Andiamo, Bling, pensaci » disse. « Un’ora fa Max era qui a dirmi di uscire dal mio guscio e rendermi conto che lei è una donna e io sono un uomo… e che siamo pronti a vedere se è possibile costruire una relazione ». Era ancora sorpreso, e si vedeva dal suo viso, ora che aveva parlato ad alta voce. « Se ne ho passate tante finora – ho la sensazione che c’è ancora molto ancora che mi aspetta ».
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 6:58 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico
.
   
   Logan allungò il braccio per accendere le candele sul tavolo, e il loro crescente bagliore luccicò sui tre posti preparati; sorrise nel sentire la porta aprirsi e il sistema di sicurezza disattivato con efficienza. Si appoggiò allo schienale e si voltò, notando la camminata lenta e sicura di Max che si avvicinava a lui, la bocca curvata in un sorriso per lui. « C’è un profumo fantastico, qua. Perché non hai mai cucinato italiano prima? »
   Lui fece spallucce, consapevole che il suo ampio sorriso doveva somigliare a quello che aveva alle medie, quando era ancora nuovo e timido e pieno di speranza come ora, con Max davanti a lui. Era ancora più bella, stasera; era tornata a casa a cambiarsi e indossava dei pantaloni neri aderenti e un morbido maglione color avorio che le riscaldava il viso, toccato sicuramente dalla mano sicura del make-up di Original Cindy e da orecchini d’oro luccicanti. Orecchini, pensò tra sé stupito. « Non ci avevo mai pensato prima, credo » riuscì a dire.
   « Dovrai recuperare il tempo perduto » lo prese in giro abbassando lievemente le palpebre, consapevole dell’effetto che avrebbe avuto su Logan. Effetto che raggiunse, ma i pensieri di Logan erano più focalizzati sul fatto che Max stava flirtando con lui che su quanto fosse bella nel farlo.
   « Credo si possa fare » rispose lui con un sorriso. Decise in quel momento che gli sarebbe piaciuta questa nuova regola di Max, quel “facciamolo e basta”.
   « Tony non è ancora tornato » osservò la ragazza. Logan ebbe la conferma che la ragazza aveva ascoltato per essere certa lui fosse solo. Aveva la sensazione che, se avesse sentito Tony, non sarebbe entrata così prontamente…
   « Ha chiamato dalla macchina qualche minuto fa. Dovrebbe essere qui a momenti ».
   Max annuì. « C’è niente che posso fare? »
   « No, è tutto sotto controllo » le sorrise. « Puoi iniziare col vino, se vuoi ».
   « Se lo fai anche tu ». Logan rispose col sorriso con le fossette che a volte le aveva mostrato in passato; l’uomo si voltò per andare in cucina e lei dovette sbrigarsi a seguirlo. « Sai, dico sul serio, Logan. Solo la cena e poi me ne vado, così voi due avrete tempo per parlare un po’ prima che Tony se ne vada. Non puoi sapere che non verrà richiamato in centro domani ».
   Lui proseguì diretto in cucina e riuscì ad annuire, serio, mentre prendeva il vino che aveva lasciato a respirare in una brocca sul bancone e le versava un bicchiere. « Solo la cena » ripeté. « È un peccato. Con qualche modifica e qualche sostituzione, credo di aver fatto un tiramisù decente ».
   Max spalancò gli occhi; sorrise dolcemente. « Voglio sapere cos’è » disse.
   « Eh sì ». Logan si versò un bicchiere di vino e ridacchiò. « È un dessert, Max ».
   « Tiramisù » ripeté la ragazza assaporando il nome come se fosse il dolce stesso. Logan non era sicuro di poterla guardare ancora senza “fare e basta” tutto in quel preciso momento. « Beh, se insisti… »
   « Insisto » rise lui. « E sono sicura che anche Tony lo farà ».
   « Quindi sono due cose » disse Max allegra. « Cena e dessert… »
   « E il caffè con dessert ».
   « E il caffè ». Max si calmò un po’ e poi disse « Ma il dessert non è importante quanto il tempo con tuo cugino, Logan. Potrò avere il tiramisù un’altra volta… »
   « E io posso avere entrambi » le promise lui. « Te, la cena col dessert; e Tony, con una bella chiacchierata dopo. C’è abbastanza tempo per tutto, Max ».
   Max osservò gli occhi verdi che brillavano ed erano pieni di tanto calore e affetto che le mancò per un momento il respiro; sorrise pensando che avevano finalmente abbattuto le barriere tra loro che li avevano trattenuti per tanto a lungo. « Va bene » sussurrò, « perché sospetto che resterò per il dessert abbastanza spesso, ogni volta che lo vorrai ».
   
   … continua…
   

   Note della traduttrice: qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

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Capitolo 25
*** Il cerchio si chiude ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Prego guardare capitoli precedenti guardate i capitoli precedenti.


Il cerchio si chiude



   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020, 7:04 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico.

   
   A Logan servì uno sforzo sovrumano per non inghiottire di colpo il vino – costoso e risalente a prima dell’Onda – contenuto nel suo bicchiere alla vista di Max che sorseggiava il proprio: il rosso scuro del vino e quello delle sue labbra, il color cioccolato dei suoi occhi e capelli…
   Logan posò il calice e, notando che la propria mano tremava un po’, fece un respiro profondo che riemise in una risatina, una confessione mesta. « Non mi sentivo così nervoso dal mio primo ballo alle medie ». Sollevò gli occhi dal bicchiere e li posò su di lei. « Anche allora fui completamente surclassato dalla mia accompagnatrice ».
   Qualsiasi cosa avesse sperato di ottenere con le sue parole, ottenne molto di più di quanto immaginasse; negli occhi di lei apparvero scintille e un sorriso ampio le illuminò il viso.
   « Lei chi era? » chiese con fare civettuolo.
   « Jenny? No, uh… Janey? » Si fermò, sorpreso, e rise. « Non mi ricordo. Il più importante evento romantico della mia vita fino ad allora e non ricordo nemmeno più il suo nome ».
   « Perché ce ne sono stati molti altri, da allora? »
   Di nuovo quello sguardo, quella cosa che faceva Max quando socchiudeva gli occhi; una sfida… uno sguardo così sicuro di sé che - Logan ora lo sapeva - nascondeva tutte le insicurezze. Consapevole di ciò, l’uomo fu più pronto a sorridere. « No. Per il tuo aspetto stasera. E, per il modo in cui mi stai guardando, non credo di ricordare più nemmeno il mio, di nome ».
   Al diavolo cercare di mantenere la calma, si disse sollevando il bicchiere di vino per berne un sorso. Almeno non dovrò guidare, stanotte… Vedendo che Max sorrideva solo per lui, ricordando quanto tutto ciò fosse nuovo, si arrischiò a dire « Immagino che avremo ancora da parlare » ammise. « Ci sono altri argomenti da affrontare, anche dopo quello di cui abbiamo già discusso ».
   « Sì, ma dovrebbe essere tutto più facile da questo punto, no? » Gli occhi di lei danzavano e la sua voce era carica delle sue speranze per loro due, insieme.
   Logan ridacchiò, gli occhi rivolti al vino, e un sorrisetto fece apparire due fossette nelle sue guance. « Probabilmente » confermò. « Almeno per me ». Alzò di nuovo gli occhi e fece spallucce. « Conosci tutti gli altri miei scheletri: Solo Occhi e la famiglia Cale ».
   « Oh, non ne sono così sicura » rispose lei con un sorriso. « Mi sa che non ho mai sentito tutti i dettagli succosi su Daphne… o Valerie… »
   « Max » rise lui; aggiunse, credendoci appena « Se non ti conoscessi così bene, penserei che tu sia gelosa ».
   « Gelosa? Io? Impossibile » protestò lei cercando di soffocare il sorriso imbarazzato nel bicchiere. « Mi hanno programmata per non esserlo… »
   « Sì, ci scommetto… » Logan si godette il pensiero di essere in grado anche lui di scuoterla, almeno un po’. Il suo sorriso non cambiò minimamente quando udì la chiave girare nella serratura e il suono di Tony che disinseriva il sistema di sicurezza. « Tony è arrivato giusto in tempo per salvarti » le disse a bassa voce, un sopracciglio sollevato per prenderla in giro; era più facile affrontare il nervosismo sapendo che era condiviso. « Ehi, cugino, siamo qui » chiamò sorridendo a Max. Si sarebbe goduto la serata.
   « Spero che quella sia la cena, perché ha un profumo fantastico, cugino ». Tony entrò dal corridoio e vide subito Max e Logan uno di fronte all’altra ai due lati del bancone della cucina, le guance in fiamme e bocca e occhi incollati a quelli dell’altro in sorrisi infatuati. Quel cambiamento in meglio faceva vibrare l’aria. Il suo sorriso affabile si allargò, ma non sapeva cosa dire – non poteva essere più fiero di così, non quando quei due erano insieme; ma non avrebbe permesso che si tirassero indietro. Gli ci volle solo un momento per capire che stavano più che bene da soli. Avrebbe aspettato prima di cantare vittoria, si ripromise, ma a quanto pareva la sua partenza non sarebbe stata un problema.
   Li osservò entrambi, uno dopo l’altro. « Max, sei bellissima » sorrise avvicinandosi al bancone dall’altro lato. « Sei sempre bellissima ».
   La ragazza arrossì sia per le parole di Tony sia perché le aveva pronunciate di fronte al suo cugino preferito. « Grazie » mormorò.
   « E non sei male nemmeno tu, cuginetto » disse Tony a Logan con un ghigno, notando che il giovane indossava pantaloni firmati e un maglione che Tony sapeva era costato varie centinaia di dollari. « Ovviamente, mi stupisce che zia Margo ti permetta di vivere nella sua stessa città, vista la… uh… » Fece un cenno verso la propria mascella, guardando la barba non fatta di Logan.
   Il giovane alzò gli occhi al cielo, mentre Max ridacchiava per la scenetta. « Occhio che non vede, cuore che non duole » sospirò stancamente. « Lo dimentica quando non sono davanti al suo naso. Ovviamente non le ci vuole molto a ricordarlo e dire qualcosa, appena mi vede ». Ridacchiò e aggiunse « Mi aspetto che mandi qualcuno a legarmi e radermi ».
   Tony sorrise allegramente e ringraziò quando Logan gli offrì un bicchiere di vino. A quanto pareva, Bling si occupava veramente di alcune faccende per Logan, rifletté Tony guardando il cugino tirare fuori l’antipasto di crackers e formaggio sul vassoio; gli occhi di Max brillavano mentre lo osservava fare il padrone di casa, ricreando l’eleganza di prima dell’Onda in un mondo troppo buio. I loro sguardi, le loro reazioni non erano diverse da quelli del resto del week-end, ma stavolta… stavolta sembravano pronti a riconoscere che c’era desiderio per l’altro. Forse aveva ragione: sarebbero stati più che bene anche da soli.
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 11 febbraio 2020. 8:49 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers Attico.

   
   La cena e il dessert erano stati piacevoli, con racconti e battute e domande. Erano tutti e tre consapevoli che il tempo che i cugini avrebbero potuto trascorrere insieme volgeva al termine, che lavoro e altre responsabilità avrebbero di nuovo messo un intero continente tra i cugini. Ma sembravano avere un tacito accordo, quelle ultime ore insieme dovevano essere usate per festeggiare, non per piangere: i cugini erano riuniti, nessun segreto li avrebbe tenuti lontani e avrebbero trovato un modo per tenere il loro legame saldo.
   Nonostante cercassero sempre di coinvolgerla, Max cercò di deviare la conversazione sulla famiglia e le volte che si erano visti, crescendo, almeno due o tre volte l’anno, e le vacanze. Molte erano al capanno, e tanti ricordi erano legati al lago e alle ore passate a nuotare, tuffarsi, immergersi e persino fare sci d’acqua. Quando la discussione cadde sui ricordi che i due uomini condividevano, Max si alzò per portare i piatti in cucina e tornò con la caffettiera mentre gli altri finivano il tiramisù. Tornò con un piatto di dessert per se stessa e sedette per godersi quella porzione extra mentre i racconti proseguivano.
   « Sai, è stato lì che ci siamo incontrati la prima volta, al lago » disse Logan a Max, coinvolgendola. « L’estate in cui non avevo ancora tre anni… Tony venne da noi per tutte le vacanze ».
   « Non era la prima volta, cugino » disse subito Tony, gli occhi che brillavano per i ricordi.
   « Sì, invece: l’estate prima non venisti, e i miei genitori non ci andarono quando avevo un anno… »
   Tony annuì. « Lo so, ma c’è stato un momento prima ancora. Comunque eri troppo piccolo per ricordarlo ».
   Fece spallucce e si scusò con Max. « Non avresti dovuto lasciarci iniziare – deve essere una noia, come guardare i video delle vacanze di qualcun altro ».
   Max rise a metà boccone, finì il tiramisù che aveva rubato dalla pirofila e leccò il cucchiaio. « No, siete divertenti – molto più di un video » disse posando piatto e cucchiaio. Con un sorriso allegro si raddrizzò sulla sedia, finì il caffè e posò il tovagliolo sul tavolo. « Ma è ora che vada ». Guardò prima Logan, notando il suo sorriso grato, poi l’agente. « Tony, sono davvero contenta di averti conosciuto. E sono contenta di sapere che posso usarti per minacciare Logan quando diventa troppo testardo: posso dirgli che chiamerò il Grande Cugino Tony ».
   Logan arrossì ma non disse niente, continuò a sorridere, ubriaco di molto più che i due bicchieri di vino che aveva bevuto. Tony rise e annuì. « Assolutamente. E se diventa troppo da gestire, chiamami e ci penso io a lui ». Osservò la bellissima donna, deliziato dal fatto che fosse così presa da suo cugino, e fece spallucce. « Mi sa, però, che tra te e Bling la maggior parte dei problemi saranno risolti ».
   « Non farà male chiamare rinforzi » rise lei.
   « Non andare così presto, Max; sai che a entrambi fa piacere la tua compagnia » disse Tony, con un sorriso caloroso. I suoi occhi verdi erano sinceri - e lo videro sia Max che Logan.
   Lei sorrise, scosse la testa e si alzò; Tony si alzò subito a sua volta in risposta. « Avete ancora tanto di cui parlare » disse decisa, « e anche se probabilmente non basterebbe un intero mese, non vi toglierò il tempo che avete ». Dopo una breve esitazione, Max si piegò verso Tony e, sorprendendo entrambi gli uomini, gli toccò gentilmente il braccio e gli diede un bacio sulla guancia. Lo sguardo che vide in Tony era di gratitudine – aveva tempo per stare con Logan, e significava molto per lui. « Verrò all’aeroporto con voi, domani, quindi ci rivedremo ». Sorrise allegramente mettendo a posto la sedia prima di rivolgersi al padrone di casa. « La cena è stata fantastica, come sempre » I suoi occhi gentili erano rivolti a quelli che brillavano nascosti dagli occhiali; si rivolse a entrambi gli uomini quando disse « Divertitevi ».
   « Max… » Logan balbetto, arrossì, poi sorrise prima alla ragazza e poi a Tony. « Accompagno Max alla porta ».
   Tony risponde con un sorrisetto e l’aria di chi la sa lunga, annuendo. « Buona idea » disse. « Notte, Max. Ci vediamo domani ». Osservò l’aggraziata figura della ragazza avviarsi lungo il corridoio, un po’ ancheggiante apposta per l’uomo che la seguiva; poi i suoi occhi si posarono sui movimenti decisi del cugino. DiNozzo sorrise guardandoli – ciò che in quel momento occupava la mente del cugino non era il come stava seguendo Max, ma il fatto che stava seguendo Max. Tony sospirò. Logan sarebbe stato bene – e i due sarebbero stati ancora meglio, insieme, l’uno accanto all’altro, aperti.
   Tony tornò a sedersi. I suoi pensieri erano a miglia di distanza, ora; il ricordo Logan apparve davanti ai suoi occhi per la prima volta dopo decenni…
   … non sarebbe toccato a loro di passare il Ringraziamento a Seattle, ma quest’anno le cose erano diverse. Quest’anno, appena qualche settimana prima, la zia Sara aveva avuto un bambino, il primo per lei e lo zio Robert. Gli altri cugini di Tony avevano la sua età; appena qualche anno di distanza, tutti più grandi. Quindi un piccolo Cale era un evento che mancava da un bel po’, e che fosse il primogenito di Robert Logan Cale rendeva quel momento ancora più importante.
   Tony sentiva, ma per lo più ignorava tutta quell’eccitazione. Avevano sempre detto tutti che lo zio Robert era quello brillante, quello le cui idee e creatività stavano aprendo nuovi mondi all’azienda di famiglia. Era stato gentile con Tony ogni volta che si erano visti, ma non era spesso lì, dati i lunghi orari in ufficio. Era la zia Sara ad avere un posto speciale nel cuore di Tony. non era come sua madre o le altre zie; era magra e forte e amava l’aria aperta, proprio come lui. Era la zia Sara che gli aveva insegnato a tuffarsi dal pontile quando aveva quattro o cinque anni; aveva giocato a frisbee o a basket con lui anche quando non c’erano gli altri cugini e lui si annoiava. Aveva occhi azzurri che sembravano promettere che sarebbe stata sempre sincera con lui, e un sorriso pronto e una risata che lo spingeva a credere che si stesse davvero divertendo a giocare con lui, che lo voleva, non che
doveva.
   Ma ora? La zia Sara era diventata mamma. E lui aveva quattordici anni, era abbastanza grande da non aspettarsi la completa attenzione della zia, abbastanza grande da sapere che era stupido essere geloso di un neonato. Ma non riusciva a smettere di chiedersi cosa sarebbe successo da quel momento. La zia Sara era una
madre. Come poteva essere la stessa?
   Perciò teneva in broncio. Non vedeva nessuno della famiglia di Seattle da due anni, e questa visita si era trasformata in “andiamo a vedere il bambino”. Il volo era stato scomodo, il tragitto in macchina dall’aeroporto alla villa orribile, e all’arrivo Tony già non vedeva l’ora di tornare a casa sua.
   L’arrivo dei DiNozzo alla villa dei Cale non fu molto diverso dal solito: un paio di amichevoli schiaffetti alla nuca dai suoi cugini, liceali irritanti che erano ormai troppo fighi per passare del tempo con lui; sua zia Margo e l’inevitabile sguardo che lo squadrò da capo a piedi, seguito da malcelata disapprovazione; lo zio Jonas che cercava come sempre di fare colpo sui genitori di Tony con noiose storie di lavoro… ma stavolta lo zio Robert era arrivato prima di loro, e sembrava diverso - meno “perfetto” del solito, ma sorridente, allegro. Forse un po’ trafelato. La zia Sara non si vedeva, invece.
   Il gruppo si era diretto verso il salotto, chiacchierando, raccontandosi cose; gli adulti ignoravano i ragazzi, come al solito. Tony sedette su una sedia un po’ in disparte, quasi dimenticato, già annoiato, e sperava che la zia Sara sarebbe arrivata almeno a salutare, si chiedeva se sarebbe riuscito a sgattaiolare fuori per fare qualche tiro a canestro o qualcosa per passare il tempo. Appoggiò il mento sul palmo, scalciando delicatamente contro il tavolino davanti a lui, così perso nei suoi pensieri che udì a stento la voce familiare prima che la proprietaria sedesse con grazia sul tavolino. « Ehi, Tony – sei appena arrivato e già sei così di malumore? »
   Tony alzò lo sguardo verso di lei, e iniziò a sorridere, ma poi si bloccò incerto. La zia Sara, gli stessi occhi azzurri e sincera allegria nel vederlo – ma non era la stessa Sara che conosceva: i suoi capelli erano più lunghi, in morbide onde invece del pratico taglio corto che aveva sempre portato. Non indossava i soliti pantaloni e maglione, ma un abito blu con merletto e un bellissimo amuleto d’oro – Tony deglutì, incerto. Era una madre, ora. « No, stavo… stavo solo aspettando » balbettò.
   « Nessuno ti ha ancora portato una coca o qualcos’altro? » gli chiese lei gentilmente. Tony scosse la testa e lei sorrise in maniera familiare, ma più stanca del solito. « Andiamo – prendiamoci qualcosa da bere, così puoi raccontarmi del volo ».
   E lui si rilassò, seguendola fino in cucina, rispondendo alle domande sul viaggio e sulla famiglia. Forse non era così diversa, si disse – e non c’era traccia del bambino, quindi forse non era stato questo grosso cambiamento per lei. Iniziò a prendere sicurezza, parlando del volo e della scuola e della squadra e degli amici… e rimasero in piedi in fondo alla cucina, fuori dai piedi mentre lo staff di zia Margo finiva di preparare la cena del Ringraziamento per la famiglia. Forse le cose non erano così diverse dal solito, dopotutto, iniziò a sperare.
   « Allora, Tony: sai che hai un nuovo cuginetto, vero? » Sara sorrise al ragazzo, gli occhi che brillavano. « Vorrei tanto che voi due poteste vivere vicini, quando crescerà. Sarei felice di averti accanto, il cugino più grande, come un guardiano. Senza fratelli maggiori a prendersi cura di lui, gli farebbe comodo la tua forza e intelligenza ».
   Gli occhi azzurri lo guardavano ammirati, e Tony non aveva nessun dubbio che la zia Sara dicesse sul serio. Si sentiva orgoglioso.
   « E sai, forse mi sbaglio… ma credo che ti somigli un sacco. Voglio dire, somiglia a te quando avevi la sua età. Ma immagino che tutti i bambini di due settimane si somigliano ». Rise. « Ma con Logan… » Sara scosse la testa. « Quando si sveglia dimmi cosa ne pensi. Ormai non credo che ci vorrà molto ».
   E aveva ragione. Tuttavia, in quel momento, la zia Margo li trovò a parlare in cucina e li esorto a unirsi agli altri, rimproverandoli per essersi “nascosti con i domestici” nel giorno del Ringraziamento. Quando tornarono in salotto, Tony realizzò che non importava cosa avesse sperato, il cuginetto era una cosa importante, e Sara voleva che Tony lo conoscesse. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per la zia Sara. Ma… un neonato?
   Pensandosi, Tony si sentì sempre più nervoso riguardo cosa avrebbe dovuto fare quando avesse incontrato il cuginetto; non sapeva nulla di bambini piccoli, non ne aveva mai conosciuti, non era mai stato nemmeno interessato. Ma non avrebbe mai fatto dispiacere la zia Sara, e lei sembrava emozionata. Voleva persino che Tony pensasse che si somigliavano. Avrebbe dovuto fargli dei complimenti? Offrirsi di tenerlo in braccio? Decise che avrebbe fatto qualsiasi cosa Sara avesse sperato di fargli fare; ascoltando gli altri chiacchierare, ripeté in mente le battute giuste per dire che il bambino gli somigliava proprio tanto.
   Qualche minuto dopo essere tornato in salotto tra gli adulti, vide Sara inclinare la testa, come per ascoltare qualcosa che lui non udiva, e un sorriso le illuminò il viso quando si voltò verso di lui. « Mi sa che è pronto per unirsi a noi per un po’ ». Tony si sentì ancora più a disagio. La zia Sara gli avrebbe creduto quando le avesse detto della somiglianza? Sembrava tutta contenta per il bambino; forse avrebbe prestato più attenzione a lui che a Tony, e non avrebbe fatto troppo caso alle sue parole… « Andiamo, Tony, vuoi venire con me a vederlo prima che arrivino gli altri? »
   Lui annuì e si alzò, nonostante fosse l’ultima cosa che voleva. Seguì sua zia per il corridoio fino al salottino di zia Margo, una piccola, confortevole biblioteca lontana dalla parte rumorosa della casa in cui si era radunata la famiglia. All’interno, il primo suono che udì fu un fruscio, un lieve movimento, non proprio un pianto; come se il bimbo non fosse ancora del tutto sveglio. I bambini così piccoli si svegliavano mai del tutto? Tony deglutì, incerto su cosa avrebbe trovato; sperava solo di non offendere la zia Sara, se avesse trovato la creatura brutta o strana.
   « Ehi, Logan, guarda chi c’è: tuo cugino Tony. È venuto dall’altra parte del paese apposta per vederti ». La zia Sara si era avvicinata a una culla, una specie di cesto su ruote, e si era chinata per prendere tra le braccia un fagotto di coperte ancora più piccolo di quanto si fosse aspettato. « È sveglio, Tony ». Sara si voltò verso il ragazzo immobile e gli si avvicinò, aggiustando il fagotto tra le braccia per scostare un lembo di coperta. « Logan… di’ ciao a tuo cugino Tony… »
   E Tony guardò e vide un visino in miniatura, perfetto, con una rughina sottilissima sulla fronte; il cuginetto aprì le dita piccine, con ughie piccole piccole e perfette, aprendo una boccuccia rosa in uno sbadiglio buffo.
   Con gli occhi spalancati e la bocca aperta per la meraviglia, Tony fissò il bimbo, poi sua zia, poi di nuovo il piccolo, incantato. Un piccolo, perfetto essere umano; una persona in miniatura. Come se prima non avesse mai nemmeno saputo com’era fatto per davvero un bambino. « Wow » riuscì a dire.
   « Vuoi tenerlo in braccio? » gli chiese Sara. Tony alzò lo sguardo, spaventato.
   « Non ho mai… » Deglutì. « È così piccolo… »
   « È facile. Ma solo se vuoi, Tony, è tutto ok ».
   « No, io… sì » arrossì il ragazzino. Il visino e la manina che si muoveva lo avevano catturato. Tony guardo il cuginetto, gli occhietti ancora chiusi mentre cercava di svegliarsi; senza pensarci, Tony sfiorò la manina rosea col dito, stupito dalla perfezione della pelle liscia e morbida. Seguì il contorno di ogni unghietta, e fu sorpreso quando la manina gli strinse forte il dito. « Ehi! » rise. « È forte! »
   « Proprio come suo cugino » sorrise Sara.
   « Sei sicura che possa… che possa tenerlo? » Tony incrociò gli occhi azzurri di sua zia in cerca di conferma, consapevole che vi avrebbe trovato sincerità.
   « Sicurissima ». Spostò la presa sul piccolo per fargli lasciare il dito del ragazzo. « Ecco. L’unica cosa che devi tenere a mente è che i neonati sono poco solidi. Devi reggergli la testa ».
   Quando si ritrovò quel prezioso carico avvolto tra calde e morbide coperte tra le braccia, il quattordicenne Tony DiNozzo provò un incredibile bisogno di proteggere quel piccolo bimbo indifeso. E in quel momento, gli occhi del piccolo si aprirono per fissarlo, anche se un po’ confusi.
   « Mi sta guardando! » sussurrò Tony con un largo sorriso.
   « Ovvio. Ha sentito tanto parlare del cugino Tony e voleva darti un’occhiata ».
   Tony ridacchiò, imbarazzato, percependo la meraviglia nella propria voce, riconoscendo l’incanto alla vista del nuovo arrivato. « Wow » ripeté. « È per questo che la gente fa tutto quel casino quando si tratta di bambini, eh? »
   Sara ridacchiò. « Soprattutto quando sono bambini della famiglia, speciali ». Sospirò. « Dico sul serio, Tony, vorrei tanto che abitassi più vicino, così avrebbe te come modello, crescendo. Ti stai trasformando nell’uomo che vorrei lui diventasse ».
   Tony arrossì; la guardò per un momento, ma poi tornò a rivolgere la propria attenzione su Logan per evitare quegli occhi azzurri e penetranti. Ringraziò. « Potrei venire a trovarlo ».
   « Oh, lo spero bene » rispose lei con un sorriso. « E noi verremo a trovare te. Che ne dici? »
   « D’accordo » sorrise Tony. Rimasero in silenzio per qualche momento, mentre Tony reggeva il piccolo avvolto nelle coperte, ascoltando i versetti che emetteva. Si ritrovò a cullarlo col proprio corpo, movendo lentamente le braccia; i versetti si calmarono. Sorrise per quella vittoria, tornando a guardare la zia.
   « Non riesce ancora a rimanere sveglio a lungo, e credo che anche gli altri vogliano vederlo. Vuoi portarlo tu di là, presentarlo ai tuoi, prima che si addormenti di nuovo? »
   Tony guardò il nasino del piccolo e gli occhi azzurri che mostravano, si azzardò a pensare, un riflesso verde – proprio come i suoi. Con un altro ampio sorriso, strinse a sé il fagotto e annuì. « Mi assicurerò che stia bene ».
   « Ne ero certa ». Gli occhi di Sara erano sinceri.
   E con crescente orgoglio, Tony DiNozzo si voltò per tornare nella sala principale, dove per la prima volta, ma non l’ultima, sarebbe stato il braccio forte attorno a Logan Cale, mentre il piccolo si avventurava nel mondo.
   

   Logan tornò a tavola, rosso in viso per la consapevolezza di aver sorriso e fatto espressioni ebeti guardando Max per tutta la sera; si chiedeva se Tony lo avrebbe preso in giro o incoraggiato – perché era sicuro che il cugino avesse notato le sue reazioni a Max.
   Ma Tony sedeva in silenzio, i suoi occhi concentrati su pensieri lontani da Seattle; Logan non era sicuro nemmeno che lo avesse sentito tornare. Anche un agente federale ha dei ricordi, rifletté il giovane, e anche i bambinoni come Tony crescono. Logan notò i fili grigi tra i capelli castani, le rughe intorno agli occhi e alla bocca che iniziavano a essere più visibili. Il passare del tempo stava lentamente segnando anche Tony DiNozzo, e Logan aveva quasi lasciato che accadesse, si era nascosto da suo cugino per l’imbarazzo e la vergogna. E la vergogna maggiore era l’aver lasciato che il suo orgoglio glielo permettesse; si ripromise di vedere Tony molto più spesso, in futuro.
   « Ehi » disse con voce gentile. « Ti posso portare qualcosa? Altro caffè? Altro vino? »
   Tony alzò lo sguardo verso il cugino, e per un momento Logan vide un lampo, come se stesse notando la sedia per la prima volta; era uno sguardo carico di una tale tristezza e senso di colpa che allontanò la calda e brillante allegria che aveva lasciato Max. DiNozzo batté le palpebre, tornando in controllo della propria espressione, ma il dolore ormai era stato mostrato. Logan attese, la fronte aggrottata, interrogativa. « Logan, avevo sentito dire che le cose qui andavano male – ma non avevo realmente capito. Non credevo che la Seattle che ricordavo fosse così disperata, che persino i Cale sarebbero stati toccati. Sai, se avessi capito fino in fondo quanto le cose erano brutte, sarei corso qui e avrei trovato il modo di portarti a est con me… da qualche parte dove questo non sarebbe successo ».
   Logan coprì la poca distanza che lo separava dal tavolo e si fermò accanto a Tony. C’era un’inusuale vulnerabilità in suo cugino, e Logan comprese che, qualsiasi fossero i ricordi in cui si era perso poco prima, DiNozzo si era assunto la colpa della sparatoria. « Ascolta, Tony… Prima di tutto non avresti mai potuto anticipare una cosa simile, nessuno avrebbe mai potuto immaginare di dovermi “salvare” dal vivere qui. Le cose succedono – avrebbe potuto essere un incidente d’auto o qualcos’altro. E secondo, so essere più testardo di te, ora. Non saresti mai riuscito a portarmi a est con te ».
   « Ho promesso a tua madre che mi sarei assicurato che stessi bene… » Tony scosse la testa, era un’ammissione dolorosa. « Non ricordo nemmeno quante volte… »
   « Ed io sto bene » lo rassicurò Logan. « Soprattutto adesso ». Il sorriso che gli attraversò il viso era il più sincero che Tony avesse visto durante tutta la sua permanenza, e scacciò il pallore che lo aveva accolto al suo arrivo. « L’unica cosa che non andava “bene” era l’averti nascosto tutto. Ma quando sei venuto, quando hai visto me, da subito, e non la sedia… »
   « Non è vero » cercò di confessare Tony.
   « Sì, invece » sorrise Logan. « Beh, ok, hai visto entrambi, lo so. Sto diventando bravo a decifrare gli sguardi. Ma fin da subito hai cercato me su questa sedia, e mi hai trovato. E dopo un paio di giorni, ora vedo quasi solo me. Ogni tanto, come poco fa, ricordi la sedia e ciò che implica, ma per lo più – tu vedi me. E significa moltissimo per me che tu, più che chiunque altro, veda me. Ed è la conferma a tutto quello che ho sempre pensato da bambino. Ho sempre pensato tu potessi camminare sull’acqua, se avessi voluto. Ora ti chiedo solo di chiamarmi, se mai dovessi decidere di provarci. Voglio assistere ».
   Tony osservò quel viso sorridente e senza pensieri, e deglutì il nodo che minacciava di formarglisi in gola. Con un sorriso più in stile DiNozzo chiese «E ti convincerebbe a venire a est per un po’?»
   Logan rise. « Forse ».
   Tony gli restituì il sorriso, appena un barlume delle emozioni di poco prima visibile nei suoi occhi. « È stato difficile non dire a Max che hai un’offerta di lavoro con me. Magari penserebbe che sia una buona idea, e si alleerebbe con me ».
   « In questo caso apprezzo il tuo autocontrollo ». Logan prese la tazza di caffè che si era raffreddato e per berne un sorso, facendo un mezzo cenno di brindisi verso Tony. Il cugino si riscosse dagli ultimi fantasmi e fece un sorrisetto.
   « Certo, comunque verrà in aereoporto… » fece notare.
   « E se glielo dicessi dopo che te ne sarai andato? » tentò Logan.
   « Non lo farai » sbuffò Tony.
   « Potrei ». L’espressione di Logan si addolcì nel dire « Non le ho ancora detto che sai di Manticore e della fuga, e che hai capito che è una di quei bambini. Egoisticamente… non volevo rendere le cose imbarazzanti. Sembrava andaste d’accordo, e… lo sai ». Si interruppe. « Ma glielo devo dire; è una cosa che deve sapere, anche se si tratta di te. E poi voglio che lo sappia perché… se mi dovesse succedere qualcosa, e lei fosse nei guai… magari tu potresti aiutarla ». Logan scrutò il viso di Tony per giudicarne la reazione e si affrettò ad aggiungere « Non voglio metterti in difficoltà, Tony, e non voglio che tu ti trovi costretto a fare qualcosa che possa compromettere quello che hai con l’NCIS… »
   « No, Logan, è tutto ok. Voglio esserci per lei, se dovesse accadere qualcosa. Voglio esserci per entrambi » insisté.
   « Le dirò che è solo in caso di emergenza… »
   « Non ce n’è bisogno. Se mai dovessi essere preoccupato per la sua sicurezza… o la tua » ripeté. « Hai capito anche questa parte, vero? »
   Gli occhi di smeraldo ebbero un’esitazione; scrutarono quelli dell’agente, valutando, e Logan si rilassò in un sorriso. « Sì ». Diede una spintarella al cugino. « Su, andiamo di là, così puoi raccontarmi tutte le storie imbarazzanti che non volevo che Max sentisse. E puoi raccontarmi qualcosa di te; abbiamo parlato abbastanza di me per una sola visita ». I suoi occhi brillavano, ma in modo più calmo, pieni di affetto e quasi idolatria verso il cugino più grande. « Ancora on mi hai detto nulla di questa Assistente Segretaria a cui telefoni di nascosto due volte al giorno? Quando sentirò tutta la storia? »
   DiNozzo ridacchiò, appena un po’ imbarazzato. « Tipico del giornalista, volere la “storia” ».
   « E tipico del cugino voler sapere tutto della tua vita. Ho lasciato passare troppo tempo senza chiedere, e ti promesso che non accadrà più. Ok? »
   E di nuovo, Tony DiNozzo guardò occhi che brillavano di saggezza e verità e affetto, stavolta quelli verdi di Logan invece dei blu di sua madre, ma erano altrettanto forti ed eloquenti come quelli della donna trent’anni prima. Con un ampio sorriso di affetto e orgoglio, Tony gli diede una pacca sulla spalla. « D’accordo ». Si alzò e prese una parte dei piatti da portare in cucina. « Io prendo il caffè, tu prendi il tiramisù. Bastano teglia e forchetta, per me ».
   Logan osservò il cugino trasformarsi di nuovo nel ragazzone senza pensieri, e sorrise. Un momento dopo iniziò a raccogliere a sua volta i piatti. Aveva ancora tutta la serata e parte del giorno dopo per godersi quell’unica costante della sua vita, l’unica persona che era stata con lui fin dall’inizio ed era ancora lì, ancora degno della sua fiducia. Si chiese per un istante se fosse possibile per lui crearsi una vita all’NCIS, nel DC… o se Max sarebbe stata interessata.
   Si chiese se lei avrebbe potuto… se lui avrebbe potuto. Il lusso di avere una scelta era qualcosa che non provava da tanto tempo.
   E sorridendo nel sentire la voce canticchiare dalla cucina, accompagnata dall’acqua che scorreva, Logan raggiunse il cugino, e come tanti anni prima, si unì a quell’armonia che copriva la melodia.
   E per il resto della serata, il silenzioso, elegante attico si riempì si voci, risate…
   … e ricordi.
   
   … continua…
   

   Note della traduttrice: sto peggiorando con i tempi di aggiornamento, mannaggia a me…
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   


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Capitolo 26
*** Avvicinarsi. Scivolare via ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: lo stesso dei capitoli precedenti.


   Avvicinarsi. Scivolare via



   SEATTLE, WASHINGTON. 12 febbraio 2020, 10:40 am.
   

   Settore Cinque. Jam Pony
   

   Max spingeva la bicicletta al ritorno dalla quarta consegna della giornata; scese la rampa per consegnare il modulo a Normal e sbirciare la bacheca dei messaggi – non c’era niente per lei, e il cercapersone era silenzioso. Significa che Solo Occhi rimarrà chiuso nella scatola per qualche ora ancora? Dopotutto merita una vacanza… E le labbra di Max si incurvarono al pensiero di come la “vacanza” avesse illuminato gli occhi di lui, steso la sua fronte… e aperto il suo cuore.
   Più curiosa per Logan che preoccupata, Max cercò Original Cindy prima di telefonargli, per accertarsi che l’amica non avesse un messaggio di Logan per lei. Non vedendola, Max tirò via la bicicletta dal passaggio e, avvicinandosi al banco a cui Normal di solito litigava al telefono coi clienti insoddisfatti, vide Cindy arrivare dopo la sua consegna.
   « Ehi » la salutò Max mentre l’amica consegnava il modulo a Normal. « Logan non ti ha cercata per lasciarmi un messaggio, vero? »
   « No, bambolina. Aspettavi qualcosa? Cos’è successo al tuo cercapersone? »
   « Niente… è che non l’ho sentito ancora, e immagino che si fidi più di te che di Normal per lasciarmi un messaggio… »
   « Tu no? » Cindy sollevò un sopracciglio, e ricordò improvvisamente perché l’amica aspettasse un messaggio. « Oh, giusto. Avevi detto che suo cugino sarebbe partito oggi! »
   « E non era sicuro di riuscire a prendere l’aereo prenotato, in caso fossero sorti altri problemi con le indagini » annuì Max, facendo spallucce con aria troppo noncurante. « Solo che ancora non mi ha fatto sapere niente. »
   « E allora chiamano, dolcezza » Cindy le suggerì l’ovvio.
   Max alzò gli occhi al cielo. « Volevo solo accertarmi che non mi avesse cercato per primo, prima di tirare fuori i soldi. » Si avvicinò al telefono sul muro, inserì le monete e attese. Mentre il telefono squillava, i suoi occhi tornarono a Original Cindy, che aspettava con aperta curiosità negli occhi e un sorriso sulle labbra. « Che c’è? » chiese Max, ben consapevole di cosa significasse l’espressione di Cindy. Solo che non aveva altro da dire in sua difesa.
   « Sto solo osservando la nuova versione migliorata della Max “ora abbiamo una relazione di quel tipo”. Stracotta del bel ragazzo, senza dubbio, e la cottura la rende più bella ancora. »
   Le guance di Max bruciavano, e le sue parole uscirono in un sussurro. « Sai, se aspetti qualche altro minuto tornerà anche Sketchy, e puoi annunciare la notizia a voce ancora più alta, così sarò il bersaglio di quei pervertiti per tutto il mese. »
   Original Cindy ridacchiò, scuotendo la testa. « Bambolina, mi hai fatto sopportare troppi mesi di “non abbiamo una relazione di quel tipo” per potermi privare di questo piacere. Ho intenzione di godermi lo spettacolo di te che ti sciogli per quel ragazzo, e di dirti per altrettanti mesi “te l’avevo detto”. »
   Max aprì la bocca per lamentarsi, chiedendosi perché una parte di lei fosse contenta per le prese in giro per ciò che implicavano, ma fu interrotta dalla voce di Logan all’altro capo della linea. Improvvisamente la sua risposta fu dimenticata, e la voce di lui riempì i suoi pensieri.
   E a quanto pareva riempì anche il suo viso, perché nel vederla Original Cindy scoppiò in una serie di risatine malcelate, che le fecero guadagnare un’occhiataccia da Max – cosa che non fece altro che aumentare il divertimento dell’amica.
   « Ehi » salutò la voce familiare, un po’ affannata.
   « Ehi a te » riuscì a rispondere Max. Dall’altra parte della linea riusciva a sentire i suoni di uno spazio aperto; vento leggero, traffico lieve… « Il cercapersone è stato molto silenzioso stamattina. Tony ha avuto la mattinata libera? »
   « Sì, hanno deciso che sarebbe bastato quello che aveva fatto la prima volta, per cui non avevano più bisogno di lui. » Dal suo lato della linea, Logan si voltò verso il cugino chino su un blocco note, al lavoro con incrollabile concentrazione.
   « Che fate di bello? Una scampagnata? » ridacchiò la ragazza, godendosi l’immagine.
   « Siamo stati al campo da basket. Tony sta scrivendo un quaderno intero di idee. » Ascoltò la voce della donna che amava e osservò il cugino scarabocchiare delle “x” e delle “o” e tirare linee su un’altra pagina del quaderno. Seduto su una sedia da basket presa in prestito, a compilare schemi che lui e Logan avevano appena provato e trovato utili per la squadra, DiNozzo sembrava felice come un bambino. Osservando la vista spettacolare del parco nel chiaro sole di febbraio, vedendo il cugino di fronte a lui come ai vecchi tempi e sentendo la voce del suo angelo all’orecchio, Logan si chiese per un momento se il mondo non fosse improvvisamente guarito mentre lui non guardava.
   Max sorrise, conscia di cosa quella mattina insieme significasse per i due uomini. « È fantastico. »
   « Questo non lo so ancora » grugnì Logan per farla ridere. « Mi sta utilizzando come cavia per vedere cosa funziona e cosa no. Siamo oltre l’“incassare i colpi per la squadra”, in questo caso dovrò passare qualche partita in panchina per guarire dai suoi esperimenti. » Alle sue parole, la bocca di Tony si stese in un sorrisetto e l’uomo alzò lo sguardo dal suo lavoro per rivolgerlo al cugino. Contento che le lamentele non fossero reali, tornò agli schemi, il sorriso ancora presente.
   « E con Bling fuori commissione… » mormorò Max. « Sai, potrei darti una mano a sentirti meglio… » E lanciò uno sguardo malizioso oltre la propria spalla verso Original Cindy, che riprese a soffocare per le risate.
   « È… È Original Cindy che sento lì con te? » chiese Logan, spiazzato dapprima dall’offerta e poi dai suoni che sentiva dietro di essa.
   « Scusa. » Max cercò di girarsi su se stessa, impacciata dal corto e rigido filo del telefono. « Certa gente sembra pensare… » Max fece una pausa, poi sorrise. Che diavolo, decise. « … che avrei dovuto offrirti di farti sentire meglio già da molto tempo. » Quando lui non rispose immediatamente, Max fece una smorfia, cercando di calcolare in fretta quanto tempo avrebbe impiegato ad andare in bicicletta al parco e vedere la faccia di lui. « Logan? » osò aggiungere.
   « Sì, Max. Io… » Stava arrossendo. Max poteva sentirlo arrossire. Si chiese per un momento se non fossero le uniche due persone in tutta Seattle con più di dodici anni che trovavano così imbarazzante riconoscere il desiderio che provavano l’uno per l’altra. « Quindi non era solo Bling » confessò lui, quasi sollevato. « O Tony. »
   « Oh, no, proprio no » rise lei, sollevata sentendolo parlare. « Forse hanno ragione » azzardò, continuando a ridacchiare. « E posso essere d’aiuto. » Si rilassò, immaginando la reazione di lui. « Sono addestrata anche in questo, sai – pronto soccorso, triage sul campo, ferite di guerra… »
   « Lo terrò a mente » rispose lui, la voce bassa e sensuale, quasi un grugnito, e Max sentì lo stomaco fare le capriole. Cosa mi sta facendo? E al telefono? Con Original Cindy che mi osserva? Cosa potrebbe farmi al di là di una porta chiusa?
   … e spero proprio sia qualcosa che non sono
addestrata ad affrontare, pensò tra sé sorridendo. Riordinando i pensieri, consapevole che non avrebbe avuto molto altro tempo per parlare in pace, disse « Tony riuscirà a prendere il volo delle quattro, allora? »
   « Sì, così sembra. » La voce di lui era troppo noncurante, e il cuore di Max andò a lui, che avrebbe dovuto dire addio troppo presto all’unico membro della famiglia a cui teneva, l’unico dei suoi giorni felici che ancora faceva parte della sua vita…
   « E sono ancora invitata all’aeroporto con voi due? » Non sapeva se lui volesse restare solo coi suoi pensieri lasciando l’aeroporto senza Tony, o se preferisse compagnia per superare l’addio. Le era sembrato contento quando aveva proposto di unirsi a loro. Ma ora voleva dargli la possibilità di decidere se era sicuro che fosse ciò che voleva…
   « Ma certo » rispose quasi sorpreso. « Se vuoi ancora venire… »
   « Sì, voglio. » Sorrise tristemente di fronte alla voce di lui; la familiarità che aveva con l’uomo forte e incrollabile le permise di percepire il bambino che sarebbe rimasto solo.
   « Sono contento » le parole di lui la trattennero. « Mi aiuterai a ricordargli perché tornare a trovarci » e perché non sto partendo con lui, rifletté Logan.
   « A che ora vengo da te? »
   « Usciremo per le due e mezza. »
   « Allora verrò a quell’ora. » Alzò lo sguardo e vide Normal agitare un pacchetto verso di lei, e prima che urlasse Max alzò la mano e aggiunse in fretta « Ma ora devo andare e fare la brava con Normal, ho qualche altra consegna prima di quell’ora. Di’ a Logan di andarci piano con te. Ora che ti sei deciso, voglio che resti tutto intero. »
   La telefonata era stata interrotta, ma Logan rimase stordito, la sua mano abbassò lentamente il telefono mentre un sorriso iniziò a giocare con le sue labbra. A un metro di distanza, dall’altro lato del tavolo da picnic accanto al campetto da basket, Tony lo guardò e vide di nuovo il sorriso pieno d’amore che era ormai onnipresente, in quei giorni. Con una risatina, DiNozzo tornò al diagramma e disse « Doveva essere Max. »
   Logan non reagì subito, rimuginando sulle parole di Max, ma dopo un momento sbatté le palpebre e annuì. « Sì. Voleva… uh… sapere l’orario del volo. » Ma i suoi pensieri erano ancora su ciò che aveva detto lei alla fine della telefonata – non solo aveva detto di volerlo, ma voleva che restasse “tutto intero”. Per quanto folle potesse suonare a chiunque altro, Logan si chiese se dicesse sul serio; il fatto che Max lo aveva descritto come “tutto intero” significava tutto per lui. Sorrise a suo cugino. « Ha detto che devi andarci piano con me. »
   « Oh, maledizione, cugino, ora ci sei dentro » sorrise Tony cercando di fingere uno sguardo preoccupato. « Sta marcando il territorio – deve proteggere i suoi interessi, ora. » Gettò il quaderno sul tavolo per un momento e prese il thermos accanto a lui; svitò il tappo per versarsi un’altra tazza di caffè. Porse il thermos a Logan per chiedergli se ne volesse ancora.
   Logan borbottò pensieroso alle parole di Tony, lo sguardo meravigliato ancora sul suo viso, chiaro per suo cugino, ma rispose sollevando la tazza per farsela riempire. « Sì. Giusto. » Sbirciò gli schemi che prendevano forma sul blocco note di Tony e bevve un sorso o due di caffè per scaldarsi. Dopo un momento guardo il cugino e disse, ancora sorpreso « Davvero lo pensi? »
   Tony gli restituì lo sguardo, fece spallucce e rispose « Oh, sì, ovvio. Cos’altro potrebbe essere? » Vide Logan sorridere e rispose di conseguenza. « La ragazza è cotta, si vede. » Vide l’ottimismo sul viso del cugino, dove solo qualche giorno prima aveva visto solo cerchi scuri intorno agli occhi e rughe di stanchezza sulla pelle pallida. Zia Sara, se potessi vederlo ora, pensò Tony. Dopo tutto quello che ha passato, se potessi vederlo con la donna che ama… E lei si accerterà che stia bene, per me e per te. « Cosa pensi, vuoi provare? »
   Logan diede uno sguardo rapido al quaderno, ingoiò l’ultimo sorso di caffè e posò la tazza per dare un colpo alle ruote, girarsi e raccogliere la palla, diretto all’area di tiro. « Sono pronto quando lo sei tu, coach. » Fece rimbalzare lentamente la palla di lato, il respiro scaldato dal caffè emetteva sbuffi visibili nell’aria fresca del mattino. Posando il proprio caffè, Tony lasciò il quaderno sul tavolo e lo raggiunse. « Sai, Tony » la voce di Logan era bassa, la felicità nello sguardo non svaniva. « Lo apprezzo molto, il tuo aiuto con gli schemi e… è ancora più bello di quanto pensassi, tornare sul campo insieme. » Fece una pausa e si corresse. « Tornare, finalmente, ad avere tempo insieme. »
   DiNozzo si affiancò al cugino per dargli una pacca leggera sul collo e stringergli la spalla affettuosamente. « È stata la settimana migliore da molto tempo a questa parte, cugino » gli disse.
   « Anche per me » rispose Logan.
   « Beh, ovvio » rise DiNozzo, con un sorriso ampio che rallegrò l’atmosfera. « Finalmente ti sei aperto con Max, e lei è pronta a saltare a ogni tua parola. Vorrei ben dire che è stata una bella settimana. » Il giovane sbuffò, ma lui proseguì « L’unica cosa che avrebbe potuto renderla migliore sarebbe stata un diverso motivo per il mio viaggio. E riuscire a portarti all’NCIS. » Esitò solo un momento prima di ghignare. « Ma a quello ancora non ho rinunciato. »
   « Oh, lo spero » ammise Logan. « È bello essere richiesti. »
   « E allora preparati alla caccia, cuginetto » sorrise ampiamente l’agente, scavandosi nelle tasche alla ricerca dei guanti di pelle. Se li infilò, preparandosi a tornare alla partita. « Troverò il modo di portarti con me – te e Max. »
   Gli intelligenti occhi verdi dietro le lenti rielaborarono le parole di DiNozzo, brillando di rara felicità. « Mi piace come suona: Max ed io. »
   « Vi sta bene. » Tony diede un colpo alle ruote per indietreggiare, continuando ad osservare il cugino. « Andiamo. Facciamo qualche altra partita, così possiamo trasformarti nell’eroe della squadra. »
   « Ehi, non ero così male, senza il tuo aiuto » protestò Logan sollevando la palla per farla roteare sul dito. « Ho delle buone mosse. »
   « Forse » rispose DiNozzo con uno dei suoi tipici sorrisi, ed indietreggiò sotto al canestro. « Ma col mio aiuto sarai un genio. Forza. Vi porterò al livello successivo. »
   
   PERIFERIA DI SEATTLE, WASHINGTON. 12 febbraio 2020, 3:17 pm.
   

   Sea-Tac Airport
   

   Nonostante le proteste di Tony, Logan parcheggiò in un posto vicino così che lui e Max avrebbero potuto accompagnare Tony all’interno. « Così impari a chiedere a Bling di venirti a prendere » disse Logan imbarazzato parcheggiando accanto alla passerella per il terminal. « Era il minimo che potessi fare. »
   « Mi aspetto qualcosa di meglio, per la prossima volta » scherzò DiNozzo aprendo la portiera della Aztek per scendere dal sedile del passeggero. Andò subito ad aprire la portiera di Max, seduta dietro di lui, e le rivolse una versione attenuata del suo sorriso da Don Giovanni. Lei rise in ringraziamento per l’eccessiva cavalleria, ancora divertita dalle tante differenze tra i due uomini, pur così simili tra loro. Raggiunsero Logan dall’altro lato mentre tirava fuori la sedia, e chiacchierarono amabilmente proseguendo la conversazione che avevano iniziato in macchina.
   Max aveva avuto a stento il tempo per venire con loro all’aeroporto, perché Normal aveva richiesto una consegna all’ultimo minuto, interrompendo la litania di scuse per andare via prima. « Normal, è una cosa personale: è per Logan » aveva tentato, sperando che per una volta l’onestà fosse la scelta migliore, consapevole che Normal avesse deciso che Cale gli piaceva – era un pezzo grosso in visita nel suo negozio, e Normal aveva persino del rispetto per quell’uomo che non aveva permesso a un proiettile di fermarlo. « Si tratta di una cosa di famiglia che sarà dura da affrontare, e ha bisogno di un’amica… »
   Normal esitò, spiazzato dall’onestà.
   « Andiamo, Normal, le prossime dieci volte che avrai bisogno di qualcuno che faccia gli straordinari puoi contare su di me, non mi lamenterò. »
   « Anche su di me » si intromise Original Cindy, anche se Max non sapeva che stesse seguendo la conversazione. « Farò io questa consegna. »
   « È nel Settore Nove, giusto? » Normal si arrese con riluttanza. Alla conferma delle due, di malumore passò il pacchetto. « Portati questo, domani mi farai avere la firma del ricevente. E sarà un mese di straordinari. »
   « Affare fatto. » Le parole di Max restarono nell’aria mentre correva su per la rampa e spariva dietro l’angolo.
   « Dieci giorni da entrambe, Normal, il patto è questo. » Cindy osservò l’uomo che sbatteva le palpebre guardando la rampa vuota. « Hai un’anima lì da qualche parte, ne sono certa. Ti serve solo l’aiuto di Max e Original Cindy per trovarla. »
   Original Cindy aveva telefonato a Logan per spiegargli che Max li avrebbe raggiunti alla macchina, per cui quando Max si fermò sgommando nel garage proprio mentre le porte dell’ascensore si aprivano, i due cugini si trovarono di fronte una Max sorridente e trafelata a pochi centimetri da loro. « Il tempismo è tutto » sorrise.
   Mas lì seguì alla macchina di Logan, osservandoli parlare per vedere come stavano. I modi di fare di Tony, come sempre, erano spensierati e allegri, ma Max poteva vedere che ci stava mettendo impegno perché risultassero tali, ora. Chi avrebbe mai pensato che Logan avesse un cugino simile, rifletté. E chi avrebbe mai pensato che avesse qualcuno della famiglia a cui fosse così affezionato. Logan sta bene, ma è silenzioso, sorride ma non parla. Forse non si fida della propria voce.
   
Il tragitto fino all’aeroporto permise a Logan, con un po’ di assistenza da parte del cugino, di raccontare a Max la loro giornata sul campo. La ragazza ascoltò le frasi tra le righe oltre a quelle pronunciate, e si sentì soddisfatta e felice che Logan avesse avuto quel tempo col cugino. Era ora che avesse un po’ di felicità nella sua vita, osservò. E per quanto debba essere stata dura per lui aver avuto Tony qui a causa della minaccia a Bling, il vederlo andare via dopo una visita così breve… so che non baratterebbe mai nemmeno un minuto, se potesse.
   
Quando raggiunsero l’entrata del terminal, Tony spiegò « Devo andare all’ufficio della sicurezza, dopo il check-in. » Aggiunse, mentre entravano « Altrimenti potrebbero farmi dei problemi avendo delle armi e tutto il resto… »
   « Sei fortunato che la polizia settoriale non ti abbia fermato mentre eri qui » disse Max, sperando che il silenzio di Logan risultasse meno imbarazzato se Tony non avesse dovuto condurre un monologo. « Non importa che documenti o distintivi tu abbia, se ti beccano armato farai meglio a prepararti a passare del tempo con loro. » Tony mormorò la propria comprensione per i poveri abitanti del luogo mentre si avvicinavano alla biglietteria, e Max guardò interessata mentre l’agente inseriva il proprio tesserino dell’NCIS invece di soldi o carta di credito, e la macchinetta prontamente sputò fuori la carta d’imbarco. Chissà se Logan ha qualcosa del genere nella scatola con i documenti falsi, si appuntò per dopo. E se i suoi documenti federali hanno anche un conto collegato. Ritirando la card dalla macchinetta, Tony si voltò verso Logan per chiedergli « Sai dove dobbiamo andare? »
   « L’ufficio della sicurezza è di qua » rispose facendo cenno col mento e avviandosi verso la direzione indicata. Se per Tony fu una sorpresa che Logan sapesse dove trovarlo, non lo diede a vedere. Max rifletté. Si somigliano per ben più che il solo aspetto. Hanno più segreti di quanto l’altro possa immaginare.
   
I cugini continuarono a chiacchierare amabilmente, e un osservatore casuale avrebbe pensato che fossero tranquilli e rilassati, anche se Tony era quello che parlava di più. Stanno cercando di trattenere le emozioni, pur detestando il fatto che dovranno separarsi. Forse dopo tutto questo tempo Logan capiva molto più di quanto immaginassi come mi sentivo ad aver perso Zack e gli altri… Lui c’era stato, per lei, le aveva offerto il suo appoggio e la sua compagnia quando lei aveva sofferto. E io l’ho allontanato, pensando che nessuno avrebbe mai potuto capire come mi sentivo.
   
Max camminava al fianco dei due uomini senza dire nulla, consapevole che il suo compito sarebbe stato più tardi. Mi chiedo quanto Logan abbia effettivamente considerato l’idea di partire con Tony. Aveva passato ore sullo Space Needle a riconsiderare le proprie decisioni, la sua scelta di restare a Seattle invece di andarsene coi suoi fratelli. E anche se ogni volta aveva creduto che la sua scelta fosse quella giusta, ciò non le impediva di ripensare alle possibilità e ai se – se fosse stata di nuovo con la sua famiglia.
   Logan ci avrà pensato… ma è rimasto. È rimasto qui, a Seattle. È stato solo per Solo Occhi? O poteva osare credere che ci fosse altro per Logan Cale in Seattle che il richiamo dei derelitti? Era solo l’essere un vendicatore mascherato? O c’era altro oltre al suo lavoro?
   
« L’ufficio è in fondo al corridoio » stava dicendo Logan. « C’è un cartello sull’ingresso. » Esitò, poi riuscì a sorridere. « Immagino che non vogliano che la gentaglia piombi da loro per lamentarsi delle valigie strappate dalle guardie troppo entusiaste. »
   Tony sorrise comprensivo e si voltò verso il breve corridoio. « Torno subito. »
   Logan lo osservò sparire e si girò verso la silenziosa Max accanto a lui, che si guardava intorno curiosa. Probabilmente non era mai stata prima al terminal, pensò Logan, e distolse lo sguardo senza parlare, subito preso dai suoi pensieri.
   In realtà, Max stava fingendo molto più interesse per ciò che la circondava di quanto provasse – consapevole di cosa Logan doveva star provando, essendo passata in prima persona per i tristi addii con la famiglia; sapeva di non poter dire nulla per rendere le cose più facili, e questo la faceva sentire impacciata. Sperava che la sua presenza bastasse. Si allontanò un poco, guardando al di là dell’ampia vetrata che dava sui corridoi, dove alcuni negozi e bar erano tornati in attività. Calma, Max, si disse. Se vuole ammettere come si sente lo farà. Tu tieni le cose leggere e magari sarà d’aiuto. Sa perché sei qui.
   
Dopo qualche minuto, Max tornò da Logan e gli si fermò di fronte. Lui alzò lo sguardo e vide l’affetto che provava per lei, e sorrise senza volerlo. « Mi sa che hai trascorso del tempo qua, in passato » tentò.
   Lui annuì, guardandosi intorno brevemente prima di tornare alla donna fantastica di fronte a lui. « Un portale per il mondo » disse. « Sai, sembra effettivamente migliorato da quanto ricordassi, è più attivo. Stanno facendo qualcosa per renderlo di nuovo operativo. »
   « Così voi testardi occidentali potrete venire un po’ a Est e vedere che il recupero non è solo una voce. » Disse Tony tornando con passo tranquillo, sorridente come sempre. « È un piano per riportarvi alla civiltà. »
   Logan sbuffò. « Hai fatto quello che dovevi? » chiese.
   Tony annuì, tornando a dirigersi verso il terminal e il gate dove si sarebbe dovuto imbarcare presto. « Anche se vorrei tanto restare, preferirei che fosse a casa tua, e non in un centro di detenzione federale a spiegare perché ho una Sig-Saur » mormorò. « Non penso che mi darebbero questa opzione. Con la fortuna che ho mi metterebbero nel letto a castello con giovane marinaio Parks. »
   Le chiacchiere allegre si smorzarono, i cugini non potevano più evitare l’idea che Tony stesse per partire. Erano silenziosi, appartati, ma a loro agio. Max li osservò senza intromettersi, e fu contenta di vedere nei loro modi e udire nelle loro parole che erano di nuovo Tony e Logan, e che gli anni e la sedia non erano più presenti nei loro pensieri.
   Mentre si avvicinavano al check-point, provarono scherzare, provocando l’altro su chi sarebbe andato a trovare chi, parlando di lavoro e delle scomodità del viaggio e promettendosi e-mail giornaliere. Ma quando la voce dell’assistente in fondo al corridoio accanto al gate fece l’annuncio incomprensibile per l’imbarco, Tony guardò l’orologio. Era probabilmente il suo volo.
   Fece un respiro profondo e si scusò. « Sarà meglio che vada. » Voltandosi prima verso l’esile brunetta accanto a suo cugino, passò a una versione ridotta dell’abbagliante sorriso DiNozzo. « Max, è stato un piacere conoscerti. » Accolse l’abbraccio delicato e sentito della ragazza, e si allontanò dopo un momento per darle un bacio leggero sulla fronte. Guardandola negli occhi, connettendosi con l’altra persona nella vita di Logan a cui importasse quando a lui, disse « Sono contento che Logan ti abbia trovata. » Dopo un momento guardò Logan e completò « … prima che lo facesse qualcun altro. »
   Logan alzò lo sguardo verso gli occhi verso che non lasciavano trapelare nulla, consapevole che intendesse non solo quello che Max stava immaginando – un altro uomo – ma anche quello che ancora non avrebbe potuto sapere: Manticore. E il suo respiro si fermò quando Max sorrise dicendo « Anche io. »
   « Cugino. » Il momento che entrambi sapevano sarebbe arrivato iniziò con occhi verdi che incontravano altro verde, e Tony che poggiava la sua borsa per terra per gettare le braccia intorno a Logan per un abbraccio da orso prontamente restituito dal cugino più giovane. In quello stretto abbraccio, ringhiò all’orecchio di Logan « Se rovini tutto con Max vengo a picchiarti. »
   Le parole di Tony, mormorate ma – entrambi lo sapevano – colte ugualmente dalla ragazza fecero ridere Logan, e il suono era carico di tutte le emozioni che lo dilaniavano. « Offerta allettante » scherzò. « Perché non torni comunque, per insegnarmi un po’ di buonsenso a suon di calci? »
   « Dovrei » rispose Tony rialzandosi, la mano ancora stretta in quella di Logan, e con apprensione osservò il cugino che aveva imparato a conoscere in una luce del tutto nuova negli ultimi giorno. « Sai che la porta è sempre aperta, lì, cugino. »
   Logan annuì in fretta, ora preoccupato che la sua voce si incrinasse; batté le palpebre per schiarire la vista. « Lo so. » Di nuovo, fu chiaro che DiNozzo avesse più di una “porta” in mente. « E c’è sempre tutto lo spazio che vuoi per te, qui. E anche per la Signora Segretaria… »
   Tony ridacchiò, quasi arrossendo; annuì con una risata lieve. « Ok » riuscì a rispondere, le parole iniziavano a diventare più difficili da trovare. Diede alla mano forse e callosa un’altra stretta e facendo un passo indietro nel lasciarla andare si raccomando « Stai lontano dai guai. E Max, tienilo d’occhio per me. Chiamami nel minuto esatto in cui pensa di fare qualcosa di sbagliato. »
   « Nel secondo esatto » promise lei con voce dolce.
   Tony annuì, attardandosi appena un momento; nessuno dei due uomini voleva distogliere lo sguardo. Fece un altro passo indietro, sorrise ampiamente sollevando la mano in segno di saluto, e si voltò per andare al check-point.
   Logan lo osservò silenzioso nel suo dolore, consapevole di quanto i suoi sentimenti fossero infantili, ma incapace di liberarsi di quel senso di abbandono: proprio come sua madre e suo padre lo avevano lasciato tanti anni prima, ora anche il suo difensore, il suo protettore ed eroe invincibile si stava allontanando dalla sua vita.
   E in quel momento sentì una mano morbida e delicata posarsi dolcemente, calda, sulla sua spalla.
   Difensore, protettore, eroe invincibile. Non importava che ci fossero qualcosa nei suoi occhi pronta a trasformarsi in lacrime vere e proprie, sentì comunque la sua bocca piegarsi in un sorriso mentre copriva la mano di Max con la sua e alzava lo sguardo verso gli occhi color cioccolata che amava.
   « Andiamo » disse Max a bassa voce andando a fermarsi di fronte a lui, osservando il suo viso affascinante, e vedendo che proprio come lei anche lui avrebbe superato quella separazione con un po’ di aiuto da parte della sua compagna. « Ti preparo la cena » lo convinse.
   Logan osservò i begli occhi scuri che lo guardavano con decisione. La speranza tornava sotto l’incantesimo della ragazza, e il sorriso di Logan si allargò, lo scherzo sembrava parzialmente serio. Parlò, con voce bassa e dolce « Lo faresti per me? »
   « Tu la mangeresti? » ribatté lei.
   Lui non perse un istante. « Senza indugio » le promise con voce gentile. « Max. » Sollevò una mano verso di lei, cercando la sua, l’espressione dolce ora che la guardava. Max prese la mano di lui e Logan continuò. « Grazie per essere venuta qui con me. So che lo hai fatto perché… sapevi come sarebbe stato per me. » Esitò, le emozioni minacciavano di sopraffarlo di nuovo, ma riuscì a domarle in un sorriso. « È stato molto più facile con te qui a ricordarmi quando ancora mi resta, qua a Seattle. »
   L’uomo che vedeva seduto davanti a lei, che era rimasto dopo la partenza del cugino, era un uomo più riposato, più felice, più in salute di quello che aveva conosciuto fino a una settimana prima, e Max non riuscì a trovare altra risposta che quella che aveva voluto dare così spesso negli ultimi giorni: Max si chinò per baciarlo con dolcezza, con voracità, assaporando le sue labbra e sentendo la sua sorpresa quando iniziò a restituire esitante il bacio.
   Si rialzò, osservandolo per valutarne la reazione: gli occhi di lui non la lasciarono mai. Ma quando lei si spostò per farlo passare, aspettandosi che si dirigesse verso la macchina, Logan alzò la mano di nuovo, in silenzio, per tirarla con dolcezza verso di lui, con sicurezza, per un altro seducente bacio.
   
   PERIFERIA DI SEATTLE, WASHINGTON. 12 febbraio 2020, 3:17 pm.
   

   Sea-Tac Airport. Pista. Sul volo AirNational Flight 867
   

   Tony sentì i familiari rumori che lo informavano che presto sarebbero partiti. Evitò di pensare alla settimana, consapevole che fosse troppo presto per pensare all’aver dovuto lasciare suo cugino. Uno degli aspetti più bui della sua visita era stato scoprire che la vista di Logan su una sedia a rotelle non era altro che un assaggio di cosa sarebbe potuto accadere al “giornalista” se avesse proseguito le sue attività. Era un pensiero troppo angosciante, e troppo vicino per poterlo considerare.
   Tony sospirò e sentì l’aereo iniziare a muoversi. Guardò fuori dal finestrino, ignorando le istruzioni di sicurezza dell’hostess mentre si preparavano a decollare. Cosa deve accadere per convincere Logan a venire a Est con Max? si chiese, osservando i camion e i veicoli di trasporto che condividevano la pista, macchiati dai graffiti e dalla pittura. Lascerebbe Seattle per proteggere Max, questo è chiaro, ma probabilmente dovrebbe trattarsi di una minaccia immediata, di una qualche emergenza improvvisa. E per se stesso, una questione di sicurezza non basterebbe. Ma magari… Tony sbuffò tra sé. Magari sarebbe voluto venire, quando gliel’ho proposto; e se avesse dovuto pensare solo a se stesso… L’aereo si diresse lentamente verso la corsia di immissione, e gli occhi di Tony si spostarono sulla fila di edifici di servizio e magazzini. Se non ci fossero così tante altre persone di cui preoccuparsi…
   
I suoi occhi incontrarono un’improvvisa distesa bianca, un magazzino recentemente ridipinto lungo il percorso, superato da tanti aerei che andavano e venivano da Seattle. Ma in mezzo al bianco, un ingegnoso graffitaro aveva dipinto l’ormai famosa maschera rossa, bianca e blu intorno a due intensi e attenti occhi… e, non ingannato dal blu che l’artista aveva deciso di utilizzare per quelle iridi altrimenti fin troppo accurate per poter negare l’evidenza, DiNozzo chiuse gli occhi sentendo l’improvvisa ondata di emozioni mentre quell’immagine, e tutto ciò che implicava, svanivano dietro di lui con Seattle.
   
   … continua…
   

   Note della traduttrice: sto peggiorando con i tempi di aggiornamento, mannaggia a me. Vi chiedo perdono, l’università mi uccide T_T Mancano tre capitoli alla fine di questa meravigliosa soria!
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   


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Capitolo 27
*** Just desserts ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   Disclaimer: Come i capitoli precedenti.
  
  Questo capitolo non era preventivato – si è inserito da solo quando mi sono decisa a finire la storia sul serio.
  Molto serio.
  (È colpa del rospo: gli altri autori hanno una musa, io non ho nulla di così raffinato. Ho una rospetta che vive nel mio giardino e viene a suggerirmi storie su Dark Angel, che io coscienziosamente metto giù per lei – come potete immaginare, scrivere al computer non è tra i talenti dei rospi)



   Just desserts



  SEATTLE, WASHINGTON. 12 febbraio 2020, 6:40 pm.
  
  Settore Nove. Fogle Towers. Attico.
  

  Max si chinò sul tavolo della cucina, osservando le mani di Logan all’opera, come tante volte prima di allora. La differenza, stavolta, era che non provò nemmeno a nascondere la palese ammirazione per la poesia di quei gesti e l’effetto calmante che avevano su di lei, mentre guidava i semplici ingredienti a comporre piatti così meravigliosi, solo per lei. Lo osservò sbucciare la frutta e tagliarla in bocconcini, e lui notò la sua ammirazione e si ritrovò a sorridere.
  «Hai mescolato?» chiese sollevando lo sguardo verso l’amato viso di lei, ricordando ancora una volta quante cose erano cambiate negli ultimi giorni. Il mondo è cambiato, pensò Logan, e nel bel mezzo dell’incertezza, del caos, delle riunioni, Max è stata così coraggiosa da forzare la situazione… ed eccoci qua.
  
Lei annuì. Uh-uh. «E ora?»
  Quegli occhi meravigliosi, rifletté lui – ma riuscì a rispondere, «Beh, che sapore ha, ora? È abbastanza dolce, secondo te?”
  La osservò tuffare un dito nello yogurt che aveva mescolato col miele e metterselo in bocca, assaporandolo, riflettendo; immerse anche lui il dito nella miscela quando lei gli porse la ciotola, annuirono entrambi, e lui si chinò verso di lei, «Magari mettici uno di questi» le disse porgendole dei barattolini che erano sul tavolo tra loro due. «Vedi quale ti piace. Puoi anche combinarli» le spiegò mentre lei apriva uno dei contenitori e ne annusava il profumo di cannella. «Però vacci piano, un po’ per volta, e assaggia.»
  «Finirà tutto prima che avrò terminato gli assaggi» disse lei.
  Logan ridacchiò. «Ce n’è in abbondanza.» Tornò a tagliare la rara pera che era riuscito a procurarsi qualche giorno prima, ed osservò Max portarsi il barattolo di noce moscata grattugiata al naso.
  Quando avevano lasciato il terminal dell’aeroporto diretti alla macchina, Logan era ancora silenzioso per la partenza di suo cugino, ma grazie alla presenza gentile e insistente di Max – che gli chiedeva degli schemi di basket preparati da Tony, di cui normalmente le sarebbe importato ben poco; che gli raccontava di aver sempre voluto volare ma non era mai stata nemmeno su un aereo militare; che gli ripeteva quanto fosse meravigliata che Logan le avesse nascosto un parente così interessante e divertente per così tanto tempo – si ritrovò a sorridere quando salirono sulla Aztek, pensando a quanto fosse stato fortunato.
  
«Però non è giusto» confessò Max guardando lo chef che trasformava cose a caso in un altro piatto gourmet. «Avevo promesso di preparare io la cena per te…»
  «E lo hai fatto» la rassicurò lui. «Questo è il dessert.»
  «Bella cena» mormorò lei aprendo un barattolo di chiodi di garofano e posandolo subito per prendere quello con l’etichetta ‘coriandolo’. «Ho solo saccheggiato il tuo frigo per preparare dei panini.»
  «Mi piacciono i panini.» Era passato a sbucciare a tagliare una mela, che unì alla pera e a uno spruzzo di succo di limone,
  «Ma sei tu che hai deciso che avremmo potuto fare un’insalata di pollo. Con le noci e la frutta» sospirò con fare teatrale. «I miei panini non erano proprio alla tua altezza.»
  «Max» ridacchiò lui, i suoi occhi ridevano della drammaticità nel tono di lei. «Lasciami essere più bravo di te almeno in una cosa…» Lei alzò gli occhi al soffitto, e lui ne fu contento. «E poi, stai preparando la crema. E decidi tu quante che spezie metterci.»
  «Con un po’ di aiuto.»
  «È quello a renderci fantastici, Max: siamo qui per aiutarci a vicenda.»
  Alle sue parole, Max si fermò e lo guardò, realizzando quanto quella piccolissima cosa fosse importante per entrambi; una cosa così grande, due persone solitamente troppo testarde per chiedere aiuto. La sua bocca si curvò in un sorriso, impossibile da controllare, e rivolse lo sguardo all’uomo che le aveva fatto scoprire che c’era qualcosa di romantico nel suo DNA, dopotutto. «Lo siamo. E tu l’hai appena scoperto?» La sua voce era dolce, i suoi occhi caldi.
  E Logan Cale credette di nuovo nella vita.
  Esitò, preso in contropiede, e alla fine sorrise. «Credo di avere…» disse a bassa voce, guardandola, e alla fine fece spallucce. «C’è ancora tanto da discutere, Max» le ricordò, incapace di fidarsi tanto della propria fortuna.
  «Non così tanto» ribatté lei. «E il difficile è andato» gli ricordò lei. «Ma se vuoi parlare di qualcosa, il mondo è stato abbastanza tranquillo, ultimamente.» Allungò la mano per rubare un pezzetto di mela. «E possiamo parlarne anche stanotte, se, insomma…» Fece spallucce in quel suo modo da dura che, nel silenzio della cucina, era così teneramente Max, così come il sorriso lieve che non riuscì a trattenere. «Se ti viene in mente qualcosa…»
  Logan strinse le labbra, annuendo e cercando di mantenere la sua espressione neutra. «Se mi viene in mente qualcosa, te lo farò sapere.» Il sorriso che gli sfuggì, però, contagiò anche Max. «Allora, quella crema?» chiese posando il coltello; indietreggiò e girò su se stesso per andare alla dispensa a cercare altri ingredienti.
  «Uhm… Proviamo…» Lei tornò alla ciotola, in cui versò un po’ del contenuto di un barattolo, e poi di un altro, e mescolò. Logan tornò con un altro paio di ingredienti in grembo, e ne porse uno a Max. «Potresti provare questo; un mezzo cucchiaino, se vuoi.»
  Lei aprì la bottiglietta, annusò e subito annuì. «Vaniglia, sì.» Prese uno dei cucchiai che Logan le aveva preparato; aggiunse una piccola quantità alla ciotola, mescolò e assaggiò. Batté le ciglia, sorpresa. «Logan, è buonissima!» esclamò.
  «Sì?» La sua gioia era contagiosa.
  La ragazza annuì in fretta e immerse un altro dito nella ciotola. «Tieni» gli disse porgendoglielo piena di entusiasmo, e lui prese in bocca il dito offertogli, sorpreso; con gli occhi in quelli di lei, iniziò a succhiare lo yogurt dolce, sentendone appena il sapore, troppo preso da quell’improvviso momento sensuale…
  … ed arrossì, realizzando cosa stava accadendo e lasciando andare il dito. «Mi dispiace» mormorò.
  Anche lei arrossì, ma continuò a toccare le labbra di lui, speranzosa. «A me no» sussurrò. Lui sorrise, osservandola con attenzione, e catturò nuovamente la punta delle dita di lei con le labbra; mordicchiò, una domanda negli occhi. Il sorriso di lei si allargò, e lei chiese, la testa piegata, la voce bassa e maliziosa «Che ne pensi?»
  «Perfetto» mormorò.
  Lei rise. «Lo yogurt, Logan.»
  Lui scosse la testa, facendo spallucce. «Non lo so» ammise. E mentre ridevano della loro goffa infatuazione, Max riprese lo yogurt col dito e glielo porse. «Stavolta bada allo yogurt, ok?»
  «Come vuoi.» I suoi occhi brillavano deliziati. Lentamente, delicatamente, avvolse le labbra intorno al dito, solo la punta stavolta, e altrettanto lentamente si allontano, senza mai interrompere il contatto visivo. Ridacchiò. «È molto buono.»
  «E ora?»
  Una miriade di risposte gli passarono nella mente prima di fermarsi sull’intenzione originale, e Logan sollevò il pacchetto che ancora aveva in grembo. «Beh…» con rammarico distolse l’attenzione da lei per riportarla al tavolo da lavoro, dove erano due coppe di cristallo. «Potremmo finire il dessert che ti avevo promesso.»
  «Per iniziare.» La ragazza sollevò le sopracciglia, e Logan fissò intensamente il tavolo, sorridendo ancora.
  «Innanzitutto, mettiamo un po’ di macedonia» disse raccogliendo con un cucchiaio la frutta e mettendola nelle coppe, «e poi…» Aprì il pacchetto in cui erano ancora alcuni savoiardi che aveva usato per il tiramisù, e ne sbriciolò uno nella coppa. «Ora metti un po’ di crema, magari un terzo.» La osservò versare lo yogurt sulla frutta e annuì. «Ora ripetiamo la stessa cosa un paio di volte.» Mise altra frutta e altri biscotti; e lei di nuovo aggiunse la crema finché non riempirono la coppa; il silenzio tra loro era ancora suggestivo, ma sorprendentemente confortevole quanto prima. Logan si ritrovò a chiedersi se si fosse mai innamorato tanto prima. Forse perdere le gambe – e la fiducia in se stesso – gli aveva dato una nuova prospettiva, rifletté. Un tempo, era solito prendere decisioni sbagliate con le donne, ma non aveva mai apprezzato cosa significasse essere amato per ciò che era, non per il suo aspetto o la sua ricchezza.
  Amato?
Logan tornò a guardare Max che riempiva le coppe, rivolgendogli lievi sorrisi di successo mentre raccoglieva il resto della crema dolce e passava il dito nella ciotola per prenderne le ultime tracce. Mentre la ragazza metteva il recipiente vuoto nel lavello, Logan si rimproverò: sì, “amato”, Cale. Pensa un po’.
  Ignara della fiducia di Logan che sbocciava dall’altra parte della stanza, Max sollevò la caraffa fumante dalla sua postazione sul bancone. «Preparo il caffè» offrì.
  «Che ne diresti, se mangiassimo il dessert in salotto?» Logan si chiese se avrebbe mai smesso di sorridere.
  «Ok.» Max tirò fuori due tazze e, caffè in una mano, fece strada verso il salotto mentre Logan portava le coppe di cristallo. Lei posò la caraffa sul tavolino e gli prese i dessert, osservandolo, e impulsivamente suggerì «Che ne dici si sederti sul divano… accanto a me?»
  Lui esitò, ancora disabituato a quello che stava succedendo tra loro. «Ok» annuì, distogliendo lo sguardo, improvvisamente imbarazzato all’idea di mostrare a Max quanto fosse contento che gliel’avesse chiesto. Si avvicinò e fece scattare i freni per fare il passaggio, e Max sedette con grazia sul bordo del divano, una gamba piegata sotto di sé in modo da essere girata verso Logan. «Caffè» disse porgendogli una tazza, che lui posò sul tavolino, «e dessert» finì, incerta su come chiamare la loro creazione. «Perfetto» disse allegramente, prendendo l’altra coppa mentre Logan posava la sua accanto al caffè.
  «Lo è» sorrise Logan, grato per tutto ciò che aveva fatto Max per far progredire le cose nella loro relazione. Da quando aveva parlato, al capanno, e gli aveva detto che quel loro bacio tante settimane prima aveva significato qualcosa per lei, non si era più voltata indietro; lo aveva avvicinato a lei, si era avvicinata a lui… Aveva abbassato ogni difesa e gli aveva permesso di entrare. A Logan ancora girava la testa.
  La osservò assaggiare ciò che avevano preparato. «Qual è il verdetto?»
  Max deglutì, si leccò le labbra… e sorrise. «Non sono così male come cuoca, dopotutto» decise. E notando come Logan si era illuminato alle sue parole, ammise con piacere «Bel lavoro di squadra.» La sua voce si addolcì e disse «Siamo una bella squadra in tutto, Logan.» Lo scrutò per valutarne la reazione e aggiunse «Non pensi? Voglio dire, anche se abbiamo avuto un inizio strano…»
  «Il destino ci ha fatti incontrare. È uno dei modi migliori per iniziare, a volte.» Logan pensò che non si sarebbe mai stancato di guardarla. Lei fece spallucce, ma la contentezza nei suoi occhi sembrò scemare; la ragazza aveva lo sguardo nella coppa di dessert, che posò sul tavolino. «Max?» Logan non era sicuro di come le sue parole fossero improvvisamente la cosa sbagliata da dire, ma chiaramente quella di lei era una reazione a ciò che aveva detto lui.
  Max rifletté per un altro momento prima di alzare lo sguardo su di lui e ammise «È una di quelle cose di cui non abbiamo ancora parlato.» Fece una pausa e abbozzò un sorriso. «Mi dispiace.»
  «Cos’hai detto prima, che il mondo è stato tranquillo, ultimamente?» Nonostante il suo imbarazzo nel parlare delle sue paure sulla loro storia, e sul fatto che c’erano migliaia di partner migliori per lei, nel momento in cui Max aveva perso un po’ della sua felicità, Logan dimenticò tutto, tranne il desiderio di vederla sorridere di nuovo. «Se vuoi parlarne, Max… Non vado da nessuna parte.»
  La forza dell’uomo accanto a lei diede a Max il coraggio di ammettere uno dei pochi veri rimpianti della sua vita – e di affrontarlo per ciò che era. «Logan, il fatto che io non sia venuta con te, quel giorno, a proteggere Lauren e Sophy…» Lui scosse subito la testa e prese fiato per parlare, ma la ragazza alzò una mano per zittirlo, interrompendolo per insistere «No, devo dirlo.» Fece una pausa, le parole erano difficili, e i suoi pensieri ancora di più. «Mi dispiace averti abbandonato quando hai chiesto il mio aiuto. Avrei potuto impedire che…»
  Lui scosse di nuovo la testa, un po’ sorpreso che lei volesse prendersi la colpa di quel giorno – e deciso a non lasciarglielo fare nemmeno per un altro momento. «È stata una mia scelta andare, e conoscevo i rischi. Tutti li conoscevamo – Peter, Lauren…» Logan sospirò, e disse a bassa voce «È stata colpa mia, Max; sapevo che il piano era rischioso, ma ero sempre riuscito in tutto, prima di allora. Ero diventato arrogante.»
  «Ma è quello il punto.» Max si voltò per guardarlo meglio; nei suoi occhi il rimpianto e il biasimo per se stessa erano dolorosamente palesi. «Sapevo che ci avresti provato; sapevo che un tizio tanto temerario da portare avanti i bollettini di Solo Occhi sotto il naso di tutti, dal centro di Seattle, in un attico lussuoso non si sarebbe fermato finché non fosse riuscito a portare i testimoni al sicuro.» Fece una pausa, il senso di colpa ancora presente. «Avrei potuto fare la differenza… e forse non ti avrebbero sparato.» La sua voce era un sussurro quando la ragazza distolse lo sguardo, esprimendo finalmente la parte peggiore.
  Logan allungò la mano per accarezzarle gentilmente la guancia con le nocche, cercando di sorridere in modo incoraggiante. «Non lo sapremo mai. Con tutti gli uomini che aveva Sonrisa, probabilmente sarebbe successo comunque – e magari avrebbero fatto del male anche a te.» Max vide che Logan era onestamente sollevato che lei non fosse rimasta coinvolta, e si sentì ancora più in colpa. «Peter aveva accennato alla possibilità di abbandonare, ma si sarebbe assicurato che rinunciassimo se avesse pensato fosse impossibile.» Logan esitò, di nuovo pronto ad assumersi la responsabilità di tutto quello che era successo durante la missione. «Penso che se avessi deciso che avevamo bisogno di riorganizzarci e far uscire Lauren e Sophy dal paese in un altro modo, Peter sarebbe stato contento… e forse sarebbe sopravvissuto.» Logan distolse lo sguardo, combattendo quella che era chiaramente una vecchia battaglia con la sua coscienza; sospirò, tornando a guardarla. «È stata una lezione dura, Max, e ci ho messo molto tempo ad impararla. Il lavoro che sto facendo è importante, e necessario – ma è anche pericoloso, e non ci sono molte reti di sicurezza là fuori a proteggerci. Ho chiesto a troppe persone di assumersi troppi rischi… come feci con te.» Tornò a guardarla e ammise «Come ho fatto da quando ti ho conosciuta.»
  Sentendolo spostare l’argomento sulla propria colpa riguardo i pericoli del lavoro per Solo Occhi, fu Max a scuotere la testa, a negare, e a dire «Mi hai permesso di aiutare coi dettagli per rendere le cose più facili e sicure per tutti, e non ti saresti opposto se avessi mai voluto abbandonare una missione. Mi hai lasciato fare ciò che faccio.»
  Lui sospirò; i suoi pensieri erano difficili mentre affrontava la propria ammissione. «Non all’inizio.» Guardò gli occhi scuri di lei e confessò «Quando sei comparsa qui, dopo tutti quei mesi… l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era l’egoistico bisogno di riprendere Solo Occhi, e tu eri la mia chance migliore per farlo.»
  La premura negli occhi di lei nel ricordare quei momenti somigliava a quella che aveva avuto proprio quel giorno, e Logan sentì una nuova ondata di sensi di colpa. «Quindi sapevi che sarei venuta.»
  «No. Ma ci speravo. Anche se, dato com’erano andati i nostri incontri precedenti e quello che ti avevo chiesto di fare, avevo molti dubbi.» Distolse lo sguardo, ricordando gli eventi che avevano cambiato per sempre la sua vita in così tanti modi. «Ho avuto molto tempo per pensare, dopo quello che è successo… e mi sono reso conto che nella mia ossessione di eliminare Sonrisa, non avevo riflettuto su cosa ti stavo chiedendo; ma tu lo avevi già capito. Vorrei poter dire che il mio interesse nell’averti come protezione per Lauren e Sophy fosse solo per loro, perché meritavano di essere al sicuro… ma non le stavo nemmeno considerando come persone. Lauren era solo una testimone, solo un passaggio per togliere Sonrisa dalla strada.»
  «Non c’è niente di male nel volere entrambe le cose.»
  Logan tornò a guardare il bel viso di lei che cercava di convincerlo a perdonare se stesso per ciò che era accaduto. Lui continuò a confessarsi. «Non sono sicuro che fosse così, Max. Tutte le belle parole… erano solo parole. Fino a quel momento, parole vuote da parte di qualcuno che era stato fortunato.»
  L’espressione di Max si addolcì di fronte a quell’uomo che era pronto a portare il peso – e la colpa – del mondo sulle spalle. «Non tu, Logan. Io ti conosco.» Non aveva intenzione di lasciargli negare la parte migliore di sé. «Forse ti sarai lasciato trascinare per qualche minuto qua e là, ma non hai mai dimenticato Lauren e Sophy. E sapevi che sarei tornata, avevi Bast e il file su Zack…»
  «Non sapevo…» Sospirò, e stavolta non incontrò gli occhi di lei. «Ma quando sei tornata, nonostante fossi consapevole di averti già chiesto di rischiare tutto… è stato già orribile da parte mia chiedertelo una volta, ma eccomi lì, ad aspettare e sperare che tu tornassi per chiedertelo di nuovo.»
  Max piegò la testa per intercettare il suo sguardo, e quando lui si rifiutò di guardarla allungò la mano per prendere quella di lui, poggiata sulla gamba, e intrecciare le dita alle sue. «E sono contenta tu l’abbia fatto.»
  Lui alzò la testa e fu contento di vedere che non solo lei diceva sul serio, non solo sembrava perdonare la sua audacia… ma sembrava anche capire che le sue ferite non erano state colpa di lei, e che lui non poteva permetterle di accettare la colpa per ciò che era ora la vita di Logan – beh, a parte per l’avermi fatto innamorare così perdutamente di lei. Fu il suo turno di sorridere lievemente, per lei.
  «Eri così calmo, me l’hai chiesto e basta.» Gli offrì un breve sorriso, vedendo che Logan stava iniziando ad accettare tutto ciò che era rimasto non detto tra loro, prima di allora. «Dopo tutto quello che era successo, me l’hai chiesto senza esitazioni, come mi stessi chiedendo l’ora, così sicuro di te, sicuro che avrei accettato.»
  «Calmo?» Lui scosse la testa. «Ero terrorizzato, Max. Sapevo di essere egoista, e ti stavo chiedendo così tanto…» Aveva fatto tanto, e sapeva che chiarire le cose su quella parte della loro vita significava ammettere anche il resto. «Ma che fosse razionale o no, avevo anche deciso che se non avessi potuto aiutarmi, non ci sarebbe stata nessuna possibilità per Solo Occhi di andare avanti, con me così. E senza Solo Occhi… non avevo nessuna ragione per portare avanti le cose… o per andare avanti io.» Fece una pausa, sentendo che le doveva un’ammissione completa. «Ti stavo chiedendo di darmi una ragione per vivere, e tu non lo sapevi.» Ancora imbarazzato per averla manipolata tanti mesi prima, confessò «Mi dispiace…»
  Gli occhi di lei luccicavano ora che lui le aveva spiegato il motivo per cui l’aveva reclutata, e si sentì sollevata nel realizzare che, da allora, Logan aveva trovato se stesso e la sua fiducia, abbastanza da mantenere Solo Occhi forte nella regione, abbastanza da costruire un attacco contro una pazza armata decisa a proteggere suo figlio qualche giorno prima… abbastanza da iniziare a credere alle parole di Max sul fatto che la sua condizione non lo rendeva sminuiva agli occhi di lei.
  In risposta, lei si chinò verso di lui per dargli un lungo, tenero bacio, che rimase dolcemente insistente finché lui non rispose. Soddisfatta che quella “risposta” fosse stata udita, Max tornò a sedersi dritta e, gli occhi che brillavano per lui, continuò, come se quelle parole dolorose non fossero mai state pronunciate. «Ovviamente, il mio primo pensiero fu che fossi pazzo, subito in sella poco dopo quello che era successo… ma il mio secondo pensiero, subito dopo il primo, fu che dovevo conoscere quel tizio che era pronto a rialzarsi e riprendere da dove aveva lasciato, testardo e determinato e pazzo…» Negli occhi di Logan c’erano la speranza e l’incertezza che Max aveva imparato a riconoscere; Logan stava iniziando a credere a ciò che lei provava per lui, ciò che lui poteva offrire a lei… e aggiunse, incoraggiante «Logan, in qualunque modo ci siamo conosciuti – il fatto che ho commesso un reato per entrare in casa tua per derubarti, che tu mi abbia chiesto aiuto per andare avanti – è nel passato, e il passato è servito ai suoi scopi. Siamo qui, ora… e per tutto il tempo che mi vorrai, ho intenzione di restare.»
  Logan cercò in quel viso che tanto amava segni di incertezza o pietà o menzogna e non trovò nulla, nessuna condizione, nessun rimpianto; solo l’amore che le illuminava il viso di speranza.
  Con una risata abbandonata, troppo piena di emozione per i suoi gusti, lui si arrese. «E pensavi che fossi io il pazzo…»
  «Beh, pensaci» rispose lei di nuovo allegra ora che lui era riuscito a liberarsi di alcuni scheletri e ne era sopravvissuto. «Eccoti qui, con una ragazza potenziata praticamente in braccio, e ancora non hai sfruttato il vantaggio tattico? Non costringermi a chiamare Tony così presto…»
  Ci volle un momento perché apparisse, ma alle sue parole tornò quel sorriso così luminoso che Logan condivideva con suo cugino; e con esso, l’uomo sollevò una mano verso la guancia di lei, attirandola a sé per mordicchiarle le labbra con fare sensuale. «Perché sei seduta così lontano?» la prese in giro, «quando ci sono le mie braccia che ti aspettano qui?»
  «Pensavo non lo avresti mai chiesto» miagolò lei e si spostò tra le braccia di lui che l’attendevano.
  
  … continua…
  

  Note della traduttrice: Il titolo è un gioco di parole tra la parte culinaria del capitolo e l’espressione inglese “just deserts” (con una S), che si riferisce a “una punizione o un premio che si considerano meritati” (wiktionary). Alcuni scrivono l’espressione proprio con due S, ma è un errore dovuto all’assonanza tra i due termini (e al fatto che il deserto non c’azzecca niente, diciamocelo XD). Quel che conta, comunque, è che i nostri beniamini stanno avendo l’happy ending che meritano *-*
  Come sempre, qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   


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Capitolo 28
*** Il vero Cupido porta la barba ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: Lo stesso di tutti gli altri capitoli


    Il vero Cupido porta la barba



   SEATTLE, WASHINGTON. 14 febbraio 2020, 11:57 am.
  
  Settore Cinque. Jam Pony.
  

  La giornata era stata frenetica; la giornata più piena dell’anno, in un’economia che sembrava cercare di risalire lentamente, aveva lasciato la sede Jam Pony praticamente vuota, visto che tutti i messaggeri erano impegnati nelle consegne; gli unici suoni erano il telefono, Normal che non poteva offrire nessuna certezza ai clienti dell’ultimo minuto al di fuori di qualche promessa di fare del suo meglio, e i sibili e scricchiolii dei postini che venivano di tanto in tanto a consegnare le ricevute firmate e a ritirare il pacco successivo. Cindy e Max erano arrivate al lavoro alle cinque del mattino; gli altri verso le sei, e tutti avevano corso più miglia quella mattina del resto della settimana. Le due coinquiline, pertanto, lavoravano già da sette ore buone quando finalmente fu mezzogiorno.
  « Non c’è da stupirsi che il cioccolato sia una tradizione di San Valentino » mormorò Cindy a Max quando capitò che arrivassero al banco di Normal nello stesso momento, dopo ore che non incontravano nessuno. « Devono essere stati Cupido e i suoi messaggeri a iniziare, per avere le energie per continuare a muovere le ali dopo tutte queste maledette consegne. »
  « Grazie per esserti offerta di ripagare il mio debito con me » disse Max intercettando lo sguardo dell’amica. « Avrei dovuto sapere che Normal avrebbe scelto oggi per riscattare gli straordinari – tu stai bene? » Prese un pacco da Normal e lo infilò nella borsa; ne fissò poi un secondo al manubrio con delle corde elastiche.
  « Sì, tutto a posto, bambolina – soprattutto perché le mance scorrono a fiumi data la giornata. » Cindy raccolse i pacchi che le erano stati dati e li chiuse nella borsa. « E per come stanno andando le cose avremo ripagato Normal entro l’ora di cena » sorrise.
  « Non se restate qua a chiacchierare tutta la giornata. Bip bi… » Un’occhiataccia da parte Di Original Cindy interruppe Normal a metà bip – dimenticava spesso la sua promessa di non dirlo più. Max soffocò una risatina mentre girava la bici per tornare sulla rampa che immetteva sulla strada, con Cindy al suo fianco. Avanzarono a piedi fino all’angolo, Original Cindy aveva un largo sorriso e chiese « Allora, tu e il tuo bello avete piani per il vostro primo San Valentino insieme? » Era visibilmente deliziata, raggiante per la sua amica e per la consapevolezza che finalmente, finalmente, le due persone più testarde che conosceva – le due persone più testarde di Seattle – avessero finalmente fatto un passo avanti e ammesso quello che tutti avevano notato da mesi. « Da quello che ho visto di Logan, sarà qualcosa di ro-man-ti-co, ovviamente » provocò.
  Max alzò gli occhi al cielo, facendo spallucce per minimizzare l’importanza di quella giornata. « Immagino che ci vedremo per cena. Non ha detto niente… »
  « Vi vedete sempre per cena. Non puoi dirmi che Logan non ha niente di speciale in mente. »
  « Non ha detto niente. » Max si sentì sempre più nervosa per quella festività, per quello che l’obbligatoria giornata romantica avrebbe potuto fare alla loro relazione nascente. Cindy aveva ragione: Logan era il tipo di persona che dava una grande importanza a roba come San Valentino, ma era una cosa nuova anche per lui, e magari stava lottando con se stesso quanto lei. Max aveva aspettato che lui dicesse qualcosa; non era successo, e lei non sapeva se fosse sollevata… o ferita. « Senti, non voglio perdere tutto solo per colpa di quello che impone una festa finta. » Era quello che onestamente pensava, ma c’era una nota aggiuntiva per convincere Cindy – e se stessa – che non aveva importanza per lei se avessero trattato quella giornata come una qualsiasi.
  « Non accadrà. » Cindy assunse l’espressione saggia di chi la sa lunga. Chiese « Quando vuoi che gli consegni il pacchetto? »
  « Sai, forse è meglio che non sia una cosa di San Valentino. » Max, stranamente per lei, era in apprensione. « Non è una cosa tradizionale e non è nemmeno proprio da parte mia. E non è nemmeno davvero per lui… »
  « Bambolina, ne abbiamo parlato una dozzina di volte! Cos’altro regali a un ragazzo che ha tutto? È perfetto e… »
  Il suono del cercapersone di Max interruppe le sue parole, e la ragazza lo prese, abbassò lo sguardo e lo riportò su Cindy, l’ansia di nuovo negli occhi. « È Logan. »
  « Parli del diavolo » disse maliziosamente Cindy seguendo Max alla fine della strada e per i pochi passi che conducevano alla cabina telefonica dietro il Jam Pony. Osservò divertita, ma mantenendo il viso più neutrale possibile, mentre Max digitava rapidamente il numero.
  « Ehi » la sua voce si addolcì inevitabilmente per lui. « Ti sto richiamando. » Cindy attese, studiando il volto della sua amica mentre ascoltava; vide la sua espressione cambiare, i suoi occhi andare al cielo per qualcosa che sembrava frustrazione, i suoi pensieri che correvano per risolvere i problemi posti… e, Cindy immaginò, he scusa dare a Normal nella giornata più impegnativa dell’anno. « Ok, sicuro che ci vorrà solo un’oretta? » Annuì. « Ok. Sarò là tra dieci minuti. » Riagganciò e fece spallucce. « C’è una cosa che mi ha chiesto di consegnare per lui qualche giorno fa e ora è pronta. Proprio oggi » mormorò. « Consegno queste due e vado in pausa pranzo. Penso di poterlo fare senza far scoppiare una vena a Normal. »
  « Ok… e il pacchetto per Logan? » chiese di nuovo Cindy.
  « Dopo che me ne sarò andata! » Max finse un brivido. « Non mi piace tutta la pressione delle relazioni e delle feste. Troppi drammi. Troppe possibilità di rovinare tutto. »
  « Benvenuta nel mondo dell’amore » disse Original Cindy, gli occhi che le luccicavano. « Ci vediamo dopo, bambolina. » Scesero le scale per dirigersi da lati opposti, Cindy verso la sua consegna, e Max verso il retro della Jam Pony per svicolare senza farsi vedere da Normal e firmare per andare in pausa senza casini.
  
  SEATTLE, WASHINGTON. 14 febbraio 2020, 12:53 pm.
  
  Settore Nove. Fogle Towers. Attico.
  

  L’incertezza di Max sul regalo per Logan era mitigata in parte dalla curiosità riguardo la missione che aveva per lei. Era una commissione a cui aveva accennato vagamente in macchina dopo aver accompagnato Tony all’aeroporto; aveva detto di aver bisogno di lei in un giorno di bel tempo. Max immaginava si trattasse di qualche componente informatico super-sensibile, o qualche agente chimico bio-delicato che aveva a stento catturato la sua attenzione tra tutte le cose che erano successe. Perciò, quando l’aveva contattata e le aveva detto che era il mondo e dovevano muoversi ora, non era sorpresa – aveva solo sperato capitasse in un giorno in cui avrebbe rischiato meno sgridate da Normal se fosse tornata tardi dalla pausa pranzo.
  « Logan? » Si diresse alla stanza del computer e dovette fermarsi di colpo quando si accorse che Logan non era davanti al pc ma in cucina, intento a posare tovaglioli ripiegati in un cestino da picnic su contenitori pieni di quello che doveva essere cibo – riuscì a vedere a stento prima che lui chiudesse tutto in fretta. C’erano anche un paio di bottiglie di vino sul bancone lì accanto.
  Tornando sui suoi passi, rimase imbambolata in corridoio. Per una volta, era totalmente senza parole, e non osava saltare a conclusioni.
  « Max » sorrise Logan, contento di averla sorpresa. « Pronta per la missione? »
  « Non lo so… » avanzò lentamente nella cucina per aprire la copertura del cestino. Prima che potesse farlo, però, la mano di Logan coprì la sua e la fermò.
  « Uh-uh. » Scosse la testa, arrossendo imbarazzato. « Niente sbirciatine. »
  Sorpresa, Max lo guardò e ritirò la mano. « È una missione sotto copertura, una specie di ricognizione? » Sperò di no.
  « No… » Il sorriso di lui si allargò. « È una risposta a una lamentela che hai mosso un paio di settimane fa. Qualcosa sul mettere Solo Occhi da parte? Rilassarsi? » Abbassò lo sguardo per armeggiare coi bicchieri per riporli in un contenitore apposito insieme alla bottiglia, troppo imbarazzato per mostrare il proprio entusiasmo. « Mi pare ci fosse un pin-nic nelle tue parole. E, se non sbaglio, un giro al parco… »
  « Logan Cale » esclamò Max stupita. « Non ci avrei mai creduto se non l’avessi visto coi miei occhi! » Lo scrutò, capendo. « E sospetto che sia stato passare del tempo con Tony a farti raggiungere questa saggezza » lo prese in giro.
  « Pensi non sarei stato capace da solo? » chiese Logan sorridendo timidamente.
  Lei si chinò per dargli un dolce bacio prima di raddrizzarsi di nuovo e rispondere. « Beh, ci avresti messo più tempo da solo. » Allargò le braccia. « Cosa posso fare? »
  Il bacio era la conferma che Logan aspettava: il suo era un buon piano, ed era felice. « Niente, ho già fatto tutto. » Prese il parka che aveva riposto sul retro della sedia e lo indossò; ripose il vino nello zaino e si mise il cestino in grembo. « Le coperte sono già in macchina. » Incapace di resistere, le prese la mano e la avvicinò a sé. La baciò a lungo, e poi si separarono guardandosi negli occhi alla ricerca di una conferma che non fosse tutto un sogno. Quando Max si allontanò, Logan parlò di nuovo. « Spero tu abbia fame. » Brillava di leggerezza e felicità, e Max nei suoi occhi trovò speranza.
  « Non è mai stato un problema, no? » Il suo sorriso brillava, e Logan pensò che non ricordava più nemmeno la strada per la porta.
  Per non rischiare, inclinò la testa verso il corridoio. « Dopo di te. »
  
  SEATTLE, WASHINGTON. 14 febbraio 2020. 1:11 pm.
  
  Settore Nove.
  

  Dopo un breve tragitto in macchina verso il parco, oltre il campo da basket dove Logan andava spesso, scelsero un posto tranquillo, lontano dal rumore della strada, tra cespugli sempreverdi e abeti. « Mi piace qui » disse Logan. « Anche d’inverno resta tutto verde, come d’estate. »
  « Non proprio come d’estate » rise lei. « Ma non piove e c’è persino il sole. Come hai fatto? »
  « Max, sai che ho molte conoscenze. » Ridacchiò Logan avanzando al suo fianco, gli occhi sulla destinazione, ma la sua attenzione sullo sguardo che lei gli stava rivolgendo. È questo l’effetto della mia fiducia? Si chiese Max. Logan è felice… perché io lo vedo come qualsiasi altro uomo? E un Logan Cale felice è un miracolo. « Che ne dici di qua? » disse fermandosi e indicando uno spazio soleggiato tra alti cespugli di agrifoglio e piccoli ginepri.
  « Perfetto » annuì lei. Se ti rende felice, è davvero perfetto.
  
Il terreno era abbastanza pianeggiante e asciutto da fornire sia un percorso decente per la sedia sia una superficie comoda per un pic-nic. Logan diede istruzioni a Max per stendere prima un telo impermeabile e poi una trapunta morbida, su cui posò il cestino e il contenitore col vino. Mentre apriva il primo, però, Max lo interruppe.
  « Non è un vero pic-nic se resti lassù » gli disse dopo essersi seduta, battendo la mano sulla trapunta accanto a lei. Si chiese se fosse davvero pronto a rilassarsi per davvero. « Andiamo, non mordo. »
  « Non è per quello che non mi muovo » cercò di scherzare lui, ma sembrava improvvisamente triste. E Max decise che non gli avrebbe permesso di perdersi niente, se era qualcosa che voleva.
  « E allora vieni qui con me » gli ripeté. « Siamo solo noi, Logan. » Osservò varie emozioni attraversargli il viso.
  « Lo so, Max, è che… »
  Max addolcì la propria espressione nel rispondere alle sue proteste. « Non mi importa come mi raggiungi, mi importa solo che tu lo faccia. » Indicò lo spazio accanto a lei. « E presto. Si ci metti ancora tempo… » fece un sorriso seducente e incoraggiante, « ti trascinerò giù io stessa. »
  Lui la osservò a lungo, chiaramente combattuto, prima di rispondere con un sorriso a sua volta. « Davvero? »
  E non ci mise molto per essere al suo fianco, una delle ruote della sedia a mo’ di schienale, il cestino aperto davanti. Max gli mise fretta per il cibo, cosa che servì solo a rallentarlo e imbarazzarlo più di quando l’aveva convito a sedersi accanto a lei.
  « Max… » La sua voce era un misto di solennità e affetto. «So che sai meglio di chiunque altro che giorno è, considerato cosa devi aver fatto tutto il giorno. » Max ebbe un brivido – di eccitazione al pensiero che si era ricordato e ne stava parlando, e di paura perché forse era troppo presto per San Valentino, per loro, nonostante il calendario. « Se potessi leggere la mia mente e vedere tutte le idee che avevo avuto per questa giornata, e tutte le volte che avevo immaginato che potesse esserci un San Valentino per noi. »
  Lei annuì. Possibile che Logan fosse stato indeciso come lei, desideroso di prometterle la luna ma spaventato all’idea di dirlo prima di aver lasciato la Terra? Lui fece una pausa, chiedendosi se lei stesse capendo, prima che le parole giungessero proprio da Max. « Lo so. Anche io. » Sorrise timidamente. « È arrivato in fretta questo giorno, eh? »
  Logan deglutì, sperando che fosse più semplice di quanto temesse. « Max… ciò che provo… e ciò che sono pronto a dire… quello che penso che tu sia pronta a sentire… Sono comunque a oceani di distanza. » Si chinò in avanti senza pensare, una mano sulla coperta come sostegno, una sul viso di lei per accarezzarlo teneramente. « Per cui, per questo primo San Valentino arrivato così in fretta… » Aprì il coperchio del cestino per prendere un sacchetto di seta e porgerglielo. « Un piccolo promemoria. »
  Max prese il sacchetto, sentendolo più pesante di quanto si aspettasse, curiosa. Lo aprì e se ne lasciò cadere il contenuto in mano – e vide un cuoricino tridimensionale, alto un paio di centimetri e quasi altrettanto spesso, di quello che sembrava marmo, sospeso a una catenella d’argento – ma il marmo era di rosso valentino che non pensava esistesse in natura. Era bellissimo, il rosso brillante e allegro, la superficie liscia e fredda rassicurante. Se lo rigirò in mano, notando la sottile linea di saldatura che ne indicava l’origine artificiale, e alzò lo sguardo felice su Logan. Uno degli uomini più ricchi di Seattle, e le aveva dato un cuoricino rosso brillante che persino lei si sarebbe potuta permettere, avvolto e appeso a una luccicante catenina d’argento. Nessuna pressione – ma comunque un regalo di San Valentino.
  Max non pensava che Logan avrebbe mai potuto darle più di quanto non le avesse già donato, ma la semplicità di quel regalo era segno di una consapevolezza: che quel giorno non doveva spingere a grandiosi gesti romantici e promesse che non erano pronti a fare. Negli occhi di lui c’era la speranza che lei capisse, e quando vide la reazione della ragazza ne fu contento. « È perfetto » disse lei dandogli un bacio d’affetto. « Grazie- »
  La sua risposta gli diede il coraggio di continuare. « Prego. Ma non è un cuore qualsiasi, Max. » All’espressione interrogativa rispose « È un cuore del ricordo. »
  Max era curiosa, e cadde in trappola. « Un cuore del ricordo? »
  Logan mosse le sopracciglia e sfiorò il cuoricino che lei sollevava. « Beh, è un potente talismano, che funzionerà solo per te. La sua magia mi farà ricordare, quando perderò di vista noi, che sono un coglione. Mostramelo e mi ricorderò di essere ragionevole. Se sono testardo, mostramelo e ricorderò di aprire la mia mente. Se sono egoista, mi ricorderà di essere più generoso. Quando sono impaziente… »
  « Logan » lo interruppe lei, perché non voleva sentirgli elencare tutte le sue mancanze dovute alla sparatoria e al dolore che gli aveva portato, perché non voleva ricordare tutte le volte in cui aveva dimenticato quel dolore e perso la pazienza con lui. « Una persona altruista come te… » Lasciò la frase in sospeso, perché le parole non bastavano a dire ciò che voleva. Esitando, infine arrendendosi, fece spallucce. « Ti è permesso essere testardo, ogni tanto. »
  Lui rimase impassibile, la bella bocca piegata in un mezzo sorriso così vicino a quella di lei, e lei gliela sfiorò con le labbra. Le azioni esprimevano di più delle parole. Lui rispose al bacio, le labbra si schiusero per lasciare che la lingua percorresse quelle di lei; ma dopo un momento si allontanò per guardarla negli occhi. « È anche un modo per ricordare a te » disse sfiorando nuovamente il cuore nella mano di lei, « che tutto ciò che ho è tuo. Tutto. » La guardò per dirle a bassa voce che aveva finalmente deciso di fare quel passo che aveva considerato per tante, tante settimane. « Ho chiamato gli avvocati. » Lei aggrottò la fronte, incerta. « Max, hai passato una vita a scappare, a nasconderti. Un’esistenza di difficoltà. È finita. Ora sta a te. Avrai i mezzi per fare ciò che vuoi, quando e come lo vorrai. Ho tutti i documenti qui, se vuoi averli subito. »
  Lei scosse lentamente la testa. « Logan, che stai dicendo? » Persino la sua mente geneticamente superiore stava avendo difficoltà a capire. Max Guevara, dei Guevara-cognome-inventato, era improvvisamente una donna ricca.
  
« Tutto ciò a cui io ho accesso – avrai accesso a tutto anche tu, ora. Alcuni miei conti sono solo investimenti, per cui se non posso farci nulla io non puoi nemmeno tu » riassunse, « e ci sono alcune altre cose che non sono liquidi… ma ci sono conti significativi da cui potrai prelevare, con assegni, carte di credito… Ho qui anche delle carte temporanee, la settimana prossima avrai quelle definitive… »
  Max alzò improvvisamente lo sguardo preoccupata. « Se tutto questo è perché ti ho preso in giro dicendo che sei il mio buono pasto… »
  « No » rise lui, toccato dalla sua onestà. « Voglio dire, a volte ho temuto che… beh… » confessò. « Ma negli ultimi giorni ho finalmente ammesso a me stesso quello che Bling dice di aver visto, quello che Tony ha detto che c’era. Che ho visto io stesso nei tuoi occhi, e spero tu abbia visto cosa significa per me. » Arrossì nel continuare. « Volevo farlo da tanto, Max, non solo perché è San Valentino, non solo per le ultime settimane. Sei importante per me. Anche se quest’ultima settimana non fosse mai accaduta, la nostra amicizia mi ha aiutato ad andare avanti nei momenti più brutti ella mia vita. » La sua voce la accarezzava, e lui sentì il suo amore come braccia forti che la tenevano al sicuro. « Sono sempre stato fortunato riguardo alla salute, ma con una lesione come la mia non si può mai sapere, qualche complicazione… »
  « Logan… » sussurrò lei spaventata. « Se c’è qualcosa che non mi hai detto… »
  « No, niente. Promesso » la rassicurò lui, colpito dalla sua reazione. « Voglio solo essere pronto. Tra Solo Occhi e il dramma della sparatoria ho qualche rischio in più della gente comune, tutto qui. E volevo rendere le cose più semplici. Di Bling mi sono già occupato. Ci sono testamenti che permetteranno a Solo Occhi di andare avanti e altre cose pronte, per Tony, Sam, Matt… »
  Lacrime luccicavano negli occhi di Max, e lui le sorrise incoraggiante. « Ehi, non era questo il mio scopo. » Teneramente, le spostò un ricciolo dietro l’orecchio. « È solo che ci sono tante cose, e ora hai delle scelte e puoi decidere liberamente. Tipo il lavoro, un posto dove stare… » Avvolse le dita intorno a quelle di lei, le mani strette intorno al cuoricino di pietra fredda, e disse a bassa voce « Voglio solo che tu sia libera, Max. Non sono ancora riuscito ad aiutarti a trovare gli altri, o a eliminare Manticore e Lydecker. Ma forse così posso darti un po’ di libertà per fare ciò che vuoi, muoverti come vuoi, lavorare o non lavorare, vivere dove e come vuoi. Niente mi renderebbe più felice che sapere che ti senti più al sicuro. » Sorrise ancora. « Dato come ci siamo incontrati, quello che dovevi fare per ottenere informazioni sugli altri… mi sembra giusto che, se ho così tanto, io lo condivida – e non c’è nessuno con cui vorrei condividerlo tranne te. »
  Max aveva gli occhi spalancati. La grandezza delle sue azioni, la fiducia che le mostrava la sopraffacevano. È come darmi le chiavi del negozio di caramelle. « Hai già dato tanto per Solo Occhi… » protestò.
  « E ne sono felice. Ma questo è diverso. Sta solo a te, Max, quando ne avrai bisogno o lo vorrai. » Le lacrime ora scendevano sulle guance della ragazza, e con uno sguardo triste Logan si chinò a raccoglierle. « Non penso che le lacrime facciano parte della tradizione per San Valentino. Ma visto che non siamo persone tradizionali direi che vanno bene. » Esitò un momento, un po’ imbarazzato. « Devi essere affamata… »
  Mentre cercava nel cestino, Max si accorse del suo disagio e lo fermò come lui aveva fatto con lei in cucina. « Uh-uh » gli disse. Si sollevò sulle ginocchia per stargli di fronte. Sollevò il cuore di pietra per la catenina e lo lasciò oscillare tra loro, davanti agli occhi di Logan. « Guarda, Logan » disse, notando appena che un’altra lacrima si era aggiunta alle altre mentre guardava l’uomo che le aveva dato tutto il suo mondo, e le stelle… e Max. « Questo è per ricordarti che sei, senza ombra di dubbio, l’uomo più altruista, generoso, sensibile – migliore che io conosca. »
  L’incertezza svanì dal viso di lui, e quando lei si avvicinò per stringersi a lui, la avvolse tra le sue braccia. « Buon San Valentino, Max » sussurrò. « Grazie per aver accettato di prendermi. »
  Lei si accomodò felice tra le sue braccia. « Grazie per aver accettato di farmi abbracciare dall’uomo migliore del pianeta? Oh sì, è stato difficile, una grossa responsabilità » lo prese in giro. Tirò su col naso. « Ma sai qual è il vero miracolo qui? »
  Sollevò la testa per guardarlo negli occhi verdi che amava, mentre i suoi danzavano divertiti. Logan ridacchiò e chiese « Qual è? »
  « Che sei anche l’uomo più figo del pianeta! »
  
  SEATTLE, WASHINGTON. 14 febbraio 2020. 2:24 pm.
  
  Settore Nove. Fogle Towers. Garage.
  

  Nonostante il regalo di Logan e il suo annunciò nonostante le carezze e i baci che avevano intervallato il pranzo caldo e soddisfacente – zuppa di pomodoro con crostini fatti in casa a forma di cuore (« Non ho potuto resistere » le aveva detto « quando la signora Moreno mi ha mostrato le sue formine a forma di cuore… »), couscous vegetale (« Couscous… » aveva riso Max, « mica l’hai scelto perché suona come “kiss”? » – con solo un quarto d’ora di ritardo rispetto all’ora in cui Max sarebbe dovuta tornare dalla pausa pranzo.
  « Non è un problema » gli spiego lei. « Quando sono andata a firmare per uscire, ho preso anche dei pacchi e li ho consegnati. Basterà correggere gli orari e farò credere a Normal di averli presi ora e di star tornando dalla consegna. »
  « Ottimo piano. » Logan parcheggiò, facendo segno verso dove sapeva che Max aveva lasciato la bici. « Puoi metterla nel retro e posso accompagnarti in macchina. »
  « No, no, posso evitare le strade evitandomi i semafori che ci farebbero tardare in macchina. Ma grazie. » Esitò, lo sguardo sulle lunghe ciglia che incorniciavano gli occhi verdi, sulla sottile barba sul mento, su quel viso aristocratico dai capelli impossibili. « Logan… » iniziò, ma scoprì di non avere parole per ciò che era successo, per ciò che provava. « Quello che hai fatto per me… » Scosse la testa. « Non voglio che cambi niente tra noi. O in me. Ma soprattutto tra noi, ok? »
  Lui sorrise contento. « Ok. »
  « È più di quanto chiunque abbia mai fatto, per chiunque io conosca… » Max aggrottò la fronte, sentendo che doveva ringraziare nel modo giusto e riconoscere la fiducia che aveva riposto in lei, soprattutto visto che aveva cercato di derubarlo. « Devo pensarci bene, prima di sapere cosa dire. »
  « D’accordo. » Logan si rabbuiò. « Max… non ho secondi fini, lo capisci, vero? Volevo farlo davvero. Solo che ancora non avevo formalizzato nulla, e… beh, anche se non abbiamo mai attraversato quel confine, voglio che tu abbia ciò di cui hai bisogno. Ma non voglio che ti senta obbligata, o… »
  « o più… » Dillo, Max: o più innamorata « attratta? » Fu il suo turno di sorridere contenta. « Logan Cale, quando penso di sapere tutto di te, tu mi sorprendi di nuovo. » Gli posò una mano sulla guancia e mordicchiò le labbra. « E chi altri avrebbe potuto darmi un cuoricino per rendere il nostro primo San Valentino meno intenso, e allo stesso tempo le chiavi della sua fortuna – e fare in modo che avesse comunque senso? Grazie per aver reso tutto così facile… e meraviglioso. »
  « Un’ispirazione straordinaria vuole un’azione straordinaria » le rispose baciandola a sua volta e attirandola a sé. Lei lo circondò con le braccia, ridacchiando al pensiero che stavano pomiciando in macchina, come due quindicenni.
  E nonostante i suoi supersensi fossero sempre vigili per la sua sicurezza e quella di Logan, si lasciò andare in quel momento, ignorando i suoni innocui intorno a loro finché non furono troppo vicini. Aprì gli occhi e vide fuori dal finestrino la figura che si avvicinava; trattenne il respiro, spalancando gli occhi, i nervi tesi nell’ansia del mattino.
  « Max, cosa… » Logan aprì gli occhi a sua volta nel sentirla così allarmata, e si voltò.
  « Ehilà, bambolina. » Il viso allegro di Original Cindy guardava la sua migliore amica colta nell’atto di recuperare le settimane di negazione e di desiderio per l’uomo tra le sue braccia. Lo sguardo di Max la riconobbe finalmente come “amico, non nemico”, mentre Original Cindy si rivolgeva finalmente all’oggetto del desiderio della ragazza. « Consegna Jam Pony per Mr Cale. »
  
  … continua…
  

  Note della traduttrice: Solo un capitolo alla fine!
  Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
  

  
  
  

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Capitolo 29
*** Di anime gemelle e promesse ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .
   DISCLAIMER: Sempre lo stesso.
   



   Di anime gemelle e promesse



  SEATTLE, WASHINGTON. 14 febbraio 2020. 2:24 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Garage.
   

   « Cindy! » La reazione di Max nel vedere la sua amica fu un misto di imbarazzo e frustrazione. « Avevi promesso di aspettare… » le ricordò in un ora inutile sussurro.
   « Bambolina, credimi, vorrai esserci quando il tuo ragazzo lo aprirà. » Incorniciata dal finestrino aperto di Logan, Original Cindy ignorò il disagio di Max e sorrise al destinatario della sua consegna. « Ehi, Logan. »
   « Ehi, Cindy. » La sorpresa di Logan si trasformò in un sorriso divertito: Max aveva mandato la sua collega con un regalo per lui. Qualcosa per San Valentino, immaginò. L’idea che Max avesse pensato qualcosa per lui per quel giorno lo scaldava più della sua zuppa di pomodoro.
   « Vuoi firmare, tesoro? » Original Cindy gli stava passando la cartellina; lui la prese, firmò, tirò fuori delle banconote dal posacenere dell’auto e le attaccò alla clip prima di restituire il tutto a Cindy in cambio del pacchetto. Guardando impotente, Max rimase seduta senza sapere cosa fare. Non era un granché, il suo regalo. Non rispetto a tutto quello che aveva fatto lui, rispetto a “tutto ciò che ho è tuo”, come faccio a competere…
   « Grazie » disse Logan alla fattorina.
   « Grazie a te. » Original Cindy sorrise per la generosa mancia che subito mise in tasca; non era una sorpresa, ma era certamente apprezzata. « E grazie per aver usato Jam Pony! » ridacchiò rivolta alla sua coinquilina. « Max, ti copro almeno fino alle tre, così puoi stare ancora un po’ qui. » Si voltò per andarsene.
   « No, aspetta! » Max disse d’istinto. « Non andartene ancora! »
   Cindy si fermò e si voltò verso Logan e Max. « Uh… Max, in tre siamo troppi. » Rivolta poi a Logan, alzando gli occhi al cielo, aggiunse « O almeno dovremmo esserlo. »
   Max si accorse appena della risata di Logan. « Beh, ma hai partecipato anche tu. Hanno partecipato tutti… » Guardò finalmente Logan. « Senti, non è bello da parte mia dirlo. L’ho a stento accennato e tutti si sono buttati ad aiutarmi. Ma non ho nemmeno dovuto provarci a cercare cosa regalare a un tizio che ha tutto. »
   Max era seriamente in apprensione per il regalo, e Logan cercò di calmarla accarezzandole la spalla. « Qualsiasi cosa sia… » guardò Cindy per includerla nelle sue parole, « già vedere tutto questo lavoro di squadra Jam Pony è un bel regalo. » Le sorrise, felice che avesse speso del tempo per lui, indipendentemente da cosa avesse infine scelto. Max preoccupata per San Valentino? Per me? Sarò drogato, si prese in giro divertito. Che anestetico starà usando Sam? Ha come effetto collaterale le allucinazioni. Sarà brutto svegliarmi…
   « Beh, sbrigati! Original Cindy di solito non deve aspettare che i clienti aprano i regali per fare gli occhi dolci alla donna che li ha fatti! » Cindy era decisamente troppo contenta per la lentissima coppietta per rendere la sua lamentela credibile. E sapendo cosa c’era nel pacchetto, voleva davvero restare – voleva vedere la reazione di Logan.
   Logan lasciò andare Max per prendere il pacchetto con entrambe le mani e scuotere la scatolina con gentilezza, come in ascolto; guardò prima Cindy, poi Max che era ancora a disagio. « Andiamo, Max. Onestamente, il solo fatto che tu mi abbia fatto un regalo… »
   « Andiamo, voi due! è San Valentino! E mentre voi due perdete tempo, Original Cindy si sta perdendo le mance. »
   Logan fece spallucce, come arrendendosi a qualcosa che non dipendeva da lui e aprì il pacchetto marrone. Ne tirò fuori una scatola rossa liscia, con un modulo attaccato. Leggendolo, la sua espressione si trasformò dal solito sorriso al crescente stupore.
   « Max… » Riuscì a stento a battere le palpebre prima di tornare a guardare il modulo. « Come hai fatto? è incredibile… »
   Northwest Regional Wheelchair Basketball Tournament, lesse. Modulo ufficiale di iscrizione.
   Lo aveva visto prima, quando Corey lo aveva preso e ne aveva discusso con la squadra. Ma c’era un campo rimasto vuoto e ora finalmente riempito, un campo di cui avevano parlato a lungo.
   Sponsor ufficiale: Jam Pony Messenger Service
   
Logan tornò a guardare Max, gli occhi spalancati per l’incredulità. « Hai convinto Normal a sponsorizzarci? » Per settimane i giocatori si erano aggrappati alla speranza di trovare uno sponsor. Scoraggiati, si erano arresi all’idea che Logan, come membro della squadra, ne diventasse anche lo sponsor e donasse le centinaia di dollari necessari per la quota d’iscrizione e tutte le spese. Erano ua vera squadra, e significava tutto per loro riuscire a trovare un vero sponsor, per quanto fosse generosa l’offerta di Logan. « Max… Come? »
   Lei si strinse nelle spalle imbarazzata, minimizzando la faccenda. « Non sono stata io. Ho solo fatto parlare Normal e Corey. Corey ha fatto tutto… »
   Senza essere notata, Cindy fece qualche passo indietro e allegramente si incamminò con la sua bici.
   « Normal ha ora tre nuovi clienti » stava spiegando Max, le parole che si accavallavano per l’insicurezza. « La sua attività, quella di Denny – è un grafico – e lo studio legale della moglie di Corey. E non è stata un’idea solo mia: quando ho scoperto che cercavate uno sponsor ne ho parlato con Cindy, e ho detto qualcosa su Normal e se mai fosse stato possibile convincerlo a fare da sponsor. Cindy ha detto che si trattava solo di vedere lui cos avrebbe potuto guadagnarci, e… e niente, ho iniziato a pensarci. Ho parlato con la moglie di Corey all’ultima partita, e Corey mi ha aiutata a organizzare. Ha fatto tutto lui, si è occupato delle attività e ha convinto Normal. E Cindy e gli altri hanno aiutato – hanno tallonato Normal, gli hanno detto che la pubblicità ci avrebbe fatto bene, che ci sono ovunque manifesti di altre aziende e che era ora che ci facessimo conoscere anche noi. » Prese un respiro, scrutando il viso di Logan per cercare di capirne i pensieri in mezzo allo stupore. Poteva essere molto suscettibile, a volte, riguardo la sedia, il suo dipendere e tutti i cambiamenti che la sparatoria e la lesione avevano portato nella sua vita; forse Max stava superando il limite, si stava lanciando in qualcosa di troppo delicato. Fece di nuovo spallucce, insicura, la sua voce non era noncurante come avrebbe voluto. « Quindi la Jam Pony ha dei nuovi clienti regolari, e la squadra ci farà pubblicità. Ci guadagniamo tutti. »
   L’incertezza nella sua voce scosse finalmente Logan dal suo torpore. La guardò improvvisamente, con gli occhi pieni di riconoscenza. Scosse la testa lentamente, gli occhi sul modulo, la voce bassa. « Hai fatto tu tutto questo. »
   Max sospirò, desiderando che fosse vero, un sorriso triste sulle labbra. « L’ho a stento accennato e tutti sono saltati a bordo, pronti a organizzare tutto con Normal… Quindi no, non è mio, il regalo. »
   La sorpresa di Logan lasciò il posto alla commozione per la donna al suo fianco. « Max » le disse con dolcezza, « vieni qui. » La attirò a sé, un braccio intorno a lei. « Sei andata da Corey, giusto? »
   « Giusto… » Max era scettica.
   « E gli hai detto che avresti potuto convincere Normal a fare da sponsor. » Portò anche l’altro braccio ad avvolgerla, e la osservò dritta negli occhi per quanto la macchina consentisse. Sperava che capisse.
   « Sì » ammise lei controvoglia.
   « E gli hai detto che, se Normal ci avesse guadagnato dei clienti, il patto sarebbe stato stretto? » Logan fece spallucce di fronte a quegli occhi che infine stavano cedendo. Rise affettuosamente. « Sei stata tu, quindi, a fare tutto. »
   « Ma li ho solo fatti incontrare » protestò. Era sinceramente sorpresa che il suo miero contributo contasse qualcosa.
   « Ed è questo tipo di incontri che fa andare avanti il mondo. Almeno quello degli affari » sorrise Logan, le dita che le accarezzavano la guancia. « Li hai fatti incontrare, due uomini d’affari che non sarebbero mai entrati in contatto altrimenti. Hai fatto sì che la Jam Pony diventasse lo sponsor di una squadra di basket in carrozzina – decisamente non un’unione scontata, eppure ha perfettamente senso, tra tutte quelle ruote. » Davvero la sedia non la spaventa, penso Logan stupido da quell’improvvisa realizzazione che si stava finalmente facendo strada in lui. E nemmeno io, o l’intera situazione. Quante volte lo ha detto? Quante volte lo ha detto Bling… o Tony? « Max… » Fece una pausa, cercando le parole giuste. « è… incredibile. Quello che hai fatto, quello che significa… Devi capire quanto è importante. » Le emozioni dentro di lui erano troppo difficili da afferrare. Batté la palpebre, deglutì. Scosse la testa. « è tutto. è perfetto. »
   Max sentì il battito accelerare, e un po’ iniziò a credere che il suo regalo fosse stato accettato con più gratitudine di quella che si sarebbe aspettata da quell’uomo che significava più di chiunue altro per lei. Ma era tutto così nuovo per lei, e quella sincerità la spaventava. Non era pronta per tutta quella speranza, e provò a difendersi. « Anche per San Valentino? » chiese. « Perché è da stamattina che consegno orsacchiotti, dolcetti e fiori. Non sponsor. »
   « Soprattutto per San Valentino. » La voce di Logan la avvolse e la rassicurò; si chiese se potesse farle capire. « Perché hai trovato qualcosa di speciale che non avrei potuto trovare da solo. Nessuno di noi ci era riuscito. Ed è il momento giusto dell’anno. » Le diede una spitarella. « Il torneo è tra soli dieci giorni. » Abbassò la voce per aggiungere « E tu hai fatto tutto questo perché sapevi cosa significava per la squadra… per me. » Si chinò per darle un bacio dolce. « Non riesco a immaginare un regalo migliore, Max. »
   Lei infine sorrise, contenta di averlo toccato così profondamente. Sovraccarica di più emozioni di quelle che sentiva di poter affrontare nei confini della Aztek, abbassò lo sguardo, sentendosi avvampare, e indicò la scatola. « Non l’hai ancora aperta. »
   Logan le baciò i riccioli. « C’è altro? » la prese in giro. Max abuffò e lui rise. « Devo aprirla ora? »
   « Se vuoi che io sia presente. » Voleva sembrare distaccata come suo solito, ma ottenne solo di far divertire Logan. « Normal mi caccerà. » Guardò Logan, ancora incerta. Lui se ne accorse.
   « Allora la apro. » Fece saltare il nastro adesivo che la teneva chiusa, sollevò il coperchio e, di nuovo, rimase senza parole.
   Nella scatola c’era una maglia senza maniche, di un colore arancio chiaro simile a quello dell’insegna Jam Pony che compariva anche sul badge di Max. Ma fu il disegno nero ad attrarre la sua attenzione: era il logo della Jam Pony, trasformato e spostato come se ci avesse smanettato lui stesso al computer. L’omino in bici era lo stesso, chino in avanti in velocità, ma la ruota posteriore della bicicletta era spostata più sotto al guidatore, che vi sedeva ora proprio sopra; la ruota davanti era più piccola, e col braccio dell’omino e il manubrio della bici in quella posizione sembrava una palla che rimbalzava dopo essere stata toccata dal giocatore.
   « Max… » Logan la guardò, sorpreso. « è il logo della Jam Pony, ma… »
   « è solo una prova, per vedere come sarebbe venuta. Probabilmente saprai fare di meglio » si scusò la ragazza, di nuovo a disago – ancora a disagio dal primo regalo, e ora sopraffatta dal bisogno di farsi comprendere. Lui le aveva dato così tanto, aveva fatto così tnto… e tuttavia quella era una piccola cosa che lei poteva dargli. « O magari Denny, è lui il professionista. Ma il logo originale e questo sono comunque salvati sul tuo computer. L’ho usato di nascosto mentre dormivi, e ci ho messo una password. Quindi… »
   Ma lui passò dalla sorpresa allo stupore. « Max… l’hai fatto tu? »
   Max lo osservò e, dopo un momento di esitazione, sperando fosse contento, citò una cosa che lui stesso le aveva detto. « Dipende. » Lo scrutò mentre esaminava la maglietta. « Ti fa schifo? »
   « Stai scherzando, vero? » Tornò a guardare la maglia. « è perfetto. Richiama l’originale, ma è chiaramente un giocatore… » Scosse la testa, colpito da tutto quello che era successo nel corso della giornata. « Il logo, lo sponsor, tutto… » La guarò felice. « Max, è fenomenale. Grazie. »
   « Ma… per San Valentino? » La voce di lei era sottile, un soffio.
   E alla sua incertezza, Logan capì: era tutto nuovo per lei, questo tipo di intimità emotiva, e si ripromise che non avrebbe mai dimenticato cosa significava per entrambi il fatto che Max lo avesse si fosse fidata al punto da lasciarlo avvicinare tanto; il fatto che ci tenesse così tanto da essere ancora insicura su quanto fosse meraviglioso quel regalo - il fatto che fargli piacere significasse qualcosa per lei, che sentisse il bisogno di renderlo felice. Fu tutto questo a dargli il coraggio e la forza di pronunciare le parole che aveva sentito nel suo cuore per mesi. « Max. » Le si avvicinò per un altro bacio, per sugellare il suo destino. « Ti amo. »
   E in quel momento il mondo si aprì per Max, e realizzò intenerita e divertita che in quella macchina malconcia e sporca il ricco Logan Cale le aveva dichiarato il suo amore in mezzo ai rumori e agli odori di un garage, tra la benzina e la gomma e l’olio mescolati al sandalo e al vino. Quella sarebbe stata la loro notte al chiaro di luna, le loro stelle, le loro onde sulla spiaggia, perché era lì che l’uomo che amava aveva trovato il coraggio di dirlo per entrambi.
   E sorriendo, finalmente, Max brillava della bellezza del suo amore per lui. « Te l’ho fatto dire per primo » lo prese in giro.
   Lui la guardò a lungo, pieno di speranza, e la accarezzò. Max si abbandonò a uel tocco, e nei suoi occhi c’era desiderio e amore e bisogno riflessi. Più fiducioso ancora, mormorò « Perché è vero. Ti amo, Max. »
   Gli occhi scuri della ragazza brillavano. « Forse inizio a crederci. » Lo baciò con dolcezza e poi si allontanò per disegnargli il contorno della labbra con le dita. « è un bene. Perché, Logan Cale, ti amo anche io. »
   La luce negli occhi di Logan divenne più luminosa, amplificata dalle lacrime. Quelle parole, la prima volta che Max le aveva pronunciate, in risposta a quelle di lui. E le aveva pronunciate con coraggio, con certezza. E tutto ciò che riuscì a dire Logan in un sussurro fu « Che coppia. »
   Orgogliosa e sorridente, Max sollevò il viso quasi in segno di sfida. « è proprio quello che stavo pensando. »
   
   SEATTLE, WASHINGTON. 14 febbraio 2020. 8:34 pm.
   
   Settore Nove. Fogle Towers. Attico.
   

   « Il mio profumo preferito: la cena. »
   Queste parole annunciarono Max insieme al suono della porta d’ingresso che si richiudeva, la posta appoggiata sul tavolo in corridoio, i passi che si dirigevano verso la cucina. Logan già sorrideva quando alzò lo sguardo verso la porta, agghindato per lei con la nuova uniforme sotto alla giacca. « Non c’è niente di meglio di un pubblico che apprezza » commentò con quel suo sorriso accecante.
   Max non l’aveva pianificato; si era anche chiesta se da ora dovesse fare certe cose: Logan si aspettava che lei lo salutasse con un bacio, un gesto, come gli amanti nei film? E se non ne fossi capace? si era chiesta, già quel pomeriggio. Ma le lunghe ore di attesa per finire la giornata lavorativa e venire a trovarlo si sommarono ad un solo sguardo a quei capelli impossibili e spettinati, a quegli occhi verdi che brillavano di piacere, e Max si ritrovò ad andare dritta alle sue labbra; lo baciò con calore prima di poter formulare un altro pensiero. « No, facciamo il secondo profumo preferito » mormorò, le labbra contro quelle di lui, gli occhi chiusi. « Il mio preferito è il profumo di Logan. »
   Deliziato e anche un po’ imbarazzato dalla propria reazione, Logan rise. « No, dai… » Guardò quel viso bellissimo che gli sorrideva. Che sorrideva per lui, si ripeté ancora meravigliato. « E che profumo sarebbe? »
   E il sorriso di lei si fece divertito. « Il profumo di chi cucina la cena? » disse diabolica. Lui sbuffò una risata, e lei gli sfiorò ancora le labbra con le sue mororando « Bella maglietta. »
   Logan si illuminò. « Mi piace » annuì, gli occhi che la seguivano mentre si allontanava per permettergli di tornare ai preparativi.
   Dando uno sguardo ai fornelli, Max annusò l’aria ancora una volta e chiese « Marinara? » Logan annuì, lei sorrise e lui ridacchiò. « Ancora italiano. Tony sarebbe colpito. » Conquistando ancora un altro sorriso, Max continuò « Ed è giusto, visto che c’è una sua lettera, tra la posta. »
   « Davvero? » Logan alzò lo sguardo sulla busta marroncina di media grandezza che lei stava sventolando per catturare la sua attenzione; prese uno strofinaccio per pulirsi le mani e prese la lettera, contento. « Grazie, Max. » Sollevò la linguerra ne tirò fuori sue oggetti: una busta dall’aspetto formale e un cartoncino ripiegato. Scartando momentaneamente il cartoncino, Logan si rigirò tra le mani la busta e vide, in una grafia elegante e svolazzante, due nomi, uno sull’altro: “Logan Cale” e “Max Guevara”. Conscio di ciò che avrebbe trovato al suo interno, si illuminò e tirò fuori ancora un’altra busta.
   « Ma guarda un po’ » mormorò osservando il formale invito di matrimonio. « Tony si risposta, Max. » Il suo sorriso si fece divertito. « La fine di un’era. »
   Max sbirciò da sopra la spalla di Logan, scorgendo una nota scritta a mano sul bordo. « Ha scritto sull’invito? Ma non si fa, lo so persino io! »
   Cugino, non andrò fino in fondo senza di te come testimone. L’hai fatto per Bennett, e non è nemmeno il tuo cugino preferito. Quindi me lo devi. Se non ce la fai per questa data, sposteremo il matrimonio a quando potrai venire.
   Dico sul serio.

   Logan sbuffò, lo sguardo perso e commosso – e, Max notò, ci stava veramente pensando. Bene, sorrise tra sé, Tony forse riuscirà a fare breccia in quella testa dura. Mentre Logan rifletteva sul matrimonio, Max prese il cartoncino che giaceva dimenticato sul bancone. Curiosa come suo solito, lo prese per esaminarlo e dopo un momento, con un sorriso lieve, Max tornò a voltarsi verso il “cuginetto” di Tony.
   « Tony aveva ragione. » Le parole di Max, pronunciate a voce bassa, interruppero i pensieri di Logan, che alzò lo sguardo sul cartoncino tredici per diciotto che lei gli porgeva. Certa di avere ora la sua attenzione, Max gli rivolse uno sguardo tenero. « Vi siete davvero incontrati prima del lago » e gli porse le prove.
   E l’unico suono nella stanza fu il respiro trattenuto di Logan – un suono involontario, pieno di emozione.
   La foto che aveva tra le mani risaliva a molti anni prima e mostrava un adolescente che, dato il largo sorriso e gli occhi luminosi, non poteva essere altri che un giovane Anthony DiNozzo. Era in piedi, dritto e sorridente, le gambe large e il viso rivolto alla macchina fotografica, in una stanza che Max riconobbe come casa di Jonas e Margo, che aveva visto al matrimonio di Bennet. Ma con Tony, nella foto, cullato e protetto dalle sue braccia, c’era un bimbo addormentato che era poi cresciuto per diventare l’uomo che Max amava più di chiunque altro.
   « Guarda il retro » sussurò. E Logan girò la foto e lesse “i cuginetti si incontrano per la prima volta”.
   Logan sbatté le palpebre rapidamente, commosso dalla foto. Tornò a osservare la foto di Tony, giovane e felice e già orgoglioso del suo cuginetto appena nato. E dopo un momento di considerazione spostò la sua attenzione di nuovo all’invito e alla nota così tipicamente da Tony scritta a matita sulla formale partecipazione. Sbattendo ancora le palpebre per schiarirsi la vista, guardò le parole scritte, sorrise e alzò lo sguardo sulla donna che aspettava pazientemente, consapevole di quella foto. « Max… » iniziò. « Non dicevi che avresti voluto volare? »
   
   Fine
   
   Nota della traduttrice: e siamo alla fine, finalmente! Sono stata lentissima con questa traduzione e mi dispiace tantissimo. Purtroppo la real life non sempre va come vorremmo e conuistare il tempo per fare ciò che ci piace troppo spesso si rivela impossibile. Spero che abbiate apprezzato questa storia almeno la metà di quanto l’ho amata io, e che nonostante gli aggiornamenti così lontani tra loro, gli errori di battitura e le frasi a volte non proprio perfette siate riusciti a godervela. Vorrei nel prossimo futuro tornare su tutti i capitoli e correggere quello che nel tempo mi è sfuggito, anche se so che sarà complicato.
   
   Esiste tecnicamente un sequel di questa fic, ma è purtroppo stato abbandonato ormai da tempo. Se mai l’autrice decidesse di riprenderlo e portarlo a termine sarà mio onore e gioia tradurlo e postarlo qui su efp.
   
   Per l’ultima volta, qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.



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