This town is only gonna eat you.

di Atemlos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hearing Damage. ***
Capitolo 2: *** Cemeteries. ***



Capitolo 1
*** Hearing Damage. ***


Autore: Atemlos.
Titolo: This town is only gonna eat you.
Titolo del capitolo: Hearing Damage.
Numero del capitolo: 0/? {prologo}
Fandom: Teen Wolf.
Pairing: StilesxDerek.
Rating capitolo: Verde.
Avvertimenti: Alternative Universe; Sentinels&Guides; non so cos'altro mettere.
Declaimer: I personaggi appartengono agli aventi diritto.
Note dell'autore: dunque, questo dovrebbe ritenersi il mio primo tentativo di long-fic. E dovrebbe rimanere tale, come un tentativo, dato che non ne ho mai gestita una (tranne un piccolissimo fallimento) e non credo facciano per me, che venero le one-shot in cui posso esprimere sentimenti quasi temporanei, quasi fossero i miei uniti a quelli dei personaggi; scrivere una long vuol dire adattarsi al personaggio, e non tirarselo dietro nei propri sentimenti, ma essere allegri anche quando non lo si è al fine di renderlo bene. Spero di riuscirci, ma già sono tipo depresso perché questo è solo il prologo e ci ho messo tre ore a scriverlo... Pensa un capitolo intero. Sempre che esisterà in un futuro, e spero di sì... Dipenderà ovviamente da come verrà accolta la cosa, anche perché ovviamente ho le mie idee, è abbastanza intrigante per me dilungarmi in questa mia fantasia, ma sarà very very very hard per me. Leggesi: se non verrà accolta, mi tolgo il "disturbo", anche se scrivo per me stesso, alla fin fine. L'idea principalmente mi è saltata fuori leggendo alcune fanfiction su Archive Of Our Own. Il titolo è una frase random, mentre quello del prologo proviene dall'omonima canzone di Thom Yorke. Mi sto dilungando troppo? Sì, come al solito, sorvoliamo. Negli avvertimenti non so davvero cosa scrivere, perché non so ancora nemmeno io come andrà a svilupparsi il tutto (mi avvalgo della teoria che la spontaneità sia assai migliore delle cose scritte a bacchetta), e dunque ho fatto una fatica boia a scegliere i rating & compagnia varia. Sì, la finisco. Ah, il nome della ragazza (capirete quale) è un omaggio alla mia personaggia preferita, dal fantastico mondo della serie tv Haven (ideata da quel genio di Stephen King). Spero vi piaccia, v'ispiri a continuare e a farmi sapere cosa ne pensate di questo inizio. Buona lettura dal vostro Atemlos. 





                                                                     This town is only gonna eat you
                                                                                                         Prologo:Hearing Damage


«Stiles» mormorò una voce profonda alle sue spalle, facendolo saltare dalla sedia. Letteralmente. In quel determinato modo dove un attimo prima sei concentrato, la mente in slow motion, come di fronte ad un classico film dell'orrore:  la vittima con un coltello in mano che sale le scale, il silenzio più assoluto, nulla se non lo scricchiolio dei propri passi, poi -d'un tratto- una figura incappucciata appare alle sue spalle e... la fa cadere giù dalle scale (nel suo caso, dalla suddetta sedia). 

 
Si portò una mano al petto, il cuore quasi a volergli uscire dalla gola. «Papà, sei impazzito? Apparire così all'improvviso! Mi hai fatto venire un attacco di cuore» sussurrò lui, il fiato a mancargli, le ultime parole pronunciate come fossero quelle di un vecchietto dopo una corsa campestre e la bocca spalancata in una storta smorfia. La sedia ribaltata, il suo corpo nascosto dietro una scrivania -bianca e con sopra un uragano di carta, provette, microscopi e succhi di frutta accartocciati- Stiles Stilinski vide di rialzarsi in fretta e furia, ignorando lo sguardo seccato del padre dall'altro lato della stanza, in piedi e pronto per abbandonare l'edificio.

«Cosa ci fai ancora qui? Il tuo turno è finito ore fa, è tardi.» asserì lo sceriffo del dipartimento di polizia di Beacon Hills, avanzando a grandi passi mentre Stiles si rimetteva a posto il paio d'occhiali e tirava su la sedia, sulle labbra un sorriso idiota. «Ah...» disse soltanto, rallentando le sue azioni -ed in contemporanea anche il battito cardiaco- portandosi poi una mano a grattarsi la nuca. «Quanto tardi?» chiese con cautela, strizzando l'occhio sinistro mentre con la mano libera si schiaffeggiava il sedere per rimuovere i residui di povere, lo stesso sedere che istanti prima ebbe baciato il pavimento.
«Quanto le tre di notte, Stiles. Finisci quello che hai da fare e torna a casa.» al che il ragazzino (ormai non tanto più "ino") rispose con un sonoro «Cazzo, sì» deciso e stupito. «Linguaggio!» si voltò John, già avviatosi verso la porta, puntando l'indice contro il figlio. «Scusa...» disse Stiles di rimando, rapido, lo sguardo in basso verso il microscopio a portata di mano.
«Ti aspetto a casa» concluse l'altro, già fuori dalla stanza, e pochi istanti dopo si sentì la chiusura della porta principale. 
 
Stiles si abbandonò completamente sulla sedia dietro di lui, gli occhi a squadrare il soffitto per un paio di minuti.
Il sonno lo stava tradendo, ma con l'orario che aveva fatto era comprensibile; non se n'era nemmeno accorto, concentrato quant'era sul caso e sulla provetta di sangue trovata nell'appartamento di Audrey Parker, scomparsa da quasi due settimane. Non vi erano altre tracce su di lei, si era come dissolta nel nulla: nessun segno di effrazione nella stanza d'hotel in cui alloggiava, nessun biglietto, nessun segno di depressione o di volontà d'andarsene dalla città.
Audrey era una ragazza di ventitré anni, la stessa età di Stiles, trasferitasi a Beacon Hills dopo la morte dei genitori in un incidente stradale a Los Angeles; a detta degli amici, o meglio conoscenti, aveva voglia di cambiare aria, dove nessuno la conosceva o sapeva del tragico evento capitatole, così -da tre mesi- si era trasferita in un posto sperduto nei boschi come quello.
Riguardo questo, Stiles ne sapeva qualcosa, avendo dovuto affrontare la morte della madre sette anni prima. La voglia di evadere era stata tanta, davvero troppa, ma niente di così potente da voler lasciare il padre da solo ad affrontare la perdita della moglie. Finito gli studi e laureatosi in medicina, volle seguire le orme del padre ed entrò nel suo stesso dipartimento; il suo lavoro consisteva, esattamente, nello stabilire le morti delle vittime, elaborare qualche teoria sul come fosse andata la scena del crimine e, in rare occasioni, indagare di proprio conto.

Quello di Audrey Parker era diventato uno di quelle rare occasioni, eppure vi erano molte cose che Stiles non riusciva a capire, nonostante gli sforzi. Come poteva una persona sparire così, all'improvviso, senza neanche una traccia? La molecola di sangue che avevano scovato su un mobile della sua stanza d'hotel, si era poi rivelata null'altro che quella tipica di una perdita dal naso, risalente a qualche settimana prima della sua scomparsa; le cause di un'epistassi potevano essere molte, dallo stress, da un'insolita ed intensa nottata di sesso, dal caldo torrido che d'estate è presente in città ad una possibile coaguluazione di sangue nel corpo, ma non poteva ben stabilirlo non avendo il corpo fisico della ragazza a disposizione. Ma la vera domanda poteva essere: perché non ripulire la superficie del mobile, perché lasciare la chiazza rossa -seppur appena visibile- lì dov'era e non fare le pulizie d'estate? E qui subentravano altre teorie, alle quali Stiles non volle pensare in quel momento.

Gli occhi iniziavano a dar segno di fatica, e così anche il suo corpo; non avrebbe retto a lungo se non dava esso il giusto risposo, cosa teoricamente impossibile dato che lavorara 24 ore su 24, anche se il padre gli raccomandava in continuazione di rispettare i turni e non esagere con gli orari. Per Stiles invece questa era anche passione, adorava il suo lavoro, non gli costava nulla perdere qualche ora in più su ciò che era davvero importante, ovvero persone che morivano in continuazione. Si era messo a loro disposizione, andare a  guardare qualche video porno sul computer o uscire a cena con qualche ragazzo random non gli sarebbe sembrato giusto, non avrebbe rispettato il codice che la polizia in sé aveva ideato, ossia proteggere gli innocenti e scovare i figli di puttana che li mettevano in condizioni piuttosto atroci.

Dopotutto, stare in centrale non era poi così orribile; aveva Scott che, insieme ad Allison, svolgevano a pieno il loro lavoro di detective (fu particolamente emozionante la prima volta che poté chiamare "Agente McCall" il suo miglior amico), Lydia nel suo ruolo da avvocato badass (faceva il culo a tutti i criminali, nessun escluso) ed Isaac suo collega nel reparto della medicina (anche se -a detta sua- avrebbe voluto lavorare come medico in ospedale, insieme a Melissa McCall, che lui stesso ormai chiamava madre, trasferitosi in famiglia dopo la morte del padre).

Anzi, orribile era probabilmente l'ultimo termine nel proprio vocabolario che avrebbe mai potuto definire il suo lavoro. Fatta eccezione per il suo camice bianco e gli occhiali.

 
Spense la luce del laboratorio, chiudendo la porta alle sue spalle, non prima di aver -ovviamente- fatto un poco di ordine ed aver messo a posto fialette e filtri vari. Il dipartimento era completamente vuoto, silenzioso, le luci spente; Scott ed Allison erano andati via tempo prima, così come Lydia ed Isaac. Si perse in un sospiro, le dita attorcigliate alla maniglia della porta d'uscita, per poi lasciare la propria pelle rabbrividire all'aria gelida del mondo esterno. Si strinse nella sua stupida giacca e si avviò alla sua stupida jeep, nel parcheggio anch'esso vuoto. Il rombo del motore segnò la sua scomparsa.

                                                                                                     {•••}

 
Lasciò la macchina lungo il marciapiede, poco distante dalla propria abitazione. Prese chiavi e cellulare e scese (non parliamo del fatto che stesse quasi per cadere nell'impresa), di nuovo a contatto con l'aria satura e fredda. Immerso nel messaggio di Scott che gli chiedeva della famosa goccia di sangue, non appena alzò lo sguardo, s'immobilizzò di fronte alla vista del padre impegnato a conversare con un tizio sul portico di casa.

John, facendo un cenno col capo, salutò tizio in questione non appena Stiles entrò nella sua visuale. Suddetto tizio, dopo aver percorso il viale del giardino, prese posto nella sua macchina da un milione di dollari; non prima di aver scambiato una fugace occhiata con Stiles, che ormai aveva già raggiunto il padre. «Cosa voleva il tizio ho-una-macchina-da-far-invidia-anche-ai-cani, lo conosci?» domandò sospettoso il ragazzo, ancora immobilizzato a guardare la strada ormai vuota.

«Il tizio, Stiles, è la Sentinella che il Bureau ci ha mandato per il caso Parker» informò lo sceriffo, già dentro casa, probabilmente in salotto. «Una Sentinella? Per il caso Parker? Perché? E perché si è presentato qui alle quattro di notte?» chiese Stiles, affacciato di corsa nel salotto -con una gamba poggiata al pavimento ed un all'aria-  accorgendosi poi di non aver chiuso la porta, provvedendo. Sentì il padre sbuffare, al che aggrottò gli occhi, tornando definitivamente in salotto, braccia conserte. John si era messo a mangiare, probabilmente gli avanzi di pasta andata a male di chissà quante settimane.

«La ragazza è scomparsa senza tracce ad occhio e possibilità umane, lui potrà aiutarci.» Stiles sollevò un sopracciglio. «E si è presentato qui a quest'ora perché...» John aspettò di finire la sua boccata di pasta. A Stiles parve un'eternità. «Perché Derek è un licantropo».

                                                                                                        {•••}

 
Quella notte sognò Derek e una volpe. Il primo immerso fino alle labbra nelle acque di un lago non molto lontano da Beacon Hills, gli occhi rossi fissi in quelli di Stiles; la seconda - piccola e di un colore rosso acceso - a muovere le minute zampe sulle sponde del lago, gli occhi scuri fissi in quelli di Stiles.

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Capitolo 2
*** Cemeteries. ***


Autore: Atemlos.
Titolo: This town is only gonna eat you.
Titolo del capitolo: Cemeteries.
Numero del capitolo: 1/?
Rating del capitolo: Verde.
Fandom: Teen Wolf.
Personaggi: Stiles Stilinski; Derek Hale; Isaac Lahey; John Stilinski; Scott McCall; Lydia Martin; Allison Argent; vari.
Pairing: StilesxDerek. {accenni StilesxIsaac}
Avvertimenti: Alternative Universe - Sentinels&Guides; spoilers; Slash.
Desclaimer: I personaggi appartengono agli aventi diritto. La volpe è mia.
Note dell'Autore: pensavate di aspettare un secolo? Sono bastati solo pochi giorni, a sopresa di tutti e me compreso, ed il primo capitolo è saltato fuori. Non senza qualche difficoltà. (della serie: omg, cosa cavolo faccio adesso, cosa gli faccio dire, lo uccido, non lo uccido?) La prima cosa che mi sento di dire è: scommetto abbiate pensato alle Sentinelle come coloro che fanno la guardia ai figli di papà o in guerra. All my fault, lo ammetto, dimenticai di rendere esplicite alcune cose, ma con il fatto che non volessi spoilerare nulla, alla fine la Sentinella è diventata una cosa normale, quando non lo è. Cosa sia? Lo scoprirete leggendo. Rimane ancora un po' ignoto il ruolo di una Guida, ma se avete un poco di immaginazione, lo si capisce, ma espliciterò la cosa nei prossimi capitoli. Purtroppo, ancora non posso dirvi nulla sulla mia amata volpe, penso proprio di voler svelare il suo ruolo nell'ultimo capitolo o possibilmente nell'epilogo. Ah, non fate caso ai miei salti tra un paio di frase ed una seconda, semplcimente, Wordpad così me li ha dati, così li pubblico; son tipo sette ore che scrivo ed il mio cervello è fuori uso, e proprio per questo motivo, non uccidetemi per eventuali errori di battitura o altro. 
Vorrei dire tante cose, al momento, ma come al solito non me ne viene in mente nemmeno una e dunque vi lascio alla lettura. Spero vi piaccia, v'inspiri a seguire e a recensire (per sclerare insieme a me sugli avvenimenti della scorsa puntata e su Haley Webb che afferma quanto sia profondo l'amore tra Jennifer e Derek in un'intervista -wtf?- e sul come e quando sopprimerla). Buona lettura dal vostro Atemlos.



                                                                                 This town is only gonna eat you

                                                                                                                         1° Capitolo: Cemeteries


Deboli sono quelle persone che si crogiolano nel loro dolore e non riescono a non farselo piacere. Forti sono -invece- quelle persone che, nonostante siano state schiacciate al terreno da quella forza di gravità che è la vita, si sono sempre rialzate ed hanno avuto il coraggio di rinascere sorridendo. Lui era da sempre stato un debole. 

 
Dopo la morte di sua madre, Stiles si era lasciato andare. Si era lasciato trascinare, lentamente, fino a quando la sua guancia non aveva toccato il gelido pavimento. Non si sarebbe mai più alzato, nonostante sembrasse il contrario. Usciva di casa, si divertiva insieme a Scott, andava a scuola e prendeva bei voti. Eppure, la notte si scopriva essere la parte migliore. 
 
Avvertiva un peso sul torace, un masso di pietra; non riusciva a dormire, e se mai questo accadeva, incubi lo tormentavano fino a farlo svegliare, improvvisamente, le urla a spaccare le pareti. John non se n'era mai accorto, o probabilmente non voleva accorgersene. Stiles non lo ha mai colpevolizzato.
 
Come ci si può sentire nel perdere la madre dei propri figli, la compagna della propria vita, la propria Guida? Stiles non era mai riuscito ad arrivare a capo di tale risposta. Spesso si era trovato a paragonare l'accaduto alla morte, eppure questa è facile, ti afferra in un momento, ti lascia riposare in eterno. Suo padre avrebbe dovuto convivere con quelle emozioni, qualsiasi esse fossero, per interi anni ed intere notti. Il proprio dolore, ne era sicuro, non sarebbe mai stato abbastanza. 
 
L'unica cosa che alleviava il suo dolore era il pensiero della madre, sperando che -ovunque lei fosse- stesse bene, o non stesse affatto, che non esistesse e che non provasse dolore. 
 
                                                                                                                                              {•••}
 
Isaac -nel suo ciuffo biondo e quegli occhi verdi- lo stava fissando da dieci minuti buoni, seduto dalla seconda scrivania che addobbava il laboratorio. Stiles tentava invano di nascondere il volto con il fascicolo di fogli che teneva tra le mani, fino a quando decise di farlo sbattere sonoramente sulla superficie in legno pregiato. 
 
«Ho fatto qualche danno con la barba?» domandò con espressione dubbiosa, scatenando stupore nelle labbra dell'altro che -inumidendole- si strinse nelle spalle, scuotendo il capo. «Ho capito, sono gli occhiali che mi stanno male» mormorò dunque sotto i baffi, nascondendosi con la mano sinistra mentre la gemella tornava a segnare con il dito il punto della lettura in cui si era fermato. Borbottò un ulteriore "lo sapevo" prima che tornasse a (tentare di) concentrarsi sul suo lavoro.
 
«Hai da fare questa sera?» se ne uscì Isaac, qualche minuto dopo.
Stiles abbassò la mano, spalancando la bocca. «Uh... Vuoi fare del sesso estremo nella camera accanto a quella di Scott?» 
«No» strascicò l'altro, roteando gli occhi ed alzandosi in piedi, iniziando a camminare per la stanza. «Voglio tornare nella camera di Parker, sono quasi convinto ci sia sfuggito qualcosa» Stiles richiuse di scatto suddetta bocca. «Ah...» si portò una mano a lisciare il collo, deglutendo. Abbandonò la vista di Isaac, squadrando in basso, lì dove le parole confluivano in molte varianti di frasi, complesse e tecniche. 
 
Stavano ricontrollando le cartelle cliniche di Audrey, a partire dalle condizioni di salute a quelle di nascita, sue e quelle dei genitori. Eppure si stava rivelando talmente normale e nella norma che il tutto prendeva una piega inquietante. L'unico vero problema che la donna aveva incontrato era stata una pesante influenza nel 1993. «Lascerò il laboratorio qualche ora prima» decretò Stiles, in fine, lasciandosi andare in un lento sospiro. 
 
Isaac arrestò i suoi passi di fronte alla scrivania di Stiles, poggiandovi le mani e sporgendosi in avanti. Sul suo volto si dipinse un sorriso piuttosto ambiguo. «Se ti chiedessi del sesso estremo...» iniziò, la voce bassa, gli occhi fissi nei suoi. «... accetteresti?» 
 
Stiles aprì la bocca per rispondere, per poi tornare a serrarla. Il fatto era che: avrebbe detto una cazzata qualsiasi, per tirarsi fuori dai guai; ma proprio quel ragazzino -che usava il sarcasmo e battute inutili- non faceva più parte di lui da molto tempo. Non sarebbe servito nulla negare, o uscirne. Era un uomo adulto, ormai, avrebbe potuto fare sesso con chiunque, innamorarsi, tornare a vivere, e perché no, perché non farlo, perché chiudersi in un laboratorio ad indossare un camice bianco e degli stupidi occhiali che tra l'altro gli stavano molto male.

Si morse l'interno guancia. «Sì» concluse, rivolto più verso se stesso. 

 
Isaac non batté ciglio, rimanendo tanto immobile quanto Stiles. Una leggera risata fuoriuscì dalle loro bocche, le lievi onde sonore andando ad unirsi e scontrarsi le une con le altre. Lahey annuì con un lento muovere del capo, scivolando via con lo sguardo da Stilinski. Qualcuno bussò alla porta. Entrambi portarono l'attenzione verso di essa, che venne aperta senza attendere il permesso.
 
Stiles s'immobilizzò sulla sedia dov'era seduto, le labbra schiuse. Derek Hale aveva cercato per primi i suoi occhi, sostandovi, in seguito rivolgendosi ad Isaac. «La sceriffo mi ha informato che qui avrei potuto avere la goccia di sangue della ragazza.»
 
La stanza era gelata anche prima del suo arrivo, ma in quel momento il termometro sarebbe possibilmente esploso. Isaac sembrò sorridegli, cosa più unica che rara per la sua personalità. Per quanto poco, Stiles aveva imparato a conoscere gli occhi verdi del ragazzo -poco più grande di lui- ed era cosciente del fatto che mai, mai avesse sorriso ad uno sconosciuto prima d'allora. «Di questo se ne è occupato il Dr. Stilinski.»
 
Poteva darsi al fatto che il tizio fosse una Sentinella mandata dal Bureau, o al fatto che fosse un licantropo -proprio come lui- oppure ancora all'espressione omicida, seppur professionale, che suddetto tizio perseverava ad indossare. Stiles conosceva Isaac anche sotto quel punto di vista, quello della bestia che si nascondeva sotto la sua bianca pelle. I lupi mannari erano noti a tutti gli abitanti di Beacon Hills, ma tale notizia non è mai trapelata all'esterno di essa. Molti anni prima, un branco di Alpha si era fermato in città. Si erano infiltrati tra la popolazione, facendo loro scoprire giorno dopo giorno un mondo nuovo, un mondo piuttosto inquietante. Stiles vi era finito in mezzo. Deucalion, il capobranco, era ossessionato da Scott, volendo che lui si unisse a loro. Presto si scoprì la motivazione: Scott era destinato a diventare True Alpha, senza che ne uccidesse un altro per diventarlo. Non è mai successo. Michelle, un'innocente trovatasi per caso in una battaglia tra il branco Alpha e Scott, morì tra le sue braccia -spazzando quella possibilità in pochi secondi- ma Stiles non sapeva come fosse avvenuto, lui non era lì. Non ne parlava molto, più probabile che lo facesse con Allison, anche se non stavano più insieme; coppia effettiva nel lavoro, ma non nella vita esterna. Deucalion sparì il giorno dopo. Stiles si era aspettato una carneficina, ma non era mai avvenuta. Probabilmente, questo non avrebbe colpito Scott quanto la morte della ragazza; aveva perso la sua innocenza, una parte importante di sé, ma sarebbe guarito col tempo, di questo ne era sicuro. Cadde nel buio per molti mesi, ma Stiles non lo avrebbe lasciato andare, dunque iniziarono a lavorare in centrale. Salvare delle persone, anche se in minima parte, è stata la sua redenzione.
 Isaac era stato trasformato da Scott, dopo essersi trasferito da lui, ancora durante i tempi del branco Alpha al fine di aiutarlo. Un paio di zanne in più non sarebbero guastate.
 
«Stiles?» 
Tornare al presente fu come un ulteriore secchio d'acqua ghiacciata addosso. Lo sguardo di Derek fu invece come una pugnalata nella gola, che gli fece perdere fiato e la possibilità di rispondere ad Isaac. Non lo fece, sollevandosi dalla sua sedia e dando loro le spalle al fine di prendere la minuscola fiala da sopra uno degli appositi scaffali in ferro. 
 
S'inumidì le labbra prima di voltarsi, eludere la scrivania -con Isaac sedutovi sul bordo- fino a fronteggiare Derek, immobile a seguirlo con lo sguardo. Stiles allungò la mano, le dita attorcigliate solo in una minima parte del vetro, eppure fu inevitabile che venissero a contatto con quelle della Sentinella. Immagini di quel sogno, che la notte prima lo aveva tormentato diverse volte, gli fece ritrarre la mano come se avesse appena toccato del carbone ardente. L'umano sostò per qualche istante negli occhi duri e freddi del lupo, i quali lo evasero per andarsi a posare sulla figura di Isaac alle sue spalle. 
 
«Buona giornata» disse soltanto, dando loro le spalle e perdendosi tra i corridoi della centrale. La fiala tra le sue mani era sparita, senza nemmeno accorgersene. 
 
Isaac e Stiles si guardarono, il secondo sollevando un sopracciglio.

«Qualcosa non va?» domandò il primo, le mani unite. Stiles portò le proprie a sbottonarsi del proprio camice, raggiundendo a piccoli passi l'altro, lo sguardo fisso sui bottoni. «Affatto» negò, alzando gli occhi andando ad incontrare quelli di Isaac, quasi luccicanti. «E' ora di pranzo» specificò, informandolo, spoglio della veste bianca. La posò sulla scrivania, avviandosi verso l'uscita. Isaac lo seguì.

 
«E smettila con quello sguardo»
«Quale sguardo?»
«Quello che dice: ti mangerei subito ed ora al posto delle patatine fritte»
«Al momento non posso negare»
«Spero tu lo dica da umano e non da licantropo»
«Anche se fosse?»
«Ti ricordo che ho combattuto lupi mannari molto più pericolosi di te»
«Ad esempio?»
«La tizia che non si faceva mai la pedicure»
 
Entrarono nella mensa, le loro stesse risate ad accompagnarli. 
                                                                                                                                                {•••}
 
«Papà, ti ho detto che non devi mangiare roba fritta. Rose, portagli un'insalata. Di quelle con... varie verdure dentro»
Lo sceriffo fece roteare gli occhi, abbandonando nel piatto il suo hamburger. Rose, la cuoca, prese tale piatto ed annuì alle parole di Stiles, nascondendo una risata.
Scott, dalla parte opposta del tavolo, gli diede una pedata sulla gamba destra. «Che c'è? Un attacco di cuore a cinquant'anni non è affatto normale!» rispose, chiedendo conforto ad Allison, seduta affianco ad Isaac, il quale stava in mezzo a lei e McCall. «Io sono totalmente d'accordo» subentrò Lydia, alla destra di Stiles, lo stesso hamburger di John tra le mani.
Seguì un'occhiataccia da parte di tutti i presenti. «What now?»
                                                                                                                                                {•••}
 
«Quella giacca è orribile» mormorò Stiles, seduto sulla sedia accanto a Scott.
Hale stava conversando con lo sceriffo dall'altro della centrale, tra uffici vari e isole di scrivanie popolata da polizziotti random pronti a rispondere ad una chiamata di emergenza.
Scott sbuffò una risata, l'attenzione rivolta ad un fascicolo di varie teorie e sospetti su un caso in cui Lydia stava difendendo la possibile vittima. Stiles leggeva tra le righe, la storia in poche parole era di quella donna stuprata dal marito ma costui non rimembrava di averlo mai fatto.
«No, seriamente, e quelle scarpe stile anni '90?»
«Stiles, smettila di fare l'idiota» sussurrò Scott, come se avesse paura di essere sentito dal soggetto in questione. Stiles riservò la sua espressione annoiata, senza distogliere lo sguardo da Derek. Lo stava fissando, d'un tratto, per poi tornare a parlare con lo sceriffo come se nulla fosse accaduto. 
«Una Sentinella in giacca e cravatta che a quanto pare sembra avere una sola espressione, che potrebbe benissimo essere quella del mal di stomaco per quanto ne possiamo sapere? Il Bureau poteva anche risparmiarcelo.» 
 
Scott sollevò lo sguardo dal fascicolo alla faccia di Stiles, che continuava a gesticolare confusamente. «Stiles, ringrazia che sia uno e non dodici persone in giacca e cravatta ad aggirarsi per la centrale. Da quel che ho sentito dire, li vale tutti, quei dodici»
«Cosa avresti sentito dire di preciso...?» indagò, giusto per sapere.
«Che oltre ad essere una Sentinella, è anche un Alpha. In pratica, i suoi sensi dovrebbero essere alle stelle. Perfetto per il caso Parker, dato che umanamente -oltre alla scienza- non abbiamo molto con cui indagare.»
 
Scott tornò al suo fascicolo. Derek lo stava fissando nuovamente. Stiles si trovò improvvisamente molto interessato al caso di Lydia.
 
                                                                                                                                             {•••}
 
Suo padre era al telefono quando Stiles entrò nel suo ufficio, prendendo confidentemente posto sulla sedia a lui di fronte. (Le sedie, in effetti, erano molto frequenti in quella centrale)
Attese che finisse la telefonata, prima di iniziare. 
 
«Quel tizio, Hale... cosa mi sai dire di lui?» chiese lui, avuta l'attenzione dello sceriffo. Questo si ritirò in un sospiro, abbandondosi allo schienale alle sue spalle. 
«Ho chiesto la miglior Sentinella per il caso Parker, e me l'hanno mandata. Ha risolto casi molto più complicati di questo, confido nella sua esperienza.»
«E questo perché...»
«Perché mi fido di lui, lo conosco sin da quando era un ragazzino. Non te lo ricordi proprio? Derek Hale»
 
Stiles si concesse un minuto di riflessione, le sopracciglia inarcate. 
 
«L'incendio, Stiles.» forzò John. «L'intera famiglia Hale fu arsa viva da Kate Argent, ai tempi fidanzata di Derek, cacciatrice di lupi mannari» 
Derek Hale. 
Stiles schiuse le labbra, sorpreso, iniziando a ricordare. 
«E sopravvissero solo lui, insieme a Peter Hale, lo zio.  E - e poi Laura fu trovata morta in giardino, uccisa proprio dallo zio» continuò Stiles, nei particolari, ancora incredulo. 
«Esatto» confermò John, un velo di tristezza nel tono di voce. Stiles si portò una mano a grattare la guancia.
 
«Poi si è trasferito a New York, entrando a far parte del Bureau» continuò il padre, immediatamente fermato dal figlio. «Non sapevo gli Hale fossero Sentinelle... La sua Guida è venuta con lui?»
«Err... no» rispose, lentamente, quasi con timore a dare una risposta vera e propria. «Derek non ha una Guida»
«Non ha una Guida?»
«Non ha una Guida» confermò lo sceriffo col capo, sospirando. «Ha dovuto imparare a controllare i suoi sensi da solo, cosa che ho da sempre dato per impossibile. Con la possibilità che una Sentinella possa immergersi completamente in un unico senso, sono stupito lui sia ancora vivo»
 
Stiles si focalizzò sulle sue mani, lo sguardo basso. Una tempesta di domande ed emozioni gli stavano martellando lo stomaco. 
«In più, è anche un lupo mannaro che -uccidendo lo zio- è diventato Alpha e ha dovuto imparare a controllare anche quel lato di sé. Non ha nemmeno un branco che possa averlo aiutato in questo senso, quindi... è per questo che confido nel fatto possa ritrovare Audrey, o capire cosa le sia capitato. Sicuramente questo sarà l'ostacolo meno alto che lui possa aver affrontato nella sua giovane vita»
Stiles si sentì quasi tradito dinnanzi a quelle parole, fiere e paterne. John non aveva mai parlato così di lui, mai.

Con una nota di gelosia nella sua voce gli domandò quanti anni Derek avesse.
«Ventinove» fu la risposta e Stiles si alzò da quella sedia, salutando ed uscendo dallo studio. In fondo, aveva ancora sei anni perché una montagna di tragedie lo portassero a rendere fiero il padre di lui. Sorrise, amaro, all'ennesima occhiata di Derek in sua direzione.
 
                                                                                                                                            {•••}
 
Rientrò nel suo laboratorio, chiudendo la porta. Si sedette sulla scrivania, lì dove Isaac poche ore prima si era accomodato, gambe e braccia penzolanti verso il basso.
Stiles si sentì stupido ad essere geloso di un estraneo, solo perché suo padre ne aveva parlato con il tono come di un genitore che aveva appena visto il figlio morire.
Probabilmente si sarebbe dovuto concentrare più sulle sue parole, su quello Derek aveva dovuto passare in ventinove fottutissimi anni di vita.
Lo fece. 

 
                                                                                                                                            {•••}
 
«Sei pronto?»
Isaac si affacciò da dietro la porta del laboratorio, già privo del camice e vestito per tornare a casa. O andare nell'appartamento di Audrey Parker.
«Sì» rispose Stiles da dietro la scrivania, anche se se n'era completamente dimenticato. Indossò un sorriso idiota sulle labbra.
 
                                                                                                                                            {•••}
 
Il Super 8 era tale e quale ad ogni ora del giorno, ossia vuoto. Dopo che Audrey era scomparsa, l'unica possibilità -rara- che qualcuno alloggiasse in quell'hotel è definitivamente stata rasa al suolo. Destino, forse.
 
Stiles scese dall'auto di Isaac, inalando l'aria calda della sera. Settembre era un mese che gli piaceva particolarmente, l'autunno alle porte, le foglie che si abbandonavano al suolo, l'aria della pioggia costantemente presente. 
 
«Entriamo» annunciò Isaac, il passo già svelto. Stiles non poté che seguirlo.
 
Stiles, più taciturno del solito, mostrò immediatamente il distintivo al proprietario. Jeff diede loro la chiave della stanza, 33. Anche se ormai, in una cittadina come Beacon Hills, si sapeva chi fossero della polizia e chi no. A Stiles divertiva, però, mostrare quel distintivo. Lo faceva sentire potente, anche da semplice umano. 
 
La stanza era invariata, ovviamente. Cercarono, uno con i sensi da lupo, l'altro con i sensi di un semplice umano sviluppato e attento. In ogni angolo, eppure nulla saltava fuori che non avessero già sviluppato. 
 
«Pensi mai ai tuoi genitori?» se ne uscì Stiles, intento ad osservare il ripiano dove aveva precedentemente trovato la goccia di sangue. Sentì il corpo di Isaac tendersi, immobilizzarsi, seppur fosse fuori dalla portata dei suoi occhi. 
Non sentendo arrivare una risposta, cercò il ragazzo. Lo trovò seduto sul letto di Audrey, lo sguardo fisso in un punto indefinito del soffitto. «Ora»
«Beh, grazie, Lahey. Questo lo avevamo constatato... Intendevo, quando sei solo tu e la tua coscienza» specificò Stiles, grattandosi la nuca e raggiungendolo sul letto. (Non era saggio sedervici sopra, ma chi se ne fotteva in quel determinato momento)
«Mi capita, sì» assecondò il lupo, abbassando lo sguardo fino a finire sul volto di Stiles, i loro sguardi a catturarsi. Sapevano ci fosse alchimia, ma seppure i vari flirt nel corso degli anni, non sono mai andati oltre. Chissà perché, si chiese l'umano. 
«Pensi mai a tua madre?» e fece male, nel petto, nella bocca schiusa. «Un colpo a vicenda... Giusto» perché ora capiva come si fosse sentito Isaac alla precedente sua domanda.
 
«Penso sia normale immaginare come sarebbe la nostra vita se le persone che abbiamo perso fossero ancora qui» disse Stiles, dopo qualche attimo di silenzio. Più per trovare le parole giuste che per coprire un'eventuale imbarazzo o timore.
«Sarebbe sicuramente migliore dell'attuale» Isaac sorrise in sua direzione, poggiando una mano sul suo avambraccio, solida, ferma, immobile. Confortante. Stiles ricambiò senza sforzi. 
 
La precedentemente citata alchimia era questo, il fatto che si capissero a vicenda. Avevano vissuto esperienze simili, il loro dolore era lo stesso. Anche se il dolore in sé viene spesso acquistato in differenti modi da persona a persona. 
 
Per un attimo, Stiles si chiese come sarebbe stata la sua vita insieme ad Isaac, ma venne interrotto. «Vedo di estrarre qualche altra informazione dalla bocca di Jeff, conoscendolo, è probabile che alcuni particolari se li sia scordati. Vecchio com'è.» 
Stiles gli alzò il pollice in segno di gratitudine.
 
Sospirò, alzandosi e guardandosi intorno, in quell'ambiente piuttosto normale. Era quasi impossibile pensare che una ragazza fosse scomparsa proprio in quella stanza. E non se n'era andata in macchina, o in autobus, o in treno: si era semplicemente dissolta. Il problema era capire come. Certamente, Jeff era stato il primo ad essere sospettato, ma vi erano prove certe che fosse in casa con la moglie. Dunque, ogni sospetto o pista da seguire erano svaniti insieme ad Audrey. 
 
«Non troverai nulla qui dentro» una voce estranea alle sue spalle lo fece voltare di scatto, il cuore d'un tratto fermo. Riprese a battere, con una certa velocità, alla visione di Derek Hale fermo sulla porta, (forse amava le porte) per poi fermarsi nuovamente di fronte a quello sguardo che non riusciva ancora a definire. 
«Davvero?» rispose, domandando, stupidamente. Come sempre, d'altronde. Derek fece una scrollata di spalle, dando anche lui un'occhiata alla stanza.
«Davvero» confermò, ritornando su Stiles. «E ti sono bastati due secondi per constatarlo?»
La sua espressione omicida sembrò raddoppiare di potenza, alla quale Stiles unì le braccia al petto. «No. Sono stato qui un'ora fa. Non c'è nulla che riconduca ad una spiegazione logica»
Stiles sollevò un sopracciglio. 
 
«Quindi non ne sei venuto a capo nemmeno tu» mormorò l'umano, quasi deridendolo.
«Non ancora» confermò l'altro. «Ma penso si tratti di mangia» 
«Magia?» sorrise Stiles, per poi sfociare in una risata. Il mondo non finiva mai di stupirlo. 
 
Derek non fece altro che fissarlo, impassibile. Voltò il capo, alle sue spalle. Pochi secondi dopo apparve Isaac, che alternò il proprio sguardo tra l'umano e la Sentinella.
 
«Scoperto qualcosa?» domandò questo, ancora fuori dalla stanza. Stiles si mosse in sua direzione, ghignando. «Non ancora» usò deliberatamente le stesse due parole di Hale, scambiandovi uno sguardo ed oltrepassandolo. 
 
Trascinò Isaac con sé, con la forza, lungo il corridoio. Derek sembrò non uscire dalla camera.
 
                                                                                                                                         {•••}
 
Quella notte Stiles sognò nuovamente. La Sentinella era seduta alle radici di un albero -una quercia- in un bosco, i raggi lunari ad illuminargli il volto; nel suo grembo stava una volpe, piccola e con il pelo di un rosso acceso, lentamente accarezzata dalle calde dita del lupo. Lui era solamente uno spettatore.

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