Quello che successe a Londra

di Ladypotter97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm coming ***
Capitolo 2: *** Forever ***



Capitolo 1
*** I'm coming ***


I'm coming

Londra 1834

Stava correndo.

Il vento le accarezzava i lunghi capelli biondi.

Si teneva le gonne del vestito per non inciampare.

Spesso si guardava dietro.

E veniva inghiottita da un mare blu.

- Helga! Mi stai ascoltando?- la voce di sua madre spazzò via i suoi pensieri. Alzò lo sguardo infastidita. Davanti a lei c’era il suo riflesso. Due grandi occhi verdi la fissavano assonnati, i capelli erano stati raccolti da una complicata pettinatura che le tirava la pelle, indossava un elaborato vestito giallo e dorato con un corpetto nero.

Helga fece una smorfia. Non avrebbe retto a lungo senza respirare.

-Mi raccomando sorridi sempre. Sono sicura che ce la faremo- canticchiò sua madre mentre finiva di prepararla. Quando ebbe finito guardò la sua opera soddisfatta –Sei bellissima- le sorrise.

La ragazza alzò le spalle, d'altronde era uno dei pochi movimenti che il suo abito le concedeva di fare –Sembro una stupida damigella di corte-

Come al solito sua madre fece finta di niente, dopo aver ordinato alle cameriere di chiamare la carrozza, aiutò la figlia a camminare tenendola a braccetto.

Continuava a blaterare su quanto fosse meraviglioso sposarsi con uno degli uomini più ricchi del mondo.

Già Helga stava andando a sposarsi.

Naturalmente non aveva idea di come fosse suo marito. I suoi genitori era rimasti sorpresi quanto lei quando le era arrivata la lettera, nella quale un ricco possedente di terre, il cui nome neanche ricordava, le aveva chiesto la mano.

La data sembrava così lontana che Helga non ci aveva pensato più di tanto. Ma in quel momento la consapevolezza di quanto stava accadendo la schiacciava, si costrinse a cercare di regolare i respiri che il suo maledetto corsetto le bloccava.

Londra quel giorno, come tutti i giorni, era carica di malinconica umidità, o forse era solo Helga che vedeva tutto grigio.

Odiava dover essere aiutata a salire sulla carrozza. Odiava i sorrisi falsi e carichi di aspettative che i suoi genitori le rivolgevano. Ma soprattutto odiava l’idea di dover lasciare la casa in cui era cresciuta.

Sebbene i suoi genitori le ripetessero che era vecchia e malandata, lei la amava profondamente.

Era strutturata su due piani, per arrivare all’ingresso bisognava salire su delle scale, le pareti erano ocra e ricamate con piccole foglie di edera che si estendevano sulla superficie, aveva due camini, uno dei quali si trovava nella sua stanza, dormiva in un soffice letto a baldacchino. La cosa che le piaceva di più era che all’interno non era arredata come tutte le case di quell’epoca che avevano l’unico obbiettivo di ostentare la ricchezza tanto da diventare pacchiane.

La ragazza guardò inquieta dal finestrino alzando la tenda. Nonostante tutto quello che avrebbe dovuto affrontare forse con lui ce l’avrebbe fatta. Sperava di averlo potuto vedere un’ultima volta.

Dove diamine sei Salazar?

 

 

 

 

Forse quello se l’era meritato

Salazar si massaggiò la mascella colpita. Si rialzò con una smorfia di dolore.

-Provaci un’altra volta e non tornerai a casa con le tue gambe- gli urlò contro l’oste.

Provarci con sua figlia magari non era stata la cosa più galante che potesse fare. Ma era troppo scosso, non pensava davvero che quella maledettissima data sarebbe arrivata così in fretta.

Pensava che grazie all’alcol avrebbe potuto dimenticare. Bel risultato.

Nel frattempo l’oste torreggiava su di lui con in mano il bastone da passeggio di Salazar.

-Quello è mio- gli disse alzando il braccio, quell’altro gli rise in faccia –Sul serio amico penso che finirai male se non me lo dai- disse tra i denti il ragazzo, stava perdendo la pazienza, Salazar non era mai stato paziente.

L’oste gli diede un spintone facendolo andare a sbattere sul muro che sapeva di rancido.

-Che ne dici se te lo spezzassi?- l’uomo fece per romperlo tra le possenti mani, ma dal bastone si sprigionò una scintilla che lo colpì in pieno.

Salazar guardò divertito l’uomo stramazzato a terra, si piegò per raccogliere il bastone

-Te l’avevo detto- gli disse, poi scomparve nell’oscurità delle strade londinesi.

Era più che deciso a riprendersela. Non poteva permettere che gli portassero via la cosa più importante che gli era stata concessa. L’unico essere vivente che non lo faceva sentire diverso.

Helga sto arrivando.

 

 

 

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Se sei arrivato/a qui significa che hai letto fino alla fine e ti ringrazio per questo. So che secondo le fonti i Fondatori vivevano nel Medioevo, ma amo davvero questo periodo. Inoltre leggendo “La Principessa” di Cassandra Clare mi sono completamente innamorata. Non ho altro da aggiungere se non : andate a leggere le fan fiction su shadowhunters se siete fan della saga.

Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Forever ***


forever

-Signorina Tassorosso- il maggiordomo fece un inchino così ampio che per poco non toccò con il naso il pavimento –Prego da questa parte- disse indicandole le scale.

La ragazza era rimasta in silenzio per tutto il viaggio in carrozza, continuava a guardare i palazzi londinesi che le sfrecciavano davanti agli occhi, un susseguirsi di tonalità grigie e nere che le faceva girare la testa.

Quando la vettura si era fermata bruscamente facendo inclinare il capello piumato di sua madre, Helga sentì una morsa allo stomaco. Voleva scappare, ma suo padre le fu subito accanto stringendole dolorosamente il braccio in una morsa d’acciaio.

-Non fare stupidaggini – le aveva sibilato all’orecchio, un brivido di paura salì per la schiena della ragazza.

Il palazzo del suo futuro marito si trovava poco fuori Londra, si innalzava maestoso per numerosi piani, all’entrata li aveva accolti una imponente scalinata in marmo.

Vennero subito portati nell’enorme giardino dietro la residenza, dove ad aspettare la sposa c’erano più di duecento invitati che le sorridevano, altri invece erano troppo occupati dal suntuoso banchetto per accorgersi di lei.

Quel giorno doveva essere presentata a familiari ed amici, poi, dopo una settimana nella residenza, si sarebbe sposata, rimanendo intrappolata lì per sempre.

Per sempre.

Helga ebbe un capogiro e per pochi istanti vide tutto nero, ma continuava a camminare meccanicamente, incastrata tra i suoi genitori.

-Helga sono fin troppo lieta di presentarti il Godric Grifondoro, lui è il tuo promesso- le disse sua madre, ma l’attenzione della ragazza era rivolta altr’ove, dietro all’altare si estendeva un labirinto di cespugli alti circa due metri, e in un’entrata le era parso di scorgere un guizzo azzurro e nero.

-State ammirando il labirinto di rose?- le chiese una voce sconosciuta riportandola alla realtà.

Helga alzò lo sguardo, davanti a lei c’era un giovane alto e snello, poco più grande di lei, i profondi occhi verde chiaro la guardavano divertiti, aveva i capelli rossicci e sul naso si poteva intravedere una spruzzata di lentiggini.

Ci mise un po’ a rispondere, perché pensava che si sarebbe sposata con un uomo molto più grande di lei.

-Io … emh sì- rispose imbarazzata, sentendo le guancie diventare rosse –Sono Helga Tassorosso, piacere di conoscervi- sbiascicò goffamente, inchinandosi, come voleva il protocollo.

-Il piacere è tutto mio signorina- le sorrise –Vi vedo un po’ pallida in viso, volete che chiami qualcuno?- il ragazzo la guardò preoccupato, stava per alzare la mano per toccarle la spalla, ma subito sembrò ripensarci e il braccio si bloccò a metà percorso, per poi afflosciarsi sul fianco.

-No, vi ringrazio, ma ho solo bisogno di camminare un po’- Helga fece due passi indietro cercando di evitare le occhiate di disapprovazione che i suoi genitori le lanciavano –Penso che andrò nel labirinto- vedendo che il ragazzo stava per controbattere, si sbrigò a dire –State tranquillo, non andrò lontano- cercò di sorridergli, anche se le sue labbra sembravano arrugginite e morte.

Si girò e senza guardare indietro entrò nel labirinto.

Al suo interno sembrava tutto più scuro, come se fosse già arrivata la notte, intorno a lei come soldati silenziosi si erigevano le colonne di cespugli.

Continuò a camminare imboccando strade sempre diverse, nel caso si fosse persa le bastava gridare aiuto, il labirinto continuava senza fine, ma nessuno dei cespugli era ricoperto da rose.

Allora perché si chiamava il labirinto delle rose?

La ragazza non fece in tempo a chiedersi il motivo di un nome così insolito, perché fu afferrata e sbattuta al cespuglio che le stava dietro.

Il grido le si soffocò in gola quando riconobbe chi aveva davanti.

 

 

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Questo capitolo inizialmente racchiudeva anche la parte di Salazar, ma sarebbe stato troppo lungo. Quindi avrete il vostro bel Serpeverde nel prossimo capitolo <3

Detto questo non aggiungo se non

Ci vediamo al prossimo capitolo, grazie per le recensioni i preferiti ecc <3

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