Will write for gil

di PasifiKStaR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Casa ***
Capitolo 2: *** II. Quello che vuole Rinoa (commedia romantica di Squall) ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre: Seifer Fraintende "Fairy"-tale ***
Capitolo 4: *** IV: Fine = Inizio = Fine = ? ***



Capitolo 1
*** I. Casa ***


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WILL WRITE FOR GIL
scritta da PasifiKStaR, tradotta da Alessia Heartilly
I. Casa

Parte di lui non avrebbe dovuto essere sorpresa per la testardaggine che affrontò. Ora che la città marittima andava meglio, volevano tagliare la quantità di sicurezza privata che avevano assunto. Andava bene, immaginò Squall. Dopo tutto, c'erano altri posti in cui poteva mandare mercenari esperti. Quello che non andava bene era la drastica diminuzione della paga proposta, così come le tasse aggiuntive approvate per gli abitanti non-permanenti, il che includeva il personale del Garden di stanza.

Cid aveva ragione; Dollet cercava di risparmiare ogni guil mentre cercava di spremere i Garden per tutto quello che valevano. Sospirando, stanco, entrò nell'appartamento che condivideva in quel viaggio d'affari, e gettò la giacca della divisa sullo schienale del divano.

Andò in cucina e riuscì a prendere un po' d'acqua dal frigorifero, prima di fermarsi. Esaminò la cucina vuota, la sala da pranzo e il soggiorno. Era strano: c'era silenzio. C'era silenzio e lui era lì con Selphie e Zell.

Accigliandosi, inghiottì un po' d'acqua dalla bottiglia, cercando di ricordare le loro agende. In teoria dovevano essere entrambi di ronda nella stazione principale, a controllare le condizioni, gli esercizi d'addestramento dei soldati di stanza e parlare con loro. Però era già pomeriggio tardi. I due sarebbero già dovuti tornare.

Poi, da qualche parte nell'appartamento con le due camere da letto, sentì tirare l'acqua. Fu colto da un piccolo sollievo; allora erano a casa.

"Oh, Hyne! Un medico! Selphie, ci serve un medico!" Si sentì di nuovo lo sciacquone dal bagno della stanza di Selphie.

"Perché le pillole non stanno funzionando?!" gridò Selphie. Squall gettò sul tavolo la bottiglia d'acqua vuota e corse fino al corridoio.

"Zell!" gridò. "Selphie! State-"

Un suono di vomito riempì l'aria quando raggiunse il bagno che condivideva con Zell e si fermò di colpo sulla soglia. Il suo amico era seduto per terra, praticamente abbracciato al water, mentre si ripuliva le labbra dal vomito. Squall aveva visto arti esplosi, ferite che buttavano sangue come una fontana, ma nulla lo aveva fatto ritrarre come il vomito per terra e un mercenario verde in viso.

"Squall!" Zell aveva gli occhi rossi e pieni di lacrime. "Squall, sto morendo!"

"Cosa è successo?!" gridò Squall, preparandosi a prendere l'antidoto necessario.

"I frutti di mare..." Zell fece una smorfia, guardando Squall implorante. "Erano... mar-" Spalancò gli occhi e riportò la testa sul water, vomitando di nuovo.

Squall rimase in piedi sulla soglia, cercando di capire. Si sentì un fruscio dietro di lui, e si voltò. La porta della stanza di Selphie si aprì, e la ragazza, dall'aspetto malato, si appoggiò pesantemente alla soglia.

"Quanto ci vuole perché passi l'avvelenamento da cibo?" gracchiò Selphie. Si strinse lo stomaco con un braccio mentre si copriva la bocca con l'altra mano, come per impedire che del vomito improvviso colpisse il suo capitano.

"Un giorno o due." Squall si accigliò. Si trovò a fare un esitante passo indietro. "Cosa è successo?"

"Siamo andati a mangiare in questo posto." Selphie fece una smorfia. "È stato un errore. I frutti di mare nei nostri piatti erano cattivi... ugh!" Si raddrizzò, come se fosse stata colpita. "Scusatemi!" Sbatté la porta, fiondandosi nella stanza per usare il bagno.

Squall tornò a guardare Zell. "Avete almeno preso qualche medicina per aiutarvi?"

"Non funziona niente, Squall," gli disse Zell con fare drammatico. "Nulla fermerà mai questo dolore."

Il leader del gruppo chiuse gli occhi e fece un respiro profondo per calmarsi. "Chiamerò una cameriera a pulire, voi cercate di riposarvi e basta," disse mentre tornava in corridoio.

Scuotendo la testa, Squall tornò in cucina per prendere il numero del servizio pulizie da sopra il frigorifero. Aveva appena finito di prendere le cose quando la porta di Selphie si riaprì e riapparve la ragazza.

"Squall." Selphie fece una smorfia sentendo la propria voce roca. "Mi serve un favore."

Lui socchiuse gli occhi, sospettoso. "Non dirmi che non avete finito la ronda alla stazione."

Lei fece una smorfia. Non l'avevano finita. "Possiamo finire i controlli domani, ma no, mi serve un'altra cosa."

Lui sembrò riluttante a chiedere. "Cosa?"

"Avevo in programma una cena stasera." Selphie fece una smorfia, mentre il suo stomaco emetteva uno strano gorgoglio. "Ma non riesco a farcela. Puoi andarci tu, invece?"

"Selphie, sono sicuro che tu possa riprogrammarla," le disse con fermezza Squall mentre prendeva delle cose dal frigorifero per prepararsi la cena.

"No." Lei scosse la testa, ancora appoggiata al muro del corridoio. "Le persone che devo incontrare sono qui solo una sera, e non ho un numero di telefono."

"Sono sicuro che cercheranno di contattarti."

"Squall," gracchiò Selphie. Barcollò avanti, sempre tenendosi lo stomaco. "Per favore... pagherò io la cena." Si fermò, barcollando a metà strada. "Dal mio stipendio stavolta." Le gorgogliò lo stomaco e cominciarono ad alzarlesi le spalle.

Squall si voltò per rifiutarsi fermamente, con un cespo di lattuga in una mano e del pane nell'altra. "Capiranno che hai un'intossicazione alimentare. Puoi spiegarglielo quando parlerete la prossima volta. Ora torna in camera e stenditi." Socchiuse gli occhi, guardandola incuriosito. "Selphie...?" Lei strizzò gli occhi e si portò le mani alla bocca. "Merda, Selphie." Girò intorno al bancone della cucina, posando il cibo mentre correva ad aiutarla. "Ti ho detto di-"

Poi lei gli vomitò addosso.

Squall poté solo stare lì, con gli occhi spalancati mentre il vomito di Selphie gli penetrava la maglietta e gli colava sulla pelle. Aveva ancora le braccia tese per aiutarla, e si era bloccato lì dov'era. Di fronte a lui, il viso pallido e tirato di Selphie era bloccato in un'espressione d'orrore.

"Mi... dispiace... così... tanto-"

"Va' nella stanza," disse Squall a bassa voce mentre stringeva le mani e le abbassava lentamente lungo i fianchi.

"Ma... e la cena di stasera-"

"Me ne occupo io," continuò lui. "Va'. A. Riposare." Selphie non si preoccupò di annuire. Barcollò semplicemente all'indietro e cercò di tornare in camera prima che Squall si arrabbiasse davvero.

"Wow," disse Zell uscendo, con un aspetto lievemente migliore, ma ancora pallido e con gli occhi rossi. "Che è successo qui?"

"Hai finito con il bagno?" domandò attentamente Squall. Zell annuì. Senza una parola, Squall lo superò. Selphie gli aveva vomitato sui vestiti. Gli rimaneva un solo completo pulito, che era la sua divisa, e avrebbe dovuto far pulire quello che indossava prima di partire.

"Intendi usarlo? Adesso?" Zell si fece piccolo. "È un po' un casino-"

"Hai vomitato nella doccia?"

"No-"

"Allora andrà bene," grugnì Squall.

Zell guardò il bancone, dove era rimasto il cibo abbandonato da Squall. Nonostante quello che aveva appena fatto, e i resti dell' 'attacco' di Selphie ancora sul pavimento, si trovò stranamente affamato.

Adocchiò il pane. "Questi li usi?"

"No!" gridò una voce.

"E la tua cena?" domandò cautamente Zell. La porta del bagno sbatté. "Ok," disse Zell guardando il cibo. "Ci perdi tu!" Gli gorgogliò lo stomaco. Spalancò gli occhi, stringendosi la pancia e tornando in corridoio. "Basta che ti sbrighi!"

*~*~*~*~*

Sembrava che la cittadina marittima avesse prosperato negli ultimi anni. Erano stati ricostruiti gli edifici, e la via principale era costeggiata da palazzi ben tenuti ed eleganti lampioni. L'acqua era bella e pulita, e non faceva né troppo caldo né troppo freddo. Rinoa capiva perché Dollet stesse sbocciando come destinazione turistica così popolare per chi voleva la pace e la serenità di una cittadina di mare.

Era un peccato che stesse lì solo per una notte prima che la sua nave ripartisse. Comunque, pensò mentre respirava profondamente la calda aria del mare, almeno poteva cenare con una vecchia amica. Era stata una felice coincidenza incontrare Selphie quella mattina mentre girava per la città.

Il sorriso compiaciuto parve scomparire mentre abbassava gli occhi e si guardava le dita, che stringevano il tavolo a cui era seduta. Era in uno scenario romantico come tanti: su un balcone del migliore ristorante di pesce di Dollet, che dava sulle onde che si infrangevano lì sotto. Il sole stava tramontando, c'era una luce fioca di candele dai tavoli, e da qualche parte nel ristorante dietro di lei c'era un'orchestrina che suonava e intratteneva i clienti.

L'atmosfera era perfetta, ma il fatto di stare seduta lì ad aspettare da sola la imbarazzava. In silenzio, guardò il suo orologio. Era in anticipo; Selphie sarebbe arrivata tra qualche minuto, e anche così, Selphie era probabilmente il soldato più ritardatario che conoscesse, e sarebbe stata un po' in ritardo.

Sentì un dolore nel petto. Il pensiero del soldato la riportò immediatamente al Comandante di Selphie; l'uomo che aveva lasciato.

Si guardò le mani pallide con occhi tristi. Le aveva più ruvide che mai, ma ne era orgogliosa. Erano il risultato di anni di duro lavoro e dedizione per aiutare le vittime della guerra a ricostruire in giro per il mondo. Il cuore le fece male di nuovo. Era il risultato di anni a stare lontana da lui.

"Basta, Rinoa," si rimproverò piano. "Selphie sarà qui a momenti. Non vuoi essere depressa a rimuginare sul suo Comandante come un'adolescente innamorata persa..." Che una volta era stata. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Selphie era in missione a Dollet. Non Squall. Era stata Selphie a incontrarla quel giorno, non Squall. Avrebbe cenato con Selphie.

"Signorina, è arrivata la persona che aspettava," disse una voce dietro di lei. Rinoa aprì gli occhi e si alzò per salutare.

Una voce sorpresa, che non apparteneva a una mercenaria minuta e allegra. "Rinoa?"

Spalancò gli occhi e incontrò immediatamente quelli ugualmente spalancati di lui, e il cuore le balzò in gola. "Squall?" Se l'intossicazione non uccideva Selphie, Squall giurò che l'avrebbe fatto lui. Guardò quegli occhi familiari che sbattevano, confusi, mentre arricciava le labbra in un minuscolo broncio. "Che ci fai qui?" Lei piegò la testa e si guardò intorno. "Dov'è Selphie?" Pregò che non fosse uno scherzo.

Squall dovette costringersi a respirare; a calmare il cuore che gli batteva all'impazzata in petto e rimanere composto. Aveva superato una guerra e la sua vita era stata sconvolta da sorprese peggiori che una bellissima donna con un vestito blu senza maniche e lungo fino al ginocchio che doveva cenare con lui. Poteva farcela.

"Ha un'intossicazione alimentare." Quasi si picchiò per quanto sembrava indifferente. Quando era uscito, Selphie gli diceva che sarebbe morta, e di dire a Irvine che lo amava e di non dimenticarsi di dar da mangiare al suo pesce rosso. Persino mentre lo diceva aveva un aspetto migliore, ma non abbastanza da cenare con la figlia del Colonnello. "Lei e Zell hanno mangiato dei frutti di mare avariati a pranzo, e la cosa non ha fatto bene."

"Oh, no... stanno bene? Hanno bisogno di un medico?" domandò Rinoa, aggrottando la fronte mentre prendeva la borsa.

Squall quasi sorrise tra sé e sé. Sembrava che non fosse cambiata molto. Era ancora la stessa. Poteva essere cresciuta un po' in altezza, avere il viso più definito, e qualche ruga in più agli angoli degli occhi, ma ci teneva ancora. "No, stanno bene. Stanno riposando un po' e io ho cambiato i loro compiti di domani, così potranno continuare a farlo."

"C'è qualcosa che posso fare?" domandò lei, tenendo sempre la borsa.

Squall esitò, e restò dov'era. Spostò gli occhi sulla sedia dove, in teoria, doveva sedersi, davanti a lei. "A dire il vero Selphie mi ha mandato qui," le spiegò. "Non c'è molto che puoi fare adesso. Hanno solo bisogno di riposare e buttare tutto fuori."

Rinoa si trovò ad annuire. "Dovrei almeno salutarli."

Un tic nervoso gli fece contrarre un occhio. "Io starei lontano. Selphie... mi ha vomitato addosso, prima."

Lei spalancò nuovamente gli occhi. Lui poteva vedere che le si piegavano le labbra in un sorriso; segnale che stava cercando di non ridere. Le sfuggì un grugnito prima di voltare la testa di lato e soffocare a malapena una risatina. Lui alzò gli occhi al cielo.

"Scusa, scusa," rise lei tornando a guardarlo. Fece correre gli occhi sul suo corpo; non sembrava che avesse avuto dei problemi. Indossava l'uniforme ed era profumata e pulita, anche se non era del tutto abbottonata. No, sembrava proprio a posto. "Stai bene?"

"Finché non capita di nuovo," le disse. Indicò fiacco le sedie. "Vuoi comunque cenare con me?"

Sembrava a disagio, e lei pensò che fosse carino. Questa non invecchiava mai, anche se pensava che lui fosse passato dal 'carino' del ragazzino al 'assolutamente affascinante' dell'uomo. Lei quasi rise della sua valutazione.

"Certo," sorrise, soffocando a malapena la risata mentre tornava al suo posto. Rimise la borsa sul tavolo mentre Squall arrivava dietro di lei per aiutarla a sedersi. La ragazza quasi sobbalzò quando lo sentì dietro di lei, che afferrava lo schienale della sedia e la spingeva più sotto al tavolo. Si sentì accaldata e abbassò la testa, sperando che lui non vedesse il suo rossore.

La presa di Squall sulla sedia si rafforzò. Così vicino a lei, poteva sentire il profumo dei suoi capelli insieme all'aria salata intorno a loro. Lui voltò la testa e tolse le mani dalla sedia, girando velocemente intorno al tavolo per sedersi. Mentre Rinoa afferrava il tovagliolo per metterselo sulle gambe, Squall armeggiò con il suo.

"Hai già guardato il menù?" domandò lui. Fece una smorfia tra sé e sé. Sembrava così forzato.

Rinoa ridacchiò leggermente e scosse la testa. "No, a dire il vero aspettavo che arrivasse Selphie." Si fermò e ringraziò il cameriere che allungava un menù a entrambi. "Quali sono i piatti del giorno?"

"Il branzino, signorina, è arrivato proprio oggi con la pesca del pomeriggio. Abbiamo anche delle speciali cozze saltate con salsa all'aglio e il preferito del cuoco, bistecca e gamberetti," disse il cameriere.

"Io prendo quello," disse Squall, restituendo il menù al cameriere.

"Scelta eccellente, signore. E signorina, vuole che torni dopo?"

Rinoa arricciò il naso. Restituì il menù al cameriere e sorrise radiosa. "Faccia per due."

"E da bere?"

"Io prendo del caffè," disse Squall.

"Un bicchiere di vino della casa," aggiunse Rinoa. Il cameriere annuì e se ne andò. La ragazza tornò a guardare il suo inaspettato compagno, e sospirò. "Allora... che ci fai a Dollet?" Rinoa sorrise. Perché Selphie non le aveva detto che c'era anche lui.

"Negoziazioni del Garden con la città sui mercenari di stanza qui," rispose Squall. "Tu?"

"Sono di passaggio." Rinoa continuò a sorridere. La conversazione scivolò nel silenzio e lei prese un bicchiere d'acqua.

Squall rimase seduto rigido. Guardò l'acqua, cercando di distrarsi dalla donna davanti a lui. Si ripromise in silenzio di far passare a Selphie un rigoroso inferno d'addestramento non appena poteva. Un attimo... no. Anche meglio, l'avrebbe messa dietro la scrivania per un mese e le avrebbe fatto correggere i saggi degli studenti del Garden. Sì, sarebbe stata una punizione sostenibile per non avergli detto chi avrebbe cenato con lui.

Era abbastanza brutto essere stato fuorviato - era sicuro che fosse qualcuno del Consiglio di Dollet che voleva fare una cena di lavoro o qualcosa del genere. Invece doveva sopportare una cena imbarazzante con la donna che lo aveva lasciato anni prima. Anche se non era stata una brutta rottura - o anche solo una rottura, a sentir Selphie - non si erano più parlati.

Corrugò un poco la fronte. Perché avevano smesso di parlarsi? Lei se n'era andata e non aveva mai chiamato. Lui lo aveva preso come il segno che lei non volesse più avere nulla a che fare con lui. Era quello che significava, no? Ma adesso era diverso. Erano adulti. Avevano un lavoro ed erano cresciuti un po' dal loro ultimo incontro. Ovviamente potevano essere civili.

Non che la partenza di Rinoa gli avesse causato troppo dolore.

Guardò dall'altra parte del tavolo. Rinoa usava la cannuccia per giocare con la fetta di limone nel bicchiere.

Era una bugia. Ogni giorno, da quando lei se ne era andata, una parte di lui era morta. Non sapeva se era arrabbiato o triste o confuso, ma sapeva di sentirsi vuoto. C'era qualcosa che mancava, e spesso aveva voluto contattarla - chiederle cosa stava succedendo, se intendeva tornare o se era finita... e chiederle cosa aveva fatto per farla partire.

Ma non l'aveva mai fatto. Lui fece un respiro profondo.

"Allora, che fai?"

"Che fai?" domandò lei nello stesso momento. Sbatterono le palpebre e si fissarono per un attimo. Lui sembrava sorpreso, e lei iniziò a ridere. Abbassò le spalle e le si intristirono un poco gli occhi. "Aiuti umanitari ovunque. Non sto mai davvero nello stesso posto per un più di un mese o due."

"Deve essere eccitante," riconobbe lui.

"Sì, eccitante." Lei si costrinse a sorridere. "E tu? Ho sentito che sei salito di rango, al Garden."

"Faccio solo il mio lavoro," rispose lui scrollando le spalle.

"Ho sentito che lo fai molto bene," disse lei sporgendosi in avanti.

"Non è che abbia altro da fare." Imprecò in silenzio. Tornò a guardarla in faccia, cercando di vedere se la sua risposta indifferente aveva fatto qualche effetto. Lei aveva gli occhi vacui, e il suo sorriso malizioso era diventato qualcosa di vuoto. "Voglio dire... Cid non fa che accumulare lavoro. Una cosa dopo l'altra."

"Giusto, giusto," annuì lei, con gli occhi che si abbassavano. Si ritrasse, cercando di fingere che la sua risposta non avesse riaperto una vecchia ferita. "Sono sicura che ti tiene molto occupato."

Lui abbassò di nuovo gli occhi. "Comunque," cominciò. "È la stessa organizzazione benefica con cui lavoravi prima?" Quasi fece una smorfia per l'ultima parola.

Rinoa annuì. "Stiamo cercando di lavorare con i Garden e le città danneggiate al nostro meglio," disse. "A dire il vero scrivo molte email a Quistis."

Questo lui non lo sapeva. "Ottimo. Quindi... ti sei tenuta in contatto?" Con tutti a parte me?

Rinoa sorrise tristemente. "No... non tutti."

Lui socchiuse gli occhi, osservando il rimpianto sul suo viso. Prima di poterlo interpretare oltre, arrivarono le loro pietanze e l'argomento passò in fretta al cibo. Tra i "mmm..." e "com'è la tua bistecca..." c'erano lunghi momenti di silenzio o conversazione forzata.

Quando Rinoa finì il dessert, sembrava pronta ancora una volta a fuggire. Squall digrignò i denti. Era la prima volta che le parlava da anni, e sarebbe finita così? Con una battaglia testarda per chi pagava il conto, e poi ognuno per la sua strada?

"No, va bene," sorrise Rinoa prendendo il conto. "Sei venuto fin qui per cenare con me all'ultimo momento. Pago io."

"Va tutto bene, Rinoa. Stavolta faccio io."

"Almeno lasciami pagare la mia parte," disse lei, infilando già una mano nella borsa. "Quanto è... mancia compresa?"

Squall mise alcune banconote nella cartelletta nera che gli aveva dato il cameriere e poi la restituì. "Tenga il resto," disse al ragazzo. Il cameriere lo ringraziò cortesemente e Squall tornò a guardare Rinoa. "Non preoccuparti, mi farò ripagare da Selphie."

Rinoa grugnì leggermente scuotendo la testa, e rimise il portafoglio in borsa. "Stavolta hai vinto tu."

Squall si alzò dalla sedia e girò intorno al tavolo per aiutare Rinoa ad alzarsi. Lei lo ringraziò piano mentre lui si guardava intorno. "Dove hai la giacca?"

"Non l'ho portata," rispose lei scrollando le spalle mentre chiudeva la borsa. "Non fa così freddo, e la nave non è lontana."

"Oh... torni a piedi?" domandò lui mentre attraversavano il ristorante. Rinoa annuì. Ringraziarono il ristoratore che li aveva accompagnati al tavolo.

"Beh," disse lei mentre uscivano. Squall le tenne la porta aperta, aspettando che lei e una coppia anziana uscissero prima di lasciarla chiudere e unirsi a Rinoa. "È stata una cena deliziosa."

"Già."

"Scommetto che avrai una giornata impegnativa, domani," aggiunse lei.

"Qualche altra riunione," rispose lui. "Partiamo dopodomani."

"Oh." Rinoa annuì. Guardò per terra, mentre camminavano lungo la strada e iniziavano a tornare indietro. "Sembri occupato. Allora ti lascio." Iniziò ad accelerare il passo, ma Squall allungò una mano e le prese il polso.

"Aspetta!" Lui la trattenne e lei si guardò al di sopra della spalla, sorpresa. Squall esitò. "Io... Rinoa..." Le guardò la mano e la lasciò andare velocemente. "Lascia che ti riaccompagni," si offrì tornando a guardarla negli occhi. "Per favore."

Parte di lei le gridava di dire no; di negarglielo e di evitare il confronto che sapeva sarebbe arrivato se fosse rimasta ancora con lui. Un'altra parte di lei era attirata dal suo viso. Gli angoli più definiti, gli occhi più duri, l'espressione di un uomo che voleva solo qualche altro momento del suo tempo. Come poteva negarglielo dopo quello che aveva fatto? Si morse il labbro inferiore e fece un respiro profondo.

"Certo!" Il sorriso che gli rivolse non era quello che gli era familiare. Non le toccava gli occhi, e lui quasi si intristì nel vederlo. "La nave su cui sto non è troppo lontana."

Squall annuì e cominciò a camminare accanto a lei. "Mi dispiace se ti ho fatto male," disse lui all'improvviso.

Rinoa quasi lasciò cadere la borsa. "Cosa?" boccheggiò, girandosi a guardarlo. Corrugò la fronte.

"Quando ti ho preso il braccio," sottolineò.

Lei si guardò il polso e si trovò ad annuire. "Oh... giusto," concordò. Scosse la testa e gli rivolse un altro sorriso. "Non è niente. Non puoi mai farmi del male, Squall." La sorprese quanto fosse ancora vero.

Accanto a lei, il soldato annuì solennemente. "Penso solo che dovrei almeno accompagnarti," affermò.

"Giusti, devi fare il cavaliere, eh?" Rinoa continuò a sorridere.

"Non ha nulla a che fare con quello." Camminava con lo stesso passo di lei, e lei lo guardò.

Le sfuggì la risposta prima di avere la possibilità di fermarsi. "Allora con cosa ha a che fare?"

Squall continuò a guardare avanti, lungo il marciapiede su cui camminavano. Non era sicuro di cosa esattamente, ma rispose.

"È passato un bel po'," le disse senza guardarla negli occhi. "E non abbiamo davvero parlato."

Lei voltò la testa di scatto. Socchiuse gli occhi, voltandosi per la vergogna. "Non c'è davvero molto di cui parlare," cercò di dire. "Il mio lavoro è piuttosto noioso e so che tu probabilmente sei occupatissimo al Garden. Quando scrivo a Quistis, lei di solito mi dice che sei chiuso in ufficio." Si accigliò e lo guardò. "Non ti fa bene, sai."

Lui piegò la testa di lato. "Scrivi a Quistis su di me?"

Lei arrossì. "Mi piace informarmi di tutti!" si difese Rinoa.

"Incluso me?"

"Certo!" Batté il piede a terra, stringendosi la borsa al fianco mentre arrivavano a un angolo della strada. Erano a metà cammino verso il posto dove era attraccata la sua nave. Rinoa fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Gridare non le avrebbe fatto bene. Sapeva cosa succedeva quando apriva la bocca senza pensare.

Le domande e le confessioni sarebbero uscite a fiotti. Il dolore, la paura, il senso di colpa, il dubbio. Non voleva affrontarlo, adesso. Freneticamente distolse gli occhi da lui, cercando di trovare qualcosa nella piazza che stavano attraversando che potesse distrarli.

Una minuscola, quasi inudibile risatina risuonò dietro di lei. Rinoa si trovò a guardare Squall, con la sua espressione di vago sollievo sul viso. "È bello sentirlo."

"Squall?" fece lei confusa. Lui stava guardando la piazza. A inizio serata, i lampioni si erano accesi, e famiglie e coppie, turisti e abitanti, giravano lì intorno, chiacchierando tra sé e godendosi la fresca brezza marina, mentre un'orchestrina di tre elementi suonava accanto alla fontana centrale.

"È cambiata molto, vero?" domandò Squall socchiudendo gli occhi. "Che differenza fanno pochi anni."

Lei esaminò il suo profilo e si trovò ad annuire. "Sì..."

Lui la guardò e sorrise dolcemente. "Non importa cosa è successo in passato, è successo comunque qualcosa del genere. Avrebbe potuto essere abbandonata e basta, ma la gente ha scelto di tornare e ricostruire. Ora guardala." Guardava la piazza. "Avevano solo bisogno di una possibilità. È come se tutto quello per cui abbiamo lavorato non fosse inutile."

Lei seguì il suo sguardo. Aveva ragione, e per un attimo si sentì in pace. La musica, la gente... era un momento felice e non voleva separarsi da lui in malo modo. La sua mente elaborò all'improvviso un piano. Era infantile e probabilmente lo avrebbe messo in imbarazzo, ma sembrava divertente. Fece un sorriso diabolico.

"Dai!" Gli strinse con fermezza una mano, e all'improvviso Squall si trovò a essere tirato in avanti.

"Rinoa! Che stai-"

"Guarda! Tutti si divertono, ma nessuno balla!" esclamò Rinoa mentre avanzava. Squall le guardò la testa come se fosse impazzita.

"Forse nessuno vuole ballare." Squall alzò gli occhi al cielo, barcollando fino a centro piazza.

"È solo perché nessuno vuole iniziare," assicurò Rinoa mentre lo tirava al centro, proprio davanti alla fontana. Si voltò verso di lui e gli mise una mano sulla spalla. "Quindi dovremmo cominciare la festa per loro!"

Squall la guardò. "Tu sei pazza."

"Eddai, cattivo! Partecipa!" La ragazza gli sorrise, radiosa. "Stanno guardando tutti!"

Per un attimo, lui colse una sfumatura della donna che aveva conosciuto anni prima. Le luccicavano gli occhi, il suo sorriso era sincero, e l'atmosfera intorno a loro, in quel momento, aveva un'energia familiare che lo esasperò e gli accelerò i battiti. Emise un sospiro stanco.

Squall si ritrasse da lei, e l'espressione di Rinoa cominciò a rattristarsi. Lui si mise una mano in tasca e ne estrasse qualche guil. Poi li gettò nella custodia aperta davanti ai musicisti. "Le piace il valzer."

Era un ordine più che una frase casuale, e i musicisti sembrarono trovare divertente l'uomo che era stato trascinato dalla sua bella fidanzata per ballare davanti a tutti. Mentre tornava da Rinoa, la gente intorno alla fontana applaudì e li incoraggiò.

"Non abbiamo nemmeno cominciato," borbottò lui mettendosi davanti a lei.

Sembrava che Rinoa non riuscisse a togliersi il sorriso dalle labbra. "Oh, piantala. So che ti piace."

La musica cominciò e Rinoa si mise a dondolare sul posto. Lui fece un sorriso divertito. "Un po'." Cominciarono a muoversi in cerchio in una piccola zona, per il divertimento degli osservatori. Alcune coppie si alzarono dalle panchine sulla zona erbosa per unirsi a loro.

"Sei migliorato," si complimentò Rinoa mentre si muovevano tra la mezza dozzina di altre coppie.

"Il risultato di partecipazione forzata a troppi balli, feste e altre celebrazioni," ammise Squall. Rinoa ridacchiò tra le sue braccia.

"Penso che ti siano servite, Capitano Leonhart," sorrise radiosa. Lui ricambiò e la fece piroettare. Lei rise.

Anche lui fece una risatina e mentre la canzone continuava, tutto quello che poteva ricordare era quanto avesse amato stare con lei. Rinoa ridacchiò, tornando contro di lui. Il viso di Squall si addolcì. No - ricordava esattamente quanto amava lei.

Lei sollevò gli occhi sul suo viso. La sua espressione sciocca si sciolse lentamente, addolcendosi mentre si ritrovava attratta nell'espressione familiare che lui aveva solo per lei. In quei momenti privati, quando era come se fossero le uniche due persone al mondo, gli occhi di Squall si scaldavano e c'era un piccolo sorriso sulle sue labbra. Si trovava a perdersi nella sua espressione.

La musica intorno a lei sembrò svanire nel silenzio; solo il battito veloce del suo cuore le risuonava nelle orecchie. Divenne fin troppo consapevole di quanto lui fosse caldo e del sottile profumo di sapone che emanava. Il suo corpo smise di fare qualunque cosa stesse facendo e si mosse di sua spontanea volontà. Anche quando sentì il calore del suo respiro sulla punta del naso, sembrò che non capisse cosa stava facendo. O che desiderasse fermarlo.

Lui sapeva di caffè.

Chiuse gli occhi e schiuse appena le labbra, accogliendolo di nuovo dentro di sé, riempiendo un vuoto che le era mancato. Lui era caldo e forte e familiare... e le era mancato così tanto.

Non sapeva di avergli avvolto le braccia intorno al collo. Non sapeva di essersi fermata. Non si accorgeva che la gente applaudiva.

Solo quando Squall si ritrasse, togliendosi dolcemente le sue braccia dal collo, l'ambiente tornò di colpo. Rinoa arrossì, sentendo i fischi e gli applausi. Ma la dimostrazione pubblica non era ciò che la allarmava. Si portò una mano tremante alle labbra.

Aveva baciato l'uomo che aveva lasciato senza una parola.

"Dovremmo andare," disse lui a voce bassa, con qualche cenno di gratitudine alle persone, prima di prenderle la mano e allontanarla dalla folla.

Rinoa barcollò dietro di lui, stupefatta dalle sue azioni, e incapace di vedere la sua reazione. Pensava che si stessero solo divertendo; una distrazione dalla conversazione che voleva uscire. Per un attimo, era stato come anni prima, quando erano insieme e felici e nulla era cambiato.

Ritrasse la mano quando arrivarono dall'altra parte della strada. Squall la guardò interrogativamente.

"Mi dispiace," si scusò lei, prima che lui potesse chiederle se stava bene. "Non volevo baciarti così," borbottò evitando i suoi occhi. Lo superò in fretta e si diresse il più velocemente possibile alla sua nave.

"Allora perché l'hai fatto?" domandò Squall marciando dietro di lei.

"Non lo so," disse lei. "È solo... è solo successo. Forza dell'abitudine!" insistette tenendo gli occhi fissi davanti a sé.

"Forza dell'abitudine?" ripeté Squall. Ecco tutto. Non poté più trattenersi. Le parole temute gli sfuggirono dalle labbra. "Rinoa, penso che dovremmo parlare."

"Squall, la mia nave parte domattina-"

Lui insistette. "Non ci vorrà fino a mattina."

Lei si rifiutò di guardarlo, sentendosi già le lacrime agli occhi. "Squall," lo pregò. Non voleva parlarne. Non voleva dirglielo. "Per favore-"

"Perché te ne sei andata?" Lui mollò la bomba. Era la domanda a cui lei aveva paura di rispondere. Non perché non c'era un motivo, ma perché il motivo, in retrospettiva, era così frivolo, e lo aveva ferito.

"Non voglio parlarne!" Si slanciò in avanti e per un attimo Squall si stupì che lei stesse realmente correndo via.

"Rinoa, aspetta!" gridò. Si lanciò dietro di lei, raggiungendola facilmente quando arrivarono al porto, e le afferrò di nuovo il polso. "Dimmi solo perché!"

Lei scosse la testa, con gli occhi gonfi di lacrime. "Cosa vuoi che dica?" disse lei con voce strozzata liberandosi. "Non ho nemmeno detto addio quando me ne sono andata, e poi pensi che quando ci saremmo rivisti avremmo semplicemente cominciato a parlare come prima e io avrei detto tutto?"

"No, ma penso davvero che dobbiamo parlare." Squall strizzò gli occhi. "Perché non hai detto addio? Perché te ne sei andata?" domandò lui confuso. Lei gli vide il dolore negli occhi. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" Le si spezzò di nuovo il cuore al suono della sua voce. Pensava che fosse colpa sua?

"No!" gridò lei.

Lui non capiva. "Allora cosa è successo?"

"Non volevo andarmene - non per così tanto tempo! Doveva essere solo per poco!" rispose Rinoa, con la voce che si spezzava man mano che si alzava. "Volevo solo aiutare per una settimana mentre eri in missione, ma la situazione si è fatta spaventosa, e serviva più gente. Sapevo che ti sarebbe andato bene che rimanessi più a lungo, ma gli sforzi hanno richiesto sempre più tempo... e prima che me ne accorgessi erano passati tre mesi. Mi sono accorta che non avevi cercato affatto di contattarmi. Ho chiamato il Garden per vedere se stavi bene e hanno detto di sì, quindi non capivo perché non avessi cercato di contattarmi visto che mancavo da così tanto tempo."

"Rinoa, so che puoi cavartela da sola," le disse Squall. "Sei una brava combattente e sei dedita alle tue cause. Sapevo che se ti fosse successo qualcosa di male sarei stato il primo a saperlo."

Lei lo guardò come se fosse scemo. "Quindi non hai nemmeno pensato di informarti, anche dopo così tanto tempo?!"

"Avevo fiducia in te," le disse Squall in tono piatto. "Non è la stessa cosa che disinteressarmi di te."

Lei soffocò un grido. "Pensavo che non mi volessi più."

"Rinoa," cominciò lui con attenzione. "Perché tu non hai contattato me?" chiese. "Perché pensavi che non mi importasse di te?"

Era stupido, ora che ci pensava. Come poteva un uomo che aveva rischiato la sua vita per lei e giurato di starle accanto nei peggiori momenti disinteressarsi di lei? Eppure, a diciannove anni aveva avuto paura che fosse quello il motivo.

Dubbi tenaci le avevano riempito la mente, e ogni volta che aveva voluto contattarlo si era trovata a non riuscire a costringersi a farlo. Era frustante che fosse così tanto più semplice contattare Quistis o Selphie piuttosto che Squall; l'uomo con cui aveva vissuto. Forse era perché sapeva di starlo ferendo.

"Dopo qualche mese mi vergognavo troppo a contattarti," ammise piano Rinoa. "Pensavo... perché dovrebbe aspettarmi? Non chiamavo da mesi. Non avevo scritto lettere o mandato messaggi. Era come se ti avessi lasciato senza dirtelo e me lo fossi trascinato per settimane. Sapevo cosa provavo io, e ovviamente per te era peggio. Io ti avevo fatto questo. Io ti avevo ferito. Perché avresti dovuto aspettare qualcuno che ti aveva fatto questo?"

"Perché ti amo," affermò Squall, come se fosse la risposta più ovvia del mondo.

Lei voleva quasi ridere per quanto era semplice la sua risposta. Persino in quel momento ne sembrava così sicuro, e lei ne era stata terrorizzata.

"Avevo così tanta paura," disse. "Non potevo nemmeno spingermi a scriverti una lettera! Ogni volta che cercavo di chiamare, avevo paura che mi rispondessi e mi dicessi che era finita; che non mi avresti sopportato - e non ti biasimavo! Avevo così paura di sentirti dire che mi odiavi, non riuscivo nemmeno a chiamarti! So che è stupido, ma avevo paura, Squall!"

"Avevamo diciannove anni, Rinoa," le ricordò lui. "Avremmo dovuto avere più buon senso, ma non l'abbiamo avuto. Avrei dovuto chiamarti anch'io, invece di pensare che mi avevi lasciato."

"Che motivo pensavi che ci fosse perché io ti lasciassi?" domandò Rinoa. "Io ti amo. Eri tutto quello che potevo mai desiderare!" Stava uscendo tutto, adesso. "Persino adesso, dopo tutti questi anni, sei tutto quello che voglio e... e... e ho ancora paura. Le cose sono cambiate, hai ragione. Non sono la stessa Rinoa e tu non sei lo stesso Squall. Non posso aspettarmi che tu mi riprenda dopo che ho fatto qualcosa di così inutile e ridicolo!"

Squall la guardò, incuriosito. "Quindi non vuoi tornare o riprovare."

"Certo che voglio tornare! Voglio riprovarci! Voglio, non ho mai smesso di volerlo," ammise Rinoa con la voce che si faceva più debole. "Ma non posso forzarti. Io non ti farò questo."

Lui fece un respiro profondo. "Rinoa, ad ogni settimana che passava le possibilità che tu tornassi a casa diminuivano, e quando alla fine mi sono accorto che era passato troppo tempo, ho pensato che forse lo avevi fatto apposta. Che non volevi continuare la relazione."

Lei lo guardò con un'espressione implorante. "E hai pensato che ti avessi lasciato?" Ovviamente lo aveva fatto, e lei aveva paura di confermarlo.

Una scintilla di dolore gli passò negli occhi. "La ragione per cui sono stato promosso," le spiegò attentamente, "era che passavo ogni momento a lavorare, cercando di dimenticarti."

Lei sentì un dolore nel petto. "Ha funzionato?"

Lui la guardò negli occhi. Lentamente, scosse la testa. "No."

Rinoa si asciugò freneticamente gli occhi e il naso, cominciando a piangere. "Mi dispiace!" si scusò lei in lacrime. "Pensavo che mi odiassi! Pensavo che non volessi più vedermi e non potevo affrontarlo. Ti amo così tanto-"

Venne interrotta, mentre lui la attirava contro il petto. Squall chiuse gli occhi, stringendola forte a sé. Le posò le labbra sulla tempia, con le braccia di lei intorno alla vita, le dita che gli stringevano la maglia della divisa.

"Non hai idea di quanto sia sollevato," lo sentì sussurrare roco contro la sua testa. "Pensavo che non volessi avere più nulla a che fare con me."

Lei scosse la testa, nascondendo il viso contro di lui. "Voglio tornare, Squall," pianse. "Voglio tornare al Garden, nella nostra stanza. Voglio tornare a come eravamo prima."

Lui le accarezzò la testa, guardando la nave poco lontana, che aspettava che lei salisse a bordo.

"Rinoa, non puoi tornare e basta," le disse lui riluttante. Lei si irrigidì tra le sue braccia e si ritrasse, con un'espressione ferita sul viso. "Hai ancora un lavoro da fare, e la Rinoa che conosco non lo abbandonerebbe e basta."

Lei tirò su con il naso. "Lo so," ammise. "Non è così semplice."

Mentre lei si asciugava gli occhi, lui sorrise leggermente e si mise la mano in tasca per prendere un fazzoletto con l'emblema e il nome del Garden. Si sporse in avanti e le asciugò il viso, incoraggiandola a soffiarsi il naso.

"Rinoa, non è una brutta cosa," la rassicurò mentre le toglieva i capelli dal viso. "Abbiamo chiarito le cose. Abbiamo avuto risposte."

"Mi dispiace comunque così tanto, Squall," insistette lei prendendogli la maglia. "Ti ho fatto aspettare e io me ne sono solo andata..."

"Avrei dovuto fare più attenzione," le ricordò lui. "Avrei potuto chiamare. Avrei dovuto chiamare e assicurarmi che tu stessi bene."

"Sono contenta che avessi fiducia in me." Rinoa tentò di sorridere. "In tutta la mia vita, nessuno ha mai pensato che potessi farcela come invece fai tu. Avrei dovuto avere più fiducia in te."

Squall abbassò gli occhi. Li posò sul viso rosso e bagnato di lacrime di Rinoa, e sui suoi occhi arrossati. "Cosa facciamo adesso?" chiese lui. "Tu non puoi semplicemente andartene, e io non posso seguirti."

Lei gli guardò il viso, fermandosi sulle sue labbra, sulla barba, i muscoli del collo che sparivano nel colletto della maglia.

Si passò la lingua sulle labbra. Oh, ma che diavolo? Non poteva lasciarlo andare così facilmente. "Puoi..." Esitò un momento, evitando di guardarlo negli occhi. "Seguirmi... stanotte." Gli avrebbe fatto venire voglia di chiamarla.

Aveva il viso rosso e caldo, ed era chiaro che non era per colpa del pianto. "E domani?" domandò lui. "Partirai comunque con la nave?"

"Sì." Lei non esitò. Quella Rinoa di cui si era innamorato, quella che voleva aiutare, che voleva migliorare le cose e rendere felice la gente... quello non era cambiato. Alcune cose non cambiavano.

Lui annuì e si sporse in avanti, baciandole dolcemente la fronte. "Bene."

In silenzio, lei gli prese la mano. Gli strinse le dita grandi con le sue, piccole, mentre lo portava alla nave.

*~*~*~*~*

Squall era stato in silenzio per la maggior parte del viaggio di ritorno al Garden. Le sue poche parole riguardavano trasporti, biglietti e una breve predica sul non mangiare nulla di 'rischioso' dato che lei e Zell stavano ancora guarendo dall'intossicazione alimentare.

La ragazza si accigliò, preoccupata, mentre guardava il suo amico e ufficiale. Squall era appoggiato allo schienale, il viso rivolto al finestrino e con la sua solita espressione stoica. L'unica differenza era che c'era una strana espressione distante nei suoi occhi; come se la sua mente fosse completamente altrove.

Selphie arricciò le labbra e si guardò le mani. Era colpa sua. Avrebbe dovuto dire a Squall che avrebbe incontrato Rinoa per cena, ma aveva avuto paura che lui non ci sarebbe andato se glielo avesse detto. Si era preparata meglio che poteva quella notte, aspettando che lui tornasse e la degradasse.

Ma Squall non era tornato quella notte.

Era entrato in silenzio la mattina dopo, aveva controllato sia lei che Zell, e poi era andato a dormire due ore prima della sua prima riunione della giornata. Non aveva detto nulla di Rinoa o della cena o di cosa era successo. Era come se non fosse successo affatto.

Questo era quello che disturbava di più la ragazza.

La jeep si fermò a uno degli ingressi laterali del Garden di Balamb, e senza parole Squall uscì e prese la sua borsa. Selphie uscì in fretta dopo di lui.

"Hey, Squall," lo chiamò mentre lui iniziava a camminare lungo il sentiero che portava al Garden.

"Che c'è?" domandò lui voltandosi con un'espressione leggermente interrogativa. Lei arretrò un poco.

"Ehm... a proposito di quella cena..." Si interruppe. "Va tutto bene?"

L'espressione di Squall non cambiò. "Sì," annuì. "Perché?"

"Perché dovevi cenare con Rinoa e Selphie pensa che la degraderai perché ti ha incastrato," disse Zell superandoli. Selphie arricciò il naso e gli lanciò un'occhiataccia.

"Zell!" gridò. Dopo lo avrebbe preso a calci in culo.

"Non preoccuparti," le disse Squall voltandosi. "Non intendo degradarti."

Lei sembrò quasi scioccata. "Davvero?"

"Non aveva a che fare con il lavoro," sottolineò Squall.

Selphie sembrò sollevata. "Grazie, Squall!"

"Chissenefrega."

Sparì nell'edificio e si diresse in ufficio per prendere la posta e controllare i rapporti in attesa prima di ritirarsi per la giornata. Si mise una mano nella tasca della giacca alla ricerca della carta magnetica, prendendo l'ascensore per arrivare al piano del suo ufficio.

Arrivò a metà corridoio quando rallentò e sentì dei rumori provenire dal suo ufficio. Socchiuse gli occhi e si fermò fuori, accanto alla scrivania del suo assistente. La guardò; i fogli erano messi via ordinatamente e il computer portatile era stato portato via per la serata.

Squall si accigliò. Chi c'era nel suo ufficio? Pochissimi avevano la chiave, e lui sapeva benissimo che tutti quelli che l'avevano non sarebbero entrati a meno che fosse un'emergenza.

Passò la carta magnetica nel sensore e la porta si aprì.

La figura snella che camminava tra la porta e la scrivania si fermò bruscamente. Si raddrizzò, con le braccia rigide lungo i fianchi, e lo guardò negli occhi. C'erano due grosse borse dietro di lei, e in una mano teneva una carta magnetica - che lui le aveva dato svariati anni prima.

Per un attimo, non seppe cosa pensare e si chiese se in realtà non si trovasse ancora sulla nave, a dormire, e questo non fosse solo un sogno... che dopo averla guardata lasciarlo, il suo inconscio avesse decise di giocare con lui.

Lei alzò un braccio pallido e si passò nervosamente una mano tra i capelli. Si morse il labbro inferiore, come faceva ogni volta che non era sicura di qualcosa.

Rinoa lo guardò negli occhi. Ma cosa stava facendo? Aveva raccolto le sue cose e aveva detto in ufficio che si trasferiva. Dove, le avevano chiesto. Non sapeva cosa le fosse preso, a parte la sensazione che per molti anni era stata una vagabonda; andava ovunque le dicessero che c'era bisogno, e ora andava in un posto permanente. Amava quello che faceva, non gli aveva mentito quando glielo aveva detto, ma a una parte di lei mancava qualcosa.

E quella notte, quando era con lui, aveva sentito di averlo trovato. Ora era in piedi davanti a lui; un prodotto della sua impulsività e speranza, e si trovava stupidamente senza parole anche dopo ore a cercare di spiegare perché era lì.

Che accordo avevano raggiunto a Dollet? Che erano due idioti? Che lui era ottuso e aveva chiuso fuori il suo dolore, mentre lei aveva paura e si vergognava? Che lui la amava ancora e che lei voleva ancora tornare da lui?

Squall si sistemò la borsa sulla spalla. "Da quanto sei qui?"

Lei inghiottì un nodo che le chiudeva la gola. Non sembrava arrabbiato, ma nemmeno compiaciuto. "Due... tre ore," disse lei con voce roca. Fece una smorfia per il tono, e lui inarcò un sopracciglio. "Irvine mi ha fatta entrare."

Squall annuì e le girò intorno in silenzio. Lei sentì un brivido sulla pelle in quel momento, e si costrinse a voltarsi a guardarlo. Lui si fermò accanto alla scrivania ed esaminò la pila di cartelline e buste nel suo contenitore. Lei rimase ferma sul posto, aspettando che lui finisse.

Lui gettò di nuovo i fogli nel contenitore. "Possono aspettare," disse a voce bassa. Fece di nuovo il giro e si allungò vicino a lei. "Le tue borse?" le chiese fermandosi un attimo.

Lei annuì. Voleva cacciarla via? Le si strinse il cuore. "Sì."

Lui annuì e prese una grossa borsa da viaggio, mettendosela a tracolla, e poi prese le maniglie dell'altra. Quando furono al sicuro su di lui, si raddrizzò e si diresse alla porta. "Dai," le disse.

A Rinoa mancò il cuore. Voleva portarla fuori e chiamare un taxi, lo sapeva. Abbassando la testa, cominciò a camminare dietro di lui, cercando di trattenere le lacrime. Era un errore.

Una mano calda le prese una delle sue. Lei guardò la mano che le stringeva la sua prima di alzare gli occhi.

"Puoi chiudere la porta?" domandò Squall, guidandola lungo il corridoio. Rinoa annuì, intorpidita.

"Sì," mormorò. Armeggiò con la tessera prima che la porta si chiudesse dietro di loro. "Dove andiamo?" domandò mentre lui continuava a tenerle la mano e guidarla.

"Ho un nuovo appartamento," rispose Squall quando arrivarono all'ascensore. Lui guardò oltre la sua spalla con espressione interrogativa, quando arrivarono. Gli occhi di Rinoa erano umidi ed era rossa in viso. "Stai bene?"

Lei fece un respiro profondo e scosse la testa. "Starò con te, giusto?" domandò lei attentamente. "Non mi lascerai solo restare per la notte e poi mi farai andare via?"

Lui sorrise leggermente. Le lasciò la mano per accarezzarle la guancia. "Andare via? Pensavo che fossi venuta a casa."

"Squall!" Lei tirò su con il naso e cercò di asciugarsi gli occhi. Si sentì invasa dal sollievo e balzò avanti, gettandogli le braccia al collo. "Sono a casa!" Dimenticò le borse che lui stava portando.

"Rinoa - le borse!"

Uno scampanellio riempì il corridoio e l'ascensore si aprì. "Quindi le ho detto di aspettare e basta nel suo ufficio finché lui- hey!" Le braccia di Irvine si allargarono di colpo, sbattendo contro la soglia dell'ascensore per evitare di cadere addosso alla coppia per terra.

"Rinny!" cinguettò allegra Selphie mentre guardava oltre il braccio di Irvine, per vedere la ragazza sopra al ragazzo, circondati da svariate borse per terra.

"Non potevi aspettare di arrivare all'appartamento?" domandò Irvine sorridendo. "Non pensavo che fossi il tipo, Capitano."

Dietro un alone di capelli neri, Squall lanciò un'occhiataccia a Irvine. "Entra in ascensore," ringhiò a bassa voce mentre Rinoa ridacchiava sopra di lui e nascondeva il viso contro il suo collo.

Irvine fece un saluto scherzoso prima di tirare Selphie in ascensore e lasciare che le porte si chiudessero. Rinoa alzò la testa e lo guardò, con il sorriso che lui amava. "Scusa, Capitano," sorrise. Lui alzò nuovamente una mano e le accarezzò con dolcezza i capelli. Lei si rilassò contro di lui, con il viso che si addolciva. "Sono a casa, Squall."

Lui piegò la testa e la baciò sulle labbra. "Bentornata."

*~*~*~*~*

Ufficio di Squall, sera presto

"Un attimo, un attimo," disse una voce, mentre sul tavolo veniva posata una pila di fogli. Un paio d'occhi azzurri guardò un uomo confuso lì di fronte. Seifer alzò gli occhi dal suo portatile e si tolse gli occhiali.

"Che c'è?" sbottò, un po' irritato. "Hai qualcosa contro il finale? Te l'ho detto, non sono tipo da finali da favola frou-frou in cui il principe cavalca verso il sole o una cosa così."

"Non è quello," rispose Squall. "Ho problemi con l'inizio."

"L'inizio?" Il ragazzo si imbronciò. Socchiuse gli occhi. "Cosa potrebbe esserci di sbagliato nell'inizio? È un incastro perfetto! Due innamorati divisi sono riuniti per una notte, che li riporta insieme!"

"Parlo della parte in cui il personaggio secondario vomita addosso al protagonista." Squall si accigliò. "È tipo inutile."

"Sì che è utile," rispose severamente Seifer. "È ovviamente un modo per mostrare alla gente quanto lei stia male e quindi impossibilitata ad arrivare alla cena catalizzatrice."

"È disgustoso."

"È divertente."

"È un luogo comune."

"È un classico."

"Da quando un personaggio che vomita su un altro come modo per farlo andare a una cena è un classico?" Squall si accigliò di nuovo.

Qualcuno bussò alla porta. "Squall? Sei qui?" La porta si aprì e Rinoa infilò la testa nella stanza. "Andiamo a cena, vieni?"

"Penso che qui abbiamo finito," disse Seifer mettendo gli occhiali nella tasca del cappotto con una mano e chiudendo il portatile con l'altra.

"Hey, Seifer," lo salutò Rinoa. Sollevò un sopracciglio, incuriosita dalla presenza dei due nell'ufficio del Capitano. "Ultimamente passate un sacco di tempo insieme. Il progetto che vi ha dato Cid è così stressante?"

"Oh, sì." Seifer si chinò accanto al muro e tolse la spina del computer dalla presa. "Davvero difficile, Rinoa. Il tuo cervellino non può capire quanto sia complesso questo progetto."

Lei gli lanciò un'occhiata irritata e Squall alzò gli occhi al cielo. "Sì, chissenefrega," borbottò. Spinse indietro la sedia e si alzò. "Non combattere una guerra enorme è grandioso, ma rende le cose difficili per le scuole di mercenari."

"Spero che stiate andando bene con il budget," sospirò Rinoa. Squall le andò accanto e lei si alzò sulle punte per baciare la guancia di suo marito. "Come va quella proposta di affari che ha suggerito tuo padre?"

Un sorrisetto scaltro passò sul viso di Seifer, mentre si metteva il computer sotto braccio e guardava l'altro ragazzo. "Strano che tu lo chieda."

"Sta andando bene," disse Squall a voce bassa, lanciando coltelli con gli occhi a Seifer, nel tentativo di farlo stare zitto. Gli occhi di Rinoa passarono da un uomo all'altro, prima di sollevarsi al cielo, e la ragazza sospirò pesantemente.

"Oh, beh, continuate e finite quello che stavate facendo. Io vado giù dagli altri," disse uscendo dalla stanza. "Inoltre, Seif - Quistis ha detto che vieni a cena con noi, quindi, già..."

"Cosa?" Prima che potesse discutere, la porta si chiuse e lui rimase solo con il suo rivale-amico-coautore, se così si poteva chiamarlo. Grugnì e guardò Squall. "Grandioso, altre ore con te."

"Sono così eccitato anche io," disse Squall in tono piatto, prendendo le chiavi dal tavolo. Seifer si mise accanto alla porta e si preparò ad uscire.

"Stessa ora settimana prossima?" chiese per conferma.

"Stessa ora. Ti farò sapere cosa pensa la Sorellina della tua storia."

"Non mi aspetto altro che lodi," disse sfacciato Seifer. Aprì la porta e uscì. Squall lo seguì e spense le luci nel suo ufficio.

"Non essere troppo deluso, però," disse Squall mentre la porta si chiudeva, "quando la mia storia la settimana prossima farà a pezzi la tua."

*****
Nota dell'autrice: scritta per la challenge Where I Belong.

Nota della traduttrice: come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 2
*** II. Quello che vuole Rinoa (commedia romantica di Squall) ***


WILL WRITE FOR GIL
scritta da PasifiKStaR, tradotta da Alessia Heartilly
II. Quello che vuole Rinoa (commedia romantica di Squall)

"Hai preso la medicina?" domandò la ragazza vuotandosi dei cereali in una scodella. Era sera tardi, ma voleva fare uno spuntino e aveva già usato l'ultima confezione di popcorn per forno a microonde.

"Sì," rispose rigidamente suo padre. "E sono uscito a fare una passeggiata."

"Ora non sforzarti troppo, papà," disse Rinoa tenendosi il telefono tra l'orecchio e la spalla. Si voltò nel suo cucinino e aprì la porta del frigorifero. Esaminò le mensole quasi vuote alla ricerca di cibo. Si fermò sul cartone del latte e spalancò gli occhi per la speranza. "Sei uscito dall'ospedale solo qualche giorno fa." Prese il cartone del latte e il sorriso svanì. Anche quello era vuoto.

"Ti ho detto che sto bene. Era un infarto lieve, e sto bene. Devo stare solo un po' più attento, adesso," rispose il Colonnello Caraway, un po' irritato. "Non sono ancora un vecchietto debole, Rinoa."

"Certo che no," rispose lei gettando delusa il contenitore vuoto nella spazzatura. Guardò di nuovo la sua scodella di cereali secchi sul bancone. "Voglio solo che tu ti prenda più cura di te stesso. Voglio dire... non c'è più la mamma e non può spingerti a mangiare meglio. Io sono qui ad Esthar e non posso chiamarti sempre per dirti di mangiare meglio."

"Bloccherei il tuo numero."

"Sono sicura di sì, papà." Rinoa alzò gli occhi al cielo. Sospirò profondamente e si rassegnò a mangiare cereali secchi e ricoperti di zucchero. Prese un cucchiaio dal cassetto e lo infilò nella scodella, prima di portarla in soggiorno per mangiare sul divano. "Ma sono solo preoccupata." Superò il suo cane, allungandosi a grattarle la testa.

"Ad essere onesti, Rinoa, lo sono anche io," ammise Caraway. Rinoa si sedette con attenzione sul divano e si sistemò la scodella in grembo. "Il soldato scelto Burgundy è passato, oggi, e mi ha informato che tu l'hai informato che non eri interessata."

"E si comincia," borbottò Rinoa sottovoce infilandosi una cucchiaiata di cereali in bocca, e masticò mentre suo padre continuava.

"Non ti piaceva? Pensavo che ti piacessero quelli atletici, non troppo intelligenti eccetera," chiese suo padre.

Rinoa alzò gli occhi al cielo. "Solo perché ho detto al Tenente come-si-chiama del corpo ingegneristico dell'esercito che non mi interessava, non significa che voglio un cretino, papà."

"Ma avevo ragione sul fisico atletico?"

Lei rabbrividì. "Papà, per favore. Non è necessario."

"Sì, Rinoa, lo è. Quando tua madre aveva la tua età, aveva già te," le ricordò Caraway.

"Io lavoro."

"Anche tua madre."

"Papà..."

"Rinoa." Poteva quasi udirlo accigliarsi. "Rinoa, per favore." Lui sospirò, esasperato. "Puoi almeno dare una possibilità a questi giovani uomini? Li incontri per un caffè solo per dire loro che non sei interessata."

"È perché non sono interessata!" affermò Rinoa. "Non sto cercando una relazione adesso, papà."

"Ma perché no? Sei abbastanza grande," sottolineò lui. "Hai una carriera. Sei responsabile e hai una casa tua. Il prossimo passo logico è sposarti e darmi dei nipotini."

Ecco tutto. Ecco il cuore di tutta la faccenda. Dopo che era andato in pensione, suo padre aveva cominciato a spingere Rinoa a trovare qualcuno da sposare e fare nipotini per il suo divertimento. All'inizio, Rinoa aveva semplicemente ignorato i suoi discorsi su come lei stesse invecchiando e quanto sarebbe stato bello avere dei bambini da viziare - anche se di certo non aveva viziato lei da bambina. Aveva immaginato che suo padre semplicemente si annoiasse, in pensione.

Quindi gli aveva mandato delle mazze da golf e lo aveva incoraggiato a provare un corso locale di golf per vedere se gli piaceva. Non funzionò. Aveva cercato di fargli fare volontariato, ma anche il centro per veterani in cui faceva volontariato lo chiamava solo quando avevano disperato bisogno di uomini. A quanto pareva, suo padre spaventava la gente ed era 'cattivo'.

Era stato quando i suoi commenti che la incoraggiavano a sposarsi erano diventate pretese ad avere nipoti e aveva cominciata a mandarle uomini che era diventato un problema. Era sicura che i padri normali non facevano quel tipo di cose, ma aveva cominciato a ricevere fiori da svariate persone che sapeva che conoscevano suo padre, inclusi svariati ufficiali militari, alcuni uomini d'affari che aveva incontrato cercando di giocare a golf, e il suo meccanico.

Rinoa aveva pensato che lui avesse trovato la sua vocazione quando aveva iniziato un corso che aveva descritto ai suoi vicini come "yoga per anziani". Era andato tutto bene finché lui aveva avuto un infarto nel mezzo di una lezione. Come suo padre fosse riuscito a farsi venire un infarto con lo yoga non lo capiva, ma era immediatamente volata a Deling City quando era stata chiamata. Per fortuna era lieve e lui stava relativamente bene.

Rinoa gli aveva detto, di persona, di smettere di farle mandare fiori dagli uomini, e in vero stile Colonnello Caraway lui l'aveva preso come l'indizio che lei voleva incontrarli di persona. Aveva 'casualmente incontrato' due uomini, fino a quel momento, e voleva che la smettesse. L'ultimo era arrivato dopo il ricovero di suo padre, e lei si chiedeva se lui stesse cercando di prenderla per sfinimento o fare una specie di selezione per capire che tipo di uomo le piacesse. Forse tutte e due le cose.

"Te l'ho detto, non mi interessa uscire con nessuno adesso. Ho altre cose di cui occuparmi." Rinoa si accigliò. "E non intendo sposarmi e fare figli solo perché così tu avrai dei nipoti!"

Ci fu una pausa dall'altro capo del telefono. "Preferirei che così non fosse, ma se non vuoi sposarti, posso accettarlo."

Lei sospirò di sollievo. "Grazie!"

"Puoi avere figli senza sposarti."

Lei riagganciò. Scuotendo la testa. Gettò il telefono dall'altra parte del divano e continuò a mangiare cereali secchi e guardare il film poliziesco alla tv. Il telefono squillò di nuovo e lei lo guardò, irritata. Prima che potesse partire la segreteria, lo afferrò.

"Pronto?" disse, sapendo già che era suo padre.

"Penso che sia caduta la linea," sottolineò il Colonnello Caraway. Rinoa alzò ancora una volta gli occhi al cielo. "Come dicevo, mi sta bene anche questa opzione."

"Papà, non voglio ancora avere dei figli!" esclamò Rinoa. Angelo pianse, dal pavimento accanto al divano, e Rinoa la guardò a mo' di scuse. "Non sono pronta ad avere figli!" aggiunse a voce bassa.

"Io non ringiovanisco, Rinoa," le disse lui. "Chissà quanto mi rimane."

Lei si passò una mano sul viso. "Papà, non è divertente."

"Certo che non lo è. Comunque, se davvero non ti senti pronta ad avere figli, allora dovrò venire a vedere di persona," disse Caraway. "Sono sicuro che le cose non sono così agitate come dici tu. Tendi sempre a ingrandire le cose."

"Cosa? No! Non è necessario-"

"Troppo tardi! Ho già cliccato su 'paga' per un biglietto della Galbadian Airlines." Sembrava che suo padre la prendesse in giro. "Sarò lì tra una settimana."

"Cosa?!" Rinoa quasi lasciò cadere la sua scodella di cereali. "Almeno puoi volare?"

"Non lo so. Forse dovrei chiedere a qualcuno di venire con me per accompagnarmi lì sano e salvo." Sembrava che Caraway stesse sorridendo. "Sai, ci sono alcuni volontari che ho incontrato al centro che potrebbero riuscire a venire. Sono giovani uomini muscolosi-"

"Papà, basta!" grugnì Rinoa. "Non pensare nemmeno a portare qui altri uomini!"

"Altri uomini?" la punzecchiò Caraway. "Oh? Ne hai già uno? È per questo che non vuoi uscire con gli uomini che ho mandato?"

"Va bene! Sì," concesse Rinoa frustrata. "È per questo che voglio che smetti. Sto già uscendo con qualcuno!"

"Meraviglioso! Non vedo l'ora di incontrarlo!"

"Aspetta-"

"Ci vediamo tra pochi giorni, Rinoa!" le assicurò Caraway. "Buonanotte, principessa." Lui riagganciò e Rinoa si trovò a fissare il telefono basita. Le cadde il cucchiaio nella scodella ormai vuota.

*~*~*~*~*

"Quistis..." piagnucolò una voce dietro la porta dell'appartamento di fronte a quello di Rinoa. Bussava piano, ma in maniera persistente. "Quistis... aiutami..." Un alto ragazzo biondo andò ad aprire, mandando la ragazza a terra, dato che era appoggiata alla porta. "Quistisss..."

"Chiariamo questa cosa," disse una chiara voce maschile sopra di lei. "Questo è il mio appartamento. Non quello di Quistis."

"Ma lei è sempre qui," disse Rinoa da terra.

"Questo non significa che sia casa sua!" disse Seifer, ribollendo di rabbia. "Via dal mio pavimento, Rinoa. Cosa vuoi?"

"Voglio parlare con Quistis," disse lei ripulendosi ed alzandosi. "C'è?" Seifer la guardò senza espressione.

"Quistis!" gridò infine al di sopra della spalla. "La ragazzetta irritante dell'appartamento di fronte chiede di te!"

Rinoa gli lanciò un'occhiataccia, mentre si sentivano passi nella stanza. "Che c'è?" domandò una donna con gli occhiali, avvicinandosi alla porta. Era ancora in camicia da notte e con la vestaglia aperta. "Rinoa, stai bene?"

"No, ho un problema e mi serve qualcuno che mi aiuti a trovare una soluzione."

"Oh, che sorpresona," grugnì il ragazzo.

"Seifer," lo avvertì Quistis. "Che problema hai, Rinoa?"

"Mi serve un fidanzato." Quistis mise immediatamente la mano sulla bocca di Seifer, prima che lui potesse dire qualcosa di offensivo. Lui emise un grugnito basso. Aveva pure una bellissima battuta pronta.

"Scusami," disse l'altra donna, confusa. "Ripeti?"

"Mio padre viene a trovarmi e pensa che il motivo per cui ho rifiutato tutti quei tizi è che ho già un fidanzato, quindi mi serve qualcuno che finga di essere il mio fidanzato mentre c'è qui mio padre," farfugliò Rinoa.

Sia Seifer che Quistis la guardarono come se fosse impazzita. "Rinoa, l'hai detto tu a tuo padre?"

"Non di proposito," ammise Rinoa. "È tipo successo e basta..." Si interruppe. Guardò implorante Quistis. "Ma non conosco altri ragazzi a parte quelli del lavoro, e sono tutti più vecchi o già impegnati! Ecco perché sono venuta da te."

"Hai pensato di dire a tuo padre, semplicemente, che non hai un fidanzato?" domandò Quistis.

Seifer grugnì di nuovo e tornò dentro. "Questo creerebbe problemi anche più grossi, Quisty. Non conosci suo padre!"

Lei gli lanciò un'occhiataccia prima di tornare a guardare Rinoa. "Allora perché non gli dici che il tuo ragazzo è fuori città per un viaggio d'affari o una cosa simile?" suggerì Quistis.

"Ci ho pensato." Rinoa scosse la testa. "Vorrà comunque incontrarlo prima o poi. In più non ho fotografie o qualcosa che faccia da prova senza una persona reale."

Quistis abbassò gli occhi e si fregò il mento. "Immagino di poter fare qualche telefonata e vedere se un amico della mia scuola militare è disponibile."

"Grazie, Quistis!" disse Rinoa gettandole le braccia al collo. La ragazza ridacchiò e ricambiò l'abbraccio. "Ti ho mai detto che mi piaci molto più tu di Seifer? Sei troppo per lui, sai."

"Hey!" gridò una voce da dentro.

Quistis rise. "Lo so."

"Quistis!"

"Lascia fare tutto a me," promise Quistis. "Quando arriva tuo padre?"

"Domenica."

"Domenica," annuì l'altra. "Va bene, troverò qualcuno."

*~*~*~*~*

Quistis e Seifer erano scomparsi. Oppure Seifer si era semplicemente rifiutato di aprire la porta quando sapevano che era lei. Le mani di Rinoa strinsero il volante della sua modesta auto mentre viaggiavano per la città. Sul sedile del passeggero, suo padre guardava disinvolto fuori dal finestrino gli edifici di vetro e acciaio della città tecnologica.

"Pensavo che il tuo ragazzo mi incontrasse all'aeroporto con te," affermò.

Lei sentì contrarsi l'angolo dell'occhio. Lo avrebbe fatto, se lei fosse riuscita a rintracciare Quistis e chiederle se aveva trovato qualcuno che la aiutasse in quella cospirazione. "Te l'ho detto, papà." Rinoa si sforzò di sorridere. "È impegnato e non è potuto venire."

"Peccato."

"Sì, già..." borbottò lei mettendo la freccia per svoltare e parcheggiare nella struttura sotterranea del suo palazzo. Parcheggiò nel suo spazio e aiutò suo padre con le borse. Attesero l'ascensore e Caraway si guardò intorno.

"Non male," ammise il Colonello. "Il tuo ragazzo vive qui?"

"No," rispose lei in fretta. "Vive un po' lontano."

"Che lavoro fa, me lo ripeti?" domandò lui.

"Puoi chiederglielo quando lo incontrerai e lo conoscerai un po'," lo rassicurò Rinoa. Certo, sempre che suo padre riuscisse a incontrarlo. L'ascensore si aprì ed entrarono. In silenzio, lei pregò di riuscire a trovare Quistis quel pomeriggio e a chiederle del suo finto ragazzo.

"È intelligente?"

"Sì." Spero.

"Lavora sodo?"

"Ovviamente." Per favore, Quistis, non deludermi.

"Immagino che sia anche bello."

Questa poteva lasciarla correre. "La bellezza sta negli occhi di chi guarda, papà!" disse quando arrivarono al suo piano. "Non aspettarti troppo e basta," gli disse mentre si trascinava dietro la sua borsa e cercava di sorridere. "Voglio dire, potrebbe anche non piacerti il mio ragazzo! Sono sicura che non è affatto quello che ti aspetti-"

"Eccola," disse una voce mentre lei svoltava l'angolo. La porta dell'appartamento davanti al suo era aperta, e c'erano tre persone accanto alla soglia. Sembrava che Seifer fosse appena tornato dalla palestra, e aveva ancora un asciugamano intorno al collo, e Quistis indossava un lungo abito rosa con un cardigan bianco che amava usare nei fine settimana.

La terza persona era qualcuno che lei non aveva mai visto, ma che all'improvviso desiderava di aver visto più spesso. Era alto come Quistis, con capelli corti, castani e disordinati che gli cadevano su occhi azzurri, e aveva una borsa da viaggio con un marchio militare sulla spalla. Si era voltato e aveva fatto un piccolo sorriso.

"Rinoa." Le cadde la borsa di suo padre mentre lo fissava. Quegli occhi. Quella voce... "Mi dispiace non essere riuscito a venire in aeroporto con te. Sono appena tornato." Si stava avvicinando. Il cuore le batteva all'impazzata. Non poteva essere chi pensava che fosse.

"Rinoa, chi è quest'uomo?" Caraway si accigliò mentre si avvicinava a sua figlia e osservava criticamente il nuovo arrivato.

"Signore!" Lui rivolse il saluto militare a suo padre. Rinoa spalancò quasi la bocca. "Capitano Squall Leonhart, Garden di Esthar, signore!" Dopo essere stato salutato a sua volta, abbassò la mano e la tese all'uomo. "È un onore incontrarla, Colonnello Caraway. Sono il ragazzo di Rinoa."

*~*~*~*~*

"Non capisco," disse Quistis mentre Rinoa camminava su e giù per il soggiorno di Seifer. "Non ti piace Squall?"

Dopo aver messo via le sue cose nella stanza degli ospiti a casa di Rinoa, Caraway aveva insistito a portare fuori Squall a bere qualcosa prima di cena, senza di lei, per conoscerlo. Rinoa aveva detto no e che comunque non avrebbe dovuto bere alcolici. Suo padre era testardo, e con suo terrore o soddisfazione - non era ancora sicura di quale delle due fosse - era intervenuto Squall.

"Sono d'accordo," aveva detto con diplomazia. "Ma c'è un coffee shop qui vicino e hanno del tè, se non le piace il caffè. Sarei felice di andarci con lei, signore."

Lei aveva spalancato la bocca. Persino mentre cercava deboli scuse per fermarli, suo padre e lo sconosciuto che aveva appena incontrato erano usciti. Era stato allora che era corsa dall'altra parte del pianerottolo.

"Voglio assicurarti che Squall è un uomo assolutamente di fiducia," le disse Quistis. "Siamo andati a scuola insieme ed è sempre stato uno studente diligente."

Rinoa la fissò e basta. "Quistis, quello Squall è appena uscito per fare una chiacchierata uomo a uomo con mio padre!" esclamò orripilata. "Di che cosa parleranno?! Squall non sa niente di me!"

"Sì invece," disse Seifer dalla cucina. "Gli abbiamo dato un dossier."

Rinoa socchiuse gli occhi. "Gli avete dato un che?"

"Un dossier. È un rapporto completo su di te per aiutarlo a prepararsi in così poco tempo. Questo mi ricorda..." disse Quistis frugando nella sua borsa. Ne estrasse un pacchetto di fogli pinzati. "Questo è il dossier su di lui che devi leggere. Ci sono le sue informazioni, inclusa la storia di come vi siete incontrati."

Rinoa fissò i fogli. "Hai scritto una storia su come ci siamo incontrati?" disse con voce strozzata. Questo era in effetti più di quanto si aspettasse.

"L'ha fatto Seifer," sorrise Quistis. "È abbastanza bravo nelle-"

"Quistis," avvisò una voce bassa.

"Cazzate," terminò lei. Rinoa guardò la prima pagina. C'erano informazioni su Squall: dov'era andato a scuola, la sua famiglia, il suo compleanno e i suoi hobby.

"Gli piace andare in bici tra campi di fiori e fare picnic in campagna?" Rinoa sollevò un sopracciglio.

Quistis sorrise debolmente. "Non sappiamo davvero quali siano gli hobby di Squall..."

Rinoa la guardò a bocca aperta. "Pensavo che lo conosceste!"

"Sì, solo non molto. È una persona molto riservata," rispose la ragazza. Rinoa sospirò, stanca, e infilò il dossier sotto il braccio, coprendosi il viso con le mani.

"Inizio ad avere dubbi," mormorò stupidamente. "Grazie, comunque." Un po' più calma di quando era arrivata, Rinoa uscì a passi pesanti.

Seifer guardò dalla cucina. "Pensi che cederà e dirà la verità a suo padre?"

"È solo per una settimana," gli ricordò Quistis. "Ma hai ragione. Non penso nemmeno io che ce la farà."

Fuori, Rinoa attraversò il corridoio e tornò al suo appartamento. Vide immediatamente la borsa di Squall per terra e sospirò pesantemente. Chiuse la porta dietro di sé e marciò nella sua stanza, per cominciare a leggere il dossier di un uomo che, in quel momento, passava più tempo con suo padre che con la sua presunta ragazza.

*~*~*~*~*

Era educato, annuiva nei momenti giusti, e aveva anche cose importanti da dire durante la cena. Rinoa era felice che suo padre sembrasse godersi la compagnia di Squall, ma non poteva evitare di innervosirsi per quanto il giovane soldato andasse d'accordo con suo padre. Non era sicuro che lui fosse davvero quel tipo di persona, generalmente silenzioso e rispettoso, o recitasse semplicemente per piacere a suo padre.

Quando la serata si avviò alla fine, Squall, che li aveva portati a cena in macchina, si fermò davanti al palazzo di Rinoa. Spense l'auto e si preparò ad uscire per aprire la portiera alla sua 'ragazza', quando il Colonnello Caraway si slacciò la cintura di sicurezza.

"Oh, non è necessario, Squall. Posso uscire da qui," disse il colonnello.

"Grazie, signore, ma voglio aprire la portiera per Rinoa," gli assicurò educatamente Squall. Accanto a lui, Rinoa posò la mano sulla maniglia, rossa in viso. Ovvio che doveva fare tutte le cose da gentiluomo e cavaliere. Che altro si aspettava? Fino a quel momento era stato ingiustamente perfetto. In silenzio maledì Quistis. Sarebbe stato brutto per la fidanzata del suo vicino di casa trovare un ragazzo con qualche difetto?

"No, no, va bene," disse il Colonnello Caraway. "Ho monopolizzato abbastanza tempo. Andate pure avanti."

Rinoa inarcò un sopracciglio. "Di che parli, papà?" domandò guardandolo al di sopra della spalla dal suo sedile sulla jeep di Squall. "Andiamo nello stesso posto."

Caraway guardò sua figlia, incuriosito. "Preferisci passare tempo con il tuo vecchio, invece che con il tuo ragazzo con cui non stai da mesi perché è stato a Balamb?"

Lei raggelò. "Oh... certo! Solo che... sai, sei appena arrivato anche tu," disse debolmente.

Squall parcheggiò e si allungò a prendere la mano di Rinoa. "È molto carino da parte sua, signore. Mi assicurerò di riportarla a casa sana e salva."

Compiaciuto, il Generale fece un cenno d'approvazione e uscì dalla jeep. Chiuse la portiera e la coppia guardò Caraway che entrava nel palazzo. Non appena si chiusero le porte, Rinoa tolse la mano da quella di Squall, e sembrava piuttosto irritata.

"Che è tutta questa storia?" domandò accigliandosi. "Non dovevi farlo!"

"Volevo parlare un po' con te in privato," disse lui e riavviò il motore. Sembrò che non notasse che Rinoa spalancava gli occhi e arrossiva. "Volevo confermare le informazioni del dossier che mi ha dato Quistis, e discutere dei possibili piani che puoi avere questa settimana con tuo padre che coinvolgano me."

Non era una richiesta di 'parlare in privato' per motivi personali, come la piccola parte di lei felice di sentirlo aveva sperato, ma erano solo affari. Non poté impedirsi di esserne in qualche modo delusa.

"Oh." Si appoggiò al sedile. Sospirò pesantemente e si allacciò la cintura di sicurezza. "Mi sembra ottimo. Volevo parlartene anche io."

"Hai avuto anche tu un dossier su di me?" chiese lui quando la macchina cominciò a muoversi.

"Sì," ammise lei. L'aveva scorso velocemente, decidendo di ricordare alcune informazioni base, come sua sorella, suo padre vedovo, e il suo compleanno, ma aveva smesso dopo aver letto metà della storia di come aveva incontrato Squall. Era stato quasi troppo imbarazzate leggerla, e si era chiesta cosa passava per la testa di Seifer quando l'aveva scritta.

"Non dovrebbe volerci molto," le promise Squall fermandosi a un semaforo. "Non ho davvero domande su di te a cui tuo padre non abbia già risposto."

"Cosa?" Rinoa lo guardò. "Che vuoi dire?"

"Quando siamo andati a bere qualcosa, sembrava molto interessato a sapere quanto ti conoscevo. Quistis in effetti mi ha detto che potrebbe sospettare che non sono davvero il tuo ragazzo, quindi ho dovuto assicurarmi di rispondere bene," le disse Squall. "Ho anche seguito la storia di come ci siamo incontrati. Va bene?"

Lei guardò fuori dai finestrini, in qualche modo imbarazzata. Nella storia di Seifer, si erano incontrati a una stazione metro. Rinoa gli era andata addosso mentre era 'molto distratta'. Squall stava tornando a casa dopo essere arrivato in città tramite i trasporti del Garden e lei lo aveva colpito ed era caduta. Squall l'aveva aiutata ad alzarsi, scusandosi a bassa voce e sperando che stesse bene prima di andare avanti. Rinoa era stata così distratta dagli 'occhi cerulei' di Squall che aveva perso il treno. Era tornata ogni giorno alla stazione metro finché Squall alla fine era comparso di nuovo. Aveva finto di andargli addosso ancora, stavolta scusandosi e insistendo per ripagargli l'uniforme rovinata, dato che aveva in mano una tazza di caffè freddo.

Squall aveva detto di no e che doveva andare. Rinoa era stata delusa, ma prima che le porte si chiudessero Squall aveva detto che sarebbe tornato dopo due settimane, e che l'avrebbe incontrata al caffè accanto alla stazione metro. Le porte si erano chiuse e Squall era andato via, ma Rinoa era stata euforica. Due settimane dopo, nonostante il suo 'vicino di casa più vecchio e più saggio' le desse della pazza - e lei presumeva fosse Quistis, dopo aver letto il dossier - era andata al caffè. Squall non si era fatto vivo.

Proprio mentre lei se ne andava, dopo la chiusura del bar, uno Squall ansimante, ancora in uniforme e con la sacca militare sulla spalla, era arrivato dopo essere stato trattenuto. Si erano messi insieme e avevano iniziato la loro relazione.

"Va bene," rispose Rinoa. Fece una risatina imbarazzata. "Era un po' ridicola, però."

"Era un po' teatrale," concordò Squall. "Ma sembrava abbastanza ragionevole." La guardò, con un minuscolo sorriso che gli sfiorava appena le labbra. "Aspetteresti davvero tutto il giorno in un bar che arrivi qualcuno?"

Lei arrossì. "La persona giusta, forse."

Lui ridacchiò leggermente mentre svoltavano l'angolo. "Bene." Rinoa sorrise tra sé e sé mentre continuavano il viaggio. Non arrivarono troppo lontano, forse due o tre isolati, e Squall parcheggiò davanti a un negozio sull'angolo molto illuminato con una fila di persone dentro.

"Che posto è?" domandò Rinoa guardando fuori dal finestrino. Non viveva molto lontano da lì, ma non si era mai fermata in quel negozio prima.

"Si chiama Bubble Tea(1)," rispose Squall. Rinoa corrugò la fronte e spostò gli occhi dal negozietto carino con la sua luce color pastello all'uomo con la giacca di pelle accanto a lei. Squall distolse lo sguardo, imbarazzato, e lei capì che lui sapeva esattamente cosa stava pensando - un negozio di tè non era la prima scelta di un mercenario. "Una delle mie compagne di squadra lo ama, e dice che a tutte le ragazze piace il bubble tea. Per me è troppo dolce."

Lei non poté evitare il sorriso che le sfiorò le labbra. "E all'improvviso ti è venuta voglia e basta di qualcosa di dolce?" lo canzonò.

Lui esitò. "Pensavo che potesse piacerti." Dannazione. Lo conosceva da meno di dodici ore, in circostanze così ridicole, e lui già rendeva le cose difficili. Lui sembrò raddrizzarsi e combattere l'imbarazzo, guardandola negli occhi. "Inoltre potrebbe ammazzare il tempo. Sono sicuro che tuo padre si aspetta che stiamo via anche solo per un po'. Immagino che potremmo ordinare qualcosa e poi ti riaccompagno a casa a piedi. Questo dovrebbe farci guadagnare abbastanza tempo."

Voleva accompagnarla a casa. Non erano più adolescenti; quella consapevolezza non avrebbe dovuto farle mancare un battito o farle torcere le budella o farla rabbrividire tutta. "Giusto!" concordò lei. "E siamo usciti a prendere qualcosa e lo porterò a casa come prova! Piano eccellente!" Sorrise radiosa mentre armeggiava con la portiera. Sembrava che non riuscisse ad aprirla, e la guardò, chiedendosi perché non si aprisse.

"Hai dimenticato di sbloccarla," disse Squall allungandosi a premere un pulsante. Rinoa arrossì di nuovo quando lui la sfiorò con il braccio.

Lei emise una risatina bassa e imbarazzata prima di aprire la portiera e scendere in fretta. Lui le tenne la porta aperta mentre entravano nel negozio. Mentre erano in fila, Rinoa guardò l'enorme menù sul muro e si strofinò il mento, pensierosa.

"Che cosa prendi tu?" domandò.

"Caffè," rispose Squall. Guardò la donna accanto a lui, che gli tirava la manica.

"Cosa pensi che dovrei prendere?" chiese lei curiosa.

"Non lo so. Quello che vuoi." Lui scrollò le spalle.

Lei alzò un sopracciglio. "Va bene, riproviamo," lo sfidò lei. "Se tu fossi davvero il mio ragazzo, cosa penseresti che prenderei?"

Squall aggrottò la fronte. "Alla mia amica piace quello alla fragola, e al suo ragazzo il tè verde," disse. Sembrò che la studiasse. "Tu probabilmente prenderesti il melone."

Lei sorrise radiosa. "Melone sia allora!" concordò lei. Dopo aver ordinato, si misero da parte ad aspettare che preparassero le loro bevande. Rinoa sbirciò oltre il bancone, guardando con interesse la preparazione delle palline di tapioca da mettere nel suo tè.

"Riguardo a tuo padre," disse Squall dietro di lei. Lei guardò al di sopra della sua spalla e si raddrizzò in fretta. Giusto; erano lì per affari, non solo per uno snack delizioso. "Ha detto che starà qui solo una settimana."

"Sì," annuì Rinoa. "Potrei doverti contattare altre volte per una cena o qualcosa con mio padre, però. Decisamente una cena di saluto la settimana prossima. Non sarà un problema, vero?"

"No, va bene," la rassicurò Squall. "Sono in licenza per un mese, in realtà, e poi sarò al Garden qui, quindi sono libero," le disse lui distrattamente cercandosi in tasca. Ne tirò fuori un telefono. "Posso avere il tuo numero?"

Rinoa annuì e lo dettò attentamente. "Chiamami, così posso salvare anche io il tuo numero," gli disse dopo che lui l'aveva salvato. Tenne in mano il telefono e sorrise soddisfatta quando comparve il suo numero. "Grandioso!"

"Fammi solo sapere in anticipo," le disse.

"Numero settantotto!" gridò l'uomo al bancone. Rinoa si lanciò a prendere il loro ordine, impaziente di provarlo. Squall le mostrò come distribuire le palline di tapioca all'interno prima di penetrare la bevanda con una grossa cannuccia. Mentre uscivano dal negozio, Rinoa bevve un lungo sorso e annuì.

"È buono," disse quasi sorpresa. "Decisamente tornerò di nuovo."

Squall ridacchiò e bevve un sorso della sua bevanda. "Sono contento che ti piaccia." Sembrava che bevesse con impazienza.

"Pensavo avessi detto che era troppo dolce per te," sottolineò lei maliziosamente.

"Questo è caffè... non è troppo dolce," le disse lui in maniera poco convincente. Rinoa rise.

"Grazie per il tè," aggiunse lei. Fece una pausa e lo guardò. "E per il tuo aiuto."

"Non c'è problema," disse lui. "Quistis è una vecchia amica e le dovevo un favore."

"Giusto, un favore." Si rimproverò in silenzio per aver pensato altro. Squall non lo stava facendo per lei. Lo stava facendo per la sua amica. "Ti ripagherò la cena, a proposito. Sei stato trascinato in questa cosa. Oh, e anche il caffè."

"Non preoccuparti," la rassicurò lui. "Non era male."

"Comunque," insistette Rinoa. "Dovremmo considerare questa cosa puramente professionale. Pagherò qualsiasi spesa in cui tu possa incorrere mentre 'usciamo insieme' se è coinvolto mio padre."

"Rinoa-"

"E, ovviamente, dato che questa è una cosa completamente falsa, limiteremo ogni interazione fisica al tenersi per mano, e se proprio saremo costretti, a baci di saluto sulla guancia, e solo davanti a mio padre. Anche gli abbracci sono accettabili. Cerchiamo di evitare di parlare di qualsiasi specie di impegno - darebbe solo idee a mio padre," lo avvisò Rinoa. "Quindi rimaniamo generalmente disinvolti."

Accanto a lei, Squall tacque. Sembrava che rimuginasse sui limiti posti, prima di annuire lentamente. "Se è quello che vuoi."

Rinoa annuì, ma si sentì un leggero dolore in petto. Avrebbe potuto giurare che lui sembrasse deluso. Il che era stupido, si disse. Mentre il silenzio cadeva tra di loro, Rinoa si costrinse a riempire la conversazione di chiacchiere sciocche. Cominciò a straparlare della sua vita, del suo cane, e quando arrivarono al suo palazzo si accorse che non gli aveva affatto chiesto nulla di lui. Arrivarono alla porta del suo appartamento e lei si voltò verso Squall, sorridendo il più felicemente possibile. "Beh, grazie mille! Quando sarà finita, sarò in debito."

Lui annuì solennemente. "Non c'è problema," la rassicurò. Rimasero l'uno davanti all'altra per un altro momento, senza muoversi, e Rinoa non sapeva cosa aspettarsi. Alla fine, Squall parlò e si voltò. "Ehm... ci si vede."

Rinoa lo guardò scendere velocemente lungo il marciapiede. Quando svoltò l'angolo, grugnì forte e si passò una mano sul viso prima di entrare in casa. Perché era rimasta lì e basta? Si aspettava che lui la baciasse? Si erano appena incontrati.

Aprì la porta e barcollò esausta nel suo appartamento. "Rinoa! Sei tornata prima di quanto credessi," disse suo padre dalla cucina, dove stava aprendo una scatoletta di cibo per cani per Angelo, che aspettava impaziente.

"Squall è appena tornato. Non volevo fargli fare tardi. Aveva bisogno di riposo," borbottò Rinoa passandogli accanto.

"Vai già a dormire?"

"Devo lavorare domani!" gli gridò lei dal corridoio. "Buonanotte papà!" Chiuse la porta e mise il tè sulla scrivania prima di togliersi la giacca. La sistemò su una sedia e si fermò, guardando il dossier appoggiato sul portatile. Le sue informazioni la fissavano e si concentrò sui suoi lineamenti. Sorridendo leggermente, scosse la testa. Prese una penna e tirò una riga sul picnic, scrivendoci 'gli piace il bubble tea'.

Sospirando, abbassò la testa e chiuse gli occhi. Sarebbe stata una lunga settimana.

*~*~*~*~*

"Un attimo, dov'è che sei?" domandò Rinoa raddrizzandosi alla sua scrivania. Il foglio di calcolo sul suo monitor venne completamente dimenticato, e lei socchiuse gli occhi.

"Al Golf Club Glass," rispose suo padre, e sembrava compiaciuto. "Anche se tra poco ce ne andiamo."

Rinoa spalancò la bocca. Come aveva fatto suo padre a entrare nel club di golf più esclusivo del paese? "Papà, che ci fai lì?"

"Mi ha portato Squall," le disse il Colonnello Caraway. Lei sentì un altro pugno nello stomaco. "All'inizio ero esitante, dato che la mia esperienza con il golf è stata piuttosto frustrante, ma lui è riuscito a farmi avere qualche lezione con Kiros Seagull! Quell'uomo è un genio, Rinoa. Non mi meraviglia che abbia vinto ogni titolo importante almeno una volta."

"Lui... Squall... cosa?!" gridò Rinoa. Si voltò di lato e iniziò a cercare il dossier nella borsa, dove l'aveva buttato la sera prima. "Che ci fai in giro con Squall?"

"Mi annoiavo e ho incontrato Seifer, ieri, mentre tu eri al lavoro. Mi ha suggerito di chiamare Squall, dato che adesso è in licenza per un mese," le disse suo padre.

"Quindi Seifer ti ha dato il numero di Squall?" disse Rinoa con voce strozzata. Stava esaminando il dossier il più velocemente possibile. Mentre sfogliava le pagine, la vide. Era una frase breve, ma a quanto pareva Squall veniva da un'importante e facoltosa famiglia. Suo padre era un politico e sua madre aveva una catena di ristoranti e bar che ora venivano gestiti dalla sua sorella adottiva.

"No, me l'ha dato Squall quando siamo usciti a prendere il caffè, quando sono arrivato." Rinoa quasi lasciò cadere il telefono. Suo padre aveva avuto il numero di telefono del suo presunto fidanzato prima di lei. Sentì vagamente la voce di qualcuno sotto a quella di suo padre. "Cosa? Non essere ridicolo, Squall. Certo che non le dà fastidio."

"Fastidio per cosa?!" domandò a voce alta sua figlia. Svariate paia di occhi si voltarono a guardarla e lei si chinò accanto alla sua scrivania.

"Gli parlavo del cibo di Galbadia. Sapevi che suo padre è di Galbadia? A quanto pare sua madre cucinava cibi fantastici, quindi l'ho invitato a cucinarci la cena stasera."

Rinoa digrignò i denti e chiuse gli occhi. "Papà, non puoi invitare qualcuno a cucinare."

"Perché no?" grugnì suo padre. "Non vuoi vedere il tuo ragazzo?"

Lei strinse il telefono. "Certo che sì, papà," iniziò lentamente. "Solo che sono sicura che Squall sia occupato."

"Ha detto che non lo è. Rinoa, non essere maleducata."

"Non sono io quella maleducata!"

"Devo andare. Il parcheggiatore ha appena portato la macchina di Squall. Ci vediamo quando torni a casa," concluse suo padre.

"Papà?! Papà!" Nelle sue orecchie echeggiò il segnale telefonico e Rinoa guardò il telefono, terrorizzata. "Devo andare a casa," borbottò. Iniziò a infilare cose nella borsa. Balzò in piedi e si fiondò fuori dalla porta, dicendo a malapena al suo capo che avrebbe lavorato da casa per il resto del pomeriggio.

Rinoa si trovò sorpresa quando infine parcheggiò la macchina e si rese conto di essere arrivata a casa senza multe per eccesso di velocità. Guardò l'orologio e pregò in silenzio che suo padre non fosse ancora a casa. Aprendo la porta dell'appartamento, sentì delle voci in cucina e imprecò in silenzio.

"...E poi ha bruciato la padella. Ecco perché siamo dovuti uscire a cena ieri sera." Non sapeva se essere umiliata oppure no. Rinoa entrò in corridoio e vide suo padre seduto su uno sgabello del bancone, mentre Squall tagliava delle verdure sull'altro lato. Fury la notò per primo. "Ah! Rinoa! Sei a casa presto. Stavo giusto dicendo a Squall come hai cercato di cucinare ieri."

Grandioso. Ora Squall sapeva che lei non sapeva cucinare. "Ho sentito," iniziò a dire debolmente. Mise la borsa su una sedia ed entrò disinvolta in cucina. "Heylà, Squall," disse. Guardò suo padre prima di baciare velocemente Squall sulla guancia. Non vide che lui arrossiva leggermente mentre continuava a tagliare.

"Mi dispiace," sussurrò Squall.

"Dopo dobbiamo parlare," rispose lei. Tornò a sorridere a suo padre. "Allora, ti sei divertito a giocare a golf? Ci riproverai quando tornerai a casa?"

"Vedrò se potrò trovare qualche compagno e provare," le disse orgoglioso suo padre. "Anche se Squall mi ha viziato. Farmi entrare nel Golf Club Glass per giocare una partita vera proprio con Kiros Seagull! Dubito che qualsiasi corso di Galbadia possa reggere il confronto."

"Mi fa piacere. Ora potrai usare davvero quelle mazze che ti ho regalato," sorrise Rinoa. "Hai ancora addosso i vestiti per il golf, papà. Perché non vai a cambiarti? Io aiuto Squall a preparare."

Suo padre inarcò un sopracciglio e guardò il mercenario e poi sua figlia, cercando di nascondere un sorrisetto d'intesa. "Buona idea. Vi lascerò qui da soli."

Rinoa grugnì tra sé e sé mentre suo padre usciva in silenzio. Non appena sentì chiudersi la porta della sua camera, lei si voltò verso Squall.

"Ok, spiegami perché hai portato mio padre a giocare a golf!" domandò. Squall continuò a tagliare le verdure.

"Mi ha chiamato stamattina e mi ha chiesto se avevo qualche suggerimento su cosa poteva fare. Ho detto che l'amico di mio padre era libero stamattina e poteva chiedere lezioni. Tuo padre è sembrato esitante a provare di nuovo il golf, ma era annoiato e ha accettato. Sono venuto a prenderlo, l'ho portato al club e ho chiesto lezioni a Kiros. Ora gli piace," disse Squall. "Per favore, passami quella ciotola."

Rinoa prese la ciotolina che lui aveva indicato e gliela porse. "Gli hai dato il tuo numero di telefono."

"Gli ho detto che, se era in giro per la città e si perdeva e non riusciva a parlarti, di chiamarmi pure," disse Squall usando il coltello per mettere le verdure nella ciotola. Si pulì le mani in uno strofinaccio prima di andare ai fornelli. "Non pensavo davvero che chiamasse."

"È un po' troppo spingersi così lontano. Non penso che i fidanzati veri lo facciano," sottolineò Rinoa incrociando le braccia, e si accigliò.

Squall mise una pentola sul fuoco e le lanciò un'occhiata d'intesa. "Allora preferiresti un fidanzato che ignora tuo padre?"

Lei arricciò il naso. "Non l'ho detto."

"Allora che problema c'è?" disse Squall.

"Beh, per dirne una," disse Rinoa facendo un passo avanti e picchiandolo sul petto con il dito, "stai usando il mio grembiule!" Oh Hyne... questo è un bel petto sodo.

"Tuo padre è proprio un colonnello di ferro se è riuscito a farmi entrare in cucina a cucinare," le disse Squall. "Non dovresti almeno essere felice che a tuo padre piaccia il tuo ragazzo?"

Rinoa grugnì. "Ma non sei il mio vero ragazzo!" sibilò a bassa voce.

"Taglia quei peperoni," le disse Squall. "Io devo preparare questi noodles."

La sorprese trovarsi a tagliare peperoni un attimo dopo. Arrossì, continuando a tagliare le verdure verdi e rosse. "Apprezzo davvero il tuo aiuto, Squall, ma non affezionarti troppo, ok? Non c'è bisogno che tu faccia tutte queste cose," insistette.

"Penso di sì," disse una voce da dietro. Lei si bloccò. Quella voce era proprio dietro di lei. Squall portò le mani pallide ad afferrare quella di Rinoa che ancora stringeva il coltello, e risistemando l'altra mano sul peperone. "Che cos'è? Questi pezzi non sono regolari. Come potranno cuocersi uniformemente? Tagliali così."

Iniziò a muoversi dietro di lei e Rinoa si morse le labbra, con gli occhi fissi sui peperoni mentre muoveva ritmicamente le mani su quelle di lei sul tagliere. Poteva sentire le sue braccia contro di sé, i suoi muscoli muoversi contro i suoi bicipiti e il petto premuto contro la schiena.

"Capito?" le chiese lui all'orecchio. Rinoa rabbrividì.

"Ah-ah!" mugolò.

"Bene, tieni i pezzi regolari - Angelo, no. Questo è cibo per le persone," disse Squall allontanandosi e lasciandole le mani. Lei sentì piagnucolare il suo cane, e dentro di sé lo fece anche lei. All'improvviso le mancava sentirlo dietro di sé. Poteva ancora sentire il suo profumo di sapone, e all'improvviso si sentì tutta formicolante. "Ok, ok," cedette Squall. "Ho preso qualcosa anche a te." Girò intorno al bancone e frugò in una borsa della spesa, tirando poi fuori uno snack per cani. Lo gettò in aria e Angelo saltò felice a prenderlo al volo. "Ti piace?" Angelo abbaiò prima di prendere lo snack e tornare in soggiorno.

"Dannazione, Squall..." borbottò Rinoa sottovoce concentrandosi a tagliare peperoni. "Smetterla di rendere così facile innamorarmi di te."

"Hai detto qualcosa?" domandò Squall lavandosi le mani.

"Ricorda solo che non devi fare da babysitter a mio padre o cose così," disse fermamente Rinoa. "Non è realmente il padre della tua ragazza. Sono solo affari."

"Solo affari," ripeté Squall a bassa voce dietro di lei. "Se è quello che vuoi."

*~*~*~*~*

Un'altra sera, si ricordò Rinoa. Un'altra sera, un'altra cena, e poi la mattina successiva avrebbe salutato suo padre e sarebbe finita. Spense la macchina e si sporse in avanti, sul volante. Squall sarebbe stato da lei anche quella sera. Sarebbe andati in un ristorante tipico di Centra che Squall e sua sorella frequentavano.

Un'altra sera alla partenza di suo padre, il che significava che c'era un'altra sera con Squall e poi sarebbe uscito dalla sua vita. Si sentì di nuovo il dolore in petto, e qualcosa nel suo stomaco sembrò vuoto, a quel pensiero.

Da quando era comparso, quasi letteralmente alla sua porta, per quella finzione, non era stato nulla meno che perfetto, e non era giusto. Lo aveva trovato attraente, sì, ma si era sempre vista con un uomo più alto, che fosse rumoroso, come lei, e avesse il suo stesso senso dell'umorismo. Si vedeva con qualcuno che fosse più affettuoso e loquace, che aveva un lavoro in ufficio, come lei. Forse qualcuno che si era trasferito da Galbadia a Esthar come lei. Qualcuno che amasse divertirsi, avventuroso, ma decisamente non qualcuno come Squall.

Era più alto di lei di qualche centimetro e basta. Il suo senso dell'umorismo semmai era sarcastico, e sorrideva e ridacchiava invece di ridere forte. Era un mercenario, era serio, e non le aveva mai dato un bacio sulla guancia, e si erano tenuti per mano solo tre o quattro volte da quando si erano incontrati. Certo, era tutta scena, ma desiderava che lui fosse più affettuoso.

Dopo la sera in cui aveva cucinato per loro, suo padre aveva parlato di lui senza sosta. L'aveva persino lodata per quanto il suo gusto in fatto di uomini fosse evidentemente migliorato da quando si era trasferita, ma non aveva capito fino a quando aveva fatto colazione con suo padre quella mattina.

"Voglio che tu sappia che lo approvo." Rinoa smise di mangiare i cereali. Il Colonnello Fury Caraway, il colonnello in pensione dell'esercito di Galbadia, aveva appena approvato Squall. Per gli altri sarebbe stato un colpo di scena spettacolare, ma per Rinoa non lo era. "Se questo è l'uomo con cui vuoi passare il resto della tua vita, gli darò il mio permesso."

Suo padre si era affezionato a Squall, e lei onestamente non poteva biasimarlo. Squall era rispettoso, era diretto con suo padre, era educato, era un gentiluomo con lei, e... e anche lei gli si era affezionata. Quello che era peggio era che anche quando non era davanti a suo padre, lui si comportava allo stesso modo e lei si innamorava comunque di lui.

Cominciava a provare risentimento per il suo comportamento e i suoi gesti. Sarebbe diventata frustrata con se stessa. Lui non era affatto quello che lei pensava fosse il suo uomo ideale, ma all'improvviso lo era, e la faceva impazzire che più stava con lui, più desiderava che la farsa fosse reale. Comunque non lo era e doveva finire. Suo padre prima o poi avrebbe sentito che si erano 'lasciati', perché sarebbe successo, e lei iniziò a preoccuparsi di come l'avrebbe presa. Sarebbe stato arrabbiato. Deluso. Lei sarebbe stata delusa.

"E questo è stato un errore," borbottò triste tra sé e sé. Prese le chiavi e la borsa e uscì dall'auto. Entrò in ascensore e si preparò a un'altra serata. Si appoggiò alla porta e si strofinò la fronte con la mano. Solo un'altra serata, poi suo padre se ne sarebbe andato e poi avrebbe aspettato un po' a dirgli che si erano lasciati, e avrebbe usato la scusa di non essere pronta per un altro uomo per tenere a bada suo padre.

Si aprirono le porte dell'ascensore a piano terra. "Rinoa," la salutò una voce sorpresa. Lei spalancò gli occhi e alzò la testa, riconoscendo immediatamente la voce.

"Squall?" E aveva dei fiori. Lei si raddrizzò e guardò i fiori con un'espressione quasi terrorizzata. "Quelli cosa sono?"

"Oh." Il ragazzo guardò il mazzo modesto di fiori multicolori che teneva in mano prima di allungarli a lei. "Per te. Io... ehm... non ti avevo ancora preso dei fiori." Ottimo, Squall...

"Non dovevi." Rinoa si accigliò in silenzio, senza muoversi per prenderli. L'ascensore risuonò di nuovo e la porta iniziò a chiudersi. "Un attimo!" Lei balzò avanti e tenne la porta aperta. Guardò Squall e inarcò un sopracciglio. "Non entri?"

"Ah, oh sì," annuì lui. Entrò con lei e tentò nuovamente di darle i fiori. "Mi dispiace se non sono quelli che preferisci. Il dossier non ne parlava, ma sembri il tipo da fiori di campo."

Lei non ci aveva mai pensato, ma ora era molto incline a essere d'accordo con lui. "Li adoro," lo rassicurò mentre stringeva la mano intorno agli steli. "Di solito non ricevo fiori."

"Sono sorpreso," disse Squall mentre si chiudeva la porta. "Immaginavo tutt'altro." Lei distolse lo sguardo.

"Senti, Squall, apprezzo davvero i fiori e che tu abbia intrattenuto mio padre in questi giorni. È davvero più e oltre quello che avevo chiesto a Quistis," ammise Rinoa. "Ma..." Inizio a prenderla troppo seriamente e mi si spezzerà il cuore quando finirà, quindi per favore smettila di essere così gentile.

"Ma?" domandò Squall guardandola. Lei si voltò a guardarlo negli occhi e si sentì gelare. Lui sorrideva. Non un enorme sorriso, come aveva di solito lei, ma un sorriso tenero e dolce sulle sue labbra, mentre i suoi occhi chiari la guardavano intensamente.

Non riusciva a respirare. "Tu..."

Squall piegò leggermente la testa. "Io?"

"Lo rendi così semplice..." Rinoa si accigliò, socchiudendo gli occhi.

Squall sembrò preoccupato. "Che c'è che non va?" le chiese avvicinandosi. Lei sentì accelerare il battito del suo cuore e il respiro. "Rinoa?" Lui alzò una mano e le spinse indietro i capelli dal viso, e quasi ritrasse di scatto la mano. Lei era sicura che anche lui avesse sentito le piccole scosse.

"Non è giusto," sussurrò Rinoa alzando una mano a toccargli il viso. "È davvero..."

Non terminò mai la frase. Gli sfiorò dolcemente la bocca con la sua e chiuse gli occhi. Prima di potersi ritrarre e anche solo rendersi conto di cosa stava facendo, lui aveva posato le labbra sulle sue in una risposta silenziosa. Lei fece scivolare le braccia sopra le sue spalle e intorno al collo, tirandolo più vicino, mentre lui le posava le mani sui fianchi e le muoveva lentamente sul suo corpo finché le circondò la vita con le braccia.

Poteva sentirlo contro di sé mentre la schiacciava contro il fondo dell'ascensore e la sua lingua scivolava tra le sue labbra per aprirle dolcemente. Lei alzò gli occhi al cielo e le sfuggì un gemito. Strinse le dita intorno al colletto di pelo della sua giacca prima di spingersi avanti, piegando la testa di lato per arrivare a lui.

Non sentirono l'ascensore che si fermava oltre la sensazione del corpo l'uno dell'altra. Non sentirono lo scampanellio al di sopra del suono dei respiri affrettati e brevi. Non notarono che la porta si aprì, nemmeno quando una voce strascicata e irritata si diffuse nel piccolo spazio.

"Bleah."

"Seifer!" sibilò Quistis. Si aggiustò gli occhiali, guardando una delle gambe di Rinoa sollevarsi intorno ai fianchi del mercenario. Grugnì e si strofinò il naso. "Rinoa! Squall!" sbottò.

Rinoa spalancò gli occhi e vide subito i due ragazzi biondi che aspettavano fuori dall'ascensore, al di sopra delle spalle di Squall. Emise un gridolino proprio in bocca a Squall e tolse immediatamente la gamba dal suo fianco, spingendolo via quasi con violenza. Squall barcollò all'indietro e si voltò. Il suo viso solenne all'improvviso divenne rosso.

"Fare roba in un ascensore," disse Seifer imbronciato. "Ora devo trovare un modo per farlo disinfettare." Quistis lo colpì velocemente al braccio.

"Vedo che andate d'accordo," sorrise cercando di attenuare la tensione. Rinoa desiderò poter sprofondare. Quistis si fece da parte. "Vi dispiace? Vorremmo scendere."

"Giusto!" balbettò Rinoa. "Scusate!" Si sistemò la borsa sulla spalla e prese in fretta i fiori che erano caduti a terra, e corse fuori dall'ascensore. Squall la seguì, scusandosi sottovoce mentre passava accanto ai due.

Quistis e Seifer entrarono in ascensore e Quistis premette il pulsante per il parcheggio. Seifer fece un largo sorriso.

"Hey, Comandante," chiamò in tono scherzoso. Squall guardò al di sopra della spalla. Seifer si indicò le labbra. "Hai un po' di rossetto qui."

Squall si portò una mano al viso prima di potersi fermare. La porta si chiuse, ma riuscì solo a sentire la risata del suo amico che svaniva. Si pulì le labbra, e trovò un po' di lucidalabbra sulla mano prima di seguire Rinoa. La trovò a qualche passo dalla sua porta; lo stava aspettando.

Aveva un'espressione convulsa. "Ok, prima che entriamo, voglio solo scusarmi," gli disse Rinoa. Lui corrugò la fronte e strinse forte le labbra. "È stato molto poco professionale, quindi per favore, fingiamo soltanto che non sia mai successo!"

Lo stava quasi pregando di dimenticare. Una piccola parte di lui ne fu ferita, ma annuì doverosamente. "Se è quello che vuoi."

Lei gli rivolse un sorriso grato. "Grazie, Squall!" Si voltò e smise immediatamente di sorridere. Desiderò che lui avesse detto altro.

Entrarono a prendere suo padre per la cena, e Squall li portò in macchina al ristorante. Rinoa passò l'intera serata con un sorriso in faccia. Suo padre parlava e Squall interveniva al momento giusto, ancora una volta. Lei provava insieme invidia e rabbia per come lui sembrasse prendere tutto con disinvoltura.

Poteva davvero fingere che non fosse successo nulla? Avevano pomiciato in ascensore. Non era solo un bacio sulla guancia, era così tanto di più. Poteva sentirlo! Quindi perché era l'unica ad avere difficoltà a fingere che non fosse successo?

"Rinoa," disse suo padre quando arrivarono al suo appartamento. Lui era diretto in cucina per preparare del caffè prima che se ne andasse Squall. Il loro ospite era andato in bagno, e il Colonnello colse l'occasione. "Sei stata piuttosto silenziosa stasera. Qualcosa non va?"

"Niente!" Rinoa si costrinse di nuovo a un sorriso. "Va tutto bene." Suo padre posò le tazze che aveva preso da un mobiletto.

Socchiuse gli occhi e guardò critico sua figlia. "Cosa c'è che non va, Rinoa?"

"Niente!" insistette lei accigliandosi. "Sono solo stanca. Ho avuto una lunga settimana!"

"Oh, mi dispiace essere stato un peso," grugnì suo padre. Doveva essere uno scherzo, ma lei non aveva bisogno di quello.

"Non sei tu, è tutto. Sono solo stanca, ok?" sbottò. Caraway si accigliò ancora una volta.

"Non alzare la voce con me, signorina. Stavo scherzando."

"Non era divertente," borbottò lei.

"Che problema hai?" domandò Caraway sbattendo le mani sul bancone. "Abbiamo un ospite! Onestamente, Rinoa. Non puoi avere la stessa eleganza di Squall?"

Lei chiuse glii occhi e si girò per guardarlo. "Non so nemmeno se Squall sia davvero così!" gridò. Era una bugia. Sapeva che Squall lo era davvero. L'uomo che aveva cucinato loro la cena, che le aveva dato i fiori, che l'aveva baciata in ascensore - era lo stesso Squall. Non sentì lo sciacquone, né la porta che si apriva in corridoio. "So che ti piace, papà, ma non è perfetto! Non so nemmeno se lui sia davvero questo bravo, rispettoso e perfetto fidanzato!"

"Cosa vuol dire che non lo conosci nemmeno?" Caraway si accigliò, guardando negli occhi sua figlia.

"Voglio dire che l'ho incontrato solo la settimana scorsa!" esclamò Rinoa frustrata.

"Rinoa!" Lei si girò e inalò profondamente. Squall era in piedi in corridoio, e la guardava sorpreso. "Che succede?" Sembrava preoccupato. Come poteva sembrare preoccupato? Perché era preoccupato?! Per lei? "Perché? "Stai bene?"

"Squall, penso che sia turbata per qualcosa," disse il Colonnello Caraway, senza sapere come dirlo. "Dice di non conoscerti."

Squall non era sicuro di come reagire, ma si lasciò guidare dal suo istinto. "Forse intende non quanto vorrebbe," disse entrando in soggiorno. "Usciamo insieme da un po', ma sono stato in tante missioni, è difficile passare del tempo-"

"Smettila," grugnì Rinoa scuotendo la testa. "Non devi farlo per me."

"Non sto facendo niente," le assicurò Squall. "Sto solo rispondendo a tuo padre."

Lei scosse la testa e lo guardò. "Sei davvero così perfetto?" domando lei. "Mi copri comunque anche quando ho già vuotato il sacco?"

Lui la guardò, confuso. "Non capisco."

"Rinoa, se è una cosa che devi discutere con il tuo ragazzo-" cominciò suo padre, solo per essere interrotto.

"Non è il mio ragazzo!" gridò infine Rinoa. Suo padre rimase fermo, con la testa indietro e gli occhi spalancati, mentre Squall sospirava pesantemente accanto alla porta. Rinoa spalancò gli occhi, rendendosi conto di cosa aveva appena detto.

"Cosa?" chiese il Colonnello Caraway, più confuso che mai. "Vi siete lasciati?"

"No! Voglio dire... non potremmo, perché... non eravamo..." balbettò Rinoa. Si passò una mano tra i capelli, frustrata.

"Non eravate cosa?" Caraway si accigliò. Lui socchiuse gli occhi. "Sapevo che qualcosa non andava."

"Papà, mi dispiace, ma è una bugia," iniziò lei. "Squall non è il mio ragazzo." Ecco. Era pubblico. Si preparò alla reazione furiosa di suo padre, ma questa non arrivò mai.

"No." Caraway scosse la testa e abbassò gli occhi. "Era ovvio fin dall'inizio," riconobbe. "Non sono cieco. Ho visto i segnali. Voi due parlavate a malapena. C'era evidentemente un disagio tra voi."

Sua figlia lo fissò. "No, papà. non capisci-"

"Rinoa." Lui la guardò accigliato. "Non era necessario mettere in piedi una tale farsa se la vostra relazione già andava male."

Rinoa aprì la bocca, ma non le uscì alcuna parola. Squall la guardò prima di voltarsi verso il Colonnello. "Signore, è colpa mia." affermò.

Lei si voltò a guardarlo e scosse la testa. "Squall, no," gli disse con fermezza. "Abbiamo detto abbastanza. Finiamola qui e basta." Tornò a guardare suo padre. "Papà, Squall e io non ci siamo mai lasciati. Non stavamo nemmeno insieme. Mai."

L'uomo la guardò, incerto. "Cosa stai dicendo?"

Rinoa fece un respiro profondo. "Squall è un vecchio compagno di scuola militare di Quistis. Lei e Seifer hanno ottenuto che fingesse di essere il mio ragazzo, perché ho chiesto il loro aiuto a trovarne uno mentre eri qui tu."

Lui era un uomo intelligente e non gli ci volle molto per capire. Potevano vedere che il Colonnello Caraway metteva insieme i pezzi nella sua testa. Lentamente, si alzò a occhi socchiusi. C'era un silenzio teso nell'aria. Caraway sembrava arrabbiato e deluso allo stesso tempo. "Hai coinvolto un'altra persona così non avrei provato a spingerti verso un altro uomo?"

"Sì," ammise Rinoa. Fece un passo avanti e lo guardò con espressione implorante. "E mi dispiace. So che hai buone intenzioni e so che vuoi nipoti, ma non sono pronta, e non voglio che continui a forzarmi in questo modo."

"Capisco," rispose rigidamente il Colonnello. Alzò orgogliosamente la testa e le rivolse un breve cenno del capo. Iniziò ad andare verso la porta.

"Papà-"

"Vado solo a fare una passeggiata," sbottò freddamente lui. Rinoa era preoccupata. Squall si fece da parte mentre il colonnello lo superava e prendeva la sua giacca dall'appendiabiti dietro la porta.

"Papà, aspetta," disse Rinoa seguendolo.

"Torno dopo e ho con me il telefono," sbottò Caraway. Sbatté la porta dietro di sé. Rinoa chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso. Squall rimase a disagio accanto alla porta, senza sapere se era meglio andarsene o parlarne.

Rinoa si appoggiò al divano e cercò di calmarsi con respiri profondi. Squall fece un passo avanti. "Rinoa, mi dispiace-"

"Tu non hai fatto niente di sbagliato," assicurò con fermezza Rinoa. Sollevò la testa con espressione seria, alzandosi. "Sono stata io a trascinarti in questo. Dovrei essere io a scusarmi per averti messo in una situazione così imbarazzante. È tutta colpa mia. Sono io quella che... non fa niente. Mi dispiace di tutto."

"Va tutto bene."

"No invece," disse Rinoa. Sospirò profondamente. "Ma almeno è finita," affermò. Sollevò il mento e lo guardò negli occhi il più coraggiosamente possibile. "Ti manderò l'assegno che ti devo per le cene e per aver portato fuori mio padre."

Lui scosse la testa e fece un altro passo avanti. "Rinoa, non voglio-"

"Adesso," disse lei facendosi forza, "penso che sia meglio che tu vada." Le fece male dirlo.

Lui si bloccò a metà di un passo. "Vuoi che me ne vada."

Rinoa annuì, evitando di guardarlo negli occhi. "Papà sa tutto, quindi non serve che tu rimanga," gli disse stringendosi le braccia intorno. "E penso che sia meglio che tu vada prima che torni lui. Probabilmente sarebbe meglio che non tornassi."

Squall digrignò i denti, attraversato da una fitta di dolore. "Bene. Se è quello che vuoi." Si voltò e andò alla porta. Si sentì un leggero piagnucolio, e Squall grattò velocemente Angelo dietro l'orecchio. "Addio." Lei non sapeva se lui stesse parlando con il cane o con lei.

La porta si richiuse dietro Squall, e Rinoa si morse le labbra e strinse forte gli occhi. "Addio, Squall."

*~*~*~*~*

La coppia svoltò l'angolo, e vide immediatamente Rinoa seduta in silenzio in corridoio, con il suo cane. Quistis guardò il suo fidanzato, che si accigliò a quella vista.

"Immagino che qualcosa non sia andato bene," borbottò lui a voce bassa.

Quistis gli accarezzò dolcemente il braccio. "Perché non entri per primo? Io vedo cosa non va," sussurrò. Dato che non voleva essere troppo coinvolto, Seifer annuì e grugnì leggermente a mo' di saluto verso Rinoa, prima di aprire la porta e sparire all'interno.

La donna rimase in corridoio e guardò preoccupata Rinoa e Angelo. "Qualcosa non va?" domandò Quistis, sedendosi accanto alla ragazza, che era per terra davanti alla porta sua e di Seifer e accarezzava la cagnetta che teneva in grembo per sfogare lo stress.

"Papà se ne è appena andato," disse piano Rinoa. "L'ho visto partire stamattina."

"Ah." La ragazza annuì. "Non dovresti essere sollevata?"

"Pensavo che lo sarei stata," ammise lei. "Era molto silenzioso quando è partito." Quistis sollevò un sopracciglio. Rinoa socchiuse gli occhi e cercò di trattenere un grido. "Gli ho detto la verità."

"Lui ti ha detto niente?" domandò Quistis.

Rinoa scosse la testa e gli occhi le si riempirono di lacrime. "No. A parte ringraziarmi per averlo ospitato e ciao, ecco. È esattamente come dopo la morte della mamma." Iniziò a tremarle la voce. "Ci parlavamo a malapena dopo la sua morte. Era sempre tutto così teso, dato che papà non era mai a casa e non avevamo niente in comune. Sai che ci sono voluti tre anni per cominciare a parlarci normalmente e avevamo finalmente sistemato le cose, ci parlavamo più spesso, e poi succede questo."

"Sono sicura che non sappia semplicemente cosa dire. È scocciato, Rinoa, ma dubito che ti odi o cose simili. Dagli solo tempo," la incoraggiò Quistis mettendole un braccio intorno alle spalle.

Rinoa abbassò gli occhi e smise di accarezzare Angelo. "Ha detto che Squall gli piaceva davvero."

"Sono sicura che gli passerà. Non è un gran problema," le disse Quistis.

Rinoa scosse la testa e mugolò. "Lo è..."

"Perché?"

"Anche a me piace davvero Squall," disse con voce strozzata, rannicchiandosi addosso ad Angelo per abbracciarla. Angelo pianse e Quistis accarezzò dolcemente la schiena di Rinoa.

"Non vedo perché sia una cosa così brutta. Non è che abbiate litigato."

"Gli ho detto di andarsene!" pianse Rinoa contro il cane. "Gli ho detto di non tornare! Perché deve essere così perfetto? Era dolce e carino e... e..."

Quistis alzò un sopracciglio. "Stiamo parlando dello stesso Squall?"

Rinoa alzò la testa e annuì. "Mi ha comprato il bubble tea e mi ha portato a passeggiare. Ha intrattenuto mio padre senza che glielo chiedessi. Ci ha cucinato la cena. Ha le mani così grandi e calde e piace ad Angelo! E quando mi ha baciato..." Aveva gli occhi rossi. Angelo alzò la testa e piagnucolò leggermente prima di alzarsi. Rinoa non si preoccupò di fermare il suo cane e si asciugò gli occhi. "Mi è sembrato che lo volesse davvero e ho sentito brividi ovunque!"

Quistis non la stava più guardando. Aveva gli occhi spalancati e rivolti in alto, concentrati sul corridoio. Rinoa si accigliò e seguì il suo sguardo.

Angelo stava già scodinzolando davanti al ragazzo, che la grattava distrattamente dietro le orecchie.

"Buongiorno, Squall," disse Quistis togliendo lentamente il braccio dalle spalle di Rinoa e alzandosi. Guardò la sua amica e poi il suo ex compagno di scuola. "Vi lascio parlare."

Il più discretamente possibile, Quistis indietreggiò fino alla porta di Seifer ed entrò in fretta prima che Rinoa potesse fermarla. Il suono della porta che si chiudeva fu quasi assordante.

Rinoa non riusciva togliere gli occhi da Squall. Era impallidita, e si alzò tremando, con la mente che cercava di calcolare quanto velocemente poteva arrivare in casa e nascondesi. L'uomo davanti a lei si era fermato a svariati passi di distanza.

"Uhm..." Squall grugnì tra sé e sé. "Stai bene?" Sua sorella si sarebbe nascosta il viso tra le mani per la vergogna di quel patetico tentativo di conversazione.

"Sto bene." Rinoa deglutì il nodo che aveva in gola e si schiacciò al muro, iniziando ad andare lentamente alla sua porta. "Come stai?" Era probabilmente la peggiore risposta che potesse dargli.

Squall non sapeva come rispondere. Invece si mise una mano in tasca e prese una busta. "Volevo darlo a Quistis o Seifer per restituirtelo, ma dato che ti ho incontrata..." Rinoa riconobbe la sua calligrafia, e si accigliò. Era l'assegno che aveva mandato per corriere per ripagargli tutti i soldi spesi per il cibo e le altre cose mentre c'era suo padre. Quando lei non lo prese, Squall si avvicinò di un passo e glielo allungò. "Non lo voglio."

Lei lo guardò, con gli occhi ancora rossi. "Tutto a posto. È giusto. Ho detto che ti avrei ripagato le spese per mio padre, e l'ho fatto."

"Rinoa, non voglio i tuoi soldi," le disse Squall accigliandosi. "Per favore, prendilo."

"No." Rinoa scosse la testa. Se l'avesse ripreso, allora avrebbe significato qualcosa. Forse significava che lui si era divertito. Forse significava che lui voleva che la loro relazione fosse reale. Forse non significava niente, ma non voleva pensare alle possibilità. Voleva che lui tenesse i soldi perché significava che tutto era solo un affare.

Non aveva nulla a che fare con le emozioni. Era tutta finzione, e quindi poteva distanziarsi e fare tabula rasa prima di innamorarsi ancora di più di lui e rendersi ridicola.

Squall sospirò e si avvicinò. Le prese la mano, sentendola tendersi, e le mise la busta in mano. "Non voglio i tuoi soldi," ribadì. Rinoa fissava la mano. Lui non gliel'aveva lasciata.

Cercò di evitare di piangere come una cretina. "Ma devi. Così io non ti devo niente..."

"Non mi devi niente," le disse con attenzione Squall. "Non mi ha dato fastidio portare in giro tuo padre o cucinare o... stare con te," aggiunse a voce bassa. Lei spalancò gli occhi e le tremò il labbro. Lui era ingiusto di nuovo. "Volevo davvero quello che è successo in ascensore." Lui arrossì. "Non sei stata solo tu a sentirlo."

"Mi piaci davvero tanto," disse improvvisamente Rinoa. Il viso le bolliva quando alzò gli occhi per guardarlo. "Me lo stai rendendo molto difficile."

Lui dovette combattere con il sorriso quando la sentì dire così. "Hai cominciato tu," sottolineò. "Una ragazza bella e divertente come te che finge di essere la mia fidanzata... sai quanto è diventato difficile a casa?"

Rinoa sembrò confusa. "Che vuoi dire?"

"Quando ho portato tuo padre a giocare a golf, c'era uno dei migliori amici di mio padre. Non potevo esattamente spiegare tutto davanti a tuo padre. Kiros ha detto a tutti, soprattutto mio padre e mia sorella, che avevo una fidanzata, e negli ultimi giorni hanno insistito per incontrarti." Squall alzò gli occhi al cielo. "Ho cercato di dire la verità, ma mio padre è in fase di negazione."

Lei sorrise debolmente. "Allora... vuoi che finga di essere la tua ragazza davanti a loro?"

"No, cretina." La porta a sinistra si aprì e Seifer mise fuori la testa. "Vuole che tu sia la sua ragazza e poi portarti a casa. Hyne! Sei così stupida!"

"Seifer, torna dentro!" ordinò la voce stridula di Quistis. "Ho detto che potevi origliare, non intervenire."

"Stava andando troppo piano!" rispose Seifer. Videro una mano ben curata prendere Seifer per l'orecchio e tirarlo dentro. La porta si chiuse.

Squall piegò la testa e grugnì. "Lo ammazzo la prossima volta che ci alleniamo."

Rinoa rise e scosse la testa. Guardò incuriosita Squall. "Diceva davvero?"

Squall sospirò e fece un passo indietro, lasciandole la mano. "Sì," ammise lui. Abbassò la testa e si passò una mano tra i capelli. "So che hai detto di essere strettamente professionali, ma-"

Fu spinto all'improvviso contro il muro, con le labbra completamente occupate da quelle di lei. Spalancò gli occhi per la sorpresa mentre lei gli faceva scivolare le braccia sul petto e intorno al collo, avvolgendogliele strettamente intorno mentre premeva il suo corpo contro di lui.

Proprio quando stava per finire l'aria, Rinoa si ritrasse. "Ok," concordò. "Sarei felice di incontrare tuo padre... e tua sorella."

Lui la fissò e sbatté le palpebre. "Davvero?" Rinoa annuì.

"Ma prima, qualche regola base." Lei sorrise. "Tenersi per mano va benissimo. Anche baciarmi e abbracciarmi."

"Solo davanti a mio padre?" domandò Squall.

Rinoa sorrise radiosa quando sentì le sue braccia intorno alla vita. Spostò gli occhi sul suo viso, fermandosi sulle labbra prima di bagnarsi le sue. "Che ne dici di davanti a tutti?"

Squall abbassò la testa, sorridendo dolcemente. "Certo." La sfiorò dolcemente con le labbra. "Se è quello che vuoi."

*~*~*~*~*

Ufficio di Squall, tardo pomeriggio

La risata di Seifer riempiva il suo ufficio, e Squall alzò gli occhi dai rapporti che stava digitando. Il ragazzo davanti a lui quasi cadde dalla sedia, e sbatté la rivista sulla scrivania. "Non posso credere che l'abbia stampata! È davvero tua sorella se è disposta a pubblicare questa merda!"

Lui socchiuse pericolosamente gli occhi. "C'è qualcosa che non va nella mia storia?"

"A parte il luogo comune?" domandò Seifer asciugandosi una lacrima all'angolo degli occhi. "Voglio dire, una donna sola in città trova l'amore con un uomo improbabile suggerito dalla sua amica e che piace al suo cane? Sono sorpreso che tu non l'abbia messa in un matrimonio dove si deprime perché è la damigella e poi alla fine li fai sposare. Mi piace il personaggio secondario maschile, però. Il suo vicino di casa. Tipo davvero divertente; non mi aspettavo un personaggio scritto così bene da te."

Squall ringhiò leggermente, ma tornò al suo lavoro. "Chissenefrega." Ellione gli aveva detto che la storia aveva commosso Laguna. "Intendi consegnare i rapporti per gli esami del mese scorso?"

"Sì, sì, eccoli, Capitano." Seifer si mise la rivista sotto il braccio e poi frugò nella borsa, estraendone una pila di rapporti. "In ordine cronologico e timbrati per te."

"È bello vedere che prendi alcune delle abitudini organizzative di Quistis," riconobbe Squall. Seifer grugnì.

"Hey, ho il mio peso in questo Garden, ok?" disse. "Sono tornato da cinque anni, puoi almeno riconoscere che è vero."

Squall si appoggiò allo schienale della sedia e fece scorrere la pila di fogli che gli aveva dato Seifer. "Sei Comandante adesso; è stato riconosciuto," gli ricordò. Ovviamente, era stata una promozione che Squall aveva approvato a malincuore.

"Beh, e questo?" sottolineò Seifer sollevando la rivista. "Sto sottraendo tempo prezioso ai miei impegni per scrivere per amore del Garden!"

"Anche io," gli ricordò con calma Squall. Si fermò su uno dei rapporti. "Di' a Selphie che i disegni sulle manovre d'addestramento non servono nei suoi rapporti."

"E questa è scrittura di qualità!" ribatté Seifer mentre camminava su e giù per l'ufficio, ignorando del tutto quello che stava dicendo Squall. "Hai letto le recensioni per l'articolo della settimana scorsa?"

Squall smise di ascoltarlo. "D' anche a Raijin di smettere di disegnare manovre d'addestramento nei rapporti."

"Mi ha commosso, dice uno che si chiama Auron. Un amore perduto che si ritrova è una storia che non invecchia mai, dice Cloud S. Mi ha colpito al cuore come poche altre cose hanno fatto, dice..." Strizzò gli occhi. "Oh, è di Cid. Non importa." Guardò lo stoico Capitano che era tornato a digitare. "Il punto è che se questi articoli aumentano la popolarità della rivista di Ellione, noi otteniamo un buon aiuto. Ed è tutto grazie a me."

"Ha già letto le recensioni online?" domandò all'improvviso Squall. Seifer corrugò la fronte.

"Recensioni online?"

Squall girò il monitor verso Squall. "Proprio qui," disse. Seifer si avvicinò e si chinò per leggere sullo schermo.

"Non può essere giusto," disse. "Hai più recensioni di me."

Una piccola parte frivola di Squall festeggiò. "Davvero?" chiese fingendo una leggera sorpresa. Lo sapeva.

"Ma la tua storia è uscita solo questa settimana, quindi non può essere giusto," insistette Seifer. "Dammi il mouse."

"Seifer-"

"Dammelo!" Il ragazzo si allungò e prese lo strumento senza fili, per spostare il cursore sullo schermo e controllare le recensioni del suo rivale. Lui grugnì. "La prima non conta nemmeno! È chiaramente di tuo padre!"

"Cosa?" Squall si raddrizzò sulla sedia.

"E questa è di Rinoa," continuò Seifer. "Selphie, Zell, Irvine... ok, non contano se li conosciamo, anche se loro non sanno che siamo noi a scrivere."

"Non hanno recensito anche la tua?" gli ricordò Squall. L'altro arrossì.

"Non importa! Il numero di recensioni non significa che la tua storia sia meglio!" affermò.

Squall alzò gli occhi al cielo. "La Sorella ci ha chiesto di scrivere storie d'amore, quindi ne ho scritta una."

"E stai dicendo che è migliore della mia," lo accusò Seifer. Squall lo fissò con espressione apatica.

"Non l'ho mai detto-"

"Ma lo stai pensando!" insistette indicando Squall con il dito. "Non lasciare che le recensioni ti diano alla testa, Capitano! Se la gente vuole storie d'amore, scriverò le cavolate più romantiche di tutte." Squall aveva quasi paura di chiedere cosa.

"Ok."

"Aspetta e basta," borbottò Seifer dirigendosi alla porta.

"Seifer!" chiamò Squall, fermandolo prima che potesse uscire.

"Cosa?"

Il Capitano gettò un'altra cartellina sul bordo della scrivania. "I tuoi compiti per la settimana prossima. Devi anche sostituire Nida a lezione giovedì mattina. Ha un appuntamento dal dentista."

In maniera teatrale, Seifer marciò alla scrivania, prese la cartellina e poi uscì. Squall scosse la testa e tornò ai suoi rapporti. Qualche momento dopo, la porta si aprì e Rinoa entrò, e sembrava leggermente confusa.

"Qualche idea sul perché il grande Comandante Almasy sta marciando per il corridoio borbottando di principi e cavalieri?" domandò Rinoa.

Squall scrollò le spalle, salvando il documento. "Io proprio non ne ho idea."

Rinoa sospirò. "Ok, bene, tu e Seifer e il vostro piccolo segreto." Alzò gli occhi al cielo. Si mise dietro di lui e gli circondò le spalle con le braccia. Lui si appoggiò e la sentì baciargli la testa. "Ma si sta facendo tardi. Perché non ceniamo e poi ce ne andiamo a dormire, mmh?"

Lui sorrise leggermente. "Certo, Rin," disse lui. "Se è quello che vuoi."

*

Note al testo
(1) Bubble tea: non credo di aver mai sentito parlare di questo tè prima di questa traduzione, per cui metto una nota per chi, come me, non lo conosce: si tratta, stando alla pagina Wikipedia, di un tipo di tè inventato negli anni ottanta da alcuni locali in Taiwan. In pratica è una bevanda a base di tè in cui viene mescolata della frutta o del latte, e a cui vengono aggiunte delle palline di tapioca. Alla pagina linkata trovate la descrizione della bevanda e delle sue varianti... è solo in inglese, non so se ne esista una pagina in italiano (ho provato con Bubble Tea e non c'è). Se qualcuno sa come si chiama in italiano questo tè me lo faccia pure sapere!

*****
Nota dell'autrice: ricordo che nelle 'storie' che scrivono i nomi dei personaggi sono diversi. Volevo far dire a Squall o Seifer i nomi dei personaggi usando quelli degli altri FF, ma ho pensato che avrebbe fatto confusione (soprattutto per me). In più mi piace usare i personaggi degli altri FF. Spero che finora la storia vi piaccia! Grazie di nuovo per avermi letto! Mille grazie a chiunque partecipi alla WIB Challenge! Inoltre prima o poi leggerò le storie di tutti. ^_^ Probabilmente in aeroporto.

Nota della traduttrice: come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre: Seifer Fraintende "Fairy"-tale ***


WILL WRITE FOR GIL
scritta da PasifiKStaR, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Tre: Seifer Fraintende "Fairy"-tale

Una mano pallida gli strinse forte la sua, e tristi occhi azzurri guardarono l'uomo steso nel letto. Aveva la pelle tesa, più pallida del solito, e il solito sorrisetto era assente in maniera disturbante. A prescindere da cosa provasse il cavaliere dall'altra parte della stanza per il re malato, nessuno voleva vederlo morire - soprattutto perché avrebbe spezzato il cuore della loro amata regina.

"I medici reali non hanno potuto fare niente?" domandò solennemente, in piedi accanto alla porta.

"Nulla che abbiano portato è riuscito a guarirlo o anche solo ad alleviare i sintomi," disse piano la donna, seduta sul bordo del letto. "Ho quasi perso la speranza."

"Non dirlo, Maestà!" insistette il cavaliere. "Hai già convocato l'Oracolo. Di certo può aiutarci."

Qualcuno bussò alla porta, e la regina spostò gli occhi a guardarla. "Avanti," disse. La porta si aprì e una giovane donna minuta con corti capelli castani fece un inchino.

"Mia regina," cominciò la messaggera. "L'Oracolo è venuto, come da vostra richiesta." Si fece da parte, e una donna snella vestita di abiti azzurro cielo e bianchi entrò. Fece un cenno della testa alla regina.

"Regina Quistis," la salutò.

"Sono onorata per la vostra visita, Oracolo. Grazie per essere venuta," le disse rispettosamente Quistis.

"La vostra richiesta era difficile da ignorare, giovane regina... anche se la vostra offerta era molto allettante. Sono stata felice di venire, e accetterò il vostro accordo. Ditemi," domandò pensierosa la donna, "siete ancora d'accordo?"

Quistis chinò di nuovo la testa. "Sì. Accetto mille volte, se devo. Come già sapete, la salute del mio caro marito sta svanendo." Come per esagerare la frase, l'uomo sul letto tossì e si mosse a disagio sul materasso.

"Sono consapevole della situazione, regina Quistis," rispose l'Oracolo. "Ho paura che non ci sia nulla prodotto da mani umane che possa salvare vostro marito."

Quistis boccheggiò e strinse la mano del marito. "Quistis... troppo stretto," grugnì il re dal letto.

"Mi dispiace," borbottò lei. Guardò l'Oracolo con espressione implorante. "Ma di certo deve esserci qualcosa! Non c'è davvero modo di salvarlo? So che non è l'uomo più intelligente, affascinante, compassionevole-"

"Sto morendo e sono coricato proprio qui..." grugnì una voce accanto a lei. Lei lo ignorò prontamente.

"Solo che non sono ancora pronta a separarmi da lui," insistette Quistis. "Per favore, Oracolo! Deve esserci qualcosa."

La donna sollevò leggermente la testa, e poi la piegò da una parte. "C'è una possibilità," indicò riluttante. "Ma è un compito quasi inaudito."

"Lo farò io volentieri," disse il cavaliere. "Qualsiasi cosa per la mia regina."

"Grazie, sono contento che pensiate a me..." borbottò ancora una volta il re.

"Non è un compito semplice, buon cavaliere," disse l'oracolo. "Richiede una camminata fino ai confini di Esthar."

"Esthar?" Quistis alzò la testa, con gli occhi spalancati. "Ma è proibito agli umani entrare!"

"Le creature mangeranno vivi i cavalieri," rantolò suo marito. Fece un leggero sorrisetto. "La tua dedizione al tuo re lo compiace."

"Sta' zitto, Seifer," sbottò il cavaliere. "Lo faccio per Quistis."

"Sto morendo e tu mi aggredisci? Hai sentito Quistis? Che poco rispetto!" Prima di poter continuare, iniziò a tossire. Quistis alzò gli occhi al cielo, ma gli accarezzò amorevolmente il petto.

"In ogni caso, cosa devono fare i cavalieri una volta arrivati nel territorio proibito?" domandò esitante Quistis.

"Devono catturare una fata," disse seria l'Oracolo.

Il cavaliere socchiuse gli occhi. "Cosa?"

"Dovete catturare una fata," ripeté l'Oracolo. "Quello che cerchiamo sono le ali, ma dovete fare attenzione. Le fate non vivono a lungo in cattività, e la cura per la malattia del re può essere raccolta solo dalle ali di una fata viva."

"Fatemi capire," iniziò il cavaliere con voce piena di incredulità. "Volete che porti le mie truppe al confine di un territorio proibito per cercare di catturare una creatura immaginaria che poi va portata qui - viva?" Il cavaliere grugnì. "Mi state prendendo in giro?"

"No, le parole dell'oracolo sono vere. Non ha motivo di mentire," confermò Quistis. Il cavaliere la guardò come se avesse detto qualcosa di incredibile. "Dobbiamo fidarci di lei e cercare una fata."

"Ma non esistono nemmeno-"

"Esistono!" ringhiò Seifer lanciando un'occhiataccia al cavaliere.

"Per favore," supplicò Quistis. "Non sei solo il mio cavaliere, ma una mia amica. Ti imploro, per favore trova una fata e portala qui per mio marito." Il cavaliere sembrò incerto. Comunque, praticamente doveva a Quistis la vita.

Rinoa fece un profondo respiro e annuì. Fece un inchino rispettoso. "Selphie!" chiamò fuori dalla porta. "Chiama Sir Kinneas e Sir Dincht!" Si raddrizzò e si voltò, dirigendosi alla porta. "Dobbiamo trovare una fata!"

"Oh! Un'avventura!" cinguettò eccitata la messaggera. "Non vedo l'ora!"

"È una missione, Selphie. Ed è urgente, per cui andiamo a fare i bagagli!" asserì Rinoa mentre camminavano lungo il corridoio.

"Ooh! Sai, dovrei dire ai ragazzi di portare i loro strumenti così potremmo avere musica nel nostro viaggio epico!" disse Selphie. "Dovrei portare il liuto o il flauto di Pan?"

Seifer socchiuse gli occhi, guardando la porta. Strinse velocemente la mano di Quistis e la guardò. "Morirò, vero?"

*~*~*~*~*

"No, funzionerà assolutamente!" insistette Selphie. "Si dice che la musica attragga bestie e spiriti!" Davanti a lei, seduto sull'altro lato del fuoco da campo, Zell morse un salsiccia che aveva finito di arrostire sul fuoco, e scosse la testa.

"Già," riuscì a dire mentre masticava. "Ma penso che intendano musica bella."

Selphie arricciò il naso, insultata. "Cosa stai dicendo del mio flauto di Pan?!" esclamò. "Mi sono esercitata e tutti alla Taverna di Trabia dicono che la mia musica è stupenda!"

Rinoa morse in silenzio la sua salsiccia, ed evitò disinvolta gli occhi di Selphie. Non che Selphie fosse migliorata molto; era solo che Selphie piaceva in generale a tutti, e nessuno aveva il cuore di dirle che quando suonava il flauto di Pan quasi faceva male ascoltare.

"Sono sicuro di sì, Selphie," cercò di calmarla Irvine. "Ma si sta facendo tardi e abbiamo viaggiato tutto il giorno," disse con un'espressione quasi implorante. "Perché non lo metti via e basta, così possiamo rilassarci con i suoni della foresta."

"Vedi, perfino Irvine pensa che sia pessima," sorrise Zell. Irvine gli lanciò un'occhiataccia e Selphie guardò delusa il suo strumento.

"Selphie, non hai nemmeno toccato la cena," disse Rinoa sperando di distrarla. "Finisci e poi preparati a dormire. Abbiamo davanti una lunga giornata."

"Rinoa ha ragione," concordò Irvine tirando fuori una mappa rovinata. "Domani entreremo nella zona proibita. Nessuno è entrato ad Esthar e ne è tornato..." disse a voce bassa, quasi sussurrando.

Rinoa alzò gli occhi al cielo. "Se è vero, allora come hanno fatto a fare la mappa che stiamo usando?"

"Nessuno è andato ad Esthar ed è tornato da quando è stata fatta e pubblicata questa mappa..." Irvine la girò e cercò una data. "Venti anni fa!"

Rinoa sospirò e si grattò la radice del naso. In effetti, quando avevano lasciato il castello nessuno aveva davvero pensato alla missione. Tutto quello che sapevano era che dovevano trovare e catturare una fata - viva, ovviamente - per il bene della loro amata regina... e indirettamente del loro re, che lei amava altrettanto... credeva. Comunque, mentre camminavano lungo il regno, ne attraversavano un altro, per trovarsi poi al confine della zona proibita, erano arrivati a rendersi bruscamente conto che c'erano pochissime possibilità di successo.

Selphie e Irvine avevano preso ogni mappa e ogni materiale che potevano trovare, ma anche così c'era pochissimo su Esthar. Era un regno misterioso e leggendario.

"Vent'anni fa non è così tanto," sottolineò Rinoa. "Inoltre, non possiamo nemmeno essere sicuri che siano davvero arrivati a Esthar. I racconti che abbiamo trovato erano solo descrizioni di foreste e fiumi che già si sapeva che la attraversavano. Non c'era nulla sul popolo."

"Tanto meno sulle fate," ammise delusa Selphie. Guardò Rinoa. "Pensi che ne troveremo una davvero?"

Non era sicura. "Sì," disse con più decisione possibile. "Dobbiamo. Per il bene di Quistis."

Selphie sorrise e Zell annuì, ma lei capiva che avevano ancora i loro dubbi. Comunque, era il loro capo; il capitano dei cavalieri personali della regina Quistis. Parte del suo lavoro era tenere alto il morale.

"Allora perché non ci ritiriamo per la notte," suggerì Rinoa. "Abbiamo davanti una lunga giornata domani, e voglio tutti il più svegli possibile."

La squadra concordò e in pochi minuti si sentiva il russare di Zell che riempiva il piccolo accampamento, mentre Selphie aveva nascosto il viso nel cuscino del suo sacco a pelo. Rinoa era stesa sul fianco, ad occhi chiusi, ma non riusciva a dormire per i pensieri di fallimenti e di delusione dei suoi amici.

C'erano troppe domande: e se non riuscivano a trovare una fata? E se non esistevano e l'Oracolo si sbagliava? E se la trovavano, ma era troppo tardi e tornavano a Centra da un re morto e una regina vedova e addolorata? Che effetto poteva avere un fallimento simile su Selphie, Irvine e Zell, la cui vita dipendeva dalle loro posizioni? Doveva così tanto a tutti loro dopo che l'avevano accolta, una profuga della guerra di Galbadia.

Spostò le coperte, alzandosi a sedere sul suo sacco a pelo.

"Rinoa?" Irvine alzò gli occhi dal suo posto contro alcuni pacchi accanto a Selphie, e la guardò incuriosito. "Pausa bagno?"

"Nah, non stavolta." Lei scosse la testa e si chinò accanto al sacco a pelo e lo piegò attentamente prima di alzarsi. "Vado a fare una passeggiata."

L'altro cavaliere inarcò un sopracciglio. "Di notte?"

"Non riesco a dormire." Rinoa scrollò le spalle. "Non ci metterò molto."

Il ragazzo sembrò esitante, ma Rinoa era il suo ufficiale in comando... in qualche modo. Quindi non poteva fermarla. Irvine si avvicinò al fuoco. "Ti serve una torcia?" domandò invece, frugando alla ricerca di qualcosa da darle. "Dov'è l'altra lanterna?"

"Non serve, c'è la luna piena. Posso trovare la strada," assicurò Rinoa con un sorriso. "Se non torno tra un'ora o due, manda la squadra di ricerca."

"Se sei sicura, Capitano," disse con un cenno affermativo del capo mentre si toccava il cappello. "Sta' attenta e cerca di restare vicina all'accampamento. Sono boschi pericolosi."

Rinoa alzò gli occhi al cielo. "Non siamo ancora nel cuore di Esthar." Giusto in caso, si armò comunque dell'arco, e cominciò a camminare nel bosco. Man mano che la luce del fuoco svaniva dietro di lei, insieme al russare di Zell, rallentò il passo e lasciò che gli occhi si adattassero alla luce della luna che filtrava tra gli alberi.

Quando era bambina, a Galbadia, sua madre le raccontava storie sul regno fantastico di Esthar. Era una terra bellissima e pacifica abitata da creature bellissime e pacifiche. C'erano fate e unicorni e ninfe. Rinoa si addormentava con le visioni di queste creature che le danzavano in testa. Quando aveva chiesto a sua madre se poteva andare ad Esthar, Julia aveva scosso la testa.

C'erano molti umani gelosi della bellezza di Esthar, e avevano attaccato il regno. Era scoppiata una guerra, e molti cittadini di Esthar erano stati portati via come premi, e molti di più avevano sofferto. Se fosse continuata, Esthar sarebbe stata rovinata, quindi l'elegante regina delle fate aveva vietato agli umani di entrare nuovamente. Aveva chiuso Esthar agli umani, usando guardie per cacciare le persone, per salvare la propria gente.

Rinoa aveva cambiato espressione. "Quindi non vedrò mai Esthar?" Ecco dove finivano i sogni di cavalcare un unicorno in un campo di fiori...

Julia le aveva sorriso. "Si dice che la regina Raine abbia messo le guardie per cacciare i malvagi di cuore, ma quelli che sono degni, i puri di cuore, possono ancora entrare ad Esthar." Poi era seguita una morale sul fare la brava, e crescendo Rinoa non aveva pensato molto alle favole di sua madre.

Dopo tutto, era scoppiata una guerra civile nel suo paese natio, e la sua famiglia era stata tirata in mezzo. La fazione della sua famiglia aveva perso. I suoi genitori erano stati uccisi; sua madre durante un raid, e suo padre, un Colonnello Reale Galbadiano, in battaglia. Sopravvivere era diventato il suo obiettivo primario. Era stata costretta a scappare e aveva superato il confine senza saperlo, e lì aveva incontrato la figlia di un nobile, che faceva un picnic con gli amici.

Quistis l'aveva salvata, e Rinoa aveva giurato di servirla. Quando aveva sposato il principe di Centra, una persona che la loro cerchia di amici in genere riteneva indegna dell'elegante e intelligente Quistis, Rinoa aveva esteso il giuramento a lui. Se fosse stato orribile, non avrebbe fatto quel viaggio, ma era buono con Quistis - praticamente adorava il terreno su cui camminava, quando lei non guardava, e nonostante i loro battibecchi spesso bruschi, la trattava anche bene.

Seifer era quello che aveva manovrato e le aveva fatto ottenere la cittadinanza. Era stato lui a scrivere la raccomandazione perché lei potesse diventare un cavaliere. Era stato lui ad averla assegnata a Quistis, così non si sarebbero separate. Non era una cattiva persona, solo che a volte era un cretino. Quindi il suo obiettivo di curarlo era un gesto sentito.

"Va abbastanza bene per entrare ad Esthar, non è vero, mamma?" domandò piano. Questo non la rendeva abbastanza degna? Rinoa scosse la testa. Non era più una bambina, eppure una parte di lei si aggrappava ancora alla speranza che i suoi obiettivi generosi fossero ripagati. In qualche modo.

Continuò a camminare e sentì il borbottare familiare di un ruscello, e voltò la testa verso quella direzione. Inconsciamente, iniziò a camminare verso quel suono, ascoltandolo man mano che cresceva. Rinoa socchiuse gli occhi, guardando il terreno della foresta per camminare meglio su quel territorio straniero. Sembrava che fosse un sentiero abbastanza usato.

In teoria erano proprio al confine di Esthar; forse gli altri viaggiatori erano arrivati fin lì più spesso di quanto pensassero?

Continuò a seguire il sentiero fino ad emergere dai cespugli, e si fermò prima di mettere piede sulle rive costeggiate da ciottoli di una baia. Sbatté le palpebre, cercando di aggiustare gli occhi al flusso di luce della luna, guardando la piccola pozza d'acqua che era stata scavata da una piccola cascata rocciosa.

Spalancò gli occhi nel guardarsi intorno. Per un attimo, tutti i pensieri della caccia alla fata svanirono. L'acqua non era troppo forte nella baia, e sembrava limpida. Piuttosto accogliente, in realtà. Sarebbe stato un posto ideale per raccogliere acqua, al mattino, e anche per fare il bagno prima di ripartire. In effetti, pensava che alcuni dei suoi compagni si stessero facendo un po' luridi...

Rinoa si chinò accanto al bordo dell'acqua e tese una mano, sperando di valutare la temperatura della baia.

Davanti a lei risuonò un forte spruzzo e lei tirò su di scatto la testa. Qualcosa balzò fuori dall'acqua, mandando piccole onde verso la riva, e lei sentì lo spruzzo dell'acqua fredda contro le guance. Il movimento improvviso e inaspettato fece scattare il suo istinto di difesa, e prima di potersi fermare alzò l'arco e lanciò una freccia.

Sentì il rinculo dell'arma contro il braccio e barcollò indietro, ancora scioccata. Davanti a lei sentì uno spruzzo aggiuntivo e altra acqua venne sollevata, e un grido addolorato - più che altro irritato - riempì la baia. Quando l'acqua si calmò e Rinoa abbassò l'arma, poté finalmente vedere l'uomo pallido che si toglieva qualcosa dalla spalla destra.

Era ancora bagnato, e gli cadeva dell'acqua dai capelli castani e disordinati mentre tirava forte la freccia che lo teneva fermo contro un grosso masso.

Rinoa quasi spalancò la bocca. No, non era che bloccasse lui. I suoi arti erano a posto. Non c'era sangue, non c'erano ferite aperte. La freccia aveva attraversato la parte alta di qualcosa di lungo, chiaro, e in qualche modo luccicante che gli spuntava dalla schiena. Lei aveva visto la stessa forma e lo stesso aspetto, anche se molto più piccolo, nelle libellule, ma non su un uomo adulto.

"Che fai qui?! E questo cos'è?!" ringhiò mentre finalmente rimuoveva la freccia dalla fessura nella pietra. Fece una smorfia togliendosela dall'ala, provocando una piccola folata di polvere fine e luccicante sul buco creato da Rinoa. Alzò la freccia voltandosi a guardare lei ad occhi socchiusi e con espressione feroce. "Stai cercando di uccidermi?!"

Avanzò verso di lei, tenendo la freccia in mano e scalciando l'acqua mentre arrivava a riva. Rinoa rimase ferma dov'era, incapace di distogliere lo sguardo.

Ali. Aveva delle ali! Le guardò ritrarsi e poi andare su e giù ad ogni passo. Quasi non riusciva a respirare. Era uno di loro? Doveva esserlo... ma perché non era piccolo? Non avrebbe dovuto essere più piccolo?

Esaminò il suo corpo. Era evidentemente di dimensioni da adulto. Anzi, era sicura che fosse più alto di lei. Muscoli snelli, pelle liscia, lineamenti molto belli. I suoi occhi si bloccarono.

"Parlo con te," disse lui fermandosi con l'acqua alle caviglie, a soli pochi passi dal cavaliere silenzioso. Rinoa non rispose. Lui si accigliò ancora di più. "Questo non è territorio umano. Non dovresti essere..." Si interruppe e seguì infine il suo sguardo. Gli scappò un ringhio basso e alzò gli occhi al cielo. Umani. Si chinò, cogliendo il suo sguardo fisso e lanciandole un'occhiataccia. "I miei occhi sono quassù."

Il suo viso comparve nel campo visivo di Rinoa, e lei sollevò la testa di scatto. Indietreggiò di qualche passo, con gli occhi spalancati e il viso rosso. Lo indicò con il dito. "Sei reale!" Lui riuscì solo a guardarla come se fosse impazzita. "Sei reale!" sottolineò Rinoa avvicinandosi di qualche passo, e allungò la mano. Esitò a toccarlo, temendo all'improvviso che lui sarebbe sparito se l'avesse fatto. Alzò la testa e lo guardò di nuovo negli occhi. "Sei uno di loro, vero?"

L'espressione di lui era impassibile, e rimase in piedi, nudo, con l'acqua alle caviglie. "Non so di cosa stai parlando."

"Una fata! Sei una fata, giusto?!" disse Rinoa, con la speranza che le gonfiava il petto. Guardò oltre le spalle le ali che gli spuntavano dalla schiena. "Voglio dire... quelle sono ali! Solo le fate hanno ali come quelle! Almeno così dicono i miei libri," borbottò accigliandosi. "Ho anche pensato che saresti stato più piccolo, ma sei come me!" Non vide il movimento all'angolo dell'occhio di lui. "Sei molto più grande di quanto pensassimo." Abbassò gli occhi. "Già... molto più grande."

Un tic nervoso gli fece contrarre un occhio. "Ecco la tua freccia." Rimase davanti a lei per un altro momento prima di gettare la freccia ai suoi piedi e voltarsi. Iniziò a camminare nell'acqua e Rinoa si lanciò in avanti.

"Aspetta! Dove vai?! Non puoi andartene!" gridò lanciandosi nell'acqua dopo di lui. Lui sembrò non prestarle attenzione; sollevò invece l'ala e voltò il viso per ispezionare il buco causato da lei. Era abbastanza piccolo, ma volare lo avrebbe solo peggiorato, e l'ala non sarebbe guarita bene. Si accigliò e continuò a camminare. A quanto pareva sarebbe dovuto tornare a casa a piedi. "Un attimo!" gridò dietro di lui.

Rinoa lottò per stargli dietro. Lui si allontanava sempre di più, e se non l'avesse fermato con lui se ne sarebbe andata la loro possibilità di curare Seifer. Raccogliendo tutta la sua forza, si lanciò avanti alzando le braccia.

Lui sentì un corpo piombargli addosso e all'improvviso aveva la testa sott'acqua. Agitò le braccia ai fianchi mentre lei lo afferrava, aggrappandosi alla sua schiena mentre cadevano in acqua. Lo aveva appena placcato?

Lei lo sentì agitarsi sotto la sua presa. Bolle d'aria salivano tutt'intorno a loro, e persino aprendo gli occhi non riuscì a capire cosa stava succedendo. Lo sentiva scivolare via dalla sua presa.

Era una semplice questione di voltarsi e usare le ali per allentare la presa su di lui. Si separò da lei in fretta e facilmente, rimettendosi in piedi sul fondo della baia. Lui abbassò lo sguardo e notò il continuo spruzzare d'acqua. Chiaramente lei non riusciva a rimettersi in piedi. Alzando gli occhi al cielo, si abbassò e le prese un braccio.

Rinoa si sentì tirare su. Mise la testa fuori dall'acqua e tossì, facendo una smorfia quando l'acqua fredda del fiume le uscì dalla bocca. Cercò di raddrizzarsi, ma scoprì che i suoi stivali scivolavano sui ciottoli lisci, e cadde ancora una volta.

"Scusa!" sputacchiò mentre afferrava le sue braccia e cercava di tenersi in equilibrio. "Aspetta.... e basta! Resisti! Ci sono quasi!"

Lui alzò gli occhi al cielo mentre lei si aggrappava al suo corpo, cercando con attenzione l'equilibrio finché riuscì a stare in piedi. "Fatto?"

"Sì!" disse lei sollevata.

"Bene." Lui la lasciò andare e fece un passo indietro. Rinoa spalancò gli occhi.

"Aspetta!" gridò. Fece un passo per seguirlo. Fu un errore. Tornò immediatamente in acqua. Sputacchiando, si spinse via i capelli e si accigliò. La fata non si fermava. Socchiudendo gli occhi per la determinazione, alzò una gamba e la usò per agganciare quella di lui mentre le passava accanto. Squall spalancò gli occhi mentre la sua gamba all'improvviso veniva strattonata.

Emise a malapena un grido sorpreso cadendo in avanti e nell'acqua. Rinoa si affrettò a fiondarsi avanti, gettandosi in pratica su di lui per evitare che scappasse.

"Che stai facendo?" gridò lui. "Togliti di dosso!"

"No!" gridò lei di rimando. "Irvine! Selphie! Zell!" Urlava a squarciagola. Sotto di lei, lui impallidì e voltò la testa verso la riva, aspettandosi che arrivassero all'improvviso altri tre umani. "Ne ho presa una!"

"Tu non hai preso nessuno!" disse lui. Digrignò i denti e riuscì facilmente a rotolarle addosso.

"Oh no, non lo farai!" Rinoa si imbronciò, mettendogli le braccia al collo. Alzò le gambe e gliele strinse intorno ai fianchi. Al diavolo la nudità! Lei era in missione! Sì... ecco cos'era. "Non vai da nessuna parte senza di me!"

La fata maschio socchiuse gli occhi, e per la prima volta lei vide il loro azzurro limpido. Mentre lei era distratta, lui le spruzzò dell'acqua in viso. Quasi immediatamente lei lo lasciò e ricadde in acqua.

"Fuori da qui, umana," sbottò lui alzandosi e guardandola truce. "Non appartieni a questo posto!"

"Me ne andrò quando sarò pronta!" Rinoa gli afferrò una gamba e lo fece cadere di nuovo con un movimento delle gambe. "Dove pensi di andare!" Sorrise trionfante quando lui ricadde in acqua con lei.

Lui la respinse, facendola rotolare facilmente sulle schiena e tenendola giù, ringhiando sopra di lei. "A prendere i vestiti!"

"Penso che avresti dovuto prenderli prima di placcare il nostro capitano," disse dietro di lui una bassa voce maschile. L'uomo alato si tese. Non aveva sentito arrivare nessun altro. Aveva prestato attenzione solo alla donna sotto di lui, che ansimava.

"Rinny, stai bene-" Selphie boccheggiò bruscamente, fermandosi accanto a Irvine. Il cavaliere aveva l'arco pronto, e mirava l'uomo nudo che torreggiava sul loro capitano bagnato fradicio. Gli occhi spalancati di Selphie sembrarono raddoppiare quando li vide. "Wow."

"Ragazzi!" sorrise Rinoa per il sollievo di vederli. Alzò le braccia e le strinse intorno al collo della fata, come per evitare che scappasse. "Ne ho presa una!" gridò trionfante. Sopra di lei, la fata abbassò semplicemente la testa ed emise un sospiro sconfitto, abbassando le ali.

Zell raggiunse il limitare della foresta e mosse di scatto la testa. Guardò Irvine, con l'arma pronta, e l'uomo con le ali sopra Rinoa. In silenzio, guardò la gabbietta di metallo che aveva preso dal suo cavallo prima di correre lì.

"Penso che ci servirà una gabbia più grossa."

*~*~*~*~*

Poteva quasi sentire il suo sguardo duro che le scavava buchi nella schiena, e onestamente non poteva biasimarlo se era arrabbiato. Lo avevano costretto, con la minaccia dell'arco, ad andare a riva, e poi Rinoa gli aveva legato i polsi, assicurandogli che era solo temporaneo e che non l'avrebbero ucciso; avevano solo bisogno che lui lasciasse casa sua e li seguisse spontaneamente, vivo, attraverso due nazioni, così che potessero sfruttare le proprietà curative delle sue ali.

Certo, probabilmente non era una delle offerte migliori.

Irvine stava per portarlo all'accampamento quando lui finalmente aveva chiesto i suoi vestiti, e a quel punto Selphie era sembrata molto delusa e aveva detto, "ooooh... ha i vestiti?" Anche Rinoa aveva sentito una fitta di delusione mentre Zell li raccoglieva da dietro una curva.

Il resto della notte era passata con due persone di guardia per assicurarsi che la cura ambulante del loro re non cercasse di scappare. Quella mattina lo avevano messo sul cavallo di Selphie, lo avevano legato goffamente alla sella, e poi avevano iniziato il trionfante viaggio di ritorno a Centra.

Nonostante il cipiglio costante e il fatto che sembrava che non dormisse, la fata sembrava ancora sveglia e attenta. Forse era uno dei loro poteri? Lui mantenne l'espressione dura degli occhi blu e Rinoa non poté evitare di chiedersi se stesse pensando di scappare. Lui rimase seduto sospettosamente collaborante sul cavallo di Selphie, con una coperta sulle spalle per tenere nascoste le ali, per evitare di attirare l'attenzione. I polsi legati erano davanti a lui, e teneva le redini, seduto ben diritto. Se non fosse stato per la corda legata alla sua vita e collegata alla sella, nessuno avrebbe sospettato che fosse un loro prigioniero.

"Pss pss..." sussurrò Zell avvicinando il cavallo al suo. "Rinoa," la chiamò. Guardò con diffidenza la fata a cavallo, che avanzava accanto al cavallo di Irvine. Selphie era seduta dietro di lui, e faceva domande, tutta allegra. La fata colse lo sguardo di Zell e socchiuse gli occhi. "Sei sicura che è una fata?"

"Certo, sono sicura," gli disse Rinoa con fermezza. "Ha le ali, no?"

Il ragazzo non sembrò convinto. "E se sono false?"

"Si muovono, Zell, le hai viste. Inoltre hanno quella polverina sottile come ha detto l'Oracolo," aggiunse Rinoa a bassa voce. "Sono sicura che sia una fata."

Zell guardò di nuovo oltre la spalla e incontrò un'altra occhiataccia furiosa. Si ritirò. "Uhm... che ne dici se vado avanti e cerco di prenotare delle stanze all'albergo della città? Dovremmo essere vicini, giusto?"

"Giusto," gli disse Rinoa. "Vedi se puoi anche trovare del cibo per i cavalli."

"Capito!" Zell agitò la mano e partì al galoppo.

"Dove va Zell?" domandò Selphie, distogliendo l'attenzione dal loro nuovo 'compagno d'avventure'.

"In città a prendere delle stanze," le disse Rinoa.

"Oh, ok." La ragazza annuì, soddisfatta, e poi tornò a guardare il ragazzo sull'altro cavallo. "Allora, dove eravamo? Ah sì!" Sorrise radiosa. "È vero che bevete da tazze fatte di fiori? C'è del nettare nella tazza? Potete ubriacarvi con quello? E dato che sei molto più grande di quanto pensassimo, quelle tazze, tipo, vengono da fiori grossi? Quanto ne serve per ubriacarsi?"

Davanti a lei, Irvine si grattò la radice del naso. "Selphie, tesoro, penso che il nostro... ospite... non abbia davvero voglia di parlare."

"Ma quando potrò fare nuovamente domande a una fata vera e propria?" si imbronciò Selphie. "Ne ho così tante altre - oh!" Si voltò verso di lui. "Me ne ero quasi dimenticata. Come ti chiami?"

Rinoa si raddrizzò sulla sella. Giusto; non gli avevano mai nemmeno chiesto il suo nome. Guardò al di sopra della sua spalla, in attesa. Persino Irvine sembrava interessato. La fata continuò a essere irritata.

"Ok, beh... se non ci dici come ti chiami, possiamo darti un nome noi?" chiese esitante Selphie. Irvine avrebbe potuto giurare che la fata fosse impallidita.

"Squall," rispose, guadagnandosi un sorriso eccitato e luminoso dalla ragazza. "Mi chiamo Squall."

"Oh! Io sono Selphie! Questo è il mio fidanzato, Irvine. Zell è andato avanti. Siamo tutti cavalieri di Centra, e lei," continuò Selphie indicando Rinoa, "è il nostro capitano! Capo dei Cavalieri Reali della Regina Quistis! Capitano Rinoa Heartilly!"

Davanti a loro, il capo era tornato a guardare avanti, ripetendosi ancora e ancora il suo nome. Era un nome peculiare, ma adatto. Si morse le labbra per evitare di dirlo ad alta voce.

Quando arrivarono in città, seguirono la via principale. Il sole stava tramontando, e sembrava che i paesani si stessero preparando a tornare nelle loro case. Non ci misero molto a trovare Zell che li aspettava davanti alla Locanda & Taverna Lockhart. Agitò le braccia eccitato e Rinoa sospirò pesantemente. Stava già mangiando quella che sembrava una salsiccia.

"E non è riuscito ad aspettarci..." Irvine sospirò. Guardò Rinoa. "Allora, Capitano, come ci dividiamo le camere? Dobbiamo fargli la guardia," disse indicando Squall con la testa.

"Lo terremo in una stanza e faremo a turno," disse Rinoa. "Non possiamo rischiare che scappi prima che arriviamo al castello." Gli altri due annuirono.

Raggiunsero Zell e smontarono da cavallo. Irvine aiutò Squall a scendere e si assicurò di tenergli ben stretta la spalla mentre entravano nella locanda. Selphie si precipitò all'osteria, chiamando con entusiasmo una donna formosa che serviva da bere. Zell diede loro le chiavi e disse in che stanza dovevano andare prima di andare a prenotare un tavolo per cena.

Rinoa scelse di tenere il prigioniero nella stanza in mezzo alle altre due. Zell sarebbe stato in una; nessuno voleva mai stare in camera con lui. Selphie e Irvine sarebbero stati nell'altra, e dopo il suo turno di guardia, quella notte, si sarebbe scambiata con Irvine per dormire un po'.

"Fai quattro ore di turno al massimo," le disse Irvine mentre finiva di legare Squall a una sedia di legno, e poi legava la sedia al letto. Irvine non era niente di meno che preciso. "Dopo il mio turno, mi sostituirà Zell e questo dovrebbe bastare fino a mattina."

"Quella rumorosa non mi farà la guardia?" domandò Squall, curioso.

"Solo se vuoi che ti sanguinino le orecchie," replicò sfacciata Rinoa. Gettò i guanti da cavallerizza e la borsa sul cassettone accanto alla porta. "Andiamo a prendere qualcosa da mangiare," lo informò mentre Irvine la superava. "Vuoi qualcosa? Nettare, giusto?"

"Tifa ha un giardino," sottolineò Irvine. "Quindi se ti serve nettare-"

"Caffè," rispose la fata. "Prendetemi solo caffè."

"Caffè sia," concordò Rinoa. Lei e Irvine si diressero alla porta. Rinoa indugiò sulla soglia prima di chiudere la porta. "E non cercare di scappare," lo avvisò con espressione seria. "Torno presto!"

La porta si chiuse e Irvine la guardò da sopra le scale. "Sei sicura di non voler rimanere di guardia? Posso farti portare su qualcosa da mangiare insieme al caffè per lui."

Rinoa grugnì. "Già, no. L'ultima volta che mi avete 'mandato su da mangiare', ero allergica."

"A nostra difesa, non sapevamo che così tante persone fossero allergiche a quelle bacche."

Squall chiuse gli occhi e contò fino a venti. Poi iniziò ad agitarsi e ad allentare le corde che lo tenevano legato alla sedia. Non appena ebbe le mani libere, iniziò a lavorare sui nodi che gli tenevano legate le gambe. Proprio mentre si alzava in piedi, sentì avvicinarsi dei passi.

Spalancò gli occhi e corse alla finestra.

La porta si aprì ed entrò Rinoa, con un vassoio che conteneva una tazza. "Non sapevo se lo volevi zuccherato o-" Boccheggiò quando venne interrotta da uno schianto. Il vassoio cadde ai suoi piedi, mentre guardava l'uomo alato con un piede sul davanzale, pronto a saltare. Abbandonò il caffè e si lanciò immediatamente in avanti.

Lui ebbe a malapena il tempo di capire che lei lo stava seguendo prima che gli balzasse addosso. Brevemente, si chiese se semplicemente le piacesse placcare la gente. Lei lo afferrò alla vita e praticamente si aggrappò a lui, trascinandolo di nuovo dentro la stanza. "Non puoi andartene!" gridò. "Abbiamo bisogno di te!"

"Non vedo motivo di restare," affermò Squall in tono monotono. Cercò di togliersela da dosso, ma scoprì che era sorprendentemente forte.

Lei alzò la testa e lo guardò implorante. "Non capisci. Abbiamo davvero bisogno di te!"

"Come? Come trofeo? So di cosa fate voi umani alle fate che catturate," le disse lui irritato. "Non intendo restare e farmi cavalcare le ali."

"Non vogliamo cavalcare le tue ali!" insistette Rinoa. "Ci serve solo la loro polvere!"

"Sì, raccogliere la polvere e cosa?" sbottò lui a occhi socchiusi. "Venderla? Tenermi incatenato in una stanzetta e sfruttarmi?"

Rinoa non lo lasciò, né allentò la presa. "Il nostro re è molto malato, e non siamo riusciti a curarlo con nulla. Ci è stato detto dall'Oracolo che la polvere delle ali di fata lo guarirebbe, ma ci serve una fata viva, perché deve essere fresca o una cosa così!"

Squall la fissò, senza sapere se crederle oppure no. "Mi hai sparato nell'ala e mi hai legato solo per poter aiutare il tuo re?" Si accigliò.

"Sì!" disse Rinoa. "Sta morendo, e ci serve il tuo aiuto! Per favore, Squall, ti supplico!" pregò Rinoa.

"E dopo che piani hai per me?" chiese lui freddamente.

"Nulla!" insistette Rinoa.

"È una bugia."

"Non è così!"

Squall riuscì a prenderle le braccia e togliersele da dosso quanto bastava per liberarsi la gamba. "Non so nemmeno come sei riuscita ad entrare ad Esthar con degli obiettivi così malvagi-"

"Per favore!" gridò Rinoa stringendogli i vestiti e trattenendolo. "Squall, è il marito della mia migliore amica, e lei sarà devastata se lui muore! Voglio solo che stiano bene e siano felici, e farò qualsiasi cosa!" insistette, stringendo sempre di più i suoi vestiti. "Per favore..." ripeté. "Non voglio che Quistis perda l'uomo che ama."

Squall si trovò immobile. Abbassò la mano che aveva posato sulla finestra, e guardò la donna che ora era ai suoi piedi, con un'espressione disperata sul viso. "Stai dicendo la verità," disse lui piano.

Rinoa annuì ancora una volta. "Ti prego, per favore," sussurrò lei. "Farò qualsiasi cosa se verrai con noi e ci darai un po' della tua polvere."

Lui guardò Rinoa con un'espressione indecifrabile. Vedeva l'evidente disperazione nei suoi occhi, e si sentì sospirare pesantemente.

"Giuri," cominciò con attenzione, "che sarò liberato dopo avervi aiutato?"

Lei annuì freneticamente. "Lo giuro sulla mia vita," gli disse seria. "Non abbiamo mai pensato di fare altro che portarti al castello, e se dovessero insistere per fare altro ti salverò io. Ti accompagnerò a casa io stessa."

Le labbra di lui si piegarono quasi in un sorriso a quel giuramento. Nessuno aveva mai promesso di salvarlo, prima. Si voltò e allungò una mano. Si tolse le mani di lei dai vestiti, ma le trattenne, tirandola in piedi.

"Verrò con voi fino al castello del vostro regno," le disse lentamente. Lei spalancò gli occhi, piena di speranza. "Quando arriveremo, vi darò un po' della polvere delle mie ali, ma," sottolineò ad occhi socchiusi, "devi giurare che mi lascerai tornare indietro."

Lei fece un largo sorriso. "Lo giuro!" Rinoa alzò le braccia e balzò in avanti, avvolgendogli immediatamente le braccia al collo e stringendolo forte. Squall spalancò gli occhi e rimase rigido davanti a lei, con le braccia lungo i fianchi, a disagio.

Rinoa ridacchiò stringendolo forte, incapace di contenere l'eccitazione. Proprio mentre si riaveva e si rendeva conto di stare abbracciando praticamente un estraneo, lo sentì.

I movimenti di lui erano lenti ed esitanti, ma lei li sentì. Anche lui la avvolse tra le braccia. Erano premute sulla sua schiena e sulla curva della sua spina dorsale, anche se in maniera goffa, all'inizio. Per un attimo, sembrò che lui non fosse sicuro se doveva stringerla a sua volta oppure no.

Rinoa rimase contro di lui, mordendosi il labbro e aspettando di vedere cosa avrebbe fatto lui dopo. Lui la strinse di più, e lei sembrò rilassarsi tra le sue braccia. Lei lo strinse ancora una volta e gli posò la testa sulla spalla. Una sorta di formicolio la riempì, eppure non poteva evitare di sentirsi calma tra le sue braccia.

Chiuse gli occhi, felice di stare lì, alla finestra, ad abbracciarlo per sempre.

"Per quanto tempo si abbracciano gli umani?" domandò infine lui. Lei aprì gli occhi. Sentì il rossore sulle guance e si morse le labbra, facendo lentamente un passo indietro dal ragazzo, ormai ovviamente ben allenato.

Mentre indietreggiava, sorrise in fretta, sperando che lui non cogliesse l'imbarazzo dei suoi occhi mentre li distoglieva ed evitava quelli di lui.

"Uhm... per un po' di tempo in realtà... a volte," disse stupidamente. Fece un altro passo indietro. "Lascia che ti prenda altro caffè!"

Si abbassò accanto alla tazza caduta e la sollevò da terra prima di correre alla porta. Rubò un'ultima occhiata alla fata confusa prima di arrossire e chiudere la porta dietro di sé.

Rinoa si appoggiò contro di essa e fece un profondo respiro, alzando una mano a farsi aria al viso. Sarebbe stato un lungo viaggio, ma non avrebbe avuto problemi a intraprenderlo con lui.

*~*~*~*~*

"Beh... niente bandiere nere," disse Irvine mentre entravano nel primo cancello della città. Su una collina sopra di lui, il castello era proprio come lo avevano lasciato. "È un buon segno."

"Il regno sarebbe ancora in lutto se fosse successo qualcosa," affermò Rinoa socchiudendo gli occhi. Guardò il sole che tramontava oltre il castello, e strinse più forte le redini. "Dai! Siamo arrivati fin qui; non rilassiamoci solo perché abbiamo superato i cancelli!"

"Se vuoi una gara, Capitano, avrai una gara!" gridò teatralmente Selphie. Si sporse in avanti. "Tieniti forte, Irvy!" gridò al di sopra della spalla.

Il ragazzo dietro di lei la guardò confuso. "Cosa?" Fu sbalzato in avanti quando il loro cavallo prese a galoppare, correndo lungo la strada di ciottoli che portava al castello.

"Hey!" gridò Zell dietro di lei. Diede un calcetto al suo cavallo. "Aspettami!" Volò accanto ai cavalli rimasti.

"Selphie!" gridò Rinoa. Sospirò e si lasciò cadere sulla sella. "Zell! Non è una gara..."

"Forse sì, avevi piuttosto fretta di arrivare," le disse Squall.

Rinoa annuì. Lo guardò, seria in viso. "Squall, prima che arriviamo... voglio solo... ehm... dire... ehm... grazie," gli disse imbarazzata. Si maledì in silenzio. Di solito parlava in maniera eccellente. "Non dovevi venire con noi o anche solo aiutarci nel nostro viaggio, ma l'hai fatto. Sei stato parte della squadra... anche dopo che ti abbiamo costretto a uscire nudo dall'acqua e ti abbiamo legato a un cavallo."

Squall annuì lentamente. "Ti ho dato che la mia parola che sarei venuto e avrei fatto il possibile. La manterrò," la rassicurò lui. Rinoa annuì ancora una volta.

"Cosa stavi facendo, comunque?" domandò lei. "Era tardi quando ti ho trovato, quella notte."

Squall tornò a guardare il sentiero davanti a loro. "Aspettavo," le disse piano. Lei strizzò gli occhi.

"Cosa?" Passò tra loro qualche altro momento di silenzio. Poi lui si voltò a guardarla negli occhi.

"Qualcuno di importante." Il cuore di lei accelerò quando lui la guardò negli occhi a lungo. Prima che lei potesse fare domande, lui voltò la testa. "Dovremmo muoverci e raggiungerli," disse Squall dietro di lei. La guardò seriamente. "Prima arriviamo dal tuo re, prima posso assistervi e tornare indietro."

Rinoa sentì una piccola fitta di tristezza quando lui le ricordò perché era lì. Fece un sorriso ironico e annuì leggermente. Strinse le mani sulle redini.

"Lo so," disse lei. Guardò avanti, evitando i suoi occhi mentre incoraggiava leggermente il suo cavallo e lo spingeva avanti. "Facciamola finita."

Lui inarcò un sopracciglio, ma tacque e la seguì lungo il sentiero di pietra. Senza Selphie e gli altri che parlavano, l'aria tra loro era silenziosa e tesa. Rinoa rimase seduta rigidamente sulla sella, cercando di fingere che Squall non fosse proprio accanto a lei, e che non voleva che lui sparisse semplicemente dalla sua vita dopo che Seifer fosse stato curato.

Sapeva quali erano i termini del patto quando lo aveva accettato alla locanda, ma era successo settimane prima. Non lo conosceva, allora. Da quel momento le cose erano cambiate. Un'amicizia, o almeno così pensava, si era formata. Lui aveva dato una mano a nutrire e curare i cavalli, aveva risposto alla quantità infinita di domande di Selphie, aveva dato consigli sulla cura dei capelli ad Irvine, e aveva persino combattuto con Zell.

Avendolo guardato quel pomeriggio, le venne in mente che tutte quelle volte che lo aveva afferrato lui avrebbe potuto farle facilmente del male, ma non l'aveva fatto. La frustrava il fatto che un tale pensiero la affascinasse. E la faceva rabbrividire come quando la toccava.

Lui avrebbe potuto fuggire in ogni momento. Avrebbe potuto farle perdere i sensi e scappare nella foresta, ma non l'aveva fatto. Manteneva la parola data di seguirli, e lei vedeva dell'onore in questo. Squall non era obbligato a stare di guardia con lei e farle compagnia. Non era obbligato a tenerle la testa contro di sé quando lei cedeva al sonno, e si svegliava poi a sbavargli sulla spalla in maniera umiliante. Non era obbligato a rivolgerle un dolce sorriso divertito e dirle che andava tutto bene e che si sarebbe assicurato la sera successiva che lei fosse altrettanto comoda.

Era quasi morta a ricordarlo. Gli altri tre cavalieri fortunatamente non avevano sentito, ma lei non era sicura che non vedessero quanto era attratta. Per quanto strani fossero, erano ricettivi. Troppo ricettivi per non aver notato che Rinoa fissava Squall. Rinoa grugnì mentalmente. Era un cavaliere della sua regina; rimuginare su un uomo alato ingiustamente affascinante che era abbastanza paziente da rispondere a Selphie dopo giorni di interrogatorio era inadatto al suo ruolo.

"Rinoa, credo che siamo arrivati." E la sua voce le faceva tremare le gambe, solo un po'. Lei si riscosse dai suoi pensieri e guardò intorno nel cortile. Alcune guardie stavano arrivando ad aiutarli a smontare e occuparsi dei cavalli.

"Selphie è andata a chiamare Quistis, e Irvine a prendere i medici," disse Zell da una delle porte di pietra. "Selphie ha detto che ti avrebbe incontrata nella sala del trono."

Rinoa scese dal suo cavallo e annuì. Guardò Squall e annuì anche a lui. "Non preoccuparti," lo rassicurò. "Te l'ho già detto, potrai tornare a casa."

"E se non sono d'accordo?" domandò Squall quasi di proposito.

"Allora ti accompagnerò comunque io stessa per assicurarmi che arrivi a casa," affermò lei. Tenne la testa alta mentre cominciava a camminare. Lui la seguì. Le guardie cominciarono ad affiancarli mentre entravano nel castello, e marciarono in formazione dietro di loro mentre camminavano lungo un corridoio. Rinoa si accigliò. Se Squall non aveva cercato di andarsene prima, non l'avrebbe fatto adesso.

"Eccovi!" disse Selphie quando la trovarono in attesa accanto alle porte aperte. "Irvine non è ancora tornato con i medici, ma saranno qui presto."

"Allora lo presenteremo a Quistis," annuì Rinoa. Guardò Selphie quasi riluttante. "Come sta Seifer, a proposito?"

Superarono le grosse doppie porte e camminarono su un tappeto rosso che portava ai due troni. "Non bene." Selphie scosse la testa.

"Rinoa?" I tre guardarono verso i troni, mentre una donna alta e snella si alzava. Ignorò qualsiasi protocollo reale e scese velocemente gli scalini, correndo loro incontro.

Il capo dei cavalieri sorrise con più calore possibile in quelle circostanze stressanti, e accelerò il passo. Abbracciò forte la donna prima di fare un passo indietro e guidare Quistis dallo sconosciuto.

"Lo abbiamo trovato, Quistis," disse con affetto all'amica. "Lui è Squall."

Quistis si fermò davanti a lui. Sembrava confusa. "Lui... non è una fata."

"Lo sono," disse Squall prima che Rinoa o Selphie potessero rispondere per lui. "Mi chiamo Squall. Sono il figlio di Raine e Laguna di Esthar." Rinoa piegò la testa di lato. Quei nomi sembravano familiari. Si scrollò la sensazione di dosso e guardò Squall che si toglieva la coperta che aveva ancora sulle spalle per dimostrare chi era.

Non appena vide le ali, Quistis quasi svenne per il sollievo. Si portò una mano al petto e chiuse forti gli occhi. "Grazie," disse con voce strozzata e contraendo le labbra. "Non hai idea di quanto sia vicina a perderlo." Fece un cenno del capo al nuovo arrivato. "Non posso ringraziarti abbastanza."

"Ho portato i medici!" gridò da un lato la voce di Irvine. Il gruppo si voltò verso di lui e vide tre uomini vestiti di scuro che correvano avanti. Tutti e tre sembrarono stupefatti alla vista dell'uomo con le ali limpide e luccicanti.

"Veloci!" Rinoa si accigliò quando li vide fissare Squall. "Non statevene lì impalati a fissarlo!"

"Rinoa ha ragione," disse con orgoglio Quistis. Guardò Squall con un'espressione più dolce di quella riservata ai medici. "Signore, per favore... possiamo avere un po' di polvere?"

Squall annuì e tese una delle sue quattro ali sottili. "Basta che le tocchiate con una ciotola," disse. "La polvere cadrà dentro."

I medici annuirono, ognuno con due ciotole. Uno ad uno, presero la polvere delle sue ali in ciotole di pietra.

"Che altro serve?" domandò Irvine. "Acqua? Olio?"

"Acqua! L'Oracolo ci ha detto di dare questa polvere al re mescolandola con acqua calda," disse loro uno dei medici.

"Chiamate un servitore!" gridò Irvine.

"L'acqua calda è già pronta. Seifer ne ha già una pentola in stanza," disse loro Quistis. Si voltò, con le gonne che fluttuavano dietro di lei mentre camminava. "Svelti, seguitemi!"

"Devo controllare i cavalli," disse Selphie. Guardò Squall e Rinoa. "Andate pure avanti."

"Fateci sapere come la prende il Re Scontroso," disse Irvine. Rinoa annuì e fece cenno a Squall di seguirla. Lui la seguì esitante, sentendosi un po' in imbarazzo quando emersero di nuovo in corridoio e vennero subito fiancheggiati dalle guardie.

Né Quistis né i medici sembravano prestar loro attenzione mentre attraversavano il castello diretti alle stanze del re. Le guardie alla sua porta fecero un inchino alla presenza della regina mentre lei si fiondava nella stanza.

I medici la seguirono e Rinoa sbirciò nella stanza dalla soglia. Spalancò gli occhi. Seifer era ancora steso a letto. Aveva la bocca aperta e respirava molto a fatica.

"I medici sono qui con l'elisir, Seifer," gli disse Quistis indicando la teiera bollente sul tavolo. Uno dei medici vuotò velocemente un po' d'acqua calda in una ciotolina di pietra e mescolò con un cucchiaio di legno.

"Cercate di farlo tirare su a sedere," disse un medico. Quistis si sedette accanto al marito, occupandosi di sollevarlo e tenerlo diritto contro di sé, mentre il primo medico gli metteva in bocca una cucchiaiata di medicina.

Poi ancora un'altra, e un'altra. Guardarono attentamente il re, prendendo nota di quando inghiottiva, della diminuzione del pallore o altri movimenti.

"Ha finito la prima ciotola... non sembra che ci siano cambiamenti." Il primo medico si accigliò. "Portatene un'altra!"

Stavolta Quistis si accigliò. "È una cosa sicura? La medicina non deve fare effetto, prima?"

"Non sappiamo nemmeno se stia funzionando, vostra grazia," disse il secondo medico. Cominciò di nuovo a cacciare il liquido in bocca a Seifer.

Dalla soglia, Rinoa strinse i pugni, desiderando in silenzio che il sovrano guarisse. Sentì una mano calda accarezzarle la sua e quasi sobbalzò, voltandosi. Squall era dietro di lei con un sorriso dolce.

"Starà bene," le promise a voce bassa.

Lei guardò le loro mani unite e sorrise. Gli strinse gentilmente le dita. "Mi fido di te."

"Non sta funzionando," dichiarò un medico, irritato dopo aver somministrato la terza ciotola. Scosse la testa. "Tre ciotole e non è cambiato nulla!"

"No..." disse Quistis tenendo suo marito contro di sé. Poteva sentire che il suo respiro affaticato migliorava. "No, riesco a sentirlo."

I medici socchiusero gli occhi e si sporsero in avanti. Seifer era ancora pallido e ansimante. Muoveva la bocca, e il medico tese la mano. "Datemi la quarta!"

"Non è già troppa?" domandò Rinoa dalla soglia. "Ne ha già prese tre ciotole. Dovremmo aspettare di vedere-"

"Non c'è molto tempo, Sir Heartilly!" sbottò un medico mentre tutti e tre le lanciavano un'occhiataccia. "Hai fatto il tuo lavoro, ora lasciaci fare il nostro!"

Lei li guardò male. Squall le tenne stretta la mano. "Non preoccuparti, troppa non avrà effetti negativi," la rassicurò. Rinoa annuì.

Dall'altra parte della stanza, Quistis socchiuse gli occhi incuriosita mentre li guardava interagire. Spostò gli occhi sulle mani unite. Di certo prima non l'avevano fatto...

Prima che potesse chiedere, sentì che Seifer era preso da convulsioni contro di lei. Spostò immediatamente l'attenzione su suo marito e lo afferrò mentre lui si spingeva avanti, buttando fuori il liquido caldo che gli era stato somministrato.

"Che sta succedendo?!" domandò Quistis. "Cosa sta succedendo?!"

"Il suo corpo rifiuta la medicina!" gridò uno dei medici. Seifer iniziò a tossire ancora, con il liquido che colava agli angoli della bocca. Il medico si voltò e fissò gli occhi su Rinoa e Squall. "Sei sicura che la creatura è una fata?!" domandò.

Rinoa arrossì. "Ne sono sicurissima!" gridò di rimando, entrando furiosa nella stanza. "Non ha dato quello che gli è stato chiesto?!"

"Allora perché sua maestà rifiuta il medicinale?!" interruppe un altro medico.

"Seifer! Seifer, respira!" lo incoraggiò Quistis. L'uomo, pallido, era ancora sporto in avanti e cercava di smettere di tossire.

"Non sarebbe successo con una vera fata!"

"Lui è una vera fata!" gridò Rinoa. Squall cercò di intromettersi per calmarla, ma si trovò bloccato dalle guardie.

"Allora spiega perché sua maestà sta peggiorando!"

"Gli avete dato di forza molte ciotole di acqua calda!" ribatté Rinoa.

"Guardie!" disse un altro medico. "Arrestate quell'impostore!" Rinoa alzò la testa di scatto. Dietro di lei Squall sembrò sorpreso. Mani pesanti gli presero le spalle, e lui fu strattonato bruscamente all'indietro.

"Squall!" gridò Rinoa. Si voltò. "Basta! Lasciatelo subito!" ordinò alle guardie.

"Portatelo nei sotterranei!" disse il medico invece. "La sua polvere finta ha indebolito il re!"

"Cosa?" strillò quasi Rinoa, voltandosi ad affrontare il medico. "No! No invece!" gridò sopra al rumore delle guardie, dei medici, delle grida di Quistis e della tosse di Seifer. Si voltò di nuovo verso la porta. Squall era rigido su un lato, e lasciava che gli legassero di nuovo i polsi, circondato da una manciata di guardie reali, con le lance tese che lo minacciavano. Il cavaliere spalancò gli occhi. "Basta! Cosa state facendo!"

"Portatelo nei sotterranei!" gridò un medico. "Finché non saremo sicuri che non è un impostore, non possiamo lasciarlo andare via!"

"Un attimo!" gridò Rinoa. Si mosse in avanti, cercando di seguire le guardie reali che portavano via il ragazzo, ma sentì svariate mani che la trattenevano. "Non è un impostore! Posso provarlo!"

"Qualcuno fermi Sir Heartilly!" gridò qualcuno.

"Squall!" gridò Rinoa mentre le guardie la trattenevano per le braccia impedendole di seguirlo. Lei strattonò, buttandosi in avanti e gridando mentre cercava di continuare a guardarlo. "Squall!" gridò, con i capelli davanti al viso mentre riusciva a liberarsi da una guardia. Altre due accorsero per bloccarla. "Ti farò uscire! Non preoccuparti!" gridò.

Con le spade puntate contro e le guardie che lo trascinavano avanti, Squall guardò ancora una volta al di sopra della spalla. Lei lo guardò negli occhi, continuando a lottare per raggiungerlo. "Verrò da te!"

*~*~*~*~*

"Sir Heartilly." Sentì qualcuno dire il suo nome e sollevò la testa stanca in direzione del suono.

"Ho il permesso di parlare con il prigioniero." Squall socchiuse gli occhi. La sua voce sembrava roca. "Ecco. Il sigillo della regina Quistis."

La pesante porta di metallo venne aperta, e Squall fece una smorfia per la lama di luce che gli cadde addosso. Distolse lo sguardo mentre passi pesanti attraversavano lo spazio dalla porta a lui.

"Squall?" lo chiamò lei. Per gli altri, essere gettato in un sotterraneo era un sicuro segno di tradimento, e se chiunque altro gli avesse giurato che sarebbe stato libero ma senza farsi vedere... aveva perso la cognizione del tempo, ma avrebbe di certo sentito il tradimento. Comunque, quando Rinoa lo chiamò, il suo corpo stanco si mosse. Lei sentì le catene che sfregavano dalla sua parte, e lui sentì i passi accelerare. Lei svoltò l'angolo e trattenne il fiato, scioccata. Si portò le mani alla bocca. "Squall...?"

I vestiti gli erano più larghi di quanto ricordasse lei. Era seduto per terra, le ali ripiegate contro di sé che sfioravano il pavimento sporco, e sembravano opache e fragili. Aveva le braccia sollevate sopra la testa, legate insieme contro il muro contro cui era appoggiato. Persino nella luce fioca delle torce del sotterraneo, lei vide quanto tesa e pallida era diventata la sua faccia.

"Le fate," gracchiò lui, con una smorfia quando sentì la sua stessa voce, "non vivono bene in cattività."

Lei cadde in ginocchio accanto a lui, e lui riuscì a vedere i suoi occhi rossi e gonfi. Sembrava che avesse un'espressione fissa di dolore sul viso mentre gli prendeva il viso tra le mani e gli toglieva i capelli dagli occhi. "Mi dispiace," rantolò lei. "Mi dispiace così tanto... non sapevo che sarebbe successo questo, Squall. Non sapevo che ti avrebbero messo qui."

Aveva gli occhi pieni di lacrime, e lui le vide luccicare. Mise tutta la sua volontà nel rivolgerle un sorriso rassicurante. "Sto bene," le disse. "Sto bene. Non è colpa tua."

"Sì invece," sussurrò lei. Gli accarezzò la guancia. Era sempre stata così vuota? Chiuse gli occhi e si sporse avanti, premendo la fronte contro la sua. "Mi dispiace così tanto."

Squall chiuse gli occhi e si sporse avanti, strofinando la testa dolcemente contro quella di lei come se tentasse di consolarla. "Da quanto sono qui?"

Lei tirò su con il naso e voltò la testa, piena di vergogna. "Due giorni," ammise.

Squall si irrigidì un poco. Non aveva luce nel sotterraneo, e non sapeva se era giorno o notte. Comunque sapeva che non la vedeva da un po'.

Strano; avevano passato alcune settimane di viaggio insieme. Giorno e notte, era stati l'uno al fianco dell'altra. Aveva dormito accanto a lei, mangiato con lei, parlato con lei, ma la vera entità di quella sensazione che lo stava lentamente consumando da dentro non si era fatta conoscere fino a quanto era stato portato via e l'aveva vista trattenuta da tre guardie mentre cercava di seguirlo.

Forse era per questo che non si sentiva tradito. Sapeva che lei sarebbe venuta da lui. In qualche modo, prima o poi, sarebbe venuta.

"Non ho mai dubitato che saresti venuta da me," disse, più a se stesso che a lei. Aprì gli occhi e vide quelli di lei, bagnati di lacrime. Lui sorrise dolcemente. "Sono felice che tu l'abbia fatto."

Lei tirò su con il naso e scosse la testa, sentendosi in colpa. "È colpa mia se sei qui dentro, prima di tutto," gli ricordò, furiosa con se stessa. "Sarei dovuta venire prima." Alzò la testa e incontrò i suoi occhi, implorante. "Abbiamo supplicato Quistis, ma Seifer non sta ancora del tutto bene. I consiglieri e i medici esitano a lasciarti andare finché suo marito non starà meglio."

"Seif... il tuo re si sente meglio?" domandò lui con attenzione. Rinoa annuì.

"Ha sputato il primo elisir perché gliene hanno dato troppo da bere, ma è arrivato l'Oracolo e lo ha costretto a prenderne una buona quantità. Pensiamo che stia migliorando," disse lei. Abbassò gli occhi. "Stiamo almeno cercando di farti uscire dal sotterraneo, ma ripeto, i consiglieri temono che tu cercherai di fuggire." Si morse il labbro. "E non posso biasimarti se lo facessi."

"Hai detto che mi avresti riaccompagnato tu stessa," le ricordò Squall. Lei alzò gli occhi, confusa. "Lo farai comunque?"

Lei annuì. "Sì."

Squall annuì. Esitò. "Sai quanto sarò tenuto qui sotto?" Rinoa scosse la testa.

"No, ma non dovrebbe essere più di qualche giorno, finché riusciamo a convincerli a spostarti in una stanza vera e propria. Sono sicura che Seifer starà meglio, allora, e i consiglieri accetteranno!" disse lei. Il suo sorriso speranzoso svanì quando vide quello solenne e triste di lui. Abbassò le spalle. Qualcosa non andava. "Quanto durano le fate in cattività?" domandò a voce bassa.

I suoi occhi azzurri erano smorti. "Tre giorni."

Lei non riuscì a respirare. Si sedette davanti a lui, impallidendo mentre lui abbassava gli occhi. Scosse la testa, incredula. "Perché non hai detto niente? Tre giorni?"

"Pensi che le guardie mi avrebbero creduto?" domandò lui quasi amaramente. Rinoa gli avvolse le braccia intorno e nascose il viso contro la sua spalla.

"Avresti dovuto dire qualcosa!" gridò contro la sua pelle. "E se non fossi venuta oggi? E se fossi venuta e tu non..."

Lui chiuse gli occhi e posò la testa contro la sua. Non aveva mai voluto essere slegato e in grado di toccare qualcuno più di quel momento, nella sua vita. "Sei venuta. Questo conta."

Lei si ritrasse e gli prese il viso tra le mani. Lui la guardò negli occhi prima che lei si sporgesse in avanti e gli premesse le labbra sulle sue.

Il formicolio che sentiva lei quando erano vicini e quando si toccavano sembrò amplificarsi. Lei si sporse un altro po', socchiudendo le labbra mentre lui ricambiava con la sua poca forza. Lei si avvicinò, spingendo il corpo contro il suo e cercando di chiudere ogni distanza tra loro mentre gli rimaneva stretta.

Lui si trovò a tirare le braccia nonostante le catene; voleva disperatamente ricambiare, ma era tristemente incapace di farlo. Sapeva che c'era qualcosa di speciale in lei; qualcosa che lo faceva sentire inaspettatamente completo quando erano insieme, ed era sicuro più che mai che persino la persona che aspettava quella notte ad Esthar era lei.

"Sir Heartilly!" rimbombò una voce nel sotterraneo. Rinoa si separò senza poche cerimonie da Squall, e alzò di scatto la testa in direzione della voce. "Stai bene lì sotto?!"

"Sto bene!" gridò lei. Le tremava la voce e aveva il viso rosso e caldo, ma una parte di lei si sentiva di certo benissimo.

Squall le sorrise intensamente. Memorizzò la sua espressione leggermente imbarazzata, custodendola in silenzio in mente. Se fosse morto, Rinoa sarebbe stata il suo ultimissimo pensiero.

"Dovresti andare," le disse a bassa voce.

Lei socchiuse gli occhi. Come poteva semplicemente lasciarlo adesso? Contrasse le labbra abbassando una mano allo stivale, facendocela scivolare sopra. Sollevò una lama piccola e sottile. Squall non poté evitare di allargare gli occhi mentre lei si inginocchiava, il seno contro il suo viso mentre si sporgeva avanti e afferrava il lucchetto delle catene con una mano.

"Rinoa-"

"Sssh," sussurrò a voce bassa infilando la punta della lama nel lucchetto e iniziando a muoverla. "Posso farcela. Ho visto che lo faceva Selphie un sacco di volte."

Lui quasi desiderò ridere. Stava cercando di aprire il lucchetto? Lui abbassò gli occhi e girò la testa, prima di scoprire che era incastrata tra i suoi seni. "Rinoa, non devi-"

Un piccolo click lo interruppe. Rinoa trattene il fiato, sorpresa di esserci davvero riuscita. Si illuminò in viso, tornando a sedersi, e rimise la lama nello stivale. Fece un largo sorriso. Quello doveva essere un segno. Di solito faceva schifo in queste cose.

Guardò di nuovo in basso e gli prese il viso tra le mani, sollevandolo e baciandolo ancora una volta.

"Aspettami," gli disse Rinoa ritraendosi. "Tornerò stasera."

Lui si accigliò, mentre lei si alzava. Abbassò le braccia doloranti e scosse la testa. "Rinoa, no. Non puoi-"

"Ti ho giurato che ti avrei liberato dopo averci aiutati," gli disse con decisione. "E che ti avrei accompagnato di persona se non ti avessero lasciato andare. L'ho giurato e manterrò la parola."

Lui socchiuse gli occhi. "Se lo fai sarai punita."

Lei non esitò. "Solo se torno."

Scivolò oltre l'angolo prima che lui potesse protestare ancora. Lui si lasciò cadere contro il muro ed emise un respiro pesante, ascoltando i suoi passi allontanarsi ed infine aprire e chiudere la porta del sotterraneo.

Strofinandosi i polsi doloranti e lividi, si bloccò. "Solo se torno."

Soppesò le sue parole per moltissimo tempo, dopo, e anche quando la porta si riaprì e si sentirono di nuovo passi regolari, non era sicuro che lei avesse inteso quello che lui sperava intendesse.

I passi si avvicinarono e Squall rimase seduto, alzando le braccia per fingere di essere ancora incatenato. Invece della guardia comparve di nuovo Rinoa, solo che invece della sua solita divisa da cavaliere, aveva dei pantaloni da cavallerizza e una tunica molto larga sotto un mantello da equitazione blu scuro. Un'espressione di urgenza aveva rimpiazzato quella di tristezza di ore prima, e gli tese le mani.

Lui sorrise, incapace di evitarlo quando lei cadde in ginocchio accanto a lui e lo abbracciò.

"La guardia dorme e l'alcol durerà poco," gli sussurrò all'orecchio. "Dobbiamo andare."

Lui annuì debolmente. Faticò a tirarsi in piedi, e scoprì che era Rinoa a sollevare la maggior parte del suo peso. Barcollò e si appoggiò pesantemente a lei. "Mi dispiace, Rinoa. Io-"

"No, no!" insistette lei mentre gli metteva un braccio sotto l'ascella. "Tu mi hai aiutata ad alzarmi quando eravamo nell'acqua... io posso aiutarti adesso."

Fece di più che aiutarlo ad alzarsi, pensò lui. Rimase con lui passo passo, quasi trascinandolo fuori dal sotterraneo. Miracolosamente, la guardia alla porta dormiva ancora, russando sulla sedia, mentre loro camminavano.

Rinoa lo guidò attraverso vecchi corridoi per la servitù raramente usati per evitare di essere visti. Era evidentemente una strada più lunga di quella presa dalle guardie per portarlo al sotterraneo, ma Rinoa era decisa. Squall non sapeva se ne era impressionato, scioccato o se si era innamorato di più di lei quando arrivarono alle stalle.

"Rimani qui," gli disse appoggiandolo contro una pila di fieno. Si sbottonò il mantello e glielo avvolse intorno, sia per tenerlo caldo che per nascondere le ali. "Prendo il mio cavallo."

Tutte e tre le cose, decise lui. Annuì e si raddrizzò. Poteva sentire l'aria fresca, e si godette la sensazione sulla pelle mentre faceva un respiro profondo. Gli ci sarebbe voluto comunque del tempo, e cibo vero, per tornare alla normalità, ma l'aria fresca aiutava.

Dentro le stalle, Rinoa andò a prendere la sua sella e si fermò. Non era appesa insieme alle altre. Lei socchiuse gli occhi. Doveva esserci, pensava mentre guardava le altre selle, cercando la sua. C'era sempre stata.

Sentì un grugnito dietro di lei e si voltò. Spalancò gli occhi vedendo Selphie alla porta con il suo cavallo. In mano teneva le redini... due, legate a due cavalli.

"Selphie," disse Rinoa deglutendo il nodo in gola e guardandola incerta. Si costrinse a non guardare Squall. "Che ci fai qui?"

Il labbro della ragazza tremò. "Non hai molto tempo," disse con voce strozzata. Fece velocemente un passo avanti e prese la mano di Rinoa. Le diede le redini e voltò la testa. "Irvine e Zell si stanno occupando delle sentinelle nelle mura ad est. Non hanno molto tempo, ma puoi uscire dalle mura della città prima che ti vedano, se parti adesso."

Gli occhi increduli di Rinoa si socchiusero lentamente. "Selphie... che stai dicendo?"

La ragazza tirò su con il naso, e cominciò ad asciugarsi gli occhi. "Sto dicendo che Squall farà meglio ad occuparsi di te!" Iniziò a piangere. "Perché se non lo fa, verrò a cercarlo! Ancora!"

Rinoa prese il cavaliere tra le braccia e la strinse forte, ricambiata. "Mi dispiace, Selphie," sussurrò. "E grazie."

Selphie tirò su con il naso e la lasciò andare con riluttanza. "Svelta!" disse asciugandosi ancora gli occhi. "Quistis ti ha dato dei soldi per aiutarti. Sono nella sella del tuo cavallo. Ora va'! Non hai molto tempo!"

Rinoa annuì e guidò i cavalli attraverso le stalle. Aiutò Squall a montarne uno, dicendogli di stringersi forte a lei mentre montava davanti a lui. Con l'altro cavallo legato al suo, uscirono dal cancello est.

Da una torre in pietra, due occhi azzurri guardarono l'amica d'infanzia e l'uomo di cui la sua amica era chiaramente innamorata andare via nella notte. Quistis chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime.

"Il patto che hai fatto con l'Oracolo," disse suo marito dietro di lei, con addosso una vestaglia morbida, in attesa che lei andasse a letto, "in cambio di una cura per me. Che cos'era?"

"Le ho detto che le avrei dato qualunque cosa avessi che lei desiderasse," disse piano Quistis. "E lei ha detto che voleva la libertà di Rinoa dai cavalieri." Si voltò e guardò i suoi occhi quasi maliziosi con i propri, tristi e lucidi. "Anni fa mi ha mandata sul confine galbadiano e lì ho incontrato Rinoa, Seifer. L'Oracolo mi ha dato la mia migliore amica... e poi l'ha voluta indietro. Perché? Perché lo ha fatto?"

Seifer aprì le braccia e sua moglie ci si accoccolò, perfettamente. Le posò il mento sulla testa e chiuse gli occhi. "Io penso, Quisty, che l'Oracolo possa aver voluto Rinoa per un'altra persona... ma non penso che ti abbia tolto la tua migliore amica. Le ha solo dato quello che Rinoa è riuscita a dare a te."

*~*~*~*~*

Lui tolse le briglie ai cavalli e le gettò sulla riva, prima di lasciare che abbassassero la testa e bevessero l'acqua dove settimane prima era stato buttato nella baia da un cavaliere troppo zelante.

Rinoa sedette su una roccia e si tolse le scarpe, infilando i piedi in acqua con un sospiro felice.

"Da quanto cavalchiamo?"

"Troppo," le disse Squall. Accarezzò il collo di un cavallo e la guardò. "Sei stanca?"

Lei scosse la testa, anche se era evidente che lo era. "Quanto manca per arrivare da tua madre?"

"La città non è molto lontana," la rassicurò lui. "Un giorno o due al massimo."

"E com'è?" chiese Rinoa mentre lui le si sedeva accanto. Squall agitò le ali.

Sembrò riflettere per un attimo sulla risposta. "Esthar City è fatta di cristallo," le disse. "È... difficile da descrivere."

"La gente è simpatica?" chiese lei piano. Spinse indietro la testa. "Non accetteranno un'umana?"

"Mia madre dice che tutti gli umani che entrano ad Esthar devono essere di cuore puro," le disse lui. "Sei entrata, questo dice qualcosa."

"Comunque non riesco a evitare di essere un po' nervosa," ammise Rinoa tirandosi le ginocchia al petto. Mosse le dita sott'acqua. "Com'è tua madre? Prima hai detto che lavora a palazzo reale? È una nobile o una cosa così?"

Esitò. Sua madre era la regina. "Le piacerai," la rassicurò. "Non preoccuparti." Rinoa socchiuse gli occhi. "È una nobile." Rinoa continuò a fissarlo. "Regina."

"Regina?" sbottò Rinoa. Sbatté le palpebre e scosse la testa. Il nome che aveva detto al castello... era lo stesso nome della regina delle fate che le aveva detto sua madre quando era piccola. "È impossibile... non puoi... ma... ti ho catturato..." Spalancò gli occhi. "Sto con un principe delle fate."

Lui trattenne una risata. "Non è niente. Solo un titolo."

"Beh... hai dei parenti? Fratelli? Sorelle? Cugini davvero vicini?" domandò Rinoa.

"Ho una sorella più grande, ma..." Squall guardò l'acqua. "Se ne è andata anni fa, con nostro padre. Lui è tornato, ma lei no."

Lei si rattristò, allungandosi a prendergli una mano. "Lei ti manca?"

"Sì, ma so che dovunque si trova, sta bene," affermò orgoglioso guardando Rinoa. "Mi ha detto che sarebbe stato così, e le credo."

"Perché?"

"Prima di andarsene, mi ha detto che avrei incontrato qui la mia principessa, durante la luna piena," rispose. "Ed è successo."

Rinoa fece un piccolo sorriso. "È una buona cosa che l'Oracolo ci abbia detto di venire da questa parte, no?" ridacchiò. "Succedono sempre cose belle quando ascoltiamo l'Oracolo Ellione."

Lui si tese. Spalancò gli occhi e la guardò curioso. "Dillo di nuovo. Il suo nome." Squall alzò la testa e si accigliò. "Come hai detto che si chiama?"

"L'Oracolo?" chiese Rinoa. Lui annuì e si avvicinò. "Ellione. L'Oracolo di Winhill."

Il respiro gli si mozzò in gola. Non sentiva quel nome da tantissimo tempo, non la vedeva da ancora più tempo. Era davvero viva e stava bene. Ed era a Winhill.

Sorrise leggermente e scosse la testa. Ora capiva.

"E ha mandato te?" Sorrise con dolcezza, guardandola intensamente negli occhi.

"Sì," Rinoa annuì e si sporse in avanti. Poté sentire che lui le accarezzava le labbra con le sue. "Mi ha mandato proprio da te."

*~*~*~*~*

Ufficio di Squall, metà pomeriggio

Lentamente, due occhi azzurri si alzarono dalla rivista che stavano leggendo, e si spostarono sul biondo arrogante seduto lì davanti. Seifer si appoggiò allo schienale della sedia di plastica nell'ufficio di Squall, guardandosi disinvolto le unghie come se si chiedesse in silenzio se aveva o no bisogno di andare con Quistis a fare un'altra manicure. Il suo solito sorrisetto gli riempiva la faccia.

Gli occhi opachi di Squall esaminarono l'aspirante scrittore di storie d'amore. Sapeva che c'erano cose un po' esagerate nella mente di Seifer. Lui e gli altri avevano stabilito da tempo che la mente di Almasy era un posto terrificante. Quell'articolo, comunque... sembrava che Seifer avesse proprio alzato gli standard.

Seifer si raddrizzò sorridendo e guardando l'altro ragazzo. "Già fatto?" domandò sfacciato. "Stupefacente come voli il tempo quando ti godi qualcosa, eh?"

Per un attimo, Squall si chiese se a Seifer sarebbe esplosa la testa per quanto stava diventando grande. "Questa è la tua favola?"

"Ovvio," grugnì Seifer. "C'è una fata, no?"

Squall non sapeva come rispondere, ma era abbastanza sicuro che il ragionamento di Seifer fosse sbagliato. Posò attentamente la rivista sulla scrivania e fece un respiro profondo.

"Posso chiederti esattamente cosa ti ha... ispirato," cominciò cauto, "a scrivere questa?"

Per tutta risposta ottenne un grugnito indignato. "Come se ti dicessi i miei segreti di scrittura!" annunciò orgoglioso Seifer. "Tutto quello che devi sapere è che questa è la roba che le mamme racconteranno alle figlie prima di mandarle a letto da qui all'eternità!"

Squall dubitava fortemente che una qualsiasi delle madri che conoscevano l'avrebbe mai fatto. "Hai scritto di un principe delle fate che è stato incastrato in maniera elaborata ad innamorarsi di un cavaliere umano, opera di sua sorella che era anche un oracolo."

"So cosa stai pensando," rispose l'altro sporgendosi in avanti. "Seifer - da dove ti è venuto questo colpo di genio? Dove lo tenevi nascosto? Di solito non lo faccio, ma oggi sono di buonumore, quindi te lo dico. Qualche sera prima che la scrivessi, cercavo di trovare un qualcosa di nuovo nella favola standard."

Squall contrasse involontariamente un occhio. "C'è una favola standard?"

"Zitto, sto parlando," sbottò Seifer. "Comunque, pensavo che invece della dolce principessa delle fate catturata da uno spadaccino girovago, perché non fare un principe delle fate testardo catturato - a malapena - da un cavaliere donna svampito? Ho sentito che queste nuove svolte nelle favole e cose così sono di moda adesso."

Squall si strofinò la radice del naso, sporgendosi in avanti, e chiuse gli occhi. "Li fai lottare in acqua e poi fare roba nel sotterraneo. Non capisco."

"Tre parole," disse Seifer, sollevando tre dita. "Tensione Sessuale Irrisolta."

"Cinque parole," ribatté Squall. "Questa storia non ha senso."

"Tu non hai senso!" sbottò Seifer. I due si guardarono in cagnesco.

"Chissenefrega," borbottò Squall. "Questo è l'ultimo crimine contro la scrittura che farai per la rivista, comunque."

"Cosa?" Seifer si accigliò. "Pensavo che servissero i soldi."

"Abbiamo raggiunto gli obiettivi fiscali di questo semestre," gli disse Squall. "Questo significa che abbiamo raggiunto gli obiettivi quindi siamo a posto. Stiamo a posto con i soldi, adesso."

Non poté evitare di notare l'espressione quasi delusa di Seifer. Era come se avesse appena trovato la sua vocazione e all'improvviso ne venisse privato. "Ma... e se ci servono altri soldi in futuro?" disse Seifer.

"Ci penseremo al momento," rispose Squall. "Dopo la mia storia della settimana prossima, smetteremo di scrivere per la rivista di Ellione."

"Lasciamene scrivere ancora una," chiese Seifer raddrizzandosi sulla sedia.

"No."

"Perché no?"

"Dimentichi che sei un Comandante e non uno scrittore?" chiese Squall alzando gli occhi al cielo.

"Posso fare tutte e due le cose!" insistette Seifer alzandosi. "Ho talento!"

La porta si aprì cigolando e una donna bionda con il pancione e un abito morbido rosa socchiuse gli occhi dietro gli occhiali.

"Talento?" domandò Quistis. "Detto dall'uomo che se ne frega di raccogliere gli asciugamani dal pavimento del bagno."

"Ho detto che l'avrei fatto!" insistette Seifer. "E cosa fai da questa parte del Garden? La dottoressa Kadowaki non ha detto di prenderla comoda mentre sei incinta di Seifer Junior?"

Quistis fece un pesante sospiro. "Ne abbiamo parlato," disse attentamente mentre entrava e posava una pila di fogli sulla scrivania di Squall. "Avremo una bambina."

Squall resistette alla tentazione di sorridere. "Questi sono gli orari di insegnamento per il prossimo semestre?" chiese allungandosi a prendere i fogli. Quistis annuì.

"Ci è voluto un po', ma sono riuscita a rispettare le ferie che hanno richiesto gli insegnanti," lo informò Quistis. Guardò di nuovo suo marito. "Tu comunque che ci fai qui?"

"Chiacchieravamo delle mie abilità incredibili," le disse orgoglioso Seifer. Quistis sollevò un sopracciglio ben curato.

"Di cosa?" L'espressione di Seifer cambiò e Squall sollevò disinvolto i fogli per nascondere il suo sorrisetto. "Se hai finito di parlare, allora vieni con me. Mi serve aiuto con il bucato." Sua marito grugnì.

"Non puoi farlo fare a qualcun altro?"

"Chi, Seifer? La bambina? Smettila di lamentarti e muoviti," ordinò Quistis. "Sono stanca che tu dica a Fujin e Raijin di farlo. Hanno lavori veri!" Marciò fuori e Seifer la seguì. Lui si voltò per chiudere la porta e lanciò un'occhiataccia a Squall.

"Non è finita, Capitano."

"Seifer!" gridò Quistis. "Dai!"

"Arrivo, mia splendida ragione di vita!" La porta si chiuse e Squall scosse la testa. Si voltò verso il computer e aprì il file su cui lavorava prima. Aveva scritto due frasi quando la porta si spalancò ed entrò Rinoa, ansimante.

"Squall!" gridò quasi. Aveva il viso arrossato e lucido di sudore, e sembrava che avesse corso per tutto il Garden. Lui corrugò la fronte e si alzò con cautela.

"Cosa c'è?"

"Angelo è fuori controllo nel Centro Addestramento e io non posso entrare e fermare tutti! Selphie e Irvine e Zell sono in missione e-"

"Ho capito." La sedia su cui era seduto girò mentre lui correva fuori dalla porta. "Prendi la mia giacca!" gridò dal corridoio. "Se devo chiuderlo manualmente, dovrò andare alla scatola di controllo!"

"Capito!" gridò Rinoa. Fece il giro della scrivania e prese la giacca appoggiata alla sedia. Togliendola, vide di sfuggita lo schermo. Non era il solito formato ufficiale dei promemoria del Garden di Balamb. Piegò la testa di lato e lesse in fretta qualche paragrafo.

"Rinoa! L'ascensore si sta chiudendo!" gridò Squall.

La ragazza sorrise e annuì. "Arrivo, Squall!"

*****
Nota della traduttrice: una piccola nota dato che la storia si fonda sul gioco di parole "fairytale" (favola) e "fairy" (fata). Purtroppo non sono riuscita a rendere questo gioco di parole né nel titolo della storia, né nella battuta con cui Seifer risponde che è ovviamente una favola, essendoci una fata. Ho scelto di lasciare fairytale nel titolo, perché si capisse meglio, e di tradurre la battuta. In ogni caso, faccio notare che per tutta la storia, Squall viene chiamato "fairy".
Come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 4
*** IV: Fine = Inizio = Fine = ? ***


WILL WRITE FOR GIL
scritta da PasifiKStaR, tradotta da Alessia Heartilly
IV: Fine = Inizio = Fine = ?

Sapeva che lei era lì; non c'era altro posto dove poteva andare. Era stata costretta a fuggire dal suo regno, ritenuta inadatta ad essere la sposa del principe, e costretta a tornare al castello in rovina della sua famiglia; un vecchio rimasuglio della sua forza originaria.

"Mia signora!" gridò nei corridoi, fermandosi in cima alle scale. Fece una smorfia. Lei non rispose.

"Sua Altezza!" disse un servitore tremante dall'ingresso ai piedi delle scale. "I paesani ci sono alle calcagna! Cosa dobbiamo fare?"

La responsabilità delle loro vite ormai era ricaduta sulle sue spalle, ora che il padre di lei, l'ultimo erede maschio della famiglia, era morto.

Socchiuse gli occhi. La manciata di servi fedeli rimasta nella casa della sua fidanzata non avrebbe avuto scampo contro la folla di paesani arrabbiati e pieni d'odio che circondava le mura, armati e alla ricerca della nobildonna una volta amata. I servitori sarebbero stati uccisi, se si fossero messi in mezzo.

"Andatevene," disse loro a voce bassa. "Prendete quello che potete e andatevene subito! Passate dagli ingressi laterali e scappate immediatamente da questo posto! Non fatevi prendere dalla folla!"

I pochi che erano rimasti non si mossero dal fondo delle scale, guardando immobili il principe. La più piccola, una ragazza che era stata con la nobildonna fin da quando erano bambine, prese la parola.

"Temo che non possiamo farlo, Sua Altezza," disse con un sorriso triste. "Non abbandoneremo la nostra signora."

Il principe si accigliò. "Allora cosa farete?" domandò. "Non siete che una manciata di uomini e donne. I paesani se la prenderanno con voi se insistete a proteggerla - una strega."

"Ci sottovaluta, buon principe," sorrise un ragazzo biondo e arrogante. "Strega o no, adesso è l'unica padrona di questa casa - una casa che abbiamo giurato di servire a proteggere a costo della vita."

"E la serviremo e proteggeremo," aggiunse con solennità una donna bionda. "Fino al nostro ultimo respiro." Piegò la testa di lato e lo guardò incuriosita. "Inoltre, buon principe," gli disse, "non sta forse facendo la stessa cosa?"

Lui strinse i pugni. Lei era una donna senza nome di una famiglia nobile in disgrazia di un regno vicino. Suo padre aveva usato tutti i suoi legami e aveva concordato per lei un matrimonio con il principe ereditario. Non appena erano stati fatti i preparativi, lui era morto; e aveva lasciato tutto alla sua unica figlia.

Lei era andata a vivere con il principe e la sua famiglia. Era quasi senza soldi, sola al mondo, ma il suo carattere dolce e generoso aveva conquistato il principe, all'apparenza senza cuore. Il loro amore, era arrivato a capire lui, era reciproco.

Comunque, prima che si sposassero, un tentativo di assassinarlo aveva scatenato un potere latente in lei, che aveva fatto svenire i sicari, ma si era rivelato in pubblico. Quella che avrebbe dovuto essere un'occasione eroica si era fatta cupa, dato che il regno che una volta era stato devastato da una strega affamata di potere aveva decretato che la sua sola esistenza era un crimine.

Lei era fuggita dal regno del fidanzato, anche dopo che lui aveva cercato di mettere a tacere i pettegolezzi su di lei. La sua gente aveva iniziato ad odiarla così facilmente, e a giudicare dalla folla che si era raccolta mentre correva al vecchio castello, anche il popolo di lei.

In cima alle scale, alla ricerca di lei, si rese conto che erano completamente incastrati.

I servitori continuarono a guardarlo incuriositi, e lui annuì. "Ho giurato di essere al suo fianco," disse loro. "Anche se il mondo si fosse rivoltato contro di lei... e manterrò la parola." Persino in una situazione tale, i servitori rimasti sorrisero.

"Allora li tratterremo il più possibile," assicurò un altro uomo. Guardò gli altri due che erano con loro. "Barricate le porte e chiudete i cancelli!" I tre si divisero, lasciando solo le due donne.

"Sua Altezza," disse la donna bionda con un inchino. "Grazie."

"Faremo del nostro meglio per lei e per la nostra signora," aggiunse la ragazza castana.

Lui si sentì torcere le budella. Non avrebbero visto l'alba, e questo lo faceva infuriare un po'. La sua fidanzata non avrebbe voluto che gettassero via le loro vite, eppure ammirava la loro devozione, e la amava comunque.

"Fate quello che volete," sbottò svoltando a destra e marciando in corridoio. Si fermò, prima di sparire del tutto e borbottare sottovoce, "E grazie."

Si sentiva gridare all'esterno, e le due donne si voltarono. "Aiutami a far scendere la barricata!" gridò la bionda. L'altra annuì e corse avanti. Proprio mentre riuscivano a far scendere la pesante sbarra di legno sulla porta principale si udì uno schianto da una delle altre stanze.

Si voltarono verso la sala da ballo sulla destra. Grosse pietre rompevano le finestre. Il vetro andò in frantumi, i vasi caddero, e le voce dei paesani furiosi penetrarono nel castello prima silenzioso.

La ragazza castana si aggrappò alla bionda. "Ci siamo, vero?"

Un forte grido di un uomo che moriva provenì dall'esterno, e gli occhi della bionda si riempirono di lacrime. Il dolore la riempì. Era la voce di suo marito.

"Sì," sussurrò senza fiato. "Ho paura di sì."

Dei corpi si fiondarono all'interno dalle finestre rotte. La gente gridava. Portava torce. Da qualche parte, le tende venivano incendiate. Lottarono, cercando di impedire alla folla furiosa di salire le scale, ma fu inutile. La ragazza castana cadde dalle scale e non si rialzò. La bionda si perse sotto la calca.

La folla salì di corsa le scale. Si diede ordine di frugare l'intero castello alla ricerca della strega pericolosa. Qualcuno gridò di far controllare la foresta che circondava il castello. Mentre cercavano in corridoio, l'intero castello iniziò a tremare.

La folla si fermò, cercando di recuperare l'equilibrio. I corpi venivano sbattuti contro le pareti e gli uni contro gli altri, mentre ritratti, specchi e arazzi cadevano dai muri. Si udì un forte brontolio che mise a tacere la folla, mentre il castello tremava di nuovo.

Si prepararono per il crollo dell'edificio su se stesso, ma non successe mai. I paesani si guardarono.

"La strega!" accusò qualcuno. Un grido crescente riempì il corridoio e si precipitarono in avanti. Arrivarono in fondo al corridoio, aprirono la porta e si fermarono sulla soglia.

Un lato intero della torre era scomparso, affondato nella scogliera dietro il castello.

"Cosa è succ-"

"Il principe!" gridò qualcuno. In molti si voltarono e guardarono il bordo del pavimento, impotenti, mentre il corpo del principe scivolava giù verso l'abisso.

*~*~*~*~*

"È infestato," disse Zell guardando l'imponente struttura in pietra davanti a loro. Alzò le mani sulla testa in un inutile tentativo di proteggersi dalla pioggia.

"Assolutamente infestato," concordò Selphie accanto a lui, fissando a occhi spalancati il vecchio castello galbadiano. Una parte sembrava essere stata sopraffatta dalle piante delle scogliere circostanti, ma la struttura era ancora in piedi, minacciosa.

"Non importa!" gridò Squall da dietro di loro. Irvine chiuse il cofano della macchina che all'improvviso li aveva abbandonati proprio mentre raggiungevano il vecchio edificio. "Ci serve solo un posto dove passare la notte!"

Zell arricciò il naso. Stavano tornando a Deling City dalla costa di Galbadia, dove avevano aiutato alcuni SeeD del Garden locale, quando la tempesta di cui erano stati avvertiti era arrivata. Alle radio era stato comunicato che c'era stata un'inondazione, e quando erano arrivati a uno dei ponti avevano scoperto che era del tutto sommerso.

Dovendo per forza di cosa tornare indietro, i quattro avevano fatto retromarcia. Irvine li aveva portati a un vecchio castello sulla costa, vicino ad alcuni campi di addestramento per il Garden di Galbadia. Era stato inghiottito dal tempo e dalla natura, quindi immaginava che sarebbe andato bene come rifugio per passarci la notte.

"Zell! Aiuta Irvine con le razioni," ordinò Squall. "Selphie, preparati ad esplorare il posto!"

"Sì, Comandante!" Selphie fece un saluto veloce prima di salire le scale di pietra piene d'erbacce. Squall prese dalla macchina una radio portatile e la seguì. Entrando sentì Selphie che chiedeva gridando se c'era qualcuno lì dentro.

Zell e Irvine lo seguirono, con una grossa cassa di metallo per uno, che conteneva alcune provviste di base per tutti e quattro.

"Dove la mettiamo, Squall?" domandò Irvine guardandosi intorno. Accanto a lui, Zell guardò l'alto soffitto a volta. C'erano segni di bruciatura sui muri e mancavano i mobili, ma era ovvio che il vecchio edificio abbandonato una volta era la casa di una famiglia facoltosa.

Il loro leader si guardò intorno nell'ingresso e socchiuse gli occhi, voltandosi a sinistra ed entrando nella stanza più vicina. Attraverso un arco che ora non aveva più la porta, trovò una stanza spaziosa piena di vecchie mensole in legno. Quasi tutte le mensole erano marce e crollavano. C'erano dei vecchi mobili spinti in un angolo, ma anche questi erano solo i rimasugli di un mondo perduto da tempo.,

Ad ogni modo sembrava che la stanza avesse un camino che potevano usare. Ed era vicina all'ingresso. Le finestre erano piccole, quindi non sarebbe penetrata troppa pioggia nella stanza umida.

"Qui dentro," disse Squall sollevando una mano e facendo cenno di entrare. "Prendete un po' di pellet e cercate di vedere se potete accendere un fuoco. Si sta facendo buio quindi non abbiamo molto tempo, e voglio conservare le pile delle torce."

"Sembra un piano," disse Irvine. "E tu?"

Lo superarono mentre Squall si chinava a terra e accendeva la radio. "Io cerco di vedere se riesco a trovare campo per far sapere al Garden di Galbadia che siamo qui," disse, mentre si metteva una bretella della radio sulla spalla e si alzava in piedi. Allungò l'antenna e controllò un piccolo schermo, tenendolo d'occhio mentre usciva.

All'improvviso un grido riempì il castello. Squall alzò di colpo la testa e si precipitò per il corridoio.

"Era Selphie!" gridò Zell dietro di lui.

"Ovviamente! Conosci qualcuno altro qui che griderebbe così?!" gridò di rimando Irvine correndo dietro a Squall.

Quest'ultimo svoltò dietro l'angolo. "Selphie!" gridò. "Rapporto!"

Non ebbero risposta e corsero in una stanza, per fermarsi subito. Selphie era sul bordo di un pavimento che aveva ceduto crollando nella scogliera proprio dietro il castello. Guardava giù ad occhi spalancati, oltre il muro che era crollato molto tempo prima, nella gola scura.

"Tesoro, stai bene?!" domandò Irvine avvicinandosi con attenzione.

Selphie annuì. Si voltò e fece un respiro profondo. "Il... una parte del pavimento," disse, indicando vagamente il terreno davanti a lei. Sentirono uno schianto e guardarono il pavimento a pochi passi da lei. Fece un passo indietro, lentamente, poi un altro, proprio mentre un grosso pezzo di pietra che componeva il pavimento si spezzò e cadde.

Zell deglutì nervosamente. "Inizio a pensare che venire qui sia stata una pessima idea."

Squall alzò gli occhi al cielo. "Selphie, stai bene?"

"Sì," annuì la ragazza. Gli rivolse un sorriso luminoso. "Mi ha solo colta di sorpresa, ecco tutto."

"Bene," disse Squall. "Torniamo tutti alla vecchia biblioteca, dove abbiamo messo le provviste. Dovremo evitare assolutamente questa parte del castello. Selphie, sei andata da altre parti?"

"Ho controllato il lato ovest," disse mentre Irvine la accompagnava fuori dalla vecchia stanza. "Sembra che non ci sia nessuno da anni. Sembra che il lato est non sia vivibile, dato che ne manca un pezzo."

"Comunque, questo posto è vecchio e in rovina." Squall si accigliò. "Se uscite, assicuratevi che qualcuno sappia dove andate, in caso succeda qualcosa e si debba cercare."

"Sì," annuì Irvine. Corrugò la fronte. "A pensarci, questo posto è davvero vecchio. È qui da quanto ha memoria qualsiasi persona con cui ho parlato."

Il gruppo tornò indietro attraversando il corridoio. "Ci sono segni d'incendio sui muri, ma sembra che sia stato svuotato."

"Forse un assalto," borbottò Squall guardandosi al di sopra della spalla e socchiudendo gli occhi. Non avevano notato che il vecchio castello era su una scogliera.

"Mi chiedo a chi appartenesse," disse Zell mentre tornavano in biblioteca. Si avvicinò alla cassa di provviste e la aprì.

"Una vecchia famiglia nobile," disse Irvine. Passò la mano guantata su un vecchio divano in legno prima di sedercisi sopra con cautela. Questo scricchiolò, ma non crollò. Annuì e si appoggiò allo schienale. "È stato prima che Galbadia venisse unita, quando era solo una manciata di feudi o una cosa così." Corrugò la fronte. "A pensarci, c'è una vecchia storia su questo posto."

"Quale?" domandò curiosa Selphie, chinandosi davanti alla cassa di provviste e cominciando a frugare all'interno. Ne tolse alcune torce mentre Zell cercava di accendere il fuoco.

Irvine fece un profondo sospiro mentre cercava il racconto nella sua memoria. "Vediamo... dicono che la figlia della famiglia che possedeva questo posto sia morta qui, o meglio, si sia suicidata qui."

"Cosa?" Selphie si accigliò. "Perché?"

"Suo padre aveva combinato il suo matrimonio. L'aveva mandata a sposare un principe - un bel risultato secondo me, ma la nobildonna è scappata. È tornata qui dopo alcuni problemi con il regno del fidanzato, e lui l'ha seguita. Si dice che l'abbia rincorsa fino alla torre est," disse Irvine, voltando la testa verso il punto da cui erano appena tornati. "Hanno litigato e poi, all'improvviso, la torre è crollata. Sono andate a pezzi le fondamenta, e metà torre, con tutto il soffitto, è finita nella scogliera. Quando sono arrivati là i paesani, hanno visto solo che lei trascinava il principe alla morte."

Zell e Selphie fissavano Irvine a occhi e bocca spalancati. Stringevano nelle mani pallide rispettivamente una scatola di fagioli e un accendino.

Squall alzò gli occhi al cielo e si accigliò. Perfetto. Era esattamente quello che avevano bisogno di sentire Zell e Selphie, che si spaventavano facilmente. "Vado a cercare il segnale," disse voltandosi, e tornò in corridoio. "Irvine, ora sono una tua responsabilità."

"No!" gridò Selphie balzando in piedi. "Non andare da solo, Squall! Questo posto è decisamente infestato!"

"Non è infestato." Squall si accigliò. "È solo una storia, Selphie."

"Sì, Selphie!" aggiunse Zell guardandosi cautamente intorno. "Solo una storia!"

Irvine fece un largo sorriso. Si sporse in avanti e si tolse il cappello. "Dicono anche che era arrabbiata con i paesani perché la obbligavano a sposarsi. Chiunque fosse sorpreso a venire qui sarà trascinato giù dalla scogliera dal fantasma della donna. Ecco perché il villaggio che circondava il castello non esiste più. La gente se n'è andata, dopo così tante morti."

"Irvine..." lo avvertì Squall.

Il cecchino ridacchiò e si appoggiò allo schienale. "Sto solo scherzando, ragazzi. Non c'è nessun fantasma di donna arrabbiata, qui."

"E la storia?" si accigliò Selphie.

"C'era una nobildonna che viveva qui e che doveva sposare un principe eccetera, ma sono sicuro che la storia sia molto esagerata," la rassicurò Irvine. Le fece un occhiolino malizioso. "Non preoccuparti, tesoro. Se qualcosa ti dà la caccia, lo disintegro io."

Squall alzò gli occhi al cielo ancora una volta. "Torno tra poco."

Uscì dalla porta prima che Selphie potesse fermarlo di nuovo e alzò l'antenna della radio. Iniziò ad armeggiare con le manopole della vecchia radio portatile, desiderando in silenzio che avessero investito più soldi in un equipaggiamento più all'avanguardia. Sarebbe stata la prima cosa che avrebbe proposto al loro ritorno, si ripromise.

Tenne gli occhi sulla linea del segnale, spostandosi verso qualunque posto in cui il segnale si facesse di una barretta più forte. Comunque, non appena si voltò e fece qualche passo, la barra scompariva ancora una volta. Stava diventando un po' frustrante. Svoltò l'angolo e la linea del segnale lampeggiò. Una barra... due barre!

Spalancò gli occhi, pieno di speranza. Si mosse in avanti - le due barre erano forti, non lampeggiavano più. Entrò in una stanza e lampeggiò una terza barra. Poi...

Niente.

Strinse forte le labbra e scosse la radio. C'erano giusto due barre e stava arrivando la terza - ora era come se la macchina si fosse spenta. Si voltò, sperando di trovare il punto migliore dietro di sé, ma non riuscì a ritrovare le barre.

"Cosa..." borbottò tra sé e sé. Alzò la testa e si bloccò.

Non aveva sentito l'aria fredda. Non aveva nemmeno sentito la pioggia che lo sferzava, spostata dal vento. Squall fece un passo indietro, gli occhi fissi sullo spazio buio a soli pochi passi di distanza. Dopo gli ultimi pezzi di pavimento di pietra, non c'era altro che il baratro.

Indietreggiò velocemente, tenendosi vicino al muro mentre guardava i resti della stanza. Era sopra il lato est del castello? Socchiuse gli occhi. Era più in alto; aveva salito delle rampe di scale? Accigliandosi, guardò la radio e si rimproverò mentalmente per non aver prestato attenzione a ciò che lo circondava. Che SeeD terribile era.

Mentre usciva attentamente dalla porta, notò un vecchio arazzo ancora appeso al muro. Era rovinato dal sole, ma il fatto che fosse ancora lì dopo tutti quegli anni, rispetto al resto del castello, era quasi impressionante.

Socchiuse gli occhi. Sbiadita e mezza rovinata, poteva comunque intuire la forma di una donna, seduta davanti a un paesaggio. La ritraeva solo dal petto in su, e aveva i capelli raccolti e coperti, probabilmente secondo lo stile del tempo, ma i suoi occhi erano famigliari. I suoi occhi... il suo naso... Squall si accigliò. Le sue labbra.

"Rinoa...?"

"Squall!" gridò una voce dal corridoio. "Squall, sei lì sopra?"

"Sì!" gridò il Comandante in risposta a Irvine. Si allontanò di un passo dall'arazzo. La donna somigliava molto a Rinoa, solo che Rinoa sorrideva quasi sempre o aveva un'espressione carina, di cui lui di rado ammetteva di pensare davvero che fosse carina. La donna dell'arazzo sembrava triste.

"Squall!" chiamò di nuovo Irvine, più vicino stavolta. "Si sta facendo buio! E c'è pronto da mangiare!"

Il ragazzo sembrò sorpreso. Era stato via per tutto quel tempo? Si allontanò a forza dall'arazzo e rimise l'antenna nell'apparecchio che portava a spalle. Uscì dalla porta e vide il fascio di luce della torcia di Irvine contro il muro. Svoltando l'angolo, trovò l'amico ad attenderlo.

"Niente da fare," disse Squall. "Di solito c'è segnale, qui?"

"Sì," annuì Irvine mentre si dirigevano alle scale. "Non è il migliore ed è piuttosto instabile, ma può darsi che il tempo abbia fatto qualche danno."

Doveva essere così.

"Grandioso," disse Squall accigliandosi. "Dovremo riprovare domani. Altrimenti il Garden di Galbadia saprà che non siamo tornati per la notte e manderà una squadra di ricerca."

"Meglio tardi che mai," concordò Irvine. "Sembra che per stasera questa sarà casa dolce casa."

*~*~*~*~*

Non sapeva esattamente cosa lo avesse svegliato. Dubitava che fosse per il posto in cui dormiva, dato che l'esperienza gli aveva insegnato molto tempo prima che quando si è esausti, si riesce a dormire quasi ovunque. Eppure Squall rabbrividì. La notte si stava raffreddando. Si mosse nel sonno, rotolando sul fianco sul pavimento di pietra duro, a qualche passo di distanza da dove dormiva Irvine.

Selphie si era presa un divano rovinato, e Irvine le aveva dato la giacca per coprirla, dato che aveva addosso solo un vestitino corto e giallo. Zell era contro il muro, con le ginocchia tirate contro il petto, chino in avanti, e dormiva della grossa, mentre la pioggia continuare a cadere fuori dal loro rifugio.

"...Vattene da questo posto," sentì sussurrare una voce morbida da qualche parte oltre la sua coscienza. "...non tornare..."

Aprì lentamente gli occhi. Il buio della vecchia biblioteca rivelava che il sole doveva ancora sorgere. Guardò il camino. Come pensava, il fuoco si era spento nel corso della notte. Socchiudendo gli occhi, si tirò su a sedere e si guardò intorno. Le armi erano ancora dove le avevano lasciate. Non sembrava che ci fosse nulla di strano, anche se poteva giurare di aver sentito parlare qualcuno.

Squall guardò i suoi compagni. Respiravano tutti profondamente, segnale di un sonno tranquillo. Il Comandante scosse la testa e si apprestò a coricarsi.

Con la coda dell'occhio vide qualcosa muoversi. Immediatamente, posò la mano sull'impugnatura del suo gunblade, che teneva lì vicino. Lo strinse forte con le mani guantate socchiudendo gli occhi e concentrandosi sul corridoio scuro oltre l'ingresso della biblioteca. Vide qualcosa di azzurro; un'ombra pallida che sembrava sfrecciare oltre l'ingresso, ne era sicuro.

La maggior parte delle persone avrebbe ignorato quella visione, dandone la colpa a uno scherzo della mente stanca, ma lui era un SeeD. Se il suo istinto gli diceva di aver visto qualcosa, quasi sicuramente era così. Squall si alzò in piedi e si pulì distrattamente le mani sui pantaloni, avvicinandosi all'ingresso. Strizzò gli occhi. Riusciva a malapena a vedere.

Tornò in biblioteca e prese una delle torce che avevano portato dentro. Senza guardare i suoi amici ancora addormentati, Squall uscì in corridoio e accese la torcia. Se la mise davanti e socchiuse gli occhi. Poteva vedere le scale che aveva salito nel pomeriggio, e i numerosi corridoi che le circondavano.

Spostò la luce sul corridoio d'ingresso, ma non riuscì a trovare nulla di strano. Le pile di mobili rovinati erano ancora dove le aveva viste l'ultima volta. I resti degli arazzi erano ancora al loro posto. Socchiuse gli occhi e uscì in corridoio. Spostò la luce su un muro, fermandosi su uno dei vecchi arazzi in rovina che cadevano a pezzi.

Fili allentati riuscivano comunque a mostrare il castello nel suo splendore, ma anche se sbiadito l'arazzo non aveva la stessa sfumatura di azzurro che era sicuro di aver visto.

Sentì dei passi leggeri dietro di sé e si voltò immediatamente. Spostò la torcia nel buio, ma non c'era nulla. Squall strinse le labbra. Poteva sentirsi rizzare i peli sulla nuca. Era Selphie? Era quella che aveva i passi più leggeri del gruppo.

Tornò in biblioteca e sbirciò dentro. Stesa sui resti rovinati del divano, Selphie era ancora rannicchiata in posizione fetale, ben avvolta nel cappotto di Irvine. Si accigliò. Non sarebbe riuscita a tornare indietro così in fretta senza che lui la sentisse correre in biblioteca.

Si sentì accapponare la pelle voltandosi, puntando di nuovo la luce davanti a sé. C'era qualcun altro nel castello.

Fece un passo avanti e sentì di nuovo i passi; stavolta venivano dalla cima delle scale. Spostò subito la luce sulle scale.

Niente.

Si stava stancando di questi giochi. Squall salì le scale, pronto a rastrellare i corridoi fino a trovare l'intruso. Quando raggiunse la cima delle scale, si preparò a svoltare a sinistra nel corridoio ovest, quando una voce ariosa giunse da destra.

"Vattene da questo posto..."

Si voltò e illuminò il corridoio con la torcia. Di nuovo, non c'era nessuno. Accigliandosi guardò in fondo alle scale, come se si aspettasse che ci fosse qualcuno che parlava per irritarlo. Non ebbe quella fortuna.

Continuò lungo il corridoio. Ci doveva essere qualcun altro nel castello e non era così inverosimile. Erano stati loro ad essersi rifugiati lì durante la tempesta, e per quanto ne sapevano, c'erano persone che avevano scelto il castello come rifugio permanente. Potevano essere i SeeD gli intrusi.

Comunque, Selphie e Zell avevano esplorato praticamente tutto il castello senza trovare nessuno. Non avevano nemmeno trovato tracce di presenza umana, a parte i vecchi mobili rovinati con uno spesso strato di polvere a ricoprirli. Se fossero entrate altre persone dopo, cercando come loro rifugio dalla tempesta?

"Non siamo qui per farti del male," disse Squall nel corridoio. "Stiamo solo aspettando che passi la tempesta, e non vogliamo fare alcun male," disse con tutta la calma possibile. Non ci fu risposta.

Continuò a camminare, ascoltando i propri passi riecheggiare contro il vecchio pavimento di pietra. Tump... tump... un tappeto. Si accigliò. Si guardò i piedi e si accigliò ancora di più. Era stato in quell'ala del castello, prima; non c'erano tappeti blu sul pavimento. Si voltò, seguendo il tessuto con la torcia.

Si estendeva verso le scale e fino al corridoio dall'altra parte. Il suo viso espresse tutta la sua confusione.

Era strano.

Si voltò di nuovo e alzò la testa di scatto. I muri di pietra nuda che aveva costeggiato solo poche ore prima ora non lo erano affatto. Appesi ai muri c'erano arazzi eleganti e colorati, ritratti in cornici di legno scuro e ogni tanto c'era un tavolinetto contro il muro, con delle sculture sopra.

Brevemente, il ragazzo pensò di tornare giù per le scale e svegliare uno dei suoi amici. Avrebbe insistito perché salisse con lui a controllare il corridoio, ma cosa avrebbe fatto se fossero tornati lì e il corridoio fosse stato come prima? Avrebbero detto che sognava.

Si fermò. Ecco cos'era, decise. Stava sognando.

Non sarebbe stata la prima volta che faceva un sogno così vivido. A volte, gli mancava davvero Rinoa, e sognava... scosse velocemente la testa. Non era il momento.

Sospirò pesantemente e cedette alla situazione. Abbassò la torcia e continuò ad andare avanti, ignorando l'assurdità del corridoio improvvisamente decorato e le candele che lo illuminavano. Corrugò di nuovo la fronte e guardò la torcia. La lampadina era spenta. Quando l'aveva spenta?

Squall continuò a camminare, superando il ritratto di un uomo e una donna che camminava accanto a lui. Si fermò a metà di un passo. Voltò la testa di scatto a sinistra e fece un passo indietro. Socchiuse gli occhi quando vide il suo riflesso che lo fissava. Alzò gli occhi e notò il grosso specchio appeso al muro.

Che stava succedendo nella sua testa? Le due persone erano lui e Rinoa? Avrebbe avuto senso. Non la vedeva da una settimana, e non era riuscito a contattarla quella sera, come faceva di solito. Si trovò a sorridere leggermente. Una sera senza sentire la sua voce e già gli mancava enormemente.

"Voglio che tu te ne vada da questo posto..."

Squall sbatté le palpebre. Ora sentiva davvero Rinoa.

"Non ti permetterò di soffrire..." Si accigliò. Sembrava che venisse dalla stanza in fondo al corridoio. Proprio mentre voltava la testa, sentì una brezza fredda passargli accanto, o meglio, quasi attraverso.

Si bloccò. Qualcuno camminava davanti a lui... e camminava in fretta, come se fosse di corsa.

"Hey!" Squall si accigliò, seguendolo. "Scusami! Signore!" L'uomo continuò a camminare, ignorando i richiami di Squall. Irritato, Squall accelerò il passo e cercò di fermare l'uomo. Gli si mise davanti e si sentì il cuore balzargli in gola.

Era lui. Squall scosse la testa. Almeno gli somigliava. I vestiti era diversi; una tunica elegante, una cintura, e pantaloni e stivali molto diversi dai suoi. Eppure Squall sapeva riconoscere il suo viso quando lo vedeva.

"Mia signora!" gridò ancora una volta passando di nuovo attraverso Squall. Il Comandante si sentì accapponare la pelle e fu percorso da un brivido. Quella era la sua voce.

Emise un respiro tremante. Che razza di sogno era quello? Si voltò di lato, seguendo il suo doppio con lo sguardo.

"Adorata," disse la voce dell'uomo, più dolce mentre si avvicinava al fondo del corridoio. "Per favore, rispondi!"

Squall lo guardò correre lungo il corridoio - verso la torre est. Era la sua stanza e non aveva dubbi che lei si trovasse lì. L'uomo raggiunse la soglia di pietra ad arco e aprì la barriera di legno.

All'improvviso Squall riuscì a vederla con chiarezza. Era in piedi sul davanzale di una finestra stretta di fronte alla porta. I raggi del sole iniziavano a spuntare all'orizzonte, e la illuminavano mentre guardava in basso. Il suo morbido vestito azzurro a ciuffi le sottolineava il corpo snello in modo lusinghiero, ma qualcosa non andava. Il vestito era scialbo, macchiato. I capelli, prima raccolti in uno chignon ordinato, erano fuori posto.

La donna si sporse in avanti, quasi fuori dalla finestra.

"Mia signora!" gridò il doppio di Squall, balzando oltre il letto in mezzo alla stanza, e tendendo le braccia per afferrarla. La strinse forte alla vita e poi la tirò indietro. "Che cosa stai facendo?!" boccheggiò lui barcollando all'indietro, rifiutandosi di lasciarla andare.

Lei rimase immobile tra le sue braccia. "Li ascolto arrivare," disse lei piano, sempre a testa bassa. "Le loro voci echeggiano persino nella scogliera," disse. Chiuse gli occhi e cercò di trattenere le lacrime. "Vengono ad uccidermi."

Squall non riuscì a muoversi da dove si trovava, accanto alla porta. Lei somigliava così tanto a Rinoa che ogni fibra del suo essere lo spingeva ad andare da lei, ma non poteva. Rimase fermo, impotente.

"Non possono ucciderti se non sei qui," disse l'uomo a denti stretti. La lasciò andare, ma le prese le mano. "Vieni! Possiamo ancora fuggire!"

Lui fece un passo, ma lei non lo seguì. Il principe si voltò e la guardo, implorante. Gli occhi di lei erano pieni di solitudine, e scosse dolcemente la testa ritraendo la mano da quella di lui.

"Voglio che tu te ne vada da questo posto," gli ordinò, "e che non torni."

Lui socchiuse gli occhi. "No," rispose con fermezza tenendole testa. "Non me ne andrò senza di te."

"Io devo restare qui," affermò lei. "Se vengo con te, continueranno solo a darmi la caccia. Le streghe del passato hanno fatto così tanto male a questa gente che daranno la caccia fino alla morte a chiunque trovino che rappresenti un tale pericolo, per assicurarsi che non succeda di nuovo."

"Non ti lascio qui," insistette lui digrignando i denti.

"Devi."

"E poi?" rispose lui con la voce strozzata, scuotendo la testa. Gli bruciavano gli occhi quando la guardò, ferito. Non aveva idea, lei, di quanto lui la amasse? Gli faceva male il cuore. "Come devo fare a vivere senza di te?"

"Hai vissuto prima, senza di me al tuo fianco," gli ricordò dolcemente lei.

"Non valeva la pena vivere prima che arrivassi tu," le rispose lui con forza. Fece un passo avanti, prendendole di nuovo la mano. "Ti supplico! Vieni con me! Lascia questo posto! Andremo in un posto sicuro!"

Le scosse la testa, con le lacrime che le scendevano lungo le guance. "Ovunque tu vada con me non sarà un posto sicuro," sussurrò, sollevando una mano ad accarezzargli il viso. Lo guardò con occhi disperati, accarezzandogli la guancia con le dita morbide. "Non voglio fare questo alla persona che amo. Non ti permetterò di soffrire..." disse con voce strozzata. "Nemmeno per un istante."

Lui appoggiò la testa a quella di lei. Sentiva gridare oltre la porta; la folla era riuscita ad entrare nel castello.

"Ogni singolo momento senza di te sarà un momento di sofferenza," le rispose con voce roca. Lei strinse gli occhi, con le labbra ridotte a una linea sottile e le guance piene di lacrime calde. Anche lui sentiva lacrime sul viso, mentre le voci arrabbiate si avvicinavano.

"Ti amo," gridò lei dolorosamente. "Ecco perché, mi dispiace."

La sua pelle si scaldò. Continuò a scaldarsi, e lui aprì gli occhi. Boccheggiò bruscamente guardando i suoi occhi bianchi e luccicanti, dove una volta c'erano le sue bellissime iridi castane. Non appena lui boccheggiò, lei si allontanò di un passo, e poi ancora e ancora fino ad essere davanti alla finestra.

"Non farlo," disse lui corrugando la fronte e avvicinandosi lentamente, tendendo le mani e sperando che lei non si buttasse. "Per favore, ti imploro, amore mio. Non lasciarmi!"

"Trovate la strega!" urlò qualcuno nel corridoio.

"Uccidetela a vista! Svelti!" ordinò un altro, e si avvicinarono passi pesanti.

Lui guardò al di sopra della spalla, con un'espressione addolorata sul viso mentre sguainava la spada. "Non provare a saltare! Ti difenderò con la vita piuttosto che guardarti cadere!" gridò.

Le doleva il cuore. Aveva avuto esitazioni, solo poche settimane prima. Aveva temuto di lasciare la sua casa natale, senza sapere a chi l'avesse promessa suo padre.

Poi lo aveva incontrato. Lo aveva incontrato e lui era perfetto. Dicevano che era freddo, solitario e che non gli importava di nessuno, ma si sbagliavano. Era caldo. Era caldo e affettuoso e nel tempo davvero troppo breve che avevano passato insieme, lei aveva sentito più amore che in tutta la sua vita.

Se lui era disposto a sacrificare la sua vita per lei, allora di sicuro capiva perché lei era disposta a fare la stessa cosa.

Lo guardò, in piedi accanto alla pronta, pronto a difenderla con ogni singola goccia di sangue. Sorrise, continuando a piangere. Essere amata così tanto da avere qualcuno disposto a morire per lei... era fortunata.

La torre cominciò a tremare. Un borbottio si alzò dalle pietre tutt'intorno, e il principe alzò lo sguardo. Seguì con gli occhi le crepe nel muro, che cominciava a separarsi e allargarsi. I pochi arazzi appesi nella sua stanza tremavano, e il letto al centro si spostava leggermente vicino alla finestra.

Si voltò e spalancò gli occhi. Lei aveva le braccia alzate e il viso rivolto al cielo. Il tremore era opera sua.

"Basta!" gridò.

"Addio," disse lei, mentre un forte schianto risuonò nella torre. Il pavimento si spezzò a metà e il lato su cui si trovava lei iniziò a staccarsi dal resto del castello. Il muro cadde per primo, portando con sé il soffitto. Il resto del pavimento cominciò a scivolare verso il basso, mandando mattone dopo mattone nella scogliera sottostante. Il letto cadde nell'abisso e lui non poté fare altro che guardarla mentre lei era in piedi proprio sul bordo, con le braccia ancora alzate, in attesa di cadere.

Il pavimento sotto di lei iniziò a creparsi.

"No!" gridò lui. Gettò la spada di lato, mandandola a scivolare oltre la soglia della stanza prima di saltare avanti e scivolare sul poco pavimento rimasto. Allungò le mani e ne afferrò una di lei. Il peso del suo corpo lo tirò avanti e lui riuscì a malapena a fermarsi prima di scivolare nell'abisso. "Non lasciare la mano!"

Lei sbatté le palpebre e alzò lo sguardo. Occhi increduli lo guardarono. "Cosa stai facendo?!" disse con voce strozzata. "Lasciami!" Si agitò per cercare di liberare la mano, ma la presa di lui era ferma.

"Mai!"

"Lasciami!" lo supplicò. "Sei troppo vicino al bordo! Non puoi tirarci su tutti e due! Morirai!" Il suo viso si riempì di dolore mentre lo diceva.

Lui quasi rise. Ancora non capiva? Cos'era la vita senza di lei? Intensi occhi azzurri la guardarono. "Lo so."

Il viso di lei si addolcì, mentre i capelli, liberi dallo chignon, le svolazzavano intorno al viso. Il sole sorse dietro di lei, illuminando i lineamenti morbidi che lui era arrivato ad amare. Sentì che lei gli stringeva di più la mano.

"Sei un uomo sciocco, sciocco!" singhiozzò mentre lottava per afferrare l'altro braccio che lui le aveva teso. Quando si strinsero le mani, lui la sollevò. Lei piegò il collo. Sentirono entrambi lo schianto. Potevano sentire che la pietra cedeva sotto il loro peso. "Ma ti amo."

Lui sorrise dolcemente. "E io," sussurrò abbassando la testa, sfiorandole le labbra con le sue, "amo te, R-"

Il pavimento cedette.

"No!" Squall spalancò gli occhi. Il cuore, che sembrava fosse fatto a pezzi, gli balzò in gola. Con una forza che non sapeva di avere, costrinse il suo corpo a muoversi. Corse avanti, ignorando i paesani che si erano fermati sulla soglia, proprio mentre guardavano il corpo del principe scivolare nell'abisso sottostante.

Il SeeD saltò, alzando le braccia per cercare di prendere un braccio, una gamba almeno, prima che la coppia cadesse incontro alla morte.

Qualcosa lo trattenne. Si sentì le braccia trattenute da dietro e qualcosa lo avvolse alla vita e lo tirò indietro. Una folata di aria fredda gli sbatté sul viso, costringendolo a indietreggiare di più.

"Non saltare..!" lo implorò all'orecchio una voce di donna. "non voglio perderti..."

Squall barcollò all'indietro, improvvisamente disorientato. Gli girava la testa e si voltò, cercando di vedere da dove veniva la voce. Spalancò gli occhi quando inciampò nei suoi stessi piedi. Cadde all'indietro.

Qualcuno lo afferrò. Braccia familiari si infilarono sotto le sue, e Squall cadde contro un corpo morbido. Iniziava a fargli male la testa. Conosceva quel corpo, ma cosa ci faceva lei qui? Si sentiva il corpo sempre più pesante. Cercò di voltare la testa, ma non ci riuscì.

"Rin...?" sussurrò. Iniziò a chiudere gli occhi. "È...?"

"Sshh..." sussurrò una voce. L'ultima cosa che sentì mentre veniva appoggiato dolcemente a un muro fu ancora una volta la sua voce calda e affettuosa. "Dormi," lo consolò. "Mio buon principe."

*~*~*~*~*

"Squall!" Sentiva di nuovo quella voce.

"Non è qui!"

"Allora forse è di sopra!" Lo stava cercando?

"Io controllo da questa parte, tu controlla di lì."

"Ok," rispose lei. "Chiamami se lo trovi!"

Squall aveva gli occhi pesanti. Si sforzò di provare ad aprirli. Quando ci riuscì fece una smorfia. Da quando c'era così tanta luce? Era mattina? Sbatté le palpebre e mise a fuoco. Aveva smesso di piovere, e proprio davanti a lui stava sorgendo il sole.

Aprì gli occhi con un respiro brusco, e scalciò avanti, spingendosi di nuovo contro il muro di pietra. Nulla bloccava la luce del sole, perché non c'era un muro. Il cuore gli batteva forte mentre guardava oltre i suoi piedi l'abisso a meno di un passo di distanza. Oltre gli ultimi pezzi di pietra che già mostravano di stare per crollare, poteva vedere solo la scogliera buia lì sotto.

Squall deglutì un nodo che gli chiudeva la gola e si guardò intorno nella torre. Il letto a baldacchino era sparito, così come gli altri mobili. Gli arazzi sul muro erano strappati. Si bloccò e si sentì rabbrividire.

Alzò la testa per guardare l'arazzo che aveva visto per la prima volta il pomeriggio prima.

Era al suo posto; l'immagine sbiadita della donna c'era ancora, ma c'era qualcuno dietro di lei. C'era un uomo in piedi dietro di lei, con la mano sulla sua spalla. Il giorno prima non c'era. E lei sorrideva?

"Squall!" La voce di Rinoa irruppe nella stanza ancora una volta e Squall sobbalzò. Guardò la soglia. Era solo un arco di pietra, adesso. La porta era marcita da tempo. Sentì dei passi echeggiare in corridoio. "Tesoro, dove sei?"

Fu in piedi non appena la vide entrare in corridoio attraverso la porta. "Rinoa!"

Lei voltò la testa verso di lui e il suo viso si riempì di sollievo. "L'ho trovato!" gridò lei al di sopra della propria spalla, senza togliergli gli occhi di dosso. Sorrise e corse da lui.

Prima di potergli dire che le era mancato, Rinoa si trovò avvolta dalle braccia di Squall. Lui nascose la testa contro la sua e sembrò respirare profondamente mentre la stringeva forte a sé.

"Stai bene..." sussurrò lui quasi senza fiato. "Grazie a Hyne..." Ti ho quasi persa.

"Squall?" domandò Rinoa confusa. "Stai bene?"

La strinse ancora per un po' prima di allentare lentamente la presa e ritrarsi. "Sto bene," le disse. Fece un piccolo sorriso. "Solo che..." Non sapeva come spiegarlo.

Riusciva ancora a vedere il suo viso sotto al proprio, pieno di tristezza e rimpianto mentre si aggrappava alle sue braccia, dicendogli di lasciarla andare e salvarsi. Lui non l'aveva lasciata andare. Anche mentre cadevano e il tempo si fermava... non l'aveva mai lasciata andare.

"Squall?" domandò Rinoa preoccupata, mentre gli passava una mano tra i capelli, spingendoli indietro. "Sei sicuro di stare bene?"

Lui annuì ancora una volta. "Solo un brutto sogno," rispose debolmente. Lei annuì e fece un piccolo sorriso.

"Beh, adesso è finito e sei sveglio," sorrise. Gli posò le braccia intorno alla vita e sorrise, piegando la testa all'insù. "E al sicuro tra le mie braccia."

Lui si abbassò per baciarla quando una voce esasperata riempì il corridoio. "Ooh... ma dai!" gridò Zell. "Non potete aspettare a fare roba dopo? Cavolo, siete stati separati solo una settimana!"

Rinoa alzò gli occhi al cielo e Squall trattenne a malapena una risatina. "Ok, ok," concesse lei. Guardò Squall e gli diede in fretta un bacio furtivo sulla guancia. "Dai. Abbiamo una macchina per trainare la vostra."

"Grazie," disse Squall. Guardò Zell mentre lo seguivano fino alle scale. "Voi tre state bene?"

"Certo," disse Zell guardandolo incuriosito. "Perché non dovremmo?"

"Eravamo preoccupati per te," disse Irvine dal fondo delle scale. "Selphie si è svegliata e non riusciva a trovarti. Pensavamo che tu fossi andato, sai... al 'bagno', ma non sei tornato. Stavamo proprio per cercarti quando è arrivata Rinoa con alcuni SeeD del Garden di Galbadia."

"Essere la fidanzata di un Comandante SeeD che ha salvato il mondo ha i suoi vantaggi!" Rinoa sorrise senza vergogna, uscendo.

"Ok! È tutto pronto! Io parto!" cinguettò Selphie. Corse alla prima delle tre macchine. Rinoa sospirò. Squall sorrise tra sé e sé. Stava iniziando a prendere alcune delle sue abitudini.

Zell e Irvine salirono dopo Selphie nella prima macchina. Lui e Rinoa entrarono nel retro di un altro veicolo.

"Comandante Leonhart," salutò uno dei SeeD. L'altro annuì.

Squall si sistemò dentro mentre iniziavano a muoversi. "A proposito," disse Squall guardando fuori dal finestrino il castello abbandonato. "Come sapevate che eravamo qui?" domandò voltandosi a guardare Rinoa.

"Hai mandato quel segnale radio," sottolineò lei. "Abbiamo avuto qualcosa ieri notte tardi... o stamattina presto, direi."

Squall ridusse gli occhi a fessure. Aveva lasciato la radio in biblioteca. "Sicura che l'ho mandato?"

"Sì," disse Rinoa accoccolandosi contro di lui. "Selphie ha detto che hai passato quasi tutto ieri a cercare il segnale, quindi può essere arrivato in ritardo, se sei riuscito a mandarne uno." Non era stato nessuno degli altri tre.

Squall rimase in silenzio. Iniziò a mettere un braccio intorno alle spalle di Rinoa quando dietro di loro si udì un brontolio. La ragazza si sollevò a guardare oltre la spalla. "Cos'è stato?!"

Dal finestrino, Squall vide il castello tremare dietro di loro. Dal lato est iniziarono a crollare i muri.

"Grazie a Hyne siete usciti tutti in tempo," disse uno dei SeeD guardando cadere il castello. "Qualche altro minuto e vi avremmo persi tutti nella scogliera!"

Squall guardò fuori dal finestrino, mentre le macchine svoltavano su un sentiero di terra che portava a una delle strade principali. Il castello crollò, affondando prima di scendere del tutto nell'abisso.

Rinoa strinse la sua maglietta. "Grazie a Hyne siamo arrivati da te in tempo," sussurrò, e sembrò che gli si avvicinasse. Sembrava senza fiato, come se si rendesse conto di quanto era andata vicina a perderlo. "Non so cosa farei senza di te."

Stranamente, lui dubitava che il castello sarebbe crollato con lui ancora dentro. Le mise un braccio sulle spalle e le baciò la testa. "Per me è peggio, Rin," le disse dolcemente, mentre le sensazioni di quello che aveva visto la sera prima gli tornavano in mente. La strinse più forte. "Come devo fare a vivere senza di te?"

Lei sorrise dolcemente e lo guardò. "Hai vissuto prima, senza di me al tuo fianco," gli ricordò dolcemente.

"Sì," sorrise lui intensamente. "Ma non valeva la pena vivere finché non sei arrivata tu."

*~*~*~*~*

Ufficio di Squall, poco dopo mezzogiorno

Dal suo ufficio proveniva il suono familiare del digitare su una tastiera. Squall socchiuse gli occhi, guardando la fessura tra la sua porta e lo stipite. Non lasciava mai la porta aperta, anche quando era dentro. Rimase in piedi appena fuori dalla porta, cercando di individuare i sospettati che avevano il fegato di andare nel suo ufficio quando lui non c'era.

E poi gli venne in mente solo una persona. Aprì la porta e la trovò seduta sulla sua poltrona di pelle, con gli occhi sul monitor e la fronte corrugata di una concentrazione per cui non era famosa. Una mano era ferma sulla tastiera, mentre l'altra spostava il mouse prima di tornare alla tastiera a premere il tasto per cancellare.

"Rinoa." Lui si accigliò, fermandosi a metà tra la porta e la scrivania. "Che cosa ci fai qui?" Sapeva per certo che il suo computer portatile funzionava bene; aveva giocato a un MMORPG online, la sera prima, e aveva gridato a Irvine di smetterla di flirtare con una NPC e di concentrarsi sulla loro quest. Quindi non vedeva motivo per cui lei stesse usando il suo computer.

"Faccio un po' di editing," rispose distrattamente Rinoa, mentre faceva scorrere la pagina e continuava ad aggiustare cose. "Il ritmo è un po' strano e penso che dovresti inserire un po' più descrizioni in certi punti. Le storie soprannaturali di fantasmi con posti infestati hanno bisogno di un'atmosfera di suspance, se vuoi un buon effetto."

Lui spalancò gli occhi, e le cartelline che aveva in mano quasi caddero a terra. "Che cosa stai guardando?!" Fece sbattere i fogli sulla scrivania e ci girò velocemente intorno. Si mise dietro Rinoa e si sentì arrossire di umiliazione quando vide la sua ultima storia sullo schermo, piena di commenti rossi, note e notifiche di cancellazioni e modifiche.

"È una storia carina; ho un debole per questo tipo di storie di fantasmi," gli disse Rinoa con un sorriso orgoglioso. "Soprattutto quando si legano ai personaggi principali. È come insegnare al lettore che non è mai troppo tardi per l'amore, sai."

Lui abbassò la testa, mortificato dal fatto che lei avesse letto la sua storia. Nel profondo, sapeva di non essere mai riuscito a nascondere le cose a Rinoa. Una parte di lei aveva sempre avuto sospetti. Era brava a 'indagare' - anche se lui lo chiamava ficcare il naso. La sua rete di informazioni al Garden era estesa, ma aveva preso tutte le precauzioni che poteva.

Seifer era l'unica persona al Garden che sapeva, e scriveva le sue storie a mano, e poi distruggeva i documenti per mantenere il segreto dopo la pubblicazione. Squall aveva fatto di tutto per tenere il suo lavoro altrettanto segreto, ma Rinoa l'aveva trovato... come sempre.

Fece un profondo respiro e cercò di mettere le cose in prospettiva. "Che ci fai nel mio ufficio?" chiese a voce bassa.

"Te l'ho detto, correggo la tua storia per la rivista di Ellione."

Lui impallidì, sollevando la testa di scatto e guardandola inorridito. "Erano informazioni top secret!"

Rinoa alzò gli occhi al cielo. "Chissenefrega..." Agitò la mano come per minimizzare la cosa. "Top secret svelato. Sapevo che scrivevi per la sua rivista."

"Come?" domandò lui.

Lei si voltò e accavallò le gambe, mettendosi le mani sulle ginocchia e guardandolo con aria critica. "Chi pensi che corregga alcuni articoli? Laguna? Ward? Kiros non ha tempo, sai," sottolineò lei. Squall la fissò, interdetto. "E non penso di non poter capire che sei stato tu a scrivere la sua storia con quel nome d'arte, Signorina Tempest Loire."

Squall ridusse gli occhi a fessure. "Non ho scelto io quel nome; Ellione ha detto che è stato Laguna." Sapeva che avrebbe dovuto costringere sua sorella a cambiarlo.

Rinoa fece un sorrisetto. "Scommetti che se tu fossi stato femmina ti avrebbe chiamato così. È carino." Squall si passò una mano sul viso.

"Non significa che puoi entrare qui e cambiare la mia storia."

"Non l'ho cambiata!" disse Rinoa offesa. "L'ho migliorata! Inoltre sarei comunque stata io a correggerla."

Squall si accigliò. "Come sapevi della sua rivista?"

"È stata una mia idea." Rinoa sorrise radiosa. "Inoltre ero felice di dare una mano. Ellione è mia cognata, e pensavo che sarebbe stato d'aiuto se un'autrice affermata come me avesse scritto degli articoli. Non hai visto?" Si voltò e scartabellò nei fogli sulla scrivania, e prese una vecchia copia della rivista di Ellione, sfogliandola. Sollevò una pagina e Squall strizzò gli occhi.

"Scrivi articoli su consigli relazionali?" Perché saperlo lo metteva in imbarazzo? Rinoa annuì, entusiasta.

"Amore e relazioni, di Julia Loire. Ellione ha detto che dopo il primo articolo gli abbonamenti sono triplicati!" Posò la rivista. "Ora, siccome ti amo, metto il mio talento a disposizione della tua storia. Scoprirai," disse salvando il documento, "che è molto migliorata ora che ho finito." Tornò a sorridergli. "A proposito, ti scoccia se ci scrivo una fanfic?"

Lui socchiuse gli occhi. "Una fan... che?"

"Hey, Capitano," disse una voce maschile mentre la porta si apriva. "Pensavo a quello che hai detto sullo smettere di scrivere, e..." A Seifer mancò la voce quando vide la ragazza seduta sulla poltrona del Comandante. Socchiuse gli occhi, guardando prima Squall e poi Rinoa. "Che ci fa lei qui?"

"Spero che sia una buona giornata anche per te, Seifer," grugnì Rinoa.

"Sì, beh... puoi andartene? Devo parlare con lui," le disse il ragazzo. Lei alzò gli occhi al cielo e si alzò.

"Va bene... vi lascio alle vostre chiacchiere da uomini." Si voltò verso Squall, baciandolo leggermente sulla guancia prima di uscire.

"Grazie," borbottò Seifer. La porta si chiuse e lui tornò a guardare Squall. "Ho deciso di continuare a scrivere. Ho mandato una email ad Ellione, dicendole che vorrei comunque continuare, anche se non vengo pagato... molto."

Squall alzò un sopracciglio. "E perché l'hai fatto, esattamente?"

"Perché non sopporto di lasciare i miei fan senza nulla di buono da leggere in quella rivista," annunciò Seifer con orgoglio. Squall si lasciò cadere sulla poltrona e alzò gli occhi al cielo.

"E i tuoi doveri al Garden?"

"Oh, ho deciso di non darmi scadenze e scrivere solo quando posso, e poi inviarlo," spiegò Seifer. Ci aveva pensato bene. "Sono comunque un mercenario a tempo pieno e presto sarò papà. Solo che penso che scrivere possa essere la mia vera vocazione."

Squall lo fissò e basta. "E... allora? Intendi scrivere un libro? Diventare un romanziere come Rinoa?" Pregò silenziosamente di no.

Seifer strinse gli occhi. "Non è una cattiva idea..." borbottò. Si strofinò il mento, pensoso. "Sì... è perfetto."

"Ritiro quello che ho detto."

"Troppo tardi!" disse Seifer. Fece un cenno con la testa a Squall. "Sono improvvisamente ispirato!"

"Hai ancora dei rapporti da fare," gli ricordò l'altro.

"Quelli sono facili! Te li farò avere domani mattina, ma scrivere è diverso," disse Seifer. Si fermò. "A proposito, hai già inviato la tua storia?"

"Quasi." Squall guardò il computer. "Le... modifiche sono quasi finite."

"Di cosa tratta stavolta?" grugnì Seifer. "Amore proibito? Storia? Una storia 'slice of life' sull'amore e la sessualità in età adulta? Oh... forse vampiri!" lo schernì. "Sembri il tipo che scrive di vampiri."

Squall lo fissò, inespressivo. "Se vuoi leggerla, puoi farlo nella prossima rivista."

Seifer sbuffò e si voltò. "Almeno è l'ultima tua storia che dovrò leggere. Comunque, volevo solo informarti!" La porta si chiuse e Squall scosse la testa.

Aprì un nuovo documento con una mano e con l'altra prese il telefono. Digitò in fretta un numero familiare e attese.

"Pronto?" rispose una voce di donna. Lui si sistemò il telefono tra l'orecchio e la spalla.

"Sorellina," disse Squall muovendo le dita sulla tastiera. "Riguardo l'offerta di continuare a scrivere..." cominciò, digitando. "Mi piacerebbe farlo."

*****
Nota della traduttrice: piccola nota anche qui: questa storia è di fatto un sequel di due storie postgame che ha scritto l'autrice. In queste storie, Rinoa è una famosa scrittrice che, sotto uno pseudonimo, pubblica una serie di romanzi con protagonisti personaggi chiaramente ispirati ai suoi amici. In quelle due storie, scrive anche due opere teatrali rappresentate dal Garden per raccogliere fondi, e che usa anche per far mettere insieme Seifer e Quistis, e Irvine e Selphie. Le storie sono "My Knight: A play by R. Heartilly" e "My son's wedding". Abbiamo il permesso di tradurle, per cui presto potrete leggerle anche in italiano :)
Come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

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