Qual è il momento per amare?

di _Mollica_
(/viewuser.php?uid=189135)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Cavaliere, una regina ***
Capitolo 2: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 3: *** 3. In viaggio ***
Capitolo 4: *** 4. L'Ordine ***
Capitolo 5: *** 5. Decisioni ***
Capitolo 6: *** 6. Casa ***
Capitolo 7: *** 7. Palazzo Saphira ***
Capitolo 8: *** 8. La grotta ***
Capitolo 9: *** 9. Di nuovo insieme ***
Capitolo 10: *** 10. Il bacio ***
Capitolo 11: *** 11. Il sogno ***
Capitolo 12: *** 12. La proposta ***



Capitolo 1
*** Un Cavaliere, una regina ***


cap 1 qual

1.

Un Cavaliere, una regina.


Sei sola.

I tuoi amici sono morti, l'uomo che amavi è morto, l'uomo che hai perso credendo di non amarlo abbastanza è lontano e anche se siete immortali entrambi non credi lo rivedrai ancora e soprattutto il dubbio che lui non pensi più a te ti assale, tua madre è morta, tuo padre da ancora più tempo che a volte ti sembra che non sia mai vissuto e che le immagini che hai di lui siano tratte dai tuoi sogni, sei la regina di un popolo ma non ti da nessuna soddisfazione esserlo, non hai più uno scopo nella vita e molte volte ti senti vecchia e...vuota.

Ti accorgi che hai sbagliato qualcosa nella tua vita quando ti ritrovi così, capisci che c'è qualcosa che non va e che forse le scelte che hai preso non erano quelle giuste. L' essere un elfa poi non ti aiuta, anzi, la tua vita è più lunga di quella degli umani e sono maggiori anche i tuoi rimpianti. 

Nessuno sospetta minimamente i tuoi dubbi, i tuoi rimpianti,la tua tristezza. 

Nessuno tranne Fìrnen.

Lui è l'unica ragione per cui senti ancora che valeva la pena vivere. Era passato più di un secolo da quando il suo uovo si era schiuso davanti a lei e l'aveva resa un Cavaliere dei Draghi.

Più di un secolo. 

Un tempo in cui aveva partecipato a tante di quelle azioni per ricostruire Alagaesia che non ne ricordava il numero e adesso Alagaesia era tornata al suo splendore, prosperava come non mai. E lei non aveva più una missione, niente che cambiasse le sue giornate sempre così vuote e ormai senza senso.

C' erano due nuovi Cavalieri, un nano e un umano, che erano arrivati ormai da qualche decennio, dal luogo che lei non aveva mai visto in cui Eragon addestrava i nuovi cavalieri e cresceva la nuova generazione di draghi.     

Eragon.

Quando pensava a lui, vedeva il suo viso angosciato e prossimo alle lacrime quando si erano detti addio, pensava a tutte le loro avventure, ai suoi tentativi maldestri di avvicinarsi a lei, alla sua cecità nel costringersi a rifiutarlo per proteggersi dai quei sentimenti che sapeva stavano nascendo in lei. Aveva troppo sofferto per Faolin che le era sembrato stupido rischiare ancora la stessa cosa.

Se l'era ripromessa, amare qualcuno durante una guerra causava soltanto tanto dolore e rendeva instabili. E lei non poteva permetterselo. Adesso sapeva che in amore la prudenza non ricompensa mai. 

Si tormentava pensando a possibili scenari futuri che vedevano lei ed Eragon finalmente felici e liberi di amarsi per sempre. Una volta sarebbe inorridita all' idea. Sorrise a quel pensiero, era stata così sciocca, così sciocca in effetti che aveva rovinato la sua intera esistenza per non rischiare. 

Lei era Arya. Che voleva dire: rigida, testarda, combattiva, fiera, saggia e propensa a mostrare i suoi sentimenti tanto quanto un sasso. A volte, le piaceva pensare a un loro possibile incontro,ai possibili dialoghi... faceva male pensarlo perché sapeva che non era verosimile e perché, in fondo, era passato tanto tempo. Eragon era sicuramente cambiato come in fondo era successo a lei, non pensava che fosse tormentato dai suoi stessi pensieri. In fondo, era un umano benché assomigliasse molto ad un elfo e lei era solo la prima donna di cui si era innamorato, questo non lo costringeva a essergli fedele per la sua intera esistenza. Gli umani erano volubili e lei lo sapeva bene...aveva vissuto molti anni insieme a loro. 

Ma se, invece, non fosse stato così! Se ne vergognava un pò ma adorava immaginare una loro eventuale vita insieme. Svegliarsi insieme a lui, passare con lui la giornata e condividere le loro piccole imprese quotidiane, volare insieme con Saphira e Fìrnen e poi la sera insieme casomai nel suo palazzo Tialdarì anche se per quanto riguardava lei avrebbe vissuto anche in una tenda con lui...

Adesso basta, Arya. Ti stai facendo del male.

-Non posso farne a meno, lo sai. - Arya accarezzo il muso del suo compagno grata della sua interruzione. Sapeva che lui ci sarebbe sempre stato e questo era un piccolo spiraglio di luce, nel buio dei suoi pensieri.

Non hai mai pensato che, forse, è il momento che tu pensi seriamente alla possibilità di partire alla ricerca di Eragon?

Arya cominciò a scuotere la testa con decisione.

-Ho troppe responsabilità per andarmene e poi Eragon è impegnato in una missione che è la base stessa del nostro nuovo mondo.-

Il nostro popolo non è in guerra, è prospero, gli elfi stanno anzi ridiventando forti come un tempo grazie al ripopolamento dei draghi in Alagaesia e per quanto riguarda Eragon... sai che non è così impegnato da non poter incontrare una sua vecchia amica. 

-Questo non cambia il fatto che io non possa andare a cercarlo. Non posso, non sono pronta e forse non lo sarò mai. - 

Hai avuto troppo tempo paura dei tuoi sentimenti Arya, è ora di lasciarti andare. 

-I miei sentimenti hanno già da tempo compromesso la mia ragione. Non riesco più ad allontanarli come facevo un tempo, ho bisogno di un occupazione che non mi lasci il tempo di pensare ad altro.-

O forse hai bisogno di fare finalmente chiarezza e risolvere i tuoi problemi. 

-Lo so, dovrei farlo, ma...-

Sai che non puoi nascondermi niente, so che ti preoccupi di non ricevere da Eragon l'accoglienza che vorresti e di sembrare una sciocca, ma non lo sei e non puoi sapere come si comporterà fin quanto non andrai e più tempo aspetterai più lui penserà che tu ti sia dimenticata di lui. Sono sicuro che Eragon aspetta il tuo arrivo tutti i giorni, come penso che Saphira aspetti il mio.

-Voi avete avuto una storia prima che lei partisse, io ed Eragon non eravamo niente invece. - 

Per noi draghi non conta avere una storia, non esiste, si possono avere, anzi e la norma, più compagni. So che Saphira mi sta aspettando perché ci siamo affidati l'uno all'altra. Il nostro è un legame profondo che va oltre le convenzioni.

-Forse un giorno riuscirò a trovare il coraggio e lascerò che i miei sentimenti mi guidino. - Arya sorrise a Fìrnen continuando ad accarezzarlo. L'aiutava sempre parlare con lui aveva una visione chiara delle cose. Si trovavano nei giardini del palazzo ammiravano i fiori che vi si trovavano, tutti diversi e bellissimi. Arya cantava spesso con amore per ogni fiore e pianta, amava la fragranza che sprigionavano tutto intorno. La invadevano e la facevano sentire parte della natura.

Un elfo interruppe il loro dialogo, avvicinandosi e una volta salutato lei e Fìrnen con la consueta formula di rispetto degli elfi le comunicò che un drago e il suo Cavaliere avevano chiesto di vederla.

Arya si girò stranita verso Fìrnen. Non le avevano comunicato una visita di un Cavaliere, forse era accaduto qualcosa. Non riusciva a capire il motivo di un eventuale visita. 

-Come si sono annunciati, Prolìn? - 

-Non lo hanno fatto, Arya Drottning. - il messagero adesso sembrava a disagio.

Arya lo guardò scioccata. Era insolito. Cominciò a camminare verso il palazzo.

-Dove ci attendono? Nella sala del trono?-

-Veramente Arya Drottning, Il Cavaliere ha chiesto di vedervi alla Rupe del Saggio Dolente.. - 

Arya si paralizzò, era impossibile. 

Fìrnen la spinse con il muso sulla spalla per scuoterla, non aveva mai visto Arya così scioccata. Anche il messagero lo sembrava la regina era sempre così rigida da sembrare una statua, adesso non sembrava lei. 

Puoi andare, elfo. Ti ringraziamo per la tua comunicazione. Fìrnen congedò l'elfo, sapeva che Arya si era completamente scordata della sua presenza.

-Hai ragione. Fìrnen. Andiamo. Non ho problemi a incontrare nessuno. -

So che non ne hai, questa visita inattesa incuriosisce anche me.

Arya gli lanciò un sorriso tirato poi impettita, alzò il mento e salì su Fìrnen con la sua solita grazia.

Doveva scoprire che cosa succedeva e qualsiasi fosse stato il motivo di questa visita lei non si sarebbe tirata indietro. Solo una cosa sperava e insieme temeva a breve sarebbe accaduta, in quel caso presto tutte le sue domande avrebbero avuto una risposta.




******************************************************************

ANGOLO AUTRICE:

Salve a tutti! Vi ringrazio per aver letto il primo capitolo di questa mia longfic! Questo è il mio primo tentativo di scrivere qualcosa sui personaggi fantastici di Cristhoper Paolini. Che dire spero che questo capitolo vi sia piaciuto abbastanza e che vi invogli a leggere il prossimo! Non ne vado molto fiera ma il  primo capitolo è sempre traumatico per me poi mi lascio un pò andare...si tratta della mia personale maledizione del primo capitolo ahahahah Spero che mi lascerete anche una piccola minuscola recensione. Mi farebbe particolarmente piacere sopratutto se qualcuno vuole consigliarmi sui miei errori, vi ringrazio anticipatamente.

Un bacione a tutti e GRAZIE! 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ritrovarsi ***


r2ritro

2.



Ritrovarsi.

 

La rupe era come la ricordava.

Non era più tornata al capanno di Oromis da quando era diventata Regina e non perché aveva dimenticato quel luogo, anzi, ma aveva sempre desistito, per paura di sentirsi ancora più sola e desiderosa di persone che non poteva più avere al suo fianco. Fìrnen atterrò vicino al basso capanno, stranamente però non riuscivano a scorgere nessun drago ed era impossibile visto che le squame luminose dei draghi non poteva passare inosservato nella radura. Arya si girò intorno confusa, non sentiva presenze attorno a sé, che il messaggero si fosse sbagliato? Intorno a lei c'era solo erba e piccoli animali, però sentiva una strana sensazione che la faceva stare all'erta, la rendeva inquieta. Odiava essere all’oscuro di qualcosa e l’atmosfera che percepiva la preoccupava. Stava per tornare da Fìrnen quando un rumore la fece girare di scatto con la spada sguainata. La porta del capanno cigolò e si aprì dall'interno, la figura di un uomo si stagliò davanti alla porta. Era alto, muscoloso, con due larghe braccia, il viso era coperto dal cappuccio del  lungo mantello rosso che gli svolazzava attorno. L'uomo scese i gradini del capanno e le si avvicinò con le braccia alzate, Arya si ricordò solo allora che teneva ancora la spada puntata verso di lui. L'abbassò subito e guardò curiosa l'uomo. Non aveva sentito nessuna presenza prima e non la sentiva neanche adesso, la mente del Cavaliere era invisibile.

Lui s'inchinò si toccò le labbra e torse la mano destra portandola al centro del petto, nel gesto formale di saluto degli elfi.

-Arya Drottning. Atra esternì ono thelduin. - la voce dell' uomo era forte, sicura, con una nota di dolore nella voce e Arya sapeva a chi apparteneva.

-Atra du evarìnya ono varda. - la sua voce era rotta, non riusciva a controllarla.

-Un atra mor'ranr lìfa unin hjarta onr.-

- Qual’ è il tuo nome Cavaliere? - la domanda cadde nel vuoto e Arya chiuse a lungo gli occhi nell'attesa della risposta.

-Nam iet er Eragon Sundavar-Vergandì sonr abr Brom. - mentre diceva questo si abbassò il cappuccio e le sorrise. Arya lo fissò emozionata,cercando inutilmente di nasconderlo. Rivedere quel viso, quegli occhi, era lui...uguale all'ultima volta che l'aveva visto. Era Eragon. Davanti a lei, ancora una volta uno di fronte all’altro insieme al capanno di Oromis. Le sembrava di sognare. Non poteva essere vero.

- Cosa ci fai qui? - una volta che ebbe detto quelle parole si morse la lingua ma insomma quanto poteva essere stupida. Lui tornava dalle terre sconosciute, dove era impegnato in qualcosa di ben più importante di lei e la prima cosa che faceva era venire da lei, l'unica cosa che sapeva chiedergli e cosa ci faceva lì? Era un caso disperato.

Per fortuna Eragon non sembrava turbato molto probabilmente non si aspettava nient'altro ma un lampo di delusione nei suoi occhi, Arya lo aveva potuto leggere lo stesso per un piccolo istante. Era così cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto , il suo volto sembrava felice di averla davanti ma un ombra lo oscurava. Arya sapeva cosa voleva dire. Nuovi problemi per loro ed Alagaesia.

- Sono qui perché un nuovo problema minaccia tutti noi e ho bisogno del tuo aiuto e di quello di Fìrnen. - la voce di Eragon era seria e preoccupata. Arya adesso era davvero spaventata,  se c'era qualcosa che riusciva a spaventare Eragon che era il Cavaliere e l'uomo più forte di tutte le terre conosciute, non doveva essere un piccolo problema.

- Io e Fìrnen siamo sempre pronti ad aiutarvi. A proposito dov' è Saphira? - le sembrava strano che la dragonessa avesse lasciato Eragon da solo ad aspettare il loro arrivo. Forse, però, era occupata nella caccia.

- Saphira non è più con me. La minaccia di cui ti parlavo l'ha rapita. - la voce di Eragon era triste ma anche minacciosa. Non doveva essere facile accettare che Saphira non era più al suo fianco. Quelle parole l'avevano costretta involontariamente a controllare Fìrnen, che vicino a lei aspettava notizia proprio sue notizie, ruggì deluso e aggressivo, la sua mente era piena di pensieri di vendetta, voleva solo saperne di più. Una piccola parte di lui c’è l’aveva anche con Eragon perché non l’aveva protetta. Lui era lì, Saphira no.

- Com' è possibile rapire un drago? Tra l'altro Saphira è la più grande della sua specie e il suo Cavaliere è il più forte. Cosa dobbiamo aspettarci noi? -

- Non è stata propriamente rapita, la minaccia che ci sovrasta è ben più pericolosa di un esercito immenso o di Galbatorix stesso.-

Arya lo guardò scioccata, cosa stava accadendo? Una minaccia più pericolosa dello stesso Galbatorix?

- Non so come ma dopo averci riflettuto a lungo sono giunto alla conclusione che molto probabilmente nelle terre che abbiamo esplorato, nel valle dove abbiamo costruito la nuova città ,abbiamo risvegliato qualcosa. Come se lo avessimo profanato. Non è magia, è qualcosa che va ben oltre. Per questo non sono riuscito a capire. Abbiamo risvegliato creature che non vengono influenzate dalla magia e che sono capaci di impadronirsi dei nostri corpi e delle nostre menti. - Eragon respirò a fondo e poi con gli occhi lucidi la guardò. - E' quello che è successo a Saphira e ad altri tre draghi. Una sera,lei e i suoi tre allievi si erano allontanati dal villaggio per il loro allenamento, quando sono tornati non erano più loro stessi. Ci hanno attaccati e io non riuscivo a parlare con Saphira, lei non era più nel suo corpo. Non c'era più, Arya. Era scomparsa. Il suo corpo era posseduto da qualcosa,qualcuno, che non avevo mai incontrato fino ad allora. Non sono riuscito a fare niente. Ho combatutto contro di lei ma era impossibile. Mi sono accorta che qualunque magia io cercassi di lanciare non faceva effetto. Non solo dovevo combatterla, ma non avevo neanche le armi per farlo. Non riuscivo a capire, anche contro gli altri due draghi la nostra magia era inutile. Ho manipolato il vento in modo di allontanarli e poi ho evacuato il villaggio. Non sapevo che cosa fare, io, Blodhgarm e i nostri compagni abbiamo discusso e abbiamo deciso di tornare qui, in Alagaesia, dai nostri amici per farci aiutare e per vedere se quelle creature avevano colpito anche voi. Ho lasciato i miei amici e i draghi a Ilirea. Lì saranno al sicuro, ho parlato con il giovane Ajhiad, ci ha accolti nei migliori dei modi  e ci ha aiutato, adesso sta richiamando tutti i Cavalieri di Alagaesia. Io mi sono preso il compito di informare te Arya Drottning, perché volevo vederti da molto e perché ho bisogno in questo momento di un' amica.  Sei un Cavaliere anche tu, puoi capire. Non mi sento più me stesso e come se una parte di me stesso mi fosse stato strappato. E’ peggio che se l’avessero uccisa, si sono impadroniti di lei. - Eragon si prese la testa fra le mani e si sedette su un ceppo. Si vedeva che era disperato e sofferente, Arya si chiese come avesse fatto anzi a restare così tranquillo. Il suo dolore doveva essere immenso e anche lei si sentiva male per la sorte di Saphira. Si avvicinò a lui esitante, non sapeva come dimostrargli che lei era partecipe al suo dolore e che voleva stargli vicino. Passare tutta  la vita a nascondere i suoi sentimenti non l'aiutava adesso.

Gli poggiò una mano sulla spalla con una piccola carezza e si sedette vicino a lui. Eragon non si muoveva, adesso che le aveva spiegato tutto sembrava che avesse perso tutte le sue energie.

- Troveremo un modo per aiutare Saphira, Eragon ne sono sicura. -

Erano l'uno affianco all'altra. Fìrnen sbuffava fumo in una collina lontano da loro. Rabbioso, vendicativo e triste. Aveva aspettato a lungo Saphira e non si aspettava questo. Tutto il suo animo era pronto alla vendetta e alla rabbia. Alla vista del dolore di Eragon poi, aveva lasciato perdere le sue accuse. Poteva capire che lui non avesse potuto fare niente, ma questo faceva lo irritava comunque. Non aveva un nemico fisico da combattere e di certo non voleva combattere contro Saphira. Si sentiva pieno di frustrazione, aveva voglia di sradicare l’intera foresta!

Eragon alzò lo sguardo e la guardò, una piccola scia umida bagnava la sua guancia, liscia come quella degli elfi. Era difficile mantenere il suo sguardo, anche per lei, tutto quel dolore la schiacciava e la faceva sentire inutile. Voleva aiutarlo ma non sapeva come...niente di quello che lei poteva dire o fare poteva allievare la perdita di Eragon. Si chiedeva, anzi, come non fosse ancora impazzito. Nella sua stessa situazione non aveva idea di come avrebbe reagito.

-Mi sento così strano senza di lei. Respingerla è stata la cosa più difficile che ho mai fatto. Non avevo mai usato la magia contro di lei. E' stato come cercare di colpire me stesso. Anzi, peggio. - la sua voce era vuota. Si alzò all'improvviso e cominciò a camminare agitato.  - Dobbiamo trovarla Arya, dobbiamo salvarla. Ho bisogno di lei!- l'eco del suo grido si perse intorno a loro, disturbando gli animali. Arya si alzò e con dolcezza lo abbracciò, cullandolo come un bambino. Solo allora Eragon si abbandonò e pianse come non aveva mai pianto in vita sua. Pianse e si strinse ad Arya come se fosse l'unica cosa che ancora lo manteneva in vita.

**************************************************************************

Eragon dormiva. Il suo sonno però era agitato e Arya non poteva far altro che restargli vicino. Gli cantava qualcosa nell'antica lingua nella speranza di confortarlo almeno nel sonno. Saphira rapita e la minaccia di questi "esseri" che si impadronivano della mente e del corpo delle altre creature, agitava anche lei. Era preoccupata come non lo era mai stata neanche durante la guerra contro Galbatorix. Galbatorix, alla fine, era un nemico di cui conoscevano tutto e di cui sapevano le sue potenzialità e quello che dovevano fare per ucciderlo. Questi nemici, invece, si nascondevamo nei corpi di altre persone e, secondo Eragon, la magia non aveva effetto su di loro. Era impossibile! Avevano perso in partenza.

-Mi ero scordata di quanto fosse bella la tua voce. - Arya interruppe il canto e lo guardò imbarazzata. Da quando aveva capito i sentimenti per lui, era più difficile stargli vicino. Si sentiva così bene quando lui gli era vicino, sopratutto quando gli sorrideva come adesso, era un sorriso così aperto, genuino e innocente che le faceva tremare il cuore.

-Grazie, Eragon. Come ti senti? -

-Mi sento meglio, ora che sei vicino a me. - i suoi occhi non l' abbandonavano un attimo ed erano pieni di un calore e di una consapevolezza che lei non gli aveva mai visto. Era dai suoi occhi che si vedeva quanto fosse cresciuto dall'ultima volta che si erano visti. Quella frase la spiazzò e lo guardò spaesata, non era pronta. Non sapeva se lo sarebbe mai stata. Aveva paura. Ne aveva sempre avuta dei suoi sentimenti, ma aveva avuto più di un secolo per pensare ai suoi sentimenti per lui e adesso non poteva più tirarsi indietro. Eragon aveva bisogno di chiarezza e di una decisione da parte sua. Aveva bisogno di lei. E lei non voleva più tirarsi indietro.

- Sono felice di essere vicino a te, Eragon. -

 

 

 

 

 

NOTE

Mi scuso per il ritardo ma sono stata molto impegnata con il mio lavoro . Non sono molto soddisfatta di questo capitolo perché a causa dei miei impegni non ho avuto tempo per rivederlo ma non potevo più tardare perché ci tengo a rispettare i tempi, quindi ho cercato di postarlo il prima possibile, che è ADESSO ! eheheheh.  Spero che questo capitolo anche se piccolo vi piaccia. Fatemi sapere che cosa ne pensate mi raccomando ! Sono le vostre opinioni che mi aiutano a scrivere. Che dire spero di pubblicare la prossima settimana ma non vi prometto niente. Mi dispiace! 

un bacio enorme a tutti. Elrun ono.

Qui sotto il dizionario dell'antica lingua. 

Drottning = regina
Atra esternì ono thelduin = che la fortuna ti assista.
Atra du evarìnya ono varda = che le stelle ti proteggano.
Un atra Mon'ranr lìfa unin hjarta onr = E che la pace regni nel tuo cuore

Nam iet er Eragon Sundavar-Vergandì sonr abr Brom = il mio nome è Eragon Ammazzaspettri , figlio di Brom
Elrun ono =  Grazie

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. In viaggio ***


cap. 3 In viaggio

3.

IN VIAGGIO

Erano cinque giorni che viaggiavano per arrivare a Ilirea. 

Cinque giorni passati, senza contare la presenza di Fìrnen, da solo con Arya. Il suo sogno in poche parole. Quello che più aveva desiderato fino a poco tempo fa, quando Saphira gli era stata portata via. 

Viaggiare insieme a lei, era come ricordava. Sembrava che quel secolo non fosse mai passato, tutto era come allora eppure così diverso. C'era una consapevolezza tra loro due che non c'era mai stata tra loro. Avevano avuto modo tutti e due di vivere la propria vita lontano dall'altro. Avevano visto le stagioni susseguirsi, gli anni passare senza poter vedere il viso dell'altro. Erano cresciuti, lui di certo, ma anche Arya non era più quella di una volta. Tante cose erano cambiate in lei, sembrava meno rigida, meno impassibile a le emozioni che provava e alla persone a cui teneva. Forse era merito di Fìrnen, già allora quando lui l'aveva incontrata dopo la schiusura del suo uovo, Arya gli era apparsa diversa più serena e...umana. Era sempre lei, sempre la solita Arya, ma in qualche modo diversa. 

E quella diversità lo stava tormentando da quando l'aveva rivista. Quando lo aveva riconosciuto gli era parsa emozionata, felice e...spaventata. Non riusciva a capire, ma anche adesso mentre insieme si riposavano attorno al fuoco, lui poteva vedere quanto Arya fosse preoccupata. Possibile che fosse spaventata da lui? Non aveva senso. C'era qualcosa nei suoi comportamenti che gli faceva credere che lei non fosse del tutto sincera con lui. 

- Arya. - la mia voce spezzò il silenzio profondo che regnava attorno al nostro solitario fuoco, Arya si girò verso di me e mi guardò interrogativa. - devo parlarti. -

- Cosa c'è? - la sua voce era ferma, ma una nota di indecisione riverbrava in essa. 

- Voglio sapere cosa ti preoccupa. E' inutile che cerchi di fingere ti conosco troppo bene, so quando c'è qualcosa che non va. - gli sorrisi incoraggiandola al dialogo. Sapevo che non era facile parlare di questioni personali con Arya, era così chiusa con se stessa che poche volte nella mia vita potevo dire di aver parlato dei suoi sentimenti con lei, o di qualunque altra emozione lei avesse mai provato. 

- Non c'è nulla che non va. Ti sbagli, ti stai preoccupando per niente. Sto bene, sono solo preoccupata per i nostri nuovi nemici. - la sua voce non aveva particolari inflessioni e tutto il suo portamento mi portava a crederle, eppure dentro di me sentivo che c'era qualcos'altro che la preoccupava. Forse aveva paura per Fìrnen e da una parte avrebbe voluto non partecipare a questa nuova guerra. Mi detti mentalmente dello stupiso per averlo solo pensato. Arya era sempre pronta a combattere e a difendere il suo popolo e chiunque credesse nel giusto. 

- Sai che sono sempre pronto ad ascoltarti, mi farebbe piacere se tu ti confidassi con me. Potrei aiutarti, in realtà vorrei che ti confidassi con me. - le sorrisi cercando di trasmetterle la mia vicinanza e la mia amicizia.

- Ti sono grata per la tua offerta, ma ti ripeto che sto bene Eragon. - un lampò le passò negli occhi, poi si rigirò dandomi le spalle di nuovo. 

Con Arya era sempre così... facevamo un passo avanti e cento indietro,era una continua altalena e con il tempo, a quanto pare, la cosa non era cambiata. 

- Buonanotte, Arya. - guardai le sue spalle fremere, se non l'avessi ritenuto impossibile avrei pensato che stesse piangendo. 

- Buonanotte, Eragon. - mi distesi anch'io e pian piano scivolai nel sonno, sognandola come facevo sempre. Perché almeno nei miei sogni, io ed Arya riuscivamo a parlare e a condividere tutto.

 

****************************************************************************

La prima cosa che vidi appena aprii gli occhi fu il corpo di Eragon disteso a pochi metri da me. Dormiva ancora. Sembrava un bambino. Sorrisi a quella vista e mi avvicinai. Non avevo idea di cosa avessi in mente, ma la sua sola presenza come avevo potuto notare in questi giorni mi rendeva strana, e mi faceva provare delle sensazioni che sarebbe stato meglio per me evitare. Eragon aveva già i suoi problemi con Saphira e queste strane creature, non aveva bisogno di preouccuparsi anche del mio stato mentale. Sicuramente stava sognando, aveva uno splendido sorriso che gli illuminava il volto. Forse sognava di volare con Saphira. Gli accarezzai la fronte sistemandogli i capelli, lui mugolò e si mosse. Smisi immediatamente di toccarlo e mi allontanai un poco. Lo guardai ancora un po', poi decisi di darci un taglio e cominciai a preparare la colazione. Fìrnen era a caccia e sarebbe tornato tra due ore massimo. 

Quando finii di preparare, mi alzai e mi avvicinai a Eragon. Non si era mosso da quanto lo avevo toccato e sorrideva ancora. Ero felice di non aver disturbato il suo sogno, ma adesso dovevo svegliarlo. Mi inginocchiai vicino a lui e gli toccai una spalla spingendolo un poco. In un attimo mi ritrovai a sbattere violentemente la schiena sul terreno umido sovrastata da Eragon che mi guardava minaccioso, in quei pochi secondi era riuscito anche a cacciare un pugnale e a puntarmelo alla gola, molto probabilmente lo portava nello stivale. Gli ci vollero meno di due secondi per riconoscermi e passare dal minaccioso all'imbarazzato. Capivo perché lo era, dannazione anch'io lo ero! Sentivo il suo corpo aderire al mio e il suo fiato solleticarmi il collo. Lo guardai negli occhi perdendomici, erano così profondi. Gli occhi di Eragon erano veramente lo specchio della sua anima. Si avvicinò pericolosamente al mio viso, poi si drizzò di scatto. 

- Scusami Arya! Io...non so...le vecchie abitudini sono dure a morire. - mi aiutò ad alzarmi e si assicurò che stessi bene. 

- Non preoccuparti, non avrei dovuto toccarti. La prossima volta ti chiamerò e basta. - mi guardò triste.

- Mi dispiace, ma non preoccuparti puoi toccarmi, non ti ucciderò per questo. - cercò di riderci sopra, cercai di sorridergli per accontentarlo. Mi dispiaceva che si sentisse colpevole. Quel momento di intimità tra noi era sfumato in un attimo ed eravamo tornati alla realtà. L'amara, dura vertità.

Dobbiamo andare, entro stasera saremo a Ilirea.

Guardai Eragon un ultima volta richiamata dalla forza del suo sguardo. Mi guardava come mi aveva sempre guardato. Ammirato. Quel suo sguardo mi faceva sempre sentire così...speciale. Mi faceva sentire bene. 

Fìrnen mi riscosse e a malincuore ci arrampicammo su di lui e ci alzammo al volo. 

Ilirea era vicino, e con essa la nostra prossima battaglia.

********************************************************************************

Eragon era tornato. 

La notizia dell'arrivo del grande eroe si era in poco tempo diffusa in tutta Alagaesia. 

Eragon. 

Suo fratello, o meglio fratellastro. 

Ogni volta che pensava a lui, poi passava tutta la giornata a ricordare la guerra e sopratutto, la sua sconfitta. Perché era questo era successo. Lui era stato sconfitto. Da Eragon, da Galbatorix. Gli avevano preso tutto dal giorno della sua nascita. Aveva perso la sua libertà, la sua famiglia, il suo onore e...aveva perso lei, Nasuada. Anche lei gli era stata portata via. E con lei sua figlia.

Una figlia che non aveva mai potuto chiamarlo padre, o stare con lui liberamente. Una figlia che aveva dovuto osservare ed amare nell'ombra, perché la sua più grande paura quando era nata era stata che lui si vergognasse di lui. In fin dei conti, lui era ricordato come Murtagh il Regicida. A nessuno interessava sapere che alla fine era lui che aveva salvato Eragon e tutti gli altri. Non interessava a nessuno. Nasuada e suo figlia però lo avevano accettato, avevano visto dietro la facciata da cattivo che da quado era in vita gli era stata affibbiata. Aveva amato sua figlia, con la stessa intensità con cui aveva amato sua madre. Il suo passato però, non gli aveva permesso nemmeno di avere una vera famiglia. Così adesso si ritrovava solo con Castigo, condannati a una vita di solitudine. Sua figlia era morta e suo nipote non lo aveva mai conosciuto. Non aveva voluto incontrarlo. Aveva già sofferto abbastanza per la perdita della sua amata e della loro unica figlia e non poteva permettersi di provare altro dolore. Per giunta, suo nipote sarebbe stata molto meglio senza un parente come lui, gli sarebbe stato solo d'intralcio. Non tutti erano disposti a perdonarlo e lui non voleva porlo in condizioni di dover fare una scelta. Era abituato, ormai, a vivere nell'ombra. 

Anche se non si erano mai incontrati, Murtagh conosceva molto bene suo nipote, il Re Supremo Ajhiad. Aveva vegliato su di lui dal giorno della sua nascita e anche se aveva cercato di non farsi coinvolgere, aveva imparato ben presto a capire le sue emozioni, le sue paure e aveva sempre provato a proteggerlo da entrambe.

Se Eragon è tornato deve essere accaduto qualcosa, dobbiamo anche noi incontrarlo.

Non credo sia una buona idea Castigo, Eragon non ha bisogno del nostro aiuto e la nostra presenza non lo aiuterebbe affatto.

Abbiamo aspettato troppo tempo di uscire allo scoperto Murtagh. E' ora per noi di avere la gloria che non abbiamo mai avuto. Uniamoci a Eragon e aiutiamo i nostri simili.

Non credo che sarò capace di sopportare le occhiate e il biasimo che ci accompagnerà qualunque cosa faremo se usciremo allo scoperto. Qui al palazzo siamo al sicuro. 

Non siamo dei ratti, Murtagh! Se c'è bisogno di noi dobbiamo collaborare. Siamo anche noi membri dell' Ordine! 

Solo grazie a Nasuada o nessuno ci avrebbe mai accettati! E anche così l'ho hanno fatto solo per rispetto alla loro regina! Nessuno ci considera tali!

Solo perché noi non abbiamo mai partecipato attivamente a nessuna delle azioni dell'Ordine, è ora di agire! 

Ho paura, Castigo...

Non possiamo restare l' eternità nel nostro palazzo a nasconderci. Sono un drago e tu sei un Cavaliere! Non siamo dei codardi!

Hai ragione Castigo. Forse è giunta l'ora per me e te di tornare a combattere... 

Castigo mi si avvicinò e con il muso mi spinse una spalla. Lo guardai cercando di sorridere e gli tirai una pacca sul muso.

Lui sapeva quanto avessi paura di fallire ancora nella mia vita, ma aveva ragione lui...dovevamo tornare a combattere e lo avrei fatto.

Fratello, sto arrivando!

NOTE DELL'AUTRICE

Mi scuso per il ritardo, ma sono molto impegnata e in quei momenti in cui potrei scrivere non mi sento motivata, insomma ho un blocco. Mi dispiace un sacco. Spero che questo capitolo vi piaccia o che almeno sia accettabile. Spero di ritrovare presto lo stesso entusiasmo che avevo quando ho iniziato a scrivere questa storia... Fatemi sapere cosa ne pensate e le vostre idee su questa storia o sul capitolo in questione, mi sarebbero molto utili. 

Vi ringrazio per la vostra pazienza.

A presto

un bacio enorme a tutti.

_Mollica_

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. L'Ordine ***


3. era mio
4.


L'ORDINE


Il popolo mi accerchiava e chiamava il mio nome, a gran voce.

Ero emozionato. Essere a casa, vedere che qui ancora ricordavano il mio nome, mi faceva sorridere. Mi sentivo amato. Una sensazione, che non provavo più, da quanto mi era stata portata via Saphira.

Avevo visto molti alzare gli occhi al cielo, aspettando l'arrivo della sua imponente mole, ma non era arrivato nessuno. Lei non c'era. La mia compagna di vita non era più al mio fianco, ma ci sarebbe tornata presto! Avrei fatto tutto quello che era in mio potere, per tornare a volare con lei e a condividere ogni nostra più piccola emozione.

- Eragon, di qui. - Arya mi fece un cenno con la spalla indicando una lunga scalinata. Guardai affascinato il palazzo che si ergeva davanti a me. Nasuada, e poi i suoi eredi, avevano apportato molte modifiche. Avevo divinato le persone, che vivevano in quel luogo molte volte, ma non  avendo mai visto il palazzo modificato, non avevo potuto vederlo nelle sua attuale condizione, per questo tutta quella magnificenza mi lasciava di stucco.

Alla fine delle scale, si ergeva in tutta la sua fierezza, un giovane uomo che portava la stessa corona che io stesso avevo posato sul capo di Nasuada, nominandola Regina Suprema. Adesso un suo discendente mi guardava fiero e sorridente, ricordandomi che la mia vecchia amica non c'era più. 

- Benvenuto, Eragon. Sono contento di darti il benvenuto da parte mia e del mio popolo a Ilirea. Ti siamo grati dell'onore. Salute anche a te, Arya Drottning e a te Fìrnen. E' un onore ricevere la vostra visita. - ci guardò intensamente e poi allargando le braccia ci invitò a entrare a palazzo, che era grande abbastanza da permettere anche a Fìrnen di entrare.

Sorrisi alla folla, che continuava ad acclamare i nostri nomi ed entrai nel grande palazzo seguendo l'imponente figura del loro re. Il Re Ajhiad era molto giovane, giovane come lo era stata Nasuada quando aveva preso il comando dei Varden. Era un uomo molto bello, ma il suo portamento era quello che più lo aveva colpito. Emanava una area di forza e determinazione. Era il degno erede di Nasuada. Nei suoi lineamenti e anche nei suoi atteggiamenti, Eragon però aveva riconosciuto anche qualcun altro.

- Questa è la stanza, in cui si svolgono le riunioni dell'Ordine. L'Ordine di Alagaesia è stato creato da mia nonna, con lo scopo di mantenere la pace nell'Impero. Ne fanno parte i grandi eroi contro Glabatorix e i Cavalieri dei Draghi, che hanno acconsentito a parteciparvi. - la sua voce era bassa, roca. Piacevole e chiara. Perfetta per un re.

- Ricordo, che Nasuada teneva molto a questo progetto e sono contento, che i suoi discendenti ne abbiano capito il valore. - lo guardai comprensivo. Nasuada mi aveva parlato dei suoi progetti e mi aveva chiesto anche dei consigli. Infatti, anche io ero un membro dell'Ordine, ma non avevo potuto mai partecipare attivamente a causa della mia lontananza dall' Impero.

- L'Ordine, in questi anni, è stato indispensabile per mantenere l'equilibrio tra le razze. - annuii trovandomi d'accordo.

- Sono certo, che sospettate che il mio non è un viaggio di piacere. Sono qui in Alagaesia, perché sono stato costretto a tornare. Siamo tutti minacciati da delle creature, che non conosciamo. Vogliate scusarmi se vi parlo senza tanti giri di parole, ma quello che sta accadendo potrebbe sconvolgere, ben presto, tutta l'armonia che regna in Alagaesia. - Ajhiad sospirò cupamente, non sembrava paricolarmente sorpreso.

- Apprezzo che andiate dritto al punto, non preoccupatevi. Il problema di cui parlate, mi è stato già riferito dai vostri compagni. L'elfo Blodgharm mi ha raccontato ciò che vi ha spinti a compiere questo viaggio. -

- Dove sono, adesso? - ero contento di non dover raccontare quello che era accaduto a Saphira, faceva già troppo male il solo pensiero. Blodgharm, probabilmente, lo aveva intuito per questo aveva già avvertito il re.

- Erano impegnati nel loro addestramento. Quando siete arrivati, gli ho mandati a chiamare. Arriveranno a momenti. -

Perfetto. Avere Blodgharm in quella discussione sarebbe stato utile. Dovevano immediatamente organizzare un piano d'attacco. Non sarebbe stato per niente facile.

- Chi altri presiederà a questa riunione? -

- Tutti i membri dell'Ordine, ovviamente. Siamo tutti coinvolti e prenderemo una decisione tutti insieme. Se una grave minaccia ci sovrasta, dobbiamo essere in tanti per combatterla. - il suo sguardo era deciso e determinato.

- Quando arriveranno? - la voce di Arya era ferma e il suo sguardo calmo, come lo era sempre quando si preparava a delle riunioni. Non l'avevo mai vista perdere la calma e riusciva a uscire trionfante da ogni discussione perché restava sempre lucida, nessun sentimento prendeva il sopravvento. Io ero ancora lontano, da quella perfezione di diplomazia.

- Entro un ora saremo al completo, si erano già messi in cammino appena imformati del vostro arrivo. - si alzò dal suo trono e ci  venne incontro. - Nel frattempo, posso mostravi le vostre stanze, sono certe che il vostro viaggio vi abbia stancato. -

- Ti sono grato per la tua premura. -

Ci condusse attraverso un salone e ci lasciò alle premure di una vecchia donna sorridente, che dopo averci riguardato per bene tutta emozionata, ci lasciò davanti a due stanze adiacenti.

- Ajhiad mi sembra un buon re. Hai mai avuto rapporti con lui? - guardai Arya incuriosito.

- E' re da molto poco. L'ho visto solo una volta, quando è stato incoronato. Da allora, non c'è stata più occasione. Sono poche le occasioni in cui, ormai, lascio la mia città. - mi guardò vacuamente - Comunque, hai ragione. Anche a me, sembra un buon re. - mi sorrise riluttante. Vedere un sorriso di Arya, rivolto a me poi, mi lasciava sempre interdetto.

La guardai sconsolato, perché era così difficile starle accanto? Perché doveva essere innamorato di una donna che non mi aveva mai amato e che non lo avrebbe mai fatto? Arya una volta mi aveva detto che ero un umano e che quindi molto presto mi sarei dimenticato di lei e mi sarei innamorato di qualcun' altra. A volte, speravo veramente che  ciò accadesse. Non volevo passare la vita ad amare qualcuno senza essere ricambiato. Ormai, avevo più di cento anni e...volevo essere amato. Volevo qualcuno che stesse sempre al mio fianco. Qualcuno con cui ridere, emozionarmi...con cui trascorrere l' eternità. Se solo fossi riuscito a cancellare Arya dal mio cuore!

- Stai bene, Eragon? - Arya mi guardava turbata e preoccupata. Probabilmete la mia espressione doveva rispecchiare i tristi pensieri che mi affollavano la mente.

- Certo, sto bene. E' meglio che vada a riposarmi, adesso. -

Arya mi guardò incerta, come se avesse voluto dirmi qualcosa, poi annuì e scomparve dentro la sua stanza.

Entrai frustato nella mia, sbattendo la porta.

Non potevo pensare ai miei problemi con Arya, adesso. Dovevo preparami alla riunione, che ben presto si sarebbe tenuta.

Mi distesi sul grande letto, al centro della stanza, e chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi.

Come sempre, però , le immagini di Saphira che ci attaccava e che poi volava via da me mi assillarono.

Dovevo salvarla e dovevo farlo in fretta!

*****************************************************************************************

Era la prima volta, che io e Castigo venivamo a Ilirea, senza nessun incantesimo a nasconderci. Castigo atterrò davanti alla scalinata del palazzo, richiamando l'attenzione dei soldati che vi erano appostati. Non li degnai di uno sguardo e scesi dal mio drago, mantenedo un espressione neutra. Non volevo che i miei sentimenti prendessero il sopravvento. Avevo promesso a Castigo che ce l'avrei fatta. Saremmo tornati a vivere alla luce del sole, avremo combattuto insieme ai giusti. Ce lo meritavamo e poi...lo dovevo a Castigo, a Eragon, a Selena e a lei, Nasuada.

Le sentinelle mi guardavano timorosi, non si fidavano di me. Nessuno si fidava di me.

Salii velocemente le scale e aspettai, pazientemente, che mi annunciassero al loro re. Mio nipote. Il nipote, che in un certo senzo, avevo disconosciuto. Non ero sicuro che sapesse della nostra parentela, ma speravo ferocemente che nessuno gliene avesse parlato. Io, di certo, non l'avrei fatto e lui avrebbe potuto continuare a vivere la sua vita perfetta.

- Il Cavaliere Murtagh. - un giovane uomo comparve davanti a me, camminando lentamente. Il suo sguardo mi stava studiando, lo percepivo, ma con una spiccata eleganza. Quello sguardo non mi faceva sentire sotto accusa, come quelli che molti altri, mi avevano rivolto.

- Sire, sono qui per la riunione dell'Ordine. - abbozzai un lieve inchino e cercai di trasmettergli la mia fretta. Non volevo restare troppo a lungo, da solo, nella stessa stanza con lui. Troppi ricordi e, sopratutto, rimpianti impazzivano nella mia mente.

- Sono lieto che voi e il vostro drago abbiate trovato il tempo e la voglia per parteciparvi. Abbiamo bisogno dell vostro aiuto. - mi guardò intensamente e poi mi scortò nel palazzo, per portarmi alla sala delle riunioni dell'Ordine. Lo seguii guardandomi attorno curioso, non volevo che nessuno pensasse che conoscessi quel luogo. Nessuno dei servi che erano presenti, comunque, mi avrebbe riconosciuto. Quando avevo abitato a palazzo con Nasuada, avevo assunto altre sembianze e solo lei poteva vedere il mio vero volto.

-Eccoci qui. Molti sono già arrivati. Stiamo aspettando le ultime persone. Anche il Cavaliere Eragon e Arya Drottning sono arrivati. Si sono ritirati per riposarsi, ma scenderanno a momenti. - io non lo ascoltavo più, da quanto ero entrato, la mia presenza aveva ammutolito l'intera sala. Mi guardavano tutti, come se fossi una qualche specie rara. Sospirai e mi avvicinai al tavolo noncurante. Trovai un posto abbastanza distaccato da quello degli altri e mi sedetti elegantemente, lasciano che il mio lungo mantello nero si afflosciasse lungo il pavimento. Rassicurai Castigo, il quale, stava ricevendo dagli altri draghi lo stesso mio trattamento. Tutti sembrvano diffidenti, ma ci eravamo abituati.

- Murtagh, è un piacere rivederti. Eragon sarà molto contento della tua presenza qui. - l'elfo con la pelliccia e le zanne mi si avvicinò sinuoso e la sua voce risuonò per la sala. Lo guardai stranito, non mi aspettavo di certo quelle parole, ma l'elfo era partito con Eragon e quindi, probabilmente, aveva sentito da lui racconti su di me che lo avevano portato a cambiare idea. 

Non gli risposi, gli feci un cenno con il capo e gli lanciai un sorriso tirato. Anche volendo, e non volevo, non avrei saputo cosa dirgli.

All'improvviso, la porta si aprì ed entrò un elfa dai lunghi capelli rosso fuoco che le ricadevano fin sotto lo stomaco in morbidi boccoli. Portava una semplice tunica che le nascondeva le forme, molto probabilmente si era appena tolta l'armatura. Si avvicinò verso il gruppo muovendosi sinuosa come una gatta. Era da un pò che non vedevo un elfa e mi ero scordato di quanto fossero affascinanti. Lei molto probabilmete era Kalea, l'elfa che era diventata Cavaliere. Ci guardò con attenzione tutti quanti, per soffermarsi a lungo su di me. Mi guardava come se mi stesse inquadrando. La guardai di rimando affascinato, l'elfa aveva due occhi della loro caratteristica forma, azzurri come un cielo senza nuvole. Questi insieme ai capelli di quel rosso così acceso la facevano sembrare la reincarnazione degli elementi naturali.

- Kalea, finalmente. Sono contento di rivederti. Presto cominceremo. La tua regina e Eragon stanno arrivando. - il re le era venuto incontro e le aveva sorriso, come non lo aveva mai visto fare. La prese per mano e la condusse a una sedia vicino a lui, sempre sorridendo la fece accomodare e si risedette sul suo trono. Poi, non ebbe più parole o sguardi per nessuno. Murtagh lo guardò, all'improvviso rattristato. Suo nipote si sarebbe fatto male, e le pene d'amore potevano essere atroci. Da quello che poteva vedere l'elfa non lo prendeva in grande considerazione, sicuramente lo rispettava in quanto lui era un re, ma non rispondeva ai suoi sorrisi e nemmeno alle sue attenzioni galanti. Forse, era meglio così, se lei anche si fosse innamorata di lui avrebbero solo sofferto in quanto un uomo mortale e un elfa non potevano stare insieme. Preso com'era dall'osservare la coppia non si accorse che il portone era stato riaperto. E una coppia era entrata. Solo l'improvviso silenzio della sala lo fece voltare.

Suo fratello era lì, uguale a come lo ricordava. Solo i suoi occhi sembravano essere cambiati. Erano più saggi e più tristi. C'era una sofferenza, in quegli occhi, che prima non c'era mai stata. Chiunque conosceva Eragon sapeva che, era dai suoi occhi che si capivano i suoi sentimenti. Eragon era sempre stato un libro aperto, se sapevi dove guardare. A differenza, dell'elfa che era accanto a lui. Quella sì che era capace di nascondere e camuffare le sue sensazioni e i suoi sentimenti. Lui non aveva mai capito cosa ci trovasse Eragon in lei. Certo, era bella, ma c'erano tante altre belle donne, quindi non credeva che suo fratello l'amasse per questo. Forse, era per tutto quello che avevano passato insieme. Sperava per lui, comunque, che quel disperato amore gli fosse passato in cento anni senza vederla. Altrimenti avrebbe continuato, solamente, a soffrire.

-Eragon! - grida concitate cominciarono a volare nella sala, mentre tutti cercavano di stringere la mano o di abbracciare il loro eroe, l'eroe di tutta Alagaesia. Una fitta acuta di gelosia mi punse. Diamine! Non potevo essere geloso di lui! Mi calmai e poi aspettai che tutti si risistemassero e che Eragon si accorgesse di me.

Quando gli altri membri dell'Ordine lo lasciarono respirare, Eragon si guardò attorno e mi vide. Il sorriso che fino a quel momento aveva mantenuto per salutare i suoi amici, si spense. Mi venne incontro, concitato, quasi correndo. Poi un sorriso, ancora più grande di quello precedente, gli illuminò il volto. Mi assalì letteralmente, abbracciandomi così forte, da alzarmi dalla sedia. 

Restai un attimo a guardarlo indeciso, poi lentamente ricambiai l'abbraccio e, poco dopo, mi ritrovai a stringere con forza. Ero contento, del benvenuto di Eragon. Non lo avrei mai ammesso davanti a nessuno, neanche a Castigo, ma mio fratello mi era mancato.

- Sono così contento di rivederti! Ho chiesto ad Arya e lei mi ha detto che non ti sei fatto più vedere o sentire per tutto il secolo! E adesso vederti qui...sono contento che sei tornato per darmi il tuo aiuto, fratello. - enfatizzò l'ultima parola affinché tutti potessero sentirlo e mi strinse il braccio. Sembrava quasi commosso. Eragon non cambiava mai. Vedeva sempre del buono ovunque e amava i suoi cari, teneramente. A volte, era troppo ingenuo. Avevo sempre pensato che questo sarebbe stata la sua rovina.

- Anche a me, mi sei mancato, fratello. - mi guardò negli occhi, come se cercasse di vedermi dentro. Poi, si girò attirato involontariamonete dall'arrivo di Arya al suo fianco.

Mi ricordai delle buone maniere e mi inginocchiai e la salutai secondo l'usanza degli elfi. Lei mi rispose serena, poi mi guardò un ultima volta, come ad ammonirmi, e si avviò verso l'elfo con la pelliccia.

- Non sapevo che facesti parte dell'Ordine. - la sua voce era un misto di curiosità e di affetto. Era così facile voler bene a Eragon perché era una persona senza maschere, quello che pensava diceva. Era semplice nel suo modo di vedere le cose. La vita aveva portato, invece lui, a perdere questa innocenza. Certo, anche Eragon, non era più il ragazzino ingenuo di una volta, ma la spensieratezza della vita gli era rimasta. La sua forza e il suo potere era bilanciato da questa.

- Nasuada aveva insistito. - sussultai lievemente nominandola, non potevo farci niente. Ogni volta, che pensavo a lei. Immagini della nostra vita insieme mi riempiva la mente e mi faceva sentire solo. La presenza di Castigo nella mia mente mi rincuorò. Ricordandomi che io non ero mai solo.

- Nasuada...aspetto ancora che compaia da un momento all'altro, ma suo nipote sembra mantenerla viva nei nostri ricordi, le assomiglia molto...- la sua espressione si era fatta pensierosa, molto probabilmete ricordava la donna, che avevo amato, e che lui aveva servito fedelmente.

- E' vero. -

- Vi prego di accomodarvi signori. Finalmente, siamo tutti riuniti. La riunione può avere inizio. - la voce del giovane re, adesso, era seria. 

Io e Eragon ci guardammo. Pian piano, ci sedemmo tutti attorno al grande tavolo, tutti guardavano Eragon e i suoi compagni nell'attesa che parlassero e anch'io dovevo ammetterlo, ormai, ero impaziente di sapere perché fossero tornati e perché ci avessero riunito. Sentii Eragon, affianco a me, respirare profondamente, poi ci guardò negli occhi facendosi serio e combatutto.

- Una grave minaccia sta per abbattersi, su tutti noi. - trasalii a quelle parole e poi alzai gli occhi al cielo.

E ti pareva, mai belle nostizie, Eragon, vero?



NOTE DELL'AUTRICE

Eccoci qui, in questo capitolo succedono molte cose importanti. Eragon e Arya arrivano a Ilirea conoscono il giovane Ajhiad e convocano una riunione. Ritroviamo Murtagh, a me personalmente piace molto, che arriva al palazzo e incontra suo nipote e tutti gli altri membri dell' Ordine. La mia parte preferita comunque è l'incontro tra i due fratelli (o meglio fratellastri). Spero che il capitolo vi sia piaciuto, qualsiasi cosa che trovate scritta male, incoerente o imprecisa fatemelo sapere. Non sono una che se la prende, anzi, cerco di tenerne conto per i capitoli successivi.

Posterò il prossimo capitolo, spero, tra una settimana.

Detto questo, vi ringrazio come sempre per la vostra pazienza e per il vostro supporto.

Un bacio enorme a tutti!!

_Mollica_


 





Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Decisioni ***


5. lariunione
5.

DECISIONI



La riunione si era appena conclusa.
Eragon aveva spiegato ai membri dell'Ordine tutto quello che sapeva di quelle creture. Adesso il suo pubblico era assorto nel silenzio e meditava. Questa riunione doveva partorire una decisione. La scelta era facile. Si sarebbe votato per lottare o per abbandonare Saphira e i draghi e sperare che queste creature non si avvicinassero ad Alagaesia.
Da parte mia, sapevo fin dall'inizio quale sarebbe stato il mio voto. Avrei aiutato Eragon e lo avrei seguito fino alla mia morte.
Glielo dovevo.
Insieme a Fìrnen, Eragon era la persona più importante della mia vita. Quando aveva parlato del cambiamento di Saphira, mi si era stretto il cuore dall'angoscia. Sapevo quello che stava provando, o meglio potevo intuirlo, cercava di nasconderlo, ma tutti i Cavalieri presenti potevano comprendere quanto fosse sofferente.
- Io e Iarìs saremo al tuo fianco, Eragon-elda. - Kalea si alzò leggiadra dalla sua sedia e rivolse uno sguardo fiero a Eragon e poi a tutti noi. Annuii impercettibilmente quando mi guardò. Ero fiera della sua decisione. Pian piano tutti i Cavalieri presenti nella sala, tranne Murtagh, seguirono l'esempio dell'elfa.
Restavano da convincere il re Ajhiad, il re e la regina del Surda e il Capo dei maghi umani, Katerina. Senza contare, ovviamente, Murtagh, che sembrava si fosse completamente dimenticato dove si trovasse. Si comportava come se fosse estraneo a quella decisione.
Odiavo il suo modo di fare. Odiavo tutti i problemi e i pensieri sgradevoli che aveva riversato in Eragon e su tanti altri. Eppure, non potevo fare a meno di ammirarlo per la sua noncuranza dei giudizi degli altri. Sapeva di non essere ben visto da nessuno nella sala, a parte Eragon ovviamente, eppure si era presentato lo stesso e appariva rilassato. Non credevo fosse qui solo per il grande affetto che confessava di avere per suo fratello.
C'era qualcos'altro sotto e lo avrei scoperto. Solo allora, mi sarei rilassata in sua presenza. Avevo sempre paura che attentasse alla vita di Eragon, o che si approfittasse della momentanea fragilità mentale del fratello.
Stavo all'erta.
Per quanto potesse essere vecchio e forte, non lo era più di me. Di questo ne ero certa.
- Approverò questa dichiarazione di guerra, solo se saremmo noi dell'Ordine a combattere. Non posso permettere che i miei sudditi vadano incontro a qualcosa di sconosciuto e di potenzialmente molto pericoloso per loro. Non li guiderò in una guerra in cui potrebbero morire inutilmente. Questa è la mia condizione, Eragon-elda. - la voce del giovane re era decisa. Ammiravo il suo amore per il popolo. Aveva ragione Eragon assomigliava molto a Nasuada. Anche io, ero riluttante a guidare il mio popolo verso l'ignoto.
- Approvo la tua decisione. Mi dispiace, anzi di non averci pensato io. Voglio solo che mi prometti una cosa. Quando poi ci dovessimo trovare a combattere con un nemico che può essere sconfitto solo con la forza di un numeroso esercito, non ci priverai dei tuoi soldati. -
Ajhiad ed Eragon si guardarono a lungo negli occhi, poi il re disse.
- Lo prometto. - tutti noi sospirammo di sollievo. Era fatta. Gli altri si sarebbero affidati al giudizio del re dell'Impero Centrale. Infatti, fu così, poco dopo, tutti quelli che erano rimasti acconsentirono alla battaglia.
- Murtagh, fratello, manchi solo tu. Ci darai il tuo aiuto? - la voce di Eragon era titubante e incerta, probabilmente si chiedeva il motivo del suo silenzio.
Murtagh si guardò attorno con fare annoiato. Tutti nella sala erano rigidi nell'attesa della sua risposta.
- Sapevo fin dall'inizio quale sarebbe stata la mia risposta. Ti aiuterò fratello anche se dovessimo affrontare altri cento Galbatorix insieme. Non credo che queste creaure siano così forti. Basterà scoprire cosa sono e i loro punti deboli e li schiacceremo. - Murtagh ci guardò sfacciatamente e poi sorrise a Eragon.
- Ti ringrazio, fratello. - potevo vedere gli occhi lucidi di emozione di Eragon e una sensazione di fastidio mi avvolse.
- Dobbiamo stare attenti, invece, non dobbiamo peccare di orgoglio e vanità, Cavaliere. - il re riservò a Murtagh un'occhiata storta.
Mi aspettavo il peggio, sapevo che a Murtagh non piaceva essere ripreso. Cercava sempre di dimostrare il proprio valore e la stoccata del re poteva essere considerata da lui, come un affronto. Passarono alcuni minuti, ma Murtagh non rispose alla piccola provocazione del re, sembrava quasi che non avesse sentito.
Lo guardai stranita, poi Eragon prese la parola, e distolse l'attenzione dai due.
- Se siamo tutti d'accordo. Non ci resta che decidere i particolari. -

*******************************************************************

La riunione era finita finalmente. Una vera rottura. Due ore perse in inutili convenevoli. La situazione secondo il mio punto di vista, era semplice. Combattere o permettere a qualcun altro di prendersi gioco di noi. La nostra risposta doveva essere scontata. E invece, non lo era.
Oltretutto, adesso, ero stato costretto a presentarmi a questa inutile festa, dove Eragon era il padrone indiscusso. Sembrava che nessuno riuscisse a stargli lontano. Tutti, donne e uomini, non avevano occhi che per lui e lo guardavano ammirati. Io ero rimasto in disparte, nessuno aveva osato disturbarmi.
A chi vuoi darla a bere? So che ti da fastidio non essere considerato. Invidi l'ammirazione che tutti provano per Eragon.
Grazie, Castigo. Adesso esci dalla mia mente e lasciami bruciare di invidia e di orgoglio.
Dovresti metterlo da parte, l'orgoglio, raggiungi tuo fratello, sorridi, ammicca, adula e ben presto ti ammirerrano.
Eragon non fa tutto questo, anzi devo dire che è rimasto il peggior leader di sempre. E' timido, non ama le chiacchiere inutile e non è capace di fingere.
Tu non hai la fortuna di essere completamente privo di artifici come lui. Se, ti comportassi così ti renderesti ridicolo.
-
Arya Drottining. - l'araldo urlò l'ingresso della regina degli elfi.
Guardai affascinato l'avanzare sinuoso dell'elfa. Non l'apprezzavo particolarmente, ma avevo sempre ammesso a me stesso che era molto bella. Quella sera poi, era particolarmente affascinante. Per la prima volta da quando la conosceva la vedevo vestita come una donna. Mi girai involontariamente verso mio fratello per vedere come aveva reagito al suo ingresso.
Come mi aspettavo, Eragon era imbambolato a guardarla e sembrava incapace di distogliere lo sguardo dall'affascinate figura della regina. Aveva interrotto la conversazione e i suoi compagni lo guardavano straniti. Alcuni avevano già richiamato la sua attenzione, ma erano solo riusciti a cacciargli qualche monossillabo.
Arya.
Quando guardavo mio fratello perso in quell'amore autolesionante, ringraziavo il cielo di aver incontrato Nasuada. Il motivo per cui non ero mai riuscito a farmi piacere l'elfa era proprio perché credevo che fosse la ragione per cui Eragon era così solo e soprattutto così triste. Il suo illuderlo e poi scoraggiarlo, mi imbestialiva. Era inutile, però, parlarne con Eragon e lo sapevo. L'avrebbe amata perr l'eternità.
Era Eragon.
Non capivo cosa muovesse lei, però. Era così criptica e misteriosa, che era difficile dirlo.
Adesso Eragon sembrava essersi ripreso e Kalea, la quale dovevo ammettere mi affascinava molto, lo aveva coinvolto in un'accesa conversazione. L'elfa era tutta sorrisi e ridolini acuti che rimbombavano nella sala come graziosi campanellini. Eragon le sorrideva e rideva insieme a lei, potevo vedere che la trovava molto simpatica, ma nulla di più. Di certo, non la stava guardando come la guardavo io o qualunque altro uomo nella sala.
Sorrisi di sbieco alla vista dell'irritazione che palesava dalle parole e dall' atteggiamento della Regina.
Umh, a quanto pare non era molto contenta.
Mi avvicinai silenzioso, sapevo che avrebbe avvertito la mia presenza, ma non volevo spaventarla, volevo solo approfittare del suo momento di debolezza.
- Sono belli da guardare, vero Regina? - gli sussurai quelle parole nell'orecchio appuntito e le lanciai un sorriso derisorio.
Lei dal canto suo si girò verso di me adirata. Era stato semplice. A quanto pare la chiacchierata di mio fratello con l'elfa aveva indispettito alquanto Arya.
- Non capisco cosa vuoi insinuare. E qualunque cosa sia non mi interessa. -
- Non sto insinuando niente, non è forse così? Non li trovi anche tu la più bella coppia presente nella sala. E' un piacere guardarli. - nascosi divertito, il colpo di risa che mi era risalito alla vista di Arya che tornava a guardare la coppia ignara furibonda. Dopo averli osservati in silenzio per alcuni minuti la sua espressione cambiò gradualmente. Non era più furibonda adesso, il suo sguardo era triste e deluso. Mi dispiaceva quasi di averle parlato così. Quasi.
Murtagh.
L' ammonimento di Castigo mi fece desistere. Avrei cercato di rimediare.
Solo Arya, poteva credere che a Eragon interessasse Kalea. Era stato divertente farglielo credere e vedere le sue reazioni, ma se non volevo che Eragon e Castigo mi uccidessero dovevo rimediare.
In un angolo della sala c'erano alcune coppie che ballavano guidati dalla musica delicata e leggiadra degli strumenti degli elfi.
- Visto che Eragon è occupato, perché non ballate con me, Regina? -
Arya mi guardò a lungo, altera. Poi sospirò, lo sguardo incerto.
- Non vedo perché dovrei rifiutare. -
Presi la mano che mi porgeva e la strinsi freddamente. Non avevo nessuna voglia di ballare. Non c'era niente che odiassi di più, ma sapevo che Eragon non avrebbe resistito alla vista della sua amata che ballava e soprattutto con qualcun'altro. Non riuscivo ancora a credere che Arya avesse acconsentito. Molto probabilmente aveva capito la mia tattica e stranamente la approvava.
La spinsi al centro della sala in modo che tutti ci potessero vedere e cominciammo a danzare. O meglio, Arya cominciò a volteggiare attorno a me e alla sala senza mai toccarmi. All'inizio ero nervoso, mi trovavo al centro della sala ed ero rimasto immobile, ma poi mi lascia andare e ammirai l'aggraziato incidere della regina. Sembrava volasse.
Era bellissima.
Eragon aveva abbandonato la conversazione con Kalea. Adesso, erano l'uno al fianco dell'altro, di fronte ai ballerini. In realtà, davanti ada Arya, visto che le altre coppie si erano pian piano fermati e guardavano affascinati la regina.
Con disinvoltura, mi avvicinai a mio fratello.
- Non mi va più di ballare perché non accompagni tu, Arya? - gli diedi una pacca su una spalla e lo spinsi verso di lei.
Eragon guardò Arya impacciato. Lei, gli sorrise. C'era tutto in quel sorriso. Aveva illuminato la sala e soprattutto gli occhi di Eragon con quello. Eragon la prese per mano e l'accompagnò nella sua danza fluttuante.
Non avevo idea di dove avessero imparato quella danza, ma era bellissima. Si stavano dichiarando il loro amore, su quella pista da ballo. Alla fine del ballo, molto probabilemente sarebbero tornati a comportarsi come sempre, ma tutti quelli che li guardavano riuscivano a vedere l'intensità del loro amore. Non ero una persona particolarmente romantica, ma per Eragon avrei sopportato quella scena smielata.
- E così, sei un bravo fratellone. - l'elfa dagli abbaglianti capelli rossi, mi sorrise.
 La guardai senza capire, non pensavo che qualcuno avesse notato le mie manovre.
- So che non ami particolarmente la mia regina. Quando parla fai sempre delle strane smorfie, o più semplicemente la ignori. Inoltre, vi ho notato poco fa, e ho capito perché le hai chiesto di danzare. Se può consolarti, non sono un intralcio ai tuoi piani, il Cavaliere Eragon mi piace ma non è proprio l'uomo giusto per me. Il mio obiettivo era il tuo. Volevo fare ingelosire la mia Regina e a quanto pare ci sono riuscita. - mi lanciò un sorriso enigmatico e abbandonò la festa, senza lasciarmi il tempo di replicare.
Kalea.
Umh...donna interessante.
Mi girai un' ultima volta verso la coppia formata da mio fratello e Arya e sorridendo abbandonai la sala. Molto probabilmente avevo regalato a Eragon la serata più della sua vita.




NOTE DELL'AUTRICE
Bene, bene, bene. Lo so ho postato con un pò di ritardo, ma davvero, non riesco a concludere niente in questi giorni. A malapena riesco a dormire. Quindi perdonatemi. Per quanto riguarda il capitolo spero vi piaccia, io mi sono divertita a scriverlo. Spero abbiate colto sia da parte di Arya,che di Murtagh il motivo del loro " non piacersi". Sono entrambi invidiosi delle attenzioni che Eragon riserva all'altro. Questo argomento tornerà anche nei prossimi capitoli. L'Ordine ha deciso e presto partirà alla ricerca di Saphira per cercare di salvarla. Vedremo.
Ah, spero vi sia piaciuta il mio personaggio originale Kalea, anche lei sarà importante nei prossimi capitoli.
A presto
Ditemi come vi è sembrato il capitolo!
_Mollica_

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Casa ***


6.



6.

CASA




Fluttuavo.
Mi sentivo euforico, come se tutto il mondo mi sorridesse. Stringevo tra le mie braccia Arya e non mi sembrava vero. In tutti questi anni non l'avevo mai stretta così. Non avevo mai sentito la perfezione del suo corpo flessuoso contro il mio. Non avevo mai provato quella sensazione di completezza, di benessere, di assoluta felicità.
Avevo voglia di urlare dalla gioia, di saltare, di prenderla in braccio e di farla volteggiare per tutta la sala. In quel momento per me, c'eravamo solo io e lei, gli altri erano scomparsi. Insignificanti spettatori della mia felicità. Sentivo le mie guance ardere e il mio sguardo perdersi nel verde smeraldino dei suoi begli occhi.
Ero completamente andato. Il bello era che lo sapevo, e non me ne importava! Sarei rimasto così per tutta la vita. Crogiolandomi nella bellezza eterna del suo viso.
- Come mai quel sorriso? - Arya mi guardava curiosa.
Doveva essere abbastanza spaventata dalla mia espressione, ma non potevo farci niente, non volevo e non potevo contenermi. Sapevo che molto probabilmente questa mia spensieratezza non avrebbe portato a niente, ma non potevo farci niente.
- Sono felice. - l'esile corpo di Arya s'irrigidì tra le mie braccia e mi guardò stupefatta. Molto probabilmente non si aspettava quella risposta e anch'io non credevo di averlo detto. Ma era vero, certo il pensiero di Saphira non mi abbandonava, però in quel momento stavo bene, ero felice.
Arya mi guardò a lungo, come alla ricerca di qualcosa, ricambiai il suo sguardo senza imbarazzo. Volevo che vedesse i sentimenti che provavo. Dopo qualche attimo, distolse lo sguardo come se si fosse scottata e appoggiò delicatamente la sua testa sulla mia spalla.
- Anch'io sono felice. - la strinsi più forte, beandomi di quel momento e tuffai il mio naso tra i suoi lunghi capelli profumati di pino. Mi sembrava impossibile, avevo quasi paura che si trattasse di uno dei miei tanti sogni.
- Vorrei sentirti più spesso così vicina. - avevo paura della sua reazione alla mia confessione, ma dopo più di cento anni passati a meditare sui miei sentimenti, sulle mie sensazioni ed emozioni, avevo capito quanto Arya facesse parte di me. Di  quello che ero. Senza di lei, sarei stato per sempre incompleto.
- Eragon. - era così bello sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce melodiosa. - ti ho pensato molto in questi anni, mi sei mancato. - la guardai sorpreso e contento.
Rallentai il nostro incidere aggraziato e continuandola a stringere presi un ritmo più lento, così da poter parlare tranquillamente e godermi quel momento.
- Mi dispiace, Eragon. Vorrei che fosse più facile. -
- Lo vorrei anch'io, ma non preoccuparti non mi stancherò mai di aspettarti. -
Arya alzò lo sguardò e mi guardò negli occhi potevo leggere tutta la sua emozione e il suo tentativo inutile di dominarla.
Era bellissimo vedere la sua espressione cambiare, il suo sguardo addolcirsi e tutto il suo corpo abbandonarsi veramente al mio.
Amavo Arya e l'avrei amata per tutta la mia vita.
Era una condanna e una benedizione al tempo stesso.
- Vicino a te o anche fossimo divisi da un oceano intero, non smetterò mai di aspettarti. -
- Mi sento così egoista, vorrei darti molto di più, Eragon. - i suoi splendidi occhi mi fissarono feriti. - Io non ti merito. -
La guardai sbalordito.
L'elfa che avevo sempre etichettato come l'incarnazione della perfezione, credeva di non meritarmi. Se prima dubitavo che fosse un sogno, adesso ne ero convinto.
- Non puoi averlo detto davvero, Arya. - le sollevai il mento e la obbligai dolcemente a guardarmi negli occhi mentre le dicevo quelle parole. - Non esiste nessuno di più perfetto di te. Non dubitarne mai, io non l' ho mai fatto. Se ho detto che ti aspetterò per tutta la mia vita, molto probabilmente e perché so che ne vale la pena. -
Mi persi nel suo sguardo fiero dove, in quel momento, potevo leggere un'indecisione che mai le avevo visto.
Non parlammo più quella sera, continuammo a danzare, senza mai cambiare compagno.
Davanti alla sua camera la salutai un ultima volta. Arya mi accarezzò una guancia e mi sorrise per poi sparire dentro la sua camera.
Quella notte mi addormentai, come sempre, con la sua immagine a riempirmi la mente e, stavolta, un sorriso di gioia mi illuminava il viso, come non accadeva da troppo tempo.

*******************************

Ero infastidito e annoiato.
Annoiato oltre ogni dire.
Vista la naturale fretta di Eragon, l 'Ordine si era messo in marcia quel mattino stesso. L'unica cosa che mi salvava dalla compagnia tediosa e dalle loro invadenti domande era Castigo, senza di lui molto probabilmente sarei scappato.
Urlando.
Quanto esageri, Murtagh. Non sono così male. E poi  c'è Eragon.
Fantastico! Non riesco nemmeno a guardarlo. Dopo i due saltelli che ieri a fatto con Arya, non fa altro che guardarla con un sorriso da ebete e a guardare il cielo come se vedesse chissa che cosa. Mi fa quasi paura. Ricordami di tenermi lontano da Arya. Se starle vicino provoca questi effetti...
E' inutile parlare con te. A me piace, invece, stare in loro compagnia. Alla fine non sono troppo male Garth Khilu e Iarìs. Volare insieme ad altri draghi è strano, ma bello.
Sono contento per te, amico. L'unica persona che in questo momento mi ispira un minimo di simpatia è Kalea, ma è un elfa e, quindi ha i suoi limiti.
Sarebbero?
Gli elfi sono strani e io sono portato istintivamente a trovarli odiosi, quindi è già tanto se la trovo un poco simpatica.
Immagino sia solo perché è obiettivamente molto bella.
Castigo, così mi offendi!

- Murtagh! Scendi! - la voce di Eragon ampliata dalla magia, risuonò nella vallata. Tutti gli altri Cavalieri erano stati avvertiti telepaticamente, io, invece avevo mantenuto le mie difese mentali rigide come in battaglia.
Ci ero abituato, non le scioglievo mai. Non volevo che nessuno avesse nemmeno il sentore della mia presenza.
Una volta scesi, Castigo si diresse  verso gli altri draghi e io mi avvicinai ad Eragon che stava ridicolmente osservando Arya.
All'improvviso un pensiero stimolante mi illuminò il viso.
- Fratello, perché non ci sgranchiamo un pò le gambe, che ne dici? -
Eragon si girò si scatto verso di me, sorridendomi.
- Perché no? -
Sentivo l' adrenalina attraversarmi il corpo, risvegliandomi i sensi e rinvigorendo la mia mente.
Vidi Eragon avvicinarsi lentamente ad Arya, togliersi il pesante mantello di dosso e porgerglielo.
- Ti sarei grato se me lo tenessi, Arya.-
Lei lo prese senza dire niente, vigile e attenta sembrava quasi preoccupata. Avrei voluto urlargli che no, non avevo intenzione di uccidere mio fratello, nonché il suo per sempre nascosto grande amore!
- Allora fratello! Sto facendo le radici, vieni o ti tiri indietro? - urlai nella radura per richiamarlo, facendo ridere i nostri compagni di viaggio e sgraditi spettatori.
- Ti piacerebbe! - Eragon mi sorrise ironico, si avvicinò a grandi passi e mi si parò davanti deciso.
- Bene, cominciamo! - con uno scatto fulmineo brandii Zar' Oc e contemporaneamente, allungai una gamba, colpendo la sua e facendolo cadere rovinosamente a terra.
- Già a terra, fratello? - lo schernii contento.
- Vuoi giocare, Murtagh?-
- No, era solo per riscaldarmi. Adesso, facciamo sul serio! - rialzammo le nostre spade e ci parammo uno di fronte all'altro.
Cominciammo a duellare e dovetti ammetterlo a meno a me stesso, fisicamente Eragon era molto più forte di me. Non c'era paragone. Sembrava che in quegli anni avesse superato persino le doti naturali degli elfi, ma il mio orgoglio era intatto, tecnicamente lui non mi era superiore non lo era mai stato.
- Adesso basta, dobbiamo riposarci tra poche ore dobbiamo rimetterci in viaggio. - Arya interruppe il nostro duello e con un cipiglio severo spedì tutti a nanna. Per puro spirito di contraddizione io rimasi sveglio ad allenarmi da solo, facendo sorridere Castigo ed Eragon e contrariare Arya.

********************************************************

Eravamo vicini. Riconoscevo perfettamente il paesaggio attorno a me. Era stata la mia casa per tanto tempo.
- Ci siamo Arya. - nel dire quelle parole strinsi maggiormente le mie braccia attorno alla sua esile vita.
Davanti a noi, comparve la città che io stesso con Saphira e i nostri amici avevo cotruito. La città in cui avevo vissuto per ben cento anni, circindato dai miei allievi, migliorando le mie abilità e coltivando i miei interessi.
- E' bellissima, Eragon. - Arya si girò a guardarmi commossa e mi strinse una mano.
Non avevo voce per risponderle, le strinsi solo con forza la mano e continuai a fissare la mia città.
Chiesi a Fìrnen di  fermarsi davanti ad un grande palazzo.
Scesi velocemente e mi avvicinai al grande e imponente edificio, toccai il portone emozionato.
Casa mia.
Arya mi si avvicinò sorridendomi felice. Mi girai a guardarla improvvisamente euforico.
Ero a casa!
La raggiunsi e in un baleno la strinsi in un forte abbraccio. Sentii distintamente Arya irrigidirsi per la sorpresa per poi sciogliersi gradualemente al mio abbraccio e alla fine ricambiare con altrettanto slancio, se non maggiore.
Pian piano, però, l'euforia mi abbandonò. Mi guardai intorno come alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Mi sentivo perso, anche tra le braccia di Arya sentivo che c'era qualcosa che mi mancava. Strabuzzai gli occhi e guardai addolorato Arya.
- Mi manca così tanto, Arya. - lei mi guardò consapevole, non c'era bisogno di dire a chi mi stessi riferendo lei lo sapeva bene. Senza dire niente, continuò a stringermi, accarezzandomi dolcemente i capelli come se fossi stato un bambino. Mi lasciai coccolare e chiusi gli occhi, mentre una lacrima scivolava lungo la mia guancia.




NOTE AUTRICE

Ovviamente sono in ritardo e mi dispiace! Ma non potevo fare altrimenti. Sono stata molto impegnata e per giunta ho avuto anche una specie di blocco, ogni volta che avevo pochi attimi per scrivere, non ci riuscivo... Questo capitolo non mi convince del tutto, quindi vi prego sollevatemi il morale o convincetemi a smettere :-)
un bacio enorme a tutti!
_Mollica_


 




Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. Palazzo Saphira ***


cap. 7 Palazzo Saphira


7.


PALAZZO SAPHIRA




Il palazzo era alto e imponente, tanto da permettere ai draghi di viverci comodamente. L'interno non era sfarzoso, ma aveva una magnificenza che solo la prestanza dei draghi poteva vantare.
Mi sentivo a casa. Adesso riuscivo a capire l'emozione di Eragon nel rivedere il palazzo.
Nel mio castello, che avevo costruito interamente io con Castigo, non sentivo quella magia, qui, invece, la sentivo vibrare in ogni angolo.
Era più l'atmosfera che respiravi ad affascinare, che la struttura in sé.
- Ho rimpianto così tanto questo posto. - Kalea mi si avvicinò, lo sguardo nostalgico e ammirato. - Non è fantastico? -
- Lo è. -
- Mi sento veramente a casa quando sono qui. -
- Sembra quasi una magia...- mi guardai attorno dubbioso.
Era possibile che Eragon avesse fatto un incantesimo per soggiogare i Cavalieri al fascino del Palazzo, per fare in modo che non sentissero la mancanza di Alagaesia?
- So cosa stai pensando, ma quello che senti non è frutto di incantesimo. Semplicemente questo palazzo è stato fatto per i Cavalieri e per i loro draghi e, grazie agli Eldunarì siamo riusciti a creare un luogo perfetto per noi. - la voce di Eragon mi riscosse dalle mie supposizioni.
- Avete fatto un buon lavoro. - una punta di gelosia incrinava la mia voce.
- Il merito è, soprattutto, di Saphira. Per questo, il palazzo porta il suo nome. - mi avvicinai a lui discreto e gli strinsi una spalla, non era bravo a confrontare qualcuno, ma volevo sapesse che volevo esserci per lui.
- Grazie, fratello. - Eragon mi guardò consapevole e grato, poi tornò davanti al gruppo e ci guidò ognuno in una stanza.
- In quest'ala ci sono gli appartamenti per i Cavalieri e i loro Draghi, di qui invece ci sono gli appartamenti per i nostri ospiti. Fatemi sapere se vi occore qualcosa.  -
Aprii la porta della mia stanza e rimasi scioccato. Era enorme, altro che appartamento quella era una villa! Il soffitto era altissimo e Castigo riusciva a muoversi comodamente, certo non poteva volare ma era meglio di qualunque posto in cui avessimo mai soggiornato.
Dopo il viaggio avevo una disperata voglia di farmi un bagno, così dopo aver soddisfatto questa mia esigenza mi coricai.
Sul soffitto del mio letto era raffigurato un grande drago viola che sputava fuoco. Era bellissimo, sembrava vero. Avevo la tentazione di toccarlo per vedere se era veramente così. Pian piano i miei pensieri si spostarono su Saphira.
Avevo l'impressione che liberarla, non sarebbe stato facile, anche se facevo di tutto per far credere il contrario.  Avevo paura per Castigo. Volevo veramente aiutare Eragon, ma il pensiero che la sua sorte potesse toccare anche a me mi bloccava e mi rendeva inquieto.
Dovevo restare maledettamente attento. In tutti quegli anni avevo circondato me e Castigo di una notevole quantità di incantesimi di difesa. Colpirlo sarebbe stato impossibile. E conoscendo il vero nome dell' antica lingua, ero certo che sarei riuscito a difendere me e Castigo da chiunque. Eragon non c'era riuscito ma, solo perché aveva perso di vista Saphira e non era pronto a un assalto del genere. Ne ero sicuro. Io non mi sarei lasciato prendere alla sprovvista...
Dormi Murtagh. E non preoccuparti.
C
astigo interruppe i miei pensieri angosciati. Gli sorrisi e gli diedi una pacca sul muso. Aveva ragione era inutile preoccuparsi. 
Lasciai andare ogni pensiero e preoccupazione, chiusi gli occhi e mi rilassai. In poco tempo, dormivo.

************************************

Palazzo Saphira era fantastico.
Mi vergognavo di pensare che mi piacesse più dello stesso Palazzo Tialdarì. Da quando era entrata qui dentro, sentivo le foreste della Du Weldenvarden lentamente abbandonare la mia mente, senza rimpiangerle. Stavo bene.
Mi sentivo libera, mi sentivo completa. Avrei potuto vivere in questo palazzo ed essere felice.
Vivere qui, con Eragon. Vivere insieme...mi lasciai cullare da quella visione. Sarebbe stato così giusto e naturale. Mi sdraiai sul grande letto rilassandomi, il soffitto era decorato con un dipinto che raffigurava una battuta di caccia dei draghi. Era bellissimo e sapevo già chi era l'artefice di tale meraviglia. Il suo tocco era chiaramente riconoscibile.
Kalea amava dipingere e, quando viveva ancora a Osilon, aveva prodotto molte opere.
Invidiavo Kalea. Le invidiavo la sua libertà, il suo spirito, il suo non dover sottostare ai doveri di una Regina.
Un bussare leggero mi riscosse dai miei pensieri. Mi alzai agile ed estrassi il pugnale,che portavo sempre con me nel corsetto. Mi avvicinai guardinga alla porta, sapevo di essere al sicuro nel Palazzo, ma io non mi lasciavo mai cullare da questa convinzione. Non ero una sprovveduta.
- Chi mi cerca? -
- Sono Eragon. -
Appunto. Non mi sbagliavo. Una visita notturna di Eragon era per me più pericolosa di uno scontro armato. Misi velocemente a posto il pugnale e aprii la porta.
Eragon mi aspettava appoggiato con una spalla al muro e con un'espressione a metà  tra l'imbarazzato e l'audace, che mi faceva sempre arrossire.
- Cosa succede? -
- Niente. Volevo essere certo che non ti occoresse niente e che trovassi la stanza di tuo gradimento. -
- E' splendida  e non mi occorre niente, ma grazie. - mi guardò a lungo, come alla ricerca disperata di un argomento che non lo costringesse a lasciarmi.
- E Fìrnen? Ha bisogno di qualcosa? Sta abbastanza comodo? -
- Certo, Eragon. Sta perfettamente comodo. -
- Bene, allora...- arrossii in risposta al suo sorriso incerto.
- Buonanotte, Eragon. - la mia voce risultò soffocata persino al mio udito.
Lui mi si avvicinò, improvvisamente sicuro, mi accarezzò una mano e sollevandola dolcemente la baciò.
- Buonanotte, Arya. -

********************************************

Ero a casa.
Palazzo Saphira mi era mancato così tanto. Rivedere la mia vecchia stanza mi fece sentire di nuovo completa. Lì avevo vissuto i momenti più belli della mia vita.
Lì avevo conosciuto una leggenda, Eragon-elda. Avevo imparato tutto quello che sapevo.
Avevo imparato ad essere un Cavaliere.
Avevo trovato una nuova famiglia. Composta da Iarìs, dai miei compagni, dai nostri maestri e dalla preziosa guida di Eragon e Saphira.
Jared e Killian erano diventati miei amici. Insieme avevamo condiviso tutto. I nostri fallimenti, i duelli, il volo insieme ai nostri draghi, i momenti di gioia e di tristezza.
Quando ero tornata in Alagaesia tutto quello mi era mancato. Loro mi erano mancati.
Quando vivevi a Palazzo Saphira ti sentivi chiuso in una bolla che ti proteggeva dal mondo esterno.
Una volta uscita da quella bolla ti sentivi indifesa ed esposta al male del mondo.
Siamo fortunati, abbiamo dei buoni amici.
Iarìs mi si avvicinò e si accocolò vicino a me, lasciandosi accarezzare.
Lo so. Anche Murtagh e Castigo mi piacciono. Credo che possiamo fidarci di loro.
Castigo mi piace. Mantiene un po' le distanze con noi altri, ma credo solo perché non è abituato a stare con altri draghi e, forse, dentro di lui ha paura di non essere accettato. Non so cosa ne pensano Gauth e Khila ma io lo ammiro molto. E' cosi' possente, più di Saphira! Molto probabilmente perché è un maschio...Credi che diventerò anch'io così grande?
Certo! E credo, anche, che Castigo abbia bisogno di un amico. A parte Murtagh non ha mai avuto nessuno. Cerca di avvicinarti a lui.
Ci proverò, penso che si lascerà avvicinare, non sembra restio a fare amicizia. Murtagh il Regicida, invece, non mi piace.
Non chiamarlo così Iarìs! Conosci la sua storia, Eragon-elda c'è l'ha raccontata. Sai che le sue azioni sono state condizionate da altri. Io credo che sia un uomo buono. Vuole molto bene a suo fratello per esempio.
Credo che lui ti piaccia anche troppo
Questo è quello che ti preoccupa? Sei geloso, Iarìs? Non preoccuparti, non sono innamorata di lui, ma lo ammiro è vero come non ho mai ammirato nessuno. E' un'ammirazione diversa da quella che provo per Eragon, la mia regina o Blodhgarm.
Non sono geloso. Ho solo paura che ti faccia del male.
Non me ne farà mai. Ci sei tu a proteggermi.
Piccola mia.

Mi strinsi contro il suo muso e chiusi gli occhi sorridendo. Non importava dove fossi, l' importante era che stessi con lui.
Iarìs era la mia casa.




NOTE AUTRICE

Stranamente non sono in ritardo, posto questo capitolo come non succedeva da troppo in perfetto orario! Molto probabilmente il merito va alle bellissime recensioni che mi avete lasciato nel capitolo scorso ;-)
Questo capitolo è incentrato su Palazzo Saphira e sulle sensazioni che procura alla maggior parte dei protagonisti, inoltre c'è il primo momento introspettivo incentrato solo su Kalea. Fatemi sapere se il mio personaggio vi piace o preferite che rimanga ai margini. Detto questo, vi saluto e vi mando un bacio.

_Mollica_


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. La grotta ***


cap. 8 indizi


8.

LA GROTTA


- Qui ho visto Saphira per l'ultima volta. - la voce lamentosa di Eragon tornò ad infastidirmi.

Era ora di intervenire.

- Lo so, Eragon, lo so. Da quando ci siamo seduti qui lo avrai detto almeno una decina di volte. Capisco che senti la sua mancanza, fratello, davvero,ma devi risollevarti. Presto la ritroveremo. Quindi cerca di non renderti ridicolo e smettila di ripetere questa frase all'inifinito. - gli diedi una sonora pacca sulla spalla e scoppiai a ridere. Dopo un pò Eragon si unì incerto alla mia risata.

- Scusa, Murtagh. E' più forte di me. Mi sento così inutile. Qui fermo senza far niente con la speranza che lei compari. Per tutti questi anni mi sono sentito invincibile, mi credevo immune a tutto. Niente e nessuno avrebbe potuto ferirmi e, invece, non avevo considerato i sentimenti. Grande sbaglio. -

- Non siamo invincibili, fratello, perché amiamo e fin quanto lo faremo il nostro nemico avrà un vantaggio su di noi. - mi stupii io stesso delle mie parole. Solo con Eragon e Castigo riuscivo a parlare dei miei sentimenti.

- Eppure non possiamo farne a meno. - la frase di Eragon mi spiazzò per la sua verità.

- Eppure non possiamo farne a meno. - ripetei ironico.

Ci sorridemmo consapevoli e poi tornammo a fissare, ognuno perso nei propri pensieri, il panorama ai nostri piedi. Ci eravamo posizionati su una piccola altura ai cui piedi su un immenso spiazzale erano situato i campi di addestramento per i Cavalieri e pei i Draghi. Ripensai con un sorriso all' istruzione che avevamo ricevuto io e Castigo e a quella che, invece, ricevevano questi nuovi Cavalieri. Di certo, non avevano idea di cosa fosse avere paura di morire ogni momento della giornata o vedere il proprio drago venire torturato per colpa tua. Era tutto così facile per loro. All'improvviso sentii Eragon irrigidirsi e assumere un espressione assente.

- Arya mi ha detto che dobbiamo raggiungergli. Pensano di aver trovato qualcosa. - mentre diceva quelle parole Eragon si era alzato, aveva raccolto la sua spada e il suo mantello, da cui avevo notato non si separava mai e aveva raggiunto Castigo.

Io mi alzai e gli venni dietro. Una volta saliti su Castigo ci avviammo verso gli altri, grazie alle coordinate che Arya aveva mandato a Eragon e che lui ripeteva a Castigo. Ero rimasto sopreso quando pochi giorni prima Castigo aveva permesso senza alcun problema a Eragon di comunicare con lui. Non lo faceva mai, come me d'altronde, avevamo avuto una cattiva educazione per questo punto, anche in molti altri a dirla tutta, e questo ci portava ad avere scarsa fiducia verso gli altri. Eragon, però, era mio fratello e questo sembrava bastare a Castigo che lo aveva subito considerato uno di famiglia.

- Sono lì! - Eragon mi indicò una piccola rientranza nella montagna,sembrava una piccola grotta, di fronte a noi dove ci aspettavano tutti: Blodhgharm, Arya, Kalea con Iaris, Ajhiad, Killian con Garth e Jared con Khila. Fantastico, pensai sarcastico.

Castigo planò velocemente davanti ad Arya e agli altri e una volta scesi raggiunse gli altri draghi.

- Allora, cosa avete trovato? - Eragon raggiunse impaziente Arya e si guardò attorno febbrilmente.

- Abbiamo trovato delle orme di drago dentro la grotta. Pensiamo che siano di Saphira e di altri due draghi di piccole dimensioni.

- Dove sono? - il tono della sua voce era trafelato e speranzoso.

-Seguimi, ebrithil. - Kalea li si avvicinò, li lanciò uno sguardo comprensivo e lo superò entrando nel varco.

Eragon la seguì velocemente, seguito da noi tutti. L'interno della grotta era buio, ma potevo vedere che mi ero sbagliato, non era affatto piccola. Era altissima e molto larga e qualunque drago poteva muoversi lì dentro. Le pareti erano piene di strani geroglifici e disegni che per me non avevano alcun senso, ma che gli elfi guardavano con avidità.

Kalea si arrestò davanti a dei giacigli, la terra e la paglia intorno era increspata e sparpagliata. E vicino, chiunque avesse mai visto un drago, poteva chiaramente riconoscere delle orme.

Eragon s'inginocchio davanti a quelle più grandi e le toccò tremante, quasi volesse venerarle.

- Sono di Saphira. Senza alcun dubbio. Riesco a sentire anche il suo odore. Non ha lasciato questo posto da molto. -

- Riconosci le altre orme, ebrithil? - Kalea gli indicò le altre due paia di orme. Eragon si alzò e toccò le zolle di terra rialzate dagli artigli. Il suo sguardo era concentrato e attento.

- Mi sembrano le orme di Samah e di Lickoe, i due draghi che erano con Saphira, ma non ne sono sicuro. Sarà meglio verificare. - detto questo allungò i palmi della mano sopra le orme e farfugliò qualcosa nell'antica lingua che non riuscii a capire. Dopo pochi istanti la luce che aveva illuminato il suo gedwey ignasia si spense.

- Sono loro. E le orme sono fresche, come sospettavo non hanno lasciato questo posto da più di cinque ore. -

- Potrebbero tornare. Sarebbe opportuno che qualcuno rimanesse a controllare. - il mio suggerminento venne accolto con un assenso da Eragon.

- Abbiamo un vantaggio, adesso. Potremmo tentare un agguato. - Arya si avvicinò a Eragon lo sguardo deciso e pronto.

- Sono d'accordo con Arya Drottning, ma dobbiamo trovare un modo per nasconderci. - Kalea si guardò intorno dubbiosa.

- Potremo renderci invisibili. - suggerì Killian.

- Non inganneremo Saphira così, riconoscerebbe il nostro odore. - la voce di Eragon era frustata.

- Dobbiamo semplicemente renderci anche inodore. So io come fare. - Eragon si girò entusiasta verso di me. - Conosco un incantesimo che ci renderà immune a tutti i sensi anche a quelli più sviluppati dei draghi. -

- Perfetto. - Eragon mi strinse un braccio rincuorato.

- L'unico problema è che ci vuole molta energia per farlo e ognuno può farlo solo a sè stesso. Credo che non potremo partecipare tutti. -

Eragon si guardò intorno dubbioso. Soffermandosi pensieroso sui suoi allievi.

- Molta, quanto? -

- Quanto basta per cui chi non è dotato di una forza al di sopra della media non possa farlo. - alzai altezzoso un sopracciglio sorridendo.

- Non preoccuparti possiamo farcela tutti. Vuol dire che Ajhiad, il re e la regina del Surda e Katerina ci aspetteranno al Palazzo. Blodhgarm andrà con loro, così potrà occuparsi di loro. Non possiamo permetterci che Saphira e gli altri draghi abbiano il minimo sentore che nelle vicinanze ci sia qualcuno. Jared, ci pensi tu ad avvisarli. - Eragon guardò interrogativo il suo ex, e sottolineo ex, allievo.

- Certo, ebrithil. -

Odiavo che continuassero a chiamarlo maestro. Era tutto un "Sì, ebrithil" o "Certo, ebrithil" o ancora "Come vuoi, ebrithil". Insomma, che la facessero finita di fare i leccapiedi.

Smettila di fare l'invidioso.

Ma cosa dici! Di cosa dovrei essere invidioso? Io odio il loro comportamento, se solo si azzardassero a comportarsi così con me, li sfiderei a duello!

Ma chi vuoi prendere in giro? So che meriti di essere chiamato anche tu maestro, ma evita di renderti ridicolo, con tutte quelle smorfie quando Kalea, Jared e Killian lo chiamano così!

Ma quale smorfie?

Murtagh...

Sbuffai rumorosamente attirando l'attenzione di tutti gli altri. Cercai velocemente una scusa.

- Bhè, quando ci mette? -

- E' appena andato, sii paziente. Piuttosto perché non iniziamo con questo incantesimo. - Eragon mi guardò incuriosito.

Si avvicinarono tutti quanto intorno a me circondandomi e dopo aver ascoltato attentamente le parole nell'antica lingua, una alla volta provarono ad eseguire l'incantesimo. Eragon fu il primo e in un lampo diventò invisibile, poi fu il turno di Arya. Grazie all'aiuto dei loro draghi anche Kalea, Jared e Killian riuscirono a portare a termine l'incantesimo. Una volta pronti ci appostammo ai lati della grotta con la schiena attaccata alle gelide pareti.

Eragon mi si avvicinò e si acciuccò vicino a me. Uno dei tanti vantaggi di questo incantesimo era che potevi vedere gli altri che erano sotto lo stesso effetto. Un privilegio non da poco, che in quel momento ci avrebbe permesso  di organizzarci.

- Volevo ringraziarti ancora, Murtagh. Non solo per questo incantesimo, ma anche per il resto. -

- Qualunque sia la cosa per cui mi stai ringraziando non c'è ne bisogno, Eragon. -

- E' un mio dovere ringraziare te e tutti gli altri. Immagino che non sia stato facile abbandonare tutto per venire in questi luoghi sconosciuti a rischiare la vita per me. -

- A parte che non rischiamo la vita, Eragon e poi sei mio fratello...ho trascurato troppo a lungo questo nostro legame. -

Eragon sorrise commosso per le mie parole e mi strinse forte un braccio. Distolsi lo sguardo e guardai attento l'entrata della grotta, ma le poche frasi scambiate con Eragon tornarono ad invadere la mia mente.

Immagino che non sia stato facile abbandonare tutto...

Ma, abbandonare cosa? Cosa rimaneva a lui e a Castigo in Alagaesia? Niente, a parte un vecchio palazzo e tanti, tanti pregiudizi e condanne da parte di tutti i cittadini di Alagaesia. Nessuno, dopo la guerra, lo aveva mai guardato senza condannarlo immediatamente per il ruolo che aveva avuto nella guerra contro Galbatorix. Nessuno si era mai chiesto cosa avesse significato essere nei suoi panni. Costretto a giurare fedeltà a Galbatorix, costretto ad uccidere i suoi stessi compagni, costretto a combattere il suo stesso fratello, costretto a torturare l'unica donna che avesse mai amato...

Nessuno era mai riuscito a capire cosa avesse sopportato nei primi anni della sua vita. Nessuno, nemmeno Eragon. Lui non poteva capire, la sua vita era stata così diversa dalla sua. Condividevamo solo una parte del nostro sangue e il fatto che fossimo cavalieri. Nient'altro. Eravamo diversi come il giorno e la notte. Così diversi, eppure nel profondo, a volte, riuscivo a vedere quelle somiglianze che facevano di noi due fratelli.

- Stanno arrivando. - Arya sussurrò quelle parole ad Eragon. Un palmo rivolto verso il terreno, gli occhi chiusi e la fronte contratta. Era concentrata ad ascoltare i sussurri della terra. Una dote che io non avevo ancora imparato. Non ero mai stato molto propenso ad entrare in contatto con la natura. Avevo odiato tutti gli esercizi che costringevano ad annullare la propria coscienza per abbracciare la natura attorno. E, infatti, non ero mai stato troppo bravo.

- Riesco a sentirli. - anche Kalea ad occhi chiusi sorrise.

- E' arrivato il momento. - la voce di Eragon era vibrante di eccitazione e di speranza. Lui più di tutti era impaziente di vedere i draghi entrare nel nostro nascondiglio.

Io dal canto mio, non sapevo cosa aspettarmi. Non avevo neanche idea di come ci saremmo comportati, ma sapevo che il momento della verità si stava avvicinando.

Presto avrei rivisto Saphira, ma soprattutto presto avremmo scoperto chi o cosa ci stava minacciando.

NOTE DELL'AUTRICE

Eccomi qui, anche questa volta sono riuscita a non farvi aspettare troppo... ;-) Questo capitolo è l'introduzione del capitolo in cui finalmente farà la sua comparsa Saphira. Vedremo nel prossimo, meglio, come si evolverà la storia. Spero come sempre che questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre vi invito a dirmi tutto quello che volete ( elogi o offese, andateci piano con quest'ultime) sul capitolo o la storia in generale. Apprezzo sempre molto i vostri commenti e soprattutto i vostri consigli...quindi fatevi sotto!

A presto

un bacio

_Mollica_

P.S.Per chi non se lo ricordasse ebrithil significa maestro. ;-)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. Di nuovo insieme ***


9.


9.

Di nuovo insieme

Il nostro respiro era affannoso ed esitante, ma nessuno oltre a noi poteva ascoltarlo, protetti come eravamo dall'incantesimo che avevo insegnato ai miei compagni d'avventura. Sentivamo i passi pesanti dei tre draghi e i loro forte odore. Si stavano avvicinando, ero certo che non si fossero accorti che eravamo entrati, eravamo stati molto attenti a coprire tutte le nostre tracce e, i membri del gruppo che non avevano potuto partecipare erano tornati a Palazzo Saphira e attendevano impazienti il nostro ritorno. Non doveva essere facile per loro, aspettare nostre notizie inermi. Io non ci sarei mai riuscito.

Arya si mosse lentamente e si spostò guardinga allontanandosi dall' ingresso. Era difficile abituarsi all'idea che non riuscissero a percepire la nostra presenza.

-  Stanno arrivando riesco a sentirli.  - sussurrò quelle parole, con  gli occhi chiusi, i palmi delle mani rivolti verso il terreno. Ascoltava i sussurri della Terra. Una tecnica che io non avevo mai acquisito e che dubitavo avrei mai  imparato. Bisogna essere delle persone riflessive, calme per affinare i sensi ed ascoltare veramente quello che ti circondava. Io non ero proprio il tipo, i pochi esercizi che avevo fatto in questo campo erano stati dei totali disastri. Non avevo pazienza ed odiavo restare seduto delle ore, a volte dei giorni, lasciando che la mia coscienza venisse profanata dal resto del mondo.

- Li sento anch'io, sono all' entrata della grotta. - il commento di Kalea rese impaziente Eragon che cominciò a dondolarsi sulle punte dei piedi.

- Restiamo immobili, una volta entrati decideremo cosa fare, qualunque cosa succede ricordate che non possono sentirci, vederci o percepire il nostro odore. Se schermiamo bene le nostre menti, avremo l'effetto sorpresa dalla nostra parte. - Eragon guardò i suoi allievi con uno sguardo deciso e severo. Non l'avevo mai visto sotto le vesti da insegnante. Ovviamente, riusciva bene anche in quello .

- Nen ono weotnata, ebrithil. - i suoi allievi acconsentirono con un cenno del capo rispettoso.

L'improvviso di roccia graffiata mi riscosse, adesso potevamo sentirli tutti. Chinque avesse avuto un udito abbastanza fine poteva percepire quel rumore. Riuscivo quasi a vedere gli artigli che affondavano nella roccia e la sbriciolavano. Uno di loro stava volando , era abbastanza piccolo da poterlo fare, quindi.  Un 'ombra cominciò ad avvicinarsi oscurando il nostro nascondiglio e privandoci della poca luce che prima filtrava dall'entrata della grotta. Era un drago maestoso, era grande quasi quanto Castigo. Sentii distintamente Eragon trattenere il respiro, un'occhiata mi rivelò che era completamente soggiogato dall'immagine di quell'ombra, molto probabilmente era quella di Saphira.  

I draghi continuarono ad entrare, il primo che si rivelò a noi fu un piccolo drago che doveva avere meno di un anno, era sicuramente una femmina ed e le sue squame rilucevano di un bel viola splendente. Sorrisi alla sua vista, cercando di non farmi notare dagli altri. Avevo creduto per tanti anni che i draghi fossero destinati ad estinguersi e quindi, ogni volta che ne vedevo uno mi sembrava di assistere ad un miracolo.

- E' Shurare. La riconosco, è lei  senza alcun dubbio. Solo che non so se è lei veramente o è ancora posseduta da qualcuno, o qualcosa. Dovremo provare un attacco mentale per scoprirlo, ma così facendo ci scoprirebbero e nel caso fossero posseduti ci ritroveremo in un bel guaio. -  Eragon ci guardò una a uno indeciso  su come procedere.

- Per adesso aspettiamo e vediamo come si comportano. - lo sguardo di Arya cercò di rassicurarlo.

Eragon e io acconsentimmo con un cenno del capo. Non avevo la forza di parlare mi sentivo stravolto. Non vedevo l'ora che quella estenuante situazione fosse finita. Aspettavamo il lieto fine, ed io non ero mai stato paziente.

L'improvviso luccichio di squame colorate riportò la mia attenzione all'entrata dl nascondiglio. Un enorme dragonessa torreggiava dentro la stanza. Non avevo bisogno di chiedermi chi fosse. Era Saphira. Non la vedevo da molti anni, ma l'avrei riconosciuta ovunque, aveva sempre le squame più brillanti che avessi mai visto in un drago, e se questo non fosse bastato, il sussulto che aveva attraversato Eragon sarebbe bastato ad illuminarmi sulla sua identità.

- Saphira...-  il sussurro di Eragon era colmo di sollievo e gioia, miscelati ad un'antica agonia. Probabilmente si stava chiedendo se fosse veramente lei o se quella che guardava era un'impostora.

- Cosa facciamo adesso? - guardai interrogativo Arya ed Eragon. - Non possiamo restare qui senza fare niente, l'incantesimo non dura in eterno...-

Le mie parole furono interrotte dall'improvviso lamento di Saphira che si accucciò triste in un angolo e continuò a sbuffare fumo e a fare versi da cui potevamo riconoscere che stesse piangendo. Eragon si avvicinò a lei e prima che potessi fermarlo le toccò il muso in una lenta carezza. Lo presi per una spalla e lo strattonai.

- Ma cosa fai? Sei impazzito? -

La risposta di Eragon non arrivò mai perché proprio in quel momento, Saphira si rialzò dal suo giaciglio e guardò con uno sguardo minaccioso il resto della grotta. Con un roco ringhio costrinse i due draghi più piccoli a nascondersi dietro di lei.

- Ti ha sentito...questo è impossibile. - non credevo ai miei occhi. Certo, Saphira non aveva riconosciuto Eragon, ma aveva percepito che c'era qualcosa che non andava, che c'era qualcun'altro oltre a loro tre dentro il nascondiglio.

- Saphira ha dei sensi impareggiabili e poi Eragon è il suo Cavaliere. Potrebbe essere questa la causa. - Kalea mi guardò indecisa rispondendo al mio sbalordimento.

- Adesso cosa facciamo? Aspettiamo che credi di esserselo immaginata? -

- No, questa è Saphira ne sono sicuro. Se fosse posseduta, poi non avrebbe motivo per essere triste. - Eragon ci rivolse uno sguardo deciso.

- Credo tu abbia ragione Eragon. Certo, non conoscoSaphira bene quanto te,percepisco la sua presenza e concordo con la tua osservazione. - Arya gli si affiancò toccandogli una spalla.

Ovviamente era d'accordo con lui.

- Dobbiamo esserne sicuri. -

Saphira dopo un'ultima occhiata si ridistese e chiuse gli occhi, tornando nel suo stato lamentoso. Con occhio vigile però tornava sempre a controllare la stanza a intervalli regolari.

- E lo siamo. Quella è Saphira. Non hobisogno di toccare la sua mente per riconoscerla. Come tu non ne avresti bisogno se al suo posto ci fosse Castigo. -

- Va bene. Cosa hai intenzione di fare? -

- Questo. - in un lampo di luce azzurra, Eragon si liberò dall'incantesimo e corse incontro a Saphira.  

Sentivo tramare Arya la mio fianco. Sapevo già cosa stava pensando.

- Non ci provare. Non possiamo metterci tutti in pericolo. Se lei non è Saphira riusciremo a proteggere Eragon. Non possiamo esporci tutti. -

Non rispose alle mie parole, sentivo che la sua tensione non si era allentata, ma aveva deciso di seguire il mio consiglio.

Eragon si era avvicinato precipitosamente a Saphira e questa, una volta che l'aveva visto, richiamata anche dallo strillo allarmato di uno dei piccoli draghi. Si era eretta minacciosa.

- Sono io Saphira! Sono Eragon! - l'urlo di Eragon, fece solamente infuriare ancora di più la dragonessa. Si preparava a ruggire una forte vampata di fuoco, e io avevo già in bocca l'incantesimo che avrebbe portato Eragon fuori dalla grotta e al riparo dalle vampate, quando si bloccò di colpo come folgorata.

Guardava Eragon con un'espressione di dolore mista a speranzosa gioia. Eragon la guardava di rimando con gli  occhi pieni di lacrime.

- Sono io, Saphira. Sono Eragon. -

La dragonessa uggiulò, allungò il lungo collo e avvicinò il viso a quello di Eragon, puntandogli un suo grande occhio azzurro.

L'intensità del loro sguardo aveva immobilizzato tutti. Non riuscivo a muovermi e non sapevo cosa fare. Di colpo Eragon urlò di gioia e saltò al collo di Saphira, a questo punto ci contavo, mentre lei ruggiva altrettanto entusiasta. 

Lo stupore che fino ad allora ci aveva bloccato, si frantumò davanti all'evidente gioia del Cavaliere e della sua dragonessa. 

Finalmente si erano riuniti, ma questo momento di gioia era guastato da una pressante domanda. 

Cosa era accaduto a Sphira, e a Samah e Lickoe? Come si erano liberate? E, soprattutto dove si trovavano quelle creature, adesso? E cosa, avevano in mente?

Mi tenni per me le mie perplessità, ma uno sguardo ad Arya e a Kalea mi rivelò che anche loro non erano immuni a queste domande. 

NOTE DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo, questo capitolo era pronto già da tempo, ma ho aspettato a pubblicarlo perché mi aspettavo più recensioni nello scorso capitolo...anche se le visite ci sono state solo uno di voi mi ha fatto sapere il suo parere.  Non posso non dire che mi è dispiaciuto, ma adesso eccomi qui con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto. Allora, prima di tutto vi ringrazio per i complimenti che mi mandate e per i vostri consigli, anche solo per le domande di chiarimento. Sono sempre molto felice di riceverle perché vuol dire che vi interessa davvero la mia storia...detto questo parliamo del capitolo. Allora, il momento finalmente è arrivato. Saphira ed Eragon si sono rincontrati. Inizialmente, volevo scrivere il capitolo dal punto di vista di Eragon, ma poi ho cambiato idea. Mi serviva il punto di vista di qualcuno al di fuori. Questo però sarà uno degli ultimi  capitoli scritti sotto il punto di vista di Murtagh...più in là ce ne sarà qualcun'altro però. Fatemi sapere che cosa ne pensate del capitolo e datemi tutti i consigli che vi passano per la mente. Ne ho bisogno per continuare la storia!
un bacio enorme a tutti
_Mollica_











Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. Il bacio ***


cap. 11

10.

IL BACIO

 

 Mi alzai di scatto urlando. Squadrai con gli occhi sbarrati la mia stanza. E poi, eccola lì, con la sua imponente mole, Saphira arrotolata sul suo giaciglio. Era lì con lui. Erano tornati insieme. Riusciva a stento a capacitarsene. Ogni notte, continuava a fare quegli strani sogni. Sembravano così reali!

 

Cosa succede, piccolo mio?

 

Non riesco a dormire, non preoccuparti. Sono solo incubi.

 

Solo incubi? Cosa mi nascondi, Eragon?

 

Niente.

 

Perché non vuoi parlarne?

 

Perché non c'è niente di cui parlare, Saphira! Torniamo a dormire.

 

Mi alzai, tolsi la coperta dal letto e mi accoccolai vicino a lei. Sorrisi a contatto con il suo ventre infuocato e respirando il suo inconfondibile odore.

 

Se sto vicino a te, sono certo, che gli incubi non torneranno ad assalirmi.

 

Ovvio, scappano anche loro, davanti a me.

 

Risi e sospirai. Mi era mancato così tanto. Nel mio caldo rifugio, mi sentii finalmente a casa.

 

 

*******************************************

 

La minaccia che incombeva su di loro era peggio di quanto si era immaginata. Il racconto di Saphira l'aveva lasciata sgomenta e in un certo senso spaventata.

 

Aveva paura per Fìrnen, per Eragon e Saphira e per tutti gli altri. Il nemico era forte, insidioso e molto difficile da sconfiggere. Il giorno prima, Eragon aveva riunito l'Ordine e Saphira aveva raccontato tutto quello che era accaduto a lei e agli altri due draghi. Contro ogni loro convinzione, Saphira aveva raccontato di non essere stata posseduta. Più semplicemente, quelle strane creature, che Saphira aveva descritto come spiriti di forma umana, li avevano imprigionati ed avevano preso le loro sembianze. Questo era già di per se preoccupante perché se questi spiriti potevano prendere le nostre sembianze sarebbe stato difficile riconoscere gli amici dai nemici. Il problema maggiore era che ogni magia offensiva sembrava inutile contro di loro. Rivalutai con attenzione i motivi per cui quei mutaforma, così gli aveva chiamati Eragon durante la riunione, li avessero attaccati. Sembrava un comportamento assurdo, ma io sapevo per esperienza che nessuno attacca qualcun'altro senza motivo. Il motivo c'era e continuava ad essere nascosto. Ero certa che una volta scoperto avremmo compreso molto di più loro e le loro intenzioni. All'improvviso ebbi un'illuminazione. Corsi emozionata verso il Palazzo, fortunatamente mi scontrai con Eragon, che mi guardò sorpreso in viso notando la mia espressione esaltata.

 

- Credo di aver capito il motivo per cui i mutaforma hanno attaccato! -

 

- Davvero? - Eragon mi strinse entusiasta le spalle.

 

- Stavo riflettendo sul fatto che hanno imprigionato Saphira e gli altri, hanno preso le loro sembianze e poi vi hanno spaventato, cacciandovi e costringendovi a lasciare queste terre. Forse, è proprio questo il punto. Avete profanato le loro terre! Le stanno proteggendo! -

 

- Le loro terre? Perché allora solo adesso? -

 

- Perché i draghi sono aumentati gradualmente e per questo anche i territori di caccia. Tu stesso mi hai detto l'altro giorno che avete finito da poco di costruire un nuovo campo di addestramento sul fiume. Con il tempo avete occupato sempre più spazio, probabilmente occupando il loro! -

 

- Ma, allora perché non gli abbiamo mai incontrati? -

 

- Non lo so. Forse, vivono nascosti? - lo guardai interrogativa.

 

- Forse. - Eragon mi sorrise. - O forse erano spaventati. –

 

- Con le loro capacità? Perché dovrebbero essere spaventati? –

 

- La paura è irrazionale, molto probabilmente non sono un popolo di guerrieri e non li abbiamo mai incontrati perché vivono nascosti e in disparte. Per quello ci hanno attaccato in modo così subdolo. –

 

- Non credo che abbiamo paura di noi. Forse sono semplicemente un popolo pacifico, per questo vi hanno messo in fuga non con la loro forza ma spaventandovi. –

 

- Se così  fosse potremmo risolvere le nostre controversie semplicemente parlando con loro. – Eragon le sorrise entusiasta.

 

- Semplicemente parlando con loro? Pensi di risolvere così questo conflitto? E dove sono, Eragon? Dove si nascondono e come puoi essere sicuro che ci lasceranno parlare? E poi, le nostre sono solo congetture. Loro possono avere tutte altre intenzioni. L’unica cosa certa è che sono imprevedibili. – mi dispiaceva rubargli quella sua piccola speranza ma, non pensavo proprio che la questione si sarebbe risolta con una chiacchierata. Eragon adesso mi guardava leggermente ferito e offeso.

 

- Sei stata chiara, Arya Drottning. – con un lieve inchino si allontanò. – ci vediamo stasera ci sarà una riunione dell’Ordine lì decideremo il da farsi.-

 

Lo guardai andare via frustata. Forse ero stata troppo brusca nel disilluderlo, ma non potevo credere che uno stratega come lui pensasse davvero che tutto si sarebbe risolto così! Volevo solo farli aprire gli occhi!

 

Che faccia che ha il nostro Cavaliere, cosa gli hai detto?

 

Niente, Fìrnen. Non è successo niente.

 

Ci fu un attimo di silenzio in cui Fìrnen ascoltava la nostra conversazione.

 

Eragon-elda non ama essere ripreso come un ragazzino sognante, mia cara. Sei stata troppo impulsiva, devi ricordarti del ruolo che occupa adesso. Una volta forse potevi permetterti di bloccare le sue idee così perché eri uno dei suoi mentori, ma adesso non è più così. Non avresti mai risposto così a un altro membro dell’Ordine per paura di offenderlo, cosa rende diverso Eragon?

 

Non lo so, Fìrnen. Non avevo intenzione di offenderlo. Io volevo solo riportarlo alla realtà.

 

Le tue intenzioni erano buone lo so, ma lui? Lui sa che la tua non era voglia di offendere il suo buonsenso?

 

Se mi conosce dovrebbe saperlo.

 

Non fare la presuntuosa adesso. Dovresti scusarti.

 

Scusarmi e per cosa? Per aver detto la mia opinione?

 

No. Per averlo fatto in maniera così poco educata.

 

Basta. Questa discussione finisce qui o finirò per offendere anche te.

 

Come vuoi, mia cara. Se vuoi parlare sai dove trovarmi.

 

Naturalmente Fìrnen era con Saphira. Mi chiedevo cosa ne pensasse lei della nostra discussione, chissà se Eragon le aveva parlato. Se lo aveva fatto allora anche la dragonessa era sicuramente adirata con me. Sapevo quanto odiava che qualcuno mettesse in discussione il suo cavaliere. La conoscevo bene.

 

Fìrnen e Saphira erano insieme. 

 

Non si erano mai separati da quando si erano ritrovati, mi chiedevo come facessero a farlo sembrare una cosa semplice e naturale.

 

Diamine! Doveva essere più difficile per loro essere teneri, loro erano draghi!

 

Eppure, mentre io e Eragon continuavamo ad avere un rapporto pieno di alti e bassi, di discussioni, incomprensioni, dolore, loro quando erano insieme sembravano in pace con il mondo.

 

Quanto tempo avevamo intenzione di perdere ancora io e Eragon? Ormai era più di un secolo che ci conoscevamo. Continuavamo a fare un passo avanti e dieci indietro. Insieme avevamo passato dei bellissimi momenti, ma una mia frase incauta sembrava aver cancellato tutto.

 

Dovevo cercare di riappacificarmi con lui.

 

 
 *********************************************************

 

I membri dell’Ordine mi guardavano indecisi, in preda alle loro riflessioni. L’unica a mantenere un’espressione sicura era Arya, che alla mia destra continuava a guardarmi imperscrutabile dall’inizio della seduta. Avevo seguitato con fare offeso a non rivolgerle la parola o a chiedere il suo consenso su ogni cosa, come sono solito fare. Continuavo a mostrarmi offeso, la discussione che avevamo avuto quella mattina mi aveva lasciato con l’amaro in bocca, cercavo di mostrarmi indifferente, ma mi rendevo conto di comportarmi come un ragazzino. Non potevo fare altrimenti. Era più forte di me. Quando l’aveva vista arrivare, seria e impassibile come al solito, il mio risentimento verso di lei si era acuito. Non sapevo esattamente cosa avrei voluto, delle scuse, un sorriso complice, semplicemente un’occhiata. Sapevo che l’avrei perdonata su due piedi perché mi era impossibile fare l’offeso a lungo con lei ed ero abituato a pensare che la colpa di ogni nostra scaramuccia fosse mia. Eppure, questa volta non era così! Lei aveva mostrato leggerezza nel parlare, lei mi aveva mancato di rispetto, eppure manteneva il suo solito distacco e non avevo ricevuto neanche una minima scusa e questo mi faceva ribollire il sangue nelle vene.

 

- Eragon-elda, credo che potremmo lasciare un messaggio nella grotta dove tenevano rinchiusi Saphira e gli altri in cui chiediamo un incontro. – Ajhiad parlò interrompendo il lungo silenzio di riflessione che aveva imperversato nella sala.

 

- Penso che sia una buona idea, re. Anch’io avevo pensato a qualcosa di simile. Prima di combattere qualcuno dovremmo conoscere cosa li spinge a respingerci e a cercare di risolvere le cose pacificamente. – dissi quelle parole con lentezza, immergendole di un significato oscuro a tutti tranne che ad Arya che al mio fianco si irrigidì impercettibilmente.

 

- Se questa tattica dovesse fallire? – Kalea mi guardò indeciso, quella strategia non la entusiasmava.

 

- Passeremo alle maniere forti. Li scoveremo e li costringeremo ad ascoltarci. Lascerei questa opzione per ultima, però. Combatterli non sarò facile neanche per noi.  – dopo una piccola pausa, li guardai una a una soffermandomi per la prima volta in quella seduta sul viso si Arya – siamo tutti d’accordo? –

 

Un coro di sì echeggiò nella sala, Arya non mi rispose. Si alzò prese congedo con un lieve inchino e lasciò la sala. Mi trovai a seguirla frustato con lo sguardo. Non capivo perché quella donna dovesse essere così complicata.

 

- Perfetto. Potete pensarci voi? Murtagh appena puoi vieni a riferirmi come avete proceduto. Per qualsiasi cosa, chiedete a lui. – con un cenno a tutti mi affrettai ad uscire dalla sala e a ripercorre velocemente i passi della regina degli elfi.

 

La trovai immersa ad osservare un dipinto di Kalea che attraversava tutta la parete. Rappresentava una donna con una rosa canina in mano appena donatagli da un uomo in armatura in ginocchio davanti a lei.

 

- Arya. – la richiamai – non lasciamo che la discussione avuta questa mattina tra di noi crei un distacco duraturo tra di noi. –

 

- Tu vuoi le mie scuse, Eragon-elda. – la sua non era una domanda per cui non risposi.

 

- Non era mia intenzione offenderti, Eragon-elda. – volevo vedere la sua espressione, ma lei insisteva a mostrarmi impassibile le sue spalle. Sentii montarmi dentro una rabbia ingiustificata.

 

- Non vuoi nemmeno guardarmi in faccia, Arya Drottning? Valgo così poco per te? –

 

- Conosci questa leggenda, Eragon-elda? – mi domandò indicando il dipinto davanti a lei, senza nemmeno girarsi e ignorando le mie scuse.

 

- Sì. – sapevo dove voleva arrivare.

 

- Myra e Armal aspettarono in eterno il momento giusto per amarsi. In preda delle loro indecisioni e incomprensioni e alla fine, lui fu ucciso in battaglia e lei morì di dolore. – mentre diceva quelle parole si girò verso di me e mi guardò affranta.

- Credi che finiremo come loro? – la mia rabbia era di colpo sparita sostituita da un autentico dolore che mi faceva parlare con una voce che a malapena riusciva a riconoscere come mia.

- Non lo so…tu cosa credi, Eragon-elda? –la guardai consapevole stava cercando di recuperare, mi chiedeva il mio parere per farmi capire che per lei contava la mia opinione e che non la sottovalutava.

Mi avvicinai intrepido e sospirai sconfitto, stringendo tra le mie grandi mani le sue piccole e affusolate.

- Credo  che se qualcuno ama qualcuno come io amo te sia uno stupido a non provare ad averla in tutti i modi e ad abbandonare la sua causa. –

- Eragon. – l’elfa pronunciò solo il mio nome ma mi bastò, io capii dal tono della sua voce quello che il suo pudore, la sua educazione, il suo stesso essere le impediva di dirmi.

Mi avvicinai ancora di più e poggiai delicatamente la mia fronte sulla sua, perdendomi nel suo forte odore di pino selvatico.

Tutta la magia di quel momento mi avvolse rendendomi ardito con uno gesto naturale baciai la sua fronte chiudendo gli occhi e continuando a respirare il suo forte odore, quando poi lei mi abbracciò calai sulle sue labbra e la baciai.

 

NOTE DELL’AUTRICE

Bene, finalmente si baciano! Non so voi ma io ero troppo emozionata mentre scrivevo questo capitolo, davvero tanto! Comunque, oltre al loro bacio in questo capitolo succedono molte cose, l’Ordine ha deciso come agire e presto vedremo come si evolverà questo conflitto e anche la relazione di Eragon e Arya dopo il bacio…Fatemi sapere cosa ne pensate, vi prego! Un bacio a tutti quanti voi,  mi fa piacere che i sostenitori di questa storia continuino a crescere, non sapete quanto!

_Mollica_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. Il sogno ***


cap. 11 il sogno

11.

 

IL SOGNO

 

Ero immerso in una vasca piena di acqua profumata e due mani leggiadre dietro di me massaggiavano le mie spalle, rilassando gentilmente i miei muscoli tesi.

Sospirai soddisfatto reclinando la testa indietro poggiandomi sul petto della mia regina.

-         -Dovresti cedere alle loro richieste. – la voce melliflua di Arya invase il mio orecchio.

-         -Non posso. I Draghi non me lo permetterebbero mai. E, anche io, non riesco a credere che sia questa la strategia migliore.

-         -È l’unico modo per restare in vita. – la sua mano scivolò in avanti e cominciò ad accarezzarmi gli addominali, lasciandomi sfuggire un mugolio di piacere.

-         -Forse, ma preferirei morire che cedere la vita dei Draghi a quelle perfide creature. – la mano continuò a salire seguendo il contorno della mia clavicola.

-         -Sarai accontentato. – all’improvviso la carezza diventò una stretta decisa e forte che mi bloccava il respiro e minacciava di spezzarmi il collo. Cercai di girarmi sconvolto ma, la donna alle mie spalle non era più la mia Arya, no, la donna che mi stringeva spasmodicamente il collo era qualcuno che non aveva mai visto.

 

 

Mi svegliai di colpo ansimando spaventato. Mi toccai il collo agitato, trovandolo libero.

Era stato un sogno, ancora quel sogno. Questa volta ero riuscito a vedere il volto della donna però, anche se era inutile visto che non l’avevo riconosciuta.

Piccolo mio… devi smetterla di lasciare spazio nella tua mente a questo sogno. Ti lascia ogni notte più spossato e inerme.

Devo vedere come finirà, anche se non so che cosa voglia dire. Ogni notte il sogno va un po’ avanti e scopro qualche particolare in più.

Perché non racconti ad Arya di questi sogni, invece di tenerla a distanza?

Non la tengo a distanza.

Eragon…

Lo faccio per lei! Non voglio che questo sogno si avveri.

Non puoi essere certo che si avvererà.

Invece, ne sono certo. Ho già avuto questo tipo di sogni e si sono sempre avverati. Un sogno normale non mi assalirebbe tutte le notti e non mi sembrerebbe reale come questo…non so come spiegartelo, ma tu vedi come mi sento durante questi sogni, non puoi credere che sia una cosa normale.

Ho paura che tu ti faccia del male.

Stai tranquilla, Saphira. Sognare non può uccidermi.

Ho una brutta sensazione.

Anch’io, ma devo capire di cosa si tratta.

Spero, almeno, che scoprirai qualcosa di piacevole la prossima volta.

 

-         -Hai perso, Killian. -

La spada gialla, luminosa come il sole, cadde rumorosamente a terra e il suo proprietario venne minacciato da una spada violacea.

-         -Rifacciamolo. – il ragazzo si rialzò da terra infuriato.

-         -Adesso no, Killian-vodrh. – Kalea gli sorrise accarezzandolo con lo sguardo, risollevando notevolmente l’umore del suo amico.

-         -Comunque per la cronaca ti ho lasciato vincere. –

-         -Io sono invincibile, Killian. Dovresti saperlo. – le loro risate si levarono nell’accampamento, interrotte bruscamente dal suono di una voce roca e ironica.

-         -Non mi dite, abbiamo un Cavaliere invincibile qui? – Murtagh era comparso all’improvviso, sorprendendo i due cavalieri, Kalea si chiese ancora una volta come facesse il cavaliere a mantenere le sue difese mentali sempre così rigide, doveva richiedere una tale concentrazione che le sembrasse impossibile che qualcuno le mantenesse per tutto il giorno.

-         -Io e Killian scherzavamo, Murtagh-elda. Non sono invincibile. Nessuno lo è. –

-         -Sono lo stesso deciso a sfidarvi. Vi tirate indietro? – il tono canzonatorio convinse l’elfa a farsi avanti e a brandire la sua spada.

-         -Accetto la sfida, cavaliere. – la rossa si avviò aggraziata con lunghe falcate al centro del campo e guardando negli occhi il suo avversario brandì la sua spada con un cipiglio sicuro.

Murtagh la seguì soddisfatto e dopo aver smussato la sua lama, cominciò a squadrarla di rimando. Kalea sapeva che il Cavaliere Murtagh era conosciuto per la sua forza, era anche agile, ma lei sperava non tanto quanto un elfo.

Notando la sua espressione pensosa, Murtagh fece la prima mossa, avventandosi su di lei cercando di coglierla di sorpresa. Lei, però riuscì a difendersi in un lampo e cercò di fermare il suo assalto con la guardia della sua spada. Il rosso della spada del suo avversario sembrava sangue fresco tanto era brillante. Il viso di Murtagh a pochi centimetri la distraeva e la rendeva nervosa, non aveva mai visto così da vicino i suoi occhi. Erano grandi e scuri, lucenti e profondi.

-         -Murtagh! Kalea! – la voce di Eragon li raggiunse facendola allontanare velocemente, sotto l’occhiata insieme divertita e irritata dell’uomo – hanno risposto al nostro messaggio. – tutto l’Ordine si stringeva intorno al cavaliere per saperne di più. Kalea guardò curiosa il biglietto, voleva andare da Eragon, era curiosa di sapere cosa avevano risposto quelle strane creature e poi…il suo maestro l’aveva chiamata e per quanto si sforzasse obbedire a quello che le chiedeva Eragon era più forte di lei e di tutti i suoi allievi. Eragon era una guida buona, giusta ed era impossibile non stimarlo o amarlo, ma Murtagh continuava a guardarla con il suo sguardo canzonatorio in attesa della sua prossima mossa e lei non voleva essere la prima ad abbandonare il campo.

-         -Il tuo maestro ti ha chiamato, non corri come sempre ad eseguire i suoi comandi? –

-         -Eragon- elda ha chiamato anche suo fratello – il mio tono di voce era più tagliente di quanto volesse, ma non era riuscita a trattenersi - dopo di te. – il cavaliere scoppiò a ridere di fronte alla mia espressione offesa, anche se cercavo di nasconderlo. Non mi piaceva pensare che qualcuno credesse che io corressi come un semplice servo ogni volta che Eragon comandasse qualcosa. Semplicemente, lo stimavo e fin quando avrei creduto nella veridicità delle sue parole e nelle sue buone intenzioni lo avrei seguito in capo al mondo, come forse neanche per la mia regina avrei fatto. Io e lei eravamo troppo simili, era impossibile per me affezionarmi a lei e la cosa credevo fosse reciproca, eppure la stimavo.

-         Bene, allora rendiamo contento mio fratello. – Murtagh si esibì in un ridicolo inchino indicandomi di precederlo, gli lanciai un’occhiata raggelante, nascondendoli un sorriso e cullata dal suono della sua rauca risata ci avviammo verso Eragon e il gruppetto che stava contemplando il messaggio.

 

 

Quel palazzo era così grande che per tornare nelle sue stanze Arya perdeva almeno dieci minuti camminando velocemente, l’unica cosa positiva era che Fìrnen poteva attraversare quei grandi corridoi con lei. La parete del corridoio dove si trovava la loro stanza insieme a quella di Eragon e Saphira era decorata da dipinti bellissimi che raffiguravano appieno la bellezza e la grandezza dei Draghi e dei loro Cavalieri. Mentre passavano accanto alla stanza di Eragon, la porta semiaperta e una strana luce all’interno attirarono la sua attenzione, facendola sostare per un lungo momento davanti alla porta incerta. Dopo che si erano baciati, Arya aveva pensato che tutto sarebbe andato alla perfezione, ma quel momento di idillio non era durato nemmeno un giorno intero. La mattina dopo, inspiegabilmente, lei aveva avvertito che c’era ancora qualcosa di non detto tra di loro, e quando aveva provato a fare qualche domanda al cavaliere, lui le aveva svincolate tutte e aveva trovato sempre nuove scuse per non restare solo con lei. Si sentiva ferita e, anche se cercava di non pensarci, offesa. Non capiva cosa avesse sbagliato. Maledicendosi  mentalmente per non saper resistere, si appiattì contro la porta e intrufolò la testa dentro la stanza. La camera di Eragon era disposta come la sua, ma mentre la sua era spoglia e anonima, quella di lui portava chiaramente il segno dei molti anni che lui aveva passato in quel palazzo. La prima cosa che le saltò agli occhi fu l’enorme mappa che ricopriva un intera parete fino al suo soffitto. Rappresentava Alagaesia in tutto il suo splendore, tutto l’Impero, la Du Weldenvarden, il Surda, i Monti Beor e Carvahall, la città era rappresentata prima della sua distruzione. Da quella immagine radiosa del villaggio velata di malinconia Arya riconobbe subito la mano di chi l’aveva disegnata. Il tocco non era esperto, ma trasudava emozione da ogni pennellata. Doveva aver preso lezioni da Kalea. Una stoccata di gelosia l’avvolse a quel pensiero. Forse, era per questo che Eragon l’aveva allontanata, dopo averla baciata si era accorto che, in realtà, era innamorato di un’altra donna. L’improvviso bagliore delle luci che per prima l’avevano attratta all’interno della stanza, la guidarono verso un angolo dell’enorme stanza. Qui, accerchiato da luminose fiammelle azzurre sedeva Eragon su un grazioso tappetto, che sembrava fatto con foglie e arbusti, circondato da morbidi cuscini. Stringeva spasmodicamente un pezzo di giada tra le sue mani e lo fissava intensamente come se ne andasse della sua vita. Si perse nel contemplare il suo profilo, così aggraziato e fiero, come non aveva mai fatto per paura di essere scoperta. Un improvviso suono rauco attrasse la sua attenzione sul soffitto altissimo della stanza, dove un paio di occhi azzurrissimi la inchiodarono alla porta colta in fragrante. La dragonessa la guardò a lungo come se cercasse di sondarle l’anima, poi le parlò.

Fai quello che credi, Arya Drottning.

Ti ringrazio, Saphira Squamediluce.

Si avvicinò ancora di più, ormai metà del suo corpo era visibile dall’interno, ma Eragon, fortunatamente, era troppo intento a guardare quella misteriosa lastra per prestare attenzione a quello che lo circondava, lo accarezzava come se fosse una persona.

Si concentrò sul pezzo di giada e riuscì a distinguere le figure di due donne. Facendosi coraggio si raddrizzò fieramente e come se niente fosse cominciò ad avanzare verso Eragon, l’improvvisa apparizione di una nuova presenza lo riscosse dai suoi pensieri, e lo fece puntare sorpreso gli occhi su di lei. Prima che avesse modo di parlare, Arya si sedette vicino a lui, attorno a quelle numerose fiammelle azzurre che rendevano lo sguardo di Eragon quasi metallico.

-         -Arya, cosa…? – il suo tono di voce stupefatto, la fece sorridere imbarazzata. Anche lei non sapeva perché si stava comportando così. Lei non entrava di nascosto nelle camere degli altri, non spiava le persone che amava e non le interrompeva nei loro momenti privati, eppure, non era riuscita a trattenersi e in fondo non sentiva di aver sbagliato. Voleva conoscere tutto di Eragon, e soprattutto voleva scoprire il motivo della sua tristezza.

Gli accarezzò una guancia dolcemente, come se questo fosse sufficiente a rispondere ai suoi interrogativi, poi con una semplice parola nell’antica lingua afferrò la lastra dalle sue mani e la scrutò con attenzione.

Era un fairth. O meglio, erano due fairth uniti.

Il primo rappresentava una donna bionda, vestita con abiti da battaglia, ma con un espressione dolcissima in volto, che accarezzava una rosa e l’ annusava. Era molto bella. Così bella, in effetti, che un lampo di gelosia l’avvolse. Non conosceva quella donna e non sapeva che Eragon avesse una tale affezione per qualsivoglia donna che non fosse lei. Il fairth vicino, però, la calmò in parte. C’era una nave come sfondo e un elfa dai lunghi capelli neri e il mantello svolazzanti a causa del vento sorrideva tristemente verso l’orizzonte. Era lei, Eragon doveva aver fatto quel fairth quando lei, Roran e Fìrnen avevano accompagnato lui, Saphira e gli altri ai confini di Alagaesia, lungo il fiume Edda.

-         -Eragon. – assaporò quel nome, cercando di imprimervi in esso tutte le sue sensazioni.

-         -Mi dispiace Arya. Non avrei dovuto permettermi evocare la tua immagine, ma eri così bella in quel momento e il mio stato d’animo era così triste. Non sapevo quando ti avrei rivisto, anzi non sapevo se ti avrei rivisto mai e la cosa mi distruggeva. –

-         -Non devi chiedere scusa, Eragon! Sono contenta che tu abbia voluto portare un’immagine di me, anzi la cosa mi lusinga. – gli sorrise leggermente imbarazzata, davanti all’espressione all’improvviso serena e amorevole di lui. – l’unica cosa che non capisco e chi è quest’altra donna. Non mi avevi detto di avere una tale amicizia. – le ultime parole le uscirono più dure di quanto volesse non voleva sembrare gelosa, ma davvero, chi diavolo era quella donna! E perché lui teneva la sua immagine accanto alla sua? Sorpresa si ritrovò a pensare a quanto era diventata gelosa dei sentimenti del Cavaliere, era sempre stata l’unica, al di sopra di tutte e altre ed era decisa a mantenere la sua posizione, non poteva sopportare l’idea di essere soppiantata da qualcun’altra.

-         -Arya, lei è…mia madre. – la sua voce commossa confermarono la sua affermazione.

-         -Non l’avevo mai vista. Era molto bella. Sono contenta che tu abbia avuto modo di vederla, anche se solo in un fairth. –

-         -Anch’io, così sono riuscito a dare un volto ai sogni che faccio su di lei. È bello sapere che faccia ha tua madre. –

Senza dire niente, Arya poggiò per terra la lastra e si avvicinò ancora di più al Cavaliere fino ad arrivare ad abbracciarlo. Dapprima sorpreso il Cavaliere si rilassò subito, sospirando e ricambiando l’abbraccio.

L’elfa si ritrovò  a cullarlo come un bambino. Sapeva che Eragon aveva una grande nostalgia dei suoi genitori. Ogni volta che pensava alla sua situazione, era grata per tutti gli anni che invece lei aveva potuto passare con i suoi, e rimpiangeva amaramente quelli passati lontano da loro.

-         -So che stai cercando di evitarmi, Eragon. – il suo sussurrò accarezzò lento l’orecchio leggermente a punta di lui riscuotendolo.

-         -Mi dispiace, Arya. È che…ho fatto un sogno, o meglio è da un po’ che faccio lo stesso sogno. Ci sei anche tu e bhè…ho paura. Paura che questo sogno si avveri per questo evito di restare solo in tua compagnia. Se può consolarti, ho scoperto che è maledettamente difficile farlo. –

-         -Fare cosa? –

-         -Restarti lontano. Per me è la peggiore delle torture. –

-         -Non infliggertela da solo, allora. –

-         -Voglio proteggerti.-

-         -Non puoi combattere contro il destino, Eragon. –

-         -Se il destino vuole la nostra separazione, allora, lotterò anche contro di esso.-

-         -Bhè…allora – l’elfa avvicinò il suo viso a quello del Cavaliere poggiando la sua fronte contro quella contratta di lui – lotteremo insieme. –

Eragon respirò profondamene, odorando l’intenso profumo di pino selvatico dell’elfa rinfrancato. Arya aveva ragione che senso aveva lottare contro qualcosa che non potevano evitare, perché non si godeva invece quei momenti con lei. Adesso che finalmente entrambi volevano la stessa cosa.

Delicatamente strinse tra le sue forti mani il viso leggiadro dell’elfa scrutandola ammirato.

-         -Sei così bella. – poggiò le sue labbra su quelle perfettamente arcuate di lei e la baciò dolcemente. – sono stato un pazzo se ho pensato di poter stare lontano da te e dalle tue labbra. –

-         Sono contenta che tu sia rinsavito. – risero insieme, abbracciandosi più stretti e allungandosi sui morbidi cuscini avvolti dalle minuscole fiammelle azzurre, accarezzandosi dai loro sguardi.

Non avevano bisogno di nient’altro.

 

NOTE DELL’AUTRICE

Ciao carissimi, allora, questo è un capitolo di passaggio. Volevo introdurre il sogno di Eragon, che spero vi sia piaciuto, il continuo consolidamento del rapporto con Arya e un piccolo sprazzo Murtagh/Kalea. Spero vi piacciono come coppia perché credo che per la fine della storia li vedrete insieme. Mi dispiace per il ritardo, ma davvero ho fatto il prima possibile! Grazie per tutti quanti voi che continuate a recensire la mia fic mi riempie di gioia e mi sprona ad andare avanti. Ringrazio anche tutti quanti quelli che mettono la storia tra i preferiti e le seguite continuate a crescere e questo mi riempie di gioia! Ringrazio anche i lettori silenziosi, se avete del tempo lasciatemi un vostro piccolo giudizio! Detto questo, UN BACIO ENORME A TUTTI! A presto!

_Mollica_

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12. La proposta ***


12. la proposta

12.

La proposta

 

 

 

Le onde scure dei capelli di Arya coprivano gran parte del cuscino su cui aveva dormito, il suo corpo era rilassato e la sua espressione serena, come Eragon non l’aveva mai vista.

Aprire gli occhi e trovarla ancora affianco a lui profondamente addormentata aveva reso quella giornata già perfetta. Eragon si sistemò su un fianco per poterla guardare meglio, si rendeva conto che molto probabilmente aveva un sorriso idiota nel volto, ma davvero non poteva fare diversamente. Era tutto così perfetto, che per un attimo pensò di non essersi svegliato e di stare ancora sognando. Eppure, sapeva che non era così, perché Arya era maledettamente vera di fianco a lui. Il suo profumo aveva già riempito la stanza, e Eragon pensò con piacere che l’indomani il suo cuscino ne sarebbe stato probabilmente ancora impregnato.

-         -È ora di svegliarsi? – il suono della sua voce, più roca e selvaggia di quanto l’ avesse mai sentita, lo ammaliò.

-         -Puoi dormire ancora se vuoi, è presto. – il Cavaliere si piegò sul corpo flessuoso dell’elfa e le baciò delicato il punto sporgente della clavicola.

-         -Da quanto sei sveglio? – gli occhi verdi di lei erano compiaciuti e, in qualche modo, imbarazzati come se, non fosse abituata a trovarsi in situazioni del genere e non sapeva bene come comportarsi. Molto probabilmente era così.

-         -Quanto basta per ringraziare il fato che mi ha permesso di essere qui con te, adesso, a guardarti con totale e fervida venerazione. – a quelle parole gli zigomi alti dell’elfa assunsero una sfumatura rosata che Eragon le aveva mai visto. Fin ad allora aveva creduto che l’elfa non fosse capace di arrossire perché era impossibile metterla in imbarazzo. Il fatto, poi che fosse in imbarazzo per qualcosa che aveva detto lui aveva dell’incredibile.

-         -Questa mattina sei particolarmente sereno e… spigliato. I tuoi incubi non ti hanno assalito? –

-         -Come avrebbero potuto? – Eragon le accarezzò rilassandola il cipiglio preoccupato, sorridendole sornione. – c’eri tu accanto a me. – l’espressione scoraggiata dell’elfa non lo fece desistere – Mi rendo conto di non essere in me questa  mattina, ma lasciami essere sciocco solo un altro po’, sono inebriato dalla tua presenza, ho creduto per più di un secolo che tutto questo non sarebbe mai accaduto. –

-         -Non sei sciocco…o almeno non più del solito – la finta espressione offesa di Eragon la fece ridacchiare – è solo strano, ma credo che dovremmo abituarci entrambi. –

-         -Mi piace, per abituarti dovrai dormire ancora con me, lo farai? – le chiese rivolgendogli uno sguardo pieno di supplica.

-         -Credo di poterlo fare, è divertente vederti così la mattina sembra quasi che tu abbia bevuto del *faelnirv. – la mano affusolata dell’elfa affondò nei morbidi capelli del Cavaliere accarezzandoli amorevolmente.

-         -Adesso non offendermi. Sono solo felice, non tutti riescono ad essere impenetrabili come te. – la carezza di Arya si trasformò in una stretta ferrea.

-         -Ti sembro impenetrabile? – la sua voce era dura.

-         -No, perdonami. Sii indulgente con me sono sotto l’effetto del faelnirv. – la sua faccia innocente fece ridacchiare l’elfa, spensierata come non era mai stata.

-         -Sì, ma non approfittartene. Adesso dobbiamo alzarci. Gli altri ci staranno aspettando. –

 

 

-         -Eccovi finalmente! – Killian sorrise eccitato a entrambi, sembrava incapace di rilassarsi. Il resto del gruppo era altrettanto agitato, ma lo mascherava meglio. Anche nell’impassibile Murtagh, Eragon che lo conosceva bene aveva notato una certa preoccupazione. Tutti, comunque, erano in attesa di qualcosa.

-         -Siamo tutti qui? – Eragon guardò i suoi compagni fiducioso.

-         -Sì, siamo pronti. – Kalea si spostò dal fianco di Murtagh per avvicinarsi al suo maestro.

-         -Allora, l’appuntamento era qui, tra pochi minuti dovrebbero essere qui. Qualcuno di voi sente qualcosa? –

-         -Ho controllato per diverse leghe con Castigo e non ho trovato nessuna presenza, che non fosse riconducibile a un vegetale o a un animale.

-         -Strano. Credete che diserteranno questo incontro? – Killian guardò il Cavaliere apprensivo.

-         -Non diserteranno. Hanno bisogno di questo incontro tanto quanto noi. – Arya guardò convinta i suoi compagni, cercando di non soffermarsi troppo su Eragon e Kalea che vicini erano impegnati in una fitta conversazione.

All’improvviso due figure incappucciate apparvero dal fondo della boscaglia. I cavalieri si guardarono sgomenti tra loro, le due figure sembravano privi di spirito, impercettibile e impossibile da individuare. Dopo un momento di confusione, Eragon si riscosse e si avvicinò verso le figure restando però a una certa distanza.

-         -Vi ringraziamo per la vostra presenza e per averci accodato questo incontro. Spero di discorrere tranquillamente per appianare le nostre divergenze.

-         -Spero che riuscirete a mantenere i vostri propositi. Da parte nostra non ci saranno tentativi di violenza, se non ce ne darete motivo. Siamo un popolo pacifico, antico come il mondo. Non abbiamo intenzione di batterci con voi, giovani invasori. –

-         -Non siamo degli invasori e cerchiamo di evitare sempre uno scontro fisico, molte volte però questo risulta impossibile. –

-         -Non è quello che abbiamo notato noi. –

-         -Siamo un popolo di guerrieri, è vero. Ma usiamo la violenza solo per difendere la nostra famiglia. Non abbiamo iniziato noi questa faida. 
Arya si portò al fianco di Eragon, sicura, gli occhi lampeggianti.

-         -Ci accusi di qualcosa che non sai, elfa. – la voce dura indispettì l’elfa.

-         -Sono una regina, non sono solo un elfa per te, straniero. –

-         -Non ci sono ranghi tra noi, io e i miei fratelli siamo tutti uguali. –

-         -È una cosa molto bella, e la condividiamo, ma qualcuno di voi deve guidare gli altri, no? –

-         -Perché mai? Ognuno è padrone di sé stesso. Nessuno di noi ha la presunzione di sapere cosa è meglio per un altro. –

-         -Ammiro il vostro pensiero, la pensiamo diversamente su questo punto, ma spero che ci troveremo d’accordo sulla nostra permanenza in questi luoghi. –

-         -Avete profanato i nostri luoghi, ma la cosa non ci avrebbe toccato. Nel corso dei secoli molti popoli hanno attraversato le nostre terre, ma voi siete ingordi e continuate ad espandervi, avete riempito il nostro territorio, i nostri luoghi sacri di campi di addestramento e i vostri draghi uccidono indisturbati i nostri animali dei nostri boschi. Solo allora abbiamo scelto di spaventarvi così da costringervi a lasciare questi luoghi. Poi, però abbiamo scoperto qualcosa di sensazionale. I nostri saggi hanno riconosciuto nei vostri draghi le creature alate di cui parlano le nostre leggende. Solo per questo siamo venuti a questo incontro. Avete qualcosa che ci serve, in cambio di questo vi permetteremo di rimanere sulle nostre terre. –

-         -Ci dispiace di avervi recato disturbo tutto quello che abbiamo fatto è stato fatto con la più totale ignoranza sulla vostra presenza…non avevamo l’intenzione di profanare i vostri luoghi sacri e questo dovrebbe scusarci. Siamo pronti per cercare un accordo, abbiamo la più totale intenzione di rimanere in pace con voi. Diteci che cosa ci permetterà di mantenere il nostro proposito. – il Cavaliere rivolse un’occhiata fiduciosa alle due figure. Durante il suo discorso la sua mano, quasi involontariamente, si era stretta attorno a quella dell’elfa. Come a confermare il piacere della sua presenza, come se dopo tutto quel tempo, e dopo quello che era successo tra di loro, gli fosse impossibile non cercare la sua presenza.

-         -Ci fa piacere sapere che siete così ben disposti. Tutto quello che vi chiediamo sono due uova di drago. – la richiesta dei due individui, sembrò propagarsi nella radura accompagnata dagli sguardi sconvolti di tutto l’Ordine.

-         -State scherzando! – Arya si avvicinò pericolosa ai due, lanciando lampi con gli occhi. Lei era vissuta con l’unico scopo di proteggere la razza dei draghi e quei due…mostri, avevano l’impudenza di chiedere due cuccioli di drago per qualche loro oscuro motivo?

-         -Non vedo perché dovremmo farlo e non capisco perché la cosa vi sciocchi tanto. – l’indifferenza dei due alla sua rabbia, infastidì ancora di più la regina, che alzò il labbro superiore quasi come se volesse ringhiare ai due.

-         -Arya. – il sussurro di Eragon la fece girare arrabbiata verso di lui. Sapeva cogliere ogni sfumatura della voce di lui. Sapeva cosa voleva indicare quel sussurro. Era un modo per metterla in guardia, per dirle di tornare in sé, perché secondo lui stava esagerando o forse, semplicemente stava esternando troppo il suo disappunto. Molto probabilmente era vero, ma non poteva fare altrimenti. Quei due erano matti! Matti, se pensavano che lei, avrebbe permesso una cosa del genere.

-         -Adempiere a questo dovere ci è impossibile. L’Ordine di cui facciamo parte e a cui abbiamo fatto giuramento, è una collaborazione tra le persone, e non, più importanti del nostro territorio, per far sì che regni sempre la pace nella nostra patria, non possiamo permettere che individui di una di queste razze sia scambiata come una merce e anche se potessimo permettercelo, non lo faremmo mai. I Draghi sono l’essenza stessa della nostra specie e sono quasi sacri per tutti noi. Potete chiederci qualsiasi cosa, ma non questa. – la voce di Eragon era pacata, ma chi lo conosceva bene poteva sentire la nota aspra delle sue parole. L’offerta lo aveva disgustato e irritato. Molto. Eppure, sapeva che era suo dovere, cercare un punto di incontro con quelle creature.

-         -Se non potete darci spontaneamente quello che cercate, allora, non vi toglieremo solo due uova di drago. – la loro sembrava più una constatazione che una minaccia.

-         -Ci state minacciando? Non vi permetteremo di toglierci la vita facilmente. Siamo abituati a lottare per la nostra sopravvivenza. – l’algida cortesia di Eragon si frantumò in un attimo e, il suo sguardo sembrava incendiare i due.

-         -Non era della vostra vita cui alludevamo, ma lo capirete presto. –

-         -Fatevi sotto, sporchi esseri striscianti. Non starò qui a farmi insultare dalla vostra presenza. – Murtagh  si avvicinò ai due, sguainando la sua grande spada rossa come il sangue, o meglio come Castigo che in quel momento eruttò una vampata di fuoco così in alto da perdersi nel cielo.

-         -Vi toglieremo la vostra arroganza e ci pregherete di togliervi la vita. –

-         Staremo a vedere, non siamo soliti farci spaventare dai nostri nemici. – Eragon sfoderò la sua spada e con un agile balzo salì in groppa a Saphira avvicinandosi a Castigo e Murtagh, dopo aver lanciato un occhiata fiduciosa ai suoi compagni, soffermandosi più a lungo sulla sua amata.

-         -Cosa aspettate? Avete forse paura? In quel caso fate bene. Vi comprendo in pieno. – Murtagh incalzò uno dei due che per tutta risposta cominciò ad  arretrare nella foresta seguito dal suo compagno.

-         -Non avete idea di cosa vi aspetta, ma non adesso e non qui. Buona fortuna. – le due figure cominciarono a sbiadirsi e poi all’improvviso scomparvero del tutto.

-         -Dove sono andati? – Kalea si guardò  intorno preoccupata. Non riuscire a individuarli con la loro mente li metteva a disagio. Tutti loro erano abituati a tenere tutto sotto controllo. Era impossibile che qualcosa sfuggisse alla loro attenzione.

-         -Non lo so. Ma sono certa che li vedremo ancora. – Arya si avvicinò a Fìrnen accarezzandogli il lungo collo. Eragon poteva vedere quanto fosse preoccupata. Il suo cuore gli urlava di liberarla di ogni sua preoccupazione, ma non sapeva come far fronte a questa nuova minaccia. Si ripromise ,però, che ci avrebbe provato e ci sarebbe riuscito. Lo avrebbe fatto per lei, per loro e, soprattutto per i Draghi.

 

 

 

 

 

*Liquore che gli elfi ricavano dalle bacche di sambuco e, così dicono, dai raggi di luna. Arya ed Eragon lo bevono insieme nel libro Inheritance nel cap. “Sulle rive del Lago di Leona”.

 

NOTE DELL’AUTRICE

Non ci sono parole per descrivere il mio enorme ritardo e, davvero non ho scuse che reggano. Sono oberata di lavoro, tra gli l’ultimo mese di scuola, lo stage che ho iniziato a fare e tra poco direttamente il lavoro, non ho avuto un momento libero per immergermi nel fantastico mondo di Eragon. Perdonatemi, vi prego. Inoltre, sto cercando di capire se la storia interessa ancora qualcuno, continuerò se vedrò interesse in voi, altrimenti no, visto che non ho proprio il tempo e le forze per finire qualcosa di insoddisfacente. Spero, di sentirvi presto, lasciatemi un segno del vostro passaggio ne trarrò grande beneficio.

Un bacio

_Mollica_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2040752