Caro Edward
Sono incinta.Questo lo sai gia,ma ora il mio pancione è
diventato ancora più grosso,che trovo difficile persino camminare
Sono incredibilmente goffa.Credevo che non potessi
peggiorare,ma mi sbagliavo.
Ora mi muovo come una papera.Con un andatura
traballante,instabile.Inciampo ogni tre passi con grande divertimento di
Emmett.
Il dottore mi ha consigliato di stare a riposo e di evitare
qualsiasi fonte di stress.
Non che faccia molto a dir la verità.Trascorro tutto il
giorno rintanata nella mia cameretta.
Guardo la televisione,leggo qualche libro,e attendo che un
meteorite precipiti nella mia camera per liberarmi dalla mia noia.
E a volte spinta da un qualche desiderio di autodistruzione
mi avvicino al tuo pianoforte.
Mi siedo sul tuo sgabello e attendo.Attendo lo squarcio
insopportabile del dolore.
Dolore che mi diverto a stuzzicare e ad incoraggiare.Come
una bimba che lancia incauta un pezzo di carne ad uno squalo ed aspetta di
vedere le consequenze.
So di essere masochista.La maggior parte delle volte riesco
a fare finta di niente.
Ma poi...Poi cedo.Inevitabilmente.
Mi permetto solo di sfiorarlo.Lievemente,per quache
istante,per poi ritrarre la mano spaventata.
Non mi concedo più di questo.Qualche momento,qualche misero
attimo durante il quale il mio dito entra in contatto con la superficie liscia
e levigata del tuo pianoforte.
Un semplice contatto.Così forte,però da lasciarmi stordita
per ore.
Non oso più di questo.A volte provo l’impulso di
spingermi oltre.Di più.
So che ce la farei.Ce la potrei fare.Potrei premere il mio
dito su un tasto.
Assaporare la dolce nota musicale che scaturirebbe da quel
mio semplice movimento.
Potrei farlo.So che potrei.Ma poi avrei la forza di
sopportare il dolore?
Quel dolore che inesorabilmente mi colpirà se mi spingerò a
ricordare.
No.Sono debole.Troppo debole per questo.
Preferisco di gran lunga fissare per ore e ore il profilo
del tuo pianoforte.
Mi concentro sulle venature del legno,che variano dal
marrone rossiccio ad uno più scuro,color ebano,e le osservo come se a loro
interno ci fosse racchiuso un intero mondo.Un mondo che mi permette di
dimenticarti.
Alice non approva.Nessuno dei tuoi famigliari approva il mio
comportamento.
La definiscono una cosa perversa.Perversa ti rendi conto?
Secondo me esagerano.O meglio non me ne importa più di
tanto.
Li ho battuti.Per una volta ho avuto la meglio su di loro.
Volevano spostarlo,casomai farlo sparire completamente.Non
glielo avrei mai permesso.
In fin dei conti il mio comportamento non nuoceva al
bambino.Non sono riusciti a trovare una scusa medica,secondo la quale scriverti
lettere o fissare il tuo pianoforte sia dannoso per la gravidanza.
Era stata l’unica volta in cui avevamo affrontato la
questione.Di solito evitavano qualsiasi argomento potesse essere ricollegato a
te.
Questo mi ha lasciata felice.Sono riuscita a minare il
“sistema”come lo chiamo io.
Ho trovato una falla,un punto debole,e ho premuto,fino ad
ottenere ciò che volevo.
Ho vinto.È infantile,lo ammetto.
Probabilmente stupido,inutile,oltre che controproducente.So
che loro vogliono soltanto il mio bene.
Vogliono aiutarmi.Dovrei essere più matura,più adulta,sto
per diventare madre.
Dovrei.Eppure non riesco a pensare ad altro.
Ho vinto.Vinto.Vinto.Vinto.L’euforia della vittoria è
sempre meravigliosa.
Mi illude di avere una qualche forma di potere sulla mia
vita.
Mi fa sentire forte,potente.Non sono alla mercè del mio
nemico,sono ancora in grado di difendermi.
Oh voglio bene alla tua famiglia,non fraintendere.Si fanno
in quattro per me.
Ma il loro affetto e la mia gratitudine non possono
annebbiare la verità.
Siamo in guerra.Io contro loro.
Vogliono costringermi a fare cose che non voglio,ed io mi
oppongo.
Che c’è di male?E tra l’altro è l’unico
modo per riempire le mie giornate.
Sono stufa di leggere.Sono stanca.Mi alzo il mattino e mi
sento esausta.
Non è una stanchezza fisica,ma morale.Sono
spossata.Distrutta dalla noia.
E il desiderio di rimanere al letto e di non alzarmi più si
fa sempre più forte che mai.
Mi osservo allo specchio e al solito faccio fatica a
riconoscermi.Non mi riconosco.
Una ragazza pallida mi ricambia lo sguardo.Un ragazza con il
pancione,un vestitino pre-mamam a fiorellini,e uno sguardo statico e
penetrante,antico e giovane allo stesso tempo.
“E allora,cos’hai da guardare”sembra
sussurrarmi.“Cosa vuoi?Perche mi fissi?”
Non sono io.Non posso essere io.
È un pensiero automatico.Non sono in grado di controllarlo.
Come non posso non provare disgusto ogni volta che osservo
quella figura patetica.
Quella figura rattappita,con le guancie scarne e gli occhi
incavati,raccolta su se stessa,come se avesse troppa paura persino per alzare
lo sguardo.
Mi osservo e vengo assalita dalla nausea.
Il mio aspetto mi accomuna più alle persone anziane che alle
ragazze della mia età.
Gli occhi fissi,bassi,la musculatura molle,un’apatia
così assoluta che assomigia ad un buco nero nel quale rischi di precipitare.
Chi mi vede prova come minimo un senso di disagio.La mia
sola presenza è capace di scombussolare le altre persone.
Emano come una sorta di vuoto,un vuoto che annichilisce
chiunque lo incontri.
Ed io in questo vuoto ci precipito,continuamente.Giorno dopo
giorno,ci cado all’interno.
Non sono impaurita.Sono semplicemente annoiata.
E allora?mi viene da urlare.
Cosa viene dopo?In quale strabiliante paese delle meraviglie
mi risveglierò?
Sono stanca di precipitare.Stanca di quest’insensata
caduta libera.
Sto ancora aspettando la mia ricompensa.
Come Alice.Alice che insegue il bianconiglio e ruzzola
al’interno del paese delle meraviglie.
Perche in fin dei conti non si può cadere in eterno no?
Anche il buco più scuro ha pur sempre un fondo.
E io attendo.Non mi importa del dolore o delle
consequenze.Attendo semplicemente.
Attendo di scoprire il paese delle meraviglie.
Oh non importa se si rivelerà un paese degli orrori.Purchè
questo strazio finisca.
Nessun orrore può liberarmi dal lento ed inesorabile
incedere della vita.
Il tempo ora come ora,sembra non trascorrere
mai.All’inizio amavo la mia camera.
Ora mi disgusta.La odio come odiavo la mia cameretta
asettica dell’ospedale.
Odio la carta da parati a fiorellini che ricopre i muri
immacolati.È giallo splendente.
Forse Alice sperava che mi mettesse allegria.Ora più la
osservo e più mi viene da pensare al vomito.
Detesto i mobili di legno antico e i soffici tappeti,e le
montagne di coperte ammassate sul mio letto.
Dapprima trovavo tutto confortevole.Ora lo trovo
asfissiante.
Sembra quasi che i muri della mia camera si restringano
giorno per giorno.
Giorno per giorno tutto rimpicciolisce,fino a farmi apparire
come un goffo e sgraziato gigante.
Addirittura inizio a pensare che se continuano così,una
notte mi ritroverò soffocata.
Sto diventando paranoica.Calmati Bella,calmati.Respira.Pensa
in positivo.
Ma l’unica cosa positiva che mi viene in mente è
Charlie.Charlie.
Tre giorni fa sono andato a trovarlo.Sta bene.
Ovviamente gli manco,ma anni ed anni di
esercizio,l’hanno abituato a sopportare bene la solitudine.
Ogni volta che vado a trovarlo,gli porto sempre un po’
di cibo,qualche piatto appositamente preparato per lui,anche se naturalmente
non glielo dico.
Si preoccuperebbe inutilmente.
Anche lui è convinto che dato che sono incinta debba essere
trattata come un invalida.
Anche se sono solo al quinto mese,guidare sarebbe come
uccidere il bambino,dal suo punto di vista.
Non me lo ricordavo così intransigente.O meglio la mamma non
me ne aveva mai parlato.
Aveva sempre avuto un talento unico per cancellare i ricordi
negativi.Talento che io non ho affatto ereditato tra l’altro.
Se dal punto di vista fisico assomiglio molto a mia madre,il
mio carattere malinconico ed introverso è sicuramente una prerogativa di
Charlie.
Fatto stà che ora,per spostarmi a Forks mi faccio
scarrozzare da Emmett.Mio padre approva.
Sono convinta che Alice gli abbia fatto il lavaggio del
cervello.Magari anche Carlisle "ha aiutata con i suo parere da
esperto”.
Mi viene da ridere.Sono tutti contro di me.Mi sembra di
essere in trappola.
“Forza Bella,non comportarti come una ragazzina,fallo
per il bambino”
“Bella non ti sforzare,affaticherai il bambino”
“Suvvia Bella fai questo piccolo sacrificio.Non mi
sembra poi tanto grave no.Ricorda che lo fai per il bambino”
Il bambino,il bambino,il bambino.Ormai è
diventato una presenza costante nella mia vita.
Una presenza quasi opprimente.In un certo senso mi sento
tradita.
Sento come se il bambino ti avesse rimpiazzato.Nei loro
cuori la sua presenza ha sostituito la tua.
È te che hanno tradito.È te che hanno abbandonato.
Dopo solo un mese è come se ti avessero dimenticato.Come
fanno a non capirlo?
Come fanno ad essere così ciechi ed ottusi?
Mi fa star male.La loro perdita della speranza mi ferisce
come una coltellata a cuore.
Sono l’unica che ancora crede che un giorno tornerai.Sono
sola.
Non credevo che potessi provare un tale senso di
solitudine.Cosi potente da lasciarmi frastornata.
Mi sento sola.Ma quello che fa più male,quello che proprio
non posso sopportare è la consapevolezza di essere colpevole.
La consapevolezze che anch’io ti ho
tradito.Anch’io ti ho dimenticato.
Io,che invecie di soffrire continuo ingiustamente a vivere.
Ti ho rubato la famiglia.Ora guardano me,cercano me,quando
sentono la tua mancanza.
Cercano me e il bambino.Il tuo bambino.Il mio bambino.
Quel bambino che però non sarà mai nostro.
Non so se amarlo.Non so se posso amarlo.E questo mi
terrorizza.
Il fatto che quest’ombra,questa paura sottorranea ogni
tanto risalga in superficie mi fa sentire un mostro.
Non sono una brava persone.Le brave persone
gioiscono alla nascita del loro figlioletto.
Le brave persone sono delle mamme allegre e dei papà
sorridenti.Le brave persone sanno come comportarsi.Le brave persone non pensano
certe cose,non provano certe cose.
Non so se amare mio figlio.Non so cosa provo per lui.Una
parte di me lo odia.
Lo odio perche lui è vivo,dentro di me,mentre tu mi hai
abbandonata,mentre te,di cui avevo un disperato bisogno mi hai lasciata.Mi hai
lasciata quando non potevo fare a meno di te.
Come hai
potuto Edward?Edward,Edward,Edward.
Di chi è la colpa?Di chi è la colpa di tutto quello che ci è
successo?
Mia,tua,di Jacob?A volte me lo chiedo,ma per la maggior
parte del tempo me ne frego.
Appiccicare alla fronte di qualcuno una medaglia con su
scritto“colpevole”non ti riporterà da me,ne renderà la mia vita
migliore.
È anche per questo che sopporto le bizzarrie dei tuoi
famigliari.
Riversare su di loro il mio dolore e il mio disprezzo non
lenirà ne il mio dolore ne cancellarà il disprezzo che provo per me stessa.
Dire loro che sono degli stupidi non servirebbe a nulla.
Alla fine finirei soltanto per sentirmi un verme.
Ognuno ha la sua porzione di responsabilità e di colpe.Tutti
noi siamo responsabili.Responsabili per quello che è successo.Io più di tutti.
E non posso permettermi di criticare il loro modo di
affrontare il dolore.Non ne ho il diritto.
E neanche il tempo.
Per quanto tenti di ammassare tutte le emozioni,i
pensieri,le sofferenze in un unico piatto non posso scegliere
l’opzione“una botta e via”
Non posso abbuffarmi fino a sentirmi male,ne vomitare tutto
quello che provo.
No,sono costretta a sopportarlo.A sperimentarlo sulla mia
pelle e ad imparare a convinverci.
Devo conviverci.Convivere con il dolore,convivere con me
stessa.
Quella me stessa che tutte le mattine si risveglia accanto a
me.Quella me stessa che mi rammenta il perche mi odio.
Devo convinverci.Come devo convivere con la tua famiglia,che
ormai è divenuta la mia famiglia,con la spiacevole sensazione di averti
derubato di qualcosa e di averti tradito.
E con Jacob.
Jacob.Questo è un altro tasto dolente.
Non riesco a pensare a Jacob senza provare il desiderio di
distruggere qualcosa o di prendere il muro a testate fino a sanguinare.
Anche Charlie se ne è accorto.
Non sa perche,ma ogni volta che sento il nome di Jacob
inizio a tremare convulsamente.
Dopo un paio di volte non ne ha più parlato.Come non
affronta mai l’argomento bambino.
È felice di diventare nonno,ma non osa domandarmi niente
sull’identità del padre.
Non so che scusa abbia inventato Carlisle.Una scusa che
giustifichi la tua improvvisa sparizione e al contempo il fatto che io mi
trovassi in ospedale in coma ed incinta.
Vorrei saperlo.Ma non chiedo.Traggo un piacere malsano
nel’ignorare il mio bisogno.
L’unica cosa che desidero me la nego.Peggio,mi diverto
a negarmela.
Questo è il mio personale modo di punirmi.
Comunque Charlie deve aver saputo per forza qualcosa,qualche
assurda bugia.
Oppure ha imparato a sopportare l’ignoranza.Non
so.Neanche io gli chiedo molto.
Quando lo vado a trovare non so mai come comportarmi,ne di
cosa parlare.
Di solito ci sediamo al tavolino della cucina e ci
osserviamo con circospezione,mentre lui mangia le cose che gli ho portato e mi
domanda qualche futilità.Non scendiamo mai nel personale.
Ci sono troppi tabù.Cose che non vanno dette,di cui è
pericoloso parlare.
Nessun accenno ad Edward,Jacob,La Push,Renee(che forse non è
neanche a conoscenza della mia gravidanza).
Tutti i nostri incontri sono basati su un delicato gioco di
equilibri.
Come il domino.Una mossa falsa e il sistema va in pezzi.
Camminiamo sospesi su una corda,con le mani e gli occhi
bendati.
Quasi impossibile ma noi ci riusciamo.
Io non dico troppo per non smascherare le bugie di Carlisle
e Charlie non chiede niente per paura di ferirmi.
Le nostre conversazioni sono false.O meglio non sono mai
vere.Niente è vero tranne l’affetto che ci unisce.
Solo una volta dall’incidente Charlie mi ha parlato
con assoluta sincerità.
Ero distesa sul lettino d’ospedale.Mi ero da poco
risvegliata dal coma e ancora non si sapeva se ce l’avrei fatta.
Avevo il corpo ricoperto da cicatrici non completamente
rimarginate e i numerosi farmaci,antidolorofici e le dosi di morfina mi avevano
annebbiato il cervello.
Ero mezza morta.Ma non così morta per non accorgermi della
sua presenza.
Per non sentire le calde mani di Charlie che mi stringevano
tenaci e il suo volto arrossato dalle troppe lacrime.Era
distrutto.Probabilmente dentro era rotto tanto quanto me.
C’è una quantità precisa di sofferenza e di dolore che
possiamo sopportare.Io l’avevo superata.E anche mio padre.
Vedermi ridotta così,ha frantumato la soglia della sua
sopportazione.
Non lo meritava.Non era giusto.
Lui era una brava persona.Certo non andava in chiesa tutte
le domeniche,si dimentica i compleanni degli amici e preferiva di gran lunga
giocare a carte o guardare la partita anziche lavorare o parlare con la figlia
adolescente.
Ma amava i suoi figli.Era buono,ergo non potevano succedergli
certe cose.
Le tragedie non potevano capitargli.
I figli morivano dopo i genitori,non rischiavano di rimanere
paralizzati o in coma per il resto della vita.
Le figlie andavano al’università e diventavano persone
famose,futuri premi nobel,non si trasformavano in ragazze madri.
Era sbagliato.E guardandolo negli occhi,capiì che dovevo
aver distrutto ciò in cui credeva.
Ero stata in coma per quasi un mese.Avevo rischiato di
morire.
Ero incinta,il padre del mio bambino era ignoto,o meglio non
mi avrebbe aiutato a crescerlo e avevo da poco compiuto i diciotto anni.
Charlie era sconvolto.La sua espressione diceva
chiaramente“Non può succedere a me.Non può”
Ma nonostante tutto,appena mi ero destata mi aveva
abbracciata e mi aveva sussurrato la sua promessa.Mi aveva preso il viso tra le
mani e mi aveva fissato dritto negli occhi.
“Ti voglio bene Bella.Ricordati,qualsiasi
cosa farai io sarò sempre fiero di te.
Starò sempre dalla tua parte.Non esitare mai a chiedere il
mio aiuto.
Ti voglio bene Bella.Non esiste niente di più importante di
te nella mia vita.
Io starò sempre con te Bella,per sempre.”
Con il senno di poi credo fosse preoccupato della reazione
di Renee e delle dicerie che gia iniziavano a circolare su mio conto.
Forse voleva rassicurarmi.Farmi sapere che lui non mi
avrebbe voltato le spalle.
Avevo infranto i sogni di mia madre.E forse anche i suoi.
Non sarei mai andata all’università.Ne sarei divenuta
una scienziata o il prossimo presidente degli stati uniti.
Voleva dirmi che potevo contare su di lui.In qualunque caso.
Ma non mi importa.Tengo quelle parole come il dono più
prezioso.
Le tengo strette al mio cuore,perche so che mio padre mi
ama,e che non sarò sola,o almeno non del tutto.
Ho quasi terminato.Le mie ore di libertà stanno volgendo al
termine.
Ho promesso ad Alice di non dedicare più di un ora per
scrivere le lettere.
Certo potrei infrangere la promessa ma preferisco di no.Sono
ostinata.
Trovo adorabile impuntarmi nelle cose e far impazzire i tuoi
famigliari.
L’altro giorno per esempio dallo studio di Carlisle è
saltato fuori un vecchio giradischi.
Un pezzo unico,risalente agli inizi dell’1900.
Appena l’ho visto me ne sono completamente
innammorata.
Gli altri volevano buttarlo ma io mi sono rifiutata.Dicevano
che era troppo vecchio.
Io invecie lo trovo meraviglioso.Irresistibile nel suo
scintillante color nero,con quell’aria antica,vissuta.Lo adoro.
Ho riesumato dalla vostra soffitta vecchi cd ed ora passo
gran parte del tempo ad ascoltare musica strana proveniente dal 1950 o da tempi
ancora più remoti.
Esme mi ha procurato anche delle enormi cuffie da dj.
Ed Alice quando ha visto che ormai ero decisa a tenerlo ha
acquistato alcuni cd moderni.
Assurdo.Ci sono tutte le canzoni più famose
dell’ultimo anno.
Questa scoperta mi ha migliorato l’umore.
Non so come ho fatto a resistere per così tanto tempo senza
musica.
Anche le note classiche di un clarinetto o la musica pop
degli anni sessanta e il jazz di New Oreans per me sono delle melodie stupende.
Stavo per spegnerlo,quando il disco si gira ed inizia una
nuova canzone.
Non una semplice canzone.
La nostra? canzone.Ma dopo tutto quello
che abbiamo passato tutte le canzoni dovrebbero essere la nostra canzone.
È stupido.Infantile,inutile.Eppure le lacrime mi scivolano
sul viso senza che me ne accorga,e iniziano a cadere sulla confezione del cd
bagnando le scritte colorate.
Piango.Incredibile.Trovo ancora la forza per piangere.
“Baby what did you expect?......Baby what did
you expect?”
Baby che ti aspettavi?
Non lo so Edward.Francamente non lo so.
Forse ingenua com’ero,nutrivo la speranza che sarebbe
stato diverso.
Non avrei mai immaginato di ritrovarmi ridotta così:sola,a
parlare con un vecchio giradischi e a scrivere lettere che non sarebbero mai
state spedite,dato che non conosco neanche l’indirizzo del destinatario.
Che mi aspetto Edward?Mi aspetto che le mie lettere,come per
magia arrivino a te,e tu che in un giorno di gelida pioggia,ti presenti
raggiante all’uscio della mia porta e che felice mi abbracci
gridando“sorpresa”,tenendo in mano un grosso pacco colorato
contenente le chiavi magiche per cambiare la mia vita.
“Baby what did you expect?......Baby what did
you expect?”
Sinceramente Edward,non mi aspettavo questo.
Per sempre tua,
con amore
Bella