-Uccidete Ziva David-

di _matthew_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Domani ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Ed eccomi qui,con la mia prima long-fic su N.C.I.S.! ovviamente si susseguono intrighi e sentimenti...ma...a voi il giuduzio! spero che il primo capitolo vi piaccia! (è un po' cortino...kiedo xdono in anticipo ;p)


Le porte dell'ascensore si aprirono sulla sala principale dell' N.C.I.S. ;completamente deserta. Tony si preparò a ricevere il consueto scappellotto,a cui avrebbe risposto -ahi,scusa capo,ma sono le quattro di mattina!- non successe nulla,non arrivò nessuno scappellotto.
Avanzò verso la sua scrivania,il direttore era seduta sulla sua sedia,aveva appena finito di firmare un foglio che passò ad un uomo in piedi di fianco a lei,alto,in giacca e cravatta,di origini afro-americane,l'agente Sax. Non riuscì a trattenere una smorfia disgustata,che ci faceva li quell'idiota dell' F.B.I.?
Due occhi smeraldini lo stavano fissando...l'agente speciale Veronica Sedston,la nuova pivella.
Aveva occhi verdi,lunghi riccioli color oro e una carnagione leggermente olivastra; a dispetto del nome non era di origini italiane. Era la classica ragazza fatale,che lo aveva eletto suo idolo,suo modello,ma a lui non importava nulla...
McGee diceva che gli serviva solo un altro po' di tempo per ritornare "il solito vecchio Tony" ma lui non ne era affatto sicuro.
Veronica sentì una forte sensazione di disagio chiuderle lo stomaco; se aveva fatto quella faccia vedendo Sax,cosa avrebbe fatto una volta saputo cos'era successo? Per lui Ziva non era soltanto una collega,lei lo sapeva benissimo,come avrebbe reagito a quella notizia? Non conosceva la risposta,ma capì che avrebbe preferito non saperlo,avrebbe preferito scappare piuttosto che stare li,a sentire,a vedere le sue reazioni...ma non poteva scappare.
Il suo sguardo superò Sax,indugiò su Veronica,che sembrava molto tesa e preoccupata,e passò quindi al direttore,seduta alla sua scrivania. Gli occhi della donna erano duri,indecifrabili,non era un buon segno.
Non vide Gibbs...
"Tony,dobbiamo parlare" esordì dura Jenni; lui non l'ascoltò nemmeno,fisso Sax con odio -Cosa ci fai qui? Cosa vuoi?- gli chiese freddo; l'altro sorrise con fare sprezzante -La stessa cosa dell'ultima volta,Tony...sempre quella- Il direttore era al suo fianco,gli strinse il braccio fin quasi a fargli male,si voltò verso di lei,e vide che stava piangendo. Veronica e McGee rimasero in silenzio,un po' più lontani dagli altri,aspettavano.

Prese accuratamente la mira,osservando la stanza attraverso un mirino di precisione; scostò i lunghi capelli ricci dalla fronte,gli occhi color nocciola brillavano di una strana luce,mentre inquadrava il suo obiettivo,di fianco ad una bella donna dai capelli rosso fiamma.
Ziva sorrise osservando i lineamenti dell'uomo,i suoi capelli castani,gli occhi scuri...Le tornò in mente la prima volta che aveva parlato con Tony,fuori dall'albergo in cui alloggiava,quando la stava pedinando...rivide come in sogno la missione in cui avevano finto di essere una coppia sposata,non si era mai divertita tanto...ricordò quando,chiusa con lui in un container,aveva rischiato di morire...premette il grilletto.

Corse verso l'ascensore,ci si fiondò dentro,per premere il tasto d'arresto pochi secondi dopo...gli occhi erano offuscati dalle lacrime; colpì la parete di metallo con i pugni.
Non aveva scelto il luogo più adatto per sfogarsi...esattamente li,sei mesi prima,aveva detto addio a Ziva.
Era stata richiamata in servizio dal Mossad,aveva lasciato il suo posto all' N.C.I.S per tornare al suo vecchio lavoro...uccidere.
Premette di nuovo il tasto preferito da Gibbs,la luce tornò ad illuminare quell'angusta scatola di lamiera. Uscì quasi correndo,non voleva incontrare nessuno,non voleva che nessuno potesse trattenerlo...ormai aveva deciso,doveva parlarle...assolutamente!
Veronica e Timoty lo stavano osservando dalla grande vetrata dell'ufficio...l'aveva presa peggio di quanto credessero; non avevano mai visto nessuno,nemmeno Gibbs,trattare a quel modo il direttore...
Fece mentalmente il punto della situazione,guardando il volto scuro di McGee,non l'aveva mai visto così.
Gibbs era all'ospedale,due proiettili conficcati nel torace...Tony,dopo lo sfogo con il direttore se n'era andato lasciandoli soli,senza una guida...il direttore,firmando quel foglio per l'agente Sax,aveva dato anche a loro un ordine preciso -uccidete Ziva David-
Iniziò a piovere,le gocce d'acqua sferzavano la grande vetrata.
McGee fissò la sua immagine riflessa nel vetro; era fin troppo consapevole del fatto che avrebbe dovuto scegliere.
Guardò di nuovo lo sguardo che il vetro gli restituiva...aveva scelto,come anche Veronica prima di lui,ma per lei era stato più facile...avrebbero ubbidito al direttore.


bene...scritto di getto,quindi siate clementi,ok? XD spero vi sai piaciuto...il seguito dipende da voi,quindi...recensite! ;)

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Eccomi qui! questa volta l'aggiornamento è stato molto rapido per farmi perdonare del primo capitolo un po' cortino ;) ringrazio chi mi ha recensito...spero che continuiate a seguire questa fic,e soprattutto che continui a piacervi! cmq...piccolo spoiler per rispondere a Thia: nessun alieno mutaforma...leggere per scoprire XD buona lettura a tutti!


Smontò il fucile e lo rimise nella borsa,il vento giocava con i suoi lunghi capelli ricci,un chilometro più in là,in una stanza disadorna,una donna dai capelli rosso fiamma stava urlando.
Il suo telefono iniziò a vibrare,lo estrasse dalla tasca,guardando lo schermo: due numeri. Il primo era quello di Tony,anche se non era del suo telefono da lavoro; l'altro era un numero criptato...il Mossad.
Una volta non avrebbe avuto alcun dubbio,ma un anno con Gibbs l'aveva cambiata: aveva appena finito di lavorare,ed erano sei mesi che non sentiva la voce dell'amico.
"Pronto,T..." non riuscì nemmeno a finire il suo nome; una voce tesa,preoccupata,quasi irriconoscibile la bloccò "Ziva,ti prego,dimmi che non sei in America!"
Tony era per strada,la pioggia battente aveva già inzuppato il suo completo italiano,ma lui non ci faceva caso un solo pensiero gli rinbombava in testa,diventando sempre più forte ogni secondo che passava -Ziva non è in America,non può essere in America,ti prego...dimmi che non sei a Washington!-
Aveva voglia di staccare il telefono dall'orecchio,e controllare che il numero fosse davvero quello di Tony,ma non lo fece. La sua voce aveva un tono strano,preoccupato,gli rispose.
"In America? Ma sei pazzo? sai benissimo che sono tornata al Mossad..." la interruppe di nuovo,ma questa volta la frase era preoccupante,e non soltanto per il tono del suo interlocutore "Appunto! è proprio questo il problema! ti prego,dimmi dove sei...sii sincera!"
A quelle parole si fermò di colpo nella strada affollata; un'ambulanza le passò a fianco,subito seguita da un'auto della polizia palestinese -una minaccia in meno per Israele- pensò per un istante...poi la sua mente abbandonò di nuovo quella strada polverosa e affollata,per tornare a Tony.
Stava correndo verso la sua auto; quella conversazione gli aveva ridato uno spiraglio di speranza,dentro di lui si era riacceso qualcosa,e questo qualcosa aveva iniziato a fargli notare che stava congelando. Si infilò nell'abitacolo,mentre lei gli rispondeva.
"Tony...sono a Gaza; ho appena ucciso un uomo che ti assomigliava...si può sapere che succede?" Il peso che gli attanagliava lo stomaco sparì di colpo,riniziò a respirare normalmente,riniziò a percepire il gelido tocco della stoffa bagnata sulla pelle.
Ziva stava aspettando la risposta,mentre si dirigeva verso una delle frontiere per entrare in Israele. Ripensò alle domande di Tony,al suo tono -la sua voce- solo una volta aveva sentito quella voce -così diversa,così spaventata- era stato tanto tempo prima,per una ragazza che Tony,ne era quasi certa,aveva amato -Kate-.
La voce proveniente dal suo cellulare la riportò alla realtà; aveva perso buona parte della spiegazione,ma quel poco che sentì non le piacque. Gli chiese di ripetere,la figura del soldato israeliano che le chiedeva i documenti le appariva sfocata: gli occhi erano pieni di lacrime.
Passò senza problemi il controllo -essere un killer del governo aveva qualche vantaggio- . Chiuse con un colpo secco il telefono; aveva un solo chiodo fisso,vedere Tony,al più presto.
Quel giorno,in ascensore,quando si erano salutati aveva riso mentre lui insisteva per darle quel numero di telefono,di cui nessun altro era a conoscenza...improvvisamente la cosa aveva perso il suo lato buffo,era stata l'idea migliore che Tony avesse mai avuto -bhe,in realtà...- zittì subito quel pensiero; non era il momento.
Tony le aveva fatto solo un riassunto molto breve della situazione,ma tanto bastava a farle capire che era nei guai,e sul serio,anche.
Gibbs era stato aggredito in casa sua,nella sua cantina,da due persone; era in ospedale in condizioni critiche,ma questo non era il peggio. Uno dei due aggressori era stato ucciso da Gibbs nella sparatoria: a quanto risultava era israeliano...agente del Mossad.
A questo punto tutti avevano collegato Ziva,il suo improvviso richiamo,il fatto che lei conoscesse perfettamente Gibbs,la sua casa e le sue abitudini...e il risultato era un ordine di cattura -o di morte?- nei suoi confronti.
Le ultime frasi di Tony continuavano a vagare nella sua mente "il pivello è convinto della tua colpevolezza,Ziva...qui tutti lo sono" si aspettava che avrebbe concluso dicendole che anche lui ne era certo,ma che l'avvertiva per amicizia o simili,ma non fu così...Anthony DiNozzo l'aveva spiazzata con quell'ultima frase,non se lo sarebbe mai aspettata da lui "Ci dobbiamo vedere,devi tirarti fuori da questa situazione...e io ti aiuterò! Ci vediamo domani a Milano,piazza Duomo...è da tanto che non ti invito fuori" aveva concluso scherzoso,prima di riattaccare -non cambi mai,Tony!-
Arrivò davanti alla facciata di un anonimo palazzo del centro; entrò nell'atrio deserto.

Accese il motore,dirigendosi verso casa; era una fortuna essere italo-americano,e soprattutto unico erede del patrimonio DiNozzo...dava un sacco di appigli credibili per lasciare l'ufficio senza creare troppi sospetti.
Mise l'auricolare,e premette un numero di selezione rapida; il telefono di McGee iniziò a squillare.
Afferrò l'apparecchio,ma non rispose subito; rimase incantato a guardare il nome sul dislay -Tony-
La realtà era che aveva paura di rispondere; aveva paura di sentirsi dire che era un traditore e uno smidollato,che era uno stupido a credere alla colpevolezza di Ziva -no!- urlò una voce dentro di lui -sii onesto Timothy,la tua paura è un'altra- era vero.
Aveva paura che anche lui ci credesse; che anche lui accettasse l'ordine del direttore,che anche il suo modello,l'irriverente Anthony DiNozzo ubbidisse a quel maledetto ordine -uccidete Ziva David-
Veronica gli strappò il telefono,lo aprì e inserì il viva-voce "Scusa Tony" esordì la sua voce cristallina "ma McGee si era incantato e io non sopportavo più la sua suoneria" una risata soffocata,e la solita battutina alla DiNozzo "Perchè pivello,che suoneria hai?" l'altro stava per rispondere,ma Tony lo precedette "Sentite,io devo andare in Italia...una mia zia è molto malata,e questioni di famiglia esigono che io sia presente...pivello,ora sei tu il capo" stava per riattaccare,ma McGee lo fermò "No,aspetta! vuoi dire che non seguirai il caso di Ziva?" chiese stupefatto.
"è meglio così,sappiamo tutti che Tony è troppo coinvolto emotivamente" intervenne una voce alle loro spalle; si erano dimenticati del viva-voce: anche Jenni e Sax stavano sentendo quella telefonata.
"Esatto direttore,è anche per questo che partirò oggi stesso...se lei è d'accordo". Il direttore ci pensò un momento,poi annuì; era meglio così,per tutti loro.
Un sorriso gli increspò il volto; sapeva benissimo che il direttore non avrebbe creduto a quella storia,ma il pivello rimaneva il pivello...sapeva come evitarlo.
Schiacciò un altro tasto per le chiamate rapide; mentre il telefono squillava si convinse che lo avrebbe aiutato -in fondo vede Ziva come la sostituta di Kate...sono certo che crede nella sua innocenza- il suo pensiero fu interrotto dalla voce che rispose al telefono.


e anche questo capitolo è giunto al termine...spero vi sia piaciuto! allora...chi sa dirmi chi è il personaggio misterioso a cui sta telefonando il nostro Tony? XD
fatemi sapere cosa ne pensate di questo racconto,ok? recensite numerosi! ;)

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


ecco il nuovo capitoletto...che succederà ai nostri eroi? colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che stanno seguendo questa fic,e soprattutto chi mi recensisce!
p.s. lights,ho provato a seguire il tuo suggerimento di essere meno contorto...spero di esserci riuscito! XD fammi sapere che ne pensi,ok?


Salì le scale della metropolitana,riemergendo alla luce del sole; gli occhi castani studiarono la piazza che vedeva per la prima volta...rimase senza fiato.
Davanti a lei si ergeva una cattedrale di marmo bianco,in perfetto stile gotico; alla sua sinistra si apriva una galleria sfarzosissima -galleria Vittorio Emanuele- lesse. La piazza era sovraffollata; centinaia di persone camminavano,spesso urtandosi; alzò gli occhi,osservando i palazzi intorno a lei e quello che vide non le piacque.
Il suo addestramento le faceva notare che quel posto non era affatto sicuro; chiunque poteva seguirli non visto tra la folla,e sui palazzi si sarebbe potuto appostare non un cecchino,ma un esercito intero.
"Si,Ziva,lo so che non ti piace,ma credimi...per noi è perfetto". Il cuore le arrivò in gola.
Si girò verso Tony,che sfoggiava il suo solito sorrisetto malizioso.
"Non farlo mai più!" gli urlò lei,prima di abbracciarlo. Tony non rispose,si limitò a guidarla verso la galleria. Aveva il pavimento decorato a mosaici,ed era ingombra di tavolini dei bar...-sicuramente i più costosi di Milano-pensò.
"Bene Ziva...siamo in un bel pasticcio,vero?" gli occhi nocciola di lei si posarono sul suo volto,sentì quello sguardo penetrargli l'anima,prima che lei si decidesse a rispondere "Siamo?" chiese.
Lo guardò sorridere,si era dimenticata di come riuscisse a sorridere sempre anche con gli occhi; anche nei momenti più delicati...distolse lo sguardo,prima di affondare in quegli occhi castani che l'attiravano tanto.
"Si,siamo...credi davvero che il direttore si sia bevuta la storia della zia malata?". Era vero. Erano arrivati quasi al centro della galleria
"Ok...hai ragione,Tony...allora,che si fa?"
"Per prima cosa" rispose lui prendendole le spalle e facendola girare verso di se "c'è un piccolo rito che chiunque passi da qui mette in pratica,dicono che porti fortuna" i loro volti erano vicinissimi; poteva vedere i suoi occhi riflessi in quelli di Tony,le loro labbra quasi si sfiorarono,le si svuotò la mente.
Molto delicatamente Tony iniziò a farla girare su se stessa,poi le diede un colpo più deciso,lasciandola andare.
"Tony! Ma che ti prende?! Spero che tu..." lui la interruppe ridendo,era stupenda quando si arrabbiava,ma anche pericolosa.
"Si,Ziva,lo so che mi puoi uccidere con una graffetta...ma ho controllato,non ne hai" le disse scherzando.
Lei arrossì. Si era dimenticata che la sua battuta era popolarissima all' N.C.I.S. -conosco quindici modi diversi di uccidere con una graffetta- lo stesso Duky,una volta,l'aveva presa in disparte confessandole che lui ne aveva trovati solo dodici.
Si riprese da quell'attimo di ricordi,e lo guardò con aria interrogativa. Tony,per tutta risposta indicò il pavimento sotto di lei: il mosaico rappresentava un toro,tutto rovinato ed incavato...era ovvio che lei non era stata la prima a piroettarci sopra.
"Dicono che girare sopra al toro porti fortuna...e noi ne serve parecchia,no?" concluse ridendo. Lei annui. -Tony,ma non cambi proprio mai?- si chiese,ripensando a quando le loro labbra si erano sfiorate,e sentendo un brivido correrle per la schiena.
Tony la prese per un braccio,per assicurarsi di non perderla nella folla sempre crescente; era quasi impossibile camminare senza urtare qualcuno.
"Ora una specialità tipica italiana...il caffè!" disse,facendola accomodare ad uno dei tavolini esterni di un bar situato all'inizio della galleria; da li si poteva vedere il duomo e tutta la piazza antistante -poco saggio- pensò Ziva sedendosi.
Tony ordinò parlando un perfetto italiano -forse solo un accento un po' troppo marcato- riflettè Ziva; ma lei non era molto brava in quella lingua.
Arrivarono subito i loro caffè; serviti in tazzine microscopiche,se paragonate a quelle abitualmente usate da Abby e Gibbs. Tony le sorrise passandole una busta gialla.
"Attenta al caffè...quello di Gibbs è nulla in confronto" disse,sorseggiando il suo. Annuì,aprendo la busta ed estraendone la foto di un uomo sulla trentina,i capelli scuri e corti,e l'inconfondibile espressione che la morte lascia su tutti i volti.
"Chi è?" chiese,portandosi la tazzina alle labbra; il caffè era molto forte,ma anche molto buono,ne bevve un altro sorso. "Il tizio ucciso da Gibbs" rispose Tony "Dovrebbe essere del Mossad,lo conosci?"
Ziva lo fissò con quello sguardo che aveva imparato a temere -ironico e duro- prima di rispondergli in modo provocatorio "Agente DiNozzo,lei conosce tutti gli agenti dell' N.C.I.S.?"
Lui sorrise furbescamente "Non tutti agente David,ma posso recitarle a memoria i numeri di telefono di tutte le nostre agenti".
Risero entrambi; avevano bisogno di alleggerire un po' la tensione,e ci erano riusciti perfettamente. Lui e Ziva erano davvero una bella coppia sul lavoro -solo sul lavoro,Tony?- si intromise una vocina. Non ci badò.
Finirono il loro caffè,ma rimasero seduti ancora a lungo,raccontandosi di quei sei mesi in cui non si erano sentiti,e facendo ipotesi su come reperire qualche informazione utile.
Il telefono di Tony squillò,avvertendo dell'arrivo di un messaggio. -Ciao,come va?- il testo era scritto in italiano. Sorrise,leggendolo.

Attraversò la piazza a passo veloce; sentì la mano di Veronica insinuarglisi sul braccio; la guardò incuriosito. Due occhi smeraldo gli restituirono lo sguardo,insieme ad un sorriso.
"McGee...dobbiamo sembrare una coppia,rilassati" gli disse. Annuì,sistemandosi meglio il biglietto aereo nella tasca; era molto nervoso,e tutto gli dava fastidio...perfino la stupenda cattedrale che si stavano rapidamente lasciando alle spalle.
Continuava a controllare un piccolo palmare,su cui era riportata una cartina in scala della città,e un piccolo puntino rosso intermittente: il telefono di Tony.
"Secondo te il direttore ha ragione? è davvero con Ziva?" chiese a Veronica,sistemando un po' meglio il soprabito che portava sul braccio destro,per coprire la sua pistola.
Lei non rispose,non sapeva cosa pensare; affondò la mano nella capiente borsa di pelle che portava a tracolla,afferrando con forza la sua arma...era molto nervosa.
Una voce gracchiò al loro orecchio "Allora,li vedete?" "Non ancora direttore" rispose sommessamente McGee...anche lui risentiva parecchio del nervosismo. "Stiamo per arrivare all'inizio della galleria,ma c'è molta folla; dovremmo avere il contatto visivo tra qualche minuto" continuò lui "Bene,tenetemi aggiornata,e...state attenti." chiuse la conversazione.
Non c'era stato tempo per preparare quell'operazione; non potevano organizzare tutto sulla base di una sensazione.
Tony non era certo tipo da lasciare a quel modo un caso delicato come quello; ma la sua era una famiglia importante,magari era davvero in Italia per ragioni di famiglia.
-Fai che non sia con Ziva!- pensò McGee.
Veronica gli diede una pacca sul braccio,indicando con gli occhi un tavolino di un bar alla loro sinistra; una donna con capelli castani,ricci e lunghi,dava loro la schiena. Non riuscirono a vedere il volto del suo interlocutore,ma erano sicuri che fosse un uomo dai capelli castani.
"Forse ci siamo direttore" sussurrò Veronica,una voce tesa le rispose all'istante "Molto bene...fate molta attenzione,mi raccomando!". McGee controllò il suo palmare: il puntino rosso era fermo,esattamente nello stesso punto in cui si trovava la coppia indicatagli da Veronica; qualcosa di gelido gli chiuse lo stomaco -maledizione!-
Certo,era facile...avvicinarsi al sospettato senza farsi notare,arrivargli alle spalle,fargli sentire il tocco freddo della pistola e invitarlo a fare due passi senza che nessuno si accorgesse di nulla; tutto semplice,tutto in perfetto stile C.I.A.
Una goccia gelida gli percorse la schiena,a quel pensiero.Ci sarebbero riusciti con Tony e Ziva?
Aveva riposto il palmare in una tasca della giacca,e sistemato meglio il soprabito; Veronica affondò ancora di più il braccio nella borsa,staccandosi da McGee,era meglio essere liberi di muoversi.
Si accostarono al tavolino. I due stavano conversando allegramente,ridevano.
La donna si girò per un attimo; due occhi castani lo fissarono per un istante,prima di posarsi nuovamente sull'uomo che le stava di fronte. -Killer- pensò McGee. Ziva era un killer.
Tutti i muscoli del suo corpo erano tesi; i suoi occhi verde smeraldo si muovevano sulla coppia,cercando di cogliere un minimo gesto che potesse rivelare un pericolo per lei o per Timothy.
Ricordava fin troppo bene la prima volta che aveva visto Tony e Ziva in azione. Erano andati a prendere un sospettato di omicidio,Gibbs e McGee erano andati a fare delle domande ai vicini. Improvvisamente si sentì rumore di vetri infranti,e l'uomo piombò davanti a loro con una pistola in mano. Non aveva neppure fatto in tempo a rendersi conto che quell'uomo era uscito di casa sfondando la finestra che sentì quattro spari echeggiare nell'aria.
Lei non aveva neppure fatto in tempo ad estrarre la pistola; Ziva e Tony stavano amichevolmente discutendo su chi fosse stato il primo a sparare.
Si accorse che stava trattenendo il fiato. -non sono loro...non possono essere loro- pensò.
Arrivarono alle spalle della coppia; ancora pochi passi e li avrebbero visti.
McGee ripassò mentalmente gli ordini del direttore -non dare nell'occhio. Se non si potesse fare diversamente,ucciderli-
Si maledisse per essersi cacciato in quel pasticcio.
Prese un respiro profondo,e fece i pochi passi che lo separavano dalla donna seduta al tavolino.


ed eccoci alla fine di questo capitoletto....spero sia stato di vostro gradimento! vi ho lasciato un po' in sospeso,quindi...prometto che aggiornerò presto,ok? ;) mi raccomando,fatemi sapere se vi piace...recensite numerosi! ;p
p.s. piccola "curiosità": la credenza della piroetta sul toro non è una mia invenzione...è vera! XD

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


e rieccomi qui! con un nuovo capitoletto tutto per voi ;) premetto i ringraziamenti a tutti i miei lettori e soprattutto recensori XD...spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento!
p.s. Bride,ti ringrazio per la recensione...so che a volte sn un po' contorto,spero di aver migliorato un pochino in quest'ultimo capitolo....fammi sapere,ok? ;)


McGee sbiancò. Veronica sentì la morsa gelida che le chiudeva lo stomaco sciogliersi,lasciandola finalmente libera di respirare.
Al tavolino non erano seduti Tony e Ziva, ma una coppia di perfetti sconosciuti; erano stati tratti in inganno dalla donna,che vista di spalle e da lontano somigliava in modo impressionante a Ziva.
Estrasse di nuovo il palmare,mostrandolo anche a Veronica: il puntino rosso era ora sovrapposto ad un puntino verde,che li rappresentava; dove diavolo era Tony?
Si guardarono intorno,ma di lui non c'era traccia.Stava per contattare di nuovo il direttore,quando sentì la sua collega conversare con la donna seduta al tavolo.
Pochi istanti dopo lo raggiunse nella piazza,mostrandogli un telefono -il telefono di Tony-. Lo riconobbe all'istante.
"Ecco risolto il mistero...lo aveva infilato nella borsa di quella signora" disse con un tono strano. "Agente speciale McGee! Cosa succede?" lo aggredì la voce del direttore. Non si era accorto di quanto tempo era passato dalla loro ultima comunicazione.
"L'abbiamo perso direttore..." rispose lui con tono mesto "Abbiamo trovato il suo telefono nella borsa di una donna" Veronica richiamò la sua attenzione: sullo schermo del telefono era stata scritta una parola "Comunque sa che lo stiamo cercando" concluse lui,prima di sentirsi dire di rientrare a Washington.
Non avevano più tempo. Durante il volo cercò di dormire,ma continuava a venirgli in mente quello schermo,con quell'unica,pungente parola "acqua" -tipico di Tony- pensò.
Nei giorni successivi gli capitò spesso di ripensare a quella parola -cosa vuol dire?-
"Solo che non lo avete preso!" disse il direttore,comparendo alle sue spalle,come era solito fare Gibbs. Fu invaso da un'ondata di nostalgia e tristezza a quel pensiero.
Gibbs in ospedale,sospeso tra la vita e la morte. E lui li,a cercare di capire cosa stesse succedendo. A tentare di comprendere perchè Ziva avesse fatto una cosa del genere; e soprattutto -era questo che lo distruggeva- a tentare di comprendere Tony -perchè la difende? perchè le crede?- quelle domande non gli davano pace,lo tormentavano.
Tony era infantile,lo sapevano tutti,ma quello non era essere infantili,quello non era scherzare con una collega...quello -perchè lo faceva?- era aiutare un killer del Mossad; un killer che aveva cercato di uccidere Gibbs.
Il direttore incontrò il suo sguardo assorto; McGee non le aveva confidato nulla,ma sapeva benissimo quello che provava. Sapeva,ma non approvava -era stupido vederla in quel modo,così sentimentale- c'era una sola cosa da fare -agire-.
Stava giocando distrattamente con il distintivo; se lo rigirava tra le dita,mentre aspettava i risultati di una ricerca chiesta dal direttore. Il computer comunicò con un sonoro bip che aveva finito il suo compito,McGee diede un'occhiata distratta allo schermo,sapeva già quale sarebbe stato il risultato -appunto- pensò,prima di girare i dati sullo schermo gigante.
Jenny e Veronica si voltarono,prendendo atto della sconfitta totale a cui erano andati incontro.
Il direttore scattò in piedi,dirigendosi verso il suo ufficio; era decisamente scocciata.
Fissò lo schermo gigante,senza vederlo veramente,perso nei suoi pensieri...sapeva perfettamente cosa c'era scritto: Ziva David_file denied e quello era il risultato di una ricerca,gli altri due non erano più incoraggianti Mike Preston_not found. A quanto pareva il killer che Gibbs aveva ucciso non aveva nessun tipo di passato in America,neanche una pagella scolastica,o una multa. L'unica cosa che gli avevano trovato addosso era un tesserino che lo identificava come agente del Mossad e che forniva il suo nome. Le impronte digitali non portavano da nessuna parte.
Infine la sua terza ricerca,il suo insuccesso più clamoroso: la famiglia DiNozzo.
L'unico file che compariva era quello sull'agente speciale Anthony DiNozzo -come se gli servisse- e tutta la storia della famiglia,ma non appena provava a fare ricerche più mirate,come per esempio le proprietà della famiglia in Italia o in America,l'unico risultato era il nulla...il nulla e la telefonata di un avvocato di grido.
Era stato chiaro,conciso e diretto "Avete qualche accusa contro un qualunque membro della famiglia?" aveva chiesto poco prima in una conversazione telefonica con il direttore "No,ma vorremmo fare controlli sul signor Anthony e..." l'avvocato l'aveva interrotta subito "Ottimo..allora,il signor Anthony è in Italia da una zia,molto malata che ha richiesto la sua presenza; laggiù non avete giurisdizione,non avete accuse da formalizzare al mio cliente,quindi...buonasera e a non risentirci".
La chiamata era stata interrotta.
Per quanto riguardava Ziva,era una battaglia persa; il Mossad non avrebbe mai fornito informazioni su di lei,al massimo le avrebbe dato un alibi inattaccabile.
Squillò il telefono,rispose. Rimase in ascolto per un paio di secondi,poi si alzò facendo cenno di seguirlo a Veronica. "Era Abby" le disse mentre le porte dell'ascensore si chiudevano "ci vuole parlare".
Entrarono nel laboratorio,la musica però era spenta...evidentemente Abby sentiva il peso di quello che era successo -è così legata a Gibbs- pensò Veronica.
Codini neri svolazzanti li intercettarono,e una mano si tese verso McGee,che rimase imbambolato a fissare i suoi braccialetti neri a borchie.
"Allora Abby,che c'è?" La ragazza gli lanciò uno sguardo di fuoco,gli occhi neri brillavano di una luce strana; quasi assassina.
Gli girò intorno,poi gli tirò uno scappellotto.
"Ahia! che ti ho fatto?" chiese lui sfregandosi la nuca; uno dei bracciali a borchie aveva pesantemente infierito sul suo collo,lasciando un evidente segno rosso. Veronica non riuscì a trattenere un sorriso -era così dolce con quell'aria da cane bastonato-.
"Cosa non hai fatto,vorrai dire" continuò la scienziata,i codini che si agitavano,il camice bianco che svolazzava ad ogni suo movimento.
McGee si coprì istintivamente la zona della nuca,temeva l'arrivo di altri scappellotti. "Gibbs o Tony" proseguì lei,con una nota di tristezza nella voce a pronunciare quei nomi, "non si sarebbero mai scordati del mio caffé!" concluse,mettendo particolare enfasi sulle parole "mai" e "caffè".
McGee sbiancò; come aveva potuto dimenticarsene? -semplice- interloquì una voce dentro di lui -lo hanno sempre fatto Gibbs o Tony...tu sei il pivello,no?-.
Le porte del laboratorio si aprirono di nuovo,lasciando entrare il direttore,che reggeva la mega-tazza da caffè per Abby. "Grazie mille direttore" disse lei afferrandola e iniziando a bere. Il suo volto si ammorbidì,ma non smise di tenere il broncio a McGee.
"Allora,Abby,cosa abbiamo?" chiese pratica Veronica -tipica domanda alla Gibbs- si rimproverò mentalmente subito dopo,mentre gli altri due le lanciavano occhiate molto eloquenti.
Gli occhi le si velarono per un attimo di lacrime,ma si riprese subito "Allora...abbiamo un piccolissimo problema" esordì,con un tono niente affatto convincente. Quel tono non faceva presagire niente di buono.

Ziva lo bloccò,prendendolo per un braccio. Quando Tony si fermò a guardarla lasciò la presa; la sua mano scorse lungo il suo braccio,fino ad a sfiorarne la mano: arrossirono entrambi a quel contatto così inaspettato.
"Come facevi a sapere che sarebbero arrivati?" chiese stupita l'israeliana,fissandolo con aria interrogativa. Quell'aria interrogativa tutta sua,quell'aria che -come aveva imparato a sue spese- accettava solo risposte esaurienti,e non accettava scuse o vie di fuga.
Sorrise,estraendo di tasca il telefono,e mostrandole il messaggio ricevuto poco prima. "Ecco qui il trucco,Ziva".
Scorse il testo "Un messaggio senza molto senso" osservò lei "Solo se non sai che chi lo manda è americano,e che lavora all' N.C.I.S. con il pivello...e che a questa persona ho chiesto un piccolo favore" rispose lui,un sorriso furbesco gli increspava le labbra.
Capì al volo di chi stava parlando "Perchè l'ha fatto?" chiese,il tono era molto serio. "Ma che domande,per il mio fascino,no?" rispose lui -tipico- pensò,mentre lo inceneriva con lo sguardo. "Tony,sii serio!".
Sbuffò,sfuggendo allo sguardo indagatore di lei. Avevano attraversato tutta la galleria,e ora si trovavano in una piccola piazza,sulla quale si affacciava un palazzo imponente -lo aveva già visto...ne era sicura-.
"Piazza della Scala" annunciò Tony; ormai era riuscito ad eludere l'interrogatorio sul suo informatore,Ziva era immersa nella contemplazione di uno dei teatri più famosi del mondo.
"Noi andiamo di qua" disse lui,posandole le mani sui fianchi e guidandola dolcemente verso una via che costeggiava il teatro; per un istante Ziva dovette concentrarsi per resistere alla tentazione di girarsi e baciarlo -ma che mi prende? è Tony!-
Sentì i muscoli della schiena di Ziva contrarsi per una frazione di secondo,poi si rilassarono nuovamente. Sorrise. Il suo gesto non era stato calcolato,ma era l'unico modo per guidarla in mezzo alla ressa della piazza. Il suo telefono suonò di nuovo,un altro messaggio.
Staccò le mani dai fianchi dell'amica; era un gesto di fastidio quello che aveva fatto muovere i capelli di Ziva quando l'aveva lasciata? Scacciò subito quell'idea -assurdo- pensò.
Lesse il messaggio ad alta voce: "Acqua". Ziva capì al volo,come lui del resto.
Sorrisero entrambi,si addentrarono più tranquillamente nella stazione della metropolitana.

McGee,Veronica e Jenny non credevano alle loro orecchie. Abby aveva appena messo in dubbio tutte le loro teorie. Il documento del killer,quello che lo identificava come agente del Mossad,l'unico punto fisso di quell'inchiesta era appena crollato. Quel tesserino era falso.
"Non è possibile!" scattò Jenny. -non può essere possibile-.
Tutto quello su cui si erano basati si era rivelato uno stupido falso -ma era davvero un falso? o era un trucco per confondere le indagini?-


ed eccoci alla fine! spero vi sia piaciuto! in ogni caso commentate,ok?
allora...ho cercato di seguire il consiglio di chi mi diceva di essere più lineare...spero di esserci riuscito XD fatemi sapere,ok? ;) a presto!

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


buona sera a tutti! ecco qui il nuovo capitolo! come al solito colgo l'occasione per ringrazziare tutti coloro che leggono,e soprattutto i miei affezzionati recensori! grazie di cuore! spero vi piaccia anche questo capitolo! ;)


Emersero dalla stazione della metropolitana in un tipico quartiere milanese: affollato,pieno di traffico e con il costante rischio di essere investiti,anche se il semaforo era verde.
Sentiva ancora nelle orecchie lo sferragliare del treno; non era proprio abituata a quel mezzo di trasporto,e alla fretta che pareva dominare quella città. Non riusciva a capire come la gente potesse camminare anche sulle scale mobili. Guardò Tony con sguardo interrogativo,ma lui si limitò a scrollare le spalle; non erano quelli i loro problemi,purtroppo.
Si fermarono davanti ad un portone in legno,consunto e sporco; c'erano solo otto nomi sul citofono,ma la casa non sembrava tanto piccola; osservandola dalla strada si sarebbe detto che potesse avere come minimo il doppio degli appartamenti. Tony sfilò una chiave dalla tasca e l'infilò nella toppa.
Entrarono in un cortile interno,proprio mentre una moto di grossa cilindrata,con due persone a bordo,percorreva la via.
Salirono le scale,decisamente molto lussuose,ebbe modo di notare Ziva, e si fermarono al secondo piano.
Seguì Tony lungo il corridoio piastrellato a mosaico,fino alla porta di uno dei due appartamenti del piano. Si aspettava che il suo compagno suonasse il campanello,annunciandosi a qualche amico che non vedeva da tempo,invece tirò fuori dalla tasca la chiave,dicendole "Benvenuta in casa DiNozzo,Ziva".
Attraversò l'ingresso,e rimase senza fiato. Si guardò attorno sorpresa,aveva sempre pensato che Tony si desse semplicemente le arie da ragazzo ricco; non era pronta a scoprire quanto fosse realmente ricca la famiglia DiNozzo.
"Tony,perchè lavori all'N.C.I.S.?" chiese senza neanche pensarci,abbagliata dai pavimenti di marmo,dai mobili in legno antico simili a specchi,dalle ampissime stanze arredate magnificamente,con oggetti antichi. Lui emise un leggero sbuffo prima di dare la risposta che ormai tutti conoscevano.
"Mio padre mi ha tagliato i fondi quando ero al college..." guardò gli occhi nocciola di Ziva fissarsi nei suoi,sul viso di lei si dipinse quel suo sorrisetto sadico che conosceva bene,il sorrisetto che diceva di non raccontare balle,tanto non ci casco.
"Ok,ok....lo faccio perchè mi piace" disse pronto lui,avviandosi per un lungo corridoio "e poi da quando ci sei tu è ancora più piacevole venire al lavoro" aggiunse in tono scherzoso. Incassò la provocazione senza ribattere,quella casa stava assorbendo tutta la sua attenzione; attraversarono un ampio salone dove un caminetto ottocentesco faceva bella mostra di se,contornato da quadri e poltrone in pelle. I piedi affondavano in un morbidissimo tappeto persiano.
Tony attraversò la stanza a passo veloce,senza degnarla di uno sguardo -deve proprio detestare questa casa- pensò lei,ma non si soffermò a chiedersene la ragione. Aveva imparato che per convivere con Tony c'erano solo due regole,non nominare la sua famiglia e Jeanne.
-Già!- pensò,dandosi della stupida -come aveva fatto a non accorgersene?-
Erano insieme da ormai una giornata,le prime ombre di una sera estiva stavano scendendo sulla città,e non aveva ancora assistito ad una sola telefonata tra Tony e la sua fidanzata. Non poteva certo dire che la cosa le dispiacesse,anzi,a quel pensiero fu pervasa da uno strano senso di benessere.
Erano in una stanza più piccola e meno lussuosa delle altre. Il pavimento era di mattonelle,in un angolo c'era una scrivania da ufficio con sopra un computer,un letto da una piazza occupava la parete opposta della stanza; qualche metro più in la l'arredamento era completato da un grosso armadio a muro.
"Camera degli ospiti" spiegò brevemente Tony,accendendo il computer.
"Bene Ziva,tra un po' conoscerai il nostro salvatore...se non sbaglio eri curiosa di sapere chi fosse,vero?" le chiese,la voce affettata a simulare mistero e cospirazione. Ziva sorrise,scostando la tenda e affacciandosi alla finestra.
"Finalmente! Sono curiosa..." rispose guardando attraverso i vetri. La stanza dava sulla strada,una piccola via laterale poco frequentata; vicino ai marciapiedi erano parcheggiate le auto di quelli che abitavano in quella casa e in quelle vicine: tutte auto di lusso,notò.
Il suo sguardo fu attratto da una moto che si stava fermando di fronte alla finestra. Era di grossa cilindrata,la carena dipinta con colori anonimi,i due uomini scesero lentamente,guardandosi in giro.
Portavano caschi integrali neri,e giacconi pesanti. Non le sembrava che fosse tanto freddo,fuori.
Tony la chiamò "Ziva,è quasi ora,vieni!". Si scostò dalla finestra,afferrando una sedia e portandola vicino a quella su cui era seduto lui,scordandosi dei due motociclisti. Era divorata dalla curiosità.
I due in strada alzarono la testa verso una finestra illuminata del secondo piano. La tenda era tornata al suo posto; evidentemente la ragazza si era stufata di guardare fuori.
Si sfilarono lentamente i caschi,appoggiandoli sulla sella; nel farlo il braccio di uno dei due sfiorò il rigonfiamento della giacca del compagno. Sorrise.
Si era quasi scordato del motivo per cui erano li.

"Nessun ma,agente Sax!" urlò la voce del direttore.
McGee e Veronica alzarono la testa,osservando la porta chiusa. Era davvero molto tardi,se ne erano andati già tutti. Il direttore aveva chiesto loro di restare,dopo il colloquio con l'agente Sax avrebbe avuto nuovi ordini da comunicare.
Evidentemente Sax stava ancora cercando di replicare,la voce del direttore esplose di nuovo,più cattiva e arrabbiata che mai.
"Agente Sax! Questo è un nostro caso! L' F.B.I. questa volta deve fare quello che decidiamo noi! Quindi non discuta ed esca immediatamente,non ho più nulla da dirle." La porta sbattè violentemente; l'uomo scese gli scalini,visibilmente alterato, e scomparve nell'ascensore.
Era chiaro che Jenny gli aveva imposto qualcosa di molto sgradevole; era curioso di scoprire cosa fosse. Non aveva mai visto Sax così infuriato,neppure quando era stato costretto ad ammettere l'innocenza di Tony.
La voce del direttore chiese loro -o impose?- di entrare.
Il viso era ancora rosso,dopo la sfuriata con l'agente dell'F.B.I ; stava finendo di riordinare alcuni fascicoli,che probabilmente erano finiti a terra durante l'accesa discussione. Si risedette alla scrivania,ma loro rimasero in piedi.
McGee fissò la sua immagine riflessa nella vetrata,che gli restituiva uno sguardo cupo e accigliato. Erano passati ormai tre giorni da quando era diventato capo effettivo della squadra -ma quella si poteva ancora definire squadra?- e era riuscito a venire a capo dei problemi portati dal nuovo ruolo di capo.
Era perfino riuscito a farsi perdonare da Abby per la mancanza del giorno prima offrendole un doppio caffè.
Ma il caso non aveva fatto passi avanti -cosa avrebbero fatto Tony o Gibbs?- non avevano nulla in mano,e questo lo rendeva nervoso -estremamente nervoso- una domanda si accavallava a tutte le altre,prendendo inevitabilmente il sopravvento -dove ho sbagliato?-
Ma aveva davvero sbagliato,poi?
-piove di nuovo,come la mattina in cui tutto è iniziato- osservò Veronica,gli occhi che seguivano la danza delle gocce d'acqua nella chiazza di luce di un lampione. Anche lei era persa nei suoi pensieri. Era all'N.C.I.S. da soli sei mesi,non conosceva Ziva,aveva profonda soggezione per Gibbs e Tony,e si ritrovava sola con McGee,la persona che in quell'agenzia le assomigliava maggiormente,a dover risolvere un caso molto delicato.
In quella situazione lei era avvantaggiata,e lo sapeva. Non era coinvolta emotivamente,non con la principale sospettata,almeno.
Lei non aveva lavorato con Ziva per un anno e mezzo,lei riusciva benissimo a vederla come spietata killer,lei poteva immaginarsela senza problemi mentre sparava a Gibbs. Sapeva che era l'unica in quella stanza ad avere quella capacità,ma non poteva fare a meno di chiedersi se quella conclusione fosse la più logica. Aveva deciso che non lo era.
Osservò le gocce di pioggia rigare i vetri; Jenny e McGee si stavano fissando,studiandosi.
Il silenzio era assoluto,si lasciò prendere di nuovo dal turbine dei suoi pensieri.
Per lei era facile -troppo facile- dire che Ziva era innocente. Lei era nuova,non l'aveva mai conosciuta,per lei era una sospettata come un'altra. Per tutti gli altri era diverso -troppo diverso-.
Ziva era la colpevole ideale,era questa la verità. Gibbs era in pericolo di vita,loro provavano un dolore,e una rabbia,immensi.
E lei,Ziva David,era il capro espiatorio perfetto -troppo perfetto-.
Lei voleva risolvere il caso,loro volevano un colpevole -Ziva-.
Loro volevano un movente -qualche maneggio del Mossad-.
Loro volevano qualcosa per alleviare il loro dolore -la vendetta-.
Lei si sentiva così diversa,a volte addirittura insensibile. Gibbs era anche il suo capo,lo andava a trovare in ospedale,piangeva -quante lacrime aveva versato- ma non sentiva quel bisogno di vendetta che animava Jenny,non sentiva quel sentimento -così vicino all'odio- che animava McGee.
Fu richiamata al presente dalla voce del direttore,li stava informando che le cose erano cambiate; guardò McGee,aveva un'espressione strana.
Uscirono dall'ufficio dieci minuti dopo,McGee si fiondò verso l'ascensore; Veronica non lo seguì,sapeva che aveva bisogno di rimanere da solo.
Le parole di Jenny risuonavano ancora nella sua testa: " Trovate Ziva,bisogna parlare con lei,bisogna chiarire cosa è successo".
L'ordine di ucciderla era rientrato,c'erano troppi punti oscuri in quella vicenda,troppi interrogativi,non si potevano permettere nessun errore.
-e se ne avessero già fatti troppi,di errori?-


ok...questo capitolo è stato scritto di getto,spero che vi sia piaciuto! fatemi sapere cosa ne pensate,ok? Recensite numerosi! XD

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Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


salve a tutti! eccomi qui,con l'ultimo capitolo dell'anno...purtroppo fino al 7 di gennaio non potrò aggiornare la fic...quindi,come piccolo regalo di natale ho "risolto" un dubbio che vi assilla (spero ;) da qualche capitolo...leggere per credere XD
come sempre ringrazio tutti i miei lettori e recensori! un grazie particolare va a elisa93,Bride e Lights,per le vostre recensioni sempre piene di incoraggiamenti e suggerimenti...grazie.
ultima cosa,e poi prometto,vi lascio alla storia: ho "eliminato" la differenza di fuso orario tra Italia e America...era più comodo per la narrazione...con chi parlerà mai Tony? ;) buona lettura!


Si rigirò per l'ennesima volta nel letto. Rivisse nel sonno la breve conversazione di poco prima.
Ziva si era appena seduta di fianco a lui,quando il loro informatore si connesse,il computer di Tony emise un sonoro "bip"; lo schermo si scurì per un istante,prima che due codini neri comparissero sul video.
"Ciao Tony!" esclamò,la voce un po' distorta dagli altoparlanti del pc.
Ziva per un attimo rischiò di cadere dalla sedia. Non ci poteva credere.
"Abby?!"
"Ciao,Ziva!" la salutò la scienziata,visibilmente eccitata.
"Allora,abbiamo ricevuto il tuo messaggio...che è successo?" chiese Tony curioso. Il sorriso di Abby si allargò ancor di più.
"Ziva,sapevo che eri innocente! L'ho sempre saputo!" iniziò lei,saltellando davanti allo schermo. "Il tesserino del Mossad trovato sull' Israeliano ucciso da Gibbs era un falso,e..." si interruppe bruscamente,qualcuno stava bussando alla porta.
Tony guardò l'orologio,le dieci di sera. "Abby,ricevi visite alle dieci di sera,e per di più in pigiama?" chiese malizioso alla ragazza. Abby e Ziva lo incenerirono con lo sguardo.
Stava per rispondergli a tono,quando dall'altra parte della porta iniziarono a chiamarla.
"Abby...Abby,sono McGee...dai apri,so che ci sei...ti devo parlare!"
Si guardarono in faccia,sbiancando: che ci faceva il pivello a casa di Abby a quell'ora? Tony rimpianse di essere in Italia,gli avrebbe tirato molto volentieri uno scappellotto.
"Si si,arrivo" urlò Abby rivolta alla porta. Guardò la telecamera sul suo pc: "Scusate,ragazzi,devo andare" disse. Schiacciò in rapida successione due tasti,e la schermata scomparve.
Tony e Ziva si trovarono per un attimo a fissare il nulla. -maledizione a McGee- pensarono.

Abby si diresse verso la porta,appoggiò la mano sulla maniglia,e girò la chiave nella serratura.
Prima di aprire chiuse gli occhi per un secondo,riprendendo il controllo del suo cuore e del suo respiro.
Aprì gli occhi: era pronta.

-pronta a mentire a McGee-



Ziva si svegliò di soprassalto; guardandosi intorno. Per un attimo,prima di ricordarsi dov'era,si sentì completamente spaesata.
I suoi occhi distinsero nella semi oscurità della stanza due sedie,una scrivania su cui era poggiato un pc e un grosso armadio a muro. Si alzò,una coperta le scivolò di dosso.
Evidentemente si era addormenta mentre parlava con Tony,dopo la breve conversazione con Abby,e lui l'aveva coperta prima di andarsene. Era così dolce a volte.
La sua mente si snebbiò completamente,ricordandole perchè si era svegliata.
Aveva avuto una strana sensazione,una di quelle sensazioni che facendo il suo mestiere si impara ad ascoltare,sempre.
Si diresse verso la camera di Tony,attraversò il salotto senza accendere la luce,andando a sbattere contro l'angolo del camino.Entrò nella stanza.
Tony stava dormendo un sonno agitato,mormorando nel sonno le parole "pivello" e "scappellotto". Si sedette sul bordo del letto,scuotendolo leggermente,non ottenne nessun effetto.
Lo osservò. Come lei si era addormentato completamente vestito,a parte la felpa,che aveva gettato su una sedia in un angolo della stanza,il suo petto si alzava e abbassava ritmicamente,a tempo con il suo respiro. Era così innocente nel sonno

-andiamo! Anthony DiNozzo non è mai innocente!-

Sentì un lievissimo rumore metallico: qualcosa che grattava sulla serratura della porta d'ingresso. Fu un istante.
Si ricordò della moto,dei due uomini eccessivamente coperti,del rigonfiamento che aveva notato sotto il giaccone di uno dei due. Non c'era tempo da perdere.
Mise una mano sulla bocca di Tony,e gli sferrò un colpo sullo stomaco,doloroso quanto bastasse a farlo svegliare. Lui sussultò,aprendo gli occhi.
Cercò di parlare,ma una mano gli premeva la bocca.
Incrociò gli occhi di Ziva,seduta sul letto di fianco a lui,e le lanciò uno sguardo carico di sott'intesi.
Lei lo gelò con lo sguardo,facendogli cenno di ascoltare. Annuì,portandosi la mano al fianco. -ecco cos'era che gli dava tanto fastidio,mentre dormiva,la pistola-
Entrarono nell'appartamento,richiudendosi la porta alle spalle.
Stava finendo di avvitare il silenziatore sulla sua pistola,quando il suo compagno gli indicò con un gesto della mano una porta oltre il salotto. A lui sarebbe toccata la ragazza.
Si chiese perchè il capo la volesse eliminare; in fondo l'aveva già incastrata peer il tentato omicidio di Gibbs,a cosa serviva ucciderla?
Vide il suo compagno dirigersi verso un'altra porta dell'appartamento -ma la stanza dell'altro non è dall'altra parte?- pensò. Visualizzò per un istante la piantina di quella casa,che il capo gli aveva fornito.
-sempre il solito...sarà anche bravo ad uccidere,ma confonde sempre destra e sinistra,da quella parte c'è la cucina!- si stava voltando per avvertire il compagno dell'errore,quando sentì un profumo alle mandorle che gli impregnava il naso,mentre lunghi capelli ricci gli sfioravano il collo.
Non ebbe neanche il tempo di pensare

-mentre Ziva lo prendeva alle spalle-.

L'ultimo suono che udì fu un rumore sordo

-mentre lei gli spezzava il collo-

Tony era immerso nell'ombra della cucina; l'uomo avrebbe dovuto dargli le spalle per recarsi nella sua camera da letto

-perchè veniva verso di lui?-

Si spostò lungo il tavolo in marmo,dirigendosi dove non arrivava la luce esterna. L'uomo si stava avvicinando in fretta; udì uno scatto metallico: il killer aveva tolto la sicura dell'arma.
Tony passò di fianco al frigorifero,era il punto più buio della stanza. Qualcosa gli s'impiglio nella maglia.
-Craccck- un soprammobile si infranse sul pavimento,provocando un rumore assordante.
-Maledizione! Ecco perchè non voglio soprammobili- pensò abbassandosi.
-Eccolo!- l'uomo sorrise sadico,premendo ripetutamente il grilletto.
-Tony!- il suo era un grido senza voce.
Era china sulla sua vittima,l'altro killer le dava le spalle. Non sentì gli scoppi degli spari,ne vide solo i lampi. Una lacrima le rigò il volto.
Sentì i proiettili conficcarsi nel metallo,pochi centimetri al di sopra della sua testa. Un rivolo di latte iniziò a scorrergli sul volto.
Aveva fatto appena in tempo ad aprire lo sportello del frigorifero per ripararsi. Aveva sempre odiato quel frigorifero,così grande ed ingombrante. Ora gli doveva la vita.
L'uomo smise di sparare.
Rotolò fuori dal suo nascondiglio,scivolando sotto il tavolo,prendendo la mira.L'uomo cadde in ginocchio.
Due occhi pieni di stupore lo fissarono per un istante. Tony ne osservò il viso,capì che non avrebbe avuto bisogno di sparargli

-non serviva più-

Un rivolo di sangue colò dalla fronte del killer,rigandogli il volto; una pallottola gli aveva attraversato il cranio.
"Tony!" Ziva arrivò di corsa,urlando il suo nome,sdrucciolando sul pavimento lucidissimo,chiazzato da piccole gocce scarlatte.
Gli tese una mano,aiutandolo ad alzarsi. "Ehi,ce la faccio da solo..." disse lui,ma lei non lo lasciò. -aveva un'espressione strana in viso-
Istintivamente le cinse la vita con le braccia,attirandola a se. Sentiva il suo cuore battere,un battito regolare -è abituata ad uccidere- ma sentì anche qualcos'altro...qualcosa che lo lasciò senza parole.
In quell'abbraccio,nella cucina immersa nell'oscurità rischiarata solo dalla luce di un frigorifero aperto,le loro guance si erano toccate. Ziva stava...piangendo
Non piangeva perchè aveva ucciso due uomini

-aveva fatto di peggio-

non piangeva perchè avevano tentato di ucciderla

-ci erano andati molto più vicini di così,nel farlo-

Ziva David piangeva perchè per un momento aveva rischiato di perderlo

-aveva perso Tali...aveva dovuto uccidere Ari...
non poteva perdere anche lui!-

Sentì Ziva muoversi tra le sue braccia,sciolse l'abbraccio,stupito che lei non l'avesse minacciato di morte,per un gesto del genere.
Aveva smesso di piangere.
I suoi occhi castani fissarono il frigorifero,dove dieci fori di proiettile creavano uno strano decoro sullo sportello "Gli devi proprio la vita...E poi dicono che troppe comodità uccidono" commentò scherzosamente; era tornata la Ziva di sempre,notò Tony sorridendo.
"Eh già...e pensare che quell'aggeggio l'ho sempre detestato" rispose lui,scoppiando a ridere.
Uscirono dall'appartamento dopo aver avvertito la polizia della sparatoria,e aver rimosso l'hard disk del computer.
Scavalcò il cadavere dell'uomo ucciso da Ziva; il collo era girato con un angolo innaturale,ma si distinguevano comunque i lineamenti del viso. Quel viso l'aveva già visto da qualche parte,ma non ricordava dove.
Ziva lo chiamò dalla soglia,stavano perdendo tempo prezioso. Obbedì alla ragazza,raggiungendo il pianerottolo.
Accostò la porta,e si voltò per dirigersi verso le scale; non si era accorto di essere così vicino a lei. Si fissarono per un attimo.
"Tony...grazie per prima...per quell'abbraccio" mormorò lei,prima di imboccare a passo veloce le scale.

McGee entrò nell'appartamento di Abby,ma si immobilizzò quasi subito sulla soglia. La ragazza indossava una maglia lunga fino al ginocchio,che le faceva da pigiama.
Il computer era acceso,e la tastiera gettata di lato,come se si fosse disconnessa in fretta e furia da qualche applicazione pochi istanti prima di venire ad aprirgli.Arrossì.
Non aveva considerato che a quell'ora,magari avrebbe disturbato -stupido!- si rimproverò mentalmente.
"Ti ho disturbata?" si decise a chiederle. Abby lo fissò per un istante con il suo classico sguardo da rimprovero,prima di indicargli il divano.
"No...accomodati pure" rispose.
Il volto di McGee si illuminò. "Meno male...ti devo parlare" esordì sedendosi.
Abby si accoccolò sulla poltrona di fronte a lui,le gambe nude raccolte sotto il corpo,la maglia che le avvolgeva anche le ginocchia. McGee si sedette,diventando improvvisamente rosso.
"Che c'è,Tim?" gli chiese subito lei "Oh,niente,non ti preoccupare" rispose lui,sistemandosi meglio sul cuscino del suo divano.
-possibile che Abby lasci le sue collane dappertutto?- si chiese,mentre cercava di sistemarsi in modo tale da non sentire gli spuntoni di uno dei collari di Abby che gli premevano sulla coscia.
Iniziò a raccontarle di quello che gli aveva comunicato il direttore su Ziva.


bene...spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento! comunque sia...spero mi lascerete un commentino ;)
Ok,vi auguro buone feste,buon natale,felice capodanno e felicissimo anno nuovo!
a risentirci al 7 gennaio...con nuove storie e nuove avventure ;) ciao!

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


Salve a tutti! rieccomi qui,con un altro capitolo...! sperando che sia all'altezza del precedente ;D come al solito ringrazio tutti i miei lettori e recensori,e in più vi auguro buon anno! (anche se un po' in ritardo... ;) buona letura!


Era nella polizia milanese da quarant'anni,ma quello che aveva visto quella mattina l'aveva lasciato senza parole. Era la prima volta che qualcuno scompariva dopo aver ucciso due persone per legittima difesa. Certo che ce n'era di gente strana al mondo.
Le impronte digitali rilevate in quella casa,in tutto quattro serie,stavano venendo confrontate con quelle negli archivi; era una procedura lenta,che ti teneva ore incollato ad uno stupido schermo ad osservare un sacco di volti,linee e punti di comparazione. Una noia,insomma.
Buttò il giornale sulla scrivania,stiracchiandosi con aria assonnata; guardò l'orologio: erano già le quattro di pomeriggio.
Si alzò lentamente dalla sedia,la camicia si tirò sul ventre,non più in forma come una volta. Ogni mattina,guardandosi allo specchio si diceva che avrebbe ripreso ad andare in palestra,ma non lo aveva ancora fatto; in fondo aveva cinquantacinque anni,era prossimo alla pensione e si sentiva in pace con se stesso,perchè fare fatica inutilmente?
Si diresse verso la macchinetta del caffè,quando dal computer provenne il classico,sonoro "bip"; aveva terminato le sue ricerche.
Si risedette,facendo fare mezzo giro alla sedia girevole prima di leggere i risultati sullo schermo.
Per i due trovati morti non c'era nessun riscontro,mentre per le altre due serie di impronte aveva dei risultati: un cittadino italo-americano e un'israeliana. Sorrise,forse quel caso tanto insolito avrebbe visto in fretta una conclusione; almeno i giornali avrebbero smesso di fare insinuazioni sull'efficenza della polizia.
Mosse il cursore,cliccando sul primo dei due file,quello dell'uomo: una scrittina rossa iniziò a pulsare sullo schermo.
"Dannazione" mormorò,prendendo gli occhiali e infilandoseli "scrivono sempre più piccolo,su stè dannate macchine"
Lesse,e quello che vide non gli piacque affatto: accesso negato. Subito sotto,scritto in caratteri ancora più piccoli,c'era un altro avvertimento. Strizzò gli occhi: file riservato N.C.I.S.
Era la prima volta che vedeva quell'acronimo. Alzò le spalle,ci avrebbe pensato dopo. Mosse di nuovo il cursore,selezionando il file della ragazza.
"Cosa?! Ancora?!" esclamò contrariato,leggendo l'avviso comparso sullo schermo invece della scheda della ragazza. Questa volta,però,non compariva l'acronimo di prima,ma un nome: Mossad.
-E che roba è?- pensò tra se; non l'aveva mai sentito.
"Rossi!" chiamò; subito un giovane sui trent'anni comparve sulla porta del suo ufficio; alto,magro,viso un po' allungato e sguardo intelligente. L'uomo gli fece cenno di avvicinarsi,indicandogli i due nomi sullo schermo del pc "Sai cosa significhino,Rossi?"
L'agente scostò un ciuffo di capelli rossi dagli occhi,e lesse.
Scosse la testa "No,ispettore,ma se vuole posso scoprirlo"
L'uomo annuì in silenzio,lasciandogli il posto davanti allo schermo. L'agente si sedette,digitando veloce sulla tastiera,pochi minuti dopo iniziò a leggere:
"N.C.I.S. è l'acronimo dell'unità anti-crimine della marina americana,è un'agenzia federale; mentre il Mossad è il servizio segreto israeliano. Come mai le interessano?"
L'uomo dietro di lui allungò una mano sulla tastiera,premendo un tasto per far tornare il pc sulla schermata iniziale. L'agente guardò la schermata: "é un bel problema,ispettore" disse.
"Già,lo credo anch'io...andrò a parlare con il commissario,per vedere cosa..."
Non finì la frase,il rosso saltò sulla sedia dalla sorpresa,leggendo un nuovo messaggio comparso sullo schermo,e lo fermò prima ancora che potesse terminare la sua frase.
"Capo! Qui dicono di mettersi immediatamente in contatto con l' F.B.I. se si hanno notizie di questi due individui! allegato c'è anche un numero di telefono..." lo scrisse su un foglietto,che passò al suo superiore. Lo prese.
"Vorrà dire che chiameremo..." commentò,con aria seccata,alzando il ricevitore.

Una macchina monitorava il suo battito cardiaco,il suo "bip" ritmico era accompagnato dai tonfi cadenzati di un'altra macchina: quella che permetteva all'agente speciale Leroy Jethro Gibbs di respirare.
Una sacca per flebo era sistemata alla destra del letto,dove era in coma da quasi una settimana.

-il suo terzo coma-

La porta della stanza si aprì lentamente.
McGee vide riflessa nel vetro della finestra l'immagine del direttore; ormai era un rito,per loro: tutti i giorni alla stessa ora si incontravano -o riunivano?- nella stanza di Gibbs. Lui,Jenny e Veronica.
La ragazza era accoccolata sulla poltroncina sistemata vicino al letto,ma si alzò immediatamente,quando vide comparire il direttore. La guardarono solo per un istante,sapevano fin troppo bene che non sopportava che si analizzassero i suoi sentimenti.
Gli occhi erano più scuri e duri del normale,nascondevano un'immensa tristezza. Entrambi sapevano che il direttore era molto legata a Gibbs; anche se non avevano mai scoperto i veri motivi di questo loro legame.
Uscirono dalla stanza,lasciandola sola con lui,come sempre.
Veronica osservò di sottecchi McGee; in lui riscontrò i sentimenti di tutti gli altri. Rabbia,impotenza,dolore...soprattutto dolore.
Per lei Gibbs era il "capo",l'uomo che le aveva insegnato tutto quello che sapeva,l'uomo che...
Un pensiero,un'idea la colpì con la forza di un pugno,lasciandola senza fiato; per qualche istante tutto quello che la circondava scomparve,lasciandola da sola: da sola nel dolore che provavano gli altri. Ora capiva cosa provassero McGee,Abby e Ducky...ora capiva veramente il perchè di tutto quel dolore,di tutta quella rabbia.
Gibbs era qualcosa che si avvicinava incredibilmente alla figura di un padre; severo e inflessibile,certo,ma pur sempre un padre.
E se per lei,che lo conosceva da soli sei mesi aveva già assunto quel significato,per chi lo conosceva da più tempo...

-è come perdere uno della famiglia-

si era lasciato sfuggire un giorno McGee; ora capiva cosa voleva dire.
Jenny prese la mano di Gibbs tra le sue: al suo risveglio si sarebbe ricordato dov'era? si sarebbe ricordato della morte della moglie e della figlia? si sarebbe ricordato di lei?
Erano queste le domande che l'assillavano,insieme alla più fastidiosa e spiacevole di tutte: si sarebbe risvegliato anche quella volta?
Ricordava perfettamente che la volta precedente l'uomo aveva impiegato molto tempo ad uscire dal coma,e che se non fosse stato per Ziva,probabilmente,non avrebbe mai riacquistato la memoria.

-già,Ziva-

Rivide con gli occhi della mente quel viso mediterraneo,gli occhi scuri ed espressivi,i capelli neri e ricci,quel sorriso indecifrabile che aleggiava sempre sulle sue labbra. C'entrava davvero qualcosa?
Sarebbe rimasta ore a fissare il volto di Gibbs,ad osservare il suo petto che si alzava ed abbassava al ritmo della respirazione artificiale,ad aspettare che si risvegliasse,e che la fissasse con i suoi occhi azzurro cielo; ma non era possibile.
Il suo cellulare iniziò a vibrare: lo ignorò,ma quello non smetteva di vibrare nella tasca dei suoi pantaloni; iniziava ad essere fastidioso.
"Pronto!" disse,il tono non era troppo promettente.
Dall'altra parte ci fu una breve pausa; il suo interlocutore deglutì,prendendo un profondo respiro.
Jenny sorrise "Scusa Abby...dimmi pure"
"Direttore! come faceva a sapere che ero io?" chiese stupita; il numero era quello dell'agenzia,non il suo.
"Bhe,Abby...il tuo modo di fare è unico" rispose lei divertita. La ragazza decise che quello appena ricevuto era un complimento.
"Allora...qualcuno ha cercato di visualizzare i file di Tony e Ziva" iniziò lei,tutta eccitata; era evidente che non era per quello che l'aveva chiamata.
"E allora,Abby?" chiese Jenny con un tono di voce che ricordava incredibilmente Gibbs.
"Allora,presa da curiosità,ho provato a vedere chi aveva cercato di ottenere l'accesso...devo dire che il sistema di sicurezza della polizia italiana fa schifo..." buttò lì. Il direttore cambiò espressione.
"Cosa c'entra la polizia italiana,Abby?" chiese,a metà tra il divertito e il preoccupato.
"Bhe,sono loro che hanno cercato i file...e ho scoperto anche un altro paio di cosette molto interessanti. Direttore...si regga forte."
Dieci minuti dopo McGee si stava dirigendo a tutta velocità,per quanto lo permettesse il traffico dell'ora di punta, verso gli uffici dell'F.B.I.
Non aveva mai visto il direttore così arrabbiata,non sapeva cosa fosse successo,ma era quasi certo che c'entrasse l'agente Sax,e che questa volta non se la sarebbe cavata.
Lui e Veronica si scambiarono un'occhiata attraverso lo specchietto retrovisore: non si preannunciava nulla di buono.


bene...eccoci alla fine,sperando vi sia piaciuto! aspetto i vostri commenti! a presto!

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


Ciao a tutti! ecco qui un nuovo capitoletto. è un po' una congiunzione,serve per un passaggio abbastanza importante della storia e per maltrattare un po' i personaggi che mi piacciono di meno ;) buona lettura!!
p.s. ovviamente ringrazio tutti i miei lettori e anche i recensori...come farei senza di voi? XP


Un uomo alto,magro e dai capelli rossi si avvicinò ad una coppia di turisti,ad una fermata della metropolitana milanese; quella che portava alla stazione centrale.
Arrivò alle spalle della donna,dai suoi capelli neri proveniva un profumo dolcissimo di mandorle; estrasse la pistola,prima di percorrere il pochi passi che lo separavano dai due.
Svoltarono in un corridoio di uscita deserto: era una fermata frequentata solo dai pendolari,e alle cinque di pomeriggio non c'era quasi nessuno. Le telecamere erano solamente sulla banchina d'arrivo,nessuno si sarebbe accorto della sua azione -o della loro-
Era convinto che il più pericoloso fosse l'uomo,quindi fu lui che fermò,puntandogli contro l'arma.
Non fece neanche in tempo a respirare,figurarsi a parlare,o gridare. Una presa di ferro gli avvolse il collo,privandolo dell'ossigeno. Si accasciò a terra.
"Ziva,non l'hai ucciso,vero?" chiese Tony. Sapeva benissimo che se lei avesse mantenuto la pressione sul collo dell'uomo anche solo per pochi secondi più del necessario lo avrebbe fatto.
"Certo che no!" esclamò lei,fingendosi offesa. "So perfettamente quello che faccio,dovresti saperlo,no?"
Tony sorrise. "Proprio perchè lo so,te lo chiedo" rispose scherzando.
Ziva gettò sull'uomo la pistola che impugnava poco prima. Aveva tolto il caricatore "così non rischierà di farsi male" commentò ironica,mentre il proiettile che fino a poco prima era stato nella canna dell'arma tintinnava sinistro sul pavimento. Tony si abbassò,prendendo un foglio che spuntava dalla tasca della giacca dell'uomo.
"è un avviso di ricerca dell' F.B.I." disse leggendo. Lo girò,mostrandoglielo. "Le foto sono orribili...io sono molto più carino". Lei alzò gli occhi al cielo,prendendo il foglio.
"è firmato da Sax" osservò.
"Già...che ordina di catturarci; o meglio,ucciderci...credo che il direttore non apprezzerà" le rispose lui,guidandola all'esterno,e poi verso la biglietteria della stazione.
Ziva appallottolò il foglio,lanciandolo nel cestino più vicino. "Canestro!" esclamò.

L'agente Sax tornò al suo ufficio; reggendo una tazza di caffè fumante. Chiuse la porta. Alla sua scrivania era seduto un estraneo,che stava trafficando sul suo computer: era McGee.
Dall'angolo della stanza emerse il direttore dell' N.C.I.S.; si sedette sulla scrivania accavallando le gambe e fissandolo con aria truce.
"A che punto sei,McGee?" chiese con voce distaccata.
"Ho quasi fatto,direttore. Ecco,ci siamo" le rispose sorridente.
Era mancato dal suo ufficio per nemmeno cinque minuti,e quel "pivello" come lo chiamavano,aveva distrutto tutte le sue difese informatiche. Sax era senza parole; non sapeva cosa aspettarsi.
Jenny fissò un punto alle spalle dell'uomo. "Agente Sedgston,le dispiace far accomodare l'agente Sax?" chiese. Veronica si staccò dalla libreria a cui era rimasta appoggiata,arrivandogli alle spalle. La mano della ragazza gli scorse lungo il fianco,arrivando alla pistola che Sax portava sotto la giacca,all'altezza della cintura,togliendogliela.
Sentì la mano della ragazza posarsi sulla sua spalla; lo spingeva a sedersi su una sedia posta di fronte alla sua scrivania,il sole che entrava dalla finestra lo avrebbe colpito in pieno volto.
Cercò di ribellarsi,cercò di scrollarsi di dosso quella mano; le sottili dita di lei esercitarono una lieve pressione sui nervi della sua spalla. Si sedette con un gemito di dolore.
Tentò di fissare la donna dai capelli rossi,seduta sulla sua scrivania,ma dovette rinunciare; la vista annebbiata dalla luce che entrava dalla finestra posta davanti a lui.
Sentì le mani di Veronica sulle sue spalle; una nuova fitta di dolore gliele percorse,perdendosi lungo la schiena. -Cosa era andato storto? Cosa gli era sfuggito di mano? Cosa l'aveva messo in quella situazione?- La voce di McGee lo riscosse dai suoi pensieri.
"è proprio come ci avevano detto,direttore. C'è un avviso di uccisione per Ziva e Tony"
Il direttore si fece scura in volto; i suoi occhi brillarono di una strana luce. "Se non erro non erano questo gli ordini che le avevo dato" chiese all'uomo seduto davanti a lei. La voce dura nascondeva a fatica la rabbia,chiaramente visibile nei suoi occhi.
Sax cercò di giustificarsi,ma non poté concludere la frase,uno schiaffo lo colpì in pieno volto.
"Sedgston,per favore,vada a chiamare Fornell" disse. La ragazza annuì in silenzio,un sorriso le attraversava il volto. Sapeva che l'agente Sax,quella volta,stava rischiando veramente grosso.
"Ci sono state risposte alla segnalazione,McGee?"
"Si direttore,una" rispose lui,continuando a battere sulla tastiera. "Dalla polizia italiana" aggiunse.
"Molto bene...puoi rintracciare chi l'ha fatta?" gli chiese.
"Si,un momento..." si passò la lingua sulle labbra; digitando velocemente alcuni codici,le dita danzavano sulla tastiera.
"Ispettore Demarchi; questura di Milano" disse dopo qualche minuto,in tono trionfante. Il direttore annuì in silenzio,prendendo nota del numero di telefono apparso sullo schermo.
"Preghi che non sia troppo tardi,Sax" gli occhi squadrarono l'uomo con uno sguardo freddo,indecifrabile.
Scivolò giù dalla scrivania,prendendo il telefono e digitando un numero.
"L'ispettore Demarchi?" chiese poco dopo in un perfetto italiano.
Evidentemente aveva risposto proprio l'ispettore; iniziò una lunga conversazione in italiano,che ne McGee ne Sax capirono. Jenny aveva appena riattaccato il ricevitore,quando entrarono Veronica e Fornell. Veronica l'aveva già messo al corrente di tutto,e lui stava già cercando un modo per salvare la situazione. Purtroppo quella volta non ci sarebbe stato Gibbs a dargli una mano.

"Dai,Ziva...muoviti!"
Stavano correndo lungo la banchina della stazione centrale di Milano. Binario 13.
L'orologio della stazione segnava le cinque di pomeriggio; avevano ancora cinque minuti per prendere il treno per Genova,non capiva tutta quella fretta.
Salirono sul treno,che partì poco dopo. Si mossero barcollando per lo stretto corridoio,cercando il loro scompartimento. Era estremamente scomodo camminare in quello spazio stretto e traballante,ingombro di valigie e persone.
Perse l'equilibrio,inciampando in una sacca da viaggio abbandonata in malo modo nel corridoio; ma non cadde. Tony l'afferrò per la vita,sostenendola. Era la seconda volta che si trovava tra le sue braccia nel giro di poche ore. Sentì il suo corpo contro la sua schiena,le arrivò alle narici il suo profumo.
Tony avvertì i lunghi capelli di lei accarezzargli il viso; il suo dolce profumo impregnargli la camicia. Si aspettava una qualche reazione da parte della ragazza. Quando lei ritrovò l'equilibrio si girò verso di lui.
Per un attimo i loro sguardi si incontrarono; il volto di Ziva si fece sempre più vicino al suo,sentiva quasi il suo respiro sulle sue labbra.
Lei gli appoggiò il mento sulla spalla,leggendo la targhetta affissa sulla porta di uno degli scompartimenti.
"Scompartimento 6; è il nostro" disse,allontanandosi da lui e aprendo la porta.
Tony rimase per un attimo immobile. -aveva davvero creduto che Ziva volesse baciarlo?-
Guardò fuori dal finestrino,osservando il paesaggio che sfrecciava rapido verso la coda del treno. I suoi occhi si soffermarono sull'immagine di Tony riflessa nel vetro; stava dormendo.
Quando si era avvicinata a lui,pochi minuti prima,aveva provato una strana sensazione; una sensazione che aveva quasi dimenticato. -Non poteva essere Tony a farla innamorare-
Passò il viaggio immersa nei suoi pensieri,ricordando la paura di perderlo,il suo abbraccio dopo la sparatoria,il suo modo di sorriderle...
Tony era immerso in un sonno agitato; la mente riviveva ancora i momenti della notte prima,il volto dell'uomo che aveva osservato prima di andarsene continuava a comparirgli davanti,sorridente.
Sapeva di averlo già visto; aveva già visto quegli occhi neri,quei lineamenti latino-americani,ma dove?
Sognò porte,volti,fotografie e pistole. La sua mente era decisamente sovraffollata,rifletté in un momento di lucidità.
Improvvisamente una nuova immagine si fece strada nella sua mente. Il viso del killer divenne una fotografia sbiadita,appoggiata su altri fogli,in una cartellina beige; la vide chiudersi lentamente,come se l'azione si svolgesse al rallentatore. Osservò per un attimo il logo stampato sulla cartellina beige; un attimo che gli permise di capire.
"Dobbiamo parlare con Gibbs!" esclamò improvvisamente sveglio.
Ziva sussultò,non si aspettava quell'improvvisa vitalità.
"Si,lo so" replicò "è per questo che stiamo tornando in America,no?" chiese in tono scettico.
Lui annuì in silenzio,tornando a chiudere gli occhi.
Un'immagine stampata con inchiostro nero,su fondo beige,apparve per un attimo nella sua mente. Un'aquila governativa sovrastava un piccolo acronimo che lui conosceva molto bene: N.I.S.


Allora,spero che il capitoletto vi sia piaciuto! Aspetto i vostri commenti!
p.s. nell'ultima riga non mi sono dimenticato la -C-,come qualcuno potrebbe pensare...N.I.S. vi ricorda niente?? A presto!! XD

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Capitolo 9
*** capitolo 8 ***


Salve a tutti!! chiedo scusa per il leggero ritardo! speravate fossi scomparso,eh? XD Vabbè,scherzi a parte; in questo capitolo accadono un po' di cose interessanti...buona lettura!


"Sai Tony,devo ammettere che hai avuto un'ottima idea" disse Ziva,facendolo quasi arrossire " Arrivare in nave è molto meglio che con l'aereo,non ci hanno neanche fermato..."
Tony sorrise sornione; adorava ricevere complimenti,soprattutto se venivano da Ziva. "Si,si..lo so. Ma il merito è anche di Abby; ha fatto un ottimo lavoro" sbuffò lui,come se fosse la cosa più naturale del mondo.
La dark,al loro arrivo,si era inserita nel sistema della polizia portuale,mandandolo letteralmente in tilt. E senza telecamere e computer,Tony e Ziva non avevano avuto problemi a passare i controlli.
"Allora,da quale film hai preso l'idea?" chiese l'israeliana pungente,guadagnandosi un'occhiataccia.
"Da nessun film...devi sapere,cara Ziva,che..."
"Ecco,siamo arrivati!" esclamò lei,inchiodando di colpo nel parcheggio semi deserto di un ospedale. Tony fu sbalzato in avanti,e la cintura di sicurezza gli mozzò il respiro.
"Ziva..." disse lui in tono dolce,cercando di riprendere fiato
"Si?" fece lei,incuriosita,avvicinandosi un po' di più al suo viso.
"Ricordami di non farti più guidare...mai più!" soffiò lui,con un filo di voce.
Ziva rise,sbattendogli in faccia la portiera.
"Tutta invidia,la tua!" lo provocò.
Lui le corse dietro "Invidia?! Ma andiamo..."
Non riuscì a finire la frase. Lei si era girata di colpo,stufa di quelle frecciatine,e lui le era finito praticamente addosso. Per un attimo i loro volti si sfiorarono. Lei divenne rossa.
Tony,per la seconda volta in pochissimo tempo,si sentì mancare il fiato. Qualcosa di duro l'aveva raggiunto allo stomaco.
"Scemo" sibilò Ziva allontanandosi.
Lui rimase per un attimo immobile,cercando d'incassare con decoro il pugno che lei gli aveva sferrato. Fu tutto inutile.
"Allora,ti muovi?" lo richiamo lei,affacciandosi dall'ingresso posteriore dell'ospedale,lasciato aperto apposta per loro. -Sia benedetta Abby- si ritrovò a pensare.
Ziva lo osservò avvicinarsi,mentre si massaggiava lo stomaco.
Non avrebbe voluto reagire a quel modo,ma...era stato tutto troppo veloce,troppo improvviso. Aveva agito d'istinto,e il suo era un istinto da spia,la sicurezza prima di tutto; e in quel momento,quasi labbra contro labbra con Tony,si era sentita maledettamente insicura.
"Oh,andiamo...ti stai ancora pentendo per prima?" chiese lui raggiungendola "Se vuoi posso darti una seconda chance" sorrise lui,avvicinandosi di più al volto della ragazza.
Lei sorrise,con quel suo sorrisetto che significava solo guai.
Si spostò appena in tempo per evitare la porta che lei aveva cercato di sbattergli in faccia.
"Stavo solo scherzando" protestò,sperando che lei non mettesse mano alla pistola. Ziva fece un distratto cenno con la mano,seguito da uno sbuffo. Lo interpretò come un perdono,e la seguì lungo il corridoio.
Arrivarono al terzo piano. Svoltarono l'angolo,cercando la stanza numero 300,quella di Gibbs. Ziva si bloccò di colpo,mentre stava svoltando l'angolo. Tony si fermò appena in tempo; era certo che se le fosse andato addosso un'altra volta la ragazza lo avrebbe ucciso.
"Che ti prende?" soffiò lui al suo orecchio.
"C'è un uomo di guardia!" esclamò lei. "E ora che facciamo?"
"Che domande...si entra,no?" rispose lui divertito. "Sei o non sei un agente del Mossad?" Lei sbuffò,alzando gli occhi al cielo. "Perchè devo sempre essere io a fare le parti violente?" chiese divertita.
Tony si sporse oltre la sua spalla,per osservare l'agente che piantonava la stanza di Gibbs. Lunghi capelli rossi scintillavano alla luce del sole.
"Perchè lei è una donna,e io un gentiluomo" rispose sornione "Io non picchio le donne"
"No...ci finisci solo addosso,sempre e comunque" rispose lei. Certo che a volte aveva proprio la lingua tagliente.
Tony stava per ribattere,quando lei si diresse a passo spedito verso la rossa. Lui si affrettò a seguirla.
"Buongiorno...mi sa dire l'ora,per favore?" chiese cortese l'israeliana. La donna annuì,alzando il braccio per guardare l'orologio. Mossa sbagliata.
Sentì le dita della ragazza chiuderle il polso in una stretta ferrea,mentre la costringeva a girarsi,torcendole il braccio dietro la schiena,in modo molto doloroso.
Cercò di portare la mano alla pistola,ma anzichè il freddo metallo dell'arma le sue dita incontrarono qualcosa di morbido e caldo.
"Questa è meglio che la tenga io,d'accordo?" le sussurrò una voce maschile all'orecchio,facendola sussultare.
L'uomo le sfilò la pistola,e poi aprì la porta della stanza,dove fu sospinta dalla ragazza che la immobilizzava.
Appena varcata la soglia Ziva lasciò il braccio della ragazza,che cercò di reagire. L'israeliana la colpì al volto con un pugno ben assestato,e quella cadde a terra svenuta,il volto circondato da una massa disordinata di capelli rosso sangue.
"DiNozzo...David...era ora che arrivaste"
"Scusa capo" risposero loro all'unisono. "Abbiamo avuto qualche problemino con il traffico" disse DiNozzo in tono ironico.
"Ha guidato Ziva,eh?" disse Gibbs,scoppiando a ridere vedendo la faccia di Tony. Era da tanto che non rideva più.
Fissarono il loro capo. Non era tanto diverso dal solito.
Era seduto sul letto,la schiena appoggiata contro una pila di cuscini. Aveva il viso rilassato,e indossava la camicia dell'ospedale; le bianche coperte tirate fino a metà del petto.
"Capo...sappiamo che sei già pronto,non prenderci in giro" disse tranquillo Tony. Quella volta non avrebbe ricevuto uno scappellotto. Ziva rise.
Al posto dello scappellotto Tony si era preso un cuscino in faccia. Un secondo morbido cuscino di piuma colpì anche lei.
"Ma capo!" esclamò.
"Hai riso di DiNozzo" replicò lui,scendendo dal letto. Era già completamente vestito. Era il solito,vecchio Gibbs.
Ebbe un attimo di esitazione,e si appoggiò per un secondo al polmone artificiale,che ora riposava inutilizzato in un angolo della stanza. Doveva la vita a quella macchina.
"Possiamo andare" disse,dirigendosi verso di loro.
"Aia capo! Ma cosa...?" protestarono all'unisono Tony e Ziva,raggiunti da uno scappellotto.
"I cuscini di questo posto sono troppo morbidi" rispose tranquillo Gibbs. Sorrisero.
"Ei,capo,non devi firmare per..." la voce di Tony si spense,soffocata da un'occhiata gelida dell'uomo.
"Ha già fatto tutto Abby ieri...vi devo forse ricordare che per voi è rischioso stare qui?" ringhiò il marine.
Tony e Ziva si scambiarono un'occhiata. Aveva ragione.
Nell'ingresso passarono di fianco ad un gruppetto di tre medici,che stava entrando in ospedale. Chiacchieravano allegramente,i camici bianchi svolazzavano intorno ai loro corpi.
I tre raggiunsero l'auto,senza far troppo caso ai tre medici,che si erano fermati sulla soglia,osservandoli.
Gibbs aprì il bagagliaio,posandovi la sua borsa. Notò che c'erano anche i bagagli di Ziva e Tony. Almeno erano arrivati in ritardo per una ragione quasi buona,pensò.
"Guido io,se non ti dispiace". Tony si mise davanti alla portiera del conducente,bloccandola,impedendo a Ziva di mettersi al volante. La ragazza stava per protestare,quando le cadde lo sguardo sui tre medici che avevano incontrato poco prima.
Fu un lampo. Tony,per un folle istante,si convinse che lei lo volesse uccidere.
Estrasse rapida la pistola,puntandola contro qualcosa che si trovava alle spalle del ragazzo. Non fece in tempo a premere il grilletto.
Gibbs sentì solo la voce di Tony che gli gridava un avvertimento,poi soltanto il rimbombare dei proiettili contro la carrozzeria.
Si lasciò cadere a terra,riparato dal baule della ford noleggiata da Dinozzo. Portò la mano alla cintura,ma la ritrasse subito,scocciato. Si era dimenticato di non avere la pistola.
Tony sentì Ziva aggrapparsi a lui,tirandolo verso il basso. In un istante capì,e reagì di conseguenza. Estrasse la pistola,mentre sentiva la sua stessa voce gridare "A terra,capo!"
Poi solo rumore di spari e schegge di vetro.
Gli pneumatici dell'auto si sgonfiarono,colpiti dalle pallottole. I tre sicari continuavano a sparare,avanzando verso l'auto,i camici bianchi scossi dal vento.
Risposero al fuoco.
Due uomini caddero a terra,morti. Il terzo si riparò dietro una macchina poco distante,riprendendo a sparare. Tony sentì un brivido caldo accarezzargli la tempia. Caldo,e poi buio.
Si risvegliò due minuti dopo,la guancia arrossata da un forte ceffone ricevuto dall'israeliana.
Erano in una macchina,quella di Gibbs.
"Non ti azzardare mai più a farmi prendere uno spavento del genere,chiaro?" ruggì Ziva,gli occhi illuminati da una strana luce.
Lui annuì in silenzio,intimorito. Quante storie,in fondo la ferita alla tempia era solo un graffio.
"Tony...vero che ti sei ricordato dove avevi già visto la faccia di quel killer?" chiese Ziva,il tono della voce improvvisamente dolce.
"Certo...mi è tornato in mente sul treno" disse lui,riscuotendosi dai suoi pensieri. Passarono attimi di silenzio teso.
"Non è che me lo diresti? sono stufa di farmi sparare addosso" sbottò sarcastica l'israeliana.
"Allora DiNozzo?" rincarò Gibbs. Evidentemente il secondo tentativo di ucciderlo lo aveva parecchio infastidito.
Tony divenne serio,un'ombra gli attraversò il volto. Non sapeva che parole usare. Il capo guidava già in modo pericoloso,se non stava attento a quello che diceva,avrebbero rischiato tutti la vita.
"Bhe ecco..." esordì incerto. Gibbs lo incenerì con lo sguardo,fissandolo dallo specchietto retrovisore; Ziva gli lanciava occhiate molto eloquenti. Notò che la ragazza stava giocherellando con una graffetta. Si decise a parlare.
"Quel tipo risultava in un fascicolo dell'N.I.S. capo...uno degli ultimi..."
Ziva smise di rigirarsi la graffetta tra le dita. Credeva di aver capito dove volesse arrivare Tony,e la cosa non le piaceva. Guardò il tachimetro. Evidentemente anche Gibbs aveva intuito il seguito.
"Quel fascicolo riguardava...cioè,riguarda,un tuo caso..o meglio...il tuo caso; si insomma,quello della..."
Non pronunciò la parola famiglia; non ebbe bisogno di fare il nome della figlia di Gibbs. Una brusca accelerata gli disse che l'uomo aveva capito perfettamente quello che cercava di dire.
"Tenetevi forte" disse lui,la voce calma,gli occhi gelidi. "Si va in Messico"
Tony e Ziva si guardarono,ma non osarono replicare.


Allora...parte del mistero è svelato! spero che questo capitolo vi sia piaciuto! fatemi sapere cosa ne pensate,ok?? comunque,approfitto anche per ringraziare tutti quelli che leggono,e in modo particolare i miei affezionati recensori! grazie mille! a presto!

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Capitolo 10
*** capitolo 9 ***


Buonasera a tutti! eccomi di nuovo qui,con il nuovo capitolo! Allora,in molti mi hanno chiesto che sarebbe successo in Messico...ed ecco qui la risposta!! buona lettura!



"Direttore Shepard" rispose,la voce stanca e nervosa. Gibbs era sparito,dopo una sparatoria,e lei era bloccata in ufficio,a rispondere alle stupide telefonate di chissà quale alto personaggio di Washington che pretendeva spiegazioni.
"Salve direttore" disse una voce tranquilla. Poteva immaginarselo sogghignare,mentre la salutava.
"Jethro! Dove diavolo sei?" sbottò,saltando in piedi. La mano libera si abbatté con forza sulla scrivania.
"Stò andando in un posto tranquillo per un po'. Comunque tranquilla,sto bene." rispose lui,come se non fosse successo niente.
"Vieni qui,immediatamente! è un ordine!" gli disse lei. Era un ordine perentorio.
"Non posso direttore. Lei mi ha detto che se mi fossi presentato prima di tre settimane mi avrebbe buttato fuori a calci" le rinfacciò lui. Non poteva vederlo,ma era certa che sul suo volto ci fosse la classica espressione alla Gibbs. Quell'espressione che assumeva sempre quando decideva di disobbedire e fare di testa sua.
"Non cercare di..." si bloccò,sbattendo il ricevitore sull'apparecchio con forza. Le aveva riattaccato in faccia. Tipico di Gibbs.

Il barman osservò la ragazza entrare nel locale e avviarsi verso il tavolo occupato dal suo compagno. Si sfilò il casco,lasciando ricadere sulla schiena i morbidi capelli scuri. Il suo sguardo vagò distratto per il locale.
"Il solito,grazie" gli disse sorridendo. Lui annuì in silenzio,osservandola di sottecchi.
Era arrivata da circa due settimane,in compagnia di due uomini. Inizialmente gli spacconi del villaggio avevano provato a farsi avanti,ma da quando aveva rotto una spalla ad un corteggiatore troppo insistente nessuno osava più incrociare il suo sguardo.
"David...dove hai lasciato DiNozzo?"
"Sta arrivando,ha detto che doveva riprendersi" rispose Ziva sedendosi e appoggiando il casco nero sul tavolo. Tony arrivò barcollando,sedendosi di fianco a Ziva. Un po' troppo vicino,forse, notò Gibbs.
"Ha guidato Ziva,vero?" chiese lui,ma conosceva già la risposta.
"Si capo. E in moto è peggio che con la macchina o il furgone" rispose lui,ritrovando tutta la sua vivacità. L'israeliana lo fulminò con lo sguardo.
"Pensavo ti piacesse avere una scusa per starmi appiccicato" osservò con malizia. I muscoli di Tony si irrigidirono per un attimo. Lo aveva freddato.
Lui sfoggiò uno dei suoi sorrisi sornioni,facendo gli occhi dolci.
"Non pensavo di aver bisogno di scusa,Ziva" replicò. Come faceva ad avere sempre la risposta pronta?
Lei lo colpì sulla spalla,ma senza fargli alcun danno. Era diventata stranamente indulgente verso di lui.
Avvertirono entrambi due occhi di ghiaccio penetrarli,ricordando loro che al tavolo c'era anche Gibbs.
"Scusa capo!" esclamarono all'unisono. Lui non rispose,continuando a fissarli. Il cameriere servì a Tony e Ziva i loro drink,e tornò dietro al bancone. Erano gli unici clienti. I locali stavano facendo la siesta nelle case. Il sole era alto nel cielo,ma nel locale c'era una fitta penombra.
"Allora,l'avete trovato?" chiese Gibbs,una punta d'ansia nella voce.
Tony annuì. Ci avevano lavorato per quasi due settimane,ma alla fine erano riusciti a trovare un collegamento tra il killer ucciso da Ziva a Milano e il suo mandante.
"Si trova in un paesino a pochi chilometri da qui,capo" intervenne l'israeliana. In quelle due settimane aveva messo in pratica qualche insegnamento del Mossad. Era più facile ottenere informazioni,se non si dovevano seguire miliardi di regole su come svolgere un interrogatorio. E stranamente Tony aveva dimostrato di saper reggere perfettamente il gioco della compagna. La stupiva sempre di più.
"Dove?" la voce di Gibbs la riscosse dai suoi pensieri. Gli occhi dell'uomo brillavano di una luce strana,quasi selvaggia. Un sorriso strano,molto simile ad un ghigno gli attraversava il volto.
"Allora? Dove si nasconde il bastardo che mi vuole morto?" chiese di nuovo.
Aveva odiato quelle due settimane,passate in quella cantina scura e polverosa. Passate a sentire l'odore del legno marcio e le chiacchiere dei paesani,aspettando che Tony e Ziva scoprissero chi lo voleva morto.
Aveva passato il tempo chiuso tra quelle squallide quattro mura,aspettando. Finalmente l'attesa era finita. Stava per rifare la domanda,ma DiNozzo lo precedette.
"è un paesino a circa 20 chilometri da qui,Santo Rosario. La sua casa è un po' fuori dal paese. Ci sono guardie armate all'ingresso,e la sera anche nel giardino" disse tutto in un fiato
Gibbs sorrise soddisfatto. Magari quei due a volte erano un po' infantili,ma sapevano fare il loro lavoro.
"Bene,andiamo" disse,alzandosi e gettando sul bancone una banconota. Il barman la prese,facendo attenzione a non incrociare lo sguardo dell'uomo. Quegli occhi di ghiaccio gli facevano paura.
"Ma capo...." provarono a protestare Ziva e Tony,ma l'uomo aveva già varcato la soglia. Afferrarono i loro caschi,affrettandosi a seguirlo.
Uno scappellotto li raggiunse entrambi,non appena ebbero varcato la soglia del locale. Alzarono gli occhi,indignati,verso il loro capo,cercando una spiegazione.
"Per il vostro comportamento di prima" spiegò lui con un'alzata di spalle,dirigendosi verso la sua auto "E per tutto quello che avreste potuto aver combinato durante gli appostamenti notturni" aggiunse pungente. Vide i due ragazzi fissarsi per un attimo,e arrossire. Sospirò. Aveva un brutto presentimento per la regola numero dodici.

Stava scendendo la sera,quando uscirono dal piccolo locale che fungeva da Cantina di Santo Rosario.
"Mai visto un posto più squallido" commentò DiNozzo. Ziva sbuffò. Gibbs osservò la casa che gli era stata indicata.
L'ultimo sole stava tramontando dietro ai suoi muri,investendola di luce,facendola brillare. Era una villa ad un piano,circondata da un ampio giardino e da un'alta cancellata. Due uomini stavano ritti davanti all'ingresso,mentre si intuivano le ombre di altre persone aggirarsi per il giardino.
"Sono cinque,escluse le sentinelle appostate all'ingresso" lo informò Ziva. Lui annuì in silenzio.
"Voi passate dal giardino,io entro" disse Gibbs in un soffio. Si avviarono.
Arrivati alla cancellata Ziva fece per voltare a destra,dirigendosi verso la parte posteriore della casa.
"Ah,Ziva" la richiamò Gibbs. Lei si voltò,fissandolo con aria interrogativa. "Evitate di uccidere,se possibile" disse lui. Lei annuì.
Tony fissò i lineamenti della ragazza,incendiati dagli ultimi raggi del sole. Un sorriso gelido,e tremendamente affascinante,le attraversava il viso. Distolse lo sguardo. Si stava davvero innamorando di lei?
Seguì la ragazza sul retro della villa,dove scavalcarono la cancellata. Uno scatto metallico li fece sobbalzare.
"Alzatevi lentamente...tutti e due" Un uomo puntava una pistola contro di loro,che erano ancora accovacciati nell'erba dopo aver saltato la recinzione.
Tony si alzò lentamente,le mani alzate sopra la testa. Osservò Ziva alzarsi. La ragazza si muoveva lentamente. Troppo. Sfregò la mano contro una gamba,mentre si rialzava. Un bagliore metallico scintillò per un attimo tra le sue dita,un sorriso indecifrabile nacque sul suo volto.
"Giratevi ora! Lentamente!"
La ragazza fece una piroetta aggraziata,i capelli scuri vorticarono intorno al suo volto,una lama brillò nella fioca luce del crepuscolo.
La guardia si accasciò tra i cespugli,emettendo un rantolo soffocato,un coltello conficcato nella gola. Il suo corpo cadendo,non fece quasi rumore.

La guardia finì di legare e imbavagliare il proprio compagno. Due occhi di ghiaccio non si staccavano un attimo dalle sue mani. Non sarebbe riuscito ad opporsi a quell'uomo.
"Molto bene,voltati ora" disse Gibbs,accompagnando le parole con un gesto della pistola. Quello eseguì. La guardia si accasciò al suolo privo di sensi.
Gibbs lo legò. Si rialzò,scrollandosi la polvere dai pantaloni. Osservò per un attimo il paesaggio che lo circondava. Il suo sguardo fu attratto da una collinetta che sorgeva poco distante,intorno alla quale girava la strada.
Era sulla cima di quella collina che tanti anni prima aveva assaporato il dolce sapore della vendetta. Era da quella collina che aveva ucciso l'uomo che gli aveva rubato la famiglia. Che gli aveva tolto la felicità.
Si avviò lungo il viale in ghiaia,dirigendosi alla porta d'ingresso.
Era la seconda volta che veniva in quella parte del Messico,in quel luogo. E per due volte la sua venuta aveva un unico motivo: la vendetta.
Sperò di non doverci tornare mai più.



Ed eccoci alla fine anche di questo capitolo! Cosa succederà ora? Chi si nasconderà in quella grande villa?? presto lo saprete,prometto! XD lasciatemi un commentino,per farmi sapere se vi è piaciuto,ok?? a presto!!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Ciao a tutti! eccomi di nuovo a voi,con un nuovo capitolo! Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono e commentano! ;P buona lettura a tutti!
p.s. il cognome Sanchez non è il nome originale del personaggio di N.C.I.S. ma si capisce lo stesso di chi si parla,tranquilli ;)



Percorse in silenzio i corridoi bui della casa; gli occhi azzurri correvano attenti lungo i muri,pronti a cogliere il minimo movimento. I sensi tesi allo spasmo,attenti a cogliere il minimo segnale di pericolo. Le braccia tese,la pistola spianata davanti a lui; l'adrenalina raggiungeva come un'onda ogni fibra del suo corpo.
Si avvicinò cautamente ad una porta,dalla quale usciva una sottile lama di luce. Aveva di fronte l'unica stanza illuminata di tutta la casa. Fissò la poca luce che filtrava; nessuna ombra. Non c'era nessuno appostato dietro la porta. Prese un breve respiro,ed entrò.
La porta sbattè contro il muro alle sue spalle,ma Gibbs non ci fece caso. La vista di quell'uomo l'aveva paralizzato.
Strizzò gli occhi,il cambio improvviso di luminosità gli dava fastidio. Osservò di nuovo il volto dell'uomo che gli stava davanti. Impallidì.
Rivide,in un turbine d'immagini, il proiettile trapassare il parabrezza del furgoncino e raggiungere il volto dell'uomo. Rivisse la sua gioia selvaggia,risentì il suo urlo,riassaporò il dolce sapore della vendetta. L'uomo che aveva di fronte non poteva essere reale; lo aveva ucciso molti anni prima.
"Agente speciale Gibbs" lo salutò l'uomo,alzandosi dalla scrivania. Capelli neri,occhi scuri e maligni,corporatura robusta.
"Le ricordo forse qualcuno?" chiese ancora l'uomo,sorridendo. La sua mano si avvicinò al revolver che teneva appoggiato sulla scrivania. Gibbs gli puntò l'arma al petto,intimandogli con un gesto di allontanarsi dalla scrivania. Quello obbedì.
"Si,mi ricordi un bastardo che ho ucciso diversi anni fa,Sanchez" rispose glaciale il marine. La sorpresa era svanita. L'uomo rise.
"Il bastardo,come dici tu,era mio fratello Jetrho" rispose,ritornando serio. "Stupito?"
"Non sapevo avesse un fratello" replicò Gibbs. "Vedo che hai provato a seguire le tradizioni di famiglia".
L'uomo rise ancora. Prese una grossa busta gialla,e la rovesciò sul tavolo.
"No,io sono più raffinato. Avrei potuto uccidere loro..." e sparpagliò sul lucido legno le fotografie di tutta la sua squadra,facendo passare le dita sul volto di ognuno, mimando il gesto di sparargli un colpo in fronte. "E invece ho deciso di mirare direttamente a te" concluse tranquillo.
L'avere la pistola di Gibbs puntata contro non lo disturbava affatto; ostentava un'assoluta sicurezza.
"Ti dovrei ringraziare?"
"Per lo meno dovresti apprezzare il gesto" rispose con un sorriso. Gibbs lo squadrò con i suoi penetranti occhi azzurri,lo sguardo gelido.
"Perchè hai aspettato tutti questi anni?" si decise a chiedergli. L'altro annuì,come se si aspettasse quella domanda.
"Prima dovevo costruirmi tutto questo,marine" rispose con semplicità,indicando la casa,e alludendo evidentemente alla sua organizzazione.
"Tuttavia sono contento che tu sia arrivato fin qui,marine" proseguì beffardo "Almeno morirai sapendone il motivo" rise di nuovo. Una risata fredda,distaccata.

-il corridoio risuonò di passi affrettati-

"è stato bello chiacchierare con te...ma è ora di finirla,marine" sibilò gelido l'uomo "I miei uomini stanno arrivando"
Dalla porta si affacciarono due persone,le armi pronte a far fuoco. Gibbs non si girò neanche.
"Scusa il ritardo,capo" lo salutò allegro DiNozzo,come se lui e Ziva fossero arrivati in ritardo ad una normale giornata di lavoro. Alvaro Sanchez sbiancò. Non era quello che aveva previsto.
"A quanto pare i tuoi uomini non arriveranno" osservò pungente Gibbs.
L'uomo si sedette sconsolato sul bordo della scrivania; il busto che impediva di scorgere il revolver che si trovava a pochi centimetri dalla sua mano. Tutto accadde in un lampo.
Tony vide l'uomo protendere il braccio in avanti,ma non riuscì a reagire: successe tutto troppo in fretta.
Due spari riempirono l'aria. Tre pistole caddero a terra,producendo un tonfo sinistro. Due corpi si afflosciarono a terra.
Un attimo prima era in piedi,pochi passi dietro a Gibbs,rilassato. La pistola puntata contro Sanchez. Ed ora era li,inginocchiato a terra,il sangue che gli ricopriva le mani e parte del busto. Ed era li,nell'ombra di Gibbs che fissava il corpo esanime di Sanchez. Ed era li, con Ziva tra le sue braccia,pregando che non fosse morta.
La ragazza appoggiava la testa alla sua spalla,i riccioli neri sparsi sulla giacca di lui; il suo sangue ricopriva gli abiti di entrambi. Tony osservò il volto della ragazza sbiancare. Guardò intensamente quegli occhi scuri velati dal dolore,premendo la propria mano sulla ferita,cercando di arrestare l'emorragia. Sentì il liquido caldo ed appiccicoso diminuire,e poi cessare. Aveva smesso di sanguinare.
Prese un fazzoletto,tamponandole la spalla; il proiettile era passato molto vicino al cuore.
Ziva chiuse gli occhi,lasciandosi cullare dalle sue braccia,abbandonandosi completamente. Con lui si sentiva al sicuro.
"Come sta?" chiese preoccupato Gibbs,inginocchiandosi di fronte a loro. Si sentiva in colpa. Quel proiettile era diretto a lui,non a Ziva.
"Bene direi" mentì Tony; ma aveva bisogno di crederlo. Non voleva perderla.
L'uomo si alzò,uscendo dalla stanza. Parlò di ambulanza e polizia,ma Tony non ci fece caso. Ricordò lo schiaffo che Ziva gli aveva dato in macchina,quando era stato lui a rimanere ferito. Alzò la mano.

-ma chi voleva prendere in giro?-

Non sarebbe mai riuscito a farlo. Lo schiaffo si tramutò in dolce carezza. Le sfiorò delicatamente il viso,mentre una lacrima gli cadeva dal mento.
"Scelta saggia" sorrise Ziva,la voce ridotta ad un bisbiglio "Se mi avessi presa a schiaffi saresti morto"
Tony rabbrividì. Essere minacciati da Ziva faceva sempre un certo effetto,anche in una situazione come quella.
"Ziva..." mormorò il nome della ragazza con una dolcezza a lei sconosciuta "Non devi affaticarti a parlare" la rimproverò,posandole un dito sulle labbra. Lei scosse il viso,sorridendo debolmente.
"Non voglio parlare,Tony" replicò,passandogli una mano dietro la nuca,e tirandolo verso di se.
Aveva aspettato molto -forse troppo- per farlo. Ma finalmente si era decisa. -fosse anche l'ultima cosa che faccio-
Mentre le loro labbra s'incontravano Gibbs rientrò nella stanza,schiarendosi rumorosamente la voce. I due si separarono lentamente,imbarazzati. Sulle labbra il sapore ancora vivo dell'altro.
"L'ambulanza è arrivata" disse,leggermente imbarazzato. Subito dopo entrarono due uomini in uniforme,che sistemarono Ziva su una barella,portandola fuori. Tony sentì le dita della ragazza scorrergli tra le mani,mentre lei veniva portata via. Si scambiarono un ultimo sguardo,pieno di promesse -e di speranza-
"E con questo la regola numero dodici la salutiamo" commentò rassegnato Gibbs,una volta rimasto solo con Tony. Il ragazzo arrossì,ma non rispose. Non c'era nulla da replicare ad un'osservazione del genere.
La mano di Gibbs si posò sulla spalla di DiNozzo,con fare molto paterno.
"Se la caverà,vedrai" lo tranquillizzò. Lui annuì in silenzio.
Sapeva che Ziva se la sarebbe cavata. Era altro a preoccuparlo. Da quando le sue labbra avevano incontrato quelle dell'israeliana un solo pensiero continuava a girargli per la mente,sfinendolo.
-cosa ne sarebbe stato di quel bacio rubato? dove li avrebbe portati?-



allora...spero che vi sia piaciuto! Come avrete intuito la fic è ormai giunta (quasi) alla fine. Ormai quasi tutto è stato rivelato,manca solo da scoprire cosa succederà a Ziva XD
qualche suggerimento/ipotesi?? ;P fatemi sapere che ne pensate,ok? a presto!

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Capitolo 12
*** Domani ***


Ciao a tutti! eccomi qui,con l'ultimo capitolo della fic... sniff...la mia prima long-fic che arriva al termine,mi mancherà ;) Vabbè,spero che quest'ultimo capitolo sia all'altezza,e soprattutto che riesca a chiudere bene! XD buona lettura a tutti!
p.s. la canzone che accompagna qst ultimo capitolo è "Domani" dei Finley




Quante volte ancora troppe volte ti dovrai
svegliare e leggere i saluti che ti scrivo prima di partire?
Quanti quei momenti in cui hai bisogno della mia presenza
e cerchi dalla tua finestra la mia auto in lontananza?
Ma stasera non c’è sappi che
rivolgo ogni mio pensiero a te


Finì di scrivere,posando il foglio sul comodino.
Si era ripromessa di scrivere solo poche parole,e invece aveva riempito un foglio. Parole e lacrime.
Avrebbe pensato a lui in ogni momento,ogni giorno,ma non poteva fare diversamente. Doveva andare.

Domani ripartirò ricorda di non dimenticare
mille o più chilometri non potranno scioglierci
Domani ripartirò inutile dire che fa male
ma rende incantevole ogni istante che passo con te


Guardò fuori dalla finestra. La luna piena illuminava la notte messicana,le lenzuola sfatte,e il viso di Tony.
Ziva sorrise,asciugandosi una lacrima; quando dormiva era ancora più dolce.
In quella settimana aveva vissuto a fondo ogni istante con lui,per la prima volta,dopo tanti anni,si era sentita veramente viva.
Ma non poteva restare.

Forse a volte avrai dipinto tele senza alcun
colore spazi bianchi dove raccontare questo tuo dolore
Forse è dalle lacrime che nasce l’opera migliore
forse quei dipinti tu non me li vorrai mai mostrare


Tony si era ripromesso di non muoversi. Avrebbe fatto finta di dormire,avrebbe fatto finta di non accorgersi di nulla.
Sarebbe stato tutto molto più semplice.
L'aveva sentita trafficare per ore con quei fogli,l'aveva sentita piangere in silenzio.
Una lacrima sulla carta: esisteva forse un addio migliore di quello? No,si rispose.

Ma non chiedo il perché
sappi che rivolgo ogni mio pensiero a te
So solo che un luogo non c’è
dove tu sia assente sei costantemente
viva in me


Non voleva sapere; non le aveva mai chiesto perchè non poteva restare,in fondo conosceva la risposta.
Erano troppo diversi,troppo lontani. Il Mossad non era la polizia,o l'esercito,non si potevano dare le dimissioni.
Non importava; ovunque sarebbero andati lei sarebbe stata sempre con lui,sulle sue labbra,nella sua mente,nel suo cuore.

Domani ripartirò ricorda di non dimenticare
che mille o più chilometri non potranno scioglierci
Domani ripartirò inutile dire che fa male
ma rende incantevole ogni istante che passo con te


Ancora poche ore,e sarebbe tornata in Israele. Sarebbero stati lontani,troppo.
Si era ripromesso di non piangere. Che promessa stupida,pensò.
Lasciò che quella maledetta lacrima scorresse lungo la sua guancia. Ziva se ne accorse,e si avvicinò.
Sentì la mano di lei sfiorargli la guancia,sentì la sua pelle calda asciugare quell'unica lacrima.

Sognami che io farò lo stesso
e ci potremmo rincontrare In un mondo
di cui nessun altro sa le coordinate
ti darò la chiave lì ti aspetterò
Lì ti cercherò li ti aspetterò


Era l'unica cosa che gli fosse venuta in mente,la sera prima. La sua ultima frase,il suo ultimo pensiero.
Quei momenti,sognati per anni,finalmente diventati reali sarebbero scomparsi; c'era un unico modo per riviverli,tornare a sognare.
Da quel giorno avrebbero atteso con ansia la notte. Per fuggire,per tornare di nuovo insieme.
Chi ha detto che i sogni sono solo fantasia?

Domani ripartirò ricorda di non dimenticare
che mille o più chilometri non potranno scioglierci
Domani ripartirò inutile dire che fa male
ma rendeincantevole ogni istante che passo con te.


Lei continuò ad accarezzargli il viso,fino a quando lui non la fermò. La tirò verso di se,annusando per l'ultima volta il profumo dei suoi capelli; provando per l'ultima volta il sapore delle sue labbra.
Bacio rubato,l'ultimo come il primo,all'ombra della luna; nella penombra di una stanza sconosciuta.
Bacio bagnato da lacrime,e asciugato da promesse. Ziva si alzò piano,doveva andare. Tony si rifugiò nei sogni,dove l'avrebbe rincontrata. Si chiuse una porta,e se ne aprì un'altra.

-chi ha detto che i sogni sono solo fantasia?-






Ed eccoci alla fine...spero che anche quest'ultimo capitolo vi sia piaciuto! XD
E ora,un po' di ringraziamenti. Ovviamente ringrazio tutti quelli che hanno letto,e che mi hanno seguito fin qui! In particolar modo i miei recensori,che hanno lasciato una traccia del loro passaggio,e spesso anche consigli molto utili ;) Quindi,un grazie a : Elisa93, Lights, Thia, Margareth, Kiride, Frank£, chiara, piperita, the bride, piccoligiganti, samiak, joey_ms_86, katyjolinar e comendonerob...ok...ci dovreste essere tutti (spero ;) alla prossima,e ancora grazie! ^^

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