Heartless

di HeliaComeilvento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Ci chiediamo sempre se certe storie possano essere "le nostre" storie.
Se il ragazzo che ci sorride per caso per strada, possa essere "il nostro" vero amore.
Se esiste un vero amore e se bisogna cercarlo.
Ci chiediamo quanto tempo dobbiamo impiegare a rispondere ad un messaggio e dopo quanto tempo, invece, dobbiamo smetterla di aspettarlo. 
Ci chiediamo se siamo noi sbagliate per l'amore o è l'amore che si tiene a distanza debita.
In realtà, non è così.
Non per tutti, insomma.
Ci sono storie che sembrano appena uscite da un libro e altre che non usciranno mai neanche fuori dalla propria cameretta.
Ci sono storie che ti cambieranno la vita e quelle che invece la vita te l'hanno già cambiata, ma nessuno se n'è accorto. 
Ci sono storie come la mia.
E forse come la tua.
 
 
 
 
Accendo la luce.
I miei capelli sono arruffati e rossi. 
Rossi come i papaveri che mi piace guardare d'estate,rossi come il sangue, come l'amore, come la vita.
Sorrido e mi siedo sul letto.
Sulla lampada colorata c'è un biglietto, ma so già cosa c'è scritto, in realtà lo immagino. 
Vivo con mia madre da quando mio padre è morto. 
Leucemia.
Se l'è portato via come un fulmine e non me l'ha più restituito;
mio padre era l'uomo perfetto,un padre perfetto, un amico perfetto, l'amore perfetto.
Aveva i capelli rossi come me e gli occhi neri e mi manca da morire.
Perdere qualcuno di veramente importante, ti fa sentire fragile come una foglia e piccola come una piuma.
E mi mancano le sue battute e la sua voce, mi manca vederlo in canottiera, disteso sul divano, stanco ma felice.
Mi manca vederlo cucinare e giocare con lui in giardino.
E le chiacchiere la sera tardi davanti la televisione e i baci della buonanotte che mi facevano sentire bambina.
Persino i suoi rimproveri e gli orari imposti. 
Di lui mi manca tutto, ma cerco di non pensarci, perché sennò comincio a piangere e se piango, giuro, è la fine.
Lui e mia madre si sono separati quando io avevo nove anni e sono andata a vivere con mio padre, fino a sedici anni.
Adesso ne ho diciotto. 
Mia madre è uscita con Thom e chissà quando torneranno. 
Sempre se torneranno.
Magari decidono di restarsene lì, chissà dove, forse in Cambogia o in Australia o da qualche parte nel mondo. 
Sarebbe bello non dover pensare più a nessuno, se non a me stessa.
Okay, forse continuerei a pensare a qualcuno.
A Clarisse, a mio padre e a qualcun altro, sicuramente.
Clarisse è la mia migliore amica in un metro e sessanta di simpatia e dolcezza che si mescolano con audacia e coraggio.
Lei ricorda il mare e le margherite, ha gli occhi castani e i capelli color nocciola.
La conosco da tanto tempo ed entrambe abbiamo imparato a tollerarci, ad accettare i nostri cattivi umori e le giornate brutte.
Dice sempre, inoltre, che ogni notte, nel proprio letto, qualcuno ci pensa.
Che se ne sta a rimuginare su qualche parola che abbiamo detto o su qualche sguardo mancato. 
Dice che secondo lei, c'è qualcuno nel mondo, che è praticamente destinato a stare con noi.
Che se solo lo conoscessimo, ci farebbe stare bene.
Ci comprerebbe gelati e ci farebbe vedere film stupendi.
Ci amerebbe insomma.
Il problema è che non lo conosciamo.
E che lui ci ama lo stesso, comunque, in silenzio.
Si, insomma, sembra più una di quelle cazzate preistoriche di pensieri e parole, ma tutto sommato ci credo.
Principalmente perché è bello crederci.
Principalmente perché io sono quel "qualcuno" per qualcuno.
Credere ancora a queste cose, all'amore, alla vita, alla felicità.
Magari evitando di usare la parola "destino". 
Che io al destino non ci credo molto. 
Non è il destino che ha ucciso mio padre, perché sono fermamente convinta che lui non era destinato alla morte;
se il destino esistesse, sarebbe un cosa equa, una cosa dalle giuste proporzioni.
Se sei buono, sei destinato al bene.
Se sei cattivo, sei detinato al male.
Ma mio padre era buono, perché allora è morto?
No, il destino non esiste.
E comunque, la notte non è fatta per dormire.
Durante la notte si sogna, si pensa, si fa l'amore.
La notte esiste per rimarginare le ferite del giorno, o per crearne delle altre.
Da quando Clarisse mi ha detto che qualcuno, durante la notte, mi pensa, non posso far altro che immaginarmelo.
Quel qualcuno, insomma.
Me lo immagino con gli occhi puntati sul soffitto e una braccio sulla testa.
Magari è uno anche figo. 
Magari è più di uno.
Magari adesso sto esagerando.
La scuola è finita da un mese e la mia vita è più noiosa di prima.
Mi ripropongo di renderla migliore, di fare un viaggio, di uscire in bicicletta, iscrivermi al grest o tingermi i capelli di blu, 
ma poi non faccio mai nulla.
La verità è che sono un po' codarda. 
Voglio muovere il mio mare e quando il mio mare si decide a muoversi, io corro al riparo, così mi ritrovo con una vita monotona e troppe cose per la testa.
Sono una di quelle persone troppo tranquille, troppo timide e forse estremamente insicure.
Okay, eliminiamo quel forse.
Nonostante la mia timidezza e il mio stato esagerato di goffagine, riesco comunque ad attirare l'attenzione di parecchi pretendenti.
Non che faccia qualcosa in particolare, intendiamoci, eppure ho un certo ascendente sulle persone.
Sono uscita con parecchi ragazzi e in due giorni erano già follemente innamorati di me, la cosa per niente giusta è che nessuno mi ha mai veramente colpita.
Sono tutti troppo banali e privi di originalità e voglio scappare già dopo il secondo giorno di frequentazione.
Clarisse sostiene che non ho ancora trovato l'amore vero.
Ma anche se credo a queste stronzate, a volte mi chiedo se esista o se è soltanto frutto della nostra immaginazione.
Magari la verità è che non ho ancora trovato nessuno con dei particolari addosso.
Ah, per chi non lo sapesse, i particolari sono le cose belle, le cose che rendono unica una persona e penso che più ne hai, più le persone non possono smettere di guardarti. 
Soltanto che alcuni sono nascosti e ci vuole un po' di più, per scoprirli.
Ogni persona ne ha qualcuno.
I miei particolari sono i capelli rossi e la voglia a forma di cuore che ho sul ginocchio sinistro.
Quelli di Clarisse sono la cicatrice sulla spalla e le mani.
I miei pensieri vengono interrotti dalla suoneria dei Sum41 che proviene decisamente dal mio cellulare.
Rispondo ancora mezza addormentata.
" Clarisse!" 
" Buongiorno Azzurra."
" Buongiorno! "
" Come stai?"
" Come sempre. Mia madre e Thom se ne sono andati, di nuovo. "
" Estonia?"
" Africa, credo."
" Tua madre ha più soldi di un politico."
" E anche più faccia tosta, se è per questo." Mi metto a ridere e lei mi segue a ruota.
" Andiamo al pub, stasera?"
" Andiamo dove vuoi! "
"Andiamo dove voglio." Mi dice e io la saluto.
Sistemo camera mia e preparo la colazione. 
Grazie al cielo esiste il cibo.
 
 
 
 
Prendo le chiavi di casa e mi ravvivo i capelli davanti allo specchio.
Il mio viso è semplice, i miei occhi sono castani e il mio sorriso luminoso; ci sono volte in cui mi piaccio e altre invece in cui davvero, mi sento pessima.
I miei capelli non sono mai abbastanza lunghi o lucenti, i miei occhi mai abbastanza grandi, la mia pelle mai abbastanza liscia. 
I miei sorrisi li vedo spenti e la mia voce troppo squillante. 
" Com'è che c'è tutto questo vento? " Mi chiede Alex.
Alex è il mio più caro confidente. 
E' un tornado di emozioni e casini che all'inizio ti spaventano e dopo, ti affascinano.
Ha i capelli cortissimi, biondi e ricci e un paio di grandissimi occhi azzurri. 
Alex ha un sorriso bellissimo e mi piace davvero. 
Mi piace parlare con lui.
" Non lo so, sarà che tra un po'comincia a piovere."
" A Luglio?"
" Io sento il profumo di pioggia."
" Profumo?"
"Si, il profumo." 
" Tu sei matta."
"Perché?" 
" La pioggia puzza."
"Ma non dire stronzate, la pioggia profuma di chiuso e caldo."
" Il caldo non profuma e il chiuso...oddio, come fai a dire che il chiuso profuma?!"
" Ma non è quel tipo di "chiuso". Quello dei vestiti che lasci per un'eternità nell'armadio. E'diverso, è bello."
" E' bello l'odore del chiuso?"
" Il fatto che la pioggia profuma di chiuso."
" Tu sei matta davvero."
" Quand'ero piccola mi immaginavo le nuvole come delle persone; si, insomma, come delle anime. Ogni nuvola aveva un cuore e ogni cuore, batteva.
Allora immaginavo che due nuvole, s'innamoravano. 
Insomma, se ne stavano ore a guardarsi e avvicinarsi e finivano con l'innamorarsi, ma nessuna delle due, poteva dirlo all'altro."
" Perché?"
" Perché la vita è questa."
" E allora?"
" E allora si tenevano dentro i loro sentimenti per così tanto tempo che prima o poi, quelli esplodevano."
" E così nasceva la pioggia."
" Sì, ed è per questo che profuma di chiuso. Profuma di sentimenti chiusi a chiave. E fidati di me, i sentimenti profumano sempre."
Entriamo in un locale e ci sediamo su un tavolino rosso e bianco.
" I sentimenti che profumano? E' più surreale delle nuvole che si amano."
Alex mi ha chiamata ed era quasi stravolto. 
Mi ha chiesto di uscire, perché deve parlarmi e io ho accettato. 
Infondo ero a casa, da sola, con la musica. 
" Allora, cos'è successo?"
" Mia madre mi ha cacciato di casa."
"Sul serio?"
" Dice che le ho rotto i coglioni. Che torno tardi a casa e me ne frego della casa, di lei e di mio padre."
" E ti ha sbattuto fuori?"
" Si. Mi devi aiutare, Azzurra."
Lo guardo con i miei occhi verdi e non so che dire.
Provo ad immaginare quello che si prova nel vedere una madre incazzata, considerando che la mia non lo è mai stata e non credo sia una cosa positiva.
" Ti presto la mia casa al mare, se vuoi. Fino a quando le cose non andranno meglio."
" Dici davvero?"
" Si. Mia madre se n'è andata di nuovo e sono certa che non lo scoprirà mai."
" Solo che..." mi guarda con aria seria e si spettina i capelli. " ci sarebbe un problema."
" Di che parli?"
" Non vorrei approfittarmene ma mia madre ha sbattuto fuori di casa anche mio fratello Andrea. "
In realtà non conosco affatto questo suo fratello di cui mi parla sempre, so soltanto che tutto sommato, ha la mia stessa età e che non gode di una buona fama.
Alcune ragazze sembrano estasiate a tal punto da starnazzare ogni volta che qualcuno si trova a fare il nome di Andrea Bilson,quasi come se fosse un attore attraente 
e pieno di soldi, altre invece urlano ai quattro venti, che è soltanto un figlio di papà, stronzo e maleducato.
Un sorta di Don Giovanni, insomma.
Guardo Alex e mi interrogo sull'aspetto di questo presunto fratello.
Non mi è mai capitato, ad essere sincera e mi viene da ridere. 
Non provo molta simpatia per i maschi, non adesso, non dopo aver capito che sono tutti una mandria di asini, stupidi e senza cervello, eccezione a parte, ovviamente.
Non mi fido facilmente e preferisco, nella maggior parte dei casi, farmi gli affari miei e allontanarmi da presunti veri amori che si riveleranno automaticamente delle
enormi ciofeche, più avanti. 
Quando un ragazzo ti vuole, tende a volerti subito. 
Insomma, ti vede, gli piaci. 
Ti guarda per qualche minuto, scherza con l'amico, si avvicina, ci prova in silenzio con gli occhi, dice qualcosa e si dilegua. 
Se non ti conosce, due giorni dopo troverà il tuo nome e ti rintraccerà. 
-Ti ho vista, sei carina. Mi daresti il tuo numero? -
Anche i più timidi fanno così. 
Anche i meno socievoli, stronzi, spaventati, spregiudicati, romantici, stupidi, figli di papà, anche quelli che credono prontamente all'amore. 
Più o meno tutti, fanno così.
Quando un ragazzo ti vuole, tende a volerti subito, quindi.
E se tu acconsenti, se per esempio, gli dai anche solo un briciolo di speranza, il ragazzo comincierà a marcare il territorio. 
Lui vuole subito uscire con te, vuole subito tenerti la mano, baciarti.
-Lei è uscita con me, mi ha tenuto la mano, mi ha abbracciato. -
Non è che sia una cosa brutta, anzi, nella maggior parte delle volte può essere piacevole. 
E' solo che noi ragazze siamo diverse. 
Quando ad una ragazza piace un ragazzo, comincia la discesa di poesia. 
Lo vede dentro ad un bar, lo scruta silenziosamente, si fa cinque o sei film mentali su come sarebbe bello se uscisse e le chiedesse il nome e poi corre via a casa.
Le più timide, quelle come me, non si avvicinano minimamente, non si azzardano a lanciare sguardi di fuoco. 
Possono sorridere, al massimo, oppure possono stare per qualche minuto a guardare il profilo del ben amato ragazzo. 
Non saranno seducenti, ma di solito sono tremendamente dolci. 
Le più spregiudicate, invece, tendono a fare le estroverse: magari si avvicinano, sussurrano qualcosa, lanciano certi sguardi che fanno accapponare la pelle. 
Possono anche scambiare qualche parola o sfiorare "accidentalmente" la mano del tipo. 
Entrambe in ogni caso,Il giorno dopo cercheranno gli stessi occhi nello stesso bar. 
E se per qualche strano scherzo del destino, quel ragazzo sarà nello stesso posto, allora...
allora si salvi chi può.
Noi ragazze dissezioniamo tutto. 
Per qualche tempo quel ragazzo sarà il centro del nostro universo. 
Il che non è normale;
sarebbe più facile cercare il fortunato e dirgli ' ti vedo ogni giorno, sei carino. Stasera che fai? " 
Ma nessuna ragazza, all'inizio lo farebbe mai. 
Parlo per standart personali, certo. 
Noi ragazze costuriremo un enorme castello di sabbia sul ragazzo. 
Carattere, magliettine che indossa, il modo di parlare, i gesti sconsiderati. 
Piano piano scopriremo i luoghi che frequenta, gli amici che conosce, le ragazze che ha avuto. 
Non è stolking, anche se potrebbe sembrare. 
Semplicemente quando non riesci a stare vicino ad una persona, cominci a conoscerla da fuori. 
Lo immagini con le amiche, con i parenti, con gli amici, ti immagini con lui per il suo compleanno, e se ti piace davvero, costruisci un mondo parallelo e non importa quanto sia profondamente infantile. 
Conosci solo due occhi ed è la prova che per una ragazza anche solo uno sguardo, può sconvolgere una giornata. 
Le ragazze quando vogliono un ragazzo, aspettano. 
Non hanno paura che sfugga via, o forse ce l'hanno ma preferiscono sognare. 
Aspettano, conoscono, si innamorano del pensiero che creano. 
Soltanto dopo, magari trovano il coraggio di procurarsi il numero o di chiederlo. 
Noi ragazze siamo diverse. 
I ragazzi non hanno bisogno di studiarci, credono soltanto al giusto. 
Infondo che motivo c'è di girarci intorno?
Noi invece passiamo mesi, giorni, a volte anche anni a studiare due occhi e ricamarci sopra un sentimento. 
E' così che vanno le cose. 
Noi le sognatrici, loro i sogni.
Forse è per questo che non riesco mai davvero a lasciarmi andare con qualcuno.
Non voglio che qualcuno sia il mio sogno, io voglio essere il sogno di qualcuno.
Andrea sarà quasi sicuramente biondo come Alex, di media altezza e neanche troppo carino;
e sarà un idiota come tutti gli altri, ma nonostante questo, voglio bene ad Alex e non posso voltargli le spalle, proprio adesso.
Sorrido e faccio la linguaccia.
" Okay, ma prometti che ti comporterai bene?"
" Sei un'amica Azzurra!"
Si, è proprio vero, sono un'amica. 



Spazio d'autore.
Ciao ragazze. 
Mi chiam Tiziana e ho diciotto anni. (Che me ne frega, vi starete chiedendo ed è effettivamente fate bene)
Sono dell'opinione che quando si scrive una storia, ci si mette sempre un pezzetto di se stessi, ed è per questo che mi presento. Così sapete il pezzetto di quale persone state leggendo. 
(Che ho scritto?)
Okay, a parte tutti gli scherzi, la mia storia sarà incentrata sull'amore. (maddai?)
Azzurra è bella quanto insicura.
Alex è dolcissimo. 
E Andrea?
Chi sarà mai, questo misterioso ragazzo?
Vi consiglio di munirvi di un bel secchio di ghiacchio o acqua gelata, perché ci sarà da scottarsi!
Vi prego di recensire, altrimenti vado in depressione e non riesco più a pubblicare neanche un capitolo.
(Se lo devo leggere soltanto io, che lo pubblico a fare?)
Scusate se questo capitolo è corto, ma dovevo parlare ( o accennare) la vita di Azzurra.
Grazie a chi mi sta leggendo. A presto!

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Ma non ci sono interruttori, l'amore non si spegne. L'amore non si calma, non beve camomilla, non decide di dormire, di comprarsi un'aspirina. 
L'amore il mal di testa se lo tiene.

Tiziana Laudani.



"Stai scherzando?" 
" No, affatto." Dico.
"Quindi uno sconosciuto dormirà a casa tua?"
"Alex non è uno sconosciuto." 
" E che mi dici di Andrea?" Mi guarda con un lampo di malizia negli occhi.
Andrea non ha esattamente una buona fama; potrebbe portare donne a casa mia, distruggere oggetti di valore o addirittura organizzare feste a mia insaputa.
Non l'ho mai visto, se devo essere sincera, ne lo conosco. 
Eppure non mi convince, nonostante tutto.
Alex tutto sommato mi ha sempre parlato bene di lui,sostenendo soltanto che è un tantino bastardo ultimamente,ma in fin dei conti è suo fratello, che altro potrebbe dire? Vorrei poterlo conoscere, prima di lasciarlo dormire a casa mia, ma Alex ci rimarrebbe male.
Sistemo il vestito celeste che ho messo per andare al pub e mi rassicuro.
In realtà vorrei restare a casa, non ho proprio voglia di uscire, ma Clarisse ci tiene così tanto che non posso più dire di no.
"Infondo che mai potrebbe succedere?" Le dico, pensando ad Andrea.
" Fossi in te, almeno per la prima notte, dormirei a casa, con loro."
"Si, forse è meglio."
" Per giunta siamo nel mese di Luglio!" La guardo stranita. 
Che diavolo significa che siamo nel mese di Luglio?
" E allora?"
" Ti rendi conto? Dormiranno senza maglietta! " Le do' una gomitata.
"Ahio! Dicevo solo che magari..."
" Clarisse!" 
" Magari uno dei due, durante la notte, sta per morire di sete e allora si alza con soltanto i boxer, accaldato e spettinato. Cammina lento e sensuale verso la cucina, dove guarda caso, ci sei tu. Stai mangiando una buonissima tazza di latte e cereali, con soltanto un completino di intimo rosso e i capelli legati in una coda sexy. Lui si avvicina, tu ti avvicini e...il resto puoi immaginarlo."
" Ma sei scema?!" La guardo sconvolta e lei mi sorride.
Clarisse è una vera sconsiderata.
E' bella ed estroversa.
" Dovresti divertiti, Azzurra."
" Mi diverto, infatti."
"Con i ragazzi, dico."
" Mi diverto anche con loro."
" Uscire per un mese con un ragazzo e mandarlo a quel paese, non è divertirsi." 
" Sono tutti così scontati." Mi ravvivo i capelli portandoli dietro la schiena e mi metto il rossetto.
Spero un giorno di incontrare la persona giusta.
Sono convinta che da soli non ci si salva mai. 
Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che si preoccupi per noi quando abbiamo la febbre e quando vorremmo urlare e piangere. 
Qualcuno che ci dica che siamo essenziali.
"Andiamo a distruggere il mondo! " Mi urla, divertita. 
Beh,se il mondo si distruggesse in un locale...
sorrido.
 
 
 
 
Il pub è rumoroso e pieno di luci colorate che si proiettano sul soffitto, sulle pareti e sui pavimenti.
Ci impiego cinque minuti per capire che la musica alta è dovuta principalmente al fatto che c'è una festa.
Grandioso, penso.
Guardo Clarisse che invece sembra eccitata e piena di cattive intenzioni.
"Lo sapevi?" Le chiedo, perplessa.
" Non avresti accettato. "
" Perché non avrei dovuto?"
" Perché sei noiosa." 
Noiosa? 
"Sul serio?"
Non ho mai riflettuto su quanto possa esserlo veramente.
La mia è una lotta continua tra l'amore e l'indifferenza; c'è una parte di me, che è cambiata, si è stravolta completamente, prendendo il peggio.
La morte di mio padre, le delusioni di troppe storie naufragate, il nuovo amore di mia madre e la sua scarsa presenza in famiglia, mi ha resa forte e indipendente,
roccia indistruttibile, mi ha resa terribilmente diffidente e fredda.
Spesse volte, sono arrogante e razionale.
Ci provo, almeno.
Ma c'è comunque una parte di me, quella che purtroppo viene fuori sempre più spesso, che mi rende la solita bambina con un cuore grande.
La bambina innamorata delle favole, che crede pazientemente all'amore, che guarda le stelle e adora i fiori, ed è forse la parte più fragile di me.
Quella che non avrebbe mai superato la morte di mio padre o il menefreghismo di mia madre.
Mi guardo intorno e mi viene in mente Alex.
Chissà quale parte di me, ha accettato di ospitare lui e il fratello, a casa mia.
E chissà quale, invece, ha paura delle conseguenze.
Mio padre sarebbe orgoglioso di me.
Sono certa che se fosse ancora in vita, mi sarei messa a parlare con lui per una notte intera, parlandogli principalmente delle mie paure per il futuro.
A volte penso di non riuscire ad amare come si deve.
Non sono mai stata brava ad amare. 
Amo a modo mio, parlo a modo mio, sorrido a modo mio.
Quando ero piccola avevo sette pesci rossi, mio padre li comprò perché io sembravo amare gli animali, perché piacevano anche a lui, perché non lo so, a forza di cose i
pesci sono animali che almeno una volta nella vita devi poter guardare, in un acquario. 
Ogni mattina mi svegliavo presto per dargli da mangiare, aiutavo mio padre a cambiare l'acqua e mi arrabbiavo se per caso qualcuno osava chiamarli semplicemente 
pesci. Avevo dato un nome ad ognuno di loro e solo Dio sa come facevo a riconoscerli;
ero piccola e mi sentivo la loro padroncina anche se sapevo che un pesce rosso non può avere padroni e che prima o poi li avrei persi, vittime del tempo e della vecchiaia. 
Mi mettevo a guardarli per delle ore e mi chiedevo seriamente perché li avessero cacciati via da casa loro, perché non potessero correre lontano da quell'acquario 
per raggiungere il mare.
Il primo giorno che li avevo visti, se ne stavano in negozio.
Stiamo parlando di pesci, certo. 
Eppure da piccola per me erano anime vaganti che abitavano il mare, che erano stati allontanati da casa loro, che dentro avevano i ricordi di acque gelide e fondali 
marini. 
Mi chiedevo perché non potessero parlare per raccontarmi tutto e per chiedermi di portarli a casa. 
Mi sarebbero mancati ma io pretendevo che uno di loro mi facesse capire che quella non era casa sua. 
Poi, un giorno mio padre mi disse che forse quei pesciolini erano addirittura nati in un acquario e non avevano mai visto il mare, pesci di acqua dolce o nati in cattività. 
Non la conoscevano neanche, casa loro. 
Alla fine, tutto quello che ho capito è che se ne sono andati senza mai trovarla davvero e che forse, a lungo andare, avevano dato per vera, la casa che gli avevamo 
regalato. Come mio padre, forse.
Mio padre se n'era andato via.
E se non avesse mai avuto il tempo per vivere la sua vita? Di trovare davvero casa sua?
Comunque, alla fine, mi ero convinta che quattro pezzi di vetro avevano impedito a quei pesci, di guardare altrove. 
Avrei voluto cacciarli, urlare loro che c'era altro, che c'era il mare, che c'era un lago, che c'erano altri mille pesci, che il sole splendeva e loro non l'avevano mai visto. 
Ma ero piccola e loro erano solo pesci. 
Forse è per questo che mi dicevano che non gli volevo bene abbastanza. 
Non sapevo amare. 
In quinta elementare la mia prima migliore amica mi disse che non le dimostravo abbastanza. 
Ero un tipo solitario e allora la trascuravo, troppa musica, poche parole, pochi giochi di compagnia. 
Eppure quando piangeva ero vicino a lei e litigavo per lei e stavo male per lei. 
Non mi importava se ero troppo autoritaria o se avevo un carattere capace da cambiare da forte a fragile, lei aveva paura e io ero la sua coperta, lei piangeva e io le facevo da spugna. 
Mi chiedeva aiuto e io mollavo il cielo e correvo da lei. 
Ma non le volevo bene abbastanza, non mi piacevano i vestitini colorati e odiavo parlare di pubblicità e scarpette nuove. 
Non ero il tipo di bambina a cui piaceva molto parlare e parlare, però sapevo ascoltare. 
Ascoltare qualcuno per me era la più grande dimostrazione di affetto. 
Le volevo bene e lo dicevo imbarazzata, lo dicevo a volte, col cuore che martellava, con i miei mezzi sorrisi e le mie mezze insicurezze. 
Eppure, non le bastava. 
Anche a distanza di anni, quando mi ha chiesto aiuto, arrabbiata e delusa, sono corsa da lei e le ho detto " Io ti aiuto ma dopo vaffanculo. "
L'ho aiutata davvero. 
Eravamo piccole e io non ero brava ad amare ma mi ha chiesto aiuto e mi aveva delusa, e l'ho aiutata. 
Poi sono cresciuta. 
Ho cominciato a capire che certe cose io me le devo guadagnare. 
Che a volte sono fredda, che sono particolarmente distante, che sembro sempre altrove, che quello che vedo io, non è mai quello che vedono gli altri. 
E ho amato lo stesso, a modo mio. 
Ho amato i miei genitori e mio padre, anche se mi ha lasciata qui da sola. 
Ho amato la mia vera migliore amica, Clarisse.  
Ho amato tutte le stelle e ogni tanto immagino che ci siano tanti pesciolini rossi, che finalmente sono tornati a casa loro. 
Ho amato un cane, due, forse anche tre. 
Li ho amati ed erano piccoli, come me. 
Mi hanno insegnato che si è fedeli una sola volta nella vita, una volta che dura per sempre. 
Poi se ne sono andati, anche loro. 
Ho amato i disegni, la scuola, persino il freddo e le piogge di metà Gennaio. 
Di sicuro non sarò un tipo razionale e di sicuro provo sempre ad esserlo.
Io guardo il cielo e ci vedo pesci rossi,e non chiamo mai niente per nome.
L'amore è poesia, il silenzio è favola. 
Di sicuro ho dato tanto e ho tanto da dare. 
A modo mio, certo. 
Amo male ma amo tanto.
"Sul serio. Adesso andiamo a divertirci tesoro e smettila di pensare!"La vedo che si allontana e poi sparisce nella folla.
Mi guardo intorno.
La maggior parte dei ragazzi balla, urla e si diverte, altri si scambiano quasi le viscere, baciandosi in ogni angolo della stanza.
Che romantico!
Mi allontano dalla folla, per dirigermi in un divano rosso, dietro una grande tenda bianca e blu.
Le luci si abbassano ancora una volta e la canzone degli one republic si fa spazio nella mia testa.
"Finalmente una canzone decente." Dico a me stessa.
Adesso parlo anche da sola, fantastico.
"Ti piace?" Sussulto e mi volto.
Un ragazzo è poggiato allo stipide di una porta, non riesco a vederlo bene ma noto che si avvicina e il mio cuore perde un battito.
Il Dj annuncia un brindisi e la musica si abbassa.
Quando si accendono le luci, riesco, per prima cosa, a vedere i suoi occhi.
Blu.
Rimango incantata da quel colore così intenso.
Blu come il mare, come il cielo.
" Allora? " Mi sussurra e lo percepisco più vicino che mai. "ti piace questa canzone?"
" Si." Dico, risoluta.
Il suo viso è decisamente perfetto.
Ha un'aria trasandata ma è palesemente curato.
Capelli neri, scarmigliati, occhi grandi e un sorriso accecante.
No, sul serio, è accecante.
" Anche a me." Dice e mi si siede accanto. "E sai cos'altro mi piace?" Mi soffia sul collo.
" Cosa?" Dico, con il respiro mozzato.
"Tu." Mi volto per guardarlo e mi alzo.
Decido di assumere un aria indifferente e indietreggio.
" E' così che le rimorchi le ragazze? "
"Può darsi." Mi mordo il labbro inferiore e faccio un respiro profondo.
"Hai paura?"
" Di te?"
" E di chi altro, sennò?"
"Dovrei?" Si avvicina.
Il suo sguardo è così sexy che impiego tutte le mie forze per non saltargli addosso.
Ma che diavolo mi prende?!
"Forse." Indietreggio ancora, fino a quando vado a finire contro al muro.
" Solitamente sono le ragazze che mi si appiccicano addosso." Dice, strafottente.
Ma chi diavolo si crede di essere?
"Non è questo il caso, mi sembra." Il suo corpo si avvicina al mio e mi ritrovo schiacciata dal suo peso.
Le sue labbra ad un centimetro dalle mie e i suoi pettorali contro il mio seno.
Dovrei calmarmi e picchiarlo, ma c'è qualcosa, in lui, che non mi permette di reagire.
Mi bacia la fronte e scende sulla guancia fino ad arrivare al collo.
I suoi baci scottano e mi sembra quasi di morire.
"A me..." lascia un lieve bacio sulla mandibola. "sembra... invece" questa volta scende sul collo e comincia la lenta tortura "che tu non ti stia, opponendo." altro bacio.
Infatti.
Che diavolo mi è preso? E' uno sconosciuto.
Bello, certo, ma sempre sconosciuto.
Lo spingo via e mi raddrizzo.
"Non ci provare mai più, razza di idiota!"
"Non mi era sembrato che ti dispiacesse. Anzi, ti vedevo abbastanza presa." Ammicca.
La sua bellezza è disarmante,indossa un paio di jeans chiari e la camicia bianca, aperta fino al quarto bottone, lascia intravedere i muscoli.
Se non fosse così irritante, giurerei di aver visto un angelo.
Lo guardo astiosa.
Nonostante tutto ci ha provato con me e si è rivolto con quel tono sprezzante. 
Mi avvicino seria e coincisa e gli do un ceffone.
Lui si porta una mano sulla parte dolorante, leggermente arrossata e sorride.
" Sei già pazza di me."
Mi allontano, ignorando completamente la sua affermazione, con il cuore che corre più veloce del vento e con una strana sensazione addosso.
Mi è piaciuto?
Mi ha sconvolta.


Spazio d'autore.
Buonsaaaalve!
Volevo ringraziare prima di tutto chi ha letto e chi ha recensito.
GRAZIE INFINITE.
Mi rendete felice, come non mai.
Continuate a recensire e fatemi sapere se vi piace, cosa cambiereste, cosa non vi è chiaro.
Partiamo da Azzurra?
Lei è un lotta continua tra bene e male.
Bianco e nero.
C'è una parte in lei, candida e semplice, ed è forse la vera Azzurra.
Quella priva di dolore e paure.
La morte del padre l'ha cambiata e la madre, così menefreghista, la rende più razionale e indipendente.
Adesso Azzurra è seria, spaventata e razionale.
Crede all'amore ma pensa di non meritarlo, forse.
Qualcuno riuscirà a cambiarla? Tornerà l'Azzurra di sempre.
E perché Alex e Andrea la preoccupano così tanto?
Chi è questo Andrea? E perché ha questa fama da bastardo menefreghista?
E questo incontro così improvviso con questo sconosciuto, quando inciderà nella vita di Azzurra?
Recensite.
A preeeeeesto!

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Le parole corrono più veloci dei ricordi e non le trovi più.
E non le cerchi perché se son scappate, poi, un motivo ci sarà.
                                                                                  E loro non ti cercano, se ne stanno chissà dove e con chissà chi.
-Tiziana Laudani.


"Buon compleanno amore mio." Casa mia è piena di invitati, la mia stanza piena di foto di famiglia e mia madre ha preparato una torta buonissima.
E' compleanno più bella della mia vita. 
Ho invitato i miei amici e abbiamo mangiato così tanti pop corn da stare male.
Abbiamo nuotato in piscina e abbiamo ballato per delle ore.
Sono davvero convinta che la vita sia tutta qui.
Mio padre e mia madre, insieme. 
"Grazie papà!" Lo guardo per un attimo negli occhi, e rivedo i miei. 
"Soffia sulle candeline." Dice mia madre.
Lei non è mai stata una madre perfetta.
Spesso è in giro per lavoro e troppo impegnata con le sue faccende per giocare con me, ma le voglio bene lo stesso e poi oggi ha mi ha preparato una torta.
Che posso volere di più?!
"Hai espresso un desiderio?"
Sorrido timida.
Ho desiderato di trovare l'amore. 
So perfettamente che sono ancora soltanto una bambina.
Che ho tanto tempo, ma io lo desidero lo stesso.
Voglio trovare l'amore nel mio futuro. 
"Non si dice, papà. Sennò poi non si avvera." Mi allontano dal tavolo per raggiungerlo. "cosa mi hai comprato?"
"Un bacio." Mi sorride.
"Un bacio? " 
"Si." Si mette a ridere. Penso proprio che mio padre abbia la risata migliore del mondo.
"Che regalo è un bacio, papà?"
"Uno dei regali che restano per sempre." Sussurra al mio orecchio.
"Un bacio resta per sempre? E le bambole? i peluche?" Chiedo curiosa.
"Si rompono. I baci non si rompono mai, invece."
"Sul serio?"
"Chiudi gli occhi." Mi sussurra e io obbedisco. Mi lascia un lieve bacio sulla guanca e sorrido. "adesso aprili."
Obbedisco ancora una volta e noto un cioccolatino sul palmo della mano di mio padre.
Un bacio, ecco di che parlava.
Lo abbraccio più forte che posso e nonostante non mi abbia regalato nulla, effettivamente, mi sento la bambina più felice del mondo.
"Sei ancora convinta che i baci non siano regali, eh?" Ride lui.
"Si papà." Dico, un po' delusa.
"Guarda, Azzurra." Mi indica un pacco, alle sue spalle e adesso sono certa che potrei volare.
Strappo la carta come solo un bambino può fare.
"E' quello che volevo, papà, come facevi a saperlo?"
" Io so sempre tutto, piccola."
"Grazie." Lo abbraccio ancora.
E ancora, ancora, ancora.
Potremmo stare abbracciati per tutta la vita.
 
 
 
"Clarisse!" Urlo, cercando in mezzo a tutti quei volti, quello della mia amica.
La trovo poco dopo, immersa in un ravvicinato incontro con un ragazzo sconosciuto.
Capelli biondi, occhi azzurri. 
"Clarisse, che diavolo stai facendo?!" Le mimo con la bocca, per non farmi notare dal tizio, tutto intento a baciare e il collo e il viso di Clarisse.
Se proprio devo essere sincera, il paragone di questo ragazzo, con lo sconosciuto che ci ha provato con me, poco fa, mi risulta naturale.
Questo sembra uscito dal circo e l'altro... oddio, sembrava uscito dalla televisione. 
Ecco, lo sento di nuovo, quel brivido che mi ha attraversata quando lui ha insinuato la sua mano tra i miei capelli e mi ha baciata il collo. 
Provare questa sensazione per uno sconosciuto che non rivedrò mai più, mi fa sentire sporca.
E stupida.
"Scusa Eric, devo proprio andare." Clarisse si stacca dal tizio e lo allontana con un sorriso.
Io mi guardo intorno, forse per cercare gli occhi dello sconosciuto.
Ma di lui nessuna traccia.
Mai nessuno mi aveva trattata con questa irriverenza, in questo modo così arrogante, come se avesse tutto il mondo ai suoi piedi.
E' una novità e mi ha stravolta.
"Azzurra? Tutto bene?"
Torno per un attimo alla realtà e provo a non pensare a quello sconosciuto.
Ma chissà come si chiama.
"Credo di si." Le sorrido. "Ma è meglio tornare a casa."
"Si andiamo." Ci avviamo fuori.
"Sembri stravolta."
"Lo sono."
"Che ti è successo?"
"Ho incontrato un ragazzo."
"Uuuh, che notiziona." Mi prende in giro e le do un pizzico sul braccio.
Fuori dovrebbe aspettarci un taxi, mi guardo intorno e non vedo nessuno. 
"Dove sarà finito?"
"Azzurra!" Si ferma spiazzata e si porta una mano sui capelli. "ho dimenticato la borsa dentro!"
" Corri a prenderla." Le dico. 
"Torno subito." Clarisse apre la porta e mi ritrovo da sola.
Mi siedo sul gradino, coprendo come meglio posso, le mie gambe. 
Ci sono delle volte in cui, l'immagine di mio padre torna nitida tra i miei pensieri e altre, invece, in cui ho paura di dimenticare la sua voce, la sfumatura dei suoi capelli,
l'esatto colore dei suoi occhi.
E' una sensazione straziante.
Quand'ero piccolina, ogni diciannove Marzo, scrivevo una letterina per mio padre 
Era una di quelle letterine che quando cresci, ti capita di trovare in qualche scatolone del passato o in qualche scaffale polveroso della cantina e ti metti lì, seduta sul pavimento a sfiorarne i contorni, come una vecchia foto sgualcita. 
Una di quelle lettere che rileggi con gli occhi lucidi, che ti porta indietro nel tempo, a quando ancora avevi paura ad attraversare la strada da sola e accanto al tuo nome,ci stava sempre quello dei tuoi genitori. 
Ti riporta a quando passare un giorno al parco giochi con papà, significava passare l'intera serata con un sorriso speciale addosso. 
Ricordo che ogni anno, per la festa del papà, mi mettevo lì in silenzio, a scrivere di tutti pregi di mio padre e alla fine disegnavo un cuore malconcio sul retro della busta e scrivevo un enorme
-ti voglio bene papà!-
Quando papà tornava a casa da lavoro, mi lasciavo quasi sempre prendere dal panico, chiedevo a mia madre di mettere la letterina sotto al suo piatto e mi sedevo sulla sedia, in silenzio e con un mezzo sorriso.
Avevo il cuore che scoppiava di felicità. 
Andava quasi sempre nello stesso modo. 
Mio padre mi guardava e mi chiedeva com'era andata la giornata e che giorno era,e io tutta impettita, rispondevo che era stata una bella giornata ma purtroppo non ricordavo assolutamente il giorno della settimana. 
Alla fine, sorridevo come soltanto un bambino riesce a fare e fingevo indifferenza;
ma mio padre lo sapeva;
lo sapeva che avevo passato l'intera mattinata ad immaginare il suo faccione felice, intento a leggere la mia lettera, sorpreso che me ne fossi ricordata. Infatti, improvvisamente guardava sotto al piatto e si accorgeva della letterina;
era come vedere il mio cartone animato preferito o ascoltare lo zecchino d'oro;
papà faceva una faccia degna da premio oscar e cominciava a leggere le mie parole, tutto orgoglioso. 
Era uno di quei momenti perfetti che mi porterò dietro per tutta la vita. 
Soltanto in quel momento, io saltavo in piedi e correvo a baciarlo. 
-Auguri, papà, auguri!-
Era questa la festa del papà, per me. 
Chiudo gli occhi.
Avrei dovuto correre ad abbracciarlo, quando tornava dal lavoro. 
Ringraziarlo per tutte le cose che è riuscito a regalarmi, per tutte le volte che avrebbe voluto spaccare la faccia a chi mi ha ferito, per quando mi cadeva un dentino e 
allora metteva i soldini sotto al cuscino di nascosto, per non deludere le mie aspettative;
ringraziarlo per tutte le volte in cui fingeva che esistesse Babbo Natale e si dannava per comprarmi quello che avevo chiesto. 
Ringraziarlo per ogni volta che avevo la febbre e mi chiamava principessa.
Sospiro, con gli occhi lucidi.
Perché dovrei pensare a mio padre mentre sono seduta qui, da sola, in mezzo al nulla?
Sento un rumore provenire da un garage lontano e mi alzo in piedi.
Chi diavolo è stato? 
Escono dei ragazzi, in gruppo, forse ubriachi.
"Clarisse?" Chiamo la mia amica e provo ad aprire la porta del pub, ma niente.
Oggi non è la mia giornata!
"Bellissima?" Mi chiamano.
Mi guardo intorno e sono completamente sola.
Quattro ragazzi, vestiti male e -non riesco a percepirlo del tutto- che puzzano di alcol, si avvicinano a me. 
Mi allontano e busso alla porta del pub.
" C'è qualcuno?" Urlo.
"Dove scappi?"
"Non... sto scappando." Dico.
"Ti andrebbe di fare un giro con noi?"
"No." Dico in un sussurro.
Dove cazzo è Edward cullen, in questi momenti? 
"Dai, ci divertiamo." 
" Avvicinati di un altro passo e te ne pentirai." Urlo.
"Che mi fai?" Ride un tizio e si avvicina.
Mi tolgo una scarpa e la impugno, come se fosse una spada.
Devo aver perso la testa.
Si mettono a ridere e io mi allontano ancora una volta.
"Vieni qui." Uno dei tizi mi afferra per un braccio. 
"Toccala e sei morto." Una voce si intromette e un brivido mi corre lungo la schiena.
Sempre il solito.
"Che cazzo vuoi tu?" 
E' lo sconosciuto!
E proprio lui, il tizio del pub. 
Lo guardo incantata e mi maledico. 
Smettila di guardarlo così!
E' solo uno stronzo.
Che mi sta salvando la vita, certo.
Il ragazzo si avvicina e piazza un bel destro nella faccia dell'idiota che mi stava per molestare.
Eccolo, Edward.
Prima uno, poi l'altro, a branco, decidono tutti di andare via.
"Grazie." E lo sento ridere di gusto.
"Cosa cazzo volevi fare con quella scarpa? "
"Difendermi." Adesso ride così tanto da piegarsi in due e non posso far altro che pensare che ha davvero una bella risata.
No, Azzurra, no!
"Sei proprio disperata." 
"Una vespa deve averti punto. Oppure hai mangiato yogurt scaduto." Dico.
Sarà anche bello, ma è un vero idiota.
"Oppure non mi stai molto simpatica."
" Quindi ci provi con tutte quelle che non ti stanno molto simpatiche?"
"Soltanto se sono belle." Sorride.
" Sei proprio disperato." Lo imito.
"Che ci facevi qui da sola?"
"La mia amica ha dimenticato la borsa dentro e non riesco ad entrare."
"Le porte rimarranno chiuse fino alle due."
"Che diavolo significa fino alle due. Perché?"
" Qualcuno ha rubato un candelabro di cristallo e non faranno uscire nessuno, fino a quando non troveranno il colpevole."
"Non posso crederci, maledizione!" 
"Per questa sera ho già fatto abbastanza. " Si avvicina pericolosamente ed ecco che sento di nuovo quel brivido. "Metti giù quella scarpa. Ci tengo alla mia vita." Ride e sembra un ragazzino. Il modo in cui mi prende in giro, mi altera.
Vorrei strozzarlo con le mie mani.
" E se ti bacio?" Mi dice, forse troppo vicino a me.
" Non lo fares..." Non riesco neanche a terminare la frase che la sua bocca è sulla mia. 
Ci mancava solo questa.
I nostri corpi si uniscono come puzzle e la sua mano sui miei fianchi, mi sorregge.
E' un magnete o cos'altro?
Le mie mani, inspiegabilmente, si portano sul suo collo e mi ritrovo letteralmente avvinghiata a lui.
Proprio mentre il bacio si fa più profondo, lui si allontana da me.
"Come... ti chiami?" Sussurro.
" Nessuno." Mi sorride, mentre piano e senza voltarsi, si allontana da me, raggiungendo la sua moto. "Prendi quel taxi e tornatene a casa. " Mi intima.
"Io sono Azzurra!" Urlo. Ma non sono certa che mi abbia sentita.
Come si chiama, lui?



Spazio d'autore.
Ciao bellezze.
Ringrazio ancora una volta le ragazze che hanno recensito. 
E mi scuso se in questo capitolo ( non so se lo considerate corto o meno ) parlo molto del padre di Azzurra.
Ma il suo carattere così altalenante è dovuto anche a questo.
Quindi ho bisogno di approfondire il rapporto profondo che aveva con lui.
Il ragazzo sconosciuto non si è ancora capito chi sia, come si chiama o quanti anni ha.
Ma molto probabilmente, Azzurra, non lo incontrerà più.
O no?
Clarisse è molto spregiudicata e questa volta, anche la nostra Azzurra lo è stata.
"Nessuno" riesce a tirar fuori il peggio e il meglio di lei.
Continuate a leggermi, vi prego.
E recensite.
Un abbraccio!
ps: se ci sono errori, mi scuso!

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Si dice che quando le persone compaiono nei tuoi sogni,

non è perché vogliono qualcosa da te, è perché


tu vuoi qualcosa da loro.



Guardo l'orologio, accaldata e con un nodo alla gola.
E' troppo presto per andare via ma troppo tardi, per rimanere.
Guardo le pareti, bianche come il latte e mi sembra d'impazzire.
Dov'è lui?
Lo aspetto come soltanto una ragazzina potrebbe fare.
La pelle scotta e i pensieri corrono troppo veloci.
" Ti sono mancato?" La sua voce si insinua sulla mia carne, arriva sul seno, sale sul collo, sui capelli, scende lungo la colonna vertebrale.
La sua voce mi ha già fatta innamorare, forse.
"Abbastanza." Sussurro.
Sono sensuale e decisamente sicura di ciò che dico.
Lui si avvicina con fare distratto e comincia a sbottonarsi la camicia.
Un bottone, due bottoni, tre bottoni.
Gli occhi di un blu intenso e alcune ciocche ribelli che ricadono sulla fronte, riescono a regalargli un aria da ragazzino.
Ma in fondo mostra soltanto quello che poi in realtà è: un ragazzino.
Vorrei potergli strappare io stessa la camicia, e invece me ne sto ferma e zitta.
E' così che vanno sempre, le cose.
Sono spettatrice della mia vita e mai la protagonista.
Lo vedo sorridere, faccio leva sui ginocchi e mi siedo a cavalcioni su un cuscino.
" Stai provando a farmi impazzire?" 
Sto impazzendo io, forse.
Si avvicina sempre di più, prendendomi per mano e gettandomi con foga, sul letto. 
Comincia a toccarmi, a tastarmi, a baciarmi, ovunque.
Le sue labbra sono morbide e calde.
" Allora, chi sei?" Chiedo, mentre le sue mani disegnano ampi cerchi sul mio addome.
" Il motivo delle tue insonnie."
 
 
 
 
Mi sveglio di soprassalto, sudata e imbarazzata. 
Come ci si può imbarazzare per un sogno? Un sogno soltanto, su qualcuno che non conosco neanche e che non rivedrò mai più.
E' la prima volta che mi succede.
Non ho mai avuto una vita sessuale in fin dei conti, sono vergine e nonostante questo, non me ne vergogno.
Non ho ancora trovato il ragazzo giusto e sono convinta che il corpo non è una medaglia, per tutti quelli che partecipano alla gara, è una coppa, destinata soltanto al vincitore. L'amore non è soltanto l'atto fisico.
Non quello che esiste nella mia testa, almeno.
L'amore è cercarsi in mezzo a troppa gente, tenersi per mano in un centro commerciale, rincorrersi al super mercato, attirando l'attenzione di tutti e andare al mare.
L'amore è provare gelosia per sguardi che non ci appartengono e voler parlare del tempo, senza sentirsi banali.
E poi accarezzarsi, baciarsi, appoggiarsi l'uno nell'altra e stringersi. 
L'amore può essere selvaggio, certo.
Ma selvaggio non è mai sinonimo di volgare.
Mi alzo ancora intontita e scuoto la testa.
Ho ancora i suoi sorrisi stampati in testa e sono convinta che avrebbero dovuto mettere in vendita il colore dei suoi occhi.
Ma che mi succede?
Sognare un estraneo che mi sfiora e mi bacia, non è da me.
Sciolgo i capelli, precedentemente legati in una coda e mi infilo nella doccia.
Vorrei smetterla di pensare allo sconosciuto e allora i miei pensieri corrono lontani.
La mia casa è grande, troppo grande per una persona soltanto.
Fingo che le cose vadano bene e mi rendo comunque rendo conto che non vanno bene per niente.
Mia madre non è ancora tornata e la mancanza di mio padre è sempre più presente.
Come può, una mancanza, essere così presente?
Come può, accompagnarmi ovunque? 
Rendermi schiava dei ricordi?
La mia vita è un chiaro scuro, un quadro non ancora terminato, un disegno mal riuscito e questo mi fa stare male.
Non riesco mai a terminare qualcosa, ammesso che la cominci.
Non riesco ad appassionarmi a nulla, a legarmi a nessuno, a vivere serenamente.
E non si tratta di mio padre e forse, neanche di mia madre, si tratta principalmente di quella che sono, delle mie debolezze, delle mie paure e delle mie insicurezze.
Mi rivedo bambina, con gli occhioni grandi e i vestitini colorati.
L'amore che adesso è nella mia testa, riuscivo a vederlo fuori.
E adesso dov'è?
Penso che stia bene, tra i miei pensieri, che non riesca ad uscire fuori, per paura di essere annientato da quello che c'è qui.
Il telefono squilla e io chiudo il getto d'acqua.
Magari è Clarisse.
Non la sento dalla sera prima e sono preoccupata.
Porto una mano sulla mia bocca, ricordando il bacio.
Maledetto sconosciuto, maledetti i suoi occhi.
Perché non mi ha voluto dire il suo nome? Magari è sposato con dieci figli, magari è un ricercato, magari era ubriaco. 
Magari adesso sto blaterando.
Esco fuori dalla doccia, indossando soltanto l'intimo e una t-shirt a maniche corte, che mi scivola leggera fino a metà cosce.
Mi guardo intorno in cerca dell'aggeggio infernale che continua a squillare, e lo trovo in un angolo del letto.
"Pronto?" La voce dall'altro capo mi saluta cauta, ma in realtà dovevo aspettarmelo.
"Azzurra."
"Sempre io." Sussurro, mentre mi passo una mano tra i capelli, bagnati.
"Devo parlarti."
"Sempre tu." Dico, più a me stessa che a lui.
"Stai bene?"
"Si, Alex." 
"Allora? Possiamo vederci?"
" Dammi venti minuti e sono da te."
"Veramente sarei sotto casa tua." mi mordo il labbro inferiore e sbuffo con aria contrariata.
"Dovrebbero proclamarmi Santa." Dico e riattacco.
Mi affaccio dalla finestra e lo vedo in piedi, accanto alla sua auto fiammeggiante.
Alex è sempre così bisognoso.
Ha bisogno di attenzioni, di un'amicizia sempre fresca e presente, di affetto sincero e di un appoggio morale.
Lui è uno spirito libero ma sono certa che nasconda anche un filo di insicurezza, dietro quegli occhi così belli e quel sorriso semplice.
Lo conosco ormai da tempo e ho imparato ad amarlo, esattamente com'è.
E' un ottimo amico, forse un tantino appiccicoso, ma tremendamente disponibile.
Non ho mai conosciuto la sua famiglia, ne lui me ne ha mai veramente parlato, eppure sento di conoscere ogni parte di lui.
Lo aspetto, seduta sul divano e sento quasi subito il suo profumo.
"Allora? Che ha fatto questa volta tua madre?"
" Magari si trattasse di mia madre." Sbuffa lui, togliendosi gli occhiali da sole.
" Il cane del vicino ti ha mangiato le scarpe nuove?" Lo prendo in giro.
"Andrea non vuole venire."
" Non vuole venire, dove?" 
"Che significa dove, Azzurra? A casa tua!"
"Ah, giusto."
A casa mia, certo.
Per un attimo avevo dimenticato della mia proposta.
"Vieni con me. "
" Sei matto? Io non lo conosco neanche!"
"Appunto. Ma lui deve conoscere te, considerando quello che mi ha detto."
Lo guardo con aria interrogativa.
"Che ti ha detto?" 
"Ti ha vista di sfuggita in un locale o ad una festa, forse. Mi ha semplicemente detto che..." Sbuffa. "non sei per niente passabile e che preferirebbe non aver a che fare con te, sostiene che sei una snob da quattro soldi. Andrea è strano, si scoperebbe persino un albero, se avesse... "
Lo guardo sconvolta mentre i miei occhi si assottigliano e la rabbia comincia a scorrere veloce su e giù per il mio stomaco.
Razza di idiota, essere senza attributi.
"Okay ho capito, ma che diavolo significa che non sono passabile?" Urlo, quasi.
"Significa che mio fratello non ci vede bene. " Sussurra lui, guardandomi. 
Rabbia e imbarazzo si mescolano dentro di me, mentre ricordo di avere addosso soltanto una t-shirt leggera.
" E poi, snob da quattro soldi? Razza di..."
"Azzurra!" 
"Prima cosa, non dormirete qui! Seconda cosa, verrò soltanto a vedere come diavolo vi comportate e dormirò soltanto la prima notte, in un'altra stanza." Scandisco bene l'ultima frase e sospiro. "Terza cosa, come cazzo si permette?"
"Andrea sputa sentenze a caso, lascialo perdere."
"Andiamo." Sussurro.
"Andiamo, dove?" 
" Da questo coglione."
"Starà dormendo, mia madre ci ha concesso di restare fino a stasera." 
"Meglio." Urlo.
Corro in bagno, indosso i primi pantaloncini che trovo e trascino il mio amico, fuori da casa mia. 
 
 
 
 
"Clarisse?" 
" Stai bene?"
" Alla grande." Dico, a denti stretti.
La verità è che il fatto che uno sconosciuto abbia deciso, senza un motivo valido, di non voler dormire a casa mia, mi rende irascibile.
Se poi penso che il motivo non valido per cui ha deciso di non dormire a casa mia è che non sono passabile, divento una belva.
Non sarò una modella, va bene, ma come si può prendere una decisione, basandosi sul sesso? 
Io mi faccio mille problemi perché preferirei non averlo tra i piedi e lui fa il prezioso?
"Dove sei?" Mi chiede la mia amica, forse notando il tono della mia voce.
"In macchina con Alex. Allora, sei tornata sana e salva, ieri sera?"
"E' stato un incubo, ci hanno tenuti fino a tardi e hanno controllato le nostre borse."
"Hanno trovato il colpevole?"
" Si. Un ragazzo che aveva bevuto più del dovuto e che non aveva un soldo in tasca."
"Fantastico." Dico.
" Attenta a quello che fai. " Risponde lei, risoluta.
Nonostante tutto, riesce a strapparmi un sorriso.
"Va bene, mamma, a dopo." La prendo in giro.
Chiudo la telefonata e sospiro.
"Azzurra, dovresti rilassarti."
" Sono rilassata, vedi?" Gli indico il mio viso.
" Io vedo una ragazza, con ancora i capelli bagnati, incazzata nera e pronta a fare a botte con mio fratello." Ride.
"Senti, se quell'idiota di tuo fratello, non vuole dormire a casa mia, soltanto perché non sono passabile o sono snob, allora va bene, tanto ci perde lui.Voglio soltanto farglielo presente."
"Penso che tu stia esagerando." Sorride. "ma sei divertente."
" Oh, lo sarò molto di più quando chiederò spiegazioni. "
"Azzurra." Sussurra poi, titubante. " Credimi, Alex deve aver visto qualcun'altra e non ti conosce. Sei perfetta, in realtà."
Un sorriso timido gli si dipinge in viso e mi contagia;
 sto sorridendo anch'io, adesso.
"Non esiste la perfezione."
" Dai, parliamoci chiaro. Hai un sorriso che fa concorrenza al sole, le tue gambe sono... stupende e i tuoi occhi luminosi. "
" Che c'entrano le mie gambe, adesso?" Rido.
"C'entrano sempre, fidati." 
Alex parcheggia la macchina e proprio mentre sto per scendere mi afferra per un braccio.
"Non fargli troppo male, intesi?"
"Intesi. " Sorrido.
Sua madre ci accoglie con un sorriso stampato in faccia e mi risulta difficile pensare che è una di quelle madri che sbattono fuori i propri figli.
"Buongiorno signora." Saluto, cauta.
" Non posso crederci, Azzurra, sei tu?" Guardo Alex, leggermente imbarazzata.
"Mamma." La riprende suo figlio.
"E' lei?" 
" Si, mamma." Sussurra. 
Chi sarei io? Che significa?
La madre di Alex è magra e alta, con i capelli lunghi, biondi e ricci, esattamente come quelli del figlio.
"Che bello! " Urla, poi, abbracciandomi molto calorosamente." finalmente ti conosco! Alex mi ha parlato così tanto di te. Grazie per tutto, i miei figli devono impararea cavarsela da soli, cercarsi un lavoro e allontanarsi da casa. li ho viziati troppo."
" Non si preoccupi, in fondo la casa al mare è quasi sempre libera."
"Mamma, andiamo in camera di Andrea." Annuncia Alex.
"Si, io sto uscendo. " Dice, sorridendo.
Alex mi guarda complice, mentre ci avviamo.
Impiego tutta la mia forza di volontà per non impugnare un coltello da cucina e correre da Andrea,per ammazzarlo.
Senza ombra di dubbio, starò esagerando, ma non tollero i pregiudizi e le cattiverie gratuite.
Apriamo la porta e Alex si mette un dito sulla bocca, per zittirmi.
La stanza è pulita e grande, anche se il termine grande in questo caso è un eufemismo.
La stanza è grandissima.
Sul letto, con una mano a penzoloni sul pavimento e con soltanto un paio di boxer, dorme Andrea.
E' rivolto a pancia in giù e i capelli sono neri e spettinati, ma non riesco a vedere il viso. 
Mi avvicino sempre di più, catturata dal fisico prorompente e pronta a urlargli contro, mentre Alex indietreggia, divertito.
"Sta dormendo." Sussurro.
Mi chiedo per quale motivo non riesca ancora a svegliarlo. 
" Si, suppongo di si." Risponde il mio amico, mentre mi accovaccio sul pavimento, facendo leva sui piedi per potergli dare meglio un ceffone. 
Così impara, razza di...
proprio mentre sto per tirare il segno, Andrea mi afferra il polso e apre gli occhi,voltandosi verso di me.
Per un attimo tutti i muscoli del mio corpo, si contraggono.
" Ma sei matta?"
"Tu!" Urlo, alzandomi in piedi.
Gli occhi di Andrea mi rivelano esattamente la sua identità. 
E' lui, l'oggetto del mio sogno erotico ed il mio Edward Cullen, venutomi in salvataggio, ieri sera.
"Che diavolo ci fai tu, qui?" Mi dice, in tutta tranquillità, passandosi una mano tra i capelli. 
" Che ci fai tu, qui! Non sapevo fossi il fratello di Alex!" 
"Sorpresa!" Mi dice, con un tono di voce canzonatorio.
"Allora lo conosci." Mi dice Alex.
" La conosci anche tu?" Chiede Andrea.
Senza maglietta è ancora più sexy e i capelli decisamente spettinati, mi ricordano del sogno.
Caccio via l'immagine di lui che mi sfiora e assumo un'aria seria e circospetta.
" Certo che la conosco, è Azzurra, la ragazza che ci ospiterà a casa sua."
Andrea guarda prima il fratello, poi me.
I suoi occhi mi penetrano in testa.
" Credevo parlassi di Azzurra, la figlia di Amstrong."
" Ieri sera avevi bevuto o cos'altro?"
" Non ho bevuto, ieri sera. Ero impegnato a salvare la vita di qualcuno." Andrea si volta verso di me e io abbasso gli occhi.
" Comunque non è la figlia di Amstrong." Sussurra il fratello.
" In tal caso..." sorride. "credo proprio di aver cambiato idea." Mi mangia con gli occhi e si avvicina. " Ci divertiremo un mondo."
Alex si mette in mezzo a noi due e porta una mano sul torace del fratello. 
" Al massimo quello che si divertirà, sarai soltanto tu, Andrea. Giù le mani da Azzurra, non ha bisogno di bastardi intorno."
" Fratello, lo sai anche tu che più mi privi di una cosa, più la ottengo." 





Spazio d'autore.
Ciao e scusate il ritardo.
Bene, bene.
Volevo ringraziare chi ha recensito e chi lo farà.
(La storia va avanti anche per voi, perché senza incoraggiamenti, mi spengo.)
Sono un po' come Azzurra, perché quando comincio una cosa, non riesco mai a portarla a termine.
In ogni caso, avevate ragione,sono così prevedibile?
Ebbene si, il nostro sconosciuto è proprio lui, Andrea.
Azzurra è seriamente attratta da lui ed è una cosa che non era mai accaduta prima d'ora, ma nonostante questo, lo trova insignificante, dal punto di vista caratteriale.
Ma Andrea non è soltanto fisico e occhi, c'è molto di più.
Quel più che scoprirete, leggendo ancora la mia storia.
Inoltre, avrete notato che il nostro Alex, alterna momenti di dolcezza, con la nostra Azzurra.
Ma non sarà che...
Boh, magari è solo un impressione, o no?
E voi preferite Alex o Andrea? Scrivetemelo!
Scusate se ci sono errori e se non ho messo molte riflessioni che riguardano il padre, ma ho preferito incentrare tutto su di loro, per questa volta.
Fatemi sapere come vi sembra, un abbraccio!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


 

L'amore è non riuscire a fare a meno della voce di qualcuno.

-Tiziana Laudani.

 




Tornerà mai come prima?
Come prima, quando mio padre mi leggeva le favole sul lettone e io mi sentivo la bambina più fortunata del mondo?
Quando prendevo la rincorsa per saltargli addosso.
Quando non avevo paura di guardare negli occhi una persona, terrorizzata dalla paura di perderla, così, dal nulla.
Quando cantavamo le canzoni in inglese, inventandoci le parole.
Tornerò mai a sorridere come quando mio padre imitava Fantozzi? 
Quando passeggiavamo mano nella mano e compravamo gelati così grandi da non riuscire neanche a mangiarli tutti.
Vorrei poter guardare avanti, vederci la mia vita.
Vorrei poter essere una madre diversa dalla mia, insegnare ai miei figli che non bisogna mai aver paura dei legami.
Vorrei poter guardare avanti e vederci una ragione per continuare a sorridere.
Vorrei poter dire a mio padre che mi manca, più di quanto immaginavo e smetterla con questa tremenda paura di deluderlo.
Socchiudo gli occhi, mentre seduta sulla macchina di Alex, il cielo scorre veloce.
E' così strano, pensare a mio padre in questi momenti, mentre la vita corre così veloce e non riesce a darmi neanche il tempo di capirci qualcosa.
La verità è che sento mio padre ancora qui.
Lo sento respirare, lo sento mentre canta i Nirvana davanti al computer, lo sento dentro.
Lo sento nella pelle, nelle vene, fin dentro le ossa.
"Tutto okay?"
"Si, scusa."
"Pensavi ad Andrea?" Mi volto a guardarlo e sorrido.
Andrea è il fratello di Alex e come se non bastasse il mio sogno erotico.
Ho impiegato almeno venti minuti, prima di tornare in me e smetterla di fissarli.
Le parole di Andrea, comunque, mi sono piombate addosso e non credo di poterle cacciare via, molto facilmente.
Alex mi ha detto che a lui piacciono le sfide e più una cosa gli si nega, più riesce ad ottenerla.
Intrigante? Si, l'ho pensato anch'io, prima di capire che è soltanto un idiota che gioca a fare l'uomo, che è spocchioso, irritante e un bambinone. 
Io sarei il giocattolo nuovo per lui e questa idea mi repelle.
Non sono un oggetto, ne tanto meno voglio avere a che fare con lui.
Uno che mi ha baciata, senza neanche sapere il mio nome e poi è sparito.
No, in realtà mi ha salvata anche, ma per questo l'ho ringraziato. 
Forse non riesco a sopportare che se ne freghi o ancora peggio, mi veda come un oggettino da quattro soldi.
Esattamente come tutte le altre.
Chissà quante ragazze ha tradito, deluso e preso in giro. 
Noi ragazze ci colpevolizziamo sempre. 
Il carattere sbagliato, la timidezza con cui scontrarsi. 
Le insicurezze quando è sera tardi e il cielo è troppo buio anche per sognarci sopra.
Noi pensiamo che se un ragazzo non ci vuole bene, è colpa nostra. 
Abbiamo fatto i conti sbagliati, ci siamo illuse, siamo delle povere sceme, pensiamo che se non ci vuole bene è perché non non siamo state capaci di farci voler bene. 
Forse siamo un po' tutte delle scrittrici mancate, quando scriviamo pagine e pagine di diario con mille vaffanculo e troppi -mi dispiace se sono così.-
A me invece dispiace se tutti gli altri non si accorgono di quanto siamo belle. 
Di quanta poesia abbiamo dentro. 
Di quante volte ci capita di piangere davanti ad uno specchio e di quante altre volte ci mettiamo un rossetto rosso e usciamo come se fossimo capaci di stendere ogni uomo nel raggio di venti chilometri. 
A me dispiace se tutti i ragazzi non si accorgono di quanto siamo capaci di amare.
Di come camminiamo per strada, sentendoci tremendamente fuori posto con un sorriso che scioglie le parole e tutti i sentimenti che ci portiamo a spasso.
Noi siamo poesia, la mattina presto, quando ci alziamo. Apriamo gli occhi, sbadigliamo, guardiamo alla finestra e sembriamo neve. 
Siamo sensualità, appena uscite dalla doccia con i capelli bagnati, legati in una coda per niente perfetta, senza trucco e con l'anima in tempesta.
Siamo capriccio, il sabato sera sulle giostre.
Siamo fragili con un vestitino leggero addosso e siamo donne con altissimi tacchi ai piedi. 
Noi siamo tutto questo. 
E mi dispiace se la' fuori non se ne sono ancora accorti.
L'uomo che ci ama, decide di amare l'universo e non lo sa nemmeno.
Sospiro e mi mordo il labbro inferiore.
Comunque, scoprire che Alex è il fratello di quell'idiota, mi ha stravolta.
Come potevo immaginare che un ragazzo così spocchioso e sicuro di se', potesse avere a che fare con Alex?
Lui è così tranquillo, insicuro e docile.
Il giorno e la notte.
" No, ma che dici." 
" Ti piace, vero?" Vedo un lampo di delusione nei suoi occhi.
" Scherzi? E' insopportabile." 
"Le ragazze che gli sbavano dietro, non la pensano come te."
" Io non sono quel genere di ragazza." Sussurro e lo vedo, mentre assume un'aria divertita.
Attraversiamo un incrocio e il silenzio si espande a macchia d'olio.
Non è un silenzio imbarazzante, ma uno di quei silenzi che precedono quei discorsi che ti lasciano col fiato sospeso.
" Azzurra." Mi dice, poi.
" Si?" Mi volto a guardarlo e lo vedo, concentrato sulla strada, con le labbra scure e gli occhi così tremendamente verde-azzurri e tanto belli da mandare fuori di testa 
chiunque.
Resta cinque minuti in silenzio e poi si volta a guardarmi.
" Nulla, ho dimenticato quello che dovevo dirti." Mi metto a ridere.
" Pensa a guidare, dai."
Arriviamo a casa mia e Alex accosta; 
"Ci vediamo domani, pilota." Sussurro, con aria divertita, mentre apro la portiera della macchina " 
Lui si sporge fino ad arrivare quasi interamente sopra di me e richiude lo sportello, guardandomi negli occhi.
Per un attimo il mio respiro si ferma.
" Secondo te, cos'è l'amore?"
"Perché me lo..."
"Rispondi, cos'è?"
"L'amore tra due persone o l'amore, in generale?"
"In generale."
"Non poter fare a meno della voce di qualcuno." Dico, pensando a mio padre. " Secondo te?"
" E' quando la persona che ami ti guarda e allora tu dimentichi quello che volevi dire."
Mi sorride, timido e mi sfiora i capelli.
"Grazie Azzurra." Dice.
" Per..." respiro piano. "per cosa?"
" Per la tua ospitalità."
"Giusto. Ci vediamo stasera alle dieci." Scendo di fretta dalla macchina e senza voltarmi corro al cancello di casa mia.
Che significava? Socchiudo gli occhi, ancora scossa e dopo aver mandato un sms a Clarisse con l'invito ad andare da qualche parte insieme, mi infilo dritta nella doccia.
L'acqua spazza via tutto.
Le mie insicurezze, le mancanze, le parole di Alex.
Mia madre. 
Dov'è adesso?
Le persone cambiano. 
E cambiano le cose, le giornate di Maggio, il colore delle mura di una città, il pavimento delle case, il cielo e le lettere che si scrivono troppo spesso e non si spediscono
mai. Io non sono mai cambiata. 
Ho sempre i soliti occhi e le solite parole da dire. 
Ho sempre le risposte pronte per chi vuole giocare a fare il più furbo. 
Non sono mai cambiata, neanche quando la mia vita lo ha fatto. 
Ho cambiato casa, ho cambiato amicizie, ho cambiato musica, ho cambiato diari, banchi, scuole. 
Ho conosciuto troppe persone e mi fa schifo, sapere che adesso non mi concedo un saluto. 
Tengo addosso i segreti di tutti;
ho ancora addosso i segreti di chi non conosco più e la cosa che mi fa più ridere è che non li ho mai detti a nessuno. 
Ho sempre gli stessi occhi e mi guardo allo specchio domandandomi cosa c'è di sbagliato in me. 
Nascondo le ferite sperando che guariranno. 
Ma quando guarisce una ferita grande quanto tutto il corpo?
 
 
 
 
 
"Non posso crederci!!"
"Shh. Parla piano!"
Io e Clarisse siamo andate in un bar, a prendere un gelato e a parlare della mia crudele sorte.
Si, crudele.
Il bar è semplice e fresco.
"Aspettavo una tua chiamata ma a quanto pare eri impegnata." Sorride, Clarisse.
"Smettila." La fulmino con gli occhi.
" Il bel tenebroso e il cucciolo tenero? Bella contesa." 
Ordiniamo un gelato e sorridiamo entrambe per la nostra solita scelta.
Pistacchio il mio, Nocciola, il suo. 
"Ma di che parli? " 
" Dai, è evidente che piaci ad entrambi."
" Non credo, al massimo Andrea vorrebbe portarmi a letto."
"Oh, si, certo, invece Alex vorrebbe giocare a monopoli con te."
"Ma la smetti? Io e Alex siamo amici."
" Tu forse non ci hai mai fatto caso, ma la parola amici contiene anche la parola ami? "
"Clarisse, Alex non è innamorato di me."
"E Andrea?"
" Quello è completamente preso dalle altre, se ne frega di me."
" Si, infatti il tizio che ti ha infilato la lingua in bocca, non era lui, ma suo fratello gemello."
"Era ubriaco perso."
"Però ricorda tutto. Allora, tu non vorresti mai andare a letto con lui?"
" Si."
"Si?"
"No!?"
"Insomma! Mi fai confondere! Io voglio soltanto dire che non andrei mai con lui, insomma, è molto bello e sexy e l'ho sognato nudo, cosa che alimenta la mia...
ommioddio, basta. "
"Azzurra?" 
"Che c'è!?"
"Non voltarti, ma dietro di te c'è Andrea." Ignorando le parole della mia amica, mi volto per guardare e lo vedo.
Indossa un paio di jeans strappati e una maglietta a maniche corte bianca che riesce a rendere ben visibile i suoi addominali decisamente scolpiti, ma non è solo.
Una ragazza bionda e con soltanto un vestitino striminzito, è praticamente appiccicata a lui.
"Neanche se ti avessi detto di girarti!" Si lamenta Clarisse.
"Ero curiosa. Ma quella non è... Alessia?"
Alessia era la mia peggior nemica, ai tempi delle medie.
Bella da far paura ma tremendamente stupida e superficiale.
Non la vedevo da un po'.
"Direi proprio di si, e direi anche che è un incrocio tra Belen Rodriguez e a giudicare dalle gambe, la Fox." 
"Un incrocio nel senso che è una bastarda?" Il mio sorriso si allarga e Clarisse finge un applauso, compiaciuta.
"Queste battute non sono da te. " Mi dice. "ma sono grandiose."
Mentre sto per voltarmi dalla mia amica, Andrea sposta lo sguardo dalla mia parte e i nostri occhi si incontrano.
Sposto lo sguardo e torno a dargli le spalle.
" Sei gelosa marcia."
"Di un estraneo? Certo che ne hai di fantasia, tu."
" Moltissima."
Il cameriere ci porta i gelati ed entrambe cominciamo a mangiare, dimenticando provvisoriamente Andrea.
Chissà cosa diavolo starà facendo con Alessia.
Ma infondo lo dicono tutti, no? Lui è uno stronzo, il tipo da una botta e via, superficiale e privo di valori e io mi ero addirittura illusa che lo avessi colpito davvero.
Andrea fa così con tutte.
"Capisco che non riesci a dimenticarmi, ma addirittura seguirmi..." la sua voce si insinua tra i miei pensieri e sento il soffio leggero delle sue parole, sulle mie orecchie.
Si è accovacciato e ha appoggiato il suo mento sul mio collo, sussurrandomi.
Mi volto di scatto e lo vedo sorridere.
L'immagine di lui che mi sfiora il seno e il ventre e il collo, mi manda in tilt e sposto di nuovo lo sguardo.
Resisti, Azzurra.
" Sono arrivata prima io, quindi quello che mi segue, al massimo, sei tu."
" Ho di meglio da fare." 
" Come uscire con lei?"
"Non mi limito ad uscirci." Ammicca e la ragazza vicino a lui abbassa lo sguardo, timida.
Ah, quindi quando lo scopi non ti vergogni, e adesso sei timida?
Okay, sto esagerando e devo contenermi!
"Poveretta."
"Gelosa?"
"Per niente." Ringhio.
Clarisse mi da un pizzico sul braccio, mentre Andrea è impegnato a sorridere alla bastarda. 
"Lei è Clarisse." Dico.
" Piacere." 
" Il piacere è mio." Ammicca lui e poco dopo, mi indica la sua amica.
" Lei è Alessia."
" Piacere." Sussurra lei.
"La conosco già."
Andrea si avvicina a me e porta una mano sul mio mento. 
" Ah, mi raccomando, se stanotte non riesci a dormire perché pensi troppo a me, prendi un sonnifero."
Il motivo delle tue notti insonni.
Le sue parole rimbombano tra i miei ricordi.
Maledetto sogno.
Decido di vendicarmi e mi alzo, risoluta e fredda come il ghiaccio.
Sono molto brava in questo.
" Andrea, le uniche ragazze che non riescono a dormire la notte, sono quelle che ti scopi. Nessuno perde tempo a pensarti in altri momenti."
Lo vedo assumere un'aria sorpresa, allontanandosi senza rispondere.
"Azzurra, ti ho trasformato in una macchina da guerra." Ride la mia amica.
"Quel ragazzo mi irrita, ecco perché sono così acida."
"Si, ti irrita perché tra di voi c'è una tale attrazione da far tremare le sedie."
Finiamo di mangiare il nostro gelato e dopo aver chiacchierato per un tempo quasi infinito, decido di andare nella casa al mare.
Manca qualche ora, prima che arrivino i ragazzi.
La casa è ancora esattamente come l'abbiamo lasciata.
I mobili un po' impolverati, vecchie fotografie lasciate qua e la, un tappeto sporco di vino e le finestre chiuse.
In ogni angolo c'è mio padre.
In mezzo ai quadri e nell'orologio grande, appeso in cucina.
Mi sembra di tornare bambina e per un attimo mi manca anche mia madre.
La morte di mio padre ha portato via anche lei.
Vorrei sentirmi amata soltanto un po' e non aver più paura che sparisca via, insieme al suo nuovo uomo.
Mi guardo intorno, mettendo le lenzuola pulite sui letti e togliendo polvere e macchie sui pavimenti; impiego più tempo del previsto a sistemare tutto e mi accorgo 
di quanto sia tardi.
Alex e Andrea dovrebbero essere qui tra pochissimo. 
 Prendo un elastico dalla mia borsa e mentre lego i capelli in una coda, noto la chitarra di mio padre sul divano.
 
 
 
 
" Mi insegnerai a suonare, un giorno?"
" Se vorrai."
" Vorrò, papà."
" Ti piace la musica?"
" Tutti ascoltano musica, no?"
" Si, amore mio, ma non ti ho chiesto se la ascolti, ti ho chiesto se ti piace. La ascoltano tutti, certo. La musica fa parte della vita di una persona, anche mentre parliamo, 
stiamo ascoltando musica; l'intonazione della nostra voce, è musica.
Le pubblicità, contengono una musica, i film hanno le colonne sonore, al supermercato c'è la musica.
E' ovunque.
Ma se la musica ti piace, allora è diverso.
Una nota, diventa casa tua e le melodie un segreto da custodire."
" Mi piacerebbe avere una colonna sonora tutta per me, come in un film. E vorrei che partisse una canzone, ogni volta che succede qualcosa nella mia vita."
" Come se adesso, abbracciandoci, sentissimo una canzone?"
"Si."
"Comincia a cantare nella tua testa."
"Okay papà."
"Ti senti meglio?"
"Promettimi che mi insegnerai, papà."
" Lo farò, te lo prometto. Ma dovrai impegnarti e ascoltarmi."
" Non vedo l'ora."
" Ma non dirlo alla mamma, altrimenti si arrabbia. "
"Perché?"
"Secondo lei, la musica è per i perdenti."
" Allora dovrebbe tapparsi le orecchie anche quando respira."
"Giusto." 
"Promettimi che qualsiasi cosa succeda, imparerai a rifugiarti nella musica. Ti protegge e non ti giudica."
"Promesso."
 


Spazio d'autore
Okay, prima di tutto, grazie per le recensioni!
Siete dolcissime e non immaginavo di suscitare la vostra curiosità.
In questo capitolo ho messo un po' di tutto. 
Andrea, come potete vedere, è più stronzo di quel che sembra.
Alex invece è un cucciolo.
Che ne pensate?
Inoltre, Clarisse insiste sul fatto che entrambi sono attratti da lei.
Sarà mica vero?
Il padre di Azzurra è morto senza mai insegnare la chitarra alla figlia, infrangendo una promessa, fattagli anni prima.
Qualcuno, riuscirà a mantenerla, al posto del padre?
Nel prossimo capitolo, vedremo finalmente la nostra Azzurra, alle prese con i due fratelli, insieme.
La notte, si avvicina.
Quanto bollente, sarà?
Continuate a seguirmi e recensitemi. 
Ps: scusate per gli errori ma vado di fretta!
Perdonatemi!
Ps2: Nel primo capitolo, ho messo l'immagine di Alex, Azzurra e Andrea.
Penso che adesso potrete finalmente capire come li immagino io.
Provvederò a metterla in tutti capitoli e non solo nel primo, ma il tempo mi è tiranno.
Un abbraccio.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Hopefulheart Jason Walker.
Colonna sonora del capitolo.

Non è forte chi dimentica tutto,  è forte chi impara a conservare i ricordi e ci convive.
-Tiziana Laudani.



La mia vita è sempre stata un continuo fuggire;
fuggo da me stessa, fuggo dalle cose che potrebbero farmi del male, fuggo dalle persone.
Fuggo da quella che sono e provo sempre a dimenticare.
Niente può scalfirmi, se non lo permetto.
Decido io se l'amore deve farmi stare male o se un litigio farmi piangere.
Decido io per tutto.
Clarisse dice che sono soltanto stronzate e che non sono mai stata male per amore, soltanto perché non mi sono mai innamorata.
E in fondo è vero.
Insomma, io credo di avere il mal di vivere.
Quello che senti alla bocca dello stomaco ogni volta che ti capita di affrontare qualcosa di nuovo, quello che non ti permette mai di mettere in gioco tutto, di cambiare i piani, di stravolgere il tuo mondo.
Quello che non ti permette di lasciarti andare con nessuno.
Niente mi appassiona, ormai.
E' tutto un enorme guardarsi intorno, per trovare le cose giuste, le cose belle, le cose che smuovano in me qualcosa.
E poi non trovare niente.
Ogni volta che parlo con una persona, lascio una parte di me, delle mie esperienze, del mio tempo.
E' una vita che regalo parti di me, alla gente. 
Ho regalato parti di me a persone che dopo, sono sparite. 
Ho regalato parte del mio tempo. 
Anche solo per poco. 
Anche solo per gioco, divertimento, noia. 
Anche solo tra le parole incatenate da silenzi. 
Anche per lettera o sms.
Anche per capirci qualcosa sull'amore o per amicizia. 
Anche per così, perché tanto dopo le cose cambiano, le stagioni si svuotano, le persone si dimenticano. 
E allora mi sono chiesta se fosse giusto. 
Se dimenticarsi, fosse giusto. 
Insomma, se fosse giusto incontrarsi dopo due anni e non sapere qual'è la parte giusta, se ne esiste una. 
Non riconoscere due occhi. 
Lasciare che l'indifferenza divori le parole, i significati, il tempo stesso. 
Mi sono chiesta se quando, dopo anni, incontri quella amica, riesci a non sorriderle, riesci a guardarla e a non pensare che lei c'era. 
C'era e adesso è un'estranea. 
Non si dimentica, questo lo so.
Perché si conserva. 
Nella maggior parte delle volte, si conserva. 
Ma col tempo ho imparato a non provare troppo dolore.
Si conserva quel segreto, scritto e riscritto nelle pagine di un diario, si conservano quegli sguardi che sembravano poter durare per sempre. 
Si conservano le esperienze, il tempo, le parti che ci si scambia e che forse si è incapaci di riprendere indietro. 
Mi sono chiesta se fosse giusto. 
Se fosse giusto trovarsi in un bar e avere vicino la persona che amavi, anni prima. 
Respirare la stessa aria di lacrime e vita nuova, incapace di un saluto. 
Ma cos'è un saluto paragonato ai sogni che vi scambiavate nelle giornate troppo calde fatte di stelle e abbracci sinceri? 
Non lo so. 
Non so se in realtà, lasciare che chi si è spento, dentro la tua vita, non riesca più a raggiungerla. 
Non so neanche se raggiungerla è quello che vuole. 
Ma regalare parti di te, a persone che spariscono, è come lasciare un album di ricordi appeso sui muri di ogni città e sfogliarlo ogni volta che per caso ci si incontra, non fa altro che delucidare i dettagli. 
Quante persone hanno ancora parti di te, dentro loro?
Quante persone conservano ricordi, esperienze, sorrisi, pensieri, che sono tuoi?
Il mio primo ragazzo è stato Davide.
Avevo sedici anni e troppa voglia di incontrare l'amore vero.
Davide era carino, io invece ero stupida.
Davide è stato il mio primo bacio e mi sono sentita felice come non lo ero mai stata, perché credevo fosse quello giusto.
A lui piacevo davvero, forse.
Aveva avuto una storia di tre anni, io ero l'altra dopo il suo vero amore, ma a lui piacevo.
Mi mandava sms d'amore e mi portava al cinema.
A lui ho regalato il mio meglio, forse.
La dolcezza e il mio lato semplice.
Ma dopo tre mesi, ho capito che io, non ero quella giusta per lui e l'ho mollato, con la scusa più banale del mondo.
Perché io faccio così, io me ne vado.
Oppure arrivo tardi. 
Ho sempre desiderato essere il cambiamento di un ragazzo. 
Insomma, volevo essere quella che:
' non ti dimenticherò mai. ' 
Non credo sia mai successo. 
Io sono una di quelle che se non le vivi, non le ricordi. 
Volevo essere il vero amore e sono sempre arrivata tardi;
ero l'altra, dopo lei. 
ero quella del ' giuro che non la penso più, adesso mi importa solo di te. ' 
Quella che adorava certe frasi, le stesse che erano state dette, già una volta. 
E' sempre stato questo il mio problema; sarà che non sono rimasta abbastanza nella vita di una persona, abbastanza per poter sentirmi dire che io, ero il vero amore, che io ero l'eccezione.
Sarà che non sono nata per essere il vero amore di nessuno. 
Sospiro, seduta nel divano e con la chitarra tra le gambe.
Non sarò mai la persona giusta per qualcuno.
C'è una parte di me che ha preso il sopravvento, ultimamente. 
La parte che mi difende dal mondo, la parte che mi fa stare meglio, quella che non è mia ma ho costruito con orgoglio. 
E' lei quella che, è inutile parlarne, lotta contro gli amori mancati, le amicizie finite, la solitudine la domenica sera. 
Quella parte non ama, non sorride neanche tanto, evita e basta.
Quella parte urla, si arrabbia e non si affeziona mai. 
Poi però c'è un'altra parte. La mia. 
Quella parte di me che non può cambiare, e allora si nasconde e basta. E' quella parte che sogna, che sorride tanto, che si fida del mondo. E' discreta, non si arrabbia. 
Adora i film romantici e aspetta ancora l'amore vero, quello che riconosci subito perché sa di magnolia e fiori profumati. 
C'è una parte di me che è rimasta bambina, che ama ancora i gesti semplici e ci crede. 
Ed è così difficile nasconderla al mondo intero. 
E' difficile perché ad amare, son bravi tutti, ma lo sono di più a spezzarti il cuore. 
E allora non voglio che qualcuno la ferisca ancora, quella parte è roba mia, mi tiene viva, mi fa leggere lunghissimi romanzi d'amore, mi fa vivere emozioni stupende e mi rende migliore. Possono anche scalfire la stronza che è in me, quella che se ne sta per fatti propri, non vuole l'amore e non crede più a niente, ma l'angelo che ho dentro, quello nessuno lo avrà mai.
Adoro passeggiare da sola in riva al mare e non m'importa se qualcuno mi sorride, io non mi fermo a parlare.
Non guardo mai la televisione e resto sveglia tutta la notte, soltanto per finire di leggere un libro.
Quando qualcuno mi dice che sono bella, io divento rossa,e non importa che sia mia madre,un amico o Clarisse, io divento rossa comunque.
Ho paura quando chiudo gli occhi, perché tutte le mancanze tornano a farsi sentire.
Mi arrabbio per le sciocchezze e non ho mai fatto l'amore con nessuno.
Non ho mai visto le stelle con nessuno, non sono mai andata al mare con nessuno ne ho scritto il nome di qualcuno su un diario da conservare per sempre in un cassetto che si apre a stento. 
Mi piace ascoltare la musica la sera tardi, mentre guardo le stelle. 
Quando preparo una torta, mangio tutta la panna e alla fine devo uscire a comprare altra panna.
E sono più fragile di quanto sembro.
Tanto fragile da piangere ogni volta che guardo Dumbo.
E poi dimentico sempre di mettere il tappo al dentifricio e riesco solo ad abbandonare.
Conosco così bene l'amore in teoria e così male, in pratica.
La verità è che ho paura.
Paura, perché ogni persona che si è avvicinata a me, alla fine è andata via.
Allora la precedo: me ne vado io, prima.
Prima di legarmi davvero a qualcuno che non farà neanche mai parte del mio futuro, prima di ritrovarmi in camera mia con una stupida foto, chiedendomi dove diavolo ho sbagliato.
"Ehilà, c'è nessuno?" Sento la voce di Andrea, ammiccante, come al solito. 
I miei pensieri corrono al riparo e adagio la chitarra sopra il divano, correndo ad aprire la porta.
"Ciao."
" Ciao." Sussurra lui.
"Come...stai?" 
"Alla grande. Tu?"
"Sto bene."
"Allora, mi inviti ad entrare, o preferisci che dorma qui?"
"No,entra, prego." 
"Grazie." Mi dice lui in un sospiro, avvicinandosi al mio viso, mentre mi sorpassa per entrare a casa.
Andrea è davvero bello.
"Alex?" Chiamo, sporgendomi un po' dalla porta.
"Non ti sprecare, non è venuto."
"Che significa?"
"Che non dormirà in questa casa, stanotte."
"Perché?"
" Mia cugina è in ospedale da sola. Abbiamo fatto testa o croce e indovina un po' a chi è toccato passare la notte in ospedale con lei?"
Fantastico.
Dovrò dormire nella stessa casa con questo idiota, da sola?!
"Tranquilla, farò il bravo." Mi sorride.
"Immagino, Andrea." Dico, a denti stretti. 
Lo vedo camminare per la casa, guardando quadri e foto, sfiorando di tanto in tanto qualche mobile.
Il suo modo di guardarmi mi mette in soggezione. 
Si passa una mano tra i capelli e sorride, poi prende una foto in mano e mi guarda di nuovo.
" E' tuo padre?"
"Si." Dico.
"Alex mi ha detto che è morto."
" Già."
"Mi dispiace." Per la prima volta, da quando lo conosco, non vedo alcun ghigno malizioso sul suo volto.
" Si, lo dicono tutti. "
"Lo immagino. Non deve essere facile, vero?"
"No, per niente. "
"Quando perdi qualcuno che ami, ti sembra di impazzire, però poi migliora."
"Non penso migliorerà mai."
" Quando ti procuri una ferita profonda, esce tanto sangue, vero?"
Lo guardo confusa, che diavolo centra la ferita con la morte di mio padre?
"Che..."
Si avvicina pericolosamente e mi prende un polso, girandolo e facendomi aprire il palmo della mano.
"Vero?"
"Di solito."
" E fa male tanto da non riuscire a pensare ad altro."
Con un dito, scorre lungo il percorso della mia vena e mi viene la pelle d'oca.
"Si."
" Ma poi vai all'ospedale e un medico ti chiede spiegazioni, tu racconti tutto quello che è successo e noti che la ferita continua a sanguinare."
"Dove vuoi arrivare?"
" Quando hai finito di raccontare di come ti sei procurata la ferita, il medico decide di darti qualche punto, anzi, decide di darti tanti, tanti di quei punti da chiudere la ferita e non permettere più al sangue di uscire. Ecco, la ferita si è chiusa." Sorride e disegna un cuore immaginario sul mio polso, poi lo avvicina e lo bacia." rimarrà per sempre la cicatrice e ogni tanto, la sentirai pulsare e ti ricorderà di quanto male faceva. Ma migliora."
Sono strabiliata.
"Sembra che tu sia un esperto." Il suo viso si fa cupo.
"Lo sono." Si volta e con un gesto tranquillo, sistema la fotografia."Allora, mi lasci dormire per terra, o hai un letto per me?"
Lotto con tutte le mie forze per spostare lo sguardo altrove, ma i miei occhi sono fissi sui suoi.
Come può soltanto un secondo prima, sembrare così straordinario e un secondo dopo, tornare l'idiota di sempre?
Sospiro.
" Vado a sistemarti il letto, tu non muoverti." Lo minaccio con un dito.
" Sissignora." Mi prende in giro lui.
Mi dispiace per Alex, sono certa che sapermi con suo fratello, per tutta la notte, non gli piacerebbe affatto.
Mi guardo intorno e una miriade di ricordi mi sovrastano.
Io e papà, mentre dormiamo sul suo letto.
Mamma e papà che giocano alla lotta di cuscini. 
Io che rido.
Dove sei papà? 
Hai dimenticato di portare via con te tutto.
I ricordi, questa casa, il tuo profumo, i tuoi vestiti, le foto. 
L'amore.
Me.
Mi hai dimenticata, papà.
Sospiro.
Sistemo come posso la stanza dove dormirà Andrea e passo anche a dare un'occhiata a quella di Alex, cambiando le lenzuola e mettendo i cuscini.
E' tutto in ordine.
Mentre prendo alcuni bracciali ed elastici, dimenticati da chissà quanto tempo nel cassetto, mi sento vuota.
Mi manca mio padre, mi manca mia madre.
Mi manca quello che eravamo.
Sento qualcosa e mi mordo il labbro inferiore.
Una melodia si diffonde su tutto il mio corpo e alcuni brividi raggiungo la schiena. 
Andrea canta una canzone e...
e sta suonando la chitarra di mio padre.
Sospiro e mi accovaccio a terra, con gli occhi lucidi.
Non sono arrabbiata con lui per aver suonato quella chitarra, in fondo non poteva saperlo, non posso essere arrabbiata con lui, non dopo quello che mi ha detto.
Metto due bracciali in tasca e l'elastico sul polso, lasciando un solo bracciale sul comodino, poi mi avvio in cucina.
Mi nascondo come posso, dietro la porta. 
Andrea ha i capelli scarmigliati e si è tolto la t-shirt, ha un aria così tremendamente stupenda, che non riesco a pensare ad altro.
Lo conosco da così poco tempo, eppure mi ha già conquistata.
Fisicamente, almeno.
Sorrido e mi avvicino a lui.
"Sei bravo."
"Lo so." Sorride.
"Che modesto."
"Non è uno dei miei pregi principali, la modestia."
"E allora qual è?"
" Mmh." Smette di suonare e si volta a guardarmi. " la sicurezza."
" Pensavo non ne avessi neanche uno." Lo prendo in giro.
" Quel giorno, alla festa, non sembrava la pensassi così." Arrossisco e abbasso gli occhi.
" Tranquilla." Sussurra. " è legge di natura. L'uomo è attratto dalla donna, esattamente come la donna lo è dell'uomo. Siamo nati per scopare e procrearci, quando vogliamo." 
" Che romanticismo."
" Romanticismo? " Lo sento ridere.
" Si, romanticismo. Quella cosa che ti porta a credere che non siamo nati per scopare, siamo nati per amarci. l'uomo ama una donna, esattamente come la donna, ama un uomo. Siamo nati per amare." Dico, seria e coincisa.
" Azzurra, Azzurra, Azzurra." Pronuncia il mio nome più volte e questo mi fa venire inspiegabilmente i brividi. " L'amore è un invenzione dell'uomo."
" Non è vero."
" Si, invece. L'hanno inventato principalmente per giustificare l'atto fisico. Alcune donne non fanno sesso, con un uomo che non amano e allora si dichiarano innamorate di tutti quelli che incontrano. Alcuni uomini, poi, non faranno mai sesso, se non fanno credere a tutte le donne con cui stanno, che sono innamorati di loro. Poi ci sono quelli come me, che dicono come stanno le cose e hanno i giri giusti per conoscere quelle che se ne sbattono dell'amore, anzi, se ne sbattono in generale." Sorride enigmatico e io mi mordo il labbro, raddrizzando la schiena e assumendo la mia solita aria da risoluta.
Mi avvicino a lui e sorrido.
" Andrea, Andrea, Andrea. " Lo vedo irrigidirsi e questo mi piace. " le donne sono disposte a fare sesso, per amare un uomo e gli uomini ad amare, per fare sesso."
Mi siedo vicino a lui. " Ma quelli come te, hanno amato una persona tanto da starci male."
" Può darsi." Mi sposta una ciocca di capelli da viso e si avvicina per baciarmi e io mi volto di scatto.
" Io non sono nata per scopare, tesoro." Gli accarezzo una guancia e dentro di me, esulto come una bambina. " Buonanotte, Andrea."
Lo lascio sbigottito, sul divano, mentre continua a guardarmi insistentemente.
 
 
 
 
Mi guardo intorno e vedo soltanto il mare.
Non riesco a distinguerlo dal cielo, in realtà.
E' così nero da mettere paura e non posso far altro che trattenere il respiro, spaventata e infreddolita come non lo sono mai stata.
Ma dove diavolo sono finita? Mi guardo le mani e noto il mio cellulare.
Provo a chiamare Clarisse, ma non risponde nessuno e allora spengo il cellulare e lascio che cada sulla sabbia.
Sono scalza e mi rendo conto soltanto adesso, di indossare un vestito.
Un vestito bellissimo, bianco e lungo, con uno strascico da sposa.
Sono una sposa?
Il corpetto e pieno di pietre luminose, i miei capelli sono slegati e il vento li scompiglia.
Sospiro e mugugno qualcosa.
Come sono finita qui? Questa non è la spiaggia che casa mia mi offre.
Comincio a camminare e lo strascico del vestito mi segue.
Non è poi così male.
La sabbia è fresca, al contatto con i piedi scalzi e il vento mi leviga la pelle.
Non sono davvero io, questo lo so.
Non riesco a capire cosa mi è successo, ma non sono in me stessa. 
I miei movimenti sono lenti e incalzanti, il mio passo e deciso e cammino verso l'acqua.
Mi decido a fermarmi soltanto qualche secondo, quando il mio vestito si bagna e i miei piedi avvertono un'altra sensazione.
L'acqua del mare.
Guardo la luna e riprendo a camminare.
Piano e con calma, come se fossi dentro ad un film.
Sento qualcuno chiamarmi ma non m'importa, non mi volto.
"Azzurra" Urla ancora. "Stai bene?" 
Si che sto bene.
Sorrido e vedo una barca, piccola e leggera.
Mio padre mi saluta con un sorriso e io ricambio.
"Papà!" Le lacrime cominciano a scendere sulle guance e il mio vestito, ormai è completamente zuppo.
" Azzurra." Continua a chiamarmi la voce, dalla spiaggia.
"Papà! " Chiamo mio padre, ancora e ancora. E lui continua a salutarmi con la mano, come se fosse soltanto una fotografia.
L'acqua comincia a farsi più alta e i miei piedi, a stento toccano terra.
Continuo a chiamare mio padre, fino a quando lo vedo, mentre mi porge una mano.
Provo ad afferrarla ma è troppo lontano.
"Papà, aspettami." Urlo, mentre lui si allontana. 
Lo vedo a poco a poco, mentre sparisce dalla mia vita.
Mi accovaccio, sott'acqua e chiudo gli occhi.
Papà...
"Azzurra!?"
 
 
 
 
Apro gli occhi, mentre continuo a piangere a singhiozzi.
"Papà." Piango.
" Azzurra, ci sono io, tranquilla." 
" Potevo prendere la sua mano, potevo riabbracciarlo." Continuo a piangere.
Mi sembra di impazzire.
Come se ogni cosa sia ferma a lui.
" E' stato solo un brutto sogno." Alex mi abbraccia e solo così riesco a tranquillizzarmi.
Che ore sono?
" Dovresti essere all'ospedale tu, no?"
" Sono le sei Azzurra, gli infermieri mi hanno letteralmente buttato fuori."
" Capisco." 
" Andrà tutto bene." Mi sussurra, mentre mi bacia la fronte.
" Avevo un vestito da sposa e mio padre era su una barca." 
"Devi andare avanti, Azzurra."
" Non ci riesco."
" Ci riesci, invece. Sei forte."
" Mi sento sola, Alex." Confido, in un soffio.
"Ti prometto una cosa; un giorno capirai che là fuori ci sono persone che non ti odiano o ti augurano alcun male, persone con le quali puoi parlare e sorridere, con cui puoi confidarti e di cui puoi innamorarti. 
Non ci sono solo stronzi e delusioni fuori stagione, a volte ci stanno anche le belle discussioni, gli intrecci silenziosi di mani, gli sguardi che si cercano smaniosi. 
Vale la pena vivere, vale la pena sognarci sopra."
Mi prende le mani e riesco finalmente a sorridere.
Un sorriso tirato, ma sincero.
Si allontana da me, soltanto dopo essersi assicurato che sto bene.
" Dov'è mio fratello?"
" Non lo so."
"Come si è comportato?" 
" Credo bene." Dico.
Vorrei non dover fare questi sogni, non dover sognare mio padre in una barca o Andrea nudo.
"Bene, ti aspetto fuori. Andiamo a fare colazione." Mi sorride e si allontana.
Sospiro e cerco il cellulare.
Lo sento squillare.
Scendo giù dal letto e sbadiglio. 
"Clarisse?"
"Dove diavolo sei finita?" 
" Sono nella casa al mare, cosa è successo?"
" Devo parlarti."
" A proposito di cosa?"
" Tua madre."
" Che le è successo, sta bene?"
" Si, ma vieni a casa mia, Azzurra."
Riattacco e la voragine che ho sul cuore, si allarga inspiegabilmente.
Faccio una doccia veloce, lascio i capelli bagnati e corro da Alex, per spiegargli tutto.
Che cosa può essere successo, adesso?
Una volta la mia vita era tranquilla, perché è cambiato tutto?



Spazio d'autore.
Scusate per il ritardo ma sono stata occupata.
Allooora, come vi è sembrato questo capitolo?
Azzurra è ossessionata dalla morte di suo padre e Andrea?
Sembra così strano.
Ha perso qualcuno? Ha amato qualcuno?
Chi è davvero?
Alex, d'altro canto, è sempre visino ad Azzurra.
Come continuerà questa storia?
E Clarisse? Cos'è successo alla madre di Azzurra?
Sta bene?
Continuate a recensirmi e GRAZIE per quelle che lo hanno fatto.
UN ABBRACCIO.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


" Lunedì 23 Marzo. 
Ci sono giorni in cui mi perdo.
Mi sembra dì perdere il sorriso, di perdere la voce, la luce che ho negli occhi. 
La tempesta di sentimenti che ho dentro.
Mi sembra di perdere il colore, il profumo, il sapore delle cose.
I ricordi.
Mi sembra di perdere i ricordi. 
Di perderli tutti, dietro a tutte quelle foto che non smetto più di guardare e che mi vedono al centro del mondo. 
Al centro del mondo.
E allora ti penso. 
Penso ai tuoi capelli spettinati e mi sento meno solo.
Penso alle tutte le lettere che ti ho scritto e improvvisamente mi ritrovo.
Penso alla tua voce, mentre mi dici che andrà tutto bene.
Alle notti passate al telefono.
Alle mie facce buffe, quando sei triste.
Agli abbracci.
Alle strette di mano pacifiste.
Ai mezzi sorrisi quando devo essere arrabbiato e non ci riesco.
Agli sguardi d'intesa.
Alle mie gelosie.
Penso alle tue mani, alle tue parole e al colore dei tuoi occhi e allora sto meglio. 
Ci vedo sorridere come due bambini e mi sembra primavera. 
E mi ritrovo.
Mi vedo incazzato col mondo, per un tuo sorriso, rivolto a qualcun altro.
Qualcuno che non somiglia a me.
E mi ritrovo.
Mi ritrovo persino nelle notti passate a pensarti. 
Consapevole che forse non sarai mai mia.
E nei pugni dati alle porte, alle finestre, quando la voglia che ho di te, è più forte di qualsiasi altra cosa.
E sai, qualcuno mi ha detto che l'amore non è mai come ci aspettiamo. 
Ma allora com'è?
Ma chi l'ha deciso che deve sconvolgere i nostri piani?
Chi l'ha deciso che deve toglierci tutte queste maledette ore di sonno?
Che deve trascinarci prima così in alto, da sentire l'aria fin dentro i polmoni, e poi così in basso, da sentirla attraversare come un fulmine tutto il corpo. 
Chi l'ha deciso che dobbiamo sentirci perennemente con lo stomaco sotto sopra e dobbiamo controllare continuamente che il nostro cuore non esploda fuori dal petto?
Che nessuno si accorga di quanto male riesce a fare.
Di quanto il nostro corpo si ribelli ai nostri piani. 
Di quanto vorremmo piangere e invece resistiamo. 
Chi l'ha detto che il mondo deve sembrarci così dannatamente bello un giorno, e dannatamente vuoto, il giorno dopo?
Ma chi ci ha messo addosso tutti questi sentimenti?
Perché dobbiamo farci i conti? Dobbiamo lottarci contro e dopo desiderare di spegnerli tutti?
Chi l'ha detto che l'amore deve essere così? Mai come ci aspettiamo.
Che deve renderci forti come una roccia e deboli come liquirizia.
Che deve renderci schiavi di un profumo soltanto.
Di un paio di occhi soltanto.
Di un sorriso soltanto.
Di un nome.
Un nome soltanto."



"Allora..." Sospira, indeciso. "Stai bene?"
" No, Alex. " Sussurro.
" Vedrai che andrà tutto bene. " 
"Mia madre è cambiata, Alex. Non è più la donna comprensiva e materna che era una volta, sempre se mai lo è stata." Socchiudo gli occhi. " E questo mi spaventa."
Alex accosta la macchina e prima che riesca a sganciare la mia cintura di sicurezza, mi prende le mani.
" Tua madre ti ama molto."
" Per questo mi ha lasciato per un tizio che neanche conosce bene?"
" Vorrei poter esserti d'aiuto."
Sorrido.
" Tu sei sempre d'aiuto, stupido." Gli scompiglio i capelli e lo abbraccio. 
Scendiamo dalla macchina, mentre il mio cuore sembra essere capovolto.
Ho sempre creduto al valore della famiglia, ma dov'è la mia famiglia, adesso?
La morte di mio padre, mi ha portato via tutto.
Non riesco più quasi a ricordare gli occhi di mia madre, quando c'era ancora vita.
Magari lei sta bene con quell'idiota, magari lo ama, magari si amano, ma nel loro progetto di vita, dove sto io? Mi sono sempre chiesta, come riesce a farlo. 
Come può, una madre, dimenticarsi di sua figlia? Allontanarsi continuamente da lei, chiamandola sporadicamente, per vivere una vita così, senza amore.
Io amo mia madre, perché mi ha cresciuta, quando stava con mio padre.
Ma poi si sono lasciati e io ho perso mia madre.
E quando mio padre è morto, è stato come perderla di nuovo.
Alex mi prende per mano e un brivido mi percorre lungo la schiena.
Lui è così dolce che a volte sembra un bambino, uno di quei bambini che quando li guardi negli occhi, ti sembra di vederci il mare. E' una delle persone più importanti della mia vita.
Suono il campanello e Clarisse mi viene ad aprire, con un pigiama addosso e i capelli legati in una coda disordinata.
Guarda Alex e poi mi fulmina con lo sguardo.
"Dovevi proprio portartelo dietro?" Sussurra, per non farsi sentire e nonostante la tensione, a me viene da ridere.
" Dovevamo fare colazione insieme." Dico. "e tu mi hai chiamata.
" Mi sarei messa qualcosa di più... sexy." 
" Attenta a te, sai?" Le dico io, scherzando.
Guardo il mio amico, e mi sembra di vederlo ridere.
" Non fare la gelosa. " Ammicca lei.
" E' sempre un mio amico."
" Si, ma non il mio." Lo guarda. 
Come riesce a farlo, non l'ho ancora capito, eppure mi rende sempre gelosa, e lo fa di proposito. 
"Dov'è mia madre?" Le dico, poi, mentre mi siedo sul divano di pelle. 
" Senti..." 
" Dov'è?" 
" Sta arrivando." Tiro un lungo sospiro e i miei muscoli si rilassano leggermente. 
" Allora sta bene? Insomma, è ancora intera?" Clarisse fa una smorfia strana e sorride.
"Sta benissimo, amica mia. E' solo che..."
"Che?"
"Ha una bella notizia da darti e... non credo che sia poi così bella per te."
Alex si siede vicino a me, e il suono del campanello si confonde con le nostre voci.
Il mio cuore fa un'altra capriola. 
Clarisse corre ad aprire la porta e Alex si avvicina di più a me. 
"Salve signora." 
" Ciao bella." La saluta mia madre.
La sua voce è mix di felicità e angoscia. 
E per un attimo sento addosso tutti i sentimenti negativi che ho provato per lei.
Lei che chiude la storia con mio padre, e mi lascia a vivere con lui. 
Lei che si trova un'altro uomo. 
Lei che passa più tempo fuori, in giro, con lui, piuttosto che con sua figlia.
Sua figlia, che ogni notte piange perché il ricordo di suo padre sempre troppo forte, sua figlia che deve gestire una casa, una vita, una realtà che non le appartiene più.
La vedo avvicinarsi verso di me e mi fermo, incredula e incapace di parlare.
" Volevo dirtelo. " Sussurra. 
Il suo compagno le si avvicina poco dopo e le prende la mano.
La rabbia prende il sopravvento.
" Non posso crederci." Urlo, mentre Alex e Clarisse si allontanano da noi.
Magari hanno capito che si tratta di una cosa mia e di mia madre.
" Ascoltami..." 
"No, mamma, ascoltami tu! Quando è morto papà, ho dovuto imparare, da sola, a vivere, ho dovuto combattere ogni secondo, sperando che le cose cambiassero. Mi sono sentita così sola, mamma... e tu? Dov'eri? "
" Io..." Sussurra lei, evidentemente sconvolta.
" Dove cazzo eri, mamma?" Le urlo. "Dov'eri quando le foto di papà mi facevano mancare il respiro? Quando non volevo mangiare nulla, perché nessuno cucinava per me?Dov'eri quando la notte avevo la febbre alta, e piangevo? " Sento gli occhi pizzicare e stringo i denti. 
Non voglio piangere. 
" Con lui." Mi dice, indicando l'essere vicino a lei.
" Si, mamma, eri con lui. Eri con lui, a scopare chissà dove, dimenticandoti di avere una figlia! E pensi che i soldi facciano da madre? Che una casa, faccia da famiglia,mamma? No. Pensi che vederti una volta ogni tre mesi, mi faccia stare bene?E adesso, torni con..."indico la il suo ventre e scuoto la testa "con questo, e pensi davvero che sia felice? Ma come puoi rimanere incinta di un figlio se non ricordi neanche di averne un altro?" 
Le lacrime, salate e fredde, ormai scendono senza tregua.
Mia madre è incinta.
E mi chiedo come diavolo farà, a crescere un figlio.
" Io ti voglio bene, Azzurra."
" E allora dimostralo!!!" 
Prendo la mia borsa ed esco fuori da quella casa, senza salutare nessuno, con le lacrime che mi sovrastano. 
Sembro un treno in corsa, mentre mi allontano da quella che dovrebbe essere mia madre. 
Mi siedo su un gradino e poco dopo, Clarisse mi raggiunge, ancora in pigiama. 
" Mi dava fastidio, essere vista da Alex in pigiama, ma adesso che mi hanno vista tutti gli uomini di questa città, mi rendo conto di quanto poco contasse Alex." 
Mi metto a ridere, mentre asciugo qualche lacrima e lei mi abbraccia.
" Tua madre ti vuole bene, Azzurra."
" Incinta. " Sussurro.
" Ci hanno dato dentro." 
" Prima di partorire un bambino, dovrebbe imparare a fare da madre." 
" E che dovrebbe fare, abortire?" 
" No, certo che no." Dico. "ma non è giusto, Clarisse. Ha chiamato te, invece che me e non ha neanche avuto la decenza di parlarmene subito."
" Perché è spaventata e... stronza." 
" Vorrei solo avere una madre." Una lacrima scende copiosa sulla guancia e la mia amica mi abbraccia.
" Accontentati di un'amica un po' strana." Sorridiamo insieme. 
" Adesso è meglio che torni a casa, prima che quell'idiota di Andrea, la mandi a fuoco." 





" Buongiorno piccioncini. " Ci saluta Andrea, mentre entriamo in casa.
" Ignoralo." Mi dice Alex.
"Ci provo." 
In effetti mi risulta difficile, ignorarlo. 
Insomma, è un perfetto bastardo, egoista, menefreghista figlio di papà, eppure è affascinante ed enigmatico.
E sembra avere una parte semplice e... buona.
Magari è soltanto un impressione, eppure vedo in lui qualcosa.
"Guarda cos'ho trovato, fratellino?" Lo vedo ridere e tenere, giusto da un lato, come se fosse nociva, una sorta di agenda.
" Cos'è?" Chiedo.
" Il diario di Alex." 
"Scrivi un diario?" Sono sorpresa.
" Si, insomma, soltanto a volte. Per lo più stronzate." 
" Stronzate, certo. " Sorrido. 
Andrea si avvicina a me e Alex prova a riprendersi il diario, con scarsi risultati. 
"Oggi l'ho vista..." Comincia a leggere. " ed era bellissima."
"Smettila." 
" Nei suoi occhi ci vedo il mare." 
Mi siedo sul divano a gambe incrociate e sospiro. 
Immagino che forse siano cose private ed è per questo che guardo il mio amico, seduto sulla poltrona, indifferente e calmo come non lo avevo mai visto.
" Alex, insomma, se sono cose private io posso..."
" No, puoi restare, tranquilla."
" Ma come, Azzurra, vuoi andare via, proprio adesso?" Mi sussurra Andrea, in un orecchio. 
Tutti i muscoli del mio corpo si contraggono.
" Nei suoi occhi ci vedi il mare, fratellino? Chi è la fortunata?" Ammicca e poi riprende a leggere. 
"Ma quanti altri occhi devi guardare, prima di accorgerti dei miei?Quante altre labbra devi baciare, prima desiderare le mie?
Quanti consigli dovrai darmi, prima di renderti conto che riguardano te?"
Un brivido mi percorre lungo la schiena.
La sua voce è così calma e sensuale, ogni tanto si ferma e smette di leggere, per guardarmi negli occhi e sembra che quelle parole, siano sue, e siano rivolte a me.
E mi rendo conto che dovrei smetterla di pensare ad Andrea in questo modo. 
Sospiro.
"Adesso basta, Andrea." 
"Questo lo ha scritto il Venerdì sera. " Sorride. " Vorrei farle sapere a cosa penso un momento prima di dormire. Esattamente un attimo prima di chiudere gli occhi,
quando il buio mi permette di immaginarla mentre sorride e mi fa la linguaccia, forse per abbracciarmi subito dopo.
Quando la giornata si fa improvvisamente sentire forte sulla mia schiena e le parole di tutte le persone che ho incontrato si dissolvono nell'aria, quando anche gli alberi, 
si lasciano trascinare dal vento e nel cielo,e anche le rondini smettono di volare.
Dopo aver trascorso una giornata di -sto bene- e -va bene così-, dopo aver fumato due sigarette,dopo aver guardato le stelle e aver fissato il soffitto per troppo tempo, 
vorrei farle sapere che la penso.
Appena un attimo prima di dormire, io penso a lei, penso sempre a lei." 
Sono quasi esterrefatta, per la dolcezza in cui Andrea ha letto le ultime frasi e per il modo in cui mi ha guardata, quando ha terminato.
E poi sono sorpresa, per il modo di scrivere di Alex.
" Basta..." sussurro.
" Va bene, Azzurra. Siete davvero noiosi." Lascia il diario sul tavolino di vetro e si improvvisa in un lieve inchino. " Spero di avervi intrattenuto, adesso vado
a fare una doccia. "
" Meglio." Dice risoluto, Alex. " ne parleremo quando lei sarà via."
" Azzurra, sei la benvenuta." ammicca, ignorando il fratello e indicandomi il bagno.
" Preferisco di no." 
"Come vuoi" Sorride. 
Guardo il mio amico e sorrido di cuore.
E' davvero speciale.
" Scrivi delle cose meravigliose." 
" Te l'ho detto, sono stronzate."
" Sei innamorato, Alex?" 
" Può darsi." Sorride. " ma è una storia impossibile."
Ed ecco che vedo di nuovo il bambino che c'è in lui.
" Non esistono storie impossibili, Alex. L'amore è bello per questo, perché non te lo immagini."
" Adesso vado anch'io a fare una doccia." Si avvicina, baciandomi la fronte e lo vedo allontanarsi. 
 Chissà chi sarà, la ragazza di cui è innamorato. 
La cosa che mi fa stare meglio, è proprio questa.
Pensare che qualcuno, è ancora capace di innamorarsi, che non esiste soltanto la mancanza.
C'è l'amore.
Quando sono scappata via da casa della mia migliore amica, ero distrutta.
Mia madre mi ha distrutta e quel bambino, che non c'entra veramente nulla, mi ha resa fragile. 
Ma, proprio mentre aspettavo Alex, con Clarisse, seduta sul gradino, ho visto due ragazzi salutarsi con un sorriso, davanti ad un portone grande e scuro. 
E ho rivisto l'amore.
Avranno avuto si e no, diciotto anni. 
Lei piccolina, scarpe da ginnastica, capelli un po' spettinati e un rossetto rosso sulle labbra; si stringeva sulla giacchetta leggera e sembrava che il vento volesse portarla via. 
E magari se non ci fosse stato lui a tenerla da un braccio, sarebbe volata via sul serio. 
Lui era un ragazzone, alto, con due occhi blu mare puntati su di lei e un sorriso furbo; 
sembrava il suo migliore amico, sì. 
Uno di quei migliori amici con cui passeresti la vita insieme, però, uno con cui condivideresti una casa piccola e la poltrona comoda. 
Uno di quelli che porteresti all'altare e a cui offriresti l'ultima lattina di birra, uno di quei migliori amici di cui sei innamorata pazza, che di "amico" non hanno 
veramente nulla ma in compenso hanno tanto di "migliore".
Sarà stata una di quelle storie che nascondi sotto al cappotto perché hai paura che esca fuori e prenda freddo, una di quelle storie che tieni per te e che ti logorano in 
silenzio. 
Lei probabilmente era appena uscita dai corsi di recupero, a scuola. 
Aveva uno zainetto e un libro in mano;
e sono certa che non aveva capito la spiegazione di matematica, che non riusciva neanche a ricordare cosa diavolo avesse fatto l'ultima ora,perché era stata troppo
impegnata a ripetersi di non pensare, finendo col pensare il doppio. 
Sicuramente era stata una giornata pesante, una di quelle che se torni a casa è meglio. 
Ma poi aveva incontrato lui.
Lui che ogni volta era un pugno allo stomaco. 
Lui che la cercava in centro, in piazza, a scuola.
Lui che a forza di ripetersi che non c'era storia, cominciava a crederci sul serio. 
Lui che avrebbe voluto dirle che il sangue gli scoppiava in testa, quando sentiva la sua voce. 
Lui che alla fine non lo faceva mai perché l'amore è per i coraggiosi. 
Sarà che era una di quelle storie che incontri per caso: l'amica del tuo amico che diventa anche amica tua.
I sabato sera insieme, qualche buona notte la sera e il casino primordiale, nel cuore. 
Finisce sempre così.
Sono certa che lei ci avrà provato tante volte.
Che avrà scritto pagine di diario e discorsi plateali...
ma forse dire che in due occhi ci si vede il mare, risulta così difficile che la strada giusta sembra smettere di provarci. 
Di pensarci. 
E allora davanti a quel portone, avrà arrancato, avrà sentito il cuore prendere quota e il viso colorarsi di rosso. 
Si sarà chiesta, -e adesso? Come faccio?-
E forse avrà accennato un -ciao- timido, per evitare di baciarlo davanti casa sua. 
Per evitare di dirglielo.
-Che se non ti sposti adesso, mi avvicinerò troppo e tu metterai la tua mano sulla mia schiena e io tra i tuoi capelli e ti dirò che voglio baciarti, ma tu lo avrai già 
capito e a quel punto non riuscirò neanche a respirare, a parlare, a cacciarti via. Ma non giudicarmi strana se ti chiedo adesso di prendermi la mano. Andiamocene al mare che la matematica non mi risolve i problemi di cuore. Tu si.-
Ho rivisto l'amore e mi sono sentita meglio.
Ed è bello, sapere che da qualche parte, esiste ancora la felicità.
E che anch'io posso essere felice.



" E' l'ultima volta che te lo dico."
" Non fare l'antipatico, Alex. Mi stavo solo divertendo."
" Continui a giocare con i sentimenti delle persone e ti diverti a fare il cattivo ragazzo ma sei solo un povero idiota, che ha paura di mettersi in gioco."
" Io non faccio il cattivo ragazzo, Alex. Mi ci avete messo voi, in questa situazione, tempo fa. E adesso sono quello che sono."
" Un bambino."
" Uno che si diverte, fratellino. Non ho avuto niente dalla vita, lasciami divertire."
" Come puoi dirlo, Andrea? Come puoi dire che non hai avuto niente dalla vita?"
Lo sento respirare a fatica.
" Sai cosa diavolo significa perdere qualcuno di importante? Eh? Convivere con la paura di essere solo? Cosa significa perdersi? No, Alex, non lo sai. Perché quello viziato, 
sei tu. I soldi di papà, la villa di mamma, l'estate a New York. Non sai cosa significa soffrire."
" E tu? Scopare come un coniglio con ragazze di cui non ricordi neanche il nome, approfittarti dei soldi di mio padre e sputare sul nome dei tuoi..." 
Sento un forte rumore e mi avvicino alla cucina, per capire cos'è successo.
Andrea ha dato un pugno a suo fratello?


Spazio autore:
Ciaaaaao. 
Allora, mi scuso per avervi fatto aspettare tanto.
Non è da me, ma ho avuto parecchi casini.
Spero vi sia piaciuto. 
Andrea e Alex, cosa nascondono?
E Alex, a chi diavolo scrive?
E' innamorato, di...?
E Andrea, perché è così rude e cattivo?
E la madre di Azzurra è davvero stronza come sembra? Lasciarà sua figlia?
RECENSITE. UN ABBRACCIO!
Ps: scusate per la scrittura ma hanno cambiato tutto e sono un'impedita. 
Emh.. perdonatemi. 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***




Qualcuno da qualche parte ti ama. Ti ama di nascosto, mentre tu sei occupata a vivere la tua vita. Ama i tuoi sorrisi quando sei distratta e il modo in cui saluti, quando sei felice. Qualcuno, da qualche parte, sta pensando a te. E si chiede quando diavolo ti accorgerai di lui e del modo in cui ti guarda, quando ti accorgerai di tutte quelle volte in cui raccoglie briciole di te che gli altri puntualmente lasciano sparse in giro. Briciole di parole belle, briciole di affetto, di mistero, di felicità. Qualcuno da qualche parte ti sogna e ascolta le canzoni che ti piacciono, immaginandosi vicino a te, per il tuo compleanno e al mare, al centro commerciale, al ristorante. Qualcuno da qualche parte, ti vuole nella propria vita. Devi solo alzare gli occhi e accorgerti di come è bello il suo sorriso e di quanto potrebbe renderti felice. -
Tiziana Laudani.




"Ma sei matto?" Urlo, mentre cammino a passo spedito verso il Alex, accovacciato a terra e con un labbro sanguinante. 
" Restane fuori, Azzurra." Mi sussurra.
In lui c'è qualcosa. 
Come se portasse addosso una ferita, qualcosa che punge allo stomaco.
Sembra uno di quei casi umano, esattamente come me.
Quando lo guardo, sento le sue ferite.
E mi rendo conto che sia quasi impossibile, ma è così.
Sono come lui, chiusa come un riccio, un po' meno bastarda e ferita.
" Cos'è successo?" Chiedo, mentre aiuto il mio amico ad alzarsi.
" Niente di grave." Guardo entrambi e sospiro. 
Alex si avvicina ad Andrea e lo intimidisce con un dito.
" Provaci di nuovo e..."
"Cosa?" Sorride Andrea. "mi picchierai?" 
" Adesso basta. " Dico. 
" Io devo andare. " Mi sussurra Alex ad un orecchio. 
" E io verrò con te, così mi farai vedere come mi..." 
"No." Intervengo io. " tu, invece di fare l'idiota e provocare tuo fratello, verrai con me al..." Andrea assume un'aria divertita. 
" Preferisci il letto, oppure ti piace il tavolo?"
" Al supermercato." Sottolineo io, alzando gli occhi al cielo. 
" Devo dire che hai gusti veramente strani." Si avvicina e mi sfiora leggermente il braccio. "Ma se a te piace così, mi adeguerò."
Almeno mille sensazioni si accendono lungo il mio corpo.
Fingo indifferenza e lo fulmino con gli occhi. 
" Non fare lo stupido."
"Ci vediamo dopo, fratellino. " Ammicca, seguendomi alla porta.
Alex sembra infastidito ma non ne sono veramente sicura.
Non riesco neanche a ricordare il motivo per il quale mi sono ficcata in questa situazione, come se non avessi altri problemi a cui pensare.
Come se mia madre e suo figlio, non fossero già abbastanza difficili da digerire.
E adesso mi ritrovo con Alex e Andrea, così diversi eppure così simili. 
E sono difficili quasi quanto mia madre.
Sto imparando piano piano a conoscere gli aspetti positivi di Andrea.
"Sali in macchina." Mi dice, sicuro e deciso.
" Sissignore." Sorrido. 
"Perché non hai chiesto ad Alex, di accompagnarti?"
" Lui non poteva." Sussurro. 
" Si, come no. Io penso invece che..."
"Mi andava di stare un po' con te? Abiti a casa mia Andrea, e ti conosco appena. Ho bisogno di capire se posso fidarmi oppure..."
" Oppure no." Dice, più a se stesso che a me. 
" Quindi sì, mi andava di stare un po' con te."
" E devi stare con me." Accentua volutamente la frase e fa un ampio sorriso, riprendendosi dall'espressione cupa di poco prima. " proprio al supermercato?"
"Stasera Clarisse ha organizzato una serata per sole donne, a casa sua. E ha incaricato me, di fare la spesa."
" Lacrime, tempesta d'amore e popcorn. " Ironizza e io lo trovo affascinante. 
" Alcol, moderazione e musica. "
"Niente tempesta d'amore?!" Spalanca la bocca, decisamente divertito e io mi metto a ridere.
" Non sei per niente divertente."
" Però stai ridendo."
"Riflesso condizionato."
" Si, certo." Parcheggia la macchina e mi guarda. " prego, signorina."
Scendo dalla macchina e lui mi segue in silenzio. 
Clarisse mi ha raccomandato di non dimenticare nulla.
Vuole preparare una torta e cucinare il pesce. 
Mi chiedo come diavolo riesca a cucinare così bene, visto che io non sono poi così brava a farlo.
Abbiamo deciso di invitare qualche vecchia amica, per passare una serata diversa e soprattutto senza pensieri, anche se sono già consapevole che penserò, eccome se penserò. 
La gravidanza inaspettata di mia madre mi ha stravolta e questo non posso dimenticarlo.
E la cosa che mi stravolge di più di tutto il resto, sono io. 
La mia rabbia, le mie paure e la mia incapacità di accettare la situazione.
" Prendi il carrello, Andrea." 
" Non pensi che sia scomodo?"
" La vuoi smettere?" 
"Okay, va bene. " Mi volto per guardarlo e rimango perplessa:
una ragazza alta e con un fisico da top model, lo saluta con la mano sinistra e lo sfiora con il braccio destro, ammiccando come un gatto in calore, poi come in preda ad un ricordo improvviso, si ferma e torna indietro, forse per mangiarlo con gli occhi. 
Andrea, dal suo canto, fa l'occhiolino e sorride come un perfetto idiota.
" Ti ricordi di me, vero?" Chiede lei, passandosi violentemente una mano tra i capelli. 
"Vagamente." Ammicca lui.
Vagamente!? Dove sono finita, in una puntata di Gossip Girl?!
" Non mi hai più chiamata."
"Volevo farlo ma..." si avvicina a lei e per poco non la bacia. " no, in realtà non volevo farlo."
Oh, ciao ragazzi, ci sono anch'io, non so se ve ne siete accorti. 
" Però è stata una serata bellissima." Sussurra lei. 
Vorrei sprofondare.
" Giusto."
Decisamente sprofondare.
" Soprattutto quando tu mi hai..."
La guardo sbalordita e intervengo. 
"Bene, sono felice di questo vostro incontro, di lui che ti ha..." Scuoto la testa e arriccio il naso. "fatto quello che ti ha fatto e detto... quello che ti ha detto. Se vorrete ripetere." Mi volto verso la biondina " A tuo rischio e pericolo!! Vi vedrete un'altra volta. Addio."
Trascino per un braccio Andrea e lascio la gatta in calore da sola, a rimuginare sulla notte di fuoco con il perfetto idiota.
" Che significava quel - a tuo rischio e pericolo-?"
" Sul serio?"
" Sul serio." Ride lui.
" Ti piacciono le gatte?" 
"Gatte?Sapessi come scopa bene." 
" Sei squallido, lo sai?"
" Sicura?" Mi spinge contro lo scaffale dei detersivi e allontana il carrello. 
Come posso ragionare lucidamente?
Trattengo il respiro, consapevole che il suo profumo, potrebbe farmi perdere la testa.
" Pensi che tutte le donne siano attratte da te, ma ti sbagli."
"Magari non tutte, ma tu si.
" Come puoi..." 
" Non ti sono indifferente."
" Non hai capito. " sorrido. "Per me non esisti. "
" No?" Mi chiede con quel sorriso sexy dipinto in faccia. Il mio cuore diventa un martello pneumatico.
"Quindi se faccio così..." La sua mano si insinua tra i miei capelli e la nostra distanza si annulla. " non senti nulla?"
"No." Mi trema la voce.
" No?Neanche se faccio così?" La mano libera scende sulla coscia destra.
Dovrei prenderlo a schiaffi e invece me ne sto immobile a fissare quei suoi occhi blu.
" E se ti bacio qui?" Le sue labbra premono sul mio collo.
Respiro a fatica.
Lascia lievi baci sul collo, sulle spalle, all'altezza del seno.
" Niente." Dico a denti stretti. 
E chiunque si accorgerebbe che sto mentendo. 
Si stacca da me, lasciandomi con il respiro spezzato e lo sento ridere.
" Ma guardati, Azzurra, stai tremando e il tuo cuore corre più veloce di un treno."
" Il tuo invece dov'è?" Chiedo, aspra e insolente.
Lo vedo assumere prima un'aria stranamente seria e poco dopo, il solito sorriso canzonatorio.
" Cercalo, se lo trovi te lo regalo."
Si avvicina un'altra volta.
"Non ti innamorare di me, Azzurra."
Mi libero dalla sua presa e lo guardo dritto negli occhi. 
" Piuttosto tu." Mi alzo sulle punte per arrivare all'altezza del suo orecchio. "Non ti innamorare di me, Andrea."




" A che diavolo serve la cannella?"
" Dovrei chiederlo a Clarisse." 
Andrea mi aiuta a mettere le buste sul cofano e mi apre lo sportello della macchina.
Chiunque noterebbe il suo solito ghigno malizioso.
" Madame..."
"Dobbiamo portare tutto quello che abbiamo comprato a Clarisse."
" Sissignora."
" Come puoi essere in un certo modo un attimo e in un certo altro modo un attimo dopo?"
" Anni di esperienza." Scherza lui.
" Secondo me ci credi. "
" A cosa?"
" A tutto, secondo me ci credi."
" Se lo dici tu."
" All'amore, alla vita, alle persone. Ti comporti così soltanto perché hai paura, perché chi ama, soffre."
" Ti sbagli. Io non credo più a nulla, piuttosto tu. Come diavolo fai a credere a queste favole da quattro soldi?"
" Favole?" Chiedo. 
"Si, il principe azzurro e la scarpetta di cristallo, trovare l'amore vero e queste stronzate."
"In realtà da piccola le favole non mi piacevano." 
" No?"
"No, non sopportavo la fine." 
" Allora vedi che ti piace Tempesta d'amore? Quello sì che durerà per sempre."Mi metto a ridere.
" Col tempo ho capito che non tolleravo l'amore delle favole, soltanto perché non è quello, l'amore. "
" E cos'è?"
"Quello si chiama principio, non amore. 
L'amore è dopo, dopo essersi incontrati, quando cammini silenziosa, verso l'altare, affrontando decine e decine di persone, che ti guardano curiose e fiere.
Quando cammini e non ti accorgi di nulla, non ti accorgi del vestito bianco, delle scarpe che fanno male, del fotografo che sembra preso da uno spasmo convulso e vuole fotografarti in ogni momento della tua giornata, non ti accorgi neanche dei tuoi parenti, che sembrano perdersi in sorrisi e lacrime. Sembra che quel percorso, sia infinito, che quella sia la distanza che per tutto il tempo non ti ha permesso di essere stata davvero sua. "
"L'amore sarebbe uno stupido anello? Oppure una firma su un foglio bianco? Sul serio?"
Lo guardo seria e con gli occhi che brillano. 
"No, l'amore non è il matrimonio, è la prova tangibile che sarai e sei suo, che sia un bacio, una fede nuziale, una collana, un ricordo, il nulla più assoluto. E io l'ho capito col tempo. 
Amore è svegliarsi e sapere che se ne hai voglia, puoi stringere la sua mano,che conosci ogni riga, piega, neo e traccia del suo corpo. 
Che non dormi. 
Non dormi senza il suo respiro regolare. 
Che il caffè lui sa che lo prendi con lo zucchero e se lo dimentica e te lo offre amaro, ti incazzi pure. 
E' questo, è viversi. 
Incazzarsi e dividere comunque lo stesso letto, e nelle favole che mi raccontavano non c'erano tazzine o letti da dividere. "
Andrea accosta la macchina vicino ad un marciapiede e mi guarda.
"Che c'è?" Sussurro.
"Sei peggio di una bambina." Mi spettina i capelli e il mio stomaco si capovolge.
Vorrei smetterla si sentirmi così ogni volta che le sue mani sfiorano il mio viso o i miei capelli. 
"Peggio di una bambina?" 
" Si, sei esasperante, stupida ed estremamente sognatrice."
" Adesso mi spieghi perché tra tutti gli aggettivi che hai detto, soltanto uno è positivo."
Lo sento ridere;potrei morire di collasso con un solo suo gesto e lui ne è totalmente ignaro. 
Lo guardo con aria offesa.
Lui trattiene un'altra risata e il cuore diventa più grande del sole.
" Quale sarebbe l'aggettivo positivo?"
" Sognatrice." sorrido. "e adesso riportami a casa."



Finalmente sono tornata a casa mia.
Le luci sono spente e riesco finalmente a rilassarmi.
Mi rendo conto soltanto adesso di quante cose ho lasciato perdere da quando è morto mio padre.
Uscire con Clarisse come una volta, ad esempio.
Lei è sempre così disponibile con me e la io tratto come un cassetto dove gettare i miei problemi.
Con lei riesco ad essere chi voglio, invece quando sono con Andrea, torno ad essere bambina.
Lo conosco da poco, eppure non posso far altro che uscire quella parte di me che ho sepolto.
L'amore esiste, io lo so.
Anche se a volte ammetterlo mi fa paura, anche se non credo che sia possibile viverlo in prima persona, anche se ho sofferto parecchio, ne sono certa.
L'amore esiste.
E quando sono con Andrea, sento il bisogno di parlarne, di tracciarne i contorni, di trascinarlo nel mio mondo. 
Perché sento qualcosa, in lui. 
E come se non bastasse, ne sono terribilmente attratta,ma sono comunque convinta che questa situazioni migliorerà, con il tempo. 
In fondo è un ragazzo particolarmente bello ed un perfetto bastardo, il che lo rende un predatore affabile.
Più gli uomini sono stronzi, più noi donne ne siamo attratte. 
Ma la colpa non è nostra, noi cerchiamo soltanto l'avventura, la passione, cerchiamo rumore, scompiglio, respiri mozzati, fuochi d'artificio, tempeste, noi cerchiamo
sensualità ma anche dolcezza; 
tutte cose che soltanto un bastardo, potrebbe regalarci.
Uno come Andrea, forse.
Mi tolgo i vestiti ed entro sulla doccia, scuotendo ripetutamente la testa.
Devo essere impazzita.
Andrea non può darmi passione o rumone e neanche dolcezza, lui è soltanto un lupo ferito che prova a leccarsi le ferite e a non mangiarsi i coniglietti del bosco.
E io sono il coniglietto per eccellenza, con i miei modi puliti e gentili e i miei momenti da spregiudicata.
Sono la preda perfetta per quelli come lui, perché sono fragile, forse.
Ecco perché devo smetterla di pensare ad Andrea in questo modo e soprattutto di sognarlo nudo.
Esco dalla doccia, asciugo velocemente i capelli e indosso un vestito comodo.
Non pensare, mi dico.
Non pensare e divertiti.
I miei pensieri vengono spazzati via dal campanello;
mi guardo un'ultima volta allo specchio e corro alla porta.
" Chi è?"
" Reina." Sorrido e apro.
"Ciao."
" Ehi! " l'abbraccio.
Reina è una mia vecchia amica, l'ho conosciuta per caso durante una vacanza e da allora abbiamo continuato a sentirci.
" Clarisse ci aspetta." Mi sorride lei.
Prendo una giacca leggera ed usciamo insieme.
I lunghi capelli neri di Reina le donano un aria quasi eterea e gli occhi, color nocciola, creano un perfetto contrasto. 
Sembra una bambola.
"Tua madre te l'ha detto?" Mi sorride lei, timida ed impacciata.
" Come, scusa?" Chiedo, esterrefatta. 
" Non..." il suo viso prende un colore rossastro. "non te l'ha ancora detto?"
" Che è incinta?" Sussurro.
Come diavolo fa, Reina, a sapere di mia madre? A quanto pare ne erano tutti a conoscenza, tranne io.
" Davvero?" Mi chiede sorpresa.
" Non lo sapevi?" 
"No." Si volta per guardarmi e io sospiro.
"Allora che altro c'è?"
"Nulla, io pensavo che..." Fatica a respirare e la vedo chiaramente in difficoltà.
"Che?"
" Tua madre ti vuole bene." Soffia leggera sul mio viso, riprendendo il suo normale colorito e io sbuffo impaziente.
"Non fate altro che ripetermelo. "
"Lo sai, i miei genitori conoscono i tuoi da molto tempo." 
"Conoscevano. " Dico tra me e me. 
"Siamo arrivate." Mi sorride Reina.
Non pensare, non pensare, non pensare, non pensare, mi ripeto.
Entriamo in casa con un sorriso sornione ed entrambe salutiamo Gloria.
Lei è castana e ha due bellissimi occhi azzurri.
La conosco un po' meno, considerando che è una vecchia conoscenza di Clarisse, eppure, tutte le volte che l'ho incontrata, mi ha mostrato fiducia e simpatia. 
Saluto la mia migliore amica con un abbraccio e mi siedo sul divano, guardando sbalordita la torta preparata dalla mia migliore amica.
Non posso crederci. 
" L'hai preparata davvero tu?"
" Certo. "
" Che buona." Commenta Reina.
" Siamo soltanto noi quattro?" Chiedo.
" Noi quattro, la torta e..."
"Tequila." Urlo di gioia. 
"Attenta a te, sai? L'ultima volta hai fatto un casino tremendo!"
"Soltanto perché non bevo mai." Puntualizzo. 
"Si, come no, immagino." Ironizza Gloria.
"Azzurra, aiutami con il pesce." 
"Sissignor capitano." Scherzo io.
Ci dirigiamo entrambe verso il forno e la sento canticchiare leggermente.
"Sei di buon umore?"
"Speravo che me lo chiedessi!" Squittisce di gioia.
"Novità?" Sorrido.
" Lo so che tu sei incasinata, con tua madre che è incinta, l'impulso di portarti a letto Andrea ogni volta che puoi e con Alex versione cucciolo smarrito e innamorato, 
però devo raccontartelo!" 
" Cucciolo smarrito e innamorato? E poi chi ti dice che vorrei portarmi a letto Andrea!?"
" Si vede tesoro." 
" Va bene." decido di lasciar perdere. " allora?"
" Esco con un ragazzo!" Mi dice a bassa voce. 
Sembra davvero felice e se lo è lei, lo sono anch'io.
" Sul serio? Sono felicissima per te, Clarisse!" 
" Si chiama Marco! Lavora in biblioteca ed è perfetto, l'ho conosciuto qualche settimana fa e soltanto adesso mi ha chiesto di uscire."
" E' fantastico!"
"Si, lo è!" Ci abbracciamo e dopo aver dato un occhiata al forno, ci avviamo dalle ragazze.
Spero davvero che sia quello giusto e che non la faccia stare male.
Lei è sempre così decisa ed estroversa, semplice ma anche geniale; si merita qualcuno di speciale. 
" Aspetta." Mi afferra da un braccio e mi guarda negli occhi. "tu stai bene?"
" Cerco di non pensare." Sussurro. "anche se Reina ha detto una cosa, in macchina."
" Che ti ha detto?"
" Mi ha chiesto se mia madre mi aveva detto non so cosa, ma non sapeva che era incinta."
" E tu?" 
" Ho chiesto cosa avrebbe dovuto dirmi e ha risposto che mi vuole bene."
"Magari voleva dirti questo."
"No che non voleva dirmi questo." 
"Non pensarci." Mi sussurra, prima di invitare le ragazze a sedersi a tavola. 
Cosa nasconde mia madre?




Spazio d'autore.
Macciao, ragazze.
Questo capitolo, l'ho considerato, sin da subito, come un capitolo più (diciamo) frivolo e tranquillo.
Spero che sia stato gradito lo stesso.
E non prendetemi per una tutto miele e zucchero, è soltanto che sono del parere che su una storia romantica, si debba parlare dell'amore.
E una volta, come Azzurra, anch'io ero innamorata dell'amore.
Non uccidetemi, vi prego. Ahahaha.
Allora, cosa nasconde la madre di Azzurra? E nasconde davvero qualcosa?
E Reina? Chi è questa nuova ragazza dai capelli neri?
Perché hanno litigato i due fratelloni?
Clarisse, in compenso ha trovato qualcuno con cui uscire e... incrociamo le dita.
RINGRAZIO TUTTE QUELLE CHE HANNO RECENSITO, ve ne sono grata e... continuate a farlo!

Un abbraccio!



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Capitolo 9
*** Capitolo VIIII ***


Non credere a quelli che dicono che se ami una persona, devi lasciarla andare.
Se ami davvero una persona,impara a tenerla stretta sul tuo cuore e non la fare scappare per nessun motivo al mondo.

-Tiziana Laudani.

 





Venerdì 20.
I giorni corrono veloci come un treno e lei sembra il mare in tempesta.
Ma come si fa a dire "ti amo" a qualcuno che non si accorge neanche di quanto amore ci metti soltanto a guardarla negli occhi?
Se solo capissi che sono io.
Non lui.
Io.
Se solo capissi che l'amore non si può vedere, ma si deve soltanto sentire.
Se solo avvertissi lo stesso brivido che avverto io, ogni volta che ti avvicini a me. 

E vorrei tenerti la mano e andare al cinema insieme in una giornata calda e rincorrere le farfalle in campagna da tua madre e baciarti il collo e rubarti le caramelle più
buone mentre sei distratta.
E accendere la luce quando non riesci a dormire, per sussurrarti che sono vicino a te.
E vorrei vederti sorridere mentre andiamo a cena e costringerti ad indossare il vestito troppo sexy che ti ho comprato io e sfrecciare via con la mia macchina e sentirti 
dire che è anche la tua e guardare le rondini di giorno e le stelle di notte. E affondare le mani sui tuoi capelli morbidi e guardarti dormire per delle ore e leggere il 
giornale mentre prepari la colazione e sentire la tua mancanza quando corro a lavorare.
E vorrei assaggiare le cose che ami mangiare e scrivere dell'amore che siamo e correre insieme a te sul parco mentre fuori piove e fotografarti mentre giochi a 
ramino e arrabbiarmi con te perché non ricordi mai di mettere il tappo sul dentifricio e amarti come posso, come voglio, come sento. 
E comprarmi una camicia solo perché a te piace da morire e regalarti un anello per il tuo compleanno e presentarti a mia madre e vedere la faccia che fa mentre tu 
la saluti bella come sempre e decidere che ti amo in un caldo pomeriggio d'Agosto e dirtelo mentre sei sotto la doccia e guardare la tua strana espressione e 
convincermi che mi ami anche tu e voler vivere veramente con te e sistemare i tuoi vestiti sul mio armadio e nasconderti il golfino che più ti piace e vedere quanto sei 
bella quando impazzisci e cantare Ligabue solo per te e sentirti ridere come una matta e comprare un mazzo di fiori per S.Valentino e accendere la radio mentre ti 
annoi e ballare nel giardino mentre i vicini di casa ridono di noi e veder crescere i papaveri rossi e comprarti una cane e proteggerti dai fantasmi e farmi un tatuaggio 
col tuo nome e capire che sei la donna della mia vita e chiederti di sposarmi mentre siamo in barca e sentire il battito cardiaco aumentare e sposarti per davvero.
E vivere con te. 
E non sentire più la tua mancanza come adesso.
E non doverti più immaginare con una persona che non sono io. 
Con altre mani addosso e altri occhi addosso. 
E non morire dentro ogni volta che ti incrocio in un bar, in pizzeria, per strada.
E dirti che ti amo quando voglio.
E dirti che ti penso. 
E che mi manchi."




Sento la suoneria del mio cellulare, infiltrarsi insistentemente sui miei sogni.
Dormire è diventato quasi impossibile, ultimamente.
L'ultima volta che ho sentito mia madre, mi ha detto che andava tutto bene;
il suo bambino, è un maschietto.
Un ipotetico Travolta, con gli occhioni e il naso piccolino.
Quando ci penso mi vengono i brividi, ma mi rendo conto che sarà comunque mio fratello. 
Ho parlato anche con Thom e -rullo di tamburi- non gli ho urlato contro. 
Per almeno mezz'ora, certo.
In ogni caso, mia madre sembra amarlo,lui sembra pazzo di lei e io sono solo un intralcio per loro. 
Sono certa che a modo suo, mia madre mi ama, ma resta comunque il fatto che non sembra quasi un'altra donna, come quando guardi negli occhi una persona e hai paura di parlare, perché non la conosci, perché non rivedi più in lei, te stessa.
E come se non bastasse,i dubbi sulle frasi di Reina e le vicende delle ultime settimane, continuano a ronzarmi in testa.
E pensare che soltanto un mese fa, ero convinta che la mia vita fosse noiosa;
non che sia eccitante, intendiamoci, ma di recente ho capito che la nostra vita, non è noiosa, principalmente perché è nostra.
Siamo noi a decidere se viverla o lasciarla fare.
E questo comporta delle scelte, che possono ferire o far sorridere.
Di conseguenza, tra mancanze, fotografie vecchie, madri irriconoscibili e ragazzi decisamente scolpiti che dormono nella mia casa al mare, mi ritrovo a boccheggiare di stanchezza ogni sera, nel mio letto, dopo aver spento la luce.
E poi c'è l'amore.
Quello che sembra non arrivare mai, quello che non si fa vedere. 
A volte mi capita di passare da un bar e incrociare gli occhi di qualcuno, e allora mi vengono i brividi.
E se fosse la mia anima gemella?
Insomma, ho vissuto diciotto anni, nella ricerca dell'ipotetico principe azzurro, quello perfetto, con un sorriso stravolgente,
pieno di poesie d'amore, tutte dedicate a me ovviamente, e un mazzo di margherite che profumano anche ad un metro di distanza.
E l'ho cercato disperatamente, conservando per lui tutto l'amore di cui sono a disposizione.
E poi arriva Andrea, con quel sorriso stravagante e quegli occhi che sembra quasi che qualcuno li abbia messi lì, giusto per farmi impazzire e i miei sogni si sgretolano. 
Lo sogno, senza vestiti principalmente e sicuramente in una forma smagliante, con quei capelli neri e... l'ho già detto senza vestiti?!
Si, insomma, lo sogno, senza un apparente motivo e il principe azzurro sparisce dietro l'angolo con Cenerentola.
Forse non sono la principessa adatta, ecco tutto.
Le principesse non fanno sogni erotici su ragazzi stupidi, arroganti e con un carattere che lascia a desiderare, loro sognano di essere salvate dal bellissimo e limpido 
principe azzurro, quello che a volte somiglia tanto ad Alex.
Lui è così, è semplice e originale, a volte un po' strano, ma generalmente dolce e sensuale.
Ma non quel tipo di sensualità passionale che vedo in Andrea, lui ha una sensualità quasi profonda, che si accompagna alla poesia.
E' etereo, ecco.
E io non ho nessun drago cattivo, io non devo essere salvata da nessuno, posso farlo benissimo da sola.
Faccio un respiro profondo e stringo i denti. 
Non è vero, mi dico, non è vero che posso salvarmi da sola.
"Mh." Rispondo al cellulare, spazzando via i miei pensieri. 
"Azzurra, dormivi?"
"Sono le quattro del mattino, cosa pensi che faccio a quest'ora?"
"Mi dispiace, ma ho un problema."
Ancora?
Sbuffo, nel buio totale della mia camera e mi mordo il labbro inferiore.
"Che ha combinato questa volta?"
Non ho bisogno neanche di utilizzare il nome del fratello di Alex, perché entrambi sappiamo che quando si parla di problemi,
il colpevole è Andrea.
Lo conosco da quasi un mese e devo ancora abituarmi a lui. 
"Una festa." 



Ho legato in una coda disordinata i miei capelli e ho messo un vestito comodo. 
Vorrei poter dire che tornerò subito a casa, per continuare a dormire, ma appena entrata in casa, mi rendo conto che non sarà facile mandare via tutti.
Centinaia di ragazzine, con soltanto addosso un intimo, si dimenano frenetiche sopra il mio tavolo da pranzo, cercando di andare al ritmo con la musica che, sono sicura, ha scelto Andrea e che sembra voler tucidare il mio timpano.
Corro verso lo stereo e lo spengo, ricevendo un' occhiata truce, ma che dico? Almeno dieci occhiate truci, da tutte le donne della stanza.
" Bene." Urlo, isterica. " vi consiglio vivamente di vestirvi e scendere dal tavolo, perché tra dieci minuti mi arrabbierò."
Prendo un vestito dal pavimento e lo porgo gentilmente ad una ragazza. " E da arrabbiata sono peggio di come mi vedete adesso." sibilo, cambiando atteggiamento.
Un ragazzo mi applaude compiaciuto ma anche decisamente ubriaco e vedo tutte le donne e quei pochi maschietti approfittatori, raccogliere i propri vestiti e uscire fuori da casa mia. Non è stato troppo difficile.
Adesso, non mi resta che cercare quell'idiota e ucciderlo.
Prendo il cellulare e chiamo Alex, chiedendomi che fine abbia fatto.
" Sono a casa, dove sei?"
" Sto accompagnando a casa due ragazze ubriache." Sussurra. " Ci vorrà più del previsto, considerato che non vogliono passare guai a casa e che...continuano a vomitare." 
"Che schifo, Alex. " Sussurro, arricciando il naso. 
Sento la voce di Andrea e alzo la testa, per capire da dove proviene.
" Dal vivo è molto peggio." Scherza Alex, al telefono.
"Ci sentiamo dopo." Chiudo il cellulare e corro verso la camera di Andrea.
"Alex, sei tu?!"
Cammino silenziosa verso la sua stanza e senza neanche bussare, mi ci catapulto dentro.
La scena che mi si propone, mi lascia letteralmente senza parole.
" Azzurra." Mi saluta Andrea, forse un tantino imbarazzato.
Sopra di lui, c'è una bionda, completamente nuda e quasi in estasi; appena si accorge della mia presenza, assume l'aria afflitta, tipica delle poco di buono e scappa via, stringendosi al seno il vestitino leggero. 
"Come..." Sussurro. "Nel mio..." porto una mano nella bocca, non riuscendo a distogliere lo sguardo da... Andrea. " Non posso crederci."
"Forse è meglio che mi rivesta, prima di diventare la causa del tuo collasso." Mi riprendo dal mio stato di totale sorpresa e ci impiego un attimo a capire che Andrea, non è esattamente sobrio.
Si infila i boxer e i jeans e dopo mi sorride. 
" Razza di idiota che non sei altro, come puoi scoparti una..." gesticolo esageratamente. " una ragazza bionda sul mio letto!!"
"Anch'io l'avrei preferita mora, ma le altre volevano soltanto ballare." 
Mi avvicino a lui, dandogli uno schiaffo esagerato sulla mandibola.
"Ahio!" Mi dice, barcollando. "che ho fatto?"
" Come puoi essere così menefreghista?"
"Credo di avere la febbre." Mi dice, poi, tornando a sdraiarsi nel proprio letto.
"Dovrebbe importarmene?" 
"Sei troppo buona, per fregartene di me." Mi sibila, mentre chiude gli occhi.
Ma Andrea non ha la febbre, è soltanto ubriaco.
La rabbia comincia a lasciare il mio corpo, mentre Andrea si addormenta come un bambino, vicino a me.
Ha il viso semplice e le labbra perfette, tanto da sembrare un angelo. 
Mi alzo e vado in cucina, rendendomi conto che qualcuno, deve comunque sistemare la casa e che ucciderò Andrea quando sarà capace di spiegarmi perché l'ha fatto.
Raccolgo tutti i bicchieri lasciati sul tavolo, per terra e sul divano, lavo i pavimenti e sistemo il bagno. 
Mentre provo a togliere una macchia di birra sul divano, sento Andrea urlare il nome di suo fratello e corro da lui. 
Ha proprio ragione, sono troppo buona per fregarmene.
"Ehi." Mi avvicino.
La sua pelle scotta e piccole goccioline di sudore, scendono lungo la sua fronte, mi rendo conto soltanto adesso di quanto deve stare male. Corro a prendere del ghiaccio e glielo metto sulla fronte e sul collo.
"Mamma..." Sussurra.
"Non sono tua madre, Andrea." Dico cauta, accarezzandogli una guancia.
"Mamma, dove sei?" Continua lui.
E' chiaro che sta delirando. 
"Tua madre è a casa, Andrea, va tutto bene." 
"Perché? Non è stata colpa mia. Non è morta per colpa mia." 
"Andrea?" Lo chiamo.
"Non dovevi morire, mamma." 
"Andrea, tua madre sta bene." 
"Mamma, dove sei?" 
"Ti prego, Andrea, smettila." Sussurro, spaventata a morte. 
Continuo a mettere il ghiaccio in tutto il corpo e dopo aver imbevuto una tovaglia di alcol, la appoggio delicatamente sulla sua fronte, ma il suo stato non migliora,prendo il cellulare dalla tasca e compongo il numero dell'ambulanza.




La vita è un continuo prendere e lasciare.
Un continuo rigirarsi nel proprio letto, sperando che cambino le cose.
E poi vederle cambiare da sole, o non vederle cambiare mai.
Ho sempre saputo di essere un po' come la macchia d'olio in un vestito bianco.
Da piccola desideravo soltanto crescere, prendevo le cose come venivano, perché tanto di li a poco, sarei cresciuta.
Ero convinta che si cominciasse a vivere dopo.
Volevo trovare subito l'amore della mia vita, per conservarlo da qualche parte, e uscirlo fuori, una volta diventata bella e grande.
Perché ero convinta che se in quel momento non mi sentivo speciale, una volta cresciuta, lo sarei stata.
Quasi tutti i bambini hanno questa presunzione di sentirsi gli unici.
Ed è terribilmente bello, sentire un bambino che dice che lui vale tanto, che sa giocare bene a nascondino o che corre veloce come una gazzella. 
E che non importa se una volta cade o se non riesce mai a vincere a nascondino, lui è comunque il migliore.
E' bello poter  vedere come, in un essere così innocente, ci sia così forza di volontà e sicurezza.
Io non ero così, da piccola avevo sempre paura di sbagliare.
Quando correvo, avevo paura di cadere.
Se cantavo, temevo di stonare.
Quando ero sopra l'altalena, mi tenevo forte, perché ero terrorizzata dall'idea di scivolare.
Sono sempre stata così, io.
Non riesco mai a buttarmi a capofitto nella vita, perché sono terrorizzata dalle conseguenze, e così anche in amore.
Come quando ero piccola, vorrei conservare qualcuno, per poterlo uscire fuori, soltanto quando diventerò speciale.
A cinque anni, inoltre, ero perdutamente innamorata di un bambino che si faceva chiamare Enni, era piccolo e con gli occhi di un blu disarmante. 
Enni era un bambino precoce, simpatico e brillante. 
Mi ero infatuata di lui, quando, per la prima volta, lo avevo visto entrare a scuola, con i capelli spettinati e uno zainetto di Dragon Ball, che portava quasi sempre in una sola spalla. Lui era esattamente il mio opposto e si sentiva il più forte, il più bravo, il più simpatico.
Sembrava l'amore perfetto, io non facevo altro che scappare via dalle situazioni, lui invece ci si buttava a capofitto, senza alcun timore.
Mi era capitato di guardare uno di quei film che adesso amo tanto e allora avevo preso in considerazione che da grande, sarebbe stato Ennie, il mio vero amore.
Ci saremmo sposati al mare e il mio, sarebbe stato il più bel vestitino rosa al mondo e il più bel marito dell'universo.
L'avrei conservato da qualche parte, ci avrei messo un bel segnalibro, per ritrovarlo a diciotto anni e vivere insieme a lui.
Soltanto adesso, a distanza di anni, mi rendo conto di quanto già a cinque anni, fossi innamorata dell'amore.
Mi piacerebbe incontrare quel bambino, ormai uomo. 
Anche soltanto per sapere se si ricorda di me.




Spazio autore.
Chiedo umilmente perdono.
E' cominciata la scuola e sono abbastanza incasinata.
Ad ogni modo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Abbiamo scoperto del primo "amore" di Azzurra e penso davvero che sia una cosa tenerissima.
Andrea, ne ha combinata un'altra delle sue ma adesso c'è qualcosa di più, considerato che Azzurra ha chiamato i soccorsi, spaventata della sua situazione.
Cosa alquanto strana, Andrea, mentre delirava, parlava di sua madre, dicendo che è morta.
Ma sua madre è ancora viva.
Semplice delirio o c'è qualcosa sotto?
Abbiamo visto, inoltre, una nuova pagina di diario.
Mentre la scrivevo, avevo le lacrime agli occhi, spero che piaccia anche a voi.
Piano piano, capirete tutto.
Recensite e grazie per chi lo ha fatto in precedenza.
Un abbraccio!!!

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