Feel like Falling

di BlackPoison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 1-In the porcelain there is a crack. ***
Capitolo 3: *** 2-Self Control ***
Capitolo 4: *** 3-The razor's edge ***
Capitolo 5: *** 4-When the Lonely ones roam ***
Capitolo 6: *** 5-The Devil Within ***
Capitolo 7: *** 6-Close Your Eyes ***
Capitolo 8: *** 7-Head over Heels ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


FEEL LIKE FALLING

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Prologo

La prima cosa che le fece capire che era mattina, quel giorno, fu l'aroma a dir poco nauseabondo del caffè che andava letteralmente a fuoco nella macchinetta babbana di Lucilla. Ancora una volta doveva averla lasciata accesa mettendosi a fare qualcos'altro.
E quel qualcos'altro probabilmente era la doccia dal momento che per non sentire quel puzzo stomachevole bisognava come minimo possedere un naso sul modello di Lord Voldemort se non si stava affogando nel bagnoschiuma.

Lily si schiacciò il cuscino sulla faccia, incapace di alzarsi, cercando a tastoni la bacchetta sul comodino con un braccio allungato a fatica. Sperava di farsi venire in mente, nel limite delle proprie capacità da mezza addormentata, un incantesimo adatto prima di prendere di nuovo sonno.
La trovò alla terza tastata dopo essersi, suo malgrado, dovuta allungare un po' verso l'esterno del letto cosa che la fece lamentare sommessamente.

Si sarebbe dovuta ricordare di metterla in una posizione più facilmente raggiungibile per qualsiasi necessità -tipo la sbadataggine a dir poco mostruosa della sua coinquilina.

La sollevò leggermente in aria col braccio semi formicolante per averlo avuto schiacciato sotto la pancia fino a due minuti prima.

«Feffa--m--ma» mormorò incomprensibilmente con la bocca impastata dal sonno.

«Freffa--Freddafiamma-» ritentò, questa volta con più successo, perchè il sibilo lancinante prodotto da quella stupida moka si arrestò di colpo.

Avrebbe voluto fare qualcosa anche per quell'odore spregevole -che per arrivare fino alla sua camera da letto doveva davvero aver invaso tutto il piccolo appartamento- ma incapace di farsi venire in mente una qualsiasi altra cosa sensata non fece altro che lasciar cadere la bacchetta sul tappeto al lato del letto e premersi ancor più il cuscino contro il viso cercando di riprendere sonno.

Fu a quel punto che qualcosa le venne in mente.
Qualcosa di disastroso, catastrofico, TERRIFICANTE.

«GODRIC!»

Non ci mise che un nanosecondo a scattare seduta ed in preda al panico per guardare l'orologio a forma di boccino dorato appuntato alla parete di fronte a lei.

Le nove.
Erano le nove.

Lily si trovò ritta in piedi senza nemmeno ricordarsi come ci era arrivata a toccare il pavimento.
Era in ritardo, mortalmente in ritardo.

No, no, no, no.

Non proprio oggi, non proprio..

Tirò un calcio arrabbiato alla stupida sveglia a forma di tartaruga marina regalo di sua cugina Dominique maledicendo il suono miserabile che produceva del tutto incapace di tirarla fuori dal sonno.

«Lucilla!LUCILLA!»

Guidata dalla pura scarica di adrenalina che aveva preso a scorrerle in tutto il corpo fino a svegliarla completamente si era vestita come aveva, fortunatamente, premeditato giorni addietro, saltellando nell'infilarsi le scarpe verso il piccolo bagno in fondo al corridoio.

«Porco Merlino, Bennet! Apri, ORA!»

La voce dell'amica le giunse ovattata da dietro la porta prima che lei potesse, finalmente, vedere la maniglia dorata della abbassarsi con tutta la calma di questo mondo. O almeno così le sembrò.

Aperta la porta Lucilla si trovò di fronte una Lily impaziente e totalmente fuori di sè, che nel frattempo, aveva preso a saltellare sul posto indecisa se lanciare un Bombarda o meno per appropriarsi del bagno.
Aveva optato per un rapido no, in ogni caso, dal momento che non aveva nemmeno un secondo per andare a recuperare la propria bacchetta.

«Che c'è?»

Lucilla Bennet se ne stava in piedi di fronte a lei avvolta in un accappatoio grigio troppo grande per il suo corpicino esile con uno sguardo totalmente spaesato e sconvolto.

Lily non si prese nemmeno la briga di risponderle precipitandosi verso il lavandino per lavarsi-si fa per dire- i denti ed afferrare una spazzola con cui cercò inutilmente di districarsi i capelli vermigli nel mentre che si dirigeva verso la porta.

Inutile dire che si precipitò giù per le scale lasciandola completamente aperta.

Lucilla si strinse nelle spalle per poi dirigersi verso quest'ultima mentre si frizionava i capelli bagnati con le maniche stesse del proprio enorme accappatoio. La chiuse con un colpo secco non prima di annusare l'aria contrita ed appuntarsi di ricercare la causa di quella puzza insopportabile.

La ventiduenne Lily Luna Potter si stava dirigendo in fretta e furia verso la fermata dell'autobus che si trovava a ben oltre cento metri dal suo palazzo dove, secondo i suoi piani, si sarebbe dovuta dirigere molto tranquillamente per evitare di scompigliare la propria impeccabile capigliatura.
In quel momento la sua capigliatura era per sino difficile da definire tale piuttosto che massa incongrua quindi il problema nemmeno si poneva. In ogni caso non se la poteva permettere la tanto agognata tranquillità.

Mentre correva come una disperata slogandosi una caviglia ad ogni passo sulle vertiginose decoltè a cui non era abituata maledisse ogni fondatore, mago o folletto le venisse in mente al momento per la sua completa, assoluta, inequivocabile deficienza.

Come, COME diavolo aveva fatto a non sentire la sveglia proprio quel giorno? Come poteva essere stata così sprovveduta e superficiale?? Una volta giunta alla fermata notò quasi subito la piccola cabina telefonica rosso fuoco che si stagliava contro il grigiore del marciapiede e di tutto ciò che c'era intorno.
Estrasse ancor una volta, frettolosamente, il foglio di carta ormai sgualcito che le era arrivato via gufo espresso un paio di giorni prima dove era spiegato nel dettaglio come accedere agli uffici della MagiLawyers e Co. per il colloquio che avrebbe dovuto tenere con uno di essi per riuscire ad ottenere l'incarico di assistente e dare il via alla sua gavetta.
Lesse rapidamente le poche righe in cui si parlava della moneta allegata da inserire nella cabina telefonica più prossima.

Si raccomanda la puntualità. Diceva alla fine.
Lily deglutì picchiandosi una mano contro la fronte e maledicendosi, di nuovo, rumorosamente.
L'appuntamento era alle otto e mezza.
La rossa diede una rapida occhiata all'orologio da polso regalo del fratello maggiore per la laurea in magisprudenza di appena tre mesi prima.
Le nove e venti.

Nove.
E venti
.

Era in ritarto praticamente di un'ora.

Era l'occasione della sua vita, quella. La MagiLawyer: Il sogno di ogni avvocato magico, il trampolino di lancio per tutti coloro che si erano fatti una carriera con i controfiocchi in quel campo.
Non ci credeva quasi ancora a quando, due settimane prima, le era arrivata la lettera della società in questione in cui le si diceva che, avendo preso in considerazione le sue qualità e le sue referenze, sarebbero stati ben contenti di darle la possibilità di farle avere un colloquio.

E sì che quando aveva mandato la domanda l'aveva fatto quasi per scommessa.

Insomma, era ubriaca, Rose le rompeva le scatole da due mesi e si era proposta addirittura di scrivergliela lei stessa. Non ci aveva mai sperato, l'aveva mandata così, per tentare, dopo aver brutalmente perso a carte con la suddetta cugina dai capelli rosso fuoco.

E loro le avevano risposto solamente tre giorni dopo.

E l'avevano presa in considerazione.

Si sentì stringere lo stomaco mentre inseriva la grossa moneta di ferro nell'apposito spazio: per la sua impuntualità il sogno magico che poteva realizzarsi per lei si stava sgretolando ancor prima di prendere davvero una lontana forma.

Arrivò in un salottino più o meno largo passando attraverso una sorta di varco apertosi nella parete che si chiuse appena un attimo dopo che la rossa fu passata con un sonoro DLIN DLON che annunciava l'arrivo di qualcuno.
C'erano diversi divanetti di pelle chiara e dei bassi tavolini su cui se ne stavano appollaiate le riviste più in voga del mondo magico legale.
Lily avrebbe voluto prenderne una e mettersi a sfogliarla per darsi una calmata..
O meglio, quello era stato il suo piano originario: lei si sarebbe presentata lì con un anticipo fantasmagorico, avrebbe accavallato le proprie gambe diafane e perfettamente depilate facendosi trovare con in mano una di quelle riviste da urlo con tanto di occhiali inforcati.

Invece, sorte volle, che al colloquio più importante della sua vita lei si dovesse presentare senza aver fatto la ceretta, con i capelli scarmigliati e ultima cosa, seppur meno importante, si era pure scordata i propri occhiali a casa.

Se si vuole tralasciare l'inquietante dettaglio del ritardo di ben un'ora, ovviamente.

Si lasciò andare inerme su una delle poltroncine notando, all'ora, per la prima volta che insieme a lei c'erano altre due ragazze più o meno della sua stessa età, impegnate a parlottare fra loro con un tono di voce sorprendentemente basso.
Lily si trovò ancora più a disagio notando quanto apparissero perfette nei loro abiti lindi e nei loro capelli laccati.

Fu a quel punto che una donna di mezza età coi capelli corvini striati di bianco raccolti in una strettissima crocchia che teneva sospesa in aria una cartella verde acido, la notò.
Abbassò leggermente gli occhiali a mezzaluna sul naso guardando nella sua direzione.

La rossa, per tutta risposta, si mise ben dritta sulla poltrona.

'Oh, come se potesse servire a qualcosa' pensò, desiderosa di essere inghiottita dal pavimento.

«Lei è Lilian Luna Potter, per caso?»

«Sì!»

Lily balzò in piedi nel giro di un attimo urlando talmente forte che la donna strabuzzò gli occhi nella sua direzione leggermente spaventata mentre le due ragazze sedute accanto a lei s'interruppero improvvisamente alzando gli occhi verso la rossa che, nel più completo disagio, prese a lisciarsi la gonna con entrambe le mani.

«Mi segua»

Disse alla fine la donna, rigida, non levandole gli occhi di dosso neppure per un secondo.
Percorsero insieme un lungo corridoio illuminato fino ad arrivare di fronte ad una porta di legno pregiato dove la donna si arrestò.

Era impossibile confondere quel corridoio: ne aveva visto circa un miliardo di foto.

Quello era il luogo dove stavano tutti gli uffici!

Sì, sì, sì.

Tutti i cattivi pensieri che l'erano balenati nella mente fino ad un secondo prima svanirono in un FLOP.
Non le importava un accidente di essere spettinata, con le occhiaie e del tutto rincoglionita. Ce l'aveva fatta, avrebbe avuto il suo colloquio.

Si trattenne a fatica dal saltare davvero di gioia limitandosi a stringere le unghie contro i palmi in preda ad un improvviso neonervosismo e a guardarsi intorno:
Fu a quel punto che notò che sulla porta stava affissa una targhetta. Stava per apprestarsi a leggere il nome del magiavvocato per il quale avrebbe avuto il colloquio, in preda all'estasi, quando la donna tossì leggermente distogliendo la sua attenzione da ciò che stava per fare.

«Voglio ricordarle, signorina--Potter» iniziò «che qui teniamo MOLTISSIMO alla puntualità»

Lily la guardava ma non riusciva nemmeno a sentirla. Annuì vigorosamente bramosa di abbassare quella maniglia, avere il suo colloquio e divenire la ragazza più felice della terra.
Tuttavia, la donna, che sembrava una copia ringiovanita della McGrannit, non aveva ancora finito.

«Se non fosse stato chiesto esplicitamente di lei in questo momento non le sarebbe nemmeno concesso l'accesso ai nostri uffici» le lanciò un ultimo sguardo severo per poi dare le spalle alla rossa ed allontanarsi senza aggiungere nemmeno un ciao.

Lily ebbe un attimo di esitazione.

Avevano chiesto di lei?

Scosse la testa chiedendosi se quella donna-che nemmeno si era presentata, fra le altre cose-fosse una di quelle vecchiacce frustrate che si divertivano a mettere la pulce nell'orecchio degli altri raccontando sciocchezze.

Lanciò un'ultima occhiata stralunata al corridoio ormai vuoto per poi voltarsi verso la porta e, dopo un attimo che si concesse per deglutire e districare, per l'ultima volta, la propria chioma leonina con l'aiuto delle dita-tanto ormai ritardo per ritardo-diede due leggeri tocchi di nocche contro di essa producedo un suono non molto forte ma decisamente udibile.

Fu a quel punto che lo notò.

Il nome.
Il nome che portava la targhetta sulla porta.

Gli occhi di Lily si sbarrarono e le si seccò improvvisamente la bocca.
Avrebbe voluto darsela a gambe, tornarsene da dove era venuta, mandare una lettera di protesta alla MagiLawyer insultandoli per quello scherzo davvero di pessimo gusto..

«Avanti»

Lo stomaco le si ribaltò ed attorcigliò su sè stesso come se avesse preso vita propria.

Le veniva da vomitare.

Impossibile.
Impossibile non riconoscere quella voce melliflua ma allo stesso tempo tagliente come una lama ben affilata.

Lily rimase congelata per un minuto buono incapace di compiere qualsiasi movimento.
Ci provava, eh, ci provava davvero. Il problema era che le proprie gambe si rifiutavano in tutti i modi di rispondere ai comandi e-
La maniglia si abbassò morbidamente, a quel punto.
Tutto ciò che la rossa fece, o meglio, riuscì a fare, fu rimanere a guardare la porta che si apriva senza riuscire a muovere un solo singolo muscolo.

«Finalmente!»

Di fronte a lei, Scorpius Malfoy, il suo nemico giurato ad Hogwarts la fissava con un ghigno malefico dipinto sulle labbra sottili.

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Angolo di quella (demente) che scrive. Okay, non è il massimo in tutti i sensi.
Breve, asciutto come non so cosa, pure un po' deprimente.
Ma è un 'prologo' e sinceramente volevo dare uno spruzzo molto vago su ciò che sarà la storia in sè.

Spero che vi possa piacere comunque almeno un pochinoinoinoinissimo

. Baci, baci.

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Capitolo 2
*** 1-In the porcelain there is a crack. ***


CAPITOLO 1
'In the porcelain there is a crack'

Il primo pensiero in assoluto che la mente di Lily realizzò nel momento in cui Scorpius, sorriso beffardo compreso, prese a squadrarla mentre lei se ne stava impalata e nel disagio più completo nel bel mezzo di quello che scoprì amaramente essere il suo ufficio fu una sorta di scenario suicida in cui c'era lei che, afferrato di slancio il fermacarte estremamente costoso poggiato sulla scrivania dietro cui era seduto il biondo, si conficcavaquest'ultimo senza troppi preamboli nella pancia.

Più volte.

«Lilian Luna Potter» scandì lui, lasciando andare una cartella-molto probabilmente la sua-sulla scrivania con un fruscio per poi accomodarsi sulla propria poltrona con estrema naturalezza.

«Perchè non si siede.. LILIAN?»

Scorpius si umettò il labbro inferiore con la lingua riaprendo non solo la bocca ma l'intero volto in un sorriso strafottente e derisorio.
Proabilmente trovava quella situazione estremamente divertente.
Automaticamente i pensieri di Lily passarono da suicidi ad OMICIDI.

La rossa lasciò andare l'anidride carbonica trattenuta dal naso sentendosi ribollire il sangue nelle vene.
Si vedeva tanto come una di quelle strane cose babbane usate per cucinare che suo nonno Arthur chiama 'pentole a pressione', in quel momento, e si morse a sangue la lingua per evitare di sbottare con qualche parola decisamente troppo poco gentile mentre compiva barcollante i due passi che la separavano dalla sedia che le stava di fronte.

Si trattava di un ufficio piuttosto spoglio, o almeno ciò che Lily notò, prima che la vista le si annebbiasse di rosso ira e perdesse totalmente la concentrazione, fu un arredamento estremamente minimalista: un divanetto di stoffa color crema percorreva il lato destro della stanza non molto più grande di un comune soggiorno, il lato sinistro ospitava un mobile bar piazzato in un angolo con alcune bottiglie di Firewisky di marca ed altri alcolici, all'apparenza, piuttosto costosi disposti ordinatamente su di esso, il pavimento era coperto da un tappeto che richiamava i colori del divanetto e delle due sedie che facevano sfoggio di fronte ad una padroneggiante scrivania di mogano dal marrone molto scuro, lo stesso di alcuni piccoli ricami del tappeto.
Fu su una di quelle sedie che Lily si lasciò andare accavallando le gambe lunghe e sottili per poi prendere a guardare il vuoto cosmico in un angolo indefinito dell'ufficio di-di.. Ancora non ci poteva credere.

Le veniva praticamente da piangere.

Lui, per tutta risposta, continuava a guardarla sornione non perdendosi una sola delle sue mosse come si farebbe con un animale allo zoo.
Un animale raro ed estremamente divertente, per giunta.
Cosa aveva in mente? Torturarla e rimandarla a casa con un calcio nel sedere?
Come aveva potuto essere tanto sprovveduta ed ingenua da pensare che una società di così grande successo come la MagiLawyer potesse anche solo calcolare la sua esistenza?

Lily prese a giocherellare nervosamente con le mani per frenare l'istinto di alzarsi e strozzarlo con quelle stesse.

Malfoy.
Scorpius Hyperion Malfoy.
Portò i propri occhi, color nocciola, stretti in due fessure,ad incastrarsi in quelli grigio perla di lui con aria di sfida.

Non lo vedeva da quanto? Sei anni? Di più.
Aveva passato cinque anni, cinque anni INTERI, di punizioni e richiami di ogni genere con lui o per colpa sua ad Hogwarts.
Cinque anni di battibecchi, di insulti, di zuffe e duelli notturni.
Cinque anni di cibo lanciato in sala comune, sfide nella foresta proibita e piani malefici da parte di entrambi.
Senza contare le trecentomiliardi di strilettere che la madre le aveva fatto collezionare in quel periodo.
Scorpius era stato il suo inferno. Non lo vedeva da SEI lunghi, lunghissimi anni eppure per lui provava lo stesso lancinante odio e disprezzo.

In quel momento, come non mai, sperò che quello fosse solamente un incubo.

«Allora» cominciò lui, portando l'attenzione ai fogli che aveva lasciato ricadere sulla scrivania meno di due minuti prima.

«Dalle carte leggo che si è laureata con il massimo dei voti» sorrise non abbandonando quell'aria da infame schifoso che alla rossa fece venire voglia di eliminare del tutto con un allegro pugno in faccia.
Lily ne era completamente conscia: lui si stava prendendo spudoratamente gioco di lei. Deglutì passandosi distrattamente una mano tra i capelli che le si aggrovigliarono senza pietà attorno al dito medio ed all'indice.

Il biondo sollevò lentamente lo sguardo dall'ordinata pila di fogli di carta che gli si parava innanzi per poi osservarla basito per trenta secondi che a Lily, in preda alle convulsioni per liberarsi la mano, sembrarono ore.
Era ormai del tutto paonazza per la vergogna quando riuscì nel proprio intento, Scorpius che la fissava non incrinò nemmeno per un momento la propria posizione impassibile lasciando, però, aleggiare sul volto l'espressione tremendamente divertita di chi sta trattenendo a stento una risata.

Lo odiava.
O.D.I.A.V.A.

Odiava quella sua faccia sfacciata, quel suo ghigno bastardo, quegli occhi grigio chiaro che lasciavano trasparire quella sua indole snob da sono-tutto-io che lo caratterizzava.
Lo aveva sempre odiato e la cosa non sarebbbe mai cambiata neppure dopo anni di silenzio ed assenza.

«Vede..» continuò il biondo passandosi una mano fra i capelli impeccabilie sbarazzini allo stesso tempo. «Ci sono certe regole a cui noi, alla MagiLawyers, sottostiamo senza eccezioni»

Merlino, quanto odiava quella voce.
Puntarsi la bacchetta alla testa o no?

«Uno: la puntualità» Scorpius poggiò meglio la schiena allargando le braccia sulla prorpria scrivania.

Forse poteva prendere a pensare a qualcos'altro, qualcosa che non centrasse con Malfoy.

«Due: la precisione»

Chissà se Lucilla era riuscita a liberare la casa dall'odore in cui l'aveva lasciata prima di uscire.

«Tre: l'immagine»

Doveva assolutamente ricordarsi di chiamare sua cugina Rose per farsi suggerire un incantesimo adatto, in caso contrario.

«Quattro: zero pigrizia»

Dopo averla affatturata per averla messa-involontariamente. Perchè era involontaria la cosa, vero?- in quella situazione, ovvio.

«Cinque: noi vinciamo. Sempre e comunque»

La rossa si riscosse dai propri pensieri giusto in tempo per vedere Malfoy sollevare il mignolo della mano sinistra mentre diceva qualcosa che non aveva neppure sentito.
Non perse tempo a chiedersi cosa, se ne doveva andare, punto.
Puntò, all'ora, speranzosa, una delle finestre dell'ufficio chiedendosi a che piano si trovassero.

«...In una crocchia»

«Eh?»

Scorpius aveva leggermente alzato il tono di voce accortosi, probabilmente, del fatto che la rossa lo stava completamente ignorando. E la tecnica funzionò dato che l'attenzione di Lily fu riportata al suo discorso quasi drasticamente.

«Dicevo che sarebbe opportuno che portassei capelli legati»

Ribadì-come si comprese dal suo tono di voce.

Ma-come... COME si permetteva di darle consigli su come pettinarsi? Ma chi cavolo si credeva di essere?!

Lily Potter si alzò in tutto il suo metro e sessantacinque-più dieci, di tacco- puntando il dito indice contro l'autoritario ragazzo biondo che non si scompose nemmeno un po' nonostante fosse rimasto piuttosto sconvolto dal gesto improvviso.

«Tu, TU!» Sbraitò la rossa incapace di trattenere oltre la rabbia che le infuocava nel petto.

«Come osi? EH?? Non ti sei ancora divertito a sufficienza?!»

Lily spostò rumorosamente la sedia su cui era seduta con un colpo di gamba nell'avvicinarsi alla scrivania di Scorpius il quale ancora non aveva accennato ad alcuna reazione limitandosi ad osservarla come si guarda una bambina estremamente deficiente.

«Speravo fossi cresciuto. ANZI NO. Non speravo proprio un bel niente, mi ero dimenticata della tua maledetta ed inutile esistenza!»

Fu a quel punto che la rossa afferrò i fogli di carta dalla scrivania del biondo come una folle lanciandoglieli tutti in faccia. L'espressione gaia scomparve dal viso di Scorpius sostituita da una decisamente più scocciata.
L'ex-serpeverde si alzò di scatto dalla propria poltrona facendo indietreggiare Lily di un passo per la sorpresa di quel gesto fulmineo sovrastando la sua figura esile completamente.

Era cresciuto o era sempre stato così alto?

«Quando ha finito con questa... scenata può tornare, cortesemente, a sedersi?»

Il viso di Lily diventò, se possibile, ancora più rosso di rabbia diventando un tutt'uno coi suoi capelli. «Che cazzo mi dai a fare del lei, MALFOY?!» sbottò, sentendosi pulsare una vena del collo furiosamente.

Scorpius si rimise a sedere come se nulla fosse successo lasciando andare un sospiro ed alzando gli occhi al cielo. L'espressione in un misto tra il divertito e lo stufato.

«Non dò del tu ai miei dipendenti» disse riordinando alla buona le carte sparse su tutta la scrivania.

Lily si paralizzò di colpo.

DIPENDENTI?

«Ora può andarsene. Domani alle otto l'aspetto per firmare il contratto»

Rendendosi conto che i fogli erano troppo spiegazzati per poter riassumere la parvenza linda e perfetta che avevano in precedenza Scorpius li lasciò cadere nel cestino sotto alla propria scrivania per poi premere un bottoncino nero che, prima di quel momento, Lily non aveva neppure notato.

«Miss Wirlston mi faccia riavere il fascicolo della signorina Potter ento un'ora. Ho trovato la mia assistente» un ghigno estremamente trattenuto percorse ancora una volta il volto di Scorpius. Gli occhi grigi brillanti di una contentezza quasi infantile.

A-assistente?

«Sì, signor Malfoy. Provvedo immediatamente» la voce asciutta ed atona della signora di prima risuonò da ogni luogo della stanza.

«Mi auguro che questo fosse il suo primo ed ultimo ritardo. Vivamente» Scorpius Malfoy disse queste ultime parole a mo'di congedo di fronte ad una Lily completamente basita-con la mascella che toccava il pavimento, per intenderci-e totalmente incapace di proferire parola.

***

Rose Weasley lasciò andare la gazzetta del profeta sul tavolo di marmo della cucina di casa sua con un brivido di freddo a percorrerle la schiena.
Non ci pensò su che un istante soltanto, un istante davvero,avvero minuscolo, prima di afferrare un pezzo di carta e buttare giù un rapido:

Lily, ho scoperto una cosa, tra un'ora vengo da te?
Rose

No, non aveva granchè senso, tuttavia il tempo non c'era e lei aveva una gran fretta di recapitare il messaggio: casa sua distava da quella della cugina appena qualche chilometro ma era troppo nervosa per titubare ed allo stesso tempo troppo lei per irrompere nella casa della cugina senza il minimo preavviso.
Legò svelta il fogliettino piegato in quattro alla zampa della propria civetta, Lavinia, per lasciarla, poi, andare nel cielo del primo pomeriggio con un nervoso: «Veloce!» praticamente gridato all'aria.

Si mise a sedere prendendosi la testa tra le mani.

Ti prego. Ti prego. TI PREGO.

Come poteva essere stata così poco preventiva? Se lo sarebbe dovuto aspettare, sì.
Era colpa sua.

Lei ragionava sempre su tutto, non faceva mai niente senza aver valutato ogni minimo dettaglio, eppure ora aveva spedito la propria cugina preferita dritta, dritta nella tana del leone.
O dell'avvoltoio. Dipendeva dai punti di vista.

Come poteva essere stata tanto sciocca?

Doveva aspettare.
In fondo, poteva sbagliarsi. Poteva capitare che nemmeno se ne accorgesse, che non s'incontrassero mai..

Oh, al diavolo!

Lasciò andare un respiro trattenuto anche troppo prima di afferrare la giacca, la borsa ed uscire di casa senza nemmeno lasciare un biglietto.

«No,no, no!» «Lily--! LILY!» Tonfo. «Qualcuno lassù mi odia. Mi odia!» Tonfo numero due. «E come lo risolverebbe il lanciare ogni oggetto della tua camera per aria, di preciso?» Tonfo numero tre, un tonfo decisamente molto, molto forte. Urla. «VA VIAAA!»

Fu all'incirca questo ciò che Rose Mary Weasley, capelli rossi fiammeggianti, occhiali dalla montatura sottile e sguardo preoccupato, sentì non appena fece il suo ingresso nell'appartamento che la cugina condivideva con l'amica Lucilla.
Fece un paio di passi, titubante, percependo nell'aria un'odore acre e nausante a cui fece poco caso impegnata com'era a decidere il da farsi.

«Ti rendi conto? No, dico, TI RENDI CONTO?»

Lily urlava da fare invidia a sua madre nei momenti peggiori. Qualcosa le diceva che l'avrebbe uccisa. Si tappò le orecchie percorrendo ancora qualche passo in modo da essere almeno a portata di orecchie.

Ora o mai più.

«Lily»

Silenzio.
Oh beh, magari si era sbagliata, magari era stata troppo drastica, magari-

«VATTENE IMMEDIATAMENTE DI CASA MIA» Lily,coi capelli scarmigliati, una scarpa sì ed una no e il volto paonazzo-per usare un eufemismo-la fronteggiò a grandi passi arrivando ad appena qualche centimetro dal suo naso prima di arrestarsi.

Gli occhi scuri stretti in due fessure.
Le mani tenute a freno a fatica si preparavano a mollarle due pugni.
Rose deglutì facendo un passo indietro.

«Lil-» azzardò ma fu interrotta dalla cugina urlante ancor prima di poter formulare un vero e proprio pensiero.

«Tu, TU! TU LO SAPEVI!»

Lily, arrabbiata, decisamente, sollevò entrambe le braccia al cielo preparandosi ad afferrare il collo della cugina immobile e spaventata e molto probabilmente ci sarebbe pure riuscita se in quel preciso istante la sua amica non fosse arrivata ad ostacolarla sorprendendola alle spalle.

«Lily, adesso piantala, per Morgana. Sei-sei fuori controllo!»

Lucilla fece a Rose un gesto con gli occhi indicandole il minuscolo salotto che le stava esattamente alle spalle. La rossa non se lo fece 'ripetere' due volte: nel giro di un secondo era già nell'altra stanza, lontana da quella furia.

***

«Ricapitolando» trenta minuti dopo Lily, Rose e Lucilla se ne stavano tranquille, almeno in apparenza, sul divano floreale del salotto. Lucilla si alzò in piedi prendendo a fare avanti e indietro di fronte alle due rosse sfibrate dalla discussione appena avvenuta.

«Tu» sentenziò, indicando Rose Weasley la quale si massaggiava le tempie ancora un po' sotto shock. «Tempo fa avevi addocchiato la notizia in cui si spiegava che Malfoy senior stava cercando di far entrare il figlio nella MagiLawyers e Co.»

«Esatto» rispose la rossa dopo un attimo di esitazione. «La gazzetta del profeta è affiliata a moltissime riviste minori. Mi era passato sotto mano un giornaletto di quelli che leggi tu» alzò le spalle indicando con un cenno della testa la cugina ancora completamente paonazza. «Era un articolo molto negativo: gli davano del raccomandato. E' un'azienda molto importante la MagiLawyers. Onestamente non pensavo..» arrestò di colpo il fiume di parole a cui aveva dato il via notando le narici di Lily allargarsi visibilmente.

«Oh, Lily, non è la fine del mondo!» afferrò le mani della cugina cercando di trasmetterle un po' di positività. Quella, per tutta risposta, si divincolò incrociando le braccia al petto.

«Sì, che lo è» disse seria.

«Puoi considerarla una sfida, in fin dei conti» azzardò Lucilla intervenendo. Si era bloccata nel bel mezzo della stanza, appena oltre il tavolino da tè tutto graffiato che entrambe le ragazze si ostinavano a voler tenere in casa nonostante non facesse che ricevere insulti di ogni genere praticamente da chiunque.

Lily si mise improvvisamente a sedere più diritta irrigidendosi.

Guardò prima la bionda e poi la rossa con gli occhi sbarrati ed uno sguardo infinitamente disgustato dipinto sul viso.

«Non penserete mica che accetterò il lavoro, vero?»

Rose e Lucilla si guardarono per un secondo prima di rispondere all'unisono:

«Sì!»

Lily fece per alzarsi scuotendo vigorosamente la testa.

Erano impazzite, dovevano essere impazzite. «Lily, è una società importantissima!» insistette Rose non perdendo di vista la cugina che aveva preso a camminare in circolo per la stanza borbottando insulti, fortunatamente, non udibili.

«E poi è solo l'incipit. Farai carriera ed a quel punto: ciao, ciao Malfoy» rincarò Lucilla facendo il gesto del saluto con la mano.

«Voi siete completamente pazze»

Lily si lasciò andare di nuovo sul divano guardando un punto fisso davanti a sè sconvolta.

«Stiamo parlando di Malfoy. Ve lo ricordate, vero? Biondo, superbo, acido e chi più ne ha più ne metta!»

Senza nemmeno notare come, si era ritrovata a stringersi le unghie contro i palmi fino a farsi male.

«Loro hanno voluto te. Non lui» Rose poggiò una mano sulla spalla della cugina formulando il pensiero che aveva appena realizzato cercando di essere il più dolce possibile. «Scorpius Malfoy è diventato socio solo questa mattina»

Lily aprì la bocca in una piccola 'o' prima di tirare un pugno deciso contro il tavolino.

La sfiga. LA SFIGA.

Era mai possibile che la fortuna non girasse mai dalla sua parte? Nemmeno una, UNA miserabilissima volta.
Si affondò le mani nei capelli piegandosi in avanti.

«Non posso» annunciò scuotendo il capo rivolto verso il basso « non posso fare da assistente a Scorpius Malfoy» borbottò. La voce ovattata dai suoi stessi capelli vermigli.

«Non puoi sapere com'è ora, per quanto ne sai potrebbe essere diventato la persona migliore del mondo» Lucilla sorrise a trentadue denti mentre diceva queste parole.

No, non ci credeva nemmeno lei e l'amica lo sapeva perchè tirò su la testa per lanciarle uno sguardo pieno di odio.

Lily si voltò verso Rose sperando che la cugina potesse farle dono della soluzione delle soluzioni.

Era sempre stato cos, fin da quando erano bambine: Rose era sempre stata in grado di essere per lei una vera fortezza. Posata, razionale, intelligente e matura aveva sempre rappresentato per lei un posto sicuro in cui rifugiarsi. Se c'era un problema Rose era la persona in assoluto più giusta per risolverlo.

Rose si morse il labbro leggermente a disagio.

«Che cosa devo fare?» balbettò Lily sull'orlo del pianto.

Avrebbe tanto desiderato picchiare la testa contro ad un muro in quel momento fino a spaccarsela nel peggiore dei modi ed avere una ragione più plausibile dell'immaturissimo 'C'è Malfoy' per non presentarsi in ufficio il giorno successivo ma non lo fece. Restò, invece, immobile e sconsolata sul divano senza nemmeno riuscire a pensare di poter compiere un'azione qualsiasi.
Rose le accarezzò una spalla cercando di infonderle un po' di coraggio.

«E' un'opportunità irripetibile, Lils. Forse Scorpius è il tuo pedaggio per il successo»

Fu a quel punto che un ticchettio insistende portò l'attenzione delle tre alla finestradel soggiorno.

«Deve essere Lavinia» annunciò distrattamente Rose.

Lily si alzò lentamente andando a scostare le tendine verde pisello scelte dalla madre di Lucilla per il loro appartamento. Un gufo bianco e grigio con gli occhi di chiaccio se ne stava fiero e maestoso con entrambe le zampette poggiate sul davanzale.

«A meno che non abbia fatto un'operazione per cambiare sesso e non si sia tinta il piumaggio -No, direi che questa non è la tua civetta, Rose» disse sarcasticamente mentre apriva un'anta della finestra per lasciar entrare il volatile.

Quello non diede il minimo cenno di voler fare il suo ingresso, però, mostrando, invece, ancora di più la zampetta a cui era legata una busta per mezzo di un filo dorato.
La rossa sbuffò appena mentre slegava la lettera prestando attenzione a non fare male all'animale. Una volta che fu riuscita nel suo intento il gufo bianco se ne volò via sotto lo sguardo di una Lily accigliata e titubante.
Guardò per un attimo di troppo la busta immacolata che stringeva fa le mani.

Lilian Luna Potter.

In una grafia ordinata e spigolosa, non appariva nient'altro che il proprio stesso nome su di essa.
La rossa sentì il nervosismo impadronirsi immediatamente di lei.

CRISTO.

«Chi è?»

Lilian, mi sono scordato di avvertirla riguardo il fatto che qui sarebbe opportuno indossare un abito scuro. Eviti i colori chiari. A domani.
Scorpius Hyperion Malfoy

Lily, trattenendosi dall'urlare, passò il foglio di carta alla cugina che lo lesse lanciandole un'occhiata partecipe.

Certe cose non ti capitano per caso. Ti capitano perchè sei sfigato.

***

Se c'era una cosa che Lucilla Aria Bennet adorava spasmodicamente, fatta eccezione che per il cibo, ovviamente, era bere il tè, preparato alla babbana, nella più completa e sana solitudine, di pomeriggio.
Quel giorno aveva dovuto rinunciare ad una delle sue solite prerogative viste le circostanze straordinarie ed aveva abbandonato Lily e la cugina Rose a chiaccherare nel salotto mentre lei preparava il tè non solo per sè stessa ma per tutte e tre.

Era assodato che il giorno seguente sarebbe stato un completo disastro ma la speranza è sempre l'ultima a morire, no? Non sapeva bene cosa pensare riguardo l'accaduto. La questione era che lei non aveva mai davvero trovato Scorpius Malfoy insopportabile, ai tempi di Hogwarts. Forse un po' altezzoso, forse un po'..Provocatorio, ecco. Ma non così orribile come la sua migliore amica era solita definirlo.
Scosse la testa al pensiero di tutte le sconsideratezze che entrambi avevano commesso fino a che lui non si era diplomato andandosene una volta per tutte, per la gioia di Lily.
Si provocavano a vicenda, decise alla fine mentre si apprestava a rimuovere il bollitore fischiante dal fornello. Si provocavano l'un l'altra, sempre. Un odio reciproco che li aveva resi come vitali lei per lui e lui per lei nell'andare avanti nel corso di cinque lunghi anni.

Un vero e propri rompicapo.

Non sentì la porta suonare, persa nei propri pensieri com'era, non sentì nemmeno Lily che la chiamava. Afferrò tre tazzine di porcellana dalla credenza e fece per poggiarle sul lavello quando qualcosa la sconvolse.

Sulla porta della cucina Lucas Belial le sorrideva stancamente ignorando totalmente la porcellana in frantumi che costellava l'intero pavimento.

___________________________________________________________________________________________________________________________ Quella che scrive:

Oh, insomma, voglio sempre dire troppe cose in troppe poche righe. SIGH.
Fatemi sapere che cosa ne pensate, in ogni caso, ok? Ok.

Besos.

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Capitolo 3
*** 2-Self Control ***


CAPITOLO 2

gne



'Self Control'

Non è che Lily non sopportasse gli ordini in sè, insomma, la sua vera e propria prerogativa era rappresentata da chi fosse a darli per lo più.

Poteva essere Dio in terra ma se non le piaceva.. AHI.

Beh, sì, era una cosa importante quella di quel giorno, tuttavia.

'Per quanto umiliante e terribile'

Sussurrò alla propria immagine riflessa nello specchio che le inviò di rimando un'espressione tesa e decisamente ancora molto, molto arrabbiata.

Non si era tirata su i capelli come Scorpius Malfoy le aveva esplicitamente chiesto prima che lei desse praticamente di matto nel suo ufficio non proprio perchè fosse un suo ordine nonostante fosse una delle ragioni principali, inutile negarlo, bensì perchè asciutta e spigolosa com'era, con tutta la faccia ricoperta di lentiggini e quegli occhi enormi, coi capelli legati passava per una dodicenne più che per una donna all'esordio della propria carriera.

Perchè lei era all'esordio della propria carriera e questa era l'unica vera ragione per cui ancora non aveva mandato a fanculo tutto e tutti tornando a mandare curriculum qua e là.

E sì che c'era quel negozio babbano di cibo spazzatura.. Com'è che si chiamava?

No, Lily. NO!

Si diede l'ultima spazzolata feroce cercando di domare quella chioma ribelle sotto le proprie mani oramai abituate a quel groviglio rossiccio, per poi scrutare per l'ultima volta il suo abito: un miniabito formale e, sì, nero, proprio come il suo cap.. Insomma, proprio come le era stato ricordato tramite missiva la sera prima.

Un'occhiata svelta all'orologio le disse che erano le sette e venti. Sorrise afferrando la solita borsa e sbattendosi la porta alle spalle.

Quando Scorpius Hyperion Malfoy aprì sbadigliando la porta del proprio ufficio ci mise almeno tre secondi per realizzare di non essere solo.

Per prima cosa notò che era già aperta.

Un attimo dopo percepì un profumo strano e troppo dolce per il suo nasino da snob.

Infine la vide, seduta, esattamente di fronte a lui.

«Buongiorno»

Una Lily impeccabile-certo, se non si tiene conto degli orribili capelli che madre natura le aveva appioppato- con tanto di caffè stretto in una mano si alzò dalla stessa identica sedia su cui era stata seduta a sudare freddo, caldo e tiepido contemporaneamente il giorno precedente.

«Nero, ho pensato fosse il più adatto»

Gli porse un bicchiere di carta che lui afferrò con un attimo d'indugio. Si girò confuso verso la porta.

Scorpius Malfoy.

Scorpius Malfoy CONFUSO.

Lily dovette mordersi l'interno della guancia con una certa insistenza per evitare di scoppiargli a ridere in faccia.

«Me le ha date una ragazza bionda all'ingresso» si strinse nelle spalle di fronte ad un Malfoy che, pian piano, riacquisiva la totale padronanza di se e della situazione e gli porse le chiavi argentate che quella ragazzina-Maddy?-le aveva ceduto non senza una certa insistenza.

Il biondo si mise a sedere alla propria scrivania con una calma glaciale per poi alzare lentamente gli occhi plumbei sulla rossa.

Lily resto leggermente basita da quella freddezza ma cercò di non andare nel panico. Non immediatamente almeno.

«Questo-cominciò rimettendosi in piedi per afferrare un grosso fascicolo da un armadietto alle sue spalle che Lily il giorno precedente non aveva notato- è il mio ufficio, signorina Potter. E come tale si riserva a me il diritto di accedervi per primo ogni mattina»

Malfoy lasciò andare il fascicolo sulla scrivania un po' troppo bruscamente poichè quella tremò leggermente nonostante il legno decisamente massiccio prima che lui si rimettesse a sedere trascinando aggraziatamente la sedia in avanti.

«Non si affanni a fare ciò che non le viene richiesto. Dovrà dimostrare chi è, certo, ma in questo momento l'unica definizione che mi salta in mente al riguardo è LECCAPIEDI»

Il biondo sputò la parola 'leccapiedi' guardando Lily dritta, dritta negli occhi. La rossa, a quel punto, ebbe un fremito.

Uccidere o non uccidere?

Strinse i pugni lungo i fianchi impedendosi di reagire e ricordando a sè stessa le parole della cugina Rose la sera prima.

Questo era il suo scotto da pagare.

Il suo trampolino di lancio per diventare qualcuno.

Se il prezzo era avere a che fare con Scorpius Maledettamentemontato Malfoy, allora ok, avrebbe pagato.

Nulla le avrebbe impedito di arrivare dove avesse voluto.

Le so irrigidì la mascella mentre annuiva decisa evitando accuratamente di abbassare lo sguardo.

Fu in quel momento che sentì un lieve bussare alla porta alle sue spalle.

«Signorina Potter, mi segua»

La signora di mezza età del giorno precedente, la Wirlston o come cavolo si chiamava, le intimò di seguirla con un cenno della mano, asciutta. Lily, dapprima titubante, ancora raggelata com'era, mosse un passo incerto a metà tra Malfoy e la donna. Scorpius le fece un cenno col capo come a darle il permesso di seguirla.

Si stava rivelando decisamente, decisamente più snervante del previsto.

La rossa si avvicinò, a quel punto, decisa verso la donna che l'attendeva alla porta evitando accuratamente di voltarsi.

«Ah, mi piace zuccherato e macchiato, tanto per la cronaca»

Forse le sue prospettive già decisamente orride si sarebbero rivelate rosee a confronto con ciò che l'aspettava.



***



Lucilla si rigirò nel letto, di nuovo. Non riusciva ad alzarsi, non ci riusciva proprio. Si sentiva trapanare la schiena dalla consapevolezza di ciò che si trovava oltre il muro alle sue spalle.

Non aveva chiuso occhio tutta la notte, non era riuscita nemmeno a respirare tutta la notte.

«Ciao»

Le aveva detto lui appena l'aveva vista del tutto sconvolta di fronte alle sue tazzine di porcellana preferite frantumate al suolo.

CIAO.

Qualche strana forza le aveva impedito di estrarre la propria bacchetta per schiantare seduta stante il ragazzo sulla soglia della loro piccola cuina arancione. A dire il vero quella strana forza le aveva impedito di compiere qualsiasi tipo di azione sensata.

Si rigirò arrabbiata nel letto un'ultima volta prima di decidersi ad alzarsi lanciando un'occhiata al comodino alla ricerca dell'orologio che scoprì nascondersi sotto una pila di riviste nell'angolo.

Le otto.

Aveva ancora due ore intere prima di uscire di casa per recarsi ad uno dei suoi ultimi giorni di gavetta come Auror. Sospirò pesantemente mentre addocchiava la propria ricordella, come di consueto, rossa.

Qualcuno doveva abolire una volta per tutte quegli oggetti del demonio: erano una vera e propria tortura, insomma.

Che stramaledetto senso ha ricordare ad una persona che ha scordato qualcosa senza dire che cosa?

La afferrò con un po' troppa irruenza per poi cacciarla di forza verso il fondo del proprio cassetto dei calzini.

Quando arrivò alla porta della sua camera qualcosa le impedì di aprirla istantaneamente, qualcosa di forte, radicale, qualcosa che la tormentava davvero nel profondo: che cosa avrebbe dovuto fare, ora?

Era come sentirlo respirare attraverso quelle pareti di cartapesta, era come averlo incollato alla pelle, lì, ad un millimetro.

Cacciò giù il magone maledicendo la propria deficienza per poi abbassare la maniglia.

«Salazar»

Mormorò a mezza voce inciampando in una presa di corrente che percorreva il corridoio.Non rovinò davvero a terra ma poco ci mancava.

Non che non fosse abituata ad inciampare in ogni dove ma quel filo da dove diavolo usciva?

Contrita e confusa gettò un'occhiataccia verso il soggiorno dove Lucas Belial sedeva a gambe incrociate e senza maglietta tenendo poggiato sulle gambe uno di quei cosi babbani che la gente usa per 'cercare le cose che non trova' o almeno questa era la definizione sbrigativa che le era stata data da Rose Wesley quando una sera lei si ostinava a domandarle perchè possedesse robaccia da non-maghi.

Conuter, confuter.. Comuter?

«Sempre la solita sbadata, Lux»

Un Lucas con capelli arruffati e faccia da sonno per eccellenza sbadigliò mentre la guardava rimettersi diritta lentamente.

Non rispose.

Non rispose nonostante lui l'avesse appellata con quel nomignolo assurdo ed infantile che gli aveva abbonato solo fino a che non aveva compiuto otto anni per poi tentare di cruciarlo con o senza bacchetta tutte le infnite volte successive.

Lucas dovette rendersi conto della stranezza della situazione poichè chiuse il proprio portatile con uno scatto per poi alzarsi in piedi passandosi le mani tra i capelli castani-'sbiaditi dal sole?' si sorprese a chiedersi lei- nel più completo disagio.

Lucilla non lo degnò di uno sguardo recandosi diretta verso la cucina, verso la sua moka, verso il caffè che le sarebbe assolutamente servito per non morire in mezzo alla strada in quel giorno assolutamente privo di senso logico.

Lui abbassò gli occhi sul pavimento prima di compiere un paio di passi nella sua direzione.

«Aspetta»

Si arrestò come a congelarsi.

Qualcosa in lei s'incrinò pericolosamente tanto che credette che si sarebbe messa a piangere da un momento all'altro. Non lo fece, tuttavia, nè accennò a dire una parola. Se ne stava lì, in attesa.

«M-mi dispiace. Tanto»

Si stava avvicinando, poteva sentirlo. Passi leggeri, lenti.

Lucilla Bennet estrasse la propria bacchetta.

***

«Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa possa succedere... Promettimi, giurami che ti fiderai di me»

Lucas Belial-diciassette anni, serpeverde, anzi, quasi ex-se ne stava appollaiato sul davanzale della propria finestra con Lucilla Bennet-quindici anni, anche lei serpeverde e reduce da G.U.F.O. a dire poco sfibranti- stravaccata sul letto alla sua destra. Era avvolta in una maglietta delle Holyhead Harpies rubata, molto probabilmente, a qualche amica dal momento che ci sarebbe potuta entrare circa altre due volte. L'unica cosa che pensò su di lei quando si alzò facendo andare a terra un sacco di fotografie dell'album che stava sfogliando-per non dire tutte-fu a quanto fosse buffa, a quanto lo fosse sempre stata, a quanto trovasse adorabile il suo essere così distratta, sempre sulle nuvole.

Sorrise nella sua divisa verde-argento andando a raccogliere tutte le immagini rettangolari in movimento che costellavano il pavimento di pietra tipico dei dormitori serpeverde.

«Promettilo» ripetè il moro, serio, mentre sollevava l'ultima foto per porgerla all'amica.

Le afferrò uno dei polsi sottili in una mano, a quel punto.

Lucilla lo guardò leggermente stranita e con lo sguardo infastidito da tutta quell'urgenza.

Che andava blaterando?

«Che succede, Lucas?»

Rispose la bionda cercando di svincolare il proprio braccio dalla presa del ragazzo che non accennava a volerla liberare.

«C'è qualcosa che non va?»

L'espressione di Lucilla si fece improvvisamente grave. Lasciò andare distrattamente il grosso album dalla copertina viola mirando il letto ma il lancio fu malcalcolato dal momento che quello cadde a terra in un tonfo per la seconda volta facendo cadere di nuovo tutte le fotografie.

«Luc..»

Gli occhi di Lucas attraversati da un'ombra scura si fecero improvvisamente pesanti su di lei tanto che Lucilla tentò nuovamente di liberarsi dalla trappola di entrambe le sue mani che ora la prendevano per avvicinarla a sè.

L'abbracciò.

La bionda ricambiò l'abbraccio senza troppi preamboli: era il suo migliore amico e sembrava—Sconvolto?

Si scoprì spaventata per lui, angosciata, preoccupata.

Stava per aprire la bocca a chiedergli per l'ennesima volta che cosa gli stesse succedendo quando lui, senza alcun preavviso posò le proprie labbra sulle sue dopo averle afferrato in unico gesto fluido il mento tra il pollice e l'indice.

Fu un bacio breve, un bacio leggero.

Non durò che un attimo ma sembrò durare minuti interi.

Lucilla aveva abbassato le palpebre sugli occhi chiari senza nemmeno rendersene conto e quando li riaprì Lucas Belial stava uscendo dalla stanza sbattendo la porta.

Quella fu l'ultima volta in assoluto che lo vide. Sei anni prima.

***



Il passo della signora Wirlston la metteva seriamente a disagio. Come diavolo poteva una donna di cinquant'anni belli che superati avere una falcata così ampia?

Aveva praticamente il fiatone quando si arrestarono. Avevano raggiunto un grosso stanzone luminoso in cui se ne stavano disposte ordinatamente una serie di scrivanie di legno. Lily si guardò attorno:
Le scrivanie erano tutte perfettamente attaccate l'una all'altra e si mantenevano separate attraverso dei separet di vetro che assomigliavano tanto a delle piccole finestre. L'ambiente era impeccabile, lindo, sembrava che mai un solo granello di polvere avesse sfiorato quel luogo immacolato e molto probabilmente era pure vero visto e considerato che l'intera stanza era disseminata da piccole scopette pulitrici che, sotto incantesimo, lavoravano incessanti.

La Wirlston non si arrestò che un secondo sulla soglia prima di procedere svelta-strano, eh?-verso una scrivania libera accanto ad una ragazza grassottella con dei bei capelli castani che stava parlando attraverso una pietra magica.

Si girò appena per chiedere alla donna che cosa dovesse fare ma lei era già svanita in un PLOP.

Lily si mise a sedere leggermente spaesata e con mille domande nella testa.

Tanto per cominciare la sua scrivania era completamente vuota. Su di essa non c'era nemmeno una piuma d'oca, nulla. La studiò un attimo cercando di far notare il meno possibile la propria inesperienza e, dopo qualche secondo, individuò un minuscolo bottoncino scuro molto simile a quello che Malfoy aveva usato per chiamare la Wirlston.

Senza pensarci neppure un secondo lo premette.

Ah, idiota, lily, IDIOTA.

Per almeno trenta secondi di puro sudore freddo lungo la schiena non accadde un bel nulla e nel frattempo la rossa aveva ripreso a scrutare la scrivania alla ricerca di qualcosa invano quando, inaspettatamente, un cassettino che non aveva notato prese a vibrare. Al suo interno vi era una specie di piccolo sassolino con un cerchietto che aveva proprio l'aria di essere uno di quegli auricolari che i babbani usano per dialogare coi loro telefonini.

«Potter»

La voce sepolcrale di Scorpius Malfoy le colpì l'orecchio come uno schiaffo tanto che lei fu tentata di strapparsi quel coso e urlare. Non lo fece, per fortuna.

«Cosa la spingeva cercarmi, di preciso?»

Cercar..? Una rapida occhiata al bottoncino scuro le bastò come risposta.

«Uh, ecco, sì» arrancò la rossa imprecando interiormente e sognando per l'ennesima volta una morte istantanea.

Un meteorite dritto in testa poteva essere sufficiente.

«Mi-mi chiedevo.. Se avessi- Avesse, AVESSE bisogno di qualcosa. Si-Signor Malfoy»

Dall'altra parte le giunse il suono di un lamento sommesso e poi di un leggero ghigno.

Fantastico.

«Sarò io a chiamarla quando mi servirà, Potter»

Disse sornione. Poi un leggero BIP le disse che la comunicazione era stata interrotta.

Lily lanciò arrabbiata l'oggetto del demonio che aveva appena avuto incollato al canale uditivo infilandosi le mani tra i capelli vermigli e cercando di trattenere un urlo davvero, davvero esasperato.

Cosa, COSA poteva essere peggiore di ciò che le stava succedendo?

La ragazza della scrivania di fianco alla sua si sporse discretamente dalla sua parte, allora.

Indossava uno spesso tailleur molto scuro ed i capelli castani erano trattenuti in un cucù che lasciava andare alcune ciocche solitarie sul collo. La guardò con complicità.

«Primo giorno, eh?»

Lily non rispose ma le rivolse un'occhiata decisamente molto, molto eloquente perchè la ragazza scoppiò in una risatina.

«Mi chiamo Tristana Smith»

La ragazza castana le sorrise mettendo in risalto le guancie pienotte tinte di un rosa acceso.

Lily le strinse la mano.

«Lily Potter»

La bocca di Tristana si aprì in una piccola 'o' di sorpresa e per un attimo Lily temè che fosse un'altra di quelle fan di suo padre che senza il minimo ritegno prendevano ad arringarla anche quando si trovava semplicemente a mangiare fuori.

«Ieri ho sentito il signor Malfoy parlottare di te»

Annunciò, invece, lei guardandosi attorno per curarsi di non essere osservata. L'espressione di Lily, in quel momento, più che sconvolta la si potrebbe definire totalmente, assolutamente e senza possibilità di replica scioccata.

«C-come?»

Tristana annuì grave.

«Diceva qualcosa riguardo al voler sperimentare fino a quanto sarebbe riuscito a tirare la corda»



Ah sì? Era così che stavano le cose?

Scorpius Hyperion Malfoy voleva prendersi gioco di lei? Mandarla all'esasperazione fino al punto estremo in cui lei avrebbe ceduto umiliando sè stessa e la propria famiglia?

Povero, povero biondino saccente, pomposo deficiente illuso.

Voleva giocare a quanto pareva. Tuttavia, trascurava un dettaglio a dir poco FONDAMENTALE:


Lily Luna Potter non perde mai.



Angolo di quella BURLONA ragazza che scrive.

Se devo essere sincera, ma sincera, sincerissima, il prologo ed il primo capitolo non mi piacevano un granchè anche perchè dovevo presentare vagamente personaggi, situazioni e via dicendo, quindi mi restava poco, poco spazio per narrazione.

Come avrete di certo notato ci sono dei personaggi inventati da me -ah, ah!

Ora, non voglio sembrare una sfigatella piena di sè ma Lucilla e Lucas in primis a me piacciono moltissimo, soprattutto per la storia che ho in mente per loro. In quanto a Tristana, non vi spoilero nulla, ma avrete già capito che tra lei e Lily potrebbe nascere una bella amicizia.

In quanto a Lily e Scorpius -se la ghigna-vedrete!

Mi dite cosa ne pensate, vero? VERO?

Besos

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Capitolo 4
*** 3-The razor's edge ***


CAPITOLO 3

gne


'The razor's edge'


La ragione specifica per cui Lucas, nel vedere le propria migliore amica storica puntargli addosso la bacchetta con un'espressione decisamente poco gioiosa ed amichevole, non aveva estratto a sua volta la propria sola arma di difesa lanciandole contro un incantesimo di disarmo stava nel semplice fatto che mai e poi mai l'avrebbe creduta capace di ciò che stava per fare.


Nella sua mente Lucilla Bennet non era altro che una quindicenne troppo bionda e troppo sbadata che invece di trasfigurare oggetti in animali provocava vere e proprie esplosioni apocalittiche.


E con apocalittiche intendeva con tanto di morti e feriti, ecco.


Era proprio a questo che stava pensando mentre, colpito da uno Stupeficium, picchiava dolorosamente il sedere contro il pavimento del piccolo salottino sul cui divano aveva passato la notte.


«Stai. Lontano. Da. me.»


Sibilò la bionda non abbassando la bacchetta di un solo millimetro.


Lucilla si rese improvvisamente conto di essere arrabbiata.

Anzi, no, lei non era affatto arrabbiata, lei era furiosa. Sarebbe stata pronta a colpirlo altre duemila, tremila volte se lui gliene avesse dato il pretesto.

L'avrebbe per sino strozzato alla babbana seduta stante ma il buon senso la mantenne coi piedi inchiodati nel punto dove era, per fortuna.


Puntò gli occhi stretti in due fessure contro il ragazzo a fargli da ammonimento.


Avvicinati e ti faccio fuori.


Lucas si alzò da terra non con una certa fatica, dolorante com'era. Un'espressione di pura incredulità dipinta sul viso ed un bel livido in prossimità dell'osso sacro. Riacquistò pian piano un certo contegno mettendosi lentamente a sedere sul divano con Lucilla che si ostinava a non voler abbassare la bacchetta.


«Lu..Lucilla,lascia-lascia che ti spieghi-»


Spiegare. SPIEGARE?

La bionda dovette far fronte a tutta la propria forza di volontà per non colpire il moro con un'Anatema che Uccide senza troppo tergiversare.


«Non c'è un bel niente da spiegare»


Sputò dopo un attimo. Ogni parola che le usciva dalla bocca nella sua mente le arrivava lontana, come se non fosse davvero lei a parlare ma qualcuno di esterno al suo corpo.

Qualcuno di maledettamente spaventoso, per giunta.


Non male, rifletté Lucas. Infondo le aveva rivolto la parola e questa volta sembrava per sino cattiva una tacca in meno nella famosa scala della cattiveria.


Oppure no.


Il moro si mise a sedere con molta calma sul divano in modo da evitare di scatenare in lei reazioni eccessivamente violente. Ci pensò su all'incirca mezzo miliardo di volte prima di azzardarsi ad aprire la bocca per dire qualcosa e quando, finalmente, si era deciso a farlo, Lucilla lo precedette.


«Perchè sei qui?»


Chiese, semplicemente.


Lucas Belial lasciò andare un sospiro angosciato, come se vi fosse un grosso peso che si portava nello stomaco, come se quella fosse l'ultima domanda a cui avrebbe voluto rispondere.

Lasciò andare la schiena contro il divano rovesciando la testa all'indietro, cosa che fece saltare ancor più sull'attenti una Lucilla tremendamente sospettosa. Il ragazzo, notando la reazione di lei, alzò le mani con fare di resa.


Non mi muovo.


Avrebbe potuto mentirle.

In realtà avrebbe voluto mentirle.

Era arrivato sulla soglia di casa sua con questo preciso piano: le avrebbe raccontato una bugia, lei lo avrebbe ospitato accogliendolo a braccia aperte come il figliol prodigo di quel libro religioso che i babbani adorano tanto e l'avrebbe scampata...

Tuttavia non aveva tenuto in conto che quella che si sarebbe trovato davanti non era più una ragazzina di quindici anni troppo bassa per la sua età che stravedeva per il proprio migliore amico ma una donna arrabbiata, tradita, una donna di cui riconquistare la fiducia.


«Io- non so da dove cominciare»


Ammise il moro dopo un attimo.


«L'inizio non sarebbe male»


Lucas sorrise. Eccola, eccola la ragazza che ricordava, quella che voleva avere sempre l'ultima parola.

Lucilla non accennava ad abbassare la bacchetta ma si avvicinò a lui in modo che restassero separati di appena un metro.


«Dove sei stato per tutto questo tempo? I tuoi-i tuoi ti hanno cercato ovunque.»


Lucilla scosse la testa confusa.


Lucas guardava un punto fisso di fronte a sé.

Come se non fosse completamente conscio di tutto il dolore che aveva loro causato. Come se non fosse del tutto consapevole della scia che si stava lasciando alle spalle sparendo così, nel nulla.


Non aveva neppure fatto le valigie.

Lucas Belial che non fa le valigie?

Era stata questo il particolare che aveva allarmato da morire Lucilla.

All'inizio, a dire il vero, le aveva lasciato pensare che sarebbe stato via un paio di giorni, magari era andato nel pallone per quel bacio.

Poi, però, erano passati quei due giorni. Erano diventati settimane, mesi.

Lo aveva dato per morto e questo era quanto.

Per lei Lucas Belial non esisteva più.

Quel ragazzo tutto tatuato sul suo divano era un maledetto estraneo.

Senza poterselo impedire si ritrovò a sprofondare nella tristezza più totale.

Arrabbiata, triste.

Doveva spaccare qualcosa.

Qualche cranio magari.


«Io sono stato via»


Lucas ruppe il silenzio accavallando le gambe sottili e grattandosi il mento ricoperto di barba.

Lucilla dovette trattenersi dallo scoppiare in una risata isterica.


«Magari un po' più nel dettaglio»


Occhi celesti si incastrarono in occhi celesti a quel punto.

Lucilla arrossiva come niente da ragazzina, sì, era una cosa che di lei non era cambiata ma quando c'erano altri sentimenti in gioco-tipo la furia omicida-beh, dire che diventava spavalda era un eufemismo.

Più che un'ex-serpeverde in certi momenti sembrava una vera Grifona.


Lucas si prese la testa fra le mani distogliendo gli occhi da uno sguardo che si ritrovò incapace di reggere.


«Ho bisogno di aiuto»


«Aiuto per cosa?»


«Sono nei guai»


Lucilla abbassò la bacchetta restando, comunque, sull'attenti.


«Spiegati»


Lucas la guardò.

Senza un motivo preciso prese a ridere e la bionda di nuovo alterata alzò la bacchetta puntandogliela dritta al petto.


«Occhio a te, Belial.»


Il ragazzo alzò le braccia ancora una volta ma, un attimo dopo, del tutto inaspettatamente, afferrò la propria di bacchetta molto rapidamente.


«Expelli armus


Più che stupito, Belial, in quel momento sembrava tremendamente sconvolto.

Sillabò un muto 'SALAZAR' prima che la bionda tornasse a puntargli la bacchetta addosso, questa volta verso il viso.


«Provaci ancora e ti ritroverai con le cervella saltate prima di poter dire 'Santo Merlino'»


Lucas Belial si alzò, a quel punto.

La parola che Lucilla avrebbe usato per descriverlo sarebbe stata, molto probabilmente, indifeso. Perchè fu così che le sembro, in quel momento: con i capelli al vento, la barba di una settimana, il corpo abbronzato e screpolato dal troppo sole in alcuni punti.


«Non ci volevo credere. Al fatto che tu fossi diventata Auror, Lux»


Scosse la testa come ad essere sovrappensiero. La bionda fece un piccolo passo indietro non accennando a voler abbassare la la bacchetta.


«Mi hai stupito»


Non sapendo se ritenersi offesa o meno per l'incredulità del moro si limitò a sentirsi ancora una volta confusa per quell'improvviso cambio d'argomento senza comunque perdere il controllo della situazione.

Diede un calcio alla bacchetta di Belial in modo che fosse troppo lontana da lui perchè la potesse afferrare senza scollare gli occhi chiari dal ragazzo.


Lucas deglutì.


Che sapesse già? No, impossibile, l'avrebbe già consegnato..


«Non ti sfiorerei mai nemmeno con un dito, lo sai»


«Io non so proprio niente»


«Ho fatto un sacco di errori, Lux»


La voce di Lucas s'incrinò.

Che stesse per scoppiare a piangere?

No, impossibile, non era da lui, non era da Lucas.

Eppure perchè sembrava così disperato?

Lucilla lo guardò con tanto d'occhi per poi riporre lentamente la propria bacchetta all'interno dell'elastico dei pantaloncini del pigiama.

Incrociò le braccia al petto invitandolo a continuare.


«C'è stato un omicidio, ero lì, non c'entro nulla ma ero lì ed ora mi cercano. Mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e non so come dimostrarlo. Mi sto nascondendo. Ma, te lo giuro, Lucilla, io non c'entro niente»


Alzò gli occhi su di lei ma la bionda già non lo vedeva più. Gli occhi azzurri allargati a due abissi gli stavano puntati addosso incapaci di metterlo davvero a fuoco.


***

«No, Rose, smettila di pensare che tutto il mondo sia carino e coccoloso. Mi fai arrabbiare, davvero.»

Una Lily Potter decisamente troppo energica dopo una giornata stancante ed una Rose Weasley impeccabile come suo solito con gli occhi azzurri nascosti dai soliti grossi occhiali da vista si trovavano in un bar babbano dimenticato da Dio da appena dieci minuti e già avevano attirato l'attenzione dei cinque clienti in croce che tranquillamente sorseggiavano i loro drink.


«SHH! Lily!»


Rose si guardò attorno notando tutti gli occhi puntati addosso in imbarazzo.


«E' tutto un suo piano malefico»


Continuò la Potter senza accennare a voler abbassare neppure di un pelo il volume della propria voce.

Rose si arrese prendendo a mescolare distrattamente il proprio drink con la cannuccia, lo sguardo concentrato sul tavolino di plastica blu.


«Magari quella ragazza ha sentito male, Lì..»


Azzardò con voce non troppo convinta.


No, non ci credeva neppure lei.

La verità era che aveva conosciuto a sufficienza Scorpius Malfoy, ai tempi di Hogwarts, attraverso le sue gesta, da poter dire che sì, sarebbe stato assolutamente capace di rifilare alla cugina un tiro mancino nonostante si supponesse che ormai fosse cresciuto abbastanza per piantarla coi giochetti.


«Quel ragazzino viziato!»


Rincarò la cugina con il volto diafano arrossato per il nervosismo.

Rose non era mai stata una ragazza di troppe parole. Tranquilla, educata, studiosa.

Da brava Corvonero qual'era stata si era guadagnata la fama di ragazza molto matura per la propria età. In quel momento, tuttavia, non sapeva davvero in che modo rassicurare Lily.

Insomma, dissuaderla dall'idea malsana che lui potesse davvero essere dietro a tramare qualcosa per nuocerle oppure no? Se poi si fosse rivelato vero la si sarebbe sentita tremendamente in colpa ad essersi sforzata tanto a convincerla del contrario.



«Oh santo godric. Oh santi Merlino e Morgana- ROSE!»


Lily prese a muoversi convulsamente sulla propria sedia affondandoci e coprendosi il viso lentigginoso col menù degli alcolici che la cameriera, pigramente, aveva lasciato lì.



«Che-che succede?»


Saltò Rose confusa.


«Sta giù! Sta giù!»


Se l'intento di Lily era quello di nascondersi di certo il suo tono non stava aiutando dal momento che più che sussurrare stava strillando

.

Rose prese a guardarsi intorno nel minuscolo ambiente del locale notando, all'ora, la figura slanciata di un ragazzo platinato in giacca e cravatta che stava in piedi di fronte al bancone.

Non fece neppure in tempo a chiedere alla cugina se fosse chi pensava, nonostante fosse piuttosto evidente, senza contare il fatto che, muscoli decisamente più definiti ed abbigliamento formale a parte, Malfoy era rimasto praticamente uguale ai tempi della scuola, che Lily si era già volatilizzata.


«Lì?»


Uno strattone al polpaccio le rivelò la posizione della rossa. Rose si picchiò il palmo di una mano contro la fronte domandandosi se la cugina fosse diventata matta o lo fosse sempre stata e lei non avesse notato che la cosa era tanto grave.


«Aiutami ad uscire da questo posto, non ho intenzione di averci a che fare anche qui»


La pregò Lily questa volta sussurrando davvero.

Rose, assolutamente non abituata a situazioni che implicassero l'agire istantaneo inspirò un quantitativo di ossigeno immenso prima si alzarsi estraendo il portafoglio.

Non aveva i capelli lunghi quanto quelli della cugina ma lo erano a sufficienza da coprirla a dovere almeno fino al mento e si concentrò il più possibile per risultare del tutto anonima.

Sentendosi una completa idiota camminò svelta fino alla cassa in prossimità della quale si trovava il biondo alle prese con un martini senza ghiaccio.

Il barista guardò Rose di sottecchi, probabilmente, chiedendosi se avesse cattive intenzioni dal momento che si muoveva come una ladra. Senza fiatare la rossa poggiò una banconota da venti sterline sul ripiano cassa e presa dalla fretta borbottò un:«Si tenga il resto»


Ciò che venne dopo avvenne ad una velocità eccessiva per poter lasciare il posto ad un'eventuale reazione:

Scorpius Malfoy, che nel frattempo si era tolto la giacca grigia restando in camicia, si voltò verso di lei lanciandole un'occhiata che definire 'sorpresa' non renderebbe l'idea;

Rose, in apnea, prese a sventolare le braccia a destra e a manca come in preda a degli spasmi;

L'espressione di Malfoy passò da 'sorpresa' a spaventata ed, infine, divertita.


Probabilmente Rose Weasley doveva sembrargli un ricciocorno schiattoso degno delle fantasie dei fratelli Scamandro.


«Weasley!»


Disse a mo' di saluto con un sorriso beffardo dipinto sulle labbra sottili.


«Cosa ti porta da queste parti?»


Si guardò intorno, a quel punto, e, con grande orrore di Lily notò la figura magra che a quattro zampe e con il volto terreo se ne stava accucciata sotto ad un tavolino all'angolo.


Oh.

Per.

Merlino.


Malfoy scoppiò a ridere divertito al punto che per poco non andò a strozzarsi con il sorso di Martini che stava mandando giù.


Rose, desiderando scomparire, si fece improvvisamente paonazza vergognandosi anche per la cugina.


Perchè si lasciava sempre cacciare in queste situazioni imbarazzanti da Lily?


La cugina in questione, resasi conto di essere stata beccata, nel frattempo, si stava tirando fuori dalla trappola rappresentata dal tavolino di plastica. Tuttavia, con le scarpe alte ed il disagio del momento, nella fretta picchiò maldestramente la schiena contro la parte inferiore del tavolo con una violenza tale che i due bicchieri di vetro posati su di esso, di cui uno ancora mezzo pieno, caddero frantumandosi.


Ovviamente la cosa fece piegare ancor più il biondo dalle risate, costringendolo ad alzarsi dallo sgabello sfilacciato su cui sedeva per reggersi lo stomaco con una mano in preda ad una vera e propria crisi di riso.


Lily, paonazza, furiosa e con i capelli bagnati di vino bianco, afferrò per un braccio la cugina, paralizzata per la vergogna e di un colore tra il verde vomito ed il rosso pomodoro trascinandola verso l'esterno.


Scorpius ci mise un secondo per asciugarsi le lacrime dagli occhi e mollare una banconota da dieci sterline sul bancone prima di seguire le due ragazze all'esterno del locale.


«Potter! Fermati, Potter!»


La stava praticamente inseguendo mentre lei, con la cugina a braccetto a mo' di fantoccio, non osava fermarsi nonostante il tremendo barcollare sulle scarpe alte, soprattutto dopo il drink che si era scolata senza ritegno appena pochi minuti prima.


«Potter, non essere sciocca!»


Fu a quel punto che accadde la catastrofe.

Un tombino.

Un maledetto, maledettissimo tombino si interpose tra la sua salvezza e le grinfie di Malfoy.

Non solo il tacco di Lily si incastrò, spezzandosi, all'interno di QUEL tombino ma la rossa cadde di malagrazia graffiandosi dolorosamente mani e ginocchia contro l'asfalto e rischiando, quasi, di trascinarsi una Rose praticamente sotto shock nella caduta.


Malfoy fece per lasciarsi andare in un'altra risata ma l'espressione di Lily lo fece quasi rabbrividire: lo stava praticamente cruciando con lo sguardo.


«Ecco-azzardò il biondo dopo essersi schiarito appena la voce-io abito qua dietro»


Lily sembrava sul punto di esplodergli in faccia con una carovana d'insulti e lui se ne dovette rendere conto dal momento che fece un impercettibile passo indietro lasciando svettare un sopracciglio verso l'alto.


«Oh, andiamo, Potter. Con tutto il rispetto ma non sei il mio tipo, primo, siete in due, secondo e tu-continuò, indicando le mani della ragazza la quale espressione si stava facendo man mano più omicida- hai le mani in un brodo di sangue»


Lily, dopo essersi guardata le mani, effettivamente inzaccherate, lanciò un'occhiata titubante alla cugina che, nel frattempo, da verdognola/rossa era passata ad un colore che ricordava molto i cadaveri.

Rose si strinse appena nelle spalle come a dire: per me è uguale.


Se ne sarebbe pentita.

Se ne sarebbe di sicuro pentita amaramente.

Era a questo che Lily Potter pensava mentre faceva il suo ingresso nell'appartamento di Scorpius Hyperion Malfoy che, malgrado l'eleganza smisurata, si trovava in un anonimo quartiere di periferia.


La cosa non la stupì particolarmente dal momento che i figli di ex-mangiamorte erano spesso oggetto di brutti scherzi da parte di fanatici. Per lo più, tutti coloro che tenevano alla propria pelle, se abitavano in completa solitudine evitavano di dare troppo dell'occhio.


L'appartamento di Malfoy ricordava spaventosamente il suo ufficio.

Eccetto qualche quadro colorato qua e là-colorato si fa per dire- si vedevano solo mobili di tonalità fra il bianco ed il nero, il tutto assolutamente essenziale e minimalista per quanto mostruosamente elegante e costoso.


Rose si lasciò andare sul divanetto di pelle del soggiorno ancora semi-rincoglionita mentre Scorpius l'accompagnava in bagno lasciandola, poi, sola per andare a recuperare cose che le potessero servirle.


Lily, di fronte all'immenso specchio del bagno, notò, finalmente l'orrore in cui era ridotta:

le mani, i gomiti e le ginocchia scorticate rappresentavano il minimo dal momento che i suoi capelli, bagnati di vino, si erano dati alla pazza gioia in combutta con l'umidità di quel giorno ed ora se ne stavano tutti irti, aggrovigliati e nodosi al punto da farla assomigliare a qualche specie rara di leone spelacchiato. Il peggio del peggio, anche peggio del filo di matita che aveva osato mettersi quella mattina che ora ricadeva sbavato sulla guancia sinistra, era rappresentato dalle calze malamente smagliate in più punti.


Sembrava la vittima di una zuffa, o di uno stupro.


Sbuffò sfilandosi le calze distrutte e gettandole in un cestino nero pece, che probabilmente costava quanto il suo intero guardaroba dal momento che era di qualche materiale pregiato babbano di cui neppure ricordava il nome, per poi lasciarsi scorrere l'acqua gelida del rubinetto contro le mani doloranti.


«Toc,toc»


Scorpius Malfoy con due asciugamani stretti fra le braccia fece il suo ingresso di fronte ad una Lily decisamente poco propensa ad essergli grata dal momento che, chiuso il rubinetto, gli strappò letteralmente uno degli asciugamani dalle braccia scoccandogli un'occhiata assassina.


«Quelle andrebbero guarite»


Fece notare il biondo, incurante della sua maleducazione, indicandole le brutte ferite che le attraversavano i palmi.

Lily, tuttavia, non gli rispose subito, prima dovette cacciar giù la propria dignità ed il proprio orgoglio.


Perchè diavolo aveva accettato la sua offerta, santo Godric!


«Sto bene così»


Rispose stringendo, poi, le labbra e cercando di mantenere una certa calma.

Aveva già riaperto il rubinetto per sciacquarsi le ginocchia quando la presenza che stava appena a due metri dalla sua persona le tornò alla mente.


La rossa si chiarì la voce cercando qualcosa d'intelligente da dire che non fosse 'VATTENE'.


«Vattene»


Lily Potter si portò entrambe le mani alla bocca.

Non l'aveva detto davvero, vero?

Va bene detestare Malfoy ma mandarlo a quel paese direttamente in casa sua risultava un tantino esagerato per sino per lei.


Malfoy, però, non si scompose e per tutta risposta, si limitò ad alzare le braccia corrugando leggermente la fronte.


«Le do fastidio signorina Lilian? Oh, mi perdoni»


Dimentica della propria gaffe, guardò truce il biondo per l'ennesima volta. Quest'ultimo, tuttavia, non accennava ad andarsene sicchè la rossa aprì nuovamente l'acqua del rubinetto dandogli le spalle.


«Oh, se vuoi stare lì a guardarmi mentre mi lavo le gambe fa pure»


Lo sfidò, acida, prendendo a bagnarsi un ginocchio con una mano.


«Salazar, la mia sanità mentale»


Ribatté Malfoy con un'espressione divertita dipinta sul bel viso.


Si voltò e se ne andò, all'ora, o meglio, fece per andarsene: aveva già superato la soglia della porta di legno del bagno e stava per chiuderla completamente quando qualcosa attirò la sua attenzione dal minuscolo spiraglio che mancava alla porta per impedirgli del tutto la vista.


Lily se ne stava di spalle, china. Si era levata la giacca grigia abbinata all'abito che indossava lasciando libere le spalle chiare e cosparse di lentiggini dall'ossatura sottile.


Senza che lei potesse vederla si appoggiò al muro che stava direttamente fuori dl bagno.


Oh, Scorpius, che diavolo stai facendo?


Si sorprese a chiedersi il ragazzo ma qualcosa gli impedì comunque di muoversi.


Guardò la rossa raccogliere la propria chioma ribelle in uno chignon affatto ordinato per permetterle di continuare a lavarsi senza l'impedimento delle ciocche rosse che continuavano a ricaderle sul viso.

Non aveva mai, mai guardato il suo collo.

Non l'aveva mai visto a dire il vero, neppure di sfuggita.

Che ricordasse, ad Hogwarts, aveva sempre portato i lunghi ed indomabili capelli sciolti lungo la schiena.

Notò che aveva un collo sottile, Lily Potter, quasi regale.


Il biondo si sporse leggermente per poter guardare meglio che cosa stava facendo la rossa: si era alzata, dopo essersi liberata completamente le ginocchia dal sangue rappreso, e con l'asciugamano che lui le aveva portato aveva preso ad asciugarsi accuratamente le gambe prestando attenzione a non riaprirsi le piccole ferite.


Da quando Lily Potter aveva delle gambe così lunghe?


Fu a quel punto che, per un secondo, il sangue di Scorpius Malfoy gli si gelò nelle vene.

Si sentiva osservato.

Voltò la testa di scatto realizzando da cosa derivasse quella sensazione: Rose Weasley, un bicchiere stretto in una mano, se ne stava all'inizio del corridoio a guardarlo.


***


«Parlami degli errori che hai commesso» lo incitò Lucilla con voce sepolcrale.


A quel punto Lucas le aveva scoccato un'occhiata contrita come se lei gli avesse appena fatto una domanda poco calzante con ciò che lui le aveva appena detto o più semplicemente la meno compassionevole dal momento che le aveva appena rivelato di trovarsi nel più totale sconforto.


«Dimmi dove sei andato quando sei-sparito»


La bionda pronunciò quell'ultima parola, sparito, come se le pesasse sullo stomaco. Come se fosse ancora quella quindicenne che dall'oggi al domani si era ritrovata senza il proprio migliore amico senza essere in grado di darsi una spiegazione plausibile riguardo la ragione della sua sparizione.


«Mi sono-mi sono smaterializzato in Francia»


Cominciò lui senza scollare gli occhi dal tavolino da tè.


«Un ragazzo qualche giorno prima, un certo Marcos Polon mi aveva mandato un gufo espresso dicendomi che mio padre gli aveva chiesto di darmi una chance»


L'espressione di Lucilla, se è possibile, si fece ancora più confusa.


«Una chance in cosa?»


Lucas lasciò andare il respiro come se avesse trattenuto il fiato per delle ore e ci mise un attimo per riprendere a parlare. A guardarlo, così, Lucilla avrebbe detto che non riusciva a trovare le parole.


Gli mise una mano sull'avambraccio, a quel punto, come ad infondergli sicurezza perchè potesse continuare. Lucas le sorrise, sorpreso di quel gesto di cui lei stessa non riusciva a capacitarsi.


«Voleva che io rilevassi la parte di azienda che lui ha in Francia, subito dopo il diploma. Tuttavia, da studente, ero totalmente inesperto in quel campo, mi serviva qualcuno che m'istruisse, capisci? Mi serviva qualcuno a cui poter fare riferimento e che mi guidasse per un certo periodo affinchè potessi acquisire le conoscenze necessarie. Mio padre non ha mai creduto in me, lo sai bene, mi riteneva un incapace, Praticamente pregò Polon di aiutarmi»


Lucilla strinse gli occhi cercando d'interpretare ciò che Lucas le aveva appena detto poi la verità la colpì come una consapevolezza. Era Lucas, era il suo migliore amico, la metà della sua mela. Lei sapeva perfettamente che cosa aveva fatto lui in quel momento.


«Non ci sei andato»


Lucas scosse la testa incapace di nascondere un sorrisetto compiaciuto per la perspicacia della bionda.


«No, non ci sono andato. Tuttavia, mio padre l'ha pensato, per un certo periodo di tempo, un periodo di tempo molto breve»


«E che cosa hai fatto?»


Domandò la bionda con il cuore in gola.


«Che cosa hai fatto per tutto questo tempo?»



Per Lucilla, ormai, il ministero rappresentava un po' una seconda casa.

Le piaceva da morire passare le proprie giornate lì e, fatta eccezione per il primo anno di allenamenti Auror in cui davvero aveva dovuto penare nei modi peggiori per mantenere il ritmo che loro ritenevano indispensabile, ogni volta che si trovava in quel posto si sentiva esattamente con chi e dove doveva essere.


Quel giorno, quando fece il proprio ingresso, già mentre prendeva l'ascensore diretta al proprio piano aveva notato un certo scombussolamento generale, come se tutti fossero nel delirio per qualcosa che a lei sfuggiva.

Mentre si dirigeva alla propria postazione notò la propria collega e compagna di gavetta storica, Willemina, sfrecciarle davanti agli occhi con un sacco di fogli freschi di stampa tra le mani.


Presa da un'improvvisa quanto lecita curiosità l'aveva rincorsa per un bel pezzo e fermata.

Quella che vide dipinta sul suo viso abbronzato non era la solita espressione gioviale e accomodante di sempre, quasi si dimenò per sfuggire alla presa della bionda che prese a guardarla praticamente sconvolta.


«Lucilla, la nostra gavetta è finita» le disse tutto d'un fiato riprendendo a camminare a lunghe falcate verso l'ufficio del capo Auror, nonché padre della sua amica e coinquilina.


«Ma-ma è fantastico!» la rincorse la bionda sentendosi andare in estasi.


«Will! Ma dobbiamo festeggiare!»


La ragazza, la lasciò sola nel corridoio all'esterno dell'ufficio di Harry Potter, sbattendosi la porta di quest'ultimo alle spalle, senza degnarla di una risposta.


A quel punto la mente di Lucilla prese a lavorare febbrile: erano in all'erta.


Come aveva fatto a non pensarci immediatamente?


«Bennet, vieni dentro»


La testa brizzolata di Harry Potter fece capolino dalla porta del suo ufficio.

Non era riuscita nemmeno a sentire che cosa le aveva detto, persa nei propri pensieri com'era, ma il modo in cui si stava sbracciando verso di lei le fece capire chiaramente che le stava chiedendo di entrare.


La bionda fece qualche passo incerto per poi trovarsi, oltre la porta, di fronte a tre o quattro Auror più Will ed altri quattro compagni di gavetta già sull'attenti.


«Che succede?»


Azzardò Lucilla.


Harry Potter si mise a sedere prima di consegnarle un volantino fresco di stampa.


Portava la foto di un ragazzo, scorse con la coda dell'occhio prima di afferrarlo.


«Ho affittato una casa tra i babbani sulla senna e me ne sono stato lì per conto mio per un po'. Avevo davvero bisogno di stare da solo»


Per quanto ferita, Lucilla non proferì parola, speranzosa che continuasse.


«Non c'è voluto molto prima che certa gente mi contattasse. Gente sconosciuta, mai vista né sentita. Mi chiesero se volevo entrare in un giro particolare»


Lucas sospirò e a quel punto, finalmente, Lucilla realizzò quanto per lui fosse tremendamente difficoltoso andare avanti col racconto, quanto fosse.. doloroso.

Stinse la propria mano nella sua.


«Tu-tu lo sai come io sia sospettoso. Ovviamente respinsi la loro proposta, avevo già deciso che sarei tornato a casa di lì a poco. Loro, però, non erano molto propensi ad accettare dinieghi.»


Gli occhi del ragazzo si fecero improvvisamente lucidi mentre, senza potersene rendere conto, aveva preso a stringere la mano di Lucilla fino a bloccarle la circolazione.


«Minacciarono la mia famiglia, minacciarono te, minacciarono la ragazza che avevo all'epoca.. Non mi diedero scelta»


Lucilla si morse dolorosamente l'interno della bocca per imporsi il silenzio.


«Entrai nel loro giro. All'inizio non era male. Dovevo recapitare delle consegne un po' particolari, tutto qui, niente di illegale per quanto ne sapessi. Mi pagavano bene per di più»


Un amaro sorriso gli percorse le labbra screpolate.


Afferrò il volantino nel più totale panico.

Riconobbe subito l'immagino in movimento che vi era impressa: un ragazzo moro, un orecchino sul lobo sinistro, un sorriso sghembo.

Li sentiva parlare, tutti, ma non recepiva che scorci di frasi senza alcun senso, lei non era lì, la sua testa stava scappando a gambe levate.


«...Anticipata la nomina ad Auror, abbiamo bisogno di più persone... Omicidio...»


«Tre giorni fa hanno deciso di fare le cose in grande»


Continuò Lucas lasciandosi andare in una risatina nervosa.


«A diagon Alley, la Gringott, l'impenetrabile Grigott»


«E' assurdo, tutti sanno che la Gringott è impenetrabile!»


Lucilla scattò in piedi in un moto d'ira pura ma Lucas, che non aveva lasciato andare le sue dita sottili, la spinse a rimettersi a sedere.


«Loro avevano la presunzione di farcela. Lux, fidati se ti dico che sono ramificati in ogni dove. Ovunque vai, loro ci sono. Come una setta praticamente onnisciente. Hanno voluto sfidare la sorte e l'hanno fatto. Solo che questa volta serviva loro un capro espiatorio»


Lucilla deglutì sentendosi bruciare gli occhi.


«Dovevo stare di vedetta, uscire solo in caso di estrema necessità. Oh, Lux, tu non hai idea-non hai idea.. La paura che avevo»


Lucas scuoteva la testa.


«Un folletto è rimasto ucciso, loro mi hanno fatto il segnale. Io sono uscito dal mio nascondiglio e nel giro di un secondo un mare di folletti e non solo erano di fronte a me. Mi sono smaterializzato in diversi posti fino a ieri sera, quando, finalmente, ho deciso di venire nell'unico posto dove sarei voluto andare fin dall'inizio. L'unico posto in cui potessi sentirmi davvero al sicuro»


«Conosciamo l'assassino, dobbiamo solo trovarlo. Tu lo conosci, Bennet, sei una vera e propria chiave in questo momento: dicci, dove potrebbe andare a nascondersi Lucas Belial, secondo te?»


Harry Potter le rivolse uno sguardo preoccupato, lei si voltò nella sua direzione con gli occhi persi, vuoto.


Dopodichè ci fu il buoio.




Angolo di quella che scrive.


Tadaaam.


Dunque, questo è uno dei capitoli chiave della storia. Diciamo che viene un po' messa da parte tutta la pappardella descrittiva a favore di quella un po' più corposa. C'è poca Scorily, purtroppo, ma dovrei scrivere trecento pagine per volta per poter dire tutto quello che dovrei per cui ora come ora accontentatevi della promessa di tanta Lily x Scorpius nel prossimo e godetevi la scena di 'Scorpius Malfoy e la bava alla bocca'.


Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate.


Baci, baci.



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Capitolo 5
*** 4-When the Lonely ones roam ***


CAPITOLO 4


'When the lonely ones roam'




Lily, nervosa com'era, non aveva capito una sola delle parole che la cugina Rose aveva preso a blaterare dal momento stesso in cui avevano messo piede fuori dalla casa di Malfoy. Insomma, aveva percepito chiaramente il verbo 'spiare', interposto tra qualcosa come 'te' o 'giuro', ma la rossa non le prestò la benché minima attenzione, più propensa a meditare silenziosamente almeno una decina di modi rapidi con cui suicidarsi.

Questo almeno finché l'ex-Corvonero non aveva preso a ripulirsi gli occhiali con la manica della maglietta accennando riguardo a quel luogo di Scorpius Malfoy dove non batte il sole che, testualmente, aveva visto 'rallegrato'.


Rallegrato.


Inutile dire che entrambe le sopracciglia di Lily arrivarono quasi a sfiorarle l'attaccatura dei capelli .


Insomma, Rose che delirava era già una novità bella e buona ma Rose che si metteva ad urlare certe cose nel bel mezzo di un marciapiede affollato usando-come se non bastasse-un termine tanto idiota per descrivere un'erezione-?- no, non era inverosimile, peggio.


Lily toccò la fronte della cugina decisamente turbata.


«Lì, Lì. Tu mi devi ascoltare!»


Ribatté la più grande dei fratelli Weasley esasperata.


Lily corrugò la fronte annuendo piano.


«Ho sentito tutto quanto Rosie. Malfoy mi spiava, Malfoy ce l'aveva in ti..»


«Lily!»


«Ok, Malfoy era felice, molto. Meglio?»


Rose sbuffò evidentemente spazientita dalla mancanza di serietà della cugina.


«Tu non mi credi» affermò ovvia incrociando le braccia sotto al seno senza smettere di camminare né diminuire il passo.


«Rose, cugina del mio cuore, mia compagna dai rossi capelli, non ho detto che non ti credo. Mi sembra semplicemente privo di logica ciò che stai dicendo»


Lily si arrestò improvvisamente sorpresa delle proprie stesse parole. Si voltò verso la cugina con un'espressione terribilmente grave per poi afferrarle entrambe le spalle con le mani graffiate.


«Dimmi che non sei diventata pazza anche tu! Ti prego, dimmelo!»


Rose, superato l'infarto iniziale per l'azione irruenta di Lily, lasciò andare un sospiro-o uno sbuffo?- prima di alzare gli occhi al cielo ed allargare le braccia.


Non ci avrebbe cavato un ragno dal buco, tanto valeva arrendersi.


«Oh, sono solo molto stanca, lascia perdere tutto ciò che dirò fino a che non sarò uscita dalla vasca da bagno»


«Grazie, grazie, Godric, grazie!»

Lily baciò entrambe le guance della cugina che dopo un attimo si smaterializzò in un FLOP lasciandola completamente sola sul marciapiede sotto il proprio condominio.


Perchè non l'aveva fatto anche lei?

Idiota, Lily. IDIOTA.


***


Scorpius Malfoy non era esattamente ciò che la gente è solita definire un buon samaritano, al contrario, il suo grado di bontà ed altruismo oscillava pericolosamente tra quello di Mastro Gazza durante uno dei suoi raffreddori peggiori e quello che doveva aver avuto la sua prozia Bellatrix nei pochi momenti di sanità mentale che la vita le aveva concesso.

Lasciò andare il bicchiere totalmente vuoto sul bancone della cucina accingendosi a riempirsene un secondo per poi ripensarci e recarsi in soggiorno direttamente con la bottiglia di vetro.


L'idea di quegli asciugamani 'sporchi di Potter' lo disgustava: li aveva mollati nel cestone della biancheria sprezzante una volta che la rossa se n'era andata dal suo appartamento borbottando qualcosa che più che un 'grazie' somigliava tanto ad un 'vaffanculo'.

Si lasciò andare contro lo schienale del divano vergognandosi di sé stesso per la propria immaturità.


Sporchi di Potter.


Che pensiero TREMENDAMENTE deficiente.


Scosse la testa come a voler scacciare tutti i pensieri che avevano preso ad affollarla.



La verità è che si vergognava, si vergognava fino al midollo per ciò che si era ritrovato a fare, si vergognava ancora di più dal momento che era stato pure beccato mentre si accingeva a sfracellare giù da una finestra la propria dignità.


Lui era Scorpius Malfoy, cazzo.


Non un deficiente, di certo non il tipo di deficiente che si metteva a fare certe stronzate come spiare una ragazza-sottopeso e con una taglia di reggiseno che nemmeno si potrebbe definire 'taglia' ad essere pignoli.


Mandò giù due sorsate di scotch maledicendosi in tutte e tre le lingue che conosceva.


«Sono a caaasa!»


Una voce familiare-troppo familiare- ed un frastuono indegno del proprio imminente mal di testa lo scossero da qualsiasi pensiero avesse per la testa in quel momento.

Non aveva mai retto particolarmente bene l'alcol, Scorpius: si concedeva un paio di drink al giorno, di norma, sì, e qualche volta uno wisky serale giusto per assecondare il sonno che per i dannati geni isterici Malfoy gli era sempre mancato, ma non poteva osare di più se non voleva ritrovarsi a parlare serpentese, nudo, improvvisando un po' di rap.


Si alzò un po' barcollante lasciando andare la bottiglia vuota sul primo ripiano che gli capitò a tiro.


«Oh, per Salazar, biondino!»


La figura slanciata e scura di Jake Zabini gli si parò innanzi ancor prima che potesse raggiungere l'entrata del proprio appartamento ed impedirgli quell'ingresso sgradito.


«Che ci fai qui?»


Tagliò corto Scorpius ritornando sui propri passi per lasciarsi andare sul sofà.

Il moro, per tutta risposta, non abbandonò il sorriso smagliante che si era incollato alla faccia fin dal primo istante del suo arrivo mentre, con un colpo di bacchetta, faceva apparire due grosse valigie in pelle sul pavimento del soggiorno.


«Ti pare questa l'accoglienza da riservare al tuo migliore amico? Insomma, non mi aspettavo tappeti rossi ma...Scorpius, sei ubriaco per caso?»


Il biondo non stava prestando la minima attenzione a ciò che il proprio migliore amico storico, il ragazzo con cui era cresciuto, con cui aveva passato ogni singolo giorno in stanza ad Hogwarts e la maggior parte delle proprie vacane, andava blaterando limitandosi ad un'occhiata che definire minacciosa sarebbe un eufemismo.


«Bene»


Jake si lanciò sul divano in un mezzo salto per poi strappare la bottiglia dalle mani di Scorpius per portarsela alla bocca.

Scorpius, dal canto suo, non fece granchè: si lasciò andare contro lo schienale del divano in pelle maledicendo sé stesso, le proprie amicizie, la Potter e gli eventi di quel giorno.


«Fa così schifo il lavoro?»


Zabini aveva accavallato le gambe in una posa che lo faceva tanto sembrare un sedicenne scomposto. Aveva sempre avuto quel problema, lo Zabini: troppo, troppo alto per la sua età, aveva sempre dovuto litigare col proprio corpo per farlo stare come diceva lui. Anche ora, le cose non erano molto differenti.

Scorpius si portò le dita alle tempie prendendo a massaggiarsi la testa dolorante.


«Perchè sei qui?»


Chiese di nuovo.

Stava facendo uno sforzo inumano per restare al suo posto ma non osava compiere movimenti eccessivi visto il mal di testa che aveva cominciato a trapanargli il cranio.


Jake Zabini sbuffò prima di mollare con un unico fluido movimento la bottiglia di Scoth sul tavolo porta-oggetti.


«Che accoglienza del cazzo Malf»


Le narici di Scorpius si dilatarono visibilmente. Strinse i pugni al punto da sbiancarsi le nocche e spalancò gli occhi grigi su quelli color terra dell'amico.


«Va bene, va bene» Jake spalancò le braccia in segno di resa passandosi la lingua sulle labbra carnose e preparandosi a ciò che avrebbe dovuto dire.


«Tuo padre mi ha chiesto di tenerti compagnia»


Un sopracciglio di Scorpius svettò verso l'alto in una chiara espressione d'incredulità.


«Beh,» continuò lui «vivi da solo, in una zona babbana., sei figlio di-»


«Lo so di chi sono figlio e sono in una zona babbana esattamente per proteggermi»


L'acidità che trasudava dalla voce di Scorpius non era nulla se messa a confronto con il disprezzo che provava in quel momento.

Verso suo padre, verso Jake, verso sé stesso.

La sua vita doveva sempre dipendere da qualcun altro? Non c'erano davvero speranze che potessero lasciarlo in pace?


Era sempre la stessa dannata storia, alla fine della fiera.

Si alzò dal divano prendendo a sbottonarsi la camicia di buona fattura senza nemmeno guardare Jake che se ne stava in attesa, sul divano, un'espressione a metà tra la comprensione e lo scherno dipinta sul viso.


«In fondo al corridoio. Le tue valigie ce le porti tu»


Jake sorrise, bacchetta alla mano, mormorò qualcosa e tutti i suoi bagagli sparirono in un PLOP.

Scorpius, nel frattempo, si era chiuso in bagno facendo sbattere la porta senza ritegno.


«Ah, gli amici!»




***


Lily si sentiva affranta. Decisamente, decisamente affranta.

Giunta di fronte al proprio palazzo picchiò la fronte contro la porta in vetro che faceva da ingresso almeno una dozzina di volte nel tentativo di uccidersi prima di arrestarsi di botto e nel più completo imbarazzo nel momento in cui la signora Scott fece la sua comparsa, cagnolina a seguito.


Regina.

Il cane si chiamava regina.


Quello, più che un cane, era un piccolo messo di Satana. Di certo non aveva niente a che vedere con quel nome. Ma c'era poco da aspettarsi dall'animale domestico di una donna che vestiva solo ed esclusivamente di giallo.


Insomma, chi sarebbe in grado di sopravvivere in una vita completamente gialla? Lily ci avrebbe giurato, non era mai stata in casa della Scott ma quelle tendine giallo canarino le dicevano che, molto probabilmente, giallo fosse in tutto e per tutto l'unico colore conosciuto dalla donna.


Non c'è da stupirsi che a quella povera bestia mancasse qualche rotella.


I cani soffrono di crisi epilettiche?


La signora Scott la scansò, il cane al guinzaglio che si muoveva a zig zag con il muso storto in un mezzo grugno.


«Giovani»


Borbottò la donna.

Lily la guardò in tralice del tutto incapace di obiettare. Decise che sarebbe stato meglio salire e rimandare a dopo la pianificazione della propria morte ma la donna in giallo la fermò afferrandola per un avambraccio con una tale irruenza che quasi Lily non cadde.


«C'è sempre una speranza»


Le disse secca. La rossa storse il naso tentando, di nuovo, la fuga. Tuttavia, la Scott le fece cenno di attendere frugando nella propria borsa-giallo limone-per estrarne una busta bianca che porse a Lily.


Lei la guardò con tanto d'occhi.


Oh, una cosa non gialla.


«C'è scritto il tuo nome ed il tuo indirizzo, stupidella. L'ho trovata sullo zerbino. Non ho più trentanni—ne ho trentadue, sai e a volte la vista gioca brutti scherzi, ma potrei giurare di aver visto un piccione enorme posarla sul tappetino di fiori.»


L'anziana signora si strinse nelle spalle.


Un piccione enorme, sì.


Quando fu entrata in casa guardò la busta per un lungo, lunghissimo momento.

Sicuramente era dell'ufficio.

Sicuramente era una delle stupide frecciatine snervanti di Scorpius io-ti-facio-pure-entrare-in-casa-mia Malfoy.

Sicuramente aprirla non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua terribile emicrania.


Sicuramente.


Lasciò andare la busta sul ripiano all'ingresso filando dritta, dritta verso la doccia. Non aveva ancora chiuso la porta quando senti il primo urlo far tremare letteralmente le pareti della casa.


«È FOLLE CAPISCI? COMPLETAMENTE FOLLE!»


Lily cacciò la testa fuori dal bagno tenendo la mano ferma sulla maniglia.

Che diavolo succedeva ora, per Merlino e Morgana?


Rimase in attesa una trentina di secondi ipotizzando pure di essersi immaginata tutto pur di potersi finalmente dedicare alla propria doccia.

Niente.

Silenzio.


Chiuse lentamente e con delicatezza la porta come se il minimo rumore avesse potuto risvegliare l'essere urlante.


«LA SMETTI DI FARE IL CRETINO? PORCO GODRIC!»


Lily lasciò andare la fronte contro la superficie di legno della porta del bagno sull'orlo del pianto.

Si levò le scarpe-o ciò che ne restava-lanciandole con violenza all'interno della piccola scarpiera che tenevano accanto alla lavatrice. L'anta della sua sezione si spaccò e cadde a terra in un tonfo.


«Oh vaffanculo!»


Uscì dal bagno col fumo che le usciva dalle orecchie dirigendosi a passo di marcia verso il soggiorno.

Lei avrebbe ucciso chiunque stesse provocando tutto quel casino.

UCCISO.


«Lucilla Aria Bennet! Ti conviene esserti smaterializzata in Alaska per il momento in cui io sarò arriva-»


Lily si arrestò di colpo sulla soglia.

Sangue, c'era del sangue sul pavimento.


«Cristo, Lucilla, chi cazzo è morto?»


Il viso del tutto cereo, fatta eccezione per le efelidi che lo macchiavano sul naso e sulle guance, Lily Luna Potter si ritrovò di fronte ad uno spettacolo decisamente inquietante:

Lucilla, in piedi, il collo chiazzato di rosso-tipico di quando era nervosa all'ennesima potenza- e Lucas, seduto sul divano, esattamente di fronte a lei, con entrambe le mani in viso.

Nessun cadavere.

Era un buon segno, no?


«Non l'ho fatto apposta.»


Lucas si tolse una mano dalla faccia per farle cenno che andava tutto bene.


Lily si avvicino. Spinta da un'atipica indole da crocerossina prese la mano di Lucas che lui ancora si teneva in viso scostandogliela.


«L'hai preso a pugni?»


«Un pugno, e non l'ho fatto apposta»


«Come puoi non fare apposta a dare un pugno?» Lily estrasse la propria bacchetta guarendo il naso spaccato di Lucas con un incantesimo non verbale.


«Beh, in effetti non l'ha fatto apposta» intervenne Lucas mentre si tastava il naso ancora dolente.


«Si stava muovendo—agitava le braccia» tagliò corto con una nota di indolenza nella voce.


Lily lasciò svettare entrambe le sopracciglia fin quasi all'attaccatura dei capelli.

Lucilla annuì mordendosi il labbro inferiore.

Lucas si lasciò scappare una mezza risata subito smorzata dall'occhiata lancinante di Lucilla.


«Oh dai, Lux. Non sei cambiata di una virgola!»


«Vaffanculo!»


La bionda distolse lo sguardo conscia del fatto che Lucas avesse ragione.

Era migliorata nel corso del tempo. Tanto, troppo, in un modo quasi strabiliante.

Da studentessa mediocre era diventata una delle migliori del suo corso, da futura raccomandata nel mondo del lavoro si era trasformata in un vero e proprio portento.


In quegli anni si era data da fare al punto da non permettere nemmeno ad un pensiero di sfiorarla.


«Perchè urlavate?»

La voce di Lily interruppe il corso dei suoi pensieri. Lucilla alzò la testa con uno scatto un po' troppo rapido e puntò i propri occhi chiari contro Lucas che, al contrario, li aveva abbassati a guardare il pavimento.


Lily incrociò le braccia sotto al seno allargando impercettibilmente le narici.

Era arrabbiata, molto arrabbiata.

Il corso degli eventi l'aveva sopraffatta completamente e si sentiva stanca di quella piega frenetica che stava prendendo la sua vita.


«Ho preso la mia decisione»

disse cauto Lucas, senza osare alzare gli occhi dalle piastrelle cobalto della sala.


La bionda li alzò al cielo, invece, dando nettamente l'idea di essere sull'orlo di una crisi di nervi.


«Ok. Ora voi mi spiegate che sta succedendo»

Lily sfilò una sedia dal tavolo di legno rettangolare-mai usato-che faceva parte dell'arredamento della casa già da prima che loro arrivassero.

Ci si sedette sopra ponendosi esattamente a metà strada fra Lucas e Lucilla.

Un fuoco che divampava in mezzo a due fuochi.

Accavallò le gambe sottili.


«ORA»


Ribadì, il volto contratto in un'espressione che non ammetteva certamente repliche.


Lucas stava per aprire bocca ma Lucilla, come colta da un pensiero improvviso lo precedette.


«Non hai ricevuto niente, oggi?»


Lily la guardò con fare interrogativo.


«Tutto il mondo magico ha ricevuto una busta—una busta indirizzata personalmente—sono state mandate delle lettere con gufi inintercettabili e-- »


Lily socchiuse gli occhi color cioccolato mettendo a tacere lo sproloquio dell'amica. Si alzò per prendere la busta che le aveva lasciato la signora Scott.


Almeno non è di Malfoy. Pensò vergognandosene subito.


Aveva la netta impressione che sarebbe stata molto meglio una lettera dal biondo platinato che quella che reggeva tra le mani.


«Questa?»


Lasciò nelle mani di Lucilla il rettangolo di carta spessa su cui era scritto a chiare lettere corsive 'Lilian Luna Potter'. La bionda guardò ancora Lucas come in una tacita richiesta e lui annuì lentamente, un'espressione grave, scura, dipinta sul viso.


«Comincio ad avere paura, Lucilla, che c'è in quella busta?»


Lucilla deglutì in modo talmente improvviso che Lily si sporse appena temendo che stesse per strozzarsi.


«Lils, tu ti fidi di me, vero?»


La rossa, un'espressione di pura preoccupazione fece cenno di sì con la testa incitandola ad andare avanti.


«Allora non aprire quella busta—cioè, fallo dopo che ti avrò raccontato tutto»


Lily lasciò andare il rettangolo di carta bianca sul bracciolo del divano.

Lucilla prese un grosso respiro.


«Cercano Lucas: il ministero, il corpo Auror, tuo padre... Pensano—pensano che lui abbia fatto una cosa che non ha fatto!»


Lucas sollevò un sopracciglio.


«E sì che stamattina nemmeno mi credevi»


La bionda fece un cenno brusco con la mano che zittì il ragazzo, non senza una scocciata alzata d'occhi.


«Ecco—è lunga da spiegare» andò avanti Lucilla «io non so da dove cominciare»


«Dall'inizio?» azzardò Lily cauta.


Lucas per poco non cadde dal divano per la risata che aveva preso a scuoterlo.


Lucilla lo ignorò completamente, Lily, invece afferrò la lettera che portava il suo nome storcendo appena la bocca.

Se c'era una cosa in cui Lily Potter era brava, bravissima, era dare l'impressione di avere qualsiasi emozione sotto controllo.


Mio padre, mio padre lo cerca.


Lucilla stava per dire qualcosa ma Lucas levò la busta dalle mani di Lily e ne strappò un lato lasciando uscire un volantino-quel volantino-ed una lettera ripiegata in quattro parti.

Passò tutto a Lily che ignorò non senza un certo sforzo il foglio che mostrava chiaramente la faccia di Lucas che si muoveva da destra a sinistra con fare nervoso.


«E' una lettera di mio padre» mormorò «mi dice—mi dice di prestare attenzione a te»


Fece un cenno col capo a Lucilla che per tutta riposta si alzò di scatto strappandole letteralmente il pezzo di pergamena dalle mani.


«Lily, mi dispiace doverti scrivere una lettera, mi dispiace non poter essere lì con te e spiegarti ogni cosa senza che tu debba per forza esserne spaventata. Non c'è niente da temere—Lucas Belial-te ne ricorderai certamente-è, purtroppo, finito in un brutto giro—indaghiamo su di loro da anni senza alcun risultato—Purtroppo per lui è troppo tardi, lo riteniamo direttamente responsabile di qualcosa da cui non si può retrocedere—la signorina Bennet ne sarà distrutta. Affido a te il compito di farle fare la cosa giusta e prenderti cura di lei. Papà»


Lucilla lesse tutto d'un fiato come se avesse paura che le parole potessero sfuggirle dagli occhi. Alzò lo sguardo vitreo verso l'amica corrugando appena la fronte, incapace di porle la domanda che-forse-Lily stessa si aspettava.


Lily ci pensò appena, o almeno sembrò pensarci. Guardò Lucas, a lungo. Lui si stava passando le mani tra i capelli corti, nervoso.


«C'è il veritas--» azzardò Lily.


«Un sacco di persone è come se l'avessero colto in fragrante, non glielo concederanno, lo sbatteranno ad Azkaban, butteranno la chiave e tanti cari saluti» rispose prontamente Lucilla, sovrapponendo la propria voce a quella della rossa.


«Sarà proprio quel che faranno dal momento che ho deciso di consegnarmi» spiegò lui con una nota tagliente nella voce.


«Non ricominciare, Belial. Tu non farai un accidente, Merlino santissimo!»


«Ho deciso»


«La smetti, Salazar!»


«E tu cresci e smettila di fare la bambina!»


La voce di Lucas sferzò l'aria come una lama tagliente. Lily si alzò dalla sedia con fare sbrigativo lanciando ad entrambi occhiate di fuoco.


«Io credo che siate due bambini»


Si riavviò i capelli vermigli con una delle mani ancora graffiate.


«'cilla, io mi fido di te. Non farò assolutamente nulla ma tu» e qui si rivolse a Lucas con il dito indice puntato a pochi centimetri dal suo naso appena aggiustato «Tu trova una soluzione che non sia il passare il resto della tua vita in una cella. Sei innocente, no? Dimostralo»


Si strinse appena nelle spalle.

Per quanto ovvio e scontato, ciò che aveva appena detto faceva parte di un concetto talmente astratto di quella situazione che fece sentire Lucilla ancor più disperata, ancor più con la faccia contro il muro.


Lily non disse una parola mentre sollevava stancamente la sedia, perchè non strusciasse contro il pavimento, per poi riporla al suo posto.

Si passò le mani tra i capelli annodati ancor più selvaggiamente di quanto non lo fossero l'ultima volta che se li era passati tra le dita.


«Andrà tutto bene, vedrai» mormorò stancamente «vedrete» si corresse lanciando un'occhiata quasi gentile a Lucas.


Dopodichè si diresse all'amata doccia trascinando i piedi scalzi per la stanchezza.


Lucas guardò Lucilla con fare indagatore, a quel punto: la scrutava senza dire una parola, gli occhi plumbei che le pesavano addosso. Lei strinse i propri in due fessure trattenendosi dall'insultarlo, troppo stanca per farlo di nuovo.


«Stamattina mi hai lanciato uno Stupeficium»


«Sì»


«Uno STUPEFICIUM» sillabò Lucas alzando entrambe le sopracciglia.


Lucilla sbuffò.


«Sì, Lucas, ti ho lanciato uno stupeficium, te ne ricordi ora?»


Prima di potersene rendere conto si ritrovarono entrambi a ridere come matti. La tensione incredibile della situazione che avrebbero inevitabilmente dovuto affrontare leggermente smorzata


«La Lux che mi ricordo io non sapeva nemmeno far levitare un oggetto senza rischiare di uccidere qualcuno»

Lucas incrociò le braccia al petto sospirando. Lucilla gli scoccò l'ennesima occhiata truce di quel giorno ricevendo in cambio un sorriso sghembo di quelli che in quegli anni tanto le erano mancati.


«Mi sei mancata»


Sussurrò il moro quasi più al vuoto che all'amica che, nel frattempo, si stava muovendo per uscire dal soggiorno e raggiungere la propria camera.


«Anche tu»


Mormorò lei in risposta morsicandosi la lingua esattamente un istante dopo.


«Domani dovremo spostarci, l'unica ragione per cui non sono ancora venuti qui è che sembrerebbe troppo ovvio—e per Lily»


Lucilla si passò una mano sulla fronte evidentemente senza idee concrete per uscire da quel casino. Chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro. Lucas scosse la testa deciso.


«Domani mi consegnerò»


Lucilla scosse la testa, vigorosamente. «Fammi pensare, santo Merlino!»


Lucas si alzò dal divano avvicinandosi a lei e poggiando entrambe le mani sulle sue spalle. Era incredibile quanto la differenza fra i due fosse enorme: lei, piccola, gracile, con le ossa sottili ed i lineamenti di una bambina troppo cresciuta; lui, alto, muscoloso, con quelle mani tanto grandi che se avesse voluto avrebbero potuto farle male fino ad ucciderla.


Lucilla sospirò ancora sotto la presa salda di Lucas che stava titubando, probabilmente impaurito dall'imprevedibilità delle azioni della ragazza-insomma, avrebbe potuto affatturarlo o schiantarlo e glielo aveva dimostrato appena poche ore prima.


Stupida piccola lunatica.


Dal momento che lei non si mosse se non per le palpebre che sollevò per incastrare i propri occhi azzurri in quelli indaco di lui, Lucas lasciò scorrere le mani lungo le sue braccia tastando il territorio, le possibilità. Alla richiesta di un tacito permesso.

Lucilla non non fece niente oltre a mantenere lo sguardo incollato agli occhi del ragazzo.


Lui l'abbracciò, dolcemente e con irruenza, un abbraccio come tanti che fu come una boccata d'aria pura. Lucilla si morse il labbro inferiore affrettandosi ad interrompere quel contatto.


Aveva paura, una paura da morire,

Lui non lo sapeva che cosa aveva passato per anni interi, non lo sapeva che cosa aveva pensato, quanto avesse agognato quell'ultimo abbraccio che lui non le aveva mai concesso, quel saluto, quell'addio che non c'era mai stato.


Lucilla si spostò svelta sulla soglia della porta voltandosi solamente all'ultimo secondo.


«Dieci minuti, Lucas, e sono di nuovo qui»


Lucas la guardò allontanarsi, l'espressione interrogativa. Meditò appena una manciata di secondi l'idea di andarsene, l'idea di non essere egoista, di pensare a lei, alla sua sicurezza, alla sua integrità.


Soltanto una manciata di secondi, il cuore che gli stava sfondando la gabbia toracica, si mise di nuovo a sedere.


Lui non sarebbe andato da nessuna parte, non un'altra volta, non senza di lei.


***


«Lucilla, Lucilla!»


Sette e trenta, un freddo quasi invernale per essere un giorno di settembre e tanti capelli rossi in bocca. Lily, quella mattina, si era alzata dal letto coi muscoli tanto indolenziti che neanche dopo una maratona. Si era sgranchita gambe e braccia piuttosto sorpresa del mancato odore di caffè.


Non aveva notato subito la testa bionda che sbucava da sotto una coperta per andare a poggiarsi sul tavolino da tè. Un lieve movimento l'aveva fatta trasalire nel mentre che si accingeva ad infilare le chiavi nella borsetta assieme a qualche forcina.


Lo spettacolo che le si parò innanzi la fece sorridere da una parte all'altra della faccia. A quanto pareva Lucilla non era riuscita a fidarsi di Lucas: aveva preferito restare a controllarlo tutta notte seduta sul pavimento. Ovviamente, però, si era addormentata ed ora giaceva seduta e con la testa e le braccia sul tavolinetto che le faceva da cuscino. Lucas se ne stava girato su un fianco, la mano schiacciata sotto la faccia, sdraiato sul divano.


«Mh—cosa?»


Lucilla era scattata sull'attenti con Lily che la scuoteva per una spalla. Si stropicciò tutta la faccia come una bambina stringendosi un po' di più addosso la coperta sentendosi colpita da una folata d'aria fredda.


«Sei stata qua tutta la notte?»


La bionda annuì e Lily storse la bocca in un'espressione di puro disaccordo.


«Sei pazza. Sei proprio pazza»


Lucilla si diresse a grandi passi verso la cucina da dove la moka stava praticamente urlando il suo nome dal momento che aveva passato una nottata davvero terribile.


«Che cosa pensi che farà, ora?»


Le chiese Lily mentre lanciava delle occhiate eloquenti al soggetto dormiente della sua domanda.


«Perchè non lo chiedi a lui?» le rispose Lucilla «Il Lucas che ricordo io ha il sonno leggerissimo, lo sveglierebbe il suono di un chicco di riso che cade sul pavimento»


La bionda incrociò le braccia sotto al seno mentre il viso di Lucas Belial veniva attraversato da un sorriso sornione.


«Ed io che speravo in qualche frase buttata lì su quanto fossi figo addormentato»


***

Sarebbe voluta rimanere a casa, Lily, quel giorno.

Ci aveva pensato su mezza nottata ed i volantini che stava notando nella parte magica di Londra le facevano accapponare la pelle un po' di più ogni secondo che passava.

Tuttavia, per quanto la ragione fosse banale, per certi versi, non poteva assolutamente permettersi di mostrare negligenza sul lavoro, non con Malfoy come capo.

Inoltre, se fosse rimata casa sarebbe passata per la pazza in imbarazzo e lei non era in imbarazzo, no, non lo era affatto.


Se lo stava ripetendo per la trecentocinquantaduesima volta mentre, con passo fermo, varcava la soglia degli uffici della MagiLawyer e Co. Fece un cenno col capo a Maddy, la stagista bionda alla reception che la salutò a sua volta con un sorriso decisamente troppo spassionato.


Lily era tesa, si poteva vedere lontano un miglio quanto fosse tesa.

Lasciò andare la borsa sulla scrivania prendendo rapidamente posto, non senza sospirare profondamente.


Ok, era pronta, poteva farcela.


«Malfoy non c'è Lily»


Tristana, una coda di cavallo altissima che le lasciava ricadere i morbidi capelli color cioccolato come una cascata sulla schiena, le porse una caramella.

Lily la prese con fare assente mentre pian piano realizzava ciò che le era stato appena riferito.


«Come non c'è?»


Tristana si strinse nelle spalle e Lily storse il naso.

Senza una ragione precisa un vago senso di pace le avvolse lo stomaco--


O era senso di delusione quello?


Lily, parzialmente felice per essersi risparmiata l'obbligo mattutino della voce di Mafoy nell'orecchio che le dettava cosa avrebbe dovuto fare, frugò nel cassettone della scrivania controllando se le era rimasto qualcosa indietro dal giorno precedente.


Ma chi voleva prendere in giro? Era lì da tre giorni e si era impegnata fino allo sfinimento per finire tutto e al meglio.


Lanciò un'occhiata fugace nella direzione di Tristana come a sperare di poter ricevere l'ispirazione ma lei stava parlando senza sosta al suo auricolare magico senza prestarle un briciolo di attenzione.


«Hai sentito che stanno cercando un tizio di quella banda criminale?»


Le sussurrò senza scollare gli occhi da un pezzo di pergamena sul quale stava trascrivendo alcune cifre.


Lily trasalì appena limitandosi ad annuire lentamente.


«Solo un ragazzo. Terribile come funzioni la mente delle persone»


La rossa, la bocca secca e le mani sudate, si sentì addosso lo sguardo indagatore di Tristana.


Se c'era una cosa che aveva capito di quella ragazza tanto simpatica era che mai, mai e poi mai si sarebbe sognata di farsi gli affari propri. Il che non era sempre un male dal momento che nel giro di poco tempo l'aveva aggiornata sui pettegolezzi più succulenti di tutto l'ufficio e, ultima cosa ma non meno importante, su Malfoy. Ma, e ne era certa, nasconderle qualcosa risultava totalmente impossibile. Era talmente brava a leggere le facce da risultare spaventosa al punto da lasciar pensare che usasse una qualche forma ignota di Legilimanzia per sapere così tante cose.


Lily deglutì nel modo più silenzioso possibile che le riuscì voltandosi verso la superficie di legno della propria scrivania e prendendo a tamburellarci sopra le dita annoiata.


«Sai, credo che il signor Malfoy tenga i casi da farti revisionare nel cassettone più in basso dell'armadio a muro—Oh, certo signor Collins—Certamente!»


Tristana le stava letteralmente facendo cenno di muoversi ed andare.


«Non ho le chiavi e se mi scopre ancora nel suo ufficio con le chiavi rubate alla stagista come minimo mi ammazza»

Bofonchiò Lily lasciando andare la testa contro una mano.

Lei non doveva essere lì a fare niente, in quel momento!


«--Non so signor Collins, ma posso sempre far venire anche la signorina!--Oh, certo, lasci pure fare a me! Lei ha la vittoria in tasca, signore!--Tanto non c'è Lily, è a casa!»


Lily la guardò per un lungo istante mentre continuava il suo sproloquio al telefono.


Tanto Malfoy non c'era.

Doveva tenere la mente occupata, doveva.

Malfoy non l'avrebbe mai saputo, mai.


Erano passati appena quindici minuti da quando aveva lasciato la propria scrivania che già si trovava fuori dall'ufficio del proprio odiosissimo capo con tanto di chiave argentea nella mano.

Convincere Maddy a cedergliela di nuovo era stato un gioco da ragazzi, quasi quasi si sentiva in colpa per tutta la persuasione che era in grado di esercitare su di lei.


Si guardò intorno con circospezione prima di infilare la chiave nella toppa. Stava giusto per fare il primo giro, poggiando l'altra mano sulla maniglia, quando quella si aprì in uno scatto senza che lei avesse fatto assolutamente nulla.


«Ma che--»


Lily entrò nell'ufficio completamente buio guardandosi attorno.

Come era possibile che la porta fosse aperta? Che l'avessero dimenticat--


Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da una mano decisa che le copriva la bocca spingendola di malagrazia contro il muro.


«Ahi!»


Si lamentò Lily, rendendosi conto di aver sbattuto la testa contro la cornice di un quadro.


La mano tornò a coprirle la bocca mentre la porta si richiudeva-probabilmente con un calcio dell'aggressore che le si parava innanzi.


Lily, guerriera nata, indecisa tra il tirare un calcio laddove non batte il sole al maniaco e morsicargli le dita perchè la sua bocca potesse essere libera optò per una scelta di convenienza facendo entrambe le cose contemporaneamente.


«Oh, porco--»


La rossa stava per lanciarsi sulla porta per darsela a gambe e l'avrebbe certamente fatto se la voce che aveva appena sentito non le fosse risultata così familiare.


«Scor--»


Sorprendente la capacità di ripresa di quel ragazzo

Nel giro di dieci secondi fu contro il muro, di nuovo, con l'angolo della cornice conficcato nella testa, di nuovo, e la mano candida di Scorpius Malfoy a tapparle la bocca, di nuovo.


«--fa---cfe--diafofo—fai!»


Si ribellò spintonandolo appena e portandosi una mano alla testa dolorante.


Scorpius estrasse la bacchetta con la mano libera mormorando un Lumos a mezza voce ed interponendola fra loro. Le intimò il silenzio con la sola forza dello sguardo e Lily, inspiegabilmente incantata da quegli occhi grigio perla sferzati dalla luce prodotta dalla bacchetta di Scorpius annuì con un cenno del capo smettendo per un attimo di massaggiarsi la testa.


«Mi hai fatto male, Malfoy!»


Sussurrò la rossa con una punta di sdegno nella voce una volta che la sua bocca fu libera.


«Che cavolo ci fai nel mio ufficio?»


Disse lui contemporaneamente.


Si guardarono per un istante negli occhi con il solo suono dei loro respiri smorzati a riempire l'aria. Fu Scorpius a muoversi per primo: scostò con delicatezza la mano di Lily sostituendola con le sue dita.


«Che ti sei fatta?»


Sussurrò cauto, tastandole la testa alla ricerca di un bernoccolo.


Lily non rispose. Era rimasta con la mano scostata a mezz'aria ed un'espressione vagamente intontita dipinta sul viso.


Non sapeva spiegarsi bene la ragione per cui il battito del cuore fosse così accelerato-lo spavento precedente? O c'era qualcos'altro?

Tutto ciò che sapeva, in quel momento, era che non si sentiva spaventata. Nemmeno un po'.


«Non mi sembra che ci sia--»


Occhi grigi in occhi color cioccolato. Si incastrarono in un moto tanto istantaneo quanto eterno scoprendosi totalmente incapaci di interrompere quel contatto.


Improvvisamente, a Scorpius, tornò in mente la sera prima. Gli tornò in mente il momento in cui aveva visto quei capelli rossi sciolti lungo quella schiena lattea.

Gli tornò in mente quel che aveva provato in quel momento, quanto gli sarebbe piaciuto passarci dentro le dita per districarli.


Prima che Scorpius stesso realizzasse quel che stava per fare si ritrovò a sciogliere i capelli di fuoco di Lily dall'elastico nero e dalle forcine che li tenevano intrappolati in quella crocchia.


Lily lo guardò con tanto d'occhi aprendo la bocca solo un attimo come a voler ribattere ma richiudendola immediatamente.


Gli occhi di Scorpius restarono allacciati ai suoi mentre con fare gentile lui le passava le dita fra i capelli rossi, fino al punto della testa che accusava dolore dove, poi, le posò con delicatezza.


«Ti fa male qui?»


Le chiese con voce roca. Troppo roca.


Lily sbarrò gli occhi riprendendosi quel che bastava da quell'incanto mentre Scorpius ritraeva la mano di scatto come uno che si è appena ustionato.


«Sì»


Disse lei solamente.


«Lì»


E a quel punto fu la follia a prendere il sopravvento. Lily non avrebbe più potuto dire nient'altro.

Le mani di lui che le affondavano nei capelli vermigli, la schiena schiacciata contro quella parete che fino a pochi giorni prima le era sembrata tanto spenta e le labbra imprigionate da quelle di Scorpius che la stava baciando come se fosse l'unica cosa in grado di mantenerlo in vita.





Ciao, io sono quella che scrive, ciao.


Vi dico solo che non mi piace un granchè. Avevo voglia di postare, quindi non so se ci sono errori—appena avrò un minuto gli darò una scorsa per correggerlo.

Oh, insomma—DITEMI COSA NE PENSATE.

Tutto qui.

Besos


BlackPoison



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Capitolo 6
*** 5-The Devil Within ***


CAPITOLO 5

The devil within


Ci sono cose che quando succedono ci lasciano completamente basiti, sconvolti, spiazzati.

Ci sono cose che quando succedono non lasciano spazio ad altri pensieri.

Ci travolgono, ecco.

Ci sommergono come un'onda inaspettata.

Come quando siamo nell'acqua e senza neppure rendercene conto ci ritroviamo ad annaspare per tornare a galla.

Ci sono cose che succedono per sbaglio, altre che hanno dietro una lunga premeditazione per quanto sbagliate possano essere.

Ciò che è certo è che, una volta successe, tornare indietro risulta praticamente impossibile.

Ed allora—


Allora non ci resta che nuotare.


Quando Lily Luna Potter spalancò le palpebre sul soffitto della propria stanza, quella mattina, non fu perchè la sveglia nuova-quella di Dominique l'aveva lanciata dalla finestra-si era messa a trillare, no.


«Papà!»


«Uh, tesoro! Non volevamo svegliarti»


Harry si portò una mano dietro la testa arruffandosi i capelli scuri già pietosamente disordinati.

Lily si guardò attorno stringendosi addosso la vestaglia verde mela che, notò solo in quel momento, nemmeno era sua: all'incirca venti persone stavano passeggiando per l'appartamento con tanto di attrezzatura assurda ed ampolle piene di pozioni che portavano l'etichetta del ministero.


La rossa scosse la testa arricciando il naso lentigginoso per il disappunto.


«Papà? Che ca—volo ci fa tutta questa gente in casa mia?»


Harry si irrigidì sul posto nel constatare che il rossore sulle gote della figlia, chiaro indice di rabbia, aveva già superato di almeno due toni la normale porpora da nervosismo passeggero.


Male, molto male.


«Ehm, ecco» arrancò il mago passandosi, ora, nervosamente le mani contro la giacca come a volerla liberare da granelli di polvere inesistenti «sono-sono le indagini»


Lily allargò visibilmente le narici inspirando ed espirando l'aria nel tentativo di mantenere una parvenza di calma.


«Papà. Questa è casa mia--»


«Signor Potter, non ci sono segni di magia recente-che non sia delle due inquiline-in tutto il salotto, passiamo alla cucina? »


Una ragazza dalla pelle olivastra ed i capelli neri si era avvicinata senza che lei se ne potesse anche solo rendere conto presa com'era dall'urlare addosso al proprio padre. Si erano già viste, lei e Willemina Robinson, era un'amica di Lucilla, eppure, mentre si rivolgeva al capo Auror nemmeno la degnò di uno sguardo.


Lily osservò la scena silenziosamente desiderando schiantare fuori tutti quegli intrusi con il potere della sola mente.


«Oh, ok Robinson, ok»


Harry si levò gli occhiali per pulirli con la manica della camicia.


«Non sapevo come dirtelo, tesoro e non volevo che finisse per essere un'ispezione ufficiale—cerca di capire»



Lily non si degnò nemmeno di rispondere, alzò gli occhi al cielo scuotendo il capo e stringendo i pugni fino a lasciarsi sbiancare le nocche.

Percorse l'intero corridoio a ritroso diretta alla propria stanza.


«Dopo verrai interrogata—faresti meglio, faresti meglio a vestirti»


L'ultima parte il signor Potter la disse più a sé stesso che alla figlia. Non pensava che la situazione sarebbe stata così gravosa, né tanto meno credeva che avrebbe faticato tanto ad affrontare le cose in modo maturo.

Odiava che fosse coinvolta sua figlia, la sua bambina, la sua Lily.

Odiava dover irrompere in casa sua, farle delle domande come si faceva coi familiari dei criminali.

Odiava guardare le sue spalle contratte coperte da quella cascata di capelli rossi che facevano tanto Ginny mentre lei se ne andava arrabbiata.


Tuttavia, e se lo ripeté per l'ennesima volta mentre camminava a passi stanchi verso la piccola cucina già affollata, tutto questo era necessario.


«Nessuna notizia della signorina Bennet, Robinson?»


Chiese distrattamente, per la centesima volta in una settimana, alla mora.

Lei alzò lo sguardo sul capo Auror con una nota di sconforto impressa nell'espressione del viso, normalmente di cera.


«No, nessuna signor Potter»


Harry annuì per poi dirigersi lentamente all'esterno della stanza.


Necessario.

Tutto questo era necessario.


***

Ovvio che era arrabbiata, come poteva non esserlo?

Lily strinse i pugni cercando di auto-imporsi la calma.

Un'occhiata veloce all'orologio magico le disse che erano le sette e probabilmente avrebbe fatto meglio a sbrigarsi per poter andare a lavoro.


Lavoro.

Malfoy.


Accantonò momentaneamente la morsa che le attanagliò lo stomaco nel momento stesso in cui il pensiero le attraversò la mente, o meglio, che glielo attanagliava da un certo evento inappropriato a cui era seguita una lunga settimana passata ad evitare di affrontarlo in tutti i modi possibili ed immaginabili.

Cercò di concentrarsi su quel che stava succedendo, su quel che doveva fare.


Era escluso che gli Auror trovassero tracce di Lucas Belial nell'appartamento.

O almeno questo era ciò che Lucilla le aveva lasciato scritto sul biglietto a cui aveva dato fuoco esattamente un minuto dopo averlo letto.

Ok, forse due minuti dopo dal momento che uno l'aveva passato ad imprecare a vuoto.


Non l'aveva salutata, non le aveva detto dove sarebbe andata.

Aveva preso in considerazione tutte le possibilità e sapeva che meno lei ne sapeva più sarebbe stata al sicuro e lontana da colpe, almeno così diceva.


Fatto sta che Lily non era riuscita ad evitarsi di avercela con lei in un primo momento.

Si sentiva abbandonata, messa da parte—aveva pensato che la bionda non si fosse fidata di lei--


Quanto era stata stupida?

Aveva preveduto tutto, ogni cosa.

Ed ora, tutti quegli Auror nel suo salotto, erano la conferma di quanto la situazione potesse essere immensa.


Più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.


Lucilla non aveva fatto nient'altro oltre a ciò che era necessario per proteggerla.


Prese l'ennesimo respiro profondo mentre infilava il vestito del giorno prima con un macigno in piena regola a pesarle sullo stomaco.


***


«Io continuo a pensare che questa non sia una buona idea»


«Taci»


«Salazar, Lux, puoi smetterla per un secondo di fare di testa tua?»


Lucilla alzò gli occhi chiari verso il soffitto ammuffito della camera che avevano preso in affitto alla Stamberga Strillante mentre Lucas, con i gomiti poggiati sulle ginocchia, continuava a scuotere la testa, sospirare e lamentarsi da—beh, da praticamente un'ora.


E meno male che era lei quella che aveva sempre qualcosa di cui lagnarsi.


La bionda storse la bocca lasciando che sulla fronte le apparissero tre linee parallele di preoccupazione,


«Non verranno mai qua, è troppo vicino ed in questo modo potremo, beh, indagare, no?»


Lucilla Bennet si strinse nelle spalle sottili portando gli occhi sul proprio-un tempo-migliore amico conscia di quanto la situazione potesse essere gravosa per lui.

Si morse il labbro mentre compiva i tre passi che li separavano ed andava a sedersi esattamente accanto a lui.


«Abbiamo pochissime chance, Lucas, dobbiamo agire velocemente»


Lucas Belial annuì irrigidendo appena un po' la mascella.

Non era d'accordo.

Non lo era affatto.

Lo avrebbe visto anche un mago bendato ed in piedi sulla propria bacchetta.


Si sentiva in colpa, però, tremendamente in colpa, quindi si limitava per lo più ad annuire e sospirare lasciando che le redini le potesse tenere in mano lei.


In fondo ne aveva piena fiducia.


Spostò gli occhi un po' tetri sulla bionda seduta accanto a lui.


Lucilla lo conosceva, un tempo, lo conosceva per ciò che era.

Si sorprese a domandarsi di quanto fosse realmente cambiato, quanto fosse davvero mutato il suo carattere, le sue abitudini i suoi modi di fare.


Osservò con aria critica la linea dura del suo viso e realizzò che il vecchio Lucas avrebbe avuto una furia al proprio interno che minacciava di sparargli fuori dalle orecchie.


«Su» si arrese allargando le braccia e spostando velocemente lo sguardo in una sorta di neo imbarazzo «hai-hai in mente qualcosa?»



Il moro alzò un sopracciglio schiudendo appena la bocca prima di contrarre il viso in una mezza smorfia.


«Ora me lo chiedi?» le rispose sarcastico.

Lucilla alzò ancora gli occhi trattenendosi dal mandarlo a quel paese con uno Stupeficium, giusto per rendere meglio il concetto.


«Te l'ho già detto che per me è una pessima idea»


«Difatti ti ho chiesto cos'hai in mente, Lucas» commentò la bionda senza tralasciare una nota di esasperazione nella voce.


Lucas strinse gli occhi in due fessure.


Quando la sua migliore amica si era trasformata in un esserino tanto—tanto odioso?


«Come ti ho già detto» puntualizzò il moro tentando la via della pazienza più assoluta «si spostano di sede in sede man mano, ogni volta che le cose si fanno difficili. Tuttavia, la sede la proteggono con degli incantesimi, perchè gli indizi non possano essere rivelati, un po' per volta così da non attirare l'attenzione per l'uso spropositato di magia in un solo posto—potrebbe esserci ancora qualcosa che rimandi ad un loro spostamento» ripetè a mo' di cantilena.


«Mi spieghi come ci arriviamo in questo posto se tu nemmeno lo conosci?» Lucilla lo guardò con aria critica.


Aveva già provato ad accennarle ma lei aveva sempre troncato le discussioni sostenendo che se mancavano indizi troppo grossi era anche inutile solo tergiversare.


«Conosco la zona» tagliò corto il moro.


«Non basta»


La bionda si scostò una ciocca ribelle di capelli che le era ricaduta sul viso per poi sbadigliare sommessamente.


«Da quant'è che non dormi?»


Lo sguardo allibito di Lucilla si trasformò, nel giro di nemmeno un secondo, in un'espressione di puro sgomento.


«Credi che potrei dormire, Lucas? Stanno cercando anche me, lo sai?» sbottò, per poi mordersi la lingua colpevole.


Stupida.


Lucas strinse le dita delle mani contro il materasso fino a farsi sbiancare le nocche.


«Non volevo dire questo» mormorò lei, vergognandosi della propria stessa stupidità «lo sai»


Lucas annuì, di nuovo evitando di guardarla negli occhi.


Lei gli si avvicinò cauta cercando di trovare la via migliore che non fosse il contatto per riuscire a trasmettergli—qualcosa, ma cosa?


«Io sono solo spaventata per te»


Si arrese alla fine, con la mano incapace di posarsi sulla spalla di lui, lasciata a mezz'aria.


«Lo so»


«Voglio-voglio solo che--»


«Lo so» la interruppe lui, questa volta con un tono brusco nella voce ed un'espressione dura ad incorniciare gli occhi incollati al muro di fronte a sé.


«Lo so» ripeté, più dolcemente.


«Mi chiedo solo per quale ragione ti ostini a voler mettere te stessa nei guai per tirare fuori me, dal momento che mi odi»


«Io non ti odio!» rispose la bionda indignata. «Merlino! Che zucconerie ti dice il cervello, Lucas Belial?»


A quel punto gli occhi plumbei del ragazzo si incastrarono stretti in quelli più chiari di Lucilla che se ne stava in piedi, di fronte a lui, con le braccia conserte ed un'espressione indecifrabile.


«Allora perchè non riesci nemmeno a toccarmi, mh? Se ti tocco per sbaglio scappi e non mi rivolgi la parola per delle ore»


Lucilla fece un passo indietro, poi un altro.


«Domani andremo fuori alla Gringott-tieniti pronto alle cinque del mattino»


Lucas Belial alzò gli occhi al cielo e , per l'ennesima volta, annuì.


***


«Ecco qua»


Tristana lasciò cadere un fascio di fogli freschi di stampa sulla scrivania accanto alla propria.

Alla suddetta scrivania se ne stava-letteralmente-avviluppata alla sedia, una ragazza dai capelli rossi, vestita di un tailleur grigio perla.


«Non puoi capire quanto io ti adori»


Disse la sopracitata rossa con un'espressione melodrammatica stampata sul viso.


Tristana sollevò una delle sopracciglia tatuate e si lasciò andare sulla propria sedia.


«Non ti faccio più da fattorino, Lily Potter, te lo dico. Non se non mi spiegherai che cosa è successo tra te e il tuo capo, per Tosca!»


Lily rabbrividì da capo a piedi accingendosi a raccogliere il mucchio di fogli che l'avrebbero tenuta impegnata per almeno cinque ore.


Era così da tutta la settimana, ormai.

Era riuscita ad evitare Scorpius-io ti sbatto al muro del mio ufficio senza una vera ragione-Malfoy in modo talmente sopraffino che ogni sera, a casa, si faceva i complimenti da sola di fronte allo specchio.


Lui, dal canto suo, non è che sbracciasse nei corridoi o chiedesse di lei.

No, era una sorta di tacito accordo: lei non lo cercava, lui non la cercava-e la lasciava in pace, e tutto procedeva per il meglio.

Se non fosse stato per il brivido di terrore che le percorreva per intero la spina dorsale ogni volta che la pietra magica emetteva un bip o per l'ansia di beccarlo casualmente all'ingresso ogni mattina, avrebbe anche potuto dire che questo lavoro le si stava rivelando più roseo del previsto.


«Non è successo niente» tagliò corto la rossa schiarendosi la voce con un colpo di tosse e prendendo a leggere la prima pratica.


«Allora perchè ritiro io il tuo lavoro ogni giorno?»


«Perchè ti sto simpatica?» la rossa sorrise ma la collega nemmeno la degnò di uno sguardo dal momento che aveva già preso il via il suo giro di chiamate giornaliero.


Godric, pericolo scampato. Pensò Lily.


Ma non l'avrebbe pensato se avesse avuto presente una delle sue massime assolute, una di quelle che la sua coinquilina, nonché costante fonte di guai, Lucilla Bennet, le aveva trasmesso : 'la sfiga è la sfiga, non importa quando la fuggi, lei ti troverà. Sempre e comunque'


Sollevò appena in tempo gli occhi nocciola sulLa sfiga vestita con un cardigan viola ed un paio di jeans di ottima fattura.


Jake Zabini.

Jake Zabini l'amico storico di Scorpius.

Jake Zabini l'amico storico di Scorpius era esattamente fuori dalla porta.


«Tristana!» sussurrò, o meglio, rantolò Lily alla vicina di scrivania.


Quella per tutta risposta arricciò il naso guardandola con la coda dell'occhio.


«La porta! Chiudila! Ti prego!»


Mentre Lily si agitava convulsamente sulla sedia girevole della propria postazione indicando come un'ossessa l'ingresso all'ufficio e la collega, Tristana continuava a guardarla con un'espressione a metà tra lo stralunato e l'esasperato.


«Certamente signor Thompson! Se lei ci farà avete tutta la documentazione in tempo—Che ti prende, ora?» sussurrò, premendo un pulsantino con l'indice laccato di rosso.


Solo dopo un secondo realizzò che cosa, effettivamente, la rossa le stesse chiedendo.

Tristana, allora, alzò gli occhi scuri al cielo cercando di mantenere la calma ed aprì il primo cassetto della scrivania di Lily indicandole il contenuto.


La rossa lasciò svettare un sopracciglio presa leggermente in contropiede finchè non si rese conto che ciò che Tristana le stava ricordando era che lei possedeva una bacchetta e-beh-con una bacchetta poteva benissimo chiudersela da sé, la porta, senza ricorrere al bisogno di alzarsi.


Con un'alzata d'occhi vittoriosa di Tristana, Lily afferrò la suddetta bacchetta puntando alla porta con un incantesimo non verbale.


«Potter?»


Oh, Fanculo.


***


Lucilla guardò prima a destra e poi a sinistra almeno cinque volte prima di attraversare la strada buia e deserta ed andarsi a nascondere nuovamente dietro ad uno dei vecchi edifici di Diagon Alley.

Il problema era che nemmeno lei aveva davvero una vaga idea di ciò che stava facendo.

Probabilmente il suo era un semplice tentativo di guadagnare abbastanza tempo per pensare a qualcosa d'intelligente. Il problema era che, di tempo, ne stavano perdendo davvero troppo e nella più totale inerzia.

Scappavano.

Basta.

E tutto quel tempo perso era inversamente proporzionale alle loro già poche possibilità.


Sentì una morsa alla bocca dello stomaco nel momento in cui realizzò nuovamente quanto fosse praticamente nulla la possibilità di venire a capo da quell'incubo.


«Io mi chiedo per quale maledettissima ragione ti ostini a voler fare tutto da sola»


Lucas, sbucato da chissà dove, le aveva preso un braccio tirandosela di fronte.

Il viso attraversato da pura ira.


La bionda si svincolò velocemente dalla sua presa ammonendogli il silenzio.


«Saresti dovuto rimanere in camera--»


«Avevi detto che l'avremmo fatto insieme!» la interruppe assottigliando lo sguardo, il volto nascosto dal buio della notte.


«Mi è sembrato meglio così»


Lucilla si voltò ad osservare la strada ancora completamente vuota e silenziosa.


«E per quale ragione non me ne hai parlato?»


Lucas buttò fuori l'aria dal naso in una sorta di sibilo.

Probabilmente stava cercando di trattenersi dal prendere a pugni la parete del palazzo.


Lucilla non si girò nemmeno nella sua direzione continuando ad osservare un punto imprecisato della viuzza polverosa.


«Lux»


Niente.


«Lux, Salazar!»


Lucas afferrò per la seconda volta il braccio di Lucilla costringendola a voltarsi.

Quella, per tutta risposta, strabuzzò gli occhi azzurri tentando nuovamente di liberarsi dalla presa.

Tuttavia, questa volta, nelle dita di Lucas che le stringevano il polso non vi era alcuna delicatezza o remissione ragion per cui non le restò altra scelta che arrestare i propri tentativi di districamento e rimanersene impalata in attesa che lui le dicesse ciò che aveva da dire.


«Lux» ripeté il ragazzo lasciando andare un sospiro di angoscia.«Pensi di continuare a procedere a vanvera—da sola?»


«So badare a me stessa» rispose lei atona, il viso pallido pietrificato in un'espressione completamente impassibile.


Lucas le afferrò l'altro polso, con più calma, finendo con l'afferrarle entrambe le mani nelle sue.


«Non è una battaglia che devi combattere tu»


A Lucilla sembrarono essere passati secoli dall'ultima vota che aveva sbattuto le palpebre: quando lo fece una lacrima prese a rotolarle giù per la guancia mentre il suo volto continuava a non tradire alcuna emozione-pura e semplice apatia ingannata da quell'unica stupida goccia salata.


Lucas, preso in contropiede compì quel piccolo passo che lo separava da lei per abbracciarla, abbracciarla davvero.


«Non avere paura che ti possa fare del male» le sussurrò col viso affondato nei suoi capelli biondi.


Lucilla chiuse gli occhi lasciandosi stringere, permettendo ad una seconda lacrima di srotolarsi lungo il suo viso.


«Me ne hai già fatto»


Il moro si irrigidì ma non lasciò andare la ragazza, non prima che un rumore improvviso rompesse definitivamente quel momento.


Lucilla si passò alla svelta il palmo sulle guance bagnate, l'istinto da auror che le diceva di non fare il minimo rumore la spinse ad afferrare Lucas per la camicia portandolo a raso contro il muro, esattamente al proprio fianco.


«Assurdo come siano morte queste strade a quest'ora della notte»


Un sussurro roco e lontano e poi una figura vestita di abiti scuri attraversarono la via esattamente al loro fianco.


«E' un paesello di vecchietti ultracentenari, è già bello se non sono deserte pure durante il giorno, Garret!»


Una seconda figura, sempre vestita di abiti scuri, fece il suo passaggio a passo lento sghignazzando.


«Non dire il mio cazzo di nome, idiota. Lo sai che è pericoloso!»


La prima figura estrasse la bacchetta.

Il volto coperto dalla notte non riuscì a nascondere dei lineamenti grotteschi e piuttosto malconci nascosti sotto al cappuccio pesante.


Lucilla guardò Lucas in una tacita domanda e lui scosse la testa con il volto tirato e concentrato.


«Cominciamo»


disse la prima figura che ad un assenso della seconda cominciò a lanciare degli incantesimi in una qualche lingua antica in diversi punti di tutta la piccola strada.




QUELLA CHE SCRIVE


Ciao a chi c'è, tanto per cominciare.

Lo so, ho aggiornato praticamente a distanza di un mese e mi dispiace un sacco.

Questo capitolo è leggermente più breve degli altri ed ho voluto inserire qualche personaggio un po' in 'entrata' in scena, giusto per lasciarvi un mezzo spoiler sul poi.

Non mi piace troppo, troppo, e non l'ho esattamente RILETTO-ero distratta!-ma lo farò al più presto.

Anyway, mi dite che ne pensate?


OH---Grazie a tutte quelle persone che mi seguono/mi hanno tra i preferiti.

Siete tutti belli e vi voglio pene.


Cià♥

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Capitolo 7
*** 6-Close Your Eyes ***



CAPITOLO 6


Close your eyes

gne


Il problema di Lily Luna Potter non stava tanto nel fatto di non avere le cosiddette palle per affrontare le situazione.


Era una grifona.

Non le mancava la faccia tosta.


Il problema, per la rossa, sopraggiungeva nel momento in cui ai suoi buoni propositi da ex-grifondoro si affiancavano dei gelidi occhi grigio piombo e sottili capelli dello stesso colore di quelli di tutta la stirpe del suddetto individuo.

Fu esattamente per questa ragione che-dopo essere diventata una statua di cera ed aver fatto calare la propria mascella su per giù fino alla moquette-alla voce del caro vecchio Zabini lei si era prontamente girata sulla sedia rotante della sua scrivania.

Non senza picchiare dolorosamente un ginocchio contro il tacco a spillo di Tristana, ovviamente.


Altrimenti non sarebbe stata abbastanza Lily.


«Potter—che fai? Non mi riconosci?»


Rincarò lui leggermente confuso.


Se ne stava sulla porta e la osservava con un sopracciglio scuro arcuato e le labbra appena appena piegate verso sinistra.

Lei, per tutta risposta, continuò ad ignorarlo prendendo ad agitarsi sui fogli impilati di fronte a sé.


Tristana le lanciò un'occhiataccia di rimprovero che lei snobbò senza troppe moine.


«Potter?» ritentò Zabini, una nota di dubbio nella voce.


A questo punto una persona qualsiasi si sarebbe arresa.

Una persona qualsiasi avrebbe fatto retro-front, magari si sarebbe pure fatta venire il dubbio di aver avuto le traveggole-di essersi sbagliata.


Una persona qualsiasi.


Jackson Percival Zabini di certo-e purtroppo per Lily- aveva poco della persona qualsiasi, tuttavia.


Il ragazzo di colore compì quei pochi passi che separavano la porta d'ingresso degli uffici dalla scrivania di Lily Potter, posò entrambe le mani ai fianchi ed inarcò ancor più-se è possibile-le sopracciglia verso l'alto.


«LILY LUNA POTTER»


Inutile dire che Lily più che prendere a sudare freddo, a quel punto, stava letteralmente annaspando.


«Mi scusi un secondo signor Torks---Posso esserti utile?»


Tristana congedò il proprio interlocutore alzandosi direttamente in piedi fino ad interporsi fra la figura di Jake e Lily, ancora di spalle.

Lui la guardo con tanto d'occhi mentre lei gli scoccava uno dei suoi sorrisi mielosi da brava segretaria che si rispetti.


«E' diventata sorda?»


Domandò serio, gesticolando appena verso la rossa.

La testa di Lily si schiacciò ancor più contro i fogli ormai sparsi sul proprio tavolo.


«Non so di cosa tu stia parlando ma-e mi dispiace dirtelo-questi uffici non sono aperti al pubblico. Quindi, ripeto, hai bisogno di qualcosa?»


«Ecco, io--»


Fu a quel punto che Jake Zabini notò per la prima volta le lunghe unghie laccate di rosso della ragazza, gli occhi luccicanti di un autocontrollo forzato e l'angolo della bocca compresso in un'espressione d'impazienza.


Fece un passo indietro portandosi una mano al capo.


«Io-io-no, stavo per andarmene»


Jake percorse a grandi passi la strada a ritroso senza perdere d'occhio nemmeno un secondo Tristana che se ne rimase lì, rigida come una statua, ad attendere che se ne fosse andato.

Fu proprio nel momento in cui fu sul punto di voltarsi che Scorpius fece la sua comparsa nel lungo corridoio.


«Ma ti sei perso?»


E la porta si chiuse in un ovattato TAC.


Tristana sospirò profondamente e si voltò verso la rossa, lucida di sudore ed ancora piegata sui suoi fascicoli.


«Tu mi devi spiegare, Potter»


E si mise a sedere.


***

Jake seguì Scorpius chiuso in un silenzio piuttosto insolito-insolito per lui s'intende.

Inutili furono i fugaci sguardi interrogativi del biondo nella sua direzione, inutili i tentativi di iniziare una conversazione che fosse una. Quando fece entrare l'amico per poi chiudere la porta del proprio ufficio, Scorpius, si era ormai convinto che qualcuno gli avesse lanciato una qualche fattura del silenzio-il che, a pensarci, non poteva che essere un bene per la collettività.


Lo fece sedere con un cenno, ancora un po' confuso, raggiungendo la propria postazione ed appellando una bottiglia e due bicchieri dal piano bar poco più in là.


«Pensi di spiegarmi che ci fai qui?»


Silenzio.


Scorpius contorse il bel viso in un'espressione di puro sgomento prima di versare una dose generosa di Firewiskey nei bicchieri di cristallo.


«Zabini?»


«Eh?» rispose quello come a cadere dalle nuvole. Afferrò distrattamente il bicchiere portandoselo alle labbra.


«Qual'è il tuo problema, porco Merlino!?»


Scorpius sbottò, forse un po' troppo all'improvviso dal momento che l'amico fece rovesciare gran parte del contenuto del bicchiere sui propri pantaloni di buona fattura.


«Oh, Salazar!» Imprecò Jake per poi afferrare una manciata di tovagliolini dalla scrivania ordinata di Malfoy.


Scorpius, per tutta risposta, si portò una mano al capo e fece evanescere tutte le macchie con un incantesimo non verbale che gli costò appena un colpo di bacchetta.


«Nel tuo ufficio c'è gente strana»

Esordì il moro non appena ebbe appurato che i suoi pantaloni italiani erano davvero salvi.

Scorpius contrasse il viso in una smorfia-lo guardò con tanto d'occhi sperando in cuor suo che l'amico andasse avanti a spiegargli quella strana affermazione.

Jake, tuttavia, non accennava a voler dire una sola parola di più.



«Che Salazar ce la scampi-Jake, si può sapere che t'è successo? Ti hanno affatturato? Ti hanno rubato la giacca di Armani--»

Jake riafferrò il bicchiere con mano un po' più salda scuotendo il capo.



«Mi sembrava di aver visto la Potter» borbottò.



Scorpius, a quelle parole, sputò letteralmente tutto il contenuto del proprio bicchiere sulla scrivania di fronte ad uno Zabini decisamente accigliato.



«Ma che cazzo fai?»

«Che cazzo faccio?» replicò quello replicando l'incantesimo precedente e spostando svelto lo sguardo da quello dell'amico.



«Non ci posso credere-NON CI POSSO CREDERE!»

«Perchè stai urlando, idiota? Torna a non parlare, è decisamente meglio quando taci!»

«Quella ERA la Potter!»

Jake alzò l'indice soddisfatto della propria intuizione senza curarsi minimamente di abbassare il tono di voce. Scorpius, del tutto nel disagio, si rassettò la giacca in imbarazzo.



«Non ci credo. La figlia di Harry Potter lavora qui, folle

Zabini scosse la testa mentre si appoggiava contro lo schienale in una ripristinata normalità.

«Perchè non me l'hai detto?» chiese, ma non era davvero interessato alla risposta dal momento che si alzò in piedi senza dare a Scorpius nemmeno il tempo sufficiente per inventarsi una scusa che avesse senso. «Ha fatto finta di non conoscermi! Ed aveva una cotta per me ad Hogwarts--»



«Non aveva una cotta per te»

Il biondo si scostò appena il colletto della camicia improvvisamente troppo stretto e si versò un altro bicchiere di Wiskey.

«Sì che ce l'aveva, lo dicevano tutti!»

«Tutti dicevano molte cose» replicò distrattamente Malfoy.

«Sarà» concesse l'altro spostando la propria attenzione sull'ufficio lindo e pinto dell'amico.

Non portò immediatamente gli occhi su Scorpius, no, altrimenti si sarebbe reso conto fin dall'incipit di come la sua espressione fosse cambiata nel momento in cui la rossa di casa Potter era diventata l'argomento della loro conversazione, avrebbe notato il velo di sconvolgimento che era andato ad impadronirsi dell'espressione sempre tirata e composta dell'amico, avrebbe visto come le sue dita avevano preso a muoversi nervosamente sul bordo del secondo bicchiere ormai vuoto.



Beh, magari con un margine di ritardo.

Magari con quel minuto necessario per carburare.

Ma a Jake Zabini i dettagli non sfuggivano mai.



Dapprima notò come Scorpius evitasse accuratamente di guardarlo, dopodichè notò la sua espressione indecifrabile ed, infine, come le sue labbra si erano ridotte ad una riga netta e bianca.



«C'è qualcosa che devi dirmi Sco--»

«NO!»

«Perchè non mi hai detto che la Potter lavorava qui?»

Jake strinse gli occhi quasi neri in due fessure indagatrici.

«Non me l'hai mai chiesto» rispose il biondo facendo spallucce.

«Esci con la Potter, Scorps?»

«Ti pare che uno come me uscirebbe con una come lei?»

Replicò il biondo, forse un po' troppo alla svelta.

«Oh, Salazar, sei venuto qui per tormentarmi?»



Jake gli scoccò un'occhiata malfidente alla Zabini in grande stile prima di poggiare definitivamente il proprio bicchiere sulla scrivania.



«Ho dimenticato le chiavi»

«Tu cosa?»

«Ho dimenticato le chiavi, per questo ti ho chiesto di poter venire qui»

«Salazar--»



***

Non aveva scollato per tutto il giorno gli occhi dalla finestra di vetro che li separava dalla strada, dalle persone, dalla realtà.

Le tende erano rimaste tirate, erano solo scostate ciò che bastava perchè si potesse avere una visione miserabile di ciò che c'era fuori:

il suo unico e solo contatto con il mondo.



Lucas non aveva detto nulla per tutto il giorno.

Lucilla non gli aveva chiesto nulla per tutto il giorno.



L'angusta camera che avevano affittato alla Stamberga Strillante era rimasta avvolta in un silenzio quasi surreale, questo almeno finchè non erano passate davvero troppe ore per ignorare i fatti, per non parlarne.

O per lo meno secondo Lucilla.



La bionda si schiarì la voce come meglio riuscì a fare nel tentativo di attirare l'attenzione del ragazzo il cui sguardo non si era posato neppure per sbaglio su qualcos'altro che non fosse la strada per troppo tempo.

Lucas, tuttavia, non si voltò, né diede cenno di averla sentita nonostante il contrario fosse completamente impossibile visto lo spazio ristretto entro cui si trovavano.



«Lucas» esordì lei, titubante.



Aveva pensato.

Aveva pensato decisamente troppo.

Il silenzio le uccideva il cervello, le sgretolava i neuroni, la spingeva ad un lavoro d'immaginazione incessante che la costringeva all'accavallare ipotesi su ipotesi su ipotesi.



Le esplodeva la testa.

Lui la ignorò, di nuovo.



Aveva mantenuto le distanze, Lucilla, aveva mantenuto un deliberato distacco fin dal momento in cui l'aveva visto varcare la soglia della porta della propria cucina.

Ci si era impegnata.

Non si riteneva completamente soddisfatta ma quasi.

Restava il fatto che ci si era impegnata.

Ed in quel momento-Lucas con le spalle piegate come a portare in groppa il peso del mondo intero, alla luce di tutte le nuove scoperte-sentì tutto il proprio impegno renderla improvvisamente una stupida. Si mise a sedere sul letto ad appena pochi metri da lui, le dita sottili strette contro la stoffa ruvida delle lenzuola vecchie di almeno mezzo secolo.



«Ne usciremo»



Disse solamente.

Eppure si era immaginata tutt'altro.

Lei: lei che era così brava ad usare tante parole e tutte insieme, lei che aveva sempre la presunzione di sapere cosa dire e quando dirlo, lei che non era mai a corto della frase giusta al momento giusto.

Lei non riusciva a dire nient'altro in quel momento.

Lucas non si mosse di un millimetro se non per il regolare respiro che gli alzava ed abbassava le spalle.



«Io-io credo che dovremmo cambiare piano, credo che--»



«Erano loro»



Il cuore di Lucilla si fermò.

Il solo fatto che Lucas avesse parlato, qualsiasi cosa avesse detto, le fece venire voglia di piangere, di dirgli che gli dispiaceva, di dirgli che non avrebbe voluto essere tanto egoista da non capire che il mondo non stava ai suoi piedi, che c'erano cose che sarebbero sempre e a prescindere sfuggite dal suo controllo.

Eppure non fece nulla di tutto questo.

Lucilla strinse ulteriormente le mani contro la stoffa che andava a ricoprire il letto e sperò che lui continuasse a parlare, che lui le trasmettesse, ancora una volta, quel senso di sicurezza di cui LEI aveva così egoisticamente bisogno.

Eppure Lucas non parlò, non spiegò la propria frase né aggiunse qualcosa, qualsiasi cosa.

Continuò a lasciar saettare gli occhi chiari a destra e a sinistra, oltre la fessura di luce lasciata dalle tende, oltre il vetro spesso della finestra, forse per sino oltre quella strada polverosa di Diagon Alley--



«Che cosa stai guardando?»

Gli domandò la bionda, la voce leggermente incrinata da quelle sensazioni che la stavano accartocciando sul posto.



«Niente»

Rispose lui.

Apatico, ma almeno rispose.



Lucilla lasciò andare la schiena contro quel materasso che pareva di marmo e chiuse gli occhi tentando di tranquillizzarsi, di dirsi che doveva essere lei quella calma, che era lei quella che avrebbe dovuto infondere speranza e buon animo, non il contrario.

'Forza, Lucilla, FORZA'



«Erano loro e se ne vagavano indisturbati. Mi hanno messo in questo casino e tutto ciò che fanno e lasciare che la responsabilità sia mia e cancellare le tracce che possano scagionarmi»

La bionda riaprì gli occhi lentamente, del tutto incapace di stabilire se quella che aveva sentito fosse davvero la voce di Lucas o solo frutto della propria immaginazione.



«Abbiamo altre strade da prendere e non ci arrendiamo»

Replicò un po' incerta.



Lucas emise un verso che le parve tanto una risata soffocata, a quel punto.

Uno sbotto di ilarità che sarebbe potuta essere quasi consolatoria se non fosse per il semplice fatto che più che di gioia si trattava di isteria.



Lucilla si morse l'interno della guancia pensando a qualcosa che potesse sembrare davvero concreto.

Qualcosa che potesse servire.

Qualcosa--

Ma il vuoto del suo cervello prese il sopravvento, il vuoto assoluto della stanchezza la schiacciò ancor più contro il materasso costringendola ad abbassare nuovamente le palpebre nel tentativo di scacciare quell'orribile magone che la stava stritolando.



«Lucas, mi dispiace»

«Non è colpa tua—Lux»

E Lucilla riuscì chiaramente a vedere, seppur con gli occhi chiusi, il sorriso gentile e strafottente che Lucas doveva per forza aver conservato.



Se lo ricordava come se non l'avesse mai davvero perso di vista quel suo modo di fare completamente composto ed allo stesso tempo fuori dagli schemi.

Quell'autocontrollo che batteva lo spazio ed il tempo.

Che batteva tutto e tutti.

Lucilla ci avrebbe giurato, un tempo, nulla avrebbe potuto distruggere il suo migliore amico.

E non perchè lei non l'avrebbe mai permesso o un'altra di quelle sciocche ragioni che si tirano fuori quando si è adolescenti: Lucas non sarebbe mai andato in pezzi semplicemente perchè era Lucas.

E lei lo sapeva.

Lo aveva sempre saputo.

In tutti quegli anni, in tutto quel tempo in cui lui le era stato così lontano e così vicino al tempo stesso.

In tutti quei giorni in cui il suo pensiero l'aveva torturata, tormentata, dilaniata.

Era lei quella distrutta, era lei quella ridotta ad un oceano di pezzi miserabili.

Lui era intero, da qualche parte-in un posto a lei e a chiunque sconosciuto, ma era intero.

E lei lo sapeva.

E lo odiava per questo.

Lo odiava per averla lasciata cadere, per aver permesso che fosse lei a rompersi, per non essere stato lì a ricordarle che se non crollava lui non sarebbe crollata nemmeno lei.



Fu a quel punto che il viso pallido e stanco di Lucilla si aprì in un sorriso rivoltò al soffitto.

«Vieni qui?»

Gli chiese-anche se quella, più che una domanda somigliava tanto ad un'affermazione.



Lucas lasciò svettare un sopracciglio scuro verso l'alto ma si alzò lo stesso dal davanzale della finestra in un unico gesto fluido.



«Ah, ora mi ammetti alla tua presenza? Credevo mi ritenessi un appestato»

Lucilla si puntellò sui gomiti restando comunque sdraiata, concedendogli un'occhiata a metà tra lo scettico ed il rimprovero che faceva tanto piccola adolescente verde-argento al punto di far sorridere il ragazzo.

«Ok, vuoi dirmi che non ti faccio nemmeno paura?»



L'ex-Serpeverde rincarò la dose portando entrambe le braccia al petto- lanciando a Lucilla un'occhiata in tralice ed un sospiro da primadonna.

Quella, per tutta risposta, afferrò uno dei cuscini del letto mirando alla faccia del ragazzo che, ovviamente, lo afferrò al volo.



«Ohoh! Qui ci andiamo sul pesante, eh?» la schernì lui compiendo giusto quel paio di passi che li separavano con il cuscino stretto fra le mai a mo' di 'scudo'.



«Lucas Belial, sei un idiota patentato!»

Lucilla di mise a sedere non smettendo di osservare gli stupidi movimenti dell'amico con un sopracciglio sollevato a fargli da monito.



«Ops—non è che ora mi schianti, vero?»



Lucilla alzò gli occhi al cielo mormorando un 'Salazar' a mezza voce e facendo per alzarsi ma lui le impedì qualsiasi movimento dal momento che le si parò innanzi in tutta la propria persona.



«Permesso»



Borbottò lei un po' accigliata senza che lui si spostasse di una virgola.



«Lucas!» ribadì. Realizzando che nessun insulto del proprio repertorio avrebbe servito la causa, fece per spostarlo di forza ma Lucas, ovviamente più forte di lei, la precedette afferrandole entrambi i polsi e calando lungo disteso su di lei a far peso sui soli propri gomiti.



«Lucas, sei un emerito idiota-un idiota, mi hai sentito bene? Lasciami, per Merlino! LASCIAMI SUBITO!»

Lucas l'ascoltò, ridendo: le lasciò andare i polsi e le lasciò sufficiente spazio per alzarsi.

Non aveva programmato nemmeno lui ciò che avrebbe fatto dopo, non aveva realizzato quanto quegli occhi chiari che conosceva da una vita e non aveva visto per troppo tempo sarebbero stati in grado di catturarlo, non aveva pensato a come quel profumo così diverso e così familiare gli avrebbe fatto girare la testa.

Lucilla fece per scostarlo ed alzarsi ma Lucas le impedì di farlo autonomamente: si alzò prima lui tirandosi dietro la bionda per un braccio e facendola deliberatamente andare a sbattere contro il proprio petto.



«Che cosa stai fac--»

Gli chiese-ma lui non la stava più ascoltando, lui non riusciva nemmeno più a sentirla, qualsiasi rumore fosse presente in quella stanza o al suo esterno venne improvvisamente soffocato dalle sue labbra che andarono a scontrarsi con quelle di lei.



La bionda sbarrò gli occhi pensando di spostarsi, di spingerlo via, d'insultarlo—pensando un sacco di cose tutte insieme ma ritrovandosi del tutto incapace di riuscire a compierne solamente una.

Le labbra di Lucas si stavano muovendo sulle sue in un modo tanto dolce e talmente poco Lucas da renderla per un momento titubante al credere che stesse davvero accadendo, che fosse lui, che la stesse baciando.

Fu quando lui le ebbe stretto i fianchi fino a far scontrare il proprio bacino con il suo, quando la sua lingua si fece avida, assetata, bisognosa, quando sentì la presa salda delle sue dita che le affondavano nella pelle.

Fu a quel punto che lei capì di essere perduta.

Ed affondò le mani nei capelli corti e scuri, e cominciò ad essere affamata, assetata, bisognosa anche lei.

E si dimenticò di tutto.

Si dimenticò della situazione in cui erano, di come aveva compromesso la propria vita e tutto ciò per cui aveva lavorato in quegli anni.

E pensò che sarebbe potuta morire così.

Pensò che per quanto fosse folle e soprattutto impensabile, lei sarebbe potuta morire così, tra le braccia di quel ragazzo che conosceva da sempre e la cui assenza l'aveva tormentata.

Lei ci sarebbe morta, con lui—per lui.

E fu in quel momento che Lucilla capì.

In quel momento, con le labbra incollate a quelle di Lucas.

Lui la stava baciando e lei lo stava baciando a sua volta.

Tutto il resto non contava, non era importante.



***

Quando poggiò il mazzo di chiavi sul ripiano all'ingresso venne subito investita da quel tenue odore di magia che contrassegnava il passaggio del corpo auror nell'appartamento.

Lily si levò la giacca vagamente disgustata, sentendosi stremata ed allo stesso tempo violata da tutta quell'invasione del proprio spazio vitale. Prese un paio di profondi respiri per ripristinare almeno un po' quella parvenza di normalità che ogni persona dovrebbe avere il diritto di concedersi in casa propria ma fu tutto inutile.

Suo padre le aveva lasciato un biglietto che se ne stava ordinatamente ripiegato e con la scritta 'Lily' in bella mostra sulla parte in evidenza che lei aveva deliberatamente ignorato.

Avrebbe voluto un po' di pace.

Avrebbe voluto sentirsi al sicuro e lontana dagli strani eventi che avevano stravolto la sua vita, la sua amica e la sua abitazione nel giro di troppo poco tempo perchè potesse essere metabolizzato tutto-ma non ci riuscì, non ci riuscì nemmeno dopo la tisana rubata dalla credenza di Lucilla e dopo la lunga doccia bollente che si era concessa.

Tutto le sapeva di sporco e di silenzioso.

Aprì vagamente titubante la porta che dava sulla camera della propria coinquilina di cui non aveva notizie ormai da giorni e non si sorprese nemmeno un po' nel momento in cui trovò ogni minuscolo oggetto etichettato e con il classico timbro del ministero.



Fu a quel punto che decise che lì non ci poteva più stare.

Qualsiasi tentativo di lasciare fuori dalla porta l'accaduto era andato a farsi fottere nel giro di una sola giornata.

La verità era che le mancava la propria routine: le mancava Lucilla con la sua voce squillante, coi suoi lamenti, con i suoi resoconti della giornata e con le briciole di ciò che mangiucchiava ogni momento sparse sui tappeti, le mancava Rose che non vedeva né sentiva da troppo tempo per i propri gusti, la stessa Rose talmente abituata a farle visita che più di una volta si era ritrovata a cacciare distrattamente le chiavi della propria casa nella toppa di quella di Lily e le mancavano le serate normali, le serate in cui non si ritrovava da sola a sentirsi così sopraffatta da qualcosa che le era tanto estraneo quanto insidiato nel profondo, le serate in cui rideva, in cui il problema maggiore lo rappresentavano le bollette da pagare e la spesa da fare.

Fu a quel punto che decise che lì non ci voleva più stare.

Si vestì velocemente per poi ammassare come meglio le venne le proprie cose nel vecchio baule della scuola. Accarezzò con nostalgia il marchio di Hogwarts impresso sulla parte superiore prima di poggiarlo all'ingresso ed indossare il cappotto scuro che aveva acquistato poco dopo essere stata assunta all'ufficio.

Non fece nemmeno in tempo ad aprire la porta, tuttavia, che un rumore strano le giunse alle orecchie. Per riflesso si voltò verso la finestra del soggiorno dove i gufi e le civette erano soliti beccare all'arrivo della posta ma si era resa conto fin dall'incipit che era un suono proveniente dal pianerottolo, più precisamente dal pianerottolo sul quale dava solo e soltanto la propria porta di casa.

L'aprì lentamente, tenendo una mano ben salda sulla maniglia ed un'altra sulla bacchetta che se ne stava perfettamente incastrata nella tasca del suo cappotto.



«Potter»



Lily sbarrò gli occhi di cioccolato sulla figura che le si parò innanzi non appena la porta fu completamente spalancata.

Prima di poterselo impedire la bocca le si aprì in una perfetta 'O' di sorpresa dal momento che di fronte a lei si trovava Scorpius Malfoy.



«Posso?»

Borbottò lui. Ma non era una domanda dal momento che nemmeno si aspettava una risposta: in un paio di passi decisi si fece largo all'interno del piccolo corridoio, non senza lanciare un paio di occhiate critiche ai singolari soprammobili che costellavano ogni mensola o ripiano che fosse.

Lily borbottò un «prego» a mezza voce chiudendo la porta in un gesto titubante.

«Volevo-volevo parlarti» esordì lui mentre si faceva strada-da bravo auto-invitato qual era-verso il piccolo soggiorno e prendeva posto sul divano floreale.

Lily, per tutta risposta, rimase in piedi ed incrociò le braccia sottili avvolte nella spessa stoffa del cappotto sotto al seno. Lanciò una fugace occhiata esasperata al soffitto-sì, Malfoy in casa propria rappresentava davvero l'ultimo dei suoi desideri-per poi dirigere i propri occhi scuri verso il ragazzo che se ne stava impettito sulla punta finale dei divano.

«C'è qualcosa che non va nel mio lavoro?»

«No-» si affrettò a rispondere lui mentre si scostava una minuscola ciocca di capelli biondo platino sfuggita all'impeccabile acconciatura.

La rossa scosse il capo un po' confusa ricevendo un'espressione completamente incredula di rimando.

«Oh, andiamo, Potter! Non siamo dei ragazzini-non c'è bisogno di fare finta di niente. Siamo due adulti e tu sai perfettamente di cosa voglio parlarti» detto ciò, si alzò in piedi prendendo a camminare verso la piccola finestra che affacciava sul locale.

Lily si era irrigidita-anzi, no: lei era pietrificata.

Per una qualche ragione aveva sperato di non dover rivangare mai quello stupido momento di completo nosense. Non che lei fosse una che fuggiva, no:

semplicemente era assurdo.

Completamente assurdo.

Non poteva davvero voler parlare di una cosa del genere.

«Ho paura-ho paura che possa incidere sul rendimento dell'ufficio—questo tuo comportamento da ragazzina» continuò Scorpius gesticolando appena con le mani.

«Ragazzina?»fu tutto ciò che Lily, le labbra contratte e le narici percettibilmente dilatate in una perfetta pre-esplosione, riuscì a commentare.

«Hai capito cosa voglio dire» accantonò lui con una smorfia sbrigativa.

Il biondo le si avvicinò tendendole la mano «Ecco, sono venuto qui per chiederti di dimenticare l'accaduto e piantarla qui»

La rossa osservò per un secondo la mano dell'ex-verde-argento. Un'espressione sprezzante dipinta sui tratti delicati del viso che non riusciva ad essere celata sotto tutte quelle macchie rosse che le stavano lentamente comparendo sul collo chiaro.

«Dì un po', Malfoy, per chi mi hai presa?»

Scorpius lanciò un'occhiata esasperata al soffitto lasciandosi andare ad un sospiro di altrettanta esasperazione.

Insomma, lui le stava davvero dicendo di 'PIANTARLA'?

A lei?

Lui le bussava alla porta di casa chiedendole di smetterla di fare la 'RAGAZZINA'?



Gli occhi dell'ex-Grifona si fecero improvvisamente più scuri del normale mentre il ragazzo ritirava la mano e faceva spallucce.



«Bambina» bofonchiò.



E Lily non ci era stata a pensare poi molto.

Anzi, non ci aveva pensato affatto.

La mano era partita da sola.

Piatta e svelta.

Si era schiantata contro il viso spigoloso di Scorpius Malfoy ancor prima che lui potesse anche solo lontanamente realizzare fin dove si era spinto il suo grado d'irritazione.



«Ma che—Merlino!»

«Non osare Malfoy!»

«Tu sei folle, COMPLETAMENTE FOLLE!»

«SCORPIUS HYPERION MALFOY! NON DARMI DELLA FOLLE»

In un gesto, Lily, strinse le dita sulla bacchetta all'interno della tasca, gli occhi stretti in due fessure di odio e disprezzo, gli occhi lucidi di pura ira.

«Credi di farmi paura, Potter?»

Chiese Scorpius lasciando inarcare un sopracciglio a corrugargli la fronte mentre con una mano si massaggiava la guancia su cui era stampata l'impronta vivida delle cinque dita di Lily.

«Sono una donna arrabbiata. Quindi sì, dovresti avere paura»

Sputò lei, le labbra sottili contratte ed il viso costellato di efelidi a chiazze.

«Pallone gonfiato che non sei altro. Chi diavolo ti credo di essere? Merlino sceso in terra? Abbassa le arie Malfoy. Non sei proprio nessuno»

L'espressione indignata sul viso di Scorpius lasciò spazio al puro sgomento.



Non se la ricordava così, Lily Potter.

Era sempre stata una ragazza energica,sì.

Una ragazza con cui battibeccare a tempo perso.

Una combattente.

Ma--

Forse era semplicemente cresciuta, forse era cresciuto lui ma quei capelli rossi e ribelli che le incorniciavano il viso, quella postura fiera ed elegante sotto quella rabbia mal celata gliela fecero trovare improvvisamente—bella.



Bella come quando l'aveva osservata di nascosto, da uno spiraglio.

Bella come quando si era ritrovato a desiderarla come se ne andasse della propria vita nel buio del suo ufficio.

Bella e basta.

Bella come non si dovrebbe trovare nessun essere di genere femminile marchiato 'POTTER'.



«--Hai altro da dire?»

Sbraitò lei.

Probabilmente aveva detto altro-sicuramente aveva detto altro, ma lui non aveva sentito una sola parola.

Scosse la testa lentamente come a volersi scrollare di dosso certi pensieri e ed allo stesso tempo non essere del tutto convinto di trovarsi coi piedi per terra.

Compì qualche passo verso la porta.

Fu a quel punto che notò il grosso e vecchi baule posato sul pavimento.

«Vai da qualche parte?»

«Non sono affari tuoi» gli rispose lei asciutta.

Il biondo fece spallucce-in fondo aveva ragione, in fondo no era affar suo, in fondo lui non ci voleva nemmeno andare in quella topaia-era stata un'idea di Zabini.

Ancora qualche metro, ancora pochi passi.



Ma certo, stava fuggendo da lui.

Ma quanto poteva essere infantile? Quanto?



Ancora qualche metro, ancora pochi passi.

E tutto per uno stupido bacio.



Un bel bacio sì-un bacio, insomma.

Soltanto un bacio--



Scorpius si arrestò con la mano a mezz'aria sopra la maniglia.

«Spero non sia per--»

«NO! Oh, Godric, NO!» rispose Lily indignata.

«Oh-per fortuna»

Una punta di delusione—era delusione quella?--gli intinse la lingua mentre pronunciava quelle parole.

«Come se te ne potesse importare» sputò la rossa, acida, mentre incrociava le braccia e si appoggiava alo stipite della porta che dava sul piccolo soggiorno.



«Me ne importerebbe-se un mio bacio potesse fare così tanti danni» replicò il biondo sulla difensiva.

«Non te ne stavi andando, Malfoy?»

«Hai paura che possa rifarlo, Potter?»



Lily alzò gli occhi al cielo, a quel punto.

Scorpius lasciò che le labbra gli venissero attraversate da un vago sorriso, a quel punto.



Lily penso che era rimasto un bambino, lo stesso dai tempi di Hogwarts-dava a lei della bambina ma era lui che voleva giocare.

Scorpius, mentre si voltava, si riscoprì a pensare che avrebbe dovuto guardarla un po' meglio, ai tempi di Hogwarts.



Lily, mentre Scorpius le si avvicinava, si chiese se stesse per riaccadere davvero, se lui stesse per baciarla di nuovo.

Scorpius, mentre si avvicinava a Lily si chiese che cosa avrebbe fatto una volta arrivato laddove lei si trovava.



Lily non si mosse, Scorpius neppure.



Il giorno e la notte, il ghiaccio e il magma di un vulcano, il bianco ed il nero.

Lily e Scorpius.

Occhi nocciola in occhi di piombo.



«Forse dovrei andare» soffiò lui, incapace di distogliere lo sguardo.

Appena pochi centimetri da lei ed il suo profumo alla fragola ad intossicarlo completamente.

«Devi» sussurrò lei sentendosi lo stomaco stringere.



Dov'era finito tutto l'odio?

E la rabbia?

Lui le aveva dato della bambina, era venuto in casa sua e l'aveva insultata.



Lily spostò la direzione dei propri occhi sulla porta prima di voltarsi con le mani che tremavano ed il respiro inspiegabilmente mozzato.



«Ciao Malfoy»



Lui lo fece.





CIAO IO SONO QUELLA CHE SCRIVE.

Ciao, ciao.

Sono tornata, hei.

Non sono morta.

Anyway-mi è deceduto il modem per circa una settimana ed ho avuto tempo di fare tante cose—tra cui guardare la tv, litigare con mia mamma per il telecomando in sala, cucinare, infilare fili negli aghi, STUDIARE—Sì, contenete lo shock—e scrivere.

Spero che il capitolo vi piaccia.

Che non sia troppo scontato o quant'altro.

FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE.



VI VOGLIO PENE.

Anto.







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Capitolo 8
*** 7-Head over Heels ***


Riassunto del capitolo precedente: Lucilla e Lucas stanno cercando indizi che possano scagionare Lucas ed al momento risiedono in una stanza alla Stamberga Strillante. La situazione tra Lily e Scorpius si fa tesa e fra loro si erge una specie di muro che pare insormontabile. Jackson Zabini ha dimenticato le chiavi dell'appartamento che condivide con Malfoy e, per recuperarle, si reca agli uffici dove lavora quest'ultimo. Qui incontra Lily ma lei finge di non vederlo.


Capitolo 7


Head over Heels


Se c'era una cosa che tutti invidiavano a Rose Marie Weasley-ovviamente dopo la sua intelligenza-era quella sua capacità straordinaria di rimettere insieme i cocci degli altri con una calma ed una compostezza da farla sembrare molto più che umana.

Certo, come tutti aveva anche lei qualche attimo di panico, ma in un modo completamente diverso rispetto a quelli che avrebbe potuto avere chicchessia.

La verità, però, era che Rose era brava a tenere sotto controllo le emozioni, tutto qui.

Era brava a celare il nervosismo, il malumore e tutte quelle cattive sensazioni che normalmente rovinano le giornate alle persone. Insomma, non è che lei non provasse certe cose, semplicemente permetteva che la gente lo pensasse e si nascondeva dietro quegli occhiali spessi e quei sorrisi gentili senza mai battere ciglio.

Senza mai perdere il controllo.

«Credi-credi torneranno?» Lily, i capelli vermigli raccolti in una treccia scompigliata che le ricadeva sulla spalla destra, aprì gli occhi nocciola sulla carta da parati verde pisello della camera da letto della cugina e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che la sopracitata ragazza se ne stava nella sua stessa stanza a sfogliare il giornale del mattino, come faceva ogni giorno.

Rose non rispose immediatamente, si alzò dalla sedia su cui era seduta e porse a Lily una grossa tazza di caffè ormai tiepido.

«Non lo so» la Weasley si morse il labbro inferiore inforcando meglio gli occhiali e prendendo a fissare un punto immaginario di fronte a sé «Immagino che se ne siano andati per una ragione, immagino abbiano un obiettivo» si voltò cauta verso Lily che, nel frattempo, aveva preso a sorseggiare il liquido caldo con un'espressione a metà tra lo sconforto e la rassegnazione dipinta sui lineamenti diafani del viso.

«Io credo che torneranno quando avranno raggiunto lo scopo per cui se ne sono andati. Lucilla-Lucilla avrà sicuramente un piano! Non è così avventata, non più almeno» la Weasley sorrise alla cugina sperando di farle tornare un pizzico di buon'umore nel rievocare i tempi passati.

Lily, per tutta risposta, piegò appena l'angolo della bocca verso l'alto, giusto per non scoraggiare i tentativi di Rose. «Più che avventata Lucilla era un vero e proprio uragano. Un danno ambulante. Un bolide vagante dotato di gambe e bocca!» Rose scoppiò a ridere alle parole di Lily e l'ilarità, alla fine, coinvolse entrambe.

«E' stato quando Lucas se n'è andato che ha messo la testa a posto..» aggiunse Lily, a mezza voce, più a sé che alla stessa Rose, alzandosi per poggiare la tazza sul comodino.

Dopodiché uscì dalla stanza per farsi la doccia e Rose rimase da sola, con la schiena appoggiata alla testata del letto, a pensare che era vero: Lily aveva ragione.

Lucilla era sempre stata una scapestrata ed un pessimo elemento, una studentessa da punizione fissa- poi Lucas se n'era andato ed i suoi voti erano diventati eccellenti, la sua indole più pacata e la sua condotta invidiabile a chiunque. Sospirò appena mentre si tirava su anche lei pronta ad accingersi a rassettare il letto.

Sospirò perchè Lucilla, un po', le mancava.

Sospirò perchè un po' era preoccupata.

Sospirò perchè era arrabbiata, arrabbiatissima, ed odiava Lucas per una lunga serie di ragioni di cui nessuno era a conoscenza, neppure Lily, alla quale raccontava praticamente ogni cosa da che aveva solo cinque anni.


Inforcò, ancora una volta, gli occhiali troppo larghi cominciando a tirare su lenzuola e piumone. Il volto impassibile, l'espressione di sempre.

***

«POTTER!»

L'urlo-perchè sì, era stato proprio un urlo-che aveva invocato il suo nome non appena ebbe superato la spessa porta a vetri girevoli d'ingresso agli uffici la fece letteralmente trasalire.

Jackson Zabini la raggiunse in due falcate per poi picchiarle gioiosamente una mano contro la spalla. Così, come fossero vecchi amici.

Lily, per tutta risposta, sbarrò ulteriormente gli occhi scuri senza proferire parola.

«Sai» continuò quello, grattandosi la testa «non ho ben capito per quale ragione ieri tu ti sia comportata—beh, ecco- in quel modo strano, sì! Tuttavia, sono proprio contento di incontrare una vecchia compagna di scuola dopo tanto tempo!» Le rifilò uno strano sorriso sghembo mentre la rossa ancora non accennava a dire 'a'.

Cosa diavolo avrebbe potuto dirgli, in fondo?

Zabini si guardò intorno cercando di decidere rapidamente se alzare i tacchi o continuare quel teatrino raccapricciante-fortunatamente Lily Potter aprì bocca, finalmente!

«Ciao» sillabò, cauta.

Jackson sorrise a trentadue denti. «Oh, ma allora non sei muta!--sì d'accordo, pessima battuta»

Lily non disse nulla limitandosi ad annuire appena, un po' intimorita.

«Mi chiedevo se non ti andasse un caffè.. magari nella pausa, o dopo il lavoro-insomma, quando puoi» di fronte allo sguardo interrogativo di Lily si affrettò ad aggiungere «Non ci siamo mai conosciuti come si deve, io e te, ad Hogwarts. Ormai siamo cresciuti, per Merlino-giusto? E la vita, in questa città, è mortalmente noiosa-insomma, che male c'è?»

Lily lo guardò in tralice per poi scostarsi la mano del moro dalla spalla-a cui si era praticamente incollata-e prendere a camminare verso il proprio ufficio a passi lunghi e ben distesi. Tuttavia, Zabini, di taciti 'no' nella vita non ne aveva mai ricevuti perchè la rincorse costringendola a fermarsi. «Oh dai, Potter, devi solo dire sì!» Lily lasciò svettare un sopracciglio rosso verso l'alto nell'osservare il ragazzo.

L'uomo, sì. L'uomo.

In fondo non si vedevano da anni, poteva essere cambiato radicalmente nel corso di quel tempo.

Alla fin fine anche lei era cambiata.

E poi-poi-aveva un bisogno disperato di distrarsi in quel periodo..

Lucilla.

Lucas.

Scosse appena il capo per scacciare i soliti pensieri che riaffioravano.

«Dopo il lavoro» aveva risposto senza rendersene conto e senza voltarsi. «Alle cinque e mezza,c'è un bar appena oltre la strada»

Zabini sorrise soddisfatto.

Lily superò la porta del corridoio e raggiunse la propria postazione di lavoro. Sorrise, quando Tristana le diede il buongiorno come ogni mattino. Sorrise ma non rispose perchè fu in quel momento che realizzò che, per quanto ci si potesse sforzare, il peso che aveva sullo stomaco non se ne sarebbe andato facilmente, non se se ne fosse stata con le mani in mano.


***


Che Rose era intelligente, sua madre, lo aveva capito quando all'età di quattro anni, nel ripulire la soffitta le era ricapitato per le mani un gioco babbano a forma di cubo, un cubo di Rubik, per la precisione, ed avendolo trovato completamente inutile lo aveva lasciato a Rosie perchè ci giocasse. Lei lo aveva risolto. Perfettamente: tutte e sei le facce erano di un diverso colore.

Hermione ne era stata talmente orgogliosa che aveva conservato quell'oggetto per anni e quando la figlia era partita per Hogwarts glielo aveva ceduto raccomandandole di usarlo come porta-fortuna e come memo di quanto fosse speciale. Da quel momento in poi, lei, lo aveva avuto sempre con sè. Quando si trovava a dover riflettere o ragionare o studiare si faceva kilometri e kilometri di passi rigirandosi quel vecchio cubo di plastica tra le mani fino a che non giungeva al risultato voluto e, normalmente, lei giungeva sempre al risultato voluto.

«Pensa come la Bennet, pensa come la Bennet» da un'ora a quella parte aveva preso a piovere ed il lento ticchettare della pioggia contro i vetri delle finestre le stava letteralmente dando il tormento: non riusciva a pensare.

Poggiò il cubo di Rubik sul tavolo di legno del suo salottino prendendosi la testa tra le mani, sforzandosi di concentrarsi.

«La Gringott» sillabò lentamente, ricordando l'articolo riguardo il delitto di cui Lucas era accusato. Gli avevano dedicato appena un trafiletto, un trafiletto e mezzo, sulla Gazzetta del Profeta. Come se non dovesse attirare l'attenzione, come se urlare la notizia avesse potuto incrinare qualcosa impedendo agli Auror di poter risolvere il caso. Scosse la testa nel momento in cui le passò di mente il momento in cui aveva letto il nome di Lucilla. 'Lucilla Arya Bennet, Auror scomparsa, probabilmente complice del fuggiasco'

«Se io dovessi cominciare da lì..» Rose affondò le unghie mangiucchiate nei palmi poi un'idea la colpì come un fulmine.

Non doveva pensare come Lucilla, come aveva potuto essere tanto stupida?

Erano Lucilla e Lucas.

Lucilla con Lucas non era la Lucilla Auror, meditativa e dal sangue di ghiaccio, ma la vecchia Lucilla e la vecchia Lucilla commetteva degli errori.

Commetteva un sacco di errori.

Rose Marie Weasley sorrise vergognandosi immediatamente di essere stata contenta della propria deduzione ma ciò non le impedì di raccogliere svelta la propria borsa ed uscire di casa talmente di corsa da scordarsi di chiudere la porta a chiave.


***


Quando Lily prese posto nel piccolo ma accogliente pub babbano si rese conto solo un paio di minuti dopo-durante i quali aveva già sfogliato ben tre volte l'intero menù-che quello era lo stesso tavolino sotto il quale si era nascosta quando ci aveva incrociato Malfoy. Sorrise involontariamente ripensando a quel momento, vuoi per il ricordo della pessima figura vuoi per la situazione in sè, e scosse la testa ritornando lentamente seria. Di Jackson Zabini neppure l'ombra.

Ed erano le cinque e quaranta.

Magari se n'era dimenticato.

Magari il suo era stato solo uno stupido scherzo architettato con quel cretino del suo-UGH-capo.

Lily dilatò appena le narici al pensiero ma non si scompose troppo decidendo che sarebbe stato decisamente immaturo fare una cosa del genere ed, in tal caso, neppure se la meritava una sua reazione. Ordinò un martini con oliva e fu proprio mentre la cameriera, una ragazza un po' troppo tarchiata per sfilare tranquillamente tra un tavolo e l'altro, glielo poggiava di malagrazia innanzi che il ragazzo di colore fece il suo ingresso, accaldato e di corsa, all'interno del locale. La rossa alzò appena gli occhi ripromettendosi di non insultarlo e non fare scenate, si sarebbe comportata da adulta..

O almeno avrebbe fatto un tentativo.

Uno piccolo.

«Salazar, Potter, mi dispiace da morire per il ritardo ma è stato davvero un pomeriggio da dimenticare, questo!» prese posto di fronte a Lily senza degnarla di uno sguardo fino a che non ebbe ordinato anche lui, un drink uguale a quello della rossa, dopodichè, passandosi una mano tra i capelli corti, cercò lo sguardo di lei che gli scoccò di rimando un'occhiata piuttosto apatica.

«Scusa» ripetè più dolcemente. «Un cane mi ha strappato i pantaloni e sono dovuto andare a casa a cambiarmi. Il problema è che ieri sera Malfoy era schizzato, abbiamo litigato, e per dispetto mi ha chiuso tutto in cassaforte quindi sono dovuto uscire a comprarmene un paio nuovi e.. Salazar, i negozi babbani non fanno proprio per me!»

La rossa ascoltò il discorso parola per parola lasciando svettare leggermente un sopracciglio vermiglio verso l'alto prima di scoppiare a ridere. «Giornata intensa, insomma!» Zabini sorrise, felice di aver smorzato di un pelo la tensione dovuta al suo ritardo. «Intensa direi che è un eufemismo!» abbozzò una smorfia mentre afferrava il proprio bicchiere e se lo portava alla bocca. «Pensavo dovessimo bere un caffè!» azzardò ridendo, realizzando solo in quel momento ciò che aveva tra le mani. Lily si strinse nelle spalle simulando un'espressione leggermente colpevole «avevo bisogno di qualcosa di un po' più forte, oggi» «giornata pesante anche la tua, Potter?» Lily a quel punto sospirò. Avrebbe tanto voluto chiacchierare, buttare fuori tutto, svuotarsi come un fiume in piena di tutto ciò che aveva dentro e che non aveva confidato ad altri che a Rose. Guardò Zabini da sopra il bordo del calice di Martini riflettendo su quanto praticamente non lo conoscesse. Amico di Malfoy da una vita, se l'era ritrovato davanti milioni di volte durante la scuola. Lo aveva visto ridere di lei, di loro, una volta li aveva per sino separati durante una lite alla babbana nel corridoio del quarto piano! Eppure-eppure non ci aveva mai davvero parlato.

Eppure non aveva idea di chi fosse.

Appoggiando il bicchiere ancora mezzo pieno sul tavolino si riscoprì a ritrovarlo quasi accettabile con quell'espressione amichevole e lo scadente Martini di un pub davanti al naso.

«Pessima settimana!» la rossa aricciò il naso «quindi vivi con Malfoy» cambiò alla svelta argomento. Zabini alzò gli occhi al cielo. «Che Salazar me la scampi, sì! Ma penso che mi ricovereranno al reparto psichiatrio del San Mungo anche troppo presto, se le cose continuano così» Lily scoppiò a ridere di gusto a quel punto ed il moro, piacevolmente sorpreso della cosa, rincarò la dose «è come una specie di donnicciola matta ed isterica, puoi dir giuro! Pensa che ieri si è incavolato a morte con me perchè ho ordinato indiano-avendo scoperto di recente quei servizi babbani che ti portano da mangiare a casa-e, a suo dire, gli avrei riempito la casa di quell'odoraccio orientale» Lily praticamente lacrimava e Jackson la seguì a ruota soddisfatto di sé.

«Già me lo immagino: Merlino, le mie tende importate dagli Stati Uniti ora odorano di Pollo al Curry!» lo simmiottò, simulando un fare a metà tra l'aristocratico e l'indignato.

«Jackson! Porco Godric, non avrai intenzione di lavarti le mani da tutto quell'unto nel mio bagno, per poi asciugartele sui miei asciugamani bianchi, vero? VERO?» continuò Zabini, gesticolando animatamente-tanto animatamente che per poco non urtò la cameriera che proprio in quel momento stava portando un menù al tavolo alle loro spalle.

«Felice di migliorarvi la serata»

Lily si stava ancora asciugando gli occhi col dorso della mano quando una voce anche troppo nota la raggiunse alle spalle. Zabini si morse il labbro inferiore con un'espressione da 'ti giuro che non l'avevo visto' dipinta sul viso, prima di affrettarsi ad alzarsi per battere amichevolmente una mano sulla spalla di Malfoy. «Amico! Anche tu qui!» «Già» rispose il biondo, glaciale. Lily si prese la testa fra le mani ma il moro, più abituato agli atteggiamenti alla Malfoy, non si lasciò intimidire. «Su, dai, Scorpius,unisciti a noi!»

In quel momento il sangue di Lily si gelò letteralmente nelle vene. «Oh, ehm-io dovrei and--» arrancò, ma Jackson non le permise nemmeno di finire la frase poiché rubò scaltro una sedia da un tavolino vuoto ed invitò Scorpius ad accomodarsi per poi rimettersi a sedere anche lui.

«Non vorrei disturbare» sputò il biondo, acido. «Ma non disturbi affatto! Vero, Lily?» Jackson sorrise alla ragazza che per tutta risposta sollevò gli occhi al cielo. «No, Malfoy, unisciti a noi, te ne prego!» rivolse a Scorpius un sorriso finto che più finto non si può indicandogli la sedia libera con la mano. «Se insisti così tanto!» rispose il biondo con lo stesso sarcasmo che aveva usato la rossa nei suoi confronti.

«Non ricordavo voi due foste amici» continuò melenso «devo sicuramente essermi perso qualcosa» rivolse a Zabini uno sguardo a metà tra l'interrogativo ed il piccato che fece letteralmente trasalire il ragazzo di colore. Jackson finì l'intero contenuto del proprio bicchiere nel giro di un secondo, prima di rispondere. «Oh, dai, Scorps! Lasciamocele alle spalle quelle sciocchezze da Hogwarts. Siamo adulti, siamo persone dotate di senno..» sollevò il braccio facendo cenno alla cameriera di portare altri due bicchieri dello stesso drink. «Devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa da te, Zabini! Non ti conoscevo proprio» lo aiutò Lily che in cambio ricevette un sorriso gentile dal moro. Scorpius non aveva cambiato la propria espressione di un millimetro, limitandosi ad osservarli con gli occhi grigi fattosi di un colore insolitamente plumbeo. «Quindi ora uscite insieme?» chiese, astioso, mentre agguantava il proprio calice direttamente dal vassoio della cameriera.

Lily scoppiò in una risata e Zabini sorrise beffardo. «Non rovinarmi la piazza, amico. Ci sto lavorando!» fece l'occhiolino a Lily, la quale prese a ridere ancora più forte. Scorpius arricciò le labbra in un'espressione che Lily avrebbe definito 'disgustata', dopodichè cadde nel silenzio. Un silenzio così poco da Malfoy che fece domandare alla rossa se il ragazzo stesse bene, se era possibile gli fosse accaduto qualcosa e si sentì, stranamente, preoccupata. Poi, uscendo dal bar, ben più di un'ora dopo, pensò che la cosa sarebbe stata decisamente surreale. Folle. Impossibile.

Sicuramente erano tutti gli eventi che le stavano capitando a farla sentire tanto emotiva.

Sicuramente era così.


***


«Non avrai intenzione di fare voto di silenzio per sempre, vero? Giuro che non dicevo sul serio quando ti ho dato della voce di gallina!» Jackson, a quell'affermazione goliardica, ricevette in cambio uno sguardo carico d'odio da parte dell'amico che comunque non accennò a voler aprire bocca.

Stavano camminando sulla strada verso casa da appena un paio di minuti e già la tensione poteva benissimo essere tagliata con un coltello. «Scorps, non ti sarai offeso per la storia degli asciugamani, vero? Lo sai che si fa così con le ragazze, le si fa ridere, poi..» scoccò al biondo un'occhiata eloquente ma quello non diede affatto cenno di essere divertito dalla cosa, al contrario. «Sai, Zabini, a volte sei talmente fastidioso che ti affatturerei sul posto, senza nemmeno curarmi di non essere visto» si inchiodò sul marciapiede, il volto diafano irrigidito e le labbra sottili ridotte ad un'unica linea sottile.

«Non vedo perchè tu te la debba prendere tanto» il moro si strinse nelle spalle. «A meno che tu non sia geloso!» azzardò, il viso attraversato da puro scherno. Tuttavia, Scorpius, non sembrò prenderla poi tanto sul ridere perchè si voltò nuovamente verso di lui, la bacchetta che urlava letteralmente di essere usata per cruciarlo seduta stante. «Dovresti smetterla di dire cazzate, Zabini. Dovresti davvero smetterla» disse con una tale cattiveria nella voce che Jackson pensò davvero fosse arrivata la sua ora, e per mano del suo amico storico.

Ma mentre riprendeva a camminare, Scorpius, sentì una specie di fitta alla bocca dello stomaco ripensando alle parole dell'amico.

Lui non poteva essere geloso della Potter.

Era assolutamente impossibile.

Scosse la testa, Jackson che finalmente aveva smesso di parlare, un silenzio serale quasi pesante da sopportare.

No, era assolutamente impossibile.


***


Quando Lily salutò Scorpius e Jackson-in realtà solo il secondo dal momento che al primo non rivolse che un cenno nervoso-si rese conto di essere leggermente brilla. Non ubriaca, ovviamente, soltanto un po' su di giri.

Per un attimo era riuscita a dimenticare tutta la brutta situazione che stava diventando la sua vita, per un attimo era riuscita a distrarsi e le era riuscito talmente bene che quasi sentiva la mancanza di Jackson (e di Scorpius). Quando citofonò a casa di Rose, troppo pigra, come suo solito, per scavare nella borsa alla ricerca delle chiavi, non si sorprese troppo della mancata risposta. Forse era stata trattenuta al giornale, oppure era uscita a fare una passeggiata.

La rossa si strinse nelle spalle suonando alla vicina che, fortunatamente, le aprì.

Se il fatto che non avesse risposto al citofono non l'aveva allarmata non si può dire lo stesso di ciò che notò esattamente trenta secondi dopo: la porta di casa.

La porta di casa era aperta.

Lily abbassò cauta la maniglia con il cuore letteralmente in gola.

Rose non lasciava mai la porta aperta!

Si prese la testa tra le mani tentando di calmare il respiro fattosi improvvisamente frettoloso. «Rose?» chiamò titubante.

Poi, senza neppure riflettere veramente su ciò che stava per fare, uscì di nuovo sbattendosi la porta di legno leggero alle spalle.

Non le è successo niente.

Nessuno l'ha rapita.

È solo una precauzione.

La troveranno.

Andrà tutto bene.

Lily sfrecciava sui marciapiedi londinesi con un passo talmente svelto che per poco i piedi non le prendevano fuoco. L'ansia di quei giorni si era fatta improvvisamente ardente, lacrime le rigavano il volto diafano arrossato dal freddo. Era spaventata, era spaventata a morte.

Quasi non si rese conto del momento in cui accedeva al ministero attraverso lo scarico, così come non realizzò davvero neppure l'attimo in cui spalancava la porta dell'ufficio del Salvatore del mondo magico senza neppure bussare.

«Pap--» esordì. Ma la scena che si trovò innanzi la colpì come uno stupeficium ricevuto direttamente nello stomaco.

Rose era lì, Rose era viva-realizzò con estremo sollievo. C'erano anche Lucas e Lucilla, di fronte alla grossa scrivania di Harry Potter. Una serie di Auror a circondarli. I polsi di Lucas e Lucilla avvolti da manette incantate.

Lily sbarrò gli occhi prendendo a guardarsi intorno come se da un momento all'altro potesse giungerle dal cielo la spiegazione a ciò che stava vedendo.

«Lily, tesoro. Credo tu debba uscire di qui» Harry le parlò nervosamente mentre si alzava dalla propria sedia per avvicinarsi alla figlia che non accennava a volersi schiodare di un millimetro dalla posizione in cui era. Lily scosse la testa sottraendosi alla mano che il padre le stava appoggiando contro la spalla. «Che cosa è successo?» chiese, facendo un cenno con la testa nella direzione di Lucilla.

«Me lo chiedo anche io!» sputò lei, Lucilla, stringendo gli occhi chiari nella direzione di Rose Weasley che abbassò lo sguardo prendendo a fissarsi le scarpe. Harry fece un lungo, stanco sospiro prima di voltarsi verso la bionda, il volto attraversato da un'espressione indecifrabile. «Bennet, pensavo avessimo già chiarito riguardo il fatto che è assolutamente necessario che lei faccia silenzio, per non aggravare la sua posizione» l'ex bambino che è sopravvissuto riprese la propria posizione dietro alla scrivania prima di sfregarsi le mani. Lucilla lo guardava con un misto di ansia ed astio, il volto dai lineamenti sottili irrigidito in una posa talmente forzata da farla sembrare un'altra persona. «Lucilla, ti prego» aggiunse Harry con più dolcezza.

Lucilla Bennet lasciò andare l'aria che aveva trattenuto spostando lo sguardo su Lucas il quale, Lily notò solo all'ora, fissava senza tregua un punto immaginario alla propria sinistra.

«Weasley, dovrebbe seguirmi per compilare alcune pergamene» Willemina Robinson aveva fatto il proprio ingresso alle spalle di Lily senza che lei se ne rendesse nemmeno conto, aveva sicuramente bussato ma, ovviamente, la rossa non aveva sentito.

Rose uscì in tutta fretta superando la cugina senza sollevare gli occhi neppure per sbaglio

Un ronzio. Ecco cosa sentiva.

Un ronzio.

Era come se il suo cervello tentasse disperatamente di rimettere insieme i pezzi scomposti di un puzzle impossibile, un puzzle di cui si era persa moltissime tessere per strada, ed un fastidioso rumore di sottofondo le impedisse di pensare per tentare di capire da sola che cosa mancasse nei numerosi spazi lasciati vuoti.

«Se non avete altro da aggiungere..» Harry Potter fece un cenno con la mano ad un Auror corpulento che se n'era stato per tutto il tempo all'angolo della stanza e quello, come se non aspettasse altro, andò a togliere le manette di Lucilla. Fu a quel punto che Lucas si voltò verso la bionda, una tristezza profonda sembrava ferirlo talmente all'interno da non riuscire a traboccare in alcun modo. «No! NO!» Lucilla prese a dimenarsi nel momento in cui un altro Auror-uno coi capelli castani e gli occhi gentili-l'afferrò alle spalle impedendole di muoversi. «NO, non è stato lui! NON E' STATO LUI!» lacrime di rabbia e di dolore cominciarono a scorrerle sul viso mentre, piccola com'era, non demordeva nel dimenarsi tra le braccia forti del ragazzo che la tratteneva.

L'Auror corpulento trascinò Lucas fuori dalla stanza.

Lucilla cadde in ginocchio prendendosi il viso tra le mani.

Lily non riuscì a muoversi neppure in quel momento.

Se prima non poteva ancora dirsi così ormai adesso non c'era più alcun dubbio: il suo mondo era andato definitivamente sottosopra.



Ciao, io sono quella che scrive!


Ciao, ciao, ciao, ciao.

Ancora ciao.

Lo so, sono imperdonabile-ho letteralmente abbandonato Feel Like Falling per un periodo di tempo imbarazzante ma, a farmi da scusante, ho una lunga serie di ragioni sia universitarie che private. Quindi, spero che possiate continuare a seguirmi senza detestarmi-non troppo almeno.

Vi saluto con la promessa che aggiornerò almeno una volta a settimana-massimo dieci giorni.


Vi bacio tutti dalla testa ai piedi.


Anto.

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