Feel like Falling di BlackPoison (/viewuser.php?uid=437158)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 1-In the porcelain there is a crack. ***
Capitolo 3: *** 2-Self Control ***
Capitolo 4: *** 3-The razor's edge ***
Capitolo 5: *** 4-When the Lonely ones roam ***
Capitolo 6: *** 5-The Devil Within ***
Capitolo 7: *** 6-Close Your Eyes ***
Capitolo 8: *** 7-Head over Heels ***
Capitolo 1 *** PROLOGO ***
FEEL LIKE FALLING
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Prologo
La prima cosa che le fece capire che era mattina, quel giorno, fu l'aroma a dir poco nauseabondo del caffè che andava letteralmente a fuoco nella macchinetta babbana di Lucilla. Ancora una volta doveva averla lasciata accesa mettendosi a fare qualcos'altro.
E quel qualcos'altro probabilmente era la doccia dal momento che per non sentire quel puzzo stomachevole bisognava come minimo possedere un naso sul modello di Lord Voldemort se non si stava affogando nel bagnoschiuma.
Lily si schiacciò il cuscino sulla faccia, incapace di alzarsi, cercando a tastoni la bacchetta sul comodino con un braccio allungato a fatica. Sperava di farsi venire in mente, nel limite delle proprie capacità da mezza addormentata, un incantesimo adatto prima di prendere di nuovo sonno.
La trovò alla terza tastata dopo essersi, suo malgrado, dovuta allungare un po' verso l'esterno del letto cosa che la fece lamentare sommessamente.
Si sarebbe dovuta ricordare di metterla in una posizione più facilmente raggiungibile per qualsiasi necessità -tipo la sbadataggine a dir poco mostruosa della sua coinquilina.
La sollevò leggermente in aria col braccio semi formicolante per averlo avuto schiacciato sotto la pancia fino a due minuti prima.
«Feffa--m--ma» mormorò incomprensibilmente con la bocca impastata dal sonno.
«Freffa--Freddafiamma-» ritentò, questa volta con più successo, perchè il sibilo lancinante prodotto da quella stupida moka si arrestò di colpo.
Avrebbe voluto fare qualcosa anche per quell'odore spregevole -che per arrivare fino alla sua camera da letto doveva davvero aver invaso tutto il piccolo appartamento- ma incapace di farsi venire in mente una qualsiasi altra cosa sensata non fece altro che lasciar cadere la bacchetta sul tappeto al lato del letto e premersi ancor più il cuscino contro il viso cercando di riprendere sonno.
Fu a quel punto che qualcosa le venne in mente.
Qualcosa di disastroso, catastrofico, TERRIFICANTE.
«GODRIC!»
Non ci mise che un nanosecondo a scattare seduta ed in preda al panico per guardare l'orologio a forma di boccino dorato appuntato alla parete di fronte a lei.
Le nove.
Erano le nove.
Lily si trovò ritta in piedi senza nemmeno ricordarsi come ci era arrivata a toccare il pavimento.
Era in ritardo, mortalmente in ritardo.
No, no, no, no.
Non proprio oggi, non proprio..
Tirò un calcio arrabbiato alla stupida sveglia a forma di tartaruga marina regalo di sua cugina Dominique maledicendo il suono miserabile che produceva del tutto incapace di tirarla fuori dal sonno.
«Lucilla!LUCILLA!»
Guidata dalla pura scarica di adrenalina che aveva preso a scorrerle in tutto il corpo fino a svegliarla completamente si era vestita come aveva, fortunatamente, premeditato giorni addietro, saltellando nell'infilarsi le scarpe verso il piccolo bagno in fondo al corridoio.
«Porco Merlino, Bennet! Apri, ORA!»
La voce dell'amica le giunse ovattata da dietro la porta prima che lei potesse, finalmente, vedere la maniglia dorata della abbassarsi con tutta la calma di questo mondo. O almeno così le sembrò.
Aperta la porta Lucilla si trovò di fronte una Lily impaziente e totalmente fuori di sè, che nel frattempo, aveva preso a saltellare sul posto indecisa se lanciare un Bombarda o meno per appropriarsi del bagno.
Aveva optato per un rapido no, in ogni caso, dal momento che non aveva nemmeno un secondo per andare a recuperare la propria bacchetta.
«Che c'è?»
Lucilla Bennet se ne stava in piedi di fronte a lei avvolta in un accappatoio grigio troppo grande per il suo corpicino esile con uno sguardo totalmente spaesato e sconvolto.
Lily non si prese nemmeno la briga di risponderle precipitandosi verso il lavandino per lavarsi-si fa per dire- i denti ed afferrare una spazzola con cui cercò inutilmente di districarsi i capelli vermigli nel mentre che si dirigeva verso la porta.
Inutile dire che si precipitò giù per le scale lasciandola completamente aperta.
Lucilla si strinse nelle spalle per poi dirigersi verso quest'ultima mentre si frizionava i capelli bagnati con le maniche stesse del proprio enorme accappatoio. La chiuse con un colpo secco non prima di annusare l'aria contrita ed appuntarsi di ricercare la causa di quella puzza insopportabile.
La ventiduenne Lily Luna Potter si stava dirigendo in fretta e furia verso la fermata dell'autobus che si trovava a ben oltre cento metri dal suo palazzo dove, secondo i suoi piani, si sarebbe dovuta dirigere molto tranquillamente per evitare di scompigliare la propria impeccabile capigliatura.
In quel momento la sua capigliatura era per sino difficile da definire tale piuttosto che massa incongrua quindi il problema nemmeno si poneva. In ogni caso non se la poteva permettere la tanto agognata tranquillità.
Mentre correva come una disperata slogandosi una caviglia ad ogni passo sulle vertiginose decoltè a cui non era abituata maledisse ogni fondatore, mago o folletto le venisse in mente al momento per la sua completa, assoluta, inequivocabile deficienza.
Come, COME diavolo aveva fatto a non sentire la sveglia proprio quel giorno?
Come poteva essere stata così sprovveduta e superficiale??
Una volta giunta alla fermata notò quasi subito la piccola cabina telefonica rosso fuoco che si stagliava contro il grigiore del marciapiede e di tutto ciò che c'era intorno.
Estrasse ancor una volta, frettolosamente, il foglio di carta ormai sgualcito che le era arrivato via gufo espresso un paio di giorni prima dove era spiegato nel dettaglio come accedere agli uffici della MagiLawyers e Co. per il colloquio che avrebbe dovuto tenere con uno di essi per riuscire ad ottenere l'incarico di assistente e dare il via alla sua gavetta.
Lesse rapidamente le poche righe in cui si parlava della moneta allegata da inserire nella cabina telefonica più prossima.
Si raccomanda la puntualità.
Diceva alla fine.
Lily deglutì picchiandosi una mano contro la fronte e maledicendosi, di nuovo, rumorosamente.
L'appuntamento era alle otto e mezza.
La rossa diede una rapida occhiata all'orologio da polso regalo del fratello maggiore per la laurea in magisprudenza di appena tre mesi prima.
Le nove e venti.
Nove.
E venti.
Era in ritarto praticamente di un'ora.
Era l'occasione della sua vita, quella. La MagiLawyer: Il sogno di ogni avvocato magico, il trampolino di lancio per tutti coloro che si erano fatti una carriera con i controfiocchi in quel campo.
Non ci credeva quasi ancora a quando, due settimane prima, le era arrivata la lettera della società in questione in cui le si diceva che, avendo preso in considerazione le sue qualità e le sue referenze, sarebbero stati ben contenti di darle la possibilità di farle avere un colloquio.
E sì che quando aveva mandato la domanda l'aveva fatto quasi per scommessa.
Insomma, era ubriaca, Rose le rompeva le scatole da due mesi e si era proposta addirittura di scrivergliela lei stessa. Non ci aveva mai sperato, l'aveva mandata così, per tentare, dopo aver brutalmente perso a carte con la suddetta cugina dai capelli rosso fuoco.
E loro le avevano risposto solamente tre giorni dopo.
E l'avevano presa in considerazione.
Si sentì stringere lo stomaco mentre inseriva la grossa moneta di ferro nell'apposito spazio: per la sua impuntualità il sogno magico che poteva realizzarsi per lei si stava sgretolando ancor prima di prendere davvero una lontana forma.
Arrivò in un salottino più o meno largo passando attraverso una sorta di varco apertosi nella parete che si chiuse appena un attimo dopo che la rossa fu passata con un sonoro DLIN DLON che annunciava l'arrivo di qualcuno.
C'erano diversi divanetti di pelle chiara e dei bassi tavolini su cui se ne stavano appollaiate le riviste più in voga del mondo magico legale.
Lily avrebbe voluto prenderne una e mettersi a sfogliarla per darsi una calmata..
O meglio, quello era stato il suo piano originario: lei si sarebbe presentata lì con un anticipo fantasmagorico, avrebbe accavallato le proprie gambe diafane e perfettamente depilate facendosi trovare con in mano una di quelle riviste da urlo con tanto di occhiali inforcati.
Invece, sorte volle, che al colloquio più importante della sua vita lei si dovesse presentare senza aver fatto la ceretta, con i capelli scarmigliati e ultima cosa, seppur meno importante, si era pure scordata i propri occhiali a casa.
Se si vuole tralasciare l'inquietante dettaglio del ritardo di ben un'ora, ovviamente.
Si lasciò andare inerme su una delle poltroncine notando, all'ora, per la prima volta che insieme a lei c'erano altre due ragazze più o meno della sua stessa età, impegnate a parlottare fra loro con un tono di voce sorprendentemente basso.
Lily si trovò ancora più a disagio notando quanto apparissero perfette nei loro abiti lindi e nei loro capelli laccati.
Fu a quel punto che una donna di mezza età coi capelli corvini striati di bianco raccolti in una strettissima crocchia che teneva sospesa in aria una cartella verde acido, la notò. Abbassò leggermente gli occhiali a mezzaluna sul naso guardando nella sua direzione.
La rossa, per tutta risposta, si mise ben dritta sulla poltrona.
'Oh, come se potesse servire a qualcosa' pensò, desiderosa di essere inghiottita dal pavimento.
«Lei è Lilian Luna Potter, per caso?»
«Sì!»
Lily balzò in piedi nel giro di un attimo urlando talmente forte che la donna strabuzzò gli occhi nella sua direzione leggermente spaventata mentre le due ragazze sedute accanto a lei s'interruppero improvvisamente alzando gli occhi verso la rossa che, nel più completo disagio, prese a lisciarsi la gonna con entrambe le mani.
«Mi segua»
Disse alla fine la donna, rigida, non levandole gli occhi di dosso neppure per un secondo.
Percorsero insieme un lungo corridoio illuminato fino ad arrivare di fronte ad una porta di legno pregiato dove la donna si arrestò.
Era impossibile confondere quel corridoio: ne aveva visto circa un miliardo di foto.
Quello era il luogo dove stavano tutti gli uffici!
Sì, sì, sì.
Tutti i cattivi pensieri che l'erano balenati nella mente fino ad un secondo prima svanirono in un FLOP.
Non le importava un accidente di essere spettinata, con le occhiaie e del tutto rincoglionita.
Ce l'aveva fatta, avrebbe avuto il suo colloquio.
Si trattenne a fatica dal saltare davvero di gioia limitandosi a stringere le unghie contro i palmi in preda ad un improvviso neonervosismo e a guardarsi intorno:
Fu a quel punto che notò che sulla porta stava affissa una targhetta. Stava per apprestarsi a leggere il nome del magiavvocato per il quale avrebbe avuto il colloquio, in preda all'estasi, quando la donna tossì leggermente distogliendo la sua attenzione da ciò che stava per fare.
«Voglio ricordarle, signorina--Potter» iniziò «che qui teniamo MOLTISSIMO alla puntualità»
Lily la guardava ma non riusciva nemmeno a sentirla. Annuì vigorosamente bramosa di abbassare quella maniglia, avere il suo colloquio e divenire la ragazza più felice della terra.
Tuttavia, la donna, che sembrava una copia ringiovanita della McGrannit, non aveva ancora finito.
«Se non fosse stato chiesto esplicitamente di lei in questo momento non le sarebbe nemmeno concesso l'accesso ai nostri uffici» le lanciò un ultimo sguardo severo per poi dare le spalle alla rossa ed allontanarsi senza aggiungere nemmeno un ciao.
Lily ebbe un attimo di esitazione.
Avevano chiesto di lei?
Scosse la testa chiedendosi se quella donna-che nemmeno si era presentata, fra le altre cose-fosse una di quelle vecchiacce frustrate che si divertivano a mettere la pulce nell'orecchio degli altri raccontando sciocchezze.
Lanciò un'ultima occhiata stralunata al corridoio ormai vuoto per poi voltarsi verso la porta e, dopo un attimo che si concesse per deglutire e districare, per l'ultima volta, la propria chioma leonina con l'aiuto delle dita-tanto ormai ritardo per ritardo-diede due leggeri tocchi di nocche contro di essa producedo un suono non molto forte ma decisamente udibile.
Fu a quel punto che lo notò.
Il nome.
Il nome che portava la targhetta sulla porta.
Gli occhi di Lily si sbarrarono e le si seccò improvvisamente la bocca.
Avrebbe voluto darsela a gambe, tornarsene da dove era venuta, mandare una lettera di protesta alla MagiLawyer insultandoli per quello scherzo davvero di pessimo gusto..
«Avanti»
Lo stomaco le si ribaltò ed attorcigliò su sè stesso come se avesse preso vita propria.
Le veniva da vomitare.
Impossibile.
Impossibile non riconoscere quella voce melliflua ma allo stesso tempo tagliente come una lama ben affilata.
Lily rimase congelata per un minuto buono incapace di compiere qualsiasi movimento.
Ci provava, eh, ci provava davvero. Il problema era che le proprie gambe si rifiutavano in tutti i modi di rispondere ai comandi e-
La maniglia si abbassò morbidamente, a quel punto.
Tutto ciò che la rossa fece, o meglio, riuscì a fare, fu rimanere a guardare la porta che si apriva senza riuscire a muovere un solo singolo muscolo.
«Finalmente!»
Di fronte a lei, Scorpius Malfoy, il suo nemico giurato ad Hogwarts la fissava con un ghigno malefico dipinto sulle labbra sottili.
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Angolo di quella (demente) che scrive.
Okay, non è il massimo in tutti i sensi.
Breve, asciutto come non so cosa, pure un po' deprimente.
Ma è un 'prologo' e sinceramente volevo dare uno spruzzo molto vago su ciò che sarà la storia in sè.
Spero che vi possa piacere comunque almeno un pochinoinoinoinissimo .
Baci, baci.
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Capitolo 2 *** 1-In the porcelain there is a crack. ***
CAPITOLO 1
'In the porcelain there is a crack'
Il primo pensiero in assoluto che la mente di Lily realizzò nel momento in cui Scorpius, sorriso beffardo compreso, prese a squadrarla mentre lei se ne stava impalata e nel disagio più completo nel bel mezzo di quello che scoprì amaramente essere il suo ufficio fu una sorta di scenario suicida in cui c'era lei che, afferrato di slancio il fermacarte estremamente costoso poggiato sulla scrivania dietro cui era seduto il biondo, si conficcavaquest'ultimo senza troppi preamboli nella pancia.
Più volte.
«Lilian Luna Potter» scandì lui, lasciando andare una cartella-molto probabilmente la sua-sulla scrivania con un fruscio per poi accomodarsi sulla propria poltrona con estrema naturalezza.
«Perchè non si siede.. LILIAN?»
Scorpius si umettò il labbro inferiore con la lingua riaprendo non solo la bocca ma l'intero volto in un sorriso strafottente e derisorio.
Proabilmente trovava quella situazione estremamente divertente.
Automaticamente i pensieri di Lily passarono da suicidi ad OMICIDI.
La rossa lasciò andare l'anidride carbonica trattenuta dal naso sentendosi ribollire il sangue nelle vene.
Si vedeva tanto come una di quelle strane cose babbane usate per cucinare che suo nonno Arthur chiama 'pentole a pressione', in quel momento, e si morse a sangue la lingua per evitare di sbottare con qualche parola decisamente troppo poco gentile mentre compiva barcollante i due passi che la separavano dalla sedia che le stava di fronte.
Si trattava di un ufficio piuttosto spoglio, o almeno ciò che Lily notò, prima che la vista le si annebbiasse di rosso ira e perdesse totalmente la concentrazione, fu un arredamento estremamente minimalista: un divanetto di stoffa color crema percorreva il lato destro della stanza non molto più grande di un comune soggiorno, il lato sinistro ospitava un mobile bar piazzato in un angolo con alcune bottiglie di Firewisky di marca ed altri alcolici, all'apparenza, piuttosto costosi disposti ordinatamente su di esso, il pavimento era coperto da un tappeto che richiamava i colori del divanetto e delle due sedie che facevano sfoggio di fronte ad una padroneggiante scrivania di mogano dal marrone molto scuro, lo stesso di alcuni piccoli ricami del tappeto.
Fu su una di quelle sedie che Lily si lasciò andare accavallando le gambe lunghe e sottili per poi prendere a guardare il vuoto cosmico in un angolo indefinito dell'ufficio di-di.. Ancora non ci poteva credere.
Le veniva praticamente da piangere.
Lui, per tutta risposta, continuava a guardarla sornione non perdendosi una sola delle sue mosse come si farebbe con un animale allo zoo.
Un animale raro ed estremamente divertente, per giunta.
Cosa aveva in mente? Torturarla e rimandarla a casa con un calcio nel sedere?
Come aveva potuto essere tanto sprovveduta ed ingenua da pensare che una società di così grande successo come la MagiLawyer potesse anche solo calcolare la sua esistenza?
Lily prese a giocherellare nervosamente con le mani per frenare l'istinto di alzarsi e strozzarlo con quelle stesse.
Malfoy.
Scorpius Hyperion Malfoy.
Portò i propri occhi, color nocciola, stretti in due fessure,ad incastrarsi in quelli grigio perla di lui con aria di sfida.
Non lo vedeva da quanto? Sei anni? Di più.
Aveva passato cinque anni, cinque anni INTERI, di punizioni e richiami di ogni genere con lui o per colpa sua ad Hogwarts.
Cinque anni di battibecchi, di insulti, di zuffe e duelli notturni.
Cinque anni di cibo lanciato in sala comune, sfide nella foresta proibita e piani malefici da parte di entrambi.
Senza contare le trecentomiliardi di strilettere che la madre le aveva fatto collezionare in quel periodo.
Scorpius era stato il suo inferno.
Non lo vedeva da SEI lunghi, lunghissimi anni eppure per lui provava lo stesso lancinante odio e disprezzo.
In quel momento, come non mai, sperò che quello fosse solamente un incubo.
«Allora» cominciò lui, portando l'attenzione ai fogli che aveva lasciato ricadere sulla scrivania meno di due minuti prima.
«Dalle carte leggo che si è laureata con il massimo dei voti» sorrise non abbandonando quell'aria da infame schifoso che alla rossa fece venire voglia di eliminare del tutto con un allegro pugno in faccia.
Lily ne era completamente conscia: lui si stava prendendo spudoratamente gioco di lei.
Deglutì passandosi distrattamente una mano tra i capelli che le si aggrovigliarono senza pietà attorno al dito medio ed all'indice.
Il biondo sollevò lentamente lo sguardo dall'ordinata pila di fogli di carta che gli si parava innanzi per poi osservarla basito per trenta secondi che a Lily, in preda alle convulsioni per liberarsi la mano, sembrarono ore.
Era ormai del tutto paonazza per la vergogna quando riuscì nel proprio intento, Scorpius che la fissava non incrinò nemmeno per un momento la propria posizione impassibile lasciando, però, aleggiare sul volto l'espressione tremendamente divertita di chi sta trattenendo a stento una risata.
Lo odiava.
O.D.I.A.V.A.
Odiava quella sua faccia sfacciata, quel suo ghigno bastardo, quegli occhi grigio chiaro che lasciavano trasparire quella sua indole snob da sono-tutto-io che lo caratterizzava.
Lo aveva sempre odiato e la cosa non sarebbbe mai cambiata neppure dopo anni di silenzio ed assenza.
«Vede..» continuò il biondo passandosi una mano fra i capelli impeccabilie sbarazzini allo stesso tempo. «Ci sono certe regole a cui noi, alla MagiLawyers, sottostiamo senza eccezioni»
Merlino, quanto odiava quella voce.
Puntarsi la bacchetta alla testa o no?
«Uno: la puntualità» Scorpius poggiò meglio la schiena allargando le braccia sulla prorpria scrivania.
Forse poteva prendere a pensare a qualcos'altro, qualcosa che non centrasse con Malfoy.
«Due: la precisione»
Chissà se Lucilla era riuscita a liberare la casa dall'odore in cui l'aveva lasciata prima di uscire.
«Tre: l'immagine»
Doveva assolutamente ricordarsi di chiamare sua cugina Rose per farsi suggerire un incantesimo adatto, in caso contrario.
«Quattro: zero pigrizia»
Dopo averla affatturata per averla messa-involontariamente. Perchè era involontaria la cosa, vero?- in quella situazione, ovvio.
«Cinque: noi vinciamo. Sempre e comunque»
La rossa si riscosse dai propri pensieri giusto in tempo per vedere Malfoy sollevare il mignolo della mano sinistra mentre diceva qualcosa che non aveva neppure sentito.
Non perse tempo a chiedersi cosa, se ne doveva andare, punto.
Puntò, all'ora, speranzosa, una delle finestre dell'ufficio chiedendosi a che piano si trovassero.
«...In una crocchia»
«Eh?»
Scorpius aveva leggermente alzato il tono di voce accortosi, probabilmente, del fatto che la rossa lo stava completamente ignorando. E la tecnica funzionò dato che l'attenzione di Lily fu riportata al suo discorso quasi drasticamente.
«Dicevo che sarebbe opportuno che portassei capelli legati»
Ribadì-come si comprese dal suo tono di voce.
Ma-come... COME si permetteva di darle consigli su come pettinarsi? Ma chi cavolo si credeva di essere?!
Lily Potter si alzò in tutto il suo metro e sessantacinque-più dieci, di tacco- puntando il dito indice contro l'autoritario ragazzo biondo che non si scompose nemmeno un po' nonostante fosse rimasto piuttosto sconvolto dal gesto improvviso.
«Tu, TU!» Sbraitò la rossa incapace di trattenere oltre la rabbia che le infuocava nel petto.
«Come osi? EH?? Non ti sei ancora divertito a sufficienza?!»
Lily spostò rumorosamente la sedia su cui era seduta con un colpo di gamba nell'avvicinarsi alla scrivania di Scorpius il quale ancora non aveva accennato ad alcuna reazione limitandosi ad osservarla come si guarda una bambina estremamente deficiente.
«Speravo fossi cresciuto. ANZI NO. Non speravo proprio un bel niente, mi ero dimenticata della tua maledetta ed inutile esistenza!»
Fu a quel punto che la rossa afferrò i fogli di carta dalla scrivania del biondo come una folle lanciandoglieli tutti in faccia. L'espressione gaia scomparve dal viso di Scorpius sostituita da una decisamente più scocciata.
L'ex-serpeverde si alzò di scatto dalla propria poltrona facendo indietreggiare Lily di un passo per la sorpresa di quel gesto fulmineo sovrastando la sua figura esile completamente.
Era cresciuto o era sempre stato così alto?
«Quando ha finito con questa... scenata può tornare, cortesemente, a sedersi?»
Il viso di Lily diventò, se possibile, ancora più rosso di rabbia diventando un tutt'uno coi suoi capelli.
«Che cazzo mi dai a fare del lei, MALFOY?!» sbottò, sentendosi pulsare una vena del collo furiosamente.
Scorpius si rimise a sedere come se nulla fosse successo lasciando andare un sospiro ed alzando gli occhi al cielo. L'espressione in un misto tra il divertito e lo stufato.
«Non dò del tu ai miei dipendenti» disse riordinando alla buona le carte sparse su tutta la scrivania.
Lily si paralizzò di colpo.
DIPENDENTI?
«Ora può andarsene. Domani alle otto l'aspetto per firmare il contratto»
Rendendosi conto che i fogli erano troppo spiegazzati per poter riassumere la parvenza linda e perfetta che avevano in precedenza Scorpius li lasciò cadere nel cestino sotto alla propria scrivania per poi premere un bottoncino nero che, prima di quel momento, Lily non aveva neppure notato.
«Miss Wirlston mi faccia riavere il fascicolo della signorina Potter ento un'ora. Ho trovato la mia assistente» un ghigno estremamente trattenuto percorse ancora una volta il volto di Scorpius. Gli occhi grigi brillanti di una contentezza quasi infantile.
A-assistente?
«Sì, signor Malfoy. Provvedo immediatamente» la voce asciutta ed atona della signora di prima risuonò da ogni luogo della stanza.
«Mi auguro che questo fosse il suo primo ed ultimo ritardo. Vivamente» Scorpius Malfoy disse queste ultime parole a mo'di congedo di fronte ad una Lily completamente basita-con la mascella che toccava il pavimento, per intenderci-e totalmente incapace di proferire parola.
***
Rose Weasley lasciò andare la gazzetta del profeta sul tavolo di marmo della cucina di casa sua con un brivido di freddo a percorrerle la schiena.
Non ci pensò su che un istante soltanto, un istante davvero,avvero minuscolo, prima di afferrare un pezzo di carta e buttare giù un rapido:
Lily, ho scoperto una cosa, tra un'ora vengo da te?
Rose
No, non aveva granchè senso, tuttavia il tempo non c'era e lei aveva una gran fretta di recapitare il messaggio: casa sua distava da quella della cugina appena qualche chilometro ma era troppo nervosa per titubare ed allo stesso tempo troppo lei per irrompere nella casa della cugina senza il minimo preavviso.
Legò svelta il fogliettino piegato in quattro alla zampa della propria civetta, Lavinia, per lasciarla, poi, andare nel cielo del primo pomeriggio con un nervoso: «Veloce!» praticamente gridato all'aria.
Si mise a sedere prendendosi la testa tra le mani.
Ti prego.
Ti prego.
TI PREGO.
Come poteva essere stata così poco preventiva? Se lo sarebbe dovuto aspettare, sì.
Era colpa sua.
Lei ragionava sempre su tutto, non faceva mai niente senza aver valutato ogni minimo dettaglio, eppure ora aveva spedito la propria cugina preferita dritta, dritta nella tana del leone.
O dell'avvoltoio. Dipendeva dai punti di vista.
Come poteva essere stata tanto sciocca?
Doveva aspettare.
In fondo, poteva sbagliarsi. Poteva capitare che nemmeno se ne accorgesse, che non s'incontrassero mai..
Oh, al diavolo!
Lasciò andare un respiro trattenuto anche troppo prima di afferrare la giacca, la borsa ed uscire di casa senza nemmeno lasciare un biglietto.
«No,no, no!»
«Lily--! LILY!»
Tonfo.
«Qualcuno lassù mi odia. Mi odia!»
Tonfo numero due.
«E come lo risolverebbe il lanciare ogni oggetto della tua camera per aria, di preciso?»
Tonfo numero tre, un tonfo decisamente molto, molto forte.
Urla.
«VA VIAAA!»
Fu all'incirca questo ciò che Rose Mary Weasley, capelli rossi fiammeggianti, occhiali dalla montatura sottile e sguardo preoccupato, sentì non appena fece il suo ingresso nell'appartamento che la cugina condivideva con l'amica Lucilla.
Fece un paio di passi, titubante, percependo nell'aria un'odore acre e nausante a cui fece poco caso impegnata com'era a decidere il da farsi.
«Ti rendi conto? No, dico, TI RENDI CONTO?»
Lily urlava da fare invidia a sua madre nei momenti peggiori. Qualcosa le diceva che l'avrebbe uccisa. Si tappò le orecchie percorrendo ancora qualche passo in modo da essere almeno a portata di orecchie.
Ora o mai più.
«Lily»
Silenzio.
Oh beh, magari si era sbagliata, magari era stata troppo drastica, magari-
«VATTENE IMMEDIATAMENTE DI CASA MIA» Lily,coi capelli scarmigliati, una scarpa sì ed una no e il volto paonazzo-per usare un eufemismo-la fronteggiò a grandi passi arrivando ad appena qualche centimetro dal suo naso prima di arrestarsi.
Gli occhi scuri stretti in due fessure.
Le mani tenute a freno a fatica si preparavano a mollarle due pugni.
Rose deglutì facendo un passo indietro.
«Lil-» azzardò ma fu interrotta dalla cugina urlante ancor prima di poter formulare un vero e proprio pensiero.
«Tu, TU! TU LO SAPEVI!»
Lily, arrabbiata, decisamente, sollevò entrambe le braccia al cielo preparandosi ad afferrare il collo della cugina immobile e spaventata e molto probabilmente ci sarebbe pure riuscita se in quel preciso istante la sua amica non fosse arrivata ad ostacolarla sorprendendola alle spalle.
«Lily, adesso piantala, per Morgana. Sei-sei fuori controllo!»
Lucilla fece a Rose un gesto con gli occhi indicandole il minuscolo salotto che le stava esattamente alle spalle. La rossa non se lo fece 'ripetere' due volte: nel giro di un secondo era già nell'altra stanza, lontana da quella furia.
***
«Ricapitolando» trenta minuti dopo Lily, Rose e Lucilla se ne stavano tranquille, almeno in apparenza, sul divano floreale del salotto. Lucilla si alzò in piedi prendendo a fare avanti e indietro di fronte alle due rosse sfibrate dalla discussione appena avvenuta.
«Tu» sentenziò, indicando Rose Weasley la quale si massaggiava le tempie ancora un po' sotto shock. «Tempo fa avevi addocchiato la notizia in cui si spiegava che Malfoy senior stava cercando di far entrare il figlio nella MagiLawyers e Co.»
«Esatto» rispose la rossa dopo un attimo di esitazione. «La gazzetta del profeta è affiliata a moltissime riviste minori. Mi era passato sotto mano un giornaletto di quelli che leggi tu» alzò le spalle indicando con un cenno della testa la cugina ancora completamente paonazza. «Era un articolo molto negativo: gli davano del raccomandato. E' un'azienda molto importante la MagiLawyers. Onestamente non pensavo..» arrestò di colpo il fiume di parole a cui aveva dato il via notando le narici di Lily allargarsi visibilmente.
«Oh, Lily, non è la fine del mondo!» afferrò le mani della cugina cercando di trasmetterle un po' di positività. Quella, per tutta risposta, si divincolò incrociando le braccia al petto.
«Sì, che lo è» disse seria.
«Puoi considerarla una sfida, in fin dei conti» azzardò Lucilla intervenendo. Si era bloccata nel bel mezzo della stanza, appena oltre il tavolino da tè tutto graffiato che entrambe le ragazze si ostinavano a voler tenere in casa nonostante non facesse che ricevere insulti di ogni genere praticamente da chiunque.
Lily si mise improvvisamente a sedere più diritta irrigidendosi.
Guardò prima la bionda e poi la rossa con gli occhi sbarrati ed uno sguardo infinitamente disgustato dipinto sul viso.
«Non penserete mica che accetterò il lavoro, vero?»
Rose e Lucilla si guardarono per un secondo prima di rispondere all'unisono:
«Sì!»
Lily fece per alzarsi scuotendo vigorosamente la testa.
Erano impazzite, dovevano essere impazzite.
«Lily, è una società importantissima!» insistette Rose non perdendo di vista la cugina che aveva preso a camminare in circolo per la stanza borbottando insulti, fortunatamente, non udibili.
«E poi è solo l'incipit. Farai carriera ed a quel punto: ciao, ciao Malfoy» rincarò Lucilla facendo il gesto del saluto con la mano.
«Voi siete completamente pazze»
Lily si lasciò andare di nuovo sul divano guardando un punto fisso davanti a sè sconvolta.
«Stiamo parlando di Malfoy. Ve lo ricordate, vero? Biondo, superbo, acido e chi più ne ha più ne metta!»
Senza nemmeno notare come, si era ritrovata a stringersi le unghie contro i palmi fino a farsi male.
«Loro hanno voluto te. Non lui» Rose poggiò una mano sulla spalla della cugina formulando il pensiero che aveva appena realizzato cercando di essere il più dolce possibile. «Scorpius Malfoy è diventato socio solo questa mattina»
Lily aprì la bocca in una piccola 'o' prima di tirare un pugno deciso contro il tavolino.
La sfiga.
LA SFIGA.
Era mai possibile che la fortuna non girasse mai dalla sua parte? Nemmeno una, UNA miserabilissima volta.
Si affondò le mani nei capelli piegandosi in avanti.
«Non posso» annunciò scuotendo il capo rivolto verso il basso « non posso fare da assistente a Scorpius Malfoy» borbottò. La voce ovattata dai suoi stessi capelli vermigli.
«Non puoi sapere com'è ora, per quanto ne sai potrebbe essere diventato la persona migliore del mondo» Lucilla sorrise a trentadue denti mentre diceva queste parole.
No, non ci credeva nemmeno lei e l'amica lo sapeva perchè tirò su la testa per lanciarle uno sguardo pieno di odio.
Lily si voltò verso Rose sperando che la cugina potesse farle dono della soluzione delle soluzioni.
Era sempre stato cos, fin da quando erano bambine: Rose era sempre stata in grado di essere per lei una vera fortezza. Posata, razionale, intelligente e matura aveva sempre rappresentato per lei un posto sicuro in cui rifugiarsi. Se c'era un problema Rose era la persona in assoluto più giusta per risolverlo.
Rose si morse il labbro leggermente a disagio.
«Che cosa devo fare?» balbettò Lily sull'orlo del pianto.
Avrebbe tanto desiderato picchiare la testa contro ad un muro in quel momento fino a spaccarsela nel peggiore dei modi ed avere una ragione più plausibile dell'immaturissimo 'C'è Malfoy' per non presentarsi in ufficio il giorno successivo ma non lo fece. Restò, invece, immobile e sconsolata sul divano senza nemmeno riuscire a pensare di poter compiere un'azione qualsiasi.
Rose le accarezzò una spalla cercando di infonderle un po' di coraggio.
«E' un'opportunità irripetibile, Lils. Forse Scorpius è il tuo pedaggio per il successo»
Fu a quel punto che un ticchettio insistende portò l'attenzione delle tre alla finestradel soggiorno.
«Deve essere Lavinia» annunciò distrattamente Rose.
Lily si alzò lentamente andando a scostare le tendine verde pisello scelte dalla madre di Lucilla per il loro appartamento. Un gufo bianco e grigio con gli occhi di chiaccio se ne stava fiero e maestoso con entrambe le zampette poggiate sul davanzale.
«A meno che non abbia fatto un'operazione per cambiare sesso e non si sia tinta il piumaggio -No, direi che questa non è la tua civetta, Rose» disse sarcasticamente mentre apriva un'anta della finestra per lasciar entrare il volatile.
Quello non diede il minimo cenno di voler fare il suo ingresso, però, mostrando, invece, ancora di più la zampetta a cui era legata una busta per mezzo di un filo dorato.
La rossa sbuffò appena mentre slegava la lettera prestando attenzione a non fare male all'animale. Una volta che fu riuscita nel suo intento il gufo bianco se ne volò via sotto lo sguardo di una Lily accigliata e titubante.
Guardò per un attimo di troppo la busta immacolata che stringeva fa le mani.
Lilian Luna Potter.
In una grafia ordinata e spigolosa, non appariva nient'altro che il proprio stesso nome su di essa.
La rossa sentì il nervosismo impadronirsi immediatamente di lei.
CRISTO.
«Chi è?»
Lilian, mi sono scordato di avvertirla riguardo il fatto che qui sarebbe opportuno indossare un abito scuro. Eviti i colori chiari. A domani.
Scorpius Hyperion Malfoy
Lily, trattenendosi dall'urlare, passò il foglio di carta alla cugina che lo lesse lanciandole un'occhiata partecipe.
Certe cose non ti capitano per caso. Ti capitano perchè sei sfigato.
***
Se c'era una cosa che Lucilla Aria Bennet adorava spasmodicamente, fatta eccezione che per il cibo, ovviamente, era bere il tè, preparato alla babbana, nella più completa e sana solitudine, di pomeriggio.
Quel giorno aveva dovuto rinunciare ad una delle sue solite prerogative viste le circostanze straordinarie ed aveva abbandonato Lily e la cugina Rose a chiaccherare nel salotto mentre lei preparava il tè non solo per sè stessa ma per tutte e tre.
Era assodato che il giorno seguente sarebbe stato un completo disastro ma la speranza è sempre l'ultima a morire, no? Non sapeva bene cosa pensare riguardo l'accaduto. La questione era che lei non aveva mai davvero trovato Scorpius Malfoy insopportabile, ai tempi di Hogwarts. Forse un po' altezzoso, forse un po'..Provocatorio, ecco. Ma non così orribile come la sua migliore amica era solita definirlo.
Scosse la testa al pensiero di tutte le sconsideratezze che entrambi avevano commesso fino a che lui non si era diplomato andandosene una volta per tutte, per la gioia di Lily.
Si provocavano a vicenda, decise alla fine mentre si apprestava a rimuovere il bollitore fischiante dal fornello. Si provocavano l'un l'altra, sempre. Un odio reciproco che li aveva resi come vitali lei per lui e lui per lei nell'andare avanti nel corso di cinque lunghi anni.
Un vero e propri rompicapo.
Non sentì la porta suonare, persa nei propri pensieri com'era, non sentì nemmeno Lily che la chiamava. Afferrò tre tazzine di porcellana dalla credenza e fece per poggiarle sul lavello quando qualcosa la sconvolse.
Sulla porta della cucina Lucas Belial le sorrideva stancamente ignorando totalmente la porcellana in frantumi che costellava l'intero pavimento.
___________________________________________________________________________________________________________________________
Quella che scrive:
Oh, insomma, voglio sempre dire troppe cose in troppe poche righe. SIGH.
Fatemi sapere che cosa ne pensate, in ogni caso, ok? Ok.
Besos. |
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Capitolo 3 *** 2-Self Control ***
CAPITOLO 2
'Self Control'
Non è che Lily non
sopportasse gli ordini in sè, insomma, la sua vera e propria
prerogativa era rappresentata da chi fosse a darli per lo più.
Poteva essere Dio in terra ma se
non le piaceva.. AHI.
Beh, sì, era una cosa
importante quella di quel giorno, tuttavia.
'Per quanto umiliante e
terribile'
Sussurrò alla propria
immagine riflessa nello specchio che le inviò di rimando
un'espressione tesa e decisamente ancora molto, molto arrabbiata.
Non si era tirata su i capelli
come Scorpius Malfoy le aveva esplicitamente chiesto prima che lei
desse praticamente di matto nel suo ufficio non proprio perchè
fosse un suo ordine nonostante fosse una delle ragioni principali,
inutile negarlo, bensì perchè asciutta e spigolosa
com'era, con tutta la faccia ricoperta di lentiggini e quegli occhi
enormi, coi capelli legati passava per una dodicenne più che
per una donna all'esordio della propria carriera.
Perchè lei era
all'esordio della propria carriera e questa era l'unica vera ragione
per cui ancora non aveva mandato a fanculo tutto e tutti tornando a
mandare curriculum qua e là.
E sì che c'era quel
negozio babbano di cibo spazzatura.. Com'è che si chiamava?
No, Lily. NO!
Si diede l'ultima spazzolata
feroce cercando di domare quella chioma ribelle sotto le proprie mani
oramai abituate a quel groviglio rossiccio, per poi scrutare per
l'ultima volta il suo abito: un miniabito formale e, sì, nero,
proprio come il suo cap.. Insomma, proprio come le era stato
ricordato tramite missiva la sera prima.
Un'occhiata svelta all'orologio
le disse che erano le sette e venti. Sorrise afferrando la solita
borsa e sbattendosi la porta alle spalle.
Quando Scorpius Hyperion Malfoy
aprì sbadigliando la porta del proprio ufficio ci mise almeno
tre secondi per realizzare di non essere solo.
Per prima cosa notò che
era già aperta.
Un attimo dopo percepì un
profumo strano e troppo dolce per il suo nasino da snob.
Infine la vide, seduta,
esattamente di fronte a lui.
«Buongiorno»
Una Lily impeccabile-certo, se
non si tiene conto degli orribili capelli che madre natura le aveva
appioppato- con tanto di caffè stretto in una mano si alzò
dalla stessa identica sedia su cui era stata seduta a sudare freddo,
caldo e tiepido contemporaneamente il giorno precedente.
«Nero, ho pensato fosse il
più adatto»
Gli porse un bicchiere di carta
che lui afferrò con un attimo d'indugio. Si girò
confuso verso la porta.
Scorpius Malfoy.
Scorpius Malfoy CONFUSO.
Lily dovette mordersi l'interno
della guancia con una certa insistenza per evitare di scoppiargli a
ridere in faccia.
«Me le ha date una ragazza
bionda all'ingresso» si strinse nelle spalle di fronte ad un
Malfoy che, pian piano, riacquisiva la totale padronanza di se e
della situazione e gli porse le chiavi argentate che quella
ragazzina-Maddy?-le aveva ceduto non senza una certa insistenza.
Il biondo si mise a sedere alla
propria scrivania con una calma glaciale per poi alzare lentamente
gli occhi plumbei sulla rossa.
Lily resto leggermente basita da
quella freddezza ma cercò di non andare nel panico. Non
immediatamente almeno.
«Questo-cominciò
rimettendosi in piedi per afferrare un grosso fascicolo da un
armadietto alle sue spalle che Lily il giorno precedente non aveva
notato- è il mio ufficio, signorina Potter. E come tale
si riserva a me il diritto di accedervi per primo ogni mattina»
Malfoy lasciò andare il
fascicolo sulla scrivania un po' troppo bruscamente poichè
quella tremò leggermente nonostante il legno decisamente
massiccio prima che lui si rimettesse a sedere trascinando
aggraziatamente la sedia in avanti.
«Non si affanni a fare ciò
che non le viene richiesto. Dovrà dimostrare chi è,
certo, ma in questo momento l'unica definizione che mi salta in mente
al riguardo è LECCAPIEDI»
Il biondo sputò la parola
'leccapiedi' guardando Lily dritta, dritta negli occhi. La rossa, a
quel punto, ebbe un fremito.
Uccidere o non uccidere?
Strinse i pugni lungo i fianchi
impedendosi di reagire e ricordando a sè stessa le parole della
cugina Rose la sera prima.
Questo era il suo scotto da
pagare.
Il suo trampolino di lancio per
diventare qualcuno.
Se il prezzo era avere a che
fare con Scorpius Maledettamentemontato Malfoy, allora ok,
avrebbe pagato.
Nulla le avrebbe impedito di
arrivare dove avesse voluto.
Le so irrigidì la
mascella mentre annuiva decisa evitando accuratamente di abbassare lo
sguardo.
Fu in quel momento che sentì
un lieve bussare alla porta alle sue spalle.
«Signorina Potter, mi
segua»
La signora di mezza età
del giorno precedente, la Wirlston o come cavolo si chiamava, le
intimò di seguirla con un cenno della mano, asciutta. Lily,
dapprima titubante, ancora raggelata com'era, mosse un passo incerto
a metà tra Malfoy e la donna. Scorpius le fece un cenno col
capo come a darle il permesso di seguirla.
Si stava rivelando decisamente,
decisamente più snervante del previsto.
La rossa si avvicinò, a
quel punto, decisa verso la donna che l'attendeva alla porta evitando
accuratamente di voltarsi.
«Ah, mi piace zuccherato e
macchiato, tanto per la cronaca»
Forse le sue prospettive già
decisamente orride si sarebbero rivelate rosee a confronto con ciò
che l'aspettava.
***
Lucilla si rigirò nel
letto, di nuovo. Non riusciva ad alzarsi, non ci riusciva
proprio. Si sentiva trapanare la schiena dalla consapevolezza di ciò
che si trovava oltre il muro alle sue spalle.
Non aveva chiuso occhio tutta la
notte, non era riuscita nemmeno a respirare tutta la notte.
«Ciao»
Le aveva detto lui appena
l'aveva vista del tutto sconvolta di fronte alle sue tazzine di
porcellana preferite frantumate al suolo.
CIAO.
Qualche strana forza le aveva
impedito di estrarre la propria bacchetta per schiantare seduta
stante il ragazzo sulla soglia della loro piccola cuina arancione. A
dire il vero quella strana forza le aveva impedito di compiere
qualsiasi tipo di azione sensata.
Si rigirò arrabbiata nel
letto un'ultima volta prima di decidersi ad alzarsi lanciando
un'occhiata al comodino alla ricerca dell'orologio che scoprì
nascondersi sotto una pila di riviste nell'angolo.
Le otto.
Aveva ancora due ore intere
prima di uscire di casa per recarsi ad uno dei suoi ultimi giorni di
gavetta come Auror. Sospirò pesantemente mentre addocchiava la
propria ricordella, come di consueto, rossa.
Qualcuno doveva abolire una
volta per tutte quegli oggetti del demonio: erano una vera e propria
tortura, insomma.
Che stramaledetto senso ha
ricordare ad una persona che ha scordato qualcosa senza dire che
cosa?
La afferrò con un po'
troppa irruenza per poi cacciarla di forza verso il fondo del proprio
cassetto dei calzini.
Quando arrivò alla porta
della sua camera qualcosa le impedì di aprirla
istantaneamente, qualcosa di forte, radicale, qualcosa che la
tormentava davvero nel profondo: che cosa avrebbe dovuto fare,
ora?
Era come sentirlo respirare
attraverso quelle pareti di cartapesta, era come averlo incollato
alla pelle, lì, ad un millimetro.
Cacciò giù il
magone maledicendo la propria deficienza per poi abbassare la
maniglia.
«Salazar»
Mormorò a mezza voce
inciampando in una presa di corrente che percorreva il corridoio.Non
rovinò davvero a terra ma poco ci mancava.
Non che non fosse abituata ad
inciampare in ogni dove ma quel filo da dove diavolo usciva?
Contrita e confusa gettò
un'occhiataccia verso il soggiorno dove Lucas Belial sedeva a gambe
incrociate e senza maglietta tenendo poggiato sulle gambe uno di quei
cosi babbani che la gente usa per 'cercare le cose che non trova'
o almeno questa era la definizione sbrigativa che le era stata data da Rose
Wesley quando una sera lei si ostinava a domandarle perchè
possedesse robaccia da non-maghi.
Conuter, confuter.. Comuter?
«Sempre la solita sbadata,
Lux»
Un Lucas con capelli arruffati e
faccia da sonno per eccellenza sbadigliò mentre la guardava
rimettersi diritta lentamente.
Non rispose.
Non rispose nonostante lui
l'avesse appellata con quel nomignolo assurdo ed infantile che gli
aveva abbonato solo fino a che non aveva compiuto otto anni per poi
tentare di cruciarlo con o senza bacchetta tutte le infnite volte
successive.
Lucas dovette rendersi conto
della stranezza della situazione poichè chiuse il proprio
portatile con uno scatto per poi alzarsi in piedi passandosi le mani
tra i capelli castani-'sbiaditi dal sole?' si sorprese a chiedersi
lei- nel più completo disagio.
Lucilla non lo degnò di
uno sguardo recandosi diretta verso la cucina, verso la sua moka,
verso il caffè che le sarebbe assolutamente servito per non
morire in mezzo alla strada in quel giorno assolutamente privo di
senso logico.
Lui abbassò gli occhi sul
pavimento prima di compiere un paio di passi nella sua direzione.
«Aspetta»
Si arrestò come a
congelarsi.
Qualcosa in lei s'incrinò
pericolosamente tanto che credette che si sarebbe messa a piangere da
un momento all'altro. Non lo fece, tuttavia, nè accennò
a dire una parola. Se ne stava lì, in attesa.
«M-mi dispiace. Tanto»
Si stava avvicinando, poteva
sentirlo. Passi leggeri, lenti.
Lucilla Bennet estrasse la
propria bacchetta.
***
«Qualsiasi cosa accada,
qualsiasi cosa possa succedere... Promettimi, giurami che ti fiderai
di me»
Lucas Belial-diciassette
anni, serpeverde, anzi, quasi ex-se ne stava appollaiato sul
davanzale della propria finestra con Lucilla Bennet-quindici anni,
anche lei serpeverde e reduce da G.U.F.O. a dire poco sfibranti-
stravaccata sul letto alla sua destra. Era avvolta in una maglietta
delle Holyhead Harpies rubata, molto probabilmente, a qualche amica
dal momento che ci sarebbe potuta entrare circa altre due volte.
L'unica cosa che pensò su di lei quando si alzò facendo
andare a terra un sacco di fotografie dell'album che stava
sfogliando-per non dire tutte-fu a quanto fosse buffa, a quanto lo
fosse sempre stata, a quanto trovasse adorabile il suo essere così
distratta, sempre sulle nuvole.
Sorrise nella sua divisa
verde-argento andando a raccogliere tutte le immagini rettangolari in
movimento che costellavano il pavimento di pietra tipico dei dormitori
serpeverde.
«Promettilo»
ripetè il moro, serio, mentre sollevava l'ultima foto per
porgerla all'amica.
Le afferrò uno dei
polsi sottili in una mano, a quel punto.
Lucilla lo guardò
leggermente stranita e con lo sguardo infastidito da tutta
quell'urgenza.
Che andava blaterando?
«Che succede, Lucas?»
Rispose la bionda cercando di
svincolare il proprio braccio dalla presa del ragazzo che non
accennava a volerla liberare.
«C'è qualcosa
che non va?»
L'espressione di Lucilla si
fece improvvisamente grave. Lasciò andare distrattamente il
grosso album dalla copertina viola mirando il letto ma il lancio fu
malcalcolato dal momento che quello cadde a terra in un tonfo per la
seconda volta facendo cadere di nuovo tutte le fotografie.
«Luc..»
Gli occhi di Lucas
attraversati da un'ombra scura si fecero improvvisamente pesanti su
di lei tanto che Lucilla tentò nuovamente di liberarsi dalla
trappola di entrambe le sue mani che ora la prendevano per
avvicinarla a sè.
L'abbracciò.
La bionda ricambiò
l'abbraccio senza troppi preamboli: era il suo migliore amico e
sembrava—Sconvolto?
Si scoprì spaventata
per lui, angosciata, preoccupata.
Stava per aprire la bocca a
chiedergli per l'ennesima volta che cosa gli stesse succedendo quando
lui, senza alcun preavviso posò le proprie labbra sulle sue dopo averle afferrato in unico gesto fluido il mento tra il pollice e l'indice.
Fu un bacio breve, un bacio
leggero.
Non durò che un attimo
ma sembrò durare minuti interi.
Lucilla aveva abbassato le
palpebre sugli occhi chiari senza nemmeno rendersene conto e quando
li riaprì Lucas Belial stava uscendo dalla stanza sbattendo la
porta.
Quella fu l'ultima volta in
assoluto che lo vide. Sei anni prima.
***
Il passo della signora Wirlston
la metteva seriamente a disagio. Come diavolo poteva una donna di
cinquant'anni belli che superati avere una falcata così ampia?
Aveva praticamente il fiatone
quando si arrestarono. Avevano raggiunto un grosso stanzone luminoso in cui se ne stavano
disposte ordinatamente una serie di scrivanie di legno. Lily si
guardò attorno: Le scrivanie erano tutte perfettamente
attaccate l'una all'altra e si mantenevano separate attraverso dei
separet di vetro che assomigliavano tanto a delle piccole finestre.
L'ambiente era impeccabile, lindo, sembrava che mai un solo granello
di polvere avesse sfiorato quel luogo immacolato e molto
probabilmente era pure vero visto e considerato che l'intera stanza
era disseminata da piccole scopette pulitrici che, sotto incantesimo, lavoravano
incessanti.
La Wirlston non si arrestò
che un secondo sulla soglia prima di procedere svelta-strano,
eh?-verso una scrivania libera accanto ad una ragazza grassottella
con dei bei capelli castani che stava parlando attraverso una pietra
magica.
Si girò appena per
chiedere alla donna che cosa dovesse fare ma lei era già
svanita in un PLOP.
Lily si mise a sedere
leggermente spaesata e con mille domande nella testa.
Tanto per cominciare la sua
scrivania era completamente vuota. Su di essa non c'era nemmeno una
piuma d'oca, nulla. La studiò un attimo cercando di far notare
il meno possibile la propria inesperienza e, dopo qualche secondo, individuò un minuscolo
bottoncino scuro molto simile a quello che Malfoy aveva usato per
chiamare la Wirlston.
Senza pensarci neppure un
secondo lo premette.
Ah, idiota, lily, IDIOTA.
Per almeno trenta secondi di puro sudore freddo lungo la schiena non
accadde un bel nulla e nel frattempo la rossa aveva ripreso a
scrutare la scrivania alla ricerca di qualcosa invano quando,
inaspettatamente, un cassettino che non aveva notato prese a vibrare.
Al suo interno vi era una specie di piccolo sassolino con un
cerchietto che aveva proprio l'aria di essere uno di quegli
auricolari che i babbani usano per dialogare coi loro telefonini.
«Potter»
La voce sepolcrale di Scorpius
Malfoy le colpì l'orecchio come uno schiaffo tanto che lei fu
tentata di strapparsi quel coso e urlare. Non lo fece, per fortuna.
«Cosa la spingeva
cercarmi, di preciso?»
Cercar..? Una rapida occhiata al
bottoncino scuro le bastò come risposta.
«Uh, ecco, sì»
arrancò la rossa imprecando interiormente e sognando per
l'ennesima volta una morte istantanea.
Un meteorite dritto in testa
poteva essere sufficiente.
«Mi-mi chiedevo.. Se
avessi- Avesse, AVESSE bisogno di qualcosa. Si-Signor Malfoy»
Dall'altra parte le giunse il
suono di un lamento sommesso e poi di un leggero ghigno.
Fantastico.
«Sarò io a
chiamarla quando mi servirà, Potter»
Disse sornione. Poi un leggero
BIP le disse che la comunicazione era stata interrotta.
Lily lanciò arrabbiata
l'oggetto del demonio che aveva appena avuto incollato al canale
uditivo infilandosi le mani tra i capelli vermigli e cercando di
trattenere un urlo davvero, davvero esasperato.
Cosa, COSA poteva essere
peggiore di ciò che le stava succedendo?
La ragazza della scrivania di
fianco alla sua si sporse discretamente dalla sua parte, allora.
Indossava uno spesso tailleur
molto scuro ed i capelli castani erano trattenuti in un cucù
che lasciava andare alcune ciocche solitarie sul collo. La guardò
con complicità.
«Primo giorno, eh?»
Lily non rispose ma le rivolse
un'occhiata decisamente molto, molto eloquente perchè la
ragazza scoppiò in una risatina.
«Mi chiamo Tristana Smith»
La ragazza castana le sorrise
mettendo in risalto le guancie pienotte tinte di un rosa acceso.
Lily le strinse la mano.
«Lily Potter»
La bocca di Tristana si aprì
in una piccola 'o' di sorpresa e per un attimo Lily temè che
fosse un'altra di quelle fan di suo padre che senza il minimo ritegno
prendevano ad arringarla anche quando si trovava semplicemente a
mangiare fuori.
«Ieri ho sentito il signor
Malfoy parlottare di te»
Annunciò, invece, lei guardandosi
attorno per curarsi di non essere osservata. L'espressione di Lily,
in quel momento, più che sconvolta la si potrebbe definire
totalmente, assolutamente e senza possibilità di replica scioccata.
«C-come?»
Tristana annuì grave.
«Diceva qualcosa riguardo
al voler sperimentare fino a quanto sarebbe riuscito a tirare la
corda»
Ah sì? Era così
che stavano le cose?
Scorpius Hyperion Malfoy voleva
prendersi gioco di lei? Mandarla all'esasperazione fino al punto
estremo in cui lei avrebbe ceduto umiliando sè stessa e la
propria famiglia?
Povero, povero biondino
saccente, pomposo deficiente illuso.
Voleva giocare a quanto pareva.
Tuttavia, trascurava un dettaglio a dir poco FONDAMENTALE:
Lily Luna Potter non perde
mai.
Angolo di quella BURLONA ragazza che scrive.
Se devo essere sincera, ma sincera, sincerissima, il
prologo ed il primo capitolo non mi piacevano un granchè anche
perchè dovevo presentare vagamente personaggi, situazioni e
via dicendo, quindi mi restava poco, poco spazio per narrazione.
Come avrete di certo notato ci sono dei personaggi
inventati da me -ah, ah!
Ora, non voglio sembrare una sfigatella piena di sè
ma Lucilla e Lucas in primis a me piacciono moltissimo, soprattutto
per la storia che ho in mente per loro. In quanto a Tristana, non vi
spoilero nulla, ma avrete già capito che tra lei e Lily
potrebbe nascere una bella amicizia.
In quanto a Lily e Scorpius -se la ghigna-vedrete!
Mi dite cosa ne pensate, vero? VERO?
Besos
|
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Capitolo 4 *** 3-The razor's edge ***
CAPITOLO
3
'The
razor's edge'
La
ragione specifica per cui Lucas, nel vedere le propria migliore amica
storica puntargli addosso la bacchetta con un'espressione decisamente
poco gioiosa ed amichevole, non aveva estratto a sua volta la propria
sola arma di difesa lanciandole contro un incantesimo di disarmo
stava nel semplice fatto che mai e poi mai l'avrebbe creduta capace
di ciò che stava per fare.
Nella
sua mente Lucilla Bennet non era altro che una quindicenne troppo
bionda e troppo sbadata che invece di trasfigurare oggetti in animali
provocava vere e proprie esplosioni apocalittiche.
E
con apocalittiche intendeva con tanto di morti e feriti, ecco.
Era
proprio a questo che stava pensando mentre, colpito da uno
Stupeficium, picchiava
dolorosamente il sedere contro il pavimento del piccolo salottino sul
cui divano aveva passato la notte.
«Stai.
Lontano. Da. me.»
Sibilò
la bionda non abbassando la bacchetta di un solo millimetro.
Lucilla
si rese improvvisamente conto di essere arrabbiata.
Anzi,
no, lei non era affatto arrabbiata, lei era furiosa. Sarebbe
stata pronta a colpirlo altre duemila, tremila volte se lui gliene
avesse dato il pretesto.
L'avrebbe
per sino strozzato alla babbana seduta stante ma il buon senso la
mantenne coi piedi inchiodati nel punto dove era, per fortuna.
Puntò
gli occhi stretti in due fessure contro il ragazzo a fargli da
ammonimento.
Avvicinati
e ti faccio fuori.
Lucas
si alzò da terra non con una certa fatica, dolorante com'era.
Un'espressione di pura incredulità dipinta sul viso ed un bel
livido in prossimità dell'osso sacro. Riacquistò pian
piano un certo contegno mettendosi lentamente a sedere sul divano con
Lucilla che si ostinava a non voler abbassare la bacchetta.
«Lu..Lucilla,lascia-lascia
che ti spieghi-»
Spiegare.
SPIEGARE?
La
bionda dovette far fronte a tutta la propria forza di volontà
per non colpire il moro con un'Anatema che Uccide senza troppo
tergiversare.
«Non
c'è un bel niente da spiegare»
Sputò
dopo un attimo. Ogni parola che le usciva dalla bocca nella sua mente
le arrivava lontana, come se non fosse davvero lei a parlare ma
qualcuno di esterno al suo corpo.
Qualcuno
di maledettamente spaventoso, per giunta.
Non
male, rifletté Lucas.
Infondo le aveva rivolto la parola e questa volta sembrava per sino
cattiva una tacca in meno nella famosa scala della cattiveria.
Oppure
no.
Il
moro si mise a sedere con molta calma sul divano in modo da evitare
di scatenare in lei reazioni eccessivamente violente. Ci pensò
su all'incirca mezzo miliardo di volte prima di azzardarsi ad aprire
la bocca per dire qualcosa e quando, finalmente, si era deciso a
farlo, Lucilla lo precedette.
«Perchè
sei qui?»
Chiese,
semplicemente.
Lucas
Belial lasciò andare un sospiro angosciato, come se vi fosse
un grosso peso che si portava nello stomaco, come se quella fosse
l'ultima domanda a cui avrebbe voluto rispondere.
Lasciò
andare la schiena contro il divano rovesciando la testa all'indietro,
cosa che fece saltare ancor più sull'attenti una Lucilla
tremendamente sospettosa. Il ragazzo, notando la reazione di lei,
alzò le mani con fare di resa.
Non
mi muovo.
Avrebbe
potuto mentirle.
In
realtà avrebbe voluto mentirle.
Era
arrivato sulla soglia di casa sua con questo preciso piano: le
avrebbe raccontato una bugia, lei lo avrebbe ospitato accogliendolo a
braccia aperte come il figliol prodigo di quel libro religioso che i
babbani adorano tanto e l'avrebbe scampata...
Tuttavia
non aveva tenuto in conto che quella che si sarebbe trovato davanti
non era più una ragazzina di quindici anni troppo bassa per la
sua età che stravedeva per il proprio migliore amico ma una
donna arrabbiata, tradita, una donna di cui riconquistare la fiducia.
«Io-
non so da dove cominciare»
Ammise
il moro dopo un attimo.
«L'inizio
non sarebbe male»
Lucas
sorrise. Eccola, eccola la ragazza che ricordava, quella che voleva
avere sempre l'ultima parola.
Lucilla
non accennava ad abbassare la bacchetta ma si avvicinò a lui
in modo che restassero separati di appena un metro.
«Dove
sei stato per tutto questo tempo? I tuoi-i tuoi ti hanno cercato
ovunque.»
Lucilla
scosse la testa confusa.
Lucas
guardava un punto fisso di fronte a sé.
Come
se non fosse completamente conscio di tutto il dolore che aveva loro
causato. Come se non fosse del tutto consapevole della scia che si
stava lasciando alle spalle sparendo così, nel nulla.
Non
aveva neppure fatto le valigie.
Lucas
Belial che non fa le valigie?
Era
stata questo il particolare che aveva allarmato da morire Lucilla.
All'inizio,
a dire il vero, le aveva lasciato pensare che sarebbe stato via un
paio di giorni, magari era andato nel pallone per quel bacio.
Poi,
però, erano passati quei due giorni. Erano diventati
settimane, mesi.
Lo
aveva dato per morto e questo era quanto.
Per
lei Lucas Belial non esisteva più.
Quel
ragazzo tutto tatuato sul suo divano era un maledetto estraneo.
Senza
poterselo impedire si ritrovò a sprofondare nella tristezza
più totale.
Arrabbiata,
triste.
Doveva
spaccare qualcosa.
Qualche
cranio magari.
«Io
sono stato via»
Lucas
ruppe il silenzio accavallando le gambe sottili e grattandosi il
mento ricoperto di barba.
Lucilla
dovette trattenersi dallo scoppiare in una risata isterica.
«Magari
un po' più nel dettaglio»
Occhi
celesti si incastrarono in occhi celesti a quel punto.
Lucilla
arrossiva come niente da ragazzina, sì, era una cosa che di
lei non era cambiata ma quando c'erano altri sentimenti in gioco-tipo
la furia omicida-beh, dire che diventava spavalda era un eufemismo.
Più
che un'ex-serpeverde in certi momenti sembrava una vera Grifona.
Lucas
si prese la testa fra le mani distogliendo gli occhi da uno sguardo
che si ritrovò incapace di reggere.
«Ho
bisogno di aiuto»
«Aiuto
per cosa?»
«Sono
nei guai»
Lucilla
abbassò la bacchetta restando, comunque, sull'attenti.
«Spiegati»
Lucas
la guardò.
Senza
un motivo preciso prese a ridere e la bionda di nuovo alterata alzò
la bacchetta puntandogliela dritta al petto.
«Occhio
a te, Belial.»
Il
ragazzo alzò le braccia ancora una volta ma, un attimo dopo,
del tutto inaspettatamente, afferrò la propria di bacchetta
molto rapidamente.
«Expelli
armus!»
Più
che stupito, Belial, in quel momento sembrava tremendamente
sconvolto.
Sillabò
un muto 'SALAZAR' prima che la bionda tornasse a puntargli la
bacchetta addosso, questa volta verso il viso.
«Provaci
ancora e ti ritroverai con le cervella saltate prima di poter dire
'Santo Merlino'»
Lucas
Belial si alzò, a quel punto.
La
parola che Lucilla avrebbe usato per descriverlo sarebbe stata, molto
probabilmente, indifeso. Perchè fu così che le sembro,
in quel momento: con i capelli al vento, la barba di una settimana,
il corpo abbronzato e screpolato dal troppo sole in alcuni punti.
«Non
ci volevo credere. Al fatto che tu fossi diventata Auror, Lux»
Scosse
la testa come ad essere sovrappensiero. La bionda fece un piccolo
passo indietro non accennando a voler abbassare la la bacchetta.
«Mi
hai stupito»
Non
sapendo se ritenersi offesa o meno per l'incredulità del moro
si limitò a sentirsi ancora una volta confusa per
quell'improvviso cambio d'argomento senza comunque perdere il
controllo della situazione.
Diede
un calcio alla bacchetta di Belial in modo che fosse troppo lontana
da lui perchè la potesse afferrare senza scollare gli occhi
chiari dal ragazzo.
Lucas
deglutì.
Che
sapesse già? No, impossibile, l'avrebbe già
consegnato..
«Non
ti sfiorerei mai nemmeno con un dito, lo sai»
«Io
non so proprio niente»
«Ho
fatto un sacco di errori, Lux»
La
voce di Lucas s'incrinò.
Che
stesse per scoppiare a piangere?
No,
impossibile, non era da lui, non era da Lucas.
Eppure
perchè sembrava così disperato?
Lucilla
lo guardò con tanto d'occhi per poi riporre lentamente la
propria bacchetta all'interno dell'elastico dei pantaloncini del
pigiama.
Incrociò
le braccia al petto invitandolo a continuare.
«C'è
stato un omicidio, ero lì, non c'entro nulla ma ero lì
ed ora mi cercano. Mi sono trovato nel posto sbagliato al momento
sbagliato e non so come dimostrarlo. Mi sto nascondendo. Ma, te lo
giuro, Lucilla, io non c'entro niente»
Alzò
gli occhi su di lei ma la bionda già non lo vedeva più.
Gli occhi azzurri allargati a due abissi gli stavano puntati addosso
incapaci di metterlo davvero a fuoco.
***
«No,
Rose, smettila di pensare che tutto il mondo sia carino e coccoloso.
Mi fai arrabbiare, davvero.»
Una
Lily Potter decisamente troppo energica dopo una giornata stancante
ed una Rose Weasley impeccabile come suo solito con gli occhi azzurri
nascosti dai soliti grossi occhiali da vista si trovavano in un bar
babbano dimenticato da Dio da appena dieci minuti e già
avevano attirato l'attenzione dei cinque clienti in croce che
tranquillamente sorseggiavano i loro drink.
«SHH!
Lily!»
Rose
si guardò attorno notando tutti gli occhi puntati addosso in
imbarazzo.
«E'
tutto un suo piano malefico»
Continuò
la Potter senza accennare a voler abbassare neppure di un pelo il
volume della propria voce.
Rose
si arrese prendendo a mescolare distrattamente il proprio drink con
la cannuccia, lo sguardo concentrato sul tavolino di plastica blu.
«Magari
quella ragazza ha sentito male, Lì..»
Azzardò
con voce non troppo convinta.
No,
non ci credeva neppure lei.
La
verità era che aveva conosciuto a sufficienza Scorpius Malfoy,
ai tempi di Hogwarts, attraverso le sue gesta, da poter dire che sì,
sarebbe stato assolutamente capace di rifilare alla cugina un tiro
mancino nonostante si supponesse che ormai fosse cresciuto abbastanza
per piantarla coi giochetti.
«Quel
ragazzino viziato!»
Rincarò
la cugina con il volto diafano arrossato per il nervosismo.
Rose
non era mai stata una ragazza di troppe parole. Tranquilla, educata,
studiosa.
Da
brava Corvonero qual'era stata si era guadagnata la fama di ragazza
molto matura per la propria età. In quel momento, tuttavia,
non sapeva davvero in che modo rassicurare Lily.
Insomma,
dissuaderla dall'idea malsana che lui potesse davvero essere dietro a
tramare qualcosa per nuocerle oppure no? Se poi si fosse rivelato
vero la si sarebbe sentita tremendamente in colpa ad essersi sforzata
tanto a convincerla del contrario.
«Oh
santo godric. Oh santi Merlino e Morgana- ROSE!»
Lily
prese a muoversi convulsamente sulla propria sedia affondandoci e
coprendosi il viso lentigginoso col menù degli alcolici che la
cameriera, pigramente, aveva lasciato lì.
«Che-che
succede?»
Saltò
Rose confusa.
«Sta
giù! Sta giù!»
Se
l'intento di Lily era quello di nascondersi di certo il suo tono non
stava aiutando dal momento che più che sussurrare stava
strillando
.
Rose
prese a guardarsi intorno nel minuscolo ambiente del locale notando,
all'ora, la figura slanciata di un ragazzo platinato in giacca e
cravatta che stava in piedi di fronte al bancone.
Non
fece neppure in tempo a chiedere alla cugina se fosse chi pensava,
nonostante fosse piuttosto evidente, senza contare il fatto che,
muscoli decisamente più definiti ed abbigliamento formale a
parte, Malfoy era rimasto praticamente uguale ai tempi della scuola,
che Lily si era già volatilizzata.
«Lì?»
Uno
strattone al polpaccio le rivelò la posizione della rossa.
Rose si picchiò il palmo di una mano contro la fronte
domandandosi se la cugina fosse diventata matta o lo fosse sempre
stata e lei non avesse notato che la cosa era tanto grave.
«Aiutami
ad uscire da questo posto, non ho intenzione di averci a che fare
anche qui»
La
pregò Lily questa volta sussurrando davvero.
Rose,
assolutamente non abituata a situazioni che implicassero l'agire
istantaneo inspirò un quantitativo di ossigeno immenso prima
si alzarsi estraendo il portafoglio.
Non
aveva i capelli lunghi quanto quelli della cugina ma lo erano a
sufficienza da coprirla a dovere almeno fino al mento e si concentrò
il più possibile per risultare del tutto anonima.
Sentendosi
una completa idiota camminò svelta fino alla cassa in
prossimità della quale si trovava il biondo alle prese con un
martini senza ghiaccio.
Il
barista guardò Rose di sottecchi, probabilmente, chiedendosi
se avesse cattive intenzioni dal momento che si muoveva come una
ladra. Senza fiatare la rossa poggiò una banconota da venti
sterline sul ripiano cassa e presa dalla fretta borbottò
un:«Si tenga il resto»
Ciò
che venne dopo avvenne ad una velocità eccessiva per poter
lasciare il posto ad un'eventuale reazione:
Scorpius
Malfoy, che nel frattempo si era tolto la giacca grigia restando in
camicia, si voltò verso di lei lanciandole un'occhiata che
definire 'sorpresa' non renderebbe l'idea;
Rose,
in apnea, prese a sventolare le braccia a destra e a manca come in
preda a degli spasmi;
L'espressione
di Malfoy passò da 'sorpresa' a spaventata ed, infine,
divertita.
Probabilmente
Rose Weasley doveva sembrargli un ricciocorno schiattoso degno delle
fantasie dei fratelli Scamandro.
«Weasley!»
Disse
a mo' di saluto con un sorriso beffardo dipinto sulle labbra sottili.
«Cosa
ti porta da queste parti?»
Si
guardò intorno, a quel punto, e, con grande orrore di Lily
notò la figura magra che a quattro zampe e con il volto terreo
se ne stava accucciata sotto ad un tavolino all'angolo.
Oh.
Per.
Merlino.
Malfoy
scoppiò a ridere divertito al punto che per poco non andò
a strozzarsi con il sorso di Martini che stava mandando giù.
Rose,
desiderando scomparire, si fece improvvisamente paonazza
vergognandosi anche per la cugina.
Perchè
si lasciava sempre cacciare in queste situazioni imbarazzanti da
Lily?
La
cugina in questione, resasi conto di essere stata beccata, nel
frattempo, si stava tirando fuori dalla trappola rappresentata dal
tavolino di plastica. Tuttavia, con le scarpe alte ed il disagio del
momento, nella fretta picchiò maldestramente la schiena contro
la parte inferiore del tavolo con una violenza tale che i due
bicchieri di vetro posati su di esso, di cui uno ancora mezzo pieno,
caddero frantumandosi.
Ovviamente
la cosa fece piegare ancor più il biondo dalle risate,
costringendolo ad alzarsi dallo sgabello sfilacciato su cui sedeva
per reggersi lo stomaco con una mano in preda ad una vera e propria
crisi di riso.
Lily,
paonazza, furiosa e con i capelli bagnati di vino bianco, afferrò
per un braccio la cugina, paralizzata per la vergogna e di un colore
tra il verde vomito ed il rosso pomodoro trascinandola verso
l'esterno.
Scorpius
ci mise un secondo per asciugarsi le lacrime dagli occhi e mollare
una banconota da dieci sterline sul bancone prima di seguire le due
ragazze all'esterno del locale.
«Potter!
Fermati, Potter!»
La
stava praticamente inseguendo mentre lei, con la cugina a braccetto a
mo' di fantoccio, non osava fermarsi nonostante il tremendo
barcollare sulle scarpe alte, soprattutto dopo il drink che si era
scolata senza ritegno appena pochi minuti prima.
«Potter,
non essere sciocca!»
Fu
a quel punto che accadde la catastrofe.
Un
tombino.
Un
maledetto, maledettissimo tombino si interpose tra la sua salvezza e
le grinfie di Malfoy.
Non
solo il tacco di Lily si incastrò, spezzandosi, all'interno di
QUEL tombino ma la rossa cadde di malagrazia graffiandosi
dolorosamente mani e ginocchia contro l'asfalto e rischiando, quasi,
di trascinarsi una Rose praticamente sotto shock nella caduta.
Malfoy
fece per lasciarsi andare in un'altra risata ma l'espressione di Lily
lo fece quasi rabbrividire: lo stava praticamente cruciando con lo
sguardo.
«Ecco-azzardò
il biondo dopo essersi schiarito appena la voce-io abito qua dietro»
Lily
sembrava sul punto di esplodergli in faccia con una carovana
d'insulti e lui se ne dovette rendere conto dal momento che fece un
impercettibile passo indietro lasciando svettare un sopracciglio
verso l'alto.
«Oh,
andiamo, Potter. Con tutto il rispetto ma non sei il mio tipo, primo,
siete in due, secondo e tu-continuò, indicando le mani della
ragazza la quale espressione si stava facendo man mano più
omicida- hai le mani in un brodo di sangue»
Lily,
dopo essersi guardata le mani, effettivamente inzaccherate, lanciò
un'occhiata titubante alla cugina che, nel frattempo, da
verdognola/rossa era passata ad un colore che ricordava molto i
cadaveri.
Rose
si strinse appena nelle spalle come a dire:
per me è uguale.
Se
ne sarebbe pentita.
Se
ne sarebbe di sicuro pentita amaramente.
Era
a questo che Lily Potter pensava mentre faceva il suo ingresso
nell'appartamento di Scorpius Hyperion Malfoy che, malgrado
l'eleganza smisurata, si trovava in un anonimo quartiere di
periferia.
La
cosa non la stupì particolarmente dal momento che i figli di
ex-mangiamorte erano spesso oggetto di brutti scherzi da parte di
fanatici. Per lo più, tutti coloro che tenevano alla propria
pelle, se abitavano in completa solitudine evitavano di dare troppo
dell'occhio.
L'appartamento
di Malfoy ricordava spaventosamente il suo ufficio.
Eccetto
qualche quadro colorato qua e là-colorato si fa per dire- si
vedevano solo mobili di tonalità fra il bianco ed il nero, il
tutto assolutamente essenziale e minimalista per quanto
mostruosamente elegante e costoso.
Rose
si lasciò andare sul divanetto di pelle del soggiorno ancora
semi-rincoglionita mentre Scorpius l'accompagnava in bagno
lasciandola, poi, sola per andare a recuperare cose che le potessero
servirle.
Lily,
di fronte all'immenso specchio del bagno, notò, finalmente
l'orrore in cui era ridotta:
le
mani, i gomiti e le ginocchia scorticate rappresentavano il minimo
dal momento che i suoi capelli, bagnati di vino, si erano dati alla
pazza gioia in combutta con l'umidità di quel giorno ed ora se
ne stavano tutti irti, aggrovigliati e nodosi al punto da farla
assomigliare a qualche specie rara di leone spelacchiato. Il peggio
del peggio, anche peggio del filo di matita che aveva osato mettersi
quella mattina che ora ricadeva sbavato sulla guancia sinistra, era
rappresentato dalle calze malamente smagliate in più punti.
Sembrava
la vittima di una zuffa, o di uno stupro.
Sbuffò
sfilandosi le calze distrutte e gettandole in un cestino nero pece,
che probabilmente costava quanto il suo intero guardaroba dal momento
che era di qualche materiale pregiato babbano di cui neppure
ricordava il nome, per poi lasciarsi scorrere l'acqua gelida del
rubinetto contro le mani doloranti.
«Toc,toc»
Scorpius
Malfoy con due asciugamani stretti fra le braccia fece il suo
ingresso di fronte ad una Lily decisamente poco propensa ad essergli
grata dal momento che, chiuso il rubinetto, gli strappò
letteralmente uno degli asciugamani dalle braccia scoccandogli
un'occhiata assassina.
«Quelle
andrebbero guarite»
Fece
notare il biondo, incurante della sua maleducazione, indicandole le
brutte ferite che le attraversavano i palmi.
Lily,
tuttavia, non gli rispose subito, prima dovette cacciar giù la
propria dignità ed il proprio orgoglio.
Perchè
diavolo aveva accettato la sua offerta, santo Godric!
«Sto
bene così»
Rispose
stringendo, poi, le labbra e cercando di mantenere una certa calma.
Aveva
già riaperto il rubinetto per sciacquarsi le ginocchia quando
la presenza che stava appena a due metri dalla sua persona le tornò
alla mente.
La
rossa si chiarì la voce cercando qualcosa d'intelligente da
dire che non fosse 'VATTENE'.
«Vattene»
Lily
Potter si portò entrambe le mani alla bocca.
Non
l'aveva detto davvero, vero?
Va
bene detestare Malfoy ma mandarlo a quel paese direttamente in casa
sua risultava un tantino esagerato per sino per lei.
Malfoy,
però, non si scompose e per tutta risposta, si limitò
ad alzare le braccia corrugando leggermente la fronte.
«Le
do fastidio signorina Lilian? Oh, mi perdoni»
Dimentica
della propria gaffe, guardò truce il biondo per l'ennesima
volta. Quest'ultimo, tuttavia, non accennava ad andarsene sicchè
la rossa aprì nuovamente l'acqua del rubinetto dandogli le
spalle.
«Oh,
se vuoi stare lì a guardarmi mentre mi lavo le gambe fa pure»
Lo
sfidò, acida, prendendo a bagnarsi un ginocchio con una mano.
«Salazar,
la mia sanità mentale»
Ribatté
Malfoy con un'espressione divertita dipinta sul bel viso.
Si
voltò e se ne andò, all'ora, o meglio, fece per
andarsene: aveva già superato la soglia della porta di legno
del bagno e stava per chiuderla completamente quando qualcosa attirò
la sua attenzione dal minuscolo spiraglio che mancava alla porta per
impedirgli del tutto la vista.
Lily
se ne stava di spalle, china. Si era levata la giacca grigia abbinata
all'abito che indossava lasciando libere le spalle chiare e cosparse
di lentiggini dall'ossatura sottile.
Senza
che lei potesse vederla si appoggiò al muro che stava
direttamente fuori dl bagno.
Oh,
Scorpius, che diavolo stai facendo?
Si
sorprese a chiedersi il ragazzo ma qualcosa gli impedì
comunque di muoversi.
Guardò
la rossa raccogliere la propria chioma ribelle in uno chignon affatto
ordinato per permetterle di continuare a lavarsi senza l'impedimento
delle ciocche rosse che continuavano a ricaderle sul viso.
Non
aveva mai, mai guardato il suo collo.
Non
l'aveva mai visto a dire il vero, neppure di sfuggita.
Che
ricordasse, ad Hogwarts, aveva sempre portato i lunghi ed indomabili
capelli sciolti lungo la schiena.
Notò
che aveva un collo sottile, Lily Potter, quasi regale.
Il
biondo si sporse leggermente per poter guardare meglio che cosa stava
facendo la rossa: si era alzata, dopo essersi liberata completamente
le ginocchia dal sangue rappreso, e con l'asciugamano che lui le
aveva portato aveva preso ad asciugarsi accuratamente le gambe
prestando attenzione a non riaprirsi le piccole ferite.
Da
quando Lily Potter aveva delle gambe così lunghe?
Fu
a quel punto che, per un secondo, il sangue di Scorpius Malfoy gli si
gelò nelle vene.
Si
sentiva osservato.
Voltò
la testa di scatto realizzando da cosa derivasse quella sensazione:
Rose Weasley, un bicchiere stretto in una mano, se ne stava
all'inizio del corridoio a guardarlo.
***
«Parlami
degli errori che hai commesso» lo incitò Lucilla con
voce sepolcrale.
A
quel punto Lucas le aveva scoccato un'occhiata contrita come se lei
gli avesse appena fatto una domanda poco calzante con ciò che
lui le aveva appena detto o più semplicemente la meno
compassionevole dal momento che le aveva appena rivelato di trovarsi
nel più totale sconforto.
«Dimmi
dove sei andato quando sei-sparito»
La
bionda pronunciò quell'ultima parola, sparito, come se le
pesasse sullo stomaco. Come se fosse ancora quella quindicenne che
dall'oggi al domani si era ritrovata senza il proprio migliore amico
senza essere in grado di darsi una spiegazione plausibile riguardo la
ragione della sua sparizione.
«Mi
sono-mi sono smaterializzato in Francia»
Cominciò
lui senza scollare gli occhi dal tavolino da tè.
«Un
ragazzo qualche giorno prima, un certo Marcos Polon mi aveva mandato
un gufo espresso dicendomi che mio padre gli aveva chiesto di darmi
una chance»
L'espressione
di Lucilla, se è possibile, si fece ancora più confusa.
«Una
chance in cosa?»
Lucas
lasciò andare il respiro come se avesse trattenuto il fiato
per delle ore e ci mise un attimo per riprendere a parlare. A
guardarlo, così, Lucilla avrebbe detto che non riusciva a
trovare le parole.
Gli
mise una mano sull'avambraccio, a quel punto, come ad infondergli
sicurezza perchè potesse continuare. Lucas le sorrise,
sorpreso di quel gesto di cui lei stessa non riusciva a capacitarsi.
«Voleva
che io rilevassi la parte di azienda che lui ha in Francia, subito
dopo il diploma. Tuttavia, da studente, ero totalmente inesperto in
quel campo, mi serviva qualcuno che m'istruisse, capisci? Mi serviva
qualcuno a cui poter fare riferimento e che mi guidasse per un certo
periodo affinchè potessi acquisire le conoscenze necessarie.
Mio padre non ha mai creduto in me, lo sai bene, mi riteneva un
incapace, Praticamente pregò Polon di aiutarmi»
Lucilla
strinse gli occhi cercando d'interpretare ciò che Lucas le
aveva appena detto poi la verità la colpì come una
consapevolezza. Era Lucas, era il suo migliore amico, la metà
della sua mela. Lei sapeva perfettamente che cosa aveva fatto lui in
quel momento.
«Non
ci sei andato»
Lucas
scosse la testa incapace di nascondere un sorrisetto compiaciuto per
la perspicacia della bionda.
«No,
non ci sono andato. Tuttavia, mio padre l'ha pensato, per un certo
periodo di tempo, un periodo di tempo molto breve»
«E
che cosa hai fatto?»
Domandò
la bionda con il cuore in gola.
«Che
cosa hai fatto per tutto questo tempo?»
Per
Lucilla, ormai, il ministero rappresentava un po' una seconda casa.
Le
piaceva da morire passare le proprie giornate lì e, fatta
eccezione per il primo anno di allenamenti Auror in cui davvero aveva
dovuto penare nei modi peggiori per mantenere il ritmo che loro
ritenevano indispensabile, ogni volta che si trovava in quel posto si
sentiva esattamente con chi e dove doveva essere.
Quel
giorno, quando fece il proprio ingresso, già mentre prendeva
l'ascensore diretta al proprio piano aveva notato un certo
scombussolamento generale, come se tutti fossero nel delirio per
qualcosa che a lei sfuggiva.
Mentre
si dirigeva alla propria postazione notò la propria collega e
compagna di gavetta storica, Willemina, sfrecciarle davanti agli
occhi con un sacco di fogli freschi di stampa tra le mani.
Presa
da un'improvvisa quanto lecita curiosità l'aveva rincorsa per
un bel pezzo e fermata.
Quella
che vide dipinta sul suo viso abbronzato non era la solita
espressione gioviale e accomodante di sempre, quasi si dimenò
per sfuggire alla presa della bionda che prese a guardarla
praticamente sconvolta.
«Lucilla,
la nostra gavetta è finita» le disse tutto d'un fiato
riprendendo a camminare a lunghe falcate verso l'ufficio del capo
Auror, nonché padre della sua amica e coinquilina.
«Ma-ma
è fantastico!» la rincorse la bionda sentendosi andare
in estasi.
«Will!
Ma dobbiamo festeggiare!»
La
ragazza, la lasciò sola nel corridoio all'esterno dell'ufficio
di Harry Potter, sbattendosi la porta di quest'ultimo alle spalle,
senza degnarla di una risposta.
A
quel punto la mente di Lucilla prese a lavorare febbrile: erano in
all'erta.
Come
aveva fatto a non pensarci immediatamente?
«Bennet,
vieni dentro»
La
testa brizzolata di Harry Potter fece capolino dalla porta del suo
ufficio.
Non
era riuscita nemmeno a sentire che cosa le aveva detto, persa nei
propri pensieri com'era, ma il modo in cui si stava sbracciando verso
di lei le fece capire chiaramente che le stava chiedendo di entrare.
La
bionda fece qualche passo incerto per poi trovarsi, oltre la porta,
di fronte a tre o quattro Auror più Will ed altri quattro
compagni di gavetta già sull'attenti.
«Che
succede?»
Azzardò
Lucilla.
Harry
Potter si mise a sedere prima di consegnarle un volantino fresco di
stampa.
Portava
la foto di un ragazzo, scorse con la coda dell'occhio prima di
afferrarlo.
«Ho
affittato una casa tra i babbani sulla senna e me ne sono stato lì
per conto mio per un po'. Avevo davvero bisogno di stare da solo»
Per
quanto ferita, Lucilla non proferì parola, speranzosa che
continuasse.
«Non
c'è voluto molto prima che certa gente mi contattasse. Gente
sconosciuta, mai vista né sentita. Mi chiesero se volevo
entrare in un giro particolare»
Lucas
sospirò e a quel punto, finalmente, Lucilla realizzò
quanto per lui fosse tremendamente difficoltoso andare avanti col
racconto, quanto fosse.. doloroso.
Stinse
la propria mano nella sua.
«Tu-tu
lo sai come io sia sospettoso. Ovviamente respinsi la loro proposta,
avevo già deciso che sarei tornato a casa di lì a poco.
Loro, però, non erano molto propensi ad accettare dinieghi.»
Gli
occhi del ragazzo si fecero improvvisamente lucidi mentre, senza
potersene rendere conto, aveva preso a stringere la mano di Lucilla
fino a bloccarle la circolazione.
«Minacciarono
la mia famiglia, minacciarono te, minacciarono la ragazza che avevo
all'epoca.. Non mi diedero scelta»
Lucilla
si morse dolorosamente l'interno della bocca per imporsi il silenzio.
«Entrai
nel loro giro. All'inizio non era male. Dovevo recapitare delle
consegne un po' particolari, tutto qui, niente di illegale per quanto
ne sapessi. Mi pagavano bene per di più»
Un
amaro sorriso gli percorse le labbra screpolate.
Afferrò
il volantino nel più totale panico.
Riconobbe
subito l'immagino in movimento che vi era impressa: un ragazzo moro,
un orecchino sul lobo sinistro, un sorriso sghembo.
Li
sentiva parlare, tutti, ma non recepiva che scorci di frasi senza
alcun senso, lei non era lì, la sua testa stava scappando a
gambe levate.
«...Anticipata
la nomina ad Auror, abbiamo bisogno di più persone...
Omicidio...»
«Tre
giorni fa hanno deciso di fare le cose in grande»
Continuò
Lucas lasciandosi andare in una risatina nervosa.
«A
diagon Alley, la Gringott, l'impenetrabile Grigott»
«E'
assurdo, tutti sanno che la Gringott è impenetrabile!»
Lucilla
scattò in piedi in un moto d'ira pura ma Lucas, che non aveva
lasciato andare le sue dita sottili, la spinse a rimettersi a sedere.
«Loro
avevano la presunzione di farcela. Lux, fidati se ti dico che sono
ramificati in ogni dove. Ovunque vai, loro ci sono. Come una setta
praticamente onnisciente. Hanno voluto sfidare la sorte e l'hanno
fatto. Solo che questa volta serviva loro un capro espiatorio»
Lucilla
deglutì sentendosi bruciare gli occhi.
«Dovevo
stare di vedetta, uscire solo in caso di estrema necessità.
Oh, Lux, tu non hai idea-non hai idea.. La paura che avevo»
Lucas
scuoteva la testa.
«Un
folletto è rimasto ucciso, loro mi hanno fatto il segnale. Io
sono uscito dal mio nascondiglio e nel giro di un secondo un mare di
folletti e non solo erano di fronte a me. Mi sono smaterializzato in
diversi posti fino a ieri sera, quando, finalmente, ho deciso di
venire nell'unico posto dove sarei voluto andare fin dall'inizio.
L'unico posto in cui potessi sentirmi davvero al sicuro»
«Conosciamo
l'assassino, dobbiamo solo trovarlo. Tu lo conosci, Bennet, sei una
vera e propria chiave in questo momento: dicci, dove potrebbe andare
a nascondersi Lucas Belial, secondo te?»
Harry
Potter le rivolse uno sguardo preoccupato, lei si voltò nella
sua direzione con gli occhi persi, vuoto.
Dopodichè
ci fu il buoio.
Angolo
di quella che scrive.
Tadaaam.
Dunque,
questo è uno dei capitoli chiave della storia. Diciamo che
viene un po' messa da parte tutta la pappardella descrittiva a favore
di quella un po' più corposa. C'è poca Scorily,
purtroppo, ma dovrei scrivere trecento pagine per volta per poter
dire tutto quello che dovrei per cui ora come ora accontentatevi
della promessa di tanta Lily x Scorpius nel prossimo e godetevi la
scena di 'Scorpius Malfoy e la bava alla bocca'.
Insomma,
fatemi sapere cosa ne pensate.
Baci,
baci.
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Capitolo 5 *** 4-When the Lonely ones roam ***
CAPITOLO
4
'When
the lonely ones roam'
Lily,
nervosa com'era, non aveva capito una sola delle parole che la cugina
Rose aveva preso a blaterare dal momento stesso in cui avevano messo
piede fuori dalla casa di Malfoy. Insomma, aveva percepito
chiaramente il verbo 'spiare', interposto tra qualcosa come 'te' o
'giuro', ma la rossa non le prestò la benché minima
attenzione, più propensa a meditare silenziosamente almeno una
decina di modi rapidi con cui suicidarsi.
Questo
almeno finché l'ex-Corvonero non aveva preso a ripulirsi gli
occhiali con la manica della maglietta accennando riguardo a quel
luogo di Scorpius Malfoy dove non batte il sole che, testualmente,
aveva visto 'rallegrato'.
Rallegrato.
Inutile
dire che entrambe le sopracciglia di Lily arrivarono quasi a
sfiorarle l'attaccatura dei capelli .
Insomma,
Rose che delirava era già una novità bella e buona ma
Rose che si metteva ad urlare certe cose nel bel mezzo di un
marciapiede affollato usando-come se non bastasse-un termine tanto
idiota per descrivere un'erezione-?- no, non era inverosimile,
peggio.
Lily
toccò la fronte della cugina decisamente turbata.
«Lì,
Lì. Tu mi devi ascoltare!»
Ribatté
la più grande dei fratelli Weasley esasperata.
Lily
corrugò la fronte annuendo piano.
«Ho
sentito tutto quanto Rosie. Malfoy mi spiava, Malfoy ce l'aveva in
ti..»
«Lily!»
«Ok,
Malfoy era felice, molto. Meglio?»
Rose
sbuffò evidentemente spazientita dalla mancanza di serietà
della cugina.
«Tu
non mi credi» affermò ovvia incrociando le
braccia sotto al seno senza smettere di camminare né diminuire
il passo.
«Rose,
cugina del mio cuore, mia compagna dai rossi capelli, non ho detto
che non ti credo. Mi sembra semplicemente privo di logica ciò
che stai dicendo»
Lily
si arrestò improvvisamente sorpresa delle proprie stesse
parole. Si voltò verso la cugina con un'espressione
terribilmente grave per poi afferrarle entrambe le spalle con le mani
graffiate.
«Dimmi
che non sei diventata pazza anche tu! Ti prego, dimmelo!»
Rose,
superato l'infarto iniziale per l'azione irruenta di Lily, lasciò
andare un sospiro-o uno sbuffo?- prima di alzare gli occhi al cielo
ed allargare le braccia.
Non
ci avrebbe cavato un ragno dal buco, tanto valeva arrendersi.
«Oh,
sono solo molto stanca, lascia perdere tutto ciò che dirò
fino a che non sarò uscita dalla vasca da bagno»
«Grazie,
grazie, Godric, grazie!»
Lily
baciò entrambe le guance della cugina che dopo un attimo si
smaterializzò in un FLOP lasciandola completamente sola sul
marciapiede sotto il proprio condominio.
Perchè
non l'aveva fatto anche lei?
Idiota,
Lily. IDIOTA.
***
Scorpius
Malfoy non era esattamente ciò che la gente è solita
definire un buon samaritano, al contrario, il suo grado di bontà
ed altruismo oscillava pericolosamente tra quello di Mastro Gazza
durante uno dei suoi raffreddori peggiori e quello che doveva aver
avuto la sua prozia Bellatrix nei pochi momenti di sanità
mentale che la vita le aveva concesso.
Lasciò
andare il bicchiere totalmente vuoto sul bancone della cucina
accingendosi a riempirsene un secondo per poi ripensarci e recarsi in
soggiorno direttamente con la bottiglia di vetro.
L'idea
di quegli asciugamani 'sporchi di Potter' lo disgustava: li aveva
mollati nel cestone della biancheria sprezzante una volta che la
rossa se n'era andata dal suo appartamento borbottando qualcosa che
più che un 'grazie' somigliava tanto ad un 'vaffanculo'.
Si
lasciò andare contro lo schienale del divano vergognandosi di
sé stesso per la propria immaturità.
Sporchi
di Potter.
Che
pensiero TREMENDAMENTE deficiente.
Scosse
la testa come a voler scacciare tutti i pensieri che avevano preso ad
affollarla.
La
verità è che si vergognava, si vergognava fino al
midollo per ciò che si era ritrovato a fare, si vergognava
ancora di più dal momento che era stato pure beccato mentre si
accingeva a sfracellare giù da una finestra la propria
dignità.
Lui
era Scorpius Malfoy, cazzo.
Non
un deficiente, di certo non il tipo di deficiente che si metteva a
fare certe stronzate come spiare una ragazza-sottopeso e con una
taglia di reggiseno che nemmeno si potrebbe definire 'taglia' ad
essere pignoli.
Mandò
giù due sorsate di scotch maledicendosi in tutte e tre le
lingue che conosceva.
«Sono
a caaasa!»
Una
voce familiare-troppo familiare- ed un frastuono indegno del proprio
imminente mal di testa lo scossero da qualsiasi pensiero avesse per
la testa in quel momento.
Non
aveva mai retto particolarmente bene l'alcol, Scorpius: si concedeva
un paio di drink al giorno, di norma, sì, e qualche volta uno
wisky serale giusto per assecondare il sonno che per i dannati geni
isterici Malfoy gli era sempre mancato, ma non poteva osare di più
se non voleva ritrovarsi a parlare serpentese, nudo, improvvisando un
po' di rap.
Si
alzò un po' barcollante lasciando andare la bottiglia vuota
sul primo ripiano che gli capitò a tiro.
«Oh,
per Salazar, biondino!»
La
figura slanciata e scura di Jake Zabini gli si parò innanzi
ancor prima che potesse raggiungere l'entrata del proprio
appartamento ed impedirgli quell'ingresso sgradito.
«Che
ci fai qui?»
Tagliò
corto Scorpius ritornando sui propri passi per lasciarsi andare sul
sofà.
Il
moro, per tutta risposta, non abbandonò il sorriso smagliante
che si era incollato alla faccia fin dal primo istante del suo arrivo
mentre, con un colpo di bacchetta, faceva apparire due grosse valigie
in pelle sul pavimento del soggiorno.
«Ti
pare questa l'accoglienza da riservare al tuo migliore amico?
Insomma, non mi aspettavo tappeti rossi ma...Scorpius, sei ubriaco
per caso?»
Il
biondo non stava prestando la minima attenzione a ciò che il
proprio migliore amico storico, il ragazzo con cui era cresciuto, con
cui aveva passato ogni singolo giorno in stanza ad Hogwarts e la
maggior parte delle proprie vacane, andava blaterando limitandosi ad
un'occhiata che definire minacciosa sarebbe un eufemismo.
«Bene»
Jake
si lanciò sul divano in un mezzo salto per poi strappare la
bottiglia dalle mani di Scorpius per portarsela alla bocca.
Scorpius,
dal canto suo, non fece granchè: si lasciò andare
contro lo schienale del divano in pelle maledicendo sé stesso,
le proprie amicizie, la Potter e gli eventi di quel giorno.
«Fa
così schifo il lavoro?»
Zabini
aveva accavallato le gambe in una posa che lo faceva tanto sembrare
un sedicenne scomposto. Aveva sempre avuto quel problema, lo Zabini:
troppo, troppo alto per la sua età, aveva sempre dovuto
litigare col proprio corpo per farlo stare come diceva lui. Anche
ora, le cose non erano molto differenti.
Scorpius
si portò le dita alle tempie prendendo a massaggiarsi la testa
dolorante.
«Perchè
sei qui?»
Chiese
di nuovo.
Stava
facendo uno sforzo inumano per restare al suo posto ma non osava
compiere movimenti eccessivi visto il mal di testa che aveva
cominciato a trapanargli il cranio.
Jake
Zabini sbuffò prima di mollare con un unico fluido movimento
la bottiglia di Scoth sul tavolo porta-oggetti.
«Che
accoglienza del cazzo Malf»
Le
narici di Scorpius si dilatarono visibilmente. Strinse i pugni al
punto da sbiancarsi le nocche e spalancò gli occhi grigi su
quelli color terra dell'amico.
«Va
bene, va bene» Jake spalancò le braccia in segno di resa
passandosi la lingua sulle labbra carnose e preparandosi a ciò
che avrebbe dovuto dire.
«Tuo
padre mi ha chiesto di tenerti compagnia»
Un
sopracciglio di Scorpius svettò verso l'alto in una chiara
espressione d'incredulità.
«Beh,»
continuò lui «vivi da solo, in una zona babbana., sei
figlio di-»
«Lo
so di chi sono figlio e sono in una zona babbana esattamente per
proteggermi»
L'acidità
che trasudava dalla voce di Scorpius non era nulla se messa a
confronto con il disprezzo che provava in quel momento.
Verso
suo padre, verso Jake, verso sé stesso.
La
sua vita doveva sempre dipendere da qualcun altro? Non c'erano
davvero speranze che potessero lasciarlo in pace?
Era
sempre la stessa dannata storia, alla fine della fiera.
Si
alzò dal divano prendendo a sbottonarsi la camicia di buona
fattura senza nemmeno guardare Jake che se ne stava in attesa, sul
divano, un'espressione a metà tra la comprensione e lo scherno
dipinta sul viso.
«In
fondo al corridoio. Le tue valigie ce le porti tu»
Jake
sorrise, bacchetta alla mano, mormorò qualcosa e tutti i suoi
bagagli sparirono in un PLOP.
Scorpius,
nel frattempo, si era chiuso in bagno facendo sbattere la porta senza
ritegno.
«Ah,
gli amici!»
***
Lily
si sentiva affranta. Decisamente, decisamente affranta.
Giunta
di fronte al proprio palazzo picchiò la fronte contro la porta
in vetro che faceva da ingresso almeno una dozzina di volte nel
tentativo di uccidersi prima di arrestarsi di botto e nel più
completo imbarazzo nel momento in cui la signora Scott fece la sua
comparsa, cagnolina a seguito.
Regina.
Il
cane si chiamava regina.
Quello,
più che un cane, era un piccolo messo di Satana. Di certo non
aveva niente a che vedere con quel nome. Ma c'era poco da aspettarsi
dall'animale domestico di una donna che vestiva solo ed
esclusivamente di giallo.
Insomma,
chi sarebbe in grado di sopravvivere in una vita completamente
gialla? Lily ci avrebbe giurato, non era mai stata in casa della
Scott ma quelle tendine giallo canarino le dicevano che, molto
probabilmente, giallo fosse in tutto e per tutto l'unico colore
conosciuto dalla donna.
Non
c'è da stupirsi che a quella povera bestia mancasse qualche
rotella.
I
cani soffrono di crisi epilettiche?
La
signora Scott la scansò, il cane al guinzaglio che si muoveva
a zig zag con il muso storto in un mezzo grugno.
«Giovani»
Borbottò
la donna.
Lily
la guardò in tralice del tutto incapace di obiettare. Decise
che sarebbe stato meglio salire e rimandare a dopo la pianificazione
della propria morte ma la donna in giallo la fermò
afferrandola per un avambraccio con una tale irruenza che quasi Lily
non cadde.
«C'è
sempre una speranza»
Le
disse secca. La rossa storse il naso tentando, di nuovo, la fuga.
Tuttavia, la Scott le fece cenno di attendere frugando nella propria
borsa-giallo limone-per estrarne una busta bianca che porse a Lily.
Lei
la guardò con tanto d'occhi.
Oh,
una cosa non gialla.
«C'è
scritto il tuo nome ed il tuo indirizzo, stupidella. L'ho trovata
sullo zerbino. Non ho più trentanni—ne ho trentadue, sai
e a volte la vista gioca brutti scherzi, ma potrei giurare di aver
visto un piccione enorme posarla sul tappetino di fiori.»
L'anziana
signora si strinse nelle spalle.
Un
piccione enorme, sì.
Quando
fu entrata in casa guardò la busta per un lungo, lunghissimo
momento.
Sicuramente
era dell'ufficio.
Sicuramente
era una delle stupide frecciatine snervanti di Scorpius
io-ti-facio-pure-entrare-in-casa-mia Malfoy.
Sicuramente
aprirla non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua terribile
emicrania.
Sicuramente.
Lasciò
andare la busta sul ripiano all'ingresso filando dritta, dritta verso
la doccia. Non aveva ancora chiuso la porta quando senti il primo
urlo far tremare letteralmente le pareti della casa.
«È
FOLLE CAPISCI? COMPLETAMENTE FOLLE!»
Lily
cacciò la testa fuori dal bagno tenendo la mano ferma sulla
maniglia.
Che
diavolo succedeva ora, per Merlino e Morgana?
Rimase
in attesa una trentina di secondi ipotizzando pure di essersi
immaginata tutto pur di potersi finalmente dedicare alla propria
doccia.
Niente.
Silenzio.
Chiuse
lentamente e con delicatezza la porta come se il minimo rumore avesse
potuto risvegliare l'essere urlante.
«LA
SMETTI DI FARE IL CRETINO? PORCO GODRIC!»
Lily
lasciò andare la fronte contro la superficie di legno della
porta del bagno sull'orlo del pianto.
Si
levò le scarpe-o ciò che ne restava-lanciandole con
violenza all'interno della piccola scarpiera che tenevano accanto
alla lavatrice. L'anta della sua sezione si spaccò e cadde a
terra in un tonfo.
«Oh
vaffanculo!»
Uscì
dal bagno col fumo che le usciva dalle orecchie dirigendosi a passo
di marcia verso il soggiorno.
Lei
avrebbe ucciso chiunque stesse provocando tutto quel casino.
UCCISO.
«Lucilla
Aria Bennet! Ti conviene esserti smaterializzata in Alaska per il
momento in cui io sarò arriva-»
Lily
si arrestò di colpo sulla soglia.
Sangue,
c'era del sangue sul pavimento.
«Cristo,
Lucilla, chi cazzo è morto?»
Il
viso del tutto cereo, fatta eccezione per le efelidi che lo
macchiavano sul naso e sulle guance, Lily Luna Potter si ritrovò
di fronte ad uno spettacolo decisamente inquietante:
Lucilla,
in piedi, il collo chiazzato di rosso-tipico di quando era nervosa
all'ennesima potenza- e Lucas, seduto sul divano, esattamente di
fronte a lei, con entrambe le mani in viso.
Nessun
cadavere.
Era
un buon segno, no?
«Non
l'ho fatto apposta.»
Lucas
si tolse una mano dalla faccia per farle cenno che andava tutto bene.
Lily
si avvicino. Spinta da un'atipica indole da crocerossina prese la
mano di Lucas che lui ancora si teneva in viso scostandogliela.
«L'hai
preso a pugni?»
«Un
pugno, e non l'ho fatto apposta»
«Come
puoi non fare apposta a dare un pugno?» Lily estrasse la
propria bacchetta guarendo il naso spaccato di Lucas con un
incantesimo non verbale.
«Beh,
in effetti non l'ha fatto apposta» intervenne Lucas mentre si
tastava il naso ancora dolente.
«Si
stava muovendo—agitava le braccia» tagliò corto
con una nota di indolenza nella voce.
Lily
lasciò svettare entrambe le sopracciglia fin quasi
all'attaccatura dei capelli.
Lucilla
annuì mordendosi il labbro inferiore.
Lucas
si lasciò scappare una mezza risata subito smorzata
dall'occhiata lancinante di Lucilla.
«Oh
dai, Lux. Non sei cambiata di una virgola!»
«Vaffanculo!»
La
bionda distolse lo sguardo conscia del fatto che Lucas avesse
ragione.
Era
migliorata nel corso del tempo. Tanto, troppo, in un modo quasi
strabiliante.
Da
studentessa mediocre era diventata una delle migliori del suo corso,
da futura raccomandata nel mondo del lavoro si era trasformata in un
vero e proprio portento.
In
quegli anni si era data da fare al punto da non permettere nemmeno ad
un pensiero di sfiorarla.
«Perchè
urlavate?»
La
voce di Lily interruppe il corso dei suoi pensieri. Lucilla alzò
la testa con uno scatto un po' troppo rapido e puntò i propri
occhi chiari contro Lucas che, al contrario, li aveva abbassati a
guardare il pavimento.
Lily
incrociò le braccia sotto al seno allargando
impercettibilmente le narici.
Era
arrabbiata, molto arrabbiata.
Il
corso degli eventi l'aveva sopraffatta completamente e si sentiva
stanca di quella piega frenetica che stava prendendo la sua vita.
«Ho
preso la mia decisione»
disse
cauto Lucas, senza osare alzare gli occhi dalle piastrelle cobalto
della sala.
La
bionda li alzò al cielo, invece, dando nettamente l'idea di
essere sull'orlo di una crisi di nervi.
«Ok.
Ora voi mi spiegate che sta succedendo»
Lily
sfilò una sedia dal tavolo di legno rettangolare-mai usato-che
faceva parte dell'arredamento della casa già da prima che loro
arrivassero.
Ci
si sedette sopra ponendosi esattamente a metà strada fra Lucas
e Lucilla.
Un
fuoco che divampava in mezzo a due fuochi.
Accavallò
le gambe sottili.
«ORA»
Ribadì,
il volto contratto in un'espressione che non ammetteva certamente
repliche.
Lucas
stava per aprire bocca ma Lucilla, come colta da un pensiero
improvviso lo precedette.
«Non
hai ricevuto niente, oggi?»
Lily
la guardò con fare interrogativo.
«Tutto
il mondo magico ha ricevuto una busta—una busta indirizzata
personalmente—sono state mandate delle lettere con gufi
inintercettabili e-- »
Lily
socchiuse gli occhi color cioccolato mettendo a tacere lo sproloquio
dell'amica. Si alzò per prendere la busta che le aveva
lasciato la signora Scott.
Almeno
non è di Malfoy. Pensò
vergognandosene subito.
Aveva
la netta impressione che sarebbe stata molto meglio una lettera dal
biondo platinato che quella che reggeva tra le mani.
«Questa?»
Lasciò
nelle mani di Lucilla il rettangolo di carta spessa su cui era
scritto a chiare lettere corsive 'Lilian Luna Potter'. La bionda
guardò ancora Lucas come in una tacita richiesta e lui annuì
lentamente, un'espressione grave, scura, dipinta sul viso.
«Comincio
ad avere paura, Lucilla, che c'è in quella busta?»
Lucilla
deglutì in modo talmente improvviso che Lily si sporse appena
temendo che stesse per strozzarsi.
«Lils,
tu ti fidi di me, vero?»
La
rossa, un'espressione di pura preoccupazione fece cenno di sì
con la testa incitandola ad andare avanti.
«Allora
non aprire quella busta—cioè, fallo dopo che ti avrò
raccontato tutto»
Lily
lasciò andare il rettangolo di carta bianca sul bracciolo del
divano.
Lucilla
prese un grosso respiro.
«Cercano
Lucas: il ministero, il corpo Auror, tuo padre... Pensano—pensano
che lui abbia fatto una cosa che non ha fatto!»
Lucas
sollevò un sopracciglio.
«E
sì che stamattina nemmeno mi credevi»
La
bionda fece un cenno brusco con la mano che zittì il ragazzo,
non senza una scocciata alzata d'occhi.
«Ecco—è
lunga da spiegare» andò avanti Lucilla «io non so
da dove cominciare»
«Dall'inizio?»
azzardò Lily cauta.
Lucas
per poco non cadde dal divano per la risata che aveva preso a
scuoterlo.
Lucilla
lo ignorò completamente, Lily, invece afferrò la
lettera che portava il suo nome storcendo appena la bocca.
Se
c'era una cosa in cui Lily Potter era brava, bravissima, era dare
l'impressione di avere qualsiasi emozione sotto controllo.
Mio
padre, mio padre lo cerca.
Lucilla
stava per dire qualcosa ma Lucas levò la busta dalle mani di
Lily e ne strappò un lato lasciando uscire un volantino-quel
volantino-ed una lettera ripiegata in quattro parti.
Passò
tutto a Lily che ignorò non senza un certo sforzo il foglio
che mostrava chiaramente la faccia di Lucas che si muoveva da destra
a sinistra con fare nervoso.
«E'
una lettera di mio padre» mormorò «mi dice—mi
dice di prestare attenzione a te»
Fece
un cenno col capo a Lucilla che per tutta riposta si alzò di
scatto strappandole letteralmente il pezzo di pergamena dalle mani.
«Lily,
mi dispiace doverti scrivere una lettera, mi dispiace non poter
essere lì con te e spiegarti ogni cosa senza che tu debba per
forza esserne spaventata. Non c'è niente da temere—Lucas
Belial-te ne ricorderai certamente-è, purtroppo, finito in un
brutto giro—indaghiamo su di loro da anni senza alcun
risultato—Purtroppo per lui è troppo tardi, lo riteniamo
direttamente responsabile di qualcosa da cui non si può
retrocedere—la signorina Bennet ne sarà distrutta.
Affido a te il compito di farle fare la cosa giusta e prenderti cura
di lei. Papà»
Lucilla
lesse tutto d'un fiato come se avesse paura che le parole potessero
sfuggirle dagli occhi. Alzò lo sguardo vitreo verso l'amica
corrugando appena la fronte, incapace di porle la domanda
che-forse-Lily stessa si aspettava.
Lily
ci pensò appena, o almeno sembrò pensarci. Guardò
Lucas, a lungo. Lui si stava passando le mani tra i capelli corti,
nervoso.
«C'è
il veritas--» azzardò Lily.
«Un
sacco di persone è come se l'avessero colto in fragrante, non
glielo concederanno, lo sbatteranno ad Azkaban, butteranno la chiave
e tanti cari saluti» rispose prontamente Lucilla, sovrapponendo
la propria voce a quella della rossa.
«Sarà
proprio quel che faranno dal momento che ho deciso di consegnarmi»
spiegò lui con una nota tagliente nella voce.
«Non
ricominciare, Belial. Tu non farai un accidente, Merlino santissimo!»
«Ho
deciso»
«La
smetti, Salazar!»
«E
tu cresci e smettila di fare la bambina!»
La
voce di Lucas sferzò l'aria come una lama tagliente. Lily si
alzò dalla sedia con fare sbrigativo lanciando ad entrambi
occhiate di fuoco.
«Io
credo che siate due bambini»
Si
riavviò i capelli vermigli con una delle mani ancora
graffiate.
«'cilla,
io mi fido di te. Non farò assolutamente nulla ma tu» e
qui si rivolse a Lucas con il dito indice puntato a pochi centimetri
dal suo naso appena aggiustato «Tu trova una soluzione che non
sia il passare il resto della tua vita in una cella. Sei innocente,
no? Dimostralo»
Si
strinse appena nelle spalle.
Per
quanto ovvio e scontato, ciò che aveva appena detto faceva
parte di un concetto talmente astratto di quella situazione che fece
sentire Lucilla ancor più disperata, ancor più con la
faccia contro il muro.
Lily
non disse una parola mentre sollevava stancamente la sedia, perchè
non strusciasse contro il pavimento, per poi riporla al suo posto.
Si
passò le mani tra i capelli annodati ancor più
selvaggiamente di quanto non lo fossero l'ultima volta che se li era
passati tra le dita.
«Andrà
tutto bene, vedrai» mormorò stancamente «vedrete»
si corresse lanciando un'occhiata quasi gentile a Lucas.
Dopodichè
si diresse all'amata doccia trascinando i piedi scalzi per la
stanchezza.
Lucas
guardò Lucilla con fare indagatore, a quel punto: la scrutava
senza dire una parola, gli occhi plumbei che le pesavano addosso. Lei
strinse i propri in due fessure trattenendosi dall'insultarlo, troppo
stanca per farlo di nuovo.
«Stamattina
mi hai lanciato uno Stupeficium»
«Sì»
«Uno
STUPEFICIUM» sillabò Lucas alzando entrambe le
sopracciglia.
Lucilla
sbuffò.
«Sì,
Lucas, ti ho lanciato uno stupeficium, te ne ricordi ora?»
Prima
di potersene rendere conto si ritrovarono entrambi a ridere come
matti. La tensione incredibile della situazione che avrebbero
inevitabilmente dovuto affrontare leggermente smorzata
«La
Lux che mi ricordo io non sapeva nemmeno far levitare un oggetto
senza rischiare di uccidere qualcuno»
Lucas
incrociò le braccia al petto sospirando. Lucilla gli scoccò
l'ennesima occhiata truce di quel giorno ricevendo in cambio un
sorriso sghembo di quelli che in quegli anni tanto le erano mancati.
«Mi
sei mancata»
Sussurrò
il moro quasi più al vuoto che all'amica che, nel frattempo,
si stava muovendo per uscire dal soggiorno e raggiungere la propria
camera.
«Anche
tu»
Mormorò
lei in risposta morsicandosi la lingua esattamente un istante dopo.
«Domani
dovremo spostarci, l'unica ragione per cui non sono ancora venuti qui
è che sembrerebbe troppo ovvio—e per Lily»
Lucilla
si passò una mano sulla fronte evidentemente senza idee
concrete per uscire da quel casino. Chiuse gli occhi e fece un
profondo sospiro. Lucas scosse la testa deciso.
«Domani
mi consegnerò»
Lucilla
scosse la testa, vigorosamente. «Fammi pensare, santo Merlino!»
Lucas
si alzò dal divano avvicinandosi a lei e poggiando entrambe le
mani sulle sue spalle. Era incredibile quanto la differenza fra i due
fosse enorme: lei, piccola, gracile, con le ossa sottili ed i
lineamenti di una bambina troppo cresciuta; lui, alto, muscoloso, con
quelle mani tanto grandi che se avesse voluto avrebbero potuto farle
male fino ad ucciderla.
Lucilla
sospirò ancora sotto la presa salda di Lucas che stava
titubando, probabilmente impaurito dall'imprevedibilità delle
azioni della ragazza-insomma, avrebbe potuto affatturarlo o
schiantarlo e glielo aveva dimostrato appena poche ore prima.
Stupida
piccola lunatica.
Dal
momento che lei non si mosse se non per le palpebre che sollevò
per incastrare i propri occhi azzurri in quelli indaco di lui, Lucas
lasciò scorrere le mani lungo le sue braccia tastando il
territorio, le possibilità. Alla richiesta di un tacito
permesso.
Lucilla
non non fece niente oltre a mantenere lo sguardo incollato agli occhi
del ragazzo.
Lui
l'abbracciò, dolcemente e con irruenza, un abbraccio come
tanti che fu come una boccata d'aria pura. Lucilla si morse il labbro
inferiore affrettandosi ad interrompere quel contatto.
Aveva
paura, una paura da morire,
Lui
non lo sapeva che cosa aveva passato per anni interi, non lo sapeva
che cosa aveva pensato, quanto avesse agognato quell'ultimo abbraccio
che lui non le aveva mai concesso, quel saluto, quell'addio che non
c'era mai stato.
Lucilla
si spostò svelta sulla soglia della porta voltandosi solamente
all'ultimo secondo.
«Dieci
minuti, Lucas, e sono di nuovo qui»
Lucas
la guardò allontanarsi, l'espressione interrogativa. Meditò
appena una manciata di secondi l'idea di andarsene, l'idea di non
essere egoista, di pensare a lei, alla sua sicurezza, alla sua
integrità.
Soltanto
una manciata di secondi, il cuore che gli stava sfondando la gabbia
toracica, si mise di nuovo a sedere.
Lui
non sarebbe andato da nessuna parte, non un'altra volta, non senza di
lei.
***
«Lucilla,
Lucilla!»
Sette
e trenta, un freddo quasi invernale per essere un giorno di settembre
e tanti capelli rossi in bocca. Lily, quella mattina, si era alzata
dal letto coi muscoli tanto indolenziti che neanche dopo una
maratona. Si era sgranchita gambe e braccia piuttosto sorpresa del
mancato odore di caffè.
Non
aveva notato subito la testa bionda che sbucava da sotto una coperta
per andare a poggiarsi sul tavolino da tè. Un lieve movimento
l'aveva fatta trasalire nel mentre che si accingeva ad infilare le
chiavi nella borsetta assieme a qualche forcina.
Lo
spettacolo che le si parò innanzi la fece sorridere da una
parte all'altra della faccia. A quanto pareva Lucilla non era
riuscita a fidarsi di Lucas: aveva preferito restare a controllarlo
tutta notte seduta sul pavimento. Ovviamente, però, si era
addormentata ed ora giaceva seduta e con la testa e le braccia sul
tavolinetto che le faceva da cuscino. Lucas se ne stava girato su un
fianco, la mano schiacciata sotto la faccia, sdraiato sul divano.
«Mh—cosa?»
Lucilla
era scattata sull'attenti con Lily che la scuoteva per una spalla. Si
stropicciò tutta la faccia come una bambina stringendosi un
po' di più addosso la coperta sentendosi colpita da una folata
d'aria fredda.
«Sei
stata qua tutta la notte?»
La
bionda annuì e Lily storse la bocca in un'espressione di puro
disaccordo.
«Sei
pazza. Sei proprio pazza»
Lucilla
si diresse a grandi passi verso la cucina da dove la moka stava
praticamente urlando il suo nome dal momento che aveva passato una
nottata davvero terribile.
«Che
cosa pensi che farà, ora?»
Le
chiese Lily mentre lanciava delle occhiate eloquenti al soggetto
dormiente della sua domanda.
«Perchè
non lo chiedi a lui?» le rispose Lucilla «Il Lucas che
ricordo io ha il sonno leggerissimo, lo sveglierebbe il suono di un
chicco di riso che cade sul pavimento»
La
bionda incrociò le braccia sotto al seno mentre il viso di
Lucas Belial veniva attraversato da un sorriso sornione.
«Ed
io che speravo in qualche frase buttata lì su quanto fossi
figo addormentato»
***
Sarebbe
voluta rimanere a casa, Lily, quel giorno.
Ci
aveva pensato su mezza nottata ed i volantini che stava notando nella
parte magica di Londra le facevano accapponare la pelle un po' di più
ogni secondo che passava.
Tuttavia,
per quanto la ragione fosse banale, per certi versi, non poteva
assolutamente permettersi di mostrare negligenza sul lavoro, non con
Malfoy come capo.
Inoltre,
se fosse rimata casa sarebbe passata per la pazza in imbarazzo e lei
non era in imbarazzo, no, non lo era affatto.
Se
lo stava ripetendo per la trecentocinquantaduesima volta mentre, con
passo fermo, varcava la soglia degli uffici della MagiLawyer e Co.
Fece un cenno col capo a Maddy, la stagista bionda alla reception che
la salutò a sua volta con un sorriso decisamente troppo
spassionato.
Lily
era tesa, si poteva vedere lontano un miglio quanto fosse tesa.
Lasciò
andare la borsa sulla scrivania prendendo rapidamente posto, non
senza sospirare profondamente.
Ok,
era pronta, poteva farcela.
«Malfoy
non c'è Lily»
Tristana,
una coda di cavallo altissima che le lasciava ricadere i morbidi
capelli color cioccolato come una cascata sulla schiena, le porse una
caramella.
Lily
la prese con fare assente mentre pian piano realizzava ciò che
le era stato appena riferito.
«Come
non c'è?»
Tristana
si strinse nelle spalle e Lily storse il naso.
Senza
una ragione precisa un vago senso di pace le avvolse lo stomaco--
O
era senso di delusione quello?
Lily,
parzialmente felice per essersi risparmiata l'obbligo mattutino della
voce di Mafoy nell'orecchio che le dettava cosa avrebbe dovuto fare,
frugò nel cassettone della scrivania controllando se le era
rimasto qualcosa indietro dal giorno precedente.
Ma
chi voleva prendere in giro? Era lì da tre giorni e si era
impegnata fino allo sfinimento per finire tutto e al meglio.
Lanciò
un'occhiata fugace nella direzione di Tristana come a sperare di
poter ricevere l'ispirazione ma lei stava parlando senza sosta al suo
auricolare magico senza prestarle un briciolo di attenzione.
«Hai
sentito che stanno cercando un tizio di quella banda criminale?»
Le
sussurrò senza scollare gli occhi da un pezzo di pergamena sul
quale stava trascrivendo alcune cifre.
Lily
trasalì appena limitandosi ad annuire lentamente.
«Solo
un ragazzo. Terribile come funzioni la mente delle persone»
La
rossa, la bocca secca e le mani sudate, si sentì addosso lo
sguardo indagatore di Tristana.
Se
c'era una cosa che aveva capito di quella ragazza tanto simpatica era
che mai, mai e poi mai si sarebbe sognata di farsi gli affari propri.
Il che non era sempre un male dal momento che nel giro di poco tempo
l'aveva aggiornata sui pettegolezzi più succulenti di tutto
l'ufficio e, ultima cosa ma non meno importante, su Malfoy. Ma, e ne
era certa, nasconderle qualcosa risultava totalmente impossibile. Era
talmente brava a leggere le facce da risultare spaventosa al punto da
lasciar pensare che usasse una qualche forma ignota di Legilimanzia
per sapere così tante cose.
Lily
deglutì nel modo più silenzioso possibile che le riuscì
voltandosi verso la superficie di legno della propria scrivania e
prendendo a tamburellarci sopra le dita annoiata.
«Sai,
credo che il signor Malfoy tenga i casi da farti revisionare nel
cassettone più in basso dell'armadio a muro—Oh, certo
signor Collins—Certamente!»
Tristana
le stava letteralmente facendo cenno di muoversi ed andare.
«Non
ho le chiavi e se mi scopre ancora nel suo ufficio con le chiavi
rubate alla stagista come minimo mi ammazza»
Bofonchiò
Lily lasciando andare la testa contro una mano.
Lei
non doveva essere lì a fare niente, in quel momento!
«--Non
so signor Collins, ma posso sempre far venire anche la
signorina!--Oh, certo, lasci pure fare a me! Lei ha la vittoria in
tasca, signore!--Tanto non c'è Lily, è a casa!»
Lily
la guardò per un lungo istante mentre continuava il suo
sproloquio al telefono.
Tanto
Malfoy non c'era.
Doveva
tenere la mente occupata, doveva.
Malfoy
non l'avrebbe mai saputo, mai.
Erano
passati appena quindici minuti da quando aveva lasciato la propria
scrivania che già si trovava fuori dall'ufficio del proprio
odiosissimo capo con tanto di chiave argentea nella mano.
Convincere
Maddy a cedergliela di nuovo era stato un gioco da ragazzi, quasi
quasi si sentiva in colpa per tutta la persuasione che era in grado
di esercitare su di lei.
Si
guardò intorno con circospezione prima di infilare la chiave
nella toppa. Stava giusto per fare il primo giro, poggiando l'altra
mano sulla maniglia, quando quella si aprì in uno scatto senza
che lei avesse fatto assolutamente nulla.
«Ma
che--»
Lily
entrò nell'ufficio completamente buio guardandosi attorno.
Come
era possibile che la porta fosse aperta? Che l'avessero dimenticat--
Il
flusso dei suoi pensieri fu interrotto da una mano decisa che le
copriva la bocca spingendola di malagrazia contro il muro.
«Ahi!»
Si
lamentò Lily, rendendosi conto di aver sbattuto la testa
contro la cornice di un quadro.
La
mano tornò a coprirle la bocca mentre la porta si
richiudeva-probabilmente con un calcio dell'aggressore che le si
parava innanzi.
Lily,
guerriera nata, indecisa tra il tirare un calcio laddove non batte il
sole al maniaco e morsicargli le dita perchè la sua bocca
potesse essere libera optò per una scelta di convenienza
facendo entrambe le cose contemporaneamente.
«Oh,
porco--»
La
rossa stava per lanciarsi sulla porta per darsela a gambe e l'avrebbe
certamente fatto se la voce che aveva appena sentito non le fosse
risultata così familiare.
«Scor--»
Sorprendente
la capacità di ripresa di quel ragazzo
Nel
giro di dieci secondi fu contro il muro, di nuovo, con
l'angolo della cornice conficcato nella testa, di nuovo, e la
mano candida di Scorpius Malfoy a tapparle la bocca, di nuovo.
«--fa---cfe--diafofo—fai!»
Si
ribellò spintonandolo appena e portandosi una mano alla testa
dolorante.
Scorpius
estrasse la bacchetta con la mano libera mormorando un Lumos a
mezza voce ed interponendola fra loro. Le intimò il silenzio
con la sola forza dello sguardo e Lily, inspiegabilmente incantata da
quegli occhi grigio perla sferzati dalla luce prodotta dalla
bacchetta di Scorpius annuì con un cenno del capo smettendo
per un attimo di massaggiarsi la testa.
«Mi
hai fatto male, Malfoy!»
Sussurrò
la rossa con una punta di sdegno nella voce una volta che la sua
bocca fu libera.
«Che
cavolo ci fai nel mio ufficio?»
Disse
lui contemporaneamente.
Si
guardarono per un istante negli occhi con il solo suono dei loro
respiri smorzati a riempire l'aria. Fu Scorpius a muoversi per primo:
scostò con delicatezza la mano di Lily sostituendola con le
sue dita.
«Che
ti sei fatta?»
Sussurrò
cauto, tastandole la testa alla ricerca di un bernoccolo.
Lily
non rispose. Era rimasta con la mano scostata a mezz'aria ed
un'espressione vagamente intontita dipinta sul viso.
Non
sapeva spiegarsi bene la ragione per cui il battito del cuore fosse
così accelerato-lo spavento precedente? O c'era
qualcos'altro?
Tutto
ciò che sapeva, in quel momento, era che non si sentiva
spaventata. Nemmeno un po'.
«Non
mi sembra che ci sia--»
Occhi
grigi in occhi color cioccolato. Si incastrarono in un moto tanto
istantaneo quanto eterno scoprendosi totalmente incapaci di
interrompere quel contatto.
Improvvisamente,
a Scorpius, tornò in mente la sera prima. Gli tornò in
mente il momento in cui aveva visto quei capelli rossi sciolti lungo
quella schiena lattea.
Gli
tornò in mente quel che aveva provato in quel momento, quanto
gli sarebbe piaciuto passarci dentro le dita per districarli.
Prima
che Scorpius stesso realizzasse quel che stava per fare si ritrovò
a sciogliere i capelli di fuoco di Lily dall'elastico nero e dalle
forcine che li tenevano intrappolati in quella crocchia.
Lily
lo guardò con tanto d'occhi aprendo la bocca solo un attimo
come a voler ribattere ma richiudendola immediatamente.
Gli
occhi di Scorpius restarono allacciati ai suoi mentre con fare
gentile lui le passava le dita fra i capelli rossi, fino al punto
della testa che accusava dolore dove, poi, le posò con
delicatezza.
«Ti
fa male qui?»
Le
chiese con voce roca. Troppo roca.
Lily
sbarrò gli occhi riprendendosi quel che bastava da
quell'incanto mentre Scorpius ritraeva la mano di scatto come uno che
si è appena ustionato.
«Sì»
Disse
lei solamente.
«Lì»
E
a quel punto fu la follia a prendere il sopravvento. Lily non avrebbe
più potuto dire nient'altro.
Le
mani di lui che le affondavano nei capelli vermigli, la schiena
schiacciata contro quella parete che fino a pochi giorni prima le era
sembrata tanto spenta e le labbra imprigionate da quelle di Scorpius
che la stava baciando come se fosse l'unica cosa in grado di
mantenerlo in vita.
Ciao,
io sono quella che scrive, ciao.
Vi
dico solo che non mi piace un granchè. Avevo voglia di
postare, quindi non so se ci sono errori—appena avrò un
minuto gli darò una scorsa per correggerlo.
Oh,
insomma—DITEMI COSA NE PENSATE.
Tutto
qui.
Besos
BlackPoison
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Capitolo 6 *** 5-The Devil Within ***
CAPITOLO 5
The
devil within
Ci sono cose che quando
succedono ci lasciano completamente basiti, sconvolti, spiazzati.
Ci sono cose che quando
succedono non lasciano spazio ad altri pensieri.
Ci travolgono, ecco.
Ci sommergono come un'onda
inaspettata.
Come quando siamo nell'acqua
e senza neppure rendercene conto ci ritroviamo ad annaspare per
tornare a galla.
Ci sono cose che succedono
per sbaglio, altre che hanno dietro una lunga premeditazione per
quanto sbagliate possano essere.
Ciò che è
certo è che, una volta successe, tornare indietro risulta
praticamente impossibile.
Ed allora—
Allora non ci resta che
nuotare.
Quando Lily Luna Potter
spalancò le palpebre sul soffitto della propria stanza, quella
mattina, non fu perchè la sveglia nuova-quella di Dominique
l'aveva lanciata dalla finestra-si era messa a trillare, no.
«Papà!»
«Uh,
tesoro! Non volevamo svegliarti»
Harry si portò una
mano dietro la testa arruffandosi i capelli scuri già
pietosamente disordinati.
Lily si guardò
attorno stringendosi addosso la vestaglia verde mela che, notò
solo in quel momento, nemmeno era sua: all'incirca venti persone
stavano passeggiando per l'appartamento con tanto di attrezzatura
assurda ed ampolle piene di pozioni che portavano l'etichetta del
ministero.
La
rossa scosse la testa arricciando il naso lentigginoso per il
disappunto.
«Papà?
Che ca—volo ci fa tutta questa gente in casa mia?»
Harry
si irrigidì sul posto nel constatare che il rossore sulle gote
della figlia, chiaro indice di rabbia, aveva già superato di
almeno due toni la normale porpora da nervosismo passeggero.
Male,
molto male.
«Ehm,
ecco» arrancò il mago passandosi, ora, nervosamente le
mani contro la giacca come a volerla liberare da granelli di polvere
inesistenti «sono-sono le indagini»
Lily
allargò visibilmente le narici inspirando ed espirando l'aria
nel tentativo di mantenere una parvenza di calma.
«Papà.
Questa è casa mia--»
«Signor
Potter, non ci sono segni di magia recente-che non sia delle due
inquiline-in tutto il salotto, passiamo alla cucina? »
Una
ragazza dalla pelle olivastra ed i capelli neri si era avvicinata
senza che lei se ne potesse anche solo rendere conto presa com'era
dall'urlare addosso al proprio padre. Si erano già viste, lei
e Willemina Robinson, era un'amica di Lucilla, eppure, mentre si
rivolgeva al capo Auror nemmeno la degnò di uno sguardo.
Lily
osservò la scena silenziosamente desiderando schiantare fuori
tutti quegli intrusi con il potere della sola mente.
«Oh,
ok Robinson, ok»
Harry
si levò gli occhiali per pulirli con la manica della camicia.
«Non
sapevo come dirtelo, tesoro e non volevo che finisse per essere
un'ispezione ufficiale—cerca di capire»
Lily
non si degnò nemmeno di rispondere, alzò gli occhi al
cielo scuotendo il capo e stringendo i pugni fino a lasciarsi
sbiancare le nocche.
Percorse
l'intero corridoio a ritroso diretta alla propria stanza.
«Dopo
verrai interrogata—faresti meglio, faresti meglio a vestirti»
L'ultima
parte il signor Potter la disse più a sé stesso che
alla figlia. Non pensava che la situazione sarebbe stata così
gravosa, né tanto meno credeva che avrebbe faticato tanto ad
affrontare le cose in modo maturo.
Odiava
che fosse coinvolta sua figlia, la sua bambina, la sua Lily.
Odiava
dover irrompere in casa sua, farle delle domande come si faceva coi
familiari dei criminali.
Odiava
guardare le sue spalle contratte coperte da quella cascata di capelli
rossi che facevano tanto Ginny mentre lei se ne andava arrabbiata.
Tuttavia,
e se lo ripeté per l'ennesima volta mentre camminava a passi
stanchi verso la piccola cucina già affollata, tutto questo
era necessario.
«Nessuna
notizia della signorina Bennet, Robinson?»
Chiese
distrattamente, per la centesima volta in una settimana, alla mora.
Lei
alzò lo sguardo sul capo Auror con una nota di sconforto
impressa nell'espressione del viso, normalmente di cera.
«No,
nessuna signor Potter»
Harry
annuì per poi dirigersi lentamente all'esterno della stanza.
Necessario.
Tutto
questo era necessario.
***
Ovvio
che era arrabbiata, come poteva non esserlo?
Lily
strinse i pugni cercando di auto-imporsi la calma.
Un'occhiata
veloce all'orologio magico le disse che erano le sette e
probabilmente avrebbe fatto meglio a sbrigarsi per poter andare a
lavoro.
Lavoro.
Malfoy.
Accantonò
momentaneamente la morsa che le attanagliò lo stomaco nel
momento stesso in cui il pensiero le attraversò la mente, o
meglio, che glielo attanagliava da un certo evento inappropriato a
cui era seguita una lunga settimana passata ad evitare di affrontarlo
in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Cercò
di concentrarsi su quel che stava succedendo, su quel che doveva
fare.
Era
escluso che gli Auror trovassero tracce di Lucas Belial
nell'appartamento.
O
almeno questo era ciò che Lucilla le aveva lasciato scritto
sul biglietto a cui aveva dato fuoco esattamente un minuto dopo
averlo letto.
Ok,
forse due minuti dopo dal momento che uno l'aveva passato ad
imprecare a vuoto.
Non
l'aveva salutata, non le aveva detto dove sarebbe andata.
Aveva
preso in considerazione tutte le possibilità e sapeva che meno
lei ne sapeva più sarebbe stata al sicuro e lontana da colpe,
almeno così diceva.
Fatto
sta che Lily non era riuscita ad evitarsi di avercela con lei in un
primo momento.
Si
sentiva abbandonata, messa da parte—aveva pensato che la bionda
non si fosse fidata di lei--
Quanto
era stata stupida?
Aveva
preveduto tutto, ogni cosa.
Ed
ora, tutti quegli Auror nel suo salotto, erano la conferma di quanto
la situazione potesse essere immensa.
Più
di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Lucilla
non aveva fatto nient'altro oltre a ciò che era necessario
per proteggerla.
Prese
l'ennesimo respiro profondo mentre infilava il vestito del giorno
prima con un macigno in piena regola a pesarle sullo stomaco.
***
«Io
continuo a pensare che questa non sia una buona idea»
«Taci»
«Salazar,
Lux, puoi smetterla per un secondo di fare di testa tua?»
Lucilla
alzò gli occhi chiari verso il soffitto ammuffito della camera
che avevano preso in affitto alla Stamberga Strillante mentre Lucas,
con i gomiti poggiati sulle ginocchia, continuava a scuotere la
testa, sospirare e lamentarsi da—beh, da praticamente un'ora.
E
meno male che era lei quella che aveva sempre qualcosa di cui
lagnarsi.
La
bionda storse la bocca lasciando che sulla fronte le apparissero tre
linee parallele di preoccupazione,
«Non
verranno mai qua, è troppo vicino ed in questo modo potremo,
beh, indagare, no?»
Lucilla
Bennet si strinse nelle spalle sottili portando gli occhi sul
proprio-un tempo-migliore amico conscia di quanto la situazione
potesse essere gravosa per lui.
Si
morse il labbro mentre compiva i tre passi che li separavano ed
andava a sedersi esattamente accanto a lui.
«Abbiamo
pochissime chance, Lucas, dobbiamo agire velocemente»
Lucas
Belial annuì irrigidendo appena un po' la mascella.
Non
era d'accordo.
Non
lo era affatto.
Lo
avrebbe visto anche un mago bendato ed in piedi sulla propria
bacchetta.
Si
sentiva in colpa, però, tremendamente in colpa, quindi si
limitava per lo più ad annuire e sospirare lasciando che le
redini le potesse tenere in mano lei.
In
fondo ne aveva piena fiducia.
Spostò
gli occhi un po' tetri sulla bionda seduta accanto a lui.
Lucilla
lo conosceva, un tempo, lo conosceva per ciò che era.
Si
sorprese a domandarsi di quanto fosse realmente cambiato, quanto
fosse davvero mutato il suo carattere, le sue abitudini i suoi modi
di fare.
Osservò
con aria critica la linea dura del suo viso e realizzò che il
vecchio Lucas avrebbe avuto una furia al proprio interno che
minacciava di sparargli fuori dalle orecchie.
«Su»
si arrese allargando le braccia e spostando velocemente lo sguardo
in una sorta di neo imbarazzo «hai-hai in mente qualcosa?»
Il
moro alzò un sopracciglio schiudendo appena la bocca prima di
contrarre il viso in una mezza smorfia.
«Ora
me lo chiedi?» le rispose sarcastico.
Lucilla
alzò ancora gli occhi trattenendosi dal mandarlo a quel paese
con uno Stupeficium, giusto per rendere meglio il concetto.
«Te
l'ho già detto che per me è una pessima idea»
«Difatti
ti ho chiesto cos'hai in mente, Lucas» commentò la
bionda senza tralasciare una nota di esasperazione nella voce.
Lucas
strinse gli occhi in due fessure.
Quando
la sua migliore amica si era trasformata in un esserino tanto—tanto
odioso?
«Come
ti ho già detto» puntualizzò il moro tentando la
via della pazienza più assoluta «si spostano di sede in
sede man mano, ogni volta che le cose si fanno difficili. Tuttavia,
la sede la proteggono con degli incantesimi, perchè gli indizi
non possano essere rivelati, un po' per volta così da non
attirare l'attenzione per l'uso spropositato di magia in un solo
posto—potrebbe esserci ancora qualcosa che rimandi ad un loro
spostamento» ripetè a mo' di cantilena.
«Mi
spieghi come ci arriviamo in questo posto se tu nemmeno lo conosci?»
Lucilla lo guardò con aria critica.
Aveva
già provato ad accennarle ma lei aveva sempre troncato le
discussioni sostenendo che se mancavano indizi troppo grossi era
anche inutile solo tergiversare.
«Conosco
la zona» tagliò corto il moro.
«Non
basta»
La
bionda si scostò una ciocca ribelle di capelli che le era
ricaduta sul viso per poi sbadigliare sommessamente.
«Da
quant'è che non dormi?»
Lo
sguardo allibito di Lucilla si trasformò, nel giro di nemmeno
un secondo, in un'espressione di puro sgomento.
«Credi
che potrei dormire, Lucas? Stanno cercando anche me, lo sai?»
sbottò, per poi mordersi la lingua colpevole.
Stupida.
Lucas
strinse le dita delle mani contro il materasso fino a farsi sbiancare
le nocche.
«Non
volevo dire questo» mormorò lei, vergognandosi della
propria stessa stupidità «lo sai»
Lucas
annuì, di nuovo evitando di guardarla negli occhi.
Lei
gli si avvicinò cauta cercando di trovare la via migliore che
non fosse il contatto per riuscire a trasmettergli—qualcosa,
ma cosa?
«Io
sono solo spaventata per te»
Si
arrese alla fine, con la mano incapace di posarsi sulla spalla di
lui, lasciata a mezz'aria.
«Lo
so»
«Voglio-voglio
solo che--»
«Lo
so» la interruppe lui, questa volta con un tono brusco nella
voce ed un'espressione dura ad incorniciare gli occhi incollati al
muro di fronte a sé.
«Lo
so» ripeté, più dolcemente.
«Mi
chiedo solo per quale ragione ti ostini a voler mettere te stessa nei
guai per tirare fuori me, dal momento che mi odi»
«Io
non ti odio!» rispose la bionda indignata. «Merlino! Che
zucconerie ti dice il cervello, Lucas Belial?»
A
quel punto gli occhi plumbei del ragazzo si incastrarono stretti in
quelli più chiari di Lucilla che se ne stava in piedi, di
fronte a lui, con le braccia conserte ed un'espressione
indecifrabile.
«Allora
perchè non riesci nemmeno a toccarmi, mh? Se ti tocco per
sbaglio scappi e non mi rivolgi la parola per delle ore»
Lucilla
fece un passo indietro, poi un altro.
«Domani
andremo fuori alla Gringott-tieniti pronto alle cinque del mattino»
Lucas
Belial alzò gli occhi al cielo e , per l'ennesima volta,
annuì.
***
«Ecco
qua»
Tristana
lasciò cadere un fascio di fogli freschi di stampa sulla
scrivania accanto alla propria.
Alla
suddetta scrivania se ne stava-letteralmente-avviluppata alla sedia,
una ragazza dai capelli rossi, vestita di un tailleur grigio perla.
«Non
puoi capire quanto io ti adori»
Disse
la sopracitata rossa con un'espressione melodrammatica stampata sul
viso.
Tristana
sollevò una delle sopracciglia tatuate e si lasciò
andare sulla propria sedia.
«Non
ti faccio più da fattorino, Lily Potter, te lo dico. Non se
non mi spiegherai che cosa è successo tra te e il tuo capo,
per Tosca!»
Lily
rabbrividì da capo a piedi accingendosi a raccogliere il
mucchio di fogli che l'avrebbero tenuta impegnata per almeno cinque
ore.
Era
così da tutta la settimana, ormai.
Era
riuscita ad evitare Scorpius-io ti sbatto al muro del mio ufficio
senza una vera ragione-Malfoy in modo talmente sopraffino che ogni
sera, a casa, si faceva i complimenti da sola di fronte allo
specchio.
Lui,
dal canto suo, non è che sbracciasse nei corridoi o chiedesse
di lei.
No,
era una sorta di tacito accordo: lei non lo cercava, lui non la
cercava-e la lasciava in pace, e tutto procedeva per il meglio.
Se
non fosse stato per il brivido di terrore che le percorreva per
intero la spina dorsale ogni volta che la pietra magica emetteva un
bip o per l'ansia di beccarlo casualmente all'ingresso ogni mattina,
avrebbe anche potuto dire che questo lavoro le si stava rivelando più
roseo del previsto.
«Non
è successo niente» tagliò corto la rossa
schiarendosi la voce con un colpo di tosse e prendendo a leggere la
prima pratica.
«Allora
perchè ritiro io il tuo lavoro ogni giorno?»
«Perchè
ti sto simpatica?» la rossa sorrise ma la collega nemmeno la
degnò di uno sguardo dal momento che aveva già preso il
via il suo giro di chiamate giornaliero.
Godric,
pericolo scampato. Pensò
Lily.
Ma
non l'avrebbe pensato se avesse avuto presente una delle sue massime
assolute, una di quelle che la sua coinquilina, nonché
costante fonte di guai, Lucilla Bennet, le aveva trasmesso : 'la
sfiga è la sfiga, non importa quando la fuggi, lei ti troverà.
Sempre e comunque'
Sollevò
appena in tempo gli occhi nocciola sulLa sfiga vestita con un
cardigan viola ed un paio di jeans di ottima fattura.
Jake
Zabini.
Jake
Zabini l'amico storico di Scorpius.
Jake
Zabini l'amico storico di Scorpius era esattamente fuori dalla porta.
«Tristana!»
sussurrò, o meglio, rantolò Lily alla vicina di
scrivania.
Quella
per tutta risposta arricciò il naso guardandola con la coda
dell'occhio.
«La
porta! Chiudila! Ti prego!»
Mentre
Lily si agitava convulsamente sulla sedia girevole della propria
postazione indicando come un'ossessa l'ingresso all'ufficio e la
collega, Tristana continuava a guardarla con un'espressione a metà
tra lo stralunato e l'esasperato.
«Certamente
signor Thompson! Se lei ci farà avete tutta la documentazione
in tempo—Che ti prende, ora?» sussurrò, premendo
un pulsantino con l'indice laccato di rosso.
Solo
dopo un secondo realizzò che cosa, effettivamente, la rossa le
stesse chiedendo.
Tristana,
allora, alzò gli occhi scuri al cielo cercando di mantenere la
calma ed aprì il primo cassetto della scrivania di Lily
indicandole il contenuto.
La
rossa lasciò svettare un sopracciglio presa leggermente in
contropiede finchè non si rese conto che ciò che
Tristana le stava ricordando era che lei possedeva una bacchetta
e-beh-con una bacchetta poteva benissimo chiudersela da sé, la
porta, senza ricorrere al bisogno di alzarsi.
Con
un'alzata d'occhi vittoriosa di Tristana, Lily afferrò la
suddetta bacchetta puntando alla porta con un incantesimo non
verbale.
«Potter?»
Oh,
Fanculo.
***
Lucilla
guardò prima a destra e poi a sinistra almeno cinque volte
prima di attraversare la strada buia e deserta ed andarsi a
nascondere nuovamente dietro ad uno dei vecchi edifici di Diagon
Alley.
Il
problema era che nemmeno lei aveva davvero una vaga idea di ciò
che stava facendo.
Probabilmente
il suo era un semplice tentativo di guadagnare abbastanza tempo per
pensare a qualcosa d'intelligente. Il problema era che, di tempo, ne
stavano perdendo davvero troppo e nella più totale inerzia.
Scappavano.
Basta.
E
tutto quel tempo perso era inversamente proporzionale alle loro già
poche possibilità.
Sentì
una morsa alla bocca dello stomaco nel momento in cui realizzò
nuovamente quanto fosse praticamente nulla la possibilità di
venire a capo da quell'incubo.
«Io
mi chiedo per quale maledettissima ragione ti ostini a voler fare
tutto da sola»
Lucas,
sbucato da chissà dove, le aveva preso un braccio tirandosela
di fronte.
Il
viso attraversato da pura ira.
La
bionda si svincolò velocemente dalla sua presa ammonendogli il
silenzio.
«Saresti
dovuto rimanere in camera--»
«Avevi
detto che l'avremmo fatto insieme!» la interruppe
assottigliando lo sguardo, il volto nascosto dal buio della notte.
«Mi
è sembrato meglio così»
Lucilla
si voltò ad osservare la strada ancora completamente vuota e
silenziosa.
«E
per quale ragione non me ne hai parlato?»
Lucas
buttò fuori l'aria dal naso in una sorta di sibilo.
Probabilmente
stava cercando di trattenersi dal prendere a pugni la parete del
palazzo.
Lucilla
non si girò nemmeno nella sua direzione continuando ad
osservare un punto imprecisato della viuzza polverosa.
«Lux»
Niente.
«Lux,
Salazar!»
Lucas
afferrò per la seconda volta il braccio di Lucilla
costringendola a voltarsi.
Quella,
per tutta risposta, strabuzzò gli occhi azzurri tentando
nuovamente di liberarsi dalla presa.
Tuttavia,
questa volta, nelle dita di Lucas che le stringevano il polso non vi
era alcuna delicatezza o remissione ragion per cui non le restò
altra scelta che arrestare i propri tentativi di districamento e
rimanersene impalata in attesa che lui le dicesse ciò che
aveva da dire.
«Lux»
ripeté il ragazzo lasciando andare un sospiro di
angoscia.«Pensi di continuare a procedere a vanvera—da
sola?»
«So
badare a me stessa» rispose lei atona, il viso pallido
pietrificato in un'espressione completamente impassibile.
Lucas
le afferrò l'altro polso, con più calma, finendo con
l'afferrarle entrambe le mani nelle sue.
«Non
è una battaglia che devi combattere tu»
A
Lucilla sembrarono essere passati secoli dall'ultima vota che aveva
sbattuto le palpebre: quando lo fece una lacrima prese a rotolarle
giù per la guancia mentre il suo volto continuava a non
tradire alcuna emozione-pura e semplice apatia ingannata da
quell'unica stupida goccia salata.
Lucas,
preso in contropiede compì quel piccolo passo che lo separava
da lei per abbracciarla, abbracciarla davvero.
«Non
avere paura che ti possa fare del male» le sussurrò col
viso affondato nei suoi capelli biondi.
Lucilla
chiuse gli occhi lasciandosi stringere, permettendo ad una seconda
lacrima di srotolarsi lungo il suo viso.
«Me
ne hai già fatto»
Il
moro si irrigidì ma non lasciò andare la ragazza, non
prima che un rumore improvviso rompesse definitivamente quel momento.
Lucilla
si passò alla svelta il palmo sulle guance bagnate, l'istinto
da auror che le diceva di non fare il minimo rumore la spinse ad
afferrare Lucas per la camicia portandolo a raso contro il muro,
esattamente al proprio fianco.
«Assurdo
come siano morte queste strade a quest'ora della notte»
Un
sussurro roco e lontano e poi una figura vestita di abiti scuri
attraversarono la via esattamente al loro fianco.
«E'
un paesello di vecchietti ultracentenari, è già bello
se non sono deserte pure durante il giorno, Garret!»
Una
seconda figura, sempre vestita di abiti scuri, fece il suo passaggio
a passo lento sghignazzando.
«Non
dire il mio cazzo di nome, idiota. Lo sai che è pericoloso!»
La
prima figura estrasse la bacchetta.
Il
volto coperto dalla notte non riuscì a nascondere dei
lineamenti grotteschi e piuttosto malconci nascosti sotto al
cappuccio pesante.
Lucilla
guardò Lucas in una tacita domanda e lui scosse la testa con
il volto tirato e concentrato.
«Cominciamo»
disse
la prima figura che ad un assenso della seconda cominciò a
lanciare degli incantesimi in una qualche lingua antica in diversi
punti di tutta la piccola strada.
QUELLA
CHE SCRIVE
Ciao
a chi c'è, tanto per cominciare.
Lo
so, ho aggiornato praticamente a distanza di un mese e mi dispiace un
sacco.
Questo
capitolo è leggermente più breve degli altri ed ho
voluto inserire qualche personaggio un po' in 'entrata' in scena,
giusto per lasciarvi un mezzo spoiler sul poi.
Non
mi piace troppo, troppo, e non l'ho esattamente RILETTO-ero
distratta!-ma lo farò al più presto.
Anyway,
mi dite che ne pensate?
OH---Grazie
a tutte quelle persone che mi seguono/mi hanno tra i preferiti.
Siete
tutti belli e vi voglio pene.
Cià♥
|
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Capitolo 7 *** 6-Close Your Eyes ***
CAPITOLO
6
Close
your eyes
Il
problema di Lily Luna Potter non stava tanto nel fatto di non avere
le cosiddette palle per affrontare le situazione.
Era
una grifona.
Non
le mancava la faccia tosta.
Il
problema, per la rossa, sopraggiungeva nel momento in cui ai suoi
buoni propositi da ex-grifondoro si affiancavano dei gelidi occhi
grigio piombo e sottili capelli dello stesso colore di quelli di
tutta la stirpe del suddetto individuo.
Fu
esattamente per questa ragione che-dopo essere diventata una statua
di cera ed aver fatto calare la propria mascella su per giù
fino alla moquette-alla voce del caro vecchio Zabini lei si era
prontamente girata sulla sedia rotante della sua scrivania.
Non
senza picchiare dolorosamente un ginocchio contro il tacco a spillo
di Tristana, ovviamente.
Altrimenti
non sarebbe stata abbastanza Lily.
«Potter—che
fai? Non mi riconosci?»
Rincarò
lui leggermente confuso.
Se
ne stava sulla porta e la osservava con un sopracciglio scuro arcuato
e le labbra appena appena piegate verso sinistra.
Lei,
per tutta risposta, continuò ad ignorarlo prendendo ad
agitarsi sui fogli impilati di fronte a sé.
Tristana
le lanciò un'occhiataccia di rimprovero che lei snobbò
senza troppe moine.
«Potter?»
ritentò Zabini, una nota di dubbio nella voce.
A
questo punto una persona qualsiasi si sarebbe arresa.
Una
persona qualsiasi avrebbe fatto retro-front, magari si sarebbe pure
fatta venire il dubbio di aver avuto le traveggole-di essersi
sbagliata.
Una
persona qualsiasi.
Jackson
Percival Zabini di certo-e purtroppo per Lily- aveva poco della
persona qualsiasi, tuttavia.
Il
ragazzo di colore compì quei pochi passi che separavano la
porta d'ingresso degli uffici dalla scrivania di Lily Potter, posò
entrambe le mani ai fianchi ed inarcò ancor più-se è
possibile-le sopracciglia verso l'alto.
«LILY
LUNA POTTER»
Inutile
dire che Lily più che prendere a sudare freddo, a quel punto,
stava letteralmente annaspando.
«Mi
scusi un secondo signor Torks---Posso esserti utile?»
Tristana
congedò il proprio interlocutore alzandosi direttamente in
piedi fino ad interporsi fra la figura di Jake e Lily, ancora di
spalle.
Lui
la guardo con tanto d'occhi mentre lei gli scoccava uno dei suoi
sorrisi mielosi da brava segretaria che si rispetti.
«E'
diventata sorda?»
Domandò
serio, gesticolando appena verso la rossa.
La
testa di Lily si schiacciò ancor più contro i fogli
ormai sparsi sul proprio tavolo.
«Non
so di cosa tu stia parlando ma-e mi dispiace dirtelo-questi uffici
non sono aperti al pubblico. Quindi, ripeto, hai bisogno di
qualcosa?»
«Ecco,
io--»
Fu
a quel punto che Jake Zabini notò per la prima volta le lunghe
unghie laccate di rosso della ragazza, gli occhi luccicanti di un
autocontrollo forzato e l'angolo della bocca compresso in
un'espressione d'impazienza.
Fece
un passo indietro portandosi una mano al capo.
«Io-io-no,
stavo per andarmene»
Jake
percorse a grandi passi la strada a ritroso senza perdere d'occhio
nemmeno un secondo Tristana che se ne rimase lì, rigida come
una statua, ad attendere che se ne fosse andato.
Fu
proprio nel momento in cui fu sul punto di voltarsi che Scorpius fece
la sua comparsa nel lungo corridoio.
«Ma
ti sei perso?»
E
la porta si chiuse in un ovattato TAC.
Tristana
sospirò profondamente e si voltò verso la rossa, lucida
di sudore ed ancora piegata sui suoi fascicoli.
«Tu
mi devi spiegare, Potter»
E
si mise a sedere.
***
Jake
seguì Scorpius chiuso in un silenzio piuttosto
insolito-insolito per lui s'intende.
Inutili
furono i fugaci sguardi interrogativi del biondo nella sua direzione,
inutili i tentativi di iniziare una conversazione che fosse una.
Quando fece entrare l'amico per poi chiudere la porta del proprio
ufficio, Scorpius, si era ormai convinto che qualcuno gli avesse
lanciato una qualche fattura del silenzio-il che, a pensarci, non
poteva che essere un bene per la collettività.
Lo
fece sedere con un cenno, ancora un po' confuso, raggiungendo la
propria postazione ed appellando una bottiglia e due bicchieri dal
piano bar poco più in là.
«Pensi
di spiegarmi che ci fai qui?»
Silenzio.
Scorpius
contorse il bel viso in un'espressione di puro sgomento prima di
versare una dose generosa di Firewiskey nei bicchieri di cristallo.
«Zabini?»
«Eh?»
rispose quello come a cadere dalle nuvole. Afferrò
distrattamente il bicchiere portandoselo alle labbra.
«Qual'è
il tuo problema, porco Merlino!?»
Scorpius
sbottò, forse un po' troppo all'improvviso dal momento che
l'amico fece rovesciare gran parte del contenuto del bicchiere sui
propri pantaloni di buona fattura.
«Oh,
Salazar!» Imprecò Jake per poi afferrare una manciata di
tovagliolini dalla scrivania ordinata di Malfoy.
Scorpius,
per tutta risposta, si portò una mano al capo e fece
evanescere tutte le macchie con un incantesimo non verbale che
gli costò appena un colpo di bacchetta.
«Nel tuo
ufficio c'è gente strana»
Esordì
il moro non appena ebbe appurato che i suoi pantaloni italiani erano
davvero salvi.
Scorpius
contrasse il viso in una smorfia-lo guardò con tanto d'occhi
sperando in cuor suo che l'amico andasse avanti a spiegargli quella
strana affermazione.
Jake, tuttavia,
non accennava a voler dire una sola parola di più.
«Che
Salazar ce la scampi-Jake, si può sapere che t'è
successo? Ti hanno affatturato? Ti hanno rubato la giacca di
Armani--»
Jake riafferrò
il bicchiere con mano un po' più salda scuotendo il capo.
«Mi
sembrava di aver visto la Potter» borbottò.
Scorpius, a
quelle parole, sputò letteralmente tutto il contenuto del
proprio bicchiere sulla scrivania di fronte ad uno Zabini decisamente
accigliato.
«Ma che
cazzo fai?»
«Che
cazzo faccio?» replicò quello replicando l'incantesimo
precedente e spostando svelto lo sguardo da quello dell'amico.
«Non ci
posso credere-NON CI POSSO CREDERE!»
«Perchè
stai urlando, idiota? Torna a non parlare, è decisamente
meglio quando taci!»
«Quella
ERA la Potter!»
Jake alzò
l'indice soddisfatto della propria intuizione senza curarsi
minimamente di abbassare il tono di voce. Scorpius, del tutto nel
disagio, si rassettò la giacca in imbarazzo.
«Non ci
credo. La figlia di Harry Potter lavora qui, folle!»
Zabini scosse
la testa mentre si appoggiava contro lo schienale in una ripristinata
normalità.
«Perchè
non me l'hai detto?» chiese, ma non era davvero interessato
alla risposta dal momento che si alzò in piedi senza dare a
Scorpius nemmeno il tempo sufficiente per inventarsi una scusa che
avesse senso. «Ha fatto finta di non conoscermi! Ed aveva una
cotta per me ad Hogwarts--»
«Non
aveva una cotta per te»
Il biondo si
scostò appena il colletto della camicia improvvisamente troppo
stretto e si versò un altro bicchiere di Wiskey.
«Sì
che ce l'aveva, lo dicevano tutti!»
«Tutti
dicevano molte cose» replicò distrattamente Malfoy.
«Sarà»
concesse l'altro spostando la propria attenzione sull'ufficio lindo e
pinto dell'amico.
Non portò
immediatamente gli occhi su Scorpius, no, altrimenti si sarebbe reso
conto fin dall'incipit di come la sua espressione fosse cambiata nel
momento in cui la rossa di casa Potter era diventata l'argomento
della loro conversazione, avrebbe notato il velo di sconvolgimento
che era andato ad impadronirsi dell'espressione sempre tirata e
composta dell'amico, avrebbe visto come le sue dita avevano preso a
muoversi nervosamente sul bordo del secondo bicchiere ormai vuoto.
Beh, magari con
un margine di ritardo.
Magari con quel
minuto necessario per carburare.
Ma a Jake
Zabini i dettagli non sfuggivano mai.
Dapprima notò
come Scorpius evitasse accuratamente di guardarlo, dopodichè
notò la sua espressione indecifrabile ed, infine, come le sue
labbra si erano ridotte ad una riga netta e bianca.
«C'è
qualcosa che devi dirmi Sco--»
«NO!»
«Perchè
non mi hai detto che la Potter lavorava qui?»
Jake strinse
gli occhi quasi neri in due fessure indagatrici.
«Non me
l'hai mai chiesto» rispose il biondo facendo spallucce.
«Esci con
la Potter, Scorps?»
«Ti pare
che uno come me uscirebbe con una come lei?»
Replicò
il biondo, forse un po' troppo alla svelta.
«Oh,
Salazar, sei venuto qui per tormentarmi?»
Jake gli scoccò
un'occhiata malfidente alla Zabini in grande stile prima di poggiare
definitivamente il proprio bicchiere sulla scrivania.
«Ho
dimenticato le chiavi»
«Tu
cosa?»
«Ho
dimenticato le chiavi, per questo ti ho chiesto di poter venire qui»
«Salazar--»
***
Non aveva
scollato per tutto il giorno gli occhi dalla finestra di vetro che li
separava dalla strada, dalle persone, dalla realtà.
Le tende erano
rimaste tirate, erano solo scostate ciò che bastava perchè
si potesse avere una visione miserabile di ciò che c'era
fuori:
il suo unico
e solo contatto con il mondo.
Lucas non aveva
detto nulla per tutto il giorno.
Lucilla non gli
aveva chiesto nulla per tutto il giorno.
L'angusta
camera che avevano affittato alla Stamberga Strillante era rimasta
avvolta in un silenzio quasi surreale, questo almeno finchè
non erano passate davvero troppe ore per ignorare i fatti, per non
parlarne.
O per lo meno
secondo Lucilla.
La bionda si
schiarì la voce come meglio riuscì a fare nel tentativo
di attirare l'attenzione del ragazzo il cui sguardo non si era posato
neppure per sbaglio su qualcos'altro che non fosse la strada per
troppo tempo.
Lucas,
tuttavia, non si voltò, né diede cenno di averla
sentita nonostante il contrario fosse completamente impossibile visto
lo spazio ristretto entro cui si trovavano.
«Lucas»
esordì lei, titubante.
Aveva pensato.
Aveva pensato
decisamente troppo.
Il silenzio le
uccideva il cervello, le sgretolava i neuroni, la spingeva ad un
lavoro d'immaginazione incessante che la costringeva all'accavallare
ipotesi su ipotesi su ipotesi.
Le esplodeva la
testa.
Lui la ignorò,
di nuovo.
Aveva mantenuto
le distanze, Lucilla, aveva mantenuto un deliberato distacco fin dal
momento in cui l'aveva visto varcare la soglia della porta della
propria cucina.
Ci si era
impegnata.
Non si riteneva
completamente soddisfatta ma quasi.
Restava il
fatto che ci si era impegnata.
Ed in quel
momento-Lucas con le spalle piegate come a portare in groppa il peso
del mondo intero, alla luce di tutte le nuove scoperte-sentì
tutto il proprio impegno renderla improvvisamente una stupida. Si
mise a sedere sul letto ad appena pochi metri da lui, le dita sottili
strette contro la stoffa ruvida delle lenzuola vecchie di almeno
mezzo secolo.
«Ne
usciremo»
Disse
solamente.
Eppure si era
immaginata tutt'altro.
Lei: lei
che era così brava ad usare tante parole e tutte insieme, lei
che aveva sempre la presunzione di sapere cosa dire e quando
dirlo, lei che non era mai a corto della frase giusta al
momento giusto.
Lei non
riusciva a dire nient'altro in quel momento.
Lucas non si
mosse di un millimetro se non per il regolare respiro che gli alzava
ed abbassava le spalle.
«Io-io
credo che dovremmo cambiare piano, credo che--»
«Erano
loro»
Il cuore di
Lucilla si fermò.
Il solo fatto
che Lucas avesse parlato, qualsiasi cosa avesse detto, le fece venire
voglia di piangere, di dirgli che gli dispiaceva, di dirgli che non
avrebbe voluto essere tanto egoista da non capire che il mondo non
stava ai suoi piedi, che c'erano cose che sarebbero sempre e a
prescindere sfuggite dal suo controllo.
Eppure non fece
nulla di tutto questo.
Lucilla strinse
ulteriormente le mani contro la stoffa che andava a ricoprire il
letto e sperò che lui continuasse a parlare, che lui le
trasmettesse, ancora una volta, quel senso di sicurezza di cui LEI
aveva così egoisticamente bisogno.
Eppure Lucas
non parlò, non spiegò la propria frase né
aggiunse qualcosa, qualsiasi cosa.
Continuò
a lasciar saettare gli occhi chiari a destra e a sinistra, oltre la
fessura di luce lasciata dalle tende, oltre il vetro spesso della
finestra, forse per sino oltre quella strada polverosa di Diagon
Alley--
«Che cosa
stai guardando?»
Gli domandò
la bionda, la voce leggermente incrinata da quelle sensazioni che la
stavano accartocciando sul posto.
«Niente»
Rispose lui.
Apatico, ma
almeno rispose.
Lucilla lasciò
andare la schiena contro quel materasso che pareva di marmo e chiuse
gli occhi tentando di tranquillizzarsi, di dirsi che doveva essere
lei quella calma, che era lei quella che avrebbe dovuto infondere
speranza e buon animo, non il contrario.
'Forza,
Lucilla, FORZA'
«Erano
loro e se ne vagavano indisturbati. Mi hanno messo in questo casino e
tutto ciò che fanno e lasciare che la responsabilità
sia mia e cancellare le tracce che possano scagionarmi»
La bionda
riaprì gli occhi lentamente, del tutto incapace di stabilire
se quella che aveva sentito fosse davvero la voce di Lucas o solo
frutto della propria immaginazione.
«Abbiamo
altre strade da prendere e non ci arrendiamo»
Replicò
un po' incerta.
Lucas emise un
verso che le parve tanto una risata soffocata, a quel punto.
Uno sbotto di
ilarità che sarebbe potuta essere quasi consolatoria se non
fosse per il semplice fatto che più che di gioia si trattava
di isteria.
Lucilla si
morse l'interno della guancia pensando a qualcosa che potesse
sembrare davvero concreto.
Qualcosa che
potesse servire.
Qualcosa--
Ma il vuoto del
suo cervello prese il sopravvento, il vuoto assoluto della stanchezza
la schiacciò ancor più contro il materasso
costringendola ad abbassare nuovamente le palpebre nel tentativo di
scacciare quell'orribile magone che la stava stritolando.
«Lucas,
mi dispiace»
«Non è
colpa tua—Lux»
E Lucilla
riuscì chiaramente a vedere, seppur con gli occhi chiusi, il
sorriso gentile e strafottente che Lucas doveva per forza aver
conservato.
Se lo ricordava
come se non l'avesse mai davvero perso di vista quel suo modo di fare
completamente composto ed allo stesso tempo fuori dagli schemi.
Quell'autocontrollo
che batteva lo spazio ed il tempo.
Che batteva
tutto e tutti.
Lucilla ci
avrebbe giurato, un tempo, nulla avrebbe potuto distruggere il suo
migliore amico.
E non perchè
lei non l'avrebbe mai permesso o un'altra di quelle sciocche ragioni
che si tirano fuori quando si è adolescenti: Lucas non
sarebbe mai andato in pezzi semplicemente perchè era Lucas.
E lei lo
sapeva.
Lo aveva sempre
saputo.
In tutti quegli
anni, in tutto quel tempo in cui lui le era stato così lontano
e così vicino al tempo stesso.
In tutti quei
giorni in cui il suo pensiero l'aveva torturata, tormentata,
dilaniata.
Era lei quella
distrutta, era lei quella ridotta ad un oceano di pezzi miserabili.
Lui era intero,
da qualche parte-in un posto a lei e a chiunque sconosciuto, ma era
intero.
E lei lo
sapeva.
E lo odiava per
questo.
Lo odiava per
averla lasciata cadere, per aver permesso che fosse lei a rompersi,
per non essere stato lì a ricordarle che se non crollava lui
non sarebbe crollata nemmeno lei.
Fu a quel punto
che il viso pallido e stanco di Lucilla si aprì in un sorriso
rivoltò al soffitto.
«Vieni
qui?»
Gli
chiese-anche se quella, più che una domanda somigliava tanto
ad un'affermazione.
Lucas lasciò
svettare un sopracciglio scuro verso l'alto ma si alzò lo
stesso dal davanzale della finestra in un unico gesto fluido.
«Ah, ora
mi ammetti alla tua presenza? Credevo mi ritenessi un appestato»
Lucilla si
puntellò sui gomiti restando comunque sdraiata, concedendogli
un'occhiata a metà tra lo scettico ed il rimprovero che faceva
tanto piccola adolescente verde-argento al punto di far sorridere il
ragazzo.
«Ok, vuoi
dirmi che non ti faccio nemmeno paura?»
L'ex-Serpeverde
rincarò la dose portando entrambe le braccia al petto-
lanciando a Lucilla un'occhiata in tralice ed un sospiro da
primadonna.
Quella, per
tutta risposta, afferrò uno dei cuscini del letto mirando alla
faccia del ragazzo che, ovviamente, lo afferrò al volo.
«Ohoh!
Qui ci andiamo sul pesante, eh?» la schernì lui
compiendo giusto quel paio di passi che li separavano con il cuscino
stretto fra le mai a mo' di 'scudo'.
«Lucas
Belial, sei un idiota patentato!»
Lucilla di mise
a sedere non smettendo di osservare gli stupidi movimenti dell'amico
con un sopracciglio sollevato a fargli da monito.
«Ops—non
è che ora mi schianti, vero?»
Lucilla alzò
gli occhi al cielo mormorando un 'Salazar' a mezza voce e facendo per
alzarsi ma lui le impedì qualsiasi movimento dal momento che
le si parò innanzi in tutta la propria persona.
«Permesso»
Borbottò
lei un po' accigliata senza che lui si spostasse di una virgola.
«Lucas!»
ribadì. Realizzando che nessun insulto del proprio repertorio
avrebbe servito la causa, fece per spostarlo di forza ma Lucas,
ovviamente più forte di lei, la precedette afferrandole
entrambi i polsi e calando lungo disteso su di lei a far peso sui
soli propri gomiti.
«Lucas,
sei un emerito idiota-un idiota, mi hai sentito bene? Lasciami, per
Merlino! LASCIAMI SUBITO!»
Lucas
l'ascoltò, ridendo: le lasciò andare i polsi e le
lasciò sufficiente spazio per alzarsi.
Non aveva
programmato nemmeno lui ciò che avrebbe fatto dopo, non aveva
realizzato quanto quegli occhi chiari che conosceva da una vita e non
aveva visto per troppo tempo sarebbero stati in grado di catturarlo,
non aveva pensato a come quel profumo così diverso e così
familiare gli avrebbe fatto girare la testa.
Lucilla fece
per scostarlo ed alzarsi ma Lucas le impedì di farlo
autonomamente: si alzò prima lui tirandosi dietro la bionda
per un braccio e facendola deliberatamente andare a sbattere contro
il proprio petto.
«Che cosa
stai fac--»
Gli chiese-ma
lui non la stava più ascoltando, lui non riusciva nemmeno più
a sentirla, qualsiasi rumore fosse presente in quella stanza o al suo
esterno venne improvvisamente soffocato dalle sue labbra che andarono
a scontrarsi con quelle di lei.
La bionda
sbarrò gli occhi pensando di spostarsi, di spingerlo via,
d'insultarlo—pensando un sacco di cose tutte insieme ma
ritrovandosi del tutto incapace di riuscire a compierne solamente
una.
Le labbra di
Lucas si stavano muovendo sulle sue in un modo tanto dolce e talmente
poco Lucas da renderla per un momento titubante al credere che stesse
davvero accadendo, che fosse lui, che la stesse baciando.
Fu quando lui
le ebbe stretto i fianchi fino a far scontrare il proprio bacino con
il suo, quando la sua lingua si fece avida, assetata, bisognosa,
quando sentì la presa salda delle sue dita che le affondavano
nella pelle.
Fu a quel punto
che lei capì di essere perduta.
Ed affondò
le mani nei capelli corti e scuri, e cominciò ad essere
affamata, assetata, bisognosa anche lei.
E si
dimenticò di tutto.
Si dimenticò
della situazione in cui erano, di come aveva compromesso la propria
vita e tutto ciò per cui aveva lavorato in quegli anni.
E pensò
che sarebbe potuta morire così.
Pensò
che per quanto fosse folle e soprattutto impensabile, lei sarebbe
potuta morire così, tra le braccia di quel ragazzo che
conosceva da sempre e la cui assenza l'aveva tormentata.
Lei ci sarebbe
morta, con lui—per lui.
E fu in quel
momento che Lucilla capì.
In quel
momento, con le labbra incollate a quelle di Lucas.
Lui la stava
baciando e lei lo stava baciando a sua volta.
Tutto il
resto non contava, non era importante.
***
Quando poggiò
il mazzo di chiavi sul ripiano all'ingresso venne subito investita da
quel tenue odore di magia che contrassegnava il passaggio del corpo
auror nell'appartamento.
Lily si levò
la giacca vagamente disgustata, sentendosi stremata ed allo stesso
tempo violata da tutta quell'invasione del proprio spazio vitale.
Prese un paio di profondi respiri per ripristinare almeno un po'
quella parvenza di normalità che ogni persona dovrebbe avere
il diritto di concedersi in casa propria ma fu tutto inutile.
Suo padre le
aveva lasciato un biglietto che se ne stava ordinatamente ripiegato e
con la scritta 'Lily' in bella mostra sulla parte in evidenza che lei
aveva deliberatamente ignorato.
Avrebbe voluto
un po' di pace.
Avrebbe voluto
sentirsi al sicuro e lontana dagli strani eventi che avevano
stravolto la sua vita, la sua amica e la sua abitazione nel giro di
troppo poco tempo perchè potesse essere metabolizzato tutto-ma
non ci riuscì, non ci riuscì nemmeno dopo la tisana
rubata dalla credenza di Lucilla e dopo la lunga doccia bollente che
si era concessa.
Tutto le
sapeva di sporco e di silenzioso.
Aprì
vagamente titubante la porta che dava sulla camera della propria
coinquilina di cui non aveva notizie ormai da giorni e non si
sorprese nemmeno un po' nel momento in cui trovò ogni
minuscolo oggetto etichettato e con il classico timbro del ministero.
Fu a quel punto
che decise che lì non ci poteva più stare.
Qualsiasi
tentativo di lasciare fuori dalla porta l'accaduto era andato a farsi
fottere nel giro di una sola giornata.
La verità
era che le mancava la propria routine: le mancava Lucilla con la sua
voce squillante, coi suoi lamenti, con i suoi resoconti della
giornata e con le briciole di ciò che mangiucchiava ogni
momento sparse sui tappeti, le mancava Rose che non vedeva né
sentiva da troppo tempo per i propri gusti, la stessa Rose talmente
abituata a farle visita che più di una volta si era ritrovata
a cacciare distrattamente le chiavi della propria casa nella toppa di
quella di Lily e le mancavano le serate normali, le serate in cui non
si ritrovava da sola a sentirsi così sopraffatta da qualcosa
che le era tanto estraneo quanto insidiato nel profondo, le serate in
cui rideva, in cui il problema maggiore lo rappresentavano le
bollette da pagare e la spesa da fare.
Fu a quel punto
che decise che lì non ci voleva più stare.
Si vestì
velocemente per poi ammassare come meglio le venne le proprie cose
nel vecchio baule della scuola. Accarezzò con nostalgia il
marchio di Hogwarts impresso sulla parte superiore prima di poggiarlo
all'ingresso ed indossare il cappotto scuro che aveva acquistato poco
dopo essere stata assunta all'ufficio.
Non fece
nemmeno in tempo ad aprire la porta, tuttavia, che un rumore strano
le giunse alle orecchie. Per riflesso si voltò verso la
finestra del soggiorno dove i gufi e le civette erano soliti beccare
all'arrivo della posta ma si era resa conto fin dall'incipit che era
un suono proveniente dal pianerottolo, più precisamente dal
pianerottolo sul quale dava solo e soltanto la propria porta di casa.
L'aprì
lentamente, tenendo una mano ben salda sulla maniglia ed un'altra
sulla bacchetta che se ne stava perfettamente incastrata nella tasca
del suo cappotto.
«Potter»
Lily sbarrò
gli occhi di cioccolato sulla figura che le si parò innanzi
non appena la porta fu completamente spalancata.
Prima di
poterselo impedire la bocca le si aprì in una perfetta 'O' di
sorpresa dal momento che di fronte a lei si trovava Scorpius Malfoy.
«Posso?»
Borbottò
lui. Ma non era una domanda dal momento che nemmeno si aspettava una
risposta: in un paio di passi decisi si fece largo all'interno del
piccolo corridoio, non senza lanciare un paio di occhiate critiche ai
singolari soprammobili che costellavano ogni mensola o ripiano che
fosse.
Lily borbottò
un «prego» a mezza voce chiudendo la porta in un gesto
titubante.
«Volevo-volevo
parlarti» esordì lui mentre si faceva strada-da bravo
auto-invitato qual era-verso il piccolo soggiorno e prendeva posto
sul divano floreale.
Lily, per tutta
risposta, rimase in piedi ed incrociò le braccia sottili
avvolte nella spessa stoffa del cappotto sotto al seno. Lanciò
una fugace occhiata esasperata al soffitto-sì, Malfoy in casa
propria rappresentava davvero l'ultimo dei suoi desideri-per poi
dirigere i propri occhi scuri verso il ragazzo che se ne stava
impettito sulla punta finale dei divano.
«C'è
qualcosa che non va nel mio lavoro?»
«No-»
si affrettò a rispondere lui mentre si scostava una minuscola
ciocca di capelli biondo platino sfuggita all'impeccabile
acconciatura.
La rossa scosse
il capo un po' confusa ricevendo un'espressione completamente
incredula di rimando.
«Oh,
andiamo, Potter! Non siamo dei ragazzini-non c'è bisogno di
fare finta di niente. Siamo due adulti e tu sai perfettamente di cosa
voglio parlarti» detto ciò, si alzò in piedi
prendendo a camminare verso la piccola finestra che affacciava sul
locale.
Lily si era
irrigidita-anzi, no: lei era pietrificata.
Per una qualche
ragione aveva sperato di non dover rivangare mai quello stupido
momento di completo nosense. Non che lei fosse una che
fuggiva, no:
semplicemente
era assurdo.
Completamente
assurdo.
Non poteva
davvero voler parlare di una cosa del genere.
«Ho
paura-ho paura che possa incidere sul rendimento dell'ufficio—questo
tuo comportamento da ragazzina» continuò Scorpius
gesticolando appena con le mani.
«Ragazzina?»fu
tutto ciò che Lily, le labbra contratte e le narici
percettibilmente dilatate in una perfetta pre-esplosione, riuscì
a commentare.
«Hai
capito cosa voglio dire» accantonò lui con una smorfia
sbrigativa.
Il biondo le si
avvicinò tendendole la mano «Ecco, sono venuto qui per
chiederti di dimenticare l'accaduto e piantarla qui»
La rossa
osservò per un secondo la mano dell'ex-verde-argento.
Un'espressione sprezzante dipinta sui tratti delicati del viso che
non riusciva ad essere celata sotto tutte quelle macchie rosse che le
stavano lentamente comparendo sul collo chiaro.
«Dì
un po', Malfoy, per chi mi hai presa?»
Scorpius lanciò
un'occhiata esasperata al soffitto lasciandosi andare ad un sospiro
di altrettanta esasperazione.
Insomma, lui le
stava davvero dicendo di 'PIANTARLA'?
A lei?
Lui le
bussava alla porta di casa chiedendole di smetterla di fare la
'RAGAZZINA'?
Gli occhi
dell'ex-Grifona si fecero improvvisamente più scuri del
normale mentre il ragazzo ritirava la mano e faceva spallucce.
«Bambina»
bofonchiò.
E Lily non ci
era stata a pensare poi molto.
Anzi, non ci
aveva pensato affatto.
La mano era
partita da sola.
Piatta e
svelta.
Si era
schiantata contro il viso spigoloso di Scorpius Malfoy ancor prima
che lui potesse anche solo lontanamente realizzare fin dove si era
spinto il suo grado d'irritazione.
«Ma
che—Merlino!»
«Non
osare Malfoy!»
«Tu sei
folle, COMPLETAMENTE FOLLE!»
«SCORPIUS
HYPERION MALFOY! NON DARMI DELLA FOLLE»
In un gesto,
Lily, strinse le dita sulla bacchetta all'interno della tasca, gli
occhi stretti in due fessure di odio e disprezzo, gli occhi lucidi di
pura ira.
«Credi di
farmi paura, Potter?»
Chiese Scorpius
lasciando inarcare un sopracciglio a corrugargli la fronte mentre con
una mano si massaggiava la guancia su cui era stampata l'impronta
vivida delle cinque dita di Lily.
«Sono una
donna arrabbiata. Quindi sì, dovresti avere paura»
Sputò
lei, le labbra sottili contratte ed il viso costellato di efelidi a
chiazze.
«Pallone
gonfiato che non sei altro. Chi diavolo ti credo di essere? Merlino
sceso in terra? Abbassa le arie Malfoy. Non sei proprio nessuno»
L'espressione
indignata sul viso di Scorpius lasciò spazio al puro sgomento.
Non se la
ricordava così, Lily Potter.
Era sempre
stata una ragazza energica,sì.
Una ragazza con
cui battibeccare a tempo perso.
Una
combattente.
Ma--
Forse era
semplicemente cresciuta, forse era cresciuto lui ma quei capelli
rossi e ribelli che le incorniciavano il viso, quella postura fiera
ed elegante sotto quella rabbia mal celata gliela fecero trovare
improvvisamente—bella.
Bella come
quando l'aveva osservata di nascosto, da uno spiraglio.
Bella come
quando si era ritrovato a desiderarla come se ne andasse della
propria vita nel buio del suo ufficio.
Bella e basta.
Bella come non
si dovrebbe trovare nessun essere di genere femminile marchiato
'POTTER'.
«--Hai
altro da dire?»
Sbraitò
lei.
Probabilmente
aveva detto altro-sicuramente aveva detto altro, ma lui non aveva
sentito una sola parola.
Scosse la testa
lentamente come a volersi scrollare di dosso certi pensieri e ed allo
stesso tempo non essere del tutto convinto di trovarsi coi piedi per
terra.
Compì
qualche passo verso la porta.
Fu a quel punto
che notò il grosso e vecchi baule posato sul pavimento.
«Vai da
qualche parte?»
«Non sono
affari tuoi» gli rispose lei asciutta.
Il biondo fece
spallucce-in fondo aveva ragione, in fondo no era affar suo, in fondo
lui non ci voleva nemmeno andare in quella topaia-era stata
un'idea di Zabini.
Ancora
qualche metro, ancora pochi passi.
Ma
certo, stava fuggendo da lui.
Ma
quanto poteva essere infantile? Quanto?
Ancora
qualche metro, ancora pochi passi.
E tutto per uno
stupido bacio.
Un bel bacio
sì-un bacio, insomma.
Soltanto un
bacio--
Scorpius si
arrestò con la mano a mezz'aria sopra la maniglia.
«Spero
non sia per--»
«NO! Oh,
Godric, NO!» rispose Lily indignata.
«Oh-per
fortuna»
Una punta di
delusione—era delusione quella?--gli intinse la lingua mentre
pronunciava quelle parole.
«Come se
te ne potesse importare» sputò la rossa, acida, mentre
incrociava le braccia e si appoggiava alo stipite della porta che
dava sul piccolo soggiorno.
«Me ne
importerebbe-se un mio bacio potesse fare così tanti danni»
replicò il biondo sulla difensiva.
«Non te
ne stavi andando, Malfoy?»
«Hai
paura che possa rifarlo, Potter?»
Lily alzò
gli occhi al cielo, a quel punto.
Scorpius lasciò
che le labbra gli venissero attraversate da un vago sorriso, a
quel punto.
Lily penso che
era rimasto un bambino, lo stesso dai tempi di Hogwarts-dava a
lei della bambina ma era lui che voleva giocare.
Scorpius,
mentre si voltava, si riscoprì a pensare che avrebbe dovuto
guardarla un po' meglio, ai tempi di Hogwarts.
Lily, mentre
Scorpius le si avvicinava, si chiese se stesse per riaccadere
davvero, se lui stesse per baciarla di nuovo.
Scorpius,
mentre si avvicinava a Lily si chiese che cosa avrebbe fatto
una volta arrivato laddove lei si trovava.
Lily non si
mosse, Scorpius neppure.
Il giorno e la
notte, il ghiaccio e il magma di un vulcano, il bianco ed il nero.
Lily e
Scorpius.
Occhi
nocciola in occhi di piombo.
«Forse
dovrei andare» soffiò lui, incapace di distogliere lo
sguardo.
Appena pochi
centimetri da lei ed il suo profumo alla fragola ad intossicarlo
completamente.
«Devi»
sussurrò lei sentendosi lo stomaco stringere.
Dov'era finito
tutto l'odio?
E la rabbia?
Lui le aveva
dato della bambina, era venuto in casa sua e l'aveva insultata.
Lily spostò
la direzione dei propri occhi sulla porta prima di voltarsi con le
mani che tremavano ed il respiro inspiegabilmente mozzato.
«Ciao
Malfoy»
Lui lo fece.
CIAO
IO SONO QUELLA CHE SCRIVE.
Ciao,
ciao.
Sono
tornata, hei.
Non
sono morta.
Anyway-mi
è deceduto il modem per circa una settimana ed ho avuto tempo
di fare tante cose—tra cui guardare la tv, litigare con mia
mamma per il telecomando in sala, cucinare, infilare fili negli aghi,
STUDIARE—Sì, contenete lo shock—e scrivere.
Spero
che il capitolo vi piaccia.
Che
non sia troppo scontato o quant'altro.
FATEMI
SAPERE CHE NE PENSATE.
VI
VOGLIO PENE.
Anto.
|
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Capitolo 8 *** 7-Head over Heels ***
Riassunto
del capitolo precedente: Lucilla
e Lucas stanno cercando indizi che possano scagionare Lucas ed al
momento risiedono in una stanza alla Stamberga Strillante. La
situazione tra Lily e Scorpius si fa tesa e fra loro si erge una
specie di muro che pare insormontabile. Jackson Zabini ha dimenticato
le chiavi dell'appartamento che condivide con Malfoy e, per
recuperarle, si reca agli uffici dove lavora quest'ultimo. Qui
incontra Lily ma lei finge di non vederlo.
Capitolo
7
Head
over Heels
Se
c'era una cosa che tutti invidiavano a Rose Marie Weasley-ovviamente
dopo la sua intelligenza-era quella sua capacità straordinaria
di rimettere insieme i cocci degli altri con una calma ed una
compostezza da farla sembrare molto più che umana.
Certo,
come tutti aveva anche lei qualche attimo di panico, ma in un modo
completamente diverso rispetto a quelli che avrebbe potuto avere
chicchessia.
La
verità, però, era che Rose era brava a tenere sotto
controllo le emozioni, tutto qui.
Era
brava a celare il nervosismo, il malumore e tutte quelle cattive
sensazioni che normalmente rovinano le giornate alle persone.
Insomma, non è che lei non provasse certe cose, semplicemente
permetteva che la gente lo pensasse e si nascondeva dietro quegli
occhiali spessi e quei sorrisi gentili senza mai battere ciglio.
Senza
mai perdere il controllo.
«Credi-credi
torneranno?» Lily, i capelli vermigli raccolti in una treccia
scompigliata che le ricadeva sulla spalla destra, aprì gli
occhi nocciola sulla carta da parati verde pisello della camera da
letto della cugina e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che la
sopracitata ragazza se ne stava nella sua stessa stanza a sfogliare
il giornale del mattino, come faceva ogni giorno.
Rose
non rispose immediatamente, si alzò dalla sedia su cui era
seduta e porse a Lily una grossa tazza di caffè ormai tiepido.
«Non
lo so» la Weasley si morse il labbro inferiore inforcando
meglio gli occhiali e prendendo a fissare un punto immaginario di
fronte a sé «Immagino che se ne siano andati per una
ragione, immagino abbiano un obiettivo» si voltò cauta
verso Lily che, nel frattempo, aveva preso a sorseggiare il liquido
caldo con un'espressione a metà tra lo sconforto e la
rassegnazione dipinta sui lineamenti diafani del viso.
«Io
credo che torneranno quando avranno raggiunto lo scopo per cui se ne
sono andati. Lucilla-Lucilla avrà sicuramente un piano! Non è
così avventata, non più almeno» la Weasley
sorrise alla cugina sperando di farle tornare un pizzico di
buon'umore nel rievocare i tempi passati.
Lily,
per tutta risposta, piegò appena l'angolo della bocca verso
l'alto, giusto per non scoraggiare i tentativi di Rose. «Più
che avventata Lucilla era un vero e proprio uragano. Un danno
ambulante. Un bolide vagante dotato di gambe e bocca!» Rose
scoppiò a ridere alle parole di Lily e l'ilarità, alla
fine, coinvolse entrambe.
«E'
stato quando Lucas se n'è andato che ha messo la testa a
posto..» aggiunse Lily, a mezza voce, più a sé
che alla stessa Rose, alzandosi per poggiare la tazza sul comodino.
Dopodiché
uscì dalla stanza per farsi la doccia e Rose rimase da sola,
con la schiena appoggiata alla testata del letto, a pensare che era
vero: Lily aveva ragione.
Lucilla
era sempre stata una scapestrata ed un pessimo elemento, una
studentessa da punizione fissa- poi Lucas se n'era andato ed i suoi
voti erano diventati eccellenti, la sua indole più pacata e la
sua condotta invidiabile a chiunque. Sospirò appena mentre si
tirava su anche lei pronta ad accingersi a rassettare il letto.
Sospirò
perchè Lucilla, un po', le mancava.
Sospirò
perchè un po' era preoccupata.
Sospirò
perchè era arrabbiata, arrabbiatissima, ed odiava Lucas per
una lunga serie di ragioni di cui nessuno era a conoscenza, neppure
Lily, alla quale raccontava praticamente ogni cosa da che aveva solo
cinque anni.
Inforcò,
ancora una volta, gli occhiali troppo larghi cominciando a tirare su
lenzuola e piumone. Il volto impassibile, l'espressione di sempre.
***
«POTTER!»
L'urlo-perchè
sì, era stato proprio un urlo-che aveva invocato il suo nome
non appena ebbe superato la spessa porta a vetri girevoli d'ingresso
agli uffici la fece letteralmente trasalire.
Jackson
Zabini la raggiunse in due falcate per poi picchiarle gioiosamente
una mano contro la spalla. Così, come fossero vecchi amici.
Lily,
per tutta risposta, sbarrò ulteriormente gli occhi scuri senza
proferire parola.
«Sai»
continuò quello, grattandosi la testa «non ho ben capito
per quale ragione ieri tu ti sia comportata—beh, ecco- in quel
modo strano, sì! Tuttavia, sono proprio contento di incontrare
una vecchia compagna di scuola dopo tanto tempo!» Le rifilò
uno strano sorriso sghembo mentre la rossa ancora non accennava a
dire 'a'.
Cosa
diavolo avrebbe potuto dirgli, in fondo?
Zabini
si guardò intorno cercando di decidere rapidamente se alzare i
tacchi o continuare quel teatrino raccapricciante-fortunatamente Lily
Potter aprì bocca, finalmente!
«Ciao»
sillabò, cauta.
Jackson
sorrise a trentadue denti. «Oh, ma allora non sei muta!--sì
d'accordo, pessima battuta»
Lily
non disse nulla limitandosi ad annuire appena, un po' intimorita.
«Mi
chiedevo se non ti andasse un caffè.. magari nella pausa, o
dopo il lavoro-insomma, quando puoi» di fronte allo sguardo
interrogativo di Lily si affrettò ad aggiungere «Non ci
siamo mai conosciuti come si deve, io e te, ad Hogwarts. Ormai siamo
cresciuti, per Merlino-giusto? E la vita, in questa città, è
mortalmente noiosa-insomma, che male c'è?»
Lily
lo guardò in tralice per poi scostarsi la mano del moro dalla
spalla-a cui si era praticamente incollata-e prendere a camminare
verso il proprio ufficio a passi lunghi e ben distesi. Tuttavia,
Zabini, di taciti 'no' nella vita non ne aveva mai ricevuti perchè
la rincorse costringendola a fermarsi. «Oh dai, Potter, devi
solo dire sì!» Lily lasciò svettare un
sopracciglio rosso verso l'alto nell'osservare il ragazzo.
L'uomo,
sì. L'uomo.
In
fondo non si vedevano da anni, poteva essere cambiato radicalmente
nel corso di quel tempo.
Alla
fin fine anche lei era cambiata.
E poi-poi-aveva un bisogno disperato
di distrarsi in quel periodo..
Lucilla.
Lucas.
Scosse appena il capo per scacciare
i soliti pensieri che riaffioravano.
«Dopo il lavoro» aveva
risposto senza rendersene conto e senza voltarsi. «Alle cinque
e mezza,c'è un bar appena oltre la strada»
Zabini sorrise soddisfatto.
Lily superò la porta del
corridoio e raggiunse la propria postazione di lavoro. Sorrise,
quando Tristana le diede il buongiorno come ogni mattino. Sorrise ma
non rispose perchè fu in quel momento che realizzò che,
per quanto ci si potesse sforzare, il peso che aveva sullo stomaco
non se ne sarebbe andato facilmente, non se se ne fosse stata con le
mani in mano.
***
Che Rose era intelligente, sua
madre, lo aveva capito quando all'età di quattro anni, nel
ripulire la soffitta le era ricapitato per le mani un gioco babbano a
forma di cubo, un cubo di Rubik, per la precisione, ed avendolo
trovato completamente inutile lo aveva lasciato a Rosie perchè
ci giocasse. Lei lo aveva risolto. Perfettamente: tutte e sei le
facce erano di un diverso colore.
Hermione ne era stata talmente
orgogliosa che aveva conservato quell'oggetto per anni e quando la
figlia era partita per Hogwarts glielo aveva ceduto raccomandandole
di usarlo come porta-fortuna e come memo di quanto fosse speciale. Da
quel momento in poi, lei, lo aveva avuto sempre con sè. Quando
si trovava a dover riflettere o ragionare o studiare si faceva
kilometri e kilometri di passi rigirandosi quel vecchio cubo di
plastica tra le mani fino a che non giungeva al risultato voluto e,
normalmente, lei giungeva sempre al risultato voluto.
«Pensa come la Bennet, pensa
come la Bennet» da un'ora a quella parte aveva preso a piovere
ed il lento ticchettare della pioggia contro i vetri delle finestre
le stava letteralmente dando il tormento: non riusciva a pensare.
Poggiò il cubo di Rubik sul
tavolo di legno del suo salottino prendendosi la testa tra le mani,
sforzandosi di concentrarsi.
«La Gringott» sillabò
lentamente, ricordando l'articolo riguardo il delitto di cui Lucas
era accusato. Gli avevano dedicato appena un trafiletto, un
trafiletto e mezzo, sulla Gazzetta del Profeta. Come se non dovesse
attirare l'attenzione, come se urlare la notizia avesse potuto
incrinare qualcosa impedendo agli Auror di poter risolvere il caso.
Scosse la testa nel momento in cui le passò di mente il
momento in cui aveva letto il nome di Lucilla. 'Lucilla Arya
Bennet, Auror scomparsa, probabilmente complice del fuggiasco'
«Se io dovessi cominciare da
lì..» Rose affondò le unghie mangiucchiate nei
palmi poi un'idea la colpì come un fulmine.
Non doveva pensare come Lucilla,
come aveva potuto essere tanto stupida?
Erano Lucilla e Lucas.
Lucilla con Lucas non era la Lucilla
Auror, meditativa e dal sangue di ghiaccio, ma la vecchia Lucilla e
la vecchia Lucilla commetteva degli errori.
Commetteva
un sacco di errori.
Rose Marie Weasley sorrise
vergognandosi immediatamente di essere stata contenta della propria
deduzione ma ciò non le impedì di raccogliere svelta la
propria borsa ed uscire di casa talmente di corsa da scordarsi di
chiudere la porta a chiave.
***
Quando Lily prese posto nel piccolo
ma accogliente pub babbano si rese conto solo un paio di minuti
dopo-durante i quali aveva già sfogliato ben tre volte
l'intero menù-che quello era lo stesso tavolino sotto il quale
si era nascosta quando ci aveva incrociato Malfoy. Sorrise
involontariamente ripensando a quel momento, vuoi per il ricordo
della pessima figura vuoi per la situazione in sè, e scosse la
testa ritornando lentamente seria. Di Jackson Zabini neppure l'ombra.
Ed
erano le cinque e quaranta.
Magari se n'era dimenticato.
Magari il suo era stato solo uno
stupido scherzo architettato con quel cretino del suo-UGH-capo.
Lily dilatò appena le narici
al pensiero ma non si scompose troppo decidendo che sarebbe stato
decisamente immaturo fare una cosa del genere ed, in tal caso,
neppure se la meritava una sua reazione. Ordinò un martini con
oliva e fu proprio mentre la cameriera, una ragazza un po' troppo
tarchiata per sfilare tranquillamente tra un tavolo e l'altro, glielo
poggiava di malagrazia innanzi che il ragazzo di colore fece il suo
ingresso, accaldato e di corsa, all'interno del locale. La rossa alzò
appena gli occhi ripromettendosi di non insultarlo e non fare
scenate, si sarebbe comportata da adulta..
O
almeno avrebbe fatto un tentativo.
Uno piccolo.
«Salazar, Potter, mi dispiace
da morire per il ritardo ma è stato davvero un pomeriggio da
dimenticare, questo!» prese posto di fronte a Lily senza
degnarla di uno sguardo fino a che non ebbe ordinato anche lui, un
drink uguale a quello della rossa, dopodichè, passandosi una
mano tra i capelli corti, cercò lo sguardo di lei che gli
scoccò di rimando un'occhiata piuttosto apatica.
«Scusa» ripetè
più dolcemente. «Un cane mi ha strappato i pantaloni e
sono dovuto andare a casa a cambiarmi. Il problema è che ieri
sera Malfoy era schizzato, abbiamo litigato, e per dispetto mi ha
chiuso tutto in cassaforte quindi sono dovuto uscire a comprarmene un
paio nuovi e.. Salazar, i negozi babbani non fanno proprio per me!»
La rossa ascoltò il discorso
parola per parola lasciando svettare leggermente un sopracciglio
vermiglio verso l'alto prima di scoppiare a ridere. «Giornata
intensa, insomma!» Zabini sorrise, felice di aver smorzato di
un pelo la tensione dovuta al suo ritardo. «Intensa direi che è
un eufemismo!» abbozzò una smorfia mentre afferrava il
proprio bicchiere e se lo portava alla bocca. «Pensavo
dovessimo bere un caffè!» azzardò ridendo,
realizzando solo in quel momento ciò che aveva tra le mani.
Lily si strinse nelle spalle simulando un'espressione leggermente
colpevole «avevo bisogno di qualcosa di un po' più
forte, oggi» «giornata pesante anche la tua, Potter?»
Lily a quel punto sospirò. Avrebbe tanto voluto chiacchierare,
buttare fuori tutto, svuotarsi come un fiume in piena di tutto ciò
che aveva dentro e che non aveva confidato ad altri che a Rose.
Guardò Zabini da sopra il bordo del calice di Martini
riflettendo su quanto praticamente non lo conoscesse. Amico di Malfoy
da una vita, se l'era ritrovato davanti milioni di volte durante la
scuola. Lo aveva visto ridere di lei, di loro, una volta li aveva per
sino separati durante una lite alla babbana nel corridoio del quarto
piano! Eppure-eppure non ci aveva mai davvero parlato.
Eppure non aveva idea di chi fosse.
Appoggiando il bicchiere ancora
mezzo pieno sul tavolino si riscoprì a ritrovarlo quasi
accettabile con quell'espressione amichevole e lo scadente Martini di
un pub davanti al naso.
«Pessima settimana!» la
rossa aricciò il naso «quindi vivi con Malfoy»
cambiò alla svelta argomento. Zabini alzò gli occhi al
cielo. «Che Salazar me la scampi, sì! Ma penso che mi
ricovereranno al reparto psichiatrio del San Mungo anche troppo
presto, se le cose continuano così» Lily scoppiò
a ridere di gusto a quel punto ed il moro, piacevolmente sorpreso
della cosa, rincarò la dose «è come una specie di
donnicciola matta ed isterica, puoi dir giuro! Pensa che ieri si è
incavolato a morte con me perchè ho ordinato indiano-avendo
scoperto di recente quei servizi babbani che ti portano da mangiare a
casa-e, a suo dire, gli avrei riempito la casa di quell'odoraccio
orientale» Lily praticamente lacrimava e Jackson la seguì
a ruota soddisfatto di sé.
«Già me lo immagino:
Merlino, le mie tende importate dagli Stati Uniti ora odorano di
Pollo al Curry!» lo simmiottò, simulando un fare a metà
tra l'aristocratico e l'indignato.
«Jackson! Porco Godric, non
avrai intenzione di lavarti le mani da tutto quell'unto nel mio
bagno, per poi asciugartele sui miei asciugamani bianchi, vero?
VERO?» continuò Zabini, gesticolando animatamente-tanto
animatamente che per poco non urtò la cameriera che proprio in
quel momento stava portando un menù al tavolo alle loro
spalle.
«Felice di migliorarvi la
serata»
Lily si stava ancora asciugando gli
occhi col dorso della mano quando una voce anche troppo nota la
raggiunse alle spalle. Zabini si morse il labbro inferiore con
un'espressione da 'ti giuro che non l'avevo visto' dipinta sul viso,
prima di affrettarsi ad alzarsi per battere amichevolmente una mano
sulla spalla di Malfoy. «Amico! Anche tu qui!» «Già»
rispose il biondo, glaciale. Lily si prese la testa fra le mani ma il
moro, più abituato agli atteggiamenti alla Malfoy, non si
lasciò intimidire. «Su, dai, Scorpius,unisciti a noi!»
In quel momento il sangue di Lily si
gelò letteralmente nelle vene. «Oh, ehm-io dovrei and--»
arrancò, ma Jackson non le permise nemmeno di finire la frase
poiché rubò scaltro una sedia da un tavolino vuoto ed
invitò Scorpius ad accomodarsi per poi rimettersi a sedere
anche lui.
«Non vorrei disturbare»
sputò il biondo, acido. «Ma non disturbi affatto! Vero,
Lily?» Jackson sorrise alla ragazza che per tutta risposta
sollevò gli occhi al cielo. «No, Malfoy, unisciti a noi,
te ne prego!» rivolse a Scorpius un sorriso finto che più
finto non si può indicandogli la sedia libera con la mano. «Se
insisti così tanto!» rispose il biondo con lo stesso
sarcasmo che aveva usato la rossa nei suoi confronti.
«Non ricordavo voi due foste
amici» continuò melenso «devo sicuramente essermi
perso qualcosa» rivolse a Zabini uno sguardo a metà tra
l'interrogativo ed il piccato che fece letteralmente trasalire il
ragazzo di colore. Jackson finì l'intero contenuto del proprio
bicchiere nel giro di un secondo, prima di rispondere. «Oh,
dai, Scorps! Lasciamocele alle spalle quelle sciocchezze da Hogwarts.
Siamo adulti, siamo persone dotate di senno..» sollevò
il braccio facendo cenno alla cameriera di portare altri due
bicchieri dello stesso drink. «Devo dire che sono rimasta
piacevolmente sorpresa da te, Zabini! Non ti conoscevo proprio»
lo aiutò Lily che in cambio ricevette un sorriso gentile dal
moro. Scorpius non aveva cambiato la propria espressione di un
millimetro, limitandosi ad osservarli con gli occhi grigi fattosi di
un colore insolitamente plumbeo. «Quindi ora uscite insieme?»
chiese, astioso, mentre agguantava il proprio calice direttamente dal
vassoio della cameriera.
Lily scoppiò in una risata e
Zabini sorrise beffardo. «Non rovinarmi la piazza, amico. Ci
sto lavorando!» fece l'occhiolino a Lily, la quale prese a
ridere ancora più forte. Scorpius arricciò le labbra in
un'espressione che Lily avrebbe definito 'disgustata', dopodichè
cadde nel silenzio. Un silenzio così poco da Malfoy che fece
domandare alla rossa se il ragazzo stesse bene, se era possibile gli
fosse accaduto qualcosa e si sentì, stranamente, preoccupata.
Poi, uscendo dal bar, ben più di un'ora dopo, pensò che
la cosa sarebbe stata decisamente surreale. Folle. Impossibile.
Sicuramente erano tutti gli eventi
che le stavano capitando a farla sentire tanto emotiva.
Sicuramente era così.
***
«Non avrai intenzione di fare
voto di silenzio per sempre, vero? Giuro che non dicevo sul serio
quando ti ho dato della voce di gallina!» Jackson, a
quell'affermazione goliardica, ricevette in cambio uno sguardo carico
d'odio da parte dell'amico che comunque non accennò a voler
aprire bocca.
Stavano camminando sulla strada
verso casa da appena un paio di minuti e già la tensione
poteva benissimo essere tagliata con un coltello. «Scorps, non
ti sarai offeso per la storia degli asciugamani, vero? Lo sai che si
fa così con le ragazze, le si fa ridere, poi..» scoccò
al biondo un'occhiata eloquente ma quello non diede affatto cenno di
essere divertito dalla cosa, al contrario. «Sai, Zabini, a
volte sei talmente fastidioso che ti affatturerei sul posto, senza
nemmeno curarmi di non essere visto» si inchiodò sul
marciapiede, il volto diafano irrigidito e le labbra sottili ridotte
ad un'unica linea sottile.
«Non vedo perchè tu te
la debba prendere tanto» il moro si strinse nelle spalle. «A
meno che tu non sia geloso!» azzardò, il viso
attraversato da puro scherno. Tuttavia, Scorpius, non sembrò
prenderla poi tanto sul ridere perchè si voltò
nuovamente verso di lui, la bacchetta che urlava letteralmente di
essere usata per cruciarlo seduta stante. «Dovresti smetterla
di dire cazzate, Zabini. Dovresti davvero smetterla» disse con
una tale cattiveria nella voce che Jackson pensò davvero fosse
arrivata la sua ora, e per mano del suo amico storico.
Ma mentre riprendeva a camminare,
Scorpius, sentì una specie di fitta alla bocca dello stomaco
ripensando alle parole dell'amico.
Lui non poteva essere geloso della
Potter.
Era assolutamente impossibile.
Scosse la testa, Jackson che
finalmente aveva smesso di parlare, un silenzio serale quasi pesante
da sopportare.
No, era assolutamente impossibile.
***
Quando Lily salutò Scorpius e
Jackson-in realtà solo il secondo dal momento che al primo non
rivolse che un cenno nervoso-si rese conto di essere leggermente
brilla. Non ubriaca, ovviamente, soltanto un po' su di giri.
Per un attimo era riuscita a
dimenticare tutta la brutta situazione che stava diventando la sua
vita, per un attimo era riuscita a distrarsi e le era riuscito
talmente bene che quasi sentiva la mancanza di Jackson (e di
Scorpius). Quando citofonò a casa di Rose, troppo pigra, come
suo solito, per scavare nella borsa alla ricerca delle chiavi, non si
sorprese troppo della mancata risposta. Forse era stata trattenuta al
giornale, oppure era uscita a fare una passeggiata.
La rossa si strinse nelle spalle
suonando alla vicina che, fortunatamente, le aprì.
Se il fatto che non avesse risposto
al citofono non l'aveva allarmata non si può dire lo stesso di
ciò che notò esattamente trenta secondi dopo: la porta
di casa.
La porta di casa era aperta.
Lily abbassò cauta la
maniglia con il cuore letteralmente in gola.
Rose non lasciava mai la porta
aperta!
Si prese la testa tra le mani
tentando di calmare il respiro fattosi improvvisamente frettoloso.
«Rose?» chiamò titubante.
Poi, senza neppure riflettere
veramente su ciò che stava per fare, uscì di nuovo
sbattendosi la porta di legno leggero alle spalle.
Non
le è successo niente.
Nessuno
l'ha rapita.
È
solo una precauzione.
La
troveranno.
Andrà
tutto bene.
Lily sfrecciava sui marciapiedi
londinesi con un passo talmente svelto che per poco i piedi non le
prendevano fuoco. L'ansia di quei giorni si era fatta improvvisamente
ardente, lacrime le rigavano il volto diafano arrossato dal freddo.
Era spaventata, era spaventata a morte.
Quasi non si rese conto del momento
in cui accedeva al ministero attraverso lo scarico, così come
non realizzò davvero neppure l'attimo in cui spalancava la
porta dell'ufficio del Salvatore del mondo magico senza neppure
bussare.
«Pap--» esordì.
Ma la scena che si trovò innanzi la colpì come uno
stupeficium ricevuto direttamente nello stomaco.
Rose era lì, Rose era
viva-realizzò con estremo sollievo. C'erano anche Lucas e
Lucilla, di fronte alla grossa scrivania di Harry Potter. Una serie
di Auror a circondarli. I polsi di Lucas e Lucilla avvolti da manette
incantate.
Lily sbarrò gli occhi
prendendo a guardarsi intorno come se da un momento all'altro potesse
giungerle dal cielo la spiegazione a ciò che stava vedendo.
«Lily, tesoro. Credo tu debba
uscire di qui» Harry le parlò nervosamente mentre si
alzava dalla propria sedia per avvicinarsi alla figlia che non
accennava a volersi schiodare di un millimetro dalla posizione in cui
era. Lily scosse la testa sottraendosi alla mano che il padre le
stava appoggiando contro la spalla. «Che cosa è
successo?» chiese, facendo un cenno con la testa nella
direzione di Lucilla.
«Me lo chiedo anche io!»
sputò lei, Lucilla, stringendo gli occhi chiari nella
direzione di Rose Weasley che abbassò lo sguardo prendendo a
fissarsi le scarpe. Harry fece un lungo, stanco sospiro prima di
voltarsi verso la bionda, il volto attraversato da un'espressione
indecifrabile. «Bennet, pensavo avessimo già chiarito
riguardo il fatto che è assolutamente necessario che lei
faccia silenzio, per non aggravare la sua posizione» l'ex
bambino che è sopravvissuto riprese la propria posizione
dietro alla scrivania prima di sfregarsi le mani. Lucilla lo guardava
con un misto di ansia ed astio, il volto dai lineamenti sottili
irrigidito in una posa talmente forzata da farla sembrare un'altra
persona. «Lucilla, ti prego» aggiunse Harry con più
dolcezza.
Lucilla Bennet lasciò andare
l'aria che aveva trattenuto spostando lo sguardo su Lucas il quale,
Lily notò solo all'ora, fissava senza tregua un punto
immaginario alla propria sinistra.
«Weasley, dovrebbe seguirmi
per compilare alcune pergamene» Willemina Robinson aveva fatto
il proprio ingresso alle spalle di Lily senza che lei se ne rendesse
nemmeno conto, aveva sicuramente bussato ma, ovviamente, la rossa non
aveva sentito.
Rose uscì in tutta fretta
superando la cugina senza sollevare gli occhi neppure per sbaglio
Un ronzio. Ecco cosa sentiva.
Un
ronzio.
Era come se il suo cervello tentasse
disperatamente di rimettere insieme i pezzi scomposti di un puzzle
impossibile, un puzzle di cui si era persa moltissime tessere per
strada, ed un fastidioso rumore di sottofondo le impedisse di pensare
per tentare di capire da sola che cosa mancasse nei numerosi spazi
lasciati vuoti.
«Se non avete altro da
aggiungere..» Harry Potter fece un cenno con la mano ad un
Auror corpulento che se n'era stato per tutto il tempo all'angolo
della stanza e quello, come se non aspettasse altro, andò a
togliere le manette di Lucilla. Fu a quel punto che Lucas si voltò
verso la bionda, una tristezza profonda sembrava ferirlo talmente
all'interno da non riuscire a traboccare in alcun modo. «No!
NO!» Lucilla prese a dimenarsi nel momento in cui un altro
Auror-uno coi capelli castani e gli occhi gentili-l'afferrò
alle spalle impedendole di muoversi. «NO, non è stato
lui! NON E' STATO LUI!» lacrime di rabbia e di dolore
cominciarono a scorrerle sul viso mentre, piccola com'era, non
demordeva nel dimenarsi tra le braccia forti del ragazzo che la
tratteneva.
L'Auror corpulento trascinò
Lucas fuori dalla stanza.
Lucilla cadde in ginocchio
prendendosi il viso tra le mani.
Lily non riuscì a muoversi
neppure in quel momento.
Se prima non poteva ancora dirsi
così ormai adesso non c'era più alcun dubbio: il suo
mondo era andato definitivamente sottosopra.
Ciao,
io sono quella che scrive!
Ciao, ciao, ciao, ciao.
Ancora ciao.
Lo so, sono imperdonabile-ho
letteralmente abbandonato Feel Like Falling per un periodo di tempo
imbarazzante ma, a farmi da scusante, ho una lunga serie di ragioni
sia universitarie che private. Quindi, spero che possiate continuare
a seguirmi senza detestarmi-non troppo almeno.
Vi saluto con la promessa che
aggiornerò almeno una volta a settimana-massimo dieci giorni.
Vi bacio tutti dalla testa ai piedi.
Anto.
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