Call me a thief.

di Askie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. ***


Capitolo I


Varcai la soglia della porta di casa mia, preoccupata come non mai.
“Andrà bene, piccola.” Mi disse mia madre.
Speravo che avesse ragione. Speravo di non ripetere un anno come quello appena passato. Speravo qualsiasi cosa positiva. Ma mi sbagliavo.
“Ciao, mamma.” Le dissi a mia volta, con voce tremolante.

Uscii di casa, ogni cosa per me era un pericolo, passavano le auto e mi scansavo di colpo, un po’ goffamente. Arrivai alla fermata dell’autobus. Mi sentivo osservata e giudicata, da chiunque. Inspirai profondamente ed espirai. Non dovevo farmi condizionare da ciò che la gente diceva. Assolutamente. Mi ero trasferita per ricostruirmi una vita, un’autostima, ogni cosa.
Avevo lasciato quei pochi amici che tenevano a me. E non dovevo fallire. Dopo aver cambiato diversi autobus, raggiunsi la mia nuova scuola. Ero spaventata ma al tempo stesso curiosa di entrare, di vedere. Appena giunta nella piazzetta di fronte all’istituto, molti ragazzi si unirono in gruppetti bisbigliando.
Udii molti “Chi è quella?”, “E’ nuova?” e fui lieta del fatto che non sentii dei commenti. Vidi una ragazza sola, mi avvicinai a lei.

“Ciao, sono Pamela.” Mi presentai.
“Ciao…” capii subito che era una ragazza timida.
“Come ti chiami?” le feci.
“T-Tasha.”
“Piacere” le dissi “Sei nuova di qui?”
“No.”
“Io sì, mi sono trasferita qui un mese fa.”
“Da dove?”
“Manchester.”
“Bella città.”
“Già.”

Alla sua ultima parola, suonò la campanella, e fummo costretti ad entrare. Notai che alcuni ragazzi mi fissavano, uno biondo e uno castano. Ridevano. Sentivo che mi stavano pigliando per il culo. Evitai di darci peso, per non rovinarmi il mio primo giorno di scuola. Arrivai in classe, Tasha era nella mia, almeno avevo qualcuno con cui parlare. Tasha indossava vestiti di seconda mano, si notava, un paio di occhiali spessi, e aveva le guance butterate. In compenso però era magra. A differenza mia, odiosa taglia 46. Odiavo tutto di me stessa, non notavo niente che potesse migliorare del mio corpo. Non ho mai avuto nessuno che mi amasse per come sono. Solo prese in giro.
Il primo giorno fu più che altro un giro di presentazioni e chiacchiere tra i professori e gli alunni. Tutto sommato alcuni insegnanti erano simpatici, pensavo peggio. Uscii dall’istituto allo scocco della sesta ora, con Tasha. Si era un po’ sbloccata, e parlavamo del più e del meno. Alla fermata dell’autobus la salutai, perché lei prendeva quello prima. Notai gli stessi ragazzi di prima, il biondo e il moro che mi fissavano. Iniziai a preoccuparmi, perché si avvicinavano, lentamente, ma lo stavano facendo. Istintivamente mi girai verso destra per vedere se il bus stesse arrivando, ed eccolo lì, dritto ad Oxford Street. Mi “salvò” da quei due che chissà che diamine volessero da me. Giunta ad Oxford Street, scesi dal bus, diretta per prendere la metropolitana per Redbridge, avrei dovuto fare 7-8 fermate, ma con il mio Ipod non contavano nulla. Percorsi le scale e alla cassiera chiesi un biglietto, per la zona 4. Pagai e scesi, c’era poca gente, e la  metro per la Central Line sarebbe arrivato nel giro di 3 minuti. Iniziai a prendere l’Ipod, con le cuffiette e ascoltai “Don’t stop me now” dei Queen. La voce di Freddie Mercury mi rassicurava in un certo senso. Dopo le fermate scesi a Redbridge, era strano pensare che quella fosse la mia nuova casa. Era una zona in periferia, con poche persone. Circolavano molti pullman che portavano all’aereoporto di Stansted. Attraversai la strada, girando per il locale del Beefeater per poi attraversare di nuovo. Scorsi la viuzza dove c’era la mia casa. Aprii la porta e me la chiusi alle spalle. Casa. Finalmente.
Fortunatamente mia madre aveva lasciato pronto della pasta all’italiana. Perfetto. La scaldai e la divorai nel giro di mezzo secondo, per passare poi alla carne e alla verdura. Alla fine del pranzo salii in camera mia trascinando il mio peso faticosamente, sdraiandomi sul letto e addormentandomi in un sonno più che profondo. A svegliarmi fu la vibrazione del mio telefono, che indicava un messaggio. Lo aprii, era da un numero sconosciuto.
“Come fai a camminare con quelle zavorre sulle cosce? Dimagrisci, balena”
Istintivamente mi scivolarono delle lacrime sulle guance, che mi rigarono il volto. Non poteva ripetersi tutto quanto, di nuovo. Eliminai direttamente il messaggio, senza rispondere. Mi ributtai sul letto, osservandomi allo specchio.

“Cosa cazzo c’è che non va in me?!” urlai contro me stessa.

Poi osservai. Le smagliature. La cellulite. I fianchi, le gambe unite. Le braccia. Non c’era nulla che andasse bene. Decisi di distrarmi. Attaccai l’Ipod alle casse, buttandomi a capofitto sulla musica di Demi Lovato. Lei mi consolava, mi faceva capire che il fisico non è tutto. Basta possedere la bellezza interiore.
Rientrò mia madre a casa, asciugai velocemente le mie lacrime, per evitare che mi vedesse.
Bussò.

“Avanti!”
“Ehi piccola.” Si avvicinò lei.
“Mamma.”
La abbracciai. Il suo profumo era la cosa più buona. La sua pelle morbida, lei era tutto.
“Com’è andata oggi?”
“Tutto bene, è un bell’istituto.”
”Hai conosciuto qualcuno?”
“Sì, una ragazza, si chiama Tasha.”
“Presentamela, mi raccomando!”

Mi diede un bacino e se ne andò in cucina, scendendo le scale.
Presi un giornale a caso. Tutte foto di celebrità con un corpo da urlo.

“Perché non sono anche io così?” mi chiesi.

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Capitolo 2
*** Capitolo II. ***


Capitolo II


Continuai a sfogliare il giornalino imperterrita, nonostante quelle immagini mi facessero un gran male. Visi perfetti, fisici statuari, sederi di marmo, sodi, cosce che non si toccavano. Tutte cose che mai sarei stata. Altre lacrime caddero sul mio volto, mentre continuavo ad ascoltare Demi. Improvvisamente mia madre mi chiamò.

“Pam! Scendi!”

Istintivamente mi alzai e mi trascinai lungo le scale, che sembravano ogni giorno sempre di più. Aprii la porta della cucina.

“Che c’è?” le dissi con un grugnito.
“E’ pronto, nel caso non sapessi che sono le sette e mezza di sera.”
“Davvero? Non me n’ero accorta che fosse passato così velocemente il tempo.”

Corsi velocemente in bagno a lavarmi le mani, odiavo mangiare avendole sporche. Mi asciugai sul mio asciugamano celeste e tornai in cucina. Fumanti piatti di pasta al forno e un pollo arrosto adornavano la tavola. Mi bloccai sull'uscio della porta.

"Cosa c'è che non va? Vieni a mangiare!" mi incitò mia madre.
"Mamma... Non mangerò stasera tutto questo."
"E perché questa novità?"
"Perché sono grassa, non mi piaccio."
"Ma non sparare cazzate!" si stava alterando.
"Non sono cazzate queste!" mi stavo innervosendo anche io.

Digrignai i denti e poggiai i pugni sul tavolo colmo di tutto quel cibo.

"IO SONO GRASSA." scandii bene.
"La devi smettere." si alzò dalla sedia.
"No, mamma. Basta, io stasera non mangio."

Salii su in camera, lasciando lei sola in cucina a mangiare. Facile parlare per lei, che era snella e semplicemente bella. Io non avevo manco una virgola apposto. Nulla.
Mi buttai sul letto nel quale mi addormentai 20 minuti dopo.
Mi svegliai il mattino dopo alle 6:50 per colpa della sveglia. Avevo fame, molta fame. Mi alzai strascicando in piedi e mi lavai.
Notai di avere molti trucchi che non ho mai usato in vita mia. Un fard, un fondotinta, ombretti, eyeliner e rossetti. Perché li avevo se non ne facevo uso?
Ad ogni modo decisi di provarli. Stesi un velo di fondotinta per coprire alcuni brufoletti fastidiosi sulle guance, misi il fard e un rossetto rosa perlato. Poche cose che però facevano vedere la differenza. Mi vestii esattamente come gli altri giorni ed uscii di casa. Mia madre non era in casa per fortuna, non avrebbe potuto fare commenti.Mi sentivo insicura come ieri, esattamente. Ero sola per Londra, ogni cosa mi creava un certo timore. Decisi di prendere la metro come il giorno prima. Scesi nella stazione di Redbridge prendendo un biglietto che comprendesse la zona 1, 2, 3 e 4.
La signora della cassa, diversa dal giorno prima, mi chiese quanti anni avessi. Evidentemente le sembrava strano che una sedicenne prendesse un biglietto per mezza Londra. Passai il biglietto dai lettori sui tornelli e scesi nella Tube. La metro sarebbe arrivata in due minuti, perfetto. La attesi, e nel giro di venti minuti giunsi a scuola.
Non vidi Tasha e non capii perché. Come poteva essere assente proprio il secondo giorno di scuola? La campanella suonò e tutti gli studenti entrarono. Non vidi neppure i ragazzi che mi fissavano l'altro giorno. Non ci fesi caso e mi diressi direttamente in classe. Allo scocco della terza ora, vale a dire nell'intervallo, feci un giro della scuola con alcune mie compagne di classe con cui ero riuscita a fare amicizia. Girai l'angolo e sbattei contro un torace, profumato di pulito. Alzai il naso e i fermai in due acquemarine azzurre che mi scrutavano imperdonabilmente.

"Scusa, davvero!" dissi al ragazzo, senza guardarlo nel volto.
"Tranquilla." e se ne andò.

Mi era familiare, lo avevo già visto nell'istituto. Mi recai alle macchinette, avevo una fame assurda. Presi ciò che era più dietetico, ossia uno snack di cereali della Kellog's e tornai in classe durante il suono della campanella. Altre tre ore passarono lentamente e finalmente uscii. Ad alcune mie compagne chiesi il loro numero di telefono, chiesi se avevano il numero di Tasha e lo ottenni. Le avrei scritto appena sarei tornata a casa.
Notai il ragazzo che scontrai, lo riconobbi non dal viso, ma dalla maglietta bianca con lo scollo a V aderente sul petto. Mi avvicinai timidamente per salutarlo, ma mi guardò con un certo disprezzo. Cambiai immediatamente rotta, rimanendoci un po' delusa. Evidentemente ero disprezzata per il mio corpo. Era ufficiale, avevo bisogno di mettermi a dieta.Iniziai a pensare come fare. Capii che dovevo fare almeno del movimento fisico, così iniziai a girare per Oxford Street. Visitai parecchi negozi, il mio preferito in assoluto era GAP. La mia taglia non c'era. Una ragione in più per dimagrire. Scrissi a mia madre che sarei rimasta fuori con alcune amiche, ma invece ero da sola. Improvvisamente mi ricordai di Tasha, e le scrissi un messaggio.

'Tasha, come stai? Perché ieri non sei venuta?
Pam xx'

Nel giro di cinque minuti ottenni la risposta.

'Ciao Pam, ho la febbre x'
'Stai tranquilla, riprenditi presto! xx'

E misi il telefono in tasca. Ce ne voleva di sfortuna però, ad avere la febbre nei primi giorni di scuola. Mi fermai ad Hyde Park, e vidi il ragazzo biondo della mia scuola con il famoso ragazzo che avevo scontrato. Mi fissavano e si giravano e ridevano. Perfetto direi! Dal loro gruppetto sentii degli urletti, il più brutto di questo era:"Oh, c'è una balena!".
D'accordo. Mi stavano sfottendo. Mantenni la calma per vedere cosa sarebbe successo e mi morsi il labbro per fermare le lacrime.
"Ma un momento" mormorai tra me e me.
'Balena' è il nome con cui mi ha chiamato uno sconosciuto in quel messaggio. Bene, avevo capito chi era che si divertiva. Il biondo era quello che più mi stava sul cazzo. Sembrava uno che se la tirava troppo, e non l'avrei retto per molto tempo ancora. Mi alzai e me ne andai, suscitando le risate del gruppetto.
Attraversai frettolosamente la strada, quando udii un colpo forte di clacson, mi ritrovai a terra.

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Capitolo 3
*** Capitolo III. ***


Capitolo III.


Aprii gli occhi, e ritrovai un'infinità di gambe davanti a me ferme. Mi alzai, e vidi un ragazzo, bello, bello davvero, steso vicino a me che si stava rialzando.

"Ti stavano investendo." mi disse lui "Così, essendo dietro di te, ti ho spinta per evitare il peggio."
"G-Grazie…" ero ancora sotto shock, mi stavo sistemando i vestiti e i capelli.
"Stai più attenta la prossima volta, va bene?"
"Va bene. Grazie ancora." Arrossii leggermente.
"Io comunque mi chiamo George."
"Io Pamela."

Nel frattempo le persone che prima mi circondavano se ne stavano tornando a camminare imperterriti per quell'affollata Oxford Street, persi nei loro pensieri. Notai i miei "amici", il biondo e il moro, che avevano assistito la scena. Stranamente sui loro visi, seppur perfetti ma arroganti, non vi era alcun sorriso, anzi. Prestarono molta attenzione al tutto. Ne approfittai, ovviamente.

"Ti accompagno a casa?" mi chiese George.
"Se non ti è di disturbo... Mi gira la testa, in effetti." gli dissi, guardando di proposito i loro visi per osservare una loro reazione.
"Va bene. Dove abiti?"
"Redbridge."
"E' un po' distante, ma non c’è problema." E mi sorrise.

Ci incamminammo e raggiungemmo la metro, mi dispiaceva però fargli pagare un biglietto, ma disse che non gli interessava. Nel frattempo ci conoscemmo, parlammo del più e del meno. George pareva veramente una brava persona.

"Dimmi un po', come hai fatto a non vedere la macchina?" mi chiese ridendo.
"E' che avevo le lacrime agli occhi e non vedevo nulla... Tra l'altro ero immersa nei miei stupidi pensieri."
"Lacrime agli occhi?" le sue sopracciglia si corrugarono sulla fronte.
"Sì, dei ragazzi mi avevano preso in giro ad Hyde Park e me ne stavo tornando a casa..."
"E come si permettono?"

Rimasi in silenzio guardando basso, mentre una ciocca di capelli biondi mi cascò sugli occhi.

"Che figli di puttana." nei suoi occhi c'era un'ombra di disprezzo.

Lo guardai con occhi spalancati per la frase che aveva appena sputato con una semplicità e spontaneità impressionante.
Gli abbozzai un sorriso, che ricambiò.

“Certa gente, la ‘sconfiggi’ solamente con la loro stessa arma. Lo sfotto. Fallo anche tu.” Mi incoraggiò.
“Ho paura per la loro reazione.” Gli confessai.
“Non devi. Ti proteggo io, piuttosto.”
 
Silenzio.
 
George era un ragazzo dal viso molto dolce. Occhi verdi, capelli castani, leggermente arruffati, naso all’insù che incorniciava il suo volto ovale. Lunghe ciglia gli adornavano le palpebre.
Le sue labbra rosa scuro risaltavano sulla sua pelle candida e chiara.
 
"Manca poco a Redbridge" mi fece notare, rompendo il silenzio "Due fermate!" e sorrise.
"Già, e poi ci abbandoneremo…” gli risposi.
“Sbaglio o c’è un filo di rammarico nella tua voce?”
“Non sbagli, sei l’unico che non mi ha giudicata per il mio corpo! Almeno, spero.”
“Solo un coglione lo farebbe. Ogni donna è bella a modo suo. Nessuna ragazza se lo merita.” E mi abbagliò di nuovo con la sua splendida dentatura lucente.

Nel frattempo scendemmo dalla metro e percorremmo le scale per passare poi dai tornelli.
 
“E tu sei bella a modo tuo.” Aggiunse. “Certe stronzate non le devi nemmeno considerare.” Mi accarezzò una spalla, quasi fosse un amico di vecchia data.

Mi scese una piccola lacrima di commozione, era la prima volta che mi venivano dette queste parole. Da uno sconosciuto, tra l’altro.
Nel frattempo giungemmo a casa mia.
 
“Beh, allora grazie, ci si incontrerà di nuovo in giro per Londra!” lo salutai.
“Ti lascio il mio numero di telefono, nel caso avessi bisogno di aiuto con quegli idioti, d’accordo?”
 
L’idea di dare il mio numero ad uno sconosciuto mi pesava, ma d’altronde mi dispiaceva rifiutarlo. Così ce li scambiammo.
 
“Perfetto! Ogni volta che hai bisogno, mia cara, correrò.”
 
Lo abbracciai forte, sussurrandogli un flebile ‘grazie’e se ne andò.
Rientrai a casa e trovai mia madre vicina all’uscio, le raccontai ogni cosa, che George mi aveva salvata e riaccompagnata.
 
“Ma ti fidi di uno sconosciuto così?” mi chiese furente.
“No, però si è dimostrato gentile con me ed io lo sono con lui, mamma.”
“Non gli dare troppa corda. Almeno come si chiama?”
“George.”
“Cognome lo sai?”
“… Black.” Me l’aveva detto mentre parlottavamo.
“Età?”
“Ha 17 anni.”
“Stai attenta, Pam.”
 
Sbuffai e me ne andrai in camera.
 
“Ma chi mi considera ormai.” Dissi tra me e me.

Presa da un attacco di odio verso me stessa, cercai su Internet qualche rimedio per dimagrire. Pesavo 68 chili, volevo almeno arrivare a 59, e diminuire di qualche taglia. Tutti consigliavano una dieta, qualche idiota persino diceva di mettersi due dita in gola. All’inizio valutai questa cosa. Ma scossi la testa per evitare che delle stupide righe scritte da qualche nullafacente mi influenzassero troppo. Chiusi Yahoo! Answers.
Improvvisamente suonò il campanello.
 
“Mammaaa! Vai ad aprire!” urlai.
“Sono sotto la doccia Pam!” mi rispose dal bagno.
 
Seccata, mi alzai dalla sedia e mi recai in ingresso, dove il campanello della porta continuava a suonare imperterrito.
 
“Arrivo!” gridai da dentro.
 
Aprii la porta e con mio grandissimo stupore mi ritrovai un ragazzo alto, con gli occhi verdi, molto grandi ed espressivi. Dei boccoli contornavano il suo viso e lo incorniciavano. Delle grandi labbra rosse facevano contrasto con la pelle bianca.  Il viso era sulla falsa riga di quello di George.
 
“C-Ciao, posso esserti u-utile?” balbettai a fatica.
“Sono Harry.” Si presentò, spavaldo.
“E..?” gli chiesi.
“E sono il figlio del compagno di tua mamma, stasera dovremmo venire a mangiare da voi, mio padre sta posteggiando la macchina ora.” Si voltò, indicando un Mercedes.
 
Ma come? Mia mamma aveva un compagno e non mi aveva neanche accennato che avrebbe potuto averlo? Mi sentii profondamente ‘tradita’. Ma mascherai tutto con un sorriso.
 
‘Almeno è ricco.’ Pensai.
 
“Oh sì, Harry!” mentii. “Entra.”
“Permesso.” Fece lui.
 
Nel frattempo uscii dal bagno mia madre truccata, con i capelli piastrati e vestita da casa.
 
“Harry!” urlò, abbracciandola.
“Signora Crane!”
“Chiamami Rebecca, che mi offendo!” lo invitò, quasi offendendosi veramente.
“Va bene, Rebecca.” Le sorrise sfoggiando 32 denti in perfetto stato e bianchissimi.
“Tuo padre?”
“Sta posteggiando!” si girò velocemente “No anzi, sta arrivando!” e si voltò frettolosamente verso un uomo che salutava con una mano.
 
Arrivò alle scale con un po’ di fiatone.
 
“Scusa per il ritardo, Becca.” Le fece lui.
“Tranquillo. Pam, questo è Des, Des Styles.”
“Piacere di conoscerti.”
“Piacere anche per me, siccome prima non ti sei presentata.” S’intromise Harry, scoppiando in una fragorosa risata che contagiò anche me.
“E Des, lei è Pamela, detta Pam.” Continuò Rebecca.
“Piacere mio.” Mentii.
 
In realtà ne avevo per le palle di conoscere il nuovo compagno di mia madre. Seriamente.
Non me l’aveva neppure detto, e me l’ero legata al dito.
 
“Seguitemi!” li incitò lei.
“Certo.” Dissero in coro.
 
Rebecca mostrò la casa ai nuovi arrivati, io corsi in bagno a sistemarmi, ero orrendamente impresentabile. Scesi giù per le scale.
 
“E questa è la cucina.” Udii.
“Molto bella!” questa era la voce del ragazzo.
“Già!” ribadì Des “E’ accogliente.”
“Accomodatevi, tra poco è pronto.”
“D’accordo.” Rispose Harry.
 
Si sedette accanto a me. Mi sentivo a disagio, il suo profumo era tremendamente, schifosamente, incredibilmente buono. Una coccola per l’olfatto. Non potevo non annusarlo ogni volta. Era una ‘droga’.
 
“Allora.” Mi disse lui. “Da quanto tempo abiti qui?”
“Poco più di un mese.”
“Davvero? E in che scuola vai?”
“Frequento il Streatham and Clapham High School.”
“Ma sei nella mia stessa scuola e neanche ti ho vista?”
“Seriamente? Ahahahah, non ci ho mai fatto caso. Beh, almeno conosco qualcuno.” Gli abbozzai un sorriso, mentre le mie guance si scurirono lentamente.
 
D’altronde non era così male. Anzi, mi piaceva. Era un ragazzo piacevole, fresco. Bello. E mi scivolarono addosso tutti i miei problemi come se fossero goccioline di rugiada su un filo d’erba.



Spazio autrice.
Hello, babes!
E' il primo spazio autrice che faccio, ma beh, mi sembra giusto, perché dovrete capire chi sono ahahah!
Sono Martina, abito a Genova.
E' la terza FF che scrivo, una tra l'altro ha avuto discreto successo.
Mi piace il fatto che qualcuno la stia seguendo, specialmente le "lettrici silenziose".
Cosa ne pensate per ora? Se lasciaste una recensione, scrivetemi cosa credete sia meglio, terrò tutto in considerazione c:
Bye,
Martina. xx

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Capitolo 4
*** Capitolo IV. ***


Capitolo IV


La serata passò con una velocità inimmaginabile. Sì, con Harry si stava veramente bene. Ed era anche stupendo. Aveva il tipico fascino del rubacuori, con i suoi occhi verdi grandi ed innocenti.

Dopo aver preso il caffè, Des iniziò a muoversi per tornare a casa.

"Beh, dai è stato bello, la prossima volta venite voi a casa nostra!" annunciò Des.
"Con molto piacere. Grazie Des." gli rispose mia madre.
"Allora grazie, e buonanotte."

Li accompagnammo alla porta, Des salutò mia madre con un bacio innocuo sulle labbra, mentre Harry la abbracciò. Quando toccò a me avenne l'incredibile. Harry mi abbracciò forte e mi stampò un bacio sulla guancia, avvicinandosì così tanto da farmi inebriare del suo profumo. Di nuovo.

Completati i saluti, mi chiudei la porta alle spalle e guardai dritta negli occhi mia madre.

"Sono brave persone, vero Pam?"
"Mamma come hai potuto non dirmelo?" mi irritai.

Lei tacque guardando basso.

"Voglio sapere perché non mi hai neanche accennato di questa cosa! Non posso vedermi arrivare degli sconosciuti a casa mia! E chissà da quanto lo frequenti quel 'Des'!" imitai con le dita le virgolette, mentre pronunciavo il suo nome.
"Senti. Sono una donna di 40 anni. So cosa faccio, non ti puoi permettere di dirigermi."
"Ma non è plausibile che ti metta in casa delle persone che conosci da neanche una settimana!"

Ero furente. Sembravo io sua madre. Le mie mani si irrigidirono, fino a chiudersi in due pugni stretti che battevano sul tavolo. Del rossore comparse sul mio viso. Lei continuava a non rispondermi, così me ne salii in camera.

Sbattei la porta della stanza e andai in bagno. Presi lo struccante e lo adoperai sugli occhi e sulle guance, sfregando il dischetto d'ovatta con violenza. Terminato questo passaggio mi sciaquai il viso con dell'acqua fresca, e tamponai l'asciugamano. Presi lo spazzolino e iniziai a sfregarlo sui denti svogliatamente mentre osservavo il mio riflesso sullo specchio.

Mi avvicinai e notai che i miei occhi avevano cambiato colore. Erano sempre stati castani, e adesso, di punto in bianco, iniziavano ad essere verdi. Come quelli di Harry.

Harry.

Mi aveva lasciato un segno quella sera.
Un segno che nessuno aveva mai pensato di lasciare.
Bello, bello da star male.

Sputai per l'ultima volta sul lavandino, e poggiai lo spazzolino nel bicchierino. Mi infilai il pigiama e mi coricai sul letto. Iniziai a pensare.
A Harry, a George, agli stupidi che mi insultavano, a Tasha.
Solo due giorni che era iniziata la scuola, e due giorni in cui erano successe cose che manco pensavo.
Affondai nei miei pensieri, quando chiusi gli occhi e mi addormentai nel sonno più profondo.

Il mattino seguente mi alzai e compii le solito azioni mattutine: lavarmi, sciacquarmi, truccarmi, vestirmi.
Scesi e trovai la colazione in cucina già pronta. Frittelle.

"MAMMA!" urlai, sebbene sapessi che in casa non c'era nessuno.

Seccata, mi sedetti al tavolo e mangiai. Avevo una fame indescrivibile.

Finita la colazione, andai in ingresso per aprire la porta, quando mi trovai davanti un'imponente figura alta, con i capelli ricci. Mi venne un colpo al cuore.

"Pam!" urlò lui, con un sorriso enorme sul suo viso.

Alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi.

"H-Harry!" gli risposi, in preda al panico "Che ci fai qui?" gli chiesi.
"Siccome vieni nella mia scuola, pensavo che potessi venire con me, Rebecca lo sa che ti vengo a prendere. Per cui vieni!"
"D'accordo." ero molto poco convinta, ma acconsentii.

Chiusi la porta a chiave e c'incamminammo per raggiungere la metro, e compimmo lo stesso percorso che facevo ogni giorno. Parlammo di ogni cosa possibile.
Nel vagone della Tube vidi alcune ragazze della mia scuola di cui ricordavo l'aspetto molto vagamente. Mi guardavano, mentre ridevo con Harry. Erano come scandalizzate. Pensavo che lui fosse un rubacuori e che loro gli facessero il filo. Se era così, beh ero felice di stare con lui.

Giunti nel piazzale della scuola, ci salutammo e ci dividemmo. Com mio grandissimo stupore misto ad orrore, vidi che s'infilò nel gruppetto che mi sfotteva. Rimasi letteralmente a bocca spalancata. Il biondo mi fissava e gli parlava. Mi avvicinai leggermente per riuscire a sentire cosa dicessero.

"Dio santo, Harry!" urlò il biondo.
"Cosa vuoi?!" gli rispose brutalmente lui.
"Non puoi farti vedere con quella! E' una vergogna!"
"Niall, ma mi spieghi perché la odi così? E' una brava ragazza, fatti i cazzi tuoi."
"Ora vedi cosa ne dirà Louis. Non è che ti piace la balena?" Niall si stava alterando.
"Mi stai minacciando?! E 'balena' è tua madre, pezzo di merda."

Stavano praticamente urlando in mezzo alla piazzetta. Harry e Niall avevano i visi vicinissimi e si guardavano dritti nei loro meravigliosi occhi. Si poteva avvertire la tensione tra di loro e udire i respiri pesanti che coronavano quel momento.

"Ciao ragazzi. Che succede?"

Mi girai e vidi lo stesso ragazzo che avevo scontrato il giorno prima, con gli occhi color cielo, avvicinarsi a loro.

Harry e Niall si staccarono, facendo finta di nulla.

"N-Niente, Lou." lo convinse Harry.
"Stavamo scherzando." ripeté Niall.
"Ah, va bene." si dipinse un meraviglioso sorriso sul suo viso.

Immaginai che quel 'Lou' fosse proprio Louis.

"Senti l'ultima Lou." disse a freddo Niall, guardando Harry maliziosamente.
"Dimmi."
"Harry è venuto a scuola con la balena e l'ha pure abbracciata."

Intravidi Harry che si girò, mettendosi una mano nei capelli.

Prima che sentissi cosa dicesse Louis, suonò la campanella, tutti i ragazzi entrarono.
Dopo quella affermazione di Niall fui accecata dalla rabbia. Iniziai a camminare verso quel fottuto gruppetto che per farsi figo entrava per ultimo.

"Biondo tinto!" urlai per attirare la sua attenzione.

Si girò bruscamente.

"Che cazzo vuoi tu?" mi aggrdì con lo sguardo.
"Che cazzo voglio io? E me lo chiedi anche? Ho sentito cosa dicevi a Harry. Non ti devi permettere minimamente di giudicarlo per il fatto che mi accompagna a scuola. E non ti devi nemmeno permettere di giudicare me."

Ero isterica. Odiavo udire quelle affermazioni su di me.

"Balena, calma. Qui nessuno ti giud..."

Gli stampai cinque dita dritte sulla faccia e lo spinsi a terra, sotto gli occhi di tutti.

"Cosa, scusa?! Come mi hai chiamato, brutto sudicio?" ripetei ad alta voce. Mi sentivo ferita, devastata nell'orgoglio.

Louis corse a bloccare Niall che, furioso, si alzò minacciosamente ed iniziò a marciare verso la mia direzione.
Harry invece bloccò me, che ero pronta a stampargli dell'altro, sul suo bel faccino.

"Smettila." mi sussurrò Harry in un orecchio.
"Non ci sto ferma. Deve capire che non si può permettere di dire questo."
"Me la sbrigo da solo. Grazie lo stesso. Ti accompagno in classe."

Nella sua voce c'era del fastidio. Forse avevo esagerato.

Mi accompagnò all'interno dell'istituto, raggiungendo la mia classe.

"Non fare più queste scene, d'accordo?" si raccomandò il riccio.
"Ci proverò..." gli risposi di malavoglia "Ma non so quanto resisterò."
"Fallo per me." si stava avvicinando sempre di più.

Il suo profumo tornava a riempirmi le narici, ancora.

Mi staccai, velocemente.

"A-Allora ciao Harry."
"Ciao Pam."

Mi accarezzò la testa affettuosamente e mi lasciò un bacio sulla guancia, così entrai in classe. Erano già tutti seduti. Porsi le mie scuse alla prof per il ritardo e mi sedetti. Tasha non c'era.

Passarono tre ore e suonò la campanella, indicante l'inizio dell'intervallo.
Mi recai dal distributore, e mi accorsi di alcune figure note.
Louis ammiccò a Niall che si girò ed iniziò a seguirmi. Io mi recai subito in classe, chiedendo ai miei compagni di farmi da scudo. E non lo fecero entrare. Mi sentii sollevata.

Cosa stava succedendo?

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Capitolo 5
*** Capitolo V. ***


Capitolo V

Mi aumentò il battito cardiaco. Non ero spaventata. Di più.
Uno tra i ragazzi più popolari della scuola mi stava seguendo incarognito, probabilmente per pestarmi o cose simili. Me ne restai in classe, alcune ragazze andarono a prendermi la merenda ai distributori, così non sarei dovuta andare io e non avrei rischiato di incontrare il tinto.
Alle undici suonò la campanella. Mi toccava ginnastica. Ai ragazzi del primo anno facevano fare piscina come sport didattico, assieme ai ragazzi di terza superiore, per aiutarli. E in terza superiore c’era lui. Niall. Mi augurai con tutto il mio piccolo cuore che la sua classe non fosse assieme alla mia, e per fortuna mi toccò quella di Harry. Il mio protettore. Le piscine erano vicine all’istituto, così bastò una fermata con il coach per raggiungerla.
Tutti scelsero il compagno con cui nuotare, io puntai su Harry, ovviamente, nonostante ci fossero delle ragazze che se lo stavano divorando con gli occhi.
Lui accettò con piacere, ed io lo abbracciai. In fondo al bus vidi due occhi glaciali che mi fissavano. Niall. C’era anche la sua classe allora!
Un brivido mi percorse la schiena quando i nostri sguardi s’incrociarono.

“Io ti faccio fuori.” Mimava con il suo labbiale, mentre si reggeva ad un palo.
“Vedremo.” Gli risposi io, seguendo la sua stessa modalità di comunicazione.

Mi voltai verso Harry, che parlando mi distrasse. I professori ci fecero scendere ed entrammo in piscina. Insieme alle mie compagne mi cambiai e mi recai in piscina, affacciandomi sul bordo, e guardai i ragazzi entrare.
“Come sei carina con la cuffia!” mi prese in giro Niall.
Sentii una manata sulla schiena, e dopo pochi secondi… Acqua. Fredda.
Quando riemersi, vidi il faccino compiaciuto di quella maledetta canaglia.

“Tu!” urlai.
“Occhio che il gorilla s’infuria.” Mi provocò.

Uscii dall’acqua con una furia tale che digrignò i denti e spalancò i ghiacciai presenti sul suo volto. Eravamo distanti poco meno di tre o quattro centimetri.

“Senti.” Gli dissi “Non so da che pulpito venga il tuo odio o rancore verso di me. Ma me ne sbatto altamente il cazzo. Tu per me sei meno di zero, meno di nulla. Sei uno come gli altri. Vattene, stammi alla larga o qui finisce male.”
“Oh, qui ‘finisce male’, ahahahah.” Rise, prendendomi in giro facendomi il verso.
“Professoressa!” urlai.
“Me ne vado, cicciona.”

Quel commento non lo tollerai, così gli tirai un gancio (ebbene sì, un gancio) sulla tempia, stile Rocky Balboa, facendolo cadere e sbattere la testa sul trampolino.

“Ma sei impazzita?! Presto prendiamolo prima che le prof lo vedano.” urlò Harry appena uscito dallo spogliatoio.

Nel frattempo dai compagni di scuola si udì un coro che incitava alla rissa. Quando arrivarono le professoresse, dicemmo loro che era caduto sbattendo la testa, costringendolo così a saltare la lezione di nuoto. Harry mi guardò torvo mentre eravamo in mezzo alla mischia di persone.

“Qualcosa non va?” gli domandai appoggiandomi al bordo.
“Smettila di fare la bulletta.” Mi rispose, mentre si sistemava la cuffia e gli occhialini.
 “Cosa, scusa? Ma eri presente durante tutti i suoi giochetti di parole?”
“No, ma…”
“Ma niente.” Lo interruppi bruscamente.
“Ti stai mettendo in cattiva luce.” Biascicò.

Nel frattempo gli altri ragazzi iniziavano ad immergersi in piscina, mentre io ed Harry parlavamo a piedi nudi, sul bordo della vasca, uno di fronte all’altra.
“Solo perché mi sto difendendo da un coglione che mi sta aggredendo verbalmente? Solo per questo?” mi innervosii e gesticolai ampiamente per far comprendere il mio disaccordo con le sue dannate parole.
“Tutti ti credono una pazza.” Sputò, senza guardarmi negli occhi.

Risi.

“Ora neanche ci si può più difendere.” Commentai a mia volta.

Il nervoso che salì era inquantificabile. Le ragazze non si toccano, né con le mani, né tantomeno a parole. E Niall poteva? No, io non ci stavo.

“Ragazzi, è tutto apposto.” La professoressa di ginnastica entrò in piscina dallo spogliatoio con il suo orrendo costume intero a pois. “Styles, Crane, in acqua, subito. Facciamo dieci vasche stile libero per scaldarci i muscoli.”

Mentre s’immergeva, emisi uno sbuffo all’unisono con Harry, mentre mi calai giù dalla scaletta, Niall uscì dallo spogliatoio con un bagnino ed un sacchetto di ghiaccio in testa. Mi guardò non male, di più.
La preoccupazione iniziò a salirmi.
Quando fui in acqua mi sentii leggera come non mai. Avere la cuffia mi fece sentire un tantino in imbarazzo, ma c’era gente peggio di me. Nel frattempo il biondo mi guardava ripetutamente. Che stesse tramando qualcosa?
Finite le ore di nuoto, tutte le ragazze andarono a fare la doccia a turno, e sfortunatamente ero l’ultima. Quando toccò a me, infilai le ciabatte ai piedi, presi shampoo, balsamo e bagnoschiuma e mi infilai sotto al getto. Nessuna ragazza mi aspettò. Ero sola nello spogliatoio, quando sentii aprire e chiudere la porta.
Coprendomi le parti intime mi sporsi dal muretto e vidi dei capelli corti.
Biondi.
Iniziai a rabbrividire. Cercai di fare silenzio per evitare di essere vista. Ma vidi che si stava avvicinando alle docce, mi girai, in modo da essere di schiena e sentii delle mani percorrere tutto il mio corpo, arrivando a toccare anche le zone erogene. Mi girai violentemente e incontrai quei maledetti occhi azzurri che si agganciarono ai miei. Verde nell’azzurro.

“Che cazzo fai!” urlai scrollando le sue mani di dosso.
“Ho capito che sei veramente una ragazza di carattere, mi piaci.” Iniziò a palparmi di nuovo.
“E invece no!” lo spinsi via con forza.
“Sembri grassa, invece sei solo formosa. Beh, ecciti di più.”

Il suo tono era molto inquietante e i suoi occhi mi scrutavano pesantemente.

“Mi eccita anche darti dei pugni!” urlò, con una rabbia mai vista e rancore negli occhi.

Mi tirò un vero e proprio pugno vicino all’occhio, che mi fece cadere. La scena era ancora più umiliante perché ero nuda.

“Figlio di puttana.” Sussurrai mentre mi facevo colpire dall’acqua fredda.

Mi alzai di corsa e lo misi al muro. Gli tirai una testata, il gesto più istintivo che potessi fare. Cadde a terra. Iniziai a ridere, a sfotterlo perché non reagiva.
Si alzò e questa volta fu lui a mettermi al muro. Violentemente. Strinse i polpastrelli con le unghie corte sulle mie spalle, iniziai a digrignare i denti. Mi guardava fisso negli occhi. Si avvicinò e li chiusi per la paura.
Sentii del calore sulle mie labbra.
Mi stava baciando. Più che un bacio sembrava una vendetta, vista la foga con cui lo stava facendo. Non mi chiese neppure il permesso, che fece incontrare le nostre lingue.
Premette i suoi fianchi contro i miei, in modo che sentissi la sua erezione. Il fatto che fossi nuda forse amplificava un po’ i suoi sensi.
Mentre eravamo entrambi sotto il getto caldo della doccia, Niall mi baciò il collo, e lo morse leggermente. Un gesto che non mi aspettavo e che mi sorprese parecchio.

“Profumi.” Ridacchiò.
“Sai, sono sotto la doccia. Mi stavo lavando.”
“E beh.”

Rise.
 
Tutt’un tratto si levò i pantaloni e gli altri indumenti senza che me ne accorgessi e quindi senza fermarlo.
 
“Ora siamo due persone nude. Così sei a tuo agio.”

La sua erezione iniziò a farmi male. Inoltre, allungava le mani nella speranza di un contatto più intimo, che non gli concessi.
 
“Voglio sapere cosa cazzo hai in mente.” Rivelai, schietta.

Si zittì, d’un colpo.



Un brivido mi percorse la schiena quando i nostri sguardi s'incrociarono.

Spazio autrice.
Hellow. :3
Come va? Spero che vi piaccia la mia fanfic, ci tengo molto c:
Cosa ne pensate di questo colpo di scena? Ahahaha a me piace c: fatemi sapere per mezzo di recensioni ecc!
Scusate se è corto, ma non ho avuto tempo cwc
Martina. xx

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