Storia di un debole

di letyourcolors_burst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Gli sviluppi di una storia straordinaria ***
Capitolo 3: *** La storia è come una foto degli anni '80. Si sviluppa. ***
Capitolo 4: *** Avvenimenti imprevisti ***
Capitolo 5: *** La Scomparsa ***
Capitolo 6: *** La scoperta di un nuovo Mondo | L'inizio (parte 1) ***
Capitolo 7: *** L'inizio (Parte 2) ***
Capitolo 8: *** L'inizio | Parte 3 (Un nuovo alleato) ***
Capitolo 9: *** La Fine | Parte 1 ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


Austin alzò lo sguardo e scostò il ciuffo di capelli davanti agli occhi. << Sai, non so perché lo faccio. Combattere contro degli energumeni, intendo. Non è mai stato il mio sogno, neanche quando ero un ragazzino innocente ed ingenuo, uno che non conosceva il mondo. Ora sono romantico e sensibile, dolce e tormentato, sfigato e maltrattato, incompreso e deriso da gente che non mi conosce e che crede d’aver capito tutto della vita, gente che non merita nemmeno d’esser guardata in faccia. Gente che pensa che io sia incosciente, spericolato ed imprudente; pensano che io voglia farmi uccidere da dei tipi molto più grossi e forti di me, magari solo per noia. Non sanno niente di me e della mia vita di merda, di quanto io abbia sofferto o di quanto soffrirò ancora, o del fatto che il mio migliore amico pensi che io sia logorroico e mi abbia abbandonato, proprio mentre cercavo di farla finita con una pistola, puntata contro il mio cuore e pronta a perforarlo. Ero arrivato sul punto di esplodere. Lo so, so che sembra una frase fatta, ma non lo è. Le parole non bastano a descrivere quanto io mi senta solo. Solo lei è riuscita a salvarmi. Lei che ora rappresenta il mio sogno, il mio unico punto di riferimento e l’unica spalla su cui potrò piangere quando le persone intorno a me mi abbandoneranno ancora. E so che lo faranno. Ha cercato di farmi ragionare, mi ha fatto capire che la vita non va sprecata, che la mia vacanza sulla terra non deve finire a causa di una pistola. Entrambi, ora, lo pensiamo. Insieme mostriamo le nostre vere facce, le stesse con cui affrontiamo il mondo, con cui assistiamo impotenti alla cattiveria, alla fame, alle guerre che non avranno mai fine, e che l’unica fine che metteranno sarà alla vita delle migliaia di persone che lottano per la pace nel loro mondo, che ora vedono distruggersi poco a poco. Poi, penso che per mantenermi devo lottare, e farmi massacrare ogni giorno, rischiando di non poterla rivedere. E solo per poche centinaia di euro al mese, guadagnate clandestinamente, e totalmente contro la mia volontà. Devo essere pronto a prendere a pugni un uomo losco che, probabilmente, mi farà uscire stasera, dopo l’incontro, con il naso sanguinante e la gamba fratturata. Ma questa sarà solo la migliore delle ipotesi. Sai, vorrei davvero che tutto questo finisse. >> Il cane davanti ad Austin si mise una zampa sul muso e inclinò la testa. Corse via. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo, lo vide fermarsi davanti ad un pezzo di pane caduto a terra ed annusarlo. << Incredibile – disse – trova più interessante un pezzo di pane che i miei discorsi… Cani… >> si appoggiò ad un muro e si infilò il cappuccio, buttò una mezza sigaretta fumante a terra, la spense con la suola della scarpa sinistra. Il suo incontro sarebbe iniziato, di lì a poco. Sarebbe stato distrutto, di lì a poco.

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Capitolo 2
*** Gli sviluppi di una storia straordinaria ***


Austin cercò di fuggire. Entrato nel capannone clandestino in cui si sarebbe tenuto l’incontro, si guardò intorno, cercando di individuare un suo potenziale avversario. Il più delle volte egli si mostrava come un classico “Hulk Hogan” , alto come una giraffa, forte come un toro, agile come una gazzella. Un animale, insomma. Lo scorse trangugiare un boccale di birra con voracità, prevedibilmente tirare fuori un rutto di dimensioni medie e pulirsi la bocca con l’avambraccio peloso. Istintivamente, Austin uscì dal capannone senza dare troppo nell’occhio. Respirò l’aria gelida di quella sera di gennaio. Accese una seconda sigaretta e compì alcuni passi verso la fine del vicolo da cui si accedeva, attraverso un’entrata secondaria, al tendone in disuso. Vide una figura avvicinarsi.                                                                                                                                                  
<< Austin, che ci fai qui? Insomma, sono le undici… E tu sei in una zona di Londra più che sperduta, direi. >>
<< Lo sei anche tu, nel caso non l’avessi notato. Ti sto guardando, quindi vuol dire che siamo vicini. Sei qui anche tu,direi. Cosa vuoi? >> fece per andarsene.                                                  
 << So di starti antipatico, ma potresti anche fingere. Ferire gli altri è semplice solo per se stessi. >>
<< Non cominciare, per favore. Cosa vuoi? >>
<< Niente, passavo di qui. In effetti, volevo vederti prendere a pugni qualche bestione. >> il ragazzo sogghignò; cercò di fingersi amico e diede un paio di pugni sul braccio dell’altro. Austin ricambiò. Lo colpì sul naso. L’altro corse via, sdegnato, insultandolo pesantemente. Austin non se ne curò affatto; percorse un paio di metri, sempre verso la fine del vicolo. Senti la porta aprirsi alle sue spalle e si voltò temendo il peggio. Non ebbe il tempo di nascondersi che il buttafuori lo notò. Gli gridò contro. << Mason! Torna qui, maledetto! L’incontro ti aspetta, fesso! Non vorrai mica dartela a gambe come i pisciasotto… >> lo raggiunse a fatica e lo afferrò per il collo. Lo sollevò di peso, lo riportò dentro e lo buttò come un rifiuto a terra. Durante le manifestazioni clandestine nessuno ti guarda in faccia, ti disprezza e ti tratta come fossi una malattia, a meno che tu non sia in alto; a quel punto sei un semidio. Intoccabile. Una voce esterna, forse dell’arbitro, lo invitò a salire sul ring e a battersi da vero uomo, affrontando la vita e accettandola per l’ingiustizia che l’avvolge. Il ragazzo venne barbaramente sconfitto; riportò ferite ovunque, due fratture ed un occhio nero. Durante l’incontro cercò di fare del suo meglio, combatté con tutte le sue forze contro un lottatore esperto e spietato. Fu buttato a terra molte volte, sollevato di peso e lanciato fuori dal ring. Ripulitosi ed uscito all’aria aperta, ormai colorata dall’alba, ne prese una seconda boccata. Corse per centinaia di metri, allo scopo di  liberarsi dalla rabbia che lo aveva dominato sin dall’inizio dell’incontro e che non era riuscito, però, a trasformare in pugni. Con il rivolo di sangue colante dal labbro, la chiamò. Arrivò dopo dieci minuti, all’incirca, ed abbracciò con forza il ragazzo, felice di vederlo, ferito ma vivo.
<< Austin… Il peggio è passato. Solo gli eroi affrontano ciò che la vita gli offre a testa alta. E tu sei uno di quelli. Pensa solo che il sole sta sorgendo, e che è bellissimo poterlo ammirare mentre rinasce. So che, di situazioni come questa, ne affronterai ancora tante prima di poter dire di aver chiuso con questa vita, ma non dipende solo da te. >> la ragazza girò lo sguardo verso l’alba.
<< Perché sei ancora qui? Nonostante tutto? >>
<< Cosa vuoi dire? Austin, per me sei importante. Non ti lascerei mai solo in momenti come questi. >>
<< Vedi, mi sento come un rifiuto. A nessuno frega niente di ciò che provo. Non è mai fregato a nessuno. Non fregherà mai niente a nessuno. Che tu sia felice o che tu sia triste. Essere felici significa trascinarsi dietro l’invidia ed i peggiori auguri di tutti; essere tristi significa collezionare le risate ed i sospiri di sollievo come fossero macigni sotto il materasso. >>.
la ragazza lo strinse a sé una seconda volta, più forte. Gli poggiò il polpastrello del pollice sul mento e lo ripulì dal sangue che, nonostante le cure, continuò a colare. Si alzarono in piedi e passeggiarono sino alla spiaggia, che si trovava ad alcune centinaia di metri dalla punta delle loro scarpe. Austin non sapeva che il suo amore sarebbe stato ricambiato, se solo avesse avuto il coraggio di esternare i suoi sentimenti.

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Capitolo 3
*** La storia è come una foto degli anni '80. Si sviluppa. ***


Storia di un debole (che imparò a non fidarsi)
Capitolo 3. La storia è come una foto degli anni '80. Si sviluppa.

*Vi ringrazio in anticipo per tutte le visite e/o eventuali commenti, sia negativi che positivi. Lasciatene, grazie.*

Appena tornato a casa, Austin si sdraiò sul letto. La madre ed il padre adottivo lo guardavano, straniti. Era entrato, socchiudendo la porta e camminando con fare insolito. Non notarono, però, i numerosi lividi che il ragazzo aveva sparsi per tutto il corpo. E fu una fortuna, poichè i genitori erano all'oscuro delle lotte clandestine. Avrebbe approfittato delle poche ore rimaste prima dell'ennesimo incontro per riposarsi e ripensare al pomeriggio passato con Avalon. Alle undici uscì di casa. Senza farsi notare o fare il minimo rumore, si trovò immerso nella notte e pronto per farsi massacrare. Arrivò al solito capannone. Avalon conosceva dal giorno precedente la storia di Austin. Inutile dire che ne fu sorpresa e, allo stesso tempo, furiosa con lui, per averle mentito su una questione così pericolosa ed importante.
<< Perchè non mi hai mai parlato di questi incontri, Austin? Sai che è pericoloso, sai di rischiare la vita ogni volta che affronti qualcuno con un peso doppio rispetto al tuo? Io non ti capisco. Perchè mai dovresti finire in un giro clandestino ed illegale? Per divertimento o cos'altro? >>
<< Avalon... Non lo faccio per divertimento, se è questo che credi. Lo faccio per riuscire a tirare avanti. Non ho trovato niente di meglio. In tempi come questi, farsi massacrare sembra l'unica alternativa per arrivare ad avere qualcosa di più degli spiccioli in tasca. E, sì. So di rischiare la vita, combattendo. Ma, come ho già detto, non ho avuto, nè avrò, altra scelta. >>
<< Mi prendi in giro? Te ed io sappiamo benissimo che una seconda scelta c'è sempre. Sempre, Austin. E se non riusciamo a trovarla, è perchè ci accontentiamo di quella che abbiamo, giusta o sbagliata che sia. L'unica scelta è la scusa di quelli che non vogliono staccarsi dalla massa. La ricerca della seconda scelta riguarda pochi, a questo mondo. Include solo quelli che vogliono davvero cambiare le cose in meglio, a qualsiasi costo. >>
Austin entrò nel capannone, senza rispondere ad Avalon. Le sembrò offeso dalle sue parole, ma si consolò credendo che quelle fossero vere, dall'inizio alla fine. Ancora infuriata, lo seguì; entrò nel capannone anche lei, ed aspettò il ragazzo fuori dagli spogliatoi. Come prevedibile, erano solo maschili, poichè non si riteneva possibile o, quantomeno, concepibile, far partecipare una donna ad un incontro di quel genere. Appena uscito, Austin scappò via da Avalon; salì sul ring, pronto o quasi, ad affrontare il suo sfidante di routine. Era da sempre chiamato "the Bull", facile intuirne il motivo. 1,88 di altezza per 95 chili, di cui buona parte erano muscoli, a 26 anni, "the Bull" era tra i dieci lottatori più temuti di quel capannone. Anche Austin fu barbaramente sconfitto, come gli altri lottatori di quella serata che affrontarono il toro. Aveva 20 anni, 1,76 di altezza e 78 chili di peso, ma non riuscì a sconfiggerlo. Mason fu portato, da un paio di compagni abbastanza in simpatia, all'ospedale più vicino. Dopo l'operazione, fu portato in camera, fuori dalla quale Avalon stava aspettando l'esito dell'operazione. Austin riprese conoscenza tre ore dopo l'intervento, ed i due ripresero il discorso cominciato alcune ore prima.
<< Dicevamo... Che c'è sempre un'altra scelta. >>
<< Avrai anche ragione, ok. E se c'è, come dici tu, dov'è? Ho cercato un lavoro in lungo ed in largo, ed è giunta l'ora che io me ne vada da casa. Non voglio aiuti economici nè di nessun altro genere dai miei. Hanno già fatto troppo per me, non vorrei farmi aiutare in tutto e per tutto. Cerca di capirmi. >>
<< Già. Credi di aver vinto? Sbagli. Ti aiuterò a trovare un lavoro per cui non rischi l'ospedale, ok? Cominceremo appena uscirai da qui. Una settimana, secondo quanto è scritto sulla tua cartella clinica. >>
<< Perchè perdi tempo con me? >>
<< Prego? >>
<< Perchè ti ostini a voler cambiare la mia vita in meglio? Nel senso, cosa ne trai? >>
<< Niente. Ed è questo il bello. Fare qualcosa per gli altri senza riceverne in cambio niente mi piace un sacco.  E' una delle cose più gratificanti su questa Terra. E poi, voglio che tu non getti la tua vita come fosse spazzatura. Devi tenerci come ci tengo io. >>
<< Sei la prima che mi parla così. Nessuno aveva mai usato parole del genere con me, e ne sono contento, perchè sono riuscito ad apprezzarle al meglio. Sai, ho bisogno di dirti una cosa. >>
<< Spara. Sono curiosa. >>
<< Vedi, io... >>
Due voci esterne sopraggiunsero, coprendone una terza, quella dell'infermiere che imprecava contro di loro. Entrarono furiosi nella stanza in cui si trovavano Avalon ed Austin. Uno dei due si scagliò verso il ragazzo.
<< Sul serio? Sei finito all'ospedale a causa di un incontro clandestino? Ti prego, Austin, dimmi che si sono sbagliati. >>
Si tirò su con le braccia doloranti, poi disse: << M-mamma!? Tu sei qui? E papà, anche tu... Come l'avete scoperto? >>
Rispose il padre, con ferocia, nonostante fosse più tranquillo della moglie. << Tu. Sei in guai seri, ragazzo mio. L'unica cosa che vedrai nel prossimo mese sarà la tua camera. Non uscirai, non userai il cellulare, non sentirai nè Avalon nè gli altri. Pensavo di conoscerti meglio. Mi ero illuso di poter contare sulla fiducia e sulla buona educazione di mio figlio che, evidentemente, non si considera tale. E, da oggi in poi, ti considereò anche io un estraneo. O quasi. Vergognati di ciò che hai fatto, riflettici a fondo. >>
<< Saresti potuto morire, diamine! Pensaci, ogni tanto! Austin, sarai sempre mio figlio, sappi. - la madre rivolse uno sguardo di dissenso verso il marito - Ma considerati mezzo morto. Faremo i conti quando uscirai di qui. Avalon, quando sarà? >> rivolse lo sguardo verso la ragazza, rimasta in disparte nell'angolo della stanza d'ospedale.
<< Fra una settimana, se tutto va bene. Io non vorrei intromettermi negli affari di famiglia, ma... Austin conosceva i rischi che correva lottando. Prima mi ha detto che vorrebbe andarsene di casa, ha espresso chiaramente il desiderio di non voler sovraccaricare la famiglia con le spese per la nuova casa e così, senza alternativa, ha voluto cercare un lavoro, anche rischioso. Ma, credetemi, i suoi propositi erano e sono buoni. >>
<< Ehi, tu. Ringrazia Avalon. E, comunque,  i guai restano. Non adagiarti sugli allori. Da oggi in poi saranno fatti tuoi. Ricordati che hai perso buona parte della nostra fiducia, Austin. >> la madre del ragazzo aveva cominciato già da un po' a versare qualche lacrima. Il padre era diventato paonazzo dalla rabbia. Entrambi uscirono sotto lo sguardo perplesso dell'infermiere, che fece uscire anche la ragazza a causa dell'orario per le visite, ormai finito. Prima di uscire, Avalon rivolse alcune parole al ragazzo. << Il discorso non è finito qui. Considerati quasi salvo dai tuoi, ma non da me. I conti li farai anche con la sottoscritta. >>
<< Non vedo l'ora. E, Avalon... >>
<< Sì? >>
<< Grazie. >> abbozzò un sorriso, mettendo in mostra le fossette all'angolo sinistro delle labbra.
<< Come farei senza di te, la tua voglia di ridere e la tua tenerezza? >>
<< Non faresti, punto. Ciao. >>
<< Tornerò domani. >>

                                   



                                                                                                                                                                                            Grazie ancora per la visita, letyourcolors_burst.

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Capitolo 4
*** Avvenimenti imprevisti ***


4.Avvenimenti imprevisti

Una settimana dopo.

Austin uscì dall'ospedale. La sensazione che provò nel tornare di nuovo a farsi accarezzare dal sole mattutino di marzo fu indescrivibile. Sentiva dentro un misto di felicità, voglia di vivere e leggerezza che non aveva mai provato prima di quel giorno. Uscendo, gettò in aria la sacca in cui aveva riposto i vestiti e la riprese poco sopra la sua testa, come un neolaureato fa con il suo tocco. I suoi movimenti erano ancora impediti dal gesso, ma la sua felicità riusciva ad ignorare il dolore. Esso si ripresentò quando nella sua mente si fece spazio il pensiero dei genitori. Ad aspettarlo fuori dalla struttura c'era Avalon, che decise di accompagnarlo a casa. Per la strada ripresero il discorso che era già stato interrotto troppe volte dal suo inizio.
 << Domani cominceranno le ricerche del lavoro. Che ne dici, potremmo incontrarci alle 9 davanti al bar vicino casa tua? >>
 << Dobbiamo proprio? Ehi, Avalon... Se può servire, so già che domani non caveremo un ragno dal buco. Fidati, lascia perdere, è solo uno spreco di tempo. >>
 << Io non credo. Quante volte le cose che ti ho detto si sono rivelate giuste? >>
 << Tutte, tranne una. >>
 << Ah sì? E quale? >>
 << Quella in cui mi hai detto che avrei trovato un lavoro. Ricordi? >>
 << Non fare lo spiritoso. Senti, Austin, so che ora sei depresso e che hai altre cose a cui pensare, ma il lavoro serve proprio a questo: a farti dimenticare tutto per un po'. E' come dormire, a quel tempo occupato a farlo corrispondono ore in cui la tua mente è libera dai pensieri, negativi e positivi. Ed i pensieri positivi torneranno quando stringerai la mano all'agente immobiliare. >>
 << Va bene. Non mi hai convinto, ma lo farò per vederti sorridere. Allora, siamo d'accordo. Oh, ecco casa mia. >>
<< Che noiosi. Yo, belli, vi avessi mai visti sorridere una volta, da quando vi conosco. Avete sempre quei due musi lunghi, sembra che il mondo ce l'abbia con voi. Un po' di vita, Santo Cielo! >> lo slang di strada caratterizzava Lucas, proveniente da una famiglia di rapper. Suo cugino, suo fratello e tutti i suoi amici avevano trovato nel rap "uno stile di vita, una religione, ed un credo sacro", secondo le loro stesse parole. Era inevitabile che finisse anche lui nelle grinfie della filosofia di vita che vedeva la strada come amica e compagna di vita. Austin e Lucas si erano già incontrati, la notte di uno dei suoi incontri clandestini, alle undici, davanti al capannone, teatro di uno dei loro numerosi litigi*. Erano coetanei, ma la maturità di uno distava da quella dell'altro quanto l'America dista dalla Russia. Come altre volte, Austin prese per mano Avalon e la trascinò via.
 << Dove andate? O meglio, dove credete di andare? >>
 << Dove ci pare. Siamo maggiorenni, e tu non sei  mia madre. Sparisci, Lucas. >>
 
<< Non così in fretta, piccioncini. Raga, a raccolta! >>
 << Che fai? O meglio, cosa hai intenzione di fare? Scusa se l'imitazione è scadente, ma questo è il tuo livello. >>
 Lucas tirò un pugno sul naso a Austin, che incominciò a sanguinare. Gli altri cinque cominciarono a tirare calci e pugni senza controllo e con ferocia, ed in pochi minuti furono in grado di stendere Austin. Giaceva svenuto a terra, mentre i sei violentavano Avalon. Le sue grida attirarono i genitori del ragazzo, che si precipitarono sulla folla.  Riconobbero Avalon ed Austin. Il padre si scagliò contro uno di loro, quello che, a giudicare dalla faccia, aveva appena assunto droghe. La madre rimase in un angolo, impietrita dalla paura e costretta a guardare quello spettacolo senza precedenti, e senza avere la possibilità di alzare un dito. Il ragazzo estrasse un coltello dalla tasca, che andò ad infilarsi nello stomaco del padre di Austin. Questi finì a terra, mentre la madre cercò di adoperarsi per chiamare un'ambulanza e la polizia, che sarebbero arrivate poco dopo, sollecitata l'urgenza dalla donna. Gli atri continuarono il violentamento di Avalon. Nè la polizia, nè l'ambulanza arrivarono prima di mezz'ora, per cause sconosciute, ed il padre morì durante lo scontro con la gang. Questa, infatti, non risparmiò colui che aveva cercato di mettere i bastoni fra le ruote ad una "azione di gruppo" , e continuarono ad accoltellarlo, fino a portarlo alla morte. La casa della famiglia Mason si trovava in una zona di Londra delle più emarginate, tanto da avere annesso solo uno squallido bar di periferia. Nessuno notò, o volle notare niente dell'accaduto, che regalò altre due settimane di ospedale ad Austin, lo chok della madre, che restò in quelle condizioni per mesi, a causa della sua personalità fragile e della sua impressionabilità, la morte di un uomo, in circostanze da terzo mondo e la trumatizzazione di una ragazza, appena ventenne. Niente finì sulle pagine dei giornali, nessuno scrisse di quella storia. I colpevoli non furono puniti, ogni particolare di quella mattinata sparì in una bolla di sapone.
 << Non avrei mai pensato che una cosà così grave sarebbe potuta succedere proprio a me. Troverò Lucas. La mia faccia massacrata sarà l'ultima cosa che vedrà. Giuro su Dio, sempre nel caso in cui esistesse. Lo prometto. >>







                                                                                                                                                                                                                                           *Vedi capitolo 2

Angolo:
Grazie per la visita. Spero che il 4° capitolo sia piaciuto ai lettori.

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Capitolo 5
*** La Scomparsa ***


5. La scomparsa


 << Sono passate due settimane dalla morte di tuo padre. Non ti ho visto versare neanche una lacrima. Sei disumano, Mason. >>
 << Ci tieni proprio a rompermi, vero? Sono fatti miei. Te l'ho detto due settimane fa, e sarò più che felice di dirtelo ancora: sparisci. Non farti più vedere da me, sto lottando contro la più forte delle mie volontà, quella di conficcare un coltello nella tua splendida gola. Non ti conviene provocarmi, Lucas.  >>
 << Ma io ci tengo troppo, l'hai detto tu. >> accennò un sorriso nemico. Lucas era il tipico rapper-imitato-orrendamente, col suo fido cappello, troppo largo persino per la sua testa sproporzionata, ed i suoi jeans, anch'essi spropositati. La direzione del negozio "Oversize", lo avrebbe certamente ringraziato, se ne avesse avuta l'occasione. Lasciò cadere la Marlboro a terra, se ne andò accompagnato dai cinque che avevano contribuito allo stupro di alcuni giorni prima.
 Avalon aveva assistito alla conversazione tra i due e fu molto orgogliosa di Austin per non aver ceduto alle provocazioni. Quest'ultimo non sapeva che la ragazza fosse lì ed avesse sentito ogni parola. Sbucò da un vicolo vicino, e sorprese Austin alle spalle.
 << Ehi, Avalon... >>
 << Sei strano, oggi. Non sarà per quella carogna? Lascialo perdere, non merita neanche l'attenzione di un cane. Con tutto il rispetto possibile per i cani, non è alla loro altezza. >>
 << La cosa che non sopporto è che non pagherà mai per un omicidio, cazzo! Perchè tutti devono pagare per le loro azioni e lui no, cos'ha di fottutamente speciale quel bastardo? Spero muoia presto. >> la faccia di Austin aveva la sfumatura tipica della minaccia. Le sopracciglia inarcate, il piercing sul sopracciglio sinistro e il ciuffo nero davanti agli occhi, lo rendevano perfettamente un gangster mafioso.
 << In tanti anni non ti ho mai sentito dire più di una parolaccia in una frase. Datti una calmata. Perchè non vai a denunciarlo? >>
 << Crederanno ad un ventenne con questo taglio di capelli, secondo te? - puntò i pollici verso di sè. - Probabilmente accuseranno il sottoscritto dell'omicidio. Sai come va la burocrazia, no? >> Anche se l'argomento trattato era serio, Austin amava da sempre sdrammatizzare. La tristezza nei momenti seri non era mai stata il suo forte, aveva sempre cercato di alleggerire la tensione. Il ventenne era famoso nel suo quartiere proprio per i suoi interventi spiritosi.
 << Certo che ti crederanno, con le prove, però. >>
 << Davvero, con le prove? E secondo te dove le trovo, non c'erano neanche testimoni! >>
 << Già. Sembrava un piano perfetto. >>
 << A proposito di perfezione... >>
 << Mmm? >>
 << Io... Ricordi tre settimane fa, all'ospedale? >>
 << Sì. Quindi...? >>
 << Beh, ti stavo dicendo una cosa importante, prima che entrassero mia madre e mio padre... Oh, Dio, mia madre! Scusa, Avalon, ne parliamo un'altra volta. Devo correre da mia madre! >>
 << Perchè? >>
 << Devo chiederle scusa. Volo! >>
 Austin corse fino a casa, senza fermarsi mai. Correva circa un chilometro di distanza fra casa sua ed il luogo in cui si trovava con la ventunenne. L'abitazione, come già detto, si trovava in una delle zone più limitrofe di Londra, distante una trentina di chilometri, in linea d'aria da Buckingham Palace. Nonostante vivesse a Londra, Austin non aveva mai avuto l'occasione di visitarlo, come il London Eye o il Big Ben. Con il fiatone, aprì la porta, e cercò invano la madre, evidentemente era uscita a fare compere. Il ragazzo si sentì in colpa per aver lasciato in mezzo alla strada Avalon all'improvviso. Sempre più deciso a chiedere perdono, ed animato dalla voglia di vederla, tornò nello stesso luogo in cui si erano visti un'ora prima, un vicolo vicino ad un stradina brulicante di negozi, molto visitati verso marzo od aprile. In quel periodo dell'anno, non troppo tartassato dalle pioggie tipiche dell'Inghilterra, i visitatori cominciavano a sbucare fuori dalle loro tane di città, e a far resuscitare il turismo, affievolito dall'inverno. Certamente, i turisti visitavano Londra anche a Natale, in misura non molto minore all'estate, ma il settore del turismo fioriva in altri ambiti commerciali, quali magazzini, centri commerciali ed altri luoghi simili, mentre con la bella stagione i luoghi all'aperto li facevano stravedere.
 << Cerchi la tua ragazza? >>
 << No. E poi, non sono fatti suoi. Non avrebbe il diritto di intromettersi, in realtà, neanche se stessi cercando della droga. Ma lei chi è? >>
 << Parli bene, usi una buona grammatica, niente parolacce od imprecazioni... Mi piaci, nonostante dall'esterno sembri uno di strada. Qual è il tuo nome, ragazzo? >>
 << Ripeterò. Lei chi è? >>
 << Nessuno in particolare. Volevo solo aiutarti. Sembri smarrito. >>
 << E lo sono. Cerco una ragazza di vent'anni circa, alta un metro e settanta, bionda, ma sul castano, con gli occhi verdi. L'ha vista qui in giro? Sono dovuto correre via, l'ho lasciata qui. >>
 << Oh, certo, l'ho vista. E' andata verso il cinema, lì, guarda. >> L'uomo, non molto alto, tozzo e con un cappello che nascondeva in buona parte il viso rugoso, si tolse gli occhiali da sole e li indirizzò verso una viuzza di medie dimensioni che sbucava in una piccola piazza antistante il cinema. Era uno dei più grandi di Londra e, come poco prima, non fu facile individuare Avalon. Austin sperava in un aiuto simile a quello dell'anziano.
 << Ragazzo, è lei. >>
 << Mi ha seguito? Ma che spera di ottenere da me? >>
 << Niente, niente di importante. Almeno per te. >>
 << Potrebbe spiegarsi? >>
 <>
 << Non ci pensi neanche. La troverò da solo. E... Non è la mia ragazza, se lo ficchi in testa. >>
 << Davvero lasceresti qui un pover'uomo, senza cibo? >>
 << Già, lo farei. Arrivederci. >> Dopo qualche passo, il ventenne tornò indietro. I sensi di colpa ebbero la meglio su di lui, forse aiutati anche dalle parole beffarde dell'anziano. Probabilmente era tutt'altro che povero.
 << Tenga, ma se ne vada. Dov'è Avalon? >>
 << Là. >> indicò una passante, molto simile alla ragazza per certi versi, ma molto differente per altri. Austin non pensò ad una truffa dell'uomo, credette solo che si fosse sbagliato. Lo congedò; in quel momento decise che la via migliore per trovarla era telefonarle.
 << Avalon! E' un'ora che ti cerco. Dove sei finita? Mi stavi facendo preoccupare. >>
 << Ho deciso di venire a casa tua. In fondo, è anche colpa mia se tre settimane fa è successo ciò che è successo. >> Non volle rivangare gli avvenimenti.
 << Ma che...? Arrivo. >>
 Corse nuovamente a casa. Ormai la sera stava per calare, ed Austin sperava di raggiungere casa il più in fretta possibile. Arrivato dopo venti minuti, a passo svelto, prese Avalon in un angolo, cominciarono a parlare fra di loro in modo che la madre non potesse sentirli. La conversazione si incentrò sulla breve scomparsa della ragazza e sul misterioso uomo anziano. Parlarono non per molto, poi la conversazione si spostò sulla madre.
 << Mamma, ho bisogno di parlarti. Ricordi tre settimane fa? Oh, certo che ricordi. >>
 << Già, ricordo. Cosa vuolevi dirmi? >>
 << Io... Volevo chiederti scusa. Scusa per non essere riuscito a difendere te, papà o Avalon. Mi dispiace, io... Io non ce l'ho fatta, ed i sensi di colpa mi assalgono dal mio rinvenimento. >>
 << Non è stata colpa tua. Sai, da svenuto è difficile difendere le persone. E tantomeno con qualche parte del corpo fratturata. >>
 << Sì, ma se non fossi stato nemico di Lucas, o se non lo avessi provocato, non ci avrebbe aggredito. >>
 << Non è vero. Non puoi sempre prenderti la colpa per le azioni degli altri. Ti fai troppi problemi, sarebbe successo anche se non vi foste odiati. >>
 << Ma... E' più forte di me. La vita degli altri è sempre più importante della mia; per questo avrei preferito morire io, e lasciare vivere mio padre. Scusa ancora. >>
 << Non ripeterlo ancora. Poteva succedere a chiunque  >>
 Austin per poco non si commosse. Era contento di sentire su di sè tutto il calore della famiglia e di Avalon.
 << Mamma, Avalon... Grazie del sostegno che mi state dando. Invece di darne io a voi, lo date voi a me, è così ingiusto... Come lo è il resto della vita. >>
 << Basta, ora. Uscite, dimenticate tutto e divertitevi. La vita non finisce qui, continua. >>
 Salutarono la madre di Austin ed uscirono. Dopo aver ascoltato le parole della donna, decise di confessare ad Avalon ciò che provava. Non conosceva ancora le parole che avrebbe usato, e tantomeno l'esito del piano. In realtà, la sua mente non aveva neanche materializzata l'idea del luogo in cui avrebbe racimolato il coraggio. L'eterna indecisione e la straordinaria mancanza di coraggio avevano da sempre distinto Austin dalla massa, facendogli ottenere ciò che voleva - diversificarsi dal resto del mondo - e constringendolo, allo stesso tempo, a diventare esternamente qualcuno che dalla massa non sarebbe emerso mai. Fuori, come ogni altro; dentro, unico al mondo. Nessuno conosceva davvero il suo vero io, neanche Avalon. Quest'ultima conosceva solo una minima parte dell'intero universo che si nascondeva dentro uno dei ragazzi più introversi e timidi che conoscesse.


 

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Capitolo 6
*** La scoperta di un nuovo Mondo | L'inizio (parte 1) ***


c 6. La Scoperta Di Un Nuovo Mondo |
    L'inizio

Parte 1

 Austin ed Avalon passeggiarono per un po'. Con l'auto del primo raggiunsero il centro di Londra, molto trafficato nel sabato sera. Scesero da essa solo dopo aver girato molto in cerca di un parcheggio. Passarono la serata in centro.
 A mezzanotte fecero ritorno nelle loro case, stanchi ma felici dl tempo passato assieme. Austin accompagnò sotto casa Avalon. Lì si salutarono. "Diglielo. Siete soli, per l'amor del Cielo! Non ricapiterà occasione migliore, lontano dal traffico, lontano dal mondo."
 << Grazie di avermi accompagnata. Ci vediamo domani, okay? >>
 << Avalon... Ehm, hai mai pensato che questa vita fosse in realtà solo un fantastico sogno? >>
 << Lo penso sempre. Mi capita spesso di immaginare che in questo mondo nulla di ciò che percepiamo sia vero. >>
 << E se fosse davvero così? Nel senso, e se davvero la nostra amicizia fosse solo immaginazione? >>
 << Sarebbe opera di qualcuno con una fantastica immaginazione. >>
 << E questo qualcuno avrebbe immaginato anche ciò che provo per te? >>
 << Cosa...? Beh, in quel caso sarebbe vero in tutto e per tutto. >>
 << L'amicizia no e l'amore sì? >>
 << Già, Austin. Sarebbe vero perchè lo proviamo entrambi. Un sogno non è mai uguale per due persone. Ma la realtà... La realtà può essere uguale per milioni di individui in tutto il mondo. >>
 << Quindi... A-anche tu...? >>
 << Anche io. >> sorrise, imbarazzata. Le loro labbra si toccarono. Austin sentì la pelle d'oca, segno del desiderio di confessarsi che provava da anni, ormai. Avalon, con le spalle al muro della villa, sperò che quel bacio durasse all'infinito, sotto le luci dei lampioni inglesi e lo sguardo curioso dei genitori della ragazza. Si erano affacciati dalla terrazza al terzo piano della bifamiliare che condividevano con due anziani senza figli. I ragazzi non sapevano, nè potevano immaginare, i genitori della sua ragazza in qualità di pubblico dello spettacolo. Ann e John Barker restarono a guardare per alcuni istanti il loro primo bacio, poi decisero di rientrare. Si guardarono negli occhi, furtivi; non volevano che i ragazzi sospettassero di loro.
 Austin rientrò in casa sua con il cappuccio in testa. Voleva nascondere l'accaduto dalla madre, poichè le domande inopportune e sin troppo dettagliate erano al centro del suo programma di educazione dei figli. Salì le scale; chiuse la porta della sua camera e si infilò sotto le coperte. Quella notte non riuscì ad addormentarsi, se non alle tre e mezzo del mattino. Verso le tre e quaranta, preso dalla terribile sensazione di cadere nel vuoto, si svegliò. Poco prima aveva provato una delle peggiori sensazioni che si possono provare dormendo: si era sentito precipitare senza poter fare niente per fermare la caduta. Aveva la fronte imperlata quando scostò le lenzuola bianche e scese dal letto. Nonostante fossero solo le tre inoltrate del mattino, il sole fuori splendeva più che mai. Uscì da casa, con indosso solo un paio di pantofole a quadri perfettamente in tinta con il pigiama e la maglietta nera a maniche corte. Si guardò intorno. Niente corrispondeva a ciò che aveva visto tre ore prima, tutto sembrava l'opposto. Decise di aspettare fino al momento in cui le lancette sul suo orologio avessero segnato un'ora accettabile per svegliare Avalon.
 Il mondo sembrava così diverso, senza alcuna ragione. Ed era incredibile, perchè la cosa migliore era arrivata senza invito.

Avalon si svegliò di soprassalto. Sentiva sulla sua pelle di far parte del mondo. Non l'aveva mai provato prima. Uscì di casa, non facendo attenzione all'orologio appeso sul muro davanti al letto nella sua camera. Sembrava una giornata normale, una come tante altre, banale, noiosa. Tutto normale, tranne per il fatto che splendeva un sole diverso, quella mattina. Per le strade arrancavano ancora i due o tre ubriachi reduci dalla notte, e nessun altro. Guardò l'ora sul cellulare.
 << Le quattro? Ma come è possibile che ci sia il sole? Magari l'ora sul cellulare è cambiata da sola. >>
Continuò a camminare, e a pensare a quanto appena accaduto. Non sentì Austin fino alle otto, ora in cui di solito il ragazzo apriva gli occhi ogni mattina. "Magari mi sbaglio io." pensò, incuriosita dalla faccenda.

Austin ricevette la chiamata di Avalon. Era sempre più intenzionato a scoprire il motivo di quell'insolita giornata. Nessuno sembrava essersi accorto di niente. A nessuno, forse, importava il sorgere del sole alle tre di mattina. Altra cosa strana, pensò, la misteriosa scomparsa della madre per cui non si era, però, preoccupato affatto. Ogni mattina, prima del lavoro, correva per un'ora circa.
 << Avalon? Ti sei accorta di quanto... >>
 << ... Sia diverso il sole stamattina? Eh, già, bello. Ma non riesco a capire perchè. Ne sai qualcosa in più? >>
 << Quanto te, ma so per certo che non ha sbagliato il cellulare a segnare l'ora. >>
 << Come lo sai? Nel senso, come fai a sapere che io l'abbia detto? >>
 << Non lo so, ma ti conosco fin troppo bene. La razionalità vince sempre per te. Ho indovinato? >>
 << Alla perfezione. Cosa facciamo adesso? >>
 << Niente, il sole non dipende da noi. A quello ci pensa Dio, sempre data la Sua esistenza. >>
 << Quindi vuoi fregartene? >>
 << Assolutamente, Avalon. Ma ho cose più importanti e belle del sole a cui pensare. >>
 << Sarebbero? >>
 << Te e la tua vita. Mi interessano di più. >>
 << Mmm? Se è una strategia per rimorchiare, non funziona. Provane un'altra. >>
 << Sai da quando sono inamorato di te? Da quando ho scoperto il mondo che nascondi dentro di te. Sei la persona migliore che abbia mai incontrato. Tutte quelle in cui mi hai tirato su il morale, tutte quelle in cui ho pensato al suicidio, e tu mi hai salvato, sono state le volte in cui mi sono sentito più felice, in tutta la mia vita. Speravo da anni che tu mi parlassi, che mi dicessi anche la cosa più banale, solo per capire se per te esistevo. Solo per realizzare e calcolare le mie possibilità con te, non ne avevo molte, e mi sono presto disilluso. Non sai quanto ho cercato i giri di parole per arrivare a farti capire che ti amo. E quando finalmente ho trovato il giro di parole giusto, ti ho parlato. Il coraggio non so dove l'abbia preso, ma sono felice di essere qui con te a cercare di capire come va il mondo. E a come affrontarlo insieme alla persona per cui voglio fare da scudo. Ti amo, Barker. >>
 << E io mi farò fare scudo da te, cercando di non farti fare troppo male, però. >>
 << Mi vuoi allora, eh? >> sul viso di Austin apparve un sorriso misto di speranza e finta beffardaggine.
 << Puoi scommetterci, Mason. >> " Ecco perchè lo amo. " Si baciarono, seduti sull'estremità polverosa del muretto che da sempre faceva parte delle loro vite da amici. Ora avrebbe fatto parte delle loro vite da innamorati. Il muretto offriva una vista sul Big Ben che, di notte, poteva benissimo competere con le sette meraviglie del mondo antico e moderno.
 << Ma il problema è che... >>
 << Oggi Londra mi sembra troppo divesa dal solito. Ehi, vuoi ancora scoprire il motivo di questa giornata così... Diversa? >>
 << Austin, certo. Proviamo a parlare con quello. >> indicò un anziano con un impermeabile ed un cappello che gli copriva parzialmente la vista. Dava l'errata impressione di essere cieco, poichè il cappello non permetteva di guardare avanti, ma solo in basso, verso le scarpe.
 << Scusi! Lei! Anche a lei oggi Londra sembra diversa? Intendo, insolitamente spopolata? >>
 << Ragazzo, ci si rivede! Londra è così piccola... >>
 << Insomma... Ma è quello della piazza, l'altro giorno! Che ci fa lei qui, se posso? >>
 << Ci vivo. E comunque io so perchè la città è così, oggi. >> se ne andò. Il cappotto che svolazzava ed il cappello gli conferivano un'aura di mistero. Austin non fece in tempo a rispondere all'uomo.
 La settima pagina del " The Times " del giorno cercava di liberarsi dalla morsa di un cespuglio in cui si era impigliato, totalmente in balìa del vento sino a pochi minuti prima.
 << Avalon, guarda! Il giornale! Magari riusciamo a sapere qualcosa. Lo prendo. >>
 Lessero insieme le notizie riportate nelle pagine interne, di solito, quelle meno importanti, come il matrimonio di qualche celebrità finita nel dimenticatoio dopo gli anni '70, in cui aveva dato il massimo ai suoi fan, che erano però, stati presi da qualcuno più al passo coi tempi, o qualche record sportivo di poco conto.
 << Niente di importante. Ti pareva... >>
 << Non disperare, là c'è la prima pagina, Austin! >>
 Di nuovo, niente di interessante, almeno per la situazione in cui si trovavano. Attentati, sparatorie, morte di personaggi politici ultracentenari. L'occhio di Austin cadde sulla data del giornale, affianco cui era riportato anche il luogo di stampa.
 << Il giorno è questo... Non ci aiuterà molto questo giornale. Meglio cecare da un'altra parte. >>
 << Aspetta... Avalon, non disperare neanche tu, qui c'è il luogo di stampa. "Lamhion" Cos'è "Lamhion"? Mai sentito prima, non credo ci sia un luogo attorno a Londra che ha quel nome. Sarà uno scherzo? >>
 << No, la scritta del " The Times " è originale. Ho imparato a riconoscere i loghi finti da mio padre. Compreso il denaro. >>
 << Allora, non ci resta altro da fare che trovare quel pazzo e farci dire tutto. Scopriremo anche l'ultima pagina di questo mistero. Intanto proviamo ad andare verso il centro. Da qui, il muretto, si vede bene il Big Ben. Dieci minuti di camminata e troveremo il centro davanti ai nostri nasi. >>
 << Già, Austin. Conosco bene la zona. Basta scendere per quella strada e girare alla seconda curva. >>
 Fecero quanto detto. Il sole, nonostante fosse alto, non era così caldo come potesse sembrare.
 Avalon tirò la manica della felpa del ragazzo per ottenere la sua attenzione.
 << Austin... >> sembrava preoccupata. Austin non aveva mai passato quella zona più di due volte in vita sua, perciò non si era accorto di niente.
 << Sì...? >>
 << Questa non è Londra! >>

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Capitolo 7
*** L'inizio (Parte 2) ***


capitolo 7. SDUDCIANF 7. Questa non è Londra.

L'INIZIO | PARTE 2


 << Questa non è Londra! >> gli occhi di Avalon avevano assunto il colore del terrore. Austin non aveva ancora realizzato nulla di ciò che gli era appena stato detto, perciò non riuscì a trattenere un sorriso. Non pensò affatto che quella potesse davvero essere un'altra città. "Questa è Londra".  La voce nella sua testa marcò il verbo.
 << So che non sei il tipo di persona che crede alle apparenti cazzate, ma devi fidarti di me. Le relazioni non si fondano forse sulla reciproca fiducia? >>
 << Non essere ridicola. Anche se non fosse Londra, come avremmo fatto a ritrovarci in una città forse a migliaia di chilometri di distanza in tre ore? Perchè, ti ricordo, ci siamo salutati a mezzanotte, e ci siamo svegliati entrambi alle tre! >>
 << Sei impossibile. Non ti fidi, eh? Ma lo dici solo perchè non hai mai passato questa zona. Non sai dove siamo, cazzo! Senza di me ti ritroveresti a Bath, passando per il centro! Vuoi capire che se sono così convinta di una cosa, lo faccio perchè forse è vera? >>
 << Okay, okay. Calmati, ora. Diamo per supposto che tu abbia ragione. Perchè affermi questo? >>
 << Uno, siamo in un posto in cui i giornali non sono intitolati col nome di sempre. Due, qui ci vivo quasi. Terzo, Su quell'albero, Keane ha inciso le nostre iniziali. E qui - toccò la corteccia - di incisioni non ce ne sono. Convinto, adesso? >>
 << Keane? Chi è questo? >>
 << Il mio ex. >>
 << E me lo dici così? >>
 << Così come? >>
 << Così... Naturalmente. >>
 << Non sarai geloso? >>
 << No. >>
 << Sicuro? >>
 << Mmm. >>
 Avalon scostò il ciuffo riccio e nero dagli occhi di Austin. Non credeva davvero che fosse geloso, voleva una reazione tipica dei film. Si baciarono. Era bello vedere come i fidanzati, quelli veri, sapevano amarsi anche quando dovevano fronteggiare delle avversità. E sapevano farlo davvero bene, insieme ed innamorati come mai. Si baciarono di nuovo.
 A breve sarebbe scesa la sera, imprevedibile a causa dell'insolita giornata quasi del tutto trascorsa, ed Avalon ed Austin non avevano ancora trovato alcuna soluzione. Avevano continuato a discutere a lungo sulla faccenda, ma senza cavarne un ragno dal buco; avevano deciso di riunirsi e passare la notte a casa della ragazza. Cosa ancora più insolita, come se non ce ne fossero state altre, era che le loro case si trovavano esattamente nel punto in cui erano sempre state. Riassumendo, capirono che la città era diversa, non era la solita Londra, che tutto era diverso fuorchè loro stessi, e che dovevano assolutamnte cercare di uscire da quell'incubo che li aveva avvolti sino al collo.

 Il giorno dopo fu solamente notte; il sole non sorse mai. I due cominciarono ad elaborare le loro teorie riguardo quella specie di universo parallelo in cui erano misteriosamente ed involontariamente finiti.
 << Oggi il sole non sorge. Forse qui i giorni si alternano? Magari fosse un sogno... Significherebbe che non dobbiamo preoccuparci. >>
 << Ma se fosse un sogno non durerebbe più di tanto. Sono già trascorsi due giorni. Chissà che il tempo qui non trascorra più lentamente. >>
 << Austin, hai ragione! Potrebbe essere la spiegazione al fatto che non ci siamo ancora svegliati! >>
 << No. >>
 << Perchè no? >>
 << Perchè un sogno non è mai per due. La realtà è uguale per milioni di persone, il sogno interessa un singolo individuo. Ricordi? >>
 << Già, è stato confermato. Due persone, a maggior ragione nella stessa ora, non sognano mai due cose completamente uguali. >> sul volto di Avalon si disegnò un'espressione delusa. Parevano vicini alla soluzione, presto tutto sarebbe finito. Secondo loro.
 << E se io stessi sognando te? >>
 << Impossibile. >>
 << Impossibile? >>
 << Già. I sogni nient'altro sono che proiezioni involontarie del subconscio umano. Se avessi sognato di essere con te, lo avrei fatto in una circostanza molto più allegra. Non di certo in una dimensione in cui qualche estraneo ci corra incontro con un'ascia... >>
 << Un'ascia? Avalon, ma che dici? AVALON, QUELLO HA UN'ASCIA IN MANO! SCAPPA! >> tirò la ragazza per la manica della giacca, stavolta. Cercò di avvertirlo.
 << Ma va'? Perchè avrei fatto questo esempio, altrimenti? >>
 << Okay. Possiamo discuterne dopo? Per la terza volta, QUELLO HA UN'ASCIA IN MANO, CAZZO! VUOI DARTELA A GAMBE O VUOI RESTARE QUI A FARTI SPEZZETTARE? Corri! >>
 << Corro! >>
 Riuscirono con difficoltà a seminare il tizio. Si nascosero nel primo vicolo poco illuminato che incontrarono. Speravano con tutto il cuore che quell'incubo finisse presto.
 Entrarono in un'edicola non molto distante dal vicolo, e acquistarono il quotidiano del giorno, ancora una volta si trovarono davanti il "Lamhion News". Non avevano la minima idea di cosa volesse dire quel nome. L'unica cosa da fare era trovare l'uomo del giorno prima, sperando in una sua risposta plausibile. Girarono tutto il giorno, fino a sera, quando trovarono degli indizi che sarebbero potuti essere utili, se solo avessero conosciuto il posto da cima a piedi. Il problema che si poneva era quello del fatto che non conoscevano nè cima nè piedi di quella "città", fantasma. Erano infatti giorni che non vedevano un'anima in giro, fatta eccezione per il tizio con l'ascia, l'uomo con l'impermeabile ed il cappello, di cui non conoscevano neppure il nome, e loro stessi. Lamhion sembrava popolata da quattro abitanti. Altra cosa strana. Mentre cercavano disperatamente un particolare che potesse auitarli a capire il luogo in cui si trovavano, scorsero, davanti ad una modesta fontana, una figura simile all'uomo. Arrivarono correndo. Lo fermarono ed incominciarono a chiedergli alcune cose riguardo ciò che stava succedendo loro.
 << Senta, o ci risponde, o lei stasera finisce dentro quella fontana. Dove diavolo ci troviamo? >>
 << Perchè dovrei risponderti, invece che rovinarmi il divertimento nel vedere voi due che vi piangete addosso? >> Austin lo prese per il colletto dell'impermeabile e lo sollevò di peso, grazie ai suoi muscoli sviluppati combattendo e alla bassa statura dell'uomo.
 << Perchè altrimenti sono cazzi tuoi. Fidati, non ti conviene scherzare con me, lotto da sei anni clandestinamente contro dei tizi che strappano la pelle a morsi. >>
 Avalon gli si avvicinò, sussurrando per non farsi sentire dal tizio: << Ma non erano due, gli anni? >>
 L'altro, sempre sussurrando, abbozzò un mezzo sorriso: << Già. Ma così lo spavento! >>
 << Se avete finito di blaterare, avrei deciso di dirvi una minima parte di quello che so. >>
 << Parla, siamo tutto orecchi. >>
 << Questo posto si chiama Lamhion. Fine della storia, baci! >>
 << Ma dai? Lo sappiamo, genio. Non vedi il giornale? >>
 << Si, non sono cieco. Ma non vi dirò niente. Adiòs, chicos! >>
 "Devo acchiapparlo e convincerlo, è la nostra unica speranza  per uscire di qui."
 << Ehi! Dove vai, torna qui, non abbiamo finito con te! >>
Si lanciarono all'inseguimento con foga sempre crescente; avrebbero voluto uscire da quell'incubo che li aveva ingoiati il più in fretta possibile.
 
 
 

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Capitolo 8
*** L'inizio | Parte 3 (Un nuovo alleato) ***


Capitolo 8.
L'inizio

Parte 3 (Un nuovo alleato)


Austin ed Avalon cominciavano ad avere la fronte imperlata di sudore. L'uomo, nonostante la sua limitata statura, riusciva a correre più velocemente dei due ragazzi. Calpestarono sterrati, prati verdi e sentieri in ghiaia prima di riuscire a trovare, dopo ventiquattro ore di ricerche, l'essere che si nascondeva dietro l'impermeabile ed il cappello. Giaceva su una collinetta per metà già fiorita e per metà ancora ricoperta dalle tipiche foglie gialle e marroni autunnali. Sonnecchiava supino, forse sicuro di essere ormai riuscito a seminare i ragazzi. Questi ultimi si avvicinarono in silenzio, cercando di non svegliare il tizio. Non si accorsero, però, della sua recita; stava, infatti, solo fingendo di dormire. Apeena furono abbastanza vicini al tronco di un albero che riposava in quel luogo ed osservava le stagioni cambiare da cento anni, corse di nuovo via, ancora più rapido di prima, allo scopo di lasciare i due cadere nella trappola che aveva appositamente preparato. Il tronco dell'albero si stagliava dietro una trappola delle più rudimentali: il classico buco nel terreno camuffato. Caddero nel buco, profondo, forse, circa cinque metri. Non appena fu certo che i due fossero caduti nell'inganno, si affacciò dalla superficie erbosa, tenendosi all'estremità del buco. Lanciò uno sguardo soddisfatto alla trappola, fece dietrofront e se ne andò.
 Avalon ed Austin, nel frattempo, cercavano di uscire. Non riuscendo nel loro piano, si rassegnarono leggermente a rimanere in quella trappola tutto il tempo necessario all'uomo per portare a compimento il suo piano, rimasto oscuro ai due. Austin si sedette sul fondo terroso del buco. Nascose la testa fra le ginocchia. Avalon notò la reazione del ragazzo, gli si avvicnò.
 << Austin... Riusciremo ad uscire di qui. Quante altre sventure abbiamo affrontato insieme? Un migliaio. E siamo ancora qui. Ci riusciremo. >> posò una mano sulla spalla del ragazzo.
 << Il problema non è questo, Avalon. Il problema sta nel non riuscire a scampare. Per colpa mia finiamo sempre in casini da cui potremmo anche non uscire vivi. Capisci? Non voglio che tu rischi per me. >>
 << Okay, rischio. Ma rischio consapevole di stare accanto a quel qualcuno che non riesce a non strapparmi un sorriso anche quando la situazione è tragica. E tu questo lo sai. Austin, non credo che possa aiutarti a sentirti meglio, ma... Sei la persona migliore che abbia mai conosciuto, sei persino migliore di me. >>
 << Questo dipende dai punti di vista... Sai, certe volte penso che il destino sia come le manette cinesi. Sai, quelle con cui ci si incatenano le dita; non riesci ad uscirne, se non con l'aiuto di qualcuno che ti capisce. >>
 << Questa era bellissima, davvero. >>
 << Io... Questa me la segno. Questa è la parte del classico "ti amo". Vorrei riuscire a dirtelo in altri modi, ci sto lavorando. >>
 << Ma a me basta. Il classico certe volte è il migliore. Vale anche per me, lo sai. >>
 << Mentre voi stilate il testamento con le vostre volontà, vi dico che non vi ucciderò; risparmiate la carta per i bisogni. Rimarrete lì dentro ancora per un pò. >> la voce dell'uomo risuonava per tutto il buco.
 << Noi non resteremo qui dentro un altro secondo. Sei una specie di nano, non ci fai paura. Te l'ho già detto: lotto da sei anni contro gente che sarebbe disposta a cavarti gli occhi con le tue stesse costole, pur di guadagnare venti sterline! >> Austin si alzò e si rassettò i pantaloni, impolverati dai residui di terra.
 << Staremo a vedere. Niente è mai come sembra. >>
 << Cosa? Che sei venuto a fare, qual è il tuo scopo? >> intervenne Avalon.
 << Lo scoprirete fra poco, geniacci. >>
 << Guarda che devi dircelo! >>
 << Okay, se ci tenete tanto... Voglio uscire da qui, vi ho intrappolati per cercare di capire come uscire estorcendo informazioni da voi due. E' un incubo. Ormai sono passati ventidue anni dal giorno in cui mi sono ritrovato in questo mondo. Ho scoperto molte cose riguardo Lamhion. Siamo sotto Londra, mille chilometri sotto il suolo. Ho sperato invano di riuscire ad usicre da qui, ma le speranze si sono esaurite subito. E' una specie di "mondo sotto il mondo", come vedete il cielo esiste, nonostante siamo sotto terra. Non vi dirò come ho scoperto queste cose, non lo so neanche io. So solo che posso uscire per due ore al giorno, poi ritorno automaticamente qui, anche se contro la mia volontà. Come una calamita, questo mondo mi attrae a sè, e non c'è niente che io possa fare per evadere. >>
 << Ehm... Noi sappiamo molto meno di lei, siamo qui da una settimana. Cosa vorrebe dire Lamhion? >>
 << E' Irlandese; è un miscuglio di tre parole: talamh, terra, imeacht, evento e iontach, fantastico. Letteralmente "terra dagli eventi fantastici". Finora non ho visto niente di fantastico. >>
 << Idem. Ora che sappiamo di più, ci resta solo da cercare di capire, pe la terza volta, come diavolo uscire da qui. >>
 << Perfetto. Accadono eventi fantastici qui, eh? Perfetto. Ci toccherà trovare un abitante di questa terra. Uno vero. >> Avalon guardò l'anziano.
 << Sarà difficile, credo. Ricordate? In ventidue anni non ho mai visto anima viva, a parte quel tizio con l'ascia in mano. >>
 << Ma che problemi avete voi due? QUELLO HA UN'ASCIA IN MANO! PERCHE' NON SCAPPIAMO? PER LA SECONDA VOLTA, QUELLO VUOLE AFFETTARCI!!! >>
 << Ah, già. HA UN'ASCIA IN MANO E CORRE VERSO DI NOI!!! >> l'anziano ed Austin gridarono all'unisono.
 << Sono due ritardati. >>
 << Ti abbiamo sentito, comunque. >>
 << Pensate a correre! >>
 Corsero a perdifiato. Nonostante la paura, avevano guadagnato un nuovo alleato: l'anziano di cui non sapevano praticamente nulla, a parte la sua lunga permanenza in Lamhion e la sua voglia di tornare alla vita reale. Si fermarono davanti ad un palazzo di sei piani, una sorta di mini-grattacielo. Questo dava tutta l'aria di una biblioteca di fine Ottocento od inizio Novecento. Il legno si intravedeva dalle finestre affacciate sulla piazza. Da quelle del primo piano si poteva scorgere un ì'enorme libreria, anch'essa di legno. Una sola targa d'oro accanto la porta d'ingresso indicava che quella era la principale biblioteca di Lamhion, intitolata ad un certo "Mante". Entrarono. Davanti a loro tre si stagliavano le immense librerie e i lunghi tavoli da lettura classici delle biblioteche. Dentro non c'era nessuno. Aspettarono al riparo e nella semi oscurità che il tizio con l'ascia se ne andasse da quella zona, poi uscirono. Quello era il giorno dedicato alla notte. La loro teoria fu confermata, anche dall'uomo anziano. In Lamhion, i giorni notturni ed i giorni solari si alternavano fra loro.
 << Senta, non abbiamo neache avuto modo di presentarci. Noi siamo Avalon e Austin, piacere di... Ehm... Trovarci qui insieme, credo. >>
 << Voi potete chiamarmi Dohor. Non è il mio vero nome, ma è quello con qui tutti mi conoscono. >>
 << Okay, Dohor. Da oggi inizia la ricerca della verità. >> Austin sembrava apprezzare il nuovo arrivato.
 << Ci sto. Io tornerei alla biblioteca. Potrebbe aiutarci qualche leggenda popolare, chissà, magari si racconta della nostra situazione. >>
 << Sì, si può provare. Un'ultima domanda. Perchè qui il giorno e la notte occupano un giorno intero singolarmente? >>
 << Oh, questo è uno dei misteri più affascinanti di Lamhion. Ve lo racconterò un giorno di questi. >>
 Cominciarono ad avviarsi verso la biblioteca. Speravano davvero di trovare qualche leggenda o storia reale che potesse aiutarli a capire come andarsene e, magari, tornare qualche volta in visita. Senza la pressione della possibilità del non ritorno, Lamhion sarebbe sembrata molto più ospitale ed amichevole. Entrarono nella biblioteca. La seconda libreria a sinistra della porta portava incisa una scritta: "Storie popolari e racconti leggendari". I tre si guardarono, soddisfatti. << Fa proprio al caso nostro! >>.
Presero un vecchio volume; ad occhio, avrebe superato le mille pagine. La carta era ormai ingiallita ed, a tratti, strappata, ma le parole riuscivano ancora ad essere lette con facilità. Verso la metà del libro, intitolato "Intrappolati in Lamhion - volume 1" si raccontava una laggenda che vedeva protagonista un ragazzo intorno ai venti anni rimasto intrappolato in Lamhion.
 << Ragazzi! - Avalon posò il volume su un tavolo e chiamò a sè i due restanti del gruppo - penso di aver trovato qualcosa! >>
 << Avalon! Sei fantastica! >>
 << Già, i miei complimenti, ragazza. >>
 << Leggete qui, si racconta di come questo ragazzo sia rimasto intrappolato qui. Vado alla fine del volume... Ecco, pagina novecentosettantasei. Ma cosa...! Il libro finisce qui, con il ragazzo che scopre come mai è caduto qui. Basta, non c'è nient'altro. >>
 << Aspetta, qui, sulla copertina, c'è scritto "volume 1". Significa che nel volume due ci sarà il resto della storia. Dobbiamo solo trovarlo. >>
 << Brutte notizie. >>
 << Che c'è? >>
 << Il volume 2 non è qui. >>
 << Cosa?! >>
 I tre si guardarono, sconvolti.

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Capitolo 9
*** La Fine | Parte 1 ***


Capitolo 9. SDUDCIANF Capitolo 9.
La fine | Parte 1

<< Nel caso non ve ne foste accorti, dovremmo cominciare sul serio ad uscire dalla biblioteca. Non avete ancora capito che qui dentro non c'è niente? >>
<< Già, dovremmo proprio. Che ne dice, Do? >>
<< Do? Oh, ma per favore, ragazzo. Cerca di chiamarmi Dohor e non Do, Re, Mi, Fa, Sol o qualsiasi altra cosa ti passi per la testa. Mi pare che tu abbia passato il periodo della deficienza.>>
<< Sì, infatti. Era solo per non ripeterlo ancora. Sa, mi sembra di avere davanti un Sid, ogni volta che la chiamo col suo nome. Non ho mai visto Guerre Stellari, ma il suo aspetto -si fidi di me- non aiuta di certo. E non sia così offensivo... >>
<< Voi due, finitela. Ora. Cerchiamo di uscire da questo incubo! >> quella fu la prima volta in cui Austin poté constatare la determinazione di Avalon.
Austin, Avalon e Dohor si avviarono verso l'uscita della biblioteca.  Il sole splendeva più che mai. Alternativamente al precedente, quel giorno il sole occupava tutta la terra di Lamhion. Avalon, incredula, aggrottò le sopracciglia, socchiudendo gli occhi. A terra qualcosa si agitava in balìa del vento. Una pagina ingiallita giaceva sotto un masso. Austin la prese in mano, la rigirò un po', poi cominciò a leggere le parole incise a penna. La pagina sembrava essere molto vecchia.
 << Ehi, qui c'è il nome del ragazzo del volume 1... Un momento, questa è la prima pagina del volume 2! >>
 I due si girarono. Sbarrarono gli occhi e chiesero ad Austin di ripetere ciò che aveva appena detto. Con curiosità sempre crescente, il gruppo stava cominciando a leggere l'incipit del racconto. Sul retro del foglio, una scritta cubitale capeggiava, nera.
 << E qui che c'è scritto? >> chiese Dohor. Forse non vedeva bene.
 << Dohor, sarò lieto di annunciarti che questo foglio rappresenta il primo passo della via d'uscita. Sembra essere una specie di indizio. Per una caccia al tesoro, giurerei. Dice: "Questo non è un labirinto, babbei... -Babbei?!- La via d'uscita è più semplice da trovare di quanto pensiate. Mettetevi al lavoro, scansafatiche. Con affetto, Mante." Mante? Ma non è quello della biblioteca? Bene, ora dobbiamo trovarlo, affinchè possa dirci perché ci ha chiamato babbei scansafatiche... Non capisco davvero. Comunque, gente, chiunque sia questo Mante, giurerei che ci stia spiando e che, per qualche oscura ragione, voglia aiutarci. >>
I tre, sempre più decisi, continuarono il loro cammino. Avalon non poteva fare a meno di contare i suoi passi: non mancava mai di farlo quando era nervosa. Austin, intanto, rimuginava sulla pagina. Magari quel Mante, tanto oscuro quanto misterioso, stava davvero cercando di aiutarli, anche se non aveva nessun apparente movente per agire in quel modo. Non riusciva a raccapezzarsi. Calciò un ciottolo che finì vicino ad un secondo foglio sbiadito, dopo aver rotolato per alcuni metri. Con sicurezza, Austin lo avvicinò al viso, cerando di analizzarlo. Richiamò Avalon alla realtà, con cui sembrava aver perso il contatto già da alcuni minuti. La ragazza si svegliò da quello stato di trance. << Che?! Oh, Austin. Non avresti dovuto chiamarmi, stavo numerando i miei passi ed ora ho perso il conto. Cosa c'è? >>
 << Vedi, Avalon, non ti avrei distratta da quella cosa evidentemente così importante per te, senza un buon motivo. >>
 << Uhm... E quale sarebbe questo buon motivo? Oh... Capisco. Ci sono messaggi di Mante?
 << Uno, qui sul retro, come prima. Sai, Avalon, comincio a sospettare che Mante abbia appositamente fatto sparire il volume 2 dalla sua biblioteca. Ma non so ancora a quale scopo. >>
 << Hai ragione, lo penso anche io. Ad ogni modo, vediamo di capire il prossimo indizio. "Continuando a camminare risolverete il mistero. Ma, badate, gli amici nascondono la propria faccia.". >>
 << Cosa?! "Gli amici nascondono la propria faccia"? Che diavolo vuol dire questa cazzata? Perchè questo idiota non ci dice direttamente come si esce da questo fottuto posto? Un incubo non potrebbe essere peggiore, cazzo! >>
 << Okay, abbiamo capito. Austin, è meglio che tu ti riposi un po'. Facciamo una pausa, e cerca di sbollire la rabbia. Dohor, si è fatta ser... Ehm... Il mio orologio dice che sono le otto. Potremmo cercare un rifugio e continuare domattina. Che ne pensi? >>
 << Austin ha sicuramente bisogno di una pausa. Quando fa così, è meglio non girare il coltello nella piaga. >>
Detto ciò, i tre trovarono rifugio in una casa coloniale abbandonata non molto distante da loro. La casa aveva le pareti esterne interamente ricoperte di carta da parati verde e decorazioni Ottocentesche. I mobili sembravano non essere stati mai spostati dai loro posti originari. La polvere ricopriva la maggior parte della casa. Nonostante fosse accogliente e molto luminosa, i tre si sentirono a disagio, quella notte. Forse agitati dal biglietto di Mante, non chiusero occhio. Ci fu un periodo in cui Dohor sembrò aver preso sonno. Avalon si avvicinò con discrezione ad Austin, lo strattonò delicatamente e si avvicinò al suo orecchio, perchè potesse sentire nonostante sussurrasse. L'oscurità avvolgeva ogni parte della stanza, e proprio per quel motivo, cacciò un urlo soffocato vedendo una figura nera davanti a lui. Appena i suoi occhi si furono abituati al buio, cominciò a distinguerla: Avalon lo stava chiamando.
 << Austin, shh! Non vorrai mica svegliarlo? >> indicò il letto in cui Dohor sonnecchiava pesantemente.
 << Ma no, solo che ho avuto un mezzo infarto! Dimmi, qual buon vento ti porta a svegliarmi - se così si può dire - alle... Tre e undici di mattina - sempre se così si può dire -? >>
 << Ho... Dei dubbi su Dohor. Non so, qualcosa mi dice che di Mante ci si può fidare. E se, secondo lui, gli amici nascondono la loro faccia, c'è qualcuno che non ha esattamente dei buoni propositi fra noi. E  dato che io e te non potremmo mai essere - senza ombra di dubbio -, il terzo è coinvolto fino al collo. Oggi Dohor mi ha spiazzata. Seguimi: a parte poco fa, davanti a lui non hai mai "dato i numeri", no? >>
 << Va' avanti, ti seguo. Nonostante i tuoi discorsi da filosofa non siano il massimo alle tre di mattina... Ehi, senza offesa, intendo "filosofa" nel senso buono. >>
 << Sì, lo avevo capito. Comunque sia, mi ha detto, riportando letteralmente le sue parole, che quando fai così, è meglio non girare il coltello nella piaga. Come fa a saperlo? Non gliene abbiamo mai parlato, né tantomeno, datogli l'opportunità di vederti sclerare. Sospetto, no? Credo non sia esattamente un uomo di buoni propositi. Per questo dobbiamo evitare di parlare di qualsiasi cosa riguardi la nostra fuga in sua presenza. Cerchiamo piuttosto di dargli informazioni false, intuizioni sbagliate, eccetera. >>
 << Uhm... Siamo sicuri di non star prendendo un granchio? >>
 << Più che sicuri. Allora? Che ne dici, sei con me? >>
 << Non potei darle torto, signora Mason. >>
 << Ehm... Da quando sarei la signora Mason? Ho perso qualche puntata? >>
 << Nah, non si preoccupi. >>
 << E perchè mi dai del "lei"? >>
 << Sarebbe solo una strategia per farmi dare un bacio. Potrebbe funzionare? >>
 << Ah, in questo caso... Ci hai visto giusto, Mason. >>

Dohor si girò lentamente. Qualche rumore lo aveva svegliato. Aprì leggermente gli occhi, li strofinò e li aprì del tutto. Si guardò intorno; non vide niente. Sistemandosi di nuovo sotto le coperte, fece cadere lo sguardo su Austin ed Avalon. Si stavano baciando. Con un rumore secco di coperte scostate, Dohor sperò che, facendo notare loro il fatto che fosse sveglio, non andassero oltre. Poi tossì bruscamente ed emise un gemito di dissenso: "Puah...". Si accasciò sul cuscino. Era impressionante come riuscisse a dormire con il cappello e l'impermeabile addosso. Da quando lo conoscevano, Austin ed Avalon non lo avevano mai visto senza. Altro motivo per cui non ispirava certo fiducia alla ragazza: Austin lo aveva sempre visto come un uomo affidabile, simpatico e totalmente onesto. Ad Avalon tutto era sembrato, fuorchè onesto.

Il mattino seguente, ovvero il giorno dedicato alla notte, le ricerche avevano ripreso il loro corso. "Si ragiona molto meglio quando si è riposati, no?" Austin non si era mai sentito meglio in vita sua. I baci di Avalon riuscivano sempre a metterlo di buon umore. La luna era al suo ultimo quarto. L'orsa maggiore spiccava tra le altre costellazioni minori.
 << Bene, ragazzi. Ora che abbiamo questa seconda pagina, cosa dovremmo fare? >>
 << Una sola cosa: poco fa ho trovato un altro biglietto. A quanto pare, Mante ha deciso di aiutarci una volta per tutte: ci ha dato l'indirizzo di casa sua. Ecco, prendete. >>
 << Wow, fantastico. Ora potremo finalmente uscire di qui. Dopo ventidue anni non vedo l'ora di tornare sul London Eye. Chissà quanto è cambiato, ora... Prima era tutto rosso, negli anni Novanta. Ora, me lo immagino tutto bianco, al massimo grigio, fa più stile moderno. Il rosso fa tanto secolo scorso. >>
 << Okay, Dohor, bando alle ciance. Tu e Avalon, seguitemi. Speriamo di trovare presto questo posto. >>
 << A proposito, dov'è? >>
 << Uhm... Si chiama Villa Mante, c'è scritto che si trova ad undici chilometri da qui. Probabilmente si troverà in un prato, dato che un signore non ama certo la città... >>
 << Eh? >> ripeterono in coro i due.
 << Immagino che debba trovarsi in una zona collinare o pianeggiante... Cosa c'è da capire? >>
 << Oh, okay... >> i due si guardarono e scrollarono le spalle. Molte volte Austin diventava incomprensibile.
 
Qualche tempo dopo

Austin, che li aveva guidati fino a quel momento, si fermò di getto. Sollevò in aria la pagina con l'indirizzo e gridò ai due che si trovavano parecchio dietro di lui: << Ragazzi! Dovremmo essere arrivati! >>
Avalon e Dohor si guardarono intorno. Non c'era niente. Ma come faceva allora Austin ad affermare di essere arrivati?




Angolo dell'autrice

Buonsalve, o popolo! Già, mi piace iniziare così i commenti. Sì, sì, non sono del tutto sana di mente, ieri mi è arrivata a casa la lettera del manicomio di Arkham... Dicevano che la mia presenza era richiesta lì, dato quello che mi frulla in testa. Vabbè, lasciamo i commentacci a dopo. Ho voluto inserire quest'angolo per chiedervi di recensire le storie e darmi consigli su come migliorarmi, ci tengo davvero. Dopo aver letto alcune storie con angoli degli autori in ogni capitolo, ecco il più *figo* angolo di EFP! *Tutti si chiedono quale sia l'autore*
Detto questo, spero vi sia piaciuto. Anticipazione sui prossimi capitoli: tra poco tutto tornerà alla normalità a Londra.
Adiòs, gente de Mexico, Espana, Argentina y otras!



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