Le notti di Lycan

di Fallen Star 91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sotto mentite spoglie ***
Capitolo 2: *** Notte senza luna ***
Capitolo 3: *** Frammento di infinito ***
Capitolo 4: *** Voglia di sognare ***
Capitolo 5: *** Il delfino d'argento ***
Capitolo 6: *** Plenilunio ***
Capitolo 7: *** Ferite ***
Capitolo 8: *** Sii giusto e non temere ***
Capitolo 9: *** Pena ***
Capitolo 10: *** La bestia dentro ***
Capitolo 11: *** Uguali poiché diverse ***
Capitolo 12: *** Parole in attesa ***
Capitolo 13: *** Alla luce del sole ***
Capitolo 14: *** Ritorni ***
Capitolo 15: *** Scusa ***
Capitolo 16: *** Buona fortuna ***
Capitolo 17: *** Angripe ***
Capitolo 18: *** Visite ***
Capitolo 19: *** Il permesso ***
Capitolo 20: *** Dolore ***
Capitolo 21: *** Liberi ***



Capitolo 1
*** Sotto mentite spoglie ***


1. SOTTO MENTITE SPOGLIE
 
Il suono di una sirena echeggiò nell’aria ridestando dal sonno i timidi abitanti di Rodrev. Lentamente pallide luci cominciarono ad illuminare la cittadina mentre ombre sparute cominciavano a riversarsi per le strade dirette ai loro rispettivi posti di lavoro.
Fulminea Gwyn si allacciò gli stivaletti e si aggiustò addosso la divisa blu con il distintivo dei messaggeri: un falco che, ad ali spiegate, volava in alto verso la sua meta. Abbandonato accanto ad una pila di libri trovò il suo messaggiatore: un oggetto delle dimensioni di un orologio che, al posto del quadrante, aveva un piccolo display su cui il messaggero di turno poteva battere la comunicazione da recapitare.
Con un movimento meccanico la ragazza si infilò al polso l’oggetto e guardò distratta verso gli alti edifici che sovrastavano le basse abitazioni di Rodrev. Lassù, divisi dai quartieri delle volpi da una muraglia di rovine e reti con filo spinato, protesa verso l’alto come a voler sfidare il cielo, si alzavano i grattacieli e i sontuosi palazzi di Lycan: la città dei lupi.
Dal corridoio la voce del padrino la richiamò e, gettando un’occhiata furtiva all’orologio, la ragazza si accorse del ritardo che, quella fantasticheria mattutina, le aveva fatto accumulare.
 
Seduto dietro al suo bancone Lunz contava pigramente l’incasso del giorno precedente inumidendosi di tanto in tanto le dita grassocce per avere maggior presa su quei pezzetti di carta rettangolare. I suoi occhi grigi guardavano con avidità le mazzette di banconote e, quando le cifre che segnava sul suo registro erano particolarmente alte, con la lingua si leccava le labbra livide accompagnando il tutto con un soddisfatto sonoro schiocco.
Gwyn entrò furtivamente nel locale e la puzza di chiuso e di sudore le strinsero lo stomaco facendole venire un conato che riuscì tuttavia a reprimere. Lavorava per il signor Lunz già da trentasei lune, ma, malgrado fosse passato così tanto tempo dalla prima volta che aveva messo piede nella sua agenzia, l’odore sgradevole che investiva chi entrava nel negozio la investiva ogni volta mettendole sottosopra lo stomaco.
- Sei in ritardo.-
L’uomo continuò a contare le mazzette e a segnare cifre sul quaderno della contabilità senza degnare di uno sguardo la ragazza. Gwyn rimase immobile accanto alla porta indecisa se accampare una scusa o aspettare che il suo datore di lavoro prendesse nuovamente parola.
- Ho appena spedito Cahil nei quartieri alti. Se tu fossi arrivata solo cinque minuti fa avresti potuto prendere il suo cliente e, molto probabilmente, avresti intascato una bella mancia.-
La giovane non si mosse e, per tutta risposta, cominciò a tormentarsi una ciocca di capelli castana frizionandola tra i polpastrelli.
- Intendi stare accanto a quella porta tutto il santo giorno?- Lunz alzò finalmente lo sguardo dalle banconote e guardò spazientito la ragazza – Sei una messaggera, non un’usciere.-
Gwyn si avvicinò timidamente al bancone e prese il foglietto che l’uomo le aveva appoggiato sul tavolo leggendo il nome del mittente.
- Il signor Rikdom è uno dei nostri migliori clienti. Se lo servirai a dovere sono sicuro che saprà essere riconoscente.- Lunz si aggiustò sulla sedia e cominciò a consultare il registro su cui appuntava messaggeri e mittenti – Cosa ci fai ancora qui? Hai un indirizzo, no? Fila, va a guadagnarti il pane inutile volpe!-
Gwyn prese l’appunto e sparì velocemente tra le strade di Lycan diretta verso la zona più ricca e luminosa della città.
Veloce come una scheggia continuò a correre tra i viali e a salire verso l’alto schivando agilmente passanti e veicoli. Dopo parecchi minuti finalmente sentì l’aria farsi più leggera e le strade farsi più ampie e luminose, era entrata nei quartieri degli alphas: le famiglie più potenti e ricche della città.
Stremata dalla corsa la ragazza si fermò nei pressi di un giardinetto per riprendere fiato e osservò distrattamente un gruppo di ragazzini intenti in una partita di nascondino. Seduta sulla panchina di marmo bianco Gwyn controllò nuovamente l’indirizzo del mittente e, dopo essersi crogiolata ancora un po’ al sole, riprese il cammino puntando con decisione verso alcuni palazzi dalle facciate in vetro.
 
L’ascensore correva veloce dando a Gwyn la sensazione di librarsi nel vuoto, in pochi istanti i viali ordinati e le strade affollate erano spariti oltre una coltre di nuvole bianche e ora, guardando oltre le pareti trasparenti della cabina, la giovane poteva vedere le città e i campi incolti che circondavano la città di Lycan e il sobborgo di Rodrev. Uno scampanellio avvisò la ragazza della fine della corsa e, quando le porte dell’ascensore si aprirono, Gwyn si ritrovò a camminare in uno degli appartamenti più grandi che avesse mai visto. Il pavimento era di parquet e la superficie era talmente lucida che rifletteva qualunque cosa come uno specchio, due grandi finestre si aprivano ai lati dell’ascensore, che costitutiva l’unica via d’accesso, e attraverso le ampie vetrate si diffondeva una calda luce che sfiorava i mobili e le pareti bianche che si accendevano dando ancor più luminosità all’ambiente.
Gwyn si avventurò timida nell’ingresso guardandosi intorno con stupore sempre crescendo e giocando a trovare le differenze tra quel posto e l’appartamento che condivideva con il padre.
Un odore pungente e selvatico la distrasse da quell’operazione e voltandosi la giovane si trovò faccia a faccia con una donna che la guardava con diffidenza e altezzosità.
Una lince. Era la terza volta che Gwyn si trovava a così poca distanza da una di quelle creature e, come era accaduto la prima volta, sentì i muscoli e i nervi tendersi e i suoi sensi farsi più acuti, pronti, se necessario, alla lotta.
La donna la squadrò con i suoi occhi felini e le girò intorno tenendo tuttavia una discreta distanza tra lei e la giovane.
- Sei la messaggera?-
Gwyn annuì senza tuttavia interrompere il contatto visivo.
- Ci hai messo parecchio. Il mio principale aveva espressamente chiesto il messaggero più veloce di Lunz, che scusa hai per giustificare il tuo ritardo?-
La lince incrociò le braccia sul petto e lottò con tutta se stessa per non dimostrare alla ragazza il disgusto che le provocava il solo averla a così poca distanza. Gwyn da parte sua non rispose e si limitò a guardare la donna e ad assumere la sua espressione più contrita.
- Ad ogni modo.- la donna prese alcuni fogli dalla cartellina che teneva in mano e cominciò a sfogliarli sfoderando tutta la sua professionalità – Il mio principale darà una festa la prossima settimana. Bisogna ordinare cibo, bevande, chiamare gli invitati, … .-
La lince cominciò a camminare per la stanza gesticolando e picchiettando con le dita sui fogli.
- Per oggi tu sei a nostra completa disposizione. Manderai e riceverai messaggi solo per il signor Rikdom, intesi?-
- Intende che servirò solo voi per tutta la giornata?-
La donna alzò gli occhi al cielo esasperata e scosse la testa ridendo dell’ingenuità della ragazza.
- Ma certo, mi pare ovvio.-
- Dovrebbe chiamare il signor Lunz in questo caso, riservare un messaggero per un giorno intero rientra in un’altra tariffa.-
La lince si avvicinò a Gwyn e le consegnò una lista di nomi e luoghi con accanto i messaggi da recapitare.
- Tu non ti preoccupare, penserò io a parlare con il tuo dirigente e a concordare il prezzo per i tuoi servizi.- la donna si voltò e si avvicinò al frigorifero versandosi un bicchiere di succo senza ovviamene offrirne alla giovane – Cosa ci fai ancora qui? Muoviti, non ho tempo da perdere! Creatura ottusa e meschina!-
Gwyn lasciò l’appartamento sprofondando nuovamente nel caos della città. Con una mano si massaggiò l’orecchio nel tentativo disperato di levarsi dalla testa l’eco fastidioso della voce della lince. Quando finalmente i rumori di Lycan presero il posto delle parole della donna, un nuovo pensiero si fece largo nella mente della ragazza: per tutto il giorno avrebbe dovuto stare agli ordini di quella lince, incassare stoicamente i suoi insulti gratuiti e sopportare la sua voce sottile e penetrante come una lama.
La giovane finì di copiare in fretta i messaggi sul suo apparecchio e si passò una mano tra i capelli cercando di realizzare la cosa e di trovare la forza per affrontare quella giornata.
Prima di rimettersi in strada Gwyn lanciò un’occhiata verso il palazzo del signor Rikmond e per un istante le sue iridi castane divennero gialle come il sole rivelando, per pochi secondi, gli occhi vigili e fieri di una giovane lupa.

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Capitolo 2
*** Notte senza luna ***


2. NOTTE SENZA LUNA

Musica, ritmi gioiosi e febbrili risuonavano in quella notte di novilunio. Cullata dalle note e dal ritmo delle danze Gwyn si muoveva tra i tanti ragazzi cercando di aprirsi un varco tra la folla accorsa nel Parco della Luna per festeggiare la prima notte senza luna del mese. In disparte, seduti su alcune rovine, alcuni giovani discorrevano tra di loro e, quando videro Gwyn avanzare tra la gente, le fecero cenno di avvicinarsi.
- Non pensavo saresti venuta!-
Kay: occhi verdi e capelli rossi come filamenti di rame, carnagione chiara come la luce lunare un lieve accenno di lentiggini che le incorniciava il volto leggermente allungato e dai lineamenti volpini. La ragazza si attaccò al collo di Gwyn che rispose all’abbraccio sorridendole spensierata.
- Ad essere sincera non volevo venire, poi ho pensato che questa potrebbe essere l’ultima festa prima dell’arrivo dell’inverno e non mi andava proprio di perderla.-
La giovane prese posto tra gli altri ragazzi accoccolandosi su una roccia e stringendosi al petto le ginocchia. Kay si accucciò accanto all’amica e tornò ad ascoltare il fratello Cato intento in un’animata discussione con Tyson e il suo gemello Trevor.
- Siamo centinaia ormai, il nostro numero supera di gran lunga quello degli abitanti di Lycan.- Cato gesticolava furioso sputando in faccia ai due fratelli tutto il suo sdegno e la sua rabbia - Eppure, malgrado tutto, ci ostiniamo a servire i lupi cucinando per loro, riparando le loro costose vetture, cucendo i loro sontuosi abiti e recapitando i loro stupidi inviti da una parte all’altra della città.-
- È vero, negli ultimi anni siamo cresciuti parecchio.- Tyson cercò di arginare il fiume di parole del ragazzo – Ma anche così siamo troppo deboli! I lupi ci sterminerebbero prima ancora di raggiungere le porte di Lycan.-
- Sciocchezze.- Cato distolse lo sguardo e osservò i suoi coetanei mentre, al centro della pista, si lasciavano trasportare dalla musica in danze movimentate – La verità è che avete paura e lasciate che questa incateni non solo le vostre pavide esistenze, ma anche le nostre.-
Gwyn tirò a sé l’amica accostandole le labbra all’orecchio.
- Di che cosa stanno discutendo?-
Kay si voltò verso la ragazza ignorando per un momento il fratello e le sue arringhe e con un filo di voce si apprestò a raccontare a Gwyn cosa aveva scatenato l’indignazione di Cato.
- Oggi uno dei suoi dirigenti gli ha dato dell’incompetente davanti a tutti, ha detto che se, dopo quarantotto lune, non sapeva ancora fare il suo mestiere poteva anche andarsene a casa e lasciare il suo posto di lavoro ad una mente più acuta.-
Gwyn guardò Cato cercando di immaginare come avrebbe reagito all’arroganza con cui la lince l’aveva trattata quello stesso giorno.
- Oggi sono stata al servizio di una lince per tutto il giorno.- Gwyn cominciò a giocherellare con l’orlo del suo vestito – Inizialmente pensavo fiutasse l’odore del lupo, ma non si è accorta di nulla.-
Kay si avvicinò all’amica e la annusò esagerando quel gesto fino a parodiarlo.
- Non mi stupisco che non ci sia riuscita.- la ragazza si ritrae facendo l’occhiolino a Gwyn – Profumi come una volpe, la tua puzza da lupo è sparita lune fa. –
Gwyn sorrise alla volpe che le sedeva accanto e tornò a seguire la discussione tra Cato e i due fratelli che sembrava destinata a durare in eterno.
- Hai visto Gad?-
Kay si voltò verso l’amica sfoderando un sorrisino sottile e canzonatorio.
- Forse. Perché me lo chiedi?-
- Volevo solo sapere, niente di più.-
Gwyn distolse lo sguardo decisa a non cadere nella trappola dell’amica.
- Gwyn?-
La giovane lupa continuò a guardare la pista da ballo ignorando lo strattonare insistente dell’amica.
- Perché vuoi sapere di Gad?-
- Mio padre ha bisogno di alcuni attrezzi per riparare un mobile e sperava che Gad potesse prestarglieli.-
Era una bugia e nemmeno una delle migliori ma, messa alle strette da quella volpe, Gwyn non era riuscita a trovare una scusa migliore.
Trevor si avvicinò alle due ragazze lasciando il gemello solo ad arginare la rabbia di Cato. Esausto si lasciò cadere tra le due amiche e si distese appoggiando il capo sul grembo di una alquanto contrariata Kay.
- Se sento ancora una parola giuro che mi scoppia la testa.- il giovane cominciò a massaggiarsi le tempie – Ma è sempre così logorroico?-
- A volte è anche peggio.- Kay spintonò il ragazzo costringendolo a spostarsi.
- Per stasera ho sentito fin troppe chiacchiere, ora voglio solo pensare a divertirmi e a fare conquiste.-
Trevor si alzò e si stiracchiò davanti alle due ragazze cercando di esibire l’esile muscolatura appena accennata sotto gli indumenti.
- Trevor il conquistatore.- Gwyn chinò il capo di lato in un gesto di omaggio – Senza offesa, ma quante lune avevi l’ultima volta che hai rubato il cuore di una ragazza? Settantadue?-
Gwyn e Kay cominciarono a ridere tra di loro canzonando il giovane che le guardava accigliandosi sempre più.
- Ridete, ridete pure.- Trevor si voltò verso la pista incrociando le braccia sul petto con risentimento – Ma ricordatevi che chi disprezza compra.-
- Stavamo solo scherzando!- Kay saltò agilmente giù dalla roccia e andò a stringere il braccio del ragazzo saltellandogli intorno – Sai che non ti prenderemmo mai in giro.-
- Parla per te.- Gwyn puntò un indice verso l’amica ammonendola di non parlare anche per lei.
- Tu hai già puntato la tua preda, per cui lascia in pace Trevor.-
- Una preda?- Trevor si voltò verso Gwyn guardandola interessato – La ragazza lupo a caccia? È davvero così lupacchiotta?-
- Te lo posso confermare, anche se, per il momento, la nostra amica preferisce mantenere segreto il nome del fortunato.-
Trevor continuò a fissare incuriosito la giovane, quasi si aspettasse che il semplice guardarla fosse sufficiente a farle confessare i suoi misteri.
- Andiamo a ballare? La notte è veloce e io non voglio marcire ai bordi della pista!-
Kay trascinò Trevor e andò a recuperare anche Tyson salvandolo dagli sproloqui del fratello. Rimasto solo Cato si avvicinò a Gwyn che, dopo tutto il correre della giornata, non aveva certo voglia di discutere con il ragazzo di ipotetiche rivolte.
- Tu cosa ne pensi?-
Gwyn non si voltò e continuò a fissare il punto in cui Kay e i due ragazzi erano spariti rimpiangendo di non averli seguiti.
- Riguardo a cosa?-
- Non fare la finta tonta, sai benissimo a cosa mi riferisco.-
La ragazza si voltò trovandosi a distanza ravvicinata dal volto e dagli occhi azzurri di Cato.
- Se i lupi dovessero accorgersi di quanto effettivamente siamo cresciuti farebbero una strage. Non sono stupidi, hanno occhi e orecchie ovunque. Dare inizio ad una ribellione in questo momento sarebbe come invitare la morte in casa.-
- Ogni mese i lupi uccidono qualcuno di noi, dove sarebbe la novità?-
Gwyn abbassò lo sguardo sperando che quella non risposta segnasse la fine della discussione.
- Io so perché non ti vuoi esporre per la nostra causa.- Cato si sedette al posto lasciato libero dalla sorella senza tuttavia perdere di vista la ragazza – Sei un lupo e hai vissuto con questo segreto per tutte queste lune. Se gli alpha di Lycan dovessero accorgersi della cosa finiresti in guai seri.-
- Finiremmo tutti nei guai, lo sai.-
- No.- Cato scosse con convinzione il capo – Solo tu, ti prenderebbero e ucciderebbero per aver infangato la tua razza mischiandoti a noi volpi.-
Gwyn alzò con fierezza lo sguardo pronta a fronteggiare il ragazzo e a rimetterlo al suo posto nel caso in cui avesse detto una parola di troppo.
- Questa è una serata di festa, Cato. Perché dovremmo rovinare tutto?-
Questa volta fu il ragazzo ad abbassare gli occhi e a cercare la sorella tra la folla che si accalcava al centro della pista.
- Tra quattordici giorni una decina di noi non sarà più qui.-
Gwyn guardò con tristezza la pista da ballo e osservò quei visi che spensierati si divertivano muovendosi al ritmo della musica. Come ad ogni novilunio la domanda era una sola: a chi sarebbe toccato di morire? Sarebbe stato un suo amico? O forse sarebbe stata una volpe che conosceva appena o che, ancora meglio, non aveva mai visto? Nella città quartiere di Rodrev vivevano poco meno di diecimila volpi, ma a Lycan giungevano lavoratori anche dai sobborghi vicini e, con un po’ di fortuna, la morte avrebbe preferito un’altra colonia a quella di Rodrev.
Improvvisamente Cato si alzò in piedi e i suoi occhi saettarono allarmati verso la foresta che circondava il Parco della luna.
- Sono qui.-
Anche Gwyn scattò in piedi tendendo le orecchie e annusando il vento che le portava un odore pungente e selvatico: linci.
Prima che la ragazza potesse realizzare cosa stava per accadere, un gruppo di ragazzi saltarono fuori dagli alberi atterrando in mezzo alla pista e gettando scompiglio tra le volpi.
Uno di loro, presumibilmente il capobranco, si fece largo tra la folla conquistando velocemente il centro della radura.
- Due settimane- il ragazzo alzò un dito al cielo indicando la posizione che presto sarebbe stata occupata dalla luna nascente – Tra due settimane ci sarà il plenilunio! Sarà divertente tornare a farvi visita e scoprire chi non vedremo più.-
Le linci scoppiarono a ridere sprezzanti lanciando sguardi arroganti verso le volpi intimidite.
- Ad ogni modo, continuate pure con i vostri festeggiamenti. Sarà interessante vedere se tra due settimane ballerete e canterete ancora!-
Detto questo la lince si esibì in un inchino teatrale che fu accolto dai suoi compagni con un’ovazione.
Gwyn notò Cato tendere i muscoli e, prima che la giovane volpe si avventasse sul ragazzo, gli afferrò il braccio muscoloso per trattenerlo.
- Lascia perdere, non ne vale la pena.-
- Sta al tuo posto ragazza lupo, questa non è la tua guerra.-
Cato cercò di divincolarsi, ma Gwyn strinse maggiormente il braccio del giovane.
- No, non lo è. Tuttavia non voglio che rischi la vita in una simile bravata.-
Un’altra ovazione echeggiò al centro della radura e, rapide come erano arrivate, le linci sparirono tra gli alberi inghiottite dalle tenebre di quella notte senza luna.
- Qualcuno dovrebbe dare una lezione a quelle creature arroganti.- Cato si liberò con uno strattone dalle mani dell’amica – Avrei dovuto farlo: attaccarli, ricordare loro che questo è il nostro territorio. Se lo avessi fatto ora …-
- Ora sapremmo già chi piangere al prossimo plenilunio.-
Cato e Gwyn si voltarono e i loro sguardi si posarono su Gad. Agilmente il ragazzo scese giù dalla roccia su cui era appollaiato e si avvicinò all’amico puntandogli contro l’indice.
- Cato e Kay Vigil.-
Il dito si spostò verso la pista indicando Kay ancora presa dalla danze che erano timidamente ripartite.
- Una bella doppietta.-
Cato sentì la bocca seccarsi e per un attimo la sua tracotanza scomparve.
- Che provino solo a toccare Kay, morirebbero prima di aver mostrato le zanne.-
- E tu con loro.- Gad guardò sovrappensiero i ragazzi intenti nei loro balli frenetici – Sei solo una volpe, non un lupo.-
A queste parole i suoi occhi castani si spostarono su Gwyn che abbassò imbarazzata lo sguardo.

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Capitolo 3
*** Frammento di infinito ***


3. FRAMMENTO DI INFINITO

Kay correva avanti a tutti seguita a ruota da Gwyn e Gad, a pochi metri seguivano Trevor, Tyson e Cato. Il cielo cominciava a perdere la sua livrea notturna e le stelle cominciavano ad impallidire confondendosi con il grigio dell’alba. Kay si voltò sorridente verso il resto del gruppo e sterzò bruscamente prendendo un sentiero che saliva leggermente. In prossimità di un avvallamento la ragazza spiccò un salto e, con un lampo di luce rossa, si trasformò in una bellissima volpe color del rame e gli occhi gialli come l’ambra.
Seguendo l’esempio dell’amica anche Gad saltò e i suoi capelli castani e i lineamenti gentili mutarono in quelli di una volpe dal manto color del cioccolato. Cato, Tyson e Trevor sparirono in tre lampi di luce dorata e quando ricaddero sul terreno le loro code rossicce frustavano gioiose l’aria mentre le loro zampe nere correvano veloci ed agili lungo il sentiero accidentato.
Gwyn rimase un po’ indietro per dare agli amici un po’ di vantaggio, quando si trasformava in lupo infatti diveniva molto più veloce e gli altri faticavano non poco per starle dietro. La ragazza corse verso una roccia sporgente e spiccò un lungo balzo atterrando a terra circondata da una luce argentata: i suoi occhi dorati si guardarono intorno alla ricerca degli amici e, quando li ebbe individuati nella semi oscurità della foresta, puntò decisa verso il gruppo passando in mezzo a loro con la furia di un fulmine dalla pelliccia dorata e nera. Gwyn rallentò appena voltandosi appena verso i compagni e subito Kay le fu addosso ingaggiando con lei un’amichevole battaglia che si concluse a favore della lupa. Insieme continuarono a correre verso il limitare della foresta e, quando gli alberi si aprirono, accelerarono chiedendo ai loro giovani cuori tutta la forza che avevano.
Il sole cominciava in quel momento a sorgere allungando le ombre sulla prateria e colorando l’erba di una bizzarra tonalità a cavallo tra l’oro e il verde.
Kay si sforzò di raggiungere Gwyn che correva in testa a tutti e, quando l’ebbe superata, cominciò a saltellare lanciando guaiti di gioia.
Gwyn invece chiuse gli occhi per assaporare fino in fondo quei momenti in cui non esisteva niente se non il vento che le accarezzava la pelliccia, il sole, la terra sotto le zampe e i suoi amici. In quei momenti, così libera da preoccupazioni e paure, si sentiva parte di qualcosa di immenso e grandioso e non poteva fare altro che riconoscersi frammento di infinito.

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Capitolo 4
*** Voglia di sognare ***


4. VOGLIA DI SOGNARE

In piedi nell'atrio dell'appartamento Gwyn attendeva pazientemente di essere ricevuta dal destinatario del suo messaggio. In realtà la pazienza l'aveva persa già da parecchio tempo, ma, non potendo fare altro che aspettare, aveva trovato un modo per distrarsi e mettere a tacere per un momento la noia.
In fondo al corridoio sentì una porta aprirsi e dei passi rapidi e leggeri risuonarono sul parquet tirato a lucido. Gwyn si voltò verso quel rumore e i suoi occhi incrociarono quelli atterriti di una ragazza che, mezza nuda e scalza, avanzava piegata in due coprendosi l'addome con i suoi vestiti e stringendo nella mano libera alcune banconote. Alla vista di Gwyn la giovane si bloccò e si accovacciò dietro al divano cominciando a rivestirsi e tenendo lo sguardo basso come le era stato insegnato a fare al cospetto di un lupo.
Imbarazzata da quella vista Gwyn tornò a concentrarsi sui mobili e il panorama che si godeva dalle finestre dell'appartamento. Aveva già visto ragazze come quelle e, per quanto trovasse deplorevole il loro mestiere, non riusciva a provare disgusto o disprezzo per loro. Quello che erano spinte a fare era terribile, certo, ma la fame lo era di più e Gwyn sapeva molto bene che se c’era qualcuno da biasimare quel qualcuno era chi aveva deciso che le volpi dovessero vivere di stenti mentre i lupi e le linci vivevano nel lusso: liberi di insultare e umiliare in tutti i modi le volpi.
Dei passi, questa volta pesanti e frettolosi, risuonarono nuovamente nella casa e dal corridoio schizzò fuori un uomo che, ignorando completamente Gwyn, si gettò sulla ragazza prendendola per i fianchi e cominciò a toccarla e a spogliarla nuovamente ignorando la sue proteste.
Gwyn voltò disgustata lo sguardo e lanciò un’occhiata furtiva alla porta considerando seriamente l’ipotesi di andarsene e di non consegnare il messaggio che Ekkel, la lince a servizio della famiglia Rikdom, le aveva dato. A ben pensare però affrontare il signor Slimete e la sua lussuria sarebbe stato più facile che accampare una scusa per non aver svolto il proprio lavoro e non aver recapitato il messaggio per ciò, malgrado il ribrezzo per quello che stava succedendo, si decise a restare cercando di controllare i conati che le salivano dallo stomaco.
Gwyn si schiarì appena la voce tenendo gli occhi puntati davanti a sé e cercando di ignorare i rumori che provenivano da dietro il divano.
Per un attimo un ricordo attraversò la mente della giovane lupa e, dopo tanto tempo, Gwyn tornò a pensare a quando, dopo l’ennesima domanda di lavoro respinta, aveva considerato l’idea di vendere il proprio corpo. Ora come allora l’idea la disgustava e se allora non aveva fatto quella scelta così drastica era stato solo merito di Gad che aveva immediatamente provveduto a farla assumere come messaggera presso il fratello del suo datore di lavoro.
Gwyn lanciò un’occhiata furtiva al divano e sentì un brivido lungo la schiena al pensiero che, se non fosse stato per l’amico, sdraiata su quel pavimento poteva esserci lei.
Nuovamente la ragazza tossì e questa volta i rumori cessarono. L’uomo si alzò scocciato e si tirò su i pantaloni sbuffando e grugnendo come un maiale, frettolosamente si abbottonò la camicia e si avvicinò a Gwyn squadrandola come se si trattasse di un’altra ragazza da sedurre.
- Che cosa vuoi?- l’uomo si avvicinò al tavolo della cucina e si versò da bere – Sono impegnato, non lo vedi?-
- Mi manda il signor Rikdom, ho una comunicazione per lei.-
Gwyn prese il suo messaggiatore e lesse il messaggio tenendo gli occhi puntati sul display per evitare lo sguardo famelico con cui il signor Slimete continuava a fissarla.
- Vuoi unirti a noi? Potresti trovarlo divertente.- l’uomo si passò una mano sulle labbra tirate in un ghigno diverto e sbottonandosi la camicia si avvicinò a Gwyn ancheggiando appena come se stesse ballando.
- Mi dispiace, ma devo lavorare.-
- Coraggio.- il lupo le si avvicinò ancora e le afferrò con prepotenza il polso facendo tendere tutti i muscoli di Gwyn – Prometto di essere gentile con te e, se sarai brava, ti darò anche una bella mancia.-
- Le ho detto che ho da fare.- Gwyn si liberò da quella presa e alzò lo sguardo guardando con disdegno e odio l’uomo che le stava davanti – E, in tutta sincerità, non saprei cosa farmene dei suoi soldi.-
- Come osi rivolgerti a me in questo modo e alzare lo sguardo? Non ti hanno insegnato a rispettare chi è superiore a te?- offeso, più per l’occasione mancata che per le parole, l’uomo colpì Gwyn sulla guancia facendole abbassare nuovamente gli occhi a terra – Che ti serva di lezione e ringrazia che non abbia chiamato i controllori.-
Bestemmiando e grugnendo l’uomo tornò verso la sua stanza da letto ignorando la ragazza che, per tutto il tempo, era rimasta accucciata dietro il divano stringendo a sé i suoi panni e ora guardava Gwyn chiedendosi come mai l’uomo non avesse fiutato l’odore della lupa e l’avesse trattata come una volpe.
Gwyn si voltò verso la giovane che abbassò immediatamente lo sguardo temendo una punizione per averla fissata, ma la messaggera non si mosse e si limitò a sorriderle malinconica prima di lasciare l’appartamento.

Come al solito Gad la aspettava in uno dei parchi dei quartieri bassi di Lycan. Dopo quello che era accaduto vedere l’amico fu per Gwyn come un sorso d’acqua fresca in una giornata torrida, aveva bisogno di lui, della sua simpatia e delle sue parole che erano sempre quelle giuste al momento giusto. Sotto l’ombra ristoratrice dei salici e degli ippocastani i due amici condividevano le loro giornate, i loro sogni, pensieri e preoccupazioni. Gad lavorava come meccanico e era tra le poche persone che, tra le conoscenze di Gwyn, sapessero guidare. Il sogno del ragazzo era di raccogliere abbastanza denaro per poter lasciare Lycan e Rodrev alle spalle per stabilirsi in una di quelle città in cui, secondo le voci, le volpi erano trattate al pari dei lupi e delle linci e non erano costrette a vivere nella paura. Ogni volta che Gad tirava fuori il discorso Gwyn lo ascoltava attentamente consapevole tuttavia che quel progetto non sarebbe mai stato niente di più di un bel sogno ben lontano dalla realtà e dalla terra promessa agognata dall’amico.
Per tutta il tempo la ragazza continuò a massaggiarsi il polso, anche se erano passate diverse ore dall’incontro con Slimete continuava a sentire le dita dell’uomo sulla pelle e, malgrado massaggiasse con insistenza la zona, quella sgradevole sensazione perdurava malgrado i suoi tentativi di cancellarla.
- Cosa hai fatto al polso?- Gad accantonò per un momento il sandwich e si sporse verso l’amica prendendole dolcemente la mano.
- Niente.- Gwyn distolse lo sguardo per non dover rivivere, anche solo a parole, quella brutta avventura.
- Non è vero. Sei diversa oggi, turbata.- il giovane continuò a fissarla costringendola a voltarsi nuovamente – A me puoi dire tutto, lo sai.-
La ragazza raccontò all’amico l’accaduto cercando di non soccombere alle lacrime di rabbia che le premevano contro le palpebre. Dal canto suo Gad ascoltava attentamente annuendo di tanto in tanto.
- Dovevi vedere gli occhi di quella ragazza, erano tristi e pieni di vergogna. Quel cane, no, quel maiale schifoso la trattava come fosse solamente un pezzo di carne.-
- Non avresti potuto farci niente e forse ti è andata anche bene.- Gad tornò ad addentare il suo pranzo – Cosa sarebbe successo se avesse scoperto che in realtà sei uno di loro? Avrebbe fatto chiamare i controllori e tu, neanche a dirlo, a quest’ora saresti in prigione.-
Gwyn abbassò sconfitta lo sguardo e cominciò a tirare sassolini contro un bidone a poca distanza da loro fingendo che fosse Slimete.
Il silenzio calò nuovamente tra i due giovani e per qualche istante i due amici si lasciarono cullare dal canto degli uccelli e dal rumore del vento tra le foglie.
- Ho trovato una cosa.-
Gwyn aprì un occhio e spiò pigramente il compagno.
- La vuoi vedere?-
Gad si era alzato in piedi e la sua figura slanciata si poneva come uno scudo tra Gwyn e il sole. Con un salto il ragazzo saltò giù dalla roccia su cui si erano appollaiati e, quando ebbe toccato terra, si voltò offrendo la mano alla giovane per aiutarla a scendere.

Gwyn seguì il giovane attraverso un dedalo di vicoli e strade che si estendeva tra i quartieri bassi di Lycan. In quel punto la vegetazione cresceva più selvaggia e, di tanto in tanto, ci si imbatteva in case completamente coperte dai rampicanti e dalle erbacce. Un gatto sfrecciò fulmineo fuori da una finestra e, con la stessa velocità, si arrampicò su un albero scrutando con sospetto il lupo e la volpe.
- Siamo quasi arrivati.-
Gad prese una scaletta che portava verso la recinzione elettrificata che circondava la città dividendola dalle abitazioni e dagli abitanti di Rodrev. Con decisione il giovane si avvicinò ad una delle torrette di guardia e, dopo essersi guardato intorno, passò attraverso un varco aperto nella rete sparendo dall’altro lato.
Gwyn rimase sconcertata a fissare il punto in cui il giovane era sparito e solo quando sentì la voce dell’amico si decise ad attraversare il passaggio lanciando occhiate guardinghe a destra e a sinistra.
I due compagni camminarono per altri cinque minuti in mezzo ad un campo incolto dove i cardi crescevano intrecciandosi con i rovi delle more e le spighe dei cereali selvatici.
Senza rallentare il ragazzo puntò verso un casolare che si ergeva solitario in mezzo al prato e, quando vi furono vicini, aprì una porticina di legno rossa dalle assi sconnesse e dalla vernice scrostata.
Gwyn entrò nella costruzione fiutando attentamente l’aria alla ricerca di potenziali minacce, ma il vento che si era alzato le portava solamente un gradevole odore di erba appena tagliata e fiori selvatici.
Nel locale regnava il caos e, tra i mobili da lavoro abbandonati e le piante, era difficile camminare. Negli anni la vegetazione si era ripresa lo spazio che le era stato sottratto e aveva lentamente ed inesorabilmente conquistato gran parte dell’ambiente.
Gad guidò la ragazza verso un secondo ambiente che, a giudicare dal forte odore di erba tagliata di fresco, era stato pulito da poco per ospitare, esattamente al centro, una vettura, un pickup verde smeraldo dagli interni in pelle nera.
Gwyn si avvicinò al furgoncino e vi girò intorno incuriosita e stupita accarezzando la vernice e i parafango. - Dove lo hai preso?-
Gad seguì la ragazza nel suo giro intorno alla vettura tamburellando soddisfatto le dita sul vano del cassone. - L’ho trovato in officina, non appartiene a nessuno così l’ho portato qui.-
Gwyn saltò nel cassone e si andò ad accomodare sul fondo tenendo lo sguardo fisso sull’amico.
- Ho intenzione di rimetterlo in moto e, quando sarà pronto, lascerò Rodrov e Lycan.- il giovane raggiunse l’amica e si sedette sul tettuccio della cabina – Se vorrai potrai venire con me, così potrò insegnarti a guidare-
Gwyn sorrise all’amico e si perse nei suoi occhi castani che, come ogni volta che raccontava del suo sogno, brillavano di speranza.
- Ne abbiamo già parlato, Gad.- la ragazza abbassò sconsolata lo sguardo – Sai che non è possibile.-
Il giovane scese dal cassone e si mise al volante chiudendo la portiera con un sonoro scatto. Gwyn si accomodò e si affacciò alla finestrella che collegava il vano con l’abitacolo del conducente.
- Dove mi vuoi portare?- la ragazza sorrise spensierata all’amico.
- Dove vuoi andare?- il giovane si voltò verso l’amica rendendole il sorriso.
Gwyn si allontanò dal pertugio e si distese nel cassone guardando sovrappensiero il soffitto e immaginando un posto che avrebbe voluto vedere.
- Portami dove non serve sognare.-

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Capitolo 5
*** Il delfino d'argento ***


5. IL DELFINO D’ARGENTO

- Vuole insegnarmi a guidare.-
- Coraggioso da parte sua, se gli servono delle protezioni posso chiedere a mio fratello di fargliene alcune.-
Kay cominciò a ridere sguaiatamente ignorando lo sguardo accigliato dell’amica.
- Ha trovato un furgoncino, ha intenzione di rimetterlo in moto e di lasciare Lycan.-
Gwyn si chinò a raccogliere un ciottolo dalla strada e cominciò a giocarci lanciandolo in aria e riprendendolo prima che cadesse a terra.
- Ha detto che posso andare con lui.-
- E tu?- Kay si voltò verso l’amica visibilmente interessata dalla piega che la conversazione aveva preso – Cosa gli hai risposto?-
- Cosa avrei dovuto rispondere?- Gwyn lanciò con rabbia il sassolino che rimbalzò contro un palo emettendo un rumore metallico – Sappiamo tutte e due che non è possibile e lo sa anche lui, anche se non vuole ammetterlo a se stesso e non intende rassegnarsi all’idea che non lascerà mai questo posto.-
La ragazza guardò con rabbia le strade deserte e sabbiose, strade che con il passare del tempo erano diventate troppo piccole per i suoi sogni cresciuti come uccelli dalle ali tarpate.
- Puoi biasimarlo per questo? Perché ha ancora sogni e speranze a cui aggrapparsi?-
Kay si era fatta seria e i suoi occhi verdi fissavano l’amica con intensità cercando di leggere i mille pensieri che vorticavano dietro quelle iridi castane.
- Non credere che io non abbia i miei progetti, che non mi piacerebbe lasciarmi tutto questo alle spalle e correre libera: lontano da tutto e da tutti. Ma, come ti ho già detto, questo non è possibile.-
- E perché no?- Kay si chinò a raccogliere un sasso e lo lanciò contro il palo mancando tuttavia il bersaglio – Non abbiamo catene. Tecnicamente potremmo andarcene in qualsiasi momento e nessuno potrebbe dire niente per impedirlo.-
- Tecnicamente è così.- Gwyn cominciò a scalciare frustrata una lattina vuota – Tuttavia, cosa succederebbe ai nostri familiari o agli abitanti di Rodrev se alcuni di noi sparissero nel nulla?-
Kay abbassò triste lo sguardo pensando all’ultima volta in cui alcune volpi avevano tentato la fuga. Le conseguenze erano state nefaste e non solo per quei disperati, ma per tutti. Malgrado fosse accaduto quando lei e Gwyn avevano poco più di settantadue lune, la giovane volpe ricordava molto bene cosa era successo: improvvisamente i lupi avevano fatto irruzione nelle case delle volpi trascinando in strada quanta più gente possibile, alcuni erano stati uccisi subito, mentre altri erano stati picchiati e lasciati doloranti sul cemento sporco di sangue. Quando poi i responsabili erano stati catturati e riportati indietro erano stati a loro volta pestati a morte e i loro corpi lasciati lì sulla strada a monito delle altre volpi.
Kay abbassò rattristata lo sguardo e un brivido le percorse la schiena pensando che un simile trattamento poteva essere riservato a uno dei suoi cari o a lei.
- Ad ogni modo, penso che Gad sia da ammirare.- la ragazza ritrovò per un momento il sorriso e la sua usuale spensieratezza – A parte mio fratello, che vive aspettando il momento buono per scatenare una rivolta, lui è l’unico tra le persone che conosco ad avere un progetto per cui valga la pena lavorare ed impegnarsi. Dico bene?-
- Sì, dici bene.- Gwyn si sedette su un muretto guardando distratta lo sfilare delle nuvole sopra la sua testa. - Hai visto come si accendono i suoi occhi quando parla di lasciare Lycan? Penso che le stelle del cielo diventerebbero opache messe al confronto con la luce di quelle iridi.-
- Probabilmente.- Gwyn tornò a fissare l’amica ponderando attentamente le sue parole – Purtroppo non ho mai avuto tra le mani due stelle per cui non posso sapere come reagirebbero accanto agli occhi di Gad.-
- Questa notte ci sarà la luna nuova.- Kay cominciò a danzare i mezzo sul marciapiede seguendo note che solo lei poteva sentire o che, come Gwyn ormai sospettava, le venivano sussurrate dal vento – Verrai?-
- Ho delle commissioni da fare a Lycan, vi raggiungerò più tardi.-
Kay smise di ballare si voltò verso l’amica perdendo per un attimo la sua allegria.
- Lavori ancora per la famiglia Rikdom?-
- No, ma Ekkel ha parlato di me ad un altro alpha e adesso sono stata assunta dai Penger.- Gwyn cominciò a giocherellare con un filo d’erba girandolo tra le dita ed annusando l’odore che emanava – Lunz guadagna molto di più quando uno dei suoi messaggeri viene preso a tempo pieno, i Penger non devono impazzire nel cercare un messaggero e io corro avanti ed indietro come quando ho clienti diversi. Tutti sono contenti.-
- Ti vedo stanca.- Kay incrociò le braccia sul petto e guardò seriamente preoccupata l’amica – Come se la tua forza lunare stesse per esaurirsi.-
- Sto bene.- Gwyn allungò gli arti indolenziti – Ho molto da fare e ultimamente faccio anche fatica a prendere sonno.-
- Forse dovresti trasformarti.- Kay si sedette accanto alla ragazza che rise di sottecchi – Non sto scherzando, Gwyn. I lupi si trasformano almeno tre volte al mese per rigenerare la propria forza lunare mentre tu ti concedi una trasformazione solo quando c’è la luna nuova. Così non va bene.-
- Nemmeno tu ti trasformi così tante volte, eppure questo non sembra crearti problemi.-
- Per noi volpi è diverso, possiamo restare con la nostra forma umana anche anni, mentre voi lupi rischiate grosso a non trasformarvi.-
Gwyn abbassò sconfitta lo sguardo e emise un lungo sospiro cercando di sfuggire agli occhi inquisitori e apprensivi dell’amica.
- Ho paura.- alla fine la lupa lo ammise e timidamente alzò lo sguardo verso la ragazza.
- Di cosa?-
- Pilar mi ha detto che sono le frequenti trasformazioni a rendere i lupi così aggressivi. Per anni ho tenuto nascosta la mia natura cercando di trasformarmi il meno possibile per cui, se adesso cominciassi a mutarmi con regolarità, la mia ferocia sarebbe di gran lunga maggiore a quella dei miei simili.-
- Come fa a saperlo? Voglio dire, cosa ne sa lui dei lupi?- Kay guardò scettica l’amica sperando di trovare un cavillo che provasse quanto lei avesse torto.
- Era amico dei miei genitori, suppongo glielo abbiano detto loro.-
La ragazza abbassò sconfitta lo sguardo e fissò Gwyn cominciando a cullare un pensiero.
- Alzati.- Kay scattò in piedi e invitò la compagna a fare lo stesso – Alzati, voglio vederti alla luce del sole.-
- Che stai dicendo?- Gwyn guardò allarmata la giovane puntando i piedi nel tentativo di opporsi allo strattonare assillante dell’amica.
- Voglio vedere come la tua pelliccia riflette i raggi del sole.-
- È pericoloso,- Gwyn lanciò un’occhiata furtiva ai palazzi di Lycan che incombevano alle loro spalle – pensa se un lupo o una lince mi vedessero.-
Kay continuò ad insistere e alla fine, per soddisfare la richiesta dell’amica, Gwyn spiccò un salto dal muretto su cui era seduta e atterrò a poca distanza sulle zampe anteriori.
Kay fissò la giovane lupa guardando rapita i riflessi dorati che si rincorrevano sulla sua pelliccia e i suoi occhi castani e vigili.
- Sei bellissima.- la ragazza si avvicinò e tese una mano verso la bestia accarezzandola con delicatezza.
Gwyn da parte sua abbassò le orecchie e lasciò che le dita dell’amica corressero lungo la schiena arruffandole il pelo sulle spalle.
Kay sorrise e si trasformò a sua volta in una piccola volpe dalla pelliccia color del rame. Subito la bestiola si avventò sulla lupa cominciando a mordicchiarle scherzosamente le orecchie istigandola ad un combattimento amichevole. Gwyn sopportò per qualche minuto l’esuberanza dell’amica, ma ad un certo punto scattò a sua volta costringendo la volpe a darsela a gambe.

Ciondolante e stremata Gwyn avanzava per le strade di Lycan diretta, dopo ore si corse incessanti, a casa. Il sole al tramonto cominciava lentamente a tingere di rosso e arancione le facciate dei palazzi e le grandi vetrate si accendevano di riflessi dorati e rame proiettando luci scarlatte lungo i viali affollati.
Distratta la ragazza guardò con scarso interesse i lupi e le linci che, reduci da una giornata di lavoro, si affrettavano a tornare alle loro dimore desiderosi solamente della compagnia dei loro cari e del calore di una casa.
Dopo anni Gwyn pensò nuovamente ai momenti che precedevano il ritorno di suo padre dal lavoro e a quel rituale quotidiano che era l’attesa davanti alla porta in attesa aspettando il rumore della chiave nella serratura.
Una bambina schizzò in quel momento fuori da una porta e corse ad abbracciare il papà. Gwyn osservò quella scena a distanza e sentì l’amaro riempirle la bocca e un ringhio salirle dalle viscere. Tutto quello che quella bambina aveva le spettava di diritto, ma per un beffardo scherzo del destino le cose erano andate diversamente e lei si era ritrovata a vivere da reietta. Non che la sua vita non le piacesse, quello no, solo ogni tanto non poteva non pensare a quello che sarebbe successo se i suoi genitori non si fossero macchiati di tradimento e non fossero morti.
Irritata da quella vista voltò in un vicolo cominciando a camminare a passo svelto, quasi di corsa. D’un tratto la sua mente fu attraversata da un pensiero spingendo la giovane nuovamente sulla via principale. A poca distanza da un negozio Gwyn si infilò una mano in tasca e ne tirò fuori gli spiccioli che le avevano dato di mancia. Velocemente contò il denaro e con quindici sedler saldamente stretti nel pugno entrò nel negozietto.

Un’altra festa del plenilunio. Gwyn non aveva dubbi su dove avrebbe trovato i suoi amici e, giunta al Parco della luna, si diresse senza indugio nella zona delle rovine.
Cato aveva nuovamente incastrato Trevor e Tyson in una delle sue discussioni e, come ogni mese, sembrava che la cosa non dovesse avere fine. Kay ballava a bordo pista sotto gli occhi attenti del fratello che, di tanto in tanto, si distraeva dalla sua filippica per tenere d’occhio la sorellina. Appollaiato ai piedi di una colonna, in disparte da tutti, vi era Gad. Il giovane se ne stava seduto su quel dito di roccia rivolto al cielo e i suoi occhi castani e profondi scrutavano l’orizzonte rincorrendo sogni e speranze al momento troppo lontane.
Silenziosa Gwyn si arrampicò sullo sperone e si accoccolò ai piedi del pilastro rimanendo tuttavia a debita distanza dal ragazzo. Sembrava così concentrato e allo stesso tempo così sereno, come se quei sogni di cui spesso parlava e su cui tanto fantasticava si stessero realizzando in un angolo della sua mente.
Finalmente Kay decise di tornare dai suoi compagni dando a Gwyn un pretesto per lasciare Gad nuovamente solo.
- Gwyn! Ti aspettavo in pista.- Kay rubò il bicchiere di mano a Trevor e ne bevve un lungo sorso per riprendersi dalla fatica delle danze.
- Sai che non amo ballare.-
- Tu non ami ballare, non ami i posti affollati, …; tu ami la notte e la solitudine.-
Gad abbassò per un attimo lo sguardo verso le due ragazze per poi tornare ad inseguire le sue fantasie. Gwyn se ne accorse, ma cercò di non darci troppa importanza e di sdrammatizzare le parole dell’amica.
- Ho una cosa per te.- la giovane prese dalle tasche dei pantaloni un sacchettino arancione e lo porse a Kay – centoottanta lune fa ti sei trasformata per la prima volta, è un evento da festeggiare.-
La ragazza prese tra le mani l’involto di stoffa e lo aprì delicatamente facendo scivolare sul palmo della mano il ciondolo di un delfino d’argento.
La giovane lo sollevò entusiasta cercando di trattenere il sorriso che le illuminava il volto.
- È bellissimo! Grazie, grazie mille!- Kay saltò al collo dell’amica facendola barcollare appena – Cato! Trevor Tyson, guardate cosa mi ha regalato Gwyn!-
La ragazza mostrò orgogliosa il ciondolo senza tuttavia suscitare nei tre ragazzi la stessa meraviglia che la animava.
- È un bel gingillo, non c’è che dire.- Trevor prese il delfino e lo rigirò tra le mani – Non credevo che la nostra lupacchiotta avesse dei gusti così sofisticati.-
Gwyn sorrise imbarazzata a tornò a spiare Gad desiderosa di vedere nuovamente i suoi occhi e la luce che illuminava le sue iridi color cioccolato.

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Capitolo 6
*** Plenilunio ***


6. PLENILUNIO

- Questa sera torna a casa subito, non ti fermare per strada e non tardare.-
Gwyn alzò gli occhi dalla tazza e il suo sguardo incontrò quello serio e teso di Pilar. Fin dalle prime ore del giorno il padrino le era sembrato particolarmente nervoso, come se un pensiero fisso gli avesse attanagliato la testa e non si decidesse a lasciarlo andare.
- Va bene.- la ragazza rispose laconica e tornò a dedicarsi alla sua colazione.
- Dico sul serio, Gwyn. Questa notte ci sarà la luna piena e tu sai cosa questo significa.-
- Ogni mese c’è la luna piena e ogni mese, puntualmente, inciampiamo in questo discorso. So cosa succede la prima notte di plenilunio e so che devo prestare più attenzione del solito per cui smettila di assillarmi!-
La ragazza allontanò con uno scatto scocciato la sedia dal tavolo e raccolta la sua borsa si fiondò in strada.
Era stanca: stanca del sermone che ogni mese il padrino le rifilava, stanca di dover vivere nascosta in bilico tra la voglia di sognare e la paura di non vedere sorgere nuovamente il sole. I suoi pensieri corsero a Gad e al suo sguardo mentre rincorreva desideri e progetti ambiziosi. Gwyn pensò a lui, alle altre volpi che ogni mese si riunivano al Parco della luna e a se stessa e si domandò, forse per la prima volta, chi tra di loro stesse vivendo davvero. Tra i tanti volti anonimi e rassegnati Gad, il cacciatore di sogni, brillava come una luce di speranza, un faro che, malgrado le tenebre che lo circondavano, brillava imperterrito certo che la propria luce avrebbe prima o poi fatto breccia nell’oscurità. Kay aveva ragione: Gad non era da biasimare, ma da ammirare ed invidiare per la passione che accendeva il suo cuore e il suo sguardo. E lei?
Gwyn si fermò davanti alla vetrina di un negozio e osservò per qualche istante l’immagine riflessa nella vetrata. I suoi occhi castani incontrarono quelli di un ragazza stanca e avvilita che tuttavia conservava, in fondo alle sue iridi scure, una scintilla: segno che la voglia di lottare non si era ancora spenta.
Gwyn si raddrizzò e osservò con fierezza il proprio riflesso ravvivandosi i capelli e aggiustandosi addosso la divisa sgualcita. Una sensazione viscerale le pervase lo stomaco, come se una bestia addormentata si stesse lentamente svegliando, ringhiando quel tanto che bastava per ricordare al mondo che lei c’era e non si sarebbe lasciata scappare la vita tra le dita.

Gwyn spiava di sottecchi il giovane lupo sperando che non si accorgesse delle occhiate furtive che gli lanciava. Era un ragazzo alto, molto più alto di lei e forse anche di Cato, i suoi occhi erano chiari e trasmettevano rispettabilità e intelligenza, il fisico era prestante e rifletteva splendidamente la forza che animava quel lupo di duecentosedici lune.
Il giovane si alzò dal divano su cui era disteso e si avvicinò alla libreria scrutando con sospetto la ragazza che gli stava davanti. Le sue lunghe dita accarezzarono distrattamente le coste variopinte dei libri tamburellando con insistenza su un volume dalla copertina blu cobalto.
- Ti piace leggere?- il ragazzo si rivolse alla giovane senza tuttavia voltarsi.
- Sì.-
Era vero: sulla scrivania di Gwyn stazionavano perennemente libri diversi che la ragazza riusciva a raccattare nei modi più disparati e, a volte, sfiorando l’illegalità.
- A me per niente- il giovane tornò al divano guardando con disinteresse e noia gli scaffali di legno nero e i volumi – e detesto questa libreria.-
Gwyn trovava invece che fosse meravigliosa: l’aveva notata subito al suo ingresso e in quel momento aveva deciso che, quando avrebbe avuto una casa propria, avrebbe avuto una libreria come quella in cui custodire tutti i suoi preziosi libri.
- Perché?- lo sguardo della ragazza si spostò un paio di volte dal divano al mobile – Io trovo che sia bellissima.-
Il giovane lupo si protese in avanti mettendosi in ascolto della messaggera. Una strana sensazione stuzzicava i suoi sensi suggerendogli di poter parlare liberamente con quella ragazza dallo sguardo vivace.
- I miei genitori non leggono, così come i miei due fratelli; ma avere librerie ben fornite è di tendenza per cui, per non essere da meno, la mia famiglia ha letteralmente dato la caccia a questi libri solo per fregiarsene con amici e ospiti occasionali. Se c’è una cosa che non proprio non sopporto e fare sfoggio di una cultura che non si possiede, mi sembra ipocrita e totalmente sbagliato.-
Il giovane alzò lo sguardo verso la messaggera e i suoi occhi incrociarono quelli castani della ragazza che, a dispetto di quello che le era stato insegnato, sostenne quello sguardo.
- Non abbassi gli occhi?-
- Dovrei?-
Il ragazzo si sistemò sul divano guardando sempre più interessato la giovane.
- Le volpi dovrebbero abbassare lo sguardo al cospetto di un lupo, non te lo hanno insegnato?-
- Dovevo essere assente a quella lezione.-
Il lupo rise di gusto divertito dall’arguzia della ragazza. Stava per riprendere parola quando una lince fece irruzione in soggiorno interrompendo la conversazione.
- Cosa sta succedendo qui?- la donna passò velocemente al vaglio la stanza soffermandosi sul ragazzo e sulla messaggera immobile nell’ingresso.
- Signorino, la signora Penger la sta aspettando.- la lince guardò con altezzosità il giovane esortandolo con lo sguardo a raggiungere la madre – Quanto a te, non sei stata assunta per fare da soprammobile.-
La donna si avvicinò a passi svelti a Gwyn e la squadrò sommariamente girandole intorno.
Perché tutte le famiglie degli alpha avevano una lince impettita e arrogante al proprio servizio? Gwyn cercò di non farsi distrarre da quel pensiero e prestò la massima attenzione alle disposizioni della donna.
- Questa notte il signorino Gary parteciperà alla sua prima caccia e i signori Penger vogliono essere certi che alle sue conquiste venga dato il risalto che meritano.-
La lince finì di riempire una lista e la porse a Gwyn che, a differenza di quando aveva incrociato gli occhi con Gary, abbassò prontamente lo sguardo.
- Chissà,- la lince girò ancora una volta attorno alla ragazza come a volerne valutare la forza e la velocità – magari il signorino potrebbe aprire la sua lunga serie di conquiste con il tuo sangue.- Gwyn alzò di scatto lo sguardo fulminando la donna che le stava accanto incurante delle conseguenze del suo gesto.
- Se questa notte la mia strada dovesse intrecciarsi con quella del signorino, potete stare certa che non gli cederei la pelle tanto facilmente.-
- Creatura ottusa. È il giorno della morte che da senso alla vita e, se il signorino Cedric dovesse mettere fine alla tua scialba esistenza, per te sarebbe solo un onore.-
Gwyn non distolse lo sguardo e serrò i pugni cercando di mandare giù il nodo di rabbia e risentimento che le serrava la gola. La bestia che albergava nel suo stomaco ringhiava furiosa e Gwyn era sicura che, appoggiando una mano sul ventre, avrebbe sentito la creatura agitarsi furibonda.

Bande di ragazzi cominciavano a fare capannello ai bordi delle strade e nei parchi. I loro sguardi erano eccitati e osservavano famelici le volpi che a quell’ora si affrettavano a raggiungere le loro dimore.
Gwyn percorse velocemente la via principale cercando un gruppo di volpi a cui accodarsi per non rimanere isolata, di tanto in tanto la strada la portava a poca distanza da alcuni lupi che, al suo passaggio, sollevavano commenti poco lusinghieri. Gwyn cercava inutilmente di ignorarli e di farsi scivolare addosso le loro parole, ma queste avevano come unico effetto quello di stuzzicare la sua già precaria pazienza.
A passi svelti la ragazza raggiunse il confine di Lycan e a capo chino scese lungo le strade di Rodrev senza prestare particolare attenzione al via vai che animava il quartiere.
Quando fu circa a metà strada la giovane si fermò ad annusare l’aria e la brezza della sera le portò odori e profumi conosciuti e nuovi. Automaticamente si mise a seguire la traccia lasciata da Kay certa che, come ogni sera, l’avrebbe portata a pochi metri di distanza dal suo portone, ma quella sera qualcosa aveva scombussolato i piani della giovane volpe che, ancora molto lontana da casa, aveva voltato bruscamente lasciandosi la strada principale alle spalle per imboscarsi nel dedalo di vicoli e salite che attraversava Rodrev. Gwyn rifece un paio di volte il percorso per assicurarsi che il suo naso non la stesse ingannando, ma entrambe le volte la traccia lasciata da Kay segnava un percorso diverso da quello abituale.
Preoccupata Gwyn si guardò intorno cercando disperatamente qualcuno a cui chiedere notizie dell’amica, ma le strade erano già deserte e, malgrado non fosse ancora buio pesto, le tapparelle e le persiane delle case erano già state chiuse, come se i suoi abitanti volessero chiudere fuori la morte e il dolore.
Gwyn guardò sconsolata verso casa: far preoccupare Pilar era l’ultimo dei suoi desideri, ma sapeva bene che se fosse tornata a casa il padrino non le avrebbe mai permesso di uscire. La ragazza si attardò ancora un minuto per poi voltare nella direzione presa da Kay.

Come era potuto succedere? Come aveva potuto cadere così facilmente nella loro trappola?
Kay continuò a correre, troppo spaventata per pensare o anche solo per voltarsi verso i suoi inseguitori. L’avevano puntata appena fuori le mura di Lycan e, silenziosi e indisturbati, l’avevano seguita sbarrandole tutte le vie che conducevano a casa. Inutile era stato gridare: gli abitanti di Rodrev erano ormai abituati a quel rito di sangue e, se la morte non aveva bussato alla loro porta, non vedevano ragioni per cui andarla a cercare. La ragazza aveva anche chiamato il nome di Cato più e più volte, ma il fratello era troppo lontano e il suo era rimasto un grido senza risposta.
In preda al panico e divorata dalla paura Kay continuò a correre addentrandosi sempre di più nella rete di vicoli che costituiva la parte bassa di Rodrev. Il cuore le batteva frenetico nel petto e i suoi occhi saettavano da un lato all’altro della strada alla ricerca di un pertugio in cui infilarsi per sfuggire al branco di lupi.
Poteva sentirli distintamente mentre la incalzavano con versi orribili e parole ancor più volgari.
La ragazza voltò un paio di volte a destra e si arrampicò lungo una scaletta che, sfortunatamente, la incastrò tra un muro impossibile da scavalcare, una rete e una parete di legno.
Spaventata la ragazza si appiattì contro il muro voltandosi per la prima volta a fronteggiare i propri inseguitori che, frattanto, avevano mutato il loro aspetto assumendo quello da lupo.
Anche Kay si trasformò sperando di poter sfruttare tutti i suoi sensi da volpe e la sua velocità, ma uno dei lupi scattò in avanti e serrò le fauci intorno alla colonna vertebrale della bestiola.
Kay guaì e cominciò a divincolarsi nel tentativo di liberarsi da quella presa. Stanco di quel gioco il giovane lupo la lanciò a terra e, seguito dai suoi compagni, cominciò a tormentare la piccola volpe facendo scattare le sue lunghe zanne a poca distanza dalla coda o dalle orecchie della creatura.
Quel gioco durò per diversi minuti finché un ringhio minaccioso non scosse l’aria costringendo i lupi a voltarsi: una lupa dal pelo dorato li osservava con aria di sfida scoprendo pericolosamente le lunghe ed affilate zanne, i suoi occhi erano ardenti di rabbia e le orecchie abbassate, appiattite contro il capo, non facevano presagire nulla di buono.
La lupa avanzò guardinga verso il gruppo e sfilò in mezzo a loro portandosi tra i lupi e la volpe che osservava atterrita la scena.
- Andatevene.- il pensiero di Gwyn raggiunse limpido le menti dei lupi che si guardarono disorientati.
- Fatti da parte, quella è la nostra preda.-
Uno di loro, quello che aveva azzannato Kay, si fece avanti cercando di imporsi sul proprio simile.
Gwyn arretrò appena senza tuttavia abbassare lo sguardo e fece schioccare le mascelle accompagnando il tutto con un ringhio profondo e sonoro.
Il capobranco avanzò ancora spingendo sempre di più Gwyn verso la rete, lontana da Kay che, impietrita e dolorante, non trovava nemmeno la forza per muoversi.
Messa con le spalle al muro la lupa scattò in avanti e serrò le zanne attorno alle spalle al lupo che guaì di dolore cominciando a dimenarsi nel tentativo di liberarsi.
A quella vista gli altri lupi accorsero in aiuto del compagno cominciando un combattimento violento, quanto imparziale, con la giovane lupa che si difendeva alla meglio.
Ogni volta che Gwyn riusciva a liberarsi dai denti di un lupo, altri due le saltavano addosso schiacciandola nuovamente al suolo. Alla fine uno di loro la addentò alla collottola e tenendo ben salda la presa la costrinse a terra.
La lupa sentì gli artigli dei lupi premere contro il suo addome e le loro zampe pesanti calpestarle la coda e il posteriore, inutilmente provò a liberarsi, ma il lupo assicurò ancora di più i suoi denti intorno alla nuca della bestia strappandole un lamento.
Un altro guaito risuonò nel vicolo e, voltandosi, Gwyn vide il capo branco stringere le sue fauci intorno alla gola di Kay.
In preda alla collera la lupa si liberò del suo assalitore e con uno scatto fu addosso al lupo che lasciò immediatamente andare la presa sulla volpe.
Gwyn azzannò con precisione la carne della bestia serrando le zanne intorno al collo e cominciando a mordere fino a sentire il sangue sulle labbra e il palato.
Inebriata da quel sapore metallico affondò ancora di più cominciando ad avvertire la resistenza del lupo farsi sempre più debole fino a scomparire.
La lupa mollò la presa e il cadavere dell’animale cadde ai suoi piedi riverso nel suo stesso sangue. Dopo un momento di sconcerto gli altri lupi si riorganizzarono e tornarono all’attacco ancora più agguerriti finché, a furia di morsi e graffi, non ridussero anche la lupa in fin di vita che, stremata, perse i sensi.

Quando Gwyn aprì gli occhi una fitta le salì da una ferita alla spalla ancora sanguinante. Lentamente la giovane cercò di sedersi e di mettere a fuoco il vicolo in cui si trovava che, ancora intontita dalle botte e dal dolore, le appariva come una tavolozza indistinta di grigi.
Gradualmente il mondo smise di vorticare intorno a lei stabilizzandosi in un’immagine ferma e dai contorni ben definiti.
Ancora frastornata la ragazza guardò con orrore le mani impiastricciate di sangue, un odore pungente e metallico attirò la sua attenzione e voltandosi verso il fondo del vicolo la giovane vide, riversi in due pozze di sangue, il cadavere di un lupo e, poco più in là, il corpo senza vita di Kay.
Un urlo straziante echeggiò nel vicolo.
Gwyn scattò in piedi e corse verso l’amica, ma, debole com’era, cadde nuovamente a terra e si trovò a strisciare verso il corpo della ragazza. Quando vi fu accanto cercò inutilmente di rianimarla chiamando il suo nome e prendendola per le spalle, ma invano: le fauci del lupo avevano aperto la gola della piccola volpe che era morta dissanguata.
Gwyn sentì lo stomaco contorcersi e, prima che potesse accorgersene, un conato le salì lungo la gola costringendola a gattoni, scossa dagli sforzi e dal vomito.
Tremante e sconvolta dal dolore e dal pianto Gwyn si accoccolò accanto all’amica e cominciò lentamente ad accarezzarle i capelli fulvi mentre le lacrime le rigavano il volto.

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Capitolo 7
*** Ferite ***


7. FERITE

-Che cosa è successo?-
Pilar si fece da parte e guidò Trevor verso il divano del salotto invitandolo a stendervi sopra il corpo di Gwyn, dietro al ragazzo arrivò subito il gemello seguito a ruota da Gad che chiudeva quella curiosa processione guardandosi intorno circospetto.
- Kay non è tornata a casa la scorsa notte.- Trevor si abbandonò sfinito su una sedia – Cato ci ha chiesto di andare con lui a cercarla.-
Trevor esitò nel suo racconto cercando di deglutire il nodo di lacrime che gli serrava la gola.
- L’avete trovata?- Pilar distolse per un momento gli occhi dalle ferite della figlioccia e si voltò preoccupato verso il ragazzo – Avete trovato Kay?-
Trevor guardò i suoi due compagni aspettando la loro approvazione per procedere.
- Sì, ma era troppo tardi.- Trevor abbassò lo sguardo sulla ragazza distesa sul divano – I lupi hanno attaccato Kay e pensiamo che Gwyn abbia provato a difenderla e nel tentativo ha ucciso uno di loro.-
Pilar sbiancò in volto e guardò preoccupato la giovane passandosi una mano tra i radi capelli.
- Cosa ha fatto!?- l’uomo guardò incredulo i tre ragazzi per poi tornare con lo sguardo alla ragazza – Ditemi che nessuno l’ha vista con le sue sembianze umane.-
- Fa qualche differenza?- Tyson si protese in avanti stiracchiandosi appena gli arti indolenziti.
- Fa un enorme differenza- Pilar scoccò uno sguardo serio al ragazzo che scattò nuovamente a sedere composto - Se conoscono il suo viso verranno a cercarla qui: a Rodrev, metteranno a soqquadro tutta la città pur di trovare il colpevole e punirlo. Mentre, se hanno visto solo la lupa, probabilmente i controllori tratteranno la cosa come un delitto d’onore o una contesa e archivieranno subito il caso.-
- Che cosa significa ‘delitto d’onore’?- Trevor si alzò e si avvicinò alla finestra scrutando le strade alla ricerca di Cato.-
- Quando due lupi si contendono una preda.- Gad si spostò al centro della stanza lanciando una rapida occhiata a Gwyn – In questo caso non vi sono colpevoli perché si tratta di un combattimento leale e, il perdente, dimostra di non avere le doti per divenire un alpha.-
Dei passi frettolosi e pesanti rimbombarono nella tromba delle scale e poco dopo Cato si fiondò nel piccolo appartamento evitando per un soffio di inciampare in una sedia. Il suo volto era pallido e i capelli chiari gli ricadevano disordinatamente sul volto visibilmente stravolto dal pianto, dal sonno e dalle corse lungo i viali di Rodrev.
Pilar gli andò in contro e lo fece sedere su una sedia facendogli le condoglianze per la perdita di Kay, parole a cui il ragazzo rispose con un frettoloso cenno del capo.
- La città piange.- Cato si passò la manica della felpa sul volto detergendosi dal sudore e dalle lacrime che lo bagnavano – Un coro di ululati e lamenti si alza dai palazzi di Lycan. Chiunque sia il lupo che Gwyn ha ucciso, doveva essere il figlio di un alpha molto potente.-
- Il corpo del lupo è ancora nel vicolo?-
- No, qualcuno deve averlo riportato in città per l’autopsia.-
I presenti tirarono per un attimo un sospiro di sollievo, anche quel plenilunio era passato e, per un altro mese, non avrebbero avuto niente da temere dagli abitanti di Lycan.
- Tua madre come sta?- Trevor si avvicinò a Cato e gli appoggiò una mano sulla spalla.
- È distrutta dal dolore così come mio padre. Non riescono a credere che non rivedranno più la loro bambina.-
- E tu?-
Cato alzò lo sguardo e fissò i suoi occhi orgogliosi e feriti in quelli dell’amico.
- Io voglio solo fare giustizia, pagheranno molto caro quello che hanno fatto.-
- Se mediti vendetta, ti consiglio di preparare i tuoi genitori a perdere anche il loro primogenito.- Pilar si avvicinò al ragazzo e lo guardò serio – Vendicare tua sorella non la riporterà in vita né le donerà un riposo più sereno.-
Cato aprì la bocca per controbattere, ma un lamento alzatosi dal divano lo mise a tacere.
- Mi dispiace.- Gwyn si era svegliata e i suoi occhi ricolmi di lacrime guardavano inespressivi il soffitto bianco – Mi dispiace, non sono riuscita a difenderla.-
Pilar e i ragazzi le si avvicinarono guardandola apprensivi.
- Va tutto bene. Tu hai fatto del tuo meglio, non essere troppo dura con te stessa.-
Pilar si inginocchiò accanto al divanetto e cominciò ad accarezzare la mano della ragazza con fare rassicurante.
- Del suo meglio?- Cato girò intorno al sofà portandosi di fronte a Gwyn – Mia sorella è morta perché lei non ha saputo difenderla a dovere!-
- Cato, ora basta.- Gad si voltò a fronteggiare l’amico che era diventato un fiume di parole e di collera.
- No! Questo è solo l’inizio!- il giovane tornò a fissare con odio la ragazza sputandole addosso tutto il suo dolore e la sua frustrazione – Mia sorella si fidava di te! Ti avrebbe affidato la vita e tu l’hai tradita!-
- Non è stato così.- Gwyn provò a mettersi seduta, ma gli arti non le risposero costringendola a rimanere sdraiata – Io ci ho provato, lo giuro, ma quei lupi erano troppi e troppo forti per me.-
- Balle!- Cato sbatté violentemente un piede a terra deciso a non voler ascoltare un’altra parola – Sai cosa penso? Penso che sia stata tu ad uccidere Kay.-
- Ora stai esagerando! Vattene!- Gad appoggiò pesantemente una mano sulla spalla del ragazzo, ma questo rimase immobile voltandosi verso gli altri.
- È una di loro! Anche se ha il nostro odore e ha vissuto con noi tutto questo tempo rimane pur sempre una lupa. Il suo popolo uccide quelli come noi da generazioni, cosa vi fa pensare che lei sia diversa?-
- Come osi?- anche Pilar si alzò cercando di rimettere al proprio posto il giovane – Gwyn ha rischiato la vita nel tentativo di salvare Kay. Come osi darle dell’assassina dopo quello che ha fatto?-
- Io espongo solamente i dubbi che tutti ci portiamo dentro, ma che nessuno vuole esporre per paura. Io non ho paura, sono stanco di averne.-
Così dicendo si allontanò a grandi passi in direzione della porta.
- Si può sapere dove stai andando?- Gad fece per seguirlo ma si fermò accanto al divano senza procedere oltre.
- Dal Consiglio, a fare una cosa che avrei dovuto fare tanto tempo fa. Questa situazione non è più sostenibile ed è giunto il momento di mettere la parola ‘fine’ a tutto questo.-
Così dicendo sparì nuovamente in strada lasciando Pilar, Gwyn e i ragazzi a guardarsi spaesati.
- Devo seguirlo, forse riuscirò a farlo ragionare.-
Gad si gettò all’inseguimento di Cato seguito a ruota dai gemelli.
- Tu resta qui e riposa.- Pilar sistemò dietro al capo della ragazza un cuscino e le stese addosso una coperta – Vado a cercare qualcuno che possa medicarti quelle ferite. Tornerò subito.-
Gwyn annuì con un flebile cenno del capo e tornò a fissare il soffitto sopra di sé. Le lacrime le premevano contro le palpebre annebbiandole la vista e il suo corpo era continuamente attraversato dai brividi della febbre e dagli spasimi del pianto. Kay, i lupi, il Consiglio, …; stava avvenendo tutto così precipitosamente. Nel giro di una notte aveva perso la sua migliore amica e i suoi amici ed ora all’orizzonte si delineava un processo per un crimine che non aveva commesso. Gwyn si passò una mano sulla fronte e si asciugò le lacrime cercando di trovare la forza per dormire, ma, ogni volta che chiudeva gli occhi, nella mente vedeva il lupo sgozzare Kay e il sangue dell’amica travolgerla come un’onda. Alla fine anche i suoi pensieri dovettero arrendersi e, senza nemmeno accorgersene, la ragazza scivolò in un sonno pesante e senza sogni.

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Capitolo 8
*** Sii giusto e non temere ***


8. SII GIUSTO E NON TEMERE

Una bambina guardava gli uomini che la circondavano e la osservavano dagli spalti di quella corte fatiscente. Malgrado avesse poco più di quarantotto lune, e fosse ancora un cucciolo, capiva molto bene che quegli sconosciuti parlavano di lei imputandole crimini orribili.
Uno di loro le si avvicinò minaccioso e cominciò a strattonarla per l’esile braccio con forza. La piccola chiamò disperata la madre ma, poiché nessuno accorreva in suo aiuto, si trasformò in un lampo in un cucciolo di lupo dalla pelliccia dorata e fulminea affondò le piccole e candide zanne nel braccio dell’uomo liberandosi dalla sua presa.
Tenendosi l’arto ferito l’uomo continuò la sua arringa spendendo fiumi di parole sul fatto che un lupo rimane pur sempre un lupo e che, presto o tardi, quella palla di pelo dorata sarebbe diventata una minaccia per la loro comunità.
Alcune volpi si avvicinarono al cucciolo ringhiando e mostrandogli le zanne ingiallite pronte, ad un segno del loro capo, a mettere in pratica la giustizia di Rodrev.
Un uomo si frappose tra la piccola e i suoi compagni dichiarandosi indignato per il modo in cui il Consiglio stava trattando la figlia di Wen e Lisedore.
La bambina, che intanto era corsa a rintanarsi in un angolo dell’arena, guardava intimorita l’uomo che aveva preso le sue difese e, quando i suoi occhi castani incontrarono quelli azzurri della volpe, una sensazione di benessere le pervase lo stomaco rabbonendo per un momento la bestia che le ruggiva dentro.

Gwyn aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu lo sguardo chiaro e preoccupato di Pilar. L’uomo le sedeva accanto ed era ben chiaro che per tutto il tempo aveva vegliato su di lei e sulle sue condizioni di salute.
- Quanto ho dormito?- Gwyn si mise a sedere e questa volta gli arti obbedirono al suo comando.
- Venti ore, più o meno.-
Pilar appariva distrutto non solo dalla notte insonne da cui era reduce, ma anche da qualcosa di più grave: un tarlo che lo stava lentamente logorando.
Gwyn si passò una mano sulla spalla sfiorando le garze e le medicazioni che qualcuno le aveva messo sopra le ferite.
- Cato?- lentamente i ricordi cominciavano a farsi largo nella mente non più annebbiata della giovane – So che è stato qui, ricordo la sua voce, ma non saprei dire se si trattasse o meno di un sogno.-
- Non era un sogno, Cato e i tuoi amici sono stati qui.- l’uomo abbassò lo sguardo verso il pezzo si carta che teneva tra le mani e riprese a tormentarlo nervoso – Ci sono brutte notizie.-
L’uomo porse alla ragazza una busta giallognola accompagnando il gesto con un lungo sospiro.
- Il Consiglio ti vuole vedere.-
Gwyn alzò allarmata lo sguardo e la lettera tra le sue mani cominciò a tremare vistosamente.
- Per Kay? Pilar, non sono stata io, come avrei potuto anche solo pensare di farle del male?-
La ragazza ricominciò a piangere cercando in tutti i modi di tamponare le lacrime.
- Questo lo so, ma dovrai convincere anche il Consiglio della tua innocenza.-
- E se non ci riuscissi?- Gwyn tirò su col naso e guardò preoccupata e avvilita il padrino – Che cosa succederebbe?-
- Non lo so.- Pilar si passò una mano sulla fronte e si inumidì appena le labbra secche – E non voglio nemmeno saperlo.-

Con movimenti lenti e impacciati Gwyn si tolse l’uniforme da messaggera strappata e sporca di sangue e scivolò dentro un abito verde scuro lungo fino al ginocchio e dalle maniche lunghe. Con cautela si fece passare una fascia intorno al collo e vi legò il braccio ferito.
Zoppicando appena uscì dalla stanza e si diresse al portone dove la stava aspettando Pilar.
- Era di mia moglie.- l’uomo porse alla ragazza un medaglione – Era il suo portafortuna.-
Pilar lo infilò al collo della ragazza e glielo sistemò sul petto in modo che si vedesse la pietra nera posta al centro del pendaglio.
Gwyn prese tra le mani l’oggetto e accarezzò l’incisione che circondava il medaglione nel tentativo di decifrare quei segni.
- Che cosa c’è scritto?-
- Questa è la lingua della foresta- Pilar sorrise e accarezzò i caratteri guardandoli con orgoglio – Non so come si pronunci, ma il significato è ‘sii giusto e non temere’.-

In piedi in mezzo alla corte Gwyn guardava i capi del Consiglio in attesa che il processo cominciasse. Le sue dita stringevano nervose il medaglione rigirandolo tra le mani senza posa.
La ragazza alzò lo sguardo verso le gradinate e i suoi occhi cercarono quelli di Pilar e dei suoi compagni: c’erano tutti, tutti tranne Gad. Una fitta le attraversò lo stomaco costringendola a portarsi la sola mano libera al ventre. Cato era distante da Trevor e Tyson e i suoi occhi chiari cercavano di evitare quelli di Gwyn, i due gemelli parlottavano tra loro mentre Pilar si era seduto dietro un membro del Consiglio e discorreva con lui scambiando battute e sorrisi.
Un uomo dai lunghi capelli neri e mossi si fece spazio fino al seggio centrale e, al suo ingresso, sull’assemblea cadde un religioso silenzio.
La sua figura slanciata e magra svettava tra quelle meno longilinee degli altri consiglieri e il suo volto pallido e lungo suggeriva severità e giudizio in egual misura. Sebbene non avesse ancora raggiunto le seicentosessanta lune era ritenuto il più saggio tra le volpi di Rodrev, dato che veniva confermato dalla mezzaluna dorata che portava al collo. A dirla tutta la fama di Asa Brown si estendeva ben oltre i confini di Rodrev e si vociferava che persino alcuni alpha si rivolgessero a lui per districare questioni particolarmente complicate.
Quando Asa ebbe raggiunto il suo posto i presenti si sedettero sugli spalti ad eccezione di Gwyn che rimase in piedi nell’arena ben visibile a tutti.
- Gwyn Cora-
Gwyn si irrigidì e abbassò lo sguardo nel tentativo di sfuggire agli occhi color dell’ambra dell’uomo.
- Sei stata chiamata a difenderti dalle accuse di omicidio mosse da Cato Vigil.-
La ragazza alzò istintivamente gli occhi verso l’amico che evitò tuttavia di guardarla.
- Secondo quanto mi è stato riferito, durante l’ultima notte di luna piena hai affrontato un branco di lupi nel tentativo di salvare la defunta Kay Vigil, tuttavia le circostanze e le cause della morte della signorina Vigil rimangono sospette. Potrebbe per favore raccontare alla corte come sono andati i fatti?-
Gwyn trasse un sospiro e raccontò quello che era successo per filo e per segno: disse loro dei lupi, della lotta e di come, dopo aver ucciso il loro capobranco, avesse perso conoscenza.
- Kay è morta perché un lupo la ha azzannata alla gola.-
- I tuoi abiti erano sporchi del sangue di mia sorella!- Cato saltò in piedi e indicò furioso la ragazza – Cercate la sua uniforme da messaggera, la troverete imbrattata di sangue.-
- Gwyn ha perso parecchio sangue a causa delle ferite, come puoi affermare senza ombra di dubbio che si tratti del sangue di tua sorella?- Pilar si era sporto dal suo posto e guardava con aria di sfida il ragazzo.
- Naso.- il giovane si toccò la punta del naso - Riconoscerei l’odore di mia sorella tra mille.-
- Ora basta.- Asa si voltò verso le due volpi mettendo fine alla discussione con un’unica occhiata – Se volete continuare a battibeccare provvederò a farvi scortare alla ludoteca dei cuccioli.-
L’uomo tornò a fissare la ragazza cercando di fare ordine nella sua mente. Il caso di Gwyn era famoso e ricordava bene quando, ancora giovane, aveva sentito raccontare la storia di quella ragazza: una lupa cresciuta tra le volpi; una cosa mai sentita prima d’ora. Quella figlia non voluta dai lupi e cacciata dalle linci aveva trovato una casa tra le volpi e, se queste l’avessero bandita, per lei sarebbe stata la fine.
- Gwyn, la situazione è grave e molto, molto seria.- l’uomo si protese in avanti – Mi hai detto tutta la verità?-
- Sì.- Gwyn guardò preoccupata verso gli spalti – Kay era la mia migliore amica, non le avrei mai fatto del male.-
Asa si abbandonò sul suo seggio indeciso sul da farsi. In quei momenti rimpiangeva di non aver rifiutato la carica di Capo branco e sentiva la responsabilità gravargli sulle spalle come un macigno.
- Che sia il branco a decidere.- l’uomo si alzò in piedi – Io ho le mani legate.-
- Non è stata lei! Non potete lasciare che siano i nostri fratelli a decidere!- Pilar scattò in piedi.
– Lord Morah,- Asa si voltò verso la volpe squadrandolo serioso - voi siete stato un membro del Consiglio e sapete quanto me che, quando non ci sono prove, deve essere il popolo a decidere.-
Asa si voltò verso l’assemblea e riassunse, per i più distratti, il caso che dovevano esaminare e i metodi di votazione.
Gwyn trattenne il fiato per tutti i dieci minuti che seguirono e non riprese a respirare nemmeno dopo il verdetto dell’assemblea, per quanto si chiedesse alle volpi di prendere una decisione queste non riuscivano a decidersi creando una situazione di stallo.
Stanco di quel tira e molla Asa dichiarò chiuse le votazioni e si ritirò alcuni minuti con gli altri membri del consiglio per emanare la sentenza.
Gwyn andò ad appoggiarsi alla parete dell’arena e scivolò a terra prendendosi la testa tra le mani e, portatasi le ginocchia al petto, rimase li accovacciata in attesa del verdetto.
- Come stai?-
Gwyn alzò gli occhi al sentire quella voce e il suo sguardo incrociò quello di Gad che la osservava apprensivo.
- Bene.- la ragazza si stropicciò gli occhi umidi per la troppa luce e la polvere – Oserei dire che non sono mai stata meglio.-
- La spalla?-
- Da un po’ di noie, ma niente di insopportabile.-
Gad si voltò verso la tribuna e i suoi occhi incontrarono subito quelli di Cato che lo guardò con stupore, sorpreso quanto Gwyn di vedere l’amico in quel luogo.
- Vedrai che andrà tutto bene. Asa sembrava convinto della tua innocenza.-
- Hai assistito al processo?- Gwyn sgranò gli occhi incredula – Non ti avevo visto sugli spalti, ti ho cercato ma non sono riuscita a trovarti.-
- Mi hai cercato, eh?- Gad sorrise malizioso – E comunque il fatto che tu non possa vedermi non vuol dire che io non ci sia.-
- Avevo bisogno di vedere facce amiche, non farti strane idee.- la ragazza diede un buffetto amichevole al giovane e tornò a fissare il seggio di Asa – Davvero pensi che andrà tutto bene?-
Anche Gad si voltò verso gli spalti sospirando come a voler trovare la sicurezza che stava solo fingendo di avere.
- Voglio credere che sia così. Che le cose andranno per il meglio e che tutto tornerà come prima.-
Il brusio che animava la tribuna si interruppe bruscamente quando Asa e i consiglieri tornarono al loro posto.
- Devo andare.- Gad si voltò verso Gwyn e la baciò frettoloso sulla fronte – Sii forte.-

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Capitolo 9
*** Pena ***


9. PENA

Pilar spinse la porta con la schiena e appoggiò sul tavolo alcune confezioni di carne in scatola e altri alimenti. Seduta al tavolo Gwyn osservava la scena tormentandosi una ciocca di capelli. Per un anno avrebbe dovuto vivere come una cittadina di serie B, il che significava niente aiuti, niente razioni e nessuno di quei piccoli quanto essenziali privilegi che, quando se l’era vista veramente brutta, avevano impedito a lei e Pilar di finire in mezzo alla strada.
L’uomo finì di sistemare le provviste nei ripiani della cucina e raggiunse la ragazza al tavolo allungandole una tazza di tè.
- Ho parlato con Asa.- l’uomo cominciò a mescolare la bevanda – Mi ha assicurato che farà di tutto per farti avere la razione di questo e del prossimo mese.-
- La revoca dei diritti ha effetto immediato.- Gwyn si portò la tazza alle labbra e guardò fuori della finestra con crescente preoccupazione – Da adesso dovremo faticare il doppio per portare a casa meno del solito.-
- Asa ha detto che ci fornirà cibo fino a quando non ti sarai ripresa dalle ferite e non avrai ripreso a lavorare.- Pilar fece l’occhiolino alla ragazza – Il che significa che dovremo sopravvivere contando sulle nostre sole forze soltanto per dieci mesi.-
L’uomo allungò la mano e afferrò quella della ragazza stringendola con decisione.
- Non ti preoccupare, troveremo un modo e tutto si risolverà.-

- Ti aspettavo.- Lunz accolse Gwyn con la sua consueta imperturbabilità – Due settimane senza la mia miglior messaggera, ci domandavamo dove fossi finita.-
L’uomo accantonò per un istante le banconote che stava contando e alzò gli occhi verso la ragazza indicandogli la sedia davanti alla sua scrivania.
- Pensavo che mio padre l’avesse avvertita.- Gwyn prese posto guardando guardinga l’uomo.
- Mi ha detto che hai avuto un brutto incidente, ma non mi ha detto niente di più e, come se questo non fosse un segreto abbastanza intrigante, scopro che ti sono stati revocati di diritti di cittadina di Rodrev per un anno.- l’uomo si appoggiò sulla seggiola che gemette sotto il suo peso – Mi devi raccontare qualcosa?-
Gwyn scosse con convinzione la testa cercando in tutti i modi di evitare lo sguardo di Lunz.
- Uno dei figli degli alpha è rimasto ucciso durante l’ultima luna piena.- l’uomo prese fuori un giornale e lo fece scivolare verso la ragazza – Cedric Penger è stato trovato morto in un vicolo di Rodrev. Gli amici che erano con lui hanno detto di essersi imbattuti in un lupo dalla pelliccia dorata che, e questo è davvero curioso, sembrava intenzionato a difendere la volpe che stavano cacciando.-
Gwyn sentì la bocca inaridirsi e il fiato mancarle. Cedric: il lupo dallo sguardo intelligente era morto e ad ucciderlo era stata proprio lei. Lentamente nella mente della giovane un secondo pensiero cominciò a farsi silenziosamente largo: l’avevano scoperta, sapevano che era stata lei e adesso le avrebbero dato la caccia, l’avrebbero presa e uccisa.
Cercando di sfoderare una tranquillità e una sicurezza che non aveva Gwyn rese il giornale all’uomo cercando di ridarsi un contegno.
- Potrebbe essere stato un lupo dall’esterno. Non sarebbe la prima volta che un estraneo viene a cacciare nei vostri territori.-
- I controllori non la pensano così.- Lunz prese il giornale e porse alla giovane un foglietto con l’indirizzo del cliente – Ad ogni modo tieni gli occhi aperti: non vorrei che ti capitasse qualcosa.-

Per tutto il giorno Gwyn si sentì agitata e i suoi occhi seguivano guardinghi ogni movimento sospetto. All’ora di pranzo si diresse verso il parco in cui era solita mangiare con Gad, ma quando fu arrivata al loro angolo non trovò nessuno e si sedette da sola all’ombra del loro albero. Sconsolata addentò il misero panino guardando abbattuta il posto solitamente occupato dall’amico. In quel momento niente l’avrebbe tirata su come parlare con il ragazzo, sentire la sua voce e i suoi consigli. Avendolo lì avrebbe potuto parlargli delle sue ansie, della paura che la divorava al pensiero che forse i controllori erano sulle sue tracce e che, molto presto, l’avrebbero presa e giustiziata come era successo a quelle volpi che avevano tentato di lasciare la città. A quel pensiero un brivido le percorse la schiena e il boccone che stava ingoiando le andò di traverso.
Sovrappensiero guardò l’orario sul display del messaggiatore, aveva ancora un’ora di tempo per cui decise di andare al capanno dove Gad custodiva il pickup nella speranza di incontrarlo.

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Capitolo 10
*** La bestia dentro ***


10. LA BESTIA DENTRO

Una sensazione strana pervadeva il suo corpo mentre correva incontro alla luna calante zigzagando tra gli alberi. Gwyn accelerò ancora chiedendo al suo cuore di lupo tutta la forza che poteva darle, di solito quello strano malessere svaniva una volta trasformata in lupa, ma, per qualche strana ragione, quella notte sembrava che la bestia che sentiva ringhiare dentro di sé non volesse tacere.
Esausta la lupa si fermò in cima al punto più alto della foresta e da lì scruto il mare nero di fronde che si estendeva davanti a lei.
Erano passati già tre mesi dal giorno del processo e da allora vivere era diventata un’impresa in cui, con grande dispiacere di Gwyn, era stata lasciata sola, abbandonata da quei pochi amici che aveva e con cui aveva condiviso lune di ricordi e avventure.
La fame tornò a morderle lo stomaco infastidendo ulteriormente la creatura che vi albergava e che digrignò i denti irritata.
Gwyn riprese la sua corsa, decisa ad attraversare tutta la foresta pur di mettere a tacere quella sensazione che, dalla morte di Kay, si era fatta più forte e duratura.
Rapida scese lungo il pendio e come un lampo dorato riprese il sentiero seguendo ora la traccia lasciata da un tasso, ora quella lasciata da una donnola. I pensieri le attraversavano la mente al ritmo del suo cuore e del respiro: Kay, Gad, Pilar, Cato e i ragazzi, il lavoro, i sospetti che la stavano incastrando in un cappio e la necessità sempre più pressante di trasformarsi il maggior numero di volte possibile.
Un odore diverso attirò l’attenzione della lupa che si fermò a fiutare l’aria tendendo le orecchie al più impercettibile dei rumori.
Anche la creatura che sentiva agitarsi in grembo sembrò per un istante placarsi e affinare i suoi sensi.
Un’ombra saettò davanti agli occhi di Gwyn che, seguendo l’istinto, si gettò al suo inseguimento ignorando gli altri pavidi abitanti della foresta.
La lepre correva diversi metri davanti a lei alla ricerca disperata di una tana in cui ripararsi, le sue lunghe zampe sembravano non toccare nemmeno il terreno e si muovevano rapide aumentando la distanza che la separava dalla lupa.
Accecata dalla fame e inebriata dall’idea del sapore del sangue Gwyn continuava ad incitare la bestiola tagliandole la strada e costringendola a brusche virate.
Impaurita la piccola lepre corse a nascondersi in un cespuglio di rovi sperando dissuadere la sua inseguitrice dal seguirla. Ma Gwyn, drogata di adrenalina e spinta dalla foga della caccia, non rallentò e la seguì tra le spine.
I rami irti cominciarono a graffiarle il muso, ma la lupa non cedette e con un balzo piombò addosso alla lepre serrandole le fauci intorno all'esile collo.
La bestiola si agitò invano finché, con un colpo secco, la sua cacciatrice non le spezzò il collo mettendo fine alla sua agonia.
Soddisfatta di quel bottino, per quanto magro, Gwyn strisciò fuori dal cespuglio e cominciò lentamente a divorare la sua preda leccandosi compiaciuta le zanne e le labbra umide del sangue della lepre.
Ogni volta che strappava un brandello di carne, o il sangue le scendeva dalla bocca alla gola, sentiva la bestia dentro di sé ringhiare sempre più sommessamente sostituendo i brontolii con versi di appagamento.
Ciondolante e con lo stomaco pieno la lupa continuò la sua camminata al chiaro di luna passeggiando beata tra gli alberi dai tronchi neri e contorti: una regina ammantata d’oro a spasso per la sua corte silenziosa e misteriosa.
Il richiamo di un gufo attirò la sua attenzione verso i rami e, tra le fronde intrecciate, Gwyn vide la volta celeste e la luna cappeggiare in quello stendardo trapunto di stelle.
I rumori della foresta cessarono per un momento e tutte le creature della notte si misero ad ascoltare il lamento che, come una preghiera, saliva dalla bocca della lupa sotto forma di un lungo e malinconico ululato.

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Capitolo 11
*** Uguali poiché diverse ***


11. UGUALI POICHÉ DIVERSE

- Dove sei stata?-
Gwyn finì di prepararsi la colazione ignorando volutamente il padrino.
- Ti ho fatto una domanda.-
La ragazza si voltò e i suoi occhi castani incontrarono quelli azzurri e imbronciati di Pilar che seguiva spazientito i suoi movimenti, quasi si aspettasse una qualche pazzia da parte della figlioccia.
- Sono stata nella foresta.-
- Tutta la notte?-
L'espressione dell'uomo era indecifrabile, una maschera di biasimo e sorpresa da cui non sapere bene cosa aspettarsi.
- Cominci a perdere l'odore da volpe, stai diventando sempre più selvatica, più simile a un lupo.-
Gwyn si sedette al tavolo cercando di ignorare gli sguardi di rimprovero che l'uomo le lanciava.
- Sto cercando di ripristinare la mia energia lunare. Ultimamente ero troppo debole e ogni cosa mi stancava.-
- E adesso come ti senti?-
Gwyn alzò finalmente gli occhi, delusa dal tono di velata accusa che Pilar stava usando con lei.
- Bene.- replicò laconica - Molto bene.-
- Avrei giurato che avresti detto 'potente'.-
Spazientita Gwyn allontanò da sé la tazza della colazione e rivolse tutta la sua attenzione all'uomo e alle sue osservazioni sibilline.
- Ho trovato degli abiti sporchi di sangue in camera tua.- il tono di Pilar si era fatto accusatorio - Non mi interessa sapere cosa fosse, da morta una lepre non é diversa da uno scoiattolo o da qualunque altro animale, voglio solo sapere il motivo per cui hai ucciso.-
- Ero affamata, se non avessi messo qualcosa sotto i denti sarei svenuta.- Gwyn abbassò lo sguardo desiderosa di finire al più presto quella conversazione di cui era già stanca - Solitamente correre un po' mi aiutava a mettere a tacere la fame e la bestia che ringhia nel mio stomaco, ma quella sera i soliti espedienti non sono stati sufficienti e solo la caccia mi ha calmata.-
Gwyn alzò nuovamente lo sguardo ignara dell'inquietudine che quelle parole avevano gettato nel cuore del padrino.
Senza dire una parola Pilar si era alzato e aveva cominciato a percorrere nervoso il breve spazio che divideva il divano dal tavolo della cucina.
- Pilar?- la ragazza osservò preoccupata l'andirivieni dell'uomo - Pilar, cosa succede?-
Il padrino interruppe per un momento la sua marcia e guardò sconvolto la giovane.
- Da quanto … .- l'angoscia gli aveva stretto un nodo intorno alla gola impedendogli di parlare con quella scioltezza che era da sempre stata il suo vanto - Da quanto senti quella specie di bestia? E dove?-
- Penso ci sia sempre stata, anche se ultimamente sembra essersi svegliata, come se avesse dormito per tutto questo tempo indisturbata.- la ragazza si accarezzò il ventre abbozzando un sorriso - Devo confessare che é piacevole, sentirla dentro di me mi fa sentire meno sola.-
- Ti parla?-
- In un certo senso.-
Pilar corse in camera sua e tornò poco dopo vestito di tutto punto e pronto per uscire. Sotto lo sguardo confuso di Gwyn cominciò a rovistare tra i cassetti finché non trovò una piccola luna d'argento: il distintivo che lo identificava come membro del Consiglio.
- Non uscire di casa, non aprire a nessuno.- l'uomo recuperò il borsello e le chiavi - Tornerò il prima possibile.-
- Dove stai andando?- la ragazza scattò verso la porta nel tentativo di fermare il padrino - Mi dici che sta succedendo?-
Pilar si voltò verso la figlioccia indeciso se metterla o meno al corrente dei suoi sospetti e delle sue paure, ma ,poiché si trattava solo di pensieri, pensò bene che non fosse il caso di allarmare la giovane e tenne le sue supposizioni per sé.
- Devo andare.-
Chiusa in casa il tempo sembrava non passare mai. Le ore si erano dilatate diventando lunghe come giorni, quasi a voler fare un dispetto a Gwyn che preoccupata si aggirava per casa come un'anima in pena.
Nel giro di qualche ora aveva terminato il romanzo che stava leggendo e, a pomeriggio inoltrato, aveva terminato anche il libro su cui si era buttata nel tentativo di combattere la noia.
Stanca di leggere cominciò a gironzolare per casa mettendo in ordine e sfogliando distratta gli album e i grandi libri che Pilar, in virtù della sua carica di consigliere, era riuscito ad ottenere.
Dopo aver accarezzato un paio di volte le coste in pelle rossa e verde decise per un album di foto dalla copertina marrone e le pagine ingiallite. Con distrazione cominciò a sfogliare senza prestare attenzione alle immagini conosciute ormai a memoria.
Improvvisamente un dettaglio attirò la sua attenzione: un medaglione con una pietra nera incastonata al centro. Gwyn osservò i lineamenti della donna con il monile riconoscendo i tratti gentili di Eve, la defunta moglie di Pilar, che sorridente guardava la macchina fotografica ignara di quello che, da lì a poco, le sarebbe successo.
Gwyn continuò a sfogliare le pagine e più procedeva più aumentava il numero di persone con al collo il medaglione con la pietra nera tra cui una in cui Lisedore, sua madre, abbracciava Eve. Infine, incastrata tra le pagine e un ritaglio di giornale, la ragazza trovò una foto della madre con una bambina in braccio che beatamente stringeva le sue piccole dita intorno al disco d’argento sfiorando con le sue manine la scritta nella lingua della foresta.
Gwyn prese tra le mani la fotografia e la accarezzò con delicatezza quasi temesse che sparisse come uno dei suoi tanti quanto confusi ricordi.
Era sicura di aver già avuto tra le mani quell’album, ma per qualche motivo non ricordava di aver mai visto quella foto.
Incuriosita chiuse con uno scatto la copertina e ne accarezzò la pelle soffermandosi su un’incisione in rilievo scritta con i caratteri spigolosi della lingua della foresta. Invano la ragazza provò a decifrare la scritta ma dovette presto arrendersi e, dopo aver portato la foto della madre in camera sua, si ripromise di chiedere a Pilar spiegazioni.

Il sole era già calato e per le strade si sentiva il vociare stanco delle volpi di rientro dal lavoro. Gwyn sedeva al tavolo impaziente lanciando sguardi nervosi alla porta e all’orologio che, con il suo irritante ticchettio, le aveva tenuto compagnia per tutto il giorno. Davanti a sé aveva posizionato l’album e, alla sua destra, aveva appoggiato la foto della madre e il medaglione. Ancora un’occhiata a quelle lancette che sembravano pietrificate. Mentalmente ripassò le domande che doveva porre al padrino e le motivazioni che avrebbe usato per convincerlo a parlare nel caso si fosse rifiutato di farlo. Per le scale sentì dei passi lenti e stanchi e, dopo alcuni istanti in cui trattenne letteralmente il fiato, una chiave girò nella serratura e Pilar comparve sulla soglia stremato e ansimante.
Gwyn rimase in silenzio a guardarlo e, senza dire una parola, lasciò che si togliesse la giacca e si togliesse di dosso l’uniforme da consigliere.
- Cosa mi devi chiedere?- Pilar tornò in soggiorno finendo di allacciarsi una vecchia e sporca camicia che usava esclusivamente in casa.
Senza dire niente Gwyn fece scivolare album, medaglione e foto verso l’uomo che li prese cominciando a studiarli attentamente, quasi dovesse ripescare nella memoria informazioni e nomi ormai dimenticati.
- Cosa vuoi sapere?- il padrino accarezzò le lettere sottili tirando un sospiro rassegnato.
- Cos’è quel medaglione che queste persone portano al collo? E perché mia madre e Eve ne avevano due uguali?- Gwyn cominciò a vomitare tutte le domande che si era tenuta dentro per un pomeriggio intero senza preoccuparsi della reazione che Pilar avrebbe potuto avere – Perché sei scappato in quel modo stamane? Ho forse qualcosa che non va?-
Pilar si aggiustò sulla sedia e si passò una mano sul volto. I suoi occhi stanchi guardarono la ragazza che gli stava dinnanzi mentre la mente si sforzava di trovare le parole giuste per parlarle e raccontarle come stavano veramente le cose.
Senza dire niente l’uomo si alzò e, dopo aver frugato nei cassetti della sua stanza, tornò con una busta di pelle rossa da cui prese una lettera.
- Gwyn,- Pilar dispose la lettera accanto all’album avendo cura di nascondere il mittente agli occhi della ragazza – che cosa sai del popolo della foresta?-
- Non molto in realtà,- la giovane si strinse nelle spalle – a dire il vero non so proprio niente.-
Pilar prese tra le mani il medaglione e lo fece dondolare davanti agli occhi della figliastra.
- Tua madre, Lisedore, e Eve erano due figlie della foresta.- l’uomo alzò lo sguardo verso la giovane che lo osservava perplessa – I figli della foresta, o il popolo della foresta, è una stirpe antica quanto la luna: una comunità in cui lupi e volpi vivevano fianco a fianco collaborando e difendendosi a vicenda. Non vi erano animali più o meno importanti e l’ultimo contava quanto il primo.-
Pilar fece una pausa per accertarsi che Gwyn lo seguisse e riprendere fiato – Un giorno però, molte lune prima della nascita di tua madre e Eve, una lince suggerì ai lupi di soggiogare le volpi in nome di una loro presunta inferiorità. Non serve che ti dica io quanto inutili furono gli sforzi delle volpi per impedire tutto ciò, ma i loro tentativi fallirono tutti e le loro resistenze vennero spezzate senza troppe difficoltà.
Ma sottomettere le volpi non fu l’unico sacrilegio, lentamente e inesorabilmente i lupi cominciarono a costruire grandi città distruggendo le foreste che, fino ad allora, erano state le loro case. Indignata la luna smise di dare a quelle creature, che avevano gettato il seme dell’odio tra i suoi figli, il suo dono più prezioso: quella voce interiore che, anche da umani, consentiva alle volpi e ai lupi di conservare i loro sensi animali.
La stirpe della foresta era spezzata, i boschi bruciavano e lupi e volpi si affrontavano in ogni parte del mondo in una guerra fratricida. Tuttavia, dalle ceneri di tanta disgrazia, riuscì comunque a nascere qualcosa di buono.-
L’uomo si fermò nuovamente e lanciò una rapida occhiata alla figliastra che lo ascoltava rapita come quando, da piccola, si metteva in ascolto di una bella storia.
- Alcuni figli della foresta avevano conservato un cuore puro e, malgrado l’odio fosse diventato la legge di vita, continuavano segretamente ad aiutarsi e a vegliare gli uni sugli altri secondo le antiche leggi. Compiaciuta la luna tornò a parlare a quei suoi figli donando loro quello spirito animale che, nel corso degli anni, li avrebbe aiutati a ricostruire l’antico popolo.
Tua madre e Eve erano due figlie della foresta e, poiché anche tu avverti dentro di te la presenza di una creatura, lo sei anche tu.-
Pilar sorrise alla giovane che ora lo fissava disorientata cercando di ordinare le tante informazioni.
- Queste cose chi te le ha dette?-
- Eve e Asa,- l’uomo si aggiustò sulla sedia visibilmente sollevato – dopo la nostra chiacchierata mi sono recato da lui e abbiamo fatto qualche ricerca insieme.-
- Mio padre? Era anche lui un figlio della foresta?-
- No, ma tua madre deve averlo convinto ad unirsi alla causa.-
Gwyn prese tra le mani il medaglione e lo rigirò distrattamente tra le dita.
- Se la cosa è iniziata dai lupi, perché anche le volpi hanno subito perso il dono della luna? Voglio dire, loro erano le vittime.- - In un primo momento fu così, ma con gli anni le volpi divennero violente ingaggiando con i lupi delle vere e proprie guerre.- Pilar guardò triste la ragazza scuotendo mestamente il capo – Quando il seme dell’odio viene gettato raramente cresce qualcosa di buono.-
- Il popolo della foresta che fine ha fatto?-
- Nessuno lo sa,- l’uomo si strinse nelle spalle – ma si pensa sia estinto.-
Pilar prese tra le mani la busta di carta e tenendo lo sguardo basso la fece scivolare verso la ragazza.
- Questa me la diede tua madre qualche giorno prima di morire, mi disse che, se le fosse successo qualcosa, avrei dovuto fartela avere quando i tempi fossero stati maturi.- il padrino scoccò un sorriso orgoglioso e pieno di fiducia alla figliastra – Vale a dire ora.-
Gwyn saltò giù dalla sedia e, raccolti il medaglione, la foto e la lettera, si fiondò in camera sua impaziente di leggere quelle parole che avevano atteso così tanto per essere lette.
- Pilar,- la ragazza fece dietrofront e si affacciò nuovamente in salotto – cosa significa la scritta sull’album?- Il padrino sorrise nuovamente e accarezzò trasognante i caratteri.
- ‘Uguali poiché diverse’.-







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Capitolo 12
*** Parole in attesa ***


12. PAROLE IN ATTESA
 
Gwyn, mia piccola cara Gwyn,
ti sento giocare nella stanza accanto, ridi delle tue fantasie e le tue risate sono per me luce in queste giornate così buie.
Hai da poco cominciato a trasformarti e ora passi le tue giornate a saltare già dalle sedie e dal divano e ad atterrare sulle tue zampette, ti piace correre e a coda alta percorri in un lampo il corridoio per poi tornare scodinzolante in cucina sfilando orgogliosa e a testa alta come una principessa.
Sei così spensierata e felice.
Non so quanto questa pace potrà durare, per quanto ancora potremo essere la famiglia che meriteresti per cui, prima che le cose degenerino, voglio scriverti queste parole e raccontarti tutta la verità.
Ti diranno che i tuoi genitori sono dei traditori, che hanno infangato la loro razza disonorando il loro nome.
Non è così, io e tuo padre ci impegniamo perché questa stupida guerra tra lupi e volpi abbia fine e tutto torni come al tempo in cui esisteva solamente il popolo della foresta e non vi era tutta questa divisione e questo odio scellerato.
Ogni tanto, quando Wen torna a casa, ti accoccoli tra me e tuo padre e ci ascolti, i tuoi occhi intelligenti ci guardano e, anche se i nostri discorsi sono troppo difficili per te, ho l’impressione che tu capisca più di quanto non sembri.
Piccola mia, quanto mi dispiace e quanto vorrei evitarti tutto questo!
Io e tuo padre abbiamo predisposto tutto in modo che, se dovesse succedere qualcosa, qualcuno possa provvedere a te e crescerti al sicuro.
Io voglio vita e amore per te, le ho desiderate per te fin da quando ho scoperto di essere incinta, prima ancora di vedere i tuoi bellissimi occhi castani e sentire la tua vocina.
Vivi figlia mia e cerca quello per cui vale la pena morire, le cose che davvero rendono una vita degna di essere vissuta.
Amore e amicizia coloreranno la tua esistenza se saprai donarti agli altri senza pretendere nulla in cambio e ti doneranno la forza per scalare le montagne e camminare in mezzo alle tempeste.
Tieni lontani dal tuo cuore l’odio e la menzogna perché i loro semi faranno crescere rovi e sterpi sulla tua strada e, prima o poi, ti ritroverai incastrata tra le loro spine.
Vivi libera e senza paure e non permettere mai a nessuno di legare i tuoi sogni e le tue speranze.
Sii giusta e non temere.
La mamma e il papà ti vogliono bene e, anche se non ci vedrai più, continueranno a vegliare su di te e ad amarti.
 
Addio piccola mia.
 
Ti voglio bene.
 
La tua mamma

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Capitolo 13
*** Alla luce del sole ***


13. ALLA LUCE DEL SOLE
 
Lisedore sorrideva spensierata dietro il vetro e quel sorriso raggiante era il più bel buongiorno del mondo per Gwyn che ogni mattina, aprendo gli occhi, incrociava lo sguardo sereno della madre.
La ragazza allungò una mano verso la cornice d’argento in cui aveva sistemato la fotografia e ne accarezzò i contorni salutando in un sussurro la madre.
A tentoni cercò la lettera e, come ogni mattina, la aprì leggendo quelle parole che conosceva ormai a memoria.
La rilesse un paio di volte, come una preghiera, per poi riporla nel cassetto del comodino al sicuro e lontano da occhi indiscreti.
Di lì a poco la sirena avrebbe lanciato il suo grido stonato svegliando Rodrev e segnando l’inizio di un nuovo estenuante giorno di lavoro. Gwyn lanciò una rapida occhiata al calendario e sorrise constatando quanto, malgrado le difficoltà, velocemente fossero passati quei dieci mesi senza privilegi. I suoi occhi scesero sul ripiano della scrivania e si posarono su un’altra fotografia custodita in una piccola cornice rossa. Kay, Cato, Trevor e Tyson e Gad le sorridevano beati agitando le mani festosi quasi ad invitarla alla festa che si stava svolgendo alle loro spalle.
I ragazzi le mancavano e in quei mesi aveva sofferto per la loro mancanza, specialmente per quella di Kay. Un ricordo stuzzicò la sua mente e, dopo tanto tempo, Gwyn ripensò al giorno in cui aveva conosciuto l'amica e alla nascita della loro amicizia. Kay non era solo una compagna, ma la sorella che non aveva mai avuto e verso il quale sentiva un forte istinto che la spingeva a proteggere dai pericoli che la circondavano quella ragazzina un po'ingenua. Erano state proprio la semplicità e la gioia di Kay ad attirare Gwyn e fin dal principio le ragazze erano state unite da un legame che superava l'amicizia sfociando in un autentico rapporto di sorellanza.
Gwyn era seriosa e diffidente, più simile alla luna di cui aveva ereditato la discrezione, al contrario Kay era allegra e spontanea, solare e vivace come il sole estivo. Insieme si compensavano provvedendo l'una alle mancanze dell'altra.
Gwyn accarezzò triste il volto dell'amica ripensando alla notte in cui era morta e, in quel momento, sentì nuovamente le mani sporcarsi di sangue e nel naso l'odore pungente della morte.
Tutti devono morire, questo lo sapeva, ma per quanto si ripetesse questa verità non poteva trovare pace e sentiva il cuore piangere e ribellarsi davanti a quella perdita. A distanza ormai di un anno, la scomparsa di Kay le aveva lasciato sul petto una ferita che non accennava a rimarginarsi e chiedeva, anzi, pretendeva ragioni per quella morte a cui non riusciva a rassegnarsi.
La sirena mise fine alle sue fantasticherie e, raccolta la borsa e il messaggiatore, Gwyn lasciò la stanza lanciando un ultimo malinconico sguardo alla foto dell'amica.
                                                                                      
Malgrado la paura iniziale di essere scoperta e l'angoscia di essere punita per la morte del giovane lupo, le cose erano tornate presto alla normalità e Gwyn aveva potuto mettere a tacere le proprie preoccupazioni senza tuttavia abbassare completamente la guardia. Certo che la messaggera gli nascondesse qualcosa Lunz avevo cercato in tutti i modi di scoprire i segreti e le verità nascoste di Gwyn senza tuttavia trovare riposte alle sue domande a cui la giovane rispondeva in modo ermetico e vago. Dopo alcuni giorni di inconcludenti interrogatori Lunz si era quindi rassegnato a rimanere con i propri dubbi e si era limitato a mettersi, per qualunque necessità, a totale servizio della ragazza nella speranza di guadagnare la sua fiducia e spingerla a parlare.
Seduta all'ombra di un albero Gwyn ripensava a quelle ultime settimane e alle recenti scoperte che avevano interessato la sua vita. Dopo quella prima chiacchierata con Pilar la ragazza aveva provato a chiedere altre informazioni sul popolo della foresta, informazioni che le erano state negate alimentando in lei l'cosa insaziabile fiamma della curiosità. Voleva sapere di più, tante erano le domande e tante le risposte che voleva. Come poteva un intero popolo essere sparito nel nulla senza lasciare traccia? Chi erano gli altri figli della foresta e perché, se lei apparteneva alla loro stirpe, non l'avevano cercava?
Gwyn reclinò il capo all'indietro e lasciò che il vento le scompigliasse le ciocche castane. Malgrado incalzasse l'autunno l'aria era piuttosto mite e quel venticello frizzante e sgarbato non era affatto fastidioso.
La ragazza chiuse gli occhi decisa a godere fino all'ultimo di quel sole ormai tiepido e di quella brezza che le accarezzava la pelle.
Per minuti, che a Gwyn parvero ore piacevoli, il mondo rimase fuori dalla mente della giovane, relegato oltre le sue palpebre chiuse.
La suoneria del suo messaggiatore le fece aprire pigramente un occhio e lanciare una rapida occhiata all'orario: il suo servizio era terminato e ora aveva circa trenta minuti per raggiungere le porte di Lycan prima che venissero chiuse per la notte.
Controvoglia Gwyn si alzò dalla panchina e si diresse a passo svelto verso il varco più vicino desiderando solamente raggiungere casa e gettarsi sul proprio letto.
 
Gad si gettò in avanti per recuperare la sua borsa, ma quattro mani lo trattennero ricacciandolo indietro. Nuovamente il ragazzo provò a divincolarsi dalla presa di quegli uomini che, per tutta risposta lo trattennero con maggior forza e lo colpirono violentemente allo stomaco facendolo cadere in ginocchio.
Uno dei controllori si avvicinò alla sacca del giovane e ne tirò fuori alcuni componenti del motore e altri oggetti studiandoli attentamente alla luce del sole.
- Un bel bottino.- l'uomo gettò a terra la borsa più interessato a punire la volpe che non all'entità del crimine commesso - Cosa voleva farci un par tuo con questa roba? Venderla? So che ai mercati messa pagano molto bene dei componenti in buono stato.-
L'ufficiale sfilò il manganello dalla cintura e lo accarezzò mentre un sorrisetto sprezzante gli apriva il volto come se si trattasse di una brutta ferita.
- Lo sai qual é la pena per chi ruba?-
La lince si inginocchiò davanti al giovane e con la punta del manganello lo costrinse ad alzare il volto in modo da poter vedere gli occhi della sua preda.
- Non le ho rubate!- Gad alzò impaurito lo sguardo, più preoccupato ad evitare la punizione che ad osservare le regole di buona educazione - Me le ha date il signor Graham. Chiedete a lui, sono sicuro che ve lo confermerà!-
- Ammesso e non concesso che sia come dici tu, cosa volevi farcene?- l'uomo si alzò sghignazzando tra sé e sé - Sai qual è la pena per chi traffica materiale di contrabbando?-
- Io non volevo venderle!- la voce del ragazzo era ormai un urlo disperato.
- Cosa volevi farne? Rispondi a questo e potrai tornare a quella fogna che chiami casa.-
Ovviamente il controllore non avrebbe mai lasciato andare la volpe impunita, ma dato che ormai era tra le sue grinfie non vedeva motivo per non divertirsi un po' facendole nascere false speranze.
- Io,- il giovane tentennò alla ricerca di una risposta credibile, non gli avrebbe mai detto del furgoncino, lo avrebbero ammazzato di botte come le volpi che avevano tentato di lasciare Lycan - io non posso dirlo.-
Un capannello di gente si era frattanto formato creando una cintura di curiosi intorno al ragazzo e ai controllori. Linci, volpi e lupi si accalcavano nel tentativo di vedere e di capire cosa stesse succedendo.
 
- I controllori! I controllori!-
Gwyn si voltò verso una giovane volpe che, ormai senza fiato e in preda all’agitazione, correva lungo la strada agitando le braccia allarmata.
- Ragazzino, perché tanto strillare?- un uomo si voltò torvo verso il giovane aggrottando le folte sopracciglia – Siamo stanchi e non abbiamo voglia dei tuoi giochetti.-
- Non sono giochetti!- il ragazzo tornò risentito sui suoi passi – I controllori hanno fermato uno di noi, un ragazzo che lavora nelle officine, e ora lo stanno punendo pubblicamente.-
- Chi è il ragazzo?-
Il ragazzino e l’uomo si voltarono verso Gwyn che si era silenziosamente avvicinata ai due.
- Io non lo so.- la giovane volpe guardò disorientato il compagno prima di rivolgersi nuovamente alla lupa con l’odore di volpe – So solo che lo hanno fermato perché portava i componenti di un motore rubati al signor Graham.-
Gwyn sentì il respiro mancarle al sentir nominare il datore di lavoro di Gad, ma decise di non saltare a conclusioni e di verificare di persona.
- Dove sono? Mi ci puoi accompagnare?-
Il ragazzo indicò alla giovane la strada che aveva appena percorso.
- La piazza delle officine. Ma non è un bello spettacolo io non ci andrei se fossi in te.-
- Grazie.-
Gwyn salutò frettolosamente le due volpi e, ignorando il consiglio del ragazzo, cominciò a correre lungo la strada pregando e sperando di non trovarsi davanti nessuno dei suoi amici.
Quando finalmente arrivò nella piazza delle officine non le fu difficile trovare i controllori intorno al quale si era formata una nutrita folla. Con non poca fatica la ragazza si fece largo attraverso i curiosi aprendosi un varco fino alle prime file, le uniche da cui si potesse vedere cosa effettivamente stesse succedendo.
Quando finalmente vide il macabro spettacolo a cui tutti stavano assistendo senza intervenire il fiato le venne a mancare e un nodo di rabbia e paura le serrò la gola: due uomini tenevano fermo Gad mentre un terzo lo colpiva senza pietà con un manganello, un quarto restava in disparte fumando una sigaretta e lanciando occhiate distratte alla folla e ai suoi colleghi, quasi che quello che stavano facendo non lo interessasse più di tanto.
Un rigurgito di collera salì dallo stomaco della ragazza che spintonò da un lato il lupo che le stava davanti e si lanciò in soccorso dell’amico. Con tutta la forza che aveva si aggrappò al braccio della lince con il manganello e cominciò a strattonarla nel tentativo di evitare a Gad un altro colpo.
L’uomo guardò divertito la giovane lupa appesa al suo braccio sorridendole beffardo.
- Guarda un po’ principessina,- la lince si rivolse a Gad che ebbe a malapena la forza di alzare lo sguardo verso Gwyn e di rendersi conto di cosa stava succedendo – il tuo cavaliere senza macchia e senza paura è venuto a salvarti.-
La lince spinse Gwyn tra le braccia del quarto controllore che fece del suo meglio per trattenerla. La giovane urlò, scalciò e si dibatte prendendo a pugni la corazza bianca che copriva il petto dell’uomo che, stanco di quella lotta impari, mollò un ceffone alla ragazza facendola rovinare a terra.
La bestia dentro Gwyn cominciò a ringhiare minacciosa, svegliata dal sapore del sangue che inondava la bocca della ragazza.
Furibonda la giovane scattò in piedi: il suo corpo era percorso da brividi di rabbia e i suoi occhi erano due tizzoni ardenti di odio; senza riflettere un secondo di più Gwyn corse in direzione della lince con il manganello e, quando si trovò a distanza ottimale, spiccò un lungo balzo.
Un urlo di puro dolore si alzò facendo rabbrividire i presenti mentre la lince cominciava a dimenarsi nel disperato tentativo di allentare la presa della lupa intorno alla sua spalla, ma più l’uomo si dibatteva più la bestia affondava le zanne nell’incavo tra la spalla e il collo spruzzando sangue ovunque. Alla fine la lince cedette ed esangue cadde a terra tra le urla terrorizzate della folla.
Gwyn si voltò verso le altre linci che erano rimaste inorridite a guardarla e scoprì le zanne intimando loro di farsi da parte. Una di loro abbandonò la sua forma umana e, trasformata in una lince dalla pelliccia rossa, fischiò minacciosa verso la lupa mettendosi tra lei e Gad.
Gwyn girò intorno alla lince cercando un modo per recuperare l’amico senza ingaggiare una lotta con il felino, ma l’animale si spostava continuamente creando una barriera.
Stanca di quell’andirivieni Gwyn scattò verso la lince che si difese sfoderando gli artigli e graffiando il muso della lupa che si ritirò guaendo e leccandosi la ferita.
Soddisfatta di quel colpo andato a segno la lince mostrò le lunghe zanne all’avversaria e appiattì le orecchie come a dirle che, se avesse continuato quello scontro, le cose le sarebbero andate molto peggio.
Gwyn riprese a girare intorno e, dopo aver studiato bene la rivale, le corse incontro colpendola con le zampe anteriori all’addome e schiacciandola a terra. La lince cominciò a graffiare il terreno e a soffiare minacciosa cercando in tutti i modi di levarsi di dosso la lupa che, senza perdere tempo prezioso, la afferrò per la collottola cominciando a morderla.
Miagolii di dolore risuonarono nell’aria e, anche se non poteva capire cosa stesse dicendo, Gwyn era certa che la lince stesse chiedendo aiuto ai suoi compagni che tuttavia rimanevano immobili a guardare.
Con uno scatto la lince si liberò dalla presa di Gwyn e le saltò a sua volta al collo spingendola contro la parete di uno dei tanti magazzini affacciati sulla piazza.
La lupa cominciò ad annaspare cercando di graffiare la bestia che la tratteneva, ma i suoi artigli, a confronto con quelli affilati e ricurvi del felino, erano come coltelli smussati.
La lince lasciò andare Gwyn che si accasciò a terra uggiolando e prima che la lupa potesse riprendersi le assestò una zampata alla testa facendola stramazzare al suolo.
Gwyn provò lentamente ad alzarsi e, tra i colori sfuocati e confusi e i suoi ovattati, riconobbe il ringhio della lince e, prima che questa potesse esserle addosso per darle il colpo di grazia, si scansò mandando la lince a sbattere contro il muro.
Stremata dal combattimento corse rapida verso Gad e, levandosi di torno i due controllori che lo tenevano fermo, lo addentò per il colletto della camicia trascinandolo lontano dalla piazza e dalla lotta.
Temendo di poter essere ancora raggiunta la lupa continuò a correre e non si fermò finché non fu certa di aver seminato i suoi ipotetici inseguitori.
Il sole era intanto calato e la città cominciava ad accendersi dei colori e dei rumori della notte. Gwyn guardò sconsolata il vicolo in cui si era rifugiata facendo velocemente il punto della situazione: sola, con un ferito al rimorchio e in territorio nemico, le circostanze non pendevano certo a suo favore.
Di nuovo umana si chinò sull’amico e cominciò ad esaminare le ferite e i lividi che gli coprivano il volto e parte del collo e delle spalle: era ridotto parecchio male, ma almeno non era morto.
- Gad,- la ragazza prese tra le mani il volto del giovane e lo sollevò cercando i suoi occhi – Gad mi senti?-
L’amico provò articolare un suono, più simile ad un rantolo che ad una risposta, e perse nuovamente i sensi.
Gwyn gli si mise accanto e si fece passare un suo braccio intorno al collo. Con cautela lo sollevò e, dopo essersi guardata intorno guardinga, si avviò verso il solo luogo che conosceva e che sapeva abbastanza sicuro per entrambi.

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Capitolo 14
*** Ritorni ***


14. RITORNI
 
- Sapevo che mi nascondevi qualcosa.-
Lunz guardava trionfante laf giovane che gli stava davanti, piegata in due dal peso del ragazzo che si era trascinata dietro.
- La prego, mi aiuti.- Gwyn alzò supplicante lo sguardo verso il datore di lavoro e si aggiustò Gad sulle spalle – È gravemente ferito e non so dove andare.-
L’uomo squadrò velocemente il giovane valutandone lo stato e si fece da parte permettendo a Gwyn di entrare.
- Appoggialo su quel divano laggiù,- il vecchio lupo indicò alla ragazza un divanetto stipato in un bugigattolo dietro la sua scrivania – io vado di sopra a prendere qualcosa per medicare quelle brutte ferite.-
Gwyn annuì e fece accomodare l’amico sul divanetto che, molto lentamente, stava rinvenendo.
- Dove siamo?- Gad lanciò sguardi allarmati agli schedari e ai mobili ammucchiati nel ripostiglio.
- Va tutto bene, siamo da Lunz Graham. Sei al sicuro.- Gwyn accarezzò il viso del giovane e gli scostò appena un ciuffo scoprendo il taglio aperto sulla sua fronte – Ti hanno ridotto veramente male.-
Gad prese le mani dell’amica e le sfiorò il graffio che la lince le aveva lasciato sulla guancia contorcendo la bocca in una smorfia.
- Anche tu sei ferita.- Gad era sull’orlo di piangere – È tutta colpa mia, ecco cosa succede ad inseguire i propri sogni!-
- Non dire così!- Gwyn strinse la mano del giovane imbarazzata da quelle gentilezze a cui non era abituata – Tu hai qualcosa per cui vale la pena vivere, lottare e morire e questo ti rende onore.-
- Anche se mi manda ad un passo dalla morte? Anche se mente a repentaglio la vita di coloro a cui voglio più bene?- Gad si voltò dall’altra parte cercando di nascondere le lacrime che gli rigavano il volto – Siamo grandi per queste stupidaggini romantiche, non trovi?-
Gwyn abbassò lo sguardo sconfitta e  si voltò verso Lunz che era giunto in quel momento portando bende e l’occorrente per curare le ferite.
- Purtroppo ho solamente dell’alcool.- l’uomo porse un tovagliolo a Gad – Brucerà parecchio per cui mordilo e resisti.-
Gad strinse tra i denti il pezzo di stoffa e si preparò ad affrontare nuovamente il dolore.
- Prendi la mia mano – Gwyn intrecciò le dita con quelle dell’amico – e stringila quando il male sarà insopportabile.-
Il ragazzo annuì e guardò in alto cercando di concentrarsi sulla pallida luce che penzolava dal soffitto.
Lunz imbevette un batuffolo di cotone di alcool e delicatamente cominciò a ripulire la ferita aperta sulla fronte del giovane.
A contatto del cotone sulla pelle ferita Gad inarcò la schiena lanciando un verso simile ad un latrato e stringendo con tutte le sue forze la mano di Gwyn che gemette a sua volta. Il ragazzo cominciò a sudare e ad agitare il capo nel tentativo di sfuggire alle cure di Lunz.
- Stai fermo! Ho quasi fatto.- l’uomo afferrò il ragazzo per il mento cercando di trattenerlo e continuò pazientemente a passargli il cotone sul volto e sui tagli più o meno profondi.
Gad si voltò sofferente verso l’amica e la guardò implorando con lo sguardo pietà.
- Resisti, tra poco sarà tutto finito.-
Gwyn accarezzò la mano del ragazzo ancora saldamente stretta intorno alla sua.
Lunz finì di medicare il giovane che si distese nuovamente permettendo al lupo di fasciargli la testa.
- Ora deve solo riposare,- l’uomo ripose tutto nella sua scatola dei medicinali e si strofinò le mani nel tovagliolo che aveva dato a Gad – potete restare qui tutto il tempo che volete.-
- Grazie, ma non appena si sarà rimesso ce ne andremo.- Gwyn lanciò un’occhiata sconsolata all’amico e gli accarezzò la mano fredda e sudata – La stiamo esponendo ad un grande pericolo, signor Graham, e vogliamo sollevarla il prima possibile.-
- Viste le circostanze penso che tu possa darmi del tu.- l’uomo le sorrise cercando di sdrammatizzare sulla situazione in cui la sua messaggera era incastrata – Gwyn, ascoltami molto attentamente: tutta Lycan è in subbuglio per quello che hai fatto questa sera, i controllori verranno sguinzagliati come segugi e rivolteranno la città pur di trovarti e assicurarti alla giustizia e, perdona la mia franchezza, ucciderti.-
Gad strinse la mano della ragazza, quasi che quelle parole fossero state per lui un’altra stilettata.
- Ma non voglio turbarvi con questi discorsi.- l’uomo si alzò e si assentò per alcuni secondi tornando con alcune coperte e quello che sembrava un vecchio sdraio mal ridotto – Per questa notte dormirete qui, sarete al sicuro e per qualunque problema non avrete che da suonare quel campanello.-
Lunz indicò un bottone accanto alla porta che conduceva al suo appartamento e, dopo aver salutato velocemente i due giovani, si ritirò lasciandoli soli.
- Grazie.-
Gwyn si voltò verso l’amico incrociando i suoi occhi castani e colmi di gratitudine.
- Di cosa?-
- Di avermi salvato, non ti avevo ancora ringraziato.-
- Non devi.- Gwyn cominciò a tormentare l’orlo della divisa cercando di dissimulare l’agitazione che la stava lentamente investendo – Tu avresti fatto lo stesso per me.-
- Ne sei così sicura?-
Gad si mise goffamente a sedere arrivando con lo sguardo all’altezza di quello di Gwyn e le accarezzò gentilmente la guancia percorrendo con il pollice la crosta scura del graffio.
Gwyn tese i muscoli e sentì il cuore accelerarle nel petto, quasi che al posto di quel nodo di muscoli e vene ci fosse un tamburo che batteva ritmi tribali e incalzanti.
Con gentilezza il giovane le scostò alcune ciocche dal viso e, sempre con il pollice, seguì la curva del volto soffermandosi sulla linea delle labbra. La ragazza dal canto suo rimaneva immobile: indecisa se scappare o restare, se provare piacere o repulsione per quel contatto a cui non era abituata.
La mano di Gad scese ancora e scivolò sul suo collo fin dietro alla nuca. A quel punto Gwyn si ritirò fermando le mani del giovane prima che diventassero troppo impertinenti.
- No.- la voce di Gwyn era un soffio indeciso.
- Cosa?- Gad la guardò non certo di capire a cosa la giovane si riferisse.
- Non voglio la tua pietà, non voglio che mi baci così: come se fosse la ricompensa per averti salvato la vita.-
Gwyn voltò risentita lo sguardo concentrandosi sulla pila di scartoffie che sormontava la scrivania di Lunz.
- Ti assicuro che non era mia intenzione.-
Gad alzò le mani in segno di resa e scivolò sul divano accoccolandosi sotto la coperta che il lupo gli aveva dato.
Gwyn aprì lo sdraio e, trascinandolo sul pavimento, lo sistemò all’ingresso dello stanzino appallottolando una coperta a mo’di cuscino e sistemandosi addosso la seconda.
- Buona notte Gad.-
La giovane si voltò dando le spalle all’amico, ignorando il suo saluto sussurrato e silenziosamente cominciò a piangere facendo attenzione a non tremare e a non gemere per non farsi scoprire.
 
Erano passate le due di notte quando dei colpi insistenti e violenti svegliarono i due ragazzi. Gwyn saltò a sedere sul letto e guardò allarmata la porta e l’amico che le restituì un’occhiata carica d’ansia. Anche Lunz, svegliato da quel baccano, era sceso e alla cieca aveva raggiunto il ripostiglio in cui aveva sistemato i suoi ospiti.
Altri colpi, seguiti da un’accesa discussione, fecero vibrare la porta e i cuori dei tre che si scambiarono sguardi indecisi sul da farsi.
Gwyn si portò un dito alle labbra e fece silenziosamente segno a Lunz di avvicinarsi alla porta.
L’uomo obbedì e a passi felpati si avvicinò all’ingresso del suo negozio cercando di evocare tutto il coraggio di cui era dotato e di rendere il suo sangue più freddo del ghiaccio.
- Chi è là?-
Tre voci si scambiarono alcune parole.
- Odiamo i lupi! Così prepotenti …-
- … così pelosi…- la labbra di Gwyn si mossero automaticamente articolando quella risposta senza tuttavia emettere alcun suono. Dall’altra parte le voci tacquero costringendo la ragazza a parlare ad alta voce.
- … così brutti…-
- … e accidenti se sono …-
- … dei gran fetenti!-
Gwyn e le tre ombre finirono quella sorta di saluto all’unisono e un sorriso si disegnò sul volto della giovane che si voltò sollevata verso Gad.
- Sono Cato, Trevor e Tyson.-
Gwyn cercò di contenere la gioia che le procurava sentire la voce degli amici e si affrettò a fare cenno a Lunz di aprire loro la porta e accendere la luce.
Gad si alzò in piedi e si accostò traballante a Gwyn per salutare i suoi amici.
Cato e i due gemelli entrarono titubanti nel locale lanciando occhiate sospettose a Lunz. Trevor e Tyson corsero incontro a Gad cominciando a porgli mille domande, mentre Cato rimase in disparte ad osservare la scena e a scrutare Gwyn.
La ragazza si accorse di quello sguardo carico di diffidenza e si voltò verso il giovane abbozzando un sorriso. Era tornato e, anche se ancora era evidente che non si fidava di lei, per il momento questo le bastava. Forse, con il passare degli anni, il tempo avrebbe guarito la sua ferita e li avrebbe riavvicinati, era solo un’ipotesi, ma a volte basta veramente così poco per accendere nuovamente la fiamma della speranza.

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Capitolo 15
*** Scusa ***


15. SCUSA
 
Pallide lame di luce cominciavano a filtrare attraverso le imposte chiuse dell’agenzia Graham. Trevor e Tyson si erano accoccolati sullo sdraio: esausti dopo una notte di chiacchiere e risate in compagnia degli amici ritrovati. Anche Gad era riuscito a prendere nuovamente sonno ed ora dormiva indisturbato sul suo divano, avvolto nella ruvida coperta che Lunz gli aveva dato.
Seduta alla scrivania di Lunz Gwyn vegliava sul riposo dei suoi amici, dopo mesi di silenzio erano tornati tutti e ora non aveva intenzione di perderli nuovamente. I suoi occhi stanchi si posavano senza sosta sui volti assopiti delle tre volpi temendo che, se avesse interrotto quel contatto visivo anche solo per un minuto, sarebbero scomparsi dalla sua vista: inghiottiti dalle ombre disegnate sulle pareti del locale.
Quando fu certa che niente le avrebbe tolto nuovamente la compagnia dei ragazzi, Gwyn si voltò verso la porta dell’agenzia e cercò tra le luci e le tenebre che si contendevano il negozio Cato.
A differenza dei gemelli che erano rimasti a parlare con lei e Gad per tutta la notte, Cato era sempre rimasto in disparte e aveva percorso nervosamente il perimetro del negozio come un animale in gabbia, lanciando occhiate nervose intorno.
Silenziosamente la ragazza scese dalla sedia su cui si era appollaiata e si avvicinò al giovane che si bloccò squadrandola sospettoso.
- Ciao.- Gwyn abbozzò un sorriso impacciato – Sono felice di vederti.-
Il giovane distolse lo sguardo e si avvicinò ad una finestra spiando la strada e le prime ombre che cominciavano ad animare la città.
- Cato, io penso di doverti delle scuse.-
Il ragazzo si voltò guardando stupito la ragazza senza tuttavia rivolgerle la parola.
- Avevi ragione: è colpa mia se Kay è morta, avrei dovuto difenderla e non ne sono stata capace. Per questo ti chiedo di perdonarmi.-
Cato aggrottò le sopracciglia e serrò i pugni come a voler trattenere la rabbia che gli accendeva il cuore.
- Pensi che basti così poco?- la voce del giovane era un sibilo velenoso – Kay è morta, la mia famiglia è distrutta dal dolore e tu pensi che basti chiedere scusa per aggiustare le cose.-
- Non ho mai detto questo.- Gwyn alzò lo sguardo cercando a sua volta di moderare il tono della voce e le parole – Non ho mai pensato che bastasse una parola a rimettere le cose a posto.-
- Saresti una stupida a pensarla così.- il ragazzo tornò a fissare fuori della finestra mordendosi il labbro e articolando mute imprecazioni contro la giovane.
- Ascoltami bene.- Gwyn afferrò per la spalla la volpe costringendola a voltarsi e guardarla negli occhi – Pensi di essere l’unico a soffrire per la morte di Kay? Spiacente di deluderti, ma non è così! Kay era una sorella per me, come pensi che sia stato vederla morire senza poter fare nulla per impedirlo? Sei solo un bambino egoista! Un bamboccio che non riesce a vedere più in là del suo dolore. Avrei voluto vederti: schiacciato a terra mentre un branco di lupi ti calpesta e ti morde.-
Cato cercò di sfuggire agli occhi velati di lacrime di Gwyn, ma la ragazza lo strattonò nuovamente obbligandolo a tenere gli occhi su di sé.
- Ora basta.- il ragazzo si liberò dalla presa della giovane e la allontanò da sé con uno spintone puntandole minaccioso un dito contro – Non ascolterò un’altra parola. Hai un bel coraggio a venire a fare i conti in tasca a me, come se il dolore e le lacrime si potessero contare come un banalissimo gruzzolo di sedler.-
Gwyn guardò confusa il giovane mentre, tormentosi le mani, ricominciava la sua marcia davanti alla porta del negozio.
- Tu non sai niente.- Cato guardò disgustato la ragazza – Niente.-
- Forse hai ragione.- Gwyn cercò di calmarsi  e lanciò un’occhiata verso il ripostiglio per assicurarsi che la loro discussione non avesse svegliato i ragazzi.
- Voglio trovare il popolo della foresta e unirmi alla loro causa.-
Cato si voltò verso la ragazza guardandola incredulo.
- Perché adesso? Perché non quando è morta Kay?-
- Perché ero troppo debole, in questi mesi ho ristabilito la mia energia lunare ed ora sono al massimo delle forze.-
Il ragazzo guardò poco convinto la giovane e le fece cenno di seguirlo in un angolo del negozio dove erano state incastrate una piccola scrivania e alcune sedie.
- Che cosa hai in mente?-
Gwyn sorrise, lieta di aver attirato l’attenzione del giovane.
- Una rivoluzione: Pilar mi ha detto che lune fa volpi e lupi vivevano alla pari, io intendo riportare le cose com’erano.-
- Questa è pazzia, lo sai vero?- Cato guardò serio la ragazza, ma in fondo alle sue iridi chiari si poteva vedere quanto quell’idea lo eccitasse – Sei sola. Una rivoluzione ha bisogno di un esercito, di sostenitori, risorse, …-
- … e di un capo.-
Gwyn e Cato si voltarono verso Lunz che si era silenziosamente avvicinato con alcune tazze di latte caldo.
- Ogni rivoluzione ha bisogno di un capo: una persona forte e carismatica che sappia incitare il popolo e tenere alto il morale anche quando le cose vanno male.-
- Senza di te io non posso fare nulla, se la scintilla scoccherà avrò bisogno di te e non solo per combattere, ma anche per radunare le nostre forze. Io sono una lupa, verrei vista con sospetto e venduta ai controllori in cambio di qualche privilegio, ma tu sei una volpe e non c’è persona a Rodrev che non sappia cosa è successo alla tua famiglia.-
- Ha ragione ragazzo,- Lunz prese parola guardando serio Cato e Gwyn – il tuo dolore può motivare i tuoi compagni ad unirsi alla tua causa, la paura di perdere i loro cari li porterà dalla tua parte e li convincerà che sia giunto il momento di fare qualcosa per cambiare le cose.-
- Tra due giorni ci sarà la luna piena.- Gwyn interruppe Lunz cominciando a tracciare nella sua mente una strategia – A Rodrev ci saranno tre giorni di lutto e di pianto, io dico di cogliere l’occasione per cominciare a muovere i primi passi.-
Cato si protese in avanti guardando cupo i due lupi e si voltò verso i tre compagni che dormivano a poca distanza da lui.
- Se qualcosa va storto noi siamo morti, ne sei consapevole.-
- Lo so.- Gwyn annuì decisa senza abbassare lo sguardo.
- Vuoi davvero cominciare? Perché una volta iniziata la cosa non si potrà fermare: sono tanti quelli che attendono un cambiamento, tante le voci che sussurrano e invocano una rivoluzione. Questa potrebbe essere la fine o la rinascita del mio popolo.-
- Io ti giuro sulla luna e le stelle e sulla memoria di Kay che ti seguirò finché non avrai vinto o finché il mio cuore non verrà fermato.-
Cato si abbandonò sulla sedia e guardò soddisfatto la ragazza e l’uomo che gli sedevano davanti: il suo sogno di stava realizzando e a renderlo possibile era la lupa che aveva causato la morte di sua sorella. Poteva funzionare, sì, per Kay, la sua famiglia e i suoi fratelli oppressi e umiliati lui avrebbe guidato la rivolta scrivendo il suo nome nel grande libro della storia.
- E io che pensavo che questa sarebbe stata una giornata come le altre.- Lunz scosse poco convinto il capo e si allontanò andando a preparare altre tazze di latte – Mai fidarsi di un lupo che puzza come una volpe.-

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Capitolo 16
*** Buona fortuna ***


16. BUONA FORTUNA
 
- Gwyn!- Pilar corse incontro alla ragazza e la abbracciò – Cominciavo a temere il peggio! Si può sapere dove sei stata?-
L’uomo guardò preoccupato il graffio sul volto della giovane.
- Sono stato così in pena!-
- Pilar,- Gwyn si liberò dalle braccia dell’uomo e lo guardò serio – ancora una volta devo chiederti del popolo della foresta e se sai dove posso trovarlo.-
- Perché mi chiedi questo?- il padrino si allontanò dalla ragazza guardandola senza capire – Cosa sta succedendo?-
Gwyn era strana, più del solito: il suo delicato odore da volpe era diventato selvatico come quello di un lupo e anche i suoi occhi, solitamente velati dalla malinconia, rifulgevano di una strana luce, come se in quelle iridi castane si fosse accesa una fiamma fiera e determinata a non spegnersi.
La ragazza scartò l’uomo e corse in camera sua tornando poco dopo con uno zaino in cui cominciò ad infilare panni, cibo e acqua.
- Gwyn, cosa sta succedendo?-
Stordito Pilar seguiva gli spostamenti della figliastra senza capire granché di quello che stava succedendo.
- Pilar,- Gwyn afferrò della carne secca e, ripostala in un tovagliolo, la infilò nella borsa passando allo scomparto successivo – devo trovare i figli della foresta, è di vitale importanza.-
- Perché?-
- Perché Cato sta preparando una rivolta e avrà bisogno del loro aiuto se vuole riuscire.-
- Non si presteranno mai alla crociata di un cucciolo, faresti meglio a convincere Cato dal desistere.- Pilar guardò scettico la ragazza.
- Temo che ciò non sia possibile.-
- Gwyn,- l’uomo si alzò e prese la giovane per le spalle costringendola a fermarsi – ho promesso a tua madre che con me saresti stata al sicuro. La strada che il tuo amico ha deciso di intraprendere lo porterà alla morte e si trascinerà dietro anche te se non farai attenzione. Lascia perdere finché sei in tempo.-
- Non posso. Ho dato la mia parola che avrei fatto la mia parte.-
- Allora io non posso più difenderti.- Pilar abbassò sconfitto lo sguardo – Mi dispiace.-
- Hai mai letto la lettera che ti diede Lisedore?-
- No, era per te e non era giusto che altri occhi la leggessero.-
- Io penso che lei mi abbia lasciato qualcosa, a cui lei aveva dato inizio, da completare. Ho riletto le sue parole centinaia di volte e sono sempre più convinta che i miei genitori siano stati uccisi perché stavano unendo un esercito di volpi e lupi.-
- Lisedore e Wen sono stati uccisi per aver aiutato delle volpi, avevano infangato la loro razza e per questo andavano puniti.-
Gwyn si liberò nuovamente dalla presa di Pilar e si avvicinò alla libreria da cui prese l’album con le foto di Eve e Lisedore.
- Devo andare.-
La ragazza si legò al collo il medaglione e infilò una lunga giacca marrone.
- Augurami buona fortuna.-
- Non ti auguro buona fortuna, ti auguro di avere buon senso.-
Gwyn lanciò un’occhiata triste al padrino prima di infilare nuovamente la porta e lasciare l’appartamento.
- Buona fortuna.-
Pilar guardò lo spazio vuoto lasciato dalla figliastra e, in preda allo sconforto, cominciò a piangere.

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Capitolo 17
*** Angripe ***


17. ANGRIPE

Il consiglio di Angripe era stato convocato in fretta e furia e tutti i consiglieri avevano prontamente risposto alla chiamata. La notizia si era sparsa subito tra le volpi della città che erano accorse alla seduta curiose di vedere i due stranieri e di avere conferma delle dicerie che circolavano.
In piedi al centro dell’arena della città Cato e Gwyn aspettavano di essere ricevuti dal consiglio sottoponendosi ai commenti e agli sguardi interessati delle volpi.
- Sei nervoso?-
Cato si voltò verso la compagna guardandola risentito.
- No.-
- Io parecchio.- Gwyn alzò lo sguardo verso un paio di giovani che la stavano osservando già da diversi minuti interessati dal suo odore più simile a quello di un lupo che non di una volpe.
- Quante volte sei già stata al centro di un’arena come questa?-
La ragazza guardò distratta gli spalti di legno così diversi da quelli di Rodrev ricavati alla bene meglio da delle macerie.
- Due, ma ho comunque paura.- la giovane guardò il compagno sperando le rivolgesse uno sguardo di conforto – Io non sono come voi, è rischioso per me essere qui.-
- Se non te la sentivi potevi anche restare a casa.-
Cato alzò lo sguardo verso la tribuna che i consiglieri avrebbero presto occupato, avvertiva la pressione di quel momento e avere tra i piedi una ragazzina intimorita era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Doveva pensare bene a cosa dire e scegliere con cura le parole, ogni errore poteva costargli caro e non voleva certo che la sua rivoluzione fallisse ancor prima di cominciare.
Un uomo di circa settecento lune si portò al centro della tribuna principale seguito a ruota da altre otto volpi che si disposero ai suoi fianchi.
Dante, una volpe anziana e dai lunghi capelli brizzolati, si alzò in piedi invitando i presenti a tacere. Indossava una lunga giacca nera sopra una casacca verde smeraldo e pantaloni neri e, appuntata alla spalla destra, portava la spilla con il blasone della città di Angripe: una ghianda d’oro circondata da due rami di quercia d’argento.
- A nome del consiglio e della città di Agripe vi do il benvenuto.- la voce dell’uomo era calda e solenne, ben diversa da quella di Asa – Il mio nome è Dante Kraft ed è per me un onore avervi come ospiti.-
Cato e Gwyn chinarono rispettosamente il capo accompagnando quell’inchino con un gesto della mano.
- Il mio nome è Cato Vigil, da Rodrev, ed è per me un privilegio stare davanti a voi in questa notte di luna.- Cato si voltò verso Gwyn indicandola con un ampio movimento del braccio – Lei è Gwyn Cora, da Rodrev, mia compagna di viaggio.-
- È una lupa?- uno dei consiglieri si sporse oltre la balaustra guardando con interesse e timore la ragazza – La tua compagna è una lupa?-
Cato e Gwyn si guardarono sorpresi, indecisi su cosa rispondere.
- Rispondi alla domanda del consigliere.-
Dante guardò serio i due giovani che non ebbero altra scelta se non dire la verità.
- Sì.-
Un mormorio si alzò dalla tribuna mentre sempre più volti guardavano terrorizzati Gwyn. Un paio di volpi scesero nell’arena e, come ulteriore precauzione, si trasformarono mostrando minacciose le zanne e appiattendo le orecchie contro il capo in segno di ostilità.
- Gwyn abita nella nostra comunità da molte lune.-
- Un lupo che vive in mezzo alle volpi?- Dante si rivolse incredulo ai suoi compagni che parevano alquanto preoccupati – Solo un Lege come Asa poteva permettere una simile avventatezza.-
- Non fu Asa a prendere questa decisione, lui era solo un consigliere all’epoca.-
L’uomo si ricompose sul suo seggio guardando con sospetto la lupa e il ragazzo che la accompagnava.
- Ti ho aperto le porte della mia città, offerto il cibo della mia gente, – il tono di voce del Lege si stava lentamente scaldando – ho convocato il consiglio andando contro le nostre leggi, per poi scoprire che il mio ospite ha portato il nostro nemico in casa mia camuffandolo da una di noi.-
Dante guardò accigliato Cato che strinse i pugni cercando di contenere la rabbia e la frustrazione.
- Mio signore, non era mia intenzione mancare di rispetto a lei e ai suoi notabili consiglieri.- Cato abbassò lo sguardo assumendo un’aria il più contrita possibile.
- Lui non voleva nemmeno che io venissi.- Gwyn prese finalmente la parola e si portò in avanti mettendosi tra Cato e gli occhi del Lege – Ma io ho insistito per venire e non gli ho lasciato altra scelta.-
- Perché? Per umiliarci?- Dante guardò sdegnato la ragazza – I tuoi simili hanno ucciso dieci dei miei fratelli la notte scorsa, che accoglienza speravi di ricevere? Fiori? Un tappeto rosso e musiche per accompagnare il tuo ingresso? La tua è una stirpe di assassini e ladri.-
L’uomo voltò lo sguardo guardando triste alcuni spazi vuoti sugli spalti.
- Non meritereste nemmeno di essere chiamati figli della luna.-
Gwyn guardò Cato come a volergli chiedere il permesso di continuare nella sua filippica e attese il consenso del giovane per continuare a parlare.
Senza dire una parola la ragazza si tolse il medaglione che portava al collo e lo alzò verso le tribune in modo che tutti potessero vederlo chiaramente.
- Mio signore, riconosce questo medaglione?-
Dante si protese verso la giovane e fece cenno a una delle volpi che si trovava nell’arena di portarli il pendaglio. Quando lo ebbe tra le mani lo rigirò a lungo accarezzandone la scritta e la pietra quasi a volersi assicurare che fosse autentico.
- Dove hai preso questo oggetto?-
- Me lo ha lasciato mia madre.- non era vero, ma dopo le velate accuse che le erano state rivolte dire di averlo ereditato da una volpe deceduta non le sembrava una mossa astuta.
- Come si chiamava tua madre?-
- Lisedore Vitne.-
Dante scambiò qualche occhiata con gli altri consiglieri che presero a passarsi il medaglione e ad osservarlo alla pallida luce lunare.
- Tu sai cos’è questo oggetto, vero?-
Gwyn annuì.
- Mia madre apparteneva alla stirpe della foresta e fino alla fine ha lavorato alla causa che era la missione del suo popolo. Fino alla morte lei e mio padre si sono spesi per ricucire lo strappo che da lune divide lupi e volpi e per questo sono stati entrambi uccisi.-
Dante e i suoi consiglieri si scambiarono qualche parola.
- Gli alpha di Lycan hanno messo una ricompensa sui figli della foresta, dammi una buona ragione per cui non dovrei avvisare i controllori e consegnarti a loro insieme al tuo amico sovversivo?- l’uomo lanciò un’occhiata allusiva a Cato che strinse i pugni e cercò di ingoiare il nodo che gli serrava al gola - Un bottino simile ci farebbe guadagnare parecchi privilegi.-
- Potreste farlo, questo è certo.- Gwyn cercò di sfoderare tutta la sicurezza e l’intraprendenza di cui era capace – Ma così facendo perdereste un’occasione.-
- L’occasione per cosa?- il tono di Dante si fece fortemente canzonatorio – Per farci massacrare dai lupi e dalle loro linci? Per farci distruggere le case ed annientare? Questo genere di proposte non ci interessano né mai ci interesseranno.-
- L’occasione per tornare a vivere con orgoglio e dignità.- Cato alzò fiero lo sguardo e i suoi occhi accesi dall’orgoglio fulminarono il Lege zittendolo – L’occasione per uscire dalla fogna di paure e umiliazioni in cui i lupi ci hanno emarginato per tornare a fissare il cielo e le stelle da creature libere, senza paure né minacce a pesare sulle nostre teste.-
Dante guardò il giovane sorpreso dalla sua retorica e dall’impeto con cui aveva pronunciato quelle parole. Il silenzio era frattanto calato nell’arena e, all’infuori del ronzio dei neon e del gracchiare di qualche uccello, non un rumore disturbava l’assemblea.
Dante si alzò in piedi e con un gesto teatrale si aggiustò gli abiti addosso.
- Io e i miei fratelli consiglieri ci ritireremo per qualche minuto.-
Così dicendo guadagnò rapido la porta da cui era entrato con al rimorchio la sua corte.
Gwyn trasse un lungo sospiro e si voltò verso Cato che, al contrario, non sembrava affatto sollevato e si guardava intorno nervoso.
- Cato?- la ragazza gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla facendolo scattare – Tranquillizzati, vedrai che andrà tutto bene. Mostrare loro il medaglione pare abbia funzionato.-
- Correndo veloci potremmo farcela?-
- Cosa?-
Cato si voltò verso la compagna e le indicò con un segno del capo le due uscite che portavano fuori dell’arena.
- Se le cose dovessero mettersi male, corri il più velocemente possibile e, se la situazione dovesse essere veramente pericolosa, trasformati in lupo.-
- Cato, rilassati.-
- Li hai sentiti, volevano venderci ai controllori, usarci come merce di scambio. Queste persone sono terrorizzate, non dobbiamo prendere le loro ipotesi sotto gamba.-
- Non sto dicendo questo, sto solo dicendo che torturarsi per una minaccia fantasma non serve a niente.-
Cato le lanciò un’occhiata poco convinta e alzò lo sguardo verso la tribuna in tempo per vedere Dante e i suoi consiglieri prendere nuovamente posto ai loro seggi.

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Capitolo 18
*** Visite ***


18. VISITE
 
Gwyn si rigirò tra le lenzuola sgranchendosi pigramente gli arti e stropicciandosi gli occhi ancora assonnati. Dopo una settimana in giro per le colonie delle volpi essere nuovamente a casa quasi non le sembrava vero e voleva godere il più a lungo possibile di quella pausa tra una missione e l’altra.
Nelle settimane successive Cato aveva coinvolto i gemelli e Gad spedendoli come delegazione nelle colonie di Vapen e Jern: i due centri che provvedevano ai lupi metalli e armi tra le più sofisticate.
Ora Trevor e Cato si trovavano nella regione di Klut a cercare di convincere i tessitori e gli armorari ad unirsi alla causa delle volpi di Rodrev.
Per il momento quindi a Gwyn e Tyson era stata finalmente concessa un po’ di vacanza in attesa dell’ultimo grande viaggio che li avrebbe mandanti alla ricerca del popolo della foresta.
La ragazza si voltò verso la foto della madre e ne accarezzò il vetro lasciandosi scappare un sospiro. Se Lisedore fosse stata lì avrebbe le avrebbe consigliato come muoversi e dove andare per trovare i figli della foresta, ma la sua voce era stata messa a tacere lune prima ed ora tutto quello che restava di lei era qualche foto sgualcita e dai colori sbiaditi.
Sconsolata prese tra le mani il medaglione e appoggiò la pietra circolare sulla fronte come se sperasse che il monile stesso, per osmosi o per magia, le suggerisse dove trovare quello che cercava.
- Gwyn, sei presentabile?-
La giovane mise da parte il gioiello e si mise a sedere invitando Pilar ad entrare.
- Sei sveglia?-
- Più o meno.- Gwyn si stiracchiò accompagnando il gesto con un ampio sbadiglio – Erano giorni che non dormivo così bene e così tanto.-
L’uomo le sorrise e si accomodò ai piedi del letto guardando occhiate distratte intorno.
- Tu e i ragazzi state facendo un bel lavoro, per le strade non si parla d’altro.- il padrino rivolse uno sguardo orgoglioso alla giovane – Sono fiero di te, Gwyn.-
La ragazza abbassò lo sguardo imbarazzata da quel complimento che sentiva di non meritare.
- Io non ho fatto niente: la mente di tutto è Cato, io sono solo il suo braccio destro se così mi posso definire.-
- Senza di te Cato sarebbe ancora a casa a piangere sua sorella e la sua rivoluzione un sogno che marcisce in fondo ad un cassetto.-  Pilar appoggiò una mano sulle ginocchia della giovane le uno scossone – Non ti sottovalutare. A buttarti giù ci pensano già gli altri, tu tirati su.-
Gwyn sorrise timida e scivolò nuovamente sotto le coperte decisa a passare la giornata sotto quel tepore che sapeva di casa e di pace.
- Non ci pensare nemmeno.- Pilar le strappò di dosso le coperte esponendola al freddo della stanza – Hai dormito a sufficienza.-
L’uomo si alzò e andò ad aprire la finestra ignorando i brontolii della figliastra.
- Sono stata via per giorni! Mi sono meritata un po’ di riposo.-
Gwyn recuperò le coperte e nascose il capo sotto il cuscino in segno di protesta.
- Il tuo riposo si sta trasformando in letargo.- Pilar tornò al letto della ragazza e le tolse nuovamente le coperte gettandole sulla sedia e la scrivania in modo che fosse costretta ad alzarsi per prenderle nuovamente – Lavati e vestiti, in salotto c’è una persona che ti aspetta e non mi sembra educato farla attendere ulteriormente.-
 
In pochi minuti Gwyn fu pronta e raggiunse il soggiorno dove, seduto al tavolo della cucina con una tazza di tè tra le mani, la aspettava Asa.
Alla vista del Lege la ragazza rimase turbata e cercò subito lo sguardo di Pilar che, per sua sfortuna, era intento a lavare i piatti e le tazze sporche abbandonate nel lavello.
- Buon giorno Gwyn.- Asa bevve un sorso dalla tazza prima di posare i suoi occhi color dell’ambra sulla giovane – È da parecchio che non ci vediamo.-
Gwyn rimase ferma sulla soglia del reparto notte indecisa se muoversi o meno verso la volpe o restare a quella distanza di sicurezza e cogliere l’occasione per studiare da vicino il capo del Consiglio di Rodrev.
- Siediti, immagino tu sia affamata.- Asa indicò con una mano una sedia libera facendole segno di avvicinarsi
- E mentre farai colazione mi racconterai che cosa state combinando tu e il signor Vigil.-
Gwyn sentì un nodo serrarle lo stomaco, ma cercò con tutta se stessa di non darlo a vedere e di sfoderare tutta la sicurezza di cui era capace. Tenendo lo sguardo fisso in un punto alle spalle di Asa si versò una tazza di latte e una porzione di cereali e a fatica cominciò ad ingoiarli cercando di ignorare il rigurgito causato dalla tensione.
- Dei controllori sono venuti da me a chiedere informazioni su una lupa dalla pelliccia dorata.- Asa cominciò a giocare con la tazza senza distogliere lo sguardo da Gwyn – Ho detto loro che a Rodrev non ci sono lupi e che, se così fosse, li avremmo certamente denunciati.-
- Grazie.-
- Oh sì! Devi proprio ringraziarmi!- l’uomo scosse la testa sorridendo ironico alla ragazza sempre più sotto pressione – Non so quanti altri consiglieri avrebbero fatto lo stesso, senza contare che mentire ad un controllore è un reato per cui si rischia davvero grosso.-
Gwyn tornò sulla sua tazza di latte e cereali cercando di non concentrarsi troppo sull’ansia che la stava assalendo.
- I controllori mi hanno anche detto che un vento di rivolta si sia alzato da Rodrev contagiando le altre colonie. Anche questa volta ho negato la cosa, ma temo che questa volta le mie parole non siano bastate a convincere i gentiluomini che mi hanno fatto visita.-
La ragazza ingoiò l’ultimo cucchiaio e si pulì la bocca nel tovagliolo usando il quadrato di carta come scudo contro lo sguardo penetrante di Asa.
- Gwyn,- l’uomo si fece ancora più serio e squadrò la giovane quasi a voler sondare i suoi pensieri – che cosa state facendo tu e i tuoi compagni? I vostri spostamenti non sono passati inosservati ai miei occhi e, temo, nemmeno a quelli dei controllori.-
Messa con le spalle al muro la ragazza confessò tutto a Asa raccontandogli per filo e per segno di quello che era avvenuto in quei lunghi mesi, della punizione di Gad e di come lei lo avesse difeso e, da ultima ma non meno importante, della decisione sua e di Cato di lottare per la causa del popolo della foresta.
Asa ascoltò tutto molto attentamente, ponendo domando e accompagnando il racconto con cenni del capo e suoni di assenso.
- Vi siete messi in un bel guaio, immagino che tu questo lo sappia.-
- Sì, ma francamente non vedo come si potesse continuare a vivere come ombre pavide.-
- Se i lupi vi scoprono verrete uccisi e anche Rodrev pagherà per la vostra arroganza.- Asa si era sporto verso la ragazza incrociando le mani sul tavolo e guardandola accigliato.
- Rodrev sta già pagando: ogni mese i lupi ammazzano i nostri fratelli, senza parlare delle umiliazioni e delle pesanti punizioni a cui siamo sottoposti.- lo sguardo di Gwyn si era acceso e i suoi occhi avevano perso lo spettro della paura – Questa non è una roulette russa, ma qualcosa di più pericoloso: è come sparare in cielo senza sapere se il petardo scoppierà o meno. Se esploderà dalla polvere da sparo si creerà un fuoco che rinnoverà le nostre vite, ma se così non fosse allora cadremo nel fango senza alcuna possibilità di rialzare il capo nuovamente.-
Asa sorrise alla giovane per cui, dopo quelle parole così decise, nutriva una profonda e autentica ammirazione. Pur non essendo una di loro Gwyn aveva deciso di mettersi in gioco e di rischiare la sua vita e tutto quello che aveva per un popolo che non era nemmeno il suo e questo, agli occhi del Lege, era ammirabile nonché indice che dietro quella ragazza riservata si nascondeva un cuore eroico e nobile come quello dei suoi genitori.
- Molto bene.- Asa si alzò in piedi e si sistemò la lunga tunica marrone lisciando le pieghe che aveva preso – Ovviamente il Consiglio non può appoggiare questo genere di iniziative né tantomeno incoraggiarle. Ma, ufficiosamente, voglio assicurarvi tutto il mio appoggio e la mia benedizione.-
L’uomo si avvicinò alla ragazza e gli porse le afferrò la mano stringendola saldamente tra le sue dita fredde e callose.
- D’ora in avanti io, Asa Brown, Lege di Rodrev metto a tua disposizione i miei mezzi e il mio tempo e giuro solennemente di impegnarmi con tutto me stesso per la vostra, e nostra, causa.-

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Capitolo 19
*** Il permesso ***


19. IL PERMESSO
 
- Le cose si stanno mettendo male.- Cato arrestò la sua nevrotica marcia davanti alla scrivania si Asa –I controllori hanno intensificato i  controlli: fanno retate, perquisiscono intere palazzine alla ricerca del lupo dalla pelliccia d’oro. È solo questione di tempo prima che comincino a setacciare anche Rodrev e temo che ci andranno pesante.-
- Non ci rimane molto tempo.- Gwyn guardò decisa il Lege battendo un pugno sul tavolo – Dobbiamo andare dal popolo della foresta.-
- A che pro?- l’uomo si distese sulla sua poltrona incrociando le dita sotto il mento e accarezzandosi  la corta barba che gli incorniciava il viso – Cosa vorresti chiedere a quelle persone?-
- Di unirsi a noi!- la ragazza guardò sorpresa il Lege – Tutte le colonie si sono schierate dalla nostra parte. Abbiamo radunato un discreto esercito, ma non ci muoveremo senza i figli della foresta.-
- Davvero pensi che il popolo della foresta scenderà al vostro fianco in battaglia?- Asa scosse la testa ridendo – Sono pacifisti per natura, davanti ai lupi e alle linci di Lycan cederebbero le armi prima ancora di cominciare uno scontro.-
Cato si voltò verso i due alla scrivania e bloccò nuovamente il suo andirivieni, come se le parole del Lege avessero messo un ceppo alle sue gambe che gli impedisse di muoversi.
- Stai scherzando, vero?- il ragazzo si avvicinò alla scrivania accigliandosi – Dopo tutto quello che abbiamo fatto, il popolo della foresta potrebbe rifiutare di aiutarci?-
- Non ‘potrebbe’.- Asa inarcò entrambe le sopracciglia con rassegnazione – Lo farà senza dubbio.-
Cato ricominciò ad aggirarsi in preda alla collera per la stanza borbottando tra sé e sé.
- Potremmo provare.- Gwyn si voltò verso il Lege guardandolo seria e preoccupata al contempo – Parlare con loro, cercare un modo per convincerli.-
Asa scosse il capo poco convinto.
- Non saprei.-
L’uomo si alzò e andò alla libreria che si ergeva alle sue spalle e che, come gli altri mobili della stanza, traboccava di libri e carte incastrate insieme in un delicato equilibrio. Il Lege prese alcune mappe e un grosso libro rilegato che appoggiò sul tavolo con un tonfo sordo.
Senza proferir parola l’uomo cominciò a sfogliarne le pagine e ad aprire le carte che mostravano le colonie di Lycan e i confini del territorio dei lupi.
- Questo- Asa indicò un punto sulla mappa oltre la frontiera di Lycan – è il punto in cui si annidano gli ultimi figli della foresta.-
- È dall’altra parte rispetto a Rodrev!- Cato guardò sconsolato la mappa – Mi spieghi come faremo a superare tutti quei posti di blocco? Specie ora che tra i lupi c’è la massima allerta?-
- Questo non lo so.- Asa si alzò e cominciò a sfogliare libri alla ricerca di un’idea – Dovrete trovare un modo.-
Il silenzio calò nella stanza interrotto solamente dal picchiettare della pioggia contro i vetri dello studiolo.
- Lunz.- Gwyn spostò lo sguardo dalla danza ipnotica della candela che stava fissando – In quanto cittadino di Lycan potrebbe farci ottenere i permessi per lasciare i territori.-
- Per te forse, ma non certo per me.- Cato abbassò deluso gli occhi – Per una volpe ottenere un permesso è a dir poco impossibile.-
Gwyn guardò Asa sperando di ricevere dal Lege qualche parola di conforto.
- Purtroppo Cato ha ragione.- l’uomo tornò a sedersi alla scrivania incrociando le mani sotto il mento – Se riuscirai ad ottenere un permesso dovrai andare da sola.-
Gwyn annuì malgrado l’idea non le piacesse affatto, ma, dopotutto, aveva forse qualche altra possibilità?
 
Dei colpi ben riconoscibili: quattro con intervalli ben definiti e un suono banale per annunciare il proprio arrivo.
Lunz aprì la porta permettendo a Cato e Gwyn di scivolare all’interno del negozio e ripararsi dalla pioggia battente.
- Non vi aspettavo.- l’uomo richiuse la porta lanciando occhiate nervose intorno – Cosa vi porta qui?-
Gwyn e Cato presero posto alla scrivania che, da qualche settimana a quella parte, era diventata la loro base in territorio nemico.
- Ci servono dei permessi per lasciare i territori di Lycan.- Gwyn guardò con determinazione il lupo esponendogli senza tanti giri di parole la questione – Asa ci ha detto dove trovare il popolo della foresta e,…-
Lunz si era avvicinato entrando nel cerchio di luce che la lampada disegnava sopra le teste dei due ragazzi.
Gwyn si bloccò al vedere i grossi ematomi che ricoprivano il volto e il collo del lupo che, pienamente illuminato, appariva stanco e più emaciato del solito.
- Lunz?- la giovane cominciò a balbettare angosciata da quella vista – Cosa ti è successo?-
Il lupo alzò sconsolato lo sguardo e tra le lacrime riuscì ad articolare solo due parole.
- Mi dispiace.-
Dalla porta che conduceva all’appartamento sovrastante, e da quella dell’ingresso, fecero irruzione una dozzina di controllori che, spintonando il lupo da una parte all’altra, si avventarono sui due ragazzi.
Simultaneamente i due giovani scattarono in piedi, ma per quanto scattanti non furono abbastanza veloci e, prima che potessero reagire, si ritrovarono schiacciati sotto i controllori che, con efferata violenza, li costrinsero a terra a furia di calci, pugni e manganellate.
Tra i colpi che provenivano da destra e sinistra Gwyn ebbe un solo momento per alzare gli occhi verso Lunz e leggere sul volto del lupo tutta la disperazione che quel macabro spettacolo di procurava.
Quattro mani la fecero alzare e poi mettere in ginocchio, delle dita lunghe e ossute le afferrarono la testa tirandola indietro mentre un manganello scivolava sotto il suo mento costringendola a guardare in alto verso l’uomo che, a avanzando borioso e soddisfatto, aveva appena fatto il suo ingresso nel locale.
Gwyn provò a liberarsi dalla presa che la tratteneva, ma ottenne solamente un violento strattone ai capelli che le fece digrignare i denti.
- Bene, bene.- il lupo si mise davanti ai due ragazzi sfoderando un sorriso compiaciuto – Chi non muore si rivede.-

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Capitolo 20
*** Dolore ***


20. DOLORE

Slimete si accovacciò davanti a Gwyn portando il suo volto sudato e unto all’altezza di quello della ragazza. Un’espressione soddisfatta e un risolino trionfante gli segnavano il viso contraendolo in una smorfia.
Gwyn provò nuovamente a liberarsi dalle mani dei controllori e di fuggire dallo sguardo famelico e dall’alito mefitico dell’uomo.
Al contrario Cato rimase immobile limitandosi a restituire al lupo che gli stava dinnanzi uno sguardo carico di odio.
Slimete allungò la mano verso il viso di Gwyn e affondò le dita nelle guance della ragazza costringendola a guardarlo in modo che potesse gustare il terrore che si muoveva dietro le iridi scure della lupa.
- Ciao volpacchiotta.- il sorriso beffardo articolò quel saluto sarcastico – O dovrei dire lupacchiotta?-
Con una sonora risata l’uomo lasciò andare il volto di Gwyn e si alzò rivolgendosi ai suoi uomini.
- Portateli via, ma fate piano.- si voltò nuovamente verso la ragazza guardandola divertito –Non voglio che le roviniate il suo bel pelo dorato.-
L’uomo rise nuovamente e leccandosi le labbra uscì dal locale.

Con le spalle contro la parete della cella Gwyn guardava con gli occhi sbarrati la porta pregando che si aprisse in fretta restituendole Cato. La mano corse involontariamente al collare che le era stato messo per impedirle di trasformarsi. Era stata un’ingenua e la sua avventatezza poteva costare la vita a lei e al suo compagno. La serratura nella porta si lamentò fino a cedere e ad aprirsi. Due uomini comparvero sulla soglia e gettarono a terra il corpo tramortito di Cato. - Cato!- Gwyn gli fu subito accanto e lo aiutò a mettersi seduto con le spalle contro la parete. Il volto del giovane era una maschera di dolore tappezzata di tagli ed ematomi: dalle narici e dalle labbra uscivano fiotti di sangue ed era chiaro che il naso fosse stato rotto.
I due controllori agguantarono Gwyn per le braccia e la fecero alzare suo malgrado ignorando i suoi tentativi di resistenza. Senza indugiare la ammanettarono e a passo svelto la condussero in un lungo corridoio dalle pareti di un bianco accecante. Gwyn cercò di trattenere il fiato per non dover respirare quell’odore di alcol e disinfettante che appestava la corsia facendola assomigliare a quella di un ospedale.
I due uomini la scortarono fino ad una stanza dalle pareti nere al cui centro era posto un tavolo simile a quello di una sala operatoria.
Due inservienti le si avvicinarono e, dopo averle tolto manette e collare, la accompagnarono accanto al tavolo e le ordinarono di stendersi.
Al contatto con il corpo della ragazza la superficie fredda e levigata si accese e, al pari di un essere vivente, cominciò ad emettere un ringhio minaccioso e sommesso.
I due inservienti si allontanarono e, dopo pochi minuti, Slimete entrò nella stanza. L’uomo si avvicinò al tavolo accarezzandone la superficie metallica e osservando famelico la sua vittima.
- Lascia andare Cato.-
Il lupo si voltò verso la ragazza che lo fissava rassegnata.
- È me che volete per cui lascialo andare.-
- Non ti hanno insegnato a rivolgerti come si deve ad un lupo del mio rango?-
La giovane distolse lo sguardo senza controbattere.
- Ad ogni modo,- l’uomo si sedette sul tavolo e le sue dita corsero lungo il colletto della camicia della giovane per fermarsi all’attaccatura del collo – questo dipende da te. Se mi darai quello che voglio potrei anche decidere di risparmiargli la vita e rimetterlo in libertà.-
Gwyn strizzò gli occhi e deglutì a fatica il nodo di paura che le serrava la gola.
- Affare fatto.- riaprì gli occhi e guardò l’uomo con risolutezza – Prenditelo pure.-
La giovane chiuse nuovamente gli occhi e voltò il capo attendendo le mani dell’uomo su di sé e le e il tocco viscido delle sue labbra sulla pelle.
Slimete le afferrò con violenza il viso costringendola a guardarlo e le rivolse un sorriso bieco.
- Per pochi spiccioli posso avere donne molto più avvenenti di te, consenzienti e che non esiterebbero a soddisfare tutti i miei desideri e a regalarmi del sano piacere.- strinse maggiormente la presa – Tu non sei nessuno, Gwyn Cora. Ti credi tanto importante per il tafferuglio che hai creato in città, sappi che nella mia carriera ho rimesso al loro posto ribelli ben più sovversivi e intrepidi di te.-
Detto ciò le lasciò andare il volto e si rivolse ai due inservienti che l’avevano accolta al suo arrivo.
- Preparatela, voglio poter cominciare l’interrogatorio il prima possibile.-
I due uomini si avvinarono al tavolo spingendo un carrellino su cui erano appoggiati diversi oggetti e una specie di console. Gwyn rimase immobile mentre i due inservienti le si avvicinavano con lunghi e sottili aghi. Uno dei due le afferrò il braccio e senza indugio le infilò l’ago bel bicipite facendolo penetrare tra le fibre del muscolo fino a sfiorare l’osso.
La lupa gridò di dolore sentendo quella stilla penetrarle la carne e raschiarle l’osso, ma il peggio doveva ancora venire. Gli inservienti la infilzarono con quattro aghi, uno per ogni arto e collegarono la cruna di ciascuno alla console.
Slimete si avvicinò nuovamente alla ragazza già sofferente.
- Il popolo della foresta.- il lupo si avvicinò alla ragazza e la guardò serio – Dicci dove si trova.-
- Non lo so, nessuno lo sa.- la ragazza lo guardò terrorizzata – Si nascondono e non si fanno trovare da nessuno.-
L’uomo si chinò su di lei e avvicinò le labbra al suo orecchio.
- Risposta sbagliata.-
Un cenno e uno degli inservienti premette un bottone sulla console che liberò una scarica elettrica.
Un dolore lancinante percorse tutto il corpo della ragazza che cominciò a contorcersi e a lanciare grida strazianti.
- TI PREGO BASTA!-
La giovane continuò a dimenarsi in preda alle convulsioni che si facevano più violente a seconda dell’intensità della scarica.
- Basta un nome, cara, un luogo e ti lascerò andare.-
Continuò ad urlare e a contorcersi lottando contro il dolore e contro quella vocina che le suggeriva di vuotare il sacco e di salvarsi.
- NON LO SO! TI HO DETTO CHE NON LO SO.-
Slimete scosse il capo deluso e si voltò verso i due inservienti.
- Aumentate la potenza, quando comincerà a friggere forse si deciderà a parlare.-

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Capitolo 21
*** Liberi ***


21. LIBERI

Un boato seguito da una scossa che fece tremare le mura della cella. Gwyn e Cato saltarono a sedere tendendo le orecchie al coro di urla e rumori che proveniva dal corridoio.
- Cosa succede adesso?-
La volpe guardò nervosa la compagna e si alzò in piedi cominciando a percorrere il perimetro della stanza come un’anima in pena. Un odore forte scivolò sotto la porta e in poco la piccola cella cominciò a riempirsi di fumo mentre all’esterno si sentiva il crepitare della fiamme.
I due giovani si lanciarono contro la parete e cominciarono a battere i pugni contro la porta blindata che li separava dalla libertà.
Cato ringhiava, urlava e si dimenava nel tentativo disperato di aprirsi una via di fuga. Una chiave entrò nella serratura e con uno schiocco la porta si aprì inondando la cella di luce e costringendo i due giovani a strizzare gli occhi: davanti a loro, immobili e seri come due sentinelle, riuscirono a distinguere le sagome che li osservavano seri.
- Gwyn Cora e Cato Vigil?-
I due ragazzi annuirono all’unisono.
- Seguiteci.-
I due uomini si voltarono e si allontanarono lungo il corridoio ormai conteso dalle fiamme. Cato e Gwyn si guardarono un secondo prima di lanciarsi all’inseguimento dei due che avanzavano sicuri tra le colonne di fuoco, le volute di fumo e i controllori che accorrevano più preoccupati a domare l’incendio che a recuperare i fuggiaschi.
Gwyn faticava dietro ai due e si voltò stupita quando sentì Cato afferrarla per il braccio e trattenerla.
- Cosa stiamo facendo?- la voce del ragazzo era un sussurro agitato – Chi sono quelle persone? Dove ci portano?-
La ragazza si voltò verso i due sconosciuti preoccupata di perderli di vista.
- Non lo so, ma ci hanno liberati quindi…-
- Quindi cosa?- il giovane guardò sospettoso i due che si erano fermati e li osservavano – Forse dovremmo scappare. Siamo liberi, dovremmo approfittarne prima che la fortuna giri nuovamente contro di noi.-
Gwyn ascoltò attentamente l’amico ponderando seriamente l’ipotesi di invertire la sua marcia e allontanarsi dai suoi liberatori, stava per decidersi a seguire Cato che sentì una mano appoggiarsi pesantemente sulla sua spalla.
- C’è qualche problema?-
Uno dei due uomini le era arrivato alle spalle e ora la scrutava imperturbabile.
- Noi …- la ragazza deglutì, quell’individuo le metteva soggezione – noi ci stavamo chiedendo chi siete e perché ci avete liberati.-
Lo sconosciuto inarcò un sopracciglio prima di aggrottare la fronte.
- Non mi sembra il momento adatto per farsi venire certe domande.- replicò burbero – Muovetevi, e cercate di stare al passo! Quando i controllori avranno domato le fiamme ce li ritroveremo addosso.-
L’uomo raggiunse il compagno e riprese il cammino questa volta correndo, Gwyn e Cato si scambiarono uno sguardo di intesa e senza esitazione ripresero a seguire i due fin fuori della prigione.
L’incendio era stato ormai sedato e nel cortile cominciavano a echeggiare ordini e grida. Uno dei due uomini si voltò e tolse ai due ragazzi i collari che gli erano stati messi per impedirne la trasformazione.
- Potete trasformarvi?-
Gwyn si massaggiò il collo sentendo ancora sulla pelle la sgradevole sensazione del collare.
- Credo di sì.-
L’uomo annuì e voltatosi corse verso uno dei controllori spiccando un lungo salto e atterrando in forma di un grosso lupo grigio. Anche il suo compagno lo imitò e presto nel recinto esterno della prigione echeggiarono urla e latrati.
Gwyn lanciò una rapida occhiata al compagno e si trasformò a sua volta cominciando ad azzannare e colpire le linci che le venivano incontro.
Voltandosi la lupa vide gli altri due maschi crearsi un varco tra i controllori seguiti a ruota da Cato che, come una freccia scarlatta ed impazzita, attaccava chiunque gli capitasse a tiro.
- Da questa parte.-
Uno dei due lupi si voltò verso la ragazza che intuì rapida il suo pensiero e si apprestò a seguirli attraverso un varco verso l’esterno della prigione.

Corsero per diversi chilometri: la lingua penzoloni, le code erette come stendardi spiegati; i due maschi aprivano la strada, dietro correvano Gwyn e Cato.
La lupa si voltò verso la volpe che si affrettò a raggiungerla: erano liberi, feriti sì, ma liberi e ormai in salvo.
I due lupi raggiunsero il limitare della foresta e si fermarono poco dopo al centro di una radura assumendo nuovamente la loro forma umana.
Gwyn e Cato si guardarono intorno guardinghi prima di riprendere le loro sembianze normali.
- Ora potete dirci chi siete e perché ci avete liberati.-
Cato si rivolse senza tanti giri di parole ai due lupi squadrandoli serio e sospettoso.
- Ci ha mandato Asa.- uno dei due prese parola – Ha detto che due dei suoi ragazzi erano in pericolo e il nostro capo ha deciso di mandarvi a liberare.-
- Due lupi per una missione di salvataggio?- Cato lo guardò meravigliato.
- Noi due eravamo incaricati di trovarvi e farvi uscire, i nostri fratelli hanno appiccato il fuoco e creato un diversivo per trattenere i controllori.-
- Potete portarci dal vostro capo?- Gwyn si intromise prima che il suo compagno potesse rivolgere nuove domande al lupo – Vorrei ringraziarlo per quello che ha fatto per noi.-
- Non preoccuparti.- l’uomo si voltò e raggiunse nuovamente il suo compagno – È da lui che vi stiamo portando. Bald è impaziente di conoscere la vostra storia.-

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