Fette Biscottate e Mele

di sososisu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Rauchen Ist Verboten ***
Capitolo 3: *** Dreadlocks ***
Capitolo 4: *** Scheisse ***
Capitolo 5: *** Anywhere ***
Capitolo 6: *** Frei im freien Fall ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Un tonfo riecheggiò nella hall dell’hotel.
Dannazione, non potevano essere un po’ più delicati, quelle valige erano delicate, peccato non gli fosse stato appiccicato sopra un adesivo rosso con su scritto a caratteri cubitali: FRAGILE.
Sbuffò, sbuffarono.
La testa gli pulsava così forte … si sentiva le meningi spinte da una forza centrifuga nata chissà dove. Lentamente si portò due dita alle tempie doloranti, Bill era isterico da circa … sei ore, o poco più. Non lo sopportava ormai da parecchio, aveva anche rischiato di strappargli tutti i capelli a morsi, ma grazie a dio si era trattenuto.
Erano tornati a casa, se cosi di poteva dire. Scesi dall’aereo, nelle loro narici, nei loro polmoni, si era fatta strada la pungente e fredda aria crucca. Quella che pizzicava il naso, che profumava di crauti e di birra, che ti faceva venir voglia di abbandonarti a peso morto su un morbido materasso e dormire per duecentoventitre ore di fila.
Erano di nuovo in Germania, ma di certo non per passare una felice vacanza.
Ormai erano anni che non ne facevano una decente. Accecati dal loro lavoro, dalle loro responsabilità, dai loro nomi, dai soldi, che, lentamente, li stavano sommergendo. Annegavano nel denaro, fino a soffocare. Era successo, nel passato. Tanti, ormai troppi, anni prima. Si erano abituati bene, loro.
Non conoscevano la parola quotidianità, era come l’aramaico.

… Continuò a premere l’indice e il medio contro le tempie, nel vano tentativo di massaggiare e rilassare il cervello.
Le urla che provenivano da fuori erano incessanti, penetranti, infinite. Nascosto dietro ai suoi occhiali formato ape-maia, come gli altri tre ragazzi, tentava di rendersi invisibile dietro ad ogni essere vivente e non. Dietro vasi, dietro fiori, dietro guardie del corpo … era indifferente.
Anni, solo lunghi anni.
Non che fosse stufo del suo successo, per carità. Il successo era la sua vita ormai. Però, qualche volta, quando era sotto le lenzuola, da solo, si metteva a riflettere. Pensava a come la fama era andata a sbattere a duecento all’ora contro la sua esistenza. La sua adolescenza.
E se non avesse incontrato quelle persone, quel giorno, in quel luogo? Cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe ora? Chi sarebbe ora?

Nel bel mezzo delle sue riflessioni venne disturbato da una gomitata, che gli arrivò dritta nello stomaco.
-Bill, calmati- glielo disse con una tale tranquillità che lo stesso Kaulitz non proferì parola, si limitò a guardarlo in cagnesco e a bofonchiare qualcosa che assomigliava vagamente a un “stai zitto idiota”, dopo di che gli lanciò un mazzo di chiavi, che lui prontamente afferrò. Sognava il comodo materasso di quel fottutissimo e lussuosissimo hotel a duecentoventun stelle … e poi sognava un’aspirina.
Con la stessa andatura di un bradipo sotto sedativi si diresse verso l’ascensore di legno chiaro per poi pigiare il pulsante dorato che indicava l’ultimo piano del palazzo. Un bell’attico, tutto per lui.

Eccolo qua, uno dei quattro enfant prodige.
Bambini prodigio … insomma … lo erano stati, certo. Ma all’alba dei suoi ventotto anni, non si considerava più un poppante.
I Tokio Hotel. Cazzo, i Tokio Hotel. Chi non li conosceva? Nessuno. Ormai erano sulla bocca di tutti. Ed erano diversi dai vecchi nanerottoli. Parecchio diversi.

Bill Kaulitz, che voi dovreste conoscere molto bene, era cambiato, assai.
Non aveva mai dichiarato di essere omosessuale. Ma ormai era chiaro al mondo intero. Tutti lo avevano capito e questo non aveva fatto altro che aumentare la popolarità della band, oltre che i gossip che giravano intorno ad essa. Il novantanove per cento delle fan rimaneva però convinta che il piccolo Kaulitz fosse sempre e comunque il loro uomo virile, il loro futuro amante, il loro ragazzo perfetto, il loro principe azzurro, viola, magenta, porpora, nero a pois bianchi …
La sua chioma leonina era svanita, insieme alle provocanti ciocche biondastre.
Era cresciuto, ormai venticinquenne quasi stentava a riconoscersi alla vista dei vecchi scatti che mostravano un pivellino appena diciottenne, con una lungha chioma appena uscita da un trattamento elettroshokkante.
Ora, finalmente maturo, sfoggiava corti capelli completamente neri, con l’aggiunta di un ciuffo ribelle che copriva leggermente l’occhio sinistro.
Niente di particolarmente eccentrico o, più semplicemente, folle.
Finalmente aveva capito che forse esagerava un po’ anche col trucco, e aveva quindi preso la fatidica decisione di diminuire la dose di kajal scurissimo e affini.
Gustav Schäfer aveva rafforzato il suo carattere, si era fatto spazio, sgomitando fra le due figure dei due gemelli.
… Certo, restava sempre il ragazzo biondo e dal viso angelico che era a diciannove anni, però anche lui aveva fatto i suoi cambiamenti e le sue cazzate. Era stato innamorato, tanto, forse troppo tempo. Tempo durante il quale aveva vissuto in un mondo tutto suo, dove esistevano solo loro due, piccoli piccioncini. Si era tatuato sulla spalla destra il suo nome, le aveva anche comprato un anello per chiederle di sposarlo. Ma come tutte le storie d’amore, era finita. Tragicamente.
Classico: lei se la fa con il migliore amico del futuro maritino. E il bello è che in questo caso, il migliore amico era, niente popò di meno che il nostro amato Kaulitz. Tom Kaulitz.

… Gli aumentò ancora di più il mal di testa quando i suoi pensieri caddero sulla crisi che avevano avuto. Brutta cosa il tradimento. Eccome.
Per colpa di quei bicchierini di troppo, i Tokio Hotel erano andati a farsi fottere per circa un anno e mezzo. Morti. Deceduti.
… Ma poi resuscitati. Il gemellino cattivo aveva passato sedici lunghissimi mesi a implorare Gustav di perdonarlo. “Ero ubriaco, non ragionavo, è stata lei …” Eccetera, eccetera.
Ma si sa che il nostro Schäfer ha gli addominali di ferro, ma il cuore di cioccolato al latte. E, come un dolce gianduiotto, si era sciolto, lentamente.
… Il tatuaggio sulla spalla però rimaneva, eccome.
Un Julia, che non se ne sarebbe mai andato.

… C’era, per l’appunto, chi diceva che Tom Kaulitz non fosse mai cambiato e che fosse rimasto il solito maniaco che ragionava con ciò che aveva fra le gambe e non con il cervello, che -stentiamo ancora tutti a crederci- in fondo esisteva –molto in fondo- .
Ma, invece, maturato anche lui, aveva abbandonato i suoi cappellini della Sox e gli amati dread …
… la sua testa era rimasta pelata per molto poco.
Aveva dichiarato più volte che senza tutti i suoi bambini si sentiva nudo.
Quindi ben presto, il suo crapone, si era ritrovato nuovamente ricoperto di serpenti aggrovigliati, anche se, molto più corti rispetto a quelli dei vecchi tempi da diciottenne arrapato.

E Lui?
Beh, ormai credo abbiate capito chi sia il misterioso ragazzo, afflitto da un lancinante mal di testa. Ebbene sì. È lui. Il famigerato Georg Listing.
Bassista dei Tokio Hotel ormai da più di dieci anni. Ventottenne palestrato e perennemente piastrato. Semplice –si fa per dire- ragazzo, disteso su un semplice –si fa per dire- materasso in un semplice –si fa per dire- hotel. Ecco, lui forse era quello che era cambiato meno. Fisicamente era identico, certo, magari una ruga in più, ma rimaneva sempre lo stesso tedesco doc. Psicologicamente –che parolona- restava il bassista misterioso, che era per metà nascosto nell’ombra. I suoi occhi verdi erano forse un po’ più limpidi, più stanchi, ma, tutto sommato, era contento della sua vita.
… Ovviamente vi erano anche i pomeriggi come quello appena trascorso. A sentire una checca isterica sbraitare contro il proprio gemello e a sopportare ore e ore di urli isterici da parte di fan il quale scopo era solamente quello di strapparti una ciocca di capelli per poi venderla su Ebay e diventare miliardaria, oppure di portarsi a letto Bill Kaulitz. Entrambi desideri assurdi e ASSOLUTAMENTE non realizzabili.
Ma il bello doveva ancora venire.

Afferrò il telecomando e iniziò a fare zapping. Non era un’idea molto intelligente constatando che aveva l’emicrania da circa due ore, ma se ne fregò e accese la tv lo stesso. Tanto sapeva che entro pochi secondi si sarebbe addormentato stecchito, come un bambino. Era stanco morto, ma aveva anche una gran fame, tuttavia la pigrizia gli impediva di alzare quelle sue belle chiappe dal materasso e andare fino giù al ristorante. Pazienza, avrebbe ordinato qualcosa in seguito.
Prima voleva riposare. Come vi dicevo prima, il bello doveva ancora venire. Il giorno seguente sarebbe stato il primo di una lunghissima serie di mattina-pomeriggio-sera INTERAMENTE dedicati ad OGNI tipo di impegno lavorativo. Concerti, servizi fotografici, interviste, ma soprattutto comparse televisive. In ogni secondo della giornata sarebbe stato circondato da centinaia di altre persone: dai fotografi ai giornalisti, dai fan ai cameraman, dagli addetti al catering a quelli per le luci.
Ma d’altronde questo era il suo lavoro.
Un flebile quanto scocciato -Fanculo- uscì dalle sue labbra, prima di cadere in un sonno profondo.

Esattamente tre ore, ventitré minuti e tredici secondi dopo che ebbe abbassato le palpebre stanche, Bill entrò nella sua lussuosissima camera, come un tornado, spalancando porte e finestre. Georg fece un salto di due metri per lo spavento prima di rendersi conto che non era una pazza-fan-assassina-che-voleva-stuprarlo quella che aveva appena interrotto il suo sonno in un modo cosi brusco, bensì Bill-checca-Kaulitz.
Cercò di assumere una posizione autoritaria per convincere il suddetto fanciullo a sloggiare, ma con pochi risultati. Più rimbambito di una tartaruga centenaria ricadde sul materasso non appena tentò di sollevarsi in piedi.
-Bill … ti prego- lo implorò con una vocina flebile flebile –Io stavo dormendo, lo capisci questo?-
A questa EVIDENTE richiesta di tregua, il Frontman, con la sua solita scaltrezza, rispose con un sorriso a tremiladuecentoventisei denti tutti brillantissimi e con una patetica esclamazione fatta per l’appunto con vocina stridula e acuta.
-Ma è ora di cena!!-
Georg, capì che non era il caso di mettersi contro l’uragano-Kaulitz, specialmente quando questultimo era sotto l’effetto di tonnellate di caffeina pura ingurgitate durante il viaggio aereo del pomeriggio. Cosi si arrese e si alzò dal suo comodo letto a quattro piazze, pronto per una lunga, lunghissima serata, a capotavola insieme a tutta la troupe dei Tokio Hotel.

* * *

Note Dell’Autrice: Con calma. Inspiro, espiro. Chiedo-perdono-per-l’altra-fanfiction!! Ok, l’ho detto. No, seriamente, sono davvero dispiaciuta per il fatto che non ho più aggiornato, ma ho avuto un blocco e non so davvero come continuarla. Quindi mi sa che per un bel po’ rimarrete fermi al primo capitolo. Allora per farmi perdonare ho deciso di postare questa nuova fanfiction, che, rullo di tamburi, avrà come protagonista il nostro Georgino!
Silvietta tu sarai contentissima! :D
Ringrazio ancora tantissimo tutti coloro che hanno recensito e messo le mie storie fra i preferiti!^__^
Vi attendo ansiosa al prossimo capitolo di questa ff!
Mi raccomando, ricordate che le recensioni sono sempre ben accette :)))

Lo so che mi state tutti linciando perché ho messo Bill gay, ma non scrivetemi recensioni del tipo: “PERCARITAAAAA il mio Billuccinoinoino! Non sia maiiii vade retrooo!”
E’ tutta una decisione meditata e frutto di un MIO ragionamento personale, io ho le mie idee e i miei pensieri :DDDD quindi non dite nulla riguardo al Bill-checca-Kaulitz! Ehehe

Apro solamente l’ultima parentesi, questa volta per quanto riguarda il titolo della fanfiction. Non è che abbia un significato cosi importante e significativo, però mi piaceva molto. Capirete in seguito :))) Ci tenevo comunque a farvelo sapere!

Grazie ancora!

Un bacione

G.

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Capitolo 2
*** Rauchen Ist Verboten ***


RAUCHEN IST VERBOTEN

Non la smetteva di fissarsi allo specchio. Nonostante fosse perfettamente perfetto, come sempre, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua figura aggraziata, riflessa sulla superficie liscia.
-La vuoi smettere- Lo rimproverò lui, con aria seccata.
-Chi … io?- Bill gli rispose con vocina innocente e occhi da Bambie, al che Georg pensò che la cosa migliore da fare era girarsi e lasciarlo affogare nel suo brodo. Tanto meglio per lui.
Le porte dell’ascensore si aprirono, con un rumore meccanico, e finalmente Kaulitz si decise a smetterla di fissare ogni centimetro del suo viso –o millimetro- alla ricerca di un inesistente punto nero.
Sculettando com’era suo solito fare, trotterellò fino all’imponente scrivania della reception, e, sorridendo alla ragazza al di là del tavolo in legno laccato, le lasciò le chiavi della sua stanza.
Georg fece lo stesso, ma con un atteggiamento decisamente meno “Bill-checca-Kaulitz” e soprattutto con meno entusiasmo.
Con passo svogliato si avvicinò alla sala da pranzo riservata a loro. Era assurdo come i proprietari degli hotel si impegnassero per rendere ogni loro soggiorno sempre più lussuoso. Questa volta avevano tenuto libera per loro un’intera sala; normalmente si limitavano a riservargliene un piccolo pezzetto, un angolino. E gli altri trecento ospiti dove diavolo avrebbero cenato?
-Beh … - pensò Georg - … non credo che questo hotel sia così piccolo da non avere due sale da pranzo-
Dopo questa lunga serie di pensieri stupidi ed insensati, finalmente si accorse che era arrivato al tavolo destinato alla troupe. Quanti diamine erano?
Quattro star del Rock –se cosi si potevano definire- e altri venti persone che svolgevano i lavori più assurdi. Gli venne il voltastomaco. Il mal di testa era migliorato un po’, ma rimaneva comunque.
Cercò di fare un bel sorriso, ma gli venne fuori un qualcosa di decisamente falso e svogliato.
-Buonasera a tutti-
L’intera troupe lo salutò con occhiate gentili, cenni della mano e qualche piccolo “’Sera” sussurrato.
Dopo questa bella scenetta, arrivò l’uragano-Kaulitz, ancora sotto l’effetto della caffeina, e si mise a urlare saltellando come un coniglio frasi come: “Ragazziii che bello non vedo l’ora di lavorare con voiii” oppure “Hiii sono cosi feliceee”. Georg si portò la mano al viso, nel vano tentativo di nascondere la sua espressione leggermente alterata e di tenere a freno i suoi istinti animaleschi che vedevano un Bill sbudellato appeso al muro.
… Insomma, quella sera il nostro bassista non era proprio di buon umore.

Piano, piano li raggiunsero anche gli altri due componenti della band. Tom, con una faccia decisamente stravolta e due occhiaie che in confronto due montagne erano il Nulla, si presentò con un paio di jeans che aveva rubato a Gustav e che, stranamente, gli aderivano alle gambe muscolose, e con una maglietta che invece doveva essere di Georg, constatando la sua faccia non appena la notò. –Non è colpa mia se quei deficienti dell’hotel non hanno ancora portato la mia valigia nella mia stanza!- cercò di giustificarsi lui, alzando le mani con fare innocente.
I proprietari dei vestiti sbuffarono e decisero di credergli, anche se non molto convinti. Gustav salutò tutti calorosamente ed educatamente –a differenza di un certo struzzo di mia conoscenza- così come fece Tom, anche se ad ogni ragazza della troupe doveva fare un complimento diverso. Ma tutte ci risero sopra, conoscevano quel marmocchio da anni, era ormai il sesto di fila che lavoravano per Tokio Hotel, il sesto tour che trascorrevano insieme.
Certo, ogni volta si aggiungeva qualcuno di nuovo e qualcuno magari se ne andava, però …

… Finalmente si erano tutti accomodati e si stavano arrotolando un po’ di spaghetti intorno alla forchetta. Chiacchieravano animosamente e ridevano di gusto, fra tutti loro c’era armonia, un buon rapporto, una buona amicizia. Anche con i nuovi arrivati.
A Georg era migliorato un po’ l’umore. Con un buon piatto di pasta italiana il mal di testa era passato. Stava parlando con una ragazza, una certa Meredith, sulla trentina, una dei nuovi addetti all’organizzazione del palco. –Quest’anno vorrei creare qualcosa di nuovo, migliorare la qualità degli effetti speciali … sai no? I giochi di luce, il fumo eccetera.- Il ragazzo annuì, interessato, mentre giocherellava con una mollica di pane.
- … Questo per quanto riguarda le trasmissioni televisive. Per i concerti invece voglio davvero far esplodere una bomba! Sono un concentrato di idee … mi sono stufata di vedere ogni anno lo stesso arrangiamento del palco. Insomma siete i Tokio Hotel, avete bisogno di uno stage che faccia rimanere tutti a bocca aperta!- La ragazza gli fece l’occhiolino e lui rispose con un sorriso divertito.
- … E come pensi di fare?- Le chiese curioso.
-Beh, non posso fare tutto da sola! In fondo io sono una dei tanti addetti al palco! Tutti insieme metteremo su qualcosa di davvero speciale, non preoccuparti bassista!- Gli sorrise calorosa. Georg provò una strana sensazione, ma diede la colpa al vino.
Decise di approfondire la conversazione, quella Meredith era una tipa sveglia, simpatica.
- … Posso farti una domanda?- Lei annuì mentre sorseggiava un po’ di spumante. –Come ci sei finita qui? Con i Tokio Hotel?-
Lei si passò il tovagliolo rosso sulle labbra lucide. –Beh, vedi, non sono mica l’unica! Quest’anno ci sono molte persone in più rispetto agli altri anni … e tutti noi siamo stati mandati qui da voi, dopo aver passato un’accurata selezione. Sai quanta gente darebbe un polmone per fare ciò che faccio io?- Georg si mise a ridere. –Ho capito-
Si guardò un attimo intorno, Gustav stava chiacchierando con Saki. Non era un ragazzo molto socievole, preferiva conversare con gli amici datati. Bill invece, come al solito, era circondato da dieci persone, tutte che pendevano dalle sue labbra. Era un ragazzo logorroico, si sapeva, lo era sempre stato. Tuttavia era una logorrea piacevole, non ti stancavi mai di ascoltarlo. Tom invece stava ingurgitando il trentaduesimo piatto di spaghetti al pomodoro nell’arco di due minuti.
-Senti ma, chi sono gli altri nuovi? Qui ne vedo alcuni, ma non credo che ci siano tutti stasera-
Meredith lo guardò un secondo, dopodiché si portò l’indice al mento con aria pensosa. –Penso che non siano ancora arrivati tutti … per esempio i cameraman non ci sono ancora, arrivano domani. Stasera ci siamo solamente io e Lucas di novellini.- Disse, per poi scoppiare a ridere. Georg pensò che era davvero un piacere parlare con lei. Guardò l’orologio e si rese conto che era mezzanotte e trentacinque. Era stanchissimo. Avrebbe voluto continuare a chiacchierare con la ragazza, ma in fondo pensò che ci sarebbe stato molto tempo per farlo, quindi si alzò, togliendo con le mani le briciole che si erano accumulate sui suoi jeans. –Beh, Meredith, ora ti devo lasciare, sono distrutto!-
Lei gli sorrise amichevole, si alzò, sistemandosi la gonna a pieghe. –Ti dirò … anche io sono parecchio stanca, me ne vado a dormire! In che stanza sei?- Georg ci pensò un attimo –Sai che non mi ricordo il numero?- I due scoppiarono a ridere e, insieme, si diressero verso la reception, dove un uomo sulla cinquantina era pronto per fare il suo turno notturno. Dopo aver recuperato le chiavi delle rispettive stanze andarono verso l’ascensore. Il ragazzo aveva chiesto al vecchietto il numero della sua, per poi ricordarsi che era la 522, all’ultimo piano, che era tutto occupato da loro e dalla loro troupe. Meredith aveva la 501. Non distava molto, constatando che su quel piano stavano circa centocinquanta camere. Poteva andargli peggio! Se avesse avuto la 630 sarebbero stati parecchio lontani.
Lui la accompagnò fino alla porta dove le augurò buona notte con un semplice bacio sulla guancia.
Non capiva cosa gli stesse succedendo, ma, per la seconda volta, diede la colpa al vino. Ne aveva bevuto troppo.
Tornò nella sua stanza e si spogliò velocemente. Rimasto in mutande accese la televisione. Da quanto tempo non guardava un canale tedesco? Si buttò a peso morto sul letto, mentre la voce petulante di Gülcan gli perforava i timpani. Si risollevò e allungò una mano verso il comodino, sul quale era appoggiato un pacchetto di sigarette. Ne sfilò una e le la portò alle labbra. In quell’istante il suo sguardo cadde su un gigantesco cartello appeso sopra il plasma a trecentoventinove pollici.
RAUCHEN IST VERBOTEN
-Perfetto- sibilò, scocciato. Non si poteva nemmeno fumare in quella fottutissima stanza. Con stanchezza, si alzò dal materasso morbido e si avvicinò alla portafinestra che dava su un piccolo terrazzo. Sorrise, l’ultimo piano era il migliore. Abbassò la maniglia e fu invaso da una ventata di aria fresca. Era la fine aprile, non faceva particolarmente freddo. Accese la sigaretta e ispirò il primo tiro, rigettandolo fuori con calma. Intanto dalla tv proveniva il suono di una canzone che conosceva, l’aveva sentita da qualche parte, era di LaFee, una loro collega tedesca.
Finì la sigaretta e la buttò giù, sperando che non finisse in testa ad una persona. Rientrò nella stanza, richiudendo le ante della portafinestra.
Si ributtò sul materasso e iniziò a pensare.
Non era male quella Meredith. Aveva dei bei capelli, mossi, lunghi, folti, color cioccolato. Dei begli occhi, blu come il mare. Un bel corpo, alta, magra, un bel seno, un bel sedere. Buon gusto nel vestirsi, gonna a pieghe, sandali con un po’ di tacco, una camicetta nera, poco trucco. Una buona testa, intelligente, sveglia, furba. Peccato per l’età, forse era un po’ grande per lui. Ma neanche così tanto. Lei trent’anni e lui ventotto, forse …
… Non fece in tempo a finire la frase, che si addormentò, come un bambino.

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Note dell’Aitrice: Eccomi qua, con il secondo capitolo e con un nuovo personaggio! Vi ringrazio molto per le vostre recensioni!
Cercherò di fare un po’ i ringraziamenti^^

_Princess_: Ma grazie a te, carissima! Veramente, sono lusingata! Mi fai troppi complimenti! Anche su msn >///< Grazie, grazie! Me si prostra ai tuoi piedi! Mi raccomando aggiorna presto la tua fanfiction stupenda! Un bacio e un abbraccio!

zigo_puff: Suso ahahah mi fa strano rispondere ad un tuo commento x’D Beh sono felice che ti sia piaciuto il primo capitolo! Ti voglio tanto bene caccospa. “Non può piovere per sempre”. Quanto è bello quel film, quanto è bello lui? *Sbav* Un bacione cacca, ti voglio bene.

CharlotteB: Cognataaa, ahahah piaciuto Bill-checca-Kaulitz? Grazie della recensione, anche io ti voglio bene! Ci beKKiamo domani a sKuola, oKY? Gesùcristosantissimo!

claudy: Grazie mille dei complimenti! Già, è vero! Manca solo Gustiamoremio! Beh, la prossima ff sarà su di lui! Don’t worry ;-) Un bacio!

picchia: Vero? Anche io lo vedo come un provabilissimo futuro per i quattro babbei. Non so perché, io me li immagino così xD grazie per i complimenti! Spero che questo capitolo non ti abbia delusa!:)

elli_kaulitz: Sono felice che ti piaccia!^^ Continua a seguirmi! Un bacio

RubyChubb: Eccolaaa! Grazie mille dei tuoi complimenti! La settimana prossima facciamo un’altra riunione! Io porterò la piaztraz e anche i bigodiniz, la nuova novità delle Piaztraz Angelz! Dovremmo darci anche al riccio, non solo al liscio x’D Cosi avremmo più clienti! E poi un Georg noccoluto ce lo vedo proprio bene! LoL Grazie mille per la recensione! Ci sentiamo presto su msn, capito? (: Aggiorna in fretta la tua fanfiction che sono curiosissima! Un bacione e un abbraccio dalla tua Polly!

satanina: Grazie mille per i tuoi complimenti! ^///^ me lusingata! E’ vero, purtroppo ci sono pochissime ff sui due G, però, se si cerca, qualcosina lo si trova! Spero che questo capitolo sia stato di tuo gradimento! Un bacione! Continua a seguirmi (:

susisango: Visto che alla fine ho seguito il tuo consiglio e mi sono buttata a capofitto in una nuova ff al posto che aspettare l’illuminazione divina?XD Grazie mille per tutti i tuoi complimenti e consigli! Spero che questo capitolo sia un po’ più grande, io il font ce l’ho messo! >.< Un bacione!

Bene, ho terminato!^^
Ricordate: recensioni sempre ben accette!
Al prossimo capitolo! Un bacione e un abbraccio!

G.

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Capitolo 3
*** Dreadlocks ***


DREADLOCKS

Si sistemò la fascia a righe colorate, fatta all’uncinetto da sua nonna circa vent’anni prima. Era quasi arrivata … quasi, per modo di dire. L’aereo stava per atterrare, dopo di che l'avrebbero aspettata chissà quante ore di attesa per i bagagli e poi il viaggio fino all’hotel. L’orda di fan. Il casino. Il mal di testa. Lo scazzo.
Si sistemò le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie, incastrandole fra i vari orecchini. Le venne quasi da ridere al pensiero di sua madre, dieci anni prima, che le urlava contro di tutto quando tornava a casa ogni giorno con un buchetto in più.
Diciamo che non era mai stata proprio una ragazza modello: i suoi erano disperati e a scuola era un disastro. Poi però aveva messo la testa a posto … più o meno.

… Non ebbe il tempo di terminare la canzone che stava ascoltando battendo il ritmo con l’indice e il medio sul ginocchio, che la piccola immagine che stava sopra la sua testa s’illuminò, doveva allacciare la cintura. Grazie a Buddha era finito quel volo interminabile. Buddha? Si lo so … solitamente si dice grazie a Dio, ma lei era Buddista, quindi diceva grazie a Buddha. Semplice no?
Riordinò il marasma che si era creato intorno alla sua figura nelle ultime tredici ore: coperte lanciate per aria, cartacce di merendine e affini, elastici per capelli, posate, bottigliette d’acqua e diversi quaderni e matite. Diciamo che non era proprio il genere di ragazza che si definisce ordinata. Una hostess la venne a chiamare annunciandole che lei sarebbe stata la prima ad uscire dall’aereo. Bella pacchia lavorare per delle star, eh? Prima classe, extra lusso e super comfort. Mica male. Peccato che lei fosse il primo gradino di un’altissima piramide. C’era una gerarchia, ovviamente, e lei era il cameraman. Il cameraman di quei quattro, famosi in tutto il mondo. Era felice, nonostante appartenesse alla categoria di minor importanza nella troupe, guadagnava bene, si divertiva, faceva ciò che le piaceva, anche se in realtà la sua vocazione era la fotografia.

Afferrò il suo bagaglio a mano, che più che una borsetta, sembrava una vera e propria valigia di ventisette tonnellate. Se lo mise a tracolla e con le mani libere raccolse una piccola videocamera che aveva abbandonato in un angolino, vicino al suo sedile. In quella camera, su quella memoria, era conservata la sua vita. Erano anni che lavorava per star famose, che era lontana da casa, dalla quotidianità. E, per farsi un po’ di compagnia, si registrava. Può sembrare squallido, ma ormai era una sua abitudine. la videocamera le faceva compagnia, era la sua unica vera amica, confidente. Si riprendeva di giorno, di notte, triste, felice, arrabbiata, depressa, mentre mangiava, mentre cantava, mentre suonava qualche accordo di chitarra. Centinaia di nastri dove l’unica protagonista era lei. Su quelle cassette, riservate esclusivamente alla sua esistenza, non sarebbe mai, MAI, comparso nessun altro, fuorché lei.
Stava camminando mezza barcollante per il corridoio, quando finalmente, le porte dell’aereo si aprirono. Un uomo sulla cinquantina le si avvicinò e le strinse la mano piena di anelli, stritolandogliela.
-Piacere, sono Saki Pelka, se mi vuole seguire, ora la porto all’hotel. Mi dia pure i suoi bagagli … - La guardò attraverso quei suoi occhialetti buffi. Lei gli sorrise: -Oh, no, non si preoccupi signor Saki, faccio da sola-
Carino, quel tizio. Molto loquace soprattutto. Beh, in fondo era un bene, lei detestava le persone logorroiche. Lei amava la pace, la tranquillità, il silenzio.
Scese le scale e attraversò l’aereoporto, seguita da un’orda di fan che, appena avevano notato la scritta bianca stampata sulla maglietta di Saki, avevano iniziato a sbraitare come galline sgozzate. Leggermente intimorita si avvicinò di più all’uomo-gorilla, che rimaneva impassibile di fronte a quella massa di piccole ed odiosissime tredicenni. –M…Ma…cosa?-
Lui, senza nemmeno guardarla, le disse un banalissimo: -E’ per la mia tshirt- e continuò a camminare, spedito verso il parcheggio.
Effettivamente sul tessuto scuro si poteva notare benissimo l’enorme scritta: TOKIO HOTEL STAFF. Improvvisamente capì tutto e un’enorme vena iniziò a pulsarle sulla fronte. Si mise nei panni di tutte le star del mondo, come cazzo facevano a sopportare situazioni simili?
Aumentò il passo, ancora più alterata. Ora il pollaio la stava fulminando con lo sguardo. Avevano tutte notato il suo pass appeso al collo che rappresentava la stessa identica scritta che era stampata sulla maglietta di Saki. Un brivido le percorse la spina dorsale, quelle non ci avrebbero messo molto a sbudellarla e ingurgitare la sua carne. Cannibali. Tsk.
In pochi minuti raggiunsero finalmente la macchina, un suv nero dai vetri oscurati. La valigia le stava sfondando la spalla. E grazie a Buddha il resto della sua roba gliela stavano trasportando gli addetti dell’hotel che il signor Pelka si era portato dietro. Insomma … non che lei viaggiasse con cosi tanti vestiti, però le attrezzature di un cameraman pesavano, eh?
Abbandonata finalmente la borsa nel bagagliaio gigante del suv chiuse con un colpo secco lo sportello e aprì quello più avanti, per poi stravaccarsi sulla poltrona di pelle. Che figata non era quell’auto?
Come aveva fatto poco prima, si risistemò la fascia che le copriva le orecchie e si tolse l’elastico nero che le teneva legati sulla nuca una cascata di dreadlocks neri come la pece. Se li rilegò in cima alla testa, sistemandosi alcuni serpentelli che erano scivolati giù. Sorrise al pensiero che presto avrebbe lavorato con un suo simile.
Tom Kaulitz. Per quel poco che ne sapeva, era un bastardo con la B maiuscola, che aveva scopato con la futura moglie del batterista, Gulasch … Gustav … un nome del genere.
Poi c’era il cantante finocchio, beh si … lui era impossibile non conoscerlo. E per ultimo, un tipo pompato e piastrato. Andreas. Si, si chiamava cosi se non ricordava male.
Appoggiò la fronte liscia sul finestrino, intenta a guardare il paesaggio della città oscurato da quei vetri spessi e neri. Stava schiattando di caldo, possibile che fossero a fine aprile e ci fossero trentun gradi? Con un movimento svelto si slacciò la cintura di sicurezza e si sfilò la maglia a maniche corte che indossava, mostrando sotto una semplice canottiera di un colorino identificabile come verde-oliva-marcio-cacca. Ficcò la vecchia tshirt tutta sudaticcia nella borsa, che di lì a poco sarebbe scoppiata e si fissò per qualche secondo nello specchietto che era posto sul parasole, sopra la sua testa. Si voltò verso Saki che stava fissando con attenzione la strada. –Ehi … - Gli fece, lui non si girò nemmeno, semplicemente annuì, in attesa di una possibile domanda. – …Quanto manca?-
-Poco- Rispose. Va bene che detestava le persone esageratamente logorroiche però … che cazzo, quello era peggio della mummia millenaria di Tutan Camon o come diavolo si chiamava. Sbuffando tornò a guardare fuori dal finestrino, fino a che non scorse una folla, enorme, di ragazze urlanti e piene di cartelloni. Si mise a fissare attentamente ogni singola giovane, fino a che non si rese conto che quell’ennesima orda di gente era lì da ore-giorni-settimane-mesi-anni solo per scorgere anche una singola ciocca di capelli di uno dei quattro, possibilmente il finocchio che, secondo loro, era più etero di Rocco Siffredi. L’uomo parcheggiò il suv e subito la folla si aprì, come se fosse stata il mare diviso in due da Mosè. Le ragazze, notando una massa di dread, subito pensarono ad un presunto Kaulitz, e iniziarono a sbraitare come anatre, ma, quando si resero conto che i suddetti rasta erano color notte e non miele, iniziarono ad urlare una serie di adorabili insulti, quali: “Mignottazoccolaputtanabattona non toccare il mio Bibiiii!” La poveretta cercava di farsi largo mentre le pazze le tiravano i capelli, la canottiera, i pantaloni, le spalline del reggiseno, le mutande e gli arti, inferiori e superiori. Entrata finalmente nell’hotel si accasciò per terra, esausta e ansimante.
- Porca troia -
A quella sua educatissima esclamazione, tutti i vecchietti che alloggiavano in quell’albergo a tremiladuecentoventuno stelle si voltarono verso di lei e la fulminarono con il classico sguardo da stronzi snob.
Si guardò intorno, alla ricerca di un viso conosciuto, ma Saki era scomparso e insieme a lui anche i facchini dell’hotel, che avevano abbandonato tutte le sue valigie nel bel mezzo della hall. Si alzò, stravolta, e cercò di chiedere un qualche aiutinoinoino alla tizia della reception, che però era troppo intenta a parlare al telefono per ascoltarla. Ok, era partita col piede sbagliato, doveva calmarsi, respirare e pensare che una volta in camera si sarebbe fatta una bella sigaretta. Cercò di sollevare tutti i bagagli contemporaneamente, ma non ci riuscì. Allora provò ad usare un meccanismo ad incastro che consisteva nell’incastrare alla perfezione tutte le borse e dirigersi verso l’ascensore. Ma nemmeno questo ebbe successo. Si stava per arrendere quando, all’improvviso, una voce gentile e ovattata le carezzò i timpani.
-Ti serve una mano?-
Non appena sentì la fatidica frase, che attendeva da lunghi minuti, gli occhi blu le si illuminarono come due torce. Si voltò verso il suo salvatore e le comparve un sorriso a tredicimiladuecentoventicinque denti, non appena si accorse che era una ragazza, più o meno della sua età, forse un po’ più grande.
- … Te ne sarei eternamente grata!-
Lei le sorrise e la aiutò con i pacchi, pacchettini, pacchettoni e affini. Si avvicinarono all’ascensore e, una volta portato tutto al suo interno, ripresero fiato. La ragazza le allungò la mano e lei gliela strinse sorridendo.
-Piacere, mi chiamo Meredith-

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Note Dell’Autrice: Et Voilà, ecco un altro capito sfornato solo per voi! Ed ecco anche un nuovo personaggio, di cui ancora non si conosce il nome! Eheheh sorpresa! [EH BE, che sorpresona -.-]
Beeh, allora … cercherò di rispondere alle vostre recensioni anche se non erano poi molte, soob! Recensiiite recensiiite! Che fa solo piacere!!

_Princess_: ahaha sì, hai perfettamente ragione, Kaulitz è e resterà per sempre una diva! Ahahaha Comunque, per quanto riguarda Meredith … porta pazienza, piano piano si scoprirà di più anche su di lei!^^ Grazie per la recensione, un bacione!! E tu quando aggiorni? ;-)

elli_kaulitz: sono felice che il capitolo ti sia piciuto!:) Già è vero, Tom senza vestiti enormi non è lui … però io lo trovo carino anche più aderente … ma non come il suo checca-gemello, don’t worry! ;D

claudy: ahahah ma guarda, io non è che ci metta poi molto di mio, lui davvero si comporta così nella verità! E’ un marmocchio! Ahahah Bill, cresci un po’!!! ahaha

picchia: già, ci hai proprio azzeccata. Anche io sono morta annegata nei suoi occhioni verdi! Poi dopo il concerto del 30 e i Kids’ choice awards, mi sono innamorata ancora di più di lui<3 Dal vivo è tremiliardi di volte meglio che in foto :-Q_____

biti0189: ma grazie cara^^ spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Un bacione

RubyChubb: eccomi qui! Guarda in questo capitolo ho presentato un nuovo personaggio! Spero sia di tuo gradimento! :D è da un bel po’ che non ci sentiamo su msn! Mannaggia! Ah, c’è qui Polly che ti vuole salutare, aspetta, aaaaaaah, si sta impossessando della tastieraaaaahsahlshdlshlf AMOOOOOOOOOO CM STAIIII? TI LIEBOOOOOOOOOOOO banggg
Ok … l’ho fatta fuori :D Ahaha un bacioo!

Grazie ancora a tutti! Mi raccomando recensite :)
Un abbraccio e un bacio a tutti voi!

Vostra G.

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Capitolo 4
*** Scheisse ***


SCHEISSE




Si buttò a pancia in giù sul materasso morbido e profumato. Ce l’aveva fatta, dopo ore e ore passate a rimettere a posto vestiti, scarpe, mutande, cassette, cavi, videocamere, finalmente aveva svuotato tutte le borse.
-E ora, la mia sigaretta-
Si sollevò dal letto e con le punte dei piedi si aiutò a togliere le scarpe, ovviamente senza l’utilizzo delle mani, no, troppo faticoso. Le sue Globe nere dalle stringhe viola volarono per la stanza e andarono a finire in un punto non definito. Alzatasi in piedi si avviò verso il mini-balconcino grattandosi il sedere. Diciamo che non era proprio una ragazza fine.
Tirò fuori da una tasca dei pantaloni verde militare un pacchettino di plastica, lo aprì e ne estrasse una cartina biancastra.
Aprì la finestra e si sedette su una piccola seggiolina posta vicino ad un tavolino di plastica. Decisamente squallido quel balcone.
Poggiò sulla superficie fredda la cartina, dopo di che tirò fuori dalla busta anche un biglietto della metropolitana e un po’ di tabacco. Si fece il filtro, arrotolò la sigaretta e se la accese, tranquillamente.
Faceva dannatamente caldo e per di più non aveva la minima idea di cosa fare, chi chiamare, dove andare. Nessuno le aveva detto Niente su ciò che avrebbe dovuto fare una volta sistematasi nella sua stanza.
Si alzò dalla seggiola di plastica e si avvicinò alla ringhiera del balcone, respirando profondamente fino a riempire i polmoni di quell’aria bollente. Era tutto così tranquillo all’ultimo piano di un palazzo cosi alto … i rumori della città, i rumori quotidiani, le macchine, i clacson, le persone che camminano per la strada senza badare a niente, solo a se stesse … erano lontani. Tutto era lontano. Chiuse gli occhi per poi riaprirli poco dopo. Il cielo azzurro era di una limpidezza quasi anormale. Ad un tratto quella sensazione di vuoto, di relax, si incrinò in un secondo. In pochi attimi i suoi poveri timpani furono raggiunti da un insieme di urla che facevano concorrenza ad un pollame. Preoccupata si sporse leggermente per capire cosa succedesse, ma non sapeva che ciò che avrebbe visto di lì a poco era peggio di un attentato … eccome …
-Ma … cosa?-
Lo sussurrò a fior di labbra, spalancando gli occhi. Un’orda di gente si trovava proprio sotto di lei. Una nuvola di persone che si schiacciava contro una balaustra. Aguzzò la vista in cerca di qualcosa, o meglio, di qualcuno. Della causa di quel marasma totale. Ma ciò che riuscì ad intravedere furono solo una serie di uomini vestiti di nero.
- … Stanno firmando gli autografi-
Quella voce inattesa e sconosciuta proveniente dalle sue spalle la fece sobbalzare. Per poco non cadde giù dal balcone per finir poi spiaccicata nel mezzo di quello sciame di donne inferocite.
-Ehi, attenta … potresti volare di sotto- Le sue orecchie percepirono una vena di sarcasmo in quella voce petulante e a dir poco fastidiosa.
Si voltò verso il suo interlocutore, al quale fino ad ora aveva dato le spalle. Davanti a lei c’era un uomo sulla trentina, capelli castani, occhi del medesimo colore. Niente di particolare … chissà chi era?
-Piacere, sono David Jost, produttore dei Tokio Hotel-
… Ecco svelato l’enigma. Senza sorridere né mostrare alcun gesto gentile, gli porse la mano e gliela strinse, mormorando il suo nome.
-Si, mi avevano detto che mancavi solo tu! La cameraman … o meglio, camerawoman!-
La sua espressione non si scompose. Voleva essere una battuta quella? Beh, di certo non era riuscito a farla ridere. Dalle sue labbra leggermente carnose uscì solo un semplice –Ebbene?- detto con tono secco. Quel tizio le stava già ampiamente sui coglioni, detto in modo fine.
-Ebbene … mia cara, ti spiegherò in poche parole quale sarà il tuo compito: tu e la tua videocamera dovrete filmare i ragazzi e creare un buon dvd live + documentario, chiaro?-
… Ora invece, la sua espressione mutò, eccome …
Sul suo volto si dipinse una smorfia di disappunto. Lei, da sola, avrebbe dovuto provvedere a tutto il dvd di quei quattro finocchi?
-C … come?-
David le sorrise, e lei non capì se si trattava di un sorriso amichevole o dannatamente bastardo. Optò per la seconda opzione, dal momento che lui non tardò a darle una singolare quanto provocatoria risposta.
-Oh non preoccuparti, non da sola … Bill odia essere ripreso sempre dalla stessa persona-
Una grossa vena incominciò a pulsarle sulla fronte. Come si permetteva quel … quel …
-Perfetto … ora cosa devo fare?-
… Decise che effettivamente prendersela con lui non sarebbe servito a nulla, se non a peggiorare la situazione già abbastanza insopportabile.
-Seguimi, ti porto a conoscere i ragazzi-
Lei borbottò qualcosa tra sé e sé, ferita nell’orgoglio da quel damerino che le stava di fronte. Spense la sigaretta sul davanzale si chiuse la porta-finestra alle spalle. Dentro si stava decisamente meglio, l’aria condizionata era accesa e un venticello fresco –forse anche troppo- le carezzava il collo e il viso.
I due si diressero fino all’ascensore, dove incontrarono Meredith, intenta a portare di sotto un’immensa pila di fogli.
-Ehi … ti serve una mano?-
-No no, grazie … ce la faccio … anche da sola-
Le due si sorrisero, per poi entrare nell’ascensore, seguite da David. Lui e Meredith si misero a parlare animosamente, mentre lei, fattasi piccola piccola, rimaneva spiaccicata contro la parete fredda. A quanto pareva quei due erano parecchio amici, o forse era lei che era un’asociale. Non terminò il suo pensiero che le porte si aprirono e davanti a lei si presentò uno spettacolo a dir poco nauseante, anzi, più che nauseante direi decisamente devastante per la sua povera testolina, che stava pian piano incominciando a dolerle assai.
Gente che andava, gente che veniva, un andirivieni di persone, tutte con la t-shirt nera che aveva visto addosso al signor Saki, poche ore prima. Aprì la bocca, incapace di dir parola. In pochi istanti le porte placcate in oro dell’hotel superlussuoso si aprirono per permettere a quattro ragazzi, seguiti da altri duecento scimmioni, di rientrare nell’edificio. In quei pochi attimi durante i quali le porte erano spalancate, si poterono udire tredicimilioni oche starnazzanti urlare. E nel preciso istante in cui si richiusero, il ragazzo che riconobbe essere Bill Kaulitz, si lanciò su una poltrona gigantesta, urlando –Finalmeeenteee- seguito poi a ruota dagli altri tre componenti.
Il tipo suo simile, quello coi dread, si stava letteralmente sciogliendo su un divanetto mentre tredici cameriere tutte una più scollata dell’altra gli offrivano tredici tipi di bevanda rinfrescante diversa. Il batterista, Gulasch … si insomma, quello là … se ne stava appollaiato su una sedia, composto, senza muovere un muscolo. –C’è da dire … - pensò lei - … che non so chi sia il peggiore-
Per ultimo notò quello con i capelli discretamente lunghi … che se ne stava su una poltroncina con i piedi educatamente spaparanzati sul tavolino a leggere una rivista.
La cosa curiosa, secondo lei, era che in pochi attimi si erano letteralmente stravaccati come se fossero stati nel salotto di casa loro.
Provò a dire qualcosa, ma prima ancora che un’innocente vocale potesse uscirle dalle labbra, David e Meredith si avvicinarono ai quattro.
-Allora, come sono state la Fans? Troppo opprimenti?- chiese il primo.
Il batterista provò a rispondere alla domanda –senza però distogliere lo sguardo dai suoi piedi- ma subito fu bloccato dal finocchio che iniziò a parlare senza respirare nemmeno un nanosecondo, tanto che lei perse il filo del discorso alla seconda parola. David invece, che ci era abituato, capì tutto. E, come al solito, il gentile, tenero, innocente e sensibile Bill Kaulitz, dimostrò la sua vera natura, ovvero di bastardo, stronzo, falso e ipocrita. Dalle sue labbra uscirono una serie di miagolii degni di Catwoman in persona.
-Mmh, siiii le fans erano carine ma … dioo troppo oppressive, insomma, cioè … non sono mica una bambola! Tutte che mi toccavano i capelliiii-
La mascella le cadde e arrivò fino in Cina. Ma questo qua aveva qualche neurone in quella sua testolina o no?
A quel punto si intromise una Meredith alquanto divertita, che per tutto il tempo non aveva distolto gli occhi dal bassista … Andreas … si, lui insomma.
-Beh adesso è ora di pranzare … poi dobbiamo andare a fare le prove per il concerto, quindi per le tre vi voglio belli arzilli nella hall, ok?-
I quattro risposero con un “Si” paragonabile a quello delle giovani marmotte. Lei intanto non aveva ancora cambiato espressione, rimaneva sconvolta davanti a tanta … dio… davanti a tanta maleducazione e stupidità. Evidentemente quelli sapevano solo suonare –forse- ma le buone maniere le avevano dimenticate nel cesso.
Si schiarì la voce e David finalmente si ricordò di lei.
-… A giusto! Ragazzi, questa è …- Lei lo interruppe con uno sguardo glaciale. Diamine, era adulta e vaccinata, sapeva presentarsi anche da sola.
Si avvicinò a Bill e gli porse la mano. Lui la strinse, guardando con aria abbastanza schifata le sue unghie che di certo non erano il massimo della perfezione.
-Piacere, mi chiamo Apfel-
Sul viso del Frontman comparve una smorfia, che ben presto si trasformò in un sorriso, che ben presto si trasformò in una risata.
- …A…Apfel? Ti chiami Mela?-
Lei lo guardò storto, per poi avvicinarsi al chitarrista, porgendo anche a lui la destra. –Tu devi essere Tom, giusto?-
-Si, piacere, scusa mio fratello, è un rincoglionito … io trovo che Apfel sia davvero un bel nome!-
Lei gli sorrise, consapevolissima che era una palla, e che quello, se possibile, era ancora più stupido del suo gemello.
Dopodiché passò al batterista, non era sicura del nome, quindi decise di evitare una figura di merda dicendo: “Tu invece sei Gulasch vero?” per poi scoprire che si chiamava Mark.
… E grazie a dio non lo fece, perché infatti capì presto che il suo nome era Gustav. Non era un tipo particolarmente loquace, si vedeva lontano un chilometro, ma le sembrava il più intelligente della band. Dovrebbe esservi ormai chiaro che lei detestava i tipi esageratamente logorroici. E Gustav rispecchiava il suo genere di compagnia.
Per ultimo si avvicinò al bassista, contenta che le presentazioni fossero andate bene. Con un bel sorriso gli si avvicinò per poi dire un allegro e fiero: -Piacere Andreas, io sono Apfel-
Lui la guardò stranito, piegando il capo verso destra. Lei non capì, cosa aveva sbagliato? –Merda, ho un pezzo di lattuga fra i denti, lo sapevo che non dovevo mangiare quel panino in aereo … merda, merda, merda- Questo fu il suo pensiero prima che la voce calda del ragazzo le arrivasse alle orecchie.
-Andreas?-
Come risvegliata da un incubo, sobbalzò. I due erano ancora mano nella mano. Velocemente lei ritrasse la sua e la ficcò insieme all’altra nelle tasche dei pantaloni.
-Ehm …-
Il suo sguardo era un punto interrogativo. A lui scappò un sorriso.
-Non mi chiamo Andreas, mi chiamo Georg-





Note dell’Autrice: Eccomi! Un po’ in ritardo, lo so … questo capitolo non è il massimo, è solo di transizione, non succede un gran che! Perdonatemi, ma per presentare questa storia ci vogliono un po’ di ciiapteerss [che inglese maccheronico x°DDD]
Chiedo scusa ma non ho la forza di rispondere a tutte le vostre recensioni -.-‘
Dico solamente un grande GRAZIE a tutte^^

Ci vediamo al prossimo capitolo!

Recensioni ben accette! ;-)

Un abbraccio a tutti e un bacione!

Vostra G.

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Capitolo 5
*** Anywhere ***


ANYWHERE



Sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Il suo stomaco borbottava ed era cosi stanca … voleva andarsene in camera e dormire fino a dopodomani, ma evidentemente non le era permesso, constatando che si trovava a tavola insieme ad altre venti persone, schiacciata fra un esuberante Bill e un silenzioso Gustav. Quei dementi in cucina ci stavano mettendo mezz’ora per cuocerle una fetta di carne. Non ci vedeva più dalla fame!
-Ehi …-
Incantata nei suoi pensieri non si era accorta che il batterista la stava chiamando educatamente da circa due ore, picchiettandole la spalla con l’indice.
-Uhm?-
Si guardarono negli occhi per qualche secondo, prima che lui allungasse la mano e sussurrasse –Mi passi il sale?-
A quel punto le crollò un masso di trentadue tonnellate sulla testa. Perfetto, anche quello che sembrava l’unico intelligente in mezzo a quella massa di trogloditi, si era dimostrato essere un banale scimmione. In quel preciso istante una risata decisamente ridicola e decisamente poco virile raggiunse le sue orecchie. Subito si voltò verso Kaulitz Jr, sicura che un verso simile potesse uscire solo dalle sue labbra lucide lucide, ma invece dovette ricredersi quando notò che l’artefice di quel suono acuto era Georg, il quale si stava sbellicando insieme a Meredith. Sbuffò di nuovo. Non era giusto, perché qua si divertivano tutti tranne lei?
Si voltò nuovamente verso Gustav e lo trovò intento a divorare un piatto di bucatini ricoperto di parmigiano. Buono. Dalle labbra le colava un rivolo di bavetta. Diamine se aveva fame. Il batterista se ne accorse e rise intenerito.
-Ne vuoi un po’?-
Lei subito arrossì come una bambina, e annuì energicamente prima di farsi sfuggire un sorriso divertito. Affondò la sua forchetta nel piatto stracolmo di pasta e se ne portò un po’ alla bocca.
-Buona?-
-Sì! Altro che..!-
Sorrise, e dovette ricredersi per la seconda volta … non era così troglodita come le era sembrato precedentemente.
Gustav nel frattempo continuava ad ingurgitare i suoi bucatini, con un adorabile bavaglino bianco macchiato di pomodoro appeso al collo. Non era cosi antipatica quella tizia … diciamo che il primo impatto non era stato molto positivo, anzi … a tutta la band era apparsa come una hippy degenere, fumata, cannata, alcolizzata e chi più ne ha più ne metta, con i nervi a pezzi e una vita sociale pari a quella di un criceto.
Ma evidentemente, era solamente un tipo simile a lui … introverso e con poca voglia di scherzare. Però, se era vero che si somigliavano, di sicuro sotto quella scorza di donna dura, si doveva celare sicuramente una ragazza simpatica e socievole. Quindi … tanto valeva provare, al massimo sarebbe andata male e non le avrebbe mai più parlato per il resto del tour, semplice no?
-Tu ci odi, vero?-
Lei, che era (ancora) intenta ad osservare sognante il suo piatto ormai quasi vuoto, si scosse e, con aria assente e contemporaneamente sbigottita, lo fissò dritto nelle palle degli occhi.
-Come prego?- Forse non aveva sentito bene …
-…Mi chiedevo, anzi, più che chiedermelo, pensavo, o meglio ancora … sono convinto … che tu ci odi!- Che giro di parole del cavolo. Gustav abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con un povero bucatino, aiutandosi con la forchetta unta. Lei lo osservò prima stizzita, poi seria, poi ridendo. Insomma … il simbolo della coerenza umana!
-…Come mai pensi che vi odi?-
Lui tossicchiò e si sfilò il tovagliolo-bavaglino dal collo, appoggiandolo delicatamente sulla tovaglia candida, ricoperta di briciole. –Beh … perché se ti stessimo simpatici saresti più … uhm … - La parola gli era morta in fondo alla gola, ma lei lo incitò a parlare con uno sguardo - … più, socievole- Terminò lui, grattandosi la nuca con fare imbarazzato. Apfel inizialmente non capì, cioè, in verità fece finta di non capire, ma poi, quando il batterista tornò a guardarla negli occhi, gli sorrise ed esclamò: -Tu mi stai simpatico!-
Lui non seppe come risponderle, si limitò a ricambiare il sorriso.

… Aveva la pancia decisamente piena. Quei dementi alla fine ce l’avevano fatta a portarle la dannata bistecca. Chiamò l’ascensore, e iniziò ad attenderla, picchiettando il piede destro fasciato nelle solite globe nere dai lacci viola, sul marmo lucido color perla. All’improvviso si rese conto che di fianco a lei si era materializzato un essere non ancora identificato, noto come Bill Kaulitz. Lei lo guardò stranita, mentre lui le mostro i suoi denti bianchissimi e leggermente storti, in un sorriso che in confronto Giuda era meno falso.
Lei lo guardò male e entrò nell’ascensore, che nel frattempo aveva spalancato le sue porte dorate, accompagnata da un fastidiosissimo dlin dlon. Bill la seguì, per poi premere il pulsante che portava all’ultimo piano.
Il ragazzo si schiarì la voce.
- Se vuoi puoi venire in camera mia, ti sistemo le unghie!!-
Lei si voltò verso di lui, con un’espressione allibita stampata sulla faccia. –C … Che??- Lui riformulò l’invito, questa volta con l’aggiunta di due fari al posto degli occhi. –Stai scherzando spero.-
-Niente affatto! Le tue mani fanno letteralmente schifo, ci vuole l’aiuto del sottoscritto, altrimenti ti andranno in cancrena e ti cadranno le dita per terra.-
Il frontman disse il tutto con le braccia conserte e il tipico tono da so-tutto-io che non le piaceva proprio per niente. –Ma tu sei matto-
In quell’istante l’ascensore si riaprì, lei fece per uscire ma il cantante la bloccò, afferrandole con una delicatezza quasi anormale l’avambraccio.-Non è il nostro piano …- le disse gentilmente. Effettivamente in pochi secondi si ritrovò schiacciata fra altre venti persone. Probabilmente prima di arrivare alle loro stanze sarebbe passata come minimo mezz’ora.
… E infatti, circa venti minuti dopo, finalmente, le porte si aprirono, portandoli al loro corridoio.
-Allora? Ci vieni o no da me?-
Lei non sapeva cosa dire, ma a salvarla comparve Gustav, che come al solito aveva fatto tutti i piani a piedi. –Ehilà voi due … che fate?-
-Ciao Guuusss! Io stavo invitand .... –
- .... stavo per tornarmene in camera mia, sono davvero stanca!- Il povero struzzo la guardò con le lacrime agli occhi. –Ma … ma … ma comee?- e scoppiò in un pianto disperato. Insomma, per un Kaulitz, un rifiuto equivale alla morte stessa.
Lei gli sorrise, sentendosi un pochino in colpa. –Facciamo un’altra volta, ok?- Bill tirò su col naso, prima di muggire e aggiungere un “Ok” che le ricordò molto suo cugino di due anni.
Il batterista, che aveva assistito a tutta la scena, non poté nascondere un piccolo risolino. Conosceva il vocalist come le sue tasche. Probabilmente quel suo pianto disperato era dovuto ad un rifiuto da parte di Apfel a farsi smaltare di nero con tanto di french rosa shokking. La patetica scenetta delle unghie era stata ripetuta milioni di volte dal suddetto giovane, solamente per ricevere ancora più attenzioni, per essere amato da ancora più gente e per mostrare a tutti la sua dote di estetista. Bill era fatto così, di primo impatto ti veniva voglia di lanciarlo giù da un ponte con tanto di palla di piombo attaccata ai piedi, appariva come una checca isterica e DECISAMENTE insopportabile. Cosa che effettivamente ERA, tuttavia sotto questo primo aspetto, si celava una persona dolcissima, forse la più dolce che lui avesse mai conosciuto in tutta la sua vita.
La ragazza sorrise a tutti e due, prima di salutarli con la mano e dirigersi verso la sua stanza, la 523. Situata fra quella dell’hobbit e del batterista.

… E già che parliamo di hobbit …
Georg era ancora nella sala da pranzo, continuava a parlare con Meredith, David e Tom. I tre erano rimasti là sotto a bersi un caffè. Fra poco sarebbero dovuti andare ad un programma di mtv, trl o qualche altra cagata simile.
-Tu vieni con noi?-
Disse il bassista, rivolto alla ragazza. –Certo!- Gli sorrise, Georg le piaceva. Di sicuro era diventato per lei un ottimo amico, senza di lui sicuramente non si sarebbe divertita così tanto, lui la faceva ridere! Era di sicuro quello con cui aveva legato di più fra i quattro, anche se trovava sia Tom, che Bill, che Gustav tanto simpatici.
-Beh, salgo un attimo in camera mia, ci vediamo alla reception fra un quarto d’ora, ok?- Tom e Georg annuirono.
Meredith corse verso l’ascensore e, una volta entrata, si fissò allo specchio. Le ballerine rosse erano perfette con quei nuovi jeans attillati che tanto le piacevano. Si sistemò la camicetta, anch’essa rossa, e cancellò un po’ di sbavatura da sotto quei suoi occhi blu.
Aveva trent’anni, ma ne dimostrava sicuramente di meno, soprattutto quando si vestiva come una quindicenne innocente e semplice. Ma a lei piaceva cosi. Poteva permetterselo.
Le porte si aprirono, stava per raggiungere la sua stanza quando si ricordò che Apfel stava nelle vicinanze, poteva andare a fare un salto da lei, le era simpatica quella ragazzina. Giovane e decisamente solitaria. Tutto ciò che lei avrebbe voluto essere …
Bussò alla porta di legno laccato bianco e, dopo almeno due minuti di attesa, si ritrovò davanti la cameraman con addosso un adorabile completino da notte formato da mutande nere più una magliettona extra-large, e con una mascherina blu scura sulla fronte, che probabilmente si era appena tirata su. Sorrise prima di augurarle un caloroso buongiorno.
-Alla buon ora! Principessa muoviti a vestirti che dobbiamo andare. Le hai le attrezzature?-
Apfel strabuzzò gli occhi. –ANDARE? Andare DOVE?-
Meredith sbuffò divertita e le ricordò che quel pomeriggio avrebbe dovuto iniziare a filmare un po’ il backstage del programma di mtv per creare un episodio della TokioHotelTV.
-Che cosa??? Ma perché quel deficiente di Jost non mi ha dato il programma??-
-Muoviti invece che perdere tempo, ho detto a Tom e a Georg che sarei scesa fra un quarto d’o … anzi, fra dieci minuti!-
Non chiuse nemmeno la porta della stanza, ma, semplicemente, si tolse la mascherina dalla fronte gettandola nei meandri della sua camera, tanto ormai fare ordine era impossibile e alquanto inutile.
Meredith entrò e si richiuse la porta alle spalle, dopo di che Apfel si sfilò anche la magliettona alla ricerca del suo reggiseno.
Non era una tipa particolarmente pudica, anzi … non aveva problemi a spogliarsi in pubblico. Quando era giovane, diciotto anni circa, aveva partecipato ad una manifestazione dove lei ed altri ragazzi erano andati in giro per strada interamente nudi.
Meredith si voltò dandole le spalle, imbarazzata vista tanta confidenza.
-Ehi … Me, hai visto un reggiseno nero?-
Lei lo trovò, sommerso sotto alcune riviste di fotografia e glielo lanciò tappandosi gli occhi. –Grazie!-
-… Figurati-
Si vestì semplicemente, visto il caldo decise di abbandonare i pantaloni lunghi verde militare ma, anzi, si infilò degli shorts del medesimo colore.
Una volta pronta si mise la borsa a tracolla, e caricò sulla spalla destra un’enorme videocamera.
Le due si affrettarono e scesero le scale a piedi, visto che l’ascensore sarebbe rimasta occupata come minimo altri venti minuti. Cazzo, erano in ritardo, in grande ritardo.
Arrivate al piano terra, con il fiatone, corsero verso la hall, trovandosi davanti tutta la troup e addirittura la band al completo. Diamine, se erano arrivate persino dopo Bill, significavano che erano in un ritardo pauroso!
-Alla buon ora ..!- Brontolò stizzito David.
-Ciao Melaaaaa!- Gridò invece la checca, al che lei lo fulminò con lo sguardo. Sentì Gustav ridere alle sue spalle, si voltò e lo vide alzare le mani. –Non stavo ridendo per te!- Lei gli sorrise poco convinta, prima di avviarsi insieme agli altri fuori dall’hotel dove, ad aspettarli insieme all’autista e ad un suv fantasmagorico, c’era anche una folla immensa di ragazzine urlanti.





Note dell’Autrice: Perdono, perdono, perdono. Lo so, sono in un grande ritardo, ma, abbiate pietà, sono in un periodo nero. E vi giuro che dire NERO non rende bene l’idea >_>
Spero di riuscire ad aggiornare più velocemente la prossima volta! Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Un bacio a tutte e grazie per le recensioni, ricordate! Sono sempre beeen accette! (:
Il titolo del capitolo non c’entra nulla, ma è il titolo di una canzone degli Evanescence che io ADORO e che mi è servita come fonte d’ispirazione! Scaricatevela, è veramente bella!
Vi saluto!

G.

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Capitolo 6
*** Frei im freien Fall ***


FREI IM FREIEN FALL



-Bisognerebbe fare un monumento al tizio che ha inventato l’aria condizionata.-
-Concordo-
Era seduta nella macchina in pelle insieme al resto della band e a Meredith. Stavano chiacchierando semplicemente, del più e del meno, tranquilli. Quei quattro la stupivano ogni secondo di più: prima erano degli odiosissimi egoisti, poi dei normalissimi ragazzi, poi di nuovo delle star egocentriche … pensò che effettivamente il motivo di tanta perplessità era dovuto al fatto che ancora non li conosceva.
-Ehi Mela …- Subitò si voltò verso Bill che la stava fissando con quei suoi occhioni scuri.
-Dimmi-
-Raccontaci un po’ di te!- Lei lo guardò stranita. Cosa gliene fregava a lui della sua vita? –Cosa vuoi sapere?-
Kaulitz non fece in tempo a rispondere alla domanda, che David si girò verso di loro. –Ehi Apfel .. perché non inizi a filmare qualcosa? Dobbiamo fornire nuovo materiale per gli episodi, ricordi?-
Lei gli sorrise e sollevò una telecamera di modeste dimensioni … quella gigantesca era rimasta nel bagagliaio del suv. Accese la macchina e la puntò dritta dritta sul faccione di Gustav.
-Allora, signor batterista … dimmi un po’ come ti senti. Voglio un tuo parere, visto che di solito interpellano solo i due gemellini carini carini.-
-Ehi, non è affatto vero- dissero in coro Tom e Bill.
-Beh .. comunque sia ora voglio sapere cosa prova in questo momento lui- disse, indicando con lo sguardo Mr Schäfer.
-Beh ecco, sono un pochino agitato … insomma, ogni volta che dobbiamo andare in televisione siamo tutti un po’ nervosi.-
-Capisco … bene bene, passiamo a Georg … tu cosa mi dici?-
Continuò a fare domande ai due, interpellando qualche volta anche i Kaulitz. Ma si sentì davvero orgogliosa quando, arrivati agli studi di mtv, spense la camera con registrata una bella intervista quasi interamente sui due membri più trascurati.

Era stato divertente. Per una volta l’obiettivo era puntato su di lui.
Si osservò allo specchio del camerino, sciogliendosi i capelli e sistemandoseli dietro le orecchie. Ad un tratto la porta della stanzetta si aprì, e comparve una Meredith sorridente.
-Allora … pronto?-
Lui la guardò intensamente, dopodiché la salutò. –Ehi … sì sono pronto, tra poco si va in scena!-
Raccolse l’elastico marroncino che prima gli legava i capelli, e se lo mise al polso.
-Sai … secondo me stai meglio con la coda-
-Uhm, dici?-
Lei annuì, prima di sedersi accanto a lui, su uno sgabello dove prima era stata seduta la truccatrice. –Dove sono gli altri?-
-Già dietro le quinte penso. Adesso li raggiungo … prendo il mio Sandberg e volo-
Lei lo guardò radiosa. Calò un silenzio decisamente imbarazzante. Meredith inizò a attorcigliare le maniche della felpa fra le dita, a lui venne da ridere, sembrava una bambina. Di certo non dimostrava i suoi trent’anni, anzi .. poteva benissimo passare per una ventenne. Era molto bella, una bellezza deliziosamente semplice e genuina. Era simpatica, solare.
In quel momento teneva lo sguardo fisso sulla moquette grigina del camerino, continuando a giocherellare con i lembi della felpa. Non sapeva cosa dire, non sapevano cosa dire.
-Ehm … penso che sia l’ora di andare …-
-Come mai tutta questa fretta?-
Georg allungò la mano verso la sua guancia, carezzandola leggero. Era fredda. Lei tremò, alzando subito gli occhi dal pavimento e puntandoli dritti nei suoi, verdi. Come due calamite iniziarono ad avvicinarsi, piano piano, lentissimamente. L’altra mano del bassista si andò a poggiare automaticamente sull’altra guancia, mentre Meredith, rossa come un gambero, fissava le sue labbra, incurvate in un sorriso.
-GEORG!-
In una frazione di secondo la porta si era spalancata e una Apfel alquanto incazzata era comparsa all’entrata del camerino, con il fumo che le usciva da ogni poro. Ma quando vide che cosa stavano combinando i due nella stanza, subito indietreggiò, mortificata. –Ops, scusate … non volevo-
Ma Meredith le sorrise ancora più rossa di prima –Ma figurati … sta … stavamo giusto per venire, vero?- Lui annuì, ridendo. La adorava quando faceva la bambina imbarazzata e impacciata. Tutti e tre si incamminarono verso il backstage, le due ragazze confabulavano fra loro, pochi passi più avanti rispetto a Georg. Lui camminava lentamente, con un sorriso alquanto ebete stampato sulla faccia.
-Quando torniamo in albergo mi racconti tutto, capito?-
-Ma non c’è nulla da dire!-
-Non dire cazzate … eravate a due centimetri di distanza, sembravate due lumache!-
-Non è vero!-
-Sì invece!-
-No!-
-La smettete voi due?-
David la afferrò per un braccio e la trascinò sotto il palco. –Ora, invece di spettegolare con Meredith, vedi di riprendere l’esibizione-
-Jost, sei un rompipalle …-
Lui nemmeno le rispose e la lasciò da sola con la sua telecamera abnorme.

Era appoggiato alla parete fredda, con il suo Sandberg in mano, a pensare. Perché diamine era entrata quella ragazzina? Non poteva farsi prendere da un raptus isterico solamente due minuti più tardi? No! Doveva interrompere tutto. Si avvicinò al tendone blu scuro e lo scostò leggermente, fissando la platea di discrete dimensioni, pronta per assistere al programma. Intravide Apfel, intenta a sistemare i cavi della sua camera.
Gli si avvicinò Gustav che gli fece prendere un colpo e gli fece fare un salto di mezzo metro.
-Ehi calmati … sono io-
-Scusa, è che sono nervoso-
Il batterista scostò la tenda di velluto, per capire chi o cosa stava fissando l’amico. E quando vide che non era altro che Apfel sorrise.
Si stava quasi per strozzare con un cavo e, dopo essersene liberata, si asciugò una goccia di sudore dalla fronte, sistemandosi i dread.
-Non stavo guardando lei, se è a questo che stai pensando-
Si giustificò Georg. Giustificò? Perché, da quando lui doveva giustificare ciò che faceva o ciò che guardava?
-… Io non ti ho mica detto nulla- rispose il batterista, sospettoso. I due smisero di parlare quando le luci si spensero e partì l’orrenda sigla dello show.
Un omone dello staff si avvicinò a loro e li trascinò dal resto della band.
-Fra cinque minuti entrate-
Carino. Decisamente simpatico. Ohssì.
Bill si agitava e non stava fermo nemmeno per una frazione di secondo. Continuava a camminare, a parlare, a torturarsi i capelli. Tom non era di meno. Georg aveva dimenticato la testa nel camerino e non capiva più nulla e Gustav stava per prenderli tutti a ceffoni. Cazzo. Non erano mai stati cosi isterici prima di un programma.
-Ma vi volete calmare? State facendo impazzire persino me, e vi assicuro che ce ne vuole- disse il batterista.
-Noi SIAMO calmi- risposero gli altri tre, all’unisono.

- … TOKIO HOTEL-
La voce gallinesca della conduttrice raggiunse le loro orecchie e l’omone simpatico di prima li spinse sul palco, rischiando di farli crollare tutti insieme appassionatamente avvolti nella tenda blu come involtini primavera.
Le fan presenti in sala cominciarono ad urlare come delle isteriche mentre i quattro entravano salutandole con le mani. Gustav si sedette alla batteria e batté le due bacchette fra di loro tre volte. Tom partì con gli accordi di Schrei. Era da un bel po’ che non suonavano quella canzone. Era davvero vecchia, una delle prime. Ma il regista dello show li aveva pregati di tornare ad esibirsi con pezzi datati. Georg guardò il pubblico, che si scatenava seguendo il ritmo veloce battuto da Gustav. Vide anche Meredith, che era seduta vicino a David, le sorrise e lei rispose, arrossendo. Dopodiché guardò Apfel che, a pochi metri da lui, li riprendeva. Camminava lentamente cercando di non coprire la visuale alle persone sedute in prima fila, dietro di lei. L’esibizione stava andando bene, non avevano ancora fatto errori e le ragazzine cantavano a squarciagola, coprendo persino la voce di Bill. Ad un tratto però … quando tornò a fissare la telecamera, in una frazione di secondo … una catastrofe.
Il piede destro di Apfel si incastrò in un filo, lei cadde rovinosamente all’indietro urlando una bestemmia che fortunatamente fu coperta dalle grida e dalla musica, Georg la vide crollare insieme alla telecamera e trattene a fatica una fragorosa risata, perdendo il ritmo e sbagliando tutte le note, di conseguenza sbagliò anche Gustav, di conseguenza sbagliò anche Tom e, di conseguenza, sbagliò anche Bill.
Andarono TUTTI fuori tempo.
Kaulitz lanciò uno sguardo terrorizzato verso gli altri tre ma, per fortuna, Mr Schäfer riuscì a ritrovare il ritmo e a rendere la catastrofe meno catastrofe.
Finita la canzone la presentatrice gallina fece loro qualche domanda e poi la band poté tornare allegramente nel backstage. Ma in pochi secondi la pace venne distrutta in mille pezzi da un urlo di Bill.
-MA CHE CAZZO HAI FATTO, LISTING?-
-NON è STATA COLPA MIA!-
-Calmatevi tutti … tanto ormai è successo, è inutile ripensarci, ringraziate Gustav che è riuscito a sistemare il tutto … -
-… ma … ma, DAVID! Puniscilo!! È colpa sua!!!-
-Chetati, checca!-
-Che…Checca?-
I due si stavano per prendere a botte, ma in quel preciso istante comparve l’artefice di tutto quel casino, zoppicante.
-TU … RAZZA DI …-
-Non osare stronzo, mi sono quasi rotta una vertebra-
-Potevi rompertela in silenzio! Almeno non avresti fatto sbagliare Georg!-
-Ma guarda te … mi sono fatta male cazzo, non l’ho mica fatto apposta!-
-La volete smettere?- Intervenne Gustav, che era stato zitto per tutto il tempo. –Lasciatela in pace, di certo non è stata una cosa volontaria, come diceva David … ormai è successo, amen. Mettici una pietra sopra Bill.-
Lei gli sorrise prima di voltarsi verso Georg. La stava fissando, ma quando vide che se n'era accorta subito spostò lo sguardo altrove. –Beh … comunque escludendo l’ultima parte siete stati bravi!- cercò di sdrammatizzare.
Kaulitz la guardò male. In quell’istante arrivò Meredith, correndo senza fiato.
-Apfel … come stai??-
-Ehi Me, calmati … tutto a posto, solo una brutta botta sul culo!-
-Che finezza …-
La aiutò a camminare fino all’uscita dallo studio dove, come sempre, ad aspettarli c’era il solito suv nero e l’orda di fan. Ma per fortuna almeno per oggi avevano terminato, potevano tornarsene in albergo a dormire.





Note dell’Autrice: eccomi qui! Ringrazio i quattro miseri recensitori ._. sigh, ma perché cosi poche recensioni? Ç__Ç

Bluebutterfly: grazie mille per i complimenti! Sono felice che ti piaccia la mia fanfiction^^ continua a seguirmi! Un bacione!

_Princess_: Mannaggia a EFP! Detesto quando cancella le recensioni lunghe lunghe lunghe che io amo tanto ç__ç a parte questo … ahahah scusami se continuo a chiamarlo checca, ma ci azzecca troppo xD a parte questo, ho cercato di contenere il mio istinto animalesco e di ridurre il numero di Bill-checca-Kaulitz :°DDD un bacio!!

Ninnola: ringrazio di cuore anche te! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Un bacione!

Paaola: e per ultima la mia Paaaooo!^^ Grazie mille, tu mi vizi! Non vedo l’ora dell’11 luglio con tee*___* ti voglio bene caccaaaa! Un bacionee




Ora vi saluto, con la speranza che aumentino i recensitori ._.
Un saluto a tuttii!

G.

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