How(can I go forward when I don't know which way I'm facing)?

di wale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Prologo
 

 
 
 

Anno 1996

 

 

“Non ci posso credere! Tuo fratello se la fa, nientepopodimeno che, con Brianna Reed, la ragazza più popolare della scuola!!” sbottò stupito un ragazzino robusto e brufoloso, dopo aver notato la coppia in questione pranzare insieme.
Sam sbuffò infastidito per poi riprendere a leggere nel punto in cui l’altro l’aveva interrotto.
Erano quasi tre giorni che avevano iniziato a frequentare quella scuola e da allora Carlos, il suo nuovo compagno di banco messicano, lo aveva seguito dovunque andasse autoproclamandosi il suo “nuovo migliore amico del cuore”.
Adorabile?  NO!
L’unica cosa che desiderava era che suo padre finisse la caccia al più presto e che li portasse via de quel posto e poco gli importava se avrebbe dovuto riiniziare di nuovo tutto daccapo, tanto sarebbe accaduto comunque troppo presto.
Già… I Winchester erano dei vagabondi, non avevano una casa e probabilmente non l’avrebbero mai avuta.
La caccia veniva sopra ogni cosa.
“Oddio Sam, guarda chi sta venendo da questa parte!” riprese Carlos pulendosi la bocca sporca di briciole.
Il ragazzo alzò lo sguardo, senza nascondere l’irritazione per essere stato nuovamente interrotto, quando lo sconcerto lo pervase.
Fiera e sicura di sé Cadie Butler marciava dritta verso di lui, fissandolo negli occhi.
Era una ragazza che frequentava la sua stessa classe, ma non ci aveva mai parlato. A dire il vero, da quanto gli aveva detto Carlos in uno dei suoi sproloqui, sembrava che in realtà non parlasse mai con nessuno.
Era molto carina. Aveva corti capelli neri alla maschietta e gli occhi grigi, come quelli di un gatto.
Le era piaciuta fin dal primo momento in cui l’aveva vista perché le era sembrata diversa da tutti gli altri.
Diversa…proprio come lui.
Quando gli si sedette di fronte, il giovane cacciatore sussultò involontariamente  perdendo il segno del libro e facendo sorridere la ragazza che, però, si fece subito seria quando posò lo sguardo sul compagno messicano.
“Ok, allora tolgo il disturbo…c-ciao Sam!” disse in fretta, spaventato dall’occhiata ricevuta da quella che in classe chiamavano la stramboide.
Il silenzio che si alzò tra loro era pesante, perlomeno lo era per Sam, e così fu lui il primo a prendere parola.
“C’è qualcosa che vuoi dirmi?” chiese, nascondendo l’imbarazzo di quella strana situazione.
“Io lo so chi sei” disse in un sorriso.
Il cuore di Sam prese a martellare come se avesse tutta l’ intenzione di balzargli fuori dal petto, ma cercò comunque di mantenere la calma.
“Cosa vuoi dire non ca-“ma la ragazza lo anticipò.
“Sono una sensitiva”
Sam la guardò interdetto, ma non si scompose.
“Non capisco….Perché  me lo stai dicendo?”
“Perchè sei diverso… proprio come me”

 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


 Capitolo I






 
 
 
 
Era una splendida giornata di sole mentre un’Impala del ’67 sfrecciava a tutta birra in un sperduta  strada del Massachusetts.
“Dai Dean, anche noi ci meritiamo una vacanza ogni tanto, non trovi?”
“Sammy…”
“No, ascolta me per una volta! Non possiamo fare niente adesso per Lucifero, l’Apocalisse e tutta quella merda; quindi non ci vedo proprio nulla di male se ci fermassimo per un momento a prendere fiato. Abbiamo concluso l’ultima caccia solo tre ore fa!”
L’altro sbuffò consapevole che il fratello non avesse torto.
“E va bene…e com’è che ti vuoi fermare proprio in un paese sperduto come questo?”
“Bèh…prima di tutto perché è di strada e poi…”
“E poi..?” lo incoraggiò Dean.
“Oh ma dai, non dirmi che te ne sei dimenticato!” proruppe Sam.
“Dimenticato di cosa?” chiese il fratello incerto.
“Ci siamo già stati con papà per una caccia. Cadie Butler ti dice niente?”
Dean sembrò rifletterci un po’ su ma alla fine lo guardò confuso e gli scoccò un ‘no’ convinto.
Sam per tutta risposta roteò gli occhi e concluse che probabilmente avrebbe avuto più successo  in un altro modo.
“Dai, in quel periodo te la facevi con una chearleader…mi pare che si chiamasse Brianna…”
“Ah ma certo, Brianna Reed! Sammy perché non me l’hai detto subito?! “
“Come? Ti ricordi addirittura il suo cognome?” domandò il minore sorpreso.
Non aveva mai immaginato che quella ragazzina fosse stata così importante per lui…
Chissà quante volte Dean aveva sofferto di nascosto per dover lasciare quelle che Sam pensava fossero solo tacche in più sulla sua lista del perfetto don Giovanni…
Dopotutto suo fratello era più sensibile di quello che voleva dare a vedere
“Ma certo Sammy! Come potrei mai dimenticarmi di una bomba del genere!?! Lei è stata la prima ragazza con cui ho avuto rapporti, diciamo, più estremi. Ahahahah, non potrò mai dimenticare quella volta in cui a un certo punti mi ha-“
“PIANTALA DEAN!” esordì il fratello smorzando l’entusiasmo dell’altro.
Come non detto!
“Come siamo pudici, fratellino!” lo canzonò.  “Comunque ho capito, mi ricordo di Cadie. E’ la ragazza sensitiva, vero? Non ti facevo così romantico Sammy… Chi l’avrebbe mai detto che il vero motivo di questa vacanza fosse la mocciosetta per cui ti eri preso una sbandata quando credevi ancora alla cicogna!”
“Sempre il solito stronzo” disse offeso il minore, dopo aver incrociato le braccia al petto, spostando lo sguardo sul finestrino affianco.
Dean sorrise per quell’azione così infantile. Poi avvicinò la mano allo stereo e lo accese, lasciando che la musica scivolasse dentro l’impala, riempiendone l’aria consumata.
Era da tanto che non parlavano in quel modo, di cose che non avevano a che fare con il solito schifo.
Il sorriso scemò.
Per quanto volesse pensarlo loro non erano due ragazzi normali e non lo sarebbero mai stati.
All’improvviso tutto quello che voleva era solo bere qualcosa di forte
 
 
 
 
 
Erano da poco finite le lezioni e le scalette della tribuna del campo da rugby sarebbero state deserte se non fosse stata per la presenza di tre ombre.
“Tranquillo Dean, ho già fatto tutte le prove di routine e ti posso assicurare che non è un mostro. Lo sai che non sono uno sprovveduto.”
“Ok, quindi quello che mi stai cercando di dire è che questa mocciosa-“
“Mi chiamo Cadie”
“Ok… Dunque quello che vuoi dire è che Cadie” continuò marcando il suo nome ” conosce tutta quella roba sul soprannaturale e su quello che facciamo perché parla con i morti e legge le carte?” domandò Dean, divertito.
“Veramente non parlo ancora con i morti perché non ho una buona padronanza dei miei poteri e la storia delle carte è solo una truffa, non è possibile utilizzarle per leggere passato o presente; solo gli idioti ci credono”
Dean serrò la mascella per trattenere l’irritazione causata dalla sgradevole sensazione di essersi  sentito dare, implicitamente, dell’idiota.
“E cosa sarebbe capace di fare sua grazia?” disse con tono canzonatorio, non intenzionato affatto a farsi prendere per i fondelli da una bambina.
“A volte sono capace di leggere il pensiero, ma ciò che mi riesce meglio è percepire la presenza di auree sovrannaturali” rispose mantenendosi seria. A quelle parole Dean corrugò la fronte, per poi abbassarsi e portare il viso all’altezza di quello della ragazzina.
“Allora dimmi un po’ sensitiva, a cosa sto pensando ora?”
Un sorriso compiaciuto si dipinse sul suo volto quando la vide imbarazzata  per quella vicinanza.
Non c’era niente da fare, era impossibile restare impassibili a sei centimetri dalla faccia da schiaffi di Dean Winchester.
Anche Sam si accorse del rossore che imporporò le gote della ragazza e le sue labbra, invece, si serrarono in segno di disapprovazione.
“Ecco, non funziona così…Cioè, non posso controllarlo, succede e basta.”
Dean annuì poco convinto e, dando le spalle ai due ragazzini, si congedò.
“Bàh, per oggi ho sentito abbastanza…Io vado a fare delle commissioni Sammy, tu vedi di filare dritto al motel e rimani lì. Probabilmente farò tardi, non c’è bisogno che mi aspetti alzato”
Prese a camminare quando una voce alle sue spalle lo bloccò.
“Non è carino mentire così a tuo fratello, sai? Ho sentito chiaramente che in realtà hai intenzione di passare tutta la serata con Brianna e che non vedi l’ora di metterla in ginocchio per farti le-“
“BASTA! FERMATI!” Urlò Dean, rosso come un peperone “ E che diavolo! Ho capito, ok?! Grazie tanto per la seduta gratuita Jean Grey* però adesso smettila!”
Quella piccola pervertita era lì a fissarlo divertita e gonfia di orgoglio per essere la palese vincitrice di quello stupido confronto. E che cavolo però, quello era giocare sporco!
Non le aveva insegnato nessuno che le fantasie sessuali altrui sono off-limits a meno che non si è il diretto interessato?!
Il fatto che qualcuno potesse essere in grado di leggere i suoi pensieri era qualcosa che lo faceva andare fuori di testa, ma una risata incontrollata lo ridestò dalle sue angosce.
Sam, dapprima esterrefatto, era divenuto vittima di un’atroce ridarella che gli impediva di rimaner dritto sulla schiena e questa non era una cosa che il fratello vedeva tutti i giorni.
Era un peccato però che fosse così, sarebbe potuto rimanere lì ad ascoltare quella risata piena per ore e non se ne sarebbe mai stancato.
 
 
 
 
 
Quando arrivarono in paese la prima cosa che fecero fu quella di prenotare una stanza in motel per due giorni. A Dean era sembrato un giusto compromesso. Non avrebbe permesso una sola giornata in più per quella vacanza fuori programma.
Sam decise di cercare Cadie nel suo vecchio indirizzo, sperando che vivesse ancora lì dopo tutti quegli anni. Chissà se l’avrebbe riconosciuto…
A quel pensiero si diede dello stupido. Era una sensitiva, no?
Leggeva la mente delle persone come se fosse un bollettino meteorologico; per quanto ne sapeva poteva essere già a conoscenza del suo arrivo.
Così si fece una rapida doccia per eliminare l’odore del viaggio, ma quando uscì dalla stanza il suo buon umore se ne andò a farsi fottere, troppo irritato dal continuo sfottò del fratello che gli propinava invadenti incitamenti e stupide raccomandazioni, come ‘acchiappala tigre ’ o ‘niente coccole post-sesso, alle donne non piacciono!’.
 
Dopo che Sam se ne andò, Dean si buttò sopra il letto senza avere nemmeno la premura di togliersi le scarpe. Rimase a lungo disteso ad osservare il soffitto ma era ancora troppo stanco per l’ultima caccia e il viaggio che aveva sostenuto; così,  senza consapevolezza, l’abbraccio di Morfeo lo avvolse.
Non dormì molto, incubi ricorrenti lo svegliarono di soprassalto.
Gli mancava l’aria e poteva sentire il sudore scendere lungo le tempie e rendergli appiccicosi i vestiti.
Credeva di stare per morire
Buffo per uno come lui tirare le cuoia in quel modo,  con qualche fottuto incubo o stupido senso di colpa che lo tormentavano nel sonno.
I suoi pensieri vennero meno quando un senso di nausea salì su per la gola e gli diede l’impulso di reagire e correre in bagno, dove si ritrovò a vomitare anche l’anima.
Era tutto confuso, si sentiva debole e la testa non smetteva di girare.
Dopo un tempo che parve un’eternità il respiro iniziò a divenire meno affannato e riacquisì un po’ di quella lucidità che aveva perduto.
Non era la prima volta che aveva un attacco di panico, ma adesso la situazione era decisamente peggiorata; questo era il secondo nel giro di una settimana e non andava affatto bene.
Un sorriso amaro si allungò sul volto.
Da quando era diventato una donnicciola? Cavoli, se Sam lo avesse saputo lo avrebbe preso in giro a vita!
Sbuffò, sapeva che non era vero.
Probabilmente il suo Sammy lo avrebbe costretto a parlare a quattr’occhi e a condividere ciò che lo turbava… Ma cosa avrebbe dovuto dire? Attorno a lui la gente moriva e come al solito era colpa sua.
Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire sulla pelle il terrore negli occhi di Jo
Scosse il capo a quell’immagine e a tutti i pensieri successivi che ne derivarono.
Era stanco, troppo e a volte era assalito da forti dubbi su quello che stava facendo.
Forse Zaccaria aveva ragione, forse avrebbe dovuto dire si…
L’allarme di una macchina prese a suonare convulsamente, destandolo da quel torpore e da quelle idee malsane in cui era caduto. Si alzò da terra a fatica e, dopo essersi spogliato completamente, entrò nella doccia sotto un getto d’acqua gelata. Poi indossò dei vestiti puliti per sostituirli agli altri ormai troppo sudati e sporchi, e saltò sull’impala deciso a buttarsi dentro il primo bar squallido che avrebbe trovato.
 
 
“Un altro, grazie”
La barista lo guardò con aria materna. Quel giovane seduto al bar, con le spalle curve e il sospiro facile gli faceva tenerezza e simpatia. Ogni volta che le ripeteva l’ordine le rivolgeva un sorriso sfrontato, ma quando gli volgeva le spalle poteva notare, dal vetro dietro il bancone, che questo si andava ad inarcare verso il basso.
“Ecco a te” disse porgendogli il bicchiere “Ma penso che per questa sera possa bastare così, non credi tesoro? ” gli accennò con dolcezza, inconsapevole di come quelle parole e quel modo di fare gli facessero male al petto, ricordandogli una persona cara che non c’era più.
“Grazie”
‘Ma non sarà mai abbastanza’ fu tutto quello che pensò mentre bevve tutto d’un fiato.
“Prendo anch’io quello che ha preso lui” disse all’improvviso una voce al suo fianco, facendo voltare Dean poco discretamente.
Una ragazza…anzi doveva correggersi: una bellissima ragazza gli stava sorridendo.
Aveva lunghi capelli neri come la pece che arrivavano ad accarezzarne i piccoli seni. Gli occhi erano sottili, di un grigio intenso che però non avrebbero mai potuto distogliere l’attenzione dalle labbra, così rosse e piene.
“Ciao!” lo salutò ammiccando.
“Ciao” fece lui, voltandosi completamente verso di lei  per portare in bella vista uno dei suoi migliori sorrisi da conquista.
“Sei in vacanza?” domandò la ragazza dopo un cenno di ringraziamento verso la barista che le porgeva l’ordinazione.
“C-cosa?” si trovò a chiedere come un idiota.
“Bèh, qui in paese ci si conosce un po’ tutti e sono sicura di non averti mai visto da queste parti. Uno come te me lo ricorderei…”
Dean si maledisse per quell’uscita da sfigato.
 Al diavolo la sua maledetta paranoia!...Ehi, un momento, aveva sentito bene?! ‘Uno come te me lo ricorderei’…? Anche se era passato del tempo (un’infinità di tempo per i suoi gusti) quello era un chiaro indizio sul possibile buon esito della conversazione! Infondo rimorchiare era come andare in bicicletta no? E poi, anche se era un po’ arrugginito, aveva sempre il suo fascino dalla sua, giusto?
“Bèh, lo prendo per un complimento!” le rispose strafottente, come se tutto quel colloquio interiore non ci fosse stato.
La ragazza dopo aver bevuto il drink  tutto d’un fiato rise divertita e affermò ”Sei adorabile”
Dean le sorrise incerto, ignorando la riuscita o meno della sua corte,  fin quando quelle labbra così rosse e piene, che lo avevano precedentemente incantato, si adagiarono sulle sue con delicatezza, scacciando via ogni dubbio. Il ragazzo dapprima sorpreso, la ricambiò con maggior passione stringendola in un abbraccio che annullò qualsiasi distanza tra di loro.
Il maggiore dei Winchester uscì di tutta fretta con la sconosciuta e non appena i due varcarono la porta del locale sfogarono, di nuovo, quell’ondata di passione e presero a baciarsi intensamente riuscendo a malapena a prendere il fiato per respirare. Così, si spostarono in un piccolo vicoletto in un corpo a corpo che prevedeva solo il distacco necessario per muoversi. Erano entrambi troppo presi dall’urgenza di quel contatto per rispettare qualsiasi norma sul comportamento pubblico, ma un lampione mal funzionante e l’ora tarda si dimostrarono complici di quella violazione.
Dean la fece aderire al muro con il proprio corpo, tenendola per i polsi e continuando a baciarla con voracità.
La voleva, lì, adesso.
 Non era la prima volta che faceva sesso occasionale, con una sconosciuta di cui non sapeva neanche il nome, in qualche stanza schifosa di un motel o (nei casi strettamente necessari) dentro la sua piccola. Però non era mai arrivato a quel punto, fregandosene completamente di ogni minima decenza.
Ma ne aveva un disperato bisogno.
Era forse per colmare quel vuoto di cui parlava Carestia che agiva alla stregua di un animale, affogando nell’alcool e nelle cosce ben disposte delle sue ‘prede’?
Non riuscì a trattenere un suono gutturale quando la ragazza gli morse il labbro, staccandosi dalla sua bocca e prendendo a succhiargli il collo. Quello che seguì fu uno scatto che lo fece agire prima che il sangue potesse arrivargli al cervello.
In una manciata di secondi, con un rapido movimento spostò malamente la testa della donna all’indietro bloccandole il collo con l’avambraccio.
Un gesto automatico che aveva sviluppato dopo una vita dedicata alla caccia, ma che non aveva mai sbagliato il suo bersaglio…fino a quella volta almeno.
Dean non si rese subito conto di quello che aveva appena fatto e a risvegliarlo da quello stato di trans fu la flebile voce della donna alla sua mercè.
“Dean…ti prego…”
Non appena riacquistò un minimo di lucidità si allontanò come se quella pelle così chiara ardesse sotto il suo tocco. Le diede le spalle e si allontanò barcollando, stordito da ciò che era appena accaduto.
Avrebbe potuto ucciderla, ne era certo.
Che diavolo gli stava succedendo?!
Era così teso, sentiva l’adrenalina scorrere su tutto il suo corpo e l’eco frenetico del suo cuore diffondersi nella cassa toracica.
Si appese alla parete opposta e, preda di una rabbia cieca verso sé stesso, si sfogò assestando un pugno su quelle mura di cemento. Poteva sentire chiaramente il sangue delineare le sue dita e cadere rovinosamente a terra, seguito dal suo stesso corpo che si era lasciato andare in ginocchio.
“Dannazione!” sibilò a denti stretti e si sorprese quando sentì una voce alle sue spalle, convinto com’era che quella ragazza si fosse già dileguata, troppo terrorizzata.
“Non è successo niente, sto bene, stai tranquillo” cercò di rincuorarlo, posando una mano sulla sua spalla.
Dean ebbe un brivido a quel tocco così gentile, ma non diede a vederlo.
Poi si rialzò lentamente e dopo essersi passato la mano sul viso, si girò a guardarla.
“Non hai paura…?”
Lei lo guardò seria, poi avvicinò il viso al suo rivolgendogli un sorriso.
“Ovviamente no. Perché dovrei averne?”
Perché dovrei averne?
Era mai possibile che fosse l’unico ad avere paura di sé stesso?!
Sam, Castiel, Bobby… chiunque si fidava di lui. Possibile che fossero tutti così ciechi?!
“Mi hai chiamato Dean…” fece poi, tornando razionalmente indietro a ciò che era appena successo “ Io non ti ho mai detto come mi chiamo. Chi sei veramente?”
“Oh Dean, l’hai già capito chi sono” gli sussurrò sulle labbra.
“Cadie?” domandò incerto.
“Complimenti Winchester, hai fatto centro!” disse incrociando le braccia al petto con aria divertita.
Cavoli suo fratello lo avrebbe ucciso!
“Sei sempre il solito melodrammatico, io e Sam non siamo mica sposati!” disse in un sorriso.
Dean si destò, consapevole di non aver parlato ad alta voce e un dubbio lo colpì.
“T-tu mi hai letto la mente per tutto il tempo!?” domandò esterrefatto.
Lei si morse il labbro, colpevole, per poi annuire piano con la testa.
“Ma che cavolo… Ecco che ci risiamo! Come diavolo ti permetti ad intrufolarti nella mia testa!? Sono cose PRI-VA-TE!” disse con un tono deciso e minaccioso, scandendo soprattutto le ultime parole.
L’altra sorrise, facendolo irritare maggiormente.
“Calmati Dean! Ormai è diventato così automatico per me che mi è difficile controllarlo. E poi la tua anima grida così tanto che è impossibile ignorarla!”
“Smettila con queste stronzate. Non azzardarti mai più a farlo o questa volta non ti lascerò andare viva!” la minacciò.
E lei sapeva che diceva il vero
“Me ne vado” e così dicendo, il cacciatore si avviò verso la macchina, cercando di ignorare il dolore che pulsava sul dorso della sua mano. Ma prima di allontanarsi eccessivamente e continuando a darle le spalle, le domandò: “E Sam? Oggi è andato a cercarti, l’hai incontrato?”
“No, non l’ho visto…”
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
*Jean Grey; eroina di X-Men con poteri telepatici



Ciao a tutti! Volevo ringraziare chiunque legga la mia fic! :) 
Ho cercato di mantenere i protagonisti fedeli al proprio personaggio dato che è una delle cose a cui più tengo di una storia, ma non sono sicura di esserne stata abbastanza capace perchè è da tanto che non guardo più quel fantastico telefilm ed inoltre non è mai facile scrivere di personaggi noti in situazioni nuove. Comunque questo è il mio esperimento.
Per quanto riguarda il titolo della storia, ci tenevo a precisare che si tratta della prima frase di una stupenda canzone di John Lennon : "How?" vi consiglio di ascoltarla! 
E detto ciò mi dileguo!  
Ciaoooooooooo! ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


 CAPITOLO II

 
 
 
 
 
Verso sera Cadie e Sam passeggiavano uno affianco all’altro, con lo zaino ancora in spalla, in un dedito silenzio. O almeno fino a quando uno di loro concesse un’osservazione.
“Tu non parli molto, vero?”
La ragazza sorrise alle parole di Sam.
“Neanche tu, giusto?”
Il piccolo cacciatore arrossì.
 
Lui parlava, parlava eccome.
Suo padre e suo fratello si lamentavano sempre per quanto lo facesse.
Dean lo prendeva in giro, definendolo un ‘odioso secchione’, quando si intrometteva nei discorsi, che il maggiore  faceva con il padre, per fare delle osservazioni o per dare informazioni che aveva appreso spulciando un numero infinito di libri in biblioteca. Inoltre, suo padre sospirava e lo zittiva ogni volta che faceva troppe domande per i suoi gusti. E per John Winchester le domande erano sempre troppe.
Invece a scuola non parlava molto perché non credeva di avere molto da dire.
Non poteva parlare di sé e di quello che facevano lui e la sua famiglia. E comunque non lo credeva neanche necessario dal momento che non sarebbe mai stato abbastanza in un posto per farsi dei veri amici.
Ma poi c’era lei, che sapeva tutto, però non le parlava molto comunque e la cosa non gli piaceva, non gli piaceva per niente, ma aveva troppa paura di dire qualcosa di sciocco per parlare.
Strano… Sam ,il ‘so tutto io’ dei Winchester,  aveva paura di sembrare un idiota!
 
“Hai ragione” constatò sincero.
Cadie si fermò e lo guardò con dolcezza.
“Però mi piace la tua compagnia...Io non sono brava con le persone, non ho mai avuto amici. Leggo la mente e posso assicurarti che sia una cosa orrenda conoscere i segreti delle persone che ti circondano, sapere cosa pensano veramente di te... Sono tutti dei bugiardi Sam, ma tu no, tu sei diverso e questo mi piace… Tu mi piaci.” E lo baciò con dolcezza sulla guancia lasciandolo di sasso. “A presto!” lo salutò poi correndo via, probabilmente per nascondere l’imbarazzo che le aveva inevitabilmente arrossato il viso e che rischiava di rovinare il coraggio di quel gesto.
E ci riuscì, ci riuscì benissimo.
Il ragazzo si ritrovò impalato a sorridere come un beota, sfiorandosi la guancia.
 
 
 
 
 
Sam bussò più volte alla casa che ricordava essere di Cadie ma non ebbe alcuna risposta. Proprio quando prese la decisione di lasciar perdere, una vecchietta aprì piano la porta.
“Ma che bel giovanotto!” salutò entusiasta. Probabilmente non era abituata a ricevere visite.
“Salve signora, mi chiamo Sam, Sam Winchester. Per caso abita qui Cadie Butler?” chiese gentile.
“E tu chi sei?” domandò, assottigliando gli occhi, più per curiosità che per appurare che non fosse un delinquente.
“Sono un vecchio compagno di scuola, andavamo allo stesso liceo.”
“Mi dispiace giovanotto, ma mi ha venduta questa casa quasi due anni fa”
“Oh…capisco… e non sa dove sia adesso?”
La vecchia gli sorrise e lo invitò ad entrare.
Non era preparato a quello che successe.
Dopo aver ricevuto un po’ di informazioni la vecchina lo trattenne per  l’intero pomeriggio a guardare vecchi album di famiglia, raccontando ogni piccolo e inutile aneddoto.
Futile dire che fu una vera e propria tortura.
Cavoli, quella signora doveva sentirsi davvero sola!
Quando riuscì finalmente a liberarsi da quel sequestro, la salutò esausto, facendosi strappare  suo malgrado la promessa di tornare a trovarla.
‘Mi ricordi tanto il mio defunto marito!”
Brr…La cosa era a dir poco inquietante!
Dopo essersi letteralmente lanciato in una fuga disperata iniziò a riflettere sul da farsi.
La dolce nonnina gli aveva detto che poco più di due anni fa i genitori di Cadie erano morti per un incidente d’auto causato da un ragazzino ubriaco. Poi, dopo qualche mese da quella perdita la ragazza aveva deciso di vendere casa, trasferendosi così in un’altra città e, a quanto pareva, in molti sostenevano che se ne fosse andata fuori di testa e che avesse deciso di rinchiudersi in un centro psichiatrico. Ma quelle erano soltanto voci. Poi, due settimane fa era ritornata, prendendo in affitto un appartamento in un vecchio edificio lontano dal centro.
Ed era lì dove Sam era diretto al momento.
Era preoccupato. Cadie doveva aver sofferto davvero tanto.
Ricordava che da bambino gli aveva detto che i suoi genitori erano gli unici amici che aveva, le uniche persone che amava. Sapeva che Cadie aveva solo loro.
Forse non era un caso che fosse arrivato lì proprio in quel momento.
Forse era destino che la trovasse e che la aiutasse...
Ma chi voleva prendere in giro? erano passati più di due anni ormai.
Lei gli avrebbe riso in faccia chiedendogli quale strada trafficata avesse preso per fare tutto quel ritardo.
Lei lo avrebbe picchiato accusandolo di non essere tornato per cambiare il loro destino, come gli aveva promesso anni fa.
Poi lei avrebbe pianto sul suo petto dicendogli che ormai era troppo tardi per entrambi.
 
Salì esattamente dieci rampe di scale prima di giungere all’appartamento di Cadie e ringraziò mentalmente gli allenamenti del padre per non aver rischiato un collasso.
Gli ascensori erano sempre rotti quando servivano
Prima che potesse bussare alla porta una voce lo fece voltare.
“Ehi amico, se cerchi Butler non è la tua giornata fortunata. Non è in casa e non tornerà presto.”
Era un uomo robusto e bassetto di origine messicana, con capelli neri rasati e un pizzetto minuto.
“Accidenti…sa quando potrei trovarla?”
“Non sono mica la sua segretaria!” borbottò poi l’altro, lasciando un  Sam basito ad osservarlo sconcertato mentre prendeva le chiavi per aprire la porta dell’appartamento accanto.
“Ok, mi scusi. Però potrebbe per favore dirle che Sam Winchester è passato? Le lascio anche il numer-“ ma non riuscì a finire poichè quell’uomo si catapultò su di lui, avvolgendolo con un affettuoso e imbarazzante abbraccio.
“Oh Sam, sei proprio tu!?! Ma come sei cresciuto!! Non ti ricordi di me? sono io, il tuo ‘amico del cuore’!”
“Carlos?”
L’uomo si staccò e gli rivolse un caloroso sorriso.
“E’ un piacere rivederti Sam!”
“Lo è anche per me” gli sorrise a sua volta, sincero.
“Bèh perché non entri? Forza che ti offro da bere!” gli disse con entusiasmo spalancando la porta dell’appartamento.
L’altro accettò di buon grado. Voleva fargli alcune domande su Cadie, visto che abitava nel suo stesso pianerottolo. E poi, in verità, gli faceva piacere parlare con lui, che a quel tempo si era dimostrato un vero amico.
 
 
“Si, ho saputo di quello che è successo ai suoi genitori” disse Sam dopo aver dato un piccolo sorso a quel disgustoso infuso che l’amico gli aveva costretto a bere.
“Già, fu un vero shock per lei, così decise di lasciar perdere tutto e ricominciare daccapo altrove” continuò l’altro.
Poi, notando lo sguardo insistente di Sam, sorrise amaro.
“Oh…sei venuto a conoscenza di quelle voci e vuoi sapere se siano vere…”
“Lo sono?” domandò diretto.
Carlos lo guardò di sottecchi e continuò serio: “Lo sono, si. Lasciò questo maledetto paese ed entrò di sua volontà in un ospedale psichiatrico. La conoscevi bene Sam, la conoscevi anche meglio di me, sai quanto è fragile. E poi con quella storia dei poteri era tutto più difficile… Però è tornata, l’ho vista, sta bene.”
Sam rimase in silenzio, riflettendo su tutto quello che l’amico gli aveva appena detto.
“Devo parlarle…” concluse poi, incerto.
“Io non credo che sia il caso Sam..”
“Lo è, devo farlo. Devo essere sicuro che stia bene adesso!” gli rispose, poi, finalmente determinato.
L’altro sospirò.
“Va bene, fa come vuoi. Però so che tornerà a casa tardi stasera. Che ne dici di mangiarci qualcosina fuori e farci una chiacchierata come ai vecchi tempi?”
Sam non ne aveva la minima voglia. Voleva solo vedere Cadie…e poi, al motel, c’era Dean che lo aspettava…però gli dispiaceva smorzare l’entusiasmo dell’amico.
“Dai, Cadie  non può mica scappare in una notte!” lo canzonò.
“Ok, mi hai convinto. Però niente ore piccole…”
“Promesso!”
 
 
“Dove diavolo sei stato Sam!?! Sono le sette del mattino, cazzo!! È tutta la notte che ti cerco e per colpa tua non ho chiuso occhio!!” urlò Dean non appena sentì la porta del motel aprirsi.
“Cavolo Dean non urlare, mi scoppia la testa!” sbraitò il più piccolo, buttandosi sul letto con le dita premute sul viso.
Carlos era un vero animale da festa! Non beveva così dai party del college!
Il maggiore strinse i denti per cercare di placare la rabbia che stava montando dopo che le sue parole erano state belle che ignorate.
“Stronzo, mi hai fatto preoccupare come un cretino!”
“Eppure lo sapevi che sarei potuto mancare tutta la notte…” cercò di difendersi Sam, strizzando gli occhi ad ogni fitta che lo colpiva alla testa.
“Non era così scontato visto che alla fine non hai incontrato Cadie!” disse l’altro, sottolineando l’ovvio.
Sam si sedette di scatto sul letto, rischiando il suo precario equilibrio.
“Ma io non te l’ho detto. Come lo sai?”
“Uh?... Sei sicuro? Eppure…”
“Dean, ho un post sbornia, non sono mica rincretinito!” gli fece notare l’altro, sorreggendosi la testa tra le mani.
“Bàh, che importa? Ora non cambiare discorso tu-“
“L’hai vista?” lo bloccò Sam, guardandolo negli occhi.
Dean ricambiò lo sguardo che, però, abbassò poco dopo, mentre si passava la mano sul viso con un gesto stizzito.
“Si, ma credimi non ne vale la pena. Anzi, volevo appunto avvertirti che c’è un cambio di programma. Noi ce ne andiamo oggi stesso.”
“Cosa?! Stai scherzando?!”
“So di essere il più simpatico tra i due, ma ti assicuro che questa volta sono serio.”
“No Dean, io non posso andarmene prima di vederla!” affermò il minore, ignorando completamente il forte mal di testa.
“Idiota! Guarda che quella lì ti ha dimenticato da un pezzo! Ed ero certo che lo avessi fatto anche tu visto che non ti ho mai sentito parlare di lei! Quindi ora smettila di fare il coglione e prepara le tue valigie, adesso! Abbiamo cose più importanti a cui pensare, come quella cosetta dell’Apocalisse magari!” asserì con un tono che non ammetteva obiezioni.
“Sei tu il coglione Dean, possibile che non capisci mai nulla con quella tua testa vuota!?!”
Il maggiore dei Winchester sgranò gli occhi, Sam poteva pure iniziare a scavarsi la fossa.
“Cos’è che non capisco genio? Avanti, illuminami!”
“Credi forse che l’idea di questa ‘vacanza’ sia nata così? Per un mio stupido capriccio? Dean, sei mio fratello! Vivo in simbiosi con te da tutta la mia vita e riesco a capirlo che stai male! Anzi, probabilmente lo noterebbe chiunque!” sbottò Sam, sfogando pensieri che teneva dentro da tanto tempo ormai. “Bevi continuamente e mangi il minimo necessario per sopravvivere, poi dormi poco e quando lo fai hai gli incubi! Lo so che questo periodo è stato difficile, ma lo è stato anche per me. Cazzo Dean, io sono sempre con te, sono al tuo fianco, non mi vedi?! Anche io vivo tutta questa merda ma, al tuo contrario, evito di autocommiserarmi e cerco di reagire!”
Il fratello lo guardò perplesso, mantenendo un silenzio che a Sam sembrò durare un’eternità.
“…Credo di essermi stufato di sentirmi dare della zavorra da te, Sammy” rispose, poi, ironico.
“Sai che non è quello che intendo…”
“E così siamo finiti qui accidentalmente a causa mia. Mi dispiace davvero Sammy, spero che tu possa perdonarmi se ti faccio perdere del tempo prezioso a inventare patetiche scuse per giustificarmi le ferie!”
“Non fare l’idiota adesso, non è così! Pensa pure quello che vuoi, ma adesso devo cercare Cadie, lei ha bisogno di me. Ha passato un brutto periodo, devo assicurarmi che stia bene. Poi possiamo pure continuare questa stupida farsa fingendo che tu non abbia alcun problema.”
“Fa come vuoi, ma non mi preoccuperei troppo per quella puttanella. Ti assicuro che stava benone quando ieri sera mi ha ficcato la lingua in bo-“
Dean non riuscì a terminare la frase perché Sam si lanciò su di lui, colpendolo dritto in faccia con un pugno ben assestato. Il maggiore barcollò ma rimase in piedi e dopo essersi pulito il sangue che scendeva dal labbro appena spaccato, ricambiò lo sguardo astioso, ma un sorrisetto sghembo gli curvò le labbra.
“Pessima mossa, Sammy…”
 
 
Se ne erano date davvero di santa ragione.
Sam era rimasto a terra, respirava a fatica, troppo provato da quei pugni allo stomaco.
Cazzo suo fratello era un carro armato!
Dean, dal canto suo, dopo che riuscì ad alzarsi prese la sua giacca e senza dir nulla uscì dalla stanza.
Come a suo solito
Dopo che anche l’altro ebbe il coraggio di alzarsi si diresse lentamente in bagno per farsi una doccia.
Quando ne uscì si fermò davanti al grande specchio appannato che si trovava sopra il lavabo e osservò il suo riflesso. Aveva un occhio gonfio ed era rimasto del sangue rappreso sotto il naso, per il resto non era ridotto troppo male a parte alcuni lividi, ma era certo di avere qualche costola incrinata.
Dopo essersi rivestito decise di tornare all’appartamento di Cadie.
Quella era l’ultima opportunità che il fratello, tacitamente, gli aveva offerto.
Salite nuovamente le dieci rampe di scale, si ritrovò davanti all’appartamento della ragazza, ma dopo aver suonato a lungo non ottenne alcuna risposta. Così prese a bussare alla porta di Carlos e lo chiamò diverse volte, ma anche lui non dava segni di vita.
Cavolo, non stava concludendo un bel niente e quella storia iniziava davvero a preoccuparlo.
Cadie che sembrava scomparsa e adesso anche Carlos!
Che diavolo stava succedendo?!
Aveva deciso: avrebbe indagato più a fondo, che suo fratello volesse o meno.
 
 
Quando Dean tornò a casa notò Sam chino sul portatile.
Perfetto, finalmente aveva smesso di pensare a quella lì e aveva deciso di cercare un vero caso.
“Hai un aspetto di merda” proruppe sbattendo la porta alle sue spalle.
“Senti chi parla” rispose il minore, dopo avergli dato una rapida occhiata, per poi tornare a prestare attenzione al monitor.
“Non fare quel sorrisetto compiaciuto, io ti ho ridotto peggio!”
“Mmh se lo dici tu…” rispose Sam con scarso interesse, infastidendo il fratello che, però, fece finta di nulla.
“Allora, stai lavorando a un nuovo caso?”
“Esattamente, guarda qua. Da quasi due anni in questo ospedale psichiatrico ci sono stati ventisei casi di pazienti che sono improvvisamente caduti in uno stato comatoso, non ti sembra strano?”
“No, perché? Lo è?” fece l’altro grattandosi la guancia per poi emettere un piccolo sbuffo di dolore.
A quanto pare il piccolo Sammy aveva un destro migliore di quel che si aspettasse
“Dean non scherzare, è una cosa chiaramente impossibile! Non può esistere una coincidenza così assurda!”
“Ok, allora andremo lì e indagheremo.”
“Perfetto.”
Gli dispiaceva mentire a Dean, di nuovo, ma lui non gli dava altra scelta.
Non avrebbe mai potuto dirgli che in quel probabile caso era coinvolta anche Cadie perché era certo che lo avrebbe rifiutato, ancora troppo arrabbiato per la lite di prima.
Loro facevano così.
Litigavano, si picchiavano e tornavano a cacciare, mentre i loro problemi però rimanevano sempre in sospeso.
“CASS!” urlò il maggiore dei due.
Poco dopo un battito d’ali vibrò nell’aria e un angelo apparve vicino a lui.
Ehm, forse un po’ troppo vicino…
“Cass…” sospirò esasperato.
“Violazione dello spazio personale?” cercò di indovinare l’altro.
“Vedo che inizi a capire…”
Ma nonostante tutto l’angelo del signore non si mosse e continuò a guardarlo serio, attirando a sé un’occhiata di rimprovero da parte del cacciatore che gli fece, all’improvviso, ricordare che quella violazione non era bene accetta in realtà.
“Oh, giusto!” disse, allora, allontanandosi.
“Ah e potresti…” continuò Dean indicando con la mano il volto leso.
Castiel gli obbedì e, fece lo stesso per Sam.
“Angeli?” chiese curioso.
“No, solo un idiota” sbottò il maggiore, buttandosi sul letto e facendo sbuffare il fratello.
L’altro annuì, fingendo di aver compreso e poi continuò “Comunque non ho nessuna nuova informazione su dove si sia cacciato Lucifero. Sembra scomparso nel nulla. Forse starà facendo una piccolo vacanza prima di scatenare l’Apocalisse.”
“Ma tu guarda che coincidenza! Se lo avessimo saputo saremmo potuti partire tutti insieme, non è vero Sammy?” rispose Dean, strafottente, guadagnandosi uno sguardo truce dal fratello e uno confuso dall’angelo.
“Tuttavia…” iniziò Sam per impedire al maggiore di perdere tempo con altre stupide battutine sarcastiche “…ti abbiamo chiamato per avere delle informazioni di diverso tipo. Per caso sapresti dirmi che cosa potrebbe portare diversi esseri umani in coma?”
Castiel lo fissò intensamente, in quello che Sam interpretò come un momento di riflessione, ma poi lo vide scuotere il capo.
“Mi dispiace, non saprei. Siete certi che non si tratti di angeli?”
“Si, o almeno credo. Insomma c’è qualcosa che non quadra ma sono quasi sicuro che non ci sia il loro zampino.”
“Quasi sicuro? Ti rendi conto che non è sufficiente? In questo modo potremmo essere diretti proprio verso la tana del leone, lo sai vero?” intervenne Dean.
“Fidati di me” lo riprese il fratello, incatenando gli occhi a quelli dell’altro.
“E va bene, ok” sbuffò , poi, il maggiore alzandosi dal letto.
“Chiamaci Castiel se scopri qualcosa, per favore.”
“Come vuoi Sam, ma non credo che sarà semplice visto che qualcuno dall’altro capo continua a dirmi che ho bisogno di una ricarica. Io ho cercato di dirgli che sono in forma, che sono pronto a combattere ma-“
Si bloccò quando notò che i due cacciatori erano scoppiati a ridere.
Erano davvero strani gli umani…
Voleva chiedere loro il motivo di tanta ilarità, ma decise di limitarsi a fissarli.
Gli piaceva il suono che gli esseri umani emettevano quando ridevano, soprattutto quando a farlo erano i suoi umani. Infatti, nonostante la loro risata avesse un timbro roco e sgradevole, aveva la capacità di fargli sentire una sensazione particolare che avrebbe certamente catalogato tra le emozioni umane positive. Perciò non li avrebbe mai interrotti con le sue domande, anche perchè era da troppo tempo che quei due non gli permettevano di ascoltare quel suono.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


 CAPITOLO III

 


 
 
“E bravo Sammy, a quanto pare hai preso il fascino dal tuo fratellone! Quella Cadie non è niente male sai?”
“Smettila Dean, non è come credi!”
“Si, come no…”lo canzonò con un sorriso.
“Non gliel’ hai detto a papà vero? Si insomma, dei suoi poteri…” domandò il più piccolo imbarazzato.
“Naah! Non ne vedo il motivo. E poi sarebbe più semplice parlare con il presidente degli Stati Uniti che con papà” rispose l’altro senza smettere di sorridere.
Sam lo ricambiò con un sorriso più timido.
“Sai, Cadie è come noi Dean…anche lei vuole fuggire dal suo destino.”
Il maggiore diventò serio.
Sapeva dove volesse andare a parare, non era la prima volta che affrontavano un discorso del genere.
Sam era stanco di quella vita, e come poteva biasimarlo? Cazzo, era solo un bambino! Un bambino troppo buono e puro per un lavoro che ti ruba l’innocenza con violenza.
“Perché non restiamo qui, Dean?” continuò, poi, dopo un breve silenzio.
“Sammy…”sospirò l’altro.
“Papà non potrà opporsi se noi due rimaniamo uniti! Ti prego, non è quello che vuoi anche tu?”
“Non dire sciocchezze. Noi dobbiamo seguire papà, che ti piaccia o meno. È questo quello che fa un bravo figlio” rispose l’altro, cercando di mantenere un tono pacato.
“Parli così solo perché hai paura di lui! Sei un codardo Dean!!”
“Smettila di dire stronzate! Noi siamo cacciatori quindi cerca di levarti dalla testa questa assurda idea di voler essere normale! Noi non lo siamo e non lo saremo mai, mettiti l’anima in pace!” sbottò Dean esausto.
“Sono stufo di queste scuse! Non è giusto che io non possa scegliere! La verità è che è tutta colpa della mamma! Se lei non si fosse fatta uccidere a quest’ora-“ quello che seguì fu il tonfo di un corpo che cade a terra.
Dean, spinto da una rabbia cieca, aveva colpito il fratello che, incredulo, era rimasto seduto sul pavimento con la mano sul viso per fermare il sangue che scendeva dal naso e con gli occhi sgranati verso quelli verdi dell’altro.
Solo dopo diversi secondi il maggiore si rese conto di ciò che aveva fatto e il terrore per quel gesto così violento verso il suo fratellino lo portò ad indietreggiare sconvolto.
“S-Sammy scusami io non…”
Il minore lo ignorò e, dopo essersi rimesso in piedi, uscì in fretta dalla stanza.
 
 
 
 
 
Sam e Dean erano in macchina in assoluto silenzio, con la radio spenta, ognuno assorto nei propri pensieri. Fu il minore il primo a prendere parola.
“Ehi Dean, quella cosa che mi hai detto su Cadie….si insomma, che ti ha baciato…era vera?”
Il fratello si voltò a guardarlo, stupito per quella domanda e dopo un piccolo silenzio che fece fremere, non poco, l’altro, gli rispose con un sorriso strafottente.
“Certo Sammy che sei proprio un credulone, non credevo che ci cascassi sul serio!”
A quelle parole il minore sorrise, visibilmente sollevato.
“Ti ha chiesto di me?” continuò, poi.
“Si, certo. Ma non ci ho parlato molto visto che sono scappato subito a cercarti” mentì.
“Capisco….”
Seguì nuovamente un breve silenzio prima che riprendesse a parlare.
“Dean…”
“Mmh?” mugugnò l’altro, disattento.
“Mi dispiace…”
A quelle parole il più grande si voltò stupito verso il fratello per poi tornare a guardare davanti a sé, senza riuscire a sopprimere un sorriso.
“Non fa niente, Sammy”
 
 
Ci misero poco più di un giorno per arrivare in città e non appena giunti in ospedale si presentarono come gli agenti Stuart Sutcliffe e Pete Best*.
“Non sapevo che L’FBI si occupasse di cose del genere” commentò, sconcertato, il primario.
“Oh, le assicuro che ci sono tante cose che lei non sa” rispose Dean, facendo l’occhiolino e rendendo l’uomo ancora più perplesso.
“Mi dica, non ci sono state alcune spiegazioni cliniche?” domandò Sam, cercando di giungere al nocciolo della questione.
“N-no, i soggetti sono crollati da un momento all’altro, senza alcuna presenza di traumi o disfunzioni biologiche…”
 
 
“L’unica cosa che possiamo fare è capire che cosa hanno in comune questi casi.”
“La follia?” disse Dean, come se la cosa fosse ovvia.
“No, non è possibile. Ho controllato e tra le vittime ci sono due membri del personale”
“Magnifico! Sono più di venti persone e ci vorrà troppo tempo per riuscire a controllare ognuna di loro!” Sbuffò Dean, cercando di allentare la morsa di quell’odiosa cravatta.
“Già è un bel pasticcio…” osservò Sam.
…Quando Dean si era allontanato, il dottore, in via del tutto eccezionale, gli aveva dato le informazioni che aveva richiesto su una paziente in particolare: Cadie Butler.
A quanto emergeva dalla cartella clinica, la ragazza si era internata di sua spontanea volontà e la prima diagnosi l’aveva classificata come una schizofrenica paranoide. Dopo un certo periodo di ricovero era fuggita, facendo perdere ogni traccia di sé.
Ma la cosa che più lo aveva colpito era che il periodo di internamento di  Cadie coincideva perfettamente con quei casi misteriosi di coma.
Doveva esserci per forza una connessione…
“Ehi, terra chiama Sam, mi senti?”
“S-si scusami, che hai detto?”
“Io vado dalle famiglie del personale coinvolto, tu invece cerca di scoprire qualcosa qui dentro. Stare in un posto del genere mi fa venire i brividi dopo la nostra breve esperienza*…”
“Ok, ci vediamo dopo.”
 
 
Quando Sam entrò nella sala comune dove i cosiddetti ‘matti’ erano intenti a passare il tempo , si osservò intorno per un po’ cercando di individuare quello che a suo parere potesse sembrare….come dire?... Il più normale?
Notò un uomo seduto da solo, in silenzio, davanti a una scacchiera e dopo un respiro profondo si diresse verso la sedia in cui sarebbe dovuto esserci l’avversario.
“Salve signore, sono Pete. Invece lei è…” iniziò Sam, amichevole.
“….”
Ok, bene. Forse la sua non era stata proprio una scelta azzeccata
“Senta, sto indagando sui pazienti che sono stati ritrovati in stato comatoso senza una causa apparente. Per caso ha notato qualcosa di strano a riguardo?”
“…”
“Può dirmi qualunque cosa creda di aver visto o sentito, giuro che non la prenderò per pazzo.” lo avvertì, rendendosi conto, solo dopo aver parlato, della stupidità della sua affermazione.
L’altro per la prima volta lo guardò negli occhi, facendolo sussultare.
“Stai schiacciando Napoleone” bisbigliò.
“C-come, scusi?”
“Napoleone, l’imperatore. Non lo vedi idiota?! Non può giocare se tu gli sei sopra!” rispose, irritato.
“Mi scusi!” disse Sam balzando dalla sedia, ancora troppo perplesso per quello che era successo.
Ma una voce femminile alle sue spalle catturò la sua attenzione.
“Sei qui per cercare loro?”
Quando si voltò vide una donna che doveva avere una cinquantina d’anni ed era certo che sarebbe stata bella in una vita di normalità, senza quegli occhi spalancati e contornati da occhiaie di lunghe notti insonne e quei capelli grigi, così trascurati, che sembravano essere come carta abrasiva al tatto.
“Mi scusi?” domandò Sam, confuso.
“Sono state loro” continuò la donna, ignorandolo.
“Cosa? Ha visto qualcosa?” provò il cacciatore.
“Sono state loro!!! Loro!!!” continuò la donna agitandosi ed alzando sempre più il tono della voce.
“Cosa è stato? La prego, io posso aiutarla!” cercò di calmarla Sam. Ma non appena poggiò le mani sulle spalle della donna, questa prese ad urlare come un’ossessa, portando ad un tempestivo intervento degli infermieri che la bloccarono per sedarla.
“Non si preoccupi signore. Non è la prima volta che fa così. Quella donna ormai è partita completamente.” La derise una del personale prima di dare le spalle al ragazzo, ancora sconvolto.
 
 
Quando Sam tornò all’hotel era esausto. Tutta quella situazione non faceva altro che diventare più complessa ogni giorno di più. Ma ciò che ritrovò nella stanza al suo ritorno riuscì a catturare la sua completa attenzione: Dean stava dando da mangiare a un lucido gatto nero quelle che sembravano essere…Patatine fritte?
“Da quando ti piacciono i gatti?” domandò Sam, sorpreso, dopo aver richiuso la porta della stanza.
“Uh? Ciao Sammy. Non dire sciocchezze lo sai che le odio queste bestiacce.” disse con ovvietà il fratello che, però, mostrò un sorrisetto compiaciuto quando notò che l’animale apprezzava il manicaretto che gli aveva offerto.
“Ma allora questo qui?”
“Bàh, non me ne parlare! L’ho incontrato per strada e da allora non sono più riuscito a liberarmi di lui” sospirò il cacciatore andandosi a sedere su una sedia consunta che si trovava lì vicino.
“E’ carino però” fece Sam avvicinandosi al gatto per accarezzarlo ”e a quanto pare si tratta di una lei…” continuò sorridendo.
“La cosa non mi interessa. Gli ho dato un po’ di cibo così spero che si accontenti e che mi lasci un po’ in pace!” sbuffò.
Per tutta risposta il gatto si stiracchiò e dopo un piccolo miagolio si avvicinò a Dean, prendendo a fargli le fusa.
“Ahahah! A quanto pare è proprio vero che le femmine sono attirate dagli uomini che le trattano male!” lo canzonò Sam.
“Ah-ah, davvero divertente! Piuttosto.. hai scoperto qualcosa?” domandò il fratello, cercando di scansare il gatto con un calcio.
“No, a dire il vero ho avuto dei problemi con una donna internata e il primario mi ha impedito di fare altre domande ai pazienti.” Rispose, dicendo solo parte di quella che era la verità.
“Ah, fratellino, saresti veramente perso senza di me!” affermò Dean stravaccandosi grezzamente sulla sedia. ”La vittima numero uno, Aveline Harris, era una ragazza gentile, brava a scuola e diplomata con il massimo dei voti. Purtroppo dopo che la sorellina si ammalò fu costretta ad abbandonare gli studi per prendersi cura di lei, dato che non avevano una madre e il patrigno era in galera. Poco più di un anno fa la sorellina è morta…” poi, dopo essersi schiarito la gola continuò “Invece la vittima numero due era James Walker, un ex tossico che per i suoi piccoli crimini era stato costretto a servizi socialmente utili. Anche lui, in passato, aveva avuto diversi problemi in famiglia”
“Stai pensando che il fattore comune sia una vita difficile?” domandò Sam, sorpreso per quell’allusione.
“Bèh, a parte questo sono due soggetti completamente diversi; Aveline era una santa e James un ex criminale…” affermò offeso per la visibile perplessità del fratello verso il suo ragionamento “E poi ci metto la mano sul fuoco che la maggior parte della gente che si trova rinchiusa lì dentro non se la sia passata molto bene!”
“Oh, questo è vero. Però è tutto così assurdo…”
E cosa c’entrava Cadie in tutto questo?
“Ehi smettila bestiaccia! Per caso mi hai preso per un tappetino elastico?!” tuonò all’improvviso Dean verso la gatta che era appena balzata sul suo stomaco.
“Non credi che dovresti darle un nome?” gli fece notare Sam prendendo il computer.
“No, non credo proprio visto che se ne andrà presto”
“Che ne dici di Fifì?” fece il fratello, ignorandolo completamente.
“Cavoli Sammy! Dare nomi non è proprio il tuo forte, non è vero?” lo guardò inorridito, per poi avvicinarsi con il viso al musetto affusolato del micino.
“Certo che sei davvero una bella bestiaccia lo sai?” notò, inclinando leggermente la testa. “Ho deciso, ti chiamerò Anthrax*!” affermò entusiasta.
“Ma Dean, non puoi darle il nome di un gruppo!” fece notare Sam, contrariato.
“Non accetto critiche da uno che vuole chiamare il mio gatto Fifì! Non sono mica una donnina come te Samantha!”
“Oh, allora adesso è il tuo gatto…” lo canzonò il fratello, portando Dean a boccheggiare imbarazzato.
 

Quella sera il maggiore dei Winchester crollò. Era stanco, troppo. Il viaggio era stato davvero pesante e, a causa delle indagini, non si era fermato un momento da quando era giunto in città.
Nel bel mezzo della notte aprì gli occhi, ancora troppo intontito per capire che non era giorno, ma il russare leggero del fratello gliene diede la conferma.  Subito dopo, si rese conto che a svegliarlo era stato un leggero movimento che aveva percepito sopra di lui ed avrebbe certamente reagito, nonostante i riflessi rallentati, se quella figura dai sinuosi lineamenti femminili non avesse preso a strusciarsi sopra di lui.
Riuscì a sentire i capelli di lei solleticargli il petto nudo e le sue mani delicate accarezzargli il corpo, indugiando sulle cicatrici. Dean rimase immobile mentre quella longilinea figura strinse le sue mani in un tocco delicato, quasi incorporeo, per portarle sopra il cuscino all’altezza del suo viso.
Sentì il viso di lei avvicinarsi, il respiro irregolare che si mischiava al suo.
Dean cercò di ridurre la distanza tra le loro labbra, spinto da un irrazionale desiderio che lo portava ad ignorare il fatto che fosse una sconosciuta, introdottasi furtivamente nel suo letto. Però la donna, nel mentre, si allontanò, facendolo grugnire di dissenso.
Sentì, nel buio, le sue mani staccarsi da quelle di lui per poi scivolare sulle braccia, sul petto e soffermarsi sui fianchi, appena coperti dal leggero lenzuolo che si sovrapponeva tra loro.
Sussultò.
Il piacere gli inebriava i sensi per quella situazione così assurda e solo allora gli venne in mente che suo fratello era lì, che dormiva poco distante dal suo letto. La consapevolezza del rischio di essere beccato in flagrante lo fece eccitare ancora di più e decise, così, di mettere fine a quella piacevole tortura e di prendere in mano la situazione, quando all’improvviso, la voce di Sam lo fece sobbalzare.
“Svegliati Dean!”
Il cacciatore sgranò gli occhi, un po’ provati dalla luce del sole che penetrava dalla piccola finestrella della stanza e notò Sam in piedi che si stava vestendo.
Diavolo era solo un sogno... Un assurdo e meraviglioso sogno!
Sei un porco, adesso ti accontenti anche dei gatti!” lo prese in giro Sam, lanciandogli un cuscino in pieno viso. Dean aveva tutta l’intenzione di reagire per quell’attacco a tradimento, fin quando quelle parole presero un senso non appena notò la figura minuta di Anthrax che dormiva beata sul suo ventre, mentre poco più giù, nascosta dal sottile lenzuolo, splendeva in bella vista il suo alza bandiera mattutino.
“Cazzo! Vattene gattaccio!” sbraitò Dean, scacciando la gattina che andò a rifugiarsi dietro le gambe di un Sam fin troppo divertito.
“Cavoli Dean, hai proprio bisogno di una ragazza!” lo derise il fratello, incapace di contenere le risate.
“Non dire stronzate Sam!” rispose l’altro, paonazzo, cercando di liberarsi da quella trappola di lenzuola per correre dritto in bagno.
E che cazzo…!Ma quanto era disperato se riusciva addirittura ad eccitarsi per le fusa di uno stupido gatto!?!?!
Riuscì appena ad alzarsi dal letto che la nota figura di un angelo si materializzò davanti a lui, impedendogli la fuga.
I due si guardarono in viso per un breve ed imbarazzante istante.
Il silenzio venne interrotto quando l’angelo abbassò lo sguardo e lo rialzò, sgranando i suoi ingenui occhi blu in un’espressione di pura preoccupazione.
“Dean che cos’hai? Se hai bisogno di una mano io-“
Castiel non riuscì a completare quella frase, detta con la più totale incoscienza, che Sam scoppiò in un’incontenibile risata. Dean arrossì ancora di più ed incapace di rispondere alcunchè, in quella che riteneva essere la più imbarazzante esperienza della sua vita, scappò in bagno, sbattendosi la porta dietro le spalle, tra le risate del fratello e gli sguardi confusi dell’angelo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*rispettivamente, primo bassista e primo batterista dei Beatles quando ancora non erano noti.
(piccolo omaggio al mio gruppo preferito, i cui nomi però sarebbero troppo famosi per essere usati)
 
*riferimento all’episodio 5X11
 
*Gli Anthrax sono un gruppo musicale speed/thrash metal statunitense.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


 CAPITOLO IV

 
 
 
 
 
“Che cosa ti è successo Sam?” domandò con dolcezza Cadie, prendendo a tamponargli il sangue.
“Ahi!” si lamentò l’altro, non appena quel tocco delicato gli sfiorò il naso.
“Sembri un bambino” continuò la ragazza in un sorriso che, però, scemò subito per la mancata reazione dell’amico.
Dopo un breve silenzio, in cui si potevano solo udire i lamenti contenuti del piccolo Winchester, Cadie riprese a parlargli con fermezza.
“Perché non mi dici chi è stato?”
“Credevo che leggessi nel pensiero!” proruppe Sam, stanco di quell’insistenza ( o meglio, di quella pessima giornata), allontanando il viso dal tocco di lei.
Cadie per tutta risposta gli lanciò uno sguardo torvo.
“Smettila di fare lo scemo, sono solo preoccupata per te!”
“Lascia perdere! Me la sono sempre cavata da solo. Non ho bisogno di niente e di nessuno io, tantomeno della tua preoccupazione!”
Cadie lo guardò stupita, ma poi i suoi tratti presero ad ingentilirsi, portando le labbra a un dolce sorriso.
“Lo sai che tuo fratello ti vuole bene. E’ solo che non è proprio una campione a dimostrarlo.”
Sam arrossì vistosamente e aprì la bocca cercando di risponderle a tono, ma non sapeva davvero cosa dire.
Era davvero imbarazzante avere a che fare con una sensitiva.
“Non dicevi che avevi difficoltà a leggere nella mente?” riuscì a dire poi, offeso per quella violazione.
La ragazza lo guardò confusa, per poi scoppiare in una risata cristallina.
“Ehi, cosa c’è da ridere adesso?”
“Scusami Sammy, ma il fatto è che non è come pensi. Io non sono entrata nella tua mente”
“Cosa? Ma io, tu..”
La ragazza si avvicinò al suo viso, sorreggendosi il mento tra le mani.
“Sai, non mi era mai capitato, ma posso affermare con certezza che con te il mio potere è inutile…”
“Io non credo di-“
“Mi basta guardarti negli occhi per capirti, Sam...”
E dicendo ciò gli sorrise con tenerezza, facendo perdere un battito al piccolo cuore del Winchester.
Cadie era così….
“Tu hai mai baciato una ragazza?” continuò, all’improvviso, destando Sam dai suoi pensieri e facendolo arrossire per l’ennesima volta come un peperone, fino a portarlo ad abbassare lo sguardo.
“Neanche io” disse lei semplicemente, catturando i suoi occhi verdi.
“Tu mi baceresti?” domandò, poi, con velata agitazione.
Sam si morse il labbro in difficoltà.
Lui era un tipo intelligente, ma quello bravo con le ragazze era sempre stato Dean. Non ci aveva neanche mai pensato a loro! Non prima di incontrare Cadie, ovviamente.
Le piaceva, le piaceva maledettamente troppo per ignorarlo!
“Anche tu mi piaci” soffiò deciso, prendendo tutto il coraggio di cui disponeva e che gli era mancato quel giorno in cui lei lo aveva baciato sulla guancia. Poi, con un rapido gesto ridusse la distanza tra le loro labbra, in quella che era una piccola e goffa dimostrazione del tenero affetto che stava crescendo.
Cadie sussultò sorpresa, ma lo ricambiò, seguendo i movimenti della sua lingua con fare inesperto.
Era strano e nuovo per entrambi.
Era bellissimo.
 
“Lo so che dovrai andare via, Sam. Ma mi prometti che tornerai?…per me?”
“Lo farò”
 
 
 
 
 
Quella mattina Sam si svegliò bruscamente.
Il respiro era affannato e il sudore, prepotente, gli inumidiva il volto.
Aveva sognato quel pomeriggio in cui aveva dato il suo primo bacio;  splendido ricordo se non fosse stato anche il giorno in cui la sua parola aveva perso valore.
Quando si alzò notò il fratello ancora profondamente addormentato, con Anthrax accoccolata sul suo stomaco.
Gli scappò un sorriso che, però, scomparve immediatamente, non appena il peso che portava si insinuò nei suoi pensieri.
Sapeva che Dean si sarebbe arrabbiato per le sue bugie
Gli dispiaceva mentirgli, se ne pentiva sempre; ma, nonostante ogni volta si riprometteva che quella sarebbe stata l’ultima, ci ricadeva comunque.
Infondo lui era il contenitore del diavolo e il sangue demoniaco pulsava violento dentro di lui; quindi non era colpa sua se non era la brava persona che doveva essere e se deludeva sempre le aspettative di suo fratello, dell’uomo giusto. Perché nonostante  tutto quello che gli altri e lui stesso avevano sempre pensato, in realtà era Dean quello più altruista e sensibile dei fratelli Winchester.
Erano stati tutti ingannati dalla sua maschera d’arroganza e di superficialità, Sam compreso.
Perché troppo concentrato su sé stesso e sui suoi problemi
…però anche Dean era una vera incognita
Non esprimeva mai quello che sentiva davvero ed era facile che dicesse il contrario di quello che volesse in realtà.  Agiva solo esclusivamente per il bene della sua famiglia e delle persone che amava.
Fino ad annullare anche sé stesso
Perché Dean si disprezzava
E anche questo Sam lo scoprì tardi.
Da piccolo lo guardava come l’esempio da seguire, il ragazzo sicuro di sé e forte che chiunque bambino volesse diventare. Lo credeva invincibile e non capiva che dietro la sua strafottenza ci fosse una fragilità che anche lui stesso non avrebbe mai ammesso.
Perché Dean Winchester odiava apparire debole
e Sam, a volte, aveva il disperato bisogno di credere che non lo fosse realmente, così da potersi ancora aggrappare a lui come aveva sempre fatto.
Ma ormai le spalle del fratello erano troppo curve per riuscire a sostenere altro peso e Sam se ne doveva fare una ragione.
Sospirò.
Quella mattina sarebbe andato lui a comprare la colazione.
 
 
Quando Sam tornò a casa, vide che Dean era già in piedi, vestito e pimpante.
I due cacciatori uscirono subito dopo aver mangiato, così da riprendere immediatamente le ricerche.
“Dean, non vorrai veramente far entrare Anthrax nell’Impala…” commentò Sam, stupito nel vederlo aprire la portiera e indicare al gatto, che li aveva seguiti, di salirci.
“Non capisco perché non dovrei, visto che ci sali anche tu” lo prese in giro l’altro, sorridendogli beffardo.
“A-a! E’ solo che non è da te. Si insomma, non dicevi che le tue regole sull’impala vietavano il sesso, gli animali e le scarpe sporche?”
“Queste regole valgono solo per te fratellino. Non so se mi spiego…” gli ammiccò, facendo rabbrividire il minore, i cui pensieri vagliarono la terribile possibilità secondo cui il suo sedile fosse stato utilizzato per uno sfrenato rapporto sessuale.
No, non ci voleva pensare!
A Dean non sfuggì lo sguardo disgustato di Sam e sorrise divertito, mentre accendeva la sua ‘piccola’ per giungere alla prossima destinazione.
 
 
Si erano da poco fermati a far benzina.
Non era la prima volta, in quel periodo, che Dean lasciava a secco l’Impala e questo era un brutto sintomo per Sam, che cercò di scacciar via la solita preoccupazione.
Ora doveva pensare a Cadie
Dopo essere entrato nel negozietto e aver preso due bottigliette d’acqua e le caramelle alla menta, di cui Dean aveva fatto esplicita richiesta, si avviò alla cassa.
Ciò che vide riflesso nello specchio posizionato in alto lo destabilizzò e si voltò di scatto per cercare la fonte di quell’immagine, senza però avere successo. Prese così a guardarsi disperatamente intorno, inoltrandosi tra gli scaffali precedentemente ignorati, per poi avvicinarsi verso l’entrata posteriore che qualcuno aveva lasciato socchiusa. L’aprì senza esitazione e la trovò lì, ad aspettarlo.
Era incantevole.
I lunghi capelli neri erano raccolti in una coda scomposta, paradossalmente perfetta.
Gli occhi grigi e sottili lo perscrutavano, seducenti.
Il sorriso, delicato, le illuminava il volto pallido.
Le mani, sicure, poggiavano sui fianchi pronunciati.
Ma i suoi occhi,quegli occhi così grigi, erano solo per lui.
“Cadie” la chiamò con una sicurezza che allarmò anche sé stesso.
“Sei cresciuto Sam” lo salutò l’altra, sorridendo con dolcezza.
“Tu…perché..?”
“Non mi stavi forse cercando?” rispose, avvicinandosi lentamente.
“Stai bene?” fu l’unica cosa che riuscì a chiedere in quel caos mentale.
“Si, sto bene” disse, fermandosi ad un soffio da lui e posando la mano  sul suo petto.
“Mi dispiace” continuò il cacciatore dopo un breve silenzio.
“Per aver mancato alla promessa o per i miei genitori?” domandò lei mantenendo la stessa dolcezza, senza però impedire all’altro di sussultare e di distogliere lo sguardo, imbarazzato.
Ma la ragazza gli strinse la camicia con la mano che aveva sul suo petto, portandolo ad osservarla nuovamente.
“Mi sei mancato” bisbigliò.
“Anche tu mi sei mancata…” le rispose avvicinando il volto al suo.
I due giovani si guardarono per un breve istante prima di lanciarsi in un bacio appassionato.
Il cacciatore iniziò ad accarezzare il corpo di lei, seguendone ogni linea.
Non sapeva da dove proveniva quell’assurda frenesia, ma non gli importava.
Non gli importava più niente dell’ospedale e di quegli strani casi.
Non gli importava di suo fratello che lo aspettava poco lontano.
Tutto ciò che voleva era fare l’amore con Cadie, alla luce del sole, nel retro di uno squallido negozietto.
 
 
Dean sbuffava impazientito mentre tamburellava energicamente le dita sul volante dell’Impala.
Quanto ci voleva per comprare delle stupide mentine?!
Dopo una lunga attesa decise che era arrivato il momento di intervenire.
Non appena entrò nella piccola costruzione, notò un uomo obeso seduto alla cassa intento a leggere un giornaletto porno. Avrebbe certamente fatto uno dei suoi commenti ironici se non avesse notato due bottigliette d’acqua e una scatoletta di mentine abbandonate lì davanti.
“Mi scusi se la distolgo dal suo lavoro, ma ha per caso visto un ragazzo alto così e con dei ridicoli capelli lunghi?”
L’altro alzò gli occhi verso il nuovo arrivato e grugnì infastidito per poi indicare, con un lieve movimento del capo, la porta sul retro che Dean vide essere spalancata.
Cosa diavolo aveva visto suo fratello per lasciarlo lì, da solo, come un fesso?
“Ok grazie” disse rapido sfiorando con la mano la superficie della pistola che teneva dietro i pantaloni, giusto per assicurarsi di essere armato. Poi, dopo aver lasciato un po’ di spicci sul bancone e aver preso le mentine,  continuò “Tieni pure il resto smilzo!”
Mentre uscì dal retro ingurgitò una manciata di caramelle e per poco non si strozzò quando sentì dei leggeri sospiri vibrare nell’aria.
Uh uh, qualche depravato da queste parti ci stava dando dentro!
Ma il sorriso divertito scemò quando sentì la risata di Sam.
Che diavolo stava succedendo?!?!
Cercando di fare il minimo rumore, il cacciatore si avvicinò a una finestrella del piccolo stanzino che si trovava lì dietro e ciò che intravide confermò i suoi sospetti.
“Quel brutto pervertito! Mettersi a fare queste cose mentre io sono qui ad aspettarlo! E bravo Sammy, fai tanto il santarellino però poi...” le parole gli morirono in gola, quando la ragazza che era con il fratello divenne riconoscibile.
“Brutto figlio di puttana!” fu l’unica cosa che riuscì a borbottare in quello stato di puro stupore, prima di allontanarsi per dirigersi velocemente verso la macchina.
Era per lei che erano giunti in quel maledetto posto?
Si diavolo, era così, era sicuramente così!
Tipico del suo fratellino, no? Prenderlo per il culo gli riusciva davvero bene!
Doveva fargli  i complimenti; ancora una volta era riuscito a fregarlo alla grande!
Accidenti a lui e alla sua stupidità; perché ci cascava sempre?!
Perché non riusciva a ficcarsi in quella maledetta testa bacata che quello lì non era più il suo  ingenuo fratellino minore da proteggere?!
Ormai era cresciuto e, a quanto pareva, era diventato anche più in gamba di lui!
Sentì la rabbia montargli dentro, in maniera incontrollabile, e sapeva che non era solo per suo fratello. Cavoli, la cosa assurda era che ciò che lo faceva stare male era che quel figlio di puttana stava facendo sesso con Cadie!
Cazzo Cadie! Che cavolo significava!?!
Credeva che era lui quello che lei voleva, ne era stato certo dopo quel contatto.
Nessuno l’aveva mai baciato in quel modo e nessuno l’aveva mai fatto sentire così…Appagato?
Dalla sera del loro incontro si era trovato spesso a pensare a lei, maledicendosi per averla rifiutata, ed era anche per questo che era parecchio suscettibile sull’argomento quando Sam ne parlava.
Dopo qualche giorno l’aveva addirittura sognata, con sé, nel suo letto ed era tutto così maledettamente reale! Non l’aveva mai vista in volto nel sogno, ma sapeva che era lei perché quando sentiva le piccole mani accarezzargli il petto risentiva il tocco dolce e delicato di lei e perché quando quelle labbra si posavano leggere sul suo collo poteva ritrovare la morbidezza mai dimenticata delle sue…
Ma che diavolo gli stava succedendo?! Stava forse dando i numeri?!
Stare così per una che conosceva a malapena lo rendeva un uomo patetico!
Ma si sentiva così vuoto…
All’improvviso l’aria prese a mancargli e sentì il cuore accelerare.
Accidenti non adesso!
Un senso di vertigine lo avvolse e, prima di poter appoggiarsi all’Impala, cadde pesantemente a terra sbattendo sul cofano della macchina e procurandosi un brutto taglio sul mento. Il dolore fu rapido a forte, e il sangue prese a scendere copioso, ma ciò che più lo tormentava era la paura di quello stesso attacco. La paura di morire lì, da solo come un cane, mentre suo fratello stava lì vicino a sbattersi la donna che desiderava, incurante di lui.
Come sempre d’altronde
La debolezza era pressante ma cercò comunque di alzarsi per come poteva. Così riuscì a sedersi, poggiando la schiena sullo sportello della macchina.
Aveva caldo, tremava e un fastidioso senso di nausea iniziò a salirgli su nella gola.
Il petto gli faceva male come stretto in una morsa, contrito in rimorsi e mancanze che ripresero vigore nella sua testa.
Il respiro era sempre più affannato e poteva iniziare a riconoscere l’odore angusto dell’inferno.
Era così sconvolto che non si accorse delle lacrime che presero a rigargli il volto.
Suo fratello adesso non era con lui.
Suo fratello non perdeva mai occasione per allontanarsi da lui.
Ma come poteva biasimarlo? Era una persona misera e questo era ciò che doveva aspettarsi.
…Però aveva maledettamente bisogno di suo fratello e, ogni volta, Sam non faceva che dargli le spalle.
Nella sua vita aveva fatto di tutto per proteggerlo, per proteggere suo padre, la sua famiglia.
Ma ogni volta lo lasciavano indietro, tutti e due troppo occupati per i loro piani per accorgersi dello sciocco che li rincorreva.
“…Cass…” il nome scivolò rapido dalle sue labbra umide, in un soffio spento.
Nell’oscurità del nulla, sentì il bisogno di chiamare il suo nome, dell’unico a cui forse interessava qualcosa della sua inutile carcassa di morto vivente.
Immediatamente un fastidioso chiarore si diffuse dietro le palpebre abbassate e con esso, una sensazione di rinvigorimento, che aveva già sperimentato prima, gli attraversò tutto il corpo.
Quando aprì gli occhi vide il volto dell’angelo, la cui fronte era corrugata in segno di preoccupazione.
“Tutto bene Dean?” chiese non appena l’altro prese a guardarlo.
 “..Credo di si…” sbiascicò rimettendosi in piedi e portando la mano al viso, con un gesto stanco.
Solo allora si accorse delle lacrime ancora fresche che gli inumidivano il viso e, imbarazzato, prese ad asciugarle nervosamente.
Odiava farsi vedere così
“Cos’hai da guardare?!” domandò, ostentando un’eccessiva aggressività che compensasse la precedente debolezza, ma che, invece, si dimostrò un ridicolo e poco credibile tentativo, anche per un ingenuotto come Castiel.
“Dean, sono solo preoccupato per te”
“Non ce n’è bisogno” rispose seccato.
“Ma tu stavi-“
“Smettila! E guai a te se dici una sola parola di quello che hai visto a Sam!”
A quell’affermazione Castiel si osservò vistosamente intorno.
“Non è con te?”
“Cos’è, sei diventato anche cieco adesso?!”
Lo sguardo dell’angelo si assottigliò, irritato per quell’atteggiamento che l’amico continuava ad avere con lui.
“Sei tu quello che ha pregato in lacrime il mio aiuto quindi, al posto tuo, eviterei di fare lo sbruffone”
Un brivido percorse la schiena di Dean davanti a quel tono minaccioso.
Non per niente era un soldato di Dio  
Proprio in quel momento Sam uscì fuori dal negozio e li raggiunse.
“Scusami se ci ho messo tanto ma sono andato in bagno…” raccontò con una disinvoltura tale da sbalordire il fratello.
“Già, quando la natura chiama…” osservò, allora, l’altro con un tono stizzito.
“Castiel, che cosa ci fai qui?” domandò Sam, ignorando volutamente il maggiore.
L’angelo era intenzionato a dirgli la verità, ma c’era qualcosa nello sguardo del suo protetto che lo spinse automaticamente a mentire.
“Volevo solo sapere come procedono le indagini. Non vorrei che vi distogliessero troppo dal vostro vero obiettivo”
Dean sorrise impercettibilmente, ma Castiel se ne accorse e ciò lo convinse di aver fatto la cosa giusta.
“Oh, bèh, dovremmo essere vicini alla soluzione…vero Dean?”
Il cacciatore appena interpellato gli lanciò uno sguardo infastidito.
“Giustissimo. Lo sai che Sammy è il tipo di persona che quando s’impegna in una cosa dà tutto sé stesso…”  
Il più alto annuì visibilmente confuso (e colpevole) per poi dirigersi a passo svelto verso il posto passeggeri.
L’altro invece rivolse un cenno di gratitudine verso l’amico piumato per poi imitare l’azione del fratello.
Ma Castiel sentiva che c’era qualcosa di sbagliato
Dopo essere salito in macchina, Dean lanciò una rapida occhiata al fratello che osservava pensieroso il finestrino.
E adesso cosa ti inventerai Sammy?
 
 
 

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